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Anno 127 - n. 5
1° febbraio 1991
L. 1.200
Sped. abbonamento postale
Gruppo II A/70
In caso di mancato recapito rispedire
a : casella postale - 10066 Torre Pellice
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
GUERRA DEL GOLFO
Con le
maschere
antigas contro
la guerra
TEL AVIV, 24 gennaio,
con le loro maschere antigas
a tracolla — una normale precauzione presa in questi giorni
da tutti gli israeliani che escono di casa — parecchie dozzine
di attivisti per la pace israeliani si sono presentati davanti all’ambasciata americana, a Tel
Aviv, dove hanno tenuto una veglia di protesta contro la guerra del Golfo.
E’ stata la prima manifestazione del genere dallo scoppio
delle ostilità. Sui loro cartelli,
in arabo, ebraico e inglese, c’erano slogan come: «Fine della
guerra! », « Basta con i missili,
basta con i bombardamenti! »,
« No a Saddam, no a Bush, no
alla guerra! », « L’Iraq deve ritirarsi dal Kuwait; noi israeliani
dai Territori occupati! », « Cessate il fuoco immediato! », « Negoziati immediati! », « Conferenza internazionale di pace - ora! »,
« I Patriot possono salvarci la
pelle - solo la pace può darci
un futuro! », « No all’intervento
israeliano! », « Niente sangue
per il petrolio! », « Sicurezza =
pace! » e (rivolto a Washington)
« Non vogliamo essere le vostre
vittime! ».
La dimostrazione si è scontrata inizialmente con l’opposizione
della polizia, la quale affermava che la situazione d’emergenza significava l’automatica proibizione di ogni manifestazione.
I dimostranti hanno chiesto l’assistenza dell’avvocato Dan Yakir, dell’Associazione israeliana
per i diritti civili, e il parlamentare Tamar Gozanski, che partecipava alla dimostrazione, ha
raggiunto telefonicamente un alto ufficiale della polizia, il quale ha confermato che non era
intervenuto nessun cambiamento nella situazione legale e che
non c’era nessuna sospensione
dei fondamentali diritti democratici.
I dimostranti si sono dispersi nel pomeriggio, in tempo per
riparare nelle loro case prima
dell’attacco serale di numerosi
missili iracheni sulla città.
Gli organizzatori hanno mandato un messaggio di sostegno
e di solidarietà alla coalizione
delle organizzazioni per la pace americane per la loro manifestazione a Washington del 26
gennaio. Il messaggio diceva:
« Per noi, che viviamo sotto la
costante minaccia dei missili
iracheni, la fine di questa guerra folle non è soltanto una questione politica di principio, ma
anche di sopravvivenza fisica. Vi
auguriamo successo nella vostra
lotta contro la guerra, lotta che
consideriamo anche nostra ».
(comunicato stampa ricevuto il
24 gennaio, via fax da Tel Aviv,
da « The Other Israel » [l’altro
Israele'^, organo del Consiglio
israeliano per la pace israelo
palestinese).
HAI RINNOVATO
L’ABBONAMENTO?
INTERVISTA AD ADAM KELLER
Agire per la pace, ovunque
« Anche l’impegno contro la guerra può rappresentare una forma cJi solicdarietà con Israele »
Le divisioni dei movimenti pacifisti non risparmiano io stato ebraico - La « pax americana
Essere pacifisti, oggi, non è cosa facile. E’ pronta per tutti coloro
che invocano il cessate il fuoco l’accusa di essere disfattisti, di essere nei fatti alleati con chi ha violato il diritto intemazionale. Eppure la strada della pace è scelta da milioni di persone nel mondo,
in Italia, negli Stati Uniti, in Europa, in Israele.
Il nostro giornale cercherà di documentare le speranze dei costruttori di pace nelle varie situazioni mondiali. Cominciamo da
Israele. (G.G.)
^ Ecco la nostra prima domanda. Da quel che vediamo, a
Washington, in Germania e in altri paesi, nel movimento per la
pace emergono differenziazioni,
ed è importante capirle. Come si
presenta il problema in Israele,
ci sono difficoltà? Ce ne puoi parlare?
— Sì, ci sono difficoltà, perché
in Israele esiste sì un grosso mpvimento di gente che vuole una
pace tra israeliani e palestinesi,
che vuole che Israele si ritiri dai
territori occupati, che vuole parlare con TOlp, e su questi punti
il movimento per la pace è unito;
ma sulla questione della guerra
nel Golfo il movimento è profondamente diviso. C’è molta gente
che crede sinceramente che la
guerra degli Stati Uniti e dei loro
alleati contro Saddam Hussein
sia una guerra giustificata perché
Saddam Hussein è un orribile
dittatore e che si potrà avere pace nel Medio Oriente solo quando Saddam Hussein sarà eliminato.
— E sarebbero disposti a seguire Bush fino in fondo?
— Sì, arrivano anche a chiedere al movimento per la pace nel
resto del mondo di appoggiare
Bush.
— E questa posizione, nel quadro del movimento per la pace,
quali conseguenze ha nell'atteggiamento verso i palestinesi?
— Bene, sono sempre a favore
della pace con i palestinesi; criticano i palestinesi per il loro appoggio a Saddam Hussein, ma sono ancora a favore della pace e
sperano che dopo la guerra... beh,
diciamo che la loro speranza è
che dopo la guerra, dopo che gli
americani saranno usciti vincenti
dalla guerra, ci sarà una sorta di
pax americana in Medio Oriente
e che questa pax americana includerà anche la pace tra israeliani e palestinesi.
— Nel quadro di questa pax
americana?
— Sì.
— Voi siete contrari a questa
posizione?
— Sì.
— Quali sono queste forze, in
sostanza?
— Una gran parte di « Pace
adesso », i partiti Mapam e Ratz
[a sinistra dei laburisti, ndr],
il « Centro internazionale per la
pace in Medio Oriente » e le « colombe » del partito laburista
israeliano
— Una domanda che ci riguarda, adesso. In questi giorni c'è in
Italia una campagna di appello
alla solidarietà con il popolo
israeliano, a causa dei missili; il
problema è che non ci sia una
manovra per condurre alla soli
Gennaio 1991: operazioni militari nel Golfo.
darietà con la politica di Shamir.
E’ così?
— Sì, questo problema lo conosco, e vorrei suggerirvi una ri
LA SCELTA DI DIO
A favore dei poveri
\
« Il ladro non viene se non per rubare e ammazzare e distruggere; io son venuto perché abbian la vita e l’abbiano ad esuberanza » ( Giovanni 10: 10).
Sembrano esservi due soli personaggi in questo
breve versetto: il ladro e, versante opposto,
Gesù che parla qui in prima persona: "io".
Il ladro. E’ una parola forte, specie se è usata,
come aveva fatto Ezechiele (cap. 34) contro i pastori, i capi del popolo di Dio, che pascono se stessi
e non le pecore, che dominano con violenza e con
asprezza. , ■ . .
Ma ancora più forti sono i verbi che accompagnano la parola ladro: questo ladro non solo ruba,
ma ammazza, distrugge. Rubando, toglie le possibilità di vita e la vita stessa. Contrapposto al ladro,
c’è Gesù. Gesù non viene a togliere la vita, ma a
darla. « Io », invece, « io », al contrario del ladro,
sono venuto perché abbiano vita.
La vita data da Gesù è abbondante, in durata
e qualità, è piena, ricca, traboccante, senza misura.
La piccola parola che traduciamo « ad esuberanza » non è molto usata nel Nuovo "Testamento,
ma è usata in passi chiave. E il « di piu » che, aggiunto ai nostri sì e ai nostri no, è superfluo; è il
« di più », il vantaggio che i giudei hanno su tutti
gli altri; indica il « di più », il diverso, che caratte
rizza il comportamento dei credenti rispetto a quello dei pagani. In una forma appena diversa indica
quanto avanza dopo che le folle hanno mangiato,
a sazietà, i pani e i pesci.
Questa vita sovrabbondante è la promessa che
si è incarnata in Gesù Cristo.
Ma c’è un terzo personaggio nel versetto, quasi
nascosto dalla forma grammaticale: « io sono venuto, dice Gesù, perché abbiano vita, e /’abbiano
ad esuberanza ».
Di chi parla qui Gesù?
Parla delle stesse pecore che sono oggetto di rapina da parte del ladro. Il popolo — le pecore,
le persone che vengono tosate, divorate, distrutte
dai falsi pastori — non è neppure menzionato direttamente, compare attraverso un sottinteso, ma
è di lui che si tratta, è di lui che Gesù ha cura.
Le persone che hanno una breve « speranza di
vita» (come è perfido il linguaggio sociologico!),
le persone che si vedono tagliare l’erba sotto i piedi, le persone che vagano disperse per la noncuranza, o peggio, dei falsi pastori, vengono accolte
da Gesù, e il loro grido è ascoltato.
(Dal documento di Seoul, 1990, II affermazione:
« Affermiamo l’opzione di Dio a favore dei poveri »).
Sergio Ribet
sposta, una soluzione. Gli attacchi con i missili contro Israele
sono un crimine di guerra; un
terrorismo, e lo condanno esattamente come Tho condannato
quando le forze israeliane bombardavano il Libano; condanno ogni attacco contro la popolazione civile e naturalmente
lo sperimento di persona perché
la prossima bomba può anche cascarmi sulla testa. Sono anche
contro i bombardamenti sull’Arabia Saudita per esempio, ma occorre dire che opporsi ai bombardamenti su Israele non significa
che allo stesso tempo si debba
appoggiare il governo di Israele.
— Siamo d’accordo... Il problema esiste.
— Voglio dirvi com'è la situazione... Il fatto è che il governo
di Israele proprio in questo momento sta lanciando una politica
estremamente dura verso i palestinesi; dall’inizio della guerra
tutti i palestinesi nei territori occupati sono sotto coprifuoco, sono bloccati nelle loro case. Si può
dire che sia il popolo israeliano
che quello palestinese sono vitme di questa guerra, anche se in
modo diverso. La solidarietà con
Israele non significa che si debba
essere a favore della guerra ma il
contrario: se la guerra finisce,
subito, la gente in Israele non sarà più e.sposta al pericolo ogni
notte.
a cura di Sandro Sarti
(continua a pag. 12 ì
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documenti
r febbraio 1991
I PRINCIPALI DOCUMENTI SINODALI
Valdesi e metodisti di fronte alla guerra
Come sì è manifestato llmpegno delle chiese per
la pace in questi ultimi anni? Sottolineiamo « ultimi »,
perché andando indietro nel passato si scopre, talvolta
con stupore, che i Sinodi sono più volte tornati sulla
questione della pace, del disarmo, della guerra.
L’attuale rifiuto della guerra, particolarmente diffuso tra i giovani, di che cosa è latto? Si può, forse
un po’ frettolosamente, dire che essi rifiutano la guerra perché non hanno imparato a vivere con la morte.
a fare i conti, cioè, con una dimensione essenziale della nostra esistenza? O c’è dell’altro? I giovani, certo,
sono diversi; certe volte danno la sensazione di essere
più fragili di un tempo. Ma anche la guerra è cambiata. Mentre essa, per quanto distruttiva fosse, permetteva, una volta passata, la ripresa della vita, una guerra moderna rischia dì essere una distruzione totale e
permanente.
Le chiese hanno sostenuto lo sforzo di giungere a
relazioni di pace stabile tra le nazioni. Isoliamo, tra
tutta la tematica, la linea di riflessione legata alla pace così come si è sviluppata grosso modo negli ultimi
20 anni. 11 Sinodo, partito da un rifiuto della corsa agli
armamenti, ha progressivamente maturato altri elementi, come il collegamento tra pace e giustizia, la fame
nel mondo, la necessità di un dialogo con i politici,
l’ipotesi di un impegno personale contro la guerra operando l’obiezione fiscale.
Corsa agli armamenti
(61/SI/1972)
Il Sinodo, nel constatare che la
corsa agli armamenti assume un
ritmo sempre più spaventoso nel
suo costante aumento e che oggi
questo ritmo si aggira su di una
somma mondiale annua pari a
circa 120 mila miliardi di lire,
senza calcolare quelli spesi nel
campo della ricerca;
denuncia questa situazione come una delle più gravi violazioni
alla causa della giustizia e della
pace fra gli uomini; violazione
che viene a gravare particolarmente sui paesi sottosviluppati,
cui vengono sottratti in tal modo importanti aiuti;
invita le chiese e gli organismi
internazionali — quali il Consiglio ecumenico delle chiese e la
Conferenza delle chiese europee
— ad adoperarsi in ogni modo al
fine di contrastare onesta corsa,
in nome dell’amore di Cristo e
della sua opera riconciliatrice.
Impegno per la pace
(70/SI/1981)
Il Sinodò, considerando fondamentale per il cristiano l’impegno per la pace nel mondo, di
fronte al progressivo deteriorarsi
della situazione interneizionale, la
corsa agli armamenti ed il ruolo
determinante che l’Italia ricopre
nella produzione e vendita di armi nel mercato mondiale, raccogliendo l’invito dell’Assemblea
ecumenica di Nairobi e del Kirchentag di Amburgo, invita le
chiese a porre al centro della loro riflessione biblica e teologica
l’impegno per la pace, partecipando ad iniziative che già esistono
e promuovendo iniziative proprie
in vista di una necessaria informazione e sensibilizzazione; invita la Tavola a nominare una commissione con lo scopo di fornire
documentazione e raccogliere le
iniziative delle chiese in vista di
un ampio dibattito sinodale nel
1982.
Vivere senza le armi
(74/SI/1982)
Il Sinodo, nel riaffermare che
il messaggio di Gesù Cristo produce amore e non odio, spirito
di servizio e non di potenza, vita
e non morte e permette la costruzione di un mondo nuovo in cui
gli uomini sono fratelli;
nel confessare il colpevole ritardo per non aver fin qui testimoniato con sufficiente fermezza
contro l’aberrante politica degli
armamenti, afferma la propria
aspirazione a vivere senza la protezione omicida delle armi;
afferma che le vertenze internazionali — per risolvere le quali si
fa sempre più sovente ricorso alla guerra — devono essere composte con la reciproca comprensione e nello spirito di giustizia,
in antitesi alla politica di potenza e di sopraffazione;
ribadisce che gli armamenti
convenzionali, nucleari, chimici e
batteriologici costituiscono un
crimine contro l’umanità;
ritiene intollerabile che l’Italia
abbia accettato il progetto della
base missilistica di Comiso, oltre alle già esistenti servitù militari Nato e americane ed alle
centinaia di ordigni nucleari installati in varie zone del paese;
nel contempo denuncia il reale
pericolo che dalle centrali elettriche a fissione nucleare esistenti
nel mondo si possa ricavare del
materiale per scopi bellici;
nel prendere atto che il nostro
paese è al quarto posto della classifica mondiale dell’esportazione
di armi, auspica che venga avviato quanto prima un programma
di riconversione dell’ industria
bellica;
riconosce che l’obiezione di coscienza al servizio militare, alla
fabbricazione di armi e alla ricerca per scopi bellici è una scelta degna del massimo appoggio;
invita i genitori, gli insegnanti
e gli educatori a promuovere ed
a sviluppare nei fanciulli e nei
giovani l’educazione alla pace, alla nonviolenza, alla verità e all’amore per la giustizia;
nel constatare che le trattative
per il disarmo spesso non danno
frutti apprezzabili e che — comunque — non eliminano la possibilità di una catastrofe mondiale, afferma che la nolitica del
disarmo unilaterale è la sola possibile apportatrice di risultati
concreti;
invita tutte le confessioni religiose a prendere coscienza che
milioni di persone soffrono e
muoiono a causa degli armamenti, le cui spese immense impediscono lo sviluppo dell’uomo in
tante parti del mondo e sono un
attentato alla sua dignità;
auspica pertanto che nel prossimo futuro le chiese si impegnino sempre di più ad approfondire gli aspetti teologici della questione ed a promuovere iniziative
ecumeniche a favore della pace e
del disarmo, 'collaborando anche
con tutte quelle forze impegnate
su questo fronte.
Riconciliazione
(22/SI/1983) •
Il Sinodo eleva a Dio un’accorata preghiera perché la sua
pace ed uno spirito di riconciliazione sottentrino alle gravi tensioni internazionali che minacciano al mondo lo sterminio atomico, esortando tutte le chiese
valdesi e metodiste ad operare
concretamente in tal senso.
Fa propria la solenne condanna
emessa daH’Assemiblea del Consiglio ecumenico di Vancouver
sulla fabbricazione, l’uso e il dispiegamento delle armi nucleari.
Riconosce che la pace è incompatibile con l’ingiustizia e con lo
sterminio per fame di milioni di
esseri umani, reclamando un serio e fattivo impegno del nostro
paese per la salvezza di quei popoli del mondo costretti ad una
situazione di miseria.
Fa proprio il gemito delle popolazioni vittime delle guerre in
corso nei continenti di Asia, Africa, del Centro America, auspicando la liberazione da questo flagello.
Esprime solidarietà commòssa
a tutti i popoli che sono sotto il
giogo di regimi polizieschi e militaristi che soffocano le libertà
civili, paralizzano il movimento
dei lavoratori, incatenano le intelligenze e in più casi coartano
la libertà religiosa.
Chiediamo perdono a Dio...
(72/SI/1990)
Noi, deputati e pastori delle
Chiese valdesi e metodiste raccolti nel Sinodo, posti di fronte
alla gravissima emergenza internazionale provocata dall’invasione del Kuwait, mentre ci associamo alla condanna espressa da
molte nazioni, organismi internazionali e dal Consiglio ecumenico
nei confronti dell’aggressione irachena,
riteniamo che tra le ragioni
principali di questa crisi vi sia
l’egemonia esercitata per secoli
dal mondo occidentale nei confronti delle altre civiltà;
riconosciamo la responsabilità
delle chiese negli sviluppi storici
di una società fondata sulla disuguaglianza;
chiediamo perdono a Dio di
questo peccato storico;
ci impegniamo come cittadini e
come credenti a dare il nostro
contributo per la trasformazione
della mentalità dominante e per
il mutamento degli attuali orientamenti morali, culturali, economici e politici;
esprimiamo la nostra solidarietà a tutti quei musulmani, ebrei
e cristiani che condividono la ricerca di una soluzione ispirata a
criteri di pace, di giustizia e di
libertà ;
chiediamo che l’azione necessaria per ristabilire il diritto nel
Golfo Persico non assuma il volto di una guerra o di una crociata;
chiediamo che il diritto dei popoli all’autodeterminazione sia sostenuto da un’autentica giustizia
economica tra le nazioni e da un
progresso della democrazia e della libertà.
Lettera al Presidente del Consiglio
(26/SI/1983)
Il Sinodo delibera di inviare al
presidente del Consiglio dei ministri, on. Bettino Craxi, la seguente lettera sul tema della giustizia
e della pace:
Signor Presidente,
dal 24 luglio al IO agosto 1983
ha avuto luogo a Vancouver (Canada) la VI Assemblea del Consiglio ecumenico delle chiese, al
quale aderiscono più di 300 chiese, appartenenti alle grandi tradizioni cristiane (ortodossi, riformati, anglicani, luterani, metodisti, pentecostali, ecc.), in rappresentanza di circa 400 milioni di
credenti, sparsi nei cinque continenti.
In tale occasione è stata approvata all’unanimità una dichiarazione sulla pace e la giustizia,
nella quale viene fra l’altro affermato:
« Le nazioni del mondo hanno
bisogno di pace e di giustizia. La
pace non è soltanto assenza di
guerra. La pace non può essere
edificata sull’ ingiustizia. Essa
comporta un nuovo ordine internazionale, basato sulla giustizia
per ogni nazione e, all'interno di
queste, sul rispetto dell’umanità,
dono di Dio, e della dignità di
ogni individuo. La pace, come
c’insegna il profeta Isaia, è una
conseguenza della giustizia ».
« La produzione e l’installazione delle armi nucleari, così come
la loro utilizzazione, sono un crimine contro l’umanità. Pertanto
devono essere condannate sulla
base di motivazioni etiche e religiose ».
« E’ estremamente preoccupante il flagrante abuso del termine
"sicurezza nazionale’’ per giustificare la repressione, l’intervento
straniero ed il considerevole aumento dei bilanci per gli armamenti. Una nazione non può pensare di essere nella sicurezza fin
tanto che i legittimi diritti alla
sovranità ed alla sicurezza di altre nazioni sono ignorati o respinti. La sicurezza dunque è il risultato di un’azione comune di tutte
le nazioni. Ma non si può dissociare la sicurezza dalla giustizia.
