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ECO
DELLE VALU VALDESI
BIEMÖTECA VALDESE
1006G TOai^E PEIL ICE
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 111 - Num. 14
Una copia Lire 100
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1 L. 5.000 per l’estero
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TORRE PELLICE 5 Aprile 1974
^mm.: Via Cavour, 1 bis - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
TEMPO DI PASSIONE
“Signore, dove vai?”
(Giovanni 13, 36)
È la domanda di Pietro a Gesù
che aveva detto; « È per poco che
sono ancora con voi » (Giov. 13:
33). La sua presenza personale fra
i discepoli sta volgendo al termine.
Gesù è in procinto di andarsene e
i discepoli se ne accorgono e temono questa partenza. La domanda
di Pietro tradisce un’inquietudine
che non riguarda solo Gesù ma i
discepoli stessi. La domanda Dove
vai? ne nasconde un’altra, inespressa: Dove andremo? (quando
ci avrai lasciati). Che ne sarà di
noi? Si capisce l’ansia dei discepoli: la loro vita e il loro destino
sono legati a quelli di Gesù. Hanno lasciato tutto per seguirlo: la
sua via è diventata la loro; egli è
stato letteralmente la loro via. Ma
ora la via di Gesù e quella dei discepoli sembrano dividersi. E allora? Gesù imbocca una via sulla
quale i discepoli non possono per
ora seguirlo? Quale sarà da ora in
avanti la loro via se non potrà più
essere quella di Gesù?
La partenza di Gesù crea per i
discepoli una situazione nuova.
Non sarà più come prima. In primo luogo « voi mi cercherete » dice Gesù (v. 33). Finora è Gesù che
ha cercato i discepoli, è lui che li
ha scelti e chiamati. Ora i discepoli dovranno anch’essi cercare Gesù: la fede non sarà più solo scoperta, diventerà anche ricerca. In
secondo luogo « dove vado io voi
non potete venire » (v. 33). Finora
i discepoli han potuto seguire Gesù dappertutto; Gesù li ha portati
con sé dovunque. Dov’era lui, erano anche i discepoli; persino sul
monte della trasfigurazione lo hanno accompagnato. Ora invece avviene un distacco; tra loro e Gesù
non c’è più soltanto comunione;
ora nasce una distanza che prima
non c’era.
Cosa vuol dire che la fede deve
diventare ricerca e che tra Gesù e
i discepoli c’è ora una distanza che
prima non c’era? Vuol dire che
ormai Gesù e i discepoli appartengono a due piani diversi: Gesù entra neH’ambito di Dio, i discepoli
restano nell’ambito del mondo. La
loro situazione diventa cosi analoga a quella di tutti gli altri uomini: credenti e increduli sono
tutti « nel mondo » mentre Gesù
« non è più nel mondo » (17: 11).
Non è che i credenti sono a metà
strada tra il mondo e Dio; la distanza che c’è tra Dio e il mondo
c’è anche tra Dio e la chiesa. Fede
e incredulità si trovano, in un certo senso, nella stessa posizione rispetto a Gesù: né Luna né l’altra
lo possono raggiungere. Ma mentre l’incredulità non si preoccupa
della partenza di Gesù e la interpreta senz’altro come assenza, la
fede invece si interroga sul significato di questa partenza. Il fatto
che Gesù parte significa che diventa assente? No, significa che diventa presente in un altro modo. La
partenza di Gesù non comporta assenza ma un nuovo tipo di presenza. Perciò la situazione della comunità cambia ma non si aggrava: la fede diventa ricerca ma non
dubbio; nella comunione con Gesù
nasce una distanza ma non un
vuoto.
Queste cose Pietro e i discepoli
le capiranno più tardi. Qra è il
momento delle domande, non delle risposte. Quella di Pietro trova
eco immediata nella coscienza in
quieta della nostra generazione. È
la nostra domanda: Signore, dove
sei andato? Abbiamo la sensazione di vivere in un mondo dal quale
Dio è definitivamente emigrato e
che quindi è diventato pericolosamente signore e guida di se stesso, pericolosamente sicuro di sé:
ma il suo avvenire non è sicuro, è
incerto e lo è, paradossalmente,
proprio perché dipende da lui! Abbiamo la sensazione di vivere in
una chiesa dalla quale pure Dio
sembra essersi come eclissato e
che quindi è diventata pericolosamente insicura e disorientata, con
molte domande e poche risposte,
incerta anch’essa — per altri motivi — del suo avvenire e insoddisfatta del suo presente. Come per
i discepoli così anche per noi la
domanda Dove vai? ne nasconde
un’altra, altrettanto temibile: Dove andiamo? Dove andremo?
Gesù non risponde a questo genere di domande, per quanto serie
e necessarie esse siano. Egli piuttosto ci fa comprendere che il nostro disorientamento, benché comprensibile, non è giustificato al
cento per cento. Non ci mancano
neppure oggi delle indicazioni fondamentali, non siamo veramente
abbandonati a noi stessi. Partendo
Gesù non ha lasciato il vuoto, ha
lasciato un comandamento: « Com'io v’ho amati, anche voi amatevi gli uni gli altri. Da questo conosceranno che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli
altri » (vv. 34-35). L’indicazione
fondamentale è amare. Chi ama,
sa dove va. Chi ama, non è disorientato. L’amore è una bussola,
forse l’unica. Amare è sempre un
orientamento. Se i discepoli si
ameranno gli uni gli altri, la partenza di Gesù non diventerà assenza. L’amore reciproco è il segno inconfondibile che Gesù è presente,
così come la mancanza di amore è
il segno inequivocabile che Gesù è
assente. Una comunità nella quale
non c’è amore reciproco è una comunità dalla quale Gesù è veramente emigrato. Una comunità
nella quale c’è amore reciproco è
una comunità nella quale la presenza di Gesù si fa sentire. Il tempo della partenza di Gesù e del disorientamento dei discepoli non
ha da essere solo un tempo di domande ma anche e anzitutto un
tempo di amore. La fede è operante per mezzo dell'amore, non
per mezzo delle domande. Gesù
partendo non ha lasciato degli
enigmi su cui fantasticare ma un
modello d’amore da vivere. Sarà
bene seguire questa indicazione se
vogliamo evitare che in questo
tempo realmente problematico, il
nostro cristianesimo si riduca a
essere discorso anziché potenza
(2 Corinzi 2: 4). Amare è dunque
anche oggi l'indicazione evangelica sufficiente a non perdere l'orientamento.
Ma detto questo, la domanda di
Pietro ritorna: Dove vai? Dove va
Gesù? Dove è andato? Abbiamo
detto che Gesù non risponde a
questo genere di domande. Ora
dobbiamo precisare; non risponde a parole. Ma risponde.
Dove va Gesù? Va sulla croce.
È una risposta malto precisa.
Amare, abbiamo detto, è l’indicazione fondartientale. Per noi o
per lui? Per tutti, ma prima per
lui che per noi: « com’io v’ho
amati... ».
L’amore, abbiamo detto, è l’orientamento. Quale amore: il nostro o il suo?
Il suo.
Paolo Ricca
CONTRO LE DITTATURE SUDAMERICANE
SI è riunito
I Tribunale Russell 2
Nel 1966 il filosofo e scienziato inglese Bertrand Russell (morto poi nel ’70
quasi centenario) costituì il tribunale
internazionale che da lui ha preso il
nome, per esaminare i crimini americani in Vietnam e poi successivamente
condannare gli Stati Uniti di fronte all’opinione pubblica mondiale.
Circa tre anni fa il senatore italiano
Lelio Basso, che si trovava a Santiago
del Cile, ospite del presidente Allende,
venne avvicinato da profughi brasiliani, uruguaiani, boliviani, paraguaiani
che, coi loro tragici racconti di quanto
succedeva nei rispettivi paesi, lo indussero a costituire il « Russell II »,
della cui giuria fanno parte Alfred
Kastler, premio Nobel per la fisica;
Georges Wald, premio Nobel per la
biologia; lo scrittore colombiano Gabriel Garcia Marquez; il poeta spagnolo Rafael Alberti; lo storico francese
Albert Soboul; lo storico jugoslavo
Valdimir Dedijdier (professore negli
USA); i teologi cattolici Metz e Girardi: il teologo protestante Georges Casalis. La presidenza delTassise internazionale è stata affidata allo stesso sen.
Basso.
La prima sessione si è aperta il 30
marzo a Roma e si protrarrà fino al
6 aprile. Nel prossimo numero ne daremo un resoconto.
Vorremmo però prima dare una risposta alla possibile domanda che diversi lettori potrebbero farsi; con quale autorità e diritto un tribunale internazionale e privato può giudicare ed
eventualmente condannare dei capi
di Stato, e quali ne saranno le conseguenze?
Rispondiamo colle stesse parole del
sen. Basso; « Il dovere di giudicare ci
viene dalla Carta dei diritti dell’uomo
delle Nazioni Unite. Speriamo che le
conseguenze del processo siano le stesse che ci furono dopo quello per la
guerra in Vietnam: denunciare all’opinione pubblica una situazione che interessa tutta l’umanità perché oggi è
in gioco il futuro del mondo. Nessuno
potrà salvarsi dalla moderna schiavitù
se le dittature continueranno ad estendersi ».
« Siamo in presenza — ha continuato Basso — di un principio di diritto
incontestabile, riconosciuto dalla maggioranza degli Stati, in base al quale
le esigenze della pubblica coscienza
diventano fonte di diritto ». r. p.
DIBATTITO A BARI SUL CENTENARIO VALDESE
Ristudiare la nostra storia
per la nostra evangelizzazione
Il Sinodo 1972, in riferimento all’ottavo centenario del movimento valdese, aveva messo in guardia le Chiese
contro il pericolo che la celebrazione
si esaurisse « in un programma di celebrazioni storiche ».
La nostra comunità ritiene che, pur
non volendo esaltare uomini ed episodi del passato, pur rifiutando di mitizzare questa storia, tuttavia da essa
INDICAZIONI SIGNIFICATIVE DALLE PAGINE DEL PASSATO
Divorzio e Sinodi valdesi
Gli italiani si apprestano a giocare
il grande « derby » del pro e contro
il referendum; con mentalità tutta...
latina, un problema sul quale non ci
dovrebbe essere il minimo dubbio, investe ad un certo punto tutta l’attività
politica verbosa, fa spendere qualche
decina di miliardi, concentra l’attenzione pubblica distogliendola da problemi ben più importanti. Il fatto è
che da noi la parola democrazia è diventata schermo alle più svariate cose,
mentre essa dovrebbe significare semplicemente questo; se per assurdo uno
solo degli italiani volesse il divorzio
e gli altri 55 milioni non fossero d’accordo, essi dovrebbero essere tanto
aperti da fare per lui solo una legge!
Non per nulla ci portiamo il peso
immane del conformismo e delle Controriforme di tre o quattro secoli fa,
e a quell’epoca starebbero veramente
a loro agio tanti paladini dell’antidivorzismo; i quali, in ultima analisi
non hanno capito ancora niente della
lezione della storia, ed hanno una maledetta paura della parola libertà, la
quale diventa per loro subito sinonimo di licenza...
Riforma e mondo protestante hanno educato alla responsabilità nella libertà, ed hanno corso dei rischi naturalmente; ma la chiesa di Roma è rimasta disperatamente ancorata al concetto di autorità, con cui non si discute. e che evita i problemi di coscienza...
Ma lasciamo stare, perché il discorso ci porterebbe troppo lontano per
quanto del tutto pertinente con il problema della scelta sul divorzio: e torniamo al titolo del nostro appunto di
oggi, che vuole semplicemente informare di quale posizione erano i Valdesi di fronte al problema del matrimonio e del divorzio o annullamento.
Perché infatti, prima che la legislazione statale intervenisse anche in questa faccenda i Valdesi avevano le loro
norme e le loro leggi sul ’diritto di fa
miglia’, di cui lo stato non si impicciava, riconoscendo a questa gente la possibilità di sprofondare come volevano
nelle voragini infernali, in cui già si
trovavano dal momento che erano eretici.
E così troviamo che i sinodi valdesi,
come massima autorità, legiferano e
stabiliscono norme, intervengono e decidono come tribunali senza appello,
nelle questioni che riguardano l’istituto del matrimonio.
Anzitutto, per quanto concerne le
pubblicazioni, che allora si chiamavano « promesses de mariage »: durante
tutto il ’700, ad es., troviamo non meno di una decina di sinodi che chiariscono la natura delle « promesses » e
gli obblighi che ne derivavano, invitano a non fare bisboccia in tali occasioni, stabiliscono che non vi possono
essere matrimoni tra cugini primi, fissano il limite minimo di età in 16 anni per i maschi e 14 per le ragazze,
ecc. ecc. Le « promesses » devono essere pubbliche, e cioè annunciate dall’alto del pulpito: se poi non fossero
state seguite dal matrimonio per rinuncia di una delle parti, esse dovevano essere considerate nulle.
Tutto un materiale abbastanza interessante, su cui qualcuno dei nostri futuri giuristi potrebbe trovar lavoro
per una buona tesi, con gli opportuni
confronti di quanto avveniva nel mondo riformato e nel mondo cattolico
nello stesso periodo.
Le sentenze di divorzio (o sgaracione o annullamento, secondo le distinzioni giuridiche) ricorrono negli atti
dei sinodi, dimostrando che appunto
essi erano l’organismo cui ci si doveva rivolgere, e d’altra parte che le occasioni per tali deliberazioni non erano molto frequenti.
Troviamo che nel sinodo del Ciabas,
del 1614, « Daniele Monero di Paesana,
ritrovandosi mal soddisfatto di sua
moglie Margarita Mondon, supplicò di
provvedersene d’altra, e il Sinodo gli
accordò la grazia ». L’anno seguente si
ripeteva un fatto analogo: « Carlo Gara vello di Racconigi, desiando scaricarsi della moglie, andò al Sinodo tenuto
a S. Germano il 14 settembre 1615, e
quivi esposta nel miglior modo la domanda, gli fu decretato che secondo
la parola di Dio era libero e che poteva provvedersi d’altra ». Nel 1622, « fu
indotto messer Chianforano ministro
a confessare pubblicamente qualche
sua fragilità; e così fu deposto dal ministerio; sua moglie chiamò in grazia
che fosse deposto anche dal matrimonio, e il sinodo, dopo matura considerazione, stimò la domanda ragionevole, e le concesse di provvedersi d’altro
marito; come fece ».
Le due prime cause di annullamento paiono essere avvenute per torto
della moglie; l’ultima, per torto del
marito. E lo scrittore cattolico Rorengo aggiunge che « sin allora non si era
concesso alle donne di mutar mariti ».
Cosi nel 1623, il sinodo di Bobbio concedeva a Maria Giartosa di Dronero,
già separata dal primo marito, e con
un figlio, di sposarsi una seconda
volta.
I documenti sono purtroppo muti
per quanto riguarda la sorte riservata
alla prole.
Alla fine del secolo, il sinodo del
1695, dedicava un atto ad un caso di
divorzio: « Maria Poet, moglie di Bartolomeo Bein, essendo stata a più riprese esortata con lettere dell’Assemblea e da persone appositamente nominate a tale scopo, a venire per giustificarsi delle accuse nei suoi riguardi, ha finora rifiutato con diversi pretesti; l’assemblea, non tralasciando di
dimostrarle la bontà delle sue intenzioni, ha però deciso e concluso di in
Augusto Armano Hugon
(continua a pag. 2)
non è possibile prescindere e ad essa
è doveroso guardare proprio in vista
del futuro. Abbiamo scoperto questa
verità quando, in occasione di incontri
di studio, nei colloqui personali, nei
corsi di istruzione religiosa con bambini e ragazzi pur appartenenti a famiglie da tempo ed interamente evangeliche, abbiamo dovuto constatare
quanto poco si conosca la storia della
nostra Chiesa, non solo nei suoi aspetti episodici ma anche in quelli più sostanziali, quali ad esempio quelli che
spiegano le ragioni di certe scelte.
Ci domandiamo pertanto se alcuni
degli atteggiamenti critici se non addirittura demolitori che specialmente
in ambienti giovanili si assumono verso il passato delal nostra Chiesa (quello remoto e quello più recente, cioè
quello che vide l’inizio e lo sviluppo
dell’opera di evangelizzazione in Italia a sud di Torino), non siano appunto determinati da una scarsa conoscenza di questa storia. Diciamo « conoscenza » perché crediamo che, conosciutala, sia difficile disprezzarla o non
trarne ammaestramento.
Perciò, uno degli impegni che per i
mesi futuri abbiamo assunti come comunità, in appoggio a quello primario
che riguarda l’evangelizzazione, è quello di « ristudiare » la storia della nostra Chiesa. Conoscendo quale sia stato il comportamento dei Valdesi nelle
diverse situazioni storiche in cui hanno vissuto e testimoniato della loro fede, comprenderemo meglio come oggi
non sia possibile parlare di evangelizzazione in astratto: la nostra testimonianza sarà tanto più incisiva e (forse) efficace, quanto più saprà inserirsi
nel vivo dei problemi della società di
oggi.
Non ci sembra che in questo « guardaré indietro » vi sia pericolo di conservatorismo. Il pericolo, caso mai, si
tiova nel «come» si guarda e nel
« cosa » si vede.
