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Anno 127 - n. 47
6 dicembre 1991
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Gruppo II A/70
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a: casella postale - 10066 Torre Pelbce
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE^lVANGELICHE VALDESI E METODISTE_
MERIDIONE, QUESTIONE NAZIONALE
I DELEGATI FRATERNI AL SINODO DI ROMA
La terra del rimorso Ecumenismo anni '90
L’abbandono di questa «
pa che coinvolge tutti:
Il nostro Sud: terr-a di dolore
e di amore. E anche, oggi, « terra del rimorso ». Non nel senso
che ne dava nel suo famoso saggio del ’59 il grande etnologo
napoletano Ernesto De Martino,
ma nel senso proprio di stretta
al cuore per la coscienza di una
colpa commessa. La colpa è, per
il credente come per il laico impegnato, l’abhandono della centralità della questione meridionale come questione nazionale,
l’ohlio di una cultura trasmessa, la noia di una lotta che si
rinnova ogni giorno, la delega
a qualcun altro, a chiunque altro — dai portaborse alle sovvenzioni a pioggia alle forze dell’ordine — purché qualcuno se
ne occupi, ci tolga di torno questa palla al piede che ci impedisce di decollare gloriosamente verso lo Sviluppo, la Democrazia Compiuta, l’Europa. Che
ne è dei grandi affreschi e delle
grandi analisi tra gli anni trenta e i sessanta di un Ignazio SiIone (abruzzese), di un Vittorini o di uno Sciascia (siciliani),
o di un Rocco Scotellaro (lucano), così come di un Carlo Levi (torinese) o di un Danilo Dolci (triestino)?
La consapevolezza della centralità del nostro Mezzogiorno
ha presieduto alle grandi lotte
operaie degli anni settanta, all’integrazione dell’ondata immigratoria degli anni sessanta nelle metropoli del Nord, e persino alla romantica e roussoiana
« scoperta dei mari del Sud » da
parte dei giovani del movimento studentesco nel ’68 e dintorni. Certamente la classe operaia,
peraltro composta in gran parte da meridionali, dopo aver dato prova di maturo e civile senso dello stato democratico e repubblicano nella lotta contro il
terrorismo, è stata sconfitta, e
con essa una compiuta ipotesi
di trasformazione, negli anni ’80.
Dei funesti effetti di questa sconfitta si dolgono oggi, tanto più
nel Sud abbandonato al clientelismo, allo spreco, aH’amoralità
e alla logica del « pizzo », alla
violenza di cosche di ogni tipo,
le stesse forze sane dell’impren
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centralità » è una colcome porvi rimedio?
ditoria, del commercio e delle
libere professioni.
Ma che dire di quei segnali
barbari dì « scaricamento del
più debole » dopo la corresponsabilità di aver mantenuto e usufruito di questa debolezza, nell’utilizzo della forza-lavoro, nel
creare sacche dì manodopera dì
riserva, nell’usare di un comodo
mercato di stampo neo-coloniale, che è il segno dell’avanzamento del voto leghista al Nord?
Non diversamente da quanto,
con aspetti diversi, sta avvenendo nel resto d’Europa. Un effetto-boomerang tra gli altri potrà
essere il « serrate le file » da parte delle coscienze progressiste,
in parole d’ordine di un generico e retorico meridionalismo.
Non è questo il « vento del
Nord » che ci serve.
Ci serve invece ricominciare a
studiare e a capire, col cervello
e col cuore, la rinnovata « diversità » del nostro Sud, per riuscire a dare parole aUa impronuncìabilità, ora, di questo discorso, che oggi patiamo soltanto
nei sentimenti: dolore, amore,
rabbia e soprattutto rimorso.
Piera Egpdi
Si infittiscono gli incontri interconfessionali nell Europa che cambia - L’assenza (degli ortodossi e la partecipazione (dei protestanti
L'Europa che cambia porta con sé anche una profonda trasformazione dell'ecumenismo. In meno di un anno si sono svolti e si svolgono ben quattro diversi incontri di chiese, per prendere atto dei cambiamenti e
confrontarsi con le nuove sfide, che riguardano tutti.
L'incontro più rappresentativo e forse più importante c'è già stato, a Santiago
de Compostela, dal 12 al 18
novembre: qui c'erano tutti,
protestanti, ortodossi e cattolici, membri rispettivamente della Conferenza delle
chiese europee e del Consilium delle Conferenze episcopali europee. Poi gli incontri confessionali: i cattolici
a Roma con il Sinodo dei
vescovi, dal 28 novembre al
14 dicembre e i protestanti
dal 24 al 30 marzo, a
Budapest, per il loro primo
incontro europeo. Infine,
l'Assemblea della Conferenza delle chiese europee (ortodossi e protestanti) in settembre a Praga. A ciascuno
di questi incontri partecipano come ospiti, e con diritto
di parola, delegati fraterni
o osservatori delle altre chiese e confessioni. Questo è ormai lo stile consolidato dei
rapporti interconfessionali
dell'Europa degli anni '90.
E' in questo quadro che
va vista la presenza di delegati fraterni al Sinodo cattolico di Roma: l'anglicano
Mark Santer, vescovo di Birmingham, i vescovi luterani
Even Fougner, norvegese e
Theo Sorg, tedesco, i riformati William D. Shaw, scozzese e Frank Jehle, svizzero,
il segretario battista europeo Heinz-Karl Walter e, per
AVVENTO — 3
Maria prega per la felicità
« L’anima mia magnìfica il Signore e lo spirito
mio esulta in Dio, mio Salvatore» (Luca 1; 46-47).
Maria scopre di essere incinta. Le viene allora
in mente un’antica preghiera detta tanti anni prima da Anna (I Samuele 2: 1-10) e tramandata da
allora da donna in donna. Anna aveva pregato
per ringraziare il Signore di aver potuto avere
un figlio dopo anni di frustrante attesa, di incertezza, di paura. Maria invece prega il Signore
perché coglie qualcosa di straordinario in quello
che le sta accadendo. Sente infatti che lo stesso
Dio di Abramo e di Sara, lo stesso Dio attivo
nella storia di Israele è ora artepce di qualcosa
di straordinario attraverso di lei.
Maria ricorda che dal tempo in cui erano vissuti Sara e Abramo, Isacco e Giacobbe la gente
aveva creato tanti dei, aveva inoltre concesso loro
il comando della natura e delle sue misteriose
manifestazioni: la pioggia, i fiumi, il cielo, la fecondità della terra, la siccità ecc. Israele spesso
si era lasciato attrarre da quelle divinità, alcuni
si erano .separati definitivamente da Dio. Ma già
Sara e Àbramo avevano capito che Dio era il solo
capace di salvarli e liberarli dalle tragedie della
natura e dalla tragedia della schiavitù,^ dall’oppressione in cui esseri umani decidono e dispongono di
altri esseri umani.
Maria prega, e mentre le parole le escono dalla bocca scopre il potere delle sue affermazioni:
non riconosce la monarchia, quasi tutti i re che
si .sono succeduti in Israele prima e dopo la sua
divisione non hanno fatto cose buone per il popolo, pensa a Salomone prima saggio tra i saggi,
poi traditore tra i traditori; riconosce invece il
soccorso che il Signore ha portato a chi non aveva nulla, a loro ha dato un senso alla vita, uno
scopo per cui battersi e riprendersi dalle tragedie deli esistenza. Dio ha tolto ai ricchi che,
dimentichi del creatore, passavano il tempo a soddisfare i propri desideri; Dio ha dato agli affamati l’acume per capire come vanno le cose nel
mondo. Eppure aveva sentito dire che la ricchezza
equivaleva allo sguardo benefico del Signore, alla
sua benedizione; aveva anche sentito dire che i
poveri sono poveri perché pigri ed ignoranti. Ma
adesso le si erano chiarite le idee: vedeva il mondo occidentale che abile rubava, senza che nessuno reagisse, le risorse di quel mondo erroneamente conosciuto come terzo mondo; vedeva la mal
pagata mano d’opera di Taiwan confezionare oggetti su cui le multinazionali avrebbero accresciuto i loro guadagni; vedeva le fabbriche di armi
italiane che di nascosto vendevano strumenti di
guerra, arricchendosi quindi sulla morte altrui;
vedeva la tratta delle donne filippine ed africane
importate per soddisfare i sogni proibiti degli
occidentali opulenti; vedeva i grossi trafficanti
di droga protetti nel loro agire da famosi e rassicuranti politici.
Maria vedeva tutto ciò eppure sperava che attraverso quella creatura che portava nel ventre
qualcosa sarebbe successo. Dio aveva scelto proprio lei per nascere, per venire al mondo, per sperimentare l’umanità nella sua interezza. Dio diveniva uomo, Dio avrebbe parlato direttamente ad
altre donrie e uomini, Dio avrebbe conosciuto
tutti gli aspetti della sua creatura.
Maria prega per la felicità. E’ troppo straordinario quello che sta per accadere, troppo grande
persino per avere parole per dirlo. Lei darà alla
luce un bambino che diventerà adulto, come tutte
le persone di questa terra, ma che al contrario
degli altri si rivelerà essere l’incarnazione di Dio.
Maria ancora non sa che impazzirà di dolore
quando Gesù verrà messo a morte sulla croce,
ma non sa neanche che qualcosa di straordinario
accadrà dopo.
Maria vive attimo per attimo la sua gioia, concentrandosi sul fatto che il Signore in cui ha sempre creduto ha deciso di vedere da vicino il mondo e i suoi abitanti per meglio comprenderlo e
per meglio simpatizzare con esso condividendone
le gioie dell’amicizia e dell’amore, l’importanza
della relazione attraverso i gesti e la discussione,
il dolore della malattia e l’ansia della depressione,
la rabbia per le guerre e le morti di overdose, la
solidarietà con lo straniero e la protezione con
il profugo.
Daniela Di Carlo
(terza di una serie di quattro meditazioni)
la Conferenza delle chiese
europee, il segretario esecutivo Jean Fischer e, dopo i
primi giorni, il direttore della commissione di studio
Karl-Christof Epting. Fra
quelli che Roma ha invitato
mancano purtroppo rappresentanti delle chiese evangeliche dell'Europa dell’Est: lo
faceva osservare Jean Fischer nella cena che la Federazione delle chiese evangeliche in Italia ha offerto
ai delegati fraterni non cattolici, la sera del 29 novembre.
Più delicata è la situazione degli ortodossi: erano stati invitati tutti i patriarcati europei (Costantinopoli,
Georgia, Armenia, Russia,
Romania, Bulgaria, Grecia
e Serbia), ma dopo il no del
patriarca russo Alessio II le
chiese di Romania, Bulgaria,
Grecia e Serbia hanno deciso di non partecipare, in segno di solidarietà con Mosca.
Il patriarcato ecumenico di
Costantinopoli si faceva invece rappresentare dal neonominato metropolita d’Italia, il vescovo Spiridione, residente a Roma; Georgia e
Armenia inviavano rispettivamente il metropolita David
e il vescovo Krikorian.
Come è facile comprendere queste assenze rappresentano un fatto nuovo, dopo
decenni di dialogo e nella
prospettiva, sempre annunziata e sempre rinviata, di
una visita del papa a Mosca.
Non si tratta ovviamente di
una rottura delle relazioni
ecumeniche, come è stato
sottolineato dalle due parti,
ma di un’occasione di ripensamento sui mezzi migliori
da seguire perché, per prima cosa, le chiese cristiane,
grandi o piccole, chiese di
popolo o di minoranza, imparino a rispettarsi reciprocamente. Ora negli ultimi anni la Chiesa russa non si è
sentita rispettata, soprattutto da Roma, e lo ha detto
chiaramente.
Con la loro presenza a Roma i delegati fraterni si in.seriscono utilmente nel dibattito interno alla stessa
Chiesa cattolica, nella sua
tensione fra centralismo e
responsabilità delle chiese locali. Al di là delle semplificazioni e dei trionfalismi ai
Giorgio Girardet
(continua a pag. 8)
2
fede e cultura
6 dicembre 1991
UNA TEOLOGIA PER LA PACE
DUE FILM « LIMITE »
«La giustizia e soio
la giustizia seguirai...»
Solo ricercando e valutando le ragioni dell’altro è possibile la
comprensione reciproca - Si può dare spazio al dolore, non all’odio
I libri, la bomba
Un teologo anglicano, palestinese, ha tentato di elaborare una
« teologia palestinese contestuale »
sul conflitto israelo-palestinese, in
grado di annunciare un Dio vivente che sa ancora amare la gente
ed è in grado di parlare all’oppresso e all’oppressore.
Naim Stifan Ateek ^ fonda la
sua teologia su due aspetti centrali della tradizione biblica, la
giustizia e il rapporto con l’altro
come norma per l’etica. « Non fare all’altro ciò che non vorresti
fosse fatto a te»: un criterio fondamentale, secondo l’autore, per
‘ripristinare la giustizia a favore
dei profughi palestinesi ma anche
per recuperare quella « com-passione », quella « sim-patia » nei
confronti degli ebrei israeliani e
delle loro comprensibili ragioni di
sicurezza ed unità.
Storia e verità
Un altro elemento importante
che ricorre nei diversi capitoli del
libro è quello della verità. Per
questo i primi capitoli hanno un
forte carattere storico. Se da un
lato è fondamentale ricordare e
comprendere la Shoah, secondo
Ateek non va dimenticato il grave torto subito dai palestinesi
quando l’ONU decise nel 1948, di
fatto, l’espulsione brutale dei palestinesi dalle loro città e dalle loro
case, fino a giungere al 1967 con
l’occupazione della Cisgiordania e
della striscia di Gaza. « Mi ci sono voluti tutti questi anni — scrive — per accettare Vinaccettabile:
uno stato ebraico come parte della ’’nostra” Palestina. Da ragazzo
(ricordavo il duro esilio della mia
famiglia da Beisan) e in seguito come uomo di fede le mie battaglie
condotte con odio, rabbia, umiliazione non sono state facili. Questi sentimenti dovevano essere sfidati continuamente dalla richiesta
di amore e perdono. Nello stesso
tempo sapevo che l’ingiustizia è
dannosa e che dovevo levare la
mia voce contro di essa. Mi ci sono voluti anni per accettare la
fondazione dello stato ebraico e
il suo bisogno, sebbene non un
diritto, di esistere. Ora sento di
volere che esso resti perché credo
che l’eliminazione di Israele significherebbe la più grande ingiustizia per milioni di persone che
non conoscono altra dimora che
Israele ».
Degno di attenzione è in particolare il capitolo dedicato ad una
prospettiva teologica come possibile via di uscita dal conflitto israelo-palestinese. Ateek prende in
considerazione due passi: Naboth
•e il Dio della giustizia (I Re 21)
e la profezia negativa di Michea
in I Re 22.
Ambedue' i racconti hanno come tema fondamentale quello della giustizia di Dio da un lato e
dell’ingiustizia umana dall’altro.
Andare alla radice dei problemi,
con la tensione di cercarne la giustizia, non è facile. Coloro che lo
fanno, come Michea, spesso non
sono amati; anzi, sono odiati dagli uomini! Ma soltanto con la ricerca della giustizia è possibile la
pace tra i due popoli; soltanto riconoscendo insieme la giustizia e
la verità è possibile essere sicuri
in modo autentico e duraturo. In
questa linea Ateek ci spiega per
ché secondo lui è necessario che
Israele riprenda in mano la tradizione profetica dell’Antico Testamento piuttosto che quella nazionalistica della terra, e cita la storia del rabbino Ben Zakkai che
piuttosto di perseguire scopi politici e nazionalistici crea una piccola accademia ebraica di cultura
e di studio della Torah.
La concezione
esclusiva di Dio
La concezione nazionalista ed
esclusiva di Dio è una grave minaccia per Israele che rischia l’isolamento culturale e politico dalle
stesse comunità ebraiche che non
vivono in Palestina. Ateek non
propone utopie irrealizzabili ma
piuttosto una politica dei piccoli
passi, la ricerca di comprendere la
verità e 1’« ingiustizia » dell’altro.
Parafrasando Deuteronomio 16:
20 « La giustizia e solo la giustizia
seguirai », che è poi il titolo di
questo libro, l’autore mette in luce il doppio uso della parola: la
prima giustizia riguarda gli ebrei,
la seconda gli altri popoli. La
creazione dello stato di Israele ha
reso in qualche modo giustizia al
popolo ebraico, ora è il momento
di procedere ad attivare la seconda giustizia per i palestinesi. L’invito a Israele è di retrocedere dal
l’uso dell’arroganza e dall’intransigenza che caratterizzano oggi la
sua politica.
Il rischio che si corre è quello
che gli oppressi siano già diventati oppressori usando più o meno
gli stessi metodi. « Ci sarà forse
un giorno in cui la memoria dell’olocausto — ribadisce Ateek —
includerà scene della sofferenza
dei palestinesi per ricordare al
mondo l’estensione, la profondità
e il mistero del male? ».
Nell’ultimo capitolo l’autore
conclude con l’appello a non lasciarsi travolgere dal male e dall’odio. Un appello rivolto soprattutto ai palestinesi a vivere fino in
fondo il comandamento dell’amore
e del perdono senza liquidare frettolosamente questo messaggio. Come scrisse Etty Hillesum, ebrea
olandese assassinata ad Auschwitz: « Dà al tuo dolore tutto il
necessario spazio e rifugio in te
stesso perché se ciascuno sopporterà il proprio dolore con onestà
e. coraggio il dolore che riempie
ora il mondo diminuirà ». Ciò non
significa, conclude Ateek, rinunciare ai propri diritti e alla verità.
Ma la sfida è di non distruggersi
con l’odio e mantenere saldo il
legame con la giustizia.
Manfredo Pavoni
PROSPERO’S BOOK (Peter
Greenaway) — Prospero, duca di
Milano, che si occupa di libri e
magia più che di politica, è deposto dal fratello Antonio. Con
la figlia Miranda giunge su un’isola abitata dagli spiriti, che riesce ad asservirsi. Saranno proprio le sue arti a provocare la
tempesta e il naufragio di Alonso, re di Napoli, del figlio Ferdinando e di Antonio. Ferdinando si innamora, ricambiato, della figlia di Prospero, che lo ha
schiavizzato, mentre uno spirito,
Ariele, spinge Antonio a pentirsi per aver deposto il fratello.
Prospero infine libera Ferdinando e gli dà la figlia in sposa.
■ NAlM STIFAN ATEEK, La giustizia
e solo la giustizia seguirai... Assisi,
Cittadella, 1991, pp. 406, L. 30.000.
RAPSODIA IN AGOSTO
(Akira Kurosawa) — Una nonna passa alcuni giorni con i quattro nipotini, figli di due coppie
momentaneamente negli USA
per « conoscere » un cugino e,
sotto sotto, interessati all’attività
imprenditoriale della famiglia di
lui. Incuriositi dalla devozione
della nonna al ricordo del marito, morto sotto la bomba di Nagasaki, i bambini si recano sui
luoghi della memoria, alla scuola
che fu centro dell’esplosione. Poi,
anche i genitori capiranno...
Dalla Tempesta di Shakespeare, Peter Greenaway, regista
cerebrale e pittore, irae un film
limite, il cui titolo viene purtroppo modificato nel banale
'’L’ultima tempesta”. Invece era
proprio ai libri, unico strumento che il duca di Milano ha per
conoscere il reale (e il soprannaturale), che pensava l’autore.
Rigoroso nel seguire il testo
shakespeariano, affidando la recitazione dei dialoghi a John
Gielgud (87 anni), uno dei massimi attori del secolo, Greenaway realizza un’opera ridondante, barocca, sovraccarica di immagini, prodigi, virtuosismi tec
LA NASCITA DELLE COMUNITÀ’ SICILIANE
Riesi e i
Tra i segni del rinnovato interesse per la storia dell’evangelismo italiano segnalo con piacere l’articolo del giornalista
Gius^pe Testa apparso in ”Le
notizie da Riesi” (luglio-ottobre
1991) col titolo Riesi: 120 anni
fa arrivarono i valdesi.
