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Anno 127 - n. 9
marzo 1991
L. 1.200
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delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
VII ASSEMBLEA DEL CONSIGLIO ECUMENICO
GUERRA: LINEA DIRETTA - 5
Tra Babele e Pentecoste gii americani
e la guerra
La diversità di vedute, reale e marcata, non ha impedito di trovare l’unità nei documenti da votare - Un programma di rinnovamento
(dal nostro inviato)
CANBERRA — Tra Babele e
Pentecoste: così definirei la VII
Assemblea del Consiglio ecumenico che si è appena conclusa, interamente centrata sullo Spirito
Santo: « Vieni, Spirito Santo, rinnova la tua creazione! ». Babele,
perché i linguaggi sono stati diversi e ancora una volta si son
dovute constatare le rotture. Solo
che, dopo tanto tempo che se ne
parla, son risultate ancora più insopportabili o, direi, dolorose. Babele perché, dopo tutto, dopo cioè
due settimane di lavoro in comune, dopo aver cantato insieme e
aver imparato nuove forme di lode, dopo aver pregato insieme e
dopo aver ascoltato insieme la Parola, dopo essere stati insieme alla stessa mensa del Signore, accogliendosi gli uni gli altri nella diversità che ci caratterizza e che
non possiamo né abolire, né nascondere, ognuno se ne va per la
sua strada, continuando il cammino di sempre.
Eppure anche Pentecoste. E’ stato anche un momento in cui i linguaggi si sono fusi insieme: non
solo perché è stato veramente bello cantare insieme, ma anche perché alla fine i documenti, elaborati
con fatica dai quattro gruppi di lavoro, sono stati accolti da tutta
l’Assemblea. Certo, tappe provvisorie di un cammino da proseguire, eppure essi esprimono un consenso di massima, raggiunto in un
tempo relativamente breve.
Ma Pentecoste anche perché
l’Assemblea si è aperta in modi
diversi: a sorpresa, quasi, si sono
aggiunte le chiese cinesi; ci si è
aperti ai pentecostali — e non tutti, di certo, erano d’accordo di farlo; anche la chiesa cattolica non
ha potuto ignorare questa Assemblea (a differenza della stampa italiana!) e, come si sa, il papa ha
inviato un messaggio a Castro. Ma
l’Assemblea si è aperta anche ad
altro: ha accolto i portatori di
handicap, riconoscendoli come
quelli che hanno altri doni; si è
aperta agli aborigeni e, tramite loro, a quanti si trovano spossessati della propria terra; si è aperta
ai giovani, alle cosiddette fedi vi-'
venti, alle culture diverse da quella occidentale.
Certo, tutto è da discutere, da
esaminare, da approfondire e, perché no? da capire. Ma delle spinte sono state date, delle piste si
sono aperte, vale la pena di andare.
« Do una valutazione complessivamente positiva — dice il moderatore Giampiccoli —, anche se
si tratta più di un’impressione che
di una valutazione sulla base della
valanga di documenti che si è abbattuta sui partecipanti negli ultimi due giorni, soprattutto per tre
motivi:
— la straordinaria esperienza
di essere immersi in un crogiolo in
cui si fondono le nazionalità, raz
H precipitare degli eventi in Medio Oriente è stato percepito
in maniera diretta alla redazione del nostro giornale: venerdì scorso eravamo impegnati nel continuare U giro d’orizzonte delle interviste « linea diretta » sul Medio Oriente, che stiamo pubblicando da settimane, e di colpo è cambiato tutto.
E’ subentrata l’urgenza delle prese di posizione immediate, con
l’aggravante che col week-end in America le sedi delle organizzazioni si svuotano (ma anche questo è un dato della situazione).
Abbiamo deciso di dare ai lettori U materiale così come l’abbiamo
sxd tavolo, come via via l’abbiamo ricevuto. Iniziamo con un’intervista di venerdì 22 sera con Alex Molnar, padre di un marine
nel Golfo e copresidente di un’organizzazione di parenti di soldati
americani duramente critica rispetto alla politica di Bush, e proseguiamo (a pag. 2) con un’intervista dell’ultima ora (lunedì 25)
con Lois Levine, della New Jewish Agenda americana. In mezzo,
un collage di brevi interviste e documenti giunti via fax.
Volevamo tastare il polso dell’opinione pubbUca, a livello internazionale: il polso batte forte e chiaro. Continueremo.
Canberra. Delegati e osservatori sotto la tenda che ha ospitato il
culto iniziale dell'Assemblea.
ze, denominazioni e lingue più diverse;
— l’approfondimento dei contatti e dell’elaborazione comune
soprattutto a livello di sessione
(circa 200 persone) e di sotto sezione (circa 40);
— la ricchezza dei culti in cui
soprattutto la musica ha dato la
percezione continua dell’ecumene,
dell’apporto delle più varie tradizioni e sensibilità culturali ed ecclesiastiche ».
Anche Guarna, presidente dell’UCEBI, che per la prima volta
come presidente dell’Unione battista ha partecipato ad una riunio
ne di questo genere, valuta in modo positivo questo evento: « È stato fatto un enorme lavoro di analisi e di sintesi, di confronto e
d’incontro (qualche volta di scontro! ). I documenti rifletteranno naturalmente le diversità di posizioni teologiche, ma anche il notevole consenso che il dialogo ha generato nei tanti seminari di studio ».
Difficile dire in poche righe quali siano stati i momenti salienti,
tanto è stato ricco l’incontro. Per
Luciano Deodato
(continua a pag. 6)
Intervista con Alex Molnar
(Milwaukee, Wisconsin), copresidente della Military Families Support Network (Rete di sostegno
delle famiglie dei militari), venerdì
22 febbraio, ore 21,15 (in Italia).
— La prima domanda, a caldo,
è sulla proposta odierna irachenosovietica e sulla risposta, poche
ore fa, del presidente Bush. E’ la
domanda che stiamo rivolgendo
anche ad altri amici americani.
— La posizione della Military
Families Support Network è sempre stata che un’offensiva americana nel Golfo Persico non è nell’interesse del popolo americano, e
quindi guardiamo alla proposta sovietico-irachena come a un segno
di forte speranza e riteniamo che
gli Stati Uniti dovrebbero darvi seriamente seguito. Da quel che so
della dichiarazione del presidente
Bush, non l’ho ancora vista, mi è
stata letta, mi pare che quel che il
LIBERAZIONE E RICONOSCENZA
Per il tempo della prova
« Allora gridarono all’Eterno nella loro distretta, ed egli li trasse fuori dalle loro angosce ».
(Salmo 107: 6)
Questo salmo è stato letto, nella storia della
chiesa, come una scuola di preghiera nel tempo
della prova. Potremmo anche noi leggerlo in questa
luce, ben consapevoli che tante volte il nostro tempo è quello dell'angoscia e della dura prova.
L.6 po-tolc del scdffio sotto itidifizzcit^ popolo
dei credenti perché esso non é esentato dal tempo
della prova. L’antico padre della chiesa Agostino
così commentava il nostro salmo. «Questo salmo
mette in rilievo le misericordie di Dio, misericordie
sperimentate in noi e perciò chi ne ha fatto l espeyìbìxzci Ib (Ittici iti ttiodo pdTticolciTB. lUttcìvici noti b
stato scritto per l'uno o per l altro, ma per il popolo di Dio ed è posto davanti a noi come uno specchio perché noi possiamo in esso riconoscerci
Esso è così « uno specchio » che riflette la misericordia di Dio. Ma come vedere tale misericordia? E soprattutto come vederla viva, presente, operante in me, in noi tutti, oggi? . • j ,
Con dcllB itntncigini tfcittB dolici storia^ del popolo d’Israele, il salmo ci presenta uno schema più
volte ripetuto: una situazione di smarrimento; una
invocazione « gridando,» all Eterno, una liberazione per Vintervento di Dio; una riconoscenza
celebrando l’Eterno.
Così la misericordia di Dio è resa visibile in
questo movimento, che ha il suo punto di forza nel
«gridare all’Eterno», cioè la preghiera. Ma essa
appartiene alle azioni umane e viene impedito un
suo rinchiudersi nella sfera del religioso. La preghiera è come un gridare nel tempo della prova
per giungere a « vedere » Dio all’opera, liberando la
nostra vita da ogni disperazione e creando, per
misericordia, una nuova esistenza di pace e di gioia.
Questo « gridare » è espressione di fiducia in
Dio perché, è lotta contro la rassegnazione. Non si
è come il giunco che si piega quando passa la tempesta! Gridare certo confessando la propria impotenza, il proprio dolore e la propria angoscia,
ma ponendo in colui che può al di là di quel che
chiediamo una fiducia senza condizioni né spazi
di dubbio.
E' da questo « gridare » nel tempo della prova
che nasce una nuova gioia per l’atto di liberazione
compiuto da Dio. Dio manifesta così il suo amore
per noi rompendo la nostra angoscia e ponendo
termine ad un nostro tempo della prova. Davanti a
noi si apre una sola e nuova possibilità: quella di
celebrare l'Eterno! Si tratta della nostra offerta a
Dio per la liberazione ricevuta. Una offerta completa, totale della vita senza trattenere qualcosa
per noi, per un nostro benessere privato.
Celebrare l'Eterno perché la vita resa arsa
e affamata dal dolore ora può ricevere l’acqua e<
il pane, della consolazione.
Nel tempo della prova Dio richiama il suo
popolo alla comunione con lui, alla gioia della
salvezza in Cristo, .al celebrarlo con l'intera nostra
vita.
Giovanni Anziani
presidente ha fatto sia proprio il
minimo indispensabile. Siamo contenti che non abbia respinto la
proposta e che di conseguenza ci
sia abbastanza spinta, spazio e
possibilità perché questa crisi abbia finalmente una soluzione che
non significhi ulteriore violenza
sul piano militare, non solo per le
donne e gli uomini che servono
nelle forze americane ma per migliaia e migliaia di persone in tutta la regione.
— Un paio di cose mi hanno
colpito, ascoltando Bush via satellite. La prima è che a quel momento si conosceva solo la lista
dei punti dell’accordo sovietico-iracheno e ì dettagli, era stato detto,
sarebbero stati comunicati in serata: Bush, in sostanza, stava mettendo le mani avanti. Secondo
punto: ha detto che gli iracheni
dovevano rispondere al suo ultimatum se volevano evitare una
’’guerra terrestre”.
— Io penso che l’amministrazione Bush sia stata fin dall’inizio
attratta da una logica militare più
che da una logica politica, e penso
che la dichiarazione del presidente
vada interpretata semplicemente
come un ulteriore esempio di questo atteggiamento: rispondeva più
alla logica dell’offensiva militare
che a quella di una soluzione politica. E questo mi pare pericoloso
sia per i nostri soldati sia per la
popolazione della regione.
Il presidente Bush ha bisogno
di cominciare a considerarsi un
dirigente politico piuttosto che un
comandante militare. Penso che si
sminuisca, con questa continua insistenza sull’aspetto militare delle
cose.
— Il punto è che se gli iracheni
cominciassero a ritirare le truppe
dal Kuwait si sospenderebbero solo, da parte americana, le operazioni di terra... e quelle aeree?
Un’altra cosa inquietante è la natura della reazione di Bush: è semplicemente una prima reazione,
tanto per non apparire passivo davanti alla proposta iracheno-sovietica... o c’è ancora speranza di
un’apertura negoziale?
— È impossibile saperlo. Posso
solo ripetere che la rotta scelta dal
Intervista a cura di
Sandro Sarti
(continua a pag. 2)
2
attualità
1° marzo 1991
GUERRA NEL GOLFO: SPERANZE E SCONFORTO
«Scegli la vita
affinché tu viva...»
Nella parola biblica del Deuteronomio si riassume l’indicazione
che molti oppositori alla guerra hanno seguito in questi giorni
fli » 4. ^ ^ A 1 VTVT j-_ ^ -IT 4 I* ^ - B
LE VOCI CONTRO LA GUERRA
La guerra
non è la risposta
Questo giornale non è la CNN,
che ci fa vedere in diretta i fatti
— intendiamoci: vedere, non vivere (come mitizza una certa retorica da media) — che poi sono
di solito i fatti peggiori. Vogliamo solo parlarvi di come le giornate da venerdì 22 a lunedì 25 ci
hanno fatto arrivare addosso il
contrasto tra le decisioni prese a
spron battuto, in alte sfere, e le
reazioni miste di speranza e di
sconforto.
E’ una puntata tutta dedicata
aU'America: non è, ma intendiamo arrivarci, il dramma del campo di battaglia.
In attesa del
« collegamento »
Venerdì, prime ore del pomeriggio. Siamo in attesa di metterci in contatto con indirizzi americani: si partirà alle 15 circa, cioè
alle 9 del mattino in America. Inttinto alle 1330 si è vista in TV
una conferenza stampa ufEiciaìe
a Mosca. E’ l’annuncio dell’accordo tra iracheni e sovietici su alcuni pimti: centrale è l'accettazione della risoluzione 660 con il
ritiro incondizionato dal Kuwait,
che avverrà con scadenze precise.
I dettagli saranno dati in giornata. Alle 16,30 conferenza stampa
di Bush: il piano iracheno-sovietico non viene formalmente respinto, ma in sua vece è avanzato un ultimatum: entro sabato
alle 18 (ora italiana) dovrà iniziare il ritiro o si passerà all’offensiva terrestre. Alle 17 partono le
prime telefonate. DaWAmerican
Friends Service Committee (Filadelfia: è l’intemazionalmente no
to « soccorso quacchero », dal
motto « fede, rischio, coraggio »)
ci giunge copia di un telegramma
di un paio d’ore prima (Bush non
aveva ancora parlato) al presidente di turno del Consiglio di sicurezza deirONU: «Le chiediamo pressantemente di riaffermare la leadership delle Nazioni Unite per evitare una disastrosa
guerra di terra nel Golfo Persico ».
Piuttosto duri
i primi commenti
Alla No Blood for OH Campaign ( « niente sangue per il petrolio ») il commento immediato
è secco, sulla linea deU’AFSC, con
in più una nota dura per Bush.
Con il quattordicinale Christianity and Crisis, una delle testate
più note del protestantesimo
americano, con la collaborazione
di firme del mondo cattolico ed
ebraico, non c’è molto tempo per
fare commenti: ci manderanno in
tarda serata varie pagine del loro
ultimo numero.
Intanto ci anticipano il titolo
di un editoriale: La guerra del
Golfo: sbagliata prima, durante e
dopo.
Raggiungiamo anche, a Milwaukee nel Wisconsin, Lew Friedland
e Alex Molnar (v. pag. 1). La loro
organizzazione è nata nell’agosto
scorso, dopo una lettera aperta
di Molnar, che ha un figlio nel
Golfo, al presidente Bush: « Mentre mio figlio parte per il Golfo,
lei corre dietro a una pallina da
golf », scrisse furente Molnar
sul New York Times il 24 agosto.
« L’ "American way of life" per
Gli americani e la guerra
(segue da pag. 1 )
presidente condurrà inevitabilmente a un attacco americano all’Iraq.
E penso che la sua risposta frettolosa, quando ancora non conosceva i termini esatti della proposta iracheno-sovietica, indichi
che il presidente resta deciso a cercare una soluzione militare piuttosto che una soluzione diplomatica. C’è un altro punto che non
mi sembra chiaro. Stiamo parlando di un’iniziativa del Consiglio
di sicurezza dell’ONU. Vorrei sapere perché il presidente degli Stati Uniti debba essere la persona
che decide se questa offensiva deve continuare o finire. Se si tratta
di un’iniziativa dell’ONU, come il
governo americano continua a insistere in tutte le sue dichiarazioni,
perché mai deve essere il presidente degli Stati Uniti a parlare
per conto dell’ONU? A me sembra che doyrebbero essere il segretario generale e il Consiglio di
sicurezza a farlo. E*^ una cosa impropria che lo faccia il presidente
degli Stati Uniti.
— Il fatto è che i commenti
dei media qui sono strettamente in
linea con il governo americano.
L’Italia è un paese militarmente
modesto. Molti di noi si battono
contro un intervento che ritengono stupido e assurdo. Voi siete fisicamente coinvolti in ben altra
misura. Allora, secondo lei, cosa
potremmo fare?
— Penso che gli italiani possa
no fare esattamente quello che
stiamo facendo in America: far
capire in ogni modo possibile che
l’inutile perdita di vite umane nel
Golfo Persico li tocca da vicino,
parlare ed esprimersi chiaramente
contro quest’inutile guerra, chiedere ai loro dirigenti politici di
smettere di appoggiare una guerra
non necessaria.
Questo è quel che bisogna fare.
È quello che faccio, e ho un figlio
nel Golfo.
— L’opposizione alla guerra qui
non manca, glielo assicuro. Ma
quel che ci dicono è che bisogna
sostenere i ’’nostri ragazzi”, e con
loro i soldati americani, donne e
uomini, il che in definitiva significa sostenere la politica dell’intervento, una cosa che non possiamo
accettare.
— È uno strano tipo di sostegno quello che spedisce dei soldati
a combattere e morire in una guerra inutile. Ho un figlio marine
e sono assai orgoglioso di lui, e ritengo che quel che sto facendo gli
stia dando un vero enorme sostegno. Io sento che non posso sostenere il presidente e sostenere le
truppe. Se si sostiene il presidente,
non si sostengono le truppe.
— Siamo pienamente d’accordo.
E la ringraziamo per quel che ci
ha detto. È importante che nel
mondo ci si parli di quel che si
fa
intervista a cura di
Sandro Sarti
la quale lei dice che mio figlio
sta rischiando la vita è il “diritto" degli americani di continuare
a consumare dal 25 al 30 per cento del petrolio mondiale? ». La
lettera fa il giro della stampa, in
America e nel mondo: l’organizzazione ha ora più di 5.000 membri, tutti parenti dei soldati nel
Golfo.
Anche dai commenti immediati
di Lois Levine, raggiunta a St.
Louis, nel Missouri, sentiamo forte diffidenza per la risposta di
Bush, con la riaffermazione della
necessità di una soluzione politica e non militare: Lois Levine,
assistente sociale, è vicepresidente della New Jewish Agenda, sorta nel 1980 per raccogliere le file
di quanti, nella grande comunità
ebraica degli Stati Uniti, si richiamano « agli ideali di giustizia
e di pace » che risalgono all’epoca (anni quaranta) di più forte
adesione al movimento sindacale
e di sinistra. Siamo, dice Levine,
una « organizzazione progressista ». Resta l’impegno di risentirci per un commento più ragionato.
Una sensazione
che si fa definitiva
La sensazione che Bush voglia
chiudere rapidamente la porta alla nuova proposta per fermare le
ostilità, abbinata al ritiro iracheno dal Kuwait è, con sabato 23,
definitiva. In una manciata di ore
la proposta è fatta cadere, il Consiglio di sicurezza ignorato: la
guerra « continua ».
Tra sabato e domenica è praticamente impossibile raggiungere
qualcuno in America. Consultiamo un ’’esperto” italiano, uno dei
giuristi il cui appello sulla illegittimità della guerra sta suscitando
dure reazioni. La conversazione è
informale, poniamo alcune domande. Con il ritiro iracheno dal
Kuwait, anche in tempi brevi,
non condizionato (la proposta da
Mosca non pone condizioni, disegna uno scadenziario di conseguenze del ritiro), si ottempera
alla risoluzione centrale dell’ONU
(la 660)? E chi decide il sì o il no?
Risposta: sì, alla prima domand.e; rONU, non il presidente eunericano, alla seconda.
Il « mandato » non
è in bianco
Lunedi 25, ultimi rapidi contatti americani. Parliamo con Lois
Levine (v. qui a fianco). In America si pone anche il problema
del Congresso. Il presidente era
stato autorizzato a utilizzare le
forze armate per far osservare le
risoluzioni del Consiglio di sicurezza: anche qui, è sufficiente
l’osservanza della 660? C’è discussione, ma è chiaro che non è un
mandato in bianco: e il 12 marzo
(dettaglio stranamente sfuggito a
tutti, in Europa) Bush dovrà presentare un rapporto al Congresso.
Con lunedì giungono altre prese di posizione dall’America. Poi
c’è l’annuncio, nella notte, del ritiro di fatto delle truppe irachene dal Kuwait. I] nostro, il vostro giornale deve chiudere. Non
ci resta che riassumere, ritagliare citazioni dal pacco di materiale che abbiamo sul tavolo. Abbiamo la sensazione di essere un
microbo davanti a una montagna. Sul problema di meditare
seriamente sulle nostre strutture
informative torneremo.
Sandro Sarti
Lois Levine:
per i due stati
Un nuovo programma, nuove
priorità per l’ebraismo: questo è il
senso dell’espressione New Jewish
Agenda. Ma nella voce di Lois Levine c’è una passione, una convinzione che hanno radici profonde e lontane nella comunità ebraica d’America, già nelle folle d’emigranti ammassati nelle grandi città, come negli intellettuali i cui
nomi fanno storia già all’epoca
maccartista (ce la ricordiamo). La
New Jewish Agenda è aperta a
tutti: ebrei religiosi e ’’laici”, sionisti e non (« non ci poniamo questo problema », dice Lois Levine).
Torna, ripetutamente, il richiamo
alle « tradizioni ebraiche di giustizia e pace del passato»: è su
questo tema che l’organizzazione
si mosse all’epoca della « invasione del Libano », che si batte per
« i due stati » (israeliano e palestinese) con il « diritto per entrambi
a esistere entro confini sicuri »
(1’« entrambi » è enfatizzato). E
accanto a questo c’è una grande
attenzione ai problemi individuali,
al diritto pieno alla ’’diversità”, in
ogni sfera, sociale, politica e personale.
Con la guerra — chiediamo ■—
la vostra posizione nei confronti
dei palestinesi è cambiata? « No.
Restiamo sulle nostre posizioni.