1) Come si guarda. Se lo si fa con la
sola o principale volontà di autoglorificazione, allora saranno anche per noi
le parole severe di Giovanni Battista:
« Non pensate di dir dentro di voi:
abbiamo Abramo per padre; perché io
vi dico che Iddio può da queste pietre
far sorgere dei figliuoli ad Abramo »
(Matteo 3; 9). Se si guarda al passato
solo per rimpiangere i « bei tempi di
una volta! », questo atteggiamento non
sarà costruttivo. Ma se in questo rimpianto vi è una sincera nostal^a del
tempo in cui la Chiesa era vivente,
eyangelizzava, sentiva l’esigenza comunitaria e ne gioiva, allora questo rim
(continua a pag. 5)
2
pag. 2
N. 14
Divqpo e . Sinodi vaidesi ~
■w iJ ¡(sègue-da pizg.
viarie il presente atto sinodale, con
cui le si dichiara espressamente e per
ultima volta che se essa non comparirà entro un mese davanti alla commissione nominata per ascoltare le sue
difese dalle accuse del marito, il sinodo dichiara libero il suddetto Bein al
termine di detto mese, con autorizzazione a risposarsi dove gli sembrerà
opportuno ».
Questo atto sinodale lascia intravvedere tutta una prassi (istruzione di
una causa, commissioni, ecc.), che dimostra la serietà e la ponderatezza
delle decisioni. Così, due anni dopo
Daniele Monnet, marito di Anna Coïsson, si rivolgeva al sinodo per ottenere la separazione, essendo stato abbandonato dalla moglie: ma il sinodo incaricava i pastori che sarebbéro andati all’estero (dove la donna era fuggita) di informarsi della situazione, e,
non essendosi avuti altri elementi,
quello successivo incaricava il pastore
Malanot di scrivere a Zurigo; dove viveva la donna, per avere informazioni.
Non sappiamo poi come fosse andata**
a finire la cosa.
Nel 1708, il Sinodo prendeva una decisione interessante, e cioè una separazione senza possibilità di altro matrimonio: « Jean André Marguer, s’étant
présenté à la Compagnie pour demander séparation d’avec sa femme Camille Vertu, alléguant qu’elle est incapable de commerce avec homme, l’Assemblée a déterminé qu’elle devait
être visitée; ce qu’ayant été fait par
deux femmes dignes de foi, elles ont
témoigné qu’elles n’ont rien reconnu
en la dite Camille de different et d’opposé à son sexe. Sur quoi l’Assemblée
étant informée qu’elle ne peut souffrir
la copulation, a déterminé que le dit
Jean Andrea Marguer et Camille sont
séparés de corps et de biens à temps,
sans que cependant ils puissent pré
tendre d’être entièrement libres ». La
espressione « séparés... de biens » sembra indicare chiaramente anche un annullamento dei rapporti patrimoniali
tra i due, per esempio la dote, od al
tro: il che è anche notevole.
Due altri casi, quello di Francesco
Arbaud nel 1711, e quello di Daniel
Bouchardin nel 1716, sembrano indicare che la causa di divorzio dovesse
essere istruita dalle autorità civili prima che il sinodo si pronunciasse: infatti all’Arbaud veniva ingiunto di produrre la sentenza pronunciata dal
« giudice o dal magistrato del luogo »
circa la condotta della moglie che lo
aveva abbandonato da 20 mesi; e al
Bouchardin, incappato nella stessa sorte, il sinodo pur concordando con lui
per il divorzio « conformemente alla
disciplina ecclesiastica », rilevava l’opposizione dell’Intendente per la mancanza di informazioni, e la necessità
di una supplica al re « per ottenere il
permesso di decidere ».
Forse a quel momento era già intervenuta la legislazione dello stato: confesso la mia ignoranza in proposito.
Ma cosi almeno sembra potersi argomentare da un atto sinodale del 1720,
in cui si ingiungeva alla moglie di Stefano Negrin di Bobbio di ritornare dal
marito, salvo a « ricorrere al braccio
secolare, come si farà nei riguardi di
quanti verranno a trovarsi nello stesso caso ».
Forse da quel momento le cause di
divorzio sfuggivano al potere della
chiesa, perché non ne troviamo più
traccia: Ma nel 1823 il sinodo legiferava ancora chiaramente sulle pubblicazioni di matrimonio, sulla loro durata,
sulla celebrazione delle nozze, e sui
poteri dèlia Tavola per i ricorsi contro le pubblicazioni, la dispensa o la
abbreviazione relativa.
Augusto Armand Hugon
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiMiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
L'esperienza
di una mamma
preparare i pasti per il giorno seguente. Così il bambino si abituò sempre
più a stare fuori casa e se qualche
volta mi aspettava all’uscita della fabbrica era per comperare il gelato.
Considerò la casa come un luogo dove si va a mangiare e a dormire. Quando cercai di fargli capire che doveva
stare a casa, non riuscii più a farmi
ubbidire.
Sono vedova e i figli sono ormai cresciuti, ma io vedo la differenza che c’è
fra il primo figlio che ho allevato standogli vicina e il secondo che ho sacrificato a motivo del lavoro. Certamente
fu per necessità, ma se oggi dovessi
tornare indietro, non farei Terrore.
Perciò vorrei dire alle giovani mamme che lasciano i figli per lavorare
fuori casa: pensateci, allevate voi i
vostri bambini, vivete con loro. Il benessere non potrà mai ricompensarvi
di aver perso il contatto con i vostri
bambini.
Una mamma valdese
^ Dal 7 al 18 marzo il pastore Tullio Vinay
ha compiuto una serie di visite a località
francesi, dove ha tenuto culti e conferenze su
« Riesi e i diritti delTuomo ». Egli ha parlato a Parigi, Melle, Bordeaux, Arcachon, Marsiglia, Dieulefit. Versailles, Metz e Douai.
Sono una mamma valdese che ha
due figli ormai cresciuti.
Vorrei narrare la mia espterienza:
quando nacque il mio primo bambino,
mio marito, solo, lavorava. Io pensavo
alla casa, allevavo il bambino che
crebbe e andò a scuola. Il bambino
mi trovava sempre in casa quando
rientrava. Mi raccontava molte cose:
la scuola, i compagni, i giuochi ed io
prendevo parte e parlavo con lui. Ho
vissuto con mio figlio e lui è cresciuto
con me. La casa era il rifugio dove
vivevano i suoi genitori.
Poi ebbi un secondo bambino. Durante i primi anni di vita, rimasi a casa, ma poi le necessità aumentavano
e la sola paga di mio marito non bastava più. Decisi di andare in fabbrica.
Mi alzavo presto, alzavo il bambino
che poi andava dalla vicina, aspettando l’ora della scuola. Io partivo alle
7.30 per il lavoro. Mio marito faceva i
turni. Rientravamo a mezzogiorno e
mangiavamo affrettatamente, perché
io dovevo ripartire alle 13.10. Il bambino andava dalla vicina. Alle 16 rientrava dalla scuola e mangiava la sua
merenda a casa. Non trovandomi mai,
perché io ritornavo alle 18, poco per
volta prese l’abitudine di uscire e di
andare a giocare in giro con i compagni. Rientrava per cena, ma io ero
stanca, non avevo tempo per rispondere alle sue domande e per dedicarmi a lui: dovevo pensare alla casa,
......Il"""").UHI..
Un co(dice singolare
L’evangelista Matteo, al principio del suo libro, ci riporta il
discorso più lungo che il Signore Gesù abbia rivolto alle folle che
incominciavano a seguirlo e ad ascoltarlo. Più che un discorso è
forse un insieme di discorsi, pronunziati dal Signore in diverse
occasioni, e poi raccolti in un insieme che è una delle porzioni
più note degli evangeli, ed a cui si dà comunemente il titolo di
Sermone sul Monte. Viene considerato, questo discorso, come la
Carta costituzionale del Regno di Dio, come il suo statuto fondamentale, come la legge evangelica che fa da pendant a quella
mosaica e qualche volta, secondo alcuni, le si contrappone, la
corregge e la completa. Dobbiamo subito considerare, però, che
se il Sermone sul monte è il codice dell’Evangelo, questo codice,
appunto perché evangelico, ha carattere contrario a quello dei
codici umani; è come sempre l'evangelo, un rovescimento di essi.
Le leggi umane, infatti, si pongono davanti all’uomo come un imperativo, come un comando, dicendogli: « se vuoi essere d’accordo con me, devi fare questo e questo, e non fare quest’altro « Il
Sermone sul monte invece è un evangelo, una buona notizia che
il Salvatore porta agli uomini, ai quali proclama: « se sarete come vi dico, farete, anzi fate già parte del Regno dei Cieli ».
Udendo questa predicazione di Gesù, come del resto tutte le
altre; noi non dobbiamo sforzarci di adempiere quello che ci
viene detto come se fosse un ordine, ma sapere, credere che entrererno nel Regno, che non potremo non entrarvi, che saremo
salvati se saremo posti dalla fede, nelle condizioni indicate dal
Signore Gesù.
Ci proponiamo, nelle prossime settimane di considerare questa realtà.
Lino De Nicola
I na lettera pubblicata la scorsa settimana ha suscitate, com'era prevedibile e auspicabile, una serie di reazioni: le pubblichiamo e non intendiamo
strozzare la discussione su una questione
che, nel fondo, è rilevante. Per il bene di
tutti e per l'utilità del dibattito preghiamo quanti volessero ancora intervenire
di non ripetere argomenti già esposti e
di evitare di inserire considerazioni collaterali che distraggono dal problema in
9'«o- red.
Quel signore...
Signor direttore,
siamo un gruppo di contadini e contadinioperai di S. Secondo e Prarostino che da alcuni anni combattono nei nostri due paesi la
opera della DC di destra (bonomiana e calleriana) nel raccogliere voti prendendoci in giro
nel modo più equivoco e disgustoso (es. : fare
credere che la costruzione di strade per la
speculazione risolva il problema deiragricoltura, dare piccoli contributi alla vigilia di
elezioni, oppure lasciare credere che per ottenere la pensione o l’assistenza bisogna passare
per forza dal loro patronato, ecc.).
Come lettori dell’« Eco delle Valli » protestiamo vivamente con quanto scrive il sìg.
Giovanni Conte sul n. 13 a proposito della
pagina delle Valli. A quanto ci risulta questo signore collabora con la DC di cui sopra
ed ora ci pare di capire che vorrebbe trasformare la pagina delle Valli in un “lanternino”.
Per essere “telegrafici" concludiamo dando
tutto il nostro appoggio al sig. Ermanno Genre per quello che scrive perché crediamo sia
obiettivo e soprattutto ci interessa perché
tocca problemi che ci riguardano.
Enrico Monnet, Roberto Odino, Carlo
Romano, Valdo Avondetto, Franco Costantino, Valerio Gardiol, Guido Codino, Franco Parise, Walter Gardiol,
Albino Avondetto, Alessandro Paschetto, Remo Gardiol.
I lettori ci scrivono
Incredibile..
Signor direttore,
ci riferiamo alla lettera scritta dal past. Giovanni Conte e pubblicata sul n. 13 del 29
marzo u. s. dell’« Eco-Luce ».
Siamo un gruppo di lettori (molti dei quali abbonati) del giornale da Lei diretto i quali, superato un primo momento di stupore ner
Vincredibile (sia per il tono che per il livello)
attacco alla EGEI ed al past. Ermanno Genre
ed avendo compreso che non si trattava di
uno scherzo di cattivo gusto, hanno pensato di
rispondere, sia pure in modo succinto ed incompleto, al Suo invito ad esprimere alcune
« parole chiare ed aperte » in merito ai problemi sollevati dalla lettera succitata.
1) Premettiamo che non siamo tutti aderenti alla EGEI, quindi non tutti abbiamo
partecipato al pre-congrésso EGEI di Pinerolo il 2 marzo u. s. e che non abbiamo interesse ad affrontare il tema della posizione
della EGEI su un piano giuridico, anche se ci
riesce difficile capire come si possa definire
« organizzazione extra ecclesiastica ed extra
sinodale » la EGEI cfee per regolamento della
Chiesa Valdese siede di diritto alle Conferenze Distrettuali e al Sinodo stesso. Riconosciamo che la riflessione che si sta sviluppando
all’interno della EGEI sulla necessità di un
approfondimento biblico e teologico da una
parte, e dall’altra di un impegno per la riforma della chiesa e per la costruzione di una
società diversa dall’attuale, esprima la ricerca di una fedeltà all’Evangelo aderente ai problemi della società in cui viviamo, per cui rifiutiamo il giudizio espresso dal past. Conte
che vorrebbe la EGEI situata al dì fuori della
chiesa.
Circa il « famoso » o.d.g. votato al precongresso EGEI (v. n. 10 dell’« Eco-Luce »),
non possiamo che appoggiare totalmente la
presa di posizione di un gruppo di giovani
evangelici che solidarizzano con un altro
gruppo di giovani evangelici (...che con buona
pace di Giovanni Conte, nel caso specifico appartengono tutti ad una comunità valdese!)
impossibilitati a continuare ad esprimere la
loro testimonianza evangelica dal Concistoro
della loro comunità (v. « Eco-Luce » n. 5
del 1/2/74).
2) Per quanto concerne la « Cronaca delle Valli » non riusciamo a capire come si
possa affermare che è stata « presa in mano
da Ermanno Genre » quando questa pagina è
stata curata da lui e da altri fin dall’inizio
(pensiamo con l’assenso e l’approvazione del
Comitato di redazione).
Da parte nostra approviamo senza reticenze
la linea di informazione e contro informazione della « Cronaca delle Valli » che, peraltro,
non si discosta dalla linea giornalistica delle
rubriche curate da Emilio Nitti e da Tullio
Viola, che riscuotono altrettanti consensi.
3) Se Giovanni Conte prova « disgusto »
dalla lettura della « Cronaca delle Valli »,
che cosa dobbiamo pen.sare del disorientamento che suscita il fatto che un pastore valdese
collabori stabilmente ad un giornale (« La
Lanterna ») che ha dietro di sé un ampio
fronte di forze di destra anche clericali (ved.
« Eco-Luce » n. 4 del 25/1/74) e nel quale
i suoi articoli sono affiancati ad altri inneggianti a Lourdes e a Maria? (v. n. 5-7 della
« Lanterna »).
Cordiali saluti.
L. Rivoira, Lucilla Rivoira^Coìsson,
Erica Fornerone. Lidia Gardiol, Mauro
Gardiol, Daniele Rostan, Alma Rivoira. Letizia Fornerone. Paola Roccione,
Annamaria Poet. Giovanni Rivoira, Rosanna Pireddu. Nadia Menusan, Dina
Rostagno, Paolo Rihet. Renata Prochet,
Adriano Longo. Carla Beux. Mauro
Pogliani.
Oggi, senza essere manichei, è abbastanza
facile vedere da che parte si schierano gli
uomini : in questi giorni vediamo dalla parte
della barriera democratica del « no » all’abrogazione del divorzio, cattolici del dissenso e
cattolici sinceramente democratici, uomini
della C.I.S.L. e delle A.C.L.I., a fianco degli
evangelici, dei laici dell’A.L.R.L, dei radicali,
dei marxisti; oggi nel Viet Nam come in Cile
cattolici, protestanti, buddisti laici progressisti o marxisti, lottano insieme contro il fascismo e insieme soffrono per le angherie e le
torture di quei regimi.
Ma qui alle Valli si mettono sotto accusa
la F.G.E.I. (di cui peraltro io non condivido
appieno la linea) o Ermanno Genre, mentre
si collabora con articoli alla « Lanterna », si
polemizza con « L’Eco del Chisone » : non
certo in malafede, ma rimane pur sempre la
miopia politica. Non si sa valutare infatti che
cosa ci sia dietro la « rabbia » dei nostri giovani più impegnati, e cosa ci sia invece dietro
il paternalismo ottocentesco del Pastore Geymet, che cosa ci sia dietro le lotte e gli atteggiamenti dell’« Eco del Chisone » e dietro invece la facciata perbenistica del giornale del
Conte Calieri.
Vedo cioè con profondo rammarico sprecarsi una occasione : quella di iniziare nei « gesti » o nei « fatti » (senza polemiche) e comunque negli atteggiamenti quotidiani di
fronte ai problemi concreti delle Valli e del
Pinerolese (e questo è fare politica) una collaborazione fra gli uomini che rifiutano di servire gli interessi del potere economico e lo
sfruttamento dei poveri (e degli ottusi), una
collaborazione fra tutti coloro che, al dilà della
chiesa cui appartengono o del partito in cui
militano, vogliono dire no quando vedono
l’uomo prevaricare sull’uomo : Vinay che denuncia i delitti di Van Thieu, il vescovo
Anoveros quelli della Spagna franchista, il pastore Boe che prende le parti dei pellerossa, il
cardinale Pellegrino quelle degli operai della
Fiat; in questo spirito Giovanni Conte dovrebbe schierarsi con la F.G.E.I. (magari dis,
sentendo sui metodi) contro l’autoritarismo di
Geymet, con 1’« Eco del Chisone » contro gli
interessi dell’A.T.I.V.A. ecc., con « Il Giornale di Pinerolo » contro le speculazioni edilizie e le lottizzazioni ai Piani di Bricherasio.
Riccabdo Gay
Telegraficamente
d’accordo
Luserna S. Giovanni, 31 marzo 1974
Caro direttore,
approvo di tutto cuore la coraggiosa denuncia fatta dal Pastore Giovanni Conte
contro alcuni dei tanti tarli che rodono la nostra povera Chiesa Valdese.
Bravo per la pubblicazione, e molto cordialmente,
Enrico Peyrot
Pomaretto, 31 marzo 1974
Signor direttore.
In attesa di riprendere eventualmente più
diffusamente l’argomento, mi preme dare la
mia adesione « telegrafica » al Pastore Giovanni Conte per la sua lettera « FGEI e chiese » apparsa su 1’« Eco-Luce » del 29 marzo.
