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Anno 127 - n. 10
8 marzo 1991
L. 1.200
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delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
GUERRA: LINEA DIRETTA - 6
La guerra continua a non essere la risposta
La vittoria sul campo militare può arrestare il cammino verso una pace giusta - Una vera giustizia in Medio Oriente comporta che si liberi chi vive in uno status di occupazione - Sottomettersi aH'inevitabilità della giustizia
Dal 4 al 21 dicembre un gruppo di
18 dirigenti ecclesiastici americani ha
visitato il Medio Oriente ed al termine
del viaggio ha pubblicato un appello:
« La guerra non è una risposta ». Si
tratta di un documento fondamentale
che ha caratterizzato l’iniziativa, l’azione e la preghiera delle chiese americane. Successimavente il 12 febbraio, in
piena guerra, gli stessi firmatari del
primo appello (che pubblichiamo a pag.
6) con altri rappresentanti di chiese
protestanti, ortodosse e cattoliche hanno ribadito con forza che « la guerra
non è una risposta » e che « anche in
caso di vittoria, non ci saranno vincitori in questa guerra ».
« Le parole dell’Evangelo non possono essere riconciliate con quanto sta accadendo nel Golfo — concludevano i
dirigenti delle chiese americane —.
Solo rispondendo airappello di Gesù
ad essere facitori di pace noi possiamo
essere uniti e prendere la nostra
posizione ».
Ma qual è oggi l’opinione di questi
dirigenti di fronte allo stato di non
belligeranza che esiste nel Golfo? Con
l aiuto di h rank Gibson dell’American
Waldensian Society abbiamo posto a
due di loro due domande. Ecco le loro
risposte.
— Prima dell’inizio della guerra avete affermato che « la guerra non è la risposta »; ora, dopo
il cessate il fuoco, dite ancora che
la guerra non è la risposta?
— JoAN Campbell (segretaria generale del Consiglio nazionale delle chiese in USA): Mi rattristo
grandernente ohe l'unica strada
che abbiamo tentato sia stata solo quella militare. La « vittoria »
sul campo di battaglia può infatti arrestare il cammino verso una
pace giusta. Io e i miei colleghi
insistiamo nel dichiarare che la
guerra continua a non essere la
risposta.
— Edwin Mulder ( segretario generale della Chiesa riformata in
America): E’ ora chiaro a tutti
quanto limitate fossero le risorse
irachene anche in gennaio. Le
sanzioni erano un punto di partenza, non si è voluto dare una
leale possibilità di lavorare ai negoziatori. Siamo stati molto più
interessati a ricercare le vie per
andare in guerra. La guerra non è
mai la risposta, se non come ultima possibilità, e questo punto
non era stato certamente raggiunto in gennaio.
— Voi e i vostri colleghi avete
affermato: « La nostra nazione
non deve rassegnarsi all’inevitahilità della guerra ». Cosa dite
ora, come dirigenti delle chiese,
sull’inevitahilità della giustizia?
— JoAN Campbell: La lotta per
la giustizia sarà lunga. Sebbene
come nazione siamo in profondo
disaccordo sulla « giusta guerra »,
io prego perché troviamo un accordo sulla « pace giusta » cominciando con la questione della Palestina. La nostra nazione è stata
troppo a lungo incoerente nel selezionare e mettere in ordine gli
imperativi morali. Se abbiamo
reagito con una giusta indignazione contro l’occupazione del Kuwait, perché non facciamo altret
tanto contro le altre occupazioni denunciate da anni dalle stesse Nazioni Unite? Da alcuni segnali che provengono da Washington spero che il tempo per la soluzione della questione palestinese sia finalmente giunto.
— Edwin Mulder: In un clima
di "vittoria” è pericoloso per tutti
credere che la guerra sia il modo
per risolvere i conflitti. Il Kuwait
è libero e questo è giusto. Ma
una giustizia che sia reale in Medio Oriente vuol dire liberare tutti coloro che vivono in uno status
di occupazione. La giustizia verrà
attraverso una lotta nonviolenta
per la liberazione di tutto il Medio Oriente.
Conversazione
con Erik Koibell
La televisione annuncia trionfale che
la guerra è finita. Raggiungiamo per
telefono il pastore Erik Koibell della
Riverside Church per conoscere l’atteggiamento di chi si è opposto alla guerra con motivazioni cristiane (vedi intervista pubblicata sul numero 6/91 ).
— Ci puoi dare un commento a
caldo sulla reazione negli Stati
Uniti al momento della sospensione delle ostilità?
— Kolbell: Si cominciano a vedere nella loro reale entità le
conseguenze della guerra: come
la guerra sia stata condotta è
emerso in pieno solo ora che è
finita.
L’euforia immediata che ha travolto gli Stati Uniti si sta rivelando molto, molto vuota e irreale. Non siamo ancora messi faccia a faccia con la necessità di
dover affrohtare i problemi che
non sono stati risolti da questa
guerra, né con quelli che sono
stati creati o esacerbati in conseguenza della guerra.
Così, nonostante l’euforia che
si è avuta nei primi momenti, è
stato una specie di orgasmo di
breve durata, e adesso dovremo
arrivare a una valutazione più
meditata.
— Questo ci porta alla prima
domanda, perché dire: « La guerra non è la risposta », oggi, significa non accettare la posizione,
prevalente nei giornali e alla televisione, che è stata la guerra a
«permettere la pace». E dire che
la pace che uscirà da questa guerra non potrà essere vera pace significa ripetere che anche oggi,
come ieri, « la guerra non è la risposta ».
Come all’epoca del Vietnam _c’è
da ripetere la frase di Tacito:
« Hanno fatto un deserto e l’hanno chiamato pace ».
— Kolbell: Sì.
— Nel « Messaggio al popolo
americano » dei dirigenti delle
chiese ad un certo punto si afferma: « La nostra nazione non può
assoggettarsi aH’inevitabilità della guerra ». Non è il caso di dire
che le chiese, l’Italia, tutti dobbiamo « sottometterci all’inevitabilità della giustizia »?
— Kolbell: Certo. L’iuiico problema qui è che il governo americano pensa di essere l'unico a
dover decidere cos’è ’’giustizia”
e così succede che presentiamo
come giustizia quello che magari non è altro che il nostro interesse, senza prendere in considerazione l’ingiustizia che a causa
di questo viene perpetrata a danno di altri.
Non si può per esempio parlare
di creare un Medio Oriente "più
giusto” senza curarsi di ciò che
può accadere ai palestinesi, senza
curarsi di questi e altri territori
occupati e di altre risoluzioni
delle Nazioni Unite. Anche per
questo dico che ci sono problemi
che sono stati resi peggiori e ohe
non sappiamo ancora esattamente quale situazione ci troviamo
davanti.
Uno degli effetti della guerra rischia di essere il ’’muro” che dividerà
gli occidentali e il mondo arabo (foto scattata in Cisgiordania).
8 MARZO: GIORNATA DELLA DONNA
La voce di Rachele
_ « Ritorna, o vergine d’Israele, torna a queste
citta che son tue! ». (Geremia 31: 21)
8 marzo 1991, giornata della donna. Ci è stato detto che la guerra è finita e che la diplomazia
e al lavoro. Ci sentiamo sollevati, la cappa sopra
le nostre teste si è alzata, ma solo ora inizia l’amara conta dei morti: ora cominciamo a vedere la
guerra, le immagini dall’Iraq e dal Kuwait di
morte distruzione e umiliazione, dagli USA l’arrivo delle bare avvolte nelle bandiere.
8 marzo 1991: quest’anno non c’è aria di festa,
non ci sentiamo di riempirci di mimose, di cantare e ballare in cortei colorati. Questi ultimi mesi
la vita delle donne è stata segnata dal nero del
lutto, la loro voce è stata ancora una volta messa
a tacere da presidenti, generali ed esperti di ta,
tiche militari.
Ma una voce dobbiamo ascoltare, quella di
Rachele, madre del popolo di Dio: « Si è udita una
voce in Rama, un lamento, un pianto amaro; Rac tele piange i suoi figli; rifiuta di essere consolata per t figli suoi, perché non sono più». Rachele
ur a II lutto per i suoi figli che sono dispersi e
nulla può consolare il pianto ai Rachele, che attraverso i tempi e le terre
arriva fino a noi diventando la voce di molte donne in questo 8 marzo; una voce di dolore senza
peranza: di nuovo ha vinto la presunzione della
guerra e di nuovo siamo schiacciati dal fallimento
che essa porta con sé.
voce Rachele non è più solitaria, qualnp ^_^’^ttdividc la sua compassio
nrrh' 1 '(a tua voce dal pianto e gli
I u i dal lacrimare perché c'è ricompensa
verch'é^rhnv^'"’ ^P^t'anza per la tua posterità,
nh ^ ^^^t'onno i figli entro i confini loro ». E’
roì^An ^ la voce di quella donna e la cir
cnprpt-, consolazione: uno spiraglio di
possibilità verso un futuro
r-hnto bene il pianto amaro di Ra
ncie perche ha sperimentato lo stesso dolore e
In fislio, il suo popolo, Efraim,
bandonato, sicuro nella sua presunzione
ai Torza e di autonomia. Ma nonostante tutto Dio
non ha potuto dimenticare l’amore forte che lo
ega a lui. « Efraim è dunque un figlio prezioso
per me, o un bimbo delizioso, che ogni volta che
PC-rlo contro di lui lo ricordo sempre teneramene. Per questo si commuovono le mie viscere per
lui, ho di lui grande compassione” dice il Signore »- Dio e Rachele piangono insieme il fallimento
del figlio lontano con lo stesso materno patimento
e lo stesso amore misericordioso, ma mentre la
compassione di Rachele è senza sbocco, quella divina ha il potere di asciugare le lacrime, fasciare i
cuori spezzati, proclamare la liberazione agli oppressi e annunciare l’anno di grazia. Come Rachele,
anche Efraim è già circondato dall'amore creatore
di Dio, anche davanti a lui si schiude un nuovo
inizio, un futuro; ma Efraim ancora non si è accorto di nulla, non ha ancora sperimentato fino in
fondo la rovina della sua arrogante pretesa. Il messaggio di compassione materna deve essere trasmesso al bambino ed è a questo punto che viene
data la parola al profeta; nelle sue parole Efraim
il figlio diventa Israele la figlia, cambia il tono, ma
il contenuto dell’annunzio è lo stesso: « Ritorna, o
vergine d’Israele, ritorna a queste tue città! Fino a
quando vagabonderai, o figlia ribelle? ». Il profeta
scuote la figlia ribelle, la richiama a percorrere indietro la strada, a tornare nelle sue città, dentro i
suoi confini. Ritornai Un ritorno che deve essere fisico e concreto nella terra d’origine, ma un ritorno
che deve essere anche confessione del proprio fallimento e conversione, trasformazione totale di vita
e di pensiero. Qra il ritorno del popolo è diventato
possibile e non certo per le sue particolari abilità
ma poiché Dio sta compiendo un atto straordinario;
« Sì, ha creato il Signore una cosa nuova nel paese:
la donna corteggerà l’uomo! ». Nell’immagine del
l'uomo ora adulto e maturo che viene attirato, circondato e protetto dalla donna, si esprime la radicale trasformazione del negativo passato, compiuta nella nuova creazione di Dio. La donna dell’immagine è la terra d'origine, la Palestina, è la cit
là madre lasciata dal popolo ribelle che era ormai
sparso e stabilito nella diaspora, da cui non intendeva fare ritorno; ma nel nuovo atto creativo Dio
fa accadere qualcosa di inaudito: quella terra madre abbandonata ha ora la forza e il fascino di richiamare indietro il popolo, trascinarlo a sé e circondarlo.
8 marzo 1991: giorno in cui deve essere ascoltato il pianto di Rachele, ma anche tempo per ascoltare
la passionale consolazione di Dio verso le donne nere di lutto e costrette al silenzio. Tempo però anche
per urlare: ritorna!
Questo richiamo carico di speranza e di futuro
per coloro chq sono umiliati, colpiti dal lutto e dalla
.sofferenza diventa però oggi anche una dura parola
per tutti i .paesi coinvolti in questa guerra e per i
loro uomini di potere. Ritornate nei vostri confini.
Stati Uniti e Iraq, ritornate Inghilterra, Francia,
Italia: questo è tempo di confessione e conversione.
Paola Benecchi
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commenti e dibattiti
8 marzo 1991
RICORDO DI ROSANNA BENZI
La sua proposta
non è morta
Una battaglia condotta con tenacia per i diritti
dicap, per il loro inserimento nel la società e
dei portatori di hannel mondo del lavoro
Rosanna Benzi ha assunto spesso, nell’opinione pubblica, le caratteristiche del « personaggio »,
del « mito », del « caso » straordinario.
Per chi l’ha conosciuta da vicino, questo è stato un modo
« gentile » di farle un torto. Infatti, Rosanna non ha voluto vivere da « i>ersonaggio », ma ha
rivendicato i suoi diritti di persona; non ha rappresentato valori astratti, come avviene nei miti,
ma ha posto l’accento sulla realtà
della sua vita, vissuta con concretezza e tenacia nonostante
l’handicap; non è stata un caso
straordinario, perché ha posto
l’accento sulla possibilità di operare, di comunicare e di vivere
di tutte le parsone, non solo degli
handicappati e degli « straordinari », ma anche di tutti gli « ordinari », di tante persone comuni
che spesso si sentono inutili e
annoiate, che amano rifugiarsi
nei sogni invece di vivere intensamente la propria realtà.
Penso che la tendenza a fare di
persone come Rosanna un caso
strordinario (che poi diviene mito, personaggio, ecc.) nasca dal
desiderio inconscio di evitare un
confronto del proprio vissuto con
il loro. E, insieme, dal non voler
essere disturbati nella propria
inerzia al confronto con la vita
« piena » di persone che, per le
loro condizioni fisiche, sembrerebbero avere minori possibilità
■di autorealizzazione.
Quando la conobbi e la vidi
nel suo polmone d'acciaio (era
la prima volta che vedevo una
cosa simile!) in una stanza di
ospedale mi sembrò che vivesse
in una condizione che costituiva
il massimo dell’isolamento, della
solitudine, dell’impedimento di
ogni comunicazione e di ogni
progresso nella qualità della vita.
Una carica di vita
per molte persone
Eppure Rosanna, proprio in
quella particolare condizione,
non solo era riuscita a darsi uno
scopo di vita e a non cadere nell’inerzia o nel pessimismo, ma
aveva creato perfino una serie
ampia di iniziative e una fitta
rete, di comunicazioni. Attraverso
le sue iniziative e le sue comunicazioni, Rosanna aveva dato a
molte persone nuova carica di
vita e di speranza. ’
La rivista « Gli altri », l’impegno per i diritti dei malati e
degli handicappati, i continui e
sempre più numerosi contatti, il
suo inserirsi nei problemi sociali
e civili della città, hanno dato
alle giornate di Rosanna Benzi
il ritmo di un lavoro « a tempo
pieno », gestito con impegno e
con la consapevolezza del proprio
diritto-dovere di partecipazione.
Ricordo che una delle prime
constatazioni fatte subito dopo
aver conosciuto Rosanna fu che
molte persone vivono isolate e
chiuse in se stesse anche senza
i limiti dell’handicap, o avendo
in ogni caso limitazioni molto
inferiori alle sue. Allora mi resi
conto che, sebbene fossi andato
a trovare una handicappata, conosciuta già allora come « quella
del polmone d’acciaio », non dovevo partire dall’handicap, ma
dalla sua volontà di vita, di partecipazione, di comunicazione e di
comunione, per capire a fondo
la sua persona.
In seguito rimasi sorpreso nel
constatare alcune reazioni di gelosia e invidia da parte di alcune
persone handicappate, nei confronti di Rosanna. Invidia per
quello che riusciva a fare, gelosia per l’attenzione di cui era
oggetto. Avveniva cioè che persone, che avevano limitaizioni
molto minori di quelle di Rosanna, la ritenevano quasi una privilegiata.
Forse nemmeno oggi so dare
una spiegazione adeguata a quell’atteggiamento, ma credo di aver
trovato almeno una « via » di
spiegazione neU’eccessiva concentrazione sul proprio handicap e
sull’attesa di troppo facili consolazioni e « compassioni » dall’esterno, invece di reclamare il
proprio diritto-dovere di esistere,
di operare, di partecipare e di
comunicare nelFintegrità della
propria dignità di persone.
I diversi « Gli altri » - Noi
Senza accorgermene, mi ero
trovato davanti alla differenza
(che diveniva scontro) fra due
modi diversi di concepire una
« politica » deU’handicap e dell’assistenza. Da una parte la politica del diritto-dovere e della
partecipazione, dall’altra quella
di chi aspetta inerte che lo stato provveda ai suoi bisogni e
che gli altri pensino a lui, senza
sentirsi in obbligo verso nessuno; da una parte una forte volontà di autorealizzazione, reclamando il proprio spazio nella vita spelale, dall’altra il ricorrere
all’uomo di potere adatto all’occasione perché conceda quello
spazio come se fosse sua prerogativa il concederlo o il negarlo. Quanti handicappati purtroppo (ed anche associazioni di handicappati) preferiscono il clientelismo all’impegno sociale e politico in prima personal
Da quella constatazione, potei
immaginare la tenacia con cui
Rosanna conduceva le sue battaglie: da quella dei diritti dei
malati a quella sull’inserimento
degli handicappati nel lavoro, fino a quella del diritto alla sessualità e all’afFetto degli handicappati, nella quale Rosanna si
è distinta come pioniera coraggiosa e consapevole.
Tutte queste battaglie hanno
avuto nella rivista « Gli altri »
la loro sede naturale di comunicazione e di testimonianza. Rosanna, in qualità di direttrice,
firmava gli editoriali, che erano
spesso come circolari amichevoli, conversazioni proposte con lo
scopo di dibattere i problemi più
importanti del momento, esprimendo le proprie convinzioni con
fermezza e insieme senza imporre le proprie opinioni.
Mi sembrò opportuno proporre per « Gli altri » alcuni articoli su argomenti che mi premevano a livello di rapporti umani, per i quali non trovavo facile spazio nei periodici ai quali
collaboravo. Fu così che potei
non solo scrivere, ma trovare anche una gradita consonanza di
idee sull’opera di un pittore che
aveva vissuto una drammatica
prigionia durante la seconda
guerra mondiale, sulla vicenda,
umana di un handicappato che
avevo conosciuto molto da vicino, ecc... Una parte delicata di
me stesso aveva trovato 1 ambiente adatto per esprimersi in
modo costruttivo.
Ricordo con particolare piacere l’attenzione con cui Rosanna,
nell’estate del 1977, accolse una
mia critica alla mania — allora
diffusa — di incontri di pugilato durante i festival dell’« Unità ». Senza pretendere di essere profeta (sarebbe troppo faci
le dirlo oggi!) io vedevo in quel
fatto Un segno della crisi di valori del PCI che, pur di « intrattenere » i clienti dei festival, si
abbandonava a ciò che di più
squallido e antiumano offre lo
sport. Rosanna dette al mio pezzo Un titolo appropriato, che vo^
leva essere anche un auspicio:
A pugno chiuso, ma senza guantone! Come per dire che il comunismo non doveva affermarsi
attraverso la violenza.
La sensibilità che Rosanna rivelò in quell’occasiane è probabilmente la chiave del suo « vizio di vivere » (come suona il titolo di un suo libro autobiografico) e della sua volontà di far
vivere anche gli altri.
Allo stesso scopo sono finalizzati i discorsi e le testimonianze
relative al diritto alla sessualità
e all’affettività per gli handicappati, di cui spesso si è parlato
nelle pagine de « Gli altri ».
AH’affetto e alla sessualità, gli
handicappati hanno diritto indipendentemente dalle loro possibilità di matrimonio. Rosanna ha
affermato questo diritto sia proponendo e sviluppando il dibattito sull’argomento, sia proponendo se stessa come esempio di
autorealizzazione e di coraggio.
Con questo impegno, Rosanna
ha compiuto il gesto evangelico
di riportare i nuovi lebbrosi,
quali sono gli handicappati, nella città della nostra comunicazione umana, e al tempo stesso
li ha proposti come modello per
una qualità di vita superiore a
quella dei « normali ».
I « normali » infatti, tendono
sempre a circoscrivere la sessualità nell’ambito del matrimonio.
Rosanna, al contrario, ha ribadito il diritto alFaffetto e alla
sessualità anche per chi non ha
accesso al matrimonio, come affermazione della libertà e della
dignità di ogni persona umana,
soprattutto dei più deboli. La
priorità di questa istanza traspariva anche dalla motivazione con
cui rifiutava la pubblicità per la
sua rivista. Affermava infatti che
ne « Gli altri » non doveva esserci nemmeno una parola dettata da scopi diversi dalle proprie idee e dail’impegno per le
problematiche prese a cuore. E
concludeva: « Una volta tanto,
con i soldi non si compra niente! ».
Cesare Milaneschi
8 marzo: donne e pubblicità. Una battaglia che non è ancora terminata: la donna come oggetto e come soggetto di consumo.
GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA
Camminando insieme
Camminare insieme è una co sa bella. Siamo creature fatte
per vivere insieme. Ma camminare insieme a chi? E per andare dove?