Sul finire dell’ottobre 1871
giunse a Riesi il giovane pastore Augusto Malan di Messina,
chiamatovi da una petizione firmata dal sindaco Giuseppe Janni
e da un buon gruppo di professionisti, impiegati ed operai.
Chi erano costoro e perché volevano che si predicasse il Vangelo nella loro città? Si trattava di liberali, in lotta contro ex
borbonici clericali. La fonte del
nostro giornalista è la Storia
di Riesi di S. Ferro, uscita a
Caltanissetta nel 1934, che Valdo
Vinay nella sua Storia dei vaidesi/3 del 1980 giudica imprecisa in alcuni dati. Comunque l'in
teresse per una predicazione diversa da quella cattolica si doveva anche all’opera di quei rivenditori ambulanti delle Sacre
Scritture già molto attivi nell’isola. Uno di costoro era giunto
a Riesi solo qualche mese prima del pastoi'e Malan. Vinay
ne riprende il racconto dall’ ’’Eco
della verità” (18-11-1871):
« Pose il suo banchetto nella
strada principale del paese. In
sulle prime, nessuno conosceva
i libri che espose in mostra; i
preti soli sospettarono qualche
cosa a loro svantaggio, c cominciarono a gironzolare intorno al colportore ed ai libri suoi
per accertarsi della faccenda.
Avrebbero volentieri fatto partire l’intruso, provarono d’intimorirlo; ma parecchie persone
e fra esse un bravo dottore in
medicina presero le difese del
venditore di libri; per incoraggiare gli operai a comprare, essi fecero acquisto di Bibbie e
di opuscoli, e tanto servì il loro
esempio che in pochi giorni il
colportore vendé quasi tutto
quello che aveva portato. Quelli che avevano comprati i libri
si posero a leggerli e trovarono
che per fare opposizione ai preti non ci poteva essere nulla di
migliore...» (Vinay, pp. 102-103).
Anche il pastore Malan rimase qualche giorno a Riesi, tenendo conferenze nella chiesa
di S. Giuseppe (’’abbandonata”),
seguite sempre da un grande nurnero di uditori. Dato l’esito felice dell’iniziativa, il Comitato
di evangelizzazione inviò nell’anno successivo ben due pastori,
uno dopo l’altro, ma — come
annota Vinay — sorse una prima difficoltà dal fatto che essi,
piemontesi, capivano poco il siciliano. Poi subentrarono altri
intoppi: « ...il clero riesino prese presto la sua rivincita... Ottenne la restituzione della chiesa di S. Giuseppe al culto cattolico », e scoupiò una crisi al Comune, che generò la destituzione del sindaco liberale e la sua
sostituzione con un esponente del partito clericale. La
sconfitta dei liberali trascinò
con sé un’altra crisi, quella di
due opere di forte incidenza sociale come la Società agricola
e la Società operaia di mutuo
soccorso dei solfatari, che si erano appoggiate ai valdesi.
Dall’insieme di queste vicende nasce un grosso interrogativo. Vinay osserva che « i liberali avevano collegato nella loro
mente, e quindi nella trasmissione del fatto, la venuta dei
protestanti in Riesi con la fine
del potere temporale dei papi »,
e cita il Rapporto del Comitato
di evangelizzazione al Sinodo del
1872, dal quale si desume che
« il partito liberale ha stimato
di poter trovare una potente arma negli evangelici per abbattere i suoi avversari » (Vinay pp.
103-104).
Le conclusioni del nostro storico non sono lusinghiere. Pensando al sorgere di altre chiese
valdesi in Sicilia (Caltanissetta,
Trapani, 'Trabia, Modica, Vittoria, Scoglitti, Licata ecc. ), egli
Scrive che « la storia di queste
piccole comunità si assomiglia.
Dopo un primo momento d’interesse e un inizio di vita, la reazione cattolica soffoca e disperde il gruppo evangelico. Se un
nucleo rimane, viene incapsulato dall’ambiente, come un corpo estraneo all’organismo, in
modo che non possa più agire,
e la .sua parola non abbia ormai
effetto alcuno. Si è formato un
diaframma tra la comunità evangelica e la popolazione del luogo. Con gli anni i rapporti sono
forse divenuti di reciproca tolleranza e di risvetto, ma è terminato il dialogo serio sulla fede » (Vinay, pp. 105-106).
Oggi la situazione è ben diversa, e ci si domanda se e in
quale modo il trentennio del
’’Servizio cristiano” sia riuscito a rompere quel diaframma.
Forse il nostro è ancora un tempo di semina, e quella semina
fatta anche con le iniziative agricole, scolastiche e sanitarie del
Monte degli Ulivi deve riscuotere tutto il nostro incoraggiamento.
Giovanni Gönnet
nici; mantenendo come solido riferimento l’impianto del drammaturgo inglese, esplora senza
freni tutto un repertorio di elaborazioni elettroniche dell’immagine; cosi le meraviglie soprannaturali degli spiriti, soprattutto quelle del piccolo e sfrontato Ariele, si mischiano con le
immagini degli schermi multipli. Dall’illustrazione di un libro
escono altre immagini (ciò che
vede il protagonista), si sviluppa
un vero e proprio secondo quadro. Le inquadrature si moltiplicano secondo uno schema che
ricorda le ’’cornici concentriche”
degli enigmisti.
Il computer consente di tutto, veramente di tutto. Perciò,
credo, questo film è una svolta,
nel senso che chiude un’epoca,
quella della sperimentazione di
queste tecniche. Ora si è visto
che tutto ciò è possibile; che
cosa vogliamo farne? Come dimostrano i video musicali che
stanno rimpiazzando i dischi da
45 giri, come dimostra la pubblicità, alla moltiplicazione degli
effetti (i vecchi ’’trucchi” impallidiscono) rischia di corrispondere una grave carenza di "cose
da dire”, di contenuti (termine
orrendo) che tali procedimenti
dovrebbqro veicolare. Ma questo film-limite è, lui, ancora affascinante.
All’estremo opposto il film di
Akira Kurosawa che, passata
Pottantina, decide di rarefare
drasticamente il tenore dell’espressione e realizza un ’’filmino”, che ha tutta la potenza
dei messaggi estremi: l’ammonimento, in questo caso, a non
ripetere la tragedia, che sarebbe
ora planetaria, della bomba atomica.
Film rarefatto perché è rigorosamente collocato in un'unità
di tempo, luogo e azione: la casa della nonna (con l’uscita nei
prati, e la scuola di Nagasaki);
i momenti quotidiani (il mangiare insieme, il mettersi a letto); la crescita di consapevolezza nei ragazzi. Rarefatto perché non c’è una sequenza
inutile; la recitazione è quella di chi non si sforza di dare
un’interpretazione, ma dice le
cose con la convinzione: quella
della nonna, che ’’c’era”, che prega periodicamente insierne agli
altri anziani del villaggio, che
tuttavia impazzirà di fronte all’incapacità dei figli (una generazione di mezzo che ha voglia
di dimenticare, e che il regista
rimprovera aspramente) di confrontarsi con la bomba. La vecchietta spera che ci riescano i
più giovani: qui sta il centro
del messaggio di un vecchio regista che non si sottrae al ruolo
di educatore. Del resto, lo splendore delle immagini, discrete e
bellissime, del paesaggio e della natura evita il rischio del didascalismo. Così come l’uso
estremamente parco della musica. Solo qualche brano sacro di
Vivaldi di fronte alla lapide che
ricorda le vittime, per solennizzare, per caricare il momento
del ricordo di significato, per
ammonire....
Alberto Corsani
Appuntamenti
Martedì 10 dicembre — MILANO:
Presso la saletta di via Sforza 12/a,
alle ore 18, ultimo incontro sui Salmi
a cura del past. Salvatore Ricciardi.
Martedì 10 dicembre — BARI: Presso il teatro Piccinni II Coro del bambini di Praga esegue canzoni natalizie
di tutto II mondo. Per informazioni tei.
080/5219302.
27 dicembre 2 gennaio — BETHEL
(Taverna, Cz): Il Centro evangelico organizza il campo invernale dal titolo
La natività di Gesù Cristo secondo
l’Evangelo di Matteo e di Luca. La
quota di partecipazione è di L. 160.000,
la caparra è di L. 60.000 e deve pervenire unitamente alle iscrizioni al pastore Piero Santoro, via Trento, 9 89100 Reggio Calabria. Per informazioni tei. 0965/812519.
i
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6 dicembre 1991
fede e cultura
UN NUMERO DELLA RIVISTA « STUDI ECUMENICI »
Una critica a Canberra
Il ruolo dello Spìrito Santo nella relazione dei patriarca Parthenios - Il contributo di Chung Hyun Kyung e i rischi del sincretismo
La rivista « Studi ecumenici »
pubblica nel suo ultimo numero
le due relazioni di base dell’Assemblea di Canberra, una valutazione del biblista Tede Vetrai!,
partecipe delle Assemblee ecumeniche di Basilea, Seoul e Canberra e i documenti elaborati in
occasione di quest’ultima Assemblea
La prima relazione, la meno discussa a Canberra, è del patriarca Parthenios di Alessandria;
« Lo Spirito Santo ». La relazione si colloca nell’ambito della
tradizionale teologia dello Spirito creduta ed insegnata nelle
chiese ortodosse e orientali. Le
affermazioni di fede ivi contenute ci paiono belle e largamente
condivisibili : « La grande festa
della chiesa è la Pentecoste. E’
il giorno della sua nascita, quello in cui comincia il suo pellegrinaggio, continuazione della Pasqua, verso il regno di Dio, ispirata dallo Spirito Santo. La chiesa non ha esistenza senza la Pentecoste, senza lo Spirito Santo.
E’ per lui che noi viviamo, noi
popolo di Dio; egli ci dona la
vita del Cristo perché possiamo
andare al Padre».
In modo particolare ci sembra
appropriato il richiamo biblico
ad ascoltare « ciò che lo Spirito
dice alle chiese» (Ap. 2; 7) ripreso da Parthenios: «Noi tutti,
rappresentanti di 311 chiese,
grandi e piccole, vediamo ciò che
lo Spirito dice agli angeli delle
chiese dell’Asia Minore, quelle di
Efeso, di Smirne, di Pergamo, di
Tiatira, di Sardi, di Filadelfia e
di Laodicea. Noi possiamo riconoscerci in certe parole indiriz
zate alle chiese di questo piccolo
gregge ».
Sobrio il riferimento a Maria
e alle sante e ai santi; un riferimento di richiesta di aiuto a vivere il cristianesimo che francamente non possiamo condividere. Penso che, come riformati,
possiamo accettare il richiamo
« pneumatologico » solamente in
una prospettiva cristocentrica.
Per questo ho letto con profondo imbarazzo, pur nutrendo simpatia per la teologia del Sud del
mondo, la relazione della pastora e teologa presbiteriana Chung
Hyun Kyung : « Vieni, Spirito
Santo, rinnova tutta la creazione». La relazione inizia, come è
noto, con l’invocazione degli spiriti degli oppressi; da Agar e
Uria allo « spirito liberatore di
Gesù, nostro fratello, torturato
e ucciso sulla croce». Come osserva Tede Vetrai! : « La Chung
Hyun Kyung considera lo Spirito solo sotto l’aspetto funzionale, in contrapposizione allo spirito di oppressione ».
La pastora presbiteriana sembra sovrapporre lo « spirito umano » a quello « divino ». Ad una
« teologia dello Spirito », si affianca una « teologia degli spiriti oppressi». Ma anche la nozione di
Spirito è discutibile: «Nel pensiero delle popolazioni del nordest dell’Asia, il principio vitale
si chiama ki (in nota la sorella
Chung Hyun Kyung rileva la rassomiglianza, mutuata da un altro
teologo coreano, fra il ki e il
ruach, definizione veterotestamentaria dello Spirito). Per noi
il ki è il respiro, U soffio della
vita. Il ki gioisce delle interconnessioni del cielo e della terra e
degli esseri.
Il ki (l’energia vitale) non può
circolare ove regna la divisione
e la separazione e ciò conduce
alla distruzione e alla malattia
degli esseri viventi. Di conseguenza, per noi, il rinnovamento
consiste nell'abbattere il muro di
divisione e della separazione e
permettere al ki di svilupparsi e
di circolare armoniosamente. Se
vogliamo sopravvivere dobbiamo
rifiutare il dualismo che separa
e apprendere l’interconnessione
integrante di tutti gli esseri ».
Questa interconnessione tra
« spiriti degli esseri viventi » è costitutiva della « conversione »
(metanoia) ad una’cultura di vita. Noi dobbiarho fare confessione di peccato, come Nord del
mondo ricco, edonista, liberalborghese ; molti degli « spiriti di
esseri viventi» evocati dalla nostra sorella li abbiamo uccisi con
il nostro colpevole silenzio, come ha affermato Martin Luther
King prima di essere ammazzato. Cogliere la denuncia che ci
viene dalle sorelle e dai fratelli
del Sud del mondo non significa
tuttavia non esprimere la riserva
teologica di fondo; la mancanza
di « discernimento degli spiriti »
può condurre il cristianesimo ad
un sincretismo senza ritorno.
Eugenio Stretti
‘ « Studi ecumenici », numero monografico sulla VII Assemblea del Consiglio ecumenico di Canberra, Istituto ecumenico S. Bernardino, Castello
2766. 30122 Venezia, L. 8.000.
PALERMO
I protestanti e Tltalia
Domenica 24 novembre nei locali della chiesa valdese e metodista della Noce a Palermo si
sono ritrovati i fratelli di quella comunità, della chiesa valdese di via Spezio e un folto gruppo di membri di chiesa africani.
Alla liturgia bilingue, svolta
dal pastore Sergio Aquilante e
dal fratello nigeriano Vivian Wiwoloku, è seguita la relazione
del presidente della Federazione
delle chiese evangeliche in Italia, Giorgio Bouchard, sul tema
I protestanti e l’Italia.
Rifacendosi alle ricerche storiche effettuate da Giorgio Spini,
Bouchard ha voluto dimostrare
l’italianità del protestantesimo
come elemento « interno » al
tessuto sociale e culturale del
nostro paese, come chiara espressione di un’esigenza di rinnovamento spirituale presente
nelle diverse epoche e non come fattore importato dal Nord
Europa.
La relazione, sintetizzata in inglese per i fratelli africani, si è
sviluppata per tappe. La prima riguardava la «diaspora» dei valdesi in epoca medievale quando vennero fondate le prime comunità
non solo in alta Italia (si spinsero altresi nei domini dell’impero; Germania, Polonia, Cecoslovacchia, ecc.), ma anche in
Puglia e Calabria nel 1315.
Le comunità del Meridione furono fondate da immigrati delle
vallate del Piemonte e curate da
predicatori locali. Sarà proprio
uno di questi, Giacomo Bonello
che, dopo aver predicato nelle
Puglie e nella zona calabra, si
spinse fino alla Sicilia dove venne arrestato nel 1560. Condannato, morì martire sul rogo dinanzi all’attuale carcere Ucciardone
a Palermo.
E’ questa l’epoca, il tardo Rinascimento, in cui la colonia calabrese viene massacrata dalle
truppe del viceré di Napoli (giugno 1561), in cui i membri della comunità riformata di Lucca
sono costretti ad espatriare in
Svizzera dove si affermano come banchieri, mercanti ed intellettuali e collaborano a rendere forte la Chiesa calvinista
(vedi traduzione della Bibbia di
Diodati).
L’excursus storico sviluppato
dal pastore Bouchard si è, inoltre, soffermato sull’apporto significativo dato da illustri menti valdesi all’affermarsi delle
idee illuministe. La relazione si
è conclusa con una panoramica
sul periodo storico in cui impegno sociale e risveglio politico
andarono di pari passo col rinnovamento religioso: il cosiddetto « Risveglio ». Si è in epoca
risorgimentale, spiega Bouchard,
e molti tra coloro che facevano
parte della Chiesa cristiana libera, fondata in quegli anni, o
della Chiesa wesleyana furono
anche garibaldini e fautori della Repubblica italiana. Uomini
di cultura, menti illustri come
l’ex prete fiorentino Salvatore
Ferretti, il Guicciardini o il bolognese ex barnabita Alessandro
Gavazzi che, dopo aver partecipato alla tragica epopea della
Repubblica romana nel 1849, finì in esilio.
, Il risveglio religioso non fu,
pertanto, elemento indotto nel
tessuto socio-culturale e politico dell’Italia risorgimentale, ma
espressione di un bisogno fortemente sentito dalla parte più democratica e progressista del nostro paese.
Terminata la relazione con un
rapido accenno alla Resistenza
(Jervis, Lombardini, ecc.), la
giornata comunitaria è proseguita con l’agape fraterna. La
discussione sul tema è stata introdotta da un intervento del pastore Aquilante, che ha inquadrato chiaramente l’importanza di
rivalutare e riscoprire la nostra
storia passata per meglio comprendere quale direzione dare al
nostro operato nella società
odierna.
Gli interventi che sono seguiti si sono maggiormente soffermati sulla necessità di farci conoscere. Così l’intervento di Pietro Valdo Panasela e di Manlio
Fontana circa l’utilità di potenziare i nostri mezzi di informazione; così le proposte di Renato Salvaggio e di Alfonso Manocchio circa la necessità di seguire la strada dell’impegno sociale e della rivalutazione della
cultura protestante, libera e democratica, contro possibili integralismi.
Dopo una prima replica di
Bouchard, sono seguiti altri interventi tra cui quelli del pastore La Torre e di Piera Egidi che
rispettivamente hanno avvertito
l’esigenza di non sottovalutare
la problematica fede-politica e
l’incidenza negativa dell’ipercritica nell’ambito delle nostre chiese in un momento di possibile
spiegamento della nostra presenza in Italia. La giornata comunitaria si è conclusa con la risposta di Bouchard rimarcante
la necessità di una forte presenza degli evangelici nella società
sia a livello di mass media che
di diaconia e con la proposta di
puntare su una convergenza tra
evangelici, laici ed uomini di
area socialista al fine di contrastare un futuribile assetto chiuso della società occidentale.
Mirella Manocchio
La Chiesa metodista di Savona,
il Comune di Savona,
il Centro culturale valdese di Torre Pellice
organizzano a
SAVONA, 6-7 dicembre 1991
RIDOTTO DEL TEATRO CHIABRERA - PIAZZA DIAZ
GIORNATE DI STUDIO
«Giovanni Miegge»
(Savona 1900 - Massello 1961)
Venerdì 6 dicembre
9.30 — Apertura dei lavori
Gianni Rostan, presidente del Centro culturale valdese
— Un ritratto
pastore Giorgio Toum, direttore del Centro culturale
V3;lCÌ©S&
— La temperie intellettuale e politica dal primo dopoguerra agli anni Sessanta
prof. Giorgio Spini, Università di Firenze
— Interventi e testimonianze
15 00 _ Ascolto brani della conferenza « L’idea di Dio »
registrazione ad Agape, estate 1960
— La rivista « Gioventù cristiana »
Un direttore sensibile e innovatore
prof. Silvana Nitti, Università di Napoli
— Dal fascismo alla Repubblica
In dialogo con la società italiana
prof. Claudio Tron, curatore dell’antologia di scritti
di G. Miegge
— Interventi e testimonianze
Sabato 7 dicembre
9,00 — Con Igino Giordani
Disputare a dispetto dell’impossibile
prof. Giampiero Bof, Università di Urbino
— Con Ernesto Buonaiuti
Storia di una incomprensione
prof. Lorenza Giorgi, Università di Firenze
— Teologo ecumenico europeo
prof. Emidio Campi, Università di Zurigo
— Interventi e testimonianze
14.30 — Tavola rotonda - Per una apologetica cristiana oggi
A partire dalla lettura del saggio « Per una fede »
Partecipano; Ernesto Galli della Loggia, Giulio Giorello, Giovanni Moretto, Sergio Quinzio, Enrico I. Rambaldi, Sergio
Rostagno.
