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I
Anno 124 - n. 26
1° luglio 1988
L. 800
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delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
DOPO IL RITIRO DELLE TRUPPE SOVIETICHE
Per alcuni giorni, con toni allarmistici, i giornali hanno commentato alcuni episodi di razzismo, si è scoperto e gridato
che una certa percentuale di italiani è razzista, e via dicendo.
Si è in parte esagerato. Poi,
tempo una settimana, è cominciata la seconda gara: dopo
quella al « grido d’allarme »,
quella al ridimensionamento. E
si è cominciato a dire che forse
non è proprio così, che non si
deve generalizzare. Gli italiani,
e specialmente i giovani, da potenziali intolleranti sono ritornati ad essere «brava gente».
E tuttavia, fra le reazioni di
chi, in qualche modo, ha tentato di dare delle spiegazioni (non
giustiflcazioni! ) all’intolleranza
degli italiani o agli episodi dell’autobus romano e così via, c’è
qualcosa che dovrebbe far riflettere. Si è detto infatti: pur
non giustiflcando l’intolleranza
bisogna pur considerare che, di
fronte ad una presenza massiccia di immigrati, una cultura, una nazionalità, una etnia possano sentirsi minacciate, possano
intravvedere il pericolo di perdere i propri caratteri tradizionali.
Ora, a parte il fatto che molti
immigrati sono tendenzialmente in Italia di passaggio, puntando ad altre mète, il ragionamento non mi convince proprio
dove fa riferimento ad una cultura e ad una tradizione specifiche. Ma davvero si può ancora
pensare che esse si presentino
monoliticamente, come un tutto
omogeneamente costituito? Non
da oggi, ormai, si parla di crisi delle ideologie e dei valori, si
parla dì cinismo, di edonismo,
spregiudicatezza nella corsa al
successo. In una parola, di individualismo. Dove invece si realizza un insieme di persone, che
sentono di avere qualcosa da
condividere, è nella passibilità di
competere o di adeguarsi a determinati comportamenti. Tra
«paninari», «metallari», «punk»,
i giovani impiegati di successo
e i sottoproletari disoccupati o
dispersi nel lavoro nero trovano un elemento di coesione nella
possibilità di acquistare un determinato paio di scarpe, o di
vedere dal vivo un cantante.
In anni in cui chi è penalizzato
lo sarà ancora di più, con che
coraggio rinfacciamo agli stranieri la nostra caratteristica di
essere una « società » costretta
a difendersi, perché « l’autobus
è troppo picc 'lo »?
Si parla di cultura e di società, ma si farebbe meglio a dire
« somma disordinata » di esperienze diverse, di storie individuali e di gruppo lontane tra
loro, di incapacità di dialogo...
Già. A meno che, per un processo ancora più complesso, non
sia proprio la presenza dell’uomo e della donna di colore, così evidentemente « diversi » da
noi, a far ritrovare ad alcuni il
senso di un’identità già persa, ignorando il tossicodipendente,
remarginato, il « diverso » dì casa nostra. Forse processi del genere sono psicologicamente e
antropologicamente accertabili.
Resta lo squallore di far pagare
ai più deboli l’incapacità nostra
di vivere in una società a misura d’uomo.
Alberto Corsani
Afghanistan:
compromesso o guerra civile?
Una nazione piegata in due dagli anni di guerra e dalla sottoproduzione alimentare - Che
cosa succederà adesso? - Fondamentalismo e rapporti con l’occidente - I « quadri » militari
Sono passati quasi due mesi
da quando l’Unione Sovietica ha
iniziato il ritiro delle sue truppe
dairAfghanistan, (lasciando un
paese gravemente prostrato. Una
indagine dell’Onu rileva che a
causa della guerra — che ha causato un milione di morti e tre
milioni di profughi — la produzione alimentare è calata del
45%. Se si tiene conto che l’agricoltura è la principale fonte di
sostentamento, la soluzione del
problema del rientro dei profughi richiede tempi lunghi, calcolabili in anni. Intanto, i mass
media quasi quotidianamente informano di scontri armati, specie fra la resistenza e le truppe
governative, con un continuo- stillicidio di morti e rovine.
Resistenza disunita
In un importante servizio pubblicato su Le Monde Diplomatique dello scorso giugno, rinviato speciale Alain Gresh fornisce
un quadro aggiornato della situazione politica che, per i vari
elementi che contiene (meno reperibili in altri mezzi di informazione) ci pare meritevole di
essere qui sintetizzato. Il senazio è poi integrato da un’altra
corrispondenza dal confinante
Pakistan sulle prospettive dei
mujaheddin, dei guerriglieri.
Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, viene fatto notare
come gli accordi di Ginevra non
prevedano il cessate-il-fuoco. L’alleanza dei sette partiti della re
sistenza che, come s’è detto,
conduce frequentemente azioni
belliche ed attentati, sembra tuttavia aver accettato i consigU di
« moderazione » pakistani per
tutto il tempo in cui durerà la
ritirata sovietica. E’ assai arduo
prev’edere che cosa accadrà al
regime di Kabul al completamento di tale evento: molto dipenderà dalla lealtà dell’esercito
da un lato e dalla coesione della resistenza dall’altro. E’ noto
infatti che, pur combattendo sotto la bandiera dell'Islam e dell’indipendenza afghana i sette
partiti dell’alleanza non condividono la stessa ideologia politica:
quattro di essi possono essere
qualificati come « fondamentalisti » mentre gli altri tre riman
L’INNO ALLA CARITA’
La ricerca deWamore
« L’amore è paziente, è benevolo; l’amore non invidia; l’amore
non si vanta, non si gonfia, non si comporta in modo sconveniente,
non cerca il proprio interesse, non s’inasprisce, non sospetta il male,
non gode dell’ingiustizia ma gioisce con la verità; soffre ogni cosa,
crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogpii cosa. L’amore non
verrà mai meno» (I Corinzi 13: 4-8).
Il passo, il grande inno alla
carità di San Paolo, è probabilmente quello che più frequentemente è stato letto e predicato
in Agape.
Se lo riprendiamo, è perché
abbiamo bisogno di chiedere ancora sempre al Signore di darci
amore, di darci agape.
Come diciamo: «Io credo, sovvieni alla mia incredulità » (Aie.
9; 24), così abbiamo bisogno dt
riconoscere che non sappiamo amare, ma chièdiamo a Dio di
insegnarci ad amare.
La TILC ha una intuizione felice quando scioglie il termine
greco agape in modo concreto.
Non la carità, o l’amore, o l’agape, ma « Chi ama »!
« Chi ama è paziente e generoso, non è invidioso, non si
vanta, non si gonfia di orgoglio,
è rispettoso, non cerca il proprio
interesse, non cede alla collera,
dimentica i torti, non gode dell’ingiustizia, la verità è la sua
gioia. Tutto scusa, di tutti ha
fiducia, tutto sopporta, mai perde la speranza ».
Ma l’intuizione felice si scontra con un moralismo che traspare da troppe parti. In lingua
corrente uno che è rispettoso,
che dimentica i torti, che scusa
tutto e che ha fiducia di tutti
non è chi ama, ma chi ha una
educazione fin troppo buona,
che confina con la dabbenaggine.
E’ più pregnante la traduzione della Riveduta (a parte il termine «carità»): «La carità (l’agape) è paziente, è benigna, non
invidia, non si vanta, non si gonfia, non si comporta in modo
sconveniente, non cerca il proprio interesse, non s'inasprisce,
non sospetta il male, non gode
dell’ingiustizia, ma gioisce con la
verità; soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa ».
E’ più poetico il testo latino:
con il crescendo, che rispetta
l’originale: « omnia suffert, omnia credit, omnia sperai, omnia
sustinet ».
E l’intuizione della TILC non
può essere mantenuta quando si
arriva alla frase centrale dell’inno, quella che è scritta in caratteri greci sui muri di Agape, nel
tempio all’aperto: l’agape non
verrà mai meno (TILC: «l’amore non tramonta mai »).
Qui certamente non si può personalizzare, concretizzare più di
tanto: non ha senso dire « chi
ama non verrà mai meno, chi
ama non perirà mai ». Sappiamo tutti, combattiamo tutti con
la decadenza dei nostri corpi,
con la vecchiaia, con lo spettro
della morte.
Qui si addice di nuovo un concetto più ampio: non chi ama,
ma lo spazio dell’agape non perirà mai; a meno che riportiamo
rigorosamente a Gesù Cristo, e
a lui solo, la frase: l’agape, che
è Gesù Cristo, non perirà mai.
Questo fa diventare vera la
frase, e questo stinge naturalmente anche sui credenti, che
respirano della luce della resurrezione. Ma è giusto, è sano, essere sobri a questo proposito,
come è sobria la Scrittura. Non
cerchiamo conferme troppo pesanti nell’aldilà, nei cieli, neppure nella resurrezione se rischia
di essere usata senza pudore
per rinviare a domani quel che
non sappiamo vivere oggi, ma
cerchiamo, qui e ora, di imparare l’amore.
* iV ìlf
La descrizione poetica dell’inno di San Paolo non permette
moralismi. Ma non manca di indicazioni ben concrete per ricercare anche l’amicizia semplicemente umana, per salvarla, per
preservarla, per ricostruirla anche quando la si riterrebbe perduta.
Pazienza, magnanimità, assenza di vanto e di vanagloria, di
arroganza e di autosufficienza,
capacità di adattamento non per
servilismo ma per considerazione dell’altro. Per usare termini
utilizxati nel campo, capacità di
mantenere le distanze e di capire la fusione, di essere se stessi
ma di lasciarsi dare dall’altro la
propria identità, di amarsi per
potere amare; necessità di essere amati per poter amare a nostra volta; tenerezza, discrezione,
e mettere al bando la prevaricazione e l’invasione.
Parole? Parole certo, ma anche
vissuti. Necessità di unire, come
si diceva una volta, la teoria e
la prassi, di riflettere su quel
che si fa e di vivere quel che
si pensa; di lasciar vivere la riflessione, di essere allo stesso
tempo coscienti sapendo fare i
conti con quanto in noi è inconscio, non riflettuto, non solo razionale, creativo. Che Dio ci aiuti, in questa ricerca di amore.
Sergio Rihet
(Predicazione di chiusura del
campo; « Quando cerchiamo
amore... e se fosse coppia? »,
Agape, 15-29 giugno 1988).
gono fedeli ai poteri tribali tradizionali. In poche parole, mentre sono uniti contro il regime
comunista, sono in disaccordo
suH’awenire dell’Afghanistan.
Il primo gruppK> privilegia un
radicalismo islamico condannando le due superpotenze e respingendo le ideologie occidentali,
mentre il secondo, più vicino all’occidente, confina l’islamismo
nel campo puramente spirituale.
Secondo i corrispondenti del
mensile francese, il fatto che
quasi ogni famiglia abbia p>erso
nella guerra un suo membro, potrebbe suscitare una reazione generahzzata alla continuazione
della lotta armata; i tentativi di
formare tm governo di transizione che faciliti un dialogo interafghano dovrebbe presto tradursi in trattative. E’ un’impresa tutt’altro che semplice — concludono i corrispondenti — e che potrebbe portare l’Afghanistan ad
un lungo braccio di ferro.
Stato e Chiesa
Per quanto concerne la situazione politica interna del governo filosovietico di Najibullah, la
corrispondenza dalla capitale Kabul fornisce delle notizie finora
poco conosciute ed anche inconsuete per un regime di tal genere: si tratterà di una estensione della glasnost e della perestrojka, o semplicemente di misure compromissorie nel tentativo di salvare il salvabile?
