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Anno 124 - n. 28
15 luglio 1988
L. 800
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delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
I RIFUGIATI RUMENI IN UNGHERIA
Una questione di identità
Il Parlamento italiano ha reso
giustizia alle donne. Una mozione delle sinistre e dei laici a
sostegno e per la piena applicazione della legge 194 sull’ìnterruzione di gravidanza è passata
in questi giorni alla Camera,
con largo travaso anche di voti democristiani, riproponendo così una spaccatura nel mondo cattolico già presente all’epoca del referendum. Questo . è
U dato politico essenziale, al di
là della bagarre successiva tra i
partiti sui singoli punti approvati, delle più o meno folcloristiche dichiarazioni sull’« obbligf) aU’aborto » e sulla morale
laica che consisterebbe « nel non
avere alcuna morale », o sull’alleanza tra Verdi e cattolici per
la richiesta di una moratoria degli esperimenti sugli embrioni
e per lo studio dei problemi dell'ingegneria genetica.
Il dato significativo, invece, è
la larga confluenza che riconferma una legge ormai decennale e certo non perfetta e perfettibile, ma ottenuta dopo anni di
impegno del movimento deUe
donne, e suffragata democraticamente da Un referendum del popolo italiano, contro gli attacchi
striscianti o furiosi degli ultimi
tempi da parte delle aree dell’oltranzismo cattolico. Queste
tendevano ad equivocare i dati
delle interruzioni di gravidanza
legali, e quindi « visibili » statisticamente, come se fossero il
prodotto della legge, e non invece una possibilità delle donne
di evitare il massacro fisico e
psicologico dell’ahorto clandestino, secondo un vecchio costume italiota per cui « una cosa,
perché non esista, basta che non
se ne parli », e soprattutto che
ciascuno, nella repubblica dei
furbi, se la cavi individualmente, come può e come sa. Col risultato che le donne ricche abortivano all’estero, quelle con qualche risparmio arricchivano ginecologi e ostetriche senza scrupoli, e le povere lasciavano la pelle
sui tavoli da cucina. 'Tutte quante — con diverse gradazioni, s’intende — passibili peraltro di
galera. Questa era la situazione prima della legge, e faremo
bene a non dimenticarcene..
Che la scelta per una donna
incinta di non avere un figlio
sia un dramma sempre e comunque, è stato ripetuto dai movimenti femminili e femministi
fino alla nausea. E del resto, basta mettere piede in un ospedale per immaginare con quanta
lietezza e spensieratezza ci si
può sottoporre a un intervento
chirurgico.
Che si debba fare un’opera
capillare di educazione e di prevenzione, istituire i consultori
dappertutto, introdurre sistematicamente l’educazione sessuale
nelle scuole, anche questo è stato detto e ridetto fino alla mancanza di fiato. Appuriamo invece
che ci sono intere zone del nostro
paese in cui la 194 è del tutto
ignorata, ospedali dove scoprono Tobiezione di coscienza persino i cuochi, consultori come
miraggi in tutto il centro-sud.
Questo è il terreno sociale, politico e culturale su cui bisogna
ancora tutti lavorare, per arrivare davvero, sì, a una «libertà dall’aborto ».
Problemi vecchi e nuovi: la minoranza ungherese in Transilvania di fronte alla rumenizzazione ma anche alla crisi economica - L’impegno delle chiese in aiuto dei ’’nuovi arrivati”
Da qualche tempo l’afflusso di rifugiati rumeni provenienti dalla
Transilvania è ufficialmente riconosciuto. E' vero che con pudore
essi vengono chiamati « i nuovi arrivati dalla Romania », ma il problema è sotto gli occhi di tutti tramite i giornali, la radio, ed anchela televisione ungherese.
Il presidente Grosz ha parlato di circa 10.000 rifugiati all'inizio
di marzo. Da fonti non governative, in aprile, si è sentita la cifra
di 20.000 e forse più. Questo .scarto indica come i nuovi arrivati non
vengano riconosciuti come « richiedenti asilo ». Vengono « in visita »
presso amici e parenti e non hanno contatti ufficiali con le autorità
o con le chiese.
La maggior parte di loro viene dcdla Transilvania; sono ungheresi, parlano ungherese, e hanno tuttora dei rapporti con l’Ungheria.
Tra di loro vi sono anche alcuni sassotti di lingua tedesca e alcune
centinaia sono di lingua romena.
Non è difficile capire perché
essi partono. La Romania è sull’orlo del disastro- economico, la
crisi colpisce tutti; c’è penuria
alimentare, gli ospedali scarseggiano di medicinali, e a volte
viene interrotta la corrente elettrica, fatto grave per tutte quelle
apparecchiature essenziali per
la sopravvivenza dei malati. La
vita quotidiana è difficile e pesante da sopportare. I genitori
non vedono alcun avvenire per
i loro figli.
Oppressione di
una minoranza
La minoranza ungherese della
Transilvania (circa il 10% su
una popolazione che conta due
milioni di abitanti) è particolar
mente penalizzata e oppressa da
alcune misure statali: mutamento del nome dei paesi da
ungherese in rumeno, rumenizzazione delle città più piccole,
eccetera.
Questa situazione non è una
novità, in Romania. Nel corso
di questi ultimi anni sempre più
rumeni hanno lasciato la loro
nazione per recarsi in Austria,
dove vivono, nei campi, circa
10.000 rifugiati. Le frontiere però sono state da poco chiuse,
cosicché l’afflusso di rifugiati si
orienta attualmente verso l’Ungheria, resasi terra d’asilo.
Tuttavia, la situazione è molto difflcile ed inconsueta per il
fatto che coinvolge due nazioni
socialiste, ciò che finora non
era mai capitato. I rapporti tra
Ungheria e Romania si sono fatti pesanti, gli scambi politici e
culturali sono quasi inesistenti e
la soluzione per questi rifugiati non è ipotizzabile entro breve termine.
AU’inizio di quest’anno le par
PREDICAZIONE ALLA CONFERENZA DEL NI DISTRETTO
Propaganda o testimonianza?
« ...ma Gesù, saputolo, si allontanò di là; molti lo seguirono
ed egli li guarì tutti; e ordinò loro severamente di non farlo conoscere» (Matteo 12: 15-16).
Uno dei temi indicati nella Relazione della Tavola al Sinodo
1988 e sollecitato dalla Commissione per Vevangelizzazione riguarda il problema, sempre aperio, di come la nostra chiesa può e deve mediare l’Evangelo della grazia affinché gli uomini credano in Cristo Gesù.
Piera Egidi
Il nostro testo si trova nel corpo del racconto che parla della
guarigione di un uomo dalla mano secca e di altre guarigioni;
e ci dà l’indicazione di come
dobbiamo (o non dobbiamo) annunziare l’Evangelo.
Gesù compie delle guarigioni
ma raccomanda ai sanati di tenere segreto l’accaduto. E’ un
comportamento che ci sorprende e ci confonde. Perché questo
incomprensibile divieto? Esso ci
sembra decisamente inopportuno perché chiude la via del successo e compromette inesorabilmente l’opera sua. Tacendo i
suoi doni e i suoi successi, Gesù non sarà né celebre né potente!
Così certamente pensava anche
la madre di Gesù quando alle
nozze di Cana fa notare a suo
figlio che non c’era più vino; così pensavano i suoi fratelli che
gli dicono di andarsene a Gerusalemme dove avrebbe avuto
molte più occasioni ed un pubblicò più vasto per affermarsi.
L'Evangelo (Giovanni 7; 5) aggiunge: « Poiché neppure i suoi
fratelli credevano in lui ».
La loro incredulità non consi
ste nel negare le capacità di Gesù, ma nel pensare che le opere
sue possano essere strumenti di
propaganda.
E se è vero che moltissimi che
non credono anche oggi dicono
che crederebbero in Gesù se egli
intervenisse con la sua potenza
e producesse quelle opere di risanamento di cui creazione e
creature hanno bisogno, è anche
molto vero che moltissimi credenti usano i miracoli come strumento di propaganda.
E chi meglio di Cristo? Egli
è il più qualificato candidato per
essere presentato alle elezioni di
livello mondiale: incontestabile
genio religioso, guaritore, consolatore...
Ma la grossa difficoltà è costituita dal fatto che egli non
pone la sua candidatura: non
vuole che si propagandino le sue
qualità perché sa che gli uomini
cercano in lui tutt’altra cosa che
la gloria di Dio. Gesù sa che anche Satana vuole fare réclame
al Figlio di Dio, pronto a dargli
ogni potenza se egli cambierà le
pietre in pane e se rimarrà illeso pur gettandosi dal pinnacolo
del tempio.
Gesù non vuole soggiogare il
mondo soddisfacendo la curiosità e la brama degli increduli, ma
rivelando ai perduti l’amore che
salva. Chi vuole seguire Gesù sulla via della vittoria e della gloria, come vuole ogni propaganda, non conoscerà veramente colui che invece vuole essere se
rocchie e i pastori protestanti
sono stati interpellati in merito alla situazione di questi rifugiati provenienti da una nazione vicina. Alcune parrocchie avevano già dei contatti stretti
con i rifugiati della Transilvania, ungheresi e rumeni, e li rifornivano di viveri, medicinali,
libri e giornali. Il fatto che improvvisamente questi amici siano arrivati come rifugiati in Ungheria ha provocato un vero e
proprio allarme.
Gli uffici per
l’accoglienza
güito netta via dell’umiliazione
e dell’abbassamento. La propaganda, che ha come obiettivo solo l’esaltazione, è la riprovevole
parodia della predicazione cristiana.
Tra la propaganda e la testimonianza la distanza è piccola
ma la differenza è assoluta.
Un teologo-predicatore affermava che chi testimonia corre
sempre il rischio di diventare
il commesso viaggiatore del Regno di Dio, cioè colui che espone la sua mercanzia e fa l’elogio
dei .suoi articoli: « Sei malato e
vuoi essere guarito? Ecco, Gesù
guarisce; vuoi essere consolato?
Ecco, Gesù dice: venite a me
voi tutti...; vuoi un bel discorso?
Ecco le beatitudini... Se non vuoi
niente di tutto questo, avrai pur
bisogno di un battesimo, di una
benedizione nuziale; accetta, potrebbe essere l’ultima occasione! ».
Fra tanta téclame il cliente
prende una qualunque cosa, il
commesso se ne va felice ma
non sa che ha veramente spento
un lucignolo fumante.
La propaganda è incredulità
perché tesse le lodi, invade, insiste, esagera, mette in evidenza la convenienza.
La testimonianza è fede perché. pur parlando di perdono, non
tace sulla necessità del pentimento, pur parlando di esaltazione
non trascura di parlare di umiliazione, pur parlando di resurrezione non dimentica la morte.
Insamma, nell’Evangelo una teologia della gloria non può trovare posto se non accanto atta teologia della croce.
La maggior parte delle chiese riformate ha reagito in breve tempo, senza aspettare il benestare dello stato. Il 1° febbraio il presidente del Sinodo
di Budapest incaricava la chiesa
di Ràkosszentmihàly (Budapest)
e il suo pastore di aprire im ufficio specifico per i rifugiati rumeni. La stessa cosa avveniva a
Debrecen, nella chiesa di Kistemplom-Ispotàly.
L’ufficio funziona così: tutti i
venerdì pomeriggio, alcuni pastori e volontari sono a disposizione dei rifugiati al centro parrocchiale per aiutarli a risolvere i problemi pratici più urgenti, come la ricerca di lavoro,
ecc. La giornata si chiude con
un culto ecumenico e un pasto
comunitario. Ogni venerdì, anche più di 600 rifugiati cercano
consigli e conforto. Sono sempre più numerosi coloro che,
benché esterni alla chiesa (funzionari, operai dell’industria privata), passano il venerdì pomeriggio alla ricerca di un lavoro,
dì consigli, di aiuto.