Dialogo con l’Olp, rappresentante
legittima dei palestinesi. Sgombero
dai territori occupati. Dialogo sulla formula dei due stati, pacificamente conviventi uno accanto all’altro ». Per chi ha letto l’intervista con l’israeliano Adam Keller
(vedi il numero 5 del 1“ febbraio)
non si tratta di un linguaggio
nuovo.
La chiusura del giornale non ci
permette di uscire dai limiti di un
breve riassunto. Ma di The New
Jewish Agenda e di altri gruppi ad
essa vicini torneremo a parlare.
Robert A. Warrior:
sempre il petrolio
L’occhio dell’onnipresente televisione americana, « in visita » al
rifugio del generale Schwarrkopf in
Arabia, sbatte in primo piano due
penne d’aquila « appollaiate sull’apparecchiatura ad alta tecnologia di sicurezza, ’’regalate al generale dalla nazione indiana Osage
quando lo fecero capo onorario” ».
E Robert Alien Warrior, che si
era appena chiesto: « Ma chi sono
i servili imbecilli che hanno fatto
’sto regalo a questo bel merlo? »
ha un sussulto. Il fatto è che lui è
un Osage, dal fiero nome di
« guerriero » (Warrior), e ci tiene,
così come tiene al dottorato da poco conseguito all’Union Theological Seminary di New York.
Miscela esplosiva. Robert Alien
Warrior: « Gli Stati Uniti hanno
cominciato a combattere le loro
guerre petrolifere negli anni novanta (del secolo scorso), in
Oklahoma, e la nazione Osage fu
uno dei loro principali bersagli »,
scrive, e entra nel dettaglio: « Mio
bisnonno, il primo Robert Warrior, era nell’esercito americano
quando non poteva neppure avere
la cittadinanza » e rincara: « Aveva giurato di difendere una Costituzione che non gli concedeva alcun diritto ». E prosegue a parlare
del nonno, il secondo Robert Warrior, morto in Normandia nel
1944. E’ spaventosa, la trafila dei
morti in guerra indiani, in questi
ultimi cent’anni (la cittadinanza.
d’obbligo doppia, «lo volessero o
no», americana e della rispettiva
«nazione indiana», fu «concessa»
solo nel 1924). Il tasso di presenza in guerra, e di morti, degli indiani d’America, comunica a tutte
cifre Warrior, è il più alto tra tutti, più ancora di quello dei neri. E
loro le guerre, oltre a farle all’estero per gli Stati Uniti, se le sono
viste in casa, dice. Le memorie indiane sono legate al presente: «Un
altro mio nonno, Good Fox, ini diceva che l’unica differenza tra
Wounded Knee [il massacro di indiani indifesi, nella neve, nel secolo scorso] e My Lai [Vietnam]
era che a My Lai c’era un caldo torrido, a Wounded Knee il gelo.
Stiamo ancora raccattando i pezzi di Wounded Knee e del resto
della guerra degli Stati Uniti contro di noi, dal secolo scorso. La
stessa cosa sta facendo la gente
dell’America Centrale. Quando
quest’ultima guerra sarà finita, il
Medio Oriente sarà nella più spaventosa situazione del secolo. La
mia più grossa preoccupazione, finora, è la mancanza di un’analisi
storica della politica estera americana in generale, e nel Medio
Oriente in particolare. Quelli della mia età, specialmente, protestano in base a un principio — la
guerra è male — piuttosto che
con una visione alternativa specifica per la pace e la giustizia.
Sulle terre indiane, nel Medio
Oriente e altrove, gli Stati Uniti
continuano a considerare cosa
propria il petrolio e le altre risorse, e chiunque si frapponga alla
realizzazione di questa idea incommensurabilmente malvagia pagherà un prezzo pauroso ».
(da « Christianity and Crisis »,
New York)
Le chiese
contro la guerra
« Appello alle chiese », 12 febbraio
« Le chiese sono state in prima
linea nel chiedere alternative pacifiche alla guerra. Abbiamo detto:
la guerra non è la risposta. Ci siamo trovati d’accordo nel dire che
lo scontro doveva essere evitato.
Quando a Gabriel Habib, segretario generale del Consiglio delle
chiese mediorientali, è stato chiesto: ”Da che parte è Dio in questa
guerra?”, la risposta è stata: ’’Dalla parte di chi soffre” (...).
« Ci siamo opposti a questa
guerra per motivi morali e continuiamo ad opporci oggi. Chiediamo la sospensione delle ostilità » (...).
« Ciò che sta accadendo nel
Golfo è inconciliabile con le parole dell’Evangelo. E’ nella chiamata di Cristo ’’Adoperatevi per la
pace” che noi siamo uniti, e in
essa prenderemo posizione» .
Da un messaggio firmato dal
Consiglio nazionale delle chiese
degli USA.
In precedenza, negli ultimi giorni dell’anno scorso quando la guerra sembrava ancora poter essere
scongiurata, una delegazione di dirigenti dello stesso Consiglio nazionale delle chiese in USA aveva
affermato: « La guerra non libererà il Kuwait, lo distruggerà. La
guerra non instaurerà la stabilità
nella regione, ma incendierà l’intero Medio Oriente. La guerra non
ci salverà dalle armi di distruzione di massa, ma le scatenerà.
La guerra non risolverà vecchi
conflitti, ma li farà esplodere in
maniera più vasta e profonda ».
3
1” marzo 1991
vita delle chiese
RICOSTITUITI A NAPOLI DUE PUNTI DI RIFERIMENTO DELL’EVANGELISMO
Un XVII febbraio alfombra del Vesuvio
L YWCA-UCDG e il « Circolo Caracciolo » erano assenti da trent’anni dalla vita della città: ora hanno ripreso un
nuovo slancio - Una giornata intensa, di riflessione, di storia e di musica - «Ascanio e Margherita» e Fausto Amodei
Napoli, XVII febbraio. Fausto Amodei canta le sue canzoni. A sinistra
Marina darre, altra ospite della riuscita giornata.
La sala della chiesa valdese
di via dei Cimbri, sabato 16 febbraio, era affollata: erano presenti quasi tutte le comunità
evangeliche napoletane.
L’occasione era la presentazione del libro di Marina Jarre,
ormai noto ai nostri lettori,
Ascanio e Margherita.
Organizzatrici di questo incontro sono state due associazioni
evangeliche, da poco ricostituitesi nella città, che si sono presentate per la prima volta al
pubblico: l’YWCA-UCDG e il circolo culturale « Galeazzo Caracciolo ». Entrambe assenti dagli
anni ’50 dalla scena napoletana,
sono rinate sulla spinta della
necessità, avvertita da molti, di
portare una testimonianza all’esterno delle chiese senza alcuna
tentazione integrista ma anzi
con una apertura al dialogo. Il
primo momento della manifestazione è stato appunto quello della presentazione delle due organizzazioni, fatta dai rispettivi
presidenti.
Il professor Nicola Pagano,
presidente del « Galeazzo Caracciolo », ha inteso innanzitutto
rievocare la figura di questo riformato napoletano a cui è intitolato il circolo.
Caracciolo apparteneva a una
potente famiglia; la sua posizione sociale gli aveva permesso
di incontrare predicatori come
Juan de Valdés e Bernardo Ochino, grazie ai quali si era convertito. Scappò da Napoli nel
1551, quando si rese conto che
l’Inquisizione stava per processarlo, per rifugiarsi a Ginevra
dove collaborò con Calvino e
morì nel 1586 a 69 anni. Pagano
ha sottolineato come Caracciolo
sia un simbolo dell’evangelismo
napoletano e meridionale, un evangelismo nato lontano dalle
tradizionali correnti del pensiero riformato ma che pure si era
conquistato un posto nel mondo protestante del XVI secolo.
Proprio il rinascere di una voce protestante nel contesto culturale e religioso napoletano è
uno dei punti programmatici
del circolo. Gli altri sono aprire
un dialogo con altre realtà operanti sul territorio e intervenire nella questione meridionale,
portando il punto di vista degli
evangelici in un rapporto vivo
e costante con le chiese della
città, riprendendo idealmente l’eredità del vecchio circolo Caracciolo e dell’altro circolo napoletano, che era presente in via dei
Venerdì 1“ marzo — TORINO: Nel
Salone valdese (c.so Vittorio Emanueie, 23), alle ore 20.45, dibattito su
” L'identità religiosa europea: il passato tra immaginario e realtà ». Partecipano Emidio Campi e Sergio Givone.
Domenica 3 marzo — TORINO: Alle
ore 15 all'oratorio teatro Valdocco in
p.za Sassari, incontro organizzato da
• Beati i costruttori di pace » sulla
guerra nel Golfo. Parleranno: mons.
Giovanni Nervo (ex direttore della Caritas), don- Ermis Segarti, Franco Pasuello (pres. sez. inglese di Pax Christi), on, Roberto Formigoni, Younis
Lawwfik (giornalista iracheno), suor Vittoria Ravano. Per la Chiesa valdese
parlerà il past. Aldo Comba sulla posizione del Consiglio ecumenico delle chiese.
Giovedì 7 marzo — BASSIGNANA
(Al): Il Centro culturale protestante
e la Commissione cultura del comune organizzano presso la sala del Centro comunale di cultura, alle ore 21,
ne nel protestantesimo francese, a cura di Debora Spini, vicepresidente mondiale del Movimento cristiano studenti.
Venerdì 8 marzo — COMO: I » venerdì del mese » prevedono un incontro sul tema » Sacro e profano », introdotto dal past. Fulvio Ferrarlo. Inizio
alle ore 19 e prosecuzione dopo la
cena al sacco, presso la chiesa valdese.
un incontro con la dott.ssa Patrizia
Bigi, dell'Archivio di stato di Alessandria, sul tema: La Chiesa evangelica
di Bassignana nell'800 - Cattolicesimo romano e protestantesimo a confronto, nella provincia alessandrina.
Giovedì 7 marzo — FIRENZE: Il SAE
di Firenze organizza per le ore 18,
presso la sala incontri della Comunità
luterana (via de' Bardi, 20), il secondo incontro del seminario dedicato ai
protagonisti del protestantesimo, che
si rivolge a insegnanti, ricercatori,
monitori, catechisti.
Titolo dell'incontro è Profili di don
Sabato 9 marzo — MILANO: Il Centro culturale protestante (via Sforza
12/a) organizza, alle ore 17, un incontro con il prof. Domenico Maselli che
parla sul tema: Il pluralismo della Riforma: grandezza e servitù.
13-14 aprile — FERRARA: Presso il
ridotto del Teatro comunale si svolge
un convegno dal titolo L’aldilà nella
Bibbia, organizzato dall'Associazione di
cultura biblica « Biblia ». Partecipano
ai lavori, fra gli altri, Daniele Garrone, Paolo Ricca, Piero Stefani. Per informazioni dettagliate: « Biblia », via A.
da Settimello, 129 - 50040 Settimello
(Fi) - tei. e fax: 055/8825055.
28 marzo-2 aprile — AGAPE: Il campo di Pasqua è dedicato all Assemblea di Canberra (7-20 febbraio) del
Consiglio ecumenico. Per iscrizioni tei.
0121/807514.
28 marzo - 2 aprile — FRAMURA
(Sp): Presso l'ex scuola d'infanzia (loc.
Setta) si svolge un corso destinato
in particolare agli insegnanti, dal titolo Alla scoperta del clown perduto ». Per informazioni e iscrizioni: Sigrid Loos, via Canessa, 9/6 - 16035
Rapallo (Ge). Tel. 0185/63049,
Cimbri, il «Vita Nova».
Momento importante di queste presentazioni è stato l’intervento di Anna Nitti, presidente
onoraria del centro Caracciolo.
La professoressa Nitti, vivacissima nonostante le molte primavere, rappresenta l’importante
raccordo tra il vecchio centro e
il nuovo; di quello vecchio ha fatto la storia datandone la nascita nel 1872, rievocando anche il
momento storico, con il nazionalismo che prendeva piede e
con una situazione religiosa, a
Napoli, in cui per gli evangelici
era diffìcile mantenere viva la
presenza visti, per esempio, gli
attacchi dei giornali della destra cattolica, che anche il Caracciolo sperimentò.
Anna Nitti ha ricordato come
i giovani del centro, ad ogni iniziativa a cui partecipavano o
che promuovevano, portassero la
loro bandiera. Ciò allo scopo di
rendere visibile la loro presenza di evangelici, riaffermando la
loro identità che non si sviluppava unicamente in un lavoro
culturale ma anche portando solidarietà a chi aveva bisogno.
Quindi un lavoro di volontariato, svolto per esempio durante
le epidemie di colera o dopo il
terremoto a Ischia, nel comune
di Casamicciola. Ha ricordato
poi quanto significativa sia stata la lotta contro il lavoro domenicale, fatta andando nelle
fabbriche e nei negozi a parlare con padroni e operai.
Un movimento
intemazionale
Dopo quest’intervento c’è stato quello della presidente dell’Unione cristiana delle giovani,
la professoressa Clara Lingria
Ranchetti, che ha tratteggiato
quel che è stata l’Unione a livello nazionale e internazionale.
Sorta in Italia nel 1874, a Napoli fu fondata più tardi, ma
egualmente riuscì a ritagliarsi
uno spazio e un ruolo gestendo
una foresteria e un laboratorio
tessile.
Essendo mutate le condizioni
di vita delle donne e delle giovani era ovvio che cambiassero
anche gli obiettivi, sia sul fronte culturale che su quello sociale dell’organizzazione, che si vuol
dare oggi un impegno terzomondista e vuole puntare sul lavoro
con le donne immigrate. Se le
chiese sapessero offrire altre occasioni di impegno reale forse
si avrebbe una presenza più accentuata dei giovani nelle comunità.
Nel successivo dibattito relativo all’opera della Jarre Nicola
Pagano ha notato un intrecciarsi di storia « grande » (la storia
degli stati e delle guerre) con
una storia « piccola » che è quella delle vicende personali, proprio come quella di Margherita,
montanara delle Valli: «Sarebbe stato più giusto se il titolo
del romanzo fosse stato Margherita e Ascanio », ha detto,
proseguendo nel tracciare un
contatto tra la vicenda manzoniana e il rimpatrio, tra il libro in questione e I promessi
sposi.
Giorgio Bouchard ha parlato
del romanzo raccontandone in
breve i dati salienti: la descriMone dell’ambiente valdese del
tempo; ’Torino e la controriforrna; la vita, i sentimenti di Margherita e Ascanio.
Bouchard ha ricordato come
Marina Jarre sia una dei tre romanzieri che hanno scritto dei
valdesi, oltre al socialista umamta,rio De Amicis e a Piero
Jahier, valdese per cultura e formazione, non per fede religiosa.
Ha quindi preso la parola Gianna Urizio, regista di « Protestantesimo », che ha simpaticamente messo le mani avanti, affer
mando di non essere una critica letteraria ma di essere solo
una « grossa divoratrice di libri ». La lettura di un romanzo
è « una porta per entrare in un
mondo », o « un ping-pong tra
autore e lettore, un qualcosa di
altamente comunicativo ». Urizio
ha messo in rilievo la vicenda
vista con gli occhi di una bambina, il che permette di essere
dentro e fuori la storia stessa,
quindi di avere un certo distacco. Altra cosa che l’ha colpita
è la descrizione della Torino della Controriforma, reale nei colori, nei palazzi, nei personaggi.
Anche i protagonisti, per esempio padre Sebastiano Valfré, sono resi per quel che sono: « Questa non è una storia ufficiale
valdese, ma descrive gli ’’altri”
facendone capire, pur non condividendole, le ragioni ».
La relatrice, usando un’immagine « colorita », ha detto: « Se
un romanzo rimbomba in chi
lo legge, se gli dà qualcosa, allora vuol dire che lì c’è letteratura ». Questo romanzo le ha,
dato la stessa sensazione avvertita nella lettura del libro di Bruna Peyrot La roccia dove Dio
chiama, una sensazione provata
preparando un servizio televisivo nelle valli valdesi. La sensazione è di come in questi montanari, in questi contadini siano
presenti, in maniera viva, tre
elementi: la terra, il popolo, la
fede. « La terra non è la patria
ma è ’’quei campi, quegli alberi”; il popolo sono i volti, le
persone; la fede non è un qualcosa di intellettuale ma un qualcosa che si ha dentro ». Urizio
però ha messo in risalto come
do anche una notazione sul linguaggio impiegato nel libro, corrispondente esattamente a quello dell’epoca e non all’attuale.
Una domanda interessante è
stata rivolta da Rosanna Ciappa
Nitti, riguardo al coinvolgimento dell’autore in un libro. La
Jarre, nel rispondere, ha sostenuto di non essere affatto coinvolta poiché un autore, quando
rivede un libro, deve uscire dalla dimensione dello scrittore per
divenire unicamente lettore.
Terminata la presentazione, la
serata è proseguita al centro
« Emilio Nitti » a Ponticelli.
Alla successiva agape fraterna
è seguito un momento di riflessione del pastore Bouchard sul
XVII febbraio e i suoi caratteri. Bouchard ha anche presentato due libri usciti da poco. Il
primo è il già citato La roccia
dove Dio chiama dì Bruna Pey-'
rot; il secondo è la raccolta degli atti dei convegno tenutosi in
occasione del tricentenario del
rimpatrio. Del primo il pastore ha ricordato la rilevanza come raccolta di storia orale, effettuata durante le riunioni
quartierali nelle Valli. Sul secondo ha rilevato il contributo fornito da storici di assoluto rilievo alla conoscenza della nostra
storia, di « chi e come siamo,
al di là degli studi che pure ci
sono stati in altri anniversari
del rimpatrio » e giudicati ormai datati o insufficienti.
Il momento di festa ci è venuto con Fausto Amodei, noto
cantautore di canzoni politiche
degli anni ’60 e ’70, facente parte insieme alla moglie Gabriella e a Marina Jarre del terzetto
Tra coloro che hanno preso parte all’agape c'erano Gianna Urizio,
al centro, e Nicola Pagano (secondo da sinistra nella foto).
la storia, nel romanzo, non sempre sia riuscita a fondersi, appesantendo un po’ il libro.
Nel dibattito l’autrice si è difesa con precisione sostenendo
che il motivo di una così forte
presenza della storia era quello
di far conoscere la vicenda valdese a chi la ignora.
Nicola Pagano ha espresso il
suo dissenso con la definizione
di Urizio « la storia vista dagli
occhi di una bambina », facon
di torinesi venuti a Napoli per
questo XVII febbraio all’ombra
del Vesuvio. Amodei si è simpaticamente prestato a cantare alcuni suoi brani notissimi come
« Il tarlo » o « Morti di Reggio
Emilia » ( raccontandoci anche
man mano la storia delle composizioni). La serata si è conclusa con il canto di alcuni inni e, ovviamente, del « Giuro »
di Sibaud.
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4
4 vita delle chiese
r marzo 1991
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
«Viva il XVII
TORINO
Digiuno per la pace
ANGROGNA — « Viva il XVII
febbraio! ». Scandendo al suono
del tamburo suonato dall’ottantaquattrenne « tamburino di Angrogna » Guido Buffa questo grido di gioia e di speranza, i bambini e le bambine della Scuola
domenicale hanno guidato il
corteo che dal Serre e da San
Lorenzo fino al Vengie e poi al
tempio del capoluogo ha aperto
« ufficialmente » — dopo i falò
della vigilia — il nostro XVII
febbraio.
Il giorno prima questi stessi
bambini avevano riflettuto insieme sulla guerra e avevano scelto insieme dei versetti biblici di
pace che avevano poi scritto su
dei cartelli, a testimonianza per
i più grandi che si può festeggiare davvero la libertà solo nell’impegno per la giustizia e per
la pace nel mondo.
Questi cartelli sono stati poi
portati nel tempio ed è stato
così, ammoniti visivamente dalla parola del Signore a rivendicare la sua pace contro ogni
guerra, che abbiamo pregato, riflettuto, cantato e dato lode a
Dio nel corso del culto al quale hanno preso parte oltre 200
fratelli e sorelle di chiesa.
Dopo il sermone, alcuni catecumeni hanno rivolto delle domande all’ospite di quest’anno,
il pastore battista di Lodi Dario
Saccomani, che ha risposto con
semplicità ed incisività, dando
a tutti i presenti uno « spaccato » estremamente vivo non solo della realtà battista in Italia,
ma più in generale della realtà
evangelica al di fuori delle nostre Valli.
Al termine del culto il presidente del Concistoro Jean Louis
Sappé ha letto una dichiarazione «teologica» sulla guerra'nel
Golfo invitando i presenti a sottoscriverla come espressione della volontà di pace e come testimonianza di fede della nostra comunità.
La giornata è poi proseguita
con il pranzo comunitario, come sempre ottimamente preparato dalle sorelle dell’Unione
femminile. Il pastore ha poi letto alcuni estratti della relazione
alla Tavola della chiesa di Angropia per l’anno 1890-’91 e fatto in margine a questa lettura
alcuni confronti fra l’Angrogna
di ieri e quella di oggi; il pastore Saccomani ha fatto una
panoramica storica sul battiamo,
seguita da una breve discussione; Ethel Bonnet ha fatto rivivere ai presenti l’entusiasmo e
le speranze del 17 febbraio 1848
attraverso alcune cronache del
tempo. E non è mancato il momento della poesia: Silvio Bertin ha letto alcuni versi da lui
composti per l’occasione, e qualcuno si è anche commosso...
Poi, alle 16.15, dopo alcuni
canti « spontanei », con un intervento della Corale si è aperto il pomeriggio, che è stato caratterizzato dalla proiezione « in
anteprima mondiale » del video
di Marco Armoni sullo spettacolo teatrale « A la brua! » che
il Gruppo Teatro Angrogna ha
rappresentato con enorme successo lo scorso anno.