Già fin dal maggio 1986 Najibullah, nell’intuire che il nuovo
corso di Mosca condurrà ad un
ritiro sollecito e totale delle truppe sovietiche, punta su una politica di riconciliazione nazionale. 1 resistenti da « banditi » diventano degli « estremisti », viene decretata un'amnistia ed incoraggiato il rientro dei profughi.
E’ anche accettato il principio
di una condivisione del potere
pur riservandosi il partito unico, ¡1 PDPA, le principali leve del
comando. La riforma agraria
parte ora da un minimo di 25
ettari contro i 5 precedenti, il
commercio ed il capitale piavate vengono sovvenzionati i libri
marxisti sono ritirati dalle scuole. Un dirigente del partito confida, amaramente: avevamo dimenticato che in Afghanistan vivono gli afghani, e che si tratta
di un paese islamico.
In un immenso narco di Kabul è stata recentemente inaugurata l’università di studi islamici, la prima del paese, freauentata da seicen+o studenti, di cui
2(X) ragazze. Essi diventeranno
giudici o insegnanti neille scuole religiose. E’ forse questa la
svolta più spettacolare, da un
anno a questa parte, in campo
religioso. L’articolo 2 della nuova Costituzione del dicembre
scorso dice: « l..a sacra religione
de'l’Tslam è la r°hg’cin<’ defl’.Af
Roberto Peyrot
(continua a paz. 2)
2
commenti e dibattiti
1° luglio 1988
QUALE FUTURO PER LE VALLI? - DIBATTITO
La risorsa:
\
cultura valdese
Una caratteristica da tener presente in vista dello sviluppo - Le valli come laboratorio - Una « tradizione dell’agire sociale e del lavoro »
Intervengo sul documento della Commissione Esecutiva Distrettuale, pubblicato sul numero scorso sotto il titolo: « Le
Valli valdesi: fermare il degrado ».
Qual è la risorsa economica caratteristica delle valli, la meglio
incrementabile e spendibile in
funzione dello sviluppo economico e dell’occupazione di lavoro?
Non c’è dubbio. E’ la cultura
valdese.
Le amministrazioni locali fanno la loro parte nell’aprire prospettive di consolidamento dell’agricoltura valligiana. Una parte di forza lavoro potrà trovare qualche sbocco nelle vicine
aziende industriali e terziarie,
senza dover lasciare le valli. Si
fa molto e bene, nel complesso,
per le strutture di tutti i servizi:
dalle strade montane, agli acquedotti, alle scuole, alle USSL, alle
case di riposo.
Pure, lo sforzo per salvare tradizionali attività lavorative, la
qualità del convivere, per molti aspetti qui migliore che altrove, non bastano a frenare
l’esodo di forze giovani che vanno a cercare in pianura migliori opportunità di lavoro e di guadagno.
Uno sviluppo economico reale
delle valli può far leva sulla
cultura. Sul turismo culturale.
Per vocazione al turismo culturale non penso solo alle esposizioni museali, ai pellegrinaggi
di turisti, attratti dalla singolare
storia valdese, di questa chiesa
evangelica.
Penso invece alle valli come
laboratorio di cultura moderna
della vita pubblica. Osservatori attenti del costume notano
che la tumultuosa moderni
»
-.Vi
Pradeltorno. Turisti in visita al Collegio dei barba.
tà italiana non ha valori fondanti dell’essere e dell’agire nel nostro tempo. I valori, un’etica del
vivere moderno, non sono caduti
ora, sono sempre mancati. Anche da questa mancanza nasce la
questione morale di cui si fa
gran blablà.
C’è una tradizione protestante
di etica del lavoro, dell’agire sociale, del buon governo della cosa pubblica, che anche qui ha
dato buoni frutti. Perché non
metterla in circolo, oggi che si
parla di lare riforme? Non è
possibile creare .'alle valli un
centro di congressi, una buona
scuola di politica, di metodo
dell’amministrazione pubblica,
dove si insegni a far funzionare le autonomie locali, il sistema democraatico? Lo hanno fatto
con successo i gesuiti a Paler
mo. Non potrebbero farlo i vaidesi alle valli? In modo comparato, visto che hanno rapporti,
scambi con paesi esteri, attivando operatori, interpreti?
Quanti posti di lavoro potrebbero venir fuori da un turismo
siffatto, che creasse strutture ricettive e di soggiorno adeguate?
E ci sarebbe il patrimonio valdese, certo, l’ambiente valligiano
da far conoscere. Sarebbe questa, penso, solo una delle opportunità di turismo culturale che
si potrebbe vedere di cogliere.
Per investire come risorsa economica, richiamo turistico un
grande patrimonio (ideale, spirituale, di stile di vita e di servizio). Per aprirsi spazi di comunicazione oltre l’ambito angusto dell’area geoculturale.
N. Sergio Turtulici
UN PARERE
Quando lessi nel n. 15 l'articolo intitolato « Per una sessualità libera e
responsabile », a cura di Gino Conte,
volli cogliere l'occasione per rileggere
I passi riguardanti il suddetto argomento e stilai alcuni appunti.
Avendo in seguito letto nel n. 21
di maggio l'articolo intitolato • Ancora su: Per una sessualità libera e
responsabile », a cura delio stesso
Conte, in risposta ad una lettera di Reto
BonifazI di Terni, ho deciso dì riesumare i miei appunti, alio scopo di intervenire sull'argomento, limitatamente (almeno per ora) al solo testo della
I Corinzi 7: 1-2, sul quale mi permetto di esprimere un modesto parere '.
Credo opportuno riferire prima la
traduzione italiana ad litteram del suddetto testo paolinico: « (lo Paolo parlo)
intorno alle cose che scriveste (a
me). (E') bene per un uomo non toccare (= avere intimi rapporti) donna: ma a causa delle prostituzioni (o
fornicazioni) ognuno abbia la propria
moglie, e ognuna abbia il proprio mari»^ il suddetto passo, letto nel testo greco riferito dal Merk, mi sembra non potersi interpretare come
propone il Maillot, condiviso dal Conte, per I seguenti motivi: 1) perché c'è
il punto fermo tra « scriveste » e • bene »; e il punto e virgola tra • toccare > e « a causa delle... ». Si potrebbe,
però, obiettare che l'interpunzione è
posteriore a Paolo, non essendoci nei
manoscritti e nei codici antichi. Ammesso ciò, chiedo ai Maillot e quindi al Conte quale criterio seguirebbero per giustificare una loro nuova
interpunzione del suddetto testo; 2) per
poter attribuire la frase: « è bene per
l'uomo non toccare donna » ai membri della chiesa di Corinto che scrissero la lettera a Paolo, e non a questo
ultimo, è giocoforza «violentare» il
testo originale greco; infatti tra « scriveste » e « bene » si dovrebbe sottintendere un « che » ( = boti) dichiarativo, che Paolo non suole omettere,
quando esso è necessario alla chiarezza del testo, come nel caso in questione; inoltre sarebbe arduo giustificare in modo logico la presenza del
«ma » (= dé) avversativo posto tra
« a causa » (= dià) e l'articolo « le »
(= tàs).
Dobbiamo, dunque, ammettere che
Paolo risponda alla domanda dei Corinzi, che • è bene per un uomo non
sposarsi? ». Direi proprio di si. E mi
spiego. Il consiglio di Paolo non ha
un valore assoluto, non è atemporale,
è invece strettamente condizionato
dalla temperie in cui scrisse la risposta e da quanto fermamente credeva.
Già fin dall'inizio della I Corinzi
Paolo parla dell'attesa della manifestazione (1: 7), dell’arrivo del giorno (1:
8) e del ritorno del nostro Signore Gesù Cristo (4: 5); poi avverte I Corinzi
della imminente distretta (7: 26), della
fine della figura di questo mondo (7:
31), dell'abbreviazione del tempo rimanente (7: 29), e prima di finire la lettera afferma in modo esplicito ed inequivocabile: « Il Signore viene » (22:
22), espressione analoga a quella di
Apocalisse 22: 20: «Sì. vengo presto»’.
Indotto, pertanto, dalla ferma convinzione deU’imminente fine del mondo, è logico che Paolo dica ai membri della chiesa di Corinto che per
un uomo non è bene sposarsi, non
Afghanistan
(segue da pag. 1)
ghanistan ». Consiglieri religiosi
sono stati installati in tutti i ministeri, in particolare in quello
della Difesa, mentre luoghi di
preghiera sono stati aperti in tutte le amministrazioni. Ogni sera i programmi teilevisivi vengono chiusi da tre quarti d’ora di
predica e di recitazione del Corano; lo stesso Najibullah si reca regolarmente in moschea. Il
ministro della giustizia Baghlani, che non appartiene al PDPA,
precisa: « Oggi le condizioni sono migliorate. La politica di riconciliazione nazionale ha creato un clima migliore ed il multipartitismo, sancito dalla recente
Costituzione, è stato accettato ».
Anche il primo ministro Mohamed Hassan Sharq, nominato a
fine maggio, non appartiene al
partito filosovietico. Non ci si
fanno tuttavia soverchie illusioni: « Siamo in un periodo di
prova — sottolinea ancora Baghlani —: saranno i fatti a parlare ».
L’incognita delle
forze armate
Di fronte a queste svolte politiche, sorge spontanea una domanda: l’attuale potere potrà
sopravvivere? Un alto funzionario del PDPA è piuttosto pessimista: « Dobbiamo prepararci al
peggio. Abbiamo 130 mila uomini nelle forze armate ed inoltre
il 60% dei 200 mila aderenti al
partito sono militarizzati: occorre rinforzare al massimo il loro
potenziale ». Nel frattempo i salari nell’esercito sono aumentati
da sette a venticinque volte, mentre numerose promozioni mirano a garantire la fedeltà dei soldati e dei relativi quadri, che sono stati formati in URSS. Il punto è proprio questo: J’avvenire
dipende in massima parte dal
loro comportamento. Solo una
grossa defezione dell’esercito potrebbe consentire ai mujaheddin
una vittoria decisiva.
Se al contrario l’armata resterà fedele, la resistenza agli assalti renderà assai incerta la par
tita. A questo punto, l’aspirazione alla pace della popolazione
potrebbe imporre ai « ribelli »
delle scelte dolorose: o accettare la divisione dei poteri o apparire come i responsabili della
continuazione delle ostilità e dalla trasformazione del paese in
zone autonome.
Passando alle implicazioni delrURSS, l’autore del servizio nota come il ritiro dall’Afghanistan,
voluto dalla nuova politica in
corso, preoccupi gli strateghi sovietici. Un crollo subitaneo del
regime afghano non rischierebbe di avere delle conseguenze
negative per il prestigio sovietico e non potrebbe complicare
i rapporti in seno alla stessa
dirigenza? Da qui la decisione
di mantenere in Afghanistan migliaia di quadri militari e civili
e di continuare a destinare al
paese sostanziali aiuti economici.
* * *
La corrispondenza da Kabul
qui sintetizzata, se da un lato
alza sensibilmente il velario sulla reatà odierna deH’Afghanistan,
si chiude con alcuni interrogativi che non possiamo non condividere con preoccupazione. La
serenità « ufficiale » ed una certa disponibilità del partito al potere sono realmente dovute ad
una vera politica di riconciliazione nazionale, oppure sono solo visioni fuori della realtà?. L’allontanamento dalla direzione del
partito di alcuni membri più duri potrà condurre ad una ritrovata unità oppure causare nuove drammatiche fratture?
Quali sbocchi possono avere i
contatti con certi comandanti
della resistenza?
