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ECO
Sig. FEYROT Arturo
ai Afa rauda
ii-w- LUSEIÌM s.oioum
n
DELLE VALLI VALDESI
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 107 - Ntrni. 43-41 >iv \menti I L. 3.000 per Finterno Sped. in abb. postale - I Gruppo bis/70 1 'FORRE PELLICE - 30 Ottobre 1070
Una copia Lire 70 L. 4.000 per Festere Caml)io di indirizzo Lire 1 Amm.: Via Cavour 1 - 1ÜÜ66 Torre Pellice - c.c.p. 2,^33u94
Pane
e paci
Verso l’Assemblea federale di Firenze
Del tutto ignaro, Norman Ernest
Borlaug era al lavoro nella campagna
messicana, a un centinaio di chilometri da Città del Messico, la scorsa settimana, quando la moglie lo raggiunse annunciandogli che il giorno prima
ii parlamento norvegese gli aveva conferito il premio Nobel per la pace. È la
prima volta che esso viene attribuito
a un agronomo. Il suo nome era finora noto a una ristretta cerchia di specialisti; eppure egli è all'origine di
quella che si usa ormai chiamare « la
rivoluzione verde ».
Questo studioso statunitense di cinquantasei anni si è laureato in agronomia all'Università del Minnesota.
Nel 1944 la Fondazione Rockefeller lo
inviò a Città del Messico, quale direttore del laboratorio di biologia, in base a un accordo con il governo messicano: doveva, con un gruppo di colleghi, studiare lo sviluppo di varietà di
grano resistenti al carbonchio, sviluppando la produzione messicana (e proteggendo gli agricoltori statunitensi dal
contagio). Dieci anni di sforzi furono
coronati da risultati positivi. Anzi, la
introduzione di varietà di grano giapponese a paglia corta e spiga feconda,
c l'incrocio con speci messicane, hanno fatto sì che dal 1945 al 1970 il reddito per ettaro è passato da 7,5 quintali a 30 quintali. Il Messico, che finora doveva importare metà del fabbisogno di grano, ne è diventato esportatore. Il Borlaug ha poi cominciato
a diffondere il frutto delle sue ricerche in altri paesi dell'America latina,
specie in Brasile, e in Asia; nel Pakistan occidentale la produzione è cresciuta del 22% dal 1967 al 1969, e dopo
terribili annate di carestia le statistiche fanno sperare che nel 1973 l'India
sia autosufficiente nella produzione del
frumento. È la rivoluzione verde.
Restano vari problemi, a turbare
questo luminoso futuro tecnologico.
In sé il progresso genetico non è costoso (lo è stato il periodo di ricerca!).
Ma per attuarsi, esige la concimazione e i'ii'iigazione. In altri termini, esige forti investimenti nell’industria chimica e nelle opere d’irrigazione, investimenti che i paesi sottosviluppati
non sono in grado di sostenere su vasta scala, e che anche aH’interno d.
questi paesi minacciano di ricreare
una nuova forma di latifondo, dato
che soltanto i maggiori proprietari
possono permettersi questi costosi processi di produzione agricola, mentre i
loro maggiori redditi li mettono poi in
grado di acquistare e cumulare nuovi
terreni; d’altra parte, se in un primo
momento questo accresciuto processo
produttivo moltiplica i posti di lavoro,
lo sviluppo tecnologico spinge inevitabilmente verso la meccanizzazione, e
si può prevedere un nuovo massiccio
flusso migratorio di mano d’opera agrn
cola disoccupata verso i centri urbani
(sono tutte osservazioni fatte, tra l’altro, dai tecnici e dagli studiosi della
FAQ).
Come sempre, insomma, il problema
scientifico e tecnologico, anche brillantemente risolto, rinvia al problema sociale e, in ultima analisi, politico; cioè
afl’uomo, com’è giusto. Parlando, alcune settimane fa, alla 14“ conferenza
internazionale di economisti rurali il
grande economista svedese Gunnar
Myrdal sottolineava che il successo
y"ly-kii<-v ^•*-4 « Tx-xi « ^ »-»-1 z-\r^ ncì'Tì dovevSt
principio protestante
Il 127° membro
dell’ONU
Un pregio notevole del rapporto del Consiglio della Federazione
alla prossima assemblea di Firenze (oltre quelli segnalati nell’articolo della settimana scorsa) è l’impostazione a nostro avviso ineccepibile data al confronto tra chiese
evangeliche e cattolicesimo romano.
Dopo aver giustamente osservato che nel nostro paese il cattolicesimo è da un lato « stabilizzato
a sistema » e dall’altro « percorso
da fermenti di rinnovamento », e
dopo aver menzionato le varie forze presenti nella Chiesa cattolica
post-conciliare, il documento federale dichiara: « Si ha l’impressione che l'immensa somma di
energie e speranze messa in moto
dal Concilio venga gestita secondo
una linea riformistico-conservatrice che tende a emarginare le forze
del terzo gruppo [i cattolici teologicamente più avanzati e i gruppi
del dissenso] e ad escluderle, se
possibile, anche dai contatti ecumenici ». Un’analisi del genere ci
sembra sostanzialmente aderente
alla realtà.
della ’rivoluzione verde' non doveva
portare a una « euforia tecnocratica »
e domandava che gli indispensabili
sforzi tecnici fossero accompagnati da
uno sforzo parallelo di trasformazioni
sociali tali da permettere agli strati
più poveri della popolazione di partecipare al progresso. A fine settembre,
a Copenhagen, nel suo discorso alla
conferenza del Fondo monetario internazionale, Robert Me Ñamara, presidente della Banca mondiale, ricordava
a sua volta che la 'rivoluzione verde’
esige « una pari rivoluzione sociale,
sotto forma dell’educazione del piccolo agricoltore e dell’organizzazione della sua professione ». Un problema di
investimenti, dunque, e un problema
di educazione; un problema di maturazione politico-sociale e di pressione
sui governi e sull’opinione pubblica
sia nei paesi sviluppati sia in quelli
sottosviluppati.
Il nostro Sinodo ci ha, ultimamente,
riproposto questi problemi: ci ha chiesto il nostro modesto denaro, la nostra riflessione cristiana su questo
complesso di problemi umani e il nostro impegno conseguente. Il tempo
urge. Riunita a Hong-Kong in agosto
(ne demmo notizia nel n.® del 28.8.’70),
la Conferenza giovanile asiatica per i
problemi dello sviluppo lanciava, per
bocca dell’economista indiano S. Chatterjee, il suo avvertimento; senza una
trasformazione radicale delle strutture sociali asiatiche la ’rivoluzione ver
Gino Conte
(continua a pag. 2)
Di fronte a un cattolicesimo
sempre più diversificato all’interno (fino a pochi anni or sono era
ancora relativamente facile ricondurre i diversi tipi di cattolicesimo esistenti a un denominatore
teologico comune; oggi lo è sempre meno), le chiese evangeliche
italiane devono imparare ad assumere atteggiamenti differenziati,
« valutando di volta in volta la
possibilità e il dovere di una apertura o di una opposizione ». Non
dunque un giudizio sommario e
indiscriminato, in senso positivo o
negativo; piuttosto una valutazione attenta delle diverse situazioni
e posizioni, e dei diversi interlocutori cattolici, in vista di una
risposta che tenga conto di questa
diversità. Concretamente, per il
tempo presente, le chiese evangeliche sono invitate da un lato a
rifiutare « i verticismi, gli irenismi
e i pluralismi orientati alla stabilizzazione » e dall’altro a cercare
« il contatto, la fraterna collaborazione, la critica reciproca e il mutuo incoraggiamento con coloro in
cui si osserva uno sforzo di rinnovamento o una protesta profetica,
orientata dalla parola di Dio ».
Viene poi opportunamente precisato che la posizione e l’azione
ecumenica degli evangelici italiani
avverranno « in base all’unico criterio della obbedienza alla parola
di Dio quale è attestata nella Sacra Scrittura ». Appare qui il cardine dogmatico del documento federale: la Scrittura, norma della
fede e della vita della Chiesa. E il
sola Scriptura (« la Bibbia soltanto ») dei Riformatori, che nel documento viene ulteriormente ribadito quando, poco più avanti, la
« parola di Dio » viene dichiarata
« unica legittima autorità nella
chiesa, unica necessaria interprete di se stessa, unico perenne fondantento di unità ». Meglio di cosi
non si poteva dire! Meno di così
non si doveva dire! Si poteva dire
di più? Forse sì.
Forse, oltre al sola Scriptura o
meglio per illustrarlo, anche sommariamente, sul piano dei contenuti, si potevano indicare altri motivi tipici della Riforma protestante, che poi altro non sono che motivi tipici dell’Evangelo. Uno è il
sola fide (« per fede soltanto »),
così conforme alla scrittura della
rivelazione biblica, ma che è così
difficile da annunciare e da vivere
perché è l’unico rapporto tra l’uomo e Dio nel cui ambito Dio resta
Dio cioè il Signore e l’uomo non
ne diventa segretamente la misura, sia per via razionale o sentimentale o anche in forza della sua
conversione. Un secondo motivo
è il solus Christus (« Cristo soltanto »), che è il cuore della predicazione apostolica e l’anima della Riforma protestante, e che è essenziale annunciare in un tempo
come il nostro sia per affrancare
la fede cristiana dalle pesanti servitù ideologiche cui soggiace, consapevolmente o meno, proprio e
anzitutto neH’ambito delle comunità tradizionali, sia per indicare
chiaramente die pluralismo teologico ed ecumenico non potrà mai
significare un pluralismo di Signori e Salvatori.
Questi e forse altri temi protestanti fondamentali avrebbero potuto trovar posto nel rapporto del
Consiglio che invece, come s’è detto, si limita a indicare quello essenziale: la parola di Dio quale è
attestata nella Sacra Scrittura è il
criterio irrinunciabile della posizione e della testimonianza evangelica. Probabilmente gli estensori del documento hanno preferito
delimitare al massimo il raggio
del loro discorso, per non coartare
la libertà di esp ’csione e di scelta
dell’assemblea. È comunque auspicabile che l’assemblea e, in generale, le chiese federate non si
fermino al sola Scriptura — come
accade nel rapporto del Consiglio — ma si rifacciano anche ad
altri temi centrali della Riforma
del XVI secolo, che andranno naturalmente ripensati, rivissuti, rispiegati, ma che restano, proprio
nel nostro tempo, punti di riferi
mento essenziali per la fede evangelica.
L’evangelismo italiano ha tutto
da guadagnare e nulla da perdere
a rinsaldare i suoi vincoli spirituali e teologici con la Riforma
protestante. Questi vincoli, a dire
il vero, sono stati assai labili in
passato, e lo sono tuttora. Ciò
nondimeno, il rapporto del Consiglio segnala « il pericolo di una
paralizzante conformità con i modelli ecclesiologici e gli schemi
concettuali del XVI secolo ». Forse non è questo il pericolo maggiore che incombe sulle nostre
chiese. Comunque ciò che caratterizza e qualifica la Riforma protestante non sono né i modelli ecclesiologici né gli schemi concettuali del XVI secolo, ma è l’impostazione della fede, cioè la qualità
del rapporto con Dio, e l’orientamento della vita intesa come vocazione. Questa impostazione e questo orientamento sono tutt’altro
che paralizzanti.
Ciò non significa, in alcun modo, che essere protestanti significhi copiare la Riforma: copiandola la si tradirebbe; se ne ripeterebbero le formule senza comunicarne il messaggio. Quel che si desidera, invece, è affermare il valore
permanente, per tutta la Chiesa, di
quello che è stato chiamato « il
principio protestante » e porsi, rispetto alla Riforma, in una linea
di sostanziale continuità di fede e
di testimonianza. Se l’evangelismo italiano vorrà e saprà consolidare il suo carattere protestante
— come è auspicabile — esso potrà anche meglio precisare la sua
fisionomia spirituale e rendere più
incisiva la sua testimonianza nel
nostro paese.
Paolo Ricca
Le isole Fiji sono diventate repubblica ■ li messaggio augurale del
segretario generale del CEC alle Chiese dell’arcipelago del Pacifico
Divenuto indipendente, l’arcipelago polinesiano delle Fiji è ora il 127° membro delle
Nazioni Unite. Situato nel Pacifico meridionale, è stato scoperto nel 1643 dal navigatore
Olandese Abel Tasman e nel 1874 era diventato colonia della corona britannica: rimane
membro del Commonwealth. L'arcipelago, costituito da circa trecento isole, ha una superficie di 18.000 kmq. e circa mezzo milione
di abitanti, solo in parte polinesiani e melanesiani, data la densa immigrazione indiana,
nel secolo scorso, per la lavorazione della canna da zucchero, principale fonte di reddito.
Nella capitale. Suva, si trova il Seminario teologico evangelico per tutto il Pacifico meridionale. Alle Nazioni Unite la ripetuta ammissione di micro-Stati, aventi diritto a un
voto alla pari con le grandi potenze, pone
comprensìbili problemi.
Alla vigilia dell'indipendenza il pastore
Blake, segretario generale del CEC. ha inviato
una lettera al Consiglio delle Chiese delle isole Fiji. esprimendo l'augurio più fervido per
« l'era nuova e appassionante che si apre per
il vostro popolo ». Egli rilevava che le Chiese
avranno una parte sempre maggiore nella
costruzione della nazione ed esprimeva la speranza che esse potessero riconoscere sempre
meglio che la visione ecumenica dell'unità non
si ferma sulla soglia della Chiesa. Sottolieando che uno degli ostacoli più gravi che oggi
si oppongono alla giustizia, aH’unith e alla
pace è il peccato del razzismo, il segretario
generale del CEC dichiarava : « Le società
razziste devono essere ¡rancamente combattute. Quelle che non conoscono tale problema,
siano esse bianche o nere, non offrono una
effettiva soluzione. Occorre infatti trovare una
nuova forma di società multirazziale nella
quale tutti i colori e tutte le culture possano
cftstruire insieme, un avvenire- comune, facendo scaturire dalla loro diversità un energia
creativa ».
Illlllllllllllillllllllilllllllliililllllllllllllllllilllllillillllillli
A causa delle festività della prossima settimana e dell’assenza di
parte dei redattori impegnati nell’Assemblea della FCEI a Firenze,
il settimanale non uscirà, la prossima settimana; pubblichiamo un
numero doppio, ripromettendoci di
riferire ampiamente sull’Assemblea federale.
illlMllllllllilllllMIIIIIIMIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIIimilllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllll llllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllilllllllIlllllllllllllllllllMIIIIIIIIIIIIIIIIII
La relazione del Consiglio della^ Federazione delle Chiese evangeliche in Italia
Il rapporto con la realtà religiosa dei nostro tempo
La testimonianza evangelica in Italia
opera in un contesto religioso (in massima parte cattolico romano) di cui deve tener conto e verso il quale deve
prendere delle posizioni determinate
dalla propria coerenza evangelica.
Il nostro paese presenta un cattolicesimo stabilizzato a sistema e percorso
da fermenti di rinnovamento i cui
aspetti più immediatamente percettibili sono, sul terreno politico, la recente
evoluzione delle AGLI, sul terreno culturale, la cospicua diffusione di letteratura teologica protestante, e nefl’ambito della vita comunitaria, la formazione
e l’attività dei diversi gruppi del dissenso. Il Concilio Vaticano II (di cui non
ci compete dare una ennesima valutazione) va considerato come un momento molto importante nella vita del cattolicesimo italiano, ma bisogna anche
realisticamente vedere che esso costituisce un punto di riferimento dinanzi
al quale il cattolicesimo presenta diverse articolazioni: vi sono uomini di mentalità preconciliare, altri che prendono
ti _____'rsT-vUrr» altri
il Concilio come punto d’arrivo, altri
che lo prendono come punto di partenza; questi ultimi si trovano in genere
al di fuori dei centri direzionali e di
potere cattolici. Si ha dunque l’impressione che rimmensa somma di energie
e speranze cattoliche messa in moto dal
Concilio venga gestita secondo una linea riformistico-conservatrice che tende a emarginare le forze del terzo gruppo e ad escluderle, se possibile, anche
dai contatti ecumenici.
Quanto a noi, dobbiamo tener presente sia il momento unificante del cattolicesimo sia la sua interna diversificazione, sia l’elemento stabilizzante sia
quello dinamico, valutando di volta in
volta la possibilità e il dovere di una
apertura o di una opposizione, in base
all’unico criterio della obbedienza alla
parola di Dio quale è attestata nella Sacra Scrittura.
Il presentare infatti all’intero popolo
italiano (e pertanto anche ai cattolici
italiani) l’esigenza della riforma non significa proporgli come mèta da raggiungere le forme di civiltà cristiana
che storicamente hanno tratto origine
dagli eventi del XVI secolo; non significa nepure offrirgli la nostra attuale
forma di vita ecclesiastica come unico
possibile modello alternativo di comunità cristiana; non significa infine nemmeno lasciarsi in qualche modo inglobare, tramite il concetto di « pluralismo », in una cristianità onnicomprensiva aH’interno della quale agire come
« fermento » di riforme; significa invece
presentare, con la forza e la chiarezza
derivanti da un impegno vissuto, l’esigenza che tutti, e noi con gli altri, ci si
lasci sempre e di nuovo globalmente
riformare dalla parola di Dio, unica
legittima autorità nella chiesa, unica
necessaria interprete di se stessa, unico
perenne fondamento di unità. Questo
criterio, riscoperto dalla Riforma e ripresentatoci con forza nell’ultimo mezzo secolo dal più qualificato pensiero
protestante italiano e estero, evita a
noi, se rettamente inteso, il pericolo di
una paralizzante conformità con i modelli ecclesiologici e gli schemi concettuali del XVI secolo, e si esprime invece in una sovrana libertà evangelica
nei confronti di istituti e tradizioni, gerarchie, schemi e ideologie; libertà che
rimane tale solo in quanto e fin tanto
che è costituita e sostanziata di obbedienza alla parola di Dio; libertà che si
configura come profetico annunzio del
Regno di Dio che viene e, in quanto
tale, come critica e superamento di
ogni stabilizzazione presente.
tati alla stabilizzazione e cercando invece il contatto, la fraterna collaborazione, la critica reciproca e il mutuo incoraggiamento o una protesta profetica orientata dalla parola di Dio.
Tuttavia, in ultima analisi, l’incidenza della nostra testimonianza non dipenderà tanto dal discorso che saremo
in grado di rivolgere ai settori religiosamente sensibili della nazione, bensì
dalla nostra capacità di esprimere iniziative autonome, caratterizzate da un
rapporto dialettico con la storia evangelica che sta dietro di noi.
GLI QRIENTAMENTI
PER UNA VALIDA TESTIMQNIANZA
EVANGELICA
In quanto applichino a se stesse questi criteri, le comunità evangeliche sono in diritto, anzi in dovere, di applicarli anche ai loro rapporti con la realtà religiosa del paese rifiutando i verticismi, gli irenismi e i pluralismi orien
Infatti la testimonianza evangelica,
se non rimane una mera affermazione
di principio ma cerca di tradursi nella
realtà, deve configurarsi concretamente
operando alcune scelte. Esistono a questo riguardo, nel mondo evangelico italiano, diverse proposte che vanno esaminate e vagliate; riteniamo che possano ricondursi sostanzialmente a sei.
La prima afferma che. in attesa della
venuta del Regno di Dio, la sola testimonianza possibile è quella offerta dall’esempio di una vita morale severa,
fondata sulle tradizionali virtù familiari, sul rifiuto di certi consumi voluttuari, sulla laboriosità. Il rapporto con
il mondo, da parte di una comunità così qualificata, si definirà essenzialmente come rapporto evangelistico teso a
portare il maggior numero possibile di
anime alla conoscenza della verità
evangelica. A questa concezione della
testimonianza corrisponde una lettura
della Bibbia di tipo fondamentalistico
e, sul piano ecclesiologico, la scelta di
un tipo di comunità appartato dal
mondo. Essa ha il vantaggio di offrire
ai credenti alcuni punti di riferimento
(continua a pag. 2)
2
pag. 2
N. 4344 — 30 ottobre 1970
Verso l’Assemblea della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia: Firenze, 1-4 novembre RÌ[|Ìm6nSÌ0nÌ3ITl0
Gli orientamenti per una valida testimonianza evangelica ; ««ggio
(segue da pag. 1 )
chiari e sicuri, che permettono loro di
assumere una precisa identità nell’intrico, per molti incompivnsibile e
preoccupante, delle varie correnti • teologiche e ideologiche del nostro secolo.
Essa ha l’inconveniente di mettere i
credenti fuori della storia separandoli
in una isola di spiritualità ma facendone gli oggetti e strumenti inconsapevoli
delle decisioni che vengono comunque
prese nella storia del mondo.
La seconda proposta vuole che il popolo protestante sia saldamente organizzato sotto la vigile guida di pastori
teologicamente ferrati, per poter elevare una ferma protesta sia contro lo
schema cattolico tendente a inglobare
la fede riformata quale mera componente di una sorta di sincretismo cristiano, sia contro lo schema laicistico
tendente ad assorbirla in una visione
razionalistica e immanentistica del
mondo. A questa concezione corrisponde una lettura della Bibbia in cui il momento dogmatico prevale su quello esegetico; sul piano ecclesiologico vi corrisponde un certo autoritarismo dottrinale che privilegia fortemente la
parte docente della chiesa. Questa concezione ha il vantaggio di proporre una
teologia inequivocabilmente legata alla
Riforma, ma l’inconveniente di muoversi essenzialmente nell’ambito delle,
idee, e denuncia una certa difficoltà a
situarsi nei confronti delle forze reali
e nuove che operano nella società.
La terza proposta chiede la ricostituzione o la costituzione di gruppi di uomini legati dal comune riferimento a
Cristo, che vogliano realizzare dei rapporti di carità e non di predominio,
all’interno e aU’esterno; tali rapporti,
esprimentisi via via in forme e strutture da inventare sempre di nuovo, costituiscono la testimonianza significativa
per il mondo. A questa concezione corrisponde una lettura della Bibbia fondata su un cristocentrismo che, mentre
elimina giustamente l’ottimismo di una
marcia progressiva dell’umanità verso
il Regno, attenua però la tensione escatologica. Sul piano ecclesiologico viene
proposta una « invenzione di strutture » che per altro ha il proprio riferimento biblico in I Corinzi. Questa concezione ha il pregio di riproporre concretamente il modello neotestamentario, ma attualissimo, di comunità fondate sull’amor fraterno in una situazione mondiale e sociale che presenta sintomatiche analogie con la realtà romana imperiale del I secolo. Ha l’inconveniente di sorvolare sulla difficoltà
(analoga a quella contro cui inciamparono le chiese antiche) di sapere che
cosa voglia dire in concreto, nella nostra civiltà, realizzare un rapporto di
carità e non di predominio verso
l'esterno della comunità.