In definitiva, una giornata che
ci ha rallegrato e ci ha fatto riflettere, che ci ha donato delle
ore di comunione fraterna e ci
ha spinto a riflettere e a testimoniare di fronte alla barbarie
della guerra che il nostro Dio
è il Dio della pace che benedice coloro che operano per la
pace.
E davvero, di fronte a questo
XVII febbraio che è ormai trascorso anch’esso, viene spontaneo unirsi al grido ritmato dai
nostri bambini; si, « Viva il
XVII febbraio! ».
VILLAR PELLICE — La giornata del XVII febbraio s’è svolta secondo il programma tradizionale. Alla vigilia sono stati
numerosi, quest’anno, i « falò »
ed anche i partecipanti alla
fiaccolata che, partiti da quattro punti diversi, si sono poi
riuniti intorno al falò del pon
te delle Ruine. Al mattino un’assemblea, forse meno numerosa
degli anni passati, ha ascoltato
il messaggio della Parola di Dio
e quello che i bambini ed i ragazzi della scuola domenicale ed
alcune adolescenti ci hanno rivolto con recite, canti ed esecuzioni musicali.
Viva gratitudine a tutti coloro che in vario modo si sono
impegnati alla riuscita della celebrazione. In particolare alla signora Lidia Prache ed alle monitrici per la preparazione dei
canti e delle recite, a Paolo Frache ed alle sue allieve del « gruppo flauti » per le esecuzioni musicali e per la rievocazione della pagina di storia valdese; al
gruppo ormai affiatato e collaudato di sorelle e di fratelli che
ha organizzato, preparato e servito il pranzo comunitario con
un centinaio di commensali ed
al gruppo giovanile di Inverso
per la serata offerta con la rappresentazione della commedia
brillante « Tredici a tavola », ripetuta il sabato successivo.
• Viva gratitudine al pastore
Giorgio Tourn per il messaggio
rivoltoci nel culto di domenica
3 febbraio ed alla Corale delle
chiese di Bobbio-Villar Pellice
per l’apprezzato contributo al
culto di domenica 24.
BOBBIO PELLICE — Le ma
nifestazioni del XVII sono state aperte con l’accensione dei
vari falò la sera del 16.
Alla giornata hanno partecipato tutti i ragazzi della scuola
domenicale e del precatechismo
con vari canti, intercalati da letture bibliche, e la corale di Bobbio-Villar. La predicazione della Parola, nel culto con celebrazione della Cena del Signore, è
stata tenuta dal past. Franco Casanova della Chiesa battista di
Torino, via Passalacqua. Ha fatto seguito il pranzo comunitario, preparato dall’Unione femminile, che ha registrato un pienone di oltre 170 presenze nella
sala polivalente. La giornata è
stata conclusa con la recita serale di una brillante commedia
ed una farsa presentate dalla
nostra filodrammatica.
Come testimonianza e puntualizzazione verso l’esterno sono
state affisse, in molti punti dell’area urbana, locandine con cui
si affermava: « La chiesa valdese di Bobbio ripudia la guerra,
partecipa alla tragedia delle popolazioni del Golfo Persico, ricorda la libertà come dono ricevuto dal Signore, manifesta la
propria gioia con sobrietà evangelica ».
• L’Evangelo della resurrezione e della vita è stato proclamato in occasione della morte
del fratello Isaia Stefano Bertinat. La nostra fede nella resurrezione dei morti in Cristo
è l’unico sostegno e l’unica consolazione in queste umanamente tristi vicende della vita.
® Grande è la gioia in Cristo della nostra comunità per
la nascita della primogenita Elena Charbonnier, di Giovanni e
Maura Dalmas e di Kevin Pontet, di Massimo e Ginevra Charbonnier. Il Signore è certamente vicino a tutti quei genitori
impegnati nel delicato compito
dell’educazione dei figli alla fede.
• Il Concistoro è convocato
per venerdì 8 marzo, ore 20.30,
nella saletta, ed esprime ad Aldo Lausarot il massimo apprezzamento per il suo lavoro di diacono-cassiere segretario, svolto
per 15 anni, più uno di preparazione.
PINEROLO — Duecento candele in mano ad altrettanti vaidesi (e non solo) hanno caratterizzato il XVII febbraio della nostra comunità. La sera del
16 febbraio la nostra chiesa ha
organizzato per le vie della città una manifestazione per la pace a cui hanno preso parte due/
trecento persone. Chi ha sfilato
aveva una candela in mano oppure reggeva un cartello con un
versetto biblico sul tema della
pace, della giustizia e della salvaguardia del creato. Al termine del corteo numerosi partecipanti si sono riuniti nel tempio per un momento di preghiera, di riflessione biblica e
sull’attualità, di càuto.
Ai falò è continuata la riflessione biblica sulla pace e la preghiera.
La mattina seguente, domenica 17 febbraio, il tempio era gremito per il culto di ringraziamento per la libertà civile ottenuta dai valdesi. Due i motivi di riflessione: l’esigenza della riconciliazione come atto di
testimonianza cristiana e la solidarietà con le chiese valdesi
in Sud America.
Dopo l’agape fraterna, i partecipanti hanno dibattuto il tema dell’obiezione contro le ^ese militari; Saverio Merlo della
Chiesa valdese di Torino ha
spiegato l’origine e le difficoltà
pratiche per questa testimonianza individuale dei credenti. Sono stati mossi alcuni rilievi a questo tipo di obiezione
perché — si è detto — bisogna
avere un rapporto di lealtà con
lo stato e modificare la legge
secondo le procedure. Altri invece si sono dimostrati interessati a praticare questa obiezione. Il rapporto stato-credente
sarà ulteriormente approfondito
negli studi biblici.
• Ringraziamo il past. Renato Coisson, che ha presieduto il
culto in occasione della giornata della CEVAA, ed Elena Pascal che ha partecipato all’incontro delle sorelle dell’Unione
femminile giovedì 21 febbraio.
'• La comunità ha trascorso
ore di gioia in occasione del battesimo di Luca BelUon, di Guido
e Cristina.
• La chiesa esprime la solidarietà cristiana ai familiari di
Ermanno Tron, Albino Borno,
Guido Paolo Beux, Aleardo Agli
deceduti nelle scorse settimane.
VILLAR PEROSA — « C’è, ma
di chi sarà? » è il titolo della
pièce del XVII febbraio, che è
stata molto apprezzata dal pubblico intervenuto. La replica sarà sabato 2 marzo alle ore 20.30.
• Rinnoviamo la simpatia cristiana della chiesa ai familiari
di Federico Long che è deceduto recentemente.
• Ringraziamo Emmanuele
Fossato per la predicazione di
domenica 24 febbraio.
Assemblea di chiesa
SAN SECONDO — Il culto di
domenica 10 marzo avrà inizio
alle ore 10 e subito dopo avrà
luogo l’assemblea di chiesa con
all’odg: riconferma anziani di
Miradolo ed elezione di anziano/a per le Combe; relazione
finanziaria anno 1990 ed elezione di un revisore dei conti; relazione commissione stabili;
coppie interconfessionali.
Lutto
POMARETOO — Martedì 19
febbraio si sono svolti i funerali del fratello Dante Gardiol,
deceduto presso l’ospedale al1 età di 77 anni; ai familiari la
cristiana simpatia della comunità tutta.
• Il concistoro è convocato
per sabato 2 marzo, alle 17.30,
per un incontro con i catecurneni del IV anno e i loro genitori presso la sala Lombardmi.
Arte varia
VILLASECCA — Sabato 2
marzo, alle ore 20.30, presso il
tempio, la filodrammatica presenterà una commedia in due
atti dal titolo « Uno spettacolo
chiamato suocera »; parteciperà
alla serata anche la banda di
Pomaretto. Domenica 3, alle ore
14.30, ci sarà la replica.
Il tempio aperto alcune ore al giorno per incontrare la cittadinanza e fare informazione
Quest’anno, per la comunità
valdese di Torino, la ricorrenza
del XVII febbraio ha avuto un
andamento diverso dal solito ed
ha acquisito un significato particolare.
L’attenzione ai problemi della
pace, che da parecchi anni ha
caratterizzato in modo particolare l’attività del gruppo giovanile FGEI, è stata estesa alla comunità in im incontro da cui sono
emerse alcune proposte di atti
significativi di testimonianza
nell’attuale situazione di guerra.
Le proposte, discusse e approvate in sede di concistoro, sono
diventate operative: uno striscione davanti alla facciata del tempio (« Il frutto della giustizia
sarà la pace ») e l’apertura del
tempio alcune ore al giorno per
incontrare e informare i passanti
su dichiarazioni delle chiese
evangeliche sulla questione della
guerra nel Golfo.
Ma l’iniziativa che ha maggiormente coinvolto la comunità" è
TORRE PELLICE
Incontri
con...
La prima delle conversazioni
programmate sotto il titolo « Incontri con... » ha avuto luogo domenica 24, nella Biblioteca della
Casa valdese, con Bruna Peyrot
che a un pubblico non molto
numeroso ma partecipe ed interessato ha fatto parte delle
sue ricerche raccolte nel volume pubblicato di recente, e di
cui già si è data notizia. La
roccia dove Dio chiama.
Il tema della ricerca è, come
si sa, quello della memoria storica che l’autrice ha verificato
nel corso di una serie di interviste effettuate nel corso di riunioni quartierali alle Valli. Posto e significato della storia nella memoria collettiva e, di conseguenza, definizione di una identità di fede attraverso la rielaborazione della memoria storica. Il dibattito è stato molto
ampio ed appassionante, come si
può facilmente intendere trattandosi di una linea di ricerca
che investe uno dei punti fondamentali della nostra realtà
valdese odierna.
Il prossimo incontro avrà luogo sabato sera (non più domenica dunque) 16 marzo, sempre
presso la Casa valdese, con la
presentazione del libro di Marcella Filippa; in questo caso si
tratterà di un incontro con
l’identità ebraica nella vicenda
di Giorgina Levi in Bolivia negli anni della guerra.
stata la sostituzione della tradizionale àgape fraterna del XVH
febbraio con un tempo di digiuno, con letture bibliche, preghiere, testimonianze e canti,
concluso con la celebrazione della Cena del Signore. Circa una
ottantina di fratelli vi ha preso
parte con viva intensità spirituale e profonda consapevolezza.
Qualcuno ha detto: è stato uno
dei più belli e significativi XVII
febbraio che si ricordi.
E’ stato pure votato un documento con una dichiarazione sui
motivi del digiuno (già pubblicato sul numero scorso) ed è
stata sottolineata l’esigenza di
continuare la riflessione con incontri periodici e soprattutto con
comportamenti coerenti con il
messaggio evangelico della pace
e della riconciliazione. La somma
raccolta (corrispondente al prezzo del pranzo) è stata inviata al
Consiglio ecumenico delle chiese
del Medio Qriente.
• Dopo un culto in comune nel
tempio di corso Vittorio, l'assemblea di chiesa ha riconfermato alcuni membri del Concistoro scaduti; per la zona di
corso Vittorio: Paolo Gay, Silvia
Ribetti, Nini Travers, Lido Cavaglià; ne ha eletto uno per il Lingotto, Giuseppe Marino, e tmo
per corso Qddone, Ugo La Scola.
Un vivo ringraziamento è stato
rivolto ad Anna Schellenbaum e
a Gianfranco Martra che hanno
chiesto di non essere riconfermati. Sono inoltre stati eletti;
Carlo Papini e Loredana Crespi,
quali nostri deputati al Sinodo e
Anna D'Ursi, Luciano Cambellotti
e Adriano Giaiero quali deputati
alla Conferenza distrettuale.
• Nel pomeriggio l’assemblea
si è ricomposta per udire l’interessante relazione di Bruna
Peyrot relativa alla sua ricerca
sulla « memoria storica valdese »
desunta non da libri o da testi
di cultura, ma dalla viva voce
degli uomini e delle donne. La
ricerca è sfociata nella pubblicazione del libro La roccia dove
Dio chiama.
Calendario
Domenica 3 marzo
□ AMICI DELL’OSPEDALE
VALDESE
TORRE PELLICE — Alle ore 15, presso la Casa unionista, si svolge la decima assembiea annuaie dei soci.
2-3 marzo
□ PRECONCRESSO
FGEI
VILLAR PEROSA — In vista del congresso FGEI di Ecumene della fine di
marzo, si svolge il precongresso della zona valli; gli interessati possono
mettersi in contatto con Doriano Co'isson (tei, 932839 ore pasti).
CASA VALDESE DELLE DIACONESSE
La casa cerca una persona in grado di assumere gradualmente
la direzione.
Si richiede una buona esperienza di lavoro
e la capacità di adattarsi alle diverse necessità che nascono
in una casa che ha caratteristiche specifiche ;
un clima familiare, una sensibilità di impronta evangelica.
Assunzione a termini di legge.
Le domande, possibilmente accompagnate da un
curriculum vitae, vanno indirizzate a:
Comitato della Casa valdese delle diaconesse
viale Gilly, 9 - 10066 TORRE PELLICE
5
1” marzo 1991
vita delle chiese 5
ì
k
FGEI-PUGUA
CORRISPONDENZE
un dialogo aperto e franco fra i credenti che confessano le diverse
fedi monoteistiche;
auspichiamo che il popolo evangelico assuma una posizione ferma
e decisa e priva di ambiguità contro l’idea che la liberazione di un
popolo implichi lo sterminio di un altro.
Evangelo in città
Questo tema è stato illustrato nel dicembre scorso a palazzo
S. Giorgio dalla comunità di S.
Egidio, con la partecipazione di
una folla di giovani.
Le varie relazioni hanno fatto
conoscere uno spaccato della
realtà sociale della città, le esperienze e l’impegno di centinaia di
giovani della comunità, da un
Iato nei confronti degli anziani, handicappati, barboni, zingari, extracomunitari, tossicodipendenti, malati di mente, e dall’altro per la creazione di scuole popolari. Si tratta di una vasta
gamma di situazioni umane tristissime e affrontate con grande
amore perché ispirate dall’Evangelo. Ogni sera le varie ’’pattuglie” dei giovani impegnati si incontrano in una vetusta chiesa
dove leggono, meditano la Parola alternando momenti di canto
e preghiera per ricevere un buon
equipaggiamento interiore in vista della loro non facile missione.
Questi giovani, pur essendo impegnati nello studio o nel lavoro,
dedicano il loro tempo libero per
questo servizio stabilendo rapporti di amicizia, reciproca fiducia con le creature più emarginate. Ricordo Gianni e Patrizia,
impiegati e laureandi, che si prodigano per gli anziani, Luciano e
Claudio per l’alfabetizzazione degli zingari; cosi le centinaia di
giovani della comunità riescono
a dare il loro tempo libero a tutta quella lunga lista di creature
ignorate o quasi dalla città.
Gli « adepti » della comunità,
facendo parte o meno d’una parrocchia regolare, vivono insieme
la nuova esperienza di fede nella
comunità di S. Egidio, che trae
il nome dagli omonimi chiesa e
monastero del popoloso quartiere romano di Trastevere dove è
appunto nata la loro prima comunità italiana. Infatti essa è
sorta negli anni ’60 e si è caratterizzata come esperienza attenta all’annunzio dell’Evangelo e
al servizio, per dare forza e speranza ai più deboli. Sono poi
sorte rapidamente varie comunità nelle borgate romane che operano particolarmente nel mondo
Ritengo che queste esperienze
possano essere un vivo richiamo
per i nostri giovani e per una
maggiore riflessione biblica e
preghiera in vista d’un servizio;
non dimentichiamo che nelle nostre stesse chiese non mancano
gli anziani, gli handicappati, i tossicodipendenti e le numerose
creature che vivono in solitudine.
L’impegno nel tempo libero può
dare senso e gioia alla loro vita
sfuggendo al fascino dei moderni
diabolici idoli che tanto guasto
recano nelle nostre famiglie e
nelle comunità.
Penso alla numerosa schiera di
giovani confermandi di Pasqua o
Pentecoste i cui nomi sono pubblicati ogni anno nell’Eco-Luce e
che scompaiono tristemente la
domenica successiva.
Per ovviare a questa « fuga »
dalla chiesa occorre una maggiore attenzione alla vita spirituale
dei bambini e adolescenti, sia con
Un progressivo inserimento nella
vita della comunità come nel culto, con particolare richiamo al
canto, alla musica ed alla preghiera; inoltre sono importanti
le esperienze di campi estivi delle
comunità evangeliche del risveglio, dove si è maggiormente attenti ai temi biblici e che lasciano un’impronta spirituale determinante nel periodo più delicato
della vita. Gustavo Bouchard
Volontà di riconciliazione
•1 o evangehci riuniti in convegno regionale ad Altamura
il 9-10/2/1991, dopo aver riflettuto sul tema « guerra santa »,
confermiamo la nostra opposizione al massacro causato dal
conflitto in corso nel Medio Oriente; pertanto, indignati chiediamo
un immediata cessazione delle ostilità e la convocazione di una
conferenza internazionale di pace sulla questione mediorientale;
condanniamo 1 invasione del Kuwait da parte dell’Iraq in quanto
grave e palese violazione del diritto intemazionale,
denunciamo \& contraddittoria applicazione delle norme del diritto internazionale da parte delTONU in quanto evidenti appaiono le
violazioni non sanzionate che in passato si sono verificate ai danni
di altri popoli ed altri stati;
ribadiamo di conseguenza la necessità di una riforma in senso
dernocratico deH’ONU da realizzare attraverso, ad esempio, l’eliminazione del diritto di veto dei membri permanenti del consiglio di
sicurezza;
constatiamo che a quasi un mese dall’inizio delle ostilità, è
ormai chiaro che l’obiettivo delle forze alleate, sotto il comando
statunitense, non è più solo quello di liberare il Kuwait ma di perpetuare il dominio occidentale in questa parte del mondo di indubbia importanza strategica;
esprimiamo ferma opposizione alla presenza di un contingente
militare italiano nell’area di guerra perché contrario allo spirito di
pace espresso dalla nostra Costituzione;
ci opponiamo alla presenza in Puglia di grossi insediamenti
militari quali ad esempio la base a Gioia del Colle per i Tornado
attualmente operanti nel Golfo o il porto militare di Taranto, dal
quale sono salpate le navi a sostegno della forza multinazionale;
rigettiamo il principio secondo il quale si è voluto ancora una
volta riaffermare la guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti
fra i popoli, sicuri al contrario che questa non serva che ad immolare vittime innocenti agli interessi dei governi che l’hanno voluta,
nonché l’uso strumentale del diritto come giustificazione ad un intervento armato;
operiamo affinché la volontà di pace e di riconciliazione prevalga SU' sentimenti di odio e divisione che la guerra inevitabilmente
contribuirà a generare fra i popoli. In questa direzione auspichiamo
degli immigrati del sud nella periferia urbana.
E’ interessante ricordare che
accanto ai vari servizi, come doposcuola e scuola popolare, è avvenuto un fatto importante, cioè
la trasmissione dell’Evangelo nel
cuore stesso della vita tribolata
della gente, come dimostra la
pubblicazione del « Vangelo in
periferia » della Morcelliana, della collana « Cieli aperti ». Per
questo motivo il prof. Valdo Vinay ha dato un notevole contributo alla comunità romana per
la conoscenza e l’approfondimento della Parola di Dio, lasciando un ricordo indimenticabile.
Il movimento di S. Egidio si è
poi esteso ad altre città italiane
ed all’estèro dove operano migliaia di persone volontarie o meno.
il telefono pacifista, sfrattato,
trova asilo nella chiesa
Un iniziativa di informazione per la cittadinanza: dall’obiezione di
coscienza all’assistenza legale - Trapani: solidarietà con gli immigrati
GENOVA
BOLOGNA — Il « telefono della pace», rinnegato e sfrattato
dal consiglio comunale di Bologna, riprenderà a squillare presso i locali della Chiesa evangelica metodista in via Venezian 3.
Il nuovo numero, appositamente
predisposto, è 229968. Risponderanno a turno, dal lunedì al venerdì, ore 15,30-18,30, aderenti a
movimenti pacifisti e nonviolenti
della città (Associazione per la
pace — di cui fa parte la comunità metodista —, LOC, CGIL
dip. comunali. Nero non solo,
gruppo Fermiamoci, Lega ambiente, un gruppo di avvocati, sinistra giovanile del PDS ed altri)
per dare informazioni in merito
alle leggi vigenti sull’obiezione di
coscienza e sui diritti e i rischi
della disubbidienza civile, offrendo anche assistenza legale a chi
la richieda e fornendo informazioni su iniziative e manifestazioni cittadine contro la guerra
nel Golfo.
La decisione di accogliere nei
nostri locali il telefono che l’assessore Silvia Baftolini aveva in
un primo tempo accolto al palazzo di Re Enzo e che aveva suscitato le ire soprattutto dei socialisti (che fanno parte della giunta) provocandone la chiusura, è
stata presa giovedì 14.2.91 dal
consiglio di chiesa come logico e
coerente servizio alla pace nella
giustizia del far conoscere la verità sui diritti dei cittadini.
L’appello della FCEI, che fornisce anche lo stesso servizio attraverso un numero telefonico
della Tavola valdese, ci conforta
nella scelta di servizio che abbiamo fatto.
Cessate il fuoco
TRAPANI — La Chiesa valdese è aperta tutti i pomeriggi dalle ore 17 alle 19 per i gruppi
che lavorano per la pace sul territorio, inoltre continuiamo una
raccolta di firme per il « cessate
il fuoco ». Tutti i lunedì i vari
gruppi si « incontrano » e si
« scontrano » con sempre maggior difficoltà e meno persone
impegnate.
Tutte le conferenze e tavole
rotonde che hanno avuto luogo
sono state quasi disertate, sia
a Trapani che a Marsala. Come
coordinarnento del « Gruppo interconfessionale trapanese » notiamo sempre di più con rabbia e angoscia che la parola « pacifista » è diventata sinonimo di
« disfattista », nel migliore dei
casi, e siamo perciò boicottati.