Divisi per
forza di cose
Una visita a questo ufficio ci offre un’immagine ormai tipica:
la maggior parte dei rifugiati è
costituita di giovani, tra i 20 e
i 30 anni, uomini e donne, pochi
bambini. I discorsi evidenziano
tutta la loro sofferenza. Per esempio i signori G. provengono
da una grande città della Transilvania. Hanno lasciato il bambino più piccolo dalla nonna; M.
R., invece, è rumeno-ungherese,
ha lasciato la moglie e i figli a
casa. Questi tre adulti sono desolati per aver dovuto abbandonare le famiglie. Si stima che
siano 2.000 i bambini rimasti
laggiù.
Verso un
paese ’’terzo’
Tutti'loro chiedono quali siano le possibilità di emigrare in
Occidente, verso un terzo paese
d’asilo, ben sapendo che gli attuali rapporti tra Ungheria e
Romania impediscono qualunque ricongiungimento familiare.
Ma quale nazione occidentale sa
Salvatore Briante
(continua a pag. 2)
IÌl«
2
commenti e dibattiti
15 luglio 1988
Dissenso completo
IL DI.ATTITO SUL BiMPAiBio qjiestione
di identità
L’azione di Dio e le nostre opere - Quale ricordo del passato? I possibili rischi di fraintendimento - La violenza e la nonviolenza
(segue da pag. 1)
Partecipando alla Conferenza
del 4” Distretto (Bethel, 17-20 giugno), mi sono « astenuto » su
due argomenti per cui tendenzialmente avrei dovuto votare
« no ».
Il primo riguarda il « glorioso
rimpatrio », definito più correttamente da alcimi « il ritorno »
(la gloria spetta solo a Dio!).
Non sono intervenuto — pur
notando una generale indifferenza, soprattutto da parte della
gente più umile — perché è
stato presentato come im momento in cui la chiesa si deve
interrogare sul suo passato per
proiettarsi verso un futuro di
testimonianza e di evangelizzazione, così come Israele ricordava il suo passato per comprendere meglio la sua storia
attuale e ricordarsi della fedeltà
di Dio e della sua chiamata.
Qui vorrei sottolineare le mie
preoccupazioni, perché possano
servire da riflessione.
a) Lo slogan della manifestazione sarà: «Ritornati per costruire ». Bene! Anche la chiesa di
oggi è chiamata a costruire. Cosa? Musei, foresterie e altre pietre inutili o ima società diversa?
Un modo diverso di intendere
l’impegno sociale e politico, un
modo diverso di intendere la comimità e i rapporti personali, un
modo nuovo di intendere là
storia e la pace, con tutte le sue
implicazioni di tipo educativo,
psicologico, socio-politico...
In questa manifestazione si
spenderanno centinaia di milioni. Come?
Vorrei sollecitare il comitato
organizzatore a non fermarsi ai
musei, alle conferenze, ai protagonismi televisivi, ecc.
In questo modo, si spenderebbero solo soldi inutili (non è
il metodo per poter comunicare
con la gente!), energie e tempo
che potrebbero essere spesi altrove e meglio, intelligenze im
uno stimolo ad una rinnovata
mentalità anticattolica astorica.
Se questo ricordo non servirà
a smuoverci e ad agire secondo
il tempo e la nostra storia, sarà
grave e segnerà rinizic del declino!
c) E’ vero! Israele ricordava
il suo passato, ma lo ricordava
a se stesso e alla sua fede: non
lo ricordava agli altri popoli!
Vorrei, cioè, che questa celebrazione si rivolgesse soprattutto agli evangelici, perché ricordino la loro origine e il compito che il Signore ha aflidato loro
anche oggi.
Ben vengano quindi le mostre
e le altre iniziative interne locali, perché possano essere occasione di ripensamento e di stimolo, che avrà l’apice nell’incontro del Sinodo ’89.
Ritengo invece che la celebrazione possa risultare equivoca
ed incomprensibile « fuori » (salvo per qualche intellettuale
’’laico” e aperto). Perché? Almeno per due motivi:
A) Siamo in un paese cattolico e non è facile (per non dire impossibile) far capire la differenza tra una celebrazione cattolica, una celebrazione governativa e una celebrazione evangelica...;
B) Anche se non comparirà
Amaud con la spada sguainata,
bisognerà pur sempre parlare di
questi valdesi che hanno lottato
e hanno anche ucciso.
Certo, la situazione era molto
difficile e complessa, bisogna valutarla con la massima serietà
e col massimo rispetto, ma non
mi sembra (salvo la ’’data” del
rientro, che segna un momento
importante per l’evangelismo
italiano e per l’Italia in genere) che possa essere questo episodio il nostro metro di identificazione storica.
Non credo cioè che si possa
identificare con Arnaud una chiesa che — fino a pochi mesi fa
— ha lottato più o meno convinta per la pace e contro i missili,
in nome di un Cristo che non
vuole la violenza e l’odio, anche
verso i nemici.
Personalmente, mi sento figlio
di quei valdesi che si sono battuti (e si son fatti uccidere...
proprio come Cristo e i suoi primi discepoli...: eppure la chiesa
non è morta!); mi sento figlio —
ripeto — di quei primi valdesi
che si sono battuti perché le armi non venissero usate contro
altri esseri umani, a costo della
propria vita!
La chiesa valdese — oggi —
forse non si riconosce in questi
antichi avi (preferisce i valdesi
’’resistenti”: è una scelta, ma
non la mia).
Forse (e la stasi attuale ne è
una conferma), la chiesa valdese ha lottato ultimamente per
la pace solo perché era di moda.
Ora che non sembra più di
moda (anche se ci sono degli
interessanti fermenti un po’ dappertutto, in modo significativo
tra i cattolici più impegnati),
ora che è stata posta la famosa
« firma », la chiesa non lotta più
per la pace e cambia tema.
Il secondo argomento su cui
mi sono astenuto, ma su cui
tendenzialmente avrei voluto votare di ”no”, riguarda la casa
valdese di Guardia Piemontese.
Su questo argomento, se possibile, ritornerò una prossima
volta. Nino Gullotta
rebbe disposta ad accoglierli? La
questione dovrà in breve essere
posta.
Aver passato un pomeriggio
in quest’ufficio, e la presa di coscienza di questa realtà, ci colpisce. Nel corso di un culto, un
venerdì, il sermone di Geremia
sull’accoglienza sfocia in una richiesta di alloggiamento. Alcuni
membri di chiesa si fanno avanti, i contatti si stabiliscono, alcuni trovano un tetto, almeno
per qualche tempo.
Un impegno con
molti problemi
Più di 4.000 rifugiati hanno
preso contatto con le chiese, di
cui 60 sono ortodosse. Le comunità raccolgono indumenti, viveri, soldi. Un’ondata di impegno e di amore per il prossi
mo si è fatta luce nelle chiese
riformate di Ungheria, e questo
nonostante le crescenti difficoltà
economiche della nazione e
l’aumento della disoccupazione.
Da qualche settimana alcune
richieste d’aiuto seno indirizzate
anche verso altri organismi. La
Croce Rossa ungherese, in collaborazione con l’amministrazione comunale di Budapest e
con il Fronte patriottico, ha
aperto degli uffici di informazione e di indirizzo per i rifugiati
presenti nella capitale. Il parla
mento ha votato uno stanziamento di fondi per gli stranieri che passano per l’Ungheria.
Si tratta di un primo passo verso una politica d’asilo!
Tuttavia lo stato si trova in
una situazione difficile. Un aiuto
più concreto ai rifugiati potrebbe spingerli a farsi sempre più
numerosi, indebolendo ulteriormente la minoranza ungherese
in Transilvania. Per le chiese, il
dilemma è analogo. (ip)
INESATTEZZE
Caro Direttore,
intervengo brevemente a proposito
di due piccole inesattezze rilevate
nell'articolo « In discussione... », che
riferisce circa alcuni temi della recente Conferenza del II Distretto (La
Luce, supplem. al n. 25, pag. 5).
La prima riguarda la Chiesa di lingua inglese di Torino. Questa chiesa,
proprio in base alla convenzione stipulata con il Concistoro valdese di
RAPPORTI CON LO STATO
Torino e con la Tavola ed approvai^
dal Sinodo nel 1969, non ha alc^n
bisogno di essere inserita nel computo delle chiese costituite, perché
essa lo è di diritto, in base all'art. i
della convenzione medesima, indipendentemente dai requisiti che normalmente vengono richiesti alle altre
chiese locali per essere considerale
» costituite » a norma dell'art. 4/BO
4. La seconda riguarda la Chiesa
evangelica di Pavia, la cui situazion ;,
diversamente da quanto affermato nei
l’articolo, non è stata affatto discussa,
né poteva esserlo, come ho spiegato
nel corso della Conferenza, per la
semplice ragione che la Confereiiza
avrà titolo e dovere di discuterla solo quando ne verrà esplicitamente richiesta dalla Tavola.
pegnate a lavorare per cose astratte e lontane dai reali interessi degli italiani.
Questo ricordo venga accomp^nato da iniziative evangelistiche e realmente indicative di
una chiesa in trasformazione
nella coerenza della sua fede!
Le conferenze non evangelizzano e si rivolgono soltanto ad
im ceto socio-culturale, mentre
l’Evangelo è rivolto a tutti!
b) Il pericolo di ogni manifestazione ecclesiastica è quello
di mettere in risalto noi e non il
Signore.
Certo, si dirà che il Signore
era con i nostri padri, ma ciò
che la gente vedrà sono le nostre opere!
Da qui, l’esortazione affinché
l’opera del Signore venga glorificata e le nostre ópiere non
idealizzate (il nostro agire rimane umano e sotto il giudizio
divino, anche se la presenza del
Signore ci fortifica e ci guida).
Un altro pericolo è quello di
sentirci importanti agli occhi
della gente e di Dio stesso solo
per ciò che i nostri antenati
hanno fatto.
In questo senso, la celebrazione potrebbe risultare non uno
stimolo alla conversione, ma
Chiese concordatarie
Ti ringrazio per l'ospitalità e ti
saluto cordialmente.
Salvatore Ricciardi.
Presidente della CED del 11 Distretto
Sergio Romano, in un interessante articolo apparso su La
Stampa (18 giugno), procede ad
un esame della posizione attuale
delle chiese istituzionali nei confronti degli Stati, per concludere
che il recente incontro di Mosca
fra i rappresentanti del clero ortodosso e cattolico e le supreme
autorità del Cremlino ha definitivamente segnato un « ritorno
all’ordine », un recupero del « primato delle gerarchie istituzionali
sulle correnti movimentiste »: le
« grandi chiese » stanno ridiventando concordatarie. « Un’epoca,
quella del Concilio Vaticano, è definitivamente chiusa e questa fine
di secolo potrebbe chiamarsi, nei
libri di testo del secolo venturo,
l’epoca concordataria »; « le
chiese, ridiventate istituzioni,
hanno ritrovato negli Stati i loro
interlocutori naturali ». Con questo non si vuol sostenere che esse abbiano rinunciato alle « loro
finalità storiche » e alia difesa
« per quanto possibile, secondo
circostanze che variano da paese a paese », della loro autonomia. Esse però « non possono esimersi dal collaborare con gli Stati e dal puntellarne l’autorità ».
Mi pare quasi inutile dire che,
se questa analisi è corretta, ci
troviamo di fronte ad un ritorno
al trionfalismo costantiniano, solo in apparenza morto e sepolto
con Pio XII; il connubio fra potere spirituale e quello temporale — l’antica alleanza fra trono
e altare — sarà d’ora innanzi
nuovamente arbitro del vivere
civile. E quel che più rattrista è
la sensazione che la maggioranza
delle chiese istituzionali protestanti sia coinvolta in questa
operazione di rientro: anziché
chiese che protestano in nome
del popolo di Dio e ne interpretano la voce dolente, chiese d’ordine e di potere.
