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Anno 122 - n. 28
11 lugiHo 1986
L. 600
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In caso di mancato recapito rispedire
a: casella postale - 10066 Torre Pellica.
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
Il ministro Falcucci non ha
fatto mistero delle sue preferenze e dei suoi punti di vista personali in fatto di insegnamento
religioso cattolico. Ha fatto conoscere, a colpi di circoiari, che
la sua predilezione e il suo occhio di riguardo vanno verso
tutti coioro che si avvarranno
del diritto di scegiiere Tinsegnamento deila religione cattoiica.
Gli altri, quelli che non si avvarranno di detto insegnamento
sono stati liquidati oon un laconico « si vedrà entro ii primo
mese daU’inlzio delle lezioni»;
e sottinteso c’è un « tanto peggio per loro ». E di questa prevaricazione dei suoi sentimenti
personali a danno del senso delle Stato il ministro Falcucci
ha dato ulteriore dimostrazione
la settimana scorsa.
Il Tribunale Amministrativo
del Lazio, infatti, ha accolto la
richiesta avanzata da un gruppo
di genitori e ha ingiunto al mini
stro Falcucci di sospendere la di
sposizione impartita neiie sue ul
time circolari secondo cui geni
tori o studenti se maggiorenni
devono scegliere se avvalersi o
non avvalersi delTinsegnamento
religioso cattolico entro il 7 luglio. La richiesta è stata ampiamente motivata dai fatto che vi
è, nelle circolari ministeriali,
palese violazione di ogni principio di uguaglianza e di libertà
reiigiosa fra un insegnamento
già definito (quello religioso) ed
una attività di cui non si conoscono né i contenuti, né chi
l’insegnerà, né l’organizzazione.
L’ingiunzione di sospensiva del
T.A.R. del Lazio è stata trasmessa (in questo caso con rara efficienza) dal ministro Falcucci
al Consiglio di Stato per cui perde di esecutività, per ora.
Ma su una cosa almeno il ministro non po<trà imbrogliare le
carte e dovrà, pur fra sospiri
al cielo, accettare l’evidenza; sono i NO, numerosi e decisi, che
gli insegnanti elementari hanno
pronunciato negando la loro disponibilità ad insegnare la religione confessionale cattolica in
orario di servizio, sotto il controllo della curia vescovile. Le
cifre percentuali sono ancora
approssimative; si parlò del 50
per cento per la città di Roma,
del 43 "/o sul territorio nazionale. Gli ultimi dati si attestano
sul 37%. La difficoltà di conta è
dovuta ai fatto che molti insegnanti hanno dichiarato disponibiiità ad insegnare cattolicesimo solo nella propria classe.
A Torino si sa per certo che in
certe Direzioni Didattiche (conosciute per impegno e dinamismo) la non disponibilità all’insegnamento religioso cattolico
raggiunge il 90% del totale degli insegnanti. Che cosa accadrà
nelle oltre 65.000 classi i cui titolari hanno detto no alle due
ore di religione cattolica? Nuovi
bocconi amari ci sono offerti
sul piatto della sedicente democrazia italiana. Sarebbe ora di
iniziare un digiuno: come assertori della laicità dello Stato, come attenti contribuenti e come
chi crede che la pace sia da
ricercarsi nella giustizia.
Franco Calvetti
LA PROPOSTA DI C.F. VON WEIZSAECKER FA DISCUTERE LE CHIESE
Verso un concilio pacifista?
Ripresa un’iidea avanzata da Bonhoeffer nel 1934 - L’aiJesione (delle chiese evangeliche italiane - Ortodossi e cattolici di fronte al termine "concilio” - L’incontro del 27 ottobre
Nel 1934 il teologo D. Bonboeffer lanciava all’ecumene l'appello per un concilio di tutta la
chiesa di Gesù Cristo, unico strumento in grado di far cadere le
armi dalle mani degli eserciti.
L’appèllo non ebbe alcun riscontro e di lì a qualche anno il mondo precipitò nel baratro della
seconda guerra mondiale.
L’anno scorso al Kirchentag
delle chiese evangeliche tedesche C.F. von Weizsäcker, filosofo e scienziato, riprendeva la
proposta di Bonhoeffer e la rilanciava alle chiese, suscitando
subito una vivace discussione.
L’autorità del personaggio, il riconoscimento del valore profetico deH’appello di Bonhoeffer,
il clima creato in questi anni
daH’ondata pacifista, e tanti altri
elementi diversi, hanno impedito che la proposta cadesse nel
vuoto e nell’indifferenza. Tra le
prime chiese a dare ufficialmente la propria adesione ci sono, com’è noto, le nostre chiese
valdesi e metodiste (Sinodo ’85)
e l’Assemblea della Federazione
delle chiese evangeliche in Italia (Palermo - nov. ’85).
E’ ora passato quasi un anno, ma quali progressi sono stati fatti? E’ proprio il caso di
dire che anche qui tra il dire e
il fare c’è di mezzo il mare, anzi
un mare di problemi. Vediamone solo alcuni.
Anzitutto difficoltà d’ordine
pratico. Weizsäcker propone il
concilio per il 1990; ma nel frattempo il CEC ha indetto, proprio per il ’90, una grande assemblea sui tre temi emersi a
Vancouver: pace, giustizia, ecologia. Non è quindi realistico
pensare che nello stesso periodo
abbiano luogo due avvenimenti
simili, se non nella forma, di
certo nei contenuti.
La consultazione tenutasi nei
giorni scorsi (16-18 giugno ’86) a
Tutzing (Baviera) e sulla quale
abbiamo riferito nel numero 26
del 27 giugno, voleva essere un
tentativo di sbloccare la situazione.
Ma il primo risultato dell’incontro è che, forse, non è il ca
IL SERVIZIO DEI CREDENTI - 1
Essere
uomini veri
« ...tutte le volte che avete fatto ciò a uno dei più piccoli di
questi miei fratelli, lo avete fatto a me». (Matteo 25: 40).
Nel capitolo 25 del Vangelo di
Matteo, Gesù racconta la storia
di una grande separazione tra gli
uomini, operata dal Signore stesso nel tempo del giudizio. Questa separazione non ha nulla a
che fare con le separazioni operate oggi dagli uomini nelle loro società: i ricchi dai poveri, il
nord dal sud, i bianchi dai neri,
i fortunati dagli sfortunati, i sazi dagli affamati, i sani dai malati, i giovani dai vecchi, ecc. ecc.
La separazione di cui parla Gesù
non è basata su nessuno dei criteri che oggi dividono e discriminano gli uomini, la sua motivazione è del tutto diversa e, stranamente, si basa su elementi del
tutto irrilevanti da un punto di
vista economico, politico, culturale, razziale. Da una parte stanno gli uomini che hanno dato da
mangiare agli affamati, da bere
agli assetati, hanno accolto i forestieri, hanno rivestito gli ignudi, hanno curato i malati e hanno visitato i prigionieri.
Dall’altra parte coloro che hanno pensato solo a sfamare, dissetare, vestire, curare se stessi, che
si sono garantiti salute, benessere, quiete e si sono disinteressati di chiunque altro. E hanno
fatto tutto questo indipendentemente dalla loro cultura, dalla
loro condizione sociale ed economica, dalla loro appartenenza
politica o nazionale, o dal colore
della loro pelle. E Gesù dice ai
primi: « In quanto l'avete fatto a
uno dei più piccoli dei miei fratelli, l’avete fatto a me» e ai secondi: « In quanto non l’avete
fatto, non l’avete fatto a me ». I
più piccoli dei suoi fratelli sono
gli esseri umani che non contano,
che non producono ricchezza, che
non spendono perché poco o
nulla posseggono, che non hanno
voce, che non hanno alcuna
« forza contrattuale », sono i disgraziati, i parassiti che devono
essere rinchiusi, allontanati dalla
vista e dalla convivenza delle
persone normali che non devono
essere turbate nella loro sensibilità! La loro vita non ha alcun
valore positivo per la società, la
loro esistenza è del tutto irrilevante, anzi è invece rilevante la
loro scomparsa, come lo scarico
di un peso improduttivo.
Ma queste piccole vite inutili
hanno un gran valore agli occhi
di Dio. Cristo proclama beati i
più piccoli dei suoi fratelli, si è
messo dalla loro parte, si è identificato con essi: «...lo avete fatto
a me! ».
Ma chi ha servito gli affamati
e i poveri, chi si è occupato dei
malati e dei prigionieri, si stupisce di essere separato dagli altri,
non pensa che atti di amore e di
solidarietà piccoli o grandi che
siano, possano avere tanta rilevanza davanti a Dio. « Quando
mai. Signore, ti abbiamo visto
affamato, forestiero, ammalato e
prigioniero? ». Beati sono quei
servitori che non hanno conosciuto il senso profondo di una
azione fatta con spontaneità, determinata soltanto da una necessità interiore di amore, rispetto,
volontà di condivisione, di restituzione, di recupero. Soltanto dopo, al momento della separazione finale, hanno appreso con stupore che una semplice azione fatta al minimo dei suoi fratelli era
in realtà rivolta a Gesù stesso.
Quanta vigilanza invece per i
servitori del Signore che sanno,
che hanno letto la parabola di
Matteo 25, che ne hanno fatto
uno slogan e una bandiera.
Vigilanza per non strumentalizzare il minimo dei fratelli imponendogli l’immagine di Cristo
come schema obbligato a nostro
uso. Vigilanza dalla tentazione di
servirci di lui, del fratello, per
sublimare noi stessi, per esaltare
la grandezza dell’umiliazione, la
superiorità dell’abbassamento, la
meritorietà dell’opera.
Vigilanza sul senso profondo e
sul senso « politico » di un grande servizio di carità affinché non
divenga, sull’altra faccia, funzionale a una società che pur lodando e beatificando, si serve dei
piccoli (e a volte sprovveduti)
servitori del Signore, scaricando
su di loro le sue responsabilità,
per emarginare gli improduttivi.
Vigilanza infine dalla tentazione di accettare, senza predicazione del giudizio, atti di « beneficenza » da parte di beati possidenti, che delegano ai servitori
del Signore una solidarietà che
non li tocca, usando il denaro per
acquistare buona coscienza, approvazione sociale, riconoscenza
dai poveri, promesse di premi ultraterreni! Dove saranno al momento della grande divisione,
stabilita e presieduta da Gesù?
Ironia della sorte: potranno accettare quella comunione con i
poveri ( i minimi dei fratelli, in
cui Gesù si è identificato) che
hanno sempre delegato ad altri,
che non hanno mai vissuto, che
hanno soltanto pagato con denaro?
Non vogliamo, né possiamo sostituirci al giudizio di Dio. «...tutto quello che fate al più piccolo
dei miei fratelli l’avete fatto a
me ». In fondo Gesù chiede poche cose, non azioni eroiche, ma
azioni autentiche. Non ci chiede
di essere dei super-uomini, ma
non vuole neppure che ci siano
dei sotto-uomini. Non ci chiede
di essere degli uomini grandi, ci
chiede di essere semjdicemente
degli uomini veri. Non ci chiede
di imporre alla società dei valori
sublimi, ma ci chiede di compiere gesti di semplice umanità, di
amore, di solidarietà, come dar
da mangiare agli affamati, da bere agli assetati, accogliere i forestieri, rivestire gli ignudi, visitare gli infermi e i carcerati, che
rimangono costantemente incompiuti e che non possono essere
sempre delegati ad altri!
Alberto Taccia
so di insistere sul nome « concilio ». E’ lo stesso Weizsäcker
a cedere sul nome, contando così di ottenere una partecipazione il più possibile vasta. La questione del nome è di forma o di
sostanza? Indubbiamente ciò che
fa di un incontro un concilio
non è un’autodefinizione, ma
ciò che il concilio stesso dirà.
« Bisogna dire la verità — afferma Weizsäcker — e la verità
s’imporrà come tale ». D’altra
parte perché rinunciare al nome? Prima ancora di sapere che
cosa dirà, è proprio il nome di
concilio a dare problema. Lo dà
ai cattolici, perché solo loro si
sentono autorizzati a convocare
il concilio, anzi, solo il papa
può farlo! Lo dà agli ortodossi,
perché per loro la serie di concili s’è chiusa col IV secolo.
Ecco dunque che l’idea del concilio mette a nudo il drammatico problema della divisione
delle chiese; ma non di quella
sostanziale, ma di quella formale. Non si può fare un concilio
non perché lo Spirito Santo ce
10 impedisce, ma perché le tradizioni, il diritto canonico, il papa ce lo impediscono. La rinuncia al nome diventa in tal modo l’accettazione di fatto di un
sistema di cose assurdo. Ed allora qui mi viene un’altra domanda: come possiamo chiedere al mondo, ai politici, agli industriali un cambio di mentalità, senza essere noi per primi
capaci di un rinnovamento profondo del nostro modo di essere e vivere la chiesa?
Un altro problema è dato dalla chiesa cattolica che finora, a
mia conoscenza, non ha espresso ufficialmente alcuna posizione. Il papa, per es., su questo
punto tace e, oom’è noto, ha
proposto per il 27 ottobre una
giornata di preghiera ad Assisi,
alla quale sarebbero invitati, secondo notizie d’agenzia, i « capi
di tutte le religioni del mondo ».
11 27 è un lunedì.
Perché proprio un lunedì?
Qualcuno, malignamente, ha osservato che forse questo era l’unico giorno libero da impegni di
viaggi del papa! Weizsäcker accetterebbe di andare ad Assisi,
nella speranza di agganciare il
papa alla proposta del concilio
(o assemblea). Ammiro lo spirito di mediazione del grande filosofo e scienziato, ma spero
tanto che Assisi non diventi una
Canossa! Il papa certo non può
rinunciare a fare il suo mestiere, e quindi deve in qualche modo diventare il perno intorno al
quale far girare anche le questioni della Dace. Ma si rende almeno conto che, in tal modo,
egli non diventa il simbolo di
unità, ma quello della divisione
delle chiese?
