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" LA BUONA NOVELLA
GIORNALE DELLA EVANGELIZZAZIONE ITALIANA
Seguendo la Terità nella carità. — Efss. VI. 15.
PREZZO DI ASSOCIAZIONE ! LE ASSOCIAZIONI SI RICEVONO
Per lo Stato [franco a destinazione] , £. 3 00 ^ In Toeiso all’rfBzio del Giornale, via del Principe
Per la SviEzera e Francia, id........... „ 4 26 \ Tommaso dietro il Tempio Valdese.
Nelle PaovtNCiB per mezzo di franco-bolli po
Per V Inghilterra, id..................... 5 50
Per la Germania id................... „ 6 50
Non si ricevono aasociazioni per meno di un anno.
stali, che dovranno essere inviati franco al Direttore della Buona Novilla.
All’estero, à’ seguenti indirizzi : Parigi, dalla libreria C. Meyrueis, rue Rivoli ;
Ginevra , dal signor E. Beroud libraio ; Inghilterra per mezzo di franco-bolli
inglesi spediti franco al Direttore della Buona Novella.
SOMMARIO
Dovere dcH'uomo dì glorificare Iddio — Una lettera papa — La pace di Villafranca — La preghiera— Seneca e sant’Agostino — Cronaca della quindicina.
Domandiamo scusa ai nostri associati se imprewedute*"
circostanze ci obbligarono a ritardare la pubblicazione del
presente numero.
DOVERE DELL’UOMO DI GLORIFICARE
IDDIO
Come un’opera d’arte glorifica il suo autore, quando ogni parte vi
si trova perfettamente ordinata ed eseguita, così l’universo intiero
glorifica il sommo architetto che l’ordinò e lo trasse dal nulla coll’onnipotente sua parola.
Tutto il creato glorifica il sommo suo fattore, corrispondendo così
all’alto fine per cui esso fu fatto: “ I cieli raccontano la gloria di Dio;
“ la distesa annunzia l’opera delle sue mani. Un giorno dietro al“ l’altro quelli sgorgano parole: una notte dietro all’altra dichiarano
“ scienzia. Non hanno favella, nè parole: la lor voce non s’ode: ma
“ la lor linea esce fuori per tutta la terra, e le lor parole vanno infino
“ aU’estreinità del mondo. ” (Salm. xix, 1-4).
Le creature le piii alte, quelle che hanno la loro abitazione nei
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cieli, che costantemente sono davanti al cospetto del Signore, gli
angeli, lo laudono , lo glorificano giorno e notte nei loro cantici
divini.
Tutto sulla terra, nei cieli, lo glorifica, ad eccezione degli angeli
ribelli e dell’uomo, ormai imitatore, seguace e schiavo del principe
dell’aria.
L’uomo invece d’impiegare tutte le facoltà, delle quali così riccamente fu dotato dal Signore, alla gloria del suo Dio, le impiega a
ricercare se stesso, la propria gloria. Egli si fa un Dio dei proprj
desiderj, dei proprj voleri, ai quali tributa ubbidienza: in una parola,
si fa sè stesso suo Dio, come se egli, da se stesso, si fosse creato,
ed alla divinità nulla dovesse.
Non costituisce questo una mostruosità, e la mostruosità la più
orrenda di tutte quelle che esistono ; poiché essa si produce non nel
mondo inferiore, fisico, ma nella sfera superiore del creato, nel mondo
morale ?
Iddio ha creato l’universo per glorificar se stesso nell’opera sua, o,
in altri termini, per essere glorificato da essa. Ciò è provato sia da
una sana ragione, sia dalla rivelazione: tutto procede da lui; a lui
tutto deve ritornare; i cieli, la terra, il mare e tutte le cose che sono
in esse rendono a Dio il tributo voluto di gloria, seguendo le sue
leggi, i suoi voleri ; quanto più dovrebbero glorificarlo gli uomini,
tanto privilegiati, poiché fra gli esseri t\itti, solo l’uomo è creato all’immagine di Dio, con un’anima vivente, con un cuore per amarlo,
con una volontà libera, imagine della libertà divina, per ubbidirgli !
Con quale ardore, con qual zelo, con qual amore non dovrebbero
essi servirsi di questa libera volontà, per ubbidire a colui che in essi
avea posto la sua dilezione ! Iddio non domanda altro, vuol essere
glorificato dalla nostra ubbidienza spontanea, libera, avente la sua
origine nel nostro affetto per lui.
È vero che Iddio non ha punto bisogno di essere glorificato da
noi; la sua gloria, in un senso, è immutabile, e tutta in lui; non
possiamo nè aumentarla, nè diminuirla; ma, da un’altro lato, egli,
per pura condiscendenza verso di noi, ha voluto che la sua gloria
risplendesse in noi, per il nostro bene, pella nostra felicità, quantunque egli sappia far sì che la somma della sua gloria sia sempre la
stessa, cioè a dire, infinita, sia ch’essa risplenda d’un divino chiarore
nella sua misericordia, o nella tremenda sua giustizia.
Come dovremmo noi essere lieti di glorificarlo con una libera ubbidienza, poich’egli, con tanta condiscendenza, vuole da essa trarre
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alcuni raggi della sua gloria ! Quanto dovreiniuo essere riconoscenti
di poter, in un senso, contribuire alla gloria del nostro Dio !
Che nissuno mi dica ch’egli si trova in una posizione troppo umile
per poter, in qualche maniera, glorificare Iddio: no, imperciocché
Iddio trae la sua. gloria da’ piccoli come da’ grandi, dall’ubbidionza
e dalla fedeltà dell’umile bracciante come da quelle dei principi e dei
re della terra; egli, dice la sua parola, la trae perfino dalla bocca dei
bambini che poppano.