Cala così mestamente il sipario sui nostri sogni anticoncordatari, sulle nostre illusioni di libertà vera, di trasformazioni, di
tensioni ideali e di speranze. Ma
non solo le chiese stanno voltando pagina: anche un vecchio
mondo, quello — come dice Sergio Quinzio (La Stampa, 18.6) —
« dei blocchi ideologici contrapposti ancora modellati secondo
l’antico schema veritàl errore,
giustizia/empietà, sta morendo »,
senza che qualcosa di nuovo riesca a prenderne il posto. « Se
l’Occidente, il suo attuale modo
di pensare e di vivere, ha storicamente vinto, ha avuto storicamente ragione »; (...) insieme con
lui ha vinto « l’idea dell’artificiale ad oltranza, della totale opinabilità ed insicurezza, delle lotte soltanto d’interesse, della mancanza di speranza e di motivi per
vivere » e, si potrebbe aggiungere, delle chiese/spettacolo, delle trionfali parate ecclesiastiche,
di quel mortificante modo cioè di
contrabbandare, come autentico
messaggio cristiano, l’odiosa ed
ipocrita religiosità ufficiale.
Paolo Angeleri
RISTRUTTURARE
RIO MARINA
Signor Direttore,
nell’ormai lontano 1984 ■■ La Luce »
aveva portato a conoscenza dei lettori l'esigenza di ristrutturare la Casa valdese per vacanze di Rio Marina,
invitando a partecipare con un'offerta
alle spese. Ora, a quattro anni di distanza, non si è più avuta notizia né
della data di riapertura di detta Casa,
né della situazione dei lavori né,
qualora qualche impedimento fosse
intervenuto, della sorte delle offerte
che vennero fatte e che, in caso di
mancata attuazione deila progettata
ristrutturazione, andrebbero, come
usa, restituite ai donatori che potranno devolverle ad altro.
Come si fece allora promotore o
informatore dell'iniziativa, potrebbe il
suo settimanale chiedere oggi ai responsabili di fornire urrà risposta ai
suddetti quesiti.
Cordialmente.
Maria Luisa Gariglio, Torino
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i5 luglio 1988
vita delle chiese
NUERTINGEN ■ GUSTAV ADOLF FEST ’88
SAE
Una festa della diaspora Ecumenismo
e dialogo
Un proficuo incontro con altro realtà del protestantesimo mondiale Interviste, canti e danze per comunicare varie esperienze di fede
« Tu hai messo i miei piedi al
largo » (Salmo 31: 8-9X
La calorosa accoglienza e Tefficiente organizzazione hanno fatto si che questa festa fosse realmente tale.
Lo spazio largo (o aperto), cioè
la diaspora, era presente quest’anno alla festa del Gustav
Adolf con rappresentanti provenienti dal Brasile, dalTArgentina,
dalla Spagna, dalla Grecia, dall’Italia, dalla Polonia e dallTJngheria.
Per l’Italia ha partecipato la
chiesa di Frali ed in particolare
la corale di Frali, con un ricco
repertorio di canti in italiano,
francese e patois.
E’ stata un’attività frenetica,
distribuita su uno spazio di tempo di soli due giorni, con un rigoroso rispetto dei tempi stessi.
Il programma del sabato sera
diceva, tra l’altro: ore 19.25, podio principale, coro valdese dall'Italia; ore 19.45, podio spazio
giovani, coro valdese dall’Italia;
ebbene il ritardo c’è stato, ma
di tre minuti soltanto.
I punti centrali della festa sono stati due: il culto solenne,
con santa cena, nella chiesa principale di Nürtingen il sabato pomeriggio e rincontro della domenica pomeriggio in una grande palestra.
Un culto
in musica
Al culto del sabato pomeriggio abbiamo potuto udire una
cantata di Bach per coro, organo e strumenti ad archi durante tutto il culto stesso, con intervalli per la predicazione, le
preghiere e la santa cena, a cui
hanno partecipato circa mille
persone.
Nell’incontro della domenica
pomeriggio, grazie all’aiuto dei
nostri interpreti (Camilla, Daniele, Günther, Klaus, Marianne e
Mirella) abbiamo ascoltato gli
interventi dei vari rappresentanti della diaspora. E’ stato efficace ascoltare esperienze di altre
minoranze evangeliche, conoscere situazioni, in parte simili alle
nostre, in parte diverse ed assai più gravi, l’udire testimonianze di fede e di oppressione
di gruppi che non hanno passati
gloriosi cui riferirsi, ma camminano in avanti, sorretti dalla loro fede e dalla speranza. Singoli
o gruppi, ognuno ha partecipato
con interviste, canti o danze. Il
Canti, danze... un momento della festa, tenutasi in una palestra nel
secondo giorno dell’incontro.
gruppo di Frali ha cantato ed
il pastore di Frali è stato intervistato (già nella festa all’aperto del sabato sera era seguita ai
canti della corale un’intervista
al pastore di Frali ed al maestro
Enzo Tron di Rodoretto). La corale di Frali ha inoltre partecipato al culto bilingue della domenica mattina nella Versöhnung
Kirche (pastori Leibbrand, Tomassone e Langeneck).
E’ assai difficile sintetizzare in
poche righe lo svolgimento di
una festa di due giorni, le emozioni provate, l’intensità della
fraternità vissuta.
V’ogliamo, tuttavia, esprimere
a tutta la comunità di Nürtingen
la nostra gratitudine per la cordiale e calorosa accoglienza, sia
nelle singole famiglie che nelle
chiese. Il nostro pensiero affettuoso e riconoscente va a Mirella, Günther e Miriam Leibbrand
per il loro lavoro organizzativo,
e per aver favorito la realizzazione di questo viaggio. Un ultimo ringraziamento alle trombe
del Württemberg che ci hanno
accolti all’arrivo con il suono
della Cévenole e di Ascoltami,
popolo mio.
Laura Gelso
Critica bibiica
TORINO — La sera di venerdì
27 maggio ha avuto luogo l’ultima manifestazione del ciclo 19871988 del Centro Evangelico di
Cultura, ciclo intenso e frequentato da numeroso pubblico. Si
trattava di approfondire un tema già emerso in un precedente
dibattito: « E’ necessaria la critica biblica? ». Le risposte a questa domanda sono state chieste
a Enzo Bianchi, della Comunità
di Bose, e a Gino Conte, pastore
valdese a Genova.
Bianchi ha premesso una chiara spiegazione degli strumenti
e delle direzioni con cui e verso le quali opera la critica biblica, che considera il testo filologicamente, nell’ambito della
Tutte le strade portano a Roma, dove?
Alla «CASA VALDESE»,
naturalmente!
Situata in posizione centrale e tranquilla, dispone di 50
posti e servizio di ristorante; pratica prezzi ridotti per
gruppi e famiglie numerose.
Un’ottima occasione per chi vuole incontrare gli evangelici romani e dare uno sguardo alla « città eterna ».
Per altre informazioni e prenotazioni rivolgersi a:
CASA VALDESE
Vìa Alessandro Farnese, 18
00192 ROMA
Tel. 061352561
forma, nel contesto di una certa redazione e con riferimento
a una tradizione. Si è soffermato
in particolare sulla critica ispirata a un criterio storico; come disciplina storica essa deve
seguire metodi propri, ma non
va poi confusa con una diversa
disciplina qual è la teologia biblica: la Bibbia non si propone
di darci narrazioni di fatti storicamente esatte, ma un principio teologico. La lettura fatta
secondo la critica biblica è una
premessa necessaria a un’altra
operazione che è la lettura spirituale.
Gino Conte ha rilevato lo sviluppo e l’impatto avuto dalla
critica biblica, che è andata mutando la situazione rispetto al
fondamentalismo che faceva delle Scritture un « papa di carta »
ed era in certo modo idolatra.
E ha fatto alcuni esempi molto
interessanti del modo in cui il
ricopo preliminare alla critica
biblica ha consentito un più vero ascolto della Parola.
Dopo vari interventi, fra l’altro di Eugenio Bernardini e di
Franco Barbero, e le repliche
dei relatori, si è concluso il
fruttuoso dibattito e con esso
l’anno di attività del C.E.C. di
Torino.
Battesimo
VERCELLI — Durante il culto
dì domenica 29 maggio. Germana Margara, rappresentante impegnata del gruppo giovanile
della locale chiesa metodista, ha
ricevuto — nell’intercessione di
tutta la comunità — il battesimo.
• Il 9 maggio è nato a Casale
Monferrato Vittorio Borasio, di
Francesco e Mirella Bottazzo.
Auguri alla famiglia e alla sorellina Barbara Marie da tutta la
comunità.
Dal 30 luglio al 7 agosto si
svolgerà presso il Centro di cultura dell’Università Cattolica, al
Fasso della Mendola (TN), la
XXVI sessione di formazione ecumenica a cura del S.A.E. (Segretariato Attività Ecumeniche).
Come ogni anno, questo movimento interconfessionale di laici
per l’ecumenismo e il dialogo
promuove una sessione nazionale
a cui partecipano diversi esponenti italiani e stranieri del mondo cattolico, ortodosso, protestante ed ebraico.
Il tema della sessione di quest’anno sarà « Ecumenismo e dialogo delle culture », un argomento difficile ma stimolante in
quanto, troppo spesso nel corso
della storia, il cristianesimo ha
rischiato di privilegiare (o addirittura di assimilare tout court)
tma particolare cultura, sacralizzandola magari a discapito di altre espressioni culturali e spirituali.
Da notare la presenza, tra i
vari relatori, anche di Fouad
Khaled Allam, musulmano, do
cente di letteratura islamica all’Università di Trieste.
Fer dare un’idea della ricchezza
dei contributi previsti, interverranno Maria Vingiani, Luigi Sartori, Andrea Joos, Carlo Molari,
Maria Sbaffi Girardet, Pietro Giachetti, Myriam Viterbi, Ben Horin, Benito De Marchi, Traian
Valdman, Giovanni Cereti, Teodoro Fanlo y Cortés, Renzo Bertalot, Glen G. Williams, Ivo Furer
é altri ancora.
Sono anche in programma
gruppi di studio sui seguenti temi: « Le culture nella Bibbia »,
« Le comunità giudeo-cristiane:
culture e teologie », « I fondamentalismi nella storia », « Culture, religioni e ideologie », « Etica
e fede », « Identità confessionale
e adesione critica », « Cultura
della solidarietà », « Scienza, tecnica e comunicazione culturale »,
« Linguaggi della fede e della cultura », « Unità, pluralità e cultura
del dialogo ».
Fer informazioni e prenotazioni (fino ad esaurimento posti e
comunque non oltre il 18 luglio)
telefonare allo 06/6374033, ore
10-13,30.
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
XV agosto a Pramollo
CORRISPONDENZE
La festa del XV agosto, il simpatico appuntamento annuale
nelle valli valdesi, si terrà quest’anno a Pramollo, in coincidenza con il 1” centenario della costruzione del tempio.
Il programma prevede, al mattino, la celebrazione del culto,
con la partecipazione dei trombettieri; nel pomeriggio comunicazioni, giochi, canti.
A cura della chiesa di Pramollo sarà organizzato un ricco
buffet.
In caso di maltempo l’incontro sarà nel tempio.
Concerto d’organo
LUSERNA S. GIOVANNI —
Sabato 23 luglio, alle ore 21, nel
tempio valdese, Walter Gatti
terrà un concerto d’organo con
musiche di Bach, Haendel, Walther, Zipoli. L’ingresso è libero.
