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Anno 114 - N. 12
24 marzo 1978 - L. 200
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1“ Gruppo bis/70
BIBíjoteca VALDt*;;?
10066 TO.WE PniJÍÍE
(Mie valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
TEMPO DI PASQUA
Cristo adempie i’attesa di
conoscere Dio in modo vero
li Cristo mistico, il Gesù Maestro, il Gesù socialista: tre spezzoni di verità,
mescolati a qualche errore e a tanta passione
Questo testo dell'Apostolo Paolo ci presenta la fede in Cristo
nella sua forma classica: Gesù
è il Figlio di Dio, vissuto nella
« pienezza dei tempi » per far
diventare pure noi figli di Dio.
In realtà, raramente noi incontriamo oggi degli uomini che
professino con chiarezza questa
medesima fede: non che la figura di Cristo abbia perso interesse — anzi, essa interessa sempre di più —: soltanto, essa viene vista dagli uomini nostri
contemporanei in modi molto
diversi. La cosa non dovrebbe
scandalizzarci, né renderci gelosi: noi non siamo i proprietari di Cristo, ed è giusto che
ognuno sia libero di fare i conti
con lui a modo suo. Potremmo
anzi aggiungere che è inevitabile fare i conti con Cristo: non
è mai esistita una figura pari a
lui, e noi siamo certi che mai
no esisterà alcuna. Davanti a
questa figura incomparabile, anche gli uomini del nostro tempo prendono posizione, ognuno
a modo suo. Nascono così diverse interpretazioni del Cristo:
cercheremo di analizzarne brevemente alcune, chiedendoci per
ognuna: quale Dio ci rivela, quale tipo di fede ci ispira, quali
aspetti della vita di Gesù sottolinea. quale tipo di comunità
cristiana ci propone.
mistico ci rivela? Un Dio che è
essenzialmente mistero, maestà, .
autorità. E la fede che questo
Cristo ci ispira è essenzialmente un avvenimento religioso, uno
sconvolgifiìento profondo del
genitzyn. Questo scrittore d’origine sovietica, quando propone
ai suoi concittadini il ricupero
della fede cristiana, addita loro
come punto di riferimento la
« santa Russia » dei secoli pas
« Quando noi eravamo fanciulli, eravamo tenuti in
servitù...: ma quando giunse la pienezza dei tempi,
Iddio mandò il suo Figliolo, nato di donna, nato sotto la Legge..., affinché noi ricevessimo l’adozione come figliuoli di Dio ».
(Galati 4:3).
nostro essere, talvolta un « sacrificio dell’intelletto », come si
diceva nel Medioevo. Nella vita
di Gesù, questo tipo di fede sottolinea un grande aspetto: i miracoli, segni del totale superamento di questo mondo da parte della gloria di Dio incarnata,
incorporata in Gesù Cristo. Più
difficile dire quale tipo di comunità cristiana proponga questo
modo di incontrare il Cristo;
ma possiamo prendere un esempio oggi famoso: Aleksandr Sol
sati, cioè il modo con cui un
popolo ha vissuto il rapporto
con Dio prima dell’età moderna. Ma è giusto, è lecito, considerare il passato come un tempo in cui lo Spirito di Cristo
parlava meglio di adesso? Forse no.
L’apparizione del Risorto sul lago di Tiberiade (Giovanni 21: 6) nella raffigurazione del pittore Duccio da
Buoninsegna (Siena, particolare della Maestà).
Il Gesù Maestro
All’estremo opposto sta un’altra interpretazione della figura
del Cristo: lo chiameremo, sempre per comodità, il Gesù Maestro. È la grande tradizione dei
due secoli che ci hanno preceduti, il '7D0 e l’SOO: quanti protestanti hanno contribuito a questa interpretazione, in un modo
o nell’altro! Un uomo come Albert Schweitzer l’ha anche vis
suta, fino in fondo, fino a sacrificarvi tutta la sua carriera. Quale Dio ci rivela, questo « Gesù
Giorgio Bouchard
(continua a pag. 8)
' C’è qualcosa di questo « Cristo cosmico » nell’opera affascinante e discu
tibile di Teilhard de Chardin.
L’ITALIA SCOSSA DAL MASSACRO DI 5 AGENTI E DAL SEQUESTRO DELL’ON. MORO
Il Cristo mistico
Cominciamo col « Cristo spirituale », che chiameremo per
comodità il Cristo mistico:
Franz Kafka, uno scrittore non
cristiano del nostro secolo, interrogato su cosa fosse per lui
il Cristo rispose: « è un abisso
di luce in cui non oso buttarmi ». Ebbene, molti credenti del
nostro tempo hanno deciso di
buttarsi in questo abisso di luce, cioè di considerare Gesù essenzialmente come il rivelatore
ineffabile dei misteri divini: una
figura i cui tratti si dilatano fino oltre i confini dell’universo
Qual è il Dio che questo Cristo
Palazzo Madama, il giorno dopo
Intervista ai senatori Tullio Vinay e Carlo Galante Garrone
Senato della Repubblica, venerdì 17 ore 9.15; alla stessa
ora, ieri, avveniva il massacro
dei cinque agenti e il rapimento dell’on. Moro.
Benché, in questo grande palazzo rinascimentale, l’attività
politica sia terminata da poche
ore (il nuovo governo ha ricevuto la fiducia alle 2 del mattino)
c’è un andirivieni continuo. Tut
ta Roma, dopo l’agguato a Moro, inizia, anche attraverso l’amplificazione della radio e la caccia alle continue edizioni straordinarie dei quotidiani, un’altra
giornata carica d’angoscia. Siamo ancora nella fase delle emozioni, siamo al di qua della riflessione completa. Nel «Transatlantico » di Palazzo Madama
dove Tullio Vinay mi offre un
caffè, ascolto il rapido incrociarsi dei commenti : « Avete
sentito delle novità alla radio? »
— chiede qualcuno. Alla domanda nessuno risponde. Vedo
la senatrice Marisa Tourn che,
ogni tanto scuotendo la testa,
passa in rapida rassegna i titoli di prima pagina di alcuni quotidiani : « Si teme per la vita di
Moro, dopo il massacro dei 5
agenti », « Il Paese rifiuta il ricatto delle Brigate Rosse»... Vinay mi guida quindi nell’ufficio
degli indipendenti di sinistra.
C’è solo Gozzini immerso nella
lettura. Ci sediamo. Mi ha già
detto che ha molta fretta perché deve partire tra mezz’ora
per Amsterdam dove pàrtéciperà ad un congresso internazionale contro la bomba « N ».
« Escalation »
Un messaggio del Presidente della Federazione Chiese Evangeliche in Italia
Gli evangelici italiani partecipano alla
costernazione generale e allo sdegno per
il nuovo atto di terrorismo che ha portato
alla brutale uccisione di cinque agenti e
al rapimento dell’on. Moro. Nessuna parola è sufficiente per esprimere la condan
tanto spesso la nostra civiltà si richiama.
Noi abbiamo trasformato il doveroso confronto delle posizioni in odio di partito e
di classe; abbiamo basato il successo sulla concorrenza più spietata; abbiamo spinto le nuove generazioni a credere che la
di questa società sbagliata che abbiamo
costruito con le nostre mani rifiutando
l’amore di Dio; frutti amari, molto amari.
E le vittime sono spesso come in queste
settimane le persone meno colpevoli. Mentre esprimiamo alle famiglie nel lutto o
quello che Vuomo ha seminato^ quello pure mieterà
na decisa di tale azione. La violenza è
sempre da rigettare da qualùnque parte
provenga e di qualsiasi mezzo si serva.
La violenza provoca come reazione altra
violenza e una spirale sempre crescente di
mortalità. Gesù Cristo con la sua croce
ha inteso appunto spezzare questa catena infernale di odio. Ogni atto di violenza
si oppone all’amore di Dio proclamato dal
Cristo.
Il nostro dovere di credenti ci impone
tuttavia di riflettere sulle cause che determinano questi atti criminali. Essi sono il
triste risultato di una società sbagliata, di
un modo di impostare la vita che è il contrario a quell’Evangelo di Cristo al quale
felicità sia nel possesso del denaro o del
potere. In tutte le classi sociali abbiamo
favorito il sistema di clientelismo, di raccomandazioni e di corruzione; abbiamo
dimostrato in mille occasioni che la legge si può-trasgredire impunemente quando si hanno le spalle ben coperte; abbiamo accettato di dare ragione a chi è più
furbo o più prepotente o più intrigante.
Fiumi di odio si sono riversati nelle menti
e nei cuori dai nostri televisori, dalle nostre radio e dai nostri giornali. La conse
guenza è qui davanti a noi. Non ci si può
beffare di Dio, scrive l’apostolo Paolo;
quello che l’uomo ha seminato, quello pure mieterà. Noi raccogliamo oggi i frutti
nell’angoscia la nostra solidale simpatia,
chiediamo a tutti, a noi tutti, di assumerci
la nostra responsabilità e di prendere
chiare posizioni contro i fomentatori della violenza. Non è adottando leggi più repressive e invocando rabbiose ritorsioni
che si combatte la violenza, ma soltanto
intpegnandoci a costruire una società più
giusta, un rapporto più umano gli uni
con gli altri, una coscienza nuova più responsabile, basata sul rinnovamento dell'uomo operato da Cristo, riconciliatore e
salvatore. Se saranno riuscite a portarci a
questo genere di impegno, le vittime di
giovedì non saranno morte del tutto invano. Piero Bensì
Gli chiedo: dove ci porterà
questa « escalation » terroristica? « Alla continua crescita
del terrorismo — mi dice — non
si può rimediare se non riorganizzando i servizi segreti. I vecchi servizi segreti erano contro
10 Stato anziché esserne al servizio. Qui, nel dibattito parlamentare, dopo l’assassinio e il
rapimento di ieri si è cercato,
anche da parte di quei gruppi
che non avrebbero immediatamente espresso la fiducia al governo Andreotti, di accelerare la
messa in moto della macchina
legislativa. Perciò abbiamo espresso questa notte la nostra
fiducia al governo affinché possa entrare nel pieno delle sue
funzioni senza ulteriori lungaggini. Ho già in tasca il pacchetto di leggi che inizieremo a discutere lunedì,».
Ritieni, chiedo a Vinay, che
11 nuovo governo Andreotti saprà dare una risposta adeguata
al terrorismo, una risposta che
non sia un passo in avanti verso uno ’’stato di polizia”?
« Dagli interventi che ho ascoltato in aula — mi risponde —
sono emerse due tendenze; quella riassumibile nella posizione
di La Malfa che dice: ’’allo stato di guerra si risponde con
misure eccezionali, si accetta la
sfida e si risponde adeguata
G. Platone)
(continua a pag. 8)
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24 marzo 1978
________30 ANNI DI PRESENZA METODISTA AD ALBENGA
Con tenacia e perseveianza
a colloquio con I lettori
In febbraio è ricorso il trentesimo anniversario della nascita
della comunità metodista di Albenga. È un piccolo avvenimento
ma va ricordato affinché questa
comunità sia accompagnata dalla preghiera a Dio per continuare a crescere in ogni cosa verso
Cristo. -La prima riunione con
lettura di brani biblici e canti si
tenne nella casa ospitale dei coniugi Basso, mercoledì 4 febbraio 1948. Si era una ventina ma
riuscimmo a dar vita ad una comunità. Ben presto fu amministrato il primo battesimo, fu celebrato qualche matrimonio ed
accompagnammo al campo del
riposo alcuni fratelli.
Di lì a qualche tempo cercammo un locale comunitario; ma le
ricerche erano difficili. I proprietari quando sentivano che eravamo protestanti ci chiudevano la
porta in faccia. Trovammo una
prima sommaria sistemazione
presso la casa della sorella Lilia
Basso che mise a disposizione
del gruppo alcuni locali della sua
casa di Bastia, distante da Albenga una ventina di minuti. In
questo paesino le nostre adunanze erano ben frequentate. Ci sentivamo investiti dal dovere di accumulare nuove energie, di ap
profondire la conoscenza della
Parola, di sostenerci a vicenda
parteggiando anche le nostre esperienze personali nel campo
della testimonianza. Fu allora
che capimmo fino in fondo la parola del salmista: « Ecco quant’è
piacevole che fratelli dimorino
assieme ».
Più tardi grazie alla ricerca
della nostra sorella Maria Paccini trovammo in Via dei Mille in
Albenga un locale interrato che
trasformammo in un accogliente
saletta. Ci organizzammo di tutto: sedie, pulpito, tavolo per la
Santa Cena, una bibliotechina
per studi biblici. E la terza domenica del febbraio del 1964, presente una delegazione della comunità di Savona, inaugurammo
la sede. Un amico svizzero, Emile
Kuenzler-Koelner, ci regalò un
beU’armonium. La comunità
crebbe con partecipazione di tutti nella visita ai malati, nel dare
lezioni bibliche ai ragazzi, nell’amministrazione della cassa.
Spesso ci visitava da Sanremo
il pastore Siro Cantoni recente^ mente mancato ma il cui ricordo
è ancora vivo in mezzo a noi.
Clelia Pirazzini, dal letto di una
clinica di Loano, c’incoraggiava
con la preghiera e con le offerte.
Lilia Basso, un’altra collaboratrice che abbiamo perso, si prodigava neH’insegnamento religioso.
Altri nomi di uomini e donne che
non sono più con noi come Maria Paocini o Isolina Zunino oppure Maria Bragagnolo e ancora
Davide Vigo e Giambattista Pippo ci ricordano la perseveranza
nella fede e la tenacia nella testimonianza al Cristo. La lista potrebbe continuare perché la testimonianza è progredita con persone concrete il cui ricordo ci è
stato d’esempio.
Attualmente la comunità è curata dal pastore Franco Becchino, titolare a Savona, con l’aiuto
di valenti predicatori laici. Florence Vinti e Angela Simone si
occupano della Scuola Domeinicale. Lidia Bossatti e Dina Vigo si
interessano all’ amministrcizione
mentre Giobatta Basso, nostro
primo ’’nostromo” dalla fondazione della comunità, cura tutto
il resto.
Per chi verrà nell’antica cittadina di Albenga, per le vacanze o
di passaggio, non dimentichi di
venirci a trovare durante l’ora
del culto. Sarà una visita gradita
nel comune impegno della testimonianza.
Francesco Cacciapuoti
NON SONO
ANTISEMITA
FELONICA PO
Celebrazione del XVII Febbraio. - La stagione fredda, umida, piovosa e l’imperversante influenza hanno ridotto un po’,
quest’anno, il numero dei partecipanti alla giornata del XVII
Febbraio tenuta la domenica 19.
All’agape fraterna i commensali erano 49. Una famiglia era venuta addirittura da Rimini. Gradita come sempre la ormai consuetudinaria partecipazione del
Pastore Battista Domenico Tomasetto, da Ferrara, con la sua
famiglia e alcuni membri della
sua comunità. È questa una delle poche, per non dire unica, occasioni che consente di avere a
Felónica contatti informali e a
carattere familiare tra persone
cui le distanze e gli impegni di
lavoro permettono pochi incontri comuni. L’assenza di discorsi... conviviali favorisce l’atmosfera libera, serena. Molto apprezzata anche la parte puramente... gastronomica del pranzo dovuta all’impegno e al lavoro dell’Unione femminile.
Ma il pranzo, naturalmente,
non è che un aspetto della giornata! In mattinata infatti c’è
stato il culto con Santa Cena,
presieduto dal fratello Dino
Gardiol, di Luserna San Giovanni, che ringraziamo per aver
accettato, insieme alla Signora,
l’invito di Felónica. Egli ha portato con sé alcuni films da lui
girati: il primo su Guardia Piemontese, in occasione dell’erezione del cippo commemorativo
della strage dei valdesi avvenuta in quel luogo nel 1561. Seguivano altri due cortometraggi :
uno sulla Casa di riposo « Asilo
Valdese» di Luserna San Giovanni prima e dopo i restauri e
la nuova costruzione, l’altro sul
grande raduno evangelico alle
Cevenne. Una panoramica visiva
che, messa in relazione con la
predicazione del mattino, ci ha
spinto a riflettere sul passato e
sul presente della Chiesa Valdese.