Quelli che hanno una posizione elevata, fra i loro fratelli, devono
certamente glorificare Iddio con tutti i mezzi che po.sseggono; ma
non mi si dica che l’uomo che vive nell’umiltà non può glorificare il
Signore; sì, egli può farlo, secondo la piccolezza dei mezzi, messi da
Dio nel suo potere. Che ognuno sia fedele nel poco che ha-ricevuto:
Iddio non domanda altro, ed in questo sarà glorificato.— Da uu’altra
parte, non mi si dica che sono rare le occasioni di fare qualche cosa
alla gloria di Dio.
S. Paolo non era di tal parere quand’egli scriveva queste parole:
“ 0 che mangiate o che beliate, o che facciate alcun’altra cosa, fate
tutte le cose alla gloria di Dio. ”
Secondo l’apostolo, gli atti che, a prima vista, sembrano insignificanti, possono e.ssere fatti alla gloria del Signore: il valore di un atto
quando d'altronde quest'atto non è cattivo in se stesso, proviene tutto
dalla disposizione interna del cuore e dal fine propostosi da chi lo
compie.
Lo stesso atto, secondo le disposizioni che l’hanno dettato, può
essere o buono o cattivo; può glorificare od offendere il Signore.
Prendiamo l’esempio presentatoci da S. Paolo: il mangiare od il bere
temperatamente può costituire, secondo i casi, un’opera buona od
un’opera cattiva, un’opera che glorifichi il Signore o che l’offenda.
Costituisce un’opera buona, quando colui che usa dei beni della
terra ringrazia sinceramente Iddio che gli diede questi beni, e gli
rende la dovuta gloria, impiegando le sue forze tutte al compimento
della volontà di colui dal quale procedono tutti i beni; costituisce
un’opera cattiva, quando colui che usa di questi beni fa tutto il contrario del primo, cioè a dire, non ringrazia il benefattore divino ed
impiega le sue forze al compimento della propria volontà, invece di
consecrarle a fare quella di Dio. Il primo glorifica Iddio, il secondo
l’offende, quantunque tutti e due esternamente facciano la stessa cosa.
Lo ripetiamo adunque: il valore di un’atto, quando egli non è cattivo
in se stesso (aggiungiamo questo affinchè non pensi taluno che ere-
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diamo che il fine giustifica i mezzi) proviene dalla disposizione interna del cuore di chi lo compie.
Per colui che in tutti i suoi atti ha per iscopo la gloria di Dio, non
esiste più niente di piccolo; tutto è grande; lo scopo sublime ch’egli
prosegue imprime un suggello di grandezza a tutti i suoi atti, persino
ai più modesti ed a quelli che da molti sono tenuti per indiiFerenti.
In fatti, puossi chiamare piccolo ed indifferente un’atto che mira alla
gloria di Dio ? Ah ! no; tutto ciò che conduce ad un tal segno, può
bensì dall’uomo che vive in un profondo acciecamcnto morale essere
tenuto per piccolo, ma innanzi al cospetto di Dio, è grande, è santo !
Ma, oimè ! quanto sono non curanti, gli uomini quando si tratta
d’impiegare le loro forze per la gloria di Dio ! — D’onde proviene
questo? Diciamolo schiettamente; ciò proviene dal difetto di/ec?e.
Come può mai chi nega di credere all’amore infinito di Dio, chi
rifiuta di gittarsi nelle sue braccia paterne, confidare in lui, credere
alla sua Parola; come può mai un tal uomo amarlo e prendere per
iscopo della sua vita la di lui glorificazione !
Si è dunque di fede, d’una fede ferma e profonda, che l’uomo ha
bisogno. Credere è il primo atto ch’egli deve fare per glorificare
Iddio.
Che un’uomo qualunque creda sinceramente all’amore di Dio
manifestato in Cristo, ed egli amerà, ne son certo, Dio e la sua gloria;
la sua vita sarà rinnovata ; il suo cuore sarà ripieno di alte, di nobili
aspirazioni; i suoi pensieri ed i suoi affetti non istriscieranno più
sulla terra, ma, sollevati da un’alito vivificante e forte, si accosteranno
a Dio, si uniraimo fortemente con lui ; tutti i suoi atti, i più spiccanti
come i più umili, essendo compiti coll’ ardente desiderio di glorificare Iddio, nel sentimento di una fedele ubbidienza, saranno nobilitati, santificati da questo desiderio, da questo sentimento. Tutto
sarà puro, degno, grande e santo nella sua vita.
G. R.
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lIxNA LETTERA DEL PAPA
Abbiamo letto nel giornale di Roma una lettera che Fio IX ha
scritto al cardinale Patrizi, suo vicario nella capitale.
La riproduciamo affiucliò i nostri lettori fuori d’Italia veggano
da quale spirito sia dettata; nou certo dallo Spirito Santo di Dio:
oppure se fu scritta da altri che non dal papa, veggano quale ingegno e quale cultura abbiano quei prelati e segretari che ne circondano il trono, da non trovarne uno che adoperi, se non foss’altro, modi pili civili e stile migliore.
« Sig. Cardinale,
« Tutto il mondo cattolico conosce quali siano stati nella presente lotta in Italia
i nostri sentimenti, i quali altro non ebbero in mira che il conseguimento della
pace, ed a tal fine abbiamo diretto a tutto l’episcopato le nostre lettere, le quali lo
invitavano a far publiche preghiere per ottenere dal Dio della pace un tanto dono.
Ora che questo dono è stato conseguito incarichiamo lei, signor cardinale, di avvertire i fedeli di questa capitale del cristianesimo affinchè vogliano intervenire alle
solenni azioni di grazia da offrirsi al Signore, per essersi degnato di far cessare il
più terribile di tutti 1 flagelli, ch’è la guerra : quali saranno per essere le conseguenze
di questa pace, noi le attenderemo con calma, e confideremo sempre nella protezione
che Dio si degnerà di concedere adesso e sempre al suo vicario, alla sua chiesa, ed
al mantenimento dei diritti di ambedue. Intanto si seguiteranno le solite preci dopo
le messe private, sostituendo alla orazione prò pace quella prò gratiarum actione.
