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CONFIDARE SOLO
NEL SIGNORE
«Confidati nell’Eterno con tutto il tuo
cuore, e non t’appoggiare sul tuo discernimento. Riconoscilo in tutte le tue
vie, ed egli appianerà i tuoi sentieri»
Proverbi 3, 5-6
La Scrittura ci esorta a confidare
soltanto nel Signore, eppure nell'incerta coscienza di molte persone è
forte la ricerca di sicurezze che si ritengono più facilmente raggiungibili,
anche a costo di ajfidarsi al primo imbonitore che promette felicità e benessere: astrologi, maghi, cartomanti,
taumaturghi e operatori delle «nuove
frontiere del sacro», che in realtà di
nuovo hanno poco. Di fivnte alla fatica di vivere e alle molteplici difficoltà
dell’esistenza cerchiamo affannosamente soluzioni costruite su misura
per noi, tutto è lecito, purché ci liberi
daU’angoscia del futuro e dal peso del
presente. Il successo di padre Pio e delle sue prestazioni soprannaturali è
alimentato anche da un'insana fiducia nelle creature divinizzate. C’è forte
richiesta, di sacro e di miracoli, perché
forte è l’angoscia che pervade le creature in questo tempo di crisi degli assoluti e delle ideologie. Seguendo le
leggi del mercato, le chiese sono tentate di offrire il sacro richiesto dagli
utenti». Le chiese evangeliche «storiale» resistono a questa tentazione, ma
^emerge un po' di invidia per i successi
del proselitismo dei vari gruppi, chiese
e movimenti religiosi. Tuttavia do^ vrernmo considerare con coraggio e
generosità le opportunità di testimonianza evangelica a questo mondo affamato di verità e senso della vita, che
finisce col nutrirsi del cibo avariato
della superstizione.
Queste parole dei libro dei Proverbi sono semplici e forti, e contengono una promessa che appare incredibile: affidarsi al Signore che ci permette di trovare la via giusta, donandoci la capacità di considerare i problemi della vita nella loro reale dimensione e liberandoci dalTangoscia.
Ajfidarsi al Signore con tutto il cuore,
questo è il messaggio forte, chiaro e liberante che giunge a noi dalla Sapienza di Israele. Chi confida nel Signore è
liberato da ogni soggezione e sudditanza ai principi del mondo. Il credente è nel mondo una creatura adulta e
libera, che non ha padroni che lo possano intimorire. «Con tutto il tuo cuore» è l’espressione emblematica che
rappresenta il modo corretto di essere
in relazione di fiducia con il Signore.
Ciò significa che non poniamo condizioni a Dio, mà siamo totalmente nelle
sue mani, fiduciosi nel suo progetto di
salvezza nei nostri confronti.
SIAMO ora invitati a non trasformare le convinzioni personali in un
surrogato della divinità: ciò significa
che non possiamo fondare la nostra fiducia sulle nostre capacità; ogni principio umano è infatti segnato da drammatica e fatale fragilità; anche l’esistenza più solida è come l’erba e la sua
consistenza è come il fiore del campo
(Isaia 40, 6), tuttavia questa paurosa
precarietà ritrova un senso stabile in
Dio, realtà oltre noi che verso noi scende amorevole. Sovente accade di essere
disorientati e di non riuscire a comprendere quale sia la scelta migliore;
ebbene in questa come in altre situazioni della vita, la Bibbia ci esorta a ricordare le promesse del Signore e a restare
in relazione di preghiera con lui: egli ci
indicherà la via giusta. Non vi è nulla
di magico in tutto in tutto ciò, si tratta
di affidarsi all’opera dello Spirito Santo
che agisce nelle piccole e nelle grandi
vicende dell’esistenza, ponendosi quale
nostro testimone interiore per la fede e
il discernimento nelle scelte della vita.
Antonio Adamo
SIITTIMANALK DKIJ K C IIII SK I.VANCKLICHK BATTISTI:, METODISTE, VALDESI
Il 2 luglio è stato raggiunto un difficile accordo per le sei contee a prevalenza protestante
Irlanda del Nord^ la pace a piccoli passi
Se sarà effettivo il disarmo dei gruppi paramilitari di entrambe le parti, che dovrà concludersi
entro il maggio del 2000, sarà rimosso il principale ostacolo del processo di normalizzazione
PAOLO NASO
TVT p surrebder», nessuna resa.
AA È questa la risposta lapidaria
delle componenti più radicali dell’unionismo orangista all’accordo
raggiunto il 2 luglio per porre fine al
conflitto che si combatte nelle sei
contee dell’Irlanda del Nord. Chi
vincerà? Gli estremisti del «no surrender» o quell’ampia maggioranza
di cittadini unionisti e repubblicani,
protestanti e cattolici che solo un
anno fa ha approvato gli accordi del
Venerdì Santo del 1998? Quel documento stabiliva l’architettura istituzionale delle sei contee a prevalenza protestante; quelli del 2 luglio
1999 dovrebbero avere rimosso il
principale ostacolo all’awio di un
processo di normalizzazione: il disarmo dei gruppi paramilitari.
Come potrebbe essere, allora, il
futuro deU’Irlanda del Nord, se la
pace dovesse davvero scoppiare?
Innanzitutto ci sarebbe un governo
autonomo espressione di un Consiglio eletto dai cittadini delle sei contee; allo .stesso tavolo, insomma, si
troverebbero gli unionisti di David
Trimble e i repubblicani di Gerry
Adams, i pacifisti del Partito dell’Alleanza e gli ex paramilitari dell’Ulster Democratic Party. È il paradosso di ogni processo di pace, in Medio Oriente come in Sud Africa: i nemici di ieri devono diventare gli alleati di domani. Il governo delle sei
contee, inoltre, sarebbe integrato da
un Consiglio irlandese-britannico
con compiti di coordinamento tra
Londra, Dublino, Cardiff e Edimburgo: si costituirebbe così l’intelaiatura di un sistema delle autonomie regionali teso a rispondere alle
spinte autonomistiche sempre più
forti tanto in Scozia che nel Galles.
Tra Belfast e Dublino, infine, si stabilirebbero stretti rapporti di collaborazione economica e culturale.
Perché l’accordo diventasse operativo occorrevano gesti capaci di
dimostrare la reale buona volontà
delle parti: primo tra tutti il disarmo dei gruppi paramilitari. E a
questo punto, più che la speranza
per il futuro, hanno pesato le rigi
Una marcia degli orangisti. Nelle foto piccole Gerry Adams e David Trimble
dità del passato: da una parte il veto unionista a un governo con lo
Sinn Fein senza che l’Ira avesse
proceduto a consegnare il suo ingente arsenale di armi e di esplosivi; dall’altra la determinazione dello Sinn Fein a sottolineare che il disarmo dell’Ira sarebbe stata la conseguenza del processo di pace e
non poteva esserne la precondizione. L’accordo raggiunto nei giorni
scorsi cerca di quadrare il cerchio
stabilendo una data (metà luglio)
per la costituzione del governo «di
unità» delle sei contee; il documento approvato esige quindi il disarmo dei gruppi paramilitari che dovrebbe avviarsi immediatamente
per concludersi entro il maggio del
2000 e adotta una «clausola di garanzia» per cui se a questa data le
armi non fossero state restituite,
l’intero processo si blqccherebbe
con le conseguenze politiche facilmente immaginabili.
All’indomani dell’accordo, mentre appaiono positive le reazioni di
parte repubblicana, sono più problematiche quelle degli unionisti.
Fanno notare che, mentre almeno
una formazione paramilitare lealista ha già restituito le armi, da
parte dell’Ira non c’è stato alcun
gesto di buona volontà. E poi, comunque la si metta, per la maggior parte degli unionisti e quindi
per una buona componente della
società nordirlandese, sedere al
governo con personaggi come
Gerry Adams o Martin McGuinnes
significa di fatto riconoscere l’Ira e
legittimare la sua storia e la sua
strategia di terrore. Come fidarsi
dei nemici di sempre? Come convincersi e come convincere la propria base che è davvero giunto il
momento della pace? E se le cose
andassero per il verso storto?
Incertezza e insicurezza: sono
queste le parole chiave che aiutano
a capire il «no surrender», la dura
espressione militaresca degli unionisti più radicali, convinti di combattere una guerra per la moder
Condanna a morte di Ocalan
Appello del Cec al
presidente turco Demirei
Il 2 luglio, il segretario
generale del Consiglio
ecumenico delle chiese
(Cec), Konrad Kaiser, ha
inviato una lettera al presidente turco, in cui si
chiede di commutare la
sentenza di morte del leader curdo Ocalan: «Il
Consiglio ecumenico delle chiese ha adottato da
15 anni una posizione
contraria all’uso della pena capitale. Il Cec ha preso questa posizione per
motivazioni teologiche,
sulla base della convinzione che la pena di morte è una punizione crudele e inumana che nega la
compassione e non lascia
spazio alla possibilità di
riabilitazione del colpevole. Allo stesso tempo, auspichiamo che nel vostro
paese siano subito intraprese iniziative per interrompere il circolo vizioso
di violenza. Sia i turchi
che i curdi devono comprendere che l’uso della
violenza retributiva non
contribuisce alla guarigione, ma solo all’acuirsi della violenza per entrambe
le parti. Per queste ragioni, e confidando nella sua
saggezza e nel valore da
lei attribuito alla santità
della vita, le rivolgiamo il
nostro appello perché
conceda clemenza e commuti la sentenza di morte
di Abdullah Ocalan». (nev)
Crisi dei Balcani
Visita di una delegazione
ecumenica in Kosovo
Il 5 luglio è rientrata a
Ginevra una delegazione
ecumenica che ha visitato
per alcuni giorni il Kosovo. La visita è stata organizzata congiuntamente
dal Consiglio ecumenico
delle chiese (Cec) e dalla
Conferenza delle chiese
europee (Kek) in collaborazione con il Patriarcato
serbo ortodosso di Belgrado e con le chiese
membro del Cec nella regione. La delegazione ha
raccolto informazioni
sulla situazione attuale in
Kosovo, con particolare
riferimento alla sicurezza
e ai diritti di tutti i popoli
della regione, all’organizzazione dell’amministra
zione civile e alla possibile azione ecumenica a
medio e lungo termine.
La delegazione ha incontrato rappresentanti serbo-ortodossi, musulmani
e cattolici a Pristina, Prizren e Pec e alcuni rappresentanti delle organizzazioni internazionali in
Kosovo, compreso l’Alto
commissariato della Nazioni Unite per i rifugiati
(Unhcr) e l’Organizzazione per la sicurezza e la
cooperazione in Europa
(Osce). La delegazione ha
incontrato anche i membri dell’organismo di aiuto del Cec «Action by
Churches Together» (Act)
che ha sede a Pristina.
nità, la democrazia, la tradizione
britannica e protestante. In realtà
temono di perdere la loro identità
in una società che è cambiata: i
guanti bianchi, la bombetta e il
cordone dell’Ordine d’Orange non
esprimono più i privilegi di una
classe egemone o privilegiata, da
tempo azzerati. Gli unionisti di Tiger Bay, uno dei quartieri più poveri dell’area portuale di Belfast,
sono ormai «sottoproletarizzati»
quanto i disoccupati di Falls Road,
la roccaforte degli estremisti repubblicani: temono che la pace
peggiori ulteriormente la loro situazione a vantaggio della comunità repubblicana, in massima parte cattolica. L’accordo del Venerdì
Santo 1998 potrà essere pienamente applicato solo quando sarà loro
evidente e chiaro che, al contrario,
solo la pace potrà salvarli dal declino economico e culturale di un
mondo che non c’è più. Non vinceranno, quindi, ma ancora una volta
potrebbero far perdere la pace.
CHIESE
Incontro pastorale battista
di ANNA MAFFEI
A PAGINA 5
CHIESE
Il Kirchentag di Stoccarda
parlano alcuni partecipanti
BIOETICA
Bibbia, etica e laicità
di SERGIO ROSTAGNO
EDITORIALE
Il credito scolastico
dì PIERO TROTTA
Belgrado mente ancora
paria il metropolita di Pec
2
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PAG. 2 RIFORMA
All’Ascolto Della
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VENERDÌ 9 LUGLIO 19Qq ; i¡VENERDÌ
“Guai ai pastori
che distruggono e
disperdono il
gregge del mio
pascolo!" dice il
Signore. ^Perciò
così parla il
Signore, Dio
d’Israele, riguardo
ai pastori che
pascolano il mio
popolo: “Voi avete
disperso le mie
pecore, le avete
scacciate, e non ne
avete avuto cura;
ecco, io vi punirò,
per la malvagità
delle vostre azioni",
dice il Signore.
^ “Raccoglierò il
rimanente delle
mie pecore da tutti
i paesi dove le ho
scacciate, le
ricondurrò ai loro
pascoli, saranno
feconde e si
moltiplicheranno.
^Costituirò su di
loro dei pastori che
le porteranno al
pascolo, ed esse
non avranno più
paura né spavento,
e non ne mancherà
nessuna”, dice il
Signore. ^“Ecco, i
giorni vengono”,
dice il Signore, “in
cui io farò sorgere
a Davide un
germoglio giusto, il
quale regnerà da re
e prospererà;
eserciterà il diritto
e la giustizia nel
paese. ^Nei suoi
giorni Giuda sarà
salvato e Israele
starà sicuro nella
sua dimora; questo
sarà il nome con il
quale sarà
chiamato: Signorenostra-giustizia”.
^ “Perciò, ecco, i
giorni vengono”,
dice il Signore, “in
cui non si dirà più:
Per la vita del
Signore che
condusse i figli
d’Israele fuori dal
paese d’Egitto,
‘^ma: Per la vita del
Signore che ha
portato fuori e ha
ricondotto la
discendenza della
casa d’Israele dal
paese del
settentrione, e da
tutti i paesi nei
quali io li avevo
cacciati”; ed essi
abiteranno nel loro
paese»
(Geremia 23,1-8)
L'ANNUNCIO DELLA LIBERAZIONE
Nella sua profezia Geremia vede nuove tenebre che la luce della promessa sa
nuovamente squarciare mostrando un futuro altrimenti impossibile e impensabile
UNA voce grida nel deserto...
1.............................
beh, a dire la verità quella
di Geremia non è esattamente
una voce nel deserto, tutt’altro.
Tutt’intorno a Geremia c’è rumore, i rumori tipici di una città
viva, che lavora: la vita a Gerusalemme ferve. Forse possiamo
riuscire a sentire le voci dei venditori del mercato, le parole che
si intrecciano in discussioni teologiche, i sussurri, i bisbigli, i
consigli con cui a corte i ministri
circondano il re.
M
La profezia di Geremia
A in questa armonia di voci e suoni, ecco una voce
stonare. È quella di Geremia
che, magari urlando un po’,
pronuncia le sue parole che soltanto dopo verranno riconosciute come profetiche. Mentre
il benessere e la tranquillità segnano Gerusalemme, Geremia
annuncia l’imminente catastrofe: Gerusalemme sarà distrutta.
Gerusalemme non era che la
capitale di un piccolo regno,
uno stato cuscinetto fra l’Egitto,
potenza di secolare memoria, e
i vari imperi che, come sappiamo dalla storia, sarebbero sorti
nel corso dei secoli sulle sponde
del Tigri e dell’Eufrate. In quegli
anni l’astro nascente della politica mondiale era il futuro impero babilonese. E Babilonia
puntava ormai da anni ad annettersi anche i territori dei regno di Giuda. Certo lo si sapeva,
le notizie correvano.
Forse molte delle discussioni a
corte riguardavano proprio il da
farsi di fronte a tale minaccia.
Varie voci si levano: da un lato i
sostenitori di un’alleanza con
l’Egitto, antica e sicura potenza,
in chiave antibabilonese; dall’altro coloro che preferiscono non
agire e attendere, pur consapevoli dell’imminente rovina annunciata da Geremia, che gli
eventi facciano ii ioro corso;
dalTaltro chi dà ascolto alle parole di distruzione di Geremia
ma anche le parole di speranza
del profeta che annuncia già che
ci sarà un dopo esilio, che ci sarà
un ritorno dopo la deportazione
in Babilonia, quasi un nuovo
esodo per il popolo di Dio.
che sembriamo avere accettati
come necessari. Ma non so reagire. Mi sento perso in balia di
un pessimismo sulle capacità
umane che mi impedisce di vedere una soluzione in questa
diffìcile realtà. Ma in fondo, che
cosa conta il mio pensiero quando le decisioni sono poi in mano
ad altri che si sentono ben più
sicuri di un vecchio scettico come me? L’unica cosa che continua ad allietare la mia anima è
la consapevolezza della potenza
di Dio. Non ci resta che attendere che sia fatta la Sua volontà.
La liberazione promessa
Il dibattito si accende
TVT ON ha alcun senso che
1
Geremia profetizza una liberazione, una salvezza
Preghiamo
Dio, fino a quando?
C’è qualcuno che ha il cuore troppo devastato,
ci sono troppi poveri che si sentono abbandonati!
Ma pure quando scende il buio sui nostri occhi
E non solo non scorgiamo il tuo volto
Ma neppure un debole segno della tua presenza,
donaci Padre di credere ancora,
di continuare a credere:
donaci una incrollabile fede
per superare così la notte;
e sperare che anche per i poveri
ci sarà salvezza: Signore, nostro unico bene!
Amen
(David Maria Turoido ne «I Salmi». Commento di Gianfranco Ravasi; traduzione poetica di D. M. Turòldo; Arnoldo Mondadori editore, 1994, Oscar Classici, p. 47)
proprio in questo momento positivo per il nostro
paese, tu ci venga a parlare di
distruzione, deportazione, morte. Finalmente, dopo secoli di
sofferenza, il nostro popolo ha
raggiunto la prosperità, la sicurezza, la libertà. Questa città e
questo tempio, per la cui costruzione abbiamo faticato, sono
stabili e non crolleranno. Perché
questa è la città di Dio, nel tempio è Dio a dimorare. Come pretendi, ora, in questa situazione,
di farci credere che tutto questo
stia per finire? Come puoi sconvolgere l’equilibrio che abbiamo
saputo creare nel rispetto della
volontà divina? Certo, siamo
consapevoli che Babilonia sta
diventando sempre più potente
e che presto tenterà di invadere
la nostra terra.
Anche se forti nella fede siamo fragili accanto a dei vicini
così pericolosi. Non possiamo
rifiutare l’alleanza del re d’Egitto che sola può salvaguardare il
nostro popolo e la città di Dio
dalla pressione babilonese. Abbiamo bisogno dell’appoggio
deli’Egitto per assumere una
posizione onorevole e sicura nel
panorama internazionale. Pensa bene quello che dici e ricorda
che Dio non ci ha mai abbandonati, né mai abbandonerà la sua
dimora e il suo popolo».
Il Signore guida e fortifica i
nostri cuori, ma a volte non è facile sapere quale strada intraprendere per seguire i suoi dettami. Mi chiedo quale sia la situazione del nostro paese oggi,
mi chiedo come possa essere il
futuro proseguendo questo incerto cammino di compromessi
dalla realtà che vede svolgersi
intorno a lui; ma non solo. La
lucidità della sua analisi del presente non può evitare o tacere
la consapevolezza della cattività, del travaglio che ancora attende il suo popolo. La liberazione promessa è «liberazione»
da una realtà che ancora non è
presente, ma della quale il presente è notizia inquietante.
L’Egitto, da cui il popolo di Israele è stato liberato, è esperienza di schiavitù che ancora
una volta lo coinvolgerà. Geremia vede un nuovo esilio, una
nuova sofferenza, una nuova tenebra che la luce della promessa sa nuovamente squarciare
mostrando un futuro altrimenti
impossibile e impensabile.
Io sento l’importanza dell’annuncio di Geremia. Questo annuncio parla a me oggi. La situazione in cui vivo e dalla quale
guardo al mio futuro è dominata
da un modo di essere compietamente condizionato dalle esigenze economiche che governano la società. Queste esigenze
dettano le regole del mio stesso
vivere, anche se non ne sono io
il protagonista attivo. Il mìo spazio e il mio tempo sono regolati
da principi che non ho scelto e
che non posso in alcun modo
controllare. Questo condiziona
la qualità e la pienezza della mia
vita. Sembra che l’unico modo
per non subire passivamente sia
nascondere le contraddizioni e
illudermi che tutto ciò sia il meglio da qui all’eternità.
Mi sento obbligato ad accettare Tunica possibile realtà: nel
lavoro, come nello studio, come
nelle relazioni sociali. Essere
flessibile: essere mobile, in gra
do di riadattare me stesso ai
continui mutamenti del mercato del lavoro: veloce, produttivo,
competitivo, imprenditore di
me stesso. Mi chiedo quanti
hanno le condizioni biografiche
ed economiche per essere questo tipo di uomo 0 di donna e
che fine fa chi non sale sulla
giostra luminosa. Mi chiedo se
per poter consumare di più io
debba consumare me stesso, se
sia inevitabile sentirmi dire:
«Produci-consuma-crepa». Mi
chiedo se il benessere sia sinonimo di dignità e qualità di vita,
se il prezzo da pagare sia ben
più alto di quello scritto sugli
scontrini. Mi chiedo se la precarietà istituzionalizzata non sia
una corsa al massacro vestita da
corteo trionfale.
La distanza fra me
e la promessa
I
l’esplodere delle contraddizioni che nel presente vivo e
soffro. La distanza fra me e la
promessa che Geremia dice attenderci è una strada buia e insicura a cui non posso in alcun
modo sfuggire. Mi prendo carico della tensione fra la difficoltà
del buio e la necessaria contrapposizione. Penso ai miei gesti o ai miei desideri e non li decido oppure ascolto perché utili
oppure inutili. L’utilità come
paradigma di vita non mi appartiene. La mia lotta non necessita del successo in quanto la
sua forza sta nella promessa
stessa. Il senso del mio agire è
dato dalla liberazione che Geremia indica. Voglio che il mio
agire sia profetico, necessario
anche se forse inutile.
Ascoltiamo ancora Geremia:
«Perciò, ecco, i giorni vengono,
dice l’Eterno, che non si dirà più:
"L’Eterno è vivente, egli che ha
tratto i figliuoli d’Israele fuori del
paese d’Egitto”, ma: "l’Eterno è
vivente, egli che ha tratto fuori e
ha ricondotto la progenie della
casa di Israele dal paese del settentrione, e da tutti i paesi dove
io li avevo cacciati”: ed essi dimoreranno nel loro paese».
Predicazione tenuta nella
chiesa valdese di Venezia domenica 29 novembre 1998 da un
gruppo di giovani nel corso del
Convegno Fgei «la teologia di
Charlie Brown»
oiniletìche
La predicazione riporta. ''
ta qui a fianco è nata al- T
l'interno di un convegno |
regionale della Federazio.
ne giovanile evangelica
italiana (Fgei) in cui si j I
cercato di riflettere sulla I
teologia degli autori di al- i'
cuni fumetti diffusi negli Secondo
ultimi quarant'anni. Il te-' pederazioi
sto era quello indicato da,l jLje (Fin
«Un giorno, una parola., ¿gyg disto
Il Si
kviok
per quella domenica che “je risor
era la prima di Avvento, r u Liilanr
brano, tratto dal profeta' ^nHr
lel Kosovc
[0 tutta Ta
la: «In qu
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Jlm,inTai
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Geremia, ha la sua impor i spoU<I®P
tanza perché costituisce, giom®“®“
uno dei pochi testi il cui; ferenza su
carattere messianico è ri-' giugl^^
conosciuto praticamente! della tiur
da buona parte degli ese-i della
geti moderni. jj vescovo
All'inizio abbiamo un' Krause,pr<
rimprovero contro i cattivi' ha rilevato
pastori (v. 1, 2); segue la «concentri
promessa di Dio di raduna- '¿die rison
re le tribù disperse che sa- tpuropa (
ranno guidate da nuovi Iwh Ame
pastori all'altezza del loro
compito (v. 3, 4). Finalmente apparirà un «germoglio
giusto» che eserciterà il diritto e la giustizia di Jhwh
(v. 5, 6). La grandezza
dell'evento sarà formulata
attraverso una nuova formula di giuramento (v. 7,
8). «Per noi cristiani - scrive A. Weiser - la nuova era
messianica, preannunciata
da Geremia in connessione
con contenuti tradizionali
più antichi, si è adempiuta
in Gesù Cristo; ma ciò non
esclude che il Nuovo Testamento abbia oltrepassatoi
traguardi della speranza
antica e che il compimento
abbia superato la profezia» (p. 372).
Nella ricerca del messaggio il gruppo ha però deliberatamente privilegiatoli
versetto conclusivo del
brano che, a suo parere,
costituiva la novità più rilevante in quanto esprimeva la realizzazione di una
promessa che superava un!
evento che al momento
era ancora oggetto di annuncio (la distruzione della città di Gerusalemme e
la deportazione del pof»lo) e che quindi non si era
ancora verificato sul piano
della storia. In altre parole
Geremia annunciava «il ritorno dall'esilio» prima
ancora che si realizzassero
le condizioni «dell'andata
in esilio». Il gruppo ha cioè
avuto l'impressione di essere davanti a quella «parola» che ha caratterizzato
il ministero profetico di
Geremia.
Scrive Neher: «Andare
oltre mezzanotte: ecco
l'esperienza attraverso cui ^
Geremia realizza il suo de-, 6 del20 g
stino profetico. Superando h presenzi
mezzanotte con nelTani-1 del Castro
mo due realtà congiunte, jdelgovem
quella della catastrofee jConsiglìo,
quella del suo sogno di jba,c’eraui
salvezza. Geremia obbliga- j evangelici
va lo spavento attuale a |Stre, inni,
Cuba
Il più 1
jrotestani
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)sea ' optarla gì
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Ma per esservi p®' (Ncc)
carsi in lui. È entrato nei loj-p*. .
giorni del nulla che Osea 8*
aveva intravisti. Non ne«
risorto, ivia
netrato, ha conquistato jUrarecata
l'incrollabile certezza
una resurrezione» (P- 19™
Su questa «lettura» del ministero di Geremia il gruP]
po ha legato il tema
convegno (il messagg"!
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remia si ripropone oggieinbargo^J
termini di estrema attua i,g „ S <>
lità noi mnmentO in cU l Siici
siamo testimoni di altn
esodi e di altri ritorni.
Per
approfondire
® Gesù ili:
f*® contre
an Cam
^baacat
^.«11 oltre
- André Neher, L'essen
za del profetismo: Marier
ti. Casale Monferrato^
1984.
- Angelo Penna, Ge
mia: Lamentaziom-Bar
eh: Marietti, Torino-Rom '
1970.
n -u che
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- Artur Weiser
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Brescia, 1987.
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PAG. 3 RIFORMA
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Bratislava: riunione del Consiglio della Federazione luterana mondiale
Riconciliazione^ obiettivo lontano e incerto»
fi segretario generale della Firn: «È vitale sviluppare una cultura nella quale
¡3 violenza non sarà più considerata come il mezzo ultimo per risolvere i conflitti}.
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K rhe élaniano il mondo. Ri?Dor I spondendo alle domande dei
Nwor-i r ,..*j (juj-ante una con
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il'^' feìSza stampa svoltasi il 22
I è ri I giugno scorso, primo giorno
lentel kla riunione del ConsiI ese-i dio della Firn a Bratislava,
fl wscovo tedesco Christian
IO un' Krause, presidente della Firn,
cattivi' ha rilevato che c’era stato un
lue la «concentramento maggiore»
^¿gUe risorse umanitarie delhesa- l’guTopa occidentale e del
ord America nella regione
lei Kosovo, che ha focalizzalo tutta l’attenzione dei me«In quanto cristiani, facl'ciamo parte della famiglia
, cristiana mondiale e dobbiamo stare attenti, pur non
ffiettendo di preoccuparci
1 perii conflitto del Kosovo, a
I non dimenticare il resto del
I m#do», ha detto.
I Qnest’anno il vescovo Krjusesi è recato, a nome della
Hm, in Tanzania e in Etiopia.
' lafenzania si trova nella reI jone dei Grandi Laghi che è
I Slata lacerata dalle guerre ciI li (Ruanda, Congo, ex ZaiI re),Anche l’Etiopia è impegnai in un conflitto di confi
* nieàn il paese vicino, l’Eri
• trefil presidente della Firn
Un soldato britannico in una via di Kacanik, in Kosovo
ha potuto constatare i danni
provocati da questa guerra.
In Tanzania, ha incontrato i
responsabili di chiesa nonché il presidente Benjamin
Mkapa con il quale ha parlato di una risoluzione pacifica
del conflitto.
La Firn, che conta 124 chiese membro nel mondo, vuole
mostrare che il mondo non si
limita al Kosovo, ha detto il
vescovo Krause, aggiungendo
che i problemi come quelli
della regione dei grandi laghi.
la guerra civile nel Sud del
Sudan, e il conflitto tra l’Eritrea e l’Etiopia «saranno tra le
priorità all’ordine del giorno
della Firn e delle sue chiese
membro». La Firn fornisce
un’assistenza umanitaria in
queste zone tramite il suo
servizio di aiuti.
Durante la crisi del Kosovo
la Firn, insieme alTAlleanza
riformata mondiale (Arm), al
Consiglio ecumenico delle
chiese (Cec), e alla Conferenza delle chiese europee (Kek),
ha reso noto dichiarazioni
nelle quali criticava l’intervento militare e chiedeva una
soluzione diplomatica. Presentando il suo rapporto il
22 giugno il segretario generale della Firn, pastore Ishmael Noko, ha dichiarato: «In
quanto chiese, dobbiamo riconoscere che la violenza
non produrrà mai un ordine
interriazionale giusto e pacifico. È vitale sviluppare una
cultura nella quale la violenza non sarà più considerata
come il mezzo ultimo per risolvere i conflitti e per far
cessare l’oppressione. Come
ha dichiarato più volte la
Firn, è evidente che il dialogo
è fondamentale e che bisogna ricorrervi con più raffinatezza e sincerità... bisogna
evitàre ad ogni costo la diplomazia della rimostranza e
della minaccia».
Il segretario generale ha
ammonito che «nessuna prospettiva di riconciliazione e
di pace duratura è in vista
nell’immediato. Molti pensano che i bombardamenti della Jugoslavia, le partenze forzate delle popolazioni e le
atrocità inflitte alle comunità
albanesi e ad altre durante i
bombardamenti, hanno fatto
della riconciliazione in una
pace duratura un obiettivo
lontano e incerto». (enij
A # ' Alla celebrazione del 20 giugno presente anche il presidente Fidel Castro
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Cuba, oltre 100.000 persone al grande raduno dei protestanti
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rotestanti nella storia cubaa è stato salutato dai reifonsabili delle chiese come
llsegno che le chiese prote^anti stanno diventando una
forza importante nella sopetà cubana. Il 20 giugno
(Scorso circa 100.000 persone
hanno partecipato al raduno
, ofgaiMzato in piazza della RiI voluzione, là dove il papa era
I stato accolto l’anno scorso da
ona folla immensa, avveni■oetilo che indicava la volontà
I di Cuba di aprirsi al mondo in
) generale e alle chiese in parti^ troiate. Durante la celebrazioI ne del 20 giugno, segnata dalla presenza del presidente Fide! Castro e di altri membri
del governo, e organizzata dal
Consiglio delle chiese di Cuna, c’era un’atmosfera di festa
evangelica, con cori, orchejStre, mni, testimonianze perI 6 letture del Vangelo.
■j loan Brown Campbell, segretaria generale del Consigto nazionale delle chiese
jpSa(NccJ, che di recente si
j ? "Addata a Belgrado insieme
I a lesse Jackson per ottenere la
i.j ®'-^dne di tre soldati amedhiesto ai cubani di
E™“nare gli Stati Uniti per
embargo economico impoS “a 40 anni ^^ntro Cuba.