Avvertiamo inoltre segnali pericolosi di un nuovo razzismo verso i nordafricani e tutti gli stranieri in genere. Abbiamo per
questo motivo, come chiesa, organizzato per il 23 febbraio a
Marsala una tavola rotonda alla quale hanno partecipato Anne Marie Duprè, del Servizio rifugiati e migranti della FCEI,
sul tema « Razzismi vecchi e nuovi », Karim Hannaki, della redazione « Nonsolonero », e di padre Agostino Martire Rotir del
« Centro d’accoglienza tunisini »
di Mazara del Vallo.
• Durante il culto del XVII
febbraio, in una chiesa gremita
dai membri di Trapani e di Marsala, dai rappresentanti del
« Gruppo interconfessionale per
la pace » e con la diacona Karola Stobaus della comunità de
« La noce » di Palermo sono stati ammessi come membri comunicanti, mediante la confermazione: Vera Stirano, Giacoma
Somrna e Franco Stirano.
Subito dopo il culto ha avuto
luogo, per la prima volta nei
nostri locali, un’àgape che ha visto la partecipazione di oltre
quaranta persone.
Ringraziamo il Signore per la
decisione di Vera, Giacoma e
Franco, e lo preghiamo per la
loro perseveranza nella fede,
per il loro impegno nella chiesa e per le loro famiglie.
Appuntamenti
ecumenici
PADOVA — Importanti appuntamenti in gennaio presso il Pio
X di Padova, nel quadro delle
attività ecumeniche ; rincontro
con il past. battista Glenn
Williams — ex presidente del
KEK — e la conversazione di Febe Rossi Cavazzutti sull’esperienza ecumenica.
• In questi ultimi mesi due lutti hanno colpito la comunità metodista di Padova: ci hanno lasciati per la casa del Padre Daniele Costabel e il colonnello Vito Moreschi.
La figura di Daniele Costabel
è stata ricordata dal past. Bertinat durante il culto. Approdato
a Padova al seguito del figlio
Bruno, pastore, dopo un limgo
servizio presso il Collegio valdese di Torre Pelliee, si era inserito nella comunità, suscitando
simpatia e affetto. Sempre assiduo al culto, la sua presenza era
ormai divenuta per tutti una cara consuetudine.
Il colonnello Vito Moreschi,
pur con tutti i suoi impegni, aveva mantenuto i legami con la sua
chiesa, manifestando vivo il desiderio di restarle fedele.
• George, T extracomunitario
del Ghana a noi affidato, è riuscito finalmente ad inserirsi nel
mondo del lavoro. Con l’aiuto del
nostro presidente Danilo Passini
e della sorella Febe Rossi, ha potuto regolarizzare la sua posizione e trovare un’occupazione.
• Il pastore Claudio H. Martelli. presidente deH’OPCEMI, ha
inaugurato con una conferenza illustrativa la mostra sul metodismo, allestita nella nostra chiesa. Sono state ricordate le principali fonti di informazione storico-bibliografica a cui attingere per la conoscenza del movimento metodista nel mondo e in
Italia, con particolare riferimento ai tre volumi del past. Sergio
Carile.
E’ stata segnalata, a dimostrazione del crescente interesse per
la nostra chiesa, la tesi di laurea
del dott. Renzo Paolo Vedova,
su « La riforma metodista di
Wesley: come la religione può
riformare la società », discussa
(1988) presso la Facoltà di scienze politiche della locale Università.
• Il messaggio del past. Martelli durante il culto di domenica 13 gennaio, centrato sulla necessità della pace e sulla opportunità di una preghiera costante
perché Dio illumini le menti dei
governanti di questo mondo, ha
insistito in modo particolare sul
fatto che nessuno può utilizzare
Dio, chiedendogli d’essere dalla
sua parte per giustificare la violenza e la guerra.
Una giornata
di entusiasmo
FORANO — La giornata del
XVII febbraio si è svolta con
l’entusiasmo di sempre. Abbiamo avuto la gioia di ricevere la
visita di alcuni fratelli e sorelle della comunità di Terni che,
hanno passato tutta la giornata con noi.
Il pastore Rivoir ci ha rivolto una predicazione molto profonda ed attuale. Dopo l’agape
fraterna ci siamo trasferiti nell’aula consiliare del Comune di
Forano dove, come ormai è prassi consolidata da anni, si è tenuta la conferenza pubblica. Il
nostro più vivo ringraziamento
al relatore della conferenza stessa, Paolo Naso, redattore di
Confronti, che ci ha parlato della situazione attuale del mondo
islamico e allo studente in teologia Italo Pons che ci ha portato la testimonianza dell’impegno dei cristiani evangelici per
la pace. Notevole la partecipazione delle forze civili, politiche,
religiose e culturali.
La giornata si è conclusa con
la comunità raccolta con canti
e preghiere intorno al tradizionale falò che si è tenuto nonostante l’insistente pioggia.
Un culto per la città
IMPERIA — Domenica 3 febbraio la Chiesa valdese, nel quadro dell’impegno per la pace
ma soprattutto per una riflessione comune sulla pace, ha tenuto un culto « alla città » in
un’ampia sala del ridotto del
teatro « Cavour » messaci a disposizione dal comune. Con questo culto da noi proposto, e reso noto anche con manifesti, ha
preso avvio nella città un programma di iniziative sulla pace promosse da diversi gruppi
locali e coordinate dal gruppo
« donne in nero » recentemente
formatosi, che ne dà informazione attraverso un bollettino
settimanale.
Prima di iniziare il culto, di
fronte a un numero rilevante
di presenti, la prédicatrice locale ha fatto una breve presentazione della Chiesa valdese di
Imperia nel quadro dell’evangelismo protestante in Italia, e ha
dato una sintetica informazione
sul significativo impegno per la
pace da parte delle organizzazioni internazionali delle chiese
protestanti, nonché delle prese
di posizione che il Sinodo, la
Tavola valdese e la FCEI hanno assunto a livello ufficiale sulla pace, la giustizia e la salvaguardia del creato. E’ stata data informazione anche delle numerose iniziative delle chiese locali e della loro partecipazione
con voce autonoma alle svariate iniziative organizzate localmente.
La riflessione della comunità
in vista di questo culto pubblico si è concentrata sulla complessità della parola « pace »,
sui suoi significati tutti legittimi ma molto diversi nelle motivazioni e nelle interpretazioni, seguendo o la prospettiva della relatività e della contingenza, senza scartare l’eventuale ricorso
alla guerra o rispondendo invece all’imperativo dell’assolutezza, del «non altrimenti », in un
radicale cambiamento di senso
e di obiettivi nei rapporti tra i
popoli.
La predicatrice ha condotto il
culto nella parte liturgica. Dopo la lettura dell’Evangelo di
Matteo (5: 43-48) abbiamo fatto personale e comunitaria confessione di peccato, chiedendo a
Dio in preghiera il ravvedimento per fede e il perdono per grazia. Massimo Rocchi, spesso impegnato nella predicazione nella
chiesa locale, ha tenuto la meditazione con particolare ricchezza di spunti di riflessione e immediatezza comunicativa sulTEvangelo di Matteo (10: 34-39),
soffermandosi sulle parole di Gesù: « Non pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra,
non sono venuto a portare pace ma spada ».
Alla conclusione un buon numero di presenti ci ha chiesto
di ripetere questa iniziativa di
« culto alla città » e occasioni di
nuovi incontri.
6
VII Assemblea del Consiglio ecumenico delle chiese
1” marzo 1991
CANBERRA
Da tuRo il mondo
per l’Assemblea
I momenti più importanti dei lavori e la cornice offerta dalla popolazione autoctona - Preoccupazione per le difficoltà finanziarie
Preceduta da due pre^assemblee per i giovani e per le donne,
la VII Assemblea del Consiglio
ecumenico delle chiese si è
svolta dal 7 al 20 febbraio al
campus dell’università australiana di Canberra, con il tema:
« Vieni, Spirito Santo, rinnova
tutta la creazione ». La guerra
del Golfo, le teologie contestuali
e gli indigeni di tutti i continenti,
rappresentati in Australia dagli
aborigeni, hanno caratterizzato
con la loro impronta l'appuntamento del movimento ecumenico,
che si tiene ogni sette anni.
I giovani e le donne hanno
ascoltato innanzitutto gli aborigeni che hanno dimostrato come
la loro spiritualità parta daH’idea
che « l’essere umano è al servizio
della terra del Creatore e non
ne è proprietario ». I giovani si
sentono spesso esclusi, ed hanno
manifestato a più riprese la loro
volontà di essere associati a tutta la vita del CEC. Le donne
ritengono di trovarsi ancora soggiogate nella chiesa e vogliono
liberare tutte le chiese dalla tripla oppressione del razzismo, del
sessismo e dello spirito di classe. Gli handicappati hanno richiesto una partecipazione del 10%
aH'Assemblea e al Comitato
Centrale, !in quanto « vogliono
condividere i propri doni e talenti ».
Accolti dagli
aborigeni
Gli aborigeni hanno accolto p>er
primi i circa 4.000 partecipanti
sotto la tenda-santuario in occasione del culto di apertura, dopo
che il segretario generale del
CEC aveva loro chiesto l’autorizzazione ad entrare nel loro
paese. In varie maniere essi hanno tracciato il quadro del genocidio che subiscono dall’invasione da parte dei bianchi: sono
stati massacrati, discriminati per
due secoli, e i sopravvissuti sono
stati vittime degli sforzi dei coloni intesi ad assimilarli completamente. Oggi essi reclamano
la sovranità sulle loro terre e
chiedono al CEC di creare un
segretariato p>er gli affari dei
popoli autoctoni.
Il primo ministro australiano.
Bob Hawke, ha annunziato egli
stesso nel suo intervento all’Assemblea una serie di misure volte a permettere la « riconciliazione nazionale » ne! suo paese.
Egli si è anche detto fiero dell’impegno delle truppe australiane a fianco della coalizione
contro l’Iraq.
L’Assemblea, dal canto suo, ha
vissuto secondo il ritmo delle
notizie dal Golfo e ha chiesto
immediatamente alle Nazioni Unite « di bloccare la guerra adesso » e di « ritornare alla rigida
applicazione delle sanzioni nonviolente senza ultimatum », pretendendo la rapida convocazione
di una conferenza internazionale
Su pace, sicurezza e cooperazione
in Medio Oriente.
Con l’ammissione di 7 nuove
chiese, fra cui il Consiglio cristiano della Cina (che rappresenta 5,5 milioni di fedeli battezzati),
il CEC è salito a 317 chiese membro. La partecipazione delle chiese cinesi al movimento ecumenico era stata interrotta dalla
guerra di Corea.
Durante una settimana gli 826
delegati e gli 894 altri partecipanti si sono riuniti in sezioni
di lavoro, dopo aver seguito in
plenaria tutto un programma di
presentazione del tema e dei
quattro sottotemi. Essi hanno
- 4
V0M
il
m
mm
Canberra ■ Una veduta dell’Assemblea plenaria
riferito del loro lavoro in quattro
rapporti voluminosi. In questo
stesso tempo, i 1.300 visitatori
permanenti e 400-500 visitatori
giornalieri partecipavano a un
programma appositamente ideato.
Fra gli 826 delegati, il 17% aveva meno di 30 anni (a Vancouver,
per la VI Assemblea, erano il
13%), c’era un 35% di donne
(contro il 31%) e il 46% di laici,
come a Vancouver. Gli obiettivi
non sono stati raggiunti: si puntava ad avere il 20% di giovani,
il 40% di donne, il 50% di laici.
Mentre il presidente del Comitato centrale, il vescovo H. J.
Held, affermava nella sua rela
zione che « la ricerca deH’unità
deve restare una priorità », il
segretario generale Emilio Castro ha sottolineato nel suo discorso di ap>ertura che « nella
Bibbia i simboli dello Spirito
Santo esprimono l’azione, il movimento e la lotta ». Egli ha
attaccato il debito estero, « uno
dei grandi assassini del nostro
tempo ». Deplorando gli scontri
tra ortodossi e uniati, « in contraddizione assoluta con l’Evangelo », ha gridato: « Questa Assemblea dovrebbe essere l’ultima
in cui si celebra l’eucaristia separatamente! ».
Monsignor Cassidy, presidente
del Consiglio pontificio per la
promozione dell’unità dei cristiani, e il pastore Jacques Maury,
co - presidente del « Gruppo misto di lavoro Chiesa cattolica CEC », hanno riconosciuto che
l’adesione del Vaticano al CEC
non è per Tindomani. Ma l’Assemblea, che ha ridefinito ^ il
Gruppo misto di lavoro, l’ha
anche incaricato di esplorare
tutte le piste per superare gli
ostacoli a delle più strette relazioni.
Nella loro presentazione del
tema, i due oratori principali
hanno esploralo le vie che lo
Spirito utilizza per manifestarsi
alle chiese e alle nazioni.
Il patriarca Partenio di Alessandria — il cui messaggio è stato
letto in sua assenza, a causa
della guerra nel Golfo — ha invitato i delegati a « sbarazzarsi di
tutti i vecchi cliché carichi di
errori e dei peccati di questo
mondo ».
La giovane teologa sudcoreana
Chung Hyun Kyung, nel corso di
una presentazione drammatica
che abbinava la coreografia coreana e quella australiana, ha
preconizzato « il passaggio dalla
cultura della morte alla cultura
della vita ». La sua maniera di
presentare il tema, inserito nelle
tradizioni coreane, ha provocato
un acceso dibattito sulle teolo
CEC
Gli incarichi ’91-98
Dopo una serie di dibattiti prolungati sulla divisione in categorie, l’Assemblea di Canberra ha eletto il nuovo Comitato
centrale del Consiglio ecumenico delle chiese per il periodo
1991-1998.
Il nuovo Comitato centrale comprende 145 membri, in rappresentanza di 317 chiese membro, e 5 membri che rappresentano le chiese associate. Fra i primi ci sono 91 uomini (63%),
54 donne (37%), 11 giovani (8%), 60 laici (41%), 85 «ecclesiastici » (59%).
Il Comitato è stato incaricato dall’Assemblea di vegliare
sulla partecipazione del Consiglio cristiano di Cina — che è
stato appena ammesso come nuovo membro del CEC — e della
Chiesa presbiteriana di Taiwan.
Gli otto presidenti eletti dall’Assemblea sono :
— prof. dr. Annei-Marie Aagaard, luterana, della Chiesa evangelica luterana di Danimarca;
— vescovo Vinton Anderson, metodista, della Chiesa metodista
episcopale africana;
— vescovo Lesile Roseto, della Chiesa unita di Papua, Nuova Guinea e isole Solomon;
— Priyanka Mendis, anglicana, della Chiesa di Ceylon, Sri
Lanka;
— sua beatitudine Partenio, ortodosso, del Patriarcato di Alessandria d’Egitto ;
— dr. Eunice Santana, della Chiesa cristiana, discepoli di
Cristo ;
— pope Shenouda, orientale ortodosso, della Chiesa copta ortodossa, Egitto;
— dr. Aron Tolen, della Chiesa presbiteriana del Camerún.
Il segretario generale del Consiglio ecumenico sarà eletto
all’interno del Comitato centrale.
gie contestuali e il sincretismo
Facendo fronte con coraggio alle
critiche, Chung Hyung Kyung si
è pronunciata in favore di un
linguaggio teologico del mistero,
di poesia e di lotta, prima di
apostrofare i delegati: « Noi ascoltiamo i vostri intellettualismi
da 2000 anni... adesso ascoltate
Nelia linea
dì Seoul ’90
L’Assemblea di Canberra ha
proseguito le grandi linee delTAssembleà ecumenica mondiale
di Seoul (1990) ed ha impegnato
il CEC sulla strada di una piena
integrazione del programma
« Giustizia, pace, salvaguardia
del creato » in tutte le sue attività. Desiderosi di spegnere le
fiamme dell’ingiustizia, di stabilire la pace e di applicare delle
politiche ecologiche i partecipanti hanno intrapreso una marcia
di 3 chilometri, hanno digiimato
e pregato sotto la tenda nel corso
di una notte, al termine della
quale hanno celebrato una liturgia eucaristica, quella detta « di
Lima ». Nel corso di questo culto
Jacqueline Grant, predicatrice
afroamericana, ha invocato:
« Non impareremo più a combatterci ».
Le chiese australiane hanno
invitato quella sera stessa i partecipanti a uno show multimediale all’aperto, sotto il simbolo
« Sotto la Croce del sud ». Un
altro giorno una parte dei partecipanti è andata a piantare dei
giovani alberi per contribuire
simbolicamente alla riforestazione.
La fragilità finanziaria del CEC
procura delle vere preoccupazioni alle chiese e al personale. Anche l’Assemblea stessa ha preso
delle misure tese ad aumentare
le entrate e ha pregato le chiese
di accrescere le loro contribuzioni finanziarie e in natura.
L’Assemblea ha infine proceduto alle elezioni, molto dibattute. I giovani hanno parlato di
« suicidio ecumenico » perché la
loro parte nel nuovo Comitato
centrale è pari solo all’8% e
quella delle donne pari al 37%.
Nel messaggio diffuso « urbi
et orbi » (e pubblicato a pag. 7)
la VII Assemblea del CEC proclama: « Coscienti dei cambiamenti rapidi e profondi che caratterizzano molte regioni del
mondo, ci impegniamo a rendere operanti le nuove proposte
relative al debito mondiale, al
militarismo, aH’ecosistema e al
razzismo ».
L. D.
OFCHURCHES
ASSEMBLY
GÌHRRA 1991
Tra Babele e Pentecoste
(segue da pag. 1)
Martelli, presidente deU’OPCEMI,
è stato « il dibattito teologico tra
la teologa femminista coreana
Chung e la teologia occidentale ».
« Geniale ■— aggiunge Giampiccoli con humour — l’aver chiesto
una presentazione della teologia
dello Spirito Santo a Sua Beatitudine il patriarca ortodosso Parthenios e a sua graziosità, la teologa coreana presbiteriana Chung
Hyun Kyung ».
Quella della prof.ssa Chung è
stata infatti una relazione che ha
fatto (e farà) discutere molto. Gli
ortodossi, mamón solo loro, hanno
avuto un po’ di difficoltà ad accettarla, e in più di uno ha dato
da pensare su quale direzione stia
prendendo il Consiglio ecumenico.
Martelli ha colto qualche incertezza: « Ne è la prova qualche momento di disorientamento dell’Assemblea (voto per chiudere il dibattito e controvoto per riaprirlo).
Certo rimane il desiderio di lavorare uniti davanti ai grandi temi
del nostro tempo ».
La via non è del tutto chiara
anche se, osserva Giampiccoli, « la
parola d’ordine suggerita dal Comitato per il programma del CEC
è rinnovamento (come eco della
preghiera ’’Vieni, Spirito Santo,
rinnova la tua creazione”): attraverso la riconciliazione (unità), la
libertà e la giustizia, il giusto rapporto con la creazione, la partecipazione delle donne (decennio) e
la spiritualità ecumenica. Ma basta enunciare questi propositi per
dire che il CEC si innoverà in
quelle direzioni? E’ probabile che
solo una rilettura a distanza di
Canberra possa dare una risposta.
Tuttavia mi pare che una direzione chiara non sia emersa finora
dall’Assemblea ».
Tra Babele e Pentecoste: il ricco contenuto dei documenti, i problemi che essi aprono, i grossi
interrogativi sul futuro del CEC,
le sue forze e le sue debolezze
non possono essere sintetizzati in
poche parole. Le chiese hanno ora
a disposizione dei documenti da
studiare.
C’è tutto un dibattito che deve
avvenire nelle chiese. « E’ raccomandabile — dice Giampiccoli ■—
lo studio del messaggio, del rapporto dell’Assemblea, del documento sull’unità della chiesa contenuto nel rapporto della sezione
HI, della dichiarazione sulla guerra del Golfo e sugli altri temi di
attualità. Potranno anche essere
studiati i quattro rapporti delle
sezioni, il programma per i prossimi sette anni per il CEC e le migliori presentazioni di temi: giustizia, pace, integrità del creato; lo
Spirito Santo; il decennio di solidarietà delle chiese con le donne ».
Anche Guarna concorda: « In effetti le nostre chiese troveranno
nei risultati dell’Assemblea una
documentazione ricca e preziosa
per approfondire queste tematiche
ed impegnarsi di conseguenza con
la serietà che il Vangelo richiede
e in uno spirito di preghiera ».
Sarà quindi opportuno tornare,
in modo più approfondito, su tutta questa tematica.
Luciano Deodato
7
1° marzo 1991
VII Assemblea del Consigrlio ecumenico delle chiese 7
MESSAGGIO DELL’ASSEMBLEA Al CRISTIANI E Al POPOLI DEL MONDO
VIENI, SPIRITO SANTO
1 - La VII Assemblea del Consiglio ecumenico delle chiese,
riunita a Canberra, Australia,
dal 7 al 20 febbraio 1991, saluta
le chiese, i cristiani e i popoli
del mondo. Il Consiglio ecumenico è una comunità di chiese
del mondo intero, che confessano Gesù Cristo quale Signore e
Salvatore e si adoperano per rispondere insieme alla loro comune vocazione per la gloria del
solo Dio, Padre, Figlio e Spirito
Santo.
2 - L’Assemblea è stata accolta dal popolo aborigeno di questa terra, che è la loro stessa vita, dalle chiese, dal governo e
dal popolo delFAustraìia. A tutti
loro esprimiamo la nostra riconoscenza per l’accoglienza, per
la loro ospitalità e il loro aiuto.
« Vieni, Spirito Santo, rinnova tutta la creazione! », questo
era il tema di questa VII Assemblea. Nella celebrazione, nella riflessione e nella vita in comune,
noi partecipanti all’Assemblea
abbiamo cercato di capire le speranze e gli interrogativi del nostro tempo, riassumendoli in
queste domande:
— Spirito fonte di vita, preserva la tua creazione!
