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ECO
DELLE VALU VALDESI
BIELICTECA VALDESE
10066 TOaRE PEUilCE
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 111 - Num. 48
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Torre Pellice, 6 dicembre 1974
Amm.: Via Cavour, 1 bis - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
L'APPLAUSO
Vengo subito al fatto. Giorni or
sono tre giovani hanno assaltato
una banca della mia città. Fatto
il bottino, stavano per filarsela
quando è intevenuta la polizia;
sparatoria all’americana, passanti terrorizzati, e poi un tempo di
silenzio. A terra c'erano due banditi morti, di 22 e 28 anni. Poi la
gente uscì dai portoni, si levò da
terra, si fece alle finestre; tutti visi calamitati da quei due corpi
sdraioni suH’asfalto, come ubriacati dall’odore del sangue. E si levò un lungo applauso.
Io non c’ero, ma quell’applauso
batte ai vetri della mia finestra,
mi scompagina i sentimenti, i pensieri. Non è difficile capire che si
trattava d’una reazione naturale
di cittadini che non ne possono
più, che invocano la legge marziale l’ergastolo la pena di morte,
il fuoco a volontà su questi mascalzoni; vogliono una repressione
dura, risposta adeguata alla sfida
d’una canaglia che ruba distrugge
sequestra tormenta e uccide. Ma
tutto questo, ed anche il fatto che
pure i poliziotti sono ragazzi di
vent’anni esposti alla morte, non
arriva a liberarmi da un senso di
sgomento: ^ per quegli applausi,
perché là c’erano due esistenze distrutte, due vite violente finite.
Comunque la pensiate, due creature morte.
Per un oscuro avvertimento, ho
cominciato a osservare meglio le
mie reazioni, quelle degli amici,
di fronte agli innumeri fatti atroci che la cronaca quotidiana ci
mette sotto gli occhi. Ed ho constatato che una ferocia naturale
affiora da particolari atteggiamenti, da valutazioni non calcolate, da
pugnali e rivoltelle che fan capolino dalla tonaca del prete come
dall’abito borghese.
C’è stato il pazzesco assalto di
un commando palestinese: l’applauso va ai disperati che hanno
ammazzato alcuni inermi malcapitati, oppure va a chi li ha ’’abbattuti”, lanciati da una finestra
a bruciare sotto gli occhi d’una
folla inferocita. Negli ultimi anni
gli israeliani hanno fornito molte
occasioni con le loro gesta: villaggi a fuoco, massacri di profughi
cenciosi, colpi di mano in casa altrui. Ogni volta un applauso. A me
viene in mente qualcosa che ho visto da bambino: due si stavano
picchiando, e un terzo ragazzino
s’è messo in mezzo gridandò di
smetterla,. di fare la pace. Però,
mentre proferiva tanta saggezza
ad uso dei gonzi, bloccava i movimenti di uno dei due e dava consapevolmente all'altro agio di pestare chi non si poteva difendere.
Abbiamo applaudito chi picchiava,
beffato chi era costretto a prenderle, esaltato la saggezza, la cristiana maturità di chi con personale sacrificio si cacciava tra le
parti per amore della pace... Abbiamo applaudito ai dirottamenti, agli assassini scatenati in mezzo mondo, alla violenza insolente
e avventata.
Inutile continuare. In questo
declino sempre più rapido dell’Occidente siamo ormai all'età
dei gladiatori nel circo e delle folle bramose di sensazioni violente,
assetate di sangue. Gli assassini e
i banditi di casa nostra, le varie
’’brigate” addette alla dinamite, i
gruppi arabi e israeliani, tupamaros o provisionals dell’ira, e chi
più ne ha più ne metta, sono i nostri gladiatori in questo circo sovreccitato che è il mondo.
Direi che non mancano nemmeno gli spettacoli orbi. Giorni fa
era tornato a casa un giovinotto
paffuto che, previo pagamento di
alcuni miliardi, suo padre aveva
tolto dalle mani d’una banda di
delinquenti. Il giovanotto faceva
della filosofia, diceva d’aver imparato a conoscere il mondo, e la
gente applaudiva. Certo, è bella la
libertà e vale anche miliardi (per
chi li ha), ma c’è una umanità che
si batte con la miseria, che muore
di fame, che non dispone dei soldi per il, pane, la casa, la salute:
quella umanità paga ben altrimenti i guasti d’una situazione ingiusta, di un sistema inefficace. Lì,
in quello squallore senza luccichio di miliardi e polizia "scatenata” per la salvezza deH’uomo,
non ci sono applausi; c’è un eroismo umile e tenace, per sopravvivere ogni giorno. C’è una speranza che fa paura perché quelli dei
miliardi hanno già la loro consolazione.
Delle volte sento dire che « sempre nel mondo ci sono state violenze' e atrocità », e probabilmente è vero, come è vero che oggi
soffriamo per una consapevolezza
acuta di ciò che succede, per una
cognizione del dolore che un tempo era più limitata o meglio accettata. Ma balza anche agli occhi —
proprio come un tratto tipizzante
la nostra epoca — una sorta di
ferocia, d’appassionata partecipazione alle soluzioni violente. Siamo affascinati dal sangue, dai tormenti, dalla morte: come spettatori, s’intende, perché poi della
morte abbiamo una paura straordinaria.
L’indomani del fattaccio segnalato in apertura, mi trovavo tra
dei bambini e chiedevo il loro parere. Una bimbetta, alludendo ai
grassatori uccisi, diceva: — Ma
quei due sono morti, non si possono più pentire!
No, non potevo dire che nel
mondo degli adulti non hanno più
spazio pentimento, redenzione,
speranza. Ci sono il conflitto a
fuoco, la vendetta del carcere, il
tritolo nell’atrio di casa, tanto
sangue. E un lungo applauso.
Ogni "protagonista”, qualunque
sia il suo "ruolo”, avrà il suo applauso; il rapinatore e il poliziotto, il teppista e il carabiniere, il
carcerato e il carceriere.
E in questo circo ribollente di
passioni ci sono anche dei gruppi
"religiosi” di cristiani. C’è una
cristianità arrivata, bempensante
e abbastanza ipocrita che alza gli
occhi al cielo e applaude. Ci sono
gli intellettuali cristiani, abnorme
frutto d’incroci proibiti, che applaudono e non applaudono, sic
et non. Dio li abbia in gloria. Ci
sono quelli dalla parte di Abele e
quelli con Caino: ognuno ha un
fratello da ammazzare e il suo
idolo da applaudire.
E ci sono i bambini, quelli che
vogliono nascere di nuovo e rifiutano il sistema di questo mondo,
e portano speranza al mondo. Non
applaudono, ma oggi hanno la
beatitudine di coloro che piangono; non applaudono, ma sanno
che Cristo è venuto davvero per
cercare e salvare ciò che era perduto, che un evangelo senza speranza di pentimento, di perdono,
di redenzione... è un altro evangelo.
Ormai, in un naufragio senza
precedenti come quello che viviamo, non resta che raccogliere l’essenziale, un bagaglio leggero, e
avventurarsi sulle acque, incontro
al Signore.
L. Santini
Dopo il voto dell’Assemblea nazionale francese
che lo liberalizza entro certi limiti
L’aborto non è più un crimino
E* ancora un poccato?
All’alba del 29 novembre, dopo tre
giorni di accanita battaglia, in un dibattito nel quale sono intervenuti settantaquattro deputati, l’Assemblea nazionale francese ha approvato a netta
maggioranza la nuova legge che autorizza l’interruzione della gravidanza :
284 voti a favore, 189 contro, 6 astensioni, una votazione che ha visto la
maggioranza divisa : una parte di essa
ha votato come l’opposizione, a favore del progetto che, appoggiato un po’
tiepidamente dal governo, è stato di
fatto sostenuto in sede governativa da
Simone Veil, ministro della Sanità, calorosa e intelligente paladina della
legge.
I termini essenziali della legge sono
questi; 1) una donna.può chiedere la
interruzione della gravidanza entro la
fine della decima settimana; 2) per
cinque anni la legge repressiva dell’aborto è sospesa (la non-abrogazione,
di fatto puramente formale, è una concessione ai riluttanti, secondo una tattica ben nota anche alle assemblee ecclesiastiche) ; 3) l’intervento deve avvenire in ambiente ospedaliero, dove
n segretario generale del CEC, Philip Potter ha parlato alla Conferenza
mondiale dell’alimentazione indetta a Roma dalia FAO
X
LE CHIESE NELLA LOHA
per un mondo più giusto e più umano
Philip Potter ha guidato una delegazione del CEC alla recente Conferenza delPalimentazione a Roma, e ad essa ha rivolto un messaggio che riportiamo in parte. Si legga pure a pag. 8.
Nel corso degli ultimi due secoli di
sfruttamento coloniale ed economico
dei paesi poveri e sottosviluppati, da
parte dell’Occidente, grazie alla superiorità della sua tecnologia e delle sue
armi, le Chiese si sono largamente
sforzate, con il loro lavoro missionario e i loro organismi caritativi, di rispondere alle esigenze dei poveri e degli oppressi. Nel corso della nostra ultima Assemblea mondiale, nel 1968 a
Upsala, dichiaravamo:
’ I nuovi progressi in agricoltura sono una promessa di liberazione della
fame. Ma oggi la fame nel mondo deve essere una preoccupazione di fondo. Le Chiese devono insistere sul fatto che i prodotti alimentari sono una
risorsa che appartiene a Dio e sulla
necessità di mobilitare tutte le forze
affinché la terra produca a sufficienza
per tutti. Le politiche agricole dovreb
bero avere come obiettivo prioritario
l’alleviare le vittime deUa fame’.
L’esperienza ci ha insegnato che il
problema dev’essere affrontato più in
profondità e con maggiore radicalismo. Non ho bisogno di ricordare a
questa Conferenza che gli sforzi per
lo sviluppo sono stati finora impotenti a colmare il fosso fra i paesi ricchi
e quelli poveri e all’interno stesso delle nazioni. Il fosso si allarga anzi ogni
anno di più e la presente crisi alimentare mondiale ne è la tragica conseguenza.
Dopo parecchi anni d’impegno per
appoggiare lo sviluppo, ci siamo convinti che un concetto di crescita puramente economico, che contribuisse
automaticamente allo sviluppo, doveva essere sostituito da un processo
tendente alla giustizia economica e so
(continua a pag. 3)
MEDITAZIONI D’AVVENTO
«ECCO, EGLI
(Apocalisse 1, 7)
VIENE...»
«È venuto» dice l'evangelo di Giovanni (1: 11).
«Viene» dice l'apocalisse di Giovanni (1 : 7). Colui che
è venuto, viene. Se di lui si potesse dire solo che è venuto, dovremmo cercarlo nel passato, volgerci indietro
per incontrarlo. Sarebbe un ricordo da rievocare, non
una presenza da scoprire. Potendo dire di lui che viene,
è chiaro che a renderlo presente non è il nostro ricordo
ma la sua venuta.
« Egli viene»: dopo i saluti e la dedica (vv. 1-6), è
la prima parola dell'Apocalisse. Qualcuno ha osservato
che nessun altro libro del Nuovo Testamento comincia
così. E non solo comincia così ma così anche finisce. La
parola iniziale è anche quella finale, l'ultima parola dell'evangelo.
Non è una parola sul mondo o sulla storia ma una
parola su Gesù. Dunque, tutto quello che pensiamo e diciamo sul mondo, sulla chiesa, su di noi, su Dio stesso,
per quanto importante e necessario, non è l'ultima parola ma solo la penultima. Le nostre predicazioni, i culti,
i catechismi, le dichiarazioni, gli impegni, le riforme, la
nostra stessa conversione, per quanto decisive possano
e debbano essere, non soho l'ultima parola ma solo la
penultima. Le vicende storiche più significative, le esperienze umane più profonde, le conquiste umane più belle in tutti i campi, per quanto preziose siano per i singoli e la collettività, non sono l'ultima parola ma solo la pe
nultima. In breve, tutto il discorso religioso, politico, sociale, culturale dell'umanità, per quanto positivo possa
essere o diventare, non è l'ultima parola della storia ma
solo la penultima. L'ultima è: «egli viene». È l'ultima
ma è anche la prima. La parola finale è anche quella
iniziale. Come l'Apocalisse comincia e finisce con la parola « egli viene », così la nostra giornata quotidiana e
la nostra giornata terrena possono cominciare e finire
con questa parola : « egli viene ». Egli viene a noi che
ce ne andiamo.
Non va da se che egli venga. Potrebbe starsene dov'è : il mondo non è così attraente, noi non siamo così
accoglienti. Oppure potrebbe anche tardare, rimandando la sua venuta. Il testo però non dice che Gesù ritarda ma che viene. Neppure dice che verrà, parlando al
futuro; dice che viene, parlando al presente. L'evangelo, come non autorizza fughe all'indietro, così non autorizza fughe in avanti. Vogliamo sempre evadere dal presente, o nella direzione del passato o in quella del futuro. Gesù viene nel nostro presente perché lo viviamo
fino in fondo.
Egli viene : che prove ci sono? Nessuna. Non ci son
segni della sua venuta. C'è però la sua fedeltà, che vale
più di tutti i segni della storia.
Paolo Ricca
però nessun membro del personale sanitario può essere obbligato a praticarlo; 4) la donna interessata sarà
prima invitata a consultare un centro
sociale per presentare e discutere il
proprio caso; 5) le spese d’intervento
saranno a carico della previdenza sociale.
Il 13 dicembre il progetto passerà
al Senato. Forse la maggioranza vi sarà meno netta, ma è probabile che il
voto confermerà quello dell’Assemblea. Prevedibilmente, dunque, la
Francia sarà il primo paese latino e
cattolico — sia pure di una latinità e
di un cattolicesimo molto particolari
— a liberalizzare l’aborto.
Tre giorni prima — è difficile non
vedervi una voluta coincidenza — la
Sacra Congregazione per la Dottrina
della Fede aveva diffuso dal Vaticano
una « Dichiarazione suil’aborto procurato », ratificata da Paolo VI fin dal
28 giugno 1974, ma pubblicata solo ora.
Il documento, firmato da Francesco
Seper e Girolamo Hamer, è rilevante
per lo sforzo di radicamento biblico,
anche se la Tradizione vi ha larga parte; per il tono pacato e misurato, senza anatemi, pur nella recisione del
’no’: e questa pacatezza e misura non
sono tattiche, ma dettate schiettamente dall’effettivo riconoscimento delle
situazioni dolorose, drammatiche, dalle quali scaturisce spesso l’esigenza di
una legalizzazione dell’aborto. Ma, dice il documento vaticano, la via cristiana non è necessariamente una via
facile; e ribadisce a tutte lettere la
condanna dell’aborto a qualsiasi condizione.
Come ha scritto Karl Barth, «c’è
qualcosa di quasi sinistramente rispettabile nell’atteggiamento della Chiesa
romana che a tutt’oggi non ha abbandonato un solo iota della sua etica in
fatto di aborto » e che con pertinacia,
in base ai suoi presupposti dottrinali
e di convinzione, va in modo sempre
più impopolare contro la corrente dell’epoca. « Quasi » rispettabile ; non del
tutto. Infatti, continua Barth, bisogna
senza dubbio prendere atto dell’evoluzione in corso: va largamente scomparendo la convinzione che l’aborto è
la soppressione di una vita umana e
non si limita a una sgradevole operazione come tante altre, a una semplice asportazione chirurgica di una, parte spuria deU’organismo; «ma è non
meno certo che il ’no’ astratto pronunciato in passato (da tutte le chiese) e che oggi ancora è l’unico contributo della Chiesa romana in proposito, è troppo grigio e sterile per far
sperare che ne venga un aiuto efficace: qui, come sempre, la predicazione
della legge non cambia un bel nulla » L
Ma allora, quale atteggiamento ci
detta la Parola di Dio? Dobbiamo riconoscere che siamo singolarmente
impreparati a rispondere; eppure il
momento di una decisione verrà anche nel nostro paese; con ritardo, come sempre, ma verrà anche qui. Va
dato atto alla F’ederazione Femminile
Valdese e agli altri movimenti femminili evangelici di avere tentato un primo approccio della multiforme questione, lo scorso anno; ne hanno poi
Gino Conte
(continua a pag. 2)
* La sezione che K. Barth dedica aU’aborto
nel capitolo su « La protezione della vita »
nel voi. 16 della sua Dogmatique è un gioiello di semplicità, concisione, aderenza estremamente "laica” alla realtà, e in tutto ciò
esemplare nella sua concentrazione teologica,
nel riportare tutto alla presenza di Dio, a ciò
che egli dice, fa, offre, dona, comanda. Non
si è portati nell'atmosfera rarefatta e arida
delle astrazioni filosofiche o in quella pesante
del moralismo legalistico, ma elevati alle alte
quote della presenza del Dio vivente, nell’atmosfera trasparente, corroborante, luminosa,
in cui tutto riceve rilievo, colore, calore :
l’atmosfera che si crea nel soffio maestoso e
semplice della sua Parola, e solo là, solo allora. La Claudiana renderebbe un grosso servizio mettendoci a disposizione queste pagine
in italiano.
llllllllllllllllllllllllllllllllllllllllilllllilllllllllllllllllllllllllllllll
Nel prossimo numero
Nel prossimo numero pubblicheremo una doppia pagina, preparata dalla Federazione Femminile Valdese, dedicata al significato della musica e del
canto per le chiese protestanti; una
panoramica di storia e di esperienze.
2
pag. 2
L'aliffitq non è niù un crimine
E' àncùra un laccato?
(segue da pag. 1)
dibattuto al loro congresso interdenominazionale, a Rimini. Il loro materiale di studio, i loro dibattiti sono
stati tutto quel che si è avuto in proposito, finora, nelle nostre chiese, a
parte un opuscolo della "Attualità protestante” della Claudiana, scritto da
Maria Girardet.
Quando si scatenerà la battaglia, anche da noi, saremo pronti a rendere
testimonianza? E fin d’ora siamo sensibili alla gravità e vastità della questione, che — bisogna riconoscerlo —
pone pochi problemi (se non morali)
ai ricchi mentre ne pone spesso di
drammatici a chi ricco non è, per cui
di fatto la legge non è affatto uguale
per tutti? i: tempo che si avvii pure fra
noi la riflessione, il confronto fraterno, nella ricerca della volontà del Signore.
A titolo di provvisoria ipotesi di lavoro, avanzo umilmente quel che penso. Partiamo da una analogia con il
problema del divorzio, benché le due
questioni siano molto diverse. Finché
l’indissolubilità del matrimonio era
imposta per legge, e per legge di uno
Stato ’cristiano’, la testimonianza
evangelica al dono e di conseguenza
al comandamento della fedeltà coniugale non era e non poteva essere né
limpida né libera, la Parola di Dio era
mescolata all’ ’istituto sociale’, con
tutti i suoi limiti, i suoi condizionamenti, le sue ’partigianerie’, le sue ambiguità. Ora invece la Chiesa, tutta la
Chiesa è più libera, anche da noi, di
predicare e vivere, se ne è capace, il
dono e il comandamento di Dio per
l’uomo e per la donna, nel loro patto
che è tutt’altra cosa dal contratto che
la società può e deve registrare e regolamentare.
Così, è, ritengo, per il problema dell’aborto. La mentalità corrente, plasmata da uno sviluppo di conoscenze
biologiche e scientifiche largamente
svincolato da ogni riferimento a Dio
creatore e signore, è mutata e muta
rapidamente, e mutano di conseguenza l’etica, i valori, il senso di quel che
è bene e di quel che è male. Per molta gente, Dio, se mai è esistito, è morto, o dorme; ed essi sono padroni di
tutto; del proprio corpo in primo luogo (anche se non sempre lo padroneggiano); non hanno da risponderne ad
altri che a se stessi; e un embrione
non è altro che un incidente, un’escrescenza, una fastidiosa appendice spuria, da asportare con il massimo di sicurezza e il minimo dolore. Questa è
la realtà, se davvero in Francia — l’Italia non sta meglio — ci sono almeno
mille aborti al giorno, di cui uno mortale (non si può davvero pensare che
siano tutti casi-limite: altrimenti non
sarebbero più casi-limite, , ma la quasi normalità!). Se questa è la realtà, allora l’etica sociale e il diritto
civile non possono non tenerne conto.
Se no, a voler fare gli angeli, facciamo le bestie. Se si vuole sanare la piaga dell’aborto clandestino — che comunque, anche con severe leggi repressive, è andato dilagando, con tutti i drammi che l’accompagnano e il
ripugnante commercio che vi si abbarbica — la comunità civile deve avere
il coraggio di guardare in faccia la
dura realtà e di cercare di regolarla
in modo tale che il male sia quanto
più limitato possibile. In questo senso anche noi cristiani, membri della
comunità civile, dobbiamo parlare e
operare.
Solo allora, quando una legge seria
e non permissiva abbia tentato di imbrigliare la malattia e a certe condizioni abbia de-criminalizzaio l’aborto,
inquadrandolo nella rete complessa
delle responsabilità e corresponsabilità di tutta la società, solo allora potrà tornare più limpida la voce dei cristiani che cercano di esprimere la volontà di Dio, buona e perfetta, per la
nostra vita e non per la nostra morte ;
potrà tornare più limpido l’annuncio
che la vita è dono di Dio e suo esclusivo possesso (non in questo solo campo, però, ma in tutti!), e più limpido
il richiamo conseguente al fatto che
un aborto è sempre e comunque un
peccato, una « spaventosa trasgressione » scrive Barth ; un peccato per cui
c’è perdono, ma un peccato, nel quadro del quale i casi-limite non possono
che essere, appunto, casi-limite.
Questo annuncio e questo richiamo
sono e più che mai saranno il nostro
specifico contributo evangelico — forse considerato dai più folle, ridicolo o
scandaloso, e potrebbe essere un buon
segno — alla vita della comunità civile in questo suo aspetto particolare e
dolente. È im compito bello. Non perché divinizziamo la vita, né perché la
vita sia in sé sempre bella e luminosa,
ma perché Dio che ci ama la vuole
buona per noi, la riscatta. A caro prezzo. E così, facendo la illumina, la rallegra, la feconda di speranza fiducioso:
gra, la feconda di speranza fiduciosa:
in Lui. Gino Conte
lllllllllllllllllllliiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiililiiiillllllllllllllllliiiiiiiii
I Pentecostali
e le ingiustizie
(segue da pag. 4)
una nuova realtà partecipando alle
lotte dei lavoratori. Vede l’origine del
“terremoto pentecostale cattolico" nel
Concilio Vaticano II e parla della sua
riscoperta della Parola di Dio, dell’ecumenismo, delle nuove possibilità di incontri con fratelli cristiani non cattolici e della gioia di poter esprimere le
proprie idee in libertà.