Il concetto di "sicurezza comune"
delle nazioni deve coniugarsi con
quello di "sicurezza degli indivìdui". La sicurezza di un popolo
passa attraverso il rispetto dei
diritti dell’uomo, ivi compreso
il diritto all’autodeterminazione;
passa attraverso la giustizia sociale ed economica che ogni nazione deve garantire mediante il
proprio sistema politico ».
Per Quanto riguarda la questione degli armamenti nucleari, l’Assemblea di Vancouver afferma
inoltre:
« Una guerra nucleare non è né
giusta né giustificabile, in alcuna
circostanza, in alcun regime ed in
alcun sistema sociale. E’ ben poco
verosimile l’ipotesi che un conflitto nucleare di teatro rimarrebbe
tale. Perciò qualsiasi progetto di
utilizzazione delle armi nucleari
tattiche è pericoloso e come tale
deve essere categoricamente re
spinto ».
Il Sinodo fa proprie le dichiarazioni della VI Assemblea del
Consiglio ecumenico delle chiese
e le sottopone all’attenzione sua
e del governo da Lei presieduto.
Il Sinodo Le esprime la propria
profonda angoscia e preoccupazione circa l’installazione dei missili nucleari da crociera a Comiso.
Essi rappresentano un ulteriore
grave passo in avanti nella corsa
agli armamenti, costituiscono una
pericolosa minaccia per tutti i
paesi dell’area mediterranea ed
espongono l’Italia e la Sicilia in
particolare al rischio di rappresaglie atòmiche.
Per questo — riconoscendo nel
disarmo nucleare, e nel caso anche unilaterale, la via più coerènte con la nostra fede — ritiene
che tra i segni che si possono dare in tal senso, nel quadro della
collocazione internazionale del
nostro paese, vi è quello di raccogliere là proposta che proviene da
una parte consistente delle forze politiche dell’Europa occidentale: sospendere Vinstallazione
dei missili a Comiso ed adoperarsi contestualmente per una prosecuzione ad oltranza ed una
conciusione positiva della trattativa in corso a Ginevra. Ciò potrebbe essere il primo passo verso un reale processo di disarmo,
dai paesi della Nato a quelli del
Patto di Varsavia, per giungere
progressivamente fino alla completa eliminazione delle armi nucleari.
Pace
e giustizia
(66/SI/1985)
Il Sinodo, valutato positivamente il lavoro della Commissione per la pace e il disarmo nominata dalla Tavola, ribadisce la
piena validità ed attualità dell’atto 74/SI/82 e dunque la necessità
che l’impegno per la pace e la
giustizia rimanga uno degli impegni prioritari deH’attività delle
chiese;
considerate inoltre le difficoltà
in cui versano nella fase attuale
i movimenti per la pace e il notevole carico di responsabilità che
le chiese vengono di conseguenza
chiamate ad assumere, riconosce la necessità di precisare le
linee di tale impegno e di rafforzare le strutture di ricerca, di
elaborazione e di intervento in
questo campo;
invita la Tavola a nominare una
Commissione che curi;
1) il proseguimento della ricerca teologica sui temi della pace e della giustizia;
2) la ricerca e la raccolta di
dati, di esperienze, di riflessioni
riguardanti tensioni e conflitti,
processi di riarmo, strategie di
guerra e politiche di pace e cooperazione;
3) un aggiornamento il più
possibile costante e un coinvolgimento il più possibile allargato
delle chiese sulle questioni di
massima rilevanza;
4) il mantenimento degli attuali rapporti di scambio e di collaborazione con altre chiese e movimenti per la pace in Italia e all’estero.
Obiezione
fiscale
(ll/SI/1986)
Il Sinodo, constatata la presenza di un crescente movimento,
nel quale sono partecipi credenti
e non credenti, tendente a contrastare, attraverso l’obiezione fiscale, la politica militare e la
spesa per armamenti dello Stato
italiano, nonché l’installazione, in
particolare nel nostro territorio,
di missili ed altri ordigni nucleari;
riconoscendo che tale atto di disubbidienza civile tende alla difesa della vita e della pacifica
convivenza dell’intera umanità;
ravvisando in tali fini la traduzione nella storia del principio
evangelico dell’agàpe di Dio; ritenendo che tale movimento ci
interpella sul piano della nostra
testimonianza aH’intemo della società civile; esprime piena solidarietà a coloro i quali, pagando
di persona, pongono di fronte alla
coscienza del paese, in forma radicale, il ripudio della mierra e di
ogni altro tipo di sopraffazione,
insiti nella destinazione di sempre più consistenti risorse a fini
militari: invita le chiese ed i credenti ad una attenta riflessione
teolosica ed etica su tale .scelta e
a prendere in considerazione l’opi portunità di condividerla.
3
r
1° febbraio 1991
commenti e dibattiti
MILANO
Tre parole
di speranza
Pubblichiamo il documento letto nell’assemblea del
25 gennaio che si è svolta nella chiesa di S.ta Maria del
Suffragio in Milano.
Ci siamo ritrovati anche
quest’anno', come cristiani
di confessioni diverse, a
vivere insieme la « settimana di preghiera per l’unità dei cristiani » nel quadro di uno spirito ecumenico che non cerchi solo
il riconoscimento reciproco di « valori », ma che ci
muova gli uni verso gli altri; anzi, gli uni e gli altri verso il Signore della
vita.
In questa settimana non
ci siamo tanto softermati
a pregare per l’unità o la
riuniiicazione delle nostre
chiese quanto per il « mondo- », che proprio nella stessa settimana ha visto aprirsi fronti particolarmente
vasti di guerra e di massacri.
Il tema della settimana
era: « Lodate il Signore,
voi popoli tutti» (Salmo
117). C’era da chiedersi, e
ci siamo chiesti: com’è
possibile lodare il Signore?
Immersi come siamo nella
contraddizione tra una realtà politica, economica, militare che ci pone gli uni
come nemici degli altri e
la Parola di Dio fatta carne in Gesù Cristo che ci
dona ogni uomo come fratello e ogni donna come
sorella, noi troviamo il senso della nostra preghiera
e l’espressione della nostra fede nel resistere alle sollecitazioni del mondo e nel dare ragione a
Dio, che in Cristo si è voluto spendere per il mondo.
In questo momento storico, ci sembra un compito necessario per le chiese parlare di speranza. Vogliamo cioè vivere l’oggi e
guardare al domani come
a un tempo che Dio ci dona perché lo viviamo davanti a lui e il più possibile secondo la sua Parola.
Speranza può oggi voler
dire tre cose: vegliare, pr egare, dialogai'e.
Vegliare. Significa innanzitutto non dormire, non
rifugiarsi nel sonno assentandoci dalla realtà. Significa invece star svegli, all’erta, coi sensi tesi e con
la mente lucida per ascoltare, per vedere, per analizzare e per capire. Stare svegli per reagire contro le proposte e le sollecitazioni a stabilire o a consolidare steccati, e anzi per
denunciarle. Star svegli
per non perdere di vista
il messaggio dell’Evangelo
di Cristo, ma per vivere
con lui la lunghezza e la
larghezza, l’altezza e la
profondità dell’amore di
Dio.
Pregare. Significa innanzitutto evitare di accumulare richieste davanti a
Dio, riducendolo a un dispensatore di « grazie » e
di favori. E al tempo stesso, evitare la tentazione di
rimmeiare a pregarlo perché tanto... non ne vale la
pena! Pregare Dio: domandargli che non la nostra,
ma la sua volontà sia fatta. Pregare Dio: chiedergli
di esser resi capaci non
tanto di assordailo con le
nostre troppe e vane parole, ma di lasciarci edificare e guidare dalla Parola sua fiduciosi nella promessa che il suo Regno
viene (anzi, in Cristo è già
venuto) e che esso è il superamento e la fine delle
nostre logiche di morte,
laiche o religiose che dicano di essere.
Dialogare. Significa parlare con l’altro, con chi è
diverso' da noi per cultura
o per razza, per formazione o mentalità, per collocazione politica o religiosa. Parlare è sperare che
qualcosa accada ed operare perché accada.
Se riuscissimo ad incontrarci e a parlare insieme,
musulmani, ebrei, cristiani, nel desiderio sincero di
conoscere chi è l’altro e
nella rinuncia alla presunzione di saperlo già, questo solo fatto sarebbe l’inizio di un qualcosa di nuovo: qualcosa di piccolo,
forse, di secondario, ma
non per questo destinato a
cadere nel vuoto. Ci parleremmo gli uni gli altri e
Dio potrebbe essere testimone del nostro dialogare: questa testimonianza
di Dio renderebbe il no
stro dialogo utile ben ai
di là delle nostre immaginazioni, delle nostre ritro
sie e delle nostre stesse
speranze.
Milano. 25 gennaio 1991
— Commissione diocesana
per l’ecumenismo;
— Comitato interdenominazionale per i rapporti
ecumenici ( che comprende le chiese battiste,
luterana, metodista, riformata e valdese di Milano);
— Chiesa anglicana;
— Chiese ortodosse e orientali.
Abbonamenti 1991
ITALIA
Ordinario annuale L. 46.000
Semestrale L. 25,000
Costo reale L. 70.000
Sostenitore annuale L. 85.000
ESTERO
Ordinario annuale L. 80.000
Ordinario (via aerea) L. 140.000
Sostenitore L. 150.000
Semestrale L. 45.000
Da versare sul c.c.p. n. 20936100 intestato a A.I.P. • via Pio
V, 15 - 10125 Torino.
■ Chiedete tre copie saggio gratis telefonando al n. 011/
655278 0 inviando un fax al n. 011/657542.
PROTESTANTESIMO IN TV
In tutte le città italiane, europee e negli Stati Uniti
.si moltiplicano e proseguono le manifestazioni popolari per la pace. Nella foto: corteo di studenti a Torino.
Non cancelliamo
quella speranza
Cosa succede se un ostaggio afferma di non essere stato maltrattato?
La « diretta-fiume » sulla gpierra è stata interrotta giorni fa da un’altra notizia (anch’essa però annunciata con evidente drammaticità: interrompiamo
le informazioni sul Golfo... e se si interrompono
le informazioni sulla guerra deve essere qualcosa
di ben grosso): un ragazzino rapito dall’anonima
sequestri era stato liberato da un intervento delle
forze dell’ordine.
Una notizia lieta in un continuo di bombardamenti, distruzione è morte. Poi però sono venute
delle perplessità, concretizzatesi nei commenti dei
giornali l’indomani. Che cosa è successo?
E’ successo che il bambino, dopo la liberazione,
hà dato l’impressione di essere tranquillo, di non
aver avuto particolare paura; ha detto che è stato
trattato abbastanza bene. Non l’avesse mai detto,
^i è scatenata tutta una dietrologia, piena di « certezze », tesa a dimostrare che se il bambino diceva
quelle cose non ne era ben consapevole e anzi ciò
era dovuto alla « sindrome di Stoccolma », per la
quale i prigionieri (le vittime) arrivano al punto di
solidarizzare con i loro carcerieri.
Che una simile tendenza esista, e possa manifestarsi in alcuni soggetti in particolari condizioni,
è certamente vero e assodato da tempo. Però qui
c’è dell’altro. C’è un contesto, quello della guerra,
che vede estremizzarsi i conflitti e i giudizi: i buoni
da una parte, i cattivi dall’altra, i buoni sempre
più buoni, i cattivi sempre più feroci. Non è da
ieri che i mass media funzionano così, in tutto il
mondo, in casi simili.
Nel caso del rapimento di un bambino, poi, è
ovvio che il crimine diventi ancora più odioso e
vile: per questo tutti vogliamo che gli autori siano
condannati secondo le nostre leggi, che esistono e,
solo a volerle applicare, sono anche severe.
Ma dal manifestare un legittimo desiderio di
giustizia a non credere al bambino che dice di essere stato trattato « bene » ( « chissà cosa gli avranno fatto...») ce ne corre. Se il piccolo ha detto così,
in maniera forse ingenua ma convinta, perché tutta questa fretta per smentirlo? Era una bestemmia
la sua*. E’ così impossibile pensare che un carce*
riere (colpevole, fino in fondo, sia chiaro: magari
non come ideatore del crimine, ma sicuramente consapevole _di CIO a cui si prestava) possa, anche nella propria esistenza segnata dal disprezzo dei valori, anche in questa tragica devianza, trovare un
hriciolo, un barlume di umanità nel trattare un ragazzino?
ragazzino è stato effettivamente « plagiato » e influenzato nelle sue facoltà lo dicano, per
favore, psicologi e medici: non i corsivisti dei nostri giornali e ripeto, lo facciano senza fretta. Nessun giornale deve « scusarsi» di fronte all’opinione pubblica se quel bambino ha osato fare delle afferiMzioni che ci paiono paradossali, inverosimili.
E poi, insomma: quel bamhino ha in ogni caso
vissuto un esperienza tragica, dilacerante, questo è
sicuro. E nonostante ciò penso di poter dire che
gli e rimasta un po’ di fiducia nella vita. Forse
« crede » ancora nell’uomo.
Noi, che invece crediamo in Gesù Cristo (che ci
ha abituati ai paradossi, che ci ha parlato di ultimi che saranno primi, di emarginati e peccatori che
sono piu degni di molte persone pie e devote...) abbiamo for^ il dovere di prestare attenzione a quel
bambino. Di sperare che, non per quel che siamo
noi, ma per quello che Cristo può fare in noi, anche
dal male potrà esserci una speranza di salvezza,
una possibilità di trasformazione.
Questo bambino ha, nonostante tutto, fiducia
nella vita. Non togliamogliela noi, per fargli dire
ciò che ci piace sentire per la nostra tranquillità.
Alberto Corsani
Ricostruire
la pace
Intervento del presidente della FCEI
per la trasmissione del 27 gennaio
Abbiamo intitolato questo programma: « co
struiamo la pace ». Forse
era meglio intitolarlo: « ricostruiamo la pace »; il
primo titolo risale infatti
agli anni ’80, quando, posti di fronte alla « escalation » degli armamenti da
parte di Unione Sovietica
e Stati Uniti, abbiamo ritenuto che una grande mobilitazione delle coscienze
potesse disinnescare quel
diabolico meccanismo di
morte e creare le premesse per un dialogo tra i popoli, al di là dei diversi
sistemi politici e perfino
degli interessi di potenza;
potesse impedire la guerra e, appunto, costruire la
pace.
Ma ora la guerra è scoppiata, e non dove ce l’aspettavamo; non nel cuore del mondo « sviluppato » ma tra quelle masse
marginali e disprezzàte
che talvolta affidano a spietati dittatori la realizzazione dei loro sogni di riscatto e di rivincita. In
questa situazione c’è una
parte dell’Occidente che ritiene che queste masse —
e i loro crudeli condottieri — possano essere richiamate alla ragione da
un uso implacabile della
nostra superiore capacità
tecnologica: come nell’Ottocento, quando si mandavano le cannoniere nel
Mar della Cina a proteggere l’órdine (e il commercio dell’oppio).
Ma questa è una posizione spiritualmente e moralmente inaccettabile,
perché dimentica le nostre pesanti responsabilità nel disordine di quelle
nazioni; per non andare
tanto lontano, non ci è lecito dimenticare le responsabilità deH’imperialismo
italiano: la campagna di
Libia (1911), la spietata repressione di quei movimenti di indipendenza,
l’impiccagione dell’eroe
dell’indipendenza libica.
Chi di noi ne ricorda il
nome? Si chiamava Omar
Al Mukhtar, ma nei libri
di testo dei nostri figli è
ben difficile trovarlo.
Certo, non siamo soli; è
tutto l’Occidente che, per
quasi due secoli, ha esercitato sul mondo arabo
una spietata egemonia; e
la trasfigurazione ideale di
ambigui eroi come Lawrence d’Arabia non ha fatto che contribuire a gettar fumo negli occhi, a
nascondere la vera natura
di questa egemonia che
con la scoperta del petrolio si sostanziava di corposi interessi economici.
E quando l’Europa fascista ha consumato la tragedia dell’Olocausto, la legittima aspirazione a un
focolare storico-culturale
per il popolo ebraico (alludo alla posizione di Martin Buber, che ha sempre
puntato su una presenza
ebraica in Palestina e sulla riconciliazione con gli
arabi) si è fatalmente trasformata nell’esigenza di
uno Stato ebraico, sempre
più forte perché sempre
più minacciato e sempre
più minacciato perché
sempre più forte; e a molti di noi è parso normale
che gli arabi di Palestina
si facessero da parte per
risolvere un problema che
la nostra ferocia aveva
creato qui, nel cuore dell’Europa: il diritto alla vita del popolo ebraico.
Questi dati di fatto' sono, credo, ipdubitabili, e
conducono /a una conclusione obbligata: noi
non riusciremo a ricostruire la pace se' non passeremo prima attraverso un
severo esame di coscienza,
quello che in chiesa si
chiama la « confessione di
peccato ». Il riconoscimento delle nostre responsabilità storiche non assolve
la ferocia del duce iracheno né di quanti vorranno
imitarlo o aiutarlo, ma ci
ricorda che noi non possiamo erigerci a suoi giudici o suoi giustizieri: nop
siamo giudici, perché noi
stessi siamo sotto giudizio.
Che cosa significa questo, in pratica? Significa
che possiamo e dobbiamo
spendere tutta la nostra
energia, impegnare la nostra fede e la nostra preghiera perché questa guerra sia limitata nello spazio e nel tempo. Perché
non si estenda ad altri
paesi e si interrompa nei
breve termine; si può avere un armistizio, si può
riprendere un dialogo, si
possono mobilitare per la
pace e la giustizia le enormi risorse che ora si spendono per la guerra.
Si può pensare fin da
ora a ricostruire: non
semplicemente tornare allo status quo da cui è nato tutto questo dolore, ma
costruire con l’occhio al
futuro.
La guerra non risolve
nessun problema, anzi aggrava quelli esistenti e ne
crea dei nuovi ma uno
spirito pacifico pieno di vigilanza e d’immaginazione
può costruire delle cose
nuove. L’apostolo Paolo
dice: « Non essere vinto
dal male, ma vinci il male col bene » (Rom. 12; 21).
Fare la guerra significa
essere vinti dal male, anche se si dovesse risultare vincitori sul campo di
battaglia. Vincere il male
col bene significa invece
fare subito l’armistizio, garantire a Israele il suo futuro, dare un sostegno universale alla speranza dei
palestinesi, lavorare infaticabilmente per il ristabilimento dei diritti umani
e politici nel Kuwait. Ma
significa soprattutto adottare un atteggiamento di
ascolto e di dialogo verso le immense masse islamiche che credono in Dio
— non in Allah, come si
dice con inconscio razzismo culturale —, che credono in Dio corne noi e
10 pregano più di noi anche se, come Israele, non
riconoscono quel Cristo
che noi confessiamo a parole e rinneghiamo nei
fatti; significa cercare il
loro perdono per due secoli di soprusi, significa
assisterli nel loro difficoltoso e contraddittorio inserimento nel mondo della,
democrazia moderna.
Infine vincere il male
col bene significa sapere
che Dio non ci ha abbandonati e che ci attende,
al di là dei sanguinosi
campi di battaglia che noi
abbiamo creato e spesso
celebrato, anche in questi
giorni, e che laggiù —
cioè domani — egli ci attende col suo vero volto
di Dio di grazia, di perdono e di riconciliazione:
11 Principe della Pace.
Giorgio Bouchard
4
4 vita delle chiese
1° febbraio 1991
FEDERAZIONE DELLE CHIESE EVANGELICHE IN ITALIA
EGEI VALLI
Solidali con israele e con L’immigrazione
i cristiani mediorientaii
La causa palestinese non può essere trasformata in una minaccia per
le comunità ebraiche - Le speranze di pace sopravvivano alla guerra
Alla Presidente deH’Unione
delle comunità israelitiche
‘ in Italia
dr.ssa Tullia Zevi
e, p.c.,
All’Ambasciatore di Israele
j in Italia
, S. E. Mordechai Drori
Cara signora Zeivi,
in questi momenti di lutto e
di profonda trepidazione per il
ripetersi di assalti unilaterali e
indiscriminati da parte del regime di Saddam Hussein e per
là ripresa, anche nel nostro paes'e, di comportamenti discriminatori verso gli ebrei, sentiamo il
bisogno di rinnovarle la nostra
solidarietà con il popolo d’Israele in Italia, in Medio Oriente e
nel mondo.
