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PROPUGNA IL BENE SOCIALE
MORALE RELIGIOSO DEGLI ITALIANI.
ABBONAMENTI: Interno ed Eritrea, anno L. 3; semestre L. 1,50.
Estero : anno L. 5 ; — semestre L. 3. — Per inserzioni, prezzi da convenirsi.
Dliettofe e Bmministpatoie ; Beovcnuto Celli, Via magenta p. 18, ROfflB
IRoma, 8 Settembre ^9^0 = 3.nno m = ÍT. 37
spegnitoio — Proteste ere. pressioni — La condanna del
Sillon giudicata dal c Times » — Paolo Mantegazza — Paolo Mantegazza e le religioni — Come i lavoratori inglesi intendono il socialismo
— Gli uomini del mare, del monte e della pianura —
Ancora il Congresso di Berlino e Fon. Murri — Il
pragmatismo di William James — Alla ricerca di
Gesù — La preghiera — Notizie Lombarde — Dai
paesi del colera — Corriere Siculo — Inventario di
nuovo genere — Valli Valdesi — Il nostro Sinodo —
Auri Sacra fames — Sotto l’incubo !
LO SPEQMITOIO
Avete veduto nelle chiese cattoliche, già immerse
nella penombra, quell’uomo, armato di una lunga
pertica in cima a cui sta una specie -d’imbuto rovesciato, il quale va attorno spegnendo i ceri finché
l’oscurità sia completa? Egli compie naturalmente una
azione simbolica dell’opera ohe il Vaticano e Pio X,
quel grande scaccino, stanno compiendo nel campo
spirituale.
Qualche anno fa, il ministro socialista Viviani si
vantava di avere spento in cielo ogni luce divina;
papa Sarto, con la sua tiara, che ha la forma di uno
spegnitoio, si è accinto furiosamente a spegnere nella
sua chiesa ogni luce d’idealità e di progresso, ogni
generosa iniziativa, ogni fiamma di libertà, ogni velleità d’indipendenza nel campo del pensiero e dell’azione. Egli si affanna a chiudere ermeticamente
porte e finestre, affinchè il buio sia completo e ordina : € macchina indietro a* tutto vapore ». Tutto
vuole accentrare sotto l’autorità dei vescovi, vale a
dire sotto la propria autorità: gli studi biblici, l’attività sociale, il movimento filosofico e politico, la
liturgia, l’insegnamento e persino le norme per la
comunione. Ha fulminato i modernisti, ha sbaragliato i democristiani, ha condannato l’Americanismo, ha chiuso istituti sospetti, come il Seminario di
Perugia, e destituito uomini di valore, che per poco
puzzassero di eresia, ha proibito le assemblee plenarie dei vescovi di Francia e le associazioni cultuali, togliendo alla Chiesa Gallicana le ultime vestigia di libertà, che ancora le rimanevano. Con azione pertinace, intollerante e gretta, egli si è opposto
a tutte lo tendenze e aspirazioni moderne, ha represso tutti gli atti di indipendenza e spezzato tutte
le iniziative, facendo pesare sul mondo cattollc'',
come cappa di piombo, l'esacrabile autorità assoluta
della Curia e proclamando che fuori del papa non
v’è salute.
L’ultimo atto di despotismo è la condanna dei democristi francesi, vasta organizzazione fondata da
Marco Sangnier e intitolata il Sillon, il Solco. Codesta organizzazione, approvata da Leone XIII e dallo
stesso Pio X e mantenutasi sempre ligia all’autorità
del papa, si distingueva per la larghezza delle sue
vedute sul terreno pratico dell’azione sociale, per il
suo spirito democratico, per il suo zelo entusiastico
nel diffondere la religione fra le masse e nel sostenere le rivendicazioni del proletariato; « destituita
di ogni carattere confessionale, essa raccoglieva tutti
coloro, cattolici o no, che perseguono lo stesso ideale
democratico >.
Codesta larghezza di vedute e il carattere troppo
democratico, quasi socialista del Sillon cominciarono
a destar sospetti nelle sfere più intransigenti; iu”no
minata una commissione d’inchiesta, e, in base alle
conclusioni di questa, il papa ha condannato e sciolto
l’associazione.
Due sono le accuse principali mosse al Sillon-, di
essere, cioè, troppo democratico e di essere contrario al
Vangelo. Donde si vede che, per PioX e per tutta la
setta vaticanesca, religione e democrazia sono incompatibili.
Già lo sapevamo, ma è bene che sia solennemente
proclamato in un documento ufficiale; è sperabile
che coloro i quali credevano alle smorfie democratiche dei cattolici apriranno gli occhi e comprenderanno finalmente che quella chiesa è stata e sarà
sempre aristocratica, conservatrice, autoritaria contro il popolo e favorevole ai signori. Il papa, lo dice
espressamente, vuole mantenere le disuguaglianze sociali, il rispetto, cioè la soggezione assoluta alle autorità, specialmente a quelle ecclesiastiche e chiama
« dottrine cristiane deformate » quelle che mirano a
stabilire una chiesa democratica e una religione umanitaria. Dunque su questo punto non può rimaner dubbio, e noi siamo contenti che Pio X, a differenza di Leone XIII, abbia parlato in, modo così
chiaro.
In quanto alla seconda accusa che la dottrina e
l’azione del Sillon fossero contrarie al Vangelo^ si
può dire con sicurezza che è vera se si tratta del
Vangelo di Pio X e della sua commissione d’inchiesta, ma è falsa, falsissima se si tratta del Vangelo di
Cristo. La • dottrina tradizionale della Chiesa » a
cui il papa si appella è una cosa, il Vangelo integrale e genuino di Cristo è un’altra.
Quale è stato l’effetto immediato di quest’ultima
enciclica? Lagrimevole, profondamente lagrimevole.
In un documento che fa pena, il fondatore del Sillon fa atto di sottomissione completa ai voleri del
papa e, benché dolente, si ritira da quel campo di
azione a cui aveva consacrato le sue forze, il suo ingegno il suo zelo, la sua vita. Era convinto di essere uno strumento di Dio, ma ora che il papa ha parlato, è convinto di non esserlo più. Non uno scatto, non
un accenno di ribellione, nè anche l’idea che convenga
ubbidire a Dio anziché agli uomini. Che razza di
mentalità hanno dunque questi uomini allevati nella
Chiesa di Roma? e che spina dorsale flessibile acquistano coloro che si prostrano a’ piedi del sovrano
pontefice 1
E’ inconcepibile come uomini di cuore e di mente
possano rimanere in una chiesa che soffoca tutte le
loro aspirazioni, che toglie loro ogni libertà di operare il bene nel modo che credono migliore, che
schiaccia ogni iniziativa sotto incomportabile tirannia.
E’ triste, molto triste e non depone in favore dell’umana dignità ed indipendenza.
Che si faccia tacere la voce della propria coscienza
e si rinneghi quello che si credeva essere la verità
secondo il Vangelo semplicemente perchè un uomo
lancia il suo quos ego, è inconcepibile nel XX secolo
e da persone colte e intelligenti. Ma quelle sonoquistioni personali, che ognuno deve regolare da sè,
come può.
Quale è lo scopo che si propone il Vaticano con
questa azione retrograda e intollerante? Di conservare l’unità della fede e della disciplina, concentrando tutto nelle mani di Roma. Vi riuscirà certamente, ma a quale prezzo? « Certo, osserva con ragione il Temps, la Chiesa rimarrà immutata, ma tra
le rovine e sempre più abbandonata >.
Quod est in votis. Enrico (^iroìre.
Proteste e repressioni
Qui si parrà che sorta di... unità sia quella cattolica romana.
Nel Biellese i preti ultramedievali e, quel ch’è peggio,
i nteressati, han protestato contro l’Autorità civile e
fin contro il loro vescovo, che approvava l’operato dell’Autorità civile, perchè nel santuario... miracoloso di
Oropa si voleva mettere un poco d’ordine, introdurre
un poco d’igiene, togliere un poco gli abusi, diminuire
u n poco i guadagni dei preti stessi ; i quali non si
sono peritati di scrivere — se dobbiam credere a!
Corriere della Sera — che c il clero biellese, sebbene
ossequente, ove sia inquietato fuor di misura, può
fare come il bue (il paragone non potrebb'essere più
esatto !) che diviene furioso e sconvolge e atterra
quanto trova sul suo passaggio ».
Ma lasciamo senz’altro i... buoi della diocesi di Biella,
e trasportiamoci nella capitale della » verde Umbria ».
Il seminario di Perugia (della diocesi che ebbe Gioacchino Pecci a vescovo) è da tempo in odore di... modernismo. E adesso la Santa Sede ne ha ordinata la chiusura per un anno. Con la consueta sincerità... cristiana
la Santa Sede dà come motivo della chiusura la necessità di ristauri ; i quali ristauri, secondo dicono
i giornali, non occorrono punto, e, quand’anche occorressero, si sarebbero potuti eseguire durante l’estate,
mentre i seminaristi erano in villeggiatura. E’strana
l’ingenuità delia Santa Sede. Dice cose, che anche un
orbo può riscontrare come non vere, e non si impensierisce punto delle conseguenze, e spera che la gente
debba essere ancora tanto buona da continuare a credere che chi dice bugie sia degno non solo di portar
il nome di cristiano, ma di stare a capo della Chiesa
cristiana... universale. Potreste imaginare maggior
depravazione morale ? La chiusura del seminario è
stata preceduta dal t ritiro » dell’arcivescovo MatteiGentili, il quale era, a quanto si dice, « circondato da
generale stima ». Egli si ritira « a vita privata ! ! ».