Le sorelle delle nostre chiese,
che si sono riunite a Pomaretto
domenica 3 marzo ’91 per celebrare la Giornata mondiale di
preghiera, hanno camminato con
le sorelle del Kenia, che hanno
preparato la liturgia di questa
Giornata, lanciando l’invito a
camminare insieme testimoniando la personale fede in Cristo
Gesù.
Ecco, attraverso il Signore Gesù, ci troviamo amiche in un
camrhino sotto la stessa guida,
sospinte verso la stessa meta.
Certo, amiche in un cammino
spirituale, ma legato allo sforzo
di vivere concretamente e serenamente l’unica piena possibilità che ci è offerta di camminare e vivere insieme.
La recente vicenda di guerra
nel Golfo Persico è presente in
ognuna di noi per cui il messaggio delle donne keniote del
camminare insieme ci è parso
come un’immagine profetica, la
promessa di una condizione di
vita che certamente maturerà
nel cuore di ogni persona.
Preoccupazioni e ansie personali, che sorgono da una nuova consapevolezza attraverso gli
eventi che viviamo, svaniscono
nella speranza di poter un giorno camminare tutti insieme in
novità di vita al seguito dell’unico evento salvifico del mondo.
Attraverso il culto con la predicazione della pastora Lucilla
Peyrot, le preghiere, il canto, la
musica, il pranzo in comune, la
tavola rotonda pomeridiana su
pace, giustizia e salvaguardia
del creato con gli apprezzati interventi di Mimi Cavalloni del
MIR e di Silvana Marchetti e
Adriana Poet, seguiti da dibattito, l’affettuosa e generosa ospitalità della Chiesa valdese di Pomaretto, ci è stata data una giornata aperta sul mondo in viva
sororità e fraternità.
L’offerta raccolta è stata devoluta all’ospedale interdenominazionale di Portici-Napoli e alla Casa di riposo a Vittoria in
Sicilia.
Maria Tamietti
Opera Balneare Valdese G. P. Melile
Borgio Verezzi (Savona)
Sono stati fissati i turni della colonia marina anno 1991 a Borgio Verezzi (Savona), età dai 6 anni (compiuti) a 12 anni (nati dopo il 1.1.1979 e non oltre il
31.5.19S5).
!<• turno dal 17 giugno '91 all’8 luglio '91
2« turno dall'S luglio '91 al 29 luglio '91
30 turno dal 29 luglio '91 al 19 agosto '91
4" turno dal 19 agosto '91 al 9 settembre '91
1 moduli per le iscrizioni possono essere richiesti presso la Segreteria della
Clfiesa valdese di Torino, Via S. Pio V n. 15 - 10125 Torino - telef. 011/6692838.
TERMINE DELLE ISCRIZIONI 15 MAGGIO 1991.
Si accettano anche domande per personale (evangelico) addetto ai turni di colonia: monitrici/ri - vigilatrici/ri - infermiere/i - addetti ai servizi; età minima 18
anni compiuti.
I membri del comitato sono a disposizione per ogni ulteriore informazione.
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8 marzo 1991
commenti e dibattiti
TEV
La pace di Cristo
Mentre i vari organi della Chiesa valdese hanno
dato molto spazio agli argomenti relativi alla guerra del Golfo, il movimento di Testimonianza evangelica valdese ha conservato un totale silenzio. Desideriamo ora brevemente
spiegare la nostra posizione.
Ogni aderente al nostro
movimento ha le sue convinzioni personali su queste vicende. Senza dubbio
ci troveremmo in difficoltà dovendo esprimere un
parere unanime. C’è tuttavia un punto sul quale
concordiamo. Qualunque
siano le cause immediate
del conflitto questa guerra, come qualsiasi altra,
ha alle sue radici lo stato di peccato di tutti, nessuno escluso, compresi coloro che hanno avuto il
coraggio di far celebrare
delle funzioni religiose affinché Dio, o Allah, si mettesse al servizio delle passioni collettive.
Un secondo punto su cui
concordiamo è nella convinzione che Dio ha fatto
di noi dei cittadini di un
Regno che non è di questo mondo, secondo quanto dichiarato da Gesù stesso (Giov. 18; 36). Di conseguenza ci sentiamo « forestieri e pellegrini sulla
terra» (Ebrei 11: 13),
stranieri (I Pietro 2: 11)
che soggiornano per breve tempo in un mondo
che parla una lingua diversa e obbedisce ad altri principi.
Ma, pur essendo ancora
nel mondo (Giov. 17; 16),
a un certo punto possiarno lasciare da parte qualsiasi opinione personale, e
riconoscerci fratelli, uniti
da quell’amore di Cristo
che ha fatto di noi cittadini di un Regno diverso.
Questo non significa affatto che ci disinteressiamo delle immense sofferenze deH’umanità, anzi la
storia antica e recente sta
a dimostrare l’impegno
della chiesa nelle opere
sociali. Allora anche un
semplice bicchiere d’acqua
è meritevole, quando è offerto come testimonianza
dell’amore di Cristo (Matteo 10: 42).
Ci adopereremo anche
per la pace. Ma non per
quella pace che i capi delle nazioni cercheranno di
concordare in base ai propri interessi, egoismi ed
ambizioni. La nostra pace
è quella annunziata dal Signore quando dice; « Io vi
lascio pace, vi do la mia
pace. Io non vi do come
il mondo dà » (Giov. 14:
27).
Ecco perché ciascuno di
noi, anche avendo vedute
politiche diverse, può entrare in quella chiesa che
Cristo ha fondato e che
è una profezia del suo
Regno, lasciando alla porta ogni divergenza e tutti
ci troviamo alla presenza
del Signore riconoscendoci fratelli.
Assemblea di
Testimonianza
evangelica valdese
GUERRA PER POSTA?
No al timbro
« Un timbro incostituzionale ». Così Massimo Vaipiana, del mensile « Azione
nonviolenta » definisce lo
speciale annullo postale
messo in vigore per la guerra nel Golfo Persico e recante la scritta « Solidarietà e gratitudine ai militari
alleati nel Golfo ». Una lettera col suddetto timbro è
giunta nella redazione della
rivista il 19 febbraio. I destinatari non hanno fatto
altro che restituirla alle Poste centrali di Verona ed
inviare una dura protesta
al ministro delle Poste
Mammi.
« Gratitudine per che cosa? — chiede Vaipiana nella lettera aperta al ministro — per i bombardamenti a tappeto sui civili
e sulle città? Solidarietà
con chi ammazza migliaia
di persone parlando invece di operazioni chirurgiche? L'articolo 11 della Costituzione — ricorda Vaipiana —ripudia la guerra ».
« Non vogliamo renderci
responsabili della collaborazione con la propaganda
guerrafondaia che le Poste italiane stanno attuando con questo timbro postale che va contro la Costituzione. Restituiamo perciò alle Poste centrali di
Verona la busta con il timbro contestato ».
La Libreria Claudiana di Torino
comunica
di aver acquistato la giacenza di due opere fondamentali da parecchi anni introvabili perché esaurite.
Si tratta della Storia del protestantesimo edita
a Parigi per le Presses Universitaires de France
nel 1961 e pubblicata per la prima volta in Italia
nel 1971 da II Saggiatore.
L’opera è composta da quattro volumi indivisibili per un totale di circa 2(XX) pagine e viene
proposta in offerta speciale al prezzo di 100.000 lire.
Il periodo storico coperto è quello che va dalla
Riforma àlla metà del 1900.
L’altro testo di cui segnaliamo la presenza in
libreria è il volumetto di Dietrich Bonhoeffer
Lettere a un amico, che offriamo al prezzo di
10.000 lire.
E’ contenuta qui la parte di « Resistenza e resa »
che concerne il gruppo di lettere scritte da Bonhoeffer in carcere all’amico Bethge e che costituisce
il nucleo fondamentale della sua posizione teologica e politica.
« Le comunichiamo —
conclude la lettera aperta
— che in base all’art. 51 del
decreto PT n. 156 del 29.3.73
inoltreremo regolare reclamo di servizio per tutte
quelle buste che riceveremo con il timbro postale
anticostituzionale ».
TheNew World Order
Il « Nuovo ordine mondiale».
VALDESI SUDAMERICANI
Signore,
abbi pietà di
noi!
Tra il 17 e il 21 febbraio si è svolto nel Parque
del XVII Febrero a Colonia Vaidense il Sinodo delle
chiese valdesi del Rio de La Piata.
Tra gli argomenti in discussione vi è stato ovviamente anche quello relativo alla posizione delle chiese
valdesi sudamericane di fronte alla guerra, che vedeva
direttamente coinvolta nelle operazioni belliche anche
l’Argentina, paese nel quale vivono alcune migliaia di
valdesi.
Al termine della discussione il Sinodo ha approvato
il seguente messaggio indirizzato alle chiese.
11 Sinodo della Chiesa evangelica valdese del Rio
de la Piata, di fronte alla situazione creatasi con la
guerra nel Golfo Persico, esprime la sua opinione per
aiutare la riflessione delle comunità e della società più
in generale.
— Confessiamo il nostro peccato per aver contribuito a creare una civiltà che per affermarsi deve
schiacciare i diritti degli altri; che ha fatto della produzione di armamenti e della costituzione di eserciti una
attività così importante da costituire il fondamento della vita associata e che, come tale, è un centro di potere
che incide in maniera determinante sulle decisioni dei
governi.
— Affermiamo che la pace è un processo dinamico di amministrazione della giustizia e che il futuro
delle nazioni non può essere alla mercé delle congiunture e delle contigenze politiche di qualche paese o di
qualche gruppo di potere al suo interno.
— Condanniamo il fatto che la nostra civiltà,
chiamata da molti occidentale e cristiana, ha finito per
credere tanto in se stessa da attribuirsi il diritto di utilizzare le armi per difendere uno stile di vita che ha
dimenticato che la vita umana vale molto di più che
un « barile di petrolio ».
—, Condanniamo l’invasione del Kuwait.
— Condanniamo l’atteggiamento delle nazioni e
degli organismi internazionali che con troppa fretta, hanno messo da parte il dialogo e la ricerca di vie alternative alla guerra.
— Condanniamo anche i nostri propri paesi che
hanno appoggiato le azioni belliche partecipandovi direttamente con un contingente di armamenti e soldati
o offrendo un appoggio incondizionato a coloro che eseguono le decisioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
— Riconosciamo il peccato e le sofferenze che
colpiscono le due parti, e che le conseguenze di questo
orrore saranno pagate dall’intera creazione.
— Invitiamo a manifestare il nostro rifiuto più
radicale della guerra come mezzo di soluzione ai conflitti
tra le nazioni.
—■ Invitiamo a costruire la pace ricercando la
giustizia in tutti gli aspetti della nostra vita, rinunciando
a ogni forma di violenza.
— Invitiamo tutti i cristiani del mondo a pregare per la fine totale e assoluta delle ostilità, ad impegnarsi con tutti gli uomini e le donne, le istituzioni, i
gruppi a partecipare alle attività che aiutino la presa di
coscienza della brutalità della guerra e favoriscano la
formazione di una coscienza di pace nella giustizia.
— Invitiamo a proclamare senza scoraggiamenti
il messaggio dell’Evangelo, riconoscendo che:
mentre deliberiamo tra domande e decisioni,
Gesù Cristo è il Signore;
mentre oscilliamo tra orgoglio e umiltà
Gesù Cristo è il Signore;
mentre dubitiamo tra amore e giustizia
Gesù Cristo è il Signore.
Signore, abbi pietà di noi.
LETTERA AL PRESIDENTE COSSIGA
No alla logica
di dominio
Riceviamo e pubblichiamo
Signor Presidente,
siamo uomini e donne facenti parte di una piccola chiesa di cristiani militanti e intendiamo pubblicamente protestare contro la cosiddetta « operazione militare di polizia internazionale » contro
l’Iraq, facendo le seguenti
considerazioni:
1) l’etica cristiana che
ci chiama ad essere facitori di pace è, a nostro
avviso, non solo un insegnamento spirituale e utopico ma un’opzione concreta e politica, tanto è
vero che l’art. 11 della Costituzione italiana, nel dichiarare che « l’Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali »,
aggiunge: « consente alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e
la giustizia fra le nazioni »;
2) viene detto che non
si tratta in questo caso di
guerra ma di un’operazione di polizia internazionale; ma la stessa Costituzione afferma che per un
singolo cittadino, che abbia commesso un reato,
« le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso umanitario
e devono tendere alla rieducazione del condannato » (art. 27). Con sgomento ci chiediamo: è mai
possibile che questa « polizia » debba punire un intero popolo, i cui governanti si sono macchiati di
gravi crimini, inondandolo
di tonnellate di ordigni
bellici in nome della giustizia internazionale?
3) signor Presidente, ci
stiamo sentendo espropriati dèlia « sovranità » che
ci « appartiene » come popolo (art. 1) in quanto abbiamo la netta sensazione
che coloro che ci governano non stiano dicendo
tutta la verità, anche in
questo caso come in altre tragiche vicende interne di questi ultimi anni
e quindi, come cittadini,
non siamo messi in grado di esercitare consapevolmente e in coscienza il
fondamentale diritto della
sovranità; con questa
guerra si stanno non solo
scavando profonde trincee
in seno al popolo italiano ma innalzando muraglie tra popoli di diversa
cultura, invece di favorire
rispetto e conoscenza reciproci;
4) come comunità cristiana stiamo facendo il
possibile per conoscere e
capire mentalità, cultura e
fede religiosa degli immigrati extracomunitari residenti nella nostra regione,
con i quali abbiamo instaurato rapporti di amichevole collaborazione,
cercando in tutti i modi
di contrastare pregiudizi
ed ogni forma di razzismo,
anche recondito e inconsapevole; in questo senso
l’attuale conflitto fa fare
passi indietro di gravi e
incalcolabili conseguenze;
5) in questi ultimi anni, prima e dopo le assemblee ecumeniche di Basilea (europea) e di Seoul
(mondiale), siamo impegnati ad approfondire le
tematiche trattate in quegli importanti consessi internazionali, vale a dire
giustizia, pace, integrità
del creato, lotta al razzismo, ben consapevoli che
per questi comuni e solenni impegni di lavoro
noi, cittadini di uno dei
paesi più industrializzati e
ricchi del mondo, dobbiamo rinunciare ad alcuni
privilegi di cui godiamo.
Ci pare che questo conflitto neghi nel modo più
eclatante questi fini.
Per queste ragioni dichiariamo pubblicamente:
1) noi siamo dalla parte di Abele, di biblica memoria, cioè dalla parte della gente del Kuwait e dei
tanti immigrati che colà
lavoravano, degli iracheni,
degli israeliani, dei palestinesi, dei libanesi e dei
curdi, siamo con i soldati
delle due parti in guerra
che vengono mandati a
morire e uccidere, loro
malgrado;
2) noi protestiamo contro la logica di dominio e
di potenza di coloro che
— vogliono ignorare le
cause storiche delle attuali ingiustizie in quell’area;
— hanno volutamente favorito il commercio, legale e semilegale, di armi
« convenzionali » e non;
— non sono disponibili
a rinunciare a qualcosa
pur di iniziare un serio
negoziato per porre fine a
questa tragedia, anzi demonizzano l’avversario per
inculcare odio nella gente
del proprio paese;
— costringono la controparte in vicoli senza
uscita, senza lasciare alcuno spazio per un compromesso che non leda l’altrui dignità.
Seguono 45 firme
della Chiesa evangelica
battista di Cagliari
e della Sardegna
Abbonamenti 1991
ITALIA
Ordinario annuale L. 46.000
Semestrale L. 25.000
Costo reale L. 70.000
Sostenitore annuale L. 85.000
ESTERO
Ordinario annuale L. 80.000
Ordinario (via aerea) L. 140.000
Sostenitore L. 150.000
Semestrale L. 45.000
Da versare sul c.c.p. n. 20936100 intestato a A.I.P. - via Pio
V, 15 - 10125 Torino.
■ Chiedete tre copie saggio gratis telefonando al n. 011/
655278 o inviando un fax al n. Ot 1/657542.
4
4 vita delle chiese
8 marzo 1991
NAPOLI
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Valdesi ieri, valdesi oggi Falò per la pace
Dopo il culto, un’agape fraterna e una conversazione con Giorgio
Girardet - Per i protestanti una vocazione di minoranza confessante
« La minoranza confessante ».
Questo potrebbe essere un titolo
per l'altra celebrazione partenopea del XVII febbraio, quella
svoltasi presso la Chiesa cristiana del Vomero.
Giorgio Girardet, pastore e direttore del mensile « Confronti »,
vi ha tenuto un culto e nel pomeriggio, dopo un'agape fraterna,
una discussione. Il sermone è stato tenuto sul testo di Efesini
2; 14.
E’ stato difficile non restare
colpiti da quella predicazione,
da quei richiami ai muri da abbattere, anche oggi che con la
guerra è più facile costruirli che
abbatterli. Cera, preciso e netto,
un richiamo allo spianamento di
muri, di monti e di ogni altra separazione, affinché Cristo proceda senza ostacoli attraverso la
pianura.
A tutti gli avvenimenti della
giornata hanno preso parte numerose persone. Non c’erano solo
gli abituali frequentatori dei culti ma, cosa ancor più importante
il XVII febbraio, anche altre persone avvicinatesi alla chiesa per i
più svariati motivi. Questa mi pare la testimonianza concreta di
una chiesa che sa parlare all’esterno.
« Valdesi ieri e valdesi oggi » è
stato l’argomento della discussione introdotta da Girardet. Riallacciandosi proprio all’immagine
del muro, rievocando il testo della lettera agli Efesini, Girardet
ha disegnato un quadro storico
delle società europee a partire
dalla fine del secondo conflitto
mondiale ( « Hiroshima è un pimto di svolta »). Eravamo allora in
una situazione dove «socialismi»,
nazionalismi, gli ”ismi” insomma
davano orientamenti etici. I ventenni oggi non sanno cos’è il bene e il male, si trovano senza
valori; si è sviluppata un’idea di
onnipotenza dell’uomo, che consiste nel considerare fattibile ciò
che è possibile, senza stare a vedere se questo « possibile » è anche bene. Le chiese vivono con
distacco, stanno sulla difensiva rispetto a queste ideologie..
Occorre invece che lascino da
parte le tentazioni della modernità per « riandare alle nostre radici, al luteranesimo, al calvinismo ».
Oggi « ci sono segni di risconvolgimento... i cristiani del Terzo
Mondo e i movimenti eco-pacifisti » e per questo occorre vedere
a cosa portano gli scenari della
guerra, che hanno creato un clima tutt’altro che positivo.
Girardet ha concluso il suo intervento sostenendo che di fronte
a questi mutamenti nel mondo
occorre lavorare ner diffondere
la cultura della pace. Questa sarà
una « vocazione specifica per il
cristianesimo di domani, che sarà
di minoranza, una minoranza
confessante, e come valdesi siamo abituati a questo ».
Gli interventi successivi hanno
ripreso alcune parti del suo discorso: Marco Tullio Fiorio si è
soffermato sugli scenari della so
cietà civile e su quelli delle chiese.
Sergio Nitti ha voluto però
mettere dei punti fermi, ricordandoci che compito delle chiese è quello di « pensare a ciò che
il Signore ci manda; le chiese
portino quindi avanti il messaggio della Parola. Non cavalchiamo tigri (e cioè ideologie esterne
a noi), diciamo quello che il Signore ci dice di dire ».
Dal canto suo Alba Nitti è intervenuta con calore perorando
la causa della diffusione di una
cultura di pace di fronte alle manifestazioni della guerra.
L’avvocato Notarbartolo ha inteso, a sua volta, soffermarsi sulravvicinamento delle culture, sulla conoscenza, sul dialogo come
strumento per evitare le tensioni.
Di fronte al crollo delle grandi
idee-guida ha sottolineato la necessità di una proposta nuova da
avanzare.
Alla fine ancora Girardet ha replicato riassumendo gli argomenti degli interventi e soffermandosi sull’importanza, per il
movimento pacifista, di acquisire
una concreta conoscenza dei temi su cui si batte, come i sistemi
d’arma, i missili e ogni tipo di
armamento. Questo permetterebbe interventi di forza ben maggiore nella discussione, senza fare appelli generici, sconfessando
la retorica di certe pubblicazioni
che parlano di afmi e di batta.glie.
Peppe Cancello
CORRISPONDENZE
«Le XVII», data significativa
GINEVRA-LOSANNA — «Le
XVII février » o più semplicemente « le XVII » è sempre stato per i valdesi residenti all’estero una data significativa che
ha sempre costituito un’occasione di incontro da Marsiglia, a
Parigi, a Ginevra.
Al significato di commemorazione storica è stato lentamente
sostituito un diverso approccio,
quello della solidarietà e della
fraternità in un clima di ricordo, a volte con qualche venatura di nostalgia. In questo contesto la presenza di un rappresentante « des vallées » è di particolare significato ed a questa
rappresentanza i nostri valdesi
all’estero sono sempre stati particolarmente affezionati.
A Ginevra e Losanna la festa
del XVII ha avuto luogo quest’anno il 9 e 10 febbraio.
Ospiti presso due comunità
locali, Saint-Jean a Losanna (la
sera del 9) e ai Pàquis a Ginevra (la domenica) la comunità
valdo-italiana si è radunata con
la comunità locale per il culto
ed un’agape fraterna.
