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Anno 124 - n. 18
6 maggio 1988
L. 800
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a: casella postale - 10066 Torre Pellice
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
PASTORATO FEMMINILE
Donna e pastore: una grande avventura
L’esperienza quotidiana in una chiesa locale - Anche se c’è un’accettazione a livello teorico, manca in realtà il
consenso generale - Un ruolo che forse è ancora tutto da inventare - La gioia che si scopre compiendo quest opera
Signora, perché fa il pastore?
E' questa una domanda legittima alla quale spero di riuscire
a rispondere nel modo più chiaro possibile, sia alle mie interlocutrici che ai miei interlocutori.
Ma dopo tanti anni mi rendo
conto che questa domanda ne
nasconde un’altra, ben più complessa: in che modo una donna
può essere pastore? Cosi funziona per adesso la vita nelle chiese e nella società: quando sei
una donna, ti tocca rendere conto due volte della tua vocazione.
La prima come pastore, e poi
in quanto donna.
Però, in fondo, so bene che
tutto si gioca su quel « in quanto donna ».
Quale accoglienza mi ha riservato la mia prima parrocchia?
Direi la più calorosa, almeno dal
mio punto di vista. Bisogna però precisare che nella realtà delle nostre chiese, un pastore non
può essere imposto ad una parrocchia, e viceversa. Quindi una
parrocchia che apra le sue porte ad una donna deve anche essere favorevole al ministero pastorale femminile, almeno nella
maggioranza dei suoi membri.
Il Consiglio di chiesa, compo
sto da laici, donne e uomini, mi
ha posto tutta una serie di domande sulla mia concezione del
ministero pastorale e sulle mie
posizioni teologiche. Ricordo questo momento di dialogo come
qualcosa pieno di calore.
Quando un pastore è candidato in una parrocchia, d’abitudine ha tutta una serie d’incontri
con vari gruppi della chiesa: catechisti, giovani, responsabili di
quartiere, ed altri. Mi ricordo
che in uno di questi incontri
una donna, seduta vicino a me,
mi disse molto francamente;
« Cara signorina, ci tengo a dirglielo: sono del tutto contraria
al pastorato femminile! ».
Sono stata talmente stupefatta da questa uscita, da non ricordarne nemmeno le motivazioni.
A parte questo, il mio ministero s’è svolto senza contrasti
maggiori. Senza alcun dubbio ho
usufruito aH’inizio del vantaggio
dato dalla novità: una donnapastore, è bello, col suo sorriso,
la sua gentilezza — mi si diceva
spesso.
Essendo una specie unica nella zona in cui ero pastore, non
mi sentivo limitata da un qual
che modello, a parte quello del
pastore-maschio, per altro, però,
già contestato dagli uomini stessi. Quindi ho potuto seguire abbastanza liberamente la mia strada, secondo le mie convinzioni,
per non dire addirittura secondo la mia fantasia.
Tuttavia questo ha rappresentato per me come un’arma a doppio taglio: libera da un lato, mi
sono trovata dall’altro come prigioniera di questa libertà. Non
Sono sicura di essere stata capace di affrontare con la dovuta
radicalità i problemi, le contestazioni, le critiche di una pratica ecclesiastica che giudicavo
dovuta alTabitudine o alla paura. Si ha sempre paura in una
chiesa: paura di ciò che potranno dire quelli che sono a destra,
o quelli che sono a sinistra o al
centro; o di cosa diranno i vecchi, i giovani, i genitori... Infatti, sebbene la funzione conferisca a chi l’esercita un’autorità
più o meno indotta, non è tuttavia sufficiente (iper fortuna!) a
far passare tutte le sue scelte.
E’ così che ho scoperto nella
mia chiesa che una donna poteva essere penalizzata per il
semplice fatto di essere donna.
UNA PAROLA PER TUTTO L’UOMO
Cè
pane
• • •
pane
« Adoperatevi non per ,il cibo che perisce, ma per il cibo che
dura in vita eterna» (Giovanni 6; 27).
Si ha l'impressione che Gesù,
non dia molta importanza alla
questione del pane materiale.
Questo rilievo si allinea all’idea,
molto diffusa, che nella Scrittura le cose spirituali siano più
importanti di quelle materiali.
Da questa idea è facile scivolare automaticamente all’altra
idea che ne è la conseguenza, e
cioè che i predicatori, se vogliono annunziare il puro Evangelo,
non devono e non possono comprometterlo e sporcarlo mettendolo in relazione con idee sociali, economiche e politiche, che per
loro natura sono idee di parte ed
esprimono solo interessi materiali.
Ma esiste veramente nell'Evangelo questa netta separazione e
contrapposizione tra spirito e
materia, tra il pane « spirituale »
e « materiale », tra un Evangelo
che rimane puro solo se si occupa dello spirito ed un Evangelo che si corrompe e si compromette se coinvolge la vita materiale, fatta di economia, di politica e delle cose di questo mondo?
Ci viene un dubbio, perché è
ripetutamente detto nella Scrittura che Dio interviene direttamente nelle vicende umane del
suo popolo; Gesù stesso sana i
malati, i lebbrosi, i ciechi, gli
zoppi, cambia l’acqua in vino,
calma la tempesta, moltiplica i
pani e i pesci.
Nel Padre Nostro ci insegna
a dire: « Dacci oggi il nostro pane quotidiano ». Tutto questo è
pregno di materia, di cose che
periscono: eppure il Signore non
ha esitato a farsene dispensatore. Se le cose materiali fossero
in aperto contrasto con quelle
spirituali, la cosa più ovvia sarebbe stata che non se ne fosse
affatto interessato.
In realtà non esiste nella Scrittura alcuna opposizione tra spirito e materia, perché l’opposizione è tra sparito e carne.
E « carne », nella Scrittura, significa tutto ciò che il Signore
non approva, che è contrario alla sua volontà, che si separa da
lui, che lo combatte, che lo
contraddice. « Carne » uguale a
disobbedienza, disonestà, corruzione, violenza, falsità, egoismo,
mancanza d’amore.
Non esiste un Evangelo spirituale; esiste un Evangelo, cioè
una buona novella, che è annunziato all’uomo così com’è e come è fatto, con il suo bisogno
di pane, di lavoro, di libertà, di
umanità, di amore; esiste soltanto un Evangelo che si occupa di
tutto l’uomo, imbrigliato com’è
nella complessità della vicenda
storica.
Nella foto:
il pastore
Giuliana Gandolfo.
Il pastorato
femminile
fù approvato
dai Sinodi
degli anni ’60.
Attualmente
circa il 15% del
corpo pastorale
delle chiese
valdesi
e metodiste
è formato
da donne.
Pensare dunque ad un Evangelo che non si occupi di cose materiali, cioè del pane, della libertà, della giustizia, dell’eguaglianza, della pace, del disarmo, sigriifica pensare ad un Evangelo
disincarnato e spogliato della sua
funzione, dato che esso è un Evangelo per gli uomini e non per
gli angeli.
Quando Gesù dice: « Adoperatevi per il cibo che non perisce »
è come se dicesse: non abbiate
una mente carnale fatta di interessi personali, alimentata da tornaconto ed egoismo; scrollatevi
di dosso il vecchio uomo logorato dall’amore di sé e rivestite
l’uomo nuovo.
Che tipK) di uomo noi siamo?
Cerchiamo il Signore per interessi egoistici o perché egli è il
Signore? Cerchiamo lui solo nei
casi di emergenza per fargli rammendare alcuni brandelli logori
della nostra vita, oppure perché
lui guidi tutta la nostra esistenza? Ci adoperiamo insomma per
il cibo che perisce o per quello
che dura in vita eterna?
Non ci sono elenchi di virtù
o prontuari di meriti attraverso
cui possiamo controllare il nostro stato attuale e sapere come siamo. C’è soltanto da capire se veramente siamo persuasi del fatto che solo Cristo è
per noi l’inizio e la fine, la causa e lo scopo del nostro vivere
quotidiano.
Salvatore Briante
Sono diventata femminista e non
perdo un’occasione per protestare ogni volta che le donne continuano ad essere penalizzate.
Tutte le donne, sia chiaro, e non
soltanto le donne-pastore. Anche
nella mia chiesa le donne continuano ad essere lasciate ai margini, sebbene sitmo molto numerose nelle parrocchie ed anche
nei Consigh di chiesa; ma non
è così nelle istanze regionali e
meno che mai in quelle nazionali.
« Nulla è mai regalato aH’uomo», dice la canzone; e neppure alla donna. Non devono diminuire gli sforzi per trasformare
una comunità ecclesiale in chiesa capace di accogliere pienamente gli uomini e le donne che
la compongono. La strada p>er
giungere ad una piena uguaglianza degli uni e delle altre è ancora lunga.
Ma non vorrei finire con questa nota « militante », anche se
penso che abbia una sua dignità.
Vorrei invece concludere con
la gioia che ti è data e che scopri in questo difficile ed appassionante mestiere (perché p>oi è
anche, appunto, un mestiere).
Col rischio di scrivere delle
grosse banalità, voglio comunque
ricordare che è fondamentale
per sé e per gli altri avere la
consapevolezza che là dove si è
avviene qualcosa di essenziale
nelle nostre vite. Sapere cioè che
questo mestiere è in un certo
senso « il mestiere dei mestieri »,
perché ti offre il privilegio inaudito di essere proiettata sui veri problemi, quelli che riguardano la morte e la vita degli esseri umani. Sono problemi che, è
vero, ti giungono come ovattati
dall’apparente derisione del quotidiano; ma sono le questioni di
fondo, quelle che ti costringono
continuamente a fare delle àcelte e ad indicare dei percorsi possibili.
E’ anche vero che TEvangelo
non ci pone, come per miracolo, in situazioni privilegiate: i
cristiani vivono, come tutti gli
altri, le gioie e le disgrazie della
vita. Ed è anche vero che preti
0 pastori non godono di alcun
privilegio particolare, sì da vivere in una zona non soggetta
alla sofferenza comune.
Ma la speranza che abita in
noi si radica in una storia e non
nella fragile sfera delle illusioni.
SulTorizzonte delle nostre vite
sta uno che ci ha preceduto e
che ci chiama. Disporre di tutto
il proprio tempo per parlarne e
viverne, questo è senz’altro il privilegio più grande. Non voglio
con questo concludere che allora è giustificata la separazione
dei cristiani in due distinte categorie: i veri sarebbero i sacerdoti, e gli altri... No, mi limito
semplicemente a constatare che
1 « sacerdoti » vivono in una situazione del tutto particolare.
Sarà forse questo il motivo
per cui cattolici e ortodossi escludono le donne dal sacerdozio?
Qaudette Marquet
SPECIALE
CONGRESSI
FFEVM-FDEI
MFB
All’interno di questo numero tre pagine speciali sono dedicate ai congressi della FFEVM, della ^EI e all’assemblea del Movimento
femminile battista.
il,.
2
commenti e dibattiti
6 maggio 1988
VENT’ANNI FA, IL ’68
In marcia verso la
libertà e la giustizia
La traduzione dei valori in categorie attuali
Chi aveva avuto, come testo
per la quinta elementare, La mistica fascista non poteva di certo vivere gli anni intorno al 1968
senza sentirsi addosso sangue
freddo. Di « libro e moschetto »
avevamo sentito fin troppo e il
« no » giovanile e ponderato, nato ne^i ambienti della resistenza, tornava a riaffiorare esigendo da un valdese di non cedere
a sempre possibili slittamenti e
confusioni tra utopia ed escatologia, tra conversione e autocritica o, come diceva Mario Kollier, tra fede e opere.
Tuttavia, sia pure in una visione disincantata; il ’68 non può
passarci semplicemente accanto.
Attraverso le ricerche del Consiglio Ecumenico delle Chiese ci
veniva segnalato un esame molto attento della situazione mondiale che vale la pena di richiamare.
L'establishment, come si diceva allora, esigeva dalle nuove generazioni, a vent’anni dalla fine
della guerra, di vivere la « giustizia» nel contesto della nuova
« legge », emersa dalle rovine del
conflitto, e di esercitare la propria « libertà » nell’ambito del
nuovo « ordine », sorto dalle macerie. Erano cose dell’altro mondo immaginare una contestazione a simili presupposti. Eppure
contestazione ci fu e al di là delle forme, delle occasioni, degli
inquinamenti e delle strumentalizzazioni era doveroso imparare
che i binomi cari alZ’establishment andavano rovesciati.
La legge ha senso se esprime
la giustizia, perché quest’idtima
non può e non deve esaurirsi
nelle intuizioni dei blocchi e dei
gruppi di potere. Come tutti i
beni più preziosi della vita, essa
sfugge alla prepotente manomissione dell’uomo, essa appartiene
orizzontalmente alla creatività,
all’arte e alla poesia. Verticalmente la giustizia è la dimensione privilegiata dei profeti; punta verso il nuovo che sorge come ogni primavera ed ogni speranza.
Così dicasi per la libertà. Essa non vive nel recinto dell’ordine, ma lo trascende. Anzi, esige che l’ordine la esprima sempre e di nuovo in maniera dinamica, convincente e profetica.
Anteporre giustizia e libertà a
legge e ordine era una deile esigenze più sentite a livello mondiale degli anni intorno al 1968.
Un’eredità da non perdere. Essa
ritorna nel tempo e nei tempi
per interrogarci, contestarci e
promuovere il nuovo.
Per i valdesi non è storia nuova. E’ significativo che, nelle Alpi del pineraiese, i partigiani vaidesi si raccogliessero nelle formazioni « Giustizia e Libertà ».
Era la loro resistenza al fascismo.
A Norimberga i grandi nazisti,
invece, si giustificavano per aver
obbedito Ma legge in vigore e
rivendicavano la loro libertà per
aver semplicemente eseguito ordini. Legge e ordine non si discutono! Legge e ordine vengono dal passato, sono già scritti
e possono assumere un carattere demoniaco nella misura in cui
impediscono il nuovo, tappano la
bocca ai profeti, soffocano la
creatività e temono la primavera in fiore.
Non si può dire alle nuove
generazioni: « Vi abbiamo dato una legge e un ordine: osservateli! ». Ogni epoca ha il diritto, anzi il dovere, di tradurre giustizia
e libertà in categorie contemporanee vive.
La chiesa evangelica dev’essere attenta ai veri profeti. Martin Luther King certamente lo è
stato e non ha parlato invano.
La vera profezia non è illusione
e non comporta delusioni. Ma.
da sempre, Gerusalemme uccide
i suoi profeti. In sede religiosa
non si riabilita nessuno.
Gli avvenimenti storici più cari al cuore degli italiani e che
riguardano il nostro risorgimento richiamano a loro volta la
priorità di giustizia e libertà su
legge e ordine. L’Italia unita è
stata più garibaldina che savoiarda. Il nostro Sud ce lo ricorda continuamente, e giustamente.
In fondo anche il nostro « glorioso rimpatrio » è stato una resistenza e una protesta contro
la legge e l’ordine stabilito dai
potenti d’allora. Che vi sia un
cammino dalla giustizia e libertà verso la legge e l’ordine sembra essere un ritmo della storia,
ma se il cammino non riprende
immediatamente verso una nuova. giustizia e una nuova libertà
vuol dire che il cuore della storia non pulsa più, che mancano
i profeti e che le generazioni sono precocemente invecchiate senza portare frutto.
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PACE E GUERRA
Mi accorgo che la rievocazione che
feci a suo tempo di fatti non perfettamente » gloriosi » del Rimpatrio (n.
del 29.1.88) ha lasciato quaiche segno. Se Giorgio Rochat non riesce a
capire che a me faccia ancora senso il
ricordo di pagine crudeii come l'uccisione di prigionieri (n. del 26.2.88),
Guido Rivoir si iimita a sorridere, « udendo dei teorici oggi, nelia pace, ohe
discutono di come bisogna agire quando vi è guerra », cioè « di come agirono JanaveI, Jahier, Arnaud...» {n. dei
1.4.88). Certo, ii paralieio che Rivoir fa
tra le guerriglie valdesi dei '600 e la
lotta partigiana in cui s'immolò Willy
Jervis non mi lascia indifferente, avendo anch'io vissuto, sia pure in minima parte, queiie tragiche vicende. Ma lo
storico non discute se valesse meglio
stare tra ie « colombe » o tra i « falchi », non giudica né si scandalizza,
ma cerca solo di capire... Gandhi e
Martin Luther King scelsero la lotta
non-violenta, i nostri padri videro la
mano deH'Eterno degli Eserciti anche
nella vittoria del Ponte di Salbertrand!
Ma, si sa, i confronti sono spesso
antistorici...
Giovanni Gönnet, Roma
OTTO PER MILLE
Gentile Direttore,
la prego di volermi consentire un
intervento a proposito del finanziamento alle chiese da parte dello Stato, anche se altri più di me qualificati hanno già espresso il loro punto
di vista: dirò probabilmente cose scontate, ma sarà comunque un modo per
riproporre all'attenzione di tutti il problema.
1) Mentre all'estero, in paesi a
larga tradizione protestante, si ritiene
che lo Stato debba venir considerato,
nella fattispecie, soltanto un collettore
di contributi del tutto volontari — dovuti dai soli fedeli — a favore delle
chiese e dei gruppi religiosi convenzionati, in Italia si è preferito un sistema diverso: secondo il machiavellico pensiero dei nostri rappresentanti politici, coadiuvati dalla curia romana, era indispensabile trovar la
maniera di costringere tutti a compiere un dovere soltanto morale —
sulla cui volontarietà non dovrebbero
esserci dubbi — attraverso l'istituzione di una gabella da pagarsi in ogni
caso e da tutti, sia pur con destinazione diversa {Chiesa cattolica, altre
chiese, attività gestite dallo Stato).
2) Non mi pare che possa aver valore, a difesa di un simile principio,
la pretestuosa obiezione che il sistema in uso all'estero favorirebbe I
dissidenti e I non credenti: in realtà
sono le chiese convenzionate a fruire
di un trattamento di favore, in quanto
lo Stato, facendosi per loro collettore,
impegna le sue strutture, pagate con
i contributi di tutti, per una raccolta
che in principio ciascuna chiesa potrebbe effettuare per proprio conto.
3) Si aggiunga a ciò l'altra palese
Ingiustizia del sistema italiano, rappresentata dalle modalità di riparto dei
fondi raccolti: lo Stato, in caso di
mancata Indicazione del destinatario
da parte del contribuente, anziché incamerare, come di norma, l'erogazione, ha stabilito di suddividerla proporzionalmente con la Chiesa cattolica (e forse con le altre chiese, se
consenzienti).
A mio parere — ma forse mi sbaglio per difetto di informazione — il
principio della rigorosa separazione
fra chiese e Stato, a cui noi ci Ispiriamo, non verrà leso se le nostra
chiese, nell'accettare I finanziamenti,
saranno In grado di dichiarare:
— che In luogo di rappresentare una benevola elargizione dello Stato,
detti finanziamenti rappresentano a
tutti gli effetti un semplice frutto di
autotassazione volontaria da parte dei
contribuenti:
— che i non credenti o comunque I
dissidenti avrebbero il diritto di non
pagare nulla, in quanto già costretti
a contribuire — attraverso la normale tassazione — ad un servizio di riscossione e colletta esclusivamente
a favore delle chiese convenzionate;
— che la ripartizione dei contributi
deve aver luogo, almeno per ciò che
cl riguarda, non in proporzione al
numero assoluto dei contribuenti, inclusi cioè anche coloro che non di
chiarino la finalità delle somme erogate, ma solo in base alla chiara ed
inequivocabile dichiarazione di destinazione.