E’ una solidarietà che affonda
le proprie radici nella comune
discendenza di ebrei e cristiani
dal padre Abramo ma anche, per
quanto riguarda evangelici ed ebrei italiani, in una storia che
per secoli ci ha uniti, prima nella persecuzione, poi nella resistenza contro il vecchio regime
del Concordato clerico-fascista;
una resistenza che oggi continua
nella lotta comune per la piena libertà religiosa.
Continueremo a condannare
ogni tentativo, da qualunque parte provenga, di trasformare la
causa palestinese in una minaccia per resistenza dello Stato di
Israele o addirittura per le comunità israelitiche nel mondo.
La nostra angoscia per le sorti
delle chiese e dei popoli arabi
dei paesi già devastati o minacciati di paurose devastazioni, la
nostra particolare solidarietà
proprio con la causa del popolo
palestinese, che temiamo finisca
per pagare il prezzo più alto di
questa orrenda guerra, non diminuiscono, ma anzi rafforzano
il nostro desiderio di una pace
giusta in Medio Oriente, rispettosa della dignità, dei diritti e
della sicurezza di tutti i popoli
della regione.
Preghiamo Dio perché voglia
fare di tutti noi, nonostante la
nostra infedeltà, degli strumenti
della sua giustizia e della sua
pace.
Saluti fraterni
Giorgio Bouchard
presidente della Federazione
delle chiese evangeliche in Italia
Roma, 24 gennaio 1991
Sig. Gabriel Habib
Segretario generale del
Consiglio delle chiese
del Medio Oriente
Limassol, Cipro
Caro fratello in Gesù Cristo,
per sei mesi abbiamo pregato
e lavorato insieme per una soluzione giusta e pacifica della crisi del Golfo, perché pensavamo
tutti che la guerra non fosse inevitabile. Ora la guerra è cominciata, con tutte le tragiche conseguenze che temevamo e denunciavamo: sarà una guerra lunga, che chiederà molte vite a entrambe le parti, e nessuno sa
fino a che punto il suo teatro
si allargherà e quale aspetto
avrà alla fine l’intera regione.
Chiediamo a Dio, e chiediamo
a voi e alle nostre sorelle e ai
nostri fratelli nel Medio Oriente, di perdonarci perché non abbiamo fatto tutto ciò che potevamo per indurre il nostro governo e la comunità intemazionale a continuare a scegliere
mezzi pacifici e il negoziàto, invece di ricorrere a una guerra
devastante, per porre fine alla
brutale occupazione del Kuwait.
Pensando al futuro immediato,
siamo anche particolarmente
preoccupati a proposito delle
chiese palestinesi e del popolo
palestinese sottoposti a coprifuoco permanente nei territori
occupati della West Bank e di
Gaza. Continueremo a pregare il
Signore e a fare pressioni presso le autorità del nostro paese
e di Israele per la loro sicurezza e i loro diritti umani. Possa
il governo israeliano continuare
a non rispondere alle mortali
provocazioni dei missili iracheni,
e possano le speranze per uno
stato palestinese indipendente,
accanto a uno stato di Israele
pienamente riconosciuto, sopravvivere a questa guerra malvagia!
Continueremo anche a pregare
per una giusta pace nel Golfo
e a fare pressioni per un cessate il fuoco, per il ritiro delle
forze irachene dal Kuwait e delle forze straniere dall’Arabia
Saudita, per rintervento di forze a protezione della pace in Kuwait e per una conferenza globale per una giusta pace nell’intero Medio Oriente, cioè nel Golfo come in Israele e in Palestina, in Libano, a Cipro e per i
curdi.
Noi crediamo che le nostre
chiese, in Occidente come nel
Medio Oriente, siano chiamate a
una grandissima responsabilità
per il presente e per il futuro;
e che questa responsabilità verso i nostri fratelli e sorelle nel
Medio Oriente, siano essi cristiani, musulmani o ebrei, siano essi arabi, europei o americani, ha nome giustizia e riconciliazione.
Il nostro Signore Gesù Cristo
non ci abbandonerà finché ricercheremo la sua giustizia con la
sua pace.
Vi preghiamo di tenerci costantemente informati su come possiamo aiutare e appoggiare i vostri sforzi.
Vostro in Cristo
Giorgio Bouchard
Roma, 25 gennaio 1991
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Verso il XVII
FERRERÒ ■ MANIGLIA - MASSELLO — Il 17 febbraio si
svolgerà quest’anno a Maniglia, con il culto alle ore 10.30
nel tempio e il pranzo alle ore
12.30. Parteciperà alla giornata
il pastore Sergio Ribet con il
quale, in occasione del quarantennale della fondazione del Centro di Agape, parleremo del centro, ieri e oggi; saranno benvenute le testimonianze dirette degli ex giovani che hanno partecipato a quell’epoca alla costruzione. Per il pranzo prenotarsi
entro martedì 12 febbraio.
• Domenica 10 febbraio, alle
ore 10, a Perrero assemblea di
chiesa per esaminare la relazione finanziaria 1990.
• Il culto del 17 febbraio sarà a Massello al Reynaud alle
ore 11.
Eraldo Gerire
POMARETTO — Sabato 26
gennaio si sono svolti i funerali
del nostro fratello Eraldo Genre
deceduto all’età di anni 50. Persona ben conosciuta nella valle
lascia nel dolore la moglie, le
figlie, il figlio con la sua famiglia, la madre, il fratello, zii e
zie. Una grande folla proveniente dalla valle ha voluto con la
sua partecipazione circondare la
famiglia nel lutto. Possa lo Spirito del Signore recare alla fa
miglia la consolazione e la speranza nel Cristo risorto.
• Yleania Grill è venuta a recare gioia a Gino e Marisa Poet
ed al fratellino. Un benvenuto
ad Yleania e tanti auguri ai genitori.
• Il concistoro è convocato in
seduta straordinaria per sabato
2 febbraio, alle ore 20.30, nei locali dell’EicolO Orando.
• L’Assemblea di chiesa è convocata per domenica 3 febbraio
alle ore 10 nella sala del teatro,^
all’o.d.g.: riconferma per il _ 2°
quinquennio degli anziani Anita
Long, zona Masselli, e Vilma Pastre, zona Fleccia; impegno finanziario anno 1991 (revisione);
programma 17 febbraio.
• I biglietti per la prenotazione del pranzo del 17 febbraio
saranno messi in vendita come
di consueto presso; Inverso Clot
per Inverso Pinasca, Daniela
Bert e Ugo Beux per Pomaretto, e Elio Giaiero per Perosa
Argentina a partire da lunedì 4
febbraio. Il prezzo è di L. 15.000
e L. 10.000 per i bambini al di
sotto degli anni 12. Le prenotazioni cessano giovedì 14 febbraio.
Assemblea di chiesa
ANGROGNA — Domenica 3
febbraio, alle ore 10, nel tempio di San Lorenzo avrà luogo,
preceduta da un breve momen
to di preghiera e di rifiessione
sulla Parola di Dio, la seconda
assemblea di chiesa di quest’anno ecclesiastico. ‘
I punti all’ordine del giorno
sono i seguenti: relazione finanziaria anno ’90 (esposizione, discussione, votazione); preventivo somma da versare alla cassa
culto per l’anno ’91; relazioni comitati stutture ricettive; varie.
In chiusura, celebrazione della
Santa Cena.
"Tutti i membri della nostra
chiesa, elettori e comunicanti,
sono caldamente invitati alla
partecipazione.
Preghiera comune
TORRE PELLICE — Probabilmente per/la prima volta evangelici di varie denominazioni
(valdesi. Esercito della Salvezza
Chiesa dei Fratelli, Assemblee di’
Dio, avventisti) e cattolici si sono riuniti in una serata di preghiera, sabato scorso alla Foresteria valdese. E’ stato un momento importante nella vita cristiana cittadina per rifietterp e>
pregare insieme, per la Sce nel
la regione del Golfo Persico.
• Domenica 10 febbraio, dopo
il culto, si svolgerà un’assemblea
di chiesa chiamata a eleggere i
deputati al Sinodo e alla Conferenza distrettuale e i revisori
dei conti.
Nel corso delTassemblea verrà presentata una nota sull’attività della commissione nominata per affrontare il problema dei
migranti.
Un gruppo di giovani partecipanti al convegno.
Oltre 50 ragazzi hanno partecipato al convegno giovanile tenutosi presso la sala Aibarin a
Luserna San Giovanni, sabato 19
e domenica 20 gennaio.
L’introduzione è stata affidata
a Franco Barbero della C.d.B.
di Pinerolo, che ci ha fatto riflettere sui problemi che devono affrontare gli stranieri una
volta giunti nel nostro paese,
sulle aspettative e sulle illusioni che hanno quando arrivano
da noi e sulle immancabili delusioni a cui vanno incontro.
Abbiamo analizzato il modo con
cui le chiese affrontano il problema: da parte di alcuni c’è la
tendenza a considerare le masse di immigrati come « serbatoi di anime » a cui attingere;
l’assistenzialismo rischia spesso
di diventare un modo per evitare una vera soluzione alla globalità dei problemi. Molti immigrati non sono cristiani ed
è quindi necessario avere un
vero dialogo con l’IsIam, rendersi disponibili a capire e a
confrontarsi in modo onesto e
aperto.
Dopo ii classico tè. Paolo Gay
ci ha illustrato le novità e i punti salienti della cosiddetta « legge Martelli ».
Nel pomeriggio di domenica
Erica Correnti ha descritto l’attività del gruppo di appoggio
della chiesa di Pinerolo; si tratta di un gruppo nato da un’assemblea di chiesa, che ha deciso di mettere a disposizione
di alcuni immigrati dei locali
del tempio inutilizzati, per una
prima accoglienza, e l’appoggio
di alcune persone che potessero seguirli nella ricerca di un
lavoro e di una casa.
Infine ci siamo divisi in gruppi per discutere su problemi ed
idee emersi nel corso degli interventi.
Durante' il convegno non sono mancati i momenti di socializzazione e di divertimento offerti dai pasti e dalla serata
trascorsa insieme con canti e
giochi. C. R. e M. L.
FGEI SICILIA
Due domande
Oggi, 20 gennaio 1991, quarto
giorno dell’intervento armato
contro l’Iraq per ottenere l’applicazione della risoluzione delTONU sull’invasione del Kuwait,
noi giovani evangelici siciliani,
riuniti per il pre-congresso della Fgei a Riesi presso il Servizio cristiano, riteniamo che la
guerra in corso, al di là del
suo esito, rappresenti una sconfitta.
E’ una sconfitta perché il nostro paese, per intervenire nel
Golfo, è andato contro la Costituzione: l’Italia, nei fatti, non
è riuscita a ripudiare la guerra
come strumento di risoluzione
delle controversie internazionali; perché TONU non è riuscita
a trovare altri strumenti, se non
le armi, per imporre il ripristino della legalità violata; perché
questa guerra, anche se l’Iraq
sarà sconfitto, non risolverà i
problemi del Medio Oriente, né
del suo rapporto con il Nord
del mondo.
Vogliamo porre alle sorelle ed
ai fratelli delle chiese evangeliche in Italia, ai nostri concittadini, al Parlamento ed al governo due domande:
1) ritenete che siano stati ricercati tutti i mezzi alternativi
all’intervento militare per costringere l’Iraq a ritirarsi dal
Kuwait?
2) ritenete che saremo sempre costretti a scegliere tra accettare come fatto compiuto l’invasione di uno stato sovrano ed
il ricorso alle armi per far valere il diritto internazionale?
Su questo invitiamo tutti a riflettere.
Noi siamo convinti che nel
mondo attuale la guerra non sia
uno strumento, se mai lo è sta
to, per risolvere i conflitti tra
le parti opposte.
L’unica possibilità di convivenza pacifica è raccordo anche
tra avversari.
Riteniamo che debba essere
subito costruita un’alleanza che
abbia la credibilità e l’autorevolezza necessarie per imporre a livello nazionale e internazionale
una scelta diversa dal proseguimento dell’azione bellica per ottenere la liberazione del Kuwait.
Riteniamo che le chiese cristiane debbano adoperarsi perché questo obiettivo sia perseguito e raggiunto al più presto.
La Fgei siciiiana
TAVOLA VALDESE
Solidarietà
La colletta del 17 febbraio è
destinata, come da diversi anni, a sostenere il lavoro delle
chiese valdesi del Rio de la
Piata. La Mesa Vaidense comunica gli scopi a cui sarà
destinata la colletta di quest’anno :
a) cura dei membri disseminati in Uruguay e Argentina;
b) formazione per corrispondenza per diversi ministri (secondo la programmazione della Facoltà teologica
ISEDET di Buenos Aires);
c) CEAS (Centro Ecumènico de Acción Social); lavoro ecumenico con ragazze madri in Buenos Aires.
5
ù) ■
r febbraio 1991
vita delle chiese 5
LE CHIESE CONTRO LA GUERRA
LETTERA
Per una pace giusta
nel Medio Oriente
Non si può pretendere di difendere la pace ignorando la giustizia Rifuggire dalla violenza e ricercare sempre il dialogo con l’altro
Livorno
« Il frutto della giustizia si semina nella pace » — sta scritto
in Giacomo 3: 18 —, im concetto limpido, coerente, logico, che
anche il mon credente potrebbe
sottoscrivere.
Quanto più dovrebbe applicare pace e giustizia chi afferma
di credere ad ogni livello.
Per questo’ stupisce e amareggia che alcuni capi di stato di
potenze dichiaratamente cristiane affermino di dovere difendere una pace che ignora la giustizia.
E con quali mezzi? Con la violenza, cosa che con il cristianesimo non ha nulla da stiartire.
Noi non ci stiamo, perché questa violenza si traduce in una
guerra che non solo non risolve
alcun problema ma genera sofferenza.
Non ci stiamo, anche perché
siamo in gran parte responsabili dei mali del mondo e dobbiamo dedicare il tempo e i mezzi
che ci restano a risolvere (questi mali in modo pacifico, nella
solidarietà, nella collaborazione,
nella fraternità.
Quindi, chiunque si richiami
ai principi del cristianesimo deve rifuggire dalla violenza, deve
ricercare il dialogo e procacciare la giustizia, che all’atto pratico significa cambiare tenore di
vita prefigurando un diverso modello di sviluppo, che non si basi più sullo sfruttamento dell’uomo sull’uoino e dell’uomo
sulla natura, creatura anch’essa
di Dio.
La Comunità evangelica
battista di via del Leone,
Livorno
Roma, 1983: riuniti presso la Chiesa metodista, gli evangelici partecipano a una manifestazione per la pace.
Ivrea
Alla vigilia della scadenza dell’ultimatum all’Iraq, lunedì 14
gennaio, le chiese cattoliche ed
evangeliche (Fratelli e valdesi),
la comunità ebraica, là comunità dell’Arca e il Movimento nonviolento hanno 'organizzato tre
manifestazioni invitando tutta la
cittadinanza a partecipare secondo la propria disponibilità e sensibilità.
Gli organizzatori hanno proposto alcuni modi di azione per
interpellare ciascuno in coscienza e in particolare coloro che
hanno l'incarico di decidere nel
nostro paese c nel Medio Qriente.
C’è stato un pubblico digiun'O
in una sala locale, si è svolta
una fiaccolata per le vie della
città e si è tenuta una veglia interconfessionale con momenti di
silenzio, di letture bibliche, di
canti, di confessione di peccato
e alcune letture da Dietrich Bonhoeffer, Gandhi e Martin Luther King.
L’intera giornata ha visto la
presenza di un vasto pubblico
che ha accolto con grande partecipazione il comunicato degli
organizzatori che affermava con
forza che la pace stabile si può
avere solo prendendo in considerazione tutte le situazioni di
ingiustizia e facendo prevalere
gli sforzi per ascoltarsi e per
avviare il dialogo.
Dialogo su Dio
IVREA — Nella sala della
Chiesa valdese riprenderanno,
mercoledì 30 gennaio, gli incontri di formazione biblico-teologica che avranno per titolo « Dialogo su Dio - La teologia protestante del XX secolo — La voce dei protagonisti ».
Nel tentativo di ricostruire i
profili di alcuni protagonisti della scena non soltanto teologica
ma ecumenica, culturale e politica di questi ultimi ottant’anni,
si cercherà di aprire un vero
dibattito su Dio e sulle grandi
questioni legate alla fede cristiana.
Questo il calendario degli incontri;
30.1: «La svolta della teologia
dialettica: un’introduzione » (pastore Gianni Genre);
6.2: « Il Dio totalmente altro;
la teologia di Karl Barth » (past.
Bruno Rostagno);
13.2: « Il principio protestante: la teologia di Paul Tillich »
(past. Gianni Genre);
20.2: « L’Evangelo e il mito:
la teologia di Rudolf Bultmann »
(past. Fulvio Ferrano);
6.3: « Imparare a credere nel
mondo diventato adulto; la teologia di Dietrich Bonhoeffer »
(past. Gianni Genre);
13.3: « Credere dopo la ’’morte
di Dio”, senza una spiegazione
religiosa del mondo: la teologia
di Dorothee Solle » (past. Erika
Tomassone);
20.3: « Solus Christus: una voce italiana nel dibattito ecumenico; la teologia di Vittorio
bilia » (past. Eugenio Bernardini).
Per i vostri acquisti
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La presentazione
di Giuseppe Ficara
CALTANISSETTA — Con la
partecipazione del moderatore
Giampiccoli, domenica 13 gennaio, il candidato al pastorato
Giuseppe Ficara è stato presentato alla comunità nel corso del
culto. Il moderatore, che era accompagnato dal pastore Platone,
ha trascorso alcune ore con la
piccola comunità nissena valutando realtà e prospettive della
presenza valdese a Caltanissetta.
Un agape fraterna ha concluso
I incontro importante e incoraggiante anche perché l’aiuto rappresentato da Ficara per il lavoro pastorale, caratterizzato da
dispersione e grandi distanze, è
visto in una prospettiva di lungo respiro. Giuseppe Ficara vive
nella casa pastorale di Riesi dove è stato presentato alla comunità durante il culto del 20
gennaio. Erano anche presenti i
giovani della EGEI riuniti per il
fine settimana al Servizio cristiano per il pre-congresso FGEI
della Sicilia, animato da Daniele Bouchard, Michele Rostan e
Paolo Testa. Il primo impatto
del futuro pastore a Riesi è stato positivo: l’Assemblea di chiesa, che ha speso lungo tempo
a riflettere sulla tragedia del
Golfo Persico, ha accolto con riconoscenza il fratello Ficara che
inizia qui, nel cuore della Sicilia, la sua esperienza pastorale
con animo lieto.
Presidente Bush,
ci sono dei limiti
L’autore della lettera al presidente Bush, Ken Hougland, è pastore della comunità inglese, un gruppo agganciato alla Chièsa valdese di Torino, che raccoglie credenti provenienti dagli Stati Uniti,
dalla Gran Bretagna, dall’Australia ed oggi anche da molti paesi del
Terzo Mondo. La lettera è significativa della posizione profetica che
la chiesa deve avere nei confronti del potere politico.
CORRISPONDENZE
Caro signor Presidente,
le preghiere di molti americani all’estero sono con Lei
in questi giorni, giorni nei
quali devono essere prese decisioni che riguardano tutto
il mondo. La conduzione delle operazioni militari di questa prima settimana di guerra è da apprezzare, in quanto ha ridotto al minimo le
vittime civili, sia dall’una
che dall’altra parte. Ho apprezzato la sua saggezza e
perspicacia nel mettere insieme l’attuale coalizione in
appoggio alla risoluzione
delle Nazioni Unite contraria all’invasione del Kuwait
da parte dell’Iraq. In questo
modo Lei ha ottenuto l’approvazione del popolo americano e delle altre nazioni.
Lo scopo delle risoluzioni
delle Nazioni Unite è chiaro:
l’Iraq deve lasciare il Kuwait. Rimanga fermamente
aderente a questo fine, per
far compiere un significativo
passo avanti per un ordine
mondiale che si costruisca
all’interno delle Nazioni Unite.
Pertanto, se gli obiettivi
della guerra dovessero allargarsi, senza il supporto delle Nazioni Unite e la maggioranza dei paesi arabi, io
temo fortemente la perdita
dell’appoggio popolare e lo
sfascio della coalizione. La
guerra diventerebbe così una lotta ben peggiore del
conflitto vietnamita o di
quello coreano. Questo, sommato alle difficoltà economiche e politiche che sta attraversando l’impero sovietico
e all’instabilità economica di
gran parte del mondo rischia
di dar luogo, una volta terminato il conflitto, ad un disordine mondiale di dimensioni tali che nessuno vorrebbe nemmeno immaginare.