Si tratta di domande a cui solo
il futuro potrà dare una risiposta. Da parte nostra, come credenti, non possiamo che fortemente sperare — e pregare —
che il senso di riconcilia.’:ione
prevalga sulla divisione e sugli
odi e che finalmente le inaudite sofferenze di quelle popolazioni possano aver fine. Già in
questo auspicato caso la ripresa sarà lunga e foriera di tanti
ulteriori sacrifici e difficoltà.
Roberto Peyrot
perché nutra sentimenti ostili al matrimonio, ma perché, per i motivi
suesposti, oltre che per motivi ascetici, non reputa opportuno che un credente della chiesa di Corinto si sobbarchi, in tale frangente, al peso e alle
conseguenze gravi di un matrimonio.
Poi, però, con sano realismo giudaico,
al fine di evitare l'immoralità, consiglia loro di contrarre matrimonio, dato
che sia questo sia il celibato sono
ambedue doni di Dio, come afferma
in seguito Paolo, Il quale, tuttavia, vorrebbe che tutti i membri della chiesa
di Corinto, a causa dell’Imminente
« distretta », fossero come lui, cioè celibi; ma subito dopo aggiunge che
ognuno riceve il proprio dono da Dio:
chi in un modo (il celibato), chi in
un altro (il matrimonio).
Bruno Ciccarelli, Catania
' Il testo originale in lingua greca
da me tenuto presente per l'esame è il
seguente: Novum testamentum grasce et latine, apparate critico instructum
edit A. Merk S. I., editio tertia, Romae, 1938.
’ il testo originale, nella forma greca riferita dal Merk, costituisce la base di quasi tutte le traduzioni, dalla
latina detta Vulgata Clementina (a.
1592) a quella del lucchese protestante Diodati (1576-1649), dalla Riveduta
del Lezzi a quella delle Edizioni Paoline e infine a quella ultima in italiano
della T.I.L.C. (a. 1985).
’ Preferisco la forma greca Maràn
athè (= il Signore viene), alla forma
aramaica Maraña' tha {= Vieni, Signore), adottata dalla T.I.L.C.: quella esprime ferma convinzione, questa fervida invocazione.
delle valli valdesi
settimanale delle chiese valdesi e metodiste
Direttore: Giorgio GardioI
Vicedirettore: Giuseppe Platone
Redattori: Alberto Corsani. Luciano Deodato, Roberto Giacone, Adriano
Longo, Piervaldo Rostan
Comitato di redazione: Mirella Argentieri Bein, Valdo Benecchi, Alberto
Bragaglla, Rosanna Ciappa NittI, Gino Conte, Piera Egidl, Paolo Fiorio. Claudio Martelli, Roberto Peyrot, Sergio Ribet, Massimo Romeo, Mirelle Scorsonelli, Liliana Viglielmo
Segreteria: Angelo Actis
Amministrazione: Mitzi Menusan
Correzione bozze: Stello Armand-Hugon, Mariella Taglierò
Spedizione: Loris Bertot
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Registrazione: Tribunale di Pinerolo n. 175. Respons. Franco Giampiccoii
Il n. 25/88 è stato consegnato agli Uffici postali di Torino il 22 giugno
e a quelli decentrati delle valli valdesi il 23 giugno 1988,
Hanno collaborato a questo numero; Bruno Costabel, Vera Long, Luigi Marchetti, Roberto Romussi.
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1" luglio 1988
vita delle chiese
TRIESTE
CORRISPONDENZE
62 anni di coiiaborazione chiusura m crescendo
Il Moderatore past. Franco Giampiccoli, mentre firma la Convenzione;
a sinistra l’ing. A. Venturini; a destra il past. Fanlo y Cortes.
Rinnovata a Trieste la Convenzione tra il Presbiterio elvetico e la Tavola Valdese - Creato un Centro culturale intitolato ad A. Schweitzer
Il 20 giugno 1920 la comunità
valdese di Trieste, che si era andata formando rapidamente dopo la fine della prima guerra
mondiale, veniva visitata dal Moderatore e riceveva il riconoscimento ufficiale. Il 6 dicembre
1921 veniva inserita nell’ordinamento valdese ed incorporata nel
11" Distretto.
Priva di un suo locale di culto, la comunità valdese ottenne
dal Presbiterio elvetico, fin dall’ottobre 1923, di poter usare gratuitamente la Basilica di San Silvestro per i suoi culti.
Nel 1925, alla morte dell’ultimo pastore elvetico, sorse per la
comunità elvetica il problema
della sua sostituzione. La presenza del pastore valdese Guglielmo Del Pesco, apprezzato anche
dagli elvetici, consigliò questi ultimi ad orientare la loro scelta
su di lui, che resterà ' a Trieste
fino alla sua nomina a Moderatore nel 1948.
Il 24 novembre 1926, il Presbiterio elvetico e la Tavola valdese stipularono una convenzione
per regolamentare ciò che di fatto già accadeva sul piano dei rapporti comunitari. Infatti le due
comunità, divise solo amministrativamente, attuavano una
strettissima collaborazione per
ciò che riguardava culti, istruzione religiosa e catechetica, attività di studio biblico, attività
femminili e giovanili, azione evangelistica.
A questo proposito ci piace citare un passo tratto dall’opuscolo: « Il protestantesimo a Trieste - Spunti di storia », del past.
U. Bert: « ...questo impegno di
solidarietà fra due comunità evangeliche, che usufruiscono del
ministero di un solo pastore, deve essere sottolineato. La comunità elvetica ha aiutato con la
sua fattiva collaborazione la giovine chiesa valdese a muovere i
primi passi... Il passato ci impegna dunque a far rifiorire la "co
munione dei santi" secondo le
forme e le esigenze del tempo
in cui viviamo ».
In questo spirito e « nella consapevolezza che la loro concordia e fratellanza » si fondano sull’Evangelo, base dell’unità, le due
comunità hanno accolto il Moderatore Giampiccoli, giunto a
Trieste per la firma del rinnovo
(il sesto in sessantadue anni) della convenzione.
Durante il . culto del 12 giugno,
al quale hanno preso parte, oltre
alla comunità metodista, numerosi fratelli di altre denominazioni, il momento centrale è stato la predicazione del Moderatore (I" Cor. 2: 1-5) che ha coinvolto profondamente l'attenzione
spirituale dell’uditorio. Durante
il culto, abbiamo potuto ascoltare alcune pregevoli esecuzioni
del coro della locale Chiesa luterana, diretto dal M.o Zudini.
Dopo il culto il Moderatore
Giampiccoli, per la Tavola valdese e il curatore, l’ing. Aldo
Venturini, per il Presbiterio elvetico, hanno firmato il rinnovo
della convenzione, sottolineando
brevemente la sua importanza.
Sono seguiti un rinfresco nei
locali comunitari ed un pranzo
in comune cui hanno partecipato numerosi fratelli.
Desideriamo ringraziare ancora una volta il Moderatore che
con la sua visita ci ha confermato come, anche in questo estremo lembo orientale del nostro paese, la « comunione dei
santi » non sia espressione verbale ma realtà che ci unisce tutti al popolo di cui l’Eterno è
Dio e Padre.
In chiusura desideriamo citare l’ultimo germoglio sbocciato
sui rami dell’albero della collaborazione elveticcHvaldese: il
Centro culturale Albert Schweitzer, sorto con lo scojx) principale di portare la nostra testimonianza al di fuori della basilica in modo da coinvolgere ed
interessare ai nostri problemi ed
all’ottica protestante sui problemi del nostro tempo i vari settori culturali della città e della
regione, in un rinnovato spirito
di servizio e di testimonianza.
M. Macchioro
PADOVA — Le attività sono
ormai terminate ma in un modo un po’ speciale. La scuola
domenicale, per esempio, ha compiuto un viaggio in Germania,
presso la comunità luterana di
Wiesbaden, rinsaldando così i
legami d’amicizia con Patricia
Meurer, monitrice a Padova per
tutto l’autunno-inverno ’87.
Il gruppo di studio biblico, che
si è riunito per tutto l’inverno
nelle famiglie studiando il battesimo ed elaborando un documento, lo ha proposto come
tema per un’assemblea straordinaria, il 25.5, che si è tenuta
di sera (questo è un fatto abbastanza nuovo) ed è stata seguita da un rinfresco.
Il 4 giugno, invece, il Coro
« Capella » del Calvin College del
Michigan ci ha regalato una
splendida serata eseguendo con
grande competenza musiche di
Scarlatti, Mendelssohn, Haendel
e altri tra l’entusiasmo degli uditori. Il piacere però non è
stato solamente artistico. Abbiamo tutti apprezzato il gesto
di cortesia e generosità di questo complesso, guidato dal M.o
Mustert, che ha compiuto in Europa, in particolare nei paesi dell’Est, una tournée.
Un’altra bella serata, anche se
meno spettacolare, è stata quella del 9 giugno, a casa di Febe
Cavazzutti Rossi, per concludere l’anno di studio interconfessionale della Bibbia. Questa attività, che da moltissimi anni è
ospitata nei locali della Chiesa
metodista di Padova, vede impegnata una ventina di persone.
Ogni partecipante, a turno, prepara accuratamente lo studio
di un capitolo della Scrittura
che poi viene ripreso coralmente e analizzato. C’è nel gruppo
un’atmosfera di animata fraternità, di vivo confronto, di critica libera e costruttiva.
Partenze
SANREMO — Il 22 maggio l’Unione femminile ha chiuso la
sua attività con il bazar di beneficenza a favore dei nostri istituti. Come sempre, buona la partecipazione da parte dei membri
di chiesa, oltre che dei fratelli
XIV CIRCUITO - PUGLIA E LUCANIA
Festa in piazza per le chiese
La Santa Cena ncll’amhilo della manifestazione all'aperto.
Organizzata dal Consiglio del
•XIV Circuito (CC) in collaborazione con l’Associazione delle
Chiese Evangeliche Battiste di
Puglia e Lucania (ACEBPL), domenica 12 giugno ha avuto luogo ad Orsara di Puglia (FG) la
« festa delle comunità di Puglia
e Lucania ». Si tratta di una giornata di evangelizzazione con predicazione in piazza e conferenzadibattito pomeridiano che, da
tre anni, viene abitualmente programmata ad anni alterni dai
CC e dall’ACEBPL. Quest’anno
toccava, appunto, per la seconda
volta, al CC.
Dopo un primo approccio da
parte dello stesso CC con il Consiglio della chiesa di Orsara sulla scelta dei contenuti e dei relatori, il peso dell’organizzazione pratica è ricaduto interamente sulla comunità di Orsara che
ha risposto egregiamente.
All’arrivo le comunità battiste,
metodiste e valdesi (circa 350
persone) convenute presso il
Centro Betania (ex scuola materna valdese) sono state accolte
con una colazione offerta dalla
chiesa locale. Da lì, preceduti da
alcuni bambini della locale scuo
la domenicale recanti cartelli
con versetti biblici inneggianti
alla pace, ci si è mossi in corteo
fin nella piazza principale del
paese, dove ha avuto luogo la
predicazione del prof. Paolo Ricca su questo tema (Giov. 14: 27)
con liturgia curata dal prof. Michele Sinigaglia, Paolo Ricca ha
detto nel suo sermone che Cristo non ci lascia a mani vuote,
nò ci lascia qualcosa di evanescente, di « celestiale », ma qualcosa di concreto, qui, sulla nostra terra: la sua pace. Schematizzando al massimo, la pace offertaci da Cristo, la si ritrova
neH’accettare Dio nella propria
vita per poi comunicarla, a nostra volta, agli altri. Noi siamo
per così dire, i canali attraverso
i quali la pace di Gesù si trasmette all’umanità in questo
« campo di pace » che è il mondo intero. Da qui l’invito a vedere negli altri innanzitutto la
loro umanità, poi le diversità
(razza, ceto, lavoro, ecc.). Laddove Dio padre non c’è, l’uomo
diventa padrone, e quindi assolutista, tiranno, oppressore.