Un terzo problema è quello
del rapporto tra concilio ed unità dei cristiani. Il concilio non
si può fare perché siamo divisi, e siamo divisi perché non
possiamo fare il concilio. Per
superare questa impasse si chie
Luciano Deodato
(continua a pag. 4)
2
2 vita delle chiese
luglio 1986
SCUOLA LATINA DI POMARETTO
UN RICORDO
Ultimo otto
Grazie Katharina
Sabato 14 giugno lo studente
di turno suona per l’ultima volta la campanella della Scuola
Latina e quel suono è pieno di
malinconia: non si tratta infatti soltanto dell'annuncio della
fine delle lezioni o della fine dell'anno scolastico ma degli ultimi rintocchi di quella campana
che per decenni ha scandito la
vita scolastica di generazioni di
studenti. Nel prossimo autunno
la Scuola Latina non riaprirà
più i suoi battenti e questo un
anno prima di quanto preventivato.
Gli alunni di terza media hanno ancora sostenuto i loro esami, diplomandosi tutti con risvdtati più che lusinghieri, quelli della seconda hanno invece
dovuto cercarsi un’altra scuola
malgrado le promesse fatte loro
al momento dell’iscrizione alla
prima media, promesse sottintese nell’atto sinodale che nel
1984 ha decretato una chiusura
« graduale » della scuola. Anche
per il personale in organico non
sembrano realizzate tutte le
promesse espresse in quello
stesso atto sinodale (n. 23 SI 84).
Non vorremmo però che questo malcontento lasciato da questa chiusura anticipata copra la
riconoscenza che gli studenti o.
forse più ancora, le loro famiglie hanno verso i professori che
hanno portato avanti con grande dedizione il loro insegnamento, malgrado le prospettive incerte in cui hanno dovuto lavorare.
Erede dell’Ecole Générale, nasce nel 1701 una « scuola latina »
che il Sinodo del 1704 destina
alternativamente alla Val Pellice
ed alla Valle Germanasca per
cicli di tre einni. La scuola non
ha un locale proprio e le grosse difficoltà finanziarie ne rendono irregolare lo svolgimento.
Nel 1735 nasce il Comitato Vallone che tanto ha fatto per l’L
struzione alle valli. Nel 1785 si
definiscono due cicli di studi;
uno inferiore a Pomaretto ed
uno superiore a Torre Pellice,
ma questo ha breve durata, malgrado il grande impegno del Moderatore Rodolfo Peyran.
Si ricomincia il 1° maggio
1830 per interessamento del Gilly che dopo essersi preoccupato della riorganizzazione degli
studi superiori a Torre Pellice
fonda la Scuola Latina di Pomaretto sistemata, per interessamento del Concistoro, nella
casa Peyran al centro del villaggio con rettore Giov. Giacomo
Peyran, figlio del defunto Mode
CORRISPONDENZE
Ragazzi del ’99
GIGNORO (Pi) — Li chiamano così — « Ragazzi del '99 » —
gli uomini della classe 1899 che,
ancora ragazzi, furono gettati
nella carneficina della guerra
1915-18. Diminuiscono rapidamente.
Al Gign'oro ne erano rimasti
due.
Abitavano una cameretta comoda, ariosa, tutta per loro. Venivano da ambienti e decenni di
vita consumati in esperienze differenti: avevano in comune la
vedovanza, tanti malanni fisici;
caratteri « risentiti ».
Ognuno i suoi ricordi: foto sul
comodino, alle pareti; e in bella
cornice la medaglia e il diploma di « Cavaliere di Vittorio Veneto ». Prossimi alla sordità, si
parlavano poco. In compenso,
bisognava ascoltare non di rado
le proteste dell’uno contro l’altro, veementi, al limite : « Non
ne posso più, me lo levi di torno ».
Ma non tutto era li, in quelle
proteste che in sostanza andavano alle limitazioni fisiche, alle
loro sofferenze. L’uno avrebbe
voluto dall’altro quanto gli era
venuto meno, quanto non poteva
più essere. Passavano lunghe ore
in silenzio; tentavano una conversazione faticosa, poi ognuno
calava nelle proprie preoccupazioni; uscivano di camera, ognuno per il proprio itinerario, anche a tavola.
Giorni fa, d’improvviso, uno ha
ceduto ad un nuovo attacco di
cuore. Nel letto, alto in tutta la
sua statura, era sull’attenti davanti alla morte. Un volto sereno, composto. Ai piedi del letto,
in im pianto profondo, l’altro.
Si reggeva alla spalliera, diceva in singhiozzi: « Era il mio
compagno. Ci volevamo bene, sa.
A modo nostro. No, non me lo
levate: stanotte voglio lare io la
sua veglia funebre : è il mio compagno morto sul campo ».
I suoi occhi colmi di pianto
vedevano altre cose.
Culti estivi
RIMINI — Gli orari estivi
dei culti della chiesa valdese sono stati così stabiliti: alle 9.30
culto in tedesco; alle 18 culto in
italiano. Detto orario resterà in
vigore fino alla fine di settembre. L’indirizzo della chiesa è;
viale Trento, 61 (tei. 51.055).
Corpo pastorale
Il corpo pastorale è convocato per sabato 23 agosto alle
ore 9 nell’Aula Sinodale della Casa Valdese di Torre Pellice col
seguente o.d.g.:
1 ) esame di fede dei candidati Susanne Labsch e Alberto Pool;
2) varie.
Se Tesarne di fede dei candidati avrà esito positivo, i
sermoni di prova verranno tenuti nel tempio del Ciabas alle
ore 17.30 dello stesso giorno.
Tutti i membri delle Chiese valdesi, metodiste, libere,
nonché gli invitati al Sinodo sono cordialmente pregati di
assistere all’esame di fede e di partecipare alla discussione
del sermone di prova.
Il Moderatore della Tavola Valdese
past. Giorgio Bouchard
Nota. Il corpo pastorale sarà riunite nella biblioteca della
Casa Valdese fin da venerdì 22 agosto alle ore 16 per l’esame
del progetto di nuovo catechismo.
ratore, ottimo educatore ma che
morirà nella miseria più nera.
Il problema dei locali è sempre critico e nel 1842, per interessamento del Beckwith, viene
costruita una nuova sede, l’attuale « casa dei professori ».
Finalmente nel 1865 viene costruita la sede definitiva. Una
lapide ricorda: « Collegio Inferiore di Pomaretto. Ai Valdesi
di San Martino e Perosa, il Rev.
D. W. Stewart Pastore Scozzese
a Livorno ed i suoi amici della
Scozia MDCCCLXV».
Dal 1895 vengono ammesse
anche le ragazze! e parecchi cattolici cominciano a frequentarla. Molti sono gli studenti provenienti dalle comunità dell'alta valle. E’ l’epoca in cui i « ciabot », nelle vigne, ospitano gli
studenti che scendono a Pomaretto alTinizio della settimana
con le loro provviste di pane nero, formaggio e mele. Nel 1922
verrà così costruito il Convitto
la cui storia è altrettanto travagliata di quella della Scuola Latina.
Dal 1931 al 1945 per difficoltà
finanziarie, mancanza di alunni
ed eventi bellici la scuola rimane chiusa, ma viene riaperta per
iniziativa del pastore Guido Mathieu e con alla presidenza la
professoressa Elsa Balma, che
guiderà con amore la scuola p»er
quasi quaranta anni.
Pian pianino però i tempi
cambiano: l’apertura delle scuole medie statali, la discussione
sulle nostre opere diaconali, le
sempre risorgenti difficoltà finanziarie... ma questa è la storia dei, giorni nostri.
Renato Coi'sson
Cara Katharina,
quando nel 1978 sono tornata alle Valli quasi non ti
conoscevo, però fin dai primi incontri con te nel lavoro
delle Unioni femminili sentii subito una grande affinità di pensieri, di intenti, di
speranze come se ti avessi
sempre conosciuta.
Quando la dolorosa notizia della tua scomparsa ci
ha lasciati tutti sconvolti ho
avvertito in alcune persone
un pensiero di rammarico
per il fatto che avevi fatto
al di là delle tue forze. E devo dire che, per un attimo,
questo pensiero ha sfiorato
anche la mia mente ma l'ho
allontanato subito per lasciar posto ad un’altra riflessione: tu, che avevi una
così sana voglia di vivere e
di operare, non hai voluto
perdere neppure un istante
del tuo breve cammino terreno, perciò hai profuso a
piene mani, senza risparmio,
nonostante le tue condizioni
di salute talora precarie, tutta quella carica umana di
affetti, di gioia, di comprensione e di solidarietà che
avevi in te; noi abbiamo ricevuto molto e ti siamo infinitamente grati.
Nella quiete mattutina del
giardino dell’ospedale di
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Tempio aperto
TORRE TELLICE — E’ ormai
una simpatica tradizione della
commissione evangelizzazione
della nostra comunità l’iniziativa del "Tempio aperto” che ogni
anno cerca di far conoscere ai
numerosi turisti presenti nella
nostra cittadina le problematiche delTEvangelo e delle chiese
evangeliche.
Per tutte le domeniche di luglio e di agosto si potrà visitare
il tempio (anche se i templi evangelici non hanno particolari
"beni” da mostrare) ed incontrare qualcuno pronto a dare informazioni sulla fede, sulla storia e
sulla vita della comunità evangelica.
Dal 20 luglio al 17 agosto,
ogni domenica alle 17.30 nel tempio vi saranno una serie di conversazioni con quanti intendono
parteciparvi:
— il 20 luglio, il past. Neri
Giampiccoli parlerà sul tema
« Chiesa visibile e chiesa invisibile »;
— il 27 luglio, Susanne Labsch
parlerà sul tema « Scegli la vita »;
— il 3 agosto, il past. Claudio
Martelli parlerà sul tema « I metodisti nella storia d’Italia »;
— il 10 agosto, il past. Giorgio
Toum parlerà sul tema « Il 450"
anniversario della adesione alla
Riforma della chiesa di Ginevra »;
— il 17 agosto, la dr. Bruna
Peyrot parlerà sul tema « L’Editto di Nantes e le sue ripercussioni sulle comunità valdesi ».
Sono inoltre previsti dibattiti
e tavole rotonde sui temi del dialogo ecumenico (organizzati in
collaborazione con la comunità
cattolica) e delTes'orcismo.
Botdighera, prima del tuo
ritorno alle Valli, il pastore
Peyrot, dopo aver letto nell’epistola ai Romani l’inno
di vittoria dei credenti, si è
soffermato sul versetto finale: « Io sono persuaso che
né morte, né vita, né angeli,
né principati, né cose presenti, né cose future, né potestà, né altezza, né profondità, né alcun altra creatura
potranno separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù nostro Signore » (Rom. 8:
38-39).
Questo breve momento attorno a te con un gruppo di
amici provenienti in gran
parte dalle valli Chisone e
Germanasca alle cui comunità hai dato tanto di te stessa e durante il quale una
giovane, Lucilla Peyrot, ha
desiderato portare la sua testimonianza (attraverso la
quale ho avvertito la voce di
tutte le donne per cui hai lavorato!) ti sarebbe piaciuto
nella sua semplicità e spontaneità affettuosa; penso che
se tu avessi potuto dirci ancora una parola di commiato ci avresti detto proprio
questa: « Nulla potrà separarci dall’amore di Dio ».
Grazie Katharina: nulla
potrà separarci dall’amore
di Dio e, nella comunione dei
crédenti, nulla potrà separarci da te.
Elsa Rostan
Riunioni estive
PERRERO-MANIGLIA — Calendario delle riunioni estive:
13 luglio: Lorenzo (Maniglia);
10 agosto: Crosetto; 17 agosto:
Parant.
Battesimo
POMARETTO — Domenica 6
luglio è stato presentato al battesimo il piccolo Roberto di Peyronel Otto e di Giacomino Franca. Lo Spirito del Signore che è
stato invocato sul piccolo Roberto come guida e protezione
aiuti i genitori a mantenere fede alla promessa fatta davanti
a Dio ed alla comunità.
Concerto all’Expo
LUSERNA S. GIOVANNI —
Inserita nelle manifestazioni del
luglio lusernese Expo '86, la nostra Corale, diretta dal M.o Enrico Charbonnier, ha eseguito
domenica sera un concerto che
ha avuto calorosi applausi dal
folto pubblico presente.
Molto apprezzato anche lo
Stand allestito dalla nostra comunità a favore dell’Ospedale
Valdese di Torre Pellice, che
continua ad essere meta di numerosi visitatori i quali, attraverso i vari documenti e grafici esposti, guardano con molto
interesse a questa nuova opera
della nostra chiesa.
• Domenica 13 luglio, alle ore
15.30, sotto i castagni di Ciastlìisset si terrà un culto all’aperto a cui sono invitati in modo
particolare gli abitanti della collina di San Giovanni, ma al quale anche altri fratelli e sorelle sono i benvenuti.
Doitienica 13 luglio
□ CULTO IN
PIEMONTESE
PIEDICAVALLO — Alle ore 17.30 si
tiene l’annuale culto in piemontese.
Domenica 20 luglio
□ INCONTRO AL COLLE
DELLA CROCE
BOBBIO PELLICE — Alle ore 10.30
col culto dei pastori Jean Paul Hubert
e Claudio Pasquet, avrà inizio il tradizionale Incontro italo-francese del
Colle della Croce giunto alla sua 53‘
edizione.
Venerdì 22 agosto
□ CORPO PASTORALE
TORRE PELLICE — Alle ore 16 presso la Biblioteca della Casa Valdese si
riunisce il corpo pastorale delle Chiese
valdesi, metodiste e libere per l'esame
del progetto di nuovo catechismo.