Approvo incondizionatamente la sua chiara
e coraggiosa presa di posizione. L’KEàto-Luce»
è pur sempre il settimanale della Chiesa Valdese. Per cui sarebbe veramente auspicabile
che i vari sindacalisti-gruppuscolisti, per la
loro propaganda politica, si decidessero a chiedere ospitalità ad un’altra testata.
Cordiali saluti.
Guido Baret
Approviamo pienamente quello che dice il
pastore Giovanni Conte nella sua lettera al
Direttore e siamo solidali con lui per quanto
riguarda la Pagina delle Valli.
Cordiali saluti,
Alda- Migliotti, Renato Avondet, Marco Charbonnier, Eleonora Chauvie, Ida
Gaydou. Mery Pons.
Referendum bis?
Scoraggiato
Caro Conte.
La lettera di tuo fratello, apparsa sul n.
scorso del giornale, mi ha profondamente
scoraggiato: è il sintomo che molle persone
in buona fede come lui non riescono a staccarsi da atteggiamenti di moralismo e di pieti.smo, non accorgendosi che Timpegno di
ogni cristiano (e di ogni non cristiano) sollecito del « prossimo » deve essere teso a cogliere la realtà, le nuove realtà.
Caro direttore.
com’era da prevedere, la mia lettera ha suscitato reazioni assai vivaci. Tanto da far pensare che ci si stia avviando ad un referendum
bis non attorno alla mia modesta persona ma
attorno al problema che ho sentito di dover
sollevare. L’atteggiamento di quanti ritengono
di doversi opporre così vigorosamente a ciò
che ho sostenuto conferma il fatto che vi è in
mezzo a noi una profonda frattura che non è
fondata su motivi biblico-teologici ma su di
una scelta politica che dovrebbe « dettare l’ordine del giorno » delle nostre prese di posizione come Chiesa. Questa frattura non l’ho
certo cercala io né la ricerco. Non cerco nemmeno di far polemica per amor di polemica
sul nostro giornale. Tuttavia bisogna pure che
questo « ascesso » che sta tarpando le ali alla
nostra Chiesa sia una buona volta curato. Al
trimenti la febbre continuerà a tormentarci
Cerchiamo dunque di dialogare, se ci riesce
Per far questo bisogna sgombrare il campo
da una prima obiezione rivoltami dai miei
« oppositori »: collaboro al giornale « La Lan
terna », dunque (dicono loro) sono un cripto
democristiano ed un uomo di destra. Che i
giornale in parola sia democristiano è fuor d
dubbio né questo mi è stato celato quando m
si è richiesta la mia collaborazione. Da qui
a dire che .son « un signore che collabora con
la DC » c’è un passo che non ho mai fatto. Ho
detto molto chiaramente in che modo intendevo scrivere su «La Lanterna»: forse, se
chi scrive si fosse data la pena di leggere la
mia precisazione apparsa sull’« Eco-Luce » del
1" febbraio u.s., n. 5 (« S’ode a destra... ») non
mi si sarebbe tacciato di « signore della DC »
con tanta facilità. Quando ho scritto un articolo sul referendum ad esempio, Tho fatto in
modo tale che nessuno ha potuto avere alcun
dubbio sulla mia posizione. Il direttore della
« Lanterna » mi ha dal canto suo dato fin ora
la .prova che non intendeva ricorrere ad ulcun
tipo di censura nei miei confronti né ha dato
spazio a voci che volevano travisare compietamente quanto da me affermato a proposito -lei
referendum. Senza dubbio se mi fossi messo
a scrivere su un foglio « di sinistra » il clamore sarebbe stato assai meno forte...
Comunque sia, il problema non sta qui. e
molte delle crìtiche si sono limitate a questo,
cercando di squalificare automaticamente uno
sforzo, discutibile certo, dì « predicare » fuori delle mura del tempio, nei confronti di uersone che, appunto, non hanno forse finora udito parlare che di Lourdes e di altre cose del
genere, con quale loro edificazione è facile
immaginare.
Torniamo dunque al problema di fondo.
Per essere esatti ai due problemi da me sollevati :
a) la EGEI. Nessuno si è ancora dato la
pena di dimostrarmi su jbasi bibliche che
l’Evangelo non solo ci autorizzi, ma ci chieda
di inserirci in un contesto di lotta di classe
per predicare l’Evangelo stesso e per viverlo
a livello di fede personale e di comunità dì
credenti, escludendo gli altri.
D’altra parte è indiscutibile che la EGEI è
un organismo interconfessionale aperto anche
ai cattolici (ufficialmente o ufficiosamente poco importa) e il fatto che, nel caso preciso di
Villar Perosa, si trattasse soltando di giovani
valdesi non toglie nulla al pericolo ben preciso che un bel giorno ci sì trovi davanti un
gruppo di giovani di varie tendenze confessionali che pretenda di dettar legge in una
comunità valdese. Ho detto a questo proposito espressamente che non intendevo prendere
posizione « pro o contro Geymet ».
Mi si dice che la EGEI siede, in quanto tale, alle Conferenze Distrettuali ed al Sinodo
Lo so perfettamente e me ne rammarico sinceramente. Va tuttavia precisato che tale organizzazione siede in queste assemblee soltanto con voce consultiva. Il fatto va rilevato. Sarebbe infatti impensabile a mio avviso che
un’organizzazione strutturata come la EGEI
fosse considerata alla stregua di un’altra chiaramente legata alla Chiesa Valdese con tutti ì
diritti-doveri che questo implica. Continuo
perciò a ritenere che sia « impensabile » che
la EGEI in quanto tale metta sotto processo
chicchessia.
b) La pagina delle Valli. Mi si dice che
« pecco in buona fede » perché non mi schiero con la EGEI « contro rautoritarismo di
Geymet », con 1’« Eco del Chisone » contro gli
interessi deH’A.T.I.V.A. ecc., con il « Giornale di Pinerolo », « contro le speculazioni edilizie e le lottizzazioni ai Piani di Bricherasio »
e... « con il cardinale Pellegrino che prende le
parti degli operai della Eiat »... Se non prendo posizione cosi sono dotato di miopia polìtica (oltre a quella dovuta ai miei occhi difettosi; povero me).
Non ho mai detto che non si debba parlare di scioperi o di quella tal lottizzazióne a cui
si allude o di tante altre cose. Quello che ho
detto è che non è possìbile parlare solo di
quello e in modo fazioso, ciò a senso unico.
Ci si vuole proprio far credere che tutti ylì
scioperi sono giustificati e giustificabili (quando sappiamo che certi sindacati li programmano aH’inizio dell’anno qualsiasi cosa stia
accadendo o stia per accadere), ci si vuol parlare solo dello sfruttamento degli operai quando è giusto dire anche che certi operai non
pensano che al loro interesse ristretto e a breve scadenza? Ci si vuol far credere che le
A.C.L.I. siano tutte compattamente democratiche e progressiste? Ci si vuo*! far credere che
« L’Eco del Chisone » sia un giornale progressista (un giornale della Curia!) e solo preoccupato, magari, del bene della popolazione
valdese? Eh via. Proprio qui manca quella
necessaria « distanza critica » che è indispensabile per un giornale come il nostro. Quanto
ad Ermanno Genre, questa distanza critica
non la dimostra e mi è parso giusto di rilevarlo. Mi è anche parso giusto che, sia pure partendo dalla sua evidente buona volontà nei
confronti del nostro giornale, gli si ponessero
le domande che ho cercato di porgli.
Quanto a me, almeno i sangermanesì sanno che non sono poi cosi miope e chiuso ni
dialogo come lo si vorrebbe far credere. Però
sempre su posizioni chiare e senza che la
Chiesa si metta a far politica così.
Vorrei che questo discorso potesse continuare e si allargasse a tutti. Per questo non c’è
forse bisogno che si preparino fogli già pronti
con la lìnee tracciate per le firme, come quelli che ho trovato in redazione...
Se ho preso la posizione che ho preso )’ho
fatto proprio per dar voce a molti che la
pensano come me, ma non hanno avuto l’occasione dì esprimersi. Mi sì crederà, spero,
se dico che ho avuto un’immediata risposta
favorevole anche da parte di giovani non precisamente sprovveduti o da parte di adulti che
non sono certamente tutti degli « sporchi reazionari » e che, di « gesti », ne hanno già
fatti molti nella loro vita dì credenti e nel
quadro delle loro comunità.
Uno dei problemi che rimane aperto è
sapere quando ci si deciderà a scrivere tutti
sulla « pagina delle Valli ». È chiaro che Ermanno Genre non ha infatti nessuna intenzione di « censurare » notizie o prese dì posizione che siano l’espressione della vita e delle
opinioni della gente delle nostre Valli.
Riservandomi di continuare questo discorso
ove ciò sia necessario.
Giovanni Conte
A pagina 4 Ermanno Genre spiega la sua posizione. E' stato a suo tempo incaricato dal comitato di redazione di coordinare la "pagina
delle Valli". Lo ha fatto con impegno; non è
stato certo aiutato da tutti; non ha sempre tenuto conto di certe osservazioni. Di fatto, la pagina ha acquistato una determinata colorazione
prevalente. Il parallelo che qualcuno fa con
l'ultima pagina non regge, perché lì accanto a
rubriche fìsse si affiancano posizioni diverse, anche molto diverse, e problemi e interessi diversi.
Tutto quel che parecchi chiedono è che, con
l'apporto di molti, sia coti, più chiaramente, anche a pagina 4. GINO CONTE
48534848485348488923535323484853485323539048
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29 marzo 1974 — N. 13
pag. 3
MISSIONE E COLONIALISMO
Missione e colonizzazione sono state messe spesso in rapporto, in modo più o meno critico. Roger
Mehl ha dedicato al problema un saggio breve quanto penetrante, pubblicato a cura della Société
des Missions Evangéliques di Parigi, nel momento in cui si stava decidendo la sua trasformazione in
Comunità Evangelica di Azione Apostolica. Un gruppo di studenti liceali del Collegio Valdese di
Torre Pellice ha svolto una ricerca su questo tema e siamo lieti di pubblicare il frutto di tale ricerca
e della loro riflessione sui dati della questione raccolti
CEC : il Comitato indonesiano comincia i preparativi
per la Quinta Assemblea
VERSO GIAKARTA 1975
È difficile precisare la reale portata
del termine « colonizzazione ». Non solo, intatti, la colonizzazione è variata
nei metodi e negli obiettivi, che sono
stati ora semplicemente commerciali,
ora economici, ora politici, ma anche
la rappresentazione che se ne sono
fatte le nazioni europee è stata spesso
assai diversa in un caso o nell’altro.
Se si esaminano i documenti delle conferenze dei paesi coloniali di Berlino
(1885) e di Bruxelles (1889), si notano
affermazioni come questa; «Le nazio^
ni chiamate a promuovere attraverso
il mondo le regole del vivere civile, sono investite del compito di sviluppare
e di condurre al loro livello gli altri
eruppi umani che non hanno ancora
riconosciuto l’importanza del regime
politico e sociale nato dalla Rivoluzione francese e dell’ideologia che l’ha
•oreparata nel corso del XVIII secolo ».
Il mezzo più razionale per assicurare
questo sviluppo sembra a questi paesi
la creazione di un legame coloniale tra
Stati giunti alla loro maturità e popolazioni non ancora sviluppate. In tale
direzione si mossero tutti gli sforzi
coloniali, in particolare in direzione
dell’Africa.
Che ne è della missione? Essa è senza dubbio legata all’essenza stessa del
cristianesimo. Questo non soltanto
nerché, nel corso della storia, la diffusione del cristianesimo è avvenuta
grazie all’attività missionaria, ma anche perché il cristianesimo stesso si
presenta non come una dottrina che
si approfondisce in una scuola o un
mistero al quale ci si inizia in solitudine, ma come una «buona novella»
che deve portare agli uomini pace e
salvezza. La predicazione, prima di essere insegnamento, è annuncio. Il carattere della missione è unico ed
esclusivo. Ubbidisce all’ordine di Cristo ; « Andate e predicate fino alle
estremità della terra ». L’attività missionaria è in generale la realtà delle
Chiese che non si sentono legate ad
una cristianità solidamente organizzata, che non credono che il cristianesimo possa essere solido unicamente
grazie ad una robusta forma di civiltà.
Tutta l’attività missionaria presuppone la convinzione che il cristianesimo
è valido sotto tutte le latitudini ed in
ogni contesto sociale. Anche se si divide il pianeta in settori politici o razziali, ciò non costituisce una limitazione valida per il cristianesimo.
Come si vede, missione e colonizzazione sono radicalmente diverse sotto
molti aspetti, sia negli intenti sia nelle realizzazioni.
Tuttavia queste due manifestazioni
di interesse nei confronti dei paesi del
terzo mondo sono state più volte collegate nel corso degli anni. Per non dire
che si è a volte denunciata una collusione tra colonizzatori e missionari. Il
marxismo, ad esempio, vede nella colonizzazione un fenomeno tipicamente
capitalista, segno dell’apologià del capitalismo, e nella religione la manifestazione di una mentalità di classe. In
altri termini secondo le tesi marxiste
il cristianesimo, e quindi anche la missione cristana, è uno dei mezzi
dei quali si serve la borghesia capitalista per assicurare la sua dominazióne. Si potrebbe facilmente far notare
che la spinta missionaria della fine del
’700 e dell’SOO non è venuta da ambienti borghesi né in senso sociologicoeconomicò né in sènso spirituale.
Quello che ci interessa, tuttavia, è
di sapere se la missione si è servita
talvolta del colonizzatore come personale difensore, se la colonizzazione e
la missione si sono trovate legate da
una specie di patto, se quest’ultima ha
contribuito, volente o nolente, a consolidare l’opera coloniale (che del resto, almeno nelle sue migliori manifestazioni, non è tutta da buttar via...);
Ora il missionario è stato fino a
pochissimo tempo fa e con alcune rare ma importanti eccezioni (si pensi
ad Harris in Africa occidentale), un
bianco. Per forza di cose egli intrat
Cattolicesimo in cifre
Secondo l’ultima edizione dell’Annuario statistico cattolico, nel 1971 i cattolici rappresentavano il 18,3% della
popolazione mondiale, cioè 670 milioni
(su 3 miliardi e 646 milioni); quasi la
metà di essi, 309 milioni, vivono nelle
due Americhe, mentre l’Europa ne conta 260 milioni, TAfrica 53, l’Asia 42 e
l’Oceania 4,6.
In generale è il mondo latino che
comprende i paesi a più forte concentrazione cattòlica: Spagna 98,9%, Italia 98,5, Perù 97,9, Colombia 97,1, Portogallo 96,3, Paraguay 96,2, Cile 95,9, Argentina. 94,9, Venezuela, ^ Polonia, Austria, Belgio, tJru|uay’(tutti oltre 90%),
Francia 88,7; negli ifeA i cattolici sono
il 22,3%. Nel 1971 si contavano 270.737
sacerdoti, cioè l’8,8%l in meno dell’anpo precedente. i
Quanto alla consistenza di queste cifre, la conoscenza della situazione italiana ci invita a prenderle con molte
riserve^ vv
tiene pubbliche relazioni con l’amministrazione coloniale ; da questa è spesso incaricato di svolgere attività ufficiali nel campo della cultura ed in
quello medico-sociale. Naturalmente
per l’indigeno tutti questi aspetti dell’attività dei bianchi sono spesso collegati. Inoltre il missionario presenta
il cristianesimo come una religione superiore a quelle indigene. O almeno
dà questa impressione; ché in realtà
non si tratta tanto di religione superiore quanto di « religione » diversa
nelle sue motivazioni profonde.
Il missionario dunque appare come
una delle forme della superiorità del
bianco. Gli stessi conflitti confessionali tra missioni appaiono agli occhi
delle popolazioni del terzo mondo come lotte a carattere internazionale e
politico tra bianchi.
Certo, la missione protestante ha
sin dal principio avuto la chiara visione che la sua opera non era un
semplice corollario del potere civile
bianco. Essa si è sforzata per prima
di lottare contro la tratta dei negri, di
sviluppare l’istruzione, l’igiene; ha curato la traduzione della Bibbia in innumerevoli lingue indigene.
L’epoca della decolonizzazione la
chiama tuttavia in modo imperioso a
far fronte con tutte le sue energie alla necessità di « dimostrare » fino in
fondo l’universalismo del cristianesimo di fronte aH’indigenizzazione del
cristianesimo, all’autonomia delle chiese ed al nazionalismo dei paesi del
terzo mondo.
Se le giovani chiese d’Asia e d’Africa si stanno sforzando di realizzare
un cristianesimo che si possa esprimere in termini asiatici ed africani, le
chiese del vecchio mondo possono aiu
tarle a mantenere la preoccupazione
essenziale di una comunione sempre
più stretta e sempre più proficua col
cristianesimo universale. Questo anche nel quadro dell’impegno di mantenere la sostanza stessa deH’Evangelo
in una Chiesa che sia sempre più ecumenica.
Attraverso questi problemi e mille
altre difficoltà, la missione cristiana
va avanti; la risposta agli interrogativi che si pongono ad ogni istante al
missionario non può essere formulata
mediante tesi o testi sapientemente
stilati. Si tratta di ricercare sempre
un’obbedienza concreta in situazioni
concrete. Bisogna perciò incrementare
ed -aiutare con nuove forze questa attività fraterna, che muove in silenzio i
suoi passi, come un’oasi di bene nel
mondo in lotta.