Coordina e conclude : past. Giorgio Bouchard, presidente della
Federazione delle chiese evangeliche in Italia.
Interverranno: Sergio Aquilante, Sergio Carile, Gino Conte,
Goffredo Fofi, Carlo Gay, Mario Miegge, Giorgio Peyronel,
Giorgio Peyrot, Michele Ranchetti, Paolo Sanfilippo, Francesca Spano, Paolo Spanu.
Aderiscono; Renzo Bertalot, Luigi Santini, Tullio Vinay.
Mostra fotografica e documentaria : La vita e l’opera di Giovanni Miegge.
Con il patrocinio della Regione Liguria e della Cassa di Risparmio di Savona.
Claudiana editrice
NOVITÀ’
Nella collana « Ritratti storici » è uscito il n. 8 :
ALISTER E. McGRATH
Giovanni Calvino
Il Riformatore e la sua influenza
sulla cultura occidentale
pp. 392 -I- 8 tav. f.t., L. 42.(XX)
Il « Calvino della storia », liberato dalle falsità e dai miti
accumulatisi nei secoli, in una biografia scientifica aggiornatissima che è un successo intemazionale. Una delle più potenti forze intellettuali della storia, che ha lasciato un’impronta indelebile sulla cultura del mondo occidentale. Fondamentale per capire l’evoluzione socio-politica dell’Europa e del
Nord America.
FONDATA NEL 1855
Via P. Tommaso, 1 - 10125 Torino - Tel. 689804
C.C.I.A. n. 274.482 - C.C.P. 20780102 - cod. fise. 00601900012
4
vita delle chiese
6 dicembre 1991
CORRISPONDENZE
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Verso il restauro del tempio Incontri comunitari
RIESI — Domenica 17 novembre l’assemblea di chiesa ha votato unanimemente di procedere al restauro del tempio, ormai
ridotto in stato deplorevole (per
anni non si sono fatte riparazioni mentre l’umidità dal tetto
e dal sottosuolo ha continuato
ad impregnare i muri da cui
cadono spesso calcinacci e cornicioni) e dei locali annessi, uno
dei quali sul retro del tempio,
in vicolo don Santo, sta quasi
crollando. Condizione per far
partire i lavori è quella di avere i soldi. Essi si ricaveranno,
almeno in buona parte, dalla
vendita di un terreno di 7.200
mq. che la chiesa di Riesi comprò nel dopoguerra per farne un
luogo di scampagnate per la comunità. Su suggerimento della
Tavola valdese si è deciso che
il 20% del ricavato della vendita del terreno andrà devoluto
alla ricostruzione del Centro
evangelico di Adelfla anch’esso,
com’è noto, bisognoso d’urgenti
restauri.
Non è facile per una comunità accettare, prima ancora di
contattare eventuali acquirenti,
di destinare una così significativa percentuale ad un’altra opera quando in casa propria urgono lavori altrettanto urgenti.
Tanto più che il terreno non fu
Tina donazione ma fu acquistato
con il contributo di molte famiglie di Riesi. Evidentemente
non siamo in una logica aziendale. Crediamo che la cultura
del dare sia più forte della cultura del prendere. Sappiamo fin
d’ora che quando, concretamente, inizieranno i lavori — il progetto di restauro è stato affidato all’architetto De Bettini —
non saremo soli in quest’opera.
Restaurare degli edifici comunitari può essere una preziosa occasione per restaurare delle coscienze, le nostre per l’appunto, e scoprire nei fatti (non
solo nel pensiero) che c’è più
gioia nel dare che nel ricevere.
Matrimonio
BORDIGHERA — Sabato 9
novembre, nel tempio è stata invocata la benedizione del Signore suH’unione matrimoniale di
Claudia Nisbet e Marco Virgilio.
Haimo guidato questo incontro i
pastori Salvatore Carcò e Roberto Nisbet. Un inno all’amore cantato da una piccola corale, costituita ad hoc, e i versi di un
giovane poeta hanno arricchito
la liturgia. Dopo rincontro di
benedizione i numerosi presenti
sono stati accolti nei locali della
Casa valdese di Vallecrosia per
un pomeriggio e ima serata di
festa.
La Festa
della Riforma
VENEZIA — Secondo una consuetudine ormai consolidata, a
Venezia la Festa della Riforma
viene celebrata insieme da vaidesi, metodisti e luterani, ora in
chiesa luterana, ora in chiesa
valdese. Trovandosi i luterani
per ragioni di restauro della loro sede in campo SS. Apostoli
ospiti di una parrocchia cattolica, fuori casa quindi, ci siamo
incontrati nella chiesa valdese.
Se negli anni passati abbiamo
voluto esprimere la comunione
di fede secondo la Concordia di
Leuenberg con la comune Santa
Cena, quest’anno hanno dato
rilievo alla festa piuttosto due
eventi: il nuovo pastore valdese
Eugenio Stretti e il coro della
Johanneskirche di Monaco diretto da Helmut Böhme.
Il pastore Stretti nella predicazione su 1 Cor. 3: 1-11, dall’ampia apertura ecumenica, ha messo in evidenza quella che è la
caratteristica della testimonianza evangelica in tutti i tempi,
la centralità di Gesù Cristo come unico fondamento della fede.
Prendendo lo spunto da alcuni — e assai differenti — testimoni rappresentati e uniti nel
noto monumento ai Riformatori
a Ginevra (Lutero, Calvino, Roger Williams) Stretti ha quindi
sottolineato come da questa centralità di Cristo vissuta nasce
necessariamente la libertà di coscienza, la tolleranza.
Il coro, con l’esecuzione del
Salmo 100 di Heinrich Schütz,
di brani di A. v. Bruck e di Joh.
Walter, accompagnato da cornetto e trombe dell’epoca, ha dato
solennità straordinaria al culto.
Della presenza anche di tanti
ospiti tedeschi ha tenuto conto
la preghiera finale bilingue del
pastore Kleemann. Tra gli ospiti Simone Morandini, vicepresidente del SAE, e un giovane pastore di Madrid qui a Venezia
per un corso di filologia ebraica all’Università.
Dopo il culto la comunità ha
invitato i presenti ad un rinfresco nell’ospitale Foresteria valdese adiacente. Le animate conversàzioni, interrotte solo dalllmperativo degli obblighi casalinghi della domenica, fanno
pensare che dopo la comunione
di questo culto molto sentito da
tutti valdesi e luterani hanno ancora molte cose da dirsi e da
fare insieme.
Evangelici di
lingua tedesca
ROMA — La Chiesa evangelica luterana in Itaha (CELI) ha
avviato aU’inizio di settembre un
nuovo progetto per assistere
evangelici di lingua tedesca nel
territorio della Sicilia. Il progetto è affidato al pastore Gebhardt
Gauss, che dalla sua sede a Taormina cercherà di documentare le
attese di questi evangelici e di
celebrare dei culti regolari. Il
progetto sarà finanziato nei primi tre anni dalla Chiesa evangelica tedesca (EKD).
Finora questi evangelici tedeschi erano stati assistiti dal pastore luterano della comunità di
Napoli, ma si sentiva la necessità di un impegno più efficace, tenendo conto che nell’isola risiedono circa 2.500 tedeschi, oltre
agli svizzeri e agli austriaci. Sono stati già raccolti 250 indirizzi
di persone interessate alla fondazione della comunità, o almeno
allo svolgimento di culti regolari
e alla cura d’anime. Si tratta
quasi esclusivamente di donne
sposate con siciliani. Il pastore
Gauss ha già preso contatto con
valdesi e anglicani del luogo, che
hanno espresso il desiderio di
una stretta collaborazione.
ERA LA ’’MEMORIA STORICA” DELLA SUA CHIESA
« Sia che viviamo, sia che moriamo, noi siamo del Signore »
(Rom. 14: 8).
Con la meditazione di queste
parole la comunità di piazza
Cavour ha dato il suo ultimo
saluto a Lidia Luci. C’era veramente tanta gente al suo funerale e non solo della nostra comunità. Effettivamente Lidia
Luci ha vissuto sapendo che era
del Signore. Questa appartenenza l’ha vissuta in modo molto
concreto col suo appartenere alla comunità di piazza Cavour
che ha profondamente amato,
talvolta forse ip modo un po’
esclusivo, per essa ha sofferto,
gioito, faticato.
Quando aveva sedici anni il
pastore Paolo Bosio l’aveva chiamata al compito di monitrice e
successivamente anche di collaboratrice nelle varie attività diaconali della chiesa. Il lungo periodo di attività e di collaborazione col pastore Bosio le aveva dato una particolare impronta sia nella visione della comunità sia nel modo di concepire
il servizio per la comunità. Attraverso gli anni ed i decenni il
suo impegno primario, e la sua
grande passione, sono stati per
la scuola domenicale, fino alla
fine. Per il grande amore che
aveva per questa attività e per
i "suoi bambini”. Lidia è stata
capace di comprendere il cam
biamento dei tempi, delle situazioni oggettive in cui la chiesa
era chiamata a vivere nella metropoli sempre più vasta; ma anche le visioni diverse che nell’ambito della comunità si sono manifestate sul modo di educare
alla fede i figli della comunità:
cosi più d’una volta ha reimpostato la sua attività nella scuola
domenicale e talvolta con non
pochi sacrifici come nel periodo, che lei ricordava sempre con
grande gioia, dei campi estivi
con i bambini alla Polveraia, a
Reggello, a Monteforte,
Se la scuola domenicale è stata al centro del suo impegno,
non possiamo dimenticare la sua
attività, poco visibile, di contatto soprattutto telefonico, con
gran parte della comunità, informando il pastore delle situazioni che andavano seguite, intervenendo con efficacia in caso di
difficoltà.
E chi non ricorderà con gioia
le affollate agapi di questi ultimi anni? Ma quante giornate di
lavoro silenzioso a casa e nella
cucina della chiesa erano neces.sarie perché tutto riuscisse per
il meglio! Lidia Luci era sempre
là con qualche collaboratore;
poi durante l’agape sul suo voi;
to si alternavano le espressioni
della preoccupazione e della gioia.
Le avevamo chiesto più volte
di mettere per scritto i ricordi
numerosi e vividi della vita della nostra comunità attraverso i
numerosi anni della sua attività.
Aveva promesso di farlo, ma non
ha fatto a tempo. Peccato! Quante volte nell'ambito delle riunioni del Concistoro essa era stata
la preziosa memoria storica della comunità, ed una specie di
anagrafe vivente ricca di dati!
Siamo riconoscenti al Signore
per averci dato Lidia Luci per
tanti anni con i suoi preziosi
doni. Sappiamo che essa è stata, nella sua vita, del Signore
ed è, nella sua morte, del Signore,
Franco Sommani
Incontro per
adolescenti
3-4-5 gennaio — PINEROLO; La comunità cristiana di base di corso Torino organizza un incontro di giovani
adolescenti (14-19 anni) sul significato
dell'esperienza di fede cristiana oggi,
sul tema Seguire Gesù oggi come giovani. Rivolto a giovani di parrocchie,
gruppi e comunità di base, l'incontro
vorrebbe realizzare una dimensione
ecumenica, per cui l'invito viene esteso a giovani delle chiese valdesi e
metodiste, o comunque protestanti. Per
informazioni, tei. 0121/78105 (Caterina)
oppure 0121/322339 (segr. comunità).
TORRE PELLICE — Molte sono le occasioni di incontri comunitari e questo è indubbiamente
bello, anche se il loro numero
rende talvolta necessaria una sovrapposizione. Non bisogna vedere in questo una causa di divisione all’interno della comunità, ma piuttosto saper cercare lo
scopo che unisce. Per la nostra
comunità due erano gli appuntamenti per il pomeriggio di domenica 1° dicembre : un incontro
ai Coppieri organizzato dai giovani, e la seduta mensile dell’Unione femminile, che aveva come ospiti le amiche della comunità terapeutica integrata. Tutti
e due questi momenti di vita comunitaria sono simpaticamente
riusciti, e ci sono state fra loro
possibilità di interscambio.
• In questi ultimi giorni ci
hanno lasciato Federico Tourn e
Giuseppe Bonansea; alle famiglie la comunità esprime la sua
cristiana simpatia.
• Mercoledì 11 dicembre alle
ore 20,30, nei locali della Comunità alloggio di via Angrogna agli
Appiotti, studio biblico sull’Apocalisse, a cura del pastore Marchetti.
Solidarietà
BOBBIO PELLICE — Nel giro di 24 ore la nostra comunità
si è riunita per due volte per
ascoltare Evangelo della vita
eterna in occasione dei funerali
di Eliseo Gönnet e di Paolo Rostagnol. La forza e la consolazione, che dalla Parola della vita
sono pervenute a tutti noi che
siamo rimasti, hanno rafforzato
la nostra fede nella resurrezione
dei morti in Cristo il Signore.
• Domenica 8 dicembre alle
14,30, nella sala delle attività, le
sorelle della nostra Unione femminile sono convocate per il periodico incontro di lavoro.
• Domenica 15 dicembre, alle
ore 10,30, avrà luogo l’assemblea
di chiesa a carattere elettivo. Ordine del giorno: a) rielezione di
due membri del Concistoro giunti al termine dei primi 5 anni di
servizio; b) elezione di 3 nuovi
membri.
Riccardo Pons
ANGROGNA — Martedì 26 novembre si sono svolti a Pradeltorno i funerali di Riccardo
Pons, improvvisamente deceduto
all’età di 76 anni.
La grande partecipazione di parenti, amici e conoscenti è stata
una bella testimonianza di quanto nel corso della sua vita Riccardo Pons abbia saputo raccogliere la stima e l’affetto di molti.
Siamo vicini alla moglie Margherita, ai figli e ai nipoti nella
comune speranza nella risurrezione.
• Questa settimana hanno inizio le riunioni quartierali del mese di dicembre. Il tema di que
• Sono una catechista metodista
polacca e desidero corrispondere con
valdesi e metodisti in lingua inglese.
Scrivere a Anna Madaj Irrgang, vi Male) Laki 3 m 25 Warsawa - Polonia.
• Il past. Salvatore Carcò comunica il suo nuovo numero di telefono
e il suo nuovo indirizzo: Via Insorti
d’Ungheria 15, 86100 Campobasso tei. 0874/698714.
• La Chiesa valdese di Taranto cerca un personal computer di modeste
prestazioni con relativa stampante ed
una fotocopiatrice, anche usati, per
le necessità della chiesa stessa. Chi
dovesse disfarsi di una o più delle
predette macchine per altre di più elevate prestazioni, è pregato di contattare, scrivendo o telefonando, il past.
Odoardo Lupi, via Gen. Messina 71,
Taranto, telefono 099/331017.
sto ciclo è: La basilica di San
Clemente in Roma: una prova
archeologica della trasformazione del cristianesimo da fede a
religione in seguito aU’editto di
Costantino. Gli incontri saranno
caratterizzati da una serie di diapositive.
Questo il calendario delle riunioni: martedì 3 Jourdan (ore
20); mercoledì 4, Pradeltorno
(20); giovedì 5, Baussan (20,30);
lunedì 9, capoluogo (20); martedì 10, Martel (20); giovedì 12,
Odin Bertot (20); lunedì 16, Serre (20); marter)'-, 17. IRnnnanotte
'20); giovedì 19, Prassult Verné
(20,30).
Lutto
POMARETTO — L’evangelo
della resurrezione e della speranza è stato annunciato venerdì 22
novembre in occasione del funerale della nostra sorella Luigia
Pascal ved. Barus deceduta all’età di 89 anni presso l’Ospedale civile di Pinerolo. Ai familiari
la simpatìa della comunità tutta.
• Il Concistoro è convocato
per sabato 7 dicembre, alle ore
20,30, nella sala dell’Eicolo Grande a Pomaretto.
Minibazar
LUSERNA SAN GIOVANNI
— Il minibazar che ogni anno
la Società di cucito organizza nel
periodo natalizio avrà luogo domenica 8 dicembre, alle ore 14,30,
nella sala Beckwith. Tutti sono
cordialmente invitati.
• Durante il culto di domenica scorsa il pastore Davite ha
proceduto all’insediamento dei
nuovi anziani ; Luciana Melli,
'Wilma Ricca e Dino Bellion che
la comunità ha chiamato a portare, con gli altri membri del
Concistoro, la responsabilità del
servizio nella chiesa.
Mentre diamo loro il più fraterno benvenuto, chiediamo al Signore di renderli fedeli in ogni
cosa per la potenza del suo Spirito.
Riunioni quartierali
PRALI — Il calendario delle
riunioni quartierali del mese di
dicembre è il seguente: martedì
10 Malzat; mercoledì 11 Pomieri/Giordano; giovedì 12 Orgere;
mercoledì 18 Ghigo; giovedì 19
Rodoretto/Fontane.
• Domenica 8 dicembre il culto sarà di S. Cena.
• Si può rinnovare l’abbonamento all’Eco e acquistare il car
lendario Valli Nostre per l’anno
1992 presso il pastore.
• Il pastore sarà assente da
venerdì 13 a martedì 17, per partecipare alla riunione del Coordinamento interdistrettuale per
l’evangelizzazione, a Roma.
Giovedì 5 dicembre
□ COLLETTIVO BIBLICO
ECUMENICO
TORRE PELLICE — Alle ore 21, presso il centro d'incontro di via Repubblica, prosegue lo studio del libro di
Michea.
_______14 e 15 dicembre
□ CONVEGNO GIOVANI
PINEROLO — Presso i locali della
Chiesa valdese in via dei Mille 1, si
svolge un incontro-riflessione sulla
conquista delle Americhe e sulle celebrazioni colombiane del '92.
Domenica 15 si procede anche all'elezione della nuova giunta-valli rappresentante dei gruppi FGEi e non.
Per informazioni e prenotazioni telef.:
Oriana Soulier (0121/501425) o Pierpaolo Long (0121/73318).
5
6 dicembre 1991
vita delle chiese
CORSO PER OPERATORI DIACONALI
L’ASPETTO STORICO
Il lavoro di équipe
per qualificare il servizio
I 60 anni che
sconvolsero l’Europa
Una struttura operativa basata sull’interdipendenza - La necessità
di continue verifiche - Il caso della Comunità alloggio per minori
L’ormai tradizionale "corso per operatori nei servizi della diaconia", organizzato ogni anno dalla Commissione di studio per la
diaconia,'si è svolto a Casa Cares dal 16 al 20 novembre, con oltre
trenta partecipanti. Come di consueto, il corso si è articolato in
vari momenti: uno tecnico-organizzativo su "Il lavoro di gruppo,
criteri di impostazione e di organizzazione", curato da Gianni Rostan, e su "Il lavoro di gruppo, metodi di valutazione e di verifica",
curato da Judy Elliott. La parte biblica, animata da Bruno Rostagno e Domenico Tomasetto, era centrata sullo studio della Lettera ai Filippesi. Quella storica, illustrata da Giorgio Spini, verteva
sulle trasformazioni sociali e politiche in Europa e in Italia, dalla
Rivoluzione francese al 1848. Infine, Giorgio Tourn si è soffermato
sulle radici del Risveglio da cui sono nate la maggior parte delie
nostre opere diaconali.
La parte tecnica ha impegnato la prima giornata del corso.
Gianni Rostan, con l’ausilio di
numerose schede grafiche, ha illustrato i metodi di impostazione e di organizzazione di un cor
retto lavoro di gruppo, cioè di
una struttura operativa non gerarchica in cui tutti i membri
del personale sono coinvolti e
strettamente interdipendenti l’uno dall’altro. In una struttura
Una veduta di Casa Cares immersa nella campagna.