La colletta fatta nel corso del
culto per i Valdesi dell’area rioplatense ci ha impedito di rinchiuderci in una visione nazionale del nostro valdismo.
Piccolo notiziario: mentre tutte le « attività ecclesiali » hanno il loro normale sviluppo, ricordiamo con particolare senso
di gioia il culto del 13 novembre con la notevole partecipazione « canora » di un gruppo
di cattolici di Verona, guidati
da Don Rino Brione e una serata in dicembre, trascorsa in
compagnia di Ernst Schaffer,
studente in medicina, israeliano
di origine rumena, che ci ha
parlato di Israele.
Fra i ricordi tristi abbiamo
invece quello del funerale di
Celio Longhi, deceduto all’età
di 88 anni a Lodi. Ricordiamo
la sua figura come quella di un
membro di chiesa legato alla
Comunità di Felonica che non
dimenticava mai, come del resto non dimenticava il suo paese da cui era lontano ormai da
lungo tempo.
ORSARA
Alle occasioni di incontro e
di dialogo, che a Orsara si realizzano soprattutto nel periodo
che va dalla primavera all’autunno, cerchiamo di rispondere
con disponibilità e nuove strutture. In questa prospettiva abbiamo realizzato dai locali sopra la chiesa, una bella ed accogliente sala comunitaria in
stile « pugliese », che potrà essere un utile strumento nel paese per fare incontrare vari gruppi, almeno ce lo auguriamo. Due
appuntamenti avremo prossimamente : col Moderatore per inaugurarla ed un’altra per discutere i problemi della donna, nella famiglia e nel lavoro.
Se la cosa andrà in porto,
avremo in agosto un campo giovanile nel nostro Centro Betania auspicato dalla Commissione Esteri della FGEI, con l’intervento di un gruppo francese,
guidato dal past. J. P. Molina.
Anche ad Orsara, nella sala
del Consiglio Comunale, abbiamo organizzato due conferenze:
il past. Jean Lasserre (col quale abbiamo organizzato anche a
Foggia una manifestazione simile ) ha parlato su « Rivoluzione e non-vlolenza » e il past.
Ermanno Genre su « I cristiani
nella lotta per il socialismo ».
Entrambe le conferenze sono
state seguite da un pubblico numeroso ed interessato a discutere le problematiche sollevate.
PALERMO
Terminati i lavori di restauro
stiamo cercando di usare il più
possibile il salone delle attività.
Tra gennaio e febbraio vi abbiamo tenuto tre àgapi fraterne con
buona partecipazione di famiglie
della comunità.
Anche il teatrino è stato rimesso in funzione. Diana Albeggiani
e Stefania Bertolino con un gruppo di ragazze hanno organizzato
uno spettacolo di balletti classici che è stato rappresentato il 21
e 22 gennaio con molta affluenza
di pubblico.
• In febbraio tre bimbi sono
venuti ad allietare tre famiglie
della comunità e la comunità
stessa. Essi sono: Teresa LuisiBonaccorso; Eugenio Chianello;
Adriana Currò.
• In febbraio abbiamo avuto
due assemblee di chiesa dalle
quali è scaturito il seguente
o.d.g.: « L’assemblea della chiesa
autonoma di Palermo ' riunita in
data 26.2.’78 per esaminare il problema dell’attuale orgemizzazione
derivante dalle nuove discipline
della Chiesa Valdese, dopo aver
ascoltato e discusso la relazione
di una commissione appositamente eletta dalla precedente
assemblea approva il seguente
o.d.g.: Premesso che l’assemblea
è consapevole del fatto che si è
giunti alla nuova regolamentazione dopo attenti studi fatti da esperti e che, dopo attento esa- ■
me, il Sinodo l’ha approvata, poiché la nuova regolamentazione
della Chiesa nella sua fase di attuazione pratica ha dato luogo a
doppioni, appesantimenti burocratici e lamentele da parte di
alcune comunità, come risulta
anche dalla relazione della Commissione esecutiva del IV distretto al Sinodo 1977, suggerisce
che venga ripresa in esame tutta
Caro Direttore,
il lettore Federico Schenone, di Genova, ti ha scritto per esprimere il suo
dissenso dalle opinioni contenute nel
mio articolo « Egitto-Israele: dialogo
interrotto? (v. questo settimanale:
n. 4 del 27.1.’78). Il lettore mi giudica forse un antisemita o un antisionista. Non mi sembra di essere né l’uno,
né l’altro; mi sembra invece di essere
stato, in tutta la vita, comprensivo sia
per le sofferenze, davvero immense e
sommamente ingiuste, che regimi poli
tici perversi hanno, per -secoli, inflitte
agli ebrei, sia per l’aspirazione di questi ultimi a ricostruirsi una patria nella
terra degli avi.
Quando l’UNESCO decretò resclusione d’Israele dalla categoria delle nazioni aventi diritto ad una certa area
d’influenza culturale, ne segnalai l’ingiustizia; quando taluni uomini politici italiani (primo fra tutti l’on. Corvisieri) scrissero articoli in cui affermarono, seguendo la maggioranza dei
governi arabi, essere identici i due concetti « sionismo » e « razzismo ebraico », io protestai con tutte le mie forze, ecc.
Ma, detto questo, mi sarebbe sembrato, e mi sembrerebbe tuttora, ingiusto non protestare anche contro la tendenza dello Stato d’Israele ad espandersi sempre più, d’anno in anno, al di
fuori dei primitivi confini ed anche assai lontano da questi. Alludo agl’iusediamenti nel Sinai, incrementati ancora persino nelle ultime settimane e
cioè dopo la visita di Sadat in Israele,
insediamenti che anche il presidente
Carter disapprova.
A dire il vero, io credetti per molto
tempo e fino a 5 o 6 anni fa, che
l’immigrazione Israeliana nella Palestina avrebbe avuto carattere, più che
altro, simbòlico : non già un’immigrazione di massa, quasi neU’intenzione di
dar ricetto a tutti gli ebrei del mondo.
Si deve perciò dire, come molti dicono,
che Israele è una nazione « imperialista »? Io esito ad affermarlo: temo,
come ho già avuto occasione di scrivere, qualcosa di diverso e, forse di peg
la materia al fine di snellire e al
tempo stesso rendere più efficace la struttura organizzativa della Chiesa.
Alla luce dell’esperienza avuta
sino ad ora, una delle soluzioni
possibili potrebbe essere quella
di unificare le due strutture esistenti attualmente (Circuito e Distretto) in un unico organismo,
territorialmente limitato, che curi sia la parte spirituale che quella amministrativa.
FIRENZE
I valdesi in TV
Già da circa due anni agli evangelici fiorentini è stato dato
uno spazio sul Canale 48, nella
rubrica Riflettiamo insieme che
va in onda il sabato alle ore 19
per mezz’ora ed è curata dal fratello Ettore Alterio, proto-presbitero della Chiesa Ortodossa d’Italia. La rubrica è generalmente interconfessionale e riunisce interlocutori cattolici, ortodossi e protestanti.
Si è dato ora l’avvio alla presentazione delle singole chiese,
lasciando a ciascuna di gestire un
numero della rubrica. Data la vicinanza del 17 febbraio, la Chiesa Valdese ha avuto la precedenza e ha gestito la sua trasmissione sabato 18 febbraio, dalle 19
alle 19.30. Il giorno prima, cioè il
17, un operatore ha fatto le riprese dell’inizio dell’àgape fraterna, inserite poi nel programma
del 18. Hanno partecipato alla
trasmissione il ,prof. Salvatore
Caponetto, il Direttore del Gould
Marco Jourdan e il pastore Alfredo Sonelli.
Dopo la presentazione fatta dal
fratello Alterio, il pastore Sonelli ha chiarito il significato del
nome « Chiesa Valdese », precisando che si tratta di una unione
libera di chiese locali, che si sono date liberamente una organizzazione culminante nel Sinodo.
Non una chiesa a se stante, ma
in stretta comunione di fede in
gio! E cioè della prevalenza, in Israele,
di un fanatismo religioso diretto a voler raggiungere esattamente (« non un
metro più in là, né uno più in qua »!) i
confini dell’antico regno di Davide. Ma
può darsi che mi sbagli : dopo tutto,
Israele è ancor sempre una democrazia (diversa dalle altre, sia pure), nella
quale è ancora possibile che, presto o
tardi, l’opinione pubblica cambi e si
orienti in senso più umano è più ragionevole. Lo spero ardentemente.
E’ degli ultimi giorni la sanguinosa,
terroristica azione di palestinesi in territorio israeliano. Si potrebbe essere
tentati di dire, col lettore F. Schenone,
che dunque è proprio vero che la colpa della tristissima storia dei rapporti
israelopalestinesi è tutta dalla parte
palestinese.
Io disapprovo codesto modo di ragionare, non meno di quello che usava
un tempo, quando i delitti AeVClrgoun
Zvai Leumi erano designati come prova dell’esclusiva colpa da parte israeliana. Ma non si tratta dunque, sempre e solo, di una catena ininterrotta
di vendette?
Bisogna spezzare tale infernale catena : o dobbiamo ora avallare la spedizione punitiva dell’esercito israeliano
sui campi dei profughi palestinesi nel
Libano?
, Tullio Viola, Torino
UN RICHIAMO
IMPORTANTE
Un fratello inizia la sua lettera dicendo (( credo non commettere peccato
se ti do del tu... » e riferendosi ad un
articolo del periodico cattolico Tempi
di Fraternità in cui si parla dell’inferiorità dei cristiani di fronte al vescovo, commenta:
...anche nella nostra Chiesa valdese
metodista esiste una disparità nel trattarsi, che non corrisponde al trattarsi
alla pari come credenti che si riferiscono allo stesso Cristo, secondo il suo
Spirito che ci dice « voi siete tutti
fratelli ». Tra fratelli non esistono differenze o privilegi. Invece nella nostra Chiesa esistono due categorie,
quelli del <c tu » e quelli del k lei ». Addirittura noi che abbiamo meno istruzione diamo del lei e nella maggior
parte dei casi riceviamo del tu. E’ uno
sconcio sentire signor di qua, signor di
là, lei qui, lei là... e la più classica di
queste espressioni; signor pastore...
Sembra di essere sotto le armi.
A questo proposito — forse chiedo
troppo — vorrei pregarti di presentare un ordine del giorno al prossimo Sinodo per discutere e abolire una buona
volta questo « lei » e « signor » cbe
non corrisponde affatto allo spirito del
nostro Cristo e del suo evangelo... Non
so come vedi questo caso. Forse chiedo troppo... comunque sono un membro della Cbiesa valdese e anche sostenitore del giornale.
Sempre con rispetto fraterno, saluto
Pasquale Cobbo, Campobasso
Italia con le chiese metodiste
(dal prossimo anno neH’unità del
Sinodo), con altre chiese evangeliche, nella Federazione delle
Chiese Evangeliche in Italia, con
tutte le chiese cristiane aderenti
al Consiglio Ecumenico delle
Chiese. Nella grande famiglia
delle chiese protestanti, la Chiesa Valdese appartiene specificamente alla linea Riformata.
Il prof. S. Caponetto ha illustrato brevemente la storia della
chiesa valdese, dal movimento di
Valdo all’adesione alla Riforma
nel Sinodo di Chanforan, alla
Emancipazione del 1848, con particolare riferimento ai movimenti protestanti in Italia nel XVI e
XVII secolo, il periodo delle persecuzioni.
La situazione della Chiesa Valdese in Firenze è stata illustrata
dal Direttore del Gould Marco
Jourdan, dall’apertura della Facoltà Teologica in via dei Serragli ai nostri giorni.
La posizione di fede dei valdesi — partendo proprio dalla ripresa filmata dell’àgape — veniva precisata dal pastore Sonelli
che concludeva con una rapida
indicazione del modo in cui la
Chiesa Valdese vede i rapporti
tra chie.sa e stato, distinguendo
tra « intese » e « concordato ».
La trasmissione ha trovato ampi consensi anche tra non-valdesi.
Ci sono epoche in cui il senso della
giustizia e dell’uguaglianza spingono
ad attribuire il tu e un unico appellativo a tutti indistintamente; « cittadino » nella Francia del 1789, « compagno » nella Russia del 1917... Noi sappiamo che questo semplice fatto non
basta a garantire una vera uguaglianza e una giustizia permanente e, pur
non disprezzando le realizzazioni parziali della storia, ci diciamo portatori di una speranza che va al di là di
queste e che le compie: la speranza
del regno di Dio. Eppure, nella realtà
dei fatti nella chiesa spesso non sanpiamo esprimere questa speranza, non
sappiamo « anticipare » il regno di Dio
neppure con questa piccola manifestazione di uguaglianza e di fraternità:
l’uguaglianza del « tu » e la fraternità
del chiamarsi fratelli e non signori.
Come mai? E’ così debole la nostra
speranza, da sottostare alle abitudini e
ai costumi di un mondo al tramonto?
In parte per questo, ma in parte anche perché nella chiesa ci si conosce
poco, ci si incontra poco, si è poco comunità.
Così, caro fratello Corba, ritengo
che il tuo richiamo sia molto serio e
importante: è il richiamo ad essere
più comunità e a saper esprimere meglio la speranza che è in noi. Dubito
però che questo si raggiunga con l’approvazione di un ordine del giorno sinodale: è nella pratica della vita delle
chiese che dobbiamo procedere in questa direzione e possiamo farlo esprimendo e ascoltando un richiamo fraterno come il tuo.
Franco Giampiccoli
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24 marzo 1978
AMERICA RELIGIOSA
“Evangelicalism"
un movimento in
cui c'è di tutto
Nel bilancio del Cristianesimo popolare degli Stati Uniti vanno segnati al passivo alcuni
aspetti preoccupanti che non vanno sottovalutati
La valutazione di un movimento come quello dei borri
again Christians, dei cristiani
nati di nuovo, è particolarmente difficile perché in una massa
multiforme di 45 milioni di individui che segue molto più i
propri capi carismatici piuttosto che le forme istituzionalizzate e definite della religione,
c’è davvero di tutto: dal rinnovamento biblico all’ignoranza
programmatica, dall’azione dello Spirito alla ciarlataneria, da
Dio a Mammona...
ORO A PALATE
Tentiamo comunque una valutazione di alcuni aspetti del
movimento cominciando appunto dal lato finanziario.
Gli americani — osserva il
prof. Martin E. Marty nella sua
lettera quindicinale « Context »
(15.2.78) — si sono resi improvvisamente conto che non solo
le grandi denominazioni cristiane raccolgono ogni anno decine
di milioni di dollari, ma anche
singoli individui lo fanno con
enorme facilità. Un predicatore
di grido che sappia sfruttare a
dovere il suo tempo radio-televisivo compie in un anno un
drenaggio di offerte pari a quello che può compiere una denominazione che raccolga tre milioni di membri. In questa situazione molti esponenti del
movimento « evangelical » finiscono per farsi concorrenza, si
difendono, invocano le leggi
americane sulla separazione tra
chiesa e stato per impedire al
Congresso di indagare sui loro
fondi.