Sr. Julita Eyer della Comunità latino-americana di Roma si collega a
quello che Domenico Maselli aveva
detto sulle costanti comuni ai movimenti carismatici storici perseguitati
e cioè la loro vita comunitaria, la fratellanza, la povertà volontaria, la testimonianza contro il potere della società oppressiva; parla delle persecuzioni che soffrono molti cristiani in
America Latina, della tortura nel Bra^
sile, dello Spirito Santo che dice:
«Non temete - io sarò con voi» e che
dà^ all’Uruguay una grande forza per
un’opposizione profonda alla repressione, opposizione che può e deve essere
guidata da Lui.
Il prof. Vittorio Lantemari dell’Università di Roma completa alcune considerazioni di Mirjam Castiglione.
Bruno Secondin, cattolico, parla della necessità di verificare la validità di
questo Spirito nuovo: se conduce veramente alla liberazione operata da
Cristo, verifica che si fa anche con
l’irnpegno politico al quale conduce lo
Spirito Santo per esempio in America
Latina.
Redi Vaccaro conclude la riunione
ringraziando tutti i presenti e anzitutto il Signore per lo spirito fraterno
che ha regnato durante tutti gli interventi. Completa l’informazione sui carismatici cattolici (neopentecostali cattolici) accennando almeno all’inizio di
questo movimento (influenza del libro
di David Wilkerson “ùi croce ed il pugnale" dove questo giovane pastore
pentecostale descrive il suo lavoro tra
i giovani drogati, prime assemblee alle università di Pittsburgh e Notre Dame, Ind., U.S.A.). Dà pienamente ragione al pastore Howells sulla necessità di approfondire l’argomento della
responsabilità sociale e politica in un
prossimo incontro e cita come esempio in questo senso l’importanza della
preghiera nella lotta contro l’oppressione in paesi come quelli dell’America Latina dove in una riunione di cattolici carismatici lo Spirito Santo ha
avvertito due dei presenti di nascondersi perché la polizia stava per arrestarli, e quello delle chiese sudafricane che alla fine di agosto di quest’anno hanno fatto un appello càia obiezione di coscienza contro il servizio
militare per il governo razzista con le
sue leggi ingiuste. Invita alle prossime riunioni per la celebrazione dell’ottavo centenario del movimento valdese, movimento di rinnovamento e di
protesta nonviolenta in nome del Cristo vivente (con segni carismatici nel
periodo iniziale) e alla collaborazione
al giro di conferenze che il segretario
. della chiesa Kimbanguista, chiesa autenticamente africana, nonviolenta,
pentecostale che svolge un grande lavoro sociale, farà in Italia prossimamente. Hedí Vaccaro
Notiziario Evangelico Italiano
Un anniversario. L'Esercito della
Salvezza ricorda quest'anno il 50“ anniversario deirUnione Femminile italiana. Questa attività nacque nel 1924
a Firenze per iniziativa della Magg.
Pierina BufFa e con gli anni si estese
a tutti i Corpi d'Italia. Fa parte di
un'organizzazione mondiale il cui scopo è di « fondare ogni focolare su
solide basi cristiane tramite lo studio
della Parola di Dio » e di svolgere un
programma di fede e di servizio cristiano.
Il 1974 è per i Salutisti l'anno della
testimonianza contrassegnato dal motto ; « Va dai miei fratelli e dì loro... ».
Contro il vizio del fumo gli Avventisti hanno riproposto a Bologna, come già a Torino, Roma, Milano, Palermo, il « Piano dei 5 giorni », cioè
un corso di terapia collettiva contro
l'abitudine del fumo, ispirato dalla
« Lega internazionale della temperar,e benessere dell'uomo ». Qo^.sto corso, che si svolge in margine al
I lettori ci scrivono
TRIONFALISMO BATTESIMALE?
Genova, 1° dicembre 1974
Caro direttore,
non è la prima volta che il nostro giornale « con spirito federativo » ospita articoli
a carattere trionfalistico.
Sarebbe bene meditarci sopra. Esistono migliori modi di collaborazione federativa, per
esempio il raccogliersi insieme fraternamente come i primitivi cristiani ed in spirito di
umiltà meditare la Parola, lasciandosi guidare dallo Spirito che vivifica.
Mi rivolgo in modo particolare all’anonimo
cronista E. S., ricordandogli che il trionfalismo battesimale non ha riscontro nell’Evangelo, come del resto nessun’altra forma di
trionfalismo, cosa che rimproveriamo molto
spesso al cattolicesimo romano.
Mi auguro con sincerità di cuore che quei
neo convertiti e la non citata sorella metodista, abbiano compreso che non è un rito
ripetuto da adulti, anche se in altra forma
(mi scusino i fratelli battisti, ma l’articolo
ce lo presenta come un rito) che può trasformare una persona, altrimenti il mondo lo vedrebbe e si convertirebbe.
Le citazioni neotestamentarie su coloro che
si convertirono e furono battezzati non sono
cronaca del fatto in sé, ma ricordi posteriori
di come lo Spifitd' Santo ha operato su di
loro e sulla Chiesa. A Dio solo la gloria.
Fraternamente ancora ripeto, fratello E. S.,
riuniamoci come nella chiesa primitiva, formata da circoncisi ed incirconcisi, abbandoniamo ogni spirito settario e parrocchiale,
lasciamo operare lo Spirirto, parliamoci con
franchezza con lo stesso sentimento di Paolo
verso Pietro, lasciando ai pagani le maldicenze e le ipocrisie, ed allora non avremmo
più bisogno di parlare di federazione si o
federazione no, perché il mondo, come un
giorno ad Antiochia, ci riconoscerebbe e ci
darebbe di nuovo il nome di cristiani.
Fraterni saluti.
Anna Maria Pasqualini
NON FACCIAMO
DI OGNI ERBA UN FASCIO
Leggendo
il sermone
sul monte
Aut aut
L esortazione del Signore Gesù a non farci tesori sulla terra
riesce dura a quelli che, per difetto atavico inerente alla natura
umana, non possono concepire e non sanno produrre altri tesori
se non quelli fatti di materia che gli uomini soltanto ritengono
tali. Certo è duro per lanimo umano, invischiato nel fango della
terra, comprendere quanto è più vero e più puro quello che dalla
terra non proviene e non dipende.
Eppure c’è una legge indiscutibile, dal cui imperio non si
può sfuggire; e come ce lo conferma la nostra triste esperienza
di ogni giorno! una legge che il Signore Gesù enuncia così: « Nessuno può servire a due padroni, perché o odierà l'uno ed amerà
l'altro, o si atterrà all’uno e sprezzerà l’altro. Voi non potete
servire a Dio ed alla ricchezza » (Matteo 6: 24).
Ma il nostro Salvatore ci dà anche il modo di sfuggire a
questo dilemma: « Non siate con ansietà solleciti per la vita vostra, di quel che mangiate o di quel che berrete; né per il vostro
corpo, di che vi vestirete — Non è la vita più del nutrimento, e
il corpo più del vestito? Ma cercate prima il regno e la giustizia
di Dio, e tutte queste cose vi saranno sopraggiunte » (Matteo
6; 25-33). Cioè, non vivere per sé stessi, ma considerarsi buoni
lavoratori presi ad opera da un Padrone potente e giusto, per
svolgere il grande lavoro, l’occupazione più importante a cui
tutti dovremmo dedicarci, di aiutare lo sforzo universale, per
cui « fino ad ora tutta la creazione geme insieme ed è in travaglio» (Romani 8: 22) perché alla situazione presente del mondo
si sostituisca l’unica giusta e buona, perché sola conforme alla
legge di Dio, che la Scrittura chiama il Regno di Dio.
Lavorare dunque non per noi, ma perché si compia ovunque
la volontà di Dio. Come lavorare? Non preoccupiamocene: a
ciascuno degli operai fedeli è assegnato il compito che gli è più
adatto. E gli viene dato anche tutto quello che gli è necessario
perché possa lavorare.
Lino De Nicola
Caro direttore,
bene ha fatto S. Rostagno nel resoconto su
« L’eredità di Jacopo Lombardini » rievocata
a Perosa Argentina il 23 scorso, sull’ultimo
Eco/Luce, a rilevare che « si delinea nella
Chiesa Valdese — al di là di una polarizzazione di sensibilità ed interessi tra giovanissimi, non più giovani, o anziani — una volontà di aseolto e di ricerca che non sf accontenta più di formule contingenti e superficiali ». Di questa constatazione, o auspicio,
che vale anche fuori della Chiesa Valdese,
colgo la parte unificante tra generazioni. E
proprio perché ci sia una comprensione maggiore fra generazioni, che poi si deve sovente
basare su una maggiore informazione, riprendo il dibattito dove è stato più delicato.
C’è un paradosso; un uomo, Kissinger per
esempio, un perseguitato diventato persecutore, è riuscito a far più male e a essere più
odiato da più persone che Hitler stesso. Questa — se ho ben capito — la tesi. Il suo
rifiuto può parere un patriottismo partigiano, la pretesa di dire: nessuno ha sofferto
quanto noi, quanto la nostra generazione, il
rifiuto di vedere un collegamento tra i mali
perpetrati dai diversi persecutori, chiunque
essi siano. Non è cosi. C’è una differenza di
fondo tra uomini come Hitler e Mussolini,
conosciuti come si sono espressi, da una parte, e uomini come Kissinger, Stalin e tanti
altri, dall’altra. Quando sterminavano ebrei e
slavi Hitler e i suoi soci non lo facevano per
il bene dell’umanità, né pretendevano che si
credesse che fosse cosi. Volevano il male per
il male, perché questo era il loro bene e quanto più erano sinceri tanto peggiori erano. « La
guerra sta all’uomo come la maternità alla
donna » (cito a memoria) è una frase o slogan di Mussolini. E la gente questo lo sapeva, e anche gli sprovveduti, o quelli che
volevano tenere gli occhi chiusi, di solito a
un certo punto erano costretti a vedere. La
visione poi non esclude il perdono e il tentativo di comprensione. Quando invece Stalin
faceva fuori un anticomunista o un comunista che non gl; andava a se Kissinger fa
l’analogo con un comunista o altri democratici, essi agiscono all’interno di una corrente che crede di fare così il bene di un certo
prossimo e dell’umanità in generale. Non
per nulla sono tanto diffusi i lavaggi dei cervelli. A Hitler e Mussolini poco interessava
il recupero degli avversari. O si dirà che gli
loro lavoro di evangelizzazione ma
che lo integra, è stato tenuto sotto
l'aertenda ancorata in una zona centrale della città ed ha avuto buona
partecipazione. Animatori i Pastori
Cortesi e La Marca.
Giornata teologica ecumenica è stata rii novembre nell'aula magna
della Facoltà di teologia dell'Università di Birmingham; un gruppo di cattolici dell'America Latina ; un esperto
della conf. dell'ONU. Il tema generale: La giustizia nel terzo mondo.
I Pentecostali e le ingiustizie nel
mondo di oggi è stato il tema del dibattito pubblico tenuto il 13 novembre a Roma, nella Facoltà di Teologia,
per iniziativa del MIR (Movimento internazionale riconciliazione). Hanno
parlato il prof. Domenico Maselli, il
prof. Hollenweger, Fred Ladenius.
Hanno preso parte al dibattito alcuni
rappresentanti delle Chiese Pentecostali italiane.
Inda Ade
Stalin e i Kissinger agiscono solo per egoismo.
Allora dirò che preferisco chi uccide un uomo per derubarlo a chi lo uccide per escluderlo, per fargli del male. È qualcosa di più
che disprezzo, è anti-amore, è un mistero.
Puesto per l’aspetto qualitativo. Per chi e
nella misura in cui interessi il quantitativo
bisogna dire cbe per quanto doloroso e infame
sìa qual che è successo in Algeria, in Indocina o Vietnam, in Cile ecc, questo è successo in Paesi relativamente piccoli e in un
lungo, troppo lungo, arco di tempo. Nell’ultima guerra mondiale nell’Unione Sovietica
sono stati contati 25 milioni di morti, poi
sarebbe stato dato l’ordine di non contarli
più, per non impressionare maggiormente la
popolazione. E dicono i russi che nei villaggi
deserti di uomini sono stati mandati i reggimenti in manovra per rispondere al desiderio
delle donne e per le necessità dell’equilibrio
demografico. E gli ebrei ed altri polacchi distrutti in Polonia.
Fin d’allora si profilava un pericolo quantitativamente più grosso per l’umanità. E fu
la grande carestia dell’India. Ora sono in pericolo centinaia di milioni di uomini. Trent’anni dopo è il conflitto sociale, la fame, sono le ambizioni di vita il problema centrale.
E qui si innesta il discorso della lotta di
classe. Sul problema dell’incremento demografico vediamo convergenze fra Vaticano e
Cina. I conflitti più aperti, atroci, sono alimentati e tenuti limitati, quasi un paravento, mosse in un gioco più ampio, in cui è in
questione di nuovo e diversamente la questione del mondo. È uno spunto per la riflessione dì anziani e giovanissimi.
Siamo partiti da Lombardini, libero, non
conformista, suscitatore di prese di coscienza,
da non strumentalizzare. Grazie al pastore
Sergio Rostagno e a chi l’ha aiutato, per
avercene dato l’occasione.
Gustavo Matan
CIECOSORDOMUTI DIMENTICATI
Caro direttore,
ho visitato ad Osimo (frazione S. Stefano),
ili provincia di Ancona, un Istituto per bambini ciecosordomuti dalla nascita, curati amorevolmente da personale specializzato e non,
che cerca di lenire le sofferenze tentandone
il recupero al lìmite delle possibilità umane.
I risultati sono incoraggianti. L’Istituto è
stato fondato da un religioso. Don Marabinì;
il personale è laico, compreso il direttore.
Fino a pochi mesi fa lo Stato sovvenzionava
in parte solo gli Istituti di ciechi e quelli di
sordomuti e, naturalmente, tante altre specie
di opere assistenziali. Ai ciecosordomuti non
aveva pensato nessuno. Dopo una dimostrazione dei piccoli menomati svoltasi di recente a Roma, pare che si incominci a prendere
in considerazione la possibilità di inserire
nella legge anche i ciecosordomuti per i quali
quello di Osimo, a quanto mi risulta, è l’unico istituto esistente in Italia.
Questo tardivo riconoscimento non significa però che la sovvenzione sia già stata
elargita; bisognerà attendere la disponibilità
di fondi e poi fare la fila essendo gli ultimi
arrivati. Pertanto se lo Stato ed i privati
cittadini non intervengono urgentemente, la
casa dovrà chiudere tra qualche mese ed i
bimbi saranno costretti a tornare alle proprie
famiglie (ma purtroppo non tutti hanno una
famiglia) senza possibilità di recupero, o a
essere internati nei manicomi. Per ora gli
insegnanti e il personale hanno accettato di
continuare il lavoro senza percepire il sia
pur esiguo compenso.Ma considerando le forti spese occorrenti per un’opera del genere
(basti pensare alle numerose cure specialistiche), nonostante lo sforzo del personale
dell’Istituto, dei cittadini del Comune di
Osimo, la casa dovrà essere immancabilmente chiusa.
Vorrei che questa voce, unita alle altre,
giungesse alle orecchie delle Autorità, dei
parlamentari. Qualcuno si sta muovendo, ma
non basta. Alcuni quotidiani si sono interessati pubblicando lettere ed articoli. Occorre
che altri si muovano perché quegli sventurati non siano definitivamente emarginati e
perduti.
Incoraggio una visita diretta all’istituto
perché ci si renda conto del lavoro che vi
viene svolto. Per informazioni, iniziative,
aiuti rivolgersi a : Istituto Medico Psicopedagogìco « Nostra Casa », tei. 73392, Osimo
(Ancona).
Ringrazio per lo spazio concesso.
Siano Brillante
Comunità Metodista di La Spezia
Contro il terrorismo
fascista a Savona
La Federazione delle Chiese Evangeliche in Liguria, di fronte ai recenti
avvenimenti di terrorismo verificatisi
a Savona, consapevole che essi fanno
parte di uh più generale piano nell'ambito della strategia della tensione
di chiara ispirazione fascista, condanna recisamente ogni atto di violenza
e di terrorismo, ed invita i membri delle Chiese federate a voler prendere
una posizione netta e responsabile nel- ;
la lotta intesa a far cessare il tragico
e folle ripetersi di tali atti, avvalendo- ;
si dei mezzi messi a disposizione da
associazioni antifasciste della regione,
che ritengano consoni con la professione di fede evangelica.
La Federazione ricorda che l’amore
proclamato dall’Evangelo significa impegno concreto per il bene del prossimo, della collettività, e comporta perciò continua vigilanza e lotta, in questo particolare momento, contro le varie forme di violenza e di fascismo, le
quali, generalmente presenti in tutto
il paese, si manifestano ora, con evidenza e drammaticità, nella nostra
regione e specialmente a Savona.
La Federazione manifesta, in questa
situazione, alla Chiesa Evangelica Metodista di Savona, in tutti i suoi membri, una particolare simpatia e solidarietà.
!
Laurea ad hoaorem
per il prof. A. Soggin
all'Università di Losanna
L’Università di Losanna ha conferito al prof. J. Alberto Soggin, docente
di Antico Testamento alla Facoltà Valdese di Teologia di Roma, il dottorato
in teologia honoris causa, quale riconoscimento del suo lavoro scientifico
nelle ricerche veterotestamentarie, fra
le quali in francese un commentario
al libro di Giosuè. In occasione del
conferimento della laurea ad honorem,
la Société Académique Vaudoise e la
Société Vaudoise de Théologie hanno
invitato il prof. Soggin a tenere una
pubblica conferenza, a Losanna, il 19
novembre sul tema; « Gerico, anatomia di una conquista ».
Ci rallegriamo vivamente con il prof.
Soggin per questo riconoscimento.
Il
battista past. S. Corda
dottore in teologia
a Zurigo
Il pastore battista Salvatore Corda
ha conseguito presso la Facoltà di teo
logia dell’Università di Zurigo il dottorato, sostenendo una tesi sulla dottrina della santa cena secondo il riformatore italiano Pier Martire Vermigli. Ci rallegriamo di questa tappa
teologica di un pastore evangelico italiano, e del contributo dato con quêta tesi allo studio sul pensiero teologico riformato in Italia.
Archivio Tavola Valdese
Nel quadro della ristrutturazione
dell’Archivio della Tavola Valdese si
gradirà di ricevere i bollettini e rapporti delle chiese e delle Istituzioni,
che verranno catalogati e conservati.
Si ricevono anche vecchi registri,
periodici evangelici e ogni documento
di interesse ecclesiastico.
Si prega di inviare all’indirizzo :
Archivio della Casa Valdese
10066 Torre Pellice (To)
L’archivista
Alla redazione di questo numero hanno
collaborato Ermanno Genre, Paolo Marauda, Roberto Peyrot, Elsa e Speranza
Tron, Medi Vaccaro.
3
pag. 3
6 dicembre 1974 — N. 48
Appunti sul recente sinodo regionale riformato
di Provence-Côte d’Azur-Corse, ad Avignone
Fra i riformati di Provenza
« Non mi son sentita di fare la comunione con voi, oggi... », così esordiva alla tribuna sinodale una giovane
signora, fiferendosi al culto celebrato
la mattina nella chiesa riformata di
Avignone con tutti i delegati e la comunità. II predicatore B. Charles aveva ricordato alcuni elementi della chiesa dell’Evangelo di Giovanni dove Gesù mvrta i suoi discepoli ad andare a
vedere che cosa egli fa; « venite e vedete... ». Egli invita cioè ad una comunione piena con Lui e con gli uomini:
vedi l’episodio della festa di Cuna, dove Gesù ed il suo gruppo partecipano
alla gioia nel mangiare e nel bere; poi,
più avanti Io seguono nello scontro nel
tempio dove il Signore colpisce il potere del denaro, l'ordine che tutela gli
interessi dei potenti e via via le cose
si complicano fino alla morte per opera di quelli che Gesù aveva ferito...
L’« importuna » oratrice del Sinodo
aveva in fondo toccato nel vivo il tema dei rapporti: evangelo e problemi
concreti avvertendo che gli interventi,
i discorsi non coglievano la drammatica realtà di oggi; perciò essa riteneva inutile una comunione nel tempio
e poi il distacco, la separazione di fronte alle situazioni sconvolgenti del mondo...; il discorso vale anche per le nostre cbiese nei rapporti interni dove la
comunione muore talvolta nel culto e
diventa pettegolezzo nelle cerehie ristrette, anziché essere la punta viva
della vita della chiesa a mezzo di incontri, studi, visite agli ultimi arrivati,
con conseguente testimonianza concreta aH'estemo.
In prossimità del Natale ci fermeremo alle « nozze di Cana » natalizie, come si suol fare, oppure proseguiremo
il cammino con Gesù dovunque Egli
va, senza voltare l’angolo, quando la
Sua Parola ci mette davanti a cose decisive?
I teologi:
in cammino verso le chiese
Il prof. Lys di Montpellier racconta
le sue esperienze fuori le mura della
facoltà; i professori sono disponibili
per la formazione di gruppi di studio
teologico nelle chiese; a Valence, ad
esempio, sono sorti vari nuclei di persone che imparano dalla facoltà il modo di prepararsi, di affrontare un testo, in continuo contatto col docente
per poi diventare loro stessi trasmettitori delle esperienze e dei metodi seguiti per altri che cercano lo studio
della Parola. In fondo — dichiarava il
prof. Lys — si tratta di aiutare la gente a saper pensare più che di dar loro
un pesce che serve solo per una giornata
in Italia ci sono dei « cenacoli » oppure delle visite teologali senza che ci
siano collegamenti, trasmissioni, formazioni di gruppi regionali o almeno
distrettuali, nella linea che si sta seguendo in Francia.
Esperienze di cappellani delle carceri
Gabbie apposite per i contestatori
dell’atomica
Nei ritagli di tempo del Sinodo converso col cappellano delle carceri marsigliesi: è un ingegnere che svolge regolarmente il suo lavoro e nelle ore
libere esercita il ministero pastorale
nelle carceri; ha conseguito tardivamente la licenza teologica e si è poi
consacrato a una missione diffìcile ma
ricca di soddisfazioni. Mi parla ad
esempio di tre giovani protestanti di
Tahiti, uno dei quali figlio di Pastcxre;
sono credenti convinti che dinanzi agli esperimenti atomici hanno protestato e sono stati messi in prigione a
Tahiti; per loro — dichiara l’ingegnere — si è fatto un trattamento speciale; si sono costruite delle gabbie
nello stile vietnamita; questo fatto ha
provocato una sommossa nel carcere
stesso e i tre obiettori sono riusciti
a raggiungere la Francia dove sono
stati immediatamente incarcerati e
sono in attesa di processo...
