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Bibbia e attualità
LA PROMESSA
«Osanna al Figliuolo di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del
Signore! Osanna nei luoghi altissimi».
Matteo 21,9
La parola «globalizzazione» descrive il processo di indebolimento del
potere economico delle singole nazioni
e la formazione di entità transnazionali che, nell’accanita competizione
tra loro, impongono al mondo i propri
valori. Quali valori? La flessibilità, l’efficienza, la produttività, la competitività, rutilirà. Questi valori invadono
anche le altre sfere della vita umana.
Una delle conseguenze di tale processo
è lo «spaesamento». I singoli individui
si trovano quotidianamente di fronte a
problemi complessi, a domande difficili e non hanno più a disposizione un
centro di gravità. Le domande sono
sempre più forti e le risposte sempre
più deboli. Le difficoltà diventano universali mentre il pensiero si contestualizza. 1 localismi di questi ultimi anni
non sono altro che la fatica di chi vuole amministrare lo spaesamento tracciando dei confini visibili che vanno
dal proprio talamo, passando dal maceilaio, alla banca e fermandosi al loculo di famiglia. La nostra scommessa
è credere che ci sia ancora spazio per
una fede con ambizioni universali e
che sia ancora possibile parlare della
promessa di Dio per il mondo.
L’ENTRATA di Gesù a Gerusalemme
e la drammatizzazione della promessa. Gesù non fa delle promesse,
mette in scena la promessa. Dice, ma
senza parole, che i destini di Dio e
delTumanità si intrecciano. Dice che il
destino di ogni persona è legato a
quello di un altro. Infatti la parola
«promettere» significa riconoscere una
relazione imprescindibile con l’altro.
La promessa è una categoria relazionale, si può esprimere solo nello spazio delle relazioni umane. La promessa è la scelta di porre l’altro come il limile al proprio potere, è l’impegno di
prendersi cura deU’altro. Chi fa una
promessa ha stima di sé, riconosce a se
stesso rabilità di promettere, dunque
ama umilmente se stesso. Si accetta
con i propri limiti, è pietoso verso se
ste.s.so, si perdona. Ma chi fa una promessa si assume una responsabilità di
fronte all’altro, ma ancor più mette
sul proprio conto le sue azioni. L’entrata di Gesù a Gerusalemme rappresenta l’umile amore che Cristo aveva
verso se stesso. Cavalca un asino e poiché la radice della parola asino ha in
ebraico anche il significato di «materia rozza», sta a significare che il Messia governa se stesso, ha ben strette le
sue stesse briglie. La fretta con la quale
vogliamo far morire il Cristo, ci fa
spesso dimenticare che Cristo è venuto
innanzitutto a vivere per noi. IlMpsia
non chiede l’oblio del proprio sé, il dono di sé, ma il governo di se stesso.
\JELLO stesso tempo, l'entrata di
i V Gesù a Gerusalemme rappresenta un atto di grande responsabilità da
parte di Gesù. La gente per la strada
grida «Osanna», che tradotto dall
ebraico vuol dire: per favore salvaci.
Gesù sa qual è il significato simbolico
del suo gesto, sa di essersi assunto la
responsabilità di essere il Messia.
Quella festa improvvisata alle porte
della città è diventata una drammatizzazione della promessa, ora Gesù
non può tirarsi indietro. Cori la croce
la promessa di Dio di legare il proprio
destino con quello dell’umanità giunge al capolinea. L'entrata di Gesù a
Gerusalemme assume quindi un preciso significato simbolico e se l’economia mondiale diventa impersonale e
irresponsabile, la promessa di Dio attraverso il Cristo sull’asino chiama al
governo di sé e alla responsabilità
verso l’altro.
Raffaele Volpe
Sli i IIMANAU: IM.Ì.LE ( IIIKSK 1 \A\t;i I.ICHE BATTISTE, MKTODISTE, VALDESI
È ri6C6Ssaria una nuova logge per arginare lo sfruttamento sessuale dei minori
Infanzia abusata e sfruttata
Le leggi attuali non prendono in considerazione i fenomeni agghiaccianti dello sfruttamento
sessuale e pornografico di bambini in tenerissima età e del cosiddetto «turismo sessuale»
MARCO BOUCHARD
E proprio vero che oggi siamo disarmati di fronte al fenomeno
imperversante della pedofilia? Sono davvero necessarie nuove norme repressive, senza le quali i pedofili avrebbero garantita l’impunità? E se dobbiamo fabbricare delle leggi apposite quali sono esattamente i comportamenti che vanno
puniti? Diciamo subito che, per
combattere sia le persone che abusano sessualmente dei minorenni
sia le persone che sfruttano le loro
prestazioni sessuali, l’Italia ha due
leggi utili. Una è recentissima e punisce tutte le forme di violenza sessuale. Inizialmente concepita soprattutto per meglio proteggere le
donne, questa legge è stata adattata all’esigenza di tutelare con particolare attenzione i bambini anche
nel corso dei delicati accertamenti
processuali. L’altra legge è anzianotta ma famosissima: è la legge
Merlin del 1958 che prevede il reato di sfruttamento della prostituzione con pene raddoppiate se ad
essere sfruttati sono i minori di anni ventuno (nel ’58 si diveniva
maggiorenni a 21 anni).
In realtà queste due leggi non
bastano: nessuna delle due, infatti,
prende in considerazione un fenomeno agghiacciante come quello
dello sfruttamento sessuale di
bambini in tenerissima età che,
quarant’anni fa, non era neppure
immaginabile. Il minimo della pena previsto dalla legge Merlin è
tutto sommato basso e non a caso
le attuali proposte di legge tendono a un vistoso aggravamento delle sanzioni. La legge penale, indipendentemente dalla sua efficacia
concreta, ha sempre un alto valore
simbolico che va salvaguardato:
credo sia giusto, pertanto, che una
nuova legge penale descriva questo nuovo fenomeno e contempli
delle pene rigorose.
La necessità di una legge nuova
dipende, inoltre, dal carattere internazionale dello sfruttamento
sessuale al punto che è stato coniato il termine «turismo sessuale» per
definire i viaggi, soprattutto in
Oriente, appositamente predisposti dai pedofili per soddisfare la loro perversione. In realtà è sempre
più evidente che questo turismo
sessuale, lungi dall’essere circoscritto, consiste nella destinazione
al mercato del sesso di masse di
bambini da parte di tentacolari organizzazioni criminali che non
possono non avvalersi dell’intesa
complice di qualche operatore turistico. Se in astratto l’abuso sessuale dell’adulto italiano in danno
di minori all’estero è perseguibile,
oggi la strada per processarlo è intricata. Una legge, peraltro, non
servirebbe solo a semplificare le
procedure ma anche a criminalizzare chiunque favorisca in Italia
forme anche solo propagandistiche
di questo tipo di turismo.
L’ultima ragione a favore di una
nuova legge riguarda la necessità di
contrastare la pornografia che riproduca le immagini dell’infanzia.
Per la produzione, il commercio e
la detenzione di questo materiale
oggi è prevista una pena ridotta da
tre mesi a tre anni di reclusione
proprio perché l’obiettivo della
normativa, ormai desueta, era ed è
la protezione della decenza. Una
legge sulla pornografia infantile sarebbe invece mirata a proteggere
non la moralità pubblica ma il
bambino reale che è o rischia di essere sessualmente sfruttato.
Quest’ultimo aspetto è senz’altro il più delicato perché, come
possono intuire i lettori attenti ai
diritti di libertà, il confine tra la
protezione del bambino e il moralismo (quando, ad esempio, l’immagine riproduca un/una sedicenne) non è sempre chiaro. Se,
infatti, sul piano della morale interiore possiamo ritenere riprovevoli
forme di perversione diverse tra
loro non possiamo certo mettere
sullo stesso piano della legge penale il voyeurismo e la pedofilia.
Nòn possiamo neppure nasconderci come l’ansia di erigere delle
barriere penali contro lo sfruttamento sessuale di minori riveli, in
realtà, una doppia, sconfortante
tendenza: una nuova tragedia per i
paesi del Sud del mondo e una grave caduta dei sentimenti sociali,
intesi come capacità di stabilire dei
confini e delle zone di rispetto soprattutto verso i più indifesi. Abbiamo già conoscenze a sufficienza
per sapere che il pedofilo adulto è
stato, nella maggior parte dei casi,
un bambino affettivamente deprivato se non addirittura abusato
sessualmente. E sappiamo anche
quanto la perversione possa manifestarsi in assenza di relazioni e di
modelli sociali positivi. Queste conoscenze ci consigliano di non delegare alla norma penale compiti
di educazione sociale che pretendono, al contrario, un nostro intervento personale e diretto nell’ambiente che ci circonda.
Consiglio Fcei
L'insegnamento religioso
nella scuola pubblica
Il Consiglio della Federazione delle chiese
evangeliche in Italia
(Fcei), che si è riunito a
Roma il 30 novembre-1“
dicembre, ha discusso
fra l’altro il problema
dell’insegnamento religioso nelle scuole pubbliche (quello confessionale cattolico e quello,
auspicabile, aconfessionale del fatto religioso),
il significato della laicità,
il rapporto fra scuola
statale e scuola privata.
In una delibera che avanza alcune proposte
per precisare la posizione della Fcei in materia,
anche in vista di un possibile incontro con il mi
nistero della Pubblica
istruzione, si afferma fra
l’altro la «necessità che
in una scuola che pretende di raggiungere
una qualità e un livello
adeguato all’Europa lo
studio del fatto religioso
e delle sue confessioni,
con la storia dei popoli e
delle culture, non sia di
fatto assente ma faccia
parte organica dei programmi e possa esplicarsi con la dovuta importanza, 0 nell’ambito
delle attuali materie storico-filosofi co-letterarie
0 in altri spazi specifici,
qualora la preparazione
universitaria dei docenti
lo renda possibile», fnev)
Barra, periferia di Napoli
Uccisa «per amore»
una giovane evangelica
Prima Davide Sennino, ucciso per un motorino, poi la piccola Angela, scomparsa sul Monte
Faito, ora un nuovo tragico evento ha richiamato l’attenzione della cronaca napoletana sulle
comunità evangeliche. Il
5 dicembre, poco dopo
le nove di sera, una strage si è consumata nel
difficile quartiere periferico napoletano di Barra.
Andrea Veneruso, 25 anni, dopo essere stato respinto per l’ennesima
volta dalla sua ex fidanzata, ha sparato a raffica
contro Annunziata Lauro, di appena 21 anni, e i
suoi familiari. Sono mor
te la ragazza, la madre di
lei e sono rimasti feriti il
padre e due cugini.
Quella sera Nunzia e la
sua famiglia ritornavano
a casa dopo un culto della chiesa pentecostale libera di Barra, che frequentavano ormai da
qualche mese. Pare che
Andrea Veneruso colpevolizzasse la comunità
evangelica di aver svolto
un ruolo nella fine del
suo rapporto con l’ex fidanzata. I funerali si sono svolti in forma molto
riservata nella chiesa
evangelica di corso B.
Buozzi l’8 dicembre. Il
culto è stato tenuto dal
pastore Pietro Varrazzo.
LA DANZA COME ESPRESSIONE SPIRITUALE E DI FEDE. In una nostra intervista al noto coreografo Luciano
Gannito, che ora sta preparando uno
spettacolo per il teatro San Carlo di
Napoli dedicato a Donizzetti, si afferma la necessità di collegare sempre la
propria professione secolare con quella di fede. In questo senso anche la
danza può essere utilizzata efficacemente come espressione della liturgia
cristiana. Luciano Gannito è membro
della Chiesa evangelica battista di Roma-Garbatella. (pag.3)
PARIGI DI NUOVO SOTTO I COLPI
DELL'ESTREMISMO ISLAMICO. Do
po un anno di calma apparente, il
terrorismo islamico è tornato a colpire la capitale francese. Un anno fa,
sette attentati avevano insanguinato
il mètro e le piazze di Parigi facendo
10 morti e 130 feriti. Ora riprende il
terrore, importato dalla vicina Algeria, dove la situazione continua ad essere molto grave e tesa, perché l'ex
paese colonizzatore viene accusato
dal Già (Gruppo islamico armato) algerino di essere complice degli «empi» al potere ad Algeri. (pag.10)
2
PAG. 2 RIFORMA
All’As
Della
venerdì 13 DICEMBRF 1,
é
«Quando il Figlio
dell’uomo verrà
nella sua gloria
con tutti gli angeli,
prenderà posto sul
suo trono glorioso.
E tutte le genti
saranno riunite
davanti a lui ed
egli separerà gli uni
dagli altri, come il
pastore separa le
pecore dai capri; e
mette le pecore alla
sua destra e i capri
alla sinistra. Allora
il re dirà a quelli
della sua destra:
“Venite, voi, i
benedetti del Padre
mio; ereditate il
regno che v’è stato
preparato fin dalla
fondazione del
mondo. Perché ebbi
fame e mi deste da
mangiare; ebbi sete
e mi deste da bere;
fui straniero e mi
accoglieste; fui
nudo e mi vestiste;
fui ammalato e mi
visitaste; fui in
prigione e veniste a
trovarmi”.
Allora i giusti gli
risponderanno:
“Signore, quando
mai ti abbiamo
visto affamato e ti
abbiamo dato da
mangiare? (...) E il
re risponderà loro:
“In verità vi dico
che in quanto lo
avete fatto a uno di
questi miei minimi
fratelli, l’avete fatto
a me”. Allora dirà
anche a quelli
della sua sinistra:
“Andate via da me,
maledetti, nel
fuoco eterno,
preparato per il
diavolo e per i suoi
angeli! Perché ebbi
fame e non mi deste
da mangiare; (...)
Allora anche questi
gli risponderanno,
dicendo: “Signore,
quando ti abbiamo
visto aver fame, o
sete, (...) e non
ti abbiamo
assistito?”. Allora
risponderà loro:
“In verità vi dico
che in quanto non
l’avete fatto a uno
di questi minimi,
non l’avete fatto
neppure a me”.
Questi se ne
andranno a
punizione eterna;
ma i giusti a vita
eterna»
(Matteo 25,31-46)
IL SERVIZIO CHE CI È RICHIESTO
La salvezza non è, per molti aspetti, un affare religioso. La dimensione laica
del giudizio di Dio è fondamentale per capire come dobbiamo vivere il servizio
PAOLO SPANO
J) ASTORE, saremo pochi
ni a godere della salvezza nel Regno di Dio, non è vero?
Non dice infatti il Signore:
“Molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti”? E non dice egli
ancora: “...molti cercheranno
d’entrare per la porta stretta...
ma non potranno”? (Matteo
22,14 e Luca 13,24)».
«Forse no, caro fratello! O forse pochini, sì, ma dei cristiani.
Chi lo sa che dall’altra parte della nostra realtà non troviamo
qualche sorpresa: prostitute,
imbroglioni, secolarizzati vari,
filosofi scellerati, religiosi di
ogni genere e colore, miriadi e
miriadi, che affollano il gran
convito del Padre e solo qua e là
qualcuno di quelli che normalmente si chiama “salvato”. Pochi sono gli eletti, non i salvati! È
un’impressione, chissà!».
qualche dubbio sul senso e il
valore della propria esistenza.
C’è chi lo fa solo di sfuggita, c’è
chi lo fa solo in momenti drammatici, come ad esempio davanti alla morte, c’è chi lo fa distrattamente ma c’è chi lo fa nei
tormentati pensieri sull’essere e
resistenza nel tempo. E se c’è la
ricerca di senso e di valore nella
vita, inevitabilmente si deve
presupporre che c’è l’esigenza
del giudizio.
La dimensione laica
del giudizio
La salvezza
riguarda il mondo
Questo tipo di conversazione, un po’ fuori dal mondo,
non è rara per chi deve far quadrare la propria onesta teologia
con le ansie e le apprensioni di
persone che temono, in tutti i
sensi, il Signore. In altre parole,
non è raro che un pastore si trovi a dover parlare della salvezza
di Dio sforzandosi di evidenziare che essa non è un affare di
chiesa, ma riguarda il mondo.
La salvezza non è, per molti
aspetti, un affare religioso, ma
un dramma che riguarda il
mondo, vi è un aspetto laico
della salvezza.
Tutti gli esseri umani, presto
o tardi nella loro vita avanzano
Preghiamo
Padre, dacci una fede così ingenua da far posto alla
sorpresa della tua Grazia. Apri gli occhi nostri alTimmensa grandezza, alla profondità da perdifiato del tuo
disegno di salvezza. Illumina le nostre menti della tua
luce sfavillante, perché siamo pronti ad accogliere la
tua venuta nella nostra storia, nella storia del mondo,
come nei nostri cuori e nella nostra vita.
Anche se non avremo mai la soddisfazione di saperlo, facci strumenti della tua misericordia verso questo
mondo, così che anche noi, come bambini, spalanchiamo un giorno gli occhi increduli alla immensità e
alla giustizia del tuo Regno.
Signore, non permettere che alcuno sia destinato alla punizione eterna, perché la tua vita è più forte della
morte. Amen
IL nostro passo è notevole,
perché ci dà la dimensione
laica del giudizio che precede
l’incontro con il re. Non vi è
nulla di religioso nei criteri di
cernita applicati dal re; non vi è
nulla che richiami l’elezione di
un gruppo religiosamente connotato; tutti, di fronte a quello
che fa il re, possono essere o benedetti (V. 34) 0 maledetti (v.
41). È il senso della diatriba di
Paolo in Romani 2, 5b-16. Sono
passi che gettano una luce chiarissima sul Dio che giustifica i
giusti (Romani 2, 13). E i giusti,
in modi e con connotazioni diverse sono dappertutto.
Ma come si applica il giudizio
di Dio rispetto a tutta l’umanità,
prescindendo dalla fede religiosa e senza contraddire la sfera
dell’elezione? 11 nostro passo ci
dà tre suggerimenti, che sono
poi anche una forma di direttiva. 11 giudizio di Dio prescinde
dalla coscienza che gli umani
hanno della loro giustizia. La
parabola del re enfatizza il tema
della sorpresa dei «benedetti» e
dei «maledetti». Perché la coscienza ci accusa e ci scusa ma
non giustifica (Romani 2, 15).
Anzi, talora la nostra coscienza
è del tutto incosciente, come si
vede in questa parabola. Ma il
Signore veglia e non permette
che nulla si perda del bene che
egli ha preparato.
ai dimenticati, agli sciagurati
delle masse di migranti, rifugiati, morti di fame, di sete, di freddo sotto il peso delle catene. Ma
la decisione di grazia si vede anche a un altro livello. Non è che
chi è solidale dei dannati della
Terra sia poi tanto felice e gratificato nella sua condizione, in
sé. Anzi! Che terribile, faticosa e
ingrata condizione è quella di
chi cerca di lottare, in mezzo ai
minimi, per il loro riscatto: normalmente è oggetto di ingratitudine e spesso è schiacciato
dal peso della sofferenza e della
miseria, materiale e spirituale. 1
poveri, infatti, sono spesso dei
miserabili e chi li aiuta sono gli
eterni sconfitti delle nostre società. La beatitudine dei solidali
non è insita nella loro solidarietà, ma sta nella sorprendente
dichiarazione del re: «Venite benedetti». Questo invito è di per
sé un atto di grazia.
In terzo luogo, come abbiamo
già detto prima, il giudizio di
Dio ricomprende tutte le genti.
Non soltanto i cittadini del regno, ma tutti. Come a dire: il regno non è soltanto per gli eletti,
ma per tutti coloro che il re
chiamerà «i benedetti».
L’aspetto laico del giudizio di
Dio è fondamentale per capire
come dobbiamo vivere il servizio all’umanità che soffre. Perché alla laicità del giudizio deve
corrispondere la laicità del servizio. La nostra parabola ci dà
tre indicazioni in proposito.
non cerca il proprio interesse
(poiché è carità), è la prima, rara
caratteristica del servizio da rendere ai minimi, anche da parte
dei cristiani.
Che cosa è il bisogno?
IN secondo luogo la solidarietà
dev’essere orientata soltanto
dal bisogno. Sembra un’owietà,
eppure la questione dei bisogni,
poiché implica giudizi di valore
(che cosa è bisogno, come lo si
misura), è questione delicata.
Quante volte abbiamo detto a
chi cercavamo di aiutare: «Tu
non hai bisogno di danaro, perché poi lo spendi per ciò che
non è pane» (Isaia 55, 2). Quante
volte ci siamo astenuti dall’aiutare una persona perché presumevamo che le avremmo fatto
più male che bene! Ma chi sa veramente che cosa è il bisogno e
quanto grande esso è? Eppure,
chi serve deve prendersi l’onere
di scegliere tra il bisogno di chi
chiede e il concetto di bisogno
di chi dà. Qui sta il rischio e il
dramma dell’aiuto ai bisognosi.
Fare il bene
per il bene
Servizio
disinteressato
Un atto di grazia
IN secondo luogo il giudizio è
fondato su un atto di grazia
preliminare e cioè il re assume i
minimi come suoi fratelli e dimensione del criterio di giustizia del re. 1 minimi non sono il
luogo privilegiato di Dio per loro natura, ma lo sono perché
Dio ha deciso di «annichilire se
stesso» (Filippesi 2, 7) e quindi,
se lo trovi, lo trovi in mezzo agli
umili, ai mansueti, ai perdenti.
INNANZITUTTO la solidarietà
deve essere disinteressata.
L’assenza di consapevolezza di
aver fatto del bene al re non è altro che la metafora del disinteresse che deve essere così radicale da escludere che si sappia di
aver reso un servizio. Questo radicale disinteresse nel fare il bene sembra ignoto alla missione e
all’evangelizzazione basate sul
criterio numerico. Le chiese e le
religioni organizzate hanno troppo spesso preteso di avere successo numerico strumentalizzando il servizio sociale e la solidarietà umana. Dai paesi dell’Est
europeo ci vengono triste nuove
su questo vizio dei religiosi cristiani alla conquista deH’Oriente!
Ma anche le grandi chiese stabilite non sono da meno nell’ansia
di riconquista di masse perdute.
Il disinteresse, umile, mite, che
La terza indicazione è che il
servizio e la solidarietà non
discriminano a priori quelli che
sono degni o quelli che sono indegni. L’ignara sorpresa «Quando mai...?» implica che chi ha
fatto del bene lo ha fatto senza
separare chi era degno di un
bicchiere d’acqua da chi non lo
era. Gli assettati, gli affamati, gli
ignudi e i carcerati non hanno
la tessera della mensa dei poveri, sono lì e basta! In un certo
senso chi li aiuta deve avere
quella pazza ingenuità di chi
getta il pane sulle acque non sapendo se ciò servirà a qualcuno
0 a qualcosa.
In conclusione, il giudizio si
basa sul bene che si è fatto semplicemente perché era il bene
che ci era richiesto. Punto e basta: bene per il bene. Mi domando se l’attesa del Signore, allora,
non debba essere vissuta in questo modo laico, con l’unica speranza che nella sua grazia il
grande re ci chiami tra i benedetti del Padre a eredare, in
mezzo agli altri, il regno del Signore, che ama il mondo e fa
piovere indifferentemente sui
giusti o sugli ingiusti.
Terza di una serie di quattro
meditazioni (3" di Avvento)
Note
omiletich
Questo passo si coli
tra quelli che vedono
sù, al termine del suo*
nistero, pienamente
sapevole che lo sconto
atto non permette m»
misure o attenuanti ^
riche. Il giudizio è
uno spazzaneve: o sia
qua o si sta di là. |uijj
colloca la parabola*
giudizio (ma è una pj
boia o un'allegoria?)'^
contesto apocalittico
tra i vv. 31-33 e il v.'iis’
noti che il soggetto'
questi versetti è il fu
deiruomo, mentre il «
tagonista della parabofe
VENER
il Re che amministra;
giustizia in luogo di«
padre (v. 34). Ma si noti;
tresi che anche la parala
ha chiari segnali di nati
apocalittica.
Dunque si possonoli
due tipi di lettura, osij
glie questo passo cornei
scrizione realistica del gl
dizio finale e sulla scoi
delle sue varie parti sio
ca di descrivere quale sa
il futuro dell'umanità, 0
pure lo si legge come'ij
tafora drammatizzata J
giudizio di Dio già inai
nel momento storico di
stiamo vivendo, senzai
scindere, però, che ciò eli
Dio rivela di sé oggi.i
termini di grazia e di gii
dizio non sia attuale sem
pre nella storia e oltreI
storia, lo ho scelto la se
conda impostazione. Fai
ciò questo per i seguen
ordini di ragione: 1) pe
ché la lettura descritto
delle immagini apocalitt
che tradisce -a naturai
questo genere letterari
(sarebbe come leggere»
brano poetico come sefo
se una relazione ammin
strativa di un'assembleai
condominio). 2) Perchéii
questo modo non è nera
sario armonizzare le vari
scene apocalittiche che*
trovano nella Bibbia, mas
può apprezzare l'origina
lità di ciascuna immagini
per sé e al tempo stesso!
varietà dell'insieme.)
Perché i chiaroscuri di tipi
manicheo tipici di quest
letteratura ignorano
messaggio di grazia dii
abbiamo ricevuto da Dii
in Cristo. 4) Perché la visi»
ne apocalittica pone lai
mensione del giudizio fuo
ri dell'agire e della storia
degli umani, mentre il Signore Gesù ha chiaramente rivelato che il giudizioè
insito nel male che il peo
cato determina, perchécH
non crede è già giudicato
nel suo non credere. Questa successione (opere malvagie, apparente successo
delle forze del male, scontro con le forze del bene,
giudizio dopo la vittoria,
punizione inesorabile, imperdonabile ed infinitache dà al tempo cronologico del nostro mondo una
dimensione trascendente
che non è compatibile con
la nozione di tempo che
prevale nella Bibbia a pto
posito dell'eternità di Diu
è schematica e non rende
conto della sovrana indefettibilità della grazia
Dio rivelata in Cristo.
Avendo fatto questa
scelta, allora le varie patti
di questo piccolo drarrima
diventano metafore di situazioni, di realtà, di f
chiami che attengono
nostro vivere quotidiano
alla speranza che abbiamo
in Cristo. La letteratura
apocalittica, in tal modo,
colorisce, esalta e rafforza
la fede dei credenti e la
pone in una prospettiva
cosmica, senza della qua
il nostro agire quotidian
può diventare tti°ralistic
o semplicemente «petb
nistico».
Per
approfondifÉ
- G. Girardet, La Bibbia
perché, Claudiana 1996
- AA. W., Matteo, Mondadori, Oscar, 1973.
- Commentari al 1°
gelo.
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Intervista a Luciano Gannito, coreografo e credente evangelico battista
Esprìmersi attraverso il corpo degli altri
La professione e la militanza della fede devono entrare in rapporto sia nell'arte
che in ogni altra attività. La danza è una forma comunicativa anche per la liturgia
ANNA MAFFEI
HO incontrato Luciano
Gannito a Napoli dove
sta preparando con Roberto
Re Simone uno spettacolo per
il teatro San Carlo, dedicato a
Donizzetti. Luciano Gannito,
che conosco da molti anni per
essere figlio di Graziano, pastore della mia prima chiesa,
ha intrapreso con successo la
difficile carriera di coreografo. I suoi lavori sono attualmente in programmazione in prestigiosi teatri europei. Vive a Roma ed è membro
della chiesa battista di RomaGarbatella.
-Da dove nasce il suo lavoro di coreografo?
«Dal gusto e dalla voglia di
ballare, e ballare è un modo
di comui'icare sempre più
lontano dalla nostra cultura
dove i comportamenti del
corpo sono spesso molto formali. Io ho subito il fascino di
questa arte che sa esprimere
e comunicare qualcosa che
esula e va olire le parole».
- Immagino che cpiesta decisione sia stata sentita dalla
sua famiglia come una stravaganza. ..
«Forse per questo l’ho presa, sono sempre stato una
persona molto curiosa e 1’
idea di ■iscire dai canoni non
mi dispiaceva. E poi io non ci
trovavo niente di male. Se
una cosa la fai con grandi
sinceìità e con passione riesci a convincere anche gli altri intorno aie».
- Tuttavia l’arte e lo spettacolo in genere sono nel comune sentire collegati ad una
certa ambiguità di comportamenti morali...
«Proprio perché viviamo in
una società così distaccata
dall’arte del movimento,
questo collegamento negativo lo senti di più se fai danza
che se fai musica o canto. La
danza come forma canonica
di spettacolo ha solo 2-300
anni, la musica ne ha molti di
più. Prima la danza era una
forma di espressione popolare, per questo era spesso considerata (rasgressiva».
- Nei mondo della Bibbia
però la danza era un modo
molto diffuso di esprimere la
fede...
«Sì, quello che dicevo era
riferito alle culture occidentali moderne. Al contrario la
danza è una delle forme di
rappresentazioni rituali e artistiche più antiche. Uno dei
massimi coreografi, il direttore del “Neederland dance
theatre”, è andato per tre
mesi in Australia dove vivono antichissime tribù di abotigeni per studiare i meccanismi di composizione coreografica di rituali di danza
che si tramandano da millenni. Anche oggi la danza
racconta e suscita delle emozioni, così come accadeva
milioni di anni fa».
- È un po’ come quel che
avviene con la musica?
«Sì, è una forma di rappresentazione onirica, ti lascia
pensare, ma con la danza
l'autore può tracciare dei solchi più specifici di lettura,
mentre la musica rimane
sempre più astratta. La danza
sta nel mezzo fra musica e
prosa».
~ In che modo lavora un co’’eografo?
«Nelle altre forme d’arte la
creatività dell’autore si esprime attraverso degli oggetti: la
lela e i colori per un pittore,
tno spartito per un compositore. Il coreografo ha invece
'legli altri esseri umani con
cui lavorare. Non si può preparare prima. Si stabilisce
Dito scambio creativo in cui
to "usi” la parte migliore di
«Marco Polo», coreografia di Luciano Gannito
un'altra persona, lui segue te
e tu utilizzi il suo corpo come
un pittore utilizza i suoi colori. E questa relazione insegna
tantissime cose, avvicina
molto di più, c’è un ritorno
attraverso questa relazione a
delle cose molto essenziali.
Ecco perché la danza è stata
sempre, e lo è ancora, un rituale religioso».
- Questo si è perso completamente nella ritualità religiosa occidentale...
«In quella bianca, perché le
chiese nere hanno conservato la danza e il ritmo dei movimenti. La danza è libertà di
esprimere la propria gioia, e
questo avviene nelle nostre
chiese molto di rado».
- Soffre dunque anche lei
come me nei nostri culti così
statici?
«Io soffro moltissimo ma
non è colpa nostra. Noi siamo imbevuti di cultura occidentale esclusivamente basata sulle parole. È molto difficile che cambi. La gente si
vergogna perfino a battere le
mani portando il tempo, immaginiamo a muoversi a ritmo di musica. Eppure il movimento esprime gioia, è trascinante, ti coinvolge e ti
mette serenità addosso».
- Lei ha contribuito qualche volta nell’ambito della
rubrica televisiva «Protestantesimo» a qualche esperienza
di culto più movimentata...
«Qualche volta abbiamo
partecipato a liturgie in cui
abbiamo teatralizzato in maniera molto stilizzata una
parte del messaggio, ma questa è un’altra cosa dalla partecipazione attiva e movimentata della comunità.
Questo aspetto andrebbe inquadrato in una complessiva
modernizzazione del momento di culto. Gli evangelici
non dovrebbero avere preconcetti. È la nostra particolarità quella di vivere un cristianesimo nella libertà dello
Spirito rimanendo saldamente legati alle nostre radici».
- In che misura lo «scrivere
attraverso i corpi degli altri»
ha relazione con la fede?
«Lavorando in campo artistico si è sempre molto esposti dal punto di vista emotivo.
E molto spesso queste emozioni sono delle preghiere,
fatte in modi diversi, sono dei
bisogni deU’animo di piangere, gridare, ridere. Ogni forma d’arte se non è puro narcisismo è il bisogno dell’essere umano di raccontare qualche cosa dal profondo della
propria anima. Il mio lavoro
mi mette in contatto con tante persone che trovano in me
una opportunità per esprimersi. Io cerco di imparare il
rispetto delle emozioni degli
altri e cerco di aiutare le persone con cui lavoro a tirar
fuori quelle cose che hanno
dentro di sé».
- La danza viene spesso
considerata come puro fenomeno estetico basato su una
ferrea disciplina fìsica e precisi schemi interpretativi. Ho
intuito che imposta la sua coreografia in modo che le persone possano esprimersi più
liberamente. È così?
«Io parto dal presupposto
che tutti hanno moltissime
cose da dire. Il fatto di farlo
attraverso il corpo è una cosa
molto delicata, perché la persona con la quale lavori si
sente ancora più nuda ed
emotivamente fragile. Se
quindi vedi le persone così
come sono, riesci a capire
tante cose, i desideri, le paure, le insicurezze. Questa riflessione mi ha aiutato nei
momenti di crisi, quando ho
pensato che tutto il mio lavoro si risolvesse nel far saltare
delle persone su delle assi di
legno. Ho pensato a quanto si
possa dare a persone che sono invece abituate ad essere
trattate come numeri, o anche in maniera molto dura.
C’è infatti una selezione molto violenta nel mondo dello
spettacolo».
- Più che nella scelta dei
soggetti, la sua matrice di credente si esprime nella maniera di lavorare. Possiamo dire
così?
«Non lo so, comunque non
dovrei dirlo io. Credo che non
sia diverso per persone che
svolgono un qualsiasi altro lavoro. Che cosa cambia se tu
fai l’impiegato di banca o il
coreografo; rispettare gli altri,
offrire una parola positiva o
non profittare della tua posizione di potere è qualcosa
che dovrebbe accomunare
tutti i credenti. Poi fai delle
scelte. Ho ricevuto ultimamente una richiesta di fare
un lavoro sulla vita di Gesù
nell’insieme del programma
del giubileo. Ho declinato
l’offerta dopo aver capito che
quella era solo un’occasione
ulteriore per lucrare sfruttando un soggetto che avesse a
che fare con la fede. Ho risposto di no dicendo che sono
evangelico. Io la fede la vivo
così, cercando di dare amore
agli altri nel mio lavoro».
Una lettura del Salmo 30
Un inno alla gioia
«Hai mutato il mio lamento in danza, la mia veste di
sacco in abito di gioia, perché
il mio cuore ti possa cantare
inni senza posa. lahweh, mio
Dio, ti loderò per sempre!»
(Salmo 30,12-13).
La finale del salmo 30 è
un inno entusiastico e
«danzante» alla pace e alla
gioia che Dio ha sostituito
nel cuore del credente al
pianto e all’amarezza. Il trapasso è visualizzato filmicamente nel passaggio da un
quadro funebre e penitenziale, simboleggiato dall’
abito di lutto, il sacco che
spesso accompagna le cerimonie di espiazione e di
dolore (Sai 35, 13; 69, 12;
Gen 37,34; 2 Sam 3,31; 2 Re
6, 30; 19, 1; Is 15, 3; Lam 2,
10; Giob 1, 8-13), a un quadro di gioia frenetica e di
danza (Ger 31, 13). Il miracolo è compiuto.
Il cilicio funerario che ormai avvolgeva gli amici
dell’orante, il lenzuolo funebre che stava per racco. gliere le spoglie dell’infelice, scompaiono e lasciano
il posto a una festa per una
nuova nascita. In questa linea, Agostino spingerà il
nostro versetto fino a trasformarlo in un canto della
resurrezione di Cristo; passando attraverso il sacco
della passione e della morte, Cristo è cinto di gioia
nella sua resurrezione.
Sulle labbra dell’orante,
ormai riportato alla vita e
quindi alla pienezza del culto e dell’esistenza sociale, si
leva il canto di ringraziamento (ritorna il verbo zmr
del V. 5, «cantare inni»). E
un canto che nasce dall’intimo dell’uomo, dal «fegato», come sembra sia da intendere il termine kbd (kebed: 7, 6; 16, 9; 57, 9; Gn 49,
6), erroneamente letto come kabòd, «gloria», dal testo massoretico. L’essere
profondo dell’uomo, rappresentato da quella che era
considerata la sede dei sentimenti e delle emozioni, si
apre totalmente a Dio, in
una lode che non può più
essere trattenuta e che non
si spegnerà mai.
Lo spirito, il cuore, l’essere intero dell’uomo si associano al canto perenne che
si leva nel tempio, unendosi
all’antifona finale che spesso punteggia la liturgia:
«lahweh, mio Dio, ti loderò
per sempre!». «Le parole fi
naii del salmo significano
realmente ciò che dicono;
“per sempre”. Il salmo è ora
totalmente aperto. Non
chiudiamolo di nuovo entro
limiti angusti» (AlonsoSchòkel), ma consideriamolo una delle prime battute
deH’inno pasquale.