Sabato 23 agosto
n ESAME DI FEDE
TORRE PELLICE — I membri delle
Chiese valdesi, metodiste e libere possono assistere all’esame di fede dei
candidati al ministero pastorale Susanne Labsch e Alberto Pool che si tiene
alle ore 9 nell’aula sinodale.
Alle ore 17.30 presso- H Tempio del
Ciabas, se l’esame avrà esito positivo, si tengono I sermoni di prova.
Domenica 24 agosto
n SINODO DELLE CHIESE
VALDESI E METODISTE
TORRE PELLICE — Alle ore 15.30 si
tiene nel Tempio il culto di apertura
del Sinodo 1986 delle Chiese valdesi e
metodiste.
Il culto sarà presieduto dal prof.
Bruno Corsani.
3
r
Il luglio 1986
fede e cultura 3
Mi vado convincendo che la
questione del finanziamento delle
Chiese con legge dello Stato sia
stata male impostata, per cui non
darà buon frutto. Le risposte pervenute dalle Chiese, come del resto i precedenti interventi dei singoli, ne sono la riprova. Pareri divisi, opinioni incerte, motivazioni
di sola opportunità o convenienza.
Non mi sembra si possa asserire
che « al di là delle valutazioni, si
sta forrnando una notevole convergenza di punti di vista su quei che
debbono essere i rapporti Stato
Chiesa » (Eco 16.5).
A me sembra che tali rapporti
nel nostro campo sono stati chiariti da secoli con notevole coerenza sulla base di quei criteri che
anche nella recente intesa del
1984 sono stati ribaditi. Non ritengo che l’attuale impostazione
della questione del finanziamento
ecclesiastico da parte dello Stato
possa portare altro oltre ad una
notevole confusione, come si sta
riscontrando, se si osa guardare le
cose in faccia.
Ma vediamo anzitutto come stanno realmente queste cose. V’è da dire che la questione sorge da un voto espresso dalla Camera (il Senato ha taciuto sul tema). Quindi si
tratta solo di un voto politico con
cui non si invitano le varie confessioni religiose a far sapere se
intendono o no valersi del nuovo
sistema di finanziamento escogitato per la Chiesa romana; ma si
impegna il Governo « a prendere
iniziative » al riguardo circa le
altre confessioni. Orbene di iniziative del genere il Governo, a quanto risulta, non ne ha presa nessuna, a parte il fatto di aver promosso una specie di sondaggio al
riguardo, tramite propri esperti,
nel corso delle trattative per una
intesa con alcune confessioni; ma
non con quella che ha già conclusa l’intesa, che siamo noi.
L’invito specifico rivolto al Governo di prendere « iniziative legislative rivolte a risolvere il problema in linea generale attraverso
norme di diritto comune », a
quanto dicono i suoi stessi esperti
in materia, il Governo l’avrebbe
disatteso. Ne può pensarsi che miglior esito possa avere la proposta dell’on.le Bassanini ed altri
che concerne, in misura ridotta,
più o meno la stessa questione. Infatti è noto che una legge per
estendere il trattamento finanziario stabilito per la Chiesa romana a tutte le altre confessioni, il
Governo non la presenterà mai in
Parlamento. Non è questo che
vuole. Si desidera invece, e lo sì
è fatto capire in modo abbastanza chiaro, che siano le Chiese a
richiedere tale estensione da attuarsi a mezzo di intesa. In tal
modo, è ovvio, le varie confessioni religiose darebbero il loro avallo, come contropartita del finanziamento, alla politica ecclesiastica del Governo in materia di
finanziamento pubblico. Così verr-ebbe dimostrata non solo la rispondenza del sistema escogitato
alle esigenze di tutte le confessioni ed alle loro diverse ecclesiologie, ma anche l’illuminata politica
che ha condotto a tanto felice soluzione. Ouod est in votisi
Oltre a ciò. non v’è null’altro di
concreto su cui fondare la questione montata tra noi come se
fosse panna; e che — nei voti di
alcuni — dovrebbe sfociare in un
ampio consenso a favore del nuo\'o sistema.
Qualcos’altro su cui meditare
però c’è. Anzitutto c’è il rifiuto
netto opposto al nuovo sistema di
finanziamento ecclesiastico dagli
ebrei e dai battisti. Tali confessioni. come si sono già espresse,
non intendono valersi della estensione del sistema testé varato per
la Chiesa romana. A noi lo ha detto chiaro al Convegno di Ecumene a fine febbraio l’aw. Fubini,
uno dei rappresentanti ebraici ,che
tratta l’intesa con il Governo. Ma
a tale intervento anche l’Eco non
ha dato il risalto che avrebbe meritato. Poi c’è la messa a punto sul
sistema in questione che il prof
Mirabelli (uno degli esperti di Go
verno che ha partecipato alla trat
tati va con la S. Sede per predi
DIBATTITO
Elogio di un rinvio
sporre il sistema predetto) ha fatto al precitato Convegno di Ecumene. Egli ha precisato che il
, Governo « offre un modello » che
è quello che è; e che prevede cioè
il sistema della deduzione dal reddito delle liberalità fatte alla
Chiesa (a. 46) e la devoluzione alla stessa dello 0,8% del gettito totale della Irpef « per il sostentarnento del clero, per le esigenze
di culto della popolazione, per interventi caritativi a favore della
collettività nazionale o di paesi
del terzo mondo ». Le ragioni che
giustificano il sistema sono queste. Ed è bene convincersi che
esse restano inalterate per qualsivoglia confessione religiosa desideri partecipare al sistema stesso. Le destinazioni del denaro pubblico sono intimamente legate nell’unico modello offerto, e non se
ne prevedono altre. Non è previsto nel sistema che il denaro pubblico possa essere dirottato verso
una piuttosto che un’altra direzione a beneplacito di una confessione. Se si vogliono questi denari bisogna prenderli per i fini per
cui sono offerti. Il sistema ha
una sua logica. Non è stato inventato per favorire le Chiese, ma per
finanziare i loro fini. Di fatto poi
ogni Chiesa renderà i suoi conti,
ma per lo Stato le destinazioni
sono quelle che ha deciso lui. Solo
così si giustifica un sistema di finanziamento pubblico. Pertanto o
prendere il tutto, o lasciare il tutto. Lo scopo ultimo è avere l’avallo al sistema; chi vuole il denaro,
deve darlo.
Nel nostro campo la Questione
però è stata vista ed impostata in
un’altra maniera.
Da un lato il Sinodo 1985 ha
approvato in proposito due atti
quasi che vi fosse fretta a decidere o pericolo nel ritardare ogni
decisione. L’art. 60 anzitutto, con
il quale è stato ribadito (in coerenza con la linea espressa nel1’ intesa del ’84) « il proprio giudizio negativo sull’assunzione da parte dello Stato di oneri di mantenimento degli enti ecclesiastici e
dei ministri di culto e di sostegno
finanziario ai cosiddetti bisogni religiosi della popolazione ». Con tale articolo si esclude che il sistema varato per il cattolicesimo possa essere applicato alle nostre
Chiese, agli organi od enti; cioè
gli istituti e le opere con cui si
esercita la diaconia o per altri
« bisogni religiosi delle popolazioni » che le chiese volessero curare. Poi però con l’articolo 61, in
vista di una eventuale iniziativa
che il Governo volesse prendere,
« dopo aver preso posizione... su
ciò che in detta normativa (la
legge sul finanziamento ecclesiastico) è chiaramente inaccettabile e
come tale escluso per le chiese vaidesi e metodiste in coerenza con
il loro ordinamento, chiede alle
chiese di studiare la Questione
(non di pronunciarsi per il sì o per
il no. come si sta facendo) al fine
di stabilire se al di là di tale esclusione, sussistano nel citato o.d.g.
del Parlamento (invero solo della
Camera) e nella normativa a cui
si riferisce degli elementi suscettibili di essere tradotti nel nostro
ordinamento » (sic).
Tale dettato sinodale indica una
strada da seguire completamente diversa da quella su cui ci si è
incamminati fuor di proposito. E’
facile comprendere che tale studio da parte delle chiese avrebbe
dovuto partire da una riflessione
su! nostro ordinamento (oggi riconosciuto anche dallo Stato come la normativa che ci governa
in modo primario), per vedere, e
se del caso indicare, quali elementi utili potrebbero rinvenirsi nelle
disposizioni di legge sulla questione del finanziamento pubblico
delle Chiese, da doversi conside
rare in sede sinodale come motivazioni per eventuali modifiche
da apportare, dopo attenta riflessione, al nostro ordinamento in
materia contributiva.
Ma per invitare a far ciò, anziché delle indicazioni afferenti, sono state inviate alle chiese 4 prese di posizione (tre a favore ed
una contraria all’accettazione del
sistema di finanziamento statale)
inquadrate da due pregevoli documenti; uno studio sul « denaro
nella Chiesa » — invero più manageriale che ecclesiastico — interessante, ma non idoneo a far
riflettere le chiese e i loro organi
sui criteri informatori, sulle particolarità e sulla portata del nostro sistema contributivo in atto,
su cui il Sinodo voleva che le
chiese rinnovassero la loro riflessione; ed un ottimo sermone centrato sul passo del « rendete a
Cesare... » che non è il solo testo
bibli''o idoneo a delucidare la situazione. I titoli stessi delle 4 relazioni (due delle quali si dilungano persino sul come organizzare
la gestione del denaro proveniente dalle risorse statali, come se
il tutto fosse già in atto), denotano il carattere Pubblicitario a favore dell’accoglimento del nuovo
sistema che nessuno ancora ci ha
offerto.
Stante la surrichiamata impostazione della questione e la documentazione preparatoria, non fa
specie che i più abbiano ritenuto
che si trattasse veramente di un
prendere o lasciare; di una felice
occasione da non perdere, o di
una tentazione da schivare. Non
sorprende pertanto che mentre coloro che singolarmente si sono
pronunciati per il no. anche su
Queste colonne lo abbiano fatto
richiamandosi per lo più alla sola
natura della nostra Chiesa; e che
quanti invece si sono schierati per
il sì lo abbiano fatto richiamandosi
a valori propri di una Chiesa di
Stato (concetto a noi del tutto estraneo), ad argomentazioni di
convenienza, ai vantaggi che se ne
possono ricavare, a criteri mondani, senza sforzarsi di penetrare
i principi informativi del nostro
ordinamento ecclesiastico, né tener conto delle nostre modeste
possibilità e capacità amministrative.
Vien fatto di ricordare Quanto
uno degli esperti governativi in
materia faceva osservare ad un
rappresentante di altra confessione religiosa che gli diceva che vaidesi e metodisti, in coerenza con i
loro principi e con la intesa firmata a febbraio del 1984, non avrebbero mai richiesto l’applicazione
del sistema di finanziamento concordato con la Chiesa romana fed
è da notare che anche vari parlamentari, la pensano così). L’esperto predetto rispondeva precisando:
« Lei non si preoccupi; il denaro
piace a tutti; vedrà che alla fine
anche i valdesi ed i metodisti chiederanno l’estensione del nuovo
sistema di finanziamento ecclesiastico per le loro Chiese » ! Convengo con chi ritiene che una frase del genere è uno sputo in faccia; ma debbo d’altra parte dare
atto che per certuni tra noi ha colto il bersaglio.
Concludendo — se si tien conto
che una questione del genere va
risolta sul piano delle Chiese, non
su quello dei singoli credenti; che
è quindi sciocco pensare che anche la Chiesa, quale istituzione,
oltre ai credenti quali cittadini,
sia una « componente della società ». mentre è ben altra cosa; e
che tutto sommato, a parte gli argomenti su cui le chiese singole
hanno basato i sì o i no, varie
chiese hanno saputo con un onesto candore indicare al Sinodo la
via de! rin^4o — penso che v’è
ancora il modo di fare le cose a
modo nel prossimo Sinodo.
Un rinvio sembra savio, in
quanto oltre al fatto che non c’è
fretta, v’è da stare a vedere come
si metteranno le cose all’italiana
in fase di attuazione del sistema
quando col 1990 andrà in vigore per la Chiesa romana. Né si
prevede prima del 1993 una messa a punto sui dati di risultanza
del primo triennio di attuazione.
Così col rinvio verranno ad assopirsi lo sconcerto e la confusione prodottisi nelle file dei nostri
contribuenti a causa di questa voluta impennata a decidere prima
di subito un problema di là da venire.Molti hanno notato le spiacevoli ripercussioni che già si manifestano. Chi è contrario per lo
più dice: Vogliono i denari dallo Stato, se li prendano; ma non ci
chiedano poi altre contribuzioni!
E chi è favorevole avverte: Non
hanno voluto cogliere l’occasione
felice che lo Stato offriva loro, ebbene non vedo perché dovrei continuare a contribuire a favore di
chi non ha saputo prendere quello che c’era da prendere.
Scontenti gli uni; scontenti gli
altri. Come ristabilire l’unità di intenti rotta per via di questa disgraziata avventura? Certo appare veramente difficile trovare un modo per prendere questi denari dallo Stato, continuando ad asserire
che non li si vogliono! Anche su
questo aspetto il Sinodo è chiamato a riflettere.
Appare savio quindi accogliere
il suggerimento di chi vede nel
rinvio la via di uscita da una situazione male impostata, tornando
a stare nei cardini della nostra
ecclesiologia e del nostro ordinamento. E’ certo però che per la
confusione manifestatasi vi è tra
noi chi pensa che così ragionando
si trattano solo « i princìpi »; si
fa della teoria; mentre il concreto anche per la Chiesa sta nel denaro, che... piace.
