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Anne 118 - n. 13
26 marzo 1982
L. 400
Sped. abbonamento postale
I gruppo bis/70
BrBIriOT-CA VALD7.JS
1006G TOr^Ri: PEÎLÎC:
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
La tortura è riapparsa nel nostro paese agli inizi del 1982. A
parlarne per primi sono stati i
giornali marginali, il Manifesto,
Lotta Continua ed i giornali esteri Le Monde, il Times, New
Statemen. La grande stampa nostrana si è mostrata incredula
ed ha dato poco spazio a queste
informazioni.
Poi all’improvviso viene arrestato un giornalista dell’Espresso che aveva denunciato la tortura contro gli appartenenti alle
BR, un capitano di polizia conferma che in qualche caso si è
praticata la tortura, il tribunale
non accetta le confessioni dei BR
fatte in assenza del giudice.
SUL CASO DEI DUE TESTIMONI DI GEOVA CONDANNATI PER OMICIDIO
La trappola dei principi
Ce chi paga un duro prezzo e chi rimane discretamente nell’ombra -- Non possiamo sacrificare
una vita ad un principio - La rigidità dei principi e la flessibilità dell agape di Cristo
La reazione di una parte dell’opinione pubblica a questa notizia spaventa: c’è chi è indifferente a questa notizia («tanto
non mi riguarda »), c’è chi è addirittura soddisfatto (« hanno
fatto bene: sono brigatisti»). Sono due atteggiamenti questi che
vanno respinti. Proprio perché
siamo « onesti », perché non abbiamo mai avuto a che fare con
la giustizia dobbiamo chiedere
che lo stato, i corpi di polizia
non impieghino la forza per estorcere confessioni o ammissioni anche al peggior delinquente.
Anche a costo di essere ingiusti
coi poliziotti, dobbiamo vigilare
e dire ad alta voce che queste notizie ci riguardano e che non vogliamo che si pratichi in qualsiasi forma la tortura.
Come evangelici non possiamo
non ricordare che la tortura fu
ammessa da Innocenzo IV innanzitutto nell’Inquisizione contro
gli eretici e poi estesa ad altri
reati. La tortura era alla base di
uno schema di processo inquisitoriale che vede la confessione
del reo come la giusta soluzione
dei processi.
Sistema processuale questo che
almeno da due secoli il diritto
cerca di sostituire, riconoscendo
all’imputato la presunzione di innocenza e il diritto alla propria
difesa.
Purtroppo in questi ultimi anni in Italia si è venuti meno a
questi principi di civiltà giuridica. E di questo non sono responsabili 1 poliziotti ma soprattutto
quelle forze politiche che hanno
approvato tutta una serie di disposizioni « speciali » per combattere il terrorismo.
Si è cominciato col permettere
gli interrogatori in assenza del
magistrato, poi si sono creati i
« corpi speciali », le « carceri speciali ». e via via per arrivare fino
alla legge sui pentiti. Con questa
ultima legge si capovolge il principio giuridico della innocenza
dell’imputato e del dovere dell’accusa di produrre delle prove
e si ritorna alla « piena confessione» come alla regina delle prove: l’accusato diventa il primo e
decisivo accusatore di se stesso,
per questo ne ha anche un premio, uno sconto sulla pena.
Non occorre quindi stupirsi se
per ottenere la « confessione » ci
siano state delle « deviazioni »
perché si è preparata la strada
a questo.
Tra i guai che il terrorismo ha
procurato c’è anche questo.
« Se si assegna una persona
ad un lavoro di responsabilità e
dopo che lo ha sbagliato lo si
mette da quel momento in poi
sotto la responsabilità di un'altra persona e il lavoro torna ad
essere sbagliato, si licenzia forse solo la prima persona, lasciando che la seconda continui indisturbata il suo lavoro?».
Con questo esempio Alberto
Bertone, rappresentante stampa
per il Piemonte dei Testimoni
di Geova, mi riassume la vicenda ben nota di Giuseppe e Consiglia Oneda, i coniugi che sono
stati condannati a 14 anni di reclusione per omicidio volontario
a seguito della morte della figlia.
Dopo che i due, diventati Testimoni di Geova, avevano rifiutato
di sottoporre la figlia malata di
talassemia alle trasfusioni di
sangue, il Tribunale dei minorenni di Cagliari aveva disposto
periodiche trasfusioni coatte che
erano state eseguite. Nel marzo
del 1980 emetteva quindi un’ordinanza di carattere permanente che ingiungeva ai genitori di
portare la bambina alla II Clinica pediatrica di Cagliari ogni
mese secondo le indicazioni che
la Clinica avrebbe comunicato
tramite il Comune di residenza.
Disposizioni relative erano emesse nei confronti della Clinica e
della stazione dei carabinieri del
Comune di residenza. Ma da quel
momento, per usare i termini
delTesempio riportato, se gli
Oneda sbagliavano il loro lavoro di genitori, non da meno erano sanitari, Comune e carabinieri che, dopo il trattamento eseguito nel marzo 1980, non intervenivano più fino all’ultimo giorno, alcuni mesi dopo, quando
era ormai troppo tardi. Ma al
processo gli Oneda hanno subito una dura condanna, mentre la
responsabilità di coloro che erano subentrati nella cura della
bambina (pur senza che fosse
tolta la patria potestà) è rimasta discretamente nell’ombra.
Gerarchia di diritti
« Guai se il Tribunale avesse
inteso dare una condanna ’esemplare’ che sarebbe del tutto incostituzionale », mi dice il magi
strato Amos Pignatelli di Pinerolo a cui ho chiesto di commentare la sentenza. Ma nella conversazione, dal caso particolare,
conosciuto solo attraverso i resoconti giornalistici, passiamo a
parlare del problema di fondo:
esiste una contraddizione tra il
diritto alla libertà religiosa e la
tutela della vita e della salute
ugualmente garantiti dalla Costituzione?
« Più che contraddizioni esistono priorità e limiti dei vari
diritti garantiti dalla Costituzione. L’art. 19 garantisce il diritto
di ’professare’ la propria fede
religiosa senza limiti oltre a quello del buon costume (e professare è ben più che esprimere le
proprie convinzioni); ma Tart. 2
pone i diritti inviolabili dell’uomo, tra cui quello alla piena libertà religiosa, nel contesto dell’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica,
economica e sociale. Non esiste
cioè diritto che non abbia il suo
limite. E qui, come non pensare
all’art. 30 che afferma il dovere
e diritto dei genitori di ’mantenere ed educare i figli’, e all’art.
32, secondo il quale ’la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo
e interesse delta collettività’?
Esiste cioè una scala di diritti
e alla base di tutti sta il diritto
alla vita, senza il rispetto dei
quale sono annullati tutti gli altri, la salute, l’istruzione, il lavoro, la stessa libertà religiosa...
Qui invece il diritto alla vita è
subordinato ad un principio religioso e non possiamo assolutamente ammettere che una vita
sia sacrificata ad un principio ».
Un rispetto della vita
che sacrifica la vita
ISAIA 7
La fede^ presupposto della pace
« Guarda di startene calmo e tranquillo, non temere e non ti s’avvilisca il cuore a motivo di questi due avanzi di tizzoni fumanti ».
«Questo non avrà effetto, non succederà».
« Se voi non avete fede, certo, non potrete sussistere ».
Giorgio Gardiol
Il profeta Isaia non esorta ad
un quietismo irresponsabile e
complice, ma dice in chiare lettere al popolo che il suo futuro,
che la sua salvezza non è solo un
problema di scegliere la migliore
alleanza o di appartenere ad un
blocco o ad un altro, ma è innanzitutto un problema di fede. La
sua salvezza non è negli eserciti,
nelle alleanze, nell’entrare in un
blocco o nell’altro, ma nella sua
fede nel Signore.
Parlare di fede nell’attuale situazione per alcuni sembrerà un
po’ poco, per altri sarà un ennesimo tentativo di trovare un rifugio ed una protezionè dalla cruda realtà di ogni giorno. Ma Isaia
con il suo richiamo alla fede intende indicare un vero e proprio
corso politico alternativo.
« Questo non avrà effetto; non
succederà ». I piani di coloro che
affidano il loro futuro ed il futuro del mondo alle armi, alla guerra, al terrore sono destinati a fallire.
Nel testo .si può leggere con
che tono critico, sprezzante, si
parla delle due super-potenze,
PAssiria e la coalizione Siro-ef raimita, con l’appoggio dell’Egitto,
che per competere con la prima
ha mosso guerra alla Giudea e
stringe d’assedio Gerusalemme.
Isaia ne parla come di « due
avanzi di tizzoni fumanti », tizzoni che stanno spegnendosi, senza
futuro, quindi, e senza stabilità.
A proposito dei loro piani Dio ha
già deciso: « non potranno sussistere ».Il loro modo di guidare
le sorti dei popoli « non si realiz;
zerà, non accadrà ». Dio ha già
preso la sua decisione. Dio ha già
deciso diversamente.
L’alternativa è: fede in Dio, accettare la sua promessa di salvezza, confidare e fidarsi della
sua Parola. Qui i popoli possono
trovare futuro e stabilità.
Per quanto riguarda il nostro
futuro Dio ha già deciso diversamente dai piani delle super-potenze e dei potenti. Su questi non
possiamo più contare per il nostro futuro, occorre percorrere
un'altra strada.
La fede nel Signore non è un
fatto interiore, ma un avvenimento che assume un carattere
pregiudiziale per ogni scelta, per
ogni decisione. E questo si traduce subito nel prendere le distanze dalla politica delle potenze, di conquista, di forza, non
per metterci semplicemente al di
sopra delle parti con una illusoria presunzione di imparzialità,
ma per testimoniare del Signore
della .storia, del Signore del futuro del mondo: questo vostro modo di gestire il mondo non ha futuro e non solo per i pericoli tremendi che provoca. La vostra^
politica non avrà effetto perché
Dio ha già deciso diversamente
per l’umanità. Inevitabilmente i
vostri progetti sono destinati a
fallire.
La testimonianza alla Signoria
di Dio si traduce oggi per esempio in questo atteggiamento critico nei confronti della arroganza
delle potenze e del culto che pretendono per sé.
Nel futuro che^ il Signore ci prepara non ci sarà posto per i loro
arsenali, per le loro alleanze, per
i blocchi. Inoltre questo futuro è
costruito non con loro ma, indipendentemente da loro, contro di
loro, in Gesù Cristo. E a pai';
tire da questa base che è possibile costruire un mondo che abbia
un futuro.
La predicazione di Isaia non è
poi quell’esortazione ad un quietismo passivo ed irresponsabile
che qualcuno crede. Coloro per
i quali la fede è la pregiudiziale
per una lettura della realtà, sono
portatori di una cultura di pace,
cultura non nel senso di una dottrina astratta, ma come nuovo
modo di essere, di vivere, di interpretare la storia.
Chi ha come presupposto la
fede nel Signore porta con sé una
forte carica di shalom, di pace,
costruisce pace.
« Guarda di startene calmo,
tranquillo, non temere ».
Calmo, tranquillo, non temere,
riposo: termini che esprimono il
contenuto di shalom che traduciamo con pace, ma che potremmo meglio tradurre così: la miValdo Benecchi
Sottopongo questo rilievo così
lineare al S^ig. Bertone; vale più
un principio o una vita? O meglio: non c’è una contraddizione
se partendo dal rispetto della vita (simboleggiata dalla sacralità
del sangue) si finisce per sacrificare la vita stessa? Per il Testimone di Geova non c’è contraddizione. « L’aderenza ad un principio può significare la morte e
ci sono esempi nella storia del
cristianesimo. Come giudicavano
i romani quei cristiani che erano
pronti a morire, loro e la loro
famiglia, per il rifiuto di brucia;
re un pizzico di incenso davanti
alla statua di Cesare? Bastava un
piccolo atto per salvare il cristiano e la sua famiglia, ragionava il
romano benpensante. Ciò nondimeno, l’aderenza ad un principio
ha fatto sì che quei cristiani siano oggi estremamente stimati
per la loro coerenza ».
Col Cristo,
oltre i principi
Perché non possiamo essere
d’accordo? Non tanto, direi, per
una gerarchia di valori, di principi. alla base della quale stia il
principio della vita anziché quello del non prendere il sangue o
del non sacrificare agli idoli, o
un qualunque altro principio religioso. Ma perché vogliamo essere discepoli di un Signore vivente e non adoratori di un principio, fosse pure il più alto e il
più puro.
Per quanto tanti principi siano stati scossi e divelti nel_ tempo moderno, pure viviamo in un
mondo irto di principi che il più
delle volte hanno una forma o
un contenuto religioso.^ E’ la maledizione di oeni ì'elieione, quella di ridurre il rapporto con Dio
ad una serie di principi, ad una
legge. Maledizione; perché il
principio, qualsiasi principio, è
rigido, inflessibile, e in quanto
tale non è in grado né di « tradurre » Dio, né di adattarsi ad
ogni genere di casi e situazioni
umane. Davanti alla bimba che
sta per morire per mancanza di
cure adeguate, alla donna la cui
mente vacilla per una gravidanza impossibile, all’uomo ridotto
Franco Giampiccoll
(continua a pag. 5)
(continua a pag. 12)
E)
2
2 vita delle chiese
RIFLETTENDO SULLA PACE CON TULLIO VINAY
TARANTO
Sulla via del naufragio "Aprite le porte a Cristo,,
NAPOLI — Nel tempo che stiamo vivendo l’immagine della barca in mezzo ai flutti che vuole
raffigurare la chiesa di Cristo dovrebbe essere sostituita da un’altra: la grande nave che porta
Paolo Aristarco e Luca a Roma e
che incontra la tempesta nelle
acque del Mediterraneo. Qual è
la differenza? Mentre nella barca
i discepoli vogliono salvarsi, e il
Signore li salva, nella nave di
Paolo questi e i suoi compagni
non cercano la loro salvezza, ma
piuttosto di salvare gli altri. E
Dio salva la vita a tutti quei naviganti per quei 3 prigionieri
che hanno testimoniato di Lui.
Paolo dopo aver reso grazie a
Dio rompe il pane e tutti mangiano, rinfrancati dopo due settimane durante le quali per la
tensione e per la paura non avevano toccato cibo. L’atteggiamento di solidarietà dei discepoli
corrisponde allo spirito della
Santa Cena. Questa è la vocazione della chiesa oggi, in questo
mondo che appare veramente sulla via del naufragio e della catastrofe totale. Potrà la chiesa rispondere alla sua vocazione?
E’ questo forse il pensiero centrale della bella introduzione di
Tullio Vinay a un dibattito pubblico organizzato dal XIII circuito a Napoli per la settimana
della libertà. Come dice Tullio
Vinay, occorre che si sviluppi tra
gli stati e nei popoli una cultura
della pace per cui si smetta di
considerare necessari gli armamenti per mantenere la pace. Se
vuoi la pace prepara la pace, dovrebbe essere il motto degli uo
mini e degli statisti. Qccorre che
questi concetti possano entrare
nei programmi scolastici e nella
cultura del popolo. Ma siamo ancora ben lontani da questo radicale cambiamento della mentalità corrente che avrebbe il significato di una vera e propria conversione. La pace non può essere
egoistica, non può essere la pace
di chi si disinteressa delle tragedie che insanguinano il mondo,
di chi tende a mantenere la sua
tranquillità la sua pace anche a
prezzo della morte e delle sofferenze di altri. La pace annunciata dalla Bibbia è pace con
giustizia.
Responsabilità
deiie chiese
E come potremmo avere pace
finché non vi è giustizia sulla terra? Possiamo concentrare la nostra attenzione sui rischi che oggi corre l’Europa senza interessarci dei morti per la fame o
per la guerra nel terzo mondo?
Certo è molto lontano il traguardo della pace con giustizia, anzi
in assoluto, non è alla nostra portata. Questo non toglie che occorre adoperarsi per la pace, perché
cioè la grave situazione del mondo di oggi non tenda a peggiorare ulteriormente, per evitare che
l’Europa si trasformi in un teatro di ^erra atomica, perché
non vi siano in qualunque parte
del mondo delle nuove Hiroshima. Le chiese hanno la loro parte di responsabilità per creare
una cultura della pace e per stimolare i popoli a una politica di
pace, come hanno avuto responsabilità fino a un recente passato
per la giustificazione della guerra, impegnate in modo assurdo
sul fronte opposto.
Ma che si può fare oggi per la
pace? Si può nei fatti lavorare
per la pace? A una domanda provocatoria di questo tipo risponde Tullio Vinay non solo con le
sue parole ma con la sua vita.
Sono molti anni che predica la
politica dell’agàpe, che la propone anche dai banchi del Senato,
che Tha vissuta in momenti particolari di tensione col suo impegno per il Vietnam. Nel momento attuale occorre saper rinunciare al nostro patrimonio di
idee, alle nostre sicurezze, a tutto quello che ci sembra metterci
al riparo. Non è con gli armamenti che un governo può salvare il
suo popolo dal rischio della distruzione atomica, ma con la ricerca dell’ accordo. Il disarmo
unilaterale, la rinuncia alle alleanze militari, atti inconcepibili
sul piano della politica intesa come l’arte del possibile, sono invece l’unica soluzione ragionevole nel quadro di una politica dell’agàpe fondata sul messaggio
dell’evangelo. Sono le cose pazze
secondo il mondo che Dio ha scelto per risparmiare i savi (I Corinzi 1) e forse nella drammatica
realtà del mondo di oggi la necessità di una svolta in questa
direzione può diventare evidente
a un numero sempre maggiore di
persone.
Marco Tullio Fiorio
All’insegna di questo lodevole
programma, vistosamente pubblicizzato in tutta la città con
ogni mezzo possibile, si è svolta
a Taranto, per tre settimane,
una « campagna missionaria »
della chiesa cattolica.
Che l’Italia fosse terra di missione e il popolo bisognoso di
conversione, per la verità è un
bel po’ di tempo che noi evangelici lo sappiamo e lo andiamo
dicendo. Che se ne sia accorta
pure la chiesa di maggioranza
non può quindi che farci piacere.
Un piacere che non lasceremo
inquinare dal sospetto che più
che « aprire » le porte delle case
a Gesù, lo scopo della missione
fosse quello di « chiudere » le
porte dell’ovile prima che le pecore fuggiasche diventassero più
numerose del tollerabile.
Che poi l’aprire le porte a Cri
Lunedì 29 marzo
ore 22.35 circa
Protestantesimo
in TV
«DECIDI SUBITO
E SENZA SCUSE»
è il titolo della trasmissione che va in onda sulla II
rete TV. Si tratta di una
riflessione biblica sul tema della parabola del Gran
Convito realizzata in collaborazione con un gruppo interdenominazionale di
Firenze.
CORRISPONDENZE
Ecumenismo: esigenza di chiarezza
FIRENZE — Si è riunita domenica 7 marzo, il mattino al
tempio di via Micheli e nel pomeriggio in via Manzoni, l’assemblea della Chiesa valdese. Tra
le decisioni prese segnaliamo il
seguente ordine del giorno sull’ecumenismo:
« La Chiesa Valdese di Firenze, preso in esame il documento della Commissione sull’ecumenismo e i rapporti con la
Chiesa cattolica romana,
a) Conferma la volontà di
impegno nel movimento ecumenico e di attiva partecipazione a
tutti gli organismi nei quali esso
si esprime, in particolare al Consiglio Ecumenico delle Chiese,
al Comitato delle Chiese Europee
e al Consiglio delle Chiese evangeliche latine.
b ) Considera necessario lo
sviluppo dei rapporti con le altre
chiese evangeliche fiorentine, in
vista di una più chiara e franca
testimonianza evangelica nella
città.
c) Si sente impegnata nel
confronto locale col cattolicesimo romano, specialmente in vista di una testimonianza cristiana dinanzi ai problemi che investono l’umanità nel tempo presente.
d) Esprime l’esigenza che
nel confronto ecumenico e specialmente nei documenti preparati da gruppi misti ci sia chiarezza di linguaggio e di posizioni. affinché non accada che ambiguità di linguaggio diano l’impressione di accordo là dove
permangono profonde le divisioni, in particolare per quanto riguarda la visione della chiesa, dei
ministeri, dei sacramenti.
e) Ritiene necessario che il
confronto ecumenico non venga bloccato su temi ecclesiologici, ma si svolga come ascolto
e predicazione dell’Evangelo della grazia di Dio manifestata nell’Antico e nel Nuovo Testamen
to, che nella persona e nella
predicazione di Gesù ha il suo
centro.
f) Esprime le più serie riserve circa l’equivoco che sorge in
seno alla cristianità e aH’esterno
dall’azione dell’attuale papa, la
quale tende a spostare l’attenzione dei credenti e di spettatori dall’Evangelo alla raffigurazione teologicamente e storicamente ambigua del vescovo di
Roma ».
Al presidente Pertini
GENOVA — Dopo aver consegnato cinque anni fa a Sandro
Pertini in un incontro a Montecitorio i primi 2 volumi della
Storia dei Valdesi, l’Ospedale
evangelico di Genova ha ora
completato il dono inviando il
terzo volume. In una lettera indirizzata al Presidente si ricorda che alla Storia dei Valdesi
manca ancora un capitolo, quello dell’Intesa siglata dalla delegazione governativa ma tuttora
mancante della firma e della legge di applicazione. Nella convinzione che Pertini voglia essere
presidente di tutti, viene sollecitato un suo intervento che potrebbe « propiziare la realizzazione di queste ’intese’ che, per
noi minoranza valdese, rappresentano la fine di un’era resa
ancor più oscura dalle vigenti
leggi fasciste sui ’culti ammessi’
dei 1929-30 ».
Sulla tortura
ROMA — Domenica 14 marzo
la Chiesa di P.za Cavour ha preso posizione sulla discussa questione della tortura con una mozione che è stata in seguito distribuita ai giornali e inviata al
presidente Pertini. Eccone il testo :
« I membri della Chiesa evangelica valdese di P.za Cavour in
Roma,
avendo seguito con grande
preoccupazione ed orrore le notizie riportate da tutti gli organi di stampa secondo cui negli
interrogatori di membri appartenenti a gruppi eversivi le forze dell’ordine avrebbero fatto ricorso anche a metodi di tortura,
ribadendo la condanna alle
violenze di ogni tipo basata sul
comandamento evangelico dell’amore, anche verso i propri nemici, sapendo che solo l’applicazione di questo comandamento
dell’amore potrà risolvere i problemi che attanagliano la nostra
società,
esprimono la più profonda
disapprovazione per quanto sarebbe avvenuto, che se definitivamente confermato riporterebbe la nostra nazione a livelli di
inciviltà che si speravano superati ;
esprimono la propria solidarietà a quanti avessero dovuto
subire simili trattamenti indegni
dell’uomo e chiedono che il presidente Pertini, la magistratura
e tutti gli uomini di buona volontà si adoperino per fare completa chiarezza su tutti questi
fatti e li rendano impossibili ».