Stabilito questo, non mi pare che
possano sussistere obiezioni di principio.
E' così o mi sbaglio?
Paolo Angeleri, Padova
GLI SCRUTINI
A SCUOLA
In virtù di leggi che regolano la
disciplina scolastica, il buon funzionamento dello studio e, in genere, il divieto di ,« omissione di atti di ufficio »,
i genitori e gli organismi competenti
sono in pieno diritto di denunciare alla magistratura le gravissime disfunzioni che avvengono nelle scuole. E
se i genitori e i suddetti organismi
(presidenze, provveditorati e ministero)
non lo facessero, si renderebbero conniventi delle detestabili irregolarità
che già affliggono la scuola italiana da
troppo tempo, con le tristi conseguenze derivanti.
La grave disfunzione delle scuole, in
balìa di ininterrotti scioperi dei docenti e dei discenti, si è ora aggravata
per il comportamento degli insegnanti,
ma anche dei presidi, dei provveditori
e del ministero, che mon sono mai
intervenuti a punire le infrazioni che
ora sono culminate con la « omissione di atti di ufficio », azionando il blocco degli scrutini. Infatti il blocco degli
scrutini costituisce una condannabile
azione di omissione dei propri doveri, perseguibile con punizioni disciplinari e legali. E questo blocco mette
in pericolo tutto il lavoro dell'anno
scolastico. Inoltre, ciò che è ancor più
grave, c'è il pericolo di assistere alla promozione in blocco. Con un simile
illegale atto verrebbero portati sullo
stesso piano studenti coscienti e laboriosi, e quelli che disertano i propri doveri.
Cosa si attende ad intervenire prima che sia troppo tardi?
Elio Giacomelli, Livorno
TESTI IN INGLESE
.Gentile Direttore,
mi dispiace che Carlo Rapini non
sia stato in grado di rispondere al
mio quesito se il libro di Tourn
« The Waldensians: the first 800 years »,
edito dalla Claudiana, sarà ristampato
in tempo per essere incluso nella
bibliografia della versione inglese della "guida al Glorioso Rimpatrio" della
Società di Studi Valdesi.
Posso aggiungere che la casa editrice Meynier ha invece tempestivamente pubblicato in bellissima veste
tipografica la ristampa del libro di
Henri Arnaud « The Glorious Recovery by the Vaudois of their Valleys »
che con piacere includerò nella bibliografia.
Richard Newbury, Torre Pellice
Nuovo numero
telefonico
Il Centro Diaconale « La Noce » di
Palermo ha cambiato il numero di
telefono.
il nuovo numero è: 091/68.17.943
oppure 091/68.17.941.
delle valli valdesi
settimanale delle chiese valdesi e metodiste
Direttore: Giorgio GardioI
Vicedirettore: Giuseppe Platone
Redattori: Alberto Corsani, Luciano Deodato, Roberto Giacone, Adriano
Longo, Piervaldo Rostan
Comitato di redazione: Mirella Argentieri Bein, Valdo Benecchì, Alberto
Bragaglia, Rosanna Ciappa Nitti, Gino Conte, Piera Egidi, Paolo Florio, Claudio Martelli, Roberto Peyrot, Sergio Ribet, Massimo Romeo, Mirella Scorsonelli, Liliana Viglielmo
Segreteria: Angelo Actis
Amministrazione: Mitzi Menusan
Correzione bozze: Stello Armand-Hug’on, Mariella Taglierò
Spedizione: Loris Bertot
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Registrazione: Tribunale di Pinerolo n. 175. Respons. Franco Giampiccoll
Il n. 17/88 è stato consegnato agli Uffici postali di Torino il 28 aprile,
e a quelli decentrati delle valli valdesi II 29 aprile '88.
Hanno collaborato a questo numero: Carlo Gay, Elena GIrolami, Vera Long,
Anna Marullo Reedtz, Paolo Ribet, Franco Taglierò, Vera Stirano, Liliana Viglielmo.
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i6 maggio 1988
commenti e dibattiti
DIGNITÀ’ E SERVIZIO A DIO
UNA POLEMICA POLETTI-FCEI
Lavorare
onestamente
La vita deirumanità deve essere spesa nella
direzione del dono di sé - L’Italia e la Riforma
Secondo la Bibbia il lavoro è
l'ordine naturale che Dio ha predisposto per Tuomo. L’uomo produce per vivere, produce ciò di
cui ha bisogno per la vita, produce cose che non esistono, sia
pure con materie tratte dalla
natura, e in questo modo partecipa alla creazione di Dio.
Il lavoro, nella Bibbia, ha questa grande dignità.
Paolo giunge a dire che vivòno
« disordinatamente » coloro che
non lavorano, che mangiano il
pane guadagnato da altri, che
spendono il loro tempo « in cose vane ». Anche Pimpossibilità
di lavorare, cioè la disoccupazione, è disordine.
Sempre Paolo così esorta la
comunità cristiana alla quale
scrive: « Chi rubava non rubi
più ». Il rubare è il modo più
vistoso per uscire da quell'ordine naturale. Il parassitismo ed
il furto sono un sottrarre ad altri ciò che è stato prodotto con
la fatica del lavoro.
« Si affatichi piuttosto a lavorare onestamente con le proprie
mani ».
La fatica non è una cosa ripugnante, è la profusione delle nostre forze, delle nostre
energie, del nostro tempo. L’umanità è chiamata a spendersi.
La vita non va vissuta in modo
egoistico, ma va spesa. Come Dio
si spende e si dona.
Certo che anche il rubare, e
non importa l’entità, sotto certi
aspetti può essere considerato un
lavoro. Pensiamo alla progettazione e ai rischi di una rapina.
Pensiamo al calcolo, all’esecuzione ed al rischio della corruzione. Ma il fine illecito e disonesto squalifica questo tipo di attività.
Quando parliamo di lavoro onesto, dobbiamo pensare ad un
aspetto negativo e ad uno positivo. E’ disonesto un lavoro che
nuoce alle persone ed alla società. Oltre agli esempi citati, pensiamo ancora a quanta roba si
produce, dannosa per la salute
e per l’ambiente. Pensate a quelle grandi fabbriche di morte che
sono la droga e la fabbricazione
di armi.
L’aspetto positivo è così espresso: « Fate parte a coloro che sono nel bisogno ». Il fine che comunemente giustifica il lavoro è
quello di mangiare il proprio pane, di guadagnare quanto è necessario per sé e per la propria
famiglia. Ma poi il concetto si
allarga: fame parte anche a coloro che hanno bisogno. Beneficenza nel senso più autentico.
Nella pubblica assistenza, in genere, il rapporto si riduce ad invitare la gente ad uno sportello
per ricevere una prestazione. Far
parte significa die personalmente ci mettiamo in rapporto con
chi è nel bisogno, con la sua realtà, in un rapporto diretto e vissuto. « Far parte » è un’affermazione forte. Non è soltanto dare
qualche cosa. E’ condividere. Non
è dare qualcosa per levarci qualcuno di torno. E’ condividere il
frutto del lavoro onesto con chi
ha bisogno. Il frutto del lavoro
disonesto non può essere condiviso perché non è dare del tuo,
non è dare te stesso.
Per i Riformatori, e in parti
colare per Lutero, il lavoro è il
modo in cui ci mettiamo in rapporto con gli altri e la società, è
il nostro contributo alla convivenza sociale, il lavoro è visto
come servizio. Per Lutero la vita di fede non viene più vissuta
appartandoci nel religioso, ma lì
Rno all'ultimo crocifisso
Nel discorso inaugurale dell’Assemblea dei vescovi italiani, letto il 2 maggio u.s., il cardinale Poletti non ha esitato ad entrare in polemica con la Federazione delle Chiese Evangeliche la quale, tempo fa, aveva chiesto che fossero tolti i crocifissi dagli edifici pubblici.
Torneremo sulla questione dell'Assemblea della CEI; intanto riportiamo il passaggio del
discorso del card. Poletti e la pronta risposta della Giunta della Federazione.
dove lavoriamo, dove ci affatichiamo, dove portiamo le nostre
responsabilità. Diamo scrupolosamente quello che ci spetta. Lavorando per il bene comune si
serve Dio. Ogni lavoro, in questo modo, riacquista dignità.
Anche chi per necessità si trova in un lavoro considerato umile è riscattato da quella consapevolezza. Non ha più senso la
differenza fra lavori più dignitosi ed altri meno dignitosi. Inoltre, chi così concepisce il lavoro
non può corrompere, né farsi
corrompere, non può imbrogliare. Quello che devi fare, lo fai
bene. L’artigiano, l’operaio, l’insegnante, il dirigente d’azienda,
l’uomo politico.
Questa visione, in un certo senso, riscatta la differenza che c’è
nei compensi da lavoro. Spesso
chi guadagna di più spende di
più e anche in maniera indecente. Chi guadagna di più è invece tenuto a condividere di più
con chi è nel bisogno.
Quale rapporto
con la cosa pubblica?
Certo, la situazione è quella
che è. Il lavoro è contrassegnato dallo sfruttamento, dalla corruzione, dall’avidità. Ed in questo quadro siamo legati mani e
piedi anche noi cristiani. In qualsiasi settore operiamo è diffìcile
e talvolta rischioso sottrarcene.
Però non possiamo limitarci a
confermare o giustificare questa
situazione. Non si tratta solo di
un’utopia irrealizzabile. Quella
visione è in parte diventata costume, modo di comportamento
in alcuni Paesi. In Germania, in
Svezia, e in genere nei Paesi
della Riforma, la lezione di Lutero forse si è staccata dai suoi
princìpi ma è rimasta come costume, come etica comune. Per
esempio, quella scrupolosità nel
lavoro, quel rispetto per il bene
pubblico accompagnati da una
grande generosità sono segni evidenti. Questo lo si coglie, lo si
vede, anche senza idealizzare in
alcun modo quei Paesi.
In Italia il discorso è diffìcile.
L’italiano, che per molte cose è
individualista, dalla Controriforma ha imparato a scagionare la
propria coscienza e si nasconde
dietro l’istituzione ecclesiastica,
dietro quello che fanno tutti. La
Riforma libera dal peso deH’istituzione, del conformismo, della
delega, e ci pone di fronte alla
necessità di assumerci le nostre
personali responsabilità di fronte a Dio ed al prossimo. E’ a te
personalmente che giunge il dono della grazia di Dio, ma è anche a te personalmente che giunge la chiamata al servizio.
Non puoi nasconderti dietro
un’istituzione, non puoi delegare
un sacerdote. Sei tu che devi rispondere personalmente delle tue
scelte.
Gli italiani sono figli della Controriforma. Qui da noi è mancata la formazione della' coscienza individuale, che è altra cosa
dall’individualismo che è stato
rimproverato ai protestanti.
Il lavoro onesto, non nocivo,
come servizio reso agli altri ed
alla società, svolto con piena responsabilità, è un segno che è
possibile cambiare codice etico
di vita, a cominciare da chi
ha imparato a conoscere Cristo
e ü messaggio del suo Evangelo.
Valdo Benecchi
Dal discorso di Poletti
Un fatto particolarmente significativo e doloroso è costituito dalle polemiche e dalle iniziative volte ad eliminare i Crocifissi dalle scuole e
dagli altri pubblici uffici, quasi a coronamento
degli attacchi contro l’insegnamento della religione. Stupisce e addolora in special modo che contro la presenza dei Crocifissi si sia espresso in
modo ufficiale il Consiglio della Federazione delle
Chiese Evangeliche in Italia.
Non è artificioso partire da quest’ultimo segno, la polemica contro ì Crocifissi, per risalire
alla radice dei molti motivi di preoccupazione
che ho sommariamente elencato. Proprio quest’ultimo segno sembra infatti rivelare, dietro
agli equivoci di una laicità malintesa, il crescere
di un distacco, o forse più esattamente di una
inconfessata paura di Dio.
La presa di posizione della FCEI
La Giunta della Federazione, venuta a conoscenza del rammarico espresso dal card. Poletti rispetto alle posizioni assunte dal Consiglio della FCEI contro l’esposizione di crocifìssi
in locali pubblici per legge, rileva che ancora
una volta non è stato colto il fondamento teologico tipico delle chiese evangeliche in Italia
che ispira tale posizione.
La Giunta pertanto richiama l’attenzione
su tre aspetti della fede di molti evangelici
italiani.
Innanzitutto occorre sottolineare che i sim
boli e le immagini cristiani possono essere
utilizzati in funzione didattica o educativa, e
mai per affermare l’egemonia di una confessione religiosa in una società chiaramente pluralista. In particolare la forza e la garanzia della
Chiesa di Cristo sono assicurate dall’Evangelo,
« potenza di Dio e giustizia di Dio » (Romani
1; 16-17), e non dall’imposizione per legge di
simboli cristiani.
L’Apostolo Paolo, in secondo luogo, ci ricorda che « noi predichiamo Cristo crocifìsso »
(I Corinzi 1: 23). Questo significa che noi cristiani come persone e come chiese, non lo Stato,
dobbiamo farci carico della predicazione di Cristo crocifìsso. Significa anche che siamo chiamati a predicare Cristo, non ad esporlo figurativamente e sottolineando solo un aspetto
della persona e dell’opera Sua. Il crocifìsso ha
un significato unico e irripetibile nell’esperienza umana solo in quanto crocifìsso risorto. Questa è la vera sapienza dell’Evangelo della croce,
che per alcuni è scandalo e per altri è pazzia.
Infine la Giunta richiama l’attenzione al
fatto che in Italia, nella sua cultura tradizionale, il crocifìsso è associato all’idea dell’esorcismo del male e del demonio e soprattutto è uno
dei segni del connubio tra la chiesa dominante
e lo Stato. Questo connubio non sembra essere
evangelicamente ispirato, né giuridicamente sostenibile.
UN PROFILO DI SUBILIA
Camminando tra le vette
Vittorio ha terminato il suo
cammino terrestre. A chi gli
avesse detto di voler scrivere
qualcosa su di lui, avrebbe risposto, ironicamente o no: lascia perdere, perché solo il Signore sa quello che è nel cuore
degli uomini.
Altri scriveranno su Subilia
come professore, maestro di teologia, figlio deirUniversità di
Torino, amico dei Cosmo e dei
Momigliano, sensibili ad una lingua scritta accuratamente e criticamente. Altri scriveranno su
Subilia barthiano e no, osservatore del cattolicesimo romano
nelle sue tentazioni e tentativi
di conciliare gli inconciliabili in
sintesi gnostiche o no; oppure
sui suoi libri, retaggio prezioso
per un evangelismo italiano troppe volte settario e frammentario.
Io penso a Vittorio come ad
un amico, del quale si parla in
un gruppo di amici, discutendo
e scherzando e non scherzando
sull’ironia di Kierkegaard, sulla
Dogmatica di Barth, sulle tesi
ecumeniche di Visser t’ Hooft,
sulla « sua » rivista Protestantesimo.
Andarlo a trovare era sempre un problema: circondato
dalla montagna dei suoi libri, costretto dal tempo « che gli era
ancora dato », si sapeva che non
si doveva fargli perdere tempo.
Ma le sue risposte erano chiare, precise, indicative anche se
precedute da « limga meditazione ».
Mi sia concesso ricordare un
dettaglio del 1968. Gli studenti,
in preda all’agitazione, cercavano un luogo per l’assemblea in
Roma. L’ansia paralizzava gli
enti sportivi, politici, religiosi.
Gli echi del ’’maggio” francese e
dei lontani fenomeni di rivolta
in Germania, America, facevano temere rivoluzioni e disordini. La Resistenza era lontana.
Un gruppo del 1968 arrivò in
Facoltà e chiese l’uso dell’Aula
Magna. Vittorio, in quel momento, sentì una responsabilità e,
dopo meditazione e esitazione,
disse uno di quei suoi « sì ». I
giovani entrarono, ma erano
troppi, l’Aula troppo piccola. Ripartirono dopo mezz’ora di concioni, repliche, interventi, per
qualche piazza lontana... non dopo avere pulito la sala e dato
la loro colletta per il nostro custode... Ma quel « sì » di Vittorio fu di conforto e di speranza
per quei giovani, allora pieni di
ogni tipo di speranze contrastanti e di profonda disperazione.
Qualcuno sentì che esiste una
problematica per l’uomo più radicale e più istruttiva di tutti i
'68, compresi quelli di Nanterre,
dove il protestante Paul Ricoeur
trattò con « quei ragazzi, usciti
adulti dal tunnel di quei giorni ».
Per molti anni, e anche per
me, Vittorio era l’alpinista delle
alte montagne, che cammina sulle vette, fra precipizi e crepacci, ma va avanti, perché la Parola di Dio è più forte delle vette e degli abissi. E la teologia
non è una chiacchierata ma,
poiché Dio solo sa parlare bene
di Dio, il parlare delTuomo (e il
teologo non è una scimmia) deve sapere essere esiguo, nullo,
anche se sarà sempre « arrogante ». Può darsi che, come il
pastore Brandt della tragedia di
Ibsen, il teologo, salendo verso
le vette, perda le chiavi della
sua chiesa, rimasta nelle pianure con le sue alte guglie, ma il
suo confronto con le vette sarà
sempre per lui una prova salutare. Forse per questo Vittorio
preferiva le vette della Val Ferrei ai pascoli erbosi delle nostre
vallate. Ma forse, quando ripenso a Vittorio, mi sembra più
giusto ricordare il dito di Giovanni Battista che, nella pittura della ’’Crocifissione” di Griinewald, indica in Cristo l’Agnus
Dei; « solus Christus »!
Per me Vittorio è un fratello che, mosso dall’urgenza, sapeva ascoltare con altri la Parola del Signore: con Carlo Lupo,
con Giovanni Miegge, con i Gruppi del Vangelo, con i fratelli Colombo di Torino, con l’amico
Ponzano di Valenza, con Gino
Conte... Ogni versetto biblico era
analizzato con spirito critico e
con ricerca attenta al « messaggio », che doveva sprigionarsi
quando e se Dio avesse voluto.
Per quell’ascolto Subilia aveva
sempre tempo. A volte, e in questo era molto simile a Barth,
spuntava qualche citazione di
ignoto Riformatore del XVI secolo contro ogni tipo di pelagianesimo e subito dopo Vittorio diventava un interlocutore
attualissimo: da un lato come
uditore fra il cattolicesimo romano, nella sua ricerca di sintesi « ortodosse » degli opposti
sistemi, e il protestantesimo moderno da Schleiermacher ad oggi; e dall’altro Subilia diventava l’uditore non solo delle risposte, ma delle domande che
la Bibbia, oggi come ieri, pone
alla nostra coscienza.
Diffidente verso riti, cerimonie religiose e profane, spettacolari ed apparenti, non « provinciale », Vittorio Subilia, figlio
di un piemontese oriundo delle
Valli e di una credente napoletana, ci parla della giustificazione per sola fede. Il tuo parlare non fu inutile: grazie.
