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Anno 113 - N. 23
10 giugno 1977 - L. 200
Spedizione m abbonamento postale
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delie valli valdesi
FEDE E COSTITUZIONE» 1 9 2 7- 1 9 7 7
Losanna ieri e
oggi
Il confronto tra le due Conferenze nel quadro del cammino percorso L’importanza del concetto di ’’conciliarità ” nel dibattito ecumenico
Quattrocento delegati fra cui
sette donne; quasi tutti bianchi
europei e nordamericani; pochi
ortodossi e nessun cattolico; 127
chiese anglicane ed evangeliche
presenti; questa la composizione
della prima Conferenza di Fede
e Costituzione riunitasi a Losanna dal 3 al 21 agosto 1927. Era
— dopo la Conferenza di Stoccolma del 1925 — la prima volta che
i delegati ufficiali delle chiese si
incontravano per un progetto ecumenico. Non che fossero mancati in precedenza, già dalla metà del secolo XIX, i tentativi o i
propositi di sormontare le divisioni storiche della cristianità;
ma fino a quel momento si era
trattato di incontri tra singoli
credenti in organizzazioni non
ecclesiastiche, oppure, come nel
1910 a Edimburgo, di una conferenza delle -società missionarie,
destinata a discutere esclusivamente i problemi della presenza
e deirazione cristiana nei paesi
che oggi chiamiamo del terzo
mondo.
A Edimburgo ì delegati avevano ricevuto rassicurazione che
« non si sarebbe cercato di ottenere nessun pronunciamento su
questioni di carattere ecclesiastico D dottrinale ». Ma il problema
posto dalla situazione missionaria stava precisamente nello
scandalo che le divisioni dei cristiani costituivano per i non cristiani a cui si voleva predicare
l'Evangelo.
Pochi giorni dopo la conferenza missionaria di Edimburgo il
vescovo americano Brent Charles, della chiesa episcopale, lanciava l'idea di una conferenza
mondiale in cui le chiese si incontrassero per dibattere questioni riguardanti appunto il dogma e l’autorità nella chiesa, senza di che — egli riteneva — sarebbe stato impossibile giungere
a una qualsiasi forma di unità.
Interrotti dalla prima guerra
mondiale e rilanciati nel 1920 con
la costituzione di un apposito comitato, gli sforzi di Brent e dei
suoi collaboratori sfociarono nel
1927 nella Conferenza di Fede e
Costituzione di Losanna. I temi
molto seri delle discussioni (l’appello all’unità, il messaggio della
chiesa, l’essenza della chiesa, la
confessione di fede, il ministero,
i sacramenti, i rapporti tra le singole chiese e l’unità dei cristiani)
risultarono piuttosto un elenco
delle differenze che non un progetto comune, tuttavia il dado
era tratto, rincontro e il confronto erano avvenuti, l’atmosfera
era stata fraterna.
Da allora molto cammino è stato fatto su diversi fronti (se così si può dire). In primo luogo
il movimento originatosi intorno
a Fede e Costituzione si è fuso
con quello della Conferenza di
Stoccolma del 1925 (denominato
Vita e Azione) per dare origine
al Consiglio Mondiale delle Chiese che, sebbene costituito formalmente solo nel 1948 ad Amsterdam, esisteva già di fatto e
funzionava durante la seconda
guerra mondiale sotto la curiosa
etichetta di « Consiglio Mondiale
delle Chiese (in formazione) ».
Sul piano della rappresentatività, qualsiasi assemblea ecumenica vede oggi non più soltanto
le facce bianche euro-nordamericane, ma volti di ogni razza, colore e provenienza. Più lenti ma
non insignificanti i progressi della rappresentanza femminile (se
nel 1927 a Losanna le donne erano 7 su 400, a Nairobi nel 1975
erano un centinaio abbondante
su circa 650 delegati) anche se
ancora lontani da quella pariteticità che è nella natura della vocazione cristiana, e senza la quale l’ecumenismo rimane un mezzo ecumenismo.
Le 127 chiese presenti a Losanna sono diventate le quasi 300 appartenenti aH’attuale Consiglio
Mondiale; gli ortodossi, allora
molto scarsi, sono oggi presenti
in forze. I cattolici nel 1920 parlavano con sprezzo della prevista
convocazione della Conferenza di
Losanna, e cinque mesi dopo la
Conferenza stessa, con l'enciclica
Mortalium Animos la gerarchia
vietava ogni contatto con noncattolici diverso da quello mirante al puro e semplice « ritorno ».
Nel 1960 invece, per la prima volta, tre cattolici partecipavano ufficialmente a un comitato di Fede e Costituzione con la qualifica
di «; osserva tori ».
NelPambito del Consiglio Mondiale la Commissione « Fede e
Costituzione » ha un suo posto
preciso. Tutta l’attività del Consiglio Mondiale delle Chiese è
suddivisa in tre settori o «uni
tà». La «Unità II » si occupa di
« giustizia e servizio »; 1’« Unità
III » di « educazione e rinnovamento » mentre 1’« Unità I » ha
come campo d’azione « fede e testimonianza » e si suddivide in
diverse Commissioni; « Missione
ed evangelizzazione », « Fede e
costituzione », « Dialogo con uomini di altre fedi e ideologie »,
« Chiesa e società ». Perciò « Fede e costituzione » ha mantenuto
il suo nome e la sua continuità
con la Conferenza di Losanna di
50 anni fa, pur diventando una
delle commissioni all’interno di
una delle tre « unità » del Consiglio Mondiale.
Ma la sua importanza non è
determinata dalla collocazione
nell’organigramma del Consiglio,
bensì dai temi che tratta, dall’energia e coerenza con cui porta
avanti la sua linea e, soprattutto.
dalla... bontà di quella linea, che
va valutata secondo la sua rispondenza alTEvangelo. Oltre alle Assemblee del Consiglio Mondiale delle Chiese, in cui vengono ■
trattati problemi attinenti all’unità della chiesa, vanno tenute
presenti le grandi conferenze di
Fede e Costituzione dedicate esclusivamente a temi teologici,
come quella di Lund (1952) di
Montreal (1963) di Lovanio (’71)
e di Accra (1974). L’importanza
di queste conferenze e dei comitati ristretti che le preparano e
ne rielaborano il materiale è notevole e non va sottovalutata,
perché ne derivano degli orientamenti e delle formulazioni che,
per quanto sempre discutibili da
parte delle singole chiese, hanno
tendenza ad imporsi per il fatto
stesso della loro diffusione.
Le interviste di Valdo Vinay e
di Paolo Ricca (pubblicate a
pag. 5 di questo numero) mi suggeriscono alcune osservazioni che
prendono lo spunto da alcune
delle loro dichiarazioni.
È senza dubbio vero che, come
dice Ricca, si sente l’esigenza che
la nostra chiesa avverta di più
Aldo Comba
(continua a pag. 5)
Un gruppo
partecipanti
Conferenza
1927.
di
alla
del
_____CORRISPONDENZA DI VIAGGIO DEL MODERATORE
Evangelici in Canada
Dopo un mese di permanenza
negli Stati Uniti, entrare nel Canada è un po’ come tornare in
un paese europeo; finalmente si
vede gente per le strade, sui balconi, nei giardini; nelle case...
si possono aprire le finestre e
ci si libera da quel particolare
senso di oppressione che si ha
quando tutte le finestre sono
bloccate a causa della installazione dell’aria condizionata.
Le città sono stupende, la popolazione aperta ed accogliente.
Gli italiani nel Canada.
La condizione degli italiani
nel Canada è buona, la migliore, certo, fra i tanti paesi europei ove più densa è la nostra
emigrazione. Gli italiani non
hanno alcun complesso da « emigrante », si sentono parte del
paese che li ha accolti e prosperano sia dal punto di vista culturale come pure economico.
Molti italiani sono nel Canada
da tre generazioni ed anche quelli che vi sono giunti dopo l’ultima guerra mondiale si sono
facilmente integrati nella vita
sociale del paese.
Particolari problemi stanno
ora sorgendo nel Quebec, dato
l’orientamento verso una indipendenza più marcata dalla lingua e dalla cultura inglese. Per
quanto concerne la tendenza nel
Quebec di imporre la lingua
francese non solo nella vita amministrativa ma anche nelle
scuole, gli italiani si trovano in
una ben strana situazione. Essi
hanno indubbiamente una affinità naturale con la cultura e la
lingua francese, eppure ancora
oggi preferiscono la lingua inglese in quanto dà maggiori possibilità di rapporti sociali e di
lavoro.
Non possiamo sottacere che
nella lotta attuale tra le varie
tendenze nel Quebec la componente confessionale ha il suo peso notevole; la popolazione di
origine francese è nella maggioranza di confessione cattolica
romana, mentre quella di origine inglese, protestante.
La chiesa unita del Canada
e la Chiesa Preshiteriana
del Canada
Come è noto, nel 1925 si è attuata l’unione delle Chiese Presbiteriane - Congregazionaliste e
Metodiste del Canada. Nel 1968
anche le Chiese dei Fratelli si
sono unite alle precedenti. Tutte assieme formano attualmente
la Chiesa Unita del Canada. Ma
una parte delle Chiese Presbiteriane non hanno ritenuto di accettare questa «unione di Chie
Cesare
e Dio
se ». Alcuni invero spiegano questa decisione con motivi di carattere teologico, altri con motivi di carattere diverso. I rapporti tra le due Chiese sono
buoni, ma permane pur sempre
una certa tensione. La Chiesa
Presbiteriana appare più tradizionalista e non condivide alcune prese di posizioni più aperte
sia in campo teologico e soprattutto sociale delle Chiese Unite.
La visita del Moderatore:
un’occasione di incontro
La mia visita è stata organizzata in accordo tra le due Chiese. Così a Toronto ho avuto riunioni alle sedi centrali delle due
chiese e vi hanno partecipato i
responsabili delle due chiese separatamente.
Ma quello che è stato più positivo è il fatto che i rappresentanti delle due chiese hanno partecipato in comune ad un culto
e poi ad un ricevimento in occasione della mia visita. Questo
è avvenuto a Toronto.
A Montreal i rapporti talvolta difficili tra Chiesa Unita del
Canada e Chiesa Presbiteriana
si riflettono purtroppo nella situazione delle chiese di lingua
Aldo Sbaffi
(continua a pag. 8)
La nota parola di Gesù risponde ad un’insidiosa domanda dei
Farisei e degli Erodiani i quali
si rivolgono a lui, dicendogli:
«Maestro, è egli lecito pagare il
tributo a Cesare? ».
Gesù risponde con le parole di
Matt. 23; 21 che hanno dato luogo a non poche errate interpretazioni ed a violenti dissensi. Per
comprendere bene la risposta di
Gesù è necessario inquadrarla
nel suo contesto e nei suoi limiti,
scartando subito l'idea secondo
la quale questo testo, che si trova nei tre Evangeli sinottici, conterrebbe una norma precisa sull'autorità dello Stato e sui rapporti dei credenti con le autorità
statali. In questa prospettiva bisogna anche escludere l’idea di
una delimitazione della sfera religiosa e politica nella vita di una
nazione e di ogni singolo credente, tanto più se quella delimitazione si risolve in un riconoscimento del patere assoluto dello Stato sui cittadini“ ò ad un
concordato nel senso giuridico e
moderno di questo termine.
La domanda dei Farisei è una
domanda trappola per cogliere
in fallo Gesù; è anche una domanda ipocrita (dice Marco), per
« coglierlo in parole », ( dice Luca). Il dialogo di Gesù con i suoi
interlocutori è imperniato sulV imposta personale introdotta
dai Romani in Palestina. Qualunque fosse la risposta di Gesù,
i suoi avversari lo avrebbero colto in fallo. Se Gesù dice no, accontenta senza dubbio i Farisei,
ma si mette contro la potenza occupante, cioè i Romani; se invece dice sì è lecito, allora Gesù
soddisfa gli Erodiani, ma è liquidato come Messia, perché un
Messia non scende a patti con.
Cesare imperatore.
A questo punto Gesù prende in
mano la discussione e domina la
scena. Dopo aver conosciuto la
loro « malizia », la loro « ipocrisia », la loro « astuzia », come dicono i tre Sinottici, Gesù dice ai
suoi avversari: « portatemi un
denaro »; guarda la moneta e poi
chiede loro: « Di chi porta l’effigie e l’iscrizione? ». Essi gli rispondono: « Di Cesare ». E Gesù
a loro: « Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello
che è di Dio ».
Il grave errore che si compie
consiste nel ritenere che si debba dare a Cesare (l’autorità politica e terrena) la nostra vita materiale, la nostra incondizionata
ubbidienza, riservando a Dio la
nostra pietà, il nostro culto, la
nostra vita religiosa pura e semplice. Ma una vera e propria divisione della nostra vita in due
settori (profano e religioso) non
è né possibile né giusto,. .Colui
che è il Signore della nostra vita,
non lo è soltanto dei nostri culti,
delle nostre preghiere, dei nostri
discorsi «spirituali».
Il Signore è signore di tutta la
nostra esistenza, anche di quella
che si attua mediante e nell’ambito della vita politica in generale. Perciò, Dio è il Signore dei
nostri pensieri e dei nostri atti,
delle nostre decisioni, dei nostri
interessi materiali. Prima di comprometterci e di dire sì o no a
Cesare dovremmo ricordarci che
la Parola di Dio possiede un valore prioritario di fronte alle parole e alle varie attività politiche
del mondo. Il riconoscimento della sovranità di Dio, unico Signore
di tutta la nostra vita, religiosa e
profana, ridimensiona assai la richiesta dei Farisei a Gesù e ci
convince che « quello che dobbiamo rendere a Cesare» (il denaro) è ben poca cosa di fronte
a quello che « dobbiamo dare a
Dio » e che il Signore richiede.
Ermanno Rostan
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Ip _giugno" 1977
Li Kvi, ; itE^i(DONFERENZE DISTRETTUALI: IMO- DISTRETTO
^ f.-, .< jO *- ‘ '.ni -------• ---'
Là Òriiipif^èhtro del dibattito
Mentr© I asseMbl^a discutéva di c|uestioni giuridiche i veri problemi
sono rirhàstl in àiiticàmera^- La Quèstionè «minori» è rimasta nel v^joto
La Conferenza dèi ì Distretto
era forse attesa da alcuni come
un primo confronto della TEV
con le forze che sono state accusate da questa nel corso dell’anno di politicizzazione, di monopolizzazione della vita ecclesiastica e di intolleranza verso
la maggioranza « silenziosa » delle nostre chiese delle Valli. In
realtà questo confronto non ha
animato che in minima parte i
dibattiti, anche se si trovava forse sottinteso in alcuni di essi.
In genere, comunque, questo
confronto non ha registrato molto calore tra i membri della
Conferenza e, quindi, neppure
malanimo; al massimo è caduto nell’indifferenza di fronte a
problemi che appassionavano di
più e in cui la ricerca ha risultati assai meno scontati e schematizzabili di quella sul tema
fedépolitica.
H problema che aveva come
risvolto più evidente la presenza
e l’azione della TEV è stato
quello della validità della delegazione di Torre Pellice, impugnata da alcuni membri di quella
comunità, perché non tutti i deputati avevano raggiimto in assemblea di chiesa la maggioranza regolamentare. Anche su questo, però, la preoccupazione dominante nella conferenza è apparsa quella di trovare'"una soluzione fraterna, accettabile per
tutti, chiara nel suo fondamento giuridico, e non di ottenere
rma vittoria sullo schieramento
che si rivelasse minoritario. La
discussione ha occupato quasi
tutto il pomeriggio di sabato,
salvo il tempo del lavoro a gruppi; un tempo sproporzionato all’entità del problema ma non, allo spirito con cui si è cercato
di risolverlo.
La calma sorridente di Renato
Coisson e di Aldo Lausarot si
è rivelata eflacacissima in questo
come negli altri dibattiti per i
quali si sarebbe magari auspicata in assenza di esperienza una
presidenza dal piglio rude e persino autoritario.
La conferenza ha discusso abbastanza ampiamente la situazione generale delle comunità,
finendo tuttavia col rinvio del
problema sotto l’aspetto particolare della frequenza ai culti
ad uria riunione di Concistori.
