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ECO
»ELLE miiJ m»ESI
Cpstt.
Biblioteca Valìcss
("'ertilo)
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Settimanale
delia Chiesa Valdese
Anno XC ^— Num. 16
Una copia Lire 30
ABBONAMENTI l P®’’ l’“‘erno
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Eco e La Lucei L. 2.900 per l’interno | Spediz. abb. postale - I Gruppo
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TORRE PELLICE — 15 Aprile 1S60
Ammin. Claudiana Torre Pellice - C.C.P. 2-17557
Rallegratevi nel Signore risorto!
Il salario del peccato è la morte ;
ma il dono di Dio è ia vita eterna, in Cristo Gesù, nostro Signore. Rom. 6: 23
Cari fratelli e sorelle, avete udito
bene? Morte — ma vita! E’ nè più
nè meno quanto' ci diciamo in questi
giorni quando ci auguriamo scambievolmente : « Buona Pasqua ! » « Lieta
rasqua! ».
Troviamo queste due parole accostate in m.aniera impressionante in
altri passi della Bibbia, per es. nella
II Timoteo (1: 10) ; « Gesù ha distrutto la morte e ha prodotto in luce la
vita e l’immortalità»; nell’Evangelo
di Giovanni (5: 24) — una parola di
Gesù stesso — « Chi ascolta la mia
parola e crede in Colui che mi ha
mandato, ha la vita eterna; e non viene in giudizio, ma è passato dalla
morte alla vita»; nella I Epistola a
Giovanni (3: 14) una confessione di
fede della Comunità: «Noi sappiamo
che siamo passati dalla morte alla
vite », e intlne nel nostro testo ohe
è un passo dell’Apostolo Paolo: «Il
salario del peccato è la morte, ma il
dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore».
Osserviamo bene il senso del « ma » !
Morte e vita non sono semplicemente
due parole, due concetti, due idee, esse qui esprimono una sola via, una
sola storia, avvenuta il mattino di
Pasqua, nella resurrezione dai morti
del nostro Signore Gesù Cristo.
Avvenuta allora, una volta per
tutte, in Lui. Però già allora avvenuta per noi, in modo tale, da diventare la nostra storia: morte — ma vita,
vita eterna! Ecco perchè «sappiamo
che siamo passati dalla morte alla
vita».
Osserviamo anche in quale ordme
sono messe le parole: non troviamo
prima la vita e in seguito la morte,
e nemmeno sentiamo che dobbiamo
passare dalla vita alla morte. Già,
questo sarebbe il nostro curriculum:
prima essere giovani, poi maturare,
diventare vecchi, essere un po’ felici
e anche molto infelici, fare un po'
di bene e anche tanto male e infine,
come ultima cosa, morire e andare a
imputridire in qualche cimitero o essere dissolti nell’aria di qualche crematorio. Questo il nostro programma,
ma altro è il programma di Dio, Il
racconto di Pasqua comincia coti là
morte e la tomba, dopo c’è però Un
« ma » I che significa un proseguimento e conduce per una via a senso, unico, che non ha ritorno e che hitroduce nella vita, nella vita eterna. Cosi dice un nostro inno pasquale:
« E’ stata una guerra furente - combattuta tra la vita e la morte —
la vita ne è uscita vincente — la vita
è stata la più forte. — La Scrittura
ci ha raccontato — che ùna morte
la morte ha ingoiato-. AIlelLiia ! ».
Ecco ciò che è avvenuto à Pasqua,
in Gesù Cristo. Ora dobbiamo analizzare tutto questo.
«11 salario del peccato è la morte ».
''1 Da questo inizio del racconto di
Pasqua dobbiamo prendere anche noi
le mosse.
Invece di salario potremmo anche
dire la ricompensa, lo stipendio, il
contributo che il peccato paga a co
loro che lo servono, che lavorano per
lui. Curioso, il peccato ci fa l’impressione di essere quella che un furiere
è nel mondo militare — ó quello che
nel mondo degli affari è un datore
di lavoro o meglio il suo cassiere, co
lui che paga gli operai e gl’impiegati,
eccoti quanto ti viene per legge di
diritto, quanto hai ^adagnato con la
tua prestazione. Ti toma il conto?
Confrontai Vero che toma a puntino? Ecco cosa hai guadagnato: la
morte, nè più nè meno.
Ma che razza di furiere o di datore
di lavoro è mai il peccato che paga
così salato! Pensiamo a tutto quello
che l'uomo fa, pensa e dice di cattivo, di pazzo, di stupido, di egoista, di
duro, di maligno : in tutto questo il
peccato viene alla luce come i fmtti
appaiono su un albero. Ma tutto que
sto non è . ancora quel peccato di cui
la morte è il salario. Il peccato non è
solo le cose maligne che facciamo, è
il maligno in noi, il maligno che noi
siamo. Lo chiameremo il nostro orgoglio o la nostra pigrizia o vogliamo
chiamarlo la menzogna nella quale
viviamo? Chiamiamola questa volta
semplicemente quella grande ostina
zione che ci fa e ci farà sempre esse
re nemici di Dio, del nostro prossimo,
ma an-ohe di noi stessi. Questa ostinazicne ch^ è in tutti noi, è il peccato ed è 11 signore e il paarone che
serviamo, per il quale lavoriamo e
che d paga con la morte. Altra ricompensa questo signore e padrone
non na aa darci, altra non ne abbia
mo guadagnata. Non abbiamo da
obiettare che di questa ricompensa c
rimanga mai debitore.
E cos’è la morte, quale salario eoa
cui siamo pagati dal peccato? Debbia,
mo riflettere un momento anche su
cosa intendiamo con la parola « morte». Non si tratta solo del fatto che
una volta o l’altra dobbiamo morire.
La morte è qualche cosa di molto più
grande e pericoloso. E’ il, grande NO
posto sulla nostra vita umana coma
un’ombra pesante e cupa che la se
gue in tutti i suoi movimenti, e cioè
li giudizio che suona: o uomo, la tua
vita o quella che tu consideri la tua
vita, non ha senso perchè non è retta
e quindi non può avere nessuna du
rata. La tua vita è una vita respinta,
abbietta, vita che non ha ivalore nè
per Dio, riè per il tuo prossimo e nernmerio per te. «Morte» signiflqà che il
NO è pronunciato su di noi. « Morte »
significa che noi ora non possiamo
che morire e corromperci, diventare
polvere e cenere. Questa è la morte
con cui il peccato ci paga. Sul libretto di paga è scritto il NO. il giudizio;
E quando un giorno dovremo morire
sarà evidente che: il salario del pec■ci'Ao è la morte.^
Questa è dunque ia nostra storia.
Possiamo d’altronde dire che l’intera
storia del mondo è la dimostrazione
che il salario del peccato è la morte.
Ma lasciamo da parte la storia dei
..mondopila Qomprendiamo senz’altro
meglio pensando alla storia della nostra propria vita, dalla quale risulta
chiarissimo che per noi tutti il .salario del peccato è la morte. Ma ora fate
bene attenzione: vedete, al principio
del racconto di Pasqua, Gesù Cristo
;era là in una tomba come un morto
ed e stato crocifìsso-, è morto ed è stafto sepolto per aver voluto fare sua
-questa nostra storia, per aver preso
su di sè il nostro peccato come se
l’avesse commesso e si è posto nella
situazione di ricevere al nostro posto
il salario dìe egli paga. Questo ha voluto fare e ha fatto. Per questo il racconto di Pasqua parte dal fatto che
Gesù giace come un morto nella tomba. Vi siamo anche tutti noi, là nella
tomba di Cristo è pagato il salario
del nostro peccato, è avvenuta la nostra morte, al posto nostro. Il NO che
vale per noi e deve raggiungere noi,
si è abbattuto su di Lui, su quell’unico che non era un peccatore che non
aveva guadapiato la morte, e 1 ha con
dotto alla più amara fine.
ECCE HCMC
«M‘
[ a il dono di Die è la vita eterna».
Se l’inizio del racconto di Pasqua è un brutto inizio, com’è stupen
da la sua mèta, meraviglioso il suo
prosegmmento : la via a senso unico
sulla quale scorre questo racconto, sul
la quale anche noi siamo trasportati
non ci E»ermette di Viedere il peccato
— e anche la mort^,,che è il salario
del peccato — dav^tj a noi, li abuiamo dietro di noi.-‘
Vita eterna : è la mèta del viaggio
e anche del nostro v4agg:o, poidie va
squa riguarda anche noi. Non è un
viaggio di ritorno, cari fratelli e -sorelle, non è un viaggio cne ci conduca di nuovo in una vita in cui la no
stra cattiva ostiriazions ci metiéreo
be un’altra volta al servizio del peccato per ricevere la morte come .saia
rie ! ISO, si tratta ui entrare nella vita
eterna. La vita eterna è la vita degli
uemmi a cui Die na detto Si, una
volta per tutte, uu si assoluto e incondizionato al quale, non vi è piu
nana aa cammaie. vi|a eterna è vitfi;
di uomini vissuta coh Dio, nella siuà
cniara luce, aiimeinat-a e nutrita dalia Sua vita. Vita eterna è la vita degli
uomini ormai al servizio di Dio e
quindi immeaiatanieiite ancne al servizio degli altri tìej prossimo. Vita
eterna è vita forte e non piu debole,
vita lieta e non piu triste, vita vera e
non più perduta, m vita eterna perone
viene da Dio tu e conservata ua Lui,
indistruttibile vi ta .di uomini : una
vita che ha una durevole stabilità oltre la sua line na^iiraie neiia mLite,
che ora non può piu essere morte.
Ma la vita eterna e dono di Dio.
Non. è dunque di n #vo un salario.- un
guadagno, una ricompensa, uno' sti
pendìo, come la morte e ii salario dei
peccato. Ija vita eterna non è come
se Dio ci fcs3e debitore di quaiche co
sa, non è qualche cosa che noi abbiamo guadagnato — non è un pagamen,
to di bensei-vito. Vita eterna non e
una parola scritta su un liOretto-paga,
come morte e scritto sui lioretto-paga
del peccate-. D.o non è, come il pècca
to, un grosso furiere o un datore di
lavoro o un cassiere col conto in ma
no. Dio non dà la liquidazio-ne. Du
è un grandissimo e ragguardevoie si
gnore che si è riservato — e-d è la sua
gioia che non vuol pierdere — di do
nare s.mp-licemente, di colmare di
grazia secondo il suo piacimento. Ed
Egli dona la vita eterna. La vita degli
uomini quale vita eterna e dunque un
suo dono cc-mpietamente libero.