« Ringraziare Iddio per la pace ottenuta fra le due potenze cattoliche belligeranti
è nostro dovere : ma il seguitare la preghiera è un vero bisogno, giacché varie pro
• vincie dello Stato della Chiesa sono ancora in preda dei sovvertitori dell’ordine
stabilito; ed è in queste provincie stesse ove in questi giorni danna usurpatrice
straniera autorità si annunzia « che Iddio fece l'uomo Ubero delle proprie opinioni siano
politiche, siano religiose » dimenticando così le autorità stabilite da Dio sulla terra
cui si deve obbedienza, e rispetto; dimenticando del pari l'immortalità dell’anima,
la quale quando passa dal transitorio aU’eterno dovrà rendere conto speciale anche
delle sue opinioni religiose al giudice Onnipotente, inesorabile, imparando allora,
ma troppo tardi, che uno è Dio, una è la fede, e che chiunque esce dall'Arca della
Unità sarà sommerso nel diluvio della pene eterne.
« È dunque evidente la necessità di proseguire la preghiera affinchè Iddio si degni
nella sua infinita misericordia di ristabilire la rettitudine della mente e del cuore in
tutti quelli che furono trascinati a fuorviare dal cammino della verità, ed ottenere
che piangano non sulle immaginarie e menzo^ere stragi di Perugia, ma sulle proprie colpe, e sul proprio acoiecamento. Questo acciecamento ha spinto negli scorsi
giorni una turba di forsennati, per la maggior parte ebrei, a cacciare con violenza
qualche famiglia religiosa dal suo sacro ritiro. Questo stesso acciecamento ha prodotto tanti altri mali che affliggono e straziano il cuore. Ma la preghiera è più po-
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tente deirinfemo, e qualunque cosa si domanderà a Dio da quelli che sono congregati nel nome suo, sarà infallibilmente ottenuta. E che cosa domanderemo ? Che
tutti i nemici di Gesù Cristo, della chiesa, di questa santa sede si convertano, e vivano : convertantur et vivant.
« Riceva l’apostolica benedizione che di cuore le compartiamo.
« Dal Vaticano, 15 luglio 1859.
c( prus PP. IX ».
Dopo letta, alcuno forse dirà che un papa non può parlare diversamente, in quanto a ciò che si riferisce ai principi! su cui si fonda il
papato medesimo, ed alle credenze della Chiesa che rappresenta.
Sarà vero ; ma eziandìo negli ordini cattolici romani non è permesso
nè a papi nè a cardinali il dire delle stravaganze, delle contraddizioni
ed usare delle parole triviali.
In essa lettera negasi che Dio abbia fatto l’uomo libero delle proprie opinioni sieno politiche sieno religiose. Eppure è ciò tanto vero
che, sebbene non si voglia e per quanto un cattolico romano obbedisca
ciecamente all’autorità papale, è impossibile che tale autorità distrugga affatto la potenza del di luì pensiero; questo dee trovarsi di
necessità in molti incontri in contraddizione cogli atti esterni. Se
non che il devoto servo del papa è abituato a non curarsi di esaminare se l’interno dell’animo suo corrisponda all’esteriorità degli atti ;
e d’altra parte alla clerocrazìa non importa che esista la suddetta
corrispondenza; ella dice — obbedite — e basta:
In essa lettera è pur detto che la preghiera è più potente dell’inferno: certo, la sola preghiera è atta a vincere qualunque forza maligna la più formidabile. Perchè dunque, se è convinto di tale verità,
non l’ha posta in pratica, non ha il papa pregato egli stesso, non
diremo nella sua umile cameretta, ma in uno dei suoi marmorei e
dorati saloni; ed ha invece mandato gli Svizzeri a fare il massacro
di Perugia? Ah ! forse era più convinto che a Perugia non si trattasse di combattere una forza infernale; anzi al contrario, cioè che
occorresse una forza infernale per soffocare nel sangue una forza
benigna.
In essa lettera finalmente si scorge come la religione serva di
copertela e di mezzo per nascondere e proteggere gl’interessi mondani,
il potere temporale: è il papa che scende in campo a difesa di se
stesso come principe. Offriamo altresì il documento seguente che in
più luoghi trovasi in contraddizione colla lettera surriferita.
« Noiificazione
« I mezzi di seduzione che da vario tempo si pongono in opera per indurre i mi •
litari pontifici alla diserzione hanno richiamata la superiore attenzione sopra un
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affare di tanta importanza. A reprimere quindi un tale reato si emanano le seguenti
straordinarie disposizioni :
« Art. 1. Chiunque riesce con qualsiasi mezzo ad ottenere la diserzione di un
militare pontificio, per unirlo ai nemici interni del governo legittimo, o della publica sicurezza e tranquillità, vien punito colla galera perpetua.
« Art. 2. Chiunque riesce ad ottenere la diserzione dei militi pontifici senza
scopo di unirli ai nemici interni come sopra, ma soltanto per scemare le forze della
truppe, viene punito coUa pena di cinque a dieci anni di galera.
« Art. 3. Se la diserzione non ha avuto luogo, i tentativi vengono nonostante
riguardati come conato, e secondo dei casi, più o meno remoto e punibile con due
a tre gradi di meno della pena stabilita al delitto consumato.