• Domenica 24 luglio, alle 15.30,
in località Castlusset, sulla collina di San Giovanni, si terrà un
culto all’aperto a cui tutti sono
cordialmente invitati. Castlusset
è posto sulla strada che dal
« monumento » dei Peyrot sale
verso Ciò d’ Mai.
• Il Concistoro è convocato
per venerdì sera 15 c.m., alle
ore 21, al presbiterio per un
incontro con i deputati al Sinodo. All’ordine del giorno l’esame dei documenti preparatori
del Sinodo.
Nozze
SAN SECONDO — I culti delle
domeniche 19 e 26 giugno e 3
luglio sono stati tenuti, rispettivamente, dal past. A. Genre, e
dai fratelli Dino Gardiol e Aldo
Garrone.
Li ringraziamo sentitamente
per la loro buona collaborazione
e il messaggio rivoltoci.
• Il 16 giugno, nel nostro tempio, si sono uniti in matrimonio
AntoneUa Pons, della chiesa di
S. Secondo e Sandro Guido Gay,
della chiesa di S. Giovanni. Ha
presieduto il pastore dello sposo, Bruno Bellion.
Agli sposi, che si stabiliscono
a Lusema S. Giovanni, i nostri
più cordiali auguri nel nome
del Signore.
Benvenuta!
VILLAR PELLICE — Diamo
un cordiale benvenuto a Edi, primogenita di Natalino Catalin e
di Desi Ayassot, con felicitazioni
e auguri nel Signore.
• Esprimiamo viva gratitudine al gruppo di trombettieri del
Baden che, guidati dal fratello
Ludwig, hanno accompagnato
gli inni al culto di domenica 3
luglio.
• La sorella Margherita Catalin vedova Cordin ci ha lasciato
all’età di 85 anni. Ai familiari rinnoviamo la fraterna solidarietà
della chiesa e nostra nel dolore
della separazione, ma anche nella speranza della resurrezione
in Gesù Cristo.
Domenica 17 luglio
□ ASSEMBLEA TEV
TORRE PELLICE — Domenica 17 luglio, presso la Casa unionista di via
Beckwith, aile ore 15 ha luogo l’assemblea della TEV.
□ ISLAM E VANGELO
TORRE PELLICE — Nell'ambito della
iniziativa Tempio aperto, domenica 17
luglio, alle ore 17.30, il pastore Letizia
Tomassone parla su « IsIam e Vangalo: conoscere per capire ».
Domenica 24 luglio
□ INCONTRO AL
COLLE DELLA CROCE
BOeSiO PELLICE — Giunto alla 55*
edizione, si svolge l'annuale incontro
al Colle della Croce con un programma
che prevede alle ore 10.30 II culto con
S. Cena presieduto dai pastori Christian MazeI e Claudio Pasquet; nel
pomeriggio incontro di fraternizzazione
e di scambio sulla vita delle chiese
protestanti In Italia ed in Francia.
4
4 prospettive bibliche
15 luglio 1988
1
« Io vi mando come pecore in
mezzo ai lupi; siate dunque
prudenti come i serpenti e
semplici come le colombe.
Guardatevi dagli uomini; perché vi metteranno in mano ai
tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e
re per causa mia, per servire
di testimonianza davanti a loro e ai pagani ».
« ..non li temete dunque; perché non c’è niente di nascosto
che non abbia a essere scoperto, né di occulto che non
debba essere conosciuto ».
« Chi avrà trovato la sua vita
la perderà; e chi avrà perduto
la sua vita per causa mia, la
troverà ».
(Matteo 10: 16-18; 26; 39)
Questo testo ci presenta l’opposizione di due poteri. Uno teso a distruggere e infliggere sofferenza, l’altro invece teso ad affermare la vita
e resistere contro le sofferenze.
Cominciamo per ordine.
Per quanto sia difficile stabilire
l’identità degli avversari dei discepoli, appare chiaro che questi hanno
un enorme potere. Dalla loro parte
costoro hanno tribunali e leggi, ma
anche personaggi influenti al più alto
livello, fino ad arrivare a governatori
e re. E come se non bastasse, possono vantare l’appoggio di vasti settori
della religione costituita.
Se, dunque, il dato storico si presenta come problematico allo studioso del testo, quello teologico appare molto più chiaro: Matteo, qui,
parla del potere di questo mondo.
Quel potere che tende alla sua autoperpetuazione e proprio per questo
necessita di accrescersi, quel potere
che incede alla sua autocelebrazione
fino alla paranoia. E la morte di milioni di persone può essere utile a
magnificarne la grandezza.
Il potere genera
la paranoia
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
IL POTERE
LOGORA
CHI CE L’HA
Quello che presentiamo in questa pagina è il testo di una predicazione tenuta in occasione di un digiuno organizzato da cattolici ed evangelici delle Puglie per protestare contro il trasferimento degli F-16 dalla base di Torrejon (Spagna) in Italia.
Al digiuno hanno partecipato circa 60 persone, che si sono alternate
a gruppi di 4-5 ogni due giorni.
Nel corso di questa forma di lotta nonviolenta hanno avuto luogo mostre, incontri con autorità locali, azioni di preghiera di fronte all’aeroporto di Gioia del Colle, volantinaggi, incontri con la popolazione per
sensibilizzarla alla questione.
La Caritas cattolica e la Chiesa Evangelica Battista di Gioia del Colle
hanno pienamente aderito all’azione, mettendo a disposizione i propri locali.
Per quanto riguarda poi l’argomento secondo il quale questi aerei
sarebbero difensivi, esso va semplicemente denunciato come falso. Nessuno oserebbe applicare l’alta tensione alla maniglia della porta di casa
sua per guardarsi dai ladri!
La Parola
rivoluzionaria
Mi viene in mente quanto leggevo
in un saggio di Elias Canetti, uno
scrittore ebreo, che racconta del progetto di Hitler di farsi costruire a
Berlino un Arco di Trionfo grande il doppio di quello di Parigi e sul
quale si sarebbero dovuti scrivere i
nomi di tutti i morti tedeschi caduti
durante la T guerra mondiale: 1 milione 800.000 nomi. La paranoia di
questo potere è tale che ha bisogno
di costruirsi un monumento sul sacrificio di milioni di persone, ed il
fatto che si tratti di amici o nemici è
soltanto incidentale!
Noi, oggi, mentre cominciamo questo digiuno di preghiera e lotta contro la decisione di trasferire gli F-16
a Gioia del Colle, vogliamo avvertire
tutti contro questo potere. Esso seduce e affascina. C’è chi vuole costruire su queste armi micidiali il
proprio prestigio e la propria forza,
lasciando atterrito l'uomo della strada, che dispera così definitivamente
di poter essere protagonista del proprio destino.
No, questi aerei rispondono invece ad una precisa strategia militare
che cerca di rafforzare le capacità
offensive della NATQ contro il pericolo che viene dal Sud. Sì, proprio
quel Sud tanto martoriato e tanto
depauperato dai paesi ricchi del
Nord.
Nel testo biblico la persecuzione
annunciata contro i discepoli sembra
essere sproporzionata rispetto al pericolo che può essere rappresentato
da dodici persone. Ma questo potere
è fatto così, costruisce dei nemici ad
hoc e li rende odiosi mostri, e tutto
questo serve a giustificare le proprie
capacità offensive e distruttive.
A fronte di questo potere, così determinato e incontrastabile, ci sono i
discepoli. Dodici persone che hanno
ben poco in comune, se non il loro
maestro, Gesù. Cosa volete che abbia
da spartire uno zelota con un ex
esattore delle tasse?
Questi sono mandati con un messaggio. Una notizia buona e anche
gioiosa, tanto sintetica che nessuno potrà dimenticarsene: il regno
di Dio è vicino.
Questo e niente più, né pratiche religiose o ascetiche, né complicate liturgie, né segreti spirituali. Solo questo, ma anche niente di meno di
questo.
Questi discepoli non vantano amici
influenti, né hanno denaro per comprare « consenso », e non sono neppure degli abili oratori, hanno solo
una parola, una parola che neppure
appartiene a loro.
Se però qualcuno pensasse che costoro sono senza potere, si sbaglierebbe di grosso. Questi discepoli hanno lo stesso potere del loro maestro:
possono sanare i malati, guarire i
lebbrosi e risuscitare i morti.
Il loro è il potere della vita, è il
potere di riaccendere nel cuore dei
rassegnati e degli sconfitti la speranza
della liberazione e della giustizia. Certo, questo è un potere affatto diverso
dal primo. Chi lo possiede non cerca
la propria autoperpetuazione, ma si
cura dell’altro. Il suo fine non è il
proprio monumento sulla morte delle masse, ma la vita degli altri, se
necessario, anche a costo della propria. I suoi mezzi non sono la manipolazione e la costrizione, ma la
nonviolenza e l’agape.
”sì” di Dio
II
alla vita
lità. Ogni persona che li avrà incontrati dovrà farsi carico del suo « sì »
o del suo « no » e la risposta non
sarà affatto indifferente. Su chi avrà
detto di no, infatti, già incombe la
tragedia del giudizio.
La nostra partecipazione a quest'j
digiuno, dunque, non è per dire semplicemente no agli F-16, così come i
discepoli non erano portatori di un
messaggio di rifiuto, ma siamo chia
m.ati a rendere partecipe la gente di
un grande « sì », il sì di Dio alla vita
di ogni essere umano. Non basta la
nostra ostinazione contro gli F-16,
ma è necessaria una ferma decisione
per la speranza che Cristo ha messo
in noi.
Questo digiuno non ha nulla di
eroico, né è un atto di purificazione
religiosa. Si tratta piuttosto di una
maniera per indicare l’urgenza del
messaggio che stiamo portando. Digiuneremo perché non avremo tempo per mangiare, perché il messaggio
affidatoci esige una risposta che non
può più essere rimandata.
Il potere di Dio
è la croce
E’ venuta l’ora per i discepoli di
Gesù di venire allo scoperto, di annunciare a voce alta sui tetti delle
■chiese quanto hanno sentito nell’intimità dei loro culti domenicali. E’
venuta l’ora di non confidare in
nient’altro che nella Parola di Dio e
di annunciarla senza trionfalismi, ma
anche senza alcuna paura verso coloro che possono solo infliggere sofferenze al corpo, ma non certo allo spirito.
La missione di questi discepoli,
però, non è eroica. Anzi essi sono avvertiti che, se si renderà necessario,
dovranno scappare da una città all’altra. Potranno andare incontro a
degli insuccessi. La gente potrebbe
non accoglierli, potrebbe non accettare la pace di cui sono portatori.
Già, perché il vangelo vince solo
quando convince e quando porta
conversione.
Tuttavia quando i discepoli avranno visitato i villaggi, ognuno sarà
messo dinanzi alle sue responsabi
Un’ultima cosa, breve ma fondamentale. I discepoli sono mandati
coi poteri di Gesù. Ma nessuno è autorizzato a dimenticare che il suo
massimo potere è stato e rimane la
croce: il potere di dare la sua vita
per la salvezza del mondo. Su questo
non mi dilungo, la croce è ancora difficile per me, troppo difficile; concludo perciò con le parole stesse che
Matteo riporta alla fine di questo
lungo discorso, parole di Gesù stesso: « Chi è pronto a dare la propria
vita per me, la troverà ».
Massimo Aprile
i
5
15 luglio 1988
obiettivo aperto
ENTROPIA E QUESTIONE ENERGETICA
Un bivio inevitabiie per il futuro deiruomo
Squilibri climatici e dispersione delle risorse - E’ indispensabile ordinare diversamente i consumi di fronte all’accumulo di disordine - La riflessione delle chiese e il programma del CEC su pace, giustizia e integrità del creato
Fra i temi ricorrenti trattati
dal nostro settimanale, quello
relativo al degrado del mondo in
cui viviamo occup)a un posto di
una certa rilevanza. La cosa —
forse contro l’oppMDSta opinione
di qualcuno — non ci pare d’altronde fuori luogo a causa della
gravità e della complessità dei
problemi connessi, di fronte ai
quali le Chiese non possono tacere.