Io ringrazio il Signore per
Lei e per sua moglie Barbara; il cristianesimo non è solo un’espressione formale,
ma una realtà vivente. Perciò condivido con voi il versetto (Salmo 96: IO) che oggi abbiamo discusso con i
pastori valdesi e battisti nel
corso dello studio biblico:
« Dite fra le nazioni: l’Eterno regna; il mondo quindi
è stabile e non sarà smosso;
l’Eterno giudicherà i popoli
con rettitudine ».
Come fratello in Cristo esorto vivamente Lei e i suoi
consiglieri a resistere alla
tentazione di andare oltre
gli obiettivi stabiliti dalle risoluzioni delle Nazioni Unite. Rimanga con umiltà davanti al Signore perché «Egli
giudicherà i popoli con rettitudine ».
Lei rimane costantemente
nella nostra preghiera quotidiana, sinceramente
Kenneth Hougland,
pastore della English-Speaking
Church della Chiesa valdese
di Torino
Cercasi
Per la Biblioteca della Facoltà valdese di teologia si
cerca impiegato/a per impiego a pieno tempo dal 1° ottobre
1991. Il/la candidato/a dev’essere in possesso dei seguenti
requisiti;
— età non superiore ai 40 anni;
— laurea o maturità;
— diploma di biblioteconomia. Qualora il/la candidato/a
non fosse in possesso di un diploma di biblioteconomia adeguato, gli verrà riconosciuto come orario lavorativo il tempo occorrente a frequentare il corso indicato dalla Direzione
della Biblioteca.
Il trattamento e l’inquadramento sono conformi al contratto dei dipendenti della Tavola valdese.
La domanda, con i dati anagrafici, il curriculum vitae et
studiorum, l’indicazione delle lingue conosciute e/o parlate,
dovrà essere presentata dattiloscritta alla Direzione della Biblioteca, via Pietro Cossa 42, 00193 Roma, entro il 30 apri
le 1991. Eventuali ulteriori informazioni vanno richieste unicamente per iscritto, indirizzando al Direttore della Biblioteca (ivi).
L’assunzione sarà fatta dal Consiglio di Facoltà, al quale
spetta la decisione sulle domande.
Roma, 17 gennaio 1991
Per il Consiglio di Facoltà:
Prof. Bruno Corsani, decano
6
6 prospettive bibliche
r febbraio 1991
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
Un foglio bianco per scrivere
il senso della verità eterna
« ...poiché quanto i cieli sono alti al
disopra della terra, tanto è grande la sua
benignità verso quelli che lo temono.
Quanto è lontano il levante dal ponente,
tanto egli ha allontanato da noi le nostre
trasgressioni.
Come un padre è pietoso verso i suoi
figlioli, così è pietoso l’Eterno verso quelli
che lo temono.
Poiché egli conosce la nostra natura; egli
si ricorda che siam polvere.
I giorni dell’uomo son come l’erba; egli
fiorisce come il fiore del campo; se un vento
gli passa sopra ei non è più, e il luogo
dov’era non lo riconosce più.
Ma la benignità dell’Eterno dura ab
eterno e in eterno, sopra quelli che lo temono, e la sua giustizia sopra i figlioli dei
figlioli di quelli che osservano il suo patto e
si ricordano dei suoi comandamenti per
metterli in opra» (Salmo 103: 11-18).
Siamo qui raccolti, persone molto diverse, giovani ed anziani, uomini e donne perché le nostre esistenze hanno trovato in
questo luogo un punto di convergenza, di
aggregazione; esso è rappresentato da questo oggetto, che sta al centro della nostra
assemblea, questa bara. Non siamo certo
qui per l’oggetto in sé, insignificante, comune, quattro assi lavorate, ma per quello
che accoglie: un’esistenza a cui tutti eravamo in modi diversi legati, che è diventata oggetto essa stessa.
Oggetti
Questa è infatti la potenza sconvolgente
della morte, quello che potremmo definire
il potere di oggettualizzazione della vita,
il fatto che ciò che fino a pochi istanti prima era un’esistenza, una vita, una dinamica, un movimento si immobilizza di colpo, si materializza, diventa appunto oggetto con cui non possiamo avere altra relazione che quella che si ha con gli oggetti: conservare, distruggere, contemplare ed
utilizzare.
Qui vengono a depositarsi i nostri ricordi e i nostri sogni, i nostri rimorsi e i nostri pianti; e dinanzi a questa esistenza oggettuata, posta in mezzo a noi, a cui tutti
ci stiamo ora riferendo, verso cui convergono tutti i nostri pensieri, noi sentiamo
che questa minaccia di morte incombe sulla nostra vita. E non solo nell’espressione
ultima di annientamento ma nella lenta,
corrosiva disintegrazione della vita, nel
fatto che ad ogni istante, anche nel più
intensamente vissuto, trasformiamo la realtà in oggetto e diventiamo oggetti, oggettualizziamo gli altri e diventiamo oggetti
ai loro occhi. Rimpiangiamo e sogniamo,
sfruttiamo e laceriamo senza parola, fissati
nella nostra immobilità.
Ma a questo movimento irresistibile che
anima la nostra assemblea, a questo sguardo convergente verso l’oggetto su cui si
proiettano i nostri pensieri e l’animo nostro vorrei contrapporre un moto inverso,
opposto: l’irrompere di vita dall’oggetto,
l’esplodere della vita dalla morte. Qggetto
Quando la morte entra in una fa mig'lia tutti noi scopriamo quanto essa sia un problema, reale e allo stesso tempo insolubile. Nessuno sa cosa
essa sia veramente. La medicina ci aiuta a definire le varie fasi della
morte: quella clinica, quella fisiologica, quella assoluta. In molti casi la
tecnica medica riesce a far arretrare il momento della morte, ma quando
questa avviene, sia in seguito ad una malattia sia in seguito alla guerra o
alla decisione di un suicidio, non riusciamo mai a dominarla né scientificamente, né razionalmente, né emotivamente.
Per i credenti la morte non è solo un problema per l’atteggiamento culturale da tenere di fronte ad essa, ma è un problema teologico e un problema pastorale. E’ cioè il problema della nostra comprensione della vita,
della vita che finisce con la morte. In occasione dei funerali noi annunciamo la resurrezione, cioè la nuova creazione che nasce dalla morte. In
questa pagina pubblichiamo una predicazione del pastore Giorgio Tourn
in occasione di un funerale originato da circostanze particolarmente drammatiche. (red.)
come la bara è questo libro in cui trova
posto un mondo di ricordi e di speranze,
di nostalgie e di sogni, di esistenze vissute,
di parole ammutolite.
Perdono
« ...Quanto è lontano il levante dal ponente, tanto ha allontanato da noi le nostre trasgressioni... ». Un uomo l’ha scritto: chi, quando, perché? Non è dato sapere: in pace o in guerra, in gioia o dolore, un vecchio o un adolescente, in Babilonia o sulle colline di Galilea? Poco
importa, di qui si può, si deve partire per
andare verso la vita.
Dal perdono: trasgressioni scomparse
dietro l’orizzonte della vita e della storia.
Ma chi può credere al perdono?
Chi conosce la colpa, o per usare la
parola biblica, il peccato. Noi ragioniamo
in termini di errore ma l’inadeguatezza del
calcolo, il difetto nel funzionamento della
macchina non è la colpa; noi non siamo
macchine di cui si corregga il funzionamento, siamo uomini che lacerano (anche quando credono di amare), feriscono (anche
quando credono di accarezzare), sottraggono (anche se credono di creare).
L’oggetto, come la morte, non ha colpa,
è semplicemente ciò che è, noi abbiamo
colpa perché la nostra esistenza non è un
dato ma una creazione e ci creiamo in relazione ad altre esistenze.
La colpa non è di esistere ma nell’esistere, nell’incapacità di dare esistenza all’esistente. Perciò non possiamo vivere senza perdono. Non abbiamo (non abbiamo
più) bisogno di pane per sopravvivere, di
istruzione, dignità, diritti perché tutto questo ci è già stato dato, ciò di cui abbiamo
bisogno, oggi, di essenziale per vivere è di
sapere che esiste il perdono, sapere che per
quanto opprimente e tragico il peso del
fallimento di ieri non condiziona il gesto
di domani più di quanto l’oscurità della
sera condiziona la luminosità dell’alba.
Donde viene il perdono? Dalla compassione? Forse, ma perché mai noi vivi, pur
nella nostra più totale compassione, non
sappiamo comunicare perdono? Anche
quando abbiamo perdonato a livello personale non possiamo trasmettere il perdono? Perché il perdono sgorga dalla miseri
cordia e solo Dio, solo l’Assoluto, può essere misericordioso perché sa che siamo
polvere. Lo sa e se ne ricorda.
Sapere
Ma è davvero verità così sconvolgente
da doversi porre a fondamento della fede?
Tutti sappiamo di essere polvere, un soffio,
un grido nella notte! E’ il caso di fare intervenire l’Assoluto, l’Eterno, l’Incommensurabile per ricordarci la nostra natura, è
il caso di scomodare l’eternità per prendere coscienza del fatto che non siamo
nulla?
In realtà noi non sappiamo chi siamo.
La nostra natura è infinitamente più complessa, i condizionamenti più determinanti,
gli istinti più tenaci e la ragione più fragile
di quanto pensiamo; non solo, ma la nostra può solo più essere una percezione
frutto di modesta esperienza (e l’esperienza
non serve a nessuno, se non a chi l’ha fatta), non una conoscenza. Possiamo solo
muoverci nel mondo complesso dell’esistenza, non in quello chiarificatore della
verità.
Dio solo ci conosce perché oltre a cono-scere ognuno nella sua individualità ci conosce nella nostra creaturalità, sa che siamo polvere perché egli non è polvere. Noi
crediamo di saperlo (come un adolescente
crede di sapere cosa è un figlio solo perché
lo è e lo scoprirà invece quando sarà padre); in realtà ipotizziamo soltanto, e nemmeno il « memento mori » dei trappisti ce
ne rende consapevoli.
Dio invece lo sa e se ne ricorda, parte
da questa premessa di fondo, da questa
constatazione e su questa costruisce il suo
rapporto, il suo progetto, la sua proposta.
Noi non partiamo mai da questo punto;
giungiamo, al termine del nostro cammino
(di riflessione più che di anni), ad una
sorta di pessimismo rassegnato, di stanchezza esistenziale, di sfiducia in sé e nell’altro che contrabbandiamo per « realismo », « filosofia », « pessimismo ». E non
c’è nessuna ricerca, lettura, analisi in grado
di farci pervenire alla conoscenza originaria, alla verità, a quella premessa da cui
scaturisce la nostra creaturalità: sapere che
io e l’altro siamo polvere e che Dio, la Verità piena, l’Assoluto lo sa e ne ha piena
consapevolezza, sempre.
Sapere di essere polvere significa accettarsi come creatura che intesse la sua vita
di colpe e rinasce nel perdono. Accettarsi
non nel senso di subirsi, sopportare se stesso, ma accogliersi nella condizione di uomini. Nel sapersi cioè destinati a morire?
No, perché questa è solo constatazione di
fatto, dato bruto, non un conoscere che significa invece uno scoprire, uno scoprirsi,
un identificarsi.
Accogliersi nella condizione umana significa solo non recitare ma essere, non costruire immagini, ruoli, paraventi, farsi più
o meno di quello che si è, « super » oggi
per ricadere poi in quello che il termine in
uso oggi indica con inaudita ed intollerabile crudeltà: stronzaggine (da stronzo, inqualificabile definizione dell’altro e di te
stesso di una società che è senza colpa, come dicevamo).
Essere uomini significa essere semplicemente uomini, non superuomini né str...
e nati non per morire ma per fare.
Fare
« La bontà di Dio... su quelli che lo temono... osservano... si ricordano... metterli
in pratica... ». Tutte azioni, comportamenti,
impegni perché a questo ci conduce la parola che scaturisce da questo libro. A costruire, incarnare, realizzare, non grandi
cose, progetti fascinosi ma una cosa sola,
modesta, quotidiana: dare senso alla vita.
Dico bene « senso », non « un senso », quasi la vita potesse averne molti e fra tutti
potessimo scegliere quello che è più significativo. Esiste un solo senso nella vita:
agire come Dio, creare la vita nel nulla.
Cosa si dice attorno a noi? Che l’uomo
è ciò che ha dentro, ciò che si sente di
essere e realizzare, quello che si sente di poter fare, e tutto, desideri e passioni, gesti
e slanci, pianti e baci sono estrinsecazione
di qualcosa che vive in te, che senti fremere dentro. Tu sei ciò che vivi e ciò che
fai (a dire il vero siamo solo più ciò che
compriamo ma a livello speculativo ci si
continua ad illudere).
Creare
Secondo l’uomo del salmo sono ciò che
opero nel « timore dell’Eterno », nella
« giustizia », nel « patto », nei « comandamenti ». Tutte parole che fanno pensare
ad una religione di pratiche, di osservanze,
di leggi, di morale, in realtà il senso della
vita che viene qui adombrato è quello di
una creatività illimitata.
Creare nel nulla, certo, perché domani è
per noi spazio vuoto, foglio bianco su cui
posso e debbo (nel senso che mi è dato potere) scrivere il senso della verità eterna.
Creare relazioni vere, ricominciare da capo
nella lotta contro Toggettualità dell’esistenza è possibile, lo è stato prima di noi e lo
Sara sempre. Non a caso la musica che ci
ha accolti qui e ci congeda non è una marcia funebre ma l’inno di trionfo dell’oratorio di Händel che cantiamo il giorno di
Pasqua.
Credere alla risurrezione è questo.
Giorgio Toum
7
1° febbraio 1991
ecumenismo
COMMISSIONE PER GLI AFFARI ESTERI DEL CEC
Disarmare non basta
Uno studio che si basava su dati che sembravano acquisiti: la guerra del Golfo, tragicamente, sembra riportarci indietro di vari anni
QUESTIONE UNIATE
Ancora gravi tensioni
« Si può descrivere il mondo di
oggi come un mondo che si disarma ma ciò non noria ancora
la pace » (questa è la tesi contenuta in una recente pubblicazione della commissione per gli affari internazionali del Consiglio
ecumenico delle chiese ^ - ndr).
Decine di migliaia di armi
nucleari rimangono inutilizzate
(l’Europa è il paese più militarizzato e nuclearizzato del mondo).
Esistono ancora tre categorie di
conflitti armati (oltre cento nel
1988); guerre classiche (tra due
governi), guerre di formazione di
stati (tra un governo e un gruppo
di opposizione che chiede autonomia), guerre interne (per un
cambiamento del sistema).
La nozione di sicurezza nazionale garantita dalla forza delle
armi è ormai antiquata e superata, anzi porta aH’insicurezza ecologica. Solo il trasferimento di
massicce risorse finanziarie e intellettuali, da scopi militari a scopi ambientali, aumenterà la sicurezza (il piantare foreste e sviluppare energie rinnovabili corrisponde solo aU’8% delle spese
militari mqndiali). Si spende di
più in nuove tecnologie militari
che in quelle agricole, sanitarie e
ambientali.
La guerra ha
perso utilità?
L’utilità della violenza sta declinando. Anche i paesi più armati hanno riconosciuto che non
possono applicare il loro potere
in contesti come la guerriglia, il
potere nucleare o un attacco convenzionale su larga scala. L’evidenza che la guerra ha perso la
sua utilità fa del nostro tempo
uno dei rari momenti aperti, nella storia mondiale, per rafforzare la sicurezza attraverso la smilitarizzazione. E’ apparso sulla
scena mondiale, con forza inaspettata, il potere del popolo
(l’autodeterminazione palestinese,
l’Est europeo...) che accresce l’elemento democratico nella società, e migliora certe condizioni di
vita degradanti create da governi
irresponsabili che usano la violenza.
Ci sono, comunque, ostacoli alla trasformazione avviata e al
lancio di una campagna diplomatica ner la smilitarizzazione del
mondo. La ’’leadership" democratica USA ha accusato l’amministrazione di avere « nostalgia della guerra fredda »; ci sono incertezze in URSS a causa di enormi
problemi; cresce la militarizzazione del Terzo Mondo (accanto
ai sei paesi nuovi venuti alla tecnologia nucleare — Israele, India, Pakistan, Sud Africa, Brasile,
Argentina — ci sono più di 20
paesi del Terzo Mondo che possiedono missili balistici). Le armi
chimiche sono uno spettro che
può realizzarsi a causa della facile produzione in laboratori chimici.
Fanno pressioni per le decisioni sulle armi nucleari l’influenza
degli scienziati, che sono al vertice nei laboratori per armi nucleari, la rivalità tra i diversi servizi deputati al bilancio e alla difesa, le industrie belliche che usano incentivi per attirare giovani
nella produzione di armi. Il 99,9%
dei cittadini adulti del mondo è
privato del potere a causa di fattori come la concentrazione del
potere in mani non elette, cioè di
non politici ma di gruppi che sono sconosciuti al pubblico e non
soggetti a dibattere. E ancora,
quando l’opinione pubblica ha
l’impressione di vivere in un’era
di distensione, la produzione delle armi continua.
Ancora il segreto, quasi mistico (l’unico paese dove c’è stato
un dibattito sulla produzione di
Militari in Argentina. L’America Latina è sempre esposta al rischio
dei governi autoritari e dei regimi violenti.
armi nucleari è la Svezia che ha
deciso di non realizzarle), ancora
decisioni della NATO sono tenute
segrete ai parlamenti delle nazioni membro e decisioni ultrasegrete di ufficiali di alto livello
vengono date come « fait accompli ». L’utilizzo poi di un linguaggio particolare esclude i non
esperti, e i problemi sono visti
in una sola direzione.
Alcuni parlamentari hanno cominciato a cogliere questi problemi ravvisando l’urgenza di intervenire prima che decisioni irrevocabili siano prese. La sfida
del nostro tempo è quella di
cambiare mentalità a proposito
del falso dio della sicurezza acquisita attraverso gli armamenti.
Non è sufficientemente sviluppato un programma atto a trasformare il sistema internazionale e passare da un equilibrio di
potere militare a un equilibrio
legalmente costituito di potere
politico, in cui il potere militare
sia gradualmente relegato a un
potere più periferico, fino a raggiungere l'abolizione della guerra
come tecnica di risoluzione dei
conflitti.
Cambiare il ruolo
del potere militare
Se uno o due paesi negoziassero una riduzione degli armamenti, se altri cercassero di diminuire il commercio delle armi e se
una regione stabilisse una zona
denuclearizzata mentre nel frattempo il mondo continua a non
vedere che il ruolo del potere militare va cambiato, si andrebbe al fallimento.
E’ necessario sviluppare un piano finalizzato non solo alla riduzione degli armamenti ma mirato
alla riduzione del potere militare
nella politica del mondo.
L’esempio dell’America latina
evidenzia come il potere militare
sia diventato totale, penetrando
dappertutto nella società; atteggiamenti militaristici si sono manifestati tra i civili; da qui la tendenza a vedere la politica come
una guerra. Le forze armate si sono sentite « guardiane » della costituzione, indipendentemente dal
potere giudiziario.
Questa cultura militaristica è
insita, cambia,molto lentamente
perché si vede come al di sopra
delle parti. Questi militari non
si vedono come professionisti
specializzati ma si ritengono un
gruppo simile al clero, investito
di una vocazione; la vita dei soldati è un « sacrificio » alla nazione, che è vista come essenza morale eterna e assoluta.
Si tratta quindi di sviluppare
un nuovo comportamento internazionale con precise priorità
per le nazioni: reciprocità, equità, rispetto per la creazione, de
mocratizzazione globale, smilitarizzazione totale (uno stato non
può pretendere la propria sicurezza mentre altri rimangono insicuri).
L’impegno è su diversi fronti:
smantellare le armi convenzionali, istituzionalizzare un regime
non interventista, limitare le forze armate in territori stranieri,
stabilire zone di pace (iniziando
dal 'Pacifico e daH’Oceano Indiano, aree che si allargheranno gradualmente), creare una polizia
globale permanente che riduca il
potere militare, rafforzare la deterrenza non militare con una
Corte di giustizia internazionale
deputata a risolvere i conflitti
senza violenza stabilendo la priorità delle leggi (un nuovo codice
di comportamento internazionale
servirà a definire e rafforzare il
ruolo delle Nazioni Unite). Educare non solo a risolvere i conflitti
in modo nonviolento, ma anche a
indurre altri ad accettare le regole.