Questi incontri hanno permesso uno scambio di informazioni
sulla situazione alle valli con
particolare riferimento alle prospettive di lavoro ed ai progetti
del Centro culturale e del Museo
valdesi di Torre Pellice.
Incontri molto partecipati, come sempre accade a chi ricorda
amici e parenti e vede da lontano revolverai di ima situazione. Un altro incontro si è avuto venerdi 8 con la comunità di
lingua italiana, incontro in cui
il tema di conversazione è stato più generale e centrato sulla situazione italiana odierna.
Calorosa e partecipe, come sempre, l’accoglienza degli amici
svizzeri che è stata espressa a
nome di tutta la chiesa ginevrina ed in particolare del « Consistoire » da parte del suo moderatore, pastore Trichler.
Vita della comunità
BRESCIA — Tra le attività
svolte negli ultimi mesi, segnaliamo che in maggio i giovani
hanno organizzato una visita ai
fratelli di Bergamo. Nell’agape
fraterna e nel dibattito, come
nel gioco, i partecipanti dei due
gruppi (erano 35) hanno avuto
modo di conoscersi tneglio e
trascorrere una bella giornata.
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• Nell’autunno abbiamo avuto varie tavole rotonde e dibattiti: il pastore Deodato ci ha
parlato sul tema «Dopo le assemblee ecumeniche di Basilea
e Seoul, quali impegni per le
chiese? »; il pastore Ricciardi su
« Classe e poveri? Analisi marxista e speranza cristiana a confronto »; il prof. Rostagno su
« La coscienza cristiana di fronte alle scelte della bioetica »; il
prof. Corsani su « I vangeli dell’infanzia »; infine il pastore
Scuderi ci ha intrattenuti sul
tema « Per un ecumenismo della
verità nella carità». La chiesa
inoltre è stata affollatissima in
occasione dell’incontro ecumenico di riflessione e preghiera del
24 gennaio, presente anche un
gruppo di avventisti. Precedentemente il pastore Bertolino ci
aveva presentato l’opera della
Missione evangelica contro la
lebbra.
• Molto apprezzata è stata la
visita del moderatore Giampiccoli, che ha incontrato il Consiglio di chiesa e la comunità.
® Abbiamo anche avuto un
concerto natalizio, con brani del
’700 eseguiti da due membri di
chiesa: William Horn (clavicembalo) e Silvia Micheletti (violino). In seguito a questa manifestazione si sta formando un
Centro musicale valdese, che organizzerà altre manifestazioni.
• L’assemblea di chiesa di
settembre ha eletto due nuovi
membri del Consiglio, Marco
Stretti e Alberto Nencini.
• Nell’estate la comunità ha
partecipato ai battesimi dei piccoli Mirko Carugati e Andrea
Nencini; a novembre è nata Vaieria Stretti, figlia di un membro di chiesa.
• Siamo stati vicini alle famiglie Rossi e Massolini per la
scomparsa di Giovanni Filneri,
loro congiunto.
VILLASECCA — E’ stato un
XVII febbraio ricco di falò come non accadeva da alcuni anni e nello stesso tempo con il
pensiero rivolto alle popolazioni
colpite dalla guerra nel Medio
Oriente. La giornata è stata
un succedersi di momenti importanti, dal corteo che partendo dai Chiotti portava a Villasecca con in prima fila i bambini della scuola domenicale, alla presenza delle donne in costume valdese e di alcuni emigrati in Francia. Il culto con
Santa Cena è stato presieduto
dai pastori Franco Davite e Ludwig Schneider ed ha visto la
partecipazione della corale diretta da Patrizia Massel. Nella
sua predicazione il pastore Davite, che ha lavorato alcuni anni or sono nella comunità, ricollegandosi alla situazione di
guerra invitava tutti a testimoniare l’Evangelo della pace;
rifacendosi alla « mappa » della
situazione delle Valli esortava i
valdesi ad una evangelizzazione
verso gli italiani secolarizzati,
sull’esempio dei primi cristiani.
Dopo il culto tutti i bambini
ricevevano un pacco sorpresa;
ottima anche la riuscita del
pranzo comunitario; le persone
convenute stavano ancora insieme per ore, dialogando o cantando canzoni popolari.
PRAMOLLO — In occasione
del XVII febbraio, come ogni
anno, i falò sono stati accesi e
abbiamo cantato gli inni di ringraziamento e di lode al Bifore; dopo il culto ci siamo ritrovati per il pranzo comunitario,
la filodrammatica ha presentato
una commedia brillante (scelta
molto prima dell’inizio del conflitto), ma questo non significa
che la nostra comunità sia stata indifferente ai gravi problemi
mondiali e in particolare alla
guerra in corso. Infatti ne abbiamo discusso a lungo, dopo i
culti e nelle riunioni quartierali, e in ogni occasione di incontro abbiamo concordato di fare di questo XVII febbraio una
occasione per riflettere sulla
guerra e sulla nostra testimonianza per la pace.
Così, anche i nostri falò sono
stati dedicati alla pace.
Abbiamo avuto il privilegio e
la gioia di avere con noi il professor Paolo Ricca che nel corso del culto ci ha rivolto un
messaggio carico di significato,
esortandoci a « non vergognarci
mai dell’Evangelo ».
Scuola domenicale
POMARETTO — Sabato 9 marzo, con inizio alle ore 14.30 nei
locali del teatro, ci sarà un incontro a cui parteciperanno i
bambini della scuola domenicale, i loro genitori ed i monitori.
Il programma prevede uno
scambio di informazioni, la presentazione con metodi diversi di
alcune sezioni su Davide finora
esaminate, alcuni momenti di
canto e la chiusura con la merenda.
Domenica 10 marzo, alle ore
10, i bambini parteciperanno al
culto in parte preparato dai loro monitori e monitrici.
I genitori, i nonni o altri parenti sono vivamente invitati ad
accompagnare i bambini a questi momenti di incontro.
® I partecipanti al campo di
lavoro in Madagascar continuano a prepararsi per il viaggio.
Ricordiamo ancora che il gruppo partirà domenica 4 agosto e
sarà di ritorno lunedì 2 settembre.
Segnaliamo che si sono liberati alcuni posti già prenotati, per
cui chi volesse aggiungersi al
gruppo può mettersi in contatto con i giovani di Pomaretto/
Perrero (c/o Dario Tron, tei.
803012).
I partecipanti al viaggio si ritroveranno domenica 17 marzo,
dalle ore 9.30, all’Eicolo Grande
di Pomaretto per trascorrere
una giornata insieme, proseguendo nella preparazione del
progetto e nella conoscenza reciproca.
• Nel quadro delle loro uscite mensili i catecumeni di quarto anno, ormai al termine del
loro ciclo di catechismo, si recheranno dall’8 al 10 marzo in
Svizzera, in visita presso la comunità di Grandson; sarà questa un’ottima occasione per conoscere una realtà di chiesa diversa dalla nostra, per incontrare altri catecumeni.
Assemblea di chiesa
BOBBIO PELLICE — L’assemblea di chiesa si riunirà domenica 17 alle ore 10; all’ordine del
giorno esame ed approvazione
della relazione finanziaria del
concistoro per il 1990 e il preventivo per il 1991; elezione deputati alla Conferenza distrettuale e al Sinodo.
• Il nostro fratello Giuseppe
Favatier non è più tra noi; la
certezza di fede nella resurrezione dei morti in Cristo è il
fondamento della nostra consolazione e della nostra speranza.
• Ringraziamo il predicatore
locale Dino Gardiol per aver
presieduto il culto domenica 3
marzo e Franco Taglierò che ha
sostituito l’organista.
Riunioni quartierali
FRALI — Le prossime riunioni quartierali avranno luogo il
13 marzo a Malzat, il 14 a Pomìeri, il 21 a Ghigo, il 27 a Indiritti e il 28 a Pomieri.
La guerra del Golfo
SAN GERMANO — In un clima fraterno si è svolta mercoledì
20 febbraio una riunione sulla
guerra del Golfo; le posizioni
espresse, pur nella loro diversità,
sono state caratterizzate da una
generale volontà di comprendere,
con disponibilità, le opinioni di
ciascuno.
E’ stata espressa la sensazione
che, pur nella mole di notizie che
i vari organi di informazione ci
propinano, in realtà la verità non
venga rivelata, con questo contribuendo all’incertezza generale.
La speranza del credente è comunque stata da più parti ribadita, sia da chi si è dichiarato perplesso circa le possibilità di evitare il conflitto, sia da parte di
chi si è dichiarato in ogni caso
contrario alla scelta della guerra.
E’ stata inoltre evidenziata la
preoccupazione per il dopoguerra, per i problemi dell’area mediorientale.
Tuttavia, proprio in quanto
credenti, possiamo cercare di
contribuire a porre le premesse
per la costruzione di un mondo
nuovo, dove la guerra possa essere effettivamente debellata; ciò
è possibile se veramente in noi
si trova la vera pace, quella che
solo Cristo può donare.
• Dopo lunghe sofferenze è serenamente mancata Valentina Alma Pons, di 82 anni; giovedì 21
febbraio la comunità si è raccolta per ascoltare il messaggio della resurrezione e per esprimere
ai parenti la solidarietà nella
fede.
Giovedì 7 marzo
□ COLLETTIVO BIBLICO
ECUMENICO
TORRE PELLICE — Il gruppo si ritrova aiie ore 21 presso ii Centro di
incontro per proseguire lo studio del
Deuteronomio.
Domenica 10 marzo
□ COPPIE
INTERCONFESSIONALI
PINEROLO — il terzo incontro di
quest’anno si tiene alle 14.30 (in via
dei Mille, 1) sul tema: come presentare le « differenze fondamentaii - in
modo veramente ecumenico.
5
n
8 marzo 1991
prospettive bibliche 5
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
La missione nasce dalla croce
« Gesù, per santificare il popolo col proprio sangue, soffrì fuori della porta della
città. Usciamo quindi fuori del campo e andiamo a lui portando il suo obbrobrio. Perché non abbiamo quaggiù una città stabile,
ma cerchiamo quella futura »
(Ebrei 13: 12-14)
Il 4 gennaio 1848, poco più di quaranta
giorni prima delle Lettere Patenti di Carlo
Alberto che avrebbero emancipato i valdesi e gli ebrei concedendo loro i diritti civili e politici, il generale Charles Beckwith
così scriveva al pastore valdese Lantaret:
« ...Quantunque la vostra situazione sia
lungi dall’essere risolta, di fatto siete ormai
emancipati e potete partecipare ampiamente a tutto ciò che accade intorno a voi. Con
un impegno energico, la coscienza della
propria responsabilità ed una volontà decisa, potreste compiere grandi cose; tutto
dipende da voi stessi... Oggi si tratta di
combattere in un corpo a corpo con i vostri compatrioti del Piemonte, sovrastarli o
scadere al loro stesso piano.
Se avrete una forza intrinseca riuscirete,
altrimenti finirete confusi nella massa e non
si sentirà più parlare di voi... Le cose vecchie sono passate, le nuove stanno sbocciando. D’ora innanzi o sarete dei missionari o non sarete nulla... La scelta è tra restare nascosti nella propria oscurità o attirare su di sé l’attenzione della gente. Se
volete che questo accada occorre impegnarsi o non sarete in grado di reggere la
luce della vostra lampada... Una via di mezzo non esiste: o agire con efficacia, lottare,
perseverare, giungere alla meta, ovvero essere emarginati del tutto... ».
Conservare la
nostra identità
Per noi oggi, come ieri per i nostri padri, questa alternativa tra essere missionari o non essere nulla, tra il giungere alla
meta o l’essere emarginati del tutto passa
per l’esortazione che Beckwith ci rivolge
a non « finire confusi nella massa », a conservare cioè in questo nostro paese — nella nostra Italia della quale facciamo parte
a pieno diritto e della quale vogliamo far
parte con tutti i doveri e i diritti che questa appartenenza comporta — la nostra
identità protestante riformata, valdese.
Ma che cosa significa concretamente
questo?
C’è, nella lettera agli Ebrei, un passo che
può forse aiutarci a dare una risposta a
questa domanda: « Gesù, per santificare il
popolo col proprio sangue, soffrì fuori
della porta della città. Usciamo quindi
fuori del campo e andiamo a lui portando
il suo obbrobrio. Perché non abbiamo quaggiù una città stabile, ma cerchiamo quella
futura» (Ebrei 13: 12-14).
Come Gesù — per salvare e consacrare a
sé il mondo mediante il suo sangue — ha
sofferto fuori della porta di Gerusalemme
appeso alla sua croce, così noi siamo chiamati a essere i suoi discepoli e i suoi testimoni soffrendo la nostra parte, accettando di
portare l’obbrobrio del Crocifisso per proclamare con la forza che viene da lui che
questo mondo in cui viviamo e del quale
anche noi portiamo in pieno, senza sconti,
la nostra parte di responsabilità non è il
mondo voluto da Dio e che per questo
dobbiamo tutti tendere alla sua trasformazione affinché, con il nostro servizio e per
la potenza dello Spirito del Signore, esso
diventi « la città futura », il mondo che
finalmente riconosce la sovranità di Dio
ed è secondo la sua volontà.
« Uscire fuori » verso Cristo morto e risorto, essere i missionari di cui parlava
Beckwith, deve cioè significare per noi gettarci con speranza nel mondo per trasformarlo. E deve anche significare — ed in
questo consiste la nostra peculiarità protestante — fare questo portando su di noi
l’obbrobrio di Gesù, la sua croce.
L’esortazione di Beckwith ai valdesi di essere missionari e di non finire confusi nella massa conserva tutta la sua attualità. La lotta per la
pace passa attraverso la predicazione della croce. In questo sta il nostro
contributo di protestanti, che ci differenzia dalla teologia della gloria
di stampo cattolico. Non la nostra, ma la Parola di Dio deve essere proclamata, stando dalla parte di chi soffre.
Oggi questo vuol dire per noi impegnarci, agire, perseverare, lottare per l’esercizio nel mondo aneora senza pace di una
vera paee. E impegnarci nel segno e nella
proclamazione della croce.
Perché è così, e solo così, che noi possiamo davvero dare il nostro contributo alla
pace. Solo così eviteremo di essere semplicemente una piccola voce che si confonde
in mezzo a tante altre voci ben più potenti
e ben più autorevoli della nostra, le quali
— pur dicendo cose apprezzabili contro
la guerra e per la pace — parlano però in
un modo che non è e non può essere il nostro modo di parlare.
Penso — è chiaro — a Roma, penso al
papa. Che proprio in questi giorni nei quali parla nobilmente in difesa della pace e
di coloro che soffrono per le violenze della
guerra e invoca da Dio il trionfo del bene
sul male e della ragione sulla follia, lo fa in
un modo che ribadisce ancora una volta e
con ancora più chiarezza del solito l’estrema diversità che vi è tra il suo modo cattolico ed il nostro modo protestante di concepire e vivere la fede e tutto il rapporto con
Dio e con l’umanità.
Questa diversità consiste — per questo
ho insistito tanto nel sottolineare ehe il nostro impegno per trasformare il mondo e,
oggi, per la paee deve essere vissuto nel
segno della croce di Cristo — proprio nel
diverso peso che la croee ha nel rapporto
con Dio per noi e per i eattoliei.
La teologia e la sensibilità cattoliehe non
amano proiettare in Dio l’ombra della croee, ma preferiscono contemplarlo nello
splendore della sua gloria. Dio è essenzialmente il Signore della gloria e la croce non
è qualcosa che riguarda direttamente Dio,
ma piuttosto l’umanità di Gesù e perciò la
nostra umanità. Per questo la croee è molto
più legata alle sofferenze, alle rinunzie, all’umiltà che debbono caratterizzare la vita
dei credenti in questo mondo che non alla
realtà di Dio. Dio è beatitudine, è immutabile e incomparabile pienezza di gioia e di
vita, quella beatitudine e quella pienezza di
vita a cui il credente aspira e in vista delle
quali sopporta le sue croci.
Predicare il Dio
delia croce
Qra, un Dio così — glorioso, beato, immutabile ed ineomparabile — è infinitamente al di là, al di sopra delle nostre sofferenze e delle nostre lacrime. E’ lontano,
distaccato dalle nostre vicende, E se l’umanità di Gesù — questa umanità che da un
lato ha sperimentato la sofferenza e le lacrime della croee e dall’altro è unita alla
sua divinità gloriosa — rimane a far da
ponte fra la terra e la sfera divina, questo
oggi si realizza nella mediazione della chiesa « sacramento » della presenza di Cristo
nel mondo, questa chiesa che non a caso è,
per i cattolici, anch’essa umana e divina al
tempo stesso come Gesù, fatta certo di peccatori, ma anche senza macchia e senza
ruga e libera da ogni fallibilità per l’assistenza premurosa e sicura dello Spirito Santo. E la chiesa, in questo suo riunire in sé
l’umano ed il divino, è chiaramente la parte
migliore, la « porzione eletta » dell’umanità.
Ed ceco allora quello a cui abbiamo assistito in questi giorni: il papa, vertice e
simbolo di questa chiesa, è anche il vertice
e il simbolo dell’umanità e parla a nome
dell’umanità: dà autorevolmente voce alle
aspirazioni degli uomini e delle donne ehe
amano e vogliono la pace. E nel nome
dell’umanità si rivolge in preghiera a Dio,
a questo Dio contemplato nella sua glorio
sa beatitudine.
Tutto questo è qualcosa di grandioso, di
assolutamente affascinante... Pensiamoci un
attimo: un uomo che parla a nome di tutti
riassume, esprime e presenta al Dio in cui
crede e che dice di rappresentare sulla terra i desideri e le aspirazioni più nobili dell’umanità.
Ma guai a noi se ei lasciamo affascinare
da questa pur affascinante realtà! Guai se
ci lasciamo coinvolgere in questo grandioso
movimento che assume in sé l’umano ed il
divino. Guai a noi perché allora diventeremmo il « nulla » da cui Beckwith ci metteva
in guardia. Guai a noi perché perderemmo
la nostra identità e ei lasceremmo assorbire
da un tipo di fede e di testimonianza che
non è il nostro.
Perché, diversamente dal papa, il Dio in
cui noi crediamo e al quale siamo chiamati
a rendere testimonianza è il Dio della croce, il Dio contrassegnato e marcato dall’obbrobrio della croce. Questa è la grande
differenza!
Per una testimonianza
profetica
La croce non riguarda solo i credenti, la
croce riguarda direttamente Dio! E il nostro discorso su Dio, la nostra teologia, è e
non può essere altro che una teologia della
croce.
Il più antieo degli Evangeli, quello di
Mareo, si chiude in pratica con una scena
incredibile: Gesù muore sulla croce eon un
grande grido e in quel momento — proprio
e solo in quel momento! — il centurione
che aveva comandato e sorvegliato la sua
crocifissione si rende conto di chi è quell’uomo giustiziato ed esclama: « Davvero
quest’uomo è figlio di Dio! » (Marco 15:
37-39).
Se è vero, come noi crediamo, che conosciamo Dio sulla base della sua rivelazione
nella Bibbia, allora non possiamo non confessare che il vertice di questa rivelazione è
qui, nella croee di Gesù. La croce non è un
fatto storico isolato, legato all’umanità di
Gesù e non al suo essere Dio: è il luogo
della relazione tra Dio e l’umanità. E dal
Calvario in poi, non è più possibile un contatto vero con Dio che non passi attraverso questa realtà della croce di Cristo.
Questo è quello che noi crediamo di Dio,
questo è il Dio in cui noi crediamo e che
ci chiama a rendergli testimonianza in mezzo agli uomini e alle donne del nostro tempo. E questo vuol dire che oggi la nostra
testimonianza per la pace deve essere una
testimonianza profetica.
In altre parole, la nostra vocazione non è
nel dare voce all’umanità di fronte a Dio,
ma nell’essere — come i profeti in Israe's gli strumenti attraverso cui Dio parla
agli uomini e alle donne.
E deve, per mezzo del nostro servizio,
poter rivendieare con forza la sua diretta
sovranità sul mondo e stigmatizzare ogni
attentato alla pace, ogni insulto alla pace
(come questa guerra) come una ribellione
contro il suo regno di giustizia e di pace e
perciò come un frutto del peccato.
Questa è la nostra missione che nasce
dalla croce. Perché la croce di Gesù non è
solo il luogo per eccellenza della rivelazione
di Dio, ma è il luogo della vittoria di Dio
sul male, il luogo del trionfo della pace di
Dio nel mondo. « Ora », ha detto Gesù
nell’Evangelo di Giovanni, proprio facendo
riferimento alla sua croce, « c’è il giudizio
di questo mondo, ora il principe di questo
mondo sarà cacciato fuori, quando io sarò
innalzato e attirerò tutti a me! » (Giovanni
12: 31-32). E « ora », fa eco la grande voce
celeste dell’Apocalisse, nella croce di Gesù
« si è attuata la salvezza, la potenza e la
sovranità del nostro Dio e l’autorità del suo
Cristo! » (Apocalisse 12: 10).
Di questa salvezza, di questa potenza, di
questa sovranità noi siamo chiamati ad essere i testimoni, facendo risuonare alta e
forte non la nostra parola, non quello che
noi possiamo o non possiamo pensare, ma
la Parola di Dio che annunzia, rivendica,
crea un mondo nuovo e riduce al silenzio
i piccoli, presuntuosi potenti di questo mondo i quali pensano di poter fare carne da
macello degli uomini e delle donne solo
apparentemente a loro sottoposti, ma in
realtà acquistati e riscattati dal sangue di
Cristo e perciò sottomessi solo alla sovranità di Dio.