Un aumento
spropositato
Oltre al recente rapporto del
Woddwatch Institute 1988 sullo
« stato del mondo », di cui ci
siamo già occupati, è giunta ora
la denuncia di uno dei maggiori
e-sperti mondiali dei problemi
climatici, James Hansen della
Nasa (l’ente spaziale americano).
Dav-mti al Congresso degli Stati
Uniti, egli ha affermato che nei
primi cinque mesi del corrente
anno l'aumento della temperatura è stato sensibile rispetto a
quello degli stessi periodi stagionali finora misurati (da
130 anni), soggiungendo che la
causa di queste variazioni è da
attribuirsi alle azioni umane (anidride carbonica ed altri gas inquinanti). La stessa siccità sofferta da alcuni Stati americani
e Tabnorme scioglimento di ne\'i e ghiacciai registrati negli ultimi anni ne sarebbero una prova ulteriore.
dn altro rapporto, della Coniiiìissione mondiale per l’amhien1e e lo sviluppo — sottoscritto
appunto da scienziati di tutti i
continenti — sottolinea che oceani e atmosfera non conoscono confini di Stato e che le ri■sorse del pianeta sono un bene
comune che può bastare a tutti
solo se gestito in cooperazione
internazionale.
Infine, ancora da parte americana, uno studio del Centro nazionale di ricerca atmosferica
del Colorado afferma che i mutamenti climatici non altereranno solamente l’agricoltura e la
navigazione ma anche le altre
attività umane.
Siamo tutti
responsabili
Queste denunce, assieme a
tante altre anche a livello nazionale e locale, non ci possono la
sciare indifferenti o, peggio ancora, condurci ad assuefazione.
Dobbiamo partire dal presupposto che ognuno di noi è allo stesso tempo implicato e corresponsabile di questo stato di cose.
Ce ne deve rendere edotti anche una legge fìsica, ineluttabile come quella della gravità. Si
tratta del secondo principio della termodinamica, detto dell’entropìa.
Preghiamo il lettore di non lasciarsi scoraggiare né dal nome
né dall'argomento, perché si tratta di nozioni piuttosto semplici
ma che nello stesso tempo condizionano resistenza del mondo
abitato. Quando si sia letto l’enunciato contenuto nel riquadro,
si potrà proseguire nella lettura e si comprenderà come questa legge investa tutti i settori
dell’attività umana.
Questa premessa e la successiva esposizione sono state tratte da un libro del 1980 deH’economista statunitense Jeremy Rifkin, pubblicato nel 1982 da Mondadori col titolo « Entropìa, una
nuova . concezione del mondo ».
Si tratta purtroppo di un libro
praticamente fuori commercio
(entrato a suo tempo nel circuito del « club del libro », e meritevole di ben altra diffusione) di
cui devo la lettura alla cortesia
di una persona amica.
Lavoro umano
ed energia
Mai come in questi tempi, in
cui la questione delle fonti energetiche e del loro reperimento
si è rivelata come uno dei più
pressanti problemi per Fumanità, abbiamo preso coscienza come queste fonti si stiano sempre più rarefacendo. Più che mai,
oggi, il lavoro umano è utilizzazione di energia disponibile. Se
oggi facciamo « meno lavoro »
ciò deriva unicamente — sottolinea Rifkin — dal fatto che esso viene eseguito dalle macchine anziché dalla forza muscolare. Di conseguenza, secondo la
legge dell’entrcupìa, l’imponente
flusso di energia Usato dalla società odierna sta creando un enorrne disordine nel mondo:
« Mentre ci aggrappiamo all’illusione di essere al sicuro, vestiti e protetti, siamo sempre
più esposti e compromessi dai
frammenti di un mondo disordinato costruito da noi ». Lo
SCHEDA
Cos'è l'entropìa
La prima legge della termodinamica (e cioè di quella parte
della fìsica che studia le trasformazioni reciproche fra le varie forme di energia) afferma che la materia e l’energia nell’universo sono costanti e che non possono essere né create
né distrutte, ma si trasformano.
La seconda legge, vale a dire la legge dell’entropìa, dice
che la materia e l’energia possono essere trasformate in una
sola direzione, cioè da uno stato utilizzabile ad uno stato
inutilizzabile, da uno stato disponibile ad uno non più disponibile, da uno stato di ordine ad uno stato di disordine.
Nella sostanza, questa seconda legge sostiene che ogni
cosa nell’universo intero ha avuto inizio con una struttura
e con un valore e si sta inarrestabilmente trasformando verso una situazione di disordine e di degradazione: ogni volta
che si crea un’apparenza di ordine, questo avviene a spese
di un maggior disordine prodotto nell’ambiente circostante.
L’entropia è una misura della quantità di energia che
non è più possibile convertire in lavoro. Più l’entrcpìa aumenta, più diminuisce l’energia disponibile e più aumenta
l’inquinamento. Essa rimane per ora l’unica legge scientifica
in grado di spiegare il mondo in cui viviamo ed il modo per
sopravvivere in esso.
Questa parola è stata coniata dal fisico tedesco Rudolf
Clausius nel 1868, ma il principio che ne sta alla base è stato
scoperto 40 anni prima dal francese Camot.
(da Entropia, di J. Rifkin)
sfruttamento dell’energia non è
che una delle tecniche moderne
in cui la legge deU’entropìa è
ampiamente dimostrata; basti
pensare a tutti i suoi effetti secondari che rappresentano appunto il « disordine »: le radiazioni e il cancro, le piogge acide, l’effetto serra, il buco nell’ozono atmosferico, Favvelenamento da monossido di carbonio,
l’inquinamento. Secondo l’autore,
l’umanità è ormai giunta ad uno
« spartiacque entropico ». Decorre passare dall’attuale stato di
sfruttamento delle risorse ad un
ordinamento che riduca al minimo il flusso energetico e che
a sua volta faccia rallentare il
processo entropico. E’ necessario favorire attrezzature piccole
e decentrate che devono costituire il primo passo nella transizione da una base energetica
non rinnovabile (carbone, petrolio, atomo, ecc.) verso risorse energetiche rinnovabili (sole, vento, maree, geotermia, ecc.).
L’autore esamina poi i vari
settori dell’attività umana, dall’economia alla politica, dall’industria alla sanità, dal commercio agli armamenti, ecc. e dimostra che in ognuno di questi settori la legge defl’entropìa si ritorce contro l’uomo ed il suo
ambiente.
Una parte del libro di Rifkin
è dedicata anche all’aspetto religioso della questione. Dopo aver
premesso che le religioni orientali — ed in particular modo
l’ideologia buddista — hanno
compreso fin dal principio l’importanza di ridurre al minimo
il flusso energetico diminuendo
l’accumulo di disordine, l’autore
afferma che il torto aelle fedi
giudaico-cristiane è stato quello
di basarsi vieppiù sul concetto
di « dominio » e di « assoggettamento » della terra e di tutto
ciò che la compone e la abita.
Una teologia
’’espansionistica”
La Riforma protestante poi, a
sua volta, ha dato origine ad una
teologia « espansionistica », particolarmente adatta all’era economica degli ultimi quattrocento anni. Ma, per fortuna — egli
osserva — ora le cose pare stiano cambiando. Al concetto di
sfruttamento sta subentrando
quello di « conservazione » e di
« custodia »: Dio ha stretto un
patto con l’umanità; uomini e
donne devono agire come suoi
custodi sulla terra, preservando
e proteggendo ciò che Dio ha
creato.
L’autore nota particolarmente: « La nuova dottrina della custodia e le leggi della termodinamica, se combinate con una
teologia più ortodossa [sarebbe
forse stato meglio dire « più coerente »] costituiscono il punto di
partenza di una nuova dottrina
cristiana riformulata, e di una
nuova alleanza che è in armonia coi requisiti ecologici di una
concezione entropica del mondo.
Soprattutto, la dottrina della custodia dà una risposta alla domanda più importante: ’’Perché
devo assumermi la responsabilità d’aver cura e di preservare
l’ordine naturale?”. Perché si tratta deH’ordine di Dio. Dio lo ha
creato e ha dato agli esseri umani la responsabilità di custodirlo. Tutto si riduce all’idea di
servire Dio o di rifiutarlo ».
Di fronte a questa « nuova Riforma cristiana » che, se non so
stituisce, pone accanto all’etica
del lavoro quella della conservazione, l’autore pone in guardia
il mondo cristiano sui fenomeni
cosiddetti « evangelical » americani (di cui ci siamo ampiamente interessati), che potrebbe
L'EFFEnO SERRA
SI; Inquinanti, come l'aniride carbonica e altri gas
industriali, vengono rilasciati
nell'atmosfera da auto e fab
..SiSSvr.
O Anziché disperdersi questi elementi chimici rimangono intrappolati nell’atmosfera e sovrastano la Terra, avvolgendola come in una coperta.
• La luce del soie passa
attraverso questa coperta e
riscalda il pianeta, ma la coperta impedisce poi al calore
di uscire e di tornare verso lo
spazio.
il
I ü’il
O Gli scienziati ritengono
che sotto questa coperta la
Terra si trovi come chiusa in
una serra. E prevedono che il
calore dovuto a questo «effetto serra» provocherà forti
cambiamenti nei clima dei
pianeta, sconvolgendo l'equilibrio dell’ecosTstema.
ro invece diventare il retroterra
culturale di base per una sempre maggiore involuzione, anche
a carattere politico. Un’involuzione che — allo scopo di proteggere le sempre più pressanti pretese economiche e l’accumulo illimitato di beni — potrebbe condurre anche a misure autoritarie e comunque antidemocratiche.
Ricordo che questo libro è stato scritto nel 1980 e quindi antecedentemente all’appello della VI
Assemblea del CEC di Vancouver del 1983 per la convocazione
di una Conferenza mondiale delle Chiese sulla giustizia, sulla
pace e sull’integrità del creato.
C’è da augurarsi che le Chiese
procedano sempre più speditamente e decisamente anche su
questo cammino, orientando l’opinione pubblica mondiale verso
questi problemi veramente basilari e indifferibili.
Energie rinnovabili
unica soluzione
Secondo Rifkin, per passare
da una società ad alta entropìa
ad una a bassa entropìa, assolutamente necessaria per la conservazione del mondo, non vi è
che il ricorso alle energie rinnovabili, ed in modo particolare a
quella solare. A tale proposito
egli afferma che una cosa deve
essere ben chiara: questa transizione — non sottolineata a sufficienza dai sostenitori di tale
energia — dovrà iportare modifiche rivoluzionarie nel modo di
vita deU’uomo: « L’era solare,
verso cui ci stiamo avviando, sarà così diversa dalla nostra era
industriale, allo stesso modo come questa è stata diversa da
quella medioevale che ci ha preceduti ».
In questo sta anche il dramma dei paesi del Terzo Mondo
che, mentre da un lato stanno
cercando di procurarsi infrastrutture industriali, dovranno poi
dall'altro scoprire che « non potranno più assicurarsi quantità
adeguate di energia non rinno
(da Panorama)
vabiie per mantenere in funzione la loro macchina economica ».
La conclusione è problematica: « II dilemma è di vedere se
continueremo ad adottare il nostro vecchio modo di pensare
cercando inutilmente di costruire una struttura ad energia solare ad elevato sfruttamento delle risorse oppure se metteremo
a punto una struttura energetica che mantenga al minimo il
flusso delle energie e delle risorse ». Ma la previsione è anche
drastica: come, con il passare del
tempo, si è passati da una economia agricola ad una industriale e poi al settore dei servizi,
così per il futuro è necessaria
una inversione di tendenza. L’agricoltura necessiterà nuovamente di molta mano d’opera, mentre la produzione si orienterà
sui beni necessari al mantenimento della vita ed i servizi (il
cosiddetto terziario) si ridurranno all’essenziale.
