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LA BUONA HOVELLA
GIOKNALE DELLA EVANGELIZZAZIONE ITALIANA /
Prfuenclo la verità nella carità. — Kfe3. VI. 1^.' r,
V
PREZZO DI ASSOCIAZIONE i LE ASSOCIAZIONI SI RICEVONO
Per lo Staio [franco a destinazione] .... £. 3 00 ; In Torino airiTiftzio del Giornale, via del Principe
Per la Svizzera e Francia, id........... „ 4 25 2 Tommaso dietro il Tempio Valdese.
Per l’Inghilterra, id................... „ 5 60 J Nelle Provisctb per mezzo di franco-bolli po
Per la Germania id................... ,, 5 50 ì staili, che dovranno essere inviati franco al Di
Non si ricevono associailoiii per meno di uu anno. ^ rettore della Bcona Novella.
AU’estero, a’seguenti indirizzi; Parigi, dalla libreria C. Meyruei», rue lUvoli;
Ginevra, dal signor E. Beroud libraio ; Inghilterra per mezzo di franco-bolli
inglesi spediti franco al Direttore della Buona Novell».
SOMMARIO
Concorso per un premio dì mille due cento franchi —Il rinnegamento di S. Pietro — Necrologi»;
la signora Favier — Cronaca della quindicina— Aununzj.
CONCORSO
Ci\ PREmO BVE CEXTO FRACCHI
AD AGGIUDICARSI
ALL’AUTORE DEL MIGLIORE SCRITTO SU QUESTO
SOGGETTO:
Della neceBsitù e dei mezzi dì operare una Riforma Cristiana in Italia.
Convinti che tutti i mali che affliggono l’Italia, di qualunque
natura essi sieno, hanno per cagion principale l’ignoranza o l’abbandono dei principj del Gristianesiiiio, nonché le false interpretazioni
date agli insegnamenti del Salvatore degli uomini; convinti, in pari
tempo, che l’unico mezzo di rimediare a tali sventure è di far ritorno
al Vangelo e di applicare i suoi divini precetti alla vita dell’individuo,
della famiglia e della società, offriamo un premio di mille due cento
franchi (fr. 1,200) all’autore del migliore scritto il quale, in un colla
dimostrazione del male che segnaliamo, faccia il meglio conoscere
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la natura del sol riine<Ho che possa guarirlo, nonché i mezzi di
applicarlo
I concorrenti sono invitati a ben internarsi nel pensiero che ha
inspirato questo concorso.
Bisogna che all'intuori e superiomente ad ogni preoccupazione
politica od ecclesiastica, coloro che vogliono il vero bene d'Italia,
procaccino perseverantemente la di lei rigenerazione, applicando ai
di lei bisogni il Cristianesimo, quale ce lo fan conoscere gli scritti del
Nuovo Testamento.
Bisogna che comprendano che, senza un rinnovamento morale,
l’Italia non potrebbe ottenere nè pace, nè libertà, nò grandezza alcuna,
che sieno veramente degne di un tal nome; bisogna che mirino ad
operar la rigenerazione della società per mezzo di quella della famiglia, e la rigenerazione della famiglia mediante quella dell’individuo.
Dovranno mostrare fino a qual punto il vero Cristianesimo sia
lungi daintalia; fin a qual punto ne siano ignorati i principj ; l’indifferenza, l’incredulità, la superstizione invadenti le diverse classi
della società; e, come conseguenza, la decadenza del senso morale,
l’indebolimento o la distruzione della vita di famiglia, e finalmente,
la vita pubblica, le lettere, le scienze, le arti, l’agricoltura, l’industria
ed ogni materiale interesse della contrada incagliati a cagion del di
lei stato morale.
Dopo di aver, in tal guisa, misurata l’estenzione e scandagliata la
profondità del male, dovranno esponendo i grandi fatti, nonché i
grandi principj del Cristianesimo, mostrare il rimedio e le sue diverse
applicazioni ai bisogni della generazione presente in Italia, dire il
modo di farlo conoscere, ed indicare i doveri degl’individui, quelli
del Clero e dello Stato in faccia al Vangelo.
Finalmente gli autori sono invitati a non perder giammai di vista
che il libro che si ricerca è destinato ad e.ssere egli stesso uno dei
mezzi d’operare il bene desiderato; che per conseguenza dev’essere
diretto non a coÌoro che il Vangelo ha di già guadagnati, ma a quelli
sibbene che non ha guadagnati per anco, e fra questi a quegli uomini,
che avendo ricevuta, una qualche coltura intellettuale, son nel caso
d’esercitare una certa influenza sui loro concittadini.
Le indicazioni che precedono non son destinate a fornire nè un
quadro, nè im piano dell’opera domandata, meno ancora a fissare i
limiti ove il pensiero degli autori dovrebbe arrestarsi; son destinate
unicamente a far ben compredere lo scopo di questo concorso; e desi-
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deriamo che gii autori conservino, quanto al concetto, al piano ed al
titolo deH’oi)era, la libertà la piii intiera.
La stessa cosa diciamo quanto alla forma della medesima: che
alletti prima di tutto, e poi poco importa o ch’ella sia didascalica,
polemica, epistolaria o se vogliasi anche drammatica.
CONDIZIONI DEL CONCORSO
I
L’opera coronata riceverà un premio di mille due cento franchi (fr. 1,200)
qualora sia scritta iu lingua italiana ; e di nove cento franchi (fr. 900)
solamente, se è scritta in un'altra lingua.
II
Il premio non sarà aggiudicato che nel caso in cui i giudici del Concorso
saran di parere, che un dei concorrenti l’avrà meritato.
Ili
n concorso sarà chiuso il 1° di marzo 1860.
IV
I manoscritti dovranno essere indirizzati prima di quest’epoca al signor E.