(da Gianfranco Ravasi: «Il libro dei salmi» Commento e attualizzazione. Voli, Edb, p. 557)
«Amarcord», balletto di Luciano Gannito ispirato al film di Fellini
Martin Buber riunì nella raccolta di racconti dei «chassidim» anche questi testi singolari
La danza come strumento per esprimere la propria tensione spirituale
La danza fa parte da sempre
della spiritualità ebraica. Riportiamo qui di seguito alcuni racconti della tradizione chassidica
tratti dal volume di Martin Buber: «I racconti dei Chassidim»
(Garzanti 1979)
La danza che risana
«Rabbi Moshe Lòb aveva ricevuto la notizia che il suo
amico, il rabbi di Berditschev,
si era ammalato. Al sabato ripetè più volte il suo nome e
pregò. Poi si infilò le scarpe
nuove di marocchino, le allacciò strette e danzò. Uno zaddik che era presente raccontava: “Una forza veniva da quella danza, ogni passo era un
potente mistero. Una luce
sconosciuta riempiva la casa e
chi assisteva vedeva le schiere
celesti danzare con lui”».
La danza e il dolore
«Ogni vigilia di sabato
Rabbi Hajim di Kosow, figlio
di Rabbi Mendel, soleva
danzare davanti ai suoi fidi
riuniti, col viso acceso, e tutti sapevano che ogni passo
significava alte cose e alte
cose operava. Una volta,
mentre danzava, una pesante panca gli cadde su un piede e dovette smettere per il
dolore. Più tardi gli chiesero
come era andata.
“Mi sembra - disse - che il
dolore sia venuto perché ho
interrotto la danza”. Una sera parecchi chassidim di
Rabbi Hajim di Kosow erano
riuniti nella sua scuola e si
raccontavano l’un l’altro storie di zaddikim, specialmente del Baalshem. E poiché il
raccontare come l’ascoltare
era così dolce, a mezzanotte
erano ancora insieme. Allora
uno di loro raccontò un’altra
storia di Baalshem.
Ma quando ebbe finito un
altro sospirò profondamente. “Ahimè, ahimè” - disse dove si trova oggi un uomo
simile!”. Nello stesso momento udirono passi che
scendevano per la scaletta di
legno dell’abitazione dello
zaddik. Già si apriva la porta,
e nel corto giubbetto che
usava portare la sera, Rabbi
Hajim stava sulla soglia.
“Stolti - disse a bassa voce in ogni generazione egli è
qui, il Baalshemtov, solo che
allora era manifesto e ora è
nascosto”. Chiuse la porta e
risalì la scala. Muti sedevano
i chassidim».
La danza del «Nonno»
«Quando il “Nonno di Spola” il sabato e le feste danzava, il suo piede era leggero
come quello di un bambino
di quattro anni. E di tutti
quelli che vedevano la sua
santa danza, non ve n’era
uno che non tornasse subito
con tutta l'anima a Dio; ché
nel cuore di tutti quelli che lo
vedevano, egli destava a un
tempo lacrime e ebbrezza.
Una sera di venerdì Rabbi
Shalom Shachna, il figlio di
Abramo "l’Angelo”, era suo
ospite. Per qualche tempo
c’era stato dissidio tra loro, e
poi avevano fatto pace. Rabbi
Shalom, come sempre la notte di sabato, sedeva tutto abbandonato alla sua contemplazione, il “Nonno”, invece,
si guardava intorno allegra
mente come sempre, e nessuno parlava. Ma quando ebbero finito di mangiare. Rabbi Arjè Lob disse: “Figlio
dell’Angelo, sapete danzare?”
“Io non so danzare," rispose
Rabbi Shalom. Rabbi Arjè
Lob si alzò. “Allora guardate,”
disse, “come danza il Nonno
di Spola”. Subito il suo cuore
sollevò i suoi piedi ed egli
danzò intorno alla tavola.
(...)Rabbi Shalom balzò in
piedi. “Avete visto,” gridò ai
chassidim che erano venuti
con lui, "come danza il vecchio?”. Stava fermo e fissava i
piedi del danzatore. Più tardi
disse ai suoi chassidim: “Credetemi, egli ha così purificato
e santificato le sue membra
che a ogni passo 1 suoi piedi
compiono sante unioni”».
4
PAG. 4 RIFORMA
Ecumene
VENERDÌ 13 DICEMBRF. l
I funerali si sono svolti il 15 novembre nella Johanneskirche di Düsseldorf
Peter Beier, un partigiano dell'Evangelo
La morte del praeses della Chiesa evangelica in Renania è una perdita grave per
il protestantesimo europeo. Uomo di grandi visioni e predicatore eccezionale
PAOLO RICCA
Riforma ha già dato questa brutta notizia; Peter
Beier, pastore e praeses (moderatore) delle Chiesa evangelica in Renania (la più numerosa chiesa territoriale tedesca, insieme a quella della
Westfalia), grande amico dell’Europa protestante e dell’
unità del protestantesimo europeo (e di noi valdesi, ma
anche dei protestanti belgi e
di tutte le minoranze evangeliche del nostro continente),
se n’è andato all’al- ha del 10
novembre scorso, stroncato
da un infarto all’età di 61 anni, nel pieno dell’esercizio del
suo ministero. È caduto sul
fronte, lo si può dire senza retorica: sul fronte di una battaglia difficile, tuttora in corso e
dall’esito ancora incerto,
dentro i confini della sua
Landeskirche e nel quadro
più ampio del jrrotestantesimo europeo. E una perdita
grave e, secondo i nostri pensieri e sentimenti, del tutto
prematura; per la famiglia anzitutto (la mogUe Rosemarie e
4 figli) e per la chiesa.
Per la chiesa della Renania,
che in lui aveva trovato, e ora
ha perso, un praeses diverso
dallo stereotipo del leader
ecclesiastico dedito soprattutto a mediare tra posizioni
contrapposte, a attutire i
contrasti, a fungere da paciere. No, Peter Beier non amava smussare gli angoli, preferiva metterli in evidenza e
proporli all’attenzione della
chiesa: gli «angoli» acuti della
parola biblica, della verità
evangelica. Beier, anche e
proprio come praeses, non
era un uomo di centro, perché non pensava che la verità
stesse necessariamente al
centro, tanto più che la croce
di Cristo, verità suprema di
Dio e dell’uomo, non fu eretta nel centro della città ma
fuori dalle sue mura. Non era
neppure un estremista, Peter
Beier (anche se qualcuno,
per screditarlo, amava dipingerlo così), ma certo si appassionava di più alla ricerca
della verità che alla ricerca
degli equilibri. Eccelleva nella profezia più che nella diplomazia. Non temeva di dire la verità scomoda, che disturba i sicuri di sé perché li
smaschera. Rifuggiva invece
dalle mezze verità accomodanti perché addomesticate,
che tranquillizzano e addormentano le coscienze.
che, a sua volta, ha urgente
bisogno di questa testimonianza. Il modo migliore per
onorare la memoria di Peter
Beier sarà proprio di accelerare i tempi di questo processo, che ha nella comunione
ecclesiale di Leuenberg il suo
«cuore» teologico e il suo fulcro strutturale.
Dal Mondo Cristiani
Brasile: Conferenza mondiale
su missione e evangelizzazione
La nuda parola di Dio
La centralità della croce
Beier era un partigiano dell’Evangelo, nel senso più alto
del termine. E l’Evangelo era
per lui, come per la grande
tradizione della teologia della
Riforma, la croce. Ricordo
bene un dibattito sinodale
molto teso intorno proprio a
questa questione: se la croce
fosse, oppure no, il centro e il
metro dell’annuncio cristiano. Beier sosteneva con calore e rigore che lo era, alcuni
membri del Sinodo consideravano questa sua posizione
«troppo radicale e unilaterale». Centralità della croce significava per Beier due cose:
realtà del giudizio di Dio sulla nostra vita e sul nostro
mondo, chiese comprese, e
realtà miracolosa della grazia, libera, sovrana, ineffabile, che giustifica il peccatore
e lo restituisce alla dignità dei
figli di Dio. Beier era un partigiano della croce. Che lo
rendeva libero e audace, capace di grandi visioni senza
essere un visionario. Era un
uomo di governo, che sapeva
e voleva mettere il potere al
servizio di una visione. Chi
nel protestantesimo europeo
saprà, dopo di lui, vedere in
grande come lui?
La cerimonia funebre pubblica ha avuto luogo il 15 novembre nella grande e luminosa Johanneskirche di Dùsseldorf, la stessa in cui sette
anni prima era stato insediato come praeses. La predicazione, tenuta dal presidente
della Chiesa evangelica tedesca Klaus Engelhardt, ha annunciato l’evangelo di Emmaus (Luca 24), cioè il Cristo
risorto che ci incontra «mentre siamo in cammino» e ci
accompagna a casa. Hanno
poi preso la parola per una
serie di brevi messaggi il rappresentante della Chiesa evangelica dell’Unione E. Berger (che ha ricordato Beier
come uno che «parlava chiaro»); il cardinale Meisner,
presidente della Conferenza
episcopale cattolica tedesca
(«umanamente parlando il
praeses Beier ci mancherà
molto, anche se la sanctorum
communio ci dischiude la
promessa di una comunione
ininterrotta»): il presidente
della regione Renania-Westfalia, Johannes Rau, egli stesso evangelico confessante e
predicatore laico (Beier era
«un messaggero di Dio, una
voce che non si poteva ignorare»); il ministro Blùm in
rappresentanza del governo
di Bonn («non sempre ero del
suo parere ma ero sempre
colpito dalla forza della sua
fede»): il praeses della Chiesa
della Westfalia, Sorg («era un
teologo di rango che però si
faceva capire dalla base»), il
pastore Rusterholz a nome
delle chiese della comunione
di Leuenberg («grazie a Peter
Beier, che ha vissuto intensamente e promosso energicamente la responsabilità del
protestantesimo per l’Europa», ed ha cercato - invano? di contagiare le altre chiese
nello stesso senso); il sovrintendente Gehring a nome
della Chiesa evangelica renana («Peter Beier era a casa sua
nella comunità»), e infine il
vescovo luterano della Namibia, Diergaardt, a nome delle
chiese sorelle fuori dell’Europa. Al termine la grande assemblea (la chiesa era gremita) ha intonato lo stupendo
inno di Pasqua del Xll secolo
Christ ist erstanden, con parole di Martin Lutero.
ciò che contribuiva a strutturare e manifestare meglio
l’unità del protestantesimo
europeo, e a promuoverne la
testimonianza pubblica. Come ha ricordato Ferrario, Beier desiderava convocare,
nelle forme dovute, un Sinodo della gioventù protestante
europea, così come voleva
creare un forum di intellettuali protestanti laici d’Europa, in cui le grandi sfide del
nostro tempo venissero affrontate nell’ottica della nostra fede.
Beier ha fatto molto per incrementare la coscienza unitaria del protestantesimo europeo, e il compito prioritario che, lasciandoci, ci ha additato è proprio questo; lavorare alacremente e fiduciosamente, malgrado l’inerzia talvolta disperante delle istituzioni (anche nostre), a costruire un protestantesimo
europeo più unitario, cioè
più consapevole delle sue responsabilità per l’Europa
Il secondo aspetto del ministero di Peter Beier, che chi
l’ha conosciuto non potrà dimenticare, è quello di predicatore. Raramente ho incontrato un predicatore altrettanto incisivo e autorevole,
capace come lui di «inchiodare» l’uditore, non però per
l’arte della retorica ma per la
qualità del messaggio. Anche
il suo sguardo, diretto e intenso come pochi, accompagnava per così dire la Parola
dentro l’animo dell’ascoltatore. Frasi brevi, scarne, scolpite da un pensiero forte, essenziale. Nessuna divagazione. Prosa scheggiata vicina alla poesia, carica di senso ma
priva di doppi sensi. Nessuna
ambiguità. La nuda parola di
Dio. Ascoltando Peter Beier ci
si rendeva conto che effettivamente la parola di Dio «è
vivente ed efficace, più affilata di qualunque spada a due
tagli, e penetrante fino a dividere l’anima dallo spirito, le
giunture dalle midolla; essa
giudica i sentimenti e i pensieri del cuore» (Ebrei 4, 12).
Anche qui, l’eredità di Beier è
preziosa: il protestantesimo
sta o cade con a capacità (o
l’incapacità) di annunciare
l’Evangelo. Se Dio continua a
suscitare in mezzo a noi predicatori come Peter Beier,
vuol dire che a sua misericordia verso di noi non è esaurita. Perciò la grande tristezza
che la scomparsa di questo
caro amico suscita in noi non
può cancellare la gratitudine
a Dio per avercelo dato.
SALVADOR DI B^IA — Si è conclusa il 3 dicembre a Salvi
dor di Bahia (Brasile) l’undicesima Conferenza mondiale ì
missione e evangelizzazione, promossa dal Consiglio ecumei!
co delle chiese (Cec), a cui hanno partecipato 600 delegati i
rappresentanza di 120 chiese membro del Cec. La Conferei
centrata sul tema del rapporto fra Evangelo e culture (il niott
dell’incontro era «Chiamati a una sola speranza - l’Evangi
nelle diverse culture»), si è conclusa con una forte critica d
metodi evangelistici aggressivi usati dai missionari stranieri n
paesi ex comunisti, e con un riconoscimento degli errori coi
pinti dal movimeirto missionario nei paesi dell’emisfero Su
con 1 incapacità di trasmettere il messaggio evangelico risna
tando le culture locali. Secondo padre Vsevolod Chaplin, dS
Chiesa ortodossa russa, il primo passo verso una recip’roc
missionaria dovrebbe essere un «trattato di non aggressionei
campo missionario». Affrontando il tema del rapporto fra tn»
sione e culture, con particolare riferimento al Sud del mondo
messapio finale della Conferenza afferma di avere «udito]
grida di dolore dei popoli indigeni le cui comunità e culture si
no state prpsoché sterminate». Il messaggio fa riferimento ai
che al razzismo, alla schiavitù, al paternalismo missionari
chiedendo un nuovo stile missionario, fondato sulla piena di
gnità dei partner coinvolti (chiese locali e missioni estere). Fra
inomenti più commoventi della Conferenza, il culto «penitej
ziale» nel «Solar do Unhao», la zona portuale in cui approdavano gli schiavi rapiti in Africa per essere venduti nel nuovo coi
finente, rimasta in funzione per tre secoli dal 1550. ,
Francia: Comitato esecutivo della Cevaa
GLAY — La sessione autunnale del Comitato esecutivo (Ce
della Comunità evangelica di azione apostolica (Cevaa), sii
svolta a Glay dal 6 al 10 novembre. L’ordine del giorno sii
concentrato su una prima valutazione delle risoluzioni adottate dalle Assise di Torre Pellice, e sulla situazione delle chiesi
di Zambia, Gabon, Senegai e Polinesia francese, dove la chiesa
evapelica celebrerà nel marzo 1997 il bicentenario deH’arrivi
dell’Evangelo. Il Gruppo di continuazione delle Assise ha proceduto a un’analisi delle risoluzioni adottate a Torre Pellicet
delle loro conseguenze sul futuro della Cevaa. Il Ce ha incoragiato il Gruppo a portare avanti il proprio lavoro e a formulate
priorità e proposte concrete per la prossima sessione del Ce
che si terrà nel Benin nel marzo 1997. Un altro gruppo è allartcerca di un nuovo segretario generale della Cevaa, in sostituzione del pastore Marcel Piguet, dimissionario. (spjl
Giamaica: le chiese contro la violenza
KINGSTON — Personedità del mondo economico e politico
giamaicano hanno chiesto la collaborazione del Consigli
delle chiese della Giamaica (Cij) per contenere l’ondata&!
violenze che si è scatenata nel paese. Formato dalle chiese
cattolica romana, anglicana, metodista, battista, oilodossae
dall Esercito della Salvezza, il Cij partecipa a un programma;
di impegno nelle zone più colpite dalla violenza: ad c'vest della capitale. Kingston, e a sud di Andrew. Il Cij collabora conia
Fraternità ministeriale, un’organizzazione ecclesiastica che
opera a Kiiigston per aiutare sia le vittime della violenza sia
gli stessi criminali. Secondo la Banca mondiale, l’isola occupa attualmente il quarto posto nell’elenco dei paesi in cui la
violenza è più diffusa. ispp/apicì
Sinodo regionale «Centre-Alpes-Rhòne» della Chiesa riformata di Francia
Pedagogia attiva per riflettere insieme sulla vita delle chiese
MIRELLA BOUNOUS
NORMA GRISET
I protestanti e l'Europa
Due aspetti del ricco ministero di Peter Beier meritano
di essere ricordati. Il primo è
già stato messo molto bene
in luce da Fulvio Ferrario su
Riforma del 29 novembre
scorso, ed è la sua appassionata partecipazione a tutto
IN una ridente località, Voguè, sulle rive dell’Ardèche, si è svolto dal 9 all’11 novembre il Sinodo regionale
«Centre-Alpes-Rhòne» della
Chiesa riformata di Francia.
Il sermone del culto di apertura aveva come tema di
fondo il Salmo 90: «Signore,
tu sei stato per noi un rifùgio
d’età in età...». E proprio sul
tema della memoria è stato
introdotto un gioco, «le jeu
du fil», dove il filo era la metafora della memoria da condividere. Per noi in quel momento era la potenza di essere tutti insieme un po’ come
lo era stato il popolo d’Israele
nei quarant’anni di esilio in
Egitto. Il filo era il cammino
di Mosè, ma anche il cammino che noi, membri del Sinodo, avevamo fatto per raggiungere Voguè lasciando
temporaneamente la nostra
chiesa di appartenenza e preparandoci ad apportare il nostro contributo con l’aiuto di
Dio, nostra unica sicurezza, e
anche unica memoria di tutta
l’umanità.
Dopo il pranzo, i lavori sono ripresi con la presentazione di due scenette interpretate con maestria da pastori e
membri del Sinodo, che avevano lo scopo di introdurre la
discussione successiva, nei
vari gruppi di lavoro. Il dibat
tito aveva in sostanza lo scopo di mettere in evidenza i
problemi e i disagi di cui soffrono le varie comunità che
vi erano rappresentate. Questi momenti di lavoro nei
gruppi, formati di una quindicina di persone, si sono ripetuti nei giorni successivi,
sempre introdotti da scenette
divertenti, che denunciavano
però gravi problemi.
Vorremmo dire in breve il
contenuto di uno di questi
«sketch». Tre membri di tre
comunità diverse aspettano
sul molo l’arrivo di una nave
che dovrebbe portare dei pastori. Le tre chiese sono totalmente diverse, non solo per
posizione geografica. La prima è una chiesa di campagna
molto estesa; ha bisogno di
un pastore che sappia spostarsi per visitare tutte le case
sparse sul territorio, che sappia parlare con gli anziani e
che sappia trattenere i giovani, malgrado il fatto che non
vi siano scuole, divertimenti,
e passatempi vari.
La seconda è una comunità
che si trova in un famoso luogo di villeggiatura; ha bisogno di un pastore capace di
parlare con le poche persone
che ci sono durante i periodi
fuori stagione, che sappia
mettersi da parte quando è
alta stagione e quindi tutti
sono occupati in altre attività, che sappia ricevere e intrattenere i turisti... La terza
comunità si trova in un grande centro dove ci sono scuole, industrie e divertimenti;
ha quindi bisogno di un pastore attivo che sappia tenere
in debita considerazione tutte le opportunità che offre il
territorio.
Quando finalmente arriva
la nave così tanto attesa, i tre
membri restano ugualmente
delusi, perché arriva un solo
pastore che per giunta è donna. Anche la pastora ha notevoli aspettative riguardo alla
chiesa nella quale vorrebbe
lavorare: siccome è sposata e
ha dei figli, vorrebbe un posto che offra le migliori scuole, non è molto disponibile a
viaggiare e non ha voglia di
lavorare durante Testate. Ma
visto che è l’unico pastore disponibile, i tre cercano di farsi scegliere utilizzando ogni
forma di lusinga possibile.
Nella scenetta vengono ingrandite e messe in ridicolo
le difficoltà, però tutti denunciano la mancanza di pastori
di cui soffrono tutte le chiese
riformate francesi.
Altre scenette hanno messo in evidenza la difficoltà di
reperire fondi necessari alla
vita delle varie comunità e
alla difficoltà di dividere tali
fondi in maniera equa secondo le esigenze dei diversi
luoghi, eccetera. Dopo il lavoro nei gruppi, l’assemblea
si è riunita per approvare il
bilancio e per esaminare i
vari rapporti. Dopo cena...
assemblea generale riguai;
dante le varie pubblicazioni
e i loro obiettivi.
Finalmente un po’ di riposo. Il mattino dopo sveglia alle sette, colazione e subito al
lavoro nei gruppi. Alle 10,J5
culto con Santa Cena, durante il quale sono stati consacrate due persone, uno corna
responsabile delle pubblicazioni e un altro come predicatore. Ha contribuito a dare
solennità alla cerimonia la
partecipazione di un’intera
orchestra, ma anche i canti
appositamente scelti sui tenri
del Sinodo. Dopo il pranza
comunitario, sebbene un po
a malincuore, abbiamo dovuto ripartire anche se i lavori del Sinodo si sarebbero
conclusi soltanto il lunedì 11
novembre, giorno festivo in
Francia.
Molte persone con le qual'
abbiamo parlato conoscono
in particolare Torre Pellico o
perché vi sono stati o perche
ne hanno sentito parlare o si
propongono di venirci por
passare le loro vacanze, c
stata una bella esperienza
che ci ha arricchito nello spirito; ci ha fatto bene sapofo
che molte persone si dedicano alla loro chiesa, sacrificando molto del loro tetnpU’
tentando anche di ricostruito
insieme un legame che renda
forti le comunità piccole come le nostre.
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Ricordato l'uomo politico oppositore di Cavour e del clericalismo
BroiYerio e ¡I Risorgimento senza eroi
Vicino al pensiero riformato, con un spirito che per alcuni anticipò quello di
Cobetti denunciò il trasformismo e una concezione del «potere per il potere»
TAVO BURAT
Angelo Brofferio (18021866) è stato ricordato
nel 130° anniversario della
morte per iniziativa del Comune di Casteinuovo Calcea,
suo paese natale, e della Provincia di Asti. In quell’occasione abbiamo rilevato come
la sua opposizione a Cavour
e l’isolamento sui banchi della sinistra al Parlamento subalpino prima, e a quello di
Firenze poi, non fossero dovuti a un atteggiamento caratteriale da «bastian contrari» ma da una parte alla denuncia, che diremmo «pregobettiana», di un Risorgimento «senza eroi», i cui uomini cioè non erano capaci
di comprendere e quindi di
interpretare «il dramma delle
sofferenze delle plebi diseredate, rovinate dalle guerre,
dai tributi», angustiate da
«privilegi ecciesiastici e feudali», il che lo portava a non
aderire ai «connubio» (un
«centrosinistra», diremmo
oggi) pr») mosso da Cavour, il
primo di una lunga serie di
trasformismi della politica
italiana, dove è uso «stemperare» gli ideali a prò della
conquista e della conservazione del potere; dall’altra,
dalla sua fiera posizione di
laico irriducibile il quale, pur
non avendo formalmente
aderito al protestantesimo,
era in pratica uno dei rari, se
non l’unico, attivo esponente
del pensiero riformato in una
società permeata di Controriforma e fortemente condizionata dalla Chiesa romana.
Basterà ricordare le canzoni in lingua piemontese che
Brofferio scriveva e musicava,
e che lo resero tanto popolare
(con Garibaldi, fu l’unico che
riusci a portare al popolo,
«dentro» la tematica risorgimentale!), quali VOscurantism (Don, don, su Tumalon!
sepelioma la rason) e L’abolissioiì di] convent, schiettamente plebeo malgrado l’uso
di un ecclesiastico «latinorum» con il doppio senso del
Rattazzi piemontesizzato in
Ratass («topaccio») e il sogghignante coro fratesco; }’educronia, j’insegnromaJ viva
el Papa, viva Roma/ tut ansem, coi can ed Ratass/ a l’ha
‘n boca pòch scumass/ Vade
retro Satana («Educheremo,
insegneremo viva il Papa viva
Roma. Tutto sommato quel
cane di Rattazzi ha in bocca
poca bava...»), che riecheggiano lo chansonnier Pierrelean Béranger de Les Réverends pères e de Les Capucins.
Ma è soprattutto nella puntuale difesa dei protestanti
perseguitati che Brofferio affermò la sua laicità dai banchi del Parlamento subalpino
e nelle aule dei tribunali: attirò infatti l’opinione pubblica (anche internazionale) sui
casi dei coniugi Francesco e
Rosa Madiai, fiorentini, dei
fratelli Careghini di Favaie,
del dr. Daniele Mazzinghi,
fuoriuscito dalla Toscana
perché evangelico, e condannato per diffusione di stampati acattolici dal tribunale di
Genova del «liberale» stato
piemontese, che prevedeva
sino a 20 anni di galera per il
bestemmiatore.
Brofferio difese in generale
il principio della libertà di religione. Alla Camera dei deputati denunciò i casi del sig.
Rangouse, che sul suo giornale di Nizza aveva messo in
dubbio l’eternità delle pene
deU’inferno, e per questo era
stato condannato; e di Carlo
Borioni, tradotto nelle carceri
di Biella perché autore, in
Svizzera, dell’opuscolo Ectesi
r^ritica dove voleva a sua vol
ta dimostrare la medesima
tesi. In quegli anni (1850)
don Francesco Antonio Grignaschi, di Coreonio ( Novara) con proseliti anche nell’Astigiano, fu processato per
aver fondato una setta di
messianici convulsionnaires
(i magnetisà ‘d Viaris: così
erano detti i suoi seguaci di
Viarigi) e condannato a dieci
anni di reclusione malgrado
l’appassionata difesa «laica»
dell’aw. Brofferio, Emblematica fu poi la sua polemica
con il periodico cattolico
L’Armonia, sulla «distruzione
dei preti e dei frati», riportata
nel terzo volume delle sue
memorie (I miei tempi).
Brofferio fu anche il primo
a leggere in positivo la vicenda di Dolcino,, «frate che alle
nequizie del clero opponeva
la santità del Vangelo», vittima di una demonizzazione di
oltre cinque secoli. Nella Caverna di Trivero (racconto nel
3° volume delle sue Tradizioni popolari italiane, 1849)
scrive: «Un povero frate il
quale non aveva altra forza
che quella delle sue accese
predicazioni, né altra malizia
che alcuni aijitanti delle terre
bagnate dal Sesia, i quali correvano alle armi per un principio di religiosa riforma e di
civile libertà piuttosto sentito
che compreso. Contro la forza
delle picche e delle lance, opponeva Dolcino la forza delle
idee; e già allora le idee si facevano per tal modo rispettare, che il predicatore di riforme aveva in pochi anni distrutto quattro o cinque eserciti capitanati dai più agguerriti feudatari di quelle province». Alla fine del secolo, il Movimento operaio avrebbe poi
«rivendicato» fra Dolcino come precursore delle lotte proletarie; Brofferio fu dunque
anticipatore di quell’anticlericalismo di fine ’800 che,
in sostanza, fu l’unica Riforma autenticamente popolare
in Piemonte, dove quella «curiale» di Lutero e di Calvino
non ebbe modo di prosperare
fuori dalle valli valdesi.
Brofferio aveva tuttavia anche sacerdoti amici, quali
don Pietro Serra, parroco di
Veglio Mosso nel Biellese, e
altri che condividevano le
sue posizioni sugli scranni
del Parlamento subalpino,
come mons. Aurelio Turcotti,
deputato valsesiano, don Angelo Asproni e il canonico
Salvator Angelo de Castro.
Non era affatto miscredente
e fu pertanto il primo assertore, a proposito della problematica religiosa, di quella
«linea anticlericale che non
fu programma di pura negazione» (cfr. A. Nesti, Il Cristo
socialista, Claudiana, 1974)
del Movimento operaio che
nel socialismo scopriva i
principi del cristianesimo
primitivo, ripresi nella Dichiarazione dei diritti dell’
uomo e negli ideali di Liberté, Egalité e Fraternité.
Il libro di Jack Miles su Dio
Bibbia, «classico» che parla
a credenti e non credenti
SERGIO RONCHI
Nel primo libro in edizione italiana di Jack Miles’^,
direttore dello Humanitas
Center della Claremont Graduate School (California), nei
ringraziamenti, alfabetizzato
sotto la «d», troviamo Dio.
Non si tratta di una esibizione di originalità risibile, né
tanto meno di una provocazione intellettuale quanto
piuttosto della gratitudine
espressa con riconoscenza da
un autore nei confronti di chi
ha dato un contributo alla
sua ricerca. Questo ex seminarista gesuita, con un dottorato in lingue del Vicino
Oriente della Harvard University e studi presso il Pontificio Collegio Gregoriano di
Roma e l’Università ebraica
di Gerusalemme, non ha voluto produrre un lavoro esegetico-teologico, ma più semplicemente offrire un approccio particolare alla Bibbia.
In termini letterari essa
è «un classico» tradotto, al
quale tutti possono accedere
e in cui «la scelta dell’ordinamento e della conclusione dipende dal lettore», infatti ci si
può accostare alle pagine bibliche con un’opzione di fondo: comprenderle come la
Bibbia ebraica (Tanakh) o invece la Bibbia cristiana (Antico Testamento). E la distinzione non è né sottile né secondaria. Se partiamo dalla
seconda interpretazione il discorso è alquanto scontato: si
va dal Pentateuco ai libri profetici passando attraverso i
libri storici e i libri poetici.
Se invece il punto d’avvio è
la prima interpretazione, la
questione si fa problematica.
Il territorio della Pennsylvania è costellato dalle loro tipiche costruzioni
La spiritualità degli Amish incarnata nei loro villaggi rurali
MIRELLA LOIK
IN Pennsylvania si percepisce subito che questa storica regione statunitense è ancora molto legata al proprio
passato e alle sue tradizioni,
che sono quelle dei quaccheri e mennoniti venuti dall’Europa (rispettivamente dall’Inghilterra e dalla Germania e
dall’Olanda) in due secoli di
emigrazioni, tra il Seicento e
il Settecento. Il disteso paesaggio campestre e urbano è
stato dunque plasmato secondo il modello omogeneo
e contenuto dei lavoratori
della terra, 1 famosi farmers
che, forse più dei leggendari
e mitizzati cow-boy, hanno
creato l’America moderna.
Per chilometri si stende
l’immagine ripetitiva, eppure
di forme differenti e calibrate
sul gusto personale di ogni
villaggio, dei grossi cascinali
attrezzati, modestamente
composti dalla tipica casa colonica in legno, costruita con
un leggero sistema strutturale a telaio e ricoperta da strette assicelle di legno (shingle
style) sistemate in maniera
diversa, alla quale si addossano gli edifici agricoli e in particolare un grosso capannone, anch’esso di legno, funzionante da magazzino e deposito, che è diventato la caratteristica esteriore delle terre coltivate negli Stati Uniti.
il barn, questa sorta di
grosso fienile (dove vengono
però tenuti anche gli animali
da lavoro e da tiro) in cui sono ricoverati gli attrezzi e i
macchinari della produzione
dei campi e dove si lasciano a
seccare il fieno e il tabacco,
nonché a stagionare la frutta,
è la costruzione che inconfondibilmente caratterizza
ancora l’arcaico (ma oggi anche supertecnologizzato)
paesaggio contadino statunitense dell’Est e del Nord, in
questo quasi bucolico e antico luogo una comunità, anch’essa di persistenti abitudini di vita tradizionali e storiche, perpetua le sue originarie condizioni di vita, cercando di attuare una società
evangelica e biblica di attinenza operativa.
Gli Amish della zona di
Lancaster, il territorio che
viene denominato Dutch
Country (ma che non è tuttavia di colonizzazione olandese bensì tedesca), perseguono criteri sociali e scopi comunitari basati sui vecchi
principi morali dei loro avi
fondatori, rifiutando ostinatamente ogni modernizzazione non consona allo spirito
biblico e cercando un più approfondito radicamento con
le consuetudini acquisite di
comportamento comunitario, definitivamente fissate
nel passato (matrimoni possibilmente interni e tra villaggi consociati, correttezza etica esteriore e interiore, parsimonia e rispetto collettivo,
laboriosità di sussistenza e
non speculativa, accessori
personali e abitativi indispensabili al solo impiego
utile, rispetto delle regole comunitarie e religiose).
Nello storico villaggio di
Bird-In-Hand (che non a caso nella sua denominazione
porta il segno della protezione pacifica: uccellino nella
mano), dove ancora si ritrovano gli aspetti più tipici della comunità, gli Amish hanno
recepito una testimonianza
vivente del loro patrimonio
storico di origine, in una società di consumo e facile di
Una tipica costruzione del villaggio Amish
blematico: nella parte alta un
riquadro segnato da una croce e sotto due rettangoli ac
struzione come quella statunitense, dove il passato viene
meticolosamente rispettato
ma può essere anche a volte
brutalmente cancellato dal
progresso. Qui si può ritrovare il vecchio ambiente comunitario fermato nel tempo e
soprattutto il caseggiato collettivo che, oltre da abitazione del pastore, funge da luogo di riunione e di culto: quest’ultimo consiste in uno spazio semplice ricavato nel soggiorno aprendo una parete
mobile a soffietto verso la camera adiacente, con una rigorosa separazione tra uomini e donne, seduti di fronte in
gruppi distinti.
Anche qui, come nella tradizione protestante, pochi
elementi di arredo e soltanto
oggetti funzionali: la stufa, le
sedie e le panche, il tavolo
con la grossa Bibbia aperta
sopra, i lumi a olio una sola
decorazione simbolica, geometricamente stilizzata, che
viene ripetuta su ogni anta
delle porte come motivo em
costati che rappresentano le
pagine aperte delle Sacre
Scritture.
Trattandosi di una comunità autosufficiente, anche
molte delle altre attrezzature
sociali dipendevano da una
produzione domestica: non
soltanto l’artigianato per i
mobili o la tessitura per il vestiario ma anche la composizione del giornale locale. Gli
attrezzi più complessi (dagli
aratri alle zappe, i macchinari
dei mulini o le carrozze che
ancora oggi trottano numerose nelle vie disertate dalle automobili) erano invece lavorati nelle officine della collettività (come oggi nelle loro
fabbriche), e dunque nei forni
appositi erano ricavati i materiali edili (calce per le pietre) e
nelle falegnamerie venivano
eseguite le articolatissime
strutture di legno che ancora
oggi rendono famosi i carpentieri-costruttori Amish.
La parola Tanakh è un acronimo postbiblico costituito
dalle iniziali delle tre parti in
cui è suddivisa la Bibbia degli
ebrei; Torah (la Legge), Neviim (i profeti) e Ketuvim (gli
Scritti). Dunque i profeti (anteriori e posteriori) vanno a
interporsi tra il Pentateuco e
gli Scritti (Salmi, Proverbi,
Giobbe, Cantico dei cantici,
Rut, Lamentazioni, Ecclesiaste, Ester, Daniele, Esdra,
Neemia, I e li Cronache). Miles parla sempre di Tanakh.
in tale differente ordine canonico che determina la differenza emerge il protagonista-Dio, del quale l’autore
DIO
,ick Mlle
('iiii hic^rafia
parla non come oggetto di fede né come realtà extraletteraria; piuttosto, come di un
personaggio letterario al pari
di Don Chisciotte, Edipo,
Amleto. Una biografia, dunque: o meglio, una teografia
(sviluppo del personaggio):
«Classico sconcertante, prodotto da innumerevoli mani
letterarie nel corso di molte
centinaia di anni, il Tanakh sottolinea Miles - è tenuto
insieme ben più dal suo personaggio centrale che da
qualsiasi struttura rigida o
motivo epico».
il personaggio-Dio che
emerge è letterariamente accostabile a Amleto in forza
della contraddittorietà che
contraddistingue entrambi;
entrambi rimangono intrappolati nelle proprie rispettive
contraddizioni, il Signore Dio
dì Israele è «un Dio unico in
lotta con se stesso»; è un personaggio complesso dalle
molteplici personalità, che si
muove dall’azione al discorso
al silenzio (nell’Antico Testamento, invece, dall’azione al
silenzio al discorso): Giobbe,
Lamentazioni, Ecclesiaste e
Ester sono i «libri del silenzio». È un Dio in contraddizione con se stesso che prende delle decisioni delle quali
poi si pente. Certo, perché
«entra nel tempo e viene
cambiato dall’esperienza: Dio
è costante, non immutabile».
il Tanakh presenta così un
Dio «amalgama di varie personalità riunite in un solo
personaggio». Lo vediamo allora in ruoli diversi e contrastanti a un tempo: creatore,
distruttore, creatore-distruttore, amico di famiglia, liberatore, legislatore, feudatario,
conquistatore, padre, arbitro,
carnefice, santo e anche «Antico dei giorni, con i capelli
bianchi, in silenzio, mentre
volge lo sguardo verso la fine
della storia da un trono remoto e coperto di nubi». Ne
scaturisce una tensione che
rende Dio difficile e il resistergli impossibile sino a dipendere da lui.