Ecco, questa è la nostra vocazione. Così
siamo chiamati ad essere missionari. E qui
si gioca oggi anche la conservazione della
nostra identità contro ogni appiattimento
su posizioni che non sono le nostre.
Tutto questo non è faeile. Ma testimoniare la croce non è mai facile. Perché testimoniare la croce significa sempre portare
la propria croce dietro a Gesù. Perché parlare di Gesù crocifisso è parlare dell’amore
infinito di Dio per l’umanità e per il mondo.
Solo chi ama può parlare veramente di
amore. E l’amore rende vulnerabili, ci espone alla sofferenza. Come Gesù, che ci ha
amati e per questo s’è fatto vulnerabile, ha
sofferto sino alla morte e alla morte di croce per attirare tutti a sé, per fare propri
e consolare il dolore, le laerime, le grida
degli emarginati, degli oppressi, dei reietti
e dei peecatori.
Ma l’amore ehe ei fa soffrire al tempo
stesso ci umanizza, ci rende veri uomini e
vere donne, capaci di piangere e perciò anche di ridere, di provare dolore e perciò
anche di gioire.
Ribellarsi in nome
dell’amore
E oggi il pianto e il riso, il dolore e la
gioia sono un modo vero di testimoniare la
sovranità di Dio sul mondo. Perché in questo mondo così tecnologico e tecnocratico,
di fronte a questa guerra che sembra fatta
solo di computer, di satelliti e di pulsanti,
che è il trionfo più smaccato del progresso
e della disumanità, essere veri uomini e vere donne significa ribellarsi in notne dell’amore all’apatia, all’ineapacità di soffrire,
di provare sentimenti, ehe tendono a diffondersi come un terribile morbo anche di
fronte a questa guerra, che è forse la più
spaventosa di tutte le guerre perché sta
tentando di farci dimenticare, di nasconderci le morti, le distruzioni, le sofferenze
che produce, nel nome del trionfo del proverbio forse mai pronunciato in questi giorni, ma mai così presente come in questi
giorni: « Qcchio non vede, cuore non duole ».
Far dolere il proprio cuore, farsi un cuore
che sanguini e chiamare gli altri ad avere
un cuore di carne capaee di soffrire: questo
vuole oggi il Signore da noi. E eon il cuore spezzato proclamare la sua signoria sul
mondo nel nome e per la potenza della croee per rivendicare così la libertà e il diritto alla vita e alla dignità di tutti gli esseri
umani che oggi vivono nel mondo.
La lettera agli Ebrei ci ha detto: « Usciamo dunque fuori portando l’obbrobrio di
Cristo ». I nostri padri sono finalmente usciti, ormai tanti anni fa, dal loro ghetto anche perché noi oggi, nel nome dell’obbrobrio di Cristo, potessimo levare la nostra
voce, contro questa guerra e contro ogni
guerra; al servizio di colui che ha detto:
« Io vi ho parlato perché abbiate pace in
me. In questo mondo avrete da soffrire, ma
fatevi coraggio: io ho vinto il mondo » (Giovanni 16: 33).
Ruggero Marchetti
6
6 obiettivo aperto
8 marzo 1991
PROTESTANTI IN USA
La guerra non è una risposta
L’appello dei dirigenti ecclesiastici americani, redatto poche settimane prima della guerra, ribadisce l’opposizione politica e morale alla soluzione militare della crisi - La pace in Medio Oriente non può essere indivisibile
Dal 4 al 21 dicembre 1990 una delegazione di 18 dirigenti di chiese protestanti
ed ortodosse americane ha visitato il Medio Oriente ed ha potuto parlare con molti
dirigenti, sia politici che ecclesiastici, di
quei paesi. Al loro ritorno hanno reso pubblico il seguente «Messaggio di pace alla
nazione ». Il testo di questo messaggio è
stato pubblicato a pagamento sui principali quotidiani USA. Ne riprendiamo il
testo da Sojourners del febbraio-marzo
1991.
Siamo in marcia verso la guerra. La
posta in gioco è orribilmente alta. Gli
esperti militari prevedono perdite nella
misura di decine e centinaia di migliaia
di uomini. E questo non sarà tutto. La
guerra scatenerà una serie di tragedie
umane che resteranno con noi per generazioni a venire.
Il nostro viaggio di Natale nel Medio
Oriente ci ha convinto in maniera assoluta che la guerra non è la risposta.
Crediamo che il ricorso aUa violenza massiccia per risolvere la crisi del Golfo
sarebbe politicamente e moralmente indifendibile.
Dalle nostre numerose conversazioni in
quei luoghi santi è emerso un messaggio chiaro: « La guerra sarà un disastro
per noi tutti ». Ci è stato ripetuto più
volte: « Per piacere, tornando a casa, dite al popolo americano che si può e si
deve trovare una strada per giungere alla pace ». Abbiamo concluso che in Medio Oriente oggi non si tratta più soltanto di una questione di giusto o sbagliato, ma che abbiamo davanti anche
una questione di vita e di morte.
L’indicihile perdita di vite lunane, specialmente di civili innocenti, è inaccettabile per motivi morali. Le nazioni hanno nelle loro mani strumenti di distruzione di massa. E’ del tutto possibile
che la guerra nel Medio Oriente distrugga ogni cosa. Non si renderà servizio a
nessuna causa, non si assicurerà nessuna giustizia.
La gaierra non libererà il Kuwait, lo
distruggerà. La guerra non ci salverà dagli strumenti di distruzione di massa, li
scatenerà. La guerra non instaurerà una
stabilità nella regione, metterà in fiamme l’intero Medio Oriente. La guerra
non risolverà conflitti di vecchia data,
li farà esplodere in maniera più ampia
e più profonda.
La guerra non unirà gli arabi all’Occidente, riaccenderà penose memorie storiche di passati tentativi dell’Occidente
« cristiano » di dominare « l’Oriente musulmano » e ci dividerà come mai prima è accaduto, con potenziali risultati
disastrosi per le locaU comunità cristiane.
La guerra non fermerà l’aggressione,
essa invece accelererà il ciclo della violenza e della vendetta, un ciclo che non
sarà limitato al Medio Oriente.
Anche qui in America subiremo pesantemente le conseguenze dì una guerra nel Medio Oriente. Data la struttura
volontaria delle forze armate degli USA
sappiamo che coloro che soffriranno di
più e moriranno di più nella guerra del
Golfo saranno in maniera del tutto sproporzionata persone a basso reddito e
persone di colore. Così pure, se l’operazione « scudo nel deserto » continuerà
ad ingoiare risorse nazionali limitate in
un tempo di contrazione economica, le
prospettive di giustizia scompariranno
come un miraggio nella sabbia.
Di continuo, nel nostro viaggio, abbiamo registrato la diffusa opinione che la
pace nel Medio, Oriente è indivisibile.
Mentre non accettiamo raffermazione
che ia soluzione di tutti gli altri conflitti
deve precedere la soluzione della crisi
del Golfo, crediamo anche che non ci
sarà pace durevole nella regione finché
questioni tra loro interdipendenti non Saranno affrontate in un contesto globale.
Ciò che è richiesto non è « il collegamento », ma coerenza nella conduzione della politica estera degli Stati Uniti. Il
nostro governo dovrebbe appoggiare la
convocazione di una conferenza internazionale di pace per U Medio Oriente da
parte delle Nazioni Unite.
Abbiamo pregato a Gerusalemme per
la pace di Gerusalemme. La vocazione di
Grerusalemme come città di pace non
potrà realizzarsi finché sia gli israeliani
sia i palestinesi non siano liberi e pienamente protetti nell’esercizio dei loro
diritti umani aU’interno di confini sicuri
e riconosciuti.
Abbiamo visto le speranze e le frustrazioni del Libano in un momento in cui
il paese sta lentamente emergendo dall’incubo di 15 anni di guerra civUe. Una
pace durevole in Libano richiede il ritiro di tutte le forze straniere — siriane,
israeliane e iraniane — ed un appoggio
internazionale mentre il paese cerca di
ricostruire la società andata in pezzi.
Abbiamo sentito direttamente l’angoscia di una Cipro divìsa, paese questo
che sembra essere dimenticato daUa comunità mondiale. Cipro può essere uni
CONSIGLIO NAZIONALE DELLE CHIESE IN USA
Si convochi subito
la conferenza internazionale
La guerra è costata miliardi, ed è stata realizzata con un impegno totale: « Preghiamo
che si lavori per una vera pace con lo stesso fervore e la stessa determinazione »
Il Consiglio nazionale delle chiese negli Stati Uniti,
un organismo che raggruppa le maggiori chiese protestanti ed ortodosse, non appena ha avuto notizia della fine delle ostilità della guerra del Golfo, ha emanato il seguente
comunicato che ribadisce la posizione delle chiese circa
la soluzione globale dei conflitti nella regione mediorientale.
Il documento si presenta come particolarmente forte
e incisivo laddove viene rivolta una preghiera affinché coloro che ne hanno il potere agiscano per una pace giusta
e duratura con la stessa determinazione che ha caratterizzato l’iniziativa militare.
E’ significativo inoltre il richiamo ad una soluzione (o
perlomeno all’avvio della ricerca di una soluzione) per la
questione palestinese. Essa è infatti un nodo centrale per
tutta la questione mediorientale. Passo successivo, una
conferenza su pace, sicurezza e cooperazione.
Il Consiglio delle chiese negli Stati Uniti, pur non
avendo poteri diretti, rimane pur sempre un’autorità morale che ha spesso influenzato l’opinione pubblica e le decisioni del governo.
Il Consiglio delle chiese è considerato negli USA una
forza « progressiva » (progressista).
Rendiamo grazie a Dio
per il cessate il fuoco nel
Golfo. Con le chiese che
fanno parte del Consiglio
nazionale delle chiese abbiamo pregato per questo
cessate il fuoco senza sosta da quando la guerra è
cominciata a tutti i livelli,
sei settimane fa. Non siamo stati soli. A Canber
ra, in Australia, la scorsa
settimana, rappresentanti
delle chiese cristiane di
tutto il mondo si sono riuniti in occasione della VII
Assemblea del Consiglio
ecumenico delle chiese, e
hanno rivolto un appello
comune per il cessate il
fuoco. Con tutti loro noi
rendiamo grazie a Dio, la
cui misericordia dura in
eterno.
Non possiamo dimenticare la pena e la sofferenza
che hanno accompagnato
questa guerra. Si calcola
oggi che le vittime irachene siano nell'ordine di centinaia di migliaia. Siamo
angosciati per questa terribile tragedia. Le perdite
delle forze di coalizione sono state assai minori. Ma
noi siamo anche angosciati accanto alle famiglie
americane e a quelle di altre nazioni che hanno sofferto la perdita di persone a loro care.
Siamo angosciati accanto alle famiglie palestinesi
nei Territori occupati, la
cui già lunga lista di congiunti compianti è ancora
aumentata da quando questa guerra è cominciata.
Per questa guerra sono
stati spesi miliardi a non
finire. Oggi noi preghiamo
con la stessa forza d’intenti, la stessa dedizione
puntata su un unico obiettivo, con lo stesso fervore
e sacrificio, ché i dirigenti
della nostra nazione e di
altre nazioni ricerchino
una pace giusta e duratura.
La ricerca della pace deve cominciare con il riconoscimento dei diritti legittimi del popolo palestinese all’ autodeterminazione e ad una patria, e del
diritto di ogni stato nella
regione, incluso Israele, a
vivere in pace entro confni sicuri e riconosciuti, liberi da minacce o azioni di
forza.
E’ necessario che si convochi senza perdere tempo
una conferenza internazionale per perseguire questo
obiettivo urgente. Ed essa
potrà essere ben seguita
da una Conferenza per la
pace, la sicurezza e la cooperazione nel Medio Oriente con una partecipazione
paritaria di tutti gli stati e
i popoli come ulteriore
strumento per il raggiungimento di una soluzione
giusta e duratura per la regione nel suo complesso.
.lames A. Hamilton,
segretario generale
Leonid Kishkovsky,
presidente
28 febbraio 1991.
ta e libera soltanto quando le forze di
occupazione si ritireranno dall’isola e
verrà riconosciuta una repubblica pluralista di Cipro come il solo e legittimo
governo dell’intera isola e di tutta la sua
popolazione.
Non esiste un’occupazione buona. L’occupazione delle terre altrui è sbagliata,
produce frustrazione e la frustrazione
conduce al conflitto.
Così come ci opponiamo all’occupazione irachena del Kuwait per motivi morali, così anche riteniamo che la West
Bank e Gaza, il Libano e Cipro devono
essere liberi. Queste occupazioni devono
terminare prima che vengà sparso altro
prezioso sangue umano.
Davanti ai nostri occhi abbiamo avuto
l volti dei bambini dell’Iraq. In Giorda^
nia siamo stati testimoni, in polverosi
campi profughi, del modo pieno di compassione con cui un governo democratico e le chiese sono venuti in soccorso
di migliaia di evacuati' che calavano su
un paese già impoverito dalla crisi del
Golfo. Abbiamo scorto paura negli occhi di persone che potevano perdere le loro case o le loro vite in caso di guerra.
Avendo visto i volti delle vittime che
già ci sono e di quelle potenziali noi
crediamo che ci deve essere un’alternativa alla guerra. Questa alternativa sono
i negoziati: negoziati seri e sostanziali.
Se le Nazioni Unite possono essere mobilitate per imporre e stabilire scadenze,
esse possono essere mobilitate anche per
fornire una sede per risolvere le dispute tra le nazioni.
L’ONU può essere un luogo dove l’escalation mortale degli strumenti di distruzione di massa nel Medio Oriente
può essere invertita. All’ONU dovrebbe
essere data i’opportunità di fornire un
contesto per il contributo arabo alla risoluzione della crisi del Golfo.
La nostra nazione non deve cedere all’inevitabilità della guerra. Entrando in
azione ora su scala molto ampia, noi come credenti ci mobiliteremo a favore di
una alternativa pacifica. L’azione dei cittadini e la forza dell’opinione pubblica
potrebbero rendere letteralmente possibile una soluzione di questa crisi senza il
ricorso alla guerra.
Chiamiamo le chiese e la nazione al
digiuno e alla preghiera per la pace, chiediamo loro di ricercare ogni mezzo possibile di dialogo pubblico e di espressione popolare per trovare una via d’uscita ad una sicura catastrofe, per resistere all’opzione della guerra e contribuire
ad indicare la strada verso una pace giusta.
In questo momento, la soluzione della crisi del Golfo richiederà un miracolo. Ma proprio in questo periodo ci
viene ricordato che il Medio Oriente è
la culla dei miracoli. Bisogna agire e pregare perché questo miracolo si manifesti.
Natale 1990
I membri della delegazione;
Vinton Anderson, vescovo moderatore del comitato di collegamento del Consiglio ecumenico
delle chiese per le chiese nere
James Andrews, moderatore della Chiesa presbiteriana (USA)
Edmond Browning, vescovo, presidente della
Chiesa episcopale
Joan Campbell, segretaria generale del Consiglio nazionale delle chiese
Herbert W. Chllstrom, vescovo delia Chiesa
evangelica luterana in America
Milton Eftimiou, Arcidiocesi greco-ortodossa
del Nord e Sud America
Mac Charles Jones, Convenzione nazionale
battista dell'America
Leonid Kishkovsky, presidente del Consiglio nazionale delle chiese
Fred Lofton, ultimo presidente delia Convenzione nazionale battista progressista
Donaid E. Miller, segretario generale della
Chiesa dei Fratelli
Edwin Mulder, segretario generale della Chiesa riformata in America
Patricia J, Rumer, direttrice generale dell'Organizzazione unita delle donne delle chiese
Paul Sherry, presidente della Chiesa unita di
Cristo
Robert Stephanopoulos, decano deila cattedrale arcidiocesana della Chiesa della Santa Trinità della Chiesa greco-ortodossa
Melvin Talbert, Conferenza annuale della California e del Nevada della Chiesa unita metodista
Angelique Walker-Smith, Convenzione nazionale battista USA
Jim Wallis, direttore di Sojourners
Daniel E. Weiss, segretario generale delle
Chiese battiste americane in USA.
7
8 marzo 1991
obiettivo aperto
GUERRA DEL GOLFO: DOPO IL CESSATE IL FUOCO
I problemi restano; quali soluzioni?
Nell immediato sarà necessario pervenire all individuazione di alcune norme per la sicurezza, ma soprattutto sarà
indispensabile aprire nuove prospettive al dialogo arabo-israeliano - Ecco i principali aspetti della questione
La Palestina al centro
del conflitto israelo-arabo
Una vicenda ormai pluridecennale che non lascia presagire, per ora,
una soluzione equa e duratura - Il ruolo di USA, URSS e dell’Europa
Nel quadro del ristabilimento
di una pace globale israelo-araba,
una conferenza di pace dovrebbe
definire — oltre alle indispensabili decisioni di sicurezza — le
condizioni di regolamento del
conflitto tra Israele e i palestinesi, sempre privi di stato. Dovrebbe inoltre affrontare il problema
dell’occupazione del Golan siriano da parte di Israele.
Un popolo senza stato
Il 29 novembre 1947 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite
adotta un piano di divisione della
Palestina, allora sotto mandato
britannico, in due stati, uno ebraico, l’altro arabo (risoluzione
181). I governi arabi rifiutano la
creazione di un « corpo estraneo »
nella zona : il 15 maggio 1948 essi
si impegnano in una guerra contro Israele, che perderanno.
Alla fine del conflitto, Israele
ingrandisce il suo territorio integrando la Galilea e la parte ovest
di Gerusalemme; la Giordania
annette la Cisgiordania e Gerusalemme est; Gaza passa sotto l’amministrazione egiziana. Lo stato arabo previsto dalrONU viene così spezzato.
Centinaia di migliaia di profughi palestinesi abbandonano la
loro terra o ne vengono espulsi;
vengono raggruppati in campi
sulle due sponde del Giordano, a
Gaza, nel Libano e in Siria; fin
dal 1949 una risoluzione delle Nazioni Unite prevede il loro diritto
al ritorno nelle loro case o a compensazioni finanziarie (risoluzione 194).
Nel giugno 1967, al termine della guerra dei sei giorni, Israele
conquista Gerusalemme est (che
viene annessa) come pure la Cisgiordania, Gaza, il Golan e il Sinai. A novembre, il Consiglio di
sicurezza dell’ONU vota la risoluzione 242, la quale auspica
l’instaurazione di una pace globale in cambio del ritiro israeliano dai territori occupati.
La guerra del 1973 porta ad un
ritiro israeliano parziale sul fronti siriano e egiziano. La risoluzione 338 del Consiglio di sicurezza
riprende i termini della risoluzione 242.
Nel 1974 l’Assemblea generale
delle Nazioni Unite riconosce il
diritto del popolo palestinese all’indipendenza nazionale e accetta l’OLP come osservatore.
Nel 1978 l’Egitto, gli Stati Uniti
e Israele firmano i due paragrafi
degli accordi di Camp David: l’instaurarsi della pace tra il Cairo e
Gerusalemme in cambio del ritiro israeliano dal Sinai (che sarà
concluso n?l 1982); l’installazione di un regime di autonomia in
Cisgiordania e a Gaza; i negoziati su questo punto falliranno a
causa dell’intransigenza israeliana. L’Kgitto è messo al bando dal
mondo arabo per dieci anni.
Alla conferenza di pace sul
Medio Oriente, che si è riunita
una sola volta, nel dicembre 1973,
sotto la copresidenza deH’Unione
Sovietica e degli Stati Uniti, Mosca sostituisce, aH’inizio degli anni ’80, il concetto di conferenza
internazionale sotto l’egida delle
Nazioni Unite. Questa offerta viene accettata dai paesi arabi, dal
rOLP e in seguito dalla Comunità economica europea, prima
di essere sancita dall’Assemblea
generale delle Nazioni Unite, malgrado l’opposizione americana e
israeliana.
Nel settembre 1982, a Fez, gli
stati arabi concordano un piano
che auspica l’edificazione di uno
stato palestinese e la firma della
pace tra tutti gli stati della zona.
In seguito alla rivolta « delle
pietre» (Intifada), che scoppia
nel dicembre 1987 nei territori occupati, il re Hussein di Giordania rinuncia, il 31 luglio 1988, ad
ogni rivendicazione sulla Cisgiordania.
In occasione del suo Consiglio
nazionale, nel novembre 1988 ad
Algeri, rOLP proclama la nascita
dello stato palestinese, riconosce
le risoluzioni 242 e 338, conferma
la rinuncia al terrorismo, accetta
il principio della divisione della
Palestina storica in due stati, uno
ebraico, l’altro arabo.
All’inizio del 1989 si assiste all’apertura di un dialogo tra gli
Stati Uniti e l’OLP. I tentativi
del segretario di stato americano, James Baker, nel 1990, di
organizzare conversazioni dirette tra una delegazione palestinese e una delegazione israeliana
falliscono per via dell’intransigenza di Isaac Shamir.
