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PROPUGNA IL BENE SOCIALE
MORALE RELIGIOSO DEGLI ITALIANI.
' Interno ed Eritrea, anno L. 3; semestre L. 1,50.
stero. anno L. 5 ; — semestre L. 3. — Per inserzioni, prezzi da convenirsi.
Dlrettope e flffiniinlsti<atoi(e : 6ei)v«nuto Cìlli, Via magenta Jl. 18, HOffifi
Homa, \7 Zìopembre ^9](0 = :^mo - XI. 47
J^OiniTttlT’TO * Vaticano! Ecco il nemico!
♦ — La nostra cospirazione —
Purché non crepi ! — Che cos’ è l’amore ? —
Un romanziere un po’ nuovo — Sferzatine —
_ _ Si parla di ciò che si ignora — Papa e moder
nisti — Un altro colpito — Ostilità ecclesiastica —
Un_ altro senza carattere — Adesione piena e incondizionata — Porzer conciato bene — Odiose contraddizioni — In che mondo viviamo! — L’apoteosi del
Borromeo — Un nuovo Tetzel — Abbasso il celibato
forzato!— La repubblica portoghese giudicata in SpaS^ta Alfonso XIII al Quirinale ? — Crociata rinnovatrice neocristiana — Giuseppe Cesare Abba — Si
scrive pi Valdesi — IV Congresso contro la Tratta
delle bianche — Castrocaro — Sorda, muta, cieca —
Gesù Cristo e i geni — Valli Valdesi — Da le antiche province — Nella città dei fiori — Carteggio
abruzzese — Cronachetta romana — Corriere Siculo
— D’antan — Auri sacra fames — Sotto l’incubo !
Per tutti i Lettori
Come l’anno scorso, il Comitato proprietario del
periodico offre a tutti gli abbonati, che pagherpno il loro abbonamento non più tardi del 31
dicembre, ima riduzione sul prezzo : L. 2,50 invece di L. 3. Dopo quella data l’abbonamento costerà L. 3. Affrettatevi duiiqne a inviarci cartolina vaglia da L. 2.50, indicando chiaramente sul
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Inoltre annunziamo che, per accordi fatti col
valoroso periodico settimanale E’ARALiDO,
che si pubblica a Brooklyn (Stati Uniti d’Ame
rica), siamo in grado di offrire, per l’anno 1911,
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L’abbonamento alla sola EXJCEper l’estero rimane di lire italiane cinque.
Il Vaticano! Ecco il nemico!
(fi proposito del Congresso Gattolieo di Modena)
Il padre Curci a Roma soandolezzò forte un cardinale dei più alto locati perchè * non credeva al
Sillabo come al Simbolo Apostolico ». Chi vuole essere buon cattolico vaticano deve adunque attenersene al Sillabo ohe è, secondo Pio IX, « la colonna
di luce nel deserto » ; secondo Leone XIII « la guida
sicura in mezzo al dilagare degli errori »; secondo il
cardinale Fischer, ora deplorato, < la pietra di paragone con cui si stabilisco ciò che è in armonia colla
verità cattolica o le è contrario ».
Nel Sillabo poi, tradotte in proposizioni positive, leggiamo le seguenti dottrine vaticane :
Paragrafo 15 — Nessun uomo è libero di abbracciare
e professare quella religione che, guidato dalla luce
della ragione, reputa essere vera.
Paragrafo 24 — La Chiesa ha podestà di usare la
forza; ha anche temporale podestà diretta ed indiretta.
Paragrafo 73 — E’ vero che o il contratto matrimoniale tra i cristiani è sempre sacrosanto, ovvero
11 contratto è nullo se si esclude il sacramento.
Paragrafo 74 — Le cause matrimoniali e gli sponsali per natura propria non appartengono al foro
civile.
Paragrafo 45 — L’intiera direzione delle pubbliche
scuole, nelle quali è istruita la gioventù di uno Stato
cristiano non può, nè deve essere attribuita all’autorità civile.
Paragrafo 54 — I Re ed i Principi sono sottoposti
alla giurisdizione della Chiesa; eziandio nello sciogliere
le quistioni di giurisdizione non sono superiori alla
Chiesa.’
Paragrafo 55 — La Chiesa non si deve separare
dallo Stato, nè lo Stato dalla Chiesa.
Paragrafo 77 — In questa nostra età, conviene che
la religione cattolica si ritenga come l’unica religione dello Stato, esclusi tutti gli altri culti quali si
siano.
Paragrafo 78 — Perciò non fu bene garantii e legalmente agli immigrati in alcuni paesi cattolici il libero
esercizio del loro culto.
Paragrafo 80 — Il Papa romano non può, nè deve
conciliarsi e venire a concordati col progresso, col liberalismo e colla cultura moderna.
I cattolici romani, soprattutto in questi ultimi tempi,
tendevano ad ignorare il Sillabo, a considerarlo come
un vecchio documento da museo o da camposanto, a ridurlo in scritto ormai senza autorità e valore, in
raccomandazioni suggerite dalla prudenza umana a
Pio IX, ma non pronunciate ex cathedra. Si credevano autorizzati a tali sentimenti da Leone XIII che,
dopo la dichiarazione da noi ricordata e stimata in
tutto formale e convenzionale, aveva approvato l’attività e benedetti gli. studii sociali, archeologici, filosofici, storici, letterari di Romolo Murri, Minocchi,
Seiiieria, Ghignoni, Buonaiuti, Duchesne, Loisy e Fogazzaro.
Ma Pio X ha disturbato brutalmente l’idillio di
questi studiosi colle loro scienze predilette, il miraggio di queste anime troppo candide ed ingenue.
Egli ha sentito urgente il bisogno di c frenare lo
zelo d’imparare » manifestatosi in molti giovani sacerdoti. Ha invitato tutti i cattolici al « docile ossequio » in favore della cattedra di Pietro, della Curia
Romana, del Vaticano più despota che regio. Egli
vuole restaurare ogni cosa nello spirito del Sillabo,
ch’è, secondo lui, la quintessenza della fede cristiana:
l’ha ringiovanito colle sue allocuzioni ed esige oramai
il seguente giuramento di tutti quelli che hanno ricevuto o ricevono gli ordini sacerdotali : . Io giuro
di sottopormi con ossequio a tutte le condanne, dichiarazioni, disposizioni e spiegazioni contenute nell’enciclica Pascendi e nel decreto Lamentabile ; le accetto
con tutta l’anima mia ed in modo speciale le sentenze
che si riferiscono alla storia dei dogmi >•
Con questo giuramento è compiuta la grande rivoluzione ecclesiastica incominciata col Sillabo e proseguita col dogma della infallibilità ; la gerarchia ecclesiastica è imbavagliata, percossa e vinta, il clero
inferiore è degradato in basso clero, la chiesa cattolica
romana è ridotta in appendice del vaticano. A che
pro pensare e studiare? Il papa pensa per tutti e sa
per tutti: seminaristi e sacerdoti, insegnanti e professori, vescovi ed arcivescovi; i principi medesimi
della chiesa altro non sono che macchine fonografiche, destinate a ripetere ed a tradurre quello che
vaticina dal colte vaticano un Giuseppe Sarto, un
uomo sincero sì ma limitato e fanatico. Corpo di papa,
intelligenza di curato ed anima di Merry gesuita,
Pio X decimerà la sua chiesa.
La Cina, spinta dall'istinto per la vita, abbatte le
sue mura secolari, entra a gonfie vele nella grande
cultura moderna quale si manifesta nei paesi che le
furono culla, negli stati Uniti, nell’Inghilterra e nella
Germania, nei così detti paesi eretici. Ma il Vaticano
rialza le sue cinte medioevali e le rafforza.
L’arcivescovo cardinale Fischer di Colonia è sospetto di eresia modernista, cioè « protestantica ; •
subito vien citato a Roma; accorre, si precipita ai
piedi del Santo Padre, implora perdono da Merry
del Val, si sottopone a tutto quanto gli vien richiesto, dà affidamenti esaurienti per l’avvenire e paga
la sua scappata « protestantica » colla « bella somma di 200 000 marchi »; così il giornale d'Italia (9
Nov. 1910;. In tal modo soltanto si riabilitano i deplorati, si trasforma in sorridente il viso minaccioso
del-papa, in benedicente la sua mano che si alzava
per fulminare.
La rivoluzione ecclesiastica e religiosa del Vaticano
è oramai cosa fatta; ma non andrà soggetta a tacita
rinuncia, nè a lunga prescrizione ; non s’aspetti a
sanatorie. Essa ha fatto strage di intelligenze e di
volontà, di cosciènze e di dignità. I popoli colti non
tollerano i delitti contro al progresso umano. E’ naturale quindi se le ribellioni e le congiure si organizzano, se un’esplosione di dignità umana e cristiana sta per aver luogo, per liberare borghi, regioni, il « bel paese • tutto dalla tirannide vaticana
ed eziandio da quei governi che in qualche modo la
favoriscono e la proteggono.
Se la rivoluzione vaticana non provocasse la rivoluzione delle anime cristiane, ci parrebbe davvero
nella ragio.ne chi sostiene la inevitabile decadenza
dei popoli latini, chi vuol ravvisare negli italiani,
che lavorano e producono sì, ma persistono nell’analfabetismo, nella minorità intellettuale e religiosa, i
predestinati schiavi dei capitalisti nordici, i servi
delle nazioni • protestantiche ».
Lettori : Nelle vostre discussioni coi cattoloci vaticani, ricordatevi del Sillabo di Pio IX, del motuproprio di Pio X nei quali l’attuale pontefice « restaura ogni cosa I » Quando vi parleranno dei loro
progetti sociali, economici, religiosi rammentate loro
che, stando essi sotto tutela, non hanno autorità nè
deliberativa nè esecutiva, non posseggono la personalità giuridica, sono uno zero ; riconduceteli alle dottrine vaticane del Sillabo chiare ed agli antipodi della
civiltà moderna, delle rivendicazioni laiche; fornite
loro così le ragioni documentate per cui i governi
di popoli cattolico-vaticani appena accennino, come
l’Italia, la Francia, la Spagna ed il Portogallo, a sostenere i diritti laici dello stato sovrano, debbano trovarsi fatalmente in lotta a tutta oltranza, sfibrante
e dannosa col Vaticano.
Se quei cattolici saranno onesti e leali, capiranno
che il Vaticano è il nemico da distruggersi ; allora
0 staranno nella chiesa vaticana congiurando contro
ad essa e preparando la restaurazione di ogni cosa
nel Cristo degli Evangeli, nel Cristo di Dio, oppure,
stanchi di fingere, faranno un bell’atto di libertà,
di sincerità e di dignità cristiana, di ribellione religiosa e civile, si uniranno in Italia alla Chiesa
Valdese.
Se saranno invece disoneste ed ipocrite li avrete
smascherati; avrete inoculato nel loro animo il disprezzo di sè stessi e la paura degli altri, avrete
granidemente contribuito a renderli inocui.
Infine verrà il tempo in cui San Pietro, edificato
col denaro di tutta la cristianità occidentale. Sarà
da essa, proprietaria reale, trasformato in mausoleo
2
2
LA LUCE
dei papi ; nella sua cupola michelangiolesca la riforma religiosa latina scriverà con cubitali caratteri
d’oro :
Hic jaeet Vaticanismus !
Requiem aeternam da ei, Domine !
Giovanni Grilli.
La nostra
cospirazione
I popoli liberi evolvono ; ma i popoli cresciuti
sotto alle tirannidi congiurano. Nei paesi latini il
principio sempre attivo e deleterio, è l’assolutismo
papale ; esso agisce come lievito ; perciò in loro le
rivoluzioni sono sempre allo stato latente. In Italia
si va avanti, si plasma la nazione, si migliorano le
condizioni economiche e si riforma la chiesa solo mediante società segrete, cospirazioni e congiure, solo
mediante ribellioni, insurrezioni e rivoluzioni.
Ed una grande cospirazione si sta organizzando
per liberare la chiesa latina dalla tirannide vaticana. Discretamente metto a parte di essa voi, lettori della Luce onde non vi perdiate d’animo nell’apparente tristizia dei tempi, anzi lavoriate e speriate, ben sapendo che l’avvenire appartiene a quei
movimenti che più ne sono degni.