Di che cosa si fa strumento
questo volume nelle intenzioni del suo autore? Della
conoscenza di Dio «come
personaggio letterario, che
non preclude né richiede la
fede in Dio». Di un personaggio di un libro che è tanto per
il credente quanto per il non
credente.
(*) Jack Miles: Dio. Una
biografia. Milano, Garzanti,
1996, pp 538, £ 45.000.
6
PAG. 6 RIFORMA
WmM^:
VENERDÌ 13 DICEMBRE 19Q,;
Un convegno a Roma discute sui rapporti delle confessioni con lo Stato
Diritto e politiche ecclesiastiche in Italia
Ci sono ancora molte confessioni religiose che attendono un'Intesa con lo Stato
Nel frattempo dovrebbe essere almeno superata l'era dei «culti ammessi»
FRANCO SCARAMUCCIA
UN convegno su «La religione a scuola (diritto e
politica ecclesiastica nell’Italia di fine secolo)» ha offerto
l’occasione agli studiosi di
Diritto ecclesiastico per trovarsi a Roma il 27-28 novembre a discutere sui rapporti
delle confessioni con lo stato
e fare il punto sulla situazione
attuale, che sembra segnare
un momento di stallo. Qualcuno ha parlato apertamente
di «crisi» del settore e qualcun altro, più pessimista, ha
constatato la chiusura della
«stagione delle Intese» ma
anche i più ottimisti hanno
convenuto che l’attuale silenzio del governo in materia è
preoccupante e urge qualcosa per uscire dall’impasse e
superare così il disagio delle
confessioni che premono per
avere un’Intesa.
Vitali osservava, a mio parere assai poco felicemente,
che si assiste purtroppo a una
corsa all’Intesa da parte di
troppe confessioni, che a suo
dire in realtà sarebbe una
corsa all’8%o: per questo Vitali ha parlato di «mercanti nel
tempio». In realtà il fatto di
volere un’Intesa, per avere
sulla base di quella una legge
che ne regoli i rapporti con lo
stato, non è per le confessioni
un privilegio ma l’unico modo corretto per rapportarsi
con la Repubblica italiana, almeno finché non verrà modificato l’art. 8 della Costituzione. In particolare tirare in
ballo l’8%o è tendenzioso e
scorretto, come ha fatto osservare Renato Maiocchi; 1’
8%o è stato voluto e negoziato
dalla Chiesa cattolica e non
dalle altre confessioni, che oltretutto non lo utilizzano per
il sostentamento dei ministri
e il mantenimento del culto;
quindi, se si vuol parlare di
mercanti nel tempio il discorso va riferito a altri piuttosto
che a coloro che non hanno
voce in capitolo, come le confessioni che sono in attesa di
un’Intesa per vedere risolti
soprattutto molti problemi di
ordine spirituale.
In questo senso sono intervenuti rappresentanti dei
buddisti, dei Testimoni di
Geova, dei musulmani: non
si capisce perché le loro richieste siano rimaste finora
inevase e in qualche modo la
loro mancata soddisfazione
blocca anche le richieste giacenti di altre confessioni cristiane. Nessuno vuol negare
la discrezionalità del governo
di addivenire o meno all’Intesa con una determinata
confessione: ma ne deva dare motivata ragione alla confessione interessata. Gioca
probabilmente in maniera
negativa su questa situazione
l’atmosfera allarmistica sparsa nel paese attraverso i media a proposito dei «nuovi»
movimenti religiosi e la loro
presunta pericolosità per gli
aderenti. La pubblicità negativa (supportata da enti come il Gris e simili) è stata indubbiamente forte ma l’unico limite previsto dalla Costituzione è il contrasto degli statuti delle confessioni con l’ordinamento italiano: quando esso non sussista
non si vede il motivo del rifiuto o, peggio, come succede
ora, del silenzio.
Gianni Long ha toccato la
reale sostanza della questione; oggi non sono messe in
discussione tanto le Intese
quanto la bilateralità del rapporto fra stato e confessione?
C’è una forte preoccupazione, che nel convegno ha espresso Finocchiaro, per il
numero delle Intese; lo stato
ha finora censito 228 diverse
confessioni: dovremo avere
228 Intese? Qualcuno paventa un modello 740 con 200 caselle per l’8%o. Ma qui si tratta di stabilire che fare del 3“
comma dell’art. 8: finché esisterà la bilateralità è requisito
irrinunciabile nei rapporti fra
stato e confessioni religiose.
Long ha appoggiato l’idea
avanzata da parecchi di Intese plurime o collettive oppure, ancor meglio, di Intese per
adesione (già oggi c’è qualcosa del genere per i rapporti
fra le confessioni e l’Inps).
Finocchiaro ha posto anche
un altro problema scottante:
come si può fare un’Intesa
con una confessione che abbia solo 30 adepti? Ma allora,
si potrebbe rispondere, è solo
una questione di potenza numerica? Infatti ci si domanda
anche come riconoscere una
confessione: chi deve stabilire
se l’interlocutore può essere
considerato tale e quali sono i
parametri su cui basare il giudizio? Gli interrogativi sui requisiti della confessione non
sono affatto chiariti. A me
sembra che dovremmo prendere l’esempio da altri paesi,
dove questo problema è stato
affrontato e risolto, pare, con
soddisfazione. Penso all’Olanda, dove si afferma essere
confessione qualunque «associazione di persone avente
come fine il soddisfacimento
di una domanda religiosa comunque formulata e che vuole essere considerata come tale sotto il profilo giuridico».
Dunque, per sbloccare l’intera situazione, bisogna pensare a qualcosa di nuovo.
L’unica relazione veramente
Il «no-profit» religioso
Nel convegno si è parlato anche delle cosiddette associazioni
«no-profit» e della loro regolamentazione. Feliciani ha presentato le proposte di legge in discussione e ha delineato i profili
giuridici dello schema in cui esse dovrebbero essere inquadrate. Si tratta di un'apertura di credito verso il cosiddetto «privato sociale», per cui l'interesse dello stato si concentra sull'utilità sociale della struttura senza avere riguardo alle motivazioni per cui è sorta la struttura stessa.
L'interesse del Diritto ecclesiastico verso questa categoria è
dovuto al fatto che gran parte di queste associazioni hanno
carattere religioso. Ferrari ha rilevato che forse dovranno essere riviste alcune norme in proposito contenute nel Concordato e nelle Intese, perché è convinto che le attività sociali di
qualsiasi provenienza debbano essere regolate da norme di
carattere generale, lasciando che quelle pattizie riguardino
esclusivamente la vita religiosa. È tornata nella relazione di
Feliciani con insistenza l'annosa richiesta dell'abolizione
dell'autorizzazione agli acquisti, considerata un relitto di una
fase del paese che non esiste più; Feliciani propone di sostituirla con una semplice comunicazione all'autorità giudiziaria.
propositiva in questo senso è
stata quella di Casuscelli, che
ha affermato che sarebbe ora
che finisse l’era dei culti ammessi per avviare finalmente quella delle confessioni ugualmente libere. Fermo restando, ha detto, che il principio della laicità si fonda
sull’uguale libertà e sulla distinzione degli ordini, bisogna attuare alcuni semplici
correttivi, che diano ordine e
correggano certi indirizzi. Per
prima cosa bisognerebbe
creare un diritto comune che
fosse possibile utilizzare da
tutti: per ottenere ciò ha proposto una legge ponte, che
disponga che ogni norma
non attuativa di accordi con
le confessioni debba intendersi riferita a tutte le organizzazioni religiose operanti
nella Repubblica.
In secondo luogo ha suggerito che al più presto si trasferiscano le competenze in materia ecclesiastica dal ministero degli Interni alla Presidenza del Consiglio, affidandola magari a un ministro
senza portafoglio come ausiliario del presidente del Consiglio stesso. In terzo luogo,
poiché l’evoluzione del nostro diritto ha portato all’istituzione di autorità indipendenti con funzioni di garanzia
(Consob, garante per la radiodiffusione e l’editoria, ecc.),
ha chiesto che ciò avvenga
anche per quanto riguarda i
diritti di libertà in materia di
religione per tutelare le confessioni dai poteri pubblici e
privati e per tutelare i cittadini nei confronti delle organizzazioni religiose che ledano i
diritti degli associati. j
L'articolo 33 della Costituzione
Il finanziamento della scuola
privata non è costituzionale
Nel corso dei lavori è stato
affrontato anche il tema
dell’autonomia e della parità
della scuola: naturalmente il
discorso si incentra sul finanziamento alla scuola privata,
nonostante il dettato dell’art.
33 della Costituzione. I due
relatori intervenuti sono sembrati convinti del fatto che
non sia possibile stiracchiare
l’articolo in questione, per
fargli dire quello che non dice
e che non ha mai voluto dire.
Colaianni ha onestamente riconosciuto che parlare di aiuti agli studenti anziché alle
scuole mostra chiaramente
fumus di truffa all’art. 33. Però si cercano ugualmente delle scappatoie, partendo dal riconoscimento del valore e
della tutelabilità dell’istituzione scolastica, comunque indirizzata, intendendola come
ugualmente responsabile del
progetto educativo generale.
Mattioni è partito dal diritto dell’alunno alla prestazione scolastica da ricevere nel
contesto culturale, che gli è
proprio, quello in cui può esplicare la sua personalità e
ha sostenuto che la libertà di
insegnamento da parte del
docente deve contemperarsi
con la libertà del destinatario
dell’insegnamento stesso,
Nel caso in cui l’istituto pri’
vato non riuscisse a consenti-.
re al docente la sua libertà, si
potrebbe provvedere con la
mobilità e la possibilità di
trasferirsi nella scuola pubblica. Questa tesi pare assai
singolare: infatti Lariccia ha
fatto osservare come siano
numerosissimi i casi di insegnanti allontanati da scuole
private, non solo per inse-.
gnamenti contrari all’indirizzo della scuola ma addirittu-.
ra per comportamenti perso-,
Itali in contrasto con tale indirizzo. Di fatto perciò il piuralismo viene negletto e reso
impossibile.
Significativo è stato l’intervento di Marcello Vigli, che
ha ricordato che la scuola non
può essere ridotta a un servizio sociale verso gli utenti: la
scuola è in realtà una l'unzione pubblica e serve alla società prima che agli al unni e
alle famiglie degli alunni.
1993; il presidente del Consiglio Amato firma
Chiesa luterana in Italia
’Intesa relativa
Sono disseminate nel mondo a milioni e ogni giorno mutilano e uccidono centinaia di civili
Verso la messa al bando globale di tutti i tipi di mine antipersona
STEFANO SEMENZAIO
Ottobre verrà ricordato
come il mese delle mine
antiuomo. Infatti a ottobre si
sono susseguiti una serie di
fatti che hanno poi portato
l’Italia a prendere finalmente
una posizione ufficiale sulle
mine antipersona, alla presentazione di una mozione al
Senato firmata da tutti i capigruppo e alla presentazione
in entrambi i rami del Parlamento di una proposta dei
Verdi per la totale messa al
bando delle mine antipersona. Partiamo con ordine.
Da alcuni anni in Italia e
nel mondo è cresciuto un
forte movimento contro le
mine antipersona. I primi a
dare l’allarme per questo tipo di arma sono state le organizzazioni non governative che si occupano di cooperazione allo sviluppo, che vivono sulla propria pelle il
tremendo impatto che le mine hanno sulla vita quotidiana della popolazione civile.
In Italia sono ormai 40 le associazioni che hanno aderito
alla campagna contro le mine, campagna che in questi
anni ha raccolto oltre 250
mila firme su una petizione
per la totale messa al bando
delle mine, con lo scopo di
sensibilizzare l’opinione
pubblica ma soprattutto la
classe politica italiana.
È stato così che è nata la
collaborazione con i Verdi,
che portò nell’agosto 1994 il
senatore Edo Ronchi a presentare una mozione per una
moratoria unilaterale sulla
produzione e vendita di mine, mozione che fu firmata
dalla maggioranza del Senato
Vittime delle mine antipersona
e poi adottata dal governo.
Per tornare al giorno d’oggi,
nei primi giorni di ottobre alla 51“ Assemblea delle Nazioni Unite il ministro Dini dichiara che l’Italia rinuncia alla produzione e vendita di
mine antipersona e si impegna a distruggerne le scorte.
Dichiarazione di grandissima
importanza ma comunque
non soddisfacente. Subito
dopo l’Assemblea delle Nazioni Unite, 75 paesi raccoglievano l’invito del governo
canadese per partecipare a
una conferenza dal titolo Verso la messa al bando globale
delle mine antipersona.
L’Italia partecipava alla
conferenza con una delegazione capeggiata dal ministro
Dini, il quale anche in quell’occasione ribadiva ciò che
aveva dichiarato alle Nazioni
Unite. Nel frattempo in Italia
i Verdi del Senato hanno presentato una mozione, che mi
vede primo firmatario, a fir
ma di tutti i capigruppo, che
impegna il governo a iniziare
il processo di smantellamento dell’arsenale delle mine
antipersona stoccate dalle
aziende produttrici e di quello delle Forze Armate italiane,
e a sviluppare il proprio impegno internazionale a favore
delle operazioni di sminamento. Proprio in questi giorni (inizio novembre, ndr) la
maggioranza assoluta del Senato ha sottoscritto la mozione (più di 200 firme), un notevole passo avanti perché si
supera nettamente da parte
di tutte le forze politiche italiane i tentativi ancora esistenti sul piano istituzionale
di distinguere tra mine stupide e intelligenti.
Il Parlamento, con l’approvazione formale di questa
mozione, che mi auguro avverrà al più presto, darà un
segnale importante a livello
internazionale per bloccare i
processi in atto. Non si può
dire che il problema delle mine antipersona sia qualcosa
che appartenga al passato; in
questo stesso momento nuove mine vengono disseminate
in Afghanistan e nelle Repubbliche asiatiche ex sovietiche, in Cecenia, al confine tra
India e Pakistan, al confine
tra Perù e Ecuador, al confine
tra le due Coree, a Haiti, in
Ruanda e Burundi, nello Sri
Lanka, in Algeria, al confine
tra Iran e Iraq, nel Sudan.
Le mine antipersona, prodotte dai paesi industrializzati, sono diventate l’arma dei
paesi poveri. Una mina può
costare anche 3 dollari ma rimuoverla, dopo, costa almeno 500 dollari. E, spesso, sono
le stesse aziende produttrici a
vendere i costosissimi strumenti per lo sminamento.
Ci sono ancora, è bene ricordarlo, milioni di mine antipersona prodotte da industrie italiane disseminate per
il mondo, in paesi come l’Afghanistan, il Mozambico, il
Kurdistan turco, l’Angola, la
Somalia, l’Eritrea, l’Etiopia, il
Ruanda, l’Iran. Ogni giorno
in ciascuno di questi paesi,
centinaia di persone, specialmente donne e bambini, saltano in aria su queste mine.
Persone che spesso non muoiono, perché le mine antipersona sono disegnate specialmente per mutilare, per colpire indiscriminatamente,
per terrorizzare la popolazione civile, per «demoralizzare
il nemico» in tempo di guerra
e per rendere ancora più ardua la ripresa economica dello stesso «nemico» a conflitto
finito.
La legge che ho presentato
al Senato, firmata da tutto il
gruppo Verde, e che è stata
presentata anche alla Camera (primo firmatario Vito Leccese), definisce in maniera
esatta una mina antipersona,
descritta come «ogni dispositivo 0 ordigno dislocato sopra, all’interno o accanto una
qualsiasi superficie e congegnato in modo tale da esplodere o causare un’esplosione
come conseguenza del contatto con una persona». Così
definita, una mina antipersona include necessariamente
ordigni, quali le mine anticarro, qualora essi siano forniti di dispositivi antimaneggiamento, che causano un’
esplosione non solo a contatto con un mezzo pesante, ma
anche quando siano toccati
da una persona. Proibisce
l’uso, la ricerca tecnologica,
la produzione e la vendita di
ogni tipo di mina antipersona; prevede la distruzione
dell’arsenale in dotazione alle Forze armate italiane, eccezion fatta per una quantità
da utilizzarsi solo per addestramento in operazioni di
sminamento.
La legge stanzia 20 miliardi
per la realizzazione di un
programma quinquennale di
finanziamento e di sostegno
ai centri internazionali, alle
organizzazioni governative e
non che svolgono operazioni
di sminamento: autorizza la
spesa di 20 miliardi per un
programma quinquennale di
finanziamento e di sostegno
per programmi di riabilitazione a favore delle vittime
delle mine antipersona. Prevede inoltre un indennizzo
alle imprese italiane produttrici di mine in relazione
all’attività di produzione di
mine precedente l’entrata in
vigore della legge.
Si tratta, come si vede, di
un disegno legislativo molto
completo che, insieme ad altre proposte di legge sull’argomento, verrà a breve discusso in seno alla commissione Esteri della Camera. Alla Camera c’è anche un disegno di legge, prima firmataria
Francesca Chiavacci, che raccoglie l’adesione di numerose forze politiche. Anche il
governo ha annunciato un
proprio disegno di legge e
quindi c’è un impegno convergente per arrivare entro
pochi mesi a un testo definitivo che possa esSfere approvato prima dalla Camera e
poi dal Senato.
art. 2
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Coedizione in a.p. comma 26
ft2 legge 549/95 - nr. 48/96 - Torino
f ,ggo di mancato recapito si prega restituire
al rnittente presso l’Ufficio PT Torino CMP Nord.
L'Editore si impegna a corrispondere il diritto di resa.
Fondato nel 1848
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È stato presentato al pubblico sabato scorso il progetto di
ristrutturazione del feltrificio Crumière di Villar Pellice: un
sito industriale che verrà trasformato, grazie ai fondi Cee e
airinlervento di privati ed enti pubblici. La fabbrica, che
seppe brillantemente superare un momento di crisi negli anni ’80 continuando la produzione grazie alla decisione di alcuni operai di costituirsi in cooperativa, ha col tempo aumentato ¡1 numero di lavoratori arrivando agli attuali 34.
L’atiività produttiva continuerà ma una parte degli stabilimenu '.erra ristrutturata lasciando spazio a settori espositivi,
artigmiiali, culturali e ricettivi. Negli auspici dei promotori
del progetto c'è anche la creazione di un polo di formazione
ed elaborazione rivolto alla valle e aH’esterno.
VENERDÌ 13 DICEMBRE 1996
Non passa settimana senza
che dobbiamo confrontarci con i sondaggi televisivi
da un lato (quello di una presunta democrazia «diretta») e
con lo spettro del disinteresse
dall’altro. Così anche nelle recenti votazioni a Pinerolo per
l’elezione del sindaco, l’affluenza delle donne alle urne
è risultata piuttosto scarsa. Indifferenza, pigrizia, o quel
certo pessimismo che aleggia
riguardo alla possibilità di
cambiare un po’ in meglio?
Non lo so, ma ciò che mi
ha raccontato un’anziana signora mi sembra invece un
bel segno di speranza. Ho cominciato a visitare questa signora quando facevo parte
del Concistoro e le portavo il
Vincolo, la circolare della
ANNO 132 - N. 48
LIRE 2000
1 DOVERI DI CITTADINO
UNA DONNA
MARCO ROSTAN
chiesa. Nei giorni scorsi, dopo
una riunione quartierale pomeridiana (stiamo facendo
questo esperimento per le
persone che non possono
uscire di casa la sera), alla
quale avevo accompagnato la
signora che, data l’età, non
esce mai da sola, mi ha raccontato quanto segue. Si era
accorta, un po’ prima della
data delle elezioni, che non
trovava più la sua carta di
identità. Avrebbe tranquillamente potuto farsi accompagnare al seggio da qualcuno
che la facesse riconoscere ma
per essere sicura, dato che nei
pressi di casa sua c’è un fotografo, è andata a farsi fare
una fotografia.
Questa non è uscita proprio
di suo gradimento ma è risultata utilissima per farsi fare
una nuova carta d’identità e
andare a votare per Alberto
Regione Piemonte
Sostegno
all'edilizia
residenziale
La Regione Piemonte ha
approvato un sostegno all’
edilizia residenziale; è stato
infatti presentato il bando di
concorso pubblico per l’assegnazione ai privati di contributi per il recupero della prima casa. La cifra che verrà
messa a disposizione è stata
quantificata in un totale di 22
miliardi di lire derivanti dalle
economie di gestione dei
vecclii bandi, chiusi nel mese
di ottobre, per l’assegnazione
dei «buoni casa» finalizzati
all’a/quisto dell’abitazione.
Il nuovo bando prevede! contributi a fondo perduto per la
ristrutturazione di abitazioni
situate in Piemonte e destinate esclusivamente al nucleo
famigliare del richiedente.
La modulistica necessaria
alla domanda (contenente
condizioni di ammissibilità,
requisiti previsti, moduli di
domanda) sarà in distribuzione da! 15 gennaio 1997 presso l’apposito ufficio regionale
in via Garibaldi a Torino,
presso i Comuni capoluogo di
provincia e presso le sedi delle Comunità montane.
Le domande dovranno pervenire entro il 15 aprile. L’
entità del contributo è comniisurata al reddito complessivo del nucleo famigliare nel
1995 e tiene conto anche del
numero di figli a carico. Così
si potranno ottenere 40 milioni per redditi fino a 25 milioni, 35 milioni con redditi inferiori a 30 milioni, 30 milioni per redditi fino a 50 milioni; non è ammesso l’accesso
ni finanziamento chi gode di
redditi superiori a 50 milioni.
Per calcolare il reddito si farà
ricorso alle singole dichiarazioni presentate a suo tempo,
detraendo la quota di 1 milione di lire per ogni figlio a carico. Occorre precisare inoltre
che per i redditi da lavoro dipendente si effettuerà un ulteriore abbattimento pari al 40
per cento dell’importo.
Che cosa pensano i membri delle chiese valdesi su un argomento di stretta attualità
Droghe leggere: depenalizzare non basta
MASSIMO GNONE
Il problema della legalizzazione di hashish e marijuana ha, nel nostro paese, una
storia davvero lunga. Gli uomini politici si sono variamente pronunciati; il punto di
vista di medici ed esperti è,
da sempre, controverso; la
Chiesa cattolica ha preso posizione. Nella Chiesa valdese,
troviamo diverse opinioni individuali; all’uscita dal culto,
in una fredda domenica di dicembre, abbiamo ascoltato le
opinioni, strettamente personali, di alcuni credenti.
Alla domanda: «Nel caso di
un ipotetico referendum, lei
sarebbe prò o contro la legalizzazione delle droghe leggere?», la maggioranza ha
ammesso di non averci ancora riflettuto abbastanza e comunque, anche se tendenzialmente favorevoli, molti sottolineano che non è sufficiente
eliminare il proibizionismo,
che non basta la depenalizzazione del consumo o del possesso: occorre un’azione dello stato per un’informazione
concreta sui danni che tutte le
droghe, e tra queste anche
Sulle droghe leggere è aperta la discussione soprattutto fra i giovani
l’alcool e il tabacco, possono
avere sull’organismo.
Il tema della legalizzazione
è, per l’opinione della gente,
decisamente controverso. Se,
da un lato, solo una minima
parte degli intervistati si
esprime negativamente sulla
questione, affermando che
«con la legalizzazione aumenterebbe il numero dei tossicodipendenti e di conseguenza i guadagni di coloro
che, comunità, centri di recu
pero, ecc., si occupano della
conseguente disintossicazione», la maggioranza è d’accordo ma con una gran quantità di riserve, tra cui: «La nostra società è davvero pronta
ad accogliere la messa in pratica di una proposta di questo
tipo?». Uno degli intervistati solleva il dubbio: «Ma la
semplice legalizzazione, senza una liberalizzazione di fatto, cioè una vendita controllata dell’hashish per esempio
dal tabaccaio, si toglierebbe
davvero il controllo del traffico alla criminalità organizzata?». Per quanto riguarda la
somministrazione controllata,
a fini terapeutici, delle droghe
pesanti, molti la giudicano
positivamente anche se alcuni
affermano che «proprio la
difficoltà nel reperire la dose
di eroina e i problemi conseguenti con i familiari possono
indurre il tossicodipendente a
smettere di farsi».
Il pastore Bruno Rostagno
è favorevole alla legalizzazione come «lotta a un fenomeno sociale», anche se si chiede se sia giusto «favorire il
consumo di tutto ciò che toglie lucidità privandoci della
nostra identità». Secondo
Elio Canale, preside del Collegio valdese, «bisogna affiancare la legalizzazione come soluzione del problema
“criminalità” alla lotta contro
quella “cultura della dipendenza” e contro la pubblicità
mirante a creare il bisogno di
sostanze capaci di risolvere i
nostri problemi». Un dibattito
all’interno delle chiese parrebbe comunque interessare
più di uno degli intervistati.
ittadini, Stiamo per godere infine dell’esercizio completo dei
diritti politici che la libertà e la costituzione ci hanno riconosciuti. Il Governo
ha ordinato nel nostro dipartimento la
convocazione delle assemblee cantonali
il cui risultato, depositario immediato
della volontà popolare, deve costituire la
base per la designazione dei nostri rappresentanti e formare, per così dire, il
primo anello al quale si collegano tutte
le nostre istituzioni politiche. L’apertura
di questa assemblea, la cui durata non
può essere superiore ai nove giorni, è
fissata per questo cantone al 13 del corrente mese di germinale (3 aprile vecchio stile). L’apertura del seggio, conformemente alle disposizioni del prefetto, avrà luogo al mattino, al levare del
soie, in una sala del primo piano del palazzo fin qui del Conte della Torre, situato sulla piazza di questo comune.
Le sedute del seggio elettorale che deve assistere alle operazioni dell’assem
IL FILO DEI GIORNI
DIRITTI POLITICI
BRUNO BELLION
bica, saranno riprese tutti i giorni alla
stessa ora e nello stesso locale. Saranno
interrotte al calare del sole, fino al conseguimento del risultato indicato dalla
legge. L’assemblea che ho l’onore di
presiedere deve occuparsi, ad eccezione
di qualsiasi altro argomento, unicamente
della nomina: 1 ) dei membri del collegio
elettorale di dipartimento; 2) dei membri
del collegio elettorale di distretto (arrondissement); 3) dei candidati per il posto
di giudice di pace; 4) dei candidati per i
posti di supplente.
Cittadini, sentite senza dubbio tutta
l’importanza dei diritti che state per eser
citare: non potrebbe essere maggiore. Da
essi dipendono la stabilità e la prosperità
della Repubblica e la felicità dei singoli.
Porrete dunque, nella vostra scelta, la
massima circospezione e imparzialità:
bandito ogni spirito di corruzione e di intrigo. Solo l’interesse pubblico deve avere corso ed è dando il vostro suffragio a
persone probe, istruite, amiche dell’ordine e del Governo, che otterfete il fine
che vi proponete. Per parte mia, onorato
della fiducia del Primo Console, cercherò di onorarla nell’adempimento delle mie funzioni (...)».
Così scriveva da Tour de Pelis nel
Germinale dell’anno 12 della Repubblica
il cittadino Jean Paul Vertu, chiamato a
presiedere il seggio della Val Pellice.
Naturalmente i cittadini chiamati al voto
erano solo gli uomini che avessero un
reddito sicuro, in tutto 2.277 persone, così suddivise: Torre Pellice 587, Angrogna 395, Bobbio 330, Villar Pellice 537,
Lusema 186, Lusemetta 107, Rorà 135.
Barbero, come desiderava.
La cosa eccezionale è che
questa signora ha 86 anni e
normalmente sta a casa: per
predisporre questo documento ha agito completamente da
sola, senza neanche dirlo ai
familiari che vivono non lontano da lei. Ha fatto le foto, è
andata all’anagrafe, ha ottenuto il suo bravo documento
e domenica ha compiuto il
suo dovere di cittadina. Alla
faccia di tanti altri, ben più
giovani e in salute rispetto a
lei, che per loro comodo o
con le motivazioni che conosciamo circa l’inutilità del
voto, della politica o con il
solito discorso che tanto i
partiti sono tutti uguali non
hanno ritenuto importante occuparsi di queste elezioni.
Pinerolo
Già al lavoro
la giunta
Barbero
Dopo le lunghe e laborioselaboriose verifiche e consultazioni dei giorni scorsi sono
stati definiti gli assessorati
della giunta Barbero; nel corso di una riunione informale
del nuovo esecutivo, prevista
per metà settimana, verranno
anche definite le deleghe nello specifico dei settori.
Dei sei assessori che formeranno la giunta tre non
provengono direttamente dalle liste presentatesi alle elezioni, due sono consiglieri
eletti (che lasceranno pertanto
il posto ai primi non eletti
delle rispettive liste) e uno è
stato candidato (non eletto)
alle ultime elezioni.
Nel dettaglio i nuovi assessori saranno: Magda Zanoni,
direttore dell’Associazione
per la ricerca sulla pubblica
amministrazione; Augusto
Serra, già direttore di banca
Crt; Flavio Fantone, architetto comunale a Torre Pellice;
Giulio Blanc, dirigente del
movimento cooperativistico,
eletto per il Pds; Giuseppino
Berti, funzionario Inps, già
assessore, eletto per ìa lista
Dini; Antonio Bruno, insegnante in centro di formazione professionale, candidato
nella lista di Rifondazione
comunista.
«In relazione agli obiettivi
specifici sulla promozione turistica - chiarisce il neosindaco - vogliamo puntare alla
realizzazione della Scuola nazionale di Cavalleria e potenziare il concorso ippico: perciò sarà delegato a seguire il
settore il consigliere Angelo
Di Staso, fino alla costituzione di un ente specifico secondo quanto prevede lo Statuto
comunale». Le altre persone
inizialmente inserite nella rosa di nomi indicati da Alberto
Barbero verranno inserite in
incarichi specifici. Per il pomeriggio di lunedì 16 dicembre è intanto convocato il primo Consiglio comunale.
8
PAG. Il
« E Eco Delle Iàlli Iàldesi
VENERDÌ 13 DICEMRBE la
L’ospedale valdese di Pomaretto
UNA CARTA DEI SERVIZI DEGLI OSPEDALI — La
prossima settimana verrà presentata la Carta degli ospedali
valdesi di Pomaretto e Torre Pellice; si tratta di un documento di informazione sui servizi e le prestazioni e nello
stesso tempo volto al confronto con la cittadinanza e gli
operatori. La Ciov ha organizzato due incontri pubblici, a
Perosa Argentina, presso la sala del distretto n. 2 in via Roma 22, giovedì 19 dicembre e a Torre Pellice, presso la sala
consiliare della Comunità montana, venerdì 20 dicembre;
entrambi gli incontri si svolgeranno alle 21.
FERROVIA TORINO-TORRE PELLICE: RACCOLTA
FIRME — Preoccupati dei possibili tagli sulle ferrovie locali, convinti che un maggiore utilizzo del trasporto su rotma passi soprattutto attraverso un miglioramento del servizio, i pendolari della linea Torino-Pinerolo-Torre Pellice
hanno deciso di proporre una nuova raccolta di firme fra la
popolazione tendente ad ottenere un potenziamento della
linea. Le firme si raccolgono alle Pro Loco di Torre Pellice
e Lusema San Giovanni, ai mercati di Torre e Luserna del
20 e 27 dicembre, il 24 dicembre a Torre Pellice, sabato 14
dicembre, mattina, sotto i portici di Pinerolo.
SULLE TRACCE DEI VALDESI — Secondo viaggio della
Società di studi valdesi e del Centro culturale nel NordOvest degli Stati Uniti, con aspetti turistici e storici e vari
incontri previsti, tra cui uno con i mormoni. Sono programmate tappe nello Utah, Wyoming, Idaho, California, Messico, New York. Per informazioni telefonare il mercoledì e
giovedì dalle ore 15 alle 17,30 al 932566 oppure al 932179.
A TORINO IL PRIMO OSSERVATORIO EPIDEMIOLOGICO — E stato recentemente inaugurato a Torino,
grazie alla sezione provinciale dell’Unione italiana ciechi
che ha raccolto i dati degli ultimi 25 anni, il primo Osservatorio epidemiologico italiano delle malattie che provocano
la cecità civile. Si è saputo allora che fino al ’91 tra le province italiane Torino aveva la più bassa incidenza di ciechi
civili (0,9 per mille in confronto a una media nazionale del
2 per mille) e che il numero dei ciechi è variato da 2.182
del ’91 a 3.206 dell’ottobre ’86; al primo posto nelle cause
della cecità civile c’è la cataratta. Gli obiettivi dell’Osservatorio sono quelli di verificare gli strumenti terapeutici
dell’oculistica moderna in rapporto alla malattia causa di
cecità in Torino e provincia, e fornire dati utili a pianificare
interventi sanitari di prevenzione delle patologie oculari.
CENTRO CULTURALE VALDESE — La biblioteca e gli
uffici del Centro rimarranno chiusi durante il periodo natalizio dal 21 dicembre al 7 gennaio. Il museo sarà aperto con
1 orario consueto giovedì, sabato e domenica pomeriggio ad
esclusione di giovedì 26 dicembre.
MOZIONE DELLA LEGA NORD SUL CONCORSO
«GRATTA E VINCI» — Il consigliere provinciale della
Lega Nord Alberto Trazzi, in una mozione indirizzata alla
presidente della Provincia, Mercedes Bresso, ha chiesto
che la lotteria «Gratta e vinci», gestita dallo stato sia ricondotta «ad accettabili dimensioni, anche a costo di rinunciare ai suoi proventi», sottolineando come «l’attività in oggetto si ponga in sostanziale contrasto con lo spirito della
Costituzione» e che per molte famiglie questo gioco finisce
per essere una «tassa occulta sulla miseria».
«VAUDOISE» E NON «VALDAISE» — La dicitura sbagliata «Vallèes valdaises», comparsa sul fascicolo «Montagna
antica» pubblicato dall’assessorato al Turismo, Sport e
Tempo libero della Regione sarà presto corretta in «Vallèes
vaudoises», come vuole la sua derivazione da Valdo. Il consigliere regionale del Pds Marco Bellion ha recentemente
sollecitato in questo senso Tassessore Angeleri.
CASCAMI SETA: UNO SCIOPERO DI VALLE IN DIFESA DELL’OCCUPAZIONE - È quanto chiede il
sindacato Alp (Associazione lavoratori pinerolesi) che ha
^^8S^^^^tiza nel Consiglio di fabbrica, per contrastare la
decisione dell azienda di Perosa di avviare la procedura per
il licenziamento di 18 operaie e operai (su un totale di 35)
addetti alla macerazione dei bozzoli di baco da seta. «Chiederemo inoltre di attivare tutti gli ammortizzatori sociali
dalla cassa integrazione ai contratti di solidarietà, perché se
si tratta di una crisi di mercato, come afferma l’azienda, essa va trattata come tale. I licenziamenti possono essere invece il preludio di una chiusura dello stabilimento» ha affermato Enrico Lanza in un incontro con le lavoratrici e i
lavoratori della Cascami, che si è svolto a Perosa, sabato
mattina. L’on. Giorgio Gardiol, delle commissioni Lavoro
e Industria della Camera, presente all’incontro, ha promesso una sua indagine parlamentare per accertare le ragioni
della crisi aziendale annunciata. La Comunità montana ha
avuto, lunedì 9 dicembre, un incontro con la direzione
dell’azienda allo scopo di evitare i licenziamenti.
Perosa Argentina
Tendenze
del mercato
del lavoro
Il Cilo (Centro di iniziativa
locale per l’occupazione) di
Perosa Argentina e Pinerolo
organizza, in collaborazione
con la Comunità montana valli Chisone e Germanasca, un
corso di orientamento scolastico-professionale diretto alla
formazione di insegnanti delle
scuole medie inferiori delle
valli Chisone e Germanasca.
Si tratta di un ciclo di incontri
con l’obiettivo di fornire degli
strumenti in più a quanti si
trovino nella condizione di
dovere effettuare una scelta
scolastica o professionale. I
temi trattati spaziano dalla situazione del mercato del lavoro nel Pinerolese al tema della
formazione professionale e
all’orientamento nelle scelte.
Infine verrà fatta una panoramica sulle nuove tendenze del
mondo del lavoro e quindi sul
modo migliore per affrontare
un mercato sempre più in rapida evoluzione.