..fPi'dSniamo di perdonare le
causate dalle azioijjegli Usa - ha detto -. Per
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(¡1 '-Campbell era giunta a
L H- dii una delegazio
CaÌÌ!""^® responsabili di
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¡¡UIj °”®iglio delle chiese di
Pdsiderava da tempo
«un grande avveniate h ®'^angelico per radule» evangeli
^ssih-1 “"dira non era stato
toin A «realizzare questo
l’organizza®lla manifestazione era
il Consiglio delle chiese di
Cuba, che riunisce 25 chiese
metodiste, presbiteriane e
episcopali (anglicane), altre
24 chiese non aderenti al
Consiglio si erano associate
all’iniziativa.
Dopo la visita del papa, ha
spiegato il pastore Oscar Bolioli, direttore dell’ufficio dell’America Latina del Ncc, la
comunità protestante ha sentito il bisogno di celebrare e
di affermare la propria presenza a Cuba. Oggi, mentre il
governo cubano si mostra
più tollerante nei confronti
delle pratiche religiose (ad
esempio, due pastori protestanti siedono all’Assemblea
nazionale) i protestanti giocano un ruolo più importante nella vita pubblica. Secondo alcune stime, il numero
dei membri della Chiesa metodista di Cuba sarebbe triplicato in questi ultimi cinque anni e, fra le chiese presbiteriane nel mondo, è quella di Cuba che sta avendo
una delle crescite più veloci.
Secondo gli osservatori, la
celebrazione del 20 giugno e
le tre settimane di festività
che Thanno preceduta indicano lo sviluppo delle comunità
evangeliche di Cuba e l’influenza di queste ultime sulle
grandi chiese protestanti.
Randy Naylor, segretario generale aggiunto del Consiglio
delle chiese del Cristo degli
Usa, ha fatto notare che questo raduno, «dallo stile molto
evangelico, con testimonianze e preghiere», era «l’espressione manifesta della fede
protestante cubana». (eni)
Gisèle e John Gowans hanno iniziato il loro mandato
I nuovi dirigenti dell'Esercito della Salvezza
La nuova presidente delle
organizzazioni femminili dell’Esercito della Salvezza (Eds),
Gisèle Gowans, intende trascorrere almeno metà dell’anno «in viaggio» per visitare il
maggior numero dei 104 paesi
in cui è presente l’Eds. Compirà la maggior parte di questi
viaggi insieme al marito, il
commissario John Gowans,
nuovo generale dell’Eds. Ambedue hanno assunto i loro
incarichi il 1” luglio scorso,
per un mandato di tre anni.
John Gowans, britannico, è
subentrato a Paul Rader, americano, generale dell’Eds
negli ultimi cinque anni. Sotto la direzione di quest’ultimo, l’Eds ha intrapreso nuove
attività in Malesia orientale,
Ruanda e Vietnam.
Dopo il loro matrimonio,
nel 1957, i Gowans hanno
servito l’organizzazione in
Gran Bretagna, in Francia,
negli Usa, di nuovo in Francia, quindi in Australia, prima
di tornare in Gran Bretagna.
Gisèle Gowans ha spiegato
che una delle sue priorità sarà
di incoraggiare le donne, in
Africa e altrove, a lanciarsi in
attività che permetteranno
loro di diventare indipenden
ti finanziariamente, ispirandosi al modello seguito dalla
Banca asiatica Grameen che
concede piccoli prestiti, in
particolare alle donne.
La Gowans ha sottolineato
il ruolo vitale che ha l’Eds nel
subcontinente indiano dove i
suoi membri sono stati sollecitati in occasione delle emergenze in Pakistan e in Bangladesh. A chi le chiedeva se
un’organizzazione femminile
era ancora adatta in paesi del
Primo Mondo dove esiste la
parità tra donne e uomini, ha
risposto: «Abbiamo scoperto
più volte che le donne volevano avere riunioni proprie,
senza gli uomini». Prendendo
a prestito un’idea australiana,
Gisèle e suo marito hanno organizzato un incontro biblico
per le donne in Gran Bretagna
lo scorso anno. Il secondo si
terrà nel prossimo agosto, «e
gli uomini rimarranno a casa
a tenere i figli».
Viene stimato a oltre 1,5
milioni il numero di membri
dell’Esercito della Salvezza
nel mondo, tra cui 880.000
adulti oltre a bambini e simpatizzanti. Fondato a Londra
nel 1865, l’Eds pone l’accento
sul lavoro, sul culto e sulla te
stimonianza cristiana. Ha
conquistato la sua fama aiutando i minimi e i più esclusi
della società, distribuendo
«minestra e salvezza», e dedicandosi a opere in campo sociale. In Gran Bretagna, l’Eds
intende ammodernare la
propria immagine. Lo scorso
anno, i responsabili sono rimasti stupiti di scoprire che
per la maggior parte dei britannici, l’organizzazione veniva associata alle trombe di
rame e alle divise più che alle
opere in favore dei poveri.
John Gowans aveva allora dichiarato all’Eni: «Siamo stati
meravigliati e molto felici di
constatare la forza del loro
appoggio. Ma se la nostra immagine è vecchiotta e vittoriana, dobbiamo fare tutto il
possibile per correggerla».
Gisèle Gowans ha confidato
di essere rimasta colpita, al
suo ritorno in Gran, Bretagna
nel 1997, dopo vent’anni, dal
cambiamento di comportamento dei giovani membri:
«Essi si sentono liberi di sviluppare nuove idee. Evangelizzano a modo loro. Sono
più a loro agio con il mondo
esterno. Ai nostri tempi eravamo più riservati». (eni)
Cris
I Evangelici del Ticino: ospitare i kosovari
TICINO — Il «Capitolo dei ministri» della Chiesa evangelica
riformata nel Ticino (che riunisce tutti i pastori del Cantone)
ha lanciato un appello alle comunità affinché si organizzino
per offrire ospitalità, in questo difficile momento di transizione, ai profughi provenienti dal Kosovo. Un segnale, dice un
documento, per aiutare la società svizzera «a superare paure
e timori a favore di sentimenti di solidarietà e di affetto nei
confronti di chi ha subito i danni della guerra». (nev)
Sud Africa: assassinata la prima donna
prete della Chiesa anglicana
HOGSBACK — Tre uomini sono stati arrestati dalla polizia
sudafricana perché indiziati dell’assassinio di Elisabeth Bride
Dickson, la prima donna ordinata sacerdote della Chiesa anglicana del Sud Africa. La missionaria, nata in Scozia nel 1921,
era stata trovata priva di vita nella sua casa di Hogsback (Eastern Cape) sabato scorso. Laureata in medicina, la dottoressa
Dickson si era trasferita dalla Scozia in Sud Africa durante il secondo conflitto mondiale. Ventotto anni fa aveva aperto un
ambulatorio a Hogsback in cui sin dall’inizio sono state curate
senza distinzioni persone di origine europea e di etnie autoctone. Nel 1992 era divenuta la prima donna a essere ordinata
sacerdote della Chiesa anglicana del Sud Africa. (nev/bbe)
Sinodo della Chiesa riformata di Zurigo
sì a un rituale per le coppie omosessuali
ZURIGO — Con 123 voti a favore e 19 contrari, il Sinodo della Chiesa riformata di Zurigo ha approvato il rapporto sulle
coppie omosessuali sottopostogli dal Consiglio sinodale. In un
primo paragrafo, la Chiesa si dichiara responsabile del vissuto
spesso doloroso degli omosessuali e afferma la sua determinazione ad accompagnare la loro unione. Tiene tuttavia che non
ci sia confusione possibile con il matrimonio e che si parli di
rituale piuttosto che di benedizione. Per prudenza, la chiesa
intende impegnarsi in dolcezza nell’accompagnamento spirituale delle coppie omosessuali. Ha fissato un periodo di prova
di quattro anni durante il quale i pastori non saranno obbligati
a compiere questo rituale e le autorità ecclesiastiche li consiglieranno e li aiuteranno ad adattarsi. (spp/rpd/jop)
Russia: bloccato programma evangelistico
KOLOMNA — L’opposizione della Chiesa ortodossa ha impedito alla Chiesa awentista di continuare un programma
evangelistico nell’antica città russa di Kolomna, vicino a Mosca, durante lo scorso mese di maggio. Secondo fonti awentiste l’amministrazione della città, in seguito a pressioni dei
rappresentanti della Chiesa ortodossa, ha dapprima cambiato
il luogo dedicato agli incontri e quindi ha impedito gli incontri
stessi. I giornali hanno avvertito le persone di non partecipare
agli incontri e i punti di ritrovo sono stati picchettati. Gli incontri, presentati da Olga Murga e intitolati «La famiglia
all’inizio del nuovo secolo», avevano lo scopo di aiutare le
persone a gestire le difficoltà della vita moderna. Nonostante
la forte opposizione a Kolomna, che non ha permesso agli interessati di avvicinarsi alla chiesa awentista, 43 persone sono
state battezzate a Mosca durante un servizio religioso. (bia)
Brasile: protesta ufficiale delle chiese
per la questione dei «senzaterra»
RIO DE JANEIRO — Protesta ufficiale delle chiese cristiane
del Brasile per la violenza con la quale il governo affronta le
richieste dei contadini «senzaterra», da anni alla ricerca di
un’equa soluzione dei tanti «conflitti agrari» che li oppongono ai grandi latifondisti del paese. In una lettera aperta indirizzata al Presidente, Fernando Henrique Cardoso, il Coordinamento ecumenico (cattolici, luterani, presbiteriani e anglicani) rileva che «l’Evangelo insegna che ogni violenza è riprovevole, tanto più quando proviene da chi, come lo stato, dovrebbe essere al servizio di tutti i cittadini». (nev/alc)
Cile: cattolici e protestanti ai ferri corti
SANTIAGO — Cattolici e protestanti ai ferri corti in Cile, dopo che la gerarchia cattolica ha fatto sapere ufficialmente di
essere contraria a che il Senato della Repubblica esamini un
progetto di legge (già approvato dalla Camera dei deputati)
tendente a riconoscere l’uguaglianza di tutte le confessioni religiose di fronte alla legge. «Se il Senato accoglierà la richiesta
cattolica - è scritto in un comunicato del Comitato evangelico
che rappresenta le chiese protestanti del Cile - sarà come concedere a una chiesa il diritto di veto sugli affari di un intero popolo: una cosa inaccettabile in una democrazia». (nev/alc)
1 Cile: mutuo riconoscimento del battesimo
SANTIAGO — Passo avanti ecumenico in Cile, dove le principali chiese cristiane del paese hanno raggiunto un accordo
per il mutuo riconoscimento del battesimo. Cattolici, ortodossi, anglicani, evangelici (luterani, metodisti e pentecostali) dopo due anni di intensi colloqui teologici hanno preso la storica
decisione che tuttavia prevede per la cerimonia il mantenimento delle rispettive liturgie. (nev/bt)
si Filippine: forti critiche delle chiese
all'ex Spice Girl Ceri Halliwell
MANILA — Grandi difficoltà e grandi critiche per la prima
missione dell’ex componente del gruppo «Spice Girl», Geri
Halliwell, in qualità di ambasciatrice delle Nazioni Unite sul
problema della sovrapopolazione e del controllo delle nascite. A Manila, nelle Filippine, autorità ecclesiastiche cattoliche
e protestanti hanno ritenuto che le sue proposte per un «sesso sicuro» siano pericolose perché «incoraggiano la promiscuità e il sesso prematrimoniale» e hanno chiesto alle autorità di impedirle di proseguire la sua missione. (nev/eni)
4
PAG. 4 RIFORMA
Cultura
VENERDÌ 9 LUGLIO iQo
500 anni fa nasceva il riformatore della città che ospita il Kirchentag
Giovanni Brenz e la Riforma di Stoccarda
Un'attività teologica ed ecclesiologica fortemente legata agli accadimenti
politici del tempo. La controversia religiosa tra principi e imperatore
BRUNO CORSANI
Esattamente soo anni
fa, il 24 giugno 1499, nasceva a Weil-der-Stadt Giovanni Brenz. Di 17 anni più
giovane di Lutero, fu fortemente influenzato dal suo
pensiero. Fu lui a organizzare
la Riforma nella città di Stoccarda. Molte città del Württemberg avevano accolto le
idee della Riforma, ma non
Stoccarda, la città capitale,
perché era retta da autorità
asburgiche capeggiate dal
granduca Ferdinando, fratello dell’imperatore Carlo V. Il
duca Ulrico riconquistò la
città nel 1534 e la prima predica evangelica fu tenuta nella Stiftskirche il 16 maggio di
quell’anno. Un anno dopo il
duca chiamò Brenz a Stoccarda come suo consigliere e
collaboratore (fino a quel
momento Brenz aveva operato come predicatore a Schwäbisch Hall).
A Stoccarda Brenz provvide
alla stesura di una costituzione ecclesiastica fondata sui
principi della Riforma luterana. Ma almeno nello svolgimento del culto si aprì anche
aU’influenza della Riforma
svizzera (geograficamente
non lontana) con una liturgia
più snella di quella di Wittenberg. Nel 1537-38 dette un
deciso sviluppo evangelico e
umanistico all’università di
Tubinga, poco lontano da
Stoccarda.
Ma Carlo V riuscì ad avere il
sopravvento sui principi protestanti nella battaglia di
Mühlberg (1547) e impose a
molti di loro l’accettazione
deWinterim (un’ordinanza
che aboliva in pratica l’eccle
siologia e la teologia della
Riforma, salvo la comunione
sotto le due specie e la tolleranza verso i pastori che avevano moglie). Brenz dovette
fuggire e si nascose in vari
luoghi, protetto segretamente
dal duca. In un nascondiglio
a Stoccarda sopravvisse due
settimane grazie a un po’ di
pane che aveva con sé e, si di
ce, a una gallina che provvidenzialmente deponeva ogni
giorno un uovo vicino a lui.
Ma la situazione politica
presto si rovesciò e Carlo V
dovette ritirarsi davanti ai
principi e prepararsi all’abdicazione, firmando prima il
trattato di Passau e poi la pace di Augusta (1555). Così nel
1552 Brenz potè tornare a
Stoccarda come consigliere
del duca Cristoforo, figlio del
duca Ulrico, e dare la stesura
definitiva a una confessione
di fede [Confessio vittenbergica) che fu mandata a Trento
perché il Concilio ne prendesse visione. Il delegato di
papa Paolo III, però, non ne
permise la discussione e non
dette la parola ai teologi luterani (fra i quali era anche
Brenz) che se ne tornarono
alle loro sedi dopo alcune
settimane di inutile attesa:
il Concilio non funzionava
come luogo di dialogo e di
comprensione fra le due parti, come avrebbe voluto l’imperatore, ma si rivelava essenzialmente come un concilio di condanna delle tesi
riformate e di anatema per
quelli che le professavano.
Brenz morì nel 1570, lasciando molti scritti, raccolti
in otto grandi volumi «in
quarto»: prediche, commenti
a diversi ìibri della Bibbia, un
catechismo fra i migliori, dopo quelli di Lutero, e la confessione di fede che si caratterizza per la presentazione
positiva della dottrina cristiana professata dalla Riforma.
Non ci sono gli anatemi per
le tesi contrarie, e le cosiddette «prove bibliche» dei vari articoli sono seguite anche
da citazioni dei padri della
chiesa, a dimostrazione che
la Riforma non era dottrina
nuova, ma un ritorno alla fede dei primi secoli cristiani.
Chi volesse saperne di più
su Brenz e la Riforma nel
Württemberg può leggere H.
F. Bächtle-K. Besemer, Johannes Brenz. Leben und Werk.
Herrmanshausen, Ludwig
Stanga Verlag, 1999, pp. 102.
I Prosegue l'esecuzione per i Concerti del Quartetto di Milano
Il tempo della Pentecoste nelle cantate di Bach
PAOLO FABBRI
IL secondo concerto della
stagione n. 11 delle cantate
Bach a cura de / concerti del
Quartetto è dedicato alla
Pentecoste per l’esecuzione
dell’Ensemble Baroque de Limoges diretto da Christophe
Coin. Il primo lavoro in programma è la Bwv 74, Wer mich liebet, der wird mein wort
halten (Chi mi ama osserverà
la mia parola), 1725, che si
avvale di un testo scritto dalla
poetessa Mariane Romanus
von Ziegler. Il coro avvia la
composizione con una limpida struttura concertante, che
vuole porre subito in evidenza il fondamento teologico
dell’intera cantata, con il riferimento a Giovanni 14, 23. I
vocalizzi insistiti su Worf (Parola) mirano a richiamare
l’idea che la fonte dell’amore
è la Parola, cioè Dio che, con
la presenza dello Spirito Santo, potenzia la nostra capacità di amare e impedisce che
essa venga soverchiata dall’
egoismo.
Un organico ampio, con
archi, oboi, oboe da caccia,
trombe, timpani, esprime il
concetto teologico con serena pacatezza, con convinzione ma senza enfasi. L’aria seguente è una preghiera, affidata molto opportunamente
al soprano per la dolcezza
che la pervade, ma il canto è
sostenuto dalla melodia
dell’oboe da caccia, che si
fonde la voce per esprimere
la richiesta del credente, col
sostegno intenso del basso
continuo. Più avanti, il recitativo del basso «vox Christi»
conferma che la salvezza per
il credente è certa, però nell’aria successiva del contralto, di fronte alle tentazioni di
Satana, tornano i dubbi e il
tremore, espressi vivacemente dai vocalizzi su ketten (catene), mentre gli arpeggi saltellanti di oboi e violino fanno pensare all’alternarsi di fiducia e sfiducia tipico dei
credenti che, nel coro finale,
rappresentando l’assemblea
dei credenti, sono uno dei
punti cardine della riforma:
Ìa salvezza per grazia di Dio e
non per le nostre capacità.
La cantata Bwv 173 Erhoetes Fleisch und Blut (Carne e
sangue esaltati), 1724, inizia
con un recitativo del tenore
che con gli archi e il basso
continuo esprime una lode
al Signore, che si sviluppa
nell’aria seguente, in cui entrano in campo i flauti traversi a rappresentare i pensieri profondi dei credenti, in
un’aria di allegro slancio in
tempo di danza, con significativi vocalizzi su geheiliges
(santificato) e auszubreiten
(riferito alla gloria di Dio).
L’aria successiva è suddivisa
in tre parti: per basso, per soprano, per entrambi. Il tempo di minuetto concede un
crescendo alla lode di Dio,
mentre i flauti traversi si fanno portavoce dei credenti,
che rispondono alle grandi
affermazioni di fede in un’atmosfera di estatico incanto
di fronte alla maestà di Dio e
della sua creazione. II coro
finale si muove nuovamente
nel ritmo della danza, con
una partitura complessa di 4
voci e tutto l’organico strumentale che partecipa e i
flauti traversi che portano al
la conclusione il loro delicato messaggio.
La cantata Bwv 175 Er rufet
seinen Schafen mit Ñamen
(Egli chiama le sue pecore
per nome), 1725, si avvale
ancora di un profondo e bel
testo della von Ziegler, la cui
ispirazione pare affondare
nello spirito del movimento
pietista, pur con rigoroso riferimento alla teologia luterana. Il recitativo che apre la
cantata tratteggia subito l’at-^
mosfera intensamente contemplativa che caratterizza
l’intera opera, mettendo in
campo un dolcissimo trio di
flauti, che si associano al
basso continuo nel sol maggiore per sostenere il tenore
nell’enunciazione del testo
dell’evangelista Giovanni e
nell’aria successiva, il contralto nella sua struggente
preghiera.
Di nuovo il tenore nel recitativo seguente col basso
continuo, che ne evidenzia la
voce, preparando l’aria seguente in cui il violoncello
piccolo esprime l’emozione
che si prova di fronte all’alba,
che giunge attesa e sorprende
sempre, come attestano i vocalizzi su Stime (voce di Gesù) e Heiland (Salvatore). Il
recitativo seguente si pone
come dialogo metaforico tra
il Cristo (basso) e la ragione
umana (contralto), con un
chiaro riferimento a uno dei
cardini della teologia luterana: l’incapacità dell’uomo ad
affidarsi a Dio anziché soprattutto alle sue capacità
per la soluzione dei suoi problemi. In un’atmosfera sempre definita dai flauti dolci,
l’assemblea dei credenti si
unisce nel Nun, werter Geist,
ich folge dir, chiudendo con
un sereno alleluja.
L’ultima cantata in programma è stata la Bwv 34 O
ewigwes Feuer, O Ursprung
der Liebe (Eterno fuoco, dell’amore origine), 1740. Nel
coro iniziale si avverte l’enfasi
che i timpani donano all’insieme, preparando l’entrata del coro, che insiste sul
tema del fuoco eterno, origine dell’amore, con altrettanta
enfasi, al punto che gli archi
sembrano formare i gradini di
una scala su cui il coro stesso,
cioè i credenti, sale al cielo. Il
recitativo del tenore dichiara
la disponibilità ad accogliere
il Signore e l’aria successiva,
in una intensa atmosfera pastorale su tre ottave vede l’alternarsi di tutta l’orchestra,
poi il violoncello solo, poi i
flauti traversi e infine gli archi
a dialogare con la voce del
contralto ad esprimere, dopo
aver salito passo passo i gradini verso il cielo iterando
formule, l’inesprimibile serenità che prova l’uomo di
fronte al suo creatore; quasi
come se ogni volta che ci si rivolge a Lui, Dio ci creasse di
nuovo. Il recitativo del basso
prepara il coro glorioso e intenso, che invoca solennemente, omofonicamente, la
pace su Israele. Christophe
Coi ha fornita una interpretazione un po’ distaccata, che a
tratti ha saputo estrarre una
intensa passionalità dall’Ensemble Baroque de Limoges.
I solisti Monika Frimmer (soprano), Barbara Hoelsl (alto),
Gotthold Schwarz (basso),
con una nota particolare il
soprano e il contralto.
Raccolta di firme a Siracusa
I credenti di fronte al debito
dei paesi poveri del mondo
ENRICO MALTESE
Lunedì l giugno, nella
splendida Sala Borsellino
del palazzo comunale, o Palazzo Vermexio, a Siracusa, si
è tenuto l’annunciato incontro sul debito estero dei paesi
poveri, per effettuare contestualmente una raccolta di
firme sul modulo «Jubilee
2000 Coalition» diffuso dalla
Federazione delle chiese evangeliche (Fcei) e da Sdebitarsi. L’incontro era promosso dalla locale Chiesa battista,
da una parrocchia cattolica,
dall’Istituto mediterraneo di
studi universitari (Imsu) e da
alcune organizzazioni di volontariato laiche e cattoliche.
Presentavano il tema il past.
Salvatore Rapisarda e il prof.
Elio Tocco. Subito ci si è resi
conto che le quasi sessanta
persone presenti all’incontro rappresentavano circa la
metà di quanti erano attesi
(colpa del caldo del pomeriggio? colpa dell’ora?).
Ci si è anche resi conto che
c’era poco da sensibilizzare
gli astanti sul tema, perché si
trattava quasi esclusivamente
di persone impegnate a favore
del paesi poveri o che più volte e in diverse sedi avevano
dibattuto il tema del debito. È
stata, comunque, come ha
detto il pastore Rapisarda,
un’occasione per ribadire la
proposta biblica del giubileo:
sovranità di Dio sulla Terra e
sua volontà di liberazione dei
popoli. Sempre dal punto di
vista biblico, è stata tratteggiata l’etica del dono, della
condivisione, della solidarietà, proprio sul modello di
Cristo che sa donare e sa anche farsi povero per arricchire
gli altri. Dal punto di vista
dell’etica sociale, ha proseguito Rapisarda, è iniquo pretendere la difesa del frutto del
proprio lavoro e del proprio
capitale mentre le leggi di
mercato, le leggi della finanza
sono tutte a favore di chi detiene il potere politico ed economico. Nuove priorità etiche
impongono che vi sia una soglia al pagamento dei debiti,
compresi gli interessi, e che la
soglia del debito inesigibile
venga definita a partire da parametri che non siano dettati
dal Fondo monetario internazionale o dalla Banca mondiale, bensì dalla capacità
produttiva dei popoli, senza
che questi e i loro territori
vengano sottoposti a sfruttamento intensivo, a privazione
della sovranità, a spoliazione
delle risorse, a tutto danno
degli investimenti per l’igiene,
l’alimentazione, la scolarizzazione, la democrazia.
Elio Tocco, già professore
di filosofia e ora animatore
dell’Imsu, ha evidenziato come l’indebitamento e la subordinazione dei paesi poveri all’Europa è una costante
della storia moderna. L’eurocentrismo ha dettato comportamenti (si pensi alle conquiste del continente americano o al colonialismo verso
l’India e l’Africa) e ha imposto una mentalità, quella della superiorità dei bianchi e
della superiorità della cultura di matrice cristiana. In
Nel n. 26, a pag. 4, nell’articolo sulle cantate di Bach per
l’Ascensione, un salto di riga
ha reso incomprensibile un
passaggio all’inizio della terza colonna. Il testo corretto
prevede che dopo il titolo del
coro conclusivo della Cantata Bwv 44, si legga: «La Cantata Bwv 11 Lobet Goti in seinem Reichen (lodate Dio nei
suoi reami)...».
VENI
quest’ottica distorta, o
parte, si è pronti a stigmi
tizzare i comportamenti dei
altri (fanatismo o fondante
talismo), ma non ci si accon
degli scheletri nel proprio j
madio. Se è impossibile
venire il corso della storia,!
proseguito Tocco, è necess
rio comprendere che cej
comportamenti considera
«deviati», frutto di questa m
stra società europea e anieii
cana (si pensi alla violeni
minorile, o all’uso che i giovi
ni fanno delle armi) non so®
necessariamente delle ecce
zioni, ma tendono a diventan
una costante. Anzi, la nostri
società si muove adottandi
modelli deviati.
Elemento sintomaticoe
preoccupante è che i giovani
non hanno più la dimensione
del tempo; la sua tridimensionalità (passato, presentee
futuro) si è consustanziataiii
un «eterno presente». Questo
ha significato la perditadel.
la memoria, quindi l’assei.
za di identità, nonché H|.
possibilità della sperami,
Un’inversione di tendenza,
come quella che prende corpo nell’idea dell’azzeramento
del debito dei paesi poveri,
diventa un salutare elemento
di «turbamento» che puòreintrodurre la speranza,In
questo è una questione ck
«ci conviene», perché poneil
centro del nostro agire orientamenti nuovi, non più Fanre ma l’essere, e operaafii- I
ché la parte povera delnon-1
do non sia una fabbricai!! disperati e un luogo in culscaiicare le violenze e i bassi istinti
delle società occidentali, mi
diventi un mondo di sviluppi
e di convivenza pacifica, ca,
pace di portare validi contri
buti per una società nuova,
Nel dibattito che si è su
lappato Stefano Formenti,»
sponsabile della coopérât '
ne decentrata del Comuifi
Siracusa, ha evidenziatoti«
con l’azzeramento del deiito
bisognerà pensare ancheaio
sviluppo dei paesi poveri,
bandonando l’idea dell’assi;
stenzialismo, si trattetàiï
parlare di cooperazione
sviluppo, cioè di partenaiia®
tra paesi ricchi e paesi pov®
che sia rispettoso delle radio
culturali dei popoli, delle risorse e delle vocazioni economiche locali, che mettali
atto una reciproca con«
nienza nelle relazioni intoj'
nazionali, abbandonando !*,
logica dell’interesse unilat*
raie del più forte.
Secondo il dr. Tati SgarW
animatore di Ad Gentes, il dibattito ha costituito un’occi
sione per rilanciare l’iniF
gno democratico, di solidi
rietà e per la giustizia di tutti
le forze presenti. Sgarlata jn
sottolineato che la sensibili^
zazione sui grandi temi
mirare tanto al coinvolgi
mento del grande pubbW
quanto al coinvolgimento <
quanti assolvono a cornpW®
rappresentanza: ammin'Sl'
tori locali, deputati région®,
deputati nazionali e depu®
al Parlamento europeoraccolta delle firme, monto
to fattivo dell’incontro,
dato i risultati sperati.
dUto
abbonamenti 1999
L, lO.OO®
l’ 20.00Ö
L, 20.00^
interno
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postale n. 46611000 intes
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IPS;-!, Dal19 al 21 giugno si è svolto a Santa Severa l'incontro dei pastori battisti
Quando ¡ pastori si raccontano
// tema della spiritualità è stato affrontato partendo dalla propria vita e esperienza
di fede, attraverso il raccontare e il raccontarsi si supera la «solitudine pastorale»
spiritualità, una categoria antropologica oppure teologica?
PAG. 5 RIFORMA
ANNA MAFFEI
SPIRITUALITÀ è una categoria antropologica o teologica? La spiritualità è l’azione di Dio in noi (Grazia-dono) 0 è la ricerca di Dio da
parte nostra o ancora è una
sorta di disciplina da curare?
La spiritualità è il mistico incontro fra divino e umano
che si modellano reciprocamente 0 semplicemente è sinonimo di vita cristiana e
rappresenta i modi con cui la
fede cristiana si manifesta
nella vita concreta dei credenti o delle comunità? C’è
una maniera laica di intendere la spiritualità, come ricerca
di unità psico-fisica per ciascun individuo, qualsiasi sia il
suo credo religioso o si tratta
di un concetto comprensibile
solo a partire dalle fedi?
L’incontro, promosso dal
Consiglio del collegio pastorale battista sul tema appunto della spiritualità, svoltosi a
Santa Severa dal 19 al 21 giugno, ha cercato prima di tutto di definire una categoria
che per molti aspetti è appar
sa estranea alla nostra tradizione. Non so se i circa 28 pastori battisti presenti siano
alla fine riusciti ad accordarsi
su una definizione comune
di spiritualità certo è che, indipendentemente da questo,
il convegno ha rappresentato
un’occasione preziosa e finora molto rara per i pastori di
raccontare e raccontarsi. La
testimonianza a partire dalla
propria vita ed esperienza di
fede è stata al centro dell’intero incontro, anche delle
quattro relazioni principali
che hanno cercato di declinare spiritualità al femminile
(Silvia Rapisarda) o di coniugarla con laicità (Paolo Spanu), dolore (Massimo Aprile),
arte (Lidia Giorgi).
Perché questo bisogno di
partire da noi? «I pastori sono
quelli che normalmente ascoltano le storie delle persone della loro comunità - ha
detto Raffaele Volpe, presidente del collegio pastorale
battista - ma in genere non
hanno la possibilità di raccontare di sé agli altri». Quello della solitudine, parados
salmente, pur vivendo in
chiesa alla presenza di tante
persone, è spesso una componente della vita spirituale
dei pastori. Ecco perché la
condivisione di qualcosa delle «nostre» storie è stata in
questi tre giorni così importante. Alcuni hanno con
commozione raccontato per
la prima volta come il Signore li aveva incontrati e come
si erano sentiti o sentite chiamate al ministero pastorale e
vi avevano risposto. Altri
hanno parlato di un’esperienza radicata nel passaggio
da fede a fede alTinterno di
una famiglia di credenti. Altri
ancora hanno condiviso l’importanza di più conversioni
nel corso della propria -vita di
fede. Tutti hanno valutato
rincontro come un dono reciproco e si sono rammaricati che non tutti i pastori e le
pastore del collegio erano
presenti per goderne.