Assemblea in comune
SIENA — Ha avuto luogo recentemente a Siena la prima
agape comunitaria. Con particolare entusiasmo la comunità ha
organizzato il tutto e con successo. La partecipazione è stata
buona numericamente e per i vari contributi che sono stati offerti. E’ stata una giornata di
’comunione’ vissuta nel più autentico significato della parola,
date le diverse estrazioni denominazionali dei membri di que
sto gruppo comunitario in vera
crescita.
Tre sono stati i momenti in
cui si è articolata la giornata:
il culto al mattino presieduto
dal pastore Mario Affuso (predicazione su 1 Cor. 13); un momento conviviale arricchito dalla varietà dei doni che sono stati generosamente e gioiosamente condivisi; l’assemblea di chiesa presieduta dal pastore Luigi
Santini.
Nel corso dell’assemblea sono
stati verificati i diversi aspetti
della vita della chiesa. E’ emersa soddisfazione per quanto è
stato fatto nel corso di questa
prima parte dell’anno ecclesiastico in corso, particolarmente
per i culti domenicali, gli studi
biblici e gli incontri con amici
delle Comunità di Base. Sono
stati inoltre trattati diversi altri
aspetti di vita ecclesiale: abbonamenti a ’La Luce’, situazione
finanziaria, opportunità della
’Lettera pastorale’, questioni connesse alla ristrutturazione del
tempio e al ’cimitero evangelico’, Scuola domenicale, etc.
Meriggio e tramonto
FELONICA PO — Il 28 febbraio si sono sposati nella nostra chiesa di Felonica Andrcasi
Pietro Marcello e Natali Lorella.
Agli sposi che si sono stabiliti
a Castelmassa (Ro) la comunità
rinnova gli auguri di una vita
coniugale serena e benedetta.
Venerdì 12 marzo ha avuto luogo il funerale di Cristina Malagò
ved. Confortini, deceduta alla
bella età di 94 anni. Era la decano non soltanto della nostra
comunità ma di tutta Felonica.
Esprimiamo ancora una volta ai
figli e ai numerosi nipoti e parenti la nostra espressione di
fraterna solidarietà nel dolore e
nella speranza
sto si concreti — e forse si esaurisca — in un più banale aprire
la porta di casa al « padre missionario », è una lettura di Matteo 10:40 che da molto tempo
ci siamo abituati a sentire e a
contestare.
Però si vede che i missionari,
0 i parroci, o gli uni e gli altri,
eccessiva fiducia nell’apertura
spontanea delle porte non dovevano nutrire, per cui gli uditori
sono andati a cercarseli dove non
doveva essere troppo difficile trovarli.
E così è stato che sabato 13
marzo, penultimo giorno della
«campagna», mio figlio (I media in una scuola pubblica) si è
trovato intruppato con tutta la
sua ed altre 4 o 5 classi, e portato ad ascoltare i « padri » nei
vasti locali degli ex magazzini
Standa, vicini alla scuola, noleggiati dalla chiesa per tutto il
tempo della campagna e adornati, com’è oggi doveroso, con
la madonna nera.
Inutile precisare che la cosa
si è svolta al di fuori dell’ora di
religione e senza alcun preavviso da parte della Presidenza.
Cosi., se non bastavano i confessionali portati dentro la scuola come a Riesi (v. Eco/Luce
n. 8 del 19/2), ora ci sono anche
1 ragazzini « portati a Cristo »
fuori della scuola, che lo chiedano o no.
A Cristo?
Forse mio figlio non ha molto
capito di che cosa abbia parlato
il missionario. Fatto sta che
quando gliel’ho chiesto, mi ha
risposto : dei santi e della madonna.
Detto per inciso: qualche settimana prima, avevo avuto modo di far presente al Preside dell’Istituto il mio scarsissimo gradimento per la medaglietta della
madonna che il professore di religione della classe di mio figlio
si era permesso di regalargli.
Ora, l’episodio della medaglia
può essere anche l’alzata d’ingegno (faccio per dire) di un prete animato da pie intenzioni : gesto isolato, anche se scriteriato
e provocatorio. Però non posso
credere che le classi irreggimentate il 13 marzo siano state le
sole, in tutta la città, a godere
del privilegio che ho descritto.
E allora?
E allora non c’è che da ricordare che (ecumenismo o no) il
lupo perde il pelo ma non il vizio. E che qualche volta, se necessario, anche le strutture pubbliche di un paese democratico
e pluralistico possono dare una
mano perché il lupo non debba
ritrovarsi troppo spelacchiato.
Salvatore Ricciardi
Questa rubrica è aperta per annunci
di iniziative delle chiese locali volte all’esterno 0 riguardanti più chiese in
una zona. Per i ritardi postali, gli annunci vanno fatti pervenire in redazione con anticipo sulla data indicata.
FIRENZE — La Domenico delle Palme,
4 aprile, avrà luogo u i culto comune
delle chiese evangeliche fiorentine nella Chiesa battista di Borgognissanti ore
10.30. Per l'occasione la Chiesa valdese
sospenderà il culto nel proprio tempio.
Ugualmente in comune ii culto del Venerdì santo che si terrà presso l'Esercito della Salvezza, via Aretina 91, 9
aprile ore 18.
ROVERETO (Trento) — Martedì 27
aprile parleranno per il locale gruppo
del S.A.E. la prof.ssa Maria Vingiani di
Roma, presidente del S.A.E. e il past.
Renzo Bertalot, direttore della Società
biblica, illustrando l’una l'attività del
Segretariato Attività Ecumeniche, l'altro
il lavoro della Traduzione interconfessionale in lingua corrente della Bibbia.
3
26 marzo 1982
vita delle chiese 3
INCONTRO ECUMENICO AD AGAPE
INCONTRO EGEI - COMUNITÀ’ DI BASE
Il problema dei matrimoni misti Fede e resistenza
Nei giorni 14 e 15 marzo, Agape ha organizzato un convegno
sul tema dei matrimoni misti. Si
è trattato in pratica di due incontri distinti, in quanto il primo
giorno — era domenica — si è
avuta una massiccia presenza di
laici e di coppie miste, mentre
il lunedì sono intervenuti soprattutto preti e pastori. I presenti
sono stati una quarantina sia il
primo che il secondo giorno —
sempre metà valdesi e metà cattolici.
Nelle valli valdesi, il cui territorio copre in parte la diocesi
di Pinerolo di cui è vescovo Monsignor Giachetti, il problema dei
matrimoni misti è particolarmente sentito, dato il numero rilevante dei valdesi che vi abitano e, ha
osservato qualcuno, dato il prpcesso di secolarizzazione in atto
che di fatto abbatte gli steccati
confessionali. Questo duplice fenomeno ha fatto sì che il vescovo di Pinerolo emanasse l’1.1.1981
una direttiva intitolata « Matrimoni interconfessionali; indicazioni pastorali », di carattere sperimentale per la durata di tre anni, per molti aspetti innovativa
rispetto ad altre situazioni italiane e tesa a trovare una soluzione sia pur provvisoria a questo
problema, almeno per la parte
cattolica.
Il primo giorno la posizione
cattolica è stata illustrata da
Mons. Bernard de Lanversin che
è stato per molti anni il responsabile dell’ecumenismo nel sud
della Francia. Egli ha notato come l’amore dei due fidanzati di
confessioni diverse si scontri con
il non-amore delle loro Chiese, e
come sia necessaria un’azione pastorale nei loro confronti affinché
essi comprendano le ragioni storiche e teologiche di questa diversità che in loro provoca sofferenza. Al di là del momento
della celebrazione, la cui forma
canonica vincola solo la parte
cattolica, rimane — ha detto
mons. de Lanversin — il problema dei figli, che andranno educati alla fede. Per questo egli ha
terminato la sua esposizione auspicando la nascita di comunità
di coppie miste.
Il prof. Giorgio Peyrot, neU’illustrare la posizione valdese, ha voluto innanzitutto sottolineare le
pesanti differenze di linguaggio
esistenti tra le due confessioni,
per cui Con parole uguali si esprimono realtà diverse (come è il
caso, ad es., per le parole chiesa,
sacramenti ecc.). Egli ha proseguito facendo notare come il
matrimonio sia un elemento costitutivo del genere umano che
storicamente precede sia lo stato
che la chiesa e dunque ne è indipendente. Ma su di esso chiesa e
stato hanno posto e vogliono
perpetuare il loro dominio. Il documento sinodale del ’71, ha detto ancora Peyrot, vede il momento costitutivo del matrimonio
nella promessa d’amore che i due
coniugi si scambiano e non nella
cerimonia, che è solo la certifica-,
zione pubblica della volontà dei
due sposi di vivere insieme. Sulla base di queste considerazioni
i protestanti italiani esprimono
ii loro assoluto rifiuto nei confronti degli impedimenti e delle
dispense di parte cattolica.
Nel dibattito che ha fatto seguito, particolare attenzione è stata
dedicata alle dichiarazioni di intenzioni che, sull’esempio francese illustrato al convegno da Pére
Beaupère, vorrebbero sostituire la richiesta di dispensa che il
coniuge cattolico è oggi tenuto a
presentare al suo vescovo. In esse i due fidanzati si rivolgono alle rispettive chiese per annunciare semplicemente la loro volontà
di vivere cristianamente il loro
matrimonio. Diversi interventi
hanno poi illustrato attraverso
esperienze personali, la necessità
di una pastorale dei matrimoni
misti che aiuti le coppie ad affrontare e superare gli ostacoli
che si trovano sul loro cammino.
Il secondo giorno — di fronte
ad un uditorio in buona parte
cambiato, come detto — ha preso la parola dapprima don Mercol del seminario diocesano di
Pinerolo, il quale ha sottolineato
innanzitutto il carattere pastorale della legge canonica, la quale,
imponendo attraverso la richiesta di dispensa un. momento di
riflessione, vuole impedire che
delle importanti decisioni vengano prese con superficialità. Dopo
aver fatto notare come nella chiesa cattolica si faccia strada una
valutazione positiva del matrimonio misto, don Mercol terminava
il suo intervento con una approfondita illustrazione dell’indicazione pastorale del Vescovo di
Pinerolo.
Per la parte valdese, il past.
Franco Giampiccoli ha esordito
evidenziando alcuni dati positivi
del documento della diocesi di
Pinerolo, ma, ha fatto notare, la
chiesa valdese non si trova solo
alle valli, bensì anche nel resto
d’Italia e dunque non può accettare due diversi modi di affrontare lo stesso problero.a da parte
cattolica. Il secondo argomento
di riflessione è dato, ha proseguito Giampiccoli, dalle differenze
esistenti fra la teoria e la prassi,
che possono dar luogo a spiacevoli incidenti.
Nella discussione, che ha coperto gran parte della giornata,
sono stati trattati vari argomen
ti, quale il problema di una pastorale comune dei matrimoni
misti, la dichiarazione di intenti,
la partecipazione di ministri dei
due culti alla stessa cerimonia
nuziale e le differenze di comportamento delle varie diocesi. Dai
vari interventi due diversi atteggiamenti di fondo emergevano
con costanza: da parte valdese
era posto maggiormente l’accentò suH’inaccettabilità degli impedimenti per cui — qualcuno diceva — la stessa dichiarazione di
intenti nell’attuale situazione non
può ancora essere la libera espressione dei due coniugi, ma
rischia di diventare una richiesta di dispensa camuffata. Da
parte cattolica è stato fatto notare quali passi avanti siano stati compiuti nella diocesi di Pinerolo negli ultimi anni, soprattutto con le indicazioni pastorali sui
matrimoni misti e che non comprendere questo sforzo pretendendo che da un giorno all’altro
tutte le diocesi italiane si mettano al passo, sia di fatto un affossare ogni dialogo ed ogni scambio tra le chiese.
A giudizio unanime, queste due
giornate di confronto ad Agape
sono state, molto importanti, tanto che è stato nominato un comitato di continuazione che convochi un altro convegno dello stesso tenore in tempi non troppo
lunghi.
Paolo Ribet
Con una settantina di partecipanti provenienti dalle (Comunità di base e dai gruppi Fgei di
Pinerolo, Torino, Torre Pellice e
Valli si è svolto ad Agape, domenica 14 marzo, l’atteso collettivo teologico sul tema « Fede e
resistenza ».
Il tema era stato scelto in autunno, nel corso di up altro incontro Fgei-Cdb. Scopo dell’incontro era di riflettere teologicamente sulla crisi dell’impegno,
politico e cristiano, che in questi anni minaccia i nostri gruppi e giungere ad un discorso non
moralistico ma evangelico e propositivo sulla perseveranza.
I vari gruppi avevano lavorato su questo tema già nei mesi
precedenti l’incontro: si sono
così potuti approntare diversi
materiali preparatori per il convegno; schede bibliche su Osea,
Luca - Atti e sull’epistola agli
Ebrei, e due contributi .sull’attualità. I materiali erano invero
troppi per poter essere discussi
e valorizzati appieno nelle poche
ore a disposizione. D’altro lato
il convegno non ha certo esaurito il discorso e quindi questi mateiTali potranno ancora essere ripresi in seguito.
La brevità dell’incontro e la
vastità del tema non hanno permesso di giungere a qualche conclusione. Dove sta dunque il valore dell’incontro, innegabilmente risultato un buon momento di
scambio e discussione?
Credo che sia da ravvisare nel
fatto che due realtà vicine sì,
ma normalmente distinte e ognuna con il proprio profilo specifico come sono le Cdb e la Fgei,
abbiano potuto raggiungere un
buon scambio teologico su un
nodo centrale della riflessione
cristiana odierna. Certo il tema
non è stato sviscerato in tutta la
sua ampiezza e da questo punto
di vista il convegno è rimasto
ad un livello introduttivo. Una
introduzione, però, che fa nascel'e la voglia di proseguire in questo cammino. Sicuramente l’incontro avrà un seguito, le cui
modalità sono ancora da definire.
Il 5 aprile il coordinamento
Fgei A'alli e il servizio di dirézione della Comunità di base di
corso Torino si troveranno per
valutare questo incontro e per
discutere delle prospettive future. Dopo quest’incontro potremo
riferire più ampiamente.
D. G.
Teatro
LUSERNA S. GIOVANNI ^ A
grande richiesta, il Gruppo Filodrammatico del XVII, sabato 27
alle ore 20.4S e domenica pomeriggio alle ore 15.30 rappresenterà sulle scene della Sala Albarin
il dramma; « Barabba » di Michel
de Ghelderode.
ALLE VALLI VALDESI
Catecumeni in visita ad Agape
TORRE PELLICE — Una quarantina di ragazzi (precatechismo, 1° anno di catechismo e
qualche fratello di questi) accompagnati dai monitori, qualche giovane e qualche genitore,
hanno visitato, domenica 21 marzo, il Centro di Agape.
L’intenzione di andare a Frali
non era solo di fare una gita, ma
era nata da alcune considerazioni e cioè:
1) dare l’impressione ai ragazzi che non ci troviamo insieme solo per fare « Scuola » ma
anche per conoscerci meglio e
divertirci un po’;
2) promuovere la fusione
tra i vari gruppi per evitare l’isolamento e la settorialità ;
3) far conoscere ai ragazzi
che non avevano avuto mai l’occasione, anche se solo dal finestrino del pullman, la Val Germanasca ed il Centro di Agape.
Ci sembra che l’esperienza sia
stata positiva.
L’Unione Femminile
ha 80 anni
PINEROLO — L’Unione Femminile vorrà ricordare l’80" della sua fondazione domenica 4
aprile: alle ore 10 con il culto
presieduto da alcune sorelle, e
alle ore 15 con un incontro comunitario di gioia, di riconoscenza e di ricordi del passato
aperto a tutte le unioniste ed
ex unioniste di Pinerolo e S. Secondo; gradite ospiti saranno le
rappresentanti delle unioni femminili di tutto il distretto.^
• Un vivo ringraziamento al
pastore Teofilo Fons per la .sua
predicazione di domenica 28 febbraio.
• È stato battezzato il piccolo
Riccardo Genre di Cantalupa.
• Dopo lunghe sofferenze,
hanno lasciato la vita terrena
Paolo Monlaldo e Berta Gönnet
ved. Gardiol. La comunità tut
ta si stringe intorno a quelli che
li piangono.
Verso la
Confermazione
ANGROGNA — Sabato 27 alle
ore 16.30 i confermandi s’incontrano per costruire insieme una
confessione di fede in vista di un
prossimo incontro con il Concistoro. Quest’ultimo si incontra
sabato 27 alle 20.30 al Presbiterio,
in seduta ordinaria.
• Prossime riunioni: martedì
30: Jourdan e giovedì 1”: OdinBertot. Mercoledì 31 al Presbiterio riunione della commissione
Sala.
Per il culto di domenica 28
(nel Tempio) avremo con noi
tutti i bambini delle Scuole domenicali.
• Lunedì 22 si sono svolti i funerali di Olga Sarà Coi'sson, deceduta a 72 anni, residente ai
Coisson-Ricca. A Luciano e a tutti i parenti l’espressione della
nostra solidarietà. ,
POMARETTO — Sabato 27
marzo alle ore 20.30 nella Sala
Lombardini incontro del Concistoro con i catecumeni confermandi.
• A partire dalla 1' domenica
di aprile il culto verrà tenuto
nuovamente nel Tempio.
Elezioni per
Sinodo e Conferenza
I
VILLASECCA — La promessa della resurrezione della vita
eterna è stata annunciata in occasione dei funerali di Aldo Giraud. Esprimiamo alle famiglie
la partecipazione della speranza
cristiana da parte di tutta la comunità.
• Sono state elette quali delegate alla Conferenza Distrettua
le Maria Bounous, Rina Menusan e quale deputata al Sinodo
Wanda Rutigliano (supplente
Carlo Griglio).
• E’ stata discussa e approvata alla unanimità la relazione finanziaria del 1981 e presi gli impegni contributivi per il 1983.
Ampia relazione di queste assemblee nella ’circolare’ di Pasqua.
Gradita ospite
FRALI — Il Concistoro sta
prendendo contatto con alcuni
pastori in vista della designazione del futuro pastore della comunità, che dovrà avvenire entro il 31 maggio. Per il momento le prospettive sono ancora
incerte.
•. Le borgate di Ghigo e di Pornieri hanno due nuovi abitanti,
felicemente nati al Civile di Pinerolo ; Fabrizio, di Marco Grill
e Sandra Agli, e Federico, di
Claudio Baud e Odetta Pascal.
• Il culto di domenica 28 marzo sarà presieduto dal gruppo
FGEI di Torino, in occasione
dell’incontro dei catecumeni del
II e III Circuito che avrà luogo
ad Agape.
• L’Unione femminile, giovedì
1" aprile, riceverà la visita di
•Tacqueline Verdeilhan, inviata
della CEvAA, che parlerà della
sua esperienza di insegnante in
Nuova Caledonia. La riunione
avrà inizio alle ore 14,
• Il soggiorno per famiglie alla Casa Valdese di Vallecrosia
avrà luogo dal 14 al 28 giugno.
Il 31 marzo si chiudono le iscrizioni per le famiglie di Frali;
dopo questa data si accetteranno iscrizioni dalle altre comunità della vaile, fino ad esaurimento delle camere disponibili.
• Bazar. Le domeniche di maggio e giugno sono tutte impegnate; si è dovuto anticipare il Bazar al 18 aprile.
In questa rubrica pubblichiamo le
scadenze che interessano più chiese
valdesi delle vaili. Gli avvisi vanno fatti
pervenire entro le ore 9 del lunedì
precedente la data di pubblicazione
del giornale.
Sabato 27 marzo
□ TELEPINEROLO
CANALE 56
Alle ore 18.55 va in onda la trasmissione '■ Confrontiamoci con l.'Evangelo »
(a cura di Marco Ayassot, Franco Davite e Attilio Fornerone).
In questo numero le Scuole Domenicali di Angrogna presentano ■■ Chanforan, 450 anni fa ».
______Domenica 28 marzo_________
□ RADIO KOALA
FM 96.700 - 90300 - 93700
Alle ore 12.45; Culto Evangelico a
cura delle Chiese Valdesi del II Circuito.
□ POMERIGGIO INSIEME
S. GERMANO CHISONE — Alle ore
15 nella Sala valdese il Coretto presenterà « Rami verdi e foglie secche », un
programma di canti, recitazione e diapositive sulla natura.
Dopo un bozzetto cantastoriato sulle
stagioni a cui parteciperà anche un
gruppo di ragazzi della scuola domenicale, seguirà la proiezione di un audiovisivo di Sergio Comba dal titolo » Una
favola che può diventare realtà » che
tratta in chiave poetica il tema della
distruzione della natura da parte dell'uomo.
Gli scopi di quest'iniziativa sono da
un lato raccogliere fondi per I allestimento del Museo cui saranno destinati
gii incassi del bazar appositamente allestito, e dall'altra incontrare fraternamente la comunità di S. Germano ed
in particolare i catecumeni del IV anno
che si accingono ad essere nuovi membri di chiesa.
4
4 vita delle chiese
26 marzo 1982
LA FESTA DELLA LIBERTA’
Da San Germano a Marsiglia
SAN GERMANO — Abbiamo
ancora una volta potuto festeggiare il 17 febbraio alla sua data
naturale. Quest’anno la cosa non
andava da sé, dato che si è manifestata a vari livelli una minor
disponibilità per questo; molti
operai, in particolare, non hanno
potuto o hanno rischiato di non
poter partecipare di persona alla
nostra festa. Per finire, tuttavia,
la folla gioiosa di sempre si è
radunata prima attorno ai falò,
la sera del 16. Malgrado la pioggia questi sono stati numerosi e
nutriti e molte persone si sono
un po’ dovunque radunate per
cantare gli inni della « resistenza
valdese ». Abbiamo visto giungere in mezzo a noi con molta gioia
un gruppetto di fratelli della comunità di Torino, coi quali abbiamo poi passato una bella serata.