Un gruppo dì studenti della
1“ Liceo del Collegio Valdess
Giakarta (soepi) — Il Consiglio delle Chiese d’Indonesia, che nel 1975 accoglierà la quinta Assemblea del Consiglio ecumenico delle Chiese, ha cominciato il lavoro preparatorio in loco e ha creato un Comitato dell’Assemblea composto di 50 membri, con alla
testa il gen. T. B. Simatupang, presidente del Consiglio delle Chiese d’Indonesia e membro del Comitato centrale e del Comitato esecutivo del CEC.
Il Comitato dell’Assemblea comprende otto sezioni: organizzazione locale,
educazione e comunicazione ecumeniche, servizi generali, reclutamento del
personale, finanze, attività culturali, sicurezza e servizio sanitario.
Presto due segretari lavoreranno a
pieno tempo per il comitato. Sarà pubblicato prossimamente un opuscoolo
in indonesiano sul CEC e sull’Assemblea, e sono previste varie altre pubblicazioni.
Madeleine Barot
ad honorem
® Nel quadro della ’’settimana luterana”
svoltasi a Parigi a fine febbraio, l’ambasciatore della Germania federale in Francia,
von Braun, ha consegnato la croce di commendatore dell’Ordine al merito tedesco, a
nome del presidente Heinemann, a Madeleine
Barot e a Jeanne Merle d’Aubigné. Nel suo
discorso l’ambasciatore ha reso un omaggio
vibrante all’aiuto che dei cristiani francesi e
sopratutto la CIMADE hanno dato agli ebrei
e a persone braccate dalla Gestapo durante
l’occupazione nazista. Rispondendo, la signorina Barot ha detto che, attraverso lei, quella
croce al merito andava a tutti coloro — numerosi — che in nome dell’Evangelo non hanno fatto altro che il loro dovere.
9 Nel quadro della politica d'apartheid il
governo sudafricano ha ordinato a un
migliaio di persone, in maggioranza cattoliche,
della diocesi di Keimoes nell’Orange, di trasferirsi nel Damaraland, nel nord della Namibia, a 1300 chilometri dalla loro terra; gli
abitanti del Damaraland non parlano la stessa
lingua dei forzati emigranti, che da parte loro
non hanno alcun interesse in questa zona.
0 L’Istituto superiore di teologia ecumenica, con sede a Bari, ha iniziato la pubblicazione di una rivista di questioni ecumeniche,
« Nicola »; l’Istituto è stato fondato nel 1968
dall’episcopato pugliese, con lo scopo principale dello studio dei padri della Chiesa, specie
quelli della tradizione greco-bizantina; dispone di una biblioteca che ha già 15.000 volumi.
DOPO UM LUNGO CAMMINO, ALLA VIGILIA DELL’INAUGURAZIONE
Un “Centro di speranza,,
nel quartiere “La Noce,, a Palermo
Olanda: nuova rivista per
l’insegnamento religioso
L’Aja {hip) - Una nuova rivista d’opinione e di formazione per l’insegnamento cristiano è apparsa in Olanda,
sotto la testata « Schoolplein ». La rivista si propone di impegnare pure il dialogo fra le scuole cristiane e i genitori.
In una lettera indirizzata alla direzione delle scuole cristiane protestanti e
cattoliche, i responsabili della rivista
fanno appello alla collaborazione di tutti per avviare questo dialogo che potrebbe interessare 240.000 genitori. Il
prossimo numero appare in marzo, e
la redazione spera di destare maggiore
interesse fra i genitori e le famiglie per
l’insegnamento cristiano. La rivista è
pubblicata dalla Fondazione protestante per le biblioteche e i centri di lettura in Olanda.
« ...a chi molto è stato dato, molto sarà ridomandato ».
(Luca 12; 48)
È con questo senso di responsabilità
cui ci richiamano le parole del testo
su riportato che ci accingiamo a inaugurare, il 21 aprile, la nuova costruzione del Centro Diaconale i cui lavori,- dopo lunghi anni di preparazione
e di attesa, volgono oramai al termine.
Ci sembra davvero di sognare quando vediamo la realizzazione di questo
progetto che tanti ostacoli ha incontrato e ora possiamo dire col salmista
antico: « L’Eterno ha fatto grandi cose per noi e noi siamo nella gioia »
(Salmo 126: 3).
Questo non vuol djfe che siano finite per sempre le nostre preoccupazioni e difficoltà. Ci è' stato dato un lavoro difficile, in situazioni difficili. Qualora non ci fossero più difficoltà, il
nostro compito sarebbe finito.
LA REALIZZAZIONE
DEL PROGETTO
Intanto rallegriamoci dello sviluppo
che il nostro lavoro in pochi anni ha
avuto nella città. Si tratta infatti di
un lavoro sorto per promuovere uno
sviluppo e che si è esso stesso svilup
pato. Ci sentivamo a disagio, come un
adolescente in un vestito troppo stretto o come una famiglia troppo numerosa in una casa troppo piccola. Qra
dobbiamo vestirci a festa e indossare
abiti nuovi come chi va in una casa
ìve tutto è nuovo.
Ora che stiamo per allontanarci dai
locali annessi alla Chiesa in Via Spezio, dove l’Istituto Valdese ha svolto
1a sua attività scolastica per ben 44
anni, dobbiamo ringraziare innanzi tutto la Tavola Valdese e la Comunità e
il Consiglio di Chiesa che ci hanno
messo a disposizione non solo i locali
destinati, fin dalla costruzione del temnio, ad uso scolastico, ma anche altri
locali adibiti normalmente per le attività della chiesa.
Ciò nondimento ci siamo trovati,
specialmente in questi ultimi tempi,
in una situazione di disagio che non
poteva protrarsi ulteriormente. Gli
alunni dell’Istituto Valdese e della Casa del Fanciullo, riuniti insieme per
quasi 4 anni, in locali angusti, alcuni
dei quali anche umidi e privi di luce,
senza refettorio, senza cucina, senza
una palestra o un piccolo giardino per
la ricreazione, insieme ai loro insegnanti, hanno dovuto trascorrere quasi 8 ore giornaliere consecutive in condizioni sfavorevoli.
Notiziario Evangelico Italiano
Gli Apostolici terranno l’annuale
Convegno Nazionale a Grosseto durante la Pasqua, dal 13 al 15 aprile.
L’Istituto Bìblico Evangelico di Ro
ma ha stampato in tre volumi il libro
« Una guida per lo studio di tutta la
Bibbia », utile per gli studi biblici.
È in corso all’I.B.E. il 13° anno scolastico. Oltre allo studio delle materie
Costituita io Federazione evangeiica dei Triveneto
Si è tenuta, domenica 24 maggio, nei
locali della Foresteria valdese di Venezia, l’assemblea costituente della Federazione delle Chiese evangeliche del
Triveneto. Dopo quanto già realizzato
dalle Federazioni apulo-lucana e lombardo-piemontese, è questa la terza
iniziativa presa in questo senso dalle
Chiese evangeliche italiane, sulla scia
anche di quanto indicato già dallo Statuto della Federazione nazionale, che
indica proprio nella creazione di singole Federazioni regionali lo strumento migliore per una più puntuale presenza evangelica e per una più efficace testimonianza nelle diverse realtà
locali.
L’iniziativa per il raggiungimento di
questa prima tappa nel lavoro di testimonianza delle Chiese, era partita
da un convegno che le comunità del
Veneto e del Friuli-Venezia Giulia avevano indetto nel dicembre del ’73, nel
corso delle locali assemblee di chiesa
commissione, incaricata di redigere un
progetto di statuto da presentare poi
alle comunità. Ed è stato sulla base
di questo progetto che le comunità si
sono confrontate, hanno discusso nel
corso delle locali assemblee di chiesa
ed hanno espresso, tramite i propri delegati, parere favorevole all’attuazione
della federazione regionale.
Dopo l’approvazione del progetto di
statuto redatto dalla commissione,
modificato e ampliato in alcuni punti
da opportuni emendamenti proposti
dall’assemblea, le comunità valdesi di
Venezia-Mestre, Verona e Treviso,
quelle metodiste di Venezia, Vicenza
e Trieste, quelle battiste di Pordeno
;ie e Trieste, hanno sancito ufficialmente l’atto di nascita della nuova Federazione.
Quali sono stati i punti qualificanti
dello statuto approvato? Il fatto che
« la federazione delle chiese evangeliche del Triveneto è costituita dalle comunità, gruppi, opere e movimenti
evangelici che si riconoscono uniti nella fede nell’unico Signore Gesù Cristo
e nella comune vocazione di testimonianza e di servizio fondati sulla Parola di Dio » (Art. 1). Inoltre « la Federazione avrà lo scopo di « lottare
contro ogni forma di oppressione in
qualunque campo si manifesti, nel pieno rispetto della libertà di coscienza
per salvaguardare i diritti e la dignità
degli uomini, intendendo tale azione
come predicazione dell’evangelo del
regno di Dio » (Art. 2, comma e).
In questo senso la Federazione appena sorta ha già assunto delle chiare
prese di posizione emettendo due ordini del giorno, il primo contro il referendum abrogativo del divorzio e il
secondo di protesta per le « attenzioni » alle quali le nostre comunità vengono in questi giorni sottoposte dalle
-autorità di polizia per una non molto
chiara « indagine ».
Ai lavori dell’Assemblea ha partecipato il presidente della Federazione
delle Chiese evangeliche in Italia, pastore Aldo Comba, il quale ha presieduto anche al culto di apertura. Segretario del primo consiglio federale è
stato eletto il pastore Giuseppe Tuccitto, della comunità battista di Pordenone.
Qrietta Cassano
Tristano Matta
in programma i giovani si dedicano
negli ultimi giorni della settimana all’opera di evangelizzazione di casa in
casa.
L’Editrice G.B.U. (Gruppi biblici
universitari) di Roma ha pubblicato il
libro « Ti ho sposato » di W. Trobisch,
che affronta i problemi dell’etica moderna riguardanti l’amore e propone
soluzioni. Si può ordinarlo a U.C.E.B.
Via Orti Variani 33 - Roma.
Dalla Crociata dell’Evangelo ci vengon notizie dai « pionieri », coloro che
lavorano per la Crociata a pieno tem00. Il pioniere Cipollaro ha distribuito messaggi di salvezza nel Lazio e
Abruzzi, paesi e città, diffondendo
opuscoli e corsi. Il pioniere Calabrese
ha lavorato in Toscana, di casa in casa, paese per paese. Il p. Balachia ha
percorso l’Emilia e la Lombardia facendo un meticoloso lavoro di evangelizzazione. Nelle Puglie, nel ’73, sono
stati distribuiti 210.409 opuscoli ; richiesti 1141 corsi biblici di cui 196 sono
stati terminati: vi ha lavorato Giosuè
Baldari.
L’Unione Battista Italiana terrà la
sua XIII Assemblea Generale a Rimini dal 25 al 28 aprile nei locali dell’Hotel Telstar. Il tema che guiderà l’Assemblea sarà ; « La liberazione dell’uomo in Cristo: testimonianza e impegno delle Chiese ». Tale tema vuol fornire all’Assemblea l’indicazione per un
impegno nel futuro. L’intento dell’U.
C.E.B.I. è di rendersi pienamente autonoma e di consolidare la sua opera
ed inoltre di trovare quale tipo di testimonianza in questo momento le
chiese sono chiamate a dare.
L’Esercito della Salvezza avrà un
nuovo Comandante dell’Opera per l’Italia: il Col. J. Fivaz lascia il comando italiano per assumere la responsabilità dell’Esercito in Belgio.
Inda Ade
La collaborazione da parte della Comunità ci ha tuttavia consentito non
solo di continuare il nostro lavoro educativo senza interruzione e senza amputazioni, ma perfino di portare — in
vista del trasferimento nella nuova sede — da 8 a 10 le classi delle elementari, come le autorità scolastiche medesime ci hanno consigliato di fare.
A questo proposito, dobbiamo dare
atto alle autorità e soprattutto all’ispettore scolastico della comprensione
dimostrata per le difficoltà in cui ci
siamo trovati e anzi deH’apprezzamento manifestato per il nostro lavoro.
Naturalmente alla Chiesa Valdese,
che ha dimostrato sensibilità per questa opera che si è sviluppata dal seno
stesso della Comunità di Palermo, prima come « Servizio Cristiano della
Chiesa Valdese » e poi, quando si è
configurata con statuto e regolamentazione propri, come « Centro Diaconale », vanno associate nel nostro cuore tutte quelle chiese evangeliche estere, principalmente della Svizzera e della Germania (Hessen-Nassau) e altre
organizzazioni come lo « HEKS-EPER »,
« Brot für die Welt », « Wilde Ganzen »
(Olanda), « AWAS » (USA), « English
Waldensian Church Mission ».
Dobbiamo ora àccennare a due problemi che stanno davanti a noi e per
cui chiediamo tutta la comprensione
e la simpatia dei sostenitori della nostra opera;
a) il costo della costruzione che
ha superato ogni previsione e che è
stato determinato da vari fattori:
— l’ampliafnento del 5“ piano che non
solo ha determinato almeno sei
mesi di ritardo nel compimento dell’opera, ma che è costato più del
preventivato;
— l’enorme rialzo dei prezzi dei materiali che, ad un certo momento,
si sono anche resi irreperibili sul
mercato e del costo della manodopera;
— le numerose varianti che si sono rese necessarie nel corso dei lavori.
b) il costo della gestione benché
sia pesante, non ci dà per il momento
preoccupazioni troppo gravi. Quest’anno abbiamo strutturato le attività in
modo da inserirle nel più ampio quadro del nuovo centro e anche il personale è stato aumentato. Abbiamo
pertanto, come accennato, istituito 10
classi elementari e la prima classe media. Era prevista anche l’istituzione
della scuola materna, ma non sappiamo ancora se sia opportuno cominciare in questa oramai conclusiva fase
dell’anno scolastico. Alle accresciute
spese per gli stipendi dobbiamo aggiungere purtroppo quest’anno anche
il pagamento di non previsti contributi assicurativi dell’INAM e dell’INPS.
A nostro conforto dobbiamo però
dire che nonostante che in questi anni
molte offerte siano state fatte affluire
per le spese di costruzione e di arredamento del nuovo Centro, le entràte
ordinarie di gestione, da parte di enti
e di singoli donatori, sono notevolmente aumentate. Il notiziario « Una
voce da Palermo », in 4 lingue, ha destato interesse e suscitato doni in Italia e all’estero.
IL TRASFERIMENTQ
NELLA NUQVA SEDE
Siamo ora alla vigilia del trasferimento nella nuova sede, nel quartiere
della Noce. A qualcuno questo fatto
sembra quasi incredibile dopo tutte le
sollevato l’obbiezione circa l’opportu
(continua a pag. 5)
4
pag. 4
CROM AC A CELLE VALLI
5 aprile 1974 — N. 14
Alle Valli oggi
Sono al Cottolengo
A proposito gli elettori più politicizzati
di questa
pagina
Il settore dell’assistenza è diventato una cittadella dell’apparato clientelare
che canalizza voti e fondi verso la democrazia cristiana
Il Campo di Pasqua sul problema
dell’informazione evangelica in Italia
che avrà luogo ad Agape dal 12-15
aprile ed il cui programma è stato
presentato ai lettori sul numero scorso. offrirà anche l’occasione per valutare criticamente l’utilità ed i limiti di
questo settimanale, e quindi della
« Cronaca delle valli ». Questo incontro è della massima importanza non
solo per i problemi interni ad ogni
singola redazione della stampa evangelica ma direi soprattutto nel contesto generale dell’informazione-controinformazione, il rapporto Nuovi Tempi-Com, la confluenza di Voce Metodista con L’Eco delle Valli-La Luce.
Il problema della « Cronaca delle
valli » che qualcuno vorrebbe presentare come problema di fondo del settmanale è quindi, in questo contesto,
un problema del tutto marginale e
che non può comunque essere scisso
dal discorso di fondo del giornale nel
suo insieme. La pagina dedicata (e
non sempre per intero) ai problemi
delle valli non ha una sua « linea »
così come non ce l’ha il settimanale.
Si pubblica ciò che arriva in redazione, ciò che la gente scrive; e se c’è
unilateralità di interessi questo vale
per tutto il settimanale e non per
qualche sua parte soltanto. Se chi sostiene questa unilateralità di interessi
invece di lamentarsi inviasse altre notizie ed articoli, se non altro il giornale pubblicherebbe più notizie e meno lamentele.
La Conferenza Distrettuale del 1972
in uno dei suoi atti diceva : « La Conferenza... rallegrandosi per la decisione
della redazione deH’Eco-Luce di pubblicare una pagina di « Cronaca delle
valli », auspica che l’iniziativa venga
proseguita dando maggior sviluppo
all’informazione locale » (Atti della
Coni. n. 8).
E quando si parla di « informazione
locale » non si pensa alle notizie liturgiche parrocchiali come qualcuno vorrebbe interpretare, si pensa a ciò che
è « informazione locale », cioè avvenimenti, fatti che accadono nelle nostre
valli. Il che non vuol neppure dire che
si debba escludere le notizie liturgiche
che pure interessano la gente.
A circa due anni di distanza dal
mandato di questa Conferenza distrettuale che è stato accolto dal Comitato
di redazione del nostro settimanale,
occorre riconoscere che siamo esattamente al punto di partenza o poco oltre. Perché? Forse per cattiva volontà
del Comitato di redazione? Non lo
credo.