La quarta proposta vede come funzione essenziale deH'evangelismo italiano quella di farsi consapevolmente voce del protestantesimo mondiale. La
piccolezza numerica e la scarsezza delle forze degli evangelici italiani non
permetterebbe loro di parlare se non
troppo raramente in prima persona,
mentre d’altro lato una doverosa modestia unita a un vivo senso della realtà dell’ecumene protestante consentirebbe loro di esercitare un’utile funzione di interpreti del mondo protestante verso l’opinione pubblica italiana. Questa proposta, che non è priva di
aspetti positivi in quanto permette un
incontro qualificato con il cattolicesimo e in particolare con i suoi gruppi
più avanzati, trascura forse troppo il
fatto che un interprete non è veramente efficace se non si immedesima in colui che egli traduce; in altre parole,
gli evangelici italiani non possono limitarsi a trasmettere fatti e pensieri altrui senza vivere essi stessi nel conte
IIIIIIIIIIIMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIIIIMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII
t
Pane e pace
(segue da pag. 1 )
de’ si trasformerà in una ’rivoluzione
rossa’: non il rosso di una bandiera,
ma di un fiume di sangue.
Questi sono i problemi di tutti noi.
Norman E. Borlaug ha, per parte sua,
ben meritato il Nobel per la pace e in
lui viene onorata la scienza al servizio
dell’uomo, se solo vogliamo servircene
da uomini che sanno di avere dei fratelli e di esserne responsabili davanti
al comune Signore e Padre.
L’annuncio evangelico che l’uomo
non vive di solo pane è oggi più che
mai la nostra vocazione specifica di
cristiani; ma rivolto da sazi ad affamati è una parodia blasfema del messaggio di Colui che non aveva dove posare il capo e che ha respinto la tentazione del pane.
G. C.
Direttore responsabile: Gino Conte
sto italiano la realtà protestante; il che
ci riconduce necessariamente a considerare questa ipotesi non come una
proposta a sé stante, ma come un elemento complementare a una delle
altre.
La quinta proposta vede come linea
e strumento primario della testimonianza evangelica una disseminazione
di « gruppi di servizio » e di « centri di
testimonianza » nel paese. .Alcune delle
iniziative più falici e promettenti del
dopoguerra sono state prese secondo
questa linea, e si vorrebbero vedere
moltiplicate. Non c’è dubbio che buona parte dei rapporti esterni dell’evangelismo italiano dipendono ormai e dipenderanno sempre più da questo tipo
di lavoro a cui, a parer nostro, le chiese dovrebbero dare la massima attenzione e il massimo appoggio. Non si
vede per altro chiaramente come questi
centri e gruppi potrebbero alla lunga
mantenersi e svilupparsi se non conservano un collegamento diretto, ancorché flessibile, con quel retroterra
storico ed umano che è costituito dall’insieme della popolazione protestante
del nostro paese. Qualora tale collegamento dovesse deteriorarsi e perdersi,
ad iniziativa dell’una o dell’altra parte,
sarebbe pressoché inevitabile per questi gruppi ridursi a mero fenomeno di
élite (condizionato dalle fluttuazioni e
dalle frustrazioni degli ambienti intellettuali della nostra nazione), mentre
viceversa le vecchie denominazioni protestanti. private dei propri nuclei più
sensibili, si troverebbero ridotte a mero conglomerato di organi burocratici
e di parrocchie locali prive di programma e di sapore.
Si va infine profilando, a livello di ricerca intellettuale e di iniziale sperimentazione pratica, una sesta alternativa, probabilmente destinata a suscitare non poche discussioni tra le nostre
file nei prossimi anni. Secondo questa
posizione sarebbe nostro dovere .anzitutto sottoporre a un esame critico rigoroso la tradizione protestante e soprattutto i suoi esiti socio-ecclesiastici:
la realtà attuale delle nostre chiese sia
nelle sue strutture interne, sia nelle
sue motivazioni ideali, sia nei suoi rapporti effettivi con la società circostante. In base alle risultanze di questo
esame critico già abbozzato, sarebbe
necessario por mano risolutamente a
una radicale ristrutturazione della nostra realtà ecclesiastica: in altri termini, la minoranza evangelica italiana
dovrebbe avere il coraggio di trasformarsi da diaspora evangelica in terra
di civiltà cattolica (quale è attualmente) in un anticipo della futura cristia
iiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimimiM
nità post-costantiniana. In questa prospettiva la tradizionale struttura ecclesiastica (cultuale, educativa, culturale,
benefica) verrebbe ad essere fortement; ridimensionata: senza necessariamente essere destinata a scomparire,
tale struttura passerebbe inevitabilmente in secondo piano, mentre in primo piano emergerebbe una rete di nuclei evangelici aperti e provvisori, definiti da una comune lettura biblica c
da una chiara responsabilità verso la
storia.
Questa proposta, ancor più delle precedenti, rischia di sottovalutare l’importanza del dinamico collegamento
tra le nuove sperimentazioni e la base
evangelica delle nostre comunità.
Rimane infine da notare che il dibattito su queste diverse scelte attraversa
tutte le denominazioni, accomunandole in un certo senso nelle medesime
problematiche.
Senza dubbio non è possibile né lecito al Consiglio della Federazione pronunciarsi su queste varie scelte: riteniamo tuttavia doveroro segnalarle
all’Assemblea non solo perché esse sono di fatto presenti nella realtà del protestantesimo italiano contemporaneo,
ma perché un confronto tra queste varie posizioni è già cominciato negli ultimi tre anni (sia pure in modo frammentario e incompleto a causa di particolarità locali e di preclusioni settoriali), mentre l’Assemblea potrebbe essere il luogo adatto per sviscerare questi problemi a livello generale e in un
dibattito completo e chiarificatore.
Dall’esame delle questioni riguardanti l’unità degli evangelici italiani, il loro rapporto con la realtà religiosa del
paese, e le diverse proposte di scelta
testé riassunte, risulta un quadro complessivo che rispecchia in modo — riteniamo — sufficientemente chiaro la
situazione attuale delle chiese evangeliche in Italia.
Nel proporre per questa Assemblea
un Ordine del Giorno che contiene determinate e bene identificabili accentuazioni il Consiglio ha tenuto conto
specificamente di tale situazione e desidera dare un netto rilievo ad alcune
linee di lavoro che ritiene abbiano un
carattere prioritario e debbano essere
sottoposte all’attezione non solo delle
Chiese ed Opere federate, ma di tutte
le chiese evangeliche operanti in Italia.
1. - L’annuncio dell’Evangelo a tutto il popo'o italiano attraverso i mezzi
di comunicazione di massa (stampa,
radio, TV). In un mondo che oscilla tra
l’autoritarismo e la., confusione, TEvangelo è l’unico creatore di libertà, perciò
coloro che lo conoscono hanno verso 1
propri concittadini il debito di « proclamarlo sui tetti ». Tra gli strumenti di
tale proclamazione devono avere un
loro posto preciso quello che nel nostro tempo permettono di raggiungere
effettivamente grandi masse di uomini.
Riteniamo quindi che sia giunta l’ora
di un vigoroso sforzo in comune in questa direzione da parte di tutte le forze
evangeliche: tale impegno comporta
da un lato un ampio dibattito circa le
motivazioni profonde della nostra testimonianza, dall’altro una scoperta
dei doni necessari per far fronte a
questo compito di predicazione: siamo
persuasi che quando lo Spirito rivolge
una vocazione crea anche le .attitudini
necessarie per adempierla, perciò tocca
a noi scoprire queste attitudini e valorizzarle.
2. - Una corrotta posizione delle
chiese evangeliche dinanzi al mutato
atteggiamento statale nei loro confronti. Da chiese tendenzialmente emarginate stiamo infatti rischiando di diventare chiese tendenzialmente integrate
nella corrente predominante nella vita
e nella società italiana di oggi: ciò
comporta la possibilità di raggiungere
situazioni di relativo privilegio pur nel
paradossale permanere di una legislazione che custodisce tutti i germi di
possibili future repressioni. Si tratta
pertanto di lottare tutti insieme
a) per conseguire la definitiva
scomparsa di questa legislazione,
b) per ottenere l’introduzione nel
sistema giuridico italiano di una garanzia effettiva per la libertà di tutte
le coscienze (religiose e laiche),
c) per esprimere in pari tempo un
rifiuto motivato delle eventuali proposte che tendessero a coinvolgerci nella
fruizione di quei privilegi che in Italia
vengono tradizionalmente riservati alla confessione di maggioranza.
Concludendo: siamo profondamente
convinti che, come già abbiamo detto,
queste questioni riguardano non soltanto le Chiese ed Opere federate ma
l’insieme di tutte le forze evangeliche
in Italia. Riteniamo per altro che la
scelta di queste priorità comporti, più
che un orientamento del nostro lavoro
sulle linee ecumeniche tradizionali, una
concentrazione sui compiti della testimonianza; in altre parole, la soluzione
dei problemi delle chiese evangeliche in
Italia va cercata non tanto nello sforzo di « costruire l’unità » quanto, soprattutto, nell’ impegno di « testimoniare insieme »: ed è in tale prospettiva che ci auguriamo si muove l’Assemblea di Firenze.
iimiimiiniiiMiimiMiiinimiiiiiiii
Dai rapporti dei vari Servizi federali
Reg. al Tribunale di Pineroìo
N. 175 — 8.7.1960
Tip. Subalpina s.p.a - Torre Pellice (To'
= SERVIZIO STUDI
= 11 rapporto ricorda ì tre convegni orga
= nizzati ad Agape e ad Ecumene sul tema
= della (i posizione delle chiese evangeliche
= di fronte allo stato », sulFEpistola agli Efe
^ sinì e su « il prolilema dì Dio nella teolo
= già protestante oggi »: nel commento si
= aiTerma che tali incontri a hanno permesso
E di condurre un discorso serio, impegnato.
E iion accademico su alcuni dei temi più
E scottanti che la testimonianza evangelica
= deve oggi aiTrontare » e si sottolinea che
= occorrerà caratterizzarli meglio sia in rife
= rimento al pubblico dei partecipanti, che
E alla suddivisione del lavoro nei due prin
= cipali settori di interesse: quello hiblico
= filosofico e quello hihlico-esegetico. Per il
E 1971 si prevedono altri incontri sulla leO‘
= logia dell'antico testamento e sulFe.scato
= logia. Il servizio dispone oggi di una rivi
E sta (Diakonia). di una collana di libri e
E dei due incontri annuali menzionati, che
— hanno visto crescere il numero dei parlcci
— panti.
I SERVIZIO
E DI AZIONE SOCIALE
= Il campo di lavoro del servizio compren*
= de il coordinamento c Faiuto alle opere
E sociali già in atto e la creazione di nuove
E iniziative federative. Per questo, oltre ad
= un censimento di ciò che esiste, il servizio
= ha avuto contatti con i vari respon.sabili.
= ha instaurato più stretti rapporti con il te
E ma ecumenico operante in Italia, ha orga
= nizzato per il 1971 un convegno; ha isti
= tuito l)orse di studio per giovani che vo
E gliono dedicarsi al servizio sociale: ha
E mantenuto contatti con il comitato per la
= emigrazione. I respon.sabili del .servizio
^ chiedono per il futuro minori dosaggi de
E nominazionali e più realismo per reiezione
E dei membri; disponibilità dei mezzi per
= l'azione sociale: maggiore impegno da par
= te delle comunità.
I SERVIZIO STAMPA
I RADIO E TELEVISIONE
= Tre sono state le linee di azione del serE vizio: messa a punto di xin piano organico
E per i compili della comunicazione evange
E lica in Italia: preparazione di nuove forze
Z professionalmente idonee ai nuovi compiti:
E gestione delle attività già esistenti. Il rap
E porto indica come questi compiti non pos
= sano in futuro e.ssere seriamente svolti sen
E za un minimo di struttura esecutiva che
esca daU'amlxito del volontariato, senza per
altro sottovalutare Fiinjíegno vocazionale
richiesto ai membri del servìzio. Il piano
organico ha ricevuto l'appoggio del CEC e
dovrebbe riguardare: Fislituzione di un
centro di raccolta. coor:Iinamento e diffusione al servizio delle attività di comunicazione evangeliche e con funzione di ufficio stampa della Federazione; la gestione
e lo sviluppo del culto radio e del servizio
informazioni; la presenza nei dibattiti radiofonici televisivi; la gestione di una rubrica televisiva evangelica: il so.stegno e la
pubblicazione di « Nuovi Tempi »; la preparazione di personale (jualificato. Il rapporto sottolinea come al momento attuale
i risultati conseguiti siano poco .soddisfacenti. Il discorso sulla predicazione atlraver.«o la radio è appena cominciato con il
convegno appositamente organizzato .ad
Ecumene: i contatti con la televisione sono fermi a livello delle a.ssicurazioni generiche per quanto riguarda la rubrica
evangelica; mentre dopo r2.sperienza di
« Terzo giorno » si è alla ricerca di definire il discorso in termini più concreti
e più incisivi per noi. Due borse di studio
sono state assegnate a giovani evangelici
per uno stage di preparazione presso centri televisivi esteri. 1! rapporto termina
.sattolineando la centralita del problema
delle comunicazioni per la testimonianza
degli evangelici oggi.
COMMISSIONE GIURIDICO
CONSULTIVA
Le questioni che aU'inizio del 1968 erano rimaste in sospeso c sulle quali occorreva che la Federazione csprimes.se il proprio avvi.so erano le seguenti: applicazione
della legge .suH'assicurazione contro le malattie. problema scolastico (dispense e insegnamento religioso evangelico) riforma
del Fondo di previdenza, tema generale
delle intese. Oltre a questi problemi principali. veniva sollecitala la riflessione anche su altri temi, quali la necessità di un
riordino delle discipline interne delle chiese evangeliche, quella di mantenere e dì
promuovere una informazione e una documentazione sui temi precedenti, quella di
una coirsulenza e di un'assistenza a livello
delle questioni giuridiche, quella di produrre studi e pubblicazioni di carattere
giurìdico. Nel suo rapporto, la commissione giuridico consultiva, dopo aver spiegato
le modalità e i motivi che hanno portato
alla sua costituzione, non essendo po.»sibìle ricostituire un ullicio legale, sottolinea
come la situazione attuale debba essere
considerata un rimedio temporaneo, che, in
quanto tale, non ha consentito lo svolgimento di una allivìlà costante ed organica.
I problemi die hanno occupato la commissione sono stati : la legge sulla assistenza
malattia ai ministri di culto, per cui si
spera un'approvazione da parte del Senato
entro ottobre: l'obiezione di coscienza, per
cui si è costituita una Lega di cui è stalo
promotore, fra gii altri, il presidente della
B'ederazione; l’abolizione dei reali di vilipendio della religione: le modifiche alla
legge per la pensione di invalidità e vecchiaia ai ministri di culto e in particolare
l'opposizione alla proposta di eguale trattamento (e quindi di contributi) per i ministri non cattolici e per il clero, più una
nota inviata al ministro del lavoro.
COMITATO PER LA
TESTIMONIANZA EVANGELICA
Al TURISTI
Il breve rapporto contiene e.sclusivamente i risultali di un'inchiesta svolta tra le
chiese sul loro atteggiamento verso il problema del turismo. La inchiesta cui hanno
risposto 46 chiese su 166 interpellate riguarda la nazionalità dei turisti, il loro
tempo di permanenza, i contatti delle chiese con gli enti turistici, i culti e gli .incontri organizzali per loro. Tra le pro])osle
che emergono il rapporto menziona : necessità di avere opuscoli da distribuire con notizie sulle nostre chiese: collaborazione tra
chiese della stessa zona: segnaletica stradale; collahorazione con la chiesa luterana;
incitamento dei giovani per questo lavoro.
Non mancano notevoli critiche c rilievi
sulla difficoltà di un lavoro serio per i turisti evangelici stranieri.
CONSIGLIO DI COLLEGAMENTO
GRUPPI FEMMINILI EVANGELICI
Il rapporto presenta lo statuto ratificato
dai vari congressi denominazionali dopo il
1968; ricorda gli incontri interdenominazionali, il lavoro di collegamento e la dif
fusione di studi su « la comunità » espri
mende un giudizio positivo su tali attività
II consiglio di collegamento ha organizzato
dì anno in anno la giornata mondiale d
preghiera delle donne devolvendone la col
letta a varie opere sociali italiane ed este
re. Per il 1972 il contributo italiano a
tale giornata segnalerà la gravità del problema degli emigrati. Sempre nel 1972 dovrebbe tenersi il congresso interdenominazionale.
Ahoìaino chiesto un parere ai nostri fratelli
di Reggio Calabria, desiderando sapere come
gli evangelici della città hanno vissuto le
drammatiche settimane dell’agitazione reggina
e come vedono i problemi dai quali questa è
scaturita Riceviamo questo scritto dal prof.
Puzzangkera che. oltre ad essere membro di
quella nostra chiesa, è vicepresidente d‘^lla
Lommisswne del III Distretto.
Non avrei voluto scrivere e tantomeno polemizare sulle pagine dei nostri
settimanali evangelici, intorno ai gravi
latti verificatisi a Reggio Calabria nel
tiglio e nel settembre uu. ss., sui quali la stampa italiana si è molto coloristicamente sbizzarrita, dando notizie
t giudizi assolutamente privi, non solo
oj buonsenso e di comprensione, ma
direi volutamente, privi di lealtà distorcendo i fatti e falsando la verità.
Ma se falsare la verità è mestiere
ai certa stampa che guazza nell'intrigo politico e nello scandalo proprio
per servire i padroni che la foraggiano, questo non me lo aspettavo da un
settimanale serio qual è « Nuovi Tempi », il quale, pubblicando il 20 settembre scorso un pezzullo a firma di /. f.
SI e allineato, senza volerlo, a quel tipo di stampa.
Son certo che Z. /. non è stato mai a
Reggio Calabria: né prima, né durante, ne dopo i fatti di cui stiamo parJando; non conosce perciò l’anima generosa della popolazione reggina, né
le ragioni vere e profonde che, in un
preciso mornento della sua mortificante storia di quest'ultimo cinquantennio, 1 hanno quasi selvaggiamente svegliata ad una triste realtà e, quindi,
spinta a difendere la sua dignità umana e civile, i suoi precisi diritti, il suo
luolo di città capoluogo di regione,
rnai prirna d’ora contestato (nemmeno
ai tempi del quadrumviro Michele
Bianchi), mai dimenticato dalle storie
e dalle geografie che si dànno nelle
scuole. E questo perché si è sempre
riconosciuto a Reggio il diritto (storico, geografico, turistico, estetico, urbanistico, etc.) ad avere un tale ruolo.
L insurrezione di Reggio, dunque,
non ha avuto altre motivazioni se non
quella di difendere il suo diritto, proprio in quest’ultimo appannaggio che
le restava, dopo le molte usurpazioni
subite, da quando il terremoto del 1908
1 aveva distrutta. Toglierle ancora quest'ultimo residuo di lustro (per quelli
che non hanno capito niente), ha significato per tutta la popolazione reggina un volere, ad ogni costo, offenderla, mortificarla, metterle il piede sulla
faccia.
Altro che bande teppistiche, canaglia locale, miscuglio di conservazione
clerico-fascista, mafie locali — così come irriflessivamente si esprime l. f.,
nel pezzo citato —; è stata tutta la popolazione che è insorta, di tutti i ceti
e i colori politici. Soltanto alcuni ben
individuati gruppi, che hanno ricevuto precisi e indiscutibili ordini dal vertice dei loro partiti, hanno dovuto fare
i «crumiri», pur avvertendo, come
reggini, di andare contro una causa
giusta e contro quelTelettorato che li
aveva messi ai loro posti di comando.
L’insurrezione di Reggio non è stata
una « lotta di campanile », non si è
trattato di stupide cd inutili rivendicazioni, ma del rispetto di un diritto,
che i « baroni » politici della stessa regione hanno voluto barattare, usando
tutti i mezzi leciti e non leciti di cui
dispongono, anche quelli di mandare
a Reggio un esercito di polizia e di carabinieri per far tacere i reggini, facendo così di Reggio una specie di
Praga. E si sono sbagliati, poiché la
popolazione ha reagito con maggiore
violenza, alla violenza che le stesse
forze deU’ordine, in modo indiscriminato e fascista (non è retorica: lo potrebbero benissimo provare le svastiche e i motti fascisti che questi signori dell’ordine hanno lasciato sui muri
delle scuole dove sono stati alloggiati)
hanno mostrato nel picchiare i cittadini di Reggio.
Se mafia, teppismo e fascismo ci sono stati nelle giornate di Reggio, questi epiteti — mio caro l. f. — vanno attribuiti ai « baroni » c alle forze di cui
dispongono. Tutta la popolazione reggina non è né mafìosa né fascista. Se
ci sono stati alcuni elementi deteriori
nella lotta, questi è impossibile evitarli. Ma non sono stati questi ad iniziare
la protesta, svoltasi prima pacificamente e democraticamente, con in testa il sindaco della città (quel sindaco
considerato dagli stessi baroni politici
tra i migliori e dinamici d’Italia). Poi
le cose sono precipitate, non solo per
l’assurdo silenzio del governo, ma soprattutto quando i reggini hanno capito la trama del giuoco o, meglio, del
tranello in cui si voleva farli cadere.
Non sono per la violenza, come non
lo sono gli evangelici delle chiese reggine che hanno seguito le drammatiche, nonché luttuose giornate di Reggio con molta pena, ma quasi unanimamente solidali con quelli che si sono battuti per difendere ciò che è giusto ed onesto. Però diciamo, francamente, che se i reggini non avessero
fatto quello che hanno fatto, chi li
avrebbe mai ascoltati?
È bene che si sappia, infine, che dietro e dentro la cosiddetta lotta di campanile, c’è tutto uno stato di sofferenza, di attese, di frustrazione che hanno colmato il calice della sopportazione di una popolazione che ha bisogno
di essere compresa, amata e aiutata,
anziché essere vilipesa e diffamata.
Ernesto Pozzanghera
3
30 ottobre 1970 — N. 43-44
pag. 3
libri
Dita che guariscono
NELLE NOSTRE COMUNITÀ'
Dorothy Ciarke Wilson, l’autrice del libro avvincente sulla vita
della dottoressa indiana Mary Verghese, presenta in una nuova
opera il servizio del dottor Paul Brand, il chirurgo dei lebbrosi
Coloro che hanno letto con interesse
il libro di Dorothy Ciarke Wilson
« Prendi le mie mani », e che hanno conosciuto le sofferenze ed il successo
della dottoressa indiana Mary Verghese, tragicamente mutilata nella sua gioventù in un incidente d’auto, e ciò nonostante diventata un abile chirurgo
delle mani dei lebbrosi, saranno lieti di
leggere questo secondo libro della Wilson sulla vita di un altro medico, missionario in India, il dottore inglese Paul
Brand, che è stato per l’appunto colui che ha curato Mary Verghese, che
l’ha seguita ed assistita durante la sua
lunga lotta per trionfare della paralisi,
conseguenza dell’incidente occorsole,
colui che è stato il suo maestro e l’ha
spinta a proseguire l’attività chirurgica,
malgrado la sua infermità. Il dottor
Brand, con la sua tecnica specializzata
per ridare il movimento alle dita intaccate dalla lebbra, è diventato un medico di fama mondiale, e il titolo che
l’autrice dà a questo suo secondo libro
vuole essere nello stesso tempo un
omaggio al grande medico, le cui dita
sanno guarire — « le dita che guariscono » —, ed anche un riconoscimento
del risultato da lui conseguito sulle
povere dita dei lebbrosi che vengono
guarite; infatti « le dita che guariscono » sono anche queste che riprendono
vita per l’abilità del chirurgo.