Carlo Gay
4
fede e cultura
6 maggio 1988
UNA CONFERENZA DI FRANCESCO ALBERONI
Altruismo e morale
FEDE E SENTIMENTO RELIGIOSO
Contro l’indifferenza
Il pensiero di Lutero; un nodo che coinvolge tutto il mondo moderno
Si perde il concetto di una « verità unica » Idea di salvezza e speranza nel Regno di Dio
Un pubblico eccezionalmente
numeroso e partecipe è stato la
cornice della conferenza che il
professor Francesco Alberoni,
docente di sociologia all’Università di Milano, ha tenuto sul tema « Altruismo e morale; da Lutero alla morale razionale moderna » sabato 16 aprile, presso
il Centro culturale protestante
di Milano. L’occasione rivestiva
maggiore interesse per la concomitanza con l’uscita del volume
che il noto sociologo ha dedicato a una riflessione modulata, in
alcuni capitoli, sugli influssi della Riforma protestante nella genesi della società moderna.
Alberoni, nella parte inizieJe
del suo intervento, ha osservato
le molteplici somiglianze tra gli
anni ottanta che stiamo vivendo
e quel periodo storico compreso,
grosso modo, tra la fine del ’600
e l’inizio del 700.
Il nostro decennio, infatti, testimonia una svolta radicale che
sembra avere jjosto fine ai « monoteismi impazziti » che, sia in
campo politico che religio¡so, avevano caratterizzato il ventesimo secolo come un’era soggiogata da costruzioni ideologiche
basate su certezze e dogmatismi.
Violenze endemiche, guerre e
stermini di massa sembravano essere la risposta a ogni problema.
Il « sessantotto » è stato forse
l’ultimo sprazzo di queste piogge messianiche, i cui fallimenti
mostruosi ne hanno decretato un
irreversibile declino. Un discorso valido soprattutto per il nord
del nostro pianeta, USA, URSS,
Europa, Giappone, ormai diffidente e refrattario a quelle soluzioni totali che paiono tuttavia
ancora calamitare i popoli e i
go^'emi del terzo mondo.
Siamo dunque, nei paesi sviluppati, giunti in una nuova fase di equilibrio delle nazioni e
primato della diplomazia, come
dimostrano le transizioni pacifiche alla democrazia nella penisola iberica, il controllo delle crisi
mediterranee e mediorientali senza coinvolgimenti diretti delle
superpotenze e, in particolare,
un primo accordo per il disarmo tra russi e americani. Contestualmente, a tali segni' politici corrisponde uno sviluppo più
critico della riflessione intellettuale, il cosiddetto « pensiero debole » che, in realtà, rappresenta
il rifiuto di produrre e imporre
una visione dogmatica della vita.
Anche la Chiesa cattolica, dopo
il Concilio Vaticano II, si è immessa su una strada di tolleranza e comprensione delle altrui
posizioni.
Se politicamente, dunque, possiamo riallacciarci all’epoca a cavallo tra sei e settecento, occorre ricordare che in quei decenni
nacquero i germi deH’illuminismo. La divulgazione scolastica
e popolare, filtrata da idealismo
e marxismo, tende sempre ad
appiattire rilluminismo sulle fasi più tragiche della Francia rivoluzionaria, riducendolo al brodo culturale in cui nuotava Robespierre. La realtà era assai differente; fu un’epoca in cui l’interesse verso le scienze, la scoperta della natura e le indagini
economiche tendevano all’impegno di migliorare le condizioni
di vita degli esseri umani. Una
ripresa, alle radici, della vecchia
spinta cristiana, prima che la ricerca del Regno di Dio attraverso il fanatismo conducesse a immani massacri nel nome della
fede. Lo stesso sviluppo della rivoluzione inglese di Cromwell fu
un abile gioco di pesi e contrappesi, con le necessarie correzioni degli eccessi. Gli studiosi dell’epoca illuminista miravano
quindi a incanalare le spinte altruistiche e generose con l’aiu
to del pensiero razionale, per evitare che posizioni massimalistiche snaturassero i contenuti
per i quali si esigeva il cambiamento: nelle rivoluzioni, quasi
sempre i diritti più elementari
vengono' sistematicamente repressi proprio nel nome della
legalità rivoluzionaria.
Così agendo, invece, gli illuministi suggerivano una attenzione
più semplice e pacata, che non
scordasse mai il fine di procedere per il bene del prossimo.
Un simile discorso è valido anche per le esperienze religiose.
Nei secoli l’imposizione violenta
di una propria visione di fede,
prescindendo da qualsiasi critica razionale, ha causato tragedie altrettanto diffuse rispetto ai
drammi cagionati dalle dottrine
politiche. E qui si innesta l’importanza del pensiero luterano.
Lutero, secondo la lettura di
Alberoni, rappresenta una esperienza fondamentale da cui non
può prescindere chiunque si interessi di psicologia. La visione
di un Dio che salva gli uomini
e libera dal peccato, di un Cristo che ha tento amato l’umanità al punto di morire sulla croce per amore dei malvagi, ribalta totalmente la prospettiva degli ideali greci che tendevano al
divino in parallelo al concetto
della bellezza. Siamo di fronte a
una gamma di amore che prescinde dal merito e travolge l’apparato istituzionale delle religioni, ricostituendo una solidarietà
universalistica che non può non
richiamare la fraternità degli illuministi. Ce ne dobbiamo fare
carico senza menzogne e senza inganni. Lo slancio iniziale non deve venirè appannato dalla prassi storica successiva, che inevitabilmente ha dovuto mediare
con situazioni politiche e sociali.
Quando Kant afferma che lo scopo della morale consiste nel perfezionamento di noi stessi e nella felicità degli altri, è profondamente luterano.
Purtroppo, la visione luterana
dell’amore è andata perdendosi
nella civiltà occidentale. Le prescrizioni degli apparati hanno
nuovamente rinchiuso la spinta
altruista in un bozzolo di pratiche esteriori, i cui riflessi perdurano nel nostro linguaggio.
Parliamo di agape e pensiamo
solo al cibo, discutiamo di carità e la identifichiamo con gli
spiccioli che lasciamo cadere nella vaschetta di un mendicante.
La semplicità luterana ci dovrebbe insegnare a spogliarci dalle
bardature e dai rigori del fanatismo. E’ un riferimento fonda-,
mentale anche per la società odierna: troppo spesso obbediamo ancora a una morale dogmatica anziché a una morale razionale. L’umanità è ricca di
spinte altruistiche che devono essere canalizzate lontano dalle
secche dei furori messianici. Facciamo un piccolo sforzo, cercando di applicare le parole dell’Evangelo: « Ama il prossimo tuo
come te stesso ».
Marco Rossi
E’ uscito in terza pagina su
« La Stampa » del 26 aprile un
articolo di S. Quinzio, acuto osservatore e critico — da credente dichiarato — del mondo cattolico e delle realtà che in genere hanno attinenza col « sacro ».
Il titolo è « Due cristianesimi »
e parte dall’analisi di un libro
del professore e sacerdote G.
Moretto, che si ispira al liberalismo religioso di Schleiermacher
(Sulle tracce del religioso, Ed.
Guida), contenente alcuni saggi
su vari pensatori, tra cui Karl
Barth.
Per il discorso che di qui
Quinzio sviluppa e per il rilievo
che egli dà appunto alla teologia di Barth, esso appare di interesse notevole anche p>er noi.
Semplificando molto ( ed interpretando, spero, rettamente)
mi sembra che le conclusioni
deH’anali'si in questione possano
essere così sintetizzate: si tende
oggi (nonostante l’ottica dell’attuale papato che si preoccupa
unicamente di contrastare il progressismo da un lato ed il tradizionalismo alla Lefebvre dall’altro) a « rimmciare all’idea di
una verità religiosa unica che si
oppone a tutte le altre ».
Inoltre, sempre nell’ambito del
cristianesimo, citando testualmente Moretto, « la salvezza
ora non è più l’eterna beatitudine dell’aldilà... Il salvo e il
sano vengono ricercati esclusivamente nel libero autodispiega
mento di tutte le facoltà creatrici deiruomo ». Qrmai, insomma,
anche il pensiero religioso contrapporrebbe l’aspettativa di un
« regno dell’uomo » a quella del
« regno di Dio ».
Barth però, come ci ricorda
Quinzio, « non è disposto a operare la dissoluzione dei contenuti della fede cristiana nell’universale sentimento religioso », e
questo pur nella « volontà di aprire la teologia e la vita delle
chiese a un dialogo libero con
il mondo moderno ».
Inserendomi nel discorso — e
riferendomi anche ad un recente sermone del pastore G. Tourn
— credo sia giusto affermare
che il concetto di « salvezza »
concerne una nuova visione del
nostro vivere « al di qua », senza però che questo contraddica
la speranza e la fede nel futuro
e totalizzante « regno di Dio ».
E’ anche per questo che, tornando all’articolo citato, pur avendo « alle spalle le conseguenze negative o addirittura catastrofiche del non ancora esaurito conflitto tra le diverse religioni che si pretendono unicamente vere », ritengo condivisibile in
pieno la conclusione dello stesso: « A minacciarci non è già
più la pretesa della verità assoluta, ma l’indifferenza di fronte
a qualsiasi verità ».
Cerchiamo di cogliere l'avvertimento che ci viene da queste
parole.
Mirella Argentieri Bein
BARLETTA
Giuseppe
a 10 anni
Gangale
dalla morte
Le diverse
generazioni
di evangelici
si confrontano
con la figura
di G. Gangale.
Barletta, passata alla storia per
la seconda guerra punica (Canne, sulla foce dell’Ofanto, è a pochissimi chilometri) e per la disfida tra cavalieri italiani e francesi (1503) rap,presenta, per gli
evangelici meridionali, accanto a
Guardia Piemontese, un punto di
riferimento essenziale della loro
microstoria; il 19 marzo 1866 vennero linciati 5 evangelici, come
ricorda la lapide posta all’entrata della chiesa battista, frutto
della repressa evangelizzazione
di Gaetano Giannini, coraggioso
predicatore delle « chiese libere ».
E Barletta, simbolo di una fede
evangelica resistente, è stata la
sede di un collettivo teologico,
promosso congiuntamente dal
XIV Circuito e dalla Associazione
delle Chiese battiste di Puglia e
Lucania, in occasione del decennale della morte di Giuseppe
Gangale.
Il fascino di Gangale si perpetua con il passare delle generazioni evangeliche; anche se bisogna chiedersi, parafrasando un
convegno su Marx in occasione
del centenario della morte, « cosa è vivo » e « cosa è morto » del
pensiero gangaliano.
Il Dio di Gangale
Nella « Tesi ed amici del nuovo
protestantesimo » (2“ edizione.
Boxa 1930) Gangale parla di Dio
come « ragione legislatrice del
mondo », conoscibile attraverso la
« conquista personale della autocoscienza cristiana ». Siamo di
fronte al « dio hegeliano »; Dio
rappresentato come Idea, in opposizione alla Natura (antitesi),
diventa autocosciente nello spirito dell’uomo (sintesi). Se l’uomo è il luogo dello Spirito, vuol
dire che Dio si realizza nella storia degli uomini. Il Dio delle
Scritture; « Deus absconditus »,
sottolineerà un discepolo di Gangale, Giovanni Miegge, non opera alcuna sintesi dell’umano operare; anzi, lo mette costantemente in crisi, introducendo nella
storia universale lo scandalo e la
pazzia della croce. Per quanto
Gangale si sia sforzato di andare
alla « sorgente », leggendo con
amore e passione Lutero e Calvino, il suo Dio è rimasto quello
di Hegel, troppo razionale e quindi troppo umano.
Il sogno di Gangale:
la riforma
religiosa in Italia
Nel suo primo articolo su
« Conscientia » (19 agosto 1922)
Gangale accenna al suo proposito
di promuovere una riforma religiosa nel nostro paese, in questi
termini: « ...dobbiamo attaccare
e demolire ’’radicitus” il cattolicesimo, ponendo al suo posto
salde basi per una riforma spirituale e religiosa. Sappiamo che
molti disperano sull’esito d’un
eventuale tentativo di riforma religiosa in Italia e adducono, a
prova della loro sfiducia, il carattere pagano degli italiani, incapaci secondo loro di vivere e sentire lo spirituale e il divino oltre
e senza l’esteriorità del culto. Noi
non condividiamo tale opinione.
Poiché il fatto che quando il cristianesimo s’impose in Italia contro il paganesimo, non era ancora cattolicismo (cioè cristianesimo paganizzato) bensì religione
interiore e profonda, prova che il
popolo italiano, benché non abbia fanatismi orientali, non è così superficiale ed indifferente,
quale qualcuno vorrebbe crederlo: del resto, anche oggi il Mezzogiorno è tendenzialmente contemplativo e, come suprema
espressione di questa sua natura,
ha dato alla storia pensatori msigni: e il Mezzogiorno, se Dio
vuole, fa parte dell'Italia ».
Gangale, nel suo vivo desiderio
di contribuire ad una riforma religiosa che avrebbe portato inevitabilmente gli italiani ad acquisire una « coscienza civile colletti
va », è parso attuale e di stimolo
per la nostra testimonianza evangelica. Non solo, ma Gangale ha
saputo raccogliere intorno alle
sue idee le migliori menti del
pensiero liberal-socialista, in un
confronto a distanza con Antonio
Gramsci (cfr. « Quaderni del
carcere »).
Ma perché il protestantesimo
italiano ha fallito il suo obiettivo
di una riforma religiosa nazionale? E qui Gangale, con il suo saggio « Revival: saggio sulla storia
del protestantesimo in Italia da!
Risorgimento ai nostri tempi »
(1929) è attualissimo: il protestantesimo in Italia non ha avuto
successo a causa della sua dipendenza da modelli stranieri (inglesi, svizzeri, americani), occorre sperimentare una via italiana
al protestantesimo. Gangale non
c’è riuscito; comunque lo si interpreti, il suo volontario esilio
(1934) è un lasciare il campo. Ma
il fascino, di cui scrivevamo all’inizio dell’articolo, rimane: la
problematica gangaliana è attuale: vivere la Riforma oggi anche
come contributo al sorgere di
quello « stato etico » di cui tutti
avvertiamo la necessità,
Giuseppe Gangale, poco prima
di morire, scriverà una bella poesia: « Preghiera della sera », l’ultima di una serie raccolta con
amore da Paolo Sanfilippo, pastore a Barletta dal 1937 al 1939;
con la presentazione del volumetto si è concluso il nostro colletti;
vo teologico, modesto omaggio di
chiese meridionali al fratello Giuseppe Gangale, tenace e fecondo
calabrese.
Eugenio Stretti
5
6 maggio 1988
spedale
VASTO: I CONGRESSI FFEVM, MFB, FDEI
Donne protestanti
E’ sempre difficile e raramente possibiie
dare resoconti compieti ed imparziali sugli incontri delle donne, in ogni ambito essi avvengano. La nostra sarà quindi una valutazione
soggettiva che altre potranno completare o correggere. Immaginando di raccontare a chi era
assente cosa è successo a Vasto, in Abruzzo,
nel lungo week-end del 25 aprile, non si può
non partire dall’impressione di fermento, a
volte disordinato e confuso, ma mai privo di vitalità e desiderio di capire, lasciato dalle quasi
200 donne convenute per discutere, prima in
ambito denominazionale (battista e valdese-metodista), poi in sede FDEI (Federazione Donne
Evangeliche Italiane) sulla loro posizione nella
società e nelle rispettive chiese.
Quali sono stati dunque i « pianerottoli »
raggiunti dalle donne protestanti a Vasto?
1) In primo luogo la consapevolezza del
cammino fatto insieme, iniziato negli anni ’50
per le valdesi e nel ’63 per le metodiste, unite,
infine, dal congresso di Ariccia del 1980: una
storia da cui non si può tornare indietro.
2) L’aver capito che lo stare insieme fra
donne non è sempre una festa e che le differenze pesano, soprattutto se si vuol fingere che
non esistano. Se le storie sono diverse, anche il
modo di pensarsi lo è, ma la diversità non necessariamente si deve trasformare in conflitto. E per le donne valdesi, metodiste e battiste si apre un periodo in cui è possibile approfondire la reciproca conoscenza sulla base delle
loro provenienze denominazionali e dell’analisi
di come hanno vissuto il loro essere donna nelle
rispettive chiese.
3) La presa d’atto che le organizzazioni
denominazionali hanno una funzione diversa
dalla FDEI, le prime più orientate alla vita
interna delle chiese, alla formazione delle donne e alla riflessione sul servizio, la seconda più
sulla frontiera della testimonianza al « mondo », aperta e presente nel far sentire la voce
« ufficiale » delle donne protestanti alle donne
dei movimenti e al pubblico.
4) La necessità di coordinare attraverso
un unico organismo (la FDEI?) le donne di
tutti i movimenti evangelici, dei gruppi e delle
commissioni, nella varietà dei percorsi di
ognuna.
5) La convinzione dell’importanza dell’integrare la propria esperienza di fede con la
riflessione dei fratelli affinché la cosiddetta
femminilizzazione della chiesa non diventi ancora una volta un momento di separatezza in
negativo, uno spazio òioè lasciato libero dagli
uomini che se ne disinteressano.
6) Il sapere che l’impegno di rinnovamento delle donne è sottoposto al peccato come qualsiasi attività umana e che da soie, senza l’aiuto di Dio, anche questo diventa un’opera
impossibile.
7) Infine, la necessità di proseguire (o
iniziare?) a costruire un pensiero nostro, di
donne protestanti, che integri le istanze del movimento delie donne alle strutture e al linguaggio delle chiese, confrontandoci non solo a livello nazionale, ma internazionale: che il decennio delle donne inaugurato dal Consiglio Ecumenico sia l’occasione per riflettere su questo
terreno. Bruna Peyrot
Credo, sempre
e nonostante tutto
Non credo
al diritto del più forte, al linguaggio delle armi,
alla potenza dei potenti.
Voglio credere al diritto dell’essere umano, alla mano
aperta, alla potenza dei non violenti.
Non credo alla razza o alla ricchezza, ai privilegi,
all’ordine stabilito.
Voglio credere
che tutti gli esseri umani sono esseri umani, che
l’ordine della forza e dell’ingiustizia è un disordine.
Non credo di potermi disinteressare a ciò che
accade lontano da qui.
Voglio credere
che il mondo intero è la mia casa e il campo nel
quale semino e che tutti mietono ciò che tutti
hanno seminato.
Non credo di poter combattere altrove l’oppressione
se tollero l’ingiustizia qui.
Voglio credere che il diritto è uno, tanto qui che
altrove, che non sono libero fa finché un solo essere
umano è schiavo.
Non credo che la guerra e la fame siano inevitabili
e la pace irraggiungibile.
Voglio credere all’azione semplice, all’amore a mani
nude, alla pace sulla terra.
Non credo che ogni sofferenza sia vana.
Non credo che il sogno degli esseri umani resterà
sogno e che la morte sarà la fine.
Oso credere invece sempre e nonostante tutto alla
creatura nuova.
Oso credere al sogno di Dio stesso:
un cielo nuovo, una terra nuova dove abiterà la
giustizia.
Dorothee Solle
La FDEI
La Federazione Donne Evangeliche in Italia è nata ufficialmente
nel maggio del 1976. E’ uno strumento di coordinamento sul piano nazionale fra le unioni femminili di diverse denominazioni evangeliche italiane.
Il SUD scopo è la promozione
spirituale, culturale, sociale delle
donne in tutti i settori della vita.
Già negli anni '50, vinta la battaglia per il riconoscimento alle
donne del diritto di essere consacrate al ministerio pastorale, la
posizione della donna nelle chiese
evangeliche ha raggiunto un soddisfacente grado di parità con l’uomo. Le donne, infatti, sono ormai
presenti in tutte le istanze decisionali della vita della chiesa.