Giorgio Peyrot
FINANZIAMENTI ECCLESIASTICI - 9
Rinviare al 1994
La chiesa di Ivrea ha approvato un documento che riportiamo nei suoi passi salienti,
nella sua assemblea del 25 maggio. « Richiamandosi aU’art. 5
delle Discipline generali... agli
Statuti delle Opere valdesi e metodiste e alla linea espressa dall’Intesa, ritiene che Taccettazione dello 0,8%... porrebbe le nostre chiese in una posizione di
privilegio, di chiara marca concordataria, in contrasto con la
volontà... di mantenere i nostri
rapporti con lo Stato in termini di libertà e non di privilegio.
Esprime... il proprio parere negativo su una eventuale estensione alle nostre chiese del sistema dì finanziamento previsto
dalla legge 222/85. Raccomanda...
un’attenta vigilanza suH’evolversi della questione e, qualora i
termini di privilegio... fossero
superati da nuove leggi, propone che l’intera materia venga
attentamente esaminata ed approfondita in vista della revisione dell’Intesa prevista per il
1994 ».
I voti suH’8 per mille sono
stati: sì 0; no 24; astenuti 4; analoghe le percentuali sulle altre questioni.
La chiesa valdese di Sanremo
ha studiato i documenti e ha raccolto il parere dei membri tramite un questionario, distribuito
in 40 copie, 25 delle quali sono
state restituite.
Per l’autofinanziamento della
chiesa, per la cassa culto, si pronunciano 20 risposte; per Taccettazione di Contributi statali 1.
Per l’accettazione deH’8 per mille
a favore di opere o servizi sociali gestiti dalla chiesa si pronunciano favorevolmente 16, contro 5, 4 non rispondono.
SulTINVIM (esenzione totale
sugli immobili al servizio di attività ecclesiastiche locali, enti dì
assistenza e di istruzione, ecc.) le
percentuali sono identiche.
Vengono riportate anche per
sommi capi le motivazioni (a
favore o contrarie). Interessante la distinzione portata sulriNVIM; gli immobili che si
vorrebbero esenti non sono quelli di reddito, ma quelli che rispondono ai fini istituzionali della chiesa (culto, istruzione e beneficenza) che dovrebbero godere delle stesse agevolazioni dei
luoghi di culto (chiese, cappelle, ecc.).
La chiesa di Alassio, nell’assemblea di chiesa del 25 maggio
si pronuncia alTunanimità per
l’accettazione deH’8 per mille e
per la totale esenzione dallTNVIM sugli immobili della chiesa che non siano di reddito.
Identica la posizione della chiesa di Imperia (già riferita, cfr.
art. del 13.6.86).
L’assemblea di chiesa di Bergamo, il 31 maggio 1986, approva il seguente ordine del giorno: « L’assemblea... valutate le
argomentate rifiessioni della propria commissione di studio, le
approva (vedi in seguito): ritiene opportuno che le chiese rappresentate dalla T.V. siano pronte a negoziare mediante intese...
l’offerta di finanziamenti equipol
lenti a quelli assegnati... alla
chiesa cattolica; esclude... l’utilizzo di detti finanziamenti ai
fini di culto e sostentamento dei
pastori; esprìme la convinzione
che accettare l’offerta dello Stato sia: legittimo e non in contrasto con Tart. 5 della Disciplina... e con lo spirito delle intese...; non vincolante alla propria
indipendenza; impegnativo per
una rinnovata testimonianza evangelica; signiiìcativo superamento della logica separatista...;
esprime apprezzamento per Todg
n. 9/2337/3 del Parlamento italiano... al fine di eliminare le disparità di trattamento a favore
della chiesa cattolica, parificando la condizione delle altre confessioni religiose, abbiano o no
stipulate intese...; invita il Sìnodo e la T.V. a riservarsi il
tempo necessario per valutare...
le conseguenze... dell’abbandono
della logica separatista, anche
in questo campo finanziario... da
quando siamo entrati... nella nuova logica del trattamento paritario ».
(Nota: le due ultime sottolineature sono nel testo delTodg:
le altre, come i necessari tagli,
sono dell’articolista).
Le riflessioni della commissione di studio, cui Todg fa riferimento, sono, come si evince dal
testo delTodg, favorevoli sia alla deiiscalizzazione, sia alla accettazione delT8 per mille, sia
all’accettazione di esenzioni dalTINVIM.
Sergio Ribet
4
4 ecimMnisiiio
Il luglio 1986
PROBLEMI E SPERANZE NEL DIALOGO CON LA CHIESA D’ORIENTE
Il dialogo tra riformati e ortodossi - 1
L’ecumenismo deve molto alla Chiesa ortodossa - Ecumenismo temporale e ecumenismo spaziale - Volontà di
imparare gli uni dagli altri - Una serie di incontri tenuti in Nord America - Il pensiero di Calvino e quello di G. Palamas
Premessa
L’ecumenismo deve molto alla Chiesa ortodossa per l'incidenza del suo pensiero sulla riflessione teologica. E' nell’incontro con i fratelli orientali che è
stato veriflcat'O in maniera forse più sentita ed impegnativa lo
« spirito » della conferenza di
Losanna (1927). Allora le chiese,
partecipanti al movimento ecumenico, espressero il desiderio
di andare a scuola le une dalle
altre. Non era, per quel tempo,
e non è, per il presente, un’impresa facile. Forse, dal punto di
vista del metodo, essa rimane
ancora al di là delle nostre possibilità. E’ certamente più facile arroccarsi sulle proprie posi-.
zioni e difenderle appellandosi
alla propria identità confessionale e alla propria vocazione
sp>ecifica. Tuttavia oggi non possiamo più passare accanto alle
indicazioni emerse ed ignorare
il fatto che esse ci contestano
seriamente nei nostri ritardi sul
cammino verso Timità. All’incontro di « Fede e Costituzione » a Lundt (1952) e aH’assemblea ecumenica di Evanston
(1954) si parlò chiaramente di
un ecumenismo temporale da
privilegiare rispetto ad un ecumenismo spaziale, o del confronto, che aveva dimostrato ormai
la sua incapacità a creare una
migliore comprensione teologica tra le chiese. Riesaminando
insieme la Scrittura e la storia,
diventava più proflttevole andare a scuola gli uni dagli altri.
Questa intuizione ci è stata mediata dalla Chiesa ortodossa e
più precisamente dal suo teologo G. Florovsky.
Dovendo accennare ai rapporti tra Chiesa ortodossa e Alleanza Riformata Mondiale vedremo im esempio molto significativo dell’applicazione concreta della nuova metodologia
ecumenica.
Ci richiameremo ad alcuni documenti, nati in situazioni diverse, che mettono a fuoco speranze e difficoltà nell’intento di
riuscire a camminare insieme.
Tappe di
avvicinamento
Il primo, apparso sul bollettino trimestrale delLAlleanza {Reformed World, n. 34, 1972), fa
il punto su di una lunga serie di
incontri che' hanno avuto luogo
nel continente nord-americano.
Ad essi hanno partecipato tra
gli altri: John Meyendorff del
Seminario Russo-Ortodosso di
Nuova York, il Prof. George
Hendry, del Seminario Presbiteriano di Princeton e Joseph Me
Lelland, professore di teologia
sistematica a Montreal (Canada).
Il dialogo ha un senso se comporta la volontà d'imparare gli
uni dagli altri e di prepararsi a
cambiare. Così dev’essere anche
per i riformati. Le difficoltà dell’incontro con l’ortodossia sono
evidenti da sempre e bisogna,
innanzitutto, fare i conti con
il vocabolario, perché nulla si
ottiene da un semplice confronto sui temi teologici. Il loro modo di pensare all’uomo, alla morte e a Dio stesso non coincide
con le categorie che noi adottiamo e diamo così spesso per
scontate.
Guardando al di là di questa
barriera linguistica è possibile
intuire la ricca testimonianza
ortodossa sul senso della presenza divina, sulla santità del mondo, sulla speranza futura e sulla comunione dei santi attraverso il tempo e lo spazio fino a
penetrare in quel mondo tutto
lóro legato alle icone (da quelle
familiari a quella del Cristo Pantocrator).
Quali sono i problemi che
incontrano i riformati in questo cammino? Ne ricorderemo
alcuni tra quelli individuati dal
gruppo nord■^americano.
Confessione di fede
e teologia
1. - I riformati privilegiano gli
aspetti intellettuali; si interrogano sul posto del credo e delle
confessioni di fede aU’intemo
delle chiese. Per gli ortodossi.
Echi dal mondo
cristiano
tro lo sfruttamento delle donne
nel turismo in Asia.
a cura di Claudio Pasquet e Susanne Labsch
Dieci milioni
per Cernobyl
(epd) — Il Segretario Generale della Federazione Europea
Battista, Knud Wumpelmann, ha
messo a disposizione una somma di 10 milioni di lire per contribuire all’azione del governo
sovietico di aiuto alle vittime
dell’incidente della centrale nucleare di Cernobyl chiedendo a
tutte le Chiese ed Unioni battiste in Europa di contribuire allo stesso fondo.
Sudafricani
se ne vanno
(soepi) — Il collegio teologico imito di S. Paolo a Limuru
in Kenia si trova in difficoltà
a causa delTintroduzione della
’’teologia nera” nei suoi programmi. Due decenti provenienti dal
Sud Africa e due altri esperti
di teologia sistematica hanno dovuto lasciare il collegio a causa del loro atteggiamento negativo verso la teologia nera. La
’’teologia nera” vuole analizzare
i temi teologici nel contesto africano.
Polemiche
in Ungheria
(epd) — Pastori e laici luterani dell’Ungheria hanno severamente criticato la ’Teologia della diaconia”, portata avanti dal
loro vescovo e membro del parlamento Zoltan Kcdaly. La ’’Teologia della diaconia” distrugge la
pluralità della teologia ed av
velena l’atmosfera fra i credenti che vengono forzati a partecipare alla vita pubblica del paese
senza lasciare loro una scelta
libera.
Lettera a Reagan
e a Gorbaciov
(epd) — La Lega internazionale dei medici contro la guerra nucleare ha inviato al termine del
suo congresso tenutosi a Francoforte una lettera sia al Presidente degli USA, Reagan, sia al
segretario del PCUS dell’URSS,
Gorbaciov. In questa lettera chiede una moratoria bilaterale seguita dal disarmo e critica il programma sdì (guerra stellare).
La Lega dei medici vuole adesso anche occuparsi del tema dell’energia nucleare, ha detto il
presidente del congresso K. Bonhoefler.
Turismo e
prostituzione
(PR) — La Federazione Femminile delle Donne Riformate in
Asia (The Asian Church Women)
ha pubblicato un rapporto su
’’turismo e prostituzione” in
Asia. Il rapporto denuncia le agenzie turistiche che organizzano il business della prostituzione con la tacita complicità delle
autorità. Le donne vengono spinte alla prostituzione tramite false premesse di matrimonio con
un europeo ed una vita agiata e
vengono poi forzate a prostituirsi ai turisti.
La Federazione Femminile ha
annunciato una campagna con
Nuova
presidente
(epd) — La nuova presidente
della Giornata Mondiale di Preghiera delle Donne è la Canadese Jean Alice Finlay. E’ stata
eletta durante le celebrazioni
per il centenario della Giornata
Mondiale di Preghiera a New
York.
Incontro in
Zimbabwe
(soepi) — A Barare in Zimbabwe si sono riuniti più di cento giovani, soprattutto dell’Africa e del Sud Africa, su invito del
Consiglio Ecumenico delle Chiese e del Consiglio Sudafricano
delle Chiese (SACCI per discutere sul future e le prospettive
del Sud Africa.
Questa riunione è la conseguenza della riunione d’urgenza dei responsabili delle chiese
sul Sud Africa che si era tenuta
nell’85 sempre a Barare.
Ricordato Tillich
(epd) — Dopo le commemorazioni del centenario della nascita di Karl Barth e l’ottantennio della nascita di D. Bonheeffer è stato commemorato il
centenario di un altro importante teologo. Paul Tillich.
Durante una manifestazione
a Francoforte il professore in
teologia Ratschow ha chiesto
alle chiese di occuparsi finalmente del pensiero di Tillich. Il
principio di Tillich secondo cui
il cristianesimo vive nella storia e che la fede cristiana deve
mostrarsi negli ambiti della politica, della cultura, delle scienze e dell’arte diventa sempre
più importante nella società moderna.
invece, la dossologia è più importante, davanti a Dio, della
teologia. Avvicinarsi per comprendersi è forse possibile se i
riformati sanno resistere alla
tentazione di un legalismo corifessionale e riscoprono il significato genuino di una chiesa
confessante. In quel contesto,
infatti, la teologia e la dossologia convergono.
2. - La Chiesa ortodossa non
ha conosciuto, come noi, l’incidenza del pensiero di Agostino,
del Rinascimento e della Riforma. Questo vuol dire che è necessario risalire molto indietro
nel tempo per far teologia insieme ed esprimersi con un vocabolario reciprocamente comprensibile. Rendersi conto di
questa difficoltà significa riadattarsi. Vi è però un aspetto molto positivo, cioè un’occasione
per non cedere troppo affrettatamente al relativismo storico
in cui ogni conoscenza è datata. In altri termini si può recuperare il gusto dell’assoluto che
ci trascende.
3. - La verifica delle reciproche nozioni di chiesa deve svolgersi risalendo alla storia comune del II secolo. Si può allora constatare una maggiore flessibilità ecclesiologica marcata
dalla centralità del Cristo.
La ’’theosis”
4. - Per gli ortodossi è molto
importante la nozione teologica
di theosis (divinizzazione) che
non trova facile riscontro tra i
riformati. In questa cornice dissensi e consensi vengono alla
luce più chiaramente. I risultati
più promettenti si sono ottenuti
richiamandosi alla dottrina riformata della santificazione. I figli della Riforma hanno dimenticato (e Carlo Barth li ha richiamati) che Calvino era il teologo della santificazione. A differenza di Lutero il riformatore di Ginevra vedeva la giustificazione per fede nel contesto
della santificazione. E’ proprio
questa dimensione che avrebbe
dovuto aiutare i riformati a non
spiegare la loro fede in categorie eccessivamente intellettuali
trasformando spesso la chiesa
in una scuola. (Juando il dialogo
si concentra intorno alle nozioni
di « essenza », « luce », « ener
gie » è molto difficile seguire i
nostri interlocutori. Intanto possiamo ricordare l’affetto esplicito di Calvino per i Padri Greci
e il loro mediatore occidentale
Bernardo di Chiaravalle.