* * *
Il nuovo libro di Dorothy Wilson inizia con la storia di Sadagopan, un indiano nato nell’India del sud, contagiato dalla lebbra all’età di otto anni, e
con il passare del tempo sempre più
malato: a 18 anni è un giovane con
mani e piedi avvolti in bende, privo
già di alcune dita, fuggito da tutti, —
la madre è morta di dolore — solo, miserabile,, senza possibilità di lavorare,
senza amici, disperato. Il dott. Brand
lo accoglie nel suo ospedale di Vellore,
10 opera alle mani e ai piedi, e in poco
tempo gli ridà una speranza di vita.
Sadagopan ridiventa un uomo, le sue
mani possono compiere nuovamente
tutti i loro movimenti, i piedi non sono
più coperti di ulcere e deformi; egli
riuscirà a trovare un lavoro come archivista in un Sanatorio dell’India del
sud, e infine potrà sposarsi ed avere
un figlio sano. Proprio a lui, a quest’uomo risuscitato ad una vita normale,
l’autrice si rivolge per ottenere materiale d’informazione sull’attività del
chirurgo dott. Brand: si può comprendere con quale gioia e riconoscenza Sadagopan ottempera alla richiesta, che
gli permette di mettere in luce le capacità e le qualità di colui che l’ha
così efficacemente aiutato a trionfare
della lebbra.
* >V *
Noi possiamo seguire la trama della
vita del dott. Brand, che si svolge tra
l’Inghilterra e l’India, ed appare preparata e composta dalla mano di Dio:
11 padre era già un missionario in zone
particolarmente disagiate dell’India, e
la madre ne era la valida collaboratrice. Il bimbo a nove anni deve lasciare
il favoloso paese dove si è svolta la
sua felice infanzia e i genitori, a cui è
affezionatissimo, per andare a studiare
in Inghilterra sotto la tutela delle zie.
Egli da questo momento è continuamente in attesa delle vacanze per rivedere il padre e la madre; ma essi
non possono mai lasciare l’urgente lavoro missionario; cosi da Natale a Pasqua, da Pasqua ad un altro Natale il
bimbo deve rinunciare alla loro visita.
Non rivedrà più il padre, che muore
improvvisamente in India, e quando,
dopo anni, la madre finalmente ritorna in patria, è una piccola vecchietta
che il figlio stenta a riconoscere.
Ma la vita continua; la madre riparte con altri missionari per il suo campo di attività nell’India — la figura di
questa donna tenace, che fino ad 85
anni continua la sua opera presso i derelitti indiani delle colline, è indimenticabile —; il figlio si laurea in medicina
in Inghilterra, dove rimane fino alla
fine della guerra negli ospedali presi di
mira dalle bombe. Poi avviene il matrimonio del neo-dottore con Margaret
dottoressa in medicina, e l’appello di
Vellore per andare ad insegnare nel
Centro ospedaliero fondato dalla dottoressa americana Ida Scudder, il pijù
vasto stabilimento medico cristiano di
tutta l’Asia, nel quale, proprio in quel
periodo, ha inizato i suoi studi la giovane indiana Mary Verghese.
Il medico missionario si dispone con
pochi mezzi, ma con grande amore e
forte volontà, a studiare le deformazioni prodotte dalla lebbra sulle mani dei
malati: vi sono più di dieci milioni di
lebbrosi nel mondo, il 15% dei^ quali
con mani deformate, e prima d’allora
nessun chirurgo ortopedico si era mai
dedicato a studiare interamente queste
deformazioni.
Il dott. Paul Brand si mette all’opera
e noi possiamo seguire passo passo i
suoi studi in questo campo, le sue lotte, le sue delusioni, i primi successi, la
pazienza e la perseveranza incredibili
con le quali si dedica a questa che sente essere la sua vera ed inequivocabile
vocazione: guarire le dita deformate.
L’autrice spiega con chiarezza ed in
dettaglio la tecnica operativa del dott.
Brand, per cui anche gli incompetenti
possono rendersi conto dei metodi di
cura e delle possibilità di guarigione, e
l’interesse cresce a misura che si procede nella lettura.
In mezzo a tanto strazio, miserie di
ogni genere, nudità, fame, disperazione
di chi non può più adoperare quei meravigliosi strumenti di lavoro dati da
Dio all’uomo, le mani, «una tra le più
squisite e più geniali fatture del Creatore », abbiamo anche la visione riconfortante di una lieta vita familiare di
missionari all’opera; i figli che nascono
e crescono in un paese meraviglioso, in
cui ogni giornata porta una scoperta
ed un piacere nuovo; l’allegria di una
famiglia piena d’affetto, ove il padre è
molto amato; le avventure di una nurtiCTosa brigata di figli e di amici nelle
più disparate dimore; i viaggi da pionieri alla ricerca di una villeggiatura
ristoratrice; e, in mezzo a tutto questo,
la gioia di una vita bene spesa, che si
riflette su tutta la casa, sugli ospiti, sui
vicini, sui malati guariti; e soprattutto
la fede che pervade ogni azione, ogni
parola di questi credenti. Il dott. Brand
è anche predicatore laico della sua
chiesa — la chiesa battista —, e i suoi
sermoni, ispirati alla realtà viva della
sua vita di medico cristiano, sono grandemente efficaci. Un giorno, ad una folla di lebbrosi seduti a gambe incrociate sulle loro misere stuoie, tutti intenti
a lui, simili a spettri umani, con occhi lacrimosi rossi e spenti, con nasi
mutilati, mani contorte ad uncino inservibili, egli predica il Cristo, ed in
particolare l’amore di Cristo rivelatosi
attraverso le Sue mani; quelle mani
che hanno lavorato, che hanno guarito,
che hanno benedetto, e nel . colmo dell’amore per noi, si sono lasciate trafiggere dai chiodi sulla croce. Il dott.
Brand sa bene quale strazio possono
compiere i chiodi che forano il palmo
di una mano, con la sua formidabile
complessità di tendini, di nervi, di vasi sanguigni e di muscoli... Non soltanto il Cristo è stato capace di soffrire
con i poveri e i travagliati di questo
mondo, ma ha anche consentito ad avere le mani paralizzate per solidarietà
con coloro che le hanno deformate e
storpie. Infine vi sono le mani del Risorto, quelle che il Cristo con premura mostra ai discepoli attoniti, invitando Toma a mettere le dita nei segni dei chiodi: « guardate le mie mani ». Perché — conclude il dott. Brand
davanti all’uditorio che sospira con
intensa comprensione — il Signore ha
voluto conservare nel suo corpo spirituale le ferite della sua umanità? Non
è forse perché voleva portare su di sé
un ricordo eterno delle sofferenze di
coloro che sono sulla terra, ed in questo modo restare eternamente unito a
noi?
* * •*
Intorno al chirurgo pieno di passione per la sua opera, a poco a poco si
muove tutto un mondo di persone consacrate: infermiere, fisioterapisti, insegnanti, tanto la gente umile che ritrova il senso della vita nel servizio
verso il prossimo sofferente, e il cui lavoro anche se modesto, è di grande
utilità e valore, quanto i medici di fama mondiale che giungono al Centro di
Vellore per constatare il magnifico lavoro che ivi si compie, eminenti specialisti di chirurgia estetica che desiderano collaborare con l’équipe missionaria; perfino un giovane hippie
giramondo, il quale impressionato dalle sofferenze dei lebbrosi, s’improvvisa
calzolaio, e con l’andar del tempo diventerà il braccio destro del dottor
Brand nell’offrire la possibilità di guarigione completa ai malati per mezzo
di calzature adatte. Insieme con tutti
costoro giungono a Vellore anche personaggi celebri, come una famosa pianista inglese che organizza un concerto a favore del grande Centro ospedaliero.
* * *
Dopo anni di studi, di ostacoli superati, di strenuo lavoro, incomincia a
venire il successo: a diecine e poi a
centinaia i lebbrosi deformati sono risanati e restituiti alla società. Ma subito sorgono altri problemi: la società
diffida di questi malati dalle mani ricostituite, e non offre loro un impiego.
Bisogna creare centri di lavoro, presso
l’ospedale, per dare modo agli ex-malati di guadagnarsi la vita, dimostrando a tutti che sono tornati normali;
nello stesso tempo essi possono essere sorvegliati da vicino dai medici. Il
dott. Brand non pone tempo in mezzo
e fonda piccoli stabilimenti di operai
guariti dalla lebbra; nuovamente, al
suo appello è un accorrere di gente da
ogni parte per venire ad insegnare a
lavorare a questi uomini dalle mani
fragili, vale a dire mani che hanno ripreso i movimenti, ma che rimangono
tuttavia sempre insensibili, e terribilmente esposte a contusioni ferite bruciature, perché non conoscono il dolore.
La fama di ciò che si compie in India ha valicato ormai le frontiere ed è
noto nel mondo intero: il dottor Brand
è chiamato da varie nazioni per fare
conferenze e illustrare la sua opera.
Egli si reca in Inghilterra in Svezia in
America in Africa; nel 1957 è a Milano
con un filmato su di una operazione
alle mani, e vince il primo premio al
concorso di corto-metraggi tecnici. Insieme con la diffusione della sua tecnica chirurgica, egli riceve onori, premi
di medicina, ambite onoreficenze da
parte di molti paesi. Ma il dott. Brand
rimane sempre umile, cosciente del poco fatto e del tanto che rimane da fare;
la sua fede gli dà la consapevolezza
profonda che è Dio che opera in ogni
vita, e che noi siamo un semplice
strumento, e cioè, come egli si esprime
per rimanere nel suo campo specialistico: « Dio è la mano, e noi, se mai,
siamo soltanto un dito fra le dità ».
Edina Ribet
Dorothy Clarke Wilson, Ces doigts qui
guérissent. Collection missionnaire.
Labor et Fides, Genève 1970.
iiiiiiiiiiiimiiiiMiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiMiiiimiimmiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiim'iliiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiim
Alexander Soljenitzin
Nel numero precedente di questo
settimanale, abbiamo riportato un giudizio sull’eccezionale altezza morale e
forza di carattere del nuovo premio
Nobel della letteratura, il sovietico
Alexander Soljenitzin. Ma qual’è il suo
effettivo valore come scrittore? Ecco
le risposte di due competenti.
« Soljenitzin è comunemente considerato l'ultimo dei classici russi. Ciò
è vero e falso al tempo stesso. Egli è
un realista nella linea di Tolstoi (non
di Dostoïevski né di Cekov, come si è
preteso), un realista esistenziale per il
quale i grandi problemi spirituali e
morali si pongono su un piano molto
attuale, un realista nutrito d’esperienza personale e di conoscenza precisa.
Umanista di formazione molto completa, scientifica e letteraria ad un tempo, uomo di vasta cultura, Soljenitzin
si sente a suo agio sia descrivendo le
cure del cancro, sia evocando le ricerche acustiche della prigione di Mavrina. (...) Egli sa entrare con padronanza non solo nella psicologia del contadino e dell’intellettuale russi, dell’internato dei campi di concentramento,
del canceroso e dei suoi medici, ma si
può dire che egli sa reincarnarsi successivamente in ciascuno dei suoi personaggi, ivi compresi i componenti dell’apparato politico, nella misura in cui
questi conservano qualcosa d’umano.
In ciascuna delle sue opere, egli descrive un ambiente chiuso ed isolato
dal resto del mondo. Ma ogni volta,
questo microcosmo ben chiuso si dilata, espandendosi in un macrocosmo
che è la Russia. Quest’evoluzione s’accentua con l’avanzare della sua età.
(...) Tuttavia, per quanto eccezionale
sia la sua capacità d’osservazione, per
quanto suggestiva la sua divinazione
psicologica, Soljenitzin non sarebbe il
grande scrittore che è, se la sua opera
si limitasse ad essere soltanto un documento e una testimonianza artisticamente trasfigurata.
L’alta esigenza dello scrittore si situa al livello di quei problemi spiritua
li e morali che, in tutti i tempi, hanno
preoccupato gli uomini più grandi »
(Vera Fosty).
« Esiste oggi una letteratura mondiale sui campi di concentramento. Senza
dubbio essa resterà una testimonianza
eccezionale del nostro tempo. È una
letteratura nel pieno significato di questa parola, che descrive un’effettiva società. E, in questa società, essa penetra nell’uomo a profondità prima sconosciute od ignorate. Ed è proprio perché questa letteratura rivela una dimensione nuova dell’uomo, che essa è
vera ed autentica. Essa non spiega
l’uomo che scopre: non lo saprebbe
neppur fare, perché io non credo che
l’uomo possa mai essere "spiegato".
Ma essa scopre certi domini che sono
le terre notturne dell’uomo, ove lagrandezza è nella luce stessa della miseria e dell’abiezione. Ciò spiega il fatto che i superstiti, qualunque sia la loro origine nazionale o sociale, appartengono ad una categoria a parte. Gli
avvenimenti li hanno condotti per mano, fino a raggiungere quelle frontiere
che gli occhi normali non riescono a
vedere.
Fra i maestri di questa letteratura,
Soljenitzin è uno dei sommi. Con sobrietà straordinaria egli risuscita degli
esseri e li fa rivivere, rianimando il
mondo a parte in cui vissero, e molti
morirono. Egli li fa abitare vicino a
noi, con un’efficacia tale da farci credere di averli sempre conosciuti. Si è
detto che egli è un grande classico della letteratura russa: io direi che è un
gran classico della letteratura mondiale. Il suo stile è come annullato od
assorbito dai concetti, ed è questa senza dubbio la sua più grande arte. Considero "Una giornata d’Ivan Denissovic”, fra tutto quello ch’egli ha scritto
fino ad oggi e che noi conosciamo,
l’opera tnigliore e più completa ».
(David Rousset).
(Dal « Figaro littéraire » del 19-25.10.70)
Tullio Viola
Servire Dio fra gli uomini
con “la pazzia della predicazione,,
Unti gioiosa giornata per i valdesi di Sampierdarena,
grati a Dio per il loro nuovo centro comunitario ■ La predicazione del Moderatore, la comunione di molti fratelli
Domenica 25 ottobre è stata giornata di festa per la Comunità Valdese di
Genova-Sampierdarena che ha accolto
il Moderatore, past. Neri Giampiccoli
e il Presidente della Commissione Distrettuale, past. Roberto Nisbet, i quali, per la prima volta, ci hanno visitati
nei nuovi locali. La loro visita è stata
come 1’« inaugurazione ufficiale » della
nuova Cappella, nella quale la Comunità tiene le proprie riunioni sin dal
Natale dello scorso anno. Rifuggiamo
dalle manifestazioni trionfalistiche e
per questo l’inizio delle attività nella
nuova Cappella ebbe luogo con il gioioso Culto di adorazione, di ringraziamento e di consacrazione che l’incarnazione del nostro Redentore suscita
sempre nell’animo del credente. Non
fu Culto di consacrazione o dedicazione del locale poiché sappiamo che consacrati debbono essere i cuori di coloro che vi si raccolgono ed è soltanto
questa consacrazione che fa sacro il
locale quando la Comunità fedele vi si
raccoglie. Così, anche questa duplice
visita non ha voluto segnare una qualche « dedicazione » del locale. È stata
l’opportunità offerta alla Comunità
per rinnovare l’espressione della propria gratitudine a Dio, ed agli uomini
di cui Dio si è servito, per il dono fattole di un permanente strumento di testimonianza e di servizio.
Durante il Culto di Santa Cena la
Comunità ha ricevuto la predicazione
del Moderatore, il quale ha ricordato
che non basta gioire nel veder compiuto ciò che per tanto tempo si era
sperato, ma che la cosa che più importa è usare questo luogo jjer riascoltare la Parola di Dio e riscoprire la
nostra vocazione in questo tempo ed
in questa città. « Questo luogo deve essere lo strumento di questo servizio
della Parola, di questo servizio di annunzio di salvezza ’mediante la pazzia
della predicazione’ (I Corinti 1: 21).
Questo tema della predicazione sembra essere in decadenza oggi; si parla
di crisi della predicazione, se ne analizzano le cause e le si vogliono riscontrare nel linguaggio o nel metodo di
essa. Ed è vero; ma la causa prima è
forse da riconoscere nella sostanza:
nel fatto che non sappiamo conservare in noi la certezza della salvezza e
non sappiamo trasferirla nella nostra
vita quotidiana. C’è una generale sordità spirituale forse portata dal benessere... La sapienza di questo mondo ha creato solo degli idoli, che nel
nostro tempo possono identificarsi nell’idolo del progresso, della sicurezza
tecnica, del benessere generalizzato,
delle ideologie. Tutte cose legittime se
intese come strumenti; ma nessuna di
esse può liberare l’uomo dalla ruina
della morte che incombe su di lui. A
tutti gli idoli che la sapienza umana
può esaltare Paolo contrappone la
’pazzia della predicazione’. Della predicazione che afferma la validità della
morte del giusto per la redenzione degli ingiusti, la realtà della continuità
della vita e della risurrezione. La Chiesa di Gesù Cristo non ha altra forza
che questa predicazione che dev’essere
da noi vissuta ogni giorno. Se ci mimetizziamo con il mondo che ci circonda, non ’predichiamo’. Se abbiamo
ricevuto il dono di questa ’pazzia’, di
questa predicazione non è per noi stessi, per il nostro benessere spirituale.
Avete ricevuto, date! Cercate il modo
migliore per rendere questo locale
strumento vivo di tale predicazione.
Questa ’pazzia della predicazione’ della croce è la sola speranza ed il solo
avvenire delle nostre chiese perché in
questa, ed in questa soltanto, trovansi
i frutti del Regno che viene: giustizia,
pace, vita! ».
Il past. Nisbet, rivolgendo un breve
messaggio alla Comunità di cui è stato pastore, le ha ricordato che più importante del locale di riunione è la
Comunità e che i veri culti non sono
quelli delle grandi occasioni, bensì
quelli delle domeniche ordinarie. La
missione della Chiesa, il campo in cui
si volge la ’predicazione’ è fuori dei
locali di riunione e questi sono validi
nella misura in cui raccolgono la comunità nella ricerca comune di incoraggiamento e di forza per svolgere
con fedeltà la missione fuori, nel mondo e per il mondo.
Al termine del Culto, e prima che
tutti si passasse nella sala attica dove le sorelle del gruppo femminile avevano preparato un semplice fraterno
rinfresco, il pastore della comunità ha
ringraziato il Moderatore ed il past.
Nisbet e tutti coloro che hanno collaborato all’acquisto ed aU’allestimento
del nuovo locale.
Più tardi, nella sala da pranzo dell’Ospedale Evangelico, si è avuta una
agape che ha raccolto attorno al Moderatore ed al Past. Nisbet un buon
gruppo di membri della Comunità di
Sampierdarena e di Genova Centro.
Questo ha dato modo ai due ospiti di
rendersi conto dello stato di sviluppo
dell’Ospedale Evangelico Internazionale di Genova. Al termine di questo secondo incontro abbiamo avuto i messaggi del past. Paolo Marauda, il quale
non aveva potuto presenziare il Culto
impegnato nella sua chiesa e dell’anziano Federico Schenone, che al termine del culto s’era limitato a dire
poche parole in ricordo del pastore
Carlo Lupo. II pastore Enrico Corsani,^ presente al Culto del mattino ed
all’agape, avrà presto l’opportunità di
dare alla Comunità di Sampierdarena
l’apporto della sua predicazione: lo
abbiamo impegnato formalmente ed
egli ha accetttato con gioia.
Ed ora vorremmo dire a tutti quelli
che con amor fraterno ed interesse vivo hanno seguito la storia del nostro
locale: non ci abbandonate! Continuate a pregare per noi come noi continueremo a pregare per voi: nella
scambievole preghiera gli uni per gli
altri si realizza l’efficiente unità della
Chiesa, la quale, soltanto nella costante comunione con Colui che ne è il Signore, trova la forza di vivere ’la pazzia della predicazione’.
(sa)
Villar Penosa
Visite gradite. - II 30 agosto abbiamo avuto
la gioia di avere tra noi il Pastore Bert che ha
presieduto il nostro culto con un forte messaggio. II Pastore gli ha espresso la riconoscenza della comunità per aviere egli, anni fa,
acquistato il terreno sul quale ora sorge il
nostro tempio. La sua signora ha suonato
1 armonium con mano maestra ed è stata festeggiata dalle sue antiche unioniste. Al culto erano pure presenti i Proff. D’Ari di Rimini e la sig.ra, che è membro di quel Consiglio
di Chiesa, ci ha dato un fraterno messaggio,
annunciandoci la prossima inaugurazione della loro cappella.
Inaugurazione organo. - LTl ottobre la nostra comunità ha vissuta una grande giornata : abbiamo inaugurato l’organo donatoci dal
vescovo Scharf di Berlino, costruito dalla Ditta Waleker di Stoccarda, con 7 registri e più
di 400 canne.
Il rappresentante del Vescovo, Signor
Oberkonsistorialrat Kirchner, durante il culto
consegna solennemente la chiave dello strumento al Pastore, il quale ringrazia commosso,
e, aperto lo strumento, prega la Prof.sa Michi
Cesan di farcene udire il suono.
Sentiamo cosi, in mezzo al raccoglimento
generale, le note melodiose e avvincenti del
Largo dì Haendel suonato magistralmente.
Il Pastore Kirchner ci dà la predicazione in
francese e il culto termina con la celebrazione
della S. Cena.
Alle 12,30, con un centinaio di presenti, ci
ritroviamo nella nostra Foresteria per l’Agape fraterna. Sono con noi vari amici, giunti
anche da lontano e udiamo vari simpatici messaggi.
Alle 14.30 si ritorna nel tempio per il concerto del Maestro Ferruccio Rivoir che ci fa
udire melodie di Bach, ora dolci ora possenti,
suonate con grande maestria.
La Corale di S. Giovanni, che ha gentilmente accolto il nostro invito, ci fa pure udire
vari inni cantati con sentimento.
Tutta la parte musicale è intercalata da
messaggi. Anzitutto, un cordiale saluto ai presenti da parte di un nostro giovane, Ronny
Costantino, poi il Pastore Stollreiter di Berlino. fedele amico della nostra comunità, il
Dott. Wetzel rettore di una importante Scuola
Evangelica pure di Berlino, venuto soprattutto
per prendere contatto con le nostre Scuole
Valdesi, il Dott. Ribet di Torino e il Prof.
Soggin che porta un saluto da Roma.
Finito il Concerto ci ritroviamo nella Foresteria per il tè. Ancora messaggi e soprattutto canti, i nostri bei canti di montagna, intonati da voci possenti e melodiose.
II « poiché è giunto » conclude degnamente questa giornata di cui rendiamo lode a Dio.
(N.d.r.: ci scusiamo di dover rimandare notizie relative agli atti liturgici).
Parigi. 31 ottobre - 1 novembre
L’Assemblea della Società
delle Missioni evangeliche
Il 31 ottobre e il 1° novembre si terrà,
a Parigi, l’Assemblea generale della Società delle Missioni Evangeliche; com’è
noto, la maggior parte dei nostri missionari hanno lavorato o lavorano alle
dipendenze di essa. Alla prossima Assernblea parteciperanno le missionarie
Anita Gay e Laura Nisbet, alla vigilia
del loro ritorno nel Gabon (nelle ultime
settimane hanno visitato diverse comunità, portandovi l’eco dei problemi che
devono affrontare nel paese africano),
e il past. Teofìlo Pons quale rappresentante della Chiesa Valdese, o più precisamente della Commissione Missionaria del I Distretto, a tutt’oggi Tunica
esistente fra noi. È però augurabile
che, avendo il Sinodo, in un suo ordine
del giorno, affermato di considerare
« come opera propria il servizio che i
missionari valdesi compiono in vari
campi » e invitato le chiese « a sostenerlo in tutti i modi », questo interesse
sollecito e partecipe cresca e si approfondisca nelle nostre chiese, in tutti i
Distretti. Intanto auguriamo alle nostre
sorelle A. Gay e L. Nisbet una buona
ripresa prossima del loro servizio, e
attendiamo con vivo interesse quanto
il past. T. Pons ci riferirà in merito all’Assemblea generale della Società delle Missioni.