Il primo appuntamento è
previsto per lunedì 16 dicembre e ha per tema «Il mercato
del lavoro in provincia di Torino: l’evoluzione recente e le
prospettive future»; relatore
Mauro Durando. Seguirà,
mercoledì 18 dicembre «La
formazione professionale: finalità e obiettivi»; parleranno
Corradino Formento, direttore Cfp Engim, e Paola Demichelis, insegnante. Gli incontri si terranno dalle ore 16,30
alle 18,30 nella sala dell’Usi
in via Roma 22 a Perosa Argentina; la partecipazione è
aperta a tutti.
Sembra praticabile l'ipotesi di un emendamento alla finanziar
Minatori; una speranza
per le pensioni di anzianità
Pinerolese
I luoghi
del lavoro
Sabato 14 dicembre alle ore
16,30, presso la sede della
Comunità montana valli Chisone e Germanasca, prenderà
il via la VI edizione degli
«Incontri culturali» sulla vita
e cultura delle nostre valli,
promossa dalla Comunità
montana in collaborazione
con il Centro culturale valdese. All’incontro intervengono
Walter Giuliano, assessore alle risorse culturali della Provincia, Clara Bounous, assessore alla cultura della Comunità montana, Gino Barai, che
tratterà il tema «Il progetto
ecomuseo delle valli Chisone
e Germanasca», Clara Pagano
e Laura Balzani dell’associazione ecomuseo di Perosa Argentina e valli, che parleranno di «Il museo del tessile».
In questa occasione sarà anche presentato, da Chiara
Ronchetta, il volume / luoghi
del lavoro nel Pinerolese,
edito da Celid, terza pubblicazione della collana «Itinerari
piemontesi di architetture industriali». Si tratta di un’ampia raccolta di studi sui luoghi
dell’industria, condotti dal dipartimento di Progettazione
architettonica del Politecnico
di Torino in collaborazione
con studiosi locali, condotti
dalla prof. Ronchetta.
I luoghi di indagine sono
Pinerolo e le valli Chisone e
Germanasca e presentano un
ventaglio assai ricco di proposte sulle attività dell’uomo tra
mulini, fabbriche, centrali e
miniere; il volume fornisce
anche sette itinerari inconsueti che ci guidano alla scoperta
dei luoghi di produzione insieme con la loro storia.
Si è aperta una piccola speranza che la questione della
pensione di anzianità per i
minatori venga risolta già
questa settimana. Dopo la
presentazione alla Camera
della «risoluzione» dell’on.
Giorgio Gardiol che impegna
il governo a emanare «entro
tre mesi» una legge che riguardi la pensione dei minatori ripristinando il quadro
normativo precedente, i Verdi
con il loro portavoce nazionale Luigi Manconi e il sen. Natale Ripamonti, il sen. Luigi
Marino presidente del gruppo
di Rifondazione comunista, i
sen. Antonio Cabras e Rocco
Larizza (Sinistra democratica) hanno annunciato la presentazione di un emendamento alla legge finanziaria ora
all’esame del Senato che dovrebbe garantire la pensione
di anzianità a coloro che maturano i requisiti di 15 anni
anzianità di sottosuolo nel
1997 e vogliono andare in
pensione nel 1998.
E quanto è emerso in un
incontro promosso dalla Rappresentanza sindacale unitaria (Rsu) della Luzenac e dal
sindacato Alp con Ton. Giorgio Gardiol, che si è tenuto
nel municipio di Perosa, sabato mattina. All’incontro
hanno anche partecipato il
sindacalista della Filcea Fedele Mandarano e il responsabile della Camera del lavoro di Pinerolo Vittorio Federico e il responsabile dell’Associazione lavoratori pinerolesi, Enrico Lanza.
«La strada dell’emendamento alla Finanziaria - ha
detto Ton. Giorgio Gardiol —
è possibile, ma i tempi sono
strettissimi e occorre l’assenso del governo. Si tratta di
una questione di equità sostanziale dato che i minatori
pagano il loro diritto alla
pensione di anzianità con una
maggiorazione di contributi
del 4,2% (complessivo a carico dei lavoratori e dei datori
di lavoro) per i lavoratori in
attività in sottosuolo e del
2,1% di “solidarietà” da parte
di tutti gli altri lavoratori del
settore. Il fondo è in attivo.
Perché allora abrogare il diritto e mantenere la contribuzione?».
C’è stata una sottovalutazione da parte di tutti del problema. «Anche del sindacato
- ha osservato Enrico Lanza,
di Alp - che non ha ancora risolto il problema previsto
nell’accordo del 23 luglio
1994 sui lavori usuranti, che
comprendono il lavoro nel
I rischi della centrale «Superphénix»
Allo studio un piano
per l'emergenza
Proprio mentre il comitato
«Europei contro il Superphénix» comunica che la centrale
di Creys-Malville è stata fermata all’inizio di novembre
per sostituire un cuscinetto difettoso su una pompa di circolazione del sodio arriva un’altra notizia interessante. L’ordine del giorno contro la centrale nucleare francese Superphénix, votato all’unanimità dal Consiglio comunale
di Angrogna lo scorso 26 settembre, ha trovato pronto e
quasi inaspettato riscontro dal
sottosegretario al ministero
dell’Ambiente, Franco Barbieri, che ha assicurato un suo
diretto interessamento, e dalla
presidenza del Consiglio dei
ministri, che ha comunicato
che «il piano di intervento in
caso di emergenza radiologica
è in via di stesura definitiva e
sarà inviato tra breve alle Prefetture di tutto il paese». «Una
risposta puntuale - precisa il
sindaco di Angrogna, JeanLouis Sappé - è arrivata
dairUsl 10 di Pinerolo a cui
erano state chieste delucidazioni sul monitoraggio della
radioattività ambientale. Il laboratorio di Sanità pubblica di
Ivrea, che svolge dal 1987 per
conto della Regione Piemonte
periodici controlli, precisa che
in vai Pellice, e in particolare
in vai d’Angrogna “sono state
riscontrate presenze di cesio
medio-alte rispetto alla media
regionale, ma del tutto in linea con la situazione delle zone alpine”». Una radioattività,
dunque, che sarebbe riconducibile quasi esclusivamente
all’incidente di Cernobil e, in
misura assai minore, ai residui di esperimenti nucleari in
atmosfera degli anni ’60.
«La relazione - conclude
Jean-Louis Sappé - firmata
dal responsabile della sezione
Fisica, dottor Giovanni D’Amore, termina affermando
che non esistono al momento,
“indizi consistenti di deposizione radioattiva di origine
transalpina”».
cÁ¿ à(f(^
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LIBRERIA
LARE
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PINEROLO TEL / FAX 0121-393960
sottosuolo». «Il sindacato
meno la Filcea-Cgil, si d
muovendo ha già chiesto |
incontro urgente al minisi
del lavoro, Tiziano Treu,
prio su questa questioni
L’incontro dovrebbe avvenj
nelle prossime settimane»)
risposto Mandarano. «Conti
teremo per telefono il sottosi
gretario Antonio Pizzinato
ha detto Federico, della C?
di Pinerolo - e gli chiede#
mo di valutare la richiestati
lavoratori e che il problem
della pensione venga risoli
con questa legge finanziaria»
Anche il senatore Elvii
Passone (Sinistra democraj
ca) e Fon. Giorgio Meri
(Popolari) hanno assicuratoi
loro appoggio alla richiesi
dei minatori. I senatori Fas
sone e Larizza hanno inolili
chiesto alla direzione c
Luzenac di visitare la minieii
già lunedì 9, ma non è stalli
possibile per ragioni burocn
tiche legate ai nulFi ostai
sicurezza.
Nel corso della rianionei
minatori hanno infine de
di aderire allo sciopero del 1]
dicembre a sostegno delh
vertenza del contratto dei
metalmeccanici e la loro partecipazione alla manifestazione che si terrà a 7 orino.
È meglio
il N. Y. Times
Dopo un soggionic- di alcuni mesi a Bologna lo iscrittore
americano Robert Hellenga
inviava un articolo al New
York Times dove, raccontando le sue esperienze in questa
città, dedicava alla comunitìi
metodista di via Venezian alcune righe di ricordi. Con
mia sorpresa, mentre mi trovavo il mese scorso nella sua
casa nell’Illinois, la redazione
del Nyt lo chiamava per verificare se effettivamente il nome della via è Venezian invece di Venezia e chiede inoltre
l’esatto percorso dalla stazione ferroviaria alla chiesa. Rimango veramente stupito per
lo scrupolo che mette la direzione del Nyt nel controllare
anche nei minimi dettagli h
veridicità degli articoli. Così
come rimango stupito per la
superficialità con cui certi articoli compaiono sul nostro
settimanale. Leggo infatti sul
n. 43 de L’eco delle valli valdesi un articolo su Superphénix dove si afferma che questo impianto avrebbe funzionato dal 1986 per meno di un
anno, mentre si dovrebbe dir®
un anno equivalente a piena
potenza. Chi ritenesse questo
una pignoleria che cosa pen;
serebbe di chi cercando di
vendere una automobile di tre
anni con 60.000 km percorsi
dichiarasse che la macchina
ha funzionato solo quindici
giorni? Come cittadino e come evangelico preferisco l’atteggiamento del New York
Times. Fraterni saluti
Umberto Broccoli
responsabile per il progetto
interdi vi stonale reattore
nucleare europeo
SOS ALCOLISMO
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DELLA FEDERAZIONE DONNE EVANGELICHE IN ITALIA
A
Rinnovarsi e tastimoniara
IL NOTIZIARIO Fdei da oggi si presenta in una nuova veste a tutte le sue lettrici e
ha chiesto ospitalità a Riforma per poter giungere ovunque con più celerità. Il Comitato nazionale della Fdei, eletto dallultimo congresso di maggio, ha così voluto
evidenziare come sia importante il percorso scelto da tutte le donne del mondo, a Pechino, durante la Conferenza Gnu sulla condizione femminile: vogliamo essere visibili, vogliamo stare là dove si fa informazione per tutti, perché noi facciamo parte integrante
del mondo evangelico italiano.
Se il Notiziario è stato uno strumento utile, e anzi indispensabile, per venti anni, della
testimonianza e del lavoro, nelle chiese, delle donne battiste, metodiste e valdesi, oggi,
in seguito alle decisioni prese dall’ultimo congresso Fdei, si attrezza per seguire le trasformazioni auspicate: cioè vuole essere un «foglio», al servizio di tutte le donne evangeliche in Italia. Qui infatti vi sarà spazio per ogni articolo, nota, informazione che giungerà da ogni realtà femminile evangelica.
11 congresso Fdei di maggio, dopo una lunga riflessione delle donne che avevano fortemente voluta e guidata, per anni, la Federazione, ha deciso che occorreva rispondere
con urgenza a due esigenze fondamentali: migliorare e rafforzare i rapporti fra tutte le
donne di fede evangelica; consolidare l’identità delle donne che si riferiscono a una fede
e a una cultura evangelica, in un Italia in profonda crisi etica. 11 Notiziario intende accompagnare questo percorso verso una nuova Fdei; un percorso che dovrebbe culminare con un congresso straordinario nell’autunno 1998. Per far questo il Notiziario si offre
come «palestra» dove le varie opinioni si confrontino.
11 Consiglio nazionale inoltre, nella sua ultima riunione di ottobre, ha anche invitato
tutte le Unioni, tutte le associazioni, tutte le donne a scegliere un versetto biblico che dovrebbe essere il «segno» del congresso straordinario proprio perché ciascuna si senta
partecipe di questo cammino comune. Sul Notiziario segnaleremo le varie scelte, con le
motivazioni.
Torniamo quindi alla Bibbia, rileggiamola quotidianamente; troveremo così le ragioni
profonde del nostro essere evangeliche e la nostra identità, per gli anni 2000. Anni che
si presentano molto difficili, non solo per le grandi trasformazioni che investono 1 economia e la vita sociale di tutti i paesi del mondo ma, soprattutto, perché tutti devono affrontare una spaventosa crisi di valori.
Un impegno importante, quindi, per i cristiani, a qualsiasi chiesa appartengano. Non
siamo nero per la confusione delle lingue e dei concetti: già una volta si tentò di costruire una «torre», a Babele, ma non ne uscì nulla di buono, perché non ci si lasciò guidare
dallo .Spirito di Dio.
Per capire meglio, per chiedere 1 aiuto di Dio che illumini le nostre menti, qualche volta anche disorientate, il Consiglio nazionale Fdei, dà appuntamento a tutte le donne
evangeliche interessate per il 23 febbraio 1997 a Roma, per conoscere e approfondire
le iniziative del Forum ecumenico delle donne cristiane d’Europa. L Assemblea ecumenica di Graz chiama noi tutte a una maggior responsabilizzazione per una riconciliazione
fra iutti i credenti in Cristo; questo deve essere il primo passo per una testimonianza
dell Evangelo sempre più coerente al comandamento d amore lasciatoci da Cristo; comandamento che si impone come unica salvezza per un mondo che si sta autodistruggendo fra guerre, inquinamento, violenza, fame, ingiustizie.
A duemila anni dalla nascita di Cristo siamo chiamate, noi donne, in prima persona a
testimoniare, ovunque — nelle nostre famiglie, sul posto di lavoro, nell attività sociale o
politica - che solo lui. Gesù Cristo, è la via, la verità e la vita. Non vi sono altre «scappatoie», più facili, più ragionevoli, più credibili, se vogliamo che questo mondo si salvi
daH'autoannientamento.
L’impegno delle donne evangeliche dovrebbe quindi concretizzarsi in iniziative su almeno tre filoni fondamentali: contro la violenza, per il lavoro e a salvaguardia dell ambiente.
Lottare e testimoniare, sempre, contro ogni tipo di violenza vede già molte evangeliche
fortemente impegnate, per esempio in Amnesty International o nel Movimento intemazionale per la riconciliazione, per la pace, ma occorre anche dell’altro; intervenire là dove
si tratta di qualcosa di più comune e diffuso, quindi, di meno eclatante; penso alla violenza
psicologica, a cui sono soggette le donne bambine o adolescenti; alla molestia o al ricatto
sessuale che molte, in cerca di lavoro, devono subire; penso alla «schiavizzazione» sessuale di molte prostitute o alla violenza sessuale tragicamente diffusa in ogni ceto sociale. La
questione «donna-lavoro», da un secolo a questa parte, è ancora aperta, all’interno della
cultura delle chiese cristiane: la donna può lavorare fuori casa? Ha diritto a stesse condizioni di accesso al lavoro, stessa carriera, stesso salario dell’uomo?
Infine vogliamo difendere la natura: in ogni società umana e in ogni tradizione, le donne hanno sempre avuto cura deU’ambiente e delle risorse naturali. La cecità dei potenti
della terra, interessati al profitto, ha devastato ogni parte del mondo e sta mettendo a repentaglio la sopravvivenza stessa della razza umana. Le donne evangeliche in Italia non
possono e non vogliono tacere; non perderanno alcuna occasione per manifestare la loro protesta e per denunciare chi ha incrinato, forse irrimediabilmente, quell’armonia del
creato, voluta da Dio per il benessere nostro e delle generazioni che verranno.
Attraverso il Notiziario l’attuale Fdei vuole quindi sostenere e rendere pubblica la propria trasformazione che può essere opera solo del Signore, ma che riguarda tutte le
donne evangeliche presenti in Italia: nate evangeliche, convertite, provenienti da paesi
esteri, interessate simpatizzanti o «in ascolto» della Parola. Se si torna all Evangelo, infatti, la posizione della donna è di assoluta, pari dignità con 1 uomo. E non intendiamo es
sere noi stesse, o lasciar essere le nostre chiese, «infedeli» alla volontà di Dio.
Dorìana Giudici
presidente Fdei
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Ricerchiamo io forza che è in noi
«V
A con codesta tua forza» (Giudici 6, 14) è stato il versetto biblico conduttore deìrS/hCom
gresso Fdei del maggio scorso: «novità», «tempo» e «forza» sono concetti che hanno e che
_ devono coinvolgere la donna quotidianamente nella testimonianza dell’Evangelo, come ci
viene suggerito dalla seguente meditazione.
11 mondo cambia e cambia rapidamente e si resta sorpresi per l’incredibile rapidità con cui tante cose
rniriah&'&ffidirtilcaté^^à^ di
vita, situazioni impreviste che creavano nuovi problemi e esigevano nuove soluzioni, sia nel campo familiare sia in quello comunitario e sociale. Non si poteva ignorarle né tanto meno sottovalutarle. Davanti al
«raiovó>rtìÌ:Sifei#ìiJÌasì serhpre:ìmp»e|»rate fi: qd
altri ó ài «caSbtflb®siWod©«^^ incprtidiq,:rstótpq^ qq^nto .ac
cade con il nostro piccolo, modesto ruolo sul grande palcoscenico su cui si svolge la vita. E di fronte ai tanti prtìblé|»L|iy»i)#ifiór noi si restringeva, i^bSetóiaileù^^
po fugge sempre più veloce, ma va preso in scria considerazione il fatto che si corre il rischio di non esserne più padrone, anzi di diventare schiave di questo dispotico tiranno che può toglierci una serena litertà di
azione e quanto di bello e gratificante potremmo avere, se non corriamo ai ripari! La saggezza di tutti i
tempi ci ammonisce e ci ricorda che si deve anche sostare per capire che «Ogni cosa ha il suo tempo».
«Prendete il tempo per giocare: è il segreto della giovinezza. Prendete il tempo per leggere: è la sorgente
della saggezza. Prendete il tempo per amare e essere amati: è la grazia di Dio. Prendete il tempo per farvi
degli amici: è la via della felicità. Prendete il tempo per ridere: è la musica dell’anima. Prendete il tempo per
donare; la vita è troppo corta per essere egoista. Prendete il tempo per lavorare: è il prezzo del successo.
Prendete il tempo per pregare: è la sorgente della vostra vita»* (da Al di là delle barriere, Cevaa, 1995)
E di forza dobbiamo averne tanta se vogliamo andare avanti per la strada che abbiamo iniziato, soprattutto nel campo della testimonianza della nostra fede, obbedendo al comandamento datoci dal Signore;
«Andate e ammaestrate tutti i popoli (...) insegnando loro di osservare tutte le cose che v'ho comandate»
(Matteo 28, 19-20). , . - j
«Va’ con codesta tua forza» è stato detto a Gedeone, ma non soltanto a lui, allora, bensì a ognuna di
noi, oggi. Infatti non sono parole che riguardano esclusivamente il passato. Se lo pensassimo sarernmo
ben lungi dalla verità. Altri tempi quelli, si sente dire molto spesso; sì, senza dubbio, altri tempi, altre situazìoni; né Tevoluzionc né il progresso si sono fenndti o si fermano: scoperte, invenzioni inaudite, applica’'
zione di nuove tecniche, tutto può mutare, ma quello che non cambia mai è il rapporto d amore che
corre tra il Creatore e le sue creature e quello di gioiosa obbedienza e servizio tra noi, sue creature e Dio.
Questo è il punto fermo della nostra fede, salda come una roccia. , . <
Che forza poteva avere un giovane come Gedeone? Lui non lo sapeva, ma Dio $ì. E il profeta Isaia ce lo
ricorderà: «I miei pensieri non sono i vostri pensieri, dice l’Eterno». (Isaia 55, 8). Gedeone ^a^ soffrendo
per la tragica situazione in cui si trovava il suo popolo, oppresso dai nemici che erano ormai alle porte. Le
sue parole sono accorate; «Ahimè, Signore, come mai siamo abbandonati ora?». Quindi era a conoscenza
di quanto il Signore aveva fatto per i suoi nel passato, sapeva della liberazione dalla schiavitù d Egitto perché aveva ascoltato gli insegnamenti dei padri. Era un giovane pieno di buon senso e accorto se batteva il
grano nelle strettoie per non essere visto dai Madianiti che razziavano tutto. Dimostrava un sentimento retto e onesto nei riguardi degli altri; pur sapendo della disubbidienza di alcuni capi e persino di suo padre
che aveva innalzato un idolo agli dei, non imputava loro la responsabilità della situazione. Conoscenza e
sottomissione alla volontà divina, umiltà (non avrebbe accettato in seguito di essere proclamato re)v magnanimità, amore e non giudizio e condanna verso il suo prossimo; ecco in che cosa consisteva la sua forza! E non è poco! E il Signore l’ha potenziata. • ' ', ’
Come ci vediamo noi oggi? Come ci sentiamo? Quante persone credono di non possedere alcuna forza
e, passivamente, con un certo fatalismo, aspettano di riceverla, quasi per miracolo, dall’alto Non penano
che dipende dalla nostra volontà cercaria e trovarla in noi, dipende dalla nostra fede metteria^l servizio di
Dio, obbedendo a lui e non agli uomini, come diceva l’apostolo Pietro nel libro degli Atti (4, 19).
Ricordiamoci che al di là dei progetti personali, dei piani di lavoro comunitario, di iniziative, e prima di
ogni loro attuazione bisogna avere una cosciente disposizione interiore, una struttura di base portante, con
dei valori validi agli occhi di Dio. Consiglio, guida, aiuto li troveremo sempre nella Bibbia se sapremo non
solo Icggcrld 6 studicirid ms viv^rlà con 1 intensità di fede dei credenti. Noi sdppÌQmo molto bene che Is Bib"
bìa non è un libro che parla di Dio, ma in cui Dio parla a noi e, se risponderemo posttivamerite alle sue leggi, potremo a\^re un dialogo ininterrotto con luì. Quanti appelli ha rivolto in c^ni tempo il Signore all umanità Uno tra i tanti* «Nel tornare a me (...) starà la vostra salvezza; nella fiducia in me (...) starà la vostra forza, dice l'Eterno» per bocca di Isaia (30, 15). E ponendoci nella linea di pensiero e di fede dell’apostolo
Paolo, risponderemo: «Sì, io posso, noi possiamo ogni cosa in te. Signore, che ci fortifichi».
Laura Carrarì
10
PA<i. Il
m K]©ìJ“Q2Q(3g^o
Appuntamento!
• y* Congresso della Fdei ha dato mandato al nuovo Comitato nazionale (Cn), su proposta di quello uscente, di prendere contatto con le
realta femrninili evangeliche presenti in Italia, per elaborare un progetto che trasformi la Fdei in un organismo di collegamento che rappresenti tutte le donne evangeliche che vivono e testimoniano la propria
tede in Italia. ^
foli convocato, per il pomeriggio di sabato 22
tebbraio 1997, a Roma, un incontro con il vario associazionismo femminile evangelico e con le donne di comunità evangeliche non strutturate in organismi ecclesiastici.
Un congresso straordinario, che dovrebbe dare vita alla nuova Fdei
e previsto per la fine del 1998. Ci sembra di buon auspicio che tale avvenimento si verifichi alla fine del decennio, indetto dal Consiglio ecu® chiese, «in solidarietà con le donne da parte delle chiese».
Cn Fdei è consapevole che la presenza visibile delle donne è aumentata e che essa incide concretamente nella vita delle chiese. La
nuova Fdei dovrebbe fare sì che le donne evangeliche possano proporre riflessioni e prese di posizioni, davvero comuni, nei confronti di ciò
che emerge, non solo aH’interno delle nostre chiese, ma anche nel
campo sociale, religioso e culturale del nostro paese, ormai alle porte
del Duemila.
Maria Grazia
r
Violenza sessuale
n Freddi; Peat svolgeva sin dagli anni ’70 a Goa
(India) era molto apprezzata. Nel suo orfanotrofio si ospitavano
una quarantina di bambini/e dai 6 ai 16 anni. Nell’aprile del 1991
la polizia locale trovò uno degli orfani ridotto in condizioni pietose:
aveva evidenti segni di violenze sessuali. Fece irruzione nell’orfanotrofio e scoprì che l’istituto era solo una copertura per un giro di
prostituzione infantile. L’istituto forniva bambini/e ai vari club pe
- ^^“’appartamento del dr. Freddy furono trovate
piu di ¿000 tra fotografie di bambini/e nudi e foto pornografiche.
^esto è un breve riassunto dell’introduzione a un incontro tenutosi
all Unu nel 1991 tra rappresentanti delle chiese, Unesco-Unicef, e dei
goverra dei paesi coinvolti nella prostituzione infantile (Sri Lanka’ Filippine Thailandia, India). Si calcola che più di 800.000 tra bambini e
bambine siano coinvolti in questo sporco traffico, che sono costretti a
ncevere dai 30 ai 50 clienti ogni notte, che subiscono violenze inim
maginabili che spesso li portano alla morte. Bambini e bambine vendu
h dai genitori per un televisore, un’automobile nuova. Nei paesi
dell hst asiatico di solito la nascita di una bambina è vista come una disgrazia; oggi, dove la prostituzione infantile è più alta, è una fortuna: le
barnbine si vendono più facilmente! Bambini/e che dopo una settimana di questa wta sono talmente traumatizzati da rendere quasi impossibile una nabihtazione. Molti non arrivano a superare i 12-13 anni e
I alta percentuale di Aids contratta fa sì che i clienti richiedono bambini/ e sempre più giovani.
Chi sono questi «clienti»? Gli oratori li hanno definiti «i nostri buoni vicini di casa», persone rispettabili, buoni genitori che vogliono passare
una vacanza diversa dal solito, militari di stanza in Asia che cercano
nuove avventure. Aziende turistiche europee e americane, dall’apparenza innocua, organizzano regolarmente viaggi promettendo «emozionanti esperienze». Sono dati impressionanti che ho avuto in questi ultimi sei
anni, ma questo problema è solo la punta di un iceberg di una realtà
molto più vasta. 11 Congresso tenutosi a Stoccolma l’estate scorsa ci ha
dimos^ato che troppo spesso i diritti dei minori sono trasgrediti. In
Gran Bretagna il 25% delle bambine e il 10% dei bambini subiscono
violenze sessuali all’interno della famiglia. E l’Italia? Sei anni fa non era
tra 1 pomi posti in questa triste graduatoria. Quest’estate ho sentito che
ha raggiunto la Germania, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti.
11 Sinodo in un suo ordine del giorno condanna «ogni forma di violenza o abuso di tipo sessuale verso ogni persona e in particolare verso
1 piu deboli delia nostra società; bambini, adolescenti, donne emarginate o immigrate; riconosce in questo allarmante fenomeno un elemento
di torte degrado della nostra società. Sollecita le chiese cristiane a farsi
interpreti dell’esigenza di denunciare ogni violenza e costrizione sessuale e ogni violazione dell’integrità della persona, promuovendo iniziative per una corretta educazione al rispetto della sessualità e della dignità umana». Non lasciamo nel cassetto questa affermazione sinodale
Noi cercheremo, attraverso i nostri rappresentanti all’Onu, di tenervi
informati sulle varie iniziative che vengono prese per poter dare anche
noi un contributo.
V.
Lidia
La praghiara
La Giornata mondiale di preghiera (Gmp)
è un appuntamento importante che interessa tutte le donne cristiane del mondo. Il movimento della Gmp, sorto nel 1887 negli
Stati Uniti, è attualmente esteso in tutti i
continenti dove viene predicato e vissuto
l’Evangelo. Il primo venerdì di marzo di ogni
anno le donne cristiane di ogni parte del
mondo possono, con le loro preghiere, incontrarsi davanti al Signore, avendo superato le barriere e le diversità che le dividono. L
E assai importante che la liturgia per questa
giornata venga, di volta in volta, preparata da un paese diverso. In
questo modo ogni comunità che partecipa alla Gmp, per un momento,
dimentica dei problemi e delle necessità che le sono propri, eleva al Signore le medesime espressioni di solidale partecipazione, sentendosi al
tempo stesso unita, aiutata e rafforzata dalle preghiere delle altre
Il Cn-Fdei mantiene i contatti con il Comitato internazionale, che ha
sede a New York, versando una quota di iscrizione. In seguito al mandato del Congresso di maggio, il Cn-Fdei sta lavorando perché si costituisca un comitato nazionale autonomo della Gmp, a cui possano far
parte anche sorelle di altre denominazioni e confessioni religiose
La liturgia di quest’anno, dal titolo: «Come un seme che diventa albero», è stata preparata dalle donne cristiane della Corea del Sud ed è già
stata inviata alle Unioni femminili. Rimandiamo al Notiziario di febbraio
le informazioni specifiche sulla destinazione della colletta che in parte andrà per un progetto di formazione delle donne in Corea e in parte per
tre programmi che favoriscono la formazione delle donne in Italia.
Tea
CIn gasto par crascara insiama
Il Comitato Fdei, durante il suo ultimo incontro, ha deliberato di dare l’avvio al tesseramento a oartire dall’anno in«
Si e giunti a questa Jcisione per favorire e concretizzare l’adesione alla Federazione di tutte quelle donne evanoltÌ
2 e.
Federazione
Donne
Evangeliche in
Italia
Va comunque ricordato che tutte le donne che fanno parte di un’Unione o gruppo femminile federato al Movimento bau
tista o alla Federazione femminile evangelica valdese e metod'
sta, per statuto, sono automaticamente iscritte e di consequem
tesserate Fdei. Tuttavia il Cn-Fdei, chiamato nel suo impeonn
biennale ad assolvere il mandato di ristrutturare la Fdei, rivol,^
un appello di tesseramento a tutte quelle sorelle che credono *
Via Firenze, 38 - 00184 Roma
nostro impegno e anche a tutte coloro che già fanno parte dd
federazione.
L..„.
I II costo del tesseramento annuale è di £ 25.000; il versi)
Socia......................................... I mento deve avvenire sul ccp n. 36083103 intestato a Beifc
I Marina, via Olivet 12, 10062 Luserna San Giovanni (To). Sarti
nostra attenzione e cura far pervenire il materiale di studio ].
informazioni sulla Federazione nonché la tessera a tutte colòm
che invieranno la quota di adesione.
Marina
Diritti umani
«La candela non brucia per noi, ma per
tutti coloro che non siamo riusciti a salvare
dalla prigione, per tutti coloro che sono stati
uccisi lungo la strada per la prigione, che sono stati torturati, sequestrati, che sono
scomparsi. Per tutti costoro brucia la candela» (P. Berenson, fondatore di Amnesty International,1961).
Una delle decisioni prese dal Congresso
della Fdei (Ecumene, maggio ’95) è l’adesio- j j
ne alla sezione italiana di Amnesty Interna- ..... ......„J
tional come associazione affiliata e di coinvolgere i gruppi femminili e
le comunità dì appartenenza in alcune iniziative specifiche del lavoro di
difesa dei diritti umani.
, ® la maggior parte delle vittime di guerra e
dei rifugiati sono donne e bambini; cosi pure la maggior parte dei poveri del mondo sono donne e bambini.
In occasione della decorrenza della Convenzione internazionale sui
diritti dell infanzia (20 novembre 1989) la Fdei ha aderito alla campagna che Amnesty International ha indetto a favore dei bambini torturati nella Turchia.
Margherita
Giubilao?
Il Cn-Fdei, in accordo con i con,itati nazionali denominazionali, sta .preparando
per le Unioni e gruppi femminili il materiale di studio sul tema della conclusione
del secondo millennio, la cui diffusione
avverrà, sempre tramite il settimanale
Riforma, nel gennaio ’97.
Usiamo anche noi il termine biblico
«giubileo» (Levitico 25) che viene utilizzato
dalla tradizione cattolico-romana per indicare il prossimo «Anno santo» del 2000 e
ne rivendichiamo la sua specificità biblica.
Sottolineiamo inoltre il fatto che la fine di
un millennio può essere per tuttc/i una
preziosa occasione per riflettere sul nostro rapporto con Gesù Cristo.
Il Cn-Fdei si augura che l’argomento
susciti interesse e che le donne, durante 1
convegni regionali (che dovrebbero svolgersi entro maggio ’97) elaborino, sul tema accennato, delle riflessioni importanti
per le chiese e la società.
Daniela
Formaziona
Approfondire certe tematiche che per noi donne, oggi, sono molto
importanti: questo è uno degli argomenti di cui si è discusso in Comitato. Gli strumenti potrebbero essere i campi studi per donne.
In passato la Fdei ha organizzato due campi studio estivi per donne,
ambedue a Adelfia (dove, tra parentesi, all’impegno spirituale e intellettuale si è unita 1 attrattiva del mare). Era la prima volta che si faceva
qualcosa di specificamente al femminile al Sud e la partecipazione, in
quel lontano 1986, fu molto soddisfacente. L’argomento era stimolante: «Essere donne oggi nella chiesa e nella società». Gli studi, d’altra
parte, furono condotti da donne molto qualificate appartenenti al mondo protestante, a quello cattolico, ebreo e laico, non solo italiano, ma
anche estero.
Dato il successo del primo campo, l’anno successivo venne ripetuta
esperienza con uno studio su «La voce delle donne nella Bibbia, nella
teologia e nella spiritualità». In seguito la Fdei, soprattutto per difficoltà
di ordine finanziario, non ha più organizzato in proprio dei campi ma,
fortunatamente, c è stato sempre un più crescente fiorire di queste iniziative «al femminile».
La Fdei si propone oggi di attuare un collegamento fra le donne anche attraverso la tempestiva segnalazione delle iniziative in questo
carnpo. Questo non esclude che la Fdei possa organizzare in futuro
qualche proprio campo di studio ma per il momento, come saprete, le
energie del Comitato sono assorbite quasi interamente dai grandi mutamenti che si stanno preannunziando sulla scia del preciso mandato
ncevuto in Congresso. Saranno comunque gradite segnalazioni di teniatiche che si vorrebbe fossero affrontate in un eventuale campo e
che testimonierebbero la vivacità degli interessi delle donne.
Emera
Clima
È importante che le donne evangeliche
in Italia sostengano la raccolta di firme
per ottenere delle leggi a favore di un clima più «naturale». L’iniziativa, promossa
a livello mondiale (poiché il clima non ha
confini geograficamente limitabili) è stata
lanciata da varie associazioni, chiese e
gruppi di tante nazioni, in sintonia tra di
loro.
Anche noi, come Fdei, non indifferenti
a tale necessità, sosteniamo l'appello.
Sensibilizzare le nostre conoscenti, amiche, parenti, colleghe sull’argomento è
un modo per dare un piccolo contributo
in un settore molto serio, ma ancora
troppo sottovalutato: l’ecologia.
Ecco quindi il nostro impegno concreto: ognuna di noi si documenti e si impegni a far sottoscrivere la petizione sul clima (inserto distribuito da Riforma) con la
quale speriamo non solo di ottenere delle
leggi che consentano la riduzione dei consumi di energia e il cambiamento del clima, ma soprattutto che ognuna/o si ricordi che la terra, l’aria, gli esseri viventi
sono doni di Dio che vanno rispettati. La
raccolta firme deve avvenire entro gennaio ’97 per presentarla poi al governo.
Elena
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}n questo numero il Cn-Fdei ha pensato di dare spazio e voce alle realtà femminili del vasto
¡riandò evangelico. Un’occasione per migliorare non solo la conoscenza reciproca, ma anche
pgr intessere nuovi rapporti.
^I movimenti femminili battista e valdese-metodista non sono stati invitati a scrivere perché
aia nel numero del Notiziario dell’aprile scorso erano stati presentati (Notiziario delle federazioni femminili, inserto di Riforma del 19 aprile ’96)
^ Le attività delle donne della Chiesa avventista
Partecipare alla vita di chiosa
Anche se nella fase
organizzativa iniziale
della Chiesa cristiana
avventista del 7° giorno una
certa influenza l’ha avuta una
donna, nella tradizione avventista non esistono gruppi femminili come spesso troviamo
nelle chiese protestanti in genere. Da qualche anno però si
è notata più forte l’esigenza di
incrementare il potenziale
femminile nell’ambito della
chiesa e quindi, a livello di
Conferenza generale, il massimo organo mondiale avventista, si è creato un Dipartimento delle donne.
Anche in Italia, in questi ultimi anni, c’è stata una richiesta
di maggiore coordinamento fra
le donne avventiste, vi sono
stati degli incontri a livello regionale, ma solo nei mese di
maggio di quest’anno c’è stato
il primo congresso nazionale.
Ma qual è la presenza effettiva
delle donne in ambito avventista? A livello locale le troviamo
inserite a tutti i settori della vita ecclesiastica.
La Chiesa avventista è organizzata in dipartimenti che funzionano a tutti i livelli: da quello locale a quello mondiale.