Washington sospende le conversazioni con rOLP nel giugno
1990, in seguito ad un tentativo
di sbarco in Israele da parte di
un commando del gruppo di Abu
Abbas.
oggi che la Giordania è uno stato
palestinese. Fin dalla guerra del
1967 lo stato israeliano ha dimostrato un’intransigenza totale annettendo alcuni territori (Gerusalemme e la zona circostante) o
moltiplicando le colonie di popolamento in Cisgiordania e a Gaza (più di 100.000 persone vi risiedono oggi). La pace costringerebbe Gerusalemme a scelte radicali : la delimitazione delle
frontiere del paese (ciò che i governi successivi di Israele hanno
sempre rifiutato) e l’integrazione politica nella zona.
Strumentaiizzazìoni
e repressione
Un negoziato
complessivo
Ogni negoziato sul futuro dei
palestinesi dovrà includere la
sorte della Cisgiordania, di Gaza
e di Gerusalemme est; il diritto
dei palestinesi ad uno stato e i
rapporti di quest’ultimo con
Israele; l’avvenire dei due milioni e mezzo di profughi; la sorte
dei coloni ebrei. Lo statuto di
Gerusalemme, città santa per il
giudaismo, la cristianità e Tlslam,
richiederà aggiustamenti speciali.
Il problema palestinese è sempre stato il principale fattore di
discordia israelo-araba. Il governo di Gerusalemme, dopo aver
sostenuto a lungo che non esisteva un popolo palestinese, afferma
UNA ZONA STRATEGICA
Il Golan
Occupato da Israele nel giugno
1967, il Golan siriano è stato molto parzialmente evacuato dopo
l’accordo di disimpegno del 1974,
firmato da Damasco e da Gerusalemme sotto l’egida di Henry
Kissinger, segretario di stato
americano.
Quindicimila drusi siriani vi
abitano e il governo israeliano vi
ha installato una cinquantina di
colonie di popolamento (circa
diecimila persone). Nel dicembre
1981, la Knesset (Parlamento) ha
esteso la legislazione israeliana
al Golan, annessione che è stata
immediatamente condannata dal
Consiglio di sicurezza (risoluzione 497).
Al di là del suo carattere strategico — l’altopiano domina la
pianura della Galilea in Israele e
la pianura di Hauran in Siria —,
il Golan è una delle componenti
della competizione tra la Siria e
Israele per l’egemonia regionale.
Questa concorrenza si è manifestata con diverse guerre (1948,
1967, 1973 e 1982) e crisi ma anche, a volte, con un accordo
facto”, specie in Libano.
”de
I confini dell’Iraq
e del Kuwait
I principali governi arabi del
Medio Oriente hanno utilizzato
questo dramma per moltiplicare
le richieste, per tentare di imporre la loro egemonia sulla zona, per far tacere le opposizioni
interne. Essi non hanno esitato a
fomentare dissensi all’interno
della resistenza palestinese o ,a
schiacciarla militarmente, come
nel 1979 in Giordania o tra il 1983
e il 1985 in Libano (compito assolto dalle truppe siriane e dai
loro alleati). L’idea di uno stato
palestinese ha ispirato forti diffidenze sia ad Amman — che ha
sempre un occhio sulla sponda
occidentale del Giordano — sia a
Damasco, dove si ritiene che la
Palestina è la parte meridionale
della Grande Siria. Tuttavia, dopo il piano di Fez del 1982, il
mondo arabo nel suo insieme ha
accettato il principio di una pace globale con Israele: il rifiuto
ha cambiato campo.
Malgrado il deterioramento dei
loro rapporti con Israele, gli Stati Uniti hanno sempre evitato di
esercitare le pressioni necessarie per costringere Gerusalemme
a negoziare: Israele è un alleato
strategico indispensabile nella zona e la ’’lobby” ebrea a Washington è troppo potente. La Comunità economica europea, favorevole ad un regolamento globale che
includa l’OLP, esita a prendere
iniziative che la metterebbero in
conflitto con 1’« amico americano ». In quanto aU’Unione Sovietica, anche se ha riannodato il
dialogo con Israele, le sue crisi
interne le impediscono di giocare
un ruolo energico.
Fin dalla dichiarazione di indipendenza del Kuwait nel 1961,
l’Iraq proclama i propri diritti
sull’emirato, suscitando un primo intervento britannico.
Alla vigilia dell’invasione dell’emirato del 2 agosto 1990, Saddam Hussein esprime tre rivendicazioni:
— attribuzione al suo paese delle due isole di Warba e
Soubyan, sotto una forma o
un’altra, ivi compresa la locazione per 99 anni, assicurando
così all’Iraq uno sbocco praticabile sul Golfo;
— fine del pompaggio abusivo, da parte del Kuwait, del
petrolio di Rumaila, al confine
tra i due paesi;
— annullamento del debito
acceso nei confronti dell’emiro
Jabar Al Sabah durante la guerra contro l’Iran; Baghdad ritiene di aver pagato il prezzo del
sangue difendendo gli arabi contro i persiani e pretende anche
un credito supplementare di 10
miliardi di dollari.
Dal momento dell’invasione, il
governo del Kuwait in esilio esige dall’Iraq diverse decine di
miliardi di dollari di danni e in
teressi per le distruzioni effettuate dall’esercito di occupazione.
La soluzione di queste liti dipende dalla risposta data alla
domanda cruciale: che ruolo avrà l’Iraq in avvenire? Divergenze importanti appaiono all’interno della coalizione contro U
presidente Saddam Hussein:
mentre Israele esorta gli alleati a distruggere totalmente il potenziale iracheno, l’Arabia Saudita teme lo squilibrio che ne
risulterebbe a vantaggio dell’Iran e della Siria. Teheran è
nello stesso tempo ostile alla
guerra contro Baghdad, con cui
ha normaUzzato i suoi rapporti,
e ad ogni concessione territoriale in favore di Saddam Hussein.
L’equilibrio instabile tra l’Iran,
l’Iraq e l’Arabia Saudita, chiave
della stabUità relativa nel Golfo, potrà essere rotto impunemente?
La crisi del Kuwait ha anche
riaperto le cicatrici della divisione coloniale, e molti conflitti rimangono in sospeso nella
penisola arabica: tra i vari emirati, tra l’Arabia Saudita e lo
Yemen e tra l’Iraq e l’Iran.
L’acqua,
una risorsa contesa
Nel momento in cui la popolazione è in aumento e in cui
si stanno avviando ambiziosi progetti agricoli l’acqua sta diventando, in Medio Oriente, una risorsa sempre più rara, il che accresce la competizione tra gli stati per assicurarsene il controllo.
Già nel 1953 la decisione di
Israele di dirottare il corso di
ima parte delle acque del Giordano a partire dal lago di Tiberiade aveva provocato una viva
tensione; all’inizio del 1964 tm
vertice arabo definisce un controprogetto: tale competizione contribuisce all’escalation ohe porterà alla guerra del giugno 1967.
Il bacino del Giordano alimenta la Siria, la Giordania e Israele.
Quest’ultimo utilizza anche le acque del Gitani, nel Sud del Libano
e, soprattutto, gli strati freatici
della Cisgiordania e di Gaza. Si
ritiene che nel 2000 il consumo
di Israele e quello della Giordania saranno superiori del 30% alle
proprie riserve.
Il Nilo ha conosciuto, durante
gli anni ’80, un lungo periodo di
acque basse: l’Egitto ha allora rischiato la fame. Il proseguimento
della guerra ne sud del Sudan
impedisce il completamento del
canale di Jonglei, che permetterebbe di aumentare il flusso del
fiume.
L’apporto idrico del Tigri e dell’Eufrate è argomento periodico
di contestazioni tra l’Iraq, la Siria e la Turchia. La costruzione,
da parte di Ankara, della monumentale digaAtaturk sulTEufrate,
nel quadro di un progetto di sistemazione agricola e industriale
delle regioni del sud est delTAnatolia, e la ritenzione delle acque
all’inizio del 1990, per un mese,
onde permettere il riempimento
del lago artificiale, hanno rinforzato le apprensioni deH’Iraq — il
quale dipende per più delT80%
dal Tigri e dall’Eufrate per il suo
fabbisogno d’acqua — e della Siria. I due paesi sono ormai alla
mercé del governo turco e alcuni esperti hanno suggerito Tutilizzo dell’« arma delTaoqua » contro l’Iraq.
Una cooperazione economica
permetterebbe di ridurre gli sprechi e le perdite, ma essa presuppone una riduzione delle tensioni regionali.
Per i vostri acquisti
Librerie Claudiana
TORRE PELLICE - Piazza della Libertà, 7
Tel. (0121) 91422
TORINO - Via Principe Tommaso, 1
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MILANO - Via Francesco Sforza, 12/A
Tel. (02) 79.15.18
8
8 fede e cultura
8 marzo 1991
UN NUMERO MONOGRAFICO DI « STUDI DI TEOLOGIA »
UNA TESI DI LAUREA
Etica fondamentalista Evangelizzazione :
L’autorità della Scrittura e le conseguenze in campo morale: una
documentazione utile - Molti i problemi che destano preoccupazioni
E’ uscito il primo numero 1991
della rivista « Studi di teologia »
(1), dedicato all’etica e alle sue
« fondamenta »; un saggio sull’etica biblica (J. Murray) introduce indicazioni metodologiche
circa l’uso della Scrittura (J.
Douma) e ricerche sulle decisioni
etiche nell’A. T. (C. Wright); mentre alcune considerazioni sulla
difficoltà e le ambiguità deH’etica
protestante e evangelica (P. Bolognesi) chiudono questa prima
parte. Si tratta di lavori assai
importanti per la comprensione
del pimto di vista fondamentalista, che viene comunque a trovare più ampia illustrazione nella
« Dichiarazione di Chicago del
1986 » rip>ortata nelle pagine conclusive (pp. 89 e ss.y
Fu nel 1977 che alcuni gruppi
fondamentalisti costituirono una
sp>ecie di vertice — un Consiglio
a durata decennale — per contribuire « al consolidamento della
vacillante fiducia del popolo cristiano nella totale veracità delle
Scritture (p. 89).
Da quella data, haimo avuto
luogo tre conferenze: l'ultima,
quella del 1986, si è occupata di
etica, prendendo le mosse dalla
coerenza, inerranza e continuità
della Scrittura, a partire almeno
dai tempi neotestamentari ( « certe esigenze di Dio, prima dei
tempi neotestamentari, erano solo temporanee » {p. 92). La chiesa stessa « non è né sorgente di
informazione infallibile su Dio
al di fuori delle Scritture, né
iriterprete infallibile della Bibbia: essa si situa sotto l’autorità
delle Scritture in ciascuna delle
sue istanze » (p. 92). L’insegnamento biblico non può essere
ridotto ad assiomi, a paradigmi
culturali di un’epoca o di un’altra, in quanto rivelazione dell’opera immutabile del Creatore (p.
93). Dato il condizionamento e
la limitatezza delle nostre conoscenze, la scelta delle opzioni
« più feconde per la gloria di
Dio e il bene dell’umanità » (p.
95) dovrebbe essere compito di
credenti « unti di Spirito Santo »
consapevoli della propria insufficienza e capaci di preghiera.
Così i 250 delegati del vertice
sono giunti ad alcune conclusioni, tradotte in una serie di articoli, nella certezza che chiunque
offra spazio concreto alla Scrittura di manifestarsi nella sua
pienezza arriverà a traguardi
analoghi.
Ed è proprio qui, a mio parere,
che Un tentativo del genere rivela
tutta la sua fragilità: se qualcuno
— pur convinto di possedere
l’unzione dello Spirito — dovesse
arrivare, in comunione di preghiera con altri credenti, a conclusioni non solo diverse, ma opposte, chi avrà il diritto di censurarlo?
Porto alcuni esempi che mi
sembrano particolarmente gravi.
All’art. 5, capoverso 9 è detto
(purtroppo in un pessimo italiano): « Rigettiamo che togliere
la vita per autodifesa, di (sic!)
esecuzione capitale ordinata dallo Stato, o per guerra condotta
giustamente, costituisca necessariamente una violazione del carattere sacro della vita umana ».
All’art. 11, capoverso 6: «Rigettiamo che sia vietato ai cristiani
l’uso delle armi nella difesa degli Stati legittimi ».
Se ben intendo (non ho l’originale inglese per controllare) si
tratterebbe di una legittimazione
della pena capitale e della guerra
giusta, a dispetto dei principi
non violenti del Sermone sul
monte. Eppure i mennoniti (e
non solo loro!) in spirito di unzione e di preghiera, partendo
da analoghe premesse fondamentaliste, sono giunti a conclusioni opposte, decisamente contrarie a qualsiasi tipo di violenza.
Più sopra, sempre all’art. 5
capoverso 3, si afferma che «l’aborto (salvo quando la vita fisica
della madre è minacciata), l’in
Appuntamenti
Venerdì 8 marzo — COMO: I « venerdì del mese » prevedono un incontro sul tema « Sacro e profano », introdotto dal past. Fulvio Ferrarlo. Inizio
alle ore 19 e prosecuzione dopo la
cena al sacco, presso la chiesa valdese.
Sabato 9 marzo — MILANO: Il Centro culturale protestante (via Sforza
12/a) organizza, alle ore 17, un incontro con il prof. Domenico Maselli che
parla sul tema: Il pluralismo della Riforma: grandezza e servitù.
13-14 aprile — FERRARA: Presso il
ridotto del Teatro comunale si svolge
un convegno dal titolo L’aldilà nella
Bibbia, organizzato dall'Associazione di
cultura biblica « Biblia ». Partecipano
ai lavori, fra gli altri, Daniele Garrone, Paolo Ricca, Piero Stefani. Per informazioni dettagliate: « Biblia », via A.
da Settimello, 129 - 50040 Settimello
(Fil - tei. e fax: 055/8825055.
Venerdì 15 marzo — ASTI: Organizzato dal Centro culturale protestante,
alle ore 21, presso il palazzo Ottolenghi, si terrà un dibattito sul tema:
« Le religioni di fronte ai conflitti interetnici ». Partecipano: Giulia Vaggi,
docente di filosofia, del SAE di Mi
lano: Paolo Ricca e Stefano Levi della Torre, studioso di ebraismo. L’incontro conclude la prima parte del
ciclo di riflessioni sul tema: Differenza e pregiudizio.
Sabato 16 marzo — MILANO: Alle
ore 17, presso la sala attigua alla libreria Claudiana (via Sforza, 12/a), il
prof. Sergio Rostagno parlerà sul tema: • L’unità nella diversità: il fondamento comune di diversi protestantesimi ».
Sabato 16 - domenica 17 marzo —
SAN MARZANO OLIVETO: Si tiene un
collettivo teologico dal titolo: .« Etica
del lavoro ».
28 marzo-2 aprile — AGAPE: Il campo di Pasqua è dedicato all'Assemblea di Canberra (7-20 febbraio) del
Consiglio ecumenico. Per iscrizioni tei.
0121/807514.
28 marzo - 2 aprile — FRAMURA
(Sp): Presso l'ex scuola d'infanzia (loc.
Setta) si svolge un corso destinato
in particolare agli insegnanti, dal titolo « Alla scoperta del clown perduto ». Per informazioni e iscrizioni; Sigrid Loos, via Canessa, 9/6 - 16035
Rapallo (Ge). Tel. 0185/63049.
CASA VALDESE
Rio Marina
La Casa valdese per ferie di Rio Marina (Isola d'Elba)
riprenderà la sua attività a partire dal giugno 1991.
Tutti gli interessati potranno rivolgersi per prenotazioni
ed informazioni a:
ORNELLA ROVELLI GREIN - 57038 Rio Marina (Li)
© 05651962141 - 962656
fanticidio, il suicidio e l’eutanasia sono delle forme di omicidio ». E’ così difficile immaginare
che un figlio indesiderato può
rappresentare qualche volta una
minaccia e un attentato alla vita
psichica della madre più grave
della stessa morte fisica? All’art.
7, capoverso 5: « Affermiamo che
in un mondo peccatore, benché
Dio odi il divorzio, la separazione
è talvolta da consigliare e il divorzio talvolta inevitabile ». Anche in questo caso il problema
rimane insoluto: chi ha il diritto
di prospettare l’inevitabilità del
divorzio? E chi — peggio —
potrà invece stabilire quando
sia il caso di proibirlo, imponendo una odiosa convivenza?
Il rifiuto del magistero cattolico romano e della sua autorità
assoluta in materia di interpretazione delle Scritture e dell’etica (p. 92) dovrebbe rappresentare
un chiaro orientamento verso la
libertà, al di là di ogni precettistica astratta.
Se le conclusioni fondamentaliste non dovessero avere il valore di scelte vincolanti e non
nascondessero una volontà autoritaria, sarebbe stato preferibile, ad evitare fraintendimenti,
limitarsi a consigliare soltanto
umiltà e fiducia nella preghiera.
D’altro canto, altre perplessità
permangono: non riesco a capire
come si possa accettare una successione di norme solo temporanee « prima dei tempi neotestamentari » (p. 92) — senza timore
di inficiare con questo Tinerranza
del messaggio biblico — e rifiutare Un analogo principio in relazione a certe affermazioni neotestamentarie — quelle di Paolo,
ad esempio sul ruolo della donna
— chiaramente dettate dalle consuetudini del tempo e con carattere quasi ovvio di provvisorietà. In caso di divergenza di opinioni su questo o quel comportamento, a chi sarebbe affidato
il compito di dirimere la controversia? E perché si dovrebbe accettare il giudizio di questo piuttosto che di quel Consiglio di
anziani o di unti del Signore, affidandosi ai duecentocinquanta
di Chicago e non ad altri? E a
chi potremmo mai chiedere la
certificazione dell’unzione?
Se si vuol evitare ogni tentazione vicaria terrena, non si potrà che far ricorso allo Spirito,
che soffia dove vuole e respinge
qualsiasi irrigidimento casistico,
contrario alla libertà dell’Evangelo.
Il credente ha il dovere — evitando ogni pretesa di fragili e
pericolose catalogazioni — di investigare le Scritture e di chiedere la guida dello Spirito nella
vita quotidiana, in comunione
con quei « due o tre » che, radunati nel nome del Signore, costituiscono in concreto la chiesa.
Se riconosciamo la sovranità di
Cristo e del suo Spirito è perché
siamo convinti di dover vigilare
contro ogni intromissione terrena di presunti suoi vicari, sempre in agguato e mai abbastanza
sotto controllo in qualsivoglia
istituzione ecclesiastica.
Quasi inutile dichiarare il mio
apprezzamento per la rivista, valido stnjmcnto per la conoscenza
del punto di vista fondamentalista. Mi sia consentito comunque
un unico rilievo, unito a una proposta: non sempre la traduzione
dall'inglese appare comprensibile ed accurata dal punto di vista
stilistico; sarebbe consigliabile
pertanto — come d’uso ormai in
molte riviste di informazione —
la pubblicazione del testo originale a fronte.
Paolo T. Angeleri
il caso della Ciociaria
Il lavoro è stato condotto su fonti archivistiche, bibliografiche ma soprattutto orali
' « Studi di teologia » n. 5, 1991. Rivista diretta da Pietro Bolognesi (via
J. della Quercia 81, 35134 Padova).
Finalmente ecco una tesi di
laurea’, che si deve a una studentessa non valdese, ancorché
simpatizzante, sulle due comunità di Colleferro e Ferentino, a
dispetto di quanto sentenzia una
certa storiografia secondo la
quale è improduttivo scrivere
sui fatti contemporanei se non
con un distacco di almeno mezzo secolo! Ma qui, nel caso preso in esame, ci siamo quasi: infatti, la prima predicazione del
Vangelo a Colleferro si effettua
nel 1947, anche se i due templi
vengono rispettivamente inaugurati nel 1957 a Colleferro e nel
1963 a Ferentino.
L’autrice ha lavorato su tre
tipi di « fonti »: archivistiche, bibliografiche, ma soprattutto orali, visitando e intervistando i superstiti di quella prima evangelizzazione, dal prof. Valdo Vinay fino al più « umile » degli
operai di Colleferro e dei contadini dell’entroterra. Ne è venuto fuori un insieme ben strutturato, in 195 pagine dattiloscritte, suddivise in una introduzione sulla storia e sulla costituzione ecclesiastica dei valdesi ed
in 8 capitoletti (ambiente politico-sociale-religioso, origine e
sviluppo della comunità di Colleferro, sociologia degli aderenti, lotta per la libertà religiosa,
tempio e liturgia, la diaspora
ferentinese, i rapporti con la
chiesa cattolica e con l’ambiente circostante), oltre ad una appendice di documenti.
Alla tesi di Ottavia Verziera
non farei che rilievi positivi. Sono note le vicende che hanno
dato origine alla nascita della
comunità di Colleferro ^ L’occasione qui non fa il ladro, ma
ci illumina singolarmente sulle
vie segrete del Signore: al funerale della moglie (Sila Amicarelli) dell’unico evangelico della zona (Francesco Passera) i
compagni di lavoro del vedovo
assistono per la prima volta ad
un culto fatto « in spirito e verità », celebrato da uno studente in teologia. Franco Davite.