Convinta che l’uomo e la donna
sono stati creati entrambi a immagine di Dio, la iFDEI si adopera
affinché ogni residua discriminazione venga cancellata.
Ha preso posizione a favore della
legge sull’interruzione della gravidanza, a favore dei consultori, del
divorzio, del disarmo.
Altri temi ancora aperti al suo
impegno riguardano la terza età, i
problemi della degenerazione dell’amblente, l’educazione dei bambini nella chiesa e nella società,
la difesa della libertà di religione
nella scuola, gli handicappati, I
malati di mente, gli emarginati, la
sessualità.
Sul plano Internazionale la FDEI
ha stretti rapporti con il Consiglio
ecumenico delle chiese ed è membro della Conferenza ecumenica
delle donne cristiane europee.
NUOVO CONSIGLIO
valdesi: Daniela Platone - Claudia
Claudi (segretaria) - Elisabetta Pagano;
metodiste: Saida Papini (cassiera)
- Laura Carrarl - Emera Napolitano (vicepresidente):
battiste: Adriana Cavina (presidente) - Maria Chiarelli - Christine
Spanu.
INDIRIZZO
Adriana Cavina, v. Varsavia, 26 00142 Roma - tei. 06/5041437.
LA TAVOLA ROTONDA AL CONGRESSO FDEI
Dignità deiia persona
e rispetto delia creazione
Un momento di particolare interesse durante il IV Congresso
FDEI è stato la tavola rotonda
tenutasi nell’Auditorium del Centro dei Servizi Culturali di Vasto
nel pomeriggio di domenica 24
aprile. L’intenzione era di coinvolgere anche la popolazione locale sul tema che sarà oggetto di
impegno delle donne protestanti
nei prossimi anni: « Dignità della persona e rispetto della creazione ». Tutti gli interventi hanno colto l’importanza di stabilire
fra queste due parti — la persona
e il mondo — un rapporto non
conflittuale né distruttivo, che
tenga conto delle potenzialità insite nelle cose e nelle persone,
approfondendo poi l’argomento
secondo le diverse competenze.
« Dal punto di vista teologico fu
Lutero — ricorda E. Tomassone,
teologa valdese — a restituire il
creato alla sua profanità, al suo
non essere né diabolico né divino, un mondo in cui Dio si autorivela nella storia, come dirà K.
Barth ». « Una storia, tuttavia, —
riprende A. Corciulo, fondatrice
deH’ARCI — in cui la dicotomia
fra natura e cultura sta alla base
dell’inferiorità della donna, considerata portatrice della prima, al
contrario dell’uomo al quale spetta la costruzione del pensiero
astratto. Soltanto immettendo
nella società attuale l’antico sapere delle donne, legato al tempo
ciclico, alla qualità della vita, alla
storia dei sentimenti, si potrà capovolgere la logica del potere legata a strumenti di morte e far
risaltare altre norme sociali che
esprimano le "specialità” delle
donne: cibo, corpo, riproduzione, aspetti cioè, in ultima analisi, proprio dell’habitat che si vuol
salvare ».
« La quotidianità è infatti •—
ha osservato E. Spedicato, antropoioga — la forza della donna,
che può proporre nuove piste di
conoscenza smarrite dall'uomo
per un progetto di salvaguardia
dell’ambiente naturale e sociale ».
Particolarmente suggestive sono state, infine, le parole di L.
Conti, parlamentare ambientalista, sul destino delTumanità;
« Nel mondo l’ordine della vita
vegetale è costruttivo, mentre
l’ordine animale insegue la distruzione e, fra gli animali, il più
demolitore è certo l’uomo, che ha
la "capacità” di accelerare la fine
dell’universo. E seppur l’umanità
è destinata a finire prima o poi,
non è invece indifferente sapere
se ci sarà un tempo e uno spazio
per molti o se il futuro sarà a disposizione solo di pochi uomini.
La domanda infatti deve essere:
quanti uomini per quanto tem
po? ». Sono questioni che interrogano profondamente la nostra
fede, poiché se la vita è un dono,
e se non deve diventare un ’’idolo” da difendere ad ogni costo,
deve tuttavia essere liberata in
tutto il suo potenziale creativo,
nel presente e per la gente che
verrà dopo di noi. L’acceleratore
che preme sulla distruzione può
essere rallentato con l’integrazione di un pezzo di cultura del rim
novamento, che donne e uomini
possono costruire dando pienezza ad una parola ancora troppo
vuota come ’’persona”, sfavorevole alle donne, se viene detta
senza riconoscere che esse sono
portatrici di un modo di fare e
di essere rimasti sommersi nella
storia, sconosciuti alla filosofia e
alla scienza perché la memoria
dell’uomo li ha ignorati.
B. P.
La FDEI, avendo ascoltato con
profondo interesse i vari interventi tenuti dalle relatrici durante la tavola rotonda sul tema
congressuale, riflette sul fatto che
oggi la scienza sia pronta ad affermare un concetto di limite e
di irreversibilità alle possibilità
di sopravvivenza della creazione
e del genere umano e spinga gli
uomini e le donne a far proprio
il problema ecologico per scongiurare l’accelerato pericolo di
distruzione incombente.
Come donne evangeliche, siamo
state portatrici, da sempre nella
nostra storia, del messaggio biblico di limite alle capacità e
possibiUtà dell’uomo, come anche
della realtà del peccato mnano
che ha coinvolto l’intera creazione in questa situazione di prò
Il documento conclusivo
fonda alienazione. Il nostro impegno ecologico, però, non è fondato né sulla paura né sul tentativo di allontanare un pericolo
imminente, ma sulla profonda
convinzione della nostra responsabilità nei confronti dell’intera
umanità. Non è né il « se » né il
« quando » del limite di sopravvivenza che informa la nostra
azione ma la vocazione ricevuta,
che ci rende consapevoli della necessità di migliorare le condizioni di vita non solo per noi, ma
per le generazioni che ci seguiranno.
. Come dorme, abbiamo anche
ascoltato con particolare interesse la relatrice che ci ha parlato
della condizione culturale femminile e dell’attuale battaglia
delle dorme per recuperare una
cultura che sia espressione del
pensiero e del sentire femminile
e superi quella cultura del dominio che è causa perenne della
dicotomia tra maschile e femmi,nile, che vuole « la dorma portatrice di natura e l’uomo portatore di cultura ».
Come dorme evangeliche, siamo
consapevoli che il messaggio biblico parla chiaramente dell’intenzione creatrice di Dio come di
una volontà che pone la persona umana, maschio e femrriina,
sullo stesso piano di umanità, sin
dal primo istante della creazione.
Siamo anche consapevoli che
la storia degli esseri umani, carica di ribellione e di peccato, ha
sconvolto l’ordine della creazione
e ha introdotto il principio di subordinazione, assoggettando l’uomo all'uomo e la donna all’uomo.
Il nostro impegno esce dal congresso rafforzato e rinnovato, la
mèta che ci prefiggiamo appare
chiara : ricomporre i due poli
(maschile e femminile) affinché
la cultura non sia più unidimensionale, ma l’identità della donna trovi espressione in una forma complementare di pensare
e di sentire che, oltre a restituirle la piena dignità di persona, porti arricchimento all’intera
umanità, nel quadro di una creazione rispettata.
6
6 speciale
1
6 maggio 1988
QUANDO ARRIVA IL REGNO DI DIO (LUCA 13: 10-17)
CONGRESSO FDEI
Donna: tu sei liberata Maggior partecipazione
La guarigione di una donna in giorno di sabato è segno della liberazione deH’umanltà - Gesù restituisce dignità alla persona ieri e oggi
Questa donna è curvata,
piegata nello spirito e nel
corpo, non può raddrizzarsi.
Niente può aiutarla. Al contrario, la società del suo tempo, la mentalità della cultura
patriarcale la vogliono proprio così, piegata, subordinata, perché è una donna.
Così, in questa sua condizione, entra nella sinagoga
dove Gesù stava insegnando.
Solo lui si accorge che la
donna non aveva l’aspetto di
colei che era stata creata ad
immagine di Dio... e la chiama... e le dice: « Donna, tu
sei liberata dalla tua infermità ». Prima ancora che lei domandasse, Gesù la guarisce
ed ella può glorificare Iddio
a motivo di tale liberazione.
L’evangelista Luca, più
avanti, riferendosi al discorso profetico di Gesù dice:
« Quando queste cose cominceranno ad avvenire, rialzatevi, levate il capo, perché la
vostra redenzione è vicina »
(21: 28). Qui compare il significato escatologico del raddrizzarsi, dello stare eretti a
motivo della liberazione operata da Gesù. Sì! Si può alzare il capo, tenersi dritti su se
stessi perché il Regno di Dio
si fa strada con potenza nella
vita di una persona.
E’ ciò che accade alla donna paralitica, che dopo 18
anni può raddrizzarsi solo perché Gesù la vede, le
parla, la libera, perché il Regno di Dio è arrivato, perché
la salvezza è completa!
Ma c’è qualcuno nel nostro
racconto che non è contento,
che non è stato capace di
comprendere profondamente
il significato dell’azione di
Gesù nei confronti della donna curvata: è il capo della
sinagoga.
Per la classe dirigente giudaica è offensivo vedere
una guarigione in giorno di
sabato, vedere Gesù dare a
una donna la capacità di stare dritta su se stessa.
Non è quello che è successo fino ad oggi nel mondo ecclesiastico e nella società?
« ...Il Signore gli rispose: Ipocriti, ciascuno di voi non scioglie, di
sabato, il suo bue o il suo asino dalla mangiatoia per condurlo a
bere? E costei, che è figlia di Abramo... » (Le. IS: 15 s.).
appartenga solo a loro, per
volontà divina.
Gesù chiamò allora ipocriti quei capi spirituali, perché consideravano la donna
meno che un bue o un asino;
infatti essi, in giorno di sabato, non avrebbero certamente esitato a sciogliere il
proprio bue o il proprio asino per portarlo a bere. Invece avrebbero tranquillamente lasciato la donna con la
sua infermità.
donna è stata dunque sotto
il dominio dell’oppositore di
Dio, di ciò che gli è assolutamente contrario.
La mano di Gesù è sufficiente a renderla libera, non
c’è bisogno di altro, non c’è
bisogno di approvazione da
parte di qualcuno. Questo è
il volere di Dio, che la donna
sia liberata, non più piegata
e curvata, ma raddrizzata alla statura di un essere uma
no!
Partecipe della
vocazione di Abramo
I capi della sinagoga non
osano criticare Gesù riguardo alla sua amicizia con le
donne, piuttosto rimproverano la donna perché proprio
il giorno più importante, il
sabato, è venuta per farsi
guarire, è venuta cioè a prendere parte ad un evento che
la rende partecipe del piano
di salvezza, che la fa discepola.
Ancora oggi, taluni « capi
spirituali » non comprendono affatto il messaggio radicale di Gesù, non permettendo alle donne di occupare
una posizione che credono
Tra le cose che l’uomo
israelita possedeva, oltre al
bestiame, era inclusa anche
la donna, la moglie (Esodo
20: 17).
Gesù afferma che il bue e
l’asino hanno un loro posto
che non è insieme alla donna.
Questa creatura non è da
menzionare con le altre cose.
« Se voi sciogliete il vostro
bue e il vostro asino in giorno di sabato per portarli a
bere », cosa avete da dire, da
criticare circa il mio atto verso tale donna? Non è ella una
figliola di Abramo? Con questo titolo Gesù dichiara apertamente che è una persona,
appartenente al suo gruppo
etnico, qui è la figliola di
Abramo davanti agli ipocriti
che pensavano di essere i figli di Abramo per eccellenza.
Zaccheo viene chiamato figliolo di Abramo da Gesù dopo essersi convertito e dopo
aver promesso di dare ai poveri metà delle sue proprietà.
Questa donna, invece, non
deve fare niente per essere
chiamata figliola di Abramo,
perché lo è già. E’ uno strano potere quello che l’ha tenuta legata per ben 18 anni,
che Gesù chiama satana, cioè
il corruttore, l’oppositore. La
Luca ci dice anche che tutti gli avversari di Gesù, i capi spirituali, erano confusi e
adirati, ma che la moltitudine, la gente, si rallegrava.
Se ciò avvenne, vuol dire
che aveva realmente compreso che la realtà della liberazione era parte di quel piano
di salvezza che Gesù era venuto a portare a tutti gli afflitti.
« Non scioglie ciascuno di
voi il suo bue o il suo asino?
Non deve allora questa donna essere liberata? ».
Ancora oggi, in paesi diversi nel mondo, le donne vivono l’oppressione nello spirito e nel corpo e hanno pertanto bisogno di ricevere la
salvezza e la liberazione di
Gesù attraverso l’annuncio
dell’evangelo e la nostra testimonianza, che deve includere il racconto di questa ed
altre storie per troppo tempo
rimaste nascoste e messe a
tacere. E deve includere anche la nostra storia di donne,
di ognuna di noi, perché se
siamo capaci di stare dritte
su noi stesse e quindi di glorificare Iddio, è perché siamo
state liberate dal Signore ed
abbiamo compreso che nessuno ha il diritto di opprimere le donne, poiché il Signore le ha chiamate e le
chiama esseri umani, figliole
di Dio.
Lidia Giorgi
Terminato il Congresso della
PFEVM (Federazione Femminile Evangelica Valdese-Metodista)
sabato sera, è subito iniziato domenica mattina il Congresso
FDEI (Federazione Donne Evangeliche Italiane). Il IV Congresso FDEI si è aperto con il culto, preparato dalle sorelle battiste e con la partecipazione della comunità di Vasto. La liturgia e la predicazione erano centrate sul tema del Congresso
« Dignità della persona e rispetto della creazione ». Particolarmente interessante è stata, durante il culto, la proiezione di
alcune diapositive sull’« antigenesi », seguita alla lettura di Genesi 1: 1-31 e 2: 1-4, centrate sulla
distruzione del creato (natura
ed umanità) da parte deH’uomo.
Il culto, diverso da quello tradizionale che siamo abituate ad
ascoltare la domenica mattina
nelle nostre chiese, è stato apprezzato dalla maggioranza delle
donne presenti, tuttavia parecchie di loro hanno notato che
nella presentazione delle diapositive mancava una nota di fldu
eia nell’operato dell’umanità.
Dopo l’elezione del seggio e
la lettura della relazione del
Comitato FDEI, i lavori congressuali sono entrati nel vivo con
la discussione sull’operato del
Comitato uscente.
dente della FCEI per una maggiore partecipazione delle donne,
sia alla prossima Assemblea della FCEI che negli organismi delle nostre Chiese. Chiede perciò
agli organi competenti delle singole Chiese (comunità, conferenze distrettuali ecc.) di eleggere un numero adeguato di donne delegate. Auspica il raggiungimento della parità numerica
nelle varie strutture orgamzzative, direttive e assembleavi delle rispettive Chiese.
Dagli interventi è emerso che
le irnìoni ritengono gli studi
preparati dal Comitato un valido
aiuto per la riflessione su temi
d’attualità al loro interno, così
come la preparazione e la celebrazione della Giornata mondiale di preghiera può essere un
momento di crescita non solo
per le donne, che ne elaborano
la liturgia, ma anche per l’intera comrmità che partecipa alla
giornata.
E’ stata sottolineata l’importanza dei due campi studio, svolti ad Adelfla, per la partecipazione qualificata delle relatrici
straniere ed italiane, ma è stato
espresso anche il rammarico
per la scarsa partecipazione delle donne italiane, dovuta sia alla contemporaneità di campi
studio sulla donna organizzati nei
centri evangelici, sia alTindifferenza delle chiese. Tuttavia l’assemblea si è espressa all’unanimità perché i campi studio continuino a essere organizzati,
preferibilmente al Sud, come segno di solidarietà nei confronti
della donna che in Meridione è
sempre stata sottomessa.
I quaderni FDEI ed il Notiziario sono strumenti validi per
pubblicizzare il materiale prodotto dalle sorelle straniere, ma
non è possibile pubblicare e
far conoscere all’estero la nostra produzione per mancanza di
soldi.
L’assemblea ha deciso di discutere le proposte di modifiche
allo Statuto nel prossimo Congresso, permettendo così ai gruppi che non l’hanno ancora fatto di discuterne profondamente.
Inoltre, pur essendo stata sottolineata dalla maggioranza delle
unioni rappresentate l’importanza della FDEI, come momento
d’incontro fra le unioni e come
struttura rappresentativa delle
dorme evangeliche italiane, esiste in molti gruppi il disagio di
dover contribuire doppiamente
per mantenere in piedi due strutture simili (PPEVÌM e FDEI), ed
è stata espressa la speranza che
in futuro si possa arrivare a formare un unico Consiglio, unificando gli Statuti, convogliando
lavoro e forze ed unificando visite, relazioni ed organi di stampa.
Giulia D’Ursl
Gli ordini
del giorno
Maggiore partecipa2ione
Violenza sessuale
La FDEI, riunita in Congresso
a Vasto nei giorni 24-25 aprile
1988, di fronte all’evidenza della
continua violenza sessuale operata sulle donne sia all’interno
delle famiglie che nella società
e al fatto che la vittima di questa violenza è troppo spesso
quella che più ne viene colpevolizzata, afferma la necessità di
una trasformazione della mentalità diffusa, ancora impregnata
di cultura maschilista che trova
sostegno nella complicità delle
stesse donne, disposte spesso a
tenere nascosto e minimizzare
questo comportamento criminoso.
chiede che le autorità competenti si facciano promotrici di
iniziative tese alla modificazione di tale mentalità e comportamento attraverso strutture educative che aiutino la formarione civile, di maschi e femmine
fin dalla più tenera età.
La FDEI, riunita in Congresso
a Vasto nei giorni 24-25 aprile
1988, chiede che venga rapidamente approvata la legge contro la violenza sessuale e che
quest’ultima venga considerata
come reato contro la persona e
non più contro la morale.
Donne immigrate
La FDEI, riunita in Congresso
a Vasto nei giorni 24 e 25 a.jrile
1988, avendo ascoltato il messaggio inviato dal Segretario
del Servizio Migranti della FCEI,
esprime la sua solidarietà per il
lavoro svolto, pur tra molte, difficoltà, dal Servizio stesso è dall’UCDG a favore in particolare
delle donne immigrate. Auspica
un sempre maggior impegno dei
gruppi femminili a sostegno di
queste iniziative.
Decennio della donna
La FDEI, riunita in Congresso
a Vasto nel giorni 24 e 25 aprile
1988, accoglie l’invito del Presl
La FDEI, riunita in Congresso
a Vasto nei giorni 24 e 25 aprile
1988, accoglie l’invito del CEC
rigpiardo al « Decennio ecumenico d,i solidarietà delle Chiese
con le donne » e sollecita il Comitato Nazionale neo-eletto a far
conoscere tale iniziativa agli organi governativi, la Commissione parità della Camera, alle associazioni femminili nazionali,
ad esempio l’AIDOS, e agli organi di stampa.
Invita il Comitato Nazionale
FDEI a preparare materiale di
studio per 1 prossimi incontri regionali FDEI che favoriscano le
Monne neU’analIzzare la propria
situazione personale (identità
personale e ruolo sociale, lavoro, famiglie, rapporti interpersonali) in vista della discussione e preparazione di argomenti
da portare negli anni futuri al
Sinodo e all’Assemblea delle
Chiese battlste.