Quest’anno avevamo il piacere
di avere in mezzo a noi il Moderatore. La mattina del 17 ha visto ii corteo e la visita alla Casa
di Riposo.
Al culto, presieduto dal pastore Bouchard, un’assemblea attenta e partecipe ha udito un
forte messaggio, volto a farci tutti riflettere al modo con cui il
Signore vuole ricostituire il tessuto spirituale e vivente della nostra Chiesa, al di qua e al di là
dei mari, onde far fronte alle
concrete responsabilità di « uomini liberi » che ci stanno dinanzi.
Inutile dire che frequenti riferimenti alla situazione italiana, rioplatense e mondiale sono stati all’ordine del giorno. La Corale e
la Scuola domenicale hanno cantato alcuni inni e còri appositamente preparati. La colletta è
stata destinata con affetto al lavoro dei fratelli rioplatensi. Abbiamo anche diffuso l’opuscolo
del 17, sulla vita dei valdesi sudamericani, con un senso di viva
partecipazione alla loro storia ed
al loro impegno attuale. All’agape
che è seguita erano presenti 225
persone. Dopo il pasto il Moderatore ha avuto ancora l’occasione di parlarci della situazione
attuale della nostra Chiesa e degli impegni che stanno dinanzi a
noi. Lo ringraziamo per il tempo
che ci ha dato e per l’arricchimento spirituale che ha portato
alla nostra festa. Fatto il bilancio delle spese e delle offerte per
l’àgape abbiamo avuto la gioia
di poter versare una somma per
S.O.S. Madagascar (oltre alle offerte pervenute) ed una per i lavori di creazione del Museo. La
giornata è terminata con la « prima » dell’opera « Un nemico del
popolo », di Ibsen, ottimamente
presentata dalla filodrammatica.
Il XVII febbraio
a Marsiglia
Quest’anno, l’Union Vaudoise
marsigliese, attraverso il suo
presidente Jean Peyronel e Signora, aveva invitato la Corale ed i membri della Chiesa di
San Germano a partecipare alla
giornata valdese di quella nutrita colonia valdese in terra di
Francia, nei giorni 27 e 28 febbraio. Un pullman è dunque partito di buon mattino alla volta
della grande città portuale e dopo un viaggio senza incidenti ci
’ siamo trovati nel bel, mezzo di
una piazza in cui, a parte l’arco
di trionfo, ci si sarebbe potuti
credere in Marocco o Tunisia!
Un modo come un altro per ricordarci quanto gli immigrati
occupino un posto notevole nella
vita della Francia, specie del sud.
Ma subito i nostri amici ci
hanno accolti, facendoci visitare
la città, sotto la guida competente ed arguta del Signor Vidal.
Magnifica vista dall’alto del piazzale di Notre Dame de la Carde sul porto estremamente esteso e su tutta la città.
Dopo la visita, accoglienza sim
paticissima nelle varie famiglie
e, spesso, incontro con parenti
che non si vedevano da qualche
tempo.
La domenica, culto in Rue Grignan, presieduto dal pastore
Conte ed al quale la Corale ha
dato il suo generoso contributo.
Era presente, tra gli altri, il pastore Gelatas, che ha lavorato in
Marocco e che ricordava con
piacere la collaborazione col
maestro Calvetti. Inutile dire che
molti hanno inviato saluti e che
abbiamo spesso potuto scoprire
dei legami di famiglia tra sangermanesi e marsigliesi.
Dopo un’àgape in cui tutti
harmo potuto apprezzare la simpatica e vivace compagnia di
tanti fratelli giunti un po’ da
tutte le zone attorno a Marsiglia,
è stata la volta dei discorsi e dei
canti. Erano presenti anche il
pastore Marchand; che ha poi
rivolto la parola ai commensali,
ed il pastore Vilme. Il signor
Peyronel ha diretto la giornata
con fermezza non disgiunta da
umorismo e la Corale ha cantato
prima da sola poi, in modo più
informale, con tutto un gruppo
di italo-marsigliesi. Purtroppo la
giornata domenicale è trascorsa in un attimo e abbiamo dovuto separarci dai nostri fratelli,
sia pure alle ore 23 passate. Il
lavoro attendeva molti di noi il
giorno dopo, alle prime ore del
mattino. In effetti molti sono
sbarcati da un pullman per salire su di un altro. Ma valeva la
pena di fare questo viaggio, sia
pure così forzatamente affrettato. Grazie, amici di Marsiglia
per tutto quello che avete saputo
darci in così poco tempo, e auguri per la vostra attività.
G. C.
Le XVII février à Paris
La tradition y est encore respectée où se réunissent chaque
année les Vaudois et leurs amis.
Nos amis sont présents mais
le cercle des Vaudois se rétrécit,
la moyenne d’âge devenant de
plus en plus élevée oblige quelques uns à rester chez eux malgré leur bonne volonté.
Le collège Bernard Palissy qui
nous accueille en ce dimanche
21 rend mélancoliques beaucoup
d’entre nous, la jeunesse et l’enfance sont lointaines et tout ici
nous incite au retour aux sour
C6S.
Les occasions de commémorer
les dates historiques sont nombreuses cette année: Garibaldi
et Chanforan fourniront la matière des interventions.
Monsieur le Professeur Henry
Appia nous conduira dans les pas
du héros de l’Unité Italienne de
l’Uruguay à la Lombardie, de
Rome où l’on découvrira l’existence du plus ancien ghetto
Israélite jusqu’à la Sicile, nous
remonterons vers le Trentin où
la guerre fait rage mais où se
prodiguent le Pasteur Georges
Appia et son frère Louis le praticien auteur du premier manuel
du Chirurgien en campagne.
Louis Appia, non dépourvu d’humour, nous apprendra que les
meilleurs hôpitaux de fortune se
révéleront être les Eglises où
l’eau des bénitiers sera d’un
grand secours, les caves des presbytères bien fournies assureront
une intendance inattendue et les
cierges l’éclairage. La présence
Vaudoise est déjà œcuménique!
Madame Béatrice Blacher-Appia parlant du Luberon nous informe que les Protestants y restaurent une ancienne bergerie à
Merindol qui deviendra un lieu
de rencontre.
Félix Vigne évoque l’œuvre de
Foi et de Culture des Barbes à
travers l’Europe créatrice d’institutions d’enseignement qui prendront leur essor à Chanforan et
se multiplieront jusqu’à nos
jours grâce à la volonté Vaudoise et à l’aide venue de l’extérieur.
Huguette Vigne-Ribet
UN’INIZIATIVA PER LA PAGE
Educare le coscienze
GIULIANOVA — Organizzato
dal Consiglio del XII Circuito
delle chiese valdesi e metodiste
si è tenuto a Giulianova il 7/3/82
un pubblico dibattito su «crisi,
trasformazione e pace » nella Sala Consiliare del Comune, a cui
va il nostro sincero ringraziamento.
E’ stata svolta un’ampia introduzione dal past. Sergio Aquilante, che analizzando i nodi
della crisi ha puntualizzato la posizione degli evangelici che scelgono la pace. Essa è appunto una
« scelta » e non un obiettivo da
conseguire in ogni tempo ed a
qualsiasi prezzo.
Lo sforzo è quello di essere
promotori di una presa di coscienza generale della drammaticità del momento: l’olocausto
nucleare dell’umanità ; e questo
può verificarsi sia per scelta da
parte dei potenti della terra, ma
anche per errore tecnologico. E
non dobbiamo assuefarci all idea
che sia possibile una guerra nucleare limitata all’Europa come
i mass media tendono a far passare.
L’appuntamento è a Comiso in
maggio per il convegno intemazionale sul tema ’Fede e impegno per la pace’ : si tratta di
mettere a fuoco alcuni obiettivi
concreti e di premere per la loro
RIVEDERE
LA TRADUZIONE
DELLA TILC
Caro Direttore,
la chiarificazione su La Luce del 18
gennaio che volevasi dare agli errori
di traduzione della TILC (traduzione interconfessionale in lingua corrente) lascia poco convinti. Si ammette in una
chiosa finale (che non tutti leggono) la
spiegazione che non è Pietro la pietra
angolare ma che soltanto Cristo è tale, e poi si lascia la traduzione di Matteo 16: 18 tale e quale, malgrado le
proteste, le delucidazioni e i dibattiti
sui nostri giornali in Italia e all'estero,
sin nel lontano Canada,
Il criterio di questa decisione non è
quello di chi traduce obiettivamente, ma
di chi traducendo vuole Introdurre una
pseudesegesi. Non si può tradurre secondo la maggioranza, perché bisogna
vedere chi sono coloro che compongono la maggioranza. Hanno maggiore
obiettività la TOB (traduzione ecumenica della Bibbia in francese) che in nota
accenna alla tradizione cattolica, a quella ortodossa e agli esegeti protestanti; e anche la Bibbia concordata che, pur
non essendo tanto precisa nel tradurre,
mette però' in nota le tre diverse interpretazioni possibili di quel testo. La
commissione che ha tradotto la TILC
si è arrogato il diritto di dirci qual è
la traduzione da accettare e in fondo
ci impone la sua esegesi.
Il voler porre a fondamento della
Chiesa cristiana un uomo, e non Gesù
Cristo, sovverte l'Evangelo. L’uomo è
transeunte, facile ad errare, mutevole,
capace di rinnegare...
« Nessuno può porre altro fondamento che quello già posto, cioè Gesù
Cristo » (I Corinzi 3: 11). Una mezza
dozzina di volte questo concetto è ripetuto chiaramente o simbolicamente
con la pietra rigettata divenuta la
« pietra angolare »,
Così poi commentava Agostino: « Tu
sei Pietro e su questa pietra che hai
confessato, su questa pietra che hai conosciuta dicendo ”Tu sei il Cristo, il
FiglioI dell'Iddio vivente”, edificherò la
mia chiesa, cioè sopra me stesso, Figliol dell'Iddio vivente, edificherò la
mia chiesa. Sopra di me edificherò te,
non sopra di te ».
A quando una revisione con correzioni obiettive, serene? Ce ne sono diecine
da fare; speriamo che la commissione
tenga veramente nota (e non come in
questo caso) delle osservazioni ricevute da molte parti.
Con cordiali saluti in Gesù Cristo,
solo Capo della Chiesa.
L. Naso
realizzazione; ciò vuol dire non
installare i missili ’Cruise’ a Comiso, analizzare le possibilità di
riconversione della nostra industria bellica, creare un rapporto
non più fondato sullo sfruttamento neo-coloniale da parte del
mondo svilùppato nei confronti
dei paesi del terzo mondo. .
Il dibattito è stato vivace e articolato. Interessante il contributo recato da un Assessore del
Comune di Giulianova, Fiorella
Di Diodoro, che nel porgere il
proprio saluto ha auspicato altre
nranifestazioni di questo tipo,
che sono forse gli unici momenti di formazione delle coscienze.
Molto gradito il messaggio del
Sindaco della città, costretto da
impegni dell’ultimo momento a
disertare la conferenza, nel qua,le esprime la sua piena adesione
alla nostra iniziativa. Hanno preso la parola anche i rappresentanti della F GEI/Lazio e numerosi giovani, anziani, donne che
hanno mostrato quanto il dibattito sia articolato e potenzialmente ricco di sviluppi. Per la
chiesa evangelica locale questa
bella giornata è stata un timido
segno di' incoraggiamento e di
speranza ad inserirsi nel tessuto
sociale cittadino per testimoniare la pace di Cristo.
G. C.
MATRIMONI MISTI
Caro Direttore ■
gli incontri ecumenici nella penisola,
hanno dato luogo, leggendo i resoconti
apparsi negli ultimi numeri de « La
Luce », al riavvicinamento annuale tra
cattolici ed evangelici con preghiere,
dibattiti, studi, veglie che hanno rallegrato l'animo di molti In quanto, nella
maggior parte, viene detto che tutto
si è svolto con spontaneità e fraternità.
Sì, possono essere dei segni positivi. Aprire le nostre porte, entrare in
casa d'altri sar,à senza dubbio un segno
di ospitalità e di amicizia ma non sempre di Fede comune o di uguale fedeltà alla Parola.
In nuesto contesto l'articolo di F.
Giamoiccoli del 12.3 u.s. su « Il nodo
dei matrimoni misti » non rallegra affatto.
È come dire (da parte cattolica):
Cari amici evangelici, ci siete. Pochini, sì. ma esistete. Avete della vivacità, molti di voi sono culturalmente
preparati e attivi e po.ssiamo incontrarci fraternamente. Ma siate quali
siete e quanti siete. Se volete qualche
membro di chiesa in più fate in modo
che i vostri giovani non contraggano
matrimoni misti perché altrimenti » i
vescovi sono invitati a prendere misure pastorali adeguate » affinché il battesimo e l’educazione dei figli avvenga
neH’ambito della chiesa cattolica.
Ma sì! Partecipiamo agli incontri ecumenici. trattiamo in sedute i rapporti con la chiesa di Roma ma sia la
nostra spinta di evangelici sempre più
verso l’evangelizzazione e la preparazione di quanti vanno incontro alla vita
in comune con un matrimonio misto.
È un grave problema e una grande
responsabilità della chiesa. I giovani
in questa situazione devono essere
aiutati a riconoscere in libertà la vera
Verità, scoprire insieme la Parola che
li aiuterà nell'amore, aiutati a rompere
quei legami che non danno la gioia
della vera fede.
Altrimenti vi sarà il pericolo che in
una unione possano esserci sì vari
legami, ma probabilmente saranno accantonati i valori spirituali, di ricerca
continua della fede, importanti nella vita
di una coppia e di ognuno di noi.
Primo Violo, Torino
NON SONO UNIONI
DI SERIE B
Non vorrei che dopo le discussioni
sollevate, ultimamente dai settimanali
locali si finisse col catalogare i matrimoni misti come unioni di serie B,
co'mplicate e insidiose; queste idee
purtroppo serpeggiano già da sempre
nelle nostre valli. Sono convinta che
la buona riuscita di un matrimonio non
dipenda affatto dal luogo in cui esso
viene celebrato, né dalla confessione
religiosa dei contraenti, bensì .dalla
loro capacità di comprendersi, accettarsi e rispettarsi, se ciò manca il rapporto naufraga anche se i due sono membri ferventi della stessa Chiesa. Nata
da un matrimonio misto, non ho mai
sentito i miei genitori litigare per motivi religiosi; ciascuno di loro ha sempre frequentato liberamente la propria
parrocchia e io, raggiunta l'età della
ragione, ho potuto scegliere con maggiore consapevolezza a quale Chiesa
appartenere. L'avere genitori di religione diversa non è stato per me motivo
di confusione, ma di arricchimento e
di dialogo, ho avuto modo di conoscere
e approfondire due culture diverse; preti, pastori e religiose sono regolarmente entrati in casa nostra, accolti come
amici da tutti in un clima di fraternità e
democrazia. Molti matrimoni tra correligionari si sgretolano, minati dall'egoismo, dall'avarizia, dalla prepotenza e
spesso anche dalla violenza fisica, dall'alcoolismo e dalla brutalità, è di questo a mio avviso che dovrebbero seriamente preoccuparsi le comunità cristiane più che dei matrimoni misti; o forse è più facile dare consigli a due fidanzati di religione diversa in procinto
di sposarsi, che a due coniugi che si
scambiano botte da orbi? Che dire del
resto dei « bravi » giovani valdesi che
si sposano nel Tempio o prendono la
Confermazione solo per la gioia dei parenti, privi di salde convinzioni e di
propositi chiari? Non dimentichiamoci di
essere tutti fratelli, le religioni, con le
diversità e le divergenze che comportano, sono state inventate dagli uomini,
ma Dio si rivolge ad ognuno con identico amore; nessuno, valdese o cattolico, deve credersi detentore della verità,
non permettiamo dunque a questioni
marginali (e la religione, ripeto, per la
buona riuscita di un'unione risulta il
più delle volte marginale) di scavare
solchi profondi tra i vari gruppi religiosi. Troppo spesso l'incontro tra due
giovani di religione differente scatena
ancor oggi rancori, diffidenze, polemiche, crisi familiari; speriamo che giungano presto tempi di maggior comprensione e rispetto cristiano
Edi Wlorini, Pomaretto
Hanno collahorato a questo
numero: Mario Affuso - Clara Rounous Bouchard - Gabriele Ciabattoni - Gustavo
Comba - Giovanni Conte Bruno Costabel - Franco Davite - Dino Gardiol - Daniele
Garrone - Giovanni Gönnet Alba lazeolla - Brano Lombardi Boccia - Vera Long Luigi Marchetti - Osvaldo Piscini - Bruno Rostagno - Aldo Rutigliano.
Questo numero è stato chiuso
in tipografia alle ore 11.15 di martedì 23 marzo 1982.
Tiratura complessiva Eco/Luce:
5.360 copie.
5
26 marzo 1982
prospettive bibliche 5
LA FEDE INTERROGA
Le genealogie di Gesù
Chiunque può indirizzare a questa rubrica una breve domanda su un
probiema di fede che gli sta a cuore, ricevendo una risposta da un
collaboratore del giornale. Domanda e risposta saranno anonime perché
risulti maggiormente il contenuto del dialogo della fede.
Vedo che Matteo e Luca danno una diversa genealogia di Gesù. Luca ci riporta in linea
ascendente a Dio stesso come
Padre naturale. Matteo invece,
dovendo rivolgersi in particolar
modo a degli Ebrei, ci tiene a far
rilevare che Gesù si ricollega a
Davide e mi sembra eviti l'epiteto « Figlio di Dio » {in 26; 3 è
discutibile), perché avrebbe urtato contro il concetto di Dio
proprio dell’Ebraismo.
Ora mi chiedo: perché darsi
tanta pena con gli antenati di
Giuseppe se poi questi, per particolari circostanze, viene ad avere così poca parte nella nascita
di Gesù? Non sarebbe stato più
logico riferire la genealogia di
Gesù dalla parte di Maria?
Nel Giudaismo l'ascendenza
che contava era quella in linea
paterna. Uno scritto ebraico dice; « La famiglia del padre è considerata come propria, quella della madre invece no » (Baba Bathra 109b). Nel diritto palestinese, il capo-famiglia era padre non
solo dei figli che aveva procreato, ma anche di eventuali figli
adottivi; una genealogia per via
di madre sarebbe stata inconcepibile.
Si potrebbe anche porre un altro problema; la domanda della
lettrice è legittima alla luce della
convinzione della nascita di Gesù
senza intervento maschile, come
affermato dal « Credo » (e dai primi due capitoli dei vangeli di
Matteo e di Luca). Ci può essere stato tuttavia un periodo di
tempo in cui ciò non era insegnato, o non era noto (il vangelo
di Marco e le lettere di Paolo,
non ne fanno cenno; neppure il
vangelo di Giovanni, ma esso è
posteriore a Matteo e Luca). Le
due genealogie potrebbero essere nate, almeno in abbozzo, in
quelle prime decadi di formazione della tradizione evangelica?
Questo per la domanda sul
perché degli antenati di Giuseppe. Ma veniamo alla corretta osservazione della lettrice; Matteo
e Luca danno una diversa genealogia di Gesù. Esatto! Non solo
perché Matteo risale fino a Àbramo e Luca fino a Adamo, anzi a
Dio stesso («Adamo, figlio di
Dio »), ma soprattutto perché le
liste di nomi fra Abramo e Gesù
non coincidono. O meglio; coincidono discretamente tra Àbramo e Davide (con qualche differenza tra Esrom e Aminadab).
Per il periodo tra Davide e l’esilio sono completamente diverse.
Per il periodo successivo la concordanza fra Matteo e Luca è minima; le loro liste coincidono solo per i primi due nomi (Salatici
e Zorobabele) e gli ultimi due
(Giuseppe e Gesù). Anche il^ numero delle generazioni è diverso; Matteo 15 e Luca 21 da Da
vide aH’esilio; Matteo 13 e Luca
22 daH’esilio a Gesù.
Qual è dunque il significato di
queste genealogie, se non ci danno l’esatto albero genealogico di
Gesù (neppure nel senso di albero genealogico « legale » secondo
il diritto ebraico)?
Il loro significato può essere
intuito solo chiedendoci perché
Luca e Matteo le hanno volute
nei loro vangeli (sia che le abbiano messe assieme essi stessi,
sia che le abbiano raccolte dalla
tradizione precedente; non dimentichiamo che, come ci ricorda il Cullmann, « esistevano degli alberi genealogici belli e pronti dell’atteso Messia ». Cristologia del N.T., Bologna 1970, p. 207).
La risposta varierà, naturalmente, da Matteo a Luca, e la lettrice
lo intuisce perfettamente; Matteo ci tiene a far rilevare che
Gesù si collega a Davide, Luca ci
riporta a Dio stesso (e a Adamo,
primogenito dell’umanità). Ecco
un primo e evidente messaggio
di questi testi. Per Matteo, Gesù
è il nuovo Davide, il vero figlio
di Abramo; per Luca è il vero figlio di Adamo (e Paolo in Rom. 5
parlerà di lui come del « nuovo
Adamo »), il primogenito _ di
un’ umanità nuova, riconciliata
con Dio... C’è nello schema di Luca un’evidente intenzione di universalità. Nello schema di Matteo invece si può ravvisare un evidente richiamo del principio divino delVelezione {chiamata di
Abramo; elezione di Giacobbe e
non del primogenito Esaù; elezione di Davide che deve sostituire Saul...). Le quattro donne
della genealogia di Matteo ricordano poi che « Cristo è frutto di
una volontà di Dio che sa procedere anche quando gli uomini
vorrebbero sbarrarle la strada »
(B Maggioni, Il racconto di Matteo, Assisi 1981, p. 20). Tamar,
Raab, Rut sono simboli d’una
volontà ostinata di continuazione della stirpe, e sono anche straniere; mentre la moglie di Uria ci
ricorda che il piano di Dio non si
lascia interrompere neppure dal
peccato. Insieme a questa testimonianza in positivo potrebbe
anche esserci una replica negativa a commenti malevoli sulle circostanze della nascita di Gesù
(F.A. Beare, The Earliest Records
of Jesus, Oxford 1962, p. 30).
Nella genealogia lucana si può
forse scoprire uno schema numerico (7 X 11), o per lo meno alcuni gruppi di 7 generazioni (R.E.