Se il racconto di Pasqua, la storia
di Gesù Cristo era partita dalla mor
te quale salario del peccato, questo è
Ecco l’uomo. Ecco quel tale che agita il popolo e i capì ma che fa ora una
misera figura... C’è annoiato disprezzo, forse ironica pietà, nella voce di Piloto.
E non sa che mai parola fu più vera.
Ecco /’uomo. Non come lo idealizzano gli uomini, ma come lo vuole Dìo.
Ndn il Bello, il Forte, il Glorioso, ma l’umile, l’ubbidiente. Il secondo Adamo,
il vero Adamo, che è, finalmente, quello che,.^j^damo non è stato, non ha mai
faiuto essere. L’uomo che ha compreso ch^rdirmnzi a Dio — e questo solo
vale, perchè'Lo ama fi ^ la Vera grandezza dell’uomo non è imporsi ma ubbidìrGli, non è domin^e ma amare. Anche a costo di essere schernito e sprezzato. .Anche a costo di morire. Rembrandt: Ecce Homo (1655)
ora il suo culmine. Nella resurrezione
di Gesù Cristo dai morti succede che
U dono di Dio, la vita eterna, viene
nel mondo. Lui, il suo diletto Figliolo,
Lui, il servo fedele e ubbidiente. Luche si è dato per fare suoi i nostri
pieocati e per morire al nostro posto
la nostra morte. — Lui Dio ha risvegliato dalla morte e ha chiamato dal
la tomba, Lui Dio ha rivestito della
vita eterna. Ma notate bene, miei cari fratelli e sorelle : Lui, perchè in Lui
noi — si veramente noi tutti, tutti e
ognuno — fossimo compartecipi del
dono della vita eterna. Cosicché, in
un meraviglioso cajiovolg'mento la sua
storia diventa la nostra, come prima
la nostra era diventata la sua. Questo
La sua risurrezione e la nostra
^ Io sono la risurrezione e la vita. Chi crede in me, anche se muoia, vivrà, e chi vive e crede in me non morrà
mai in eterno. Credi tu questo? Giovanni 11.
' Cristo non è risuscitato, vana è la nostra predica
w‘‘ÌLÌI ^ ® vostra fede; voi siete ancora nei
vostri peccati. Anche quelli che dormono in Cristo sono
'-sf . -w ' - duiiqiie periti. Se abbiamo sperato in Cristo per questa
vita soltanto, siamo i più -miserabili di tutti gli uomini.
Ma ora Cristo è risuscitato dai morti, primizia di quelli
che dormono. Bisogna che egli regni finché avrà messo
, , tutti i suoi nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico che
- sarà distrutto, sarà la morte. Ringraziato sia Iddio che
s ci dà la vittoria per mezzo del Signor nostro Gesù Cristo.
Perciò, fratelli miei diletti, state saldi, incrollabili, abbon% V danti sempre nell’opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore. I Corinzi 15.
Io sono il primo e l’ultimo, e il 'Vivente! E sono stato
morto, ma ora sono vivente nei secoli dei secoli, e tengo
le chiavi della morte e del soggiorno dei morti.
Apocalisse 1.
Renibràndt: La resurrezione di Lazzaro (1642)
è il culmine delTawenimento di Pasqua. Il grande MA! il grande Avanti! pronunciati da Dio e per la cui
forza peccato e morte sono diventati
per noi passato. E’ stata e rimane là
chiara luce di cui parla il l'acconto
della creazione. « Dio disse : Sia la luce, e la luce fu », La luce si è fatta
per noi a Pasqua, in Gesù Cristo. In
Lui tutti noi, tutti gli uomini, sono li
beri per la vita eterna. Il Signore è
r'suscitato, è veramente risuscitato, e
in Lui e con Lui siamo risuscitati veramente anche noi. Non dico questo
di mio. lo dico secondo l’Apostolo
Paolo, lo dico secondo l’Eoistola di
Giovanni : « Sappiamo che siamo pas.
s9*-i dalla morte alla vita».
Se è cosi, cosa ci rimane da fare?
Ci rimane da chiederci, da accettare,
da prendere a cuore, da render valido
il fatto che è così: la vita eterna in
Gp'o'i Cristo ncstro Signore è il dono
di Dio. Sapete a chi assomiglieremmo
se non ci accorgessimo di questa realtà, se non l’accettassimo, se non la facessimo valere in noi? Assomiglierem
mo a un uomo stupido che in questi
giorni dicesse: La primavera non è
ancora venuta, i ciliegi non fioriscono
ancora, piove sempre, diventa sempre
più freddo, e chissà che presto non
nevichi? Non sarebbe preprio uno stupido? Oppure potrei usare una imma
gine più forte: avete letto nei, giornali che nelle Filippine sono stati trovati due soldati giapponesi i quali
non volevano credere che la guerra
fosse finita da 14 anni e che continuavano a stare nascosti in una foresta sparando contro tutti quelli che
si avvicmavano? Strana gente, non è
vero? Ma noi siamo proprio come loro
S3 non ci accorgiamo, se non accettiamo e non crediamo che il senso del
messaggio di Pasqua è questo: è finita col peccato e la morte, ciò che
vale è il dono di Dio : la vita eterna a
tutti. Vogliamo farcelo dire in im modo semplice: morte — ma vita! Allora: Risvegliati o tu che dormi e risorgi dai morti, che Cristo ti illumini.
Egli. Gesù Cristo, che ha latta sua la
nostra storia e in un meraviglioso ròvesciamento ha fatto nostra la sua
bella storia! Egli, in cui è già distrutto il regno del diavolo; Egli, in cui è
già venuto a noi, a te ed a me, a noi
tutti, sulla terra, nell’universo, il Re
gno di Dio e la sua pace. Amen.
X {Sermone predicato la Domenica
di Pasqua 29 Marzo 1959 nella casa
di correzione di Basilea dai Prof.
Karl Bardi. Traduzione B. S.)
2
pag. 2
L'ECO DELLE VAIXI VALDESI
15 aprile W60 ■— N. 16
___». ■* A .* fg—k_
S'» -^1
GIOBBE ^ CRIS TO
Il Past. Roland de Pury ha dedicato uno
dei suoi masistrali studi a Job, l’homme
révolté {il titolo ha una voluta risomstiza
camusiana). Egli segue passo passo la lotta
di Giobbe contro i suoi amici che con i
loro ’’religiosi” ra^onamenti gli sono di
scandalo, rischiano di allontanarlo dalla
fede nell’Iddio vivente e vero; proprio
come l’amico Pietro sarà un giorno di
scandalo a Gesù, avvocato del diavolo e
non di Dio. La conclusione dello studio,
che non possiamo raccomandare abbastanza, è che Giobbe è una delle più chiare
figure profetiche di Gesù Cristo, nell’Antico Testamento, Riporitamo le ultime ¡m
gine:
Gesù conoscerà, nel corso della settimana santa, la miseria, l’abbandono
e l’angoscia di Giobbe. E’ lui che potrà dire: Dio mi ha abbandoruMo all’empio, sebbene nessun crimine abbia
macchiato le mie mani. Tutto l’abbominio del mondo si scatena contro il
servitore sfigurato. Inchiodato sulla
croce, può udire un’ultima volta il
richiamo del Tentatore : « Se sei il Figlio di Dio. scendi dalla croce! Allora
vedremo e crederemo! ». Altrimenti,
perchè sarebbe Figlio di Dio, perchè
avrebbe servito Dio? Se Dio non lo
libera, vuol dire che non è il Giusto,
evidentemente, ma un peccatore e un
impostore; oppure vuol dire che Dio
non esiste. I farisei con soddisfazione,
gli apostoli con disperazione, giungono a fare queste tristi considerazioni,
mentre Satana, finché Gesù respira,
spera ancora. Finché si prolunga l’agonia, può sempre dire a Dio : « Attendi soltanto, non terrà duro fino alla
fine; conta ancora che tutto questo
volgerà a suo vantaggio, per la tua
grazia; per questo tiene duro. Ma se
l’abbandoni completamente, se lo lasci morire come l’ultimo delinquente,
non potrà resistere. Non potrà esserti
fedele fino alla morte PER NIENTE.
Una tale fede, una tale speranza, un
tale amore nella disperazione non esistono sulla terra. Il suo ultimo pensiero sarà per ME, e con questo scenderà dalla croce, ed esaudirà i suoi
amici e i miei amici ».
Così, finché Gesù non è spirato^ finché la prova non è stata totale, l’accusa non è abbandonata; finché Gesù
respira. Satana respira. La prova deve
continuare, più incomprensibile, più
spietata, più radicale ancora che per
Giobbe. E Gesù, mentre Dio tace,
mentre trionfano la menzogna, l’ingiustizia e la malvagità, Gesù, dal fondo
deH’abisso e della notte grida : « Dio
mio, perchè mi hai abbandonato? »
riassumendo in questa sola domanda
tutto il lamento e tutta la protesta di
Giobbe; e al tempo stesso con Giobbe
si rimette nelle mani di Colui che lo
abbandona: Io so che il mio Difensore vive — Padre, nelle tue mani rimetto il mio spirito (rimetto la mia
causa). Nessuna risposta. Non succede
nulla, e Gesù muore.
Dio tace e Gesù muore. L’irreparabile si compie. L’irreparabile... per lo
Accusatore, poiché, stavolta, non ha
più nulla da dire. La dimostrazione è
data: tutto il ministero di Gesù, tutta
l’obbedienza del Servitore erano a per
niente ».
E la Risurrezione lo confermerà.