Poco dopo un piccolo gruppo
di interessati (Antonio e Augusta Ronzoni, Stamura Bongelli
e Lola Passera) si recano a Roma presso la nostra chiesa di
via IV Novembre e chiedono al
pastore di quel tempo (Mariano Moreschini) di voler inviare
qualcuno a predicare con una
certa regolarità. E’ scelto un altro studente in teologia (Alessandro Vetta); quindi, tramite il
col. Soggin (allora assistente al
campo profughi « Le Fraschette »), viene coinvolto Valdo Vinay, che si farà aiutare dai suoi
studenti e da alcuni laici volenterosi delle due comunità romane, tra cui l’indimenticabile
Francesco Jelli. Si tengono anche conferenze domenicali presso la Casa del Popolo, che però vengono poi subdolamente
interrotte, ma dal male nasce
il bene: la nascita di una prima comunità locale, tipicamente «domestica». Siamo nel
biennio 1947-’48.
La storia di Ferentino s’inserisce in un contesto diverso:
dall’ambiente « aperto » e relativamente « agiato » di Colleferro
si passa a quello « chiuso » e
« povero » delle campagne soprattutto prima della costruzione dell’Autostrada del sole. Mentre nella piccola città industriale non mancarono lotte e dissensi politico-sociale-religiosi, là
nelle campagne astrette ad un
regime ancora feudale si verificarono angherie e soprusi, sia
da parte del clero che delle autorità di polizia.
Tra i documenti trascritti dalla laureanda, ce ne sono due riguardanti un processo verbale di
contravvenzione elevata dai carabinieri della stazione di Ferentino contro il prof. Valdo Vinay e il pastore Salvatore Car
cò, rei di non aver osservato
gli artt. 18 e 25 del T.U. delle
leggi di P.S. del 18 giugno 1931
n. 733, e cioè « per aver indetto una riunione senza preavviso in luogo aperto al pubblico
e per l’esercizio di culto in edificio non autorizzato ». Si era
nel 1953, a 5 anni di distanza
dall’entrata in vigore della Costituzione.
La vertenza finì in pretura, la
quale non poté far altro che dichiarare, in data 26 marzo, di
« non doversi procedere a carico » dei denunziati, « perché il
fatto a loro addebitato — a norma degli artt. 17, 18, 19 e 21
della Costituzione — non è previsto dalla legge come reato ».
Alla buon’ora, era una prima significativa vittoria del diritto
contro l’abuso di potere!
La conclusione del lavoro della Verziera ci lascia però un po’
d’amaro in bocca! Dopo il periodo aureo della prima predicazione, dopo un certo successo
anche in campo ecumenico (funzioni religiose, studi biblici, agapi in comune con la parte cattolica), sarebbe avvenuto una
specie di « incapsulamento » dei
valdesi negli ambienti locali.
Lo riconosceva già Valdo Vinay nella sua Storia dei valdesi
del 1980: « ...gradatamente l’ambiente si chiuse, rispettò gli evangelici come comunità particolare, ma non ascoltò più la
loro predicazione. Il solito dia
framma si frappose fra la comunità dei convertiti e il popolo ». Una delle ragioni consisterebbe nel fatto che « col tempo è venuta a mancare quella
forma di "opportunismo”, che
ha spinto qualcuno nelle file della chiesa valdese, cullando la
speranza di ricevere qualche aiuto materiale, magari la promessa di un posto di lavoro ». Il
numero degli aderenti si sarebbe mantenuto pressoché stazionario, ma a Ferentino ci sarebbe stato un calo del 25% dal
1955 al 1988.
Tra le cause, oltre a quella
appena accennata, la Verziera ne
indica almeno una mezza dozzina, come il rifiuto di far proselitismo (come quello dei Testimoni di Geova), la perdita
dell’impegno primitivo, una sorta di « annacquamento » del modo di essere evangelici, l’afiìevolimento del senso comunitario, la pigrizia mentale, la tendenza a delegare a pochi quel
che prima era sentito come obbligo di tutti i membri delle
due comunità, ecc.
E’ un altro grido di allarme,
non così forte come quello lanciato su Orsara di Puglia, ma
che ci fa rifiettere.
Giovanni Gönnet
' OTTAVIA VERZIERA, Storia della comunità valdese di Colleferro e del
basso Lazio. Tesi di iaurea sostenuta
presso ia Facoltà di lettere e filosofia dell'Università di Ronna « La Sapienza », relatore Manlio Simonetti,
anno accademico 1988-89.
^ VALDO VINAY, Storia dei valdesi/3, Torino, Claudiana, 1980, pp. 404406.
PROTESTANTESIMO
IN TV
DOMENICA 10 MARZO
ore 23.30 circa - RAIDUE
Replica:
LUNEDI’ 18 MARZO
ore 9.30 circa - RAIDUE
VIENI SPIRITO SANTO,
RINNOVA TUTTA
LA CREAZIONE
Momenti della VII assemblea
del Consiglio ecumenico delle chiese.
9
8 marzo 1991
7alli valdesi
COMUNITÀ’ MONTANA VAL PELLICE
VAL PELLICE
Discussioni serrate
Fare è un
di
0-4. ■ . . rr . . Una mostra in cui i ragazzi « raccontano » la
Situazione economica: un momento difficile per gli enti locaii, che propria personalità - Un mondo da scoprire
rischia di penalizzare gravemente, una volta di più, le zone montane
La tornata amministrativa nata sotto il vento della polemica
politica e delle forti divisioni
prosegue, per la Comunità montana vai Penice, sulla stessa linea. « Seguiremo attentamente
l’attività della nuova maggioranza », aveva promesso il capogruppo DC Bonansea nella seduta in
cui si formò l’esecutivo e, mantenendo fede al suo intendimento, propone dai banchi dell’opposizione interventi duri e spesso
polemici.
Durante l’ultima riunione della Comunità montana venerdì
scorso, complice un ordine del
giorno di ben 22 punti, si è fatto le 2.30 del mattino seguente.
Fin dalle comunicazioni del
presidente la polemica è divampata in particolare rispetto alla
pista del Pra, i cui lavori sono
fermi da tempo a causa della
neve che ha fin qui potuto più
dei ricorsi di Pro Natura e della
stessa giunta della Comunità
che ha deciso, con esito positivo, di resistere sistematicamente in giudizio.
Il sindaco di Bobbio, Charbonnier, ha comunque chiesto
alla giunta maggiore impegno
nel sostenere il progetto.
Intervenendo invece in merito
alle linee programmatiche presentate dalla maggioranza, Bonansea si è chiesto quali proposte per lo sviluppo della valle
fossero in esse contenute, nonché quale posizione si intendesse assumere sulla grande viabilità, sull’autostrada Torino-Pinerolo, sui collegamenti con la
Francia; l’esponente DC ha poi
concluso affermando che « questa Comunità montana è destinata a'volare basso» dopo di
che, per altri impegni, abbandonava l’aula.
Cominciava allora un secondo
consiglio, con una serie di nodi
da affrontare, dal bilancio di
previsione dell’USSL, al Piano di
attività e spesa per il triennio
’90-’92 di notevole portata specialmente perché a fronte di
servizi messi in piedi nel corso
di questi anni la Comunità montana - USSL si trova in una situazione finanziaria assai precaria.
Fra gli obiettivi generali si segnala il potenziamento dei distretti di base in quanto punto
centrale e nevralgico per i servizi integrati fra area sanitaria
e socio-assistenziale, la promozione di un più corretto uso dei
farmaci e l’aggiornamento degli
operatori.
Si tratta di obiettivi importanti, a conferma di servizi attivati anche di recente, servizi centrati sulla persona e sui suoi
bisogni: « Abbiamo in molti casi capito ciò che manca — ha
detto la coordinatrice dei ser
SCUOLE DEL PINEROLESE
Gli studenti per la pace
Denunciato il comportamento dei mezzi di informazione - Basta con i rifornimenti di armi
« La scuola può diventare luogo
di incontro, di ricerca rigorosa e
la cultura della pace può diventare un obiettivo educativo realizzabile »; questi concetti venivano espressi in sede di presentazione della giornata di sciopero nelle scuole del pinerolese,
martedì 26 scorso, contro la guerra del Golfo.
Nella stessa giornata gli studenti del Collegio valdese di Torre Pel lice, dopo aver discusso
anche nei giorni precedenti della
^erra con i propri insegnanti,
hanno approvato quasi all’unanimità un documento in cui si
constata che « troppo spesso i
problemi internazionali vengono
lasciati degenerare nell'indifferenza (...) tanto che la violenza
appare come l’unica soluzione
possibile ».
Il documento denuncia poi
« il cinismo con cui governanti,
mezzi di informazione e cittadini
hanno trattato della guerra», la
contraddizione insita neU’affermazione secondo cui la pace e
la giustizia possono essere costruite con la ^erra ed esprime
la necessità di andare oltre il
croci ugonotte in oro e argento
oreficeria - orologeria - arge
via
orn
di tesi & delmai
trìeste 24, tei. t93117
pinerolo (to),
vizi sociali sig.ra Gaietti — ma
spesso non vi si può far fronte perché mancano le risorse ».
Ed in effetti il bilancio di previsione per l’anno in corso è
stato redatto sulla base di comunicazioni della Regione Piemonte, ma senza poter avere
certezza dei fondi stante il fatto che la ripartizione nazionale
non è ancora stata effettuata.
Se la situazione economica delrUSSL (è tra l’altro stato approvato un ulteriore odg per la
salvaguardia delle USSL coincidenti territorialmente con le
Comunità montane) è fortemente a rischio, proporzionalmente
è addirittura peggiore quella
della Comunità montana: si segnala una riduzione dal ’90 al
’91 di oltre 100 milioni, il che
penalizzerà ulteriormente le aree
montane; anche su questo tema
è stato approvato un odg con
la richiesta al governo centrale
dì ripristinare i finanziamenti indispensabili per far fronte ai
compiti che l’ente ha verso la
popolazione.
E’ dunque un momento diffìcile per gli enti locali, che pare
ancora più drammatico alla luce della legge dello scorso anno sulle autonomie locali che
avrebbe dovuto dotare Comuni
ed enti montani di quegli strumenti indispensabili per lo sviluppo socio-economico e che pare invece destinata ad essere pura e semplice enunciazione di
principi.
Piervaldo Rostan
« Fare è un dire di sé » è il
titolo della suggestiva mostra
realizzata da educatori e utenti
del CIAO, da « Spazio giovani »
e dalla III B della Scuola media di Torre Pellice, aperta fino a venerdì 8 marzo.
Chiariamo subito: suggestiva
non nel senso della cartolina,
del pittoresco, dell’« atmosfera ».
Suggestivo è qualcosa di più profondo e arricchente, in senso
dinamico.
Gli ambienti che riproducono
gli elementi naturali (acqua,
aria, terra, fuoco) e addirittura
il caos non sono « opere » chiuse in sé. Sono, come direbbe
un critico di professione, « ope->
re aperte ». Non le si guarda da
dietro il vetro di una bacheca,
sono punti di partenza di un
dialogo da proseguire, idee a
cui ognuno è chiamato a collaborare con la sua originalità e
con il suo contributo, anche solo attraversando i veli, le gallerie, toccando (rigorosamente
senza scarpe!) i diversi materiali e riscoprendo così sensazioni primordiali. Bisogna letteralmente « passare dentro » queste creazioni, frutto di un grosso lavoro che deve essere stato appassionante per tutti.
In particolare per i portatori
di handicap questa è un’occasione per parlare di se stessi
agli altri, per esternare una personalità che raramente questa
società prende in considerazione.
Ho visitato, quasi quindici anni fa, una mostra di un israeliano che a Firenze, nel Forte
di Belvedere, piazzò in un lu
PINEROLO
Finita r«Alternativa»
semplice « cessate il fuoco »,
« per un impegno ad affrontare
le questioni internazionali in modo organico e costruttivo, nel rispetto delle esigenze fondamentali di tutti i popoli dell’area mediorientale ».
« Noi, coscienti della nostra
corresponsabilità nelle gravi ingiustizie tra i popoli, ci impegniamo a collaborare alla loro attenuazione e — aggiungono gli studenti — chiediamo che venga perseguita immediatamente e con la
massima energia ogni prospettiva di pace,, anche allo scopo di
evitare l’approfondirsi delle fratture sia fra Occidente e mondo
islamico, sia fra gli stessi Pfte^i
del Medio Oriente; che si inizi
immediatamente a costruire la
pace, lavorando per dare a tutti
i popoli del Medio Oriente condizioni di vita fondate sulla giustizia ed infine che vengano a
cessare, da parte dei paesi industrializzati, le forniture di arrtiì
e mezzi di distruzione e che sia
favorita la riconversione, almeno
parziale, delle fabbriche d’armi
in fabbriche utili alla salvaguardia della vita sul pianeta».
Ancora non si sa quando si terranno le nuove elezioni amministrative, ma partiti e movimenti
Sono già al lavoro per ricercare
candidati, elaborare programmi,
acquisire appoggi di questo o
quel gruppo sociale.
La ripetizione delle elezioni a
causa della doppia lista democristiana sembra abbia come primo
risultato il ricompattamento della DC in una sola' lista. Per ora
in campo democristiano si sa
solo che a Francesco Camusso,
ex sindaco (’80-85) ed attuale presidente della USSL, non è stata
rinnovata la tessera per il ’91 e
che , i probiviri del partito starebbero per prendere provvedimenti nei suoi confronti. Intanto
la Sezione di Pinerolo continua
ad essere retta da un commissario, il conte Edoardo Calieri di
Sala, che dovrebbe avere l’incarico di costituire una lista rappresentativa di tutte le correnti
interne al partito, senza Camusso.
Camusso però ha molti amici
tra i DC che contano in Piemonte
e probabilmente non starà a
guardare, avendo deciso di non
ritirarsi dalla politica. Ci vorrà
una « compensazione », come si
dice tra i DC. Basteranno gli
incarichi di consigliere provinciale (Camusso è il primo dei
non eletti) e in qualche ente di
sottogoverno (si parla di una
responsabilità in una società autostradale)?
La divisione all’interno della
DC vede però, come antagonista
di Camusso, l’eurodeputato Mauro Chiabrando.
Il ricompattamento della DC
passa perciò anche i>er un ridimensionamento del personaggio
che era stato capolista di una
delle liste DC.
Chiabrando però non sembra
voler lasciare il campo.
Sta di fatto che alle elezioni
ci dovrà essere una sola lista DC.
cernario dei flauti che suonavano col vento. Lo spettacolo cambiava sempre, chi transitava assisteva a sempre nuove creazioni. Trovo in « Fare è un dire
di sé », nei suoi ventilatori che
sollevano veli d’aria e masse colorate, alcune di quelle « suggestioni ». In più, in quest’ultimo
caso, si tratta di una realizzazione che è già collettiva in partenza. E non è poco.
A. C.
La novità delle precedenti elezioni, la lista per l’alternativa,
un raggruppamento di tre organizzazioni politiche, PCI, DP,
Verdi-arcobaleno, e numerosi
« indipendenti », non si ripeterà
più, almeno nella forma di un
anno fa.
In un’affollata assemblea svoltasi lunedì 4 marzo, Alessandro
Buffa, neosegretario del PDS (ex
PCI), ha annunciato che la sezione ha deciso a maggioranza la
presentazione di una propria lista col proprio simbolo, DP ha
chiesto una caratterizzazione programmatica della lista all’opposizione, i Verdi-arcobaleno, ormai
diventati Verdi, hanno ribadito
il loro giudizio negativo sull’esperienza. Gli indipendenti invece hanno evidenziato come, ancora una volta, siano i partiti
ad affossare un’esperienza politica positiva ed assolutamente nuova per Pinerolo. Alcuni esponenti
dell’ex PCI (Roetto, Orlandin,
Magnarini) e altri indipendenti
(Pavan, Chiriotti, Canal) si sono
pronunciati per la continuazione
del l’esperienza della lista e per
questo si è convocata un’altra assemblea per lunedì 11 «con chi
ci sta ». Altri invece hanno dichiarato la loro non disponibilità
ad entrare in qualunque lista
(Ughetto, Semeraro).
Quanto al capolista della « alternativa » Alberto Barbero, in
un sofferto intervento conclusosi
con la citazione, in latino, dì 2 Timoteo 4, ha affermato che si è
sbagliato a far finire anzitempo
l’alternativa.
Sul fronte degli altri partiti
le Leghe stanno organizzandosi
p>er raccogliere un diffuso malcontento contro i partiti.
Il PSI è quello che sembra
stare meglio: la lista è praticamente fatta e anche PLI e PRI
non dovrebbero àver problemi.
G. G.
Fiat: 35 mila in
cassa integrazione
TORINO — « Settimana santa » in cassa integrazione per
35.000 lavoratori di Fiat Auto,
che saranno sospesi dal 25 al
30 marzo; uno « stop » che consentirà a corso Marconi di ta gliare la produzione di 20.000
vetture (in febbraio la stessa
misura aveva coinvolto 65.000
addetti per un taglio di 40.000
auto). Dal provvedimento sono
esclusi gli stabilimenti carrozzeria di Mirafiori e di Rivalta, la ,
linea della Uno a Desio e la Sevel, oltre ai reparti di meccanica legati a queste produzioni.
La decisione della Fiat conferma dunque le ipotesi fatte
nei giorni scorsi, con un intervento che avrebbe interessato la
metà dei lavoratori in cassa a
febbraio: « L’obiettivo — dicono
alla Fiat — è di ricorrere alla
cassa integrazione solo quando
i piazzali sono pieni. Una -decisione di carattere congiunturale quindi, che terrà conto della
situazione produttiva mese per
mese ». La cassa sarà invece di
due settimane per i 5.000 lavoratori della Lancia di Chivasso.
Grave incendio
all’Hòtel du Parc
TORRE PELLICE — Un vio
lento incendio sviluppatosi verso le 5 di giovedì scorso ha praticamente distrutto il tetto dello storico « Hôtel du Parc » di
viale Dante.
La casa era da alcuni mesi
chiusa per lavori di ristrutturazione dopo il passaggio di proprietà, avvenuto nel corso del
1990, a due società nuove.
L’intervento di numerose squadre di vigili del fuoco da Torre,
Luserna e Pinerolo è valso a domare il rogo, ma non ad impedire che i danni fossero comunque ingenti; ciò che il fuoco
non ha distrutto ha comunque
dovuto essere demolito nei giorni successivi, viste le lesioni riportate dalle strutture portanti.
Dalle prime verifiche sarebbe
un cortocircuito la causa del sinistro.
Vaccinazioni:
prò e contro
TORRE PELLICE — E’ ancora giusto obbligare i cittadini a
vaccinare i propri figli? Ponendosi questa domanda è stato organizzato un dibattito pubblico
per sabato prossimo, 9 marzo,
alle ore 21, presso la sala consiliare del comune.
E’ noto che varie teorie sono
oggi a confronto sui vantaggi e
gli svantaggi delle vaccinazioni;
saranno a confronto il dott. Dario Mielico, della Lega per la
facoltatività delle vaccinazioni e
la dott. Bianca Nucci dell’USSL
43.
La serata è organizzata nell’ambito del mercatino biologico
mensile che si svolgerà appunto
il 9 nell’isola pedonale.
10
10 valli valdesi
8 marzo 1991
OCCUPAZIONE NEL PINEROLESE
SAN SECONDO
SKF: urge un confronto p®"
la Pro Loco
Gii interessi sindacali uniti a quelli della zona: calo di occupazione significherebbe una nuova emorragia di popolazione residente
Il primo marzo i lavoratori ed
il loro sindacato hanno scioperato e manifestato a Villar Perosa,
per trovare una soluzione al problema occupazionale che colpisce
pesantemente la nostra zona a
seguito della dichiarazione di crisi della multinazionale SKF e le
conseguenti prese di posizioni
dell’azienda.
In corteo dall’uscita dello stabilimento di Villar i lavoratori,
con i sindacalisti della FIOMCGIL e della FIM-CISL, hanno
raggiunto il palazzo del Comune,
dove ad accoglierli si trovavano
gli amministratori delle istituzioni locali ed i rappresentanti
della Provincia di Torino e della
Regione Piemonte, nonché il
commissario prefettizio.
A contenere l’effetto dello sciopero invece ha contribuito la non
adesione alla giornata di lotta
della UILM e del FALI, pur presenti negli stabilimenti di Villar.
La divisione creata all’interno
dei lavoratori avrà fatto sicuramente piacere all’azienda.
« E’’ stata una manifestazione
riuscita — ha detto il sindaco di
Villar Perosa, Dario Storero —
che non vuole essere solo di solidarietà ma una presa di posizione che unisca gli interessi sindacali agli interessi della zona.
Ai cali occupazionali seguono le
emorragie di popolazione residente, e crescono i problemi legati alla qualità della vita. Mentre constatiamo che i criteri adottati restano quelli degli anni
'50, « divide et impera », chiediamo trasparenza; le amministrazioni devono capire cosa realmente succede, la vai Chiscme
non può permettersi di perdere
altri posti di lavoro ». Dopo aver
ricordato come la riconversione
non abbia dato risultati soddisfacenti, il sindaco si è chiesto:
« Si tratta di errori di gestione di
una dirigenza locale o di una
strategia gestionale del gruppo?
E ha dichiarato che « l’amministrazione comunale auspica un
confronto con le direzioni locali
ed i responsabili della SKF ».
E' in programma l’organizzazione di un convegno a Villar Perosa, che raccolga le rappresentanze sindacali di tutti gli stabilimenti italiani ed esteri.