E’ seguito un intervento dello
studente in teologia Bruno Gabrielli, presidente della Commissione per la pace e il disarmo
delle chiese valdesi, metodiste e
battiste, in cui sottolineava il
ruolo che fin qui hanno avuto
le chiese, la società e la politica
nel costruire la pace.
A conclusione dell’intera predicazione è stata celebrata la
Santa Cena. Tornati al Centro
e seduti aH’ombra di una discreta vegetazione, si è avuta un’agape fraterna con colazione al
sacco. Tale occasione ha consentito ai presenti un momento di
socializzazione e di conoscenza.
Nel pomeriggio si è svolta la
conferenza-dibattito introdotta
da una relazione del pastore battista Anna Maffei, incentrata
sulla militarizzazione della Puglia e sulle conseguenze di una
eventuale installazione di F-16 a
Gioia del Colle (poi spostata solo di sede).
La successiva relazione del
prof. Ricca, prendendo le mosse dalla militarizzazione della
chiesa in epoca costantiniana, è
approdata all’inquadramento storico dell’intervento delle chiese
protestanti a favore della pace.
Infine Bruno Gabrielli ha sottolineato l’aspetto della « costruzione » della pace come sfida ai
cristiani del nostro tempo.
Un serrato e coinvolgente dibattito concludeva la giornata,
fondamentalmente positiva e per
successo di partecipazione (presenti anche le autorità cittadine).
Giovanni Magnifico
e sorelle dì Bordighera e Imperia.
• Il pastore Ulrich Schwendener, che ha attivamente collaborato dal mese di dicembre con
il pastore Carcò, ha lasciato le
nostre comunità per far ritorno
a Zurigo. Il 29 maggio a Bordighera ed il 12 giugno a Sanremo, dopo i rispettivi culti, egli
ha ricevuto il saluto d’addio delle nostre comunità durante due
agapi fraterne, che hanno visto
la partecipazione, per l’occasione. di numerosi fratelli e sorelle. A Bordighera il piccolo
Giancarlo Schwendener ha letto
un suo messaggio di saluto in
italiano, applauditissimo da tutti.
• Il 30 maggio il pastore Carco, invitato nella concattedrale
di Sanremo, dopo la relazione
di Mons. Abiondi su « La catechesi degli adulti », ha pronunciato un breve messaggio, esortando a vivere la catechesi cristiana seguendo l’esempio di Maria, madre di Gesù, ascoltando
e testimoniando con la vita.
Numerosi i partecipanti. ,
Inaugurazione
COURMAYEUR — Domenica 3
luglio, dopo vari anni di interruzione, riprenderanno i culti estivi presso la locale chiesa valdese. I culti si terranno alle ore
18 di tutte le domeniche, fino
all’ll di settembre.
Il culto di inaugurazione sarà tenuto dal pastore Taccia di
Torino.
Un gruppo corale, formato da
fratelli in fede di Ivrea e Torino, canterà inni nella piazzetta
davanti alla chiesa, prima della
inaugurazione e guiderà il canto
durante il culto.
Assemblea di chiesa
PINEROLO — Nel corso dell’assemblea di chiesa di domenica 19 giugno è stata esaminata la proposta fatta alla comunità dalla Tavola Valdese inerente l’avvicendamento pastorale che entro il 1990 coinvolgerà
ben 10 chiese autonome.
Nella discussione è stato giudicato positivo l’atteggiamento
della Tavola che ha interpellato
per tempo le singole chiese, chiedendo loro se vogliono avvalersi della propria autonomia nella scelta del futuro pastore cp
Riguardo all’autonomia, ci si
è resi conto che questa comporta non solo dei diritti come l’elezione del pastore ma anche dei doveri, e soprattutto essa deve indicare una maturità
che si dimostra in questo caso
affidando alla Tavola, che conosce bene la situazione di tutta
la chiesa, il problema locale.
Valutati tutti i punti, l’assemblea ha ritenuto di pronunciarsi con un o.d.g., approvato alla
unanimità dai presenti, in cui,
« preso atto della proposta della
Tavola relativa alla sistemazione
del campo di lavoro pastorale
per gli anni ’89-’90, esprime un
parere favorevole a tale progetto per quanto concerne la chiesa di Pinerolo ».
Dibattito sul lavoro
TORRE PELLICE — A prosecuzione di una discussione sul
problema del lavoro svoltasi recentemente in assemblea di chiesa, è organizzato per venerdì 1°
luglio, alle ore 21, presso la casa unionista un incontro di approfondimento sul tema.
Decesso
POMARETTO — Giovedì 16
giugno si sono svolti i ftmerali
del fratello Bartolomeo Volai,
deceduto all’ospedale valdese di
Pomaretto dopo essere stato a
lungo ricoverato presso il Centro Anziani di Percsa Argentina.
Ai familiari la comunità esprime
la sua cristiana simpatia.
4
4 prospettive bìbliche
1° luglio 1988
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
DIO E LA NOSTRA STORIA
GIUDICI: 5: 1-27
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« I capi mancavano in Israele;
mancavano, finché non sorsi
io, Debora, finché non sorsi io,
come una madre in Israele »
(Giudici 5; 7)
In questi ultimi anni nelle chiese
cristiane sono emersi dei punti, degli elementi, che si ritengono senza
ritorno; in un’assemblea pubblica
chi parla sarà sempre pacifista, contro il razzismo, e starà attento a non
fare discorsi troppo apertamente
contro le doime. Si è sviluppato in
questi anni im pudore davanti a certi problemi che spinge a censurare
idee, domande, dubbi, pensieri nascosti. Certo, le nostre censure rispuntano fuori nell’approssimazione
con cui ci impegniamo per la pace, o
in favore della sconfitta del razzismo,
soprattutto per quello che tocca anche la nostra realtà, nelle prudenze
eccessive con cui esprimiamo la nostra solidarietà con le donne.
Ma i testi biblici sono spesso senza
pudore e parlano dei casi della vita
con una crudezza di toni che ci sconcerta. Noi non sappiamo più fare
così. In questo senso il nostro testo è una vera e propria provocazione: si parla della guerra, di violenza
ed in tutto ciò sono coinvolte due
donne. Proprio quelle persone che
alcuni di noi vorrebbero totalmente
slegate sia dai luoghi di potere, che
dalla violenza.
Ma ciò che suona ancora più inaccettabile in questo testo, è la mescolanza tra vicende umane di una ferocia incredibile e Dio. Si agita davanti
a noi il fantasma della guerra santa:
la guerra fatta nel nome di Dio, i cui
presupposti stanno nelle varie forme
di integralismo che conosciamo anche oggi; in cui Dio perde la sua alterità il suo essere altro dal mondo
delle creature, e viene piegato agli
interessi umani quale garante delle
scelte umane; la sua parola perde il
carattere di appello alla conversione.
Che lettura fare di un testo scomodo, nel quale Dio sembra confondersi con le vicende umane, fin troppo umane, del popolo d’Israele in un
preciso momento della sua storia?
Che interpretazione dare di una figura come quella di Debora, unica
donna-giudice ? Dove « giudice » significa in realta capo carismatico, a
sottolineare il fatto che Io Spirito di Dio non passa necessariamente entro i nostri schemi mentali, culturali, politici e storici.
Quale messaggio trarre infine per noi, sollecitati oggi a ripensare la
nostra storia? Quali elementi andare a cercare nel passato, e in vista di
quale fine?
Quello che vi proponiamo è il testo della predicazione tenuta nel
corso del culto della Conferenza del I Distretto, (red.)
di contestazione dello stile di vita
umano, per diventare giustificazione
e benedizione dell’esistente.
Ma a ben leggere, il nostro testo
non può essere liquidato come integralista, pur nella lontananza dalla
nostra sensibilità, quando accetta la
guerra come un fatto inevitabile della vita, mentre noi oggi conosciamo
altre vie praticabili di fronte ai conflitti (la diplomazia, i colloqui tra na
« Dio mantiene la
sua alterità »
zioni, i trattati internazionali). Il testo presenta tuttavia, nel suo riferimento a Dio, ciò che permette di interpretare in maniera sobria e antieroica una vicenda che, normalmente, avrebbe potuto funzionare come un’esaltazione di storia patria. Se
la guerra è di Dio, la vittoria è sottratta al valore dei soldati, l’autoesaltazione è negata. Tutto è di Dio. Questa idea che resta per certi versi repellente alla nostra sensibilità, sposta il senso della storia dalla potenza
militare dei volontari di Israele, alla
forza di Dio.
Questo nel nostro testo è sottolineato in vario modo: innanzitutto, il
giudice coinvolto in questa battaglia
è una donna: Debora.
Debora è l’unica donna giudice
't'
menzionata nell’Antico Testamento.
In genere il giudice, in Israele, era
il condottiero delle battaglie delle tribù. In questo testo la figura del condottiero Barak, sembra volutamente
posta in secondo piano. Debora è il
giudice delle tribù di Israele; Barak,
il guerriero, ha bisogno del suo sostegno e della sua forza.
Debora è chiamata madre per
Israele; è la figura che diminuisce
l’importanza di chi conduce le
truppe. Mentre le tribù di Israele
sono separate le une dalle altre, le
dirigenze non sanno che fare, l’idolatria imperversa, la vita si immiserisce, sorge una madre per Israele. Il
potere vacilla e Dio suscita una madre, una figura che evoca tenerezza
e che noi non associamo certo alla
guerra, ma alla cura della vita, all’educazione dei figli. Dio mantiene
la sua alterità, anche nella guerra,
suscita una madre, non un guerriero valoroso, ma qualcuno che rico
« L'entusiasmo della vittoria
non stravolge i fatti »
Un momento dei lavori
della Conferenza del I Distretto,
nel tempio di San Secondo.
struisce con pazienza le relazioni
spezzate. Per ricostruire la dispersione delle tribù c’è bisogno di ricucire
la fedeltà a Dio, ed invece i capi del
popolo non sanno come destreggiarsi. L’azione del guerriero viene dopo.
Debora lo deve accompagnare con il
suo sostegno, con la sua cura nel ricucire le relazioni.
Lasciando la guerra per un mo- ■
mento, volgiamoci a noi. Il check-up
ha evidenziato le necessità di ricompattare l’azione di testimonianza nelle chiese. Probabilmente anche alcuni fra noi non sanno come destreggiarsi. Forse pensiamo che grandi e
piccoli progetti collettivi sarebbero
in grado di ricompattare il disperso
mondo valdese. Forse però nessuna
ricomposizione è possibile se non
proviamo prima a ricucire relazioni
allentate, se non intraprendiamo un
lavoro lungo e paziente non solo di
visite pastorali ma anche di predicazione capillare, se non mutiamo
l’idea di una chiesa come fonte di
servizi da utilizzare in una rete di
relazioni, dalla quale i progetti comuni possano sorgere, senza cadere
dall’alto, per essere poi portati avanti con fatica.
I volontari del popolo di Israele
erano accorsi pronti a combattere
perché Debora li aveva non solo invitati, ma anche motivati.
In secondo luogo il testo narra gli
avvenimenti senza tacere le contraddizioni presenti all’interno del popolo.. Le tribù non sono state tutte
unanimi, alcune si sono tirate indietro, altre sono rimaste incerte se aderire. La narrazione è disincantata,
l’entusiasmo della vittoria ottenuta
non stravolge i fatti. Il popolo non si
è presentato compatto, e lo si può
dire, anzi non lo si può tacere. Se Dio
ha a che fare con la propria storia,
non ha bisogno di presentare una immagine di sé che non corrisponda
alla realtà.