4
pag. 4
N. 43-44 — 30 ottobre 1970
L'ATTUALITA’ TEOLOGICA
HELMUT GOLLWnZER PRESENTA
La rivoluzione
come problema teologico
Il prof. Helmut Gollwitzer è noto per
avere affrontato seriamente, in una
prospettiva teologica (e non solo in
questi ultimi anni), il problema del
marxismo e quello della rivoluzione. A
poco a poco — essenzialmente ad opera della Claudiana, ma non solo di essa
— il suo pensiero comincia a penetrare
in Italia, le sue opere a diffondersi nel
nostro paese.
Ultimamente, il 15 ottobre, egli ha
tenuto a Parigi, presso il Centro culturale tedesco, una conferenza su: La rivoluzione, problema telogico, presentato e tradotto dal prof. G. Casalis. Ne
riferisce diffusamente « Le Christianisme au XX' siècle ».
Che cos’è la rivoluzione della quale
Gollwitzer parla? « Si intende per “rivoluzione" uno sconvolgimento profondo delle strutture della società, ad opera dì un movimento che viene dal basso
e che tende a ottenere maggiore libertà
e uguaglianza sociale e migliori condizioni materiali. Che questo sconvolgimento avvenga di colpo o progressivamente, con o senza ricorso alla violenza, non ha che un’importanza relativa.
Decisiva è la differenza di fondo fra la
società pre- e post-rivoluzionaria ».
Per il Gollwitzer il cristianesimo primitivo ha portato una rivoluzione nel
mondo dell'epoca. Ma « a partire da
Costantino e da Agostino la Chiesa cristiana vive nella contraddizione fra il
contenuto rivoluzionario del suo messaggio e la sua funzione antirivoluzionaria in seno alla società ».
Che significa essere rivoluzionario,
oggi? H. Golwitzer chiede che nessuno
si riempia la bocca di parole. I veri rivoluzionari fanno la rivoluzione, non
delle conferenze (anche al Centro cui
turale tedesco); li si trova abbastanza
spesso in prigione, oppure non li si trova, perché per la forza delle cose diventano dei senza-patria, come Rudi
Dutschke.
Che cos’è una teologia della rivoluzione, oggi? « Oggigiorno la teologia politica è cristiana nella misura in cui a)
è un movimento di pentimento e di ravvedimento da parte dei popoli di razza
bianca per lo sfruttamento e la distru
zione del mondo intrapresi con il concorso dell’ideologia cristiana, e b) nella misura in cui contribuisce al compimento delle promesse di ricca maturazione contenute in questa ideologia ».
Non si possono ignorare problemi rilevanti, come quello della violenza.
Gollwitzer risponde: « Per ciò che riguarda il problema della violenza rivoluzionaria: una società di miseria è una
società di violenza. L’ingresso dei cristiatti nella vita politica, con Costantino, significa partecipazione all’amministrazione e all’utilizzazione dei mezzi di
potere violento della società. La teologia ecclesiastica rifletté, nel suo insegnamento relativo allo Stato e alla
“guerra giusta”, i problemi che ne risultano, cioè giustificò il potere conservatore e respinse la violenza rivoluzionaria. La continuazione attuale di questa teologia è la giustificazione ideologica della controrivoluzione e l’ostacolo
alla rivoluzione necessaria ».
Gollwitzer concludeva la sua esposizione domandando se la Chiesa di Gesù Cristo non deve essere un gruppo di
testimoni che rimette costantemente
in questione la società.
La discussione successiva permetteva
di porre alcune domande di fondo: che
cos’è il Regno di Dio? che cosa implica,
l’attesa di tale Regno, per il cristiano in
questa fine del XX secolo? che pensare
di Romani 13 e di quel discorso sulle
"autorità"? H. Gollwitzer fa della teologia della rivoluzione o della filosofia
della rivoluzione? la teologia ha un suo
discorso specifico in questo campo?
Da circa quarant’anni Helmut Gollwitzer si è mescolato ai problemi mondiali; non nell’astrazione, ma nella lotta quotidiana. E quando questo teologo
parla dei colloqui avuti nel 1941 con i
principali capi militari tedeschi sul problema: bisogna uccidere Hitler?, si capisce che per lui la teologia non è una
scienza salottiera, ma l’impegno di una
vita davanti a Dio. Non tutti condividono le sue vedute, ma è indiscutibile
non solo l’autenticità umana della sua
riflessione e del suo impegno, e il timbro evangelico della sua testimonianza.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiminitiiniimmiiimmiiMiiiiiiiitmiimiiimiiiiiiimiiiiiiiiiimimiiiiiimiiiiimiiiiii iiiiiiiiimmiiiiimi
Dieci anni dopo la creazione di ccConcilium»
Un gruppo di teologi cattolici lancia "Adventus
una nuova rivista internazionale
II
Le tensioni e i contrasti fra scuole teologiche. aH’interno del cattolicesimo, sono ben
noti, e non sono di oggi, anche se 1 epoca in
cui viviamo accentua contestazioni e contraddizioni. Alcuni anni fa il gesuita lionese de
Lubac si era ritirato dalla redazione della rivista teologica internazionale « Concilium » per
divergenze di vedute sugli orientamenti e sulle
analisi: e non è il solo teologo cattolico cui la
rivista - pur tulLaltro che “rivoluzionaria
dispiace: fra ì suoi avversari vi è, tra Taltro. il
gesuita Jean Daniélou.
Del resto, proprio il pluralismo sostenuto e
auspicato da parte dell'ala progressista rende
opportuno che « Concilium » non sia la sola
tribuna internazionale dei teologi: ed ecco alcuni teologi cattolici di rilievo, fra cui i tedeschi Hans Urs von Balthasar e Ratzinger, il
latinoamericano Medina, i francesi Le Guillou.
de Lubac. Bouyer, Guimet. progettare la creazione di una nuova rivista. « Adventus ». il
cui primo numero dovrebbe apparire verso la
Pasqua 1971.
I progeltatori della nuova rivista non intendono farne uno strumento di battaglia con
tro « Concilium », tanto più che alcuni di essi
partecipano ancora al lavoro di quest’ultima
rivista: e tengono a segnalare che il cardinale
Daniélou non fa parte della loro équipe redazionale né avrà alcun legame con rattivilà
del nuovo periodico.
Questo avrà per obiettivo: realizzare una
pubblicazione teologica e spirituale di alta
qualità, aperta alle correnti contemporanee
ma situata nella « grande tradizione » della
Chiesa. Rilevante sarà la collaborazione dei
laici, che lavoreranno alla redazione in numero pari agli ecclesiastici: fra i primi nomi:
H. I. Marrou. Pierre Emmanuel. J. Laloy.
Meslin, 0. Costa de Beauregard.
Due volte alPanno « Adventus » pubblicherà dei fascicoli più tecnici, dedicati aH'.approfondimento di un tema particolare. Il progetto è allo studio da 18 mesi e i redattori non
hanno ancora deciso a quale editore appoggiarsi. La rivista sarebbe pubblicala in queste lingue: francese, tedesco, inglese, italiano,
spagnolo. La concorrenza a « Concilium » sarà
ine\ilabile. con il vantaggio di un reciproco
effetto stimolante.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiimiiimiiMiiiiiMnitimiiiiiiiiiiitniiiiiiiiiitiiiiibiiiiiiiiitimiiiiiimiiiitiMmiiiiimiii
«Ecco, Io Io ogni cosa nuova»
I na lettrice, che attraversa in questi giorni
la prova dura di una separazione, ci ha uiri«
10 questa citazione da una predicazione radiotrasmessa del past. Pier Paolo Grassi, sid testo « Ecco. Io jo ogni cosa nuova » (Apocalisse 21 : o). La riportiamo volentieri.
...Dobbiamo far rieccheggiare nelVintimo della nostra coscienza il letificanti’ divino annuncio... affinché
11 penoso distacco da quelli che noi
abbiamo amati, ci appaia nel suo
quadro vero, cioè nel disegno di Dio
che non distrugge, ma sempre cren
e vivifica e trasforma, secondo la
Sua infinita pn senza e misericordia... Quando infatti Egli richiama
da questo mondo i figlinoli degli uomini nel termine per essi prescritto,
anche a loro proposito pronuncia la
grande parola: « Io fo ogni cosa
nuova ».
L'animo nostro dovrebbe trasalire
d'intensa commozione al pensiero (li
Leggendo e studiando la Bibbia
Perchè cominciare sempre daiia Genesi?
({U( sta arcana, imperscrutabile, perenni niente attiva opera di Dio che
rinnova il suo creato: sana ciò che è
infirmo, restaura ciò che giace in
rovina, fa rifiorire ciò che fa percosso e inaridito.
Se siamo fedeli fino alla fine. Iddio risanerà tutti i nos'ri danni, rinnoverà le nostre energie indebolite,
risanerà tutte le nostre piaghe...
Questo farà il Signore per noi e invero questo fa (d presente, anche se.
non ne siamo consapevoli, giacché
la nostra vita cristiana è a nascosta
con Cristo in Din » (Colossi si 3; 3).
Se vi è una parte della nostra vita
manifesta nell'ambito della esistenza naturale, ve nè una segreta ed
occulta che si .sviluppa e matura nel
mondo delle cose invisibili di cui acqnisteremn- piena coscienza nel giorno del arande richiamo.
Mentre riprende il lavoro nelle scuole domenicali e nei corsi di catechismo e ci s'interroga sulle forme nuove che la catechesi deve
assumere, ci sembra utile riprendere da
(f La vie protestante » questa originale proposta di lettura dell.Antico Testamento.
Tradizionalmente l’insegnamento dell’Antico Testamento comincia con la
creazione seguita da ciò che a torto si
chiama la caduta, prosegue con i racconti relativi a Noè, ai patriarchi, a
Mosè, continua con Giosuè, i Giudici e
i Re, tenta di non dimenticare del tutto
i profeti e non sa bene come concludere... con i Salmi e con l’Ecclesiaste!
Propongo, a titolo d’ipotesi, un modo
diverso di presentare il contenuto dell'Antico Testamento, prendendo come
tema centrale, le grandi feste d’Israele,
quelle del calendario biblico ed ebraico
e che si ritrovano parzialmente nella
Chiesa; esse ritmano l’anno liturgico
del popolo di Dio e assicurano in qualche modo la sua respirazione spirituale
Bisogna partire dalla Pasqua. Tutto
comincia con questa festa della liberazione. È sintomatico che il primo atto
di Dio verso quello che diventerà il suo
popolo e che al momento non è che
un’accozzaglia di poveracci, sia onesto
passaggio — tale è il significato del termine Pasqua — dalla schiavitù alla libertà, dall’alienazione alla responsabilità, dalla morte alla vita. Si tratta di
evocare Questa grande festa che già
riunisce Ebrei e Cristiani, a primavera,
con l’aiuto dì testi biblici tratti dall’Esodo e dai Salmi, come dalle liturgie sinagogali ed ecclesiastiche.
Viene poi la Pentecoste, festa delle
messi, chiamata festa delle settimane o
dei giuramenti, la quale prolunga la
Pasqua e fu tardivamente messa in relazione con il Patto del Sinai, poi con
il dono dello Spirito Santo. Dio si lega
a Israele, ne fa il suo popolo, gli concede la sua Legge per permettergli di vivere nella libertà, gli affida il suo nome. Da quel momento la salvezza del
mondo passa da lui — e dalla Chiesa.
Si leggeranno a questo riguardo passi
dell’Esodo e del Deuteronomio, in particolare il Decalogo.
Sarà quindi la volta della festa delle
Tende o dei Tabernacoli (Sukkòt), in
settembre, della quale purtroppo la
Chiesa ha perduto il ricordo. È il memoriale d’I soggiorno nel deserto, evocato dai libri dell’Esodo e dei Numeri,
e ricorda le difficoltà della marcia di
Israele, le sue tentazioni, le sue prove.
Essa rivela che il popolo di Dio, posto
fra le gesta di ieri e le realizzazioni di
domani, deve continuare a procedere
sotto il segno della Prtimessa, nell’attesa della realizzazione comnleta di ciò
che Dio ha cominciato a fare. Si farà
allora riferimento agli imnegni che Dio
ha assunti nei confronti di Abramo e
dei suoi discendenti, e al suo lontano
ingresso nella Terra santa, sotto
Giosuè.
Non si dimenticherà la Festa del Ca
IIIIIIIMIIIIIIIIIIIIIMIIIIIIIIIIIIIIIIimillllUIIMIIIIIMIIMIinil =
Colloqui teologici |
dei' iuterani |
con gii angiicani... j
Oxford (Iwf) - « La costituzione di =
una base sufficiente e convincente per E
il reciproco riconoscimento e per la co- =
munione fra le due Chiese » sarà lo sco- =
po del dialogo fra anglicani e luterani, =
hanno deciso i teologi di queste due E
Chiese nella prima di una serie di quat- E
tro sedute, tenutasi a Oxford. Secondo =
una dichiarazione fatta dai teologi alla =
stampa, tale riconoscimento « potrebbe E
servire come prima tappa verso Tunio- E
ne organica » in una parte delle comu- =
nità africane e asiatiche. E
Presieduta dall’arcivescovo emerito =
Gunnar Hultgren (Uppsala, Svezia) c =
dal ve.scuvo Ronald Williams (Leicester, =
Inghilterra), la prossima sessione si =
terrà a Logumkloster, in Danimarca, in E
marzo-aprile 1971. E
La comunione anglicana conta 40 mi- =
¡ioni di aderenti, mentre i luterani so- ^
no 75 milioni. =
...e con i riformati |
Losanna (spp) - I segrelari generali |
dell'Alleanza riformala mondiale (ARM) =
e della Federazione luterana mondiale =
(FLM), rispettivamente i past. Marcel E
Pradervand c André Appcl, e il diretto- =
re del Dipartimento Fede e Costituzio- 5
ne del CEC, il past. Lukas Vischer, han- =
no informalo il Consiglio della Federa- =
zione delle Chiese protestanti della =
Svizzera la loro intenzione di elaborare e
un consensus lutero-riformato. ^
Il Consiglio della Federazione svizzc- E
ra delegherà ai colloqui preparatori i E
prof. Max Geiger di Ba.silea e Pierre e
Bonnard di Losanna e il past. Charles =
Pittet di Assens, direttore del Diparti- =
mento teologico del Consiglio stesso. E
podanno, staccata indubbiamente dal
rituale di Sukkòt in epoca rabbinica:
festa dell’Acclamazione, che celebra il
Dio d’Israele, il quale regna sull’insieme dell’universo. In quest’occasione si
leggeranno i salmi che cantano la .grandezza di Dio, la sua opera creatrice e
provvidenziale, la sua sapienza, oppure
il primo capitolo della Genesi. Questo
giorno (Rosh-ha-Shanà) dice qual è il
giusto posto che la creazione occupa
nella Rivelazione biblica: viene soltanto dopo, come un penultimo episodio
della storia della salvezza. Israele .scopre che il Dio che l’ha salvato è pure
quello che governa il cielo e la terra,
e la bellezza del primo giorno annuncia
« nuovi cieli e una nuova terra».
Il 9 Ab, nel mese di agosto, commemora la caduta di Gerusalemme, prima
sotto Nebucadnezar, nel 587, poi sotto
Tito, nel 70 dopo Cristo. Ricorda l’agonia del popolo di Dio che, malgrado le
imprecazioni di Amos, gli avvertimenti
di Isaia, le suppliche di Geremia, si è
allontanato dal Signore ed è sprofondato nella notte. Si ricorderà la storia di
Israele e dei suoi re, e la protesta dei
profeti. Ma questa data evoca ancora
il mistero della sofferenza, di una sofferenza che non è soltanto il salario
delle colpe passate e presenti, di una
sofferenza che cozza contro il silenzio
di Dio (i Salmi e Giobbe), di una sofferenza che non ha fine... una sorta di
Venerdì santo.
Il giorno deW’Espiazione o del Grande Perdono (Jom Kippùr) annuncia il
ruolo del rituale che Dio stesso ha istituito per permettere a Israele di ripresentarsi davanti a lui. Dio offre al suo
popolo la possibilità di purificarsi, anno dopo anno, e di vivere in comunione con lui. I sacrifici, soprattutto quello
del capro espiatorio (Levitico 16), di cui
tutti sanno quale abuso si può fare, sono dati appunto per assicurare in mo
do permanente la libertà d’Israele; annunciano un altro sacrificio, quello del
Figlio unigenito di Dio.
Si può aggiungere a queste grandi feste israelite quella del giorno delle Sorti (Pur'im), nella quale vanno di pari
passo tragedia e commedia. È in riferimento alla storia di Ester, una specie
di parabola del destino d’Israele, sul
quale si accaniscono gli antisemiti e
che pure finisce in una mascherata!
Sebbene il suo nome non sia mai pronunciato, Dio si è beffato dei complotti
odiosi dei nemici degli Ebrei. Oggi si
celebra Purìm come una specie di carnevale, a ricordare che nell’Antico Testamento c’è posto per il riso e per
l’umorismo.
Si ricorderà infine la festa della Dedicazione (Hanukkà), festa della luce
celebrata in dicembre, la quale si riferisce alla riconquista di Gerusalemme
al tempo dei Maccabei e alla purificazione del Tempio, qualcosa di simile alla festa della Riforma. Il sacrificio viene restaurato, il culto può riprendere:
Israele ritrova sé stesso. La Hanukkà
permette di evocare i tempi agitati dell’epoca greco-romana che precedono la
venuta di Cristo, con i loro protagonisti: i tiranni Antioco e Epifane e Pompeo, gli eroi come Giuda Maccabeo, i
fedeli hasidtm, antenati dei farisei e
degli esseni, per i quali Daniele scrive
il suo scritto apocalittico.
Così ogni festa offre l’occasione di
leggere un certo numero di testi dell’Antico Testamento che vi si riferiscono, e l’insieme dell’anno liturgico israelita permette di porre in evidenza i
grandi temi della Bibbia ebraica che
sono pure quelli, della Bibbia cristiana.
Presento questo suggerimento a coloro che oggi s’interrogano suH’insegnamento della santa Scrittura.
Robert Martin-Achard
miimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiMiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimniiiiiiiiiiiiiimiiiMiii'iiiiiiiiiiiiimiiiimi
I il nuovo piesidente della Fl.M traccia una
La svolta
Il Servizio d'informazione stampa
della FLM continua a dare ampio
rilievo alla Quinta Assemblea luterana. Da uno degli ultimi bollettini
riprendiamo un "parere" del vescovo finlandese Mikko Juva, il nuovo
presidente della FLM. Ricordiamo
che egli è stato uno dei pochi — e
fra i primi — “prelati” luterani a
prendere pubblicamente posizione
contro la sede di Porto Aiegre; e si
è fatto notare per l’approvazione appassionata data all’iniziativa del
CEC contro il razzismo — incluso
l’appoggio ai movimenti di liberazione indigeni —, approvazione che ha
fatto spicco fra le perplessità che
l'iniziativa ha suscitato in varie
Chiese luterane, specie tedesche.
red.
La Quinta Assemblea della Federazione luterana mondiale, a Evianles-Bains, ha segnato una svolta nella storia della FLM.
Per la prima volta rincontro è stato dominato da un’effettiva tensione interna. Il vero problema non è
stato quello delle relazioni fra Chiese luterane o con il movimento ecumenico, bensì il ruolo della chiesa
nella società e il ruolo delle organizzazioni mondiali nella società
mondiale; l’accento è caduto sulle
relazioni fra il compito religioso e
quello sociale della chiesa, nel desiderio dei rappresentanti del Terzo
Mondo di incontrarsi nel Terzo Mondo e sull’obiezione, da parte di rappresentanti del mondo industrializzato, a riunirsi in una nazione che
viola in modo flagrante i diritti
umani.
Per la prima volta i leaders della
FLM non hanno potuto dominare o
"manipolare” l’Assemblea generale,
ma hanno dovuto adeguarsi ad essa.
Per la prima volta la scelta del presidente e del nuovo esecutivo non
è stato del tutto il prodotto di negoziati di corridoio. Per la prima volta
la voce dei giovani è stata udita nell’Assemblea genei'ale e un giovane è
stato eletto ncH’csecutivo.
Vi è dunque un rilancio, nella
FLM.
Gli anni '50 sono stati per ossa
un’epoca d’oro. Leaders quali H.
Lilje, F. C. Fry, Bo Giertz, C. Lundquist e P. Empie hanno avuto
un’ampia visione della realtà e hanno fatto della FLM un corpo d'importanza ecumenica considerevole.
Sono stati gli anni deU'avvio di un
rilevante programma di assistenza
ai rifugiati, della riedificazione delle
sconvolte Chiese europee continentali, della trasformazione di missioni restate "orfane” in giovani Chiese, dello sviluppo dell’Istituto ecumenico di Strasburgo e della stazione radiotrasmittente « Voce dell’Evanselo » di Addis Abeba.
Gli anni ’60 hanno visto meno iniziative creative. La generazione dei
fondatori, poste le basi di tante opere, ne hanno curato lo sviluppo: insistenza sulla cooperazione ecumenica attraverso negoziati, per lo più
bilaterali, con altre Chiese o organizzazioni confessionali; sviluppo
del servizio educativo a prò delle
giovani Chiese.
In realtà l’.Assemblea generale di
Helsinki (1963) aveva segnato l’ultima fase di un’epoca. Aveva fallito
non solo per l’incapacità a giungere
a un accordo su una data formulazione teologica della "giustizia”, ma
più ancora per l’incapacità a far entrare nella FLM il conservatore Sìnodo del .Missouri (una delle maggiori Chiese luterane, comunque in
America, n.d.r.) e per non aver saputo abbassare l’età media dei membri dell’esecutivo, che fu la più alta
raggiunta (58 anni).
Riflettere brevemente sulla preparazione della Quinta Assemblea significa dare uno sguardo di alto interesse alla situazione interna della
FLM. Non ha alcuna importanza ricercare chi è stato il responsabile
del trasferimento di sede dal Brasile a Evian, deciso in extremis. Io
credo che la decisione era inevitabile. Il problema di fondo era infatti il seguente.
Da un lato molti Luterani, fra cui
dei leaders, erano convinti che non
si può tacere in una nazione in cui
la tortura è usata come strumento
politico, in cui parte della Chiesa
cattolica maggioritaria lotta apertamente ner i diritti umani fondamentali e ha quindi da soffrire. La nostra andata in Brasile avrebbe significato un aperto conflitto con il
governo brasiliano.
È d’altro lato estremamente difficile per un’organizzazione internazionale ecclesiastica o no, tenere
un’assemblea in un paese con il deciso proposito di protestare contro
il governo del medesimo. È, la Chiesa che vive in quel paese che deve
esprimci'si a proposito della sua politica, perché dovrebbe essere meglio a conoscenza della situazione.