Invita il CN FDEI, in collaborazione con le donne FGEI, a
pubblicare un quaderno FDEI
che includa traduzioni di testi
tratti da «No longer strangers»,
« Prayers », ed altri creati de
donne italiane, da poter utilizzare nelle comunità per culti
tenuti da donne o su tematiche
femminili.
Invita la FCEI ad organizzare
un incontro nazionale sul Decennio.
7
f
6 maggio 1988
speciale
FEDERAZIONE FEMMINILE EVANGELICA VALDESE E METODISTA
MOVIMENTO FEMMINILE BATTISTA
La ricchezza deiridentità Movimento
Quali rapporti tra FDEI e
del consiglio con gruppi
Sto cercando di rimettere insieme le idee per scrivere queste due
cartelle sulle giornate del Congresso FFEVM, che si è tenuto a Vasto Marina il 22-23 aprile. Il grosso pericolo è di fare una relazione
sterile che non darebbe ragione
dello spirito che aleggiava: sarebbe come proiettare in bianco e nero un film a colori.
Non è la prima volta che partecipo ad un congresso; questa volta,
però, sin dalla partenza si sentiva
che c’era qualcosa nell’aria, che
non sarebbe stato un congresso
tranquillo (ma anche questa non
è una novità, quando i due congressi FFEVM e FDEI sono contemporanei). Forse tutto dipendeva dalla lettera allegata alla relazione morale del Consiglio
FFEVM, che prevedeva la discussione di tre proposte che possono
essere cosi riassunte: 1) la FDEI
come punto di incontro e collegamento di tutte le donne a cui sta
a cuore una presenza evangelica
femminile unitaria nella società;
2) la FDEI come organizzazione
tetto; 3) un unico Consiglio FDEI
(quindi la chiusura dei movimenti denominazionali).
Dunque una svolta decisiva per
il destino dei nostri movimenti
femminili, una analisi sul loro significato. E' naturale che la proposta di chiudere le federazioni denominazionali abbia attirato tutta
la nostra attenzione, facendoci analizzare con più concentrazione la
relazione morale del Consiglio
FFEVM, dalla quale è emerso
l’enorme lavoro di collegamento
svolto in questi ultimi due anni.
La lista delle unioni visitate è molto lunga, la circolare ha tenuto
contatti con circa 600 persone, gli
incontri con gruppi di chiese sorelle in Italia e all’estero ci hanno
fatto capire la validità di questo
lavoro.
D’altra parte è anche emersa la
necessità di una maggiore collaborazione con il protestantesimo
italiano per una testimonianza non
solo di fede, ma anche culturale.
Un altro problema è rappresentato dalla diversità culturale nella
quale le nostre chiese sono chiamate a lavorare; anche se gli scopi
sono gli stessi, spesso è difficile
saper riconoscere le nostre diversità di espressione.
Tutti questi problemi hanno reso la discussione molto spesso vivace, ma hanno dimostrato la capacità delle nostre sorelle di esprimere le proprie opinioni anche su
tematiche diverse e complesse.
Chiara è stata la decisione di
mantenere la propria identità denominazionale per un lavoro comune di testimonianza, nel rico
movimenti denominazionali? - I contatti
e aderenti - Il riconoscimento reciproco
so la T.V. affinché, qualora un
pastore donna o diacono venga
eletta nel CN o che lo stesso
richieda una sua collaborazione,
questi impegni vengano riconosciuti come parte integrante del
suo ministero.
Pubblicazione
Il Congresso FFEVM, riunito
in Vasto il 22-23 aprile, incarica
U Consiglio nazionale di farsi
promotore, con l’interessamento della Tavola Valdese e della
Editrice Claudiana, delia traduzione e della stampa del libro
di Elisabeth Schiissler poiché
ritiene l’accesso a questo libro
utile alle donne e agli uomini
delle chiese come materiale di
studiò per le varie attività.
Protesta
Il Congresso delle donne delle Chiese valdesi e metodiste,
riimito nei giorni 22 e 23 aprile
1988, esprime la sua viva protesta per il sistematico ritardo
con cui vengono trasmesse le
rubriche Protestantesimo e Sorgente di vita;
rivolge una precisa domanda
alla RAI che tali rubriche trovino quanto prima una collocazione oraria migliore che non
discrimini ed emargini le realtà religiose e culturali di cui
queste rubriche sono espressione.
autonomo
Una notevole partecipazione, anche da parte
giovanile - Una revisione del regolamento, ora
aggiornato - Le donne e le attività delle chiese
noscimento reciproco della diversità delle realtà nelle quali si opera.
Sarà per tutte un lavoro intenso, un coinvolgimento sempre
maggiore sia nelle nostre comunità che nella vita quotidiana, ma
nella certezza, come ci ricordava
Wanda Rutigliano nella sua meditazione di apertura, della promessa di Gesù Cristo: « Io sono con
voi tutti i giorni, fino alla fine dell’età presente ».
Lidia Ribet
Le decisioni
FFEVM
Continuare la ricerca
Il Congresso FFEVM raccomanda ai gruppi e aUe unioni
di continuare la ricerca di ciò
che- può unire la testimonianza delle donne protestanti italiane, nonostante le diversità storico-culturali, geografiche, generazionali e denominazionali, nel
reciproco riconoscimento delle
possibilità di servizio oiferteci
dal luogo dove si è e daU’identità che si esprime, che devono
essere intesi non in modo necessariamente conflittuale, ma
come occasione per esprimere
creativamente la nostra forza.
Ministeri
Il Congresso della FFEVM
chiede al CN che si adoperi pres
Le parole dell’apostolo Paolo
« noi siamo collaboratori » sono
state il motto dell’Assemblea nazionale del Movimento Femminile Battista e ne hanno ispirato i lavori ed i programmi. L’incontro
è avvenuto a Vasto il 22 e 23 aprile, contemporaneamente a quello
delle sorelle valdesi-metodiste. La
presenza è stata numerosa, circa
50 donne, e ricca di giovani donne. Quest’anno abbiamo avuto la
gioia di avere la presenza di sorelle provenienti dalla Sicilia che
da tempo non avevamo avuto con
noi. Il culto di apertura è stato
tenuto dalla sorella Anna Masino
su Romani 6: 12-14, « Non siamo
sotto la legge ma sotto la grazia »,
con l’esortazione a prendere ogni
decisione sotto « l’impegno della
grazia di Dio », libere dalla legge,
anche quando si sarebbe discusso
lo statuto. Nel corso del programma è stato rielaborato il vecchio
regolamento, reso più consono allo
sviluppo della nostra organizzazione avvenuto durante gli anni. Il
Movimento Femminile Battista, infatti, secondo il vecchio statuto
era considerato un’attività sussidiaria dell’Unione delle Chiese
Evangeliche Battiste; oggi invece
è un movimento autonomo che
opera all’interno dell’UCEBI, e
che è stato di fondamentale importanza per la maturazione e la
promozione delle donne delle nostre chiese. Le varie relazioni presentate nel corso dell’incontro
hanno evidenziato la presenza delle donne in tutte le attività ed i
ministeri della chiesa, attente anche alla condizione della donna
nella società. L’Assemblea si è altresì distinta per il tono sereno
della discussione, continuata poi
in sede FDEI con le sorelle delle
altre denominazioni.
E. G.
• Nuovo Consiglio del Movimento Femminile Battista: Hélène Ramirez (presidente), Mercedes Ricci (vicepresidente).
COME DONNE E COME CREDENTI
Ci impegniamo
Gli incarichi
FFEVM
Presidente: Maria Grazia SbaffI - via
flacagni, 24 . 43100 Parma - tei.
0521/44800
Vioepres.: Lidia Noffke Ribet Borgata Ruata ■ 10065 Pramollo
- tei. 0121/58020
Segretaria: Rosa Brusca - via Civldale, 150 - 33100 Udine - tei.
0432/282628
Cassiera: Wanda 'Rutigliano - Vlllaseoca - 10060 'Riclaretto (To) tei. 0121/808817
Responsabile lettera circolare:
Nunzia Mastrorilli . via San Bartolomeo degli Armeni, 34/5 16122 Genova - tei. 010/888957
Responsabile stampa: Lidia Noffke
Consigliere: Florence Vinti - Via
S. Barbara. 23 - 67060 S. Sebastiano (Aq) - tei. 0863/678137 —
Maria Corbo - Via Tertulliano, 19 H
80126 Napoli - tei. 081/7671537 —
Elsa Martelli - Salita Cedassamare, 27 - 34136 Trieste - tei. 040/
415688 - 630892 — 'Mirella Abate
- Breiter Weg, 26 - 7440 Nürtingen
(RFT) - tei. 0049/7022/41692.
# Come tutte le donne che ancora ricercano
il pieno rispetto delld loro dignità di esseri eguali e la loro piena libertà
# siamo impegnate contro tutte le forze di
morte che producono ingiustizia, violenza, guerra.
# Sappiamo che non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza lotta, non c’è
lotta senza partecipazione;
# poiché tutti gli esseri umani sono egualmente partecipi della creazione, crediamo che tutti abbiano il diritto di partecipare ad una eguale distribuzione delle risorse;
# rifiutiamo perciò di accettare che il benessere dei paesi sviluppati si fondi in
parte sulla industria di guerra, sulla vendita delle armi, sulla indifferenza, sullo
sfruttamento dei paesi più deboli;
# crediamo che il disarmo, all’Est come all’Ovest, costituisca il primo passo verso
una situazione internazionale capace di
affrontare in un clima nuovo i problemi
fondamentali della ingiustizia.
COME CREDENTI DONNE
CI IMPEGNIAMO
# a promuovere e sostenere con ogni mezzo nella scuola, nella famiglia, nelle aggregazioni di cui facciamo parte, una intransigente educazione alla pace;
# a sostenere l’obiezione di coscienza al servizio militare e il servizio civile alternativo come parte di questa educazione;
# a sollecitare nelle chiese di cui facciamo
parte una riflessione sull’invito del teologo protestante Helmut Gollwitzer a « vivere — in quanto chiese — senza la protezione delle armi »;
# ad adoperarci perché, nel nostro paese e
negli altri, le industrie di guerra vengano convertite in industrie di pace;
# ad opporci ad ogni tentativo di una ulteriore militarizzazione del Mediterraneo e
di altri paesi europei;
# ad appoggiare chi si rifiuta di lavorare
per l’industria bellica;
9 a combattere ogni forma di razzismo,
ovunque si manifesti.
IN QUESTO MODO INTENDIAMO LAVORARE PER LA PACE E LA GIUSTIZIA.
NOVITÀ’
Giord^
Cf*
8
9 vita delle chiese
6 maggio 1988
UN PERCORSO DI TESTIMONIANZA
Domenico Cappello
Con i suoi numerosi studi contribuì all’annuncio del messaggio biblico
Mimmo‘ Cappella, cosi chiamato da noi, suoi amici e compagni
di studio della Facoltà di teologia, aveva lasciato, per scelta
teologica e di fede, il cattolicesimo nel 1959, ed aveva chiesto
alla Chiesa metodista di riprendere in maniera nuova un percorso di testimonianza e di fedeltà all’Evangelo.
Lo ricordo ancora quando, nell’estate del 1959, venne ad Ecumene e poi iniziò il suo primo
anno alla Facoltà di teologia:
allegro, disponibile, sempre pronto al colloquio, con la sua capacità di comunicazione e con
la sua serietà.
Domenico Cappella ha terminato i suoi studi ufficiali nel '62,
ma ha continuato a produrre riflessioni bibliche per tutti gli anni della sua vita: fra noi come
membro della Commissione studi prima, nella Chiesa metodista,
e poi nell’integrazione con la
Chiesa valdese.
E’ stato pastore a Venezia, poi
a Venosa e Rapolla, poi a Milano, a Forano e Temi, ed infine
a Campobasso, dove ha chiuso
la sua esistenza pochi giorni fa.
Domenico Cappella ha dato im
contributo di pensiero e di lieta
ricerca del messaggio biblico a
tutti noi: non solo perché in tanti anni ha fatto parte della Commissione studi, ma anche perché i suoi contributi sono stati
importanti per noi tutti nei campi di studio che abbiamo fatto a
Ecumene.
Ricordarlo ora non è soltanto
un doveroso tributo, ma è un
« grazie » pær quello che egli ha
dato in tanti momenti della nostra vita recente di chiesa.
Mi sembra che la sua vita si
possa sintetizzare proprio in un
suo messaggio, dato il 24 giugno
deH’85 alla radio, e queste parole sono emblematiche pensando
a come Domenico abbia dato
tutto quello che aveva, tutto quello per cui era vissuto, per dedicarsi all’annuncio dell’Evangelo
nella nostra chiesa: « Rinunciare a se stesso equivale a rompere con tutto ciò che costituisce il vanto e la supremazia dell'uomo in forza della propria estrazione etnico-culturale e reti
giosa. Tutto questo non per il
gusto di mortificare se stesso, per
una specie di autolesionismo, ma
per aprirsi a possibilità nuove
di esistenza che solo il Signore
crocifisso e risorto può dare. Ecco, prendere la propria croce equivale a mettersi coscientemente nella posizione dell’individuo
che rischia continuamente la propria vita per qualcuno o qualche causa. Che è pronto alla morte e ne dà la dimostrazione in
modo visibile e concreto. Non
c'è nella croce alcun simbolo di
rassegnazione o di passività. E
così non si segue Gesù esaltando la croce o parlandone con
frasi pie e commoventi, relegandolo nel chiuso delle nostre coscienze o riducendolo ad ornamento di una civiltà, ma pagando di persona nella nostra realtà
quotidiana, di fronte alla violenza del potere, della morte, nell’incontro quotidiano di coloro
che sono calpestati e umiliati.
Essere seguaci di Gesù, nella me
desima condizione di chi è condannato a morte, equivale a rinunciare al Dio della nostra mente
e della nostra filosofìa; al Dio
della nostra società e del nostro
benessere; al Dio della nostra
tranquillità e della nostra condiscendenza. Ma Dio non è in queste situazioni perché Dio è colui
che offre una proposta per la
storia: vivere veramente la sua
vita, nella sua resurrezione ».
Ecco, queste parole di Domenico Cappella sono le parole che
ci ricordano come egli ancora
una volta sia con noi, nel nome
del Signore. E lui terminava dicendo: « Seguaci di Cristo, ma
non»con i segni della gloria e
della porpora; seguaci non con
l’aureola della santità e del miracolo, ma con i segni del Signore ».
Io vorrei cosi ricordare ancora Domenico Cappella, nel momento in cui egli ci ha lasciati.
Paolo Sbaffi
OSPEDALE EVANGELICO DI NAPOLI
Un “Centro dì sterilità”
Il calo della natalità viene oggi
assunto come fenomeno sociale
sicuramente positivo, sintomo di
una cultura moderna e civile che
privilegia la « qualità » sulla
« quantità ». Esso pone però alle
strutture ospedaliere la necessità
di modificare e in parte diversificare l’attività di ginecologia, per
continuare ugualmente a garantire il normale equilibrio gestionale ed economico degli ospedali.
Da alcuni anni, infatti, anche in
regioni « storicamente » prolifiche (leggi: Campania), il fenomeno della denatalità è in espansione, e fa sentire i suoi effetti.
Negli ospedali si registra sempre
più un calo delle degenze nei reparti di ostetricia e ginecologia;
di conseguenza, le strutture più
sensibili e accorte sono stimolate ad offrire interventi e servizi
« nuovi », diversi, più specifici, in
linea con la modificata domanda
sanitaria.
Se è vero infatti che nascono
meno figli, è altrettanto vero che
è in aumento il numero delle coppie che, a causa della sterilità di
uno dei due partner (distribuita
al 50 per cento tra gli uomini e
le donne), cercano in tutti i mo
di di avere dei figli propri.
Per venire incontro a queste
coppie sterili, che spesso vivono
drammaticamente la loro limitazione, il reparto di ginecologia
dell’Ospedale Evangelico di Napoli ha pensato di costruire, nelle sue strutture, un « Centro di
sterilità », per dare una risposta
terapeutica a tutti i problemi della sterilità, fino a prevedere la
fecondazione in vitro e la Gift.
perti dalla convenzione pubblica
e in parte minima dall’utente.
Saranno presenti, oltre ai biologi
e ai ginecologi, un andrologo (per
i problemi di sterilità maschile)
e uno psicologo che assisterà le
coppie, normalmente sottoposte
a diverse sollecitazioni di carattere psico-emotivo, soprattutto
nei casi di inseminazione eterologa (ricorso a donatore diverso
dal proprio partner).
Professionalità,
comprensione,
responsabilità
Il Centro di sterilità rappresenta il primo nel suo genere, a Napoli, che viene annesso ad una
struttura pubblica: gli altri attualmente esistenti sono tutti privati
ed in molti casi sono sorti in una
logica di esclusivo investimento
economico. Nel costituendo centro dell’Ospedale Evangelico sarà
invece possibile praticare tutto
l’iter diagnostico e terapeutico
contro la sterilità, con costi che
saranno nella maggior parte co
CORRISPONDENZE
Convegno FGEI
CALTANIS SETTA — Il 6 marzo si è tenuto un convegno della
PGEI siciliana.
La presenza dei giovani delle
comunità è stata superiore che
negli altri incontri, nonostante
le difficoltà che ognuno di noi
ha incontrato per raggiungere la
sede del convegno. Dopo aver
ascoltato il culto presieduto dal
past. Mauro Pons, si è passati a
discutere i problemi della POEI
siciliana, cercando soluzioni e
proposte.
Il secondo argomento sviluppato è stato quello dell’obiezione di
coscienza (con un obiettore di
Caltanissetta); questo momento
è servito per chiarire i motivi
che possono portare a diventare
obiettore, le procedure da seguire, il futuro di un obiettore.
Dopo il pranzo abbiamo ascoltato im’interessante relazione del
past. Ermanno Genre sulla sessualità.
Il tema è stato svolto prendendo in considerazione alcuni testi
biblici e poi si è giunti, attraverso una carrellata storica, fino
ai giorni in cui viviamo. Ci siamo
però resi conto di non essere
ancora del tutto pronti a discutere un argomento simile.
Si sono raccolti, con un’asta di
vari oggetti, soldi per il finanziamento della FGEI siciliana.
ta per le spese di stampa e viaggio.
• Domenica 10/4 il pastore
Emidio Campi è entrato in contatto con la comunità locale e
una trentina di altri presenti, fra
i quali un presbiteriano della California, studenti e studentesse
provenienti da Basilea, Sciaffusa, Zurigo, conoscitori della Chiesa valdese: ora seguono dei corsi alla Chigiana e torneranno in
altre occasioni.
(Abbiamo avuto con noi alcuni
fratelli di Colle Val d’Elsa e altri simpatizzanti.
Siamo sempre più convinti che
la presenza continua di un pastore nella città toscana sarebbe
utile per una valida semina dell’Evangelo fra stranieri e turisti,
fatta con amore e perseveranza.
Lo è sempre ed ovunque, ma vi
sono tempi che non vanno sottovalutati.