Lo ricordate : i nostri padri per secoli e secoli
ebbero in cima ad ogni loro pensiero la patria unita,
libera, potente e temuta ; credevano ai profeti del
fatalismo ; per molto tempo aspettarono che l’evo-,
luzione apportasse quanto invocava il loro cuore ;
ma aspettarono in vano ; le condizioni dell’Italia anziché migliorare peggioravano; grande fu la loro
delusione.
Allora essi abbandouarono i falsi profeti, si rifecero aU’unico principio riformatore, all’ eroico ; si
affratellarono nel medesimo amore per l’indipendenza
della patria, in un medesimo odio contro ai tiranni,
si unirono in vaste cospirazioni, si strinsero in audaci, congiure, si dichiararono pronti a sacrificare,
occorrendo, averi ed agi e famiglia e vita ; indi si
sparsero ovunque indefessi nella loro opera agitatrice pel trionfo del loro ideale.
Quelli che, troppo pervasi dall’onnipotente entusiasmo, si compromettevano, o andavano a morir
nelle galere, o fuggivano all’estero ; colà vivevano
nella miseria, da profughi si, ma non si sgomentavano ; erano- ricchi di aspettazioni, perciò lieti. Colla
virtù della parola, dello scritto, della vita comunicavano la loro fede gagliarda, guadagnavano nuovi
amici alla loro causa, accoglievano e confortavano
chi li raggiungeva in esilio; ad un grido, ad un appello della patria erano sempre pronti ad accorrere.
Rimanevano in Italia i più prudenti, calmi e diplomatici ; ed essi, non sospettati, penetravano ovunque ; in ogni cuore scontento, in ogni anima bisognosa di progresso, epperciò di libertà, deponevano
il fuoco sacro della patria. Come nelle profondità
dei mari alla fine deH’inverno, come nella terra all’avvicinarsi della primavera, cosi nei cuori e nei
cervelli passavano fremiti di vita nuova, precursori
dei tempi migliori.
Apparentemente, in Italia, niente di nuovo ; tutto
era calmo, pace assoluta. In realtà tutto ferveva
in essa ed annunziava profondi mutamenti. Gli atti
di fiera ribellione vennero, le insurrezioni divamparono, la patria fu come avvolta in un vasto incendio rivoluzionario ; gli slanci di una eroica gioventù per il trionfo della causa italica strapparono
l’ammirazione delle nazióni ; venne l'aiuto di ingenti
somme di denaro straniero ; i tiranni fuggirono. Attraverso convulsioni sociali, profondi dolori di parto,
venne fuori l’Italia moderna lavata nel sangue, epnrata nel fuoco e sublimata dall’ amore. Infine
siamo liberi !
*
« «
Illusione 1 Siamo schiavi, perchè, mediante l’ednducazione della nostra infanzia, sempre fermenta in
noi, neU’anima italiana, nella tradizione nostra il
lievito dell’assolutismo papale, il pericolo di ogni
cultura ascensiva.
Patria dell’anima nostra è la chiesa latina, se dir
non possiamo italiana. I nostri padri le diedero gran
parte delle loro sostanze e del loro sangue ; quantunque poveri erano felici perchè la sapevano ricca.
Le proffersero le loro più belle intelligenze, i loro
genii più potenti ; le innalzarono chiese munumentali, che attirano tra le loro mura secolari, sotto
alle loro cupole superbe un popolo di ferventi ammiratori ; airombra sacra di queste costrussero umili
casupole per riposarsi e morire.
Da lei, che mette nella bocca degli infanti un po’
di sale, che accende nei santuari lampade votive,
che leva le ostie verso il cielo, che affida alle campane richiami ineffabili, da lei in compenso aspettavano liberi sensi e puri, un po’ di luce tolta dai
pensieri e dai palpiti di Dio, l’elevazione dei cuori,
la spiegazione dei misteri celati e degli ultimi destini umani. Le domandavano di mantenere Gesù
Cristo, son parole di P. Curci, « nel principe luogo
che gli compete nelle conoscenze, negli amori e
nelle speranze dell’uomo».
Ahimè ! Il papato, con successive rivoluzioni, massime con quella del 1870 suggellata dal doema della
infallibilità, si è impossessato della chiesa latina e
della gerarchia romana e le ha gettate nel più triste asservimento. Con gravissimo scandalo delle coscienze il papa, anziché restaurare ogni cosa in Cristo, ha preso audacemente il posto di lui, ha attribuito a sè, misera creatura, le prerogative del divino ; quasi fosse l’incarnazione degli ideali assoluti
ha disposto della chiesa a suo beneplacito, come di
proprietà di cui ha il diritto di uso ed abuso, l’ha
ridotta a materialità di forme anziché comunicarle
sostanza di spirito, 1’ ha sottratta al vivere ‘ civile,
fa consistere il cristianesimo, nell’obbedienza incondizionata ai suoi ordini, ai suoi motupropri, al suo
arbitrio ; da essa pure fa dipendere la salute eterna.
La papolatria si matura in dogma ; oggi è in gestazione, domani sarà una nuova imposizione. Il cesarismo sacerdotale è inesorabile ; costringe i cardinali a recarsi a Roma per vaghi dubbi sorti contro
a loro (cardinale Fischer) ; obbliga i vescovi ad umiliarsi per avergli mosso giuste osservazioni (Mgr.
Chapon) ; esautora e degrada pubblicamente l’episcopato che ha velleità d’indipendenza ; colpisce con
aspre censure ecclesiastiche membri illustri del clero
regolare e secolare, il fiore degli ordini sacerdotali;
denuncia come eresia pestifera, recisa dal corpo santo
e vivo della chiesa latina, il movimento valdese, ogni
nostalgia o ritorno, sia pur timido e larvato, al Cristo ; lancia torve ed impressionanti scomuniche contro a chi dal suo spirito si richiama allo spirito della
chiesa universale, dal suo giudicio si appella al giudicio di Dio. E poiché la divina Provvidenza per
misteriosa disposizione non gli permette più di accompagnarsi con uno stato o governo carnefice, esso
fa spiare i sacerdoti, denunciatigli come restii, all’evangelo della servitù, all’evangelo vaticanesco ; al
minimo appiglio che gli diano sono sospesi a divinis,
sono perseguitati, ridotti alla miseria ed alla fame;
li vorrebbe spingere alla disperazione per causare o
la loro morte o la loro sottomissione codarda, per
trionfare sulla loro rovina.
E’ l’ora tenebrosa in cui sembra che Dio si ritiri dalla chiesa latina ; è l’ora delle prove angosciose in cui l’anima cristiana grida : Infino a quando.
Signore ? Perchè m’hai tu abbandonato ?
Però quando la notte è giunta al massimo della
sua intensità, l'alba si avvicina ; quando il freddo
è sceso al grado ultimo di rigore, la primavera si
approssima ; quando l’ossequio al papa è arrivato al
sacrilegio, alla deificazione del pontefice ed alla degradazione delle coscienze, la riscossa religiosa è
alle porte ; allorché Cristo sta per morire, è imminente la sua risurrezione.
*
4; ÜC
Noi, figli della chiesa universale, all’ assolutismo
feroce del papa rispondiamo momentaneamente con
cospirazioni e congiure, con ribellioni ed insurrezioni ; prepariamo la grande rivoluzione religiosa
grazie alla quale il papa, mascherato da Cristo, verrà
spodestato, la chiesa romana sarà assunta alla dignità di chiesa italiana, verrà restituita a libertà:
riannunzierà l’Evangelo di Cristo trave maestra del
nuovo edificio sociale, idea informatrice della ambita
cultura italiana ; sprigionerà In Spirito Santo, energia elementare nella storia dei secoli futuri, forza
direttiva e sostegno di tutte le sante imprese.
I Valdesi sono in religione quello che i nostri
esuli furono in politica. Perseguitati dai papi, molti
morirono sui roghi o nelle carceri ; altri scamparono
dalle grandi tribolazioni. I loro discendenti sono figli di martiri ; rappresentano sacrifici, tradizioni e
forze italiane. Vivono all’infuori della chiesa latina,
come in una specie di esilio, dacché essa è stata
brutalmente violentata dal papa e ridotta in chiesa
romana ; eppure appartengono alla santa chiesa universale. Disseminati in ogni angolo d’Italia, si trovano numerosi nelle vicinanze di Torino. Essi si
confortano nella parola dei profeti, di Cristo e degli
apostoli; essi onorano le loro convinzioni mediante
parola casta e vita austera. Levano alta e vigorosa
la protesta contro all’oltracotanza papale di cui furono vittima ; mostrano le stimmate inflitte loro dal
Vaticano, di cui si fece loro un carico e che invece
sono cagione di altissima, di vera gloria nazionale.
Ricevono nel loro seno coloro che, perseguitati
dai loro superiori per troppa istruzione e spiritualità, lasciano la chiesa romana e le sue divise. Raccolgono con sollecitudine materna questi nuovi proscritti, tutti quegli che, per bisogno di sincerità, per
obbligo della loro coscienza si sono ribellati alla
chiesa ufficiale, voluta dallo stato e puntellata dai
privilegi ; li raccolgono onde non si smarriscano
nel Mar Morto dell’ indifferenza, non vadano persi
al cristianesimo. Non uno lasciano in abbandono, foss’egli perso nell’ ultimo borgo delle Alpi o degli
Appennini, tanto è il rispetto che portano, l’importanza che dànno ad una persona. A tutti assegnano
il loro posto. Dipingono loro al naturale, come se
vivesse, il Cristo della storia ed il Cristo eterno,
la sola maestà a cui l’uomo sente di dovere obbedienza incondizionata. Insegnano loro a distinguere
nella chiesa romana le parti caduche, che debbono
essere rimosse, da quelle valide attraverso tutte le
età. La chiesa italiana, in* favor della quale s’impegnano a lottare, si prospetta dinanzi a loro come
una comunità di coscienze nutrite di Cristo, in comunione immediata con Dio, fortemente libere,
strette in fraterna solidarietà, unite pel mutuo progresso spirituale.
Valdesi e fuorusciti religiosi, proscritti tutti dalla
chiesa romana, formano un’unità religiosa organica,
rivoluzionaria, costituiscono la « Chiesa Valdese ».
Ovunque riesce loro, nelle città o nei paesi, chiamano alla vita centri insurrezionali e li appellano
€ congregazioni ». Sono poveri nel mondo ma sono
milionari in valori divini: ut sediictores et veraces...;
tamquam nihil habentes et omnia possidentes (2
Cor. 6, 8.10). Pregano insieme ed insieme aspettano ; aspettano il segnale della rivoluzione per correre in aiuto della chiesa asservita ed unirsi a lei,
per liberarla dal governo dei preti, per innalzarla
alla dignità di chiesa nazionale e ridarle il suo posto nei congressi delle grandi chiese cristiane.
I Valdesi saranno, per l’indipendenza religiosa
dell’Italia, quello che i Piemontesi, furono per la sua
indipendenza politica.
Perciò stanno in intime relazioni, hanno segreti
abboccamenti con quei sacerdoti e laici liberali, che
rimangono occulti e cauti nella chiesa manomessa dal
Vaticano, che col cuore vanno avanti, cioè appartengono al cristianesimo rivoluzionario, e col corpo restano nel papismo. Questi liberali, troppo deboli per
affrontare le conseguenze della scomunica, sono troppo
forti per diventare sudditi vili e strumenti ciechi
di ,;tirannide religiosa ; troppo hanno bevuto alle fonti
della scienza moderna, troppo hanno comunicato coll’Evangelo per accontentarsi delle parole autoritarie,
fredde che procedono da un Merry del Val ; incapaci di andare avanti, sono eziando incapaci di tornare indietro. Giurano in blocco, senza pensarci,
d’un fiato, tutto quanto Pio X domanda loro ; giurano, quantunque Cristo abbia insegnato : « Del tutto
voi non giurate ! » A giustificazione loro ripetono
3
coi legislatori che non ha valore, neppure dinanzi
a Dio, il ginramento al quale si è costretti dalla
prepotenza ; sanno di essere in istato di guerra,
quindi affermano col Murri ; . E’ sincerità, colla Curia, Tesser bugiardi ! » (Commento, 1910. pag. 290).