« § 1. Sono del resto considerati per tentativi alla diserzione le istigazioni, gli
eccitamenti, e le proposizioni all'uopo dirette ai militari tanto a voce, quanto in
iscritto o a stampa, le somministrazioni di danaro, di vestiario, di ricovero, di mezzi
di viaggio, di passaporto, di lettere di raccomandazione e qualunque altro mezzo
che possa fomentare ed agevolare la diserzione.
n § 2. L’animo di seduzione è presunto, se non è provato diversamente, anche
nel caso di tenui offerte o donativi ai militari, ancorché di soU commestibili, liquori,
vini e simili.
n Art. 4. Mostrando l'esperienza che si af&da più volte la riuscita delle diserzioni
alle donne, in tal caso anche queste sono tenute rispondere, al pari di qualunque
altro, del loro operato e'delle conseguenze a norma degli articoli sudetti.
« Art. 6. Sono considerati e puniti come complici, con due a tre gradi di meno
di pena, chi per agevolare la diserzioni al militare, già evaso dalla propria guarnigione, gli appresta ricovero e vestiario, l’occulta aUe ricerche della giustizia, e gli
facilita la fuga con qualsia.si mezzo. Ove perb il colpevole sia da prima a parte della
diserzione, si riguarda e punisce al pari di un agente principale.
« Art. 6. Anche per gli accennati titoli la procedura sarà la più sommaria e spedita, e saranno giudicati inappellabilmente da un consiglio di guerra.
« Art. 7. Similmente in appendice alla notificazione del 28 giugno p. p. lo stesso
consiglio di guerra giudicherà inappellabilmente delle somministrazioni e raccolte
di armi, munizioni, danaro ed altri effetti tendenti alla sedizione ed ;insurreziona
contro il governo, dei quali titoli restano ferme le pene sancite nel libro secondo,
titolo secondo, del regolamento comune sui delitti e sulle pene.
Ancona 11 Luglio 18-59.
Il gen. cotnand. la brigata di operazione,
G. Db Kalbeematten
E con tali esempi non si ha forse il diritto di dire che sono i papi
che invocano il soccorso delle potenze infernali per non cadere dalla
mondana loro grandezza?
Ohi sorgete voi, o apostoli di Gesù Cristo, e mirate in qual conto
sia tenuta la dottrina del divino Maestro da ooloro che si chiamano
vostri successori ! Ma già voi li osservate sdegnosamente dal cielo.
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LA PACE DI VILLAFRANCA
Pace!... soave parola!... supremo bisogno dell’umanità!... supremo dovere dei figliuoli di un Dio di pace e di amore!... Pace in terra e henevole.nza fra gli uommi !... Ed una pace è stata conclusa teste in Italia dopo
una guerra che, sebbene di breve durata, fu grandemente sanguinosa.
Noi accogliamo con gioja la cessazione improvvisa di tanta sciagura: ma
la pace di Villafranca è ella una pace basata sul precetto divino, suUa benevolenza che deve esistere fra gli uomini? Od è invece una pace dettata per
tutt altro motivo: una pace che lascia sussistere i germi di nuova guerra?
Oh ! allora non potremmo certo rallegrarci ; allora avremmo preferito la continuazione della lotta, appunto pel vivo desiderio che venisse stabilita, nel
nostro paese ed in Europa, la vera pace che deve riunire i popoli col santo
legame della carità evangelica.
Una parte di quell’Italia soggetta al dominio austriaco è bensì col patto
di Villafranca resa indipendente e libera. Ma, la Venezia?... Non rimane
tuttavia sotto il dispotismo straniero, e in balia dei preti mediante il concordato col papa? La Venezia è finalmente anch’essa popolata da uomini e
non da angeli, quindi si agiterà sempre finché non abbia conseguito la
nazionale redenzione. Vogliamo noi con questo leggittimare la rivoluzione,
i moti popolari? No, ma soggiungiamo che Iddio li permette, come permette le eresie nella Chiesa, pel finale trionfo della giustizia.
Ed è sopra il sentimento della giustizia offesa che la rivoluzione d’Italia
si fonda. Perchè accadono sulla terra le mutazioni delle stagioni e dei climi?
Per la posizione diversa del sole e per la temperatura del cielo. Così il
principale risorgimento d’Italia non istà, secondo noi, nella politica; ma
nel sentimento surriferito. Gl’Italiani, che trovansi ancora nella schiavitìi,
vogliono libertà di patria e di coscienze; vogliono ristabilire appieno i diritti
della natura, la quale, siccome crea le varie intelligenze, cosi distingue le
contrade, le razze e le lingue; e ristabilire i diritti della ragione che suggerisce le idee di libertà. Da ciò emerge come le nazionalità sieno naturalissime, e come sia assurdo, se non foss’altro, il volerle mutare. Quale potenza
poi abbiano le idee,ce lo mostra l’Europa in modo particolare, col progresso
continuo ed inevitabile delle classi inferiori e delle istituzioni liberali.
E quando parliamo di diritti della natura e della ragione non è forse
parlare dei diritti di Dio?... Di ciò che ha stabilito?... “ Egli ha fatto d’uu
“ medesimo sangue tutta la generazione degli uomini, per abitar sopra tutta
“ la faccia della terra, avendo determinati i tempi prefissi, ed i rnnfini
della loro abitazione. ” (Atti xvii, 26).
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Tosto o tardi convei-rá sostituire al trattato di Vienna del 1815, una
regola nuova. Nello stabilirla, vorrà la diplomazia fare come allora? smem
brare territori, vendere popoli, dispre2zarc ogni legge d'equità e di giustizia? 0 vorrà ella agire cristianamente e dare a ciascun popolo i naturali
confini della sua ahitazionef
Noi speriamo che sarà così, perchè speriamo nella bontà e nella giustizia
di Dio, e speriamo altresì nello s\'iluppo della civiltà, ch’è in fin dei conti
lo scopo temporale e terreno della religione, la quale poi è necessaria alla
civiltà medesima. Tale idea è sublimemente rappresentata nel Deuteronomio, colle litanie di maledizione e di benedizione contro i tra.«gressori ed
o.sservatori della legge, pronunziata a guisa di coro dai Leviti e dalle dodici
tribù compartite fra i monti di Garizim « di Ebal (Deut. xi, 20, 30. ■—
XXVII, 11-26).