L’ASPETTO BIBLICO
Vivere in Cristo
Guidati dai pastori Domenico
Tomasetto e Bruno Rostagno,
quest’anno abbiamo studiato la
lettera di Paolo ai Filippesi.
Ad un primo momento di introduzione (inquadramento storico, analisi dal punto di vista letterario, ecc...) è seguito un esame approfondito del testo per
capire chi erano e cosa facevano
i personaggi coinvolti (Paolo, i
filippesi, Timoteo, Epafrodito,
ecc...) e, infine, per capire cosa
comunica a noi oggi la lettera di
Paolo.
Paolo non si lascia mai sopraffare dal quotidiano. Coglie ogni
occasione, ogni spimto per predicare. In questo caso, egli è in
prigione e sa che c’è un poco di
scompiglio all’interno della comunità di Filippi perché qualcuno, forse approfittando della sua
reclusione, sta cercando di vanificare la sua predicazione o perlomeno di metterla in discussione. Data la situazione, sarebbe
umanamente comprensibile che
dalla lettera alla comunità trapelasse un certo sconforto, una
richiesta di aiuto, di sostegno.
Non è così. Paolo, scrivendo, non
si lascia sfuggire l’opportunità di
ribadire i fondamenti della sua
predicazione, andando al di là di
se stesso e della comunità di Filippi : — la signoria di Cristo sul
mondo e sulla vita; — niente di
quel che accade agli uomini è al
di fuori del loro rapporto con
Dio; — la fede è la forza che
consente di lottare contro tutto
ciò che impedisce il manifestarsi della gloria di Dio.
E’ chiaro che il rapporto che
intercorre fra Paolo e la comu
siffatta, il direttore non è più
un capo assoluto e onnipotente
ma un coordinatore che deve
garantire il buon funzionamento dell’intero e complesso sistema di relazioni e comunicazioni.
Ovviamente, il sistema va sottoposto a continue verifiche (analisi rigorosa del rapporto tra
obiettivi prefissati e risultati raggiunti) onde migliorare permanentemente l’efficacia del servizio e la gratificazione delle persone.
Judy Elliott ha poi illustrato
tre progetti attuati presso la Comunità alloggio di via Angrogna
a Torre Pellice, a partire dal
1988. Per ogni progetto ha spiegato dettagliatamente l’obiettivo
da raggiungere, il contenuto da
dare, il metodo seguito, gli strumenti disponibili, i vincoli e gli
impedimenti esistenti, le domande emerse, le risorse esistenti,
gli obiettivi strumentali intermedi, le verifiche, i tempi di attuazione.
Da queste due esposizioni è
emerso che anche nella gestione
delle nostre opere diaconali, che
Sono ’’aziende” un po’ particolari, è non solo possibile ma doveroso impostare l’organizzazione
del lavoro secondo criteri e metodi razionali già collaudati in
altri ambiti. Nel caso nostro, ovviamente, l’obiettivo da raggiungere non è la massimizzazione
del profitto ma una sempre migliore qualità evangelica del nostro servizio che — ne siamo tutti ben consapevoli — è rivolto
ad aiutare efficacemente delle
persone e non a produrre degli
oggetti.
J.-J. P.
’’Dalla Rivoluzione francese allo Statuto albertino; le trasformazioni sociali e politiche in
Europa e in Italia”: 60 anni che
sconvolsero l’Europa, ha affermato Giorgio Spini nella sua
relazione ai convegno. 60 anni
divisi in quattro distinti periodi: a) 1789-1799: Rivoluzione
francese; b) 1800-1815: conquista napoleonica dell’Europa; c)
1815-1830: Congresso di Vienna e
Restaurazione; d) 1830-1848: Risveglio liberale deH’Europa. In
tutto quel periodo l’Inghilterra
rimane distinta rispetto al resto
del continente europeo: essa è
in anticipo per il suo sistema politico-sociale ma anche per
il suo stato confessionale, rifiutando l’uniformità religiosa.
In Francia, la Rivoluzione distrugge radicalmente non solo
l’ordine monarchico ma anche
la struttura ecclesiastica medievale che gli era strettamente
connessa. Gran parte dell’Europa si converte alla religione di
Rousseau (cristianesimo ultralibérale, che vede Cristo come
maestro di morale). Un nuovo
sistema razionale nasce dalla Rivoluzione (esaltazione della dea
Ragione) e viene ampliato da
Napoleone (riorganizzazione della pubblica amministrazione, introduzione del sistema metrico
decimale, obbligatorietà del servizio militare, codice civile che
riconosce l’uguaglianza di tutti
i cittadini, a prescindere dai diritti di nascita e di religione).
Solp lo Stato pontificio rimarrà indifferente a queste riforme. Napoleone, però, è anche
l’uomo del Concordato (1802),
essendo convinto della necessità
della chiesa per il controllo del
popolo.
La rivolta morale e religiosa
che nasce come reazione all’immoralità concordataria di Napoleone si riallaccia al protestantesimo, assumendo due forme:
a) razionalismo (Rousseau, Jefferson); b) risveglio wesleyano
in Inghilterra e pietismo in Germania. Dalla necessità di tradurre in pratica il cristianesimo
nascono una serie di iniziative
sociali: in Alsazia il primo asilo
infantile, in Germania la prima
Cassa di risparmio dei lavoratori. la lotta all’analfabetismo, la
nascita della Società biblica, la
lotta contro la schiavitù. In Inghilterra intanto si sta svilupnando la rivoluzione industriale e nasce il proletariato moderno. duramente sfruttato.
Dopo la Restaurazione e la
Santa Alleanza tra Russia, Austria e Prussia, si avvia una nuova fase liberale con la rivoluzione di luglio a Parigi (1830).
.Anche in Italia nasce l’opposizione liberale, ostacolata dal papato. Si sviluppa la teologia cattoi'cn rieirottocento, caratterizzata daH’esasperazione mariologica — dogma dell’immacolata concezione (1856). Lourdes contro
la Erancin liberale, apparizioni
di Pompei contro le ’’camicie
rosse". Sillabo degli errori (1864)
con la condanna dell’accordo con
la civiltà moderna, mai sconfessato — e dal Concilio Vaticano I
(1870), con il dogma dell’infallibilità papale. Tutto ciò elimina
gli sviluppi innovativi del cattolicesimo del ’700: a colpi di
encicliche viene provocata la
reazione delle plebi contro il liberalismo e il sociali,smo.
Il documento concesso da Carlo Alberto il 4 marzo 1848 viene
denominato "statuto” allo scopo
di evidenziarne l’origine non rivoluzionaria, Si ispira ai principi dello stato liberale in linea
con le ideologie costituzionali affermatesi in Francia, ma rimane
una concessione unilaterale del
sovrano, non sottoposta ad alcuna verifica democratica. I poteri dello stato restano monopolio della persona del re. Rimarrà in vigore per circa un secolo.
Un gruppo di studentesse del
Centro di formazione diaconaie
LA DIACONIA E IL « VISSUTO DELLA FEDE »
nità, e viceversa, è sostenuto da
un progetto che ha in Dio la sua
origine e il suo compimento e
che gli uomini e le donne che vi
prendono parte sono gli strumenti necessari alla realizzazione del
progetto.
Questo concetto spiega anche
la parte della lettera per noi forse più sconcertante, vale a dire
il ringraziamento per i doni ricevuti dalla comunità e la cura
di Paolo per i suoi collaboratori,
perché questi due elementi (i doni e i collaboratori) sono l’asse
portante del nostro lavoro diaconale e perché il nostro atteggiamento al riguardo è così diverso.
Paolo ringrazia per i soldi ricevuti in dono, ma quello che più
gli urge è sottolineare che non
è il dono in sé ad avere importanza (lui non l’ha mai cercato),
bensì il fatto che la comunità abbia sentito l’esigenza di farlo e
che facendolo abbia manifestato
non già la sua stima nei confronti dell’apostolo, ma la sua gratitudine a Dio che, per questo, supplirà ad ogni suo bisogno, in Cristo Gesù.
Per quel che riguarda i collaboratori, è evidente che Paolo ne
ha la massima cura: fa tutti i
passi necessari perché siano ben
accolti dalla comunità (Epafrodito), perché i diverbi siano appianati (Evodia e Sintiche), perché
le difficoltà quotidiane non li
travolgano. Ha il massimo rispetto delle persone e della loro
fragilità, ma senza perdere mai
di vista il progetto globale, vale
a dire l’annuncio della salvezza
per mezzo di Gesù Cristo.
Anita Tron
Alle radici del Risveglio
« Quando Lutero lesse i primi
11 versetti del capitolo 5 della
lettera ai Romani fu colpito dalla parola ’’giustificati”, dando
per scontato che Gesù era morto per noi. César Malan, a Ginevra, neH’800, dà per scontata
la giustificazione ma nota e si
sofferma sul ’’Cristo è morto
per noi... il suo sangue”. Sul
sangue versato viene costruita
una teologia che guiderà il Risveglio ottocentesco ». Con queste parole Giorgio Tourn ha introdotto il suo intervento, « Alle radici del Risveglio », che ha
concluso il corso per operatori
diaconali a Casa Cares il 20 novembre scorso. Un tema, questo del Risveglio, che ha interessato molto i diaconi poiché
è dalla spinta risvegliata verso
i deboli e i bisognosi della società che nascono molte opere
diaconali e lo spirito che anima
quelle d’oggi.
Il Risveglio ottocentesco non
nasceva così alTimprovviso, ma
affondava le sue radici nel pietismo settecentesco. I Fratelli
moravi, che partivano dal principio « la Verità bisogna sentirla, non solo cercarla », si impegnarono subito nella realizzazione di una comunità per i rifugiati da altre nazioni. Negli stessi anni la conversione di Wesley,
con un evento emozionale e spirituale che fornirà un modello
ai risvegliati, dette inizio a un
movimento che pietisticamente
si impegnerà ad alleviare le sofferenze delle nuove masse
« schiave » della società indu
striale, e metodista sarà il fondatore dell’Esercito della Salvezza.
La terra di espansione di questo movimento, che attende una
illuminazione personale, sarà
l’America, dove le convenzioni
sociali possono essere più facilmente superate dalle conversioni improvvise, indipendentemente dalle confessioni religiose.
Il Risveglio deirSOO quindi
aveva buoni precedenti e sorse
in un momento di crisi; la Restaurazione. Il clima di quel periodo, dopo la caduta di Napoleone e la fine del sogno della
Rivoluzione francese, era simile
a quello dell’Italia d’oggi. C’era
il senso della fine di un’epoca;
la rivoluzione e il rinnovamento dell’Europa medievale. Oggi,
con la fine del comunismo o crisi del socialismo si vive come
in un crepuscolo, quello della
fine di un sogno in cui eravamo
coinvolti e di cui nessuno sembra più ricordarsi. Quel periodo
durerà fino al 1848, quando nuovi sogni faranno scendere in
piazza i cittadini dei vari risorgimenti. E dopo il tuffo nel razionalismo più sfrenato, basta
ricordarsi del culto alla dea Ragione dei primi anni rivoluzionari, rinasceva lo spirito della pietà, del vissuto della fede.
Il movimento dei risvegliati
fu un tifone nel nord Europa e
in America, in Italia invece riguardò la parte nord-occidentale delle valli valdesi che furono
lambite dal movimento ginevri
no e del Delfinato francese. Ginevra era passata da libera repubblica a Cantone federato. Accanto alla Chiesa evangelica cantonale alcuni cominciarono a
riunirsi in qualche saletta, dove ci si ritrovava a parlare di
Gesù e del suo sacrificio e della salvezza di ciascuno, inventando inni e preghiere nuove.
La fase successiva passò attraverso le donne, che si impegnarono di persona in opere caritatevoli, in società missionarie e
di evangelizzazione raccogliendo
fondi ad hoc. Da quelle conventicole passarono gli studenti vaidesi in teologia e portarono il
nuovo sentire nell’Italia non cattolica. A Losanna il Vinet sposterà poi l’accento sulla libertà:
il vissuto della fede può attuarsi solo nella libertà dalle costrizioni delle chiese ufficiali. Così
nasceranno le Chiese libere, staccate dalle chiese di stato. Un
passaggio che le chiese valdesi
intraprenderanno dopo il ’48 ponendosi come entità autonoma
dallo stato.
Concludendo il discorso sùlTincidenza del Risveglio nella
diaconia, Giorgio Tourn ha fatto notare che oggi ci si deve ricordare che il contesto comunitario molto forte in cui si iniziarono ne favorì la continuazione e l’estensione, come naturale impegno d’amore verso i
bisognosi, mentre noi assistiamo a una continua rivisitazione
del significato di un’opera.
Elio Canale
6
6 prospettive bibliche
6 dicembre 1991
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
QUALE OSPITALITÀ ?
1. La presenza in Italia di stranieri provenienti dai paesi extracomunitari, secondo i dati ISTAT, nel 1989
consisteva di 963 mila unità. C'è chi
dice che la cifra sia sensibilmente
più alta. Il fenomeno è comunque significativo: interessa sia il CentroNord, sia il Mezzogiorno e, in questo,
al primo posto la Sicilia con 135 mila
immigrati.
Le comunità evangeliche, ed in particolare la Federazione delle chiese
evangeliche in Italia, hanno avvertito di dovere inserire nel loro compito di diaconia la definizione del loro atteggiamento concreto anche rispetto a questo fenomeno: si pone
così, a mio avviso, l’esigenza di una
sua « lettura teologica ».
Inizierei richiamando un testo del
Nuovo Testamento:
«Or quando il FigUuol dell'uomo sarà
venuto nella sua gloria, avendo seco tutti
gli angeli, allora siederà sul trono della sua
gloria. E tutte le genti saranno radunate
dinanzi a lui; ed egli separerà gli uni dagli
altri, come il pastore separa le pecore dai
capri; e metterà le pecore alla sua destra
e i capri alla sinistra. Allora il Re dirà a
quelli della sua destra: Venite, voi, i benedetti del Padre mio; eredate il Regno che
v’è stato preparato sin dalla fondazione
del mondo. Perché ebbi fame e mi deste
da mangiare; ebbi sete e mi deste da bere;
fui forestiero e m'accoglieste; fui ignudo e
mi rivestiste; fui infermo e mi visitaste;
fui in prigione, e veniste a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore,
quando mai t’abbiam veduto aver fame e
t’abbiam dato da mangiare? o aver sete e
t’abbiam dato da bere? Quando mai t’abbiam veduto forestiero e t’abbiamo accolto? o ignudo e t’abbiam rivestito? Quando
mai t’abbiam veduto infermo o in prigione
e siam.venuti a trovarti? E il Re, rispondendo dirà loro: In verità vi dico che in quanto
l’avete fatto ad uno di questi miei minimi
fratelli, l’avete fatto a me. Allora dirà anche a coloro della sinistra: Andate via da
me, maledetti, nel fuoco eterno preparato
pel diavolo e per i suoi angeli! Perché ebbi
fame e non mi deste da mangiare; ebbi
sete e non mi deste da bere; fui forestiero e non m’accoglieste; ignudo e non
mi rivestiste; infermo ed in prigione e non
mi visitaste. Allora anche questi gli risponderanno, dicendo: Signore, quando mai
t’abbiam veduto aver fame, o sete, o esser
forestiero, o ignudo, o infermo, o in prigione, e non t’abbiamo assistito? Allora risponderà loro dicendo: In verità vi dico
che in quanto non l’avete fatto ad uno di
questi minimi, non l’avete fatto neppure
a me » (Mtt. 25: 3145).
Lettura restrittiva,
lettura universalista
1.1 Di questo testo sono state date
varie interpretazioni. Ne ricordiamo
due, e, per comodità di individuazione, una (molto antica) la chiamiamo « restrittiva » e l’altra « universalista ».
Molto in sintesi, i sostenitori della
prima sottolineano che qui sono di
scena due gruppi umani, opposti
l’uno all’altro: quelli che vengono
giudicati (« tutte le genti ») e quelli
con i quali solidarizza il Re (i « minimi fratelli », i più fragili, i più deboli dei credenti). Le nazioni pagane,
allora, saranno giudicate sulla base
del loro atteggiamento verso i cristiani o, più specificamente, verso i
missionari in difficoltà: Matteo 25 sarebbe l’universalizzazione di Matteo
10: 40 (« Chi riceve voi riceve me »).
In questa interpretazione, il citato
testo di Matteo sarebbe alla fine una
parola di consolazione e di incoraggiamento detta da Gesù ai suoi, che
vengono a scontrarsi con l’ostilità del
mondo pagano. Con una forzatura
indubbiamente marcata, con una sorta di salto che farebbe piacere a molti di noi, si potrebbe stabilire un parallelo: « tutte le genti » potrebbero
Nell’antichità straniero era spesso sinonimo di nemico, ma sia l’Antico
che il Nuovo Testamento invitano ad accogliere lo straniero, specchio della condizione in cui vivono i credenti, stranieri su questa terra. Gesù si
identifica con i forestieri, e l’ospitalità verso gli immigrati di oggi deriva
dalla nostra fede in lui. Lo studio che segue, ridotto in alcune parti, è
stato pubblicato sul periodico del Centro diaconale « La Noce », « Una
voce da Palermo ».
essere intese come i popoli ricchi
dell’occidente, e i « più piccoli dei
fratelli » come i lavoratori costretti a
lasciare i loro paesi, sottoposti a rapina secolare, e ad emigrare, in cerca di
una sistemazione, fra mille sofferenze ed umiliazioni. La parola del giudizio dunque potrebbe essere rivolta
al mondo ricco del Nord, che verrebbe così giudicato in base al suo
comportamento verso quello povero
del Sud, e più in particolare verso gli
immigrati che sono e stentano al suo
interno. Resta però la domanda se
questa interpretazione sia corretta, e
soprattutto se sia corretto questo tentativo di adattarla alla nostra situazione.
Il mondo e la
chiesa sotto giudizio
1.2 I sostenitori dell’interpretazione che abbiamo chiamato « universalista », sempre molto in sintesi,
dicono che Matteo, nel brano del capitolo 25 intitolato « Il giudizio », attribuisce al Cristo l’autorità di giudicare: « Il Cristo della parusia [del ritorno] eredita la prerogativa divina
di esercitare un diritto di giurisdizione assoluto sul mondo intero... il
Figliuol dell’uomo è istituito mediatore del verdetto del Padre » (D. Marguerat. Le Jugement dans l'Évangile
de Matthieu, Labor et Fides).
Non c’è, in questo brano di Matteo, alcuna distinzione tra credenti e
non credenti: al contrario, ad essere
giudicati sono contemporaneamente
il mondo e la chiesa. La chiesa non
pensi di beneficiare di un qualche
trattamento particolare: essa pure
è coinvolta nel giudizio, perché questo riguarda l’umanità intera.
Il Re giudica, solidarizza, si identifica con le donne, gli uomini in miseria, senza alcuna dignità sociale.
« Conformemente al costante realismo di Matteo le distrette umane
qui nominate sono assolutamente
correnti: degli uomini nudi, esiliati
dalla loro patria, cioè senza diritti
e senza protezione, in prigione e affamati... » (P. Bonnard, L’Évangile selon Saint Matthieu, DelachauxetNiestlé). Il giudizio viene pronunciato
sulla base dell’atteggiamento che si
assume verso queste donne e questi
uomini, che poi è l’atteggiamento che
si assume verso lo stesso Re.
1.3 La comunità cristiana e i popoli tutti sono stretti, allora, in un
comune giudizio. In questo è coinvolto l’atteggiamento del singolo credente, del singolo cittadino. Nessuno può
« chiamarsi fuori »: neppure il « politico », sia cristiano, sia ateo, sia
« laico », ecc. Nessuno può delegare
alle istituzioni, che certamente devono assolvere il loro dovere (e questo
riguarda senza alcun dubbio anche il
sistema politico). Tutti però devono
portare in prima persona una responsabilità nel processo di costruzione di una società in cui chi ha fame abbia da mangiare, chi è ignudo
sia rivestito, chi è straniero sia accolto, chi è infermo o in prigione sia
assistito e visitato, ecc.