Per specificare meglio, si tratta
dei dipartimenti dell'evangelizzazione, della salute, dei giovani, della famiglia, della gestione cristiana della vita, della
scuola del sabato, dell’opera
sociale, della libertà religiosa,
ecc. In questo modo tutti i
membri di chiesa possono inserirsi in qualunque attività in
base ai loro talenti naturali. Le
donne quindi trovano facilmente la loro collocazione in
uno dei suddetti settori, oppure svolgendo le mansioni di segretarie o tesoriere della chiesa
0 si occupano dei bambini,
ecc. Gii incarichi da esse ricoperti le portano di conseguenza a far parte del comitato di
chiesa. $pe,sso infatti succede
che la maggioranza dei membri di questi comitati sia composta da donne. Ritengo che
questo loro completo inserimento sia uno dei motivi per
cui nella Chiesa avventista non
si siano organizzati finora i
movimenti femminili.
Però c’è da notare una cosa:
se è vero che le donne sono
perfettamente inserite in ambito ecclesiale, è altrettanto vero
che, a livello di responsabilità
regionali o nazionali, ci sono
sempre meno donne. In tutta
sincerità non credo che questo
sia da attribuire a un atteggianiento maschilista repressivo
bei responsabili della Chiesa,
anche se è vero che le donne
Seneralmente sono «invisibili»
quando si tratta di distribuire le
responsabilità, ma piuttosto alla paura delle donne di emergere e alla loro difficoltà di
''raggiare e sacrificare la propria famiglia per un’attività a
più ampio raggio.
Se non esistono quindi gruppi femminili organizzati, esiste
Però un'associazione che coorbina tutte le mogli dei pastori
benominata Aimpa (Associazione italiana mogli dei pastori
avventisti), che è sorta nel
1988 e ha lo scopo di aiutare
le mogli del pastore nella loro
crescita spirituale e personale,
nella definizione del loro ruolo
di moglie di pastore e nello svinppo di un lavoro pastorale di
bpuipe con il marito, in base ai
Oro doni e talenti, nella loro
Preparazione paraprofessiona® al ministero, nella loro ricer
ca di comunione fraterna e di
un punto di riferimento e di
appoggio e nello sviluppo di
migliori relazioni all’interno
della loro famiglia.
L’Associazione, che è diretta da una coordinatrice affiancata da un comitato direttivo
composto da 5 persone, pubblica ogni trimestre un bollettino e del materiale utile alla categoria. Dal momento che i
pastori avventisti sono soggetti
a diversi trasferimenti (in media uno ogni 4-5anni), le loro
mogli non sono in genere
confortate dalla presenza delle
loro famiglie di origine come
genitori, fratelli, parenti. Sempre per lo stesso motivo, per
loro è difficile inserirsi nel
mondo del lavoro e quindi
avere un’attività che dia loro
soddisfazione personale e reddito. Quello che cerca di conseguire l’Associazione è un
coordinamento fra le mogli dei
pastori in modo che si sentano sempre meglio coinvolte
nel ministero e che possano
svolgere al fianco del marito
delle attività che diano loro
soddisfazione personale e
gioia nel servizio.
Per realizzare meglio i suoi
scopi, l’Aimpa cerca di pubblicare del materiale utile, ha istituito un servizio di diaconato
fra le mogli dei pastori, pubblica il bollettino di cui parlavo
prima e organizza congressi
nazionali o regionali. Questa
associazione è impegnata anche promuovere e a sostenere
la nascita di un coordinamento
femminile avventista a livello
nazionale.
Dora Bognandi Pellegrini
Dalla diversità confessionale alla comune vocazione Straniere in Italia: fino a quando?
Tr9 realtà al servizio
di una stessa causa
Donne migranti
Chiese: dei Fratelli
Le chiese dei Fratelli operano in piena autonomia. All’interno, le sorelle delle diverse
chiese in Italia che lavorano in
gruppo svolgono diverse attività. Per esempio, il gruppo
delle sorelle di Genova svolge,
da parecchi anni, un’attività
che consiste prevalentemente:
- in una riunione settimanale di preghiera;
- nell’assistenza e nella visita
a persone che ne hanno bisogno;
- nel cercare di rendersi utili
ospitando e visitando bambini
e genitori credenti che molto
spesso arrivano da tutta Italia
al noto ospedale «Giannina
Gaslini» per affrontare problemi di salute diversi che, in alcuni casi, si presentano molto
seri.
Ada Maniero
L'Esercito
della Salvezza
Il Movimento internazionale
per le donne, l’Unione femminile («Home League») dell’
Esercito della Salvezza, ha attualmente 421.718 membri. E
stato uno dei risultati delle
campagne evangelistiche itineranti del generale William
Boot che, approfondendo
l’analisi sulle abitudini delle
persone, decise di compiere
qualcosa per migliorare lo
standard della vita familiare.
Così nacque l’Unione femminile dell’Eserdto della Salvezza, nel febbraio 1907, sotto
l’impulso di rendere un servizio ai bisognosi.
Il 15 giugno 1944 l’Esercito
in Italia celebrò per la prima
volta la «festa delle madri» e da
allora l’Unione femminile ha
iniziato la sua attività sotto la
guida di Pierina Guarnoli-Buffa, a Firenze. Per sostenere tale iniziativa, il giornale dell’
Esercito, Grido di guerra, iniziò a pubblicare una colonna
settimanale per le donne.
L’Unione femminile esiste per
realizzare quattro scopi: vuole
essere una cerchia di amicizie,
un circolo culturale, un circolo
di preghiera e un circolo di
servizio.
Oggi l’Unione femminile in
Italia è all’opera in quasi ogni
comunità salutista. Contatti sono regolarmente mantenuti
con i membri isolati e con
quelli che non possono uscire
di casa. Le unioniste attive
spesso si impegnano nel servizio comunitario, dando aiuto
pratico alle persone bisognose
e visitando ospedali e case di
riposo.
Due volte l’anno viene pubblicato il «Bollettino dell’Unione femminile», che è usato durante gli incontri settimanali e
almeno una volta l’anno c’è un
raduno regionale per le unioniste. Esiste in Italia anche l’Associazione salutista italiana
personale ospedaliero (Asipo),
un ramo della «Salvation Army
Medicai Fellowship». La maggior parte dei suoi membri sono unioniste.
Kathleen Armistead, maggiore
presidente nazionale per le
organizzazioni femminili
Chiesa luterana
La nostra Chiesa evangelica
luterana in Italia (Celi) è forse
più di altre chiese una chiesa
delle donne e quindi molto interessata al lavoro svolto dalla
Fdei. In Sicilia per esempio i
membri della comunità sono
quasi esclusivamente donne.
Molte di loro di origine tedesca vivono lì da «migranti nuziali», cioè sono sposate con
italiani. Questo significa che
quasi tutte vivono un ecumenismo cattolico-evangelico nelle
loro famiglie.
Dato che la Celi unisce nella
sua tradizione radici tedesche
e italiane, ci piacerebbe conoscere le realtà femminili nelle
altre chiese evangeliche in Italia e partecipare alle loro
esperienze. Le donne hanno
molte cose in comune che superano le separazioni confessionali di fronte alla tradizione
teologica determinata da uomini, riguardo all’esegesi della
Bibbia e i ruoli tradizionali delle donne nelle chiese. Inoltre
vorremmo conoscere eventuali
differenze teologiche e in che
modo le donne partecipano
alla vita ecclesiastica nelle diverse chiese.
Uno scambio di idee ci farebbe sentire più unite e solidali e potrebbe portare un arricchimento nelle nostre chiese. Potremmo trovare nuove
forme per celebrare il culto insieme e intensificare la collaborazione per la Giornata
mondiale di preghiera. Ci auguriamo che questo discorso si
svolga non solo in conferenze
nazionali ma anche a livello regionale e locale.
Almut Kramm
pastora luterana a Catania
IL GRUPPO ecumenico delle donne migranti si è costituito dopo il Congresso della Fdei tenutosi a Ecumene
(Velletri) nel maggio 1996. Il
Congresso ha votato all’unanimità una mozione che invita
tutte le comunità a specifiche
iniziative di servizio e accoglienza verso le donne migranti.
Il mese seguente, il 6 giugno,
il Servizio rifugiati e migranti
della Fcei ha promosso il primo
incontro delle donne evangeliche migranti delle varie comunità di Roma. Erano presenti
donne provenienti dal Perù, dal
Brasile, dal Ghana, dal Madagascar, dalle Filippine e dalla
Cina. Durante questo primo incontro presso il Servizio rifugiati e migranti le donne si sono
interrogate sul loro molo all’interno delle chiese evangeliche e
hanno stabilito, provvisoriamente, delle modalità di lavoro:
- il gruppo è aperto a tutte
le donne straniere e non si fa
distinzione tra le donne provenienti dall’Europa o da altri
continenti;
- è un gruppo ecumenico
aperto a tutte le donne che accettano di pregare e di lavorare insieme alle donne evangeliche;
- il suo compito è di promuovere, di stimolare e di rendere visibile i doni specifici delle donne straniere, con i quali
vogliono contribuire alla vita
delle chiese italiane;
- il gruppo si propone di di
ventare la voce delle donne
migranti all’interno del movimento delle donne protestanti
in Italia.
Secondo i dati statistici, da
alcuni anni i membri delle nostre chiese non sono più tutti
di origine italiana: su quattro
evangelici uno/a è un/a immigrato/a; quindi una delle esigenze che hanno spinto a costituire il gruppo è questa ricerca di voce e di visibilità delle donne migranti. In più va
segnalato il rapporto del Gruppo ecumenico delle donne migranti con altre realtà di donne, come il Forum delle donne
native e migranti in Italia. Il
gruppo è stato rappresentato
al Forum di Torino e al Fomm
ecumenico europeo, al Forum
delle associazioni non governative (Ong), parallelamente al
vertice sull’alimentazione Fao.
11 gruppo prevede un incontro
regionale a Roma il 9 febbraio
1997 e un altro simile a Milano; il gruppo spera che presto
se ne faranno altri. A Roma il
gruppo si sta sviluppando e sta
visitando le comunità: in ottobre ha visitato quella di lingua
inglese di Ponte Sant’Angelo e
in novembre quella di lingua
francese di via IV Novembre. Il
gruppo intende partecipare alla Giornata mondiale di preghiera e giocare un ruolo attivo di promozione dell’Anno
degli sradicati, il 1997.
Vololona Andrìamitandrìna
12
PAG. IV
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VENEI
Le teologie femministe strumento di lavoro fondamentale
La raaltà di Sophia
Dal desiderio di un
piccolo gruppo di
donne il 31 gennaio
1992 nasce a Roma «Sophia.
Associazione delle donne protestanti in Italia per la ricerca
teologica». Due sono le necessità che ne hanno spinto la
fondazione. Una interna, dettata dalla mancanza di coordinamento e informazione tra le
donne protestanti che svolgono ricerca teologica; una
esterna dettata dall’urgenza di
avere una struttura che potesse offrire, anche fuori dalle
nostre chiese, la diffusione del
pensiero teologico delle donne
radicate nel protestantesimo e
nelle teologie femministe.
La parola Sophia significa
sapienza. Una sapienza non di
tipo statico-contemplativo, ma
pratica e intuitiva, capace di
cogliere e agire sulla realtà in
tutto il suo spessore. Sia
nell'Antico Testamento che
nel Nuovo è presente la sapienza: a volte essa è antecedente alla creazione, accanto
a Dio come sua ispiratrice e
architetta, altre volte essa libera il popolo di Israele dagli oppressori. Gli scopi dell’associazione sono essenzialmente tre:
il primo consiste nel promuovere e approfondire la ricerca
teologica delle donne. Ciò significa riconoscere il valore e
l’originalità dell’elaborazione
femminile e utilizzarne il pensiero che ne scaturisce, sia
aH’interno delle chiese come
pratico strumento di formazione di tutte e di tutti, sia nelle
facoltà teologiche, sia negli incontri ecumenici ecc. Sophia
vuole anche però invitare le
donne allo studio della teologia, ed è per questo che persino nel suo statuto si parla di
approfondimento della ricerca
teologica. Un approfondimento che consenta alle donne di
inserirsi in ambienti accademici e di divenire fonti autorevoli
e imprescindibili nell'universo
teologico.
11 secondo scopo dell’associazione consiste nel «riflettere
sugli spazi occupati dalle donne nelle chiese, con particolare riferimento al ministero pastorale». Sophia vuole infatti
fotografare e analizzare ciò
che le donne fanno e dicono
teologicamente all’interno delle comunità evangeliche affinché sia visibile a tutti il luogo
che esse occupano. Questo
non è semplice perché spesso
1 opera delle donne viene occultata a causa del fatto che
alcuni eventi concreti apparentemente banali non vengono neanche visti. Ad esempio
ci si lamenta spesso che le
teologhe italiane scrivono
troppo poco; a volte esse sono invitate persino a farlo, ma
non viene mai tracciato un legame tra la loro assenza nelle
sedi accademiche e la scarsa
possibilità che le donne hanno
di reperire, lavorando molte
ore al giorno, il tempo necessario alla compilazione di opere teologiche. Eppure ciò non
dovrebbe stupirci, se si pensa
che in Italia non esiste neanche una sola donna protestante pagata per studiare e insegnare! Sophia certamente è
troppo povera per sponsorizzare cattedre, dottorati e ricerche in cui le donne siano attive; vuole però concentrare la
sua attenzione sia nel cogliere
i meccanismi che sostano dietro la realtà, sia nel sostenere
incondizionatamente e incoraggiare almeno idealmente le
donne che amano la teologia.
Il terzo scopo dell’associazione è quello di «mantenere i
collegamenti con associazioni
di donne con simili finalità in
Italia e all’estero, in ambito
ecumenico». Un esempio chia
rificatore su questo punto può
essere il contributo che Sophia
offre all’Associazione femminista europea per la ricerca teologica (Afert). Si tratta dunque
di intrattenere scambi e/o collaborazioni con altre teologhe.
Le attività di Sophia sono essenzialmente di studio e di ricerca. Negli incontri si parte
dalla discussione introdotta a
turno dalle partecipanti su uno
o più testi letti coralmente, oppure ciascuna delle iscritte deve
presentare la propria elaborazione del tema prescelto attraverso la realizzazione di una
scheda. Negli incontri sono state trattate questioni come la
cristologia, l’ecofemminismo, il
corpo, la donna e la salvezza, il
ministero delle donne.
Possono iscriversi a Sophia
donne che abbiano una approfondita cultura teologica
protestante. Le iscritte devono
inoltre riconoscere nelle teolo
gie femministe uno strumento
di lavoro ineludibile e fondamentale. Sophia non riceve finanziamenti se non in maniera irrisoria dalle quote delle
socie. Tutti gli appuntamenti,
due o tre l’anno, sono dunque
a totale carico delle partecipanti. Il luogo dell’appuntamento è in genere Roma, privilegiata per la sua centralità.
Non vi sono gruppi di donne
che fanno capo a Sophia bensì
solo singole. A alcune di noi,
madri collettive di Sophia, piace vedere questa associazione
come un luogo che motivi, riconosca e faccia circolare il nostro lavoro individuale, spesso
isolato. Un luogo dove non vi è
bisogno di mediazioni protettive in quanto ciascuna può
esprimersi senza timori di fraintendimenti; per dirla con una
parola Sophia vuole essere un
luogo di libertà per le donne.
Daniela Di Carlo
Ricerca e memoria tra donne
Il cammino
di Cassiopea
IL NOME del gruppo, che
si è costituito nel maggio
del 1990 a Firenze, nasce
dalla simpatia di alcune di noi
per la tartaruga Cassiopea
che, nel romanzo di Michael
Ende Momo, aiuta la bambina
protagonista a salvare il genere umano dai Signori Grigi,
aspiranti signori del tempo e
quindi della vita. Cassiopea è
un luogo di donne di area protestante nato dal desiderio di
alcune, nel quale si fa ricerca e
si trasferisce memoria da donna a donna dando importanza
politica alle relazioni fra di noi.
A Cassiopea fanno riferimento sìa gruppi sia singole donne
di diverse regioni italiane, di
professioni diverse, di diverse
generazioni e denominazioni,
accomunate da una doppia
passione:
- pensare il proprio essere
credente a partire dal nostro
genere;
- contribuire alla ricerca del
movimento delle donne in
quanto donne radicate nella
fede cristiana, segnata dalla
eredità protestante.
I temi su cui ci siamo soffermate in questi anni sono stati:
- le nostre immagini di Dio;
- la cristologia, anche in seguito al dibattito suscitato dalle tesi di Letizia Tomassone
apparse su Gioventù evangelica;
- la definizione della nostra
identità soprattutto in relazione al nostro punto di vista
sull’elaborazione del femminismo della differenza da cui
scaturita la nostra «carta
identità» nella quale mettava
mo a fuoco le nostre origini e
il nostro posizionamento nel
femminismo laico contemporaneo. (Tale «carta di identità»
è possibile leggerla sul numero
147/148 di Gioventù evangelica, pubblicato nell’agosto
1994);
- la nostra genealogia protestante, un interesse nato dal
confronto con il femminismo
è
di
laico che, in alcuni suoi filoni
di ricerca, ha promosso la valorizzazione di donne che nel
tempo hanno osato, in modi
diversi, resistere e opporsi al
patriarcato, affinché dal loro
coraggio e dalla loro libertà noi
oggi potessimo trarre forza.
Alcune di noi hanno contribuito a organizzare due incontri di donne evangeliche tenutisi a Santa Severa (1995) e a
Roma (1996) finalizzati a confrontarci, come singole e come organizzazioni femminili,
sui grandi temi che interessano il femminismo laico e/o religioso. Ci siamo cosi preparate alla Conferenza Onu di Pechino sulle donne e abbiamo
costruito un ponte tra questo
evento e l’Assemblea ecumenica sulla riconciliazione (Graz
1997). Si sta organizzando un
terzo incontro il prossimo febbraio centrato sull’Assemblea
ecumenica di Graz che peraltro ufficialmente non prevede
la necessità di una riconciliazione fra i generi.
Cassiopea è un movimento
e ha quindi strutture organizzative essenziali e flessibili; ne
fanno parte gruppi e singole
presenti ad oggi soprattutto
nel Nord (Milano, Torino, Valli, Genova) e poi a Firenze,
Roma, Napoli, Palermo. In
ogni città c’é una referente,
ma non abbiamo ritenuto di
individuare una responsabile
nazionale. Per informazioni è
possibile contattare chi scrive.
Il gruppo Cassiopea auspica
un rinnovamento della Fdei
perché è convinto che sia più
efficace lavorare «in rete» per
imparare il confronto fra gruppi e singole donne evangeliche
e dare visibilità nazionale e internazionale alla realtà ricca e
composita delle donne nelle
nostre chiese rispetto a ciò
che già si fa singolarmente e
agli appuntamenti laici e ecclesiastici su cui si ritiene di
esprimersi.
Antonella Visintin
Approfori(dire la comune fede cristiana per la pace
Incontriamoci ai Forum
Domenica 23 febbraio 1997, a Roma, nell’Aula magna della Facoltà valdese di
teologia, si terrà un incontro, organizzato dal Cn-Fdei,
tra donne evangeliche interessate a conoscere e a approfondire le iniziative del
Forum ecumenico delle donne cristiane d’Europa. In
proposito abbiamo chiesto a
Maria Chiarelli, già presidente della Fdei e ora membro
del Comitato di coordinamento del Forum, di illustrarci il lavoro di questo organismo ecumenico europeo.
Lo scopo del Forum é di
permettere alle donne cristiane
d’Europa di trovare un'identità
comune, di approfondire la loro conoscenza della fede cristiana, di lavorare per l'unità
nella chiesa e nell'umanità, di
promuovere iniziative per lo
sviluppo della giustizia e della
pace.
11 Forum è stato fondato nel
1982. Assemblee generali hanno avuto luogo a Gwatt (Svizzera) nel 1982, a Jarvenpaa (Finlandia) nel 1986, a 'York (Inghilterra) nel 1990 e a Budapest (Ungheria) nel 1994. Le persone che fanno parte del Forum sono convinte che le questioni fondamentali della nostra
vita non possono essere risolte
a livello confessionale o nazionale e che le questioni economiche, politiche, sociali ed ecologiche hanno una dimensione
europea, anzi mondiale, Ciascuno di questi problemi riguarda le donne in maniera particolare e nessuno di questi stessi
può essere risolto senza la partecipazione attiva delle donne.
E dunque tempo che noi facciamo sentire la nostra voce e
partecipiamo alla ricerca delle
soluzioni. La nostra fede cristiana e la nostra solidarietà ecumenica ci chiamano ad agire.
All'Assemblea generale di
Budapest nel ’94 il Forum si é
dato un programma quadriennale da perseguire per rendere
le donne autonome in ogni situazione locale. Di fronte a
un’Europa minacciata da disgregazione e divisione, il Forum ha scelto di lavorare in
maniera positiva e costruttiva
per una Europa multiculturale
e pluralista. Vuole aiutare le
donne, in ogni situazione locale, a trasformare le forze negative e distruttrici con la cooperazione e il mutuo sostegno.
Attraverso incontri e progetti il Forum aspira a rinforzare
la sua rete e i suoi membri
proponendo una formazione
di base nel campo della risoluzione dei conflitti, proponendo
l’apprendimento delle lingue,
1 economia, l'ecologia e lo
scambio transculturale.
11 Forum ecumenico delle
donne cristiane d'Europa è un
movimento indipendente. Raggruppa coordinatrici nazionali,
membri collettivi e individuali
appartenenti a 29 paesi. Inoltre il Forum è in contatto con
numerosi altri paesi. Collabora
con altre organizzazioni che
perseguono gli stessi scopi, come il Consiglio delle chiese europee, l'Associazione ecumenica delle università e dei centri
laici in Europa, la Commissio
ne ecumenica europea su dj?
sa e società, il Consiglio eot
menico dei giovani in Europa,
l’Associazione delle donne at
ropee per la ricerca teologica,
il Sinodo delle donne europei
la Comunità della moneta ,
piccola, il Consiglio ecumenici
delle chiese, la Giornata moj]
diale di preghiera, ia Federa:
zione mondiale degii student
cristiani, l’Unione delle or^
nizzazioni femminili cattoiidii
l'Associazione crisriana dei
giovani, l’Alleanza europea
delle unioni cristiane femminili
Maria Chiarel
componenti del
Comitato
nazionaie Fdei
Doriana Giudici
presidente
via del Casaletto 385
00151 Roma
Emera Napoletano
vicepresidente
via Croce Rossa 34
90144 Palermo
Maria Grazia Sbaffi
segretaria
via Racagni 24
43100 Parma
Marina Berlin
tesoriera
via Olivet 12
10062 Luserna S.Giovanni (To)
Tea Tonarelli
via Pomposa 19
44100 Ferrara
Scriveteci!
La Fdei si propone, sin da ora, di attuare un collegamento fra le donne, anche attraverso ia tempestiva segnalazione di iniziative. Le notizie potranno apparire sia
rièi notiziari di Riforma dedicati alla Federazione, sia in
qiìalsiasi altro numero del nostro settimanale, dove potranno essere contrassegnate da un piccolo asterisco
che,, riproducendo il nuovo logo della Fdei (già presentato all’ultimo Congresso a Ecumene e sul Notiziario di
aprile), starà a indicare una notizia particolarmente interessante per le donne evangeliche.
Pertanto potete inviare i vostri messaggi alla redazione di Riforma (via S. Pio V 15, 10125 Torino,- fax
011-657542) specificando che sono indirizzati a Daniela Ferraro.
. . inoltre la Fdei ha una sede ufficiale presso la Federatone delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), via Firenze
38 - 00184 Roma, che, con l’occasione, ringraziamo
per la disponibilità riservataci.
Elena Chines
via Casalaina 32
95126 Catania
Margherita Grefje
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località Toppito
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Fascicolo interno a RIFORMA n48 del 13 dicembre 1996. n®9Trib. Pinerolo n. ''^®0951- p
sponsabile ai sensi di legge: Pier
Egidi. Edizioni Protestanti srl,/
San Pio V n. 15 bis, 10125 TorinoFotocomposizione: AEC - Mo ^
dovi. Stampa: La Ghisleriana
Mondovì.
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DIBATTITO
L'Ulivo, progetto
da confermare
-1 Eco Delle Valli
Società di studi valdesi
Il futuro nel rilancio
della cultura
I
PAG. Ili
CIORGIO MERLO
CON il voto del 21 aprile
ha preso il via nel nostro
paese una nuova fase politica.
Per la prima volta nella storia
democratica italiana ha vinto
una coalizione, o meglio un
progetto politico che non è
soltanto un anonimo cartello
elettorale destinato a sciogliersi come neve al sole ma
una scelta strategica che ha
permesso di abbattere un muro che ha diviso, negli ultimi
50 anni, i partiti di centro, laici e cattolici, da quelli di sinistra per contrastare la deriva
autoritaria dn'lla destra ma soprattutto, e in questo consiste
la sfida, per sperimentare una
nuova politica di governo capace di modernizzare la vita
nazionale c di collocarla in un
orizzonte sempre più europeo.
Sul futuro deir Ulivo, ora
impegnato c(.m Prodi nel governo dei paese, è aperto un
dibattito importante e difficile. Non credo possa essere significativ-,) registrare il comportamento che qua e là mette in crisi, la strategia politica
di centrci-sinistra. Questi
comporiarnenti, prevalentemente deitati da ragioni legate alParr-uizione e alle beghe
personali, non rientrano in un
preciso orientamento politico
e restano marginali e poco significativi perii disegno politico complessivo. Certo, una
strategia politica come Pulivo va seguita tutti i giorni e i
contenuti debbono precedere
le ragioni dello schieramento
e della mera governabilità. La
recente manovra finanziaria
ha comunque confermato che
dietro alla consueta politica
di bilancio c’è un grande progetto rappresentato dalla costruzione dell’Europa con un
autorevole ingresso del nostro paese: un accesso né servile né subalterno ma con una
politica responsabile e garantista, soprattutto per i ceti meno abbienti.
Ora, proprio con la recente
manovra finanziaria è partita
l’accusa, strumentale e falsa,
che l’Ulivo non è nient’altro
che «ii governo delle sinistre», con l’immancabile ritorno del catto-comunismo e
di tutti gli orpelli che accompagnano questo frastuono goliardico. In realtà il futuro politico dell’Ulivo è affidato in
grande misura alla sua capacità di «conquistare il centro»
della società italiana, un centro che è socialmente caratterizzato dalla consistenza di
una classe intermedia che
nell’analisi di molti è anche,
e soprattutto, «un soggetto
politico» che deve dimostrarsi capace di influire sulle
scelte fondamentali per la
riforma dello stato e la modernizzazione della società.
L’area intermedia, se è ridotta al ruolo strumentale di
*massa di manovra» elettorale- cade prigioniera di un mo''iniento plebiscitario che la
P'oga al disegno della destra,
uhe è un disegno di smantellamento del welfare state e di
restaurazione sociale. Certo
l’Ulivo non può essere una
camicia di forza simile al vecuhio pentapartito, dove la forjuula «nazionale» veniva calata dall’alto. Ma, d’altro canlo, nella democrazia delTallurnanza e in un sistema elettorale tendenzialmente bipolare, diventa un’operazione
ardua e complicata inventare
Una terza via politicamente
percorribile, a meno che non
Si voglia ridurre la propria
esperienza a una dimensione
testimoniale, e quindi marginale, o non ci si riconosca in
un filone istituzionalmente
«altro» come la Lega.
Ecco perché il centro-sinistra continua a essere il vero
orizzonte politico per i partiti
e per le forze che si riconoscono in una linea riformista,
democratica e socialmente
avanzata. Ma l’Ulivo non è
un soggetto politico, o meglio non è un partito. L’Ulivo è e resta una coalizione, la
sua sfida è quella di dar spessore al progetto politico che
Tha giustificata nella scena
politica italiana senza innescare meccanismi trasformistici e forzatamente maggioritari. Se in questi ultimi anni
abbiamo assistito alla proporzionalizzazione del maggioritario, ci dobbiamo rendere conto che non esiste
un’efficace alternativa alla
democrazia dei partiti.
Chi ritiene che la democrazia delle persone possa e debba rappresentare un’efficace
alternativa al confronto tra
partiti getta le premesse per
una politica salottiera e elitaria e pone le condizioni per la
liquidazione dell’Ulivo come
coalizione politica e elettorale. Proprio l’esperienza di Pinerolo ha confermato che la
ricerca del nuovo a tutti i costi, frutto di una maldestra
ideologia nuovista, e la sottovalutazione dei partiti dall’altro, con una cieca fiducia
nell’indistinta e anomala società civile, ha ben presto
cancellato le illusioni e ridimensionato le ambizioni infantili. L’Ulivo, quindi, continua a essere una scommessa
e una sfida, purché si persegua l’obiettivo con intelligenza, passione e lealtà.
Nelle sue ultime sedute il
Seggio si interroga sul futuro
della Società di studi valdesi.
Negli anni ’90 la Società ha
avuto una vita regolare e ordinata. La costituzione del Centro culturale non ha avuto le
ripercussioni traumatiche temute da una parte dei soci,
anche se ha portato indubbiamente modifiche, in sostanza
una concentrazione dell’attività su un piano più tradizionale e «scientifico», dopo le
aperture a novità introdotte
dalla presidenza Tourn negli
anni ’80, in gran parte passate
al Centro.
Centro culturale e Società
sono attualmente parti di uno
stesso progetto globale di presenza e rilancio di una cultura
valdese che si interroga sulla
sua identità e vocazione. Il
miglior risultato ottenuto da
questa collaborazione è stato
la creazione di un polo unico
e funzionante di consultazione libraria specializzata e
qualificata a Torre Pellice, ma
anche la gestione del Museo
storico valdese è posta in
grande attenzione nell’ambito
di un progetto complessivo e
positivo per i Musei delle
Valli e un turismo qualificato.
Vi è una difficoltà del Seggio di trovare non collaboratori competenti, bensì interlocutori sui problemi di fondo,
come il ruolo della Società e
la caratterizzazione e specificità della ricerca storica valdese. Linite le vivaci polemiche sulla costituzione del
Centro, le assemblee sociali
manifestano una scarsa vitalità e praticano una larga delega al Seggio. Probabilmente
una parte abbastanza ampia
dell’attività della Società è
del tutto ignorata dalla mag
gioranza dei soci (Bollettino,
convegni). La scelta di aprire
un dialogo con il mondo
«esterno» risale alla presidenza Armand Hugon e all’invenzione dei convegni storici
annuali e non appare rinunciabile. Va detto che nessuna
delle istituzioni storiche e culturali con cui la Società ha
rapporti e confronti ha una
base sociale neppure lontanamente paragonabile alla sua,
né un’attività fornita quasi
tutta a titolo volontario. Una
sistemazione di privilegio da
riportare sia alla nostra storia,
sia al nostro radicamento nel
mondo valdese.
Si pone un’altra questione
generale: la Società offre una
possibilità di sbocco (convegni, pubblicazioni) alla ricerca storica, ma si fa poco per
promuoverla. Una prima risposta è facile: non ci sono le
strutture adeguate. Sta di fatto
che dei non pochi valdesi o
valligiani che si laureano a
Torino soltanto uno o due
all’anno scelgono temi di nostro interesse. D’altra parte
non va sottovalutata l’importanza dell’offerta di sbocchi
agli studiosi che vogliono
pubblicare ricerche di storia
valdese. Né va dimenticato il
ruolo di apertura e «palestra»
della Beidana.
Il Seggio della Società offre
questo bilancio della sua attività alla riflessione e discussione critica. Per parte sua, è
fermamente convinto dell’importanza della ricerca storica
non soltanto per lo studio del
passato dei valdesi, ma anche
per la definizione della loro
vocazione oggi. Ciò presuppone naturalmente un interesse più vasto, al quale la Società offre strumenti e stimoli.
Un libro di storia locale pubblicato dal Centro culturale
«
Le galin-e a l'an pa 'd boine
»
BRUNO BELLION
La famiglia in cui andrà a
vivere da sposa le dà sicurezza. «Gli uomini non bevono né picchiano le donne.
Questo le basta, è il massimo
a cui lei aspira. Nei suoi quasi
diciotto anni ha visto solo
pianti, botte e bambini e si
rende conto di essere diventata dura di carattere; lei si conosce, però, e sa di poter essere buona con chi le vuole
bene: Come quei cani, pensa,
che se li prendi a calci o gli
tiri la coda poi ti mordono, si
capisce. Però basta che gli dai
un osso 0 gli fischi, o meglio
gli fai una carezza e loro
muovono la coda, ti vengono
dietro e ti fanno la guardia
finché muoiono. Ecco, così si
sente Marta quando pensa al
suo futuro».
Tutta la narrazione delle vicende della famiglia Geymonat che nel 1857 lascia una
delle frazioni più elevate di
Villar Pellice, il Bessé, per
stabilirsi nella pianura del Pinerolese dove ha acquistato,
insieme ad altre due famiglie
valdesi, una di San Giovanni
e un’altra di Villar Pellice,
una cascina indebitandosi fino al collo per «non dover
andare in America», si svolge
tra il ricordo (e parzialmente
il rimpianto) del passato che
non si può far tornare e il futuro che non si sa come sarà.
Con uno stile che si avvicina al linguaggio parlato, con
LEGALUNENON
I HANNO CONnNI |
1^ Le <3 po ’d bòine ^ ^ j
espressioni tipiche del modo
di esprimersi contadino e non
pochi termini del linguaggio
familiare, riesce a far rivivere
il clima e le realtà che via via,
nel corso del secolo in cui si
succedono gli avvenimenti
narrati, si presentano nel cortile della Gioietta (questo il
nome della grande cascina
acquistata dalle tre famiglie),
eco anche delle vicende che
sorpassano di gran lunga la
piccola realtà locale, sia in
positivo, come la costruzione
della ferrovia o la sua elettrificazione, sia in negativo come le vicende della prima
guerra mondiale.
È uno sforzo per mantenere
vivo il contatto con il passato,
con le radici, ma nello stesso
tempo una lotta aperta per
conquistarsi il futuro. «Bisogna che voi conosciate le cose
di famiglia, per capire sempre
meglio e per raccontarle ai fi
gli» dice una parente rimasta
al Béssé alla giovane sposa di
uno dei protagonisti. Ma è anche la sofferenza di doversi
staccare dal passato: «Si capisce che se ci mettiamo a pensare al passato non ce la caviamo più, ma dobbiamo pensare al domani», di dover apprendere da una lettera del pastore di Villar, che la madre è
morta e non si è potuti andare
nemmeno al suo funerale, perchè la strada è lunga e c’è la
neve e non era possibile informare per tempo la famiglia,
lontana per quei tempi!
Né mancano, narrate con
semplicità, ma con documentata precisione, le vicende
della vita della Chiesa valdese, in particolare quelle del
secolo scorso. Dalle difficoltà
a dare dignitosa sepoltura a
una della famiglia nel cimitero di Bricherasio, per l’opposizione del partito cattolico
che vede malvolentieri l’inumazione nel «campo santo»
di una persona non in pace
con la chiesa, alle stranezze
di un valdese convinto di essere chiamato a riformare la
chiesa con l’annuncio della
venuta prossima del Messia.
(*) Paola Geymonat D’Amore: Le galline non hanno confini
(Le galin-e a l’an pa ’d bòine).
Torre Pellice, Centro culturale
valdese editore, 1996, £ 25.000. Il
volume è reperibile nelle librerie
Claudiana di Torre Pellice, Torino e Milano, presso la libreria
«Volare» di Pinerolo e la Libreria
di cultura religiosa di Roma.
Nelle
Chiese Valdesi
SCOUT I DISTRETTO — Sabato 14 dicembre dalle 17, alla Casa unionista di Torre Pellice incontro scout per i bambini e
i ragazzi delle chiese del I distretto. Alle 16,30, analogo incontro a Pinerolo presso la chiesa valdese in via dei Mille 1.
SCOUT 3" CIRCUITO — Il primo incontro coi bambini
della valle è fissato per sabato 21 dicembre alle 16,30 presso
TEicolo grande di Pomaretto.
GRUPPO MADAGASCAR 3“ CIRCUITO — Per parlare
del viaggio e mostrare le diapositive ecco alcuni appuntamenti:
domenica 15 dicembre alle 14,30 a Prarostino, giovedì 26 alle
10 a Villasecca nel tempio, venerdì 27 alTEicolo grande di Pomaretto, domenica 29 alle 20,30 a Maniglia presso il Centro di
incontro. Inoltre, dal 13 al 24 dicembre, nei locali dell’Asilo di
San Germano vendita di prodotti artigianali del Madagascar.
ANGROGNA — Sabato 14 e domenica 15 dicembre i giovani compiono il tradizionale giro di visite alle persone anziane
della comunità residenti ad Angrogna.