La religione è necessaria alla civiltà, abbiamo detto. Sì, certo; è mediante
la congiunzione con Dio che si possono congiungere insieme tutti i membri d'un popolo nell’unità nazionale della patria. Ed ecco quanto importa a
noi italiani ed a tanti altri popoli, innanzi tutto, la ricerca della vera via
( darech, odos) per camminare con Dio e quindi cooperare all’azione
di Lui.
Speriamo che i diplomatici abbandoneranno il moderno sistema di regolare ad arbitrio i popoli, contro la natura, contro la ragione, contro l’equità
ed in onta alle invincibili difficoltà entro le quali s'ingolfano ad ogni istante
ed adotteranno una semplicissima regola che può venir loro insegnata dal
più umile cristiano: vogliamo dire la regola morale applicata alla politica.
Questa ci addita che la legge dee governare, non impedire il libero esercizio delle facoltà umane. Gl’Italiani non vogliono saperne di austriaci, di
certi duchi stranieri imposti a loro colla forza, di governo dei preti sostenuto colle baionette forestiere e coll’astuzia del maligno: vogliono la propria
indipendenza, la libertà della patria e delle coscienze; vogliono unirsi come
la natura li spinge ; vogliono governarsi come credono meglio. No, altri dicono;
dovete obbedire, dovete stare come vi mettiamo noi: ma chi siete voi che
comandate in questo modo? Chi siete voi ch’osate opporvi alle leggi ed alla
volontà di Dio? Non vedete ancora i tristi effetti del vostro procedere. Da
che provengono le rivoluzioni e le guerre? Dall’opera vostra contrariante
la natura e la ragione. Da che originarono l’inquisizione, il clericalismo, la
miscredenza? Dalla potenza temporale dei papi, rimarcatelo bene. Cotesto
jtoter temporale sarà stato forse nel medio evo una fortezza che presidiò il
cristianesimo fra la barbarie irruente. Fu un male che salvò l’umanità da
mali maggiori. 3Ia ora cessati i maggiori mali, quello rimase, ingrandito
per un concorso di circostanze che per brevità non ricorderemo. Si tolga
:idun(jue... E in che modo? Col far ciò che lo stesso Vincenzo Gioberti ha
indicato: ecco le sue parole. — “ Como Cesare tornò Koma pagona ai suoi
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" prineipii, cioè al regno, così si dee tornar Koma cristiana ai suoi prin“ oipii, cioè alla rete. ”
Voglia Iddio illuminare i regitori delle grandi nazioni europee, affinchè in
un congresso più o meno prossimo vogliano stabilire in Europa le vere basi
che assicurino il sommo bene della pace, e perciò vogliano inspirarsi nel
Vangelo, che sebbene non sia un codice politico, nondimeno racchiude in
se stesso tutti i germi, i generali prineipii, ohe soli possono servire per vero
fondamento al potere, alla più sana politica, al più giusto e ragionevole
governo dei popoli, imperciocché il Vangelo è altresì lo specchio più perfetto della natura.
LA PREGHIERA
Amore puro e fraterno, misto a dolore, ci spinge a rivolgere una parola ai
nostri concittadini italiani nelle circostanze presenti in cui furono troncate
a mezzo le più belle speranze d’indipendenza ed unità della patria.
Cari fratelli, noi abbiamo confidato nei titoli giusti della causa propugnata; noi abbiamo confidato nell’entusiasmo e nelle forze nazionali; noi
abbiamo confidato nella lealtà e nel coraggio del nostro re; noi abbiamo
confidato nelle promesse dell'imperatore dei francesi e noUa sua potente
armata; nò ebbimo torto di confidare in queste cose. Ma ora chiederò,
abbiamo noi confidato, prima di tutto e sopratutto, iu Dio, cioè nel vero
principio, nella vera forza, da cui ogni altra dipende? Abbiamo noi chiesto
a Lui colla preghiera che benedicesse gli sforzi nostri e l’opera degli stromenti ch’egli ci avea posti fra le mani?......No, o fratelli...... Trascurammo la preghiera, non ci siamo ricordati del Signore ; dimenticammo che
la preghiera è uq privilegio del cristiano; ch’ella non è una conferenza coi
sapienti del mondo o coi patrioti, nè un conversare cogli angeli o con altri
spiriti beatificati. Per essa ci accostiamo all’iddio vivente, penetriamo nel
santuario, confidiamo direttamente a Lui i nostri dolori, le nostre speranze;
per essa consultiamo la Sapienza suprema nei casi difficili ed imploriamo il
valido ajuto dall’alto senza di che,a nulla riescono le forze di quaggiù; anzi
alcune volte noi possiamo a tut^e le forze nemiche di quaggiù opporre la
sola preghiera con certezza di vincere. Ed al presente noi siamo nel caso :
abbandonati da tutti nella nostra debolezza paiTebbe decisa la nostra sorte.
Non è vero; anzi ora più che mai saremo forti purché il vogliamo, pui'chè
indirizziamo di cuore fervide preghiere all'Onnipotente, il quale, appunto
perchè deboli, ci assisterà. Umiliamoci, riconosciamo la nostra impotenza, e
e preghiamo.
Nè crediate che occorra d’essere santi od eloquenti o versati nelle lettere
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sacre: niente affatto. Mirate la semplice Anna, Samuele fanciullo, il mendicante cieco, l’ulcerato Lazaro, il publicano pentito, il ladro morente : tutti
sono ascoltati. La preghiera di Giacobbe valse molto più che non i doni
offerti per rendersi propizio Esaìi. La preghiera di Ezechia salvò Gerusalemme quando le sue mura erano scosse, e solo il braccio di Jeova poteva
disperdere i nemici. Alla preghiera attribuiva Enrico IV la sua corona, e
Gustavo le sue vittorie.