Attesterà appunto che quest’uomo è
stato fedele fino alla morte, senza calcoli e senza secondi fini, per puro amore verso colui che l’abbandonava. Attesterà che Gesù è il vero Giobbe che
ha fatto mentire per noi l’Accusatore
e l’ha precipitato. E che il servizio
gratuito di quest’uomo può essere ricompensato dalla gioia del Regno; diciamo piuttosto, può essere tradotto
in termini d’eternità con la Signoria
su tutte le cose : « Dio ha fatto Signore colui che avete ucciso ». « L’impero del mondo appartiene ormai all’Agnello immolato ».
Un’ultima domanda : se Gesù è stato così provato per tutti noi e ha turato la bocca a Satana, la nostra prova non è in qualche modo abolita?
non è divenuta senza ragione e senza
consistenza? No, perchè se Gesù è
l’unico Giobbe, provato per tutti gli
uomini, gli apostoli sono provati, loro,
dalla prova del loro Maestro. Dai
tempi del Nuovo Testamento tutti gli
uomini sono provati dalla prova di
Gesù. Cioè sono posti non più soltanto, come Giobbe, di fronte ad un Dio
che li spoglia, ma di fronte ad un Dio
che si spoglia. Ecco una dimensione
nuova della prova. E nessuno può
sfuggir* a questa dimensione nuova
della prova, di cui Satana si servirà
ancora fino alla fine del mondo j^er
distogliere gli uomini da un Dio povero e senza potere. Poiché è ben più
duro, infatti, vedere annientato colui
in cui si era messa tutta la propria
speranza che essere annientati noi
stessi.
L’ultima sera della sua vita Gesù
disse a Pietro : « Satana ha domandato di vagliarvi come si vaglia il grano ». Ora, non succede nulla a Pietro
nè agli altri. Neppure un graffio. Non
succederà loro che di assistere al supplizio e aU’agonia del loro Maestro.
E sarà il vaglio dì Satana. Chi mai
vorrà servire il Signore crocifisso? A
che cosa potrebbe infatti servire, servire un Dio crocifisso? Non è un Dio
inutile e inutilizzabile? La croce non
è il vero modo di far voltare la schiena
di tutti gli uomini all’Iddio di Giobbe, divenuto egli stesso povero come
Giobbe? Invece di facilitarci le cose,,
la vittoria decisiva di Gesù sulla croce
ce le rende ancora più difficili, ma
rende pure più completa l’epurazione.
Dio ci spoglia e Dio si spo^ia.
Quando sianio davanti alla croce, davanti a un ' Signore spogliato come
Giobbe, e noi stessi spogliati come
lui, non può nascere e durare fra lui
e noi che questo puro rapporto fra
persona e persona, questa relazione
assolutamente gratuita che è l’amore.
Sulla croce, Dio non dà nuiraltro che
se stesso, e non ci chiede null’altro che
noi stessi.
Satana non è vinto da Giobbe. E’
vinto da Gesù Cristo. Ma la prova di
Gesù ci dà la vittoria. Ci sono ormai
tanti Giobbe quanti uomini che credono in Gesù Cristo. La prova di
Gesù apre a tutti gli uomini le porte
del mondo della grazia; chi crede al
crocifisso e si appella a lui, non può
essere accusato di servire Dio per interesse. E’ al di là di ogni interesse.
Ha già tutto perduto e tutto guadagnato. Quando l’Apocalisse fa allusione al libro di Giobbe e dichiara:
« Ha precipitato l’Accusatore dei nostri fratelli, colui che notte e giorno
li accusava davanti a Dio. L’hanno
vinto con il sangue dell’Agnello e con
la loro testimonianza » (cap. 12), non
vuol dire altro. Chiunque attraversa
la prova della morte di Gesù, la prova di Giobbe nella sua dimensione
cristiana, si ritrova, al di là di questo
sangue, nel mondo della Risurrezione, nel mondo nuovo della gratuità
pura, da cui l’Accusatore, il Calcolatore, lo Sfruttatore è per sempre escluso. Grazie al sangue deH’Àgnello e
non grazie al proprio, grazie alla prova ‘del Figlio unico e non grazie alla
propria, l’uomo entra nel Regno dell’amore, dove tutto gli è reso non al
doppio come a Giobbe, ma al centuplo. ^
O terra, ’non nascondere il mio sangue!
Giobbe è esaudito. Il suo sangue
grida su tutta la terra la disfatta di
Satana e il trionfo'del Servo di Dio.
Roland de Pury.
JUDAS
ou rimpuissahce dii mal
Judm s’est pendu. Le diable, qui
était entré en lui au moment de la
Cène pour faire de l’apôtre l’exécuteur de son dessein n’a pas été capable de protéger son serviteur de la
puissance du néant. Le suicide de
Judas est déjà un signe de la victoire
de Jésus, il pourrait même être interprété comme un témoignage, néga,tif, de la résurrection. Judas considère sa trahison non seulement comme un impardonnable péché (” j’ai
péché en livrant le sang innocent ”),
mais encore comme un si total échec,
que la mort lui paraît la seule issue.
Cet homme s’étant condamné luimême, nous n’avons pas à le faire.
Qui d’ailleurs, pourrait être essez
hypocrite pour refuser toute affinité
avec Judas? Après tout, l’Iscariote
n’est que l’homme au plus aigu de sa
révolte, l’homme qui ne peut souffrir
d’être aimé de Dieu, appelé et élu
(”l’un des Douze” !) et qui est prêt
à n’importe quoi, à tuer son Dieu,
pour demeurer son propre maître.
N’est-ce pas en voulant préserver sa
liberté, sauver sa vie, que Judas s’est
perdu, littéralement s’est tué? Aussi,
se qu’il a fait, nous avons vu que
l’Evangile nous laisse entendre que
chacun des Onze eût pu le faire attssi
bien.
Nous avons mieux à faire que de
condamner ce homme. Tentons plu
Il travaglio politli
Le periodiche crisi ministeriali hanno,
di solito, rivelato il travaglio interno del
mastodontico ed eterogeneo partito cleri
cale. La crisi recente, iniziatasi il 23 Feh
hraio con le dimissioni del ministero Se
gni, ha confermato che, in realtà, la crisi
non è del sistema parlamentare nè degli
altri partiti, ma è una crisi profonda, ed
apparentemente insolubile, del partito clericale, ed in ultima analisi dei cattolici
italiani. Non solo, ma in realtà di ogni
cattolicesimo politico.
Già il ministero Fanfani.ej;a caduco per
la 'lùngar’àorda, imiilacàbile ostilità di
correnti democristiane, avverse ad ogni
tentativo di collaborazione di centro-sinistra. 11 fallimento del tentativo, a vero
dire compiuto con scarso entusiasmo dall’on. Segni, di costituire un governo con
i socialdemocratici ed i repubblicani, è
l’opera delle stesse correnti. Nei momenti
decisivi della vita politica italiana si profila sempre l’ombra funesta di un cardinale, si odono le voci mlvolta ovattate, tal
altra tonitruant!, di un qualche vescovo,
si leggono le parole minacciose di un
qualche gesuita: « Annibaie è alle porte... », se mai l’egemonia clericale dovesse subire una qualche modesta incrinatura!
L’apatica, abulica e scettica opinione
pubblica italiana non sempre percepisce
le ragioni profonde del disagio perenne
del partito cattolico; nell’ora della crisi
alcuni imprecano, poi le acque tornano a
calmarsi, la palude torna tranquilla... fino
alla prossima burrasca.
In questi giorni, tuttavia, perdurando
una situazione di incertezza, (scriviamo
mentre in Parlamento parla il Presidente
Tambroni), si notano da opposti settori
valutazioni, ohe mettono in evidenza alcune ragioni profonde del travaglio politico dei cattolici italiani. Sarebbe lungo
citare non fosse che poche parole delle
molte, pronunziate o scritte in questi giorni. Eccone tre soltanto da settori opposti.
In una « lettera aperta », indirizzata all’on. Moro, segretario della DC, il leader
della corrente di base (sinistra democristiana) scrive sulle colonne del quindicinaie « Stato democratico »: « ...le cose sono precipitate ad un punto limite, oltre il
quale nessun democratico responsabile può
permettere che esse procedano senza compromettere in modo irrimediabile le istituzioni del nostro Stato ed il sistema politico... E’ giunto il momento in cui occorre giocare con coraggio. 1 democratici cristiani devono essere richiamati a se stessi.
Da dove vengono? chi sono? Dove vogliono andare?... Abbiamo sentito nelle Sue
parole l’appello drammatico alle tradizioni popolari, democratiche ed antifasciste
del movimento dei cattolici... a che valgono questi appelli, se nel momento decisivo essi possono essere dimenticati? La
DC non può venire a patti con il qualunquismo, con il tra.sformismo, con il milazzismo, pena la sua disgregazione... Non
ha già avvertito, on. Moro, i primi sintomi
di questa disgregazione?
E l’articolista chiude con un patetico appello affincliè il segretario suddetto riprenda, con coraggio e con fiducia, l’azione di Sempre... e non ceda ai ricatti... e
non transiga sui principi della democrazia.
Luigi Salvatorelli, l’acuto scrittore che
puntualizza spesso la situazione con chiarezza e coraggio sulla prima pagina de
« La Stampa » di Torino, nell’articolo
« Un governo cj vuole » (27 Marzo) pone, ma quasi di sfuggita, il problema nella
fua vera luce. Considerando che la tendenza socialmente più aperta della democrazia cristiana, propensa alla collaborazione con le altre correnti democratiche
di ispirazione laica, incontra del continuo
« l’opposizione subdola e tenace di una
piccola minoranza democristiana e l’opposizione aperta, e altrettanto tenace, dell’integralismo clericale... », afferma di essere « persuaso che un leader democristiano dal robusto filo di-schienà (corsivo nostro) potrebbe senza troppa fatica superare ciascuna delle dug opposizioni isolale.
Più difficile gli sarebbe affrontarle quando
esse confluiscono insieme... ». E conclude
questo paragrafo con.- la domanda essenziale, che riproduciamo : « Rimarrebbe,
poi, in ogni caso, a igedere se questo leader dal robusto filo<s^ schiena ci_ sia ì>.
E noi diciamo subito: « Aon può esserci, se non nei limiti voluti ed autorizzati
dalla gerarcnia romana... ».