Ma la Chiesa luterana in Brasile non
vedeva la situazione negli stessi termini in cui la considerava una larga
parte della FLM. Trattative tra la
FLM e la Chiesa ospitante non portavano ad alcun risultato. Un apèrto
conflitto non soltanto con il governo
del paese ospite, ma anche con la
Chiesa ospite, avrebbe bloccato
qualsiasi assemblea mondiale.
Ciò che ora importa è che questo
conflitto ha rivelato in quale confusione la Chiesa, le Chiese e le orga.nizzazioni ecclesiastiche si trovino
in fatto di realtà politiche. Fino a
Porto Aiegre la FLM ha dominato
la politica evitandola il più possi-
5
30 ottobre 1970 — N. 4344
pag. 5
LA CHIESA NEL MONDO
LA LOTTA CONTRO IL RAZZISMO
Un responsabile congregazionalista
s’interroga sulla testimonianza cristiana
Nuove reazioni aii'impegno dei CEC Alle prese con l’anniversario
i W ■ ■■■ ■ dB ■ ■ _ ■ B B_5__
Continuano le reazioni, positive e negative, alla
decisione del Consiglio Ecumenico delle Chiese di
schierarsi decisamente dalla parte delle vittime dell’oppressione razzista coll’appoggiare alcune organizzazioni — in prevalenza africane — che lottano
contro una delle più odiose ed aberranti manifestazioni di egoismo e di sfruttamento, camuffati oltre
tutto come un’ideologia rispettosa delle diverse esigenze e peculiarità delle razze umane. Ne riportiamo degli stralci, ricavati daU’ultimo numero del bip.
deli’armistizio, anche vittorioso
IL PASTORE BLAKE
E LE CHIESE TEDESCHE
Il pastore Blake, segretario generale
del CEC, in una lettera indirizzata alle
■Chiese tedesche a seguito delle discussioni da loro ingaggiata circa Timpegno antirazzista del Consiglio, ha scritto; « I cristiani occidentali devono, oggi più che mai, provare di comprendere i pensieri ed i sentimenti di coloro
■che sono direttamente toccati dalle
conseguenze del razzismo. Devono cercare l’occasione per discutere direttamento colle Chiese ed i movimenti di
liberazione africani. A questo scopo, il
CEC è pronto a fare tutto il necessario
per preparare ed organizzare questi
incontri ».
11 comunicato del Consiglio delle
Chiese evangeliche tedesche solleva
quattro punti essenziali: nelle zone di
tensione razziale, non sarebbe meglio
limitare gli aiuti ai movimenti nonviolenti? Il CEC non dovrebbe piuttosto
collaborare colle Chiese particolarmente toccate dai problemi razziali? Non
sarebbe opportuno affrontare il problema della destinazione dei fondi? Perché lottare solo contro il razzismo
bianco?
Nel commentare il punto relativo alla nonviolenza, Blacke ha dichiarato:
« Fin qui, il CEC si è sempre rifiutato
di ammettere la violenza come modo
di soluzione i conflitti. Ma dal momento in cui la violenza esercitata dagli oppressori bianchi diventa insopportabile
per le vittime, che cosa devono fare gli
oppressi, e quale è il nostro dovere? ».
Già in occasione del colloquio di Mindolo (Zambia) del 1964, come ricorda
ancora Blake « il problema della violenza prevista come la sola ed ultima
soluzione possibile è stato considerato
grave ed urgente. Parecchi dirigenti
africani sottolineano che la violenza
non è mai stata né desiderata né cercata quando sia possibile e valido un altro sistema di trattative ».
L’anno scorso il Comitato centrale
del CEC ha chiaramente dichiarato che
non vi può essere giustizia senza una
ripartizione equilibrata del potere. La
recente decisione di inviare dei fondi
costituisce appunto un atto di trasferimento di potere a coloro che non
l’hanno. « Qualsiasi atteggiamento di
sfiducia ed alla speranza » ha detto
Blake.
Un serio tentativo di lotta contro il
razzismo deve cominciare coll’eliminazione del razzismo bianco che si origina nei paesi potenti ed altamente sviluppati e che rappresenta un grave pericolo per le Chiese e per la comunità
ecumenica. Finché poi il razzismo
bianco durerà esso originerà di conseguenza il razzismo nero, giallo e bruno. « La crisi razziale nei paesi sviluppati — ha concluso Blake — deve avere
per noi altrettanta importanza quanto
la minaccia di un conflitto nucleare ».
UNA SECONDA CHIESA
SUDAFRICANA SI IMPEGNA
Recentemente riunita nella sua Conferenza annuale, la Chiesa congregazio
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiimiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimtiiiiiiimiiiiiiiiiiiimitiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
retrospettiva della V Assemblea luterana |
di Evian
bile. Questo procedimento, che al
tempo della guerra fredda era riuscito a mantenere in reale collaborazione le Chiese dell’Est e dell’Ovest,
questa volta ha fallito. E sono convinto che questo fatto costituirà per
la FLM un tema fondamentale di riflessione.
Ë pure evidente che un fattore che
ha aggravato la situazione e che ha
portato a una decisione così tardiva
e improvvisa, duramente risentita
dalla Chiesa in Brasile, è stata la
mancanza di un’informazione esatta
ed esauriente al momento giusto.
Penso che c’è qui una lezione da :imparare. Per essere in grado di operare in modo intelligente e responsabile nell’ odierna situazione di
aspre divergenze d’opinione, la FLM
ha bisogno di un servizio d’informazione bene organizzato e di contatti
permanenti adeguati con le Chiese
membro.
Nel complesso, ad Evian è stato
eletto un Comitato esecutivo interamente nuovo: dei 23 eletti, soltanto
4 facevano parte dell’esecutivo precedente. L’età media dell’organo è
stata abbassata: 51 anni. Ë presto
parlare del suo lavoro. Voglio solo
accennare ad alcuni problemi complessi e ad alcune difficoltà che dobbiamo aflrontare.
In primo luogo, la responsabilità
ecumenica. S’impone sempre più
l’interrogativo sulla ragion d’essere
di un corpo confessionale mondiale.
Personalmente penso che la FLM .ha
il compito di guidare le Chiese luterane a cooperare fra loro e con il
resto della cristianità. Nel momento in cui le grandi società ecclesiastiche, la Chiesa cattolico-romana e
le Chiese ortodosse si sono veramente associate al dialogo ecumenico, è divenuta evidente l’importanza
della discussione teologica, dottrinale, con lo scopo di avvicinare le
Chiese fra loro, di trovar modi di
collaborazione pratica e, se possibile, di preparare la via verso la comunione alla mensa del Signore.
Con Roma — e con le altre Chiese
conscie della loro confessione di fede — può giungere a una deliberazione soltanto un’altra Chiesa, non
un’associazione di molte Chiese diverse. Il Consiglio ecumenico, delle
Chiese — al quale quasi tutte le nostre Chiese sono associate ■—• e la
FLM hanno ognuno il proprio compito.
Va menzionata poi la collaborazione ira le Chiese luterane dei vari
continenti. Abbiamo già fatto un
buon tratto di strada in questa direzione, insistendo sulla collaborazione fra le Chiese e non, come
prima, sui campi missionari; ma c’è
ancora da fare in questo settore.
Pensiamo ancora troppo in tèrmini di categoria, per cui il ricco dà e
il povero riceve, il che vuol dire che
le nostre Chiese dell'emisfero settentrionale sono ricche e quelle nei paesi in sviluppo povere. A mio avviso
è importante notare che per la prima volta un Africano, il vescovo Josiah Kibira è stato eletto presidente della commissione che studia la
cooperazione fra le Chiese.
Lo scopo finale è una distribuzione ragionevole e non egoista delle
risorse. Siamo una Chiesa che esiste
in varie nazioni ed è assurdo —
scandaloso, anzi •— conservare ricca
una parte, in fatto di risorse materiali e spirituali, mentre l’altra soffre della mancanza di troppe cose.
Più che mai dobbiamo realizzare
che il vero problema è il reciproco
dare-e-avere. Un borsista africano
che studia fra noi serve le nostre
Chiese del Nord quale « missionario » esattamente come un esperto
del Nord fa a servizio della Chiesa
africana.
Infine, vorrei menzionare il grande
problema teologico: come interpretare il cristianesimo nella situazione
odierna? Dopo Uppsala 1968 realizziamo che è eretico non preoccuparsi, delle strutture ingiuste del nostro
mondo e della sofferenza del nostro
vicino nelle altre società. In quasi
tutto il cristianesimo si sta svolgendo un’accesa discussione circa la
giusta posizione da assumere tenendo conto del compito religioso della
Chiesa (qualunque esso sia) e della,
sua responsabilità sociale.
Nemmeno l’Assemblea di Evian
ha potuto evitare questo problema.
Essa non era particolarmente preparata ad affrontarlo e ha votato quasi senza discutere una dichiarazione
che respinge l’idea che il compito
della Chiesa possa ridursi a un’opera di forma sociale al servizio dell’umanità. E opinione diffusa tra
molti Luterani che Ginevra 1966
("Chiesa e Società") e Uppsala 1968,
malgrado i molti impulsi fondamentali che hanno dato, sono state un
po’ unilaterali nella loro visione cristiana di colorazione sociale e politica. Ma sarebbe troppo facile limitarsi a indicare le unilateralità. Durante gli anni ’70 la teologia luterana dovrà chiarire quale dovrebbe
essere il giusto equilibrio fra l’elemento personale: fede, raporto con
Dio, assoluzione, e quello sociale:
amore, la nostra responsabilità politica, il nostro posto nel mondo
odierno così pieno di conflitti.
Mikko .Iuva
Nel prossimo numero pubblicheremo un’intervista che il vescovo
Zoltan Kaldy, della Chiesa evangelica ungherese, ha rilasciato al
Servizio stampa della FLM: Passi avanti, ma anche alcuni passi
falsi.
nalista unita (multirazziale) del Sudafrica ha deciso di restare membro del
CEC in quanto il dialogo fra i cristiani del mondo intero coll’Africa del sud
è essenziale. Analoga posizione aveva
assunto la Chiesa presbiteriana dell’Africa del Sud, che però ritira la sua
contribuzione annua, mentre la Chiesa
congrezionalista la mantiene.
APPROVAZIONI E ATTACCHI
Il Comitato esecutivo della Conferenza delle Chiese di tutta l’Africa, comprendente 78 chiese protestanti, anglicane, ortodosse e indipendenti di tutto
il continente, recentemente riunitosi a
Lomè, nel Togo, ha adottato all'unanimità una risoluzione in cui elogia la
decisione del CEC.
Il Comitato registra con particolare
soddisfazione la fiducia posta in coloro che prendono misure radicali contro
il razzismo, definendole « una rivoluzione nel modo di pensare dei donatori ».
Si augura inoltre che « tutte le chiese
proseguano nella loro opera di riconciliazione presso coloro die sono oggi separati dalle barriere della razza e dell’ingiustizia ».
L’ex primo ministro della Rhodesia,
G. Todd, in un articolo apparso su un
giornale di Salisbury dichiara: « Questa decisione è approvata dalla maggior parte delle chiese cristiane e, ritengo, dalla maggioranza dei cristiani
della Rhodesia. L’aiuto finanziario del
CEC è chiaramente un aiuto non al
terrorismo ma uno sforzo mirante a
stabilire la giustizia, l’uguaglianza, la
dignità umana e la libertà per tutti ».
Nella repubblica del Sudafrica il primo ministro Vorster ha rinnovato la
sua diffida contro gli aiuti del CEC. Ha
assicurato che avrebbe fatto tutto il
possibile affinché i fondi del Consiglio
non possano penetrare nell’Africa del
sud. Ha poi aggiunto che i rappresentanti del CEC non sarebbero più stati
autorizzati a entrare in Sudafrica.
Questa decisione impedisce alla Chiesa
presbiteriana dell’Africa del sud di invitare il CEC a venire ad illustrare le
misure prese. Vorster, in un discorso
in Parlamento, ha peraltro ritirato la
richiesta che le Chiese dell’Africa del
sud abbandonino il CEC.
Contemporaneamente, il pastore presbiteriano Bax, della parrocchia S. Andrea di Città del Capo ha accusato il
primo ministro di fare della controversia « un argomento politico ». Infatti,
secondo lui, Valster cerca di creare
un’immagine potente del potere di destra prima delle elezioni provinciali.
CONTINUANO LE DISCUSSIONI
IN GRAN BRETAGNA
Il Comitato esecutivo del Consiglio
britannico delle Chiese ha fatto sapere
che « i cristiani possono non esse’re
d’accordo col sistema impiegato, tuttavia non hanno il diritto di eludere la
responsabilità che la loro fede impone di aiutare gli oppressi ■e di lottare in vista della giustizia per tutti gli
uomini ». Una discussione più approfondita sull’argomento è prevista in
occasione della prossima riunione plenaria a fine ottobre.
L’ex arcivescovo di Canterbury Fisher de Lameth, sul « Guardian » chiede: « Di fronte ad un problema politico
così grave, poteva il CEC prendere una
decisione così vincolante nei riguardi
di tutte le chiese-membro, che possono
essere di parere estremamente differenziato, ed inoltre senza aver interpellato
in fase preliminare le chiese-membro
interessate nei paesi dell’Africa australe? ».
Il vescovo anglicano di Bristol, Tomkins, così risponde sul « Times » ad
una analoga critica mossa dal vescovo
di Peterborough: la recente assemblea
di Uppsala, in cui le chiese-membro
sono direttamente rappresentate, ha
raccomandato efficaci misure per combattere il razzismo, considerato come
una delle più gravi piaghe morali del
nostro tempi; di conseguenza è stato
creato un fondo speciale destinato ad
organizzazioni di gruppi razziali opj
pressi ed infine il Comitato esecutivo li
ha distribuiti.
E conclude; « Come nel caso di tutti
gli organismi rappresentativi, solo una
piccola parte dei rappresentati può
esprimere direttamente il suo pensiero
mediante i delegati e certi mandanti
possono pertanto protestare contro ledecisioni dei delegati; non è tuttavia
men vero che i delegati avevano il diritto di prendere quelle decisioni ».
r. p.
Sta per ritornare la (f festa nazionale » del 4
novembre: non fa riflettere noi pure questo
scritto pacato di un congregazionalista inglese,
ripreso dal « British Weekly »? red.
Desidero riaprire il dossier della
commemorazione annuale conosciuta
sotto il nome di Anniversario dell’armistizio. Non lo si può fare senza provocare contrasti, ma l’uomo non è nato per affrontare difficoltà? Propongo
come data appropriata per questa
commemorazione la domenica successiva, o più vicina al 6 agosto, e non
più, come ora, in novembre.
Ecco le ragioni; non si può negare
che con la migliore volontà del mondo
l’il novembre non è altro che un richiamo sentimentale. L’il novembre segnava la fine della prima guerra mondiale; e la sola cosa che si possa dire
con certezza riguardo alla prima guerra mondiale è che essa non ha posto
fine a un bel nulla e Dio sa quali inizi
ha segnato; comunque la proposta di
« fare la guerra per farla finita con la
guerra » è presto diventato una sinistra
barzelletta. Celebrare l’il novembre significa dunque riportarci a un periodo
che va sempre più allontanandosi nel
tempo e che è passato senza essere veramente finito.
SVANTAGGI
Siamo in indubbio svantaggio, oggi,
se vogliamo tentare di collegare una
riflessione responsabile sulla guerra a
un avvenimento entrato una volta per
tutte nella storia. La prima guerra
mondiale è stata un’accumulazione senza precedenti di sofferenze umane, ma
non potete dire davvero che è stata
l’ultima delle guerre tradizionali (poiché si è svolta su di una scala cosi
vasta da renderla ineguagliata); né potete dire che sia stata la prima delle
guerre di « nuovo stile », e a questo volevo giungere. Potreste benissimo, per
le persone al di sotto dei 70 anni, celebrare l’armistizio in ricordo della fine
della guerra di Crimea o della battaglia di Crécy nella quale, come mi ha
insegnato il mio manuale di storia, è
stato usato per la prima volta il cannone.
Il 6 agosto non è esattamente l’anniversario della fine della seconda guerra mondiale; anzi, saremmo più savi
se pensassimo che non era una fine, ma
un principio. Il giorno del bombardamento di Hiroscima ha inaugurato
— tutti lo riconoscono — un’èra nuova.
Se « ricordiamo » quel giorno (anche
in un giorno vicino), almeno ci diremo: « che abbiamo fatto? e dove ci
condurrà questo? ». Trasferire semplicemente la commemorazione dell’armistizio all’anniversario della fine della
seconda guerra mondiale è fortunatamente impossibile, in pratica, perché
non possiamo essere perfettamente sicuri se dobbiamo parlare dell’S maggio
o del 15 agosto. Facciamo dunque il
punto su tutta questa questione della
« fine di una guerra ». Una cosa è certa: le « fini di guerra » sono illusorie.
Ciò che è finito è senza comune misura
con ciò che è cominciato il 6 agosto ’45.
Penso che un atto nazionale di pentimento e di contrizione davanti a Dio
onnipotente è un’abitudine estremamente salutare. Ne rimpiangerei la sparizione. Ma quest’affare dei primi di novembre diventa sempre più imbarazzante via via che il tempo trascorre.
Esaminiamo ora l’argomento contrario a tale mutamento. Penso che ci sarà
subito chi dirà che non si possono fare
cose simili in agosto, quando tutti sono in vacanza. Ma allora domando: che
cosa non si può fare, quando tutti sono in vacanza? Mi si risponderà che
non si possono fare grandi parate e
culti e celebrazioni. La cosa non mi
preoccupa affatto. Non vedo assolutamente quel che perderemmo spogliando le celebrazioni « armistiziali » di ogni pompa militare e rinunciando a
queste manifestazioni fuori luogo che,
ai miei occhi provinciali, sono spesso
segno di trionfalismo ecclesiastico. Non
dico che la Chiesa non debba mai associarsi alle forze armate, no. Mi domando che cosa si perde se questo genere
di manifestazione non ha luogo in tale
occasione.
IN PIENA ESTATE
Non vedo nulla di strano nel celebrare l’armistizio in piena estate. Più il
contrasto fra l’enormità della guerra e
la grazia e lo splendore della creazione
viene sottolineato, meglio è. Ed ecco
la mia carta migliore in appoggio a
questa proposta: il 6 agosto è la festa
della Trasfigurazione. Per sempre nella
storia — fino a quando questi nuovi
cattolici permissivi modificheranno il
calendario su questo punto — la Trasfigurazione e Hiroshima sono indissolubilmente legate. Qra che ho rilevato
il fatto, forse qualcuno si metterà a modificare il calendario, in Vaticano, anche se oso appena sperare di essere
preso talmente sul serio.
Probabilmente non si può fare nulla,
al riguardo, là dove vi sono ancora
usanze tenaci, strettamente legate agli
affetti legittimi e teneri di coloro che
ancora ricordano l’orrore, l’orrore tutto particolare della prima guerra mondiale.
Non si può far nulla quanto il genere di cose che non possono essere fatte
in agosto devono essere fatte e non possono essere tralasciate senza offendere
delle persone. Mi pare però che il dovere dei cristiani consiste nel ricostruire questa cerimonia di ricordo in modo
tale che non sia semplice reminiscenza
di un eroismo passato, ma diventi, dinanzi all’ineffabile bellezza e maestà di
Dio per gli uomini di tutto il mondo,
un’occasione di confessare i peccati e
di ricevere l’assicurazione del perdono
mediante la fede.
Indirizzo questo scritto non a Canterbury, ma a Ginevra. Non c’è che una
sola commemorazione armistiziale possibile: quella di Hiroshima. Mi pare
che i soli che perderebbero nel cambio
di data sarebbero quelli che vanno in
vacanza al principio di agosto e che
quando sono via di casa non vanno
mai in chiesa.
Erik Routley
presidente della Chiesa congregazionalista in Inghilterra e Galles
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiimiiii:i::::::iiii¡iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiminiiii'";M;¡!iij),¡||¡||iii)
Contro la fame degli altri
L’impegno costante di vari fratelli ci consente la pubblicazione di
un nuovo elenco di sottoscrizioni.
Frattanto, la missionaria signorina Anita Gay, neirannunciarci la
sua imminente partenza per la Francia e poi per il Gabon, nel rinnovare a mezzo nostro ai lettori la viva
gratitudine del « Centre Familial »
jjer Finiziativa che è servita a mantenerlo in vita, ci ba assicurato che,
non appena giunta colà, ci avrebbe
inviato ulteriori notizie precisando
inoltre le modalità per l’invio del
milione già accantonato ]>er il Centre.
La nostra sottoscrizione intanto
continua, ed il suo prossimo obiettivo è il versamento di un altro milione al Centro di svilu]>po comunitario del Congo Kinsliasa, sorto a
seguito delle persecuzioni religiosorazziali dell’Angola portoghese, e
che ha provocato e provoca un elevatissimo numero di profughi.
Da S. Germano Chisone: 12" versamento
con simpatia L. 5.000: V. Vinçon Viti 2.000.
Da Bergamo: Un lettore 50.000.
Da Lucca: S. Cornelio 5.000.
Da Pomaretto: G. Laetsch 5.000.
Da Condove: F. Miletto 2.500.
Da Venezia: Fam. Viti 1.000: C. Bocus
1.000; G. Ispodamia 2.500: D. Ispoclamia
2.500: fam. Zecchin 3.000.
Da Pinerolo: L. e F. Rivoira 10.000.
Da Torino: M. Sacco 1.000: D. A. A. 1.000;
fam. Caruso 5.000; L. G. C. 10.000: E P
10.000.
Da Milano: M. G. M. 20.000.
Totale L. 132.000; prec. L. 1.327.237: in
cassa L. 1.459.237.
Si prega i sotto.scritti di inviare le loro
offerte al conto corrente postale n. ‘¿139878
intestato a Roberto Peyrol. corso Moncalieri 70. Torino.
IIIIIMIIIIIIIIIIIIIIIIIII!IIIIIIIIIIIII|||||III|I||||||||||||||MIIIIII
“La voce dell’Evangelo,,
emittente luterana
africana
Addis Abeba (hvf). - Il past. E. Bauero*
chse è il nuovo direttore della stazione radiotrasmittente « La voce delTEvangelo » a Addis Abeba. Aveva cominciato il suo lavoro
neiréquipe della « Voce » come assistente direttore. nel 1967. e succede al past. P. Volz,
che attualmente studia per conto della televisione luterana mondiale (FLM) le possibilità della televisione in Africa.
Costituita dalla FLM sette anni fa. la stazione radio di Addis Abeba diffonde attualmente trasmissioni su onde corte e medie in
17 lingue in vaste regioni delLAfrica. del
Medio Oriente e dcH Estremo Oriente.
6
pag. 6
N. 43-44 — 30 ottobre 1970'
NOTIZIARIO EVANGELICO ITALIANO
Dalle Chiese dei Fratelli
Durante l'estate, per la campagna di
evangelizzazione, sono state tenute delle conferenze pubbliche sotto tende innalzate in varie parti d'Italia. I giovani
dell'Organizzazione Mobilitazione hanno piantato la tenda « OM » a Stradella, Carpi, Modena, Reggio Emilia, Le^
gnano e Saggio. A Sesto San Giovanni
ogni sera si radunavano sotto la tenda
« OM » circa 200 persone che erano state invitate con manifesti, volantini, altoparlanti e anche con cori cantati nel
Parco Comunale. La « Tenda Azzurra »
è stata alzata a Terni raccogliendo un
buon gruppo, a Torino e ad Arezzo; la
tenda « Buona Novella » a San Severo
e a San Giovanni Rotondo. A Torino,
in seguito all’opera della « Tenda Azzurra » è stato aperto un locale di culto
nel quartiere Le Vailette.