2. Tra i « più piccoli » di cui parla
Gesù sono menzionati i forestieri, gli
xenoi. Chi sono?
Nell’antichità, il forestiero, lo straniero è da un lato il nemico, privo
di ogni diritto, dall’altro un « amico » verso cui si esercita l’ospitalità
che egli, a sua volta, ricambia. La
considerazione dello straniero registra profondi mutamenti.
Per esempio, nella Grecia antica e
specialmente a Sparta, c’è grande
ostilità verso lo straniero. Lo stesso
avviene a Roma: hostis all’inizio ha
il significato di straniero, e pertanto
di nemico.
Contemporaneamente si dice che
« Atene è il posto più ospitale per i
naviganti » (Euripide). Anche il Libro
degli Atti ci racconta che « tutti gli
ateniesi e i forestieri che dimoravan
quivi, non passavano il tempo in altro modo, che a dire e ad ascoltare
quello che c’era di più nuovo » (Atti
17: 21).
Apprendiamo, dunque, da questo
testo che nella città c’erano molti
stranieri e che ateniesi e stranieri
mostravano un certo interesse verso
le « novità », le cose che venivano da
fuori (gli stranieri, probabilmente
quelli di una certa cultura e ad un
certo livello di benessere, discutevano con gli abitanti del luogo). Insomma, un po’ dappertutto, e non solo in
Grecia, si affermò un diritto degli
stranieri, e in questo processo giocò
un ruolo di grande importanza la religione, la quale pose gli stranieri sotto la protezione degli dei.
Gli esempi
nell’Antico Testamento
2.1 L’Antico Testamento propone
linee analoghe. Qualche esempio.
Isaia parla di una « moltitudine
dei nemici » (29: 5), che sta ad indicare i popoli stranieri, i quali proprio in quanto stranieri son per l’appunto nemici.
Geremia predica che « così parla
l’Eterno, l’Iddio degli eserciti... Quando direte: ’’Perché TEterno, il nostro Dio, ci ha egli fatto tutto questo?” tu risponderai loro: ’’Come voi
mi avete abbandonato e avete servito
degli dei stranieri nel vostro paese,
così servirete degli stranieri in un
paese che non è vostro” » (5: 14, 19).
E’ un fatto negativo sia che gli stranieri, pagani e nemici, abitino nel
paese, sia che gli israeliti siano costretti a vivere in un paese straniero.
In Israele, però, si incontra anche
un atteggiamento di tolleranza, di
comprensione verso i forestieri: insegna Esodo: « Non maltratterai lo
straniero e non l’opprimerai; perché
anche voi foste stranieri in terra
d’Egitto » (Es. 22: 21); e Deuteronomio stabilisce: « Non defrauderai il
mercenario povero e bisognoso, sia
egli uno dei tuoi fratelli o uno degli
stranieri che stanno nel tuo paese,
entro le tue porte; gli darai il salario
il giorno stesso prima che tramonti il
sole... Non conculcherai il diritto dello straniero o dell’orfano» (24: 14-17).
« Quando avrai finito di prelevare
tutte le decime delle tue entrate, il
terzo anno, l’anno delle decime, e le
avrai date al Levita, allo straniero,
all’orfano e alla vedova perché ne
mangino entro le tue porte e siano
saziati... » (26: 12).
Deuteronomio addirittura annuncia che Dio stesso si fa garante dello straniero, nel suo amore per lui:
« L’Eterno, il vostro Dio, è l’Iddio degli dei, il Signore dei signori, l’Iddio
grande, forte e tremendo che non ha
riguardi personali... che ama lo straniero e gli dà pane e vestito. Amate
dunque lo straniero perché anche voi
foste stranieri in terra d’Egitto »
(10: 17-19).
2.2 II Nuovo Testamento rifiuta ciò
che è estraneo, che inquina il rapporto tra il credente e il suo Dio. C’è
una « estraneità » tra i discepoli e il
« mondo ». Non c’è però una esclusione degli stranieri.
Il Gesù del testo di Matteo che abbiamo richiamato all’inizio praticamente dice: il forestiero, lo straniero
sono io; nell’amore verso il forestiero, lo straniero dimostrate il vostro
amore per me.
Mi sembra opportuno riprendere
brevemente un discorso sulla « ospitalità » che ho già svolto in altra
sede.
L’ospitalità — lo sappiamo — è
un costume molto antico. Essa si
presenta sia in forma privata (per
esempio, in Atti 28: 7, durante il viaggio di Paolo verso Roma, dopo il
naufragio e l’approdo all’isola di Malta, l’autore racconta che Publio, dunque un privato, « ci accolse e ci albergò tre giorni amichevolmente »),
sia in forma pubblica (specialmente
vicino ai templi erano state aperte
osterie per i pellegrini, così come locande presso le sinagoghe e i santuari cristiani).
Nel Nuovo Testamento, conosciamo già l’interpretazione che della
« ospitalità » dà Gesù in Matteo 25.
Pietro, da parte sua, la considera alla
luce della « fine » vicina, e ne parla
come di un dono che viene da Dio e
che va fedelmente amministrato:
« Qr la fine di ogni cosa è vicina... Abbiate amore intenso gli uni per gli
altri, perché l’amore copre moltitudine di peccati. Siate ospitali gli uni
verso gli altri, senza mormorare. Come buoni amministratori della svariata grazia di Dio, ciascuno, secondo
il dono che ha ricevuto, lo faccia valere al servizio degli altri » (I Pt. 4:
7ss); (...)
E’ chiaro che non sto presentando
teorie e comportamenti lontani: anche alle porte delle qostre comunità
e delle nostre città bussano « stranieri » ogni giorno: i lavoratori extracomunitari, i rifugiati, ecc. (i reali, visibili «forestieri ») che necessitano di
pronta accoglienza, di lavoro, di casa,
di rispetto della loro diversità, di una
società realmente multiculturale e
muliietnica (con tutto quel che significa e comporta).
Quale « ospitalità » le nostre comunità saranno capaci di dare esse
per prime, e quale concorso a costruirla nel nostro paese, insieme agli
altri e agli stessi interessati? Quella
« forzata » dei « mormorii »? quella
del vuoto sentimentalismo? quella
della retorica paternalistica? oppure
quella che viene dalla consapevolezza
della fede che in questi « forestieri »
è il Signore che le incontra e le interroga? e che, rispondendo ai bisogni
di questi « minimi », esse danno una
risposta di amore al loro stesso Signore?
Sergio Aquilante
(da Una voce da Palermo, 1991/1)
7
6 dicembre 1991
obiettivo aperto
INAUGURATE LE CASE COSTRUITE SU INIZIATIVA DELLA FCEI
CARLENTINI, L’ANNO DOPO
Tra le macerie prodotte dal sisma dell’anno scorso sorge un segno di speranza - L’importanza del dialogo con le
persone colpite dalla sciagura: dietro la distruzione, e dietro gli affetti spezzati, si svela una grande dignità
Il 13 dicembre 1990
un terremoto
sconvolge Carlentini.
A quasi un anno di distanza ^
1.500 famiglie
vivono ancora nei container, i '
i soldi per la ricostruzione
finora stanziati
servono solo
per la demolizione
delle case pericolanti.
La gente protesta
e blocca le autostrade.
Un piccolo segno di speranza:
tre case costruite
a cura della Federazione
delle chieàe evangeliche
sono state inaugurate
sabato 23 novembre.
Tre case
Non ci si può rassegnare, occorre lottare ancora sulla strada dell’amore per il prossimo
A Carlentini, l’anno dopo. Su
queste colonne avevamo scritto
della tragedia del 13 dicembre:
19 morti, 7.000 senzatetto e centinaia di case dichiarate inagibili (Eco/Luce 4.1.’91 « E’ andato
giù il paese dei poveri »). Sabato 23 novembre ’91 a Carlentini,
non lontano da Catania, il presidente della Federazione delle
chiese evangeliche in Italia, pastore Giorgio Bouchard, ha ufficialmente consegnato tre nuove
case a tre famiglie colpite dal
sisma. Un incontro all’insegna
della semplicità, con la partecipazione di 200 persone, e tra
queste anche alcuni rappresentanti di comunità evangeliche siciliane. Il pastore Enrico Trobia,
vero coordinatore ed animatore
dell’iniziativa prò terremoto, ha
saputo mettere insieme i soldi
raccolti dalla Federazione (oltre
60 milioni) e quelli del Diakonisches Werk di Francoforte che
ha provveduto ad inviare e far
installare le tre nuove dimore.
Nel corso dell’incontro di consegna delle case alle famiglie il
sindaco di Carlentini ha ricordato che c’è un disegno di legge
già approvato dalla Camera dei
deputati, ora in attesa di passare in Senato, che destina 3.900
miliardi in cinque anni per ricostruire la vasta area terremotata che abbraccia parte delle
provincie di Catania, Siracusa e
Ragusa. « Noi qui — dice il sindaco — dobbiamo demolire decine e decine di case inagibili.
180 le abbiamo già dovute buttare giù. I soldi che arriveranno serviranno soprattutto per
demolire il vecchio, ben altro ci
vorrà per ricostruire il nuovo.
L’iniziativa degli evangelici di
dare tre case subito, vivibili,
confortevoli e dignitose rappresenta un grande gesto di speranza; non è la soluzione di un problema che vede 1.500 famiglie
vivere, nel nostro paese, in container ma ha un valore simbolico enorme ».
Giorgio Bouchard, dopo avere
visitato i prefabbricati ed essendosi intrattenuto con le famiglie
assegnatane, ha espresso un vivo apprezzamento per la qualità
dell’intervento: « Non si tratta
di tre container per dei poveracci o di casupole della carità ma
di abitazioni dignitosissime; aiutare il prossimo in questo modo intelligente e sensibile deve
continuare ad essere il nostro
stile ». Bouchard ha chiesto d’intitolare le tre case a tre grandi
predicatori che, in passato, hanno profondamente inciso nella
vita siciliana: Giovanni Berio,
Lucio Schirò, Giuseppe Banchetti.
Per rUCEBI è intervenuto il
pastore battista Rapisarda che
ha lavorato 12 anni nella chiesa
battista di Lentini. Egli ha osservato come la solidarietà delle chiese abbia saputo veramente mettersi in moto portando a
risultati concreti. Per l’OPCEMI
ha preso la parola Sergio Aquilante, pastore metodista e direttore dell’Istituto « La Noce » di
Palermo: « Pur avendo sperimentato ancora una volta — ha notato, con tono grave, Aquilante
—■ l’inadeguatezza dello stato in
Irpinia, in Basilicata, in Sicilia
abbiamo ancora la forza di non
rassegnarci: siamo grati al Signore che continua a spingerci
sulla strada di un amore concreto verso il prossimo ».
Infine, per la Tavola valdese,
è stato lo stesso pastore Trobia
di Vittoria che ha portato il saluto dell’esecutivo insieme alla
gioia di avere potuto realizzare
« un’opera modesta ma funzionale e dignitosa » ed alla consapevolezza « che si tratta di un
piccolo tassello del grande mosaico che dovrà essere ricostruito ».
I messaggi dalla Germania sono stati tradotti, non senza emozione, dalla diacona Karola
Stobaeus, membro della Commissione esecutiva distrettuale,
in particolare quello del pastore Werner Krieg e quello dell’ingegnere Walter Steisslinger che,
sceso a Carlentini con un gruppo di operai tedeschi per montare i prefabbricati, si è trova
to profondamente coinvolto, anche spiritualmente, nelle vicende
del dopo terremoto.
Oggi a Carlentini, questo posso comune di 18.000 abitanti, antica cittadella voluta da Carlo V
per difendersi dai turchi, vedi
ancora macerie, case puntellate
e quartieri fantasma di case vuote perché lesionate. Porse chi
non ha provato non può capire
il terremoto, che qui è storia.
Alla fine del ’600 ci furono 3.000
morti; dalle macerie nacque il
barocco siciliano di cui la non
lontana Noto è l’esempio più
eloquente. Ma dalle macerie di
questo antico borgo devono rinascere solo case antisismiche.
Quelle che già ci sono (dall’81
è obbligo di legge applicare la
normativa antisismica alle costruzioni delle aree a rischio)
non hanno subito danni. Col terremoto si può convivere, ma
non in case di tufo.
A Christina Buda, un’evangelica luterana che da dieci anni vive a Carlentini e che ha lavorato moltissimo in questi mesi coi
pastori Trobia e Volpe per realizzare l’intervento a favore dei
sinistrati chiedo: e i cattolici
quali iniziative hanno intrapreso? « Se proporzionalmente avessero fatto quello che abbiamo
fatto noi, i problemi in parte sarebbero già risolti ». Ma i
cattolici sono la massa. E la
massa aspetta i 3.900 miliardi
di cui parla il sindaco: poi si
vedrà. Mentre il canto dei negro-spirituals della corale battista di Lentini riempie l’animo
dei partecipanti penso alla preghiera detta ad alta voce, poco
prima, dal pastore Volpe: « Grazie, Signore, per averci ancora
una volta usati come strumenti
della tua giustizia ».
Un segno di speranza è stato
costruito nel cuore di un paese
che a tutti i suoi guai aggiunge anche quello di essere una
« terra ballerina ».
Giuseppe Platone
Tre storie
Queste sono le interviste alle
tre famiglie che hanno ricevuto
i prefabbricati dalla FCEI.
Lina l’ho incontrata nel suo
piccolo bar Sant’Anna, accolto
da un caffè. Lina è molto giovane, un vestito nero.
« E’ dalla prima volta che mi
hanno intervistata all’ospedale
che ho provato un senso di reazione — mi dice subito dopo
che le ho fatto qualche domanda —; non voglio essere commiscrata », aggiunge quasi volesse
proteggere il suo dolore. ”Ha ragione”, le dico.
« Prima di quel giorno, il giorno del terremoto, io e mio marito lavoravamo qui, insieme.
marito. Ora sono rimasto io da
solo con mio cognato ».
Rosario Ferrara ha perso l’intera famiglia. « Non ho più nessuno — mi ripete più volte —; le
mie nipotine volevano più bene
a me che al padre», piange.
Rosario e suo cognato Agripnino Cardello erano rimasti sepolti per molte ore tra le macerie. « Sono uscito dalle macerie
che aveva cominciato a piovere.
Sembra assurdo che si possa dimenticare. Ero convinto di morire, mi ero rassegnato, aspettavo la morte ». Continua a piangere. « Ho perso ogni speranza,
non ho più niente ».
Rosario non ha sul volto la
Da sinistra: Enrico Trobia, Giorgio Bouchard, Sergio Aquilante,
Raffaele Volpe, Karola Stobaeus.
in questo bar. Lo avevamo comprato quattro anni prima — ricorda —; poi, dopo quella notte, ho capito che dovevo io tirare avanti il bar per far crescere le mie due figlie ».
Lina Vitale ha perso suo marito quella notte; Santurr'n Fnnari, 28 anni, è stato schiacciato dalle pietre della sua casa,
ed è rimasta da sola con le
due figliolette, Selenia, 9 anni,
e Caterina, 5 anni.
« Ora debbo tirare avanti — ripete Lina —; le mie figlie sono
tutto ciò che mi resta ». Le lacrime compaiono per la prima
volta, pronte a passare il confine del dolore segreto, ma lei
le ricaccia dentro. « Venitemi a
trovare — mi dice mentre
esco —, mi farà piacere ». L’ho
vista sorridere.
Rosario invece è un uomo di
.56 anni. Un fisico asciutto, una
corporatura piccola: fa il muratore. L’ho svegliato verso le
quattro del pomeriggio. Mi ha
fatto entrare nella sua nuova
casa. « Lei anche abitava in via
Corsica? », gli chiedo « Sì avevamo una casa lì. Al pianterreno abitavo io, da solo, al primo piano c’era mio cognato con
mia sorella e due bambine, al
secondo piano mia nipote, con
due bambine, era separata dal
paura, la rabbia. Nemmeno la
disperazione. Ho la sensazione di
un dolore che si è fatto pietra
nel suo cuore, solo la fede può
guarirlo. « Posso venere a trovarti? », gli chiedo. « Certo ».
Maria è una sorella di chiesa.
Anche lei abitava in quel quartiere maledetto. La casa si è
.spaccata, ma non ò caduta. « Mio
marito aveva comprato la casa
rnentre eravamo ’’ziti” (fidanzati). In quel quartiere una casa
deve essere costruita in trenta
metri quadrati; la cucina al pianoterra, il salotto al primo piano e al secondo piano le camere da letto. Tutte senza pilastri,
ma tutte passate per la sanatoria ». Maria dice che quella notte aveva solo saputo dire: « Signore, aiutaci e soccorrici tu »,
poi era rimasta lì. ferma.
Maria ha tre figlie, Sandra,
Elisa e Carmdinda. Il marito si
chiama Concetto. Ogni mattina
Concetto si svo.nlia alle quattro
e mezzo c dopo dieci chilometri a piedi, prende il treno per
fare altri cento chilometri. E’
così distante la sua ditta. Concetto fa il muratore.
Ho chiesto a Maria cosa spera.
Mi ha detto: « Vorrei solo che
le mie fighe avessero un futuro
migliore ».
Raffaele Volpe
8
8
ecumenismo
6 dicembre 1991
ASSEMBLEA DELLA FEDERAZIONE PROTESTANTE DI FRANCIA
Grazia senza frontiere
Uri3 « prot6St8 di Dio noi confronti dol mondo » - Esnminsti V3ri problemi di 3ttualità - Rafforzare la comunione tra chiese protestanti
Echi dal mondo
cristiano
La XIX Assemblea generale
della Federazione protestante di
Francia si è svolta dal 1 ® al
3 novembre, nel Palazzo dei
congressi di Lille, nel nord della Francia, in presenza di 340
delegati e invitati.
Il tema scelto per quest’assemblea, "Grazia senza frontiere", esprimeva il desiderio di un
ritorno alle fonti della fede protestante. « La grazia non è la nostra protesta. E’ prima di tutto
la protesta di Dio nei confronti
del mondo, per noi e contro di
noi », ha detto il pastore Jacques
Stewart, presidente del Consiglio
della Federazione, nella sua lun' ga relazione introduttiva, una relazione in cui erano strettamente collegati il tema dell’assemblea e i problemi politico-sociali più caldi, sia quelli interni
(immigrati) sia quelli esterni
(paesi dell’Est, Medio Oriente,
Africa). Circa la situazione drammatica di molti paesi africani,
ex colonie francesi, Jacques
Stewart ha affermato: « Non
possiamo più rimanere silenziosi e passivi. Dobbiamo denunciare solidarietà equivoche troppo a lungo mantenute dai nostri governanti. Esse consolidano privilegi di oligarchie e mantengono dittature insopportabili
nello Zaire, nel Madagascar, nel
Gabon... ».
Quale contributo può dare il
protestantesimo nel dibattito
pubblico oggi? Come far sentire una parola evangelica, chiara e comprensibile da tutti, di
fronte a discorsi che ogni giorno invocano l’imperativo della
competitività e dello sviluppo,
sacralizzando l’economia diventata fine in sé e non mezzo al
servizio della dignità e della libertà? Solo una riflessione approfondita sul rapporto tra fede
e economia — come quella avviata dal CEC — potrà dare una
risposta a questi interrogativi.
Intanto, concretamente, è nel
potenziamento dell’azione diaconale e sociale che le chiese potranno pienamente sperimentare il senso della ’’grazia senza
frontiere”. Proprio per questo
occorre cercare di abbattere le
barriere che ancora sussistono
fra le varie espressioni del protestantesimo e che « ci impediscono di riconoscere negli altri
espressioni piene e legittime dell’unica chiesa di Gesù Cristo »
(dal ■ documento finale dell’assemblea). A questo proposito il
presidente dell’assemblea, Christian Albecker, ha detto: « Durante questi tre giorni, abbiamo potuto verificare che la nostra comunione è reale e che la comprensione tra chiese storiche e
chiese più giovani si è rafforzata ».