No, caro Salvatorelli, non illudere te
stesso e non illuderò^ i democratici come
te... Senza spolverarè le storie medievali
e risorgimentali, delle quali sei maestro,
fermiamoci soltanto a Don Sturzo sconfessato, quando le camicie nere erano più
forti delle nere sottane ed era opportuno
(oportet! ! !...) conciliarsi il loro favore in
vista degli utili... della conciliazione; o
al senatore Kennedy, presunto candidato
democratico alla Presidenza degli Stali
Uniti, il quale non partecipò ad una manifestazione ufficiale di commemorazione
dei quattro cappellani sacrificatisi nell’affondamento di una nave da guerra (2 evangelici, 1 cattolico, 1 israelita), perchè gli
fu vietato dal suo vescovo, ed egli ubbidì...
(perciò negli Stati Urtiti, oggi, si pongono
proprio il problema del robusto filo di
schiena... di un uomo politico cattolico
praticante, se deve agire in contrasto con
la gerarchia e far tacere la sua coscienza);
ovvero ancora del canonico Kir, sindaco
di Digione, che è costretto a far violenza
alla sua propria coscienza ed al suo dovere
civico... perchè? Perchè a Roma locuta»...
e amen, non si parla più, si fa un viaggio
diplomatico forzoso... che mascheri l’assenza ! ! !
Giovanni Ansaldo, sulle colonne del
moderato « Tempo » esprime l’opinione
ormai sempre più diffusa tra il popolo italiano: «E’ inutile. Non si può andare
avanti, perchè i democristiani non hanno
il senso dello Stato. Sono troppo dominati
dai preti. Un paese come il nostro non
può, non deve essere nelle mani di un
partito che, nei momenti grossi, nei momenti decisivi, .si volge verso il Padre
Maestro e aspetta il suggerimento che gli
viene dalla cattedra o dal confessionale.
Nata dal Risorgimento, che in sostanza è
stato un moto anticlericale, l’Italia moderna non può andare avanti rinnegando
in pratica, così, completamente, le sue
origini. Parola d’onofe, a vedere l’inframettenza dei Reverendi Padri, e in genere dei religiosi, viené voglia di diventare
anticlericali! Macché diventarlo! Il risultato di dieci anni di governo democristiano questo ha prodotto! Che siamo di nuovo tutti anticlericali. In ca.sa mia, s’immar
gini, ne abbiamo ormai tanto le tasche
piene, che le mie figliole non vanno neppure più a Messa... ».
Ma l’articolista, in ultima analisi, è scettico: « ...Ma è sempre andata così, e così
continuerà a andare. E meno male che
vada così; perchè, almeno, grazie alla
influenza della Chiesa, si evitano le avventure (nota: e il fascismo? e la campagna etiopica? e l’intervento del duce provvidenziale accanto all’imbianchino viennese? non sono state avventure?) e le corbellerie più grosse. La Chiesa fa da contrappeso a tutto. Eh, la Chiesa è sapiente,
la Chiesa vede lontano (ma il pontefice
defunto si è sganciato dal fascismo solo
nel 1942...). La Chiesa non si lascia prendere dagli slogan di questi signorini... ».
E concludiamo: il tentativo di conciliare
il cattolicesimo con quanto di meglio ha
espresso la civiltà moderna (libertà di
pensiero, di parola, di fede...) è stato al
centro delle preoccupazioni e delle illusioni dei migliori cattolici da oltre un secolo. E il tentativo fallisce, sempre. Il
cattolicesimo si è fermato su posizioni
reazionarie, conservatrici, totalitarie laddove regna e domina. Accetta la problemática democratica per opportunismo in
sede di ipotesi, laddove è ancora minoranza, ma tra le pieghe dei suoi piani sbuca
sempre il cipiglio autoritario (MoCarthy,
e gli irlandesi... ed i polacchi in America).
E perciò si pone agli italiani il dilemma formidabile, che essi hanno tante volte
evitato; e che pure si ripresenta, implacabile, ad ogni generazione: per essere appieno nella corrente della civiltà moderna, senza inutili impacci, senza inconscii
complessi, bisogna ripudiare, coraggiosamente ed energicamente, le incrostazioni
medievali depositate sul messaggio evangelico come strati geologici e tornare al
messaggio, rivoluzionario, innovatore del
vangelo del Cristo vivente: il bagaglio romano: è inutile ed ingombrante. Chi, invece, desidera conservare il bagaglio, prenda i « cánones et decreta sacrosancti oecumenici Concilii Tridentini » (Roma si è
fermata... a Trento), ci aggiunga qualche
pizzico di Sillabo di Pio IX, di beata memoria, si dedichi alla lettura di De Maistre
(ah, si, « Du Pape ») e di Ronald, metta
sul comodino i quaderni di Civiltà Cattolica e col Sillabo condanni e maledica il
secolo del liberalismo e del socialismo,
della libertà di coscienza e della parità
delle confessioni religiose davanti alla legge. Tertium non datur: cessino i cattolici
di sinistra di illudere e di illudersi... correranno un po’, nei pomeriggi soleggiati,
nei verdi giardini... ma non appena si farà
udire la voce solenne del pedagogo, volenti o nolenti, assumeranno l’atteggiamento compunto dei chierici, e sfileranno, docili, dove altri li condurranno...
Noi} è forse l’ubbidienza il Summum
bonum negli orti vaticani? E il « laudabiliter se subjecit » la commenda più onorevole? E allora, come conciliate questa
ubbidienza ad una autorità, religiosa, ma
anche politica, che si presenta come trascendente, ma in realtà segue esigenze
mondane, con la libertà gloriosa dei figliuoli di Dio, che è nel Vangelo e nella
predicazione apostolica, e che, come tale,
non teme, ma anzi ricerca ogni libertà civile e politica?
Giuseppe Gangole, 40 anni fa, alla soglia dell’involuzione che doveva condurre
al fascismo, nella sua opera « Rivoluzione
protestante » introduceva l’argomento con
queste semplici, ed inesorabili, parole sempre attuali: « Il cattolicesimo è il male
d’Italia. Cattolicesimo prima di essere istituto o teologia è mentalità ».
Aderiamo a questa affermazione, anche
se a qualche anima timorata può parere
drastica. E ci definiamo anche noi anticlericali, non in virtù di un laicismo rispettabile, ma sulla base della predicazione profetica e dell’insegnamento di Gesù.
E agli italiani additiamo nel vangelo, libero da ogni soprastruttura e da ogni tradizione, la guida autorevole di coscienze
libere e a Dio soltanto responsabili. E
chiudiamo con la conclusione dello stesso
volume: « Il futuro, così come il presente,
del cattolicesimo non ha bisogno e la coscienza umana regna sola e responsabile
sotto la sguardo dei cieli ».
Elio Eynard.
Pubblichiamo con piacere questo articolo
sebbene non ne condividiamo il radicale
sceuicismo per ogni possibilità di rinnovamento in seno al Cattolicesimo: un travaglio non è mai sterile. red.
tôt de discerner son rôle selon l’Ecriture — ce que nous ferons en nous
aidant de l’étude déjà signalée de
K. Barth; la destination du réprouvé {Dogmatique IL 2).
Quand Jésus choisit Judas pour être
’ l’un des Douze”, il ne comment pa.s
une erreur. ’’Jésus savait dès le commencement quel était celui qui le trahirait” (I). S’il fait de cet homme un
élu, c’est que Judas aura à jouer un
rôle indispensable dans l’oeuvre de
notre salut. Or, ce rôle. Judas le
jouera précisément en ne voulant
pa.s le jouer. Il aura beau se réi oltei
contre son élection, reprendre sa liberté et en faire l’usage que Von
sait; il aura beau porter à son comble le péché de l’homme en haïssant
celui qui l’a élu — c’est en vain!
Tout ce que Judas fait contre Jésus,
tout ce qu’il fait au service du diable, ne parvient pas à faire échouer
le plan de Dieu. Au contraire! Tout
cela concourt à la réalisation de ce
plan, puisque Dieu, en quelque sorte, a devancé Judas, pidsque, dès le
r'ornmencement. Dieu a décidé de livrer lui-même son propre fils.
Car le Père est celui qui ”n’a pas
épargné son propre fils, mais l’a livré
pour nous tous” (2). Remarquons
que dans le Nouveau Testament le
verbe qui définit cet acte du Père
est celui-là même qui caractérise
l’action de Judas: livrer. Autrement
dit. Judas peut apostasier, il n’en
reste pas moins apôtre, serviteur de
Dieu quand même il s’est fait serviteur du diable. Quoi qu’il fasse cou
tre sa vocation, il demeure ”l’un des
Douze”, lui, le réprouvé! ’’Son ac
tion qui est si complètement celle
d’un pécheur, n’en est pas moins,
ou plutôt elle est précisément en
tant que telle, celle d’un executor
Novi Testamenti”. — {K. Barth).
Dans cette impuissance du mal à
anéantir l’oeuvre de Dieu, nous trouvons déjà, mais encore cachée, !a
toute-puissance qui va se déployer à
Pâques. Et c’est cette puissance qui
va faire d’un homme, qui ressemble
à Judas comme un frère, le remplaçant effectif de celui-ci dans le collège des apôtres. Car Saul de Tarse,
dans sa haine du Nazaréen, semble
bien être Judas revenu à la vie! Ne
livre-t-il pas, lui aussi. Christ luimême, en livrant les membres de son
corps aux autorités juives? Mais ce
nouveau Judas ne connaîtra pas la
fin du premier. Le Ressuscité triomphera de l’endurcissement de Saul,
tellement que ce fantôme de Judas
deviendra le plus actif des apôtres!
’’Grâce à la mort de Jésus, le Judas
qui était en Paul a été tué”. —{K.
Barth).
Qui ne connaît l’histoire de Joseph
que ses frères avaient l’intention de
tuer et qu’ils finirent par vendre,
comme Judas vendit Jésus? Quand
Joseph, devenu gouverneur d’Egypte
et dispensateur du pain au temps de
la famine, les retrouva, il leur dit ces
mots qui contiennent déjà tout le
secret de Dieu et le mystère de Judas: ’’Vous aviez la pensée de me
faire du mal, mais ce mal. Dieu l’a
changé en bien, afin d’accomplir ce
qui arrive aujourd’hui, pour conserver la vie à un peuple nombreux” (3). Edmond Jeanneret
(1) Evangile de Jean ch. 6 v. 64.