Corinaldi, Lungo Paglione Massena, 15, Nizza di Mare (Stati Sardi).
V
Ogni manoscritto porterà un’epigrafe, riprodotta sopra di una coperta da
lettere, la quale sigillata e contenente il nome e l’indirizzo dell’autore,
dev’essere spedita insieme col manoscritto.
VI
I sottoscritti giudici del Concorso saranno i soli proprietarj deU’opera coronata, coll’obbligo di regalare all’ autore cinquanta copje della prima
edizione.
VII .
L’opera non dovrà oltrepassare le cinque cento pagine di stampa, di circa
due cento quaranta parole per pagina.
Nizza, aprile, 1859
Igiudici del Concorso...
Edoardo Biley—Francesco Bkdschi—Edoardo CoRiNALDt—P. Fitzrot-Hamilton—Caelo Harris—
A, BnEN-Mnapoc—Lbose Pilatte—Qio. Tresca.
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IL RINNEGAMENTO DI PIETRO
Era l’ultima notte prima della croce. Il Giusto era stato consegnato
nelle mani dei malvagi, e legato come uno schiavo da coloro ch’egli
avea liberati dai vincoli della morte; egli stava per essere condotto
al macello quale agnello.
Gli Apostoli testimonj del vile tradimento d’uno fra loro eran
fuggiti, “ciascuno in casa sua” (Giov. xvi, 32). Vicino al monte
degli Ulivi, un giovane s’era imito alla moltitudine che accompagnava Gesù, ma presolo come partigiano del Galileo se n’era fuggito
ignudo, lasciando il panuo-lino nelle mani de’ soldati (Mare. xiv,52).
Il tristo corteggio, condotto forse ancora una volta da Giuda, oltrepassata la parte dell’orto e a poca distanza della tomba di Assalonne,
traversava il torrente Cedrone, giungeva presto alla porta della città,
saliva una delle numerose vie montanti, ed arrivava alla casa di
Anna, poi a quella di Caifa, suo genero, situata, si crede, vicino alla
montagna di Sion. È assai probabile che queste due case non ne
formassero che una; imperciocché Anna o Anano, i di cui cinque figli
furono sommi sacerdoti, era l’uomo influente (Luca iii, 2; Atti iv, 6)
forse il Nasi o Presidente del Sinedrio e domiciliato nel palazzo ponti
ficaie. (*)
La porta si apre, indi si chiude dopo d'aver lasciato passare la
moltitudine che conduce il Salvatore: è il suo primo interrogatorio.
V’ha silenzio ncUe vie, è “ l’ora delle tenel)re ” (Luca xxii, 53), e
Gerusalemme, immersa nel sonno, ancor nulla sa delle scene d’orrore
che l’astro del giorno sta [>er illuminare, o meglio, che stanno per
oscurar questo.
Per le diserte vie s’avanzano due uomini, prendendo lo stesso cammino percorso dal prigioniero ^ dalla sua scorta : son Pietro e Giovanni che riianno seguito da lungi (Mar. xiv, 54; Giov. xviii, 15).
Giunti alla porta del sommo saijprdote, forse nel medesimo tempo
degli ultimi della turba, l’un d’essi, Giovanni, perviene ad entrare.
Pietro aspetta un momento nella via, “ e l’altro discepolo ch’era co
(*) La traduzione del Diodatì ha introdotto senza autorità, dietro san Cirillo, una
parte del versetto 24 del capitolo xviii di S. Giovanni nel vers. 13, nella supposizione che il primo interrogatorio abbia avuto luogo presso Caifa e non presso
Anna.
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iiosciiito dal sommo sacerdote, esce c iiavla alla portinaja. la quale
fa entrar Pietro. ”
Eccolo dunque introdotto; e non Iddio, come jx’r Noè, ma il maligno ha serrata la porta dietro lui. Il carattere differente dei due
discepoli li separa; Giovanni pili profondamente connnosso del suo
amico fugge dal cortile roraoroso e dalla società dei Elidati e dei servitori, e va, senza dubbio, a spiare in qualche andito oscuro del palazzo la sorte e le parole del suo divino amico; egli vut)le vederlo
ancora, udirlo, sentirsi vicino a lui sino al supremo istante, e gixlere
della dolorosa soddisfazione di non lasciarli» soffrire atlatto solo.
Frattanto Pietro cólto da terrore, e senza avere alcuna idea chiara di
ciò che voglia fare, comincia per andare a riscaldarsi. Ha da molto
tempo calmato l’accesso di coraggio che gli fece tirar la spada contro
Malco, nell’orto degli Ulivi; il di lui ardore s’è raffreddato, e a quell’imiieto momentaneo è succeduto nou so quale stu{>ore, imito certo
ad una triste inquietudine. Nel mezzo della corte i soldati haimo
acceso un fuoco di carb(.)ni per temperare la freschezza piccante d’una
notte dì marzo, e l’imprudente apostolo, simile in ciò a molti uomini,
che nel momento dell’agitazione si gittano a| coq>o morto nel mondo
e ne’ suoi piaceri, prende parte alle conversazioni degli assistenti;
egli vorrebbe soffocare quella paura di che ha vergogna, e calmare
l’inquietudine interna collo strepito esteriore. Con quale incredibile
leggerezza ha egli obliato l’a\^'ertimento ripetuto dal Maestro “ Simon, Simon, ecco, Satana ha richiesto di vagliai'ti come si vaglia il
grano ” (Luca xxii, 31-39; Giov. xin, 3(!-38; Matt. xxvi, 31-35;
Marc. XIV, 27-31). Egli piìt non si ricorda, perchè non vi cn.'de, ed
è l’incredulità il suo primo peccato. Vorrebbe, tutto an’opjìosto, provare al di lui Maestro ciò che valga il suo Pietro; vorrebbe mostrargli ch’è degno del proprio nome. È certo del fatto suo, e come promise a Gesù di andare fino alla morte, ei si ostina a corrervi,
quand’anche la debolezza del cuore disconosca la fermezza del proposito: “ coliù che si confida nel proprio cuore è un’insensato ” (Prov.