Una sorta di « day after » insomma. D’altronde l’autore non
ha dubbi: l’umanità si trova ad
un bivio della sua storia. Sta a
lei riconoscere ed accettare questa legge dell’entropìa che — se
è una assoluta legge fisica dell’universo — nel contempo ci rivela una semplice verità: « Ogni
singolo atto compiuto nel mondo subisce l’effetto di ciò che lo
ha preceduto cosi come, a sua
volta, esso influenzerà ogni cosa che lo seguirà ». Sta a noi accettare, col nostro comportamento, col nostro modo di vivere
quotidiano (anche il fumo di
una sigaretta genera entropìa!),
una nuova visione del mondo
per la sua conservazione e per
amore di coloro che ci seguiranno.
L’economista Georgescu-Roegen, nel commentare nella postfazione il libro di Rifkin, conclude affermando che il coman
damento suggerito dalla svolta
attuale della vita dell’uomo sul
pianeta non può essere che:
« Ama la tua specie come te stesso ».
Un certo Gesù Cristo Taveva
già detto circa duemila anni fa.
Roberto Pejrrot
6
valli valdesi
’I
15 luglio 1988
Tulti
al Colle!
Certo, oltre che alla gioia di
ritrovarsi e fraternizzare alla luce della Parola di Dio, quali e
quanti problemi, in uno scambio
plurinazionale, oggigiorno preoccupano le masse giovanili: il lavoro, la droga, te delinquenza,
l’insicurezza a crearsi una famiglia, le questioni legate alle masse di immigrati che ormai premono alle porte d'ogni paese
d’Europa, i giovani ed il servizio
civile e l’incerto loro avvenire!
I « temi » di grande o di relativo
peso non sono mancati per chi
visse gli incontri negli anni del
primo dopoguerra, i Meyer,
Monod, A. Jalla, Tini Jahier, Emilio Tron, Adolfo Jouve, l’avv.
on. Bonfantini con Arnaldo Pittavino, Edoardo Aime, il dr. Mario Jahier, Ermanno Genre, Gui
do Ribet.
Non sempre si è trattato di
giornate di soie, anzi sovente si
è sofferto temporali, grandinate,
il pizzicante mistral. Ciò non ha
impedito che centinaia e centinaia di giovani e adulti ed interi
gruppi familiari partecipassero
e rallegrassero rincontro. Ottimi
culti, interessanti conversazioni
e tanti canti. Nel suo lungo ed
a volte tormentoso cammino attraverso i secoli il popolo di Cristo ha sempre cantato; canti di
lode e di speranza, particolarmente in questi nuovi tempi ricchi di fermenti e nei quali si avverte per la vita delle comunità,
di qualsiasi denominazione, un
cammino arduo o comunque non
facile. Ed allora il canto di inni
dai testi ispirati, viriti, carichi
di una fede in lotta con le avversità, il dubbio e le mille delusioni del quotidiano, quei cantipreghiera lassù, sulla montagna,
al colle, offrono una suggestiva
e potente azione di rinsanguamento e riedificazione. E la fiducia nel Signore si accresce:
...« Toi qui disposes / de toutes
choses / et nous les donnes chaque jour / reçois ô Père / notre
prière / de reconnaissance et
d’amour! ».
Sono stati informati della « rencontre » parecchi amici di Francia, Svizzera e Germania anche
con brevi comunicati ai giornali
evangelici e unionisti; noi della
Val Pellice e delle vallate viciniori faremo tutto il nostro possibile per andare, la domenica 24
luglio, lassù in alto dove con Habacuc constateremo che « gli antichi colli si abbassano» (3: 6)
e per di più potremo realizzare
quanto è buono e piacevole che
fratelli dimorino insieme (Salmo
133: 1).
BOBBIO PELLICE
Occitani in festa
tra ricordo e futuro
Autopullman
Al « Rescuntre Usitan » i problemi della montagna, dallo spopolamento alla perdita di identità - Canti e danze tra cultura e festa
L’iniziativa nacque per un atto di fede e testimonianza negli
eterni valori della solidarietà e
della fratellanza umana. Per essa
Dio esaudisce i nostri voti, ci
rende realmente Uberi e forti, ci
offre certezze in pienezza comunicativa con Lui. Noi, un pugno
di giovarti, credemmo allora che,
malgrado le disposizioni politiche e poliziesche del tempo (eravamo nella intollerante e fosca
«era fascista»), non potevamo mancare agli inviti dei fratelli cristiani evangelici della
Francia. A dispetto di tutti i divieti (come scriveva cinque anni fa su « Cronache » il compianto Emanuele Tron) «la rencontre » si fece: « C’est aux jeunes
de continuer cette belle tradition et pour les prochaines éditions ceux qui ne pourront plus
directement les voir, espèrent que
l’appel de la montagne et de la
fraternité aura réuni une belle
assemblée au Col la Croix ».
Tre giorni di festa occitana
hanno coinvolto alTinizio di luglio il comune di Bobbio Pellice; gli occitani delle valli alpine
di entrambi i versanti hanno infatti scelto l'alta vai Pellice per
il loro terzo « Rescuntre ».
Si sono così alternati momenti di festa tradizionale con canti
e balli (particolarmente riuscita
l’esibizione dei Balerin del Bessè, vai Varaita) e momenti di
riflessione politica o culturale.
Uno di questi è stato il convegno-riflessione sul passaggio
da quel documento base per l’autonomia della montagna che è
stato la Carta di Chivasso, firmata in pieno tempo di Resistenza (dicembre 1943) a quel 1992
che dovrà segnare la caduta delle barriere nazionali fra i paesi
europei, almeno sul piano economico.
Nella sua lunga relazione il
prof. G. Héraud ha evidenziato
come in tutte le regioni d’Europa vi siano delle etnie particolari che ben sovente hanno dovuto attendere molto prima di
veder riconosciuta la propria identità e del resto ancora oggi,
in molti casi, ciò non è ancora
avvenuto (basti pensare al caso
limite del popolo basco).
Ma, è stato detto da altri, proiettandoci verso il 1992, bisognerebbe riuscire anche a mutare
una situazione che attualmente
si prefigura al massimo come unione o federazione di governi,
di vertici e non di popolazioni;
senza dimenticare che mentre si
discute di problemi di etnie locali, legati a piccoli lembi di terra particolari, esiste un problema di immigrazione che nel 2000
raggiungerà proporzioni vastissime da paesi extraeuropei, dunque gente che la sua terra Tavrà
soltanto nel cuore ma non certo a fKHtata di mano.
Buona parte del convegno è
stata però dedicata ai problemi
della montagna, dello spopolamento, della perdita di identità,
alle trasformazioni che tutte le
valli alpine staimo vivendo e che
non paiono oggi in grado di gestire.
« Non siamo riusciti a produrre una classe politica dirigente
a livello regionale, malgrado le
forti spinte ideali degli anni '70 »,
è stata la considerazione del capogrupjx) comunista alla Regione Piemonte, Bontempi, poi ripresa dal presidente della Comu
VAL PELLICE
L’ovovia non si farà
Domenico Abate
Il consiglio di Comunità Montana Val Pellice - USSL 43, che
probabilmente dovrebbe essere
stato l’ultimo ospitato nella sala consiliare di Torre Pellice vista la inaugurazione della nuova sede, dopo un inizio in sordina ha visto alcune intense e
movimentate discussioni su 2-3
punti alTo.d.g., facendo concludere i lavori ben oltre la mezzanotte.
La notizia più interessante, già
nell’aria da tempo ma non ancora comunicata ufficialmente, è
quella della fine dei sogni o delle preoccupazioni (a seconda delle angolature con cui si affrontava il problema) per quanto riguarda la famosa « ovovia » di
Bobbio, che avrebbe dovuto condurre i turisti a sciare sui versanti francesi delle Alpi con dei
benefici economici anche per il
territorio italiano, dovendo la valle ospitare determinate strutture ricettive. Ebbene, entro il settembre '87 la società Technipro,
a capitale straniero, avrebbe dovuto presentare i suoi progetti
in modo che tutti potessero esaminarli ed accettare o meno le
prospettive derivanti.
« 1! progetto — dice il sindaco
di Bobbio Charbonnier — era
pronto da tempo »; non si è pe
rò mai visto; sono venuti a mancare determinati presupposti
perché assumesse veste concreta, sia sul piano dei collegamenti viari in Italia, sia sul piano
della effettiva volontà di operare in questo senso da parte dei
Comuni francesi che in im primo tempo sembravano entusiasti delTiniziativa. Può darsi che
una proposta di questo genere
venga ripresa da altre valli, del
cuneese, per esempio, mentre
« per quanto riguarda la Val Pellice — ha detto il presidente Bongo — si tratta ora di riprendere
le varie proposte presentate nel
documento programmatico della
Comunità Montana».
nità Montana Val Pellice, Bongo;
e così diventa anche più difficile
far passare a livelli politici superiori quei problemi, spesso
drammatici, che tanti documenti degli enti locali spesso evidenziano.
E’ così riecheggiata in alcuni
interventi la sottolineatura del
rischio che le valli alpine diventino una specie di riserva in cui
i cittadini, nel loro tempo libero,
trascorrono alcune ore, visitando questo o quel monumento o
località, ma senza percepire il
mondo che in realtà costituisce,
sul piano culturale, umano ed
economico, una valle.
ANGROGNA — Nel corso della sua ultima seduta il Consiglio
comunale ha deliberato l’acquisto di un nuovo veicolo da utilizzare nel servizio di autopullman di collegamento con Torre
Pellice in sostituzione di uno dei
due automezzi ormai giunto «all’età della pensione ».
Il nuovo mezzo, un pulmino
Mercedes da 19 posti, costerà
oltre 80 milioni, coperti con contributo regionale in misura del
75%. Va ricordato che il servizio
di autopullman, funzionante nel
periodo di apertura delle scuole tutti i giorni, durante Testate
è valido soltanto nei giorni di
mercoledì e venerdì.
Nuova sede
Questo è uno dei rischi da superare e le stesse giornate lo
hanno ampiamente confermato:
da un lato una partecipazione
qualificata ma ridotta nei termini al convegno, dalTaltro la folla tipica di ogni festa di fronte
alle danze ed ai canti. Col rischio
della confusione, con i balli in
costume di un tempo accanto
ad esecuzioni « volenterose » di
« Quel mazzolin di fiori », che di
occitano pare avere assai poco.
Rischio di confusione, dicevamo,
a meno che il problema sia ancora un altro, e cioè di capire
qual è il livello di cultura, di
identità maturato in queste valli, o rimasto, rispetto ad un tempo che pare passato ed è quindi
molto difficile da far rivivere ed
ancor più da comunicare.
Piervaldo Rostan
TORRE PELLICE — Era assai
affollata la nuova sala consiliare della Comunità Montana Val
Pellice-USSL 43 venerdì 8 luglio
scorso in occasione della inaugurazione ufficiale della nuova
sede dell’Ente di valle. L’iter
prima politico, poi burocratico e
tecnico per arrivare a questi
nuovi locali non è stato affatto
breve, tuttavia già da alcuni mesi buona parte degli uffici della
Comunità Montana aveva trovato spazio in questa nuova sede
in corso Bombardini 1 a Torre
Pellice.