D altronde la loro coscienza dice loro che possono
rimanere ancora nel cattolicismo romano e perchè
non rispetterebbero essi la voce di quell’ angelo
chiamato a giudicar tutto, la voce di quel vicario
di Cristo ? E se Dio non ha ancora ordinato loro
distintamente : € Uscite da Babilonia, o popolo mio,
exite de illa, populiis meiis >, (Apoc: 18,4), come
oseremmo noi condannarli ? Non sono essi forse un
po di santa chiesa universale nella chiesa romana,
non rappresentano essi il diritto di Cristo, e del
cristianesimo rivoluzionario sulle magnifiche chiese
italiane, alienate dalla loro destinazione prima, ridotte a scuole di tirannide ? L’opera loro, quantunque circospetta e celata, non sarà vana ; abbenchè
fatta nell’ombra, tra fieri contrasti, gioverà al risveglio spirituale dell’ Italia, alla rivoluzione religiosa che si prepara.
E chi sa che, tra questi deboli in apparenza, non
si trovi colui che raccoglie nel suo cuore tutti gli
odii contro al cesarismo religioso, tutti i palpiti ed
amori verso Dio per versarli poi sulle moltitudini
dei fedeli, per deciderle ad una grandiosa battaglia,
animarle alla vittoria ?
In verità grandi cose si preparano nelle coscienze
degli Italiani. Apparentemente tutto è calmo, Gli
scettici ed il Vaticano insieme si rassicurano e gridano : viviamo sotto alTimpero dell’elegante indifferenza, sono passati i tempi degli scismi e delle eresie, delle sante passioni religiose ; nella chiesa abbiamo bonaccia. Fingono di non avvedersi della grave
crisi religiosa che attravesiamo, di non udire le voci
che salgono dalle profondità della coscienza nazionale
e che vengono ascoltate da Dio, il quale si curva
suU’Italia per meglio raccoglierle. E poi come e dove
colpire le congiure, le cospirazioni ? Sono nelle famiglie pie, nei ritrovi intellettuali, nei cenacoli religiosi, nel socialismo spiritualista, in tutta la cultura che respiriamo.
Lettori ! il momento è solenne, da un momento
all’altro può suonare l’ora decisiva. Studiate, pregate, raccogliete forze. Dio aspetta che ognuno di
voi sia al suo posto, pronto al dovere.
Giovarmi Grilli
Purché non crcpi !
il)
Ho letto or ora tutto d’un fiato l’articolo di Ettore Janni {Corriere della Sera 5 novembre) che
porta per titolo: « Quel tal giornale... ». E’ una
critica d'un'ironia un po’ slombata controle idee del
commendator Calabrese; il quale è tra i sostenitori dell’epurazione dei giornali e specialmente della cronaca dei giornali : quistione largamente discussa
oggi ed energicamente avversata da certi giornalisti.
Non sono in tutto d’accordo col Calabrese, che vede
nella coltura il mezzo della morale. Ci vuol altro che
la coltura 1
Quanto alTantiespurgatore accanito Ettore Janni,
in questo suo articolo di filosofia pratica, respinge
Taccusa di cinismo che potrebbe essergli mossa. Ha
ragione de! resto I La sua qualità preponderante non
è il cinismo. Noi non diremmo : « L’articolo del Janni
ha del cinico » ; diremmo invecd : « L’articolo del
Janni ha del commerciale ». Eiassumiamolo in
quattro parole.
I giornalisti non sono tutti studenti bocciati. Il
Calabrese si lagna della cronaca ; se se ne lagna, vuol
dire che la conosce ; se la conosce, vuol dire che la
legge ; se la legge, perchè non vorrebbe che ci
fosse ? Argomentazione magnifica, come i nostri Lettori s’avvedono. Il giornale è destinato a sodisfare
ai bisogni degli uomini. Tra questi bisogni naturalmente è anche la pornofilia. I giornalisti non
sono nè profeti nè apostoli, ma buona gente che si
U) Per assoluta mancanza di spazio, questo articolo già composto la settimana scorsa non potè essere pubblicato nel passato numero. N. d. D.
__________________ LA LUCE
studia di sodisfare ai prelodati bisogni. Del resto,
dove pescare tante belle azioni da riempirne le colonne d un giornale ? Sono filosofastri coloro che
non vorrebbero la cronaca... sporca. * Rappresentate la vita ideale della nazione ! > si urla ai giornalisti. Oibò, stupidi I non sapete che questo « non
è il loro ufficio? ». Il giornale è uno « specchio »,
e lo specchio riproduce tutte le imagini : belle e
brutte. E il diritto del lettore che pretende la notizia del marito che ha ucciso la moglie, non lo contate per nulla ? Ora su 1000 lettori ce ne sono 999
che pretendono così. Non gridate contro il Janni,
dicendo : « Questo è cinismo ». Cinismo ? No ! Questa
è « la legge della vita >. Non sapete che tutto
Tuniverso, e quindi anche il giornalismo che fa parte
dell universo, vanno soggetti alla gran legge enunciata dal Darwin? t Si fa un giornale perchè viva, non
perchè crepi in fasce ; si fa un giornale come vuole
il pubblico, non come vuole il poeta ». Dov’è il cinismo
di Ettore Janni? li suo è commerciali.'smo. (1) Quanto
al poeta, s accomodi. Del resto, se sapesse aguzzar
un po meglio gli occhi, nei giornali finirebbe con
10 scoprire anche qualche cosa che fa per lui. La
morale dei giornali come sono al presente è solida
e consiste nel « fondar il carattere del giornale su
l’equilibrio numerico di coloro che lo comprano ».
In più povere parole ; la morale giornalistica è solida, perchè infatti si fonda sui... soldo. « Ogni popolo ha i giornali che gli rassomigliano ». Verità
sacrosanta ! Ma la giovane stampa italiana dell’oggi
ascende, ascende ; vai più della stampa estera ; quantunque non sia perfetta, s’intende. La cronaca...
sporca che riesce disgustosa al commendator Calabrese « è la parte più viva e più utile del giornale ». C’è « il brivido del mio destino ». Quel tale
s’è accoppato ? M’accopperò anch’io. C’è « un atomo
di fatalità ». Ed è pur qualche cosa. C’è anche
* un atomo di grandezza » ; or nessuno ignora che
a furia di atomi si va un bel pezzo avanti. « Oii, i
e i ragazzi ? ». Maxima debetnr paeris reverentia,
come ha detto Fon. Luzzatti ? Ma che ! Quella frase '
11 serve tntt’al più per fare un eccellente esercizio :
sulTuso dei verbi latini passivi. Quanto all’... attivo, |
cioè quanto ai ragazzi stessi, ci pensi la famiglia. ;
Che c’entra il governo ? Si murano forse le finestre, '
perchè i frngoletti non vi si inerpichino su e non
facciano senza... aeroplano un volo ai piani di sotto ?
No di certo. Ci preme l’aria. E ai frugoli ci stia
attento il babbo o la mammina o la simpatica ser- i
votta. Il problema dei minorenni è un problema « familiare » : lo devono risolvere i genitori e le serve.
Lasciate aperte quelle finestre : aria, aria ! se sarà
aria di letamaio, poco importerà, purché... gli affari
vadan bene e il giornale... non crepi ! i
_______________ Uno dei filosofastri. '
poeti 1 Tra noi sono pezzi di giovani, che con un pugno manderebbero all’aria un bel paio dei vostri eroi
innamorati. Voi credete di dipingere la società; e la
dipingete infatti ; ma voi ignorate quanto bello e forte
sia l’amore tra i cristiani (non 'di sacristia), da la
giovinezza pura, dal cuore intatto e dal corpo in buone
condizioni. Perchè non cambiate registro ? E, se vi
preme di cantar l’amore, perchè non cantate questo
amore, che vale un bel po’ di più del vostro? Pare
impossibile che i poeti non sentano l’odierno dissolversi morale e fisico della gioventù. Invece di frenarlo,
vi concorrono coi loro esercizi letterari.
Parvus.
Un romanzi©!*© un po’ nuovo
E il van Opsteren, che in questi giorni furoreggia
in Germania e in Austria, e a cui Barbara WickAliason dedica un bell’articolo nella Gazzetta del Popolo di Torino. Questa gentile scrittrice chiama il van
Oestereu « crociato contro la superstizione ». Egli infatti mette in scena nei suoi romanzi — « Pellegrinaggio », « Cristo non Gesù », e nel più recente
« Madonna con la musica » — la vita religiosa barbara e superstiziosa della Galizia in particolare e dei1 Austria in generale; vita superstiziosa molto simile
I a quella della nostra Italia.
I Citiamo alcuni brani dell’articolo accennato.
I Vivendo a Vienna, F Oesteren scopriva, a quanto
j pare, che la religione malintesa nou esiste soltanto in
I Galizia, ma è anche uua gran piaga della vita delI l’allegra capitale austriaca, dove, se non assume le
I forme del fanatismo e della superstizione, riveste
quelle non meno dannose dell’ipocrisia.
Anni fa, in una pagina piena di eloquenza e di calore, 1 Oesteren descriveva le cerimonie a cui aveva
.assistito in Bari per la festa di Sau Nicola e diceva
il suo sdegno d’uomo civile davanti allo spettacolo dei
fedeli, che, sorretti e quasi portati dai congiunti, percorrevano il vasto tempid-À leccandone colla lingua il
pavimento lordo di polvere,- diceva la sua pietà e l’orrore per quei volti deturpati e scorticati dall’atroce
pratica inconcepibile veramente ai nostri di.
Ahimè, questi strani riti che fanno pensare alle pratiche dei fachiri o degli indù, il culto idolatra che
pospone quasi la divinità a questo o quel santo, la
mania delle reliquie vere o false, la mania di onorare
non la divinità o la santità in sè, ma questo o quel1 attributo di esse, questa o quella parte di esse ; queste ihànie, come il fatto dei briganti che, magari con
dieci omicidi sulla coscienza, portavano lo scapolare
della Madonna, non sono uua prerogativa del paese
dove fiorisce l’arancio. La Galizia ne offre dalle forme
forse meno pittoresche, ma non meno tipiche.
Nel paese di Malawoda, che 1 Oestereu rappresenta,
i contadini si ubbrmcano, trattano brutalmente le mogli e giurano il falso, ma credono di salvar tutto accendendo un cero alla Madonna e votandosi a lei in
pio pellegrinaggio.
Sferzatine
(1) Sia detto col massimo rispetto per la persona
dell’egregio scrittore. In tutto questo articolo, giusta il buon uso generale del pei iodico che mi ospita
intendo combattere non una persona, ma delle idee
semplicemente; e prego i Lettori di prender buona
nota di questa mia dichiarazione, sincerissima, non
ostante la vivace intonazione dell’articolo stesso.
Quanto allo scritto che Vincenzo Morello (Rastignac) pubblicò nel Messaggero di Roma in risposta
al comra. Calabrese, non ha nessuna importanza per
noi. Sarà benissimo — com’egli dice — che i giovanissimi candidati alla delinquenza non leggano i
giornali ; ma naturalmente noi Cristiani Evangelici,
attaccando la stampa, non pensiamo soltanto ai delinquenti, nel senso volgare della parola. La nostra
morale eccede e supera il codice penale. C’è tale zerbinotto che non gusterà mai le delizie della prigione
il quale tuttavia innanzi alla nostra morale è un
delinquente, a dispetto dei guanti bianchi, della caramella all’occhio e del fiorellino alFocchiello. Ora,
gli zerbinotti han letto i giornali e ne han ricevuta
un’influenza tutt'altro che corroborante. Quel che si
dice dello zerbinotto già corrotto, ripetasi del giovanetto non ancora corrotto, ma che potrebbe corrompersi. Le grandi quistioni morali non si trattano
soltanto a base di articoli di codice penale.
co5'c
l'ari)orc?
Leggevo, nei giorni scorsi, una novella elegante
ch’era naturalmente una delle solite produzioni del solito argomento. E’ mai possibile che i nostri scrittori
non sappiano trattare altro tema ? E’ mai possibile
che non si riesca a sollevarsi a una nozione meno
idealmente bestiale deH’amore ? < Gente dinnocolata,
senza fremiti passionali » ci grideranno i poeti. Poveri
j Per amore... òi che ?
i I giornali pubblicano che il conte Leone Tolstoi è
improvvisamente scomparso dalla sua abitazione, la; sciando a sua moglie una lettera, in cui dichiara che,
non potendo più vivere nel lusso, andava a passare
il resto della sua vita nella solitudine.