— Spirito di verità, liberaci!
Spirito di unità, riconcilia il
tuo popolo!
— Spirito Santo, trasformaci e
santificaci!
3 - Con gioia e gratitudine abbiamo accolto la diversità delle
culture, delle tradizioni, delle
espressioni della fede cristiana.
Rendiamo grazie a Dio per la
crescente coscienza dell’unità
che accompagna questa diversità. Lodiamo Dio venendo a conoscere i progressi dell’ecumenismo in molti luoghi. Nel corso
di questa Assemblea siamo stati colpiti dalla diversità visibile
delle preghiere, delle spiritualità, delle teologie e degli impegni
cristiani. Questa ricchezza vorremmo condividerla con le nostre rispettive chiese e con i popoli del mondo intero. Riconosciamo il vigore e l’ispirazione
che le chiese e l’Assemhlea devono alla partecipazione delle
donne e riaffermiamo il nostro
sostegno alle proposte formulate nel quadro del decennio ecumenico « Le chiese solidali con
le donne ». Salutiamo il rinnovamento del movimento ecumenico dei giovani e ci rallegriamo
della prospettiva dell’incontro
ecumenico mondiale dei giovani
e degli studenti, previsto per il
1992. Una volta di più affermia
mo l’importanza del ruolo delle
persone che hanno doni diversi
dai nostri e ci auguriamo che esse possano partecipare attivamente all’insieme della vita delle chiese.
4 - La presenza all’Assemblea
di invitati rappresentanti di altre religioni del mondo ci ha ricordato che è sempre più necessario rispettare in ciascuno l’immagine di Dio, accoglierci gli uni
con gli altri come prossimo e
riconoscere la responsabilità
6 - Il nostro mondo conosce
ancora molte divisioni, di cui alcune sono dovute a fattori economici e politici. Le donne, i
bambini, i giovani e le persone
portatrici di handicap sono le
prime vittime di questi rapporti
dilacerati e delle ingiustizie. Lo
Spirito Santo spinge le chiese a
impegnarsi in rapporti basati
sull’amore e sulla solidarietà. Le
chiama a ricercare l'unità visibile e un’efficacia più reale nella
missione.
Attenti alla chiamata dello
Canberra. Il salone del campus dell'Università ha ospitato i lavori dell'Assemblea nei
momenti di seduta plenaria.
che insieme ci assumiamo verso la creazione di Dio e verso
l’umanità che ne fa parte.
5 - Ci siamo riuniti in un momento in cui le minacce che
pesano sulla creazione e sulla
sopravvivenza dell’umanità continuano ad aggravarsi. Nel momento in cui il nostro fragile
ambiente è in crisi, prendiamo
coscienza del fatto che l’essere
umano non è il re della creazione, ma fa parte di un ’’tutto” interdipendente. Abbiamo deciso
di lavorare per la salvaguardia
della creazione. Mano nella mano ci siamo dichiarati solidali
con un gran numero di popoli
autoctoni, di minoranze, di persone di colore, vittime dell’oppressione. Abbiamo riaffermato che tutti hanno diritto alla
giustizia di fronte al fossato che
si allarga tra ricchi e poveri.
Mentre la guerra semina rabbia
in diverse zone del mondo, in
particolare nel Golfo Persico,
abbiamo organizzato delle veglie
di preghiera per la pace e lanciato degli appelli affinché fosse
dato immediatamente termine
alle ostilità nel Golfo e perché
una giusta soluzione venga trovata per i conflitti presenti nel
mondo.
Spirito, invitiamo le chiese a stabilire delle relazioni nuove e di
riconciliazione tra i popoli, e a
valorizzare i doni di tutti i loro
membri.
7 - Noi, come chiese del Consiglio, viviamo ancora la divisione. La riconciliazione tra le chiese non è ancora compiuta. E tuttavia, all’interno del movimento
ecumenico, ci è stata data l’occasione di uscire dal nostro isolamento per entrare in una comunità solidale: ci sentiamo sempre più responsabili gli uni nei
confronti degli altri, nella gioia
e nella sofferenza. Con la guida
dello Spirito Santo cerchiamo di
essere più autentici gli uni con
gli altri e, di fronte a Cristo, nostro Signore, che intercede affinché « tutti siano uno ». Ma sappiamo anche che la pienezza della riconciliazione è un dono di
Dio, e che siamo chiamati a entrare in questa riconciliazione,
trasformati e santificati dallo
Spirito Santo.
8 - Dio e l’umanità sono stati
riconciliati dalla croce di Cristo,
sacrificio costoso. Assumendo
questo ministero della riconciliazione (II Corinzi 5: 18), ne
scopriamo il costo. In questo
modo diventiamo un popolo
missionario, ma per prendere
parte alla stessa missione di
Dio, che conduce tutta l’umanità alla comunione con Dio per
mezzo di Cristo e per condividere con tutti la nostra fede e le
nostre risorse.
9 - L’Assemblea chiede allo
Spirito di dare ai cristiani una
visione rinnovata del regno di
Dio, una visione rinnovata che
ci permetta di render conto del
« mistero dell’Evangelo » (Efesini 6: 19) che ci è affidato. Preghiamo che ci sia dato di portare « il frutto dello Spirito » che
manifesta la volontà di Dio:
l’amore e la verità, la rettitudine, la giustizia e la libertà, la riconciliazione e la pace.
10 - Affermiamo che il pentimento, il perdono di Dio e il
perdono reciproco fanno parte
integrante di una rinnovata visione del regno di Dio. Coscienti dei cambiamenti rapidi e profondi che toccano numerose regioni del mondo, ci impegniamo
a rendere operative le nuove
proposte relative al debito mondiale, al militarismo, all’ecosistema e al razzismo.
Affermiamo che lo Spirito
Santo suscita la speranza di
fronte a questi problemi lancinanti, e dà la forza necessaria
per risolvere i conflitti profondi
che dilacerano le comunità umane. Ci siamo impegnati a non
cessare di pentirci e chiamiamo
gli altri a impegnarsi con noi e
a pregare perché la potenza dello Spirito Santo ristabilisca l’integrità delle nostre persone e
delle nostre comunità.
11 - Su questo cammino, che
ci conduce verso il regno di Dio
e verso l’unità della chiesa e dell'umanità, preghiamo con le genti del mondo intero:
Vieni, Spirito Santo!
Vieni, Spirito Santo, tu che
istruisci gli umili e giudichi gli
arroganti.
Vieni, speranza dei poveri,
conforto di chi è desolato, / salvatore dei naufraghi.
Vieni, ornamento splendido
di tutti i viventi, sola salvezza di
tutti i mortali. / Vieni, Spirito
Santo, abbi pietà di noi, riempi della tua potenza la nostra
bassezza.
Rispondi alla nostra debolezza con la pienezza della tua grazia!
Vieni, Spirito Santo, rinnova
tutta la creazione.
Canberra, 20 febbraio 1991
8
8 fede e cultura
1° marzo 1991
RIESI
SONDRIO
Don Bosco rivelato
Un dibattito pubblico sulla figura del fondatore dell’ordine salesiano - Il cammino ecumenico e le sue difficoltà nel Mezzogiorno
Cristiani di fronte
alla violenza
A giorni arriverà il Rettore maggiore dei salesiani, don Vigano, il
settimo successore di don Bosco,
ad inaugurare un imponente monumento al « Santo dei giovani »
offerto dalla locale amministrazione comunale. Riesi si prepara così
a celebrare il cinquantesimo anniversario della presenza salesiana
in città. Venuti nel 1931 a Riesi
per « arginare la presenza protestante » (così recitano documenti
storici di parte salesiana) i seguaci di don Bosco, con le loro quattro chiese, presentano un bilancio
positivo. Settant’anni fa i protestanti riesini (o gente che si riconosceva nell’ambito della Chiesa
valdese) erano alcune migliaia.
Oggi non si arriva alle cento persone.
Sempre nel quadro delle celebrazioni donbosconiane è stato distribuito in tutte le scuole pubbliche cittadine un opuscoletto (edito
dalla LDC) su Don Bosco in
cui, tra le altre cose, si afferma:
« La setta protestante dei valdesi
stava facendo molti proseliti fra
la povera gente di Torino, attirandola con forti sussidi di denaro... ». Il libretto mette in luce
quanto livore il santo di Valdocco nutrisse nei confronti dei valdesi visti, come del resto lo stesso
Lutero, alla stregua di figli di Satana. Sono gli anni intorno al 1850
quando divampava la polemica tra
don Bosco e il pastore Melile di
Torino.
Segnalato all’autorità scolastica
il contenuto polemico-confessionale dell’opuscoletto il capo dei
salesiani di Riesi, don Di Benedetto, si è affrettato a scrivere una
lettera ai vari presidi affermando
che nel libretto distribuito nelle
scuole ai fini del concorso su don
Bosco « trovasi un’affermazione
che ha già ferito la sensibilità dei
nostri fratelli valdesi, essendo questa affermazione riferita a situazioni storiche ormai superate. I signori professori rendano noto agli
alunni che qualora negli elaborati
dovesse trovarsi un riferimento all’affermazione ”la setta protestante dei valdesi” ciò costituirà per
la commissione giudicatrice motivo di mancato accoglimento, per il
carattere fortemente antiecumenico che essa ha ».
Lo stesso don Di Benedetto ha
voluto incontrare il Consiglio della
chiesa valdese di Riesi per « scusarsi dell’incidente ».
Preso atto delle scuse il Consiglio ha deciso di organizzare un
pubblico dibattito sulla figura di
don Bosco, anche per capire cosa
abbia detto e scritto sui valdesi il
santo di Torino. Al dibattito hanno partecipato un’ottantina di persone. Al centro dell’attenzione vi
è stata la brillante conferenza di
Michele L. Straniero, studioso di
religiosità popolare, giornalista ed
autore del libro edito dalla Claudiana su Don Bosco e i valdesi.
Dalla discussione è venuto fuori
un don Bosco figlio del suo tempo,
intollerante, vigoroso polemista,
tutto proteso a « strappare anime
al demonio ». Don Bosco ha avuto
grosse intuizioni in campo pedagogico e sociale. Ancora oggi la
figura di don Bosco è oggetto di
studio e di preghiera. L’ordine
dei salesiani a cui ha dato vita
(circa quarantamila persone nel
mondo) è una delle congregazioni
più ricche ed organizzate nell’am
bito della Chiesa cattolica. Non a
caso — ha notato Straniero — a
Riesi sono venuti i salesiani e non
i gesuiti (i quali invece hanno messo profonde radici nella vicina
Caltanissetta) o i francescani, proprio in forza della loro esperienza
di lotta contro i valdesi.
Sotto il profilo ecumenico in
questo incontro è emerso chiaramente come il culto dei santi ■—
con tutta la sua ricca coreografia
di statue e processioni che nel Sud
è fortemente sentita e praticata —
ci distanzi notevolmente dal mondo cattolico. « La ricerca di un
cammino di fedeltà a Cristo piuttosto che l’imitazione o la venerazione di grandi personalità religiose può aiutarci a sviluppare una riflessione ecumenica — è stato osservato nel dibattito — che non
si attesti sul basso profilo delle
polemiche del tempo di don Bosco ». La sfida ecumenica sta proprio nel non rinchiudersi nella torre d’avorio delle proprie convinzioni di fede o di tradizioni religiose ma nell’avere il coraggio di
confrontarle. « Malgrado i suoi
difetti amo ancor di più don Bosco — ha aggiunto il capo dei salesiani di Riesi — e ringrazio i
valdesi per averci presentato il nostro santo nella sua reale umanità ». Le difficoltà nel dialogo ecumenico, come si vede, non mancano; importante è andare avanti
con chiarezza evitando strumentalizzazioni o compromessi e riaffermando la centralità di Cristo
nella vita di fede. Questo è il nostro destino nell’Italia dei santi
patroni e delle madonne pellegrine.
Giuseppe Platone
Dall’inizio della crisi nel Golfo
il Centro evangelico di cultura, a
Sondrio, ha ospitato incontri e dibattiti sul tema della pace e della
guerra. L’attività del Centro si è
fatta più intensa da quando sono
scoppiate le ostilità.
Questa guerra ripropone il dilemma del rapporto tra cristianesimo e violenza. Cosa ha da dire
il cristianesimo di fronte a una
guerra? Don Serafino Barberi, sacerdote cattolico valtellinese, nella conferenza tenuta nella sala
del Centro evangelico lo scorso 15
febbraio, ha proposto una rapida
carrellata sulla storia del pensiero cristiano sulla questione.
Una prima constatazione riguarda ratteggìarnento dei cristiani
durante le persecuzioni. Non risulta che essi abbiano mai fatto
ricorso alle armi per difendersi.
Anzi Tertulliano, neW Apologia,
dice che essere soldato è incompatibile con l’essere cristiano
perché la volontà umana di difendersi si scontra con il principio del rendere onore a Dio soltanto. In tm’altra opera, intitolata Della pazienza, Tertulliano aggiunge che la violenza è il
risultato delle azioni umane improntate alTimpazienza, che è in
contrasto con la virtù cristiana
della pazienza.
Un’ulteriore testimonianza è
presa dalla tradizione apostolica
di Ippolito. Chi è catecumeno non
può diventare soldato, mentre
chi, da soldato, si avvicina alTevangelo e alla comunità cristiana può rimanere nella sua condizione di soldato...ma gli è vietato
uccidere. Nei primi secoli il principio fondamentale è il comandamento « non uccidere », preso in
modo assoluto. E’ una posizione
se si vuole radicale che, nella storia successiva, è sopravvissuta
nei movimenti medievali dei ca
CONVEGNO DELLE CHIESE DI PUGLIA E LUCANIA
Verso quale pastorato?
E se si volesse parlare ancora una volta di « Verso quale
pastorato? » senza pretendere però di dare risposte certe, ma
confrontandoci con le nostre
esperienze pastorali, lasciando
aperta la domanda e ascoltando
anche la voce autorevole di
membri delle nostre congregazioni?
Come punto di partenza, due
relazioni che dividevano il tema
inscindibile in due parti: verso
quale pastorato, questioni interne e questioni esterne. « Ci sono degli aspetti tradizionali ancora validi — ha detto il past.
Aprile di Mottola nella prima
relazione —; il pastore deve
continuare ad essere un teologo
capace di elaborare e pensare il
dato teologico in maniera organica, ma deve mettere la sua
abilità al servizio della comunità che è il vero soggetto della
teologia, mettendo altresì sempre in discussione con la comunità i risultati della riflessione,
che devono essere la crescita e
il dare spessore alla fede della
comunità. Deve essere un predicatore capace di mettere in relazione il messaggio biblico con
l’esistenza delle persone perché
diventi rilevante il messaggio ».
Inoltre il pastore deve essere un
curatore d’anime — e questo é
stato senza dubbi il più dibattuto aspetto del ministero pastorale —, cosciente però dei propri limiti, non andando oltre le
sue competenze.
Un problema fondamentale è
l’autocomprensione della comunità, il come intende la comunità stessa il proprio ministero
che determina spesso l’impostazione del ministero pastorale.
Ci sono anche dei nuovi aspetti del ministero pastorale, attività richieste al pastore: che sia
un evangelista capace di organizzare, un funzionario a tempo pieno della comunità. Altri
aspetti molto discussi: la « specializzazione pastorale », i
« team pastorali », il pastore
factotum, consigliere e manager...
« In ogni caso è necessario sottolineare che la relazione pastore/comunità non può essere direzionale ma di stimolo, che il
pastore non può essere l’ancora
portatrice di certezze e che l’integrazione delle donne nel ministero pastorale è uno dei dati
più significativi del nuovo indirizzo del pastorato ».
Nella discussione è affiorata
da una parte la necessità di sottolineare la comunità e gli aspetti comunitari coinvolti nella riflessione sul ministero del pastorato, per esempio la sua relazione con altri ministeri, la
psicologia della comunità: se è
introversa — occupata con timore e tremore nella propria
sopravvivenza — o estroversa,
dinamica, ecc.
E’ stata discussa la relazione
tra vita spirituale individuale
del pastore e vita spirituale che
scaturisce dalTincontro con Dio
e con le persone della comunità. Da un’altra parte ha occupato molto tempo la discussione
sugli aspetti ’’funzionariali” del
pastore, e i disagi e i pericoli che
questo provoca. « Di fronte ai
problemi globali delle chiese —
è stato affermato nel corso del
dibattito — è necessario un approfondimento della dimensione evangelistica del ministero
che possa svegliare le chiese ».
Senza dimenticare però altri aspetti.
« Nel passato ci sono stati due
grandi modelli di pastori — ha
affermato la pastora Gianna Sciclone di Bari, nella sua relazione —, il missionario fondatore
di comunità e l’agente sociale
fondatore di scuole, orfanotrofi.
La mia generazione si è identificata con il pastore militante. Un esempio storico di questa figura è Zwingli; la Parola
predicata non deve rimanere
chiusa nelle quattro pareti della chiesa, ma deve anche trasformare la città ». Nella sua
lunga esperienza « l’autorità civile chiede alle chiese un’opera
assistenziale senza collocazione
politica, e senza che la chiesa entri nella denuncia del mondo della politica, delle relazioni economiche alTinterno della società;
è tollerato il discorso vago ma
non la denuncia precisa delle disuguaglianze e contraddizioni
della società ». La situazione è
rnolto diversa « a seconda della
città dove la comunità è presente, se questa è piccola si aspetta dal pastore un aiuto di carattere assistenziale. In una
grande città il problema è l’invisibilità delle chiese. Quali sono 1 mali della città? Da dove
cominciare la nostra denuncia
contro le strutture, tenendo
conto delle dimensioni microscopiche delle nostre comunità?
Denunciare il peccato e annunciare la grazia continua ad essere il punto di partenza».
Nel dibattito è apparso chiaro che alcuni pastori non si identificano con il modello del pastore militante. Le domande e
perplessità più ricorrenti nella
situazione concreta del Sud, dove la malavita organizzata minaccia di disgregare e corrompere l’intera società — se non
l’ha già fatto con il silenzio complice di politici e l’incapacità del
sistema giudiziario —: quanto
siamo pronti a rischiare per affrontare il vero problema delle
città del Mezzogiorno? Come impostare un ministero pastorale,
il ministero universale di tutti
i credenti, in una realtà avvelenata da mafia, corruzione diffusa a tutti i livelli della società
e daH’assenza dello stato democratico? La necessità dell’evangelizzazione è apparsa di nuovo: « E’ urgente — affermava uno
dei partecipanti —, perché rischiamo di sparire ». Ma quale
evangelizzazione propugniamo?
E quale prezzo vogliamo pagare tentando nuove vie per l’evangelizzazione?
Il proposito della teologia non
è offrire certezze in scatola valide per ogni situazione, ma quello di interrogarsi sulle realtà
della rivelazione e dell’esistenza.
A volte anche l’incertezza e il
silenzio sono teologia. L’incertezza che segna il nostro mondo e il tema del nostro incontro « verso quale pastorato » può
essere ricondotta ad una metafora. Qualunque sia la risposta
non dobbiamo dimenticare coloro per i quali è molto più incerto il futuro, non perché naufraghi la loro metafisica, ma perché non hanno il pane quotidiano, che è la distanza tra morte
e vita. E che la nostra risposta
deve essere sempre in loro favo
re.
Martin Ibarra y Pérez
tari, valdesi e francescani e, a
partire dalla Riforma, tra gli anabattisti, i mennoniti, i quaccheri,
i Fratelli.
Una prima svolta importante
avviene all’epoca di Costantino,
quando il cristianesimo diventa
religione ufficiale, legata ora anche al potere politico. Inizia qui
il tentativo di giustificare la guerra. Ambrogio, per esempio, apre
la possibilità di una guerra teoricamente giustificabile dicendo
che chi rinuncia a difendere il
compagno offeso, pur avendo la
possibilità di farlo, si macchia
della stessa colpa dell’aggressore.
Non siamo alla giustificazione
della legittima difesa, questo è un
concetto moderno, ma anche Agostino ammette condizioni rispettando le quali una guerra può essere accettata. Se è l’altro ad
aprire le ostilità, se la guerra è
condotta « lealmente », se l’autorità guida la guerra, se non è legittima difesa ma difesa del debole aggredito, in questo caso la
guerra è concepibile, malgrado
essa sia perversa e malvagia. L’introduzione di queste premesse e
limiti apre però la questione, dibattuta ancora oggi, concernente
l’istanza che in definitiva dovrebbe decidere sulla validità delle
giustificazioni e dei limiti della
guerra. Chi decide se la guerra
può essere fatta e come può svolgersi?
La seconda, importante svolta,
è data dal sorgere degli stati sovrani, dopo la caduta delTImpero. A questo punto può essere
giustificata anche la guerra tra
due stati cristiani, trattandosi di
entità ben distinte dal punto di
vista politico. Nemmeno i teologi
della Riforma apportano modifiche su questo punto. Lutero, discutendo dell’autorità secolare,
dice ohe la spada può essere usata dal cristiano, seppure non per
risolvere i conflitti tra cristiani.
Ribadisce il concetto secondo cui
la spada va usata per il bene del
prossimo, per la sua difesa dal
nemico che lo assale. Nemmeno
Lutero parla di legittima difesa,
dunque. Parlando della guerra
condotta dai principi, egli dice
che questi non devono dare addosso ai propri superiori, ma possono senz'altro guerreggiare con
i propri pari, i subordinati e gli
stranieri. Prima però dovranno
offrire pace e giustizia.