Da Perugia, torniamo addietro e diamo una capatina a Milano. Un gentile signore, il signor Gavazzati
ci favorisce un numero del Secolo, ove leggiamo tra
le altre belle cose :
« Che cosa è dunque avvenuto di nuovo? — ho
domandato ad un gruppo di donne, vestite di nero,
che s’erano fermate sulla gradinata del Duomo.
— Il cardinale arcivescovo — mi ha risposto la più
ardita — non vuole più che si faccia la prima comunione come prima 1
La desolazione ch’era nel gesto e nelle parole della
devota, mi ha consigliato a dirle una parola consolante :
— Non può essere assolutamente ciò che voi ditei
Avete certamente capito male. Come può un arcivescovo vietare la prima comunione e ordinare che si
cominci dalla seconda !
— No, noi — replicò fermamente la donna. — Ho
capito benissimo e il cardinale arcivescovo si è espresso
chiaramente. Egli dice che la prima comunione, come
si è sempre fatta, costituisce un abuso e che d’ora innanzi si farà in altro modo.
— E come si farà?
D’ora innanzi la prima coinunione si dovrà fare
a sette anni, non più tardi, e senza tutta quelia preparazione, tutta quella pompa, tutta quella • dottrinetta », ohe prima erano necessarie e senza le quali
il curato non avrebbe mai ammesso un ragazzo o una
ragazza alla prima comunione. Così è!„. ».
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LA LUCE
E l’artieolista, commentando, soggiunge:
« Finora ia prima comunione era, per i credenti,
non solo uno degli atti più solenni della vita, ma
una vera festa. Equivaleva anche al riconoscimento
dell’età del « giudizio », poiché era stabilito — e lo
predicavano i curati dal pergamo — che non si potesse essere ammessi alla prima comunione ^nza alcune settimane di catechismo e senza conoscerne bene
la importanza. Si credeva che fosse un’enormità ammettere il piccolo cristiano alla comunione prima dei
nove o dieci anni, quando c’era il perìcolo che si mettesse a giocare durante l’atto solenne o che commettesse impensatamente un sacrilegio ».
Passiamo le Alpi! Eccoci in Francia.
Assennatissime queste parole del Temps :
« Se la Chiesa, sotto l’Impulso della Santa Sede, di
sconosce sempre più l’evoluzione che si è prodotta
negli spiriti, se essa si isola in una resistenza dispe
rata ad ogni adattamento della vita e al pensiero mo
derno, chi ne soffrirà se non la Chiesa ? Certo ri
marrà immutata, ma tra le rovine sempre più ab
bandonata. Leone XIII l’aveva intuito, Leone XIII di
cui Pio X pretende, con una specie di affettazione, di
continuare l’opera, mentre poi con ostentazione gli
dà le più crudeli smentite. Leone XIII era indulgente
verso i giovani del Sillon di cui amava l’ardire, mentre
essi secondavano la sua politica col loro atteggiamento
democratico, con la loro azione sociale e con le loro
dichiarazioni repubblicane. Ora non è appunto tutto
ciò che attira loro la condanna di Pio X ? E il Papa
li accusa dì infeudare la religione ad un partito politico, alla democrazia, e il rimprovero è tanto più
piccante inquantochè è fatto loro poco dopo il torto
di rimanere inattivi nel conflitto contemporaneo fra
la Chiesa e la polìtica settaria ».
Lo sfarzo delle cerimonie cattoliche romane, la
pompa delle feste — come quella recente di Milano
pel centenario di S. Carlo Borromeo — tutto ciò che
v’è di esteriore, di teatrale, di coreografico nel Cattolicìsmo varrà ancora ad abbagliare le popolazioni
latine superficiali come bambini e amanti del grandioso e meraviglioso ; ma non varrà a salvare il Cattolicismo ; il quale è certamente destinato a perire.
La cendanna dai 51LL0H giadicata dal TIMES
« Il Vaticano ha dato un’altra prova — dice il giornale — della estrema rigidezza della sua politica ecclesiastica. Non contento di condannare il modernismo e di scomunicare i suoi capì, ora hà lanciato una
grave censura contro il Sillon, un’associazione cheaveva di già guadagnato molto terreno fra ì cattolici
francesi di idee liberali e democratiche. Poche persone accetteranno la ragione che il papa adduce per
giustificare il suo atto. Anzitutto i fondatori del Sillon mancano troppo di conoscenze storiche perchè si
potesse temere che essi risolvessero il difficile problema sociale che hanno intrappreso a discutere. Ma
una chiesa, che fonda le sue organizzazioni su vecchie
tradizioni,ha forse ragione di impedire che delle truppe
volontarie lottino nel suo nome per delle idee nuove ?
É vero per altro che le severe decisioni prese dal Vaticano, oltreché sul direttore del Sillon, produrranno
una penosa impressione anche su coloro i quali speravano che in Francia potesse svolgersi un movimento
come quello promosso dal iSil/ow, che tentasse di mantenere vivo lo spirito religioso nella vita della Francia moderna.
€ Il Vaticano — conclude il Times — è l’unico arbitro degli interessi della chiesa cattolica e contro ì
suoi decreti non è il caso di protestare. Però la sua
decisione sarà vivamente deplorata da tutti coloro che
non considerano simile questione dal punto di vista
puramente ecclesiastico ».
Paolo Miantcgazza
Nella sua ridente e luminosa villa « la Serenella »,
sita sur un greppo della pendice che volge verso il
quieto ed ameno golfo di Lerici, a levante della Spezia,
la mattina del 28 agosto, in su Talbeggjare, il professore senatore PAOLO MANTEOAZZA chiudeva la sua
lunga ed operosa vita di scienziato e di scrittore. Sulla
fronte della sua dimora un motto dice : La penna
mi ha dato questo riposo. Orazio avrebbe detto : Deus
nobis haec otia fecit !
La morte di Paolo Mantegazza è stata accolta con
profondo cordoglio da tutta Italia, dove contava a
migliaia gli ammiratori. I giornali quotidiani hanno
parlato di lui, del suo carattere personale, doll’opera
complessa, lungamente e variamente ; e benché non
sia un giornale come il nostro il luogo più adatto
per discorrerne, pur non possiamo tacere affatto di
un uomo che levò così alto grido di sé nel campo
scientifico e letterario, onorando grandemente la patria e volgarizzando tra il popolo quei principii di
igiene, che sono tanta parte del bene pubblico e individuale.
Paolo Mantegazza era nato a Monza il 31 ottobre
1831. Il padre Federigo non sembra sia stato in alcuna cosa eminente, ma la madre, contessa Laura
Soliera, fu donna d’alti sensi e meritamente illustre
per la sua operosità filantropica e per la vivacità del
suo patriottismo. Egli non vi alludeva se non con le
lagrime agli occhi e la descrisse in un libro : La mia
Mamma, che è un commovente tributo di affetto filiale. I precetti educativi e l’esempio di lei fecero nascere precocemente nell’anima del figlio quell’amore
e quella devozione alle idee dì progresso fisico, intellettuale e morale, che gli furono stimolo per tutta la
vita. Questo diciamo perchè sappiano le madri quanto
da esse dipenda l’avvenire dei figliuoli, tanto rispetto
alle cose della scienza come a quelle della fede.
A Pisa, il giovane lombardo iniziò i suoi studi universitari medici, che proseguì a Pavia, dove si laureò
nel 1854, e donde passò come assistente all’Ospedale
di Milano. Sin da giovane ebbe forte inclinazione per
la chimica, ma vi rinunziò per la gracilità dei suol
polmoni e si volse alla botanica; infine gli studi medici ebbero la sua predilezione. Intanto si era dato
con grande ardore allo studio della fisiologia e biologia sperimentali, che divennero la linea direttiva di
tutta la sua attività scientifica. Già a 19 anni aveva
presentato al R. Istituto Lombardo una Memoria sulla
Generazione spontanea, lavoro ardito e notevole per
quei tempi, ma di nessun valore oggidì, dopo gli
studi sperimentali negativi di Pasteur e di altri che
vennero di poi.
Spirito avventuroso e bisognoso di movimento.
Paolo Mantegazza intrapprese, a scopo di studio, lunghi viaggi in quasi tutti gli Stati d’Europa, e nel
1856 si spinse fino a Buenos Aires, dove presto si
creò una posizione onorata come professionista. Colà
fece le sue prime osservazioni d’indole antropologica.
Tornato in Italia con la moglie Jacobita, una creola
che lo rese otto anni felice, vinse il concorso alla
cattedra di Patologia generale nell’ Università di
Pavia, e fu il primo in Italia ad applicare i metodi
di osservazione microscopica, che aprirono la via ai
più moderni progressi delia scienza.
Son da porsi in questo periodo della sua attività
la sua invenzione del globulimetro, che fu il primo
strumento con cui si potè stimare il numero dei globuli rossi contenuti nel sangue. A lui pure il merito
di aver fatto conoscere in Italia la coca, da cui un
tedesco derivò la cocaina, specie di tonico dei nervi
e uno dei farmaci più benefici e potenti, ma di cui
non conviene abusare.
Dopo un decennio d’insegnamento a Pavia, nel novembre del 1869 fu dal governo trasferito come professore di Antropologia neU’allor nascente R. Istituto di Studi Superiori di Firenze. Già durante il
suo insegnamento crasi occupato di Igiene e di .4«tropologia ; ora poteva consacrarsi tutto a questi studi
prediletti. Annesso alla cattedra, fondò il Museo Nazionale di Antropologia, con Società ed Archivio
(periodico) analoghi. In questa sede si è svolta la
molteplice ed immensa attività scientifica e letteraria di Paolo Mantegazza.