Rifiutato dalla società
Racconta ancora il collega « aumônier » delle carceri; « Ho conosciuto
un giovane, figlio della strada, che ha
passato molti anni in galera in Francia ed all’estero. Poi è venuta l’ora
della libertà; l'annunzio di^ Gesù Cristo lo ha totalmente cambiato; eppure per gli uomini è sempre « Jean
Valjean », col passaporto giallo! Ha
fatto le pratiche per un lavoro all’estero — prosegue Tamico — ma è stato
respinto dovunque. C’era solo una strada: trovare una famiglia che desse cigni garanzia; il Signore me l’ha trovata — annunzia esultante il cappellano — e gli ho trovato un posto in
una fabbrica. Quivi, dopo qualche
tempo si è talmente conquistata la
stima della direzione che gli hanno
affidato il reparto dove costruiscono
gli strumenti antifurto... ». La potenza
di Dio apre le porte al di là de! nostro giudizio inappellabile, del nostro
fatalismo per cui una creatura bacata
non può essere ormai ricuperata, immemori dei grandi ricuperi di Cristo;
la donna peccatrice, Zaccheo, il ladrone...
II carcere di Baia bionda
Ho incontrato anche il cappellano
del carcere modello di Baia Bionda
in Corsica. Come il lettore sa, da articoli pubblicati in passato, esiste un
carcere aperto e cioè con un’estensione di alcune migliaia di ettari coltivati dagli stessi prigionieri; il salario purtroppo è inferiore al rendimento reale. Le famiglie possono visitare
i loro congiunti e in un rapporto limano totale senza lo sguardo indiscreto
delle sentinelle. Interessi vari minacciano di ridurre l’estensione del carcere
a danno dei reclusi; interessanti le osservazioni del cappellano ;«Tra l’altro
— mi diceva — parecchi condannati
’’incalliti” chiedono il rientro in Francia perché l’eccessiva libertà li induce
a fuggire di nuovo... ».
I figli della strada
Un pastore molto dinamico di Grasse ha iniziato un interessante lavoro
coi ragazzi della strada: con un gruppo di giovani ne ha raccolto un certo
numero e hanno iniziato insieme un interessante lavoro di ricupero; in breve
il gruppo s’è affiatato; un poco per volta gli stessi ragazzi si sono anche interessati alla Bibbia; le famiglie, poi,
hanno avuto parole di incoraggiamento per quanto il gruppo faceva per i
loro figlioli e hanno accettato con gioia
le Bibbie. Ed è ^questa la linea da se;
guirsi coi bambini o i ragazzi; aiutarli
a scoprire una via nuova, interessi nuovi ma sempre alla luce della Parola
del Signore anziché vergognarsene oppure non parlarne per timore di far
violenza alla loro « libertà »...
Una barzelletta
per le eomumtà assonnate
La racconta il delegato professore di
teologia: in una grande chiesa d’una
città americana è arrivato da poco un
giovane Pastore; di bell’aspetto attira
le folle; è il Pastore modello: predica
bene con messaggi brevi e succosi; visita molto ed è ugualmente impegnato
nelle v'arie attività della chiesa... c’è un
solo neo„ nella vita di. quel ministro:
nessuno sa dove va alle cinque del
pomeriggio; infatti non visita mai a
quen’ora e si viene anche a sapere
che a quelTora non è neppure in casa;
pito: sapere dove va e cosa fa il Pastore a quell'ora, e lo convoca per una
seduta straordinaria; ed ecco il resoconto della seduta; « Pastore — domanda il decano — ci vuole spiegare il
mistero della sua sparizione quotidiana alle cinque del pomeriggio? » « Vado alla stazione » — risponde calmo
l’inquisito; « Tutti i giorni? » — incalza il consigliere — « Tutti i giorni » —
replica il Pastore —. « Ma alle cinque
del pomeriggio non ci sono treni » —
ribatte l’inquisitore —. « Certo —
prosegue l’uomo di Dio — non ci sono treni che si fermano alla stazione, ma a quell’ora transita un rapido ». « Cosa c’entra il rapido con la
sua andata alla stazione? » — prorompe visibilmente soddisfatto l’interlocutore laico — « Ebbene — dichiara
con voce ferma l’imputato — vado
alla stazione ogni giorno alle cinque
per osservare la corsa entusiasmante
del rapido e confortarmi con la speranza che un giorno anche la mia
chiesa possa imitare la corsa del rapido anziché passare il suo tempo a
guardare al Pastore modello per scoprirvi qualche neo ».
Incontri
Con gioia incontro il delegato G.
Long di Martigues, molto impegnato
nella sua comunità e originario della
Paiola; la moglie ha sorelle e fratelli
nella chiesa di Pomaretto. Trovo pure il missionario Jacques Pons, originario dei Chiotti, e proveniente dal
Madagascar ner un periodo di congedo; mi dà notizie delTop'era sempre
pregevole della missionaria Anita
Gay. Incontro pure il delegato M.
Filhol, se non vado errato imparentato con la famiglia Ribet del Clot Boulard. Si rivedono sempre volentieri i
colleghi maggiormente legati alle nostre Valli: J. Marchand, Donàdille, M.
Mordant.
Il Sinodo regionale ha espresso forti tensioni sul problema del rapporto
fra Evangelo e problemi politico-sociali ed ha invitato le chiese ad esprimere il proprio parere sulla proposta
di un incontro successivo per proseguire il dialogo sulla base d’un serio
studio della Parola di Dio. Ho rivissuto momenti, situazioni identiche a
quelle della nostra chiesa; qualcuno
ha ricordato in chiusura l’urgenza della preghiera perché Dio indichi la via
d’una più fedele interpretazione della
Sua Parola.
Gustavo Bouchard
LE CHIESE NELLA LOHA
per un mondo più giusto e più umano
(.segue da pag. 1)
ciale, all’autonomia materiale e alla
partecipazione dei popoli all'elaborazione di obiettivi e priorità e alle decisioni relative alla crescita economica,
processo che permetterà di giungere a
una società giusta. Con questa visione
di sviluppo affrontiamo l'attuale crisi
aumentare mondiale.
Pensiamo che non ci sono mezze misure per risolvere la crisi permanente della nostra società mondiale irresponsabile; riconosciamo però che un
certo numero di misure urgenti devono esser prese per affrontare i problemi dei prossimi mesi, e siamo pronti
ad appoggiare queste misure per salvare milioni di vite umane. Tuttavia,
alcuni dei rimedi ventilati ci sembrano inadeguati, o fattori di delusione,
o puramente demagogici. Ad esempio,
si dice che il controllo delle nascite
è necessario, che esso favorirà lo sviluppo e renderà più efficaci gli invìi
di cereali a coloro che ne hanno bisogno.
dero dire alcune parole ai rappresentanti del Terzo Mondo. Pur riconoscendo che siamo vittime delVingiustizia intemazionale, mantenuta e favorita dall’ordine economico attuale,
devo confessare che i nostri governi,
come pure i ricchi e i potenti dei nostri paesi, portano una parte pesante
di responsabilità nella crisi attuale.
Nei nostri paesi abbiamo fatto poco
per ridurre il fosso che separa i ricchi e i poveri. Abbiamo trascurato t
settori più poveri della nostra società.
Abbiamo imitato i modelli di sviluppo
dei paesi ricchi, inadatti alle nostre
realtà sociali, economiche e culturali.
Abbiamo lavorato in collusione con gli
interessi stranieri per sfruttare le masse povere e, così facendo, abbiamo
adottato i sistemi e le tattiche colonialisti e neo-colonialisti. Se non adotteremo misure radicali per cambiare
le strutture della nostra società e adottare veri obiettivi e processi di sviluppo, non avremo né il diritto di criticare i ricchi e i potenti di altri pae
che è appunto lo sviluppo socio-economico a ridurre le disuguaglianze nei
redditi e a costituire la condizione printaria per una diminuzione del tasso
di crescita della popolazione.
O ancora, si dice che se i paesi ricchi produttori di petrolio o volessero in
vestire nei paesi in fase di sviluppo e
fornir loro così i fondi necessari ad
acquistare viveri nei paesi sviluppati,
la crisi attuale sarebbe risolta. Ma in
realtà, a parte la riparazione del torto
rappresentato dal prezzo ingiusto e derisorio del petrolio, l’attuale sistema
monetario ed economico mondiale incoraggia i paesi produttori di petrolio,
soprattutto quelli sotto-popolati e sottosviluppati, a proteggersi investendo nei paesi ricchi per potere poi smsistere quando il prezzo del petrolio,
loro unica risorsa economica, è forzato a scendere, o quando le loro riserve diminuiscono. Ne consegue un apporto di capitali freschi nei paesi ricchi, che possono così equilibrare la
loro bilancia dei pagamenti e continuare ad accaparrare le rare riserve
alimentari.
il Consiglio deve assolvere al suo com- Gustavo Bouchard Parlando in quanto Antillano, desi
ii:i’mtmmiiiiiiiiiiiiniiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiinii!iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii^^^^ tiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Organizzato dalla CEvAA, incontro Europa-Africa al Liebfrauenberg
« Rinier conto M speranzi de è in mi »
Ma l’esperienza ci ha mostrato si, né la credibilità morale e il corag_______....-i_________pin ner nronorre di modificare l or
Una cinqiiantina di partecipanti africani ed europei
'(ma anche rappresentanti delle Chiese del Pacifico) si sono mramtrati itól “25 novembre al 2 dicembre scorsi in un
efficientissimo centro protestante alsaziano; Liebfrauenberg, a una trentina di chilometri a nord di Strasburgo. Val
la pena di spendere due parole per descrivere questo, centro. Si tratta (di un vecchio convento abbandonato posto in
situazione veramente incantevole, sui contrafforti dei Vosgi, che domina tutta la pianura circostante. I fabbricati
sono stati a poco a poco interamente restaurati fino a
formare un ¡Dornplesso assai funzionale. Quello che era anticamente un fienile è stato trasformato in un attrezzatissimo auditorium, dotato di tutti i più moderni ritrovati
della teDnica aufliq-visrva, mentre al disopra, su due piani, vi sono delle camere che vengono a completare quelle
disponibili nello stàbile principale, dotato di tutti i ser
vizi, Da notare le numerose sale e salette, molto adatte
per riunioni in gruppi ristretti. Peccato, soltanto, che il
tempo decisamente di umore detestabile ci abbia impedito di fare più ampia conoscenza coi dintorni del centro,
nei sia pur limitati momenti di riposo. È stato soltanto possibile effettuare un breve giro nei villaggi dei dintorni,
incontrando ad ogni pie’ sospinto le vestigia della grande
ed inutile «linea Maginot», sulle quali svolazzano stormi
di corvi e attorno alle quali... è strettamente vietato coltivare qualsiasi cosa, dato che è terreno militare. Nella
stessa occasione abbiamo potuto visitare il bel tempio di
Wissembourg, nel quale Bucero predicò per alcuni mesi,
su richiesta di un sacerdote cattolico, dando così, la prima
spinta al movimento di Riforma in quella località. In quel
tempio hanno parlato alcuni dei partecipanti al convegno,
la domenica 1° dicembre.
ANIMATORI TEOLOGICI
RESPONSABILI DI COMITATI
MISSIONARI
Il tema del convegno era : « Render
conto della speranza che ¡è in noi ». La
Comunità Evangelica di Azione Apostolica, in collaboraziarae con il Dipartimento Evangelico Praneese di Azione Apostolica (DEPAP), aveva organizzato questo incontro sìa per verificare fino a che punto si fossero fatti
progressi nel diffondere l’idea della
missione « di tutti verso tutti » nelle
comunità locali delle varie Chiese impegnate, sia e soprattutto per permettere ai vari animatori teologici, responsabili di comitati missionari, studenti dei paesi del Terzo mondo attualmente in Europa ecc., di chiarire
ulteriormente in quali direzioni debba operare il nostro sforzo comune di
annuncio delTevangelo. Quali mezzi
tecnici, quali accenti particolari tale
annuncio debba usare ed assumere oggi, in una realtà multinazionale, multirazziale, multiconfessionale, qual è venuta manifestandosi in modo sempre
più chiaro nel quadro della CEvAA.
Erano presenti i pastori Seth Nomenyo, segretario teologico e Victor
Rakotoarimanana, segretario generale
della CEvAA, Wolff e de Clermont del
DEPAP, parecchi rappresentanti del
DMR (equivalente svizzero del DEPAP francese), molti responsabili di
Chiese africane e del Pacifico ; la Chiesa Valdese era rappresentata dal pastore Gino Conte, animatore teologico della CEvAA per il nostro paese e
dal sottoscritto nella sua modesta qualità di membro della Commissione
CEvAA ed in quella anche meno ufficiale ma non certo meno sentita di
« appassionato » di problemi missionari. Ho avuto la gioia di rivedere il pastore Kelly, giunto apposta da Tahiti
per questo convegno ed un delegato
della Chiesa Evangelica della Nuova
Caledonia, che avevo già incontrato a
Suva (Fiji) in occasione della Conferenza delle Chiese del Sud Pacifico.
CHE COSA SI È FATTO?
È forse difficile riassumere in poche
righe quanto è stato detto, quali azioni comuni sono state decise. Questo
non soltanto perché, per motivi di la
voro, abbiamo dovuto lasciare il Liebfrauenberg prima della fine del convegno e delle conclusioni ufficiali, ma anche perché non si era voluto fissare in
partenza dei temi di studio troppo
precisi. Porse, un po’ più di sistematicità non avrebbe nuociuto, anche se
ciò ha senza dubbio permesso a tutti
di avere uno scambio di idee, di far
parte di problemi e speranze delle
chiese rispettive, con grande libertà.
Il lavoro si è svolto essenzialmente
a gruppi di una decina di persone, naturalmente « di ogni latitudine ». In
quello del quale facevo parte vi erano un dahomeano, insegnante e impegnato in un lavoro comunitario, un gabonese e un camerunese, entrambi
responsabili di attività evangelistica
attraverso la radio e la televisione,
due svizzeri, entrambi animatori di
gruppi ecclesiastici o meno, tre pastori francesi, l’uno impegnato in una
collaborazione con una comunità carismatica, l’altro attualmente in Svizzera e a contatto con gruppi giovanili, drogati, gruppi di ricerca liturgica, la terza, la Signora Hoffet, che
come si sa dirige il movimento biblico femminile in Alsazia ed è venuta
di recente alle Valli con un gruppo
femminile ; infine un pastore uruguayano, reduce da un periodo molto
duro nel suo paese e attualmente stabilito in Francia. Egli ci ha parlato,
tra l’altro, delle linee di ricerca della
sua tesi di dottorato, linee abbastanza originali e che gli hanno permesso
di coniare una nuova espressione:
quella di « teologia dell’esilio ».
UN BEL «GIOCO BIBLICO»
Secondo quanto avviene, in generale, in tutte le riunioni della CEvAA,
un tempo notevole è stato dedicato
allo studio biblico, fatto in modo assai comunitario e vivente. Una volta, ad esempio, abbiamo studiato i
primi versetti del capitolo 13 del libro degli Atti (la persecuzione della
Chiesa di Gerusalemme e la dispersione in Samaria) affidando i vari
« ruoli dei personaggi » contenuti nel
testo ai singoli membri del gruppo.
Questo naturalmente dopo ima breve spiegazione iniziale. Un pastore si
è cosi trovato a dover sostenere le
tesi dell’allora Saulo di Tarso, un altro a esprimere i sentimenti di riconoscenza e di liberazione di un samaritano al quale uno dei credenti di
Gerusalemme aveva annunziato lo
Evangelo, e così, via. Va da se che in
questo « gioco » gli africani hanno avuto parte importante e stimolante.
Se soltanto le nostre comunità potessero fare spesso simili esperienze!
ALCUNI TEMI
Attraverso gli studi biblici e le discussioni che seguivano, l’insieme dei
partecipanti ha fissato la sua attenzione su alcuni temi che sembravano
più importanti e che ognuno di noi è
chiamato a sviluppare nel senso della
riflessione e dell’azione capillare :
modelli di vita comunitaria (presenti e futuri) che possano aiutarci ad
annunciare la nostra speranza; come
formulare in modo chiaro e comprensibile questa speranza ( azione dello
Spirito Santo in questo cotesto); la
sfida che ci viene rivolta da altre speranze, vissute almeno altrettanto intensamente, affermando un po’ paradossalmente: «la speranza ha cambiato campo ». Tutto questo, naturalmente, visto sia sullo sfondo della situazione particolare di ciascuna delle
Chiese e dei popoli rappresentati, sia
sullo sfondo più ampio di problemi che
si ripercuotono sul piano mondiale.
I fratelli africani — che mi sono apparsi particolarmente equilibrati, pacati, positivi (speriamo che tale sia
stata la loro impressione nei nostri confronti!) — ci hanno reso partecipi delle tensioni alle quali si trovano sottoposti volendo partecipare
alla « rivoluzione » dei loro paesi in
formazione pur senza abbandonare
una posizione chiaramente evangelica.
Il periodo che ho vissuto al Liebfrauenberg si è chiuso con una «celebrazione eucaristica», un termine alla moda per dire che abbiamo partecipato alla Santa Cena. Questo è avvenuto in un’atmosfera di allegrezza,
sottolineata da canti e dall’accompagnamento di strumenti africani. Porse, nella fase finale, alcuni auropei
hano voluto strafare e il raccoglimento ne ha sofferto. Tuttavia ciò non ci
gio per proporre di modificare
dine globale”.
Devo pure aggiungere che le stesse
Chiese non possono vantarsi di rnolti
successi in questo campo. Se i cristiani, individualmente, o gruppi di cristiani hanno fatto molto, per alleviare
le sofferenze degli uomini, tutte le
Chiese sono state troppo spesso cornplici, associandosi alle strutture ingiuste della società con la loro palese ricchezza o con la loro ricerca di prestigio e di alto rango nella società. Troppo spesso, come Chiese, abbiamo esortato il mondo senza esaminare noi
stessi rigorosamente, senza esaminare
le nostre prassi passate e presenti.
Troppo spesso abbiamo omesso di applicare anche a noi la rigorosa analisi
delle realtà del nostro mondo e ci siamo accontentati di lanciare pii appelli alla solidarietà e alla generosità senza guardare in faccia le implicazioni
per una trasformazione in profondità
delle strutture della nostra vita e della società.
Pur riconoscendo i limiti della Chiesa davanti a questi problemi giganteschi, riteniamo sia dovere immediato^
dei cristiani e delle Chiese, nei paesi
sviluppati come in quelli in sviluppo:
1. coscientizzare i credenti con la
predicazione, l’insegnamento, l’esempio, e lavorare a mobilitare l’opinione
pubblica in vista di cambiamenti radicali nell’attuale ordinamento economico internazionale; si tratta di prendere misure atte a rendere ovunque i
ricchi coscienti della necessità di ridurre salutarmente i loro consumi
sfrenati e suicidi, modificando il proprio stile di vita;
2. accordare attenzione particolare alle esigenze dei più poveri fra i poveri, soprattutto nel Terzo Mondo, e
al miglioramento della situazione dei
contadini; per accordare facilitazioni
di credito ai contadini poveri il Consiglio ecumenico delle Chiese ha fatto
un modesto sforzo lanciando una Cooperativa ecumenica di sviluppo;
3. collaborare con gli adepti di altre religioni e ideologie e con tutti i
movimenti che lottano per la giustizia, l’autonomia e la partecipazione di
tutti nelle decisioni relative alla crescita econoimea, per una vita solidale
e condivisa nella comunità;
4. sfruttare le terre incolte appartenenti alle Chiese, utilizzare gli investimenti e altre risorse per sviluppare
l’agricoltura nelle zone rurali, per mezzo di cooperative, promuovere servizi
comunitari sanitari e sviluppare i servizi educativi e sociali, dovunque è
possibile.
Signor presidente, tre settimane fa
ho scritto alle Chiese membri del CEC
per esporre loro i gravi problemi che
quésta Conferenza deve affrontare e
ho chiesto loro di pregare per essa,
per tutti voi. Ho pure chiesto loro di
impegnarsi a collaborare con i rispettivi governi e con gli uomini di buona volontà per attaccare non solo questa crisi alimentare, ma quella più vasta attraversata dal nostro sistema politico ed economico mondiale, per una
società più giusta, come ce lo comanda la nostra fede. Noi cristiani diciamo ogni giorno in preghiera: «Dacci
oggi il nostro pane quotidiano ». Ma
sappiamo che nel contesto di questa
preghiera vi è una supplica affinché il
Regno della giustizia di Dio venga, perché la sua volontà per una vita comune solidale e compartecipe sia fatta
sulla terra. Nello stesso contesto di
questa preghiera chiediamo il perdono dei nostri peccati, cioè della nostra cupidigia e del nostro egoismo
individuale e collettivo, chiediamo di
essere liberati dal male che sfida e sfigura la volontà di Dio per l’umanità.
Con questo atteggiamento e con questo spirito mi rivolgo a voi oggi e le
Chiese s’impegnano a partecipare alla
lotta per un mondo più giusto e più
umano.
Philip Potter
ha impedito di vivere una bella esperienza in comune, nella consapevolezza di tutto ciò che il Signore risorto
vuol compiere per noi e con noi tutti.
Poi è stato il momento di lasciare
tanti amici vecchi e nuovi, non senza
portare in cuore la visione di chiese
che, per la sola grazia del Signore,
continueranno con noi la loro testimonianza dovunque ciò sia loro chiesto.
Giovanni Conte
4
pag. 4
N. 48 — 6 dicembre 1974
r
Una conferenza di Walter Hollenweger a Roma
Il movimento pentecostale:
verso una spiritualità politica?
INTRODUZIONE
Il movimento pentecostale è cominciato nell’anno 1906 in una modesta
chiesa nera a Los Angeles. Il leader di
quella comunità, il sig. Seymour, era
un discendente degli schiavi africani
che erano stati trasportati dall’Africa
in America. Egli non era certo un grande oratore: durante i culti era solito
nascondere la testa tra le mani e appoggiare i gomiti sul pulpito... costituito da due cassette! Nonostante ciò,
quella comunità rappresentò l’inizio di
un movimento di risveglio, che interessa oggi 30-35 milioni di cristiani.
In questi decenni molti cristiani e
pastori di tutto il mondo si sono recati a Los Angeles: tra gli altri il pastore anglicano Alexander Boddy, il quale ha giustamente detto: « È una cosa
straordinaria che pastori bianchi degli
stati sudisti degli Stati Uniti vadano
a Los Angeles per ricevere la benedizione da parte di cristiani neri ». E infatti i primi pastori pentecostali bianchi sono stati consacrati da vescovi
neri.
Nell’epoca in cui nacque il movimento pentecostale le riunioni miste,
di bianchi e di neri, erano proibite. Il
pentecostalismo, dunque, è nato in un
clima di disobbedienza civile, di illegalità, per essere fedele alla legge del
Vangelo. Anche in Italia, al tempo del
fascismo, il pentecostalismo era considerato una religione dannosa per la
razza italiana. Per questo fu proibito
e i pentecostali furono duramente perseguitati.
1. L’ORIGINE
«TRANS-RAZZIALE» DEL
PENTECOSTALISMO
crediamo nel contenuto del messaggio
predicato da Billy Graham, ma non
possiamo condividere il suo orientamento di bianco borghese, che non ha
niente dà dire né ai poveri, né ai neri ».