Abituati al nostro discorso sul
Dio nascosto e rivelato, sul Dio
che trascende le nostre parole
umane, non dovremmo essere
incapaci di cogliere qualcosa
della testimonianza ortodossa
quando parla di un Dio direttamente presente, ma non in maniera panteistica o irnmanentistica. In questa linea il gruppo
nord-americano rileva un ricco
parallelismo tra il pensiero di
Calvino e quello di Gregorio Palamas.
5. - Il dialogo tra il cristianesimo occidentale e quello orientale non può ignorare la discussione sull’aggiunta del Filioque
al Credo Niceno. Il gruppo nordamericano intravvedeva, già allora, la possibilità di sbloccare
il dissenso. Il Filioque è stato
aggiunto o rifiutato rispettivamente per motivazioni diverse.
Gli occidentali vedono nel rifiuto del Filioque una subordinazione del Figlio al Padre e gli
orientali vedono nella sua accettazione una subordinazione
dello Spirito al Figlio.
6. - (Quando si parla di spiritualità, che per gli ortodossi significa partecipazione dell’uomo
alla vita, alla verità e alla luce
divine, i riformati si scoprono
abbastanza scettici. Che cosa
possiamo imparare? E’ forse il
caso di interrogarci di nuovo sul
significato (anche liturgico) del
Cristo in mezzo a noi.
7. - Infine i riformati hanno
colto nella teologia dei Padri
Greci il senso di una grande libertà nei confronti di strutture
autoritarie e di legami eccessivamente intellettuali. Perché non
andare oltre e intendere la loro
testimonianza come partecipazione vitale alla risurrezione, alla gloria e alla lode? Così è per
gli ortodossi.
Questo itinerario ormai abbastanza lontano nel tempo (1972)
è tuttavìa una lezione importante che ci viene offerta se vogliamo veramente imparare ad andare a scuola gli uni dagli altri
secondo lo « spirito » di Losanna. Qualcuno ha tracciato una
pista applicando quei criteri ecumenici che sono oggi di comune
ispirazione. Anche i protestanti
italiani dovrebbero per questo
sentirsi meno isolati nella loro
esperienza di piccola diaspora.
Renzo Bertalot
Concilio
pacifista?
(segue da pag. 1)
de alle chiese, anche a quelle
locali, di avviare un « processo
conciliare ». Assumere cioè reciprocamente degli impegni sulla pace, la giustizia, la salvaguardia della natura. Dall’assemblea
del ’90 dovrebbe venire un nuovo impulso, e presumibilmente
anche un allargamento a una
cerchia più vasta di questi impegni o « patti » (covenants).
E’ la scelta di non tagliare
alcun nodo, ma di scioglierlo
con pazienza, evitando forzature. La scelta è certamente saggia, ma il cammino è lungo,
molto lungo.
Avremo il tempo di percorrerlo?
Luciano Deodato
1-4.7045
MIRAM ARE
DI RlMINl
VIA
TetEF (OSAI)
32569
32548
A 50 metri dalla spiaggia -— amhir nti- familiare — ottimi i
servizi e il trattamento.
5
T
Il luglio 1986
obiettivo aperto 5
I 40 ANNI DELLA COMMISSIONE PER GLI AFFARI INTERNAZIONALI DEL CONSIGLIO ECUMENICO
Informazione, mediazione, solidarietà
Una piccola équipe con sede a Ginevra - Discrezione assoluta - La difficile situazione in Corea e Centro America
« Tutti i conflitti nel mondo ci
riguardano, perché ci interessano
la pace e la giustizia ».
Con queste parole Minan Koshy, ex-giornalista, membro della
Chiesa presbiteriana dellTndia
del Sud e dal 1981 direttore della
Commissione delle Chiese per gli
Affari Internazionali (C.C.A.I.)
del Consiglio Ecumenico delle
Chiese (CEC) con sede a Gine\'ra, giustifica il compito che è
stato affidato a lui ed ai suoi tre
collaboratori.
Il raggio d’azione della piccola
équipe è veramente vasto, e le
occasioni di incontro, anche a
Ginevra, non mancano.
« Per contattarci non c’è bisogno di protocollo: la nostra porta è sempre aperta, e rispondiamo sempre al telefono. Per diplomatici, ministri di passaggio
in Europa (e sono molti), siamo
delle persone di fiducia, ecco tutto. Paradossalmente, la nostra
piccolezza, la nostra impotenza
sono la fonte più grande di influenza ».
Efficacia
o pubblicità
Il CEC, attraverso la C.C.A.I.
appunto, è sovente sollecitato ad
intervenire nei conflitti, sia come mediatore diretto tra due av\ersari, sia ricevendo la missione di cercare le persone di fiducia che possono ricoprire quel
ruolo.
Ci vuole una discrezione assoluta, pena il fallimentó delle trattative; e questa suscita a volte
qualche polemica all’interno delia comunità ecumenica.
Ma, contrariamente a quanto
viene a volte rimproverato, il
CEC non lavora con discrezione
solo per la difesa dei diritti dell’uomo nei paesi dell’Est europeo, ma anche in altre situazioni
critiche e poco conosciute.
« In quanto — precisa Koshy
— bisogna scegliere tra pubblicità ed efficacia; efficacia in termini politici, ma anche per quanto
concerne la vita delle Chiese interessate. Si tratta di salvaguardare la comunità ecumenica. E’
frequente che molte Chiese membro ci chiedano la discrezione,
per un primo tempo almeno ».
In altri casi invece, la C.C.A.I.
utilizza la sua influenza morale
sull’opinione pubblica internazionale: ha pubblicato ad esempio un documento tremendo sulla violazione dei diritti dell’uomo sotto il regime di Marcos
nelle Filippine, proprio alla vigilia delle elezioni del 7 febbraio
u.s. La stampa mondiale le ha
fatto eco. « Purtroppo, constata
Koshy, non sempre i mass-media
prestano la stessa attenzione alle nostre dichiarazioni. Sono
maggiormente attirati dai più
piccoli fatti e gesti del papa... ».
Le decisioni del CEC non sono
vincolanti per le Chiese membro: a maggior ragione non lo
sono per le potenze di questo
mondo...
L’obbligo di
prendere posizione
Gli « affari internazionali » —
o per dirla più crudamente, « la
politica » — sono una sfera di
azione del CEC? I cristiani devono « sporcarsi » in essa, oltre al
fatto che spesso questa li divide? Il rapporto presentato alla
Conferenza di Melbourne del
1980, rispondeva a queste domande: « Le Chiese devono svegliarsi al compito profetico che è loro proprio, in seno alle numerose lotte del momento, per dire
sì a tutto ciò che è conforme al
regno di Dio come è stato rivelato aH’umanità nella vita di Gesù
Cristo, e no a tutto ciò che degrada la dignità e la libertà degli
esseri umani e di ogni creatura
vivente... Come il Cristo non è
venuto per una parte soltanto,
ma per tutta l’umanità, le Chiese devono farsi strumento di riconciliazione di questo mondo
diviso. Perciò esse hanno l’obbligo di prendere posizioni nette
nelle lotte e nei conflitti ».
« Un altro aspetto importante
del nostro lavoro — continua
Koshy — è di rispondere alle domande di informazione che ci
provengono dalle Chiese membro,
quando ci pongono domande del
tipo: “Perché aiutate il Vietnam
e la Cambogia, mentre i nostri
governi rifiutano attualmente
ogni aiuto economico a quei
paesi?’’. Il nostro ruolo è di essere strumenti di trasmissione
tra i nostri diversi membri, affinché essi percepiscano i bisogni
gli uni degli altri.
Infine, un terzo aspetto del nostro compito è di incoraggiare
le Chiese nazionali a dare il loro contributo specifico alla risoluzione, attraverso mezzi non militari, dei conflitti latenti o aperti in cui possano essere influen
Incomggiare
le Chiese
La C.C.A.I. prende molto a
cuore questa terza funzione, nell’ambito della comunità ecumenica. La sua azione nell’Asia di
Nord-Est ben lo dimostra.
Per la C.C.A.I., attiva in quella
regione del globo fin dal 1950,
la Corea è una delle zone più nericolose e fa pesare sul mondo
intero la minaccia non solo di
una guerra, ma di un olocausto
nucleare.
L’accumulo di armi atomiche
americane nella parte Sud è impressionante. La guerra ideologica tra i due Stati non è mai
cessata negli ultimi 30 anni; i ragazzi coreani passano una o due
ore la settimana, dalla materna
al liceo, a seguire, al Nord, corsi
di « anti-imperialismo »; e, al
Sud, corsi di « anticomunismo ».
La presa del potere al Sud da
parte del generale Chun nel 1980
è stata seguita da una violenta
repressione contro ogni tentativo di resistenza, e dunque anche
contro i cristiani, visto che molti di loro si oppongono alla dittatura.
Ascoltando il grido di sofferenza delle sue Chiese membro in
Corea del Sud, la C.C.A.I. ha organizzato una « Consultazione
per la pace e la giustizia nell’Asia di Nord-Est » a Tozanso,
in Giappone, nel novembre 1984.
Il modo in cui è stata preparata
illustra bene i metodi di lavoro
della C.C.A.I.
In Corea del Sud, il CEC conta tre chiese membro (protestanti); con esse, e con il Consiglio
nazionale delle Chiese della
Corea (del Sud), la C.C.A.I. ha
sviluppato il suo progetto. Ha
reso visita a rappresentanti del
governo sud-coreano nel paese
stesso, mentre a Ginevra ha preso contatto con diplomatici del
Nord e del Sud. Infine ha contattato rappresentanti dei governi
del Giappone, della Cina Popolare, degli Stati Uniti e delTURSS
(tutti implicati direttamente nel
conflitto coreano), perché comunicassero alla « Consultazione »
le loro rispettive posizioni.
Anche la Federazione cristiana
della Corea del Nord ed il Con
siglio cristiano della Cina popolare furono visitati da Koshy e
da Philip Potter (allora segretario generale del CBC), anche se
poi non presero parte alla conferenza.
In quella sede, una delle decisioni più importanti fu l’impegno a fare il possibile per rompere l’isolamento dei cristiani
del Nord (circa 10.000 in tutto).
La presenza a Tozanso di cristiani della RiDT, della Cecoslovacchia e dell’URSS fu estremamente preziosa, in quanto, con la
loro esperienza, riuscirono a convincere i cristiani del Sud, molto diffidenti, di che cosa significhi essere tagliati fuori dal resto del mondo.
Ci furono echi, riguardo alla
conferenza, a livello dei governi
e delle 'Chiese. Grazie a Tozanso,
la Federazione cristiana della
Corea del Nord è stata invitata
pochi mesi dopo dal Consiglio
cristiano della Cina e dalla Chiesa ortodossa russa; ci furono consultazioni di vàrie chiese in USA
e Canada ohe si sensibilizzarono
al problema; ma soprattutto, daini al 19 novembre 1985, una delegazione della CjC.A.I. si recò
in Corea del Nord a nome delle
Chiese del Sud.
Il momento più emozionante
dell’incontro fu quando vennero
consegnati agli ospiti, che non se
l’aspettavano, sei innari stampati al Sud, regalo simbolico dei
loro « fratelli separati ».
I diritti umani
Grande attenzione viene posta
alla difesa dei diritti dell’uomo.
Ad esempio, negli anni 1980-81,
nel Salvador, il vescovo Romero
era osteggiato dall’estrema destra locale e da una parte della
Chiesa cattolica. Il CEC mandò
una delegazione, di cui fecero
parte anche dei gruppi cattolici.
« Tanto che la Chiesa cattolica
ci ha accusato, anche per il Nicaragua , di incoraggiare le divisioni in seno alla Chiesa cattolica
stessa ».
« Per questo, dal 1983 — av
verte Erich Weingärtner, un collaboratore di Koshy — abbiamo
aperto un dialogo col Vaticano.
Siamo contenti di poter interloquire con Roma, anche se non
ne condividiamo il punto di vista su situazioni come quella del
Nicaragua, dove abbiamo due
Chiese membro: la Convenzione
battista e la Chiesa morava ».
Questo dialogo è condotto nel
quadro del « gruppo consultivo
per la riflessione e l’azione sociale », che si riunisce due volte
l’anno, a Ginevra ed a Roma.
Oltre a discutere di precise situazioni locali, quali quella del
Nicaragua, il gruppo tratta anche di « chiesa popolare » e di
« teologia della liberazione ».
Infine la C.C.A.I. dialoga con
Roma per la convocazione di un
Concilio della Pace, idea lanciata ad un Kirchentag da C.F. von
Weizsäcker.
Nicole Dechenans
(Da « L’actualité religieuse dtms
le monde », n. 33, aprile 1986).
Pagina a cura di
Roberto Giacone
Forme
d'azione
1) Controllo, analisi, interpretazione: ogni sviluppo politico
importante, ogni conflitto tende a coinvolgere la vita e la testimonianza delle Chiese in una o più nazioni, ed è perciò importante nei rapporti tra le Chiese stesse. Queste situazioni sono
dunque oggetto di osservazione e di accurata analisi da parte
della C.C.A.I. La sua credibilità dipende dalla capacità di fornire
una corretta analisi dei problemi e delle situazioni di cui si sta
occupando. Per questo la C.C.A.I. mantiene contatti con istituti
specializzati, centri di studio e di ricerca, centri di documentazione, ecc.