La secolarizzazione non è solo
preoccupante per la sua incidenza statistica, ma per il tipo di
mentalità che induce. Le relazioni della fine del secolo scorso segnalavano quando c’era anche im solo membro che non
frequentava i culti; in questo
non c’era solo il desiderio di autoconservazione della chiesa, ma
certamente anche il senso della
perdita, per questi fratelli, dì un
aspetto importante della libertà
cristiana.
Due problemi, essenzialmente,
sulla CIOV. Uno sull’arrunissibilità in astratto dell’ipotesi di
passaggio agli enti pubblici delle nostre opere, che non ha registrato nella discussione nesstm
passo avanti nella rifiessione,
anche se ha occupato molto
tempo. L’altro, più importante,
discusso frettolosamente, ma direi con più distensione che nel
passato, quello sulle possibilità
di ristrutturazione della CIOV e
di riqualificazione della figura
del suo Presidente. In attesa che
le leggi statali e regionali siano
più chiare sulle unità locali dei
servizi, le chiese saranno chiamate, comunque, l’invemo prossimo, a studiare i modi possibili
di inserimento degli lOV nel loro quadro e l’opportunità o meno di sdoppiare la Commissione
(un ramo per gli Ospedali e uno
per gli Istituti per anziani).
Scena muta della conferenza
all’esame sulla materia «minori ». Si prospetta la riduzione
dell’attività del Convitto di Via
Angrogna di Torre Pellice, ma
ancora una vòlta ci si è arenati
nelle secche delle due opposte
analisi : si vuole smantellare
un’altra eredità, si è detto da
una parte; non abbiamo più le
energie per fare di più, si è ribattuto: chi è disposto ad assu
mersi- la conduzione di un Convitto pieno in Via Angrogna si
faccia avanti. Naturalmente nessuno si è fatto vivo. Cosi restano aperti i problemi dei ragazzi; non solo quelli di principio
sull’opportunità spirituale di
avere un convitto lì o quelli pratici di che cosa si farà dello stabile, ma quelli umani, brucianti,
dell’avvenire degli attuali ospiti di Via Angrogna e di quelli
che potrebbero averne bisogno
domani.
Claudiana, Bollettone sono
passati rapidamente all’esame
della Conferenza, che ha deciso
per la prima il sostegno della
libreria di Torre Pellice e per il
secondo una diversa organizzazione. Ancora più celere l'esame
dell’operato delle corali, per le
quali ci si è espressi per puro
dovere d’ufficio e addirittura supersonico quello dei trombet
tieri, per i quali i membri della
Conferenza si sono limitati a, ricevere una relazione stampata
solo a metà, perché la seconda
metà non aveva avuto il tempo
di esserlo.
Non sarebbe giusto ignorare
due fatti importanti: il culto,
con la predicazione di Flavio
Micol, che ci ha ricordato efficacemente che la soluzione della nostra crisi non si ha che in
Gesù Cristo; e la presenza di
Tullio Vinay, venuto per constatare « de visu » i disastri dell’alluvione ed esprimere la sua solidarietà. Analoga solidarietà e
disponibilità la Conferenza ha
espresso con un atto ufflèiale.
Unanime apprezzamento per
l’accoglienza ospitale della Chiesa di S. Germano.
C, T.
Criticamente
Sempre sul « Mistero buffo », una
lettera critica il « tentativo di strumentalizzazioné » operato dall’articolo
di }. L. Sappé nei confronti del Cristo ed il linguaggio a ai limiti della
decenza » usato dall’articolista che non
stupirebbe se usato su altro foglio. E
continua:
Ciò che mi ha sconcertato è stato
leggerlo su « La Luce », che non è Un
foglio qualunque, ma è il giornale delle Chiese Evangeliche Valdesi e Metodiste, come si legge su la testata.
Ora, come opportunamente ha rilevato il signor Ugo Zeni in una sua
lettera,' l’articolo di fondo riflette l’indirizzo del giornale, e, anche .se Ella
non intende attribuirgli un ruolo cosi
importante, ciò nondimeno il lettore
occasionale non potrà non aver ricavato la convinzione che le Chiese Evangeliche dichiarate sulla testata, siano,
anche in questo caso, in linea col loro
giornale.
Personalmente non sono d’accordo
con questa impostazione, e mi conceda
di ritenere di non essere il solo evangelico a dissentire.
Sia ben chiaro che non è nelle mie
intenzioni conculcare la libertà di
La svolta è vioina
Oltre 70 fra deputati delle chiese, pastpn, direttori di opere, un
ràpporto che comprende quasi
40 pagine di documenti, questioni arriministrative di peso qtiati
l’operato della C.I.O.V. (con tutti i suoi problemi di Ospedali,
finanze, personale) l'attività di
Convitti, Foresterie, opere vàrie,
l’utilizzdzione di organi di stampa efficienti; questa rion è ormai
più una Conferenza distrettuale,
è un sinodo regionale.
Le nuove regolamentazioni entrate in vigore con il processo
di integrazione, la tendenza del
Sinodo annuo a demandare, alle
diverse zone i problemi ) locali,
la situazione delle Valli fànho sì
che ormai l’assemblea annua
non è più il tranquillo incontro
di alcuni anni fa, a cui molti di
noi èrano abituati, dove ci si
scambiavano alcune parole e si
ascoltavano alcuni discorsi, è ormai un’assemblea che deve risolvere problemi di grave peso e
dare delle direttive a metà della chiesa evangelica valdese in
Italia, il tutto in una decina di
ore di seduta. C’è ormai tutto
l’apparato: la commissione d’esame, il seggio portato a cinque
membri per controllare i lavori,
la contro relazione CIOV, manca solo l’aula (perché si continua a fare le conferenze nelle
chiese) ma il giorno che avremo
seduta a Torre Pellice sarà un
piccolo sinodo.
Sarà per questo ma è certo
che la macchina sembra fare fatica ad incamminarsi, sarà anche che ormai, mancando i "ponti” all’italiana, siamo ridotti ai
week-end ma con rinunzia al
lavoro serale per difficoltà di
provvedere ai pasti, con il culto
nella mattinata che riduce il
tempo disponibile e che non è
d’altra parte pensabile sopprimere.
Le procedure si fanno sempre
più complicate, lunghe; iniziato
puntualmente il lavoro alle 14,30,
alle 15,30 si era appena insediato il seggio; il lavoro in commissioni che si è tentato da due
anni non è ancora a punto perché non si sa se scegliere le commissioni di lavoro, in cui ognuno sceglie ciò che gli interessa,
o la suddivisione della conferenza in gruppi per permettere a
tutti di parlare: è difficile riuscire ad avere delle mozioni su
cui votare, dai gruppi vengono
solo frammenti di discussione
non sempre elaborate.
Riflettendo a tutto questo mi
sembrava di avvertire una sensazione di sbandamento, di incertezza, di distanza per cui si
aveva l’impressione di essere
tutti presenti come statue allineate nella luce giallognola che
filtrava dalle vetrate. Un’assemblea quasi estraniata dal suo contesto, che non riesce a stringere
in pugno le questioni, al limite
della paralisi.
Eppure non mancavano le tendenze, le tensioni, le “parti" (non
uso intènzionàlm'ente la parola
“partiti”), -le posizioni, i motivi
di scontro e di polemica ma tutto si (^sopiva, si smorzava, si
sfilacciava nella sensazione di essere già'alla, fìhe prihìa quàsi di
aver cominciato. s».
In un ^intervallo ho provato a
fare unS verifica sull’età 'delta
conferenza ricordando quelle citi
partecipavo anni addietro, quando la motorizzazione non era
ancora quello che è oggi, e si
viaggiava col trenino ài Perosa:
dei 43 deputati, 13 avevano più
di 50 anni, 11 stavano fra i 30 ed
L 50 e ben 1.9 sotto la trentina,
la media Ad anni Vi, Impensabile alcuni anni or sono, quando
l’unico giovane faceva il segretario. Una assemblea che rispondeva anche ai desiderata del
Movimento Ecumenico perché
aveva la sua buona rappresentanza di donne: 15 su 43.
Crisi di funzionamento, riflusso di idee, carenza di prospettive? Il fenomeno che la CED denunciava a livello generale di
una caduta di tensione ideale sul
problema della riforma della
chiesa ha raggiunto anche la
parte più responsabile delle comunità?
Mancanza di prospettive, di
programma, difficoltà pratica di
coagulare un dibattito su delle
proposte concrete, operative?
B difficile rispondere. Forse
sarà necessario trovare -dèlie
forme di incontro e di lavoro diverse, strutturate in modo nuovo, un tipo di assemblea gestita
e funzionante in mòdo aderente
alle necessità del momento.
La predicazione su Romani 8
che Flavio Micol ha collocato, coraggiosamente, al centro del lavoro, nel culto mattutino resta
come una stella luminosa, un richiamo, una certezza: la fame e
la. nudità, la persecuzione ed il
silenzio non potranno separarci
dall’amore di Cristo. Non deve
restare però una stella polare in
cielo questo messaggio, ma un
riferimento a cui si riferisce la
vita, che si muove in correlazione con la vita, deve insomma
essere una parola che diventa
vita.
Ma per questo le conferenze
bisogna reinventarle in forma
nuova, pensarci, prepararsi, impostarle in prospettiva. Tutti
hanno sempre l’impressione di
essere ad una svolta, e se lo siamo o no non saprei, ma forse
siamo vicini alla svolta.
G. Tourn
LE DECISIONI
H La Conferenza, preoccupata dai problemi emersi in merito alla regolarità
delle nomine dei rappresentanti delle
varie comunità, invita per Tavvenìre le
assemblee di chiesa a vigilare affinché
siano rispettati in ogni loro parte \ vigenti RR.OOì?^ invita inoltre I Concistori
a convocare le assemblee di chiesa per
la nomina dei delegati alla Conferenza
distrettuale e al Sinodo con un margine
di tempo sufficiente per permettere
un'eventuale riconvocazione in casi di
ricorsi e comunque possìbilmente un mese prima della data fissata per le rispettive assemblee.
I La Conferenza, ravvisando nella
scarsa presenza ai culti un problema centrale per la vita della chiesa, invita la
CED ad organizzare per il prossimo anno un incontro dei Concistori allargato
a tutti i membri di chiesa, sul problema
della partecipazione al culto e della secolarizzazione nelle valli valdesi, facendo precedere l'incontro da un dibattito
nei Circuiti, sulla base di documenti preparatori.
Preso atto dell'inchiesta FGEI a Luserna San Giovanni, auspica l'estensione di
questo lavoro a tutte le chiese del distretto, in vista dei fenomeni sociali e
culturali che concorrono a determinare
l'attuale crisi della vita comunitaria.
I La Conferenza dà mandato alle CED
ed al Comitato di redazione dell'Eco-Luce
di studiare l'incorporamento neH'EcoLuce della « Lettera Circolare alle Comunità del I Distretto », garantendo tale
incorporamento a partire dall'autunno
1977, con periodicità -e modalità da definire, in vista di una maggiore informazione nelle comunità sulla vita della chiesa e sui problemi del mondo e di una
maggiore diffusione del nostro settimanale. Le comunità saranno impegnate a
diffondere gratuitamente tali numeri dell'Eco-Luce contenenti l'inserto secondo la
prassi acquisita dai Concistori per la diffusione delle circolari periodiche.
■ La Conferenza invita la CIOV ad
inviare alle chiese del Distretto entro il
mese di febbraio 1978 una esauriente
informazione sul problema della ristrutturazione della CIOV, che contenga ipotesi precise: a) sulla figura ed il ruolo
del presidente; b) sulla gestione degli
Istituti per Anziani; c) sul rapporto con
gli Enti Locali.
I La Conferenza esaminata la relazione sulla libreria Claudiana di Terre
Pellice, ricordando che la diffusione del
libro evangelico è compito essenziale di
ogni chiesa, incoraggia le varie chiese
a creare dei gruppi di lettura che si incarichino della diffusione delle pubblicazioni della Claudiana; invita nello stesso
tempo le chiese a discutere il contenuto
delle pubblicazioni, motivando il loro
9ppog9Ìo o le loro critiche a ciò che viene stampato; incoraggia la libreria ad
organizzare pubblici dibattiti nelle varie
località, servendosi anche dei libri pubblicati dalla Casa Editrice; sottolinea la
necessità dì richiedere ai pastori delle
valli una loro presenza in negozio, così
da assicurare una consulenza continua;
invita le chiese delle valli a contribuire
alla copertura delle spese di affitto dei
locali di Torre Pellice.
• La Commissione d'esame sull'operato delia CED è stata nominata nelle
persone dì : Erica Cavazzani, Dino Gardìol e Augusto Armand Hugon.
• La sede della prossima Conferenza ordinaria sarà Frali e, in alternativa.
Villasecca.
• Il predicatore d'ufficio della Conferènza il pastore'Ermanno Genre, sostituto
il predicatore laico Dino Gardiol.
espressione a nessuno! riconosco il
pieno diritto a chiunque, e quindi anche al signor Dario Fo, di recitare le
sue commedie nei teatri e alla televisione (e sono pronto a battermi perché
questo diritto gli sia riconosciuto e
conservato); al signor Sappé il diritto
di esaltare il a Mistero buffo » e a me
di dissentire. Ognuno però nella sua
sede adatta : il signor Fo, in teatro o
alla televisione; il signor Sappé su giornali in linea col suo pensiero, e a me...
io francamente, caro Direttore, non
l’avrei dìsurbata per disquisire sul teatro di Dario Fo!
Un’ultima osservazione: Piando alla
presa di posizione del Presidente della
Commissione Permanente Metodista e
del Vice-'Moderatore, contro la configurazione del reato di vilipendio alla religione dello Stato. Avrei preferito però una dichiarazione di principio, piuttosto che una lettera. Penso sarebbe
stata più incisiva, e, comunque, non si
sarebbe prestata a delle illazioni.
Con i più fraterni , cordiali saluti.
Guido Colonna Romano
Anziano della Chiesa
Evangelica di Venezia
Diritto al dissenso
Un^altra lettera commenta gli interventi pubblicati sul n. 22.
Tengo a precisare innanzitutto che,
secondo me, bene ha fatto là Tavola
Valdese ad inviare tale lettera di solidarietà; poi vorrai muovere alcune
obiezioni alle argomentazioni di quei
lettori.
Il Sig. Giovanni Conte ritiene che il
povero Fo sia un ciarlatano che ha la
presunzione di « istruire il popolino »
con spettacoli comizieschi. Ora, mi permetto di chiedergli,: chi è veramente
libero? chi non ha alle spalle una cultura, una religione, una idea di qualcosa, insomma, che non lo condizioni
in nn certo senso? Nessuno, a meno
che il Sig. Conte non ritenga di essere
lui stesso l’esempio di a Homo liberus )). Quindi non critichiamo Fo per
la sua presunta mancanza di libertà, il
suo spettacolo può anche non piacere,
ma via che male può fare? per la gente abituata a spettacoli idioti tutt’al più
sarà un piacevole diversivo.
Ezio Saccomani insieme a molti altri
ritiene che ad essere messo in ridicolo
sia Gesù Cristo specialmente nell’episodio delle nozze di Cana raccontate da
un ubriaco ed in quello di Gesù ed i
ricchi. Secondo me il problema è il seguente : o il lettore vuole vedere il Cristo che la gente, il popolo ha visto ed
incontrato al di là dell’interpretazione
che ne ha dato l’autorità clericale, oppure preferisce un Cristo di pasta frolla miope ed azzimato come il Gesù di
Zeffirelli?
A noi la scelta, io preferisco accettare criticamente quello di Dario Fo
perché almeno agisce e vive per la gente per la quale è morto e risorto.
Cordialmente
Patrizia Mathieu
T orino
Sul prossimo numero pubblicheremo
altre due lettere arrivate sullo stesso
argomento e la idsposta dei pastori
Aquilante e Bouchard. Speriamo quindi di poter concludere questo dibattito
che comincia a ripetersi e che non
sembra produrre molto chiarimento con
il suo continuo mescolare solidarietà
con Vaccusato di vilipendio e presunta
approvazione incondizionata del contenuto di quanto ha rappresentato,
Cristo evangelico e Cristo della tradizione popolare usato in funzione di
critica della Chiesa storica.