Non dubitiamo; Iddio ode le nostre preghiere che facciamo in segreto :
“ Quando farai orazione entra nella tua cameretta e serra il tuo uscio e fa
“ orazione al Padre tuo ch’è in segreto: ed il Padre tuo che riguarda in
“ segreto, ti i-enderà la tua retribuzione in palese. ” (Mat. vi, 6).
II dubitare che Iddio non voglia esaudire le preghiere è nua causa per
cui spesse volte non vengono da lui ascoltate. — “ Voi chiedete -e non ricevete perchè domandate male. ” (Giac. iv, 3). E il domandar senza fede
è certo domandar male.
E inutile il dire cho non si dee chiedere cose illecite o ingiuste. Ma lecito e giusto è pregare il Signore che liberi la patria nostra dalla schiavitù
in cui si trova, onde colla libertà si possa diffondere il Vangelo e venga
stabilito il regno di Dio a maggior gloria di Lui.
Inoltre per pregare bisogna amare, ed allora la preghiera è efficace ed
ottiene incredibili vantaggi. E a chi lo ama l’Etorno dice. — Io sarò il suo
liberatore; lo collocherò in un posto elevato; la calamità non si avvicinerà
alla sua tenda; egli m’invocherà, ed io l’esaudirò; sarò con lui nel periglio,
lo ritrarrò e lo colmerò di gloria.
La preghiera infonde altresì coraggio e dignità nell’uomo : s’incontrano
delle persone timide, titubanti, che per via temono incontrare qualche sventura, che non si azzardano presentarsi dinanzi ad un gran signore, ad un
principe, che in presenza sua, perdono la testa, non sanno connettere due
parole, etc. etc. E perchè questo? Perchè non sono abituate alla preghiera.
Al contrario, chi lo è, si trova fortificato e diretto d’all’alto in modo sopranaturale, in guisa che in certi casi difficili trova sublimi ricompense. In
prova di ciò, ricordatevi di Neemia al cospetto del monarca di Assiria: D
commovente discorso tenuto dal profeta sulla triste situazione del popolo
ebreo, la bontà insolita del Re, il suo pronto accondiscendere alle domande
furono la visibile -ricompensa della secreta invocazione al Signore.
Fratelli, se fummo trascurati nella preghiera, emendiamoci, indirizziamo
al nostro Creatore il cuore e la mente, non una volta o due al giorno, ma
quante volte il possiamo; rammentatevi che non sono tanto lo parole che
escono dalle labbra che valgano, quanto lo spirito che in esse vi poniamo,
per cui questo solo basta in molte circostanze per ottenere da Dio le grazie
che desideriamo, conoscendo egli, meglio che non esprimiamo con parole,
i nostri desiderj, i no.'^tri bisogni.
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SENECA E S. AGOSTINO
Tuttodì abbiamo occasione di rimanere sorpresi della potenza ch’esercitano sugli animi dei cattolici romani le abitudini religiose domestiche e nazionali, ¡ pregiudizj inveterati e con cura nutriti dai clericali, e l'ignoranza
che ne la causa, accompagnata dalla totale svogliatezza ed indifferenza di
liberarsi da cotesta specie di schiavitù, la maggiore di tutte, pesando sugli
spiriti anziché sui corpi.
Seneca diceva che il saggio deve osservare le pratiche della religione popolare, non per rendersi propizj ^li dèi, ma per conformarsi alle leggi. —
E ciò è quanto dicono i sapienti (secondo il mondo) del nostro secolo. Ma
Seneca è scusabile, in quanto che gl’iddii del paganesimo erano falsi e
bugiardi, come disse Dante; ed egli non avea conoscenza dell’iddio ignoto,
del vero Dio, annunziato dall’apostolo Paolo nell’areopago d’Atene. Ma
che vi sieno cristiani che ripetano il detto di Seneca è cosa veramente indegna. Certo hanno ragione i cattolici romani, per poco che siano colti, di
non credere alle divinità romane d’oggidì, aU’infallibilità dei papi etc. ma
hanno gravissimo torto di censurare chi, avendo perduto la fede in quelle
cose, cerca di acquistarla nelle verità assolute e semplici del Vangelo:
hanno gravissimo torto di dire : — credete ciò che volete, o meglio, non
credete niente, ciò non monta; basta che fingiate di credere e che vi conformiate alle abitudini ed alle leggi del paese.
Ammesso tale principio, ne deriverebbe la conseguenza ch'eretici sono i
cristiani, ed ortodossi furono gli antichi pagani e lo sono i pagani tutti
d’oggidì sparsi per l’orbe terráqueo; ortodossi ed eroi nella fede gli ebrei
moderni e quelli che scannarono i Profeti dell’Altissimo,crucifissero il Messia
e perseguitarono gli Apostoli ed i primitivi cristiani. Ammesso quel principio finalmente, noi saremmo ancora nelle tenebre, e la luce del Vangelo
sarebbe stata spenta per sempre nel suo sorgere. Se non che Iddio conosce l’orgoglio dei dotti del secolo, ed afiìdò la dottrina di salute agli rmili
di cuore,ad uomini plebei ed o.5Curi,e d'ignoranti ch’erano,secondo il mondo
(eccetto alcuni), li fece sapienti secondo Iddio.
Il detto di Seneca è combattuto da S. Agostino con queste parole: —
“ Quest’uomo che la filosofia avea reso libero, sotto pretesto ch’era un’il“ lustre senatore di Roma, praticava ciò ch’egli ripudiava, faceva quello
“ che biasimava e adorava quello ch’egli accusava, agendo in attore, non
“ sul teatro, ma nel tempio degli dèi; tanto più colpevole nella sua dop“ piezza, in quanto ch’era presa sul serio dal popolo, e mentre ch’egli a■■ vrebbc divertito sulla scena, lo sviava e lo ingannava ai piè degli altari.”