(2) Romains ch. 8.
(3) Genèse oh. 50.
(La Vie Protestante)
Personale per la Svizzera
« Il Servizio del Popolo » (organizzazione che ha alle sue dipendenze oltre 2.000
impiegati, tra i quali 600 italiani) cerca
subito venti dipendenti femminili per le
sue mense aziendali in vari centri della
Svizzera. Età da 18 a 40 anni. Mansioni:
cuoche, aiuti cucina, servizio mense, varie. Vitto, alloggio, vestiario da lavoro e
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secondo le capacità. Rivolgersi per ulteriori informazioni a: Sig.na Maria Zweifel
— Neumiims'terallee I, Zurigo 8.
Non chiesero nulla ...
Ernesto Pini (Bergamo) con fraterni auguri 3.000; Unione Femminile (S. Germano Chis.) 10.000; M. L. P. (Foggia) 1.000;
E. R. (Torino) 1.000; N. N. 1.000.
Per AgStiir
N. N. 1.000.
3
N. 16 — 15 apräe 1960
L’ECO DELLE VALLI VALDESI
pag
11 vecchio Pietìro era un uomo duro.
Integro, ligio al dovere, fedele
membro della piccola chiesa del suo
villaggio alpestre e, da parecchi anni,
anche anziano della comunità; ma di
carattere duro chiusa autoritario^. ^ ^
Era sempre stato così, fin da quando, appena dodicenne, primogenito di
numerosi fratelli, rimasto orfano di
padre, aveva dovuto lavorare molto
ed assumersi gravi responsabilità per
aiutare la madre ad allevare la famiglia. Da quel tempo lontano egli si
era imposto una precisa linea di condotta improntata a severità verso sè
stesso. A misura che gli anni passavano, questa severità si era riversata
anche sugli altri, ed egli non era più
stato capace di giudicare i suoi simili
con indulgenza: così come aveva fatto lui, potevano fare anche gli altri;
se egli aveva superato tante difficoltà,,
se aveva sempre percorso onorevolmente la sua strada, perchè gli altri
non potevano fare altrettanto?
Invece c’era gente che era continuamente sopraffatta dalle circostanze
della vita; che si lasciava andare in
modo incredibile; gente inconcludente, pigra, senza nerbo, che « non ce
la faceva » in nessun modo... Come
il suo vicino Federico, per esempio:
che uomo quello! Pieno di debiti, di
miseria morale e materiale!... Si conoscevano dai tempi della ' scuola, ma
non andavano d’accordo, perchè i loro caratteri erano del tutto opposti;
e mentre l’uno procedeva nella vita a
testa alta e riusciva quasi in tutto ciò
che intraprendeva, l’altro rimaneva
indietro immerso nei guai, « perseguitato dalla sfortuna » diceva; ma Pietro affermava : « la sfortuna se la crea
egli stesso con le sue proprie mani
i
Poi, ecco che cosa era accaduto: la
figliola più giovane di Pietro, la
sua prediletta, la graziosa Adelina,
si era incapricciata di Emilio, uno dei
numerosi figli di Federico, un giovane che valeva poco, il cui principale
merito — dato che lo sia — era una
bella presenza e il saper fare gli occhi
dolci alle ragazze. Emilio aveva fatto
girare la testa anche ad Adelina, in
modo tale che essa lo voleva sposare
ad ogni costo. Naturalmente Pietro si
La nostra novella di Pasqua j
IL DOMÌTTÌErPERDOIVIO
era opposto con tutte le sue forze al
matrimonio.: poteva forse fare diversamente? Quante scene e quanti pianti c’erano stati!... Finché ùn giorno àvveniie il a fattaccio » : Adelina, allora appena diciottenne, era fuggita di
casa insieme con Emilio e si era sposata contro la volontà dèi padre. Erano passati quasi due anni, e Pietro
non aveva più riveduto la figlia; non
la vóleva più rivedere... Inutile che
sua moglie continuasse a supplicarlo :
egli non ne voleva sapere, nè di lei,
nè di Emilio, nè di quel disgraziato
di F'ederico, che considerava con tanta compiacenza TAdelina di Pietro
come cosa sua, e quando l’accoglieva
in casa si faceva un vanto di dirlo a
tutti, badando bene che il vicino l’udisse : « Oggi viene Adelina mia nuora..., e mi porta il bimbo... ». Già, si
capisce, c’era stato subito anche un
bimbo. Ma Pietro non voleva vedere
nemmeno lui; Pietro, non perdonava.
Tutte queste cose andava rimuginando il vecchio il giorno di Pasqua, mentre si recava al culto. Non
che vi pensasse soltanto allora, oh
no! Vi pensava sempre, sia quando
lavorava, sia, quando era disteso nel
suo letto al buio, e rimaneva ore sveglio a meditare suU’affronto subito :
c’era una ferita bruciante, lì nel suo
petto, che non si rimarginava.
Dopo aver fatto fi solito giro dietro
la casa, che gli allungava la strada di
un bel tratto, ma gli permetteva di
non passare davanti alla dimora di
Federico — faceva sempre così ormai, non voleva correre il rischio di
incontrare nessuno di « quelli là » —
Pietro scendeva lentamente verso il
tempio.
Pasqua! Il Signore è risorto. Egli
che è venuto per perdonare, per accogliere, per compatire, per amare...
Pietro stringeva le forte mani l’una
nell’altra dietro la schiena, cammi
^ nando... Sì, lo so, lo so; Egli è venu; to per perdonare... Ma io non pos; so...; mi hanno fatto tanto male...; io
! non sono un santo..,, io...
Pasqua! Quale trionfo nella natura
, circostante, piena di sole sulle vette
i nevose, di fiori nuovi nei boschi, di
neonati agnelli che ruzzano nei prati;
i piena di promesse di vita : il Signore
è risorto!
Ma Pietro procede assorto, indifferente a tanta bellez^. Dal giorno
del « fattaccio » aveva conosciuto un
altro, un nuovo tormento : non riuscii va più a concentrarsi per leggere la
Parola di Dio, non riusciva più a seguire la predicazione, lui fedele anziano di chiesa! Ogni volta che andava al culto si sforzava tenacemente di
prestare attenzione a quello che diceva il Pastore; ma non era libero nell’intimo suo; così, dopo un po’, si ritrovava intento a pensare alla figlia,
a Emilio, a tutto ciò che era stato detto... Era come qualche cosa che gli
. batteva nella mente, nel cuore, sempre e sempre da capo, ed egli invano
cercava di farlo tacere.
Nel piccolo tempio sereno e raccolto il Pastore leggeva il Vangelo:
« Il regno dei cieli è simile ad un re
che volle fare i conti con i suoi servitori... E il re gli disse: Malvagio servitore, io ti ho rimesso tutto quel debito; non dovevi anche tu avere pietà
del tuo fratello, come io ebbi pietà
di te?... »
...Soltanto a tratti Pietro udiva le
•parole eterne di perdono e di amore,
come sprazzi di luce nella sua notte.
Ma non penetravano in lui, non diradavano le tenebre del suo rancore,
della sua chiusa volontà di non perdonare.
Chi odia il suo fratello è nelle
tenebre e cammina nelle tenebre e non
sa ov’egli vada; m^ chi ama il suo
fratello dimora nellì luce e non vi è
in lui nulla che lo faccia inciampare ».
...Perchè è così difficile amare, perdonare, sormontare il male con il bene? Eppure è Pasqua! Il Signore è
morto per l’amore che ci portava, è
morto per farci il dono del perdono,
ed è risuscitato. La campana suona
festosa e dà ancora una volta l’incomparabile annuncio agli uomini; e la
gente che esce dal tempio, forse ha
cuori nuovi, quasi come se fossero
cuori risorti, capaci di piangere sul
proprio peccato e di comprendere un
poco l’amore di Dio.
Ma un uomo che soffre e lotta tutto
solo, come potrà accogliere il messaggio di perdono e di pace del Signore
risorto, se Dio non lo soccorre?
Nel cortile di Pietro, attorno alla
fontana, vi è un gruppo di bimbi
che gioca. Approfittando del fatto che
il vecchio non c’è, tutti i nipotini di
Federico si sono slanciati nel cortile,
in parte per fare un dispetto — è tanto divertente « farla a qualcuno »! —,
in parte perchè attratti dall’acqua che
scorre perennemente nella grande va-,
sca di Pietro. Susanna, la moglie, fa
finta di niente: è tanto abituata ad
essere remissiva, a tacere, a sopportare...
I bimbi hanno messo una piccola
imbarcazione nell’acqua, e stanno tutti attorno a sospingerla, a tirarla, a
gridare, senza rendersi conto che l’ora
passa e il culto è terminato da un
pezzo...; il temuto padrone di casa
può tornare da un ¿lomento all’altro...
Infatti, d’un tratto egli è lì, alto
imponente terribilmente severo, dietro il gruppo schiamazzante : « Via di
qua, manigoldi! ». Un improvviso silenzio pieno di sorpresa, un fuggi fuggi generale...; il più svelto riesce ad
afferrare l’imbarcazione pericolante...;
scalpiccio di piedi, risatine soffocate,
e sono tutti scomparsi attraverso la
siepe che divide le due proprietà...
Tutti? No, nè è rimasto uno, un picColino grassottelle e biondo, ancora
malfermo suUe gambe; gli altri non
hanpo fatto a tempo a .portarselo ap' presso..;__ _ *
« E tu'cfiè còsa fai lì? », grida ancora il vecchio; ma la voce è un po|
meno forte, un po’ meno dura, di
fronte a quell’esserino indifeso che lo
guarda pieno di fiducia. Vi è un attimo di sospensione; poi il bimbo decide di passare all’azione, e con grande
vigore pesta i piedi nel ruscelletto di
scolo della vasca e scoppia a ridere.
Solo allora Pietro s’accorge che il piccolo sta ritto con i piedini immersi
nel ruscelletto, ed è tutto bagnato...