Vorrei menzionare soltanto uno dei
motivi di fondo che non è mai stato
affrontato con sufficiente serietà e che
mi pare essere alla radice di questa
situazione che ci andiamo trascinando
da molti anni: il problema di chi lavora a questo settimanale.
É chiaro che un direttore a metà
tempo e con molti altri impegni, un
comitato di redazione che collabora
con discreta regolarità ed un numero
X di collaboratori sporadici non possono fare di più di quanto si fa.
E nessuno lo può pretendere anzi,
occorre riconoscere che è già un miracolo che il giornale sia quello che
considerate le forze che vi sono impegnate. D’altra parte occorre pur anche riconoscere che la gestione del
settimanale, nel suo complesso, è affidata per buona parte alla spontaneità
degli scriventi. E le buone intenzioni
non bastano.
11 problema quindi coinvolge la responsabilità di tutta la chiesa: fino
ad oggi non è stata sentita sufficientemente la necessità (a un’altra volta il
perché) di affidare questo lavoro giornalistico di fondamentale importanza
ad alcune persone che siano messe a
parte (e che non è necessario siano pastori) per questo lavoro specifico. Lo
si è ¡Fatto però per altre questioni molto meno importanti. Il problema è
quindi di sapere con chiarezza che
cosa vogliamo fare oggi. È ancora pensabile affidare questo lavoro a persone che hanno già 20 altri impegni?
I fatti sembrano smentire questa possibilità. Occorre però che di queste
cose se ne discuta seriamente e non
solo ad Agape.
Se poi questa scelta la nostra chiesa
non la vorrà fare allora si valutino le
conseguenze e non ci si lamenti.
Ermanno Genre
Pubblichiamo questo articolo comparso sul n. 29 di « Nuova Società » del 15
marzo 1974 a firma Paolo Pistoi per tre motivi : 1 ) l'attualità del discorso sugli
Istituti di assistenza ; 2 ) il chiaro esempio che ne emerge a livello politico, in
vista del prossimo Referendum; 3) il processo in appello in atto in questi
giorni contro Maria Diletta Pagliuca e quanti coinvolti in questo scandalo.
« Il capitolo 2783 del bilancio preventivo dello Stato per Tanno 1974 stanzia 28 milioni e 200 mila lire per « assegnazioni vitalizie e sussidi alle famiglie dei danneggiati politici dei 18481849 delle province napoletane e siciliane e a quelle dei danneggiati e benemeriti politici del Risorgimento ».
Ciò non deve stupire: dopotutto l’attività assistenziale in Italia è ancora
regolata in gran parte dalla legislazione Crispi del 1890.
Su questo ceppo legislativo ottocentesco è col tempo fiorita tutta una
giungla di enti assistenziali grandi e
piccini, pubblici e privati — una giungla che continua a mettere foglie a
pieno ritmo : mentre nel 1953 una
commissione della Camera dei deputati individuava 23 mila enti, una recentissima indagine dei gruppi parlamentari del PCI è riuscita a catalogarne ben 36.258. A noi italiani va dunque
il privilegio di essere il popolo più assistito e beneficiato del mondo: i nostri orfani, ad esempio, sono « tutelati» da almeno una ventina di istituzioni a carattere nazionale — il solo
Ministero della Difesa mantiene quattro enti per l’assistenza agli orfani.
Tra gli assistiti troviamo anche i prefetti della Repubblica a cui TAAI (Amministrazione per le attività assistenziali italiane e internazionali, im ente
imparentato col Ministero della Difesa e presieduto dal fratello del Papa)
concede una gratifica natalizia ed una
pasquale.
La spesa pubblica per l’assistenza
pare oscillare sui 1.500 miliardi annui
— pare, perché è difiScile farsi im quadro esatto del caos finanziario ed amministrativo di un settore in cui ben
19 ministeri mettono lo zampino. Alla
spartizione del malloppo partecipano,
chi più chi meno, 28 enti pubblici nazionali, 23 associazioni ed enti nazionali con compiti di assistenza, 9.407
istituzioni pubbliche di assistenza e
beneficenza, 8.055 enti comunali di assistenza, 5.718 centri di assistenza dipendenti da enti pubblici, e oltre 13.000
istituzioni caritative operanti nell’ambito della Chiesa cattolica.
Se è diffìcile accertare dove vanno i
soldi, diventa pressoché impossibile
verificare come vengono spesi, cioè in
che modo gli enti sovvenzionati (sempreché esistano davvero: non mancano le istituzioni fantasma la cui unica
attività è il rastrellamento di denaro
pubblico) svolgono la loro funzione
assistenziale.
E qui non si tratta solo di soldi; si
tratta anche della vita di più di 350
mila tra minori, anziani e minorati fisici e psichici — accomxmati dalla povertà e dall’incapacità di difendersi —
ricoverati in istituti pubblici e privati.
350 mila cittadini emarginati dal normale contesto sociale e rinchiusi in
istituzioni che controllano tutta la loro esistenza (se si aggiimgono i malati
di mente e i minorati psichici ricoverati negli ospedali psichiatrici dalle
amministrazioni provinciali, il numero
dei reclusi supera il mezzo milione).
« Controlli di sostanza sulTattività
di questi istituti — denuncia Santanera, autore del libro "Il paese dei Celestini” — non ce ne sono; gli enti privati, in particolare, fanno quello che
vogliono ». Non che i meccanismi formali per effettuare dei controlli sulla
gestione dell’assistenza non esistano;
più semplicemente non se ne fa uso,
salvo poi versare lacrime di coccodrillo quando vengono alla luce episodi agghiaccianti come quello di Villa
Agnese o quello di Maria Diletta Pagliuca. Il problema, per intenderci,
non sta tanto negli strumenti amministrativi, ma nella carenza di volontà
politica. La mancanza di controlli su
gli istituti pubblici e privati da parte
degli enti creati proprio per impedire
le rapine di denaro pubblico ed i crimini contro gli assistiti è «la cerniera tra la beneficenza e il suo sfruttamento industriale, tra la beneficenza e
il seggio in parlamento » — così scrive
Antonio Spinosa in un articolo che ha
attirato sul Corriera della Sera i fulmini della stampa confessionale.
Il fatto è che il settore assistenziale,
che fa capo da un lato al Ministero
degli Interni, dall’altro alla Chiesa, è
ormai divenuto una cittadella dell’apparato clientelare che canalizza voti e
fondi verso la Democrazia Cristiana.
Può così, succedere che non sia più
l’ente a, servire Tassistito, ma che sia
Tassistito a servire l’ente, che lo strumentalizza per procacciarsi fondi e favori: quando l’assistenza diventa un
affare sembra logico scegliersi il tipo
d’assistito che garantisce maggiori
profitti.
Cos i da quando il Ministero della
Sanità ha deciso di pagare una retta
giornaliera di 7.2(X) lire per ogni handicappato psichico ricoverato, è aumentato il numero dei minorati psichici in istituto : minori ricoverati precedentemente in quanto orfani o abbandonati vengono magari rietichettati come «minorati psichici»...
Per elargire denaro pubblico, per
chiudere un occhio (o anche due) su
irregolarità, speculazioni e crimini, il
partito che da sempre detiene tutte le
leve del potere assistenziale chiede
una contropartita elettorale; cosi da
anni assistiamo, nei seggi interni degli istituti di ricovero, al singolare fenomeno del voto plebiscitario per la
Chiusa
al traffico pesante
la strada di Frali
Le nevicate e le piogge pressoché
continue hanno provocato nuovi danni alla strada di Prali. Alla miniera
della Gianna il muro di sostegno nella curva presso il torrente ha ceduto
e nel piano stradale si sono aperte fessure tutt’altro che rassicuranti. Dal
momento che questo tratto di strada
è già pericolante da anni ed i muri sono già stati riparati più volte, la Provincia aveva stanziato una somma per
le riparazioni che sono ora urgenti.
La chiusura al traffico della strada sarebbe un vero disastro per il turismo
pralino. Si spera perciò che le riparazioni vengano effettuate il più presto
possibile e che il disagio della circolazione possa presto essere superato.
■ Al momento di andare in macchina
apprendiamo che in seguito a un
sopraluogo di tècnici della Provincia,
la strada è stata definitivamente chiusa al traffico pesante (camion e pullman), mentre per ora è aperta a senso unico alternato al traffico delle autovetture: per ora, perché non si può
affatto garantire che i cedimenti verificatisi non si aggraveranno. Il blocco
del traffico pesante significa comunque la messa in crisi dell’edilizia, poiché i cantieri non possono essere riforniti di materiale, e degli impianti
di riscaldamento, per l’impossibilità
di rifornirsi di nafta; ovvio pure il
danno e le difficoltà nel settore turistico, sia di gita sia residenziale. Il grave
guasto servirà almeno a porre in termini urgenti e attuali il problema del
rinnovamento delTarteria?
Una legge da non perdere dì vista
È stata prorogata fino al 31 dicembre
1974 la legge n. 1610, del 14 dicembre
1962, che è di notevole importanza per
la montagna, anche se pochi, fino ad
oggi, hanno saputo servirsene.
Questa legge consente di rimediare
ad uno dei maggiori inconvenienti delle piccole proprietà fondiarie montane:
la non corrispondenza, cioè, tra Tintestazione catastale di una « partita » o
anche solo di una particella, e la proprietà o il possesso effettivi.
Situazione derivante dai più svariati
motivi quali la mancata registrazione
di regolari atti di compravendita, la
vendita o la permuta avvenute solo con
un accordo amichevole, l’emigrazione
di un congiunto che ha lasciato la terra in cambio di qualche cosa, il possesso continuato di un fondo per un certo
numero di anni.
A volte queste irregolarità hanno impedito ai proprietari di usufruire di
mutui o di contributi, perché non potevano dimostrare il titolo di proprietà
su certi appezzamenti di terreno.
La legge 1610 consente di regolarizzare queste situazioni di disagio con una
spesa minima e con una procedura abbastanza semplice.
Chi volesse servirsi dell’opportunità
offerta ancora per il 1974 e che probabilmente non sarà più rinnovata, potrà
rivolgersi agli uffici del proprio Comune per consultare la Gazzetta Ufficiale
e chiedere tutte le spiegazioni necessarie. L. V.
Alla redazione di questo numero
hanno collaborato Enrico Corsani,
Franco Davite, Luciano Deodato,
Ermanno Genre, Enrico Geymet,
Roberto Peyrot, Aldo Rutigliano,
Elsa e Speranza Tron, Liliana Viglielmo.
DC. Nelle ultime elezioni politiche, ad
esempio, la DC torinese ha avuto il
suo consueto grosso successo nei seggi dell’Istituto Cottolengo: il 96,62%
dei voti!
Forse ancor più sorprendente del
monopolio democristiano sui voti di
lista è l’altissimo numero di voti di
preferenza assegnati ai candidati (DC)
negli istituti. In un’inchiesta pubblicata su « Prospettive Assistenziali » G.
Lattes e P. Tonizzo rilevano come il
rapporto tra preferenze e voti di lista
DC, nei seggi di Torino città, che è
stato del 98%, ha raggiunto invece il
21C% al Cottolengo. La capacità di
scelta sarebbe quindi più che doppia
per i votanti del Cottolengo rispetto al
resto dell’elettorato torinese. Si tratterà di una capacità di scelta reale,
dettata da una più alta politicizzazione, o del risultato di una persistente
opera di pressione per l’attribuzione
del voto di preferenza, attuata magari
dal personale stesso?
L’importanza, in termini di potere,
del voto di preferenza non ha da essere sottolineata: dal momento che in
media solo il 30% degli elettori se ne
serve (le percentuali provinciali più
alte — oltre il 50% — le troviamo significativamente a Napoli feudo prima di Lauro, ora dei Gava) un piccolo numero di preferenze può essere
determinante nelTassicurare l’elezione
di un candidato piuttosto che di un altro. Perciò un blocco compatto e maneggevole di preferenze, quale può essere quello gestito da un ente assistenziale, è in grado di sfruttare al meglio il gioco di correnti all’interno della DC, assicurandosi cos’i un« prezzo »
molto più alto di quel che otterrebbe
come semplice blocco di voti di lista.
Tanto per capirci: se nelle elezioni comunali del 1970 il 2% del voto complessivo andato alla DC torinese proviene dai seggi interni degli istituti di
ricovero, dagli stessi seggi proviene
invece quasi un quarto delle preferenze che hanno portato, ad esempio, Texassessore Montanaro in consiglio comunale.
Non c’è quindi da stupirsi che i notabili DC si schierino a difesa del decrepito carrozzone dell’assistenza con
tutta la sua inadeguatezza: spesso è
proprio in questo carrozzone che si
decidono le sorti di certe poltrone. Chi
siano ì politici torinesi che fanno degli istituti di ricovero una delle loro
basi di potere lo si può intuire dalle
tabelle (n.d.r: il periodico da cui è
tratto questo articolo riporta tabelle
che per ragioni di spazio non possiamo qui riportare), nelle quali viene
messa in evidenza la differenza, spesso assai rilevante, fra le preferenze ottenute dai singoli candidati in Torino,
e quelle ottenute nelle cabine interne
del Cottolengo e degli altri istituti.
Osservando le tabelle relative alle
elezioni comunali e a quelle regionali,
tenutesi contemporaneamente il 7 giugno 1970, notiamo una certa oscillazione politica delle preferenze: nelle comunali la sinistra DC ha fatto la parte del leone (i dorotei pedalano in fondo al gruppo, fortemente staccati).
Nelle regionali invece molte preferenze sono state attribuite anche a candidati della destra DC. Queste oscillazioni corrispondono solo in parte alle
oscillazioni riscontrabili su scala cittadina, e paiono confermare la ipotesi che il voto dei ricoverati sia convogliato ad arte, di volta in volta su questo o quel candidato. In quelle politiche batte tutti Ton. Scalfaro (estrema
destra) che è riuscito a rimorchiarsi il
segretario particolare Zolla, un illustre
sconosciuto, risultato eletto deputato
per meriti occulti.
Dati elettorali del tipo di quelli analizzati fin qui sembrano anzi avvalorare il sospetto, avanzato esplicitamente
da Lattes e Tonizzo, che questi «potentati vassalli » della DC, gli enti assistenziali, « costituiscano ormai una
fittissima rete di corpi autonomi, che
operano ognuno per proprio conto alla ricerca di elargizioni, prebende, favori, concessi attraverso la mano pubblica ai propri assistiti o sussidiati da
alcuni politici col ricatto dell’incremento o della perdita delle fortune elettorali ».
Cosi., paradossalmente, i notabili DC
padrini dell’assistenza finirebbero col
diventare prigionieri del loro stesso
apparato clientelare, col diventare loro stessi degli « assistiti », controllati
a discrezione dagli enti erogatori di
preferenze : è la logica ferrea dei « corpi separati » dello Stato, applicata questa volta al settore assistenziale, ma
che vale, in altri termini ed in altre
forme, per tutta la vita pubblica. Forse un giudizio storico sull’area democristiana non condannerà tanto la DC
per aver voluto monopolizzare il potere politico, ma piuttosto per averlo
prostituito a tal punto all’interesse
particolare da sgretolarne le basi stesse, finendo col rendere lo Stato incapace di intervenire in funzione direttiva nei processi della società civile,
impotente di fronte all’assalto della
cancrena parassitarla ».
Villar Penosa
i I nostri Confermandì : Bleynat Sandra, Pey■ rat Elda, Rochon Enrica, Venturi Claudia,
Vinçon Silva, Barus Livio, Ribet Dario, Pons
Mauro, Ribet Mauro. Sappè Rino.
La comunità li saluta con gioia e invoca
su di loro le benedizioni del Signore.
Quadro delle attività
Domenica delle Palme, 6 aprile, ore 10 :
Culto nel tempio e ammissione alla Chiesa
dei nostri Confermandi. Predicazione : « Dov’è
Gesù? ». -Ore 15 : Ricevimento di benvenuto
nel salone del Convitto ai neoeonfermati ed ai
loro famigliari. La signora Barbiani di Torino
parlerà della sua conversione e del suo lavoro
fraterno negli ospedali. The offerto dalTUnione femminile.
Venerdì Santo, ore 20.30 : riunione alle
Chianavières.
Pasqua, ore 10: nel Tempio, culto con .Santa Cena. Predicazione : « Andate presto a dirlo... ».
Il pulman degli ospiti del Convitto, gruppo
di Bretten diretto dal Pastore Sehneider, farà
graziosamente servizio seguendo il percorso
consueto e passando dal Municipio.
Dal mese di aprile i nostri culti riprendono
nel tempio. La Scuola Domenicale riprenderà
pure le sue lezioni la domenica mattina alle
9 nel tempio. A Pasqua, però, è sospesa.
Abbiamo ricevuto un cordiale invilo dal
Pastore Neff e dai coniugi Helaine, cari amici delle nostre Valli, a partecipare al Centenario della Chiesa di Rohrbach, il 30 giugno.
Tutti i fratelli che desiderano prendervi parte, sono pregati di farcelo sapere.
Comitato Collegio Valdese
e Scuola Latina
OFFERTE PERVENUTE
NELL’ANNO 1973-1974
Valeri .Federica, Roma 50.000; Rocchi Biagio, Roma 10.000; Leotta Alfio, Catania 30
mila; Genre Gianni, S. Secondo 15.000; Bonatto, Luserna S. Giovanni 10.000; Marletto
Giorgio, Villar Pellice 20.000; Malan Adriana, Luserna S. Giovanni 10.000; Monnet Claudia, Luserna S. Giovanni 20.000; Davil Ornella, Villar Pellice 5.000; Morel Enzo, Rorà
5.000; Pons Daniela, Pramollo 10.000; Società Cucino, Torre Pellice 50.000; Scuola Domenicale, S. Germano 50.000; Ist. Univers.