Il dibattito generale è stato
introdotto da tre tavole rotonde, ognuna delle quali aperta da
relazioni dei professori André
Birmelé, Robert SomervUle e
Paolo Ricca. La relazione di Paolo Ricca è stata uno dei momenti forti dell’assemblea. Prendendo spunto dal trentennale del
Servizio cristiano di Riesi al quale aveva partecipato la settimana prima. Ricca ha affermato:
« La grapa diventa speranza per
gli altri quando ci chiama al
servizio; essa trasforma il graziato in servitore » e «La grazia è che la speranza non è un’illusione, essa fonda il diritto alla
Speranza ».
L’ultima parte deU’assemblea
è stata dedicata alla discussione degli ordini del giorno
(’’voeux”). Tredici sono stati votati, di cui nove sono prese di
posizione su problemi di attualità, segno della volontà dei protestanti francesi di far sentire
la loi'O voce e la loro testimonianza. A sottolineare l’apertura
ecumenica dell’incontro — era
presente l’arcivescovo di Lille,
card. Vilnet — vi è stato il collegamento telefonico- ”in diretta”
con TAssemblea della Federazione delle chiese evangeliche in
Italia, riunita negli stessi giorni a S. Severa. Protestanti d’Italia e di Francia hanno così
unito le loro voci e il loro impegno di testimonianza nel canto
del loro inno prediletto: ’’Gloria a Te, Gloria!”.
Jean-Jaques Peyronel
IL MESSAGGIO FINALE
La grazia
f — La grazia è il partito preso di pio per gli esseri umani.
Essa viene pienamente espressa
nelTEvangelo di Gesù Cristo per
noi. C’è una speranza per il
mondo.
In una società di scambio mercantile in cui l’accento viene posto soprattutto sull’autorealizzazione e sui meriti, noi proclamiamo l’imprevisto della grazia.
Credervi rientra nella sfera dello scandalo. L’amore di Dio per
tutti è una pazzia.
La prima parola di Dio, creatore di ogni cosa, è grazia. Nel
suo amore, egli decide di fare
degli esseri umani i suoi collaboratori e li nomina gestori della sua creazione.
Di fronte all’atteggiamento degli uomini e delle donne che
pensano di poter vivere senza
Dio e di essere gli unici padroni del loro destino, la risposta
di Dio è ancora grazia. Con l’insegnamento, la vita, la morte e
la risurrezione di Gesù Cristo,
Dio ci dà una nuova identità.
Liberandoci dall’obbligo di trovare il senso delle nostre esistenze in noi stessi, lo Spirito di Dio
ci apre, con TE vangelo, ad una
vita sotto la grazia. Siamo e viviamo nella csertezza che ogni
parola di Dio su questo mondo
e sui suoi abitanti è e sarà sempre grazia.
II — Tutti gli esseri umani
sono chiamati a vivere come figli di Dio, in una società che
accoglie la loro diversità e rispetta la loro identità.
Le frontiere dell’incomprensione ed i muri di divisione sono
abbattuti. La grazia rompe tutti gli isolamenti omicidi: le nostre differenze diventano distinzioni utili e arricchenti. La grazia affronta le frontiere, denuncia tutte le chiusure e annuncia
che siamo tutti fratelli e sorelle.
Malgrado la speranza, spesso
delusa, dei popoli verso la pace
e la giustizia, Dio ci ricorda,
nel suo amore, che egli ha biso
gno di tutti gli esseri umani per
costruire il suo regno. La grazia è davvero senza frontiere.
Per questo, ci rallegriamo oggi
del dialogo avviato tra israeliani e palestinesi alla Conferenza
di Madrid.
Ili — La grazia di Dio diventa speranza per il mondo quando essa trasforma la comunità
cristiana e la pone al servizio
degli uomini. Siamo chiamati ad
aprirci all’invasione della grazia.
Ognuno di noi è invitato ad
un cambiamento di mentalità
che farà di lui un compagno
di tutti gli altri, vivendo e lavorando con loro. Cercheremo
così di inventare, in un mondo
tormentato e violento, strutture
aperte all’imprevisto della grazia, che possano superare profeticamente le leggi vigenti.
Vi è urgenza di:
— ritrovare le regole etiche
che permettono una vita democratica reale;
— lottare contro le paure, il
razzismo e le esclusioni di ogni
tipo che si moltiplicano oggigiorno;
— denunciare gli idoli del nostro tempo: l’individualismo portato all’estremo e l’ideologia del
tutto economico;
— scoprire le vie di una vera
solidarietà con i poveri e con
gli esclusi prossimi e lontani.
IV —• Riconoscendo che ciò
che ci unisce è la nostra fede
comune nella grazia di Dio manifestata in Gesù Cristo, invitiamo tutte le comunità protestanti a vivere la grazia:
— impegnandosi ad annunziare a tutti, con la testimonianza
della nostra comunione, della
nostra predicazione e del nostro
servizio, che la grazia di Dio è
offerta loro;
— accogliendoci gioiosamente
gli uni gli altri.
L’affermazione della grazia
senza frontiere è un’esigenza
per tutte le chiese, anche all’interno della Federazione. Non pos
siamo accettare le barriere che
persistono tra di noi e che ci
impediscono di riconoscere negli altri espressioni piene e legittime dell’unica chiesa di Gesù Cristo. La grazia di Dio fonda le nostre differenze ma vieta le esclusive. Il dialogo che
abbiamo avviato per superare le
opposizioni, in particolare sulla
questione del battesimo, deve
essere portato avanti.
Ci impegniamo a valutare i
progressi compiuti alla prossima
Assemblea.
Il Sinodo speciale
sull’Europa
ROMA — Si stanno ormai delineando le posizioni dei due diversi « partiti » ecclesiali che,
dal 28 novembre al 14 dicembre
prossimi, sono a confronto a
Roma nel Sinodo speciale sull’Europa. Da una parte il gruppo più vicino alla Curia romana, che ha il suo uomo di punta nel relatore del Sinodo card.
Camillo Ruini, sostiene l’idea
della « nuova evangelizzazione »
proposta da papa Wojtyla. Sull’altro versante stanno i vescovi che preferiscono parlare di
« evangelizzazione nuova », ben
più di un gioco di parole.
Il drappello di vescovi del1’« evangelizzazione nuova » ha
come punto di riferimento il
card. Carlo Maria Martini, arcivescovo di Milano. Ha come sede e nucleo di origine il Consiglio delle conferenze episcopali
europee (CCEE), di cui Martini
è presidente. E ha come « testo
base » il contributo del CCEE
per la preparazione del Sinodo.
Quest’ultimo è un vero e proprio documento alternativo, che
non segue minimamente la
« traccia per la riflessione » proposta dalla segreteria del Sinodo dei vescovi, guidata da mons.
Jan Schotte.
L’idea di una « evangelizzazione nuova », che (al contrario della « nuova evangelizzazione »)
nasce da un processo di « conversione » delle chiese e dei cristiani, emerge chiaramente nella prima parte del testo del
CCEE, nel capitolo dedicato alla « Confessio laudis et peccatorum ». Il « riconoscimento dei
peccati » commessi dai cattolici
e dalla chiesa, insieme ai motivi di gioia, diventa quindi il filo rosso di tutta la riflessione.
L’Europa . delle chiese vive un
« kairós », un momento di grazia, ma occorre dare risposta ad
una serie di sfide. Il documento a questo proposito descrive
un complesso di temi scottanti,
che alcuni vescovi hanno già battezzato come « i 10 punti di Martini ».
I temi sono la questione delle « minoranze » e dei rinascenti nazionalismi; la controversia
sugli uniati; i rischi connessi alla penetrazione « missionaria »
in Russia; la necessità di una
Ecumenismo anni '90
(segue da png. I)
quali la stampa italiana ci ha
purtroppo abituato, dandoci l’immagine che in Europa esistano
solo i cattolici, vi sono in questo momento fra i cattolici forti tensioni, e anche critiche (da
leggersi fra le righe) alle posizioni più tradizionaliste e istituzionali rappresentate dal papa.
Ora i delegati fraterni, soprattutto protestanti, appoggiano
di fatto i settori cattolici più
riflessivi e meno tentati dall’idea
deH’Europa cristiana.
Perché questo è appunto il
dilemma: volere un’Europa ’’ricristianizzata” dall’alto, attraverso il peso culturale e istituzionale del cattolicesimo, quasi come
una ’’reconquista” cristiana e
cattolica dell’Europa, o riscoprire invece la dimensione della
testimonianz.a e della pratica
della fede cristiana come rinnovamento della propria vita e servizio reso al prossimo?
In margine al Sinodo si svolge, sabato 7 dicembre, una celebrazione ecumenica a S. Pietro. Invitate, le chiese evangeliche italiane hanno deciso dopo
matura riflessione di non essere presenti, con l’eccezione dei
luterani. Per diverse ragioni: per
il carattere celebrativo e simbolico di questo gesto, che po1 rebbe far supporre a livello pubblico un accordo e una reciproca comprensione che non sono
stati ancora raggiunti, mentre
l’essenziale in questa fase è ancora il confronto e il dibattito
sulle non 'poche questioni che
ci dividono; per lo spostamento della celebrazione da S. Paolo a S. Pietro, che accentua il
carattere unilaterale di una visita resa alla sede di Pietro,
anziché l’aspetto d’incontro; e
infine per un indiretto gesto di
discriminazione verso un pastore riformato polacco che, pur segnalato a Roma insieme agli altri, non è stato invitato. É’ anche su questo che si sofferma
il moderatore Giampiccoli nella
lettera in cui dichiara le ragioni per non accettare l’invito alla celebrazione comune in S.
Pietro.
E’ per altre vie che dovrà
marciare il cammino ecumenico
degli europei, come si vedrà negli incontri dei prossimi mesi.
La nuova stagione ecumenica
europea è appena iniziata.
Giorgio Girardet
maggiore collaborazione tra gli
episcopati europei e quindi l’esigenza di un rafforzamento del
CCEE; l’approfondimento della
collaborazione ecumenica con le
altre confessioni cristiane riunite nella KEK (Conferenza delle
chiese europee); la necessità di
continuare il cammino iniziato a
Basilea nel 1989; il tema della
nomina dei vescovi nelle chiese
locali, che in questi ultimi tempi è stato spesso causa di critiche e proteste; il modo di intendere il ruolo della teologia e
l’importanza del dialogo come
principio di fondo; il confronto
serio e sereno con l’Islam; una
maggiore attenzione alla diversità culturale del Terzo Mondo e
dell’Africa in particolare.
(ADI STA)
Diritti uguali
per gli evangeliiCi
MADRID — Il Parlamento
spagnolo ha votato, nell’ottobre
scorso, una legge che accorda
alle chiese aderenti alla Federazione delle entità evangeliche di
Spagna diritti uguali a quelli
della Chiesa cattolica.
L’accordo comprende tredici
articoli. Le chiese della Federazione saranno d’ora innanzi esenti dalle imposte fondiarie e dall’imposta sulle associazioni. I
doni fatti alle chiese o ad organismi evangelici potranno essere dedotti dalle imposte sui redditi professionali. Per la prima
volta nella storia della Spagna,
la funzione di « ministro del culto protestante » verrà ufficialmente riconosciuta e considerata alla pari con quella di « prete cattolico romano ».
I cappellani protestanti potranno svolgere la loro attività
nell’esercito e in istituzioni pubbliche quali scuole, ospedali o
case di riposo. Corsi di confessione protestante verranno organizzati nelle scuole, in funzione
della domanda.
La tolleranza religiosa in Spagna è stata proclamata nel 1868.
Prima della guerra civile, la seconda Repubblica aveva ratificato leggi sull’uguaglianza delle religioni ma tale disposizione era
stata annullata sotto il regime
di Franco, su istigazione della
Chiesa cattolica spagnola. Nel
1967 una legge sulla libertà religiosa aveva dato un qualche
respiro alle minoranze religiose,
pur preservando il ruolo privilegiato della Chiesa cattolica
(Atto di tolleranza). Nel 1980 la
nuova Costituzione spagnola ha
pienamente garantito la libertà
di religione.
(SPP)
Presbiteriani;
prima donna pastore
BRASILE — Maria Luiza Riickert, 41 anni, è la prima donna ad essere stata consacrata
pastore della Chiesa presbiteriana del Brasile. La consacrazione
ha avuto luogo il 9 luglio scorso nella città di Belo Horizonte.
Il Brasile è il paese delTAmerica Latina in cui la Chiesa presbiteriana ha più membri, circa un milione di persone.
(SOEPI)
Riconosciuta la
legge musulmana
PAKISTAN — Malgrado le
proteste di esponenti cattolici e
protestanti e dei movimenti femministi, TAssemblea nazionale
pachistana ha votato il progetto di legge che riconosce la
sharia, la legge musulmana, come base del sistema giudiziario
pachistano.
(ARM)
9
6 dicembre 1991
valli valdesi
9
TORRE RELUCE
COMUNITÀ’ MONTANA VAL RELUCE
TORRE RELUCE
I quadri avranno
prima collocazione
Il costo dei servizi piccolo
, .. mondo
Un Consiglio travagliato ma con positiva soluzione - Il passaggio di competenze fra enti 3ntÌCO
scorsa settimana il pittore
Filippo Scroppo ha riproposto
la questione della Galleria d’arte contemporanea, uno spazio
artistico che, pur contando su
molte opere offerte da vari artisti, non riesce a trovare un’adeguata collocazione in modo da
poter essere visitata dal pubblico.
Nell'espnmere il suo rammarico Scroppo poneva anche degli
interrogativi all’amministrazione
comunale: li giriamo al sindaco,
Armand Hugon.
« Fin dalla passata amministrazione — esordisce il sindaco —
abbiamo individuato il luogo fisico per la Galleria, nello stabile adiacente al municipio. Il discorso è andato avanti: è stato
fatto un progetto di ristrutturazione che prevede un intervento di oltre un miliardo. E’ necessario intervenire a lotti successivi, anche perché i finanziamenti derivano dalla concessione di mutui. Abbiamo una prima concessione, ma altri fondi
devono essere reperiti, certo non
tramite altri organismi pubblici,
visto che ad esempio la Regione
sta tagliando ovunque i fondi,
anche su attività come le biblioteche e addirittura gli asili nido ».
Si è però parlato di un possibile ricorso a finanziamenti da
parte di altri enti, di tipo bancario...
« E’ una possibilità da verificare; abbiamo già cercato di percorrere questa strada ma non è
nato possibile; va tenuto presente che un conto è sponsorizzare il restauro o la sistemazione di un’opera, un altro è la ristrutturazione di un immobile
comunale ».
Resta, dunque, il problema di
opere di grande valore non fruibili...
• « Voglio precisare che i quadri non sono conservati in soffitta o in scantinati, ma in stanze un tempo utilizzate dall'USSL
nel palazzo comunale; di intesa
con la presidente della Pro Loco
abbiamo deciso di esporre tutti
questi quadri nelle sale ubicate
al piano superiore del municipio, e nel momento in cui saranno terminati i lavori per dotare l’edificio di ascensore questi locali saranno visitabili dal
pubblico ».
E’ possibile individuare dei
tempi per l’esecuzione, o almeno l’inizio dei lavori all’ex casa
Bert destinata ad ospitare in futuro la Galleria?
« L’iter procedurale non è certamente breve, anzi in questi anni sono aumentate le difficoltà
di credito da parte dello stato;
per questo non sono in grado
oggi di prevedere dei tempi per la
realizzazione dell’opera ».
O. N.
Un Consiglio ad alta tensione
ha dedicato l’intero pomeriggio
dello scorso sabato a discutere
dei servizi socio-assistenziali e di
come ripartire le spese del 1990;,
ci sono state interruzioni tecniche per incontri fra capigruppi e
con i sindaci della valle, sono
volate anche parole pesanti e alla
fine una soluzione è stata trovata, con consenso quasi unanime.
Ma andiamo con ordine. In passato le spese per il socio-assistenziale non coperte da altri enti
erano ripartite in base a quanto
fatto in ogni Comune; per il 1990
non erano stati stabiliti i criteri
di ripartizione dei costi ma nel
frattempo si erano evidenziate
grosse difficoltà per alcuni Comuni in cui i servizi, per necessità, erano maggiori; in alcuni casi
le spese erano diventate insostenibili per i bilanci comunali.
Alla ricerca di soluzioni al problema si era fatta strada l’ipotesi
di un meccanismo di solidarietà
INCONTRO DI STUDIO A TORRE RELLICE
Volontariato
solidarietà
Amnesty International
TORRE PELLICE — Venerdì 6 dicembre alle ore 17 avrà luogo, presso la
sede in via Repubblica 3, secondo piano, la consueta riunione quindicinale
di Amnesty International.
La sede è aperta tutti i mercoledì
dalle ore 20,30 alle 22,30.
_____________Concerti________'
TORRE PELLICE — La Croce Rossa
organizza una serata di canti natalizi
per sabato 7 dicembre, alle ore 20,45,
nel tempio valdese. Partecipano la
Schola cantorum S. Martino, il coro
Bric Boucle, la Corale valdese di Torre Pellice.
_____________Cinema_________________
TORRE PELLICE — Il cinema Trento
ha in programma: venerdì 6 alle ore
21,15 «Hot spot»; sabato 7, ore 20
e 22,10 e domenica 8, ore 16, 18, 20,
22,10 « Una pallottola spuntata 2 e
1/2».
VISUS
di Luca Regoli & C. «-nc
OTTICA • VI« Amami, •
WOaS TORRE PELLICE (To)
Il volontariato con finalità di
solidarietà sociale ha, a partire
dall’agosto ’91, una sua legge quadro. Infatti, dopo anni di dibattito sulle proposte di legge presentate da esponenti di quasi tutti i partiti, nel breve giro di 60
giorni Camera e Senato concludevano l’iter e l’il agosto la legge n. 266 diveniva legge dello stato.
Questa inconsueta celerità nel
procedere è forse il frutto di una
mutata situazione politica in cui
la pluralità delle voci è accettata anche fuori delle istituzioni
pubbliche ed i 6 milioni di cittadini che operano gratuitamente,
sui più diversi fronti, incominciano ad avere un esplicito riconoscimento.
L’importante salto di qualità
operato in questa occasione sarebbe bene che fosse la piattaforma di base anche per un’altra
proposta di legge ancora più lungamente attesa; la legge di riforma dei servizi sociali.
Con questo atto la Repubblica italiana riconosce valori e funzioni al volontariato organizzato
come segno di partecipazione, solidarietà e pluralismo. Il provvedimento introduce anche una
serie di facilitazioni fiscali (non
senza qualche contorsione burocratica) tra cui l’esenzione dall’imposta di bollo e di registro
nel momento della costituzione
delle associazioni, l’esenzione
IVA per ogni tipo di operazione
effettuata, la possibilità di dedurre i proventi di attività produttive impiegate totalmente per
i fini istituzionali delle organizzazioni, così pure ricevere dona
L'OTTICO DI LUSERNA
di Federico Regoli & C. •»
zioni ed eredità esenti da imposta. La legge incoraggia ancora
i cittadini e le imprese a dare
contributi alle associazioni di volontariato permettendo di dedurre dalle tasse rispettivamente fino a 2 e lOO milioni ; prevede inoltre la tutela giuridica delle organizzazioni e dei gruppi. Infine,
per poter accedere a contributi
regionali e statali che saranno
finalizzati a progetti ed attività
specifiche, le associazioni dovranno essere registrate in appositi
elenchi tenuti dalle Regioni.