BOBBIO PELLICE — Giovedì 12 dicembre alle 15 alla sala unionista pomeriggio di incontro tra i giovani e i «meno giovani» della comunità. L’assemblea di chiesa si svolgerà domenica 15 dicembre alle 10,30 con all’ordine del giorno l’elezione
di membri del Concistoro.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Riunioni quartierali (ore
20,30): martedì 17 alle Vigne, giovedì 19 al Fondo San Giovanni e ai Peyrot, venerdì 20 agli Airali. Sabato 14, alle 19,
presso la sala Albarin, «bagna caoda» comunitaria a sostegno
dei lavori del tempio. Prezzo lire 20.000. Prenotarsi presso i
pastori o l’Asilo valdese; dopo cena verrà illustrato il lavoro
sin qui svolto. Domenica 15 alle 9 culto agli Airali, alle 10 culto in francese con santa cena a San Giovanni, alle 11 culto a
Bricherasio con santa cena. Giovedì 19 alle 10 culti con santa
cena all’Asilo e al Rifugio.
MASSELLO — Riunione quartierale al Roberso giovedì 12
dicembre alle 15.
PERRERO-MANIGLIA — L’Unione femminile si ritrova
martedì 17 dicembre alle 14,30.
PINEROLO — Domenica 15 alle 10 assemblea di chiesa
con all’ordine del giorno l’elezione di alcuni anziani. Martedì
17 alle 15 culto di Natale all’istituto Stefano. Per. Riunioni
quartierali: venerdì 13 alle 20,30 zona 4 (Siciliano), martedì 17
alle 20,30 zona 11 Miradolo, (Gardiol).
POMARETTO — Riunioni quartierali: giovedì 12 alle 15
borgata Inverso Paiola, mercoledì 18 ore 20,30 località Maurin
e Pomaretto. venerdì 20 meditazione presso il Centro anziani.
PRALI — Riunioni quartierali: giovedì 12 dicembre alle
19.30 Orgiere, venerdì 13 alle 19,30 Pomieri/Giordano, lunedì
16 alle 20 Ghigo, mercoledì 18 alle 19,30 Villa. Incontro
delTUnione femminile giovedì 19 dicembre. Giovedì 19 dicembre culto infrasettimanale di santa cena.
PRAROSTINO — Sabato 14 dicembre, alle 20,30 nel tempio di San Bartolomeo la corale, diretta dal m.o Silvano Calzi,
terrà il concerto di Natale, con la partecipazione dell’organista
Paolo Calzi.
RORÀ — Domenica 15 dicembre festa natalizia preparata
dai ragazzi della scuola domenicale presso la scuola delle Fucine a partire dalle 15. La replica della festa natalizia avverrà venerdì 20 dicembre presso la sala del teatro a partire dalle 20,30.
Riunione quartierale giovedì 19 alle 20,30 alle Fucine.
SAN GERMANO — Dal 13 al 24 dicembre all’Asilo dei
vecchi mostra di Natale dalle 14 alle 17,30, con proposte di artigianato artistico e prodotti alimentari. Riunioni quartierali: giovedì 12 alle 20,30 ai Gondini (ex scuola), venerdì 13 alle 20,30
ai Gianassoni, sabato 14 alle 20 a Porte, martedì 17 alle 14,30 ai
Ciampetti, giovedì 19 alle 14,30 alla Costabella. Sabato 14 alle
21 concerto di Natale nel tempio. Mercoledì 18 alle 14,30 festa
di Natale dell’Unione femminile con bazar per la diaconia.
SAN SECONDO — Riunione quartierale giovedì 12 dicembre ai Prima. Martedì 17 alle 20,30 ultimo incontro dello studio
biblico sui Salmi. Venerdì 20 dicembre alle 20,30 cena del
gruppo giovani e preparazione dell’albero di Natale.
TORRE PELLICE — Riunioni quartierali: martedì 17 alle
20 località Simound, mercoledì 18 alle 20,30 ai Bouissa. Domenica 15 dicembre pomeriggio comunitario ai Coppieri, con
breve rappresentazione teatrale a cura dell’Unione giovanile.
Seguirà una gara di torte. Mercoledì 18 dicembre festa di Natale della Società di cucito.
VILLAR PELLICE — Riunione quartierale martedì 17 alle
20.30 presso la casa Miramonti. Giovedì 19 dicembre alle
16.30 culto prenatalizio alla Miramonti con Cena del Signore.
VILLAR PEROSA — Giovedì 12 alle 16 culto alla Comunità alloggio. Domenica 15 alle 10 culto al convitto; alle 14,30
Unione femminile.
VILLASECCA — Riunioni quartierali; martedì 17 ai Trossieri alle 14,30 e a Villasecca alle 20, mercoledì 18 località
Trussan alle 20, giovedì 19 alla Roccia alle 20.
ASSICURAZIONI
Gruppo di Assicurazioni
la Basilese
^^asffese
VitaNuova
Società collegata con gruppo
Banca Carige
Agente
Maria Luisa POGGIO GÖNNET
Agenzia generale
via Raviolo, 10/A - Pinerolo
tei. 0121-794596-76464
14
PAG. IV
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PALLAVOLO
HOCKEY GHIACCIO
BENE IL MAGIC — Do
po un inizio stentato le neopromosse del Magic Traco in
B1 hanno preso il ritmo delle
grandi; grazie alla vittoria per
3-0 sul Moniaflor Cagliari le
pinerolesi si sono portate al
secondo posto da sole a quattro punti dalla capolista Vigevano, ancora a punteggio pieno. Continua invece a perdere
il Body Pinerolo in B2 maschile; il 2-3 con TAlpitour
relega i pinerolesi all’ultimo
posto; perde anche, in B2, il
Gold Gallery per 0-3 in trasferta con il Castronno.
Nel settore Allievi la formazione A del 3S continua a
vincere e convincere battendo
3-0 l’Arte e mestieri Torino;
nel campionato Ragazzi il 3S
A fa registrare la prima sconfitta (1-3 dal Cus Torino);
perde ance il 3S B, 1-3 dal
Barella. Vincono due volte le
Júniores del 3S, 3-1 sul Collegno e sul Volverá mentre
nella categoria Ragazze il 3S
supera 3-0 il Cavour ma perde 2-3 dall’Antares Traco.
VALPE BATTUTA, MA
CON ONORE — L’H.C.
Valpellice esce sconfitta, ma
come ai bei tempi fra gli applausi del suo pubblico, al
termine della partita casalinga con il Chiavenna. Rientra
in pista come giocatore Luca
Rivoira, allenatore capace di
dare, finché il fiato lo sorregge, coraggio ai suoi. Dopo un
paio di buone azioni senza
esito la Valpe si fa colpire
due volte in contropiede dei
lombardi nel giro di tre minuti del primo tempo: segnano Nava e Risciotti e per i locali è buio. Terza rete per gli
ospiti dopo 2’ della seconda
frazione e sembra finita, ma
l’hockey è sport dai tempi
martellanti, dove tutto può
accadere e, prima che finisca
il secondo tempo la Valpe
realizza due volte, con Marauda e Gamba. Il punteggio
di 3-2 per il Chiavenna non
muterà più nel terzo tempo,
malgrado gli attacchi dei valligiani e la stanchezza dei
lombardi.
TENNIS TAVOLO
La squadra B della Polisporfiva Valpellice nella D2
provinciale, dopo due sconfitte batte nettamente (5-0) il
Moncalieri grazie ai punti di
Peracchione e Mazzaglia (2) e
di Girardon (1). La squadra A
invece trova una giornata negativa e perde 3-5 dal Prochietto Torino con un punto a
testa di Battaglia, Maurino e
Picchi; la formazione di Torre
resta però al comando della
classifica. Vince e si isola al
comando la formazione di
DI; la vittoria per 5-1 sulr Ivrea porta la firma di Prats
(2), Sergio Ghiri (2) e Giuliano Ghiri (1). Perde invece la
formazione della Cl: opposta
alle Poste Torino la Valpellice
si è accontentata dei due punti
realizzati da Rosso e Malano.
Sabato 14 trasferta per la D2
A a Villar Perosa, per la Cl a
Torino con il Cus e per la DI
a Chivasso.
PALLAMANO
I 90 anni del Torino Football Club
Cuore granata
MARCO ROSTAN
LO SO che un protestante,
oltre al sola Scriptura e
al sola Gratia, dovrebbe
avere anche una sola fide.
Ma poiché la carne è debole, confesso il mio peccato;
sono protestante, sono valdese, cerco di essere imparziale redattore di questo
giornale ma, ahimè, ho un
cuore granata. E non potevo
lasciar passare il 90° anniversario della nascita del
Torino Football Club (nel
lontano 3 dicembre 1906)
senza chiedere una piccola
ospitalità per il Toro a L’eco
delle valli. La cosa non dispiacerà ai tanti valligiani
che consentono calcisticamente con me; ai tifosi delle
altre squadre, primi fra tutti
cugini bianconeri, chiedo
scusa per l’invadenza.
Si sa che noi del Toro siamo una specie particolare,
forse in via d’estinzione.
Sembra che nel postmoderno di Internet e di Maastricht si stia esaurendo la
«spinta propulsiva» di gente
come noi: ma chissà se sarà
un bene...Ovviamente solo
chi è del Toro può capire
ciò che dico, e agli altri è
impossibile spiegarlo. Fede,
storia, passione; una roba
che non diventa mai fanatismo, che sta dentro, si esprime poco, da buoni piemontesi, ma struttura, dà carattere... Una roba che va molto
oltre il comportamento domenicale della nostra squadra, compresa la serie B e le
mprovvide sconfitte che
dovevano essere pareggi o
vittorie. II presente infatti è
pura contingenza, il passato,
grande, è lontano, ma il futuro, il domani, sicuramente
migliore, è sempre prossimo. Siamo nel calcio - potremmo dire parafrasando la
Bibbia - ma non .schiavi del
calcio, siamo oltre il calcio... Chi non mi capisce e
pensa che straparli, si legga
il bel romanzo che Franco
Ossola e Renato Tavella
hanno scritto qualche anno
fa sul «grande Torino» (libro che è anche un pezzo
di storia italiana degli anni ’40), oppure quello più
recente che Nando Dalla
Chiesa ha dedicato alla «farfalla granata», cioè al grande Gigi Meroni, il calciato
re-artista travolto tragicamente da un’auto mentre at
traversava una strada di Torino; Meroni, simbolo di
un’intera generazione degli
anni ’60, almeno di quelli
che amavano la poesia del
calcio (come siete lontani
Berlusconi e Sacchi!) e il
vento di libertà che iniziava
a sprigionarsi nel paese...
Avevo 8 anni in quel lontano giovedì di maggio del
1949, quando mio padre mi
portò il giornale con la noti
zia della sciagura di Super
ga. Facevo le elementari a
Pinerolo. Quei nomi, e quella foto, chi li dimentica?
Gabetto, Mazzola, Loik, Bacigalupo, Ballarin, Maro.so...
Pensate che, per imparare
bene l’ordine dei dodici profeti minori dell’Antico Testamento, trasferii lo sche
ma della formazione di calcio (allora non c’erano tutte
quelle «gabole» del 4-4-2 e
varianti) e ancora oggi,
quando il pastore dice ad
esempio «Leggiamo nel li
bro del profeta Abacuc», per
trovarlo rapidamente nella
Bibbia mi aiuto con la memoria e comincio con il
«portiere» Osea, poi coi terzini Gioele e Amos, e a seguire con la mediana Abdia,
Giona, Michea, poi Nahum
e appunto Abacuc. Mala
chia, dodicesimo, è ovvia
mente in panchina.
Chiedo scusa per la mistura di sacro e profano. Del resto la storia del Toro è parabola di vita: per questo tem
pra, abitua alla sofferenza, a
patire il torto, a risalire
l’ostacolo. È anche una parabola politica, per quelli che
come me sono di sinistra,
sempre battuti, sempre superati pur avendo ragione, come il Pei, prima che venisse
il tempo dell’Ulivo... E chissà che tempo sarà... Pochi gli
scudetti, le coppe e le vittorie, di questi ultimi anni, ma
non importa, sempre avanti e
forza Toro, buon compleanno: noi siamo, come scrive
Gian Paolo Ormezzano,
«ugualmente felici e fieri di
essere così, come Ettore, anche se aveva già letto l’Iliade
e sapeva che Achille, l’invulnerabile, caro agli dei,
compresi quelli arbitrali, lo
avrebbero fregato».
Nella prima partita casalinga l’Exes Rivalta, in cui giocano i migliori esponenti del
3S, ha battuto per 35-32 l’Entella Chiavari; malgrado
l’infortunio subito da Andrea
Comoglio i pinerolesi hanno
saputo condurre in porto una
preziosa vittoria che consente
loro di restare al comando; sabato prossimo a Casale scontro al vertice con i locali. Da
gennaio le partite casalinghe
verranno disputate sul nuovo
impianto di Pinasca. La serie
B femminile ha riposato e riprenderà domenica 15 sul
campo della Valdhandball.
CALCIO
PINEROLO: CINQUE
RETI E SEI ESPULSIONI
— Partita rocambolesca
quella del Pinerolo a Saint
Vincent; i biancoblù finiscono la partita in sette, la squadra di casa in nove in una
partita a tratti dura ma mai
cattiva. I valdostani hanno
comunque dominato rincontro andando prima sul 2-0 e
poi, una volta subito il rigore
di Pallitto, sul 3-1 ; solo a pochi minuti dalla fine è arrivata la seconda marcatura biancoblù con Mazzoni.
12 dicembre, giovedì —
PINEROLO: AI circolo Stranamore, via Pignone 89, per
gli incontri sull’Europa, «Il
conflitto sociale».
12 dicembre, giovedì —
TORRE PELLICE: Presso
la sede di corso Gramsci 1
(ex scuola mauriziana) dalle
8,30 alle 11,30 prelievo collettivo Fidas.
13 dicembre, venerdì —
PEROSA ARGENTINA:
Presso la sede della Comunità
montana, via Roma 22, dalle
16,45 alle 18,45 per il corso
«Leggere il territorio» incontro su «Tra una dominazione
e l’altra» con Gian Vittorio
Avondo.
13 dicembre, venerdì —
PINEROLO: Al circolo
Stranamore, via Pignone 89,
per la rassegna «Città in prosa, città in poesia» incontro
su «Managua».
13 dicembre, venerdì —
TORINO; Presso la sala valdese di corso Vittorio Emanuele II 23, alle 18, secondo
incontro delia Scuola di pace
«E. Balducci», promossa da
«Beati i costruttori di pace».
13 dicembre, venerdì —
PINEROLO; Alle 21, presso
l’Hotel Cavalieri, stradale
Orbassano 11, dibattito per
esaminare i riflessi politici,
sociali ed economici della
manovra finanziaria 1997; interverrà l’onorevole Gianfranco Morgando, relatore alla Camera sulla legge finanziaria; saranno presenti il deputato Giorgio Merlo e il senatore Elvio Passone.
13 dicembre, venerdì —
PINEROLO; Per il ciclo di
incontri sul tema «Città in
prosa, città in poesia: scritture
di una città» curato da Claudio Canal, alle ore 21 all’associazione culturale Stranamore in via Pignone 89, saranno lette opere di scrittori
di Managua.
13-15 dicembre — LUSERNA SAN GIOVANNI;
Mercatino natalizio sotto i
portici comunali.
14 dicembre, sabato —
PINEROLO: Alle ore 21,30,
all’associazione culturale
Stranamore in via Pignone
89, il quartetto «Jaz» terrà un
concerto di acid jazz.
Musiche valdostane a Pomaretto
Natale con ¡ Trouveur
Per il tradizionale concerto
di Natale nel tempio valdese
di Pomaretto, sabato 14 dicembre alle 21,15 I «Trouveur Valdotèn» eseguiranno
«Noèls» tradizionali delle Alpi occidentali.
Nati 15 anni fa da un gruppo di amici di Aymavilles,
presso Aosta, i Trouveur Valdotèn rappresentano l’espressione genuina della musica
popolare valdostana, che si
presenta particolarmente ricca
e vicina a quella delle nostre
valli. Il gruppo ha all’attivo
due dischi, «Meusecca pe vivre» del 1984 e «Le conte di
scuffio é di soufflet» del
1992, oltre alla partecipazione
al progetto transfrontaliero di
Musicalpina. I Trouveur hanno sviluppato uno stile perso
nale basato sull’intreccio tra
organetto, violino e strumenti
locali di carattere percussivo,
come le «baguettes» e il
«tambour de cahéima», e sulle esecuzioni vocali. Per le
imminenti festività natalizie
hanno rispolverato un repertorio classico di «Noèls» diffusi
in vai d’Aosta e in Savoia,
cantati in francese e nel patouà francoprovenzale; brani
che risalgono al XVI secolo,
come la famosa «Jacotin», e a
periodi successivi, come i
Noèls di Bessan e di Bourg
St. Maurice, fino alle pastorali
ottocentesche valdostane.
L’ingresso costa 10.000 lire;
l’utile dell’incasso sarà devoluto alla ricostruzione di una
.scuola elementare di Bihac, in
Bosnia Erzegovina.
arredamenti
(di fronte alla caserma alpini)
esposizione e laboratorio:
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14 dicembre, sabato —
TORRE PELLICE; Fino al
22 dicembre, dalle 16 alle 19,
tutti i giorni, nei locali della
«Bottega del possibile» espone la pittrice Miriam Calamani. Inaugurazione sabato 14
alle ore 16.
14 dicembre, sabato —
PINEROLO; Alle ore 21, alTAuditorium del liceo scientifico, concerto di Natale. Ingresso libero.
14 dicembre, sabato —
PINEROLO: Alle 21,15, al
Teatro-incontro di via Caprilli 31, nell’ambito dell’XI rassegna di teatro dialettale, la
compagnia Greenwich Village presenta «Sik Sik l’artefice magico dolore sottochiave», tre atti unici di E. De Filippo. Ingresso lire 12.000.
14 dicembre, sabato —
POMARETTO: Presso la
sala consiliare del municipio,
alle 16,30, incontro con la
scrittrice Giustina Viarengo
che leggerà poesie tratte dal
suo libro «Sole in piena sul
fiume Alfeo».
14-15 dicembre — PEROSA ARGENTINA: Per «Pe
rosa Natale 1996» sabato 14,
alle 15, presso la sede della
Comunità montana incontrodibattito su handicap e integrazione a cura del Centro socio-terapico. Domenica 15, alle 15, al teatro Piemont spettacolo con i ragazzi della scuola
materna e delToratorio.
15 dicembre, domenica —
PEROSA ARGENTINA; II
edizione del concorso «Vetrine dipinte»
15 dicembre, domenica —
TORRE PELLICE: Alle
15,30 Babbo Natale incontra i
bambini, accompagnato dai
canti natalizi del gruppo «The
CaroTs singers».
15 dicembre, domenica —
TORRE PELLICE: Nella
saletta dei Coppieri, alle 15,
l’Unione giovanile valdese
presenta lo spettacolo teatrale:
«Il terzo occhio»; seguirà una
gara di torte con merenda.
16 dicembre, lunedì —
LUSERNA SAN GIOVANNI: Presso la saletta d’arte,
via Tegas 23, alle 21 incontro
su «Scuola e formazione, le
risorse umane come elemento
strategico per lo sviluppo»
con Chiara Acciarini, parlamentare, e Massimo Negarville, esperto in politiche formative.
16 dicembre, lunedì —
PEROSA ARGENTINA:
Festa di Natale organizzata
per i soci dell’Università della terza età.
17 dicembre, martedì —
TORRE PELLICE; Alle
15.30 alla Casa valdese per
rUnitrè conferenza del dottor
Danilo Mourglia sul tema
«Medicina complementare,
uso e abuso».
18 dicembre, mercoledì —
PINEROLO: Per la rassegna
Cinefórum al cinema Ritz, alle 20,45, proiezione di «Cous
cous» di U. Spinazzola.
19 dicembre, giovedì —
TORRE PELLICE: Alle
15.30 per l’Unitrè alla Ca.sa
valdese concerto di Natale
dei «Giovanis.simi pianisti allievi», professoressa Eleonora Ceiosia.
21 dicembre, sabato —
VILLAR PELLICE: Nella
sala «Andrea Pascal» gli allievi del II anno del Collegio
valdese presenteranno la recita «Il fantasma di Canterville». Alla serata parteciperà il
coretto valdese di Pinerolo.
La colletta sarà destinata alla
sistemazione di uno spazio
per gli studenti.
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dalle ore 8 alle 17, presso le
sedi dei distretti.
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cinema Trento ha in programma, giovedì 12 e venerdì
13, ore 21,15, Blue in thè face; sabato 14, ore 20 e 22,15,
domenica 15 ore 16, 18, 20 e
22,15, lunedì 16, ore 21,15 II
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BARGE — Il cinema Comunale ha in programma, venerdì 13, Un ragazzo, tre ragazze; sabato 14, Metalmeccanico e parrucchiera; da
domenica (15, 17, 19, 21) a
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Stampa: La Ghisleriana Mondovì
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dicembre 1^6'^ Delle Chiese
Il presidente delTUcebi, Renato Maiocchi, in visita alla comunità di Matera
Una chiesa come assemblea di uguali
Una conferenza sulla proposta battista nella società di oggi e, il giorno dopo,
il culto nel corso del quale è stata insediata la pastora Elizabeth Green
pao_7_rifor^
Una conferenza a Siracusa
L'etica e le colonne d'Èrcole
della ricerca scientifica
^HIA PAPAPIETRO
f) ATTISTI perché» era il
' n tema della conferenza
nata dal presidente dell’
cebi, Renato Malocchi, nelchiesa battista di Matera il
novembre. Davanti a un
ito pubblico composto di
itorità cittadine, incluso il
[idaco, Manfredi, di rapprentanti delle chiese pentecoali nonché delle chiese batjte vicine, Malocchi ha colmato il battismo nel panoraladel pluralismo confessiojle che sta emergendo, pur
in fatica, nell'Italia di oggi.
Respingendo un approccio
[ttario alla fede. Malocchi
I considerato il battismo
)ine uno dei tanti modi di
iprimere il cristianesimo il
li compito primario non
uò non essere la predicaone del Vangelo, Ricono:endo che ugni chiesa è
artatrice di t lenienti positie negativi, Malocchi ha inIviduato la libertà di coienza come elemento coitutivo dei battismo e come
intributo specifico all’eculene. Il battesimo del ereente, ha precisato il presiente, è la conseguenza (e
on la premessa) di concepila fede a partire da tale liertà. La libertà di coscienza,
a aggiunto, diventa un aporto importante dei battisti
una società che va verso la
lulticulturalità. Una lettura
iggestiva di Atti 6 ha messo
evidenza alcune caratteriiche delle chiese battiste
'
Un momento della conferenza tenuta dal presidente Malocchi, nella
foto tra G. Montemurro e la pastora Elizabeth Green
ri, Gravina e Policoro. La cerimonia è stata arricchita dalle
voci dei piccoli della scuola
domenicale e dalla preparatissima corale diretta da Mar
intese come assemblee di
uguali e cioè la democrazia,
la non esclusività del ministero pastorale, la vitalità e la
solidarietà. Una conferenza,
dunque, estremamente ricca
e stimolante volta non solo a
«ri-presentarci» all’esterno
ma anche ad aiutarci a prendere maggiore coscienza della nostra identità.
Il giorno successivo è stata
insediata la pastora Elizabeth
Green, incaricata dalla guida
della chiesa già da marzo di
quest’anno. Un atto formale,
quindi, che ha voluto in qualche modo riconoscere come
«storico» sia per la chiesa che
per la città un lavoro pastorale «al femminile». Con grande
gioia questo evento è stato
condiviso da numerosi membri delle chiese battiste di Ba
gherita Di Lecce. Il presidente
Malocchi ha presieduto il culto di adorazione al Signore
attraverso l’annuncio della
Parola a partire dall’episodio
della donna cananea (Mt 15,
21-28). Un messaggio forte e
appassionato che ha colpito i
numerosi presenti. L’incontro fra la donna e Gesù porta
alla sovversione dei nostri
modi di pensare e agire, sovversione che Malocchi ha collegato, insieme ad una nuova
forma di gestualità, al ministero femminile. Un forte invito, quindi, a porre fine ad
ogni tipo di discriminazione
nei confronti dei minimi e dei
J
Arrivi e partenze alla Chiesa valdese di Pisa
li ospiti e l'avvicendamento pastorale
ttkRCEUA BARSOTTI SALARDI
UIDO e Luciana Colucci
J ci hanno lasciato ai prilidi agosto e si sono stabilia Genova in seguito alla
meritazione del pastore. Per
uesti ultimi quattro anni di
linistero aveva voluto torare qui a Pisa, dove aveva
ià retto la comunità dal
al 1978 e dove aveva
'ovato degli amici. Così ave'Mitrovato la sua comuàtà... un po’ invecchiata,
lartamente cambiata e rinnovata, che lo aveva accolto
On affetto e ora con tanto
dispiacere lo vede andar via.
Colucci è sempre stato una
persona particolare: schivo
di parole inutili, un po’ difficile nei rapporti interpersonali, la sua parola diveniva
invece vibrante e forte nella
predicazione, il suo amore
per il Signore, la sua fede
profonda dava a tutti una
forte carica spirituale che ci è
rimasta nel cuore.
Abbiamo condiviso sofferenze e allegrezze e la sua
presenza nella nostra vita ci
rendeva più sicuri nell’affetto
scambievole e ci fortificava
nello spirito. Ringraziamo il
Nella collana “Sola scriptura - Nuovi studi teologici” è uscito il n. 17
Elisabeth Schüssier Fiorenza
Gesù figlio di Miriam
profeta della Sofìa
Questioni critiche di cristologia femminista
Traduzione di Fernanda Jourdan Comba
pp. 280, L. 45.000
CESt
L’autrice di «In memoria di lei» docuaienta l'ascesa e la successiva caduca heir«amnesia storica» del moviaiento di emancipazione che si è racaolto attorno a Gesù come profeta e
itiessaggero della Sofìa divina, o Oonaa Sapienza, la figura femminile onniWtente della teologia e delle Scritture
361 proto-giudaismo. L'autrice intende
dimostrare come le potenzialità, storicamente non realizzatesi, della Donna
Sapienza possano offrire oggi alla
nuova teologia la visione di un mondo
3 ® una chiesa diversi.
» ¡mmedStric0
Claudiana
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httpV/v*wwiirpnet.R/*valdese/claudlar).htm
Signore di aver potuto passare ancora questi ultimi anni
del suo pastorato insieme a
Guido e Luciana.
Nella seconda metà dello
stesso mese di agosto è giunto da Taranto il pastore Odoardo Lupi; un pastore ancora giovane, dinamico e cordiale, che ha desiderato entrare subito (se così si può dire) nella conoscenza capillare
dei membri della comunità.
Di origine toscana, è lieto di
trovarsi nella sua regione e
noi siamo lieti di averlo alla
guida della chiesa. Nell’assemblea di fine settembre sono state quindi concordate
tutte le attività che sono riprese a ottobre.
L’ultima domenica di settembre abbiamo avuto uno
straordinario incontro con
un folto gruppo svizzero,
proveniente da Zurigo, in visita in Italia. Il culto è stato
svolto a voci alterne in italiano e tedesco, dal pastore Lupi e dal pastore Alfredo Gugolz. Dopo una vivace agape
fraterna e una visita alla piazza dei Miracoli, i nostri ospiti
sono ripartiti. Li ringraziamo
per questa generosa e simpatica giornata: ci auguriamo di
poter ricambiare la loro gradita visita.
«La Riforma è una decisione di fedeltà al Signore e
l’Evangelo chiama la comunità credente a riformarsi
sempre di nuovo, mediante
la guida dello Spirito Santo».
Così il pastore Lupi ha dato
inizio al culto del 27 ottobre
(domenica della Riforma):
una giornata di festa importante e particolare: la comunità ha pregato, cantato e letto con lui brani dalle Scritture. Giorgio Barsotti ha ricordato il significato della Riforma con una esortazione al
servizio e alla fedeltà a Dio.
disereditati. Rivolgendosi alla
comunità, la pastora Green
ha ripreso l’idea della sovversione ricordando la scelta
parziale compiuta da Dio a
favore delle «cose pazze», «le
cose deboli», le «cose ignobili» e le «cose disprezzate» e
invitando la chiesa, insieme a
lei, a fare sua la stessa scelta.
Durante la purtroppo brevissima permanenza del presidente nella Basilicata, non
poteva mancare una visita alla chiesa di Miglionico, sede
storica del battismo in Lucania, curata dalla chiesa di
Matera con la collaborazione
delle pastore Green e Moore.
Colpito dai testi biblici che
ornano le parete del tempio,
Maiocchi ha invitato i presenti a imitare il «seminatore
pazzo» della parabola, certi
che il seme così seminato cadrà sulla buona terra e porterà molto frutto. Al culto ha
seguito un vivace e piacevole
scambio di notizie tra chiesa
e presidente, che ha illustrato
ulteriormente come il nuovo
assetto pastorale predisposto
dall’ultima Assemblea Ucebi
vorrebbe venire incontro alle
esigenze anche delle chiese
piccole come Miglionico.
In questa purtroppo brevissima visita Maiocchi ha
saputo farsi apprezzare non
solo per la profondità delle
sue parole ma anche per la
simpatia della sua persona, e
le chiese di Matera e di Miglionico lo ringraziano per il
tempo e l’impegno che ha
dedicato loro.
SALVINA CUNTRÒ TORTORETI
BIOETICA, quali possibilità, quali problemi per la
coscienza cristiana? Questo il
titolo assegnato al prof. Rostagno, docente di Sistematica alla Facoltà valdese, per la
conferenza tenuta a Siracusa
il 23 novembre. L’incontro,
organizzato dal Centro culturale «M. L. King» e dalla locale
chiesa battista, è stato una
splendida occasione per una
presa di coscienza delle possibilità e dei problemi connessi allo sviluppo della
scienza, specialmente di quella scienza che ha impatto più
diretto sulla vita dei singoli e
della collettività, quale la
scienza medica.
Il progresso scientifico, è
stato detto, varca continuamente le «colonne d’Èrcole»,
cioè i limiti precedentemente
fissati per la definizione del
mondo in cui muoversi. Così
la bioetica ci chiama a definire sempre nuovi confini ma
non ci fornisce risposte preconfezionate. La bioetica si
trova tra l’esigenza di valorizzare e favorire lo sviluppo
scientifico, per gli indubbi
vantaggi fin qui apportati
all’umanità, o almeno a una
buona fetta di essa (alimentazione, cure mediche), e l’esigenza dello sviluppo della
scienza per la scienza o, peggio, a fini commerciali o di
egemonia politica.
Questioni etiche sorgono
nei confronti dei costi elevati
della fecondazione in vitro,
del parto assistito, quando accanto ad essi si guarda alla
mortalità infantile, alla sot
Chiesa metodista di Bologna
Alla riscoperta
dei gruppi teatrali
GIOVANNI ANZIANI
La comunità metodista di
Bologna ha organizzato
sabato 23 novembre una serata teatrale all’interno del
proprio programma di incontri. Per l’occasione è stata invitata la compagnia teatrale
«L’Arca di Noè» della Chiesa
metodista di Roma, che ha
messo in scena una commedia molto spiritosa, «Come si
rapina una banca», di Sammy
Fayad. L’«Arca di Noè», nata
nel 1990, è formata da membri della chiesa metodista e
da altre persone, unite dalla
passione per il teatro, con il
direttore Dino Castiglia. L’attività di quest’ultimo si lega
idealmente alla tradizione
delle chiese evangeliche italiane, quella cioè di avere una
«filodrammatica» come strumento possibile per aggregare i giovani e le persone vicine alla vita della chiesa. Nel
passato molte chiese evangeliche avevano una propria
filodrammatica (anche la
Chiesa metodista di Bologna,
fino a pochi anni fa, aveva il
suo gruppo teatro). Oggi purtroppo sono poche le chiese
che lavorano in questo ambito per aggregare giovani e
meno giovani.
Lo spettacolo di Bologna è
stato un successo: numeroso
il pubblico presente non
evangelico e, come si dice,
molti gli applausi a scena
aperta. Alcuni hanno ironicamente pensato che questa
commedia, con il suo strano
titolo, poteva essere un invito... per risolvere le questioni
finanziarie, dato che accanto
alla nostra chiesa bolognese
vi è appunto una banca, ma
naturalmente non era così.
Domenica 24 il gruppo teatrale romano ha partecipato
al culto e la comunità lo ha
ringraziato organizzando un
pranzo comunitario caratteristico di un ambiente evangelico e, soprattutto, emiliano. La fraternità è stata molto
profonda e i legami, già saldi
tra alcuni dei componenti la
compagnia teatrale, si sono
rafforzati nell’occasione.
Grazie dunque all’«Arca di
Noè», al suo animatore-regista e a tutti i partecipanti per
la loro capacità di mantenere
viva in molti di noi la comunione fraterna.
toalimentazione, all’infanzia
abbandonata in varie parti del
mondo. Sorgono anche quando si pensa che i paesi economicamente dominati e scientificamente emancipati tentano di dettare modelli di vita al
resto deU’umanità. Ecco dunque che la bioetica ci chiama
a una vigilanza democratica e
a un’attenzione alla sensibilità dei singoli e delle varie
culture. Si potrebbe dire che
bisogna evitare di cadere nella dittatura politico-economica, ma anche negli integralismi di varia matrice. Bioetica
potrebbe significare dunque
dialogo, ricerca, assunzione e
condivisione delle responsabilità là dove sorgono i problemi legati alla vita.
Un esempio promettente di
attuazione della bioetica consiste nei comitati etici che in
alcuni ospedali affiancano i
medici e i pazienti nelle scelte
terapeutiche. Nemmeno i comitati hanno risposte preconfezionate ma possono contare sulla partecipazione di più
soggetti (medici, operatori sanitari, pazienti, scienziati, politici, religiosi) perché la via
da seguire sia largamente
condivisa e presa con cautela,
cioè avendo sempre la possibilità di un’inversione di rotta, di fermare gli errori.
Il pubblico, che riempiva
completamente il locale di
culto, era costituito da rappresentanti di alcune chiese
evangeliche locali e di una
parrocchia cattolica, tutte
realtà con cui la chiesa battista è in rapporti di collaborazione e di vicinato. L’arcivescovo Costanzo ha fatto pervenire i suoi saluti personali.
Notevole anche la presenza di
persone ben qualificate (medici, filosofi, giuristi, ingegneri, docenti di scuole superiori) che hanno assistito alla
conferenza e che hanno animato il dibattito che si è concentrato sul tema del ruolo
dei cristiani, quindi della coscienza cristiana, nell’affrontare i temi trattati. Sono stati
anche affrontati, sebbene in
modo succinto, problemi
quali l’eutanasia, l’accanimento terapeutico, la manipolazione genetica.
Posti di fronte al dilemma
se rispolverare l’etica dei divieti e dei comandamenti immutabili o l’etica della responsabilità nella libertà, la
scelta di Rostagno è stata per
la seconda strada, nella consapevolezza che questa è una
strada segnata dal peccato e
che chiama tutti a scelte che
possono essere dolorose ma
adeguate alla dignità a cui
l’uomo è chiamato.
Una sorella della chiesa di Pachino
Maria Bellomia Fortuna
Lunedì, 25 novembre, all’
età di 89 anni, si è addormentata serenamente la signora
Bellomia Maria, vedova Fortuna. Sempre partecipe a tutte le attività della chiesa valdese di Pachino, solo negli ultimi mesi hiB dovuto rimanere
a casa, non cessando però
mai di chiedere informazioni
sulla comunità e sui suoi singoli membri, che conosceva
ad uno ad uno essendo la più
anziana. Nonostante non le
siano mancati momenti difficili e sofferenze, un giorno
ebbe a dire: « Non ho avuto
una vita difficile» e lo disse
con un sorriso, quasi come se
volesse chiedere scusa; non
sopportava vedere soffrire la
gente bisognosa a cui non faceva mancare sovente il suo
aiuto. Qualcuno degli anziani
ha affermato; «Per noi era co
me una madre». Ed ora anche
lei ci ha lasciato.
In occasione dei funerali
nella gremita chiesa di Pachino, il pastore Leonardo Magri, predicando sul testo di
Giovanni 11, 21-27 e sul Salmo 42, ha annunciato il messaggio della resurrezione, un
argomento che a Maria stava
particolarmente a cuore e su
cui poneva sempre numerose
domande. La comunità tutta,
nel partecipare al dolore dei
familiari, chiede per loro il
conforto del Signore.