Per i Pentecostali neri, dunque, il
Il movimento pentecostale, dunque,
fin dal suo nascere fu un movimento
misto. Anzi, appunto per questa ragione esso fu ritenuto illegale in certe regioni degli Stati Uniti: i Pentecostali,
cioè, erano considerati fuori legge,
perché volevano essere fedeli al messaggio centrale delTevangelo, che unisce le classi sociali e non le separa.
Questo fatto fu ima delle cause principali della violenta persecuzione subita dai Pentecostali. Si diceva: « Non
può essere una buona cosa, perché ha
un’origine umile, semplice, addirittura
negra ». Le chiese ufficiali sono in parte responsabili per la distinzione oggi
esistente tra Pentecostali delle chiese
bianche e quelli delle chiese negre; i
Pentecostali, infatti, non hanno fatto
altro che accettare i principi dominanti tra le chiese protestanti.
Mi sono incontrato, una volta, con
alcuni dirigenti delle Assemblee di Dio
in America. Uno di essi mi disse: « Vede, 30 anni fa, vivevo nel quartiere nero. Ero povero. Ma lo Spirito Santo,
che è ricco, mi ha reso ricco. Oggi ho
due automobili e un battello a motore sul lago. Ho per vicini il medico e
i commercianti più ricchi... Vede che
il Signore è buono! ». Allora gli domandai: « E i poveri? ». Egli mi rispose:
« Se i poveri fossero fedeli, credenti,
non sarebbero poveri ».
Non tutti i Pentecostali sono d’accordo con questa teologia piuttosto
semplicista. I pastori delle chiese pentecostali nere, ad esempio, si esprimono così: « Gli Stati Uniti devono scegliere tra democrazia e repressione,
tra la repubblica e uno stato di polizia, perché l’America non può conculcare trenta milioni di persone che si
stanno sollevando, senza distruggere,
così facendo, l’intera nazione. Anche
noi Neri — essi dicono — siamo per la
legge e per l’ordine. Ma non per quella
legge che il bianco vuole imporci, una
legge che marchia come criminali i
dimostranti che fanno conoscere le ingiustizie, mentre coloro che sono responsabili di tale situazione vengono
lasciati tranquilli. Noi non intendiamo per legge i procedimenti della polizia, per cui un sospettato può essere
trattato come un criminale e il poliziotto diventa giudice, giurato e carnefice in una sola persona ». Essi riconoscono che la maggioranza dei poliziotti non abusano del loro potere, ma affermano anche che sono troppo numerosi coloro che si comportano così.
Dal punto di vista teologico, questa
attività di integrazione razziale viene
vista nel quadro della dottrina paolina
dei carismi. Oltre ai carismi che si conoscono nella storia del pentecostalismo — come ad esempio, il parlare in
lingue, la profezia, la danza religiosa,
la preghiera per i malati — essi considerano come una specie di carisma
profetico anche la pratica delle dimostrazioni pubbliche. Ho trovato chiese
pentecostali nere, dove queste attività
erano esplicitamente menzionate in
una lista di doni dello Spirito, ma non
nel modo in cui l’attività politica ha
luogo di solito in molti gruppi ecclesiali politicizzati d’Europa, dove l'analisi politica sostituisce la preghiera e
il canto (per non parlare della danza
c del parlare in lingue), bensì formulando una nuova unità tra preghiera e
politica, una unità a mio avviso —
profondamente biblica.
Questi pentecostali neri non possono procedere con un evangelismo puramente spirituale. Essi dicono: « Noi
A metà novembre il Movimento Internazionale per la
Riconciliazione ha organizzato a Roma alcune giornate di
studio, nelle quali ha invitato il
pubblico a tavole rotonde e dibattiti, nell’aula magna della Facoltà Valdese di Teologia. Segnaliamo una giornata teoiogica
ecumenica su « La giustizia nel
Terzo Mondo » ; il prof. W. Hollenweger, deU’Università di Birmingham, uno dei maggiori conoscitori attuali del pentecostalismo, ha parlato, in quel quadro, sul tema « Per una teologia del Terzo Mondo ». Un altro
dibattito pubblico verteva su
« I pentecostali e le ingiustizie
nel mondo odierno»; il dibattito, introdotto da Mirjam Castiglione, con la partecipazione di
alcuni rappresentanti di Chiese
pentecostali italiane, è stato preceduto da alcune relazioni: del
prof. Domenico Maselli, « Breve
storia delle esperienze carismatiche nelle chiese italiane dal Medioevo a oggi » ; del prof. W.
Hollenweger, « Panoramica sul
Pentecostali nei vari paesi e loro azione sociale e politica » ; di
Fred Ladenius, « I Pentecostali
cattolici ». In questa pagana riportiamo l’essenziale della relabione Hollenweger e riferiamo
sul dibattito di quella serata.
« problema pentecostale » sta nella
« spaccatura delle razze », problema
che deve essere risolto prima che il
movimento possa « scuotere il mondo ». L’appello delle Assemblee di Dio
(USA): « Nessuna coercizione, ma conversione » troverà orecchi sordi fin
tanto che verrà rivolto solo a coloro
che si trovano in condizione di inferiorità, senza che mai si usi lo stesso
tono di voce anche nei confronti di
coloro che occupano posizioni di potere.
IL UN ESEMPIQ
DI SVILUPPQ ECQNQMICQ
INDIGENQ
Il Messico ci offre un valido esempio.
Si tratta di una tribù, gli Qtomi, alrinterno della quale esiste una chiesa
pentecostale indigena. Essa è indipendente dai missionari. Probabilmente,
inoltre, da un punto di vista europeo
la teologia di questa chiesa può essere giudicata primitiva. Ma bisogna tener conto che è la prima volta, dopo
la conquista degli Spagnoli, che questi indiani hanno elaborato una loro
forma istituzionale. La decolonizzazione religiosa ha reso possibile, almeno
in parte, anche una decolonizzazione
economica: essa ha consentito infatti
l’organizzazione di modeste cooperative agricole. Paragonati al progresso
tecnologico europeo e americano, i loro
impianti e i loro mezzi sono decisamente modesti; eppure, ciò che colpisce è che tutto ciò che fanno è frutto
del loro lavoro. Ciò ha impedito che
gli indiani divenissero schiavi dell’aiuto straniero, o che avessero bisogno di
tecnici incapaci di comprendere la loro
vita.
Contrariamente allo sviluppo di cui
parla Gustavo Gutiérrez, sviluppo che
favorisce il progresso tecnologico, a
danno del progresso sociale, questi
Pentecostali favoriscono il progresso
sociale, a danno del progresso tecnologico. E più importante l’indipendenza
che la possibilità di comprare una TV.
È più importante per loro non essere
dipendenti dai finanziamenti stranieri
e dai funzionari dello stato (ecclesiastici o civili, che siano), che introdurre i più moderni metodi di agricoltura.
In base a questo piccolo esempio si
può affermare che, in alcuni casi, questi Pentecostali hanno sviluppato un
metodo di crescita sociale ed economica, che è una reale alternativa alla
carità capitalista e al colonialismo economico. E gli altri Pentecostali dovrebbero interrogarsi sul significato
di questo carisma dei Pentecostali
messicani!
III. LA VITTQRIA
SULL’OPPRESSIQNE DEL SILENZIQ
QBBLIGATQ
Prendo ora un esempio italiano dal
romanzo di I. Silone, Fontamura. Il
villaggio di Fontamara è caratterizzato da un isolamento linguistico. Non
soltanto per gli abitanti di Fontamara
l’italiano è rimasto una lingua straniera, che si impara a scuola, ma addirittura una lingua da vocabolario. Se anche talora usano l’italiano, i Fontamaresi non capiscono i cittadini.
« Parliamo e non capiamo — essi dicono —. Parliamo la stessa lingua, ma
non parliamo la stessa lingua ». Uno
di loro dice: « In gioventù sono stato
in Argentina; parlavo con cafoni di tutte le razze, dagli Spagnoli agli indiani,
e ci capivamo come se fossimo stati
a Fontamara. Ma con un italiano che
veniva dalla città, ogni domenica, mandato dal consolato, parlavamo e non
ci capivamo. Anzi, spesso capivamo il
contrario di quello che ci diceva. Lì,
nella nostra fazenda, c’era perfino un
portoghese sordo muto, un peone, un
cafone di laggiù. Ebbene, ci capivamo
senza parlare. Ma con queiritaliano
del consolato non c’erano cristi ».
E questo stato di cose ha conseguenze per la vita in generale. Essi dicono:
« Non serve aver ragione, se manca
l’istruzione per farla valere. La legge è
fatta dai cittadini, è applicata dai giudici che sono cittadini, è interpretata
dagli avvocati, che sono tutti cittadini.
Come può un contadino aver ragione? ».
In questa situazione di mutismo, di
silenzio forzato, qual è il carisma dei
Pentecostali? Il loro carisma è semplicemente questo: dare una voce a
coloro che sono muti, far parlare coloro che sono condannati al silenzio,
cosicché uomini senza voce, uornini
ridotti al silenzio dai nostri concetti
intellettuali e dai nostri pregiudizi sociali possano nuovamente parlare e
sentirsi membri della società umana
con parità di diritti. E questo è un
modo per fare la rivoluzione! È la rivoluzione descritta da Paolo Freire.
Tutti sanno che uomini consci della
propria dignità e dei propri valori dinanzi a Dio sono più pericolosi per i
governi, che non degli uomini in stato
di schiavitù, per quanto possano essere armati. Questo processo di risveglio
delTuomo è quanto ho visto nel Messico. Penso a un battesimo a cui ho
assistito a Pacheco. Un vecchio indio
volle offrire la sua testimonianza davanti a 2.000 fedeli. Afferrò il microfono con le mani, ricacciando indietro
la paura e il peso di 500 anni di oppressione subita dai suoi antenati. Quindi
tentò di cantare: cantava la sua libertà nel nome di Gesù. Il suo canto sarebbe stato certamente giudicato fuori luogo dal punto di vista della musica europea, ma era quanto mai appropriato dal punto di vista della sua realtà. A un certo punto dovette smettere,
perché le lacrime gli impedivano di
proseguire. E 2.000 cristiani pregavano
e intercedevano per lui: « Signore, dagli la parola, la parola liberatrice; liberalo dalToppressione ». Poi, due minuti dopo, egli ha ripreso a cantare,
mentre tutta la chiesa spontaneamente esplofieva in un grido di gioia e di
adoràzipne:' « Gloria', a Diòs, gloria a
Dios », . i U
Credetemi: un fatto di questo tipo
può avere un valore politico eccezionale. 'Vi faccio un esempio. Ho voluto
vedere se è possibile una comunione,
un dialogo tra analfabeti e intellettuali, se la chiesa di Dio è una chiesa di
classe, oppure se è davvero la chiesa
di Dio. In una serie di seminari invitai
— a voce, e non per lettera, perché gli
analfabeti non possono essere invitati
per lettera — messicani indiani, messicani europei, meticci, professori e
commesse, docenti gesuiti e manovali
avventisti, giornalisti e predicatori
pentecostali, metodisti borghesi e indiani mormoni. Una volta mostrai loro un film, che mostra la passione e la
sofferenze di un clown. Questo film
provocò reazioni diversissime. Alcuni
intellettuali battisti e metodisti lo respinsero. Secondo loro non si può rappresentare simbolicamente Cristo sotto le vesti di un clown. « E perché no?
— chiese un operaio pentecostale indiano —. Questo film mostra la vita
come fosse un circo, nel quale tutti
dobbiamo recitare. Balliamo come
marionette secondo la volontà di quelli che tengono in mano i fili. Grazie a
Dio è venuto Cristo, che si è messo al
nostro posto, affinché noi potessimo diventare liberi ».
Tutto ciò mi porta a confermare il
fatto che una chiesa nella quale coloro che sono muti si mettessero a parlare di nuovo, offrirebbe la possibilità
di un dialogo tra le classi sociali: e
tutto questo ha enorme importanza
per una spiritualità della politica.
IJ on vi è gran ch<e In italiano,
in fatto di pubblicazioni
sul movimento pentecostale. Segnaliamo, fra le più recenti, un
opuscolo di MIRIAM CASTIr ' GLIONEj; ^ubbliéato d^lla Clau^ '’diana’'( « Attualità protestante »
n. 59/60, p. 52, L. 300) : I NEOPENTECOSTALI IN ITALIA (dal
« Jesus Movement » ai « Bambini di Dio»). Anche se l'attenzione si concéntre su alcuni
aspetti specifici del pentecostalismo attuale, si danno però
molte notizie sul movimento nel
suo insieme e in particolare in
Italia.
tiche che cercano di vivere in comune
come i primi apostoli. Mettono insieme i soldi, i carismi intellettuali ed
emozionali, il parlare in lingue e le
analisi sociali. Si tratta di comunità
miste dal punto di vista sociale: neri
e bianchi, gente con scarsa educazione
ed intellettuali. Vivono, talvolta, negli
slums per essere un simbolo, un’ispirazione vivente verso una società alternativa. Ricevono gli obiettori di coscienza e i disertori. Sono stanchi di
dichiarazioni e di una politica puramente verbale, e vanno cercando la
politica della parabola vissuta. Alcuni
studiano i documenti di Medellin (documenti dei vescovi cattolici latinoamericani) e tentano di diffondere le
idee in essi contenute mediante il canto, la liturgia e lo stile di vita. Si tratta di una minoranza nel movimento
carismatico, ma di una minoranza importante.
IV. IL RUQLQ
DEI CARISMATICI
CONCLUSIQNE
Passo allora alTultimo punto. Che
ruolo svolge in tutto questo il movimento carismatico presente nelle chiese storiche?
Donald Gee, un pastore pentecostale, ha scritto in una lettera aperta ai
Neo-pentecostali delle chiese storiche:
« Ho paura che il movimento carismatico sia solamente una ripetizione del
pentecostalismo a un livello sociale
più alto. Se noi operiamo per la liberazione personale, questo è tutto ciò che
possiamo fare. Ma voi, voi potete fare
di più. Voi avete la forza intellettuale,
la possibilità di cercare nella società
una soluzione pentecostale ai problemi
dell’economia, dell’educazione. Voi potete vivere lo Spirito Santo nelle strutture della società ».
Mi domando se i carismatici hanno
ascoltato questo grido lanciato da
Donald Gee. La maggior parte della
letteratura carismatica è di tipo tradizionale, dal punto di vista teologico
e politico. Ma ci sono anche eccezioni
importanti. Ci sono persone carisma
II pentecostalismo può essere rivoluzionario, in quanto offre alternative
alla teologia letteraria, ampliando il
pensiero congelato nelle forme letterarie del culto e del dibattito ristretto,
e dando a tutti, anche agli analfabeti,
le stesse possibilità di intervenire oralmente. Ciò rende possibile un processo di democratizzazione del linguaggio, che smantella i privilegi dei sistemi astratti, razionali e programmati.
Si tratta, insomma, del primo passo
verso una alfabetizzazione politica.
Tutto ciò vale per le chiese africane,
che stanno crescendo, come per le
chiese latino-americane, per i Neri
d’America e, in questi ultimi tempi, anche per molti giovani bianchi. Il problema ecumenico del futuro non sta,
dunque, nel rapporto tra cattolici e
protestanti — questo è un problema
interno alla teologia europea — ma
nel rapporto tra teologia orale e teologia letteraria.
Walter Hollenweger
Un dibattito organizzato dal M.I.R. presso la Facoltà Valdese di Teologia
I pentecostali e le inpstizie P moRdo di oggi
« Sorella, sei una Pentecostale storica o una carismatica cattolica? » A
questa domanda di una partecipante
al dibattito viene risposto con sorpresa: « Veramente sono atea...». Questa
"atea” è una laureanda in sociologia
che fa parte del gruppo di giovani studiosi del Pentecostalismo che ha partecipato al dibattito organizzato dal
M.I.R. alla facoltà valdese di teologia
il 13 novembre scorso. Sono tutti marxisti non credenti ma il fenomeno del
Pentecostalismo li interessa molto.
Il prof. Domenico Maselli, storico,
dell'università di Firenze, fa una panoramica su « Le esperienze carismatiche nelle chiese italiane dal medio
evo ad oggi ». Inizia con la comunità
del castello di Monforte che raccoglie
in una vera democrazia contadini, servi e marchesa e che finisce sul rogo nell'anno 1039. Seguono S. Petro igneo a
Firenze, i Poveri Lombardi, gli Umiliati, Francesco d'Assisi e i francescani
spirituali con la loro povertà, fratellanza, attesa del Regno e del ritorno
di Cristo, i loro doni carismatici e il
loro studio della Bibbia. Inoltre Maselli parla del movimento degli Apostolici^ della setta del “Libero Spirito",
del movimento savonaroliano, degli
Anabattisti (discendenti dei Fraticelli
medievali) e di gruppi di gesuiti del
500 la cui vita in comune era una minaccia alla proprietà privata.
Nella storia ultima accenna al risveglio pentecostale nel 1911 conseguenza
del grande risveglio carismatico nel
Galles (1905). Secondo Maselli l'eresia
e la santità sono vicinissimi, purtroppo si ha soltanto un'immagine unilaterale di tutti questi movimenti e singoli perché fatta dai loro persecutori.
Per riassumere Maselli mette in evidenza alcune costanti comuni a quasi
tutti questi gruppi:
La predicazione del ravvedimento, la
fratellanza, vita comunitaria e povertà,
l'attesa del Regno, il rifiuto della società, il servizio cristiano in nome degli oppressi, l'apostolato, la libertà
dello Spirito, le guarigioni, il pa^'lare
in lingue.
Walter J. Hollenweger, professore di
teologia all'università di Birmingham,
parla poi su: « Verso una spMtualità
del politico presso i Pentecostali ». Si
pubblica qui accanto la sua relazione.
Il giornalista Fred Ladenius, invece
di fare una descrizione del movimento carismatico dei Pentecostali catto
per
lici predica — con voce potente
convertire tutti a Cristo.
Mirjam Castiglione, autrice di vari
lavori sui Pentecostali introduce il dibattito facendo il punto sulla situazione in Italia dopo il Concilio Vaticano II, le rivoluzioni studentesche e
le conquiste del movimento operaio.
Accenna all'involuzione che vede nel
movimento carismatico cattolico e descrive il cristianesimo delle comunità
di base dove si riscoprono nuovi ministeri, l'importanza dei laici, l'importanza del concetto di profezia (diverso dal concetto di carisma di profezia
nei gruppi carismatici). In un secondo intervento illustra questo aspetto
con l'esempio della comunità di Lavello dove le donne anche anziane hanno riscoperto la loro dignità, la loro
capacità di parlare come le donne nelle comunità pentecostali storiche della Basilicata sulle quali Foratrice a
suo tempo fece uno studio.
Il pastore Mario Affuso dell'esecutivo della Chiesa Apostolica (pentecostale) dice che dobbiamo essere grati
al Signore per questa nuova "esplosione” pentecostale (del movimento carismatico) che ci mette di fronte a delle nuove possibilità oggi. Egli mette in
guardia contro il peccato della istituzionalizzazione e contro il carattere
diabolico del denaro. Crede che stasera ci sia una grossa koinonia e che
lo Spirito Santo voglia muoversi su
tutta la famiglia cristiana.
Più tardi parla anche il pastore Jorwerth Howells, presidente della Chiesa Apostolica in Italia e dice di essere
preoccupato in cuor suo domandandosi perché in questi ultimi 10-15 anni ci
sia stata questa particolare effusione
dello Spirito Santo. Forse questo nostro dibattito sulle responsabilità politiche e sociali dei pentecostali potrà
contribuire a risolvere questo problema.
Gianfranco Arcangeli, rappresentante delle Assemblee di Dio descrive la
posizione di questa chiesa pentecostale, la più grande delle chiese evangeliche italiane, di fronte ai nuovi movimenti carismatici. Si mette sotto la
parola: « Lo Spirito Santo vi guiderà
in ogni verità » e continua: « Dopo che
lo Spirito Santo è entrato in una persona questa acquista potenza, questa
potenza la porterà a predicare l’evangelo, nel senso degli apostoli e questo
la porterà in seguito alla rinuncia di
certe norme, di certi dogmi che sono
presenti ancora in certe chiese tradizionaliste. Noi non possiamo vedere
ancora in modo chiaro la testimonianza dei fratelli carismatici che continuano ad accettare certi dogmi...». Egli
spera in uno sviluppo del movimento
carismatico e aggiunge alla conferenza del prof. Hollenweger che secondo
lui le chiese pentecostali segregate sono un'eccezione, una minoranza.
Il pastore Roberto Bracco anch'esso
delle Assemblee di Dio, autore di molti scritti sui Pentecostali, continua il
discorso: « La vita carismatica della
chiesa rappresenta un 'fenomeno' che
non può essere e non deve essere considerato una 'stravaganza' del nostro
tempo perché ha seguito la storia del
popolo di Dio dalla Pentecoste apostolica. Andando indietro nel tempo possiamo giungere fino al movimento a
cui Montano ha dato il suo nome e
che noi conosciamo soltanto attraverso la critica degli avversari i cui soli
scritti sono giunti a noi, ma basta l'adesione espressa da Tertulliano a questo movimento a rendercelo simpatico.
Comunque di questi movimenti carismatici non basta studiare la storia
che sembra talvolta riferirsi a fenomeni insignificanti, ma bisogna penetrare l'essenza e studiare la relazione con
la cristianità per cogliere il senso dell'influenza che essi hanno esercitata. È
stato ricordato il risveglio del Galles
(dal prof. Maselli) e naturalmente è
stata ricordata l'azione che ha esercitato in senso positivo non solo in quel
paese; la medesima cosa si può dire
dei Francescani e specialmente di
quelli che dopo Francesco seguirono
la "regula non bullata" (cioè che si riallacciarono alla tradizione originale) e
oggi si può dire la medesima cosa perché non ci sarebbero movimenti neopentecostali se non ci fosse stato il
movimento ed il risveglio pentecostale. La chiesa cristiana sussiste e le
"porte dell'inferno non possono vincerla” non soltanto nella sua dottrina,
nella sua teologia, ma anche in tutte
le altre manifestazioni e componenti e
fra queste non possiamo non annoverare i fenomeni carismatici ».
Franco Favino, pentecostale cattolico, testimonia come egli, grazie al rinnovamento carismatico sta vivendo
Hedí Vaccaro
(continua a pag. 2)
5
6 dicembre 1974 — N. 48
pag. 5
Dopo otto
diventando
secoli di
sedentari
cammino, stiamo
noi valdesi
La storia valdese è storia di testimonianza perché è storia di alcuni ravvedimenti, una storia in cui Dio ci ha insegnato molte cose e in cui ci ha umiliati per metterci alla prova e
« sapere quel che avevamo in cuore », ma in cui « il vestito non ci si è logorato addosso
e il piede non ci è gonfiato », non perché fossimo buoni camminatori, ma perché la Parola
e lo Spirito ci hanno portato avanti - Ora, di fronte alla pesante tentazione di aver avuto
successo, almeno socialmente, per la prima volta, dobbiamo reimparare il vero discepolato, se vogliamo che la nostra presenza conservi un senso: non è la predicazione che va
cambiata, ma il pulpito, cioè la nostra vita
un orizzonte nel deserto
Noi stiamo « celebrando » l’ottavo centenario deH’inizio del
movimento valdese: qual parola più adatta di questa: Ricordati! (v. 2). Giusto: ma ricordarsi di che cosa? come? a quale
scopo?