Etudes Europ., Torino 20.000; Società Talco
e Grafite, Pinerolo 200.000; Riv-SKF Dir. Generale, Torino 250.000; Reynaud Letizia, Pomaretto 10.000; Bertalmio Renzo, S. Germanolo.000; Bouchard Norma, Pomaretto 10
mila; Balma Giulietta, Pomaretto 15.000;
Giraud B. e Vitt., Massello 10.000; Vola Luciana, Torre Pellice 10.000; Jahier Ernesto,
Pomaretto 15.000; Zanella Ugo, Pomaretto
6.000; Long Adelina, Alice, Cesare, Pinerolo
10.000; Balma Alice, Pomaretto 2.000; Tron
Enzo, S. Germano 10.000; Peyronel Giuliana
e Renzo, Pomaretto 5.000; Balmas Giuseppina, Pomaretto 10.000; Giaccone Giorgina, S.
Germano 5.000; Revel Ilda, S. Germano
10.000; Marchetti Anita, Pomaretto 3.000;
RINGRAZIAMENTO
« Io dico alTEterno : Tu sei il mio
rifugio e la mia fortezza, il mio
Dio in cui confido ».
(Salmo 91 - vers. 2)
I familiari della Compianta
Italia Gaydou
ved. Meynier
commossi e riconoscenti per la grande dimostrazione di simpatia tributata in occasione della dipartita della
loro Cara, ringraziano tutti coloro che
hanno preso parte al loro dolore.
Un grazie particolare al pastore Bertinat per l’assistenza prestata alla cara
Estinta nel momento del trapasso e
per le parole di conforto cristiano che
ha saputo dare in questa triste circostanza, al dott. De Bettini per le assidue cure, al pastore Taccia ed ai vicini di casa.
Luserna S. Giovanni, 5 aprile 1974.
La famiglia di
Umberto Giuseppe
Galliano
desidera ringraziare vivamente il Dr.
Vivalda, i Medici e il personale dell’Ospedale di Pomaretto e quanti hanno
manifestato il loro affetto durante la
malattia del loro congiunto e quanti
hanno preso parte al loro dolore.
Massello, 17 marzo 1974.
RINGRAZIAMENTO
I familiari del compianto
Carlo Giraud
nella impossibilità di farlo singolarmente, ringraziano di cuore quanti
hanno preso parte al loro grande dolore.
Porgono i sentimenti della più calda riconoscenza alla Direttrice, ai Signori Medici e a tutto il personale dell’Ospedale Valdese di Pomaretto, ai
Pastori Signori Sergio Rostagno e Cipriano Tourn, alla sezione ANPI di
Porosa Argentina.
Chiotti, 18 marzo 1974.
RINGRAZIAMENTO
I familiari della compianta
Susanna Albertina Tron
ved. Tron
sentitamente ringraziano tutti coloro
che presero parte al loro dolore per
la perdita della loro cara Mamma. Un
grazie particolare al dott. Peyrot.
Pomaretto, 20 marzo 1974.
5
5 aprile 1974 — N. 14
Vita, problemi, prospettive ‘delle chiese valdesi
pag. 5
Un
nel
"Centro dì speranze"
qnartiere "La Noce" a Palermo
musica.
(segue da pag. 3)
nità che, a soli 3 mesi dalla fine dell'anno scolastico, trasferiamo la scuola nel nuovo centro.
Ma è chiaro che non possiamo rinviare di un solo giorno il trasferimento per i mille motivi che sappiamo.
Si tratta comunque non di un fatto
di ordinaria amministrazione, ma di
traversie che conosciamo. Qualcuno ha
un « avvenimento » nella storia del nostro Centro e pertanto occorre innanzi
tutto:
1. una preparazione
Consapevoli dell’importanza che ha
per noi la ripresa della nostra attività
nel quartiere della Noce dopo circa 4
anni di interruzione, sentiamo la necessità di prepararci in preghiera per
questo avvenimento. Ci sono cose che
dobbiarno portare e altre che dobbiamo lasciare. Si tratta di una preparazione morale e spirituale che deve
precedere il nostro trasferimento. Dobbiamo lasciare tutto ciò che limita, impedisce, ostacola il nostro lavoro e
portare lutto ciò che lo eleva, lo sviluppa, lo rende efficace. Dobbiamo
principalmente ritrovare il « primo
amore », ritornare ai tempi più belli,
quando raccoglievamo per le strade e
nei bassifondi della città i bambini nudi e piangenti perché avevano fame e
li rendevamo felici portandoli nel giardino della Noce; quando i primi collaboratori v'enuti dall’estero dormivano in un sottoscala ed erano felici per
la gioia di servire, quando i nostri insegnanti tornavano a casa a sera, stanchi, ma avevano il sorriso sulle labbra
perché la loro fatica era stata benedetta.
Ora, con l’esperienza di questi lunghi anni di lavoro, nonostante la fatica e i disagi e il logorio e l’usura del
tempo che non hanno, in verità, allentato il nostro slancio, dobbiamo portare il nostro servizio ad un livello più
alto. Infatti « a chi più è stato dato,
più sarà ridomandato ».
Ora molti guarderanno a noi, più
che nel passato in cui siamo stati quasi in clandestinità. Ci chiederanno cosa vogliamo fare, quali fini vogliamo
raggiungere. Quali sono le linee pedagogiche e i metodi che vogliamo seguire per educare i fanciulli. È chiaro
che dobbiamo uscire da ogni mediocrità. Se il nostro lavoro si è esteso,
ora deve svolgersi in profondità. Dòbfare appello. a tutte le nostre
forze migliori, dobbiamo mettere in
moto la nostra canacità. A questa preparazione dobbiamo sensibilizzare anche i nostri fanciulli che talvolta ci
rivelano pensieri, sentimenti, suggerimenti. iniziative stupefacenti.
Abbiamo detto che il trasferimento
non è un fatto di ordinaria amministrazione. Alcuni bambini, non solo
han-no espresso la gioia di andare in
una scuola nuova, ma anche la tristezza di lasciare la loro vecchia scuola
e i loro vecchi banchi cui alla fine si
erano tanto affezionati. Anche un albero Quando si trapianta deve acclimatarsi e trovare l’humus per le sue radici.
Anche sotto un altro aspetto il distacco della vecchia sede è importante e delicato. La scuola è stata insete e delicato. La scuola è stata inserisa. La prima cosa che i nostri fanciulli, venendo la mattina, vedevano
non era la scuola ma la Chiesa. L’hanno detto loro stessi. La scuola è vissuta accanto e, in certo senso, dentro la
chiesa. La chiesa è stata la sua matrice. Cosa avverrà in futuro? Questo allontanamento non dovrà certo essere
un distacco, una separazione dalla
chiesa. Il Centro Diaconale vuole essere un’opera della Chiesa. Il Centro
Diaconale non è un corpo estraneo alla Comunità.
2. una informazione
Abbiarno disposto un programma di
informazione, cominciando dall’interno verso l’esterno in cerchi concentrici sempre più lunghi.
Innanzi tutto abbiamo informato:
— i fanciulli della scuola, del convitto
e, pei' riflesso anche le loro famiglie, non solo del trasferimento in
sé, ma del suo significato, dello sviluppo dell’opera e del suo maggiore onere finanziario, della nuova impostazione del lavoro;
— gli insegnanti e gli educatori perché si preparino e preparino anche
i loro alunni, attraverso opportune
conversazioni questo avvenimento.
I fanciulli, gli insegnanti, gli educatori non sono banchi di scuola, o
arredi e suppellettili che si trasportano, ma esseri viventi e sensibili;
— le comunità evangeliche della città
(\'aldese, metodista, pentecostale,
avventista, anglicana...). Si tratta di
una informazione diretta con una
prestazione alle comunità delle linee del nostro lavoro. Il Centro Diacinale vuole essere al servizio di
tutte le comunità evangeliche, anche se gli alunni delle nostre scuole sono, per la maggior parte, di
famiglia cattolica;
— la chiesa cattolica e particolarmente la parrocchia dei frati del quartiere della Noce;
— la città, attraverso la stampa cittadina: «Il Giornale di Sicilia» e
e di tedesco, di ginn^tica.
di l'itmica. ■
Siamo grati a tutti i nostri collaboratori che, con grande impegno, portano avanti tutte queste attività.
Prima ancora di essere nella nuova
sede, è cominciato per noi un nuovo
periodo di attività, aggiungendo, alla
Quantità del lavoro anche la qualità.
Grazie- a Dio, abbiamo le premesse per
nicati stampa. Un foglio a stampa • un lavoro a più alto livello e abbiamo
sarà diffuso soprattutto nel quar- 'a fiducia che il nuoVo Centro della
tiere della Noce per sniecrnrp in Noce sarà veramente un « Centro di
Speranza ».
Pietro V. Paxascia
A SUSA
Domenica della Gioventù
« L Ora ». Con la pubblicazione di
articoli e di servizi speciali, comu
per spiegare, in
torma semplice ed accessibile alla
gente più umile, che cosa è il Centro Diaconale che è sorto nel loro
quartiere.
3. una verifica
Di fronte ad un impegno di così notevoli proporzioni e ad una così grande responsabilità, è necessario fare
una verifica del nostro lavoro, dei metodi che usiamo, dei fini che vogliamo
raggiungere per accertarci se sono ancora validi dopo circa 14 anni di sperimentazioni. Come chi, dovendo affrontare un lungo e difficile viaggio,
sottopone ad un rigoroso controllo iÌ
proprio mezzo di locomozione e non
parte senza sapere dove andrà e senza
avere un itinerario, così è necessario
che ci fermiamo a meditare su alcuni
asnetti del nostro lavoro.
Innanzi tutto i rapporti fra quanti
sono impegnati in questa diaconia, devono essere improntati ad un sempre
maggior senso di fraternità, di collaborazione, di comprensione, di stima,
in modo da costituire una vera comunità di servizio. La comunità deve assumere un maggior senso di responsabilità, di autonomia nelle sue decisioni, colmare il distacco che talvolta si
ha l’impressione esista fra un « centro
di potere » e chi lavora, fra datore di
lavoro e lavoratori. Siamo infatti tutti
ugualmente impegnati nello stesso servizio, senza che qualcuno si trovi in
una posizione di superiorità o in certo
modo più vantaggiosa. Anzi il maggiore — come dice Gesù — deve essere
l’ultimo e il servitore di tutti. Dobbiamo evitpe in ogni modo che le conflittualità del mondo del lavoro abbiano ad entrare nella nostra famL
glia.
Dobbiamo naturalmente tendere ad
un graduale sempre più equo trattamento economico, ma per questo è necessario che tutti ci adoperiamo a che
le entrate aumentino in avvenire, perché è certo che il Centro Diaconalé non
può dare quello che non ha. Occorre
sensibilizzare le famiglie ad una collaborazione finanziariamente sempre più
responsabile in modo che chi può, dia
anche per chi non può.
Aggiornamento dei nostri metodi di.
’usegnamento. Se è vero che vogliamo
fare una scuola'nuova, non basta avere. delle attrezzature nuove, a^che
upa pedagogia nuova, più rispondente
ai tempi in cui viviamo, alle esigenze
delle nuove generazioni, una pedagogia in cui il fanciullo non sia oggetto,
ma soggetto nel processo educativo.
La scuola attuale ha per fine l’inserimento e l’integrazione nel sistema. Una
scuola nuova deve dare una visione
nuova della vita e preparare uomini
nuovi per un mondo nuovo. Occorre
anche fare una verifica dei risultati fin
qui ottenuti. Certo un’opera educativa
non si misura a metri cubi, come il cemento armato, né si pesa con la bilancia come i generi alimentari che si
comprano al mercato. I risultati sono
talvolta nascosti e sono piuttosto simili a quei fiumi che ad un certo momento scompaiono sotto terra, per
poi ricomparire molto lontano.
« La violenza nella scuola », è stato
il tema di un convegno cui i nostri
educatori hanno partecipato. Ma la
violenza nei rapporti con gli altri, gli
atti di rivolta e di vandalismo che anche i fanciulli compiono, sono stati i
problemi che abbiamo dovuto affrontare nella nostra azione educativa. Ma
è chiaro che la violenza non si può renrimere con la violenza, ma rimuovendo le cause che la determinano.
I nostri fanciulli hanno per la maggior parte un carattere deformato dalle famifflie che, ovvero usano mezzi
coercitivi, fino a fare dei loro figli dei
ribelli, ovvero usano dei metodi permissivi fino a farne in casa dei piccoli
despoti.
Ai fanciulli del Convitto abbiamo
cercato di dare il senso di una comunità, in cui l’uno vive per l’altro e non
solo per se stesso.
È stata organizzata una classe di
scuola domenicale che è stata seguita
tutti i convittori. Quando è stato
nossibile essi hanno anche avuto un
breve culto serale o mattutino.
PER UNA PIU’ EFFICACE AZIQNE
DI SVILUPPO
Ci rendiamo sempre più conto che
non possiamo compiere una efficace
azione educativa, senza mantenere un
contatto quanto più diretto con le famiglie e con l’ambiente da cui i fanciulli provengono. Abbiamo perciò predisposto l’istituzione di un « Consul
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
IN BREVE
Ad AOSTA sono in atto lavori nello stabile
della chiesa valdese, che oltre all'installazione dell'impianto di riscaldamento nell'intero
edifìcio, comprendono la ristrutturazione di parte di esso in «casa per ferie»; un gruppo di
membri di chiesa hanno attuato un prestito interno per collaborare con la-Tavola Valdese nel
sostenere l'onere dell'opera.
L'assemblea della chiesa valdese di SAN— REMO ha deciso di offrire“ un soggiorno
presso ia Casa Valdese di .VAUECROSIA a una
coppia di anziani delle Valli,Valdesi, .nel quadro dall'ospitalità di fine jnvièrpo |che anche
quest'anno'la Casa offre a‘ gruf>pi successivi di
anziani. . , ___________ ________
^ A SANREMO, nella riunione del mercoledì,
si discute spesso la tematica della predicazione domenicale; a metà marzo un culto è
stato centrato sul "buon armuncio" evangelico
delia fine del mondo: annunciato con manifesti
murali, ha conosciuto una partecipazione particolarmente alta, e buona è stata poi la discussione in settimana. s ,. '.
^ A MANTOVA la cura pastorale viene gradatamente assunta dal past. Etigenio Rivolr
da Verona, mentre il past. Bruno Costabel, a
Felonica, darà via via il tempo e il lavoro sin
qui dedicati a Mantova, alla sua parte nella
nuova traduzione ecumenica della-Bibbia, curata dalla Società Biblica di . Romav
^ A FIRENZE la relazione dèlia missione di
Tullio Vinay a Saigon è stata policopiaia
e viene ceduta dietro offerte per il Comitato
per la liberazione dei pfigiòrireri politici nel
Vietnam del Sud.
Giovedì 21 marzo presso il Centro comunitario valdese di Via Manzoni a FIRENZE
si è avuto un incontro di genitori ed educatori
con il prof. Ezio Ponzo, docente di psicopedagogia presso l'Università dPRoma (è membro
della chiesa valdese e mbriitore della scuola
domenicale di Piazza Cavè^rl;. che ha avviato
il colloquio su «I nostri frazzi: credenza tradizionali e alienazione religiosa ».
^ ■ Ì)aÌ06-.^al..l^ aprile il|ltef^ ÌÀlfe So^gin
séta-S ‘ rtREÌBE pet Ijp'ingresso di iTnguistica camitico-semitica^ parlerà, pure alla
« Amicizra;j.ebraiì:o-cristirfm’,.-Ià cuf sezionefflprehtiha,- presieduta. dà|Ì«èè‘ Zillf Gay, svòlge
quest'anno la sua affiyij;à nel Centro comunitario valdese di Via Manzoni ; presiederà infine il
culto della « Domenica della Facoltà », il 21
aprile. ' i(
^ Il gruppo di lavoro*^ fiorentino «Cristiani
per il socialismo » si è più volte riunito nel
Centro comunitario valdese di Via Manzoni, con
la partecipazione attiva di. elementi evangelici.
Le Chiese evangeliche dei Grigioni hanno
lanciato, con una bella presentazione dell'opera, una colletta a favóre del « GIGNORO »,
la restaurata casa per anziani di FIRENZE.
Di fronte alla proposta di avere una Domenica dedicata alla gioventù i giovani della nostra comunità si sono posti il problema del significato e dello scopo di una tale proposta.
Dopo varie discussioni si è giunti alla conclusione secondo cui la Domenica della gioventù
vuole essere un momento, ma non il solo, di
scambio, nell’ambito della fede, di informazioni e di conoscenze delle prospettive dei giovani da un lato e delle esperienze dei non più
giovani dall’altro. L’incontro che si è avuto
ha chiaramente messo in evidenza che non
si è trattato di uno scontro fra due blocchi
contrapposti, cioè tra quella che erroneamente
è stata definita la chiesa dei giovani contrapposta alla chiesa dei non più giovani, ma si è
trattato di un confronto aperto e sereno di due
modi diversi di intendere la fede oggi. È
emersa chiara infatti la volontà di superare
Io sterile discorso su incomprensione e conflitto fra generazioni, ma di centrare la discussione su una maniera nuova di intendere
l’Evangelo come norma ed indicazione per una
testimonianza cristiana operativa in tutti quei
settori della vita in cui ogni credente è coinvolto per ragioni di lavoro, di studio o di semplici relazioni umane. Questa testimonianza
operativa si esprime prendendo chiaramente
posizione a favore della liberazione totale dell’uomo da qualsiasi forma di schiavitù, oppressione e sfruttamento.