Scuole domenicali
in Toscana
Concerto
SIENA — Sabato 9 aprile abbiamo avuto la gioia di ascoltare, nella chiesa di S. Domenico,
il concerto del coro della Chiesa Evangelica di Magonza. Nella
grande città industriale tedesca,
gli evangelici costituiscono una
minoranza rafforzata, dopo la
guerra, dall’arrivo di molti profughi provenienti dai territori occupati della Polonia e della Germania Orientale. Il coro, già conosciuto a Torre Pellice e a Pomaretto, è diretto dal dr. HansWolf Scriba, dal Kantor Wohlfram e sostenuto dal Decano dell’Assia-Palatinato. L’organo era
suonato con eccezionale maestria
da Torsten Laux, organista di
Prancoforte. Il gruppo è costituito da sessanta persone, di cui
quaranta sono fra i 20 e i 25
anni: si riuniscono due volte alla
settimana per esercizi corali e
strumentali. La loro « specialità » è la musica di Johann Sebastian Bach.
Il ritardo delle nostre poste ha
necessitato im’azione di propaganda: i magonzini hanno girato per Siena con i cartelloni in
spalla, e la gente è venuta e ha
affollato la cripta della chiesa di
S. Domenico con attenzione e riconoscenza. Un ringraziamento
va ai Domenicani per l’ospitalità
e ai presenti per la libera collet
PISA — Domenica 10 aprile
si è svolto un incontro fra i
bambini delle varie Scuole Domenicali della Toscana.
Oltre ai «locali», erano presenti quelli provenienti da Livorno,
Firenze, Carrara e La Spezia,
per complessive circa quaranta
xmità, dai cinque ai quattordici
anni.
Credo che per ciascuno di loro vedere che esistono altre piccole realtà in movimento, avere
un primo approccio conoscitivo,
imparare a stare insieme al di
fuori dell’ambito consueto nel
gioco, nel canto, nell’ascolto e
nella partecipazione ad attività
di avvicinamento alla Scrittura
biblica faccia parte di un patrimonio in divenire che potrà offrire ulteriori occasioni di crescita nel futuro.
iProtagonisti della giornata —
e non poteva essere diversamente — sono stati i bambini, che
hanno dato vita ad un primo
momento caratterizzato dalla
preparazione di un culto singolare, in cui essi stessi si improvvisavano « pastori » nella
redazione di un sermone centrato sul libro di Giona, dopo essersi suddivisi in quattro gruppi di « studio », coordinati dalla
presenza di monitori e genitori.
Il tema della grazia di Dio
che vuole e persegue la salvezza
dell’umanità Intera, servendosi
dell’uomo, mai abbandonato e
strumento chiamato a collaborare — nonostante le sue ostinate resistenze ed il suo vivere
quotidiano in mezzo alle divisioni — è stato ripercorso forse in modo inconsapevole nel
gioco della caccia al tesoro, ove
tutti indistintamente — nel divertimento — hanno avuto accesso al « premio » finale.
Vista la delicatezza delle terapie e considerata la natura e la
finalità evangelica dell’ospedale,
si sarà particolarmente attenti
alle tematiche di ordine etico
connesse a questa pratica. Sicuramente, come sempre del resto,
i medici e gli operatori tutti si
muoveranno e agiranno nel rispetto di una visione della medicina moderna e progressista, responsabile e preoccupata del benessere complessivo e dell’integrità psico-fisica dell’uomo e della donna, ma attenta, in questo
caso, a garantire anche (se non
soprattutto) un equilibrato sviluppo fisico ed affettivo al nascituro che verrà al mondo.
Luciano Orica
TAVOLA VALDESE
Comunicato
Diverse chiese hanno già nominato i loro deputati al Sinodo; altre, e i circuiti, lo faranno nelle prossime settimane.
Molti fratelli e sorelle programmano perciò la loro estate e
il soggiorno a Torre Pellice.
La Tavola desidera perciò avvertire per tempo che la disponibilità di posti è quest’anno inferiore agli altri anni; a
causa del lavori per il Centro Culturale che avrà sede nell’ex
Convitto, la Foresteria dispone di 30 posti in meno. La Tavola
raccomanda perciò vivamente a pastori e deputati al Sinodo
di astenersi il più possibile dal presentare richieste di ospitalità per congiunti.
per la Tavola
Franco Giampiccoli, Moderatore
9
6 maggio 1988
vita delle chiese
TARANTO
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
'.f-
"Un" battesimo Un campo per bambini
Un segno con cui Dio manifesta la sua grazia
La chiesa valdese di Taranto,
nelle sedute del 6 e 27 marzo ’88,
ha discusso Targomento del battesimo, approfondendo in modo
particolare il documento sulla
« Questione della celebrazione
ecumenica del battesimo e la catechesi ».
Il battesimo
nella nostra chiesa
Nella chiesa dei primi tre secoli, avviene una progressiva distorsione del significato del battesimo. Tertulliano, nel famoso
trattato « De Baptismo », pur
conservando ancora il battesimo
da adulti, nei primi cinque capitoli della sua opera, sviluppa una
teologia sacramentale inquietante: l'acqua rigenera il credente
dal suo peccato. Per questo, in
caso di infermità, è lecito battezzare i bambini. Infatti l’uso del
battesimo agli infanti, attestato
dalle iscrizioni funebri delle Catacombe di Priscilla (III secolo)
diventa ben presto generalizzato
nelle comunità cristiane quale segno della grazia « ex opere operato » di Dio.
Come chiesa di Taranto ci riconosciamo nell’atto sinodale 45/SI/
70, che privilegia il battesimo dei
credenti, in una cornice di responsabilità dell’intera comunità
nella educazione in vista della
fede. Tuttavia il ribattesimo, come ce lo propone il caso sorto
nella chiesa di Savona, ci lascia
alquanto perplessi; vi è « un solo
battesimo » (Efesini 4: 5) e la
pratica presente in molti gruppi
evangelici italiani di « ribattezzare i convertiti » non ci sembra biblica. La stessa chiesa cattolica
conserva, a nostro avviso, le « vestigia ecclesiae », ed è in virtù
d’esse che la nostra chiesa non
Cercasi
La Chiesa Valdese di Milano
cerca, per il marzo 1989, coniugi di mezza età ai quali affidare le seguenti mansioni:
— al marito:
tutte le incombenze relative
ai servizi del culto; sorveglianza, pulizia e manutenzione della chiesa e dei locali
annessi; conduzione delle caldaie per riscaldamento stabile e chiesa (occorre patentino di legge). Lavoro a pieno
tempo;
— alla moglie:
portineria dello stabile con
abitazioni ed uffici. Lavoro a
metà tempo (6 ore ogni mattina).
Si offrono inquadramento
e compensi a norma di legge.
E’ disponibile alloggio di servizio di mq. 41,80, assegnato
alla portineria, ma ovviamente usufruibile da entrambi.
Per ulteriori informazioni e
chiarimenti, gli interessati
sono pregati di rivolgersi per
iscritto, al più presto, al
Concistoro della Chiesa Valdese di Milano, via della Signora 6, cap 20122, accludendo referenze e informazioni
documentate circa eventuali
incarichi precedentemente
svolti.
Si precisa infine che verranno prese in considerazione le domande che giungeranno entro il prossimo 31 agosto. Le risposte ai candidati
saranno inviate entro il 31 ottobre.
ribattezza i cattolici convertiti.
Per quanto detto riteniamo essenziale, nella comprensione del
battesimo, il significato teologico
primario dello stesso, espresso
nei punti b) e c) del documento
BMV del 1981: « Il battesimo è
un segno, per mezzo del quale
Dio ci rende certi della sua grazia e, in quanto tale, annuncia e
presuppone il battesimo di Spirito Santo ».
Battesimo e
confessione di fede
Il « battesimo ecumenico », pur
nascendo da una coppia « fortemente cristiana », convinta cioè
della propria identità confessionale, cosa che purtroppo non avviene con frequenza nei matrimoni interconfessionali, non ci sembra teologicamente corretto. La
chiesa ecumenica non esiste; esistono chiese in cammino verso
il centro di ogni ecumenismo:
Gesù Cristo. La coppia scelga la
forma di battesimo che ritiene
più opportuna; la soluzione migliore sarebbe quella di rimandare il battesimo all’età adulta, per
le ragioni già enunciate. Condividiamo pertanto in toto le argomentazioni teologiche esposte.
nelle pp. 3-5 del documento.
Catechesi ecumenica
Pur escludendo la « catechesi
ecumenica », d’altronde non praticabile anche per la ristrettezza
mentale del clero cattolico locale, dovrebbe essere data ad entrambe le parti la possibilità di
presentare, con l’aiuto dei rispettivi « pastori », la propria chiesa
Di fatto sono i ragazzi che scelgono, indipendentemente dal battesimo ricevuto, quale corso di
catechismo seguire ed è questa
libertà che, generalmente, orienterà successivamente la scelta
confessionale. Per quanto ci riguarda, come valdesi a Taranto,
dobbiamo denunciare l’assenza di
ecumenismo nei corsi catechistici diocesani in vista del matrimonio; il che, come già osservato,
comporta ancora spiacevoli inconvenienti in una pastorale di
coppie miste. E. S.
REGGELLO (FI) — Anche quest'anno
a Casa Cares si organizza un incontro
su un tema ecologico; domenica 22
maggio, a partire dalle ore 9.30, verrà presa in considerazione la figura
dell’albero, come oggetto concreto,
simbolo di vita e rilevatore della salute della natura.
li programma prevede in apertura
lo studio biblico e la discussione sul
tema « Dove si incontrano cristiani ed
ecologisti? »; a seguire, proiezione di
diapositive e videocassette. Conclusione in serata. Prenotazioni al n. tei.
055/8652001.
1° CIRCUITO — A cura del
Circuito, viene organizzato un
campo per bambini dai 9 ai 12
anni alla Cà d’ la pàis del BaIgnòou, dal 2 al 7 agosto prossimo venturo. Le famiglie interessate possono avere informazioni presso F. Taglierò. Si prevede di formare un grup^ di
una quindicina di bambini; sarà assicurato il servizio di cucina e ogni giorno saranno organizzati gite, giochi e momenti di informazione biblica.
Un mese
di attività
SAN GERMANO — Non è certamente stato un mese monotono, quello che abbiamo vissuto
nella chiesa; il calendario era
fìtto di appimtamenti diversi e
di occasioni di incontro e di
scambio.
La settimana santa si è aperta col culto in cui i catecumeni
hanno confessato la loro fede. Il
giovedì successivo, nel corso del
culto serale, si è posta al centro
dell’attenzione la Cena del Signore in cui, è stato detto, non
bisogna ricercare il modo della
presenza di Cristo, quanto il fatto dell’incontro della comunità
attorno al Cristo crocifìsso. La
sera del venerdì, poi, erano ospiti i trombettieri della comunità
tedesca di Nordheim. L’incontro
comunitario ha avuto dunque
im andamento un po’ particolare: tutto centrato sul racconto
della passione secondo IVtarco,
ha visto i passi biblici commentati non da un normale sermone,
ma da poemi di autori contemporanei e da musiche interpretate dai trombettieri o dalla corale.
Il culto di Pasqua non ha
neanch’esso ricalcato molto i canoni tradizionali. Aperto col battesimo di una bambina, Stefania Carusi, di Paolo e di Lilia
Corsani, è stato condotto nella
sua parte liturgica da rappresentanti femminili delle varie attività, che hanno così presentato anche il senso del decennio
di solidarietà con le dorme.
• La gioia della Pasqua di resurrezione è stata oscurata, ma
non cancellata, dalla improvvisa morte di tre sorelle: Ivoime
Bounous ved. Balmas, di armi
82, Silvia Jahier in Jahier, di
armi 80, e Ilda Revel, di anni 93.
La comunità si è raccolta numerosa e commossa per salutare
queste sorelle, in modo particolare la signorina Revel, che era
stata la maestra di molte generazioni di sangermanesi.
• Domenica 10 aprile, nuovo
momento di incontro e nuova
occasione di confronto. Era infatti convocata l’Assemblea di
chiesa per eleggere i deputati alla Conferenza ed al Sinodo e per
dibattere il tema del check-up.
Alcime domande, in parte ricalcate sul questionario milanese,
dovevano aiutare la discussione.
JVIa questa è forse stata la grande assente, a dimostrazione del
fatto che non è semplice, in Assemblea, affrontare i grandi temi
teorici. Dagli interventi che abbiamo ascoltato è emerso comunque un sostanziale ottimismo: certo, i problemi non. mancano e la chiesa valdese nei
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liste nozze
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prossimi anni si troverà a dover
affrontare grosse scelte (tipo
il rapporto con lo Stato, sul piano della diaconia), ma questo
fatto non riduce, bensì moltiplica la volontà di azione.
L’Assemblea ha eletto anche i
suoi rappresentanti; Franco Avondet, Alida Long e Claudio
Richiardóne per la Conferenza
distrettuale, e Rossella Sappè e
Silvia Guglielmino per il Sinodo.
• Un’ultima cosa: i « ragazzi
dell’87 » (cioè i catecumeni dello
scorso anno) hanno tenuto il
culto di domenica 17 aprile, dando il loro apprezzato messaggio.
Al termine del culto, la FGEI ha
presentato un reportage sulla vita nelle zone occupate della Palestina, che oggi sono al centro
dell’attenzione internazionale.
Per l’accoglienza
ANGROGNA — I Comitati
della Foresteria ’’La RocciagUa’’
e della ’’Cà d’ia pàis” organizzano un campo di lavoro per la
manutenzione delle due strutture. Il primo appimtamento è a
Pradeltorno, sabato 7 maggio,
con inizio alle ore 8: si prevede
la tinteggiatura delle camere
della dépendance, la pulizia a
fondo della struttura e l’approvvigionamento di legna.
Al Bagnòou, il sabato successivo e sempre dalle 8 in poi, si
risistemerà la strada di accesso alla casa.
A pranzo, come è ormai tradizione, spaghetti a volontà per
tutti i partecipanti.
!• La Corale ha effettuato, dal
23 al 25 aprile, un viaggio in Svizzera prendenclo contatto con famiglie angrognine colà emigrate
fin dall’ultimo dopoguerra. Durante il soggiorno al centro protestante di Vaumarcus (una
specie di Agape sulle rive del
lago di Neuchâtel) e irei corso
del culto con la comunità di St.
Aubin, è stata data un’informazione sulla storia valdese in generale e sulle iniziative per ricordare il terzo centenario del
Rimpatrio.
• Il Concistoro si riunirà sabato 7 maggio, alle ore 21, presso il Presbiterio.
• E’ mancato improvvisamente, presso il Foyer del Serre, dove viveva ormai da alcuni anni
animando le giornate degli altri
ospiti della casa con il suono
del suo « semitóun », Charles
Monnet della Sarsa.
Rinnoviamo ai familiari la solidarietà della chiesa, nella certezza della resurrezione in Cristo.
Battesimo
PINEROLO — Chiediamo al
Signore di benedire la piccola
Alice Depetris, battezzata durante il culto del 10 aprile tenuto dal
pastore T. Noffke, che ringraziamo.
• Un grazie pure al gruppo
che si occupa dell’Uliveto, di
cui la nostra chiesa è madrina,
per il culto del 1” maggio.
• Un terzo e sentito ringraziamento ad Albert de Lange che
ha presentato ed illustrato con
grande competenza le diapositive sul Rimpatrio alle unioni femminili di Pramollo, S. Germano e Piossasco invitate, per
l’occasione, dalTunione di Pinerolo.
• Sono stati eletti deputati al
Sinodo Gianni Long e Silvio Vola (supplente Pier Paolo Long).
tazione di temi sinodali riguardanti la vita delle chiese, lasciando alle riunioni quartierali di
Ferrerò capoluogo i temi di at'tualità.
• I coniugi Lina Breuza e Carlo Pascal di Fontane si sono
aggiunti al piccolo nucleo della
comimità-alloggio dì Ferrerò;
auguriamo loro una lunga e serena permanenza.
Matrimoni
BOBBIO PELLICE — La comunità si rallegra con Katia
Fontana e Mauro Mondon, Maura Dalmas e Giovarmi Charbonnier unitisi in matrimonio rispettivamente il 23 aprile ed il
1” maggio scorsi.
• Nel corso delTultima assernblea di chiesa svoltasi il 17 aprile Nicoletta Negrin è stata nominata deputata al Sinodo; nel corso della stessa giornata sono stati anche nominati ì rappresentanti alla prossima Conferenza
del 1” Distretto; si tratta di Manuela Davit, Renata Negrin, Andrea Melli.
Deputazioni
Calendario
Giovedì 5 maggio
□ COLLETTIVO
BIBLICO ECUMENICO
TORRE PELLICE — Presso il centro
d'incontro di via Repubblica, alle ore
20.45, il collettivo biblico ecumenico
prosegue lo studio del libro della Genesi.
Domenica 8 maggio ~
□ FESTA DI CANTO
DELLE CORALI
IVREA — L’annuale festa di canto
delle corali si svolgerà presso il cinema « Sirie », Piazza Freguglia, secondo
questo programma: ore 10.30: culto;
ore 14: prove; ore 15.30; canti.
Partecipano le corali delle Valli, F
vrea, Torino, Genova.
□ LA DONNA
NELLA CHIESA
TORRE PELLICE — Presso l'aula sinodale, alle ore 16, Adriana Zarri, teologa e scrittrice, parla sul tema « La
donna nella chiesa », l’incontro è organizzato dal SAE e dall'YWCA.
□ ASSEMBLEA TEV
TORRE PELLICE — Presso I locali
della casa unionista, alle ore 15, ha
luogo l’assemblea mensile della T.E.V.
Giovedì 12 maggio
□ COLLETTIVO
BIBLICO ECUMENICO
PINEROLO — Presso la Comunità
di San Domenico, alle ore 20.45, ha
luogo l’incontro del collettivo biblico
•ecumenico sul tema: « Dio cl ha dato
Il suo Spirito » (1* Giov. 4: 13).
Domenica 15 maggio
PERRERO-MANIGLIA — L’assemblea di chiesa ha eletto quali
deputati alla conferenza distrettuale Sylvain® Dupont ed Umberto Poet; al Sinodo è stata nominata Liliana Viglieimo.
L’assemblea ha inoltre deciso
di riservare il culto di ogni ultima domenica del mese alla trat
n SCUOLE DOMENICALI
r CIRCUITO
ANGROGNA — La tradizionale giornata delle scuole domenicali del Circuito ha luogo a Pradeltorno, Il
15 maggio. Sono previsti II culto, alle ore 10.30 nel tempio, la visita al
Coulège dei barba, giochi vari presso
la Foresteria Rocciaglia.
Venerdì 20 maggio
□ ASSEMBLEA
l« CIRCUITO
LUSEfiNA S. GIOVANNI — L'Assemblea del r Circuito che deve esaminare l'attività delle chiese e del Consiglio, procedere all'elezione del Consiglio e dargli i mandati per l'attività
circuitale 88/89, è convocata venerdì
20 maggio, alle ore 20.45, presso la
sala delle attività della chiesa (già Asilo Valdese).
10
10
valli valdesi
6 maggio 1988
CONVEGNO A TORINO
USSL 43 - VAL RELUCE
Quale futuro
Verso 20 miliardi
per le ferrovie locali?
Il 70°/o delle ferrovie minacciate di tagli vincente rispetto all’alternativa su strada - Il nodo: chi finanzierà gli investimenti necessari?
Recupero delle ferrovie locali:
un problema rilevante, visto che
il 26% dell’intera rete piemontese è minacciato di abbandono se
non si riuscirà ad ottenere consistenti risparmi nelle spese di gestione.
Si tratta di 523 km. di linee che
trasportano ogni anno 6 milioni
e mezzo di passeggeri e 211.000 t.
di merci. Fra esse, come è noto,
c’è la tratta Pinerolo-Torre Penice, con i suoi 650.000 passeggeri
annui (più di 2.000 al giorno durante la settimana, quasi 1.000
nei giorni festivi).