Nella sua presentazione il presidente Bongo ha tracciato una
breve cronistoria delle tappeche hanno condotto prima i Comuni della valle a consorziarsi in quello che fu dal 1957 il
Consiglio di valle e quindi, do
po l’entrata in vigore negli anni ’70 della legge 1102, alla na
scita della vera e propria Comunità Montana, organismo che
consente di affrontare i non pochi problemi della montagna
oggi.
Tutto ciò è stato reso pubblico grazie ad una interpellanza
del gruppo comunista che, ricordando l’impegno assimto dalla Technipro verso le amministrazioni della Val Pellice, aveva appunto chiesto delucidazioni.
« Im valle resterà verde brillante », ha commentato in chiù
sura il sindaco di Bobbio, particolarmente polemico nella serata.
Molto lunga è stata anche la
discussione sulla sostituzione di
una dipendente prossima alla
pensione, visitatrice domiciliare
nei Comuni di Villar e Bobbio;
Charbonnier, nella veste di assessore ai servizi sociali, ha posto la questione se era il caso o
meno di procedere ad una semplice sostituzione della persona
con il medesimo ruolo. La discussione seguita ha messo in
rilievo, senza però chiarirli bene,
alcuni problemi: è vero che ci
sono state delle perplessità su
questo incarico? E se sì, allora
è giusto limitare la discussione
ai soli due Comuni direttamente interessati in questo caso, oppure era meglio coinvolgere tutte le’amministrazioni? E ancora: se invece il servizio è importante, non si corre ora il rischio
di lasciare p>er un certo pteriodo
delle ptersone senza risposte ai
loro problemi? Su tutti questi interrogativi dovrà trovare al più
presto una risposta la Giunta
della Comunità.
Infine segnaliamo una serie di
preoccupazioni per i servizi
(scuole, ferrovia, uffici di collocamento, ecc.) di cui le zone
montane corrono il rischio di essere private, presentate dall’assessore Coisson di fronte ad un
consiglio votato al chiacchiericcio a piccoli gruppi, parsi dimentichi dei mandati ricevuti da
^i elettori dei Comuni della val
.
P.V.R.
RASSEGNA CULTURALE
Il problema eritreo
Rimarrà aperta sino al 23 luglio, presso la Pro Loco di
Torre Pellice e sotto i px>rtici
del palazzo comunale, una mostra sulla realtà dell’Eritrea. Oggetti della vita quotidiana ed una rievocazione storica del dramma che questo popolo sta vivendo; tre milioni e mezzo di abitanti di cui ormai quasi la metà
emigrati o nei campi profughi;
una guerra di liberazione che
dura dal 1962, quando la pxpolazione insorse contro il regime
autoritario delTallora imperatore Hailè Selassiè, che unilateralmente aveva abrogato la Federazione di stati decisa dalTONU, annettendo l’Eritrea all’Etiopia.
Da allora, e sono ormai 26 anni, viene condotta questa battaglia per la propria autodeterminazione; battaglia militare,
battaglia politica, per attirare
nuovamente l’attenzione delTONU su questo angolo dimenticato del Como d’Africa, battaglia culturale e di crescita civile per non perdere la propria
identità, la propria cultura e la
propria lingua, ed infine battaglia contro la tremenda siccità.
Il perché di questo isolamento
politico è illustrato da Tesfai Tekle Heimanot, delTEritrean Relief
Association, nella serata inaugurale, L’Occidente ed anche la
Russia dettero credito all’idea di
unità africana dell’imperatore
Hailè Selassiè, non rendendosi
conto che i principi democratici che stavano alla base della
legislazione eritrea erano incompatibili col modello feudale che
vigeva in Etiopia.
Di qui lo scioglimento dei partiti politici, dei sindacati, l’abolizione della libertà di stampa,
la sostituzione della lingua eritrea con Tamarico (lingua etiopica). A questo punto scoppiano
le manifestazioni di protesta e
poiché le petizioni inviate alTONU non portano ad alcun risultato, nascono i movimenti di
oppisizione clandestina organizzatisi poi nel Fronte per la liberazione dell’Eritrea (F.P.L.E.)
che è tuttora attivo. A.L.
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sono aperti al pubblico nel neriodo estivo:
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7
r
15 luglio 1988
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TEMPO DI FUNGHI
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salute mentale
Il Gruppo di promozione della
salute mentale ha recentemente
presentato un documento neU'intento di partecipare attivamente alla determinazione degli obiettivi, alla formulazione dei
piani e dei programmi ed al controllo sulla efficienza e sulla efficacia dei servizi (secondo quanto
previsto' dalla Legge regionale 20
deU’82) neirambito dell’USSL 44.
Nel documento si legge tra Tal/
tro che « per quanto riguarda i
servizi di salute mentale nell’USSL 44, riteniamo che nessuno
possa ardire di esaltarne 1’ “efficienza” e r "efficacia". Sulle pesanti carenze e inadempienze che
contraddistinguono tale servizio
stiamo raccogliendo una docu
La raccolta dei funghi, « frutti » ormai di stagione vista anche
l’abbondanza delle piogge, è regolamentata in Piemonte dalla legge
n. 32 del 1982.
In essa si prevede il rilascio, da parte delle Comimità Montane
competenti per territorio, di un apposito tesserino, dietro versamento, da parte dei cittadini residenti e non, di una somma in denaro
sui conti correnti delle Comunità Montane. I fondi ricavati in questo modo vengono successivamente utilizzati dagli enti locali a fasore della salvaguardia deH’ambiente.
Presentiamo perciò qui di seguito le modalità per ottenere nelle
nostre vallate il permesso di raccolta funghi, ricordando che in nessun caso il tesserino consente l’accesso a proprietà private.
Comunità Montana Valli Chisone-Germanasca
Giorni in cui la raccolta è consentita: lunedì, mercoledì, sabato.
Le persone interessate debbono, come l’anno scorso, effettuare
un versamento di 10.000 lire sui modelli prestampati di conto corrente, reperibili presso tutti gli uffici postali delle valli, recanti, oltre
alla causale del versamento, anche un estratto del regolamento di
raccolta.
La ricevuta del versamento, su cui deve essere apposta una mar
ca da bollo di 5.000 lire, ed un documento di identità, costituiscono
quanto necessario sul piano burocratico per una regolare raccolta
dei funghi.
Comunità Montana Val Pellice
La raccolta dei funghi è consentita tutti i giorni della settimana.
Chi è interessato ad avere per la prima volta il tesserino di raccolta, deve effettuare un versamento di 25.000 lire sul conto corrente
postale n. 31725104 intestato alla Comunità Montana Val Pellice, indicando sul retro la causale del versamento: « quota rilascio tesserino raccolta funghi anno 1988 »; a questo punto bisogna presentarsi agli uffici tecnici in via Caduti per la Libertà a Torre Pellice
con la ricevuta del versamento, una foto tessera, un documento di
riconoscimento, una marca da Ijollo di 5.000 lire.
Chi invece è già in possesso del tesserino dovrà unicamente effettuare il versamento sul c/c postale, indicando sulla causale il n.
del tesserino che si rinnova, allegando poi la ricevuta al vecchio tesserino.
Comunità Montana Pinerolese Pedemontano
La raccolta è consentita tutti i giorni della settimana.
Le persone interessate alla raccolta dei funghi devono effettuare
un versamento di 15.000 lire sul c/c postale n. 16323107 intestato
a questa Comunità Montana ed accompagnare alla ricevuta del versamento un documento di identità.
Amnesty International
TORRE PELLICE — Giovedì 14 luglio,
ore 17, avrà luogo al Centro d'incontro (via Repubblica 1) una riunione
con il seguente o.d.g.: a) Azione urgente per la scomparsa di due cittadini
della Colombia, insegnanti, membri del
■■ Sindicato de Educadores de Santander »; b) Azione di richiesta di indagini per l'uccisione di David Bueno,
presidente dell’Associazione degli avvocati per i diritti umani della Laong
City nelle Filippine; c) Ulteriore azione per Ali Riza Duman; d) Risultati
del - tavolino Amnesty >■ allestito in
occasione della festa della Croce Rossa
il 2 e il 3 luglio a Torre Pellice.
Concerti
RORA' — Sabato 16 luglio, alle ore
21, avrà luogo una serata con il Coro
Alpino Val Pellice presso la chiesa
valdese. Ingresso libero.
SALZA DI PINEROLO — Sabato 16
luglio, alle ore 21, avrà luogo un concerto del cantautore P. Angelo Bertoli.
TORRE PELLICE — Domenica 17 luglio, alle ore 21, presso il tempio valdese un gruppo corale di giovani del
Palatinato presenterà una serata eseguendo madrigali e mottetti di epoche
diverse.
Cinema
TORRE PELLICE — Questa la programmazione prevista al cinema Trento: giov. 14, ore 17: « Biancaneve e i
7 nani »; ven. 15, ore 21.15: « L’insostenibile leggerezza dell'essere »; sab.
16, ore 20-22: « Tre scapoli e un bebé »: dom. 17, ore 20-22: » Balle spaziali »; mart. 19, Ore 20-22: « Baby
boom »; mere. 20, ore 21: » L'ultimo
imperatore » di Bertolucci.
Manifestazioni
Segnalazioni
menlazione che produrremo a
suo tempo.
La legge 20 parla di "obiettivi”, di "piani”, di "programmi”.
Ma neirUSSL 44 per il settore
salute mentale l’unico obiettivo
che pare si voglia perseguire è
il potenziamento della istituzionalizzazione dei pazienti nel
R.P.D.C., in contrasto con la norma della citata legge regionale, la quale punta al "superamento del concetto di istituzionalizzazione, mediante il privilegio di servizi ed interventi che
consentono il mantenimento, l’inserimento e il reinserimento dei
soggetti nella vita familiare e sociale’. In parole chiare: la legge privilegia i servizi sul territorio.
Ma in ordine a questo obiettivo, neirUSSL 44 dove sono ”i
piani”, quali sono "i programmi”?
Comprendiamo tutti che una
programmazione di servizi sul
territorio non può ridursi aUa
determinazione e rivendicazione
dei ruoli dei singoli operatori
per quanto concerne il servizio
ospedaliero, ma presuppone un
piano di interventi socio-sanitari
integrati proprio sul territorio,
muovendo da determinate scelte prioritarie, fatte in base ad
una corretta analisi dei bisogni
e delle richieste degli utenti.
Vorremmo sapere:
1) come si pensa di investire
i 180 milioni da tempo stanziati
dalla Regione per la istituzione a
Pinerolo di una Comunità terapeutica;
1) se effettivamente si intende prendere in considerazione la
possibilità di istituire una cooperativa di lavoro' a favore dei
sofferenti mentali;
3) a quale punto sono le trattative con i Comuni per il passaggio all'USSL delle competenze relative all’impiego degli assistenti domiciliari, e se l’USSL
intende effettivamente programmare una assistenza domiciliare
integrata con un numero sufficiente di operatori qualificati;
4) quale sorte si intende riservare all’ambulatorio di piazza Marconi, sia quanto ad orario di apertura attualmente troppo limitato, sia come centro di
attivazione di contatti socio-sanitari con gli utenti sul territorio ».
« A Colui che siede sul trono e
all’Agnello siano la benedizione
e l’onore e la gloria e l’imperio,
nei secoli dei secoli »
(Apoc. 5: 13)
Circondata dairaffetto dei suoi cari
è mancata
Armanda Ricca n. Cambelli
Riconoscenti per tutto quello ohe da
lei hanno ricevuto, e 'fiduciosi come
lei nelle promesse dell’Evangelo, lo
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TORRE PELLICE — Giovedì 14 luglio,
alle ore 21, presso il cinema Trento,
nell'ambito della rassegna culturale
estiva verranno presentate delle testimonianze di immigrati in Italia, in collaborazione con la Lega per i diritti dei
popoli.