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E cotesto rimprovero non cade forse egualmente sul molti cattolici romani che vanno alla messa, praticano aH’esterno i riti di Roma, assistono
alle cerimonie ecclesiastiche senza avere la menoma ombra di fede in simili
cose ? E coll'ipocrisia loro o, se vuoisi, diciamo colla loro viltà ed imprudenza non ingannano forse gl’ignoranti del popolo che operano con fede,
sebbene superstiziosa e falsa, e non li mantengono così nell'errore e nella
schiavitù, anziché illuminarli, renderli più morali e conscii della loro responsabilità e dei loro doveri e come cristiani e come cittadini'?
Eppure molti cattolici romani, così detti sapienti, si mostrano, in genere,
caldi patriotti, amanti della libertà politica, pronti al sacrificio stesso della
propria vita :
Ora, sembra incredibile che, parlando dell'Italia, non veggano eglino
cbe la corte di Roma è l’ostacolo maggiore ch’esista alla redenzione della
nostra patria; che non veggano l’interesse che ha quella di tenere l’Italia
serva dello straniero, o soggetta al dispotismo dei principi del paese, e divisa e discorde ; che non veggano quanto le convenga perciò il tenere schiave
le coscienze del popolo, ed oscurate le sue menti; che non veggano l’obbligo
imperioso che hanno di toglier quello dall'avvilimento in cui è tenuto da
una casta orgogliosa, intollerante, nemica d'ogni progresso civile.
Speriamo nel Signore che poco a poco la verità si farà strada negl’intelletti di tanti uomini degni, sotto molti aspetti, della stima dei loro simili, e
che conosceranno alla fine di essere ancora eglino stessi, che stimansi spregiudicati ed indipendenti, sotto l'influenza maligna ed occulta della clerocrazia, la quale sogghigna ed esulta nel vedere che le fine arti ch’ella adopera non sono rese del tutto vane, trovando tuttavia una certa docilità e
mollezza nelle più recondite parti del cuore umano.
CRONACA DELLA QUINDICINA
Il Papa attuale, 1 immortale Pio IX, come lo chiamano gli ultra-papisti,
non pago delle sue decisioni dogmatiche stravaganti, dei suoi concordati, e
delle sue spedizioni militari e crudeli, diyertesi ancora a criticare le opinioni filosofiche d’uomini politici e dottissimi. Non intendo già parlare dei
nuovi libri di recente condannati e posti all’indice, ma della sua lettera
scritta ultimamente al suo vicario in Roma, il cardiual Patrizi, onde ordinare un rendimento di grazie a Dio per la pace concessa all'Italia. In
questa lettera, già dai giornali di quasi tutti i colori impugnata e criticata,
ei pretende di confutare una sentenza del march. Massimo d'Azelio, il
quale in un proclama ai Romagnuoli diceva : “ Iddio fece l’uomo libero
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delle proprie opinioni, siano politiche, siano religiose. ” Il Papa confuta
questa sentenza, accusando quel personaggio col dixe : “ ei dimenticò le
autorità stabilite da Dio sulla terra, cui si deve obbedienza e rispetto, e dimenticò del pari V immortalità dell’ anima , la quale quando passa dal
transitorio all'Eterno dovrà render conto speciale anche delle sue opinioni
religiose al giudice Onnipotente etc: Il S. Padre in tutta la sua infallibilità,
od ogni scienza, par che non ammetta il libero arbitrio deU’uomo, come lo
ammise la Chiesa romana fino a questo giorno, o non seppe distinguere la
libertà di pensiero dalla libertà d’azione. H pensiero non è, nè fu mai soggetto ad alcuna autorità sulla terra essendo Iddio solo lo scrutaior dei
cuori. Non così del pensiero posto in atto. Nè l'amare una forma di governo piuttosto che un’altra, purché sia con buone intenzioni, può essere
attribuito a colpa presso Iddio : mentre la Chiesa romana stessa dalla forma
republicana passò per gradi all’oligarchica ed assoluta come al presente.
Ha forse la divina rivelazione mai additato all'uomo la vera forma di governo da seguitarsi? E se l’opinione religiosa non fosse di libera scelta,
come potremmo prestare ci Dio un culto razionale, come dice l'apostolo
Paolo, e non stupido e forzato? Del rimanente questa lettera ha somministrato molto pascolo ai publici fogli, nè l’autorità o l'infallibilità del Papa
ebbe molto da profittarvi. 3Ia Pio IX nulla curandosi della publica opinione 0 forse anche ignorandola, va dritto per la sua strada; e dopo aver
ordinato che Perugia fosse presa e saccheggiata, ora pose Ancona sotto lo
stato d’assedio con certe leggi sì arbitrarie e crudeK, che al loro confronto
le leggi statarie austriache divengono quasi miti e benigne. Potrebbesi in
questo caso dire a lui, che chiamasi vicario di Dio sulla terra, quel che
dissero gli ambasciatori Sciti ad Alessandro il grande, quando devastava le
loro campagne, “ se tu fossi figliuolo di Giove beneficheresti gli uomini. ”
Ma il papa al contrario per poter meglio colpire i suoi nemici servcsi ad
un tempo della sua doppia autorità sì spirituale che temporale. Scrivesi da
Ferrara, che fra le carte trovate ai gesuiti, scacciati da quella città trovossi
una specie di bolla pontificia, concedente la facoltà ai confessori gesuiti di
manifestare in alcuni casi particolari le confessioni che ascoltavano.
Questi fatti passano come inosservati in tanto trambusto di cose agli
occhi degl’italiani. Ma se così non fosse vedrebbero qual è la vera origine
dei loro mali, e vi porrebber rimedio. Vedrebbero che per loro non vi sarà
mai speranza di nazionale indipendenza e libertà, finché la confusione dei
due reggimenti non venga distrutta, e la riforma radicale non s'introduca
nella chiesa.
l'preti poi, che servendo ai voleri del Papa, credono servire ai voleri di
Dio, non hanno difficoltà di contraddire alle autorità costituite, o di porsi a
capo di partiti fa,ziosi ed estremi. Tutti i vescovi di Lombardia, di buon
grado si assoggettano al nuovo ordine di cose.