Chiese, individui, organismi internazionali hanno molto da fare
in questo settore; un nuovo atteggiamento è necessario perché finora lo spiegamento di armamenti e i negoziati sono stati visti e
attuati neirottica di uno spirito
di competizione. Le nuove idee
sulla sicurezza hanno invece alla
base uno spirito di cooperazione,
di sicurezza comune che richiede
controllo democratico e trasparenza, che passa dal concetto di
protezione contro la guerra a
quello che include pace, giustizia
sociale,, diritti umani, svilup>po
economico e protezione deH’ambiente.
Questa panoramica è completata da due studi biblici su Isaia
7 e .31 che rimandano all’VIII secolo a.C., periodo in cui i regni di
Giuda e Israele erano tentati da
allenile militari; presi tra due
blocchi, rischiavano scontri fratricidi e il profeta presenta la fede come rimedio alla naura,
non propone armamenti né alleanze.
Può sembrare ingenuo: Isaia
realizza quanto sia difficile invocare la fede in un contesto di
guerra. Bisogna capire di quale
tipo di fede si tratti: quella del1 ideologia idolatrica del militarismo genera paura, e allora è demoniaca, La sottomissione a uno
stato più potente non è pace. Il
rinnovamento della società awiemisura del pentimento.
Pace non è solo assenza di
guerra (pace negativa), ma è « assenza di violenza » (Galtung), è
cioè pace positiva o giustizia sociale. L’integrazione fra le due è
la pace che tutti desideriamo.
Marie-France Maurin Coisson
ISTANBUL — I rappresentanti di quasi tutte le chiese ortodosse di tradizione bizantina
impegnate nel dialogo con la
chiesa cattolica romana, nel corso di una riunione svoltasi a metà dicembre presso la sede del
patriarcato di Costantinopoli,
hanno dichiarato che i conflitti
innescati dalla « rivitalizzazione » delle chiese uniate mettono
in pericolo il dialogo stesso col
cattolicesimo.
I rappresentanti ortodossi
hanno descritto gli avvenimenti
e la situazione drammatica seguita a questa « rivitalizzazione »: l’uniatismo attuale si accompagnerebbe, secondo loro,
ad una flagrante violazione dei
diritti dell’uomo e della libertà
religiosa. Di conseguenza il dialogo avviato con la chiesa cattolica dovrebbe farsi carico in
primo luogo proprio di queste
tensioni.
BUCAREST — Nonostante gli
sforzi compiuti in senso contrario dalla chiesa ortodossa rumena, la chiesa rumena greco-cattolica (uniate) cerca di ottenere
dal Parlamento un decreto che
le restituisca interamente i beni che le erano appartenuti nel
passato.
Dal gennaio dello scorso anno
il Santo Sinodo ortodosso aveva intrapreso un dialogo con i
rappresentanti greco-cattolici per
risolvere pacificamente i problemi insorti a proposito della pro
prietà delle chiese e delle case
parrocchiali.
I rappresentanti uniati, tuttavia, rifiutano questo dialogo e
chiedono la « restitutio in integrum » dei beni, senza tener conto della situazione attuale delle
chiese. Alcune di esse sono anche state riprese con la forza.
I rappresentanti ortodossi invece ritengono che le chiese e
le case parrocchiali appartengano ai credenti cristiani organizzati aH’interno delle comunità
locali considerate come entità
giuridiche; di conseguenza solo
la comunità locale potrebbe disporre liberamente dei propri
beni e decidere se debbano o
meno essere attribuiti alla chiesa ortodossa.
E’ stata fatta la proposta di
costituire delle commissioni miste locali, con rappresentanti
delle due chiese, per verificare
le percentuali di credenti aderenti all’una o all’altra confessione. La maggioranza dovrebbe,
avere i locali, ma con l’impegno
di metterli a disposizione della
minoranza per la liturgia dell’altra confessione, in orario diverso. Gli stessi fedeli ortodossi
hanno offerto alla minoranza
uniate di aiutarla a ricostruire
nuove chiese.
I greco-ortodossi invece continuano a fare pressione sul governo per ottenere delle decisioni senza preventive consultazioni dei credenti.
(SOEPI)
PAESI BALTICI
No alla repressione
Molte le prese di posizione
che si sono susseguite in riferimento all’intervento militare sovietico in Lituania. L’Alleanza riformata mondiale (ARM), il Consiglio ecumenico delle chiese
(CEC), la Federazione luterana
mondiale (PLM) e la Conferenza delle chiese europee (KEK),
ricordando al presidente Gorbaciov di aver firmato alla fine
dello scorso anno la « Carta di
Parigi » che obbliga ad « astenersi dal ricorso alla minaccia
o alla forza e a risolvere i conflitti con mezzi pacifici », gli
hanno chiesto di accettare l’apertura di negoziati.
Questo messaggio unitario porta la data del 15 gennaio. Il
giorno prima il segretario del
CEC, Emilio Castro, aveva inviato un telegramma allo stesso Gorbaciov in cui diceva tra
l’altro: « Le manifestazioni del
popolo lituano, condotte dai responsabili da lui eletti, si sono
svolte in modo pacifico; è possibile impegnarsi in un dialogo
positivo sulle future relazioni
tra la Lituania e il governo centrale ».
Emilio Castro e il segretario
generale della KEK, Jean Fischer, hanno anche scritto una
lettera a tutte le chiese che fanno parte delle due organizzazioni, in cui si afferma che « la
pace autentica e la giustizia per
i popoli le cui aspirazioni sono
legittime non possono mai essere ottenute con la forza; come dice il documento finale dell’Assemblea ecumenica europea
Pace e giustizia (Basilea, maggio ’89): ’’Affermiamo con forza l’importanza dei mezzi nonviolenti e politici come misura
appropriata per contribuire ad
un cambiamento in Europa. Non
esiste situazione nei nostri paesi o nel nostro continente che
esiga o giustifichi il ricorso alla
violenza” ».
Quanto al patriarca Alessi, ha
affermato sulle colonne del1’« Izvestia » del 15 gennaio che
« l’utilizzo del potere militare in
Lituania è un grave errore politico; nel linguaggio della chiesa è un peccato ». Il patriarca,
che è d’origine baltica essendo
nato in Estonia e che è stato
arcivescovo di Tallinn, vede nella condotta di Mosca un errore
per il fatto di aver posto, nel
corso dei negoziati, l’accento sui
diritti della minoranza russa in
Lituania.
(SOEPI)
SETTIMANA PER L’UNITA’
Occasioni di dialogo
' Disarmament, Prospects mnd prohlems, 1990.
CALTANISSE’TTA — In cessione della settimana di pr^hiera per l’unità dei cristiani, nel
quadro della littirgia ispirata al
tema biblico « Lodate il Signore,
popoli tutti » (Salmo 117), si è
tenuta una celebrazione ecumenica nella chiesa di Sant’Agata
del Centro storico con la predicazione del pastore Platone.
Un successivo incontro, sempre
a carattere ecumenico, è previsto il 13 febbraio nella sala
valdese di via del Redentore su:
« I valdesi: una presenza di 120 '
anni in città ».
Nel periodo della « settimana »
il moderatore Giampiccoli, di
passaggio a Caltanissetta, è stato
intervistato da « Controcorren
te », la trasmissione cattolica di
T ele-Centro-Sicula.
A Riesi, martedì 22, con larga
partecipazione di cattolici e di
valdesi, si è tenuto un incontro
ecumenico con due riflessioni
bibliche che hanno sottolineato
il tema della pace. A quest’ultimo
proftosito un membro della chiesa valdese di Riesi ha letto la
recente presa di posizione dell’assemblea in cui, tra l’altro, si
ribadisce l’importanza deirobiezione di coscienza al servizio
militare e la politica del disarmo
unilaterale. Dato il forte interesse che l’incontro ha suscitato
si prevede, nel corso dei prossimi
mesi, di avere altre possibilità
di confronto e di dialogo interconfessionale su temi specifici.
8
8 fede e cultura
r febbraio 1991
UN RAPPORTO COMPLESSO
Le chiese e Israele
li primo problema è teologico piuttosto che politico - Le posizioni
degli ’’evangelicals” in USA, gli europei e il Consiglio ecumenico
Qual è Fatteggiamento delle
chiese cristiane verso l’ebraismo?
Questo il tema trattato da Alberto Soggin, già ordinario di Antico Testamento presso la Facoltà valdese di teologia e attualmente docente presso l’Università di stato di Roma, in una conferenza promossa dall’Amicizia
ebraico-cristiana di Firenze.
Alberto Soggin ha mosso in evidenza la misura in cui la costituzione dello stato' d’Israele muta l'immagine che le chiese cristiane hanno della realtà del popolo ebraico. Finora esse consideravano Israele come un insieme di comunità unite fra loro da
una comune tradizione religiosa.
Ora ci si trova dinanzi a uno
stato sovrano che la sinagoga
considera parte integrante della
propria identità. Accettare lo
stato d’Israele come parte integrante dell’ebraismo non significa condividere la politica del
governo in carica; Israele è uno
stato democratico nel quale operano correnti politiche diverse e
contrastanti.
Così anche il problema dei profughi palestinesi, e quello dei
confini, non possono essere risolti per vie traverse ma soltanto
con chiare trattative di pace che
garantiscano ad Israele la sopravvivenza e la fine dell’isolamento
nel quale gli stati confinanti lo
costringono.
La ’’terra”, un
problema di identità
Il problema di una valutazione politica della condotta del governo israeliano rimane tuttavia
periferico nei confronti del problema teologico, che viene posto
alle chiese cristiane dal fatto che
il popolo ebraico considera parte
integrante della propria identità
Io stato d’Israele, cioè la « terra »
data da Dio ai padri. Qual è l’atteggiamento delle chiese dinanzi a questa richiesta? Gli « evangelicals » del sud degli Stati Uniti
hanno salutato la costituzione
dello stato d’Israele come l’adempimento di profezie dell’Antico Testamento, abbondano in citazioni
bibliche, ma il loro modo di interpretare le profezie non è accettabile in quanto, dal punto di
vista politico, sono attestati sulle
posizioni della destra oltranzista
israeliana. Per quanto riguarda
l'atteggiamento delle chiese cristiane il prof. Soggin fa riferimento al libro Le chiese cristiane
e l'ebraismo, una raccolta di testi
ufficiali compresi fra il 1947 e il
1981, pubblicata a cura di G. Cereti e di L. Sestrieri.
L’Assemblea ecumenica di Amsterdam del 1948, dalla quale ebbe origine il Consiglio ecumenico
delle chiese, si svolgeva mentre
era in corso il primo conflitto
arabo-israeliano e non si sapeva
quale ne sarebbe stato l’esitQ.
L’Assemblea è molto prudente:
« Noi constatiamo che la fondazione dello stato d’Israele aggiunge un aspetto politico al problema dell’atteggiamento cristiano
verso gli ebrei e minaccia di accrescere l’antisemitismo con un
insieme di timori e ostilità politiche ».
Per trovare un diretto riferimento allo stato d’Israe'e nelle
numerose dichiarazioni di apertura « religiosa » al popolo ebraico si deve arrivare al 1967 quando il Dipartimento del CEC « Fede e costituzione ». riunito a Bristol nel mese di febbraio, riferendosi ai « fatti sforici che neeli
ultimi trent’ànni hanno costretto
le chiese a dirigere la loro riflessione. più che nel passato, alle loro relazioni col vovolo ebraico »,
a proposito della creazione dello
stato d’Israele, afferma: « Di
straordinaria importanza per la
grande maggioranza degli ebrei,
significò per essi un nuovo sentimento di fiducia in se stessi e di
sicurezza. Ma questo stesso evento arrecò anche sofferenza e ingiustizie al popolo arabo. Ci riesce impossibile dare una valutazione unanime della formazione
di Israele e di tutti gli avvenimenti connessi (...). Comprendiamo però che, soprattutto nella
prospettiva della mutata situazione in Medio Oriente in seguito
alla guerra del 1961, anche la questione dell’attuale stato d’Israele
e del suo significato teologico,, se
ve ne è uno, deve essere ripresa ».
Equidistanza: ma il problema
teologico viene almeno sfiorato.
Problema teologico che sarà affrontato, nel 1970 in Olanda, dal
Concilio pastorale della Chiesa
cattolica olandese nel Progetto di
rapporto sulle relazioni fra ebrei
e cristiani, che afferma: « La riflessione religiosa degli ebrei, intorno alla autentica esistenza del
popolo ebraico come tale, mostì-a
che vi è una particolare relazione
fra popolo ebraico e terra promessa. Gli ebrei considerano una
tale relazione non soltanto come
un fenomeno storico, culturale o
religioso, ma come un elemento
indissociabile della loro attesa del
giorno nel quale tutte le nazioni
si incontreranno nella pace e nella giustizia. Trascurare o negare questo fatto può essere sorgente di incomprensione e contribuisce ad alimentare pregiudizi
intorno alla natura del popolo
ebraico... ».
Nello stesso anno il Sinodo
della Chiesa riformata olandese
tratta ampiamente e direttamente il tema, nel documento Proposte per una riflessione teologica su Israele: popolo, terra, stato.
Non ci si limita più a riconoscere che per gli ebrei l’esistenza
dello stato d’Israele ha un rilievo
teologico, ma il Sinodo se ne fa
carico con una approfondita riflessione sulla vocazione di Israele, sulle promesse contenute nell’alleanza tra Dio e il popolo
ebraico che contengono un riferimento essenziale alla terra. Parlando dei « segni tangibili della
vera identità del popolo ebraico »,
il documento indica, dopo l’osservanza della legge, la sua « relazione con la terra che ha, essa pure, svolto un compito di conservazione nei secoli. Questo sentimento di appartenenza non è mai
scomparso del tutto, sebbene
molti ebrei l’abbiano negato durante l’ultimo secolo. Ma quelli
che credono alla vocazione particolare del popolo hanno sempre
sottolineato che auesta dispersione tra le nazioni non era conforme al destino ultimo del loro
popolo, se veniva privata di
un "focolare” nella "terra promessa" ... Questa aspirazione
non ha potuto realizzarsi altro che nella terra di Palestina,
e noi vediamo in auesto una prova del legame particolare con la
terra, creato dall’elezione divina,
che rimane valido anche auando
gli stessi ebrei non lo riconoscono ».
Nel 1973 viene pubblicata la Dichiarazione ai nostri fratelli cristiani del Gruppo di studio sulle
relazioni ebraico-cristiane delle
chiese degli Stati Uniti, alla stesura della quale avevano collaborato studiosi cristiani, ebrei e
islamici. La dichiarazione, trasmessa poi alla Commissione
« Fede e costituzione » del CEC
e a organizzazioni ebraiche e
cristiane per uno studio più approfondito, afferma tra l’altro:
« La validità dello stato d’Israele
si basa su fondamenti morali e
giuridici. Esso venne stabilito in
seguito ad una risoluzione del
VAssemblea generale delle Nazioni Unite al termine del mandato
britannico. Tuttavia, collegata ad
un conflitto politico potenzialmente esplosivo in Medio Oriente,
è una questione teologica che esige un esame attento. Quale nesso
esiste tra il "popolo” e la "terra"?
Qual è il rapporto tra il popolo
eletto e il territorio che comprende l’attuale stato d'Israele? Non
esiste unanimità cristiana su questi problemi. La Genesi afferma
esplicitamente un legame tra il
popolo e la terra (Gen. 15: 18) e
perfino nel Nuovo Testamento certi passaggi suppongono una tale
connessione. Perciò i cristiani che
considerano Israele come un
qualcosa di più che uno stato politico non sono politicanti che
teologizzano in modo errato
quando comprendono l’esistenza
dello stato ebraico in termini teologici. Essi, semplicemente, riconoscono che l’Israele moderno è
la terra di origine di un vopolo
la cui identità è sorretta dalla fede che Iddio lo abbia benedetto
mediante l’alleanza ».
Un legame
indissolubile
E’ del maggio 1975 il Documento di lavoro: cristiani ed ebrei
della Chiesa evangelica tedesca
dove si riconosce che, nonostante
la gran parte del popolo ebraico
già prima della nascita di Gesù
vivesse nella « diaspora », nella
« fede ebraica l’elezione del popolo è sempre stata indissolubilmente legata all’elezione della
terra... ». E ancora: « Dal punto di vista politico, lo stato
d’Israele è organizzato oggi sotto
la forma di uno stato laico moderno, come una democrazia parlamentare », nia viene anche affermato che « questa caratteristica di stato moderno non basta a
cogliere interamente il suo significato: il suo nome ed i suoi documenti costitutivi, lo situano
espressarnente nella tradizione
dell’ebraismo e di conseguenza
nella continuità della storia del
popolo eletto. Il compito dello
stato d’Israele è quello di assicurare l’esistenza di questo popolo
nel paese dei suoi antenati », Il
documento esorta i cristiani ad
impegnarsi per una soluzione giusta del conflitto arabo-israeliano:
« Gli arabi palestinesi non devono essere i soli a subire le conseguenze del conflitto, e Israele non
deve essere considerato il solo responsabile dell’attuale situazione ».
E’ noto che il Vaticano non ha
mai riconosciuto ufficialmente lo
stato d’Israele. Nei molti documenti ufficiali e ufficiosi che riguardano i rapporti tra la Chiesa cattolica e il popolo ebraico
1 argomento « stato d’Israele » è
generalmente ignorato.
D’altra parte l’atteggiamento
delle chiese cristiane nei confronti dello stato d’Israele è tale da
poter essere definito di « attesa »,
di una certa « neutralità ». Questo è dovuto in parte alla difficoltà di immedesimarsi nei sentimenti di una comunità religiosa
legala ad una terra, dato che la
chiesa è per definizione al di sopra dei nazionalismi, ma anche
alla paura delle reazioni degli stati arabi, nei quali numerosi sono
i cristiani: questo vale in particolare per la Chiesa cattolica.
A conclusione della sua esposizione il prof. Soggin sottolinea che
Fatteggiamento delle chie.se cristiane dovrebbe essere anzitutto
un chiaro riconoscimento del1 identità ebraica, senza il quale
non è possibile sviluppare un dialogo costruttivo.
Alfredo Sonelli
L’ULTIMO NUMERO DI ”FOI ET VIE”
Europa, Occidente,
protestantesimo
Tre parole su cui è aperto più di un dibattito: che cosa ci aspettiamo nei prossimi anni?
Europa, protestantesimo. Occidente: sono i tre poli intorno
ai quali è imperniato il discorso dell’ultimo numero di « Eoi
et vie ».
Europa e protestantesimo:
qual è il rapporto tra queste due
entità, in questa fase storica?
E’ quanto si chiede Giorgio
Tourn nel primo saggio: il mondo moderno e il protestantesimo nascono insieme, « lo spirito
di autonomia dell’uomo e della
sua ricerca delle verità scientifiche e esistenziali va di pari passo con la ricerca della parola
veramente divina nei testi ». La
crisi della modernità, e il progresso tecnico hanno poi mostrato come la relazione non fosse in realtà così automatica; se
il protestantesimo faceva parte
del mondo moderno (ormai alla fine) dovrà ora morire?
In attesa che gli europei « vivano » una realtà di unità che
c’è (pur in un’Europa unita dei
supermercati, un’Europa unita
«scristianizzata»), e parallelamente a questo stesso processo,
il protestantesimo ha ancora una strada da percorrere, impegnativa ma feconda: a patto di
avere sempre un compito, una
vocazione. Si tratta di vivere per
la gloria di Dio, calvinisticamente, non « incurvatus in se ipse ».
Un problema in più sarà poi
quello di togliersi di dosso il peso dei nazionalismi; saranno da
inventare nuove forme, nuovi
linguaggi per ritrovare una « dimensione continentale » che il
protestantesimo ebbe fino al
XVIII secolo.
Gli altri saggi affrontano questioni diverse fra loro: dal ruolo del protestantesimo francese
nel dopoguerra, alla particolare
collocazione di Strasburgo, « osservatorio privilegiato » e « embrione » di un’Europa futura.