« Dobbiamo confessare che il Signore
ha operato al di là di quanto pensavamo e credevamo », dice la Chiesa dei
Fratelli.
A Firenze la Chiesa ospita ntW’Jslituto Comandi ragazzi bisognosi di assistenza, studenti e giovani. Tutta la
grande famiglia della casa è composta
di circa 70 persone, di cui 45 ragazzi.
« La Casa Comandi è aperta solo perché nello spirito di Gesù Cristo possano
esservi assistiti i ragazzi che domandano ospitalità. Tutti gli adulti che vi prestano servizio... devono vivere in essa
unicamente per servire il Signore ».
Dall’Esercito della Salvezza
A Bobbio Pellice anche quest’anno si
è aperta la colonia estiva per bambini.
Due vasti padiglioni hanno accolto circa 70 ragazzi che vi hanno trascorso il
mese di luglio in una lieta e sana vacanza, in cui non è stato trascurato
l’insegnamento biblico.
Nel mese di agosto, guidato dal col.
Fivaz, il Gruppo della Missione si è accampato a Bobbio, tra il verde dei castagni e dei pini della Val Pellice. Qui
si è svolto un campo biblico e un campo musica che ha dato, con la sua fanfara, un valido contributo alla campagna evangelistica. Un gruppo di giovarli
venuto dalla Francia ha cantato e recitato nel teatro di Torre e di Bobbio: la
loro testimonianza data con questi mezzi gioiosi ha rallegrato tutti i presenti.
Il 15 agosto vi è stato un raduno sotto i castagni dei Coppieri; anche questo incontro è stato ricco di gioia e di
incitamento ad essere fedeli e a continuare il lavoro con speranza.
Anche a Torio dTschia vi è stata, nell’estate, una colonia di bambini di Napoli e un campo biblico.
Il 1970 è stato in tutto il mondo salutista l’anno del fanciullo. Direttore di
questa crociata è il col. Larson.
Il motto dei Salutisti per l’anno 1970
è stato: « Collaboratore di Dio ». Nell'ultimo trimestre di quest’anno ognuno è invitato a fare il bilancio del proprio servizio.
Dalle Assemblee di Dio
A Roma, via Prenestina 639, Torsapienza, vi è una Scuola biblica, i cui
corsi avranno inizio il 1° novembre p. v.
I! corso dura 6 mesi; chi volesse parteciparvi può mettersi in comunicazione
con la segreteria.
A Pavia si è aperto un nuovo locale
di culto in via F. Cavallotti 5. Questa
comunità è curata dai Fratelli D. Vaccariello e L. Varricchione, da Milano.
A Catania, nell’estate, la Chiesa ha
avuto la gioia di vedere i suoi membri
aumentati di 23 credenti, scesi nelle acque del mare per ricevere il battesimo
di Gesù Cristo. Questo avvenimento è
stato una testimonianza data all’aperto.
A Milano altrettanti credenti hanno
avuto il battesimo nelle acque del Ticino presso Pavia.
A Siracusa 12 neofiti sono scesi per il
battesimo nelle acque del mare.
Notizie di numerosi battesimi dalle
più svariate parti d’Italia dicono che i
Pentecostali sono all’opera in ogni angolo del nostro paese.
A Roma, nei locali dell’Istituto Biblico, in agosto, circa 200 pastori ed evangelisti si sono riuniti per un incontro
fraterno con lo scopo di approfondire
la conoscenza della Bibbia.
Dalla Chiesa Apostolica in Italia
« Se dimorate in me e le mie parole
dimorano in voi domandate quel che
volete e vi sarà fatto; dopo due anni
di preghiera incessante finalmente è
piaciuto al Signore concederci una sala di culto a Milano città e precisamente in via Adige 19/A ». Dando questa notizia « L’Araldo Apostolico » si rallegra
per l’opportunità che questo locale offre di recare in una città come Milano
1.1 testimonianza dei credenti, simile a
una fiaccola ardente.
A Torino, nell’estate si è svolto un
convegno su questo tema vasto e impegnativo: « L’uorno preconosciuto,
predestinato, chiamato, giustificato e
glorificato da Dio ». I Fratelli della
Chiesa Apostolica hanno chiarito questo tema mettendo in risalto la metamorfosi che si compie in ogni credente
quando questi si abbandona al Signore.
A Palermo, il 4 luglio, è stata inaugurata la prima chiesa Apostolica in
Palermo (via Pietro Merenda 32). « Gloria al Padre al Figlio ed allo Spirito
Santo... »: al canto di questo inno tutti
i fratelli sono entrati nel nuovo locale
per celebrare il primo culto rendendo
lode a Dio.
Inda Ade
Diamo un fraterno benvenuto alla /tuona
collaboratrice che curerà questa rubrica.
red.
Inaugurato a Cerignoia La predicazione attraverso la radio
il Centro sociale evangelico
Giorno di gioia l’il ottobre per l’affabile e vivace comunità di Cerignoia,
per tutte le chiese del V distretto e per
tutti gli amici, particolarmente quelli
venuti dall’estero (il past. H. Flammersfeld con la gentile figlia, i sigg. H.
Wher di Solingen e P. ScheriRg di Essen): la chiesa di Cerignoia, realizzando un sogno da tempo accarezzato,
coll’aiuto dei cari amici che le sono
stati vicini e grazie alla inarrestabile
volontà del past. G. Castiglione coadiuvato dalla sua gentile consorte, ha inaugurato i locali del Centro Sociale che
si articola in una scuola laboratorio di
maglieria e in un asilo infantile, oltre
ai locali dell’ appartamento pastorale.
Ma non saremmo figli dell’Evangelo e
riformati se in tutto questo vedessimo
solo il frutto delle nostre capacità o
del nostro « attivismo », se non ricercassimo invece la volontà e la gloria
di Dio, una nuova via di testimonianza
e di servizio, una nuova via di obbedienza, un segno minimo, ma pur sempre segno del Regno. È quanto ci nan
voluto ricordare la predicazione del
past. S. Ricciardi e il messaggio del
Past. H. Flammersfeld.
Dopo il culto, che è stato presieduto
dal pastore locale, si sono avuti vari e
appropriati messaggi (E. Corsani, N.
Leila, A. Russo, E. Naso).
È quindi seguito un pasto in comune offerto dalla ospitale comunità di
Cerignoia, consumato in fraterna letizia e semplicità di cuore. In conclusione, una bella giornata, ricca di sole, di
luce, ma sopratutto ricca di gioia e di
comunione fraterna.
Completiamo questi brevi cenni di
gioiosa cronaca con alcuni cenni sull’opera, anzitutto. Per comprenderla
bisogna sapere che cos’è il nostro Sud,
qual’è la situazione di Cerignoia. Diremo solo poche parole: è cosa risaputissima che il nostro Sud è estremamente depresso, in una situazione di
sottosviluppo economico: una agricoltura fallimentare, mancanza quasi totale di industrie (tranne certe zone) riforme agrarie che non riformano nulla, disoccupazione altissima o sottoccupazione, o emigrazione ecc. Cerignoia
non fa eccezione alla regola generale,
alla situazione comune a tutti i paesi
del Sud, grosso modo: è un grossissimo
centro agricolo, senza industrie e senza
prospettive valide per un prossimo futuro; le sue risorse agricole non sono
Il Centro Sociale Evangelico, a Cerignoia. Nel semi interrato: refettorio e
servizi. Al piano rialzato la Scuola Laboratorio in maglieria. Al primo piano l’appartamento pastorale. Il terrazzo è stato attrezzato con giostrino e altalena, ombrelloni per i bambini dell’Asilo.
L’Apostolo Paolo avrebbe voluto che
gli occhi del cuore < bellissima espressione) degli Efesini fossero illuminatiper penetrare nel mistero della potenza di Dio. Dinanzi a cotesto intelligente dono dell’amore fraterno che si
origina in seno alia Comunità di Solingen e ci raggiunge qui, in questo
nostro mondo dell’arretratezza e dell’alienazione, posso assicurare i lettori e gli Amici tutti che gli occhi del
cuore della Comunità di Cerignoia si
sono spalancati nella riconoscenza a
Dio e all’ecumene di base: i credenti
che, coi loro doni, ci hanno permesso
tanto. Questo edifìcio è essenzialmente frutto di un amore perseverante.
Dovremmo tutti meditare su questa
lezione, onde quanto è avvenuto non
sia acqua che passa sotto i ponti della nostra monotona e a volte stanca
vita ecclesiastica, ma diventi un richiamo a renderci disponibili ai fratelli più deboli. Perché il problema è
tutto qui: donarci... perché donaiidoci viviamo una -vita autentica, chiara
e senza complessi.
G. E. Castiglione
P. S. - Avvertiamo gli amici, che ci
seguono nel nostro lavoro, che ci siamo già trasferiti nella casa pastorale.
Pertanto il nuovo indirizzo è: Largo
Mulini d’Amati 9 - 71042 Cerignoia Tel. 23.137.
certo sufficienti, ma sono comunque
mal distribuite, mate strutturate: un’agricoltura che se è redditizia per alcuni
non lo è mai per altri, per i braccianti,
per 1 piccoli coltivatori; un centro agricolo del sud insomma con la disoccupazione perenne (salvo brevi interruzioni stagionali) delle masse dei braccianti, decimato e travagliato dai vari
problemi dell'emigrazione (altra tragedia del Sud).
In situazioni come queste i cristiani
come devono testimoniare, oggi, del1 Evangelo, come devono comportarsi?
Alcuni rispondono: Bisogna solo predicare 1 Evangelo e basta; aiutare come
SI può gli altri. Altri rispondono: Bisogna fare opera di sensibilizzazione
politica per una soluzione politica « rivoluzionaria » di questi problemi che
affliggono le classi più deboli; tutte le
altre soluzioni sono incomplete, evasive, vane. Infine altri rispondono; la soluzione rauicale rivoluzionaria non la
elea 1 uomo o la storia o il proletariato
ma solo Dio perche solo Dio crea cose
nuove; la rivoluzione cristiana è già
in atto e incomincia con piccoli atti
accetta piccoli atti quali segni di un
nuovo regno. Non abbiamo il diritto di
fare soffrire gli altri, di far morire gli
altri m attesa della soluzione rivoluzionaria.
La Chiesa di Cerignoia si è impegnata per 1 ultima soluzione ritenendo
che bisogna sì predicare l’Evangelo, ma
che bisogna anche incarnarlo nella
vita; 'essa ha consì affermato la validità
e la ragione delle nostre opere sociali
pur riconoscendone i limiti (inadeguatezza a rispondere a tutta la situazione della città, servizio reso a una minima parte del paese).
Se Mnsideriamo poi che quando opere de genere esistono, a Cerignoia come altrove, esse per lo più sono portate avanti per il profitto personale, per
la speculazione, con spirito paternalistico; se consideriamo che il nostro
Centro nasce contro la speculazione, il
li paternalismo di ogni genere
ed e aperto allo spirito della fraternità
della solidarietà, della libertà radicate in Cristo; se consideriamo ancora
che comunque noi siamo chiamati a
presentare dei segni del Regno (e i segni non sono la pienezza, ma indicazione, orientamento): « il bicchier d’acqua all assetato, il pane aH’affamato, la
liberta ai prigionieri, l’Evangelo predicato ai poveri »...; se infine consideriamo che questo Centro è un centro di
testimonianza (implicita ed esplicita) a
Cristo, vedremo chiaramente come quest opera non è un doppione o un’opera
« eversiva », una cosa inutile o addirittura dannosa! bensì una cosa valida,
funzionale, necessaria, un segno come
dicevamo del Regno ricco di promesse
E la sobrietà. Sobrietà che vuol dire
incontro, amore e servizio; ecco l’altro
elemento che qualifica il nostro Centro, sobrietà che è essenzialità, semplicità, ma che vuol dire poi intonazione
inserimento dello stabile nell’ambiente,
nel contesto urbano; la costruzione si
distingue sì, ma non ha nulla che la
stacchi dagli altri edifici, per cui si imponga sugli altri per imponenza, per
grandezza (non parliamo di grandiosità); tutto è contenuto in una giusta misura, in un giusto 'equilibrio di linee
essenziali funzionali, di luminosità di
spazi.
Tutto questo, però, è molto più di
un fatto di stile di costruzione; a nostro avviso è un fatto che vuole dire
non estraneità dall’ambiente, non essere piovuti chissà da dove, non isolamento ma volontà di incarnazione, di
incontro con gli altri, di dialogo con gli
altri, la volontà di presentarci come
fratelli, il desiderio di essere accettati
come tali. Sobrietà insomma che vuol
dire umiltà, incontro, servizio.
Del resto un altro elemento viene
chiaramente a sottolineare e convalidare questa linea di lavoro: l’ubicazione
del Centro. Questo non è costruito al
centro della città, ma quasi in periferia; ciò significa che non si è animati,
da volontà di affermazione trionfalistica, ma da umile volontà di servizio verso i più bisognosi. Se questo poteva essere prima un caso, ora è una vocazione, preziosa di marcia.
Concludiamo. Uno dei presenti. A.Russo, con grande gioia ci parlava del
sole che inondava, illuminava e riscaldava i locali del Centro nella mattinata e concludeva augurando che allo
stesso modo la presenza delTEterno potesse illuminare, riscaldare, dare vita,
gioia e benedizione all’opera: un augurio che facciamo nostro e che formuliamo con tutto il cuore alla cara comunità di Cerignoia col suo Pastore.
Ernesto Naso
Pomaretto
Riunioni (ore 20,30): mercoledì 11 novembre. Paiola; venerdì 13, Perosa.
Domenica 8 novembre : riunione dei Cadetti, alle ore 14, nella sala delle attività.
Domenica 15, nella sala delle attività, riunione dei genitori degli alunni della Scuola
Materna, con invito a tutte le sorelle di chiesa per discutere questo tema : la prima infanzia.
Il documento approvato dal convegno organizzato a
Ecumene dal Servizio Stampa Radio i elevisione della FCEI
11 Convegno organizzalo dal Servizio Stampa Radio 1 elevisione della Federazione delle
Chiese evangeliche in Itlalia e tenutosi ad
Ecumene dal 23-25 settembre 1970.
ha preso coscienza che il programma radiofonico evangelico trasmesso ogni domenica ha
rappresentato finora lo strumento più valido
per rivolgerci ad un uditorio di vaste dimensioni e costituisce un’occasione di predicazione che coinvolge tutte le Chiese evangeliche
italiane.
Il Convegno, dopo aver ascoltato e discusso
le relazioni del dr. Furio Colombo, giornalista, su t( 11 linguaggio radiofonico » del prof.
Francesco Alberoni, sociologo, su « La comunicazione oggi »; del dr. Fulvio Rocco, giornalista, su « Tecnica della comunicazione attraverso la radio » e del prof. Valdo Vinay, teologo, su « La predicazione oggi », ha preso in
esame e valutato criticamente alcuni campioni
di trasmissioni già avvenute.
11 Convegno è pervenuto alle seguenti conclusioni. che raccomanda al Consiglio della
Federazione :
1) considerato che secondo le statistiche
ufficiali Tascolto medio è di circa 800.000 persone la settimana, delle quali la stragrande
maggioranza non apparenenti alle Chiese
evangeliche, ritiene che la responsabilità primaria di tale predicazione sia da intendersi
nei confronti di questo vasto pubblico;
2) afferma che il mezzo espressivo comporta in chi di esso si serve la presenza di
alcuni requisiti indispensabili per rendere il
messaggio ascollabile e comprensibile quanto
a) al linguaggio
h) al tono
e) alla forza di convinzione
d) alla struttura del discorso;
3) ritiene che si debba procedere con
gradualità al perfezionamento e alPeventuale
trasformazione del programma.
in una prima fase occorrerà procedere a selezionare rigorosamente le « voci », basandosi
esclusivamente sulla presenza dei requisiti minimi sopra indicati;
a centrare il messaggio su una sola
idea chiara ed incisiva, contenendo la durata
del discorso;
a garantire una maggiore sobrietà delle
parti liturgiche, promuovendo altresi la preparazione di canti chiaramente intelligibili ah
r.iscol latore;
a sviluppare la parte informativa, dando particolare rilievo alle interviste e al commento delle notizie fondamentali.
In una seconda fase si elaborerà una serie
di programmi sperimentali basati su nuovi e
diversi schemi da presentare ad una più vasta cerchia di .ascoltatori.
4) A tal fine, il Convegno ritiene indispensabile che la Federazione metta a dispo.sizione, con la massima urgenza, uomini e mezzi
per lo sviluppo di questo programma e dei
futuri programmi radiofonici e televisivi.
CAMPO FAMIGLIE 1970. AB AGAPE
Sacro e profano nella Bibbia
Studi e dibattiti su corpo, anima, spirito
Quaranta evangelici e alcuni cattolici del dissenso hanno discusso ad Agape i temi suH’womo, sul sacro e profano: pattuglia composta di battisti,
pentecostali, fratelli, cattolici ed evangelici del dissenso e valdesi, hanno seguito, in un clima di viva fraternità,
una linea di ricerca e di confronto serio con la parola del Signore.
Per l’Antico Testamento il prof. Sinigaglia di Rivoli ha introdotto il problema dell’uomo nella linea seguente:
Israele non conosceva la distinzione
greca di corpo, anima, spirito; l’uomo
era inteso come una unità, un corpo
animato più che un’anima incarnata;
l’anima è un fiato che Dio dona e che
poi ritira al momento del trapasso; è
la vita intesa in senso fisiologico e psicologico. L’uno e l’altro, corpo ed anima sono un dono di Dio, pervasi della
vita divina. La carne è ciò che distingue qualitativamente l’uomo da Dio;indica la parte debole dell’uomo, favorevole alla manifestazione del peccato.
Lo Spirito è la caratteristica di Dio ed
è dato agli uomini che Dio sceglie per
la sua missione; esso esprime la vita
interiore dell’uomo nella quale Dio si
manifesta. Il cuore è il centro vitale
dove lo Spirito si rivela ed indica la
parte più riposta del corpo; il cuore
è sede di conoscenza, e non il cervello.
Quest’ultimo è soltanto il mezzo, lo
strumento del cuore; l’israelita non è
perciò razionalista. L’uomo che è senza cuore vuol dire che non conosce il
Signore e perciò non ama il suo simile; la conoscenza implica infatti amore. L’uomo, per la concezione israelita,
è inteso appunto come corpo animato
che vive alla presenza di Dio, gioisce
dei beni terreni come segno della benedizione divina; il credente va in
chiesa per ringraziare l’Eterno dei doni materiali ricevuti. Infatti l’israelita
soffre di non poter andare al culto, di
non poter vivere i rapporti quotidiani con il gruppo quando il corpo è infermo. Il credente che loda, adora
laveh vive anche il suo rapporto profondo con il clan, la comunità. Si è
chiamato questo rapporto: personalità corporativa, per cui l’uomo è strettamente legato con la sua gente nella
benedizione e nella maledizione. In
fatti in Abramo sono benedette tutte
le genti, mentre in Acan c’è la punizione che colpisce il suo clan. D’altra,
parte questa corresponsabilità non
esclude quella personale per cui: « l'anima che pecca, quella morrà ». Naturalmente, è stato detto in sede di discussione, la vita dell’israelita non era
perfetta e la differenza tra il credente
e lo schiavo od il pagano era notevole.
L’impronta greca
nella concezione cristiana dell’uomo
Giorgio Tourn ha presentato nella
sua conferenza il problema della concezione dell’uomo nel tardo giudaismo
e soprattutto nel mondo ellenico, mostrando le tracce che questo pensiero
ha lasciato nella concezione cristiana
dell’uomo.
Nell’ellenismo si parla di due realtà
in conflitto perenne: il bene ed il male; così pure nell’uomo sono in conflitto la materia e lo spirito; la rnateria è ciò che si tocca mentre lo spirito
è invisibile; il corpo è materia, mentre l'anima viene da Dio; essa è entrata nell’uomo perché ha commesso errori, si è contaminata con la materia
impura; nel corpo essa è prigioniera;
per liberarla non c’è che il suicidio, oil celibato che non consente la procreazione e perciò riduce la schiavitù
delle anime; si dice infatti che la vera
felicità appartiene all’uomo che non è
mai nato o che è morto giovane. Lo
stesso mito di Orfeo ci aiuta a comprendere lo sforzo del pensiero greco
perché l’anima mediante la musica o
la poesia si distacchi dal corpo e dalle
sue passioni.
Per la « salvezza » delle anime l’Essere supremo ha mandato uno spirito
che è vissuto nel corpo; questo corpo
è stato messo in croce, ma lo spirito è
salito prima verso l’Essere. Lo spirito
del Messia salvatore ha il compito di
ricordare che noi siamo schiavi del
corpo e che dobbiamo, attraverso i
sette cieli, raggiungere purificati lo
Spirito di Dio.
Qrbene di tutto questo pensiero
emerso nel mondo ellenico si notano,
tra l’altro, tracce evidenti nella concezione cristiana delTuomo; prendiamo
il problema del celibato, del peccato
del sesso, ritenuto nel cattolicesimo
tradizionale molto grave; prendiamo
l'esempio dell’anima; si crede che al
momento del trapasso l’anima si stacchi dal corpo come entità indistruttibile ed immortale che se ne va in paradiso e incontra i cari parenti ed amici; mentre il corpo, piuttosto trascurato in vita (parlo di quello del nostro
prossimo), viene paganamente onorato
quando si muore.
Qrbene l’Evangelo ci dice che solo
in Cristo noi abbiamo la vita; perciò
solo la fede vissuta nella comunione
col Salvatore e nell’amore del prossimo ci consente di risorgere alla vita
eterna. La salvezza non è perciò dovuta al fatto che l’anima è immortale,,
ma a Dio che ce ne fa dono in Cristo,
mediante la sua morte e la sua risurrezione.
Gustavo Bouchard
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiit'
A. 1. C. E.
Concorso per
borse di studio
L'Associazione insegnanti cristiani evanpliei bandisce per il corrente anno scolastico
nn concorso per due Borse di Studio, dell importo da stabilirsi (in base ai fondi esistenti).
Possono partecipare gli studenti e le studentesse dell'Istituto Magistrale che presentino domanda in carta semplice all’A.I.C.E.
presso M.a Vera Loi>g : Via Davico - 10064 Pinerolo (Torino) entro il 15 novembre 1970.
Si devono allegare alla domanda i seguenti
• locumenti :
1) Pagella ilellultimo anno scolastico ocertificato equipollente.
2) Certificato in carta libera dell Agente"
delle Imposte.
3) Stato di Famiglia in carta libera.
4) Dichiarazione del Pastore sui redditi
degli altri componenti la famiglia.
5) Presentazione di un Pastore o di un
insegnante evangelico.
Si ricorda agli amici e ai simpatizzanti che
le offerte per le nostre Borse di Studio si ricevono sul c/c postale n. 2-40715 intestato al
Cassiere Maestro L. T. Do.sio ■ Via Fermi 2.