Intrecciato al racconto e alla condivisione di percorsi individuali di fede anche il tentativo collettivo di analizzare
e di comprendere che cos’è
questa richiesta di spiritualità
che appare caratterizzare il
momento attuale. Il lavoro
dei gruppi si è mosso spesso
fra i due estremi, ossia fra il
rifiuto di ricerche di spiritualità tese ad appagare un bisogno individualistico e borghese che colmi enormi vuoti esistenziali e, dall’altra parte,
raccoglimento della sfida che
proprio tale bisogno ci pone.
Gesù, è stato detto, non ha
avuto paura di essere «di moda», utilizzando modelli e categorie diffuse nel suo tempo,
per poi al momento opportuno rovesciarle e riempirle di
contenuti totalmente diversi.
D’altra parte come non sentire il grande disagio di entrare
in un’ottica da supermercato
delle fedi, seguendo la logica
della realtà più accattivante e
adatta al bisogno. In questa
irrisolta tensione, la sfida. Insieme a quella di proporre
con semplicità una fede essenziale alTinterno di una comunità che «si accorge di te»
e che non perde, nel bisogno
di mischiarsi all’esistente, tutto il suo sapore.
Presenza di Dio
e spiritualità
al femminile
La presenza di Dio nella
mia vita è stata per me sin da
piccola una certezza. Ricordo
che, sentendo i missionari
nordamericani parlare della
data della loro conversione,
10 mi sentivo mancante di
qualcosa. Non c’era stato un
giorno nella mia vita, almeno
di quelli che mi ricordavo, nel
quale avevo ignorato la presenza di Dio. Così chiudevo
gli occhi e tentavo di negare
l’esistenza di Dio. Volevo negarla per poi essere folgorata
dalla scoperta della sua esistenza. Il tentativo non è mai
riuscito perché io percepivo
la presenza sorridente di Dio
accanto a me che mi diceva:
«Anche se chiudi gli occhi sai
benissimo che sono qui».
Questa presenza costante e
scontata assumeva un volto
3ll’interno della vita vissuta in
comunità. Da piccola per me
11 momento in cui con più intensità percepivo la presenza
di Dio era il momento del1 agape. Lì nella gioia dello
stare insieme, con semplicità
c allegrezza, Dio era tangibile
c riconoscibile. Lì, nelTalter•tarsi di spiritual e canti politici. di inni di chiesa e canti popolari, Dio era presente e mi
ttisegnava che l’amore che ci
offre, in nome del quale ci
chiama a vivere, è un amore
t^he ci chiama a un impegno
spelale, a una presa di posizione politica, a uno schierattiento dalla parte di chi è ai
tpargini, di chi è sopraffatto.
D ho imparato che l’amore di
Dio coincide con la giustizia,
0 che l’amore che non miri
affermazione della giustizia è un sentimento falso e
ippi^omo... Devo al contesto
®11 interno del quale ho conosciuto Dio e intrapreso il mio
Porcorso di fede la consapevolezza che Dio è sì Dio dei
^oghi altissimi, ma anche
IO che, come recita lo spiritual afroamericano, cammina
on noi tra gli affanni e i perioh. e ci chiama a essere collaoratori e collaboratrici per la
oalizzazione del suo progetpti ol amore e giustizia per
‘umanità.
(dalla relazione
di Silvia Rapisarda)
Il dolore tra ponti sospesi e arcate spezzate
Sono debitore ad André
Neher nel «L’esilio della parola» (ed. Marietti, 1983) per
l’immagine dei ponti sospesi
e delle arcate spezzate. L’immagine del ponte sospeso è
sviluppata in un capitolo in
cui l’autore parla del nesso
tra la promessa divina e il suo
adempimento. Il ponte gettato tra queste due realtà è
quello della vita spirituale di
ogni credente che migra, sospinto dalla promessa verso il
suo adempimento. Il ponte
però oltre che essere metafora di congiungimento fra le
sponde è anche immagine
della precarietà: esso è in larga misura sospeso. Solamente la serena fiducia nel suo
fermo ancoramento può aiutarci ad attraversarlo anche
in mezzo alle difficoltà.
Nelle situazioni di dolore di
persone che ho incontrato,
ho cercato talvolta di accompagnare e ascoltare il travaglio esistenziale del pellegrino. In molte circostanze anche di difficoltà grave, per
lutto o per ragioni di salute
ho ricevuto la testimonianza
di uomini e donne la cui fede
nel profondo ancoraggio del
ponte era incrollabile. L’esperienza di accompagnamento di tali credenti non è
stata particolarmente difficile, anzi in molti casi sono stato profondamente edificato
dalla loro testimonianza.
Ha sicuramente più affinità
con la mia spiritualità l’esperienza, più comune, di tante
persone, anche di fede, che
vivono nel dolore la necessità
di una destrutturazione e ristrutturazione della loro fede
e spiritualità. Dio interviene?
Se non lo fa, perché? Perché a
me sì e all’altro no? C’è uno
sbocco? Mi ascolta? È muto?
Posso fidarmi? Che cosa ho
fatto di male? Tutte domande
espresse anche in maniera e
con intensità diverse che interrogano Dio fino, a volte,
ad accusarlo. La loro spiritualità è come l’attività di un
vulcano: fatta di esplosioni,
di eruzioni, terremoti e colate
laviche, sempre in movimen
to. Non è difficile rimanerne
ustionati e qualche volta si rischia di esplodere insieme all’altro. Questo accompagnamento si compie nella ricerca
della verità. L’ammalato non
finge e non accetta recitazioni fatte con pietose bugie.
Può essere l’esperienza di essere giunti sul ciglio di un’arcata spezzata. L’accompagnamento spirituale di queste persone è molto più difficile. A volte non si può fare
altro che sedere con loro sul
ciglio dell’abisso, ascoltare e
attendere una parola capace
se accolta di ricreare nella fede il ponte distrutto.
(dalla relazione di Massimo
Aprile su «Spiritualità e dolore»)
Il ponte di Mestar prima della sua distruzione nel corso della guerra
L'esperienza dell'incontro in cucina
«Sono qui, al tavolo di cucina e mentre sorseggio una
limonata e prego Dio nel silenzio del mattino... guardo
la sedia a fianco. Quella sedia, il posto di mio figlio
quando mangiamo insieme
noi, famiglia, intorno a questo tavolo bianco. Teatro di
tante azioni e battaglie... ieri
i colori, le matite, i fogli e i
pasticci di bimbi incompresi,
sofferenti e poi la sera l’impasto giocoso della pizza e
del pane.
Questo tavolo e queste sedie sono anche lo “studio pastorale”... Quante persone si
sono avvicendate, si sono sedute su quella sedia. Rivedo i
loro volti, gioiosi, tristi, piangenti mentre narrano le loro
storie, si agitano, sperano e
disperano, implorano, scrutano nel vuoto... sorseggiando il caffè, il tè, la tisana ai
frutti che ho loro offerto... e
parlano, parlano...
A volte fra i singhiozzi. E
sono spesso donne: “Perdonami, non volevo importunarti ancora, ma non ce la
faccio più. Tu forse sai il numero di telefono al quale si
rivolgono coloro che vogliono suicidarsi... Le cose stanno precipitando... Scusami,
per ora ti ringrazio di avermi
ascoltata”.
“L’altro giorno piangevo e
dicevo a mio figlio: Non puoi
vivere con me, non ti posso
dare niente se non il mio malessere... Le medicine non ri
solvono niente, sono stampelle... Oh se non avessi più
pensieri negativi... Ho voglia
di una mamma e di un papà!
Prega per noi, per la mia guarigione... Non so...”
“Ho conosciuto solo un
Dio severo, giudice, ho avuto
due genitori molto severi che
ti toglievano il loro affetto
quando sbagliavi...”
Parlano, parlano... e aspettano da me qualcosa... ma io
non posso dare loro niente...
se Tu Signore non doni prima
a me, se non mi riempi del
tuo amore, della tua saggezza, della tua pazienza, del tuo
Spirito Santo».
(da una pagina di diario che
Lidia Giorgi ha voluto condividere al convegno pastorale)
C'è qualcun altro
che se ne vuole andare
Ha parlato di pane della vita, superiore a qualsiasi pane
quotidiano, perfino alla manna miracolosa del Sinai, ha
sfamato la gente, ha parlato
della necessità di mangiare la
carne del figlio dell’uomo e di
bere il suo sangue. Udito ciò
molti discepoli dicevano;
«Questo parlare è duro, chi lo
può capire?» C’è qualcun altro che se ne vuole andare?
Per tutti ho tradito le speranze? «Credevamo che fosse lui
a darci la libertà, a farci uscire
dalla schiavitù romana come
Mosè dall’Egitto. Credevamo
in una terra dove scorre latte
e miele. Abbiamo lasciato casa, famiglia, sicurezza. Abbiamo venduto i nostri beni, ma
il suo tesoro si è rivelato di
latta, moneta fuori corso...
No, non è facile voltar le spalle e riconoscere che abbiamo
sbagliato a fidarci di lui».
C’è qualcun altro che se ne
vuole andare? «Signore, scusami, pensavo di farcela, ma
ho delle responsabilità. Venir
dietro a te sarebbe perfino
comodo. Non è la famiglia il
prossimo più prossimo?».
«Scusa anche me. Le tue parole mi ammaliano ma non
riesco a viverle. Ho provato,
ho anche cercato di fingere
quando proprio non riuscivo,
ma era peggio. Io sperimento
questa incocrenza e tu, invece di aiutarmi, alzi il tiro?
Non solo coerenza etica che
ricerco e non raggiungo, ma
una comunione dove saltano
le frontiere fra l’io e il tu. Come posso mangiarti e nutrirmi di te? Questo linguaggio è
osci o. Il mondo ha fame di
pace, iiL della tua carnei».
C’è qualcun altro che se ne
vuole andare? «Non ci esorti
a restare, Signore, non ci
chiedi di resistere? Sembra
che non desideri altro che vederci inciampare e gettare la
spugna. Se mi avessi chiesto
di restare anche senza capire,
sarei rimasto, per affetto. Se
mi avessi dato tempo...tu e i
tuoi salti nel vuoto... ».
C’è qualcun altro che se ne
vuole andare? «Signore, molti
sono andati via, noi siamo rimasti. Non sei proprio solo.
Ma perché ci tratti con severità? Ci dici che il diavolo, colui che di\dde, non è solo fuori nel mondo ma addirittura
fra noi, fra coloro che non ti
hanno lasciato. No, non siamo rimasti per pietà. I tuoi
discorsi sono oscuri, ma sappiamo che qui con te c’è
qualcosa di vitale, qualcosa
che non comprendiamo appieno che ci affascina e ci terrorizza assieme. C’è qualcosa
per cui vale la pena vivere e
rischiare la vita. Da chi andremmo noi se perdiamo te?
Chi come te sa suscitare in
noi la passione per la vita
piena, in abbondanza? Da chi
andremmo noi? Tu solo hai
parole di vita eterna».
La terra promessa non mi
interessa più, i miei desideri
tacciono. Non desidero che
te. Esco da me come Abramo
che ha lasciato la sua terra
senza garanzie, senza sapere
dove andava. Signore, non so
dove dimori, ma voglio offrirti la vita. Ho bisogno di te, del
tuo pane, della tua acqua,
delle tue parole di vita eterna.
(da una meditazione di Lidia
Maggi su Giovanni 6, 66-71)
Bibbia e contemplazione
Ci sono testi della Bibbia
così noti, almeno a noi credenti, per cui sembra che ormai non abbiano da comunicarci niente di nuovo, oppure
siamo forse tanto stupiti dalla
loro bellezza da esitare di
esplorarne le inesauribili ricchezze quasi per paura di
sciuparli, di toccarli ed esserne toccati. Ma dinanzi a un
testo biblico ci si dovrebbe
trattenere così come i cultori
dell’arte si soffermano davanti a un dipinto. «Sta in silenzio davanti alTEterno e aspettalo», dice il salmista. Meditare la parola di Dio non dovrebbe mai consistere nel leggere frettolosamente, do-vrebbe significare invece rimanere in contemplazione in mo
do che ogni parola si illumini
per noi e tragga fuori il suo
tesoro. E noi siamo così non
solo stupefatti e affascinati
ma edificati, nutriti, dissetati!
Quando lasciamo che il testo
ci interpelli, quando lo contempliamo in preghiera, la
Parola si fa vera, si attualizza
proprio per noi, ci accompagna, diventa parte del nostro
cammino spirituale... e così
impariamo a «vedere» e conoscere meglio Dio. È una ricerca del cuore... È l’opera
dello Spirito Santo.
(dalla relazione di Lidia Giorgi)
m mmtUmcm
cÊaudÊana
via Principe Tomaso, 1 - Torino
011 -6689804 - fax 011 -6504394
6
VENERDÌ 9 LUGLIO 1999
Nello stadio per il culto finale
Le chiese italiane
al «Mercato delle possibilità
»
LUISA NITTI
\ LLA grande festa del Kir.¿^chentag erano presenti
anche le chiese italiane: al
«Mercato delle possibilità»,
con uno stand informativo sull’attività diaconale e le
opportunità di volontariato
presso le opere e le chiese in
Italia, e alla Friedenskirche, la
comunità situata nel centro
di Stoccarda che quest’anno
ha ospitato il «Waldenserzentrum» («Centro valdese»).
Una presenza, quella italiana,
che è andata crescendo negli
anni, ed è sempre di più un’
occasione importante per
raccontare la storia e le prospettive di una realtà significativa di minoranza come
quella protestante in Italia.
Il pastore Giuseppe Platone di Torino (che è membro
del Comitato del Kirchentag
e ha organizzato la presenza
italiana a Stoccarda) ha tenuto uno dei culti di apertura, in italiano, sul versetto
scelto per l’edizione di quest’anno: «Voi siete il sale della terra, una parola di Gesù
coraggiosa, che dà speranza
per ü futuro e ci chiama a vivere nel presente», ha detto il
pastore Platone. Il sale, ha
proseguito, è un elemento
che conserva, ma allo stesso
tempo, per dare sapore, deve
potersi sciogliere nel mondo.
Due studi biblici sono stati
curati durante il Kirchentag
dal prof. Paolo Ricca, della
Facoltà valdese di teologia di
Roma, e dalla pastora Letizia
Tomassone di Verona; il primo in lingua francese, il secondo in italiano, tutti momenti che hanno qualificato
la presenza italiana a Stoccarda e, afferma il pastore
Platone, «mostrano che il
Kirchentag si apre sempre di
più a una dimensione europea e internazionale».
Il «Centro valdese» ha ospitato una mostra fotografica
di Gustavo Alabiso sulla realtà protestante italiana e
una mostra sul 300° anniversario della presenza valdese
in Germania. Su questo stesso tema si è svolta una conferenza del prof. Albert De Lange, che ha ricostruito la vicenda dei 3.000 valdesi che
nel 1699, espulsi dal Piemonte dopo la revoca dell’Editto
di Nantes, fondarono una
ventina di colonie nell’Assia
del Sud e nel Württemberg.
«Quei valdesi che alla fíne del
’600 furono costretti a lasciare le proprie terre e raggiungere la Germania, probabilmente furono davvero il “sale” della terra in cui si insediarono», ha detto il prof. De
Lange in un’intervista rilasciata alla rubrica «Protestantesimo» (Rai2).
«Siano soddisfatti di questa partecipazione al Kirchentag - ha affermato ancora il pastore Platone -; la Friedenskirche ci ha aperto le
sue porte con grande calore e
spirito fraterno». La storia
valdese è stata efficacemente
raccontata anche attraverso il
canto: la corale di Villar e
Bobbio Pollice ha tenuto due
concerti, oltre a partecipare
al culto di Santa Cena che si è
svolto venerdì 18. Il «Waldenserzentrum» ha inoltre gestito un piccolo ristorante italiano: anche questo è stato
un luogo di incontro e di
scambio sulla realtà evangelica in Italia. Ai numerosi visitatori i volontari tedeschi e
italiani hanno offerto pasta e
storia valdese, Bibbia e vino
siciliano.
Lo stand degli evangelici italiani
200.000 partecipanti al 28° Kirchentag evangelico tedesco tenutosi a Stoc
«Voi siete il sale della terra»^ Timpegno
«Noi siamo il sale, non la marmellata o lo champagne del mondo - ha detto ^
di tutto addolcire e tutto festeggiare, ma è quello di preservare l'umanità da ogni[
Tante idee e tanti incontri in un'esperienze unica
GIUSEPPE PLATONE
UN appello a superare ogni forma di
conflitto violento ha chiuso, domenica 20 giugno, nello stadio GottliebDaimler, davanti a 70.000 persone, il
Kirchentag (Kt) evangelico tedesco,
giunto a Stoccarda alla sua 28° edizione.
Un programma di 576 pagine con 2.300
diverse iniziative per un totale di 7.000
ore e pari a 291 giornate non si racconta
in un articolo, bisogna viverlo.
È un grande corso di aggiornamento
su temi scottanti dibattuti dai più brillanti teologi del nostro tempo ma anche
dalla gente, specialmente dai giovani.
La questione biblica della Santa Cena,
per noi presentata da Paolo Ricca e Letizia Tomassone, ha suscitato vivo interesse, e alla sera in 200 chiese cittadine
si è celebrata la cena del Signore: una
cena che non copriva i conflitti ma li
metteva in confronto in un’effettiva
pluralità. Un esempio: alcuni fondamentalisti hanno protestato perché in
alcune chiese durante la Santa Cena sono comparsi rappresentanti di altre religioni con i loro simboli. Altro esempio: l’associazione religiosa israelitica
del Württemberg si è rifiutata di svolgere incontri con i cristiani perché nel
«Mercato delle possibilità» (una «fiera»
delle iniziative evangeliche) appariva
anche uno stand dei cristiani che vogliono convertire gli ebrei.
Ho partecipato a uno dei dibattiti sul
dopo-Kosovo, e anche qui protesta
perché mancava fra gli invitati un generale della Nato. Pensavo che il Kt è
nato proprio come reazione al disastro
umano e morale della seconda guerra
mondiale. Il Kt ha voluto insegnare il
linguaggio della pace, un linguaggio
che deve oggi attraversare i grandi luoghi di conflitto. Il Kt che rappresenta
forse ciò che le chiese evangeliche vorrebbero essere: realtà senza fisionomie
troppo rigide. Perciò il Kt è anche liberazione delle chiese. Per una volta, una
settimana ogni due anni, si può costruire un grande laboratorio dove finalmente sperimentare, davanti a migliaia di persone, se si sta andando nella giusta direzione. Certo, l’esperimento è costato l’equivalente di 22 miliardi,
non rimane niente di fisicamente fruibile, se non il librone che tra qualche
mese riprodurrà i discorsi più significa
tivi. Ma si è investito per la pace, in
creatività, in esperienza.
Molti di questi ragazzi e ragazze non
dimenticheranno ciò che hanno sentito e vissuto. È un mercato delle idee,
degli orientamenti. E per navigare in
questa gamma di possibilità Lutero torna d’attualità: una Bibbia in mano e nel
cuore alcune ferme convinzioni, la libertà del cristiano di ricerca e di fede, il
primato della coscienza, la salvezza
gratuita e coinvolgente di Dio, un’etica
della responsabilità e non della sottomissione. Il valore del Kt sta anche nella capacità di accoglierlo. Prima di tutto una città che si mette a disposizione:
per l’occasione molte scuole chiuse,
migliaia di famiglie che hanno messo a
disposizione uno o più letti per cinque
giorni, concerti e dibattiti in tutti i luoghi pubblici. E Stoccarda è stata all’altezza. Questa volta poi il tutto ha coinciso con i festeggiamenti del 300° anniversario della fondazione delle colonie
valdesi in Germania. Così nell’unica
città tedesca che ha una chiesa evangelica di lingua italiana, anche per noi
l’esperienza continua.
Il Kirchentag ha cinquantanni ma non li dimostra
PAOLO RICCA
Kirchentag è una parola tedesca difficile da tradurre in altre Ungue (italiano
compreso) perché descrive
un evento che ha luogo solo
in Germania e non ha equivalenti in alcun altro paese
d’Europa o del mondo: non
c’è la parola nelle altre lingue
perché non c’è la cosa. L’
evento chiamato Kirchentag
ha cadenza biennale e raccoglie 100.000 persone circa, di
ogni ceto, di ogni tipo e di
ogni orientamento, ogni
volta in una città diversa
(nel ’97 fu Lipsia, quest’anno
è stata Stoccarda, nel 2001
sarà Francoforte), per quattro
giorni pieni, dal mercoledì
pomeriggio alla domenica a
mezzogiorno, con un programma fittissimo e ricchissimo, persino sovrabbondante,
tanto che l’imbarazzo maggiore, ogni giorno, è quello
della scelta. Si vorrebbe sempre essere in più posti allo
stesso tempo.
Il programma, unificato da
un tema centrale svolto in
mille modi diversi (verbali,
musicali, simbolici, figurativi
e gestuali: quest’anno era la
parola di Gesù ai discepoli:
«Voi siete il sale della terra»),
e scandito dagli studi biblici
quotidiani tenuti tutti alla
stessa ora (dalle 9 alle 10,30),
sugli stessi testi comunicati
con largo anticipo e per tutti i
partecipatiti, abbraccia tutti
gli aspetti della vita umana,
vista e descritta nell’ottica
della fede e della testimonianza cristiana. Teologia a
tutto campo nelle sue varie
tendenze (da quelle più radicalmente innovative a quelle
più tradizionali e «conservatrici»); etica presentata e discussa non nei suoi principi
generali astratti ma nel concreto di questioni complesse
e altamente controverse; politica dal vivo sui temi cruciali del momento esposti dai
loro stessi protagonisti con
molti testimoni oculari; cultura nel senso più impegnato
ma anche meno ideologico
del termine; arte in tutte le
sue espressioni (dalle arti figurative al cabaret umoristico-satirico, dalla musica
classica a quella rock, i mille
modi di fare teatro, e così
via); culti nelle forme più
svariate (dalla Cena del Signore come viene celebrata,
poniamo, dai Fratelli Moravi
al canto dei Vespri secondo
la tradizione ortodossa; dal
culto per i ciechi a quello per
i sordi, e così via), mille diverse occasioni di preghiera e
manifestazioni di pietà, luoghi e momenti di silenzio,
meditazione, raccoglimento
personale e comunitario.
Tutte queste reaità e molte
altre ancora (il programma di
quest’anno è un volumetto
formato Oscar Mondadori di
oltre 500 pagine!) sono di casa al Kirchentag, non però separate le une dalle altre, e
neppure confuse una nell’altra, ma in intimo rapporto tra
loro, e tutte collegate, in maniera più o meno diretta, con
il tema centrale e, comunque, con l’obbiettivo generale del Kirchentag che è di
mettere in comunicazione
chiesa e società, fede e vita
quotidiana, invitando i cristiani non solo ad affrontare
ma anche ad ascoltare e decifrare la realtà del nostro
mondo e lì, nel cuore del
«vissuto» della nostra generazione, reimparare a sillabare
la parola evangelica e a inventare il gesto cristiano necessario. Il Kirchentag non si
svolge nelle retrovie dell’accampamento cristiano ma in
prima linea, «sulla linea di
confine» tra chiesa e mondo,
tra fede e storia; è il luogo più
rischioso ma anche più fecondo per l’esercizio della fede e per la pratica della testimonianza cristiana. È, più o
meno, il progetto di Leonard
Ragaz e di tanti altri con lui e
come lui: «Servire Cristo all’aria aperta».
A Stoccarda il Kirchentag
ha compiuto cinquant’anni
ma non li dimostra. Ne dimostra molti di meno. Non tanto perché un terzo circa dei
partecipanti è costituito da
giovani quanto perché questa straordinaria manifestazione cristiana ha trovato fin
daH’inizio la formula per non
invecchiare. Qual è? E quella
adottata fin dal primo Kirchentag (allora si chiamava
«Settimana evangelica»),
convocato ad Hannover nel
1949 da Reinhold von Thadden-Trieglaff: «Chiesa in movimento». Il Kirchentag è appunto questo, da cinquant’
anni a questa parte: chiesa in
movimento, cioè cristiani che
non s’accontentano di ripetere le cose del passato ma le
vogliono ripensare e rivivere,
trovando forme e contenuti
nuovi per dire, vivere e testimoniare la fede evangelica di
sempre. Chiesa in movimento in tutti gli ambiti della sua
esistenza: nel culto come
nell’iniziativa politica e sociale, nel dialogo con la cultura come nella progettazione ecumenica.
Chiesa in movimento: è
senza dubbio questo il segreto della sorprendente giovinezza del Kirchentag. Tutto
ciò che nella chiesa o ai suoi
margini è cristianamente significativo, suggestivo, innovativo, trova posto al Kirchentag. Vi trova posto anche
tutto ciò che è controverso,
discusso e discutibile. Vi trova anche posto tutto ciò che è
tradizionale, familiare, collaudato nel tempo, la voce
della fede delle generazioni passate. Così, in questa
«chiesa in movimento» che è
il Kirchentag, nessuno è spaesato anche se tutti sono aiutati a uscire dalle varie forme
di immobilismo.
C’è un secondo motivo che
spiega perché, con il passare
degli anni e dei decenni, il
Kirchentag non invecchia. Il
motivo è questo: il Kirchentag è chiesa convocata e radunata (lo rivela il nome stesso: Kirche in tedesco significa
«chiesa»), ma non è chiesa
ufficiale, è autonoma rispetto
agli organi direttivi delle
grandi chiese territoriali. È la
chiesa dei laici più che dei
vescovi. Gli stessi teologi, che
vi partecipano in gran numero (anche i «grandi nomi»,
da lürgen Moltmann a Dorothee Solle, da Heinz Zahrnt
a Gerd Theissen, da Walter
Hollenweger a Konrad Raiser
e via dicendo, sono regolarmente presenti) affrontano
temi, problemi e domande
poste dai laici, non da loro.
Sono i laici, insomma, che
fissano l’agenda della manifestazione. Va da sé che la
chiesa ufficiale è presente e
collabora lealmente, ma non
è lei che dà il tono al Kirchentag né che ne determina i
contenuti.
In sostanza il Kirchentag è
una creazione tipica del protestantesimo, ne rispecchia
bene l’anima, ne incarna fedelmente lo spirito. I principi
che regolano il suo funzionamento e gli conferiscono la
sua inconfondibile fisiono
mia sono cinque. In primo
luogo la libertà: al Kirchentag
c’è posto per tutti, non d sono censure o scomunicò
pregiudiziali; anche i gruppi
che lo contestano apertamente (perché, secondo loro,
troppo pluralista, troppo «liberale», troppo mondano, e
così via) possono farlo (e lo
fanno!) al suo interno stesso,
In secondo luogo la creatività: il Kirchentag è uno
straordinario serbatoio di |
idee originali per il rinnovimento della chiesa, del sffl
culto e della sua testimonian- ■
za nel nostro tempo. In terzo
luogo la laicità: vivendo il
Kirchentag si attraversano
continuamente i confini tra
chiesa e mondo, Bibbiae
quotidianità, ambito religioso e ambito profano, senza
mai uscire daìl’orizzonte della fede. In quarto luogo Io biblicità: il Kirchentag, Ì’abbiamo detto, è straordinariamente variegato, variopinto,
molteplice e multiforme ma
celebra la sua unità profonda I
e qualifican-te ogni mattina,
dalle 9 alle 10,30, quando! |
100.000 partecipanti si rac- j
colgono, in tanti luoghi, contesti e modi diversi, intorno
alla stessa parola biblica, |
l’ascoltano, la ricevono, la
meditano.
Il Kirchentag affonda le sue
radici nelle Scritture dell’An-1
tico e del Nuovo Testamento: |
da lì sale la linfa che lo fa vj- j
vere e prosperare. Infine la |
festa: il Kirchentag è ogni voita una festa. È la festa dell’im
contro fraterno, di cui parla a
Salmo 133. È la festa della co-1
muntone cristiana che si dilO' |
ta oltre tutti i confini. È la fO' (
sta della musica e del canto
della fede che risuona per p
strade e nelle piazze delia
città. È la festa, davvero un>'
ca, del cullo finale nel grand«
stadio cittadino dove i centomila cantano insieme (ac
compagnati da mille e più ottoni) la lode di Dio, ascoltao
la sua Parola letta e ptodica
ta, celebrano nella gioia
Cena del Signore e si danno
appuntamento («se Dio vor
e noi vivremo» si legge su
schermo gigante, sul 9ua ® j
solito compaiono i risult
delle partite di calcio) per
prossimo Kirchentag: Fra
coforte 2001, il primo del 3
millennio. Il secondo, n
2003, avrà luogo a Berlinosarà ecumenico.
SpedizH
art. 2 co
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rt2 comma 20/B legge 662/96 - Filiale diT orino
fn caso di mancato recapito si prega restituire
al mittente presso l’Ufficio PT Torino CMP Nord.
L’Editore si impegna a corrispondere il diritto di resa.
Fondato nel 1848
GIORNATE DI FESTA ALLA CASA DELLE DIACONESSE — Ancora una volta, con l’estate, è arrivata la
festa alla Casa delle diaconesse: da solo un anno gli ospiti
sono ritornati nella sede di viale Gilly a Torre Pellice dopo
la parentesi trascorsa all’Hòtel du Pare in coincidenza con
i lavori di ristrutturazione. Varie giornate di festa con e per
gli ospiti: parenti, amici, membri delle comunità locali
hanno voluto visitare le mostre, gli stand e gli spazi allestiti nel bel parco, partecipare agli incontri, giocare e ballare
grazie ai musicisti che sono stati ospiti della struttura per
qualche ora, offrire anche in modo tangibile un segno di
solidarietà al lavoro della Casa delle diaconesse con la partecipatissima sottoscrizione a premi.
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VENERDÌ 9 LUGLIO 1999 ANNO 135 - N. 28 LIRE 2.000 - EURO 1,03
Lo hanno arrestato. Lo conosco fin da quando eravamo bambini e non mi sembra veramente un delinquente. Ma lo hanno arrestato lo
stesso. È stato un arresto facile. 1 delinquenti sono più difficili da catturare. Lui lo hanno arrestato perché aveva delle armi non denunciate. Gli
mancava qualche carta bollata. Il possesso delle armi, se si
ha, come aveva lui, il permesso di porto d’armi, non è reato. Reato è la mancanza del
papiro giusto. Se è vero che
non aveva denunciato tutte le
armi in suo possesso, certamente ha fatto male. Ma se
aveva quelle armi, non credo
che se le fosse fabbricate da
solo. Chi le aveva fabbricate e
vendute, invece, non è respon
L'ITALIA E LE ARMI
IL CACCIATORE
CLAUDIO TRON
sabile. Lo stato ha avuto per
lungo tempo il monopolio della vendita del sale. Quello del
commercio delle armi, mai. E
sempre stato lasciato alla libera speculazione privata. Per
questo l’Italia è tra i maggiori
fabbricanti mondiali non solo
di armi da caccia, ma anche di
armi da guerra. Inoltre, se sono bene informato, l’immissione di nuove specie cacciabili, oltre a un impatto am
bientale ed economico fortemente negativo per la montagna, ha anche causato un forte
incremento del commercio
delle armi da caccia. Mio zio,
se ricordo bene aveva un solo
fucile, che gli serviva per la
cattura di tutte le specie allora
presenti sul territorio. Poi c’è
stata l’immissione più o meno
clandestina di cinghiali, caprioli, cervi, mufloni. E allora
per ogni tipo di caccia serve
un’arma diversa. Le fabbriche
di armi si devono essere fatte
tanti di quei soldi, con la benedizione della legge, che
nessuno può immaginarlo.