La raccolta delle informazioni e la loro interpretazione diventano così una importante forma di azione. La C.C.A.I. si è
spesso distinta in questa disamina, pubblicando bollettini e periodici i quali talora offrono una valida « contro-informazione ».
2) Alle Chiese che si trovano in situazioni critiche, vengono
inviate delle delegazioni, le quali di solito intavolano discussioni con i governi in questione. Attraverso le loro raccomandazioni, la C.C.A.I. è in grado di seguitare la sua opera in quei
paesi.
3) Si effettuano delle visite pastorali alle Chiese che versano
in situazioni difficili. Testimoniando la manifestazione di amicizia delle Chiese sorelle, si portano anche le loro esperienze.
4) Ci sono équipes inviate a studiare e riferire su particolari
situazioni. Le relazioni non vengono solo esaminate dalle Chiese,
ma anche di volta in volta da governi e da organizzazioni intergovernative.
5) Vengono presentate a certi governi delle relazioni riservate. In alcuni casi queste ottengono accoglienza e risultati migliori che non proteste o appelli pubblici. Queste azioni vengono
di solito intraprese da una o più Chiese membro, che possono
avere una speciale influenza su di un particolare governo.
6) Vengono anche mandate delle relazioni alle organizzazioni intergovernative. Per queste si utilizzano di solito i canali diplomatici o i funzionari dell’ONU. Queste relazioni sono a volte
il punto di partenza di un’azione comune da parte della C.C.A.I.
e delle organizzazioni stesse.
7) Appoggio a gruppi d’azione: un certo numero di gruppi e
movimenti (quasi tutti collegati a Chiese) è oggi impegnato nella
difesa dei diritti umani, dei diritti di lavoratori e contadini, della
pace e del disarmo, e nella lotta contro il razzismo.
La C.C.A.I. li appoggia e aiuta in vario modo, nello spirito di
solidarietà.
8) Sforzi per la composizione pacifica dei conflitti. Particolare attenzione viene posta sui conflitti latenti che possono esplodere e sulle misure preventive, esplorando le possibilità di azione con le Chiese e/o attivando processi che portino a negoziati
pacifici, specie per i conflitti già in atto.
(Da 'The role of thè World Council of Churches in International Ailairs, pubblicato dal CEC, Ginevra 1986).
Nella foto: N'inan Koshy, direttore della Commissione
Chiese per gli Affari Internazionali.
delle
La storia
della
commissione
La Commissione delle Chiese per gli Affari Intemazionali (C.C.A.I.) del Consiglio
Ecumenico delle Chiese (CEC)
festeggia quest’anno il suo
40° anniversario.
Venne creata a Cambridge
(Inghilterra), durante una
conferenza ecumenica dei responsabili di Chiese di sedici paesi, sotto la presidenza
di John Foster Dulles (che fu
in seguito segretario di Stato
con la presidenza Eisenhower, 1953-59). La fondazione
avvenne dunque due anni prima di quella del CEC (nel
1948 ad Amsterdam), al quale la C.C.A.I. si integrò, pur
continuando la sua attività al
servizio del Consiglio missionario internazionale (C.M.I.),
come era stato inizialmente
concepito.
Nel 1961 ci fu la fusione tra
CEC e C.M.I.
Fin dalle prime battute, la
C.C.A.I. ha avuto davanti un
campo di lavoro molto vasto, che andava dal soccorso
d’urgenza alle vittime della
guerra fino ai tentativi di
creazione di istanze internazionali per salvaguardare o
ristabilire la pace. Partecipa
anche ai lavori delTONU, dove ha voce consultiva come
organizzazione non governativa.
Dopo il cambiamento intervenuto nelle stmtture interne
del CEC nel 1971 i campi d’azione preferiti della C.C.A.I.
sono stati: il disarmo ed il
militarismo, la corsa agli armamenti, i diritti dell’uomo
e le relazioni con TONU.
Mentre l’aiuto ai rifugiati, lo
sviluppo e la promozione di
cure sanitarie, la lotta contro il razzismo sono attualmente l’oggetto di commissioni speciali.
La C.C.A.I. comprende attualmente 30 membri che si
riuniscono normalmente una
volta l’anno — normalmente
vuole dire se le finanze del
CEC lo permettono — per dibattere le linee d’azione generali con i quattro membri
permanenti che risiedono al
CEC di Ginevra.
6
6
Il luglio 1986
CONVEGNO DEL DIPARTIMENTO DIACONALE A TORRE PELLICE
Far salute sul territorio
Un
dopo
anno
La salute, la malattia, il benessere o il disagio non debbono essere delegati solo agli operatori sanitari, ai tecnici ed ai politici - Confronto sul tema: salute, territorio, partecipazione
Un anno dopo la costituzione
delle giunte comunali seguita alle elezioni del 12 maggio è tempo di un primo consuntivo delle
cose fatte e di quelle ancora da
fare. La prima impressione, almeno per quanto riguarda i comuni delle valli, è alquanto problematica.
Anche se bisogna guardarsi
dal pericolo di generalizzare troppo, è evidente, che raramente si è
andati oltre l’ordinaria amministrazione. Nessuno dei grandi
problemi che investono la quotidianità della vita ha visto una
soluzione: non la viabilità verso
Torino e all'interno delle vallate
che continua ad essere difficile e
pericolosa; non gli investimenti
che continuano ad essere lenti e
quel po’ di lavori pubblici che
potrebbero costituire un volano
per l’economia traballante delle
valli vengono rinviati ai tempi
lunghi; non i servizi sociali e sanitari che, salvo lodevoli eccezioni, vedono il taglio della spesa o
(ed è ancora peggio) il non riuscire a spendere i fondi inviati
dalla Regione.
Certo i motivi dell’ordinaria
amministrazione non stanno solo
nella volontà degli amministratori, ma anche nello stato, che
non ha ancora fornito i comuni
di una legge per approvare il bilancio preventivo per il 1986 (un
recente decreto legge fissa al 31
luglio la data per l’approvazione
di questi bilanci, sicché almeno
per tre trimestri i nostri comuni
funzioneranno sulla base del bilancio dell’anno precedente) e
nella stessa incertezza programmatica degli enti cosiddetti “superiori” (Provincia e Regione)
nel definire le loro linee di intervento per la nostra zona.
Qualcosa però si è fatto, ma
solo in un’ottica difensiva. Penso
alla lotta per la difesa della ferrovia Pinerolo-Torre Pellice, vittoriosa per i due terzi, che ha visto un buon coinvolgimento popolare.
Difendere l’esistente, i posti di
lavoro, la ferrovia, i servizi, è
cosa importante, ma non basta.
Nella crisi di idee, di programmazione che si manifesta a
livello regionale per le nostre
valli, solo l’elaborazione di alcuni progetti di .sviluppo e la
loro affermazione nel dibattito
regionale permetteranno alla nostra zona di invertire la tendenza al progressivo degrado. Nella
regione di Tecnocity, Ivrea, Torino, Novara, si investe solo più
nella zona del triangolo d’oro e
le altre, si dice, sono destinate
alla marginalizzazione. E’ la logica del nuovo sviluppo “postindustriale”.
Eppure queste valli, grazie alla capacità di una classe dirigente ed amministrativa, erano
state capaci nel secolo scorso di
far crescere il lavoro industriale, di far arrivare capitali, di
costruire un tessuto sociale e
culturale che ne ha permesso lo
sviluppo. Oggi invece sembra
tutto il contrario: la gente se
ne va, e quelli che restano invecchiano giorno per giorno coltivando, tra un mugugno e l’altro, le vecchie idee.
Per invertire la marcia è opportuno perciò che si cominci ad
elaborare idee, analisi, progetti
non solo in ambito politico, ma
anche culturale. Agape, la Società di Studi Valdesi, la Ciov,
possono contribuirvi. Le valli
valdesi non devono diventare
una “riserva" culturale ma una
zona di vita. Giorgio Gardiol
In questi anni la Chiesa Valdese delle Valli sta riflettendo
sulla sua diaconia, sulla ristrutturazione delle grandi case create nel secolo scorso o all’inizio
di questo. Ci si chiede sempre
più spesso se c’è un rapporto
reale tra 1’esistenza di questo
tipo di diaconia e la sensibilità
delle comunità. Se ne discute e
se ne discuterà ancora parecchio
in futuro. Ma le nostre opere
diaconali servono una popolazione più vasta di quella valdese e non sono le sole ad operare in zona.
Chi abita in Val Pellice sa molto bene che qui esistono numerosi servizi che tutelano la salute del cittadino o lo accolgono
quando, troppo giovane o troppo
vecchio, non può stare da solo.
Alcuni servizi sono direttamente gestiti dalla USSL, altri sono in regime di convenzione, altri ancora sono privati. In effetti, questo angolo di Piemonte
possiede molte strutture al servizio della gente, più di altre zone. Ciò è dovuio anche alla presenza della Chiesa Valdese, alla
sua impostazione diaconale, ai
suoi numerosi contatti intemazionali che portano riflessione
ed arricchimento in ogni campo.
La gente sa tutto ciò, conosce
queste stmtture e spesso se ne
serve. Tuttavia una domanda si
pone anche qui, anzi, soprattutto qui.
La salute, cos’è? Si può partecipare ad un progetto di salute, si può essere personalmen
te e direttamente partecipi alla
sua costruzione? Di fronte alle
nuove scoperte tecnologiche, alla applicazione di metodologie
sempre più sofisticate, l’uomo
comune si sente come esautorato e quasi con sollievo delega
ad altri più competenti e specializzati la cura della sua salute.
« Un tempo esisteva sicuramente più di adesso all’interno
delle nostre Valli una unità socio-culturale — afferma il pastore Taccia —. Le scuole di
quartiere erano non solo centri
spirituali e culturali ma anche
luogo di assemblee decisionali.
L’anziano aveva un ruolo importante di trasmissione di conoscenza, non veniva emarginato
neppure il “diverso”, i bambini
conoscevano da vicino la nascita dei fratellini e la morte dei
congiunti ».
-Si potrebbe pensare che l’oratore si sia lasciato trascinare da
una certa nostalgia per il buon
tempo andato. Ma non è così. Il
pastore Taccia precisa: « Era
una vita durissima, che noi non
ci sentiremmo probabilmente
più di affrontare. E tuttavia, forse proprio perché tutto doveva
essere affrontato con sofferenza
la gente sapeva che non un solo
aspetto della vita poteva essere
delegato ad altri. Si cercava
l’aiuto e la solidarietà, non si
delegava ».
Questa riflessione porta a chiedersi a che punto si è giunti oggi sul problema salute. Questa
del riappropriarsi del concetto
di solidarietà comunitaria è stata una esigenza sentita da tutti
e quattro gli oratori, che Thanno presentata con diverse sfumature ma con eguale forza.
Il dr. Rissone, coordinatore sanitario deirUSSL 43, ha sviluppato il concetto che per poter
agire correttamente come operatori sociali rispettando l’uomo
è necessario possedere una altissima professionalità che non
si traduce in una sempre maggiore specializzazione. Significa
al contrario accettare di lavorare con gli altri, a fianco degli
altri.
« Il centro del lavoro della
USSL 43 — dice il dr. Rissone —
non è il potenziamento del servizio né il tecnicismo sempre
più accentuato, è il cittadino
con tutte le sue esigenze. Se si
accetta questo concetto, si accetta di lavorare in modo nuovo,
almeno per il nostro tempo. Bisogna uscire dal nostro mondo
dei servizi per entrare nel mondo reale! ».
E nel mondo reale esiste l’uomo nella sua globalità. Il pastore Taccia afferma che nell’Evangelo c’è una visione globale
dell’essere umano; viene esclusa ogni settorializzazione! L’uomo è tale in quanto autentico,
non diviso da Dio, dall’altro uomo, dalla natura, da se stesso.
« Ma la malattia a volte può
rompere questa globalità. L’uomo può trovarsi ad essere ridotto ad un organo malato, può
INTERVISTA AL PRESIDENTE DEL CAI UGET VAL PELLICE
Il CAI, un’associazione per la
valorizzazione della montagna
Torre Pellice, piazza Gianavello 30; la sede del CAI UGET VAL
PELLICE, una delle tante sezioni delTormai centenario sodalizio, che in Italia raccoglie migliaia di soci, acoomimati da
un’unica passione: la montagna
vista sotto i suoi vari e molteplici aspetti: alpinistici, ambientali, scientifici, culturali ecc.
Mauro Pons, al secondo anno
di presidenza della locale sezione, in una simpatica chiacchierata ci ha spiegato in modo approfondito la vita del CAI Val
Pellice a cui sono iscritti più di
600 soci. Per essere membri del
CAI basta rivolgersi a una delle tantissime sedi italiane e chiedere di essere tesserati. L’iscrizione, oltre a garantire un notevole risparmio al socio nell'uso degli oltre 600 rifugi alpini di proprietà del CAI, garantisce una assicurazione in caso
di incidente in montagna e offre
al socio ordinario la possibilità
di ricevere la rivista bimensile
del club con notizie inerenti il
mondo della montagna.
— Parlando più specificatamente del CAI UGET VAL PEI^
LICE, ci puoi dire come si svolgono e come vengono gestite le
attività sociali?
— Nelle sezioni esistono dei
compiti specifici come le assemblee ordinarie in cui vengono eletti rappresentanti per il
consiglio direttivo e le varie
commissioni. La vita sezionale
viene gestita invece a seconda
delle esigenze dei soci stessi.
Per quanto ci riguarda la sede
è aperta il venerdì sera e nelle
ore di apertura si parla di problemi di montagna, si preparano gite, si proiettano diapositive (il 2" venerdì del mese) o
semplicemente è l’occasione per
ritrovarsi assieme. Le singole attività vengono progettate da delle commissioni che si occupano
del settore per cui sono istituite: abbiamo per esempio la commissione rifugi, la commissione
gite e vogliamo crearne una per
la difesa dell’ambiente.