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II solo vescovo di Bergamo si oppose alla volontà generale, ed ordinò ai
suoi parrochi di leggere e comcntare al popolo dall'altare l’ultima enciclica
del Papa in cui si anatematizzano popoli e città, o rettori di popoli. H governatore di Milano, conosciuto ciò, fece sapere al furibondo Monsignore
che il primo parroco che aye.sse ubbidito al suoi ordini, sarebbe subito arrestato come fazioso. L’avviso fu salutare, perchè ognuno si tac<jue.
Alla Villa Fossalto (prov. di Ferrara) si radunò un buon numero di
briganti, capitanati dal parroco, un certo Cotti, e proclaniandosi al tempo
stesso ristoratori del dominio papale in quelle parti mettevano tutto a fuoco
ed a sangue. Venuti alle mani colle truppe del governo di Ferrara, furono
vinti e dispersi. Il prete fatto prigioniero con 29 dei suoi, otterrà forse la
ricompensa che si merita!
Infine il papato ai giorni nostri presenta uno spettacolo non mai conosciuto nelle storie che lo riguardano. Sotto il manto religioso ricuopre la
più fina politica, e mentre da una pai te sembra che il suo regno vada declinando, vedesi acquistare dall'altra energìa e forza maggiore. Se la progettata e mal digerita lega italiana fosse posta iu atto, il Papa dichiarato
capo della medesima, sebbene onorario, otterrebbe un’influenza reale sopra
un popolo di 25 milioni, influenza che i papi sempre ambirono e non poterono mai ottenere. Su ijuesto rapporto il giornale religioso The Beacon
in Inghilterra, così si esprime: “ Può darsi che Pio IX per il trattato di
Villafranca, riguardi il suo innalzamento morale nel mondo come un’altissima sommità, di cui sarebbersi contentaii i suoi più ambiziosi antecessori,
e che Antonelli sogni una reazione splendidissima sopra 25 millioni della
specie umana...... e chc il partito gesuita pensi a distruggere la parziale
libertà religiosa che si refugiò nel regno di Sardegna, opprimendo l'operosa
Chiesa Valdese, ora che il suo protettore conte di Cavour fu rovesciato.
Dobbiamo ricordarci che la Chiesa romana è un compattissimo corpo
sulla terra godendo tutti i vantaggi e forza dell’unanimità......Tutte le sue
membra agiscono per un oggetto comune cioè ^er vn dominio universale
sulle anime degli uomini, con tutto il temporale potere che una tale autorità può concedere........ L’umile suora di carità opera per lo stesso fine,
per cui opera l’influenza ambiziosa di Antonelli, e quella intrigante di
Wiseman. Le nuove dignità del Papa sono le nuove dignità del Papato.....
e quantunque l’Inghilterra non formi parte di questo trattato, pure non
può chiamarsi libera dalle sue finali conseguenze, cioè daireffetto della ristorata POTENZA E PRESTIGIO DI ROMA. ”
Nel regno unito della Gran Brettagna, e più specialmente nella Scozia
e neirirlanda suscitossi un movimento religioso straordinario, detto Revival come pufe poco fa in America. Persone conosciute come viziose e
dedite al mondo, furono tutte ad un tratto, come per miracolo, riscosse dal
loro letargo, e convertite alla vera fede di Gesù Cristo ncU'udire qualche
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preghiera o predica dei varj predicatori, che le dififerenti chiese cristiane vi
mantengono. Istruzioni ed esorcizj cristiani furono duplicati in varie parti,
e la parola di Dio risuona in quelle contrade con raddoppiato zelo e fervore.
Incontrò per altro in Irlanda non pochi ostacoli per parte dei cattolici dove i protestanti formano il minor numero, ed ultimamente un missionario
della chiesa presbiteriana in Belfast fu assalito nella casa, dove teneva la
sua raunanza, e non potè ritirarsi di là senza esser perseguitato con urli e
con sassi dalla plebaglia infuriata. Gl’Irlandesi in generale amano per sè
la libertà dei culti, ma non per gli altri, e l’impediscono a tutta lor possa,
quando sono numerosi, e credono poterlo impunemente. Pur tuttavia la
. società irlandese delle scuole domenicali avendo celebrato il cinquantesimo
anniversario della sua esistenza, si mostrò in tale circostanza quale fu il suo
progresso nel corso di 50 anni. Eccone il risultato:
Nel 1809 non eravi in tutta l’Irlanda che un centinajo di scuole domenicali. Nel 1859 se ne contano 2690, frequentate da 216,216 scolari
con 19,658 precettori. È difficile potersi accertare quale influenza questo
sistema abbia esercitato sugli abitanti dell’Irlanda in generale. Ma dai registri della società si rileva, che quasi un miUione e mezzo d’individui avevano già frequentato le scuole domenicali, ed erano state loro dispensate
un miUione e mezzo di Bibbie e Nuovi Testamenti, ed un altro millione e
mezzo di libri di lettura elementari estratti dalle varie parti delle Sacre
Scritture. Spese e cure immense usato dalle chiese protestanti per ispargere
in Irlanda la Parola di Dio, e gettarvi salde fondamenta della Chiesa di
Gesù Cristo.
Domenico Grosso gerente.
AVVISO
L’anrniale e religiosa festa della quale, da più anni, fu
promotrice la benemerita -unione generale cristiana valdese,
avrà luogo, a Dio piacendo, il 15 del corrente mese, a
Pralì, nella valle di S. Martino.
TORINO — Tipot'rafia CLAUDIANA, diretta da R. Trombetta.