Ma hanno arrestato il mio
amico, che una parte di quei
soldi li ha tirati fuori, forse
anche a prezzo di sacrifici,
perché mi pare che il prezzo
delle armi sia piuttosto elevato. Ha fatto dei sacrifici per la
sua passione di cacciatore. E
adesso lo hanno arrestato, lui,
l’ultima pedina di un gioco in
cui la complicità dello stato
dovrebbe far vergogna se ci
fosse democrazia vera e se
l’Italia ripudiasse davvero
non solo la guerra (intanto
non fa neanche quello) ma
anche la speculazione dell’industria delle armi.
Regione Piemonte
Artigianato
fondi per
lo sviluppo
La Regione Piemonte recentemente ha reso noto i
suoi impegni finanziari, uno
stanziamento di 15 miliardi di
lire per il ’99, per il fondo rotativo per lo sviluppo e la
qualificazione dell’artigianato
piemontese. «Il fondo rotativo - ha chiarito l’assessore
regionale all’Artigianato e al
Commercio, Gilberto Pichetto - ha dato ottimi risultati,
dovuti essenzialmente alla
tempestività con cui vengono
evase le richieste di prestiti e
al proficuo raccordo con 28
istituti bancari».
Fin dalla sua istituzione, avvenuta nel 1995, sono circa
1.500 le aziende che hanno
ottenuto prestiti utilizzando
questo strumento e nel solo
98 sono state valutate 500
domande al fondo di rotazione che ha erogato 88 miliardi
di lire. I prestiti sono stati richiesti per la maggior parte da
ttnprese del settore manifattunero (78%), con una prevalenza di quelle che si occupano della lavorazione dei metalli (27%) e dalle aziende alimentari (15%), mentre le altre
domande sono giunte soprattutto da imprese di servizi.
. «Un dato particolarmente
interessante - ha voluto sottolineare ancora Pichetto - è
quello delle aziende nate grafie all’intervento del fondo regionale: sono 357, pari a quasi
nn quarto di quelle finanziate». Per quel che riguarda invece la concessione delle age''olazioni creditizie in Piejnonte, nei primi 3 mesi del
99, Artigiancassa (l’agenzia
tnanziaria del questo settore),
. evaso a carico del fondo regionale (che quest’anno è di 2
biliardi che vanno a integrare
Tuelli statali messi a disposizione dallo stesso istituto),
j 3 operazioni di credito e di
easing per investimenti complessivi di oltre 47 miliardi di
ire. I contributi assegnati so0 stati di quasi 3 miliardi.
Le aziende agrituristiche che operano nelle valli del Pinerolese
Fare turismo nella natura
PIERVALDO ROSTAN
Una vacanza nella tranquillità. È questo il motto delle decine di aziende
agrituristiche delle valli torinesi. Non sono ancora del tutto sopite le polemiche sollevate dai ristoratori sul ruolo
degli agriturismi-trattorie che
talvolta poco hanno di agricolo e molto di classico ristorante, eppure si può davvero
affermare che sempre più il
turismo verde rappresenta
una soluzione di accoglienza
turistica con un mix di agricoltura, cultura, cucina e relax destinato a raccogliere un
successo crescente. La dimensione è quella dell’incontro amichevole e quasi familiare, con un gusto speciale
per l’accoglienza, la possibilità di partecipare ad attività
agricole, e di gustare i sapori
del frutteto o di un orto. Ma il
turismo verde è anche un alternativa economica all’albergo, spesso in crisi nelle nostre
valli. Certo il pubblico è differenziato, le aspettative diverse; c’è spazio per tutti ma,
a giudicare dal numero crescente di aziende agrituristiche, soprattutto per questa ac
coglienza «alternativa» diretta. Alcune cifre. Le valli vaidesi offrono al momento una
quindicina di aziende agrituristiche: quasi tutte offrono
un servizio di ristorazione,
quasi sempre su prenotazione; i posti vanno da un minimo di una ventina fino a 6080. È di circa 150 il numero
di posti letto a disposizione
fra vai Pellice, Chisone e
Germanasca; un numero ragguardevole e in qualche caso
«elastico», nel senso che se si
ospitano gruppi di ragazzi il
numero cresce un pochino.
Molti agriturismi infatti lavorano diversi mesi l’anno con
le scolaresche che passano da
una sola giornata a una settimana nel verde, partecipando
alle attività promosse daH’azienda, visitando musei, compiendo lunghe passeggiate nei
boschi alla scoperta della natura. «Eino a metà luglio abbiamo gruppi di ragazzi spiega Piergiorgio Grindatto,
titolare della più antica azienda agrituristica della zona, il
Bacomela, che opera dal 1984
- poi sarà la volta di anziani o
di gruppi che fanno attività
autogestite e che arrivano da
tutto il Nord Italia. In estate
abbiamo anche anziani che
sfuggono l’afa di Torino per
ossigenarsi nel verde della vai
Pellice». Turisti occasionali?
«Sì, a volte; si tratta soprattutto di tedeschi che passano qui
per una notte soltanto alTinterno di un loro percorso attraverso le Alpi. A volte questo tipo di turista rischia di
penalizzarci un po’ per l’impegno che richiede rispetto al
ritorno economico...».
Turisti tedeschi anche a Pomaretto dove alla Ciabranda,
che opera dal 1988, sono previsti gruppi per l’autunno. La
famiglia Ribet, che è titolare
dell’azienda, ha anche, ed è
una delle poche, un indirizzo
di posta elettronica, ma «per
adesso le prenotazioni con
questo mezzo sono ancora poche - commenta la signora
Ribet -; va detto che i turisti
esteri a volte prenotano da un
anno per l’altro mentre gli italiani telefonano la mattina per
la sera...». Problemi? «Uno,
abbastanza serio. Le normative sono spesso troppo complesse per aziende della nostra
dimensione, penso ad esempio alla storia aell'Haccp che
rischia di far scompa'ire tuf:a
una serie di prodotti tipi.
L’azienda agrituristica Sibourgh a Rorà
della montagna. Noi ci stiamo
attrezzando per la vinificazione del ramìe ma nel complesso è difficile e oneroso star
dietro a tutte le norme».
Come il Bacomela anche
Cascina Muston, sempre dell’Inverso di Torre Pellice, lavora molto con le scuole; il
fatto di avere una linea ferroviaria aiuta l’offerta di giornate nel verde: «Oltre ai ra[ zzi abbiamo famiglie che
VIIO da mezza Italia in
Nella seconda seduta della Conferenza pedagogica evangelica (1874),
l’argomento trattato e seguito da dibattito
è stato «Quale indirizzo devesi dare alla
Scuola Evangelica, perché essa produca
i frutti a cui è destinata?». Parla il sig.
Prochet di Torino; una relazione corposa
con molte esemplificazioni di situazioni
realmente presenti nel lavoro di tutti i
giorni, nel campo della missione. C è nel
tono del sig. Prochet un tono di sconforto
per il fatto che «i frutti dell’opera delle
nostre scuole non sono visibili». Ma egli
individua una nostra via che va percorsa:
«Essere superiori alle scuole governative
e comunali, onde le nostre scuole vengano prescelte e ci conducano bambini a
cui possiamo dedicarci».
Quando egli si augura che le nostre
scuole devono «essere sempre più schiettamente evangeliche», parla soprattutto
di educazione morale e civica e non tanto
di intenti confessionali rigidi, anche se la
IL FILO DEI GIORNI
L'INDIRIZZO
DELLE SCUOLE
FRANCO CALVETTI
chiesa romana viene patita come uno dei
mali che affliggono la società italiana.
Ma la preoccupazione del pericolo dell’indottrinamento selvaggio c’è tutta:
«Non si possa però mai sospettare in noi
altro scopo se non di rendere testimonianza alla verità. Non si possa mai dire,
almeno con ragione, che approfittiamo di
ciò che siamo in casa nostra per mettere
in ridicolo le credenze altrui».
Ma anche con questi accenni alla tolleranza e al rispetto per il fanciullo,
l’oratore non può fare a meno di concludere: «Ah! non trascuriamo le occasioni
che ci sono porte di parlare di Gesù ai
nostri bambini... Parliamo pure, e molto,
di Gesù ai nostri bambini, ma più ancora
parliamo di essi a Gesù». Questa ultima
battuta ci porta a pensare che essi credevano ante litteram nella pedagogia della
centralità dell’allievo e nel coinvolgimento emotivo dell’insegnante, che ultimamente è stato individuato come strategia educativa vincente.
Nelle nostre istituzioni rivolte alla
gioventù vige ora un clima di laicità, così forte che sfiora a volte il laicismo:
mai si accenni alla professione di fede,
all’appartenenza confessionale. Ultimamente ci siamo interrogati su questo
punto e si è avviata una riflessione che
aspetta un confronto fra gli operatori dei
nostri istituti di formazione.
estate e talvolta anche nei fine settimana», commenta Maria Mancuso. La conoscenza
delle erbe, il loro utilizzo, sono temi da sempre al centro
dell’attenzione, anche come
proposta alimentare nell’azienda; certo si hanno dei periodi di scarsa attività, l’inverno che rende il posto poco
raggiungibile.
Ci sono poi aziende molto
complesse, dal Frutto permesso di Bibiana, cooperativa che tramite vari soci produce quasi tutto ciò che viene
consumato a tavola dagli
ospiti, a Sibourgh che nei
quasi 1.000 metri di Rorà offre a sua volta molti prodotti
dell’attività agricola condotta
in luoghi quasi «estremi».
Tutti gli operatori con i
quali abbiamo parlato ci hanno detto di progetti nuovi, di
attività in espansione; è un
dato positivo, anche sul piano
economico. La stessa Chiesa
valdese, attraverso la commissione sinodale per la diaconia, sta muovendosi per
promuovere un progetto di
accoglienza nelle valli che,
parallelamente con il percorso dei musei, possa contribuire al rilancio della zona. Chi
sceglie le valli pinerolesi come meta di turismo sa di poter contare su risorse e proposte di indubbio interesse.
8
PAG. Il
—- E Eco Delle Yaui ^ldesi
venerdì 9 LUGLIO
GEMELLAGGIO TORRE PELLICE-WALLDORF —
Una delegazione del Comune di Torre Pellice, guidata dal
sindaco Marco Armand Hugon, parteciperà da venerdì a
domenica prossimi alla cerimonia ufficiale del gemellaggio con la cittadina tedesca di Mòrfelden-Walldorf nei
pressi di Francoforte. Da tempo si erano avviati rapporti
fra i due Comuni grazie anche alle iniziative del Collegio
valdese di Torre Pellice. Nella foto il sindaco Marco Armand Hugon con la delegazione del Comune tedesco Tanno scorso, durante il primo incontro ufficiale in Italia.
TORRE PELLICE SI STUDIA IL ’700 — L’incontro
dell’università estiva promosso dal Centro culturale valdese si terrà presso.il Collegio valdese di Torre Pellice dal 12
al 16 luglio; tema dell’incontro «Il ’700». Questi i docenti
con i temi; Emidio Campi: «La parabola dell’illuminismo
teologico dall’ortodossia razionale al senso comune»; Tiziano Bonazzi: «Dai puritani alla rivoluzione americana»;
Giorgio Toum e Daniele Tron: «Il ’700 valdese»; Massimo
Ruboli: «Rinnovamento e Risveglio»; Fiorella De Michelis
Pintacuda: «Tolleranza: storia di un’idea nell’età moderna»; Giorgio Spini: «Gli esuli protestanti del Settecento».
COMUNITÀ MONTANA: LE PRIME NOMINE — Villar
Pellice, oltre alla nuova giunta, ha già indicato i tre consiglieri per la Comunità montana (vai Pellice), per la maggioraiiza saranno l’assessore uscente Marco Tumminello e
l’ex sindaco Sergio Davit e per la minoranza è stato indicato Ubaldino Cappellozza.
PROVINCIA: VERSO LA GIUNTA BRESSO — Si stanno svolgendo a tappe ravvicinate gli incontri fra la confermata presidente della Provincia di Torino Mercedes Eresse e le forze politiche che la sostengono ed entro breve dovrebbe essere nota la squadra degli assessori. Un po’ di
«maretta» in casa Ds da dove per l’assessorato all’Agricoltura escono due nomi: Marco Bellion, attualmente consigliere regionale e di grande esperienza nel settore gradito
agli ambienti torinesi e alla Bresso stessa ed Erminio Ribet, supportato dai Ds del Pinerolese. Ai Democratici di
Prodi dovrebbe andare la vicepresidenza dell’ente.
SOGGIORNI PER GIOVANI — Il Servizio giovani della
Comunità montana vai Pellice organizza alcune iniziative
per le prossime settimane. Un soggiorno marino si svolgerà a Santa Severa, nel Lazio, dal 1° al 12 settembre per
gruppi dai 6 agli 11 anni e dai 12 ai 17. Quota di partecipazione (viaggio, soggiorno e attività): 5(X).(XX) lire. È anche previsto uno scambio internazionale con soggiorni a
Ulm (Germania) dal 21 al 28 agosto e a Villa Olanda a Lusema dal 28 agosto al 4 settembre; l’età è compresa fra i
15 e i 23 anni; costo totale 700.000 lire. Per iscrizioni o
informazioni, telefonare allo 0121-9524-212 oppure 207.
FESTA PARTIGIANA A MONTOSO — Fine settimana di
festa partigiana a Montoso di Bagnolo per il 54° raduno. La
sera di sabato, alle 21,15, vedrà il gruppo «Estorto drolo»
proporre i canti della Resistenza sulla piazza Martiri della libertà a Montoso e poi la fiaccolata. Domenica alle 11,15
l’orazione ufficiale delTon. Giorgio Merlo; alle 11,40 consegna degli attestati di partecipazione al concorso «I valori
della Resistenza» e visita alla mostra dei lavori delle scuole;
dopo pranzo esibizione de «I musicanti» di Riva di Chieri.
FONDI PER IL KOSOVO DAL PRIMO DISTRETTO — Si
è concluso l’invio di fondi e indumenti per i rifugiati del Kosovo promosso dalle Unioni femminili del I distretto della
Chiesa valdese. Seguendo le indicazioni del servizio Rifugiati e migranti il denaro è stato inviato alla Federazione delle
chiese evangeliche in Italia per un importo di 10.346.000.
Una parte del vestiario è stata inviata alTAdra di Bari (Chiesa avventista) e un’altra al centro La casetta di Bari (Chiesa
battista). Tutto ciò è stato possibile grazie alTimpegno delle
Unioni femminili delle Valli e alla collaborazione del corriere Agii di Pinerolo che ha offerto parte del trasporto.
CITTÀ D’ARTE IN VAL CHISONE — Domenica 11 lu
glio la manifestazione promossa dalla Provincia di Torino
«Città d’arte a porte aperte» approderà in alta vai Chisone
e più precisamente a Fenestrelle, Usseaux e Pragelato.
È MANCATA ELODIA MORELLI — Se ne è andata nelle
prime ore del 1° luglio, all’età di 101 anni e mezzo giusti.
La signora Elodia Morelli Bruno era infatti nata il 1° gennaio 1898 ed era ospite del Rifugio Carlo Alberto, dove era
arrivata un 17 febbraio di qualche anno fa. Un segno del destino per lei, evangelica di Torino, dove era arrivata nel
1919 dalla natia provincia di Foggia. Forse qualcuno ricorderà l’articolo comparso sul nostro giornale in occasione
del suo centesimo compleanno. Al Rifugio era considerata
da tutti come un’ospite un po’ speciale, si parlava di lei con
il rispetto che si deve a chi ha raggiunto una simile età. E
così la ricorderemo, come un’ospite un po’ .speciale.
Inaugurata la nuova cabina di trasformazione da 25.000 kva
Enel: nasce «Pinerolo Nord»
DAVIDE ROSSO
Per far fronte alla sempre
maggiore richiesta di energia elettrica, ma anche per
migliorare la qualità del servizio offerto agli utenti, l’Enel
ha realizzato una nuova cabina primaria di trasformazione
a Pinerolo che è stata inaugurata giovedì 1° luglio alla presenza oltre che dei rappresentanti dell’azienda anche di
molte autorità politiche locali.
Nell’ottica di un miglioramento del servizio offerto l’Enel
ha comunicato poi di avere in
programma per i prossimi 3
anni investimenti per 138 miliardi, che dovrebbero portare
a un abbattimento delle interruzioni della fornitura e a un
aumento della capacita di erogazione del servizio oltre che
a un miglioramento delle linee
interrate e aeree.
La nuova cabina primaria,
che è stata chiamata Pinerolo
Nord, è stata realizzata nelle
vicinanze della nascente area
industriale di Pinerolo e servirà, come ha detto il responsabile del servizio Enel di Pinerolo, Alberto Birga, a «migliorare l’assetto della rete a
media tensione sia con la realizzazione di nuove dorsali,
sia con la riduzione della lunghezza di quelle esistenti determinando conseguentemente una netta diminuzione nelle
interruzioni del servizio», e
interesserà in particolare T
area di Pinerolo e, fra gli altri,
dei comuni di Bricherasio,
Buriasco Cantalupa, Cumiana. Porte, Prarostino, San
Germano; San Pietro Val Lemina, San Secondo e Villar
Perosa. Nel corso della cerimonia di inaugurazione il sindaco di Pinerolo, Alberto Berbero, ha voluto sottolineare
che «il Pinerolese non può
che accogliere favorevolmente la realizzazione del nuovo
impianto che va a costituire
un ulteriore tassello nella propria capacità di competitività
all’indomani di altre notizie
positive ricevute sia riguardo
all’accordo che dovrebbe portare al completamento dell’
autostrada Torino-Pinerolo
che alle notizie confortanti
che giungono sul nascente polo integrato di sviluppo e che
vanno a sostenere la recente
pubblicazione del bando di
adesione ai Patti territoriali
del Pinerolese. Ma la cabina è
importante anche nell’ottica
di un aumento della qualità in
una prospettiva olimpica ormai certa». E in effetti, con i
suoi 25.000 kva, la nuova cabina che è stata realizzata in
circa due anni, e il cui costo
complessivo di realizzazione
è superiore ai 4 miliardi (di
cui circa 2 miliardi e mezzo
sono serviti per la sola costruzione dell’impianto che copre
una superfìcie di 6.000 metri
quadri), potrà rispondere alle
esigenze di fornitura elettrica
di 20.000 abitanti e 130 piccole industrie, e nelle intenzioni dell’Enel portare alla riduzione del 60% dei guasti e
del 50% del tempo di interruzione migliorando quindi sensibilmente la qualità del servizio offerto proprio in prospettiva olimpica perché come ha
detto sempre nel corso dell’incontro il direttore Enel
della distribuzione del Piemonte e valle d’Aosta, Luigi
Bisiach, «questa nuova cabina
è il primo impianto al servizio
delle Olimpiadi di Torino del
2006 per le quali l’Enel prevede di avere attive nell’area
dell’esercizio di Pinerolo, che
comprende anche le zone di
Chieri e di Rivoli, 10 cabine
primarie con una potenza installata di 410 mva».
Provincia di Tori
Il problema
dei cinghiali
Da tempo ormai i cingi
aumentano di numero ¡i
vanno diffondendo su un/
torto sempre più esteso pr«
cupando spesso gli agricoì
per i danni che possono pJ
re alle colture. Tenendo ^
proprio del pesante im^
che questi selvatici hannoi
confronti delle attività agri*
le, ma anche del pericolo,
sottovalutabile che posso
rappresentare per la circo
zione stradale, la giunta dò
Provincia di Torino receoi
mente ha approvato un pijper la gestione di questo li
di ungulato, che prevede ij
serie di interventi miranti ¡)
alla prevenzione dei danni ^
colture che al controllo numt
rico della specie, fatto impi.
tante per ricreare un giojj
equilibrio ambientale. :
All’attuazione del piano],
Provincia prevede di affiann ■
re la presentazione alla Rep ;
ne Piemonte di proposte n ;
la definizione di una montt
ria sugli allevamenti di cit
ghiali e per un più stretto cm'
trollo sul loro trasporto coni
scopo dichiarato di contrasit
re l’inserimento clandestini
di cinghiali a scopi venatoii
fattore che negli anni bacon
tribuito non poco alla diffusione di questo ungulato,
La Provincia prevede poi di
predisporre una sistemafci
rilevazione degli incideili
stradali provocati dai cingali al fine di realizzatiiina
«mappa dei rischi» die safa
messa a disposizione di tara
quegli enti che hanno compe
tenze di gestione e tutela del
la viabilità provinciale.
'■m
Nuovo contratto dei metalmeccanici
Ci sarà più attenzione
verso le famiglie?
Nel corso di questa settimana vi sarà il referendum sull’intesa proposta dal ministero del Lavoro in vista del
nuovo contratto dei metalmeccanici. Le scorse settimane i rappresentanti di Firn,
Fiom e Uilm hanno presentato la bozza di accordo; nel solo Pinerolese il nuovo contratto riguarderà circa 8.000
persone:. «C’è molta delusione fra i giovani - dice Enrico
Tron, della Firn - una forma
di disincanto verso la politica; sull’assassinio D’Antona
incontriamo anche gente che
sembra giustificare tale gesto.
Sull’accordo che si sta profilando mi pare invece di registrare un buon consenso».
Si prevedono aumenti medi
dei minimi tabellari di 85.000
lire, 43.000 dal 1° luglio ’99 e
42.000 dal 1° luglio del 2000;
48 ore come tetto massimo di
lavoro settimanale e una maggiorazione salariale oltre le 40
ore del 10% fino a venerdì e
del 15% al sabato; «Siamo di
fronte all’introduzione di regole certe sulla questione
straordinari - puntualizza
Tron - e questo è positivo; fra
gli elementi più significativi
c’è la regolamentazione dell’aspettativa e del part-time:
in sostanza si codifica la possibilità di assentarsi dal lavoro
per accudire i propri figli o i
propri anziani. Dunque non è
più solo questione di soldi ma
di opportunità rispetto alla gestione del tempo a disposizione della famigìia».
E dunque fra elevate rette
di Case di riposo, servizi talvolta precari o inesistenti, la
scelta di andare incontro ai
lavoratori che devono far
fronte a importanti problemi
di famiglia pare una scelta innovativa, in parte almeno anche un cambio di indirizzo rispetto al complesso della spesa sociale che vede sì le pensioni fare la parte del leone
nel nostro paese rispetto agli
altri 14 stati membro dell’
Unione europea, e tuttavia
una spesa sociale che poco si
orienta a tutela della famiglia
nel suo complesso: la spesa
sanitaria è fra le più basse
d’Europa e ben 8 punti al di
sotto della media europea, a
sostegno della famiglia si
spende meno della metà della
media Ue, a sostegno dei disoccupati appena un quarto.
Una rievocazione storico-familiare
Da Rorà a Santa Fé
SILVIO TOURN
Azienda agrituristica
«FAVÈ»
Soggiorno in alloggio agrituristico
L’azienda si trova in posizione panoramica sulla collina di
Prarostino, a circa 560 m di altezza, all’imbocco delle valli
Chisone e Pellice, a circa 40 km da Torino.
Via Ruata n. 56 -10060 Prarostino (To)
Tel. 0121-501328
Su un giornale di Santa Fé
(Argentina) El Litoral, il
dottor Horacio Tourn racconta
la storia del suo bisnonno
Henri Albert Toum di Rorà in
questi termini: «Il 25 marzo
del 1858 nasceva in Rorà il
mio bisnonno Henri Albert.
Rorà è un piccolo paese a 997
m. sul livello del mare, nelle
Alpi vicino alla frontiera francese. Le prime famiglie Tourn
(probabilmente originarie di
Lione in Francia) erano giunte
in queste montagne in cerca di
protezione a causa delle persecuzioni religiose che soffrirono i valdesi. Sopravvivere non
era facile; ogni famiglia della
zona teneva degli animali, anche i bambini dovevano aiutare nel lavoro. Ancora giovinetto aveva cominciato a lavorare nelle cave di pietra della
zona. In quegli anni il lavoro
era particolarmente faticoso e
pericoloso, soprattutto quando
queste pietre venivano portate
a valle con le slitte. I giorni si
susseguivano sempre uguali
finché, come migliaia di emigranti, anche il mio bisnonno
decise di partire per l’America. Quando si decise a questo
passo era il 1882 e aveva allora 24 anni. Si sposò l’8 di
aprile di quell’anno con Rachel Sara Tourn, anche lei originaria di Rorà. Nel 1888
dall’Uruguay si stabilisce a
San Carlos in Argentina. Il 13
agosto 1890 nasce il quinto figlio, Enrique Felix, mio nonno. Questi si sposa a sua volta
con Teresa Ottolina dalla quale avrà 4 figli: Delia, Nela,
Eiadio e Nestor, mio padre.
Posso raccontare che mio nonno faceva il falegname e gli
piaceva lavorare con i pW
mobili. Ricordo con grani
affetto quando andavo a tri
vario nel suo laboratorio;!
sforzava per farmi conosce!
le varie qualità del legno. Gn
zie al dott. Guido Toum,!’
vocato e storico, è stato orp
nizzato un grande incontro!
famiglie Tourn nella locali!
di Aleyandra, che è gentelH
con Rorà. Nell’ambito di p*
ste iniziative ho visitato Hi
Ha e Rorà nell’anno 19>
Posso dire con grande ei®
zione che ho avuto l’oppo!''
nità di giungere con mia in*
glie Lilliana e mio figlio G(
glieimo a Rorà dopo tre
razioni. Una terra di boschi!
rovere, pini, castagni
i ec<
una strada che, come un
si
pente, sale verso la montagn*
Là ho incontrato famiglio
me quella di Mirella e Silvin!
quale mi ha inviato i dati pii
cisi per completare
genealogico fino al 1700. t
ta gente molto ospitale co®
Giorgio Odetto, sindaco
Rorà, e Roberto Morel che
dei parenti a San Carlos G
tro. L’emozione più gran®,
stata vedere la casa dove
tava mio bisnonno Henry
beri. La stalla, il forno dove
■ coll
cuoceva il pane, la pi<^'
scuola rurale e l’acqua
zampilla in un vascone m
do sempre uguale da sec
Cominciavo a immaginare
sa ha potuto significare pa
mio bisnonno e la sua sp _
lasciare dietro di loro q
paesaggio così suggestivo r
andare alla volta delI’A^ a
ca. Ho capito una volta di P
l’enorme sacrificio che a
no fatto per decidersi
re via e ringrazio che
potuto farlo».
Il
tre V
de d
tomi
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Già
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VENERDÌ 9 LUGLIO 1999
Toriil Un'iniziativa della Croce Verde di Perosa Argentina
■va I Aiuti diretti destinati ai kosovari
Va 0.1 moESi---------------
Incontro del centro-sinistra a Pinerolo
C'è ancora l'Ulivo?
PAG. Ili
FRANCO CALVETTI
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1700. Ti
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Henry
Sono qui davanti a me Barbara, Deborah e Bruno, i
tre volontari della Croce Verde di Perosa Argentina di ritorno dall’Albania dove sono
andati per l’operazione Arcobaleno, la missione di assistenza ai profughi del Kosovo.
Già altri tre militi della Croce
Verde di Perosa Argentina
erano partiti all’indomani della dichiarazione di guerra a
Milosevic. In tutti, al ritorno,
c’è un senso di smarrimento:
per quello che hanno visto,
che hanno percepito nell’animo della gente, albanesi e kosovari, per l’immensità del
danno che «la pulizia etnica»
prima e la guerra poi hanno
provocato. I tre ragazzi, alla
mia improvvisata, si schermiscono e hanno un esemplare
atteggiamento di modestia che
fa loro dire «non abbiamo fatto niente di speciale», «ci piacerebbe fare di più».
ilono partiti da Perosa con il
pulmino dell’associazione carico di materiale vario (tanta
acqua minerale) e si sono imbarcati a Bari per la traversata.
Giunti in Albania sono stati
destinati con un’altra trentina
di volontari al campo profughi
di Shijak, a circa 20 chilometri da Durazzo, che ospita 950
persone di cui 350 bambini.
La loro sistemazione in tende
era vicino al mare in un posto
detto eufemisticamente «Miami», agli ordini di una capocampo italiana efficace e autorevole. Ognuno di loro è stato
assegnato a diversi incarichi, a
seconda delle esigenze del
momento. E così Deborah,
che ha alle spalle studi infermieristiei, è stata quasi sempre in infermeria, Bruno ha
fatto il meccanico, l’autista,
l’elettricista, il bambinaio.
Barbara ha lavorato alla radio
del campo e per il suo caratte
Siiili
I trattori dei kosovari in un campo profughi
(foto P. E. Laudi)
re gioviale è stata scelta come
animatrice per i tanti bambini
del campo. I turni di lavoro
erano durissimi, anche 36 ore
di seguito. I tre militi ricordano scene agghiaccianti: i 12
soldati Uck feriti dalle mine
nei primi due giorni della sospensione della guerra, un
parto avvenuto in autoambuianza di una mamma kosovara
che non è riuscita a raggiungere l’ospedale di Tirana (il
quale tra l’altro, al suo arrivo
con il neonato con il cordone
ombelicale legato con i guanti
del chirurgo, ha fatto molte
difficoltà per accoglierla), la
visione delle sale operatorie
molto simili a macellerie, il
reparto ustionati con le pecore
nei corridoi, l’immensa immondizia che veniva distrutta
solo con il fuoco, l’incidente
automobilistico con 4 morti,
gli spari al porto di Durazzo.
E ancora il dolore urlato dei
profughi del campo quando al
secondo giorno di sospensione
dei combattimenti si è sparsa
la notizia che avevano trovato
in un paese di 140 persone
una fossa comune con 120 cadaveri. Per i nostri volontari il
pericolo più grande oggi è
quello delle mine: non sono
state posizionate solo in aperta
Nuovo testo sulla montagna in Regione
Una legge attesa
■no dove«
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icqua c«i
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-estivo ir
ril’Amef;
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Il Consiglio regionale ha
approvato il 1° giugno a larga
maggioranza il Testo unico
delle leggi sulla montagna,
legge che sostituisce e supera
I precedenti provvedimenti
legislativi regionali inerenti i
territori montani.
Il Testo unico, che abroga
hen 16 provvedimenti regionali mirando alla semplifica-tiope legislativa e alla sburocratizzazione, è una legge attesa ormai da tempo che, nelle intenzioni della Regione,
consentirà di dare un’organizzazione moderna al territorio
e alle Comunità montane re8'onali, le quali tra l’altro, in
conseguenza dell’approvazione della nuova legge, diminuiscono di numero (sono ora
5 in tutto) e in alcuni casi
modificano il loro territorio
quel che riguarda le Co?'?nità montane delle valli
el Pinerolese nulla cambia
e non per la Comunità mon^a Pinerolese pedemontano
ove si ha per altro la già
Pteannunciata uscita dalla
ontunità dei comuni di Piroio e Piossasco mentre il
othune di Cumiana viene
P classificato come «par' morente montano»), «Rei> "temente - ha dichiarato
eti'l'm ®*®*sore alle Politiche
Regione, Roluglio - la sopravvidelle Comunità montaJi ® *Iata messa più volte in
le a livello naziona
• G)al Piemonte invece arri
lOi*
va questo forte segnale di fiducia nelle capacità gestionali
e progettuali delle Comunità
montane per migliorare i servizi ai cittadini e per rilanciare Feconomia delle valli».
Sempre in ambito regionale,
a seguito dell’applicazione
della legge Bassanini è stata
evidenziata la necessità di
riorganizzare la struttura territoriale piemontese definendo
ambiti ottimali di esercizio
delle funzioni. «La nostra
esperienza di 25 anni di attività delle Comunità montane
- ha ancora evidenziato Vaglio -, eredi dell’antica tradizione dei Consigli di valle, è
positiva e ci spinge a cercare
di estenderla a tutto il territorio regionale. L’esempio delle
Comunità montane piemontesi
speriamo possa servire da stimolo all’organizzazione della
montagna italiana perché questo territorio ha mostrato grande capacità di autogoverno.