Quando noi raccontiamo i momenti della nostra storia che consideriamo forti, spesso cediamo alla tentazione di presentare un’immagine di
noi che copre le contraddizioni. Nel
passato sta l’epoca felice, mentre il
presente è sempre peggio. Il passato
è sempre bello da ricordare, mentre
il presente è più brutto, più problematico, è il tempo della nostalgia.
Questo modo di procedere risulta
« La battaglia, luogo
di manifestazione di Dio »
difficile da vivere soprattutto per le
generazioni più giovani; il fatto di vivere in una Chiesa sempre peggiore
di quella del passato rende difficile
la lotta con le contraddizioni del presente. Ma ci troviamo di fronte ad
una cosa più difficile oggi: rivivere la
nostra storia senza voler dare di noi
un’immagine fruibile da parte di altri (è difficile tra l’altro perché i
mass media richiedono sinteticità e
incisività, ed è difficile fare sfumature). La Bibbia è però quella rincorsa
di tempi che si incontrano nel riferimento a Dio; in un’epoca si racconta
di un’altra e l’azione e l’accompagnamento di Dio costituiscono il legame
solido tra la precarietà dei tempi.
Nel 1989 ci sarà il ricordo del rimpatrio del 1689, sapremo farne un
tempo di riferimento o sarà un’occasione di immagine? Saremo spinti a
lavorare attorno alla costruzione di
una nostra immagine a tutto tondo,
liscia e priva di asperità, o sapremo
organizzare passato e presente per
motivare noi stessi ed altri?
Infine il testo presenta una partecipazione cosmica alla battaglia. la
battaglia, se Dio vi prende parte, non
è solo un avvenimento limitato alla
azione di un piccolo gruppo di uomini, ma diventa luogo di manifestazione cosmica, luogo di manifestazione di Dio.
Venendo a noi, le nostre scelte
quotidiane di chiese devono ricevere
il loro inquadramento dal progetto
di Dio, dal suo Regno.
La nostra azione di testimonianza
non deve perciò essere azione per se
stessa; la predicazione non può essere senza annuncio del Regno che ci
viene a liberare dalla nostra immagine costruita, troppo spesso piena
di illusioni.
Erika Tomassone
5
1° luglio 1988
obiettivo aperto
IL RAPPORTO 1988 DEL « WORLDWATCH INSTITUTE »
Morire di sicurezza: guerra in cielo
Quella della sicurezza è una ricerca senza fine, un sogno che è un’illusione - Molti sono i sistemi per vanificare le difese avversarie - Ma gli investimenti nel settore bellico sottraggono già ora risorse ed energie all’economia, civile
Le armi sono ormai presenti ovunque: acqua, terra,
spazio. Le società sovietica
ed americana sarebbero reciprocamente cancellate da un
conflitto nucleare totale e il
resto del mondo ne sarebbe
sconvolto per le radiazioni e
conseguenze; per le mutazioni climatiche e devastanti effetti su tutto il pianeta. Lina
variante non tranquillizzante, descritta in un romanzo
da Philip K. Dick, vede
l’umanità chiusa in rifugi
sotterranei, mentre in superficie eserciti di robot combattono la battaglia nucleare.
La difesa perfetta
è un’illusione
Per scongiurare un conflitto nucleare si cerca maggiore
protezione e potere di dissuasione in armi sempre più
precise e potenti. R. Reagan
ha da anni proposto 1'« Iniziativa di Difesa Strategica »
(Strategie Defense Initiative,
sigla sdì), e’ lo scudo stellare. Cosa si vuole difendere e da che cosa? L’intenzione era di proteggere tutto il
territorio americano dall’attacco nucleare nemico. La difesa dello scudo stellare risiede nella capacità di distruggere i missili balistici
intercontinentali in fase di
lancio. Sono gli SS.20 sovietici, cui corrispondono gli
americani Pershing II e Cruise. Con raggi laser (amplificazione della luce mediante
emissione stimolata di radiazioni), laser al fluoruro di
idrogeno o a raggi X, è possibile guidare fasci di energia
verso la fonte di calore dei
razzi che stanno lanciando i
missili. I missili sarebbero
così distrutti a terra e la difesa perfetta e totale. Pare
semplice. Ma il nemico potrebbe lanciare insieme ai
missili con testate nucleari
anche missili esca che ne sono privi, missili civetta per
confondere le strategie di difesa. Altro problema è rappresentato dal tempo di lancio che è di 150-300 secondi,
ma può essere ridotto a 100
secondi. L'energia guidata
dalla base spaziale arriverà
in tempo? Inoltre le armi poste su base spaziale possono
essere distrutte da mine spaziali, satelliti contenenti esplosivi e idonei a distruggere altri satelliti. Si può accecare la base spaziale difensiva sparando sabbia nell’orbita di un satellite per accecarlo o disturbarne le visuale. Ancora, Il nemico può
farsi furbo usando la stessa
arma, purché la sappia cocostruire, per distruggere
quella posta dall’avversario
nel cielo a difesa dei suoi arsenali e del suo territorio.
I missili possono partire
da terra o dal mare, da sottomarini, e per questi bersagli si propone un sistema di
razzi chimici raggruppati su
piattaforme spaziali orbitanti. Ma anche le piattaforme
possono essere minate. Sia il
laser che i cannoni che sparano particelle saranno sorretti da una idonea tecnologia soltanto fra decine di anni. Intanto occorre affrontare l’enorme costo della ricerca. Ma anche allora lo scudo
dell’SDI non sarà una difesa totale, poiché non potrebbe colpire i missili di crociera, più lenti degli intercontinentali ma volanti a più basse quote. La stessa progettazione dello scudo può indurre l’avversario a moltiplicare
i propri missili, innescando
così la spirale di inseguimento senza fine dell’equilibrio
strategico.
Ricchezze sottratte
all’economia civile
Il Rapporto del Worldwatch Institute sullo Stato
del mondo 1988, prevede che
la spirale di crescita delle
misure di offesa e difesa porterebbe le due superpotenze
a investire oltre 100 miliardi
di dollari. Il Rapporto afferma che l’SDI non sarà mai
una difesa totale. Gli stessi
americani non lo presentano
più come tale, lo scudo difenderebbe gli arsenali per
consentire una replica nucleare efficace. La stessa idea
di una difesa perfetta è un’illusione, scrive il Rapporto.
Nel 1981 l’Istituto di ricerca
per la pace nel mondo di
Stoccolma, metteva in guardia contro la crescita di sistemi d’arma capaci di rendere
attuabile un attacco di sorpresa. Frank Barnaby, direttore dell’Istituto, presentò un
quadro degli arsenali mondiali di allora. (Cfr. Sapere
844, 1982). I sistemi d’arma
nucleari strategici e tattici
intercontinentali ed euromissili), sono stati perfezionati
al punto da legittimare il timore di una guerra nucleare.
Ciò deriva dall’accresciuta
precisione: quanto più l’arma è precisa ed esiste un’efficace difesa da attacchi nemici, tanto più è possibile
prevedere una battaglia nucleare che sia vinta al primo
attacco. Lo scudo stellare aumenterebbe tale probabilità
e la connessa tentazione di
ricorrere al "first strike”,
primo colpo, presumendo
che sia definitivo. Dunque lo
scudo non è solo criticabile
perché costa molto o perché
imperfetto, ma anche se fosse perfetto, in quanto rappresenterebbe un incentivo in
più a colpire per primi. Lo
scudo, ricorda il Rapporto,
può ostacolare il rinnovo del
trattato di non proliferazione nucleare che scadrà nel
1992. Lo scudo è allora non
solo una costosissima e illusoria impresa, ma una minaccia.
Nel precedente articolo abbiamo presentato la situazione della pianificazione familiare, il rapporto tra aborto,
sottoalimentazione, medicalizzazione e morte delle donne in puerperio. Per evitare
la strage delle donne occorrono investimenti in vari settori. Ma se la politica privilegia le spese per la ’’sicurezza armata’’ deve diminuire
quelle per il processo sociale.
Già nell’81 F. Barnaby segnalò che il commercio delle armi era secondo per giro d’affari solo a quello petrolifero,
muovendo una massa di danaro di 130 miliardi di dollari nella produzione e 35 miliardi nella vendita.
Il Rapporto ’88 presenta la
relazione tra sicurezza militare e sicurezza economica:
« Né gli Stati Uniti né l’Unione Sovietica potrebbero, anche nei periodi di maggiore
prosperità, spendere centinaia di miliardi di dollari
senza dovere sacrificare necessità vitali. Questo per non
parlare della situazione attuale in cui entrambe le superpotenze si trovano in un
relativo declino per quanto
riguarda l’economia civile ».
Per lo scudo stellare nel
prossimo decennio il governo americano « dovrebbe avere a disposizione un gettito fiscale di altri 750 miliardi
di dollari ». Gli Stati Uniti
hanno "pagato” l’aumento
delle spese militari con un
deficit del bilancio federale
giunto a 200 miliardi di dollari.
Meno armi, più
assistenza e sviluppo
La stretta relazione tra
spese per le armi e sottrazione di risorse all’economia civile non è solo delle superpotenze, ma di molti altri paesi, anche di paesi del Terzo
Mondo.
L’Italia, in dati già conosciuti da anni e nelle recenti
rivelazioni di vendite illegali
di armi con il metodo della
"triangolazione”, si è segnalata come paese fortemente
impegnato nella produzione
ed esportazione di armi. Già
nell’82 si stimava che si fosse
giunti al 50%, per ogni .arma
costruita se ne esportava
una. Tutto ciò mentre in molti paesi anche' economicamente forti cresce la disoccupazione e restano aperti
drammatici problemi sociali.
Anziché fermare le stragi
di vite umane si pensa alla
"sicurezza armata” e con la
vendita si fomentano i conflitti cruenti anche in paesi
che avrebbero bisogno di pane, non di "moschetti” ultramoderni. Dov’è la logica? C’è,
è perversa.
I signori della guerra, dai
politici agli scienziati coinvolti, ci diranno che lavorano per la sicurezza ed è vero
ma, chiediamo, la sicurezza
di cosa e di chi? Mentre si
cerca questa strada della sicurezza l’economia si fa insicura, anche nei paesi robusti. « E’ interessante vedere
che il più alto deficit commerciale degli Stati Uniti è
proprio nelle aree a bassa
tecnologia (ad esempio i tessuti) » (Rapporto ’88). Certo,
perché se l’impegno tecnologico e scientifico aumenta
nell’industria bellica non
può espandersi in quella civile. E la ricaduta, i benefici della ricerca bellica per
quella civile, specie per il
progetto dello scudo spaziale, è minima, economicamente irrilevante.
La priorità al settore militare sottrae risorse a quello
civile. E’ elementare. E’ un
rapporto da cambiare a vantaggio dello sviluppo e della
tutela dell’ambiente. Oggi negli USA il rapporto è questo: per l’SDI si sono dati 3,2
miliardi di dòllari, equivalenti a 20 volte il bilancio federale per l’energia. Sono stati
diminuiti i fondi per la pro
tezione deH’ambiente e per
l’iEtruzione. Quando i nostri
governi ci dicono che si devo'io tagliare i costi sociali,
ricordiamoci di questo rapporto e rispondiamo che si
deve fare esattamente l’inverso: meno armi, più assistenza e sviluppo.