Franco Giampiccoli
Energia sì,
ma non
nucleare
Ha avuto luogo recentemente
a Verona, presso il Centro Mazziano, il Convegno dei Movimenti e dei Gruppi Nonviolenti
del Triveneto sul problema delle centrali nucleari. Hanno partecipato circa 800 persone; relatori Piero Binel, Tonino Drago, Gianni Mattioli, Glannozzo
Pucci.
La Casa Evangelica in
S. Marzano Olivete (Asti)
è aperta dal 1/7 al 31/8.
Per informazioni rivolgersi al Direttore Chiara
Aldo, Via Plana 105 - 15100
Alessandria - Tel. 0131/
55.995.
3
10 giugno 1977
3 - DIBATTITO SU FEDE E POLITICA E RAPPRESENTATIVITÀ’. DEGLI ORGANI COLLEGIALI
Davanti al tempio
di S. Secondo.
Non per salvare la nostra anima. A questo ha già pensato Gesù Cristo il quale ha però fatto
ben più che questo. Gesù Cristo
ha salvato tutta la vita e non solo « l’anima » cioè la parte spirituale e religiosa del credente.
Il cristiano è quindi una persona la quale sa di essere salvata
da Cristo, accetta e prende sul
serio questa salvezza e vive come uomo salvato, cioè per testimoniare di Gesù Cristo con tutta
la sua vita.
Questa testimonianza diventa
quindi non semplicemente un
parlare del Vangelo, sebbene anche questo debba essere fatto e
sia fondamentale, ma un modo
di vivere la propria esistenza.
Naturalmente questo avviene
nella comunità, ma anche nel
« mondo », cioè fra quelli che
non credono per i quali « Dio ha
tanto amato da dare il suo unico
Figlio » (Giov. 3: 16); è un modo
nuovo di vivere con i fratelli, ma
anche verso i nemici ed i persecutori (Mt. 5: 44).
In altre parole la testimonianza resa a Gesù Cristo e la liberazione che egli ci ha concessa tocca tutti gli aspetti della nostra
vita, tanto le parole quanto l’azione, tanto la sfera « religiosa »
quanto quella « di tutti i giorni »,
tanto l’anima quanto gli affari ed
i rapporti con gli altri.
Lo constatiamo anche nell'esperienza quotidiana. Come si
giudica un cristiano, e più genericamente, un uomo? Da tutta la
sua vita: dai fatti quanto dalle
parole, e guai a lui se il suo modo di comportarsi contraddice le
parole. Non gli si dà più alcun
credito. E questo è vero tanto a
livello della testimonianza di fede quanto a quello delle ideologie e della vita di tutti i giorni.
Che cos'è la chiesa?
Non è l’apparato o Torganizzazione ecclesiastica. Non è l’insieme dei pastori a cui si può chiedere « che cosa dice la Chiesa? »
od i concistori, la Tavola e còsi via.
La chiesa sono i membri che
la compongono. Tutti i membri.
Non solo i credenti impegnati,
ma anche quelli della periferia,
quelli che sono valdesi perché i
loro genitori lo sono o lo sono
stati.
Che cosa è la Chiesa valdese a
S. Secondo per la popolazione in
mezzo alla quale viviamo? Non
le decisioni del Sinodo o delle assemblee di chiesa che neppure
tutti i membri ricordano. Non le
predicazioni del pastore che sono ascoltate solo da una parte
dei membri di chiesa e non dagli
estranei, eccezion fatta per i funerali.
Ma la Chiesa valdese sono i
membri di chiesa e la Chiesa valdese è giudicata per quello che i
suoi membri dicono o non dicono, fanno o non fanno. E tutti
sono messi sullo stesso piano:
quelli che vanno in chiesa e quelli che non ci vanno, quelli che
cercano di vivere la loro fede e
quelli che non se ne curano.
D’altra parte anche la Bibbia
è su questa linea. Naturalmente
Dio sa distinguere fra chi crede
e chi fa solo finta o chi se ne infischia; ma lo sa fare solo lui e la
chiesa è uguale ai suoi membri,
anche se, come la rete della parabola (Mt. 13: 47-50) in essa si
trovano credenti veri e finti.
Non si può, quindi, distinguere
la chiesa in sé dai suoi membri,
quasi che l’una potesse fare cose che gli altri non fanno o viceversa. Una chiesa non può esse
re ricca se i suoi membri sono
poveri e se lo è tutti si rendono
conto che qualcosa non funziona. Così sarebbe impossibile parlare di una chiesa "povera se i
suoi membri stanno economicamente bene; naturalmente questi
membri di chiesa possono non
contribuire e dare vita ad una
amministrazione povera che non
ha di che pagare i suoi operai,
ma anche in questo caso ci si
renderebbe conto che qualche
cosa non va.
Cosi se diciamo « la chiesa non
fa politica » dobbiamo chiedere
e pretendere che i membri di
chiesa non prendano posizione
su questo tipo di problemi e di
lotta.
Ci sono delle comunità cristiane che hanno preso questo atteggiamento per motivi di fede.
Benissimo. Ma i loro membri di
chiesa non si impegnano veramente in questioni politiche, in
nessun modo, neppure in ouelle
delTamministrazione locale, neppure in quelle di politica economica.
In caso contrario, quando i
membri di chiesa pensano di poter o dover prendere posizione,
anche non clamorosa,' su problemi politici è la chiesa che lo fa,
e non ci sono scuse perché è proprio così.
Durante il ventennio la Chiesa
valdese era sospettata e controllata come antifascista. Non certo
per le dichiarazioni dei Sinodi
anche troppo ossequienti nella
loro prudenza, ma per Tatteggiamento della gran parte dei membri di chiesa i quali non erano
sulle linee del partito, anche se
pochi gli erano decisamente contrari.
SAN SECONDO
11 tema « Fede e politica » è stato trattato
nel corso di due serie di riunioni quartierali in tutta la comunità
di San Secondo. Sono così risultate 18 riunioni
che hanno toccato una parte considerevole dei membri
di chiesa. L’articolo che segue è il risultato
delle discussioni che si sono avute durante questi incontri
e delle idee che sono emerse
raccogliendo l’approvazione della grande maggioranza.
razziali durante l’occupazione tedesca? Alcuni lo hanno fatto per
ragioni teologiche ben chiare,
ma la maggioranza ha fatto questo spinta dalla semplicità della
propria fede. Erano dei « pieti
sti », lo hanno fatto per fedeltà a
Gesù Cristo, e per questo hanno
violato delle leggi di guerra e
quelli che sono stati presi sono
morti a Buchenwald e Mauthausen come prigionieri politici.
Uno spazio
per essere cristiani
Conta la coerenza tra il dire e il fare - La chiesa che il mondo conosce
- La politica non è un campo neutro come quello della tecnica
Il cristiano
e il radiotecnico
Le scelte
della fede
Le scelte che il cristiano fa sono determinate dalla sua fede.
Questo è chiaro. Non sono fatte
per altri motivi che per cercare,
ahche sbagliando, di essere testimoni dell’amore e della salvezza
di Cristo.
Ma le conseguenze di questa
fede vanno molto lontano.
Quando gli imperatori romani
pretesero il titolo di « Signore »
(Kyrios) i cristiani dissero: « No,
di Signore noi ne abbiamo già
uno ed uno solo. È Gesù Cristo.
All’imperatore tutto il rispetto e
tutte le tasse dovute; ma Signore
no ». Fu una scelta teologica.
Non ritennero di fare politica,
ma fu intesa come tale a Roma
e furono perseguitati non perché
adorassero Cristo, ma perché
questa fede li metteva (o sembrava metterli) contro al potere
di .Roma.
Nel 1556 i valdesi non reagirono all’ordine di lasciare in pieno
inverno le terre e le case fuori
dei limiti del ghetto alpino; ma
si rifiutarono di distruggere i
loro templi. Anche questa fu una
scelta di fede. Più poveri si può
sopravvivere (anche se si era già
poveri prima) ma senza la predicazione della Bibbia si muore.
Naturalmente la persecuzione fu
scatenata contro a sudditi «rebelli agli ordini su Sua Altezza Serenissima » ecc. ecc., cioè con
una giustificazione politica.
Che dire della chiesa confessante sotto al Nazismo? o dei
molti esempi umili e sconosciuti
eppure così evangelicamente veri
di coloro che hanno aiutato e
nascosto i perseguitati politici o
Se il televisore o un elettrodomestico si guasta non ci preoccupiamo di sapere se il tecnico che
li ripara è un credente o no; ci
basta che conosca il suo lavoro e
ripari il guasto in modo efficace.
Infatti in certe questioni puramente tecniche non si vede come possa influire la fede. 2-f2=4
per credenti e non credenti.
Ma alTestremo opposto se domani avessi bisogno di uno psicanalista, cioè di uno di quei medici capaci di indagare e influire
sulle realtà più profonde del mio
essere, ne vorrei uno che capisse
qualcosa dei problemi della fede
e del Vangelo.
A che punto fra questi due si
trova il credente nella sua testimonianza cristiana in questo
mondo?
Ci è sembrato che il problema
per la nostra chiesa si ponga essenzialmente a questo livello. Però a questo punto il problema è
serio.
In altre parole il cristiano nelle situazioni sociali è politiche in
cui si trova coinvolto avrebbe la
fede che lo guida nelle scelte di
base (essere dalla parte dei poveri, degli sfruttati, ecc.), ma disporrebbe solo degli strumenti a
disposizione di tutti, (partiti, sindacati, ecc.), così come il radiotecnico ha tester, saldatore e cacciavite uguali a quelli di tutti gli
altri.
Non ci siamo sentiti di sostenere questa tesi. Non crediamo
ci sia un modo cristiano di fare
politica ed economia più di quanto si possa fare una matematica
cristiana; ma ci sembra che esista un modo particolare, « uno
spazio » per il cristiano che testimonia del suo Signore in questi campi.
Per esempio non potremo mai
dimenticare quello che dice il
sermone sul monte a proposito
della violenza e del perdono, dell’odio e delTamore per i nemici.
Non potremo mai dimenticare
che il cristiano non lotta per la
giustizia e per la verità, ma è
servo di esse, cioè esse non sono lo scopo a cui tendere, ma sono già ora il modo di vivere, di
testimoniare e di lottare senza la
minima illusione che si possa
giungere alla giustizia attraverso
ad atti ingiusti, alla verità attraverso alle deformazioni della pro
paganda e così via.
Ancora: nel mondo ci sono dei
poveri, degli emarginati, degli abbandonati e così via. Succede che
alcuni gruppi fra essi vengono
alla ribalta della storia, si organizzano o sono organizzati da altri, trovano degli alleati, sì mettono in condizione di lottare e di
farsi le proprie ragioni. Ma altri
continuano a rimanere ignorati,
emarginati. Il cristiano non è
chiamato a giudicare questo stato di cose, ma a mettersi accanto
a chi non rappresenta neanche
un caso giornalistico o politico,
che è veramente così poco importante da non costituire un alleato utile in qualche lotta; un
gruppo che non vale neppure la
pena di strumentalizzare per
qualcosa.
Non ci è sembrato un caso che,
per es. la lotta contro la lebbra
sia condotta nel mondo soprattutto da gruppi cristiani, questi
malati che sono 15-20 milioni ma
non costituiscono un pericolo di
infezione come il colera né un
problema sociale grave come la
malaria o la TBC.
Ma senza andare tanto lontano
ci è sembrato che il mondo agricolo di cui molti di noi fanno
parte sia uno di questi casi. Sì
continua a prenderlo in giro dando premi a chi uccide le mucche
ma alleva i vitelli, facendo qualche chiacchiera di tanto in tanto
e distribuendo qualche medaglia di consolazione. Faremo bene a guardare più da vicino e
con maggior cura queste realtà
per vedere se non si tratti di una
possibilità e quindi di una vocazione che ci è rivolta.
Naturalmente impegnarsi in
una testimonianza di questo genere significa agire contro tutte
le regole e rischiare di farsi mettere fuori da tutti quelli che sono impegnati nei problemi di
questo mondo. Significa trovarsi
soli il più delle volte e considerati con sospetto da tutti.
Ma nella misura in cui facciamo queste scelte veramente nella fede e nello Spirito del Signore, potremmo anche trovarvi un
briciolo di quella pazzia della
croce che giustifica e rende valida anche la più piccola insignificante azione di un credente e
della chiesa.
F. Davlte
/ Valdesi nel Rio de la Piata
Le due chiese di Colonia e Miguelete, rimaste senza pastore
titolare, d’accordo cón la Mesa
e con i rispettivi presbiteri sono
riuscite a tracciare un programma particolareggiato di lavoro
pastorale contando su un gruppo di laici e sui pastori delle
chiese vicine, che hanno dimostrato una buona disponibilità a
« condividere l’opera dei loro pastori con le chiese rimaste prive di cura pastorale».
• L’8 maggio scorso è stato
inaugurato un nuovo tempio
valdese a Colonia Astalejos (Argentina). È stato invitato a pre
siedere il culto il Moderador, che
ha approfittato dell'occasione
per una visita al presbiterio sudargentino.
• Il movimento per l’unità evangelica latino-americana (UNELAM) ha ricevuto nel marzo
scorso a Panama i rappresentanti di più di 80 chiese da quasi
tutti i paesi dell’America latina
per organizzare « la convocazione di un’assemblea delle chiese
cristiane nell’America latina, con
il preciso scopo di studiare, discutere e decidere la costituzione di un Consiglio latino-americano delle chiese, che risponda
alla decisione sovrana delle chièse ». Questa assemblea costituente dovrebbe aver luogo in
Messico nel primo trimestre del
1978.
La Chiesa valdese nel Rio de
la Piata ha dato il suo appoggio
a questo movimento di coordinamento e di unità evangelica.
Hanno collaborato a questo
numero: Giovanni Leonardi,
Paolo Corsani, Dino Gardioì,
Giovanni Conte, Aldo Ruiigliano.
4
10 giugno 1977
2 - TRADUZIONI ITALIANE DELLA BIBBIA
La "Riveduta”
di versione
; un esempio
collegiale
La traduzione che usiamo da settant anni nelle nostre chiese non è che l’ultima di una serie
di revisioni della Diodati che, al suo apparire, incontrò pesanti accuse di «tradimento »
Questo nome è dato generalrnente all’edizione della Bibbia
diventata di uso corrente fra gli,
evangelici italiani a partire dal
1924.
Alcune tirature hanno semplicemente l’indicazione « Versione
riveduta »; altre invece hanno
un’iscrizione che dice: « Versione riveduta in testo originale
dal Dott. Giovanni Luzzi già
Prof, alla Facoltà Teologica Valdese di Roma. Stampato a cura
della Società Biblica Britannica
e Forestiera ».
Sembra che questa iscrizione
fosse pretesa dal governo fascista di allora (probabilmente in
seguito a pressioni clericali) perché apparisse evidente che la
traduzione era opera di protestanti. Purtroppo, come vedremo, questa soluzione del problema non rendeva giustizia alla
vera maniera in cui era nata la
« Riveduta ».
Che cosa
è ’’riveduto”?
Effettivamente l’iscrizione apposta sul frontispizio della maggior parte delle Bibbie « rivedute » fa pensare che si tratti di
una nuova traduzione dei testi
originali fatta dal Luzzi. Questo
invece non fu il pensiero della
Società Biblica né quello delle
chiese evangeliche che nel 1906
diedero inizio alla « Riveduta ».
La. loro intenzione era di fare
una revisione del Diodati. E non
era un’idea innovatrice, perché
di revisioni il Diodati già ne
aveva avute parecchie! Diodati
stesso aveva « riveduto » nel
1641 la sua prima edizione del
1607. Ma in seguito, varie volte
nel 700 erano state stampate, in
varie città d’Europa, edizioni
« rivedute e corrette » dèi Diodati, talvolta usando proprio la
parola « riveduta » nel titolo. Per
es. nel 1744, a Lipsia, « riveduta
di nuovo sopra gli originali e
corretta con ogni maggior’accuratezza da Giovanni David Mailer ».
Nell’ottocento, ci fu la revisione del conte Piero Guicciardini e G. Walker « ...secondo la
traduzione di Giovanni Diodati
diligentemente e partitamente
riveduta ed emendata sugli originali ebraico e greco » pubblica
Altre edizioni con revisioni varie furono pubblicate nel 1860
(Londra), nel 1860 (il N.T., Firenze, curato da S. Bianciardi), nel
1885 (Londra, curata da Alberto
Revel), nel 1894 (Firenze, curata
da Augusto Melile e Giovanni
Luzzi).