TORRE PELLICE — Domenica 17 luglio, a partire dalle ore 8 (iscrizione),
presso il campo sportivo di viale Dante avrà luogo la prima mostra canina regionale; nei pomeriggio dimostrazione di cani da difesa.
RODORETTO — Nel prossimo fine
settimana avrà luogo la festa del rododendro: sabato 16 alle ore 21, serata di canti e balli delle valli alpine:
altre manifestazioni nella giornata di
domenica.
VAL PELLICE — Nel periodo luglioagosto sono organizzati dei campi montani per ragazzi dagli 11 ai 15 e dai
13 anni ai 17; i campeggi avranno luogo al rifugio Valenza ed al rifugio
Jervis al Prà. Per informazioni rivolgersi allo « Spazio giovani » della C.
Montana presso le sedi di Torre o Luserna.
delle valli valdesi
settimanale delle chiese valdesi e metodiste
Direttore: Giorgio GardioI
Vicedirettore: Giuseppe Platone
Redattori: Alberto CorsanI, Luciano Deodato, Roberto Glacone, Adriano
Longo, Piervaldo Rostan
Comitato di redazione: Mirella Argentieri Bein, Valdo Benecchi, Alberto
Bragaglia, Rosanna Ciappa NIttI, Gino Conte, Piera Egldl, Paolo Fiorio, Claudio Martelli, Roberto Peyrot, Sergio Ribet, Massimo Romeo, Mirella Scorsonelli, Liliana VIgllelmo
Segreteria: Angelo Actis
Amministrazione: MItzl Menusan
Correzione bozze: Stello Armand-Hugon, Mariella Taglierò
Spedizione: Loris Bertot
tele
REDAZIONE e AMMINISTRAZIONE: via Pio V, 15 - 10125 Torino
fono 011/655278
Redazione valli valdesi: via Repubblica, 6 - 10066 Torre Pellice - telefono 0121/932166
EDITORE: A.I.P. - via Pio V, 15 - 10125 Torino
Consiglio di amministrazione: Costante Costantino (prèsldente), Adriano
Longo (vicepresidente). Paolo Gay, Giorgio GardioI, Franco Rivoira (membri)
Registro nazionale della stampa: n. 00961 voi. 10 foglio 481
Stampa: Coop. Tipografica Subalpina - via Arnaud 23 - 10066 Torre Pellice - tei. 0121/91334
Registrazione: Tribunale di Pinerolo n. 175. Respons. Franco Giamplocoll
Il n. 27/88 è stato consegnato agli Uffici postali di Torino II 6 luglio e a
quelli decentrati delle valli valdesi il 7 luglio 1988.
Hanno collaborato a questo numero: Archimede Bertolino, Francesco Borasio, Walter Cesan, Augusto Comba, Dino GardioI, Anna Marullo Reedtz,
Teofilo Pons.
J
8
8 fatti e problemi
15 luglio 1988
1
CONVEGNO INTERNAZIONALE A TORINO
I molti perché
del razzismo
L’importanza di una nuova opera di educazione - La violenza colonialistica e le recenti emigrazioni verso l’Europa - E il Sud Africa?
Con un convegno intemazionale sul tema « Razzismo, intolleranza, pregiudizio », organizzato a Torino a Palazzo Lascaris
nei giorni 27 e 28 giugno, ha esordito nello svolgimento delle proprie attività l’Associazione Culturale Afro-Europea, di recente
costituzione.
Presidente dell’associazione è
il dr. Mario Parker Dupuy, medico panamense che vive e lavora da anni nel capoluogo piemontese. Alla manifestazione è
stato dato un taglio accademico,
incentrato sullo studio e sull’analisi di quei fenomeni che sono
alla radice dei conflitti razziali,
fenomeni che debbono essere necessarianiente rimossi per impedire il moltiplicarsi e raggravarsi di forme d’intolleranza di cui
anche in Italia si avvertono i
primi sintomi.
Nel corso dell’incontro è stata più volte affermata dal dr.
Parker la scelta di non dare all’associazione alcuna collocazione politica. Nessuna ideologia
può infatti dirsi esente da germi di intolleranza che si manifestano in modo palese o, non
meno pericolosamente, in forme
subdole. E’ dunque il miglioramento dell’uomo attraverso una
opera di educazione ciò a cui
si propone di contribuire l’Associazione Afro-Europea. Un progetto ambizioso che non può prescindere, tanto per cominciare, da
una profonda revisione delle discipline insegnate a scuola già
fin dalle classi elementari e dalla rimozione di tutte quelle forme, anche espressive, che celano un razzismo sjjesso inconsapevole.
Nessuna ideologia
è esente...
Ai tavolo della presidenza uno degli organizzatori del convegno, con
il filosofo Gianni Vattimo.
Al saluto di esponenti del mondo culturale e politico piemontese e torinese sono seguite le
diverse rel2izioni di studiosi italiani ed africani. Tra questi ultimi, il prof. Ibrahim Baba Kaké
dell’Università di Parigi, accolto
e salutato anche a nome dei lavapiatti, delle colf, degli sguatteri, dei disoccupati (peccato che
la presenza di queste categorie
al convegno sia stata quasi del
tutto inesistente) ed anche a nome della polizia, della questura,
degli oppressi e degli oppressori a?). Il prof. Baba Kaké, nel
suo intervento, ha ripercorso le
principali tappe della storia africana evidenziandone il rapporto
con il resto del mondo e mettendo in risalto 1’esistenza, spesso negata, di forme di civilizzazione assai progredite nel continente africano che trovarono la
loro massima espressione quando ancora in Europa si era in
pieno medioevo. La violenza perpetrata in seguito dagli europei
tra le popolazioni africane, prima fatte schiave e poi colonizza
te, segnò l’inizio di un lento declino e di un arretramento delle condizioni di vita in quelle
nazioni che oggi costituiscono il
Terzo Mondo. Lo stesso oratore
ha poi analizzato le cause ed i
fenomeni che accompagnano
l’attuale migrazione africana verso l’Europa. Successivamente l’ex
presidente del Dahomey (ora Benin), EmileiDerlin Zinsou, ha parlato della colonizzazione francofona nel continente nero.
Nel corso del convegno sono
stati descritti in modo dettagliato e sotto angolature diverse gli
aspetti scientifici del problema
razziale, mettendo l’accento sul
supereunento del concetto di razza nella moderna antropologia.
E’ infatti dimostrato che la classificazione razziale è priva di basi scientifiche, mentre si presta
molto bene a strumentalizzazioni di natura ideologica (dal nazismo, al sionismo, all’apartheid).
A sostegno di questa tesi sono
sembrati convergere gli interventi di Melchiorre Masali e della
prof.ssa Tarli, entrambi ordinari
di antropologia rispettivamente
a Torino ed a Pisa. Concetti ribaditi ed approfonditi anche dal
prof. Mario Portigliatti Barbos,
criminologo, dalla prof.ssa Pichetto di scienze politiche, e dallo stesso dr. Parker che ha parlato del « significato del colore
della pelle: la frontiera razziale ». I negri che non accettano
se stessi — ha detto — sono negri razzisti. E’ un’affermazione
che ci aiuta a capire come il
« rifiuto » sia prima di tutto di
natura psicologica e finisca per
indurre a comportamenti devianti: ci sono negri che per schiarirsi la pelle fanno i bagni nella
candeggina e c’ sono bianchi che
si abbronzano tutto l’anno con
le lampade a raggi ultravioletti.
rità di Cristo, o il loro modo di
comprenderla, con la persuasione della forza anziché con la
forza della persuasione, valendo
si, se del caso, dell'appoggio e
della connivenza del potere po
litico in una discutibile convergenza d'interessi? Nel colonialismo le Chiese hanno una grave
responsabilità: i conquistatori
trovarono nel cristianesimo una
insperata copertura ideologica
per lo sfruttamento economico
e sociale dei paesi d'oltremare.
Il ruolo delle
chiese
Antropologia
e concetto di razza
La tavola rotonda dell’« area
dottrinale », svoltasi nel pomeriggio di lunedì 27 giugno, ha poi
visto la partecipazione del pastore valdese Alberto Taccia accanto a mons. Bettazzi, vescovo di
Ivrea ed al dott. Abramo Piattelli, rappresentante del Collegio
Rabbinico Italiano. Il maggior
tempo lasciato a disposizione dei
tre relatori ha coperto l'assenza del prof. Ki Zerbo, dell’Università di Dakar, e del dott. Marek Halter di S.O.S. Racisme, che
purtroppo non hanno potuto essere presenti.
« E' facile esprimere indignazione di fronte ad episodi di intolleranza — ha detto il pastore
Alberto Taccia — dimenticando
che le Chiese non sono esenti
da questi peccati, in palese contraddizione con il messaggio evangelico che annunzia l'amore
di Dio per il mondo al di là e
al di sopra di ogni barriera razziale, linguistica e nazionale.
Quante volte — ha proseguito — la Chiesa, tutte te Chiese
storiche, raggiunta una posizione di privilegio e di dominio, non
hanno esitato ad imporre la ve
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IMMIGRAZIONE
Lettera
al mio popolo
La credibilità delle Chiese occidentali si gioca ora nella loro
capacità di rispettare l'evoluzione del pensiero teologico nelle
Chiese d'Africa, d'Asia e dell'America Latina, alla ricerca di
nuove espressioni di fede e di
etica ».
Nelle profondità delle sorgenti da cui sono nato,
in mezzo al popolo in cui sono cresciuto,
nella terra nera in cui sono spuntate le mie radici
e che ha dato il colore alla mia pelle, alla mia razza
e al continente di cui porto con fierezza il nome,
tu, popolo mio, ascolta il mio tormento.
Lontano da te, in mezzo a una cultura indifferente,
che mi considera un minimo, che mi dà il peggio,
che non mi concede alcuna uguaglianza, che non pensa
che anch’io possa avere il diritto allo stesso trattamento
di chiunque altro.
Lavoro duramente perché un giorno io possa tornare a te,
per servirti con amore e devozione.
Dalla nostra storia, mio popolo, dall'ingiustizia consumata
contro di noi da tutto il mondo,
lasciandoti, sapevo a che cosa andavo incontro.
Una delle principali ragioni della mia presenza qui,
è forse, sì, imparare quello che non conosco della scienza,
ma anche, forse, di cercare di scoprire dalle loro radici
il valore reale della loro cultura che ci hanno inculcato
e venduto a caro prezzo, lavando il nostro cervello e facendo
di noi un popolo alienato, completanzente dipendente dalla
loro volontà, sottomesso ai loro capricci, facendo di noi
un oggetto di sfruttamento a basso costo.
Vorrei, popolo mio, recuperare la mia cultura e i miei
valori calpestati.
Grazie a Dio, conservo le mie radici, e questo costituisce
la grandezza d’animo della mia persona.
Forse non te ne rendi conto, ma questo vale il prezzo
della memoria di un continente.
Mi hai insegnato ad amare, a perdonare, a sopportare,
a dare e a ricevere, ma anche a combattere e a vincere l’ingiustizia, la disuguaglianza, l’indifferenza e lo sfruttamenti}
sotto qualsiasi forma.
Philemon Mwilanya
studente zairese in scienze politiche
E’ stato sempre l’intervento
del pastore Taccia a sollevare
poi una questione spinosa che
ha aperto un dibattito all'interno del convegno. Si è trattato
della presenza di uno sponsor
piuttosto scomodo, quale la Banca Nazionale del Lavoro, che in
Sud Africa ha forti investimenti e che proprio per questo si
è meritata il boicottaggio di diverse forze politiche e delle Chiese evangeliche; una presenza che
dev’essere sembrata a molti, anche al di fuori del convegno, come un rospo troppo grosso da
ingoiare e come una contraddizione non facilmente spiegabile,
malgrado si sia tentato di giustificarla con il detto latino « pecunia non olet ».
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