Non mancano, neppure a Strasburgo, le contraddizioni. Lo dice chiaramente Christian Albecker (« L’Europe vue de Strasbourg»): sono 50.000 gli alsaziani che giornalmente vanno avanti e indietro, in Svizzera o
in Germania, costretti a svolgere lavori meno qualificati di
quel che potrebbero. Ancora una
volta la regione sede del Parlamento europeo è emblematica di
una situazione più generale quale quella dei migranti (ma proprio su questo forse manca qualcosa a questo ricco e denso fascicolo).
F.-G. Dreyfus (« Les églises et
les revolutions démocratiques à
FEsi ») e H. Burgelin (« La sécurité de l’Europe occidentale
après la transformation de
l’Est ») affrontano di petto alcune questioni internazionali di
cui forse non si riesce ancora
a cogliere il senso e la portata.
Sono interrogativi sul passato
(ma è sempre più chiaro il coinvoigimento di molte chiese evangeliche con i regimi dell’Est)
e del futuro (sempre più i destini europei sono intrecciati
con le politiche estere dei rispettivi governi nei confronti del
sud del mondo, e la guerra del
Golfo sta lì a dimostrarlo).
Più filosofico è invece l’ultimo
saggio, di G. Vahanian (« L’Apocals^pse, rutopie, l’Occident »),
che mette a confronto le apocalittiche bibliche e quelle « moderne », nate e sviluppatesi parallelamente alla scienza. Ormai
la desacralizzazione del mondo
ha « messo il mondo nelle nostre mani. Tocca a noi impedirne la distruzione e farne, come
diceva Calvino, ”il teatro della
gloria di Dio” », ciò che riconduce il lettore al saggio di partenza.
Alberto Corsanl
GRUPPI BIBLICI UNIVERSITARI
La chiesa, ieri e oggi
La recJenzione in Cristo fonda ogni speranza
Tutti sanno — o dovrebbero
sapere — che cosa sono i GBU,
sorti un po’ ovunque in Italia
a partire dagli anni ’50 di questo secolo alla duplice insegna
delFevangelicità e dell’interdenominazionalismo, con lo scopo
precipuo di presentare il messaggio dell’Evangelo al mondo
studentesco. Il loro dépliant li
definisce « non una chiesa, ma
un ’’braccio” di essa nelle scuole e nelle università, tra i diplomati ed i laureati ». L’art. 10
delle loro « basi di fede » dice
della santa Chiesa universale che
è « il corpo di Cristo », a cui
« ogni vero credente appartiene ». Oltre ad organizzare riunioni di studio biblico e di preghiera e conferenze-dibattiti sulla vita cristiana, i GBU curano
anche una loro rivista, « Certezze », nonché la pubblicazione di
libri e commentari della Bibbia.
Il pomeriggio del 29 novembre 1990, alla Biblioteca nazionale centrale di Roma, dopo aver
presentato una delle ultime edizioni GBU (Gli Atti degli Apostoli col commento di Howard
Marshall), il prof. Maselli ha affrontato il tema La chiesa primitiva e la chiesa oggi nel modo più colloquiale possibile, di
fronte ad una novantina di persone, tra cui molti studenti di
varia provenienza confessionale,
e lo ha fatto cercando di capire e di farci capire che cosa
era in fondo la chiesa primitiva.
e che cosa è successo poi attraverso i secoli.
L’oratore ha così avuto modo
di puntualizzare quel che distingue la chiesa di oggi da quella
di ieri: la chiesa delle origini
non ancora istituzionalizzata, nata nelle sue varie espressioni territoriali come tante comunità di
credenti che fondavano la loro
unica speranza sulla redenzione
in Cristo e sull’assistenza dello
Spirito; quella odierna — e qui
Maselli non ha avuto il tempo
di soffermarsi sulle sue attuali
divisioni e sulle spiritualità diverse che ne conseguono — la
quale ha più che mai bisogno
di rifondarsi sulle certezze della chiesa primitiva se non vuole soccombere nell’impatto con
la società contemporanea.
Comunque è rimasta in piedi
una grossa questione che ci coinvolge tutti, cattolici ed evangelici, credenti e non: quando si
parla di chiesa oggi a che cosa
si pensa? Certo non è una domanda che attanagli il papa
Wojtyla, sempre più avvitato attorno al dogma del suo primato infallibile, malgrado i tentativi di aggiornamento del Concfiio Vaticano II. Per conto mio,
ripeterò fino alla noia che la
chiesa è là dove due o tre credenti si riuniscono nel nome di
Cristo cercando di essere suoi
fedeli testimoni.
Giovanni Gönnet
9
I
•r febbraio 1991
valli valdesi
CONSIGLIO COMUNALE A PRAROSTINO
Appoggio agli agricoltori
Presentato ufficialmente anche il nuovo piano regolatore - La commissione per lo statuto e l’approvazione di una mozione sul Golfo
Si è riunito venerdì scorso 25
gennaio il consiglio comunale di
Prarostino; era presente anche
un folto pubblico, in larga parte
agricoltori, probabilmente richiamati dal fatto che era in discussione un ordine del giorno proprio sui problemi del mondo
agricolo.
L’ass. Marina Parisa ha presentato il documento che le organizzazioni di categoria hanno
proposto a tutti i consigli comunali in cui si evidenzia la difflcile situazione che l’agricoltura
sta attraversando in questo periodo e la necessità di individuare soluzioni atte ad un auspicato rilancio; il documento è stato approvato all’unanimità dai
consiglieri.
In seguito i due progettisti,
l’arch. Chiabrando e ring. Recchi, hanno presentato ufficialmente il piano regolatore generale approvato; ora i cittadini
avranno 30 giorni per prenderne
visione e proporre eventuali modifiche.
Dopo l’approvazione di una
piccola variazione di bilancio relativa agli oneri di urbanizzazione è stata nominata la commissione per la predisposizione del
nuovo statuto comunale, così, co
CENTRO CULTURALE VALDESE
Sta per nascere
il Museo delle Valli
Incontri teologici dedicati a Giovanni Miegge
Quasi un anno fa un violentissimo incendio devastava buona parte
della Conca verde di Prarostino. Moltissimi ettari, anche di vigneto,
andarono distrutti, « ma, a tutt’oggi — dice il sindaco Mario Mauro — nessuno è stato in grado di assicurarci un sostegno economico
decisivo ».
me previsto dalla nuova legge
sulle autonomie locali dello scorso anno.
Al termine il consiglio ha affrontato un lungo e interessante
dibattito sulla guerra nel Golfo;
da tutti gli interventi, oltre alla
solidarietà con tutti i civili e militari travolti dalla grave situazione in atto, è emerso forte il
richiamo alla pace subito, con la
proclamazione del cessate il fuoco e l’apertura di trattative; questo per riconsegnare alla democrazia tutte quelle parti del
mondo in cui il sopruso e la belligeranza sopprimono la Ubertà.
V.P.
Come abbiamo segnalato nel
nostro ultimo notiziario l’impegno di maggior peso attualmenre in corso è la sistemazione
del « Museo delle Valli ».
Si tratta di trasferire il materiale della vecchia sede e sistemarlo in forma nuova nei locali che si vanno approntando,
documenti della vita materiale
della nostra gente che trovava
posto nello scantinato del vecchio museo, in parte sistemati
in ambienti ricostruiti.
La nuova sistemazione prevede tre ambiti: a) un locale per
proiezione di audiovisivi da presentare come introduzione sia
ai diversi settori del museo che
alla storia valdese stessa; b) locali di documentazione con ricostruzione di ambienti e raccolta di materiale documentario. Tutto questo verrà sistemato nel seminterrato dello stabile del Centro; c) locale di esposizione di oggetti attinenti all’attività agricola. A questa sezione verrà riservato il locale
della ex piscina rimesso a nuovo. Parallelamente a questi lavori viene anche sistemato un
locale al primo piano, quello del
Museo, come sala di esposizione e mostre temporanee, che si
è stabilito di dedicare a Paolo
Paschetto in ricordo della sua
intensa attività nel campo del
REGIONE PIEMONTE
Posati ì ’’cubetti” nell’isola pedonale
torre PELiLICE —• Dopo settimane di ’’cantiere aperto” nel
centro del paese sono stati finalmente messi in posa i cubetti in
porfido aH’incrocio dell’isola pedonale con via Caduti per la libertà;
ora il transito dovrebbe essere riaperto e nel contempo dovrebbe aumentare la tutela dell’incolumità dei pedoni. Una verifica ancora in
corso pare per altro evidenziare un dislivello eccessivo nel dosso che
si è creato, ciò che potrebbe produrre ulteriori inconvenienti; errore
di esecuzione o di progettazione?
Sul progetto di arredo urbano si è svolta, è noto, una vivace polemica anche fra i diversi gruppi consiliari.
Corsi di sci per ragazzi
jTORRE PELLICE — La Comunità montana organizza dei corsi
di sci di pista e di fondo per ragazzi/e dai 9 ai 16 anni; i corsi inizieranno nella prima settimana di febbraio e si svolgeranno al Rucas
per la pista ed alla Vaccera per il fondo. Le lezioni saranno tenute
da maestri di sci. Per ulteriori informazioni e per le iscrizioni rivolgersi alla Comunità Montana vai Pellice, corso Lombardini 2,
Torre Pellice, tei. 932460 - 932490.
Treno: stop, da giugno ’91 a febbraio ’92
TORINO — La linea ferroviaria Pinerolo-Torre Pellice resterà
chiusa al traffico dal prossimo mese di giugno a tutto il febbraio
1992; questo emerge da una comunicazione inviata ai sindaci della
vai Pellice da parte dell’assessore ai trasporti della Provincia, Principe. L’allegato piano delle PS parla chiaro: sulla tratta in questione, dove bisogna automatizzare 35 passaggi a livello nonché effettuare lavori di tecnologia alla stazione di Bricherasio, la sospensione
sarà totale dal 1° giugno al 28 febbraio ’92. I treni saranno sostituiti
da pullman ed i biglietti saranno venduti sia sugli automezzi che in
negozi e bar.
Restano almeno due interrogativi : perché ancora poche settimane or sono dallo stesso compartimento ferroviario di Torino si assicurava che la chiusura sarebbe stata molto breve e soprattutto
perché, su linee come la Saluzzo-Cuneo, su cui sono previsti lavori
identici a quelli della Pinerolo-Torre Pellice, non ci saranno modificazioni nel servizio?
Sulla questione si è comunque svolta in Provincia una riunione,
mercoledì scorso, sulla quale riferiremo prossimamente.
Studio delle biotecnologie
TORINO — La Regione Piemonte parteciperà con una dotazione finanziaria iniziale di cento milioni di lire alla costituzione
di una Fondazione per favorire lo studio e la ricerca nel campo
delle biotecnologie. L’ente avrà sede a Torino, presso Villa
lino, e vedrà anche la presenza della Regione autonoma della Valle
d’Aosta, della Fiat e della Fondazione dell’Istituto bancario San
Paolo di Torino per la cultura, la scienza e l’arte.
Per far parte dell’ente il consiglio regionale ha approvato all’unanimità, una delibera e un ordine del giorno. Quest’ultimo,
oltre a enunciare gli obiettivi principali della Fondazione (scambi
fra centri di studio, formazione di giovani, collaborazione tra
realtà sociali, imprenditoriali e scientifiche) stabilisce che scopo
primario dell’ente sarà « l’approfondimento sistematico del problema del limite etico delle biotecnologie ».
Il lavoro del
Difensore civico
Anche nel 1990 l’ufficio del Difensore civico, istituito 9 anni
fa dalla Regione Piemonte, ha
svolto ^ una considerevole mole
di lavoro, fornendo informazioni e pareri ai cittadini e, dove
possibile, intervenendo a sostegno dei loro diritti nei confronti
della pubblica amministrazione.
Sono infatti stati 652 i casi
di lamentela segnalati aH’ufflcio
e, sebbene la maggior parte esulasse dalle competenze, tutti sono^ stati vagliati con tempestività dal Difensore civico in carica dott. Vittorio de Martino,
che ai primi di gennaio, puntuale come sempre, ne ha riferito nella sua relazione annuale.
Com’è noto, la competenza del
Difensore civico è limitata alle
strutture della Regione e delle
USSL, ma l’andamento del 1990
ha confermato che la maggior
parte delle vertenze sorte tra
cittadino ed amministrazione riguarda l’apparato statale, parastatale, previdenziale e comunale.
Per questo — in attesa che il
Parlamento vagli la proposta di
legge avanzata dal Consiglio regionale del Piemonte, nell’85 e
neU’89, per un allargamento dei
poteri dei Difensori civici regionali nei confronti di tutta la
pubblica amministrazione — de
Martino non si è occupato solo
delle 141 segnalazioni di sua
competenza ed ha effettuato bensì numerosi interventi in via ufficiosa, sia in sede locale (Inps,
Inadel, Inail, direzione provinciale del Tesoro) che nazionale (ministero della Sanità, dei
Trasporti, della Difesa, del Tesoro, Anas), per molti degli altri 511 casi sottoposti alla sua
attenzione.
Tra i casi di competenza segnalati al Difensore civico parecchi si riferiscono agli alloggi lACP (assegnazione alloggi,
problemi di manutenzione e di
canone d’affitto), ed al comparto assistenziale-sanitario (carenze di assistenza agli handicappati, ritardi e disguidi nelle prestazioni delle USSL — specie
per le autorizzazioni ad interventi chirurgici fuori regione —
e delle commissioni sanitarie
per le patenti di guida), ma vi
sono anche denunce di inadempienze regionali nei confronti
dell’inquinamento acustico ed atmosferico ed alcuni ricorsi di
dipendenti (tra cui un caso di
violazione, se non della legge
sulla parità uomo-donna, per lo
meno della legge per la tutela
delle lavoratrici madri).
La relazione del Difensore~civico osserva anche che ministri
o sottosegretari proposti a singole branche della pubblica amministrazione non possono interamente dedicarsi agli affari ministeriali dovendo anche occuparsi, in misura cospicua, della
loro collocazione all’interno delle sfere partitiche, oltreché del
proprio collegio elettorale.
L’ufficio del Difensore civico
del Piemonte ha comunque sede a Torino in via S. Teresa 7,
tei. 011-5757386.
la salvaguardia della cultura valdese.
Il museo deve essere realizzato entro fine aprile in quanto
sarà inaugurato martedì 30 aprile nel contesto di un incontro
internazionale dei musei protestanti d’Europa. E’ evidente che
in queste condizioni (scarsezza
di tempo, provvisorietà dei locali, difficoltà di completare la
documentazione) il museo avrà
una sistemazione adeguata ma
non del tutto corrispondente al-^
l’ideale che si vorrebbe realizzare. Occorrerà riprendere con
la calma necessaria il lavoro nei
prossimi anni.
La realizzazione di questi progetti comporterà naturalmente
un impegno finanziario notevole.
Si tratta infatti di sistemare i
locali con abbattimento di muri e rinzaffatura, imbiancarli, installare un impianto elettrico a
norma di legge, collocare il materiale, montare pannelli per la
documentazione con scritte e riproduzioni fotografiche.
Abbiamo indicato come somma minima per questi interventi la cifra di 20 milioni. La Tavola valdese nelle sue ultime sedute, come ha comunicato il moderatore sulla nostra stampa, ha
preso in esame il progetto e dato il suo assenso alla sua realizzazione.
Si tratta dunque di compiere
questo ultimo passo del nostro
cammino in vista di dotare il
nostro Centro degli strumenti
necessari al suo lavoro valorizzando il nostro patrimonio.
Facciamo appello alla solidarietà di tutti i valdesi, specialmente coloro che risiedono alle
valli, per questa sottoscrizione
e per la raccolta di materiale.
Le offerte possono essere consegnate al Centro o versate sul
c.c.p. n. 34308106 intestato a;
Centro culturale valdese - Torre
Pellice.
Il Centro intanto propone l’iniziativa degli Incontri teologici
« Giovanni Miegge », molto più
complessa ed impegnativa. Le
linee su cui vorremmo condurre la ricerca sono tre: un aggiornamento della meditazione
biblica, un ripensamento della
fede evangelica oggi (che tenga
conto cioè della situazione e dei
problemi in cui siamo inseriti)
ed una indicazione per un rinnovamento della nostra pietà e
della nostra etica personale.
Perché riferirci a Giovanni
Miegge? Perché riteniamo che
meriti di essere ripreso e riformulato il suo atteggiamento
di credente e di teologo: molto
aperto, attento a ciò che accade nel mondo, ma anche radicato nella fede e nella chiesa.
Il primo incontro di carattere programmatico ed informativo per elaborare insieme programmi, temi, orari, e mettere
in comune le nostre esigenze è
fissato per domenica 3 febbraio,
ore 15, Casa valdese. Torre Pellice.
10
10 valli valdesi
r febbraio 1991
COMUNITÀ’ MONTANA VAL PELLICE
Incontro partigiano
PEROSA ARGENTINA — Sa
bato 12 gennaio si è svolto un
incontro tra le organizzazioni
partigiane e i rappresentanti
delle istituzioni della vai Chisone nella sede dell’ANPI del
comune di Perosa Argentina per
discutere una proposta di iniziative del Comitato colle del
Lys rivolta al recupero dei valori della Resistenza, della libertà
e della dignità dell’uomo.
Le proposte sono state sostanzialmente condivise da tutti i
presenti; allo scopo di ottenere
un maggior coinvolgimento e
passare ad ulteriori precisazioni sul lavoro da svolgere è stato proposto un ulteriore incontro di preparazione, sabato 2
febbraio alle ore 15 presso la
sede della Comunità montana,
invitando organizzazioni partigiane, comuni, organi scolastici,
chiese e associazioni varie.
Secondo un programma di
massima le manifestazioni dovrebbero aver luogo tra l’ultima settimana di giugno e la
prima di luglio.
Carnevale ridotto
PINEROLO — Anche il comitato organizzatore del carnevale
pinerolese ha preso atto della
situazione nel Golfo Persico; ed
ha perciò deciso di sospendere
per quest’anno una buona parte delle attività in programma.
« La decisione di ridurre i festeggiamenti — dice in una nota il comitato — è stata suggerita dall’esigenza di essere sensibili al dolore delle famiglie delle vittime del conflitto ed ha voluto inoltre tener conto del pericolo di turbamento dell’ordine
pubblico che si potrebbe manifestare in occasione degli spettacoli ».
Alcune iniziative rimarranno
comunque: le mostre a palazzo
Vittone, le visite agli anziani e
agli ammalati, ai bambini delle
scuole elementari da parte di
Giandoja e Giacometta; è prevista una sottoscrizione a favore
dell’associazione « Telefono azzurro ».
Giunta da rifare
Prosegue la « gestazione » del nuovo esecutivo - Il rischio della paralisi - Che cosa succederà aH’interno del gruppo democristiano?
In nove mesi, normalmente, si
riesce a dare una vita; tanto tempo è passato in pratica dal 6 maggio, quando vennero rieletti i consigli comunali, e il 5 febbraio
quando i rappresentanti dei comuni nella Comunità montana
vai Pellice saranno convocati,
per la quinta volta, allo scopo di
eleggere la giunta ed il presidente. Dunque anche la giunta bis
eletta il 22 gennaio scorso non è
stata dichiarata valida.
Il gruppo DC aveva allora sollevato la questione che la convocazione, chiesta da un gruppo di
consiglieri, non fosse valida in
quanto i consiglieri stessi non
erano ancora stati dichiarati legittimati ad operare dall’ente dì
valle; su posizioni analoghe si
era collocato (e non è una novità
di questi tempi) il gruppo autonomo rappresentante la maggioranza di Bobbio Pellice. Così
quando il gruppo di maggioranza, ritenendo che i consiglieri
sulla cui eleggibilità si erano già
espressi da tempo i rispettivi consigli fossero legittimati, ha chiesto di procedere alla votazione e
successivamente all’approvazione
del bilancio di previsione, i dieci
consiglieri di opposizione avevano abbandonato l’aula.
In sede di verifica della regolarità della delibera di nomina della nuova giunta, la seduta del 22
è stata ritenuta in realtà una prima convocazione e dunque sarebbe stata necessaria la presenza di
due terzi dei consiglieri; sedici
quindi non bastavano e si ritornerà a votare.
« Siamo ■ alla paralisi — diceva pochi giorni or sono un funzionario della Comunità montana
—; se fosse un gioco o un teatrino il tutto sarebbe anche divertente ma invece siamo di fronte a
problemi che col tempo si acuiscono, a scadenze che è difficile
rispettare, a progetti fermi da
mesi. Le responsabilità esistono e
qualcuno dovrà alla fine chiarire,
per la stessa credibilità dell’ente.
i motivi di certi atteggiamenti ».