Recentemente sulle colonne
del nostro giornale si è parlato
criticamente del bilancio miliardario dell’organizzazione di BilIv Graham; ma negli Stati Uniti Graham è considerato come
uno degli esponenti più seri delVEvangelicalism perché volontariamente e per la prima volta
ha reso pubblico quest’anno il
suo bilancio. Al di fuori di questa iniziativa isolata si è ancora nel Far West religioso, in un
mondo di celebrità religiose che
pubblicano, trasmettono, proiettano e costruiscono con fiumi
d’oro. Non c’è quindi da stupirsi che accanto al geloso segreto sulle finanze fioriscano le
stravaganze. Orai Roberts, il capo del neo-pentecostalismo ha
consolidato l’enorme successo
televisivo ottenuto in questi anni in una faraonica università,
(la Orai Roberts University, mo
destia a parte, dì Tulsa, Oklahoma) su cui troneggia una
« torre della preghiera » alta
una trentina dì metri. « Dovevo
farmi un’Università — ha dichiarato — per dimostrare che non
ero una meteora ». All’università che è costata 150 milioni di
dollari non ancora interamente
pagati, sì è aggiunto ora il progetto di un gigantesco ospedale
nella stessa area. Un altro esempio di stravagante grandiosità
edilizia è quella del pastore Robert Schuller, uno tra i più noti
e magnetici predicatori televisivi, che sta costruendo in California una cattedrale tutta di
cristallo attraversata da un corso d’acqua che costerà un numero imprecisato di milioni di
dollari.
Un numero crescente di americani di fronte a questi fatti —
spese fantastiche e segreto bancario — deduce che la religione
è un imbroglio e che i suoi operatori non sono che affaristi. Un
recente film, « Oh God! » (O
Dio!), in cui l’autore, ebreo, descrive in modo arguto e divertente una visita in incognito di
Dio nella società americana contemporanea, prende ferocemente in giro un esempio della peggiore ciarlataneria religiosa che
spreme dollari dalTemotività di
migliaia di semplici affascinati
da una vocé suadente e da una
abile coreografia. Ben diverso
è il quadro delle chiese locali e
denomìnazionali che finanziariamente si basano non sul richiamo del divo religioso ma su un
solido sistema di contribuzioni
dei membri ai quali viene reso
conto annualmente fino all’ultimo centesimo.
SETTARISMO
Un altro preoccupante tratto
di gran parte delVEvangelicalism
è uno spirito settario che si manifesta in forme diverse.
Dal punto di vista dottrinario
esso costituisce un fattore di divisione interna per il movimento. In un articolo apparso recentemente sul Christian Century intitolato « Profitti e perdite» (25.1.78) il teologo Cari
F. H. Henry osserva: « Invece
di essere visti dai mezzi di comunicazione nazionali come
membri di un movimento dinamico di trasformazione della vita, portatori di un immenso potenziale di conversione, i "nati
di nuovo” sono apparsi sempre
più ingolfati in una controversia frazionistica sulTinfallibilità
della Bibbia. Alcuni esponenti
hanno compiuto un errore che
costerà caro al movimento catalogando questo o quel leader
in base a questo problema come credente genuino o come un
simulatore ».
Ma di questo settarismo esiste anche un aspetto esterno. Il
prof. Martin E. Marty, intervistato dalla televisione ha recentemente affermato che i « nati
di nuovo » sono il solo gruppo
religioso con cui è difficile oggi
in America stabilire un contatto senza che emergano intolleranze e chiusure nei confronti
di chi non è come loro. Ed in
certi ambienti questo settarismo
comincia a sconfinare nel razzismo religioso, nella concezione
di un ghetto autosufficiente che
discrimina ed esclude il mondo
esterno. Cominciano a comparire per esempio, sulle pagine
gialle di diverse città (soprattutto dell’Ovest), pubblicità di
questo genere: « Sei stanco di
es.sere imbrogliato dal tuo meccanico? Vai da XY: è un cristiano nato di nuovo ». Gran parte
della popolazione reagisce in
modo negativo di fronte a queste tendenze e non a caso un
avvocato in California si è preso
la briga di denunciare alcune
società che usano questi sistemi
sulla base di una legge che vieta di valersi nel campo del commercio di pubblicità che operi
Franco Giampiccoli
(continua a pag. 8)
A PROPOSITO DI UNA GROSSOLANA DEFINIZIONE
“Cultura protestante” in terra italiana
Necessità di un nostro apporto nel dibattito su culture e civiltà per correggere fraintendimenti e sostenere un serio rinnovamento.
Il Gorriere della Sera del 25
febbraio ha dedicato largo spazio della sua terza pagina ad un
dialogo fra lo scrittore Parise
e Padre Sorge di Civiltà Cattolica sul signiftcato della lotta
tra varie culture, da cui dovrebbe o potrebbe sorgere una nuova civiltà.
Le culture identificate come
attive in tale lotta sono sostanzialmente tre : quella cattolica,
quella marxista e quella laica
(nella quale ultima è facile riconoscere l’illuminismo). Ad esse il Parise aggiunge ad un certo punto una « cultura protestante » che egli definisce come
« cultura del successo » identificata come quella per la quale
« l’uomo è uno strumento e non
un fine: il fine è la produzione». Un riecheggiare approssimativo delle tesi del Weber, che
denuncia come la base culturale
del Parise sia, in fondo, altrettanto « cattolica » che quella di
Padre Sorge. Sfugge a lui come,
se di cultura protestante si vuol
parlare, si debba identificare in
essa proprio il contrario di quanto egli asserisce e cioè la centralità del problema « uomo »
attraverso la riaffermazione della Libertà di Cristo e in Cristo
(ecclesiologia, salvezza per Grazia, e soprattutto sacerdozio uni
versale). Che poi tutto questo
abbia potuto degenerare in un
eccesso di individualismo, tradottosi in una economia caratterizzata dalla crudele concorrenza del paleocapitalismo, può
solo significare la necessità del
ricorso ad un altro principio
protestante, « ecclesia semper
reformanda », ma non annullare
i principi di base. Anche la cultura marxista ha avuto nello
stalinismo la sua degenerazione
e quella cattolica la ha avuta
nella costante riaffermazione del
prevalere del principio di autorità (vedi la non rinunciata politica concordataria ) appena
temperata da un solidarismo di
tipo assistenziale. E mi pare
che proprio questo aspetto abbia colto Padre Sorge quando
assicura che il Concilio Vaticano II ha impresso una svolta
alla cultura cattolica portandola
ad una accettazione del pluralismo politico dei cattolici (ancora da dimostrare nei fatti) con
il ritiro della delega alla D.C.
come rappresentante « in esclusiva delle proposte culturali dei
cattolici italiani ». Dice il Sorge : « il pluralismo politico dei
cattolici è ormai una acquisizione non solo culturale, ma anche
teologica ».
Dalla lettura di questo dialo
go, che vivamente consigliamo
a chi non lo avesse ancora letto, alcune conclusioni, mi pare
possiamo tirarle anche noi.
La prima è che è forse giunto
il momento di rettificare il tiro :
più che combattere « contro »
qualcosa dovremmo preoccuparci di far conoscere a questa Italia cosi permeata di « cultura
cattolica » in tutte le sue componenti ( quella marxista non
esclusa) la «cultura» protestante ad evitare che essa venga così grossolanamente fraintesa,
come fa il Parise.
La seconda è il prendere atto della evidente trasformazione in atto nella « cultura cattolica », che dovrebbe consigliarci di aiutare la trasformazione
stessa lottando, a tutti i livelli
ecumenici, in appoggio a coloro che tale trasformazione perseguono e contro tutti coloro
che ad essa in vario modo (sul
piano ecclesiologico specialmente) si oppongono.
La terza è la rilevanza che viene data da tutti i partecipanti
al dibattito (compreso il giornalista che lo conduce) ai rischi
insiti in un compromesso culturale tra la cultura cattolica e
quella marxista. Si può anche
credere, se lo si vuole, che un
accordo o compromesso politi
BOLIVIA
la chiesa metodista
sostiene uno sciopero
della fame
Circa 1.300 persone hanno iniziato, nel gennaio scorso, uno
sciopero della fame in varie parti della Bolivia. Con questa azione chiedono al governo del generale Banzer di rilasciare i prigionieri politici e di consentire il ritorno dei molti esuli per gli stessi motivi. Lo sciopero della fame
è stato iniziato il 28 dicembre da
21 mogli e figli di prigionieri politici, responsabili sindacali, ed è
stato immediatamente appoggiato da molta parte della popolazione.
Anche la chiesa metodista boliviana ha ufficialmente espresso
la sua solidarietà e deciso di-sostenere le famiglie interessate
con aiuti giuridici, morali e di
cura d’anime. A Ginevra, negli
ambienti del Consiglio Ecumenico delle Chiese, si teme che il governo o gruppi di potere ad esso
echi dal mondo cristiano!
a cura di BRUNO BELLION
stituzione di appositi consigli locali. Ogni membro della chiesa
svedese appartiene anche a una
comunità locale e a un distretto
ed in esso esercita i suoi diritti.
vicini intervengano con la violenza per sciogliere le dimostrazioni. E’ stato perciò inviato un
osservatore.
SVEZIA
njmvi rapporti
tra stato e chiesa
Si stanno discutendo, in Svezia, dèlie proposte per modificare i rapporti esistenti tra lo stato
e la chiesa luterana.
Tali proposte, presentate ufficialmente al parlamento ed alle
chiese, sono il frutto di venti anni di lavoro e, qualora vengano
accettate, ha detto l’arcivescovo
Olaf Sundby, primate della Chiesa svedese e copresidente del
CEC, « avranno conseguenze
molto positive sul clima ecumenico della Svezia ».
Secondo le nuove proposte si
dovrebbe affermare che la chiesa
di Svezia è una comunità evangelico-luterana, la cui confessione e
il cui lavoro si svolgono nelle linee direttrici che sono normative per la chiesa. La chiesa svedese si organizza su dimensioni
nazionali e, essendo organizzata
su principi democratici, rende
possibile a tutti i suoi membri di
prendere parte ai culti e a tutte
le altre attività. Le chiese locali
e i distretti assumono sul piano
locale la responsabilità del lavoro ecclesiastico, mediante la co
Culto radio
e notiziario
evangelico
Sul programma nazionale ogni domenica alle 7.35.
I culti di Venerdì Santo, 24
marzo, e di domenica di Pasqua saranno tenuti da Domenico Maselli.
Hanno collaborato a questo
numero: Archimede Bertolino - Bruno Costabel - Ivana
Costabel - Franco Davite Odoardo Lupi , Luigi Marchetti - Lilia Sommani - Alfredo Sonelli - Dino Gardiol Giorgio Tourn.
co tra i partiti che si dichiarano rappresentanti di tali culture abbia una sua validità attuale. Ma è estremamente pericoloso lavorare, come da molte
parti si fa, per realizzare il compromesso tra queste culture, includendovene magari altre in un
« volemos© bene » generale. Si
rischia un appiattimento generale di ogni attività veramente
culturale con la sterilizzazione
di quanto un’attività del genere
dialetticamente libera può portare di positivo.
È il rischio che si corre quando si tenta di estendere anche
al di fuori di un partito (che nel
suo interno può decidere come
e quel che gli pare) il metodo
del « centralismo democratico »
per il quale a tutti è concesso
dire la loro ma a tutti è poi imposto di seguire le linee definite ai vertici.
Oppure quando si tenta di
realizzare una « democrazia assembleare » (vedi quanto avviene in campo studentesco) forzando in vari modi, magari con
la violenza verbale o peggio concreta, le decisioni di assemblee
più o meno rappresentative per
poi chiederne l’applicazione anche a chi non le condivide.
L’ultima infine è la necessità
evocata da Padre Sorge di ricercare tutti assieme, ognuno
portando il suo diverso contributo, « i nuovi valori » che dovranno essere identificati « come momenti comuni di riaggregazione morale e culturale della ricca realtà pluralistica del
Paese ». « La società di oggi è
lacerata » e la cosa non può stupire chi crede che stiamo vivendo una crisi dì civiltà e non solo un episodio della lotta di
classe; ma per sopravvivere bisognerà bene trovare una scala
di valori in cui tutti, ognuno a
suo modo, possano credere e
ritrovarsi. Noi protestanti dobbiamo poter contribuire positivamente a tale ricerca, non perseguendo antiche forme pietistiche o legandoci al sopravvivere di antiche tradizioni, ahimè, morenti, ma ricordandoci di
alcuni principi fondamentali
che sono i nostri;
« Libertà dell’uomo in Cristo »
e cioè il rispetto dell’uomo e della sua personalità di fronte a
qualsiasi ideologia totalizzante;
« Ecclesia semper reformanda »
è cioè la necessità di continuare a riformare sulla base della
Parola di Dio la nostra presenza nella Chiesa e la presenza
della Chiesa nel mondo nel quadro delle nuove situazioni che
si creano intorno a noi.
Niso De Michelis
4
24 marzo 1978
SUICIDIO; è vero che la Bibbia non lo condanna?
Sul 1^' numero di quest’anno abbiamo pubblicato un articolo del Dott. Franco De Carli, medico, intitolato « Assassinio su 'richiesta' » che commentava in modo nettamente negativo il referendum con cui la maggioranza degli elettori del cantone di Zurigo hanno chiesto la regolamentazione dell’eutanasia attiva per determinati casi. L'articolo — soprattutto per il suo titolo, ma anche
per il contenuto ha suscitato vive reazioni e
sul n. 6 del 10 febbraio abbiamo pubblicato due
lettere, una delle quali afferma « il principio cristiano e italiano, anzi italianissimo della condanna del suicidio ». Già ci proponevamo di tornare
su questo argomento e abbiamo chiesto un secondo articolo a Franco De Carli, ma un’altra
lettera da poco ricevuta — che si riferisce appun
to alla « condanna del suicidio » — ci induce a
non tardare oltre.
Cerchiamo quindi di affrontare il problema
dal punto di vista cristiano (quello italiano o italianissimo francamente ci interessa proprio poco) e lo facciamo riportando — oltre alla lettera
che ripropone il problema — una risposta che
« La Vie Protestante » ha dato (24.2.78) ad un
lettore che poneva lo stesso problema confrontandosi con la Bibbia. Ci sembra una risposta
molto seria ed evangelica. Infatti, invece di dare
una facile legittimazione o condanna del sucidio
in sé, da una parte sposta il problema dal piano
legalistico (che accomuna tanto la condanna che
la legittimazione) al piano della responsabilità e
della decisione del singolo; dall'altra sposta il
problema dal giudizio (Sfavorevole o sfavorevole
che sia) sull’altro che si suicida al giudizio su noi
stessi che di fronte a un suicidio non possiamo
non sentirci coinvolti e personalmente mancanti.
In quest'ultimo senso ci sembra esemplare la sofferta riflessione del pastore Gustavo Bouchard
sul suicidio di un giovane che pubblichiamo pure su questa pagina.
Quanto agli apprezzamenti sulla capacità dei
teologi di « dimostrare anche il contrario », essi ci
lusingherebbero moltissimo se fossimo teologi
del solo tipo che il Sig. Michelino Francia sembra conoscere: avvocaticchi alle prese con gli articoli di un codice, anziché credenti alle prese
con Dio.
Una lettera «a favore»
A proposito delle lettere apparse su “La Luce" del 10 febbraio
circa il suicidio vorrei dire qualche cosa. Io non sono un candidato al suicidio; non ho mai pensato a suicidarmi perché sono iv
pace con Dio e con gli uomini, godo ottima salute ed una pensione
che mi leva ogni preoccupazione economica. Quindi mi sembra di
essere nelle migliori condizioni per spendere una parola "a favore"
del suicidio nel senso di tentare una giustificazione per chi compie quel tremendo atto; per cercare di fugare quella puzza d’inferno in cui lo hanno calato tante favole.