xxviii, 26). Pietro ha dimenticato la preghiera del suo Salvatore
“non addurci in tentazione”;si confida in se stesso, ed ecco la seconda
causa della caduta è la presunzione. La tentaaione allora sorge,
inattesa come il serpente nell'erba, stri.sciando nel silenzio, a passo di
ladro. In questo momento circa, la portinaja, ch’era entrata di certo
in (pialche sospetto vedendo Pietro entrare con Giovanni, riconoscendo lo straniero alla luce del fuoco, gli dice; “Non sei ancora
tu de’ discepoli di quest’uomo?” ('(ìiov. xviii. 17) e gli ripete in
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faccia a tutti con sicurezza; “ Ancora tu eri con Gesù Nazareno. ”
La parola della fantesca bastò a dissipare l’orgogliosa presunzione
dell’apostolo, ed in pubblico risponde; “ Io non lo conosco, e non so
ciò che tu ti dica” (Marc, xiv, 68). Io nou lo conosco! Chi? — Colui
che testé ancora era il di lui Maestro, Salvatore ed onnipotente Signore ! Chi ? — Colui al quale dichiarava altra volta con tanta
forza; “ Tu sei il Cristo, il Figliuolo dell’ Iddio vivente 1 ” Chi ancora ? — Colui che gli dicev’'a poche ore prima: “ come il mio Padre
m’ha amato, così io vi ho amati; dimorate nel mio amore! ” Questo
vile abbandono ha tuttavia coperto di rossore il fronte dell’apostolo;
vorrebbe fuggire, si alza e se ne va verso il portico che conduce all’entrata; ma la portinaja, accompagnata forse da altra fante (Matt.
XXVI, 71) lo ritrova; implacabile, ella ripete l’accusa, e indirizzandosi a tutti gli astanti, dice: “ Costui è di quelli ” ed altre voci testimoniano con essa: “ veramente tu sei di quelli. ” Pietro, Pietro,
Satana ha richiesto di vagliarvi, ed i colpi del suo vaglio sono senza
pietà; non lascia alla sua vittima nè pace nè tregua; Pietro, arrenditi,
la porta è chiusa; fuggire è tradirti; ritorna al fuoco, in mezzo ai
soldati, vien bestemmiare con essi, come quando tu eri il grossolano
pescatore Simone di Betsaida. Poniti in calma; il turbamento momentaneo del tuo cuore è scomparso. Questo nemico accampato alla porta
di cui testé eri àncora padrone, è entrato ; i suoi desiderj miravano a
te; or sono soddisfatti, ed il nemico tace. Meno spaventato della di
lui nuova infedeltà, Pietro vi si sprofonda sempre più; si avvicina al
fuoco; sentesi più contento fra que’ soldati ai quali divenne più simile; parla, ode discorrere di “ quest’uomo” che non conosce; oblia
tutto, eccetto il fuoco che lo riscalda e gli uomini che l’azzardo ha
collocati vicino a lui. Un’ora così trascorre, ma la tentazione viene
una terza volta a ridestarlo ; la sua rozza fevella, gli A simili agli
0, infine il suo dialetto gaUleo lo tradisce; inoltie, un parente di
Malco lo riconosce, e guardandolo nel bianco degli occhi, gli dice:
“ Non t’ho io veduto con lui nel giardino? ”— Per la terza volta
Pietro nega, e non contento di negare, si mette a pronunciare delle
imprecazioni contro se stesso, volendo ad ogni costo far accettare
l’indegna menzogna. — E il gallo cantò. — Frattanto il Salvatore
avea subito il secondo interrogatorio. Condotto prima dinanzi ad
Anna che cerca d’orientarsi sulla quistione, interrogandolo come uno
sconosciuto sopra i suoi discepoli e sulla di lui dottrina, è stato flagellato da un sergente; condotto in seguito verso Caifa, comincia
per tacere, perchè in luogo di giudici non trova da pertutto che dei
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carnefici; quegli Scribi, guardiani tanto gelosi della legge ne cal{)estano le più semplici prescrizioni. — Inviano ella pioibisce i giudicii
notturni, iavano sjiecifica i delitti soli degni di morte; qui la sentenza è pronunciata anticipatamente nel cuore dei giudici o meglio
dei carnefici. I falsi testimonj succedonsi; si procura di colorire almeno con qualche apparenza il vile assassinio, ma in vano; la vittima
è inattaccabile; “ Io ho fatte vedere m-ilte buone opere, procedenti dal Padre mio; {?er la qual desse mi lapidate voi?” (Giovanni
X, 3-2).
E frattanto conviene ch’ei muoja, è degno di morte; a qualunque
costo, bisogna che sia imnjolato all’odio loro; ed il solo delitto di cui
possono rimproverarlo, si è d’essere il Figliuolo di Dio (Mat. xxvi,63).
Allora egli è abbandonato ai furori dei servi e dei soldati ebrei, gli
si copre il viso, lo s’insulta, gli si sputa, lo si batte e gli sgherri gridano
a lui ; “ profetizza, chi t’hii battuto ?” “ Lo si sollecita, lo si preme, non
apre la bocca; è stato condotto alla macellerìa come un agnello, e come
una pecora muta dinanzi a colui che la tosa, egli non aperse la bocca ”
(Is. lui). Finalmente quando si fece giorno (Lue. xxii, 66) il Sinedrio si raccolse, e Gesù ebbe a subire un’ultima procedura {)iù rapida
e più derisoria delle altre,s’è possibile. Siccome dove vasi aspettare l’arrivo
dei 71 Senatori, Gesù dovette restare senza dubbio sotto i portici della
corte. — Seduto ancora nel luogo del suo peccato, Pietro vedeva
avvicinarsi il giorno con turbamento crescente. Oh ! com’egli avrebbe
voluto prolungare quella tetra notte ! AvTebbe voluto nascondersi
per sempre, avvilupparvisi e fuggire alla vista del giorno. Ma già
l’alba sorge ed il gallo canta; si scopre da se; vedesi in tutto l’orrore
della sua nudità, della sua vile infedeltà. “ Pietro, ch’hai tu fatto?