Non è un mistero che la DC
fosse fin dall’inizio divisa fra chi
intendeva andare ad una giunta
a due col PSI e chi riteneva valida, almeno sul piano strettamente amministrativo, la giunta unitaria; del resto, se così non fosse,
si spiegherebbe soltanto con l’opportunismo la scelta unitaria effettuata dallo scudo crociato in
vai Chisone.
Il fatto che si sia voluto prospettare, da parte di esponenti
DC, un ritiro della propria delegazione dalla giunta di Luserna,
in caso di conferma deU’alleaiiza
di sinistra in Comunità montana,
non fa che avvalorare la tesi di
pressioni nel tentativo di cambiare ulteriormente le carte in tavola.
Ter ora verrà probabilmente
confermata la giunta di sinistra,
poi si vedrà, la disponibilità alFallargamento dell’alleanza è stata da più parti espressa. Il clima
generale, per chi vorrebbe amministrare, fra mille problemi, scadenze e progetti fermi, servizi in
difficoltà è comunque mortificante.
Piervaldo Rostan
VAL CHISONE
Caccia selettiva?
Danni al patrimonio boschivo: occorre contenere il numero dei cervi presenti nella zona
Ancora una volta il TAR (tribunale amministrativo regionale)
del Piemonte sarà chiamato a
pronunciarsi in materia di caccia;
questa volta il ricorso è stato
presentato dall’ENPA contro una
delibera della giunta provinciale
dello scorso dicembre con cui si
determinano i metodi di caccia al
cervo mediante il ’’prelievo” selettivo.
Questa delibera riguarda la valle di Susa e, in modo più marginale, la vai Chisone.
La reintroduzione del cervo in
queste zone avvenne mediante un
vero e proprio programma nel
corso degli anni ’60; questo ungulato si è evidentemente trovato
bene in queste zone accrescendo
la sua presenza, tant’è che secondo la stessa Provincia oggi causa dei seri danni al natrimonio
boschivo ed anche alle colture.
Da ciò la decisione, assunta fin
POMARETTO
Rassegna
teatrale
L’Assemblea Teatro ritorna a
Pomaretto, ancora una volta impegnata a fianco dell’associazione Alidada per portare a termine e consolidare l’attività teatrale avviata a settembre e proseguita a novembre con la collaborazione del Centro torinese.
« Il teatro del sabato », che
è riuscito a creare una piacevole occasione di incontro con
scadenze fisse per Pomaretto e
le valli circostanti, diventa ora
« Forza Italia »: gli appuntamenti rimarranno fissi al sabato,
tranne un’eccezione col primo
spettacolo che verrà replicato
anche la domenica pomeriggio.
Saranno otto gli spettacoli
proposti, a partire dal 2 febbraio, data del debutto con la
nuova produzione dell’Assemblea Teatro: « Sì bella luna »; lo
spettacolo, particolarmente adatto anche per un pubblico di
ragazzi, verrà replicato domenica 3 alle 15.30. La serie, ricca
dì significative presenze onde
proseguire il buon rapporto che
si è instaurato in particolare
col pubblico che ha dimostrato
di apprezzare queste iniziative,
si concluderà il 23 marzo.
Gli spettacoli avranno inizio
alle ore 21 e il costo del biglietto è fissato in 8.000 lire;
sono in vendita tessere di abbonamento che permettono l’ingresso a sei spettacoli su otto,
a scelta, al prezzo di 36.000.
INIZIATIVA DI SOLIDARIETÀ’
Vicini alla
TORRE PELLICE — Con due
incontri, uno presso i locali della chiesa valdese e l’altro al centro Fritz Malan dell’Esercito della Salvezza, la popolazione delle valli che ha generosamente
contribuito negli scorsi mesi alla raccolta di materiale a lavora delle popolazioni romene ha
potuto rendersi conto della situazione delle regioni e delle
chiese evangeliche a cui saranno
inviati i materiali raccolti.
L’occasione è stata data dalla
visita a Torre Pellice, dalla Svizzera, dei coniugi Castellani, le
persone che hanno fin qui organizzato ben cinque viaggi nel
nordest della Romania non solo
per portare il frutto della loro
raccolta in Svizzera, ma anche
per impostare la costruzione di
un tempio. La serie di diapositive presentata ha evidenziato una situazione per molti versi
drammatica, in particolare circa
i servizi e la disponibilità di beni di largo consumo: abitazioni
senza acqua o energia elettrica,
ospedali o asili per bambini con
i letti ma senza materassi e servizi largamente insufficienti relativamente alla gente ospitata.
Nel Pinerolese sono stati raccolti all’incirca 40 metri cubi di
materiale, prevalentemente abiti; il sopraggiungere del freddo
e della neve ha impedito l’invio,
già a dicembre, degli aiuti; è in
previsione perciò un viaggio fra
la fine di febbraio ed i primi di
marzo. L’Esercito della Salvezza
e Radio Beckwith, che hanno
proposto nelle valli la raccolta,
hanno già evidenziato la necessità di coprire i costi della spedizione del materiale e le collette effettuate al termine degli incontri di informazione hanno già
dato un buon contributo in tal
senso; il contributo della locale
chiesa dei Fratelli e di singoli
donatori ha dato un altro notevole aiuto; chiunque volesse
sostenere ulteriormente la raccolta di fondi o materiale nel
corso del mese di febbraio potrà mettersi in contatto con Radio Beckwith, via Repubblica 6,
Torre Pellice, tei. 91507, oppure
con l’Esercito della Salvezza, via
Cavour 9, tei. 932388.
LiPÓT
Corso Gramsci 11 * Tel. (0121) 91.236 - 10066 Torre Pellice (To)
Mostre
TORINO — Dal 16 gennaio al 17
febbraio è aperta al pubblico, presso
l’Accademia Albertina, una mostra sull'attività di Francesco Gonio; l’artista,
già noto al grande pubblico per le illustrazioni dei “ Promessi sposi », è
uno dei testimoni più rappresentativi
della vita artistica piemontese tra la
Restaurazione e l’età umbertina, avendo operato fra il 1825 e la fine degli
anni ottanta.
TORINO — Dal 31 gennaio al 10
marzo 1991, nelle sale del Circolo degli artisti (palazzo Graneri - via Bogino 9), sarà aperta la mostra « Linoleografie di Fabio Picasso ».
L'esposizione, proveniente dal museo Picasso di Antibes, comprende oltre cento linoleografie che trattano varie tematiche.
Tutti i giorni dalle 9.30 alle 19.30;
il venerdì e il sabato fino alle ore 23.
Cinema
dal 1986, di procedere ad abbattimenti in modo da limitare l’aumento degli animali; sempre secondo la Provincia i capi abbattuti sono stati troppo pochi (comunque 439 solo negli ultimi due
anni) ed allora ecco la soluzione:
l’Unione nazionale cacciatori della zona Alpi ha proposto di organizzare dei corsi per la formazione di ’’cacciatori esperti” e questa
soluzione è stata ritenuta valida.
Una volta conclusi questi corsi
la Provincia ha però assunto un
atto deliberativo in cui si prevede che le operazioni di abbattimento saranno svolte da squadre
composte « da agenti e cacciatori
autorizzati o da cacciatori esperti e cacciatori autorizzati (tutti
quanti armati di carabina e con
possibilità di abbattere l’anima!e) ».
Risulta evidente che in questo
modo esiste una caccia selettiva
che avviene o può avvenire senza
che gli agenti venatori siano direttamente coinvolti, quindi senza che vi sia quella figura con veste giuridica chiamata eventualmente a rispondere di omissione
di atti di ufficio in caso di mancata denuncia di irregolarità.
Sulla vicenda ha preso posizione anche il consigliere verde Cavaliere che in un’interrogazione
evidenzia come la politica fin qui
condotta dalla Provincia sui prelievi selettivi non sia stata in grado di risolvere i problemi, finendo per diventare un semplice atto di continuazione dell’attività
venatoria per una categoria ristretta di cacciatori dei comparti
alpini'.
Onesta caccia di selezione ’’elitaria” dovrebbe riguardare 40 capi in vai Chisone e 330 in vai Susa, potrà essere effettuata tutti i
giórni, anche su terreno innevato
e dunque con la facilitazione di
poter seguire le tracce; il prezzo
che dovrà pagare ogni cacciatore
che si aggiudicherà un cano è
stato fissato in 8.000 lire al Kg.
P. V. R.
POMARETTO — Il clneforum presenterà, venerdì 1° fe-bbraio alle ore
21, ¡presso II cinema Edelweiss, « La
domenica In campagna », di B. Tavernler.
TORRE PELLICE — Il cinema Trento,
neH'ambito della rassegna di film d’autore, proporrà, venerdì 1° febbraio, alle ore 21.15, « Che mi dici di Willy? »,
film sull'Aids definito dalla critica come « Il grande freddo »; sabato 2 (ore
20 e 22.10) e domenica 3 (ore 16, 18,
20 e 22.10) sarà invece posto in visione « Rocky V ».
Iniziative
SAN SECONDO — L'amministrazione
comunale organizza per venerdì 1° febbraio una serata, con inizio alle 21
presso il municipio, sul tema: « Dare
uno spazio alle parole e al confronto
democratico sulla guerra del Golfo »;
introdurrà il prof. Alberto Barbero.
Amnesty International
TORRE PELLICE — Giovedì 31 gennaio, ore 16.45, avrà luogo nella sede
di via Repubblica 3, 2° piano, una
riunione con II seguente odg: a) appello al ministro della giustizia del
Vietnam per il monaco cattolico John
Nghi; b) relazione della responsabile
sui lavori del Consiglio circoscrizionale (Torino 19 gennaio); c) bilancio consuntivo e preventivo del Gruppo Italia
90 Val Pellice; d) sondaggio sulla pe:
na di morte in un Istituto superiore;
e) esame dei risultati della •• manifestazione delle candele » del 26 gennaio; f) tavolino al mercatino biologico del 9 febbraio.
Programmi dì Radio Beckwith
________FM 91.200 - 102.350__________
Con il nuovo anno Radio Beckwith
ha ristrutturato in parte il palinsesto
settimanale delle trasmissioni; in particolare c'è stata una ridefinizione dei
notiziari che vanno ora in onda: alle
8.30, con notizie sia locali che nazionali e internazionali; ore 11, notizie
flash; ore 12.30, edizione nazionale ed
internaz.; ore 14.30, notizie locali; ore
18.30, notizie nazionali, internaz. e locali.
Inoltre da lunedì 4 febbraio prende
il via, alle ore 9.30, una trasmissione
evangelica dal titolo « Sfida della Parola »; in replica II martedì alle ore
15.30,
______________Concerti________________
SAN GERMANO — In occasione di
una delle periodiche riunioni della Fanfara intercorpi nazionale dell’Esercito
della Salvezza, nel tempio valdese, sabato 2 febbraio, alle 20.30, si svolgerà un concerto sotto la direzione del
maggiore Cooper di Londra che in
passato ha già partecipato a vari campi musica a Bobbio Pellice.
______________Incontri________________
PINEROLO — Giovedì 31 gennaio,
alle ore 21, presso la comunità cristiana di base di corso Torino 288,
si svolgerà un incontro per riflettere
sulle esperienze che stanno nascendo
e sviluppandosi nel campo delle tossicodipendenze; si parlerà prevalentemente delle possibilità di volontariato
e della necessità di concordare i progetti e far convergere le forze.
11
r febbraio 1991
lettere 11
LO SPESSORE
DELLA PAURA
Or sono tre giorni, dicevamo: in
occasione del pericolo di guerra in
Medio Oriente, al centro dei sentimenti che esso provoca troneggia,
nei più, quello della paura.
Adesso ohe la guerra è . scoppiata,
bisogna dire che il sentimento della
paura ha assunto un vero spessore.
E’ esperienza comune ohe laddove
la paura è incontrollata, totalmente
svincolata dalla ragione, e dalla cultura, essa si comporta nel cuore dell'uomo e nel corpo della società come una zattera senza ormeggi, come
una bomba innescata, devastante.
E' su questo tipo di paura ohe fanno leva molti governanti e politici, i
guerrafondai, i fabbricanti di morte,
per raggiungere i loro squallidi fini.
Non esiste un metro per misurare
la paura senza ritorno.
Chi ripagherà le vittime della paura per le sofferenze fisiche, morali,
intellettuali che comporta?
Chi ovvierà alle conseguenze della
paura scatenata, le distorsioni della
personalità degli individui in cui scatteranno elementi negativi quali la viltà, l'egoismo, la ritorsione, l'astuzia,
il compromesso, i traumi, i tradimenti, e una violenza folle quale valvola
di scarico della paura?
Chi fermerà coloro che per sottrarsi alla violenza bellica fuggono senza
meta, e coloro che, per bloccare una
aggressione, rispondono con un'altra
aggressione?
Chi ci salverà dagli accaparratori,
dagli sfruttatori, dai pescecani, dai
falchi e dalle iene che si nutrono dei
morti di paura?
Solo i nonviolenti e i ipacifisti coerenti sono a tutt'oggi capaci di controllare la propria paura, di conoscerla e limitarla, e infine di sublimarla
in nonviolenza, coraggio silenzioso, solidarietà, rispetto dell'uomo, della natura, della vita.
Ma perché la paura si sublimi e divenga altro, occorre tempo, tanto tempo e una riconversione culturale che
solo la pace può dare.
Per questo, per avere il tempo necessario a crescere nella nonviolenza e nei valori positivi, non vogliamo
nutrire la violenza, che è madre del
r-------------------------------------
la paura.
Noi vogliamo la pace nella giustizia, nella cooperazione internazionale,
nella fraternità, che cancellano la paura e rendono la guerra impossibile.
A noi sta il compito di diffondere,
regalare, esportare pace e solidarietà
fra coloro che non le conoscono, che
vivono, uccidono e muoiono in guerra, che provocano rivolte, occupazioni, repressioni, emigrazioni... se ci
crediamo e se amiamo veramente la
vita, la nostra e quella degli altri.
Bianchi o neri, cristiani, ebrei, musulmani, atei, per noi tutti gli uomini
sono fratelli, E tali devono scoprirsi,
vivi, disarmati, e prendersi per mano.
Davide Melodia, Livorno
I TRAGICI FATTI
DELLA LITUANIA
Quale corrente politica italiana ha
promosso un'interpellanza parlamentare e quale voce si è levata presso
l'ONU per auspicare misure immediate, energiche e decisive contro la Russia comunista che ha schiacciato nel
sangue le pacifiche proteste dei lituani?
E' chiaro che Gorfaaciov si è macchiato riprendendo l'immagine e la
azione di guerra contro la libertà dei
popoli e contro le nazioni che erano
state ingiustamente incorporate nell'Unione sovietica da Stalin e calpestate da Krusciov e da Breznev.
Cinicamente, come presidente sovietico, Gorbaciov dice che lui non ne
sapeva nulla. Ma allora la Russia è
ancora sotto il tallone staliniano dei
generali della vecchia guardia? Ed in
questo caso è inutile illuderci sulla
tanto strombazzata perestrojka. Ma se
ne era al corrente e non ha voluto,
né potuto, prendere le dovute misure
punitive verso i carnefici del comunismo russo, allora si ritiri immediatamente a lui il Premio Nobel per la
pace, al capo del Cremlino, e si revochino tutti gli aiuti alla Russia; e
si espella l'ambasciatore russo da Roma. Altrimenti primeggeremo sulla
scena delle solite incallite burattinate, prestandoci sempre al gioco dei
potenti, com'è sempre avvenuto dal
19Í5 ad oggi e come sta ora avvenendo per la questione del Golfo Persico. Per questo sarebbe l'ora di fi
delle valli valdesi
settimanale delle chiese valdesi e metodiste
Direttore; Giorgio Gardioi
Vicedirettore: Luciano Deodato
Redattori: Alberto Corsani, Adriano Longo, Jean-Jacques Peyronel, Piervaldo Rostan.
Segreteria; Angelo Actis
Amministrazione; Mitzi Menusan
Revisione editoriale: Stello Armand-Hugon, Mariella Taglierò
Spedizione: Loris Bertot
Comitato editoriale: Paolo T. Angeleri, Mirella Argentieri Bein, Claudio
Bo, Franco Carri, Franco Chiarini, Rosanna Ciappa Nitti, Gino Conte,
Piera Egidi, Emmanuele Paschetto, Roberto Peyrot, Sergio Ribet,
Mirella Scorsonelli
Stampa; Coop. Tipografica Subalpina - via Arnaud, 23 - 10066 Torre
Pellice - telefono 0121/91334
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EDITORE: A.I.P. - via Pio V, 15 - 10125 Torino - c.c.p. 20936100
Consiglio di amministrazione: Coetante Costantino (presidente), Paolo
Gay, Roberto Peyrot, Silvio ReveI, Franco Rivoira (membri)
Registro nazionale della stampa; n. 00961 voi. 10 foglio 481
Il n. 4/'91 è stato consegnato agli Uffici postali di Torino e a quelli
delle valli valdesi il 24 gennaio 1991. ____
Hanno collaborato a questo numero: Gianni Genre, Marinella Lausarot,
Luigi Marchetti, Ruggero Marchetti, Lucilla Peyrot, Giuseppe Platone,
Claudio Rivoira, Sandro Sarti, Cinzia Carugati Vitali.
nirla con la catena dei bluff che hanno fomentato la sfiducia generale anche nei più fermi che credevano alla
giustizia ed alla pace. Quei bluff che
hanno sempre calpestato la verità e
favorito le impunite ingiustizie, ingannando sempre più i popoli!
Credevamo che i fatti ungheresi del
1956 e quelli successivi della Cecoslovacchia e dell'Afghanistan non si ripetessero più; invece il comunismo e
la Russia sovietica, per salvarsi, si
sono solo travestiti da agnello, pur
agendo da lupo rapace. Quel lupo che
cambia il suo pelo, ma non il vizio.
Elio Giacomelli, Livorno
GRAZIE!
Grazie per l'articolo sul no alla
guerra!
Spero che il giornale porti rigorosamente avanti questo atteggiamento,
e riesca a farlo diventare un movimento. Diamoci da fare, aiutiamoci a
vedere come si può e si deve fare.
Grazie, con affetto
Rita Gay, Bergamo
LA DEMOCRAZIA
E’ UN LUSSO?
Per quanto, ormai, la cronaca nera
ci abbia anestetizzati anche nei confronti degli avvenimenti più turpi, la
storia che si svolge in questi giorni
ha fatto una breccia nell'indifferenza
degli occidentali verso la sofferenza
del Medio Oriente.
Questa guerra ci sta sconvolgendo,
mina la nostra sicurezza, l'idea del
benessere perenne. Ci intacca nella
nostra felicità.
La gente sta perdendo obiettività.
Probabilmente, sono anche quelli che
hanno già vissuto una vera guerra,
e non è morta in loro la paura della
fame. Fanno incetta di viveri e medicinali. Noi, che apparteniamo a un'altra generazione (quella che la guerra
la conosce solo dalla TV), siamo esterrefatti di fronte a queste manifestazioni di panico.
La gente si trasforma, diventa irriconoscibile, fa paura questo fenomeno. E' un istinto di sopravvivenza
che va contro lo sforzo di razionalizzare la realtà.
In momenti come questo, ci rendiamo conto che il pensiero democratico è un lusso. Le battaglie pacifiste,
l'unione dei popoli contro il razzismo,
la guerra, la tortura, ecc... questi sono discorsi ohe vanno bene nei periodi di pace, ma l'emergenza li elimina, li annulla. Certo, le manifestazioni, i cartelli, le opinioni, ma è una
linea vuota di potere, che non ha peso quando si scatena la forza bellica
in difesa di interessi economici enormi. Ma, in fondo, la responsabilità è
anche nostra, perché appoggiamo da
quarant'anni e più la stessa gente,
al governo. Il fatto grave è che, comunque, c'è sempre chi ci crede, nella guerra, chi la vuole.
Ma i figli dei nostri governanti ci
vanno laggiù a combattere?
Se la guerra durerà poco, pensiamo comunque a quanto è facile che
succeda di nuovo, basta pochissimo,
1 equilibrio mondiale è così precario!
Perché i ragazzi italiani si arruolano nell esercito? Per i soldi, perché
manca lavoro, perché mancano gli
ideali, le regole. Anche di questo siamo responsabili, come società civile
e democratica, perché rendiamo allettante una scelta di carriera che
può costare la vita. Forse, la gente
vuole proprio questo, mettere in gioco la vita per sdrammatizzare la morte. Ma è assurdo, perché facciamo
gli interessi di chi sta al potere e
di noi se ne frega.