Intanto mi sembra logico pensare che chiunque si accinge a
trinciare giudizi e condanne contro il suicidio dovrebbe aver sperimentato e non soltanto immaginato il tremendo stato di disperazione, di dolore, o che so io, del suicida stesso. Forse sarebbe indotto a più miti consigli. L’apostolo Paolo qualche cosa del genere deve averla sperimentata quando dice « vorrei partire ed andare col Signore... » ma poi soprassiede pensando che « ...il mio rimanere nella carne è più necessario per voi » {Filippesi 1: 23). È
solo un pensiero ma esprime bene il desiderio di restituire la sua
vita al Creatore.
Mi meraviglia il fatto che per condannare questo atto solenne
si chiami a testimone la Bibbia. La quale nei suoi cinque casi di
suicidio che riporta (Giudici 16: 30; 1 Samuele 31: 4 e 31: 5; 2 Samuele 17: 23 e Matt. 27: 5) non accenna nemmeno lontanamente
ad una condanna.
Non trovando argomenti per condannare il suicidio nella lettera si cerca di trovarli nello spirito della Bibbia e per questo si
incaricano i teologi, che ci sanno fare con i loro bei discorsi, per
dimostrare che il suicidio è una cosa abominevole al cospetto di
Dio. Ma loro saprebbero dimostrare anche il contrario.
Il suicidio è un atto di estrema disperazione e riguarda soltanto in maniera inequivocabile chi lo compie e Dio. Ed io non
vedo perché Dio dovrebbe condannare un uomo qualunque od un
Credente con la lettera maiuscola, che in un certo momento tragico, disperato della sua vita diventata insopportabile Gli dicesse
con le parole o con l’intenzione: « Signore non resisto più alla prova che è più forte di me. Accogli la mia vita che Ti restituisco».
Michelino, Francia
_____________LA RISPOSTA DE «LA VIE PROTESTANTE»
Di fronte al “diritto al suicidio” la
Bibbia annuncia il diritto alla vita,
anche per quella che sembra
non avere più alcun senso
Effettivamente non troviamo
nella Bibbia alcuna parola che
condanni il suicidio. Ma forse è
necessario riflettere un istante
sui motivi che ci spingono a porre questo problema. Non vorremmo forse che la-Bibbia tosse una
specie di codice che ci dispensi
dalla necessità di discernere personalmente le nostre responsabilità e ci informi infallibilmente
su ciò che ci è permesso o proibito?
È vero che la testimonianza biblica comporta alcuni segni ammonitori e cioè il Decalogo dove
è detto; « Non uccidere ». Tuttavia non si trova da nessuna parte una applicazione diretta di
questa parola al suicidio individuale o a quei suicidi collettivi
IL TESTAMENTO DI UN SUICIDA
Quando la disperazione prevale
« Sono stanco... » è l’ultima parola d’una lucida lettera-testar
mento scritta da un militante
nella vita politica prima del suicidio. Un giornale ha riportato
la notizia con questo commento: «Paolo aveva ventisei anni
ed una lunga appassionata vita
politica alle spalle...; in lui c’era
una gioia ed un’energia straordinari che si erano lentamente
disperse negli ultimi anni... Ultimamente aveva sempre un’ombra di tristezza anche quando
suonava la chitarra che non lasciava mai... Aveva trovato im
lavoro in ferrovia e gli piaceva
perché gli lasciava molto tempo libero... La politica dominava sempre la sua vita... ».
Poi, l’articolista aggiunge :
« Paolo insisteva spesso nel porre attenzione nella vita al personale contro ogni dogmatismo e
contro le certezze rivoluzionarle... ». Infine il commento finale: «i suoi compagni sono spaventati di questa comunicazione; questo è un massacro —
esclamano — e insieme al dolore la disperazione... come si fa
ad impedire la morte d’un compagno che viveva fino ad un
anno fa accanto a te ed ai tuoi
stessi problemi la tua stessa vita e che decide in totale solitudine di non viver più... ».
Delusione e solitudine da un
lato e riconoscimento dell’impotenza di far qualcosa dall’altro lato per il dramma di Paolo.
Le nostre parole umane ed i
nostri consigli non compiono
nessun miracolo ; forse accrescono ancora la crisi dell’uomo
di oggi. Perciò non abbiamo altra scelta che suggerire una parola diversa che Dio stesso ci
mette dinnanzi. Bicordo quanto
scriveva Isaia per consolare il
suo popolo nell’ora amara dell’esilio ; « Anche gli adolescenti
cedono all’affanno ed alla stanchezza...; anche i giovani vengono meno e si stancano; ma
chi spera nel Signore rinnovelia la sua forza ; sale con Tali come l’aquila, corre e non si stanca; cammina e non vien meno... ».
Il teologo Paolo Tillich cosi
commentava la parola di Dio;
immaginiamo che questa perora sia rivolta agli esuli del nostro tempo, a quelli che languono nelle prigioni o nei campi
di concentramento, a quelli che
lavorano disperati in terre straniere... alla folla di giovani —
aggiungiamo noi — che aspettano invano un lavoro o che sono
profondamente delusi della loro
ideologia...
Quale sarebbe la loro reazione? Probabilmente la respingerebbero con collera ed ironia
reputandola offensiva in un tempo in cui disperatamente ci si
rifiuta di credere alla possibilità d’una speranza... Eppure anche al tempo dell’esilio in Babilonia 11 quadro era altrettanto drammatico come oggi ; ciò
vuol dire che le varie situazioni
umane non sono dovute a casi
sfortunati ma corrispondono alla reale situazione dell’uomo
dalla quale non c’è scampo né
per gli esseri umani né per le
epoche storiche : « Ogni carne è
come l’erba e l’erba inaridisce
e si secca... ». Di fronte a questa tragica realtà si erge però
la Parola eterna alla quale ci
possiamo aggrappare per non
aver paura... C’è un ordine storico, umano — dice ancora il
nostro teologo — dove l’uomo
crea, lotta per il meglio, per il
progresso...; poi lo stesso uomo s’innalza, diventa arrogante
e opera *la distruzione... Dio però non abbandona la sua creatura e nell’ora della crisi tende
la mano ai deboli e dà loro forza, a mezzo di Colui che per
amor nostro s’è fatto debole, fino alla morte ed alla morte della croce ; per mezzo di Gesù
l’uomo è liberato mediante il
perdono...; questo è l’ordine di
Dio che non si confonde con
quello della storia; infatti nessuna civiltà può vincere la tragedia del peccato e l’ordine divino non s’identifica mai con
quello umano...
Noi che viviamo nelTordine
terreno possiamo ricevere il dono della vita nuova, eterna, mediante la potenza dello Spirito
Santo; allora non si conoscono
più delusioni e sconfitte perché
il fondamento della nostra vita
poggia su Dio rocca della nostra forza.
A quanti vedono crollare miseramente i loro umani progetti, Cristo, la vera vita, restituisce la Speranza e ci chiede di
esserne ambasciatori coraggiosi
per gli stanchi, gli sconfitti, i
disperati; Paolo, l’autore della
lettera-testamento insisteva sulla
vita e il personale senza che i
compagni valutassero la sua ricerca angosciosa... L’incapacità
di dare una risposta ci amareggia; ma ancor più ci turba una
certa tendenza in alcune nostre
chiese, in movimenti giovanili ed
opere dove il sociale ed il politico lascia spesso in ombra il
messaggio e la preghiera con
conseguenze intuibili.
Gustavo Bouchard
che possono essere le guerre; in
ebraico « il verbo usato qui designa Tassassinio personale compiuto per vendetta, per odio o
per negligenza » h A ciascuno il
compito di valutare se il pensiero del suicidio che forse è in lui
ha in qualche modo a che fare
con questi motivi, così che il comandamento sarebbe per lui un
appello a sottrarsi al loro ingranaggio.
È anche vero che la Bibbia ha
molti modi di parlarci e spesso
e volentieri lo fa in modo narrativo: la storia di Saul (I Sam. 31;
4 s.), di Ahitofel (II Sam. 17; 23)
e quella di Giuda terminano ciascuna con un suicidio che gli autori evitano di commentare se
non lasciandoci intravvedere
quella specie di logica attraverso
cui questi uomini sono stati condotti a questo tragico risultato.
Ma appunto, qui ancora. Tatto
stesso non è isolato dalle sue radici avvelenate: è da queste che
io mi sento interpellato leggendo
questi testi e non tanto dalla colpa eccezionale che costituirebb'i
quest’atto che la morale della nostra società ha per tanto tempo
segnato con una riprovazione
speciale. Succede del resto che in
un testo biblico il suicidio di cui
si narra comporti un aspetto di
eroismo, di sacrificio di se stessi,
come nella storia di Sansone
(Giud. 16: 30) che l’Epistola agli
Ebrei (11: 32) nomina tra i testimoni la cui nuvola ci circonda.
Ciò che mi sembra decisivo in
definitiva non è sapere se « il suicidio » è tollerato, ammirato o
respinto dalla Bibbia; è che davanti alla domanda « ho diritto
di suicidarmi? » scopro un altro
diritto, quello di non suicidarmi,
un altro permesso, quello di vivere, quello di trovare un senso
ad un’esistenza che sembra non
averne più assolutamente: è questo ciò che gli autori biblici te
stimoniano proclamando in mille modi la buona notizia di un
patto che Dio fa con noi, in cui
ci accoglie e ci impegna a servire... contro venti e maree.
Ci sono ore in cui noi soffriamo terribilmente di nop aver saputo comunicare questa certezza
a quelli che ne dubitavano, che
ne erano totalmente privi e senza speranza, e si può ben dire
paradossalmente che la mia esistenza ha un senso nella misura
in cui aiuto l’altro a trovare un
senso alla sua, a sapersi prezioso. I nostri insuccessi, le nostre
mancanze d’amore, di speranza,
per conto mio non sono sopportabili se non per l’affermazione
del Credo: credo la remissione
dei peccati.
D’altra parte bisogna escludere
che si possa ess'ere condotti ad
un suicidio per obbedienza, sì,
addirittura per obbedienza al
Dio delTEvangelo? Non ci sono
forse, come ha detto Karl Barth ^
dei « casi limite »? Non ci possono essere dei suicidi « di offerta
della vita » nella linea di Sansone e soprattutto a seguito di Gesù Cristo e del suo sacrificio? Mi
sembra tuttavia che ci voglia una certa prudenza nelTaffermare
che noi disponiamo della nostra
vita, perché il rischio è grande
di autodivinizzarsi, giudicando la
società indegna di se stessi, di
pretendere di essere liberi proprio quando si dimissiona, di
darsi delle arie di vincitore proprio quando si capitola. « Tutto
è vostro, scrive Paolo, ma aggiunge, poiché voi siete di Cristo... ».
' Alphonse Maillot, Le Decalogue,
une morale pour notre temps, p. 98.
^ Karl Barth, Dogmatique § 55 «La
liberté de vivre », trad. francese voi. 16
pp.. 85-96. Rinvio a questo testo di
cui non ho potuto non toner conto
nello scrivere queste osservazioni.
Discutiamo la TILC
LA TRADUZIONE INTERCONFESSIONALE IN LINGUA
CORRENTE DEL NUOVO E DELL’ANTICO TESTAMENTO
Su questo tema si svolgerà a
Vallecrosia nei giorni 7-9 aprile
un Convegno organizzato dalla
Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia.
Dopo gli arrivi previsti per il
pomeriggio del venerdì 7, la
giornata del sabato prevede una
relazione del past. Renzo Bertalot, direttore per l’Italia della
Società Biblica Britannica e Forestiera su : « Criteri per una
traduzione ecumenica del Nuovo Testamento con il metodo
delle ’’equivalenze dinamiche” —
Criteri per un’analoga traduzione dell’Antico Testamento ». Nel
pomeriggio relazione del past.
Mario Affuso della Chiesa Apo
stolica su : « Reazioni critiche
favorevoli e sfavorevoli alla traduzione in lingua corrente del
Nuovo Testamento ».
La domenica 9, dopo una meditazione comunitaria, studio
del past. Paolo Spanu, dell’Unione Cristiana Evangelica Battista su : « Spunti per una riflessione sulla storia delle traduzioni della Bibbia ».
Il convegno terminerà alle 15
della domenica.
Costo; L. 12.000 (comprese lire 2.000 di iscrizione).
Programma completo e iscrizioni presso : Sergio Nisbet,
via Col. Aprosio 255, 18019 Vallecrosia - Tel. 0184/261283.
5
i
24 marzo 1978
IL SIGNORE È VERAMENTE RISUSCITATO
n. del 23 dicembre del
nostro giornale è apparsa
una lettera dei ragazzi
della scuola domenicale
di vaiar Perosa dal titolo « Gesù
è vivo! Cosa vuol dire? ». La lettera è piena di considerazioni
molto acute e di osservazioni
precise ma anche di domande,
domande difficili ma che sorgono nella mente di tutti i credenti
e tanto più facilmente dei ragazzi delle nostre scuole domenicali;
speravo che qualche fratello più
esperto in teologia o più ricco di
esperienze di me iniziasse a dare
qualche risposta ma il silenzio
continua ed a quei ragazzi chi
risponderà? Brutto segno: che
comunità è mai la nostra che
non sa dire ai suoi figli cosa
crede?
Ho cercato di riflettere a queste domande per conto mio, per
farmi una idea: se queste riflessioni sono risposte, tanto meglio,
altrirhenti saranno solo delle considerazioni messe lì.
La prima domanda suona:
« perché è importante credere
che Gesù è vivo? ». Proviamo a
rispondere immaginando che non
lo sia, che lo dobbiamo cioè considerare come un morto e solo
come un morto.
Una persona morta è una persona che ha vissuto la sua vita
più o meno lunga., più o meno interessante ma che adesso non vive più. Pensiamo ad un faraone
egiziano, la sua mummia ha 3.000
e più anni ma la sua vita è ferma
al punto di allora.
Tra la vita di una persona che
oggi ha 15 o 30 o 50 anni e di una
persona che sia morta a 15, 30, 50
anni non c’è nessuna differenza,
tutti e due hanno vissuto lo stesso numero di anni, hanno un passato eguale, la differenza è che
quello che è morto non ha più
avvenire, quello vivo sì. Questo
può sembrare banale, ma a rifletterci bene la differenza fra essere vivi ed essere morti è proprio questo. Con un morto, pensiamo alla mummia di prima,
non c’è più colloquio, scambio,
non si sa cosa potrebbe pensare
o dire; dinnanzi ad una persona
morta si è soli perché non c’è più
comunicazione. Dicendo che Gesù è vivo invece si vuol dire che
con lui è diverso. Se egli fosse
soltanto un morto con lui non ci
sarebbe nessuna comunicazione;
dicendo che è vivo diciamo invece che una comunicazione c’è.
Certo non come sarebbe con
una persona fisicamente in vita,
Gesù non è una persona fisica
che risponde quando gli si parla,
che dice cose nuove, che ragiona con te ma in un certo senso
comunica con noi.
Un dialogo con lui c’è anzitutto nel senso che lo ricordiamo e
quando si ricorda una persona
cara è come se fosse viva. Gesù
è presente e vivo nel ricordo dei
credenti tutti, non è un estraneo
uno sconosciuto, siamo cresciuti
nella chiesa con la sua immagine presente, è di casa, fa parte
della nostra famiglia come nessun’altra persona che sia morta
da tanto tempo. Una persona
morta è definitivamente scomparsa, cancellata anche dal ricordo. Di Gesù invece ci si ricorda, si parla di lui nella comunità
cristiana; il suo ricordo dunque
è vivo, e lui è vivo nel ricordo
che si ha di lui.
E’ vivo però non in questo senso soltanto ma soprattutto perché diamo particolare valore alle
sue parole ed alla sua opera. Di
Ramsete II, il faraone mummia,
ci ricordiamo ma non è vivo per
noi oggi, le sue parole ed i suoi
pemieri infatti non ci interessano, quelle di Gesù sì perché siamo convinti che se fosse vivo e
lo potessimo interrogare ci darebbe delle indicazioni sicure sul
nostro modo di pensare e di credere, ci insegnerebbe la verità.