Istintivamente il vecchio si china per
trarlo via dall’acqua, ed il bimbo subito gli tende le braccia per essere
preso in collo. Pietro, senza capire
come ciò avvenga, lo prende, lo solleva in alto, vicino al suo volto, lo accoglie in braccio. Com’è morbido, c'om’è dolce, com’è piccino!... Da anni il
vecchio non ha più tenuto bimbi così
piccini in braccio, da anni non ha più
guardato fino in fondo a simili occhi
così luminosi. Un’improvvisa, strana,
tanto dimenticata tenerezza lo pervade...
« Babbo, babbo! »,
Ma di ehi è questa voce? chi gli si
appoggia ora alla spalla piangendo?
E’ Adelina, la sua fintola. Questo piccolino dunque sarebbe?... Sì, non c’è
dubbio : egli già sta chiamando
« mamma », e si slancia tutto proteso
verso la madre, di modo chè, senza
volerlo, Pietro Adelina ed il bimbo,
sono tutti e tre avvolti in un abbraccio molto nuovo, molto dolce.
« Babbo perdonami... ».
Qualche cosa si scioglie finalmente
nel cuore del vecchio Pietro, ed egli
rimane immobile, stretto a quei due
esseri amati, scosso da un tremito lieve.
E poiché Dio ha molte vie per soccorrere l’uomo, il messaggio di perdono e di pace del Signore risorto si
rivela adesso al vecchio Pietro in una
luce del tutto nuova, uno spirito di
riconciliazione scende su di lui come
una rugiada celeste e riempie l’animo
suo.
Edina Ribet
UOMINI CONTESI
Difficoltà di piccoli paesi
Un villaggio come quelli delle nostre
valli vuole vivere la sua vita normale come tutti gli altri ed arricchirla ogni tanto
con quelle manifestazioni sociali e paesane
che sono in uso da tutti i tempi. Ci vuole
a un certo momento la festa del paese —
anche senza dedicarla al patrono del luogo
— ci vogliono in altre occasioni delle parate per le strade, oppure devono essere
accolte in pompa magna certe personalità
di riguardo... Ci vuole qualcosa che rompa
la monotonia del tempo, interessi la gente
e dia un po’ di brio alla gioventù. Ci vuole anche qualche banchetto.
Nulla di male in queste manifestazioni.
Anche a studiarle con la lente, non presentano alcun vizio morale nè religioso,
non fan male a nessuno, anzi, spesso danno luogo ad opere di beneficenza o di pubblica utilità.
Nulla di male, salvo che in paesini piccoli come i nostri esse debbono far leva
sulle poche forze valide che ci sono, maestri, segretari, farmacisti, benestanti più
quel gruppetto di giovani intelligenti e volonterosi che formano la élite del paese.
Per far qualcosa di ben fatto bisogna mobilitarli tutti o quasi. Ed essi, gentilmente
si lascieranno mobilitare ogni tanto.
Ma il « mondo » non è il solo che li
vuole mobilitare c’è anche la loro chiesa
che li chiama da un altro lato e li mobilita per conto suo quanto può. E le chiamate da una parte si alternano a quelle
dall’altra e diventano sempre più numerose finché il calendario non basta più a soddisfare le esigenze di tutti e le attività di
una parte rischiano di contendersi la medesima data con quelle dell’altra ctìn tutti
gli inconvenienti e i pericoli di attrito che
si possono immaginare.
Colpa della piccolezza del paese. In una
città le attività civili e mondane possono
svolgersi contemporaneamente a quelle ecclesiastiche senza recarsi reciprocamente
fastidio ; una chiesa può organizzare tutti
i convegni, i bazar e i culti che vuole senza preoccuparsi che nelle vie del centro si
svolga un grande corteo. Non così in un
piccolo paese dove molti che dovrebbero
animare un culto in chiesa sono gli stessi
che dovrebbero anche portare animazione
nella manifestazione civile o mondana...
Che fare allora? Seguire la regola di
chiedete
uova pasquali
GUPER
sempre e cercare con molto buon senso e
con saggio equilibrio di non darsi reciprocamente fastidio trovando di buon accordo il modus vivendi a base di reciproche cortesie e gentilezzre per modo che a
una vigilia del 17 febbraio si corra tutti
attorno al falò e in un’altra occasione si
corra tutti ad applaudire dei carri allegorici e si stabilisca di comune accordo, al
principio dell’anno, un calendario di attività per modo che tali date siano riservate
alle attività ecclesiastiche e tali altre a
quella di altri Enti? Forse questo accordo
che in pratica non è mài stato preso, non
sarebbe del tutto da scartare. Meglio una
intesa leale e fraterna al principio dell’anno o del semestre chè una silenziosa rincorsa per accaparrarsi prima una data e
dir poi: «qui ci sono ip, vói cercate un
altro giorno ». Forse, ma...
Corrispondèrebbe un simile atteg
giamento concordatario a quella predicazione che risuòna ogni domenica nei nostri templi e secondo la quale Cristo non
vuole compromessi nè. concordati ma esige
interamente per sè coloro, che il suo sangue ha salvati dalla perdizione?
Forse, nei prossimi giorni, durante la
Settimana Santa, contemplando il Signore
nel Getseraane e sulla croce noi potremo
comprendere meglio il problema:;,che ci
siamo posti.
Oggi, possiamo dire soltanto che c’è un
problema dinanzi a noi, un problema che
dura da secoli e che la nostra saviezza non
è stata ancora capace di risolverlo.
E. G.
C’è Camns e Camus...
Caro Redattore,
condivido il parere della signora Sùbilia
sulla superficialità della critica cinematografica di « Mascherino ».
Ecco che nell’ultimci numero deU’aEco)'
attribuisce al defunto Albert Camus il
film « Orfeo negro », che è invece del regista Marcel Camus, tpttora vivente e che
non ha niente a che vedere col Camus,
premio Nobel, scrittore^^ da poco scomparso! ,,
La critica cinematografica non è indispensabile per l’Eco, ma per lo meno che
sia fatta da persona ¿ompetente!
Con molti cordiali, saluti e auguri di
buon lavoro. Daniele Rochat.
A/lacavio e «L’Bèo»
Spoleto, 7 Aprile 1960
Caro Redattore,
E’ stato di passaggio per questa città il
simpatico Erminio Macario proprio il
giorno che mi perveniva il numero dell’Eco nel quale si continua a insistere
sull’interrogazione: Come siamo noi Vaidesi? La coincidenza mi fece venire in
mente il famoso intercalare del Macario:
Vedi come sei? Non intendo rispondere
alla domanda del giornale, perchè ritengo che in una collettività non si può definire un insième di caratteri morali comuni a tutti ma ognuno avrà le sue caratteristiche personali. Potranno essere comuni alcuni caratteri fisiologici o razziali,
qualche costume, qualche convinzione, ma
anche queste somiglianze non si possono
riscontrare tra i valdesi odierni tanto diversi di origine, di educazione, di sentimento. In altri tempi poteva essere anche
diverso. E difatti come erano e come dovrebbero essere i valdesi ce lo hanno detto, invero con poca umiltà, i nostri avi,
590 e più anni or sono:
.... nos o poen ver
que si n’i a alcun bon, que ame e teme
Gesù Crist
que no volile maudire, ni jurar, ni mentir,
ni avoutar, ni ancir, ni penre de l’autrey
ni venjer se de li ses enemis
dien qu’es valdes e digne de punir.
Siamo così? Ho troppo scarsi contatti
con i miei fratelli valdesi di oggi per poter rispondere. Mi limito ad osservare che
non è nè prudente nè saggio lo scoperchiare il vaso di Pandora.
Cordialmente suo
M. Eyriard.
E fàccia meno politica!!!
Crediamo necessario chiarire che chiedendo ai nostri lettori: come siamo noi
valdesi? non volevamo affatto chiedere
confessioni, ma che si scrivesse di più, su
qualsiasi tema, affinchè risultasse così, indirettamente, cosa pensiamo, come siamo.
E se non siamo uniformi, tanto meglio!
red.
Una Bibbia cattolico-romana in tre volumi è apparsa in Jugoslavia, edita a ciira
del vescovo di Maribor. Dei luterani che
hanno avuto occasione di leggerla affermano che è « di un alto valore scientifico e
letterario », assai accuratamente impressa
e tradotta in sloveno corrente. S.OE.P.I.
Dal 15 agosto 1959 al 3 aprile 1960
abbiamo ricevuto le seguenti offerte;
Colletta « XV agosto » a Roccapiatta
(parte) L. 45.000; Castiglione Giuseppe 5.000; Costantino Vitaletti 10.000:
Alberto Ricciardi 1.000; Serata Sinodo 10.000; Lamy Coisson 1.000; Carlo
Gay 10.000; Olga Petrai 5.000; Ettore
Serafino 5.000; Aldo Comba ^000;
Generale Giorgio Girardet e Signora
10.000; Ch'esa di Pinerolo 20.000; Famiglia Long, Pinerolo 5.000; Pastore
Enrico Pascal e Signora 5.000; Dora
Petrai 5.000; Chiesa di Rodoretto 10
mila" Bruno Costabel 1.000; Chiesa
di Massello 10.000; N. N. 1.000; In memoria di Elisa Gay vèd. Lantaret. Ciò.
tilde Tron vedova Gay e figli 40.000;
In mem. di Elisa Gay ved. Lantaret,
Margherita e Speranza Grill 5.000;
Chiesa di Pramollo 12.335; Chiesa di
Riesi 3.000; Chiesa di Palermo 15.(KX);
famiglia Schmidt-Hirsig 1.560; Chiesa di Forano 5.500; Chiesa di Napoli,
via Cimbri 10.000; Chiesa di Roma,
Piazza Cavour 20.000 ; Giovanni Miegge 1.000; Maria Peyronel ved. Tron
Per il Tempio
di Montevideo
5.720; Chiesa di Napoli, Vomero 4.000;
Chiesa di Lusema S, Giovanni 40.000;
In memeria della figlia Clara, Rosina
Bcnnet in Costantino 1.000; Unione
Femminile, Pinerolo 12.000; Chiesa d’
San Secondo 25.000; Unione Femminile, Pomaretto 7.000; Chiesa di Pomaretto. prima offerta 21.440; Unione
Giovanile, Pomaretto 2.000; Riunione
Eiciassié 8.560 ; Scuole Domenicali, Po.
marette 3.705; Chiesa di Terre Penice 30.500; Unione Femminile, Massello 10.000; Chiesa di Pomaretto, secon
da offerta 4.000; Chiesa di Prali 7.800;
Riunione Fontane (Rodorettc) 5.000,
Totale Lire 470.120.