Riversare questo traffico sugli
autobus e sugli autocarri significherebbe pagare, in termini di sicurezza, inquinamento, necessità
di ampliamento delle strade, sovvenzioni alle autolinee private
(che già attualmente ricevono
dalla Regione circa 300 miliardi
all’anno), im prezzo ben più consistente dei risparmi ottenibili
con la soppressione delle linee
ferroviarie.
Sono questi i concetti fondamentali illustrati dall’assessore
regionale ai trasporti Mignone e
da quello provinciale Cotta Morandini nel corso di un convegno
tenutosi il 28 aprile scorso a Torino, al quale hanno partecipato
amministratori locali, provinciali e regionali, funzionari delle
ferrovie, sindacalisti.
Una conferma significativa sulle possibilità di recupero è venuta dal vicedirettore generale
deH’Ente Ferrovie, De Chiara, il
quale ha affermato che uno studio, compiuto dalla segreteria tecnica, del Piano generale dei trasporti ha dato come vincenti rispetto alla strada 2.000 dei 3.000
km. di ferrovie minacciati di sop
pressione in tutta Italia.
La legge finanziaria richiede,
però, dei consistenti risparmi,
che devono comunque avere come oggetto il personale, le cui retribuzioni pesemo sui costi di gestione per l’85%. I sindacati confederali — per bocca di Aldo Romagnolli — si sono detti disponibili a discutere soluzioni razionali, purché il risultato sia il miglioramento e il potenziamento
del servizio, per anni trascurato
e abbandonato a se stesso.
L’obiettivo diventa, a questo
punto, l’eliminazione o l’auto-,
matizzazione dei passaggi a livello, che sono particolarmente numerosi sulle linee locali e che
vengono manovrati a mano, con
l’impiego di un gran ninnerò di
addetti (35 persone sulla sola
Pinerolo-Torre Pellice, con una
spesa di quasi un miliardo all’anno).
Per costruire impianti automatici, cavalcavia, raccordi, sottopassaggi su tutte le linee interessate è necessario l’investimento di circa 45 miliardi, che consentirebbe da un lato di abbattere radicalmente il deficit, dall’altro di rendere più agile la circolazione sulle strade.
Per il 50% degli interventi finanziari, l’assessore Mignone ha
impegnato la Regione, chiedendo
ai comuni e alle comunità montane di sostenere i rimanenti oneri. Franca Coisson. a nome del
comitato per la difesa della ferrovia Torino-Torre Pellice, ha
chiesto chiarezza; le modalità di
reperimento delle risorse devono
essere definite dalle autorità centrali, visto che gli enti locali non
hanno certo l’autonomia necessaria per affrontare simili problemi. Pier Carlo Longo, presidente
CEMENTO AL POSTO
DELLA TERRA?
agli agenti atmosferici o all’inetailazione dei tubi del metano, consentendo
l’uso dei viali senza trasformarli in
autostrade.
Gentile Direttore,
finalmente l’ultimo pezzetto di terra sta scomparendo da Torre Peliicel
Come tutto II resto (giardini Muston,
Scuola materna, viali, controviali, vie e
piazze...] anche il Viale Dante sarà lastricato a cemento. La terra, la maledetta terra che sporca, che imbratta,
che infanga, scomparirà per sempre
dalla nostra civilissima cittadina e I nostri figli cresceranno ignorando che
cosa sia questa grande nemica foriera di ogni male.
A vantaggio di chi andrà questa grandiosa operazione, tenuto presente che
in ogni caso, cemento o non cemento
a Torre i pedoni, residenti o turisti
che siano, camminano sempre e solo,
specie nelle notti buie, neiia carreggiata riservata agii autoveicoli?
1 più grandi e robusti, però, quelli che siano sopravvissuti senza frantumarsi i ginocchi e fratturarsi testa
e naso, potranno recarsi in gite agriturlstlche a Torino o a Milano. Pare Infatti ohe nelle metropoli rozzi individui
primitivi abbiano riscoperto il verde e
cerchino di riportare la civiltà al suol
albori seminando erba, piantando alberi e, orrore, non lastricando i
viali in terra battuta. Pare anzi che
questi incivili sostengano che I viali
alberati senza cemento siano più belli, che sulla terra si cammini meglio
che sul cemento e ohe ciò giovi al
piedi oltre che agli occhi e allo spirito. Costoro Inoltre sostengono che
esistono sofisticate tecniche che si
chiamano manutenzione che permettono (e hanno permesso per alcune
decine di migliaia di anni) di correggere le irrtperfezioni del terreno dovute
'Mi pareva che prima delle elezioni
l’attuale giunta si fosse dichiarata aperta al verde e speravo quindi che
la febbre del cemento fosse un ricordo
del passato, da via Gluck, e che per
queste valli, sopravvissute non troppo
male al famigerati anni del boom e
della devastazione ecologica, si potesse dichiarare lo scampato pericolo
Invece proprio mentre l’Italia diventa « verde », qui si cerca di distruggere rapidamente II rimasto, nel piccolo (viale Dante) e nel grande (progetti di inutili antidiluviane autostrade, ovovie, superstrade che portano alla conca del Pra costruite nel letto
del fiume ecc.). Credevo esistesse un
piano regolatore o una sovrintendenza
che proteggesse il paesaggio; non è
cosi invece, quindi mi aspetto che II
prossimo passo sia l’abbattimento dei
bellissimi alberi del forte, una spianata della collina, il tutto suggellato da
una megacolata di cemento e perché
no, un grattacielo.
della Comunità montana Val Pellice ha, dal canto suo, evidenziato come ancora una volta i tagli
sui servizi vadano a colpire zone
economicamente deboli, che hanno invece bisogno di misure capaci di favorire il riequilibrio
economico e sociale.
E’ anche necessario — ha ricordato Cotta Morandini — adeguare gli orari alle esigenze degli
utenti: là dove questo è stato
fatto si è riscontrato un immediato aumento di passeggeri.
Molti interventi hanno concordato sull’opportunità di riordinare le concessioni, evitando l’assurda concorrenza fra autobus e
treno, e sulla necessità di utilizzare al massimo tutte le possibilità di trasporto esistenti, prima
di pensare a costruire nuove strade.
Chiesta da più oratori la riattivazione della linea Airasca-Saluzzo: dopo la soppressione del servizio ferroviario, gli spostamenti
nella zona sono diventati molto
più lenti e scomodi.
Vivaci i commenti fra i pendolari della Torino-Torre Pellice
presenti in platea. Alcuni hanno osservato che il treno delle 7.46 da Torre Pellice potrebbe raccogliere un numero assai maggiore di studenti: basterebbe una semplice banchina
che consentisse la discesa a S.
Lazzaro e quindi I’ingresso in orario negli istituti del Centro studi
di Pinerolo. Altri si sono chiesti
per quale motivo gli scambi nuovi, depositati da più di un anno
nella stazione di Bricherasio, non
siano ancora stati installati, e
non siano entrati in funzione i
moderni apparati di controllo
dei passaggi a livello, posti accanto a quelli vecchi.
Enrico Fumerò
.Nfel corso della sua ultima seduta il Consiglio della Comunità
Montana Val Pellice ha esaminato ed approvato la proposta
del Comitato di gestione delrUSSL per il bilancio 1988, gestione sanitaria e dei servizi socio-assistenziali.
Ebbene, il documento approvato (per la parte sanitaria evidenzia che i servizi a disposizione
dei cittadini prevedono spese dell’ordine di oltre 4 miliardi e mezzo per l’assistenza ospedaliera,
quasi 3 miliardi per l’assistenza
farmaceutica, e oltre 1 miliardo
per l’assistenza medica generica
e pediatrica; queste le voci maggiormente significative del bilancio.
Come avverrà la copertura di
queste spese?
La divisione fin qui effettuata
delle quote spettanti del Fondo
sanitario nazionale assegna alrUSSL 43, 13 miliardi di lire,
l’8% in meno rispetto al fabbisogno dell’87 ed il 31% in meno
di quanto ipotizzato per quest’anno. Altri canali di finanziamento
sono presentati col bilancio, fra
i quali si segnala, con forti perplessità di alcuni amministratori
(F. Coiss'On), una quota a carico
dei Comuni di molto aumentata rispetto al passato.
Verso i tre miliardi, invece, le
previsioni per il settore dei servizi sociali, dove la parte di maggiore incidenza spetta alle rette
per ricoveri in istituti residenziali per adulti ed anziani autosufficienti e non; accanto a queste spese, hanno notevole incidenza il personale, sia dipendente che non, e i contributi (assegni) alle famiglie in stato di necessità e alle famiglie affidatarie.
Oltre all’approvazione del bilancio di previsione dell’USSL,
il Consiglio ha esaminato, positivamente, la proposta di adozione della variante del piano regolatore intercomunale approvata
dal consiglio comunale di Luserna; ancora, è stato dato il via al
piano di assestamento forestale
(P.A.F.) affidandone la redazione
all’Istituto per le piante da legno e l’ambiente, con una spesa
prevista di 26 milioni.
TORRE PELLICE
Una nota di successo
Sono proprio l’unica a preoccuparsi?
Erica Scroppo, Torre Pellice
Con un interessantissimo concerto nel tempio valdese di Torre Pellice si è concluso domenica 1” maggio il 7“ concorso pianistico nazionale « K. Czemy », organizzato dalla Pro Loco con il
patrocinio della Regione Piemonte, della Provincia di Torino, del Comune, della Comunità
Montana Val Pellice e di vari
sponsor, ditte, circoli e privati.
Anche quest’anno il livello raggirmto dai partecipanti è stato
notevole. Hanno spiccato in particolare Silvia Cucchi, nella categoria A 2 (pianisti fino a 12 anni) e Jordis Romagnoli, nella categoria B (fino a 15 anni), ambedue torinesi, che si sono distinte per gli impegnativi programmi presentati e per la coerenza data alle loro esecuzioni.
Nella categoria D (pianisti dai
19 ai 30 anni compiuti) si è imposto il giovane Fabio Gemmiti, di Prosinone, convincendo tutti con trascinanti esecuzioni. Sono poi stati assegnati altri premi: per la miglior esecuzione di
un brano di Czerny assegnato a
Michele Selicati (cat. A 2) e
quello per la migliore esecuzione
di Liszt a Sandro Gemmiti (cat.
D) fratello del vincitore assoluto.
Per quanto il livello generale
sia stato ottimo alcimi premi non
Infine i con.siglieri hanno discusso del tesserino previsto per
la raccolta dei funghi.
Dapprima è stato deciso l’utilizzo dei fondi reperiti lo scorso anno (oltre 31 milioni); sono
stati individuati i seguenti settori di intervento: opere di tutela ambientale, quali pulizia, ripristino ed eventuale apertura di
piste forestali e viali tagliafuoco, pulizia lungo il greto dei torrenti con eliminazione dei cespugli infestanti a tutela dell’assetto
idrogeologico e del corretto deflusso delle acque; interventi destinati al coordintimento e potenziamento dell’attività di vigilanza, in particolare rivolti alle
guardie ecologiche volontarie,
all’informazione sulle disposizioni della L.R. 32/’82.
I fondi saranno ripartiti in
somme uguali fra i 9 Comuni
costituenti la Comunità Montana.
Resterà invariato, infine, il costo del tesserino necessario per
la raccolta funghi, fissato dall’anno scorso in 25.000 lire, con
raccolta consentita durante tutti i giorni della settimana, il tutto con le solite perplessità dei
cercatori che lamentano l’eccessivo costo della tessera e dei proprietari dei fondi, che lamentano di non essere abbastanza tutelati nei loro prodotti.
Piervaldo Rostan
Genitori e scuola
sono stati assegnati, in particolare alla cat. A1 (fino ai 9 anni)
e alla cat. C (dai 16 ai 18 anni);
così pure il 4° Concorso di Composizione per pianoforte non ha
avuto vincitori per il non adeguato livello didattico e musicale dei 16 lavori presentati.
La giuria, presieduta dall’affermata pianista Gloria Lanni,
era composta dai maestri Carlo
Levi Minzi, Giancarlo Facchinetti, Umberto Padroni e Angelo
Bellisario.
« II concorso si è quindi inserito felicemente nella realtà musicale italiana ed ha un suo spessore, che va salvaguardato nel
tempo con .iniziative di supporto » commentava il Direttore
artistico della manifestazione,
M.o Bellisario. Durante la premiazione veniva più volte ribadito, sia dal presidente della
Com. Montana Pier Carlo Longo
sia dal sindaco Marco Armand
Hugom il concetto che, visti i
risultati raggiunti, l’iniziativa
possa essere in futuro fatta conoscere anche al di fuori del
suo ambito specialistico, ad un
pubblico più vasto, confermando la linea di tendenza espressa in vallata che è quella di
puntare alla promozione di un
turismo a carattere culturale.
A. L.
PINEROLO — Nel corso di un
incontro svoltosi venerdì 29 aprile scorso, indetto dal Consiglio
di istituto della Scuola media
« San Lazzaro », i genitori, esaminate le ragioni delle agitazioni in atto e preoccupati dai
possibili esiti negativi per il servizio scolastico pubblico, hanno
espresso un documento nel quale chiedono che la scuola sia,
nei fatti, per chi ha responsabilità di governo, un luogo importante e centrale per la produzione-trasmissione della cultura; che la scuola sia considerata,
dalle forze politiche e sociali, come questione di fondo per l’istruzione e la formazione delle giovani generazioni e quindi per il
futuro della nostra società; che
venga, in ogni caso, salvaguardato anche in una congiuntura
travagliata il diritto alla valutazione ed alla qualità del processo' educativo; che la trattativa per il rinnovo contrattuale
della scuola si concluda responsabilmente, in tempi brevi e con
l’attuazione integrale dei punti
sopra enunciati.
L’assemblea dei genitori ha
infine invitato i Consigli di circolo e di istituto delle altre
scuole a prendere posizione in
merito, e ha proposto un incontro entro il mese di maggio
per concordare un intervento
comune.
Radio Beckwith
TORRE PELLICE — Come
preannunciato, a partire da lunedì sono riprese le normali programmazioni, sui 91.200 della modulazione di frequenza, di Radio
Beckwith. Segnaliamo alcuni appuntamenti: nel corso del programma « Grünen », in onda venerdì 6 alle ore 19.05 e lunedì 9
alle ore 15, verrà proposta una
intervista sul « treno verde »,
una iniziativa nazionale della Lega Ambiente e delle Ferrovie
dello Stato; sempre venerdì
6, alle ore 15, viene trasmessa la
replica del programma curato da
Amnesty International; da lunedi 9 maggio, alle ore 19, verrà
proposta la lettura dell’Evangelo
secondo Luca.
11
w
valli valdesi 11
6 maggio 1988
LE ESPERIENZE DI DUE MEDICI NEL CAMPO DELLA COOPER AZIONE
Da Torre al Karamoia
L’intervento ospedaliero in una regione fra le più depresse dell’Africa - Una struttura di
fronte a problemi vastissimi - Un nuovo progetto che potrà coinvolgere anche la Val Pellice
Non è « mal d’Africa » lo struggimento sottile che ha contagiato Marco Pratesi e la moglie
Bianca Nucci, giovani medici romani, reduci da un’esperienza di
volontariato nel Karamoja, nordest deirUganda, ora in forza alriJSSL di Torre Pellice. .
Non è nostalgia la disposizione interiore di Bianca e Marco
ma desiderio di dare continuità
all’impegno, di organizzare, anche da qui, il loro aiuto agli amici africani.
Il Matany Hospital, dove hanno prestato servizio per tre anni,
dall’83 all’86 (lui dirigente sanitario, lei pediatra) si trova nella regione più povera ed arretrata deirUganda.
E' il paese dei Karamajong,
300 o 400 mila persone. Pastoriagricoltori seminomadi... e razziatori.
Il territorio è la savana africana, con le sue tipiche stagioni
alterne; una secca, l’altra apportatrice di piogge.
« ! tempi dei lavori agricoli —
raccontano — sono legati al
ciclo delle stagioni, delle acque
piovane. La terra è arida, dà poco: miglio, sorgo, legumi, qualche zucca. La penuria di cibo,
la denutrizione, sono condizioni
perenni. Ma se le piogge sono
irregolari, e succede spesso, è la
fame, la carestia tremenda.
Così successe nell’84 ed anche
per noi fu un triste anno: ad agosto i miseri raccolti furono
mietuti ed a dicembre i granai
erano già vuoti. Cosicché, mentre noi festeggiavamo il Natale
con qualche piatto speciale preparalo con cibi gelosamente conservati tutto l’anno (niente di
simile alle nostre opulente cene
natalizie), fuori dalle nostre case c’era gente che mangiava le
foglie degli alberi dell’ospedale
e della missione, perché erano
le sole cose ancora verdi ».
Sono le donne a dissodare, a
seminare la terra durissima.
Gli uomini seguono le loro
mandrie in cerca d’acqua.
Il bestiame bovino ha un peso grande nella loro economia
di sussistenza e nella loro cultura. Latte e sangue sono alimenti preziosi per i bambini nella
stagione delle piogge, quando i
granai sono ormai vuoti in attesa del nuovo raccolto, i capi bovini sono merce di scambio per
l’acquisto delle mogli.
Pastori da sempre, i Karamajong sono da sempre razziatori.
Popolo di guerrieri, sono usi a
difendere con le armi le mandrie e ad attaccare i villaggi vicini, per razziare bestiame a loro volta.
« Ogni anno si contano molti
morti nelle scorrerie — spiega
il dr. Pratesi — ma non mi pare
che, dall’alto della nostra civiltà, possiamo avere scandalo di
queste lotte tribali per la sopravvivenza, abituati come siamo, nei
confronti dei nostri simili, a cornportamenti ben peggiori. Non c’è
odio reciproco nei Karamajong,
spesse volte gli stessi feritori
raccolgono i feriti e li piotano
all’ospedale o ai dispensari. Hanno rispetto per l’ospedale e le
missioni, che restano zone franche dagli scontri e dalle imboscate, hanno grande amicizia e
devozione per i missionari, i volontari bianchi venuti ad aiutarli ».
L’ospedale di Matany
L’Italia è al primo posto tra
i paesi europei nella collaborazione allo sviluppo dei paesi del
Terzo Mondo. Una buona parte
del nostro prodotto nazionale
Ionio finanzia i progetti concor
dati tra il nostro Ministero degli esteri ed i paesi bisognosi
di assistenza tecnica ed economica. Nel Karamoja sono i missionari comboniani e l’associazione dei volontari del movimento CUAM che hanno costruito e
gestiscono il Matany Hospital.
Cominciato a costruire nel 1972,
via via ingrandito secondo un
preciso piano iniziale, l’ospedale
nel quale hanno lavorato come
medici Bianca e Marco Pratesi
serve un comprensorio territoriale di circa 2.000 kmq., con
90.000 abitanti.
E’ un ospedale bene attrezzato, funzionale. Ma con i suoi 195
posti letto (280 sono mediamente i degenti, per cui chi non ha
letto dorme per terra, insieme
ai parenti che assistono i malati) deve far fronte alle necessità di un territorio vastissimo.
« Come tutti gli ospedali anche
il Matany può solo rnigliorare
— continua Marco — il destino
di chi, ammalatosi, vi si reca in
cerca di cure; chi si ammala troppo lontano non ha neanche questa possibilità. Soprattutto, l’ospedale non migliora le condizioni di salute di una popolazione.