Mauro Suppo, della FIOM, ha
poi espresso apprezzamento per
la presa di posizione delle istituzioni locali, aggiugendo: « Se
PER LA PALESTINA
Solidarietà
« Salaam ragazzi dell’olivo »
ha deciso di sostenere la raccolta di aiuti alimentari promossa
dall’UNRWA, l’agenzia ONU per
l’assistenza ai profughi palestinesi, a favore della popolazione della Palestina occupata.
Di fronte alla vita sempre più
deteriorata nei territori palestinesi occupati da Israele ove il
coprifuoco ha pressoché paralizzato ogni attività, compresa quella nei campi, la proposta consiste nell’inviare alimenti a mezzo nave, che partirà da Ravenna nel mese di marzo. L’obiettivo posto dal coordinamento di
Pinerolo consiste in 20 quintali
di farina e 10 di riso.
Chiunque è interessato a sostenere l’iniziativa può recarsi
presso uno dei punti di raccolta; a Torre Pellice, Radio Beckwith, via Repubblica 6 e Sibille Hi-Fi, piazza Gianavello; a Luserna S. Giovanni, Coop. « Terranova », str. Vecchia di S. Giovanni 65; a Pinerolo, ARCI, piazza S. Donato 8, Coap di via Trieste 51 e via Martiri del XXI 65,
PDS in corso Torino 18, Roulotte della pace, piazza Cavour.
l’interesse ai problemi posti dall’azienda operante a Villar fosse
stato presente anche negli anni
scorsi non saremmo passati dai
5.600 occupati del ’10 ai 1.025 di
Oggi ».
Nel suo intervento Marilde Proverà, della FIOM regionale, comunica che il sindacato ha rilanciato iniziative di lotta che coinvolgono tutto il gruppo dell'SKF,
che interesseranno non, solo il
Pinerolese ma anche IVIassa e
Cassino.. Essa ribadisce come
« le perdite occupazionali siano
Oggi insopportabili » e auspica
che « si tirino le somme delle voci sindacali inascoltate ».
Accanto alla crisi di mercato,
legata ai settori auto e veicoli
industriali e comprensibile da
parte sindacale, si constata in
particolare per Villar una crisi
di eccedenza strutturale. Marilde
Proverà poi evidenzia che, come
fatto paradossale, l’azienda per
la sua organizzazione non è stata
in grado di far fronte alle richieste di mercato degli stessi stabilimenti del gruppo. Si notano
poi delle incongruenze nella gestione: mentre da un lato l’SKF
intende vendere le centrali, allo
stesso tempo lamenta gli aumenti di costo di energia.
Il sindacato intende conoscere
quali nuove lavorazioni verranno
a sostituire la produzione dei cuscinetti conici con alto valore
aggiunto ora fatti a Villar, e si
oppone al trasferimento imme
diato di tale lavorazione in Germania.
Si rende necessaria una profon,da revisione della ristrutturaziane in atto per garantire i livelli occupazionali; intanto, come
soluzione transitoria, si indiviua
la CIG purché applicata a rotazione e l’eventuale ricorso ai
prepensionamenti.
« Il testo di riforma della CIG —
dice l’onorevole Angela Migliasso,
membro della commissione lavoro della camera — è fermo
all’esame del governo, per forti
pressioni esercitate dalla Confindustria ».
Il rappresentante regionale dell’Assessorato del lavoro comunica che la Regione si sta « adoperando e ha già presentato precise richieste affinchè le iniziative,
messe in cantiere a seguito della
crisi deirOlivetti, non coinvolgano solo il settore dell’informatica
ma anche altri settori produttivi ».
In questo quadro si può parlare di prepensionamento.
A conclusione dell’incontro la
Regione, la Provincia, la Comunità montana e i Comuni locali,
si impegnano, per il 12 marzo
prossimo, ad avere un incontro
tra azienda e sindacato, a Ginevra, nell’intento di produrre un
documento in riferimento ai problemi emersi.
Staremo a vedere i prossimi
sviluppi della situazione.
Mauro Meytre
L’ultima riunione del consiglio
comunale è stata caratterizzata
da alcune, importanti, decisioni.
E’ stata infatti deliberata la
sistemazione, con un preventivo
di spesa di circa 100 milioni di
lire, del rio Tondo, o rio dei
Ser, la cui piena fu alla base
dell’alluvione dell’8 maggio del
1988 a Miradolo, quando i danni alle abitazioni e alle attività
produttive furono ingenti, superando il miliardo di lire.
Altra decisione significativa è
stata quella di alienare i cosiddetti « bassi fabbricati », una costruzione iniziata circa 10 anni
or sono e mai ultimata; inizialmente il progetto ne prevedeva
l’utilizzo come sede di varie associazioni (Pro Loco, Avis, ANA,
ecc.), ma essendosi col tempo
liberata la vecchia scuola elementare, proprio nel centro del
paese, veniva meno lo scopo iniziale. L’amministrazione comunale decideva allora di ristrut turare l’edifìcio proprio utilizzando i fondi derivanti dalla vendita dei fabbricati in questione.
Il consiglio ha inoltre messo
a punto ed approvato una convenzione con la Pro Loco per
la gestione dei locali dell’ex
scuola. Il consiglio ha infine deliberato l’accensione di un mutuo di 135 milioni per l’ultimazione degli impianti sportivi ed
ha provveduto alla nomina di
una commissione cui spetterà il
compito di redigere la proposta
di statuto comunale.
M. G.
VALLI CHISONE E GERMANASCA
Tempo di pesca
« Il Germagnasca (oggi Germanasca) origina da due sorgenti
che si uniscono a Ferrerò: le
due sorgenti contengono alcune
trote squisite. La squisitezza, se
non l’abbondanza, si mantiene
per tutto il corso del torrente.
Così a Salza, a Rodoretto, a Faetto. Soltanto a Massello e a McUiiglia le trote, sempre squisite, si
fanno molto abbondanti. A Pomaretto, dove il Germanasca si
getta nel Ghisone, ottime trote
vengono pescate nei due fiumi ».
Così si esprime Goffredo Casalis nel suo monumentale « Dizionario geografìco-storico-statistico-commerciale degli Stati di S.
M. il Re di Sardegna », che viene
pubblicato dal 1833 al 1856. Pur
non facendo un’analisi molto approfondita della situazione ittica
delle nostre vallate, il suo documento si occupa anche di problemi di gestione delle acque, di cali
di produttività legati a « qualche
disordine nel modo della pesca »
e all’uso di strumenti non pertinenti.
Si è aperta in Piemonte la stagione della pesca: dcdl’ultima domenica di febbraio alla prima di
ottobre anche nei nostri rii e
torrentelli sarà possibile pescare
trote marmorate e fario e salrnerini. Ma qual è, oggi, la condizione delle nostre acque e della relativa fauna? Quali sono gli interventi dell’uomo in questo settore ambientale?
Può essere di qualche interesse, per i nostri lettori, conoscere
un po’ meglio questa attività, che
viene definita sport. Per questo
abbiamo chiesto alcune informazioni ad una persona che, oltre
ad essere un pescatore provetto,
è anche un amante della natura:
Aldo Massel di Ferrerò.
Fino dei problemi che assillavano maggiormente i pescatori
era il ripopolamento delle acque
che, fino ad alcuni anni or sono,
avveniva tramite la FIPS (Federazione italiana pesca sportiva).
Da allevamenti gestiti dalla Federazione venivano prelevati avannotti o trotelle che, in determinati giorni dell’anno, venivano introdotti nei nostri torrenti. Ma
questi esemplari subivano certamente un trauma derivante dal
trasporto, dalla differenza di
temperatura delle acque ecc.
Inoltre l’allevamento intensivo
produce soggetti poco adattabili
all’ambiente esterno e le perdite
finivano per essere notevoli.
Si poneva in questione, quindi,
il miglioramento della qualità e
della quantità, ripopolando le
acque con soggetti più adatti
all’ambiente dei nostri torrenti.
E’ a questo punto che si inserisce il progetto degli « incubatoi
di valle ».
Nel territorio della provincia
di Torino si sono scelte delle
aree in cui costruire questi incubatoi, dove allevare avannotti e
trotelle, in un primo tempo, e
poi direttamente uova embrionate. Uno dei punti qualificanti
di questi allevamenti è di reintrodurre nelle nostre acque montane le specie autoctone, come
la trota marmorata, che ha subito non poche modificazioni a
causa delle numerose immissioni
di trote fario, provenienti da
tutta Europa. La trota marmorata è l’unico salmonide in grado
di riprodursi da solo; inoltre ricopre un ruolo ecologico di notevole importanza.
Nell’incubatoio di Ferrerò, gestito prevalentemente dalla famiglia Massel, vi sono attualmente
in incubazione circa 15.(XX) uova
di trota marmorata. Questo incubatoio utilizza l’acqua del vecchio canale irriguo; la temperatura dell’acqua è importante per
l’allevamento: differisce di pochissimo dalla temperatura delle
acque in cui saranno immesse le
trotelle. Inoltre bisogna dire che
sono stati scelti con particolare
cura i soggetti per la riproduzione reperendo soltanto trote sicu
Teatro
ROBA' — Sabato 9 marzo, presso
la sala comunitaria, l'Unione Inverso
di Villar Pellice presenta la commedia brillante in tre atti Tredici a tavola; inizio ore 21. ingresso libero,
POMARETTO — Sabato 9 marzo, alle ore 21, presso il cinema teatro
Edelweiss, l'Assemblea teatro presenterà lo spettacolo « 1492 ».
Dibattito
PINEROLO — « I diritti delle donne arabe - Cultura e società nel mondo islamico » è il titolo di un dibattito organizzato dal gruppo Donne in
nero per le ore 20.45 di giovedì 7
marzo presso II Centro sociale di via
Lequio; interviene Vanessa Maher delrUniversità di Torino, antropoioga.
Concerti
TORRE PELLICE — Domenica 10 marzo, alle ore 14.45 presso il tempio
valdese, le pianiate Anna Èva Jahier
e Claudia Rostagno, presenteranno un
concerto a quattro mani; la colletta
sarà devoluta a favore dell'ospedale
valdese di Torre Pellice.
Corsi
ramente indigene, quindi più robuste e adatte allo scopo.
Nella vai Germanasca sono inseriti in questo progetto l’incubatoio di Frali, quello già citato di Ferrerò e quello di Perosa, che serve anche alla vai Chisone.
Indubbiamente la gestione di
questi incubatoi ha portato dei
vantaggi: dal punto di vista umano, una maggior presa di coscienza dei problemi, una partecipazione volontaria al lavoro iniziale
e alla gestione; dal punto di vista
finanziario, escluso il finanziamento della Provincia, una riduzione dei costi di ripopolamento
del 50%; senza contare il valore
biologico del materiale ittico che
si sta riproponendo al suo ambiente naturale. E il controllo
delle acque? In quale misura il
pescatore può dare il suo contributo all’ecologia?
Recentemente si è notata la
presenza in zona di alcuni aironi
cinerini, che si cibano in buona
parte di ghiotti bocconi di pesce.
E questo fatto non può che irritare un pescatore. Ma, secondo
alcuni, queste presenze potrebbero significare che le acque dei
nostri fiumi e torrenti sono ancora abbastanza pulite e poco
inquinate.
Nessuno, però, può non vedere
gli scarichi fognari della zona.
Tutti sanno che ogni abitante di
questa valle potrebbe collaborare
per mantenere pulite le acque e
i prati circostanti e denunciare
ogni abuso. Il pescatore è la persona che per prima si accorge
del danno ecologico, del progressivo degrado ambientale; dato
che la tutela dei corsi d’acqua e
dei loro abitanti è prioritaria
rispetto ai diritti del pescatore,
affidiamo a lui l’incarico di conservare intatto questo settore,
segnalando le alterazioni dell'ambiente a chi di dovere.
Paola e Luciano Ribet
DRONERO — il Forment (centro di
formazione professionale per le attività di montagna) organizza un corso
per addetti alla gestione dei rifugi alpini e dell'organizzazione turistica; la
durata del corso è di 100 ore, suddivise in cinque indirizzi didattici (fiscale, tecnico, igiene e gastronomìa
delle valli, organizzazione turistica sul
territorio, escursionismo, ecologia, normative di prevenzione, sicurezza sul
lavoro). Per iscrizioni (le lezioni si
svolgeranno al lunedi e mercoledì pomeriggio a Dronero) rivolgersi a Forment, Cuneo, c.so Boleri 3, tei. 0171/
693780 oppure all'Ufficio turistico di
Dronero, tei. 0171/917080.
Programmi di Radio Beckwith
_________FM 91.200 - 102.350_________
La trasmissione La poêle percée,
in onda giovedì alle ore 10 e venerdì alle ore 17, presenterà interviste
realizzate durante la recente settima
assemblea del Consiglio ecumenico
delle chiese svoltosi a Canberra.
Cinema
TORRE PELLICE — Venerdì 8 marzo, inizio ore 21.15, verranno proposti cinque film dal Festival cinema
giovani di Torino: La corsa, di G. Bottinelli. Atti ritratti, di R. Tarallo, Svelarsi al silenzio, di M. Bonino, Il bosco di Jacob, di F. Lari, Dimmi qualcosa di te, di G. Tavarelli.
USSL 42 - VALLI
CHISONE ■ GERMANASCA
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: presso Ospedale Valdese di Pomaretto - Tel. 81154.
Guardia farmaceutica :
DOMENICA 10 MARZO 1991
San Germano Chisone: FARMACIA
TRON - Telef. 58766.
Fenestrelle: FARMACIA GRIPPO Via Umberto 1. 1 - Tel. 83904.
Ambulanza :
Croce Verde Perosa; Tel. 81.000.
Croce Verde Porte: Tel. 201454.
USSL 44 - PINEROLESE
(Distretto di Pinerolo)
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Tele
tono 2331 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: Tel. 22664
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 932433 (Ospedale Valdese).
Guardia farmaceutica :
DOMENICA 10 MARZO 1991
Luserna San Giovanni: FARMACIA
GRIBAUDO - Via Roma 7 - Telefono
909031.
Ambulanza :
CRI Torre Pellice: Telefono 91.996
Croce Verde Bricherasio: tei 598790
SERVIZIO ATTIVO INFERMIERISTICO: ore 8-17, presso I distretti.
SERVIZIO ELIAMBULANZA, elicottero: tei. 116.
11
r
8 marzo 1991
lettere 11
AMNESTY E LA
GUERRA DEL GOLFO
Come Gruppo Italia 90 vai Pellice
di Amnesty International pensiamo che
sia importante chiarire la posizione
che A. i. ha assunto sulla guerra del
Golfo.
Come molti sanno, Amnesty Inter
national è un movimento internazionale
che si impegna per il rispetto dei diritti umani in ogni luogo, sia in tempo di pace che in tempo di guerra.
I suoi obiettivi sono chiaramente e
spressi dallo statuto le cui finalità potrebbero essere così riassunte: libe
rare i prigionieri per motivi di opinione, assicurare equi processi per tutti
i prigionieri, opporsi sempre alla tortura e alla pena di morte.
A. i. non ha preso posizione in merito alla « giustezza » o meno del conflitto armato perché non rientra fra i
suoi mandati quello di schierarsi su
dispute territoriali, azioni militari ed
iniziative diplomatiche. Ha però continuato a denunciare, come ha sempre
fatto, le violazioni dei diritti umani
che dall'inizio della guerra del Golfo
sono andate aumentando, e non solo
in Medio Oriente.
A. i. è intervenuta nelle ultime settimane presso governi direttamente o
indirettamente coinvolti nel conflitto
denunciando l’aumento di detenzioni
senza accusa né processo, di trattamenti inumani dei prigionieri ed esprimendo la propria preoccupazione per
i rifugiati politici che potrebbero essere respinti verso paesi in cui verrebbero imprigionati, torturati o uccisi.
A. I., oltre al rapporto sul Kuwait
occupato, uscito nel dicembre 1990,
ha sollecitato il governo dell'Iraq a
non sottoporre i prigionieri civili e militari a torture, punizioni o trattamenti
crudeli, inumani o degradanti; ha altresì condannato la politica degli « scudi umani » in quanto essa rappresenta
una violazione della Convenzione’ di Ginevra sul trattamento dei prigionieri di
guerra.
In Egitto A. I, è intervenuta in favore di un giornalista di un quotidiano
dell’opposizione e di un medico imprigionati per essersi opposti alla
guerra. Ha chiesto ai governo di Israele di assicurare protezione a tutti i
prigionieri distribuendo loro maschere
antigas in caso di necessità. In Arabia Saudita ha denunciato il fatto che
alcune persone, accusate di aver attaccato un veicolo americano, rischiano la condanna a morte; inoltre ha
adottato come « prigioniero per motivi d'opinione » un obiettore di coscien
za americano che si era rifiutato di
preparare rifornimenti per le truppe
di stanza in questo paese. A. I. ha
poi protestato presso il governo della
Gran Bretagna per i provvedimenti di
detenzione e di deportazione disposti
nei confronti di 50 stranieri di nazionalità irachena o palestinese: agli arrestati non è stato comunicato il motivo della loro detenzione né è stata
loro garantita l'assistenza legale.
In Italia, anche grazie alla richiesta della sezione nazionale di A. i.,
il governo ha deciso di non applicare
al contingente italiano nel Golfo il
Codice penale militare di guerra, che
prevede la pena di morte per molti
reati, ed ha optato per il Codice penale militare di pace che non prevede la pena capitale.
Va infine ricordato come A. I. abbia ripetutamente denunciato, prima
dello scoppio della guerra del Golfo,
le violazioni dei diritti umani in Medio Oriente ma, purtroppo, ancora una
volta, la comunità internazionale non
ha preso seriamente in considerazione questo problema.
Giulia D’Ursi
Per il Gruppo A. I. Italia 90
vai Pellice
DIO NON SI LASCIA
STRUMENTALIZZARE
Gli eventi del Golfo mi hanno ricondotto agli anni 1940-45, quando ero
richiamato alle armi nella II guerra
mondiale. Il duce faceva benedire le
truppe, coi relativi armamenti, prima
di mandarle al fronte, e così si strumentalizzava il nome di Dio. Ci davano delle cartoline di propaganda con
dei versi stampati, di cui ne ricordo
due: <■ E l’Iddio dei popoli giusti ha
scelto Vincere; Dio benedice il Duce,
il Duce benedice l'Italia ».
C'era anche una canzone: ,« Ingrata
Francia e vile Inghilterra, faremo i
conti in questa guerra ». La vittoria
era sicura, ma tutti sappiamo come
è andata.
Adesso la storia si ripete. E’ solo
Saddam Hussein ad essere in torto?
Egli non mi sembra né superiore né
inferiore a quelli della II guerra mondiale, che volevano conquistare il mondo con la violenza delle armi.
delle valli valdesi
settimanale delle chiese valdesi e metodiste
Direttore: Giorgio Gardioi
Vicedirettore: Luciano Deodato
Redattori: Alberto Corsani, Adriano Longo, Jean-Jacques Peyronel, Piervaldo Rostan.
Segreteria: Angelo Actis
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Bo, Franco Carri, Franco Chiarini, Rosanna Ciappa Nitti, Gino Conte,
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Consiglio di amministrazione: Costante Costantino (presidente), ao
Gay, Roberto Peyrot, Silvio ReveI, Franco Rivoira (membri)
Registro nazionale della stampa: n. 00961 voi. 10 foglio 481____________
Il n. 9/'91 è stato consegnato agli Uffici postali di Torino e a quelli
delle valli valdesi il 1° marzo 1991.___________________________________
Hanno collaborato a questo numero: Valter Cesan, Ivana Costabel, Maria Luisa Barberis, Mauro GardioI Giorgina Giacone, Alberto Nencini,
Roberto Peyrot, Gregorio Plescan, Aldo Rutigliano, Ludwig Schneider, Giorgio Tourn, Dario Tron,
Ma il Dio d'amore non si è mai lasciato e non si lascerà strumentalizzare da nessuno, egli che ha sacrificato il proprio Figlio Gesù Cristo per
la salvezza di tutti quelli che lo accettano, senza nessuna distinzione di
razza o di popolo; se tutti sappiamo
accettarlo allora vivremo veramente
nella pace del buon Dio.
Domenico Di Toro, Velletri
NON VIVIAMO
NELL’INDIFFERENZA
Non è mia intenzione polemizzare
sui fatti che hanno caratterizzato, in
modo abbastanza spiacevole, la ricorrenza del XVII febbraio nella comunità di Pomaretto; sono già state sprecate anche troppe parole e non sempre a proposito. Vorrei invece semplicemente esprimere la mia delusione e il mio rammarico nel, constatare
la superficialità con cui molte persone hanno giudicato là scelta della comunità di dare quest'anno un carattere più sobrio alle manifestazioni (alla luce degli ultimi avvenimenti ci
sembrava doveroso manifestare ai popoli che si trovano nella sofferenza
la nostra solidarietà).
Sia ben chiaro che non intendo rivolgermi a coloro che pur non condividendola hanno rispettato questa
scelta ma a quelle persone che, nonostante avessero una visione molto
approssimativa (se non addirittura distorta) delle motivazioni e delle modalità con cui è stata decisa questa
linea, hanno contribuito a creare tensioni e divisioni nella comunità attraverso una critica ingiusta e sterile.
E mi chiedo inoltre come mai una
così semplice presa di posizione nei
confronti di un problema come quello
della pace susciti così tanta opposizione.