• •
Era ancora a Pavia quando i suoi concittadini di
Monza lo elessero come loro rappresentante politico
al Parlamento nazionale (1865) confermandogli il mandato fino al 1874. Disse allora che la sua ambizione
sarebbe stata di mettersi all’avanguardia del partito
liberale e concentrò il suo programma in quattro
parole : massima libertà, massimo ordine. Se non
chè il suo spirito caustico, la sua natura indisciplinata, che non gli permetteva di aderire a nessun partito, ed anche le dottrine sue materialistiche professate apertamente, lo misero in urto con la maggioranza dei suoi colleghi e lo resero inviso al governo,
il quale rifiutò l’offerta dei suoi servigi quando, nel
1866, scoppiò la guerra contro l’Austria. Abbbandonato dal mondo ufficiale, Depretis ne propose la nomina a Senatore, che avvenne nel 1876. Ma neanche
al Senato riuscì ad emergere, ond’egli rarissime volte
si rese presente alla Camera vitalizia. Deputato, avea
dato voto contrario alla legge delle Guarentigie ed a
quella che istituiva la tassa sul macinato.
11 professore di Antropologia fu ben presto noto
ai fiorentini. Alto, magro, con la testa bella e caratteristica per gl’inanellati e;; copiosi capelli che gli
scendevan sulle spalle, per l’occhio vivido e luminoso,
per le labbra sorridenti tra i baffi folti e il lungo
pizzo, il tutto ombreggiato da un cappello a larghe
tese — chiunque l’avesse incontrato senza conoscerlo
l’avrebbe preso per un capitano di ventura anziché
per un professore d’Università.
Ma sulla cattedra era un altr’uomo. Parlatore abbondante, di spiriti battaglieri, pronto sempre alla
discussione scientifica, ebbe come oratore un fascino
irresistibile e sollevava l’entusiasmo di centinaia di
uditori, in maggior parte del genere femminile, che
affluivano alle sue lezioni. Pochi scienziati godettero
di maggior popolarità, pochi seppero meglio di lui
I avvicinarsi alle umili intelligenze e rivolgersi ad esse
con profitto. Egli volle far della scienza un apostolato e penetrare a poco a poco nelle menti del popolo,
e perciò fu odiato dagli accademici e vilipeso da coloro ohe lo stimavano un dilettante I E però, niuu
insegnante fu come lui amato dai suoi discepoli, dei
quali alcuni sono pervenuti all’ alto insegnamento
universitario. Sdegnoso e difficile con chi non era da
lui conosciuto e insofferente della folla, aveva però
l’anima aperta ad ogni sentimento generoso e, tranne
alcuni scatti, il cuore pieno di bontà e di affabilità.
«
« «
L’attività di Paolo Mantegazza fu ad un tempo
seientifica e letteraria. Oggetto dei suoi studi scientifici furono principalmente VIgiene, la Fisiologia e
VAntropologia-, egli disperse però la sua operosità
in una quantità enorme di pubblicazioni, molte delle
quali già sono scomparse ed altre seguiranno. Tuttavia bisogna riconoscere che esse tutte convergono
ad un fine che è quello di render servigio ai suoi
simili procurando loro la felicità terrestre mediante
la salute del corpo. A diverso scopo non mirano i suoi
racconti di Viaggi e i suoi Romanzi.
Fra i suoi libri d'igiene va mentovato primo il
suo Almanacco che gode gran riputazione, poi tutti
quelli ohe trattano d'amore e di matrimonio, chè
troppi sono per poterli enumerare. Imperocché egli
fu un igienista eccellente, e spesso spesso quello che
insegnava l’avea sperimentato sopra dì sé. L’igiene fu
la sua passione, il suo apostolato. I suoi libri, i suoi
opuscoli sulla materia si venderono a migliaia di copie, e fecero del bene, scritti com’erano in forma
piacevole. Se questa non fu la parte più notevole
delle sue produzioni, fu certamente la più letta.
Le sue qualità di fisiologo appariscono soprattutto
neW’Atlante del Dolore, nella Fisiologia deWAmore
— deWOdio — dell’Uomo — della Donna — del
Bello eoe. Durante il suo primo soggiorno a Parigi,
avea scritto gli Amori degli Uomini, come Saggio di
una Etnografia dell’Amore, e per vero dire si meritò il biasimo che gliene venne per la crudezza delle
sue espressioni : ciò nocque al suo credito di scrittore; ma egli si corresse e riconquistò le perdute
simpatie.
I libri di Viaggio di Paolo Mantegazza sono dilettevoli e istruttivi emen soggetti a invecchiare.
Citiamo ; Profili e paesaggi della Sardegna — Rio
della Piata e Tenerife — In India — Lettere dalla
Lapponia Svedese — Ricordi di Spagna e dell'America Spagnola, ecc. — Nel suo romanzo : Un giorno
a Madera volle dimostrare le tristi conseguenze dei
matrimoni tra persone cagionevoli, e coll’altro: Vlddio ignoto ritrarre l’aspra lotta fra il piacere e il
dovere. — Numerosi sono gli altri libri in cui, sotto
varie forme, lo scrittore si studia di insegnare ciò
che è bene e cerca dì premunire contro lo intemperanze della vita : tali. Il Bene e il Male; Ordine e
Libertà; le Glorie e le Gioie del lavoro; le Estasi
umane, il Secolo Tartufo, ecc. A Cuòre di De Amicis volle rispondere con Testa, ma Cuore prevalse.
« Molte dello sue opere, scrive un suo alunno, contese dai padri ai figli come immorali, han pur servito a migliorare il costume del popolo italiano ; e
gli ammonimenti utilissimi alla vita dei sensi hanno
pur suscitata la coscienza della responsabilità individuale nel rinvigorimento e nel decadimento delle
razze... Piuttostochè ebbro di verità, di assoluto —
di Dio — fu contento di quel che gli fu detto essere
vero e assoluto; non intese a vertici, non scrutò gli
abissi ; ma stiè pago del suo luogo e del suo tempo,
e giudicò gioia suprema fare un poco di bene ai
suoi contemporanei ».
Pregio singolarissimo del geniale scrittore fu dì
conoscere l’arte difficile di farsi leggere. Egli è riuscito, coi suoi libri, a crearsi una vasta clientela di
lettori, ch’egli istruì e divertì con una amabilità di
forma che seduce e trascina. La fantasia, che fu in
lui ricchissima e fecondissima, si sfoga soprattutto
nei suoi libri di Viaggio, ma sempre a scopo di educazione. Ebbe anche questo dì buono : ch’egli amò
grandemente la scienza e la vita e a tutte due consacrò le energie dello spirito e del corpo.
Però, se nelle sue opere giovanili allettò per il calore del pensiero e dell’espressione, lasciò, ne’ suoi
scritti posteriori, desiderio di maggior purezza di
parola e di stile più ornato. La sua più recente se
non ultima pubblicazione, che intitolò La Bibbia
della Speranza, zibaldone di pensieri suoi e di altri, è trascurata e negletta. Ornai troppo lontano dalla
forbitezza della lingua e dalle eleganze del bel dire,
n’avea sentito accoramento senza potervi rimediare e
vide il favore popolare andarsene a scrittori men
dotti, ma nell’arte dello scrivere più moderni, più
esperti e forbiti di lui.
*
* *•
L’ opera più duratura del professor Mantegazza si
svolse nel Museo Antropologico da lui fondato e diretto, e dov’è raccolto un ricchissimo patrimonio
5 scientifico. — « Quando venni qua — soleva dire e
lo ricorda l’egregio sig. Mochi suo alunno e succes-
3
7
y
LA LUCE
sore — non c’era nè un cranio nè una freccia ». Oggi Ì
la collezione etnografica conta più di 16.000 oggètti,
armi, utensili, ornamenti ecc., rappresentanti l’attività dei popoli primitivi, come gli Australiani, i Melanesiani, i Maori, i Malesi, gli indigeni deH’America
e dell’Africa, i Siberiani, i Lapponi, eco. E accanto si
può ammirare la ancor più importante raccolta antropologica destinata allo studio delle differenze corporee delle razze umane, e la cui sola collezione di
crani ascende a quasi 5000 numeri ». Oggi, questo
Museo è il più ricco che sia in Italia. .
Celebrandosi nel 1901 il Giubileo universitario dell’illustre Estinto, i suoi discepoli e ammiratori vollero corredare il Museo di un Laboratorio per le ricerche antropometriche. Il Mantegazza amava molto
discorrere coi suoi studenti sulla origine dell’ uomo
e delle sue razze, sul meccanismo della evoluzione e
sui più alti problemi della biologia umana, ed anche
di psicologia si dilettava, integrando così lo studio
dell'uomo in tutti i suoi caratteri. — L’elemento femminile, che costituiva larga parte dei suoi ascoltatori
e che sapeva essere a lui simpatico, volle anch’esso
approfittare del Giubileo per esternargli tutta la sua
ammirazione e gratitudine, presentandogli, con una
pergamena rivestita di molte firme di signore d’Italia
e delll’Estero, patrizie illustri, letterate ed artiste, una
Penna d’ oro. Alle quali, tra altro, il senatore commosso rispose :
* In questa stupenda penna d’oro mi avete dato il
simbolo dello strumento più delicato e più forte: delicato quando ci porge le carezze del cuore e ci innalza al cielo della poesia ; forte, quando combatte il
pregiudizio, la menzogna, la prepotenza. Sì, la penna^
è più forte della spada, perchè più volte essa l’ha
fatta rientrar nel fodero, quando si era alzata ingiusta e crudele contro gli offesi e i deboli. La spada
invece non ha mai fatto tacere la penna ; e se ha potuto cedere chi la tenne in mano, la penna è rimasta
sempre viva, sempre operosa, sempre pronta a combattere le sante battaglie della libertà e del progresso...
« Vedete, care signore, qual prezioso strumento mi
avete dato, ed io vi prometto che finché avrò il polso
fermo e 1 occhio aperto, io l'adoprerò per difendere
voi e tutti i deboli ingiustamente oppressi. Io sono
sempre con voi e per voi, perchè se l’uomo rappre-'
senta la forza, voi siete il cuore dell’umanità, e senza
di voi la vita non avrebbe le migliori gioie, i più sacri conforti, le idealità più sante ».