Notizie evangeliche
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abbonamento annuo L. 50.000
da versare sul ccp 82441007
intestato a Nev - Roma
16
PAG. 8 RIFORMA
w Vita Delle Chiese
Racconto di un viaggio tra i valdesi dell'Uruguay
Cantare il Giuro di Sibaud in spagnolo
In questi anni la secolarizzazione ha colpito duramente le chiese valdesi che ora
Iniziano a reagire cercando anche nuove strade di testimonianza e aggregazione
CLAUDIO PASOUET
HO avuto la straordinaria
occasione di fare, con
una decina di persone delle
comunità della vai Pelllce,
un viaggio tra i valdesi dell’Uruguay, organizzato dall’
infaticabile Livio Gobello
che, innamoratosi di questa
parte sudamericana della nostra chiesa, da anni ci invita a
mantenere i contatti, ad accogliere e a visitare i nostri
fratelli e le nostre sorelle lontani: e ha ragione.
Era il mio primo viaggio in
questa zona, ho avuto l’opportunità di incontrare decine di persone e di comunità
ma non posso darne un giudizio 0 una valutazione globali. Tre settimane sono poche per esprimere dei giudizi
completi e in qualche modo
obiettivi; sono però molte per
fare esperienze, per provare
sensazioni, per descrivere
delle immagini che si sono
impresse nella memoria.
I lettori non me ne vogliano quindi se, in questi articoli, lascerò da parte ogni pretesa di fare una relazione oggettiva e partirò dal mio vissuto, dalle cose che mi hanno
colpito e spinto a fare alcune
considerazioni. Innanzitutto
bisogna parlare di lontananza e di vicinanza. Dopo 13
ore di volo ci si trova a 12.000
km di distanza, in una terra
che, per clima e per conformazione geografica, appare
immediatamente diversa. E
vengono alla mente i viaggi
del secolo passato, in cui i
valdesi poveri delle Valli, grazie alla libertà (amara ironia
della storia) del 1848 poterono lasciare le loro Valli e la
fame per giungere in questa
parte del mondo. Allora i
viaggi erano avventure ed
erano soprattutto un tagliare
i ponti con le proprie radici:
si salutavano madri, parenti,
amici e montagne e si diceva
veramente addio! Si sperimentavano lontananza e nostalgia e questi ricordi si ritrovano ancora nei nipoti e
pronipoti di quelli che sono
emigrati; quanti di essi mi
hanno parlato del magone
dei propri nonni e bisnonni,
della loro volontà di tornare
indietro se solo avessero avuto il denaro per farlo.
Eppure, paradossalmente,
il nostro gruppo non si è mai
sentito straniero o lontano.
Anzi, fin dall’inizio abbiamo
provato una grande e istintiva vicinanza e fraternità.
Dall’accoglienza festosa al
porto di Colonia del Sacramento appena arrivati, attraverso i molti incontri comunitari, ci siamo sentiti sempre
«a casa», anche se ci parlavano in spagnolo. Simbolo vivido di questa prima impressione è la cena comunitaria
offertaci dalla comunità di
Colonia Vaidense dove due
corali hanno cantato per noi
inni e canti della tradizione
sudamericana, ma insieme
per prima cosa ci hanno cantato il giuro di Sibaud. Era la
prima volta che lo sentivo
nella traduzione spagnola e
non lo dimenticherò più.
Proprio l’uso dello spagnolo
mi porta a fare una seconda
considerazione; i valdesi del
Rio de la Piata hanno accettato fin dall’inizio la sfida del
nuovo mondo in cui si sono
trovati a vivere. Hanno adottato la vita e le usanze del
paese che li ospitava, e certo
si sono preoccupati del cambiamento linguistico e culturale dei loro giovani, al contrario dei mennoniti che ho
avuto l’opportunità di incontrare in occasione del culto
della Riforma tenutosi a Co
Nel tempio di Colonia Miguelite. Al centro la past. Aña Maria Barolin
Ionia Vaidense con riformati
e valdesi: per anni si sono
sforzati di mantenere una
identità di fede, di cultura e
di lingua (il tedesco) che oggi
i giovani abbandonano. I vaidesi hanno invece fatto subito l’opzione dello spagnolo,
non abbandonando con questo la fede, l’organizzazione
sinodale e l’eredità storica.
Non potremo forse mai sapere quanto questa scelta sia
stata cosciente o semplicemente imposta dalla quotidianità, ma certo colpisce il
fatto che mentre da noi si iniziava a predicare in italiano
per aprirsi al paese, i fratelli e
le sorelle dei Sud America
compivano la stessa scelta
culturale e di fede.
Tuttavia l’inserimento nella società non si è limitato
all’opzione linguistica, le
opere sociali hanno fatto un
percorso che è incredibilmente analogo al nostro; così
il liceo Armand-Hugon di Colonia Vaidense è stato il primo dell’intero Uruguay, e il
primo ad avere classi miste;
la casa per anziani è stata un
modello a cui si sono ispirate
analoghe istituzioni statali;
l’«Hogar E1 Sarandi» è un’istituzione pilota per l’assistenza a giovani portatori di handicap, e così via.
Questi montanari che si
improvvisavano contadini e
allevatori nelle grandi pianure hanno saputo trasferire la
loro fede in una pratica di aggregazione, di assistenza e testimonianza; l’aggregazione
nei gruppi giovanili e nell’incontro fraterno, l’assistenza
nelle opere sociali (e la cultura nelle scuole) e la testimo
nianza nel fatto che tutto
questo era fatto alla luce del
sole, nella lingua del paese, di
cui erano e volevano essere
cittadini a tutti gli effetti. E
sono diventati tanti: una robusta natalità, dettata dalla
necessità di avere braccia per
coltivare la terra, ha fatto sì
che molti nomi «tipici» delle
valli valdesi siano ora più diffusi nel Rio de la Piata che da
noi. E sono ancora tanti: le
nostre striminzite scuole domenicali impallidiscono di
fronte alla messe di ragazzini
che si possono incontrare
laggiù. Ma se ne sono andati
in tanti: questa è una preoccupazione a cui il moderador
ha fatto riferimento mentre
lo intervistavo.
La secolarizzazione ha colpito duro anche lì: finché resti nella Colonia, nel paese
«vaidense» in qualche modo
anche se non ti riferisci alla
chiesa, la chiesa si riferisce a
te. Ma se la povertà o le necessità della vita ti portano
altrove, nelle grandi città,
non è raro che tu «vaidense»
ti perda. Montevideo con il
suo milione e mezzo di abitanti (sui tre dell’Uruguay) e
Buenos Aires, la megalopoli
di 17 milioni di persone, stritolano e massificano con un'
efficienza impressionante.
Per cui immaginatevi con
quale dispiacere ho appreso
che a Montevideo vi sono alcuni Pasquet (anche un uomo politico), i quali ormai
non hanno più alcun contatto con la loro chiesa.
Eppure anche su questo la
chiesa sta iniziando a reagire,
si cercano nuove strade, si testimonia l’Evangeio a quanti
non sono di tradizione e di
«nome» valdesi. Insomma
anche qui mi sentivo a casa
pensando ai miei fratelli e alle mie sorelle delle Valli che
si perdono quando vanno ad
abitare nella pianura piemontese, ma che vengono
rimpiazzati da quanti sono
affascinati dalla predicazione
dell’Evangelo, alle Valli o fuori di esse.
(primo di una serie
di 3 articoli)
Un'iniziativa di solidarietà a Campobasso
Un diverso modo di fare economia
DARIO SACCOMANI
DOPO circa un anno di lavoro, di incontri e di
progettazione, alla fine del
mese di novembre viene aperto, a Campobasso, uno
spaccio dove si vendono, ai
soli soci e socie dell’associazione, i prodotti del commercio equo-solidale. Infatti, su
proposta e finanziamento del
Centro della pace, della chiesa battista e valdese locale,
della Caritas e dell’associazione «Dalla parte degli umili» di Campobasso, è nata I’
associazione «Jambo», il cui
proposito è quello di promuovere nella città, a livello
culturale e sociale, una proposta di una economia che
sia più «giusta» nei confronti
della società, della natura e
del Terzo Mondo.
Uno dei presupposti fondamentali di «Jambo» è proprio quello di esprimere solidarietà verso gli ultimi, gli
oppressi della Terra, superando Io schema della «beneficenza» e arrivando a un’effettiva solidarietà fra i popoli
a partire da una nuova impostazione del consumo e
dell’economia. L’associazione si chiama «Jambo», che è
un saluto africano, è il «ciao»
di due amici che si incontrano e che si rispettano, fra i
quali esiste e si attua un rapporto di solidarietà. «Jambo»
quindi non solo si propone
di attivare un percorso culturale e di formazione, ma apre
anche questa «bottega» del
commercio equo-solidale,
nella speranza che si possa
dare anche un aiuto econo
Sacchi di caffè provenienti dalla
Costa d’Avorio: saranno pagati
equamente dai paesi ricchi che
lo acquistano?
mico a quei paesi produttori
che, attraverso le organizzazioni del commercio alternativo, sono riusciti a liberarsi
dalla schiavitù delle multinazionali.
Sicuramente i’apertura di
questa associazione e della
bottega non risolverà il problema dello sfruttamento dei
poveri e delle popolazioni
del Terzo Mondo, ma contribuirà a quello sforzo globale di molte persone di «buona volontà» che si sono impegnate a fondo in tutto il
mondo per presentare la
possibilità concreta di un diverso modo di fare economia. L’invito è quindi quello
di prestare più attenzione a
questi sforzi dove già esistono, di pensare di attivare
analoghe esperienze dove
sono assenti, di consumare
preferibilmente prodotti che
provengono dal Terzo Mondo attraverso i canali del
commercio alternativo. In
prospettiva dell’inizio del
terzo millennio forse proprio
questo aspetto potrebbe diventare uno, fra i tanti, argomenti di riflessione delle nostre chiese e di ciascuno nella prospettiva di un mondo
più vivibile e più «giusto».
VENERDÌ 13 dicembre
Fraternità fra i metodisti a Roma
Sentirsi partecipi di una
famiglia sparsa nel mondo
MARIA SBAFFI GIRARDET
// \ ^^AZING Grace» (mi''/^abile grazia) è uno degli inni più cari al metodismo
mondiale: lo hanno cantato
insieme italiani e inglesi, filippini e coreani, ganaensi e
nigeriani, e di altre nazionalità ancora, all’inizio del culto che le tre chiese metodiste
di Roma (italiana, di lingua
inglese e coreana) hanno celebrato domenica 1° dicembre nella Chiesa metodista di
via XX Settembre. Un culto
che ha voluto anche esprimere due indubbi carismi
del metodismo: la mondialità e la fraternità.
Questa volta i metodisti romani hanno sentito in modo
tangibile di far parte di una
famiglia di oltre 50 milioni di
metodisti, sparsi in tutto il
mondo. Hanno preso parte al
culto l’ambasciatore della
Corea in Italia, l’ambasciatore della Gran Bretagna presso
la Santa Sede, che ha letto
uno dei passi biblici, il console del Canada in Italia, la
cui moglie è una metodista
coreana. Nella comunità di
lingua inglese vi sono 21 nazionalità: africani, filippini,
sudamericani sono presenti
in quella italiana; la nuova
comunità metodista coreana
è stata ricevuta dal Sinodo di
quest’anno nell’Unione delle
chiese valdesi e metodiste.
Le quasi due ore di culto
sono volate nel corso di una
liturgia stringata, non appesantita dall’uso delle tre lingue e facilitata dalle traduzioni scritte. Brevi e incisive le
meditazioni dei tre pastori,
Hong Kisuck, Richard Grocott e Valdo Benecchi. «Da
quando sono a Roma - ha
detto Kisuck, parlando sul
Magnificat - vedo molte immagini di Maria, decorate
con metalli lucenti e costosi.
Ma Maria, la prima donna
che ha ricevuto dallo Spirito
Santo la lieta notizia della venuta del Signore, che tutti
aspettavano, afferma che Dio
guarda ai poveri e per questo
loda Dio». Grocott, ispirandosi al profeta Isaia, ha definito l’Avvento un tempo di
speranza e di anticipazione,
come quello vissuto dagli
ebrei esuli in Babilonia
dobbiamo condividere ov
que e con tutti. Benec'
commentando un passo ¡
Lettera agli Ebrei, ha al
mato che siamo nel tei
dell’Emmanuele, del Di®
noi. «La presenza di Gei
ha detto Benecchi - è se
di contraddizione; dinat
iui non possiamo rimai
neutrali. Nell’Awento sij
a un punto di non ritorno,
tempo in cui saremo
cari dalla parola di Dio
gente essere rinnovai
profondità; dobbiamop
clamarlo con la predica^
e con azioni concrete».
Nelle varie ondate cheli
no fatto successivamei
cerchio intorno al tavoloi
la cena del Signore (circa
persone) erano ben presi
il carattere multietnico
l’assemblea, ma ánchela
profonda unità. Le corali! zazioJ
le tre chiese hanno contri! diarsi
to significativamente all'
mosfera del culto, portai nata a
una nota di gioia. Il ricoi per ac
del promotore del movita de pr
to metodista nel XVIII seci Ernst
John Wesley, è stato riport Messe
all’assemblea in modopa nipot
colare dall’inno finale«!
Cristo è della chiesa la bas
fondator», di cui è stataati
ce sua madre Susan. Sua le all
Massai
sivamente la fraternità!
protratta nel rinfresco o® contrc
nei locali adiacenti, dovi desi d
sono anche festeggiatii ‘Hahn
anni della Comunità dii
gua inglese e si è promessi prof.
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reincontrarsi.
La colletta del culto è si stato
dedicata all’opera sodi princi
della Comunità metodisti'
Scicli, che si prepara a é I
brare il suo centenariiia
tratta dell’Opera diaconi |
metodista, che gestisce!
asilo nido e una scuolam
terna, che hanno bisopO,
lavori di ristrutturazione,
questa opera saranno det
Iute anche le offerte chey
ranno raccolte in occasi*
del Concerto di Natale che!
corale metodista coreaij
(formata tutta da cantaM
professionisti) e la coralero
todista italiana daranno il|
dicembre nel tempio dii
XX Settembre, cantando!
Messia di Haendel.
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pe
La corale della Chiesa metodista coreana (aprile 1996)
PRAMOLLO — Domenica 1° dicembre, nel corso del culto
sieduto dal pastore Luciano Deodato e a cui hanno
pato anche i bambini della scuola domenicale, è stata bl
tezzata Salome, di Nadia e Winfrid Pfannkuche. Li circo_
diamo del nostro affetto e diamo alla bimba un calore
benvenuto nella nostra comunità. Ringraziamo sincef^.
mente il pastore Deodato per l’incisivo messaggio rivoltoci
liiciiic 11 jiaaiuic L/cuucuu jjei i mulsivu messaggio ii»'^Lucilla Grill che ha accompagnato all’organo i nostri cand
• Ci rallegriamo vivamente con Cinzia Beiix e Franco Bln
nat per la nascita di Michele, sul quale invochiamo le
nedizloni del Signore.
BOLLATE — La Chiesa battista ha nominato il suo nuovo Co^
sigilo per il triennio 1996-99 che risulta così composto
Giovanni Castellano, Maddalena Castellano , Lucia Lap
(diaconi), Nicola Milone, Bruno Dugoni (anziani) e Goi
Gabaldi (responsabile e corrispondente).
SAN GERMANO — La nostra cristiana simpatia giunga ai
ti del fratello Francesco Bertalot, deceduto mercoleo
novembre dopo un lungo periodo di tribolazione e so
renza. Svizzero di nascita ha trascorso la maggior parte
la sua vita a San Germano dove era molto noto a tutti.
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13 DICEMBRE 1996
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La visita di una delegazione nella regione dell'Hessen-Nassau
I discendenti dei valdesi dell'Odenwald
In seguito alla revoca dell'Editto di Nantes partirono in molti dalla vai Chisone
per trovare rifugio nelle terre protestanti. L'attuale integrazione dei riformati
ANDREA RIBET
ROHRBACH, Wembach,
Hahn: sono i nomi di tre
piaggi dell’Odenwald, zona
collinare tedesca compresa
nel quadrato formato dai fiumi Reno, Meno e Neckar; nel
1699 famiglie di profughi vaidesi provenienti dall’alta vai
Chisone, in particolare dalla
zona di Pragelato, vi hanno
trovato un territorio ove riprendere la loro vita dopo
molte traversie, a causa della
revoca dell’editto di Nantes.
Ma non fu cosa facile per i
valdesi insediarsi in quella
zona: nel suo libro di recente
pubblicazione dedicato al ricercatore valdese di Rohrbach Daniel Bonin, Brigitte
Koehler ricorda che l’autorizzazione ai valdesi di insediarsi in quella parte della
Germania era stata subordinata a una precisa indagine
per accertare la loro reale fede protestante da parte di
Ernst Ludwig, marchese di
Hessen-Darmstadt, e del plenipotenziario olandese Pieter Valkenier.
Il programma della delegazione valdese in visita ufficiale alla chiesa dell’HessenNassau prevedeva anche l’incontro con le comunità vaidesi di Rohrbach, Wembach,
Hahn con la partecipazione
al culto e la predicazione del
prof. Paolo Ricca. In un’atmosfera gioiosa e fraterna è
stato possibile rievocare i
principali momenti dramma
li tempio valdese di Rohrbach
tici della vicenda storica dei
profughi valdesi e del loro insediamento in Germania; un
piccolo museo ricorda le prime ricerche storiche sulle radici dei valdesi di Rohrbach,
Wembach e Hahn. Nel desiderio di ricercare le proprie
radici, i valdesi di Rohrbach
hanno creato nuovi contatti
con valdesi e studiosi italiani,
perlopiù a titolo personale;
hanno organizzato viaggi di
studio e ricerca nella alta vai
Chisone; nel corso degli anni
’70 i Comuni di Rohrbach e di
Pragelato si sono gemellati.
I riformati valdesi residenti
in Germania si sono integrati
a tutti gli effetti nella Chiesa
evangelica dell’Hessen-Nassau: hanno tutti i diritti e doveri previsti dai regolamenti
ecclesiastici, hanno adottato
la lingua tedesca e si sono
adeguati alle loro consuetudini; ciò malgrado, hanno
mantenuto una forte identità
che li distingue ancora adesso dalle altre comunità evangeliche della regione; nel
tempio non ci sono croci né
candele accese ma un semplice drappo ripropone il
candeliere con le sette stelle e
la scritta Lux lucet in tenebris;
il pulpito è centrale, di fronte
al tavolo della Santa Cena, la
liturgia adottata per il culto è
quella riformata e non quella
luterana. Per questi elementi
dobbiamo essere riconoscenti ai fratelli tedeschi che in un
mondo completamente diverso da quello originario
hanno saputo mantenere vive le tradizioni per le quali
hanno combattuto a motivo
della loro fede.
In passato ci sono state
molte visite di valdesi, delle
Valli e non, a Rohrbach; un
articolo del 1929 del pastore
Corrado Jalla relaziona di un
suo viaggio; molti gruppi sono venuti e, naturalmente,
un pastore molto noto in
queste zone è stato Enrico
Geymet. Ma forse questa è
stata la prima visita ufficiale
di un moderatore alle comunità valdesi residenti nell’
Odenwald; questo avvenimento potrebbe segnare l’inizio di nuovi rapporti tra i
due rami del movimento valdese prevedendo, perché no,
particolari convenzioni da
includere nei nostri regolamenti ecclesiastici e dar vita
ad una rinnovata unione.
Oltre alle comunità dell’
Odenwald ci sono altre comunità valdesi che affondano le loro radici negli avvenimenti nefasti della fine del
XVII secolo: nel Badén Würtemberg, nell’Hessen-Nassau
e, più a nord, nella regione
intorno a Kassel. I valdesi tedeschi hanno dato vita ad
un’associazione molto vivace
che si chiama «Die Deutsche
Waldenser Vereinigung» con
sede a Schoenenberg.
■ Chiesa valdese di Firenze
Gino Conte confermato
per il secondo settennio
Presieduta da Adam Blaszczyk, delegato della Ced del
Ili distretto insieme a Gabriella Zonno, si è svolta il 1°
dicembre Passemblea della
Chiesa valdese (autonoma) di
Firenze per designare il proprio pastore dopo il compiuto
settennio, in un’assemblea
che superava largamente il
quorum richiesto per la sua
validità, i! pastore Gino Conte
è stato riconfermato. Il qualiIcato consenso dell’assemblea ha così voluto riconoscere con gratitudine l’impegno
p lo spirito di servizio profusi
Incessantemente, durante
questi primi sette anni, dal
pastore Conte, che non si è
,niai risparmiato per assicura■fe un’attività di testimonianza e di fede nella comunità e
nella diaspora.
^ n culto che ha preceduto
l’assemblea è stato celebrato
ballo stesso predicatore laico
Adam Blaszczyk, che ha volu
to sottolineare in modo particolare la necessità di una
continua presenza e un costante impegno dei fedeli per
la vita nella chiesa, nonché
l’importanza della simbologia
a supporto della Parola predicata. Le Scritture tramandano
che l’annuncio della parola di
Dio è stato spesso accompagnato da segni esteriori rituali
che aiutano a capire i momenti liturgici, molto importanti per la credibilità del predicatore, per la comprensione del messaggio e per l’edificazione dei presenti al culto.
Suggestivo è stato lo svolgersi di alcuni momenti liturgici che hanno visto inserirsi,
durante il sermone, presenze
di bimbi della scuola domenicale che, in processione, hanno portato nel tempio gli elementi distintivi delia testimonianza: il libro sacro, il calice,
le offerte, la luce, la loro disponibilità all’ascolto.
Iniziative del 6° circuito
Prosegue l'opera umanitaria
per l'ex Jugoslavia
PAOLO BOGO
nuovo Coi
omposto^
Lucia Cé
mi) e Guiil«
nga ai n>PÌ
iercoledi2
one e soiji
or parted«'
a tutti.
Casa valdese delle diaconesse
Residenza assistenziale per anziani
viale Gilly, 7 - 10066 Torre Pellice - tei. 0121-91254
I preannunciati lavori ¿li ristrutturazione
sono iniziati; aiutateci a condurli a termine!
e- C. post. n. 28242103 - intestato a Casa delle diaconesse
c. c. banc. n. 1479/1
c/o Istituto bancario San Paolo Torino
ag. di Lusema San Giovanni
c. c. banc. n. 2427928/18
c/o Cassa di Risparmio di Torino
ag. Torre Pellice
intestati a:
Tavola valdese - Casa delle diaconesse
I ¿ioni sono defiscalizzabili a richiesta
UN atto deU’Assemblea
del 6° circuito (Omegna,
12 ottobre) afferma che, avendo udito una relazione
sulle opere che, con l’incessante lavoro dei coniugi Bacac e l’aiuto delle chiese del
circuito, sono state costruite
a Fola e Rovigno in Croazia,
di fronte alle crescenti difficoltà delle opere stesse, stabilisce di «ripristinare il coordinamento circuitale che indirizzi e dia efficacia alle iniziative delle chiese del circuito»,
che venga dato a Renato Serra, membro del Consiglio di
circuito, l’incarico di coordinatore, e «di informare periodicamente le chiese sulla situazione dell’ex Jugoslavia
tramite un bollettino». Come
deciso il Consiglio ha costituito il coordinamento che ha
avuto un primo incontro il 18
novembre; non tutte le chiese
erano rappresentate, ma si è
potuto discutere dei problemi
che la Casa per anziani di Fola e il Centro di accoglienza
«Onza» di Rovigno stanno incontrando anche per le difficoltà da parte governativa.
Nel Centro di accoglienza
vi sono 21 bambini: con la fine dell’estate due sono andati in adozione a Rovigno, e 4
che avevano superato i 5 anni
sono andati alla nuova casa
alloggio di Krnica (45 km da
Fola). Sono ormai tre mesi
che Samoel e Gordana hanno
accettato, insieme ai loro figli, di vivere con gioia questa
esperienza di «famiglia allargata». A luglio si è tenuta la
riunione dei tre comitati del
centro; direttivo, coordinativo e di sorveglianza (di quest’ultimo fanno parte due sorelle del nostro Circuito).
L’attenzione dei comitati si è
focalizzata sulla necessità di
avere oltre ai mezzi finanziari, sempre insufficienti, anche personale volontario disponibile a permanenze di
almeno un mese, esperienza
che siamo sicuri sia oltremodo fortificante per la nostra
fede. La Casa per anziani di
Fola è un primo esperimento
di casa alloggio evangelica in
questa città; ha superato il faticoso periodo di avvio, le difficoltà dei primi arrivi, alcune
incomprensioni con le autorità. Resta la difficoltà di renderla più accogliente, dotandola di un efficace impianto
di riscaldamento e, dopo le
ristrutturazioni murarie, di
un ascensore.
Il coordinamento, dopo
aver discusso sulle possibilità
di un lavoro efficace che rispondesse alle indicazioni
dell’Assemblea e alle necessità più urgenti di queste due
opere, ha ritenuto opportuno
concentrare gli sforzi sulla casa per anziani e in particolare
sul problema del riscaldamento. Un preventivo, preparato con il gruppo milanese
bmv che si occupa degli aiuti
verso Fola, e il responsabile
della casa Nevio Bacac, ha stimato il costo complessivo in
circa 20 milioni, cifra alta ma
non insuperabile. A tal fine è
aperto un conto corrente postale (n. 38449203) intestato a
Renato Serra, cassiere del 6“
circuito, via U. La Malfa 24 20090 Opera (Mi).
La ricostruzione della vita
civile e sociale nell’ex Jugosla.via avrà tempi lunghi e abbisognerà della partecipazione
di tutti; concentriamoci su un
progetto, piccolo ma significativo; è un gesto di solidarietà, compiamolo.
Agenda
SUSA — Alle ore 18, nell’Aula magna del liceo «N. Rosa» (piazza Savoia), per l’organizzazione del Centro culturale «Fiero Jahier»,
dell’associazione Amici del liceo «N. Rosa» e
del Centro di ricerche di cultura alpina, il
prof. Domenico Maselli parla sul tema: «Una
pagina ignorata di storia: la Riforma in Italia».
BERGAMO — Il Centro culturale protestante organizza alle
ore 21 nella sede di via Tasso 55 un incontro, condotto da
Gianni Long, su «Il Messia di Händel: riflessioni su un oratorio “biblico”» con l’ascolto di brani significativi. Fer
informazioni tei. 035-238410.
SONDRIO — «Graz, giugno 1997. Seconda Assemblea ecumenica europea. Riconciliazione tra le chiese, nella società,
con il creato. Contributo cattolico» è il tema della conversazione che don Rinaldi, parroco di Fonte in Valtellina, terrà
alle ore 21 al Centro evangelico di cultura in via Malta 16.
TORINO — «Elogio della compassione» è il titolo della
conferenza proposta dai «Beati costruttori di pace» che il
filosofo e teologo Armido Rizzi terrà alle ore 18 nella sala
della chiesa valdese in corso Vittorio Emanuele 23. Fer ulteriori informazioni telefonare allo 011-543597.
BELLIZZI (SA) — Il coro evangelico di Napoli «Ipharadisi», diretto dal maestro Carlo
Leila, tiene un concerto sulla Riconciliazione, tema dell’Assemblea ecumenica europea di Graz, all’auditorium «L’alternativa»
in via Copernico alle ore 19,30.
VALFERGA CANAVESE (TO) — Alle ore
15,30, nella chiesa battista di via Cuorgnè
43, si tiene un concerto di Natale con il coro
«Tre Valli» della città di Venaria, diretto da
Giovanni Fiscitelli.
FERUGIA — La Chiesa valdese e il circolo
Rosselli organizzano, alle ore 18, Falazzo del
Consiglio regionale in p.za Italia, la presentazione del volume di G. Spini «Galileo, Campanella e il “Divinus Foeta”». Relatori i prof.
Comparato e Bellini dell’Università di Perugia; sarà presente l’autore. Informazioni al 0744-425914.
PRATO — «Profilo del protestantesimo italiano dall’unità a oggi» è il tema della conferenza che Giorgio Spini terrà alle ore 21,
all’Auditorium della Cassa di Risparmio di
Prato (Mezzana), in viale della Repubblica
ang. via Modigliani. L’incontro è proposto
dal Centro interdenominazionale di cultura biblica e teologica «Dietrich Bonhoeffer»; moderatore Mario Affuso.
ROMA — Alle ore 18, nella chiesa metodista
di via XX settembre, la corale della chiesa
metodista coreana, con la partecipazione di
una componente della chiesa metodista di
Roma, eseguirà «Il Messia» di Händel. Per ulteriori informazioni tei. 06-4814811.
CAMPO INVERNALE A ECUMENE — «Il Mediterraneo dei
popoli: una rifiessione centrata particolarmente sul complesso mosaico della penisola balcanica» è il tema del campo invernale che si tiene ded 27 dicembre al 2 gennaio. Il
rimborso spese previsto è di 250.000 lire. Per informazioni
e iscrizioni rivolgersi a Ornella Sbaffi, via Firenze 38, 00184
Roma; tei. 06-4743695.
CAMPO INVERNALE A SANTA SEVERA — «Predicatori e
diaconi: ministri o servi? I giovani si interrogano sulla natura e sulle prospettive delle proprie vocazioni» è il tema
del campo invernale che si tiene al Villaggio della gioventù
a partire dalla cena del 28 dicembre fino alla colazione del
2 gennaio. Prezzo complessivo 120.000 lire. Per informazioni e iscrizioni rivolgersi al Villaggio entro il 15 dicembre:
tei. 0766-570055, fax 0766-571527.12.06.
CULTO EVANGELICO: ogni domenica mattina alle 7,27 sul primo programma radiofonico della Rai, predicazione e notizie dal mondo evangelico italiano ed estero, appuntamenti e commenti di attualità.
PROTESTANTESIMO: rubrica televisiva di
Raidue a cura della Federazione delle chiese
evangeliche in Italia, trasmessa a domeniche
alterne alle 23,40 circa e, in replica, il lunedì
della settimana seguente alle ore 8,15 circa.
Domenica 15 dicembre: Jan Hus: testimone
della verità. Questa replica non verrà trasmessa.
AVVERTENZA: chi desidera usufruire di questa rubrica
deve inviare i programmi, per lettera o fax, quindici giorni
prima del venerdì di uscita del settimanale.
de
gioventù evangelica
SOTTOSCRIZIONE 1997
normale....................L. 45.000
sostenitore...................90.000
estero........................60.000
«3 copie al prezzo di 2»...... 90.000
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via Porro Lambertenghi, 28
20159 Milano
18
PAG. 10 RIFORMA
Commenti
VENERDÌ 13 DICEMBRF.
r
ai VENE!
Riforma
Dallo Sme aUa moneta
unica europea?
Giorgio Guelmani
Lo Sme (Sistema monetario europeo) è un accordo di
stabilità monetaria tra i paesi della Cee, istituito nel 1979,
con cui i paesi stessi si impegnavano a tenere le proprie
monete agganciate tra loro attraverso una griglia di parità
centrale e una possibilità di oscillazione del 2,5%. 11 Trattato di Maastricht stabilisce che lo Sme scomparirà il 31
dicembre 1998, e lascerà posto all’Euro, la «moneta unica». Tra le monete dei paesi «in regola» con i parametri
del Trattato e l’Euro verranno fìssale parità defìnitive, e
nel giro di una decina d’anni l’Euro soppianterà le valute
nazionali. Per i paesi «non in regola» funzionerà una sorta
di «Sme 2», perché le loro quotazioni non si discostino
troppo da quella dell’Euro.
Per partecipare alla moneta unica un paese deve rispett^e cinque parametri: quattro numerici (deficit di bilancio, debito pubblico, tassi di interesse, inflazione); il quinto è la partecipazione allo Sme per almeno 2 anni senza
svalutazioni. Questo spiega la decisione del governo, una
volta ridotta l’inflazione e i tassi di interesse e passata la
legge finanziaria alla Camera, di forzare i tempi per il
rientro della lira nello Sme (da cui ora restano fuori solo la
dracma, la sterlina e la corona svedese).
Ma perché c’è stata battaglia sulla nuova parità di riferimento tra lira e marco fìssala a Bruxelles il 23-24 novembre? Perché una moneta debole favorisce la competitività
delle esportazioni (a prezzo di far costare di più le importazioni), e viceversa per una moneta forte. Per questo la
Confìndustria riteneva ottimale quota 1.050 e i tedeschi e
soprattutto i fi-ancesi, le cui esportazioni negli ultimi 4 anni avevano sofferto della lira debole, chiedevano un cambio di 950. Stabilita la parità a 990 lire per marco, che cosa
succederà? Per scoraggiare la speculazione, la banda di
oscillazione dello Sme è molto più ampia di prima (il 15%):
quindi il mercato potrebbe far fluttuare il marco tra 860 e
1.140 lire circa, senza provocare la necessità di svalutazioni o rivalutazioni: salvo cataclismi politici la lira potrebbe
farcela a restare nello Sme per i due anni richiesti. Sarà in
compenso molto diffìcile ripetere la politica spesso adottata da Bankitalia negli ultimi 20 anni (lira ancorata al dollaro e debole sul marco) che consentiva sia di aumentare le
esportazioni verso l’area del marco, sia di evitare il rincaro
delle importazioni di materie prime (che si pagano in dollari). Ora la lira sarà ancorata al marco e il rapporto liradollaro dipenderà strettamente dal rapporto marco-dollaro. Se il marco anche nei prossimi anni si rafforzerà sul
dollaro, la lira lo seguirà; questo ci farà pagare meno le importazioni (quindi meno inflazione), ma metterà in difficoltà le nostre esportazioni nell’area più dinamica del
commercio mondiale (quella dei paesi emergenti d’Asia,
legati al doUaro). Non potendo più contare sul vantaggio
della lira debole e dei bassi costi, le imprese saranno costrette a puntare di più sulla qualità e sul contenuto tecnologico delle nostre merci.
Tuttavia la vera incognita è la futura moneta unica: potrà vedere la luce alle condizioni e nei tempi immaginati
dal Trattato di Maastricht? I lavoratori di tutta Europa saranno disponibili a ulteriori «eurostangate»? E se stringere
la cinghia provocasse una grave recessione? Che succederà
nel ’98, quando i governanti europei decideranno sull’ammissione o meno alla moneta unica? Se, come vuole la
Bundesbank, si interpreteranno i parametri alla lettera,
l’Euro sarà un banchetto senza invitati (al momento attuale sarebbero in regola solo Danimarca e Lussemburgo); in
caso contrario, accetterà la Germania di barattare il marco, simbolo di forza e stabilità, con un Euro «inquinato» da
valute deboli? Quale futuro può avere una costruzione europea sbilanciata dal lato della moneta e della liberalizzazione dei capitali, e gravemente carente per quanto riguarda democrazia, ambiente, lavoro, stato sociale?
E-Mail: Riforma @ Alpcom.it
Uri: http://www.aipcom.it/riforma
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DIRETTORE: Eugenio Bernardini. VICEDIRETTORE PER IL CENTRO-SUD: Anna Maffei. IN REDAZIONE: Alberto Corsani, Marta D'Auria, Emmanueie Paschetto, Jean-Jacques Peyronei, Piervaldo Rostan (coordinatore de L'eco delle valli)
Federica Tourn. COLLABORANO: Luca Benecchi, Alberto Bragaglia, Avernino
Di Croce, Paolo Fabbri, Fulvio Ferrarlo, Giuseppe Ficara, Giorgio GardioI, Maurizio Girolami, Pasquale lacobino, Milena Martlnat, Carmelina Maurizio, Luca Negro, Luisa Nitti, Nicola Pantaleo, Gian Paolo Ricco, Fulvio Rocco, Marco Rostan,
Mirella Scorsonelli, Florence Vinti, Raffaele Volpe.
DIRETTORA RESPONSABILE Al SENSI DI LEGGE: Piera Egidi.
REVISIONE EDITORIALE:Stelio Armand-Hugon; GRAFICA: Pietro Romeo
AMMINISTRAZIONE: Ester Castangia; ABBONAMENTI: Daniela Actis.
STAMPA: La Ghisleriana s.n.c. Mondovi - tei. 0174-42590.
EDITORE: Edizioni Protestanti s.r.l. -via S. Pio V, 15 bis -10125Torino.
PutMhsàom settimana^ iuOm1$ mt L’Èeù dkffi» vtM vakS^ì
ñon iHià ésam muMa
Tariffe inserzioni pubblicitarie: a modulo (42,5x40 mm) £ 30.000. Partecipazioni: millimetro/colonna £ 1.800. Economici: a parola £ 1.000.
Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con
il n. 176 del 1 ® gennaio 1951. Le modifiche sono state registrate il 5 marzo 1993.
Il numero 47 del 6 dicembre 1996 è stato consegnato per l'inoltro postale all'Ufficio
CMP Nord, via Reiss Remoli 44/11 di Torino mercoledì 4 dicembre 1996.