“ Tu Hiai rinnegato, il Santo, il Giusto! Tu hai rinnegato Colui che ti
“ ha tanto amato. Colui che ti trasse dalle onde, e ti onorò della sua
“ amicizia! Tu l’hai rinnegato, quand’era legato da corde! Quando
“ avea del pane a dare, tu lo seguivi, ma ora che i di lui nemici lo
“ conducono a morte, tu l’hai rinnegato ! Egli me l’avea ben detto !
“ Sì, sì, 0 grido accusatore ! o canto di gallo, tu mi ripeti il suo
“ avvertiment(5, ma è troppo tardi ! — Com’è acuto il tuo suono,
“ com’è {«netrante il tuo grido ! Tu assomigli alla tromba del giudizio;
“ taci 0 gallo accusatore! taci!... Anzi... no... grida contro Simon il
“ perfido ! Accusalo dinanzi alla di lui coscienza, accusalo dinanzi
“ a Dio, accusalo dinanzi agli angeli che hanno visto il di lui rinne“ gamento! Egli me l’avea ben detto, quand’era tempo ancora. 0
“ santa vittima! che abbauduuai; tu chegenii forse inun’oscufocarcere-
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“ o mio Maestro! come mai ho potuto rinnegarti? ed ora è troppo
“ tardi ! ”
No, no, Simon, non è troppo tardi. “ Io ho pregato per te affinchè
la tua fede non venga meno ” (Luca xxii, 32). “ E Gesù volgendosi
riguardò Pietro. ” Mentre il grido del gallo risuonava ancora all’orecchio suo, ecco venir Colui ch’egli ha rinnegato. Lo sguardo già
velato dal dolore, ei cammina ancora con fermo passo seguendo coloro
che lo battono; già il di lui corpo è livido per le battiture, i barbari
soldati lo considerano come la vittima loro ; nou è più un’ imputato,
è un condannato che presto verrà condotto al supplizio.Pietro vorrebbe
evitare il di lui sguardo, nascondersi agli occhi suoi ; eppure quanto
desidererebbe udirlo di nuovo, parlargli una volta ancora, dichiarargli
il proprio peccato ; ma ei passa, e l’apostolo rimane immerso nel suo
triste dolore. Allora Gesù, volgendosi, guardò Pietro: “ Pietro ! ho
tutto veduto, guardami ! — Pietro ! v’è speranza, perchè ho pregato
per te onde la tua fede non venga meno. ” E Pietro essendo uscito,
pianse amaramente.
Cristiani, che sembravi di questo amico ? — Che pensate voi di
quello sguardo ch’è ad un tempo il gastigo del peccato ed il rimedio
pel peccatore ? E forse quel duro padrone che raccoglie dove nulla
ha seminato ? Ascolta, tu dunque, che sai essere Gesù un padrone
così severo, ascolta la storia di Pietro; ascolta tu che hai paura della
penitenza e credi ch’ella consista nel lacerarti la carne come i flagellatori, ascolta ciò che sia la penitenza: “ Gesù guardò Pietro, e Pietro
uscì e pianse amaramente.” Discepolo tiepido e senza amore pel suo
Maestro; cristiano, che hai perduto il tuo primo amore; cuore di^àso
che spesso nel mondo, dinanzi ad un gi’ande signore o ad una fante
non hai riconosciuto “quest’uomo”... è te che Gesù guarda oggidì, è te
che Gesù vorrebbe umiliare e far entrare in te stesso. Da gran tempo
ei s’è rivolto a te, affinchè tu ti rivolgessi a lui. Sii certo, egli t’aspetta,
ti cerca, ti vuole ancora ; guardalo ! le mani legate, l’occhio velato
dal dolore, le membra livide per te ! guardalo ! egli si volge a te
per dirti: “ ritorna, ritorna, v’ha tuttavia im Sah'atore per l’anima tua
infedele; lascia il triste fuoco ove tu ti riscaldi invano; la società
dove tu cerchi di obliar me; Simon, Simon, Satana ha richiesto di
vagliarvi come si vaglia il grano ; ma io ho pi-egato per te affinchè
la tua fede non venga meno.” Esci dunque dalia seducente compagnia,
dalle pericolose amicizie dove non si osa parlare di Gesù; fuggi per
qualche istante il sito infuocato in cui si agitano i nemici del Vangelo,
e va piangere, pianger solo, pianger per aver scordalo Colui che t’ha
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salvato co’ suoi dolori Egli nou ti fai’à dei rimproveri ; ma, come a
Pietro, si contentercà di dirti: “ Simon, fìgliuol di Jona, m’ami tu ?”
Oh! sappi tu rispondergli alfine: “ Signore, tu sai ogni cosa, sai ch’io
t’amo! ”
(I. A.
¡\ECROIiOei.4
LA SIGNORA FAVIER
Caro amico.
Non vi farà maraviglia, ne sono certo, ch'io venga quest'oggi chiedere
a voi, e per mezzo vostro, ai lettori del vostro giornale, di unirsi meco per
deporre un fiore di gratitudine e spandere alcune lagrime di vivo e sincero
affetto sulla tomba appena chiusa della signora Favier.
A primo aspetto, questo nome nulla dirà ai più fra di essi; ma appunto
per questo, io voglio dire loro, in poche parole, di quanto siamo debitori a
quella che lo portò.