La Federazione Femminile Valdese
d’Italia ha fatto im’offerta speciale
di L. 20.000 per una coppa da battesimo e la Chiesa di Forano ci ha fatto pervenire una splendida tovaglia
per il tavolo della Santa Cena.
Le somme offerte dalle varie Chiese prima del 15 agosto 1959 e rimesse
alla Tavola sono state da essa inviate a destinazione.
Abbiamo inoltre rice'vuto alcune offerte da altri paesi, per un totale di
franchi svizzeri 2.225.
Ringraziamo sentitamente tutti coloro che ci hanno dato la prova tangibile del loro interessamento per l’o
pera di testimonianza evangelica che
si sta svolgendo a Montevideo e chiediamo a coloro che ancora volessero
contribuire di farci pervenire le loro
offerte, presso il prof. Ernesto Tron
(Perosa Argentina), entro il 30 aprile
corrente.
Mentre ci accingiamo a ripartire
verso il nostro campo di lavoro in
Uruguay, facciamo giungere ai parenti ed amici i nostri più cordiali saluti.
Giovanni Tron e Signora.
nelle Cevenne
Il Sinodo della X regione della Chie.
sa Riformata di Francia, la regione
delle Cevenne, aveva espresso l’anno
scorso il desiderio che si stabilissero
contatti seguiti con le comunità vaidesi delle Valli. La Tavola ha accolto
questo fraterno Invito che giunge da
comunità molto simili per storia e tra.
dizioni alle chiese delle Valli e che
testimonia di una volontà di comunione fraterna che nessuno deve sottovalutare. La ripresa di contatti con
le chiese francesi appare particolarmente interessante in questi ulrimi
anni e dopo gli incontri pastorali con
i pastori della XI regione, la Provenza e Marsiglia, questo incontro con
le comunità delle Cevenne è molto
interessante. Quest’anno gli incontri
hanno assunto il carattere di una visita, due pastori valdesi: i pastori G.
Bouchard e G. Tourn, hanno durante
10 giorni visitate alcune delle comunità della regione francese. L’accoglienza loro riservata dai colleghi e
dalle comunità, semplice ed affettuosa nello stesso' tempo, è stata la prova ohe il nostro protestantesimo riscuote in quella regione molto interesse. Per molti riformati francesi è
stata una lieta sorpresa rapprendere
che esiste in terra cattolica come l’Italia una minoranza evangelica attiva ed impegnata e per molti colleghi
stessi lo scambio di vedute sui pimti
essenziali della nostra opera e della
nostra testimonianza è stato proficuo
Di ritorno in Italia i nostri pastori
daranno ampio resoconto delle loro
esperiènze di viaggio; essi trasmettono sin d’ora il saluto fraterno delle
comunità riformate delle Cevenne alle comunità delle Valli nella comunione di fede e di testimonianza resa
all’evangelo. g. t.
Direttore : Prof. Gino Costabel
Pubblicaz. autorizzata dal Tribunale
di Pinerolo con decreto del 1-1-1955
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4
pag. 4
UKEO DELLE ^iM£I VAtDESI
15 aprile I960 — N. 16
DALLE NOSTRE COMUNITÀ
BOfiBlQ PELLICE
Sabato 9 c. m. abbiamo invocato la benedizione di Dio sul matrimonio di Molinatta Alberto (Torino) ed AUmina Lillia
(Bobbio centro). Agli spesi che si stabiliscono a Torre Pellice rivtdgiamo ancora
il nostro augurio afFettuOso domandando
al Sonore di circondarli sempre con la
suai grazia
Domenica 10 c. m. nel corso del nostro
culto nel tempio gremito sono stati confermati nell’alleanza del loro Battesimo i
seguenti catecumeni: Gönnet Lidia (Pautasset), Mondon Annä (Bobbio-centro),
Bonjour Lidia (Malpertus), Bertinat Giov.
Giacomo (Ferrera), Catalin Attilio (Via
Molino), Geymonat Attilio (Campi), Favai
Bruno (Arbaud), Rostagnol Daniele (Bossolea), Charbonmer Sergio (Bobbio centro)
II nostro augurio affettuoso è che il « si »
pronunciato da questi cari giovani sia veramente il « si » della fede umile, gioiosa,
riconoscente e che ognuno di essi diventi
un membro veramente consapevole e responsabile della sua Chiesa.
Nel pomeriggio, durante un simpatico
trattemmento, l’Unione delle mamme di
Bobbio ha offerto ad ogni catecumeno
neo-confermato un ricordo della sua confermazione ed ha rivolto ad ognuno di
essi per bocca del Pastore il suo augurio
affettuoso.
Ringraziamo la Corale che ha eseguito
lodevolmente un inno di circostanza in
occasione del matrimonio della nostra sorella Lillia Alla sina, ed un coro di Mozart
in occasione della confermazione dei catecumeni. e. a.
I.V!
desiderio di essere ammessi nel suo Seno.
In giimcchio ricevettero l’imposizione delle mani e chi ancora non era stato battezzato il battesimo.
Con entusiasmo, mentre l’assemblea
spontaneamente sorgeva in piedi cantarono l’inno : « Fino alla morte saremo fedeli » e poi, all’unisono, con voce forte
e decisa, seguiti da tutta l’Assemblea, dissero il Padre Nostro.
All’uscita, schierati sul piazzale del tempio furono festeggiati a lungo dalla comunità e fu bello e commovente lo spettacolo di tanti abbracci e di tante strette di
mano mentre da ogni parte del campanile
gli altoparlanti facevano ancora risuonare
gli inni della nostra fede... Ore sublimi
dove trionfa l’amore come un radioso anticipo della gioia che regna Lassù, e che
accrescono in noi la nostalgia del giorno
in cui, nel Regno di Dio, esse non avranno più tramonto.
BORA
VILLAR PELLICE
Con un tempo radioso e con un senso
di festa diffuso neU’aria e nei cuori abbiamo celebrato il culto solenne della
Domenica delle Palme e l’ammissione alla
chiesa dei nostri 14 confermandi:
Michelin Salomon Wanda - Michelin Salomon Lidia - Garnier Marina - Garnier
Alma - Frache Maria - Davit Giovanna Gaydou Ida - D’Alessandro Alfonso - Davit
Gianfranco - Davit Claudio - Michelin Saloni^ Enzo - Biesuz Guerrino - Charlin
Enrico -Vignia Giovanni.
Era presente nel tempio — adorno di
fiori, giunti in parte dalla Riviera — Fassémblea delle solennità e prestava man
forte all armonium un gruppo di trombettièri. Eran pure presenti delle Ospiti del
Castagneto, studentesse della città di
Dorsten in Westfalia dirette dalla pastoressa sig.na Wàchter che rivolse un affettuoso messaggio in lingua italiana alla comunità. Dopo il sermone che volle specialmente incidere neH’attenziohe dei presenti una triplice necessità della vita:
^ Salvezza - Cristo - Conversione
segui la cerimonia della confermazione e
dei battesimi.
Ad^ uno ad uno i giovanetti vennero dinanzi al mvolo della Sacra Mensa e rivolti
verso 1 assemblea dissero la propria professione di fede. Con parole proprie affermarono là convinzione di peccato e la
speranza in Cristo Salvatore, qualcuno disse il credo, tutti espressero alla chiesa il
— Domenica 10 aprile i catecumeni
Ines Pavarin, Rosetta Rivoira, Fraiico
Tourn-Boncoeur, Remo Verdoia, hanno
dato prova di una buona preparazione ed
il Concistoro formula loro, a nome di tut
ta la comunità, l’augurio che possano man
tenere, con l’aiuto del Signore, le pro
messe che faranno nel corso del culto di
Venerdì Santo. Si ricorda che tale culto avrà
inizio alle ore 10, anziché alle 10,30. Alla
stessa ora comincerà anche il culto di Pasqua.
— La secata ricreativa organizzata dai
catecumeni ha riscosso un buon successo.
Ci felicitiamo con loro per l’accuratezza
della preparazione e con Rinaldo Tourn
per la sua buona regia!
— La famiglia Fichtner ha voluto passare in mezzo a noi il periodo di Pasqua,
le diamo un cordialissimo benvenuto.
— Anche da queste colonne facciamo
un caldo appello a tutti i contribuenti rorenghi perchè sentano tutta la loro responsabilità, ora che ci si avvia alla chiusura
dei conti. Senza la buona volontà di tutti
non potremo far fronte ai nostri impegni
nei confronti della Tavola. Il che significherebbe che non abbiamo cercato di migliorare in alcun modo la nostra situazione anche in questo campo.
— Ci si è chiesto ancora una volta di
tenere un culto mensile alle Fucine. La
risposta è no. Questo perchè, come sapete, avevo raccomandato caldamente a tutti
di frequentare più regolarmente i culti al
Centro. Questo non è avvenuto che per
pochissimi. Stando le cose come stanno
devo convincermi che i più non solo non
vengono al Centro, ma non verrebbero
neanche alle Fucine, nè si preoccupano di
procurare, con la loro fedeltà, un. culto in
quel quartière per le persone anziane. Come sapete ho sempre parlato chiaramente
a questo proposito e nessuno può negare
che un culto alle Fucine significherebbe
P^ , il distacco quasi completo dal
Centro (una domenica al mese sarebbe
più che sufficiente, a giudìzio di parecchi).
Lasciate anzi che dica a tutti che il nostro
male è talvolta il « quartieralismo » e che,
se non facciamo attenzione, perderemo a
poco a poco la compattezza che dev’essere
quella di una comunità.