Questa legge quadro, per il ritardo con il quale è comparsa
nel nostro ordinamento, si dovrà
confrontare ora con le associazioni di volontariato che nel frattempo sono notevolmente maturate e cresciute sia dal punto di
vista organizzativo e culturale
che da quello delle strategie di
intervento. C’è quindi anche il
rischio che, a legge approvata,
anziché sfruttare tutte le potenzialità e l’inventiva di cui il volontariato ha dato prova in questi anni, ci si rinchiuda in una
logica contrattualistica e di
scambio, puntando essenzialmente all’ottenimento delle agevolazioni fiscali ed alle altre forme
di sostegno previste. C’è ancora
il rischio che l’attuale legge venga interpretata come l’avallo a
mantenere lo status quo, dove i
poteri pubblici desistono dal farsi carico delle proprie responsabilità demandando al volontariato di coprire i buchi. Anche questa logica di tipo clientelare è
da battere affinché ima legge comunque innovativa non venga
snaturata al momento della sua
applicazione.
Per riflettere su questo nuovo
strumento, per capire quale tipo
di volontariato è da privilegiare
e che cosa non può essere considerato volontariato, la Comunità montana - USSL 43 ha indetto un incontro di studio per
sabato 7 dicembre a Torre Pellice, al cinema Trento, a partire
dalle ore 9.
All’incontro coordinato dal giudice Elvio Passone, componente
del Consiglio superiore della magistratura, presenzierà il dottor
Luciano Tavazza, attuale segretario generale della Fondazione nazionale del volontariato.
Adriano Longo
in modo che i Comuni più in difficoltà venissero aiutati dagli altri.
I sindaci si sono incontrati più
volte ed era stato messo in piedi
un meccanismo che teneva conto
dei suggerimenti ricevuti.
« Sulla bozza di delibera è risultato — dice l’assessore ai Servizi sociali, Borgarello — che non
tutti i Comuni erano d’accordo:
in particolare si sono avuti i rilievi del capogruppo DC, Bonansea, circa la legittimità della
delibera proposta. Anche il sindaco di Bobbio. Charbonnier, ha
detto che se era stato accolto il
metodo di riparto da lui proposto, non erano però state accettate le proposte concrete per il futuro (che non c’erano}».
Dopo una sospensione tecnica è
venuta una proposta della DC
tendente a superare l’impasse.
« Bonansea ha proposto di mettere a carico della Comunità montana la quota giudicata eccessiva
per i Comuni; dopo una discussione anche accesa si è raggiunto un accordo quasi unanime, che
consente ai Comuni di respirare,
ma nel contempo non potrà che
indebolire il bilancio della Comunità in altri settori ».
Con questa operazione dunque
si coprono i problemi del ’90, recuperando i fondi sul bilancio ’91
dell’ente di valle; il quesito si
riproporrà per gli anni a venire?
« Negli ultimi mesi abbiamo
fatto una verifica più attenta dei
costi, effettuando delle revisioni
per le tariffe di certi servizi che
in alcuni casi erano ferme da anni; dunque il problema, certamente non ancora risolto, si dovrebbe porre con minore impatto
sui bilanci pubblici. Non abbiamo
comunque abbandonato l’idea di
creare un fondo di solidarietà sul
territorio ».
Per altro sui Comuni grava Formai imminente passaggio di competenze per il settore sociale dalla Provincia; ha notizie recenti?
« Ho partecipato pochi giorni
or sono, a Pinerolo, ad un incontro con l’assessore provinciale
Principe; per la verità i Comuni
presenti erano pochini, comunque le proposte della Provincia
lasciano intravvedere il rischio di
un forte aggravio di spese per i
Comuni. Se i Comuni non saranno in grado di far fronte, c’è un
concreto rischio di ridimensionamento di servizi »
Anche istituti come l’Uliveto o
le comunità alloggio rischiano
sotto questo profilo; oggi siamo
ad un regime di proroga che scade il 31 dicembre; cosa accadrà?
« In teoria dal 1° gennaio dovrebbe avvenire il trasferimento
di competenze ai Comuni e dunque anche le convenzioni tipo
quella con l’Uliveto; la Provincia dovrebbe trasferire il personale, le strutture e le risorse
finanziarie calcolate al 31 dicembre; una cosa però sappiamo già
per certo: la Provincia non potrà,
proprio istituzionalmente, trasferire aumenti in base all’inflazione
per gli handicappati psichici e
dunque i Comuni potrebbero essere presto gravati di una ulteriore spesa ».
Piervaldo Rostan
Si inaugura sabato 7 dicembre
alle ore 15, nella sede di via Paolo Paschetto, il « Piccolo mondo
antico », museo della bambola
curato da Guido e Samy Odin.
Oltre cento bambole francesi dell’SOO facenti parte di una collezione ben più ampia, collocate in
ambienti che ricostruiscono quelli originari, saranno visitabili tutti i giorni escluso il martedì.
Edilizia
sovvenzionata
ANGROGNA — Il Consiglio
comunale ha deliberato venerdì
scorso su un programma di intervento per l’edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata. E’ la prima volta che si
parla ad Angrogna di questa possibilità e ciò può accadere in
quanto la Regione ha deciso di
intervenire in tal senso.
Teoricamente i comuni interessati, posto che in altri della stessa Comunità montana vi fossero
richieste superiori agli alloggi disponibili, dovevano presentare i
progetti alla Comunità montana
entro il 30 novembre e l’ente di
valle presentare il piano entro la
fine dell’anno.
La zona individuata per costruire le case popolari è quella
degli Albarin; si dovrebbero costruire 10 alloggi con una spesa
prevista di 2 miliardi e mezzo.
Rimpasto nelle
amministrazioni
LUSERNA SAN GIOVANNI
— Sarà probabilmente Marco
Merlo il prossimo vicesindaco in
seguito al rimpasto resosi necessario dopo le dimissioni di Carla Maurino.
Un accordo in tal senso dovrebbe essere formalizzato in settimana; probabile anche la sostituzione del rappresentante PSI
in Comunità montana, Livio Gobello, con Duilio Canale destinato a prenderne il posto anche in
giunta.
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10
10 valli valdesi
6 dicembre 1991
POMARETTO: GIORNATA DELL’OSPEDALE VALDESE
Il moto dell'Iceberg
Quest'anno la domenica 1 ” dicembre è stata scelta come giornata dell’Ospedale valdese di Pomaretto.
L’incontro pomeridiano con
la popolazione, a Pomaretto, ha
visto una grande partecipazione;
gremito il cinema Edelweiss, un
segno tangibile di un’attenzione
ed una sensibilità per la struttura ospedaliera che opera nel nostro territorio.
Come ogni anno si tratta di
un’occasione per tutti per conoscere il servizio svolto all’interlio della società valligiana, una
sorta di ’’radiografia” dell’operato. C’è la possibilità di conoscere
la collocazione dell’Ospedale nell’ambito della politica sanitaria
locale, con l’aggiornamento sulle coordinate ’’dell’iceberg” in
movimento; ed infine essere informati sui progetti e le linee
di sviluppo per il futuro.
Tre i momenti che hanno caratterizzato il pomeriggio: il primo su aspetti di politica sanitaria, il secondo centrato su im
tema socio-sanitario (quest’anno
l’attenzione è stata posta al problema dei tumori nelle valli Chisone e Germanasca), ed il terzo
con il messaggio di testimonianza, portato con il canto dalla
corale della chiesa di Lusema S.
Giovanni.
I lavori di
ampliamento
Il dott. Prelato, presidente del
Comitato di gestione dell’Ospedale, neH’introduzione, ha comunicato come ci sia l’intenzione di
portare a termine, nell’arco di
un paio di anni, i lavori di ampliamento della struttura rendendo così maggiormente funzionali alcuni servizi. Ha ricordato la recente convenzione tra la
Tavola valdese e la Regione Piemonte, che per quanto riguarda Pomaretto dovrà essere definita nei particolari con l’USSL
42, esprimendo pure una volontà di collaborazione con la limitrofa USSL 44 (Pinerolo). Il
dott. Erminio Ribet, presidente della Comunità montana valli Chisone e Germanasca nonché
membro del Comitato dei garanti deirUSSL 42, sottolinea l’importanza di un ospedale che mantenga e garantisca caratteristiche
di specializzazione tali da rispondere alle esigenze ed ai bisogni
della popolazione locale, in stretta collaborazione con i servizi
deirUSSL 42. Egli evidenzia l’importanza di assurnere anche il
ruolo di polo qualificato in settori definiti per tutta l’area del
Pinerolese. Nel ribadire il diritto
di esistere di una USSL come
la nostra, chiede « contatti stretti tra Comitato dei garanti delrUSSL 42 ed il Comitato di gestione dell’Ospedale di Pomaretto ».
Riallacciandosi a quanto detto dal presidente Ribet l’amministratore straordinario delrUSSL 42, dott, Ramella, auspica che sia l’USSL sia l’Ospedale
possano "sopravvivere alla bufe
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Una veduta dell'Ospedale valdese di Pomaretto: proseguono i lavori
per il suo ampliamento.
ra di rivolgimento territoriale
c-he sembra uno dei postulati del
dise^q di legge di riforma del
Servizio sanitario nazionale »,
anche alla luce della situazione
di equilibrio e proficuo lavoro
sviluppatosi con l’Ospedale nell’USSL 42.
Mentre oggi è in atto un processo in tutti i paesi sviluppati
per rafforzare i legami tra popolazione stanziale e le sue istituzioni, il disegno di legge De
Lorenzo ne è la negazione, come è emerso anche recentemente nel convegno della Lega
per le autonomie locali, a Courmaj'eur.
Portando il saluto della CIOV,
il pastore Paolo Ribet ha sostenuto che la Commissione sta
maturando delle grandi trasformazioni. Tra gli impegni che si
è data è stata evidenziata la
necessità di una diversa e maggiore organizzazione delle opere
diaconali nel territorio, e più
stretti collegamenti fra di loro;
si sta lavorando, ha detto, per
Un « centro servizi » di appoggio
alle opere distribuite sul territorio nazionale; inoltre la CIOV
intende costituire un Comitato
unico per l’Ospedale di Pomaretto e quello di Torre Pellice.
Dice Paolo Ribet: « Stiamo discutendo della nuova CIOV che
dovrebbe abbracciare tutte le
sfere di assistenza e di sanità
sul piano nazionale », natural
mente nell’ambito evangelico. E’
un progetto sostanzioso, che richiederà impegni manageriali
non indifferenti; siamo all'alba
della grande CIOV. Di finanziamenti non si è parlato, evidentemente il problema sembra secondario.
•A supporto di tutto ciò Ribet
evidenzia un aspetto fondamentale, ossia l’unità di intenti, di
volontà e di azione, sia per le
opere che lavorano nell'ambito
dell’assistenza e della sanità sia
« nella strategia globale che vogliamo avere come Chiesa valdese rispetto alla diaconia ».
Sono state molto interessanti
anche le relazioni sul problema
dei tumori.
Il dott. Laurenti, coordinatore
sanitario dell’USSL 42, ha presentato, basandosi su elaborazioni statistiche (dal 1987 all’ottobre ’91) quale sia l’incidenza dei
decessi per tumore in valle, analizzando il fenomeno per fasce
di età e di ses,so. Da parte sua
il dott. Maina, primario dell’Ospedale valdese di Pomaretto, rifacendosi-a lavori svolti neH’ambito ospedaliero, ha illustrato la
prevalenza di certi tumori rispetto ad altri. Tra le cause ha individuato l’abuso di alcool e fumo, e si è soffermato sugli
aspetti della prevenzione; si tratta di un grosso lavoro, che coinvolge ospedale e territorio.
Mauro Meytre
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Addio ali’alcoi
Un’occasione annuale per conoscere i servizi che vi si svolgono e il
ruolo di quest’opera nel panorama della politica sanitaria locale
Quasi 150 persone hanno partecipato, domenica scorsa, alla Foresteria di Torre Pellice, all’incontro fra vari Club alcolisti in trattamento del Pinerolese; una giornata di confronto fra persone che
cercano solidarietà ma che molto possono offrire alla nostra società.
L’intervento che pubblichiamo è quello del presidente del CAT di
Torre, Mila Mazzetti.
Le istruzioni che un alcolista
in trattamento si sente ripetere
e a poco a poco fa sue sono tante; personalmente, una non l’ho
mai digerita, né capita, né assimilata, né prima né ora : l’abbandono degli amici che bevono. Essa contrasta con il mio modo di
avvicinare gli altri, di creare rapporti con loro e di conoscerli:
quando bevevo, gli amici che bevevano con me (da distinguersi
dai conoscenti di bar) erano persone che condividevano alcuni
dei miei (troppi) interessi, con i
quali si discuteva o si parlava indipendentemente da quel bicchierino che sembrava costituire un
necessario, rituale, pagamento di
pedaggio.
Quindi, oggi, io, alcolista in
trattamento, frequento lo stesso
i miei amici, anche quelli che ancora non hanno abbandonato le
abitudini alcoliche che, naturalmente, secondo loro, sono moderate: non lasciano traccia sul loro
fisico e sul loro spirito, il primo
forte come la roccia e il secondo acuto e splendente come una
scheggia di diamante.
Per quanto consapevole del loro « poi », io, ancora alle prese
col mantenimento di questa faticosamente riconquistata semigiovinezza, difficilmente introduco
l’argomento della non-esistenza
del « bevitore moderato » se si è
« bevitore abituale », perché non
amo fare la « testimone di Geova» alla ricerca di proseliti. Mi
limito a far notare che se essi
mi trovano in forma o « sempre
sulla breccia » come dicono loro,
ciò è dovuto al Dispensario e al
CAT, oltreché al gastroenterologo che sciolse le mie angosce
emorragiche con una gastroscopia scherosante. Ogni tanto qualcuno dice: «però, dev’essere interessante, se continui ad andarci,
un giorno vengo ». Ma poi... il
club è troppo vicino, « se qualcuno mi vede, che figura ci faccio? e poi, sai l’orario... ».
Non posso dar loro torto, il coraggio, come diceva don Abbondio, se uno non ce l’ha non se
lo può dare. E ce ne vuole di coraggio per essere alcolista in trattamento: prima di tutto quello
di inghiottire la parola «alcolista», accettarla come l’etichetta
giusta per il proprio comportamento; poi per accettare l’astinenza totale, senza cedere al morbido abbraccio consolatorio dell’alcol anche quando sembrerebbe l’ultima spiaggia (io non l’ho
fatto, ho pagato duramente la
ricaduta); infine per accettare il
metodo Hudolin con la ragione
e quindi ammettendo e dichiarando le proprie perplessità sui
vari punti e discutendone con
gli altri; in altre parole senza
fanatismo, che è un’altra gabbia
dorata che imprigiona l’uomo dicendogli; se credi in tutto questo, sarai al sicuro per sempre.
In questa nostra società valligiana, dove più di quanto si creda si vive con « vizi privati e
pubbliche virtù», il coraggio più
grande è proprio il varcare la
soglia del CAT : finché accetti il
rituale degli altri, non ti ubria-'
chi, sei allegro e socievole, non
stacchi dal lavoro prima del previsto, sei una persona per bene.
Entrando nel CAT, tu fai invece una dichiarazione pubblica :
sei un alcolista. Non sei più gradito ai bevitori perché bevi succhi di frutta o altre bibite analcoliche. Non sei più gradito alle persone dabbene perché ti sei
dichiarato « alcolista ».
Questo accade all’inizio e Funi
ca difesa che hai è continuare
a frequentare sia gli uni che
gli altri ignorando le occhiate
ironiche, perplesse e sfuggenti.
Poco per volta, secondo me, i
primi penseranno che in fondo
non sei mica lì a giudicarli, però cominceranno ad assaggiare
quel succo di mirtillo o di lampone che hanno fatto la loro
comparsa in tutti i bar da te
frequentati o si dimenticheranno di fare il bis del Pastis con
menta. I secondi riconosceranno, se non sono stupidì, che si
può fare affidamento su di te.
Come alcolista in trattamento
questo è il mio modo di vivere la situazione ed è quello che
dico ai miei amici « bevitori moderati ».
L’assiduità al CAT oltre ad essere, per me, una necessità è anche una gioia. La non omogeneità umana (per cultura, lavoro, situazione personale) del Dispensario e del CAT mi ha
permesso di verificare come gli
esseri umani, spogliati dei loro
ruoli, si rilassano, si aprono o
vengono aperti (anche fra noi
esistono le ostriche) e, nella nuda sincerità, stabiliscono legami di amicizia fraterna perfino
con gli operatori.
Anche questo dico agli amici
bevitori, che hanno tanta paura.
Non so se tutto ciò frutterà. Mi
limito ad ordinare un succo di
mirtillo, non dolce, non alcolico,
e a bermelo in santa pace chiacchierando con loro. Poi si torna a casa, il cane mi aspetta
ed è bene che io sia, ora, di
nuovo forte.
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11
6 dicembre 1991
lettere 11
LA DECISIONE
PUÒ’ ESSERE RIVISTA
Non ho capito il senso della nota
di Giorgio GardioI in coda alla lettera di Giovanni Gönnet pubblicata sul
numero 42 del settimanale. Il fatto
che sulla questione dell’otto per mille il Sinodo '91 si sia pronunciato
ed abbia prevalso la posizione di accettarlo non significa, a parer mio, che
questa sia una decisione definitiva e
immutabile. E’ già accaduto che il Sinodo si sia pronunciato per una posizione contraria all'accettazione. E’
vero che quella volta ci fu la differenza di un solo voto, ma è anche
vero che non fu soltanto quel minimo
scarto a motivare la riapertura dèlia
discussione.
Secondo il mio punto di vista nello
scorso Sinodo c’è stata la « smania »
di andare al voto sotto la pressione
dei fautori del « sì » ed è stata determinante la componente metodista
con il suo voto pressoché unanime.
Sarebbe stato più saggio rimandare
la decisione di votare, anche perché
« abbiamo fatto i conti senza l’oste ».
■■ L’oste », in questo caso, è lo stato che non sappiamo se e quando
avrà voglia di riaprire le trattative per
modificare l’Intesa con la Tavola valdese; se lo farà potrebbe benissimo
attenersi alla naturale scadenza dell’Intesa nel 1994.
Senza considerare che il governo
italiano sta studiando un meccanismo
di legge, sulla libertà di religione che,
probabilmente, supererà e sostituirà le
attuali Intese. Inoltre il modo di trat
tare la materia è stato cambiato dal
governo; è stata istituita una commissione all’interno della quale potranno
essere ammessi esperti nominati dalla Tavola; non esiste quindi più un
tavolo di trattativa paritario tra governo e Tavola ma soltanto un surrogato di questo. Tutte queste considerazioni possono motivare un ripensamento nel corso dei prossimi Sinodi, almeno fino al 1994.
D’altra parte nell’ordine del giorno
approvato sono racchiuse una sottile
ipocrisia ed una mera illusione. L’ipocrisia è nelle condizioni che si pongono quando si dice che « i mezzi finanziari relativi vengano destinati
esclusivamente ad interventi di carattere culturale, sociale ed assistenziale in Italia e nei paesi del sottosviluppo », e più avanti quando ci si impegna ad operare perché la gestione
avvenga « con metodi atti a garantire
che i mezzi finanziari non siano utilizzati per fini di culto ».
All’atto pratico, se si usa il denaro
pubblico per le « opere », i soldi delle contribuzioni che prima dell’accettazione delTotto per mille venivano usati per queste possono passare alla
cassa culto; quindi non è un finanziamento diretto ma diviene un finanziamento indiretto al culto. L’illusione
è nell’ultimo capoverso quando il Sinodo impegna la chiesa « a promuovere iniziative dirette alla modifica dei
meccanismi di legge in forme idonee
a consentire che anche altri soggetti
(diversi dalle chiese) possano essere
destinatari delle scelte dei cittadini
contribuenti ». Come si può pensare
che il nostro impegno sia sufficiente
a modificare meccanismi di legge in
presenza di un regime concordatario
che è il peggiore in assoluto e pone
i governi italiani in soggezione rispetto allo stato della Città del Vaticano?