Sventurati noi, se lasciassimo cadere nell'oblio, e partirsene da questo
mondo senza avvedercene, quei fratelli forestieri, così numerosi, che tante
testimonianze ci danno del loro affetto!
Quando nel 1856, dietro mandato avutone dalla Chiesa, mi recai a Marsiglia, allo scopo di visitarvi i nostri fratelli della diaspora (dispersione),
presto potei accertarmi, che a malgrado del loro isolamento e della loro miseria sì fisica che morale, essi non sono tanto abbandonati e senza appoggio,
nella terra straniera, quanto io me lo sarei figurato. Non solo il Concistoro
di Marsiglia non manca mai di porgere mano soccorrevole a quelli fra di
loro che sono caduti nella miseria, ma parecchi fratelli e sorelle in Cristo
sono loro larghi di testimonianze di affetto e di benivolenza, per cui avrei voluto ringraziarli altrimenti che con parole. Fra tutto le case di Marsiglia
una ve n’era alla quale i miei passi rivolgeansi involontariamente ogni
qual volta sentivo il bisogno di ritemprarmi qualche poco nell'affetto, ed
era quella della signora Favier. Quella rispettabile donna , oriunda di
Nyons, nella Dróme, avea principiato fin dal 1839 a prestare lo sue cure agli
ammalati. Sapendo come, nel mezzodì segnatamente, sieno tutt’altro che di
rado gli ospedali cattolici, luoghi di pressione morale e di persecuzione per
i nostri fratelli evangelici, la signora Favier si senti spinta a gittarc in
Marsiglia le fondamenta d’ una Infermeria EvawjcUca . Diede principio
al suo progetto prendendo in affitto una materassa per un’ ammalata,
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che spaventava l'idea dell'ospedale. A questo primo letto ne tenne dietro
un secondo e poi un terzo, H posto diventando insufficiente, si dovette prendere in affitto una casa; ma anche questa non tardò ad essere troppo esigua.
Allora, facendosi innanzi i fedeli della Chiesa di Marsiglia e segnatamente
il Comitato deUe signore, e porgendo alla sig. Favier mano soccorritrice,
questa, fin dal 1848, ebbe la consolazione di ricoverare i suoi cari ammalati in
una casa vasta e comoda, posta in uno dei quartieri più elevati e più ariosi
della città, in via del Platano. Tutto in questa abitazione spira la pace e la
misericordia; e bastarono i primi passi che feci in essa, per darmi la prova
che gran parte degli oggetti continui di quella carità, sono d’infra i nostri
connazionali.
Vi fui ricevuto come un'antica conoscenza, essendo un buon numero
degli abitanti della casa dei Valdesi. Là, attaccata ai passi d’una fra le infermiere da cui non si dipartiva mai, scorgeasi una cara creaturina. Ahimè!
il di lei occhio vetroso ed immobile troppo chiaramente diceva che non
avea mai contemplato la luce del sole ; “ Questa è la nostra cara cieca.
Maria Revel, mi disse la signora Favier, rimasta orfana, e che abbiamo eredata; la teniamo con noi; è la nostra bambina, ” Più lungi, era una vecchia
donna ottuogenaria, del Villar; altrove una giovane del vai San Martino,
occupata come domestica nella casa; poi una Diaconessa nativa del Pomareto;
poi infine una moribonda, anche Valdese, che provò gran contento nel sentire
una volta ancora da uno dei pastori della sua Chiesa la buona novella della
salute ch’è in G, C. Al tempo del colèra avvenne, che oltre a 12 ammalati,
nostri connazionali, si trovarono accuditi, ad un tempo, in quella casa ospitale, In mezzo a queste infermità così diverse, fisiche e morali, parea che
la signora Favier si trovasse nel suo elemento; ed il Signore le donava in
gran copia la mercede della carità, cioè la gioja del cuore, “ Io mi sento
continuamente felice, ” mi diceva ella, il servizio del Signore non è disa
gevole, ” Ad onta della sua età inoltrata essa si dedicava intieramente, unitamente alla di lei figlia ed alcuni amici, fra i quali fui lieto di rinvenire uu
figlio delle nostre Valli, alla cui-a degli ammalati, intenta al bene deiraniuia
quanto a quello del corpo, attiva, vigilante, piena di vita, manifestando
sovratutto una grande fiducia nella misericordia di Dio verso il colpevole,
Epperciò essa non disperava neanco dei peccatori più indurati. Una notte
il sig, Béziers, uno dei pastori di Marsiglia, fu svegliato verso l’una dopo
mezza-notte, da un Turco e da un’ Israelita (se non m’inganno), percliè andasse a visitare una povera disgraziata che si moriva dal colèra in uno dui
quartieri i più male famati della città. La sventurata appena lo ebbe visto,
lo scongiurò a non lasciarla morire in quel luogo, ove tutto le rammentava la
sua vita delittuosa, e poco dopo la signora Favier accoglieala nella sua
infermeria. Grande era l’angoscia di quell’anima mentre, dalla soglie dell’Eternitàjrivolgea indietro uno sguardo sulla sua vita peccaminosa. “ Credete
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voi, diceva ella alla pia guardia che le stava a fianco, che vi sia possibilità
di perdono, per una povera peccatrice (juale io sono? ” E la nostra sorella
glie ne dava la certezza fondata sulla Parola stessa di Dio. L’infelice, sentendola a parlare così, si persuase che ignorasse la signora Favier la vita
che avea condotta fino allora, e che a tale ignoranja dovessero attribuirsi
le cure cosi amorose a cui era fatta seguo ; ma la nostra sorella disingannolla, dichiarandole che conosceva benissimo in quale abbiezione avesse
vissuto, ma che, ad onta di ciò, era persuasissima che il .sagrificio di G. Cristo
bastava anche per essa. La meschina ue fu profondamente commossa, e
morì, lasciando le più legittime speranze essere la sua speranza di salvezza
fondata Sull’Agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo.