La svolta più recente, che immette nella nostra epoca, è data
dall’introduzione del concetto di
legittima difesa, limitata alla difesa delTintegrità dell’attaccato e
non tesa alla conquista. Nasce anche il diritto in guerra — che si
aggiunge al diritto alla guerra —,
¡1 principio cioè secondo cui la
missione deve essere commisurata all obiettivo che si vuole raggiungere. Da qui i grossi interrogativi sulle bombe lanciate contro le città. I morti provocati non
giustificano l’obiettivo perseguito.
Allargando il discorso e concludendo bisogna constatare con
quale facilità il mondo si sia lanciato nella guerra del Golfo.
I modi di questa guerra, il suo
stesso scatenarsi, non possono
certo essere giustificati servendosi delle dottrine cristiane sulla
giustificazione della guerra.
Ormai la guerra del Golfo
è diventata una « guerra giusta »,
la dottrina cristiana si limita invece a giustificare la guerra, avanzando molte riserve, imponendo
limiti che, in ultima analisi, nessuno dovrebbe mai sentirsi autorizzato a valicare.
Dietrich Bonhoeffer scrisse:
« Pace significa affidarsi interamente al comandamento di Dio,
non volere alcuna garanzia ma
porre nelle mani di Dio onnipotente, in un atto di fede e di ubbidienza, la storia dei popoli ».
Paolo 'Tognina
9
r
1° marzo 1991
v^alli yaldeai
PINEROLESE
CONSIGLIO COMUNALE DI ANGROGNA
Ristrutturazione aiia SKF Parole di pace
Una giornata di sciopero che intende coinvolgere anche le istituzioni - In vista trasferimenti di produzione e cassa integrazione
Sulla guerra nel Golfo un confronto fuori dagli schemi e ricco dei contributi personali
Un altro colosso, la multinazionale SKF, dichiara di essere
in crisi!
Ad incassare i colpi più pesanti sul piano occupazionale sarà
il Pinerolese, in particolare lo
stabilimento di Villar Perosa. E’
sempre difficile capire quali siano
realmente i programmi e le manovre delle potenze economiche
inlemazionali; la politica e gli
interessi sono spesso contrastanti alle esigenze ed agli interessi
nazionali ed ai bisogni locali,
vere contraddizioni del sistema
capitalistico deH'economia mondiale. Stiamo vivendo da vicino
gli effetti dello sviluppo della
divisione ìnterntizionale capitalistica del lavoro; si parla di investimenti in Malesia, pesanti
ristrutturazioni e grandi movimenti di capitale.
I problemi
sul tappeto
Un incontro, il 12 febbraio, tra
sindacato e azienda ha messo a
fuoco alcuni problemi. Da parte
sindacale si apprende che a parere dell’azienda le motivazioni
della crisi sono legate ai cali di
mercato, attestati nel '90 per
l’Italia attorno al 14%, per la
SKF mondiale sul 17%, con previsioni per il 1991 che possono
raggiungere per il gruppo in
Italia il 18% circa. Un secondo
problema è posto dal progetto di
trasferimento della lavorazione
dei cuscinetti conici in Germania.
Mauro Suppo, sindacalista della
FIOM-CGIL, afferma che « l’azienda valuta un numero di lavoratori esuberanti, per il Pinerolese, pari a 140 unità, così suddivisi: 100 unità a Villar Perosa,
20 ad Airasca e magazzino prodotti, e 20 a Pinerolo. Però, si
noti bene, questi sono considerati
esuberanti dopo che l’azienda ha
raggiunto l’obiettivo di "stimolare” e ’’incentivare" i lavoratori
che hanno raggiunto i 35 anni di
contributi ad andarsene in pensione, un numero di operai che si
aggira sulle 145 unità (65 a Villar,
30 a Pinerolo, 50 ad Airasca) ».
L’azienda intende ricorrere alla Cassa integrazione guadagni
(CIG) a zero ore per tre mesi
per i primi 140 ed è presumibile
che anche per gli altri lavoratori
l’azienda userà la CIG come forma di « stimolo » ad andarsene.
Personale « in
esubero »
« L’azienda, dice Suppo, ha dichiarato che se non ci fosse la
CIG gli esuberanti sarebbero
400, tra i quali anche un certo
numero di impiegati ». Si conosce il futuro dei prossimi tre mesi poi, il sindacato si domanda,
terminata la CIG, saranno 400 i
lavoratori in eccedenza?
Per il sindacato le motivazioni
deirazienda non sono convincenti, e si individuano « negli er
rori di conduzione aziendale i
motivi di crisi ». Il piano di ristrutturazione iniziato nel 1988,
che doveva riportare l’azienda ad
essere competitiva, è stato un fallimento.
In due anni la SKF ha venduto la sede centrale, lo stabilimento di Massa, ed oggi intende
vendere le centrali che forniscono l’energia alle fucine di Villar. La disponibilità di energia
in rapporto al settore della tempra, che ne richiede una grande quantità, doveva nelle intenzioni poter produrre ad un costo inferiore e collocare il prodotto a prezzi competitivi sul
mercato. Pertanto il sindacato reputa suicida la cessione delle capacità di produzione di energia
elettrica.
Prima del 1988 ogni stabilimento aveva la capacità di produzione del prodotto finito; oon
la ristrutturtizione si è andati ad
una specializzazione degli impianti; Villar produce gli anelli
dei cuscinetti, Pinerolo le sfere
ed altri assemblano; nella situazione attuale lo stabilimento di
Villar, essendo il primo della catena, viene maggiormente colpito dalla crisi; Forti le obiezioni
allo spostamento in Germania
dei cuscinetti conici, produzione
che attualmente impiega circa
150 addetti; tali manufatti vengono prodotti per il 70% all’intemo deH’azienda. Inoltre il sindacato chiede che parte dei pezzi acquistati aH’estemo vengano
prodotti aH’intemo dello stabilimento di Villar.
Il sindacato chiama i lavoratori, per il primo di marzo, ad
una giornata di sciopero in tut
ti gli stabilimenti, con una manifestazione a Villar che intende coinvolgere lavoratori ed istituzioni regionali, provinciali e
locali. L’interessamento delle amministrazioni finora è stato scarso, ad eccezione, del Comune di
Villar Perosa.
Ripercussioni sul
territorio
La perdita di ulteriori posti
di lavoro nel Pinerolese, in nome
del profitto, avrà pesanti ripercussioni su tutta l’economia del
territorio. Nel solo comprensorio
di Pinerolo, nell’ultimo anno, si
vive il reale rischio di una diminuzione neH’industria di circa
1.000 posti di lavoro, il 10% degli occupati nel settore.
Suppo aggiunge che « le aziende non possono avere solo un
rapporto di "rapina" nei riguardi del territorio, ma il rapporto
deve essere costruttivo; in particolare a Villar l'azienda non
può, dal momento che ha operato per molti anni in una situazione di privilegio, scordarsene oggi e far pagare ai lavoratori e alla valle il prezzo dei suoi
sbagli ».
Nei prossimi giorni potremo
constatare quale sia la solidarietà nella lotta di chi non solo
difende il posto di lavoro ma anche il futuro della nostra zona.
Questa situazione susciterà anche
un ripensamento fra chi faceva
lo straordinario al sabato e fra
chi non riconosce più il grande
« papà » che garantisce il posto
sicuro?
Mauro Meytre
PINEROLO
Test elettorale
In mancanza di elezioni anticipate, la ripetizione delle elezioni amministrative nella nostra città si trasforma in un
« test » per il sistema politico
piemontese.
Il PDS (ex PCI) dovrebbe verificare la sua capacità di attrazione elettorale dopo il congresso « Rifondazione comunista »
(ex PCI) potrebbe verificare,
presentandosi insieme a DP, tradizionalmente forte sulla piazza
pinerolese, se esiste lo spazio
del 10% che i dirigenti ;di questa organizzazione si attribuiscono; la « Rete » di Orlando ha
già annunciato che ci sarà; i
« Verdi-Verdi », scissione filodemocristiana dei Verdi, hanno
già annunciato che considerano
Pinerolo come l’ultima spiaggia
prima di ritirarsi dalla politica.
Insomma, tra partiti e nuove
organizzazioni politiche, alle
prossime elezioni di maggio gli
elettori potrebbero trovare sul
la scheda 15 simboli: DC, PDS,
PSI, PSDI, PRI, PLI, MSI, Verdi, Verdi-Verdi, Lega Nord, Piemont. Rifondazione comunistaDP, Rete, Pensionati e forse anche qualche lista civica (minoranza DC).
Quanto alla Lista per l’alternativa, che aveva 8 consiglieri
nel disciolto consiglio, deciderà impone il ristabilimento del di
•ivi oocìtvìT-vIì'ìì-v « -T- i_ i___rFÌ i „ i. ^ ___
Quello di venerdì scorso 22
febbraio voleva essere un Consiglio comunale breve. Con quattro punti all’ordine del giorno,
si pensava di chiudere alle 22
per lasciare spazio alla commissione per lo Statuto.
All’inizio si è approvato il mutuo di 145 milioni della Cassa
DD.PP., finanziamento col quale
si potranno finalmente avviare i
lavori di ristrutturazione della
casa municipale, attivando anche i 110 milioni già ora disponibili. E’ stata poi riadottata la
delibera di variante al piano regolatore comunale, adeguandola
allo schema proposto dalla Comunità montana.
C’era quindi in programma la
discussione sulla crisi politica
nel Medio Oriente, alla fine
esplosa nella guerra del Golfo.
E’ venuto fuori un confronto
di opinioni, di sensazioni, di stati d’animo assolutamente non rituale: teso, appassionato, sincero. Tutti i 13 consiglieri presenti sono intervenuti nella discussione, fuori degli schematismi di
campo e di gruppo che rendono sovente precotta e, per via
della mediazione delle contrapposte posizioni, sottilmente ipocrita la trattazione di siffatti argomenti ed i documenti che ne
scaturiscono. E’ stato un quadro dei sentimenti, dei dubbi e
delle angosce che il nodo di contraddizioni di questa guerra suscita nei cittadini più sensibili,
più attenti.
Erano state presentate dai consiglieri Giampiero Saccaggi ed
Ezio Borgarello due proposte di
odg sulla guerra ma, discutendo su di esse, riconosciuta la
sofferta elaborazione dei due testi, è apparsa la difficoltà non
tanto di immedesimarsi appieno in uno o in entrambi, quanto di comporre comunque un documento.
Tali e tante sono le contraddizioni di questa guerra, i risvolti ambigui della crisi che è sfociata nel conflitto, l’impossibilità di discernere in questa « impasse » deH’armonia di convivenza della comunità internazionale
le ragioni e le colpe degli uni
e degli altri, la giustezza o necessità del ricorso alle armi.
Via via, nei vari contributi di
dibattito sulle due proposte di
documento è stata espressa, insieme con la ripulsa di tutti i
consiglieri della perversa logica
predatoria del dittatore di Baghdad, l’impossibilità di plaudire
all’ONU che oggi sollecita ed
in un’assemblea pubblica lunedì
4 marzo (Centro sociale di via
Lequio) se presentarsi o meno
alle elezioni: in questo caso potrebbero non presentarsi in proprio PDS, Rifondazione comunista e DP.
ritto internazionale violato, ma
ieri non aveva avuta altrettanta autorità in occasione di aggressioni affatto simili meno lesive o addirittura rispondenti agli
interessi delle potenze internazionali egemoni; la logica della
PRO LOCO DI TORRE PELLICE
Nuovo direttivo
croci ugonotte in oro e argento
oreficeria - orologeria - argei
di tesi & delma
via trieste 24, tei. t93117
pinerolo (to)
Le difficoltà della Pro Loco
hanno trovato una prima parziale soluzione giovedì scorso
quando una quarantina di soci
ha provveduto alla rielezione
del consiglio direttivo.
Uom’è noto, tutto il vecchio
consiglio risultava dimissionario a fronte di una difficoltà di
rapporto con le pur numerose
associazioni culturali, ricreative
o sportive presenti sul territorio. L’ufficio turistico di Torre
potrebbe rappresentare un punto di confluenza di informazioni, un recapito per tutti, un riferimento: se ciò non accade è
®yidente che una grossa potenzialità viene lasciata sottoutilizzata, il che è sicuramente contro gli interessi di tutta la cittadina.
« ragion di stato » di USA ed
URSS che oggi sbandierano la
morale della convivenza intervenendo nella crisi, ma non ne avevano mostrato ieri nell’allevare,
assecondare, armare il tiranno;
la difficoltà di esprimere calorosa e fraterna solidarietà ai
militari della spedizione italiana,
soldati di mestiere o volontari
doviziosamente stipendiati. E’
stata sconfitta l’umanità che cerca una via diversa da quella della violenza per risolvere le controversie internazionali, è stato
osservato, e sarà molto più arduo nel dopoguerra, col suo carico di lutti e di odio, tentare
le vie della composizione amichevole delle questioni mediorientali che si potevano esplorare prima.
Concorde è stata la condanna
di sistemi economici e di governo che hanno ceduto armi e cinismo opportunista ai paesi del
Terzo Mondo seminando tempesta anziché fornire aiuti allo
sviluppo.
Quale migliore uso delle risorse finanziarie bruciate in questa
guerra poteva farsi, hanno concluso il sindaco ed altri consiglieri!
Alla fine si è deciso che una
disamina della « guerra del Golfo » come quella scaturita in
questo Consiglio non « stava » in
nessun documento ma che fosse giusto darne cronaca in un
verbale.
O. I.
L’assemblea ha rappresentato
un’occasione di confronto, con
le varie associazioni ma anche
con gli amministratori pubblici,
consapevoli di avere nella Pro
Loco un riferimento importante
per molte attività.
Nuove disponibilità sono state
così colte e almeno una parte
del direttivo uscente ha acconsentito alla rielezione; su questa base si è proceduto all’elezione del nuovo direttivo che in
qualche modo tiene conto dei
gruppi operanti sul territorio
comunale e delle esperienze passate: la prima riunione degli eletti, prevista per il 7 marzo,
consentirà di verificare le singole disponibilità e porterà dunque alla suddivisione degli incarichi.
Consulta sulla
tossicodipendenza
PEROSA ARGENTINA — A
fronte di una situazione sulla
tossicodipendenza che si può
senz’altro considerare molto grave (circa 400 giovani delle valli
Chisone e Germanasca sarebbero dediti alla droga) TUSSL 42
ha fatto richiesta alla Regione
del finanziamento necessario alla realizzazione di una comunità terapeutica diurna per il recupero dei tossicodipendenti.
La consulta, di recente costituitasi ufficialmente per la lotta a questo fenomeno, ha deciso di appoggiare tale progetto
con una raccolta di firme tra la
popolazione che vuole anche
sottolineare l’urgenza di concretizzare questo progetto. La petizione è depositata presso farmacie, comuni od altri punti di
raccolta adesioni.
Una « Settimana
per la pace »
TORRE PELLICE — Da mar
tedi 5 marzo a sabato 9, presso
il cinema Trento di Torre Pellice, si svolgerà un’iniziativa denominata « Settimana per la pace ». Il programma prevede,
martedì 5, alle ore 20.30, la presentazione della manifestazione
a cura dei gruppi promotori
(Comunità montana. Associazione pace. Spazio giovani. Gruppo donne. Gruppo obiettori di
coscienza. Gruppo teatro Angrogna, scuole); ore 21.30 video con
spettacolo del Gruppo teatro Angrogna « Ninna nanna della
guerra ».
Mercoledì 6 marzo, alle ore
20.30, tavola rotonda sul tema:
« Guerra giusta, guerra ingiusta.
Una questione di interessi? ».
Giovedì 7 marzo, ore 20.30,
presentazione del Gruppo donne e film « Roma città aperta »;
le manifestazioni si concluderanno sabato 9 marzo alle ore
16 con un concerto jazz del « Loris Bertot quintet » e un video
a cura dell’Associazione pace.
10
10 valli valdesi
1° marzo 1991
PRESENTATA A LUSERNA SAN GIOVANNI
ACCORDO SUL PREZZO DEL LATTE
Un’autolinea per l’ospedale Meno 8%
Dal 4 marzo un nuovo
pegno dei comuni e la
Da lunedì 4 marzo entrerà in
funzione un nuovo servizio urbano in vai Penice che collegherà i comuni di Lusernetta, Luserna S. Giovanni e Torre Pellice, con particolare riferimento
alle strutture sanitarie dell’USSL
servizio per i cittadini - La valenza sociale, l’imnecessità di una successiva verifica degli orari
e all’ospedale valdese.
Di questo tipo di servizio in
La diminuzione si spiega con la situazione
del mercato europeo - Tra vantaggi e svantaggi
Programmi di Radio Beckwith
________FM 91,200 • 102,350______
« Informapace » è il titolo di una
trasmissione che il comitato No alla
guerra di Torre Pellice cura ogni settimana su Radio Beckwith, in onda il
martedì (ore 10) e il mercoledì (15.30).
Mostre
TORINO — Dal 25 febbraio al 16
marzo, presso la sala esposizioni del
palazzo della giunta regionale in piazza Castello 165, sarà esposta al pubblico una mostra deM'artista Eugenio
Comencini.
Amnesty International
TORRE PELLICE — Venerdì 1” marzo, ore 16.45, avrà luogo nella sede
di via Repubblica 3, li piano, una riunione con il seguente odg: a) impostazione del lavoro per IV Azione donne 1991 » in occasione dell’8 marzo
(Giornata internazionale della donna),
ma con prolungamento nel tempo; b)
appello in favore della cittadina filippina Josefa Padcayan, impegnata come volontaria in campo sanitario, arrestata e poi scomparsa; c) appello
in favore della cittadina etiopica Tadelech Hailé-Mikael, giornalista, arrestata con il marito, poi torturato e
ucciso, detenuta da 11 anni, senza
accusa né processo; d) varie.
Segnalazioni
TORRE PELLICE — Il consiglio delia Comunità montana vai Pellice è
convocato per la sua prima seduta
dopo il lungo iter che ha portato all'elezione di presidente e giunta, per
le ore 21 di venerdì 1“ marzo; all'odg molti punti di particolare interesse quali il programma, il bilancio
di previsione dell'USSL, i conti consuntivi sia dell'USSL che della Comunità montana.
Iniziative
PINEROLO — Si svolgerà venerdì
1° marzo una serata sul Nicaragua
con la partecipazione del cantante Hernando Gutierrez che, oltre a proporre
canzoni del suo paese, parlerà della
situazione creatasi all’indomani del
passaggio del governo dai sandinisti
alla UNO. Interverranno anche Angelina e Nico che, nell'estate '90, hanno
partecipato ai campi di lavoro in Nicaragua.
La serata avrà luogo alle ore 20.45,
presso il Centro sociale di S. Lazzaro in via dei Rochis 3.
Teatro
POMARETTO — Sabato 2 marzo, al
teatro Edelweiss, con inizio alle ore
21, le sorelle Suburbe presenteranno
il loro spettacolo Lo show delle Suburbe.
Incontri
PINEROLO — Giovedì 7 marzo, alle
ore 16.30, presso la scuola media statale di S. Lazzaro, nell’ambito di una
serie di incontri di informazione sulla situazione nel Medio Oriente per
gli operatori della scuola, verrà affrontata la situazione del popolo curdo con la partecipazione di Tarìk Aziz,
rappresentante della comunità di Torino del Kurdistan iracheno.
Cinema
TORRE PELLICE — Il cinema Trento ha in programma, venerdì 1° marzo, alle ore 21.15, Ti amerò fino ad
ammazzarti; sabato 2 e domenica 3,
ore 20 e 22.10, Il tè nel deserto; domenica 3, ore 16 e 18, La sirenetta.
terno si parlava da anni, anche
a livello di valle, in particolare
per l’accesso ai servizi, ed è in
questo senso che il sindaco di
Luserna, il comune che di fatto
ha patrocinato questo collegamento, Piercarlo Longo, presentandolo ha sottolineato il valore
« squisitamente sociale »; d’altra
parte, ha aggiunto ancora il sindaco: « Volontà precisa dell’amministrazione è quella di dare
dei servizi alla popolazione e delle risposte concrete ai bisogni
della collettività. Luserna può
giocare un ruolo che va al di là
degli stretti confini comunali;
questo servizio si colloca in questa linea, costerà al comune una
sessantina di milioni di lire e
si realizza in collaborazione col
comune di Lusernetta: potrebbe
in un domani anche estendersi
ad altri comuni della valle ».
Il nuovo servizio è stato progettato con la SDAV fin dalla
scorsa tornata amministrativa
ed ha naturalmente avuto l’approvazione dei competenti assessorati della Provincia e della Regione. « Per le corse — ha illustrato il rag. Fenoglio della
ditta SDAV — verrà utilizzato
un autobus giallo costruito e
concepito dalla Fiat Iveco proprio per esigenze di particolari
percorsi come il nostro; il mezzo è predisposto per portare 13
persone sedute e 18 in piedi ».
Va aggiunto che già dal settembre scorso la stessa SDAV,
che sta aprendo un ufficio anche a Luserna, ha attivato un
servizio di autobus sul percorso
Rorà-Lusernetta-Luserna S. Giovanni, nei giorni di mercato, con
partenza da Rorà alle 9 e ritorno da Luserna alle 11.20.
La nuova linea prevede una
fitta rete di fermate (21 su tutto il percorso Lusernetta-ospedale valdese di Torre Pellice); la
maggior parte, ovviamente, sul
territorio di Luserna.
Secondo gli stessi promotori
gli orari potranno essere modificati e migliorati in seguito, tenendo conto dei suggerimenti e
delle richieste che verranno dagli utenti.
Un primo esame del tragitto
(trenta minuti per il percorso
completo da Torre a Lusernetta) e degli orari evidenzia infatti una scarsa attenzione alle
coincidenze con il servizio ferroviario: il pullman fermerà sì
alla stazione di Luserna, ma soltanto in due casi (su nove) esiste la concreta connessione per
cui arrivando in autobus da Lusernetta si può salire su un treno per Pinerolo o Torino e viceversa. In alcuni casi addirittura la possibile coincidenza viene mancata di pochissimi minuti; crediamo che modifiche in
questo senso debbano essere
studiate al più presto per realizzare effettivamente l’interconnessione, che andrebbe a tutto
vantaggio della popolazione.