Non lo abbiamo vivo con noi,
non abbiamo neppure dei ricor. di diretti perché non lo abbiamo
mai conosciuto, ma cerchiamo di
immaginare quello che la sua
presenza e la sua parola sarebbero per noi; ogni volta che leggiamo l’Evangelo e riflettiamo sul
suo messaggio cerchiamo di incontrarci con Gesù vivo perché
la sua parola resta per noi viva
come se fosse detta oggi.
Cerchiamo cioè di restituire alle sue parole la vita necessaria
perché tornino a parlarci; se Gesù non fosse vivo non ci interesserebbero più.
Si può dire, è vero, che molte
L'Evangelo di Pasqua, l'annuncio gioioso della vittoria della vita
sulla morte, non è un fatto ovvio e scontato. Lo hanno sperimentato
le nostre Scuole domenicali che hanno affrontato quest'anno
il tema della risurrezione di Gesù. Ne è prova la lettera
piena di problemi e di interrogativi della Scuola domenicale di Villar Perosa,
pubblicata dall'Eco-Luce sull'ultimo numero dell'anno scorso,
a cui dopo un lungo silenzio da parte di tutti risponde oggi il pastore
Giorgio Tourn. Ne è prova anche la perplessità iniziale dei monitori
di alcune scuole domenicali che abbiamo interpellato
e i dubbi sulla consapevolezza di bambini e ragazzi (e sulla propria! ).
Ma malgrado limiti e titubanze l'annuncio della risurrezione ci giunge
non solo dall'alto dei pulpiti, bensì anche
dalle riflessioni e dalle scoperte dei nostri bambini e ragazzi.
Sono riflessioni e scoperte che esprimono — in mezzo a questo mondo
di tenebre, di violenza, di odio, di morte —
il rapido fruscio della speranza.
Come nel disegno di un bambino di 7 anni di Pinerolo che riproduciamo,
ahimè senza i suoi colori : sopra le guardie immobili
ed una tomba tenebrosa, un uccello solca gioioso
il cielo del mattino di Pasqua.
4
altre persone hanno lasciato delle parole ed un esempio vivo,
molte persone che vorremmo
aver conosciuto e con le quali
vorremmo poter vivere per ricevere ispirazione. In questo senso
Gesù vive fra noi come molti altri maestri dell'umanità, molti
grandi uomini.
C’è però un aspetto particolare
di questo incontro con lui nel ricordo che dimostra come sia importante per noi averlo vivo. Gesù non ci ha lasciato solo un
esempio, un ideale, un insegnamento da seguire o imitare, cioè
delle cose vissute che noi possiamo riprendere per vivere noi.
Gesù non ci ha solo lasciato la
legge della carità, l’invito alla
dolcezza, l’incoraggiamento a credere in Dio, egli giudica oggi la
nostra vita, per questo è vivo.
Nessuno può dire infatti dinnanzi a lui che la sua presenza è irrilevante, senza peso, qualunque;
ognuno di noi credenti sente che
Gesù lo guarda e lo valuta.
Credere che Gesù vive è importante dunque perché la nostra
vita è diversa secondo che è vissuta alla sua presenza o no; e la
presenza di una mummia, cioè di
un morto, non cambia niente in
noi, non ci fa vivere.
Giorgio Tourn
Bologna
Nella fase preparatoria alla
sequenza di lezioni della Scuola
Domenicale di quest’anno non
sono state poche le perplessità
di noi tutti che ci accingevamo
a lavorare con i nostri bambini.
Il tema stesso, la risurrezione
di Gesù, cominciava a porre problemi innanzitutto a noi per le
diverse impostazioni che avevamo. Abbiamo deciso di seguire
i suggerimenti della rivista e
privilegiare le « testimonianze »
riportate nei testi biblici affidandoci ad una lettura storico-critica.
Il tema generale « Gesù vive »
ci ha aiutato ad evitare di parlare teoricamente di risurrezione per puntare tutto sulla presenza di Gesù, sulla fede dei testimoni, su che cosa aveva significato per loro dire che Gesù
è il vivente e su che cosa significa per noi oggi.
Di qui è scaturito il tipo di lavoro che ha occupato principalmente le due classi dei « medi »
e dei « grandi » con un programma unificato, (secondo la proposta di T. Soggin su « La Luce ») e cioè la ricerca dei testimoni del Gesù vivente.
I ragazzi hanno preso molto
sul serio le testimonianze dei
racconti delle apparizioni, proprio per il fatto che sono così,
diverse fra di loro e che dimostrano come ognuno guarda lo
stesso fatto da un suo particolare punto di vista. Così hanno
cercato di scoprire le diverse
posizioni e interpretazioni evidenziabili oggi circa la fede in
Gesù che vive.
I ragazzi hanno approfittato
Pinerolo
La scelta del tema generale
della sequenza di quest’anno si
è dimostrata valida malgrado
alcune perplessità iniziali sul
fatto che la risurrezione può
non apparire molto facile e vicina alla problematica infantile. Forse alcuni bambini hanno
accettato le spiegazioni dei monitori senza comprendere e recepire appieno la portata di certe affermazioni.
Molto utile, anche se fatico
Come sarà la via della fede
Coloro che hanno creduto nella risurrezione di Gesù hanno visto due cose: 1. che la propria vita è cambiata; 2. che
anche la vita di chi li circondava è cambiata, grazie al loro
esempio e alla loro predicazione.
Quando crederemo veramente che Gesù è risorto e cercheremo di testimoniare la Sua risurrezione, allora la nostra
vita sarà un cammino in cui aiuteremo i poveri, cercheremo
di medicare gli ammalati, porteremo la pace dove c’è guerra
e distruzione, faremo in modo che gli uomini si amino ovunque c’è odio.
Chi crederà nella risurrezione avrà la vita trasformata e
cercherà di migliorare il mondo che lo circonda.
(Pinerolo, I media)
di una delle « giornate comunitarie» organizzate dal consiglio
di chiesa per porre ad alcuni
dei presenti, specialmente ai loro genitori e parenti, la seguente domanda ; « che cosa significa per te, oggi, affermare che
Gesù vive? ». Le risposte sono
state registrate e poi analizzate
insieme con i monitori. Ne abbiamo scelte alcune;
— Gesù è vissuto e seguita a
vivere se noi ci inseriamo nella
vita insieme con gli altri.
— Dire che Gesù vive significa che dobbiamo responsabilizzarci come credenti per non èssere assenti nella realtà del
mondo. Gesù vive anche nel nostro mondo, in particolare quel
mondo che si muove per promuovere la giustìzia, la libertà,
l’uguaglianza.
— La comunità che afferma
che Gesù vive deve testimoniarlo al mondo.
— Gesù vive nella mia condizione e mi dà speranza.
— Dire che Gesù vive significa innanzitutto rispettare i fratelli.
— Come fare a riconoscere
che Gesù vive quando si ha così,
poco impegno verso il prossimo?
— Dire oggi che Gesù vive
vuol dire esprimere la propria
fede rispetto ad un mondo che
non l’ha.
— Il Signore è vivente oggi,
e lo è sempre stato attraverso
la testimonianza che dalla chiesa primitiva è giunta fino a noi.
— Gesù vive òggi, vuol dire
scorgerlo nella vita di tutti i
giorni, nel volto di un operaio,
di un bambino, di una mamma,
di chi si batte per cambiare la
società, in tante cose giuste anche se spiacevoli. Gesù vive nel
nostro prossimo.
Per i ragazzi, nel corso delle
loro riflessioni, si è accentuato
soprattutto il pensiero che Gesù
vive vuol dire che è « con noi ».
E allora si è sviluppata, in un
dibattito nel gruppo dei medi,
la ricerca delle discriminanti
che la sua presenza provoca nei
nostri atteggiamenti. Un piccolo risultato è il pannello riportato qui sotto.
Il gruppo dei monitori
di Bologna
Gesù è Gesù non è
con noi con noi
— quando lottiamo per una causa giusta ; — quando facciamo sof- frire ;
— quando soffriamo per una causa ingiusta ; — quando imbrogliamo gli altri ;
— quando aiutiamo gli altri ; — quando non ce ne im- porta niente di lui.
— quando lo vogliamo conoscere ; (Bologna, gruppo medi)
sa, è stata la compilazione del
tabellone intitolato « Cosa dicono della risurrezione » perché
questo li ha messi di fi-onte alla necessità di dare una risposta personale, anche se si può
dubitare della consapevolezza
con cui hanno fatto certe affer.mazioni, perché non si sentivano in grado di rispondere con
piena conoscenza di causa.
(Da un rapporto
dei monitori di Pinerolo)
Torino
Abbiamo chiesto ad un gruppo di monitori della Scuola dorhenicale di Torino C.so Oddone
in che modo bambini e ragazzi
hanno capito la risurrezione di
Gesù. « Per i bambini più piccoli — hanno risposto — la comprensione è forse ancora sul
piano della favola. Con i medi
si è insistito molto sul "Vivente”, ma rimane il dubbio che la
risurrezione sia stata accettata
come un elemento della tradizione e della consuetudine della
chiesa e non con una convinzione personale. I grandi sono rimasti affascinati dall’aspetto
umano ».
Abbiamo chiesto anche di conoscere qualche formulazione
scritta dai bambini sul tema
della risurrezione, ma non è
emerso nulla di rilevante per il
fatto che il metodo seguito è
stato prevalentemente quello
della drammatizzazione come
mezzo per aiutare i bambini a
rivivere i fatti in prima persona.
Come domanda più diretta,
rivolta ai monitori, abbiamo
chiesto se personalmente dopo aver studiato e ripercorso
la sequenza con i ragazzi, aves
sero ora una comprensione diversa della risurrezione di Gesù.
La risposta — non sappiamo se
deludente o rassicurante! — è
stata prevalentemente negativa.
Un monitore tuttavia ha citato
queste parole del past. Sergio
Ribet (tratte da una meditazione pasquale comparsa sull’ultimo numero del « Piccolo Messaggero », il bollettino della chiesa e del circuito): « Nelle nostre
scuole domenicali abbiamo studiato la sequenza "Gesù vive”
I nostri monitori se ne sono ac
corti: non era qui in discussio
ne la fede dei bambini o dei ra
gazzi, ma la nostra stessa fede
Parlavamo del Risorto, del Vi
vente, di colui che ci parla di
vita e ci dà la vita, o di un cadavere vivificato dalle nostre
pie intenzioni?
È Lui che dà vita a noi, alla
nostra predicazione, alla nostra
azione, o siamo noi che tentiamo goffamente di rianimarlo? ».
« Sovente — ha soggiunto in
modo molto autocritico il monitore — credo di aver tentato
di vivificare un cadavere, invece
di credere al Vivente che parla
di vita e ci dà vita ».
6
24 marzo 1978
cronaca delle valli
ALLE VALLI OGGI
Il catechismo
dura
tutta la vita
La domenica delle Palme è caduta quest’anno con un forte antìcipo: in alcune comunità di
montagna si può dire che siamo
ancora in inverno, cioè nel vivo
delle attività ecclesiastiche. Per i
catecumeni di IV anno invece, secondo l’ottica tradizionale, siamo
arrivati al traguardo... Anche
quest’anno tutto si è svolto in
tranquillità. Siamo ormai lontani, e non solo nel tempo, dagli
anni in cui la confermazione veniva contestata, in cui la discussione era accesa e sentita. Non
vale la pena prendersela con
questa cerimonia — si dice —
occorre puntare su altri argomenti; soprattutto il discorso sul
senso o meno della confermazione va affrontato prima, non all’ultimo momento. In fondo la
confermazione è un falso problema. Va superata con un’impostazione di vita comunitaria che ne
faccia emergere la sua fragilità:
fragilità evangelica innanzitutto,
e qui siamo chiamati ad andare
oltre gli ostacoli che la Riforma
del XVI secolo non ha saputo
sormontare. Fragilità didattica
in secondo luogo: l’idea della
fine del catechismo coronato da
una cerimonia ecclesiastica è diseducante. Il catechismo dura
tutta la vita diceva Lutero: è
quanto ogni catechista ricorda ai
catecumeni, ben consapevoli di
aver utilizzato poco e male il
tempo avuto a disposizione.
Questa parola di Lutero l’ha
ricordata dal pulpito un mio catecumeno domenica scorsa. L’ho
sentita con un vivo senso di speranza, perché nasceva dalla convinzione. Era qualcosa di diverso
dalle lunghe e tortuose dichiarazioni di un tempo che si udivano nelle nostre chiese. Forse un
primo passo per vincere la superficialità c’è stato, anche se
questo oggi avviene in forme
completamente diverse da quelle
di 10 anni or sono. Oggi è più facile poter continuare il catechismo anche dopo la confermazione, se ancora si può e si deve
usare questo termine ormai superato dal modo stesso di capire
la propria fede e quindi dalla
storia.
Alcuni anni or sono vi fu un
tentativo a Pomaretto di ridurre
gli anni di catechismo, su proposta dei genitori.
Ricordo ancora l’allarmismo
sollevato fra i membri della conferenza distrettuale e qualche indice puntato contro il pastore
che aveva appoggiato la proposta dei genitori anziché reprimerla! Anche questo tentativo è
ormai rientrato ed il timore degli uni ha riequilibrato l’insoddisfazione degli altri.
Mentre qua e là qualcosa di
nuovo si verifica, ciò che invece
continua senza rottura e con sempre maggior velocità è l’esodo
dei giovani dalle comunità. E
non è un esodo che porta alla
terra promessa. Per molti ragazzi anzi non è corretto neppure
parlare di esodo perché non vi è
stato mai un momento in cui abbiano avuto la sensazione di vivere in una comunità; erano e
restano al di qua di un rapporto
comunitario. E di questo certamente non se ne può fare un’accusa rivolta esclusivamente a loro: i condizionamenti negativi
delle famiglie e delle comunità
sono spesso soffocanti.
Ciò che fa problema oggi è la
via stretta che porta alla decisione personale della fede, in vista
di una comunità di credenti che
si capisca inserita nelle contraddizioni della storia, senza rinunciare al riferimento centrale di
Gesù Cristo. Il sinodo dello scorso anno, nel suo o.d.g. sull’educazione cristiana in vista della
fede ha messo il dito sul fuoco.
Ermanno Genre
POMARETTO
Manifestazione
contro il terrorismo
Sabato 18 marzo si è svolto
a Pomaretto una manifestazione indetta dalla Com. Montana.
Nell’introdurre il dibattito il
Consigliere regionale Bontempi
ha fatto un quadro della risposta che il paese ha dato a questo nuovo atto che colpendo le
istituzioni può come conseguenza eliminare la possibilità di
cambiare questo Stato che cosi
com’è non va bene, per aprire
solo le porte a gravi involuzioni. La risposta popolare c’è stata, la democrazia è in piedi, il
problema è ora come si può venirne fuori alla distanza, non in
una situazione di paura, ma in
positivo.
Le cause di questo progressivo sfaldamento e della sfiducia
sono da tempo analizzate, quindi si combatte il terrorismo
cercando di affrettare le soluzioni ai problemi del paese. Il
dibattito ha poi portato altri
elementi quali il dubbio che alle spalle dei cosiddetti brigatisti ci siano giochi politici od
economici a livello internazionale tesi a condurci verso regimi con restrizioni delle libertà
individuali e sociali.
Per quanto riguarda il paese,
è necessario che la mobilitazione delle classi lavoratrici non
cessi, investendo nel dibattito
tutti i settori in forte crisi, dalla scuola all’occupazione, alla
giustizia, combattendo quelle
frange assai estese che facendo
analisi qualunquiste non sono in
grado di costruire soluzioni alternative.
denti, sei proposti dalla maggioranza e tre dalla minoranza.