Dopo aver, per ben ventidue anni della sua vita, certificato agli ammalati che il Signore ù fedele fino alla fine, potè la nostra sorella offrirne
la più cospicua testimonianza colla sua morte, che fu piena di speranza e di
pace. La salute della Signora Favier erasi risentita dalle soverchie fatiche
che s’imponeva, cosicché quando tornai a Marsiglia, nel 1857, non ve la
trovai. Ma da quell’epoca in poi essa si era restituita alle sue occupazioni,
e non fu che nel principio del mese scorso, che succombette ad una malattia
di 13 giorni, ch’erasi procacciata, nel prestare le sue cure ad una povera
ammalata.
Fin dal mercoledì, 4 di marzo, essa sentì che il suo termine s’avvicinava.
La mattina diede la sua benedizione alle care sue diaconesse, le sue figlie
nella fede, che con tanta sollecitudine avea educate al loro arduo còmpito;
poi vedendosi attorno persone che piangevano : « non siate in sollecitudine,
« essa diceva loro; fortificatevi in Dio, Egli è nostro Salvatore, nostro
« Creatore, nostro Signore, nostro Redentore ! Egli è sempre il medesimo, e
non muterà giammai » La di lei figlia non s’era mai divisa da essa, e può
comprendere chiunque abbia cuore, di quale profondo ed acerbo dolore fosse
l’animo suo come stracciato. Ma chi le dava forza era la sua stessa madre :
“ Egli vuol darti ciò che diede a tua madre, e ciò vale assai più che non la
“ tua madre. Prima che fosse fatto il mondo, Egli ha avuto pietà di te. Ho
“ chiesto che tu fossi lavata nel suo sangue, e questo è fatto. ” Ed accostandosi al ^0 letto i suoi quattro nipotini orfani, la morente esclamò: “ D
“ buon Dio m’ha detto: non essere sollecita nè per i tuoi figli, nè per i tuoi
“ orfani, Io avrò cura d’essi. ” — “ Cara madre, le diceva ¡)iù tardi la di
lei figlia, parlami ancora, dammi ancora qualche consolazione. ” — “ Dio te
“ le darà soggiunse ella, domandale a Lui. Dio è quello che mi ha fatto
“ grazia. All'ora della prova e dell’afliizione, io riparavo sotto alle ale del
" mio padre......Fa come ho fatto. ” La sera, verso le otto, un’amica venne
a vederla. L’ammalata era più oppressa, ma intieramente cosciente di
sè stessa. Vedendosi accanto uno dei membri del Concistoro: “ Iddio, le
“ disse ella, vi renda in cento cotanti la visita che fate alla povera mori-
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bonda ’’ Dopo una violente crisi: “ Ohi quanto avrei caro, esclamò ella,
che il Signore venisse a prendermi I Io non voglio mormorare, ma, avrei
tanto caro che venisse presto ” —Poi rivolgendo la parola al Signore :
“Non posso più parlarti, non posso più pregarti, ma posso ancora a marti! ”
Ad un tratto riaossi e domandò se si fossero medicati i suoi cari ammalati,
poi soggiunse: “Oh! ve ne scongiuro, accuditeli per bene, non li dimenti“ cate mai, quei poveri ammalati; ma per questo, vivete sotto allo sguardo
*• di Dio; allora solamente lo potrete, e la tentazione se ne fuggirà lungi da
“ voi ” — Dopo un momento di silenzio soggiunse; “ Io mi muojo, ecco
il singulto, io mi muojo! Ma non è morire l'andare al suo Dio. Io rendo
grazie a Dio che non una parola di mormorio mi è sfuggita dal labbro.
Egli è tanto fedele!! ” La domenica, 6 marzo, si addormentò circondata da
tutte le sue diaconesse e dalla di lei figlia. Le ultime parole che proferì furono queste; “ Sia con me l’onnipotente e graziosa tua presenza, o Pastore
dell'auima mia! Guardami! Dammi la mano! Oh! vieni presto, presto, Signore! ”
Occorre egli dopo questo rammentare la fine della parabola del Samariritano: “ Va, e fa il somigliante?” G. A.
CRONACA DELLA QUINDICINA
Fra le tante voci per la più parte vane e discordanti fra loro d armi, c
d’armati, di movimenti d’eserciti, e di personaggi diplomatici ch’ebbero
corso in questa ultima quindicina nella nostra Torino, non mancarono le
dicerìe riguardanti il Clero cattolico romano, e della parte presa dal medesimo in questo estremo pericolo, in cui versa la patria. Esso uon mai sazio
nè d’intrighi nè di sconvolgimenti politici, abbracciò la parte politica favorevole al nemico; e parteggia ormai più o mono apertamente per l’oppressore
dell’indipendenza italiana. I sacerdoti influenti, come i paroci, i confessori,
e predicatori avviliscono le patrie istituzioni, e poco badando |^i loro asserti
siano calunniosi o menzogneri, gli spacciano per verità, cercando così di
travolgere l'intelligenza delle ignare moltitudini, per ridurlo al loro modo
di vedere e di sentire.