Brown, La nascita del messia secondo Matteo e Luca, Assisi 1981,
p. 108X Dopo Davide, Luca fa
passare la discendenza di Gesù
non attraverso Salomone ma at
traverso Natan — forse per escludere la linea monarchica, del
« potere »?
Infine, vorrei osservare che
non si può dire che Luca ci riporta a Dio stesso come padre
naturale. Luca conosceva certamente le leggende mitologiche
della filiazione degli « eroi » o
« semidei » dalle divinità. Ma
certamente non ha pensato la
stessa cosa per la filiazione di
Adamo da Dio. Luca conosce e
presuppone la nozione del Dio
creatore, e anche il racconto della creazione (cfr. Atti 17; 24, 26,
28 ss., opera dello stesso autore
del vangelo di Luca).
Riassumendo; davanti a questi due passi biblici, dobbiamo
domandarci quale testimonianza
hanno voluto dare Matteo e Luca
inserendo nei loro vangeli queste
genealogie e strutturandole nel
modo indicato. Perché hanno fatto risuonare anche queste note,
che non c’erano (almeno in questa forma) nel vangelo di Marco
che li ha preceduti.
Presupposto della pace
(segue da pag. 1)
gliore qualità della vita in tutte
le sue sfere ed esperienze che come tale corrisponde alla volontà
di Dio per l’uomo, al suo progetto per noi. La volontà di amore
di Dio è alla radice della pace, di
questa nuova cultura di cui sono
portatori i suoi testimoni. La fede come presupposto non è solo
rifiuto di entrare in un blocco o
nell'altro, prendere le distanze
dalla politica di potenza, ma è decisione positiva di organizzare la
vita personale e collettiva attorno ad un nuovo nucleo centrale,
l’amore.
L’amore è il fondamento della
stabilità posta dal Signore che
provoca una lunga serie di reazioni positive così come la violenza e la repressione provocano
una lunga serie di reazioni negative e violente. Quel nuovo futuro che Dio vuole per noi, inizia
là dove si decide la qualità dei
nostri rapporti, tra le persone,
tra i paesi.
La pace non può venire dall’Assiria, dalla lega Siro-efraimita,
non può venire neppure dalle super-potenze dei nostri giorni, ma
è un dono di Dio che diventa operante nel mondo quando la fede
ne è il presupposto.
Valdo Benecchi
UN SOLO GREGGE
« Ho anche delle altre pecore, che non
son di quest’ovile; anche quelle io devo
raccogliere, ed esse ascolteranno la mia
voce, e vi sarà un solo gregge, un solo pastore ». (Giov. 10; 16).
Come abbiamo visto, Gesù, radicato
nella fede e nella speranza ebraiche, ha
dichiarato « lo sono il buon pastore »,
avanzando la pretesa regale messianica.
Non è il curatore buono e sagace delle
anime, ma il capo che in ogni senso dà
vita al popolo, non il pastore di una comunità religiosa, ma il capo della comunità umana. Inerme, ma forte del mandato e della potenza del Padre, avanza
la pretesa di una sovranità effettiva 6 la
contrappone a ogni altra; una sovranità
e una guida che abbraccia l’intera esistenza dell’uomo e del popolo.
Una pretesa universale
Anzi, questa pretesa è universale; « Ho
anche altre pecore, che non sono di questo ovile. Devo raccogliere anche quelle
ed esse ascolteranno la mia voce; e ci
sarà un solo gregge, un solo pastore »
(Giov. 10; 16). Parole che sentiamo spesso citate, ad es., nella « settimana di preghiera per l’unità cristiana », come se Gesù chiamasse a raccolta i cristiani divisi.
Ma il pluralismo ecclesiastico e le divisioni confessionali erano fuori del suo
orizzonte, e il suo non era certo un « pastorato » clericale.
Gesù non parla dei cristiani e delle
chiese divise, ma del mondo, della comunità dei popoli; guarda oltre il recinto
dell’ovile, ai gojim, alle genti che non
hanno ancora ascoltato o ricevuto l’annuncio del Patto di Dio; anzi lo abbatte,
quel recinto, quel muro separatorio (cfr.
Efes. 2; 13-181).
L’idea di un governo universale non
era assente, allora, come non lo è oggi.
I maggiori autocrati antichi avanzavano
con più o meno successo la pretesa di
governare il mondo intero, 1 ecumene
umana. La grande potenza romana fece
propria questa pretesa e per un certo
tempo la impose effettivamente su larga
scala proiettando su decine dì popoli le
luci e le molte ombre del diritto romano
e della pax romana; la nuova ideologia
imperiale, colorata religiosamente, ebbe
a cura di Gino Conte
in Virgilio il bardo che cantò Augusto
come pastore dei popoli.
Anche in Israele maturò, in polemica
con ogni altra pretesa, la fede in Jahvé
reggitore universale. Signore del mondo;
i suoi profeti annunciarono il giorno in
cui sarebbero affluiti a Sion — non come sede di una particolare realtà etnica
o culturale o ideologica, ma come luogo
principe della manifestazione di Jahvé, in
cui risuonano la sua Legge e la sua Promessa creatrici di vita — i popoli del
mondo per adorare e servire l’unico, vero Signore, runico vero Pastore (ad es. Is.
2; 2 ss; Michea 4; 1 ss; Zacc. 8; 20 ss.).
L’anticesare
Ed ecco che questo piccolo galileo, provinciale Illetterato anche se intelligente,
individuo insignificante in una provincia
irrequieta, sì, ma angusta e marginale di
quel grande impero che materializza storicamente l’ideologia universale del tempo, ecco che si fa avanti e afferma la
propria sovranità contrapponendola a
ogni altra; è lui il pastore di quel popolo
e di tutti i popoli; appartengano all’uno
o all’altro ovile, le pecore sono tutte sue,
le conosce e gli stanno a cuore una per
una. Il suo compito e il suo programma
non è tosarle, mungerle e farne carne da
macello, manodopera e massa di manovra, bensì dar loro vita esuberante; e a
tale scopo nessun prezzo è troppo alto,
è pronto a sacrificare la sua vita incomparabile. Questo umile ebreo, che a vederlo per i villaggi e sulle piazze di Palestina si confonde col più modesto dei rabbini girovaghi, che vive alla giornata, di
carità, vede attraverso lo spazio e il tempo le creature innumerevoli affidate al
suo pastorato; la loro vita sta, letteralmente, in ciò che egli dice e fa, per oggi e per sempre.
Qualche tempo più tardi lo crocifiggeranno con un cartello sulla testa recante
la scritta « il re dei Giudei », in realtà « il
re del mondo », Tanticesare. Sul Golgota
l’imperatore universale e Gesù si fron
teggiano, e la partita sembra liquidata
in modo derisorio. Il terzo giorno, però,
la tomba di Gesù è stata trovata vuota,
mentre nei millenni i monumenti funebri
ai grandi capi, dalle piramidi faraoniche
alla Ara Pacis Augustae alla Mole Adriana ai mausolei di Lenin e di Mao, rimangono pieni di cimeli, di mummie, di ossa, di polvere.
Pastori grandi e piccoli, quelli che cambiano la storia e quelli che sanno solo
insanguinarla e infognarla, sembrano
soffocare nei secoli la pretesa di Gesù;
la sua sovranità sul mondo resta una
nuda affermazione, un appello alla fede
e alla speranza bibliche, un rinvio a Dio;
una buona notizia sempre fresca, che non
ha più taciuto né tacerà.
Un governo-ombra?
« Quanto a noi — scrive l’apostolo Paolo ai Filippesi (3; 20) — la nostra cittadinanza è nei cieli, da dove aspettiamo
come Salvatore il Signore, Gesù Cristo ».
Questo non vuol dire che, comunque vadano le cose fisicamente e storicamente,
le nostre anime vanno in cielo, ma che
Gesù, per la potenza di Dio, già governa,
anche se il suo sembra ancora un governo-ombra, privo di riconoscimenti ufficiali, contrastato e contraddetto in mille
modi.
Eppure, sebbene incognito, le conseguenze di tale sovranità non restano del
tutto clandestine, puramente « interiori »,
« spirituali ». Questa « cittadinanza » non
è solo attesa, è vita, esercita una pressione sulle nostre esistenze, incide sulle
nostre cittadinanze, appartenenze, obbedienze, le mette in questione nei contenuti e nei metodi, come mette in questione pigrizie ed egoismi.
I conflitti sono inevitabili. Lo sperimentarono subito le prime generazioni
cristiane; sebbene non fossero un movimento che si proponesse una rivoluzione, il potere avvertì la carica eversiva,
anche se disarmata, della loro testimonianza. Il conflitto fra l’ideologia impe
riale (Cesare, Timperator, è il Signore) e
la fede cristiana (Gesù è il Signore) era
inevitabile, e corse il sangue, ma da una
parte sola. Quel sangue fu seme di più
numerosi cristiani e allora il potere venne a patti con la nuova "forza storica”,
e anche questa venne a patti col potere
assumendone progressivamente mentalità
e metodi; da minoranza perseguitata
giungerà a diventare potenza persécutrice. Lo fece, forse, con l’intento sincero
di affermare e se necessario (??) imporre la sovranità di Cristo; all’apogeo della
sua parabola di potenza storico-politica il
Pastore di Roma — Innocenzo III —
pretese una giurisdizione universale, superiore anche a quella imperiale, in quanto vicario di Cristo.
L’unico ovile
Ogni volta che cosi si comporta, qualsiasi chiesa, dimentica che il suo è un
Signore, sì, ma crocifìsso; e trasferisce
indebitamente a sé il potere che è di Cristo soltanto. In termini forse meno politici i decreti del Vaticano II (che papa
Wojtyla attua) esprimono in modo grandioso la pretesa della Chiesa di Roma
quale unico ovile in cui devono confluire,
o almeno come centro dell’unico ovile al
quale devono affluire, magari con l’onore
delle armi, le genti e le culture.
Ma non è la chiesa l’unico ovile, non
è nemmeno il centro, il cuore dell’unico
ovile. L’unico ovile di cui parla Gesù
sarà la nuova umanità risorta e redenta,
la nuova creazione, il Regno (la sovranità, il governo) di Dio manifestato. E il
centro, il cuore di quest’unico ovile e
già — per fede — e sarà — pubblicamente — soltanto Gesù, il Signore, La
chiesa non è investita del governo e del
magistero di Cristo, non è dalla parte di
chi comanda, ma di chi ubbidisce, non
dalla parte di chi insegna, ma di chi impara. La chiesa non è il Pastore, ma e
chiamata a seguire e a indicare il Pastore; in Gesù, non fondatore di una religione ma Salvatore e Signore del mondo.
Gli artisti bizantini hanno esaltato nei
loro mosaici il Cristo sovrano universale
(pantokrator); giusto, ma il suo trono
è, ora, la croce, storicamente è fallito.
Ci è rimasta una tomba; vuota. Ecco la
nostra speranza. La chiesa è la grande
Internazionale dei testimoni di questa
immensa, stupenda speranza.
Gino Conte
6
6 fede e cultura
26 marzo 1982
UN
INSOLITO INCONTRO AL CENTRO CULTURALE PROTESTANTE Qqvq 0 n3Ufr3g3tO
"In principio, la Parola" 'apostolo paoio?
MILANO — Non era mai accorso un pubblico così numeroso
a riempire il tempio valdese di
via Francesco Sforza in ogni ordine di banchi nella ormai quadriennale vicenda del Centro Culturale Protestante, una sigla che a
buon diritto rientra nel novero
della più qualificata vita intellettuale cittadina.
A riconoscere il ruolo di questo
Centro è stato un oratore insolito per gli ambienti protestanti
italiani, l’arcivescovo di Milano,
Carlo Maria Martini, protagonista, assieme a Paolo Ricca, docente alla Facoltà Valdese di Teologia di Roma, della serata di giovedì 25 febbraio.
Come ha ricordato il professor
Ugo Gastaldi in un breve accenno
introduttivo, simili incontri sono
una prassi all’estero, ma certo
rappresentano una positiva eccezione nei contatti ecumenici in
un ambito quale la diocesi ambrosiana. L’origine di questo dialogo va ricercata nella-lettera pastorale che Martini ha diretto al
clero della diocesi, intitolata « In
Principio, la Parola », una lettera
che esprime un significato profondo anche per le comunità cristiane non-cattoliche; naturale
quindi che a tentare di sviscerarne contenuti e riflessi siano stati
chiamati lo stesso autore, insigne
biblista, e imo studioso della Parola quale il professor Ricca.
Paolo Ricca ha evidenziato come diverse centinaia di persone
raccolte nel segno e nel nome
della Parola di Dio trascendono
dal livello di una curiosità ecumenica, per ascoltare invece la
potenza creatrice di una forza
che non cessa mai di suscitare
l’inedito, mirando sempre a fornire nuovi stimoli e progetti alla
nostra vita. Dopo aver espresso
la profonda soddisfazione per il
titolo di una pastorale che calzerebbe a puntino con la storia del
movimenio valdese. Ricca si è
particolarmente soffermato sull’audacia dell’espressione « primato della Parola », una priorità ma anche una sovranità, il segno di una tensione verso la quale si muovono sia il documento
TORINO
Convegno su
Buonaiuti
Il centenario della nascita di
Buonaiuti viene ricordato a Torino da un Convegno storico promosso dall’Assessorato per la cultura, dalle Comunità cristiane di
base e dal Centro evangelico di
cultura.
Sabato 27 marzo. Ore 9: dopo
l’introduzione ai lavori (Assessore G. Balma, T. Rapone delle Comunità di base), relazioni di L,
Bedeschi (Modernismo e modernismi), C. Milaneschi (Veterocattolici e Modernismo), L. Giorgi (I protestanti e Buonaiuti).
Ore 15: relazioni di A. Donini
(Il ventennio dell’apostolato itinerante di Buonaiuti - 1826-46),
T. Drago (Buonaiuti e il cristianesimo gioachimita), S. Navarria (Alcuni scritti inediti di Buonaiuti), A. Comba (L’amicizia tra
Buonaiuti e Rensi) e una tavola
rotonda su Rinnovamento e riforma della chiesa oggi, con Filippo Gentiioni, Franco Barbero
e Giuliana Gandolfo.
Domenica 28 marzo. Ore 9: relazioni di P. Traniello (La chiesa
alla vigilia della crisi modernista), G. Gönnet (Buonaiuti e la
prima Riforma), M. Guglielminetti (Pellegrino di Roma: l’autobiografia di Buonaiuti).
che la comunità ecclesiale. Questo condurrebbe a una svolta notevole nell’ambito cattolico: la
Parola non più confinata a ornamento liturgico, ma fondamento
interiore e nutrimento intimo
della vita della chiesa,
A suscitare l’attenzione maggiore è stato però il passo della pastorale di Martini sull’autentica
interpretazione della Bibbia, Si
afferma infatti il tradizionale
compito del magistero, ma, successivamente, viene aggiunto l’invito a una « felice convergenza
delle competenze, dei carismi e
dei lumi di tutti i credenti ». Risultato (se le parole trovano riscontro nei fatti): un coinvolgimento del popolo dei credenti
nell’autentico magistero della Parola di Dio.
Parola che, come dichiarava il
sottotitolo dell’incontro, è il « comune fondamento della fede dei
Cristiani ». Fondamento dunque,
non oggetto di decoro: la Parola
in sé non è espressione di fede,
ma la fede è la figlia della Parola,
ed è una risposta fondata su di
essa. Fondamento comune: la
Bibbia rappresenta la realtà ecumenica più visibile, tante sono
le confessioni, una sola è la Bibbia. Fondamento comune (ed ecco la chiave del discorso, testimonianza della posizione « di
punta » di Martini) non addomesticabile. La storia registra tentativi di porre la Parola ad esclusivo servizio della chiesa, ma essa si è sempre rivelata un’arma
a doppio taglio, della quale è difficile prevedere l’esito ultimo.
Prova ne sia che la Bibbia è stato il volume più censurato di tutti i tempi.
Il discorso di Martini ha posto
in luce come il contenuto della
sua pastorale non facesse che applicare i termini del documento
« Dei Ver bum » del Concilio Vaticano II, e quindi non era esatto
gridare alla novità assoluta. Conscio di un certo qual timore reverenziale che coglie anche lo
studioso quando affronta i nessi
profondi della Parola, ne ha ricordato la principialità, la fondamentalità e la sovranità. Fu il
Concilio a ribadire solennemente
che le Sacre Scritture devono nutrire e regolare il cammino della
chiesa. Nella già citata « Dei Ver.
bum » una rinnovata presa di coscienza del rapporto Parola-Chiesa (cattolica) viene esplicitata,
ponendo fine a un lungo periodo
di travaglio nell’accostarsi ai testi biblici. Si è dibattuto se il
metodo storico-critico avesse distanziato i lettori da una presunta « santità » della Parola: oggi
c’è la coscienza e il riconoscimento di una Parola fattasi umana.
Attraverso l’uso oculato degli
strumenti che la scienza ci mette
a disposizione possiamo meglio
ricavarne il messaggio (pur senza sottoporre i brani a un metodo totalmente umano che ne
annullerebbe la carica dirompente). E a questo punto Martini si
è permesso una panoramica dei
suoi fruttuosi incontri con noti
esponenti della teologia protestante.
Intense esperienze di lavoro comune attorno all’edizione di un
testo critico del Nuovo Testamento greco, hanno convinto Martini sul ruolo della Parola di Dio
come patrimonio proprio a tutte le confessioni cristiane, come
« ideologia » sulla quale plasmare una possibile intesa. Quali
dunque le conseguenze sul piano
pratico? La riflessione di Martini
non aveva l’obiettivo di spacciare
facili soluzioni per un problema
ancora tutto da chiarificare: la
proposta, che tutti possiamo condividere, consiste nell’aprire progressivamente il cuore alla potenza della Parola. Una chiesa
nutrita dalla Scrittura non è statica, e accetta di compiere un
cammino che non termina mai:
vive solo sul presupposto di una
comune crescita di tutto il popolo di Dio, che implica una compartecipazione nell’interpretare i
testi biblici. Un primato, quello
della Parola, che mette in crisi
il nostro mondo efflcientista e
produttivistico, una occasione
supplementare per porci in umile ascolto senza pretese né certezze, per compiere un atto di
sottomissione che rappresenta
la più profonda verità dell’uomo.
Una serata, per riprendere le
parole conclusive del professor
Gastaldi, che ha avuto un limite
felice, quello del risalto dato
alla Parola-fondamento, ma che
attende ora costruzioni ben più
ardue (ma decisive) nelle risposte da dare agli interrogativi che
la storia pone ai credenti.
Marco Rossi
ROMA — Questo vecchio interrogativo è stato ripresentato dal
laureando Mario Cignoni in una
viva e piacevole conferenza al
CEC di Roma sabato 6 marzo
scorso, durante la quale l’oratore ha tentato di dimostrare che
la « Mefite » di Atti 28: 1 non è
la tradizionale isola di Malta,
ma un’altra da identificarsi con
l’attuale Mljpet, la più meridionale delle isole dell’arcipelago
dalmata nel Mar Adriatico. Tra
le ragioni addotte a sostegno, ne
citiamo alcune: a) il vento tifonico di Atti 27: 14, causa della
tempesta che per 14 giorni sballottò la nave in deriva per il
mare tra Creta e la Sicilia, non
era Teuroaquilone tradizionalmente accettato, ma l’euroclidone di qualche manoscritto: un
vento che, soffiando da sud-est,
dovette spingere i naviganti piuttosto verso l’attuale canale d’Otranto che sulle sirti libiche; b)
gli indigeni di quell’isola sono
chiamati barbari (Atti 28: 2 e
MONDADORI
Assente
il Protestantesimo
4): un termine certamente non
appropriato per indicare gli abitanti della Malta tradizionale, in
quanto cittadini romani fin dall’epoca della seconda guerra punica; c) Paolo rischia di morire
per il morso di una vipera (Atti 28: 3): ora, a Malta non ci sono
mai state vipere; d) infine, a
Malta, la tradizione del soggiorno paolino sarebbe venuta alla
luce solo nel V secolo, in concomitanza col sorgere della questione vescovile... Un’unica grossa difficoltà: perché i naufraghi
diretti a Roma passarono poi
per Siracusa e Reggio, mentre
bastava loro attraversare il Mar
Adriatico, sbarcare in qualche
porto piceno o apulo, e quindi
valicare l’Appennino?
Nel dibattito successivo, qualcuno ha consigliato maggiore
ponderazione nell’uso dei testi,
altri ha invitato l’oratore a riprendere in esame un’altra vecchia questione, quella del viaggio
che Paolo si riprometteva di fare
in Spagna (Romani 15: 24 e 28),
e che ha fatto nascere tante leggende tra cui quella di un suo
passaggio nelle valli oggi chiamate valdesi.
G. G.
EUROPA
« Universo dello Spirito », la
lussuosa collana Mondadori presentata recentemente dal Club
degli Editori, si propone di formare « una nuova geografia: la
geografia del mondo dello Spirito », ma l’esploratore che ne percorra l’indice cercherà invano il
continente protestante. Ecco l’itinerario completo attraverso i 18
volumi: Gange; il fiume sacro
dell’India - Sri Lanka: l’isola sacra del buddismo - La Mecca e
Medina: le città del profeta - San
Giacomo di Compostella; la via
dei pellegrini . Delfi: il santuario
della Grecia - Nilo: i templi di
Ammone - Gerusalemme: la città
santa di tre religioni - Ajanta: le
grotte sacre di Buddha - Himalaya; i monasteri dei lama - Assisi:
il mondo mistico di S. Francesco
- Monte Athos: la repubblica della fede - L’anello d’oro: il cuore
della Santa Russia - Roma: la
cattedra di Pietro - Ise e Izumo:
i santuari dello scintoismo - Siviglia: la settimana santa - Messico; le piramidi degli dei - Il Cairo; la scuola dell’Islam - Cina;
rincontro di tre religioni.
Poiché « i diciotto capisaldi
della spiritualità nel mondo » sono i luoghi « dove il culto ha
creato monumenti », ci si può
chiedere se il silenzio sul protestantesimo dipenda dal fatto che
bene o male riusciamo, per grazia di Dio, ad adorarlo in spirito
e verità e non in monumenti fatti da mano d’uomo. Se cosi fosse, sarebbe un silenzio rallegrante.