Se, dal punto di vista cristiano, possiam dolerci
che una mente così elevata, un cuore così caldo come
quello del Mantegazza, non abbia creduto di ravvisare sempre nella Natura la maao di un Creatore, e
neH’uomo xm’anima immortale — del quale e della
quale non si diede mai gran pensiero — certo dobbiamo
ammirare in lui lo studiosodell’Mo?wo e delle condizioni
che meglio possono assicurargli la felicità in questa
vita. Se non lo preoccupò l’amor di Dio per noi, nè
l’amor che a Dio dobbiamo, certamente egli amò il
suo prossimo, di che gli dobbiamo dar lode e riconoscenza. In ciò può proporsi ad esempio a molti cristiani ; ed in questo ancora: nello studio dell'opera
creata da quel Dio nel quale noi crediamo. Il compianto professore aveva spesso il nome di Bibbia
sulle labbra : se avesse investigato il documento divino
come investigò il documento umano, quanto più profonda e salda sarebbe stata la sua dottrina e quanto
maggiore il beneficio reso all'umanità !
*
Un dolce ricordo. — Quando, il 29 aprile 1901, ebbe
luogo a Firenze la solenne commemorazione del trentesimo anniversario della Società antropologica epsi
eologica italiana e del quarantesimo anno d’insegna
mento del prof. sen. Mantegazza, l’aula magna dell'l
stituto Superiore si riempì di un pubblico scelto
Ai lati del festeggiato, era una pleiade d’uomini il
lustri e sapienti, tra i quali il Virchow, il Retzius ed
altri venuti di fuori, e là vedemmo, modesto ma non
indegno del posto, l'egregio missionario e pastore
evangelico, amico e collega carissimo, sig. cav. Giacomo Weitzecker, ufficialmente invitato a prender
parte alla festa. Le accoglienze fattegli dal prof. Mantegazza, nonché dagli esimi! professori dell’Istituto,
furono squisite; e non solo volle l’illustre antropologo
presentarlo agli uomini celebri ivi raccolti, ma ancora
a S. A. il conte di Torino. Il quale, saputo che il cav.
Weitzecker era stato più anni missionario fra gl’indigeni affricani, prese a muovergli infinite domande
e lo tenne seco in lunga e animata conversazione. Chi
sa se S. A. non se ne sarà ricordato durante il suo
recente viaggio cinegetico traverso quelle terre!
Il lavori da presentarsi alla Società antropologica
furono rimandati ad altra seduta, da tenersi l’indomani in più ristretto ambiente, ed anche a questa avemmo l’onore di assistere. Fra le Memorie scritte e
le comunicazioni orali, va da sè che acuimmo l’attenzione, in ciò'; imitando il pubblico, sulla esposizione
lucida e succinta che il sig. Weitzecker fece su la
Donna fra i Basato, e che riscosse i più nutriti applausi.
Guidati poi dagli illustri professori Mantegazza e
Giglioli (entrambi ora scomparsi) e accompagnati da
altri visitatori percorremmo il Museo Antropologico
e Psicologico, ammirando l’abbondanza del materiale
scientifico ivi raccolto e logicamente ordinato... Tuttavia, e perchè non dirlo ? ci colse un sentimento di
umiliazione e di tristezza pensando, e vedendo in
parte con gli occhi, quanto — o che sia civile o che
sia selvaggio — l’uomo è stato deturpato dal peccato!
Evidentemente vi è un male in lui che nessuna igiene,
nessuna profilassi potrà eliminare. E nessun medico,
nessuno igienista, nessun fisiologo, nessun antropologo pensa a ricercare la sede di quel male, le cause,
lo sviluppo, i mezzi di guarigione ! Si andrà in Asia
e in America per cercare una pianta qualunque medicinale, e non si alza uno sguardo all’Albero della
vita, le cui fronde — a portata di mano — son per
la guarigione corporale e spirituale delle Genti 1 Ciò
che il Museo Antropologico non dice, lo dirà il Vangelo, cioè : che il rilevamento dell’umanità non è possibile mediante la scienza umana, ma diventa effettivo mediante l’opera redentrice di Cristo Gesù cfr.
1 cor. IjlS-Sl.
Volgendo poi, per un breve istante, lo sguardo
verso l’amico e compagno d’opera, mentalmente e dal
cuore gli mandammo questo pensiero :
* Tu, fra tanta « sapienza di questo mondo », rappresenti c la pazzia della predicazione ». La tua presenza qui parla di « Cristo, potenza di Dio e sapienza
di Dio ». Sii tu dunque benedetto per quello che hai
fatto tra i Basuto e per quello che ora fai tra noi —
e sieno teco benedetti tutti coloro, che più utilmente
consacrano la vita a raccogliere anime anziché teschi,
a fondar Chiese anziché Musei, a ricercar la Sapienza,
che vien da alto anziché la scienza che è da basso,
ad instaurare sulla terra il Regno spirituale del cielo! »
Bari. Pons
PAOLO MANTEGAZZa
e le religioni
È scomparso dal mondo dei vivi questa illustre figura di scienziato poeta. Non siamo certo competenti
a formulare un giudizio qualsiasi sulla sua opera. Vogliamo solo qui indicare quel ohe pensasse intorno
alle religioni. E perciò non abbiamo che da sfogliare
un suo libro dal titolo : L'anno 3000, in cui l A. ha
voluto ritrarci la Civiltà avvenire, seguendo 1’ esempio di Bellamy che descrisse nel famoso bmo Looking
Backward e nel due volumi Eguaglianza la vita
nuova creata dal socialismo.
Il nostro geniale scrittore ci fa assistere ad uno
strano viaggio di due fidanzati. Paolo e Maria, i quali,
partiti da Roma, capitale degli Stati Uniti di Europa,
si recano ad Andropoli, capitale degli Stati Uniti Planetarii, posta ai piedi dell’Imalaja. ìì. impossibile riassumere tutte le maraviglie che si trovano in quella
città, che sprge in un paese giudicato il più bello ed
il più salubre del mondo; tutte le novità vi si ammirano per quanto riguarda la vita sociale in tutte
le sue manifestazioni : dalle forme di governo all’industria, al commercio, alla scuola. Piuttosto diciamo
qualche cosa delle religioni professate nell’anno 3000.
Ancora in quei tempi lontani, la fede non sarà scomparsa dalla terra. . Il bisogno dell’ ideale invece di
scomparire dalla faccia della terra — scrive ilJMantegazza — è andato crescendo sempre più, affinandosi
ed elevandosi ad ogni passo;;della Civiltà, che rende
meno penosa la lotta per resistenza, lasciando molto
tempo per le soddisfazioni dei bisogni più alti ». Ed invero, sotto certi aspetti, si sarebbero fatti alcuni notevoli progressi. Ad esempio, non vi è più alcuna religione dello Stato; in Roma non v’è più alcun papa,
perchè la religione cattolica^(che ne dice don Murri ?)
è scomparsa da più di cinque secoli, distrutta dalla simonia e dall’ ignoranza cocciuta degli ultimi papi. Non
v’ è più neppure alcuna religione pagana, e i templi
buddisti e le moschee sono tutti crollati, non avendo
più nè sacerdoti, nè credenti. Quali, dunque, sono lo
religioni che vi si professano?
In Andropoli, a pochi chilometri dalla capitale, tutta
una valle ampia e verdeggiante di foreste è destinata
alle religioni dominanti, e, però, quella valle è detta
di Dio. Tre sono i culti professati. Vi è il culto della
Speranza, professato dai credenti di tutto il mondo
ad un Dio immaginario, cioè ad un simbolo, che chiude
in sè tutte le paure della morte e tutte le aspirazioni
ad un’altra vita eterna e migliore della nostra. La
parola « sperate » è scritta sul pronao del Tempio,
immenso nelle proporzioni, magnifico di marmi, di
oro e di bronzi, e la sua architettura rammenta il gotico antico. Nel centro della Chiesa, s’innalza una statua d’oro massiccio che rappresenta la Speranza. E
intorno alla gran dea si vedono gli altari minori consacrati al Bello, al Buono, al Sacrifizio, alla Salute,
alla Forza, alla Grazia, alla Cortesia e a quasi tutte
le umane virtù. Il culto vi è semplicissimo. Non vi
sono che predicatori che ogni giorno dall’alto di un
pulpito, tengono orazioni di morale o di estetica, ma
sopratutto di conforto pei dolori umani. Questa religione però non si appaga che di sentenze morali come
questa : < L’uomo saggio non deve nè credere, nè negare. Egli deve sperare ». Una specie quindi di agnosticismo che certo non può rispondere alle più sublimi aspirazioni dell’anima umana. Se non erriamo
questa fu la religione del compianto scienziato. Però
in quella città creata dalla fantasia dell’A. è pure professato il Cristianesimo.
Non molto lungi dal Tempio della Speranza s’innalza la Chiesa cristiana. Non v’è più traccia di cattolicismo. Tutte le altre chiese cristiane si sono fuse
in una sola, che rassomiglia assai all’antica Valdese.
Però non sappiamo perchè l’A. abbia, sìa pure in un
racconto fantastico, introdotto innovazioni tali che
modificano del tutto i riti e i simboli della religione
cristiana. Ad esempio, la forma del battesimo è molto
strana, poiché consiste nel bagnare la fronte del neonato con una goccia di sangue levato dal braccio del
padre, e con un’altra goccia del sangue della madre.
Là formula sarebbe anche nuova : « In nome dell’ amore, in nome del dolore, in nome del Cristo che è
morto per noi, io ti battezzo e chiamo »... Vi sarebbero inoltre tre sacramenti : la confermazione, il matrimonio, e l’estrema unzione; la quale, però, non è
che un saluto cfie i superstiti dànno all’uomo che sta
per morire e per entrare nella vita eterna.