Nella valle d’ANDOBRK, il 20 dello scorso marzo il Rev. Dottor Giacomo
Freccia, Arciprete della cura di S. Pietro, parlando in un crocchio di contadini delle cose dol giorno, annunziò con allegrezza grandissima “ che la
guerra era finita; che il re Vittorio Emmanuele era prigione iu un forte di
Genova; cho gli Austriaci erano in Torino per prendersi i bei milioni raccolti
testé per l’imprcstito dello Stato; chc i ministri erano fuggiti ec. ’' Tale di-
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scorso crimiiiOBO essendo stato riferito all autorità competente, l’indegnft sacerdote venne arrestato, e condotto prigioniero in Genova, Fatti consimili annunziandosi pure accaduti nelle Pdlcev uba, l'arcivescovo di Genova pubblicò
una circolare a tutti i paroci della sua Diocesi, che così principia : “ All’autorità secolare vennero denunciati alcuni di questo Clero quali autori di
insinuazioni tendenti a mettere pubblicamente, ed anche dal pergamo in
discredito la sacra persona del re, il Governo, e le misure che intende prendere, ed a versare lo scoraggiamento nelle fomiglie dei soldati chiamati or
ora sotto le armi ec. oc.'' — Passa (juindi il Prelato a niinacoiar pene ancora
ecclesiastiche contro quei preti, che si troveranno rei di tali accuse — Ma
nella moltiplicità dei preti di questo regno non manca mai chi sommini.stri
materia criminale ai magistrati, che presiedono all'esocuzione delle leggi.
Un prete economo della chiesa di S. Terenzio, accusato e convinto d'avere
alterato i registri parocchiali della chiesa intorno ai matrimonj ed ai morti
per deviare la succes.sione d'un’eredità dai suoi legittinù eredi, fu condannato
dalla corte d'appello di Genova alla pena di 7 anni di reclusione. I vescovi
in generale non guardano troppo al minuto quando trattasi di reati fra il
clero, che non appartengono alla politica, e sono viceversa rigorosissimi
quando alcun prete si allontana dal lor modo di vedere in ijuanto al dominio
temporale, cui pretendono. Il vescovo di Tortona proibì, con letterra circolare, nella sua Diocesi, la lettura del giornale la Libertà Cattolica, redatto
da preti, che dissentivano dalle massime corrutrici e dalle mondane ambi
zioni del Clero. E la circolare vescovile ottenne il desiderato effetto, poiché
il giornale subito venne interrotto. — Uno dei maggioriaddebiti della Libertà Cattolica fu. secondo VArmonia, l’aver riscosso l’approvazione della
Buona Novella. Ma se quel foglio clericale sapesse imitare la nostra mitezza,
ed il parco parlare, oh! quanto sarebbe di minore scandalo alla cristianità.
Per mostrare quanto i preti cattolici del nostro tempo vanno in traccia di
potere e di riehezze, ba.'ita osservare quid corona adulatoria formano intorno
alle teste coronate, e quanto incenso bruciano ai loro altari. A tutti è
noto, con quale scettro di ferro l'attuale re di Napoli regga i suoi popoli.
Pure Roma lo colmò sempre dei suoi favori; ed ammalatosi ultimamente in
Napoli, si vuotò il tesoro delle reliquie di quel regno per, ottenere per mezzo
di <juelle, la sua miracolosa guarigione. Ma nulla di bene operando tanti insensibili ed inutili ingredienti, bisognò che i chirurghi estirpassero un mostruoso tumore dal corpo di Ferdinando II. Un monaco camaldolese, il
quale ha fama di operator di miracoli, cominciò ad assopire le membra
dell’augusto infermo senza far uso dell’etere. Il confessore stava colà col
crocifisso di S. Domenico in mano, il qual crocifi.sso, secondo la leggenda
ha parlato a S. Tommaso d’Aquino. L'operazione riuscì fortunata; ed allora
una stranissima cerimonia ebbe luogo nella regia. I preti fecero l'esequie
a quel putrido corpo colle solite a.spersioni, incensi e preci, e con gran
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pompa lo seppellirono nella regia cappella, dove sono le tombe della stirpe
Borbonica di Napoli. Tali pompose adulazioni furono al certo ignote ai sacerdoti idolatri, che corteggiavano il trono imperiale dell’antica Roma. Non
sono però i preti Romani proclivi ad adulare in egual modo tutti i supremi
imperanti. Non parleremo del re galantuomo Vittorio Emanuele, il quale
hanno notato nel libro nero delle loro eliminazioni ; ma contro lo stesso imperatore Napoleone III, che restituì sul trono papale Pio IX coll’oro e col
sangue francese, pare che vogliano arruotare il dente velenoso, perchè proclamandosi protettore della giustizia e della verità minaccia difendere i dritti
dell’oppresso popolo italiano. Un certo P. Felice gesuita, nelle sue conferenze
tenute nella chiesa di Notre Dame, in Parigi prese ad encomiare il dominio
temporale del Papa, e la sua suprema autorità. Egli predisse guai a chiun
que avesse intaccato il potere del Pontefice, e riandando la storia degli
andati tempi attribuì la rovina di Napoleone I all'avor fatto prigioniero
Pio VII, ed aver distrutto il suo regno. Spinse il gesuita tant’oltre il suo
ragionamento su questo particolare, che lo stesso Arcivescovo di Parigi, che
era presente, facendo sembianza d’andarsene, l’astuto predicatore si raflfrenò,
e cambiando tuono ed argomento, condusse in altro modo a fine la sua predica.
Per tal motivo il foglio ofliciale di Roma, la Civiltà Cattolica, e VArmonia
innalzano fino alle stelle l'eloquenza ed il sapere del P. Felice, e fanno i
loro rallegramenti ai figliuoli di Lojola, perchè posseggono così da loro celebrato oratore.
Mentre però frati così focosi proteggono il dominio temporale del papa e
lo difendono a spada tratta, sorge in Parigi il sig. About, che facondo stampare un libro, intitolato la Question lìomaine, attrae sopra di sè tutte le
critiche e maledizioni dei clericali. Anche prima che venga pubblicato, l’Univers lo ha stimmatizzato e quindi VArmonia, e tutti i fogli clericali, che
emulandosi, fanno a gara a chi meglio può bersagliare il comune nemico.