La contessa sua moglie, nell’apprendere la notizia,
cadde malata e tentò (dicesi) due volte di suicidarsi.
Non ci meraviglia il gesto glorioso dell’ormai impenitente conte russo, filosofo, letterato, umanitario,
tirannicida; ma ci commuove (se vero) il gesto della
contessa.
Suicida per... amore, diranno le tenerissime figlie
di Èva; ma, peramore di che? domanda qualche maligno. Forse per amore del lusso, degli agi, delle ricchezze ; chè, se così non fosse, sarebbe stato molto più
facile, alla nobil donna, di seguire il proprio sposo
lungi dall’avito castello, anziché perdere il suo tempo
(perchè tra il marito ed il lusso il capo le tenzonava)
a sciogliere pastiglie di sublimato, armare una rivoltella, preparare un nodo scorsoio.
Chi porta con sè, ere.
In Germania il cardinale Fischer, arcivescovo di
Colonia, ed il cardinale Kopp, vescovo di Breslavia,
si contendono il primato ; però, mentre il Kopp brilla
per il suo esclusivo attaccamento alla sacra pantofola, il Fischer vorrebbe conciliare questo col progresso e con la civiltà, e non disdegnar la pace e la
fratellanza coi proseliti del protestantesimo. Costui è
quindi sospetto, se non addirittura infetto d’eresia,
e perciò è stato chiamato in Vaticano ad audiendum
4
4
LA LUCE
yerbum ; audiendum, non coniugandum, perchè anche
in Vaticano, per la malignità dei tempi attuali, la co
niugazione di certi verbi è passata in disuso, come:
strozzare, bruciare, torturare, impiccare. ^ ,
E tutto l’Orbe cattolico, e tutta l'Urbe (ahimè ! questa
così poco cattolica) aspettavano ansiosamente la tiratina d’orecchi che il burbero Bepi avrebbe fatta al
piodernista Fischer; ma, delusione orrenda, il cardinale ed il suo seguito sono stati accolti con ogni calore e fervore, e molti baci e molte carezze son corsi
tra il padre ed il figlio nel loro lungo e cordiale colloquio a quattr’occhi !
« E questo fia suggel ch’ogni uomo scanni », direbbe il mio macellaio ; ma dimenticavo di dirvi che
l’abile cardinale, presentandosi ad limina apostolorum (contrariamente al comando di Cristo di non
portar nè borsa nè bastone) lasciò il bastone alla porta
dei sacri palazzi, per paura degli Svizzeri, ma non dimenticò la borsa, ben provvista di 200 mila marchi,
equivalenti — a parte ogni calunnia — a ben 250
mila lire italiane, o, meglio, ad un quarto di milione.
Poteva il cardinale Fischer scegliere un calmante
più efficace per frenare i nervi di Pio X, irritatissimo per le simpatie dello stesso Fischer verso i protestanti di Germania il cui Dio è il ventre, secondo
la felicissima espressione della ormai famosa enciclica ?
Chi porta con sè, mangia con me, e... crepino l’invidia e l’avarizia.
Abbasso le Perpetue !
Questo è il grido che nei giorni passati è stato
emesso da una parte dei giovani preti italiani : vogliamo la moglie, vogliamo la moglie ; abbasso le Perpetue 1 E da tutti si è gridato e si grida che il matrimonio dei preti è l’àncora di salvezza della Chiesa,
è il porto di rifugio della sconquassata barchetta.
Baie, baie! Oportet renovare omnia in Ghristo, ha
sentenziato l’ex parroco di Riese ; ma, se bisogna rinnovare tutto in Cristo, non basta sostituire la moglie
alla Perpetua, ma bisogna distruggere la fucina delle
Perpetue, cioè il confessionario. Altrimenti il rimedio
sarebbe peggior del male. Poiché sarebbe buffo e divertente il vedere le... sacerdotesse gelose nascondersi
dietro 1’ altare a spiare gli atti dei loro teneri mariti.
Sentite; non intorbidate lo stagno della Chiesa di
Roma (sentina di vizi, come diceva Ugo Bassi); ma,
se volete far qualche cosa di serio, prosciugatelo del
tutto. Su via, giovani generazioni! mano alle pompe !
Dio salverà quanto gli appartiene. ...
Eroi.
Si parla dijoiò^he si ignora
A proposito di Tolstoi fuggiasco, il Figaro (interpretato dal Corriere della Sera) ha scritto; « Per i
suoi pasti non prendeva che legumi, essendosi promesso di rimanere fedele alla parola di Cristo ; « Tu
non ucciderai ».
E’ Cristo che disse; « Non ucciderai »? Ma se di
S. Scrittura non sapete un’acca, perchè ne parlate?
papa
Nel ricevimento dei tre ordini serafici o francescani, Pio X è tornato sui modernisti, riproducendo
a voce una seconda edizione abbreviata ma non meno
violenta delle sue invettive contro il Modernismo.
€ La purezza e l’integrità della dottrina della Chiesa non saranno mai abbastanza raccomandate, poiché vedendo acerrimamente combattute, come lo
sono oggi, le sacre tradizioni, non mancano coloro
che ritengano opportuno o anche necessario che la
Chiesa receda talvolta dall’antica severità della sua
Dottrina. E rimproverino pure, costoro, alla Chiesa,
di essere tenace nel custodire quella verità e quegli
istituti, che non lusingano le profane sapienze; ai
sforzino di persuadere l’antica madre ad accettare
alcune idee dei modernisti, a cedere, a comporre amichevolmente, secondo l’opportunità, le questioni,
a lasciar vivere tranquillamente uomini non spregevoli, le cui opinioni, come dicono, non sono modificabili e dal cui ingegno la nazione e la stessa
chiesa possono aspettarsi valido aiuto e molta gloria. Queste e simili cose vadano pure brontolando
tali uomini sapientissimi. Frattanto è dovere di noi,
che siamo vicari di Cristo, conservare integro e inviolato il deposito della sua incorruttibile dottrina,
fino aH’avvento ultimo di Dio ».
Dunque guerra fino all’ultimo sangue. E’ proprio
di Cristo la t incorruttibile dottrina » di cui parla
Pio X ?...
Ostilità ecclesiastica
Il giornale c La Favilla », sorto per sostenere idee
cattoliche moderniste, dichiara che cessa le sue pubblicazioni.
1 redattori, nell’articolo di commiato,dicono chela
morte del giornale fu cagionata dalla ostilità dell’autorità ecclesiastica. (Dal Giornale d’Italia).
Cli) altro^«£z^caratt«r«
Un telegramma da Verdun al Temps annunzia che
l’abate Hutin si è presentato al vescovo a ritirare pienamente, in presenza di testimoni, gli errori commessi, cosicché il vescovo lo assolse dalla censura in
cui era incorso. (Dal Corriere della Sera).
Adesione piena e incondizionata
Chi è un poco addentro nelle segrete cose concernenti gli ordini religiosi, sa benissimo : 1) che tra i
Francescani è da assai tempo un gran fermento ; 2)
che i Minori Francescani ce l’avevano e ce l’hanno
ancora coi Cappuccini, favoriti dal Pontefice e da
lui anteposti ai Minori, più antichi (come ordine) e
più... puliti in ogni modo dei Cappuccini.
Che è accaduto ? Se dobbiam credere alle Note vaticane del Corriere, ai rappresentanti dei tre ordini
serafici Pio X — accompagnato da Vives y Tuto, malaugurato spagnolo cardinale cappuccino — avrebbe
detto dolci parole, e il padre Schüler, a nome anche
dei Minori, gli avrebbe protestato « adesione piena
e incondizionata ».
Dov’è la fibra? Dov’è la sincerità?
Un altro colpito
Si telegrafava il 10 corrente da Roma al Corriere
della Sera: « Da notizie ricevute da Viterbo, “ «omenioano padre Sardi, insegnante di sacra scrittura
in quel seminario, è stato allontanato dalla citta e
trasferito a Firenze, perchè reo di modernismo.
PORZER CONCIATO BENE
,11 viceborgomastro Porzer col suo * pazzesco discorso » contro Nathan ha sollevato proteste generali, non solo in Italia, ma perfino in Austria.
Un saggio.
Leggiamo nel Giornale d’Italia : « Il nostro Consiglio comunale e provinciale (di Trieste) ha solen"
nemente protestato contro il balordo tentativo fatto
dai cristiano-sociali di Vienna di guadagnare nuova
popolarità risollevando la questione romana.
L’on. Marak Virkta nel suo vibrato discorso disse:
< Le parole del viceborgomastro deputato Porzer è
degno di una mente malata ».
Odiose contraddizioni
A Venezia, il Cardinal Giuseppe Sarto, oggi Pio X
rendeva visita al Sovrani d’Italia. Al varo della nave
Ferruccio, il Cardinal Giuseppe Sarto, a fianco del
duca di Genova, presiedette alla cerimonia religiosa.
In questi giorni, vescovi e cardinali, per la consegna
di bandiere a delle cacciatorpediniere, proferirono
discorsi inneggianti alla patria e al re. Chi ci capisce
più nulla? Lo riconoscete o non lo riconoscete il re
d’Italia? Perchè, in altre circostanze, lo chiamate con
bile « colui che detiene ? » perchè lasciate che si gridi :
« Viva il papa re ? » Un po’ più di franchezza e di
sincerità non guasterebbe.
In che mondo viviamo!
Ad Ostuni, in quella disgraziata Puglia, qualche
caso di colera, ire di parte, superstiziosa divozione
a statue di taumaturghi, una più miracolosa che non
un’altra, tumulti contro la benemerita Croce Rossa,
morti e feriti. Se non si sottrae il popolo al dominio
del prete, diventeremo — dopo che Spagna e Portogallo si sono liberati — l’unica favola del mondo. Il
Governo dovrebbe provvedere e sopprimere la causa
di tanta rovina morale. Si sono distrutti i briganti
Bisogna snidare e sbandare questi altri briganti della
vita morale, ben più terribili. Lo stato ha il diritto
e l’obbligo di sottrarre i cittadini incoscienti alle arti
di alcuni individui desiderosi di tenere il popolo nell’ignoranza, per meglio sfruttarlo. E’ una vergogna che,
mentre il Portogallo — fino a ieri cattolicissimo
si è svegliato, l’Italia, per colpa di inetti, continui a
covarsi in seno nemici dichiarati della vera religione
e del progresso.
L’apot«o5Ì tjel Dorrofueo
Gli Ugonotti, nel 1610, quando seppero della canonizzazione di Carlo Borromeo, ne risero, e Agrippa
d’Aubigné improvvisò una canzone satirica che il
Christianisme riproduce. Ne riportiamo soltanto quattro strofe ;
S’il faloit par la perfidie
Faire la guerre à l’Hérésie,
Dispenser d’un serment formé.
Et faire tomber dans le piège
Ceux qui n’adorent le Saint Siège,
On employoit S. Borromè.
Quand il faloit sans conscience
Allumer le feu de la France
Et l’entretenir allumò,
Mettre la Ligue à la campagne,
Perdre tout pour servir l’Espagne,
C’estoient coups de S. Borromé.
Pour changer la paix à la guerre,
Mettre au sang les Rois de la terre
Et les armer à point nommé,
Qui s^avoit toucher cette corde,
Comme S. Charles Borromé?
Voilà les oeuvres méritoires.
Des oeuvres surérogatoires :
Voilà pourquoy est réclamé
Des Saints parmi la compagnie
Et chanté dans la Litanie
Le bon Saint Charles Borromé.