Sono poi stati concessi contributi ad alcuni abitanti della
zona del Podio che hanno eseguito lavori di ripristino su
strade comunali dopo l’alluvione del maggio scorso.
Comunità Montana
Val Pollice
Una interessante iniziativa
della Comunità Montana Val
Penice è prevista per sabato lo aprile sul tema dei soggiorni di vacanza per minori
(Sala Comunale di Torre dalle 8,30 alle 17,30). Si tratta
di un incontro aperto ad amministratori, operatori, genitori. Alcune relazioni ed
esperienze introdurranno l’argomento che verrà ripreso
dai partecipanti suddivisi in
gruppi d’interesse.
La grande
delle Alpi
traversata
occidentali
Consiglio
comunale
Un nutrito ordine del ..giorno
con molte ratifiche, attendeva
venerdì u.s. il consiglio comunale di Pomaretto. Due argomenti di maggior rilievo:
— l’ordine pubblico, con la lettura di mozioni in seguito agli
eventi di Roma con pròposta
di allargare il dibattito anche
agli altri comuni della Comunità Montana.
— La costituzione di un Consiglio Tributario comunale com-,
posto da nove lavoratori dipen
Una quarantina di persone,
tra iscritti al C.A.I., membri delle Pro Loco valligiane, amministratori, assessori della Comunità montana, hanno esaminato
e discusso il progetto della
« Grande Traversata delle Alpi
occidentali », presentato dal comitato promotore. Prendendo a
modello iniziative del genere,
già realizzate in altre zone alpine e in primo luogo sul versante francese, si intende tracciare
una serie di itinerari collegati
tra di loro e forniti di posti di
tappa per la notte, che possano
essere percorsi da escursionisti
di medio livello, evitando le
ascensioni impegnative e favorendo un turismo di tipo familiare.
Questi percorsi potrebbero
valersi di sentieri e mulattiere
già segnate sulle carte e di varianti ad anello per la migliore
conoscenza di una zona. Il problema più grosso rimane comunque quello di attrezzare nei
villaggi i locali necessari, escludendo i centri turistici già troppo affollati. Si è pensato alle
scuole non più adoperate, oppure a baite e case private, offrendo così, aL va^igiani la possibilità di ricavare dall’iniziativa un utile economico. Collegando i percorsi sul versante
italiano con quelli già attuati
da parecchi anni su quello francese, si possono variare le escursioni e trascorrere in modo interessante le proprie vacanze.
Per quanto riguarda la vai
Germanasca, il concistoro di
Massello ha acconsentito a concedere l’uso dei locali al primo
piano della scuola di Balziglia.
Questo vilhaggio, abitato soltanto d’estate, darebbe anche ai turisti la possibilità di visitare il
museo valdese, che si trova appunto al pianterreno della scuola. Se si potrà risolvere il problema dei posti di tappa, si prevede di iniziare con l’estate
prossima offrendo alcuni itinerari, che verranno completati
via via. Quando il progetto (fondi regionali permettendo) sarà
realizzato, chi ne avrà voglia
potrà partire dal col di Tenda
e a tappe successive raggiungere il lago Maggiore o anche proseguire e visitare un po’ per volta tutte le località più suggestive della catena alpina.
BORA’
• Ringraziamo i membri della
Comm. esecutiva del I Distretto
per la loro visita avvenuta tra
il 5 e il 12 marzo.
• Domenica Ì9 la comunità ha
accolto i catecumeni di quarto
anno che hanno espresso la Ioloro decisione di voler essere
membri comunicanti. Si tratta
di Serena Tourn, Olga Tourn,
Erica Tourn, Enzo Morel che
avevano ricevuto il battesimo
da bambini; Enrico Rivoira e
Renato Morel chiederanno di
essere battezzati prossimamente. A questi giovani, che continueranno il corso di catechismo, l’augurio di poterli avere
con noi nell’impegno della comunità.
• Ricordiamo il culto di venerdì 24 alle ore 20,30 nella sala
delle attività al capoluogo.
Indirizzi
per quale
uso?
Caro Direttore,
Ho apprezzato molto la lettera
di Marina Bertot, pubblicata sull’Eco-Luce del 17 marzo u.s.,
non solo per il contenuto della
riflessione, ma soprattutto per
il tono con cui la catecumena
si è espressa, fermo nella sostanza, ma molto rispettoso e
serio. Si sa che i giovani sono
facilmente, invece, irruenti e
impulsivi.
Ma quello che mi preoccupa
è l’osservazione che la circolare
della TEV è stata mandata senza che fosse richiesta a Marina
Bertot come ad altri catecumeni, mentre ai pastori valdesi è
mandata solo a richiesta, per
esempio. Ora, mi domando : come mai la TEV ha deciso questo
invio e dove si è procurata gli
indirizzi? Alcune settimane fa
il movimento ha offerto ai concistori di regalare ai catecumeni, tramite loro o direttamente,
un libro sul risveglio (e non la
replica che, se sono ben informato, questo libro suscitò appena pubblicato). Questa offerta
era dedicata a tutti i catecumeni che stavano per essere confermati. La maggior parte dei
concistori ha deciso di dare alla TEV gli indirizzi perché il libro fosse offerto direttamente.
In quello di Perrero io ho personalmente votato a favore di
questa soluzione, contro l’opinione di qualche anziano, operaio e contadino, che riteneva
che il libro andasse respinto.
Ora desidererei, per sapermi regolare per il futuro, che la TEV
assicurasse pubblicamente i
concistori di non aver utilizzato gli indirizzi cosi raccolti per
l’invio del materiale a cui fa riferimento Marina Bertot e che
so essere stato inviato anche a
catecumeni di Perrero. In caso
contrario, un’altra volta mi vedrò costretto a votare come i
colleghi di concistoro che erano
deU’idea di respingere l’offerta
TEV. Se quest’ultima vuole gli
indirizzi per mandare la sua
circolare, li chieda per la circolare e non per un libro. Altrimenti potrà chiederli in futuro
per chissà quale lodevole iniziativa e poi utilizzarli, per esempio, per invitare la gente a non
leggere l’Eco-Luce, come è stato fatto, in fondo, su queste
stesse colonne da un autorevole
esponente del movimento.
Claudio Tron
Dibattito sulla difesa del patois
■ Nossëgnour
in lingua piemonteisa
In riferimento a « La Luce » del
10.3.1978 vorrei, se possibile, portare
qualche obiezione agli attacchi sferrati dal sig. Giovanni Baridon di La
Tour a proposito dell’articolo di Gustavo Buratti sulla difesa del « patois )>
nelle Valli.
A tal proposito vorrei mettere in rilievo quanto sia fuori luogo la considerazione del sig. Baridon sul fatto che
« il dottor Gustavo Buratti Zanchi...
non è d’origine valdese e non abita nelle Valli ». Forse che la portata e la va
lidità del messaggio e della protesta
valdese siano meno efficaci sulla bocca di non appartenenti al gruppo elnico-linguistico delle Valli?
Circa poi l’uso del termine « patois »
(in origine spregiativo, siamo d’accordo), mi permetto di far notare che è
spesso usato dagli stessi fruitori di tale idioma, ed è sovente presente anche negli scritti di chi lotta per la
difesa e la valorizzazione di tutte le lingue minoritarie d’Europa e del mondo.
Sulla considerazione del Buratti per In
lingua d’Oc parlata nei confini della
regione può far fede tutto quello che
egli stesso ha scritto in numerosi articoli sul ’’Musicalbrandé, sugli « Armanach ed poesìa », oltre che su diverse pubblicazioni, regionali ed extraregionali. Ricordiamoci ancora che
r« imputato » Burat è da circa vent’anni « Sòci d’ounour » del Felìbrige (onore che certo non viene concesso ai dispregiatori della lingua d’Oc), ed è
tuttora responsabile deirottimo perio
dico ’’Coumboscuro”; la stessa Escolo
dóu Po, ai suoi tempi, fu fondata da
Arneodo, Pacòt (piemontesista e pro
venzalistaf) e Tavo Burat.
A proposito della penetrazione del
piemontese nelle Valli, mi vorrei ancora prendere la libertà di citare un
fatto storico importante: nel 1834 la
chiesa valdese, nello schietto spirito
evangelico che l’anima, si fece promotrice di una traduzione de « ’L Testament neuv de Nossegnour Gesu-Crist
tradout in lingua piemonteisa ». Tutto
ciò mi pare significare due cose : il riconoscimento da parte della chiesa e
del popolo valdese della fratellanza
(dopo tante lotte e sangue sparso) con
il popolo piemontese di fondovalle e
della piana, tanto da volerglisi rivolgere nella sua propria favella; non meno importante è il riconoscimento, palese nel titolo, della parlata piemontese come lingua e non dialetto (una
letteratura che inizia nel 1150 non è
poca cosa!). I servizi religiosi che, in
piemontese, onorano e ricordano il
martirio di fra Dolcino, confermano
quanto detto prima.
In riferimento ,poi alla « Compania
dij Brande », mi permetto di precisare che proprio da essa partirono i primi passi volti al risveglio delle parlate
eccitane alpine ed i primi incodizionati
consensi al lavoro svolto da uomini di
fede e di intelletto come Arneodo. Di
quanto affermo fanno fede le numerose pubblicazioni dei Brandé, che mettono in bella evidenza le espressioni
della « reneissengo » della « lengo mespresadò », in tutti i suoi vari aspetti.
La stessa « Festa del Piemont », in effetti, non ha preteso di portare la sola
lingua piemontese nelle Valli, ma di
proporre, su di un piano di parità, uno
scambio culturale ad ambedue le parti
salutare; i bandi che furono inviati
alle scuole come invito alle ricerche
sul patrimonio di cultura popolare locale, furono trilingui: piemontese,
provenzale, italiano.
Voglio sperare, con queste mie modeste precisazioni, di aver contribuito
a scagionare Buratti dalla poco piacevole accusa di « colonialismo culturale ».
Ringrazio per la cortese attenzione e
cordialmente saluto.
Giusep Goria, Turin
Fuori dal ghetto
Cari amici,
all’astiosa lettera del sig. Giovanni
Baridon (che non conosco) mi sia concesso un breve chiarimento. Burat non
è uno pseudonimo, ma la riappropriazìone di un nome italianizzato, come
è avvenuto non solo nelle Valli. Dal
1959 ho cercato di dare quanto potevo
alla causa delle parlate alpine (v. Salviamo le parlate alpine, in Cuneo Provincia Gronda, Vili, n. 2, agosto 1959)
ed ho organizzato dal 1961 al 1971
i convegni « Piemonte- Provenza » delVEscolo dou Po che hanno contribuito
alla nascita della coscienza occitana
nelle Alpi occidentali. Ora vedo che mi
si considera un nemico : forse perché
amo il mio piemontese e lo uso riconoscendogli dignità di lingua, e perché
credo nell’agape (« eco, com a Ve bon, e
com a Ve agreabil ch’i fratei a stogo
onsem... », Salm CXXXIII, 1, da ’L
líber di Salm tradot en lingua piemontèisa, M.DCCC.XL) e ritengo che non
sia colonialismo trovarsi a dire poesie
in piemontese ed in occitano, ricono
scendo, certamente, che « il patois non
è piemontese ». Concordo pienamente
con quanto scritto dal prof. Augusto
Armand Hugon, « contro l’isolamento
e l’asservimento », il cc parco naturale »
e « il conformismo, rassimilazione,
l’adeguamento... ». L’impegno per Je
« minoranze » non deve infatti essere
quello di stabilire i confini del ghetto,
ma la testimonianza e la partecipazione
alla liberazione di tutti. E’ vero, non
sono delle Valli, ma credo che i Vaidesi « occitani » abbiano un prezioso
messaggio per tutti, valdesi e non vaidesi, occitani e non occitani, anche sulla questione di saper rimanere se stessi
scoprendo dei fratelli e non. dei nemici. « Non lasciamoci colonizzare »
è un monito non « particolare » e nella sua universalità, proprio come il
Vangelo, trova la sua validità. E’ stato
l’amore per la mia lingua materna, il
piemontese, che mi ha portato all’impegno occitano. DaU’amore, qualcosa
di positivo nasce sempre. Dall’astio e
dal separatismo, no.
Al sig. Silvio Long risponde il libro
del prof. L.-J. Calvet, già citato.
Con fraterni saluti,
Tavo Burat, Biella
Con queste ultime precisazioni e la
risposta di Tavo Burat vorremmo considerare concluso questo dibattito su
piemontese e occitano, su patois e lingua. Non senza menzionare tuttavia
una nota un po’ amara ma senza il minimo astio che accompagna la lettera
di Tavo Burat: «Si arriva dunque ad
una ’’razza valdese”? Ed io che credevo di esserlo per libera scelta, amando
la lingua, la storia, la testimonianza
delle Valli! ». E’ uno « stile » che ha
da insegnare qualcosa dentro e fuori
delle Valli.
F. G.
7
24 marzo 1978
CRONACA DELLE VALLI
A POMARETTO
Recital d'organo
di SERGE NOIRAT
L’8 APRILE 1978 NEL TEMPIO
Programma ;
Offertorio (Jean-François Dandrieu)
Duo (Louis-Nicolas Clerambault)
Capriccio su tutti i registri (Louis-Nicolas Clerambault)
Corali: Abbi pietà di me o Signore
Gesù Cristo figlio unico di Dio
(Johann Sebastian Bach)
Preludio e Fuga in fa minore (Giov. Battista Martini)
Canzona in fa maggiore (Girolamo Prescobaldi)
Toccata per l’elevazione (Girolamo Prescobaldi)
Canzona in sol minore (Domenico Zipoli)
Sinfonia della cantata n. 34 (Johann Sebastian Bach)
I Sejrge Noirat è titolare di una cattedra di Belle Lettere e Musica in
Francia. Allievo di Jeanne Marghillard a Besançon ha ottenuto il Primo
Premio di Eccellenza al Piano al Concorso Artistico di Parigi nel 1966 e
la Medaglia d’Onore per l’Organo al Concorso Nazionale nel 1968.
Egli è uno specialista nell’interpretare la musica antica; si è formato
all’Accademia dell’Organo Francese di St. Maximin du Var e al Forum
Internazionale del Clavicembalo di Parigi.
Ha tenuto numerosi concerti in Francia e all’estero riscuotendo grande successo neU’interpretazione di opere di ispirazione religiosa o profana
dei maestri classici italiani.
COLLEGIO - SCUOLA LATINA PEROSA ARGENTINA
POMARETTO
ANGROGNA
• Domenica 12 marzo il culto
è stato presieduto dai giovani
dei gruppo EGEI con una predicazione sul testo di Apocalisse 21 V. 1-8.
• Domenica 19 marzo hanno
confermato il loro battesimo i
catecumeni del 4» anno. - Un
gruppo di loro si era ritrovato
per avere l’ultimo incontro prima della confermazione a Viering nei giorni 10-12 marzo. I
nomi dei catecumeni che hanno
confessato la loro fede sono :
Anzaldi Loredana, Barai Dorina, Baret Gabriella, Baret Marco, Bounous Marco, Coucourde Gabriella, Giaichecco Italo,
Massel Paola, Peyrot Marco,
Ribet Marina, Tron Giorgina,
Tron Marino, Vinçon Dorina,
Volat Paola. Essi hanno preso
parte attiva al culto di confermazione leggendo la prima parte della liturgia. Dopo aver confessato la loro fede si sono avvicinati per la prima volta alla
mensa del Signore. La corale
per l’occasione ha cantato un
inno in francese : « Viens a nous,
o Sauveur ».
• A partire dal 19 marzo l’orario del culto è fissato definitivamente alle ore 10.