Oltremodo significativa è stata la scelta del
testo di Matteo 9 : 35-38 e 10: 1-23. Dai giovani liberamente scelto, questo testo può, a
prima vista, apparire eccessivamente ampio,
ma da loro è stato inteso come una delle descrizioni più precise ed attuali della nostra situazione, da parte di Gesù, di una massa di
gente stanca e sfinita per seguirla in quanto
hanno visto che Gesù non era come i pastori,
cioè i responsabili di Israele che badavano
solo ai propri interessi iEzech. 34), e dall’altra
Gesù stesso che crea i mezzi, cioè i discepoli
che, da Lui mandati e resi idonei mediante il
dono dello Spirito Santo, provvederanno ad
eliminare tutte quelle cause reali ed umane
che hanno determinato la stanchezza e lo sfinimento. La loro predicazione, accompagnata
da opere potenti, chiaramente disinteressata
per la mancanza di qualsiasi vantaggio od accaparramento (oro, argento, rame), ma solo
con la norma dell’assoluto « gratuitamente
avete ricevuto, gratuitamente date », costituisce l’annuncio gioioso deH’Evangelo della liberazione totale per tutti gli uomini e l’an
ha dovuto sostenere le affermtizioni precedentemente fatte. Il secondo aspetto notevole risiede nell’aver presentato il modo diverso di
leggere l’Evangelo ed il modo diverso di intenz dere la fede oggi, cioè in modo politico, dando
a questo termine il suo significato più autentico, e cioè l’inserimento dell’esigenza dell’Evangelo di Gesù Cristo nella vita pubblica
nazionale, regionale e cittadina per portare anche li, nel mondo « profano » l’annuncio dell’Evangelo della liberazione attraverso l’azione
reale di aiuto a risolvere i problemi del proletariato ancora oggi « stanco e sfinito come
pecore che non hanno pastore ».
Il dibattito che ne è seguito è stato veramente franco e costruttivo. Da una parte si è
sentito che il problema della fede e della predicazione è quanto mai vivo e profondo nei
giovani che vogliono tradurlo in segni visibili
ed operativi, come testimonianza al Regno
che viene, dall’altra è emersa chiara la posizione dei membri di chiesa non più giovani
che, pur rimanendo perplessi di fronte a certe forme e contenuti di vita — non si vede,
d’altra parte, come potrebbe essere altrimenti
hanno dimostrato di non essere insensibili
alla loro problematica e di seguirli con amore ed interesse attivo e pertecipe.
E stato convenuto infatti che altri incontri
seguiranno per continuare il discorso sull’impegno operativo della nostra comunità sia a
livello cittadino che di Valle.
È da notare che i giovani di cui si è parlato sopra sono i catecumeni dei quattro anni
di catechismo e che da soli hanno preparato
la meditazione avvalendosi solo della consultazione teologica offerta dal Pastore.
A. R.
Ristudiare
la nostra storia
(segue da pag. 1)
pianto non sarà paralizzante ma costruttivo, perché ci si sentirà impegnati a ricreare questa realtà, oggi.
2) Cosa si vede. Una storia umana di
nuncio che il Regno di Dio è vicino, incom- coraggio, di fedeltà, di intransigenza?
be sulla storia e sul mondo dell’uomo. Certo; ma non è questo che si deve ve
Sulla base di questo schema — qui m.olto
riassunto per evidenti ragioni di cronaca __________________
è stata sviluppata la meditazione per la comunità riunita per il culto di Domenica 24
Marzo. Pur conservando alla liturgia il suo
normale svolgimento, è stata apportata una
.yariante^^ .notevole per due aspetti almeno .—
costituita dalla forma della predicazione. Per
il primo, ogni giovane commentando la perico^, precedentemente assegnata ha presentato le sue considerazioni in modo personale e
immediato, senza l’aiuto di un qualsiasi maposerjtto: segno evidente che le parole erano
fe^ressione sincera di matura riflessione personale. E non poteva essere altrimenti perché,
nel dibattito che ne è seguito, ciascuno di loro
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimimiiiimiiiiii
^ La Corale avventista di « Villa Aurora » e
un nutrito gruppo di giovani hanno offerti un sereno e buon pomeriggio al «GIGNORO ».
Consuntivo e prospettive
del Fondo di solidarietà
Continuano a pervenirci numerose
sottoscrizioni dalle Valli, dalle città e
dalla diaspoi-a ed anzi dobbiamo constatare che i doni si sono intensificati
sia dal punto di vista numerico che come entità.
Ne traiamo la deduzione che molti
sottoscrittori (numerosi i doni a carattere continuativo e regolare, e che sono veramente il frutto di un’ sacrificio)
sono con noi d’accordo nel dare a
questo « fondo » il carattere di un
impegno costante e responsabile al di
fuori dell’ambiente ove ognuno di noi
si trova a vivere e ad operare.
Vorremmo brevemente ricordare
che questo « fondo » è nato nel 1968,
allo scopo di appoggiare iniziative dirette ad aiutare quelle popolazioni vittime della fame o di catastrofi naturali, a sostenere progetti miranti a sollevare economicamente o socialmente
delle zone sottosviluppate, ad appoggiare attività in campo missionario e
poi ancora ad affiancare quelle azioni
miranti a combattere gravi situazioni
di ingiustizia e di discriminazione, quali il razzismo, il colonialismo vecchio e
nuovo, il dispregio dei diritti dell’uono, ecc.
Mentre, nei primi tempi, una cinquantina di persone, impegnatesi in
versamenti regolari ci ha consentito
torio familiare», con la collaborazione di inviare delle offerte per il Biafra,
psico-medico-pedagogica di professio- ner la scuola agricola di Linea CuchiI
nisti qualificati disposti a darci le loro
prestazioni in modo disinteressato.
L’esperimento della istituzione della
prima classe media è stato positivo sia
ner la diligenza degli alunni, sia per
l’impegno dei giovani professori che
se ne occupano. L’aula è stata temporaneamente predisposta nei locali del
Convitto in Via Angiò.
Nelle scuole elementari abbiamo introdotto quest’anno lezioni di inglese
la (Argentina), per il centro di formazione dei profughi angolani nell’ex
Congo, per il Centre familial del Gabon ove operava la missionaria Anita
Gay, successivamente si decideva la
confluenza nella più vasta iniziativa
votata dal Sinodo 1970, e cioè che le
chiese raccolgano regolarmente offerte destinate « al vero sviluppo dell’uomo e non al mantenimento di una situazione ingiusta ». In altre parole, si
è vivamente sentita la necessità di appoggiare quelle iniziative, che, pur
partendo da un criterio di solidarietà
e di aiuto, tendcèno a far mutare una
situazione.
Mese dopo mese, le file dei sottoscrittori si sono ingrossate ed ora essi —
fra vecchi e nuovi — sono oltre 500,
ma potrebbero essere molti di più.
Nel corso di questi anni sono stati
sottoscritti 15 milioni di lire, di cui oltre un milione e mezzo in cassa, in attesa di raggiungere una certa consistenza per le rispettive destinazioni.
Esse attualmente sono quattro e le ricordiamo ancora una volta.
Le prime tre si riferiscono ad iniziative del CEC e sono: per i rifugiati politici del Cile e per l’operato del comitato di difesa dei diritti dell’uomo;
contro la siccità del Sahel; per il pro.gramma di lotta al razzismo (questa
sottoscrizione ha carattere permanente).
La quarta destinazione è per i prigionieri politici del Sudvietnam e i relativi fondi verranno inviati all’apposito comitato, tramite il pastore Tullio Vinay.
Mentre diamo qui sotto un nuovo
elenco delle ultime offerte, ricordiamo
che esse vanno inviate al conto corr.
nostale n. 2/39878 intestato a Roberto
Peyrot, c. Moncalieri, 70, Torino, possibilmente indicando la destinazione del
versamento.
P. Corbo (due vers.) L. 6.000; D. Falbo
9.000; Ernesto Mirella Elisa 11.000; D. Di
Toro 10.000; A. Martines 5.000; P. Grillo
3.000; L. Campese 10,000; L, e F. Valerio
50.000; Nadia 8.000; S. Longo 5.000; Diaspora Lucca Viareggio Barga 20.000; N.N.
30.000; E. V. 5.000; L. Gay 10.000; C. Tomasini 20.000; M. Lamberti 5.000.
Totale L. 207.000; prec, 1.522.515; in cassa
L. 1.729.515.
dere anzitutto, bensì la storia di un
particolare intervento di Dio presso
un particolare gruppo umano, in un
luogo particolare, in un limgo arco di
tempo. È la storia di un miracolo continuo. Sé crederemo questo, allora non
avremo alcuno scrupolo o pudore nel
« celebràré » il centenario, perché in
realtà celebreremo questo costante intervento divino, e quando parleremo
di questa storia lo faremo come esemplificazione della potenza e dell’amore di Dio, nello spirito del Salmista ohe
scriveva; « Tutte le tue opere ti celebreranno, o Eterno, e i tuoi fedeli ti
benediranno » (Salmo 145: 10).
La conoscenza della storia di un miracolo di Dio è indispensabile per chi
veramente vuole andare avanti, ma si
trova a vivere in tempi di crisi e di
sconfitte. Si può evangelizzare con forza e coraggio solo se si è convinti che
nessun tempo è refrattario al messaggio del Vangelo se Dio lo vuole, e si è
persuasi che Dio il quale ha protetto
e guidato la nostra Chiesa ieri, lo farà anche oggi. Solo così riacquisteremo la gioia della nostra vocazione, che
non poggia spi nulla, perché Dio ieri
ci ha dato dei segni (non « garanzie »)
che faremo bene a non dimenticare.
Quando l’autore dell’epistola agli
Ebrei parlava del « così gran nuvolo
di testimoni » dai quali siamo circondati, non lo faceva per glorificare gli
uomini e le donne che cita nel capitolo 11, ma perché vedeva nella loro
obbedienza la prova di quella fede mediante la quale « fu resa buona testimonianza agli antichi », e che è « certezza di cose che si sperano ».
E. C.
La
nel
Bibbia
mondo
® ^ Kibuìo, nel Ruanda, si è avuto il 15®
incontro ecumenico (dal 1971) fra sacerdoti cattolici e pastori della Chiesa presbiteriana, delle Chiese pentecostali e della Lega
per la lettura della Bibbia nel Ruanda. Tema
dell incontro, « Lo Spirito Santo »; tre relazioni sui carismi, sul ruolo dello Spirito Santo
nella vita della Chiesa e del cristiano e sulTopera compiuta dallo Spirito Santo nel Ruanda, soprattutto fra i giovani.
^ Per la prima volta si ha una traduzione
completa della Bibbia in ndebele. la lingua di una delle principali tribù della Rhodesia (Zimbabwe) : 1 opera è stata conclusa ultimamente con la traduzione delPAntico Testamento da parte dei pastori Amos Mzileti e
Jira Pelling, della Chiesa congregazionalista
unita dell’Africa australe.
9 È stata compiuta una. traduzione ecumenica del Nuovo Testamento in spagnolo:
il manoscritto è stato presentato ufficialmente
alla commissione che era stata incaricala di
far tradurre la Bibbia in spagnolo moderno.
Il Nuovo Testamento, tradotto da tre specialisti cattolici romani e da due protestanti, sarà probabilmente pubblicato entro l’anno.
6
r
pag. 6
I NOSTRI GIORNI
N. 14 — 5 aprile 1974
VITA ITALIANA a cura di Emilio Nitti
La famiglia si difende cembattende
la fame e la miseria
contro l’abrogazione. Per umorismo o
per cinismo una filiazione della Destra Nazionale a Napoli ha il nome di
Comitato di difesa della libertà ed è
naturalmente contrario alla libertà di
divorzio.
DIRITTI CIVILI
Cristiani per il NO
Otto referendum
Al referendum rispnndi NO
Che cosa nasconde la « crociata »
I partiti divorzisti del governo di
centro-sinistra, appena rimesso in piedi, non possono certo essere soddisfatti dei frequenti richiami del segretario
della DC on. Fanfani ai tempi felici
(per il suo partito!) successivi al voto
del 18 aprile 1948, quando la DC aveva la maggioranza assoluta in parlamento. Ripetere un 18 aprile in occasione del referendum vuol dire chiaramente prepararsi a novità nello
schieramento governativo e forse a
nuove elezioni! Si dice che nella DC
non tutti siano d’accordo con la linea
intransigente e fortemente politicizzata con cui l’on. Fanfani ha aperto la
campagna elettorale: pare che la famosa sinistra DC dissenta... ma tace,
mentre imperversano i tipi reazionari
come Gedda, quello dei Comitati Civici.
È cominciata la grande battaglia o,
come ormai si dice, la « crociata » e si
sta operando quel deterioramento del
quadro politico democratico che si temeva. Non saremo proprio noi a temere un cambiamento nella coalizione di governo ed a ritenere unica e
perenne quella del centro-sinistra. Ma
se un cambiamento si dovrà prima o
poi compiere esso dovrà avvenire verso sinistra e non già a destra! Ora
Fon. Fanfani, nel primo comizio ufficiale della campagna elettorale, tenuto a Bologna, ha .accentrato tutte le
sue argomentazioni intorno alla contrapposizione DC-PCI, sostenendo tra
l’altro che se la DC avesse voluto evitare il referendum avrebbe prodotto
« un quadruplice guasto: la rinunzia
della DC agli ideali sempre sostenuti
in materia di famiglia e di referendum; la conseguente rottura della DC
con larga parte dei propri elettori, comunque attratti a destra; l’avvio di
fatto del “compromesso storico" tra
DC e PCI, anche se forse integrato dal
PSI; la conseguente rottura della solidarietà con tutte le altre forze democratiche » (Il Popolo 31.3.74).
Risulta abbastanza chiaro che nonostante le affermazioni di volere sviluppare ira civile confronto Fanfani lascia intendere che si deve abolire il
divorzio perché il PCI gli è favorevole,
accodandosi così alla propaganda fascista: si deve dire SI perché i comunisti dicono NO.
L’imbarazzo del PCI
Eppure pochi giorni fa l’organo della DC aveva polemizzato con l’on. Berlinguer, segretario del PCI, attribuendogli la volontà « colpevole » di politicizzare il referendum, sintetizzata
nella frase « Dal referendum una svolta politica ». Fece sorpresa allora l’impegno del PCI nello scagionarsi da una
tale « colpa » e la precisa smentita di
aver mai formulato un tale slogan. La
svolta politica non è in fondo un preciso impegno del PCI?...
Eppure, a ben pensarci, uno slogan
di quel genere non ha alcuna concretezza politica. La svolta politica che è
da auspicare non può venire certo dal
referendum sul divorzio. Da ben altre
lotte verranno i progressi politici e
sociali che si aspettano i lavoratori!
In fin dei conti il divorzio è un diritto tipico della civiltà borghese, che dovrebbe essere considerato ormai acquisito assieme al principio di laicità
dello Stato: ci si dovrebbe poter impegnare oggi per ottenere nuove libertà nel campo economico e sociale, nella prospettiva del socialismo. Di qui
l’imbarazzo del PCI che si trova in
questa battaglia su posizioni difensive.
Se il referendum porterà una svolta
politica essa sarà di destra e sarà una
fortuna se, dopo il 12 maggio, tutto
resterà come prima. Ora più che mai
è chiaro il motivo per cui il PCI in
vari modi ha tentato di evitare di giun
Frestiti USAall’URSS
Washington ha accordato alTUnione Sovietica un prestito di oltre 75 milioni di dollari
per finanziare l’acquisto, negli Stati Uniti, di
apparecchiature industriali. L’annuncio è stato dato dalla Banca governativa « Export-Import », la quale fornirà la metà del prestito,
mentre il rimanente sarà fornito da banche
private.
Qà’esti nuovi crediti portano a 635 milioni
di dollari l’ammontare dei pre.stiti di origine
pubblica e privata già accordati all'URSS dagli USA per l’acquisto di apparecchiature industriali, dopo gli accordi di Mosca. Un credito a breve termine di 750 milioni è stato
inoltre concesso a Mosca dal Dipartimento
deH'agricoltura ncH’ottobre del 1972 per l'acquisto di grano americano.
In dicembre, l'URSS ha presentato un'altra
domanda alla « Export-Import » per un prestito di 50 milioni di dollari destinato alla
valutazione dei giacimenti di gas naturale, la
eui produzione potrebbe essere esportata negli
USA.
gere a questa consultazione elettorale.
La posizione dei comunisti è espressa
in modo molto efficace dalla scritta
che abbiamo letto davanti ad una sezione del partito: La famiglia si difende combattendo la fame e la miseria;
al referendum rispondi NO. Sono due
piani diversi di lotta e la lotta proletaria non passa attraverso il divorzio.
Per questo la stessa CGIL, a differenza della UIL, non si è pronunziata ufficialmente: « Non ci pare — ha dichiarato Lama — materia, questa, sulla
quale vincolare la organizzazione con
un richiamo alla disciplina. È d’altra
parte noto che noi, i nostri compagni
(...) sono per il divorzio, considerano
il divorzio diritto civile ormai inalienabile in un Paese moderno... » (L’Unità 31.3.74).