10064 Pinerolo (Torino).
7
30 ottobre 1970 — N. 4344
pag. 7
Vita, problemi e prospettive delle chiese valdesi
Nell'attesa delle cose nuove di Dio
Un commento di Tullio Vinay all’ordine del giorno
sinodale sulle linee di fondo per la nostra ecclesiologia
Il Sinodo... invita la Tavola e le Chiese a indirizzare la loro azione sulla
base dei seguenti punti:
«a) senza paura del futuro, ma nell’attesa delle cose nuove di Dio, le attuali nostre chiese — pur nella loro
debolezza e nella loro scarsa preparazione — devono progressivamente di
venire vere assemblee nelle quali ognu
no possa portare il contributo dei do
ni ricevuti dallo Spirito per l’ediflca
zione dei fratelli e l’annuncio del Re
gno a quanti il Signore avvicina. Que.
sto passaggio, però, da una forma di
vita ecclesiastica invecchiata e stati
ca a una nuova e dinamica, deve avvenire nelTagàpe, che è la prova della
validità della fede, e nell’incarnazione
della situazione altrui ».
La trasformazione delle attuali nostre chiese in reali assemblee non corrisponde solo a mutate circostanze storiche, ma all’esigenza della manifestazione « intra ed extra muros » del sacerdozio universale come appare così
chiaramente negli Atti degli Apostoli e
nelle loro Epistole. È un richiamo alle
chiese perché riscoprano la loro vera
vocazione. Le circostanze storiche sono l’occasione, lo stimolo, il tempo opportuno, per cui questo richiamo diviene più chiaro ed urgente. Del resto
anche la Riforma ha fatto questo richiamo che però non ha pienamente
attuato.
Senza una vita comunitaria nuova e
completa si cercheranno invano soluzioni a problemi dibattuti (battesimo,
-confirmazione, matrimonio ecc.), come
inutilmente si lotterà contro il clericalismo ormai così radicato e soprattutto, ciò che è essenziale, non si troverà
la via per una vera testimonianza a
Cristo, ed un linguaggio adatto ad essa. Se le parrocchie divengono assemblee nelle quali ognuno porta il contributo dei doni ricevuti dallo Spirito
per l’edificazione dei fratelli, la comunione fra questi diverrà effettiva e, in
questa atmosfera, anche i vari problemi della città e del mondo potranno
■esser affrontati insieme, per una effettiva evangelizzazione. Da alcuni anni
le nostre chiese si dissolvono in formalismi vuoti o in dibattiti polernici
che le logorano. Un’opera progressiva
di ricostruzione si impone e ciò nell’agape e nella reciproca comprensione. Quel che tutti vogliamo è iniziare
un cammino nuovo di obbedienza a
Cristo e di impegno. In questo cammino avremo la gioia di scoprire che il
Signore non ci lascia soli nella tormenta, ma viene a compiere « miracoli ».
Tutto ciò — è bene che i fratelli lo
comprendano — non suona svalutazione del passato, però non possiamo vivere del passato, ma della Parola che
ci è rir'olta cjui ed ora per esserLe obbedienti.
«b) le assemblee (chiese) possono
avere forme e modi di vita diversi, a
seconda delle specifiche vocazioni ricevute (comunità di testimonianza
varia [parrocchie], comunità di servizio, comunità per la stampa, comunità per l’istruzione, ecc.) per essere
diaspora di comunità aperte, confessanti e serventi, ove ogni residuo di
compromissione constanfmiana sparisca e siano collegate fra loro da una
profonda comunione fraterna che le
aiuti nella ricerca della fedeltà al Signore ».
Questo punto constata che le assembleo possono essere assai varie, a se-concia dei servizi che le necessità degli
uomini richiedono. Non è assemblea
sola la parrocchia tradizionale. Lo possono esser anche gruppi che si raccolgono insieme per servizi vari, o per la
stampa, o per l’insegnamento, o per
un’opera di promozione sociale e via
dicendo. Quel che vi è di comune è
l’ascolto della Parola, l’adorazione e la
edificazione reciproca che ci fa pronti
alla testimonianza nel mondo. Così
può sorgere un gruppo che ricercando
nell’ascolto della Parola quel che il Signore gli dice rende poi al mondo un
servizio specifico, e vi posson esser assemblee più vaste che, dopo essersi
raccolte insieme, si disperdono nella
città per una grande varietà di opere.
Che cos’è la nostra vocazione se non
l’incisione della Parola in una situazione concreta, e che cos’è il nostro
impegno se non la risposta a questa
vocazione laddove ci è rivolta? Ed allora perché stupirsi della varietà dei
gruppi e delle assemblee? Non sono
separazioni orgogliose, ma sono diverse risposte ad una comune vocazione,
ad una comune chiamata, quella del
battesimo. Non v’è dunque ragione di
standardizzarle in un’unica forma, in
un’unica misura che non è detto possa contenere la varietà dei compiti affidatici. Il punto di unione, e questo è
profondo, è solo la confessione di fede: CRISTO È RISORTO. EGLI E IL
SIGNORE.
Certo è che l’assemblea per compiere la sua vocazione non può far a meno del messaggio, del servizio e della
comunione fraterna, né può separare
questi momenti della sua vita o far a
meno di uno di essi. Le assemblee, poi,
come quelle della prima aurora cristiana, se sono in Cristo e da Lui mosse, non potranno non esser unite da
una profonda comunione fraterna ed
esser spinte in precisi impegni che daranno anche alle Conferenze Distrettuali ed ai Sinodi vitalità nuova e alla
Federazione delle Chiese una precisa
funzione.
«_c) tutto ciò richiede, senza ulteriore indugio, la massima cura e la massima spesa per preparare i ministeri
vari, nel quadro dei quali anche quello pastorale prende chiara figura. Gli
attuali pastori che ne abbiano la capacità siano impiegati in questo servizio di transizione ».
Qui l’ordine del giorno sinodale dà
alla Tavola Valdese una chiara direttiva. Non si può non avvertire la pressione del tempo e le condizioni in cui
versano le nostre chiese. Non si deve
frapporre ulteriore indugio ad affrontare la situazione. Ciò sarebbe stato
più facile alcuni decenni or sono quando le nostre chiese allora viventi avevano molti membri pronti ad ogni iniziativa. Però non si deve perdere tempo: anche ora, ci sono nelle nostre
chiese dei fratelli e delle sorelle che
possono esser aiutati a sprigionare i
doni ricevuti ed essere incamminati in
altrettanti servizi. Non in uno solo
quello del predicatore; in molti: quanti lo Spirito suscita per la vocazione
che ci è rivolta. Vi sono diversi pastori che oltre ad avere un’ottima preparazione hanno il dono dell’insegnamento.
Occorre allora che la Tavola li dislochi laddove più urge questo ministerio e che questi pastori, per parte loro, non si lascino intrappolare da esigenze estranee alla loro vocazione. Il
loro compito sarà, di certo, di grande
benedizione alle varie assemblee, a
quelli che, in esse, vogliono e possono
esser preparati e, di riflesso, a tutta
la Chiesa Valdese. Certo, si potrà
obiettare che ogni pastore deve saper
preparare (o organizzare) i santi al fine del ministerio (Ef. 4: 12), ma chi
non si accorge che questa osservazione ecclesiologicamente giusta può divenire un alibi per lasciare le cose come stanno? Eppoi è proprio vero che
tutti i pastori attuali, anche se hanno
altri doni, abbiano il dono dell’insegnamento? Nessuno che guardi in faccia la realtà può affermarlo. Se si vuol
riformare la chiesa debbon pur esser
prese delle decisioni precise.
« d) tutta questa nuova struttura
ecclesiologica sia al fine del vero servizio che la chiesa deve rendere al
mondo, cioè la testimonianza al Regno, e ciò nella pienezza della vita del
popolo (economia, politica, sociologia,
pedagogia, ecc,), poiché la ritrovata
comunione in Cristo deve divenire vita tra gli uomini ».
Questo punto è tanto ovvio che non
richiederebbe alcuna spiegazione. La
ragion d’essere della chiesa, della sua
edificazione, dei suoi ministeri è la testimonianza al Regno. Però la frase,
da tanto tempo invalsa « nella chiesa
non si fa politica » richiede almeno
che si ridica che la testimonianza al
Regno impegna la chiesa nel cercare
con tutti gli uomini, la VIA per questo mondo, la VIA perché il mondo
non perisca. E sappia la Chiesa, nella
sua comunione con Cristo epperciò
con gli uomini, dare, nei pubblici dibattiti, l’indicazione maestra alla ricerca umana. Perché fuori di Cristo, fuori della Sua agàpe, non c’è salvezza.
Non v’è per ciascuno di noi, ma neppure per la politica e per l’economia.
E l’indicazione può esser data solo con
parole, scelte prese alla luce della Parola ed opere, con impegni precisi,
che possano esser recepiti dagli uomini del nostro tempo. Se Cristo è la
VIA, non lo è solo per le chiese e per
i credenti, ma lo è per tutti gli uomini. E la via del « mondo nuovo » che
tutti cercano a tastoni e che noi credenti stessi non sappiamo, per i nostri tradimenti e la nostra denutrizione spirituale, più indicare. E solo se
ritroveremo piena comunione con Cristo, la nostra vita sarà un indice teso
verso di Lui.
Tullio Vinay
Riesi
Una situazione nuova
La comunità di Riesi. riunitasi in assemblea il 23 settembre 1970. ha preso atto del
messaggio della Tavola, recatoci dal delegato
per il VI Distretto, past. Enrico Corsani.
II past. Corsani ha, tra Taltro. spiegato ancora una volta le linee dell'O.d.G. approvato
dal Smodo su proposta del VI Distretto che
lo aveva formulato ed approvato a Palermo.
Questo O.d.G. invita le comunità a passare,
dì una forma vecchia e statica di testimonianza ad una più viva e dinamica, rispondente ai
tempi attuali, che permetta alle comunità di
riscoprire i doni dei suoi membri e di divenire sempre più autonome in tutti i sensi.
L'O.d.G. è l'invito più pressante a voler
realizzare neirinterno delle nostre comunità
quella comunione fraterna che. sola, edifica.
E ! a vivere, pur lenendo conto della debolezza
della nostra fede, nella tensione del ritorno
di Cristo. Infine ad avere vere assemblee di
creden!;i che vivono e testimoniano coerentemente alla chiamata rivolta loro dal Signore.
La comunità di Riesi. nel prendere atto del
trasferimento del past. Vincenzo Sciclone a
Cosenza, lo ringrazia per 1 annuncio della Parola che ci ha dato in questi anni e gli augur.i di rendere ancora una proficua testimonianza anche in mezzo ai fratelli di Cosenza.
Il Consiglio di Chiesa, nella riunione del 1“
ottobre, nel momento in cui ha assunto la responsabilità di ricercare, assieme ai fratelli
della comunità tutta, il modo migliore per
esprimere la nostra vocazione, ha eletto : fra
gli anziani, il suo presidente nella persona
del fratello Pistone, fra i diaconi, il vice-presidente nella persona del fratello Naso.
È stato poi impostato un programma di lavoro che speriamo, si possa cominciare a realizzare al più presto.
Ha deciso anche, aU unanìmità, di chiedere
alla prima assemblea di chiesa, reiezione a
diacono del fratello Paschoud per usare « del
suo dono di teologo ».
Molte sono le cose che ci stanno avanti e
certamente non tutte sono facili da affrontare
e risolvere. Una cosa è certa, che abbiamo accettato di sperimentare personalmente quanto
grande possa essere lo Spirito del Signore che
soffia dove vuole e con potenza. Egli può, in
mezzo a noi, far sorgere delle vocazioni molto
forti, capaci di arricchire la nostra fede, dì dare un senso vero alla nostra vita per sostituire
con un impegno profondo quella apatia che ha
invece invaso le nostre comunità in questi ultimi tempi.
È giusto rispettare anche i nostri fratelli
che ancora non vedono, in questa decisione
della Tavola, un segno. Non di condanna e
di morte, ma di nuova vita e di rinnovalo impegno a servire il Signore ed ì nostri fratelli.
Ci auguriamo che tutto questo non rimanga
lettera morta, parole vuole e senza senso, ma
possa tradursi presto in fatti concreti per la
gloria del Signore che vogliamo servire.
Pino Testa
S. Germano Chis.
Commiato dal pastore Jalla
Domenica 11 ottobre il pastore Jalla
ha preso congedo dalla comunità nel
corso del culto. La comunità rivolge
al pastore Jalla ed alla sua famiglia
un fraterno saluto, augurandogli un
lavoro benedetto nella sua nuova sede
e ringraziandolo per il suo lavoro a
S. Germano.
Il culto di domenica 18 è stato presieduto dal vice Moderatore. Al termine del culto ha avuto luogo un’assemblea di chiesa nel corso della quale è
stato approvato il verbale della precedente e si è udita la relazione del Concistoro in riferimentò alla nomina di
un pastore titolare.
Ha ripreso regolarmente la sua attività il doposcuola curato come lo scorso anno da un gruppo di giovani.
Scuola domenicale e catechismo
hanno ripreso la loro attività nel corso del mese.
Mercoledì 28 VUnione femminile ha
avuto la sua prima seduta.
La cronaca dalla comunità di S. Germano è stata affidata quest’anno ai catecumeni di 4<i anno. Le eventuali inesattezze o dimenticanze non sono perciò da imputarsi a cattiva volontà ma
unicamente a inesperienza.
Luserna S.Giovanni
Milano
Il pastore romeno Richard Wurmbrand presenta
il suo discusso libro “Torturato per Cristo,,
Il Comitato della
ringrazia sentitamente
Festa del Raccolto »
tutti coloro che. con
il loro intervento e con i loro doni, hanno
conlrilniito alla Intona riuscita della Festa
della Riconoscenza.
Abituati come siamo a notare una
certa costanza numerica ed una determinata composizione sociale tra i frequentatori delle nostre manifestazioni
culturali e cultuali, chi di noi fosse
casualmente capitato la sera di domenica 18 ottobre nel tempio di via Francesco Sforza avrebbe avuto qualche
motivo di stupore. La chiesa e anche la
sala adiacente erano gremite in modo
inverosimile e si stentava a riconoscere tra i presenti qualche membro della
comunità: ci si trovava in mezzo ad un
popolo genuino, tra uomini e donne
nuovi, semplici, attenti. L’ignaro intervenuto si sarebbe pure stupito dello
slancio e dell’ardore con cui si intonavano gli inni: « Cantiamo cantiamo a
Dio » in apertura e « Forte rocca » in
chiusura della riunione. Né poteva questo fratello non rallegrarsi in cuor suo
dell’imponente assemblea e scivolare
così nella tentazioni del numero, del
« numero come potenza ».
Era a Milano quella sera e vi teneva
per la prima volta la sua caratteristica
conferenza (indetta dalla casa editrice
« Uomini nuovi » e dal suo direttore pastore Laiso con l’afflusso dalla Lombardia, dal Piemonte, dal Cantón ’Ticino
di varie comunità delle Assemblee di
Dio) una figura di oratore assai complessa di cui già si occupò la nostra
stampa: Richard Wurmbrand, il quale
da anni gira il mondo per far conoscere
le sofferenze patite da lui stesso (in
ben quattordici anni di prigionia in Romania, dove nacque 59 anni fa) e da
molti altri, il cui crimine consisteva solo nel professarsi cristiani in paesi detti di oltre cortina. Alto e allampanato,
dotato di voce potente, questo « pastore » descrive dall’alto del pulpito, non
senza effetti oratori, le torture subite,
gli orrori di cui fu testimone e che dice
insistentemente di poter documentare.
Nel pubblico si sentiva correre un brivido di raccapriccio; qualche donna immigrata di recente dal sud e non ancora troppo sofisticata, aveva gli occhi
lucidi ed emetteva parole soffocate di
invocazione e di commiserazione. E dall’alto la voce continuava a pronunciare accuse e accuse.
L’oratore suscita ammirazione per il
coraggio, per la forza d’animo, per la
tenacia nel professare la sua fede durante lunghissimi anni fino al momento
della sua liberazione avvenuta, per riscatto da parte delle chiese di Norvegia, cinque anni or sono. Non ci dice
però quali cristiani di quelle popolazioni fossero così duramente perseguitati
né quali fossero i motivi specifici, che
pur vi saranno stati, di questo disumano trattamento. Wurmbrand è forse
troppo sintetico nell’elencare crudeltà e orrori e talvolta è anche superficiale: afferma per esempio che Mosca con
i suoi sette milioni di abitanti possiede
una sola chiesa protestante e una sola
chiesa cattolica romana; ma il popolo
russo era quasi esclusivamente ortodosso e quante sono oggi le chiese ortodosse della metropoli? Egli identifica « i comunisti » con la malvagità dei
loro carcerieri e si dice staccato dalla
politica, pervaso unicamente da amore cristiano: riesce difficile però di non
sentire in lui la nota delTanticomunismo di marca occidentale e statunitense più che d’intonazione barthiana.
Non si può comunque porre in dubbio la veridicità delle cose dette ed è
quindi giusto e sacrosanto divulgarle,
Zurigo
Insediamento del pastore Bogo
Il Consiglio della
Chiesa evangelica di
lingua italiana di
Zurigo circonda il
pastore Boga: sigg.
Ruegg, Maag. Ru
llo ff. presidente del
Beirat. W yss. presidente della Commissione del HI Distretto, Hodel. Tedaldi.
fischli Dreher e Radatti.
(foto R. Jahier)
iVell'anlica chiesetta di Wiedikon domenica
Il ottobre, nel corso del culto, si è svolto l'insediamento del nuovo pastore della Chiesa
evangelica di lingua italiana, Giovanni Rogo,
inviato dalla Tavola Valdese a riprendere il
lavoro del compianto past. Elio Eynard. Il
past. Rogo, che ha svolto il suo ministero a
Vallecrosia, Losanna e Luserna S. Giovanni,
non è sconosciuto a Zurigo, dove 12 anni or
sono è stato quale candidato in teologia, concludendo i suoi studi e dando la sua collaborazione nelle chiese di Zurigo e di Basilea;
inoltre ha sposato una zurighese, già attiva
nel servizio scolastico cittadino.
Durante il culto mattutino Finsediamento è
stato compiuto dal presidente della Commissione del III Distretto, il sig. Franco TFyss
mentre nella sua predicazione il past. Bogo ha
espre.sso la gioia di poter ora svolgere il suo
ministero a Zurigo. Quale presidente del Bei
rat della Chiesa valdese della città il pastore
Alfred Ruhofj ha salutato cordialmente il past.
Bogo e la sua famiglia, anche a nome della
Chiesa cantonale, rivolgendo pure un ringraziamento al gast. Roberto Jahier per il servizio temporaneo offerto alla chiesa di Zurigo
in un periodo difficile; questi, da parte sua,
ha rivolto un ringraziamento alla chiesa per
l'accoglienza e ad essa e al past. Bogo, anche
da parte dei. colleghi delle Valli Valdesi, l'augurio di fecondo e lungo lavoro insieme. Prendeva quindi la parola il vicepresidente del
Consiglio della chiesa, il sig. Hodel. salutando
chi giungeva e chi partiva, come pure i rappre.sentanti di varie Chiese .sorelle, di autorità
e di organismi cantonali e cittadini. L'ora di
culto è stata ravvivata da una luminosa ornamentazione floreale e dagli inni dell'Innario
evangelico italiano.
Otto Wììlckner
farle conoscere: forse però lo scopo di
diffondere la verità e di porgere aiuto
lo si consegue meglio per vie meno
« popolari », meno impostate sull’emotività della gente. Non siamo più ai
tempi di Stalin e non mancano ormai,
se Dio vuole, forme di collegamento
tra i due blocchi del ptotere mondiale;
anche organizzazioni religiose internazionali quali il CEC non mancano di
iniziativa e di ascendente. L’accennata
sovrapposizione di concetti che sta all.T base delle accuse di Wurmbrand non
può essere accettata senza sostanziali
riserve: prova ne sia che il pubblico
reagiva incoscientemente con mormorii di pietà e non con esclamazioni di
sdegno di persone — e molti presenti
erano certamente indirizzati verso sinistra — che si sentissero colpite nei loro
sentimenti « politici ».
Il periodo storico che attraversiamo
ci dà continue prove del grado di malvagità cui possono giungere, nelle prigioni, nelle caserme, nei Lager, certi
uomini posti in condizione di dare sfogo senza controllo su persone indifese
ai propi istinti di primordiale e bestiale
brutalità. Se interpretassimo le azioni
di questa sottospecie come diretta
espressione di una ideologia di massa
non vi sarebbero più limiti geografici
o politici alle accuse che travolgerebbero l’intera umanità.
E qui evidentemente il discorso si andrebbe allargando oltre ad un modesto
appunto su di un incontro che può
lasciare perplessi e sollevare vari interrogativi. Sì: bisogna dire le cose,
bisogna farle conoscere, ma la voce inflessibile, il tono di assoluta sicurezza
affermativa sono d’impronta veramente cristiana? La crudeltà proclamata da
chi ne fu vittima e l’attribuisce ad un
sistema, non fa pensare alla crudeltà
subita da altri, in altri sistemi? Ed è
lecito suscitare il dubbio che la testimonianza cristiana possa essere strumentalizzata per agire sulle posizioni,
sui convincimenti politici? R. I.
La famiglia di
Lidia Micol
riconoscente ringrazia quanti parenti
ed amici hanno partecipato al suo dolore. Un grazie particolare ai Pastori
Bertin ed Enrico Tron ed al personale tutto del Rifugio Carlo Alberto per
le amorevoli cure prestate.
Luserna S. Giovanni, 9 ottobre 1970.
RINGRAZIAMENTO
La famiglia del compianto
Edilio Martinat
ringrazia vivamente il pastore A. Deodato e tutti coloro che le sono stati
vicini nel suo dolore.
« 'Vegliate e pregate perché non
sapete né il giorno né l’ora che
il Signore verrà» (Matt. 24 : 42).
S. Germano Chisone, 30 ottobre 1970.
I familiari della compianta
Caterina Giuseppina
Stallè-Chauvie
sentitamente ringraziano: i sigg. Dottori E Gardiol e U. Lanza, la Direttrice ed Infermiere dell’Ospedale Valde
se per le premurose cure prestate alla
loro cara scomparsa.
« So in chi ho creduto ».
« La mia Grazia ti basta ».
Torre Pellice, 21 ottobre 1970.
RINGRAZIAMENTO
I familiari della compianta
Anna Mondon-Marin
in Negrin
commossi e riconoscenti per le dimostrazioni di affetto e solidarietà tributate in occasione del loro lutto, ringraziano sentitamente tutti coloro che
hanno preso parte al loro dolore. Un
ringraziamento particolare al Dott.
Alberto Coucourde, ai Medici ed al
Personale dell’Ospedale Civile di Pinerolo, ai pastori Bellion, Deodato e
Micol ed alla signora Vera Long, alle
maestranze della HELCA e OPL.
« Il Signore è il mio pastore,
nulla mi mancherà »
(Salmo 23: 2).
Bobbio Pellice, 20 ottobre 1970.
AVVISI ECONOMICI
SIGNORE anziano solo cerca tuttofare servizio completo, referenze ineccepìbili. Rivolgersi Libreria Claudiana. Torre Pellice.
PERMUTASI in vendita o in affitto, appartamento cinque letti. Prali Ghigo, con similare Torre Pellice centro. Telefono Milano
488598 - 488484.