Con queste tre domande in mente commenteremo il nostro
testo in riferimento al centenario valdese. In altri termini, tenteremo
— un bilancio del passato
— un giudizio sulla situazione attuale
— un’indicazione dei nostri compiti.
i secoli delle sconfitte
Se diamo uno sguardo ai secoli di storia che stanno alle nostre spalle, dobbiamo riconoscere francamente una cosa: questa è una storia di testimonianze e di sconfitte: Tutta la vicenda
del valdismo medioevale si può riassumere così: è la storia di
una predicazione autentica che viene emarginata, squalificata,
dimenticata. Il popolo italiano, che pure ha avuto una parte
di primo piano in questa vicenda, l’ha completamente rimossa
dalla sua coscienza: sa chi è San Gennaro, non sa chi era Valdo.
Se a Bergamo o a Milano si pronuncia la parola « Lombardi »,
tutti pensano a Gabrio: nessuno ai Poveri valdesi. Anche dove
le tracce del martirio e del sangue, sono più evidenti, il passato
valdese è rigorosamente confinato nel passato, nel fenomeno
culturale: come Asdrubale, più di Belisario: si sa vagamente
che sono passati di qui, e basta. Né mi pare che aH’estero le
cose stiano molto diversamente, al di fuori dei centri di studio
specializzato.
Il movimento valdese sembra uscire dalTisolamento e dalla
sconfitta quando si allea • coi potenti Riformatori dell’Europa
centrale. Certo, Puglia Calabria e Provenza vedono le comunità
valdesi sfumare nel sangue, ma al confine tra l’Italia e la Francia si costituisce una vasta regione riformata: Delfinato, Marchesato di Saluzzo, Valli del Pinerolese e di Susa assistono per
un momento aH’affermarsi di un forte movimento protestante,
sostenuto da Ginevra, circondato da una diaspora cittadina che
si estende a tutto il Piemonte, che riceve pastori anche da
Napoli.
Ma nel giro di due secoli, • questa « regione riformata »
viene metodicamente demolita da quel capolavoro di scienza repressiva che è la Controriforma: gradualmente, la regione riformata delle Alpi occidentali perde il 90% della sua
consistenza, e viene ridotta a una dozzina di comuni d’alta montagna, paesucoli abitati da contadini affamati e inaspriti. Su questo sparuto residuo piomba come un acquazzone la libertà del 1848,
cioè lo sviluppo liberale dell’Ottocento. Finite le repressioni, non
ancora finita la fame: ma ci si può muovere, si può predicare, si
può agire e pensare. E lo si fa. Ma qual’è il risultato dopo 125
anni? Il risultato lo abbiamo davanti agli occhi: oggi la chiesa
valdese è una sparuta diaspora moderna, divisa in due da 12.000
km. di mare e inserita in nazioni tutte profondamente in crisi
(basta pensare all’Italia e aH’Uruguay).
eccolo qua il nostro bilancio
Dove si vede il senso di questa storia? Nella sua durata, lunga come- l’agonia di un uomo crocifisso? No, perché non siamo il
Crocifisso.
Nel « glorioso rimpatrio »? No: non c’è nulla di « glorioso »
nella storia valdese: cancelliamolo questo aggettivo dal nostro
linguaggio: la gloria appartiene a Dio solo, e non passa mai su
di noi, o meglio, passa su di noi come grazia, e basta.
Allora, caso mai, il senso della storia valdese si può vedere
qui a Roma, davanti a Castel Sant’Angelo, dove Pascale fu strangolato perché predicava davanti al rogo.
Perché il senso di questa storia, come d’ogni testimonianza, è
che « l’uomo vive di tutto quello che la bocca dell’Eterno avrà
ordinato » (v. 3). Infatti il senso d’ogni testimonianza è l’incontro della Parola di Dio con la storia, mediante lo Spirito Santo.
È un incontro creativo e sempre nuovo: si riceve nuova vita da
una « manna che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano
mai conosciuta » (v. 3). Nella storia valdese questa manna c’è
stata, e sempre nuova: e che fosse sempre nuova era la condizione della sua validità.
Dunque: la storia valdese è una storia di testimonianza perché
non è una tradizione: semmai, è la storia di alcuni ravvedimenti
(a cominciare da quello di Valdo): una storia in cui il Signore ci
Èa umiliati, per metterci alla prova « per sapere quello che avevamo nel cuore » (v. 2): ci ha fatto provare la fame (v. 3), perché
senza fame non c’è manna; è una storia in cui il Signore ci ha
insegnato molte cose (v. 3), ci ha corretti « come un uomo corregge il suo figliolo » (v. 5).
Se accettiamo questa reqltà, g;lJora possiamo guardare con
riconoscenza al cammino percorso in questi 800 anni. « Il tuo
vestito non ti si è logorato addosso, e il tuo piede non s’è gonfiato » (v. 4), non perché tu, valdese, fossi un buon camminatore,
ma perché la Parola e lo Spirito ti hanno portato avanti.
il secolo della crisi
Se accettiamo questa lezione del passato, possiamo anche
guardare con lucidità alla situazione presente: è una situazione
di fame, di umiliazione, di prova, come nel deserto.
L’emigrazione ha stroncato le nostre chiese del Sud e delle
Valli, la crisi d’una nazione minaccia le nostre chiese uruguayane.
E qui, nelle città: quanti ci hanno lasciato! Non sono andati molto lontano, è vero, ma in compenso hanno lasciato un grande
vuoto.
È inutile farsi illusioni: la nostra chiesa va verso un ridimensionamento, almeno in termini relativi: altri crescono, o sono
cresciuti, più di noi. Se in passato nell’evangelismo italiano noi
costituivamo senza dubbio la « tribù di Giuda », oggi siamo quella di Efraim, o chissà, di Beniamino.
Perché questa crisi?
Perché i tempi sono malvagi e la manna scarseggia?
O non forse piuttosto perché negli ultimi 80 anni noi valdesi
abbiamo « mangiato a sazietà e edificato delle belle case » (v. 12)?
Guardiamoci un po’ in faccia noi, i 500 “valdesi che contano chi siamo? Gente di ottimo livello sociale, e perfino abbastanza onesti e raramente adulteri: siamo dirigenti, professori,
medici, avvocati. Abitiamo delle belle case: spesso ne abbiamo
anche due o tre.
Per la prima volta nella storia noi "valdesi” abbiamo avuto
successo. Non è forse questa la ragione della nostra crisi?
E quelli che ci hanno lasciato sbattendo la porta non sono
forse proprio i figli dei ”500 valdesi che contano”?
Ma se le cose stanno così, questa prova la possiamo accettare: il Signore sta guardando « che cosa abbiamo nel cuore »
(v. 2), e ci corregge, come figlioli.
Allora si tratta semplicemente di accettare questa umiliazione: confessiamo di avere ’’fame”, e riceveremo « una manna che
i nostri padri non hanno conosciuto » (v. 3): cioè nuove forze per
compiti nuovi.
to
I nuovi compiti non mancano.
II primo, il più urgente, è la ricerca di un autentico discepolacristiano: dobbiamo dare l’addio al nostro successo storico
(che è piccolo, e di pochi), e riscoprire la povertà e la preghiera:
il Sermone sul Monte e il Libro dei Salmi.
Di fronte al mondo moderno, non dobbiamo cambiare la nostra predicazione, addomesticare l’Evangelo: l’Evangelo va predicato tutto intero: Gesù Cristo crocifisso e risorto secondo la testimonianza delle Scritture.
Non è la predica che va cambiata: è il pulpito. E l’unico
pulpito che conta è la nostra vita. I nostri contemporanei lo
sanno benissimo: certo, hanno delle difficoltà a credere in Cristo crocifisso e risorto: ma queste difficoltà non sono Semplice
Ricordati di tutto il cammino che l’Eterno, l’Iddio tuo,
ti ha fatto fare questi quarant’anni nel deserto per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore, e se tu osserveresti o no i suoi comandamenti. Egli dunque t’ha umiliato, t’ha fatto provar la fame, poi t’ha nutrito di manna che tu non conoscevi e che i tuoi padri non
avevan mai conosciuta, per insegnarti che l’uomo non vive
soltanto di pane, ma vive di tutto quel che la bocca dell’Eterno avrà ordinato. Il tuo vestito non ti s’è logorato
addosso e il tuo piede non s’è gonfiato durante questi quarant’anni. Riconosci dunque in cuor tuo che, come un uomo
corregge il suo figlio, così l’Iddio tuo, l’Eterno, corregge te.
Guardati bene dal dimenticare il tuo Dio, l’Eterno, al
punto di non osservare i suoi comandamenti, onde non avvenga, dopo che avrai mangiato a sazietà e avrai edificato
e abitato delle belle case, dopo che avrai veduto il tuo grosso e il tuo minuto bestiame moltiplicare, accrescersi il tuo
argento e il tuo oro e abbondare ogni cosa tua, che il tuo
cuore s’innalzi, e tu dimentichi il tuo Dìo, l’Eterno, che ti
ha tratto dalla casa di schiavitù; che t’ha condotto attraverso questo grande e terribile deserto, pieno di serpenti
ardenti e di scorpioni, terra arida, senz’acqua; che ha fatto sgorgare per te dell’acqua dalla durissima rupe; che nel
deserto t’ha nutrito di manna che i tuoi padri non avevan
mai conosciuto, per umiliarti e per provarti, per farti, alla
fine, del bene. Guardati dunque dal dire in cuor tuo: ’La
mia forza e la potenza della mia mano m’hanno acquistato queste ricchezze’; ma ricordati dell’Eterno, dell’Iddio
tuo; poich’egli ti da la forza per acqidstar ricchezze, affin
di confermare, come fa oggi, il patto che giurò ai tuoi
padri.
Ma se avvenga che tu dimentichi il tuo Dio, l’Eterno, e
vada dietro ad altri dèi e li serva e ti prostri davanti a loro, io vi dichiaro quest’oggi solennemente che certo perirete. Perirete come le nazioni che l’Eterno fa perire davanti a voi, perché non avrete dato ascolto alla voce dell’Eterno, dell’Iddio vostro.
Deuteronomio 8: 2-5 e 11-20
mente di tipo filosofico: sono di tipo pratico; perché credere in
Cristo crocifisso e risorto vuol dire cambiare la propria vita,
profondamente: e chi ha voglia di cambiarla? Soprattutto quando i credenti non l’hanno cambiata quasi per niente?
Non un Cristo addomesticato dobbiamo portare all’italiano
di oggi: ma un Cristo autentico, portato da evangelici disposti
fi vivere l’Evangelo.
Questo compito della predicazione noi Io condividiamo con
altri movimenti nati per predicare, in questa nostra Italia, tra
l’8 e il 900.
Occorre dunque procedere con fermezza e coraggio a una
integrazione della chiesa valdese con tutto il protestantesimo
italiano. Uso qui appositamente la parola « protestantesimo »
anziché quella più cortese e meno angolosa di « evangelismo ».
E c’è un motivo: malgrado il 12 maggio, l’Italia è cattolica, anche quando è atea: l’Italia scrive talvolta la parola « Dio » con
la minuscola, ma scrive « Chiesa » sempre con la maiuscola.
In questa Italia cattolica, non c’è posto per un evangelismo
generico, né per una dispersione di gruppuscoli evangelico-anticlericali: c’è posto per una chiesa riformata, che si collochi consapevolmente in dialettica con l’integralismo cattolico e lo scetticismo romano.
Una chiesa diversa dalla Chiesa a cui si appella Pier Paolo
Pasolini k
Su questa strada, la decisione più seria del sinodo 1974 è
L
e chiese valdesi romane hanno avuto ultimamente
__ alcune manifestazioni per ripensare l’8° centenario
del movimento valdese; ne abbiamo riferito nel numero
scorso. Accanto a due conferenze) del prof. Raul Manselli e del prof. Valdo Vinay, organizzate dal Centro
evangelico di cultura) la domenica 24 novembre si è tenuto nel tempio di Piazza Cavour un culto, cui hanno
partecipato evangelici di tutte le chiese romane) presieduto dal past. Giorgio Bouchard. Siamo lieti di poter
pubblicare qui la sua vigorosa predicazione.
stata l’approvazione di massima del progetto di integrazione globale tre le chiese valdesi e metodiste: nessuno ne dia un’interpretazione banale: è un passo avanti verso la costruzione d’una
minoranza protestante significativa in Italia. Altri passi dovranno seguire.
Lo scopo non è l’edificazione d’un «unico ovile» evangelico:
di ovile ce n’è uno solo (Giov. 10), ed è il Regno di Dio: gli altri
sono falsi. Ma uno scopo c’è: ed è la costruzione d’una comunità di vita e di confessione della fede fra tutti i protestanti italiani: questa comunità potrà e dovrà essere libera e articolata:
ma deve pure prendere forma.
A questo scopo, noi valdesi mettiamo a disposizione la nostra storia di sconfitte, e diciamo agli altri evangelici: vedete
voi che cosa di questa storia può servirvi: forse qualche strumento (la facoltà, la Claudiana, il sinodo, agape, le valli) forse in\^ce
solo qualche lezione: non una lezione di testimonianza (sarebbe
la manna di ieri, che è scaduta): ma proprio la lezione delle nostre sconfitte può servire a tutti in un’op>era che sarà impopolare, minoritaria, combattuta e derisa.
* •ft’
A proposito di sconfitte: c’è anche qualcun altro con cui
dobbiamo parlare tutti insieme: è l’avanguardia del rinnovamento cattolico.
Mentre noi cerchiamo la nostra strada, nel deserto c’è anche un’altra tribù che sta passando: è la tribù dei « cattolici del
dissenso »: il suo modo di mangiare la manna (cioè di leggere la
Bibbia) ci disturba un po’, e a volte abbiamo la sgradevole impressione che questi riformatori cattolici sappiano bensì cos’è
il 7 novembre, ma ignorino il 31 ottobre
D’altra parte non si può dire che si tratti di una tribù di
Madianiti (al massimo è la tribù di Dan: un po’ instabile, e madre di quel Sansone che era bensì forte e coraggioso, ma finì
sconfitto dai Filistei: e anche oggi si profila in Italia una vittoria dei moderni filistei...): è anche quello un popolo di credenti:
e il tratto di cammino che sta facendo, non è anche il nostro?
Nella via del discepolato cristiano non ha forse qualcosa da
insegnarci? Non ci può essere, con questi fratelli, uno scambio
di esperienze, di critiche, di stimoli?
In questo senso, penso che il Sinodo abbia operato saviamente decidendo di partecipare al lancio di COM-Nuovi Tempi
(senza con questo avallare in anticipo tutti i suoi titoli e tutti i
suoi editoriali...): lì c’è un talento che dev’essere aiutato a dare
il suo frutto.
* * *
E infine, la cosa più importante: urge una nostra testimonianza solidale nel mondo del lavoro.
Non un dialogo con le ideologie: a quello pensano i filosofi.
Non un incontro di organizzazioni: a questo pensano i burocrati. Ma: un incontro con gli uomini reali, nella loro vita quotidiana e nel loro movimento storico:
— gli edili di Roma, e non solo quando ci costruiscono una casa;
— gli operai della Fiat, e non solo quando si rompe l’auto;
— i contadini del Sud, e non solo quando andiamo-in vacanza.
In questo incontro ci lascieremo magari istruire un po’ dalle
migliaia di lavoratori che sono la vera parte dimenticata delle nostre chiese.
E questo ci riaprirà il colloquio col popolo italiano, che è lo
scopo della nostra presenza: quel popolo a cui la Parola di Dio
è stata sequestrata: perché è qui, nel p>ortare l’Evangela al popolo
italiano, che sta .tutta la nostra vocazione.
•k -k *
Questi i compiti: li affronteremo?
Riuscirà questa nuova traversata del deserto?
Sia lecito rispondere, in base a una convinzione profonda e
sofferta: SI’, riuscirà.
Non per tutti: alcuni — molti? — resteranno a terra, come
dice Paolo nella lettera ai Corinzi (cap. 10, versetto 5).
Ma il passaggio avverrà.
E quando saremo morti — non prima, perché non siamo meglio di Abramo e di Mosè — i nostri figli, cioè il popolo dei credenti di domani, potranno dire di sé stessi e di noi: « il tuo vestito non ti si è logorato addosso, e il tuo piede non ti si è gonfiato durante questi quarant’anni ».
E ne sapranno anche il perché, come noi lo conosciamo e lo
confessiamo con le parole di Gesù: « perché l’uomo non vive soltanto di pane, ma di ogni parola che procede dalla bocca dell’Eterno ».
Giorgio Bouchard
^ Sul « Corriere della Sera » del 22/9/74 (/ dilemmi di un papa, oggi);
Pasolini, dopo aver espresso intelligente simpatia per Paolo VI, invita la
chiesa ad « essere la guida,, grandiosa ma non autoritaria, di tutti eoloro
ehe rifiutano (...) il nuovo potere consumistico », « riprendendo una lotta
che è peraltro nelle sue tradizioni (la lotta del Papato contro l’Impero), ma
non per la conquista del potere ». Attaccato (a nostro parere a torto) da
« L’Osservatore Romano », Pasolini ha insistito nel suo appello. Cfr. Chiesa
e potere, in « Corriere della Sera » del 6/10/74.
^ Nota, speriamo superflua : il 31 ottobre è la data che indica l’inizio
della Riforma protestante. Il 7 novembre, data consecutiva alla chiusura del
primo sinodo dei vescovi, ha dato il nome a un movimento di riformismo
cattolico molto interessante, oggi in crisi.
FACCIAMOLI LEGGERE
La simpatica collana 8-13 di
Vallecchi, di cui avevamo già
segnalato i primi libri, si è
arricchita di molti altri racconti che dovrebbero incontrare
l’interesse di questi nostri primi lettori. Segnaliamo lo spassosissimo Il ragazzo Grimble
di Clement Freud (L. 1.800), il
nipote del celebre psicanalista;
vive a Londra e si occupa tra
l’altro di programmi della BBC
e della TV dove questo suo libro ebbe grande successo. È
un racconto in chiave umoristica, ma chi provoca le situazioni buffe non è tanto Grimble
stesso, tm ragazzino mite, quanto piuttosto i suoi genitori, due
tipi che amano viaggiare e lo
lasciano, sommerso di messaggi e di panini impottiti, a farsi la sua vita autonoma. Sogno
di molti coetanei di Grimble e
anche di... molti genitori giovani!
U. Moray Williams racconta
Le nove vite del gatto Menelao
che, nuovo Robinson, approda,
dopo un naufragio, su un’isola
deserta dove approda pure, a
nuoto. Miss Pettlfer che detesta i gatti. Sono avventure divertenti per le prime letture.
Un racconto molto fine, tra
fiaba e realtà, è Marno e i ladri di tempo di Michael Ende
(L. 2.300); TA., figlio del pittore
tedesco surrealista Edgard Ende, vive ora nei pressi di Roma. Momo è una bimba senza
nessuno, che non possiede nulla. Possiede solo la capacità di
ascoltare gli umili guardandoli
in modo tale che essi ritrovano sé stessi. I ladri di tempo
sono invece gli uomini di questa società frenetica che non
offre più tempo (lo ruba) per
essere sé stessi. Gli esempi sono chiari, semplici, anche magici a volte o ricchi di suspence e fanno capire ai giovani il
vuoto di una società che succhia gli uomini e se li appropria promettendo una felicità
a lunga scadenza, in realtà costringendoli a una vita sbagliata. Un libro originale e di valore, premiato con il Jugend
buchpreis.
In L’enigma bianco Jacob
Popper (L. 2.300) racconta una
prima spedizione scientifica al
Polo Sud, avvenuta nel 1897
con la nave « Belgica ». Quella
spedizione, cui avevano partecipato Amundsen, Cook e il
naturalista rumeno Rakovitza,
aveva costeggiato la banchisa
dell’Antartide (L’Enigma bianco), allora ancora inesplorata.
La prigionia della nave fra i
ghiacci per un intiero anno aveva permesso molte ricerche
che hanno servito poi di base
alle successive esplorazioni.
Oggi l’Antartide sta perdendo
il suo mistero, non è più un
enigma, e queste prime scoperte acquistano il fascino delle
gesta dei pionieri.
***
La collana più impegnativa
di libri per adolescenti mi pare
quella che Vallecchi ha chiamato Teens, cioè l’epoca fra i
10 e i 20 anni. Comprende libri
da L. 1.700 l’uno in una chiara
composizione e in bella veste
tipografica con illustrazioni nel
o fuori testo, che si potrebbero quasi definire dei « saggi »
adatti alla gioventù e che affrontano in modo molto vivace problemi di ogni genere.
Abbiamo letto per voi: R. P.
JoNEH, Jazz, rendendoci conto
come questa musica a volte
biasimata o considerata un
modo come un altro per divertirsi un po’ pazzamente, segua tutta la storia del popolo
negro americano, le sue vicende, dalle piantagioni del Sud
alle adunanze dei pastori del
Risveglio, abbia i suoi grandi
nomi e i suoi luoghi sacri, esca
proprio dalla esperienza della
schiavitù e additi una speranza
che ci accomuna tutti. Sta alla
generazione giovane di saperla
Berta Subilia
(continua a pag. 8)
6
pag. 6
CRONACA CELLE VALLI
N. 48 — 6 dicembre 1974
Alle Valli oggi
ASSEMBLEA APERTA DELLA
Meglio Napoleone
che Malfatti
L’onorevole Picchioni, deputato der
mocristìano, assessore all’istruzione
della provincia di Torino, ha illustrato in alcune città del Piemonte i Decreti Delegati; con quale spirito e
quale intenzioni lo ha detto G. Gardiol sull’ultimo numero del nostro
giornale.
E’ chiaro che la Democrazia Cristiana utilizzerà i Decreti Delegati per
mantenere la sua politica scolastica di
controllo della cultura e dell’educazione. A confermarlo c’è nel nostro piccolo la presa di posizione della curia
pinerolese; in un suo intervento sull’Eco del Chisone, il vescovo ha sottolineato l’importanza della battaglia
in corso.
Quando l’onorevole Picchioni, nella
sua conferenza ha detto che nella scuola ’’dobbiamo esserci, non ha specificato di chi parlasse ma si capiva. 1
cittadini, i genitori, ma sopratutto noi,
che ci siamo sempre stati, il nostro
partito progressista e popolare, la Democrazia Cristiana dei prof. Fanfani
e Moro.
Ma intendiamoci, stare dentro in una
cosa nuova, rinnovata. Pareva, a sentirlo, essere alla vigilia di una grande
rivoluzione: attorno al nuovo Distretto Scolastico stava nascendo una nuova Italia sotto il profilo sanitario, educativo, sportivo, un’Italia che esplodeva dì nuove fòrze, di iniziative, di democrazia, di responsabilizzazione.