Non diversamente nacque la
« Riveduta »: cioè come ennesima revisione della Bibbia del
Diodati. La prima delle norme
del comitato di revisione diceva
infatti:
1”) Conservare per quanto è
possibile la traduzione del Diodati: vale a dire, nella misura
compatibile con la fedeltà all’originale, con la proprietà della lingua e con la chiara intelligenza del testo.
Chi ’’rivede”?
Nell’ottobre del 1906 la Società Biblica di Londra nominò un
Comitato di Revisione composto
da Giovanni Luzzi (capo-revisore), Enrico Bosio, Enrico Piggott,
G. B. Taylor, Alfredo Taglialatela, Carlo Bianciardi, Augusto
Medie, e il Comitato elesse il
Piggott come Presidente. Questo
comitato si riuniva due volte
l’anno per discutere il lavoro
preparatorio fatto dal Luzzi e
dal Bosio.
Il Luzzi preparava la revisione di porzioni di circa 5 capitoli
per volta e le passava al Bosio
che vi faceva le sue osservazioni; poi insieme concordavano un
testo da mandare agli altri membri del Comitato. Essi lo esaminavano e poi lo discutevano insieme nelle sessioni semestrali,
finché si fosse giunti a fissare il
testo definitivo.
È evidente che il lavoro fu col
legiale, anche se reca l’impronta
del Luzzi che faceva la prima
proposta; e la stampigliatura
che attribuisce la « Riveduta »
al solo Luzzi dev’essere stata effettivamente determinata da esigenze contingenti.
Come ”rivi(dero”?
Tecnicamente, il Comitato si
proponeva di eliminare le voci
antiquate, cambiare quelle che
avevano assunto un significato
diverso dall’epoca del Diodati,
correggere i passi non tradotti
esattamente, e mettere a base
della traduzione (per il N. T.) il.
testo greco del Nestle.
E non c’è dubbio che questo
essi abbiano fatto con coscienza e competenza. Naturalmente i
primi due princìpi potrebbero
essere nuovamente applicati ogalla « Riveduta » che è già invecchiata a sua volta rispetto
all’evoluzione della lingua nel
nostro paese!
Infatti, nella Riveduta troviamo frasi e parole come limosina, ruma, niuno, si partì di là,
raunare, sconficcare, che vi par
egli? davanti al tuo cospetto.
Io che ti parlo son desso, far
seco un miglio ecc. ecc., tutte
correnti, penso, nei primi lustri
di questo secolo ma che ora
suonano indubbiamente antiquate e quindi difficili da comprendere.
Molto più accurato, invece,
fu l’adeguamento della traduzione al testo originale com’è accertato nel nostro secolo, che
ha fatto molti passi avanti rispetto alla conoscenza che siaveva del testo originale nel
1607.
Un altro pregio fu d’aver
stampato (purtroppo non in tutte le edizioni) i testi poetici
(Salmi, gran parte dei profeti,
ecc.) in forma strofica, mettendo
in evidenza la struttura parallela dei versi ebraici: p.es.:
L'Eterno è la mia luce e la mia salvezza;
di chi temerò?
L'Eterno è il baluardo della mia vita;
di chi avrò paura?
Qvviamente non possiamo qui
entrare nel vasto campo dei difetti (oltre all’invecchiamento
della lingua che non è certo
colpa dei Revisori!):_chi voglia
saperne di più legga un articolo di J. A. Soggin su « Protestantesimo » del Gennaio 1967. Forse i difetti più appariscenti sono un letteralismo eccessivo
(specialmente nella traduzione
dell’A. T.) che ha impedito di
« transculturizzare » espressioni
idiomatiche o condizionate dalla
culturà e dalla* scienza delTepoca israelitica, e una certa dipendenza da modelli d’oltralpe per
cui — ad esempio — il nome israelitico di Dio (Jahvèh, popolarmente ma erronearrtente detto
Gèova) è stato reso con VEterno; Diodati invece usava II Sigiiore che corrisponde a ciò che
gli Ebrei pronunciano quando
vedono scritte le sacre lettere
JHVH del nome divino.
Obiezioni
e contrasti
La Riveduta conobbe molta
opposizione non solo sentimentale (da parte di chi era affezionato alla Di.odatina) ma anche
PROTESTANTESIMO IN TV
Fede e Costituzione ricordava i
suoi cinquant’anni : a Losanna nel
1927 fu strutturato questo gruppo
teologico di spinta, a Losanna la
passata domenica di Pentecoste il
Comitato Centrale del Consiglio
Ecumenico delle Chiese ha ricordato l’avyenimento con un culto
nella cattedrale. Il servizio, alla
mattina, era stato trasmesso in eurovisione; il nostro servizio radiotelevisivo di Stato si era ben guardato dal riprenderlo. E’ anche questo un modo di sottolineare con
rito consolatore, illumina la nostra
notte ».
Il past. De Castro, della Chiesa
Metodista Unita dell’Uruguay, e
presidente del dipartimento ecumenico ’’missione e evangelizzazione”,
annunzia la Parola ispirandosi alla
lettura di Atti 2 : lo Spirito Santo
non è livellamento, riduzione delle
culture dei vari popoli, ma forza
che suscita risposte autonome alla
vocazione dì Dio; e l’unità per cui
il C.E.C. vive è ricerca d’una Pentecoste che si contrappone alla hi
Culto ecumenico
stile da strapaese, lo stacco culturale e psicologico che si va approfondendo fra la penisola italiota e
l’Europa.
Comunque alla sera — alla notte, anzi, come per un rito semiclandestino da iniziati — per la rubrica « Protestantesimo » abbiamo potuto partecipare a quella testimonianza ecumenica. Sobria, senza
cedimenti all’emotività, la ripresa
della televisione svizzera; nel variopinto folklore deU’avvenimento, con
la sfilata e poi la mostra dei rappresentanti delle chiese disposti nell’abside grandiosa della cattedrale,
i pastori riformati e metodisti nelle
toghe nere appena scalfite dalle
facciole nitide, erano come inseriti
naturalmente in quell’ambiente architettonico. Essi erano la continuità autentica, la chiesa che, udita
la richiesta popolare della reformatio, sapeva conservare il deposito
apostolico e voler essere reformanda.
Questo non sempre accade, è vero : « Signore, abbi pietà di noi »,
ha ripetuto durante la confessione
dei peccati, il popolo nella cattedrale, e ha invocato: « Vieni spi
blica Babele, è vittoria sulle divisioni ideologiche, sui razzismi, è
Una intercomunione che comincia
con dividere il pane col fratello. La
solidarietà e l’amore vissuti nella
fede — che nell’America latina vogliono anche dire le stesse prigioni — avviano una unità eh’è parabola di quella dell’intero genere
umano. Oggi, è vero, noi siamo
preoccupati per quanto avviene in
troppi paesi, ma siamo anche solidali e ammirati nel constatare il
vigore della protesta evangelica
dalla Corea del Sud all’America latina, ovunque lo Spirito Santo guida le Chiese a testimoniare nella
realtà del loro paese.
Il culto di Losanna s’è concluso
in una maniera del tutto ’’strana”
per tanti evangelici italiani : ripetendo insieme il Padre Nostro. Nessuno ha pensato che per questo la
fede non fosse anche un impegno
personale! Era quasi mezzanotte,
quando — smorzatasi la voce del
past. Aldo Comba, che ha guidato
cosi bene tutta la visione — i nostri della Rai-TV ci hanno tra dolci
suoni portato a fare tre passi fra le
nuvole. Luigi Santini
di principio: Tammodernamento
della lingua (che oggi ci fa sorridere) fu accusato di essere un
tradimento, e l’adeguamento al
testo originale fu interpretato
come una menomazione dell’autorità del testo sacro. In realtà
era più « tradimento » rimanere
attaccati a testi originali corrotti
da secolari ricopiature che non
ritornare, per quanto possibile,
alla purezza dei più antichi manoscritti.
E il rifiuto della Riveduta perché « modernizzazione » della
Diodati in realtà poteva ritorcersi contro gli stessi amici della
Diodatina, che non era più, nel
nostro secolo, quella uscita dalla penna di Giovanni Diodati « di
nation lucchese » ma il frutto di
numerose e non sempre felici revisioni.
B. Corsani
Nuova
associazione
avventista
È nata LAUDA, Associazione
degli Universitari e Diplomati
Avventisti. La prima assemblea
che ha sancito la nascita ufficiale dell’Associazione, si è svolta
a Gatteo Mare (Forlì) dal 7 alni aprile. L’AUDA — riferisce
una corrispondenza della chiesa
avventista — nasce per im bisogno estremamente sentito di un
dialogo continuo e profondo tra
i giovani studenti avventisti sulla loro esperienza nel mondo
universitario e socio-culturale in
genere nel quale viviamo. È infatti evidente che se possiamo
spesso realizzare un incontro
positivo còn tale mondo, è anche vero che molto spesso ci si
trova a vivere in uno stato di
disagio, se non anche di conflitto, a causa delle diverse posizioni di fede e di vita. In entrambi i casi sentiamo l’esigenza di un esame approfondito di
quella che è la nostra realtà di
cristiani e di quello che è la società attuale per potere realizzare con essa un dialogo che ci
permetta di essere, come affermato nella risoluzione Anale dell’Assemblea, non una presenza
anonima ma uno stimolo e un
reale punto di riferimento cristiano per quanti non condividono la nostra fede.
ERNST KAESEMANN
L’enigma del Quarto Vangelo
Giovanni: una comunità in conflitto con il cattolicesimo
nascente?
Introduzione di Ermanno Gente
pp. 112; L. 3.200 («Nuovi studi teologici»)
Quale coniimità cristiana primitiva ha ’prodotto’ il Vangelo di Giovanni e con quali intenzioni?
La tesi appassionante e rivoluzionaria del grande esegeta
protestante tedesco che riassume quasi 40 anni di ricerche.
CLAUDIANA - Via Principe Tommaso 1 - 10125 TORINO c.c.p. 2/21641
______DUE CAMPI DI LAVORO
Ricostruzione del Friuli
Il soccorso evangelico di Trieste organizza sotto gli auspici
della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, un campo
di lavoro nel Friuli nel periodo
che va dal 1° luglio al 30 agosto
di quest’anno.
La località prescelta è la borgata Borgo Tamar Chialminis,
comune di Nimis, Udine. Si tratta di un piccolo paese di collina
a quota m. 600 in una delle zone più depresse e bisognose di
aiuto. Il campo si svolge in collaborazione con le autorità del
luogo e con il pieno gradimento degli abitanti. Il campo verrà diretto, per la parte tecnica,
dal personale delle locali cooperative. Il lavoro da compiere
consiste in sgombero macerie,
demolizione e riparazione di edifici.
Si richiedono in particolare
operai edili, tecnici, ma saranno
anche benvenuti quelli che vorranno partecipare come semplici
manovali. I gruppi o le singole
persone che parteciperanno al
campo di lavoro dovranno essere
autosufficienti per l’alloggio (tende o- roulottes). Il viaggio di andata e ritorno sarà a loro completo carico. La quota per i pasti sarà di L. 2.000 giornaliere a
persona. I turni di lavoro saranno di almeno una settimana.
Coloro che sono interessati
sono pregati di prendere direttamente contatto con: Claudio
Martelli, Salita Cedassamare 27,
34136 Trieste, tei. 040/415688.
Casa Cares
Qrganizzato dal Centro Evangelico di Solidarietà si svolgerà
ai Graffi di Reggello — dal 20 al
31 luglio p.v. — un campo di lavoro volontario per la sistemazione di un grande piazzale e la pulitura di una parte del bosco attorno a Casa CARES dove inizierà una nuova attività di incontri
e soggiorni aperta a tutti gli
evangelici di Firenze e della Toscana. Possono partecipare giovani (maschi e femmine). Sarà
preparato un interessante programma di studi e a tutti i lavoratori volontari viene offerto vitto e alloggio.
Al Campo di lavoro farà seguito un soggiorno per famiglie e
ragazzi dal 1 al 20 agosto 1977. E’
in preparazione il programma relativo; si’ calcola che la spesa
pro-capite giornaliera non supererà le lire tremila (vitto-alloggio)
Per maggiori informazioni rivolgersi al Centro Evangelico di
Solidarietà - Via Manzoni, 21 Firenze. Tel. 666.376.
Cornitelo di Redazione : Bruno
Bellion, Srmanno Genre, Giuseppe Platone - Paolo Ricca, Fulvio
Rocco, Sergio Rostagno, Roberto
SbafR.
Direttore : FRANCO GIAMPICCOLI
Dir. retpontabiie! GINO CONTE
Redazione: Via Pio V 15, 10125
Torino, tei. 011/655.278.
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8 luolio 1960
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Terre Pellice
5
10 giugno 1977
INTERVISTA A VALDO VINAY
INTER VISTA A. PAOLO RICCA
Il pericolo deirottimismo informarsi di più
— Per molti anni sei stato di
fatto ii rappresentante valdese a
« Fede e Costituzione ». A quali
Assemblee o Conferenze di « Fede e Costituzione » hai partecipato?
— Sono stato rappresentante
della Chiesa valdese alla Commissione di « Fede e Costituzione » dal 1963 al 1975. Ho partecipato alla sua Conferenza mondiale di Montreal (Canada) nel
luglio 1963 e alle sessioni di Bristol, nel luglio-agosto 1967 e Accra (Ghana) nel luglio-agosto
1974. Non potendo partecipare
alla sessione di Lovanio nell’agosto 1971, per ragioni familiari.
scinto che il metodo del confronto teologico ed ecclesiologico fra
le varie tradizioni non portava
oltre una migliore reciproca conoscenza. Perciò essa disse allora che non si trattava tanto di
avvicinarsi gli uni agli altri quanto piuttosto di convergere e gli
uni e gli altri verso Cristo. Ogni
divergenza doveva essere superata da una migliore conoscenza di Cristo, cioè in concreto da
da una migliore conoscenza del
messaggio neotestamentario.
Questa linea avrebbe dovuto dare il primato assoluto all’esegesi
biblica in ogni discussione ecumenica. In realtà ciò non è avvenuto. Il messàggio biblico nei
nel gruppo di studio sull’educazione cristiana, ho cercato di richiamare i pedagoghi troppo ottimisti al pessimismo antropologico biblico, dicendo che una
educazione cristiana che non
abbia il suo punto di riferimento costante nel battesimo (morte dell’uomo vecchio e nascita
della nuova creatura in Cristo)
significa cristianizzazione, cioè
verniciatura di cristianesimo.
Ma soltanto un teologo luterano
mi ha appoggiato.
Altra volta ho cercato di richiamare l’attenzione sul fatto
che mentre noi ci affanniamo a
cercare una maggiore unità ecclesiastica, le comunità politi
e delegare meno
— Quali sono secondo te i
principali problemi che si pongono a «Fede e Costituzione»
nel momento attuale?
— Un tempo si diceva negli
ambienti ecumenici ; « La dottrina divide, l’azione unisce ». Oggi
ci si è resi conto che non è così: lo dimostrano, tra l’altro, le
violente polemiche che hanno
accompagnato e tuttora accompagnano il programma di lotta
al razzismo (e d’appoggio a certi movimenti di liberazione nazionali), creato dal C.E.C. Ci si
« Fede e Costituzione » voglia
tenerne conto. Ci si accusa talvolta di essere afflitti, come protestanti italiani, dal « complesso di minoranza ». L’ecumenismo ci libera da questo eventuale complesso, come dovrebbe
liberare altre chiese dal loro
eventuale « complesso di maggioranza ».
— Il Sinodo ha discusso dei
documenti di Accra. (Un solo
battesimo, una sola eucaristia,
un ministero mutuamente riconosciuto) soltanto dopo che era
1 <
■-ÉÈ'
‘‘Fede e Costituzione,, 1927-1977
I (due teologi che negli ultimi 15 anni hanno partecipato al lavoro di « Fede e Costituzione » offrono un bilancio critico e autocritico di questo cinquantenàrio - Il commento di Aldo Comba
Xè.
f
r
proposi a Lukas Vischer di sostituirmi col past. Paolo Ricca.