UN NUOTO TETZEL
Sotto questo titolo, il Protestant di Parigi pubblica
—- togliendolo dal Protestant de Zurich — il testo
d’una circolare spedita dal direttore d’un orfanotrofio cattolico romano, con la quale si chiede l’obolo
per l’orfanotrofio stesso; ma sentite come... Proprio
alla Tetzel ! « Chi sa che molti dei nostri antichi benefattori, trovandosi adesso in purgatorio, non fossero disposti ad aiutarci ancora, se potessero ? Perciò
noi ci rivolgiamo a coloro a cui essi lasciarono in
eredità la propria sostanza, e chiediamo loro, in nome
dell’amore pei cari trapassati, una limosina, come
quelli ce la farebbero, a pro dei nostri poveri fanciulli abbandonati. Questa limosina servirebbe a coprire i peccati... Noi dedicheremo il 3 per cento di
tutti gl’introiti in sante messe a favore delle anime
caritatevoli : 2 messe per ogni 100 marchi, 20 per mille
marchi, 200 per 10000 marchi, e così via. Se un donatore ci inviasse un marco solo, noi serberemmo egualmente 3 Pfennig (centesimi di marco) che sarebbero
dedicati alle nostre care anime pietose... Che gioia
parile anime dei nostri diletti, se potessero ottenere
il beneficio di molte sante messe! »
Su l’orfanotrofio grava un debito, e lo si vorrebbe
coprire così, alla Tetzel !...
Abbasso il celibato forzato !
Nel recente congresso di Firenze, anche il tema del
celibato ecclesiastico è stato trattato. Tra gli oratori
notiamo il pastore valdese di Firenze stessa sig. Giovanni Rochat, che disse • il celibato una deviazione
dal principio di Cristo » (così almeno il Giornale
d’Italia) e l’Avolio, direttore delle Battaglie d'Oggi,
che lo disse « immorale ». « Quando il giovane clero
si trova nell’esercizio della confessione posto di fronte
a fatti della vita reale di un mondo sconosciuto e
allora, se ha la fibra di eroe, esercita il suo ministerio con alto sentimento ; altrimenti, nella maggioranza dei casi, il suo spirito si travia.
Il celibato non è soltanto una questione ecclesiastica, ma un problema sociale e fomite di corruzione. Dal punto di vista economico, il celibato allarga il parassitismo ecclesiastico e ne verrebbe
quindi la necessità di allargare le prebende.
L’oratore accennò quindi ai mezzi con cui si dovrebbe rimediare a questo inconveniente. Finché non
si ritorni alla spiritualizzazione della religione, i giovani preti dovrebbero chiedere la soppressione del
celibato ; i laici dovrebbero guadagnare la pubblica
opinione dimostrando che, se il celibato libero e onesto è una gloria delTumanità, il celibato obbligatorio è una vergogna; e concluse affermando che
spetta ai laici di agitare la pubblica opinione ».
La repubblica portoghese piudicata in Spagna
Gli evangelici scrittori della Revista Cristiana di
Madrid esprimono nell’ultimo numero il loro giudizio circa all’opera ecclesiastica della Repubblica portoghese, nei seguenti termini : « Col trascorrere^ del
tempo, col rassenerarsi degli animi e col chiarirsi de’
fatti in tutti i loro particolari, va formandosi 1’ opinione che la nascente Repubblica non sia stata verso
i Cattolici così intransigente, come nei giorni andati
si diceva. Risulta provato che il Governo voglia rispettar la religione e il culto cattolico, in tutto ciò
che hanno di rispettabile, nei diritti inviolabili delle
coscienza; ma intenda assalire con mano forte e vigorosa ogni intromissione del clericalismo nelle sfere
della vita sociale. Se così avverrà, come si deve sperare, il Portogallo meriterà l'approvazione incondizionata dell’opinione imparziale europea; la quale
vuole libertà e rispetto per tutte le credenze, come
pure cessazione di ogni teocrazia e di ogni clericalismo ».
Domanda di persone di senizio: una ciioca
evangelica per cucina di famiglia, ed una cameriera
capace di cucire. Stipendio a mesi o ad anno da convenirsi. Indirizzare offerte al Sig. Tron, Villa Violetta — Bordighera.
5
LA LUCE
ALFOHSO JCIIMRI^UIRIHALE?
Il Secolo, giorni sono, annunziava che al cardinale
Merry del Val fosse giunta « per via privata la notizia che Alfonso XIII avrebbe accettato definitivamente l’invito del Governo italiano a recarsi nel prossimo anno a Roma per visitarvi Vittorio Emanuele III ».
Apriti cielo, se ciò fosse vero !
CROCIilTa HlHHDIfflTHlCE NEOCRISTIAHa
Abbiamo ricevuto il « programma generale » della
* Crociata Rinnovatrice Neocristiana » che'ha si%sede
in Torino (Corso Orbassano 1), che ha a • direttore >
J. C. Johannes, e che-si propone di inalzare gli uomini verso il regno di Dio, verso il regno di tristo
e verso il regno di Roma. Questo ultimo regno significherebbe, secondo il c programma », < il più
alto, universale e benefico coordinamento in Terra
della società umana, in precedenza storica e preparazione deH’avvento effettivo del Regno di Cristo »,
Confessiamo ohe questo « regno di Roma • lo comprendiamo assai poco.
Il « programma » termina con quest’invito: « Uomini di buona volontà, col vostri mezzi e colle vostre opere aiutate la Crociata Rinnovatrice Neocristiana ».
Giuseppe Cesare Abba
In mennoriann
Abbiam ricevuto da Brescia in ritardo per il nùmero scorso ; ma pubblichiamo adesso con piacere. ’
Benché morto, parla ancora; udite quel che scrive
nel suo testamento : « Ho amato e creduto, creduto in
Dio, neH’iromortalità dell’anima mia ; devoto a Cristo
e della sua dottrina seguace umile e convinto. La
mancanza di pratiche esteriori non volle dire nè per
me, nè per mia moglie, nè pei nostri figli irreligiosità ».
Si è molto parlato di lui, della sua fede, del suo
ideale, ma in quei termini nebulosi e vaghi che queste
parole hanno in generale nel linguaggio comune anche
pei nostri migliori scrittori. Il segreto della vita forte,
pura, intemerata dell’Abba, la ragione della sua fierezza e della sua umiltà, li conoscevamo prima ancora che il suo testamento ce lo rivelasse : quantunque per un certo nobile pudore, spiegabile nella
situazione in cui quell’uomo si trovava nella vita politica, egli fosse gelosissimo dei suoi sentimenti più
intimi, si sentiva, avvicinandolo, parlandogli, l’uomo
che ha una fede religiosa, l’uomo che vive di quel che
crede, semplicemente, umilmente, austeramente. Egli,
evocatore di figure gloriose della Rivoluzione Italiana,
aveva saputo evocare la figura del Cristo dall’Evan
gelo e, se non l’ha presentata agli Italiani nei suol
scritti, l’ha mostrata vivente e operante in sè ai suo
allievi, ai suoi intimi. Abba in un altro ambiente sa
rebbe stato un maestro evangelista, perchè era un fog
giatore d’anime : nell’ambiente nostro scettico o super
stizioso è stato un soldato di Cristo, fedele alla con
segna. E noi italiani evangelici che non abbiamo po
puto o saputo averlo militante con noi (e del resto
egli ci avrebbe trovati forse troppo piccini e troppo
deboli) guardiamo alla sua fede infantile e virile ad un
tempo, umiliamoci dinanzi al nostro Maestro e prendiamo per noi l’avvertimento suo: « Va’ e fa’ tu il
simigliante ». Tom.
Si jcrive jai Valdesi
Nel Témoignage è comparso il primo d’una serie
d’articoli sui Valdesi, autore G. Courtois-Gerber. La
brevissima introduzione al lavoro storico che pare
abbia a riescir molto attraente merita d’essere riprodotta.
« La morte del venerando pastore Giorgio Appia
ha richiamato l’attenzione sul popolo valdese, del quale
popolo egli andava altero d’essere oriundo e in mezzo
al quale era lieto di tornare ogni anno a ritemprarsi ». Poiché si confonde ancora da taluno la Chiesa
Valdese del Piemonte con la Chiesa Valdese... del cantone di Vaud, in Svizzera, l’articolista crede bene di
« riporre in luce la storia di quel piccolo popolo
straordinario. Sarà bene e a tutti utile il far rivivere
sia pur rapidamente, la vita e le sofferenze d’una
Chiesa, che ha generato, non solo nel lontano passato, ma anche in questi tempi (e il venerando fratello ne è una prova) tanti eroi delta fede, da le convinzioni incrollabili, veri figli dell’Evangelo e, in
pari tempo, rappresentanti genuini dei profeti an
tichi ».
Distinta famigiia VaiiiesE riceve giovani in pensione. — Rivolgersi al Signor E. Giampiccoli — pastore. — Via Pio Quinto, 15. TORINO
I IV Congresso contro la Tratta delle bianche
I Si adunò a Madrid dal 24 al 28 ottobre e vi prei sero parte rappresentanti di tutto il mondo incivilito. Se non erriamo, vi intervennero anche gli egregi coniugi sig. Ing. Cav. Ferdinando e signora
Berta Turin di Roma.
La Revista Cristiana di Madrid esprime il suo
compiacimento per il Congresso, e scrive :
« Per la prima volta abbiam veduto tra le nostre
mura persone di aperto carattere cattolico-romano
collaborare insieme con eretici evangelici. Ed ecco
una prova della nuova aura che si respira in Ispagna. Basti per ora ricordare il discorso inaugurale
proferito da l’Altezza Reale l’infante Don Carlos nel
salone dell’Ateneo :
« Signori Congressisti ! La Maestà del Re mi ha
favorito con l’affidarmi l’ufficio molto gradito e
molto onorifico di inaugurare codesto Congresso internazionale, il quale viene a proseguire l’opera più
alta tra tutte quelle che l’azione sociale abbia fin
qua tentate in difesa della dignità umana. Uniti in
codesto nobile intento vi adunate voi, uomini diversi per religione e per opinioni politiche, nati in
ogni parte del mondo e rappresentanti di ogni popolo incivilito. In codesta impresa era ben necessario trovarsi d’accordo con la Maestà Cattolica e con
la Reale famiglia di Spagna, che dai tempi più remoti (?!) ebbe la fortuna di associarsi ad ogni sforzo (?!)
per la civiltà. Per ciò il Re ha voluto farsi qui rappresentare. In nome dunque della Maestà Sua vengo
a esprimervi la sua augusta simpatia e a dichiarar
aperte le sedute del IV Congresso internazionale per
la repressione della tratta delle bianche ».
castjlQJCAro
Emanuele Filiberto u.sava tenere presso di sè, anche
in tempo di pace, alcuni condottieri che s’impegnavano
a fornirgli, in caso di guerra, una colonnella o reggimento.
Tra questi trovavasi un toscano, Sebastiano Grazioli,
detto Castrocaro, dalla sua patria, castello della Romagna fiorentina.
Abile cortigiano, seppe ingraziarsi il duca ed il clero
col fingersi zelante cattolico, ed acquistarsi il favore
della buona duchessa col mostrare di interessarsi ai
Valdesi. Guerreggiò contro questi col conte della Trinità, ma fatto prigioniero a Pradeltorno, ottenne di
essere liberato col dirsi gentiluomo della duchessa.
Colle sue doppie arti, si fece dare, nel 1565, il governo delle Valli con re.sidenza nel vecchio castello restaurato della Torre (oggi Torre Pollice) ove non tardò
a smascherarsi coll’usare ogni specie di violenza, assassinii, incarceramenti, calunnie a danno dei Valdesi.
Impediva l’aifiuenza dei riformati della pianura ai templi
della Valle, espelleva dagli Stati i pastori Reymonde
Pentolo. Mostrando la sua riconoscenza come la vipera
della favola, incarcerò il pastore della Torre Gillio,
quello stesso a cui doveva di essere stato rilasciato a
Pradeltorno, e lo condusse a Torino dove però fu liberato mercè l’intervento dell’elettore palatino.
Col far credere a Corte che i Valdesi erano sempre
pronti a ribellarsi, ottenne di fabbricare, sopra Bobbio,
il forte di Mirabocco, il cui presidio fu causa d’infinite
noie ai Valligiani.
All’epoca della famigerata San Bartolomeo, favori
il progetto del governatore di Pinerolo di massacrare
i Valdesi sudditi di Francia ; ma la risolutezza di quelli
che erano sudditi piemontesi, a muoversi in armi per
soccorrerli, impedi quel sacro macello.
Convinto, assieme col figlio Andrea, d’infinite scelleratezze e scostumatezze, se ne stava nondimeno superbamente sicuro nel suo governo, dal quale nessuno
avrebbe pensato a rimuoverlo se avesse solo offeso i
Valdesi.