Ed intanto il pensiero andava alla
scuola com’è, a quello che i ministri
democristiani hanno saputo fare in 30
anni di lavoro.
Una riforma gestita alla Democristiana insomma, per cambiare senza
intaccare le realtà che stanno sotto. Un
parlare di sommovimenti per lasciare
le cose come stanno.
C’è di più, un parlare di cose che
non si conoscono: di libertà quando si
ha la mentalità autoritaria, di educazione quando si vuole che la gente obbedisca senza discutere, di formazione quando si spera che la gente viva
nell’ignoranza. In un momento di oratoria particolarmente felice l’onorevole Picchioni ci ha fatto balenare dinnanzi la grande battaglia dei Decreti
quasi fossimo s. Giorgio in lotta col
drago; il mostro abominevole, da uccidere era la scuola tradizionale, in
cui il potere viene dall’alto, centralizzata, tutto nei vertici, autoritaria... la
scuola napoleonica.
Il simbolo di questa scuola, pensate
forse trovarlo in Italia, oggigiorno?
Troppo facile, è nella Francia dell’anteguerra. Quel ministro dell’istruzione
che, ad un amico venuto nel suo ufficio, dice, con vanto ed orgoglio:
"amico in questo momento, ore 10.30
in tutti i licei di Francia si sta leggendo Racine, e gli scolari sono giunti all’atto terzo, verso...” ed il ministro si
mette a declamare il testo del grande
poeta, lo stesso che in quel momento
tutti i liceali di Francia stanno recitando. Questa è la scuola napoleonica,
l’aberrazione di un autoritarismo di
verticismi senza libertà.
Non ci avevo mai pensato. Sarà.,
mentalmente però andavo agli anni
della mia infanzia... e mi è venuto immediato di dirgli: ’’Onorevole, la
scuola di Napolenone la lasci dov’è,
il nostro paese, suo e mio, la scuola
deve ancora scoprire cos’è. Quella che
Lei ha frequentato, e le ha dato la sua
laurea, non è una scuola napoleonica
ma una scuola democristiana. Autoritaria ed inefficiente non centralizzata
e positivista.
Tutt’altra cosa! Lei si illude di superare con la rivoluzione Malfatti la
scuola napoleonica, non sa più cosa
farsene, capisco, ma il motivo è semplice, in quella scuola né lei ne i suoi
coetanei, né i nostri figli, ci sono mai
entrati, deve ancora arrivare da noi!
Non faccia come i gesuiti che criticano Dewey da sinistra! Creda a me,
che ho recitato Racine alle 10.30 nella
Francia del Fronte Popolare di Leon
Blum, dove non era ministro Malfatti
e non si cominciava la lezione con le
preghiere all’angelo custode ed a Maria Vergine, ma si faceva educazione
civica, creda a me napoleonica così
vorrei che diventasse la nostra scuola
invece di essere quello che è: strumento di educazione medievale con pattuglie di gente che sogna un nuovo
mondo. Giorgio Tourn
Comunità Montana Val Pollico
Martedì 3 dicembre, dalle ore 21 alle ore 24, si è svolta, presso la sala
consiliare del Comune di Torre Pellice, una assemblea aperta indetta dalla Comunità Montana Val Pellice. La partecipazione popolare è stata numerosa:
la sala consiliare, infatti, era gremita, il che dimostra che una parte almeno
della popolazione della Valle intende partecipare attivamente alle scelte riguardanti la zona in cui essa vive.
L’assemblea è stata aperta dal Presidente della Comunità Montana,
Arch. Piercarlo Longo, il quale ha illustrato come e in quali settori intende operare la Comunità Montana con
lo stanziamento di L. 151 milioni concesso dalla Regione Piemonte. I campi d'intervento progettati sono i seseguenti: a) Agricoltura: creazione di
un ufficio tecnico che si metta a disposizione dei contadini per aiutarli a
svolgere le numerose e complicatissime pratiche per poter ottenere i contributi stanziati dalla Regione per l’agricoltura; b) Turismo; sviluppo di un
turismo che rispetti le caratteristiche
naturali ed ambientali della Valle;
c) Trasporti : creazione di una commissione di studio che esaminerà le soluzioni migliori per favorire maggiori e
più adeguate comunicazioni tra i vari
Comuni; d) Creazione di un asilo nido
a Torre Pellice; e) Istituzione di una
équipe psico-medico-pedagogica per la
tutela della salute nell’età evolutiva:
dal gennaio 1975 verrà costituita una
équipe locale pluridisciplinare, comprendente uno psicologo, uno psichiatra, un coordinatore di gruppo animazione attività espressive, uno psicopedagogista, un logopedista, un pediatra, un internista, un odontoiatra, un
ortopedico, una collaboratrice sanitaria, un’assistente sociale, la responsabile del servizio sociale di zona della
Comunità Montana. Quest’équipe, dunque, dovrebbe intervenire a tutti i li
velli e lavorare in stretto collegamento con le scuole e gli istituti per minori, al fine di assicurare il completo benessere psico-fisico e sociale dell’individuo.
Circa queste scelte fatte dalla Comunità Montana, il pubblico è stato
invitato a dare il propiro pàrere. Gli
interventi sono stati pochi, ed è difficile dire se il silenzio della maggioranza era dovuto ad un tacito consenso sugli indirizzi presentati, oppure a
un disagio diffuso per il fatto che comunque le scelte sono già state fatte
senza una reale consultazione della base della popolazione locale. Ciò è stato rilevato dall’intervento di due rappresentanti sindacali i quali hanno lamentato il fatto che la Comunità abbia deciso di intervenire in determinati settori senza aver interpellato prima te organizzazioni sindacali e gli
operatori di questi settori. In questo
modo saranno certamente sfuggiti all’attenzione della Comunità certi problemi reali ed immediati che andrebbero risolti con urgenza.
È auspicabile che la Comunità tenga conto di queste osservazioni affinché essa sia o diventi effettivamente,
come lo prevede lo Statuto, uno strumento gestito direttamente dalla popolazione della Val Pellice, che permetta ad ogni cittadino di essere soggetto della propria storia.
Jean-Jacques Peyronel
P I N E R O L O
Convegno sulTagricoltura
Applauditi Stella e Chiabrando ma non dai contadini
La sera del 22 novembre 1974 ha avuto luogo a Pinerolo presso il cinema
Roma un convegno sull'agricoltura organizzato dalla locale sezione DC e dalla
Coltivatori Diretti. I temi ufficiali del convegno erano i provvedimenti regionali in favore dell'agricoltura ed i futuri piani zonali. Nella realtà, come diceva
un volantino distribuito all'entrata da contadini di Garzigliana e Cavour, questi convegni iniziati domenica 17 c. m. a Bricherasio non avevano più avuto
luogo dall'inizio del 1970 guarda caso alcuni mesi prima delle elezioni regionali, per riprendere alcuni mesi prima ----------------------
delle elezioni regionali del 1975...
Dopo l’introduzione del segretario
della sezione DC, il quale affermava
Timportanza deU’agricoltura in Italia
(è vero che per loro è importante perché significa alcuni milioni di voti), il
segretario di zona della Coldiretti invitava alla presidenza del convegno
l’on. Stella presidente della Federazione torinese che, invece di fare il solito
lungo discorso carico di retorica paternalistica, dava quasi subito la parola al suo più abile amico Chiabrando assessore regionale dell’agricoltura, capo-gruppo consigliare DC a Pinerolo e segretario provinciale DC. Egli
informava che la Regione regalava 43
miliardi all’agricoltura da spendere
con l’assessorato e l’assessorato con
gli agricoltori (?).
Questa legge, secondo Chiabrando, è
molto più democratica dei vari Piani
Verdi (in parte è vero) perché i soldi
possono prenderIT solo i veri contadini (naturalmente sono veri contadini
anche i conti e marchesi della zona) e
poi hanno la precedenza i giovani sotto i 45 anni (non ha detto quanti sono
ancora nei 25 comuni di montagna, nei
12 di collina dell’area pinerolese).
Per quanto riguarda i Piani'Zonali
ha lasciato capire che saranno naturalmente ben fatti se a farli sarà la DC e
Id Coldiretti.
Dopo la lunga e abile esposizione di
Chiabrando che però è stata una propaganda, sono seguiti gli interventi tutti critici verso la Coldiretti e la DC, solo uno a favore ed è stato non di un
contadino ma di una impiegata della
Regione la quale asseriva che il volantino in distribuzione all’entrata non era
fatto da contadini perché secondo lei i
contadini non hanno motivo di criticare
la Coldiretti (questo è vero ma vale solo più per i contadini che credono sia
la Coldiretti che dà la pensione e fa
avere la mutua, grazie al cielo però i
contadini con gli occhi bendati diminuiscono e quindi anche i tesserati alla
Coldiretti).
A chi chiedeva di parlare dell’aumento dei concimi e delle macchine, Chiabrando rispondeva in modo inesatto
dicendo che i prezzi si stabiliscono nelTambito del Mercato Comune mentre
invece a decidere è il Comitato Interministeriale Prezzi (CIP). A proposito
dell’ultimo aumento pare che il CIP,
per accertare l’effettivo aumento dei
costi produttivi, abbia accettato la
elaborazione dei tecnici della Montedison e delTAnic... questo Chiabrando
non Tha detto probabilmente perché
non era in programma... e non ha risposto neppure a chi proponeva alla
DC di spostare i soldi impiegati nelle
autostrade alTagricoltura.
I dirigenti della Coldiretti e DC hanno ascoltato impassibili le critiche perché sanno che se anche il contadino si
arrabbia può essere ricuperato proprio per la sua vita isolata e la non
conoscenza dei problemi oltre naturalmente ai vari condizionamenti ai
quali è ancora soggetto.
Positivo di questo convegno il fatto
che nelle prime file ad applaudire i
discorsi DC-Coldiretti non fossero i
contadini ma gli impiegati regionali,
i corrispondenti della Lanterna, e gli
impiegati di certe banche.
Sarà forse un primo segno di maturità dei contadini? Speriamo.
Mauro Gardiol
Venerdì 6 dicembre, ore 21, nella
sede del Centro d’incontro (presso il
Municipio) indetta dalla Amministrazione Comunale di Torre Pellice, si
terrà una riunione informativa sui
nuovi organi collegiali della scuola.
Nel corso della seduta sarà illustrata la composizione dei vari organi collegiali, le modalità delle votazioni ecc.
Seguirà un libero dibattito.
SCHEDA
Uassistenza
sanitaria nel pinerolese
SITUAZIONE LOCALE
Molto si è parlato, negli ultimi tempi, di problemi riguardanti la salute, l’assistenza sanitaria, la prevenzione delle malattie, i deficit degli
Ospedali, i debiti delle mutue.
Il movimento dei lavoratori si è dato alcuni obiettivi primari da ragpungere, quali la sicurezza sul lavoro, la tutela della maternità e della
infai^ia, l’assistenza agli anziani, la lotta contro le malattie mentali, il
miglioramento delle condizioni sanitarie dei centri urbani, etc.
Vediamo come questi argomenti sono stati affrontati nel Pinerolese.
Tutela della salute nelle fabbriche
Le grosse conquiste contrattuali di tutte le maggiori categorie di lavoratori rappresentate dalla possibilità di svolgere indagini sulla nocività
dell ambiente di lavoro attraverso questionari di gruppo, rilevazioni di
dati ambientali e quindi dell’istituzione dei libretti Sanitari e dei Registri
di dati ambientali, sono rimaste sulla carta per la mancanza assoluta nella nostra zona di personale qualificato e di attrezzature scientifiche fornite da strutture pubbliche in grado di eseguire tali rilevazioni.
Eppure nel Pinerolese vi sono da un lato fabbriche con altissime percentuali di polveri (Talco Grafite, Fonderie, Beloit, Riv, Indesit), acidi,
umidità, industrie tessili (Giitermann, ETI Vallesusa, Wideman), dall’altro piccole fabbriche e piccole aziende agricole che « producono » un
grande numero di infortuni sul lavoro.
Assistenza aH’infanzia
A PINEROLO esiste 1 solo asilo nido, con 48 posti.
Questo dato sembra commentarsi da solo.
Per quanto riguarda la scuola materna, circa il 50% dei posti disponibili è gestito da enti religiosi.
Non esiste nessun servizio pubblico di fisioterapia e di logoterapia,
per cui tutti i bambini handicappati devono affrontare disagevoli trasferte per questa terapia di riabilitazione.
Assistenza agli anziani
A Pinerolo la percentuale di « anziani » è più alta che nell’intero territorio nazionale (26,63%, contro il 20% circa). Eppure non esiste un piano coor(ffnato di interventi sia in campo sociale che in campo sanitario
per l’assistenza all’anziano. Non esiste un reparto di pediatria nell’Ospedale, pome è previsto dalla legge ospedaliera. Esiste, è vero, la possibilità di iscriversi al Veloce Club per gli amanti del gioco delle bocce.
Ginecologia
Esiste in Pinerolo un esempio che sarebbe senz’altro da imitarsi per
quello che riguarda la medicina per la donna : « Il Centro Demografico ».
Notevole è l’attenzione che questo servizio pone ai reali problemi della
donna e ad una gestione dal passo della salute. Il problema grave è che
questo servizio è gestito da privati e gli enti locali non si preoccupano
molto della salute della donna.
Lotta contro le malattie mentali
Si pensava che l’apertura del nuovo reparto Neurologico presso l’Ospedale Civile da parte della Provincia fosse il primo passo per l’istituzione di un « settore psichiatrico ». Oggi a più di 2 anni da questo « storico » avvenimento, di settore se ne parla sempre meno, la Direzione dell’Ospedale dà disposizioni tassative di non ricoverare malati psichiatrici
nel reparto neurologico; e il decentramento dell’assistenza psichiatrica,
inteso in primo luogo come assistenza al malato nel suo ambiente, e non
come detenzione o, peggio, come contenzione non viene attuato in nessuna maniera.
Gli ospedali e le mutue
Si può dire che oggi in Italia mancano gli ospedali, perché le condizioni di salute sono insoddisfacenti, e finiscono in ospedale troppi casi
di malattie che potrebbero essere oggetto di misure preventive o di terapie esterne (domiciliari o ambulatoriali), meno costose e più tempestive. In questa prospettiva si può affermare che, almeno nell’Italia Settentrionale, costruire nuovi ospedali senza adottare contemporaneamente
misure di prevenzione efficaci e potenziare radicalmente le strutture sanitarie extra-ospedaliere, chiaramente insufficienti (come abbiamo cercato di dimostrare per quel che riguarda la nostra zona), significa unicamente dilatare enormemente la spesa per la sanità, con scarsi o nulli
benefici per i lavoratori. Eppure sono presenti forti pressioni per ingigantire ancora le strutture ospedaliere: la politica di prestigio e di potere di molte amministrazioni locali, pressioni da parte di chi ha interesse ad istituire nuovi posti da primari, la concezione dell’ospedale come azienda.
Un solo esempio a livello locale: presso l’Ospedale Civile di Pinerolo
stanno per essere ultimati i lavori di allestimento della sezione di rianimazione: chi lavora in Ospedale sa che il giorno successivo all’inaugurazione di tale sezione, questa sarà chiusa e le apparecchiature molto
costose saranno imballate e messe in cantina, chissà fino a quando. Eppure la Regione ha stanziato dei fondi per questo scopo, senza preoccuparsi di altro se non di poter vantare l’istituzione di un centro di rianimazione nella provincia (inutilizzato!).
Da
documento della Commissione Sanità CGIL-CISL-UIL.
Comunioato
Si ricorda a lutiti i coltivatori diretti che
al 31 dicembre 1974 scadono i termini per
la presentazione alla Regione Piemonte — Assessorato Agricoltura e Foreste — delle domande di concessione dei premi per la nascita e l’allevamento bovini da ingrasso e da
riproduzione, di cui alle Leggi Regionali
n. 17 e 19 rispettivamente del 2.7.74 e
5.7.74.
I premi di cui sopra consistono ;n :
1) L. 50.000 per ogni capo bovino portato a 400 Kg. se maschio e a 350 Kg. se
femmina, oppure fino alla eruzione dei denti
picozzi da adulto (nel caso in cui l’allevatore
sia in possesso de)la bolletta di fecondazione).
2) L. 50.000 per ogni capo bovino portalo a 420Kg se maschio e 360 se femmina
(nel caso in cui non ci sia bolletta di fecondazione).
3) a) L. 70.000 per ogni vitella, destinata alla rimonta portata fino al primo parto
e alla eruzione dei denti picozzi da adulto,
anche senza presentazione della bolletta di
fecondazione;
6) L. 40.000 per ogni vitella nata da
vacca iscritta al libro genealogico;
c) indennizzo di L. 30.000 per le vitelle
nate da vacche di razza piemontese utilizzate
per le prove di progenie.
d) i premi e l’indennizzo di cui ai punti
a), b) e c) possono essere cumulati.
Si precisa che i vitelli e le vitelle oggetti
del premio devono esere nati successivamente alla data del 30/6/74 ed entro il 31/12/74.
Gli allevatori interessati dovranno rivolgersi al Veterinario operante nel proprio Comune, il quale provvederà alla individuazione dei vitelli aventi diritto al premio ed alla
compilazione dell’apposito modulo.
L’Ufficio Tecnico della Comunità Montana è a disposizione per ogni ulteriore chiarimento.
Il Presidente :
(Longo Arch. Piercarlo)
#
Ad Angrogna convegno FGEI su
La gestione dell'assistenza
Dopo il convegno di Prarostino del
5 maggio in cui si era iniziata una riflessione sul significato della presenza evangelica nel pinerolese (con una
relazione di Sergio Rostagno poi pubblicata su Gioventù Evangelica) e rincontro di Pradeltorno (23 maggio) sul
problema della controinformazione, il
convegno autunnale ha proposto all’esame dei gruppi (la partecipazione è
stata molto buona: circa 60 presenti)
il tema della gestione dell’assistenza
con particolare riferimento alla situazione del pinerolese.
Dopo il culto con la comunità di Angrogna presieduto dal pastore B. Rostagno (il testo del suo sermone sarà
pubblicato sul prossimo numero) ed
un breve cenno alla situazione dei
gruppi presenti, il tema del convegno
è stato presentato nel pomeriggio a
cura del Gruppo Teatro Angrogna che
ha svolto un’accurata ricerca in vista
di una prossima rappresentazione teatrale.
La relazione ha offerto soprattutto
una documentazione aggiornata della
storia dell’assistenza in Italia a partire dall’unità d’Italia (1860) in cui si
registra il primo tentativo di controllo delle istituzioni assistenziali per
mezzo di una legislazione unitaria.
La funzione degli enti di assistenza
è stata situata molto bene nel contesto socio-politico e in quello del mercato del lavoro in cui sono sorti man
mano i vari enti ed istituti. Si è cosi
potuto notare come l’intera organizzazione dell’assistenza in Italia, di ieri
e di oggi, sia un enorme carrozzone in
cui la speculazione ed il profitto sono
le molle che hanno fatto scattare il
congegno della moltiplicazione degli
enti (oggi circa 50 mila).
Ma la grande svolta nell’assistenza
in Italia è avvenuta soprattutto durante il regime fascista che ha favorito non solo il fiorire di enti ed associazioni (anche a carattere folkloristico: si pensi ad esempio alla «befana fascista »; al « natale del duce »,
ai « premi di natalità per parti multipli ») ma che con il Concordato fra
Santa Sede e governo fascista permise l’avallo di tutta quanta la struttura
assistenziale ecclesiastica (si vedano
gli artt. 29-30-31 del Concordato).
Man mano che si procede ad un’analisi, per quanto approssimativa, delle
rendite patrimoniali degli enti assistenziali in Italia, si vede subito come
dietro la facciata della beneficenza
si cela l’interesse privato e quindi la
emarginazione e lo sfruttamento degli
assistiti. Questa indagine dovrà ancora essere aggiornata a livello locale
dove non mancano esempi di speculazione e di emarginazione.
Si è infine sottolineata ancora una
volta l’urgenza di aprirsi ai contatti
con le organizzazioni operaie, con i
sindacati, in modo che il discorso dell’assistenza non venga fatto senza di
loro come fino ad oggi è successo (cfr.
dibattito sinodale sulla CIOV).
Molti interventi hanno poi denunciato la politica assistenziale della
CIOV (erano presenti anche alcuni dipendenti) ma non è stato possibile un
dialogo dato che la CIOV è sempre
assente quando si affrontano questi
problemi. e. g.
7
6 dicembre 1974 — N. 48
Vita, problemi, prospettive delle chiese valdesi
pag. 7
DIBATTITO
Torniamo al culto
Paolo Ricca, dopo aver commentato
positivamente l’articolo di Tullio Vinay sull’invito a tornare al culto (vedi
n. 41), ha posto un interrogativo: « torniamo al culto, ma a quale culto? »
(vedi n. 42) che ha suscitato alcune risposte (vedi n. 45).
Esse sono venute, per ora, tutte dalla parte di coloro che alla chiesa sono
profondamente affezionati e che hanno frequentato sempre i culti come li
frequentano attualmente. Dall’altra
parte, nessuna risposta.
Roberto Nisbet dice che le forme di
culto hanno un’importanza relativa e
« non è detto che cambiando liturgia
vedremo ritornare quelli che si sono
allontanati. Quello che conta è che
l’amore per il Signore torni a vibrare
nei cuori ed allora, come immediata
conseguenza sentirà anche l’amore per
i fratelli e si avrà piacere di ritrovarsi con loro per celebrare il culto al
Signore ».
Se la prima parte di queste affermazioni mi trova consenziente, per la seconda parte avrei da fare un’osservazione. A me pare che in molti di coloro che si sono allontanati dal culto
l’amore per i fratelli ci sia, forse non
specificatamente per quelli che frequentano i culti, ma per tanti altri che
sono pure fratelli! Tullio Vinay ci dice
molto giustamente che, se costoro
avrebbero bisogno di tornare al culto
per alimentarsi della Parola eterna del
Signore, e lodare il suo Nome, noi (che
in chiesa continuiamo ad andarci),
avremmo tanto bisogno di loro per
non rimanere sclerotizzati nelle nostre
comunità. Coloro che frequentano il
culto non dovrebbero solo sentire la
necessità del ritorno degli altri, facendosi forti dell’invito di Vinay, ma anche percepire l’appello che questi altri hanno rivolto, nel passato con le
loro critiche anche dure ed oggi, con
la loro assenza, alle comunità affinché
non si accontentino dell’adorazione
comunitaria del culto, ma facciano
scaturire da questa un impegno urgente e costante nell’amore per i fratelli.
Non è forse questo anche l’appello che
tutto il ministerio di Tullio Vinay, nelle sue diverse forme ma nella sua costante fedeltà al Signore, ci rivolge?
Lo percepiamo noi questo appello, ne
sentiamo il bisogno? 0 stiamo bene
così come siamo?