— Quali erano i temi principali?
—Le conferenze mondiali e le
sessioni di « Fede e Costituzione » hanno ogni volta un argomento nuovo e alcuni temi importanti, il cui studio viene ripreso e continuato finché giunge a una certa maturazione, si da
poter essere proposto all’approvazione o alla critica delle chiese
che fanno parte del Consiglio
Ecumenico.
Temi nuovi furono a Montreal
1) La chiesa nel disegno di Dio;
2) La Scrittura, la Tradizione e
le tradizioni; a Bristol: L’importanza del processo conciliare nella chiesa antica pér il movimento ecumenico; a Lovanio:
1) Unità della chiesa e unità del
mondo, 2) Conciliarità e movimento ecumenico ; ad Accra :
Rendere conto della speranza
che è in noi.
Fra gli argomenti ripresi più
volte ricordo : Battesimo, eucaristia e mutuo riconoscimento
dei ministeri, e la conciliarità
in una prospettiva ecumenica.
Quest’ultimo argomento fu proposto per la prima volta da Lukas Vischer a Uppsala nel 1968,
fu ripreso alla sessione di Lovanio, e da un gruppo di studio di
« Fede e Costituzione » a Salamanca nel 1973, e poi di nuovo
ad Accra. È l’argomento oggi
più attentamente studiato, perché soltanto un’xmione conciliare delle chiese potrebbe tenere
conto delle diverse tradizioni
confessionali. Ugo Janni aveva
a suo tempo trattato ampiamente questo argomento e certe sue
posizioni possono essere considerate ancora oggi posizioni di
avanguardia. Ma noi teologi degli anni ’30 non gli abbiamo dato retta, forse perché il «suo
principio protestante» era soltanto « liberal-protestante ».
Il rapporto fra Scrittura, Tradizione (cioè la tradizione apostolica fissata nel canone) e tradizioni confessionali è stato
studiato a Montreal. Nessuno si
avvicina alla Bibbia se non da
una particolare tradizione confessionale. Il rapporto diretto
con la parola di Dio avviene come un miracolo soltanto per opera dello Spirito Santo. Il « sola Scriptura », che noi ripetiamo tanto facilmente, può essere illusorio. Se consideriamo per
es. a distanza di tempo la predicazione valdese del secolo scorso, dobbiamo onestamente ammettere che essa era^ fondata
sulla S. Scrittura letta nella
tradizione del risveglio religioso
ginevrino e vaudese.
— Qual’è la linea complessiva che emerge dall’insieme di
queste Conferenze?
— Direi che è sempre quella
seguita prima della conferenza
di Lund 1952. Mi spiego : A Lund
la Commissione aveva ricono
documenti ecumenici appare filtrato attraverso una certa esperienza religiosa anglossassone.
A causa del predominio della
lingua inglese anche il contributo dei teologi del Centro-Europa non è sempre un sufficiente
correttivo teologico-biblico all’ottimismo antropologico-sociologico prevalente. Si dimentica
facilmente che i nuovi cieli e
la nuova terra, secondo il Nuovo
Testamento, non vengono attraverso un’evoluzione dell’umanità,
ma dopo catastrofi apocalittiche.
— Quali sono le posizioni che
hai sostenuto nelle conferenze a
cui hai partecipato?
— Nel dibattito ecumenico ho
sempre ripresentato il problema
della verità, cioè della fedeltà al
messaggio biblico. A Bristol,
cizzate sono lacerate da conflitti ideologici ché attraversano le
confessioni cristiane, per cui gli
stessi sinodi hanno perso l’autorità di cui un tempo godevano.
Del r^sto ho sempre pensato,
sentito e vissuto l’unità della
chiesa come avvenimento più
che come istituzione. Ho cercato anche in questo la verità nel
Nuovo Testamento che soltanto
due volte menziona l’unità <Ef.
4,3 e 4,13), mentre parla costantemente del suo contenuto: riconciliazione in Cristo, fraternità, essere di un medesimo sentire, essere « di un sol cuore e
di un’anima sola », « avere ogni
cosa in comune ». Tutto ciò è avvenimento dello Spirito Santo,
non istituzione ecclesiastica. La
istituzione dev’essere al servizio
dello Spirito, e non viceversa.
Losanna ieri e oggi
(segue da pag. 1)
la sua responsabilità di partecipare attivamente alle discussioni
ecumeniche. Ma vorrei sottolineare che qui « chiesa » non vuol
dire «pastori». Anzi: l’ecumenismo o è ecumenismo di laici o
non è nulla. La disunione che dà
scandalo nel mondo e l’unità per
cui Gesù prega il Padre nel Vangelo di Giovanni non sono le divisioni o l’unità del clero, della
struttura, dell’apparato ecclesiastico, ma quelle dell’insieme dei
credenti, del popolo di Dio. Proprio aH’origine di Fede e Costituzione c’è una notevole figura di
laico, Robert Gardiner, avvocato
di Boston, che pur essendo morto tre anni prima della Conferenza di Losanna ne fu uno dei maggiori organizzatori; egli era convinto dell’importanza della partecipazione dei laici ai dibattiti
teologici; affermava che « l’umtà
cristiana si può realizzare soltanto con una sollevazione dell’insieme dei laici, uomini e donne ».
Pienamente d’accordo, dunque,
che se si delega l’ecumenismo agli specialisti si fa dello pseudo
ecumenismo.
Nelle parole di Valdo Vinay si
accenna a una tensione tra ottimismo anglosassone e pessimismo antropologico centro-europeo neH’ambito di Fede e Costituzione. Mi domando se il vero
problema con il quale abbiamo
a che fare oggi sia una contrapposizione tra ottimismo e pessimismo. In fondo l’uno e l’altro,
in modo diverso, accettano l’attuale struttura sociale che vogliono o migliorare o lasciar sussistere in attesa che sia sostituita
dagli eventi della fine del mondo;
ma non la mettono realmente in
discussione. La vera contrapposizione che ci sta dinanzi, mi pare,
è tra questa accettazione — comunque motivata — e l’aspirazione alla giustizia tra gli uomini, all’eguaglianza, alla non-op
pressione, che emerge, sia pure
in modo talora male articolato
ma pure ben comprensibile, dalle chiese che vivono con i poveri
e gli oppressi del mondo. Come
chiese di minoranza, come evangelici « latini », come la parte relativamente povera del mondo
ricco dovremmo farci interpreti
di questa aspirazione e impegnarci alla sua realizzazione,
così come Gesù mandò i discepoli a « guarire i malati e cacciare
i demoni » e non soltanto ad annunziare che nel regno dei cieli
non ci sarebbero state né malattie né demoni.
Un’ultima osservazione: dalla
Assemblea di Nairobi come da
tutto ciò che riguarda Fede e
Costituzione emerge chiaramente che la nuova parola della terminologia ecumenica è « conciliarità » o « comunione conciliare »; intorno a questi concetti si
polarizzerà molta dell’attenzione
teologica ecumenica nei prossimi anni. Occorre dunque che ci
prepariamo subito, a livello di
laici, di comunità, di sinodo, alla
discussione di questo tema. «Concilio» è una parola che suona ortodossa o cattolica più che protestante, ma la realtà conciliare,
cioè quella di un sinodo, di un’assemblea di credenti alla ricerca
della verità e della volontà di
Dio, è una realtà con la quale
abbiamo familiarità. Si tratta
dunque per noi di impegnarci fin
d’ora ad apportare al dibattito
sulla « conciliarità » le esperienze che derivano dal nostro sforzo di vivere l'unità della nostra
chiesa attraverso un sistema di
assemblee che si vogliono ispirare alla Parola di Dio. Con questo
non voglio entrare nel merito
della questione, ma segnalarne
l’urgenza e suggerire che al più
presto, nelle sedi opportune, si
dìa l’avvio a uno studio « nostro » di che cosa significa evangelicamente « comunione conciliare ».
è dunque accorti in questi anni
che le differenze e divisioni nel
modo di vivere il cristianesimo
sono altrettanto, se non più,
profonde che quelle che esistono nel modo di pensare e formulare il cristianesimo. Anche
« Fedé e Costituzione » — commissione teologica per eccellenza del Consiglio Ecumenico delle Chiese — ha preso coscienza
di questo fatto, e sta traendone
le debite conseguenze. Un tempo
si pensava che era più diffìcile
accordarsi sulla dottrina che
sulla prassi. Oggi ci si accorge
che le due cose sono ugualmente diffìcili. Oggi ci si accorge che
da una stessa dottrina non deriva necessariamente una stessa
prassi e che a partire da una
stessa prassi non si può presupporre semplicemente una identica dottrina. Il problema dell’unità si complica o diventa
più complesso, ma anche più
vero, meno astratto. Il vero problema dell’unità cristiana sarebbe dunque quello dell’unità tra
teoria e prassi? Sembra di sì,
ed è questo il nodo principale
intorno a cui sta lavorando « Fede e Costituzione ».
I temi particolari che attualmente polarizzano il dibattito in
seno a questo organismo sono
due : il primo è quello del « rendere conto della speranza che è
in noi» (I Pietro 3,15), cioè della confessione della fede nel nostro tempo; il secondo è quello
della convocazione di un « concilio veramente universale », cioè
della costituzione della futura
chiesa ecumenica. Due temi, ritengo, di importanza decisiva
non solo per il presente e l’avvenire del movimento ecumenico ma del cristianesimo stesso.
— Quali sono i criteri su cui
pensi di impostare la tua attività nei Comitato di « Fede e Costituzione» di cui sei membro
dali’anno scorso?
— Siamo una piccola chiesa,
non bisogna dimenticarlo. Il fatto che da molti anni ormai un
valdese sia membro di «Fede e
Costituzione » è un sintomo che
questo organismo — che è il più
ecumenico fra tutti quelli del
C.E.C. (ne fanno parte infatti, a
pieno diritto, un certo numero
di cattolici, benché la chiesa cattolica, com’è noto, non sia membro del C.E.C.) — vuol tener
conto delle chiese minoritarie e
desidera udirne la voce. Il compito del membro valdese di « Fede e Costituzione » non sarà
dunque quello di presentare le
proprie opinioni personali ma
quello di esprimere il punto di
vista della nostra chiesa e in generale del protestantesimo italiano, diventandone in qualche
modo il portavoce in quella sede. Sia sul problema ecumenico
che su quello più generale dell’essere cristiani oggi, le esperienze e le riflessioni dei protestanti italiani, pur nei loro limiti, possono essere di rm certo
interesse, ed è rallegrante che
no stati redatti in modo definitivo formulando poi una sua
tardiva protesta. Come mai non
è intervenuto in precedenza dando indicazioni su quale fosse la
posizione valdese in materia?
Credi che si dé"bba continuare
così anche in futuro? e se no,
che cosa ti proponi di fare perché si abbia un più tempestivo
intervento sugli argomenti di
« Fede e costituzione » méntre
sono in elaborazione?
— Da anni ci siamo troppo
poco informati-su quanto accade nel movimento ecumenico.
Essendoci poco informati, i nostri interventi risultano sovente
tardivi e velleitari. L’ecumenismo è un movimento, e ogni
realtà in movimento esige tempestività: se non si è tempestivi, si è trascinati dal movimento,
anziché contribuire a orientarne il cammino. Bisogna anche
dire che i documenti ecumenici
(come quelli di Accra) nascono
spesso dal lavoro di comitati ristretti, che non sempre si preoccupano di consultare in anticipo
le chiese. Queste, a loro volta,
delegano troppo agli organismi
ecumenici, i quali si rivolgono
alle chiese a cose fatte.
Bisogna agire, mi sembra, in
due direzioni: informarsi di più
e delegare meno. Di una migliore e più ampia informazione
siamo noi, e solo noi, responsabili: i testi ci sono, basta tradurli e farli conoscere in tempo.
La questione delià delega agli
organismi ecumenici è più complessa, non dipende solo da noi
ma dall’insieme delle chiese che
fanno parte del C.E.C. Il C.E.C.
non vuole essere altro che imo
strumento a disposizione delle
chiese, e non intende sovrapporsi ad esse. Questo però implica
che ogni chiesa si senta pienamente responsabile del C.E.C.
La mia impressione è che questa
responsabilità è ancora troppo
poco avvertita tra noi. Da tm
lato quindi c’è troppa latitanza
delle chiese, anche della nostra,
e dall’altro il C.E.C. stesso non
ha ancora potuto creare strutture di incontro e confronto tali da consentire la formazione
di consensi fra le chiese e non
soltanto — com’è ora — per le
chiese.
Prostestantesimo
Cattolici
e anglicani
Nella rubrica « Protestantesimo » verrà trasmesso domenica 12 giugno alle ore 22.50 : « I protestanti italiani valutano il
riavvicinamento tra anglicani e cattolici ». Incontro
con la stampa e il pastore
Paolo Ricca.
6
10 giugno 1977
cronaca delle valli
Ieri
Per ritrovare una inondazione
di proporzioni paragonabili a
quella che abbiamo vissuto in
questi giorni, per le nostre Valli, occorre probabilmente andare indietro nel tempo di 249 anni e un giorno.
Un nubifragio, accompagnato
da grandine e pioggia violenta,
devastò infatti le Valli Germanasca e Pellice nei giorni 20 e
21 maggio 1728.
Di esso scrive il pastore di
Bobbio Paolo Reynaudin (quello che avé^a interrotto i suoi
studi di teologia per accompagnare Arnaud e gli altri del rimpatrio di cui scrisse anche un
resoconto assai interessante) ai
suoi amici ginevrini, nove giorni dopo i fatti. «La grandine fu
così violenta nelle Valli di San
Martino e Perosa che tutti i raccolti sono stati distrutti. La borgata principale di Proli (probabilmente la borgata di Villa) fu
divorata dall’Aigo Grosso ».
La bassa Val Pellice e Prarostino si salvarono, mentre Torre, Villar e Bobbio Pellice furono
■sconvolti dalla grandine, dalle
frane e dallo straripamento dei
torrenti.
Lo stesso Reynaudin scrive:
« Questa comunità in cui mi trovo ha subito perdite inimmaginabili a causa delle f rane che hanno
coperto di sabbia e di sassi i
campi ed i prati e ne hanno asportato un numero considerevole. Metà del paese è stata distrutta in poche ore e molte famiglie
non hanno più un riparo. È, stato
necessario raccogliersi tutti nel ,
tempio, ma anche questo Uà corso il rischio di essere investito
dalla violenza delle acque, come
pure il presbiterio, ed è stato necessario abbandonarlo. Non si
può dire qtmnto grande è e sarà
la miseria. I raccolti sono distrutti o fortemente danneggiati dagli
smottaménti che si sono verificati un po’ dovunque. Si è pe^no
formato un lago sotto Mirabuc.
Case, baite, prati, campi sono
precipitati quasi interamente in
fondo alta valle; non rimangono
che rocce e precipizi e non sarà
mai più possibile coltivare. Abbiamo pensato di scrivere in
¡svizzera. Olanda e Inghilterra y>.
La lettera è infatti una richiesta
ufficiale di aiuto e soccorso e non
rimase senza risposta. Le collette
fatte in quei paesi offrirono un
soccorso a 372 famiglie di Bobbio e Villàr e si provvide a innalzare e prolungare la diga che
deve proteggere Bobbio e che viene comunemente detta « diga di
Cromwell ».
La descrizione che precede è
tratta da una rievocazione del
prof. Giovanni Jalla, pubblicata
sull’Echo des~ Vallées del 25
maggio 1934. Egli ricorda ancora
l’inondazione che distrusse la
borgata dell’Abses di Bobbio il
24 settembre 1920 e si potrebbe
anche citare l’inondazione della
fine ottobre 1945, che distrusse
il ponte sul torrente Angrogna
all’ingresso di Torre Pellice, ove
perirono due persone tra cui la
diaconessa suor Eugenia Tourn.
Tra i disastri del passato e
quelli di oggi vi sono certo analogie, ma anche una fondamentale differenza. Allora i danni
furono ingenti, per perdite di beni e di ^ite umane non furono
inferiori, ma meno colpita fu la
viabilità, anche perché si trattava in massima parte di strade
di tipo diverso, costruite anche
con criteri diversi. E qui sorge
spontanea la domanda, se cioè
non dovrebbe essere posta maggiore attenzióne nella progettazione e nella costruzione di strade, non badando soltanto alla
transitabilità, ma anche allo scolo ordinato delle acque.