Il Tempio evangelico è costituito da un edificio che
riproduce l’antica cattedrale di Firenze, Santa Maria
del Fiore : severo, melanconico, senza quadri, senza
statue, che ispira rispetto e invita al silenzio, alla me
dìtazione: vi si ammirano due altari, l’uno consacrato
al Cristo : l’altare del dolore e del sacrifizio ; 1’ altro
consacrato alla Vergine Maria : l’altare dell’ amore e
della carità.
Finalmente c’è pure la Chiesa dei deisti : sulla porta
del Tempio che ricorda l’antico Panteon di Roma sì
legge: All'Iddio ignoto. Qui lo stesso Mantegazza osserva : « Il Dio ignoto fu di tutti i tempi e di tutti i
pensatori, che non erano neanche superbi. L’uomo sa
così poco del mondo che lo circonda e delle forze che
lo muovono; nasce e muore fra due abissi impenetrabili d’ignoranza, il piccolissimo, il grandissimo;
ed è costretto a mettere in fondo ad ogni domanda
un punto d’interrogazione. Ma come si fa ad adorare
un forse, un punto d’interrogazione ? Il Dio ignoto è
una pura e semplice confessione d’ignoranza, ma non
può dar materia di culto nè di religione ».
Per noi non vi può essere dubbio sulla forma e sulla
sostanza della religione dell’avvenire : questa non può
essere che il Cristianesimo riportato incessantemente
alle sue origini, alla sua fonte : « Il perfezionamento
del Cristiànesimo consisterà nel far ritorno a Gesù »,
ha lasciato scritto lo stesso Renan.
Nell’anno 3000 vi saranno forse ancora altre forme
religiose, oltre il Cristianesimo. Ma una cosa sappiamo
certa : ed è che il Cristianesimo attraverserà vittorioso
i secoli venturi, i più lontani, sopravviverà a tutte le
altre religioni umane, e innalzerà la bandiera della
vittoria sulle stesse ultime rovine del mondo.
» Gesù Cristo è lo stesso, ieri, e oggi, e in eterno ».
Ebr. XIII, 8.
Hnnieo CQeyniev.
a- -a- -a
Come i loooratoFi inglesi
s- a- a- intendono il socialismo
Giorni sono i nostri giornali politici recavano una
notìzia, che forse sarà sfuggita a più di un lettore,
ma la circostanza deve essere segnalata. Eccola : * Il
manifesto della maggioranza dei membri del Consiglio direttivo del partito indipendente del lavoro dichiara che il socialismo consistente solo in innovazioni rivoluzionarie, non ha alcun valore per gli inglesi, ai quali occorre un socialismo organizzatore,
che conferisca allo Stato tutte le attribuzioni d’interesse pubblico, che regoli le industrie, sviluppi tutto
ciò che serve ad aumentare la felicità e la libertà dei
popoli, avendo per fine ultimo lo stato cooperativo ».
Questa notìzia ancora una volta rivela la praticità
del carattere e della mente dei popoli anglo-sassoni,
e, quindi, la sostanziale differenza, nella concezione
e soluzione dei problemi sociali, dai popoli latini. Questi ultimi si perdono nelle discussioni teoriche dei
problemi, mentre i primi vedono l’utilità di una soluzione pratica, metodica, eminentemente evoluzionistica. Da noi i socialisti vorrebbero subito pervenire
alla mèta ultima nella realizzazione dei loro ideali,
senza che prima il terreno venga convenientemente
preparato. Ora le riforme, perchè riescano al loro
fine, bisogna che si facciano gradatamente, in maniera da non urtare troppi interessi inveterati. Le
innovazioni rivoluzionarie non possono non destare
le apprensioni e quindi la difesa delle classi dirìgenti.
Di qui gl’inevitabili conflitti che ritardano le stesse
soluzioni eque dei vari! problemi sociali. Tutto questo
hanno compreso le classi lavoratrici inglesi, le quali.
4
LA LUCE
prima di muovere aH’asealto delle posizioni nemiche,
si organizzano magnificamente, insieme cooperano
per conseguire le loro finalità.
Invero la oooperasione è il fatto saliente nel campo
deU'economia sociale nei paesi anglo-sassoni. Si è compreso ivi quale sia la forza dell’associazione, la quale
è un potente rimedio alla dispersione soverchia delle
forze individuali, e impedisce pure l’accentramento in
phcbe mani delle forze vive di un paese. L’associazione è l’espansione giusta e legittima del fatto sociale del lavoro : si mette allora in pratica la legge
morale, che richiede che gli uomini uniscano i loro
interessi e gli sforzi loro.
Tutti per ciascuno e ciascuno per tutti : ecco la divisa dei lavoratori. Questa forma di organizzazione
del lavoro risponde alle esigenze della morale cristiana, in quanto sono rese possibili, nell’ordine dei
fatti, la libertà, l’uguaglianza, la fratellanza, di più
essa dà modo agli operai di conquistare gli strumenti del lavoro.
Da noi la cooperazione è ancora ben lungi dall’essere quel che dovrebbe. Gli operai in genere non ne
hanno ancora compreso tutta l’importanza. Si direbbe
quasi che invano Giuseppe Mazzini abbia dettato i suoi
eccellenti consigli agli operai sul modo di costituire
l'associazione, in cui egli vedeva ì\ futuro sociale e
il segreto deH’emancipazlone loro (Vedi : / doveri delZ’Momp>. Manca dunque in buona parte dei nostri operai un alto sentimento dei proprii doveri di fronte
ai loro mali.
Evidentemente qui ai tocca con mano il difetto di
educazione delle nostre masse operaie, violente, impulsive, come dimostrano i troppo frequenti conflitti
con la forza pubblica.
La cooperazione non può sussistere e dare tutti i
suoi risultati che là dove il terreno, dal punto di vista morale-cristiano, è stato convenientemente preparato.
Molto bene dice a questo proposito il De Boyve in
un suo studio sulla Cooperazione dal punto di vista
cristiano: « Senza lo spirito del Cristo, 1 organizzazione cooperativa non ha alcuna probabilità di riuscita, non si può creare un mondo nuovo senza dare
all’uomo un cuore nuovo; prima di riformare il
mondo bisogna riformare se stesso. La cooperazione
é un eccellente terreno per preparare tale trasformazione ; col migliorare le condizioni materiali dei suoi
membri, essa prepara il loro miglioramento morale,
e nel conciliare gl’interessi di tutti, essa sviluppa i
sentimenti di solidarietà. » ,
Enrico Meymer.
Gli nomini del mare, del monte e della pianura^
-------------®-----------—
Parabola.
Un gruppo d’uomini è alle prese Colla morte fra i
marosi spumeggianti di un oceano infuriato.
Un altro gruppo è aggrappato ad una ristretta roccia,
flagellata dalla bufera, su di un abisso, e sta precipitando. Così il primo come il secondo gruppo, purché
sappiano la via della salvezza, e vogliano seguirla,
possono salvarsi. Ma... non sanno !... perciò non possono; è, quindi, per essi vana cosa il volere.
Intanto quegli uomini protestano contro l’iniquità
della sorte e bestemmiano, oppure rassegnati pregano
questo o quello Iddio... odono voci contradditorie, onde
or si ribellano ed or ai acquetano, or si confortano ed
or si rinviliscono., odono ancora varie e differenti
voci di insegnamento o di consiglio sul modo onde
trarsi a salvamento... — e, nel frattempo, perplessi,
istupiditi, confusi, gli uomini di ciascun gruppo si
bisticciano fra loro, si percuotono, si lacerano, si
odiano.
Degli stolti o iniqui fanno giungere in copia fra
loro dcW’alcool... ed altri avidamente lo bevono... e così
si sommergono, oppure precipitano.
Giungono ad essi ancora delle snervanti salmodie
chiesastiche... e le seguono: ondo, anche perciò paralizzati, finiscono.
Poveretti 1... « non sanno quello che si fanno ».
* •
Nell’ampia e sicura pianura uii altro gruppo d’uomini sta ed osserva.
E’ una massa, questa, meno ignorante e meno infelice, ma però egoista e vile. Questa massa è nulla
in confronto della immensa e feconda pianura della
vita... eppure essa teme follemente: teme che, se gli uomini del mare e del monte giungono a salvarsi nella
sterminata pianura, divengano dei pericolosi concorrenti e ne discaccino i primitivi occupanti !
E così gli uomini delia pianura, per egoismo, per
paura, per invidia, lasciano affogare o sfracellare i
propri fratelli del mare e del monte.
*
Ma tra i salvi della pianura taluni si commuovono ;
dalla massa si staccano alcuni savii e buoni, i qualj
sentono nel cuore l'irresistibile impulso di accorrere
a salvare i loro fratelli. Però a questi generosi bentosto si uniscono altri : invidi e traditori : e costoro
vogliono attraversare ed impedire l’opera di Redenzione umana apprestata dai primi.
Quei traditori rappresentano l’anima primigenia
della massa egoista, e da questa avranno plauso, conforto, premio.
Quando i primi scrutano, analizzano, avvisano ai
mezzi più efficaci e rapidi per redimere dal dolore
e dalla morte i fratelli, i secondi malignamente seminano le zizzanie, suscitando contese, travisando il
vero, accendendo querele, creando idoli di fango...
(cui pretendono poi tutti si prostrino, e chi non si
prostra uccidono...) cosicché, alla fine, il manipolo dei
salvatori si riduce una stolta e cattiva accozzaglia di
pazzi e di cripiinali, che si dilaniano e si percuotono,
e Ssi distruggono... o per vane quisquilie, o per piccine viltà o per loschi interessi !...