E ancora un’ultima domanda: Nessuno di quei fratelli che con il loro
comportamento ci dicono in fondo:
« chi non ama il suo fratello che ha
veduto, non può amare Dio che non ha
veduto » (I Giov. 4: 20), vuole rispondere all’articolo di Tullio Vinay? Solo
confrontandoci così, gli uni e gli altri,
in profonda umiltà, facendo di questo
confronto oggetto di preghiera (come
dice Nelly Rostan) potremmo cominciare ad imparare gli uni dagli altri ed
a riconoscere la diversità dei doni ed
i limiti del nostro pensare e del nostro
agire. Potremmo anche toccare il fondo del problema del culto e soprattutto cercare insieme quale sia, a questo
proposito, la volontà del Signore il
quale, nella sua infinita misericordia
•e fedeltà ha chiamato gli uni e gli altri secondo il suo piano, forse non
sempre comprensibile, ma sempre piano di salvezza e di amore per tutti i
figli suoi.
Elsa Rostan
—o----------
TORiniO:
tavola rotonda
soli'
Insegnamento
religioso
«olle scuole
_E coiñiÑuñmÑo
Al
l'ORA DI I
crescente numero di fedeli. Le cause
negative, chi le trova nel modo di predicare dei pastori; chi nella forma del
culto, che si vorrebbe modernizzato
(suon di chitarra come guida del canto?); e chi, infine, vorrebbe il culto
maggiormente sensibilizzato ai moderni problemi economico-sociali.
Per quanto mi riguarda, anch’io ho i
miei gusti: ritorno puro e semplice alle sorgenti dell'Evangelo, il quale contiene, per me, tutte le qualità che ho
sempre cercato nella predicazione! Cercherò di spiegare il mio pensiero: Gesù Cristo è morto sulla croce predicando l’Evangelo; Luther King è morto per fedeltà all’Evangelo; Schweitzer
ha speso tutta la sua vita al servizio
dei suoi fratelli, col vangelo alla mano! Questi personaggi mi hanno insegnato qualche cosa! Ebbene, nessuno
di essi volle mai fare della politica.
Gesù, quando i suoi seguaci tentarono di nominarlo capo di una fazione
politica, andò a nascondersi nel deserto. Quando due fratelli lo chiamarono a fare da giudice nella spartizione della eredità paterna. Egli rifiuta
decisamente. Quando Luther King guidò la marcia dei 400 mila, rifiutò la
politica e parlò di forza di amare. Egli
capiva molto bene che se avesse fatto
politica, avrebbe dato ai suoi nemici
l’occasione di provocare una strage; e
non cadde nella tentazione.
Ma in tutte le congreghe vi sono degli impazienti che vogliono fare le cose in fretta! Visto che la chiesa si è
barricata nella fortezza dei ben pensanti, e non intende gettarsi nella mischia politica per risolvere i problemi
della fame e della casa, si agitano e
fanno rumore. Io, in 50 anni di evangelismo ho esperimentato che ogni
qualvolta che la chiesa ha voluto fare
della politica, ha fatto più male che
bene. Perché la chiesa si è rovinata
svuotandosi! Ciò vuol dire che appartenere ad una chiesa, non significa essere tutti dello stesso partito politico.
Io, perché vado in chiesa tutte le domeniche? Lo faccio per un debito di
riconoscenza verso Dio per avermi donato l’Evangelo, ed anche per avere la
gioia di rivedere i miei fratelli. Perciò esorto i miei correligionari a lasciare la politica fuori della porta della chiesa. Naturalmente vi sarà chi ve-de le cose diversamente da come le vedo io, e mi darà torto! Pazienza!
D’accordo che la chiesa deve essere
solidale con i poveri; deve essere umile, con gli umili, ed amarli; deve piangere con chi piange, e ciò dice tutto.
La chiesa deve promuovere la giustizia, con la parola e con l’esempio, e
questo lo può fare senza chiasso e senza scendere a contestare per le vie e
le piazze. Gesù Cristo, il mondo lo vinse con la forza della persuasione e con
l’amore. Non ha fatto politica, ma ha
ammonito i suoi seguaci con la parabola del ricco e di Lazzaro. Cristo ha
saputo vivere con dignità, povero fra
i poveri; quando diceva che le volpi
avevano le loro tane, ma il figlio dell’uomo non aveva una pietra dove posare il capo, voleva essere di esempio
ai suoi seguaci. Possono dire altrettanto certi capi religiosi che pretendono
rappresentarlo sulla tèrra? Più le chiese sono potenti per forza numerica e
capacità finanziaria, più i loro capi sono responsabili delle ingiustizie sociali che travagliano il mondo. Le chiese
maggiormente colpevoli sono quelle
che fanno politica per consolidare il
loro potere e vivere privilegiatamente.
A quelli che tengono il piede sull’acceleratore politico, ricordo quello che
diceva Abramo Lincoln agli impazienti del suo tempo: voi non potete livellare gli uomini, tagliando la testa a
chi l’ha più alta degli altri.
Guglielmo Sellari
Il nostro fonilo di soUiorletò
Nel dare qui appresso un nuovo
elenco di sottoscrizioni, ricordiamo ai
lettori che attualmente il nostro « fondo » è destinato a varie iniziative. Nel
ricordarle, diamo fra parentesi le cifre destinate dai sottoscrittori.
I) Contro la siccità del Sahel e di
altre regioni africane. Il Consiglio ecumenico delle Chiese ha chiesto nuovi
aiuti allo scopo di potenziare i suoi
interventi, atti a curare anche le cause, oltre che gli effetti, di questa
drammatica situazione (L. 143.000).
II) A favore di prigionieri politici
del Sud Vietnam. Anche se i giornali
ne parlano meno (la cosa infatti non
Pomaretto
Giornata degli Amici della Scnola Latina
Domenica 17 novembre si è tenuta a
Pomaretto l’annuale giornata « Amici
della Scuola Latina ». Dopo la partecipazione al culto, per la verità un po’
scarsina, ci siamo ritrovati, molto più
numerosi, al « Bel Sito » per il pranzo (ottimo) in comune.
Nella stessa sala, lasciata compietamente a nostra disposizione, ha fatto
seguito la relazione della Presidente
Signora Itala Beux,
Abbiamo avuto il piacere particolare di avere tra di noi il decano. Pastore Enrico Tron che fu anche insegnante della Scuola Latina; il Pastore Stollreiter; il consigliere Provinciale dott.
Loris Bein e Signora, accompagnati
dalla suocera vedova del compianto
avv. Peyrot, molto affezionato alla
Scuola Latina oltre, naturalmente, al
Presidente della consorella associazione « Amici del Collegio » dott. E. Gardiol; il dott. G. Ribet, Presidente del
Comitato e la Preside della Scuola Media Valdese di Torre Pellice prof. Speranza Tron.
Alcuni di loro ci hanno rivolto dei
vibranti messaggi, particolarmente rivolti ai giovani presenti, incitandoli a
proseguire quest’opera fondata dai nostri padri, rivelatasi valida in passato come altrettanto lo è oggi.
Si è approfittato dell’occasione per
ampliare il Comitato « Amici della
Scuola Latina » nelle persone dei Signori: Dario Pons, Alberto e Alma
Ghigo; dopodiché gli alunni, oltre alla
estrazione della ricca lotteria, magistralmente guidati dall’Insegnante di
musica. Signora Laura Rivoira, ci hanno trascinati tutti quanti nel canto
delle canzoni più belle e più care anche a noi meno giovani.
Inviamo quindi il ringraziamento
più sentito a tutti coloro, alunni compresi, che hanno contribuito a farci
trascorrere una così magnifica giornata e da queste colonne vorremmo far
giungere a tutti i valdesi, l’invito ad
apprezzare e valorizzare l’opera instancabile di questa « nostra gente »
che si dedica con vero spirito di sacrificio alla conservazione di tutti quei
valori che ci hanno distinto in passato e che ci distinguono ancora oggi.
Alcuni partecipanti
(A. A. G.)
Torre Pellice
Vita del Collegio Valdese
ASPIRANTI GIORNALISTI
VISITANO UNA TIPOGRAFIA
Neirambito della Scuola Media Valdese
Pareggiata le attività che si svolgono nelle
ore pomeridiane hanno un aspetto diverso dal
normale doposcuola in quanto oltre alle ore
cosi dette di ricupero in cui vengono approfonditi argomenti o lezioni di difficile comprensione, si svolgono attività nuove come
quella di cui parliamo in questo primo articolo.
Noi, che abbiamo fatto questa scelta, siamo andati a visitare la Tipografìa Subalpina
per vedere come si crea un giornale.
Ricordo di Alfredo
cappellano militare
Rostain
valdese
Sulla « Luce » prosegue il discorso
sulla ricerca delle cause che provocano la diserzione dai culti. Questo movimento di opinioni diverse, ma tendenti allo stesso scopo, mi sembra positivo per la chiesa, perché dimostra
■che il problema viene sentito da un
ffliiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiMiiiiiiiimiiii
A cura del Centro evangelico di cultura di
Torino una tavola rotonda sul tema ; « L'ora di
religione sotto accusa nella scuola di Stato »
avrà luogo sabato 7 dicembre - alle ore 17.30
- nella Sala valdese di Corso Vittorio Emanuele, 23 in occasione della presentazione del libro :
Gruppo di controinformazione ecclesiale
...E continuavano a chiamarla l'ora di religione
Analisi dei libri di testo di religione nella
Scuola media di stato (Ed. Claudiana, Torino,
1974, L. 1.700).
Parteciperanno: Marcelle Vigli, della redazione di COAA-NUOVI TEMPI, insegnante a Roma, don Rodolfo Reviglio, direttore dell'UfFicio
catechistico diocesano di Torino, Giampiero
Margarla delle A.C.L.I.-E.N.A.I.P., e Massimo
Squillacciotti, insegnante al Pontifìcio Ateneo
Salesiano di Roma e coautore del libro.
Moderatore il dr. Aldo Ribet della Comunità
valdese di Torino.
Seguirà libero dibattito. Tutti sono cordialmente invitati,
spiro.
Il 14 settembre 1943 in Montenegro per
un incidente moriva il Cappellano Militare
Alfredo Rostain.
Lo ricordo agli immemori amici di ieri e
ai giovani di oggi, perché ne traggano insegnamento.
Sentì la chiamata di Dio da giovanissimo.
Amava le nostre montagne, scalava il Granerò e il Boucle, sfogando la sua esuberanza
giovanile e sentendosi più vicino a Colui che
lo aveva chiamato. Non c’era giovane che
non cercasse la sua compagnia; la sua parola
era sempre sicura, forte: attanagliava il suo
uditorio con una predicazione che trasportava, come quando nel settembre del 1938,
all’annunzio dello scomparso pericolo di guerra, a S. Giovanni fece alzare i membri di
quella chiesa per ringraziare Iddio dello
scampato pericolo.
Molti lo ricordano candidato in teologia a
Milano-Como-Bergamo-Reggio Calabria-Messina; lo ricordano per il suo zelo per il Ministerio, per il suo sorriso verso gli ammalati, gli
afflitti.
A Bergamo incontra la sua compagna, che
gli fu moglie per un mese, fedele alla sua
memoria per la vita.
Intanto fa il servizio militare, diventa ufficiale e lo mandano in Albania : contemporaneamente si fanno le pratiche per l’esonero, e la
Tavola Valdese queUe per farlo diventare
Cappellano ; le due pratiche si risolvono nella stesso momento ed egli non esita ad obbedire all’ordine delia Tavola e diventa Cappellano della Divisione Taurinense. Quanti alpini si ricordano di lui dopo trent’anni! Sempre allegro, sempre incoraggiante, trasfondendo la sua fede ai compagni Valdesi lontani
da casa e in pericolo di vita. Coraggioso anche in mezzo all’ultima battaglia contro i tedeschi, rincuorando coloro che si trovano in
prima linea, sempre senza rivoltella d’ordinanza nel fodero « per non avere la tentazione di usarla » — sono le sue parole — desta
lo stupore e l’affetto di tutti gli alpini della
Taurinense.
Poi il triste appuntamento con uno smottamento della strada, e l’automezzo che lo colpisce sul bordo di una scarpata. I suoi alpini intorno a raccogliere il suo ultimo re
Trent’anni fa Alfredo Rostain diede la sua
giovinezza per servire il Signore e i fratelli.
Egli certo non lo rimpiange perchè aveva
dedicato la sua vita all’Evangelo, ed era pronto a tutto. Il Presidente della Repubblica
concesse al Sotto-Tenente Alfredo Rostain
la croce di guerra alla memoria con la seguente motivazione : « Cappellano di rito Valdese, sempre volontario al seguito dei reparti
del battaglione Pinerolo, si distingueva in
azioni per l’elevato senso del dovere. Dopo l’8
settembre svolgeva la sua missione con particolare zelo, e passione, riuscendo a tenere
elevato lo spirito degli alpini, nonostante la
difficilissima situazione. Durante un’intera
giornata di durissimi combattimenti contro i
tedeschi, assolveva con singolare sprezzo del
pericolo, rischiosi compiti quale ufficiale di
collegamento. Nel corso di tale difficile servizio decedeva in seguito ad incidente automobilistico. Montenegro-Bocche di Cattavo, 8/14
settembre 1943 ».
La Tavola Valdese non gli concesse nulla,
e il Sinodo gli negò il diploma di Teologia
alla memoria.
In trentuno anni nessuna iniziativa è stata
presa in sua memoria, nessuna voce si è alzata a ricordarlo, neppure tra coloro che sono stati aiutati dalla sua fede alla Scuola di
Teologia di Roma, e fra essi ce ne sono alcm
ni che rivestono importanti incarichi nei
giornali e nelle opere della Chiesa Valdese.
Almeno come apostolo della non-violenza,
oggi avrebbe dovuto essere ricordato, come
primo fra i partigiani per la libertà.
Ma è più giusto ricordarlo come esempio
di fede e additarlo ai giovani, perché ne seguano gU intenti e si preparino a studiare i
Testi Sacri e a meditarli con la stessa passione, zelo ed amore, pregando che l’appello di
Dio ancora oggi ispiri molti giovani aUa suprema vocazione.
suo fratello Aldo
N.d.r. - Il dr. Aldo Rostain ci ha inviato la somma di L. 100.00, in memoria del fratello Alfredo, da versarsi alla Facoltà di Teologia quale borsa di
studio per un giovane studente che ne
abbia bisogno. Per un nostro errore,
di cui ci scusiamo vivamente, Tofferta
è stata già segnalata come devoluta al
nostro settimanale; provvediamo subito a versarla aUa Facoltà.
Naturalmente noi non useremo mai quei
grandi macchinari che abbiamo potuto osservare nella tipografia, ci basterà una macchina
da scrivere e un ciclostile per stampare le copie dei nostri articoli.
Per noi ragazzi è stata una bella « avventura » addentrarci fra quei grossi macchinari
mai visti prima e di cosi grande utilità per
comporre un giornale.
Abbiamo parlato con gli addetti al funzionamento delle 9 macchine che compiono tutto il lavoro tipografico.
La prima intervista è stata queUa con il
signor Enzo Jouve addetto alla linotipo, macchina che serve per comporre i caratteri in
piombo che, accostati l’uno all’altro formano
le parole, le frasi e le pagine. Questo signore
ci ha detto di essere in quella tipografia da
ben 40 anni.
La seconda intervista l’abbiamo fatta a Piero l’impaginatore degli articoli.
Una macchina che ci ha colpiti in particolare è stata una specie di « ghigliottina »
che serve per rifilare i fogli dei giornali; ci
è sembrata una vera e propria mannaia in
uso nel passato in vari periodo storici. Un’altra strana macchina, la punzonatrice, che serve a stampare i nomi su targhette metalliche,
ci è stata illustrata dalla nostra preside. Essa
consiste in una ruota che, girando, imprime
i vari indirizzi sulle targhette.
Questa visita alla tipografia è stata molto
interessante e ha contribuito ad accrescere le
nostre, ancora limitate, conoscenze in campo giornalistico ed a invogliarci a comporre
un nostro mini-giornale.
Il gruppo del giornalismo
I LORO PENSIERI IN VERSI
Una studentessa deUa Media del Collegio
Valdese ha scritto:
Hai dato vita agli uomini sulla terra perché
essi potessero vincere la prova per essere
accettati nel Tuo mondo.
Dovrèbbe esserci chi riesce a vincerla e chi
la perde
Ma Signore come puoi sperare che ci siano
uomini che possano vincerla
se non capiscono neanche la prova
se non capiscono se stessi
se non capiscono gli altri
se si aiutano a vicenda per distruggere tutto
ciò che hai creato e distruggere i loro stessi
sentimenti.
Signore se vuoi che l’uomo riesca a vincere
la prova ha ancora bisogno del Tuo aiuto.
Uomo se sai cosa vuol dire amare perché
non ami?
Se sai cosa vuol dire pace perché fai la
guerra?
Perché vuoi essere trattato come uomo se
sei solo un bambino capriccioso che vuole
sentirsi grande e perciò fa cose che sa sbagliate, ma forti, cattive, potenti
Uomo non hai mai pensato che la potenza
non è nella violenza nella guerra ma nella
pace, nell’amore
Prova ad amare ed essere buono e capirai che
superare la prova della vita non è difficile
Monique Rapetti Atassot
fa più «notizia»), la situazione è se|mpre spaventosa e indegna di un governo che vanta ispirazioni cristiane. Tullio Vinay, in un suo scritto apparso
anche sullo scorso numero di questo
settimanale, ricorda ai lett:-ri di aver
letto cinque recenti rapporti di personalità americane che hanno visitato il
Sud Vietnam: essi sono «im lamento
sulle responsabilità del loro governo,
sono un grido di dolore e di vergogna! » (L. 353.000).
Ili) A favore delle vittime della situazione cUena. Come abbiamo già ricordato in più occasioni, gli aiuti in
questo campo si rivolgono sia alle vittime ed alle loro famiglie nel Cile stesso e sia all’inserimento dei profughi
nelle nazioni che li ospitano (L. 59.000).
IV) A favore del programma antirazzista del CEC. (Questa iniziativa ha
un carattere permanente, ed infatti sono già stati effettuati dei versamenti
per un milione e mezzo di lire (L. 298
mila).
Ricordiamo che le offerte vanno inviate al conto corr. postale n. 2/39878
intestato a Roberto Peyrot, c.so Moncalieri 70, Torino, indicando possibilmente la causale del versamento. In
caso di mancanza di indicazioni, provvederemo noi stessi alle varie destinazioni, in relazione alle singole necessità.
P. Corbe (due vers.) L. 6.000; N. N., con
chismo Appiotti 10.000; G. D. Gristina 10
M. Bein 5.000; E. e M. Bein 20.000; B. Rocchi 60.000; G. G. 50.000; Ragazzi precatechismo Appiotti 10.000; G. D. Gristina 10
mila; L. e G. Conte 10.000; L. Stringat 5
mila; Illeggibile 450.
Totale L. 203.450; precedente L. 649.735;
in cassa L. 853.185.
Illllllllllllllllllillllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllll
Luserna San Giovanni
Offerte per la costruzione
del nuovo Asilo Valdese
Elsa Filippi in mem. di Mario Ruepprecht
(Verona) 20.000; famiglia Bertalot Giovanni in mem. di Durand Susanna (S. G. Chis.)
10.000; Davide Bouchard (S. G. Chisone)
15.000; Nelly Monnet in mem. dei nonni
Monnet (Angrogna) 10.000; Sig.ra Tadina Sirene 5.000; N.N. riconoscente al Signore
3.500; Lina Gamba ved. Ambrosio 1.000;
Elena Geymonat-Chauvie ricordando Adolfo
Jouve nel suo 90° compleanno (T. P.) 10.000;
Gustavo Albarin e famiglia in mem. di Arnaldo Eynard 5.000; in ricordo di Guido Robba, la moglie e figlie (Ge-Sampierdarena)
50.000; D.F. riconoscente al Signore 2.000:
De Rueprecht Ernesto in mem. di Mario
Rueprecht (Verona) 50.000; Evelina Pons in
mem. di Lillia Tourn (Torino) 10.000; Comunità di Colonia-Rechtsrheinisch (Germania) 1:250.000; Freundeskreis der Waldenser
Kirche (Germania) 256.270.
Guido e Marco Michialino in mem. di Giovanni Peyronel, Torre Pellice L. 5.000;
Ruhoff-Malan in mem. della Sig.ra Italia
Meynier 5.000; Gli ospiti deU’AsUo riconoscenti in mem. di Pucci Gay 7.500; G.W. B.
10.000; Breuza Renato ,Pinerolo 20.000;
Odette Balmas-Eynard in mem. dei genitori
30.000; Odette Balmas-Eynard in mem. della
zia Peyrot Enrichetta 10.000; N.A.S.C. in
mem. di Adolfo Jouve, Torre Pellice 30.000;
Lionello e Lisette Gay in mem. di Adolfo
Jouve, Torino 20.000; G. I. ved. Jouve in
mem. di onde Adolfo Jouve, Torre Pellice
10.000; N. N., Torre Pellice 5.000; Dino Sibille in mem. di Arnaldo Eynard, Como 5
mila; Roberto Sibille in mem. di Arnaldo
Eynard, Uruguay 5.000; Marchese Amalia
5.000;Coisson Elda, Angrogna 50.000; Bertin Adelina Enrichetta in occas. sua entrata
all’Asilo 1.000.000; N. N., Pramollo 5.000;
Festa del raccolto (banco dell’Asilo) 35.400;
Peyrot Mary e figli in mem. di Peyrot-Travers Enrichetta 10.000; Giordan Adelina 5
mila;In mem. di Riccardo Ricca, la moglie
Ricca-Gualla e figlia Rosanna, Torino 500
mila; La moglie e le figlie in mem. di Stefano Mondon, Torre Pellice 90.000; In memdi Stefano Mondon, il Direttore Didattico e
gli insegnanti di Torre Pellice-Capoluogo 32
mila; Meynet Mario e Albina 10.000; Barbara in occas. battesimo del fratellino Paolo
5.000; In mem. di Orazio-Emanuele-Dina
Armand Bosc, Tullio e Alda Beux 10.000;
Anna Maria Gino e V. A Ferdinando, in
mem. di Armand, Emanuele e Dina Beux,
Moncalieri 10.000; in mem. di Carlo Caffarel, un amico 10.000; Elena e Maria Peyrot in mem. di Pietro Girardon, Genova
20.000; Ida, Elena e Maria Peyrot in mem.
del Pastore Renato Bertin, Genova 30.000;
Gian e Polett in mem. di Carlo Caffarel
10.000; Prof. Gino Costabel 10.000; Residuo
fondo per il Bazar del XV agosto 8.500
Ringraziamo vivamente per le offerte,
sempre più indispensabili, mentre ci avviamo decisamente verso la conclusione dei lavori, ricordiamo che ogni contributo può essere versato sul c/c n. 2/16947 « Asilo Valdese » Luserna San Giovanni (Torino).