Un altro aspetto della questione
va riservato alla scelta dei luoghi in cui porre i nuovi insediamenti: pare che i maggiori rischi e le maggiori preoccupazioni siano sorti proprio per costruzióni recenti. E si potrebbe anche trarre un insegnamento da
Bobbio: quando vi siano dei rischi, è necessario proteggere
con opere adeguate le case e gli
altri beni. A quando la realizzazione di queste opere di protezione?
_________I GIORNI DELL’ALLUVIONE: PERRERO
Emigrare ogni notte
Dopo dieci giorni di duro lavoro, Ferrerò sta riprendendo il
suo volto usuale: il fango che
ancora intasava la strada principale e le case prospicienti è
stato rimosso, nonostante la
pioggia abbia continuato a cadere, sia pure a tratti. Ora le
draghe e gli scavatori stanno lavorando più a monte per liberare le case — appartenenti a
dei villeggianti — che ancora sono strette dalla morsa delle pietre e della terra che sono cadute il giorno dell’Ascensione. Nonostante questo la situazione
non si può dire che si sia stabilizzata, non conoscendosi infatti ancora la natura dei movimenti franosi che ancora si avvertono sul fianco della montagna. In relazione a questo fatto
è giunta, giovedì 26, da parte del
Comune su ordine dei Vigili del
fuoco, un’ordinanza che impone
a 77 abitanti di abbandonare le
loro case durante la notte, poiché queste possono direttamente o indirettamente essere coinvolte in nuove frane. Lo stesso
giorno si è tenuta xm’assemblea
popolare indetta dall’Amministrazione comunale a cui hanno
partecipato una settantina di
persone per informare la popolazione sullo stato della situazione.
In apertura rarchitetto Salvo,
che è stato incaricato dal comune (fi stuifiare una prima ipotesi di soluzione complessiva per
la zona di Ferrerò, ha fatto il
quadro dei danni subiti in valle
ed è quindi venuto ad analizzare più da vicmo le cause e le
possibili soluzioni per la frana
che ha colpito l’abitato.Non è
facile a tutt’oggi — egli ha detto — determinare con sicurezza
le cause della frana: (fiverse sono le ipotesi, ma ad una risposta sicura non si potrà arrivare
se non dopo attenti studi che
potranno durare anche dei mesi.
Solo allora si potrà studiare ima
serie di soluzioni per cui l’acqua, che ora si infiltra sottoterra e che produce questi movimenti franosi, possa essere in
qualche modo incanalata e « re
sa innocua ». La spesa però —
ha continuato l’arch. Salvo —
per tutto questo lavoro sarà
molto alta e si può pensare che
arriverà sull’ordine del miliardo
è mezzo. Durante il dibattito che
ha fatto seguito alla relazione
dell’arch. Salvo è stato ricordato come da sempre la zona colpita fosse considerata dai Ferreresi pericolosa e come si fosse a suo tempo consigliato ai
costruttori di provvedere a tempo allo scarico delle acque che
durante le grandi piogge scendevano su quel luogo con grande
violenza. Si è però soprattutto
chiesto aH’amministrazione che
le opere di rilevazione fossero
compiute nel più breve tempo
possibile, perché circa un terzo
del paese non può emigrare
ogni notte in cerca di un letto —
e di un tetto — sicuro; si è riconosciuto tuttavia che è tempo
di andare a fondo delle questioni perché il danno economico,
oltre, che umano, che Ferrerò sta
subendo cresce ogni giorno. Già
sabato è intanto arrivata la risposta della Regione che si fa
carico di questa ampia indagine
sullo stato del territorio: sarà
un lavoro che impegnerà una
squadra di specialisti per tutta
l’estate. Nel frattempo alcune
opere minori verranno effettuate per proteggere la scuola e la
casa GESCAL da eventuali cadute di pietre e per consolidare
l’alveo del torrente che si è formato e incanalarne le acque.
A Chiotti superiori infanto si
sta ricostruendo entro tempi
strettissimi il ponte che collega
Riclaretto. La promessa era quella di costruire un nuovo ponte
prefabbricato; si è visto però
che è impossibile trasportare fino sul luogo i diversi pezzi occorrenti perché troppo lunghi,
tanto che non riescono a passare per le strette strade di Ferosa Argentina. Si dovrà attendere perciò che ne vengano costruiti degli altri più corti; ma
ci vuole del tempo. Nel frattempo la popolazione costruisce una
passerella provvisoria, in legno,
un poco più a monte, dove è possibile tracciare un passaggio fin
sulla riva deLJiorrente.
In località Sagne, tra Chiotti
e Ferrerò, continuano i lavori di
consolidamento dei muri di sostegno, che presentano preoccupanti crepe. Qui il traffico lungo
la provinciale, a causa dei lavori è spesso interrotto.
Faradigmatica è la storia di
questi muri. Essi furono costruiti dalla solita ditta che -vanta le
solite amicizie in alto loco: non
resistettero ad un inverno, tanto da dover venire in gran parte rifatti subito'-dopo; ed anche
ora cedono sotto la pressione di
una immensa massa di terra che
si sta muovendo in modo tale da
mettere in pericolo — come già
Il centro di
Perrero invaso
da un torrente
di fango
anticipato la scorsa settimana —
il soprastante abitato di Balbencia.
Nel frattempo è giunta al sindaco di Ferrerò una lettera del
sen. Tullio Vinay, nella quale
egli esprime la sua solidarietà
nei confronti della popolazione e
offre il suo aiuto, laddove questo
sia necessario. È questo, credo,
un segno che se anche il past.
Vinay ha optato per il Senato,
invece che per la Camera, dove
era stato eletto dal Collegio?
comprendente le Valli, non ha
dimenticato l’espressione di fiducia che da questa elezione gli
era stata rivolta.
Anche il Moderatore, appena
ritornato dal suo viaggio negli
Stati Uniti, ha voluto far giungere alla Comunità valdese il
senso della sua solidarietà ed il
suo augurio.
• Durante il culto di Fentecoste
abbiamo avuto la gioia di ricevere la confessione di fede di
due giovani: Tiziana Barus a
Maniglia e Agostino Valenti a
Ferrerò. La comunità li ha accolti con gioia perché in essi ha
veduto il segno del fatto che il
Signore non abbandona la sua
Chiesa, soprattutto nei momenti difficili.
Paolo Ribet
INTERVISTA AL SINDACO DI PERRERO
La frana si muove da tre anni
— A che punto siamo con la
« normalizzazione della situazione a Ferrerò Capoluogo?
— Basta un po’ di pioggia per
compromettere il lavoro fatto in
questi giorni e per allarmare la
popolazione. Infatti di versante
tagliato dalla strada per San
Martino è segnato da fenditure
profonde per oltre duecento metri sopra l’abitato di Ferrerò e
l’acqua che vi si infiltra costituisce un pericolo potenziale di frana. Lo sprofondamento della se<ie stradale, tuttora in atto, è un
altro dato poco rassicurante, anche se il prof. Civita, geologc) incaricato dal Genio Civile, ritiene
che T episodio dello scorso 19
maggio abbia costituito un grosso sfogo per le acque sotterranee, e diminuito di parecchio i
rischi attuali. In breve, possiamo
dire che l’emergenza è passata,
ma che la vigilanza deve continuare, soprattutto se il tempo si
mantiene incerto. Fer questo è
stata emanata l’ordinanza che
vietava a 77 persone di trascorrere la notte nelle case situate in
zona pericolosa.
Vinay: l'alluvione
è un calcolo difficile
L’arrivo improvviso, in una pausa
dei lavori della Conferenza, di Tullio
Vinay è stata una piacevole sorpresa.
In un breve intervento — rivolto ai
delegati delle Chiese — Vinay ha spiegato il motivo della sua presenza alle
Valli. La recente alluvione, immediatamente rimbalzata a Roma, non è ancora suffragata da dati precisi. Ferciò
— ha detto Vinay — son venuto per
raccogliere datj direttamente e per constatare l’entità dei danni. L’impressione di Vinay è (jtiella che i tecnici non
vedranno i danni maggiori. Oltre ai
ponti crollati, ai cedimenti delle sedi
stradali e gli smottamenti ci sono —
spiega Vinay — i danni a quel patrimonio secolare che serve a mantenere e proseguire l’economia agricola
valligiana. In base alla raccolta dei dati si dovrebbe arrivare ad un decreto
governativo per lo stanziamento dei
fondi- e ci sono per questo soltanto 60 giorni di tempo. Tra sabato
e domenica Vinay si è sottoposto a un
vero ’’tour de force”. Accompagnato
dai sindaci, ha preso contatto con la
popolazione sinistrata dalla Valle dei
Carbonieri di Bobbio sino a Frali, Perrero fia frana di S. Martino). Gli aiuti, secondo Vinay, dovranno essere gestiti dalle Comunità Montane in accordo con i Comuni per ricostruire il
tessuto più minuto deU’economia montana. Il discorso di Vinay si è poi allargato alla testimonianza nell’aula del
Parlamento; un punto fermo del suo
impegno cristiano (s-P-)
— Quali criteri ha adottato
l’amministrazione nel pianificare
i suoi interventi?
— L’intervento immediato è
stato quello di provvedere allo
sgombero delle abitazioni investite dalla frana, alla rimozione
del fango e dei detriti, alla canalizzazione (lell’acqua che invadeva il paese. L’iniziativa della popolazione è stata determinante.
Sono giunti assai presto gruppi
di volontari che, insieme ai
VV.FF. e agli alpini, hanno prestato un valido aiuto. I lavori sono stati coordinati e discussi in
assemblee pubbliche. Si è affidato subito all’arch. Salvo l’incarico di studiare una sistemazione
provvisoria del territorio sconvolto dalla frana, di rilevare i
danni, di ridisegnare i confini. Intanto le famiglie sfollate sono
state alloggiate nella caserma
« Mathieu » e nei locali dell’albergo Regina, temporaneamente
requisito. In collaborazione con
la Comunità Montana Valli Chisone e Germanasca, abbiamo poi
impostato a livello di Uffici Regionali un programma a lunga
scadènza, che prevede anzitutto
uno studio geologico approfondito della pendice franosa mediante apparecchiature particolari e, di conseguenza, un progetto
di contenimento della frana e di
smaltimento delle acque. Questa
fase di studio comporta un periodo di due o tre mesi, ed è
estremamente importante per
l’avvenire del paese. Si tratta di
sapere se l’abitato rischia di essere coinvolto in un grosso movimento franoso, come deve essere successo in passato. Oppure
se la frana è superficiale e quindi
meno pericolosa. In ogni caso, i
lavori di protezione e di canalizzazione definitiva delle acque saranno lunghi e complessi. Se non
si fosse perso tempo (la frana ha
cominciato a destare preoccupazioni nel 1974), probabilmente il
terreno non sarebbe così dissestato e le opere di consolidamento non implicherebbero spese
tanto elevate.
— Non ritiene che sia necessaria, finalmente, sul piano na
zionale, una politica precisa per
la salvaguardia del territorio,
per evitare di spendere ogni anno miliardi per interventi in zone disastrate?
Il sen. Vinay, l’unico parlamentare che è venuto a trovarci in
questa circostanza, faceva giustamente notare che il problema
della salvaguardia del territorio
e delle risorse disponibili andrebbe affrontato addirittura su scala internazionale. Noi ci muoviamo tutt’al più a livello regionale e possiamo constatare purtroppo che l’Assessorato alla tutela dell’ambiente, inquinamenti,
sistemazione idrogeologica e forestale, uso delle acque è alquanto inefficiente, con un solo geologo per tutta la Regione. Esistono
i rapporti dell’IRES sulla difesa
idrogeologica in Fiemonte: ci sono dunque i dati per abbozzare
una programmazione. Ma, sul
piano operativo, nelle zone di
montagna, dovrebbero essere le
Comunità Montane a progettare
e a realizzare molte opere necessarie p»er frenare il dissesto del
suolo e migliorare Tambiente
nel suo complesso. Così si risparmierebbero miliardi e parecchi
disastri potrebbero essere evitati.
Per le famiglie più colpite dall’alluvione la CED
del I Distretto ha aperto
una sottoscrizione : c. c.
n. 2/25167 - Comm. Distrettuale Valli Valdesi 10966 Torre PeUice (To.),
specificando la causale.
Le offerte possono anche essere consegnate direttamente ai pastori che
provvederanno al relativo
inoltro alla C.E.D.
■ La Conferenza esprime la propria
solidarietà alle famiglie che sono state
più direttamente colpite dalla recente
alluvione e fa proprio l'invito della CED
alle comunità ad impegnarsi nella raccolta di fondi e ad appoggiare ogni iniziativa volta all'aiuto, al recupero ed al
ripristino per venire in aiuto alle situazioni più difficili.
7
10 giugno'1977
CRONACA DELLE VALLI
ri
Ï*
f'
In margine ai lavori della Conferènza Distrettuale
a San Germano Chisone (4-5 giugno 1977)
DOVE VA It CATTOLICESIMO ITAtlANO? »
-p'- ; _ ^ l
Tre storie separate
Dopo un’ora e un quarto di
preliminari la Conferenza nojnlnava il Seggio, così; composto:
Past: Renato Coisson alla presidenza, vice-presidente Aldo
Lausarot, segretari; Anna Maria
Poet, Attilio Fornerone, Giuiio
Grigiio. Al termine dei lavori
abbiamo rivolto alcune domande ad Aldo Lausarot, delegato
di Bobbio Penice (29 anni, impiegato Fiat). Come hai visto, da
dietro il tavolo del S^gio, lo
svolgimento dei lavori della
Conferenza?
Rispetto ad altre Conferenze
a cui ho assistito ritengo che
questa di San Germano — a
parte la questione giuridica della posizione dei delegati di Torre
che ci ha rubato molto tempo
— ha affrontato i lavori con
speditezza e con uno spirito meno polemico degli anni scorsi.
Sulla CIOV la discussioné è stata limitata dalla prospettiva della riforma sanitaria e della sua
traduzione regionale; molte normative sono ancora nella mente dei legislatori quindi l’approfondimento è stato minimo. Tutto sommato mi è parso che il
ventaglio degli interventi è stato ampio, certo la partecipazione della base poteva essere maggiore se maggiore fosse stata la
informazione o la voglia d’informarsi preventivamente.
In molti interventi, -sia nei
quattro gruppi di studio che in
assemblèa, è tornata la parola
« crisi » rubata, per così dir«,
dalla relazione della Commissione Distrettuale. Di questa crisi che attraversa la chiesa se
ne son viste le cause e i possibili rimedi?
Se di crisi parliamo è peróhé
la crisi esiste. Durante la Conferenza non si sono sviscerate
tutte le cause di quésta crisi...
Per me è un fattore di coscienza,
di fede. Mi sembra che le diverse posizioni non si confronti- «
no ancora sufficientemente con
l’Evangelo, mentre tra loro il
confronto c’è. Indice di questa
crisi sarebbe, secondo alcuni, la
carenza di presenze al culto. Questo mi sembra solo parzialmente vero e comunque non tiene
conto della trasformazione sociologica della nostra società in
questi anni di rapido sviluppo
in cui s’impone anche una presenza diversa della chiesa nella
società. Credo che questo discorso dovrà essere ripreso sulla base di precise indagini che
spieghino almeno socialmente la
trasformazione del quadro in
cui la chiesa vive. Ciò non esclude una latente secolarizzazione
che pare aumentare.
Rispetto al dibattito svolto,
alle decisioni prese, ritieni che
i delegati torneranno a casa arricchiti? Ma molti problemi, lo
abbiamo sentito, restano aperti...
L’arricchimento senz’altro c’è
stato; assurda sarebbe a questo
punto la pretesa di voler esaurire la gamma di problemi che
son stati messi sul tappeto. Il
Convitto valdese di Via Angrogna ha sollevato il problema
dei minori e della carenza di
forze in questo settore diaconale.
La professoressa Gay, per
conto della Tavola, ha fatto un
intervento interlocutorio sulla
nostra corresponsabilità riguardo ai minori... mi auguro che
questo verrà ripreso dalle comunità.