I russi a Villar Pellice
Villar Pellice ha fatto un passo avanti
nello svolgimento delle sue attività ecumeniche. Abituata da qualche anno ad
esser frequentemente visitata da fratelli
francesi^ e germanici e di varie altre nazionalità, ha ricevuto questa volta la visita di una cinquantina di amici russi :
gli ospiti di Villa .Olanda e dell’Uliveto,
accompagnati dalle loro direttrici, signore
Alice Nisbet e Eilda Malan. Era la prima
volta, sembra, che essi uscivano in visita
e 1 invito a farlo era stato loro rivolto
dall Unione delle Madri della nostra comunità.
I preparativi dell’incontro non vennero
fatti senza apprensione: già sapevamo come fosse difficile la presa di contatto con
fratelli di cui non conoscevamo la lingua, ma qui, si trattava di una lìngua
inaccessibile per noi in modo superlativo eppoi, qui, s’aggiungeva all’altra anche la difficoltà della diversa religione
poiché questi nostri ospiti sono di Religione Ortodossa...
Giunsero puntualissimi e le mamme Villaresi li accolsero con cordiali strette di
mano invitandoli a sedere nella sala delle
attività attorno ai tavoli adorni di fiori
ed a gruppi alternati: russi e villaresi. Ed
ebbe subito inìzio il modesto programma
dell’incontro.
Le madri cantarono un inno eppoi gli
astanti udirono la lettura di due salmi.
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in italiano ed in russo, fatte dal Pastore
e da un diacono russo del gruppo degli
ospiti. Seguirono poi vari messaggi dalle
due parti, un bozzetto e un canto preparati da alcune madri ancora molto giovanili ; cantarono anche i russi con espressione e sentimento e non poca valentia ;
seguì una tazza di té contornata da dolci
casalinghi appositamente preparati.
Particolarmente interessanti i discorsi
delle signore Nisbet e Malan e interessante pure la presentazione di numerosi
russi ai Villaresi e viceversa: l’ex colonnello dalla barba maestosa, la Soprano
che cantò dinanzi allo Zar, la Signora di
elevala cultura che parla con disinvoltura
il francese e molte altre lingue, il Maestro dei cori, i fratelli avventisti, il pittore e tanti altri.
A poco a poco l’atmosfera si fece fraterna e cordiale e fu con rimpianto che
ad un certo punto si dovette parlare di
commiato: I Villaresi dissero tutti insieme il Padre Nostro eppoi i russi lo cantarono nella loro lingua... Quindi ancora
una rapida visita al tempio ove con stupore udirono ripetere dagli altoparlanti
gli inni da loro stessi cantati; una corsa
alla Miramonti, eppoi in macchina per il
ritorno...
I poveri profughi sbalestrati da un capo
all’altro del mondo dal mostro della guerra e accasciati dai lutti e dalle privazioni,
mostrarono una gratitudine per il po’ di
affetto che avevamo cercato di esprimere
loro in un modo che ci impressionò e
che non dimenticheremo tanto presto. Le
loro strette di mano a tutti e i loro sguardi, le parole russe ripetute con insistenza
per farci comprendere qualcosa che stava
loro molto a cuore; i gesti con i quali si
toccavano il petto dalla parte del cuore e
facevano l’atto di volercelo offrire; lo
slancio col quale ci mandavano i loro
baci, l’inchino col quale gli antichi gentiluomini russi baciavano la mano alle
nostre signore; eppoi soprattutto le lacrime che a molti di loro sgorgavano dagli
occhi...
E partirono mentre il nostro campanile
li salutava ancora col canto di altri inni
E a noi restò un solo rimpianto in cuo
re? — Perchè non li abbiamo invitati pri
ma ? Lo sapevamo pure che essi erano lì
alle porte di casa nostra e che erano prò
fughi da un paese lontano. Perchè non li
abbiamo invitati prima?
FRALI
^ L’ultima cronaca di PraR pubblicata sul1’« Eco » portava il tittdo di « Inverno a
Frali ». Queste righe dovrebbero portare
esattamente lo stesso titolo poiché l’inverno quassù non è ancora finito. Negli ultimi giorni il sole e la temperatura mite
hanno fatto sciogliere molta neve ma ce
n’è ancora una quantità notevole: molti
campi e prati ne hanno àncora 40, 50 e perfino 60 centimetri. Sulla strada di Agape
in un punto si cammina in una sorta di
trincea scavata nella neve e profonda un
metro e mezzo.
Alcuni anni fa i catecumeni venuti ad
Agape per il 18 marzo avevano fatto una
escursione in fondo-valle osservando la
popolazione di Frali indaffarata al lavoro
nei campi già del tutto liberi di neve ;
quest’anno, invece, in un panorama ancora molto « natalìzio » i; catecumeni si sono
recati in seggiovia fino all’Alpet.
Della giornata dei Catecumeni ad Agape
1’« Eco » ha parlato a suo tempo ; ma, per
quel che riguarda Agape, è da sottolineare
quest’anno l’incremento delle sue attività.
I primi mesi dell’anno, di solito vuoti,
hanno visto succedersi parecchi gruppi,
anche assai numerosi, di francesi, svìzzeri
e tedeschi. Questi ultimi, fanatici sciatori,. hanno avuto alcune disavventure, riportando in patria due gambe rotte più alcune slogature e contusioni, frutto più che
altro della loro ostinazione a sciare a
qualsiasi costo, con qualunque tempo e
quale che fosse lo stato della neve. Da ora
fino all’estate i campi ad Agape si susseguiranno quasi senza interruzione.
Tra coloro che hanno visitato la nostra
parrocchia ricordiamo con particolare riconoscenza il sig. Giovanni Tron, Pastore
Valdese di Montevideo* Egli è venuto tra
noi, con la sua gentile Signora, il 2 aprile,
dopo aver già dovuto rimandare una volta
la sua visita a causa della neve. Egli ha
trovato a Frali alcuni cugini e qualche
catecumeno da lu; istruito neU’ormad lontano 1934, quando era pastore di Rodoretto,, incaricato anche di Frali.
Il Pastore Tron ha parlato della Chiesa
in America del Sud mostrando, per illustrare la sua interessarne esposizione, una
bella serie di diapositive a colori. I pralini, che ora sanno per esperienza quanto
costi costruire un Tempio, hanno voluto
consegnare al Fast. Tron, in segno di fraterna solidarietà, un’offerta per il Tempio
valdese dì Montevideo, attualmente in costruzione.
Domenica 3 aprile, dopo il culto presieduto dal Fast. Giovanni Tron, si è riunita
l’Assemblea di Chiesa per esprimere il suo
parere sulla proposta di riorganizzazione
dei Distretti della Chiesa Valdese. L’argomento era stato illustrato e discusso nelle
riunioni quartierali delle settimane precedenti. L’Assemblea all’unanimità si è
pronunciata in linea di massima a favore
delle modifiche dell’organizzazione distrettuale previste dalla Commissione sinodale
che ha studiato l’argomento; in particolare si è dichiarata favorevole alla proposta che l’elezione del sovrintendente venga affidata alla Conferenza distrettuale.
L’Unione Giovanile ha partecipato con
una diecina di soci al convegno giovanile
recentemente organizzato a Perrero, durante il quale è stala illustrata l’attività
svolta durante l’anno. Una parte assai
larga del tempo delle sedute è occupato
dagli studi che sono a volte di carattere
biblico, e spesso toccano argomenti di attualità; in particolare sono stati studiati
per diverse settimane consecutive al principio dell’anno i temi dell’Assemblea di
San Paulo. Più recentemente cinque settimane sono state dedicate allo studio dei
documenti preparatori dell’Assemblea di
Losanna. Tali studi sono sempre stati tenuti dal Pastore. Al termine del convegno
di Perrero alcuni giovani unionisti si sono
proposti di offrirsi. Panno prossimo, per
preparare essi stessi degli studi. Riteniamo
che si tratti di un’ottima idea e speriamo
che ohi ha fatto la proposta non se ne dimentichi di qui all’autunno.
Battesimo. Alla fine di marzo è stata
battezzata Claudia Artus, di Egidio e di
Armellina Grill, del Cugno; sono padrini
Silvio Artus e Signora. La Chiesa si rallegra di poter accogliere questo agnellino
della greggia del Signore e, nell’invocare
le benedizioni divine sulla piccola Claudia, esorta ancora genitori e padrini al
compimento delle loro promesse.
Sepolture. Il 13 febbraio è stata sepolta
nel Cimitero di Villa la signora Caterina
Elisa Rostagno ved. Pascal, giunta, attraverso sofferenze e malattìa, al suo ottantaquattresimo anno di vita.
Il 16 marzo nel Cimitero di Ghigo è stata data sepoltura ai resti mortali di Giovanni Daniele Grill, deceduto nel suo ottantaseiesimo anno di vita, dopo lunghi
anni di infermità.
Il 6 aprile una folla numerosa e commossa ha dato l’estremo saluto, su questa
terra a Miranda Ferrerò, richiamata dal
Signore nel suo ventunesimo anno.
A chi è nel lutto la Chiesa rivolge l’appello a cercare in Cristo e nella sua risurrezione che ha vinto la morte, quelle consolazioni che nessuna parola umana può
dare. E se la morte di chi è, come dice la
Scrittura « sazio di giorni », pare quasi un
fatto naturale, mentre la repentina ed ina■spetlata dipartenza di chi è nella primavera della vita colpisce come qualche cosa
di ingiusto ed atroce, non dimentichiamo
che le promesse della vita eterna sono fatte dal Signore a tutti quelli che hanno creduto in Lui, senza distinzione. Voglia Iddio, che conosce gli intimi affetti e le segrete sofferenze dei cuori concedere alle
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fratello in fede, condizione parallela,
ca 55-56 anni, impiegato o pensionato, soprattutto credente.
Inviare ogni corrispondenza per questa
rubrica, al Pastore Valdese di Villar Pollice. Pàzientare e scusare se non è accusata
ricevuta volta per volta. Il tempo è tiranno.
La prima risposta è data con la pubblicazione su questa rubrica.. Non appena giunga qualche risposta che possa collimare
cort la richiesta, gli interessati vengono
direttamente informati.
Redattore: Gino Conte
Coppieri . Torre Pellice
Tel. 94.76
Sede e Amministra2àooe
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Tipografia Subalpina . s. p. a.
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