• Venerdì 17 marzo si sono
svolti i funerali di Onorato
Grill CNoré), di anni 56, nativo
di Prali, deceduto presso l’Ospedale Valdese di Pomaretto. Alla
famiglia in lutto rinnoviamo la
espressione della nostra solidarietà fraterna, in modo particolare dai componenti il Concistoro di Pomaretto, in seno al
quale egli aveva dato la sua opera come responsabile per diversi anni.
SAN SECONDO
• ' All’ultimo giro di riunioni
quartierali parteciperà la nostra Commissione Distrettuale.
Le riunioni inizieranno tutte alle ore 20 e affronteranno il tema dei « ministeri nella chiesa ».
Ecco il calendario : lunedì^ 27 :
Pons; martedì,' 28: Jourdan
(S. Cena); mercoledì 29: Buonanotte; lunedì! 3: Capoluogo;
martedì. 4: Martel; mercoledì
5: Cacet; giovedì, 6: Odin-Bertot ; venerdì 7 : Prassuìt-Vemé.
e Incontro dei catecumeni a
Viering (Val d’Aosta) da venerdì 31 c. m. al 2 aprile. Per chi
partecipa alla « retraite » l’incontro organizzativo è fissato
per sabato 25 alle 16 al Presbiterio. Tema; Le origini del valdismo. È prevista una breve visita ad Aosta.
• Sabato 25 sera (ore 20) culto
di Pasqua con S. Cena a Pradeltorno. Domenica 26 culto di
Pasqua alle ore 10 al Capoluogo
con confermazioni (S. Cena Corale).
• Giovedì, 23 alle ore 20 in Cappella: culto liturgico di Passione ; venerdì 24 alle ore 20 al
Serre (saletta): culto liturgico
(S. Cena).
• Venerdì, 31 c. m. alle 20,30 si
terrà una seduta del Consiglio
Comunale aperta a tutti gli interessati per discutere il bilancio preventivo del 1978.
PRAMOLLO
• Hanno chiesto di far parte
della Chiesa Valdese con la confermazione o domandando il
battesimo ; Claudio Costantino
(Cavoretto), Franca Gay (Barbé), Gabriella Gardiol (Barbé),
Roberto Paschetto (Centro),
Massimo Rivoiro (Centro), Elsa Rivoira (Cavoretto), Tiziana
Turletti (Cappelli Moreri), Fausto Vicino (Brusiti). La comunità si rallegra per queste nuove forze che si aggiungono a noi
e prega che esse costituiscano
un impegno duraturo al servizio
del Signore, così come è stato
espresso dalla dichiarazione di
fede che questi giovani hanno
elaborato e letto nel corso del
culto.
• Ricordiamo ; giovedì 23, ore
20,30: culto liturgico di Santa
Cena. Venerdì. 24, ore 10,30: culto con predicazione. Domenica
26, ore 10: culto con S. Cena.
________________PINEROLO
Organizzato dall’Assessorato
alla Cultra della Provincia di
Torino avrà luogo il 4 aprile a
Pinerolo un seminario di sensibilizzazione all’educazione psicomotoria.
Destinato agli operatori degli
Enti locali e agli insegnanti il
seminario cercherà di concepire un nuovo modo d’insegnamento, partendo dai bisogni che
il bambino e il ragazzo esprimono principalmente attraverso il
proprio corpo.
Iscrizioni presso l’Ufficio Istruzione del Comune di Pinerolo.
Borse di studio
Sono bandite le seguenti borse
di studio valide per Tanno scolastico 1977-78 per studenti della
Media e del Ginnasio Liceo di
Torre Pellice e della Scuola Latina di Pomaretto:
— Borsa di Studio Fontana Roux
di L. 120.000.
— Borsa di Studio Arturo Long
di L. 100.000. (Con preferenza
a studenti originari di Pramollo, Pinerolo, Rorà).
— Borsa di Studio Anonima di
L. 100.000. (Solo per studenti
Ginnasio Liceo).
Le borse saranno assegnate in
base a titoli di merito scolastico
ed alle condizioni economiche
della famiglia.
Le domande, in carta libera,
vanno indirizzate al Preside del
Liceo di Torre Pellice entro il 31
marzo 1978, corredate dallo stato di famiglia e da una dichiarazione del .pastore da cui risulti
l’appartenenza alla Chiesa Valdese.
La Commissione, composta dai
Presidi dei tre Istituti, assegnerà
le borse di studio a suo insindacabile giudizio.
Il Moderatore
della Tavola Valdese
Roma, 23 febbraio 1978.
Cattedre sceperte
Per Tanno scolastico 1978-79 risultano scoperte le seguenti cattedre:
Scuola Media di Torre Pellice
— Una cattedra di matematica
ed osservazioni scientifiche
(ore 18).
Scuola Latina di Pomaretto
— Una cattedra di matematica
ed osservazioni scientifiche
(ore 18).
— Uno spezzone di cattedra di
Educazione tecnica (ore 9).
— Uno spezzone di cattedra di
Educazione musicale (ore 3).
Le domande, in carta libera,
con l’elenco dei titoli ed il curriculum, vanno preséntate al Comitato del Collegio, 10066 Torre
Pellice, entro il 30 aprile. Rivolgersi al medesimo per eventuali
informazioni.
per II Comitato
Il presidente: Daniele Ghigo
Circuito
Incontro Monitori
Venerdì 24 marzo, ore 16-21
(cena al sacco)
Chiotti, Chiesa Valdese
Programma ; valutazione del
lavoro di quest’anno.
TORRE PELLICE
• Domenica nel corso del culto sono stati presentati alla comunità i 25 catecumeni del 4«
anno che hanno concluso la
loro preparazione. Le domande di questi giovani sono state discusse nel corso di due
incontri con i genitori ed il concistoro ed hanno offerto lo spunto per una vivace discussione.
• Lunedì ha avuto luogo il funerale di Giulietta Peyrot, deceduta a Torino; insegnante per
molti anni al Collegio ed alla
Media di Luserna S. Giovanni,
Lilette Peyrot come era conosciuta nella valle, lascia una lezione di impegno e di dedizione
che speriamo sia seguita da
molti.
SERVIZIO MEDICO
Dal 25 al 31 marzo fa servizio il Dott. Marinaro Tel. 90.036.
CORALI
Festa di canto
Un vivo ringraziamento al pastore Edoardo Micol che è stato
in mezzo a noi durante queste
due ultime settimane,per fare un
giro di riunioni quartierali; abbiamo meditato insieme la Parola del Signore e ricevuto un messaggio di pace e di speranza. Ci
auguriamo di poterlo avere ancora presto fra di noi.
• Venerdì 17 marzo si è tenuta
una seduta del Consiglio Comunale nel corso della quale è stato
discusso ed approvato il bilancio
di previsione per Tanno 1978.
A Perosa
teatro impegnato
Il Teatro Stabile di Torino,
in collaborazione con la Comunità montana Val Chisone e
Germanasca, la Provincia di Torino, la Pro Loco e il Comune
di Perosa Argentina, organizza
nel cinema-teatro « Piemont » di
Perosa Argentina i seguenti
spettacoli teatrali:
— martedì 11 aprile 1978:
La soffitta dei Ciarlatani
di Vittorio Franceschi
Regia di Francesco Macedonio. Cooperativa Nuova Scena.
— mercoledì, 19 aprile 1978:
Notte con Ospiti
di Peter Weiss
Regia di Attilio Corsini
Cooperativa Attori e Tecnici.
— sabato 13 maggio 1978:
Turandot
di Carlo Gozzi
Regia di Rino Sudano
Cooperativa 4 Cantoni.
Costo dell’abbonamento ai tre
spettacoli: L. 4.500.
Giovani (fino a 18 anni) e studenti lavoratori delle 150 ore:
L. 3.000.
Posto unico per i non abbonati: L. 2.000 per spettacolo.
Vendita abbonamenti ; sede
Comunità montana (Pomaretto). Informazioni presso tutti i
Comuni della Comunità montana.
La festa di canto per tutte le
Corali delle Valli Chisone, Germanasca e Pellice si terrà il
7 maggio p. v. a Milano nella
Chiesa Valdese di Via Francesco Sforza.
La sede di Milano è stata scelta su invito di quella Comunità, ricorrendo il 25» anniversario della ricostruzione del Tempio e per l’inaugurazione di
nuovi locali ecclesiastici.
Le Corali parteciperanno al
culto del mattino con la comunità, e nel pomeriggio eseguiranno gli inni e i cori (a suo
tempo scelti in sede di Assemblea) qui di seguito elencati:
A) Canti d’insieme:
1) « Les Dix Commandements »
2 ) « Psaume LXXIV »
3) «Mi prendi per la mano» (I.
C. n. 94)
4) « Lottiam, lottiam col Cristo»
(I. C. n. 139)
5) « Ricorda il Cristo il Salvator » (I. C. n. 19)
6) « Che Dio si levi e noi vedrem» (I. C. n. 137)
7) « Le serment de Sibaoud ».
Gli Inni 1) e 2) sono stati tra
scritti a cura del Comitato e recapitati ad ogni Corale.
B) Cori singoli:
1) Corale di Villar - Bobbio Pellice : « Pavane ».
2) Corali di San Germano e San
Giovanni : « Le prisonnier de
Saluces » e « Complainte de
la mère de Russel ».
3) Corali di Torre Pellice e Torino ; « Complainte de Michelin ».
4) Corale di Torre Pellice; «Baroun Litroun».
5) Corali di Pomaretto, Villar
Perosa, Pramollo, Prarostino. San Secondo : « Anouma
e Talp ».
6) Corali di Perrero, Prali, Villasecca ; « La maire e la fiyo ».
7) Corale di Angrogna; «E quei
briganti neri ».
Nel corso della prossima Assemblea delle Corali, che avrà
luogo a Pinerolo il 2 aprile p. v.
ore 15, sarà riferito in dettaglio
il programma e si discuteranno
i particolari di carattere logìstico.
Il Gomitato Esecutivo
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Distretto
scolastico
Nella sede provvisoria alTI.T.I.S. di Perosa Argentina, si
è riunito per la prima volta il
Consiglio del Distretto n. 42,
che coincide con il territorio
delle valli Chisone e Germanasca.
Presenti 38 consiglieri su 46,
ha assunto la presidenza provvisoria in qualità di membro
più anziano suor Raffaella Massari, quindi si è proceduto alla
elezione del presidente per il
primo triennio di attività di
questo organo collegiale.
Dopo le elezioni dei rappresentanti dei Comuni, che hanno dato una considerevole maggioranza alla lista dei « conservatori di centro », come qualcuno preferisce definirli (ma è ben
rappresentata tutta la DC locale), a questi è toccata la presidenza. Il loro candidato, Mario
Paimero, genitore, di Perosa
Argentina, ha avuto in prima
votazione 23 voti e in seconda
24, contro un voto disperso e
prima 14, poi 13 schede bianche.
Successivamente è stata votata
una commissione che dovrà
preparare la bozza di regolamento da sottoporre all’approvazione del prossimo Consiglio.
In questa commissione la maggioranza è rappresentata da sette membri, la minoranza da cinque.
LUSERNA
SAN GIOVANNI
Mentre andiamo in macchina
ci giunge la triste notizia che
presso l’Ospedale Valdese di
Torre Pellice è deceduta, dopo
lunghe sofferenze, la mamma
del nostro pastore, sig.ra Evelina Rostan in Taccia.
La comunità è vicina in questo momento di prova al pastore Taccia ed alla sua famiglia
ed esprime loro le più sentite
e sincere condoglianze con tutta la più fraterna simpatia cristiana nel dolore.
Doni per l’Asilo
di Luserna S. Giovanni
In raem. di Taurozzi Ludovico: Taurozzi Tonino (Svizzera) 30.000, Galoppi
Mimma e Flavio (Rimlni) 20.000, Taurozzi Fabio e famiglia (Olanda) 16.000,
Taurozzi Luigi (Rimini) 10.000, Pensieri Aita (Rimini) 8.000, colletta fatta il giorno del funerale 16.000; B.B.L.
(T.P.) 50.000; G.d.A., in mem. di Giuseppe Gallia 10.000; Armand Hugon
Emma, in mem. di Carlo e Romana
(T.P.) 10.000; Goletti Mara, in mem.
del papà 20.000; Collet Pierre (Morges-Svizzera) 20.000.
^VISI ECONOMICI
TRASLOCHI e trasporti per qnalsiasi destinazione, preventivi a richiesta : Sala Giulio, via Belfiore, 85
Nichelino, tei. (011) 62,70.463.
OPERAIO valdese, quarantottenne, desidera incontrare signorina valdese
dai 38 ai 43 anni, per formare focolare cristiano.. Rivolgersi al pastore
R. Coisson di Pomaretto che farà
seguire all’interessato.
(c Io so in chi ho creduto ».
(II Tim. 1: 12).
È mancata all’età di 80 anni, presso
rOspedale Valdese di Torre Pellice
Evelina Rostan in Taccia
Fiduciosi nella promessa di risurrezione in Cristo, lo annunciano il marito Vincenzo Taccia, i figli Loremina
Kott, Alberto Taccia, Paola Cambellotti e le loro famiglie, la sorella Elda
Selti e famiglia, la cugina Lisette Rostan.
Essi desiderano esprimere ai sanitari e al personale dell’Ospedale, a quanti si sono prestati durante il periodo di
malattìa e a tutti coloro che hanno manifestato affetto e fraterna solidarietà,
la loro più viva e profonda riconoscenza.
Torre Pellice, 20 marzo 1978.
RINGRAZIAMENTO
La famiglia Grill commossa per la
grande dimostrazione di affetto e stima tributata a
Onorato Grill (Noré)
ringrazia il personale tutto dell’Ospedale Valdese di Pomaretto e tutti coloro che gli sono stati vicino in questo particolare momento.
Pomaretto, 17 marzo 1978
8
8
24 marzo 1978
UNA DENUNCIA DI AMNESTY INTERNATIONAL
Guatemala: mano libera
alle squadre della morte
Cristo adempie i'attesa
Nell’ultimo quadrimestre del
1977, riferisce un comunicato di
Amnesty International, 113 individui sono stati sequestrati e
sono « spariti », o sono stati inequivocabilmente assassinati dalle « Squadre della morte », gruppi paramilitari che operano con
l’evidente scopo di esercitare
una coercizione politica. Nessuno di questi individui — prosegue il comunicato — è stato vittima di sequestro a scopo di riscatto, o assassinato a scopo di
rapina, o ucciso nel corso di liti o vendette private. Amnesty
International denuncia il fatto
che, a sua conoscenza, le indagini ufficiali per questi assassini e sequestri sono state superficiali e inconcludenti. Nessun
arresto è stato operato nel corso di tali investigazioni.
L’azione dei gruppi paramilitari nei 113 casi denunciati —
di cui Amnesty International
fornisce ampia documentazione
— segue un modello che risale
al 1966, quando gruppi paramilitari ufficiali e semi-ufficiali furono formati per la prima volta come misura di sicurezza in
risposta alle azioni di guerriglia
di grappi di sinistra. Nei primi
mesi del 1977 sembrò che vi fosse una diminuzione di uccisioni
nelle aree urbane, ma a partire
dalla metà dell’estate la violenza paramilitare è di nuovo aumentata in modo netto. I se
NEL PROSSIMO
NUMERO
■ Una pagina per la domenìca della Facoltà
di teologìa.
■ « Perché l’ostensione
della Sindone? » di Car-
lo Rapini.
■ « La terra a chi la lavora », recensione di
Enrico Benedetto del
film « Winstanley ».
■ Un reportage sulle eiezioni in Francia di
J. J. Peyronel.
questri e gli assassini documentati da Amnesty International,
pur non rappresentando la totalità dei casi, sono rappresentativi della gravità della situazione
attuale dopo più di 10 anni di
attività delle « Squadre della
morte ». Più di 20.000 guatemaltechi sono morti per mano dei
grappi paramilitari dal 1966 ad
oggi.