Un altro prpblema aperto è
quello dell’informazione su cui
spesso è caduto l’accento; evidentemente una maggior informazione migliorerebbe la qualità del lavoro. Non tutti avvertono l’importanza di questo aspetto e credo che per il futuro
bisognerà impegnare maggiormente le nostre forze nel campo
dell’informazione da cui discende
una vera partecipazione di tutti.
Alla delegata di Pramòllo,
Ivana Costabel, giovane insegnante, collaboratrice dell’Eco,
abbiamo rivolto alcune domande. Eccole:
Questa Conferenza, secondo
te, com’è andata?
Si sono affrontati diversi e
importanti problemi senza giun
gefe però a prese di posizione
e decisioni che ne modifichino
la sostanza. Sarà solo un’impressione, dovuta anche al fatto che
per molti dei delegati gli argomenti in discussione sono nuovi
o quasi.
Si è parlato, per alcuni non
abbastanza, di secolarizzazione.
Anche il sermone di questa mattina era incentrato sul rapporto chiesa-mondo. Ritieni che la
chiesa, nel suo insieme, stia
progressivamente rinunciando
al suo compito missionario?
Si parla di secolarizzazione, di
mancanza di fede, di impegno
ed è vero, sono problemi che esistono attualmente, c’è una forte tendenza da parte di molti,
anche giovani, ad allontanarsi
dalla chiesa, dalla loro comunità ed è per questo che il compito missionario della chiesa va
potenziato; in questo senso anche le Valli sono terra di missione, per il gran numero di
persone e di famiglie che si trovano eniarginate. Non sono pie
namente d’accordo nel dire che
la chiesa tutta stia rinunciando
al suo compito missionario, dal
momento che ci sono persone,
giovani che vogliono impegnarsi
in questo senso per dare qualcosa di valido alla propria gente.
Lavorare in gruppi sembra ormai un dato acquisito. Ti sembra positivo? Se il Sinodo addottasse questo metodo ti piacerebbe?
Sono d’accordo sull’impostazione del lavoro in gruppi perché
questo permette a tutti di esprimersi più liberamente, si possono confrontare e discutere più
ampiamente le diverse posizioni, per cui mi piacerebbe che
anche in Sinodo venisse adottato
questo metodo di lavoro, almeno
per quanto riguarda i problemi più importanti e che toccano più da vicino la vita delle
comunità e quindi i loro rappresentanti.
■ interviste raccolte da Giuseppe Platone
VILLASECCA
In una cornice di autentica
gioia fraterna sabato 4 corr. è
stato, benedetto il fngtrimqnio
dei nostri giovani Livio Ferrerò e
Ivette Peyronel. Davanti al Signore ed alla; comunità gli sposi
hanno dichiarato di voler vivere
cristianamente il loro matrirnonio lasciandosi guidare e fortificare dallo Spirito di Dio.
Ùn momenfo di intensa emozione è stato vissuto nel momento in cui il corteo nuziale, servendosi di una passerella sospesa tra
i due argini e percorribile solo a
piedi, ha attraversato il torrente
Germanasca, che tanti danni e
tanta paura aveva provocato una
ventina di giorni prima. Diciamo
questo non per la pericolosità —
del resto inesistente —,della passerella, mà perché fu proprio Ivette, che con la sua amica Lisa,
era stata sul ponte di Riclaretto
solo pochi minuti prima del crollo, avvenuto la sera del tragico
19 maggio.
In attesa della ricostruzione definitiva del ponte di Riclaretto se
ne sta costruendo uno provvisorio che, consentendo il transito
di veicoli leggeri, toglierà dal
parziale isolamento quel centinaio di persone circa che vivono
nel vallone di Riclaretto.
• La famiglia di Roberto Massei, la cui abitazione situata sulla strada che va al Forte, ha subito gravi danni perché investita
in pieno da una frana, ringrazia
tutti coloro che hanno partecipato ai lavori di sgombro del
fango che, avendo sfondato un
muro perimetrale, aveva invaso
la cucina’e bloccato la porta della camera da letto. In modo particolare vuole ringraziare la squadra di soccorso venuta da
Chiotti.
po ancora incerto e le strade
sconquassate dall’alluvione. Auguriamo loro un buon periodo
di lavoro estivo.
BORA’
Un folto gruppo di parenti ed
amici ha circondato sabato 28
maggio gli sposi Elvira Peyronel
(S. Giovanni) e Paolo Tourn
Boncoeur nel culto di intercessióne e di 'benedizione sulla loro vita in comune. Il giornò prima si erano sposati in municipio. Rinnoviamo il nostro augurio agli sposi che si sono stabiliti a Rorà, con buone speranze
di vederli impegnati nella vita
della comunità.
• La giornata delle scuole domenicali prevista per la domenica 22 maggio (con Angrogna e
Torre Pellice) ha dovuto essere
rinviata à causa dell’alluvione.
Speriamo di poterla attuare alla ripresa dei corsi.
• Anche in occasione della Conferenza distrettuale il culto è
stato presieduto dall’anziano
'Tourn a cui va il ringraziamento della comunità per la sua costante disponibilità.
• In questi giorni sono iniziati
gli spostamenti di diverse famiglie (soprattutto dellè iUcine)
negli alpeggi, nonostante il tem
ANGRQpNA
Durante il culto di Pentecoste sono stati insediati due nuovi anziani nel Concistoro; Dorino Buffa e Viola Agli,. Ad entrambi l’augurio di un lavoro alla luce della Parola. Nel pomeriggio della stessa domenica, il
tradizionale Bazar ha raccolto
molte persone, tra cui un folto
gruppo di evangelici francesi, intorno ai banchi organizzati daliqjnione Femminile. Il lusinghiero incasso verrà accantonato per la costruzione di upa
nuova cucina-per la Sala Unionista (quella vecchia è stata invasa dal fango di questi giorni).
Alle organizzatrici della giornata e a quelli che hanno visitato il ’bazar’ esprimiamo la riconoscenza della comunità.
S. GERMANO
Uniti nella speranza nella resurrezione pensiamo in preghiera alle famiglie Bouchard e Balmas-Canonico che hanno recentemente perso rispettivamente il
fratello Clemente Bouchard, di
63 armi e la mamma Wiglielmina
Balmas ved. Canonico, di anni 67.
Il funerale di quest’ultima sorella ha avuto luogo a Pinerolo.
• I culti delle domeniche 12 e
19 saranno presieduti dalTanziano Aldo Garrone e dal fratello
Gianni Long, che assicureranno
così il servizio della predicazione
durante l’assenza del pastore per
motivi di lavoro. Sempre durante questo periodo il pastore Arnaldo Geme assicurerà il servizio delle urgenze. In caso di necessità e qualora non ci fosse
nessuno al presbiterio, telefonargli direttamente al n. 50597
(S. Secondo). La comunità è grata per questa fraterna collaborazione.
• Domenica 29, dopo il culto di
Pentecoste jpon Santa Cena, abbiamo avuto nel pomeriggio il
simpatico saggio deUa Scuola
materna, con un vasto pubblico
di genitori ed amici. Cogliamo
questa occasione per ringraziare l’insegnante lioredana Beux
e le sue valide aiutanti Omelia
Monnet e Marilena Long, per
tutto il lavoro svolto. Un grazie
particolare alla sorella Amilda
Rostan, grazie alla quale la nostra scuoletta è sempre stata
impeccabilmente pulita! Le signore del comitato apposito
hanno svolto un lavoro poco appariscente ma essenziale e ne
siamo loro riconoscenti. Attendiamo ora con una certa impazienza di sapere quale sarà l’avvenire della progettata scuola
materna statale.
■ Numerose cronache pervenuteci dalle Chiese sono rinviate per mancanza di spazio.
Raniero La Valle, senatore della sinistra indipendente eletto
nelle fila del PCI, ha parlato sabato 28 a Pinerolo, su invito dello stesso PCI pinerolese, sul tema: « Dove va il cattolicesimo
italiano? ». Di fronte ad un pubblico non troppo numeroso ed
inferiore all’attesa (gran parte
del cattolicesimo pinerolese ha
tranquillamente snobbato questo appuntaménto) La Valle ha
tracciato alcune linee dì tendenza della chiesa cattolica avvertendo sin dall’inizio che è errato valutare le tendenze odierne in base ai documenti e alle
semplicistiche indagini sociologiche. Un’avvertenza sia per
quei documenti conservatori che
non possono impedire l’espressione di quella che ha definito
« l’inesauribile vita della chiesa », sia per quei documenti che
restano lettera morta nella prassi del cattolicesimo.
Procedendo nelle esemplificazioni La Valle ha toccato il problema della legalizzazione dell’aborto e le gravi affermazioni
del Consiglio permanente della
CEI, la questione dell’integralismo, il « rischio » di interpretare ed usare la fede in termini
politici, denunciando la « chiamata a raccolta » dei cattolici
niella situazione polìtica attuale
(cercando nel partito politico la
identità della chiesa). La situazione odierna, ha affermato La
Valle, in cui non è possibile neppure la formazione di un gover
no, deve essere , superata "e può
esserlo soltanto nell’incontro
delle tre grandi forze: cattoliche, laiche e marxiste; occorre
superare queste « storie separate » e favorirne l'incontro. La
crescita avvenuta in questi anni può essere bloccata soltanto
con la violenza (ciò che si tenta
oggi).
Così come il movimento marxista ha saputo assimilare la
spinta democratica delle forze
laiche è necessario che avvenga
l’incontro tra il mondo marxista
e quello cristiano. La Valle ha
concluso il suo discorso citando
un significativo documento del
Partito Comunista catalano in
cui si ammettono i cristiani nel
partito con la loro fede, sottolineando la dimensione sociale
della fede contro quella privata,
accoglimento che viene considerato dal partito comunista catalano come garanzia per una
maggiore laicità del partito
stesso.
Una relazione ricca di spunti,
priva però, come è stato ricordato negli interventi, di una ^a-,
lisi di classe del pattoliçesimo
italiano. Anche TintroduziOlté di
A. Barbero non ha offerto nìqlti
spunti per calare nella situazione pinerolese il discorso générale deirincontro.
La questione del « compromésso
storico » soggiacente a tutto il discorso è rimasto singolarmente
taciuto. '
Ricordando due
di evangelici
Luigi Campesè
Il nostro caro sig. Campese ci ha
lasciato! ,
Abbiamo avuto il privilegio di collaborare con lui e con la Sua Signora
al Convitto di Pinerolo per 16 anni.
Veramente si può parlare di privilegio quando ci è dato di fare un tratto
di strada con una persona come Luigi
Campese. Di lui si può ben dire che
amava il Signore con tutto il cuore e
il suo prossimo come se stesso.
Il suo spirito era sempre teso alla ricerca della verità, meditava sul significato del nostsro vivere quaggiù
sempre alla luce della Parola, e quante
volte parlando con Lui abbiamo capito
che aveva delle intuizioni profonde di
certi passi, biblici come può averle chi
ha uno spirito ben dispósto e un cuore
attento.
La sua vita interiore si esprimeva in
un servizio sempre pronto e gioioso verso il prossimo. Il lavoro quotidiano, a
volte monotono, era affrontato da lui
sempre con entusiasmo e riconoscenza
perché qualsiasi forma di servizio era
considerata da lui come un privilegio.
Sapeva mettere mano a tutto secondo
le necessità, sapeva fare l’idraulico, il
muratore, l’elettricista, il tappezziere,
il pasticciere (che deliziose pizze faceva!) il cuoco, il giardiniere, con che
passione e amore curava le piante! La
natura gli parlava e lui sapeva ascoltare la sua voce! !
Forse non tutti i ragazzi passati al
Convitto hanno saputo afferrare la profondità della sua personalità però molti sono stati afferrati dalla sua grande
bontà, anche gli stranieri, ospiti del
Convitto in estate, pur non parlando
la stessa lingua erano colpiti dalla
gentilezza e dalla bontà che emanavano dal caro sig. Campese. Gli abbiamo voluto tutti un gran bene, ha seminato amore ed ha raccolto amore.
Con lui scompare una bella figura
di credente che ha saputo vivere una
esemplare vita di diaconia, di quella
diaconia di cui tanto si parla e di cui
sempre ancora avremo tanto bisogno
nei nostri istituti.
Lillina Deodato
Nina Curcio
Vorrei ricordare l’opera che Nina
Curcio svolse nei nostri Istituti e in
particolare al Padiglione di Torre Pellice. Venne in momenti brutti, nel
1939, all’inizio della guerra. Lavorammo 22 anni assieme; e perciò conoscevo molto bene la sua sensibilità e la
sua profonda comprensione per il prossimo che era nel bisogno materialmente e spiritualmente. La nostra amicizia
si rinsaldò durante la guerra di liberazione, per le ansie e i pericoli dei
belle figure
nostri congiunti coinvolti nel conflitto.
La sua opera continuò silenziosa e
meticolósa e si allargò anche fuori del*
rQspedale per.^me^ di^^jQpntatti costanti con gli ammalati curati e poi. dimessi, di consìgli e raccomandazioni
per riprendere il cammino nella vita
che in certi casi era molto diiFicile,
dopo un’interruzione a volte di anni.
Per tutti Nina aveva una parola di
convincimento e soprattutto di fiducia :
sapeva infondere convinzione perché
questo le veniva dalla sua fede che
era molto profonda.
Àncora oggi, dopo tanti anni, molti
suoi ex ammalati la ricordano e la
benedicono per il bene che hanno ricevuto, per le cure spirituali oltre che
materiali. «
E se ora non è più in xnezzo a noi
fisicamente, spiritualmente rimane in
mezzo ai suoi malati che tanto amò e
a cui tutto diede per la sua fede e
convinzione.
Silvio Martinat
Dal Badén
con la tromba
Un gruppo di trombettieri della chiesa evangelica del Badén,
guidati dal loro direttore, visiterà prossimamente le Valli per
incontrarsi con i locali trombettieri e per suonare nelle’^comunità delle Velili che lo richiedano. Visiteranno anche gli Istituti
ospedalieri, ma saranno particolarmente lieti di poter partecipare a qualche riunione in alcune
delle nostre comunità.
Cambio di indirizzo
Dal prossimo 15 giugno l’indirizzo del pastore Glòrgio Tourn
sarà il seguente: Via Beckwith,
4 - 10066 Torre Pellice (To), Tel.
(0121) 91305.
RINGRAZIAMENTO
I congiunti della compianta
Enrica Irene Bellion
nelTimpossibilità di farlo singolarmente porgono i più vivi ringraziamenti a
tutte le gentili persone che hanno preso parte al loro dolore con la presenza,
fiori, e conforto morale e spirituale.
Un particolare ringraziamento al Pastore sig. Taccia e Signora, ai vicini
di casa, alle autorità e volontari per il
loro aiuto nelle ricerche, alla Direzione Farmaceutici Geymonat, alle compagne di lavoro, ai Donatori di Sangue,
ai dirigenti e giocatori H.C. AUeghe
e Val Pellice, all’infermiera Donatella
.Tourdan. .
Luserna S. Giovanni, 1 giugno 1977
8
8
Aborto: la gerarchia all'attacco
n'r^H ® ■ Prataaonìsti: il Consiglio Provinciale ACLI,
uard. Pellegrino, una minoranza dissidente, la Presidenza naz. AGLI
L incendio stava covando da
tempo. Fin dal giugno 1975 le
ACLI torinesi si erano interessate al problema dell’aborto: da
allora hanno pubblicato diversi
quaderni sull'argomento e promosso incontri e seminari.
Anche quest’anno è stato organizzato un Convegno sullo stesso tema, per la fine di maggio.
Ma quest’anno l’atmosfera è più
tesa ed elettrica che in passato:
la Legge sull’aborto è già passata alle Camere, a giorni sarà votata in Senato. Di recente il Consiglio Nazionale dei Vescovi, riunito per l’assemblea annuale, ha
ribadito con forza la posizione
ufficiale della Chiesa Cattolica,
assolutamente contraria all’aborto procurato. La gerarchia soffre per l’indipendenza delle decisioni parlamentari dalla morale
parla già di un possibile Referendum...
Il fuoco latente è divampato.