Inoltre le Comunità montane
piemontesi hanno dato buoni
risultati nella gestione associata e nell’organizzazione dei
servizi e, negli ultimi anni, utilizzando le risorse del Fondo
regionale per la montagna, sono diventate agenzie di sviluppo locale in grado di impiegare notevoli investimenti comunitari in progetti. Questo
ha consentito alla nostra Regione alte performance nell’utilizzo dei fondi strutturali,
dei programmi Interreg e Leader per oltre 500 miliardi».
campagna o sulle strade ma
nelle case dei kosovari, per
esempio dentro il televisore...
Tutti e tre esprimono, ognuno in modo diverso, ammirazione per il popolo kosovaro,
dignitoso, pulito, riconoscente
e hanno invece molte perplessità sugli albanesi, disorganizzati, prepotenti. Alla domanda
«ma come andrà a finire?»,
tutti e tre si aiutano fra di loro
per dire di aver percepito una
tensione altissima fra i kosovari per quanto i serbi hanno
loro fatto: c’è gente che sta
tutto il giorno con il naso incollato al televisore per vedere
la lista dei morti e dei dispersi
e per gridare vendetta; i bambini giocano fra loro alla guerra e si esercitano a far finta di
sgozzarsi e cantano a squarciagola l’inno Uck.
Ma sono proprio quei bambini che sono entrati per sempre nel cuore di Barbara, Deborah e Bruno. La domenica
della partenza i tanti bimbi del
campo hanno attorniato i volontari che tornavano in Italia
e vedendoli piangere di commozione li incoraggiavano, facendosi capire in un italiano
improvvisato: «Non piangete,
noi siamo grandi, vi aspettiamo in Kosovo, a casa nostra».
SERGIO PASETTO
Non è stata una verifica
ampia quella del convegno organizzato il 2 luglio a
Pinerolo, dal titolo «Il dopo
elezioni: le prospettive e gli
impegni dell’Ulivo»: pochi i
presenti, circa 50 persone
con una presenza marcata di
Ds e di Ppi, non molti i consueti partecipanti a questi appuntamenti.
Introduzione dell’on. Merlo e di Augusto Canal, coordinatore dell’Ulivo pinerolese: la necessità è riprendere
le fila dell’Ulivo e del centrosinistra, mettendo in evidenza l’ispirazione a riunire più
ordinatamente la coalizione
vincente nel ’96. Vengono
sottolineati i buoni risultati
alla Provincia, con la vittoria
di Mercedes Bresso e alcune
buone prove nei Comuni delle valli. Il dibattito si apre
con interventi decisamente
più critici: in particolare verso l’eccessiva insistenza a
voler ridurre la spesa pensionistica, senza cercare altre risorse disponibili, la mancata
individuazione di investimenti in settori bisognosi
d’intervento: viabilità, trasporti, edilizia popolare. Sottolineato anche l’aiuto rivolto
alle grandi imprese sul piano
fiscale e la scarsa attenzione
viceversa verso le piccole
imprese, spesso via di scampo dalla disoccupazione per
molti giovani.
Altri interventi sono stati
più improntati all’ottimismo,
sulla base dei risultati elettorali, meno negativi di quelli
di altre province e delle europee, e che danno l’impronta
di una vai Pellice (ma anche
di una vai Chisone) isola di
tenuta e di progresso del centro-sinistra, da cui fare partire
un recupero di progettualità.
In questo senso hanno indi
Comunità montana vai Pellice
Animali in valle
Sono dieci le schede che,
per la serie de «Lu rol», il boliettino del settore ecologia
della Comunità montana vai
Pellice, si occupano della tipica fauna della zona alpina. Il
lavoro è stato realizzato da
Robi Janavel, naturalista, e dal
tecnico faunistico Marco Giovo, in servizio presso il Comprensorio alpino To 1, l’ente
che gestisce la caccia nelle
valli pinerolesi.
Corredate da suggestive immagini le schede presentano
importanti notizie su camoscio, cinghiale, cervo e capriolo, muflone, galliformi alpini,
aquila reale e volpe, marmotta
e tasso, grandi predatori; due
schede sono dedicate ad affrontare i temi più scottanti
della gestione della fauna. E
del resto le schede sono state
realizzate col prezioso contributo, anche economico, del
Comprensorio alpino. «La nostra iniziativa - afferma il presidente del Comprensorio, Romano Bonansea - vuole riempire un vuoto di informazione
sulla fauna e sulle interrelazioni della stessa con l’ambiente, e dimostra che è possibile superare steccati di parte
per promuovere la migliore
conoscenza del territorio e
delle sue componenti, a partire da quelle faunistiche».
Il materiale è ottimo, specie
se considerato in funzione della diffusione fra le scolaresche
e i giovani in genere e se a
volte si ha un po’ l’impressio
ne di una «difesa d’ufficio»
della pratica venatoria, è anche vero che vengono affrontati in modo sufficientemente
disincantati temi quali le immissioni o le reintroduzione di
fauna. Allo stesso modo l’analisi sulle condizioni delle valli
sotto il profilo ambientale risulta corretta. I dati sulla presenza di animali nel territorio,
dati derivanti dall’esperienza
e dal regolari censimenti, fanno stimare che nelle valli pinerolesi, lo scorso anno, vi
fossero almeno 5.000 camosci, 3.000 caprioli, 500 cervi,
400 mufloni, 150 stambecchi
e un numero non precisato di
cinghiali: se ne cacciano ogni
inverno 3-400 ma, complici
l’abbandono e frequentemente
le immissioni, si ha l’impressione che questo animale, di
gran lunga il più dannoso, sia
in costante espansione.
rizzato il loro intervento il pastore Giorgio Bouchard e il
senatore Elio Fassone. Una
ipotesi che potrebbe aprire un
dibattito ulteriore è stata
avanzata da Aurelio Bernardi
del Ppi: l’Ulivo dovrebbe tornare all’opposizione, scartando una futura imminente vittoria di Berlusconi, e rigenerandosi attraverso una battaglia anche ideale che dall’opposizione costruirebbe una
vittoria successiva, come avvenuta dopo il periodo thatcheriano in Gran Bretagna.
Non è mancato il riferimento
alla condizionante presenza
televisiva del centro-destra.
Le conclusioni del sen. Fassone sono state improntate alla riscoperta della politica che
abbia connotati di passione e
di solidarietà, che riscopra
l’umanità dell’azione politica,
che esca dal senso di appartenenza e ridia a ognuno il desiderio di impegnarsi in un progetto, in un cammino di progresso; perché solo questa ricerca di trasformazione dà un
senso all’essere progressisti.
Un Ulivo che si riscopre,
che cerca se stesso: forse questa potrebbe essere una conclusione parziale. Ma viene
da chiedersi: per andare dove,
con quali strutture, anche organizzative, con quali compagni di strada? Fassone ha comunque sottolineato che gli
attuali frantumati pezzi del
centro-sinistra (gli 11 partiti e
partitini) non costituiscono un
esempio da seguire.
COLLE DELLA CROCE — Domenica 18 luglio
si svolgerà il tradizionale
incontro italo-francese al
Colle della Croce, appuntamento al quale, come
ogni anno, saranno centinaia i convenuti.
AGAPE —Dall’8 al 18
luglio campo per ragazzi
dai 14 ai 17 anni su «La
fantasia al potere».
POMARETTO — Riunione estiva domenica 11
luglio, alle ore 15, al Clot
Boulard.
PRAROSTINO — Do
menica 18 luglio, alle ore
10, culto alla Brusà e giornata comunitaria, per l’assado prenotarsi presso
Valdo Plavan, tei. 0121500776 o presso il pastore
tei. 0121-500765.
RODORETTO-FONTANE — Domenica 11
luglio avrà luogo a Rodoretto l’assemblea di chiesa
annuale con discussione
delle relazioni e decisioni
sulla vita della comunità,
inoltre all’ordine del giorno elezione del deputato/a
alla prossima Conferenza
distrettuale e di un secondo anziano/a per il quartiere di Fontane.
VILLASECCA — Domenica 11 luglio riunione
estiva insieme alla comunità di Pramollo a Laz
Arà, inizio alle ore 15.
Incontri a «La bottega del possibile»
Casa e salute
ALBERTO TACCIA
Un esemplare di marmotta
La riflessione intorno al
principio della «domiciliarità», condotta ormai da parecchi anni da «La bottega del
possibile» di Torre Pellice, ha
ogni anno il suo momento più
alto e significativo nel «Punto
di ascolto». Una «due giorni»
in cui, con l’apporto di esperti
qualificati, vengono elaborate
e approfondite nei loro aspetti
più differenziati le problematiche relative al senso e alle
modalità di un «rimanere a casa» anche quando problemi di
solitudine, età, salute appaiono insormontabili.
Il «Punto di ascolto» del
mese di giugno di quest’anno
aveva per tema generale «Dove sta di casa la salute: domiciliarità per star meglio». La
riflessione che ne è seguita ha
approfondito un concetto di
salute non limitato alla mancanza di malattia, ma individuato in un complesso di situazioni umane, ambientali,
affettive, relazionali di cui la
propria casa, con le persone e
ie cose care che nella vita sono significative, costituisce
uno degli elementi fondamentali. Lo sradicamento forzato
dal proprio domicilio che priva l’anziano di quel contesto
che in qualche modo lo aiuta
a vivere, non può non incidere
proprio sulla sua salute intesa
in senso globale.
Ma è chiaro che il mero
mantenimento dell’anziano
nella propria casa, oltre a un
certo limite, non è di per sé
né sufficiente né risolutivo.
La casa da luogo dell’accoglienza e della sicurezza può
trasformarsi in una prigione
nella quale la solitudine genera gravi livelli di ansietà e
paura. Da qui nasce la vera
sfida della «domiciliarità»
che non si appaga dall’evita
re il ricovero, ma vuole rendere possibile, nella casa,
un’esistenza serena. Il problema non è più quindi soltanto degli interessati e delle
loro famiglie che, privi di alternativa, non hanno che il
ricovero come unica soluzione, ma diventa ricerca di risposte nuove che coinvolgono la comunità tutta. Sarà necessario partire da norme innovative, precise e mirate (la
famosa riforma dell’assistenza che attendiamo da anni)
che indichino, come scrive la
relazione conclusiva del convegno, «obiettivi programmati attraverso progetti generali e globali sul territorio e
progetti individualizzati che
rispettino i diritti delle persone e delle famiglie, attivando
doveri e responsabilità della
comunità locale».
Ma l’affermazione del diritto alla tutela della propria domiciliarità pone un altro
obiettivo: il «ritorno a casa»
di anziani istituzionalizzati
che desiderano tornare a casa.
Durante il convegno sono stati illustrati i dati di ben 54
persone istituzionalizzate a
cui è stata data la possibilità
di tornare a casa grazie al
concorso di operatori sociali,
parenti, amici e il contributo,
quando necessario di enti
pubblici. Questa operazione è
stata definita «progetto rondine» con evidente riferimento
a un ritorno al nido. Un nido
che, naturalmente, deve essere adeguato alla nuova situazione di accoglienza.
Il pomeriggio della seconda
giornata del convegno è stata
vissuta in concomitanza con la
liberazione, da parte della Lipu, di alcuni uccelli feriti a cui
è stata ridata libertà e possibilità di tornare al nido, dopo un
temporaneo ricovero presso
l’ospedale della Lipu a Parma.
10
PAG. IV
Yalli ^ldesi
VENERDÌ 9 LUGLIO 1999
Oreste Canal
«Alla ricerca
di un futuro»
Un giovane montanaro cresciuto nel Nord Italia durante
un’epoca in cui il modo di vivere nelle sue valli era cambiato molto poco rispetto a
come erano cambiate le cose
negli ultimi 200 anni nelle altre parti del paese è il personaggio centrale del libro «Alla ricerca di un futuro, la storia della mia vita», di Oreste
Canal, edito dalla casa editrice Alzani, prezzo 25.000 lire.
Nonostante le sue umili origini il giovane montanaro del
racconto, che altri non è che
lo stesso autore, cerca nuove
opportunità, anche al di là del
grande oceano di cui ha appena sentito parlare. Parte perciò «alla ricerca di un futuro», fiducioso, convinto di
potercela fare, con fede e
contando sull’aiuto dei suoi
genitori.
Canal, originario di Ferrerò, risiede in Florida negli
Usa, ma torna in vai Germanasca ogni estate; il suo libro
verrà presentato, in sua presenza, venerdì 9 luglio alle 17
nella sala consigliare della
Comunità montana valli Chisone e Germanasca a Porosa
Argentina; si replica sabato
17 luglio, alle 20,30, nel tempio valdese di Frali.
RADIO BECKWITH
EVANGELICA
FM 91.200-96.550
Posta
I rischi delle
olimpiadi
È con apprensione e preoccupazione che pongo questa
riflessione all’indomani dell’assegnazione a Torino delle
olimpiadi invernali 2006.
Forse l’eccesso di trionfalismo dimostrato dai media
(giornali e televisione) ha
evidenziato i limiti di questa
operazione. Se è vero che la
cittadina di Sion (Svizzera),
nostra antagonista nell’assegnazione dei Giochi, veterana
nelle candidature olimpiche,
non è stata scelta, non è certamente perché è stata meno
brava di Torino, tanto più essendo già passata attraverso
esperienze del genere. Il fatto
è che Sion, a differenza di
Torino, aveva posto delle
condizioni soprattutto per
quanto riguarda l’installazione di nuovi impianti, privilegiando lo spostamento dell’esercito olimpico sul suo
territorio e sfruttando al massimo le infrastrutture e gli impianti esistenti. Questo, naturalmente, nell’ottica di devastare il meno possibile l’ambiente naturale ed evitare di
doversi trovare a gestire dopo
pochi giorni di esaltazione un
patrimonio inutilizzabile e di
difficile destinazione.
Torino ha agito esattamente
al contrario. Nella fregola di
ottenere a tutti i costi la candidatura, ha accolto in tutti i
modi le esigenze della manifestazione sia in ri.sorse finanziarie che in sfruttamento dei
beni ambientali. Penso che
l’attivazione di finanziamenti
di 2.500 miliardi (somma da
manovrina finanziaria dello
stato) sia uno schiaffo a quanti. con risorse ben più contenute, lavorano su progetti che
in montagna potrebbero garantire un’economia duratura
e certamente meno devastante
dal punto di vista ambientale.
A Torre Pel lice una pregevole rassegna di film di montagna
L^alpinismo visto in celluloide
ALBERTO COREANI
Grosso modo i film di
montagna possono essere divisi in due categorie:
quelli di finzione, basati su
vicende magari vere ma interpretati da attori sulla base di
dialoghi e sceneggiature appropriate; e quelli di taglio
documentaristico, a loro volta
di due generi: le «imprese»
(alpinistiche in senso stretto,
ma anche archeologiche, di
avventura ed esplorazione in
senso più ampio) e le biografie. Di tutti questi approcci
abbiamo avuto ottimi esempi
a Torre Pellice, nella XI Rassegna di film di montagna in
due week-end della seconda
metà di giugno. La rassegna,
organizzata dagli enti locali
con la Cooperativa Tarta volante e la sezione vai Pellice
del Cai-Uget, affiancando alle proiezioni una palestra di
arrampicata presso il Collegio
valdese, escursioni ed esperienze di volo libero, si è valsa di parte del materiale del
«fratello maggiore», il Film
Festival intemazionale Montagna esplorazione avventura
di Trento.
Così, settant’anni dopo i
film di Luis Trenker, che negli Anni 30, con un po’ di enfasi nazionalistica, ricostruiva
famose ascensioni nelle Dolomiti e su altre catene importanti, abbiamo assistito a opere coinvolgenti come Premier
de cordée-La grande crevasse, produzione franco-svizze
Bastano poche cifre a evidenziare la dimensione dell’affare. Pragelato: trampolino.
Spesa prevista 55 miliardi di
lire (la disciplina non ha nessun atleta in Italia nord-occidentale). Pragelato: intervento sulle piste di fondo. 29 miliardi di lire (e dire che nell’inverno appena trascorso
non si è riusciti a gestire, battendola adeguatamente, neppure l’attuale pista). Non meglio è la situazione in città:
Palasport per pattinaggio di
velocità. Lunghezza 400 metri (dimensioni da stazione di
Porta Nuova con la prospettiva di essere adibita, a giochi
ultimati, a detta del comitato
promotore, a magazzino comunale di Torino).
Una delle poche spese intelligenti sarà quella di un miliardo per il Palaghiaccio di
Torre Pellice, e non lo dico
per motivi di campanilismo
ma perché l’attività di pattinaggio e hockey ha in questo
luogo una tradizione e una
cultura ormai consolidate
(non esiste in tutto il Nord Italia altra partita di hockey che
riesca a convogliare così tanti
spettatori come quelle che si
svolgono a Torre Pellice).
È scandaloso sentire le dichiarazioni del rappresentante
della categoria degli albergatori inneggianti allo sviluppo
del settore per l’appuntamento olimpionico quando si sa
che la categoria stessa ha
sempre dimostrato poca professionalità nel proprio settore economico, lasciando che
si privilegiasse solo l’edilizia
privata residenziale (vedi Sestriere) e non ha saputo avere
iniziativa e capacità di mantenere nel Pinerolese nemmeno
resistente. Mi viene a proposito da pensare che si ipotizzi
di utilizzare i finanziamenti
pubblici per l’edilizia alberghiera a fini speculativi a
Olimpiadi ultimate, cambiando destinazione d’uso e trasformando gli immobili in alloggi da vendere. Se poi parliamo di posti di lavoro e di
crescita di Pii, è evidente la
Un fotogramma del film «Premier de cordée»
ra in due parti, che ricostruisce con i mezzi del cinema di
finzione (e un’attrice, Andréa
Ferréol, che lavorò con Fellini) una vicenda coinvolgente
e passionale: un industriale
italiano provoca la morte di
una guida di Chamonix che
egli, come cliente, costringe
all’ascensione del Dru in condizioni proibitive. Il figlio
dell’alpinista diviene guida a
sua volta, e di lui si innamorerà la figlia dell’industriale...
I rischi di un romanticismo di
maniera ci sono tutti, ma ancora una volta la fa da padrona la montagna: il paesaggio
e il fascino di pareti, guglie,
strapiombi, morene e canaloni prende il sopravvento.
Le immagini delle ascensioni sono al centro anche
delle biografie di alpinisti celebri: belli i due documenta-ri
Rai su Tita Piaz: il diavolo
delle Dolomiti (sede di Tren
strumentalizzazione dei dati.
Sarebbe come dire che una
catastrofe naturale (alluvioni,
terremoto...) porti ricchezza,
poiché il costruire o ricostruire qualcosa sul territorio convoglia flussi finanziari. Sarebbe forse meglio ripensare
al significato di ricchezza.
Queste sono alcune delle riflessioni che lascio ai lettori
per questi anni che ci separano dall’evento. Dopo, credo,
non rimarrà altro die il pellegrinaggio attorno agli impianti abbandonati alla ricerca del
perché di queste cose, come
oggi si fa con il Forte di Fenestrelle.
Renato Armand-Hugon
Torre Pellice
Tempo pieno
a Villar Perosa
Siamo i genitori delle future classi prime a tempo pieno
della scuola media «Franco
Marro» di Villar Perosa. Ci
rivolgiamo a voi per esprimere e rendere pubblici tutta la
nostra delusione e il nostro
scontento per aver ricevuto
dalla scuola la notizia della
concessione da parte del
Provveditorato di una sola
classe a tempo pieno, a fronte
delle 2 richieste per le quali
esiste il numero sufficiente di
iscrizione, compreso l’inserimento di un alunno portatore
di handicap. Dissentiamo
apertamente e vogliamo far
sentire forte la nostra voce di
fronte a quello che ci sembra
un mettere in primo piano
sempre e soltanto l’aspetto
economico, a discapito della
preparazione culturale e sociale dei nostri ragazzi, di cui
tanto si sente parlare da parte
delle autorità preposte, ma
che poi viene puntualmente
disattesa.
La decisione del Provveditorato penalizza la facoltà di
scelta delle famiglie; umilia
l’aspirazione dei genitori a
una scuola più adeguata alle
mutate esigenze della società;
to) e Ignazio Piassi: montanaro, alpinista, esploratore
(sede di Trieste), legato alle
Alpi Giulie, meno note ma
non meno belle. Alpinisti-archeologi devono diventare invece, per forza di cose, gli
studiosi dei sacrifici umani di
una popolazione precolombiana messicana: nel film
francese La civilisation perdue da Rio La Venta devono
affrontare una parete rocciosa
a strapiombo sulla quale si
aprono grotte che furono sede
di sacrifici e, ora, tomba di
preziosi reperti archeologici:
i’avventura si unisce alla ricerca scientifica e storica. Sono solo pochi esempi del fascino di un genere cinematografico che promette emozione e suggestione visiva, anche attraverso interviste, ricordi, testimonianze: non di
sola fiction vivono il cinema
e la televisione.
inganna e beffa l’utenza, concedendole solo Villusione di
una possibile j^artecipazione
responsabile alla costruzione
di una scuola rispondente alle
esigenze sempre più articolate e complesse degli alunni;
rimette in discussione la possibilità dello studio della seconda lingua straniera, che
veniva precedentemente garantito da insegnanti stabili
nella scuola.
Noi genitori abbiamo scelto
il tempo pieno assieme ai nostri figli, non per motivi di comodo, ma convinti della qualità delle attività che venivano
proposte dalla scuola e per
un’esigenza di continuità rispetto alla costruzione di un
orario più articolato e compatibile con le aspirazioni dei ragazzi. La nostra è stata una
scelta consapevole conseguente all’essere stati interpellati in
merito, ci chiediamo ora perché lo stato chieda al cittadino
di esprimersi senza poi rispettarne le scelte e tener conto
delle indicazioni ricevute.
Nonostante la grande frustrazione vorremmo poter
continuare ad avere fiducia
nelle istituzioni. Confidiamo
perciò in un ripensamento da
parte del Provveditorato, affinché ci dimo,stri che l’accrescimento culturale degli alunni è anteposto comunque alle
mere ragioni economiche e
che la qualità della scuola non
debba essere affidata solo alla
coraggiosa intraprendenza del
singolo, ma venga finalmente
presa in carico da chi dovrebbe avere come primo obiettivo di lavoro l'ottimizzazione
di tutte le varie fasi della formazione scolastica.
Sicuramente non è sopprimendo i tempi pieni che si
potrà pervenire a questo. Ringraziamo per la pazienza avuta nel leggerci e speriamo che
questo messaggio giunga a
chi ha il potere di risolvere il
problema.
I genitori
(prima firmataria Enrica
Gardiol)- Villar Perosa
9 luglio, venerdì
BIBIANA: Alle 18, inaugurazione della rassegna commerciale nelle scuole medie;
alle 21, il gruppo «Sesto senso» (solo Nomadi) presenta
musica alla «Lea».
VILLAR PEROSA: Per
«Summerfest» presso gli impianti dell’Hockey club, dalle 9
alle 24, sport vari; alle 22, concerto Jam Session gruppi.
10 luglio, sabato
VILLAR PEROSA: Presso
gli impianti dell’Hockey club,
dalle 9 alle 19, sport vari con
tornei di hockey su prato, volley e calcio; alle 10 convegno
sullo sport; dalle 22 concerto
con «I sesto senso».
FENESTRELLE: Alle ore
21, nella chiesa del Forte San
Carlo, commedia in due atti di
Ida Omboni e Paolo Poli.
BIBIANA: Alle 9, gara alle
bocce alla baraonda alla polisportiva; alle 19, apertura degli stand commerciali; alle 21,
Prezzemolo intrattiene con i
giochi di una volta; alle 21, serata danzante.
ANGROGNA: Alle 21, nel
tempio del Serre, concerto del
gruppo francese «La voix des
forets», con Anne e Loie Deivai. Ingresso libero.
ROURE (CASTEL DEL BOSCO): Al teatro tenda spettacolo con «Il piccolo varietà»
che presenta «Lj Frè a coro».
11 luglio, domenica
ANGROGNA: Festa degli
aquiloni alla Vaccera a cura
della Pro Loco.
BIBIANA: Alle 9, gara alle
bocce alla individuale; alle 19,
apertura stand commerciali;
alle 19,30, grigliata mista a cura della Pro Loco sotto l’ala;
alle 21, serata danzante con
l’orchestra «Beppe Carosso»,
nel corso della serata verrà
eletta lady Bibiana.
TORRE PELLICE: Il circolo
Mûris ospita, dalle 9, la gara a
bocce sociale Gasm.
VILLAR PEROSA: Presso
gli impianti dell’Hockey club,
dalle 9, eventi di sport vari, alle 22, festa conclusiva e concerto degli Architorti.
RORÀ: Alle 11,30, 5°- raduno trattoristico al laghetto di
Orghen, iscrizione lire 5.000.
RINASCA: Si svolge la radizionale grande festa della
montagna a Gran Dubbiane.
12 luglio, lunedì
BIBIANA: Alle 14, gara di
bocce alla Polisportiva; alle
19,30, grigliata mista sotto
l’ala; alle 20, apertura degli
stand commerciali; alle 21, serata danzante con «Bruno
Mauro e la Band».
13 luglio, martedì
BIBIANA: Alle 14 gara alla
baraonda; alle 15 giochi e giostra gratis per i bambini; alle
19,30 grigliata mista; alle 20
apertura degli stand commerciali, alle 21 serata danzante
con l’orchestra «Ciao pais»,
nel corso della serrata verrà
eletta Miss Bibiana.
PINEROLO: Nel parco di villa Prever, dalle 20 alle 21, «Le
pagine dell’immaginario»; alle
21,30, incontri con i cantastorie «La leggenda di Aleramo,
cantastorie con tabellone»; alle 22,30, racconti della buonanotte. Ingresso lire 3.000.
14 luglio, mercoledì
BIBIANA: Alle 20 apertura
degli stand commerciali; alle
21, «The Delta Melody», musica, cabaret e intrattenimento,
ballo liscio e latino americano.
15 luglio, giovedì
BIBIANA: Alle 21, la compagnia «Il Piccolo Varietà»
presenta «Fritto misto», serata
teatrale nel parco giochi.
LUSERNA SAN GIOVANNI: In piazza Cañavero, alle
21, in collaborazione con la
Comunità montana. Festival di
musica klezmer e nomade,
gruppo «Ogila»: lire 10.000.
PRALI: Coro olandese «Rejoice» nel tempio valdese.
VALLI
CHiSONE - GERMANASCA
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 167-233111
Guardia farmaceutica:
(turni festivi con orario 8-22)
DOMENICA 11 LUGLIO
Perosa Argentina: Bagliani Piazza Marconi 6, tei. 81261
Ambulanze:
Croce Verde, Perosa; tei. 81000
Croce Verde, Porte : tei. 201454
VAL PELLICE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 167-233111
Guardia farmaceutica:
(turni festivi con orario 8-22)
DOMENICA 11 LUGLIO
San Secondo: Farmacia Meliaco - via Rol 16, tei. 500112.
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 953355
Croce V. - Bricherasio, tei. 598790
PINEROLO
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva;
Ospedale civile, tei. 167-233111
Ambulanza:
Croce Verde, tei. 322664
SERVIZIO INFERMIERISTICO
dalle ore 8 alle 17. presso le
sedi dei distretti.
SERVIZIO ELIAMBULANZA
telefono 118
TORRE PELLICE — Il
cinema Trento ha in programma, giovedì 8, alle
20,30, Muían; venerdì 9, ore
21,15, La seconda moglie;
sabato 10, C’è post@ per te
con Tom Hanks e Mag Ryan;
domenica 11, ore 21,15 e lunedì 12, ore 21,15, Scherzi
del cuore, con S. Connery e
G. Rowlands.
BARGE — 11 cinema Comunale in luglio è chiuso per
ferie.
PINEROLO — La multisala Italia (0121-393905) ha
in programma alla sala «5cento», da giovedì. Incubo
finale. Alla sala «2cento», da
giovedì, I miserabili; orario
unico 21,30.
SAN SECONDO — Per la
rassegna di cinema in piazza
Europa, venerdì 9, alle 21,30,
sarà posto in visione Shakespeare in love.
FENESTRELLE — Domenica 11 luglio, alle 21,30
nel forte di San Carlo, proiezione di Shakespeare in love.
CONOMICI
PRIVATO acquista mobili vecchi-antichi e oggetti
vari: tei 0121-40181.
SOS ALCOLISMO
Poliambulatorio
Villar Perosa: tei. 51045-51379
Ospedale Pomaretto
Tel: 82352-249-day ospitai
St ringrazia l’editore per lo spazio concesso
L’Eco Delle Valli Valdesi
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|al 16 al 20 giugno, con delegazioni da 60 nazioni, 85 i partecipanti dall'Italia
cristiani contro la corruzione e la morte
^¡cazione la teologa austriaca Reinhild Traitler - il nostro compito non è quello
pa». I giovani sono i protagonisti di un evento unico nel protestantesimo europeo
Un'intera città che accoglie credenti da tutto il mondo
ALDO COMBA_________
Circa 200.000 persone
hanno partecipato ai culti di inaugurazione del Kirchentag (Kt). Mentre il culto
finale è unico per tutti, nello
stadio della città, i culti inaugurali erano 64, in chiese, sale parrocchiali e auditori o
all’aia aperta: 40.000 persone nella piazza del Castello. Il
pastore Platone ha predicato
in italiano nella Friedenskirche (Chiesa della pace); Barbara Green (presidente del
Comitato internazionale) ha
predicato in inglese nella
' Chiesa del Castello; il culto
più solenne, o più ufficiale, è
stato presieduto dal vescovo
luterano del Wiirttemberg
Eberhard Renz. Tutti hanno
ricordato il 50° anniversario
delKt, e il culto è stato preceduto da un atto di ricordo per
(lavoratori forzati dell’ultima
guerra, «vergognosamente in
ritardo», è stato detto.
Siamo andati al «culto plurilingue» nella Liedershalle
una sala da concerto: le lingue erano tedesco, inglese e
portoghese; il culto era animato da un complessino brasiliano che gli ha dato una
nota di brio e allegria; testo
della predicazione il tema
stesso del Kt: «Voi siete i sale
della terra» (Matteo 5, 13).
Haimo detto una breve parola di saluto i rappresentanti di
una ventina di comunità protestanti e ortodosse straniere:
greci, egiziani, giapponesi,
ungheresi, siriani e altri. Per
un deplorevole disguido era
assente la comunità italiana
di Stoccarda, ma una signora
luterana di Roma ha preso il
coraggio a quattro mani e si è
presentata sul palco dicendo
alcune parole in italiano: in
un modo o nell’altro siamo risultatipresenti.
«Noi siamo il sale della terra», ha detto in inglese la prédicatrice Reinhild Traitler, direttrice del Centro studi e incontri di Boldern, Zurigo,
«siamo il sale, non la marmellata 0 lo champagne del
inondo». Il nostro compito,
nioè, non è quello di tutto addolcire e tutto festeggiare, ma
come il sale preserva gli alimenti dalla corruzione, così a
I noi tocca preservare la vita
del mondo e delTumanità
d^e minacce di corruzione e
di morte. Il culto si svolgeva
m una sala da concerti, non
da un pulpito, ma da un palcoscenico, perciò è stato naìnrale per Reinhild Traitler
I indossare un grembiulone e
I dire «adesso vi faccio un pezd di teologia della cucina».