L’azione dei grappi paramilitari è caratterizzata da una totale impunità di fronte alla legge. Mentre la maggior parte dei
sequestri e degli assassini compiuti con uno stile da esecuzione
sono attribuiti a gruppi in gran
parte civili, questi grappi spesso comprendono anche membri
delle forze di sicurezza legalmente stabilite nel Paese. Nelle
Comitato di Redazione : Bruno Bellion, Giuliana Gandolto Pascal, Marcella Gay, Ermanno Genre, Giuseppe Platone, Paolo Ricca, Fulvio Rocco, Sergio Rostagno, Roberto Sbaffi,
Liliana Viglielmo.
Direttore; FRANCO GIAMPICCOLI
Dirett. Responsabile: GINO CONTE
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- econornici 150 per parola.
Fonde di solidarietà : c.c.p. 2/39878
intestato a : Roberto Peyrot ■ Corso
Moncalieri, 70 - 10133 Torino.
Reg. Tribuiiale di Pinerolo N. 175,
8 luglio 1960.
Cooperativa Tipografica Subalpina
Torre Pellice (Torino)
zone rurali alcuni grappi hanno
una posizione semi-legale come
forze di sicurezza, autorizzzati
a portare armi, connessi a distretti amministrativi che di fatto coincidono col territorio di
grandi aziende agricole private.
Esistono poi i comisionados militares, civili incaricati come agenti delle forze armate che
hanno responsabilità e poteri
nelle zone rurali e urbane per
ciò che concerne l’ordine pubblico e che possono nominare
un numero indeterminato di aiutanti armati. Nelle zone più remote, soprattutto dove si pensa
operino gruppi di guerriglieri di
sinistra, detenzioni illegali, «sparizioni » e assassini sono stati
ripetutamente attribuiti alle
forze regolari e in divisa dell’esercito del Guatemala.
Ci sono prove che questi gruppi paramilitari, mantenuti dalle
varie fazioni all’interno dell’attuale governo, svolgono di fat
to azioni tra di loro antagonistiche, ma è molto difficile ricondurre la responsabilità per
uccisioni e sequestri a precise
responsabilità individuali. È
chiaro comunque che durante
l’ultimo anno quasi nulla è stato
fatto dall’amministrazione del
Guatemala per arrestare la libera attività di questi grappi. Ci
sono molti motivi per affermare invece che sequestri e assassini, specialmente di contadini
nelle campagne e di abitanti di
baracche e di piccoli delinquenti nelle città, continuano indisturbati, tacitamente ammessi
ai più alti livelli del govèrno.
L’analisi dei resoconti della
stampa guatemalteca obbliga a
concludere che salvo poche eccezioni le autorità sono indifferenti ai resoconti quasi quotidiani che riferiscono di cadaveri
rnutilati di vittime di sequestri
rinvenuti nella capitale, nei suoi
dintorni e nelle campagne.
(segue da pag. 1)
Maestro »? Un Dio che è essenzialmente sapienza, cioè intelligenza più giustizia: un Dio che
ha dato simultaneamente delle
ammirabili leggi fisiche per la
stabilità dell’universo, e delle
insuperabili leggi morali per il
progresso spirituale e materiale
dell’umanità. E infatti, il tipo
di fede, di fiducia in Dio che
questo « Gesù Maestro » ci ispira è essenzialmente un avvenimento morale: nel Vangelo noi
scopriamo che la volontà di Dio
è buona, chiara, logica. Naturalmente, della vita di Gesù a questo punto ci interessa soprattutto l’insegnamento: le parole
immortali del Sermone sul Monte, le parabole che insegnano le
verità morali in modo chiaro e
semplice: anche la Passione di
Gesù è essenzialmente un esempio, una prova suprema di coerenza, certo coronata dalla vittoria, perché il bene non può essere vinto dal male. Ma quale
comunità cristiana ci propongono i discepoli del Gesù Maestro?
Non proprio una comunità, un
popolo: piuttosto una somma
decorosa di individui moralmen
' te molto seri, istruiti, impegnati: il ceto medio protestante, insomma. E gli altri? Gli altri van
Palazzo Madama, il giorno dopo
(segue da pag. 1)
mente, se necessario anche con
la pena di morte” e poi c’è l’altra tendenza che vuole la difesa
della ’’democrazia con la democrazia”. Il contesto sociale —
prosegue Vinay — attualmente
è sempre più teso verso leggi
speciali che però non potranno
risolvere il problema del terrorismo. Io credo che se oggi si
facesse un referendum sulla pena di morte si raccoglierebbe il
70% di voti favorevoli. Ma l’inasprimento delle leggi, da Cesare
Beccaria in poi, è dimostrato
che non risolve niente. Alla radice di tutto il problema c’è la
corruzione del nostro sistema».
Qual è il maggior pericolo, secondo te, in questo momento?
« Direi la paura. Bisogna tenere
i nervi a posto e non ricorrere
a misure irrazionali e controproducenti. Sappiamo che dobbiamo cercare i mandanti ma per
far questo bisogna smettere di
ragionare con le viscere anziché con la testa. Come cristiani, e questo bisogna dirlo, abbiamo nella via che Cristo ci
mostra una indicazione di fermezza e dì sereno impegno nello sforzo di affermare una linea di giustizia. Questi problemi
legati alla giustizia Verranno
tutti al pettine quando discuteremo la legge'Reale... ».
Si apre la porta ed entra in
ufficio il senatore Carlo Galante
Garrone. Visibilmente stanco
saluta Vinay e gli chiede qual
cosa. M’intrometto e gli chiedo
se può rispondere a un paio di
domande per il nostro giornale. Vinay lo convince e cerco di
riprendere, questa volta con lui,
il filo del discorso. Gli chiedo
di dirmi cosa ne pensa della revisione della legge Reale sull’ordine pubbblico. So che è contrario a questa frettolosa revisione che mira a far cadere il referendum abrogativo, ma non
conosco le sue motivazioni.
La legge Reale
« Anzitutto — precisa Galante
Garrone — si è pensato di modificare la legge Reale per evitare il referendum e quella che
è stata definita la lacerazione
del Paese che ne sarebbe conseguita. Sotto questo profilo —
continua G. Garrone — penso
che si possa dire' che le leggi
preparate in fretta e furia per
evltarfe ùn giudizio popolare
non possono mai essere leggi
buone. L’esperienza di questi
anni dimostra che quando si è
affrontata una lotta e un responso elettorale la risposta è
stata una risposta di civiltà. I
due esempi classici sono il referendum monarchia-repubblica e
quello sul divorzio. Nella sostanza il testo di legge proposto non
elimina le principali storture
contro le quali i promotori del
referendum erano insorti. Qui
“Evangelicalism
(segue da pag. 3)
no discriminazioni di tipo razziale o religioso.
CONSERVATORISMO
Diversi osservatori considerano inoltre la crescita àeW'Evangelicalism come un elemento negativo per la società americana,
come una pericolosa involuzione sociale, culturale e politica.
William Sloane Coffin Jr., teologo progressista e pastore della Riverside Church di New
York, ritiene che la crescita del
movimento sia un segno della
crescente tendenza attuale verso il conservatorismo che spinge gli americani a chiudersi in
sé e ad occuparsi e preoccuparsi di se stessi come nazione. Sul
fronte religioso, egli osserva, la
tendenza progressista orientata
verso l’esterno che ha caratterizzato gli anni ’60 ha ceduto il
posto ad una tendenza di introversione egoistica negli anni ’70.
Questo giudizio è forse troppo
generale e onnicomprensivo, è
tuttavia un fatto che il movimento evangelical si sviluppa
sull’onda di una tradizionale e
risorgente caratteristica della
spiritualità americana: il desiderio-paura della fine del mondo in cui si esprimono e confluiscono frustrazioni, senso di impotenza individuale e collettiva,
bisogno di evasione di fronte a
problemi insolubili e genuina
speranza che spinge all’impegno
costruttivo. Facendo leva su questo lato della spiritualità americana il movimento genera spesso la domanda di una religiosità di tipo rassicurante e consolatorio di fronte all’alienazione
e alla paura e quando questo
avviene, indubbiamente si mette in moto una potente spinta
di conservatorismo individualista.
Oro a palate (e miniere ben
nascoste); settarismo che sconfina nel razzismo religioso; religiosità introversa e fautrice di
conservatorismo. Sono aspetti
preoccupanti che non possono
esse're sottovalutati. '• Ma in uh
bilancio sarebbe ingiusto limitarsi a guardare la colonna del passivo: c’è anche quella dell’attivo
che presenta elementi positivi e
novità. Ce ne occuperemo in un
articolo nel prossimo numero.
(2. segue)
voglio ricordare che nel 1975 in
Parlamento fu combattuta una
grossa battaglia contro la legge
Reale e posso dire che oltre ai
comunisti e più dei comunisti
gli indipendenti di sinistra con
una pattuglia di 4 senatori su
11 (Giuseppe Branca, Lelio Basso, Dante Rossi ed io) combatterono questa battaglia con la
massima energia.
Mi pare però che perdeste
quella battaglia? « Fu effettivamente una battaglia -sfortunata
perché comunisti ed indipendenti di sinistra non riuscirono a
far valere le ragioni della loro
opposizione. Ragioni che si compendiavano nel pericolo che la
legge Reale non soltanto fosse
inefficiente a combattere il terrorismo ma producesse grossi
guai e favorisse indiscriminate
illegalità. I numerosi morti, che
si sono avuti in questi tre anni, e non soltanto fra le forze
dell’ordine, sono la triste testimonianza di quanto ho detto.
Non entro nei particolari di tutte le norme della legge Reale
come la sottrazione degli agenti
di polizia alle normali regole
di procedura, uso delle armi,
confino di polizia. Quest’ultimo
accenno al confino di polizia mi
induce a precisare che è bensì
vero che nel recentissimo disegno di legge del ministro Bonifacio il confino risulterebbe soppresso. Ma in realtà esso è stato
sostituito da altre misure altrettanto e forse più inammissibili.
Allora il referendum sulla legge -Reale cadrà? « Non sta a me
dire se le modifiche alla legge
Reale una volta approvate varranno a far cadere il referendum. Questo compito spetta in
primo luogo alla Corte di Cassazione e in secondo luogo alla
Corte Costituzionale. Io penso
che la lotta al terrorismo debba
essere condotta con altri criteri
e per dirla in due parole; indagando sulle centrali' eversive
italiane e straniere e non con
mezzi di repressione poliziesca
che, ripeto, possono indiscriminatamente colpire i cittadini e
che da dieci anni a questa parte
hanno rivelato la loro assoluta
inutilità ». Gli chiedo ancora :
cosa potrà fare il nuovo governo di fronte alla concreta sfida
che il terrorismo ha lanciato alle istituzioni, allo Stato? «Dipende da noi — mi dice — dal
nostro impegno civile e morale.
Dipende anche — aggiunge Vinay -— dalla nostra vigilante opposizione a tutto quello che è
in contrasto con i principi democratici ».
Al termine del colloquio Vinay mi riaccompagna, attraverso immensi saloni e corridoi, all’uscita. Fuori, "sul piazz£(ìe di fronte al portone, staziona una
pattuglia di Carabinieri. Mentre
i nostri sguardi s’incrociano
penso ai loro cinque compagni
uccisi; alle vere vittime di questa assurda guerra.
Giuseppe Platone
no aiutati a diventare anche loro seri, istruiti ed impegnati.
Il Gesù socialista
In questo secolo s’è però fatta
avanti una terza interpretazione
della figura di Cristo, che chiamererho il Gesù socialista. Di
quale Dio ci parla, questo « Cristo socialista »? Del Dio dell’Esodo, del Dio che protegge gli
orfani e le vedove, del Dio che
innalza gli umili e trae giù dai
troni i potenti (Luca 1; 52); un
Dio che è essenzialmente potenza di liberazione, continuo movimento di redenzione per le
masse diseredate ed oppresse.
La fede in questo Dio è'un avvenimento « politico », cioè una
presa di coscienza collettiva del
fatto che un mondo diverso può
e deve essere costruito; fi Gesù
che ispira questa fede è il Ge.sù
che ha « rotto » l’ordine costituito, il Gesù che ha cacciato i
mercanti dal tempio, ha tolto
le donne alla loro segregazione,
il Gesù che distribuendo i pani
e i pesci ha lanciato attraverso
i secoli un invito alla fraternità
e all’uguaglianza ^ Quale comunità ci propone questa visione
del Gesù socialista? Una comunità di poveri e di oppressi, in
cui lo spirito di Gesù sia rivissuto nella pratica quotidiana e
nello sforzo di cambiare, finalmente, il corso della storia: ma
è questo il compito specifico di
una comunità che porti il nome
di Cristo, o non è piuttosto il
fardello impegnativo, ma limitato. di organizzazioni semplicemente politiche, che traggono
giustamente il loro nome dal
programma che si propongono?
Cristo mistico, Gesù Maestro,
Gesù socialista: tre spezzoni di
verità, mescolati a qualche errore, e a tanta passione. Dobbiamo semplicemente sommarli insieme, per trovare la figura completa di quel Cristo che intendiamo confessare e seguire ogni
giorno della nostra vita? O non
sarà necessario, alla fin fine,
tornare alla definizione apostòlica da cui siamo partiti? Gesù
il Cristo, Gesù Figliolo di Dio.
Figliolo di Dio vuol dire semplicemente: « esecutore privilegiato della volontà di Dio »
Cristo, cioè Messia, vuol dire
che Gesù adempie un’attesa vecchia di millenni, e di cui i profeti s’erano resi interpreti: l’attesa, la speranza di conoscere
Dio in modo vero. Orbene, Gesù
ci rivela che Dio è amore: non
mistero indefinibile, né ragione
soltanto, né pura liberazione
storica; amore. Ciò vuol dire
ché' Dio unisce capacità creativa e rispetto della libertà di chi
è creato, o è più debole, o sbaglia; vuol dire che Dio riconosce a ciò che è relativo, provvisorio, un valore infinito. Allora
la fede diventa un atto di amore e di speranza in due direzioni
contemporaneamente: verso Dio
e verso l’uomo. Credere, significa sapere che Gesù ha mostrato e percorso la vera via che
conduce all'uomo e a Dio; una
via fatta di amore, ma anche di
giustizia; di verità, ma anche
di speranza.
In questo caso, però, la persona di Gesù diventa significativa
solo se la mettiamo in rapporto
con un progetto di vita: della
vita di Gesù metteremo in rilievo soprattutto episodi come la
chiamata del giovane ricco, o
l’episodio in cui Gesù stesso lava i piedi ai suoi discepoli: ma
non è forse tutto, nel ministerio
di Gesù, in rapporto con un progetto di vita? Ancffie le guarigioni dei lebbrosi, anche la polemica con gli scribi e i farisei, anche le parabole e il Sermone
sul monte?
E allora è chiara la comunità
cristiana che Gesù, figliolo di
Dio, ci propone: una comunità
di fratelli, in cui ci isi guardi negli occhi, ci si perdoni, ci sia
fiducia totale, in cui l’anima e il
portafoglio siano egualmente aperti verso il fratello che Dio ci
ha donato?
Questa è la comunità cristiana; non un popolo religioso del
passato, non una somma d’individui, non solo un movimento
di liberazione: ma una comunione fraterna di figlioli di Dio,
quali noi siamo da quando Cristo ha adempiuto le promesse
-e ci ha donato la vita.
(culto radiotrasmesso).
^ Alludo, naturalmente, a F. Belo,
ma anche aH’ambiente a cui egli ha
saputo « dare la parola ».
^ G. Girardct, Il Vangelo della liberazione, pag. 161 (Claudiana 1975).