La massa umana, che sta sicura nel piano, intanto,
o plaude, o fischia... e gli impazzati o malvagi salvatori finiscono coll’ambire i plausi, e col temere i fischi... piuttosto ohe volere unicamentz la salvezza dei
fratelli.
Che se, per combinazione, dal gruppo stolto dei creduti redentori, animoso e deciso taluno si stacca, altri
lo seguono, e assieme si accingono ad opera utile a
favore di quelli del mare... tosto la massa bestiale si
assiepa loro intorno, ed urla, ed ammonisce a salvare
quelli del monte... e viceversa !
Ma se alfine accade, che azione davvero redentrice
si cominci dai ribelli, malgrado minacele, o blandizie,
0 violenze della massa bruta... questa allora, folle di
terrore, accecata d’ira, divampante d’odio... lapida e
distrugge i Redentori, e (dopo averli infamati), ne
disperde perfino il nome 1...
*
• •
Con lenta e immane fatica gli uomini del mare,
per virtù propria, si accostano alla riva : perchè lo
Spirito di Verità e di Amore accese nelle loro menti
la lampada della Sapienza, ed ora ne dirige e ne
sostiene l’azione affettuosa e concorde di fratelli.
Altrettanto, così, gli uomini del monte vanno scendendo e irresistibili, accostandosi al piano. Mentre
gli uomini della pianura incominciano a rammollire
1 loro cuori e le loro cervici, incominciano ad aprire
gli occhi al Vero, al Bello, al Buono : poiché in essi
pure va compiendo mirabile opera di Redenzione morale lo Spirito di Verità e di Amore !
I feroci, i violenti, i codardi, gli ingannatori... gli
egoisti... i lupi... sono spariti per sempre.
Nella sterminata e ferace pianura non vi è che una
sola grande moltitudine di Uomini Fratelli : — questi
sono concordi, savii, giusti, operosi, e felici.
Sotto i nuovi Cieli sulla nuova Terra abita la
Giustizia !
Venezia.
D. F. Fiorioli Della Lena.
Ancora il Congresso di Berlino e Fon. Murri
Non dispiaccia al lettore se per un breve istante ritorniamo al Congresso di Berlino, di cui già, d’altronde, si è parlato più volte in questo nostro giornale. E’ solo per rilevare le impressioni dell’onorevole Murri quali si desumono da un articolo pubblicato nella Libertà. Intanto ecco alcune inesattezze che
vanno rettificate. Non per la prima volta vi parteciparono i rappresentanti latini, perchè ai precedenti
Congressi presero parte pastori e professori protestanti di Francia e di Ginevra ; e a quelli di Londra
e di Ginevra l'Italia fu in certo qual modo rappresentata dal pastore André di Firenze, ohe vi presentò
pure notevoli relazioni. In quanto ai modernisti che
vi parteciparono, essi non furono molto numerosi
come hanno lasciato intendere i giornali italiani. Abbiamo voluto in proposito interrogare l’egregio direttore del Protestant, il quale ci rispose testualmente
così : « Il y avait quelques modernistes, entre autres
le directeur de la Revue Moderniste Internationale
de Genève. Mais pas en grand nombre ».
Il Murri scrive poi addirittura « che gli animi di
tutti i credenti nel Cristo sono rivolti verso il cattolicismo: tutti sentono come le sorti del Cristianesimo sono intimamente collegate a quelle della Chiesa
Romana. Se questa può rinnovarsi dall’interno, quale
grande speranza per tutti, quale sicuro principio di
una nuova unità religiosa ». Questa potrà essere l’impressione personale del Murri, ma non quella dei cristiani evangelici e dei liberi credenti che_ formarono
l’immensa maggioranza dei congressisti di Berlino.
D’altronde quali sono i segni di questo rinnovarsi
della Chiesa Romana? Anche qui il Murri s’illude,
e più ancora quando afferma che la sua Chiesa può
tornare ad essere il cattolicismo senza aggiunti, la concorde universale religione della coltura umana.
Crediamo invece che il Minocchi abbia colpito, giusto
scrivendo che il Murri a Berlino ha rappresentato un
movimento senza avvenire.
Enrico Meynier.
Il pragmatismo di William James
(1)
Fra tutti gli articoli pubblicati dai giornali sul sistema di filosofia dell'illustre psicologo americano,
notevole ci pare quello del prof. Tarozzi che si legge
nella Gazzetta del Popolo.
Ora stralciamo il brano che si riferisce al pragmatismo.
» Nei suoi Principii di psicologia, la grande opera
che un altro psicologo eminente, il Sully, chiamò
€ la più bella psicologia del mondo », egli dichiarava che sopratutto a lui importava essere psicologo.
Nulla di più sincero, nulla di più vero, nulla di più
importante per chi veramente voglia intendere il
James anche come filosofo. Nella sua natura di psicologo, nell’atteggiamento sempre psicologico della
sua mente sta la ragione più profonda e la spiegazione più costante di tutto lo svolgimento del suo
pensiero. Per noi, in Italia, il James è soprattutto
il filosofo pragmatista ; ma il suo pragmatismo, del
quale egli non fu creatore, non è che una conseguenza ed un aspetto del suo pensiero, che nel tutto insieme si potrebbe intitolare: *11 pensiero filosofico di un
grande psicologo».Che cosa significa infatti il pragmatismo del James da lui esposto in quel suo * Will to believe » più noto che qualsiasi altra opera (e ne scrisse di
assai maggiori) del suo pensiero? Significa che non
solo la sanzione della verità delle dottrine sta nell’efficacia pratica che esse hanno, ma che in questa
efficacia pratica sta la loro verità medesima. Le dottrine sono vere in quanto possono avere una realizzazione pratica nel mondo umano ed effetti pratici
in questo.
E quali sono fra le dottrine da noi create le più capaci di tale azione ? Quelle che sono da noi più credute, quelle che sono accompagnate in noi da maggior
« fede ».
« La fede nella realizzazione di un fatto è, secondo
i pragmatisti, un fattore di questa realizzazione. La
fede può creare la sua verificazione sperimentale e
diventar vera per la sua medesima azione e la fede
non è nell’animo umano uno stato aggiunto dal di
fuori e sottratto all’influenza della volontà. La vita
pone davanti a noi delle alternative nelle quali
l’opzione non soltanto non è imposta dall’ intelligenza, ma sarebbe impossibile se noi fossimo ridotti
alle ragioni puramente intellettuali. Tali sono i problemi religiosi presi nei loro termini essenziali e pratici ». Così dice del pragmatismo nella sua opera
* Science et religion » il Boutroux.
Ora di questo indirizzo di pensiero il William James
è stato non fondatoft, ma sistematore e moderatore,
e ciò potè fare come psicologo e perchè psicologo.
Lo psicologo infatti abitua la propria intelligenza a
considerare le dottrine dal loro lato soggettivo, e so
alcuno gli dice che una dottrina deve valere piu dell’altra, quando più dell’altra corrisponda alla realtà
esteriore, egli tace, dubita e forse anche sorride. Non
sa egli forse per quali psicologici processi si formi
nell’uomo il senso, il concetto, la credenza della realtà
esteriore ? Non è dunque questa realtà esteriore una
sanzione malfida? Non abbiamo altro mezzo di riconoscimento della verità ? Oh, lo psicologo questo altro
mezzo e criterio l’ha pure nella sua stessa psicologia I
Quella « volontà » che la psicologia atomistica, analizzatricc, associazionistica sembrava aver ridotto ad
un’illusione, quella volontà, come generale principio
dinamico della vita psichica, è dessa che costituisce
e fornisce il criterio della verità in quanto essa è attiva, in quanto le azioni, che essa crea sia all’interno
di noi quanto all’esterno, sono la realtà più sicura, in
quanto la realtà è credenza e la credenza stessa è azione
e volontà. E’ ben vero che altri psicologi ad altre conclusioni furono diretti. Ma egli, William James, rappresenta quel momento della psicologia per il quale
la coscienza, invece che risultato di costruzione sintetica, è la prima realtà sperimentale di per se stessa
nel suo insieme o « campo » ; questa coscienza ha nella
volontà la sua realtà d’azione, tutto da essa emana e
tutto ad essa ritorna ».
E. M.
Il prof. a.
ti alla Luce.
dot
(86, Romeyn St., Rochester N.
Y., America) riceve abbonamen
(1) Questo illustre psicologo americano è morto pochi giorni or sono. (N. d. D.).
Nel Giornale d’Italia Domenico Oliva ha pubblicato un bell’articolo sul libro del Darchini « Alla ricerca di Gesù ». 11 Darchini eguaglierebbe altri valentissimi descrittori della Palestina e supererebbe quel
perfetto romantico da lo stile magnifico che fu Chateaubriand. Costui infatti descrive splendidamente il
paese di Gesù senza... averlo veduto, mentre il Darchini c’è stato e l’ha percorso tutto a occhi aperti e
col cuore commosso, non ostante una gran vena d’umorismo. Stia però attento l’egregio critico Oliva di
non cadere negli stessi difetti di... Chateaubriand, o
press’a poco. « Egli è andato » dice del Darchini » è
5
/
LA LUCE
andato alla ricerca di Gesù, l’ha cercato a Gerusalemme,
a Betlemme, a Nazaret, sulle rive del lago Getsemani •... No, per carità, o egregio critico ! Non esiste neppure in Palestina un lago di tal nome ; Ella confonde
il lago di Genezaret col giardino di Getsemani ch’era
a tre lunghe giornate dal lago.