Donne
cristiane
A Gwatt, in Svizzera, si terrà
dal 15 al 21/5 la prima assemblea del « Foro Ecumenico delle
Donne Cristiane in Europa ». Circa 150 donne, provenienti da tutti
i paesi d’Europa, da diverse tradizioni culturali ed ecclesiastiche,
si riuniranno per discutere il loro
impegno per la giustizia. Sarà
sottolineata soprattutto la situazione della donna nella chiesa e
la questione della pace in Europa. Del comitato coordinatore
che prepara l’assemblea costituente di questo organismo è
membro Fernanda Comba.
TERZA ETÀ’
Lasciarsi condurre da Dio
L’adulto che non vuole accettare di invecchiare o l'anziano
che accetta a malincuore la sua
vecchiaia perché vi è obbligato
sono nella stessa difficoltà, sono
bloccati nella loro evoluzione, a
controcorrente con la vita, perché accettare è scegliere la realtà, significa dire sì alla vita, a
tutta la vita.
Mi risponderete che non si sceglie la vecchiaia, che essa ci è
imposta dalla natura. E’ vero,
eppure... Neppure abbiamo scello le varie prove con cui la vita
ci ha colpito e che potevamo superare soltanto accettandole. E
la vita stessa? Non abbiamo scelto di vivere! Ma per vivere veramente e non solo vegetare, bisogna pure un giorno dire sì alla vita, con convinzione, « scegliere la vita » secondo la bella
espressione di Deuteronomio
30: 19.
Nella ricerca per trovare un
senso alla nostra vecchiaia, come l’abbiamo trovato a tutta la
nostra vita, devo dire francamente che non mi sento di ripetere
ciò che si dice sovente e che forse ci si aspetta da me e cioè che il
.senso della mia vecchiaia è di
prepararmi alla morte e all’incontro con Dio, di staccarmi dalle cose del mondo per attaccar
mi a quelle del cielo. Non vedo
proprio che cosa significhi, prepararsi alla morte.
Io dubito di essere mai pronto, soprattutto se non mi occupassi d'altro che di prepararmici! La morte mi sorprenderà tale quale sono e ciò che mi succederà dipenderà esclusivamente come per tutti gli uomini, miei
fratelli, dalla misericordia di Dio
e non dalla mia preparazione,
per sincera che possa essere.
La morte non è un progetto e
mai è la mia realtà. Ciò che mi
occuiia è la mia vita presente, è
cercare ciò che Dio s’aspetta da
me oggi, poiché il senso della vita mi pare sempre lo stesso, da
un capo all’altro: la.sciarsi condurre da Dio.
Per conto mio sono contento
che Dio non abbia aspettato che
io fossi vecchio pci' venire nella
mia vita a chiamarmi a lui.
Una frase dell’apostolo Paolo
mi aiuta a precisare il mio pensiero. Essa è ben conosciuta:
« Quantunque il nostro uomo
esterno si disfaccia, pure il nostro uomo interno si rinnova di
giorno in giorno » (2 Corinzi
4: 16). Sì, questo è un messaggio per noi anziani; c’è certamente qualcosa che si perde e
che dobbiamo accettare: la nostra forza fisica, la capacità di
agire nel mondo esterno, ma
l’uomo interiore dell’apostolo
Paolo non è un essere disincarnato, ma al contrario è ben impegnato nel mondo.
Si tratta di saper rinunciare
senza dimissionare. Ci sono, certo, delle rinunce difficili; io facevo alcuni anni fa molte cose
che ora non posso o debbo più
fare, ma queste limitazioni non
implicano dimissioni. Tutte le
rinunce che esige la vecchiaia si
riferiscono all’agire e non al cuore o allo spirilo, riguardano il
« fare » non « l’essere ». Vivo diversamente, ma non « meno ». La
vita è diversa, ma è sempre pienamente vita. 11 mio interesse e
la mia partecipazione al mondo
non diminuiscono, ma crescono.
Ciò mi fa scoprire ora il senso
della mia vecchiaia che non potevo conoscere prima.
Nell'accettare e nell’abbandonarc la propria vita a Dio, l’anziano trova una pace profonda,
orizzonti più vasti, un amore sereno e riconoscente.
{brani da « Apprendre à vieillir y> di Paul Tournier. - Ed.
Deìachaux et Niestlé. Meuchàtel-Paris).
7
26 marzo 1982
obiettivo aperto 7
SI FA PERMANENTE LA « POLITICA DI RIAGGIUSTAMENTO »
Cina: una forte ricerca di autonomia
per l'economia, la cultura, il cristianesimo
Sino a ieri accusato dai dirigenti cinesi d’aver prodotto un
documentario che falsa gravemente la realtà, Michelangelo
Antonioni potrà tornare, se lo
vuole, con la sua macchina da
presa in Cina per documentare
le immagini del nuovo corso politico. Il perdono ad Antonioni
è stato concesso, dieci giorni fa
a Torino, in occasione della rassegna del film cinese « Ombre
elettriche » in cui Che Huangmei,
capo della delegazione cinese, ha
dichiarato ' che: « le accuse nei
confronti di questo grandissimo
regista italiano risalgono alla
’banda dei quattro’, un periodo
della nostra storia definitivamente superato ».
Anche questo episodio è un
sintomo del nuovo corso cinese
iniziato dopo il processo e la
condanna della « banda dei quattro » da Deng Xiaoping. Sono
passati solo sei anni dalla morte del « Grande Timoniere » e
cominciano a vedersi gli effetti
della rivoluzione post-maoista
che, contrariamente alla prima,
rifugge da fanfare e adunate di
massa. « Cercare la verità nei
fatti » è il nuovo motto che sostituisce le ormai vecchie e scolorite massime maoiste. Anche
il ritratto di Mao — segnala in
una corrispondenza da Pechino
Tiziano Terzani ^ — è stato discretamente messo in ombra,
spinto nell’oscurità. I cinesi hanno un detto che riassume la loro situazione degli ultimi trent’anni : « Negli anni cinquanta ci
aiutavamo a vicenda, negli anni
sessanta ci ammazzavamo a vicenda, negli anni settanta ci sospettavamo a vicenda, negli anni ottanta ognuno pensa solo
per sé ». Finita l’epoca del pesante indottrinamento ideologico ne è subentrata un’altra che
accanto ad una maggior libertà
ha fatto venire a galla vecchi e
nuovi problemi sino a ieri ricacciati indietro dalle carripagne
ideologiche tutto entusiasmo, libretto e fiducia nel « Gran Timoniere ».
Ora, il congresso del Partito
comunista cinese (PCC), previsto per questo 1982, dovrebbe —
salvo colpi di scena sempre possibili — fare il punto sulla nuova « politica di riaggiustamento »
che da provvisoria rischia di diventare permanente (almeno per
qualche anno) \ Essa tende ad
un rilancio dell’agricoltura e allo sviluppo dell’industria leggera (il maoismo favorì, l’industria
pesante) nonché di nuovi beni
di consumo, fino a ieri considerati superfiui. Ma in questa brusca accelerata verso traguardi di
maggiore produttività emerge,
prepotentemente, il problema
della disoccupazione. Su un miliardo di persone di cui il 60%
ha meno di trent’anni e il 50%
meno di venti, i disoccupati sono venti milioni. Il che rappresenta il 10% della popolazione
urbana. Ed è proprio lì, in città,
dove si sono riversati provenienti dalle campagne migliaia di giovani, che si risente maggiormente il peso della disoccupazione
anche se si vanno costituendo
piccole cooperative che gestiscono ristoranti, trasporti, negozietti vari etc., che stentano a decollare causa le trafile burocratiche che intralciano l’iniziativa
privata. L’accavallarsi di vecchie
e nuove contraddizioni permane
sotto controllo del Partito che
allineato sul motto: « Stabilità e
unità » tende a dare di sé, attraverso i mass-media, un’immagine di salda efficienza dopo gli anni del « Grande Disordine » di
Mao \
In realtà — e in questo concordano decine di testimonianze di democratici europei — in
questi ultimi mesi solo le città
sono cresciute. La campagna riflette ancora una situazione di
antica arretratezza che l’attuale
piano di sviluppo tende a risolvere con una maggiore diversificazione delle colture, una relativa liberalizzazione del mercato
e la restituzione di una parte
dei terreni delle comuni agricole
all’iniziativa privata. Ma come
le attuali modernizzazioni, legate ad obiettivi di aumento della
produzione industriale ed agricola, riescano a costruire il socialismo in Cina rimane a tutt’oggi un mistero.
Timore di neo-colonialismo
Enrica Collotti Pischel ammette, al suo recente rientro dalla Cina: « ...mi sono rassegnata a cercare nella realtà cinese non il socialismo, bensì elementi positivi o negativi nello
sforzo per migliorare le condizioni del popolo cinese nel suo
complesso, per risolvere un certo tipo di problemi, in una società che non è di eguali né tende a diventarlo, ma è divisa in
classi, con una minoranza al potere ed una maggioranza esclusa
da esso » ^
Nella Cina di oggi è iniziato
un nuovo processo di revisione
culturale che ha per sfondo difficoltà economiche non risolte e
per obiettivo immediato l’aumento della produttività. La rivoluzione silenziosa del dopo-Mao,
alle cui spalle preme ancora l’antica cultura mandarina di stampo feudale con le sué regole di
sottomissione a gerarchie che
condizionano anche i rapporti
tra i quadri del Partito, ha scatenato spinte diverse che si aggregano intorno a poli, sovente
negativi. In altre parole: indietro non si può più tornare ma
andare avanti, culturaimente,
proponendo — come succede in
questi mesi — l’immagine di una
Cina moderna e socialista, collegata a modelli consumistici di
stampo occidentale, sembra per
lo meno problematico. E lo è so
spola tra l’Europa e la Cina —
ascoltare Bach o Mozart anche
tutti i giorni se la cosa fa piacere. Ma persiste tuttavia tra alcuni responsabili del regime una
certa angoscia riguardo a ciò
che arriva dall’Occidente. Dietro
l’Occidente c’è il termine « colonialismo » : una realtà ancora viva tra le parti più profonde della collettività cinese... la Cina,
come Paese, sa che per risolvere la propria povertà, uscire dal
suo Medio Evo, aumentare i suoi
mezzi di produzione — insomma
per diventare una nazione moderna — è oggi obbligata a imboccare una direzione che non
esiste nella sua civiltà. E quindi
ha paura. Perciò vi sono delle
resistenze molto profonde dettate dal timore che la scienza moderna, controllata dai paesi occidentali, assoggetti nuovamente la Cina attraverso un neo-colonialismo di stampo industriale e
scientifico » ‘.
Orni domenica un centinaio di fedeli si ritrovano per il culto
nella chiesa protestante di Pechino.
La mappa religiosa
prattutto per i ceti giovanili urbani che si trovano stretti in una
nuova morsa: non più la pesante cappa ideologica del libretto
e della ginnastica in piazza d’armi ma un invito al consumismo
e un no categorico al dissenso.
La bella stagione del muro di
Pechino, ovvero di quando vedevamo in televisione (ma sembra ieri) i giovani scrivere liberamente sui « dazibao » la loro
critica al « sistema », o discutere
liberamente, è avviata tristemente a conclusione a meno che si
affermi un’altra contro-tendenza :
il confronto democratico tra le
diverse componenti culturali della società cinese nel quadro, s’intende, della legalità socialista.
Ma sembra difficile ipotizzare a
breve termine un nuovo periodo
in cui il Partito cessi di essere
il Partito (appunto con la P
maiuscola) ovvero il tutore di
questa minorenne che è la società e la politica cessi di essere
subita dall’alto.
Tuttavia, per chi segue con
una certa attenzione i fatti cinesi, non sarà sfuggito che è sorta in questo periodo una maggiore vivacità culturale, una più
viva dialettica sociale dovuta all’attuale fase di liberalizzazione
post-maoista. « In Cina, oggi si
può leggere Camus o Sartre —
ammette lo scrittore Fernand
Gigon che da trent’anni fa la
Questa preoccupazione dell’essere nuovamente colonizzati riemerge anche a proposito del fatto religioso. Ricordiamo che di
recente ’ c’è stato un notevole giro di vite da parte del governo
nei confronti di quei cattolici
(una ventina di arresti a Shanghai) che si sono rifiutati di far
parte dell’Associazione patriottica cattolica mantenendo invece
rapporti stretti col Vaticano. La
stessa elezione, decisa a Roma
10 scorso anno, di Deng Yming
ad arcivescovo di Canton è stata
giudicata dall’Associazione patriottica cattolica cinese come
una «brutale inerenza nella sovranità della Chiesa cinese ». Nella sua lettera del 23 gennaio scorso, rivolta ai vescovi papa Wojtyla ha ammesso che : « la sollecitudine per la Chiesa in Cina è
diventata assillante per il mio
pontificato ». Tradizionalmente
1 rapporti tra governi e chiesa
cattolica in Cina sono sempre
stati parecchio difficili. « Nonostante i suoi legami con Inghilterra e Stati Uniti — scriveva
Etiemble quasi vent’anni fa* —
11 protestantesimo è più facilmente tollerato : è abbastanza
autonomo (...) non ha alle spalle Un Vaticano che gli impone
una determinata politica ».
Di tutta la mappa religiosa runico dato sicuro è che il cristianesimo cinese vuole essere cinese al 100“/o. Ma quanti sono —
ecco una domanda interessante
— i cristiani in Cina? Benché la
rivista Time del 4/5/’81 ritenga
che vi siano 5 milioni di protestanti cinesi sparsi nelle 50.000
« chiese domestiche », in realtà
cifre più attendibili " rivelano
che i cattolici s’aggirano tra i
2 e i 3 milioni e i protestanti si
attestano sul milione e mezzo.
Comunque non esistono statistiche ufficiali. Nell’ottobre del
1980, a Nanking, nel corso dei
terzo Congresso Nazionale del
Movimento cristiano cinese delle Tre Autonomie (riferimento
all’autonomia della chiesa nell’autogovernarsi, autofinanziarsi
e autopropagarsi) è nato un organo nazionale protestante che
coordina le diverse iniziative
inter-ecclesiastiche, non ultima
quella di tradurre la Bibbia nelle lingue delle minoranze nazionali cinesi. Questo organo è anche chiamato il Consiglio cristiano cinese ed è « un’organizzazione ecclesiastica — così, la definisce il suo presidente, il vescovo
cinese aglicano K. H. Ting —
non una chiesa, al servizio dei
cristiani in Cina ». Essa funziona anche da filtro tra le chiese
locali cinesi (200 templi protestanti sono stati riattati ed aperti al pubblico negli ultimi due
anni) e quelle chiese straniere
che spesso intendono devolvere
aiuti finanziari ai cristiani cinesi
con fini anticomunisti.
Ma non tutte le chiese straniere si muovono o sul piano
delle pesanti ingerenze nella vita religiosa del Paese (vedi la
’politica’ di papa Wojtyla) o sul
versante di quegli aiuti economici che altro non fanno se non
ristabilire vecchi colonialismi e
dipendenze. Così per esempio,
sotto il titolo « La chiamata di
Dio per un nuovo inizio » " il
Consiglio delle chiese canadesi
ha organizzato a Montreal, lo
scorso mese, un interessante incontro cui hanno partecipato
150 cristiani che, pur non vivendo in Cina, hanno comunque delle relazioni stabili con questo
Paese e dieci ’leaders’ cristiani
che vivono e lavorano in Cina.
E durante rincontro è successo
che per la prima volta — dopo
il Concilio Vaticano II — cattolici e protestanti cinesi hanno
partecipato insieme ad un culto :
un fatto che non va da sé poiché
in Cina non esiste un termine
generale comune per indicare la
religione cristiana: o si appartiene alla religione del Padre Celeste (cattolica) o a quella di
Cristo (protestante). Le due confessioni vivono talmente lontane
tra loro, che usano diverse traslitterazioni per indicare nomi
e luoghi biblici e una diversa
terminologia teologica.
Era "post-denominazionale
II
A Montreal, giunti direttamente dalla Cina erano presenti, per
parte cattolica, due vescovi ed
un prete e sette protestanti. Tra
questi ultimi c’era C. Tzeming,
professore decano del seminario
teologico di Nanking che ha aperto i battenti soltanto un anno fa
e ha già 52 studenti iscritti (scelti tra oltre mille richieste); inoltre era presente Jiang Peifen,
professoressa di Antico Testamento al seminario di Nanking.
Tutta la delegazione era guidata
dalla più eminente figura del
protestantesimo cinese K. H.
Ting (ha studiato a New York e
Debrecen, Ungheria) che come
abbiamo visto presiede il Consiglio cristiano ed è attivo in arnbito politico. Nel corso del dibattito egli ha sostenuto che se
oggi in Cina non è ancora possibile parlare di una chiesa protestante unita, a causa delle divisioni teologiche e pratiche, si
può però già parlare di un’era
cristiana " post-denominazionale ”
poiché negli ultimi anni i protestanti hanno lavorato in spirito
di unità al punto che i neo-convertiti (coloro che non hanno
esperienze denominazionali) lo
considerano l’unico possibile. Un
solo esempio : lo scorso armo —
riferisce Arne Sovik — attraverso gli sforzi del « Movimento delle Tre Autonomie» si è aperto
un tempio protestante a Nanking
in cui sono confluiti 14 dei 15
.gruppi evangelici esistenti in città che sino allora si ritrovavano in case private. La Beijing
Review, del 16.11.’81, ricorda che
la politica governativa proibisce
l’accettazione da parte delle organizzazioni religiose cinesi di
donazioni provenienti da corpi
religiosi stranieri. Ma a Montreal si è visto che non è solo
il governo a voler questo ; i maggiori dirigenti cristiani cinesi si
riconoscono in questa linea.
« Siamo convinti — ha concluso Han Wenzhao, membro della
delegazione cinese a Montreal —
che la crescita delle chiese in Cina dipenderà dall’aiuto di Dio,
dal servizio e dalle offerte dei
cristiani cinesi ». Per il futuro
quindi nessuna dipendenza da
chiese più ricche e rapporti basati su un piano di parità reciproca. Per i protestanti va bene, ma il Vaticano cosa dice?
Giuseppe Platone
'I,a Stampa, sabato 6.3.1982.
^ La RopnI)blica del 3.12.1981 e
7.I2.’81.
^ Pace c guerra, ii. 4. febbraio 1982,
Rap|)orto Cina. pp. 56-69.
* Il Ponte, XXXVII. n. 9, settembre
1981. R. Rastrelli, La didicilc immagine (Iella Cina dopo il jiroee.sso. pp.
833-831.
■' Pace e guerra, cil., p. 66.
’’La Vie Protestante, n. 8. 26 février
1982.
'Panorama, n. 825. 8 febbraio 1982,
(( Una muraglia per Wojtyla », p. 69.
® Gilbert Etiemble, Connais.son.s-noiis
la Cbinc?. Paris 1964: trad. it. il Saggiatore. Milano 1972, pp. 202 ss.: Cattolicesimo in Cina, in Ricerche bibliche e religiose, UT trimestre 1981. Facoltà biblica internazionale, pp. 261 ss.
® Le christianisme au XX*^ siècle, n.
36, sept. 1981, dossier « En Chine, des
Chrétiens», di Frédéric Dclfoye, p. 5 ss.
Eco/Lucc, 4 gennaio 1980, « Chi
è K.H. Ting » di E. Campi, p. 5.
u One World, n. 73, ,Tan./Feb. 1982,
«Canada : Chinese church leaders etc.»
di Arne Sovik, p. 3 ss.
8
8 ecumenismo
26 marzo 1982
LIMA: I LAVORI DELLA COMMISSIONE « FEDE E COSTITUZIONE » DEL CONSIGLIO ECUMENICO
Dalla cristianizzazione airevangelizzazione
Un episodio della violenta cristianizzazione degli Inca mette in rilievo i due volti che presenta oggi il cattolicesimo latino-americano: il volto ancora coloniale delle masse battezzate ma non evangelizzate e quello delle comunità di base
Si narra che nel 1533 il cappellano del generale Pizarro, Vincente de Vaiverde, offrì la Bibbia al re Inca Atahualpa — che
era stato fatto prigioniero dagli
spagnoli — chiedendogli di abbracciare la fede cristiana e di
riconoscere la sovranità di Carlo V. Le due cose, allora, andavano insieme : cristianizzare ed
estendere l’impero di Carlo V.
Atahualpa sdegnosamente rifiutò: prese la Bibbia in mano e la
buttò per terra. Più tardi venne
condannato a morte. Ma prima
di essere strangolato, fu battezzato. Questo episodio — ricordato dal segretario generale del
CEC Philip Potter nel discorso
rivolto all’assemblea plenaria dì
« Fede e Costituzione » a Lima
— è emblematico e riassume
drammaticamente tutto un tipo
di cristianizzazione del continente latino-americano (o di parte di esso ) : una cristianizzazione forzata, imposta dai nuovi
padroni — la religione dei vincitori imposta ai vinti. Non pochi popoli e culture latino-americane sono state effettivamente
« battezzate e strangolate » dai
loro conquistatori. Perciò l’America Latina (o larga parte di essa) costituisce oggi — sul piano
religioso — una realtà paradossale: da un lato è il continente
più cristiano, o meglio più cattolico del mondo ; dall’altro è ancora considerato ed effettivamente è una terra di missione.
Non già perché certe tribù dell’interno non siano ancora state
raggiunte dal messaggio cristiano, ma perché la cristianizzazione attuata nel continente rappresenta l’esempio più cospicuo —
nella storia della missione — di
cristianizzazione senza evangelizzazione. « Missione » qui significa non tanto conversione dei
pagani al cristianesimo ma conversione dei cristiani all’Evangelo. Anche in Europa è così, anche l’Europa — in questo senso
•— è tutta terra di missione. Ma
in America Latina lo si avverte
in maniera più acuta. Ma — ed
ecco un altro paradosso — proprio in questa terra di missione,
è sorto in questo ultimo decennio il fenomeno delle comunità
cristiane di base, che rappresentano senza dubbio uno dei fenomeni più significativi del cristianesimo contemporaneo. Ci sono
dunque due volti del cristianesimo e in particolare del cattolicesimo latino-americano : il volto — potremmo dire — ancora
coloniale delle masse battezzate
ma non evangelizzate, e quello
— potremmo dire — post-coloniale delle comunità cristiane di
base — come esse stesse amano
definirsi.