Ilillllllllllllllllllllllllillllllllllllllllllilllllllllllllllllllllllllllllil
Pro Uliveto
Offerte per l’Uliveto, in memoria del
prof. Arnaldo Eynard:
Roberto e Enrico Jahier, Marina Bertin
Jahier L. 39.000; Frida Malan 20.000.
AVVISI ECONOMICI
VALDESE quarantaquattrenne abitante Castelnuovo Pinasca, desidera incontrare signorina valdese per formare focolare cristiano. Scrivere presso direzione giornale
che farà seguire all’interessato.
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pag. 8
I NOSTRI GIORNI
N. 48 — 6 dicembre 1974
La Conferenza mondiale dell’alimentazione, convocata a Roma dalla FÀO,
e la partecipazione dei Consiglio ecumenico delle Chiese
Una speranza modesta
nella lotta contro la fame
Il Consiglio ecumenico delle Chiese era rappresentato alla Conferenza mondiale dell'alimentazione, indetta dalla FAO a Roma, da una delegazione di
quattro persone, guidate dal segretario generale del CEC, past. Philip Potter,
in prima e terza pagina pubblichiamo un estratto dal discorso rivolto da Potter alla Conferenza in sessione plenaria ; qui riportiamo invece, dal soepi, un
articolo di N. Koshy, membro della delegazione ecumenica e segretario esecutivo della Commissione delle Chiese per gli affari internazionali, organo del
CEC, il quale dà una prima e rapida valutazione dei risultati della Conferenza.
Roma (soepi) - Riunita sotto il segno della crisi alimentare mondiale,
la Conferenza mondiale dell’alimentazione, tenutasi a Roma dal 5 al 16 novembre sotto gli auspici delle Nazioni
Unite, ha proposto un certo numero
di strategie a lungo termine per risolvere i problemi della fame nel mondo.
Ma si son fatti pochi progressi per
scongiurare net futuro immediato la
minaccia della carestia.
Fin dall’inizio della Conferenza i
delegati sono stati unanimi nel riconoscere la gravità della situazione, ma
non nell’individuarne le cause. A
Roma l’atmosfera era piuttosto tiepida, felpata, i conflitti sono stati minimizzati, se non soffocati. Pareva a
prima vista che il fosso tra esigenze
e impegni non facesse che approfondirsi. Ma alla fine, dopo molte esitazioni e mercanteggiamenti difficili, la
Conferenza ha accettato la creazione
di un « Consiglio mondiale del’alimentazione » delle N.U., di un Fondo di
investimenti per ragricoltura, con le
necessarie infrastrutture.
Questo « Consiglio », che è il risultato più tangibile della Conferenza, sarà
eletto dall’Assemblea generale delle
N.U. e riferirà al Consiglio economico
e sociale. Lavorando in stretta collaborazione con la FAO, avrà il compito
di formulare e applicare misure di
aiuti alimentari d’emergenza e gli investimenti per lo sviluppo agricolo
dei paesi poveri.
SVILUPPO AGRICOLO
Una delle branche del Consiglio sarà il « Fondo di sviluppo agricolo »
proposto dai paesi produttori di petrolio, per mostrare la loro volontà di
condividere una parte delle loro ricchezze con la comunità internazionale.
Tale decisione ha provocato una reazione a catena, che ha portato i paesi
ricchi ad accettare l’idea di un nuovo
organismo intemazionale, idea che avevano vigorosamente combattuta all’inizio della Conferenza. Questa ha pure
deciso di costituire un sistema di sorveglianza internazionale sulla situazione alimentare e agricola: occorre controllare costantemente l’entità dei raccolti e dei depositi. Per essere efficace,
questo progetto esigerà la collaborazione piena di tutti i paesi, in particolare dell’URSS e della Cina; vi sono infatti possibilità che il mercato sia manipolato da interessi avidi di trarre
vantaggio dalle carenze.
In mezzo a tutti questi progetti piuttosto impressionanti, tanto più penoso
e deprimente è il fatto che la Conferenza non è riuscita a trovare una soluzione per le necessità immediate e
disperate in fatto di cibo. Ma nel corso di riunioni durante e dopo la conferenza, i dirigenti della FAQ hanno
cercato con i principali paesi produttori di cereali, di colmare il deficit che
è di 10 milioni di tonnellate; e sono ottimisti circa i risultati.
nordsudest-ovest
I L’URSS ha ordinato mezzo milione di
tonnellate di zucchero sul mercato libero; ciò indicherebbe che il suo raccolto di barbabietole è stato scarso e che Cuba, dove pure
vi è stata una brutta annata, non è in grado
di soddis^re tutte le richieste sovietiche.
H ' H Cbntitato intergovernativo per le migtàziohi europee ha comunicato che le
emigrazioni di ebrei dall’URSS sono molto diminùité dall’anno scorso; al 31 ottobre 1974
erano 14:992, cèbi un calo del 37% rispetto ai
dieci mesi corrispondenti del 1973.
■ La carenza di alloggi (in termini diversi
da come si pone da noi : qui gli alloggi
ci sono, ma manca l’edilizia popolare) è una
costante ben nota di tutti i paesi dell’Est
europeo, URSS inclusa; ma il fenomeno è
particolarmente accentuato in Polonia (anche perché durante la guerra ha avuto il
90% delle case distrutte): a Varsavia, ad es.,
una coppia di giovani sposi deve aspettare
circa 8 anni per avere un alloggio, con le conseguenze immaginabili; a Lodz, una città di
760.000 abitanti, 40.000 famiglie sono in lista in attesa di ricevere in assegnazione un
appartamento.
H Si ripetono e moltiplicano, nel Vietnam
del Sud, in particolare a Saigon, vaste
manifestazioni contro il corrotto e violento
regime di Van Thieu. L’opposizione copre un
vasto ventaglio di posizioni politiche, culturali, religiose. 32 dei 219 senatori e deputati
hanno chiesto le dimissioni immediate di
Van Thieu perché non solo non ha mantenuto la promessa di eliminare la corruzione, ma
ha adottato misure sempre più oppressive nei
confronti del popolo, e della stampa in particolare.
L’IMPEGNO DELLE CHIESE
Un certo numero di Chiese avevano
delegato , osservatori alla Conferenza.
Fra questi, quattro rappresentanti del
Consiglio ecumenico delle Chiese, per
seguire i lavori relativi ai problemi
presentati nell’ultima riunione del Comitato centrale del CEC in due documenti intitolati « Minacce alla sopravvivenza » e « Minacce economiche alla
pace ». In un discorso pronunciato in
sessione plenaria della Conferenza
mondiale per Talimehtazione, il past.
Philip Potter, segretario generale del
CEC, ha messo in rilievo il punto di
vista del CEC sullo sviluppo, di fronte
alla crisi alimentare.
« Siamo convinti — ha dichiarato il
past. Potter — che il concetto di una
crescita puramente economica dovrebbe essere sostituito da un processo
tendente a una giustizia economica e
sociale, a un’autonomia materiale e alla partecipazione dei popoli all’elaborazione degli obiettivi, delle priorità e
delle decisioni relative alla crescita economica ».
Come di consueto, la Conferenza è
stata il riflesso fedele delle divergenze fra i vari ’gruppi’. All’origine era
stata proposta da due blocchi. I paesi ’non allineati’, riuniti lo scorso anno ad Algeri, avevano suggerito una
conferenza per discutere i problemi
alimentari, della penuria, della stabilità dei prezzi delle materie prime, a
fronte di una seria crisi di sviluppo.
Il segretario di Stato americano Henry Kissinger aveva proposto una conferenza che non trattasse che dell’alimentazione. Le divergenze nel modo di
affrontare la questione e l’interesse —
i paesi ricchi sono effettivamente interessati a trovare i mezzi per bloccare la crisi di sviluppo? — hanno
provocato, nelle prime riunioni della
Conferenza, prese di posizione dure e
intransigenti.
Earl Butz, segretario di Stato americano alTagricoltura, ha dichiarato:
« Nel mio paese la gente è stimolata
Questa illustrazione, tratta
da un testo di economia latinoamericano, illustra chiaramente il processo per cui
i ricchi industrializzati diventano sempre più ricchi
e i poveri produttori di materie prime diventano sempre più poveri. Con la rivoluzione petrolifera, la situazione ha cominciato a cambiare per quel che riguarda
certi paesi, produttori di
materie prime ricercate; ma
i poveri, che siano poveri
anche di queste materie
prime, sono ulteriormente
schiacciati da questo sviluppo.
D«1 libro "Cuno <)« Zcooomlb''
de Curios Frodot y Aalbul rvS»
La produzione agricola
nel mondo
Il Servizio ricerche economiche del Dipartimento deiragricoltura degli Stati Uniti ha
redatto un rapporto di trecento pagine sulla
produzione agricola nel mondo, rapporto che
non è stato pubblicato, ma del quale fonti
non ufficiali hanno appreso qualche dato.
Nel documento si nega, tra Taltro, a quanto riferisce TANSA, che le difficoltà alimentari di numerosi Paesi dipendano daH’aumento
della popolazione, poiché, si sottolinea, la terra che può essere coltivata supera, nella misura del doppio, quella in cui il mondo « si
ostina a vivere ». Inoltre, se, fra il 1968 e il
1970, Argentina, Australia, Canada e Stati
Uniti non avessero ridotto da 120 a 81 milioni di acri i terreni coltivati a frumento, oggi
non si parlerebbe di crisi alimentare. Altri
fattori negativi, la politica detta « del cibo a
buon mercato », seguita dai Governi comunisti, che ha eliminato qualsiasi incentivo nei
Paesi poveri a accrescere la produzione, e gli
errori compiuti nel settore della distribuzione
degli alimenti.
Gli estensori del rapporto sono del parere
che se non si provvederà adeguatamente, entro il 1985 si arriverà a un deficit globale di
oltre 100 milioni di tonnellate.
dal profitto », riassumendo così la posizione statunitense. Da parte sua
rURSS ha fatto enfatiche dichiarazioni sulla capacità della" terra di nutrire
dieci volte il numero della popolazione attuale. Dichiarazioni che sono apparse ciniche a chi sa che gli interventi sovietici sul mercato mondiale
dei cereali costituiscono una minaccia per il benessere dei paesi in fase
di sviluppo. I paesi produttori di petrolio avevano cominciato a cercare
altri mezzi, ignorando la responsabilità che hanno in conseguenza della
loro ricchezza, mentre gli altri paesi in
fase di sviluppo hanno faticato a giungere a una certa unità. I paesi più poveri sono stati delusi, ma non hanno
voluto ammettere le malattie strutturali che accentuano il problema alimentare e creano isolotti d’abbondanza nei loro stessi paesi. Il messaggio
cinese è stato semplice e netto: autonomia. Le sue realizzazioni rendono
convincenti le sue dichiarazioni.
La Conferenza dell’alimentazione ha
riconosciuto la vastità dei problemi discussi, anche se le varie prospettive
erano sfumate e gli impegni non sempre assunti volonterosamente. E stata
però fruttuosa e ha costituito un punto di partenza, pur debole, per le nazioni e per le organizzazioni internazionali. Il suo successo dipenderà dalla volontà della comunità mondiale di
instaurare rapporti giusti e responsabili. Le Chiese dei paesi ricchi, come
quelle dei paesi poveri, hanno un ruolo vitale nel sensibilizzare l’opinione
e spingere i governi dei rispettivi paesi ad agire per modificare radicalmente le strutture e le istituzioni.
Ninan Koshy
cronache antimilitariste e di azione nonviolenta
Ancora una volta le nostre crònache
si devono occupare dei processi che,
ininterrottamente, continuano a piovere sulle teste degli antimilitaristi.
Martedì, 10 dicembre, al Tribunale Militare di Torino, sarà processato l’obiettore di coscienza Dalmazio Bertulessi.
L’obiezione di Dalmazio, un cattolico bergamasco animato da una visione socialista e nonviolenta, è del tutto
particolare: egli infatti ha deciso di
rifiutare non solo il servizio militare,
ma anche quello civile. Le ragioni di
questo rifiuto risiedono soprattutto
nel carattere repressivo e discriminatorio dell’attuale legge sull’o.d. c. :
« Dalmazio — si legge in un documento diffuso dal suo gruppo, il Gruppo
di Ricerca Nonviolenta di Bergamo —
rifiuta di aderire alla legge per il riconoscimento dell’obiezione di coscienza (legge Marcora) perché essa è un
chiaro tentativo da parte del governo
di mistificare e ridurrò i motivi di
obiezione, e di far riguadagnare al ministero della difesa e all’esercito le
simpatie del popolo, dandosi una patente (ipocrita) di democraticità. Laddove la legge è punitiva, imponendo
un periodo di servizio superiore di 8
mesi a quello militare; laddove si pretende di giudicare le intime convinzioni dei cittadini per discriminarli di
fatto a causa delle loro opinioni; laddove si pone un limite (60 giorni) alla
maturazione degli individui; è h, che
la legge si rivela per quello che veramente è, e dimostra di non essere né
UN MALE
ASSOLUTO
Sotto questo
titolo, il noto giornalista Vercors ha
pubblicato, su « Le
Monde » del 24-25
novembre ’74, un articolo nel quale
viene ampiamente commentato l’esito
della recente votazione all’ONU in favore deirOLP (Organizzazione per la
liberazione della Palestina). Ricordiamo che l’esito della votazione è stato
largamente determinato dal peso delle
nazioni del terzo mondo (oltre, s’intende, a quello delle nazioni oltre cortina).
« Io non sono di quelli che, per amicizia verso Israele, rifiutano al popolo
palestinese il diritto d’avere una patria (scrive il Vercors). Esso ha pagato, con un’enorme ingiustizia, le ingiustizie enormi fatte da due mila anni
al popolo ebreo. Ed ogni ingiustizia
esige riparazione.
Se io detesto ogni violenza cieca, io
non sono però di quelli che accusano
il terrorismo d’esercitarsi da una sola
parte (quindi in una sola direzione):
infatti il terrorismo dell’OLP non fa
che rispondere, con ritardo, a quello
dell’IRGUN (*).
Io non sono di quelli che si rallegrano delle vittorie militari d’Israele,
e che l’incoraggiano ad ingrandirsi in
vista d’una sicurezza che, del resto, si
rivela di giorno in giorno sempre più
aleatoria.
Ma se io sono di quelli che soffrono
e si spaventano nel vedere le due vittime di opposte ingiustizie levarsi l’una
contro l’altra per forza di cose, e preparare con tutta la loro energia ciò
che sarebbe per il vinto, questa volta,
un’ingiustizia e un disastro definitivi;
e se io sono di quelli che soffrono e si
spaventano di vedere Israele irrigidirsi in un’intransigenza che rischia di
condurre a nuovi conflitti, io sono anche di quelli che soffrono e si spaventano, ancor più, di vedere la quasi unanimità dei popoli vittime dell'imperialismo, rivolgere il proprio risentimento e la propria aggressività esclusivamente contro quella sola piccola nazione. Come se, intimiditi dalle maggiori potenze (soprattutto dalla potenza più grande di tutte) e non osando dar loro fastidio, essi intendessero
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
liberarsi dalle proprie inibizioni scatenando la propria aggressività sulla
nazione più precaria e più fragile.
Io non vorrei indignarmi contro i
popoli vittime dell’imperialismo, perché io sono di cuore con loro. Ho condiviso le loro pene, ho fatto quanto
ho potuto contro coloro che li tenevano in schiavitù; mi sono rallegrato
della loro indipendenza; sarò sempre
l’avversario dei popoli che ancora sognano di togliere o di limitare quell’indipendenza e che s’industriano a tal
fine. Le vittime dell’imperialismo mi
troveranno sempre al loro fianco per
“combattere il buon combattimento".
Ma questa coalizione, questo scatenamento di due miliardi di uomini
contro un pugno di ebrei, non sono il
“buon combattimento”: assomigliano
al linciaggio d’un negro, fatto da una
folla di bianchi eccitati e pieni di gioia.
Ed essi potrebbero condurre all’ingiustizia più terribile di tutte... ».
(*) P.S. L’IRGUN appartiene ormai
alla Storia, e noi ci permettiamo di richiamarne qui ai nostri lettori, molto
sommariamente, le gesta funeste. Il
suo nome completo è IRGUN ZVAI
LEUMI, che in ebraico significa: « Organizzazione militare nazionale ». Fu
una « organizzazione di combattimento sionista fondata nel 1937 da Jabotinsky, membro dissidente dell’Haganah, per rispondere con azioni terroriste alle scorrerie degli Arabi contro
le colonie ebree (kihbutzim) di Palestina. A partire dal 1939, alcuni suoi
membri cominciarono ad attaccare gli
stessi Inglesi, causando in tal modo la
scissione degli estremisti che fondarono il gruppo Stern. Dopo una tregua
osservata durante la seconda guerra
mondiale, l’Irgun riprese le sue operazioni nel 1944 ed acquistò fama particolarmente: 1) per furti di armi negli accampamenti inglesi; 2) per assassini d’ufficiali inglesi; 3) per l’attentato contro lord Moyne (nov. 1944); 4) e
per l’attentato contro il conte Bernadette (sett. 1948). Alcuni dei suoi membri entrarono, più tardi, nel partito di
destra Heruth » (Dal « Dictionnaire
d’histoire universelle » di M. Mourre.
Bibliografia: Menachem Begin, « La
Révolte d’Israël »,
1953; Gerold Frank,
« Le Groupe Stern
attaque », 1963; Arthur Koestler, « La
Tour d’Ezra », ’47).
CONGETTURE SULLA POLITICA
U.S.A. IN ASIA
■jç Dopo il vertice di Vladivostok
(cioè l’inéontro di Ford e Breznev), è
un moltiplicarsi d’interrogativi sulle
intenzioni che animano la politica
americana neH’immenso scacchiere
asiatico.
Tiziano Terzani, su « L’Espresso »
del 1.12.’74, scrive:
« “L’Asia è la nuova frontiera degli
Stati Uniti", scriveva lo storico americano William Appleman Williams.
Erano gli anni in cui soldati americani combattevano contro gli “indiani"
di questo nuovo Far West, le guerre
di Corea, del Vietnam, del Laos, della
Cambogia. Erano gli anni in cui l’America aveva creato in Asia la più fitta rete di basi militari, e aveva concentrato in Asia la stragrande maggioranza delle sue forze. Ancora nel 1969,
delle 399 basi che gli USA avevano all’estero, metà erano in Asia; di un milione e 300.000 soldati americani distaccati dagli Stati Uniti, oltre un milione si trovavano sul continente asiatico e nei territori e nei mari adiacenti. Oggi molte cose sono cambiate nella regione, ma la prospettiva americana, pur adattata ai nuovi sviluppi, non
è, nella sostanza, mutata.
Il Vietnam è finito, la Cina non è
più considerata a Washington la potenza espansionista da contenere, la
“teoria del dòmino” è passata di moda, ma l’Asia rimane la frontiera occidentale degli USA e non è certo per
un caso che Ford, nella sua prima sortita da presidente, sia andato proprio
in Asia, e per di più in quell’area settentrionale dell’Asia dove, fra Giappone, URSS, Cina ed USA, si giocherà la
grande partita di questa fine di secolo.
L'era delle guerre limitate, combattute sulla terraferma asiatica per bloccare “l’avanzata comunista", è superata e per questo l'Indocina è diventata un problema secondario nella nuova ottica USA. “Che possiamo farci?",
mi son sentito dire da un ufficiale americano, “Laos e Cambogia possono anche diventare comunisti. Non sarà certo da questi paesini che verrà una minaccia agli Stati Uniti" ».
libérale né liberante ».
Notiamo per inciso che queste osservazioni vengono confermate dalle
dimissioni di Ezio Ponzo, membro della commissione giudicante (e, tra l’altro, evangelico), che ha dichiarato di
essersi reso conto dell’impossibilità di
giudicare la coscienza degli obiettori.
La maggioranza di questi ultimi,,
tuttavia, pur condividendo in pieno le
critiche alla legge, ha ritenuto opportuno, nell’attuale situazione, agire dall’interno ed accettare il servizio civile.
Si tratta di due scelte che potrebbero sembrare del tutto antitetiche, ma
che a mio parere non lo sono che in
parte. Se infatti è senza dubbio utile
l’azione di chi svolge il servizio civile
(come d’altronde lo è quella di chi ha
scelto di lavorare politicamente all’interno dell’esercito), è anche importante che vi siano persone che, come Dalmazio con la sua « obiezione totale »,
ci ricordano che non ci si può fermare all’esercito « democratico », né il
problema antimilitarista si risolve con
un « bel » servizio civile, ma che esso
ha una prospettiva ben più vasta di
opposizione globale e radicale al militarismo.
Su questi temi è in corso una discussione aU’interno del movimento
degli obiettori; e affa vigilia del prò- '•
cesso si terrà a Torino un’assemblea,
promossa dal Movimento Antimilitarista, dalla Lega Obiettori e dal Collettivo Autogestione Popolare, proprio
sul tema « Servizio civile o obiezione
totale? », alle ore 21 di lunedì 9 presso la Chiesa Valdese di corso Principe Oddone 7. I gruppi promotori invitano inoltre a partecipare al processo, alle ore 9 del giorno seguente, al
tribunale di via Verdi 5.
Il secondo processo di cui vogliamo
parlare è quello che si terrà il 19 dicembre, sempre a Torino, a carico di
due preti della comunità cattolica di
San Lazzaro di Pinerolo.
Ne parleremo più ampiamente laprossima settimana, ma segnaliamo
fin d’ora che in quell’occasione si terranno due incontri, l’uno a Pinerolo,
sabato 14 alle ore 21, con la partecipazione tra l’altro del pastore Paolo
Ricca (la sede non è ancora fissata,
per informazioni telefonare ad AgapePinerolo, tei. 21719 ) : l’altro a Torino,
in data e sede da fissare (gli interessati possono telefonare al Movimento
Antimilitarista, tei .218.705).
Per concludere ricordiamo che un
ulteriore processo è fissato a Torino
il 5 dicembre, contro tre studenti accusati di avere gridato frasi antimilitariste — giudicate vilipendiose — davanti ad alcune caserme di Pinerolo.
Luca Negro
Facciamoli leggere
(segue da pag. 5)
mantenere sul piano della musica seria di ogni tempo. H. M. Burton, Invito a Shakespeare. Per quale ragione
Shakespeare è il più rappresentato autore teatrale di tutto l’occidente? La
prefazione di questo libro ricorda che
egli è stato definito « nostro contemporaneo ». Forse il genio sta in un modo particolare, indicibile, di affrontare
le questioni che sono il nucleo della
vita, il dubbio, la gelosia, il male,
l’amore, la violenza. Ma il libro non
studia criticamente Shakespeare altro
che di sfuggita: dà un’idea del secolo
elisabettiano, alcune notizie sull’uomo,
sul contenuto di drammi e tragedie e
un profilo dei personaggi che da tre secoli sono persone vive (e anche qui sta
il genio) che passano come noi, con
noi, attraverso l’avventura di questo
mondo!
Berta Subilia
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
Coop. Tip. Subalpina - Torre Pelliee (Torino)