La trovata
dello scudo stellare
Un atteggiamento predicatorio non sposterà di un millimetro le posizioni, non bastano prediche, ma sebbene
non bastino non sono superflue, almeno per informare,
almeno per suggerire una più
umana logica. Se il disarmo
unilaterale può forse essere
più un obiettivo psicologicomorale che politicamente
perseguibile adesso, se possiamo discutere, purché non
a vanvera ma con elementi
di conoscenza adeguati, sul
disarmo unilaterale o bilaterale controllato, rimane l’esigenza di procedere verso il
disarmo totale. Disarmo del
pensiero, no al pensiero armato. Disarmo del concetto
stesso di sicurezza. Saremo
più sicuri quando avremo
una più adeguata concezione
della convivenza, una convivenza nel segno dell’aiuto reciproco, non all’ombra dei
rispettivi ombrelli antiatomici.
Solo se il progresso sociale nella giustizia sarà l’obiettivo politico dei paesi e il
programma educativo dei popoli, potremo guardare oltre il secondo millennio con
qualche speranza.
Alfredo Berlendis
6
valli valdesi
1° luglio 1988
TORRE RELUCE
Verso il cittadino europeo
Il 2 giugno scorso, a cura del
Movimento Federalista Europeo
(e nel quadro della serie di manifestazioni organizzate dal Comune di'Torre Pellice), il prof.
Claudio Grua ha tenuto un’interessante conversazione dal titolo « Da emigrante a cittadino europeo ».
L’argomento verteva sulle prospettive offerte dalla prossima
scadenza del 1992 quando, come
noto, le nazioni facenti parte
della CEE diverranno area di .libero scambio e altrettanto libero sarà l’attraversamento delle frontiere, con abolizione dei
relativi controlli polizieschi.
Partendo dalla premessa che
nel nostro tipo di economia il
posto di lavoro è legato al capitale, il capitale si situa dove ottiene im rendimento e di conseguenza la forza lavoro deve
spostarsi verso il capitale, l’oratore ci ha « avvisati » che forse le previsioni per il 1992 non
risultano rosee come si potrebbe pensare. L’esperienza, infatti,
insegna che quando si eliminano certe barriere e l’area « liberalizzata » si allarga, si verificano ondate migratorie dai paesi poveri verso quelli ricchi (almeno questo è quanto si è osservato fino ad oggi).
Le leggi di mercato, d’altronde, hanno portato ad ima situazione — quella attuale — in base
alla quale per tenere il passo
è ormai necessario muoversi in
uno spazio di vaste dimensioni.
Ne deriva sia che la produzione
diventa sempre più specializzata
ed intemazionalizzata (gli enormi stabilimenti da cui esce il
prodotto finito sono ormai sostituiti da fabbriche fornitrici
dei singoli pezzi), sia il fenomeno ormai ricorrente della fusione dei grandi gruppi e dei grandi capitali. A seguito di queste
considerazioni l’oratore ha così
sintetizzato i suoi timori e le sue
riserve:
a) Le decisioni inerenti alla
cosiddetta svolta del ’92 sono
state prese in pratica da dodici persone, e in segreto, senza
aver acquisito il parere dei cittadini, neppure attraverso i
membri del parlamento europeo
da loro eletti.
b) Nella prevista liberalizzazione non esistono misure atte a
garantire che l’eventuale spostamento di lavoratori all’intemo
dell’Europa garantisca ai medesimi un futuro status di cittadini anziché di emigranti.
Essi infatti, nei paesi a cui approderanno, godranno solo dei
diritti di lavoro (far parte di sindacati ecc.) ma non ad esempio del diritto di voto.
In tale evenienza si riprodurrebbero insomma le condizioni
che rendono l’emigrazione oltre
frontiera uno sradicamento assai più grave di quello già traumatico aH’interno della propria
nazione (i meridionali che nei
passati decenni incontravano le
note difficoltà di inserimento a
Torino o Milano conservavano
almeno i diritti politico-sociali).
Quali rimedi possono essere
studiati per evitare, oltre alle
conseguenze di cui sopra, una
parallela grave crisi nei servizi
sociali a seguito di questi sommovimenti?
Per ora si sta pensando di parare il colpo — e non si può
dire una brillante soluzione! —
mantenendo fasce di lavoratori a
diversa retribuzione in modo
che, ad esempio, imprenditori
tedeschi si spostino in Italia
meridionale incoraggiati dal minor costo della manodopera. Il
dott. Grua ribadisce che le misure da adottare devono andare nelle seguenti direzioni:
a) Metodo democratico nelle decisioni da prendere, che devono quindi essere delegate al
Parlamento.
b) Effettiva parità di diritti
a tutti i cittadini europei, dovunque e per qualsiasi motivo
essi debbano- stabilire la propria
residenza.
c) Piani di sviluppo congiunto per un oculato riequilibrio
degli insediamenti esistenti al fine di ridurre al minimo lo spostamento della forza lavoro.
Gli scopi indicati rendono urgente e necessario aderire alla
proposta di legge di iniziativa
popolare volta a sollecitare la
costruzione degli Stati uniti di
Europa (che siano tali nel vero
No al taglio dei platani
Fra le attività condotte e le recenti prese di posizione del
WWF di Pinerolo, va segnalata
anzitutto una lettera inviata a
« La Stampa » di Torino in merito ai numerosi articoli sul problema dei platani che costeggiano la statale 23.
In questo documento il WWF
si dichiara « decisamente contrario all’abbattimento dei platani ’’incriminati”, situati tra Riva e None, in quanto non sono
solo questi la causa degli incidenti stradali che si seno verificati lungo tale via, bensi l’eccessiva velocità e la condotta scorretta di molti degli automobilisti che vi transitano».
Si osserva inoltre « che prima
di -procedere al taglio degli alberi, si potrebbe pensare di installare dei guard-rail, e attuare un controllo più rigido e
costante della velocità dei veicoli ».
re nel progetto le scuole (non
dimentichiamo che nelle nostre
regioni il lichene cresce soprattutto sui muri, sui massi e sui
tronchi), utilizzando un metodo
messo a punto dall’Università
di Berna ed' adatto alla didattica
scolastica.
■Valutando diverse aree del territorio cittadino, si rilevano infine le zone più toccate dalTinquinamento e le più pulite.
VAL PELLICE
Guardia
medica
turistica
Oltre a questa lettera, il WWF
intende anche lanciare una campagna « Licheni ’88 »; perché?
Il lichene ha, tra le sue caratteristiche, anche quella di
reagire rapidamente alle mutate condizioni ambientali, in particolare a quelle atmosferiche:
ecco dunque che esso diventa un
ottimo indicatore biologico.
Il motivo va ricercato nel fatto che il lichene, non possedendo radici per assumere i sali
minerali, dipende esclusivamente
e direttamente dall’aria, dall’acqua piovana, dalla nebbia e dalla neve quali fornitrici di sostanze nutritive. Funzionando
più o meno come una spugna,
assimila allo stesso tempo sostanze utili e nocive. Fatto questo che -può rivelarsi fatale nelle attuali condizioni di inquinamento.
L’intenzione dei promotori dell’iniziativa è quella di coinvolge
Nel periodo compreso tra il 15
giugno ed il 15 settembre l’USSL
43 (Val Pellice) ha predisposto
un servizio gratuito di guardia
medica turistica.
Per le visite domiciliari urgenti, in orario 8-20, ci si deve
rivolgere al numero telefonico
93.24.33; per quanto riguarda le
visite notturne e nei giorni festivi e prefestivi, è attivato il
servizio ordinario di guardia medica.
Per quanto riguarda le visite
ambulatoriali, esse sono possibili
■presso le seguenti sedi: Torre
Pellice, via Repubblica 3/c, nel
pomeriggio fra le ore 15 e le 16
dal martedì al venerdì, il lunedi fra le 14 e le 15; Bobbio Pellice, presso l’edificio municipale,
ogni mattina dalle ore 11 alle 12
(venerdì fra le 9 e le 10); Luserna S. G., presso il distretto di
base in via Deportati e Internatsi,
ogni giorno dalle 10 alle 11; Viìlar Pellice, il lunedì ed il mercoledì dalle 9 alle 10 ed il venerdì dalle 11 alle 12.
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PEROSA ARGENTINA
L’aterosclerosi
senso della parola ed aiutino il
formarsi di una mentalità aper^
ta all’idea degli Stati uniti del
mondo).
Quale inciso nel discorso, l’oratore ha anche tracciato un
parallelo con il fenomeno migratorio in atto dai paesi del
Terzo Mondo, osservando che
dei 650 milioni di persene che
vivono attorno al bacino del
Mediterraneo solo 280 fanno
parte di paesi industrializzati.
Ha ricordato che la crescita di
questi ultimi presuppone ineluttabilmente il non sviluppo
degli altri, se non se ne rimuovono le cause.
Di questa approfondita analisi abbiamo soprattutto apprezzato il fatto che la competenza
relativa agli argomenti trattati
fosse legata e, direi, posta al
servizio di una tensione morale che vede nella possibilità offerta a tutti di una vita dignitosa e responsabile lo scopo vero da perseguire a livello europeo e mondiale.
Mirella Argentieri Bein
WWF
« L’aterosclerosi è il destino
inevitabile di tutte le arterie dell'uomo ». Con quest’affermazione
perentoria ha inizio la relazione scritta su un’indagine condotta da un’équipe di medici dell’Ospedale di Pomaretto e delle
USSL 42 e 44 suH’incidenza di
questa malattia nel Pinerolese.
11 carnpione è stato di oltre
2.000 unità, cioè pazienti di età
compresa tra i 5 e i 92 anni,
non ricoverati in ospedali, ma
sottoposti a visita medica.
L’interesse per questa malattia, che purtroppo si presenta come un punto‘ oscuro posto al
declinare della ■vita di ognuno
di noi, è stato confermato dalla
presenza di un pubblico numeroso (non solo di addetti ai lavori) che ha riempito la sala del
cinema « Piemont » di Perosa Argentina, la sera del 20 giugno. Il
prof. Valerio Gai, primario dell’Ospedale di Pomaretto. ha commentato i risultati dell’indagine
con l’autorevolezza derivante da
una lunga esperienza di cure alle persone anziane.
Se è vero che dopo i cinquanta
anni si manifestano in modo visibile i subdoli attacchi all’integrità delle nostre arterie, è altrettanto vero, secondo il prof.
Gai, che fin dall’infanzia si possono introdurre abitudini alimentari e comportamentali in modo
tale da ridurre i fattori di rischio. L’età, il sesso maschile,
che è un fattore predisponente,
e l'ereditarietà non sono modificabili. ma si può intervenirp contro l’abitudine al fumo, l’ipertensione, l’obesità, lo stress.
E’ triste dover constatare che
i giovani e soprattutto i bambini hanno un tasso elevato di colesterolo per le errate abitudini
alimentari della famiglia. Sembra veramente un prezzo troppo
alto da pagare per la gente delle nostre vallate, che fino all’altro ieri soffriva per denutrizione
e per il lavoro pesante nei campi o nella miniera. Aumentato il
reddito e diminuita la fatica fisica, si sono fatte avanti in modo massiccio le malattie da benessere, spesso non immediatamente mortali, ma invalidanti, a
distruggere lentamente una vecchiaia che sembrava garantita da
una migliore igiene e da una
maggior disponibilità di farmaci.
Questo significa che la prevenzione deve cominciare dalle scuole — ha dichiarato il dott. Paolo Laurenti, coordinatore sanitario deU’UiSSL 42 — con un programma di educazione sanitaria
e il controllo delle refezioni scolastiche. Anche le associazioni
sportive possono essere molto
utili per favorire una giusta attività fisica che possa migliorare
la circolazione e ridurre l’eccesso di grassi.
Il dott. Saverio Del Din ha
proseguito presentando il punto
di vista dei medici di base, che
hanno con il malato un rapporto privilegiato perché possono esaminarlo in relazione all'ambiente familiare e curarlo anche
per parecchi anni di seguito.