Per prevenire quanto è possibile le malattie, per curarle quando non sono ancora così gravi
da necessitare un ricovero, è stata inventata una rete di assistenza sanitaria di base, strutturata
in tre livelli: un livello centrale,
con un medico aiutato da un infermiere Karamajong, un livello
intermedio in ognuna delle 12
zone in cui abbiamo diviso il territorio, un livello di comunità
o di villaggio (500, 600 abitanti).
Nei livelli periferici personale adeguatamente addestrato da noi,
su richiesta della comunità o con
l’aiuto dell’ospedale, insegna agli
abitanti del suo villaggio come
risolvere i principali problemi
sanitari (o anche di nutrizione,
di acqua potabile) sia con semplici cure sia, soprattutto, con
misure preventive, igieniche. La
costruzione di questa organizzazione è appena avviata. I primi
due livelli sono completi o quasi, il terzo è il più difficile e c’è
ancora molto da fare ».
Combattere la
mortalità infantile
« Un campo dove la prevenzione ha dato risultati tra i migliori
— aggiunge Bianca, che si dedicava ai bambini — è quello delle malattie pre e post-natali. La
mortalità infantile è altissima
tra quelle popolazioni. Per prevenirla, per consentire parti migliori, l’ospedale ha avviato il
controllo delle donne in gravidanza. Ogni giovedì le ostetriche
visitano le donne in stato interessante, controllano se la gravidanza procede normalmente,
se vi sono malattie da curare;
tutte le donne ricevono la profilassi contro la malaria (che è
la causa principale di interruzione della gravidanza) e contro il
tetano dei neonati (prima molto comune, ora quasi scomparso) ».
La denutrizione, la morte per
fame sono vissute come fatti
normali della condizione esistenziale, nella cultura dei Karamajong.
« Questa mentalità, dovuta alla durezza delle condizioni di vita, nei periodi di carestia porta
alla purtroppo necessaria conseguenza che il poco cibo disponibile viene mangiato soprattutto dagli adulti, mentre ì bambini ed i vecchi vengono lasciati
lentamente morire di fame; d’altrà parte, se fossero gli adulti
Al Matany
Hospital:
Alphonse,
tecnico
radiologo
che è stato
addestrato
localmente.
a morire per primi, vecchi e bambini li seguirebbero subito, mentre se gli adulti restano in buona salute potranno curarsi dei
sopravvissuti e in pochi anni rimpiazzare i bambini perduti ».
L’ospedale si è impegnato in
una difficile opera di educazione per migliorare la situazione
nutrizionale; dall’uso di sementi
di superiore qualità per ottenere raccolti più sicuri ed abbondanti, alla modifica dei granai
tradizionali per non perdere quel
25-30% del raccolto che topi ed
insetti distruggono nei granai,
daH’addestramento di giovani locali all’arte del fabbro per la riparazione degli aratri a trazione
animale e per la produzione di
altri attrezzi agricoli, all’educazione delle madri sulle diete migliori per i loro bambini.
Da Torre Pellice
per la collaborazione
in Africa
La risposta sembra scontata, ma chiediamo comunque a
Marco e Bianca Pratesi; « Siete andati in Africa a vivere i primi tempi del vostro matrimonio
e questa esperienza di volontariato. La vostra vita di coppia
se ne è arricchita? ».
« Non abbiamo cominciato la
nostra vita di coppia secondo i
canoni consueti. Quando fuori
dell’ospedale si sparava (le razzie, gli episodi di guerra civile
del dopo-Amin), dormivamo col
machete a fianco del letto. Non
c’è servito perché sempre abbiamo avuto amicizia e simpatia
dai Karamajong ma ci dava un
po’ di sicurezza. Pure, quei tre
anni li ricorderemo sempre, sono stati sale e corroborante della nostra unione.
Il volontariato di cooperazione è una palestra di vita per tutti quelli che scelgono di andare.
E’ hecessariamente limitato nel
tempo (due, tre anni). E’ quindi
importante che il lavoro avviato, l’assistenza tecnica ed umana non si interrompano, che ci
sia un ricambio di forze, di persone.
Ecco perché abbiamo pensato.
Bianca ed io — chiarisce Marco
Pratesi — di costituire a Torre
Pellice una sezione del L.V.I.A..
che qui il terreno sia fertile per
coltivare l’iniziativa.
L.V.I.A. è un organismo (con
sede centrale a Cuneo, C.so IV
Cinema
TORRE PELLilCE — Nel prossimo fine settimana il cinema Trento proporrà la visione di « Heart of tire » {ven.
6); « Lilly e il vagabondo », dis. anim.
(sab. 7, ore 16, e dom. 8, ore 16 e 18):
« Ti presento una amica » (sab. 7
ore 20 e 22 e dom. 8 ore 20 e 22).
Amnesty I nternational
TORRE PELLICE — Giovedì 5 maggio, ore 17, avrà luogo al Centro di
incontro una riunione con il seguente o.d,g.: a) verifica dell'Azione Urgente per 4 giovani sudafricani condannati aH’impiccagione; b) lettere
per la liberazione di Levko Lukyanen,ko, avvocato ucraino (Unione Sovietica); c) informazioni internazionali:
d) situazione finanziaria italiana; e)
iniziative per il caso del turco Alì Riza Duman; f) esame della situazione
dei rifugiati.
Dibattiti
novembre, 28), riconosciuto dal
Ministero degli esteri per la cooperazione del nostro governo con
i paesi in via di sviluppo (i volontari possono farvi anche servizio alternativo a quello militare, i dipendenti pubblici avere la
concessione di aspettative).
Opera anche in progetti approvati e cofìnanziati dalla Comunità Europea ed in progetti organizzati con i governi e le chiese
dei paesi in via di sviluppo.
Questa cooperazione tecnica
fatta dai volontari ha un suo stile inconfondibile: mette accanto
in rapporti di preziosa intesa e
vicendevole crescita, europei ed
africani, famiglie di volontari e
famiglie del villaggio in un cammino di condivisione di difficoltà, di fatica e di successo. Condivisione che può essere evangelica per chi voglia spendere una
opzione di testimonianza cristiana e che può essere di “engagement" politico per la trasformazione del sistema internazionale
per chi voglia spendere un’opzione semplicemente di impegno umano e civile.
Costituendo la sezione L.V.I.A..
ci proponiamo un obiettivo duplice: in una prima fase informativa, far conoscere quello che
una cooperazione tecnica ed umana adeguata e il volontariato
internazionale possono fare per
promuovere, in collaborazione
con i governi, i vartner, le chiese locali, lo sviluppo dei paesi
emergenti; in una seconda fase,
reclutare volontari, selezionarli,
formarli, addestrarli, inviarli ad
operare nei progetti di cooperazione.
Ci sono progetti a cui lavorare in più paesi africani ed in
settori diversi: sanitario, artigianale, agrozootecnico, idroagricolo. Occorrono artigiani: falegnami, meccanici, fabbri, tecnici agricoli, infermieri. E molteplici
sono le energie, gli apporti che
si possono attivare per dar fiato
e gambe al lavoro della sezione,
a questa ricognizione e formazione di volontari che vorremmo
far camminare da qui, da Torre
Pellice ».
Marco e Bianca Pratesi hanno
chiesto di veicolare sul mezzo
stampa la loro iniziativa, pensano a conferenze per illustrare il
programma.
Si può contattare il dr. Marco
Pratesi presso l'USSL; via Guardia Piemontese, tei. 932507 o a
casa, ora di cena, tei. 932756.
N. Sergio Turtulici
BOBBIO PELLICE — l’amministrazione comunale organizza per sabato 7
maggio, alle ore 9, presso la sala valdese di via Sibaud, una tavola rotonda
sul tema « L'impatto del cinghiale sulla vita della montagna»; introdurrà il
sindaco Aldo Charbonnier.
BOBBIO PELLICE — Giovedì 5 e venerdì 6 maggio, a partire dalle ore 9,
presso la Trattoria dei cacciatori avrà
luogo il congresso comprensoriale della FlOM CGIL.
Concerti
VILLAR PEROSA — Sabato 7 maggio, alle ore 21, neH’ambito della rassegna « Cantavalli », presso la palestra ex RIV di via Nazionale, il gruppo « Wlagàm » presenterà canti e musiche tradizionali delle valli bergamasche.
RINGRAZIAMENTO
(c Se tornate a me in pace, sarete salvi. Se avrete fiducia in
me, sarete forti ».
(Isaia 30: 15)
I familiari di
Ulrico Daniele Bertalot
neirimpossibilità dì farlo singolarmente, ringraziano sentitamente tutti eoloro
che con presenza, scritti, fiori, offerte
e parole di conforto hanno preso parte
al loro immenso dolore. Un ringraziamento particolare al dott. Pier Giorgio Griffa, agli infermieri che lo hanno
curato e al pastore Klaus Langeneck.
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12
12 fatti e problemi
6 maggio 1988
!
26 ANNI DI CONFLITTO
Etiopia tra fame
e guerrigiia
Dall’annessione voluta dall’imperatore al regime militare: non cambia la sofferenza di un popolo colpito anche dalle continue carestie
Fra le guerre e le guerriglie
"dimenticate" (ma non certo dai
mercanti d’armi) c’è senza dubbio da annoverare quella che oppone — in Africa — l’Eritrea all’Etiopia. Un conflitto che « sta
dissanguando il Paese », come dice il ministro degli esteri etiopico, intervistato da « il manifesto »
in occasione di un lungo e dettagliato reportage che questo giornale ha pubblicato nello scorso
mese di meu^o.
Sono ormai 26 anni che dura
questa drammatica situazione, da
quando cioè nel 1962 l’allora imperatore etiopico Hailè Selassiè
(che si vantava di discendere dalla regina di Saba) si annesse il territorio eritreo che nel 1950 l’ONU
aveva dichiarato come « unità
autonoma federata aH’Etiopia ».
Per inciso — e per i più giovani — ricorderemo che rispettivamente rEritrea fu colonia italiana dal 1890 e l’Etiopia dal 1936,
quando le truppe comandate dal
gen. Badoglio entrarono nella capitale Addis Abeba con la conseguente fondazione dell’« Impero » fascista: il tutto crollato poi
durante la seconda guerra mondiale.
Il regno etiopico di Selassiè
durò successivamente fino al
1974, e cioè fino alla sua destituzione. La repubblica venne proclamata nel 1975, retta da un consiglio militare presieduto dal gen.
Menghistu, con partito unico, di
ispirazione sovietica, e tuttora al
potere.
Tornando alla situazione odierna, e per completare il quadro di
insieme, occorre aggiungere ai
due elementi qui sopra ricordati
(la guerriglia ed il fattore politico) un terzo elemento, quello
della fame causata dalla carestia: ognuno di essi, come vedremo, condiziona gli altri due e
fa dell’Etiopia — secondo Tanalisi de "il manifesto” — il « Medioriente dell’anno 2000 ».
Interessi italiani
In questa situazione il nostro
Paese gioca un ruolo economico
e politico di primaria importanza, ed allargato alla vicina Somalia, anch’essa ex colonia italiana.
Si tratta di progetti agricoli, di
costruzione di dighe, di impianti
di trasformazione dei raccolti, di
ammodernamenti di porti, di collaborazioni culturali e medicoscientifiche, ecc.
Senza dubbio, la situazione che
più colpisce oggi di questo Paese
africano è la carestia, per cui dai
5 ai 7 milioni di persone corrono
il rischio di morire. Le regioni
più colpite (ed è la terza volta,
nello spazio di 15 anni, che questo succede) sono TEritrea, il Tigrai, il Wollo del nord, la Dancalia, i’Hararge, il Gondar, lo Shoa,
TArgi. La precedente carestia del
1984-85 fece un milione di morti
di fame, di stenti, di malattie. All’origine di questa tragedia (ed
ecco inserirsi l’elemento politico)
vi sono stati i due pilastri della
strategia di Menghistu, il « resettlement » o trasferimento forzato, e la « villagization » o raggruppamento in villaggi controllati: riguardanti ambedue spostamenti di masse di persone dalle
zone di guerriglia verso il sudovest più fertile, ma soprattutto
più sorvegliato. In questa politica
si inserisce il progetto del Tana
Beles, nel cui cantiere sono stati
rapiti i due tecnici italiani cinque
mesi fa dai guerriglieri etiopici
delTEprp, il Partito rivoluzionario popolare etiopico, per denunciare al mondo quello che, secondo loro, è un appoggio alla politica etiopica di deportazione e di
supersfruttamento.
Numerosi oppositori
Forse meno noto è il fatto che
oltre al Fronte popolare per la
liberazione dell’Eritrea (Fple), vi
sono molti altri movimenti e
gruppi di opposizione. Oltre al
già menzionato Epnp, ricorderemo il Fronte popolare per la liberazione del Tignai, « contro gli
abusi sulle vittime della siccità,
contro le uccisioni ed il reclutamento forzato e contro la deportazione al sud ». Questi due movimenti si sono anche uniti per opporsi con le armi al transito, mimetizzato nelle colonne dei soccorsi, di materiale bellico: i recenti assalti a queste carovane lo
dimostrerebbero. Un comunicato
dei guerriglieri ha confermato la
circostanza, dichiarando che « il
governo di Addis Abeba si serve
del trasporto degli aiuti di emergenza come copertura per lo spostamento di truppe e di materiale da guerra ». Nel contempo esso
ha auspicato « un cessate il fuoco per permettere il trasporto di
aiuti, nonché per facilitare la distribuzione dei generi alimentari
nelle zone contese ». Mentre tralasciamo di elencare tutti gli altri movimenti, si calcola peraltro che essi assommino ad una
trentina circa.
Tornando al Fronte eritreo, esso continua a ribadire la sua
pluriennale proposta: un referendum sotto egida ONU in cui
al popolo eritreo (tre milioni e
mezzo di persone, oltre ad un altro milione costretto all’esilio)
vengano date tre scelte: l’indipendenza, l’autonomia, l’unione con
l’Etiopia. E’ logico che l’obiettivo
del Fronte sia l’autonomia. Ed è
altrettanto « logico » l’atteggiamento contrario dell’Etiopia che,
con la perdita dell’Eritrea, si vedrebbe privata del suo sbocco al
Mar Rosso.
Il problema
dei soccorsi
AMNESTY INTERNATIONAL
Un altro aspetto importante è
lo svolgersi del sistema dei soccorsi. Quelli governativi privilegiano i militari e le regioni "fedeli": seguono insomma criteri
politici. Quelli invece delle Qng
(le Organizzazioni non governative) seguono ben altro concetto,
e cioè quello di lavorare in nome
dell’uomo e delle sue necessità.
Forse per questo motivo il governo etiopico ha recentemente deciso di farle sgomberare dall’Eritrea e dal Tigrai: fra di esse si
annoverano quelle della Fed.
Mond. Luterana, TOxafam, i Medici senza frontiere. Action internationale contre la faim, ed altre
ancora. C’è veramente da augurarsi che questa situazione si normalizzi, allo scopo di consentire
la prosecuzione di questi soccorsi, così essenziali soprattutto in
quelle zone. Non è certo col brutale ed intempestivo trasferimento di intere popolazioni che
si può sanare una situazione: ai
già gravissimi disastri della guerra e della siccità, viene così purtroppo ad aggiungersi un ulteriore disastro sociale.
Roberto Peyrot
Prigionieri
del mese
Le (diverse ragioni per cui, in varie parti (dei
mon(do, si perseguitano i prigionieri politici
Il Notiziario di A.I. del mese
di marzo presenta quattro casi
di prigionieri j»r motivi di opinione di tre diversi continenti:
Asia, Europa, Africa. Sono casi
molto diversi: un avvocato che,
per la sua attività politica non
violenta ma non ammessa dallo stato, soffre indicibili pene
per l’ingiusta prigionia, le torture, le malattie, un giovane che
è in carcere per avere rifiutato
per motivi di coscienza il servizio militare e due donne che
sono detenute in località sconosciuta, non si sa bene neanche
perché. Amnesty ci prega di intervenire; ascoltiamo le loro storie e scriviamo!
che per motivi di coscienza (religiosi, morali, filosofici, politici ecc.) i giovani debbano avere diritto ad un servizio alternativo a quello militare.
Si prega di inviare, in italiano
o inglese, cortese richiesta di
rilascio immediato del giovane
prigioniero di coscienza a:
Karoly Németh
Chairman
of Presidential Council
Kossuth L.tér 1-3
Budapest V - Hrmgary - Europa
Mardié Ibrahìm e
Mabrouka Houni Rahil - CIAD
Riad al-Turk - SIRIA
58 anni, avvocato. Era segretario delTUfficio politico del partito comxmista, che in Siria è
messo al bando. E’ stato arrestato a Damasco il 28 ottobre 1980
ed è ancora detenuto "incommunicado” (in segreto), senza accusa né processo. E’ molto malato, soffre da vari anni di diabete; il 15 dicembre dello scorso anno è entrato in coma e,
quando si è risvegliato dopo 25
giorni, dall’ospedale è stato riportato in carcere, in cella di
isolamento. Soffre di insufficienza renale e insufficienza cardiaca; a causa del diabete rischia
di diventare cieco, ma non riceve
le cure mediche necessarie.
Amnesty International è intervenuta varie volte presso il governo siriano in suo favore, ma
senza esito. Inoltre ha mobilitato i soci affinché con l’invio di
tante e tante lettere facessero
pressione sulle autorità siriane
per ottenere il suo rilascio. Si
pregano quindi i lettori di insistere inviando ancora molti altri appelli per la sua liberazione, in italiano o inglese, a:
H.E. President Hafez al-Assad
Presidential Palace
Damascus
Syrian Arab Republic - Asia
Mardié, figlia di Mabrouka, è
stata arrestata quando era ancora adolescente a N’djamena,
tra T83 e T85, forse a causa dell’attività della madre che era addetta ai rifornimenti alimentari
dell’esercito che combatteva contro Hissein Habré. Quando questi prese il potere, Rahil lasciò
il Ciad e si trasferì nei paesi
vicini. Le fu allora promessa la
liberazione dalla prigionia della
figlia, se fosse tornata nel paese.
Ma appena fu rientrata, venne
arrestata e la figlia non fu affatto liberata. Ora sono tutte e
due detenute in un luogo segreto, senza essere state mai accusate e processate. Quando Habré salì al potere, molti prigionieri scomparvero o vennero uccisi.
Si chieda cortesemente la scarcerazione delle due donne, in
italiano o francese, a:
Président Hissein Habré
La Présidence
N’djamena - Tchad - Africa
RILASCI E NUOVI CASI
Nel mese di gennaio ’88 A.I.
ha appreso del rilascio di 198
prigionieri in adozione o investigazione. Ha assimto 58 nuovi
casi.
PENA DI MORTE
Zsolt Keszthelyi - UNGHERIA
24 anni, direttore di un giornale non ufficiale. E’ stato arrestato il 25 febbraio 1987 e condannato a tre armi di prigione
(ridotti in appello a 2 anni e
mezzo) per essersi rifiutato di
compiere il servizio militare. La
motivazione del suo rifiuto era
di natura politica. Il servizio alternativo, in Ungheria, è concesso solo ai membri di alcune
sette religiose. Anmesty ritiene
Nel mese di dicembre ’87 A.I.
ha appreso della condanna a
morte di 74 persone in 13 paesi e delTavvenuta esecuzione di
40 persone in 6 paesi.
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A cura del
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