Ma proseguiamo la citazione che è bella: « l’ha cercato rammeùtandosi della fede del primi anni e delle
dolci preghiere materne. L’ha trovato ? Gesù si trova
sempre quando 1’ abbiamo nel cuore e, più o meno,
egli sta nel cuore di tutti »... Benissimo: e^qui è come
un’ eoo delle parole di Tertulliano : « Ànima naturaliter Christiana ». Guardiamoci tuttavia dal divenir
troppo,., larghi, alla maniera di certi ammiratori di
S. Francesco. Il Darchini — non ostante il suo umorismo — ha un po’ del Sanfraneesoanista (perdonate
il termine brutto, brutto) : oh, non esalta egli forse il
maomettismo? il maomettismo antico, sta bene. Ma
era poi un gran che quello antico ? Perdoni l’egregio
■Oliva, ma questo romantico, sbiadito e un po' melenso
infatuamento odierno verso qualsiasi religione, purché sia una... religione, sa di mancanza di fibra e di
carattere, per non dir di più.
LÀ PREOHIERA
La preghiera ! Meditate questa semplice ma sublime
parola, ch’è l’indice della prima azione dell’uomo.
La lingua non è ancora atta a formularla con la sillaba e nondimeno essa risuona, dolce o lamentosa,
sin dal primo istante della vita. Il primo vagito, la
prima lacrima del bimbo in fasce è una preghiera.
Quel sorriso d’Angelo, bello come un fiore che sboccia all’alba di Maggio, quello sguardo d’amore rivolto alla mamma, quella manina, che accarezza con
gentile sgarbo il viso materno è tutta una preghiera...
La preghiera è la prima nota della felicità e l’ultimo conforto nel dolore. Quando ci sarà tolta dal
cuore ogni speranza di pace; quando i tristi ci avranno umiliati, noi avremo sèmpre la preghiera,
che risuonerà mesta, ma confortatrice. La preghiera
è il retaggio di tutti !
Prega la povera madre, la sposa nascosta sotto
l’ampio velo del lutto, prega il superstite, abbracciato alla Croce del Camposanto, sulla nera argilla
che ricovera le ossa dei suoi cari !
La preghiera è una dolcezza ; non umilia, solleva
anzi l’uomo, che si avvince alla stessa mano di Dio !
Sacerdote cattolico X.
NOTIZIE LOMBARDE
Monza. — Una grave sciagura è toccata ai signori Gallizzi di Witickon (Canton di Zurigo), alcune settimane or sono. Avevano mandato il loro Battista, giovanetto di 16 anni, il primogenito di sei
figli, presso il cognato, signor Antonio Buretta, impiegato nello stabilimento meccanico Hensemberger,
a Monza.
Di carattere vivace e simpatico, presto si acquistò
l’amicizia di molti giovani e la simpatia di tutto il
personale dello stabilimento.
Contro il divieto dello zio volle andare a prendere
un bagno nel grande canale Virolese, e precisamente
là dove l’acqua è pericolosa.
Ivi pur troppo il povero giovanetto Battista Gailizzi, non essendo esperto al nuoto, lasciava la vita.
Lo zio telegrafò ai genitori annunciando loro la triste notizia, e dopo poche ore essi si trovavano in presenza del cadavere del figlio perduto I Stabilita dalle
autorità stesse l’ora del funerale, i parenti si rivolsero
al pastore della chiesa di Via Fabbri, 9 - Milano per
il servizio funebre, essendo la famiglia Gallizzi evangelica. Malgrado il tempo furioso — lampi, tuoni,
vento impetuoso pioggia, fulmini e tempesta — al
corteo funebre presero parte 300 persone e più, e
molte signore. Il servizio funebre riuscì solenne e
commovente, lasciando nel cuore di tutti i presenti
la migliore impressione.
Tosto, che il pastore ebbe chiuso il suo dire con
la preghiera, un giovanotto, grandemente commosso
per la perdita del caro amico, prese la parola, con
slancio giovanile e poetico, prendendo le mosse da
alcuni pensieri uditi dal pastore stesso, e si ebbe
strette di mano da molti e baci dai parenti dell’estinto — tanto fu commovente il suo — Vale !
Ah ! quando si parla col cuore e la parola dice
quello che sgorga dall’animo oppresso, trova eoo nel
cuore dei presenti. Che tanta testimonianza di comune cordoglio sia di conforto agli afflitti genitori,
e sia in loro viva la speranza di riabbracciare il loro
Battista nel Regno di Dio ! D. B.
Sgizzera, Germania, Gcandinavia
Per abbonati! Mw» iiimnM| uuuiluiiiuiriu menti alla
JLuce, rivolgersi al pastore Paolo Calvino, LUGANO.
Pai paesi del colera
----—©-----
(1)
Margherita di Savoia, 30 agosto 1910.
Il morbo che serpeggia in questo paese, e ohe giorno
per giorno strappa violentemente esseri cari alle famiglie, orbandole ora del padre, ora della madre o di
qualche altra persona diletta, fin ora, grazie a Dio,
non ha colpito nessuno dei nostri. Speriamo che passerà presto lasciandoci immuni fino all’ultimo !
Questa epidemia cominciò a manifestarsi qui a Margherita di Savoia facendo una prima vittima il giorno
6 agosto, e nei giorni successivi si ebbero altri oasi
seguiti da morte. I tre medici di questo comune credevano si trattasse di malattie comuni, come per esempio, gastro-enterite, ma fatta l’autopsia sur un cadavere, fu accertato trattarsi di colera ! Par certo che
il morbo si debba a certi Tranesi che vennero a Margherita di Savoia per l’illuminazione e per l’addobbo
della chiesa cattolica in occasione delle feste del Patrono, che ebbero luogo appunto dal giorno 6 al 10 agosto. Infatti si afferma, che in quella stessa casa dove
dimorarono quei certi tranesi, dopo due giorni morì
una donna colpita dal colera. Questa donna apparteneva ad una famiglia di Cerignola ed era venuta a
Margherita per fare i bagni ed aveva preso alloggio
in quella stessa casa, appena partiti i tranesi.
La colpa, se vogliamo, fu delle autorità di questo
Comune per la poca avvedutezza che ebbero. Il sindaco, aveva fatto bandire pel paese, verso la metà di
Luglio, che nessuna persona affittasse camere a forestieri, perchè i paesi vicini erano colpiti da epidemia,
Ma quale contrasto e incoerenza nella pratica! Mentre si bandisce di non far entrare forestieri,, si permette poi di fare la festa al Patrono, durante la
quale tutti dai paesi .vicini accorsero a Margherita
di Savoia 1 L’amministrazione comunale è cattolica
papale, ma, fra questi amministratori ve ne sono parecchi che non dovrebbero essere nè ignoranti nè fanatici, avendo avuto una certa coltura e perfin la laurea. Perchè dunque, non hanno essi proposto di rimandare la festa ?
I giornali quotidiani, « Il Corriere delle Puglie »,
* Il giornale d’Italia » ecc. ecc. riportano delle notizie
dolorose per la strage che va compiendo il terribile
nemico! Qui a Margherita di Savoia, fino a pochi
giorni addietro, vi erano solamente i tre medici del
comune, e non potendo essi riuscire ad assistere tutti
gli ammalati, e costatarne la morte, corse perfin la
voce pel paese che si portassero a seppellire persone
non ancora morte ! Gli stessi becchini raccontano queste cose in paese I ! La settimana scorsa, mentre una
donna era svenuta, i becchini la pigliarono per metterla nella cassa. Ma in quel momento stesso la donna
rinvenne e i becchini dovettero sottrarsi alle furie
del marito! Poco le mancò dunque di essere sepolta
viva!! Questa notizia èriportata anche sul Giornale
d’Italia. Il governo ha provveduto mandando qui un
capitano medico con altri due medici militari.
Queste due province pugliesi di Bari e di Foggia
sono veramente disgraziate quest’ anno. 11 cattivo ricolto del grano, la peronospera che ha distrutta la
vendemmia, il rincaro dei viveri, la mancanza di lavoro causa la cattiva stagione, e il colera che ora sta
facendo il resto ! Il governo manda soccorsi. Speriamo
che presto passi anche l’epidemia e che così torni un
po' di calma!
Riccardo Avanzo
(1) Ritardata, vedi num. prec.
*
• *
N. d. D.
Corato, 5 settembre 1910.
Oggi incomincia il Sinodo a Torre Pollice. Il nostro
pensiero è rivolto ad esso. Ieri abbiamo ardentemente
pregato in chiesa, affinchè il Signore lo compenetri
tutto del suo Spirito e ne faccia provenire benefici e
fecondi risultati per l’opera di evangelizzazione in
Italia. E particolarmente abbiamo pensato ai due cari
giovani, Francesco Peyronel ed Emilio Corsani, che
oggi riceveranno una vocazione diretta e solenne da
parte della Chiesa, come già, ne siamo sicuri, l’hanno
ricevuta irresistibile da Dio. L’ uno e l’altro hanno
lavorato a Corato e si sono acquistati in breve tempo
la stima e l’affezione della chiesa di qui. Li abbiamo
presentati al Signore ; e gli abbiamo chiesto che, al
momento della consacrazione, al disopra di tutte quelle
mani visibili, che si stenderanno sopra il capo di quei
giovani, vi sieno le Sue mani invisibili, ma sovranamente misericordiose ed onnipotenti. Li consacri Egli
stesso, e renda lieto il loro lavoro e fecondo di dolci
e gloriosi risultati.
• «
Qui, grazie al Signore, siamo ancora immuni dal
colera, e confidiamo di esserne definitivamente preservati. Tuttavia, se si riguarda alle condizioni materiali di queste popolazioni, specie dal lato igienico,
non è possibile di lusingarsi troppo. La mancanza d’acqua sana, la scarsezza di acqua in generale, l’assenza
assoluta di un sistema razionalmente igienico di liberarsi dalle cose di rifiuto, la secolare abitudine del
popolo di vivere tranquillamente in mezzo alte immondezze, non è fatta per rassicurare. I municipi fanno
quello che possono ; quel di Corato, per es. è lodevolissimo negli sforzi che fa per la pulizia, ma le condizioni generali locali e la insensatezza della popolazione rendono quegli sforzi in gran parte infruttuosi.