Tutti i medici sono stati concordi nell’affermare che le strutture sanitarie dell’USSL sono efficaci, che il servizio medico ed
infermieristico copre anche gli
angoli più remoti delle nostre
valli, e che complessivamente le
persone sono più assistite oggi
che non nel 1974, quando si è
sentita la necessità di iniziare
l’indagine.
Terminata la tavola rotonda
conclusiva, i presenti sono intervenuti con alcune domande
sui più svariati argomenti, sufficientemente rassicurati sulle possibilità di ottenere cure adeguate, con qualche perplessità, forse, sulle proprie capacità di seguire tm rigoroso e mortificante regime alimentare.
Nell’attesa — ha concluso il
presidente Sola, commentando
il successo dell’iniziativa — di
ritrovarsi in un prossimo incontro a discutere nuovamente su
temi così stimolanti ed attuali.
Liliana 'Viglielmo
USSL 43
Ticket
A seguito del Decreto n. 205
del 3 giugno 1988, pubblicatesulla Gazzetta Ufficiale del 17
giugno 1988, è stato disposte da;
Ministero dell’Interno, dal Mini-_
stero della Sanità e dal Ministero
del Lavoro e della Previdenza
Sociale che le persone interes
sate ad ottenere il rilascio dello
attestazioni dì esenzione dalla
partecipazione alla spesa sanitaria (ticket) debbono rivolger
si, fino al 31 luglio 1988, alla
USSL nelle Seguenti sedi:
Sede eentrale, Corso Jacopo Lombardini, 2 - Torre Pellice: ore
8.30-12; 14-16; sabato 9-11;
Distretto di Torre Pellice, Via
Alfiieri, 2 - Torre Pellice: dalle
10 alle 12;
Distretto di Luserna S. G., Via
Deportati Internati, 4 - Luserna S. G.: dalle 10 alle 12;
Distretto di Bricherasio, Via S.
Michele, 16 - Bricherasio: dalle ore 8.30 alle 11; Bibiana:
dalle ore 11 alle 12.
Dal 1° agosto le attestazioni di
esenzione ticket saranno rùasciate dai Comuni di residenza.
tappeti persiani di qualità
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garantisce
la qualità e il luogo d’origine del tappeto
APERTO alla DOMENICA
Esposizione: Torre Pellice - P.zza Municipio, 1 - ® 0121/91430
Torino - Via dei Mille, 29 A - S 011/8395450
I
J
7
1" luglio 1988
valli valdesi
TORRE PELLICE
l
I viaggi in Italia
di Saverio Vertone
Un’escursione attraverso la dimensione ambientale e culturale del
nostro paese - Il rischio di rinchiudersi senza prospettive in vista
Saverio Vertane, scrittore monregalese autore del libro « L’ordine regna a Babele », ha presentato sabato 19 giugno a Torre
Pellice la sua ultima opera,
« Viaggi in Italia », edita da Rizzoli,
L’incontro con l’autore, avvenuto nel salone del Collegio valdese è stato organizzato da Radio
Beckwith e dalla Libreria Claudiana. La presentazione di « Viaggi in Italia », fatta dall’autore,
è stata preceduta dagli interventi di Erica Scroppo e del pastore Giorgio Tourn e .seguita da
un dibattito tra gli oratori ed il
pubblico.
II libro di Vertone fa compiere a] lettore un’escursione attrar erso dimensioni diverse del nostro paese, da quella ambientale a quella sociale. Con buon
spirito di osservazione, l’autore
ha saputo cogliere e trasmettere
con racconti chiari e concisi il
comportamento degli italiani ed
i mutamenti di costume avvenuti nel corso degli ultimi decenni,
impiimendo ai suoi viaggi una
dimensione di natura temporale,
oltre che spaziale.
La descrizione che egli fa dell’Italia è marcatamente critica
ma sa restare lontana dall’autolesionismo. Saverio Vertone, che
è piemontese, dice di Torino, città in cui vive, che è « come una
miniera dove c’è sempre qualcuno che si incarica di portar
via in superficie ciò che si è tirato su dal fondo ». E’ forse con
un pizzico di sana malizia che
ha compiuto anche un viaggio
sino a Ñusco per poterci descrivere il villone di Ciriaco De Mita che, « miscuglio tra la dacia,
la fazenda, il cottage e lo chàlet, più un po’ di Walt Disney,
rattrista l’ingresso del paese ».
Cinema
TORRE PELLICE — Il cinema Trento
presenterà, sabato 2 luglio (ore 20 e
22) « io e mia sorelia »; domenica 3
(ore 20 e 22) « Ciao ma' ».
Manifestazioni
Saverio Vertone con il past. Giorgio Tourn.
Ma accanto ad impressioni di
questo genere, vi è invece un’analisi ponderata di talune situazioni come il razzismo, che si
manifesta anche nel nostro paese: « A Roma ho visto improvvisa e marmoree sordità costringere il "colorato” a ripetere due,
tre, quattro volte la richiesta di
un caffè o di un pacchetto di
sigarette. Torino e Milano sembrano più tranquille, paghe forse della durezza con cui a suo
tempo hanno accolto i meridionali, ai quali invece non par vero trovare qualcuno su cui scaricare le umiliazioni di ieri ».
« Viaggi in Italia » e « L’ordine regna a Babele » rischianoperò di apparire come delle « finestre chiuse », il cui contenuto
non fornisce prospettive; tale almeno si configura l’opinione espressa dal pastore Giorgio
Tourn, quasi a sottolineare in
entrambi l’assenza di un mes
saggio in positivo che possa riscattare l’immagine di un’Italia
che, accanto a tanto degrado, presenta anche evidenti segni di ripresa.
Una lettura del libro può però
aiutare ognuno a prendere coscienza delle cose che non vanno
ed a tentare di porvi rimedio; anche il messaggio etico dato da
una piccola presenza protestante ipuò contribuire ad un generale miglioramento della società
italiana che per lungo tempo è
stata fortemente impregnata di
un cattolicesimo dagli aspetti
condizionanti. Un viaggio più approfondito alTinterno di questa
realtà è quanto ci auguriamo di
poter leggere nella prossima edizione dell’appassionante libro di
Saverio Vertone.
Sergio Franzese
TORRE PELLICE — I volontari del
soccorso della CRI di Torre organizzano per sabato 2 e domenica 3 lugiio
una festa presso i giardini di piazza
Muston con stand, mostre, serata danzante ed altri intrattenimenti, il ricavato delle due giornate sarà devoluto all’acquisto di una nuova autoambulanza.
NeH'ambito della manifestazione la
Lega per l’Ambiente Val Pellice raccoglierà firme per una petizione rivolta
airONU a difesa degli indios Roraima
del Brasile.
La campagna, promossa dal Centro
di animazione Missione Consolata, si
prefigge di tutelare la sopravvivenza
di alcune popolazioni indios del Nord
Brasile, minacciate da uno sfruttamento incondizionato di ogni tipo di risorsa
presente nella foresta amazzonica.
MONTOSO — Sabato 9 luglio e domenica 10 si svolgerà la manifestazione in ricordo della Resistenza, sulla
qual,e si fondò la Costituzione repubblicana che proprio quest’anno compie 40 anni. Molti i momenti significativi previsti, dal ricordo del comandante Barbato alla commemorazione
ufficiale tenuta da Aldo Viglione, presidente del Consiglio regionale del
Piemonte.
BOBBIO PELLICE — Il » Rescuntre
Usitan », festa occitana giunta alla
terza edizione, si sposta quest’anno
in Val Penice. Nei giorni 1, 2 e 3 luglio si alterneranno momenti di canto,
ballo, dibattito con una cornice di mostre, cucina tradizionale, stand.
Segnaliamo il dibattito di venerdì
sera sul tema « La nuova creazione
occitana'», con la partecipazione dei
componenti la giuria del concorso
Idea d’Oc, ed il convegno di sabato
mattina, ore 9.30, sul tema: « 19431992: dalla Carta di Chivasso alla integrazione europea. Quale futuro per
la montagna e le comunità alpine? ».
SEMINARIO A TORINO
Volontari e politici
a confronto sull’assistenza
« Conoscere le leggi per servire meglio le persone in difficoltà ». Con questo tema si è svolto domenica 19 giugno, presso
l’Arsenale della pace, in piazza
Borgo Dora 61 a Torino, un seminario organizzato dalla Consulta per le persone in difficoltà (C.P.D.) sulla Legge Regionale 20 che regola i servizi socioassistenziali.
Il C.P.D. è un gruppo volontario piuttosto attivo e conosciuto nella nostra Regione, sia in
campo sociale che politico. Le
persone che vi prestano servizio
combattono da tempo a fianco
di coloro che hanno più bisogno
dì solidarietà e calore umano
(anziani, handicappati, minori a
rischio, tossicodipendenti ecc.).
Lo scopo delTiniziativa è quello
di far conoscere al cittadino i
propri diritti e forse di avvicinare i politici un po’ più realisticamente ai problemi degli individui.
L’assesssore regionale all’assistenza, Carletto, in apertura dei
lavori, ha illustrato la situazione
legislativa nel campo socio-assistenziale, insistendo sul disordine dovuto alla mancanza di una
legge-quadro nazionale, alla quale tenta di supplire, dall’82, la
Legge R. 20, modificata successi
vamente quest’anno. La situazione socio-sanitaria italiana è
pertanto molto varia, in quanto
ogni regione ha le sue modalità
d’intervento. Dal 1" gennaio ’88
le competenze socio-assistenziali fino ad allora gestite dalla
Provincia sono state affidate alle USSL, per un adattamento
più efficace alle esigenze locali.
L’assessore provinciale alla
sicurezza sociale, Scancarello,
riferisce invece circa le motivazioni del passaggio tra Provincia e USSL, causato soprattutto
dalla enorme spesa sostenuta
dalla prima negli ultimi anni. A
questo scopo si è previsto che
i finanziamenti socio-assistenziali destinati alle USSL verranno diminuiti ogni anno del
10% in un arco di 10 anni. Il
buco che naturalmente verrà a
crearsi dovrà essere coperto
(sembra) dai comuni. In quanto
alle cose fatte, viene data l’informazione che è in corso un
aumento del personale specializzato; sono in progetto 3 nuovi C.S.T. (Centri diurni socioterapici) a Chieri, Lanzo e Moncalieri, e corsi di formazione.
La Provincia tende a mantenere
comunque con le USSL un
rapporto dì collaborazione per
corsi e soluzioni di altri prc
blemi che si verificheranno. Per
il comune di Torino, l’assessore
Bracco ha rilevato il disagio che
questa nuova situazione di transizione ribalterà sui comuni stessi, prevedendo che le cose non
saranno così semplici e che già
sin da ora si prevede che diverse USSL non siano disponibili
ad occuparsi dell’assistenza.
Romagnoli, per le organizzazioni sindacali, richiama gli assessori ad assumere più responsabilità rispetto al passato ed alla volontà di collaborazione con
il sindacato.
Nel dibattito, i relatori hanno
dato risposta alle lettere ed ai
quesiti pervenuti alla segreteria.