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pag. 8
N. 43-44 — 30 ottobre I970
I NOSTRI GIORNI
UOMINI, FATTI,
Salvatore Allende
SITUAZIONI
Preceduta da momenti di grave tensione, culminati con l'attentato al capo
di stato maggiore dell’esercito, reiezione di Salvatore Allende alla presidenza
del Cile è stata ratificata dal Parlamento con una maggioranza larghissima:
su 200 parlamentari votanti egli ha
avuto 153 suffragi. Ha ricevuto i voti di
tutte le forze della sinistra e quelli della democrazia cristiana. Si tratta del
primo presidente socialista di una nazione sudamericana.
Permane, mentre scriviamo qne^e
note, un clima di forte tensione in ».^ile, clima alimentato dall’opposizione
della destra, che cerca di contare sull’eventuale aiuto delle forze armate.
Il programma politico-economico del
neo presidente è vólto ad un deciso potenziamento ed acceleramento delle riforme già in precedenza iniziate col democristiano Frei: completa nazionalizzazione delle miniere del rame, in mano
agli USA, riforma agraria, nazionalizzazione delle grandi industrie e delle
banche.
Sul piano internazionale, è prevista
la denuncia del trattato militare delrOSA (la Nato sudamericana), la ripresa delle relazioni diplomatiche colle nazioni socialiste e la lotta a fondo contro l’ingerenza economico-politica nel
paese da parte degli Stati Uniti d’.America.
Si tratta senza dubbio di un avvenimento di portata storica in quanto pone un nuovo accento su quella che è
li situazione sudamericana in genere:
è un’avanguardia di forze popolari che
desiderano — come viene affermato nel
« programma fondamentale del governo di unità popolare » — realizzare un
profondo rinnovamento politico ed economico.
ONU; bilancio passivo
Ricorre in questi giorni il 25° anniversario deirO.N.U. In simili occasioni
si cerca di fare dei bilanci che confortino, o meno, l’attività di un determinato ente. Vorremmo però fare un piccolo passo indietro e ricordare ai lettori ed a noi stessi, con quali scopi fu
fondata l’Organizzazione delle Nazioni
Unite.
Derivata in pratica dalla precedente
Società delle Nazioni, essa si prefigge,
come fini principali: il mantenimento
della pace e della sicurezza internazionale, la garanzia della eguaglianza e
della indipendenza di tutti i popoli, lo
sviluppo della cooperazione fra gli stati nel campo economico, sociale e culturale, la tutela dei diritti dell’uomo e
delle sue libertà fondamentali.
È stata l’O.N.U. in questo quarto di
secolo all’altezza del suo compito? La
risposta è senz’altro negativa, se si
guarda appena ai tragici fatti che hanno insanguinato il mondo (e lo insanguinano tuttora) in questi ultimi anni.
Basti pensare al genocidio dei negri nel
Sudan, alla tragedia del Biafra, all’invasione cecoslovacca, alle persecuzioni
razziali, alla guerra del Vietnam, a quella mediorientale, all’inizio della quale
sta il veloce ritiro delle forze dell’ONU
dalla penisola del Sinai, ritiro che lasciò di fronte gli eserciti d’Egitto e di
Israele.
Per di più, proprio nel giorno di apertura delle celebrazioni del venticinquennio — come fa notare il « New York
Times » ■— gli Stati Uniti, l’Unione Sovietica e la Cina hanno compiuto degli
esperimenti nucleari. Sarà probabilmente solo una coincidenza fortuita,
ma comunque simbolica.
L’O.N.U. praticamente finora si è ridotta alla funzione di spettatrice delle
questioni fra le due grandi potenze,
senza poter in definitiva intervenire
con energia e decisione.
Per contro, si può notare che i 56 iniziali paesi membri sono ora diventati
126, di cui parecchi quelli del Terzo
Mondo, peraltro anch’essi divisi da profondi contrasti di ogni genere. Ma finché ci si ostinerà a tenerne fuori un
paese come la Cina popolare, che rappresenta un quarto dell’umanità intera,
finché non vi si darà diritto di cittadinanza alle due Germanie, è inutile parlare di eguaglianza fra i popoli.
TanassI, gli attendenti,
la decade e il patta atlantica
Nel numero scorso del giornale, parlando dell’esercito italiano sotto il profilo economico, si faceva tra l’altro
cenno alla questione degli attendenti.
Apprendiamo ora che il ministro della
difesa, Tanassi, in occasione del dibattito sulla previsione di spesa del suo
ministero per il 1971, ha annunciato
che dal 1° gennaio 1971 l’istituzione dell’attendente viene soppressa.
Egli ha pure preannunciato un dNegno di legge che prevede l’aumento delle paghe dei militari di truppa dalle
attuali 90 lire giornaliere a lire 250. Tale aumento avrà decorrenza dal 1° luglio 1971. Certo ora, con 7500 lire al
mese, oltre a vitto ed alloggio gratis, il
giovane di leva si sentirà ampiamente
ricompensato di dover lasciare per mesi 2 mesi ca.sa e lavoro per adempiere
al suo « sacro dovere ».
Il ministro Tanassi, coll’occasione,
non ha mancato di far presente che il
bilancio della difesa è assai modesto
in confronto a quello di altre nazioni
(solo 1656 miliardi all’anno!) e che per
di più il patto atlantico — pur garantendoci piena libertà di scelta — ci assicura una forza sufficiente per indurre
alla rillessione ogni potenziale aggressore. Il ministro fa parte di quella categoria di persone che fondano la pace
nella sicurezza (la sicurezza dell’esiflblishment) sull’equilibrio delle forze,
nè potrebbe pensarla altrimenti, essendo ministro della difesa. Sarebbe interessante, a questo proposito, poter sentire la vera voce e volontà della popolazione italiana, se è d’accordo di far
parte di un’alleanza militare che, oltre
a limitare la sua sovranità, la pone di
fronte a dei rischi dalle conseguenze
incalcolabili, ma purtroppo — secondo
l’art. 75 della Costituzione •— il cittadino non potrà mai essere chiamato per
manifestare il suo volere nei riguardi
dei trattati internazionali.
Il ministro poi, concludendo il suo
dire, ha accusato le forze antimilitariste e pacifiste di lavorare contro la pace in quanto fautrici di un’alterazione
dell’equilibrio delle forze. Lo ringraziamo per averci aperto gli occhi: sta
a vedere che il Movimento di .Azione
nonviolenta, il Corno europeo della Pace, ed altre analoghe associazioni ci
stanno preparando la terza guerra
mondiale!
Roberto Peyrot
Echi della settimana
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiimiimiiiiiiiMiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiii
Dal 1969 le vendite d armi francesi all’estero sono sestuplicate
Nel 1970 la Francia venderà alla Germania
federaie materiale militare
per 1 miliardo e 200 miiioni di franchi
In base a un accordo firmato il 23
ottobre a Bonn, la Francia consegnerà
alla Germania occidentale materiale
navale da guerra per 1.200 milioni di
franchi (quasi 150 miliardi di lire). Dopo gli Stati Uniti, è il secondo fornitore d’armi alla Repubblica federale.
Si tratta essenzialmente di forniture
di motovedette con armamento missilistico (Exocet) e di armi anti-carro
del tipo Milan.
La misura dell’intensificarsi di queste forniture è data dal confronto con
il totale delle vendite d’armi francesi
a Bonn, che negli ultimi nove anni è
ammontato a 1.765 milioni di franchi.
Anche la Grecia e la Malesia hanno
stipulato ordinazioni di queste armi
francesi, mentre il Perù ha ordinato
un certo numero di missili mare-mare
Exocet, da montare su proprie unità
navali.
Quest’insieme di ordinazioni, coronate dal recente cospicuo accordo con
la Germania federale, permettono al
governo francese di realizzare nel 1970
una cifra d’affari d’esportazione finora mai raggiunta: a fine anno la Francia avrà esportato da 6 a 7 miliardi di
franchi (fra 700 e 800 miliardi di lire)
di materiale bellico, contro 3.320 milioni nel 1969; e si tratta ancora di valutazioni provvisorie, probabilmente
inferiori alla realtà.
Restano preponderanti le esportazioni di materiale aeronautico: 3.900 milioni (contro 650 milioni nel primo semestre ’69) di franchi (per il 90% forniture militari, inclusi gli elicotteri a
uso plurimo); principali clienti: Libia,
Brasile, Spagna.
Le esportazioni di armi terrestri ammontano a 426 milioni di franchi; da
aggiungere forniture di materiale elettronico per 288 milioni di franchi (contro 16 milioni nel primo semestre ’69).
Queste statistiche, di fonte ufficiale,
tengono conto delle esportazioni verso
un terzo paese di materiali prodotti
in cooperazione dalla Francia e dai
suoi alleati. In questo caso (ad es. l’aereo da trasporto militare Transall venduto al Sud-Africa o l’apparecchio Breguet-Atlantic di sorveglianza marittima acquistato dall’Olanda e dall’Italia), il reddito per la Francia è, di norma, pari alla sua partecipazione al finanziamento del programma.
Secondo cifre .ancora provvisorie,
il passaggio dei tifoni Joan e Rate sulle Filippine ha fatto oltre un migliaio
di vittime, specie nelle due isole maggiori, Luzon e Mindanao; i danni, secondo le prime valutazioni, superano i
60 miliardi di lire.
SUL DIVORZIO
Un illustre divorzista, il senatore
Carlo Galante Garrone (del gruppo indipendenti di sinistra), è stato intervistato dal settimanale « L’Astrolabio »
(v. n. 41 del 18.10.1970) sulle recenti vicende della legge sul divorzio, al senato italiano. Noi crediamo che, a prescindere dalla posizione di fondo di
noi evangelici (v. l’articolo di Gino
Conte nel n. 41 di questo settimanale),
posizione alla quale pienamente aderiamo, sia molto opportuno fermarsi
su taluni dettagli di queste vicende.
Estraiamo perciò i punti particolarmente interessanti delle risposte date
dall’intervistato.
In linea generale, questi ritiene che
« il fronte laico, in virtù della sua 'compattezza e della “presenza fisicci’ dei
suoi senatori, abbia veramente vinto
una grossa battaglia, a tal punto grave era il pericolo che raccoglimento
anche di un solo emendamento non
concordato svuotasse e snaturasse la
legge nei suoi presupposti e nelle sue
finalità. Tutti i tentativi di "fiaccare”
la legge sono andati a vuoto, grazie alla compattezza del fronte.
“Potevamo vincere per K.O. — si è
chiesto l’intervistato — senza cambiare una virgola nel testo inviatoci dalla
Camera (un testo, sia detto tra parentesi, che non meritava e non merita
le rampogne che gli son piovute addosso, perché alle sue innegabili lacune sarebbe stato possibile porre riparo in un momento successivo)? Forse
SI, forse no. Tutto sommato, credo che
possiamo e dobbiamo esser lieti di come è andata a finire. La legge non è
stata fiaccata ed anzi ha resistito, nelne sue strutture essenziali, al ciclone
che stava per investire Palazzo Madama” ».
Sugli emendamenti presentati dai
seantori democristiani, l’intervistato
ha detto che « oggi ancora è, in lui,
inalterata, e forse accentuata, una sensazione di pena, di sorpresa, di sbigottimento. Perché ad es. è “enorme”, e
contrario all’ispirazione cristiana, chiedere che al coniuge colpevole sia vietato, per tutto il corso della sua vita,
di ottenere il divorzio senza il consenso dell’altro coniuge; è "assurdo” pretendere che una separazione consensuale protrattasi per anni ed anni non
possa mai trasformarsi in divorzio se
non intervenga un nuovo consenso; è
“disumano” che il coniuge condannato
a una grave pena, ritornato allo stato
libero per effetto del divorzio chiesto
e ottenuto dall’altro coniuge, debba
chiedere e conseguire la “riabilitazione” prima di passare a nuove nozze!
Per non parlare dei tanti e tanti emendamenti che ci hanno tenuti impegnati con il loro ritmo martellante: i figli
minori considerati come ostacolo alla
concessione del divorzio (nel film “Di
MiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiihiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiimiiiiiMiiiiiiii'iiiiiiiMiimiii!imii:iiiiiiiii
NEL CONFLITTO INDOCINESE
Il comando USA riconosce di aver
utilizzato defolianti nocivi all’uomo
iiiiiiiiiiiiiiiMMiiiiii iiiiiiimiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiinniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiimiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Una mostra straordinaria a Milano :
Stampatori e editori zurighesi dei sec. XVI-XiX
.Ancora una volta il Centro Svizzero
di Milano fornisce una manifestazione
ad alto livello, sempre nel quadro delle
relazioni fra la Svizzera e l’Italia attraverso i secoli.
Questa mostra, nella sua scelta illuminante, mette in evidenza lo stretto
rapporto stabilitosi fra Zurigo e l’Italia nei momenti salienti della nostra
vita culturale e sociali: la Riforma, il
pre-romanticismo e il romanticismo, il
Risorgimento. La letteratura religiosa
è decisamente parte cospicua della produzione zurighese, ("zurigana”, come
dicevano nel ’500), e per le edizioni del
Cinquecento abbiamo una scelta affascinante.
Il nostro riformatore Pier Martire
Vermiglia è rappresentato con ben cinque testi. Bernardino Qchino ha alcuni preziosi libretti, e non mancano il
Mainardi, il Grataroli, il Massario, ed
alcuni testi rari che hanno alle spalle
tutto un dibattito cultural-religioso. La
Zurigo del riformatore Bollinger esercitò straordinaria attrazione per i rifugiati italiani, per quell’equilibrio, quella capacità di contemperare la sana
dottrina con la sua (quasi) pacifica
convivenza civile, che mostrarono i
suoi antistes. (Non diremmo, con la
pur garbata prefazione al libretto che
presenta la mostra, che « un nucleo di
eretici di vari paesi si formò attorno a
Heinrich Bullinger »: basta sfogliare la
ancora valida raccolta di lettere del
Bullinger coi suoi corrispondenti nei
Grigioni per renderci conto proprio del
contrario!).
Le edizioni settecentesche testimoniano d’una corrente di simpatia fra la
Bergamo del Calepio e la Zurigo dei
preromantici; e viene quindi il Sismondi, del quale recentemente a Pescia
(Lucca) s’è ricordata l’appassionata
partecipazione alla rinascita d’Italia.
Pilati, Foscolo, Orelli, Bianchi-Giovini,
ecc. ci portano nel vivo della svolta culturale che ha segnato il nostro imrninente Risogimento e la prima battaglia
laicista.
Insomma, beati i nostri milanesi che
si possono godere — in rapida e efficace panoramica — una mostra destinata a farci presenti quei valori profondi e antichi che legano anche l’evangelismo italiano a una Zurigo o.spitale e
viva.
L. Santini
Saigon (A.F.P.). - Il comando americano
ha riconosciuto, venerdì 23 ottobre, di avere
utilizzato durante parecchi anni, nel Vietnam
del Sud. defolianti che possono avere effetti
nocivi sull’organismo umano.
Un comunicato, pubblicato in proposito, dichiara che l’utilizzazione del defoliante « orango » era stata vietata a partire dal 17 aprile
1970. ma che la divisione Americal ha continuato a servirsene a più riprese, nei mesi di
maggio, luglio e agosto 1970, « violando le
istruzioni ». La stessa divisione Americal è
già implicata nel massacro di My-Laì (SongMy).
A varie riprese sono circolate a Saigon voci
relative alla nascita di neonati deformi in villaggi che erano stati investiti « per errore »
dal defoliante.
Il comunicato del comando americano precisa trattarsi del prodotto chimico, 2, 4, 5T
(«orange ») utilizzato « nelle operazioni erhicide nella Hepubblica del Vietnam per vietare al nemico la protezione (del fogliame) e
per assicurare la protezione delle truppe alleate »; è questo prodotto che si è rivelato nocivo all’organismo.
« Era utilizzato soprattutto attorno al perimetro delle installazioni militari e lungo le
linee di vettovagliamento e di comunicazione », aggiunge il comunicato.
IN IRAN
Espulso l’inviato speciale
di Amnesty International
Secondo una corrispondenza da Teheran, si
apprende che l’inviato speciale di Amnesty International in Iran, il dr. Heldmann, avvocato di Francoforte e professore all’Università
di questa città — che «i trovava a Teheran da
una decina di giorni per preparare un rapporto sul trattamento dei prigionieri politici iraniani — è stato espul.so dalla polizia politica.
Uno studente iraniano dell’Università della capitale, Kalamossein Rezai. che l’accompagnava come traduttore, è stato arrestato dalla
medesima polizia sotto l'accusa di aver attentato alla sicurezza dello Stato.
Secondo le autorità iraniane, K. Rezai sa
rebbe uno dei membri attivi della Federazione degli studenti iraniani, che ha la propria
sede nell’Europa occidentale ed è nota per le
sue prese di posizione contro il regime di Teheran. È appunto questa Federazione che ha
chiesto all’organizzazione Amnesty International (che ha cura dei <t prigionieri di coscienza », politici e non, sotto qualsiasi regime) di
esaminare la sorte di alcuni prigionieri politici iraniani, torturati — secondo lei — .in
carcere.
D’altro lato il dr. Hezarkhani, un giovane
medico iraniano laureato in università francesi, arrestato nel corso dell’estate per imputazioni politiche, è stato rilasciato.
A 177 km. a nord del porto scozzese di Aberdeen la British Petroleum
ha scoperto un giacimento petrolifero
che pare essere il più rilevante individuato finora nella zona britannica del
Mar del Nord. La scoperta segue quelle fatte nei mesi scorsi dalla Philips
Petroleum; saranno indubbiamente stimolate le ricerche di numerosi consorzi
petroliferi che da sei anni sono all’opera in questa vasta distesa marina, vicina alle grandi zone europee di consumo. È auspicabile che tali scoperte
da un lato decongestionino l’interesse
politico-militare nei confronti di altre
zone petrolifere, mondiali, e dall'altro
non contribuiscano alla polluzione delle regioni interessate.
Un mese dopo la decisione del
governo giapponese di autorizzare una
più larga penetrazione dei capitali stranieri, Tojo Kogjo, il terzo costruttore
automobilistico nipponico (dopo Tojota e Nissan) ha firmato un accordo con
la Ford, la quale acquisterà il 20%
delle azioni della Tojo; questa ha un
giro d’affari di circa 400 miliardi di
lire e occupa 34.000 lavoratori.
a cura di Tullio Viola
vorzio aU’italiana”, per divorziare
c’era un solo sistema, sopprimere la
moglie. Se fosse passato questo emendamento, anche la soppressione dei fi.
gli sarebbe servita...); i processi di divorzio artificiosamente ritardati e frenati per anni e anni, in modo da rendere la sentenza, come diciamo noi avvocati, “inutiliter data”..., ecc. ».
L’intervistato ha detto che un emendamento d.c. lo ha colpito in modo
particolare. È stato l’ultimo, che gli ha
dato, « forse più di ogni altro, un senso di costernazione. (...) L’ultima mina fatta scivolare dolcemente sulle acque dalla fertile fantasia democristiana, quando già la navicella del divorzio stava arrivando, con qualche rattoppo, al porto della votazione finale,
è stato l’emendamento 11.0.3 a firma
dei senatori Bettiol, Canaro, Oliva e
altri. Che suggeriva, precisamente, di
agg.ungere un ultimo articolo così redatto: “La presente legge entrerà in vigore dal momento della ratifica degli
accordi con cui le due ALTE PARTI
provvederanno, nei modi previsti dal
secondo comma dell’art. 1 della Costituzione della Repubblica Italiana, alle
conseguenti modifiche dei Patti Lateranensi, e comunque non oltre il termine di due anni dalla pubblicazione
della legge sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica. . Entro un anno dalla
pubblicazione della medesima, il Governo provvederà ad emanare il regolamento di esecuzione”. La mina è stala resa inoffensiva, l’emendamento è
.stato respinto, la maggioranza è stata
insensibile, una volta ancora, alle profezie di sventura (e alle dotte citazioni francesi) del sen. Bettiol (...).
Quell’emendamento è l’indice, e il
sintomo, di una mentalità preoccupante e addirittura allarmante. In primo
luogo, perché il “purgatorio” di due
anni aveva lo scopo, dichiarato (ed evidente), di impedire alla legge di muovere anche i primissimi passi, di rinviarla (nella speranza di ucciderla) all’appuntamento del “referendum” abrogativo senza dar modo ai cittadini di
valutarne pregi e difetti. (...). In secondo luogo, e soprattutto, per il riferimento, davvero stupefacente, al corso
e alla conclusione delle trattative fra
le ALTE PARTI per le modifiche dei
Patti Lateranensi ».
LA JUGOSLAVIA DOPO TITO
-)!(- « Una federazione, due alfabeti, tre
religioni, quattro lingue, cinque nazioni (senza contare le nazionalità), sei
repubbliche, sette paesi vicini... Non
c’è male, per un paese che s’estende
su 225.000 kmq. e la cui popolazione ,
conta circa 18 milioni d’abitanti! Solo
un uomo eccezionale poteva raccogliere tutte le adesioni e governare un simile mosaico, perpetuamente minacciato di disgregazione. Quest’uomo fuori serie è Tito. Non esiste attualmente'
in Jugoslavia alcuna personalità che potrebbe avere, sulle masse, un ascendente paragonabile al suo. Per questo
dunque Tito ha pensato al giorno “in
cui egli non sarà più”.
Per tagliare alla radice tutte le speculazioni che la sua successione potrebbe far nascere ed evitare i litigi
fra le repubbliche, Tito ha preso la decisione, “insieme ad altri compagni
della direzione superiore”, d’indicare
chi potrebbe succedergli, ed in che modo. Così è nata l’idea d’una “presidenza collettiva”, da inaugurare essendo
Tito ancor vivo. (...)
Insieme con la speranza, sono nate
anche le divergenze d’opinione. La crisi dura da lungo tempo. L’economia
jugoslava soffre di certi mali cronici,
che solo in parte si potrebbero giustificare come fenomeni causati dal periodo d’avviamento. Sono scoppiati dei
conflitti nazionali alimentati dai problemi economici, e la situazione nel
paese si deteriora ogni giorno di più.
Cosciente di questa situazione, il capo dello Stato jugoslavo, con il consenso dei collaboratori più . prossimi,
ha deciso di creare un’istituzione interamente nuova (come concezione) al
livello della federazione. (...) Il 21.9
II. s., Tito ha proposto che la “presidenza collettiva” assuma la struttura
d’un organo federativo, che sarebbe
composto dei rappresentanti di tutte
le repubbliche, ma i cui membri non
sarebbero responsabili davanti alla
“propria” repubblica (come invece è
accaduto, fino ad oggi, ai funzionari federali...).
Secondo la nuova formula, la presidenza collettiva sarebbe composta di
due o tre rappresentanti per ciascuna
repubblica, e per varie organizzazioni
politiche e sociali. Essa conterebbe
circa trenta membri.
Questo progetto, accettato “in linea
di principio” dalle più alte autorità del
P.C. jugoslavo, ha nondimeno sollevato delle critiche. Alcuni membri dell’ufficio esecutivo hanno espresso il timore che la “presidenza collettiva” potrebbe rivelarsi inefficace e trasformarsi in una specie di “direttorio”, entro il quale il potere reale sarebbe
esercitato soltanto da un numero molto ristretto di persone ».
(Dal « Figaro littéraire » del 19-2510.1970).