Degli avvenimenti scottanti si parla
poco e male prima che avvengano,
e troppo, dopo che sono avvenuti.
Questo ci confonde, non ci apre tutte le possibilità di valutare le cose
oggettivamente.
Che cosa significa sfidare in guerra il mondo arabo, quando grossa parte di esso è insediato ormai in tutta
Europa?
Che cosa vuol dire abitare faccia
a faccia con dei musulmani, coi quali
laggiù ci scanniamo? Quanto grande
è I odio fra arabi e occidentali? Possiamo viverlo questo odio vivendo
fianco a fianco? Questo conflitto nel
Golfo mette in crisi l'equilibrio della
nuova società europea, multietnica. Ci
aspettano tempi duri, ci hanno messi di fronte a un grosso problema,
in termini molto crudi.
Se la democrazia cerca i compromessi per un accordo fra le parti, la
guerra questi compromessi non li ammette.
E, intanto, la gente comincia a morire, continua a morire per niente.
Idana Vignolo, Torre Pellice
ERRATA-CORRIGE
Nell'articolo « Tutti con Israele »,
pubblicato a pag. 12 del numero scorso (25 gennaio) è contenuta un'inesattezza.
Dove si dice che » alcuni giovani
sono già volati in Medio Oriente per
unirsi all’esercito con la stella di
Davide », l'informazione esatta sarebbe
stata che alcuni giovani sono partiti
per Israele per sostituire nel lavoro
dei kibbntz quanti sono stati richiamati nell'esercito.
Ce ne scusiamo con i lettori.
FRANCIA
Appello
ai volontari
La Fondazione John Bost è
un’opera protestante francese riconosciuta come opera di utilità pubblica. Più di mille residenti, handicappati fisici e mentali,
vivono in una ventina di padiglioni grandi e piccoli disseminati in mezzo a prati e boschi,
per un’estensione di quasi 200
ettari.
La Fondazione si trova a La
Force, in Dordogna, a 10 chilometri da Bergerac. Il luogo è
molto bello, vi sono foreste e
castelli, luoghi selvaggi ed accoglienti.
Ogni padiglione ha una sua
propria vita e organizzazione,
ma nello stesso tempo è complementare alla funzionalità di
tutti gli altri. La Fondazione offre a giovani di tutto il mondo
l’occasione di svolgere un servizio volontario, di scoprire un
mondo sconosciuto ed ancora
sofferente per profondi pregiudizi. Offre anche la gioia di vivere
un’esperienza arricchente, in rapporto con gli ospiti e con le
équipe del personale curante. I
giovani al di sopra dei 18 anni
sono alloggiati in uno dei padiglioni, viene loro offerto il vitto,
l’alloggio e le spese di viaggio
(in treno) dalla frontiera francese a La Force.
Il periodo in cui si può svolgere il servizio volontario è mensile: dal r al 31 luglio, dal 1“
al 31 agosto e dal 1° al 30 settembre. Documentazione e informazioni si possono avere rivolgendosi alla Foresteria valdese di
Torre Pellice, via Arnaud 34, tei.
0121/91801.
RINGRAZIAIMENTO
ti Tu sei la mia difesa e salvezza. Sei tu il mio Dio; in te confido »
(Salmo 91: 2)
I familiari della compianta
Gilda Bouchard ved. Gostabel
riconoscenti per la grande dimc^trazione di affetto e dì stima tributata
alla loro cara ringraziano di cuore tutti coloro ehe con la presenza, scritti,
parole di conforto e opere di bene hanno preso parte al loro dolore.
Un ringraziamento particolare al pastore Paolo Ribet, al dott. Broue, al servizio infermieristico dell’USSL 42 e in
particolare al sig. Osvaldo Perrot, e all’Ass. partigiani di San Germano Chisone.
San Germano, 23 gennaio 1991.
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iLUSERNAS. GIOVANNI I
I in recente costruzione con riscalda- |
mento semiautonomo, appartamento
(composto da ; ampio soggiorno, cu- |
cinotto, 2 camere, bagno, ripostiglio,
■ ingresso, cantina, box. L. 89 m. I
RINGRAZIAMENTO
(( Io sono persuaso che né mor^
te né vita potranno strapparmi
dalVamore di Dio che e in Cristo Gesù »
(Rom, 8: 38)
I familiari tutti di
Eraldo Genre
di anni 50
ringraziano tutti coloro che sono stati
loro vicini e che hanno preso parte al
loro grandissimo dolore. Vera ringrazia
di cuore il personale medico, infermieristico e ausiliare delPOspedale valdese
di Pomaretto e in modo particolare il
dott. Sappé ed il pastore Renato Co'isGon.
Pomaretto, 24 gennaio 1991.
RINGRAZIAMENTO
« Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho
serbato la fede »
(II Timoteo 4: 7)
I familiari della cara
Giuseppina Giordan
ued. Travers
di anni 90
ringraziano di cuore tutti coloro che
con presenza, scritti, parole di conforto e fiori hanno preso parte al loro dolore. Un ringraziamento particolare al-'
l’Ospedale valdese e al pastore Marchetti.
Angrogna, 26 gennaio 1991.
RINGRAZIAMENTO
« Uuomo se ne va alla sua dimora eterna; la polvere torna
alla terra compera prima, e lo
spirito torna a Dio che Vha
dato »
(Ecclesiaste 12: 9)
A funerali avvenuti di
Paolo Favatier
la moglie Delfina e il nipote Stefano
ringraziano il direttore dell’Asilo valdese di Lusema San Giovanni signor
Gobello e tutto il personale, il pastore
Bellion, la dottoressa Pons e tutti coloro
che hanno partecipato al funerale.
Luserna S. Giovanni, V* febbraio 1991.
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Guardia medica ;
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 2331 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: Tel. 22664.
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Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva; Telefono 932433 (Ospedale Valdese).
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Monte Nero, 27 - Tel. 848827.
Ambulanza :
CRI Torre Pellice: Telefono 91,996
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SERVIZIO ATTIVO INFERMIERISTICO: ore 8-17, presso I distretti.
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12
12 villaggio globale
r febbraio 1991
DOCUMENTI
AMNESTY INTERNATIONAL
Per chi non fa religione Prigionieri
del mese
La scelta dovrà essere fatta una sola volta all’inizio dell’anno Per gli studenti minorenni è necessaria la controfirma del genitore
Pubblichiamo, come documentazione, il testo della circolare n. 9,
emanata dal ministero della Pubblica Istruzione in data 18 gennaio
1991, a seguito della sentenza della Corte costituzionale (n. 13). La
sentenza stabilisce il diritto di lasciare la scuola per chi non si avvale dell’ora di religione.
La Corte Costituzionale, chiamata a decidere ima seconda volta della legittimità costituzionale
dell’art. 9, comma 2, della legge
25 marzo 1985, n. 121 e del punto
5 lettera b), comma 2 del relativo protocollo addizionale, ha anzitutto precisato che resta ferma
la ratio della precedente sentenza
n. 203 del 1989 « nel senso che l’insegnamento di religione cattolica,
compreso tra gli altri insegnamenti del piano didattico, con pari dignità culturale, come previsto nella normativa di fonte pattizia, non è causa di discriminazione e non contrasta — essendone anzi una manifestazione — col
principio supremo di laicità dello
Stato »; e ha concluso affermando, sulla base di tale considerazione, che «quanto alla collocazione dell’insegnamento nell’ordinario orario delle lezioni, nessuna violazione dell’art. 2 della
Costituzione è ravvisabile ».
La Corte ha quindi circoscritto
il «thema decidendum», in ordine
alla questione sollevata, attorno
alla portata dello « stato di nonobbligo » degli studenti che scelgono di non avvalersi deH’insegnamento di religione cattolica.
La Corte ha chiarito che per
quanti decidono di non avvalersi
deH’insegnamento di religione
cattolica, lo schema logico non è
quello dell’obbligazione alternativa; per i predetti si determina
« uno stato di non-obbligo ». Ha,
quindi, ritenuto che i moduli organizzativi predisposti dall’amministrazione scolastica per corrispondere al non-obbligo, consistenti in; a) attività didattiche e
formative; b) attività di studio
e/o ricerca individuale con assistenza di personale docente; c)
« nessuna attività », intesa come
libera attività di studio e/o ricerca senza assistenza di personale
docente, non siano per il momento esaustivi residuando il problema se lo « stato di non-obbligo »
possa avere tra i suoi contenuti
anche quello di non presentarsi
o allontanarsi dalla scuola. In
proposito la Corte chiarisce che
sotto il profilo considerato l’esercizio della libertà di religione è
garantito con il diritto di scelta
se avvalersi o non avvalersi dell’insegnamento di religione cattolica e che le varie forme di
impegno scolastico offerte dall’organizzazione scolastica alla libera scelta dei non awalentisi
non hanno, quindi, più alcun
rapporto con la libertà di religione, ma attengono alle modalità organizzative della scuola.
Ne consegue, come sottolinea la
Corte, che « alla stregua dell’attuale organizzazione scolastica è
innegabile che lo stato di non-obbligo può comprendere, tra le altre possibili, anche la scelta di
allontanarsi o di assentarsi dall’edifìcio della scuola ».
Sulla base di tali principi affermati dalla Corte Costituzionale resta confermata la piena legittimità della « collocazione dell’insegnamento nell’ordinario orario delle lezioni », con la conseguenza che nella formazione del
quadro - orario l’insegnamento
stesso sia collocato anche in ore
intercalari, così come è per le
altre discipline scolastiche, in relazione a criteri di buon andamento della scuola che implicano
l’ottima distribuzione delle diverse discipline sotto il profilo didattico e la migliore utilizzazione
del personale docente.
D’altro canto deve essere offerta ai non awalentisi anche la
scelta di allontanarsi o di assen
tarsi dall’edificio scolastico, in
aggiunta alle altre possibilità che
l’organizzazione scolastica aveva
già proposto con le precedenti
circolari n. 188 del 25.11989 e n.
189 del 29.5.1989.
E’ questo l’aspetto nuovo in ordine al quale con la presente circolare si dettano i seguenti criteri di organizzazione in relazione al parametro di cui all’art.
97 della Costituzione e ai principi che regolano l’azione . amministrativa.
L’ulteriore scelta offerta agli
studenti non awalentisi di allontanarsi o di assentarsi daU’edificio della scuola va dunque regolata in base ai seguenti fondamentali criteri; a) quello attinente alle esigenze di buona organizzazione; b) quello attinente alla
responsabilità della pubblica amministrazione che ha il dovere di
vigilanza sugli alunni con particolare riguardo a quelli minori
degli anni diciotto.
Sotto il primo profilo è chiaro
che l’organizzazione della scuola
non consente scelte episodiche,
discontinue e disordinate.
E’ quindi necessario che la
scelta in relazione a una sola delle quattro possibilità offerte vada
operata per una sola volta all’inizio dell’anno scolastico e valga
per tutta la sua durata.
Per qumto concerne l’anno sco
lastico in corso, ferma restando
l’attuale articolazione dell’orario
delle lezioni, in relazione alla immediata efficacia della sentenza
della Corte va rivolto interpello
a coloro che all’inizio dell’anno
hanno dichiarato di non awalersi dell’insegnamento di religione
cattolica per eventualmente modificare la scelta già operata in
relazione alla nuova possibilità
offerta di allontanarsi o di assentarsi dall’edificio scolastico.
La dichiarazione va fatta dall’avente diritto e cioè; a) direttamente dallo studente, se maggiore degli anni diciotto; b) direttamente dallo studente, anche se
minore, che frequenti un istituto
di scuola secondaria superiore
(legge 18.6.1986 n. 281); c)dal genitore o da chi esercita la potestà
per gli alunni della scuola materna, elementare e media, se minori degli anni diciotto.
Affinché si verifichi la cessazione del dovere di vigilanza dell’amministrazione ed il subentro della responsabilità del genitore o
di chi esercita la potestà è necessario che nella ipotesi sub b) la
dichiarazione dello studente di allontanarsi o di assentarsi dall’edificio scolastico sia controfirmata
dal genitore o da chi esercita la
potestà e che in entrambe le ipotesi sub b) e sub c) il genitore o
chi esercita la potestà dia puntuali indicazioni per iscritto in ordine alle modalità di uscita dell’alunno dalla scuola.
Il ministro
Gerardo Bianco
Agire per la pace, ovunque
(segue da pag. 1)
— Questo è molto chiaro. Molti nel movimento per la pace qui
non ci tengono molto a sembrare
a favore del governo Shamir, c’è
da stare attenti su questo punto...
— Potete dire quello che ho detto ora, lo avete registrato, cioè
sono cose dette da un israeliano
che sotto le bombe ci sta vivendo.
— Ti ringraziamo molto. Ora
un’altra domanda. Qual è la tua
posizione, all’interno del movimento per la pace in Israele? Come hai già detto, c’è una parte
che è d’accordo con la guerra,
mentre voi non lo siete...
— Allora; io sono direttore di
« The Other Israel » e sto preparando un numero tutto sulla
guerra, che prenderà una chiara
posizione contro la guerra. Mi
sono occupato dell’organizzazione della dimostrazione davanti all’ambasciata americana a 'Tel
Aviv, e partecipo a tutte le iniziative che vengono prese contro la
guerra. Ora abbiamo organizzato
una petizione sulla guerra che sarà pubblicata sui giornali israeliani e su « The Other Israel », naturalmente.
— Un’ultima domanda. Quali
sono secondo voi le prospettive?
Mi avevi accennato al fatto che a
mano a mano che la guerra prosegue la gente probabilmente si
avvicinerà alla vostra posizione,
se ho ben capito.
— Sì. Abbiamo il precedente
della guerra del Libano; all’inizio
quelli che si pronunciavano contro la guerra erano molto pochi,
molto isolati, ma poi passo dopo
passo ce ne sono stati sempre di
più. Naturalmente la situazione
adesso è molto più difficile che
all’epoca della guerra del Libano,
perché ora la popolazione è sotto
tiro; tutti'sono sotto tiro, e owiamente per la gente attaccata la
reazione naturale è di lasciare da
parte le divergenze politiche e fare blocco... Tra parentesi, direi
che la stessa cosa sta succedendo in Iraq; anche quelli che non
erano d’accordo con Saddam
Hussein adesso che li bombardano dicono; « Lasciamo perdere le
divergenze, adesso abbiamo la
guerra ». E 'gli americani di questo non tengono conto, ma questa
è una parentesi. Ora, noi pensiamo che quanto più la guerra si
farà difficile, complicata, e temo
che sarà così, tanto più aumenterà il numero di quelli che capiscono che è meglio non appoggiare gli americani in una guerra
a fondo,
— E' una buona cosa sentirsi,
e sentire cosa pensiamo, è per
questo che vi abbiamo telefonato.
Il futuro ci chiederà molto, a tutti, ed è importante parlarci, metterci in contatto tra diverse parti
del mondo. Ora. per Unire, hai un
breve messaggio per noi?
Sì. Un grande appoggio a
tutti coloro che nel mondo si
stanno battendo contro questa
guerra. Come israeliano ritengo
che tutti quelli che si battono
contro la guerra si battono
anche per me, perché la guerra
mette in pericolo la mia persona,
perché ogni notte una bomba può
cadere sulla mia casa, e chiunque
vuole fermare questa guerra è
mio amico. Questo è quel che ho
da dire.
Paesi diversi, vicende diverse, accomunati
dalla violazione e daH’offesa dei diritti umani
Daniel, Panayotis e Pavlos Xidis
GRECIA
Tre fratelli, 20, 23 e 19 anni.
Sono stati arrestati nel maggio
e nel novembre del 1989 e processati dallo stesso tribunale nel
gennaio 1990. Sono stati condannati a 4 anni di carcere per essersi rifiutati di prestare servizio militare per motivi religiosi.
I fratelli Xidis sono tra i 400
giovani arrestati in Grecia per
questi motivi. Essi sono testimoni di Geova. La maggior parte di loro vengono condannati
a 4 anni di carcere, perché in
Grecia non esiste un servizio
civile alternativo.
Amnesty International ha fatto ripetutamente pressione sul
governo greco affinché venga istituito un servizio civile di durata non punitiva, come è stato
raccomandato dalla Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite e dal Parlamento
europeo. Nel luglio ’88 il governo greco aveva annunciato un
progetto di legge, nel quale veniva proposto un servizio civile alternativo di durata due volte superiore a quella del servizio militare. Ma la legge non è
ancora stata dibattuta dal parlamento greco.
Si prega di inviare appelli
cortesi per Timmediata liberazione dei fratelli Xidis, in inglese o italiano, a;
Prime Minister Constantine Mitsotakis
Office of thè Prime Minister
Maximou Palace
Herodou Atticou Avenue
Athens - Grecia
Alirio de Jesus Pedraza Becerra
COLOMBIA
40 anni, avvocato, sposato, con
un figlio di sette anni. Era membro attivo del Comitato di solidarietà con i prigionieri politici (CSPP) e, come awocato,
aveva rappresentato le famiglie
delle persone uccise durante una
marcia di protesta di centinaia
di agricoltori awenuta nel maggio ’88. Egli aveva lavorato anche per alcuni sindacalisti arrestati e torturati a Cali nel marzo ’90. Le accuse contro i sindacalisti erano presto cadute e il
Procuratore generale aveva aperto procedimenti disciplinari
contro i membri delle forze armate accusati di arresti illegali
e di torture nei confronti dei
sindacalisti.
Il 4 luglio 1990, a Bogotá, l’avvocato Pedraza è stato rapito
da quattro uomini armati, mentre usciva da una panetteria.
Sembra che egli sia riuscito a
gridare il suo nome mentre veniva caricato su di una macchina. Alcuni testimoni sostengono
che due degli autori del rapimento si siano fatti riconoscere
come membri delle forze di sicurezza da due agenti di polizia che erano presenti al fatto.
Il rapimento fu denunziato al
Procuratore generale e al delegato per i diritti umani, ma non
fu possibile scoprire il luogo di
detenzione di Alirio Pedraza.
Egli rimane ancora oggi « desaparecido ».
Si invitano i lettori a scrivere con cortesia, in spagnolo o
italiano, per chiedere che si faccia luce al più presto sulla sparizione delTaw. Pedraza, a;
Presidente Cesar Gaviria Trujillo
Presidente de la República
Palacio de Nariño
Bogotá D. E. - Colombia
Mulugetta Mosissa
ETIOPIA
45 anni, ex funzionario statale. Nel febbraio 1980 venne arrestato con la moglie Namat Issa, funzionarla del ministero degli Esteri, che allora era incinta. Con lui vennero anche arrestati centinaia di membri dell’etnia Gromo sospettati di legami con il Fronte di liberazione oromo (OLF). Namat Issa fu
rilasciata un anno fa con il suo
bambino, Amonsissa, che era nato in carcere. Qui Amonsissa si
era ammalato di meningite ed
aveva subito di conseguenza gravi danni al cervello. Mulugetta
Mosissa è ancora in prigione;
egli è molto sofferente per le
torture subite all’orecchio. Almeno 50 membri dell’etnia Oro■ mo sono rimasti in carcere ad
Addis Abeba. Gli altri sono usciti in occasione dell’amnistia
concessa per l’anniversario della proclamazione della Repubblica etiopica. Mosissa è detenuto
da più di 10 anni senza accusa
né processo.
Per la sua immediata liberazione si rivolgano appelli, in inglese o italiano, a;
His Excellency President
Mengistu Hailé-Mariam
President of thè People’s
Democratic Republic of Ethiopia
Addis Abeba - Etiopia
AMNESTY IN CIFRE
Agli inizi del 1990 vi erano
4.149 gruppi locali di A. I. in più
di 60 paesi. Si contavano pure
oltre 700.000 soci individuali e
sostenitori in 150 paesi.
Durante il 1989, 3.376 persone
sono state adottate da Amnesty
come prigionieri per motivi di
opinione o erano in stato di investigazione come probabili prigionieri di opinione. Nel medesimo periodo sono state iniziate
azioni a favore di 1.643 prigionieri. Si è registrato il rilascio
di 1.143 prigionieri di coscienza
o di coloro sotto indagine come probabili prigionieri di coscienza (dal Notiziario n. 11 del
1990).
A cura del Gruppo Italia 90
Val Pellice di A.I.
Tel. 0121/902513
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