Ma il sig. About poco o nulla curando le maligne invettive, confuta vittoriosamente il famoso rapporto di M. de Rayneval, fatto quand’era ministro
di Francia in Roma sulla situazione d’Italia, ed esaminando il governo del
papa in tutti i suoi speciali rapporti sì all’interno, che all’esterno, pone al
nudo la verità, smascherando tutte le turpitudini sì della legislazione che
della politica del governo romano. Noi, che rapportiamo questi fatti come
semplici cronachisti, nulla diremo a difesa dell’una o dell'altra parte. Ma
solo osserveremo, che in tutte queste diatribe suUa tanto contrastata autorità
temporale del papa, nulla vi ritroviamo nè di religioso, nè di spirituale.
Pare che l’apostolo Pietro (se pur vero sarà, che il papa sia il successore di
Pietro) non avesse altro di mira, che di emanciparsi dalle costituite autorità
e formare una comunanza cristiana assolutamente indipendente da loro. Questa senza dubbio sarebbe stranissima idea opposta del tutto all’andamento ed
allo spirito della dispensazione evangelica. — Che concluderemo da tutto
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questo ? A noi sembra che si possa giu,stamente, concludere essere ¡1 roraanismo una azione antinazionale italiana che per ottenere il regno della terra,
dimentica affatto quello del cielo — Ma diasi pur luogo alla Tcrità : in questa
foga politico-religiosa dei clericali si trovano pure delle nobili eccezioni.
Quattro pastori dolio Stato Sardo hanno diretto ai loro parochi lettere circolari rammentando loro i doveri cristiani, e sono gli arcivescovi di Genova
e di Vercelli, i vescovi di Pinerolo c di Nizza. Quest'ultimo specialmente,
riandando un poco sulla vita e massime cristiane dei primi secoli della
chiesa, raccomandò ai suoi paroci l'amore verso il prossimo, la carità cristiana, che doveano sempre aver di mira, e di fare in modo, che abbondanti
soccorsi si raccogliessero a favore delle famiglie indigenti, abbandonate dai
soldati chiamati a compire il loro dovere militare a difesa della patria.
A proposito de’ soldati, scorreranno ne siamo certi, con compiacenza i
lettori, i seguenti brani di lettera di un di loro, stataci graziosamente comunicata, poiché dimo.strano ove parecchi attingano quella prontezza al
dovere e quella devozione alla patria di cui danno tutto dì così cospicuo
esempio: — “ Ella ben si ricorda del mattino che c’incontrammo alla sta“ zione della ferro\-ia, dove le parlai delle nostre adunanze all’aria aperta.
“ Ebbene, dopo d'allora, anche in R.... dove siamo attualmente, non ab“ biamo mai discontinuato. Il sig. pastore G.. nella sua bontà, ci venne eem“ pre a visitare, una volta per settimana. La difficoltà di trovare un locale,
“ ci avea costretti a ricercarlo negli alberghi; ma quivi pure, ci trovavamo
“ più impacciati di prima; epperciò appena giunti a R.... nostra prima
“ cura si fu di trovare un posto adattato, perchè, uniti, potessimo leggere la
“ santa Parola di Dio e pregare assieme. Una bella vailetta che s'apre a
“ metà strada tra B.....e R.....tutta circondata di rialzi di terreno dove
“ nissuno viene a turbarci, fu trovata, così che sì gli uni che gli altri pos“ siamo intervenire all'adunanza. La prima volta che vi ci trovammo riuniti
“ il sig. G... tolse a meditare il capo x del libro degli Atti, dove è parlato
“ del centurione Cornelio. Ecco un soldato al pari di noi, circondato di
“ prove, di mali ed in tutti i pericoli'delle tentazioni, eppure uomo pio e
“ fervente nella preghiera, ed il Signore abbondantemente lo benedice. La
“ circostanza di trovarci quivi tutti riuniti dopo tanta separazione, noi che
“ più volte, quando eravamo in Savoja, avevamo offerto a Dio in comune
“ le nostre preci; il capitolo meditato a nostro caso, varie circostanze an“ cora suggerirono al cuore di uno di noi tante e così fervide domande,
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... 112 ...
“ ohe Vamen il più unanime e più simpatico fu la risposta Ji tutti alla sua
“ orazione. Dopo d’allora, tutte le settimane, non mancammo di trovarci
“ radunati nello stesso luogo. Bramando, mentre ce lo permettevano le
“ circostanze, di celebrare una volta ancora tutti riuniti la S. Cena, pren“ demmo a tale effetto in affitto da un'albergatore di R... una bella stan“ zina in cui 17 nostri fratelli venuti da B... e noi qui di E.... ci radu“ nammo a rompere il pane ed a bere il calice che dovea rammentarci la
“ morte del nostro adorabile Salvatore. ”
Domenico Grosso gerente.
ANNUNZI
Al DEPOSITO DI LIBEl RELIGrIOSI, via Principe Tommato, sano vendibili
le seguenti opere:
LA FROMAGERIE, roman ^ñllageois -^ax Jérémie Gottlielf „ 07 00
LE SOUHAIT D’ENRIETTE, ou l'esprit de dominatian par l’auteur de L’HERITIER DE REDCLYSTE en-12° . . . „ 03 00
LE PRESBYTÈRE, par Rodolphe Topffar cn-12° . . . . „ 03 50
NOUVELLES GENEVOISES, par Rodolphe Topffar en-12° „ 03 50
BIOGRAPHIE DU GÉNÉRAL HENRI HAVELOCK. mort
à Lucknow, par le rev. Broch en-12°........,, 03 00
ROSA, par Me. E. de Pressensé en-12°.........,, 01 50
JONH ET LUCY, épisode de la guerre d’Orient, par l’auteur d’un
institutrice en Angleterre en-12.........,, 01 50
LES DEUX EDUCATIONS, par Cathérine Sinclair, suite de modem accompliskement, en-12°..........,, 02 00
TOUINO — Tipofïrîifia CLAUDIANA, diretU lU R. Trombetta.