Bibbie aperte
Il sintomo più vistoso del carattere coloniale del cattolicesimo di massa in questo continente è la sua incapacità — fino a
oggi — a produrre i propri quadri: in Perù, come in altri paesi
latino-americani, la grande maggioranza dei preti non è peruviana o indigena, proviene dall’Europa o dall’America del
Nord. Quando una chiesa non
riesce a produrre i propri quadri, vuol dire che qualcosa non
va: la vita religiosa della gente,
per quanto intensa, è fondamentalmente passiva. In un quadro
di questo genere non nascono
ministeri. Solo in anni recenti la
situazione sembra stia cambiando. Dopo il Concilio è notevolmente migliorata la qualità del
lavoro pastorale, anche nel cattolicesimo tradizionale. Vi ha in
parte contribuito — sia pure indirettamente — la rapida espansione in questi ultimi vent’anni
delle chiese evangeliche, in particolare delle chiese pentecostali, nelle quali l’esperienza carismatica si accoppia a un intenso studio della Bibbia.
Una domenica siamo andati,
in piccoli gruppi, a visitare le
varie chiese di Lima. Il nostro
gruppo ha partecipato al culto di
una comunità pentecostale. Il locale era una specie di grande
anfiteatro, assolutamente spoglio
di qualunque segno cristiano
(neppure un versetto, o una croce), affinché fosse chiaro che il
tempio di Dio è solo la comunità di uomini e donne, non il
luogo. Gran folla, ma soprattutto un gran numero di Bibbie
aperte: è questo che più mi ha
colpito — più del parlare in lingue, che in un certo clima appare abbastanza normale. Quella serie di Bibbie aperte in mano
a gente umile di ogni età ha acquistato ai miei occhi il valore
di Un simbolo : l’opera delle chiese evangeliche è qui essenzialmente un’opera di alfabetizzazione cristiana di base. Per questo, probabilmente, esse hanno
conosciuto una notevole espansione : la gente, cristianizzata ma
non evangelizzata, ha sete di
Evangelo.
Irruzione del povero
Il secondo tipo di cattolicesimo — presente in alcuni paesi
dell’America Latina — è quello
che volentieri chiameremmo
post-coloniale e che trova la sua
espressione ecclesiale tipica nelle « comunità cristiane di base ». In America Latina esse non
sono ai margini della chiesa cattolica (come lo sono, in modi e
gradi diversi, in Europa) ma ne
sono una parte importante anche se minoritaria. Alcune comunità di base sono vere e proprie parrocchie; altre sono gruppi di animazione cristiana che
operano indipendentemente dalle parrocchie pur essendo parte
integrante del corpo ecclesiale.
Quali sono i tratti salienti di
queste comunità?
1) Il fatto fondamentale è
quello che Gustavo Gutierrez
(uno dei maggiori teologi di questo tipo di cattolicesimo) ha
chiamato — nel corso di una conferenza all’assemblea di « Fede e
Costituzione » — 1’« irruzione del
povero » nella coscienza della
chiesa. Il povero che irrompe
non è una figura ideale (come
nella tradizione monastica in cui
la povertà è scelta come stile di
vita) ma è un personaggio storico in carne ed ossa (per il quale
la povertà è anzitutto una condizione materiale che gli è stata
imposta). L’irruzione del povero
gli conferisce un nuovo posto e
Un nuovo ruolo nella chiesa: egli
cessa di essere oggetto di carità
e diventa soggetto di storia. Anche nella riflessione teologica
succede una svolta : Dio viene
concepito e vissuto sempre me
no come presupposto e sempre
più come sfida: sfida alla chiesa
e al mondo così come sono. Il
povero è colui che, in concreto,
lancia questa sfida. Una chiesa
in cui i poveri non contano difficilmente sentirà la sfida di Dio,
cioè la sua stessa realtà: avrà a
che fare con un Dio addomesticato (nei sacramenti o nell’istituzione), cioè con un idolo. Per
questo — secondo Gutierrez —
« l’opzione per i poveri è teocentrica ». Questo discorso sull’irruzione del povero nella coscienza della chiesa (o di parte di essa) fa tornare in mente quei
gruppi di credenti (tra gli altri,
i primi valdesi) i quali scelsero
la qualifica di « poveri » per identificarsi come cristiani: i Poveri
di Lione, di Lombardia, etc.
2) Il nuovo rapporto con il
povero conferisce alla chiesa
una nuova fisionomia. E’ una
chiesa costruita a partire dai
non invitati della storia. Non
dunque una chiesa dei poveri in
senso esclusivo e settario, ma
una chiesa a partire dai poveri,
in senso inclusivo ed aperto. I
poveri sono la maggioranza del
popolo, la sua « base », appunto.
Queste comunità sono dunque
profondamente radicate nella
realtà popolare. Qui non mancano, talvolta, equivoci o semplificazioni : « popolo » e « popolo
di Dio » possono — nella coscienza comune e anche nella riflessione teologica — sovrapporsi,
confondersi, perdersi l’uno nel
Echi dal mondo
cristiano
a cura di Renato Coïsson
Corea: domenica
dei diritti deH’uomo
(SPR) — Ultimamente la Chiesa Presbiteriana di Corea ha vissuto una « Domenica dei diritti
detl’uomo ». Il messaggio del moderatore, la liturgia, le preghiere, una lista di prigionieri politici presbiteriani ed altro materiale sono stati inviati a tutte le
comunità. Le preghiere intercederanno non soltanto per i membri di Chiesa ma anche per tutti
coloro che operano per la giustizia e per i diritti e che soffrono per aver avuto il coraggio di
sostenere le proprie convinzioni.
Presbiteriani USA
per la pace
(SPR) — « In questi ultimi mesi la Chiesa Presbiteriana Unita
ha dimostrato a larga maggioranza nella sua Assem’olea Generale,
nei Sinodi e nelle altre assemblee a vari livelli, il suo desiderio
che l’attuale situazione nucleare fra gli Stati Uniti e l’Unione
Sovietica venga congelata » ha
dichiarato il Moderatore dell’Assemblea Generale in una lettera
indirizzata a tutti i pastori della
sua Chiesa. « Per costruire una
attitudine a favore della pace,
abbiamo bisogno di essere spiritualmente forti ». I pastori vengono inoltre invitati ad assumere volontariamente un impegno
di digiunare tutti i lunedì fino
al 21 giugno, di pregare per la
pace e di ricercare almeno una
volta alla settimana l’occasione
di parlare ad altri cristiani « per
trovare i passi utili da fare per
giungere ad una pace mondiale ». La lettera termina: «Uniamoci, non per orgoglio spirituale, ma nella certezza che Dio non
vuole la distruzione della terra
che ha creato con un atto di
amore. Esprimiamo la nostra
convinzione che il nostro Signore Gesù Cristo è il Principe della Pace ».
Giappone: direttive
per la missione
(SPR) — Di fronte alle ripetute richieste di missionari da parte di chiese d’Asia, d’Africa e dell’America Latina, la Chiesa Unita di Cristo in Giappone (Kyodan) ha invitato le comunità a
riflettere sull’invio o sul ricevimento di missionari.
Questa riflessione si muove
su queste direttive :
Invio di missionari: 1) Invio
di collaboratori delegati dalla
Kyodan per affrontare insieme
i problemi che queste chiese hanno di fronte; 2) Approfondire la
comunione con le chiese di quei
paesi d’Asia in cui la penetrazione economica giapponese si fa
sentire per cercare ciò che le
chiese giapponesi dovrebbero intraprendere per rendersi solidali con le lotte e le difficoltà di
queste chiese; 3) Inviare personale qualificato nei paesi in via
di sviluppo per partecipare agli
sforzi delle chiese locali per portare i loro membri verso uno
sviluppo autonomo; 4) Inviare
collaboratori nei paesi sviluppati per cercare di assumere insieme le responsabilità comuni, te
nendo conto dei successi e degli
insuccessi della storia della Kyodan; 5) Inviare pastori nelle
chiese giapponesi all’estero per
nutrire spiritualmente i cristiani e renderli capaci di portare
l’e vangelo della riconciliazione
là dove si trovano.
Ricevimento di missionari :
1) Ricevere del personale d’oltremare con particolari talenti per
lavorare in campi di azione non
ancora esperimentati dalle chiese giapponesi; 2) Ricevere persone da altre chiese d’Asia perché valutino il lavoro delle chiese giapponesi da un punto di vista asiatico; 3) Ricevere persone capaci di lavorare in équipe
con dei giapponesi nel campo
dell ’evangelizzazione, dell ’educazione e del lavoro sociale; 4) Ricevere persone che possano rappresentare la loro propria chiesa lavorando insieme e condividendo gli sforzi delle chiese giapponesi, e a loro volta possano
fare partecipi le loro chiese delle esperienze fatte per contribuire a costruire la comunione
della chiesa universale.
Brasile: cresce
lo studio teologico
(SPR) — Si è aperta recentemente la seconda Facoltà di teologia della Chiesa Presbiteriana
del Brasile a Londrina che si
aggiunge alla vecchia facoltà di
San Paolo diventata insufficiente.
Nel 1983 si aprirà una terza
facoltà a Fortaleza nel NordEst del Brasile.
Algeria: ricostruzione
di El-Asnam
(Soepi) — Il 4 febbraio scorso
ha avuto luogo l’inaugurazione
di 3 centri ambulatoriali e di una
clinica costruiti con i fondi raccolti dal CEC e dalla Cimade,
in Francia.
Alla nuova El-Asnam, ricostruita dopo il terremoto, è stato dato il nome di Ech-Cheliff.
l’altro. Nessuna forma di chiesa è al riparo da possibili sbandamenti o infedeltà — neppure
le comunità di base. D’altra parte in loro non si riscontra la dissociazione tipica di tanto cristianesimo tradizionale tra vita di
fede e impegno per la giustizia.
Visita ad una
comunità di base
Abbiamo visitato una delle
tante comunità di base disseminate nella sterminata periferia
di Lima. L’impressione è stata
largamente positiva. Le linee di
forza del loro lavoro sembrano
essere tre :
a) La comunità di base rivive nella propria storia le storie
bibliche di liberazione del popolo da parte di Dio; la storia biblica non è solo imparata e ripetuta ma, in certo modo, rivissuta ; essa acquista così una attualità straordinaria; incide nel
vivo della storia di questa gente; entra a far parte integrante
della sua esperienza di fede. La
comunità di base, insomma, vive quello che crede e crede quello che vive.
b) L’opera fondamentale svolta dai sacerdoti insieme a molti
altri collaboratori e responsabili laici è un’opera di coscientizzazione, umana e cristiana, reli.giosa e politica insieme. E’ un
fenomeno di crescita parallela
su due piani, che m realtà ne
formano uno solo ; prendere coscienza di sé come cristiano responsabile e come soggetto politico sono due aspetti di un unico processo. Ad esempio, siamo
stati ricevuti, nel cuore di una
barriada di periferia, da un « club
delle madri» (creato, tra l’altro,
da un team ecumenico locale),
che costituisce un tipico spazio
di coscientizzazione popolare.
Sulla porta della « casa » ( chiamiamola così) che ci accoglie
sta scritto ; « Bienvenidos hermanos [= fratelli] ecumenicosi ». Qui un gruppo di donne
imparano a stare insieme, a parlare ( anche di sé ! ), a esprimersi,
a discutere, a essere se stesse, a
essere, semplicemente! Consapevolezza umana e politica e coscienza cristiana maturano insieme. Per la comunità di base,
in sostanza, evangelizzare non
vuol dire anzitutto sacrament alizzare ma coscientizzare,
c) Nel quadro della chiesa di
cui fanno parte, le comunità di
base si comprendono come un
soggetto di evangelizzazione del
resto della comunità cristiana,
non certo nel senso di proporsi
come chiesa-modello da imitare
ma nel senso di porre alla cristianità contemporanea alcuni
problemi di importanza vitale,
come ad esempio : il rapporto
tra fede e giustizia, il ruolo del
povero nella storia della salvezza, il nesso tra libertà cristiana
e liberazione socio-politica, e così via. In sintesi si potrebbe dire
che il cristianesimo post-coloniale, come prende forma nelle
comunità di base di taluni paesi
latino-americani, può essere riassunto in due parole-chiave : « giustizia e preghiera », Sono queste
appunto le due parole che quasi 40 anni fa, dal fondo del carcere in cui era rinchiuso, Dietrich Bonhoeffer scandiva quando cercava di immaginarsi in
qualche modo il cristianesimo
del futuro. Esso — prevedeva
Bonhoeffer — sarebbe consistito essenzialmente in due cose :
giustizia e preghiera. Oggi, qualcosa di questo orogramma sembra si stia realizzando nelle comunità di base latino-americane.
Paolo Ricca
(2 - cojitimia)
9
26 marzo 1982
cronaca delle Vaili 9
COMUNITÀ’ MONTANA VAL PELLICE
Politica
locale
Cosa sta succedendo nella Comunità Montana Val Pellice? Le
notizie che si leggono sui giornali, le voci che si sentono in giro
forniscono un quadro poco rallegrante della situazione. Anche
l'ultima seduta del Consiglio ha
fatto registrare un’ ulteriore
"escalation" della tensione e dello scontro politico ormai in atto
da tempo tra maggioranza e minoranza.
Non voglio entrare qui nel merito delle questioni politiche che
sottostanno a questo clima incandescente. Purtroppo, su alcuni punti specifici, l’opposizione
DC ha ragione, nel senso che ha
la legge dalla sua parte (vedi per
esempio la questione del collocamento oppure i numerosi vizi di
procedura nelle delibere, ecc.).
Ma appunto perché è risaputo
che oltre trenta anni di potere
hanno reso la DC maestra nell'arte di gestire il potere, sarebbe
saggio da parte della maggioranza di sinistra di evitare il più possibile di prestare il fianco a certe
critiche che a lungo andare rischiano di sfiancarla e di rendere ingovernabile l’Ente. Perché
qui, come al livello nazionale, la
cosiddetta governabilità non è
tanto un problema di rapporto di
forze quanto di sete di potere
da parte della DC, la quale diventa isterica quando si trova all’opposizione: infatti, la DC senza
il potere è come un’orfanella; il
potere è il suo humus naturale,
la sua vera identità. La migliore
prova di ciò è data dal comportamento dei rappresentanti DC ad
ogni seduta del Consiglio: l’arroganza strafottente con la quale
intervengono ad ogni pié sospinto, l’ostruzionismo sistematico,
l’attdare e venire dall’aula, lo
scherno, sono altrettanti segni
che si qualificano da sé e sono
una dimostrazione vivente del
modo tutto particolare della DC
di intendere la democrazia.
Stando così le cose, mi sembra
che la maggioranza di sinistra ha
non solo una responsabilità politica ma anche morale. Deve dimostrare che l’unico suo compito è di amministrare la cosa pubblica con onestà, competenza, dinamismo, coinvolgendo la popolazione nelle sue scelte. Deve insomma governare. E non gestire
il potere, che è qualcosa di ben
diverso per non dire opposto.
Va dato atto all’attuale Presidente — indipendente di sinistra — di essere del tutto estranea ai giochi di potere, ai compromessi, alla politica intesa in
senso machiavellico. Lo stesso
vale per la maggior parte dei
consiglieri di maggioranz.a, e
questo e di buon augurio. Ma di
fronte all’arroganza democristiana e alla sua sistematica distorsione e strumentalizzazione dei
fatti (emblematica a attesto riguardo la vicenda dell’Ospedale
Mauriziano), la maggioranza dovrebbe dar prova di maggiore incisività e di maegiore avvedutezza, onde non rimanere bloccata
dai continui tranelli che le vengono tesi dalla DC locale. Inoltre
dovrebbe stare attenta ad un pericolo, forse già in atto, che potrebbe esserle fatale: la trasformazione dell’Ente in una macchina burocratica, sproporzionata
rispetto all’entità e ai bisogni del
territorio, e che rischia di sfuggire al controllo democratico dei
cittadini. Il che .sarebbe infinitamente più grave che sfuggire al
controllo di potere della DC.
Jean-Jacques Peyronel
Clima "caldo” in consiglio
Era molto atteso il Consiglio
della Comunità Montana che si
è svolto il 15 marzo perché si
aspettava di conoscere le conclusioni a cui era giunta la maggioranza dopo le dimissioni dell’Assessore Osvaldp Fornero ed il ritiro di quelle del Consigliere
Sergio Davit.
Il Presidente della Giunta si è
limitato all’inizio della seduta a
comunicare la convocazione della Conferenza dei Sindaci per il
23 marzo e dei capigruppo consiliari per il 6 aprile, in vista dell’esame delle variazioni da apportare allo Statuto e l’esame del
Regolamento U.S.L. predisposti
dall’ufficio di segreteria e dalla
Giunta.
Immediata è stata la reazione
della minoranza che ha preannunciato l’assenza dei Sindaci dei
Comuni di fondovalle alla conferenza. Forse è stata una ritorsione alla mancata risposta del
Presidente ai problemi posti sul
tappeto dai Sindaci di Lusema
S. Giovanni, Bricherasio e Bibiana nella lettera indirizzatagli
tempo addietro.
Con gli interventi di Celeste
Martina e Claudio Bonansea che
si sono susseguiti fino a tarda
ora costringendo il Consiglio a
rinviare ad altra seduta una parte dell’o.d.g., la minoranza ha
respinto il metodo adottato dalla Giunta nel lavoro di preparazione del Regolamento U.S.L. e
delle modifiche dello Statuto
perché sono stati ignorati in questa fase procedurale sia i capigruppo che i rappresentanti della minoranza.
Tra votazioni palesi e a scrutinio segreto non è stato facile il
compito del Presidente nel portare in porto i punti dell’o.d.g.
riguardanti la designazione dei
Consiglieri rappresentanti il Comune di Torre Pellice, le dimissioni dell’Assessore Fornero, che
dovevano divenire immediatamente esecutive per passare poi
alla nomina nella Giunta dei Consiglieri Mario Sibille e Bruno
Gottero indicati dalla maggioranza.
Il Consigliere P. C. Longo, capogruppo P.S.I., ha fatto notare
che questo è il primo passo per
ricondurre il Consiglio sui binari
di un confronto più costruttivo
fra le forze presenti in Consiglio e per il superamento di molti problemi sollevati da tempo
dalla minoranza, in parte giusti
ed altri ingiusti, come la piena
funzionalità della Giunta, la regolamentazione deirU.S.L., la costituzione delle Commissioni ed
il lavoro dello stesso Consiglio.
Longo ha poi invitato i presenti
a confrontarsi politicamente sulle scelte lasciando da parte le
liti personalistiche e di fare ciò
negli oi'gani rappi'esentativi della Comunità Montana.
A questo intei-vento è seguito
un imprevedibile e duro attacco
della minoranza che è uscita dal
riserbo mantenuto fin qui nei
confronti del P.S.l. per ribadire
la sua opposizione a questa soluzione di una crisi latente da mesi c di cui si erano fatti portavoce gli stessi capigruppo con
le interviste rilasciate al nostro
giornale. La soluzione trovata
non è il rilancio della Comunità
Montana voluto e auspicato dalla minoranza che richiedeva e
continua a richiedere una verifica politica del programma e della gestione. E’ stata invece un’invfersione di tendenza per allontanare sempre di più una Giunta unitaria in cui trovasse rappresentanza anche l’altra metà
della popolazione della valle.
Solo al termine del tardivo intervento della prof. Franca Coisson, che ha spiegato le molteplici innovazioni allo Statuto,
modificabili con l’apporto delle
prossime Conferenze dei Sindaci
e dei capigruppo, che permetteranno il varo del Regolamento
U.S.L., la regolamentazione delle
Conferenze dei Sindaci e dei capigruppo e la costituzione delle
varie Commissioni, la minoranza
ha attenuato il suo frontale attacco, rammaricandosi che il
Presidente non abbia aperto i lavori del Consiglio con queste argomentazioni di natura politica.
Con questi strumenti, nel rispetto dei ruoli della maggioranza e della minoranza, anche que
st’ultima troverà lo spazio richiesto ed il confronto, con le opposte forze politiche, si rivelerà costruttivo se, nello stimolante la. voro che attende tutti, si avrà
come obiettivo l’unitarietà delle
risposte da dare alla popolazione da Bobbio Pellice a Bibiana,
non per esercitare il « potere » fine a se stesso, né il suo clientelismo.
Alla prof. Franca Coisson deve
essere riconosciuta la fermezza
nel tenere in mano il timone del
governo della Comunità Montana la quale è vissuta fra difficoltà di natura politica, amministrativa e finanziaria, per portare avanti i problemi primari della sanità ereditati dalle ex Mutue e dare la risposta che la gente attendeva.
Gli strumenti di lavoro che la
Comunità Montana si darà riflettano lo spirito unitario in cui la
valle vuole progredire nel rispetto delle proprie identità politiche, religiose e sociali.
Antonio Kovacs
REFERENDUM SULLE LIQUIDAZIONI
Difendere il salario
« Il referendum sulle liquidazioni si deve fare » questo lo slogan propagandato nel pinerolese dai militanti di Democrazia
Proletaria che sono andati davanti alle principali fabbriche a
raccogliere firme per un appello a Pertini perché fìssi la data
del referendum e per dire la loro opposizione ai vari progetti di
legge che vogliono evitare il voto del referendum.
A Giampiero Clement, membro del consiglio di fabbrica della Riv di Villar, abbiamo posto
alcune domande sul significato
del referendum proposto da DP.
— Cosa chiedete col referendum? ^
— In poche parole vogliamo
che nella liquidazione vengano
conteggiati anche gli scatti di
contingenza. Fino al ’77 era cosi, poi con la legge 91 questi scatti non vengono più conteggiati.
— Ma lo scopo di questa legge non era quello di ridurre l’inflazione e mantenere l’occupazione? Scopi che richiedevano
sacrifici ma positivi per l’insieme dei lavoratori?
— Purtroppo questi scopi non
sono stati raggiunti perché i soldi accantonati e quelli risparmiati dal padronato sono andati in
investimenti tecnologici che hanno espulso la manodopera quando non sono stati esportati all’estero e investiti altrove.
— Si dice che se passa il referendum il costo per l’economia
italiana sarà altissimo : 25 mila
miliardi.
— Secondo i nostri calcoli si
tratta di 15 mila miliardi che però non verranno dati tutti in un
colpo perché non tutti sono licenziati o vanno in pensione nello stesso momento. E’ una cifra
Pinerolo:
verso l’isola pedonale
Le commissioni urbanistica e
lavori pubblici hanno esaminato
alcune proposte degli uffici tecnici per realizzare un’area pedonale nel centro storico cittadino.