Ma cuoceva ai Luserna, signori della Valle, di vederla governata da un forestiere preponente laddove era
stata da secoli nelle loro mani. Ond’è che, morto Emanuele Filiberto, ottennero dal nuovo duca che richiamasse Castrocaro a Torino. Costui, assicuratasi la fedeltà del suo presidio, complice delle sue nefandezze,
osò rifiutare di sgombrare il forte. Allora Carlo Emanuele affidò segretamente ad Emanuele Filiberto di
Luserna l’incombenza di sloggiarlo. Il conte, intesosi
con alcuni soldati del forte, si presentò al ponte levatoio la mattina del 13 giugno 1582 mentre il governatore e suo figlio si riposavano ancora dei bagord
della nottata. Trovarono qualche resistenza nelle figlie d
Castrocaro, aiutate da ventiquattro grossi cani, avvez
zati fra gli Spagnuoli d’America alla caccia all’uomo
ma finalmente Sebastiano ed Andrea Grazioli poterono
essere catturati e condotti a Torino. Castrocaro, condan
nato al carcere a vita, fu rinchiuso nel castello di
Cuneo, dove ancora visse quindici anni.
Giovanni Jalla.
SORDA, MUTA, CIECA
A dipingere il ritratto di Elena Keller, bisognerebbe servirsi d’una tavolozza ben ricca di vivaci e
simpatici colori. Ella è una natura romantica; ma
non d’un romanticismo d’accatto : oh no ! d’un romanticismo così spontaneo, così sincero e sentito, che
attira e innamora. Da bimba — quando l’anima sua
• era rinchiusa tutta, come in carcere, in un corpo privo
di quei due organi tanto importanti onde l’anima
più volentieri comunica col mondo esteriore, e con
le altre anime ■— imbronciva per dei nonnulla, s’impuntava e scattava a ogni minima contrarietà, e chi
le era d’attorno allora non poteva non pronosticare
per lei una triste vita di tempeste. Son fallite tutte
quante le cupe previsioni. La vita di Elena Keller
in verità è stata ed è una delle più serene e gioconde che>siansi mai vissute su questa terra di dolore. Di certo, queirinfantile irritarsi non era che
10 scoppiar violento d’uua volontà d’acciaio non ancora disciplinata, non ancora educata. Ma, educata
che fu, quanti magnifici frutti non riesci a produrrei
La sorda, muta, cieca, a vent’anni sapeva il latino e
11 greco ; parlava o scriveva tre lingue moderne ;
componeva articoli per periodici e quell’attraeutissimo
libro La storia della mia vita che si legge come un
bel romanzo ; s’intendeva di letterature, di geografia, di storia, di matematica, di arte; e il suo nome,
ormai celebre, veniva proferito con ammirazione da
dotti e da poeti, coi quali ella carteggiava alla confidenziale, come si fa con amici intimi e cari.
Adesso, Elena Keller ha trent’anni giusti e negli
Stati Uniti, ov’ella nacque, il suo nome è più celebre che mai, in grazia di nuovi scritti e specialmente
del nuovo libro II mondo in cui vivo-, nel quale
l’Autrice prosegue a rivelare i misteri e gli ardimenti del suo spirito trionfatore.
Una volontà indomabile, e, insieme, un ottimismo
spesse volte fin esagerato, un’affettuosità tenera ecostante, un dolce, meraviglioso, prorompente senso
della natura, una forte sensitività morale: son questi i più rilevati distintivi di quel carattere tanto
maschio e pur tanto femminile.
Della sua disgrazia di rado parla. Con l’andar degli anni e con l’esperienza contratta, le si è affacciato il problema della sofferenza; ma si direbbe
che questo misterioso problema sussista per gli altri, ben poco per lei. Ho qui sott’oochio molte delle
sue lettere, da la prima scritta dieci giorni avanti
di compiere i sette anni, e che è più che altro un
breve esercizio di lingua a frasi staccate e sconnesse,
fino a quelle letterariamente bellissime ch’ella scriveva a vent’un anno, alla vigilia di licenziare alle
stampe la Storia della mia vita. Son lettere alla madre, alle alunne e al direttore dell’Istituto pei ciechi
di Boston, al poeta cieco e sordo, come lei, Morrison
Heady, ch’ella chiama • zio Morrie «, all’istitutrice
adorata miss Sulivan, ai poeti Whittier e Holmes,
al famoso predicatore evangelico Filippo Brooks, a
John H. Holmes editore del Boston Herald, a tant’altri. E in un gran numero di queste lettere è una
nota insistente : Elena è felice I E questa nota insistente di felicità si confonde quasi sempre con quella
dell’affetto per le persone a cui scrive e della natura che Elena sente ben più vivamente di noi che
abbiam occhi per vederla e orecchi per coglierne le
alte armonie. Nella lettera al poeta Oliver Wendell
Holmes, la quale è una delle più malinconiche, dice :
* Quand’ero piccina, e prima che sapessi leggere, io mi
credevo che tutti fossero felici ; sì che provai un grave
dispiacere quando m’avvidi che nel mondo son tante
pene e tanti dolori ; ma io so che non diverremmo mai
coraggiosi nè pazienti, se solo la gioia fosse nel mondo ». Ma in generale sono espressioni gaie di affezione veramente cordiale e allusioni alla natura piena
di sole e di profumi. « Ho pensato spesso spesso a
Lei da quella domenica tutta sole, quando venni a salutarlo ; e le scrivo una lettera, perchè l’amo ». « Il
mio cuore è riboccante di gioia in questa bella mattinata ». « Sono lietissima di scriverle in questo bel
giorno, perch’Ella mi è amico, e perchè io l’amo ».
« Godo assai scrivendole questa sera, perchè a lungo
ho pensato a Lei in questo giorno. Sono seduta sul
balcone e il mio piccioncino bianco, appollaiato su
la spalliera della mia seggiola, mi sta a guardare
mentre scrivo ».
(Continua). Parvus.
— Raccomandiamo ancora e vivamente ai nostri
gentili Collaboratori di scrivere calligraficamente le
parole esotiche, antiquate, et similia; per non obbh;
garci ogni volta ad un lavoro di interpretazione e di
erudizione, a cui non abbiam proprio il tempo d’attendere. ,
La Direzione
6
LA LUCE
GESÙ CRISTO E I GENI
Lo studio comparato delle religioni è oggidì assai
in voga. Si fanno accurate ricerche intorno alle varie
religioni storiche, e in specie intorno a quelle che
son da reputare come principali (Maomettismo, Confucianismo, Buddismo) e si istituiscono confronti tra
le une e le altre. Noi cristiani dobbiamo rallegrarci
di queste ricerche e dì questi studi, perchè innanzi
tutto la verità, e poi perchè, com’ io ne son profondamente persuaso, di nulla può scapitarne la fede nostra fondata su Gesù Cristo. La verità, innanzi tutto.
E infatti, se ci si dimostrasse con sufficiente evidenza
che il Buddismo, per mo’ d’esempio, valesse meglio
del Cristianesimo, oh perchè dovremmo noi incaponirci nel voler restar cristiani e nel ricusarci di divenir buddisti? Non credo tuttavia che cotale dimostrazione sia possibile; perciò lasciamo chesifaecian
ricerche e studi e confronti : in realtà non serviranno
ad altro se non a renderci vie più consapevoli delia
grandezza, della bellezza, dell’inestimabile preziosità
di questo tesoro, che noi abbiam la ventura di possedere.
Ci si fa notare una tal quale affinità ch’è tra Gesù
Cristo e altri geni religiosi, per ciò specialmente che
concerne la morale. Splendida — si dice — splendida
la morale di Gesù Cristo; ma altrettanto splendida
quella di Gautamo Buddo, che pur la insegnò parecchi secoli avanti Gesù Cristo.
A rispondere all’obiezione poche parole basteranno.
E’ certo che Gesù Cristo professò principi moraii
già professati prima di Lui. In Gesù Cristo è un po’
di Socrate, un po’ di Buddaecosì via. Gli increduli,
nel verificar questo, mandano un grido di giubilo,
che vorrebb’essere un grido di vittoria. I credenti si
sentono invece turbati nello spirito, e pensano: Ma
se il nostro Maestro ha ripetuto quel che degli altri
avean detto prima di Lui, a che prò seguir Lui per
l’appunto, e non quegli altri ?
Secondo il mio avviso, è del tutto ingiustificabile
la sodisfazione degli increduli ed è altrettanto ingiustificabile l'abbattimento dei credenti. Gesù Cristo
doveva essere un ripetitore ; doveva esserlo per forza,
se pure, avanti ch’Egli si presentasse al mondo, nessuno avesse mai detto alcunché di vero, di giusto, di
moraimente accettahile.Ora, ciò è inammissibile. Avanti
l’èra volgare neppur l’ombra d’un’idea del bene non
si sarebbe mai mostrata alle menti, alle coscienze umane? Tutto era male? Ma allora, come va che all’apparire di Gesù Cristo delle anime gioirono della
sua luce ? Gli uomini non avrebbero avutc^.nemmeno
la più vaga nozione di bene, e in conseguenza non
avrebbero provato ia benché minima aspirazione verso
il bene, e tuttavia, al mostrarsi di Colui che predicò
il bene, certi uomini gli si sarebbero schierati giuiivamente d’intorno?!... Su gli assurdi non occorre insistere, e quindi passo oltre senz’ altro. La verità è
tutt’il contrario. Non ostante il peccato, la creatura
umana intravvedeva il bene e sentiva, in ogni modo,
r eccitamento più o meno acuto della legge del dovere, della legge divina « scritta nei cuori ».Ciògitta
luce vivissima su la quistione di cui si tratta e spiega
ogni cosa. Spiega il fritto che prima di Gesù Cristo
siansi dati moralisti, tra cui taluni veramente esimii.
Spiega il fatto che Gesù Cristo abbia insegnato ciò
che da altri prima di Lui era stato insegnato: poteva Egli disconoscere il bene, se era bene ? Spiega
inoltre le relazioni intercedenti tra i geni del paganesimo a cui s’è accennato e Gesù Cristo. Egli non
era solamente 1’ • Aspettato d’Israele », era ancora il
« Desiderato delle Genti ». La sua opera era per tutti
gli uomini. Una preparazione abbisognava dunque,
non solo presso « Israele », ma anche presso le « Genti ».
Presso Israele, ecco i Profeti, e la preparazione, oh
quanto riesce precisa e accurata 1 Presso alle Genti,
non è mancata la stella a illuminar la via che conduce a Betlemme : ed ecco i savi, i filosofi, i fondatori di religioni; le quali sono semplicemente preparatorie, e però temporanee, certo. Il Sole di Giustizia
spunterà ed ecclisserà ogni altro raggio,eia sua luce
splenderà dì secolo in secolo per sempre.
Si può col cuor tranquillo considerar Socrate, Platone, Budda, Confucio come precursori. Se non che
tra il precursore e il Re di Gloria la distanza è enorme ! Ve lo farò toccar con mano, se piace a Dio,
quest’altra volta. ,
DiscipuluB.
VALLI VALDESI
FERRERÒ. — Carissimo fratello. Le annunzio che
sono stato debitamente insediato a Ferrerò Domenica
scorsa dal fratello Alberto Prochet di Torino. Avemmo
una giornata molto piacevole. Tutto contribnì per
renderla tale: il tempo, il predicatore d’ufficio, l’udienza simpatica, la musica ecc. Speriamo dunque che
tutto andrà bene e che saremo felici a Ferrerò come
lo fummo in America.
Ferrerò, 11 Nov. 1910. Enrico Garron.
Questa letterina ci giunse troppo tardi pel numero
scorso. N. d. D.
J)a le oniict^province
Domenica, 8 volgente mese, alle 18, ebbe luogo l’inaugurazione della nuova Chiesa di Sampierdarena.
Il signor Ugo Janni, quale rappresentante del Comitato di Evangelizzazione, depose la Bibl^ia sul pulpito e recitò la preghiera di consacrazione. Il signor
E. Giampiceoii pronunziò il discorso inaugurale ;
parlò della ragion d’ essere della Chiesa Evangelica
e dimostrò come la Chiesa di Roma venga meno alla
sua missione colla sua attitudine di fronte alla ragione, alla cultura e alla religione.