— Quali sono i settori che necessitano di maggior impiego di
forze e di tempo?
— Il maggior sforzo ci viene
certamente richiesto dai rifugi.
Se si pensa che una sezione piccola come la nostra possiede
ben tre rifugi ed un bivacco, si
può capire quanto impegno richiedono l’amministrazione e la
manutenzione di tali strutture.
Tanto più che non sono costruzioni recenti e necessitano di
una certa modernizzazione e una
certa disponibilità ricettiva; in
questo senso stiamo lavorando
parecchio, ma si incontrano molti ostacoli “burocratici”.
Un altro sforzo organizzativo
ci viene richiesto dalla corsa podistica a coppie «Tre Rifugi»
(30 Km. in montagna), fiore all’occhiello della nostra sezione
che aggrega più di 60 persone
per la sua organizzazione.
— Cosa si fa per favorire
quanti, soprattutto giovani, si
avvicinano all’ambiente montano?
— Sono stati svolti, con la collaborazione delle guide locali,
dei corsi di roccia, di sci escur
sionismo, di sci alpinismo, o di
sci in pista; sono stati organizzati due giorni nelle gole dell’Ardèche per andare in canoa
e abbiamo in previsione di trascorrere a fine luglio-inizio di
agosto alcuni giorni sui sentieri della GTA, la grande traversata delle Alpi. Ultimamente tali attività sono state organizzate con la collaborazione della
Comunità Montana, in particolar modo di Spazio Giovani, favorendo così l’inserimento degli
adolescenti della Valle in tali
iniziative.
— Va emergendo Tidea che il
C.4I possa giocare un ruolo determinante nella difesa dell’ambiente. Puoi accennare brevemente al fattore ecologico e a
quanto il CAI sta facendo?
— La nostra sezione ha partecipato attivamente al 1° Convegno nazionale « Il CAI e l’ambiente », tenutosi ad Ivrea il 5
e 6 aprile 1986. Nel nostro piccolo ci proponiamo di istituire
una commissione TAM (tutela
ambiente montano) come quelle
che operano già in diverse sezioni e di attuare il Piano elaborato in accordo con la Comunità Montana Val Pellice USSL
43 e il Comune di Bobbio Pellice per lo smaltimento dei rifiuti
nei nostri rifugi, uno dei problemi maggiori per quanto riguarda la tutela delle nostre montagne, certamente non favorito
dal decreto Galasso, che pur condiviso come linea di principio,
ci ostacola parecchio da questo
lato.
Marco Fraschia
sentirsi strumentalizzato, ridotto
ad un numero in una corsia di
ospedale a causa di una non
corretta gestione del problema
salute ».
« Ovviamente salute non significa sempre assenza di malattia — afferma il dr. Mathieu,
direttore sanitario dell’ospedale
di Torre — così come la malattia non è sempre causata dal
cattivo funzionamento di una o
più parti del corpo. Si può stare
molto male anche senza avere
malattie organiche di rilievo
quando si è soli, emarginati, senza lavoro; quando ci si rende
conto di non contare più nulla
per nessuno ».
« E allora — afferma ii dr.
Rissone — la sala d’aspetto del
medico di base o l’ambulatorio
specialistico dove questi ha inviato il paziente, diventano il luogo in ad si rifugia, in cui si cercano delle risposte. Non tutti i
medici sono preparati ad inserire il concetto di malattia in
quello più vasto di malessere generalizzato, per cui ci si trova
spesso nel circolo vizioso della
persona che chiede di diventare
’il paziente’ e del medico, che,
di fronte a questa richiesta, medicalizza il tutto ».
Si può certamente ripensare
al concetto deH’uomo come globalità e chiedersi se le nostre
comunità valligiane non si siano
lasciate troppo facilmente estromettere dalla gestione della propria salute. Questo discorso non
vuole in nessun modo significare che Tuomo comune può curarsi da sé, rifiutando la medicina ufficiale. Al contrario, si
tratta di richiedere dei servizi
funzionali, che rispettino l’uomo
e le sue esigenze.
« Cosa si chiede ad un moderno ospedale? — si domanda il
dr. Mathieu — La possibilità di
effettuare diagnosi tempestive,
di avere cure efficaci e riabilitative; il tutto effettuato nel costante rispetto della dignità del
malato, cercando di valorizzare
al massimo il rapporto umano
tra il malato e chi lo cura ».
Un altro aspetto importante
di un presidio ospedaliero c la
indagine relativa al rapporto tra
l’uomo, la malattia, l’ambiente
in cui vive, il lavoro. Quando un
ospedale riscontra un certo numero di casi di malattie con la
stessa tipologia in persone provenienti dallo stesso ambiente
di vita o di lavoro, allora può
aprirsi ad una indagine conoscitiva per cercarne le cause. E’
un lavoro di ricerca interessante svolto nelTinteresse di tutti e
che ha bisogno delTapporto di
tutti.
Anche per il Presidente delTUSSL 43, arch. P. C. Lungo,
lo scambio di esperienze e il lavoro in comune tra servizi e cittadini è fondamentale. Tanto più
in questo momento in cui la situazione non sembra troppo rosea, con una disoccupazione giovanile crescente, fabbriche che
chiudono o si spostano in pianura, denaro che non viene destinato ai servizi... « E’ chiaro
che il problema non è né locale
né regionale, — conferma Tarch.
Longo — è nazionale. Ma proprio questa situazione deve spingere tutti a solidarizzare per
fronteggiare la situazione ».
Carla Beux Longo
• Hanno collaborato a questo
numero: Valdo Benech, Renato Cóisson, Dino Gardiol, Luigi Marchetti, Anna Maritile. Lucilla Peyrot, Italo Pons.
7
Il luglio 1986
SAN GERMANO
Il giardino della Róstanla
Più volte da queste pagine abbiamo avuto occasione di presentare le prospettive di lavoro della Cooperativa di sviluppo turistico della Vaccera « Mount Servio ». Essa sino ad ora era conosciuta per le iniziative invernali
ormai avviate, una pista per sci
di fondo di 5 Km., molto panoramica, con ampia vista sulla valle di Angrogna, sul vallone di
Pramollo, la conca di Praròstino
e naturalmente tutta la pianura
sottostante. A fianco di questa,
tutte le infrastrutture di appoggio per la pratica di questo sport
ed uno chalet-bar per il ristoro.
.Ma l’occasione di intervento
non si è limitata alla costruzione di ciò che serviva per fare
dello sport in un ambiente molto distensivo; giustamente i soci
della cooperativa hanno puntato
su una valorizzazione di altri
aspetti complementari al primo,
quale, ad esempio, aver dato la
possibilità di usufruire deU’acquedotto costruito per il posto
di ristoro anche alle abitazioni
ed agli alpeggi della zona; l’aver
messo a dimora centinaia di pini
e larici lungo il tracciato e l’aver
poi seminato l’erba su tutte le
piste per cui l’anello si presta
• egregiamente per belle passeggiate.
Il programma di sviluppo nella zona ad opera della cooperativa ha potuto raggiungere un’altra tappa grazie alla consociata
.Associazione « Amici della Rostania », con la ricomposizione del
giardino alpino Rostania.
L'idea di creare alle Valli un
giardino alpino risale al 1899 ad
opera della « Société Vaudoise
d’Utilità Publique» per ricordare la memoria del medico e bo
tanico Edoardo Rostan.
Egli fu allievo del Collegio Valdese di Torre Pellice, frequentò
la facoltà di medicina di Ginevra e dopo l'emancipazione valdese del 1848 si laureò presso
quella di Torino nel 1854. Fu
amico di insigni botanici quali
Boissier e Reuter e ner la sua attività botanica fu nominato
membro della Società Botanica
Britannica, della Società Italiana di Scienze naturali e di Botanica e della Società Botanica di
Firenze. A lui sono state dedicate alcune entità tra cui Gentiana
rostani e Hieracium rostani.
Il giardino venne realizzato
sul versante nord-est della Vaccera, in territorio del Comune di
San Germano Chisone, località
Pragiassaut, 1220 m. s.l.m.; fu
inaugurato il 28 luglio 1901 e amministrato da uno speciale comitato diretto dal Prof. Monnet,
grazie alla cui opera ed ai numerosi contatti con scienziati
stranieri il giardino si arricchì
di preziosi esemplari provenienti
da ogni parte del mondo.
Con alterne vicende legate in
gran parte agli eventi bellici, il
giardino perse man mano il suo
splendore, gli alberi piantati
crebbero maestosi soffocando le
aiuole ed in parte il loro contenuto, con conseguente scomparsa di quasi tutte le specie erbacee, la casa di appoggio fu saccheggiata e"pàrzialìiMhte distrutta. Nel 1966, alcuni giovani sangermanesi decisero di iniziare
l’opera di risistemazione del rifugio. Viene così costituita una
associazione che gestirà la Rostania per conto del comune di
San Germano Chisone diventatone nel frattempo proprietario.
L’iniziativa proseguì ancora
con alterne vicende sino a quando si costituì la cooperativa
Mount Servin e, tramite la sensibilizzazione di amministratori
locali, il contributo dell’Assessorato alla Montagna e delTAmministrazione comunale, ha ripreso
vigore l’idea del rilancio. Gli
amici della Rostania, a partire dallo scorso anno, insieme ai
soci della cooperativa, si stanno
attivamente impegnando nell’opera di ricostruzione vera e
propria del giardino.
Dopo un faticoso lavoro di preparazione e ripulitura del terreno, ritracciamento e sistemazione delle aiuole, sono state messe
a dimora recentemente oltre
3.000 piante appartenenti a circa
80 specie e cultivar. Nella scelta
delle specie da impiantare l’équipe, capeggiata dal prof. G. Carlo
Bounous, dell’Istituto coltivazioni arboree dell’Università di
Torino, ^si è orientata prevalentemente verso le erbacee perenni,
privilegiando le ombrofile nei
luoghi dove si è voluto conservare alcuni esemplari di alberi
piantati nel lontano 1901.
C’è da augurarsi che l’impegno
profuso neH’iniziativa e le attività che si svolgono intorno alla
Rostania possano essere punto
di richiamo per gli amanti della
natura e possano ulteriormente
svilupparsi, ridando al giardino,
parte del prestigio passato. La
Rostania è accessibile solo su
sentiero pedestre (10 minuti dalla carrozzabile di Pragiassaut,
h. 0,30 dal colle della Vaccera;
un’ora circa dalla località Casse,
versante sud della Vaccera, in
prossimità della fontana).
V.B. ■ A.L.
Amnesty International
TORRE PELLICE — Giovedì 10 luglio alle ore 20.30 presso il Centro di
incontro si tiene la riunione del gruppo Amnesty Val Pellice.
Segnalazioni
CANTIERE DI LAVORO
TORRE PELLICE — Entro il 18 luglio,
ore 12, cbloro che intendono partecipare ad un cantiere di lavoro per opere
di pubblica utilità devono presentare
la domanda di assunzione presso l’Ufficio tecnico della Comunità Montana (via Caduti della Libertà 4), Torre
Pellice.
il cantiere di lavoro avrà la durata
di 10 settimane e prevede l'impiego di
19 operai generici, 2 carpentieri o muratori, 3 geometri o periti agrari o
persone in possesso di titoli di studio
equipollenti.
L'orario di lavoro sarà di 7 ore giornaliere per 5 giorni la settimana. L'indennità giornaliera sarà di 40.000 lire.
Gli aspiranti dovranno risultare disoccupati e verrà data la preferenza ai
« redditi zero ».
Dibattiti
RINGRAZIAMENTO
« Uanima mia s^acqueta in Dio
solo; da Lui viene la mia saivezza »
(Salmo 62 : t)
Il 3 luglio si è spento serenamente
Geraldo Mathieu
Lo ricordano, fidenti nelle promesse del Signore, la moglie Anita Long;
' figli : Bruno con la moglie Paola Sarà, Patrizia e Marco; Luciana con il
marito Aldo Vola e Paolo; Giorgio con
la moglie Luciana Caffaratti; Gianfranco; le carissime sorelle Ida, Ersilia e Elena; le cognate, i cognati ed
i parenti tutti.
I familiari, nell’impossibilità di farlo singolarmente, commossi per la dimostrazione di stima e di affetto tributata al loro caro, ringraziano tutti
coloro che hanno preso parte al loro
dolore.
Un grazie particolare ai pastori
Giorgio Tourn e Severino Zotta; ai
medici, infermiere ed ausiliarie dell’Ospedale Valdese di Torre Pellice per
l’amore e le premure di cui l’hanno
circondato; agli amici della Corale
Valdese; agli operai della Crumière ed
a tutti gli amici di Villar Pellice:
al Comitato ed ai volontari del Soccorso della Croce Rossa Italiana; al
Consiglio Comunale di None; ai condomini di Viale XXV Aprile; al Partito
Liberale Italiano.
Eventuali offerte in ricordo a favore
dell’opera dell’Ospedale Valdese e del
Collegio Valdese di Torre Pellice.
BRICHERASIO — Nell’ambito del fe
stivai dell'Unità si tiene venerdì 11 lu
glio, ore 21, un dibattito sul tema « Nu
cleare per l'uomo o contro l’uomo? »
intervengono L. Rivalta (cons, regions
le), M. Proverà (Fiom - Pinerolo), R
Calieri (cons. com. a Bricherasio), M
Mauro (sindaco di Prarostino).
Zia Anita ed i cugini Bruno, Luciana, Giorgio e Gianfranco ringraziano
Nanni per il profondo affetto e la toccante premura nei confronti di zio
Gege.
Torre Pellice^ 6 luglio 1986
TORRE PELLICE — Nell'ambito della
rassegna culturale « La pace e i diritti umani, una via da percorrere insieme » sabato 12 luglio alle ore 21 presso l'Aula sinodale si tiene una tavola
rotonda sul tema: « Le spese militari in
Italia ». Intervengono Giuseppe Reburdo e Carlo Ottino.