Sono lettere di genitori, operatori ed altri che denunciano situazioni di disagio, soldi che
non arrivano, ragazzi psicotici
che non trovano una sistemazione. Alla fine, l’intervento della
professoressa Tripoli del C.P.D.,
ma ormai i politici erano andati
via. La Tripoli parla del lavoro
del C.P.D. denunciando il disinteresse dei politici, anche se in
questi anni molte organizzazioni
di volontariato sono state riconosciute legalmente. Ella sottolinea che il volontariato è libertà umana e solidarietà e fa par
te di un quadrilatero con le forze politiche, l’opinione pubblica,
l’utenza. Ironicamente, narra le
avventure fra i politici, che spesso va a trovare per i problemi
da affrontare, ricevendo ad esempio ben 16 risposte diverse da
16 fra assessori e addetti ai lavori consultati sulla possibilità
di adattare un edificio, ora in disuso, a casa per anziani. Sollecita però ad avere fede e a non
demordere, perché lo scopo del
volontariato è di far scendere
i politici sul terreno pratico, là
dove le persone in stato di
bisogno si trovano. Volontariato è anche preparazione, formazione e necessità di riconoscimento. Propone quindi che un
rappresentante dei volontari sia
presente nella discussione dei
progetti e delle iniziative dei comuni. Insamma, che sia davvero
una voce in capitolo.
Come si vede, il quadro di insieme che emerge è tutt’altro
che lineare: « Speriamo che non
ci venga tolto terreno e che questi benedetti soldi arrivino sempre — concludeva l’assessore
provinciale Scancarello —, anche se riguardo all’assistenza
non si dovrebbe neanche parlare
di soldi».
E’ importante, anzi vitale, che
crescano e maturino parallelamente alla volontà e coscienza
politica gruppi di persone che si
rimbocchino le maniche e a cui
nessuno potrà negare il diritto
di parlare.
Idana Vignolo
TORRE PELLICE — Nell’ambito della
rassegna culturale giovedì 7 luglio,
alle ore 21, presso il cinema Trento,
avrà luogo una serata sul tema « L’immigrato di fronte alla società italiana », organizzata in collaborazione con
l’Ufficio stranieri e nomadi del Comune di Torino.
Amnesty International
TORRE PELLICE — Giovedì 30 giugno. ore 17, avrà luogo al Centro
d’incontro una riunione con il seguente o.d.g.: a) esame dei risultati del
"Trattenimento pomeridiano per Amnesty” a Bobbio Pellice; b) Campagna
"Diritti umani, subito"; c) Campagna
Colombia; d) Comunicati stampa A.I.:
denuncia di violazioni di diritti umani
nelle Filippine, Sri Lanka, Irlanda del
Nord; e) Comunicazioni della circoscrizione Piemonte-Valle d’Aosta; f) Risposte di ministri (Turchia e Israele)
alle lettere del Gruppo della Val Pellice - Italia 90.
Segnalazioni
PINEROLO — La biblioteca Alliaudi di
via Battisti nel periodo estivo resterà
aperta dal lunedi al sabato in orario
8-14.
RINGRAZIAMENTO
« L’Eternel est more terger, je
n’aurai point de dìsette »
(Salmo 23: 1)
Il 20 'giugno è mancata all’ailetto di
quanti l’hanno conosciuta ed amata
Elisa Coisson n. Ciampiccoli
Nella certezza deRa resurrezione, ne
danno l’annuncio il marito Roberto
(missionario) ed i parenti tutti.
I familiari, riconoscenti, ringraziano
quanti sono stati loro vicini in questa
triste circostanza.
Eventuali offerte in memoria per il
Rifugio « Re Carlo Alberto » o per la
Chiesa Unita dello Zambia.
Torre Pellice, 22 giugno 1988.
RINGRAZIAMENTO
Le sorelle, il fratello ed i familiari
tutti di
Gustavo Beux
di anni 62
neirimpossibilità di farlo singolarmente, esprimono un sentito 'grazie a tutti
coloro che con la presenza, fiorì, scritti
ed in qualsiasi modo hanno dimostrato
affetto e solidarietà nel momento del
lutto.
Un ringraziamento particolare ai medici e personale delTOspedale valdese
di Pomaretto, al pastore Noffke, al dottor Broue e all’AVIS.
Ruota di Pramollo, 1® luglio 1988.
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8 ecumenismo
1° luglio 1988
OSSERVATORIO AMERICANO
LA DITTA DEL PASTORE
Una regione che attraversa una grave crisi economica - La nascita di un piccolo stabilimento per impiegare alcuni disoccupati - Il lavoro e il ricupero del senso della persona - Una predicazione che non si riduce alla consolazione
FARMINGTON (Maine) —
E’ una grande Svizzera questo
stato del Maine, tutto verde e
tutto laghi. Quando Charles
Scott Planting arrivò come pastore nella cittadina di Farmington, nel 1975, proveniente dalla Facoltà teologica di
Flarvard, si accorse ben presto
che il linguaggio accademico,
in quella sperduta zona rurale, passava sopra le teste. Per
una persona come lui, che
spende il 50% del proprio
tempo a preparare testi per
sermoni, funerali, studi biblici, conferenze varie, l’adattare
il proprio linguaggio teologico
a una situazione di estrema
semplicità culturale fu una
prima enorme difficoltà. Ma
non fu l'unica.
Disoccupazione e
problemi sociali
Agli inizi degli anni '80 tutta l’economia delia parte centrale del Maine, che contava
numerosi calzaturifici e industrie per la lavorazione del legno, andò definitivamente in
crisi. In questo lembo di territorio posto all'estremo Nord
degli Stati Uniti il numero dei
disoccupati, nel giro di pochi
mesi, salì enormemente. E
molti, con quella singolare
mobilità che è parte della cultura americana, emigrarono in
altri Stati. Altri cercarono lavoretti saltuari.
Le conseguenze sociali
della chiusura delle industrie si tradussero anche
in un aumento diffuso deipersone senza tetto. La crisi
fu particolarmente pesante
nella cittadina di Farmington
dove Planting lavora come pastore presbiteriano. Egli era
uno dei pochi privilegiati che
non avevano perso il posto di
lavoro. La chiesa del pastore
Planting e quelle vicine discussero a fondo, nella Conferenza distrettuale di quell’anno, la nuova situazione sociale e politica che si era determinata con la ’’ristrutturazione capitalistica” del Maine. E durante una di queste
discussioni nacque l’idea —
sostenuta da un membro di
chiesa che occupa un posto di
grande responsabilità nell’IBM Corporation e dallo
stesso pastore — di organizzare un piccolo laboratorio di
assemblaggio per componentistica elettronica e di assumere alcuni disoccupati, uomini e donne. « Riuscimmo a
convincere l’IBM ad aprire
una fabbrichetta per un periodo di prova di 2 anni e allo
stesso tempo — racconta il
pastore Planting — noi non ci
consideravamo legati esclusivamente airiBM, sapendo che
se la cosa fosse andata bene
Qui sopra: la pausa alla mensa della fabbrica.
In alto: il pastore Planting discute con alcune operaie della MTE.
avremmo offerto i nostri servizi anche ad altre industrie
elettroniche ». Il locale per
impiantare il laboratorio fu
presto trovato, una chiesetta
in disuso, molto ben illuminata all’interno e situata proprio sull’arteria principale
della regione.
Un’azienda
« battezzata »
Nell’autunno del 1984, dopo
un breve corso di qualificazione, un gruppo di cinque
persone iniziò a lavorare nella
nuova ditta, "battezzata” dal
pastore: MTE (Manufacturing
and Technical Enterprise),
sotto la guida di un ingegnere
elettronico.
Dopo qualche mese, consegnati i primi lavori, fu assunta
una segreteria, scelta tra i
membri di chiesa («sapevamo tutti che pur essendo uria
giovane madre, e per di più
digiuna di elettronica, sarebbe stata la persona adatta »).
Oggi è lei che con il consiglio
di fabbrica, non esistendo liste di collocamento, decide
chi può essere assunto, dopo
un periodo di prova dì un mese.
In questi anni il lavoro della MTE è aumentato moltissimo e benché con i moderni
macchinari non occorra molta mano d’opera, il personale
è triplicato. « Questo nostro
tentativo di organizzare una
fabbrica su scala ridotta —
precisa il pastore Planting —
non è la risposta al problema
della disoccupazione nella nostra regione. E' soltanto un'indicazione di come si possa
reagire, aggredendo le situazioni economiche anziché diventarne le vittime ».
Diretta da un esecutivo di
sette persone, la MTE è tutta
laica. La chiesa offre i locali,
le idee e i luoghi del dibattito, ma il pastore e il consìglio
di chiesa sono fuori dalla gestione ordinaria della ditta.
« Se qualche operaio o operaia vuole venire al culto, bisogna che attraversi la strada; alla MTE — aggiunge il
pastore — si lavora e si parla soprattutto di tecnica e di
economia ». Non è escluso
che tra un anno, con gli attuali ritmi di produzione, i locali della MTE risulteranno
troppo piccoli per un’impresa
che si sta allargando e forse
occorrerà cercare un nuovo
edificio. C’è già chi pensa che
la MTE potrebbe usufruire di
un mutuo bancario per costruirsi una nuova sede, modernissima...
« Mi ero scocciato di sentire i lamenti dei disoccupati
— continua Planting — e le
solite litanie, specialmente
dei'vecchi agricoltori, sul "come era bello una volta". Allo
stesso tempo vedevo intorno
a me gente intelligente e abile che, non avendo serie prospettive di lavoro, si sentiva
spiritualmente vuota e spesso
umanamente inutile. Abbiamo
così deciso di correre un
grosso rischio, pur di uscire
da questa angosciosa situazione e, grazie a Dio, sinora
ci è andata bene ».
Una filosofia
semplice
La filosofia che sta dietro a
questo progètto si riassume
in poche parole: senza un lavoro dignitoso e utile alla società, ogni persona non è solo
privata di un diritto fondamentale ma è condannata al
proprio fallimento. A questa
situazione bisogna reagire
con tutti i mezzi e con tutta
la fantasia possibile.
« Per me, questa, più che
filosofia — ribatte Planting —
è teologia e questa nostra
esperienza mi ha fatto capire
quanto sia importante il ruolo
che le chiese, tutte le chiese,
possono avere nelle crisi economiche del nostro tempo.
Ovviamente, come chiesa, si
può avere anche un ruolo negativo ma se la chiesa è un
po’ la coscienza critica della
società, allora è possibile, dopo le analisi della situazione,
tentare insieme agli altri di
dare una risposta concreta ai
problemi economici del no
stro tempo. Se non mi fossi
messo in quest’ottica, la mia
predicazione rischiava di rimanere pura astrazione o
consolazione di fronte al
dramma di tante famiglie senza lavoro ».
La discussione continua sino a tarda ora, animata anche
dal dott. Arbutnoth, ex direttore deH’American Waldensian Society e attivo sostenitore della nuova impresa. Ai
mattino presto il pastore Planting e sua moglie Marsha, dopo aver fatto colazione e aver
mandato la loro figlia a scuola, escono entrambi a lavorare.
Una società in
trasformazione
Prima di visitare alcuni malati aH’ospedale il pastore
Planting farà un salto alla
MTE (« il tempo di prendere
un caffè e sentire se tutto va
bene, come spero ») e Mar
sha, che con un’amica ha
aperto un negozio nel centro
del paese, starà fuori sino a
sera. « Non potrei stare a casa a fare la maglia aspettando mio marito o le telefonate
che lo riguardano. Anch’io, in
questo paese di disoccupati
— aggiunge Marsha — ho
cercato di inventarmi un lavoro per inserirmi pienamente in questa società in rapida
trasformazione. Non ho voluto
cedere alla tentazione di rimanere fuori dal gioco... ».
Sul tavolo, in cucina, accanto
alle stoviglie, c’è una Bibbia
sgualcita e piena di sottolineature: fa parte anch'essa
della loro vita quotidiana.
Giuseppe Platone
Dopo la visita
alla MTE;
con il past. Planting,
il dott. .Arbutnoth
e la segretaria
della ditta.