Il signor Ugo Janni rivolse in seguito un appello
agli evangelici, ai cattolici e agli indifferenti, esortandoli con San Paolo a provare ogni cosa e a ritenere il bene.
Il pastoie della Chiesa signor F. Balmas è felice
di poter esplicare la sua attività in un bel locale, ringrazia sentitamente il Comitato per la sua erezione
ed esorta i membri della Chiesa a coadiuvarlo nel
suo compito con le loro preghiere e con la loro simpatia.
Le Chiese sorelle di Sampierdarena e di Genova
erano ben rappresentate alla cerimonia.
Il lunedì sera a Sampierdarena, il martedì a Genova, il signor Ugo Janni, che era in sulle mosse per
visitare la sua Provincia Ecclesiastica, ^ede due conferenze dinanzi a buoni uditori. " F. Rostan.
Alla memoria di ELISABETTA JAHIER di Pramollo
morta a Chàtlllon il 31 ottobre dedico queste righe.
Com’è bella la vecchiezza, che spande intorno a sè
i tesori d’una lunga esperienza !.. Ciò si può applicare
alla vecchia ottantenne Elisabetta Jahier vedova del
sindaco di Pramollo, la quale con la figlia, vedova
Rivoir, era venuta a Chàtillon nella valle d’Aosta ad
abitare con la nipote signora Fontanaroux.
In questo santuario io trascorsi ore felici nella
preghiera, perchè Elisabetta Jahier era una Valdese
del vecchio stampo ed era animata da profondi bisogni
religiosi. Ella amava la Parola di Dio, e la leggeva
e rileggeva tanto che il suo Nuovo Testamento era
tutto usato.
Al funerali, che ebbero luogo il 2 novembre, presero parte una cinquantina di Evangelici venuti da
Ivrea, da Carema, da Champ de Praz, da Saint Vincent, da Aosta ed anche da Pinerolo. Al Campo Santo
presero la parola i Signori pastori Rivoir, Maurin e
1 Evangelista Bert. Molti Cattolici ascoltarono attentamente le esortazioni che furono rivolte loro e non
vi fu il minimo incidente, benché quel giorno fosse
il giorno dei morti.
Siamo lieti di poter rilevare nella valle d’Aosta un
gran progresso nella libertà del pensiero, e desideriamo che la Signora Rivoir sappia che la sua fedele
testimonianza, quale maestra a Champ de Praz e a
Carema, è stata feconda. La famiglia spirituale si unisce a Lei in questa mesta circostanza, per tributarle
tutta la sua simpatia.
Ripetiamo qui la strofa del cantico che tanto consolò l’inferma Jahier nei suoi momenti di prova:
Resta con me Signore, il dì declina.
Fuga l’angoscia che m’opprime il cor !
Resta con me, la notte s’avvicina,
Resta con me, pietoso Redentor.
L’ultima sua consolazione è stato questo passo del
Vangelo di S. Giovanni: « Il vostro cuore non sia turbato; voi credete in Dio, credete ancora in me».
Il Signore faccia germogliare il seme,sparso il giorno
del funerale alla sua gloria ed ali’avanzamento del
suo Regno. G. Bcrt, Evangelista.
Casale Monferrato. - - Oggi, all’aduuauza delle 3
pom., il nostro locale di evaugclizzazioue in Via Cavour accolse una trentina di fratelli e s.jieìle, con alcuni amici per una modesta cerimou’a la quale, speriamo, segnerà un passo in avanti nell’opera assegnata
da Cristo ai suoi discepoli, e lasceià una impressione
benedetta in tatti quelli che vi assistettero.—Si trattava di pre.sentare alla Congregazione di Casale il pa- '
store Attilio Arias, che il Comitato di evangelizzazione mandò da Caltanisetta nella nostra città per
adempiervi le funzioni del santo ministerio. Il signor
D. Peyrot, che per ben quatti ’anni visitò da Torino la
nostra stazione prese corniate da coloro che egli-imparò
ad amare, colle parole dell’Apostolo (Fatti 20[32): « Vi
raccomando a Dio, e alla parola della grazia di lui, il
quale è potente da cimtinuar d’edifìcarvi, e da darvi
l’eredità con tutti i santificati ». ì
Il signor Arias prese per testo del suo discorso la
domanda dei Greci a Filippo : « Noi vorremmo veder
Gesù ». (Giov. iP(21). — Davvero non vi può essere
una più bella parola d ordine nè un più bel programma per un fedel ministro di Cristo, che non brama
altro se non di condurre i suoi uditori a Colui che solò
è « la via, la verità e la vita ». — Piaccia al Signore
di benedire riccamente il ministerio del nostro collega
nel suo nuovo campo di lavoro. D. P.
Casale, 13 Nov. 1910.
V Nella città, dei fiori
Oggi (17 novembre) nell’ » Aula magna del palazzi
Salviatì • ha luogo, da le 10 alle 19, l’annua fiera di
beneficenza a pro delle opere (educatorio popolare,
classi di lingue estere, riunioni di cucito per io madri del popolo) promosse da quella chiesa.
Carteggio abruzzese
Carunchio. — Dalla partenza del Sig. Peyronel non
possibile avere, per vari motivi, delle
buone adunanze. Ora abbiamo il privilegio di udire
la voce non meno gradita del Sig. Arnaldo Comba,
candidato in teologia; il quale, malgrado il suo grande lavoro — poiché egli deve visitare una domenica
ogni quindici giorni le Congregazioni di Gissi e Casalanguida è riuscito a scuotere questa triste apatia e ad attirare nuovi uditori alle adunanze. Per
questo egli si propone di dare delle conferenze atte
a destare l’attenzione pubblica. La sera di Domenica
6 corr., davanti ad un discreto uditorio, parlò sul
tema annunziato con manifesto : « La questione religiosa ». A dimostrare che l’ottima conferenza ebbe
buon successo, basti il dire che fu ascoltata con
molta attenzione dal principio sino alla fine. Che il
Signore benedica abbondantemente il lavoro del signor Comba !
Gennaro Cantone.
eronachetta Romana
Domenica scorsa, alle 5 e mezzo, nel nostro tempio
j di Via Nazionale 106, tenne il sig. Ugo Janni pastore
di Sanremo e capodistretto dell’Italia meridionale,
I r annunziata conferenza, trattando questo tema : « Il
' principio cristiano e il pensiero moderno ». La dotta
; conferenza fu seguita con intensa attenzione da l’asi sai numeroso uditorio e salutata poi da applausi. L’o; ratorefu vivamente complimentato. — Questa sera (17
novembre) alle 6.30, il sig. Janni darà una seconda
conferenza, svolgendo il seguente argomento: « VaI lutazione della Riforma Evangelica ».
! — Si annunzia per domenica prossima alle 5 e mezzo
; (Via Nazionale 106) una conferenza del pastore locale
sig. Ernesto Comba sull’argomento: « La religione
è una e non la si può cambiare ». I nostri lettori residenti in Roma sono caldamente invitati a intervenire.
— Lo stesso Pastore ha or ora pubblicato una seconda_ edizione (di 25000 copie) del suo bell’ opuscoletto intitolato « Chi sono i Valdesi ? ».
j Corriere ¿*/cz//o
PALERMO. — Il giorno 10 corrente nella Chiesa
Metodista Wesleyana in Palermo veniva benedetto un
matrimonio che potremmo chiamare interdenominazionale. Infatti lo sposo era il neo-Pastore Rattista
Aristarco Fasulo; la sposa, la gentile e colta Sig.na
Adelaide "Wigley, figlia del Pastore Wesleyano; a presiedere alla funzione era stato invitato il sottoscritto.
Pastore Valdese a Catania. La cerimonia fu celebrata
con la Liturgia Valdese. E poi si va blaterando dai
nostri nemici che gli Evangelici non sono spiritualmente uniti 1 !
Essendo la chiesa ancora in costruzione, il matrimonio fu celebrato nella sala o cappella attigua, che
era piena zeppa di gente : parecchi stranieri della
colonia e parecchie persone colte. Fra gli altri, no
taramo il Sig. L. Rostagno, Pastore Valdese e CapoDistretto per la Sicilia; il Signor R. Wigley, Pastore
Wesleyano ; il sig. avv. S. Fasulo, Direttore delia battagliera Propaganda di Napoli; il sig. avv. T. Giordano, Direttore della battagliera Verità di Palermo
(questi due ultimi, testimoni alMunicipio per gli sposi).
Piante e fiori adornavano semplicemente, ma elegantemente la cappella : un’orchestra di violini, d’arpa
e d’armonio concorse bellamente con un preludio ed
un intermezzo; il Pastore sottoscritto fece una breve
allocuzione agli sposi : il tutto riuscì a edificazione
dell’uditorio e specialmente degli sposi; ai quali anche dalle colonne di questo periodico auguriamo ogni
felicità e benedizione nel loro campo di lavoro. Carpi
di Modena, per cui partirono la sera stessa.
G. Fasulo.
D^^inten
L’ultima parola del verso — ch’è del Ronsard —
comparso alla fine delie Lettere Eùearde, nello scorso
numero, doveva essere antan : sostantivo antiquato
derivante dal latino ante annum e che vale : » prima
di quest’anno », e però : « anno precedente, trascorso»;
come nella frase: « je m’en soucie comme des neiges
d’antan ». — Il nostro egregio Corrispondente ci fa
notare che nel verso ronsardiano da lui citato « d’antan » significa : « dei tempi lieti passati ». Così, la
versione precisa di tutto il verso potrebbe essere
questa :
€ Ma dove son le rose de’ .lieti tempi andati ? »
agli amici d'araBPica:
loro abbonamento (un dollaro) al prof. A Clot, 86 Romeyn St. Rochester N. Y. — Preghiamo tutti quei nostri fedeli Lettori e Amici di procurarci ciascuno un
nuovo abbonato per l’anno 1911.
Domenico Giocoli, gerente responsabile
Tipografia deH’Istituto Gould, Via Marghera 2, Romi.
7
LA LUCE
/ÏUPÎ Sacra Tames
(La, tormentosa fame dell’oroj.
XVIII.
La morte di una coscienza.
L ex-marchese Alberto De Paoli si guadagnava onestamente la vita a New York facendo l’usuraio. La
Banca De Paoli-Sonnenheim, o meglio SonnenheimDe Paoli, era la Banca più rispettata, più frequentata e meglio quotata nell’antico Bowery e dove più
onestamente si tosavano gli avventori.
La Banca c Al Piccolo Credito Italiano > faceva
ogni sorta di operazioni bancarie e di borsa. Le
prime erano lasciate quasi esclusivamente al De
Paoli; le seconde le pigliava per sè il Sonnenheim,
il quale passava ogni giorno un’ora alla Banca, per
aiutare il De Paoli, diceva lui, per tenerlo d’occhio
in realtà e vedere come se la cavava nel disimpegno
del suo ufficio.
Il giovane Alberto, in pochi mesi, e sotto un maestro quale era il Sonnenheim era divenuto un banchiere esperto e la Banca prosperava, gli abitanti italiani del Bowery ricorrevano a lei per imprestiti,
per collocarvi i propri risparmi, per mandare in
Italia del denaro e per consiglio in cento altre cose.
« Al Piccolo Bisparmio Italiano » si imprestava denaro al 15 per cento quando il mutuante dava una
garanzia qualunque ; si esigeva il 30 per cento
quando il mutuante non era conosciuto, ovvero
la garanzia era creduta insufficiente. Si accettava per
garanzia qualunque cosa: dalla firma di un commerciante, noto come possidente, alla catena ed orologio
d’oro o altro oggetto di valore.
La Banca Sonnenheim-De Paoli era diventata una
specie di Agenzia di pegni, sviluppatasi liberamente
agli Stati Uniti, dove le leggi lasciavano alle Banche
in quel tempo la più grande libertà.