Con humour e molto garbo
ed efficacia ha elaborato nei
suoi vari aspetti il tema del
sale: il sale, fra l’altro, deve
sottolineare, non soverchiare
il sapore dei cibi; in altre parole, la chiesa deve servire alla crescita dell’umanità, ma
non pretendere di dirigerla o
di dominarla.
Serata di incontri
Dopo i culti inaugurali tutti
si riversano nella zona pedonale, opportunamente ampliata e fornita di orchestre,
stand, gazebo in cui si offre di
tutto, dal cibo ai souvenir. È
la «serata di incontri». In uno
stand si vendono per ricordo
dei pezzi di salgemma su cui
un giovane munito di trapano incide monogrammi e figure. Passeggiamo a lungo
tra 100.000 sconosciuti pensando che finiremo per rimanere soli, ma poi incontriamo
una coppia di Lipsia che si
mette a conversare con noi;
più avanti una signora tedesca reduce da 44 anni di vita
in Australia si interessa alla
Chiesa valdese; più tardi per
caso incontriamo la responsabile della libreria del Consiglio ecumenico di Ginevra.
Decidiamo di finire la serata con una birra, ma il caffè è
strapieno; mentre stiamo per
andarcene, due signore sedute a un tavolo ci invitano ad
accompagnarle: una di loro è
figlia di un pastore che ha lavorato nelle comunità valdesi
dell’Assia, porta una vistosa
croce ugonotta, è stata nelle
valli valdesi, ha una casa nelle Cevenne e parla un ottimo
francese. Naturalmente conversiamo a lungo, e la serata
che sembrava piuttosto grigia
si risolve effettivamente in un
momento di incontro e fraternità. Anche questo, anzi
soprattutto questo è il Kt.
Ogni giorno, si può dire, abbiamo avuto incontri simili.
L’atmosfera del Kt permette
di rivolgere la parola a chiunque e di esserne in genere ricambiati con simpatia.
Il mercato delle possibilità
Negli immensi capannoni
dell’Esposizione si pigiano,
gli uni accanto agli altri, parecchie centinaia di stand di
ogni possibile gruppo o movimento I pacifisti e i militari,
gli amici della Palestina e
quelli di Israele, i sostenitori
di un villaggio vietnamita, i
colombiani, gli indiani, gli
ecologisti. Amnesty International, il Consiglio ecumenico e via dicendo. Anche la
questione della cancellazione
del debito internazionale era
vistosamente presente. Impossibile fermarsi da tutti: o
si cerca di avere un’impressione generale o si scelgono
uno o due temi. Andiamo subito a cercare lo stand degli
italiani, che per uno dei soliti
disguidi non compare nell’elenco ufficiale.
Ciò che più impressiona è
il numero notevolissimo di
volontari che danno tempo e
energie per le cause più diverse, soprattutto di tipo
umanitario. In precedenti
edizioni del Kt c’era più polarizzazione politica: per il Sud
Africa (allora sotto l’apartheid), per il Nicaragua sandinista, per i dissidenti sovietici (prima della caduta del
Muro), per la pace e il disarmo quando si installavano i
missili atomici in Europa.
Oggi i temi dominanti sono i
paesi poveri, la disoccupazione, i diritti umani, il dialogo
tra popoli e culture; naturalmente gli eventi del Kosovo
avevano un grande rilievo.
Anche nel «mercato delle
possibilità» hanno riscontro
le linee principali del Kt: il futuro della chiesa e il futuro
dell’umanità.
Le donne
Le donne hanno avuto una
parte rilevante, sia come predicatici e oratrici in diverse
occasioni, sia come organizzatrici di sedute e dibattiti in
proprio, sia come maggioranza delle partecipanti. L’atmosfera è diversa da quella di
10 o 20 anni fa: il concetto
dell’uguaglianza e della collaborazione nella diversità tra
donne e uomini è ormai accettato in linea di principio,
anche se molto rimane da fare perché pervada tutte le
mentalità e sia adeguatamente tradotto in pratica in
tutti i campi, da quello ecclesiastico a quello politico, dalla famiglia al lavoro.
Tra 1 molti dibattiti ne abbiamo scelto uno: un incontro di teologhe sul tema della
Santa Cena. Qualcuna ha criticato la dogmatica tradizionale del sacrificio per il peccato: non c’è forse una contraddizione, si è detto, tra un
Dio che è amore ma che poi
per perdonare le sue creature ha bisogno di condannare
11 suo figlio a una morte orribile? Il dibattito si è dunque
piuttosto orientato a vedere
la Santa Cena sulla linea delle agapi della chiesa primitiva: pasti comunitari e paritari che in un modo festoso anticipano il banchetto escatologico nel regno di Dio. «Va
bene - ha detto una nera
americana che ha accompagnato la parte musicale
dell’incontro e aveva una
bellissima voce tipo Ella Fitzgerald - parlare di festa ma
non dimentichiamo le sofferenze di Gesù: quando noi
neri eravamo schiavi e atrocemente martirizzati, le sofferenze di Gesù erano il nostro conforto: anche lui ha
sofferto, perciò mi, si può capire! Eesta sì, ma senza dimenticare chi soffre».
Sala stampa
È estremamente interessante poter partecipare alle
conferenze stampa e avere
accesso alla documentazione. Si possono portare a casa,
se non si teme l’ingombro e il
peso, i testi di tutte le conferenze e gli studi biblici a cui
sarebbe impossibile partecipare simultaneamente. Gli
studi biblici sono stati in generale molto seguiti. Abbiamo visto ambienti affollatis
simi, sbarrati per motivi di sicurezza, ma davanti a cui si
accalcavano ancora centinaia
di persone per ascoltare dagli
altoparlanti. Tutto si è svolto
bene. Un funzionario ha detto del Kt che dal punto di vista poliziesco è «noioso»: infatti non sono stati necessari
interventi, né scontri né incidenti. La vocazione del Kt di
essere luogo di incontro e di
dialogo si è pienamente affermata.
Culto-show nello stadio
Così ha intitolato un giornale locale. L’unica manifestazione collettiva del Kt è il
culto finale nello stadio. Certo
non è una chiesa, per cui inevitabilmente ai momenti del
silenzio, della meditazione e
della preghiera si alternano gli
applausi, il suono dei 600
trombettieri, la ola degli stadi,
ecc. Il tutto, peraltro, in un’atmosfera di religiosità e di
gioia. I vari settori avevano
avuto il programma del culto
su fogli di colori diversi, per
cui agitando i fogli tutto lo
stadio si riempiva di tinte varie, come un arcobaleno.
Una sciarpa confezionata
in India, con i colori dell’arcobaleno, è stato uno dei
simboli di questo Kt, come il
«fazzoletto viola» dei pacifisti
10 era stato anni fa. Arcobaleno, ossia tutti i colori, tutti i
popoli uniti in una sola realtà
e solidarietà. Di qui anche il
fortissimo appello alla cancellazione dei debiti dei paesi
poveri del mondo.
Un momento particolarmente suggestivo è stato
quello della danza: un gruppo di professionisti in tuta
grigia, accompagnati da un
solo di clarinetto e di corno
inglese, ha rappresentato con
efficacia la violenza e il suo
superamento. Quando i danzatori hanno alzato le mani al
cielo in segno di preghiera
per la pace, tutto lo stadio si è
unito a loro nello stesso gesto. Due donne hanno detto i
messaggi principali. Gertraud
Knoll, sovrintendente a Eisenstadt per la predicazione,
che è stata tutto un appello
alla solidarietà (il tema era:
Tra timore e speranza, verso
11 Regno di Dio); poi Barbara
Rinke, sindaco di Nordhausen e presidente del Kt, che
ne ha dato una valutazione
complessiva.
E poi?
Il prossimo Kirchentag sarà
a Francoforte nel 2001, quindi a Berlino nel 2003, un Kt
che si vorrebbe in comune
tra protestanti e cattolici. Si
potrà allora celebrare tutti insieme la Santa Cena, come
quest’anno hanno fatto i protestanti nello stadio di Stoccarda, o prevarranno ancora
le esclusioni confessionali?
Rimane da vedere.
Una parola di plauso va
detta all’organizzazione tedesca. I 100.000 (65 nello stadio
e 35 in uno spiazzo adiacente, con altoparlanti e schermo gigante) sono stati evacuati in non molto più di
un’ora, senza ingorghi e senza pigia-pigia. Ma c’erano
1.500 funzionari a dirigere il
traffico e alcune centinaia di
volontari che si occupavano
anche degli handicappati in
sedia a rotelle. E per finire un
riconoscimento per la gentilezza e la cordialità della popolazione di Stoccarda. Abbiamo partecipato alla maggior parte dei Kt dal 1975 in
poi, ma quest’anno Taffabiìità della gente è stata particolarmente viva e sincera.
Prima dell’inizio del culto conclusivo
Al Kirchentag per rinnovare
un'esperienza di gemellaggio
FRANCESCO CARRI
Lt OPPORTUNITÀ di inI contrare di nuovo un
gruppo di giovani della Chiesa evangelica tedesca di Solingen, con cui è gemellata la
Chiesa valdese di Cerignola,
mi ha permesso di partecipare al Kirchentag che si è svolto a Stoccarda. Un incontro
di popolo che è stato anche
una grande riflessione sui vari aspetti dell’essere chiesa
oggi, in Germania come in
Europa, prima di tutto partendo dagli studi biblici, intensamente partecipati e animati, con i quali venivano
iniziate le giornate (quello
del pastore Paolo Ricca, svolto nella Hospitalkirche, in
francese e tedesco, ha visto
una calorosa e numerosa
presenza di giovani e anziani), e anche dalla preghiera e
dalla meditazione i cui spazi,
nella miriade di quelli messi
a disposizione dalla grande
macchina organizzativa del
Kirchentag, non erano affatto
deserti (al forum sulla preghiera, durato sei ore, ho potuto constatare una presenza
fra le 300 e le 500 persone):
solo una chiesa che ripone al
centro della sua vita il dono
della preghiera, nelle sue varie forme e ambiti, poteva
esprimere una marea di gente di quella dimensione.
Tra un forum e l’altro e l’altro, tra cui è sempre difficile
scegliere (il programma è
contenuto in un libro di 576
pagine!), ho fatto un salto anche nel centro della città di
Stoccarda: in ogni angolo
c’era un palco, grande o piccolo, sul quale si esibivano diversi gruppi canori, teatrali, di
danza, di mimo: una vera
esplosione di creatività e di
impegno da parte di una
chiesa capace di esprimersi
con diversi linguaggi e forme
di comunicazione. Qualcuno
potrebbe pensare che ci sia
stata una gran confusione in
città, invece ho avvertito un
ordine e un filo conduttore
tra le varie manifestazioni che
mi ha permesso di cogliere la
dimensione di una grande festa di popolo che compostamente esprime il volto di una
chiesa dinamica presente in
ogni angolo della città. Per
non parlare del culto iniziale
e finale del Kirchentag nello
spazio immenso della centralissima piazza Castello e nello
Daimler-Stadio.
Non vorrei tralasciare l’impressione positiva che ho
avuto nel visitare una delle
tre grandi tende posizionate
nella zona del verdeggiante
parco dì Cannstatter Wasen
non molto distante dal centro della città. La tenda della
diaconia, ampia, ben suddivisa in settori, nel suo insieme esprimeva una miriade di
attività diaconali attraverso la
quale si poteva udire una voce che diceva: noi siamo una
chiesa che prega, che dà spazio alla Parola, che canta, che
ama e serve il prossimo, che
attiva forme di. solidarietà
concreta a vari livelli. Ho potuto anche constatare una
notevole partecipazione al
forum dedicato al rinnovamento teologico e agli impulsi che provengono da un rinnovato «Pietismo». Visitando
la Friedenskirche, dove era
stata allestita una ben organizzata mostra sulla storia
valdese in Italia e nella terra
di rifugio del Baden-Württemberg (1699), ho verificato
l’interesse che questa grande
chiesa di Germania ha per la
storia di altfe chiese sorelle
anche fortemente minoritarie. Numerosi sono stati i visitatori e coloro che hanno
partecipato alle due serate
con il coro di Bobbio Pellice.
In conclusione, la cinque
giorni del Kirchentag è un’
esperienza non solo positiva
ma anche indimenticabile,
che meriterebbe veramente
di diventare un avvenimento
per tutto il movimento ecumenico. Si riuscirà a realizzarlo, come auspicato, per
l’edizione del 2003?
Incontri spontanei di fronte al castello
12
PAG. 8 RIFORMA
Vita Delle Chiese
venerdì 9 LUGUO
Migliori ¡CO (Matera), saluto alla pastora Marilù Moore
Chi dona riceve, chi riceve dona
Commossa gratitudine delle comunità battiste di Puglia
e Basilicata per ventanni di fecondo ministero pastorale
Gli «Immigrati tra noi» in un convegno presso TrevisQ
Una grande opportunità per l'Italia
PIERDA VIDE COISSON
TOMMASO GELAO
macinatrice di chilometri in
Domenica 30 maggio,
assieme ad altri due
membri della Chiesa battista
di Bari, mi sono recato a Miglionico dove la locale comunità battista ha salutato la
pastora Marilù Moore che,
dopo circa venti anni di ministerio in alcune chiese della
Puglia e della Basilicata, lascia il servizio attivo per rientrare in America, suo paese
d’origine.
Nonostante fossi arrivato
in anticipo, non ho trovato
posto perché la chiesa era già
piena e insufficiente a contenere tutti i convenuti. In tanti
hanno voluto, con la loro
presenza, dare una dimostrazione d’affetto a Marilù. La
pastora Elizabeth Green, prima di iniziare la predicazione, ha dato facoltà a chi voleva di poter brevemente dare
un saluto a Marilù. Si sono
così alternati i rappresentanti
di tutte le comunità che sono
state sedi pastorali della pastora Moore. Ognuno ha espresso il proprio ringraziamento ricordando alcuni episodi rimasti indelebili nella
mente di chi li ha vissuti con
la pastora. Da tutti gli interventi si è avuta una descrizione del carattere e della personalità di Marilù: gran lavoratrice, molto disponibile, tenace, infaticabile, altruista.
àuto, sempre pronta.
Qualcuno non è stato capace di nascondere lacrime
di commozione perché personalmente aiutato dalla pastora Moore a superare momenti difficili della propria
vita. L’intervento conclusivo
fatto da Leonardo Nicoletti,
in rappresentanza dell’Associazione delle chiese evangeliche battiste di Puglia e Basilicata, si è rifatto quasi esclusivamente a un articolo apparso il giorno 17 dicembre
’79 sul quotidiano di Bari «La
Gazzetta del Mezzogiorno» a
firma della giornalista Bianca
Tragni dal titolo: «La prima
donna sacerdote in Puglia è
una gentile signorina americana. Naturalmente si tratta
di un pastore protestante».
L’autrice dell’articolo racconta come Marilù, venuta in
Puglia con altri compiti, sia
stata travolta da un carico
d’entusiasmo dalle due comunità (Altamura e Gravina)
che l’hanno promossa. L’entusiasmo e il calore con cui è
stata accolta, il suo tratto
umano e affabile, la rilevante
preparazione teologica e la
notevole esperienza missionaria l’hanno «promossa»
automaticamente pastora
delle due comunità. Biniti gli
interventi, si è proceduti con
la predicazione eseguita dalla
pastora E. Green coadiuvata
La pastora Marilù Moore
nella musica da un piccolo
coro, una voce solista e organista: tutte sorelle della Chiesa battista di Gravina.
Come tutti i saluti che si rispettano, al termine del culto
è seguita la consegna dei regali, come segno di piccoli ricordi che alcuni hanno voluto fare alla festeggiata. Nel
ringraziare i presenti, Marilù
ha affermato che nei venti
anni trascorsi in Puglia non
solo è cambiata ma cbe molto ha ricevuto dalle comunità
dove ha svolto il suo ministerio. Chi dona riceve e chi riceve dona: è questa la ricchezza dell’amore fraterno.
Buon viaggio Marilù, se
puoi torna a trovarci e soprattutto grazie per essere
stata con noi e tra noi.
Nigeriani, coreani, ganaensi, brasiliani, italiani. Queste sono solo alcune
delle nazionalità dei partecipanti al convegno «Immigrati tra noi» organizzato dal dipartimento di evangelizzazione deirUcebi, dal Srm
della Eederazione delle chiese evangeliche (Ecei) e da varie chiese di immigrati del
Nord-Est italiano. Sotto gli
alberi del seminario di Casier, vicino a Treviso, dal 28
al 30 maggio si sono ritrovate un centinaio di persone,
fra cui alcuni Rom, per pregare insieme il Signore e
portare avanti un discorso di
conoscenza e collaborazione
reciproca. Infatti si sta verificando in Italia un fenomeno
che le nostre chiese stentano
a notare: in questi ultimi anni il numero di evangelici
presenti in Italia sta aumentando vertiginosamente (le
stime sono dell’ordine dei
150.000), perché molti degli
stranieri che giungono nel
nostro paese sono di fede
evangelica. Quindi stanno
sorgendo in molte città nuove comunità di credenti di
varie nazionalità.
Come si situano in questo
contesto le nostre chiese? Il
Servizio rifugiati e migranti
ha fra i suoi obiettivi il progetto «Essere chiesa insieme», che cerca di favorire la
possibilità per gli immigrati
di esprimere la propria fede e
integrarsi nella realtà italiana. In questo ambito vengono organizzate varie iniziati
Chiese battiste della Liguria
Una giornata di lode
FRANCO SCARAMUCCIA
UNA splendida giornata
di sole ha accompagnato il centinaio di persone
convenute a Sarzana nella locale chiesa evangelica, membro delTUcebi, per il raduno
delle chiese appartenenti al
coordinamento delle chiese
battiste della Liguria. Si e
trattato di un incontro festoso e gioioso: è ormai un appuntamento annuale fisso
per le chiese battiste della Liguria, che trovano cosi modo
non solo di lodare il Signore
ma anche di trascorrere insieme del tempo, conoscendosi meglio e scambiandosi
notizie ed esperienze. È una
occasione importante, che
riunisce anche persone di etnie diverse, perché fanno
parte del coordinamento anche una comunità cinese e
una filippina. Quest’anno
mancavano i cinesi, impegnati nella loro attività di ristoratori che ha impedito la
loro partecipazione ma non
sono mancati i filippini, con
la loro fede semplice e allegra, che esprimono attraverso i loro canti.
L’incontro si e aperto con
un culto, a cui hanno contribuito tutte le chiese partecipanti con apporti diversi. Così e stato ascoltato un messaggio di un giovane di Genova, un coro delle sorelle filippine di Rapallo, un canto del
duo formato dalle sorelle fi-lippine Reina Marzan e Buena Julio, un canto della corale composta da sorelle e fratelli di Genova, Rapallo e
Chiavari diretta con grande
capacita da Luca Monaco; la
predicazione e stata tenuta
dal pastore Mario Cianchi; la
Santa Cena ha unito i presenti nella comunione del Signore, concludendo il culto.
Il festoso raduno e continuato con un’agape all’aperto, organizzata e allestita con
impegno dalla comunità o
spitante di Sarzana, che ha
consentito ai convenuti di
trascorrere un periodo piacevole in compagnia. Nel pomeriggio, mentre i più giovani sono stati accompagnati in
visita alla fortezza Firmafede
e al centro della città, gli altri
sono rimasti a godere del fresco del giardino antistante il
locale di culto. Si e trattato di
un’importante occasione di
comunione fra le chiese battiste della regione, che ha lasciato tutti i partecipanti lieti
dell’incontro e ricchi di nuova forza e di entusiasmo.
Chiese battiste di Genova
Il fratello Giovanni Mele
ERMINIO PODESTÀ
IL 26 giugno, nella chiesa
battista di via Vernazza a
Genova, dove si erano sposati i suoi due figli, si è svolto
il funerale di Giovanni Mele
di 83 anni, fratello della chiesa battista di Sampierdarena, sempre assiduo ai culti
fin che la salute lo ha sorretto. Il pastore Mark Ord, riflettendo sul Salmo 23, ha
detto che le sue parole si
possono adattare alla vita di
ogni credente in generale e a
Giovanni Mele in particola
Chiesa metodista di Intra
Convocati dallo Spirito
La chiesa metodista di Intra (Verbania) da un po’ di
tempo offre l’uso dei propri
locali ai pentecostali della
zona per le loro riunioni di
culto, di studio biblico e di
preghiera comunitaria. Tenuto conto della fraternità
venuta a formarsi fra metodisti e pentecostali, e soprattutto perché spinti dallo Spirito Santo, si è deciso, di comune accordo, di dedicate la
domenica 20 giugno a un
culto aperto ai credenti delle
due denominazioni. Poi, dopo il culto stesso nella bella
chiesa metodista, si è tenuta
un’agape fraterna nel giardino adiacente.
Numerosi i partecipanti
alla riunione venuti da varie
località del Verbano. Tutti
quanti, oltre 70, ricolmi di allegrezza spirituale sia durante il bel culto nella chiesa
(questa volta davvero affollata) come pure nel giardino
per il pranzo in comune,
compatti a esprimere con ardore il comune intento di
stringere rapporti strettamente fraterni fra le due de
nominazioni, allo scopo di
testimoniare di Cristo Gesù
con rinnovato vigore e salda
fede.
Il pastore Giuseppe Anziani ha voluto ringraziare la
pastora Francesca Cozzi e il
pastore pentecostale Eligió
Chirico per la loro premura
nella programmazione dell’incontro. Poi ha espresso la
propria stima per i credenti
pentecostali per il loro entusiasmo nella testimonianza
della fede, e per il loro stile
profetico nell’annuncio dell’Evangelo con gioia e perseveranza. Anziani ha poi auspicato l’impegno di ognuno
a pregare e a lavorare insieme nell’opera evangelistica
nella zona del Verbano superando qualsiasi motivo di divisione e lasciandosi guidare
fiduciosi unicamente dallo
Spirito Santo, che è la forza
indispensabile per testimoniare Gesù Cristo. Il successo
dell’incontro, dal quale eleviamo il nostro alleluia, ci incoraggia a promuovere altri
fraterni incontri molto frequentemente.
re. Il credente con l’aiuto del
Signore ha lodato l’Eterno
nei momenti felici, ma anche «nella valle della morte»
non ha avuto timore perché
il Signore lo ha sempre sorretto. E ora che ha tagliato il
traguardo della vita «abiterà
nella casa dell’Eterno per
lunghi giorni».
Un fratello di chiesa ha
manifestato con commoziozione la testimonianza lasciata da Giovanni: «Giovanni Mele - ha detto - è stato
un fratello sempre presente
alle attività della chiesa, ma
molto silenzioso e discreto.
E quando sorgevano delle
discussioni, cercava sempre
di fare accomodare le cose.
La moglie morì all’età di
trent’anni in un incidente
automobilistico, lasciando
due figli, Antonella di cinque
anni e Fausto di 8 anni.
Giovanni si è dedicato a loro crescendoli con l’esempio
e l’impegno a tal punto che i
figli hanno spesso detto: “È
stato per noi papà e mamma”. Quando i suoi figli si sono sposati mi disse: "Ora il
mio compito di educatore è
finito. Tocca a loro continuare il cammino. Mi auguro
che non dimentichino gli insegnamenti che gli ho dato”.
Un giorno mi sono recato al
cimitero e nel reparto dei
protestanti c’era un uomo
chino su ,una tomba. Si trattava di Giovanni Mele e la
tomba era quella della moglie. Giovanni mi disse: "Non
sono qui sulla tomba di mia
moglie per pregare per lei,
perché so che lei non ha più
bisogno di suffragi, ma stando un po’ qui mi sembra che
mi dia la forza di continuare
a svolgere il mio compito di
genitore”».
Giovanni è stato sepolto
proprio vicino a sua moglie,
senza che nessuno lo abbia
chiesto, e in questo modo si
rende anche simbolicamente
visibile la loro vicinanza.
ve, fra cui questo convegno.
Canti, danze, preghiere
spontanee hanno scandito le
giornate inserendosi in maniera gioiosa fra le varie conferenze in programma. Si è
molto parlato della ricchezza
spirituale che gli immigrati
possono portare nelle nostre
chiese, e in tal senso è significativo l’esempio della comunità battista di Rovigo, che è
diventata una comunità internazionale, costituita per
metà da italiani e per metà da
africani, in cui tutti trovano
lo spazio per esprimere il
proprio modo di vivere la fede, anche e soprattutto nella
liturgia del culto domenicale.
Questa può diventare un’occasione di arricchimento per
le nostre comunità; condividere i doni che il Signore ha
dato a ciascuno, mettere a
frutto le novità che possono
portare nuovi membri
nostre comunità, sono lei
de che ci vengono postef
vanti: le sapremo coglierei
Malgrado in questo co»,
gno ci fosse una grande!
rietà di lingue, avendo la!
duzione di tutto quanto \
va detto in inglese e in ìm
no, non si è per nulla sei
il peso della barriera lingij
ca e lo spirito che ha ank,
le giornate era veramente
incontro e comunionel
credenti. Ora si apre un h
ro pieno di possibilità. Alce,
delle comunità presenti
convegno probabilmente j
cideranno di entrare nt.
Unione battista, molti st.,
nieri si avvicineranno aUet
stre chiese, ma la sfida nu«
giore dobbiamo coglierla Hf
italiani, per aprirci verame*
al confronto e aH’accoglieuf
di altre culture.
I Chiesa battista di Bari
Comunione spirituale
La Chiesa battista di Bari
ha vissuto una giornata di intensa comunione spirituale
in occasione della celebrazione di quattro battesimi, da
qualche anno un appuntamento assai gradito. Domenica 6 giugno hanno infatti
testimoniato della loro fede
Rosaria Cascione col marito
Alessandro Romito, immersi
assieme mentre si tenevano
per mano, Francesco Gelao e
Viviana Pantaleo. Erano presenti, oltre ad alcuni fratelli
valdesi, il delegato diocesano
per l’ecumenismo don Ange
lo Romita, un gruppo dia»
ci cattolici che hanno sponit
neamente preso partea! >'
Santa Cena, e una giovai
studentessa di teologiaiomt
na di fede ortodossa. Unadi
costanza del tutto ineditat,
si spera, un ulteriore passi
avanti sulla strada dellaitciproca accettazione. Lenote
di una suggestiva musicato
dizionale eseguita damt»
di artisti di strada, guidatìiij
un versatile Giovanni Gelai,
ha conferito un elemento dì
ulteriore originalità ala lesi»
battesimale.
MONACHE
PISA — Con una tesi su Tolleranza religiosa a Livorno nei~
li XVII e XVIII: analisi comparata di un problema apP'
è brillantemente laureata in Scienze politiche Laura C»i
rio, della Chiesa valdese di Livorno e membro del Goffi#
del 10° circuito, residente a Castiglioncello (Li); relaincel!
prof. Anna Vittoria Bertuccelli Migliorini. Fra i numerosUi
sti consultati (circa 130), ve ne sono una ventina editìlsl
Claudiana, che hanno incuriosito la Commissione. Lasp<
cificità del tema, prima in assoluto in quella Facoltà, to'
chiesto un impegno non facile per il reperimento di fon
che trattassero l’argomento. È sembrato logico che sic#
sultasse anche l’archivio della Chiesa valdese di Livot»
Numerosi amici e amiche di Laura, membri anziani e j
vani con il pastore della chiesa di Pisa si sono intratte®
in un gioioso momento, unitamente ai genitori Nina e Ni
dino e al fratello Giorgio, nei locali di via Derna, per lec#
gratulazioni e per formulare auguri alla neodottoressa.
SAN GERMANO — Circondati da un folto gruppo di parei®
amici si sono sposati il 24 giugno Daniele Balmas e Omii
Massel. La predicazione è stata tenuta dal pastore Tho®
Josi, che tutti quanti abbiamo rivisto con gioia unitaniei'
alla sua bella famigliola. Affettuosissimi auguri di tanta»
renità e d’ogni altro bene dal Signore agli sposi che ce#
mente avremo il piacere di vedere ancora attivi conte Ì,
passato nella comunità.
• Purtroppo lo stesso giorno ha avuto luogo il funerali!
Frida Soulier ved. Blanc, molto conosciuta per avere law
to parecchi anni all’Asilo e avere speso anche parte dellej
energie nella Croce Verde di Perosa. Ai figli e a tutti i
rinnoviamo l’espressione della nostra cristiana simpatia.
CARBONIA— Domenica 27 giugno, alle ore 10, nei locali
comunità battista, la neocatecumena Ester Marras
ha dato la sua testimonianza battesimale. Dopo il battesij
è seguito il messaggio del past. Giuseppe Miglio che, tra
do spunto dal capitolo 6 della lettera ai Romani, ha son ^
neato l’importanza di essere consapevoli della
identità di credenti. Al culto, oltre all’intera comunità^
Sulcis-Iglesiente, erano presenti diversi simpatizzanti e
piccolo gruppo di battisti di San Vito, diaspora di Caglia#'
Radio & Televisio0
CULTO EVANGELICO; ogni domenica mattina alle 7-2^
primo programma radiofonico della Rai, predicazione
notizie dal mondo evangelico italiano ed estero, appuf*
evangelico
menti e commenti di attualità,
PROTESTANTESIMO; rubrica televisiva di Raidue a
della Federazione delle chiese evangeliche, trasmessa a
mpnirhp altorno olla OQ /in ^ «.^nlìoa il lunedi
cidici 1 CUCI Llclie v/lllcdc cVdri^clIcIlCj
meniche alterne alle 23,40 circa e, in replica, il
settimana seguente alle ore 9,45 circa. Domenica H
UIC CllCCt.
(replicalunedì 19 luglio) andrà in onda: «Giubileo
catena umana per annullare il debito estero dei L
poveri»; «Campo minato; campagna internazionale co
le mine»; «Incontri: rubrica biblica, con Laura Leone».
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È in preparazione il testo sulla bioetica per il prossimo Sinodo
Bibbia^ etica cristiana e etica laica
Luetica cristiana deve avere un evidente legame con le basi bibliche
della fede, ma dalla Bibbia non discende un'etica dal carattere assoluto
SERGIO ROSTAGNO
La preparazione del testo di carattere etico richiesto dal Sinodo ’98 P^r il sinodo 1999 al «Gruppo di lavoro sui problemi etici posti dalla scienza» procede di buona
lena anche sulla base delle risposte
delle chiese. Le risposte sono per
ora una decina, ma si può presumere che rispecchino abbastanza
bene l’insieme delle opinioni. Il testo che si prepara contiene tre parti e non sarà, presumibilmente, più
lungo di 2-3 pagine, al fine di permettere la discussione in assemblea. Le parti previste sono le seguenti: Bibbia ed etica; Laicità;
Qualche punto specifico. Molte
chiese hanno chiesto (del tutto legittimamente) un fondamento
evangelico ed esegetico esplicito,
cioè un legame evidente con le basi bibliche della fede. La richiesta
solleva però alcuni problemi. Proviamo a descriverne qualcuno a
grandi linee.
Il crollo della dogmatica classica
nel corso dell’epoca moderna ha
determinato l’emergere dell’etica
come nuovo terreno fondazionale.
Il venire meno di vecchi fondamenti, a causa del progredire degli
studi storici e dell’avanÈare di nuove concezioni del mondo, ebbe come effetto quello di favorire l’etica.
Per illustrare quanto appena detto,
si pensi per esempio che le discussioni sulla persona di Cristo che ricoprono pagine e pagine nelle dogmatiche del Cinque-Seicento, per
noi oggi non hanno più a prima vista alcun aggancio con la realtà,
mentre erano del tutto consone
con la visione della realtà quale si
poteva avere in quel tempo. Viceversa ci sembrano molto più vicini
e comprensibili gli appelli etici che
crediamo di trovare nei testi biblici. Questo determina un approccio
totalmente diverso alle questioni
etiche e teologiche.