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Il luglio 1986
TRAFFICO DI ARMI FRA ITALIA E LIBIA
FONDO DI SOLIDARIETÀ’
Spadolini - Gheddafi,
una stona ambigua
Mentre, durante la crisi del
golfo della Sirte e dopo, Spadolini tuonava che il governo italiano avrebbe saputo difendere
anche militarmente il territorio
nazionale, c’era chi, nel nostro
paese, facendo molto meno baccano — ma molto più concretamente — vendeva al colonnello
Gheddafi le armi che tanto inquietavano il ministro della Difesa (seconde alcuni, gli stessi
missili lanciati verso Lampedusa
erano « made in Italy»!).
Non si tratta, però, di una
storia di spie, né siamo di fronte
a casi di alto tradimento; ma,
puramente e semplicemente, siamo di fronte agli effetti delia legislazione italiana in materia di
commercio di armi. A differenza
degli altri paesi che producono
e smerciano strumenti bellici, lo
Stato non ha da noi quasi nessun potere di controllo in questo
campo. I controlli — si noti bene — sono altrove stati istituiti
non tanto per motivi umanitari
o « pacifisti », ma, come del resto è abbastanza logico, per esigenze di politica estera. In altre parole, non bisogna disfare
con una mano quel che si fa con
l’altra.
In Italia, invece, questi problemi non si pongono. Secondo fonti pacifiste, il valore del commercio di armi fra Roma e Tripoli è stato, per il periodo 19771985, pari a circa un miliardo di
dollari. E non basta: nel 1983,
mentre il regime libico era direttamente impegnato nella guerra civile in corso nel Ciad, una
missione militare italiana era
presente in Libia per addestra
• L'Eco delle Valli Valdesi »: Rea.
Tribunale di Pinerolo n. 175.
Redattori; Giorgio GardioI, Paolo
Florio, Roberto Glacone, Adriano
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FRANCO GiAMPICCOLI
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re le forze armate di Gheddafi.
Dal 1973 al 1985, poi, ben 597
ufficiali libici sono stati addestrati nel nostro paese, sia dall’esercito che dalla marina italiani. I piloti, invece, sono stati
istruiti direttamente dalle ditte
italiane produttrici di aerei da
combattimento. La SIAl-Marchetti ha addirittura istituito una scuola di pilotaggio nei pressi di Tripoli.
La rivista dei comboniani
« Nigrizia », che il mese scorso
ha denunciato la schizofrenia
della politica italiana nei confronti della Libia, ha anche pubblicato una tabella sulle vendite di armi al governo di Tripoli
negli ultimi due anni. I dati parlano da soli: sono stati venduti
20 elicotteri CH-47, 210 obici «Palmaria » da 155 mm, 20 aerei da
trasporto G-222, 50 aerei da addestramento e anti-guerriglia SF260 M, e si potrebbe continuare...
E’ da notare che buona parte
di questa produzione bellica avviene su licenza estera, per cui
le aziende italiane che trafficano col regime libico sono di fatto una « italian connection » che
consente alle industrie-partner
all’estero di aggirare i limiti ben
più severi che le legislazioni dei
rispettivi paesi impongono al
commercio delle armi.
Eppure, a ben vedere, c’è una
logica anche nell’apparente irrazionalità della politica di un paese che di fatto ammette il libero
mercato delle armi, come se si
trattasse di detersivi o maccheroni. La logica c’è, e appare evidente se si pensa che la « minaccia» libica, che è già un buon
affare di per sé, diventa ancora
più redditizia per la nostra industria bellica in quanto induce
cambiamenti nella strategia
delle forze armate italiane che
sono assai lucrosi (per i venditori di armi) e onerosi (per il
bilancio dello Stato e quindi per
la collettività). La nostra politica
della difesa, infatti, da sempre
tesa a reagire a un eventuale attacco da Nord-Est, sta rapidamente spostando il suo baricentro verso Sud: la dimostrazione più lampante ne è il nuovissimo e costosissimo incrociatore
tuttoponte « Garibaldi », che dovrebbe, nelle intenzioni di chi
l’ha voluto, permettere alla nostra marina militare di fare la
voce grossa nei confronti dei paesi della sponda Sud del Mediterraneo.
I conti tornano, dunque; ma
tornano solo per i venditori di
armi. Non tornano, invece, per i
contribuenti, e soprattutto non
tornano per la pace.
P. F.
REPRESSIONE ANCHE CONTRO LE CHIESE
Pastori arrestati
in Sud Africa
Abbiamo ricevuto da Samuel
K. Ada, segretario generale, e
René Lacoumette, presidente del
Comitato Esecutivo della CEVAA, questo messaggio-appello a
proposito della situazione in Sud
Africa:
« Cari amici, sapete che il Governo dell’Africa del Sud ha decretato lo stato d’urgenza alcuni giorni prima del 16 giugno,
anniversario degli avvenimenti di
Soweto del 1976. Molte persone
sono state arrestate e fra queste
diversi responsabili delle chiese.
Abbiamo saputo che sono stati
arrestati, fra gli altri:
— il past. Masopha, ex Presidente del Presbiterio di Johannesburg della Chiesa Evangelica
del Lesotho, responsabile della
comunità di questa chiesa a Jouberton vicino a Klersdorp;
— il past. Gui Subilla, inviato
delle chiese svizzere presso la
Chiesa Evangelica del Lesotho
nel quadro della CEVAA, responsabile di due comunità di questa
chiesa, una a Soweto e l’altra a
Khutsong presso Carletonville e
nelle riserve delle miniere d’oro
delle vicinanze (Gui Subilla è
originario delle Valli Valdesi dove molti ricorderanno la sua visita di alcuni anni fa, n.d.r.);
— il past. Jean-François Bill,
che ha la doppia nazionalità,
svizzera e sudafricana. Moderatore della Chiesa Presbiteriana del Sud Africa.
Queste tre persone non hanno
mai cercato di fomentare il minimo disordine o violenza. Hanno semplicemente reso testimonianza coraggiosamente alTEvangelo, nei loro posti di responsabilità, non esitando a interporsi
per evitare scontri violenti fra
le popolazioni e la polizia.
Gui Subilia. anche se ormai
Coltivare cavoli
in Zambia
Joël Chisanga, segretario generale della Chiesa Unita dello Zambia, membro del Comitato Esecutivo della CEVAA, rappresenta la
sua Chiesa nel Consiglio della CEVAA. Loquace, di carattere allegro,
pronto alla battuta, si rallegra molto quando gli comunico che il
Fondo di Solidarietà delTEco/Luce ha inserito nei suoi obiettivi il
Chipembi Farm College.
— Vi sono molto riconoscente
di quanto potete fare per noi ed
in modo particolare per questa
scuola di agricoltura. Stiamo vivendo un momento molto critico con la crisi delle vendite del
rame (il cui prezzo è crollato
sui mercati mondiali), con la siccità che ha colpito le regioni orientali del paese e con i problemi politici con il Sud Africa. La
nostra economia sta andando a
rotoli e tutto questo si ripercuote in modo preoccupante anche
sulla vita della nostra chiesa e
in particolare sulle sue opere.
— Ma che cosa è il Chipembi Farm College?
— E’ una scuola di agricoltura articolata in due anni di studio con 20 alunni per anno. Ad
ogni alunno si dà, come borsa
di studio, oltre alTargent de
poche, un pezzo di terra che deve coltivare per mettere in pratica le nozioni che impara e per
guadagnarsi di che vivere. Si
coltivano in modo particolare
mais e legiuni; la coltivazione
dei cavoli ha avuto molto successo.
Alla fine dei corsi gli studenti
passano un esame e ricevono
un diploma che li abilita a lavorare nelle piantagioni governative.
Uno dei grossi problemi per
questi campi sperimentali è quello dell’irrigazione, ed il progetto
per il quale abbiamo chiesto aiuto alla CEVAA prevede la costruzione di un sistema di pompe e di canali per sfruttare l’acqua che c’è in abbondanza a
pochi metri di profondità.
Voglio aggiungere che questa
scuola di agricoltura fa parte
di Un centro che comprende anche una Scuola secondaria per
ragazze (con 500 alunne), un centro medico ed una scuola elementare. Chipembi si trova a
80 km. da Lusaka.
— Il lavoro del Chipembi Farm
College, se capisco bene, si inserisce in un programma del Governo per uno sviluppo agricolo della regione tendente ad una
autosufficienza alimentare. Ma
perché allora II Governo non organizza anche le scuole?
— Come dicevo prima, la situazione economica del paese
è disastrosa. Come contraccolpo
assistiamo in questo memento
ad un disimpegno del Governo
che viene a toccare anche i servizi essenziali. Ad esempio nel
1965, l’anno della nostra indipendenza, abbiamo dato allo Sta- ,
to Tcspedale di Mberishy a 800
km. da Lusaka, ospedale con
170 posti letto. Oggi questo ospedale è in uno stato di semi-abbandono e la popolazione ha chiesto che la chiesa lo riprendesse a carico. Sembra che, dopo
molte esitazioni, il Governo sia
intenzionato a riaffidarcelo. Questo ci preoccupa molto, ma non
possiamo disilludere le attese
della gente e se mi permette vorrei fare un appello perché la
sua chiesa ci invii al più presto
dei dottori; ce ne servirebbero
almeno tre, perché oggi come
oggi tutto ricade sulle spalle di
un solo medico coadiuvato da
5 infermiere e 21 aiuto-infermiere.
Intervista a cura di
Renato Co'isson
neH’età della pensione, aveva preferito rimanere ancora al servizio
della Chiesa Evangelica del Lesotho.
Vi domandiamo di inviare aJ
Presidente Botha delle lettere
di protesta, senza dimenticare
tutti gli altri arrestati nel quadro della legge dello stato d’urgenza, sottolineando che molti
di loro sono convinti assertori di
una azione non violenta. Fate sapere ai vostri Governanti che
gli arrestati non sono facinorosi o violenti, ma spesso cristiani che lottano per la giustizia
cercando innanzitutto la via del
dialogo e della moderazione.
Vi chiediamo anche di pregare
per quanti sono in prigione, affinché sia rispettata la loro integrità fisica, e che vengano presto liberati e che non perdano
coraggio. Pregate per le loro famiglie che ignorano il luogo in
cui sono internati e il motivo
dell’arresto. Pregate anche per il
Governo del Sud Africa, che il
Signore lo illumini sugli errori
che sta commettendo con la repressione di coloro che protestano contro la violazione dei diritti umani, pregate affinché accetti un dialogo costruttivo con
l’ANC, il solo mezzo che, secondo i responsabili delle chiese,
possa permettere una soluzione
pacifica in Sud Africa.
Che il Signore ispiri quanto farete ed esaudisca le vostre preghiere ».
Le lettere per chiedere la scarcerazione dei pastori e degli altri arrestati in Sud Africa devono essere indirizzate a: His ExceUency P. W. Botha, State President of South Africa ■ Union
Buildings - Pretoria - Republic
of South Africa.
R. C.
LA STORIA DI DUE BAMBINI VIETNAMITI
Viet e Doc
Viet e Doc. Da alcune settimane questi due bambini vietnamiti di otto anni sono al centro dell'attenzione in Estremo
Oriente, mentre i mass media
statunitensi li ignorano e l’Europa tace.
I loro genitori furono contaminati dai defolianti versati a
tonnellate dagli aerei statunitensi sulle foreste vietnamite. Il loro corpo forma una Y molto allargata, quasi una T, con in comune le gambe e la parte inferiore dell’addome. Tra i tanti
casi simili (non voglio qui descriverli, sarebbe una irriverente fiera delTorrore) solo Viet e
Doc sono sopravvissuti. I loro
otto anni di vita sono trascorsi
ininterrottame;!te nelTospedale
di Ho-Chi-Minh Ville; sono cresciuti, sono dei bambini intellettualmente normali, con una gran
voglia di giocare; hanno ottenuto una certa autonomia deambulatoria mediante una sedia a
rotelle costruita appositamente
per loro.
Ora Viet è in fin di vita. E’
stato sempre il più debole e da
quasi un mese è privo di conoscenza; il fratello lo alimenta,
gli trasferisce le sue energie, ma
anche la sua vita è in pericolo.
I medici non sanno più cosa fare. Una missione medica della
Croce Rossa giapponese recatasi sul posto ha organizzato ed
effettuato il trasferimento dei
gemelli a Tokyo, dove le strut
ture ospedaliere sono migliori;
qui tenteranno di salvarli o, se
sarà necessario, di dividerli sacrificando Viet, nella speranza
che Doc sopravviva.
In Giappone i mass media diffondono costantemente notizie e
molte lettere di incoraggiamento indirizzate ai due bimbi giungono alle varie reti televisive.
Il simbolo non deve morire.
Forse non è giusto nei confronti
di Viet e Doc pretendere che la
loro vita-non vita continui. La
pietà consiglierebbe di augurare
la morte ad entrambi. Eppure
è diffuso il desiderio profondo
che sopravviva questo simbolo,
questa sfida della vita alle aberrazioni e follie dell’uomo, alla
violenza, alla irresponsabilità.
Viet e Doc, con il loro corpo
comune, grottesco e martoriato danno voce alle centinaia di
bambini che negli ospedali o
nelle proprie case sono condannati a sopravvivere, a condurre
una vita puramente vegetativa;
a quei tanti altri più fortunati
che dormono in flaconi di formalina. Viet e Doc chiedono giustizia e pietà, non vendetta; desiderano il ricordo perché mai
più abbiano a ripetersi simili
follie.
Gridano al mondo: guardateci
e vigilate. ;
Vigilate, perché il futuro dei
nostri figli, dei nostri nipoti potrebbe essere questo.
Carlo Vicari