E ce n’erano, obiettivamente, le
ragioni. In preparazione al Convegno d.el 21 maggio, il Consiglio
Provinciale delle ACLI torinesi,
allargato ai dirigenti di base e
ai militanti, ha preparato un documento: « Aborto^ una les^^e
che impegna a lavorare per la
vita » nel quale si concentrano i
risultati dei lavori di questi ultimi anni.
Il documento
delle ACLI
In questo documento le ACLI
piemontesi affermano: « siamo
favorevoli a che_ si arrivi al più
presto ad una legislazione sull'aborto che abroghi quella precedente: siamo favorevoli ad una
legge che regolamenti in qualche
modo l'aborto, salvaguardando
il più possibile da un lato la decisione della donna, che rimane
la più coinvolta nelle conseguenze di questa drammatica scelta e
dall'altro non privatizzi la scelta
dell'aborto che è per noi un atto
che deve coinvolgere semnre di
più non solo la donna, ma la
coppia, il quartiere, la società.
E ancora: « Siamo favorevoli
ad una legge sull'aborto perché
riteniamo inaccettabile la situazione che stiamo vivendo in cui
laborío è tollerato (o sarebbe
meglio dire, è consentito) purché
clandestino. Una situazione in
cui, anziché usare la legge per
regolare al meglio la convivenza
umana e cambiare le condizioni
negative di vita, la si usa per fare delle dichiarazioni di principio che poi, nella pratica, si negano. Non è più a lungo accettabile la profonda ipocrisia di uno
stato che afferma di voler difendere la vita e poi, per le carenze
della sua organizzazione sociale,
per l incapacità di essere promotore di una crescita culturale e
civile della società, spesso induce essa stessa all'aborto e comunque non lo previene..,
...Riteniamo sia tempo di togliere dalla clandestinità il problema dell'aborto, renderlo visibile, farsene carico tutti insieme.
Se ogni aborto è una sconfitta, è
una sconfìtta di tutti, così come
una vittoria di tutti è ogni vita
pienamente vissuta. È da questa
dimensione comunitaria che dobbiamo partire perché ùna let^qe
che si deve fare non diventi un
« permesso di morte » dato alla
donna, da gestire in solitudine,
ma sia l'avvio di una nuova battaglia per la vita.
Bastano questi stralci per farci comprendere che un documento così chiaro, responsabile ed
aperto, in un momento teso e
delicato — sia per le ACLI piemontesi, più volte coinvolte in
tensioni con la gerarchia ecclesiastica, che, in modo specifico,
per il problema dell’aborto —
non poteva eludere polemiche,
reazioni e dissensi.
nute nel documento delle ACLI,
« inaccettabili per la dottirna cattolica ». Il cardinale Pellegrino
lamenta che nel documento in
parola non solo si critica pesantemente il modo di agire della
Gerarchia, ma se rie ignorano
chiaramente le indicazioni dottrinali e pastorali sul tema dell'aborto... Questo significa disgiungersi — afferma — da un insegnamento perenne e coerente
dei Sommi Pontefici, del recente
Concilio, degli Episcopati, sempre contrario all'aborto procurato, anche se autorizzato da lepgi
civili.
Hanno protestato le minoranze
presenti nel Consiglio Provinciale stesso delle ACLI, che hanno
dicWarato di dissociarsi dalle
posizioni sull’aborto contenute
nel documento diffuso dalla presidenza provinciale del movimento, e di disapprovarle recisamente. « Tali posizioni, — affermano
nella loro dichiarazione — oltre
che gravissime ed inaccettabili
per quanti fanno professione della fede cattolica, sono in netto
contrasto con le indicazioni in
proposito approvate dalle ACLI
in sede nazionale... E precisano
la propria nosizione di minoranza: « I cattolici italiani e con essi le ACLI, in questo momento
si sentono più che mai impegnati
insieme ai Vescovi nella difesa
del diritto alla vita, che oggi viene messo in discussione dalla
normativa abortista all'esame del
Parlamento. I dirigenti torinesi
delle ACLI, con il loro documento, si allineano con le tesi niù
radicalmente anticattoliche...
scienza e di responsabilizzazione
dei cattolici su una questione decisiva che va ben oltre l'aborto.
E alla fine del documento la Presidenza nazionale delle ACLI formula un « fermo richiarno » nei
confronti della Presidenza delle
ACLI di Torino « affinché nella
sua responsabilità compia tutti
gli atti necessari per un riesame della posizione assunta alla
luce _ della linea stabilita democraticamente ed unitariamente
dagli organi nazionali ».
La situazione è tutt’altro che
semplice. Abbiamo assistito, sabato 28 maggio, ad una assemblea delle ACLI, prolungamento del Convegno sull’aborto del
21 maggio. Tutte le posizioni
erano rappresentate: chi era deciso a mantenere la linea espressa nel documento, chi rappresentava le minoranze, chi voleva « rivedere » le posizioni assale nel documento, per riconciliarsi da una parte con il Cardinale Pellegrino e la Gerarchia,
e dall’altra con la Presidenza
nazionale.
La discussione continua.
Oetta Pascal
Dai loro frutti
Altro che abrogare la legge
Reale o i tribunali militari.
Quando lo Stato è attaccato
dalla violenza organizzata deve potersi difendere con libertà e senza tanti controlli.
Quando ci sono criminali politici che rifiutano di essere
giudicati da tribunali civili,
siano giudicati dai tribunali
militari.
Questi sono i pensieri che
germogliano nella mente di
tanti cittadini del nostro paese in conseguenza degli attentati ai giornalisti Bruno, Montanelli, Rossi, e delle reiterate minacce ad avvocati, giurati e loro familiari, in vista del
processo ai militanti delle Brigate rosse. Sono germogli di
una ideologia autoritaria,, repressiva, fautrice di un potere
incontrollato, che fioriscono
magari nella mente di gente
non particolarmente violenta
e autoritaria.
Qual è mai la pianta che ha
il potere di produrli?
Il detto « li riconoscerete
dai loro frutti » non é valido
solo per i predicatori dell'Evangelo: è valido anche per
i predicatori di qualunque credo e di qualunque proposta
politica: non è dal colore, dai
programmi dichiarati, dalle
intenzioni enunciate che si
può e si deve giudicare chi
lotta per qualche cosa, ma dai
frutti che la sua lotta produce. Se quindi i frutti consistono nel radicare nella mente
della gente il senso di impotenza e di paura e di far germogliare la domanda di un
potere incontrollato a cui delegare la soluzione di tutti i
mali, allora possiamo essere
sicuri che la pianta che li produce non è la proposta di un
progresso, di una crescita, di
una maturità politica ma è il
progetto di un ritorno ad esperienze di infanzia politica
e il piano per ricadere di
nuovo nella prepotenza istituzionalizzata.
Non limitiamoci perciò alla
"protesta sdegnata" che tutti
immancabilmente esprimono
di fronte a questi fatti, ma impegnamóci a raggiungere la
loro radice più profonda, a
identificarla, a metterla in luce. Perché solo tagliando la
radice si vincono i germogli
della mala pianta.
Franco Giampiccoli
LA SETTIMANA INTERNAZIONALE
a cura di Tullio Viola
Il siluramento di Podgorni
La presidenza naz.
delle AGLI
Ha protestato la Presidenza
Nazionale delle ACLI, che ha
dichiarato di dissociarsi dalla
posizione assunta dalle ACLI torinesi. Infatti in un documento
la Presidenza Nazionale delle
ACLI ha affermato di ritenére
« che sia diritto-dovere dei Vescovi riproporre l'insegnamento di
principio e pastorale della Chiesa sulla materia ed in esso i credenti si devono riconoscere senza tanti interessi indipendentemente dalle soluzioni legislative
in atto. Le manifestazioni ecclesiali per il diritto alla vita rappresentano in questo senso momenti importanti e presa di co
L’Espresso » del 5.6.’77
pubblica alcuni testi su questo
argomento, che contengono diverse congetture in proposito.
Antonio Gombina ’ ite- fa il seguente commento.
«Nel decidere di esonerare
bruscamente Nicolai Podgorni,
Leonida Breznev può anche essere stato mosso dalle migliori intenzioni. Avendo ormai più di
settant’anni ed una salute abbastanza malferma, Breznev può
essersi preoccupato d'influenzare quanto avverrà dopo il suo
ritiro o scomparsa, unificando
le cariche di segretario generale
del Pcus e di capo dello Stato
in modo da porre il suo successore in una posizione di autorità indiscussa. Q anche (si fa
pure questa ipotesi), trasferendosi alla presidenza del Soviet
supremo e lasciando ad un uomo più giovane la guida del partito. In un paese immenso e
composito, che non dispone di
un sistema codificato di ricambio
politico, una simile preoccupazione può apparire più che legit
tima. È stata la stessa preoccupazione, d'altra parte, che aveva
spinto Mao prima a fare di Lin
Piao il proprio delfino, poi ad
indicare in Huà' Kuo-feng il proprio successore.
Anche ammettendo che questa
interpretazione benevola risponda a verità (e nulla ce lo conferma), quanto è avvenuto nei
giorni scorsi a Mosca rimane
egualmente sconcertante. Perché
non portare il problema, al centro delle discussioni o del dissenso (qualunque esso sia stato),
allo scoperto ed informarne apertamente l’opinione pubblica?
Perché, al contrario, affidarsi
unicamente ad un annuncio sibillino che lascia lo spazio a tutti i dubbi, anche i meno lusinghieri per l’URSS e per il suo
gruppo dirigente? Nei sessanta
anni che sono passati dalla rivoluzione d’ottobre, la società sovietica è cresciuta così poco da
non potersi permettere, se non
con un gioco politico del tutto
libero, almeno una maggiore
franchezza?
Evangelici in Canada
(segue da pag. 1)
Il Gard. Pellegrino
Questi sono venuti da tutti i
fronti: ha protestato il Cardinale
Pellegrino, che su « La Voce del
Popolo », settimanale ufficiale
della Diocesi torinese, condanna
le affer nazioni .sull’aborto conte
italiana. Così, vi è in Montreal
una chiesa presbiteriana, la
« Beckwith Memorial Italian
Prestayterian Church ed una
chiesa anch’essa di lingua italiana, la « Italian Church of thè Redeemer». Le due chiese distano, nell’ampia metropoli di Montreal, appena una decina di minuti di cammino Luna dall’altra.
Mi hanno detto che quando il
pastore Renzo Bertalot era a
Montreal, quale responsabile della Chiesa Italiana Presbiteriana,
si erano instaurati buoni rapporti tra le due comunità. Ma
col passare del tempo i nuovi
pastori hanno avuto ben pochi
rapporti tra di loro e le comunità ne hanno risentito.
I pastori e le comunità si sono ritrovate assieme in occasione della visita del Moderatore e
questo è senz’altro positivo. Durante i quattro giorni di permanenza a Montreal sono stati molto frequenti gli incontri fra i pastori e questo ha contribuito a
riallacciare buoni rapporti. «Erano troppi anni che non avevamo questa occasione », mi diceva un pastore. Si tratta ora di
avere la buona volontà di intensificare questi rapporti e di affrontare il problema se non sia
giunto il momento di unire le
due comunità.
Al
il
Il Moderatore
tra i Pentecostali
Mentre le chiese di lingua italiana sono impegnate nel « mantenimento » delle loro posizioni
e devono affrontare problemi
notevoli poiché le nuove generazioni in tutte le loro relazioni
sociali parlano l’inglese e si integrano poco alla volta nelle
chiese di lingua inglese, vi è nel
Canada una chiesa che non ha
problemi di « mantenimento »
anzi è in continua e notevole
espansione: è la Chiesa Pentecostale (Assemblee di Dio),
cune volte noi sottolineiamo
fatto che sovente le comunità
pentecostali si dividono. Ebbene, qui nel Canada questo problema è visto sotto un aspetto del tutto positivo : « sepa
randosi dalla comunità di origine, le comunità si moltiplicano
del continuo ». Il fatto è che
nelle chiese pentecostali evangelizzatori sono tutti i membri di
chiesa. Così sorgono del continuo nuove comunità!
Mentre mi trovavo ancora negli Stati Uniti, a Springfield
(Missouri), avendo saputo che
ivi era il quartiere generale delle Assemblee di Dio nel mondo,
ho voluto visitarlo. Quando .
segretario generale, il rev. Flower, ha saputo che stavo visitando il centro, ha voluto incontrarmi ed il colloquio è stato interessante e fraterno.
il
A Montreal è stato proprio
nel nuovo tempio della chiesa
pentecostale che mi è stata data la possibilità di predicare,
onde poter riunire in un ampio
locale le diverse comunità interessate ad ascoltare il moderatore della Chiesa valdese.
Un pastore pentecostale — di
origine italiana — ha sottolineato l’esigenza di una maggiore
comunione tra gli evangelici italiani : « abbiamo bisogno di mettere in comune i doni ricevuti ».
Ora dovrei poter ricordare i
nomi di tante e tante persone
delle comunità di lingua italiana che mi hanno richiesto di salutare i familiari in Italia ed in
modo particolare i pastori Renzo Bertalot e Paolo Sbaffl, che
hanno svolto la loro opera a
Montreal. (Quello che mi sta a
cuore è testimoniare di come sia
stata apprezzata la loro opera
nelle chiese di Montreal.
I pastori italiani nel Canada:
Ugo Monaco, Antonio Moneada
e J. Pizzolante, mi hanno accolto rispettivamente a Toronto, a
Montreal e ad Hamilton con
grande fraternità. Ad Ottawa
sono stato ospite della famiglia
Boér Sereno. A tutti questi cari amici la mia riconoscenza per
aver organizzato con tanta cura i culti, gli incontri, le interviste stampa ed alla televisione.
Ed un grazie di cuore alla United Church of Canada ed alla
Presbyterian Church of Canada
ner l’invito rivoltomi a visitare
lé Chiese del Canada e per i
colloqui che ho potuto avere
con i dirigenti delle due chiese
nelle loro sedi centrali.
/ testi classici del marxismo
(ed anche del leninismo) insegnano che l’uomo, una volta liberato dallo sfruttamento capifMsta, può essere facilmente
educato ad un nuovo e più elevato tipo di convivenza civile, di
cui l’assoluta partecipazione e
la scelta volontaria delle proprie
responsabilità siano le caratteristiche essenziali. In URSS siamo lontani da tutto questo, anche perché allo sfruttamento
capitalistico si sono sostituite
altre forme di oppressione non
meno pesanti. Ma i dirigenti sovietici non si rendono conto che,
trattando i loro concittadini come dei bambini a cui bisogna
contìnuamente mentire, allontanano definitivamente il momento della "liberazione"? E
non capiscono che se, tra qualche giorno, la spiegazione ufficiale dell’esonero parlasse di un
Podgorni "antipartito” e complottatore, sarebbe l’URSS stessa
a ricevere in faccia una manciata di fango? ».
A ben leggere questo commento, ognuna delle numerose
domande ivi formulate dal Garnbino, non ha che un valore polemico: il Gambino sa benissimo quali sono le sue risposte a
tali domande, risposte che sono
anche le nostre. E poiché i nostri lettori conoscono le nostre,
così fermiamoci su qualche altro punto più interessante.
In realtà siamo alla vigilia di
avvenimenti concernenti l’URSS,
indubbiamente importanti. Negli
ambienti occidentali della capitale sovietica, taluni assicurano
che « la spiegazione e la conclusione della vicenda Podgorni
(scrive Mirko Tebaldi sullo stesso n. de « L’Espresso ») si avranno il 16 giugno, quando si riunirà il soviet supremo; altri, invece, anticipano tale momento al
4 giugno, quando, come ha annunciato la "Pravda", sarà pubblicato il testo della nuova Costituzione: se esso stabilirà, come sembra, che la funzione del
segretario generale del PCUS
(= Partito Comunista Sovietico)
deve essere rafforzata, non ci sotto dubbi: Podgorni è stato sacrificato per far posto a Breznev,
che cumulerà nella sua persona
le cariche di segretario del partito e di capo dello Stato ».
La « Pravda » ha scritto: « La
nuova Costituzione sovietica farà vedere al mondo intero come
si sviluppa lo Stato socialista,
l’essenza della democrazia socialista, e mostrerà la molteplicità di forme e la straordinaria
portata del costante aumento
della vera partecipazione delle
masse popolari alla direzione degli affari dello Stato e della società ». Vorremmo che non fossero solo parole!