Un’altra fonte di lucro per la Banca era il denaro
che vi collocavano i lavoratori italiani. Questi percepivano il tre e mezzo o al più il quattro per cento ;
laddove il Sonnenheim rinvestiva presso i suoi amici
capitalisti in imprese che gli fruttavano il 10, il 12
fino il 15 per cento. E non basta. . AI Piccolo Credito Italiano » si vendevano i biglietti di carta mo
netata italiana : e si vendevano a caro prezzo. Il Siciliano, il Calabrese, l’Abruzzese, che, lavorando come
una bestia da mane a sera metteva insieme qualche
diecina di dollari, non sapeva come mandarli alla
sua famiglia, laggiù nella lontana Italia, al suo paesello sperduto al di là dell’Oceano. Nel cervello primitivo di quegli Italiani ignoranti l’idea di mandadare il proprio denaro alla famiglia per mezzo di un
chèque bancario o di vaglia postale non entrava nè
punto, nè poco. Essi volevano scrivere o far scrivere
le lettere ai propri cari. Così volevano chiudere colle
proprie mani un bel biglietto da cento lire nella
lettera alla mamma, alla moglie ai figliuoli. Per loro
il denaro che solo valeva in Italia era quello dove
dalla carta non sempre pulita sorrideva la faccia bonaria del Re Galantuomo o quella astuta e solenne
del Cavour. La Banca del De Paoli-Sonuenheim vendeva loro dei biglietti autentici di moneta italiana,
ma a caro prezzo : per un biglietto da 100 lire esigeva
tre o quattro lire : metà per un biglietto da cinquanta : dieci lire per un biglietto da cinquecento
lire. A chi si lamentava, veniva risposto che i biglietti di carta monetata italiana erano assai cari. Bisognava farli venire dall’ Italia. La posta costava
assai : l’assicurazione ancora di più ; poi c’era il rischio, poi la perdita per l’aggio sull’oro, poi un’altra
perdita per tenere quel denaro immobilizzato: poi
un’altra fila di ragioni, le quali recate davanti a quei
minchioni, calati a New York dai monti degli Abruzzi
o dalle gentili costiere della Sicilia, da un buon parlatore qual era Alberto De Paoli con frasi tecniche
inintelligibili a chi non era del mestiere, dava a vedere lucciole per lanterne e faceva profondere quei
meschini in umili ringraziamenti alla generosità della
Banca De Paoli-Sonnenheim.
Tutte groase bugie, ben si capisce, quelle della Banca,
perchè quei biglietti di carta monetata italiana da
cento e cinquecento lire non erano comprati in Italia
dalla Banca stessa, ma comprati a New York contro
dollari americani, con un forte guadagno e non con
perdita, per tutte quelle ragioni misteriose di commercio che sono note solamente ai banchieri e a chi
commercia in denaro.
Prosperando la Banca « Al Piccolo Credito Italiano »
il Sonnenheim crebbe la paga all’ex-marchese Alberto.
Questi cominciò anche a fare delle operazioni bancarie per proprio conto e i dollari aumentarono nel
suo portafogli.
Il De Paoli montava la faticosa scala della ricchezza,
un’ po’ stentatamente, è vero, ma cominciava a salire. Sul vertice di quella scala vi erano gli onori,
gli agi, i piaceri, l’indipendenza, l’ozio. E non era la
ricchezza a lui dovuta? Non era egli nato nobile?
Non aveva diritto a sfruttare gli altri suoi simili ?
E che cosa è il volgo, la genterella minuta, i contadini, gli operai, la gran folla, insomma, se non una
mandra inconscia di bestie da sfruttare, da tosare,
da condurre al macello per la convenienza sociale, il
piacere fisico o la gloria di pochi cervelli illustri e
conscienti i quali partecipano in maggior copia del
potere sovrumano delle divinità olimpiche? Gli uomini ai dividono in due classi supreme: o bestie più
o meno cornute o dèi terreni. Questi hanno tutto il
diritto di primeggiare sulle prime e di sfruttarle.
Se quelle si ribellano, allora convien ridurle al dovere e salvare la società dai rivoluzionari, dalla canaglia, dai facinorosi, dai violenti. Se le bestie più
o meno cornute arrivano a dare una qualsivoglia
forma di govèrno e a deporre in qualche modo le
corna, allora si fa loro tanto di cappello, si danno
loro i titoli più pomposi del vocabolario nazionale,
si ubbriacano di lodi a buon mercato, si riducono col
vino e coll’amore a dimenticarsi della loro for.za, e poi,
trattele di nuovo in schiavitù si sfruttano più e meglio
di prima.
Queste erano le idee che il Sonnenheim stillava
tutti i giorni a poco a pòco entro le orecchie di Alberto De Paoli. La coscienza del giovane ripugnava
forte sul principio a queste teorie : ma una bella camera all’albergo, un vestito nuovo all’ultima moda,
un buon desinare, il teatro, i divertimenti e altre soddisfazioni anche più costose convinsero presto il giovane Alberto della assennatezza del Sonnenheim. Il
giudeo contabile della « North Pennsylvania Bank »
era un sapiente e lui, lui, Alberto De Paoli, fino a
quel giorno era stato semplicemente un minchione.
A questo mondo, di reale, di sodo, di sostanziale, di
tangibile, di importante vi era una cosa sola : il denaro. Tutto il resto era una vanità ed nna sciocchezza.
La coscienza del giovane Alberto moriva, e l’anima
di lui invischiata nel fango della terra stentava a sollevarsi verso le cime luminose dell’ideale umano e
divino.
« Quid non mortalia pectora cogsi, auri sacra famés ? ». Maledetta fame dell’oro ! A quali eccessi tu
spingi i miseri mortali !
Prof. Giorgio Bartoli.
(Continua). (15)
Sotto Vineußo!
Proprietà riservata — Biprodazione proibita
Finalmente il felice prelato esalò un sospiro così
sodisfatto, così largo, che il petto gli si gonfiò, e gli si
gonfiarono le guance, e gli fremettero le narici come
fossero quelle d’una belva che fiuta la preda.
— Ma per tornare a Luisa — disse quindi sempre
di buon umore e parlando fra sè e sè — non bisogna far troppo caso delle sue smanie... In fondo
ha un buon carattere... Dite ad una madre qualunque, ad una madre del popolo o anche della borghesia che suo figlio è un falsario e la vedrete gemere
e forse morir di dolore. Luisa, no. Ah... Luisa ha sangue
nelle vene e sa reagire contro certi sentimentalismi
insulsi... La vita è così, e bisogna saperla vivere... Alla
fine poi, se da un male si può trarne un gran bene...
tanto meglio... Se Camillo non avesse fatto le belle
prodezze che ha fatto, io non avrei mai avuto il coltello per il manico e la mia cocciuta sorellina non si
sarebbe mai piegata ai miei voleri. Meglio dunque
così... meglio così... Purché nel mondo non se ne sappia mai nulla ; purché la cosa non arrivi all’orecchio
nè di Tizio nè di Caio, nè di Sempronio... purché il
nostro bel nome continui a splendere senza macchia
agli occhi del pubblico... e per questo Luisa può star
tranquilla... può fidare sulla mia parola... La mia
buona Luisa 1 Si consolerà facilmente... La conosco
tanto bene 1... Scommetterei che già in questo momento il suo pensiero è più occupato della badessa
di Santa Maria o del prossimo ritorno del padre Regaldi, che delle cambiali false di suo figlio... Eh, la
conosco... il dolore quello vero, quello profondo, di
cui parlano i poeti e i romanzieri, non ha presa sulla
sua anima tutta superficiale; il dolore la sfiora soltanto, come una palla d’avorio sfiora il tappeto liscio
del biliardo, senza lasciarvi traccia. Bel temperamento !
Temperamento felice ! E Luisa ha ragione... la vita
non è un melodramma. La vita è una cosa pratica.
Farsi dei crucci, perdere la salute, per che cosa ? Tanto
Camillo è quello che è ; è un discolo e lo sarà fin che
campi... Nè pianti, nè suppliche, nè scongiuri riuscirebbero a convertirlo... sarebbe assurdo il crederlo...
alla sua età... ma che !... sarebbe come credere che
il diavolo si volesse far frate per davvero... Luisa
saprà prendere anche questo nuovo colpo con santa
filosofia... Del restò la religione c’è per qualche cosa...
mentre assisterà alla messa, ai vespri, alle benedizioni,
mentre racconterà i suoi guai al suo prediletto frate
confessore, le malinconie le usciranno dalla testa...
Poi ci sono lo attrattive del lusso, del piacere, dei
pettegolezzi mondani... degl’intrighetti di sagrestia e
di curia di cui c’è sempre tanta abbondanza ; ci sono
mille e mille diversivi per una gran dama come lei...
eh... dimenticherà anche questa come ne ha già dimenticate tante... eh ! eh ! eh ! tante che la concernevano ben più direttamente... maracchelle sue, proprio
sue e non piccole... Eh ! eh ! eh !
Il Cardinale, il cui umore s’andava sempre più esilarando, s’immerse nella divertente rievocazione di
quelle tante maracchelle dimenticate dalla Marchesa, le
quali erano invece presenti e vive nella fervida fan' tasia di lui, e continuò a sorridere bonariamente, dime’
nandosi sulla poltrona soffice, guardandosi le unghie
rosee e profumate, accarezzandosi il mento e le
guance paffute e annusando di tanto in tanto una
presa del suo tabacco favorito.
Stava appunto ricostruendo una gustosissima, benché alquanto scandalosa scenetta d’altri tempi, in cui
la Marchesa, allora giovane e bella, aveva rappresentato una delle parti principali... quando un cameriere
entrò ad avvertirlo che Don Camillo di Campovenatico era in sala e chiedeva di parlare con Sua Eminenza.
Il Cardinale si scosse, e quasi a malincuore, staccò
il pensiero dalle piacevoli visioni del passato, per ricondurlo alle più serie cure del momento presente.
Si levò in piedi e, dopo aver dato l’ordine che il Marchese venisse introdotto alla sua presenza, compose
il volto all’abituale espressione d’imponente gravità.
Don Camillo entrò umile umile, a testa china e fece
l’atto di voler baciare la mano alio zio ; ma questi si
ritrasse indietro di tre passi e lo squadrò per alcuni
secondi in silenzio con la fronte aggrottata.
— Ho poco tempo a vostra disposizione. Don Camillo, — disse in tono glaciale. — Vi dispenso da qualunque cerimonia. Rispondete breve e chiaro alle mie
domande : Siete stato a Pietraviva ?
— Arrivo ora di là.
— La mia commissione P
— E’ stata eseguita. Signor Cardinale.
— Avete il documento?
— Ecctìo.
Il prelato esaminò con attenzione il foglio, che gli
aveva pòrto il nipote, poi lo chiuse a chiave in un
cassetto segreto della scrivania. Riprese quindi l’interrogatorio.
— Avete avuto difficoltà per ottenerlo ?
— Molta. 11 prete non voleva saperne : si ostinava
nel dire...
— Imagino, imagino ; sciocchezze, sentimentalismi
da melodramma...
— Precisamente : ma ho ottenuto ciò che desiderava
Vostra Eminenza... ho sudato però.
— Dovrete sudare ancora, signor mio; non si va
all’assalto d’una fortezza senza esser disposti a lottare. E le informazioni di cui avevo bisogno?
— Tutte buone.
— Il prete aveva ricevuto i miei ordini ?
— Li aveva ricevuti. Eminenza.
— Ed eseguiti anche?
— Letteralmente. Non ha smentito il miracolo ; non
ha fiatato.
— Cosicché a Pietraviva ?...
— Tutti credono nell’intervento miracoloso della
Vergine. La conversione dell’eretioa ormai non vien
messa più in dubbio.
— Sta bene ! Sta bene ! — fece il Cardinale, raddolcendo un poco la voce. — Ora dunque, signor nipote,
la via vi sta aperta dinanzi e direi quasi senza ostacoli. Il caso, la fortuna, il potere di vostro zio, tutto
vi ha favorito fin qui. Tocca a voi ora di condurre
a buon termine l’impresa.
Il Marchese s’inchinò in segno di completa adesione.
— I mezzi non vi mancano — proseguì il prelato —
e intendo parlare dei meriti vostri personali, che non
sono nè pochi, nè privi di seduzione, se si deve credere alla fama che circonda il vostro nome, in Roma
e fuori di Roma...
Il sarcasmo era evidente, ma il bel Marchese non
credette di doverne tener conto e s’inchinò di nuovo
con un modesto sorriso di sodisfazione.
— Dei; resto voi sapete, signor nipote, che bisogna
riuscire a qualunque costo. E’ questa la condizione
sine quà non... Voi m’intendete, non è vero?
Lo roàee labbra del Marchese impallidirono e tremarono,¿lievemente.
(Continua).
(48).
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