Secondo le commissioni dovrebbe essere presto realizzata
una zona che comprende le vie
del Pino, Savoia, Trento (parte),
piazza S. Donato, via Duomo.
Con questo progetto si viene
incontro alle richieste di una
parte dei commercianti del centro storico e si compie un primo passo per ima riqualificazione di questa zona della città.
comunque considerevole, ma è
anche considerevole il fatto che
in Italia si stimano a 30 mila miliardi i capitali che vengono
esportati ogni anno all’estero.
Inoltre questi soldi dati ai lavoratori stimoleranno per esempio il settore delle costruzioni
edili, perché è noto che molti lavoratori usano della liquidazione per comperarsi o farsi aggiustare la casa.
— Perché siete contrari al progetto del Governo?
— Perché restituisce solo una
piccola parte di quanto è stato
tolto ai lavoratori nel ’77 e poi
perché introduce un principio
diverso. Le liquidazioni diventano in questo progetto un fondo
per il finanziamento delle imprese. La Cassazione invece ha più
volte stabilito che le liquidazioni sono « salario » differito del
lavoratore e deve quindi essere
lui a decidere cosa farne. Per
questo non crediamo che il progetto del governo eviterà il referendum.
SS
Gli avvisi da pubblicarsi in questa rubrica debbono pervenire in tipografia
entro le ore 9 del lunedì precedente
la data di pubblicazione del giornale.
Segnalazioni
Comitato per la pace
TORRE PELLICE — Lunedì 29 marzo
alle ore 21, presso il Salone Comunale
(Viale Rimembranza) si terrà una riunione dei Comitato per la difesa della
pace e per il disarmo Val Pellice. in
tale incontro si parlerà dell'organizzazione dei prossimi dibattiti, per cui è
importante che ogni ente locale, partito,
movimento, associazione o gruppo che
ha dato la propria adesione al Comitato, invii un suo rappresentante.
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10
10 cronaca delle Valli
26 marzo 1982
CONFERENZA A PINEROLO
Verso un progetto “giovani”
Dopo tre incontri di consultazione avvenuti nel municipio di
Pinerolo nel corso degli ultimi
mesi, si è voluto aprire il problema giovanile in forma più
esplicita ai direttamente interessati, in maggioranza studenti, e perciò è stata indetta una
assemblea nell’Auditorio del Liceo Scientifico nel giorno di sabato 13 marzo. Vi hanno partecipato alcuni consiglieri comunali, l’assessore Arbinolo come
moderatore, il presidente della
Provincia di Torino, Maccari, e
alcune centinaia di persone, per
lo più studenti dei vari Istituti
superiori pinerolesi; mancava
però l’assessore alla cultura e
non si può davvero dire che i
rappresentanti del Liceo fossero
molti.
« Oggi è necessario un discorso nuovo, i giovani sono stanchi
di ipocrisie, vogliono fatti ». Con
questa affermazione iniziava il
suo discorso l’assessore Arbinolo che avrebbe proseguito con
l’elencazione di una serie di dati
statistici sul numero dei giovani di ambo i sessi nel Comprensorio Pinerolese. Dopo, il consigliere Richiardone ha preso la
parola citando come esempio il
« progetto giovani di Torino
1980-85 », si è quindi passati agli
interventi che sono stati circa
15; i primi venuti al microfono
eranq rappresentanti di gruppi
di giovani riunitisi per confrontare le idee e fare delle proposte in merito.
In primo luogo è stato detto
che il comune per varare un
progetto giovani deve prima conoscere i loro problemi e i loro rapporti con la società. In
un secondo momento sono stati
sollevati i problemi della musica
e del teatro, che coinvolgono una
vasta fascia di persone; uno degli interrogativi era: perché il
comune non ci dà dei locali per
suonare, ascoltare, registrare la
musica e recitare?
È stata poi rilevata l’impor-'
tanza della formazione di alcuni
centri di cultura tra cui un centro stampa, uno di documentazione, uno fotografico per Tinformazione di tutta la popolazione pinerolese e dei dintorni.
Un intervento è stato fatto pure
da un rappresentante della PGEI
che, dopo aver presentato le caratteristiche della federazione e
aver chiesto notizie sulle modalità di formazione di una consulta già accennata nei precedenti incontri in municipio, ha
espresso Fopinione che non è
possibile operare una trasformazione, ridefinire la propria vita, senza partire dal proprio essere. Non si può pensare di ricostruire una identità solo sulla
base di proposte di lavoro; non
sono cose che devono arrivare
dall’esterno, ma devono arrivare
dagli interessati.
C’è stato poi un intervento da
parte del Fronte della gioventù,
giudicato non di contenuto, ma
da comizio, che non s’è attenuto al tema.
La proposta di un progetto di
lavoro che include la partecipazione di operatori che lavorino
su questo, è partita dal Preside
dell’Istituto Buniva e poi sostenuta da altre persone. L’asse.s
MANIFESTAZIONE A PINEROLO
Solidarietà con il
popolo di El Saivador
Un momento della conferenza sui problemi dei giovani a cui hanno
partecipato oltre 400 pinerolesi. Mancavano però i giovani lavoratori.
sorato deve tener conto del fatto
che nelle scuole vi sono delle
strutture, anche se carenti, mentre i giovani disoccupati non ne
sono forniti; è giusto fare una
distinzione tra giovani studenti
e no?
A questo punto, ormai all’ora
di pranzo l’Auditorio si è iniziato a svuotare, fino a rimanere in
poco più di una trentina. Gli
interventi si sono fatti più concisi e si sono stretti i tempi; la proposta di un’inchiesta sulla condizione sociale dei giovani, la notizia di un’altra conferenza del
genere per settembre, l’affermazione che ci deve essere un rapporto di collaborazione tra docenti e studenti che poi deve svilupparsi all’esterno, si sono susseguite in pochi minuti.
Ripresa la parola l’assessore
Arbinolo ha affermato che almeno per il momento si è partiti con il piede giusto, che la
consulta che si farà, affronterà
i problemi sollevati la stessa
mattina e che si propone di provvedere alla creazione di un sistema di documentazione, «centri
culturali, musicali ecc ». Si provvederà inoltre ad allargare ai giovani la partecipazione alla consulta e verrà inserita una cifra
consistente per iniziare questo
lavoro.
« L’Amministrazione è abbastanza soddisfatta » è la frase
con cui l’assemblea è stata dichiarata chiusa con gran sollievo
di quegli, ormai pochi, affamati
partecipanti,
Daniele Griot
Ha interessato circa un migliaio di persone la manifestazione di solidarietà col popolo di
El Salvador che si è svolta sabato scorso a Pinerolo.
Con gli studenti
Al mattino gli studenti delle
scuole superiori hanno discusso
della situazione salvadoregna
con .lorge Hernandez, 22 anni,
studente ed esule in Europa da
6 mesi.
Precedute da un audiovisivo
del Comitato piemontese di sostegno alla lotta del popolo di
El Salvador che illustrava assai
bene la storia recente del paese
e da un discorso dell’esule salvadoregno, le domande degli studenti sono state precise : qual è
la piattaforma politica del Pronte di liberazione, quali sono le
prospettive della lotta. Non è
mancata la polemica tra uno studente DC e altri di orientamento marxista che ha forse stancato gli altri studenti.
Intervista pubblica
Al pomeriggio- nel centro sociale della Tahona gli intervenuti hanno potuto interrogare Jorge Hernandez sui temi concreti
del ruolo dell’Unione Sovietica,
di Cuba e degli Stati Uniti nella
crisi centroamericana e salvadoregna in particolare, sul ruolo
della chiesa cattolica, sulla natura sociale e politica del fronte di liberazione.
SARA’ REGOLAMENTATO La serata
Il poligono del Frioland
Sabato 13 marzo si sono incontrati, nel Salone Comunale
di Luserna S. Giovanni, i Sindaci della Valle interessati (mancavano quelli di Bibiana e Bobbio Penice), il Vice-Presidente
della Comunità Montana Val Pellice, un Funzionario dell’Assessorato Pianificazione della Regione Piemonte e due rappresentanti delle Forze Armate, per
concordare una bozza di convenzione (la 1“ in Piemonte) che
dovrà regolare i rapporti tra le
Amministrazioni locali e le Forze Armate.
Tale convenzione dovrebbe avere la durata di sei anni, stabilire le modalità di uso del
territorio e i rimborsi per sgombero del Poligono, ai pastori e
ai cavatori.
È stata ribadita da parte dell’esercito la volontà di mantenere
gli impegni presi in varie precedenti riunioni, da cui discende
che:
— il poligono non sarà usato
dall’1.7 al 15.9 di ogni anno,
fermo restando l’impegno a
non usarlo, quando compatibile con le esigenze militari, oltre il 15.6 (quest’anno si
sparerà sul Frioland dal 15 al
24 settembre);
i rimborsi prevederanno anche il risarcimento ai pastori
. dei danni derivanti dalla mancata produzione (latte e formaggio) e, dietro presentazione di ricevuta, delle spese per l’acquisto di foraggio
(sia fieno che erba);
■ verrà garantita l’assistenza
veterinaria per esigenze che
potessero verificarsi durante
le operazioni di sgombero del
Poligono;
- verranno realizzate basi di
appoggio per coloro che debbono lasciare l’abitazione;
■ verr.anno ripristinate le strade danneggiate dal passaggio dei mezzi dell’Esercito e
risarciti i danni alle colture;
- convenzioni particolari saranno stipulate con i Comuni di
Lusernetta e Bibiana, in quanto, essendo zone di schieramento dei pezzi, si dovranno
prevedere apposite piazzole e
strade di accesso.
(Inf/Comunità Montana
Val Penice)
La sera all’Auditorium del liceo scientifico, un cantante esule in Francia, José W. Arnijo,
Jorge Hernandez, e il rappresentante del FMLN-FDR in Italia, Ernesto Lopez, hanno dato
uno spaccato dei problemi politici e sociali del paese che soffre da cinquant’anni una repressione spietata.
Approfittando della presenza
di questi tre salvadoregni a Pinerolo, abbiamo posto loro alcune
domande sull’attualità politica
del loro paese:
— Per quale ragione il FMLNFDR si oppone alle elezioni del
28 marzo prossimo?
— Perché esse non sono libere
e si svolgono in un clima di
guerra civile, con parti del paese controllate e amministrate direttamente dalle forze rivoluzionarie. Ci opponiamo a queste elezioni, non alla pratica elettorale, pratica che giudichiamo positiva perché il nostro popolo si
deve finalmente esprimere sul
terreno politico e del consenso:
ciò che da sempre è stato negato dalle oligarchie e dalle forze
armate.
— A quali forze si rivolge il
FMLN-FDR per una soluzione
politica del conflitto?
— La premessa per una soluzione è la mobilitazione internazionale per far terminare il genocidio del popolo. Poi noi cer
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chiamo un accordo con tutte le
forze politiche democratiche del
Salvador e coi gruppi militari
non compromessi con l’attuale
Giunta.
— Qual è il contributo che noi
italiani possiamo dare per una
soluzione politica de! conflitto?
— Innanzitutto l’isolamento internazionale della Giunta. Per
questo è indispensabile che l’Italia ritiri il proprio ambasciatore a San Salvador e poi l’aiuto
materiale e politico che ci viene
da manifestazioni come questa,
dalle forze giovanili, dalla sinistra e dai sindacati.
La mozione del
Consiglio comunale
La sera precedente anche il
consìglio comunale aveva discusso della questione e approvato
aH’unanimità questo ordine del
giorno :
Il Consiglio Comunale di Pinerolo,
di fronte alla drammatica
situazione di El Salvador che ha
le sue origini in una struttura
sociale ingiusta, fatta di sfruttamento e di soprusi,
a conoscenza che in quel
Paese negli ultimi due anni sono
stati uccisi oltre 30.000 civili ed
in particolare che ad El Mozote
sono stati massacrati oltre 900
civili dalle forze armate
CONDANNA
la violazione del diritto alla vita
ed il disprezzo per l'uotno e la
democrazia
ESPRIME
tutta la sua solidarietà ad un popolo che da oltre 50 anni paga
con le sue sofferenze questa
drammatica situazione e che si
trova oggi vittima di una feroce
guerra civile
CHIEDE
al Governo Italiano di assumere
tutte le iniziative e te misure idonee per far cessare in quel Paese
10 staio di violazione dei diritti
umani e civili; in particolare invita il Governo Italiano a valutare l'opportunità di ritirare il
proprio ambasciatore presso la
Repubblica di El Salvador, in
analogia a quanto già fatto dai
governi della C.E.E., fino a quando non verranno tutelati i diritti
civili ed umani in quel Paese.
RICORDA
all'opinione pubblica che il ripetersi dei massacri dei civili in El
Salvador, unitamente ad altre
violazioni dei diritti umani, costituisce un grave attacco alle
iniziative per raggiungere la pace nel mondo e ìa pacifica convivenza tra gli uomini.
IMPEGNA
11 Sindaco a trasmettere il presente ordine del giorno al Presidente del Consiglio dei Ministri
ed al Ministro degli Esteri affinché compiano i passi necessari
per l’affermaz.ione della democrazia e della libertà nella Repubblica di El Sttlvador, oggi .soffocale nel sangue.
(.Approvato aH’unanimità dal
Consiglio Comunale nella seduta
del 19 marze; 1982).
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26 marzo 1982
cronaca delle Vaili 11
PRESA DI POSIZIONE DELLA PARROCCHIA DI SAN LAZZARO AVVISI ECONOMICI
No ai supplenti di religione
La circolare del Provveditore agli studi che ha disposto che vengano assegnati supplenti per l'insegnamento della religione nella scuola elementare laddove l'Insegnante titolare si avvalga della facoltà di non insegnarla, fa discutere. Pubblichiamo un documento della
parrocchia cattolica di San Lazzaro di
Pinerolo.
« Abbiamo appreso che, in base alla circolare del 27 gennaio
scorso inviata dal Provveditorato di Torino ai Direttori Didattici, sono stati nominati i cosiddetti ’’supplenti” per l’insegnamento della religione cattolica
in quelle classi in cui l’insegnante dichiara di non impartire detto insegnamento.
Questo è avvenuto per ora nel
4“ Circolo e precisamente nei
plessi scolastici di Pinerolo (Via
Giovanni XXIII), Cantalupa,
Frossasco e Cumiana: sono stati
nominati 5 supplenti con un orario che va da 13 a 17 ore settimanali. Le supplenze sono iniziate il 17 febbraio, festa della
libertà per i Valdesi.
In proposito desideriamo fare alcune osservazioni ed avanzare alcune richieste.
A) Ecco le osservazioni.
1 ) La nomina dei supplenti
ci fa ritornare ad una situazione biecamente confessionale,
riaffermando la legge del 1928 in
un momento di transizione per
il concordato e di largo dibattito
anche in campo cattolico.
2) Questo blocca tante possibilità di ’’sperimentazione”, nelle
quali si cercava dì prefigurare
il nuovo affrontando lo studio
del fatto religioso in modo correttamente laico.
3) Sappiamo benissimo che
dietro tutto questo c’è l’Ispettore per l’insegnamento religioso
della Diocesi di Torino, don Frittoli, il quale ha fatto ripetute
pressioni sul Provveditorato e
sullo stesso Ministero dell’Istruzione; però c’è anche una precisa responsabilità del Vescovo e
dell’Ufficio catechistico di Pinerolo, sollecitati dalTA.I.M.C. (Associazione Italiana Maestri Cattolici) locale.
4) La nomina di questi ’’supplenti” per l’insegnamento della
religione sta causando delle situazioni incresciose; i genitori
infatti in certe classi hanno immediatamente chiesto l’esonero
per i figli, in quanto si sono sentiti offesi da questa procedura,
che per altro avviene a norma di
legge. Si determina comunque
un atteggiamento di ostilità sempre più forte nei confronti dell’insegnamento religioso, che
renderà molto diffìcile una maturazione nella linea della laicità.
5) La nomina dei ’’supplenti”
costituisce un notevole onere finanziario per lo Stato e facilita
la corsa al posto di insegnante
di religione (stipendio, punteggio, senza che sia necessario un
titolo di studio specifico), come
sta già avvenendo per le scuole
medie inferiori e superiori.
6) La cosa in sé è un fatto
grave sul versante ecumenico e
sul versante dell’incontro con la
cultura laica: mentre le Chiese
Valdesi e Metodiste hanno portato a termine le ’’Intese” e mentre i cattolici dovrebbero lottare per una soluzione laica dei
rapporti tra Stato e Chiesa (revisione del Concordato), non
possiamo invocare una normativa del 1928 e poi presentarci
agli altri con la ’’faccia” ecumenica.
B) Chiediamo quindi
1) Che il Vescovo e l’Ufficio ca
techistico di Pinerolo si dissocino da Torino.
2) Che la Diocesi di Pinerolo
sì rifiuti di indicare dei nomi di
’’supplenti” e favorisca tutte le
sperimentazioni in atto (es. Torre Penice, Prarostino, Scuola
Collodi di Pinerolo, ecc.) e ne faciliti di nuove.
3) Che la Diocesi di Pinerolo
si batta per una soluzione veramente laica dell’insegnamento
del fatto religioso, anche in relazione alla revisione del Concordato.
4) Che si faccia con urgenza un
incontro per valutare la situazione: a questo incontro siano
presenti tutte le parrocchie, i
gruppi, le comunità, le componenti della scuola, l’A.I.M.C., i
rappresentanti della Chiesa Valdese, ecc.
Qualora questo incontro non
venga fatto tempestivamente,
cercheremo di promuoverne uno
noi con tutte le realtà disponibili di Pinerolo e del Pinerole
DIBATTITO
“Lo Stile valdese”
Sullo stile architettonico delle
chiese valdesi, su cui ha recentemente scritto il prof. Gönnet (v.
l’Eco n. 9 del 26.2) ci fu, per
l’esattezza, un dibattito in Sinodo nel 1954, promosso da un
gruppo di delegati che presentarono un programma per la costruzione di diversi nuovi edifici di culto. Sull’argomento ci
fu, in particolare, un intervento
assai lungo e dettagliato del
prof. Valdo Vinay che si soffermò, fra l’altro, anche sulla tinta che si sarebbe dovuta dare
alle pareti e sul come e quali
versetti si sarebbero dovuti
iscrivere su di esse.
Un breve intervento del pastore Alberto Ribet, vicemoderatore, a un certo punto tagliò e
chiuse la discussione: « Senza
mezzi la discussione è inutile »
recita il verbale della seduta,
mentre della discussione non riporta praticamente nulla, probabilmente perché appunto considerata inutile!
In verità, da quanto appare
dalla breve nota del Gönnet sullo stile dei templi valdesi e ancor più dalle dettagliate e perti
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nenti osservazioni contenute negli articoli di Lina Conte, da lui
citati, ci sono soprattutto elementi storici da evocare per uno
studio sull’argomento. In effetti i
templi valdesi furono, dentro e
fuori, condizionati da eventi del
momento, di vario peso storico,
come le decisioni di Chanforan,
le guerre e vicende politiche che
investirono le Valli dal ’500 all’800, o la larghezza di mezzi
disponibili (v. Roma con le vetrate del Paschetto), o l’inffuenza degli architetti (v. lo stile floreale del Rutelli o il disastroso
panteon di Pramollo), o ancora
le difficoltà opposte dalle autorità (Pinerolo).
In conclusione direi che uno
stile architettonico valdese non
esiste. C’è. se mai, l’influenza
di uno stile di vita del popolochiesa, incline alla semplicità
non disgiunta da un certo pragmatismo (del resto biblico nel
senso che né i campanili né le
vetrate hanno valore nell’adorazione di Dio), su cui si potrebbe
epilogare, che ha, più che altro,
un riflesso occasionale e contingente sugli edifici ecclesiastici
e comunitari.
Indagando sulle abitazioni si
giungerebbe verosimilmente alle
stesse conclusioni. Nei più vecchi
templi, come il Ciabas, non c’era
nemmeno il pulpito, ma un palco
in muratura da cui parlare: il
minimo indispensabile per raccogliersi al riparo e ascoltare la
Parola. Così nelle case non c’erano se non ambienti abitabili:
niente scale, né corridoi, né locali igienici. Ogni stanza aveva
il suo caminetto, unico mezzo di
riscaldamento e di sopravvivenza nel freddo. Per raggiungere
il o i piani superiori,‘una scaletta di legno esterna da una
« galleria » all’altra. I locali igienici erano di solito lontani, su
qualche ruscello e comunitari:
una semplicità del tutto simile
alle abitazioni trogloditiche abitate ancora 50 anni fa nel sud
della Tunisia o nel nord della
Tripolitania. Oggi, (causa le crociere, il turismo, la TV?) si vedono tutti gli stili, nordici, equatoriali, rustici o solo strani e
brutti, conformi comunque di
più alla moda che a uno stile e
condizionati dalla moneta disponibile. Anche questo è in parte
riflesso di tempi in cui libertà
non significa libera scelta di una
regola ma cancellazione di ogni
regola, e non in architettura soltanto.
G. A. C.
Pro Asilo Valdese
di Luserna San Giovanni
Doni pervenuti nel mese di gennaio
L. 82.000: In mem. di Jourdan Enrico, i vicini di casa della sorella e
del papà.
L. 100.000; Malacrida Telma (Milano);
Monastier Laura, in mem. di Linette
Monastier; Charles Sohupbach (RiehenSvizzera); Rita Alimonda, fiori in mem.
di Rosa Cattaneo (Genova).
L. 110.000: In mem. di Jourdan Enrico,
i vicini di casa.
L. 150.000: Bongardo Norberto (Alzate
E.); Albarin Biancamaria e Daniele, in
mem. di Bruno Albarin (Roma).
L. 500.000: In mem. di Enrico Pons, la
figlia Giovanna (Zurigo): Dorcas della
Chiesa Valdese di Torino.
L. 804.376: Lascito di un cittadino
Svizzero tramite la Chiesa Evangelica
di Coira.
L. 5.545.000: Doni I.C.A. 1981 per restauro (Genève).
Doni pervenuti nel mese di febbraio
L. 5.000; Lilia Malacrida (Como); N.
N. (Como).
L. 10.000; Reynaud Lea (ospite Asilo); Maria Perrello, in mem. di Salvarani Matilde (ospite Asilo); Maria Perrello, in mem. della mamma; Elide Cesan Ricca, in mem. del marito; Coucourde Giulio (Pinerolo); Visentin Maria, in mem. del marito (ospite Asilo);
Juliette Marauda ved. Balmas, in mem.
di Louise Cambellotti.