/ /
L'etica cristiana è una
risposta sempre umana
all'esigenza divina ^ ^
Per varie ragioni, pensiamo che
non sia possibile far ricorso a questa visione di fronte ai problemi
che oggi la scienza ci pone. Comunque la discussione a questo
proposito non fa che cominciare a
livello delle nostre comunità. In
ambito cattolico assistiamo nello
stesso periodo storico considerato
aun ritorno a San Tommaso, di cui
qui non ci occuperemo.
Una parte della teologia moderna ha affrontato la grossa questione dei fondamenti da un altro punto di vista. Si è sostanzialmente tenuta alla distinzione, ereditata dalla Riforma, tra il piano della fede e
quello delle opere, cosa che nella
posizione descritta precedentemente rischiava invece di andare
^sottigliandosi fino a scomparire,
m è dovuto però ricorrere larga•ttente al paradosso per giustificare
questa distinzione. Il piano del1 annuncio evangelico veniva salt^a^ardato nel suo carattere costitutivo e fondamentale. Questo catattere veniva preservato ed e
spresso di fatto con un linguaggio
paradossale. Restava quindi aperto
il legame tra questo linguaggio e il
terreno dell’etica. Pur riconoscendo che la fede deve necessariamente avere anche un terreno etico di espressione, si trattava tale
necessità come un fatto, che doveva trovare poi caso per caso una
soluzione appropriata. Anche la
lettura biblica sostanzialmente
preservava questa fondamentale
differenziazione tra Evangelo e legge, i cui ambiti non potevano essere confusi, anche se i confini restavano indeterminabili. In particolare si metteva in evidenza il fatto
che ogni tentativo di fissare con
precisione e in modo normativo
una corrispondenza tra un comportamento etico e la parola di Dio
finiva per essere un attentato alla
libertà della parola di Dio stessa.
Per questa ragione si mantenne sostanzialmente libero il ricorso alla
Parola (e la funzione deputata a
questo fu quella della predicazione) mentre ogni decisione conseguente e fedele ricadeva sotto la responsabilità umana dei credenti
(singoli o insieme gli uni con gli altri) e allora poteva soltanto essere
considerata una risposta umana
all’esigenza contenuta nella Parola.
Poteva così sembrare che la Bibbia non avesse di per sé nessun
contenuto etico da far valere. Questa deduzione era certamente esagerata e, in una fase più matura, fu
corretta proprio dall’estendersi degli studi biblici. La Bibbia, come vedremo più in là, ci trasmette anche
un pensiero ben caratterizzato e
non c’è alcun incontro con Dio, in
campo cristiano, che non debba riconoscere che quello che s’incontra
è proprio il Dio biblico, l’Alfa e
l’Omega, eterno eppure presente
con un carattere sempre nuovo. Colui che era, che è e che viene. Solamente, questo riconoscimento proprio della fede, non può poi essere
trasformato in una specie di codice
religioso, senza rendere vano tale
incontro. La lettura biblica è compresa tra gli estremi della libertà
dell’ascolto e l’impegno della messa
in pratica. Non vi è nessun passo
biblico che possa essere inteso di
per sé in modo normativo per il credente, al di fuori del ricorso a questa doppia prospettiva.
Questo non vuol dire che la Bibbia non abbia una propria prospettiva. Vuol dire, tuttavia, che non è
possibile ricorrere alla Bibbia per
dare un carattere assoluto al terreno etico scelto come terreno di
fondazione ed espressione della fede. Come abbiamo detto, questo
terreno è sembrato a varie generazioni di credenti e sembra ancora
ad alcuni essere il terreno proprio
della fondazione della fede. Ma, essendo il terreno etico di per sé
piuttosto legato a varie incertezze,
lo si vorrebbe far diventare meno
aleatorio e incerto ricorrendo alla
Bibbia per avere da essa quella certezza che l’etica da sola non può
dare^ Noi sconsigliamo questa operazione da ogni punto di vista, senza per questo negare l’importanza
dello studio biblico e del ricorso
appropriato alla Bibbia.
La posizione corretta secondo
noi è quella che distingue il terreno
fondazionale, riconducibile alla
promessa divina testimoniata dalla
Scrittura, dal terreno deUe applicazioni etiche dove, pur non essendo
noi signori e padroni di determinare tutto a nostro piacimento, siamo
però legati a una responsabilità di
tipo creaturale e terrestre. In questo ambito possiamo venire condotti a dire determinati «sì» e determinati «no». Non possiamo tuttavia trasformare questi «sì» e questi «no» in decreti divini. Noi non
possiamo mai sfuggire alla nostra
responsabilità di fronte a Dio, o lasciare il nostro posto davanti a Dio,
per metterci dalla sua parte o per
mettere Dio dalla nostra parte. In
questo senso noi diciamo che le
nostre posizioni etiche sono sempre rivedibili alla luce di una migliore lettura biblica o alla luce di
nuove evidenze o nuove argomentazioni e rivedibili devono restare
fondamentalmente.
Le posizioni etiche
devono essere
sempre rivedibili
Detto questo vogliamo fare un richiamo a un momento importante
della vita della chiesa primitiva. Da
quanto apprendiamo nel capitolo
14 della lettera ai Romani, l’apostolo Paolo si è trovato di fronte a
una questione spinosa di carattere
etico, centrata sulla domanda se
sia lecito o meno mangiare carne
proveniente da macellazioni rituali
pagane. Una parte della chiesa sostiene di sì, perché i rituali pagani
sono comunque senza valore; un’
altra parte sostiene di no, perché si
darebbe un riconoscimento implicito a tali rituali. Paolo, che forse
avrebbe potuto decidere in un senso o nell’altro, si astiene tuttavia
dal prendere una posizione netta.
Il suo consiglio, invece, è quello di
trovare un accordo tra le due parti.
Notiamo qui un fatto dal quale c’è
molto da imparare. Probabilmente
una soluzione del dilemma non
esiste, e l’unica soluzione veramente cristiana consiste nel mettersi nella posizione di chi vuol trovare un accordo. Non ci devono essere né vincitori né sconfitti, anche
a costo della rinuncia a una soluzione drastica e netta. Ogni soluzione netta del dilemma etico testé
descritto implicherebbe proprio
l’apertura di un fossato tra le due
parti della chiesa. Essa appare
quindi impossibile.
Possiamo vedere come un problema etico che sembra molto vivo
nel I secolo, oggi ci interessi infinitamente meno. L’esempio però
serve per mostrare che la Bibbia
può insegnarci anche a cercare soluzioni avanzate, dove apparentemente basterebbe applicare un ragionamento più semplice, che
però sarebbe risolutivo soltanto in
apparenza.
iC
L'etica cristiana ha
sempre anche un
carattere pubblico
Consideriamo ora un secondo
elemento basilare della nostra etica: il suo carattere pubblico. Inizieremo anche qui richiamandoci
brevemente alla storia per passare
poi alle questioni più attuali. Il terreno di un’etica laica, concepita
non al di fuori delle religioni, ma
proprio dentro di esse, quale terreno umano di incontro e di collaborazione, fa parte delle più fruttuose
e durevoli elaborazioni dei mondo
moderno e della stessa etica evangelica. La decisione «moderna» di
dare al campo etico una dimensione pubblica, costitutivamente
pubblica, non sembra che abbia
dato delusioni, ha invece favorito
lo sviluppo delle nostre società. Ci
sembra oggi da difendere: è da interpretare nello stesso senso anche
un etica che si richiami più da lontano a Tommaso d’Aquino.
Qualcuno forse amerebbe un’etica più precisa, che derivi dalle leggi
del creato. L’idea che esistano leggi
del creato che come tali rispecchiano la volontà del Creatore è
molto discutibile. Sul piano scientifico qualcuno sostiene che la natura reca con sé leggi di solidarietà
e di finalità. Altri lo negano e probabilmente esempi ci sono per entrambe le teorie. La volontà del
Creatore è certamente quella che
gli esseri umani vivano in pace ed
evitino il disordine (1 Cor. 14, 33).
Gli ordinamenti mediante i quali
questo ideale viene raggiunto e
mantenuto non rispecchiano necessariamente una volontà immobile, ma possono invece essere il
frutto di una evoluzione. È anzi
molto probabile che la volontà di
Dio sia quella di far progredire il
genere umano, nonostante le difficoltà che l’evoluzione comporta. Un mondo in evoluzione, per
quanto complesso, potrebbe corrispondere alla volontà del Creatore.
Una visione da respingere nettamente è poi quella che prospetta
sempre la contrapposizione tra
due principi, uno armonico e ideale e l’altro disastroso e deleterio. Si
è varie volte dimostrato che prospettare la scelta etica come scelta
tra djue principi così configurati
porta a situazioni impossibili e
qualche volta crea danni irreparabili. Ogni visione etica è una visione di transizione e reca con sé lo
sforzo e l’impegno di far fronte alle
situazioni rendendole passibili di
evoluzione e di progresso.
L’offerta di un punto di vista etico per risolvere le questioni significa quindi in primo luogo l’offerta di
un terreno di incontro dove ha senso arbitrare tra diverse esigenze e
dove ogni decisione finale è ulteriormente rivedibile. Si delineano
così diversi ambiti che interagiscono tra loro, talvolta anche in modo
conflittuale. Per esempio ci può essere un obbligo della legge che limita certi miei diritti (mettiamo
l’obbligo di portare gli occhiali
mentre sto guidando la mia automobile). Posso permettere che sia
pubblicamente lecito un comportamento per il quale istintivamente
nutro repulsione. Vi è piena libertà
di fumare, ma è lecito che lo stato
tenti di limitare quest’uso imponendo una tassa sul tabacco, anche
considerando i costi delle cure necessarie per quanti si ammalano in
conseguenza del fumo. Le decisioni
finali possono essere molto rigorose anche quando non siano così rigorose le ragioni che le hanno generate. Tutte le questioni sono connesse tra loro, ma non tutte sono
dello stesso livello. Le questioni che
si pongono nel campo di un etica
pubblica hanno tutte un carattere
incerto, ma non per questo vanno
rifiutate. È invece proprio del credente farsene carico. Ogni soluzione ha un carattere di tentativo. Dire
questo non significa venir meno alla propria fede, ma cogliere esattamente il suo aspetto etico.
Tornando alla prospettiva laica e
universalista sopra evocata, essa
non è in contraddizione con la fede. Proprio tra le persone dotate di
una visione religiosa si sono trovate le sostenitrici e i sostenitori di
diritti e prìncipi universali. Le chiese hanno sempre condotto vitto
riosamente le loro azioni quando si
sono battute negli interessi di tutti.
Non si creda che sostenere un’etica pubblica sia scontato e ovvio o
che sia «troppo poco» per la fede.
Non vi è nulla di ovvio a questo
mondo. Per esempio, battersi per
promuovere e realizzare un diritto
di tutti è già indizio di una condotta ispirata dalla fede. Sapere inoltre
quanto può costare vincere l’indifferenza e stabilire vincoli di solidarietà, può essere un ulteriore segno
di fede. Ogni fede più dichiarata e
più esplicita si misuri intanto con
queste esigenze apparentemente
elementari. Esistono tuttavia legami più precisi tra le esperienze di
fede e l’etica pubblica. La storia ci
insegna quanto sia stata importante la lettura biblica come fonte
ispiratrice di impegno etico. Basti
pensare alle lotte per le costituzioni moderne, per i diritti, per la libertà degli schiavi, per l’aiuto
umanitario e la promozione dell’istruzione elementare. Pur svolgendosi in terre protestanti, quelle
lotte non andavano avanti da sole.
Furono sostenute con un impegno
che derivava dalla preghiera e dalla
lettura e rilettura della Bibbia. L’atteggiamento di chi crede è tutt’altro che ovvio o soltanto naturale.
Bisogna però saper restare su un
terreno pubblico, dove esistono fedi diverse e anche diverse teorie
etiche. Nessuna di tali teorie dovrebbe essere prescelta per identificarla con quella propria della fede, ma tutte, in una certa misura,
possono essere considerate e discusse. La fede stessa si situa su un
piano diverso: essa non può essere
imposta in nessun modo e neppure possono essere imposte le conseguenze etiche che potrebbe avere la fede. Invece, su un terreno
pubblico, possono essere imposte
decisioni a carattere generale, prese nell’interesse di tutti. Su questi
punti però la discussione è molto
viva, ma la distinzione è essenziale.
Ci può essere accordo
tra prospettiva di fede
e prospettiva laica ^ ^
Le iniziative prese dalle nostre
chiese nel corso dell’anno si sono
orientate proprio in questa direzione. Molte iniziative riuscite hanno
dimostrato che è utile collegarsi
con altre istanze per la discussione
pubblica delle questioni etiche all’ordine del giorno.
Anche i documenti del Gruppo
sono stati elaborati in questa prospettiva. Essi hanno avuto un certo
successo, pur nei loro evidenti limiti, soprattutto perché sono stati
elaborati da persone direttamente
coinvolte nei problemi discussi. Le
chiese sappiano meditare anche
questo fatto, che non è di poco
conto e che permette, anche a livello locale, di superare una visione troppo introversa della vita ecclesiastica, unita non di rado a una
predicazione svigorita. L’interessamento per la vita concreta delle
persone e i loro problemi è l’inizio
di ogni discussione etica.
Dovremmo ora entrare in questioni più particolari come quelle
dibattute dai documenti del Gruppo. Non possiamo farlo ora. Cercheremo di sintetizzarle in vista del
Sinodo, come ci è stato chiesto.
14
PAG. 10 RIFORMA
Riforma
Ire e credito scolastico
Piero Trotta
Ritenevamo che il tentativo di attribuire all’insegnamento della religione cattolica (Ire) nella scuola pubblica una
configurazione giuridica tale da discriminare gli studenti
che, per scelta, non se ne avvalgono si fosse esaurito dieci
anni or sono quando, dopo alterne vicende, intervenne la
Corte Costituzionale che, con due chiare sentenze del 1989
e del 1991, evidenziò come nell’ordinamento giuridico italiano non potesse avere spazio una normativa che limitasse
la libertà degli studenti non awedentisi e li discriminasse.
Evidentemente ci eravamo sbagliati: il 14 maggio, con l’Ordinanza che ha fissato le mod^tà di attribuzione agli studenti del credito scolastico, il ministro della Pubblica Istruzione ha compiuto un vero e proprio golpe costituzionale.
Agli studenti che nel corso dell’anno si erano avvalsi dell’insegnamento confessionale o delle nebulose materie alternative è stato attribuito un credito scolastico più elevato,
con il risultato di penalizzare i loro compagni che, fruendo
della libertà di coscienza, sancita dalla normativa vigente e
precisata nei suoi effetti dalla Corte Costituzionale, all’inizio dell’anno scolastico avevano scelto di non avvalersene.
Ci saremmo attesi che «l’Italia démocratìca» reagisse. Anche in tal caso ci siamo sbagliati: la stampa sedicente laica
ha sostanzialmente taciuto. Nessun partito ha sollevato
obiezioni. Per quanto ne sappiamo, due soli deputati (La
Malfa e Spini) hanno presentato interrogazioni critiche, ricevendo dal ministro risposte arroganti. In questo avvilente
panorama, è toccato ancora una volta a noi, all’evangelismo
italiano, in uno con l’Unione delle comunità ebraiche e a
«Scuola e Costituzione», assumere l’iniziativa. Dopo un’immediata protesta, che nessuno ha ripreso, la Federazione
delle chiese evangeliche, la Tavola valdese, le Assemblee di
Dio, l’Unione deUe chiese battiste e l’Unione delle chiese
awentiste hanno impugnato avanti il Tar Lazio l’Ordinanza
ministeriale, denunciando la violazione di numerose norme
costituzionali e di diritto comime, delle Intese, della stessa
legge di revisione del concordato e del principio di non retroattività (l’Ordinanza introduce benefici non noti all’inizio dell’anno scolastico) e chiedendone l’annullamento. Il
12 luglio vi sarà ima prima pronuncia del Tar e, confidando
nell’indipendenza, correttezza e competenza della magistratura, speriamo nel ripristino del diritto violato.
Per il momento ci sia consentito un amaro commento. È
mai possibile che in un paese nel quale tutte le forze politiche fanno professione ¿ liberaldemocrazia e la stampa discetta quotidianamente sul tasso di democrazia, solo alcune piccole formazioni sociali, quali sono le nostre chiese,
reagiscano di fronte a una violazione così palese della libertà di coscienza? È mai possibüe che quando sono in ballo gli interessi di cui la gerarchia cattolica si fa portatrice (finanziamento pubblico per le sue scuole, sistema premiale
per l’insegnamento confessionale, principi morali cattolici
imposti ai cittadini con lo strumento delle leggi dello stato,
ecc.) le forze politiche si facciano servile strumento di tali
pretese e coloro che contribuiscono a formare l’opinione
pubblica le assecondino o tacciano?
Ciò, tuttavia, non può né deve scoraggiarci. Abbiamo infatti la sensazione che il popolo italiano sia in buona parte
migliore dei suoi governanti. Fra le ragioni che hanno determinato la recente diserzione massiccia delle urne, il
mancato consenso a quei partiti che sono venuti a compromessi con la propria storia e i propri ideali, la concentrazioni di molti voti sulla «lista Bonino» che, forse erroneamente, è sembrata incarnare quegli ideali libertari che
in passato hanno fatto la fortuna del movimento radicide,
secondo noi c’è anche lo sconcerto di una parte dei cittadini per la tendenza a compromettere il tasso di laicità dello
stalo. Riteniamo che così si sia espressa una protesta per
un governo e un Parlamento che appaiono, in rilevanti
materie che coinvolgono le coscienze individuali, esecutori delle indicazioni dell’Osservatore Romano. Così come
riteniamo che la sinistra non potrà coltivare a lungo la legittima aspettativa di incrementare 1 propri consensi se
non riscoprirà che uno degli elementi essenziali del proprio Dna è la promozione e la difesa dei principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale, che sono
incompatibili con la subordinazione all’egemonia culturale e politica di una confessione religiosa.
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sono state registrate il 5 marzo 1993.
Il numero 27 dei 2 luglio 1999 è stato spedito dall'Ufficio CMP
Nord di Torino, via Cebrosa 5, mercoledì 30 giugno 1999.
Piccole e medie imprese industriali del Nord-Est
Anche Timpresa ha una cultura
Le imprese nordeuropee sono avvantaggiate dalia cultura
moderna, responsabile e solidale della Riforma protestante
ALDO GELSOMINI
IN occasione di un corso
per 15 ingegneri industriali
nella provincia di Pordenone
è sorta la domanda; perché
l’Italia è partita con quasi un
secolo e mezzo di ritardo rispetto ai paesi del Nord Europa per quanto riguarda la
nascita deH’economia industriale? E ancora: è questo il
motivo per cui la figura
dell’imprenditore industriale
italiano è ancora, a livello di
piccole e medie aziende
(Pmi), una figura giovane,
spesso dotata di spirito aggressivo ma spesso impreparata di fronte ai problemi non
solo della nascita, ma soprattutto dello sviluppo e della
sopravvivenza di un’attività
industriale moderna?
Le domande non erano tanto peregrine, se si pensa che
le nostre Pmi vanno oggi a
confrontarsi con le pari aziende europee e pertanto, grazie
all’euro, si apre una competizione che dovrebbe essere ad
armi pari ma che vede spesso
le nostre aziende in difficoltà.
C’è da sottolineare che molte
delle nostre Pmi sono nate dal
nulla, nel senso che i loro imprenditori sono spesso passati da una cultura contadina a
una industriale nel breve volgere di pochi anni. Se confrontiamo la situazione culturale soprattutto delle Pmi italiane con quella delle similari aziende del Nord Europa,
possiamo notare una serie di
tratti distintivi.
1) È pur vero che i popoli
dei Nord sono in genere meno dotati di noi in fatto di spirito di iniziativa, addirittura di
aggressività, ma è anche vero
che nel Nord Europa la gente
è in genere più educata che
da noi alla scuola del metodo,
più dotata che da noi della disponibilità a integrarsi con gli
altri, a lavorare insieme, a credere nella propria azienda come conseguenza del fatto di
credere nello stato, cosa che
non fa parte del bagaglio di
valori che ci vengono insegnati in Italia, né in famiglia
né a scuola.
2) È piuttosto scontato, nel
Nord, che una persona più
preparata e/o più dotata degli
altri, debba automaticamente
essere utilizzata al meglio delle proprie possibilità e pertanto riconosciuta nei suoi meriti, mentre pare che da noi non
sia così scontato; basta pensare alla fatica che un ingegnere
neolaureato trova nel cercare
lavoro sia in una grande sia in
una piccola o media azienda.
3) Pare che da noi, per fare
strada o anche soltanto per
trovare lavoro, più che i numeri professionali contino le
spinte, le raccomandazioni,
ecc., cosa che giustifica il fatto
che avere raggiunto un certo
grado di responsabilità comporti la necessità di difendersi
da chi, giovane e più capace,
costituisce un pericolo per la
propria poltrona.
Un altro fatto importante,
confermato dalla storia: fino
a 4-5 secoli fa l’Italia era ai
primi posti al mondo nella
cultura, nell’arte, così come
nella musica, nella fisica, ecc.
A quel punto l’Italia si è fermata, mentre gli altri paesi
sono andati avanti, l’hanno
superata nell’evoluzione della cultura anche economicoindustriale. Abbiamo cercato,
nel seminario, nella bibbia
dell’economia industriale
cioè il «sacro» testo Etica protestante e spirito del capitalismo di Max Weber una risposta ai nostri interrogativi iniziali e abbiamo in realtà qui
trovato una serie di riscontri
positivi agli effetti di una giustificazione del nostro ritardo
culturale rispetto allo sviluppo dei paesi nordici.
- La cultura protestante
mette in evidenza, con il termine Beruf il ruolo cui ciascun individuo è chiamato nel
corso della propria vita: ognuno è chiamato a produrre ricchezza per sé e per gli altri in
uno spirito di solidarietà che
sembra appannaggio solo delle popolazioni nordiche;
7 la cultura protestante ha
messo radici in un terreno
particolarmente fertile, nel
senso che la società del Nord
ha dovuto, a un certo momento, affrontare i mali atavici che la perseguitavano; fame, freddo, miseria, necessità di migrazioni verso il
Sud, ecc. La Riforma ha reso
possibile una lotta contro
tutti questi mali, essendo riuscita a scrollarsi di dosso il
condizionamento cattolico
dell’interpretazione del messaggio cristiano, che vedeva e
vede nel denaro il male più
pericoloso per l’umanità;
- la reazione della Chiesa
cattolica alla Riforma si chiama Controriforma; la Chiesa
cattolica ha da sempre scelto
la via della mediazione tra il
potere (chiunque esso sia) e la
gente. Se quest’ultima arriva a
scrollarsi di dosso questo condizionamento, la chiesa diventa quello che altre strutture religiose (ebrei, valdesi, anglicani, ecc.) rappresentano
nel mondo; organizzazioni
non politicizzate, volontà di
dedicarsi all’educazione della
gente, di alimentare una fede
nell’aldilà, nella solidarietà umana, e così via; nessuna pretesa di sostituirsi allo stato, e
quindi nessuna preoccupazione di eliminare il senso
dello stato;
- la conseguenza di questo
atteggiamento della Chiesa
cattolica è stato quella di agire, nei confronti della gente,
come una buona mamma,
preoccupata di che cosa
avrebbero mai fatto i propri
figli se lasciati a se stessi.
Nel corso riservato ai 15 ingegneri industriali di Pordenone si è analizzato a fondo il
problema della tenuta delle
Pmi locali di fronte alla competizione con le pari aziende
europee e si è arrivati alla
conclusione che gran parte
del loro futuro è legata all’evoluzione, soprattutto culturale, della classe imprenditoriale. Non è di facile valutazione l’entità del danno che la
nostra società ha dovuto pagare o sta pagando, a causa
della Controriforma, per recuperare il gap culturale con gli
altri paesi europei. La classe
politica degli Anni 70-80 ha
investito buona parte del debito pubblico nella preoccupazione di creare le infrastrutture che mancavano al
nostro paese. Nulla o quasi è
stato fatto nella direzione del
recupero del gap culturale,
ma la cosa è comprensibile se
si pensa che il paese era governato dai democristiani e
che buona parte di questo colossale debito è servito a finanziare i partiti. Nonostante
tutto, il nostro paese deve incamminarsi verso una cultura
moderna, laica, se intende attuare quel processo di ammodernamento della nostra cultura e dei conseguenti atteggiamenti non solo politici, ma
anche economico-industriali
dei nostri imprenditori.
Quanta gente ascolta
questa trasmissione mattutina! Le lettere che arrivano
in redazione sono scritte da
gente che fa fatica a mettere
insieme le frasi (e lo dicono
quasi con un po’ di vergogna;
«Scusate se non mi sono
espresso bene») ma anche da
professori preparatissimi che
sembrano dei pozzi di scienza. Molti evangelici, naturalmente, ma anche cattolici,
anche gente che non sa più
bene dove stare, incerti e curiosi. Gente arrabbiata, che
non è d’accordo, e gente felicissima di poterci ascoltare.
Una delle ultime lettere si
esprime così; «Ogni domenica mattina ascolto con tanta
gioia interiore la vostra trasmissione»; poi si presenta;
, lì a. Vi ,VVl"
Bibbi
'll
EUGENIO RIVOIR
«Sono un sacerdote, professore di storia della chiesa»;
racconta di servirsi spesso
dei testi delle nostre trasmissioni e di essere appassionato
lettore della Bibbia. Ci saluta
in modo cordiale; «Esperimento - scrive testualmente il desiderio di una nostra non
lontana perfetta rappacificazione in Cristo nostro Signore
e nostro unicD salvatore».
Quello che lo colpisce di
più dei nostri discorsi è però
il testo che ci serve da base,
cioè la traduzione biblica che
adoperiamo, e vorrebbe saperne di più, anzi vorrebbe
avere il testo («Desidero avere il testo dove leggete e commentate la Parola di Dio»),
Non saremmo quel che sia
VENERDÌ 9 LUGUO 19qq
*8M: m
!«•?«* A*.
LA STAMPA
L'eretico bruciato
Un riquadro nelle pagine
cittadine del quotidiano torinese (26 giugno), a firma di
Maurizio Lupo, raccoglie la
storia del martire valdese
Gioffredo Varaglia, arso in
piazza Castello a Torino, raccontata da Ermanno Aimone. «Nella piazza - si legge
nell’articolo del quotidiano
torinese - dinanzi a Palazzo
Madama, il 29 marzo 1558,
conobbe la morte sul rogo,
reo solo di professare la fede
evangelica, cosa allora sgradita all’Inquisizione, che lo
proclamò eretico. (...) Varaglia, nato a Busca [nel Cuneese, ndrj, dopo aver fatto
parte dei Frati Minori, aderì
al credo valdese. Per migliorare la sua formazione nelle
dottrine riformate lasciò il
Piemonte e si rifugiò a Ginevra. Qui venne consacrato
pastore evangelico e rinviato
in terra subalpina, a predicare ad Angrogna, in vai Peice. La sua attiva presenza
non sfuggì al tribunale dell’Inquisizione cattolica, che
lo fece arrestare. Venne sollecitato più volte ad abiurare
la sua fede, ma Varaglia rifiutò fermamente. Quando
gli fu minacciato il rogo rispose: “Verrà meno la legna
prima che i ministri di Cristo
smettano di predicare il
Vangelo’’».
Egregie
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Un prete con il Corano
Don Armando Nolli curala
parrocchia bresciana di San
Faustino nella Contrada dii
Carmine, quartiere dove nvono oltre 60 etnie, senza
velleità di convertire nessuno, ma cercando di dialogate
anche con i musulmani. H
settimanale ne parla sul numero del 23 giugno: «...il parroco - scrive Giampiero Rossi
- ammette con grande candore, proprio senza nessuna
enfasi da eroe in tonaca, che
quando riesce a contattare
personalmente uno straniero
di religione islamica la prima
domanda che fa è; “Hai con
te il Corano? Lo leggi ogni
tanto?’’. E quando (...) ottiene
risposta negativa infila la mano nella sua borsa, estrae
una copia del testo sacro dei
musulmani e ne fa dono al
suo interlocutore. “Se io mi
trovassi in un paese straniero [dice il sacerdote] e mi re;
galassero la Bibbia sarei
molto felice (...) e poi è importante ebe questa gente
sradicata dal proprio ambiente abbia qualcosa a cui
restare ancorata anche da un
punto di vista etico’’».
dei fuggi:
daH’imm:
«trasport
l’irrespt
aU’inter
jlità,han:
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mo se non lussiino leln.'
questa bella lettera. Si capisce che questo ascoltatore e
affascinato dal testo, da queste pagine lontane eppure
così vive, con un annuncio o
un senso diverso da dare aW
parole. Pagine che esprimono il tentativo di parlare n
Dio anche se non si è capap
pagine che invitano la dialogo e al rispetto. Oggi vorrem
mo semplicemente ringrazia
re questo ascoltatore che, pu
essendo diverso da noi, ci m
vita a continuare come siam
soliti fare: è importante che
Libro sia fatto conoscere, c
continui a essere letto.
(Rubrica «Parliamone ins‘^
me» della trasmissione ",
evangelico» curata dalla ,
data in onda domenica 4 lugno
I «Ricori
jbre cagli
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Jii. vivaci
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9 LUGLIO 1999
PAG. 1 1 RIFORMA
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Egregio direttore,
leggo a pag. 6 di Riforma
del 25 giugno 1999, nel contesto di un breve articolo titolaito«Tra rallegramenti e forti
oreoccupazioni», che la Conferenza del distretto dell’Italia settentrionale e Svizzera
ha deciso di non ospitare
nroftighi nel Centrò ecumenico L Menegon di Tramonti
disopra (Pn). Evidentemente
la decisione appartiene alla
libera autonomia di un organismo preposto a queste decisioni, e quindi il normale
lettore nulla avrebbe da dire,
se non dovesse rilevare un
grave scivolone nella formulazione della notizia. Si legge
infatti: «La scelta di destinare
Tramonti ai profughi anche
per ottenere le sovvenzioni lorodestinate avrebbe saputo
molto di opportunismo» (il
■ corsivo è mio).
Tale formulazione presume
che esistano fondi «destinati
ai profughi» e si salda a un
diffuso convincimento, in cui
1 molta opinione pubblica è
t costretta a guazzare, per cui
lodStraniero» sarebbe sempre
I e comunque titolare di privilegi che, per sé, finirebbero
per sottrarre risorse (denaro,
posti di lavoro...) ai cittadini
italiani. Questo convincimenI tosta dilagando, veicolato da
I mass media, collocati fra la
sciatteria informativa e la malafede. Non è così: lo stato
italiano ha destinato fondi
(per alcuni campi di accoglienza e di sosta (nati non
tanto e non solo dai bisogni
j dei fuggiaschi ma soprattutto
dalTimmagine di massa che i
«trasporti», abbandonati dall’irresponsabilità europea
aU’intervento della criminalità, hanno enfatizzato). Alcuni enti locali e Regioni hanno
poi presentato specifici progetti che, talvolta e con considerevoli differenze territoriaÍ li, sono stati finanziati.