Spero che questo mio contributo
serva proprio a riaprire la discussione in quanto la decisione presa è stata vissuta come « un peso da levarsi
dallo stomaco » sia da parte di chi
ha votato «sì » sia da parte di chi
ha votato <■ no ». Ma le ragioni del
.« no » non sono state né comprese né
dibattute a sufficienza. Queste ragioni
sono contenute nella chiara posizione
di « Carta '89 », autorevole voce serenamente e fortemente anticoncordataria, sia pure nella disattenzione della
maggioranza delle forze politiche. Uno
dei nodi da sciogliere in questa ingarbugliata matassa italiana è il Concordato. Suscitiamo un movimento popolare che arrivi a sciogliere questo
nodo. Diamo forza a « Carta '89 » fino
a poter giungere al referendum popolare per l’abrogazione del Concordato.
Mario Tommasi, Forano Sabino
Personalmente concordo che la genesi di tutta la questione relativa ai
finanziamenti ecclesiastici risieda nel
sistema concordatario in vigore. Il nostro dibattito deve riguardare appunto
il rapporto tra le chiese e lo stato. La
decisione delVS per mille può essere
ovviamente rivista, ma l’iniziativa deve essere prima delle chiese locali e
poi del Sinodo. Ritengo però che fino
a quando ciò non avvenga, occorre lasciare lavorare la Tavola e le commissioni da essa nominate per dare attuazione all’atto sinodale.
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DI LUSERNA S. GIOVANNI - VIA ROMA, 11
LA DEMOCRAZIA
Caro Direttore,
non mi sorprende affatto quanto riportato nell’articolo « La democrazia
non è sufficiente » (n. 41 del giornale)
e la triste realtà non dovrebbe meravigliare nessuno.
La « democrazia » infatti, oltre a
non poter essere perfetta perché organizzata e gestita dagli uomini, limitati e peccatori, può, al massimo, garantire alle popolazioni un certo grado di libertà, il più alto concepibile
da mente umana, ma poi rimane alla
responsabilità degli uomini il come gestire questa maggiore libertà. Le leggi
economiche, in particolare, sono assai dure. Se l’uomo, dopo aver acquistato la libertà, pretende di utilizzarla per godere, subito, di un tenore
di vita paragonabile a quello del vicino
che ricava anche i proventi dell’onesto lavoro e risparmio di alcune generazioni di avi, fa la fine della famiglia il cui capo, dopo mesi di disoccupazione, avendo trovato finalmente un lavoro, invece di pagare i debiti e di far riparare l’abitazione in
cui piove, impegna due anni di retribuzione per comperare una bella macchina, come quella del vicino.
Quando si incomincerà a comprendere che gli « Agnelli » non sono deprecabili pirati, ma benefattori, perché
con i loro guadagni, moite volte superiori alle loro personali necessità,
utilizzano II sovrappiù per creare ricchezza e dare lavoro, io credo che
avremo fatto un bel passo in avanti
per risolvere i problemi economici di
molti paesi, non escluso il nostro.
Certo occorre abbandonare compietamente il concetto dell’egualitarismo,
che tanto danno ha fatto nel mondo
suscitando aspettative irrealizzabili ed
utilizzate dai disonesti per carpire il
voto degli ingenui e conquistare il potere. Egualitarismo infatti significa portare una enorme fetta della disponibilità economica ai consumi, prosciugando le fonti di risparmio ed impedendo gli investimenti, cioè la molla
indispensabile alla produzione di ricchezza. Inaridita la fonte non rimane,
dopo una breve euforia, che la fame
per tutti.
Occorre quindi, secondo me, che
ogni paese, possibilmente con il disinteressato aiuto di qualche generoso vicino, si sforzi di utilizzare la libertà conquistata con un vigoroso ed
entusiasta apporto lavorativo che in
un primo tempo darà pochi frutti, ma
servirà a preparare la strada alle generazioni future. La vita libera, ma
operosa e rischiosa, dei conquistatori
dell’ovest americano, tra l’altro quasi
tutti protestanti, rivissuta in tanti film
phe personalmente ho sempre apprezzato, ci dà, mi sembra, l’esempio
da seguire con pazienza, responsabilità e fede.
La libertà non è sinonimo di benessere. Chi sceglie la libertà; l’uccellino e il leone che fuggono dalla
gabbia sanno perfettamente che li attende una vita piena di rischi e di
pericoli, ma vissuta responsabilmente.
Se avessero preferito il pasto quotidiano garantito sarebbero rimasti in
gabbia! Reto Bonifazi, Terni
«PRIMA PAGINA»
Signor Direttore,
periodicamente ascolto la trasmissione radiofonica RAI - Radio tre - delle
ore 7,30 intitolata <■ Prima pagina ».
Durante la trasmissione di venerdì 15
novembre che era gestita da un giornalista del quotidiano « La Stampa »
di Torino (del quale non ricordo il
nome), un ascoltatore aveva chiesto
per quale motivo i nostri giornali stentano a parlare nei confronti degli evangelici. Mancano del tutto le informazioni in proposito, anche le più elementari.
Il giornalista ha risposto che la colpa deve essere attribuita agli evangelici stessi, che non indirizzano alla
stampa italiana le loro notizie e le
loro argomentazioni.
Questa risposta mi è sembrata sorprendente perché conosco l’esistenza
del « NEV » diretto da Maria Girardet
Sbaffi, che pubblica notizie sull’evangelismo italiano ed internazionale. Crede' Lei che il giornalista di
turno fosse in buona fede? Personalmente ne dubito.
Sono convinto che il NEV sia indirizzato alle redazioni dei quotidiani,
dei settimanali ed alle agenzie giornalistiche. Ciò vuol dire che esiste, come al solito nei nostri riguardi, qualche preclusione in proposito.
Ritengo che l’argomento sia già stato notato dalla redazione. Affido a Lei
l’opportunità di evidenziarlo nel nostro
ambiente ed all’esterno.
Umberto Vedova, Padova
« L’erba si secco, il fiore appassisce, ma la parola del nostro
Dio sussiste in eterno »
(Isaia 40: 8)
Le comunità valdesi di Bari e di
Corato annunziano con tristezza la repentina dipartita di
Ciro Di Gennaro
Bari, 23 novembre 1991
RINGRAZIAMENTO
« L’anima mia s’acqueta in Dio
solo : da lui viene la mia salvezza »
(Salmo 62 : 1) ,
Le figlie, i figli e tutti i parenti di
Eufrosina Volai
ved. Long, ved. Pons
di anni 93
ringraziano di vero cuore tutte le care persone che con fiori, scritti e presenze hanno preso parte al loro dolore.
Un ringraziamento particolare alla
past. Erika Tomassone, alla cara nipote Paola Pons, alle signore Ilda, Wanda e Marita, alla direzione, alle suore
ed alle infermiere della Casa dell’anziano Stefano Fer.
San Secondo^ 23 novembre 1991
RINGRAZIAMENTO
« 7o confido in te o Eterno...
I miei giorni sono in tua mano ))
(Salmo 31: 14-15)
Il 22 novembre, a Livorno, il Signore ha chiamato a sé il pastore
Giovanni Scuderi
La moglie, i figli, i fratelli e le
sorelle con le loro famiglie, addolorati
per l’immatura scomparsa, a tumulazione avvenuta, ringraziano tutti coloro
che hanno partecipato al loro dolore.
Livorno, 6 dicembre 1991
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12
J2 villagrgio grlobale
TORINO, IX EDIZIONE DEL FESTIVAL INTERNAZIONALE
6 dicembre 1991
Cinema giovane,
voglia di conoscenza
Tra l’8 e il 16 novembre si è svolta a Torino la nona edizione del Festival internazionale Cinema giovani.
Per una decina di giorni un’area compresa
tra i portici della centrale via Po, l’università
e la Mole Antonelliana ha visto passare drappelli di giovani artisti e giovani spettatori che
hanno inseguito, programma alla mano, le innumerevoli occasioni per vedere film e video.
Per i più appassionati si è trattato di una ma
ratona estenuante, il programma era ricchissimo (circa 260 titoli).
E’, questo delle produzioni perlopiù indipendenti, delle opere prime, degli esordi, un modo
’’fresco” dì affrontare il cinema come mezzo per
interrogarsi sulla realtà.
I lungometraggi e i cortometraggi, di autori
di cui sì sentirà parlare in futuro, hanno evidenziato alcune linee portanti, per temi affrontati e per scelte espressive.
« Quando la gente ti chiede che
lavoro fai e tu rispondi che lavori nel cinema, la sua reazione
è prevedibile. "Oh, ma deve essere molto interessante...". E sono anche sinceri. Ma poi vai
avanti e precisi che fai documentari e allora ricevi una reazione diversa. La scintilla d’interesse si spegne nei loro occhi e
la conversazione langue. Talvolta
ti chiedono: "Ma non vorrebbe
fare dei film veri?" ».
L’aneddoto è raccontato da
Lindsay Anderson, in un artìcolo del 1957. L’autore, uno dei registi di spicco nel movimento del
nuovo cinema inglese, era sconfortato per il poco interesse dimostrato nei confronti dell’opera documentaria e sociale sullo
schermo.
L’antica divaricazione tra modi diversi di intendere il cinema vedeva la vittoria incontrastata del cinema ”di finzione”.
Le voci indipendenti, o che
comunque tentassero un lavoro
di analisi del reale prescindendo
dalla finzione scenica e romanzesca, narrativa, erano emarginate, come lo sono tuttora dai
grandi circuiti della distribuzione.
Ben vengano allora le iniziative come quella dì Torino, o
come il ’’Festival dei popoli” di
Firenze, che promuovono e diffondono un cinema e una pratica del video finalizzata all’indagine, alla testimonianza, alla volontà di capire la società.
Così, in quest’ultima edizione,
è stato utile e significativo vedere in parallelo i film del "Free
Cinema’’ (1956-1968) e quelli prodotti negli ultimi mesi. Per
esempio La^ marcia su Aldermaston, film collettivo, coordinato
dallo stesso Anderson, sta tra
il cinema-verità e l’inchiesta te
levisiva: racconta di una marcia
antinucleare da Londra alla sede
di una centrale.
Si sentono (era la Pasqua del
’58) frasi che sembrano appartenere al repertorio di un impegno più vicino ad oggi (« La gente vuol conservare il proprio modo di vivere », dice un oratore
in riferimento alla produzione
di energia atomica). Così anche
i cristiani, presso il monumento
ai caduti in Hyde Park, ricordano nei loro interventi il comandamento: ’’Non uccidere”.
Tutto questo appartiene alla
storia di più di trent’anni fa,
ma, grazie al vigore di immagini asciutte e incisive e all’assenza della retorica e dell’enfasi, grazie ad una macchina da
presa che ’’segue” l’avvenimento
mettendo plasticamente in evidenza la ’’fisicità” di un corteo,
l’aggregarsi e rincontrarsi di
gente diversa viene a noi in
presa quasi diretta.
Se con un balzo piuttosto ardito guardiamo qualche film o
video di oggi, rimaniamo stupiti di trovare la medesima incisività in opere che pongono un
personaggio, solo, di fronte alla
telecamera, sollecitato a raccontarsi (non solo con la parola e
il racconto, ma con il gesto, la
smorfia, l’esitazione, il disagio
o il ’’feeling”) o delle storie anche piccole e tuttavia coinvolgenti. Finzione che sappiamo
però essere realtà quotidiana.
E’ il caso della Storia di Leo,
11 minuti ù. tutto su un ragazzo di periferia che si prostituisce. Una traversata dalla quasi-cintura torinese alle vetrine
più centrali, alla ricerca di incontri, di un modo meno noioso
per passare il tempo. E’ il caso,
sul versante del cinema-video-verità, dei lavori prodotti dalla
’’Scuola video di documentazio
Una scena da Come vinsi la guerra di Richard Lester (1967),
film sugli "eccessi del patriottismo”, che appartiene alla corrente
detta (ma in maniera limitativa) del "Free Cinema".
Sotto questo cappello si individua la produzione cinematografica inglese degli anni 1956-68, produzione che ha rappresentato una
svolta, una "nuova ondata”, come in altri casi nazionali (la "nouvelle vague” francese nasce pressappoco nel ’58 e si mantiene come
gruppo per una decina d’anni, allorché comincerà ad affermarsi
il nuovo cinema tedesco).
A queste "scuole" (termine eccessivo e troppo rigido) ha dedicato fin dalla prima edizione una grossa attenzione il Festival:
proprio perché esse rappresentano, anche retrospettivamente, dei
periodi, dei nuclei di idee originali, esordi, che hanno influenzato
il cinema mondiale. Fino ai prossimi autori, scoperti magari grazie
a Cinema giovani.
ne sociale”: Angela (7’30) e Rsal
Falcherà F.C. (38’) ci mettono di
fronte rispettivamente a una pensionata (con la striminzita ’’sociale”) che gioca sistematicamen-’
te metà della somma al lotto,
seguendo le indicazioni del marito morto che le appare in sogno; oppure ad un’intera squadretta che prima di giocare la
partita di un torneo si confessa
alla telecamera.
Poi ci sono i problemi non risolti: problemi polìtici che passano attraverso l’espressione del
mezzo cinematografico. Così in
Il trasloco, storia vera dello sfratto intimato a Franco Berardi,
"Bifo”, leader del movimento studentesco, lo sgombero dei locali
di una casa diviene occasione
per riflettere su quanti vi hanno
abitato negli anni ’70, sulle lotte
condotte insieme, sulle sconfitte.
Oltre al senso dell’umorismo,
raro negli ambienti di questo
tipo, in genere autocelebrativi
oppure imbevuti di ansia di
sconfessare il passato, è notevole in questa ora e un quarto di
film la capacità di evocare stati d’animo assemblando i materiali visivi in maniere diverse.
C’è l’oggi, il trasloco, le interviste che sciorinano i ricordi, ma
ci sono i materiali di repertorio
(cortei, manifestazioni, Mirafiori): per lo più in bianco e nero,
sono sottoposti a elaborazioni
elettroniche dell’immagine, che
è resa sfumata, ’’granulare”, ad
evidenziare la distanza che ci
separa da quei tempi. Si nota
qui l’impotenza, nella fase attuale, a fare i conti fino in fondo: e infatti mancano, nei commenti, i giudizi lapidari, le sentenze; sono molti i dubbi, questo sì, e nel 1991 è già un risultato notevole. Poi c’è il domani,
ovvero le immagini dei Tg durante la guerra del Golfo. R’
già passato anche quello, ma è
un’anticipazione delle coordinate
future che dovrebbero reggere
le sorti del mondo.
Non c’è solo l’analisi, al Festival: c’è anche la ribellione,
anarchica, eversiva, come quella
del gruppo ’’Terapia dura”, che
nel video di montaggio Sorvegliare e punire assembla sequenze
di film dell’orrore, porno, documentari sull’orrore cronachistico,
dagli esperimenti su animali
alla sedia elettrica, ai film
hollvwodiani al Settimo sigillo
di Bergman. La forza di questo
’’video-shock” sta nell’eliminazione delle colonne sonore, sostituite con la musica ’’industriale”
prodotta dagli autori. E’ in questo scarto, che ci obbliga a seguire con più attenzione le immagini che si disvela un processo di abitudine, di consuetudine all’orrore che ci fa perdere di vista la realtà. Giorno per
giorno, regolarmente, come dice
una nota pubblicità.
La realtà non la perdono di
vista neanche i lungometraggi
di finzione (film veri e propri,
quelli che gli spettatori riterrebbero i ’’veri” film) in concorso
a Torino: su tutti L'età maggiore, della portoghese Teresa
Villaverde (classe 1966): un ritratto poetico e affettuoso di un
ragazzo il cui padre è in guerra
in Mozambico, sul finire della
dittatura.
lif Li
Londra-Aldermaston: gli sguardi della folla al corteo.
PARLA UN GIOVANE AUTORE
L’umanità del
quartiere-ghetto
Enrico Verrà ha realizzato
« Reai Falcherà F. C. » insieme
a Giacomo Ferrante e Renato
Ricatto. Con lui cerchiamo di capire come è nato il film.
— L’idea da cui siamo partiti
era quella di rendere questo microcosmo che è una squadra di
calcio, e di utilizzarlo come cartina di tornasole per capire un
quartiere ghetto della periferia
di Torino e la vita al suo interno. La Falcherà (quartieredormitorio operaio, costruito all’imbocco dell’autostrada per Milano, ndr) è costruita letteralmente e scientificamente come
un ghetto: c’è una strada per
entrare e una per uscire.
Allora volevamo capire quale
fosse l’universo culturale di queste persone, il loro tipo di sensibilità, il loro approccio alla vita.
Però, a giudicare dal risultato, non avete seguito la
strada dell’inchiesta televisiva a cui siamo abituati...
— Più che di un’indagine si
può parlare di un ritratto, nel
senso che rispetto ai servizi giornalistici classici e alla rapidità
e superficialità dell’informazione
televisiva (che non approfondisce più di tanto ciò che sta dietro ai fatti) abbiamo fatto un
percorso inverso: volevamo scavare più in profondità. Volevamo far emergere tutta la dignità di queste persone: anche di
fronte ad aspetti della vita molto duri, come la droga o la disoccupazione, non si può guardare a questi giovani come a
bestie rare. Bisogna soprattutto
incontrarli e conoscerli. Più che
un documentario questo è il
racconto di una serie di incontri. Questi giovani, non politicizzati, che non sanno nulla delle
lotte operaie dei loro padri,
hanno molte cose da dire, una
umanità e una profondità, pur
nel disagio e nelle incongruenze dei loro « modelli »: uno di
loro ha lasciato la ragazza per
andare a vedere il Milan, ma un
altro alla domanda su cosa vorrebbe fare se avesse dei soldi,
tanti soldi, risponde che non
vorrebbe investire, capitalizzare.
ma viaggiare, girare il mondo,
conoscere.
Insomma, la chiave dell’operazione sta nel rapporto
che avete stabilito con loro,
in modo che loro raccontassero poi se stessi...
— Sì, ed è stato fondamentale che uno di noi tre abitasse
alla Falcherà, li conoscesse tutti: è stato lui tra l’altro ad avere l’idea di girare il video. Il
fatto poi di usare un mezzo tecnico come una telecamera Video 8, estremamente leggera e
agile, ha fatto sì che la « troupe » fosse ridotta al minimo:
uno faceva le riprese, uno il « regista », uno sistemava le luci,
a rotazione; questo è stato un
elemento di democrazia nel nostro modo di lavorare. Nel cinema « grande » è ovviamente
impossibile.
Il vostro video è stato realizzato nell’ambito della
« Scuola video di documentazione sociale »: qual è il « metodo » di questa scuola, diretta dal regista Daniele Segre e dal critico Gianni Volpi?
— La sovrabbondanza di informazioni che passano per immagine m televisione rischia di
ottundere lo spettatore. Allora la
scelta della scuola è quella di
lavorare sul racconto di una storia, personale o collettiva, attraverso l’approfondimento.
Forse per questo la selezione
preliminare per l’accesso al corso (tre anni, nei quali bisogna
produrre delle opere originali,
10 le persone che entrano all’anno) si basa non tanto sulle competenze tecniche, quanto sull’interesse che il candidato può avere per la società, la voglia di
capirla.
Poi si incomincia a lavorare
subito, e contemporaneamente si
realizzano incontri con operatori sociali (come il gruppo Abele), con i sindacati,, con tutto ciò
che consente una verifica continua su quel che studiamo e facciamo. « Rsal Falcherà F. C. » è
riuscito, speriamo di continuare così.
A. C.
Alberto Corsani L n adolescente alla ricerca di se stesso (”On my own", Io solo).