L’ultima segnalazione riguarda
le tariffe: il prezzo base per i
tratti urbani è di 1.000 lire con
un massimo di 1.800 per il percorso lungo; sono naturalmente previsti abbonamenti settimanali.
Piervaldo Rostan
Il prezzo del latte pagato ai
produttori subirà quest’anno una diminuzione del 6,7%; il ribasso sale al 7,9% se il raffronto è fatto senza, tener conto delriva zootecnica. E’ il risultato
dell’ accordo raggiunto a Roma tra industriali, centrali pubbliche e agricoltori, con la mediazione del ministro dell’Agricoltura, Vito Saccomandi, al
termine di un’estenuante trattativa.
Si tratta del primo ribasso nella storia delle trattative per il
prezzo del latte, che finora era
riuscito a tenersi al riparo dall’ondata di diminuzioni che negli ultimi anni, sotto la spinta
dell’austerità comunitaria, ha investito la maggior parte dei prodotti agricoli. La diminuzione è
giustificata dalla situazione dei
prezzi sul mercato europeo e
dall’eccesso di offerta nazionale.
Un’altra importante novità è
rappresentata daH’allungamento
della validità del contratto, che
coprirà il periodo dal 1° gennaio di quest’anno fino al 31
marzo del ’92. Anche questo è
un compromesso tra le richieste iniziali: gli agricoltori hanno ottenuto la retroattività al 1°
gennaio, gli industriali hanno
raggiunto l’obiettivo di far coincidere dal prossimo anno la
campagna di commercializzazione con il calendario degli altri
paesi comunitari. L’accordo prevede la possibilità di revisione
del prezzo entro la fine dell’anno sulla base delle eventuali modifiche di mercato. IMarginali sono invece le modifiche apportate alla tabella dei parametri
qualitativi: solo il contenuto mi
nimo delle proteine, importanti
per la caseificazione, è stato elevato dal 3,20 al 3,25.
Un giudizio positivo è stato
espresso dall’Assolatte, che considera l’intesa raggiunta un primo importante passo in direzione di un accordo di tipo europeo.
Nel comunicato congiunto delle organizzazioni agricole, si sottolinea « il valore politico, oltre
che economico, dell’accordo che
conferma la comune volontà
di offrire un quadro di riferimento certo ai produttori, recuperando una situazione di grande disagio che ha consentito
gravi speculazioni ». Per il presidente della Coldiretti, Arcangelo Loiacono, « è ora necessario
pensare a una manovra di incentivi pubblici e di compensazioni a favore del settore agricolo ».
E’ evidente che quest’accordo,
che riporta il prezzo del latte
a quello del 1988, penalizza soprattutto gli agricoltori di montagna che hanno minori rese e
più costi di produzione.
Cinquanta lire al litro in meno rispetto all’anno scorso, in
un’economia che stenta ad andare avanti, sono una cifra consistente; oltretutto per quanto
riguarda gli agricoltori piemontesi va registrata ancora una
volta la differenza in negativo
rispetto a quanto spuntato dalle aziende lombarde.
Una cosa però sembra certa.
Anche se il prezzo alla stalla
è diminuito, i consumatori continueranno a pagare allo stesso
prezzo il latte al negozio.
DIBATTITO
Proseguiamo in questo numero
il dibattito relativo all'impiego
del francese nelle Valli, iniziato
ormai da diverso tempo.
ANDIAMO OLTRE
L’UTILITARISMO!
Il francese sarebbe ■■ una lingua
complicata e... sciocca », percfié « ne
esistono due, una parlata e l'altra
scritta », secondo il lettore Massimo
Pulejo. Ma guarda! E l'italiano? Come leggere il gruppo gli? come nel
pronome e nell'articolo plurale, o come in « glicine » e « glicerina »?
Perché lo stesso fonema si rende
con c, eh, cq, persino qq, quando sarebbe più facile k? Non è complicato
sapere quando usare noi, ci, ce; voi,
vi, ve? Più semplice il francese
con gli indeclinabili nous e vous! Se
la 2‘ persona singolare dell'imperativo
affermativo è « parla », il negativo dovrebbe essere « non parla », ed invece
diventa « non parlare ». Più semplice
il francese: parie! Ne parie pas! dove
non si ricorre ad un » falso » infinito.
E la grana italiana del « si passivante »? Esempio: » Non si vede nessuno », «Non si vedono i nostri amici»:
la negazione è preposta al pronome,
ed il verbo, anziché con l'indefinito,
« si », concorda con un complemento
oggetto divenuto soggetto passivo: che
complicazione! Più lineare il francese:
On ne volt personne, On ne volt pas
nos amis, On ne les a pas vus, pronome e negazione sono al loro posto,
ed il verbo coniugato concorda con
il soggetto indefinito on (= homme.
l'uomo sempre, quindi, alla terza persona singolare, senza le difficoltà della forma passivante che richiede l’ausiliare essere nei tempi composti).
« Egli », « ella », « essa », «essi », « esse » esistono soltanto nell’italiano scritto; parlando sono usati comunemente
« lui », « lei », « loro »... Ma è grottesco disquisire del « primato » di una
lingua rispetto ad un'altra, come di
quello di una civiltà « su » di un’altra. Roba, insomma, da lasciare a chi
si ritiene über alles.
E’ vero, invece, che l'inglese è una
« lingua forte » (lo vediamo ora, che
comanda le Nazioni Unite...), che « serve » e « rende ». Spero però che al
Il francese alle Valli
meno i lettori dell'Eco-Luce preferiscano l’ausiliare essere all’avere. L’inglese serve per « avere »; l'occitano
(e per me, il piemontese) serve per
« essere ». Vivo e libero. Appare miope teoria quella che nella persona umana vàluti soltanto !a dimensione produttiva, con la conseguenza che molti, credendo di aver capito la logica
che governa la nostra società che privilegia l'avere (dimmi quanto hai e ti
dirò chi sei), si sono messi ad arraffare ed a spendersi nel più schizofrenico dei modi. Mi sembra grave
errore pretendere di salvare il territorio (cioè il mondo vissuto dalla comunità) buttando via un elemento portante qual è la cultura dell’individuo
cresciuto nel gruppo, la cultura formatasi nelle generazioni e (proprio come la terra che ci è data in prestito dai nostri figli) patrimonio di chi
ha ancora da venire. Come riuscire a
rovesciare i cànoni della cultura dominante, degli errati modelli di sviluppo, per instaurare quella alternativa, fondata sulla misura, l’equilibrio,
il risparmio delle risorse, l'autocontrollo,^ la capacità critica, il rispetto
per 1 ambiente, il senso di solidarietà (invece della competitività), la partecipazione, se si permette che il potenziale alternativo che è nell’individuo venga azzerato? Alle Valli questo
potenziale è rappresentato anche dall'occitano, dal francese e, in parte
(nella bassa Valle), dal piemontese:
lingue che servono per fare, degli enti locali, non soltanto organi burocratici di decentramento, ma centri di
contropotere e di autogestione culturale. Per questo devono essere utilizzate dalle amministrazioni pubbliche
ed avere accesso nelle scuole con l’italiano e lingue straniere opzionali. Infine, non è detto che il rapporto con
la lingua debba sempre essere egoisticamente utilitario. Ella, lettore Pulejo,
ha imparato l’inglese perché le serve:
è la regola. Ma altri (il sottoscritto,
ad esempio) hanno imparato l’occitano per servirlo. Infatti, una persona
in più disposta a scrivere ed a parlare una lingua minacciata di estinzione può offrirle un personale diretto
contributo per mantenerla in vita, e
costituire così un segno positivo per
il pluralismo culturale.
Tavo Burat, Biella
COESISTENZA
DELLE LINGUE
Le elucubrazioni del sig. Massimo
Pulejo nella lettera pubblicata sul n.
7 del 15.2 non reggono. Insegnare l’inglese sarebbe la soluzione per il francese alle Valli? E’ assurdo.
Nessuno vieta alla gente di studiare l’inglese che indubbiamente, con
buona pace degli esperantisti, sarà la
lingua universale in avvenire. Ma ciò'
non ci impedisce di cercare di difendere la parlata francese, che è una
caratteristica delle valli valdesi.
I nostri vicini d’oltralpe, coi quali
siamo in diretto contatto, mica parlano inglese, ma il francese o l’occitano (quelli delle vallate accanto). Allora non dovremmo più parlare neanche il patoìs per sostituirlo con l’inglese?
Che la grafia francese sia più complicata di quella italiana è vero ma
quella inglese, lo riconosce anche lui,
lo è dì più, ma quella la dobbiamo
studiare, il francese no.
Non credo che il sig. Pulejo sia
delle Valli e non ne conosce la storia e le tradizioni, cosa che può scusare il suo suggerimento che è certamente in buona fede, ma che è assurdo.
Osvaldo Coi'sson, Torre Pellice
UNA VERA E PROPRIA
SECONDA LINGUA
Caro Direttore,
che cosa abbia spinto Massimo Pulejo a prendere la penna (vedi n. 7
del 15 febbraio), proprio in questi tristissimi tempi, per offrirci i suoi giudizi sulla lingua francese, è un piccolo mistero; che, del resto, non ci
riguarda.
Quello che ci riguarda, invece, è
la sua presunzione nel definire « complicato e sciocco » il francese che qui,
nelle nostre Valli, è tuttora considerato la seconda lingua e della quale
molti ancora sono giustamente gelosi.
E questo — ma come Massimo Pulejo può ignorarlo? — lo è stato e
10 è ancora per ragioni geografiche,
storiche, religiose e culturali, già bene evidenziate dalla lettera di Silvana
Tron, cui il Pulejo sì riferisce (n, 1
del 4 gennaio) nella sua risposta e
sulle quali non occorre insistere.
La preferenza attuale data dai giovani alla lingua inglese, piuttosto che
alla francese, è una realtà di fatto:
anche il Liceo linguistico di Torre Pellice contribuisce a far fronte a questa richiesta. E’ comprensibile, del resto, che la lingua più studiata e usata
sia quella del paese o gruppi di paesi che controllano la politica e l’economia mondiali; ricordo che, durante
11 fascismo, molti giovani si affrettavano ad apprendere il tedesco, lingua
non certo più facile delle altre, ma
la cui forte diffusione poteva essere
prevista da chi auspicava la vittoria
del nazismo.
Ma mi sembra di cattivo gusto sentire, al tempo stesso, il bisogno di
denigrare la lingua francese, sottolineando la sua difficile ortografia e la
sua povertà di vocabolario! Sulle quali argomentazioni c'è da sorridere e,
in altra sede, molto da dire.
Ma l’essenziale mi sembra di averlo già detto.
Daniele Rochat, Torre Pellice
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11
1“ marzo 1991
lettere 11
LA SOCIETÀ’
COMPLICE
Il papa cl ha fatto sapere che la
guerra è una avventura senza ritorno.
Ora chiede una pace giusta.
In tempi di guerra predicare, tramite I tamburi giornalieri dei mass
media, pace giusta è opportunismo
sterile.
La tragica realtà della guerra e delle ingiustizie è boomerang per la Chiesa: fallimento e naufragio!
Si Invoca la non guerra per puro e
meschino egoismo.
La nostra società cristiana e farisea
ha vaccinato la morte procurata da
tutte le guerre e ingiustizie, purché
lontane, che non possano coinvolgere da vicino.
La società è complice dei fabbricanti e trafficanti di morte; indifferente alla morte per fame di migliaia
di bambini; sorda alle necessità degli
anziani, degli immigrati, drogati, carcerati, terremotati, del « prossimo ».
Solo per i farisei il Principe della
pace ha avuto le parole più dure e
sprezzanti che si leggono nell'Evangelo. Come chiese e come singoli confessiamo la nostra infedeltà. Invochiamo perdono e la forza affinché si
possa essere imitatori del suo amore. Imperfetti, peccatori, ma attenti a
discernere tra l'ipocrita e applaudita
richiesta della non guerra e la sincera vera pace, la vera giustizia predicata ma soprattutto vissuta dai credenti, già in tempo di pace.
Roberto Mollica, San Mauro Torinese
LA GUERRA E’
DA CONDANNARE
Ogni giorno il governo ci propina
i suoi bollettini di guerra e il senso
è quasi sempre lo stesso; ■ I nostri
bombardieri hanno portato a termine
la loro missione, che è riuscita ».
• Missione » è parola che sa di bestemmia per le orecchie di un credente in Cristo, che intende ben altra cosa.
La « loro » missione in termini concreti vuol dire bombardare cose e persone irachene, vuol dire portare morte e rovina, distruzione, inquinamento e così via!
L’essenziale è portare a termine la
« missione »!
Che differenza di toni tra i pochi
morti degli alleati e le migliaia, forse
già centinaia di migliaia di morti dei
« nemici »!
Saddam compie solo crimini di
guerra, gli « alleati » solo azioni... « di
pace »!
Se dietro queste parole non ci fosse un'immane sofferenza, sembrerebbe una barzelletta. E purtroppo non lo
è: sono solo i modi uniiaterali di concepire l'altro delle teste quadre dei
governanti di tutti i paesi coinvolti,
che a parole (ma solo a parole) parlano di pace.
Tutte le trattative passate e presenti sono e sono state false da ambo i lati. Potevano solo portare alla
guerra! Non c’è stato vero dialogo e
quindi vero desiderio di risolvere pacificamente la questione, se non alle
proprie uniche condizioni.
Certo, Saddam ha fatto e fa male
(a invadere il Kuwait, a far entrare
i palestinesi nella questione, a voler
allargare il conflitto, a mandare allo
sbaraglio tanti uqmini, ecc.) ma Israele ha fatto e fa male in Palestina,
rURSS in Afghanistan, gli Stati Uniti
a Panama e in tante altre occasioni,
ecc.
Non si può essere in buona fede
senza autocritica, se si condanna solamente (pur dicendo cose vere) senza ammettere i propri errori!
Così come non c’è buona fede quando si parla di voler ripristinare il « diritto internazionale », quando moltissime sono le risoluzioni dell'ONU inascoltate da ogni parte.
La verità è ohe tanta gente sta
morendo e tanta altra morirà per motivi economici, di sete di potere e per
l’orgoglio di chi comanda.
Delle popolazioni non importa niente a nessuno (né agli « alleati » né
a Saddam Hussein) e I soldati di entrambi i lati sono i complici spesso
involontari di questi giochi demoniaci
(complici e vittime nello stesso tempo).
Bisogna dirlo o non può esserci
un discorso serio, come chiesa.
Bisogna dirlo che Dio non benedirà
né le armi di Bush né quelle di Saddam, che entrambi sono da condannare. Bisogna dirlo che la guerra di
per sé è un crimine! Non ci sono
atti valorosi che giustificano morte e
catastrofi in contrapposizione a crimini non consentiti.
delle valli valdesi
settimanale delle chiese valdesi e metodiste
Direttore; Giorgio Gardioi
Vicedirettore: Luciano Deodato
Redattori: Alberto Corsani. Adriano Longo, Jean-Jacques Peyronel, Piervaldo Rostan.
via Arnaud. 23
10066 Torre
Stampa: Coop. Tipografica Subalpipa
Pellice - telefono 0121/!>1334
Registrazione: Tribunale di Pinerolo n. 175. Respons. Franco Giampiccoli
REDAZIONE e AMMINISTRAZIONE: via Pio V, 15 - 1Ó125 Torino • telefono
011/655278. FAX 011/657542 — Redazione valli valdesi: via Repubblica, 6 - 10066 Torre Pellice - telefono 0121/932166.
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Ricerche lavoro; gratuite. Se ripetute, dalla seconda L. 500 ogni parola
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Italia Estero
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Semestrale L. 25.000 Ordinario (via aerea) L. 140.000
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Da versare sul c.cp. n. 20936100 Intestato a A.I.P. • via Pio V. 15
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EDITORE: A.I.P. - via Pio V, 15 ■ 10125 Torino - c.c.p. 20936100
Consiglio di amministrazione: Costante Costantino (presidente), Pao o
Gay, Roberto Peyrot, Silvio ReveI, Franco Rivoira (membri)
Registro nazionale della stampa; n. 00961 voi. 10 foglio 481 ___
Il n. 8/’91 è stato consegnato agli Uffici postaii di Torino e a quelli
delle valli valdesi il 21 febbraio 1991.___________________________________
Hanno collaborato a questo numero: Paolo T. Angeleri Archimede Bertolino, Iolanda De Bernardi, Laura Leone, Vera Long Luigi Manchetti,
Ruggero Marchetti, Teofilo Pons, Aldo Rutigliano, Paolo Sbaffi. Paolo Scarinci, Ludwig Schneider.
Ogni atto bellico è un crimine, è
un assassinio!
La chiesa ha preso posizione netta
contro la guerra, ma deve essere esplicita fino in fondo, senza remore
di sorta.
Noi siamo discepoli di quel Cristo
che ha detto: » Chi di spada ferisce,
di spada perisce ». E lo ha detto a
Pietro che voleva difendere lui, il Giusto! L’omicidio rimane omicidio anche
se si difende una causa giusta e —
in nessun caso — la chiesa può giustificare un intervento armato foriero
di sanguinose azioni.
Siamo discepoli di quel Cristo che
ha detto: • Amate i vostri nemici »
e non l’ha detto in termini sentimentalistici, intimistici, ma come diverso
modo di porsi e di intendere i rapporti tra gli uomini e i popoli.
La guerra è da condannare e la
condanna —• anche se in modo diverso — non va generalizzata, ma deve
esplicitamente comprendere coloro
che la sostengono fisicamente e moralmente. La condanna va rivolta non
alla parola, ma alle persone che —
in questo momento — ordinano l’uccisione e la eseguono.
Le persone coinvolte devono sapere
di non essere dalla parte del bene
ma del male, perché la coscienza di
alcuni possa di nuovo parlare loro
e prendere le relative decisioni.
Che la chiesa faccia fino in fondo
la sua parte e che tante coscienze
si scuotano ed esprimano con l'obiezione il loro aperto dissenso.
Nino Gullotta, Pachino
CRISTO E’ LA
NOSTRA PACE
Vedendo le folle dimostrare per la
pace e soprattutto i nostri studenti,
così entusiasti nei loro sit-in, nel creare striscioni e cartelloni, nelle discussioni più 0 meno impegnate, sono stata costretta a riflettere perché, pur
desiderando di tutto cuore la pace,
non mi sento di scendere in piazza,
perché preferisco discutere in piccoli
gruppi e non in assemblea.
Forse perché sono anziana, mi ritrovo in quanto scrive Edith Bruck sull’inserto settimanale ,« 7 » del Corriere della Sera: ebrea reduce da un
campo di concentramento ora, più che
inorridire, prova un attonito stupore
di fronte al male e si paragona agli
uccelli affogati nel petrolio che, totalmente inermi e annichiliti, guardano
smarriti il mondo nero attorno a loro.
Ma bisogna scuotersi: che cosa vuol
dire veramente » pace » per me? Assenza di conflitti nel mondo? Tranquillità personale? E quale prezzo sono disposta a pagare personalmente
per ottenerla? O non ha senso voler
pagare personalmente perché, comunque, pace o guerra le fanno i « grandi »?
Ho riletto il sermone del pastore
P. Bensì su Ef. 2: 14-15, tenuto all’assemblea deiruCEBI nel 1974 e pubblicato anche nel volume L’oggi dell'Evangelo: Cristo è la nostra pace.
Non dovremmo chiederci oggi più che
mai che cosa vuol dire? Che cosa
farebbe Gesù oggi? Non credo nella
nostra possibilità di influire sui « grandi » 0 di trasformare ii mondo; resto
perplessa di fronte alle profezie di
Gesù sugli ultimi tempi, ma sento
anche quant è vera la parola di Lutero; risollevare un’anima rattristata
e depressa vale molto più della conquista di un regno.
So che sono in tanti che lo fanno,
anche con pesanti sacrifici, ma... Dobbiamo essere persone « eccezionali »
o gruppi che convivono separandosi
dall ambiente . normale », per poter
vincere la nostra pigrizia o sensazione di inutilità di piccoli passi da fare ogni giorno? Perché nelle nostre
comunità non si formano gruppi di
studio non solo teorico della Bibbia
(o del Corano!), ma che si chiedano
che cosa possiamo fare noi per aiutarci reciprocamente a mettere in atto gli insegnamenti di Cristo? Mi ha
sempre attirai» il libro di Sheldon:
Che cosa farebbe Gesù? Utopia? O
possibilità anche per noi oggi in una
vita consumistica e segnata dallo
" stress », e non solo nella nostra
professione ma anche quando serviamo il prossimo?
Chissà se uno scambio di esperienze, con sconfitte e vittorie, non
potrebbe aiutarci a trovare una parola
giusta, un azione atta a creare la pace anche solo in un piccolo ambiente? A farci superare le nostre inibi
zioni e difficoltà e a farci sentire meno soli e impotenti?
Ed essendo 2-3, o anche 5-10, membri della stessa comunità, nel nostro
piccolo ambiente un atto non si potrebbe allargare e diffondere come le
onde sotto l’effetto di una pietra lanciata in uno stagno? Certo, non per
opera nostra, ma perché « se due di
voi, in terra, si troveranno d’accordo
su ciò che debbono fare e chiederanno aiuto nella preghiera, il Padre
mio che è in cielo glielo concederà ».
Jolanda Schenk, Mogliano Veneto
PACIFISMO
CONFORMISTA
Caro Direttore,
ho letto con vera soddisfazione la
lettera che Mario Basile le ha scritto e che è stata pubblicata sul n.
7 del nostro giornale. Finalmente, mi
sono detto, qualcuno che ragiona con
la sua testa senza seguire II consueto conformismo della redazione.