Forse varrebbe la pena di interrogarci sul significato del nostro essere
credenti oggi e decidere se si può
vivere la nostra fede evitando il,coinvolgimento con le problematiche attuali, nascondendo la nostra scarsa volontà di impegnarci concretamente e
di ritenerci corresponsabili di quello
che ci succede intorno dietro affa comoda scusa di non voler mescolare
politica e chiesa. Ricercare la pace
non è far politica, così come non lo
è testimoniare il nostro essere cristiani e come tali contrari alla soluzione dei contrasti tramite la violenza. Viviamo invece la nostra fede nella consapevolezza che non ci si può
definire credenti e vivere nell'indifferenza.
L. L., inverso Rinasca
Partecipazioni
personali
Marco Godino, di Prarostino, si è
brillantemente laureato in scienze forestali presso la Facoltà di agraria dell'Università di Torino.
Congratulazioni al neodòttore.
Gli zii Nino e Nilda
FONDO DI SOLIDARIETÀ’
I nostri impegni
Pubblichiamo qui di seguito
l’elenco delle cifre pervenuteci
nel mese di gennaio. Già in occasione del precedente elenco avevamo preannunciato un ulteriore invio di 10 milioni per Prarostino (come da indicazioni dei
donatori) e consideriamo ora
chiusa questa sottoscrizione. Va
comunque da sé che qualora
dovessero pervenirci altre offerte a questo fine sarà nostra cura inoltrarle al concistoro di
quella chiesa.
Stiamo per chiudere anche la
sottoscrizione a favore del « progetto salute » in Madagascar
concernente l’installazione di otto farmacie, in altrettanti villaggi isolati, allo scopo di facilitare il rifornimento di quanto necessita ai loro abitanti.
Infine, ricordiamo il progetto
del comitato « Il sostegno » di
Mestre che, oltre ad assistere
a domicilio alcuni malati di
Aids, ha in programma l’acquisto di una casa-famiglia per ospitare ed assistere questo tipo
di malati. La cifra necessaria si
aggira sui 300 milioni di lire:
finora ne sono stati raccolti 70.
Attendiamo i vostri doni, che
saranno ricevuti con riconoscenza dai fratelli che si adoperano
con grande impegno in questa
attività, tanto più necessaria
ben sapendo quali e quante siano le carenze dell’apparato sanitario anche in questo settore.
Le offerte, come di consueto,
vanno inviate al conto corr. postale n. 11234101 intestato a La
Luce, Fondo di solidarietà, via
Pio V, 15, 10125 Torino.
♦ « «
Con l’occasione, pubblichiamo
anche il rendiconto della gestione relativa al 1990.
Dal conteggio si può rilevare che durante l’anno scorso è
stata erogata la cifra di L.
44.065.000 così ripartita:
— L. 6 milioni per il centro
socio-agricolo di Nyengo in Zambia;
— L. 12.520.000 per l’opera di
assistenza ai profughi da parte della chiesa presbiteriana del
Mozambico;
— L. 5.545.000 contro la carestia in Eritrea;
— L. 20 milioni come primo
acconto al concistoro della chiesa valdese di Prarostino per i
danni dell’incendio di un anno
fa.
OFFERTE PERVENUTE IN
GENNAIO
L. 180.000: Lalla e Gino Conte.
L. 100.000: Delia Fontana.
L. 60.000: Anonimo veneziano, Torino; Giovanni e R. Giambarresi.
L. 50.000: Simone Caniglia.
L.. 20.000: Anonimo veneziano.
L. 10.000; Furio Giambarresi.
Totale L, 480.000.
Totale precedente L. 15.302.039.
In cassa L. 15.782.039.
Inviati al Concistoro della Chiesa
valdese di Prarostino L. 10.000.000 a
saldo sottoscrizione.
Restano in cassa L. 5.782.039.
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Il CEC per i
profughi di guerra
La guerra del Golfo ha
creato — fra gli altri orrori
e danni — un grande numero di profughi che, fuggiti
dall’Iraq e dal Kuwait, si sono riversati nei paesi vicini;
Il Consiglio ecumenico delle
chiese ha lanciato alle chiese membro un appello allo
scopo di reperire un milione
di dollari per aiuti urgenti.
Mentre ci riserviamo di fornire notizie più dettagliate,
preannunciamo che il nostro
Fondo di solidarietà aderisce a questo appello ed attende numerosi e generosi
contributi da parte dei lettori.
RINGRAZIAMENTO
« ... io, l’Eterno, tuo Dio, ti
prendo per la mano destra e ti
dico: ’’Non temere, io ti aiuto” v
(Isaia 41: 13)
« E’ stata un bene per me l’umiliazione perché ho appreso la
tua volontà »
(Salmo 119: 71)
I familiari di
Valentina Alma Pons
che il Signore ha chiamato a sé all’età
di 82 anni, commossi e riconoscenti ringraziano quanti si sono stretti intorno
a loro nel triste momento della separazione dalla loro cara.
Un grazie particolare esprimono al
pastore Paolo Ribet per il suo efficace
messaggio di speranza e di fede; ai
vicini di casa, specialmente alle signore Albertina Bertalot, Anita Ribet, Elsa Budai e Franca Micol; ai dottori
Vincenzo Della Penna e Franco Mensa.
Un pensiero di gratitudine vada pure
a tutti i medici che anche in passato curarono amorevolmente la diletta scomparsa, alla Croce Verde di Porte ed a
tutti gli amici che le hanno voluto
bene ed hanno contribuito con il loro
affetto .ad alleviarle le sofferenze.
S. Germano Chisone, 20 febbraio 1991.
« La mort a été engloutie dans
la victoire... Rendons grâce à
Dieu qui nous donne la victoire
par notre Seigneur Jésus-Christ»
(Première épître aux
Corinthiens 15: 54, 56)
Laura et Erika Tomassone avec leurs
familles, neveux et nièces : familles
Gelso, Meynet-Benigno, Morel-Guffanti,
Morel-Turaglio, annoncent le décès de
leur marraine et tante
M.me Attilia Morel
veuve Mazères
Une pensée de reconnaissance à M.lle
Aline Gaydou, à M. et M.me Barboza,
à M. et M.me Soubeyran, au pasteur et
à tout le personnel et bénévoles de la
Maison Protestante La Muette.
Paris, le 25 février 1991.
RINGRAZIAMENTO
I familiari della cara
■ Ida Bertin
ringraziano quanti hanno preso parte
al loro dolore, in particolare: Attilio,
Klaus, Marisa e Enrico, il dott. Rolfo
e il dott. Pia, i medici e infermieri dei
reparti di oncologia, neurologia e pronto soccorso dell’Ospedale civile di- Pinerolo.
Prarostino, 27 febbraio 1991.
RINGRAZIAMENTO
(( iVe crains point, car je suis
avec toi; ne Peffraie pas, car je
suis ton Dieu »
(Isaïe 41: 10)
I familiari di
Giulia Planchon
ved. Costantino (Alice)
ringraziano commossi tutti coloro che
affettuosamente hanno preso parte al
loro dolore.
Un grazie particolare alle dott.sse Ornella Michelin Salomon e Paola Grand
ed alla cara Viviana.
Torre Pellice, 6 marzo 1991.
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12
12 villaggio globale
8 marzo 1991
LA GUERRA IN TELEVISIONE
AMNESTY INTERNATIONAL
L’immagine iatitante
Le complesse modalità con cui è stato seguito l’evento bellico danno molto da pensare sulle strategie comunicative che ci circondano
La guerra, hanno detto in molti
in queste settimane, ha tra i suoi
effetti anche quello di esasperare
i comportamenti, gli atteggiamenti, i toni. Ebbene, credo si possa
dire che anche la televisione non
è sfuggita a questo effetto: credo, anzi, che la guerra del Golfo,
dal 16 gennaio fino airingresso
delle truppe occidentali a Kuwait
City (26 febbraio) abbia avuto come ricaduta sul mezzo televisivo
l’accenùuarsi di alcune tendenze
della TV stessa.
Coll la conquista della capitale
kuwaitiana le varie reti presenti
nel Golfo hanno avuto indubbiamente maggiore agio nell’effettuare le riprese, nelTawicinare la
gente e il teatro di guerra. Invece un po’ tutti i giornali « scritti » nei primi giorni di guerra si
erano chiesti: ma dov’è questa
televisione che sarebbe in grado
di immergerci in ogni angolo della realtà mondiale, del « villaggio
globale »? La guerra, in effetti,
non si vedeva: si sapeva che c’era
gente che moriva, ma non si aveva la visione diretta del reale.
Personalmente, pur riconoscendo le difficoltà tecniche del caso,
non sono stato sorpreso. E d’altra parte le emittenti, in assenza
di riprese dirette, non hanno certo perso « audience »; gli spettatori li hanno avuti, e tanti: è stata comunque, quella televisiva,
un’operazione che pagherà.
Ma allora come è stata assicurata la copertura delTestenuante avvenimento bellico? Essenzialmente dallo studio, con una
massiccia presenza e visibilità
del conduttore, con i collegamenti con gli inviati, con i dibattiti,
con le scritte computerizzate, con
il televideo.
Le immagini
non dicono tutto
A differenza di quanto si dice e
si crede la TV, che dovrebbe
vivere di immagini, ha un debito
continuo e costante nei confronti
della parola, dell’audio. Un po’
perché lo spettatore medio segue
la televisione come fosse una
radio (lavorando, distraendosi,
mangiando...), un po’ perché effettivamente l’immagine non dice tutto, non dà tutto, almeno
parlando di « informazione » in
senso stretto: « Un nonvedente
può seguire un gran numero di
programmi televisivi perdendo
solo una piccola parte dell’informazione data», la TV funzionerebbe un po’ come una « radio illustrata »'. Spari, grida, scene di
battaglia non ci dicono nulla di
« informativo » senza un adeguato commento.
Qualche esempio. Mardedi 26
febbraio TG2-«Pègaso trasmette
due filmati girati a Kuwait City:
il conduttore annuncia che stiamo vedendo il primo (relativo alla città ancora in mano agl} iracheni), poi annuncia il secondo,
vedendo sul monitor immagini
che gli sembrano successive alla
liberazione, finché per telefono (e
lo abbiamo sentito tutti) gli viene
detto che è ancora il primo filmato. Non è certo colpa del conduttore: è che in alcuni casi l’immagine non basta.
Addirittura la CNN, la più presente e puntuale emittente nel
Golfo, ha trasmesso l’immagine
ravvicinata di una mappa di
Baghdad. Intanto si udivano rumori di scoppi, di crolli... di guerra, e sullo sfondo della mappa
campeggiava la dicitura « Baghdad audio »; scritta ovviamente
indispensabile.
Altra natura avevano le notizie
« scritte » del televideo, per l’occasione trasmesso tutte le mattine da RAI3, e quindi non limitato a chi possiede il televisore pre
La guerra nel Golfo ha rilanciato l'informazione gestita dallo "studio”
Nella foto la francese « Antenne 2 ».
disposto: la notizia era fruibile
a qualunque ora.
Le eccezioni a questo tipo di immagine sono state poche, e per
questo importanti e coinvolgenti: pensiamo soprattutto alla resa dei soldati iracheni (alcuni arresisi addirittura... alla « troupe »
del TG3), allo Scud intercettato e
distrutto dal Patriot nel cielo notturno con un effetto da fantasmagoria e da fuoco d’artificio. Pensiamo al ritrovamento delle vittime bombardate nel rifugio, ai
cormorani impiastricciati nel liquame nero del petrolio^.
In compenso sono state abbondanti le spiegazioni degli esperti e i collegamenti telefonici « in
voce » con gli inviati; a Darhan,
a New York, a Gerusalemme... Di
questi corrispondenti vedevamo
il volto, accompagnato dallo sfondo della cartina geografica.
A poco a poco questi volti sono
divenuti familiari (come Tito Stagno ai tempi dell’Apollo 11), come ci sono divenuti familiari ■—
ahimè — gli inviati che partecipavano ai dibattiti in studio,
specialmente nei primi giorni.
La guerra ha così rappresentato , televisivamente parlando, la
vittoria dello studio come "pezzo
forte’’, luogo privilegiato di informazione e valutazione, salotto
’’buono’’ a cui accede chi è all’altezza; nel ’’salotto” i volti sono
davvero pochini, sempre gli stessi.
Anche questa, però, non è una
novità; sono poche le facce che
imperversano sugli schermi RAI
o Fininvest (Ferrara, Sgarbi, magari su due reti contemporaneamente).
Che cosa significa tutto questo?
Debolezza della TV che. in mancanza di meglio, rilancia la discussione in studio che sembrava
così superata e vecchia pochi
anni fa?
Un mass media
che sa adeguarsi
Credo piuttosto che sia la dimostrazione che la TV vince perché a differenza di altri mass media è più duttile, sa adeguarsi alle esigenze di un pubblico che
cambia e di un sistema di diffusione dell’informazione sempre
più computerizzato, digitalizzato,
’’satellizzato’’.
E’ una vittoria della TV come
istituzione; il fatto stesso di avere certi personaggi in studio è un
titolo di merito e dà autorevolezza a tutta la programmazione.
Che poi i personaggi siano pochi,
questo fa parte del quadro attuale, che esige sempre più ’’riconoscibilità » da parte delle emittenti. Essendo queste sempre più numerose richiedono segni distintivi per lo spettatore, che è mediamente disattento.
E’ la vittoria, tutto sommato,
della TV come sintesi di tutti ì
canali d’informazione, di produzione e riproduzione della notizia,
di trasmissione e di traduzione in
altri linguaggi. Telefono, sottotitoli, computer-graphic (il "telebeam" riproduce, sintetizzata dal^ ®^^^oratore, l’immagine del goal
più bello della domenica, e ne calcola la velocità di tiro) stanno
modificando il nostro rapporto
con l’immagine che diventa, sempre più frequentemente, ’’immagine di un’altra immagine’’, immagine di secondo grado.
Allora, in questo quadro sommario e disordinato come lo sono
state queste settimane, possiamo
vedere qualcosa di quello che sarà il futuro? Come per l’assetto
del Medio Oriente, anche per la
TV c’è un ’’prima’’ e un ’’dopo
Saddam”?
Io penso (e temo) che se la direzione sarà questa, avremo una
televisione che si gioverà sempre
più di apporti esterni ad essa
stessa: le immagini (proprio perché una colonna di soldati non è
facilmente distinguibile, a meno
di conoscerne uniformi e attrezzature) avranno sempre più bisogno di commento, sonoro o scritto, e questo esporrà la realtà ad
un uso sempre più politico, sempre più parziale. (A veder sfilare
gli iracheni prigionieri, con le mani alzate, nessuno sentiva la necessità della scritta: « i soldati
iracheni si arrendono... », ma essa rinforzava il messaggio, enfatizzandolo). Un giorno potrebbe
modificarlo radicalmente, così come una fotografia può essere usata in modi politicamente diversi
a seconda della didascalia che
1 .accompagna,
E ancora: sapremo resistere
agli ’’esperti”, che proprio per il
fatto di essere onnipresenti non
possono essere esperti di tutto lo
scibile umano eppure parlano come se lo fossero?
La nuova sfida sarà quella del1 antenna parabolica per vedere
via satellite le trasmissioni estere: con commento ’’nostro” o pulite? Sarà vero pluralismo o plural’smo addomesticato’
Ma, anche per la TV, il dopo
Oolfo e appena cominciato.
Alberto Corsani
Michcl CiliON, La toUe troupe. La
parole nii cinema. Paris, Ed <le PEtoilr
1988, pp. ni-113.
La CNN ha poi ammesso di aver
ripreso i cormorani non nel Kuwait occupalo (dove era impossibile) ma a
Kafhji, Solo che l'opinione pubblica,
nel momento di maggior emozione, si è
forgiata già una convinzione. A poco
valgono le smentite, se arrivano quando
1 attenzione è già calata! In guerra, invece, si sparano notizie bomba senza
scrupoli.
Azione donne
1991
Amnesty International negli
ultimi anni ha rivolto la sua
attenzione in modo particolare
al problema delle violazioni dei
diritti umani nei confronti delle donne. Questo è avvenuto
specialmente dopo che il Consiglio internazionale di Dublino
del 1989 ha deciso di coinvolgere tutte le sezioni e i gruppi
di A. I. in un’ampia ed intensa
attività in questo settore per
denunciare all’opinione pubblica le prevaricazioni e le violenze commesse da funzionari pubblici sulle donne in stato di detenzione e sotto interrogatorio.
Negli anni passati questa « azione donne » era limitata alT8
marzo. Giornata internazionale
della donna; invece 1’« Azione
donne 1991 » sarà continuativa,
prolungata nel tempo, per sensibilizzare maggiormente la gente, specialmente in Italia, dove
questo tema non è stato ancora sufficientemente dibattuto.
Per quest’ultimo motivo l’Assemblea generale della sezione
italiana, riunita a Sorrento dal
1° al 3 novembre ’90, ha deciso di creare una nuova struttura: « l’incarico speciale donne ».
Questo incarico è stato affidato a Carla Gottardi del direttivo della Circoscrizione Piemonte-Valle d’Aosta. Essa recentemente ha partecipato all’incontro delle sezioni nazionali di A.
I., che si è svolto a Ginevra
dal 22 al 24 febbraio, appunto
per discutere delle violazioni dei
diritti umani di cui sono vittime le donne e per sottolineare
il programma in 12 punti che
Amneity chiede ai governi di
adottare per la protezione della donna. Erano presenti alTincontro rappresentanti di sezioni
nazionali provenienti da ogni
parte del mondo: dall’India al
Messico, dalla Germania al Cile, dalla Costa d’Avorio alla
Thailandia, ecc. Ci si rende così conto della grande diffusione di Amnesty in tutti i continenti e di quanto sia vivo in
molte nazioni il problema della protezione della donna da violenze e soprusi commessi da
funzionari governativi. Questi
dovrebbero invece rispettare le
norme emanate dai trattati internazionali come il Patto internazionale sui diritti civili e
politici e la Convenzione delle
N. U. sulla eliminazione di tutte le forme di discriminazione
contro la donna.
Donne in prima linea
Rapporto di A.l.
L’importanza che ora si dà a
questo problema è messa in evidenza dalla pubblicazione, per
la prima volta, di un ampio Rapporto di A. I., « 'Women in thè
Front Line » (Donne in prima
linea), dedicato esclusivamente
alle violazioni dei diritti umani
contro le donne. Vi sono descritti quei tipi di violazioni che,
in modo particolare, colpiscono
le donne. Sono citati casi che
riguardano 50 paesi sparsi in tutte le regioni del mondo, sotto
ogni diverso sistema di governo
o tipo di ideologia. La lista, pub
blicata in questo Rapporto, di
donne vittime di pesantissime
violazioni di diritti umani è senza fine. Alcune sono attiviste politiche, sindacaliste, giornaliste,
operatrici sociali, insegnanti e
donne impegnate nella difesa di
prigionieri politici e nella ricerca di « desaparecidos ». Oppure
sono madri o mogli di uomini
ricercati per la loro opposizione
al governo o uomini in carcere
o scomparsi. Possono essere profughe richiedenti asilo politico,
isolate dal loro ambiente e per
questo in balia dei membri della polizia. Amnesty denunzia violenze e intimidazioni da parte
di forze governative, perché Fin
formazione data alla comunità
internazionale ha un’importanza
fondamentale al fine di un coinvolgimento della politica dei governi in attività a favore della
protezione della donna perseguitata, torturata ed anche uccisa.
Nel Rapporto « Donne in prima
linea » sono documentate tragiche esperienze di donne che sono sopravvissute, ma anche di
donne che ormai non possono
più raccontare le cose orribili
che hanno subito.
Le libertà
fondamentali
. Le libertà individuali fondamentali delle donne sono le stesse di quelle degli uomini, indicate dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo proclamata dalle N. U. nel 1948: la
libertà di coscienza, di espressione e di associazione, la libertà da arresti e detenzioni arbitrari, la libertà da torture ed
esecuzioni extragiudiziali.
« Per quanto profonda sia la
crisi economica, politica e sociale che un governo si trovi ad
affrontare, non può mai esserci
una scusa valida per violare i
diritti umani fondamentali» (dal
Rapporto). Purtroppo molti sono i casi in cui sono commessi abusi, anche sessuali, sulle
donne nelle stazioni di polizia,
nelle stanze della tortura, nelle
celle delle carceri. E tra gli abusi anche lo stupro. Questa violenza è sempre più spesso inflitta alle detenute, procurando
loro una vera tortura. Altre umiliazioni e tormenti sono causati dalle gravidanze conseguenti
agli stupri, dai parti sofferti in
detenzione e dai trattamenti inadeguati riservati ai neonati.
La campagna internazionale
« Azione donne 1991 » si sta diffondendo, tutti i gruppi di Amnesty sparsi nel mondo lavorano per il suo pieno successo. Il
Gruppo Italia 90 della vai Pellice ha già dato inizio ad un
programma intenso di azioni in
vista della realizzazione e del
buon esito della campagna. Saranno fatti in particolare interventi concreti in favore dei casi affidati al Gruppo con appelli
per le donne delle Filippine, della Siria e dell’Etiopia, i cui nominativi sono stati forniti dal
Segretariato internazionale. Ma
di questi e di altri casi scriveremo prossimamente.
Anna Marnilo Reedtz
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