L. 15.000: Genre Elvira, in mem. del
marito Talmon Enrico (Pinerolo); Rina
Tourn Balestra, in mem. di Matilde
Salvarani.
L. 20.000: Genre Bianca, in mem.
di Mariot Tron Bertolino; Gay Enrico,
in mem. di Jourdan Enrico; Comba
Fiorella, in mem. di Liline Beux (Pomaretto): Rostagno Edoardo e Alina, in
mem. di Jourdan Enrico; Germaine e
Ernesto Bonjour, in mem. di Jourdan
Enrico (Torre Pellice); Long Nadina,
in mem. di Jourdan Enrico (Torre Pellice); Coisson Lidia e Ripamonti Maria, in mem. di Jourdan Enrico; Adele
e Eugenio Long, in mem, di Egle Raisi
in Lodi; Gaydou Maddalena, in mem. di
Liline Beux (ospite Asilo); Paimira e
Ester Grill, in mem. del cugino Daniele e figlio Rinaldo.
L. 25.000: Margherita Jalla, in mem.
di Liline Beux.
L. 30.000: Emilia Monti, in mem. di
Guido Plavan (ospite Asilo): Emilia
Monti, in mem. di Matilde Salvarani;
Emilia Monti, in mem. di Pontet Durand
Giovanna.
L. 50.000: Frache Ida, in mem. di
Jourdan Enrico; Martini Etisia: Bruna
e Giorgio Benigno, in mem. di Guido
Plavan; Luigi e Maria Jourdan. in memoria del nipote Jourdan Enrico; Unione Femminile di Torre Pellice: Margherita Jalla, in mem. dei suoi cari; Rita
Pavarin, in mem. di Giacomo Pavarin
(Rivoli): Bor'ous Irene, Silvia e Renata, in ricordo dei loro cari (Pinerolo): Chiavia Stefano (ospite Asilo); Elena Ippolito Ayassot, in mem. del marito (Roma).
L. 60.00D: I compagni di reparto di
Umberto Plavan, in mem. di suo padre
Guido Plavan.
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Via Arnaud, 4
TORRE PELLICE
« Io mi confido in te, o Eterno,
Io ho detto: tu sei VIddio mio.
I miei giorni sono in tua manoy)
(Salmo 31: 14).
Con lucida consapevolezza, dopo una
paziente attesa delPìncontro con il suo
Salvatore, è mancata all’affetto dei suoi
cari
Berta Gönnet ved. Gardiol
di anni 81
Ne danno il doloroso annuncio la figlia Ive con il marito Carlo Alberto
Theiler, la cognata, i nipoti, i cugini
e parenti tutti.
Prarostino, 14 marzo 1982
Un pensiero riconoscente al personale medico e paramedico dell’Ospedale
Valdese di Pomaretto, ai pastori Marco
Ayassot e Cipriano Tourn, alla signora
Lina Long, a tutti i parenti e gli amici che l’hanno amorevolmente assistita
durante i lunghi mesi di degenza e a
tutti coloro che hanno espresso la loro
solidarietà e simpatia con la presenza
e con gli scritti.
RINGRAZIAMENTO
« Nel giorno ch’io t’ho invocato
ti sei avvicinato; Tu hai detto:
Non temere »
( Lamentazioni 3 : 57).
I familiari del compianto
Guido Cesali
Ringraziano sentitamente quanti hanno partecipato al loro dolore.
In modo particolare ringraziano il
dott. De Bettini che gli è stato fraternamente vicino.
Torre Pellice, 14 marzo 1982.
f( Ho sempre posto VEterno davanti agli occhi miei ».
(Salmo 16: 8).
Venerdì 12 marzo è deceduta la Signora
Vera Viti ved. Vinçon
Ne danno il mesto annuncio: il fratello Vittorio, il cognato, le cognate, i
nipoti, i pronipoti, i cugini.
Un vivo ringraziamento alla signora
direttrice della Casa dì riposo di S. Germano Chisone, per averla accolta, seguita, assistita affettuosamente, e alla
famiglia di Giovanni Bounous per averla aiutata e sorretta.
S. Germano Chisone, 15 marzo 1982.
USL 42 - VALLI
CHISONE-GERMANASCA
Guardia Medica:
Notturna, prefestiva, festiva: telefono 81000 (Croce Verde).
Guardia Farmaceutica:
DOMENICA 28 MARZO 1982
Ferrerò; FARMACIA VALLETTI - Via
Monte Nero, 27 - Tel. 848827.
San Germano Chisone: FARMACIA
TRON - Telef. 58766.
Ambulanza:
Croce Verde Perosa: tei, 81.000
Croce Verde Porte: tei. 201454
USL 43 - VAL PELLICE
Guardia Medica:
Notturna: tei. 932433 (Ospedale Valdese) .
Prefestiva-festiva: tei. 90884 (Ospedale Mauriziano).
Guardia Farmaceutica:
DOMENICA 28 MARZO 1982
Torre Pellice: FARMACIA MUSTON,
i/ia Repubblica, 22 - Tel. 91328.
Ambulanza:
Croce Rossa Torre Pellice: telefono 91.288.
USL 44 ■ PINEROLESE
(Distretto di Pinerolo)
Guardia Medica:
Notturna, prefestiva, festiva; telefono 74464 (Ospedale Civile).
Ambulanza:
Croce Verde Pinerolo: 22664.
12
12 uomo e società
26 marzo 1982
ASSEMBLEA NAZIONALE DEI COMITATI PER LA PACE
Giornata di iotta nazionale
indetta per il 4 aprile
PRIMA E DOPO IL PARTO
Maternità e
femminismo
L’appello finale approvato dall’assemblea — tenutasi a Comiso, in Sicilia, il 6 e il 7 marzo —
indice,per il 4 aprile «una giornata di lotta nazionale con manifestazione centrale a Comiso,
contro l’installazione dei missili
nucleari, per il disarmo ad Est
e ad Ovest, contro l’aumento delle spese militari, per il superamento dei blocchi e l’autodeterminazione dei popoli » e impegna
le forze politiche che aderiscono
al movimento a dar corso a « una
coerente battaglia politico-parlamentare contro l’aumento delle
spese militari, per la riconversione dell’industria bellica, per
la difesa del diritto all’obiezione
di coscienza » e a presentare
agli enti locali mozioni per la denuclearizzazione dei loro territori. Invita inoltre i comitati ad
allargare il dibattito, a scambiarsi esperienze e informazioni,
a coordinarsi in ogni modo.
Un buon documento, specie se
si considera che l’assemblea da
cui è scaturito non ha nascosto
le contraddizioni che il Movimento per la pace e il disarmo
sta attraversando in Italia. Il
dato più significativo emerso dal
dibattito — sviluppatosi non
tanto nei momenti formali dell’assemblea, ma soprattutto nel
corso di una riunione notturna
che ha raccolto nella « hall » di
un albergo di Ragusa un buon
numero di delegati — è stata la
contrapposizione, parzialmente
ricomposta nell’appello finale, fra
comitati di base e organizzazioni minori da una parte e PCI e
FOCI dall’altra.
Sono state proprio queste due
forze — che pure hanno dato un
contributo importantissimo alle
manifestazioni dell’autunno, partecipando in massa e sopportando il grosso delle spese organizzative — ad opporre la resistenza più tenace alle sollecitazioni
delle organizzazioni minori, che
richiedevano loro un maggior
impegno non solo sulla questione Comiso, ma su tutte le tematiche ad essa collegate (grosso
modo, quelle citate nell’appello
finale), nonché un maggior impegno nelle varie situazioni locali, a sostegno di quella batta
Comitato di Redazione; Franco
Becchino, Mario F. Berutti, Dino
Ciesch, Niso De Michelis, Giorgio
GardioI, Marcella Gay, Aurelio Penna, Jean-Jacques Peyronel, Roberto
Peyrot, Giuseppe Platone, Marco Rostan, Mirella Scorsonelli, Giulio
Vicentini, Liliana Viglielmo.
Editore; AlP, Associazione Informazione Protestante - Torino.
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FRANCO GIAMPICCOLI
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intestato a « La Luce: fondo di solidarietà », Via Pio V. 15 - Torino,
« La Luce »: Autor. Tribunale di
Pinerolo N. 176, 25 marzo 1960.
« L'Eco delle Valli Valdesi »: Reg.
Tribunale di Pinerolo N. 175, 8 luglio 1960
Stampa: Cooperativa Tipografica
Subalpina - Torre Pellice (Torino)
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glia per l’informazione nella quale pure la Federazione Giovanile
Evangelica (FGEI) sta spendendo le sue energie migliori.
Sul primo fronte hanno prevalso le organizzazioni minori,
come l’appello dimostra; sul secondo non c’è stato verso di
spuntarla.
I maggiori contributi sono venuti dal Veneto e dall’Umbria
(dove esistono coordinamenti regionali funzionanti), dal Lazio,
dalla Sardegna e dalla Sicilia. Né
i comitati piemontesi, né quelli
lombardi hanno risposto all’appello congiunto del Comitato romano « XXIV ottobre » e di quello di Comiso. Questo dato non è
molto grave, dato che era già
stata prevista una nuova assemblea nazionale per domenica 21
marzo a Roma. Preoccupazione,
invece, ha suscitato la scarsa partecipazione di comitati provenienti dalle regioni meridionali
del continente, assenti anche per
carenze organizzative (non tutti
i comitati erano stati invitati).
La partecipazione
evangelica
La partecipazione evangelica è
stata assai scarsa. Hanno parte
cipato solo un rappresentante
della FGEI, il pastore e un altro membro della Chiesa valdese di Pachino, due membri della
Chiesa valdese di Riesi — uno
dei quali ha presentato il programma del Convegno ecumenico internazionale che si terrà a
Comiso dal 30 maggio al 2 giugno — accanto a fratelli cattolici delle Comunità di base del ragusano.
Al di là della bontà dell’appello finale, in conclusione, e al di
là del numero dei partecipanti
(comunque notevole: almeno 300
persone) restano alcuni dubbi
sulla effettiva consistenza di questo Movimento, a cinque mesi
dalla manifestazione di Roma.
La giornata del 4 aprile appare
decisiva per le sue sorti. Alcuni
paesi europei (Germania Occidentale, Olanda, Spagna) hanno
già assicurato l’invio di delegazioni alla manifestazione di Comiso. Lo stesso hanno fatto le
regioni del Nord e del Centro
Italia rappresentate all’assemblea. È evidente, però, che il
più dello sforzo dovrà essere
sostenuto in Sicilia.
Vediamo di darci da fare anche noialtri evangelici, pur sapendo di contare poco da un punto
di vista numerico.
Bruno Gabrielli
Doni Eco-Luce
ABBONAMENTI SOSTENITORI
Basilea: Bertschi Bertaccini Teresina.
di Pasquale Cristina, Milesi Arturo,
Vetter Valter — Borgio Verezzi: Pensione Valdese — Catania: Carco Antonio — Gonegliano: Calassi Ampelio —
Diano Marina: Volpi Elio — Lana: Von
Sontagh Peter — La Spezia: Sacoomani Gino — Firenze: Massa Francesco
— Mestre: Scorzan Ballico Ernesta —
Milano: Scrivani Emilia, Vidossich Bona — Mirabello: Zarotti Luca — Pinerolo: Eynard Sergio — Pino Torinese:
Vidossich Giorgio — Roma: Pennington,
Gönnet G. — Savona: Olivieri Paolo
— Torre Pellice: Chiavia Crespo Mirella, De Bettini Ada — Torri del Benaco: Kesserling Clara — Treviso: Busetto Angelo — Verona: Mica Ruggero, Menegatti Elena — Villar Pellice:
Lazier Alberto.
DONI DI L. 1.000
Abbadia: Poët Rinaldo — Angrogna:
Bonnet Gino — Bagnacavallo: Longanesi
Giovanni — Chiotti: Micol Emma —
Cavour: Masera Giocondina — Cantù:
Quaglia Giuseppe — Champepraz: Durand Armando — Domodossola: Lops
Giuseppe — Inverso Porte: Bertalot
Italo — Lusernetta: Toscano Ferruccio — Luserna: Cedrone Gianfranco
— La Spezia: Stretti Eugenio — Fratta
Maggiore: Marchesa Rossi — Genova:
Conterno Lorenzo, Cougn Giovanni —
Mantova: Pognani Elvina — Monticelli:
Zauli Guido — Milano: Milanese Matilde, Decker Luciano, Querci Mercedes — Osasco: Gilli Ignazio — Perrero: Pascal Livio, Chiesa Valdese, Poët
Lauro, Massel Aldo — Prali: Grill Germano — Pinerolo: Malavaso Prandino
Giorgina, Breuza Elena, Vinçon Bartolomeo, Montaldo Anna, Rostagno Sorrento. Valentin! Umberto — Prarostino: Robert Piero — Roma: Galiucci
Rolando, Bruno Domenica. Pavone Maria — S. Giacomo Schiavoni: Di Toro
Esterina — S. Secondo: Bourne Melania, Coucourde Elisa — Sesto Fiorentino: Camporesi Giuseppina — Torre
Pellice: Jahier Mary, Taglierò Franco.
Parboni Goffredo, Gay Lidia, Ayassot
Caterina, Bertin Savina, Sappe Denise,
Chauvie Emma — Torino: Gatti Fiammetta, Geymonat Nello. Papurello Luciana, Varese Iolanda, Bertinotti Costa Lea, Maniero Colla Carolina, Bounous Renata — Villar Perosa: Forneron
Alessandro — Villar Pellice: Bouissa
Clementina, Albarea Cellina — Villastellone: Olivero Fernando — Vado Ligure: Armosin Maria.
DONI DI L. 2.000
Busto Arsizio: Campagni Piero —
San Secondo: Beltramone Paolo, Genre
Pietro — Savona: Servettaz Delia —
Serre: Bounous Maria.
DONI DI L. 2.500
San Secondo: Brosio Ines.
DONI DI L. 3.000
Basilea: Faltermann Mariuccia —
Torino: Avondet Amilcare.
DONI DI L. 4.000
Pomaretto: Balma Claudio.
DONI DI L. 5.000
Losanna: Meyland Lupi Simone —
La Chaux de Fonds: Past. Lebet —
Hühl: Liebscher Lucia — Marslet:
Wilhjelm — Milano: Sansoni Laura —
Pregassona: Otto Rauch — Wald: Dolda — S. Maria Capua Vetere: Storino
Mario.
DONI DI L. 6.000
Bassignana: Pallavidini Piera — Basilea: Kunzier Emil — Campobasso:
Lemme Antonio — Foggia: Carota Lina
— Beinasco: Genre Aldo — Cinisello:
Machitiello Emilio — Caldine: Cesari
Massa — Perosa Argentina: Pons Arturo, Rostan Gino — Pordenone: Cognovatto Edda — Riclaretto: Massel
Ettore — S. Secondo: Fornerone Attilio — Pallanza: Fuhrmann Aldo ■—
Rinasca: Maurino Claudio — Torino:
Riehie Tommaso, Jouvenal Roberto —
Torre Pellice: Rivoira Alessandro —
Trossieri: Massel Clot Enrichetta —
Villar Pellice: Cairus Emma.
DONI DI L. 8.000
Catania: Caflisch Silvia •— Pinerolo:
Rivoira Franco — Porte: Fornerone
Guido.
DONI DI L. 11.000
Genova: Rapini Luigi — Merano: Rostagno Guido — Villar Perosa: Bert
Olga.
DONI DI L. 13.000
Basilea: KrahenbuhI Christian, Schopf
Clara, Caggeggi Salvatore.
DONI DI L. 14.000
Prarostino: Rivoira Alessandro.
In memoria di Marcella Decker Giampiccoli;
L. 200.000: Neri, Pinzi e Bibi Giampiccoli.
L. 600.000: Unione Femminile di Bergamo (uguale cifra è stata versata dalla
stessa Unione al Fondo emeriti della
Tavola).
Qualche tempo fa si è parlato
dei problemi legati alla maternità, cercando di analizzare il
difficile rapporto tra donna e
ospedale; sovente le gestanti e
le neo-madri si trovano a fronteggiare difficoltà, pregiudizi e
luoghi comuni, anche al di fuori
dell’ambiente ospedaliero.
Il congedo
Osserviamo i) lato burocratico
della faccenda: attualmente la
donna incinta deve astenersi dal
lavoro nei due mesi precedenti
al parto e nei tre successivi; è
giustissimo che il datore di lavoro debba rispettare per legge
tali norme, credo però che la gestante dovrebbe poter decidere
liberamente se restare a casa o
no, e in quali periodi, a seconda
delle esigenze individuali. Molte
di noi lavorerebbero fino al nono
mese, per rimanere poi un po’
di più col bimbo una volta che
è nato, altre preferirebbero invece tornare all’attività consueta poco dopo la nascita, oppure
usufruire del congedo nei primi
mesi di gestazione che sono a
volte j più difficili; ciascuna sa
come si sente e dovrebbe avere
facoltà di scelta, gestire la propria salute è un diritto, nessun
apparato statale o burocratico
può stabilire quando il nostro
corpo richiede riposo oppure no.
Ad alcuni sembrerà strano, rna
per chi vive in una borgata o in
un paesetto un’occupazione extra-casalinga costituisce spesso
una fonte di gratificazioni, meritre cinque mesi di riposo obbligatorio continuo possono tradursi in isolamento e tristezza, da
cui derivano in seguito certe depressioni post partum per le quali si cercano complicate spiegazioni scientifiche; continuare a
svolgere il lavoro di sempre, uscire, discutere, può aiutare la gravida a non sentirsi soltanto un
contenitore, una chioccia che cova. Sarebbe bello dunque che chi
lo desidera potesse continuare a
lavorare e non dovesse restarsene a casa per forza durante l’attesa.
Dopo il parto
Nuove complicazioni sorgono
quando la neo-mamma decide di
riprendere l’attività esterna e di
cqltivare nuovamente interessi
personali: dopo il parto si tende a colpevolizzarla a livello di
parentado, inoltre gli asili nido
scarseggiano e non rispondono alle esigenze di lutti; in genere
aprono i loro battenti alle 8 e li
chiudono alle 16, a) massimo alle 18, e le madri che lavorano in
altri orari (turniste, infermiere,
negozianti, personale alberghiero) si trovano a mal partito, senza contare che aH’interno di queste strutture i bambini sono in
molti casi allevati in maniera un
po’ troppo spartana.
Parecchie cose richiederebbero
modifiche radicali: bisognerebbe
responsabilizzare anche i padri,
anche a loro dovrebbero essere
concessi eventualmente congedi
e orari ridotti quando arriva un
bebé; ci vorrebbero asili nido
più numerosi, a « misura di bambino », con personale competente e rispondenti alle necessità di
tutte le categorie e inoltre ogni
puerpera dovrebbe beneficiare
degli insegnamenti e dell’aiuto
pratico di assistenti domiciliari
specializzate come accade da anni all’estero. Troppi sono convinti che attraverso la gravidanza e
la prole la donna si realizzi totalmente e non necessiti di nient’altro; molte di noi in passato
hanno sacrificato alla famiglia
aspirazioni c dignità, per poi ritrovarsi, cresciuti i figli, sole e
demoralizzate, prive di scopi e di
interessi. Allevare un figlio impegna, ma è giusto che la donna
si dedichi anche ad altri compiti, lasciando il bambino libero a
sua volta di aprirsi al mondo
esterno, di intrecciare rapporti
con altri adulti, coi coetanei; si
arricchiranno entrambi più che
vivendo esclusivamente in simbiosi.
La mentalità corrente, le strutture burocratiche e sanitarie,
non si modificheranno da sole;
noi donne otterremo dei migliol'amenti soltanto se avanzeremo
proposte e richieste, con costanza (se necessario con insistenza)
e combattività.
Edi Morini
La trappola
dei princìpi
(segue da pag. 1)
alla disperazione e alla solitudine per il peso dell'omosessualità, il principio, nella sua rigidità
assoluta che non può conoscere
eccezione senza autodistruggersi
come tale, manifesta la sua fondamentale disumanità.
Essere discepoli del Signore
vivente significa invece raccogliere la sfida a vivere oltre i
principi. Cristo non è un principio e neppure la sostanza della
sua vita e del suo messaggio,
l’agàpe, l’amore che dona se stesso, è un principio. Perché manca all'agàpe la rigidezza inflessibile del principio: chi ama non
guarda alla coerenza, ma alla necessità di adattarsi al bene dell’altro.
Basta enunciare queste affermazioni per sollevare ansie e
dissensi che si esprimono spesso nell’accusa di essere corrivi
e lassisti, o peggio di aver fatto
del non-principio il proprio comf)do nuovo principio. Ma il metro, l’unico metro sul quale queste affermazioni accettano di es- ,
sere misurate è il rapporto di
comunione col Cristo: una ricerca continua, non facile, senza binari già tracciati, di cosa può
voler dire la sua agàpe nella situazione che stiamo vivendo qui
ed ora, quell’agàpe che può suggerire risposte diverse, che possono apfiarire difformi, confuse,
contraddittorie, come spesso succede quando si vuole « farsi ogni
cosa a tutti ». Non la coerenza e
l'identità è il sommo bene del
credente in Cristo, bensì il ra)>
porto vivente con Lui, che è la
matinee dell’agàpe.
Umiltà
Ma chi di noi ci riesce? E’ necessario riconoscere con umiltà
che sono solo « attimi della grazia » quelli in cui, nella nostra
vita, penetra talvolta la realtà
straordinaria dell’agàpe. Per il
resto, per noi come per tutti, il
sostegno di qualche principio
viene a sorreggere la nostra incapacità di camminare sulle acque incontro al Cristo. Ma qualunque esso sia, se la nostra fede in Cristo non è alienata e soffocata, lo sentiremo qua e là con
disagio come un corpo estraneo,
o per lo meno come qualcosa di
perennemente relativo. Secondo
quello che uno dei maggiori teologi del nostro secolo chiamava
il «principio (!) protestante»,
non potremo mai fare di un principio un assoluto, un idolo, un
Moloch. Sarà la nostra perenne
debolezza: ma anche, nella grazia, la nostra forza.
Franco Giampiecoli