I Nella Regione Friuli-VeneI zia Giulia, dove si trova TraI monti, l’esperienza della precedente guerra nell’ex Jugoslavia consente una valutazione che mi piacerebbe tro
vasse spazio sul giornale che
lei dirige, oltre i brevi cenni
che ora ne darò. Ci sono state
situazioni ignobili nella prima accoglienza (non dimentichiamo i campi di Cervignano del Friuli e Purgessimo, finanziati dallo stato) e progetti
di vario livello (ma anche
molto buoni) relativi alla seconda accoglienza. Il quadro
è riferibile anche a questa seconda crisi dove quasi nessuno, nonostante il Friuli-Venezia Giulia sia regione di confine e transito, si occupa della
prima accoglienza (e questo è
un motivo di critica su cui ancora mi piacerebbe una più
ampia riflessione, mentre è
ingeneroso supporre la certezza di sovvenzioni ai profughi destinate e un conseguente, possibile lucro).
Non dobbiamo dimenticare
(e la prego di sottolineare
questo argomento con ogni
mezzo di cui disponga) che
nel 1996 un gruppo di aggregazione politica, (la Lega
Nord se si vuol dirne il nome)
diffuse una cartolina con cui i
firmatari (e furono molti)
chiedevano al Presidente della Repubblica di essere considerati Rom, in quanto questi
godrebbero di una sovvenzione capitaria di 35.000 lire al
giorno da parte dello stato italiano. Era un falso, ma i tentativi di dirlo furono da molte
parti (culturali, religiose, politiche, istituzionali...) soffocati
e perciò quella cartolina ha
creato un convincimento che,
a mio parere, costituisce lo
zoccolo duro di un crescente
razzismo: non vorrei che la
frase dell’articolo di Riforma
che ho citato fosse assimilata
a quella cultura nei confronti
della quale, se ci spicciamo,
forse possiamo fare ancora
qualche cosa.
Non dimentichiamo inoltre
che i profughi, che di solito
consideriamo solo come soggetti di bisogni materiali e
«psicologici» (su cui, nella migliore delle ipotesi ci chiniamo con pietà) sono cittadini
con una storia personale e di
popolo, portatori di diritti che
la comunità internazionale
formalmente riconosce e di
cui dovremmo imparare a tener conto, cominciando dal
dare loro, oltre che cibo, voce.
Augusta De Piero
Martignacco (LFdine)
U sorella Irene Inguanti
elici di
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lugliol
Circa un anno fa Irene InSttonti De Robertis ci lasciava
I Ptecocemente. Un commosso
I ™ordo personale del pastore
nero Sensi, scritto per «Riforttn», rum è mai apparso per
! tnterruzione estiva. Se ne ripropone qui uno stralcio neln sua freschezza e semplicità.
«Ricordo nel caldo settemI oro cagliaritano del 1949 una
I ignorinetta di circa dieci an, tovacìssima, dallo sguardo
minoso, che cercava di faroJ^j^oscere un pochino di
megna. Eravamo appena
sr, Civitavecchia per
il collega Inguanti
sterito a Milano. Allog^^mo per un paio di settiini”® albergo, mentre gli
panti imballavano le ultiti essere più libe
Iron ®®cto di tenere noi
aiit”® ^^rante il giorno. Si
,g^°minò subito baby-sitK, Ha nostra primogenita,
iiiPc®’ ioatuffolino di due
t, che Irene trattava co
una bambola.
Furono giornate simpatiche: le sue risate argentine alle storielle che le raccontavo
durante i pasti; le sue descrizioni umoristiche dei personaggi che conosceva; le lunghe passeggiate fra le macerie della guerra. Ma soprattutto: la luce dei suoi occhi!
Luce che ritrovai poi nella
bella signorina che frequentava i campi di Santa Severa,
certo più per incontrare il
suo heU’Eugenio (futuro marito) che per incontrare gli
studi di Piero Bensi! Luce che
brillava mentre indossava
l’abito da sposa. Luce di
mamma. Luce di giovane
donna. Luce che ritrovavo
ogni volta che ero ospite a
Bari, nonostante alcuni dispiaceri e le inevitabili traversie della vita. Sono certo che,
nonostante le devastazioni
del male, la luce dei suoi occhi non è mai venuta meno:
una luminosità che è passata
fra noi per un tempo e sarà
col Signore in eterno».
O^ni settimana...
Riforma tl fa conoscere un monfilo evangelico più granfie
<^116110 che puoi conoscere con la tua esperienza ¿liretta.
jg^^^^onamento ordinario costa 105.000 lire (invariato dal
se il tuo reddito familiare non te lo consente, puoi uti^^are liberamente l’abbonamento ridotto di 65.000 lire,
Ppure puoi fare un abbonamento semestrale che costa
r K m^i5ce, hai qualche risorsa in più, aiutaci con
® Ponamento sostenitore di 200.000 lire o inviandoci una
cifra in dono: aiuterai chi non se lo può permettere.
Riprendono a Ecumene gli.incontri tra metodisti e valdesi e Fratelli
Cevangeiizzazione, storia ed esperienze
Dopo un periodo di mora, dovuto in
parte a difficoltà organizzative ma soprattutto al bisogno di una pausa di riflessione, siamo lieti che possa riprendere la serie degli «Incontri» indetti dal Comitato promotore iniziative evangeliche
(Cpie), con una componente paritetica
metodista-valdese e una dell’«area» dei
Fratelli. Il Cpie è da anni incaricato di
gestire in comune parte della cosiddetta
«eredità Comandi», che in passato ha
contribuito alla ristrutturazione del
Gould di Firenze e più recentemente ha
permesso l’apertura di una grande centro d’incontri delle assemblee dei Fratelli in Puglia (dove esse sono numerose), a
Castelnuovo della Daunia.
Ma una parte, non minore, di questa
eredità comune non è monetaria: rappresenta piuttosto la sollecitazione, per
queste due «aree» del mondo evangelico italiano, a incontrarsi, appunto, sia
per permettere una migliore, non superficiale conoscenza reciproca, diretta, personale, sia per svolgere insieme
una ricerca su temi biblici, teologici,
etici, ecclesiologici, di attualità; e proprio in questo confronto e in questa ricerca comune, conoscerci meglio, in
tutto ciò che abbiamo in comune, in
ciò che rispettivamente ci caratterizza e
distingue e, se del caso, in ciò che ci diversifica ed eventualmente, in casi limite, ci contrappone.
Con l’invito alTIncontro programmato a Ecumene dal 24 al 26 settembre siamo all’ottava edizione. Si torna a Ecumene, un bel quadro dove si sono già
tenuti in passato due riusciti incontri.
L’ultimo, a Torre Pellice, era riuscito solo in parte, e a dire il vero la risposte
delle chiese delle Valli non era stata
esaltante, mentre da parte dei Fratelli si
era desiderato, per la prima volta, proprio quest’incontro con la realtà specifica delle Valli; ricordiamo comunque
una visita al Museo valdese vivacemente guidata e commentata da Giorgio
Tourn, una bella serata-concerto e un
bel culto domenicale con la chiesa di
Torre Pellice. Tema di queU'incontro
era «L’evangelizzazione: storia ed esperienze»; esso viene ora replicato, ma
con varianti considerevoli: le relazioni
di base saranno soltanto due (Giancarlo
Rinaldi e Augusto Leila), sviluppate in
quattro gruppi di lavoro introdotti da
più brevi interventi su alcuni aspetti di
applicazione pratica dell’evangelizzazione: «Carceri e opere sociali» (Odoardo Lupi), «Scuola e diaconia» (Marco
Jourdan), «Missione e aiuti umanitari»
(Franco Taglierò), «Attività evangelistiche» (Antonio Rùialdi). I gruppi potranno naturalmente sviluppare anche in
altre direzioni l’informazione reciproca,
il confronto, la ricerca, le proposte.
È rallegrante poter riprendere queste
occasioni di incontro fraterno ed è augurabile che molti sappiano cogliere
questa che ora si offre, a fine settembre,
a Ecumene. Chi ha partecipato in passato a tali incontri ne ha gustato Tatmosfera calda e schietta ed è stato spiritualmente nutrito. Non cominciano
forse fra noi, i più stretti rapporti ecumenici? .
Gino Conte-Firenze
L’arrivo dei partecipanti è previsto per
le ore 18 circa di venerdì 24 e la conclusione dell’incontro dopo il pranzo della
domenica. Il costo è di £ 120.000 da versare all’atto della partecipazione. L’incontro si terrà solo se il numero degli
iscritti si avvicina ai 40. Prenotazioni entro il 6 settembre presso Nicola Picciani,
via Colonnetta 80, 66013 Chieti scalo.
TeUfax: 0871-563378; celi. 0338-3378723.
Informazioni anche presso Marco Jourdan, c/o La Noce, via G. De Blasi 12,
90135 Palermo. Tel. 091-6817941; fax:
091-6820118; celi. 0335-405785.
La bioética
e la Bibbia
Il documento pubblicato
recentemente dalla Claudiana con il titolo Bioetica, aborto, eutanasia presenta in modo chiaro e sintetico alcune
problematiche molto complesse e altrettanto gravide di
conseguenze per l’umanità
intera. I testi biblici esortano
a fare della vita un valore positivo. Il dovere per la specie
umana di rispettare e proteggere la vita in ogni sua manifestazione richiede una solenne e continua riaffermazione.
Una comunità di credenti deve operare le proprie scelte
con l’obiettivo di favorire la
vita tanto nella sua espressione biologica quanto nella sua
espressione di evoluzione e
maturazione culturale. Quindi una prima risposta del credente alle scelte in materia di
bioetica deve essere la cultura
e la difesa della vita.
I testi biblici ancora ci raccontano come l’uomo e la
donna siano stati creati uno
per l’altro, come la loro unione costituisca un nuovo nucleo. Questa è la famiglia e
non può essere sostituita da
nessuna altra unione. Non
esiste nelle Scritture un concetto diverso di famiglia. La
famiglia umana si costruisce
quindi a partire da una relazione amorosa eterosessuale,
dove risulta indispensabile il
contributo di entrambe le
persone della coppia. La ri
prova di questa affermazione
è sotto gli occhi di tutti: il dono di originare nuova vita è
concesso soltanto alla coppia
eterosessuale e a nessun altro. Quindi una seconda risposta del credente alle scelte
in materia di bioetica deve
essere la difesa della famiglia.
Per quanto riguarda Tomosessualità i testi biblici sono
ben chiari nella sua condanna. Leggere «con intelligenza» i testi biblici a riguardo
non deve consentire di stravolgerne il messaggio soltanto per accondiscendere alla
cultura materialista corrente
e per la paura di non apparire
tolleranti. La coppia omosessuale è soltanto una situazione di convivenza di due persone e niente di più. Il termine «amicizia», inteso nel senso vero e più profondo, già
può descrivere compietamente il rapporto tra due
persone dello stesso sesso: a
questo rapporto una pratica
di tipo omosessuale non aggiunge nulla.
Per quanto riguarda la fecondazione in vitro (Fiv) e il
successivo impianto dell’embrione nell’utero che consente a una donna che lo desidera di diventare mamma, l’evento è certamente buono,
però implica un aspetto negativo: gli embrioni non utilizzati (soprannumerari) possono essere o distrutti o utilizzati per esperimenti. Questo è
contrario alla difesa della vita;
è anzi la sua interruzione nel
caso di distruzione degli em
COMMISSIONE PERMANENTE STUDI
DELLA CHIESA EVANGELICA VALDESE
(Unione deile chiese valdesi e metodiste)
SESSIONE d’ESAME
Domenica 22 agosto 1999 - ore 9 - Casa valdese - Torre Pellice
, :. OH FANCIUUI
C}flrt<yr)X3vyr\.tantcr Oron\JuuC7 £ hO.OOO 55.000
Soitemltow. £ 40 000 LWn. .oofiia. I 5.600 xico
-stx CC P n'*448ï9i05 Ou : Pi^tc4Ccv»\Ci.
L'«v*nA.c<:/d*4- fa«\oUAt£».-ZOI69 ì71i£(vr(o,Vio P. Low>I»«it«vì^Vii 28
brioni soprannumerari o peggio nel caso di utilizzo degli
embrioni medesimi per esperimenti. La vita umana ha inizio nell’esatto momento in
cui la cellula uovo e lo spermatozoo si fondono a formare lo zigote in cui genoma paterno e genoma materno sono
associati in un unico assetto
cromosomico. È pura violenza incamminarsi sulla strada
dell’ingegneria genetica e
qualsiasi intervento anche
con scopi terapeutici rivolto a
incidere sulla struttura genetica umana deve essere messo
al bando. Il comandamento
evangelico «ama il tuo prossimo come te stesso» non può
essere interpretato come arrivare a operare sul genoma
umano con la presunzione di
migliorarne le caratteristiche
secondo un punto di vista
esclusivamente umano.
Per quanto riguarda il suicidio assistito e l’eutanasia
attiva, essi comportano una
violazione della sacralità della
vita oltre al coinvolgimento
nella scelta di almeno un altro essere umano (11 medico).
Tali procedimenti debbono
quindi essere espressamente
messi al bando. Se invece
l’individuo sceglie in piena
autonomia e coscienza di interrompere la terapia e quindi il medico sospende la cura
su richiesta dell’ammalato
(astensione terapeutica), in
questo caso non c’è violenza.
Anzi, fatto salvo il dovere del
medico di fare tutto quanto è
in suo potere per rendere meno dolorosi i momenti finali
dell’esistenza, tale possibilità
deve essere inclusa nei diritti
di ogni individuo.
Per quanto riguarda l’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg), dato che tra la
madre e il prodotto del concepimento si instaura fin dal
primo momento un intenso
scambio di influenze, l’interruzione di tale processo biologico è interpretabile, in
qualunque fase dello sviluppo avvenga, come un puro
atto di violenza. Tuttavia, se
la prosecuzione della gravidanza comporta seri pericoli
per la salute fisica e psichica
della donna e quindi costituisce un grave pericolo per la
vita della donna o siano accertati rilevanti processi patologici a carico del nascituro, la Ivg diventa la via di salvezza per la donna e quindi è
bene procedere.
Otello Guidi - Roma
Partecipazioni
RINGRAZIAMENTO
«Stai in silenzio dinanzi
aliEterno e aspettalo»
Salmo 37, 7
È mancato all’affetto dei suoi
cari
Franco Filippo (Pippo) Gay
Ne danno il doloroso annuncio,
a funerali avvenuti, le sorelle Evelina con il marito Giuseppe, Ada
con la figlia Mara e il genero Stefano, gli amici di Torre Pellice e di
Vallecrosia e i parenti tutti.
I familiari ringraziano vivamente la direzione e il personale della
Casa delle diaconesse, i medici e
il personale deH’Ospedale valdese di Torre Pellice e il pastore Rostagno.
Torre Pellice, 1° luglio 1999
RINGRAZIAMENTO
«Soltanto in Dio trovo riposo, da
lui viene la mia speranza»
Salmo 62, 6
È mancata all’affetto dei suoi
cari
Elodia Morelli ved. Bruno
di anni 101
Lo annunciano i figli Francesco
e Dante, i nipoti Daniela, Emilio,
Matteo e Marco.
Un sentito ringraziamento aila
direzione e a tutto il personale del
Rifugio Re Carlo Alberto di Luserna San Giovanni per ia delicata
assistenza prestatale.
Luserna S. Giovanni, 8 luglio 1999
RINGRAZIAMENTO
«Nulla ci può separare
dall’amore di Dio che è in
Cristo Gesù, nostro Signore»
Romani 8, 38
La mamma, il papà e il fratello di
Marco De Bernardi
di anni 42
profondamente commossi per le
tantissime dimostrazioni di affetto,
stima e solidarietà, ringraziano in
modo particolare gli amici e i collaboratori di Marco che hanno
partecipato in molti modi al loro
grande dolore.
Milano, 5 luglio 1999
RINGRAZIAMENTO
«Egli ha abbattuto le mie forze
durante il mio cammino,
ha accorciato i miei giorni»
Salmo 102, 24
Le figlie, il figlio e i familiari tutti
della cara
Edmea Gilli ved. Paschetto
commossi e riconoscenti per la
dimostrazione di stima e affetto
tributata alla loro cara Marni, ringraziano tutte le gentili persone
che con presenza, scritti, parole
di conforto e fiori hanno preso
parte al loro dolore.
In modo particolare ringraziano
la dott.ssa Grand, il dott. Panerò,
le signore Barbara, Eliana e Alma,
la corale valdese di Torre Pellice
e il pastore Bruno Rostagno.
Torre Pellice, 8 luglio 1999
16
PAG. 12 RIFORMA
BALE
La zona di Pec è quella assegnata dalla Nato alle truppe italiane e spagnole
Il metropolita custode dell'ex Patriarcato ortodosso di Pec
«Il governo di Belgrado ha mentito e continua a mentire:
I»
Mentre gli ultimi serbi abbandonavano la città di Pec,
all’ovest del Kosovo, i 24 e 25
giugno scorsi, un vescovo ortodosso serbo ha vigorosamente rinfacciato al governo
jugoslavo di abbandonare il
suo popolo in Kosovo e di
avere «intossicato» la popolazione con menzogne.
Secondo agenzie di stampa
occidentali rappresentate a
Pec (che gli ortodossi serbi
considerano come la culla
della loro chiesa nazionale)
gli ultimi serbi, che avevano
trovato rifugio nel monastero
del XIV secolo della città,
hanno abbandonato quest’
ultima il 25 giugno scorso,
scortati da soldati della Nato.
Contemporaneamente, kosovari di origine albanese moltiplicavano le rappresaglie,
saccheggiando e bruciando
le case dei serbi e degli zigani
che avrebbero appoggiato le
azioni di pulizia etnica compiute dai serbi e le violenze
contro i kosovari albanesi.
Secondo l’Associated Press
alcuni preti ortodossi hanno
dichiarato che una trentina di
serbi sarebbero stati uccisi a
Pec durante la settimana precedente l’esodo. Ma soltanto
tre omicidi sono stati confermati dalle truppe italiane
presenti neüa città. L’agenzia
ha inoltre riferito che i responsabili della chiesa locale
erano andati di casa in casa
per supplicare i serbi di rimanere, ma invano. Secondo un
comunicato stampa del 25
giugno della comunità di giovani di San-Sava, a Belgrado,
il metropolita Amfilohije, del
Montenegro, che è il custode
ufficiale dell’ex Patriarcato di
Pec, ha accusato il governo
jugoslavo di essere responsabile dell’esodo da Pec e ha
chiesto alle truppe della Nato
di proteggere i serbi.
«Bande di albanesi in armi
hanno preso il controllo della
città - ha dichiarato il metropolita Amfilohije -. Invadono
le case serbe, uccidono e stuprano. 11 monastero del Patriarcato di Pec è privo di acqua e di elettricità. Il vescovo
rimprovera al governo di Belgrado di avere abbandonato i
serbi del Kosovo pur dichiarando sui media controllati
dallo stato che i serbi hanno
incominciato a tornare in Kosovo. La televisione jugoslava
ha riferito che autobus pieni
di serbi erano partiti per Pec,
mentre in realtà meno di un
centinaio sono tornati».
Radomir Rakic, redattore
del giornale ufficiale della
Chiesa ortodossa serba, Pravoslavlje, ha confermato all’
Rifugiati kosovari aibanesi nel campo profughi di Kukës
Agenzia Eni che, contrariamente al quadro rassicurante
dato dai media ufficiali jugoslavi, si stavano diffondendo
notizie allarmanti. Il presidente Milosevic ha fatto tutto quello che poteva per presentare come una vittoria ottenuta con la sua strategia
l’esito di questa guerra. Il
metropolita Amfilohije ha
accusato il governo e le autorità di «intossicare» la popolazione con la loro propaganda: «Mentono a se stessi,
mentono alla gente e al mondo - ha detto -. Hanno mentito e continuano a mentire.
Le autorità di Belgrado si
congratulano, nonostante il
fatto che il paese sia in rovine e che i cadaveri di serbi
massacrati giacciano in Kosovo. Celebrino pure, rendano pure gloria al loro leader,
ma la Chiesa ortodossa serba
chiederà a Dio di proteggerci
e di salvarci».
Parlando della necessità di
formare un nuovo governo a
Belgrado, il metropolita Amfilohije ha esortato i fedeli
ortodossi serbi a «pregare
nostro Signore perché ci dia
un cuore nuovo e una mentalità nuova, e metta vino
nuovo in otri nuovi». Il metropolita ha dichiarato che «i
soldati italiani della Nato
non hanno potuto proteggere Pec perché non erano ancora ben sistemati nella città.
Le condizioni saranno probabilmente migliori dopo il
dispiegamento delle truppe
italiane e spagnole, ma non
ci saranno più serbi qui».
«Facciamo tutto il possibile
per incoraggiare la gente a rimanere in Kosovo 0 a tornare
in Kosovo», ha sottolineato
Radomic Rakic al corrispondente dell’Eni. Ma, secondo
commentatori serbi, è poco
probabile, dopo quest’esodo,
che il capo della Chiesa ortodossa serba, il patriarca Pavle, possa venire ad abitare
nella città come si auspicava.
L'Aia: un gruppo di esperti lancia
Bisogna fermare l'ondata di «
un grido d'allarme
linguicidio»
Secondo un gruppo di linguisti, riuniti a L’Aia dal 1° al 3
maggio scorso, il rifiuto della
Turchia di riconoscere ai curdi il diritto alla propria lingua
farebbe parte di un’ondata di
«linguicidio», soppressione di
una lingua, nel mondo. Oltre
a questa politica di «linguicidio», portata avanti in Turchia
e in altri paesi, tra cui l’Algeria, dicono gli esperti, altri
provvedimenti miranti a sopprimere le culture e le lingue
dei gruppi minoritari vengono adottati negli Usa e in alcuni paesi dell’Europa occidentale. Ora, come ha detto
l’autore drammatico cileno
Ariel Dorfman, uno dei linguisti presenti all’incontro, «la
lingua è la casa della nostra
identità e se viene appiccato il
fuoco a questa casa, non abbiamo più nulla. È essenziale
capire che ogni lingua nel
mondo, che sia parlata da cinque persone o da sei miliardi,
ha uguali diritti».
Benché il curdo sia la lingua materna di 25 o 30 milioni di persone, questa lingua
viene ufficialmente repressa
in Iraq, Iran, Siria e Turchia
perché è considerata come
una minaccia per lo stato.
Non è invece repressa in Armenia. In Turchia, dicono i
linguisti, pene severe di incarcerazione vengono imposte a coloro che fanno campagna a favore della lingua
curda, parlano della lingua
curda in pubblico o nei media, chiedono che l’insegnarnento venga impartito in
curdo, e portano avanti attività che sono «espressioni
dell’identità culturale» [curda]. La criminalizzazione dell’uso della lingua curda è una
realtà attuale, anche se alcune leggi adottate negli Anni
90 tentano di dare l’impressione che il curdo può essere
utilizzato in altri campi fuori
dell’ambito domestico.
I linguisti partecipavano al
primo dibattito pubblico svoltosi nell’ambito della «Carta
della comunicazione dei popoli» del 1995, che ha fatto seguito ad una iniziativa della
«Rete del Terzo Mondo», con
Verdetto della Corte europea per i diritti umani
L'istruzione viene prima della libertà religiosa
In relazione al caso di scolari del Lussemburgo che
chiedono di non frequentare
la scuola il sabato, il Tribunale della Corte europea per
i diritti umani ha anteposto
le esigenze dell’istruzione
statale ai principi di libertà
religiosa. La richiesta presentata dalle famiglie dei bambini, rivolta al ministero dell’Istruzione del Lussemburgo, aveva lo scopo di concedere ai bambini l’esenzione
dalla presenza a scuola in
giorno di sabato.
La Corte europea di Strasburgo ha respinto la richiesta, confermando il verdetto
del Tribunale amministrativo
del Lussemburgo che aveva
affermato che «il diritto all’istruzione è parte dei diritti
fondamentali in un stato, deve essere protetto, e può anche limitare la libertà di ma
nifestare la propria religione. È necessario, in una società democratica, proteggere i diritti dell’educazione».
La Corte ha concluso che il rifiuto delle autorità del Lussemburgo di concedere l’esenzione dalla presenza a
scuola in giorno di sabato si
giustifica «sulla base del diritto all’istruzione», e ha réspinto l’appello delle famiglie.
Nel giungere a questo verdetto, la Corte sembra svuotare il concetto del diritto di
praticare liberamente la religione, e si pone in contrasto
con la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, ha
detto Maurice Verfaillie, responsabile per la libertà religiosa della Chiesa awentista
del 7“ giorno e segretario generale delTAssociazione internazionale per la difesa della
libertà religiosa in Europa:
«Noi vediamo una sempre più
diffusa violazione dei diritti
alla libertà religiosa», ha affermato. Anche se il diritto alla
libertà religiosa è protetto dalla legge, c’è una tendenza ad
aumentare le restrizioni in
nome di altri diritti che vengono considerati più importanti. La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo,
firmata dai più importanti
paesi europei, garantisce il diritto di scegliere liberamente
e praticare la propria religione. Questo verdetto desta
molta preoccupazione dal
momento che non rispetta il
diritto di osservare il giorno di
culto secondo la propria coscienza. Noi siamo forti sostenitori dell’istruzione, ma non
possiamo accettare una proibizione che limiti il diritto alla
libera espressione della propria fede religiosa. (bia)
sede in Malesia, e di altre organizzazioni. L’articolo 9 della Carta stipula che «il diritto
alla diversità linguistica è inalienabile. Tale diritto si applica all’espressione e all’accesso all’informazione nella propria lingua, all’uso della propria lingua nelle sedi scolastiche finanziate dallo stato. A
tale diritto corrisponde Tobbligo per lo stato di adottare
misure adeguate a beneficio
delle lingue minoritarie laddove è necessario».
Pradip Thomas, dell’Associazione mondiale per la comunicazione cristiana (Wacc)
con sede a Londra, che era
uno degli organizzatori dell’
incontro, ha fatto notare che
la Carta andava oltre le dichia,razioni delTOnu e che
non era stata ancora approvata da quest’ultima. I cristiani
devono impegnarsi, ha detto,
a «proteggere, preservare e
sviluppare i diritti linguistici
come un’espressione dei valori cristiani. La lingua è essenziale per la tutela della
propria identità». L’incontro
era stato organizzato per dibattere sul rischio di scomparsa che incombe sul 90%
delle lingue del mondo durante il prossimo secolo. I linguisti hanno ascoltato le testimonianze di cinque persone
che vorrebbero ottenere il riconoscimento dei loro diritti
linguistici in curdo, creolo,
berbero, nella lingua dei segni
per i sordi, e nell’insegnamento bilingue inglese-spagnolo in California.
Queste le conclusioni degli
esperti: a) le cinque testimonianze sono rappresentative
delle gravi violazioni, generalizzate e sistematiche, dei diritti linguistici nel mondo; b)
è urgente che organismi internazionali e governi nazionali si adoperino a garantire,
nei trattati internazionali,
clausole riguardanti i diritti
linguistici ed elaborino strategie per denunciare le violazioni e fare diplomazia preventiva: c) buoni esempi di
questa gestione della diversità linguistica, come in Svizzera, Finlandia e nella zona
frontaliera tra la Danimarca
e la Germania, andrebbero
analizzati e seguiti. (eni)
VENERDÌ 9 LUGLIO IjQo
Critica delle agenzie svizzere di aiuti
Sotto tiro l'Organizzazione
mondiale del commercio
Il nuovo ciclo di liberalizzazione commerciale che
l’Europa e gli Usa intendono
lanciare nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del
commercio (Omc) fin dall’
anno 2000, minaccia l’economia e l’agricoltura dei
paesi poveri del Sud. Questa
critica è stata presentata il 26
maggio scorso dalle «Comunità di lavoro Swissaid», «Action de Carême», «Pain pour
le prochain», «Helvetas»,
«Caritas», durante una conferenza stampa a Berna. Tale
critica è indirizzata contro il
nuovo «Millenium Round»
delTOmc e contro la prevista
rinegoziazione dell’Accordo
sull’agricoltura.
I paesi del Sud e le organizzazioni di sviluppo non vogliono sentir parlare di un
«Millenium Round», indica la
Comunità delle agenzie umanitarie svizzere. I paesi
ricchi devono prima di tutto
mantenere le loro precedenti
promesse e risolvere le questioni in sospeso. Da canto
loro, i paesi in via di sviluppo
hanno bisogno di essere sostenuti per difendere i loro
interessi in modo competente nell’ambito dell’Omc, come ha ricordato Yash Tandom, direttore deH’«International South Group Network»
dello Zimbabwe: «In questo
campo, le promesse di assistenza da parte dei paesi occidentali non sono state molto mantenute». Yash Tandem lavora con rappresentanti africani, nel quadro del
suo programma Seatini, affinché «i diritti e i doveri del
sistema commerciale mondiale non siano soltanto a favore dei paesi sviluppati».
Nel caso dei negoziati agricoli, i paesi eccedentari vo
gliono avere via libera. Nadi.
ne Keim, coordinatrice della
politica di sviluppo della Comunità di lavoro, sottolinea
che gli eccedenti sovvenzionati dagli Usa e dall’Unione
europea, e svenduti sui mercati poveri, distruggono non
solo la produzione e l’economia locali, ma anche le loro
possibilità di autosufficienza
alimentare. Nadine Keim ritiene che sia imperativo che
il nuovo Accordo sulTagricoltura permetta esplicitamente ai paesi del Sud di sostenere e di proteggerei!
proprio sviluppo agricolo, e
di promuovere la propria sicurezza alimentare. In questo contesto, la Comunità di
lavoro ha salutato la carovana intercontinentale composta da 300 contadini indiani
e provenienti da altri paesi
in via di sviluppo, che il 9
giugno scorso si è recata davanti alla sede delTOmca
Ginevra per denunciare la
messa in pericolo della sicurezza alimentare.
Infine Rosmarie Zapfl, consigliere nazionale (partito democratico-cristiano, Zurigo),
ha tratto un primo bilancio
delTappello lanciato da 139
parlamentari svizzeri al direttore delTOmc nel 1996.1 firmatari chiedevano che l’Omc
prestasse più attenzione ai
problemi dello sviluppo,
dell’ambiente e della trasparenza. In conclusione,80smarie Zapfl ha chiestoia
delegazione dei negoziatoti
svizzeri di dare «più peso alla
garanzia dell’esistenza alungo termine piuttosto che agli
interessi nazionali a breve
termine. Nel nostro interesse,
lo sviluppo dell’uomo deve:
rimanere al centro delle preoccupazioni». (spp/com]
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Contadini latinoamericani
Sono accusati di spionaggio
I tredici ebrei arrestati in Iran
rischiano la pena capitale
13 ebrei, fra i quali i principali responsabili della comunità ebraica in Iran, sono stati arrestati nelle ultime settimane dalle autorità iraniane.
Gli ebrei arrestati, residenti a
Isfahan e Shiraz, sono stati
accusati di spionaggio per
Israele e per gli Usa. Tale accusa prevede secondo le leggi
vigenti in Iran la pena capitale. Fra gli arrestati e detenuti
a Shiraz c’è anche un rabbino, alcuni insegnanti di scrittura e capi di sinagoghe. Finora sono state loro negate
visite di parenti, la presenza
di legali e la scarcerazione su
base di cauzione. Amnesty
International, nella sua rela
zione annuale sulle violazio
ni dei diritti umani in '
mette in guardia contro
corti rivoluzionarie iranian
in quanto spesso non _
tose degli standard iniex'H
zionali minimi per Tequi
dei processi. L’Amicizia
braico-cristiana di Nap° '
come stanno
associazioni consimili di
to il mondo, ha espresso
propria viva preoccupazi
per l’accaduto e ha 3
all’ambasciata deU’Iran
petizione per Timmediato
lascio dei prigionieri e p
rispetto dei loro diritti.
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