Vorrei solamente aggiungere poche
brevissime considerazioni:
— Dove era e come si comportava il nostro giornale subito dopo il
2 agosto 1990? Ho riletto coscienziosamente i numeri 31 e 32 senza trovarvi il benché minimo accenno a quanto stava accadendo nel Kuwait, alle
migliaia di profughi affamati in fuga
attraverso II deserto! Sarebbe stato
veramente bello, allora, uscire con un
bel titolo a tutta pagina: No alle aggressioni! Ma in quel momento, vedi
in particolare il n. 32, si dichiarava,
giustamente, nell’articolo di fondo, che
il nostro compito è solo quello • ...di
proclamare l’Evangelo, la buona notizia della salvezza gratuita di Dio per
mezzo di Gesù Cristo ».
— Il « pacifismo » è certamente
una maniera di pensare e considerare le situazioni del mondo, che va
rispettato come tutte le altre opinioni, ma può degenerare e diventare partigiano e controproducente quando dimentica volutamente (o almeno non
ne fa alcun cenno nelle proprie sollecitazioni) che un mezzo sicuro, certissimo, per por fine immediatamente alla guerra è che Saddam Hussein
si ritiri dalla regione abusivamente occupata con le armi. Questo, secondo
me, dovrebbe essere il succo delle
dimostrazioni pacifista a cui liberamente partecipiamo! Secondo me inoltre,
se il dittatore di Baghdad avesse chiaramente la sensazione che tutto il
mondo, a parte qualche frangia di islamici fanatici, è contro la sua prepotenza ed il suo concetto di risolvere
con i carri armati i grossi problemi
economici che la recente guerra con
l’Iran ha provocato nella situazione finanziaria del suo paese, probabilmente avrebbe già accettato di obbedire
alle ripetute sollecitazioni dell’ONU.
Invece le manifestazioni pacifiste, che
pur essendo opera di minoranze acquistano rilievo nella stampa e alla
televisione, gli fanno sperare che un
ribaltamento nella pubblica opinione risulti a lui favorevole e si rifiuta di
cedere, sperando che II tempo lavori
a suo favore, consentendogli di conservare quanto ha prepotentemente
conquistato con I suoi carri armati.
In definitiva quindi, secondo me, le
manifestazioni pacifiste rappresentano,
oltretutto, un forte e stupido incentivo alla prosecuzione del conflitto.
Cordialmente.
Reto Bonifazi, Terni
CHIAREZZA NELLA
TESTIMONIANZA
Ho letto sul numero del 25.1.’91 l’articolo « Dove va il cristianesimo? » di
Paolo T. Angeleri, che riferiva su un
dibattito organizzato a Padova davanti
ad un pubblico composto da credenti di
diverse confessioni e probabilmente da
non credenti. In questo contesto mi
chiedo che impressione può aver fatto
sugli ascoltatori la risposta della sorella Costabel sulla nostra sorte dopo
la morte.
Mi è sembrato che la domanda sia
stata aggirata per scarsa fede nella resurrezione; questa impressione forse è
stata condivisa da diverse persone del
pubblico, per le quali la risposta è stata « sconvolgente », secondo l’autore
dell’articolo.
E’ questa l’impressione che si voleva dare? Non era più consono all’Evangelo rispondere che noi crediamo alla
resurrezione, ma contemporaneamente
crediamo che Dio ci chiede di occuparci degli affamati, degli assetati,
dei bisognosi, ecc.? Perché mettere
quasi in contrapposizione questi due
aspetti, che invece nella Bibbia si integrano molto bene? Si vuole forse
lasciare presupporre una divisione degli evangelici sul tema della resurrezione, quando si afferma: « Liberi gli
altri di pensarla come meglio credono, ma so che molti credenti evangelici sono d’accordo con me »? O
più verosimilmente la divisione esiste neile implicazioni etiche e sociali della nostra fede? (Ma è tutto sommato una minoranza quella che non
condivide l’impegno a favore dei minimi).
E’ facile che alla fine del dibattito
questa risposta, probabilmente poco
meditata, sia frutto di stanchezza. Tuttavia credo che quella domanda non
sia stata casuale, perché questo atteggiamento è tutt’altro che raro nelle
nostre chiese e genera ambiguità. Dovremmo sforzarci tutti di essere più
attenti e più chiari nella testimonianza cristiana; non sempre le risposte
sconvolgenti sono fedeli all'Evangelo.
Aldo Cianci, Polizzi G. (Pa)
RINGRAZIAMENTO
« L’Eterno rispose: la mia presenza andrà teco, e io ti darò
riposo »
(Esodo 33: 14)
Si è spenta serenamente, all’età di
95 anni,
Giulia Gay (Giugiu)
dopo aver trasmesso fiducia e speranza
a quanti le erano vicino, soprattutto
durante la sua permanenza all’Asilo
valdese.
Lo annunciano i nipoti Gay e Peyrot,
con le rispettive famiglie.
Un ringraziamento al past. Bellion,
ai medici ed ai numerosi ospiti dell’Asilo che l’hanno circondata di affetto.
Un grazie particolare al sig. Gohello
ed a tutto il personale ohe l’ha assistita amorevolmente.
Lusema S. Giovanni 20 febbraio 1991.
RINGRAZIAMENTO
« Ne crains point, car je suis
avec toi; ne t’effraie pas, car
je suis ton Dieu »
(Isaïe 41: 10)
I familiari di
Giulia Planchon
ved. Costantino
(Alice)
ringraziano commossi tutti coloro che
affettuosamente hanno preso parte al
loro dolore. Un grazie particolare alle
dott.sse Ornella Michelin Salomon e
Paola Grand e aUa cara Liliana.
Torre Pellice, 23 febbraio 1991.
Gesù dice: a Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me,
anche se muoia, vivrà »
(Giov. 11: 25)
Ha terminato la sua vita terrena
Elena Canepa Durand
Ne danno l’annunzio i figli Giorgio
con la moglie Mirella, e Piervaldo con
la moglie Lilia; il fratello GugUelmo; le
sorelle Rina con Paolo, e Rita; i nipoti
Paolo con Rosella, Luca con Leila, Miriam con Paolo, Marco con Aziza, Patrizia con Thierry, Roberto, GabrieUa
con Simone.
Torre Pellice, 23 febbraio 1991.
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12
12 guerra nel Golfo
1° marzo 1991
FRANCIA
La rabbia muta
degli immigrati
Il disagio dei maghrebini legato al sentimento di esclusione dallo
stato transalpino - In aumento controlli polizieschi e intolleranza
« France, poubelle du TiersMonde » (Francia, pattumiera del
Terzo Mondo) vedo scritto, a
mano, sul muro di una stazione
di mètro. L’indomani, ripassando
da quelle parti, porto istintivamente lo sguardo verso quella
•scritta che mi aveva colpito.
Noto che la parola « poubelle »
è stata cancellata e sostituita con
la parola « espérance ». Questa
comunicazione anonima, in un
luogo anonimo qual è un corridoio di mètro, mi sembra rispecchiare bene l’atmosfera di Parigi
nell’ora della guerra del Golfo.
La Francia, si .sa, è piena di
maghrebini e di arabi di ogni
tipo. Basta prendere il mètro,
appunto, per rendersene conto.
E mentre le popolazioni del
Maghreb francofono (Marocco,
Algeria, Tunisia) manifestano un
forte, sostegno a Saddam Hussein, ci si chiede come reagiscono
i milioni di maghrebini residenti
in . Francia. Molti temevano una
loro forte mobilitazione, che fi
nora non si è verificata e che
probabilmente non si verificherà.
Perchè? Ogni giorno giornali e
riviste si pongono la domanda e
la pongono ai diretti interessati.
E la risposta è quasi sempre la
stessa: la comunità araba residente in Francia si sente solidale
con il popolo iracheno e spesso — specie fra i giovani delle
« banlieues » parigine ohe sono
ormai veri e propri ghetti — si
;dentifica con Saddam Hussein.
.Ma non perchè crede nella buona
fede del dittatore iracheno ma
perchè, da troppo tempo, si sente esclusa dalla società francese
in cui è nata. La parola che riecheggia dappertutto in questo
momento è: umiliazione. Un
sentimento che ha radici storiche, quelle della colonizzazione
francese; e radici politiche, l’egemonia ormai certa del tandem
Israele - Stati Uniti su tutto il
Medio Oriente; ma anche contingenti per via della perdurante
emarginazione sociale.
MARCO 9: 14-29
Tutto è possibile
Il periodo di avvento e del
nuovo anno è un periodo di speranza, di attesa. Un anno fa il
mondo ha sperimentato una
profonda scintilla di speranza,
in vie non pensate possibili finora. In questo sbocciare di speranza nuova dei potenti sono stati tirati giù dai troni, prigionieri sono stati liberati, i piccoli
e i poveri sono stati innalzati.
Purtroppo, ora, questo momento di speranza è cambiato
in momento di brutalità rinnovata. Siamo imprigionati nuovamente nella politica del terrore,
nell’economia dell’avidità.
Molti di noi si sono sentiti
indifesi e impotenti per impedire una guerra catastrofica nel
Golfo Persico. Come i discepoli
del racconto confessiamo la nostra incapacità di cacciare il demone che sta opprimendo l’innocente. Come il ragazzo nella
storia ci sentiamo afflitti dalla
sordità e dal mutismo, in noi e
nelle nostre comunità.
Rispondendo allo scoraggiamento dei discepoli, Gesù disse;
« Questo può essere cacciato
soltanto dalla preghiera e dal digiuno ». In obbedienza a queste
istruzioni, noi, membri della comunità di fede battista, ci impegniamo a pregare ogni giorno
e a digiunare ogni settimana. Cominceremo il 15 gennaio 1991 e
continueremo fino a che il conflitto militare ceda il posto a dei
negoziati seri in vista di una
soluzione giusta e pacifica.
Chiediamo ai battisti e ad altri credenti nell’America settentrionale e in tutto il mondo di
unirsi a noi in questo difficile
momento. Non vogliamo sostituirci all’azione redentiva ma vogliamo favorire l’azione dello
Spirito nelle nostre vite, non come ritiro dal conflitto, ma come
segno del nostro pentimento e
della nostra guarigione per testimoniare la nostra volontà di essere i « servi sofferenti » di Dio,
segno di contraddizione alla logica del potere.
Respingiamo l’idea che la guerra sia inevitabile o che essa possa portare una soluzione giusta
del conflitto presente e delle sue
cause...
Con la Bibbia diciamo: « Non
con potenza, con forza, ma col
mio Spirito, dice il Signore »
(Zaccaria 4; 6).
Con Gesù crediamo che tutto
è possibile... che l’impegno per
una soluzione nonviolenta nel
Golfo può liberare strategie creative per negoziare.
Crediamo nella potenza trasformatrice della politica del
perdono e della giusta restituzione, impregnata di compassione che farà fiorire la pace.
Piuttosto che far soffrire gli
altri siamo pronti a subire la
sofferenza. A rinunciare al conforto, anche alla vita. Preghiamo che le comunità dei credenti abbiano almeno tanto coraggio quanto hanno questi eserciti, e spirito di sacrificio per il
Regno di Dio. Preghiamo per l'esaudimento della preghiera del
Signore: « Sia fatta la tua volontà in terra come in cielo »
(Matteo 6: 10).
Dichiariamo che la grazia di
Dio sta cambiando le nostre vite, sta ridefinendo per noi la
natura e la sorgente della vera
sicurezza che ci sta liberando
dalla dipendenza dal mondo degli affari, dalle sue regole su chi
deve vincere, chi essere vinto.
Con questo nostro impegno
riaffermiamo una dottrina molto cara della nostra fede: che
Dio, che conosciamo come il Signore, ha preso l’iniziativa, ci
ha amati prima di aver la certezza della nostra risposta. Essendo stati « catturati » da questo amore siamo ora capaci di
rispondere in modo simile ad altri. I cuori disarmati sono le
armi dello Spirito.
Diciamo queste cose con grande umiltà, sapendo che abbiamo una fede ambigua, come il
padre del racconto di Marco. La
nostra visione non è sempre
chiara, i nostri cuori non sono
sempre puri, la nostra fede non
è sempre sicura; per questa ragione la nostra prima priorità
in questa chiamata alla preghiera intensiva e al digiuno periodico è un’esortazione a noi stessi
a « mettere da parte ogni peso
e peccato che ci trattiene » nella speranza che possiamo « correre con perseveranza la corsa
che Dio ci propone » (Ebrei 12:
1). «Signore, crediamo; sovvieni alla nostra incredulità... ».
Movimento battista
del Nord America per la pace
I maghrebini francesi della
seconda generazione, i cosiddetti
« beurs », sono particolarmente
colpiti dagli avvenimenti. Sono
francesi, si sentono tali e la loro
massima aspirazione è quella di
essere totalmente integrati nella
società francese. Questa guerra,
che i mass media presentano
come una crociata antiaraba per
far trionfare la « civilizzazione »
occidentale sulla « barbarie »
arabo-musulmana, ha risvegliato
d’un colpo vecchi antagonismi
socio-culturali e religiosi. E l’allineamento della politica francese su quella americana viene vissuto, dolorosamente, come un
vero e proprio tradimento. Vi è
pertanto, nella maggior parte di
loro, una grossa rabbia e un immenso dolore. Ma è una rabbia
muta, che non esplode, perchè la
voglia di integrazione è ormai
una scelta compiuta che nessimo
è disposto a rimettere in discussione.
Tuttavia, questa rabbia repressa aumenta ogni giorno perchè
ogni giorno aumentano i controlli
polizieschi, la diffidenza, l’intolleranza e l’emarginazione nei
confronti dei cittadini arabi. Riuscirà il governo francese a ricuperare l’enorme credito di cui
godeva presso di loro prima del
15 gennaio? Nulla è meno sicuro.
Sul quotidiano « Libèration », il
prof. Jacques Berque che ha appena pubblicato una bellissima
traduzione del Corano, scrive:
« Qualunque sia l'esito della
guerra, la Francia dovrà pagare
il prezzò delle delusioni che avrà
causato. Il suo posto in una
regione che aveva fortemente influenzato, culturalmente e economicamente, sarà tutt’al più
proporzionale a quello dei suoi
’’Jaauar” aH’interno delle forze
della coalizione. Avremo così contribmto a stabilire laggiù una
egemonia anglosassone, nuovamente incoraggiata da Israele ».
Per la Francia, sia sul piano interno sia su quello esterno, il
dopoguerra rimane un grande
punto interrogativo, e il forte
consenso attuale rischia di sciogliersi come neve al sole.
Jean-Jacques Peyronel
DONNE EVANGELICHE IN PUGLIA
Donne in nero
Un modo di manifestare nato a Gerusalemme e
diffuso ormai, per solidarietà, in molti paesi
Il movimento-« donne in nero »,
nato a Gerusalemme, si è diffuso
ormai in quasi tutta l'Italia. Movimento di riconciliazione e solidarietà tra donne israeliane e palestinesi, si muove in questi giorni con il suo netto rifiuto della
guerra. Le donne manifestano in
silenzio, vestite rigorosamente a
lutto. Questo modo di esprimere
il no alla guerra è stato recepito
in modo notevole da alcune donne evangeliche delle Puglie (Grarina, Bari, Gioia del Colle) per
cui sorelle poco abituate (o non
abituate affatto) a prendere posizioni pubbliche e politiche si
recano nelle piazze a manifestare.
In una cittadina del Sud, grande per dimensioni ma piccola di
mentalità, manifesta ogni settimana un gruppo di donne: il
club Rosa Brunetti, donne di sinistra, studenti, donne credenti
della chiesa evangelica battista.
Sono le donne in nero contro la
guerra.
Il nero come segno di lutto è
d’obbligo da queste parti. Alcune
donne già lo portavano, ormai
non lo toglieranno più. Sono le
donne colpite dalla morte di un
caro o una cara. Sono le donne
che sanno, visceralmente, intimamente ciò che significa la morte,
sia che questa avvenga sotto i
missili iracheni o sia che colpisca
con le bombe alleate. Donne
estranee alla logica della guerra
come sono estranee alla logica
del profitto che la sorregge. Il nero accomuna le donne di questo
paese del Sud alle donne d’Israele e della Palestina, alle donne
dell’Iraq, alle cattoliche e protestanti dell’Irlanda del Nord.
Per altre, invece, vestirsi in nero è tutto uno sforzo. Bisogna
chiedere a parenti e amiche per
poter racimolare gli abiti da lutto. Per loro, le donne emancipate,
il nero significa tornare alle sofferenze delle donne del paese. Loro hanno fatto tante manifestazioni colorate, animate, giocose;
loro, che hanno partecipato a primavere diverse, devono mettere
da parte l’estate e indossare l’inverno. Per loro il nero è simbolo
della sofferenza femminile, ima
crisalide che vorrebbero lasciare
alle spalle.
E poi ci sono le giovani, già
conquistate dal dark look prima
della guerra. Adesso il nero assu
me per loro non il tono del no
future ma di un futuro diverso,
un futuro di pace ma anche di
solidarietà tra generazioni e classi diverse. Perchè, se la morte è il
grande denominatore comune, la
speranza deve essere di tutti.
Manifestazione
silenziosa
La manifestazione si svolge in
silenzio. Alle parole pronunciate
dagli uomini, alle dichiarazioni
dei comandanti, le donne oppongono il loro silenzio, il loro rifiuto, la loro estraneità. Non è il silenzio di chi non ha parole. E’ il
silenzio di chi, in una saggezza
millenaria, sa che c’è anche un
tempo per stare in silenzio. Il silenzio sa che davanti alle guerre,
alle sofferenze, ai morti anche le
parole possono cadere come missili. Megliq quel mutismo che subentra dopo il pianto, le lacrime,
lo strapparsi dei capelli. E’ il silenzio che rompe, i silenzi, che
riesce ad oltrepassare i confini
del linguaggio che ci separano.
Dopo la Babele maschile, il silenzio delle donne.
Da tempi primordiali sono state le donne a gestire i misteri della morte e della nascita. Da tempi
remoti le donne hanno avuto accesso a luoghi dai quali erano
banditi o già fuggiti gli uomini.
Nelle piazze del Sud gli uomini si vendono le braccia e discutono gli avvenimenti del giorno.
Ma davanti all’abdicazione degli
uomini le donne in nero si sono
appropriate — alcune per la prima volta — dello spazio maschile. Sono approdate alla sfera pubblica per dire la loro scelta politica. Non a caso era una donna
ad aver unto prima del tempo il
corpo di Gesù per la sepoltura.
Non a casO' erano le donne ad accompagnare Gesù, in mezzo alla
folla ostile, nelle ore della sua
morte. Non a caso erano le donne a preparare la sua salma per
la tomba, a vegliare sfidando, con
la loro presenza, i soldati romani.
Non a caso toccò alle donne
diventare messaggere della risurrezione come oggi siamo noi
donne, le donne in nero ad annunciare, in solidarietà con le vittime, la pace.
Elizabeth Green
FRANCIA: PRESE DI POSIZIONE DELLA CIMADE
Per la pace di domani
Per i palestinesi
Durante tre settimane, la popolazione palestinese dei Territori occupati è stata sottoposta
ad un coprifuoco totale. Tale misura, senza precedenti, vissuta
come una umiliazione supplementare da un popolo preso nuovamente in ostaggio, ha avuto
ripercussioni drammatiche sul
piano umanitario.
Grazie alla pressione delTopiriione pubblica, il governo israeliano ha deciso di sospendere
parzialmente il coprifuoco. Ma
si tratta per ora di una misura
rnolto parziale che impedisce il
ritorno ad ogni vita economica
« normale ».
I periodi di sospensione del
coprifuoco sono irregolari e
aleatori, annunciati all’ultimo
momento con altoparlanti nelle
strade. Solo lavoratori residenti
a Gaza e in possesso di un permesso di lavoro nel sud d’Israele possono riprendere il loro lavoro. In Cisgiordania, i palesti
nesi non sono autorizzati a circolare fuori del territorio del
proprio comune, il che rende
molto precari gli approvvigionamenti alimentari, l’esercizio delle attività agricole e il ricorso
alle cure mediche. Le scuole e
le università sono state riaperte
in Israele mentre rimangono
chiuse nei Territori occupati.
Affinché non si aggravi ulteriormente il sentimento di ingiustizia e di rivolta delle popolazioni palestinesi, è urgente
che il coprifuoco venga totalmente tolto in Cisgiordania e a
Gaza e che il trattamento delle
popolazioni sotto occupazione
sia conforme alle clausole della
convenzione di Ginevra.
Inoltre, sembra indispensabile, nelle circostanze attuali, che
il Consiglio di sicurezza prenda
misure specifiche perché la pro tezione delle popolazioni palestinesi sia garantita dalle Nazioni
Unite.
Lottare contro le ingiustizie oggi vuol dire preparare le condizioni per la pace domani.
Parigi, 1° febbraio 1991
Per i curdi
Mentre cresce la tensione nei
paesi limitrofi alla zona dei conflitti, la Cimade protesta contro
il rinvio forzato di profughi originari di paesi coinvolti da vicino o da lontano nella guerra
del Golfo.
In particolare, la Cimade condanna il rinvio, inammissibile
nelle attuali circostanze, di curdi verso la Turchia e chiede che
misure urgenti vengano prese
per interrompere ogni rinvio di
persone verso paesi in cui la loro sicurezza non è garantita.
La Cimade è preoccupata delle contraddizioni del governo
francese il quale, pur chiamando alla tranquillità e alla responsabilità le diverse comunità componenti la società francese, lascia svilupparsi, con la molteplicità dei controlli alle frontiere e con l’aumento senza precedenti di interpellazioni di stranieri, un grave sentimento di insicurezza in seno alle popolazioni straniere che vivono sul territorio francese.
Parigi, 6 febbraio 1991