Continua il dibattito su otto per mille e finanziamento alla cultura
Anche la cultura qualìfica il «nostro» 8%
00
Dal separatismo intransigente del dopoguerra alla consapevolezza del fatto ck
le nostre iniziative sociali e culturali vanno ben oltre il confessionalismo ^
GIORGIO BOUCHARD
VORREI anch’io presenta
r ■
re alcune considerazioni
sull’uso dei fondi dell’8 per
mille a favore delle nostre
iniziative nel campo della
cultura e dell’istruzione. Il
fatto che tale destinazione sia
legittima mi pare del tutto
fuori discussione, sia perché
così ha deliberato il Sinodo
con l’ormai celebre atto 36
del 1991, sia perché quella
decisione venne presa in un
«clima morale» in cui l’inserimento delle attività culturali
rivestiva un significato qualificante per l’intero processo
deliberativo.
Può invece essere interessante rievocare lo «sfondo
storico» di questa decisione.
Durante i primi due decenni
del dopoguerra le nostre
chiese hanno dovuto far fronte a un regime democristiano
avvolgente, assorbente e talvolta soffocante: un punto caratteristico di questo regime
era la sostanziale intangibilità
del Concordato, con la pesante ipoteca che esso faceva
gravare sull’intera società civile. È perciò comprensibile
che le nostre chiese abbiano
assunto una posizione di separatismo intransigente, ben
al di là di quella praticata dalle chiese sorelle d’America e
d’Europa (compresa la laica
Francia). Un punto qualificante di questo separatismo
era il netto rifiuto di qualsiasi
forma di finanziamento statale a attività ecclesiastiche o
paraecclesiastiche. Unica eccezione, a mia conoscenza, il
modesto contributo annuo
che ia Presidenza del Consiglio assegnava a «Protestantesimo» in quanto «rivista di alto valore culturale».
Questo separatismo intransigente cominciò a incrinarsi
negli anni ’60, quando il centro-sinistra avviò una tumultuosa modernizzazione del
paese, con un forte sviluppo
dello stato sociale e dei mezzi
di comunicazione di massa.
Vennero così accettate ie pensioni ai pastori, poi il finanziamento aile scuole di Riesi
(Servizio cristiano) e Palermo,
quello degli ospedali, dei centri educativi e delle case di riposo. Ma per la cultura restava una sorta di tabù. Questo
ìBì
qi
Torre Pellice: inaugurazione del Centro culturale valdese nel 1989
tabù venne rotto dall’esterno,
e senza che noi ce ne rendessimo pienamente conto: questo «esterno» si chiamava
«Rai-televisione». La Federazione deile chiese evangeliche
in Italia aveva raccolto e gelosamente difeso una deile più
preziose eredità dell’occupazione angloamericana: il culto-radio, il quale presto si fece notare per la sua straordinaria capacità di dialogo con
la diaspora evangelica e con
altri 300.000 ascoltatori (oggi
sono un milione). La Rai metteva a disposizione le strutture, e noi mettevamo tutto il
resto: i predicatori, il costo
dei loro viaggi ecc. A un certo
punto cominciammo ad affiancare al culto un breve, efficace notiziario; ma la Rai
pretese che il notiziario venisse affidato a un giornalista di
professione. La nostra risposta (per bocca del moderatore
Neri Giampiccoli) fu che se la
Rai esigeva un certo tipo di
conduzione tecnica della rubrica doveva anche pagarla:
la Rai trovò ineccepibile questa risposta, e sottoscrisse
una convenzione (sempre regolarmente rinnovata) secondo cui tutte le nostre prestazioni relative al culto-radio
sono gratuite, mentre la Fcei
riceve un (modesto) compenso per il lavoro giornalistico
del notiziario radio.
il fenomeno assunse dimensioni notevolmente maggiori con il nostro ingresso in
televisione. Per anni non
c’era stato Sinodo, né Assemblea della Federazione in cui
una nostra presenza televisiva non venisse dichiarata urgente e necessaria, sia sotto il
profilo informativo, sia sotto
quello della predicazione. Basta leggere, in proposito, l’atto 18 del Sinodo 1969, approvato dopo ampio dibattito.
Finalmente, il l» gennaio
1973 decollò la rubrica «Protestantesimo», e sembrò del
tutto naturale che i suoi costi
venissero interamente sopportati dall’azienda di stato.
Qualcuno sollevò, è vero, il
problema della separazione
tra finanza pubblica e attività
ecclesiastica: ricordo in particolare un intervento di Gino
Conte. Rispondemmo che gli
evangelici già pagavano il canone Rai e avevano quindi il
diritto di assistere a un programma a loro dedicato.
Qualcuno aggiunse che «Protestantesimo» era uno spettacolo offerto a tutti gli utenti
della Rai, e come tale doveva
essere pagato dall’azienda.
A pensarci bene, non erano
risposte esaurienti: in realtà,
una rubrica culturale evangelica dotata anche di una certa
possibilità di testimonianza
veniva condotta a spese di un
ente pubblico, e per alcune
centinaia di milioni all’anno.
E nessuno trovò niente da ridire quando, a partire dalle
celebrazioni del «Glorioso
Rimpatrio» (1989) i culti pub
blici in diretta entrarono ai
parte stabilmente dei noj
programmi televisivi. ^
dualmente anche altre nost
iniziative culturali (da Aga
al Centro culturale valdei
cominciarono a riceverei
gnificativi contributi pub])
ci: questa è storia più vicinj
noi, e più nota.
Dobbiamo dire che c’è sta
un cedimento, una acqui
scenza ai costumi della pria
e della seconda Repubblitj
Non mi pare: c’è stata solo|
rinuncia a una certa rigida
za di principio, e la cresceu
consapevolezza del fatto cl
intorno alla vita spirituale di
la chiesa (la cui indipende«
anche economica va gelosi
mente preservata) c’è un al
ne di attività culturali offer
ail’intera popolazione, eli
meritano una certa misurai
finanziamento pubblico. Ce
to, in questo come in mileal
tri casi dovremo «vegliareai
tentamente sulle anime ni
stre» (Deuteronomio 4,15)i
modo da non cadere in tenti
zione: nel caso, la tentazioi
di diventare una sorta di eni
parastatale, garantito da un
sottile rete di rapporti di poti
re e da qualche compromess
con la propria co.scienza.
Bisognerà dunque tracciai
una linea molto netta trad
che è lecito e ciò che nonèli
cito, tra ciò che permette al
chiesa di vivere e di esprime
si in una demoa azia plun
lista e ciò che ne imprigioll
lo spirito e ne condizionai
messaggio. Ma mi parecl
nelle varie deliberazioni sin)dall che ci hanno conditi
all’accettazione dell’8%ol!
siano tutte le premessepa
una soluzione seria e convin
cente. L'8%o, poi, ha unpun
to di vantaggio rispetto alls
altre forme di fiu.iaziamenffi
pubblico: esso non si basasi|
mutevole appoggio delle cilcostanze e delle forze politl|
che, ma su un metodico colj
loquio con i singoli cittadini':
a loro spiegheremo ogni aiffl
che abbiamo usato i proveirf
dell’8%0 per queste e quesiti
attività sociali, culturali ed
aiuto al Terzo Mondo. Enel
credo, per esempio, cheige
nitori deile scolareschecte
visitano incessantemente!
Centro culturale valdese ci
negheranno il loro consenso.
Dopo l'attentato del 3 dicembre nella metropolitana di Fbrigi
¡a tra repressione e terrorismo
1
L'Alger
JEAN-JACQUES PEYRONEL
DOPO un anno di calma
apparente, il terrorismo
islamico è tornato a colpire la
capitale francese. Un anno
fa, tra il 25 luglio e il 17 ottobre 1995, sette attentati avevano insanguinato il mètro e
le piazze di Parigi, facendo 10
morti e 130 feriti. Quell’ondata di terrorismo era la risposta all’assassinio deH’imam
Abdelbaki Sahraoui, avvenuto a Parigi l’11 luglio 1995.
Sahraoui era il cofondatore
del Fis (Fronte islamico della
salvezza), il partito che nel
dicembre 1991 aveva stravinto le prime elezioni libere e
democratiche nella storia
dell’Algeria indipendente e
che, nel gennaio 1992, si era
visto annullare la vittoria da
parte delle forze armate. Da
allora l’Algeria è precipitata
in una guerra atroce tra i due
gruppi armati che si contendono il potere: l’esercito e i
fondamentalisti islamici. Da
un lato repressione feroce e
violazione sistematica dei di
ritti umani, dall’altro rapimenti, attentati ed esecuzioni sommarie di migliaia di
cittadini, in particolare fra
Tintellighenzia tuttora legata
alTodiata cultura francese.
Questa guerra ha fatto finora
almeno 50.000 vittime, fra le
quali, il 1« agosto scorso, il
vescovo cattolico di Orano,
mons. Pierre Claverie.
Tutti questi attentati portano la firma del Già (Gruppo
islamico armato), giunto prepotentemente alla ribalta dopo che il Fis, dichiarato illegale, aveva accettato di partecipare ai negoziati tra tutti i
partiti dell’opposizione, organizzati a Roma, nel gennaio 1995, dalla comunità
cattolica di Sant’Egidio, e
aveva sottoscritto la «piattaforma per un contratto nazionale» che fra l’altro prevedeva «il rigetto della violenza
per accedere o mantenersi al
potere».
Il reclutamento dei «Già»
avviene fra la massa dei disoccupati algerini e fra gli oltre 3 milioni di algerini con
centrati nelle periferie, ormai
diventate invivibili, delle
grandi città francesi. Un reclutamento quindi che sembra far leva sulla disperazione sociale più che sull’adesione convinta a un credo
ideologico o religioso. Fatto
sta che il Già, definito «terrorismo residuale» dal presidente algerino, torna a colpire ad ogni scadenza elettorale. Gli attentati del 1995 a Parigi miravano anche a boicottare le elezioni presidenziali
del 16 novembre con le quali
il generale Zeroual cercava di
legittimare il suo potere.
L’ultimo attentato è avvenuto aU'indomani del referendum del 28 novembre
scorso con il quale il generale
ha proposto di modificare la
costituzione del 1989, dichiarando l’islamismo «religione
di stato» ma vietando i partiti
che si richiamano alla religione. Come un anno fa, l’affluenza alle urne è stata massiccia, e anche questa volta il
risultato è stato ampiamente
favorevole al presidente. Ma
anche in questo caso si è trattato in realtà di una vittori*
«militare» imposta dal pò®'
re. Il generale Zeroual insis®
nel volere annientare le fot®
integraliste, rinviando alj®
calende greche ogni seri»
tentativo di democratizzatone della vita politica e socia*
del paese. A farne le spese s*f
no i partiti laici dell’oppo®'
zione e soprattutto il poP“;”
algerino, schiacciato tra
due
totalitarismi tutt’altro ched*
sposti a dialogare.
Eppure la massiccia pap .
cipazione elettorale ino*
chiaramente la volontà de
società algerina di
un’effettiva dialettica
cratica tra le varie forze pO"
tiche. Ma in queste condiz*
ni anche le elezioni 1^8
ve della primavera «
rischiano di essere seg**®
dal terrorismo islamico, n .
solo in Algeria dove è orm
il pane quotidiano, ina an
nell’ex paese coloniput ’
accusato dal Già di
complice degli «empi>* ^ P
tere ad Algeri.
Leggi
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rari, e ¡
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13 DICEMBRE 1996
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PAG. 1 1 RIFORMA
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•1
p Bibbia e vita
quotidiana
Leggo regolarmente da anni le Losungen dei fratelli moravi, e spesso pure i passi biblici indicati. Ho invitato
molti a fare lo stesso, specie
da quando c’è anche la traduzione italiana. Ma per lo
più non troviamo tempo per
10 studio biblico. Nemmeno
quei pochi minuti per leggere
11 versetto proposto?
So che molti in tutto il
mondo ne hanno tratto beneficio, si sono sentiti confortati
perla vita c]uotidiana. Devo
però confessare che spesso
leggo un po’ distrattamente,
senza trarne quella conseguenza a cui ci invita così
spesso la Sacra Scrittura:
«Rallegratevi nel Signore, del
continuo». Sì, ci sentiamo
protetti dal Signore, sappiamo che egli ci dona la sua
grazia, che Gesù ha pagato
per noi perché potessimo entrare nel giusto rapporto co)
Padre. Ma troppo spesso ci
accontentiamo di questa certezza, che rimane però personale e intima. In quanti poi
seguiamo ¡'invito a «conoscere Dio», ad approfondire questo rappoito con lui? Il tempo
corre, gli impegni sono tanti,
latita è stressante... Ma quali
sono davvero gli impegni più
importanti nella nostra vita,
nella nostra giornata?
C’è chi mette ogni suo sforzo nel con.seguire una sicurezza materiale. F, c’è chi pone tutto il suo impegno nel
servizio deg 11 di tri, cosa lodevole che risponde aH’invito di
amare il nostro piossimo come se stessi. Peri) proprio
questi ultimi molto spesso arrivano alla sora sfanciii, talora
sfiduciati e magari con la consapevolezza di non aver fatto
tutto quello che avrebbero
dovuto fare. È questo quello
che Dio ci chiede? Le epistole
del Nuovo Testamento ci rinnovano continuamente l’invito a «conoscere il Signore»;
questo richiede tempo, impegno, sforzo mentale. Non è
certo un’«opera» con cui ci
possiamo conquistare la sua
grazia, ma proprio chi vive
nella sua grazia deve trovare
il modo per colloquiare molto
con questo amico, per trarre
da questa amicizia sempre
nuove forze e conoscere quello che virole da noi, per poter
così diffondere quella pace e
tranquilla sicurezza che gli
uomini attorno a noi così disperatamente cercano, mentre noi, con la nostra mancanza di fede e di allegrezza
(non allegria umana!) li teniamo lontani.
Per questo periodo di attesa
della venuta del Signore mi riprometto (e invito a questo
pure sorelle e fratelli) di fare
un primo passo e di cercare
nel versetto che Un giorno,
una parola ci propone l’annuncio di gioia e di liberazione in esso sempre implicito,
di riflettere anche su quali
conseguenze comporta per
ogni aspetto della nostra vita
in questa giornata. C’è senz’
altro chi lo fa già e può dirci
quale beneficio ne ricava; ma
forse non tutti lo facciamo; e
dapprima ciò ci richiederà
uno sforzo non indifferente.
Ma non è questo il nostro
compito più importante? Alla
gloria di Dio e al servizio del
nostro prossimo? Non è questo che Gesù intende quando
dice: «Cercate per primo il Regno di Dio»? Non è questa ricerca in cui Un giorno una
parola vuole aiutarci e sostenerci? perché diventiamo
sempre più cristiani che si rallegrano, sempre e dovunque,
nel Signore? E in questo evangelizziamo e attiriamo chi è in
cerca di una vera felicità:
«Cerchiamo prima il regno di
Dio, perché esso è vicino».
Jolanda Schenk - Merano
Il papa
su «Epoca»
Il settimanale «Epoca» ha
voluto festeggiare mezzo secolo di sacerdozio di Karol
Wojtyla dedicandogli un intero fascicolo di fotografie,
con brevi interventi di illustri
uomini di penna quali Sergio
Zavoli, Bruno Vespa, Rocco
Buttiglione, Giano Accame e
Sergio Romano, ai quali si è
aggiunto il cardinale Ersilio
Tonini come giornalista (n.
45 deH’8/ll/96: Giovanni
Paolo II l’uomo del secolo).
Positivo è l’approccio, per
un uomo di cui si proclama
che la vita e la fede «hanno
cambiato il mondo». Non vi
ho riscontrato eccessi di adulazione o forme scomposte di
conformismo. Ma disturba
comunque, specie agli occhi
di un evangelico abituato a
citare le Sacre Scritture negli
idiomi nazionali, vedere e
trascritto e tradotto il latino
della Vulgata come se si trattasse dell’idioma usato dall’
apostolo Paolo, con l’aggravante che i passi riportati lo
sono senza l’indicazione del
luogo biblico relativo (p. 26).
Mentre Sergio Zavoli avalla
l’opinióne di Gorbaciov che
«quanto è avvenuto negli ultimi anni in Europa orientale
sarebbe stato impossibile
senza l’impulso del papa e
senza il ruolo eccezionale,
anche politico, da lui svolto
sulla scena mondiale» (p. 36),
e in ciò è seguito da Rocco
Buttiglione, convinto anche
lui che «ciò che è accaduto
Foresteria
Valdese
Calle lunga
Santa Maria Formosa
Palazzo Cavagnis
Castello 5170
30122 Venezia
tei. e fax (041) 5286797
E.Mail: valdesi@doge.it
http://www.doge.it/valdesi/01.htm
Quando andiamo a Venezia? In inverno!
Per passeggiare senza essere spintonati,
per vedere piazza S. Marco affollata solo
colombi, per non fare code alle mo
stre.
Agevolazioni per gruppi e famiglie.
nell’Europa centrale e orientale non sarebbe potuto accadere, o almeno non sarebbe potuto accadere in questi
tempi e in questi modi senza
la testimonianza della Chiesa
cattolica guidata dal papa»
(p. 58), per conto suo Sergio
Romano afferma senza ambagi che «la tesi, oggi di moda, seconda cui la politica di
Wojtyla avrebbe avuto una
parte determinante nel crollo
dei regimi sovietici [gli] è
sempre parsa esagerata e artificiale» (p. 93). D’altra parte
non manca il riconoscimento
di atti stimati come positivi,
come la visita fatta alla sinagoga nel 1986, rincontro interreligioso di Assisi dello
stesso anno, il riconoscimento delle colpe della Chiesa riguardo a Hus o a Savonarola,
e ora l’apertura verso le teorie
evoluzionistiche; ma, accanto
a questa componente «innovatrice», se ne rivela un’altra
«conservatrice» che «tende a
tutelare la struttura dogmatica, la tradizione liturgica, la
disciplina nella gerarchia ecclesiastica» (Zavoli, p. 37).
Le stesse osservazione fa
Sergio Romano quando osserva che «con Wojtyla la
Chiesa ridiventa, per molti
aspetti, conservatrice e autoritaria», riapparendo con lui
«le frontiere tradizionali fra
Roma e le chiese protestanti»
(p. 93). Però, quando lo stesso
Romano ricorda che tra le
«battaglie» ingaggiate dal vescovo di Cracovia fin dal suo
insediamento sulla «cattedra»
di Pietro c’era quella di «allargare i confini del cattolicesimo nel mondo», mi pare che
esageri nel sostenere come
evidente «che il papa intendesse approfittare della disintegrazione dei regimi sovietici
per lanciare una grande crociata...: aveva già riconquistato la Polonia, perché non avrebbe dovuto strappare le
terre del cristianesimo orientale a una Chiesa, quella ortodossa, che si era macchiata di
molti compromessi e patteggiamenti con i regimi comunisti?» (p. 93).
Giovanni Gönnet- Roma
I rischi
delPegemonia
Lettera inviata al Provicario generale di Bologna, Ernesto Vecchi
Ill.mo Monsignore Vecchi,
ho seguito giovedì 28 in serata al Tg3 una sua dichiarazione riguardante il Congresso eucaristico nazionale. Una
sua particolare affermazione
mi ha lasciato perplesso:
quella cioè che tale Congresso deve coinvolgere la città di
Bologna e non solo la Chiesa
cattolica bolognese. Con fra
Aumentano gli squilibri economici e sociali in Croazia
Gli aiuti per i profughi e gli indigenti
ENRICO BRADASCHIA
E da parecchi anni, dall’inizio della guerra,
che mi reco quasi mensilmente a Fiume,
in Croazia, per portare aiuti umanitari ai bisognosi della città, aiuti che poi vengono distribuiti dalla locale comunità luterana. Dopo gli anni difficili della guerra la condizione
della città è migliorata, camminando per il
centro si vedono negozi rinnovati e abbelliti
che espongono prodotti di qualità: insomma
una città e una vita sociale in ripresa economica dopo gli anni difficili. Un dubbio però
mi rimane: chi acquista? Se i beni vengono
posti in vendita presumo che ci sia l’acquirente. Non ha senso esporre beni costosi se
non vengono venduti. Non capisco: o c’è un
mercato, per quanto ridotto, ricco, oppure...
Parlando con dei conoscenti le idee si
complicano. Mi raccontano che la disoccupazione è ancora alta e che le imprese continuano a ridurre il personale. Ma c’è di peggio: la privatizzazione delle imprese riduce
la rete di protezione dei lavoratori. Anche i
sindacati non hanno più il potere di alcuni
anni fa. Il dipendente non può contrattare il
salario pena il licenziamento. Ma allora quei
bei negozi del centro cittadino sono solo per
i nuovi ricchi che approfittano di questa mutata situazione? E la maggioranza dei cittadi
ni immiseriti dalla guerra e dalla svalutazione continuano a recarsi a Trieste per gli acquisti, dove c’è un mercato più abbordabile
anche se di qualità decisamente inferiore?
Non posso approfondire ulteriormente in
quanto predomina il motivo per cui sono in
città. Con l’aiuto che porto vengono confezionati circa 150 paccW di generi alimentari
per altrettante famiglie; solo il 25% sono
componenti della comunità evangelica luterana, il rimanente sono famiglie indigenti
della città e famiglie di profughi: anche se
sembra strano e nessuno ne parla ci sono ancora i profughi. Famiglie di croati che durante.la guerra hanno dovuto abbandonare le
loro case e rifugiarsi in località più sicure sulla costa. È Tultima testimonianza della pulizia etnica: desiderano tornare nelle loro case
abbandonate, ma hanno poche speranze, sono senza lavoro e hanno bisogno di aiuto.
La comunità luterana collabora con il
Centro di assistenza profughi e con il Centro di assistenza sociale in questa opera di
aiuto umanitario. Anche se esigua, le necessità sarebbero maggiori, è un’opera meritoria riconosciuta e apprezzata anche dalle
autorità comunali. Il merito è dell’impegno
costante della piccola comunità evangelica
luterana e del Servizio rifugiati e migranti
della Fcei che la sostiene.
ternità mi permetta di dissentire da questa sua interpretazione di un evento che è
e resta squisitamente religioso e cattolico.
La città di Bologna, come
ogni città italiana, è formata
di cittadini di ogni ceto sociale, ogni razza, ogni religione,
anzi proprio questa pluralità
è ben sancita quale principio
fondamentale della nostra
Costituzione repubblicana.
Questo popolo italiano, fin
dal suo nascere come nazione unita, è ricco di questa
molteplicità di espressioni
sia sociali che religiose. Vi è
in questo popolo una antica e
importante tradizione ebraica la quale, pur se minoritaria e nei passato perseguitata,
è parte determinante della vita del paese. Vi è una significativa presenza protestante,
sia essa legata alla Riforma
protestante classica, sia legata alle nuove chiese evangelicali con caratteristiche carismatiche. Vi è nei nostri giorni una presenza importante
di comunità musulmane, con
le quali il mondo cristiano in
Italia e in Europa ha da tempo aperto un dialogo.
Queste realtà non hanno
alcun legame con gli eventi
tipici della tradizione cattolica, quale è il Congresso eucaristico nazionale, e quindi mi
chiedo come sia possibile
coinvolgere di fatto la «città»
in tale manifestazione. Il suo
pensiero è un segnale preoccupante di un tipo di egemonia culturale e religiosa il
quale interpreta il tutto (la
Federazione
delle chiese evangeliche in Italia
2- Convegno dei musicisti evangeiici
Ecumene 25-26-27 aprile 1997
Il Gmppo musicale evangelico «Grume», su mandato della giunta del Consiglio della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, organizza il secondo convegno dei musicisti evangelici che avrà, come il primo del 1993, lo scopo di
pubblicare una nuova raccolta di inni e canti, con la revisione della prima edizione del 1994 e nuovo materiale.
A questo scopo invitiamo tutti i partecipanti a portare
uno 0 al massimo due canti ole anche solo testi da musicare. Per facilitare il nostro compito, sarebbe assai gradito se
questo materiale ci pervenisse entro la fine di gennaio 1997.
Il Convegno inizierà alle ore 9,30 del 25 aprile e terminerà col pranzo di domenica 27 aprile. Hanno assicurato la
loro presenza come relatori il prof. Burghard Schloemann,
organista e docente di composizione, che parlerà su «Moderna innologia in Europa», e il dott. Paolo Canettierl, dottore di ricerca presso l’Università di Roma La Sapienza ed
esperto di metrica che parlerà su «Metrica e musica». Il costo del soggiorno è di circa L. 100.000. Sono disponibili alcune borse di partecipazione per chi viene da più lontano
o da comunità piccole. Per ottenerle è necessario contattare direttamente i relativi responsabili degli esecutivi denominazionali.
Per qualsiasi comunicazione, richiesta, invio di materiale, rivolgetevi al seguente indirizzo: Fcei - all’attenzione del
Grume - via Firenze 38 - 00184 Roma.
«città») come parte del proprio (la Chiesa cattolica).
È anche un segnale di poca
sensibilità fraterna nei confronti di coloro, come chi le
scrive, che non intendono essere coinvolti direttamente o
indirettamente in una manifestazione, pur se imponente,
riguardante solo una parte
delia realtà religiosa di questo nostro paese. Con fraternità la prego di cogliere questo mio dissentire non in
schemi di antica polemica
anticlericale, ma affinché il
cammino delle chiese cristiane nelle nostre città sia esente da ogni tipo di egemonia e
assolutismi.
Con un fraterno saluto
pastore Giovanni Anziani
Bologna
Í Secessione
improponibile
Sono uno studente universitario lettore del vostro giornale, vicino a una mia concezione etica e religiosa della
vita. Mi ha molto colpito un
articolo apparso sul numero
del 25 ottobre intitolato «Parlare di secessione non è peccato», a firma di Ettore Micol.
Io non so se questo poco
attento signore si rende conto effettivamente dei riscontri pratici di quello che ha
scritto. Egli afferma che «la
secessione non conduce
all’inferno», ma è sbagliata e
antistorica. La secessione è
immorale, discriminatoria,
egoistica e certamente lontana dai pensieri di un buon
cristiano. Gesù Cristo richiamava le genti all’amore per il
prossimo, alia collaborazione, allo spogliarsi dei propri
averi per seguirlo. Nessuno
pretende questa perfezio- ne
di vita e di intenti, ma distruggere il comune patrimonio culturale, sociale, linguistico di un paese in nome di
una diversità economica è
fortemente immorale.
In più un articolo del genere fomenta e rimpingua sacche di razzismo già fortissime
nella società settentrionale. A
voi non avranno mai detto
«terrone» con l’odio negli occhi, ma vi assicuro che ciò fa
sentire diversi e amareggiati.
Vi sono anche ragioni giuridiche (art. 374 codice penale) che impediscono la secessione. Insomma, un 25-30%
di settentrionali, anche a livello politico, non può pretendere di decidere per tutti.
E tralascio poi le volgari manifestazioni di un politico
che, in un paese meno imbelle, pagherebbe il suo egoismo
sociale e il suo razzismo nonché le gravi lacune culturali
magari anche con il carcere.
Non vogliamo creare una
separazione «alia croata», figlia di un giusto disagio ma
interpretata nel modo più
sbagliato? Che il Signore illumini le menti per un serio dibattito e un federalismo necessario, scevro da pagliacciate incivili.
Antonello De Oto - Termoli
Rifugio Re Carlo Alberto
Luserna San Giovanni
Nel 1998 festeggeremo, a Dio piacendo, i primi cento anni del «Rifugio», inaugurato il 17 febbraio 1898.
Per questa occasione il Comitato vorrebbe allestire
una mostra che illustri la vita passata e presente della
Casa. Siamo quindi alla ricerca di fotografie, filmati,
documenti o altri materiali riguardanti la Casa, gli
ospiti e le persone che vi hanno vissuto e lavorato nei
decenni trascorsi.
Chi fosse in possesso di materiale e volesse metterlo
gentilmente a disposizione (naturalmente dietro impegno di restituzione a mostra terminata) è pregato di
mettersi in contatto con il sig. Aldo Rostain (via
Beckwith 23, 10062 Luserna San Giovanni, tei. [sabato
e domenica] 0121-909879).
20
RIFORMA
VENERDÌ 13 DICEMBRE 199ft
«
La testimonianza del presidente della Chiesa presbiteriana del Ruanda
Un gigantesco lavoro di riconciliazione aspetta le chiese»
Il presidente della Chiesa
presbiteriana del Ruanda, il
pastore André Karamaga, era
di passaggio a Losanna il 19
novembre scorso, ospite del
Dipartimento missionario
delle chiese protestanti romande. L’agenzia stampa
protestante Spp ha raccolto la
sua testimonianza sugli ultimi eventi della regione dei
Grandi laghi. Il pastore Karamaga, che ha studiato a Losanna, è ben noto ai protestanti della Svizzera romanda. Eletto presidente della
Chiesa presbiteriana del
Ruanda aU'inizio del 1995,
André Karamaga è un partigiano dichiarato della teologia della ricostruzione incentrata sull'Africa.
Secondo il presidente della Chiesa presbiteriana del
Ruanda, gli attuali movimenti di popolazione erano abbastanza prevedibili, dato che
la situazione al confine del
Ruanda è sempre stata considerata come transitoria. Di
fatto, la presenza di una simile massa di profughi ha creato un clima di disordini e di
insicurezza. «Da quello che so
- spiega il pastore Karamaga
- sembra che i rifugiati aspettassero soltanto la rottura
della resistenza per lasciare i
campi profughi e tornare a
casa. I contatti che ho appena
avuto con Kigali mi dicono
che effettivamente tutti i rifugiati sono sulla strada del ritorno, ivi compresi quelli che
si erano dispersi sulle montagne. Anche le popolazioni del
sud stanno tornando».
Che cosa troveranno al loro
ritorno? Le loro case saranno
occupate? «Non credo che
questo timore sia del tutto
giustificato. Non si può generalizzare: nella parte Nord
Uno dei campi profughi ruandesi nella regione di Goma, nello Zaire
Ovest del paese, le case non
sono occupate dagli ex rifugiati perché sono state custodite dalle famiglie dei loro
proprietari. La maggior parte
di loro dovrebbe quindi poterle ritrovare. Ma non è così né
per i cittadini di Kigali e delle
altre città, né per i profughi
che arrivano dall’Est, dalla
Tanzania, perché è soprattutto in quella parte del paese
che gli ex profughi hanno occupato le case degli altri».
Per il pastore Karamaga,
prima di questo movimento
di popolazione, era ovvio il
principio che nessuno può
continuare a stare in una casa occupata illegittimamente. «In ogni caso - assicura il
presidente della Chiesa presbiteriana - le chiese sono assolutamente vigilanti e protesteranno con vigore se necessario».
Che cosa pensa della forza
internazionale di intervento?
Quale ruolo può giocare ora?
lì pastore Karamaga si mostra molto reticente: «Quando mai una forza internazio
nale ha risolto i problemi? Si
dimentica che il genocidio che
ha provocato la morte di un
milione di persone nel mio
paese è iniziato mentre vi si
trovava una forza internazionale». Secondo André Karamaga, la situazione appare
ormai «più chiara»: ora le sfide sono di natura economica
e non militare. Riguardano
l’armonizzazione della società; le istituzioni e le chiese
hanno ormai bisogno dei
mezzi per poter creare condizioni di coabitazione accettabile. «Immaginate quanto
costa questa forza internazionale! Anziché mobilitare questi fondi per un’operazione
non necessaria, i governi esteri, se sono bene intenzionati,
come spero, non potrebbero
metterli piuttosto a disposizione per aiutare le chiese e le
altre forze morali ad organizzare la riconciliazione e a
creare l’armonia?».
In quanto rappresentante
di chiesa, il pastore Karamaga attira l’attenzione sul fatto che, nei paesi in cui sono
intervenute forze internazionali, la loro presenza è stata
accompagnata da una certa
«depravazione morale»: corruzione, prostituzione, ecc.
(Abbiamo già una situazione
depravata e non vogliamo
più della presenza massiccia
di gente che non conosce nulla dei nostri problemi».
Per il pastore Karamaga, le
priorità della Chiesa presbiteriana del Ruanda sono
chiare. La prima urgenza è di
trovare i mezzi per aiutare
concretamente i rifugiati che
stanno tornando. D’altra parte, un gigantesco lavoro di riconciliazione aspetta le chiese ruandesi: «Bisognerà agire
a partire dai bambini e dai
giovani, onde lavorare alla
riabilitazione di questa società che è sull’orlo della disgregazione». Spetterà quindi
ai responsabili delle chiese
immaginare forme pastorali
e liturgiche che possano contribuire a ripristinare l’unità
di una società attualmente
divisa in due gruppi ostili.
11 pastore Karamaga è andato al Dipartimento missionario romando (Dm) delle
chiese protestanti per incontrare i partner della chiesa
mándese in Svizzera. «Aspettiamo dalle chiese svizzere un
sostegno massiccio e eccezionale, perché stiamo vivendo
una situazione eccezionale».
Data l’ampiezza dei bisogni,
è possibile che il gruppo di
lavoro del Dm solleciti l’appoggio di altre opere protestanti svizzere, quali l’«Entraide protestante» e «Pain
pour le prochain». «Avremo
infatti bisogno di somme colossali, non fosse altro che per
dare da mangiare a tutte le
persone che vengono accolte
nei nostri centri». (spp)
li Lo denuncia il patriarca di Baghdad
L'embargo imposto all'Iraq è
un vero e proprio genocidio»
«
L’embargo imposto all’Iraq
è un «vero e proprio genocidio», ha affermato Raffaele I
Bldawid, patriarca di Babilonia dei Caldei a Baghdad, in
un’intervista concessa al
«Bollettino di informazione
missionaria» a Parigi. Bidawid ha affermato che 4.500
bambini iracheni muoiono
ogni mese per mancanza di
cibo o di medicine, senza che
un tale massacro degli innocenti scuota più di tanto la
coscienza mondiale.
Interrogato sull’embargo,
sulla situazione del popolo
iracheno e dei cristiani in
particolare, il patriarca ha
reagito: «Non mi piace che si
parli solo dei cristiani. L’embargo colpisce il popolo iracheno nel suo insieme. La
maggior parte degli iracheni
non ha neanche il minimo indispensabile per sopravvivere.
Manchiamo di tutti i prodotti
di prima necessità. Tutta la
popolazione è colpita: uomini, donne, bambini, cristiani
e musulmani, giovani e vecchi».
Il patriarca ha rilevato che
«molti governi del mondo
intero», fra cui quello della
Francia, sono favorevoli a togliere almeno una parte dell’embargo, ma che «gli Stati
Uniti fanno blocco» per impedire ogni alleggerimento, e
ha protestato: «È questo il
nuovo ordine mondiale? Dove
è la coscienza mondiale? Queste sanzioni che colpiscono
anzitutto la popolazione sono
immorali».
In questi ultimi anni la comunità cristiana irachena ha
conosciuto una forte emigrazione dei propri membri in
direzione dell’Europa, dell’
Australia e degli Stati Uniti,
emigrazione che prosegui
ancora oggi, ma non riguarda soli i cristiani; mons. Bidawid ha fatto notare che, ad
esempio, sui 120.000 iracheni rifugiati ad Amman (Giordania), il 90% è costituito da
musulmani. «Ma è vero che
un cristiano iracheno che lascia il paese, è come una parte del patrimonio di questo
paese che se ne va - ha aggiunto il patriarca -. Molti
cristiani, però, hanno scelto
di rimanere nonostante le
difficoltà, e io li incoraggio
vivamente in questo senso;
per noi che rimaniamo si
tratta prima di tutto di preservare il patrimonio di questa terra. Noi cristiani siamo
gli autoctoni di questo paese;
i musulmani sono arrivati
molto tempo dopo. Non siamo disposti ad abbandonare
questa terra che (occorre ricordarlo?) è una culla del cristianesimo».
Mons. Bidawid non teme
per ora un’islamizzazione
dell’Iraq, anche se è consapevole che «alcune potenze
vicine sono vivamente impegnate in tale compito». I cristiani sono «molto inseriti nel
paese. Le autorità ci rispettano» ha aggiunto. E quando
suonerà l’ora della partenza
di Saddam Hussein? ^Questo
è il grande punto interrogativo - ha risposto il patriarca-.
Se il prossimo regime deriverà dal precedente, penso
che la nostra commùtà cristiana avrà il suo posto in
questo paese. Se invece il paese imboccherà la via islamica, c’è tutto da temere», (apic)
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o aiutato a riflettere
del nostro tempo.
e la vostra partecipazione
lo.
ubito il vostro abbonamen14548101 intestato a: EdiaSan Pio V, 15 bis - 10125
co bancario sul conto n.
incario San Paolo di To:elmo, 18, 10125 Torino
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