I cattolici di base si dimostrano
molto attivi per il NO: sempre a Napoli hanno distribuito in una sola domenica 30 mila volantini davanti alle
chiese parrocchiali. Anche molti pastori evangelici e altri attivisti ecclesiastici (anziani, diaconi ecc.) si stanno
impegnando nella propaganda. Eppure, (incredibile e doloroso!) anche su
questo tema non c’è unanimità nelle
cornunità e, sia per condizionamenti
politici («Voto sì, perché i comunisti
votano NO »), sia per un ritardo nella
formazione teologica di parte dei suoi
membri ( « Si deve impedire alla gente
di sbagliare! ») vi saranno degli evangelici che, smentendo un'intera tradizione protestante, votando sì al referendum, avalleranno la pretesa cattolica romana di condizionare lo Stato
e le sue leggi.
contro II rogime IDCI
Già in alcuni numeri il nostro settimanale, parallelamente alla questione
del referendum sull’abrogazione (abolizione) del divorzio — per il quale saremo chiamati a votare il 12 maggio
prossimo — ha accennato all’iniziativa,
promossa dal partito radicale, della
raccolta di 500 mila firme per poter indire, per l’anno 1975, otto referendum
che annullino le norme clericali, fasciste e militariste dei nostri ordinamenti.
Nel numero dell’S marzo scorso. Gustavo Malan nel suo articolo esaminava un po’ più da vicino detti referendum e nel contempo invitava i lettori e
coloro che intendono firmare per detti
Fanfani e la Destra Nazionale
In tutta questa situazione la destra
accompagna la sua propaganda con
iniziative violente dei « giovani nazionali » e per bocca del suo segretario
esprime un invito alla « legittima difesa » che ha tutti i connotati di una
istigazione a delinquere. La vicinanza
delle sue faziose argomentazioni antidivorziste con quelle dell’on. Fanfani
viene sottolineata con soddisfazione
dal giornale laurino ROMA che in un
fondo della scorsa settimana, alludendo alla vagheggiata repubblica presidenziale, affermava: « Sembra ormai
che il 12 maggio non si debba votare
prò o contro il divorzio ma prò o contro il potere personale di Fanfani, che
si debba decidere se affidargli o no il
compito di risolvere la crisi politica e
morale del Paese e dargli le forze per
farlo ». Il segretario DC dovrebbe
quindi « passare il Rubicone », « parlando, rompendo l’enigma che lo circonda. Fanfani non rischia nulla, perché dal suo partito non ha nulla da
attendersi. Restando nei normali binari della lotta politica la sua sorte
sarebbe comunque segnata » (ROMA
28.3.74).
Intanto fioriscono le iniziative di
associazioni culturali e religiose prò e
H È riunita a Nairobi, per due settimane,
una conferenza sul « diritto dei mari »,
con rappresentanti del « gruppo dei settantasette », organizzazione comprendente i paesi
del Terzo mondo : è loro scopo concordare una
posizione comune cbe questi Stati presenteranno alla terza conferenza sullo stesso tema,
indetta dall’ONU a Caracas, in giugno.
I Dopo la gravissima siccità, in varie zone
dell’Etiopia sono cadute piogge violente,
cbe hanno provocato danni immensi, con numerose vittime e decine di migliaia di senzatetto. Né tali piogge porteranno beneficio, perché hanno totalmente distrutto i germogli e
i campi appena seminati : la fame è sempre
incombente.
legno). A parte i vantaggio economici, i due
paesi, ma soprattutto l’URSS, hanno interes
se a mostrare agli USA e alla Cina che gli af
frontamenti e le ’’amicizie” sono molteplici
Tuttavia i rapporti fra Mosca e Tokio non so
no politicamente normalizzati, non esiste un
trattato di pace, per la richiesta giappone di
restituzione delle isole Kurili meridionali.
■ Il governo australiano ha presentato una
protesta ufficiale all’URSS e agli USA
per l’installazione delle loro forze armate nell’Oceano Indiano, invitando i due paesi a concordarne una limitazione.
I II presidente della Tanzania, Julius Nyerere, è stato accolto in visita ufficiale a Pekino dai capi della Cina popolare.
I Anche il Giappone conosce, per la prima
volta, un rincrudire di scioperi massicci :
particolarmente avvertito dall’insieme della
popolazione uno sciopero larghissimo dei lavoratori dei trasporti.
I L’Istituto italo-latino americano (IILA)
e i paesi del « Patto Andino » (Cile, Bolivia, Perù, Ecuador, Colombia e Venezuela)
hanno fírmalo a Lima un accordo che prevede
fra l’altro collaborazione per la pubblicazione
di libri e materiale informativo, per l’organizzazione di seminari e tavole rotonde su materie di reciproco interesse e assistenza tecnica
dell’IILA per mezzo di studi congiunti, borse
di studio ecc.
H Al termine della visita di una delegazione giapponese a Mosca è stato concordato
di tenere in giugno o luglio negoziati
conclusivi per la cooperazione economica. Fra
i due paesi si discutono da anni, e specie recentemente, grandi progetti per lo sfruttamento in comune delle risorse naturali della Siberia, dell’Estremo Oriente sovietico e dell’isola di Sakhalzn (petrolio, gas naturale, carbone.
B L’Unione cristiano-democratica (CDU) ha
ottenuto la maggioranza assoluta (53,1%)
nelle elezioni amministrative nel Land tedesco-occidentale dello Schleswig-Holstein. Dal
principio di marzo, è la terza consultazione
elettorale in uno dei Laender (legislativa ad
Amburgo e amministrativa nella Renania-Palatinato), e in tutte e tre la CDU ha nettamente migliorato le sue posizioni a scapito dei
socialdemocratici.
QUANDO
UN IMPERO
NON SI PUÒ’
PIU’ DIFENDERE
Echi della settimana
«Vi sono oggi
circa centomila giovani disertori e renitenti alla leva, rifugiati un po’ dovunque in Europa. Ma il malessere non si
limita ai soldati di leva, serpeggia anche fra i militari di carriera. Nonostante le apparenze, l’esercito portoghese
non è, nell’insieme, un esercito fascista.
Vi sono molti ufficiali e sottufficiali
ostili alla guerra coloniale e alla dittatura, i quali vorrebbero che il Portogallo diventasse una democrazia. Essi si
erano già manifestati nel corso di riunioni a carattere più o meno cospiratorio, e ora lo hanno fatto in modo clamoroso. Sono loro a sostenere il generale Spinola, come, all’inizio della guerra, avevano appoggiato il generale Botelho Moniz, destituito da Salazar ».
Con queste parole inizia la risposta
di Mario Soares (segretario generale
del partito socialista portoghese, una
delle figure di punta dell’opposizione,
attualmente in esilio a Parigi) ad Elena
Guicciardi, incaricata dall’« Espresso »
(v. n. 12 del 24.3.’74) d’interrogarlo sui
retroscena della crisi scoppiata nei
giorni scorsi a Lisbona. La. guerra, al
cui inizio accenna il Soares, è quella
« contro i tre movimenti di liberazione
nelle colonie africane (Angola, Guinea
e Mozambico), guerra che inghiotte il
48 per cento del bilancio dello Stato e
tiene impegnati 130 mila soldati fra portoghesi e mercenari ».
«Tutto era cominciato alle cinque
del pomeriggio del 14.3.’74, quando 120
generali guidati dal capo di stato maggiore dell’esercito, Paiva Brandao, avevano marciato sul palazzo della presidenza di Lisbona, col pretesto di prestare un non richiesto giuramento di
fedeltà al premier Marcello Gaetano
(scrive Paolo Mieli sullo stesso n. de
« L'Espresso »). In realtà i generali chiedevano la testa del vicecapo di stato
maggiore Antonio de Spinola. Chi è
Antonio de Spinola? E perché ha scatenato un conflitto che potrebbe travolgere il regime portoghese? Sessantatre
anni, ex ufficiale di cavalleria, il monocolo eternamente incastrato nell’occhio
destro e le mani calzate da un paio di
guanti bianchi che cambia ogni mattina, Spinola è stato fino all’agosto scorso governatore generale della Guinea.
Nei giorni del suo rientro in patria il
movimento di liberazione della Guinea
stava avanzando su tutti i fronti; ciò
nonostante il 18 ottobre Spinola veniva
insignito della “Palma dell’ordine militare di torre e spada"; e tre mesi dopo, il 17 gennaio, veniva espressamente
inventata per lui una carica mai esisti
a cura di Tullio Viola
ghese: quella di vice-capo di stato maggiore. Improvvisamente, nei giorni scorsi, è scoppiato lo scandalo. Spinola ha
pubblicato un pamphlet dal titolo “Portugal e o futuro" ( = Il Portogallo e
l’avvenire) che in tre settimane ha venduto cinquantamila copie (tiratura altissima per il Portogallo) e ha provocato un terremonto al vertice della gerarchia militare.
Il Portogallo (tasso d’inflazione del
22 per cento, prezzi aumentati di quattro volte negli ultimi tre anni) è .sconvolto da agitazioni operaie nelle regioni
di Setubal, Aveiro e Baixo Ribatejo, e
studentesche negli atenei di Lisbona,
Coimbra e Oporto. (,„) “Il Portogallo
è in un vicolo cieco e non può vincere
le guerre coloniali con i soli mezzi militari", scriveva Spinola; “possiamo sperare solo in un’operazione che unisca le
cosiddette province d’oltremare a Lisbona, nell’ambito di una federazione
lusitana sotto una stessa bandiera". Il
Portogallo doveva, in altre parole, creare una specie di “Commonwealth" e
concedere una semi-indipendenza a
Guinea, Angola e Mozambico.
Chi si nasconde dietro le tesi di Spinola? Chi le avversa? E qual’è la posizione di Caetano? Il partito di Spinola
vanta i sostenitori più importanti al di
fuori dell’esercito: sono i tre fratelli
Enrique, Antonio e Manuel Champalimaud, proprietari della Banca Pinto e
Sotto Mayor, il deputato Augusto Salazar Leite, presidente della confìndustria portoghese, e il clero. A questi si
aggiungano le opposizioni legali che
fanno capo a Pinto Balsemao e Correia
Da Cunha, al quotidiano « República »,
al settimanale «Expresso» e alle case
editrici Don Quixote e Europa-America.
Il programma di questi gruppi prevede
una politica di sganciamento graduale
dalle colonie (e dagli USA) e l’avvicinamento e integrazione nell’orbita europea e brasiliana. Durante il suo ultimo
viaggio in Brasile, Salazar Leite ha dichiarato, in appoggio a Spinola, che
“l’indipendenza delle colonie è ormai
solo questione di tempo" ».
NELLE CASERME
DELL’ESERCITO FRANCESE...
ta prima nella gerarchia militare porto
...accadono episodi di brutalità repressiva, così sadici e così stupidi, da
non temere la concorrenza, non diciamo dell’esercito italiano, ma verosimilmente di nessun altro esercito al mondo. La denuncia di tale odiosa situazio
referendum — o per alcuni di essi —
ad una conoscenza più profonda di tutta la materia.
Mentre ricordiamo che la raccolta
delle 500 mila firme si è iniziata il 20
marzo 1974 e avrà termine il 20
giugno 1974, segnaliamo in modo particolare l’uscita nelle librerie del volumetto dal titolo « Otto referendum contro il regime» (ediz. Savelli, L. 1.000).
In questo libretto vengono elencati
gli otto referendum (due sul Concordato; due antimilitaristi; due sulla libertà di informazione; uno sulla libertà
d’antenna; uno sul codice penale). Dopo l’elencazione delle norme e degli articoli da abrogare, vengono esposti i
« perché » e cioè i motivi che, a trent’anni dalla fondazione della repubblica italiana, rendono indifferibile ulteriormente l’annullamento di norme e
di leggi che non hanno nulla a che vedere con uno Stato democratico nato
della Resistenza antifascista.
Nella terza parte del libro sono inseriti gli interventi e le prese di posizione
di vari esponenti della cultura, della
stampa, del giornalismo, del lavoro,
della politica, nonché di « Com » e
« Nuovi Tempi », della comunità di
Oregina, di quella di S. Paolo, della Federazione delle Chiese evangeliche.
Nella quarta e quinta parte infine
vengono illustrati il meccanismo costituzionale del referendum e le norme
pratiche della sua attuazione.
Concludo questa segnalazione associandomi a quanto ci proponeva l’amico Malan nel citato suo articolo: nel
mare di disgregazione, di corruzione,
di menefreghismo e di fascismo che ci
sta «sempre più circondando, proprio in
quanto evangelici e amanti della libertà, non lasciamoci sfuggire questa occasione che ci consente di compiere assieme questo « sforzo dal basso — e
perciò veramente democratico — per
la ristrutturazione di un paese civile ».
Roberto Peyrot
Portogallo
ne è del pastore
protestante Freddy
Sarg, che ha descritto molti di quegli episodi (avendoli constatati di persona o apresi direttamente da testimoni oculari) in un lungo articolo pubblicato su « Libération » (del 20.2.’74).
« Nell’agosto 1972 (scrive il Sarg) sono stato arruolato in un reggimento,
per fare il mio servizio come “segretario cappellano militare". Accogliendo
le giovani reclute, il colonnello tenne
un discorso insistendo sulle tradizioni
di nobiltà del reggimento e sul grande
valore umano del servizio militare. Nelle settimane che seguirono, fu possibile
rendersi conto del “valore" dei graduati. Un sergente maggiore, che diceva di
appartenere a un movimento d’estrema
destra, usava ingiuriare i soldati colpendo quelli che non obbedivano abbastanza prontamente ai suoi ordini, e
si divertiva a fare degli scherzi sessuali
odiosi sui giovani a lui sottoposti. Poi
minacciava le eventuali “spie" con fruste di nerbo di bue, delle quali era collez.ionista.
Un caporal maggiore, che si diceva
grande ammiratore del führer, esigeva
dai suoi uomini che lo salutassero gridando “Sieg", ed egli rispondeva
“Heil” ' Un aspirante-ufficiale amava revisionare le armi alle due del mattino
e i soldati, durante le revisioni, dovevano essere in slip. Gli piaceva anche insultare tutto il reparto con frasi del genere: “Se voi foste degli ebrei, di voi
si farebbero saponette”.
I graduati, in generale, infliggevano
ai soldati la punizione chiamata « le
pompe » (speciali trazioni). Ad ogni movimento, i soldati dovevano dire: “Brigitte Bardot è una puttana, ma io sono
troppo fesso per baciarla", oppure: “Il
comandante è un leone, io sono un fesso” (= Le chef est un lion, je suis un
con). Infine, nel repertorio dei canti di
marcia nei vari reparti del reggimento,
figurano canti nazisti, che la memoria
popolare associa alle SS ».
II pastore Sarg racconta che a nulla
valse portare a conoscenza delle autorità, né militari né civili, questi fatti cd
altri anche più gravi (sevizie d’ogni genere) dovuti non solo a sottufficiali, ma
anche ad ufficiali. Afferma anche non
trattarsi di casi isolati, ma d’un vero e
proprio malcostume, diffuso e coltivato
a scopi politici: nazismo, fascismo, antisemitismo e, soprattutto, per « trasformare il soldato in un automa che
non rifletta più a ciò che fa (...), ma
possa esser manipolato da un’altra volontà ».
In questi giorni in cui 1’opinione
pubblica è informata dei timidi tentativi compiuti da certi gruppi di militari favorevoli ad una fine della guerra nel Mozambico, e della furiosa reazione di ambienti ultra-conservatori,
non possiamo non pensare a tanti nostri fratelli che soffrono in carcere già
da molti mesi, senza che nei loro confronti sia stato ancora formulato un
preciso atto di accusa. Conosciamo i
nomi di alcuni di loro: Maria Conceigao Moita, Luis Moita, Nuno Teotonio, Joaquim Osorio. Teotonio è un
architetto di fama mondiale, Luis Moita è professore di etica presso il Seminario evangelico di Lisbona. Quest’ultimo è stato arrestato verso la fine di novembre, in un’ondata di arresti che ha coinvolto più di 500 persone. Sono tutti credenti, sospettati di
aver fatto parte di una commissione
di soccorso per i prigionieri politici,
contrari alla guerra coloniale. Amnesty
International ha documentato alcuni
mesi fa, al Congresso di Parigi, che la
prassi della tortura è abituale nelle
carceri portoghesi. La prigione quindi
vuol dire tortura, cella di segregazione ecc. Sappiamo che molti di questi
prigionieri, dopo essere stati in prigione per qualche tempo, vengono rilasciati senza processo, ma in uno stato psicofisico disastroso, tanto che necessitano di ricovero in ospedale per
gravi disfunzioni organiche. Altri so,no messi in libertà solo dopo il versamento di ingenti somme come cauzione.
Forse i quattro di cui sopra saranno processati tra giugno-luglio e ottobre-novembre.
Le chiese protestanti (esistono in
Portogallo battisti e presbiteriani) hanno cercato finora di mantenere una
posizione di neutralità, ma vengono
ora guardate con sospetto e sottopote a controlli, perquisizioni ecc. Il governo guarda anche con sospetto il
CEC, a causa della sua presa di posizione nella lotta contro il razzismo.
Cronache ecologiche
B II parlamento della Germania federale ha
votato una nuova legge ecologica che b
stata defínita la a Magna Charta della dife.^a
dell’ambiente ». Coloro che si renderanno colpevoli di inquinamento saranno condannati a
multe fino a 100.000 marchi (quasi 30 milioni di lire) e a pene detentive fino a 10 anni.
La legge prevede, in particolare, nuove disposizioni per proteggere l’ambiente in settori di
attività specialmente inquinanti o rumorose.
^ «-Eieg » (= Vittoria) e « Heil » ( = Salute): era il saluto e la risposta dei tedeschi seguaci dìHitler.
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
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