Le case, anche le più grandi e belle, all’ infuori di
poche eccezioni, non hanno nè ritirate (pardon!) nè
scarico di acque sporche. Un carro serbatoio passa a
qualunque ora del giorno, anche nelle ore del caldo,
a liberarvi ; ma i miasmi, che si sviluppano in quei
momenti e riempiono l’atmosfera, sono micidiali. Le
spaz^sature si portano agli angoli delle strade, e il
municipio le fa scopare due volte al giorno e portar
via da carri appositi. Ma il popolo non ha la minima
cura di mantener la strada pulita, sia pure per un
quarto d’ora. E’ appena passato il carro, che una donna
esce di casa e butta in mezzo alla strada una grembialata di verdura guasta, di bucce di frutta ; il calzolaio vi gotta i pezzi di vecchie scarpe di cui non sa
più che fare ; talvolta la signora dei primo piano scopa
la sua stanza e manda direttamente dal balcone sulla
via un mucchio di polvere, di pezzi di carta e di quel
che vien viene. Ciò a tacere di altre piccole cascatene
che avvengono 'di regola la mattina a buon’ora o la
sera sul tardi. Ora, durante il colera, qualche ritegno c’è ; ma fin dove arriva l’occhio della guardia, e
anche quando la guardia non è compiacente.
Un altro elemento di sfiducia è la miseria alla quale
ormai si trova in preda buona parte della popolazione, e di Corato, e, peggio ancora, di altre città pugliesi. La verdura e le frutta sono proibite ; proibito
anche il pesce ; che cosa resta pel nutrimento della
povera gente ? Leggevo ieri che a Pinerolo le uova si
vendono da 90 a 95 cent, la dozzina ; qui, se si riesce
a trovarne, si pagano una lira e mezzo. Di più, oltre
il caro dei viveri e la loro scarsezza, sta il fatto che
una buona parte della popolazione si vede tolta direttamente la sorgente della propria sussistenza. I pescatori, gli ortolani, i venditori di pesce e di verdura
d’ogni genere, non sanno più a che santo votarsi. O
morire di colera o morire di fame. Uno di questi giorni,
a Barletta, questi disperati presero a sassate un gruppo
di delegati, assessori, carabinieri ecc. e ci furono fatti
gravi come l’avrete letto sui giornali quotidiani. E
non solo il piccolo commercio, ma anche il grande è
arrenato. A Corato, per es., dove in questa stagione
c’è un gran movimento di forestieri che vengono pel
commercio delle mandorle, delle uve e poi del vino,
quest’anno — e si capisce — non ci capita un’anima;
nè è permesso, se anche ce ne fosse richiesta, spedire di qui alcuno dei nostri generi di produzione.
Naturalmente le condizioni son gravi, e non si sa
quali predizioni fare, sia riguardo alla salute pubblica, sia riguardo all’ordine pubblico in un prossimo
avvenire; tanto più che la Puglia pare quest’anno in
vena di far movimenti. Vedansi i fatti di S. Pietro
Vernotico, Andria, Bari, e ora Barletta.
Terzo elemento poco rassicurante è la sfiducia eia
vera diffidenza che quasi tutto il popolino nutre
verso le autorità in genere e verso i medici in ispecie. Cura suprema delle famiglie in cui si è manifestato il morbo è di nascondere il fatto. Talvolta,
prese da un terrore pazzo, abbandonano il malato e
se ne fuggono portando via tutto quello che possono
trasportare. Un piccolo proprietario viaggiava in calessino colla moglie, quando, in aperta campagna,
accortosi che la sua povera compagna era stata colta
dal colera, la piantò lì col calesse e il cavallo e fuggì.
Ma per lo più la famiglia non sa trovare altro rimedio che cercar di nascondere il malato e curarlo
alla meglio con un po’ di caffè col ghiaccio. E’ credenza assoluta di questo popolino — e forse non del
popolino soltanto — che i dottori dieno all’ammalato * un bicchiere », e che quando l’ammalato ha
bevuto, è spedito, come Socrate quando ebbe preso
la cicuta. Perciò, scrìveva una madre alla sua figlia
lontana : « Per me non temere; io, in caso che fossi
colpita, stringerò tanto i denti che nessuno potrà
farmi prendere il bicchiere-, e così per me non c’è
pericolo ». Un altro diceva: « Se qualcuno dei miei
si ammalasse, guai alle guardie che venissero per
trasportarlo al lazzaretto! o le guardie ammazzano
me o io ammazzo le guardie ». E’ terribile il pensare che in questo secolo si possano ancora nutrire tali diffidenze verso le autorità governative ed
i medici. E qui vorrei fare un’osservazione che chiamerei filosofica ; ma ora non è il momento della filosofia.
Due fatterelli ancora a dimostrare la ripugnanza
del popolo per le cure dei medici. Una povera donna
abbandonata venne ritrovata dopo due giorni di digiuno completo. Il medico accorso le fece preparare
due uova battute col marsala, ma la poveretta cominciò a piangere ed urlare che la si voleva avvelenare, ed il medico fu costretto di bere lui una buona
parte della gradevole medicina, per indurre la di-
6
. LA LUCE
sgraziata a bere il rimanente. E per tre giorni il
medico si sobbarcò ad assaggiare in sua presenza
tutto quello che alla poveretta doveva venir somministrato.
Si racconta anche questa, e qui il popolino trionfa
e dice: t Vedete se abbiamo ragione!» Una donna si
dimenava e gridava come un’energumena per difendersi contro un medico ed alcuni infermieri, che volevano farle bere il famoso bicchiere. Nei suoi movimenti disordinati e furiosi, la malata riuscì a mandar in aria il bicchiere il cui contenuto si sparse in
parte sui vestiti del medico. Spettacolo infernale ! si
vide bruciare e fumare leggermente la stoffa nei
punti in cui era caduto il liquido. — Chissà cos'era?
dicono i semplici. — Era acido nitrico, rispondono i
più dotti. — Ma è egli possibile che i medici vogliano uccidere quei disgraziati malati? — domanda
uno dubbioso. — Non è per uccidere gli ammalati •
è per uccidere i microbi, per distruggere il colera —
sentenzia il più saggio e benevolo fra gli astanti.
Con una tale popolazione, con tali elementi di iglene, di economia e di spirito pubblico, voi lo sentite, non c’è per ora motivo di rallegrarci e di rassicurarci completamente.
Ma noi riguardiamo a Dio. « Il mio aiuto verrà
dal Signore che ha fatto i cieli e la terra ».
Quanta bellezza e forza di consolazione acquista in
questo momento il benedetto Salmo CXXI1
Gius. Banchetti.
*
* «
Bari, 6 settembre 1910.
Caro signor Direttore,
La ringrazio della simpatia che Ella ha espresso,
per mezzo della Litce, oltre che a tutti gli altri fratelli sparsi nelle Puglie, alla mia famiglia e ai fratelli di Bari in questi funesti giorni, e dei voti che
ha fatto per la nostra salute. E vada pure da queste
colonne un grazie di cuore agli amici, che hanno preso
un vivo interesse per me e per i miei e sono stati
trepidanti per noi a causa del colera. Questo, come ha
appreso dai giornali, non è finora penetrato a Bari,
e speriamo che il Signore voglia tenerlo per l’avvenire lontano da qui. Sono dunque lieto di poterle annunziare che io e la mia famiglia godiamo attualmente
di una buona salute, e che mai anzi siamo stati così
bene in questa disgraziata regione, dove i malanni
sono sempre alla porta, come in questi ultimi mesi.
Senza dubbio, non siamo andati esenti dai timbri e
dalle preoccupazioni, che hanno invaso l’intera popolazione di Bari. E come non avremmo potuto esserlo,
avendo il nemico proprio alle spalle, e apprendendo
ogni giorno, non solo dai giornali, ma dalle persone
che hanno visitato i luoghi infetti, le scene di miseria
e di desolazione prodotte dal colera nei paesi circonvicini e le vittime mietute da esso a centinaia t
A Bari, ripeto, il terribile flagello non ha suscitato
che un gran pànico, e nuli’altro II quale, bisogna
confessarlo, ha in qualche cosa giovato non poco a
questa città. Essa può veramente dirsi, di questi giorni,
una città linda e pulita. Il sudiciume che, fino a poche settimane addietro, rendeva antipatiche e impraticabili molte strade di Bari, è sparito completamente;
e i marciapiedi, che prima si vedevano quasi sempre
ingombri di masserizie, di verdura e di altra roba poco
decente, sono diventati dei veri marciapiedi sui quali
posson liberamente muoversi i cittadini. Le case, anche le più umili, hanno acquistato un aspetto più civile : segno evidente che esse, almeno per un po’ di
tempo, son divenute oggetto di maggior cura e di maggiore attenzione da parte di quelli che le abitano. É
dunque il caso di dire che il timor del colera barisvegliato, nella maggior parte di questi popoli, il senso
della nettezza.
Se esso ha recato dei vantaggi indiscutibili dal punto i
di vista dell’igiene e della pulizia, ha invece reso la i
vita oltremodo difficile. La miseria regna qui sovrana
da più d’un mese, e non solo essa affligge lo classi
basse, ma minaccia d’invadere quella così detta borghese. Il commercio cittadino è del tutto arrenato e le
ditte più fiorenti e accreditate lamentano la straordinaria scarsità di affari. Il lavoro viene ogni giorno
meno, a causa della crisi improvvisa che è sopraggiunta
alle persone agiate. Languiscono il commercio e gli
affari, ed è invece raddoppiato e triplicato il prezzo
dei generi alimentari. Già questi si riducono a ben
pochi. Per paura che l’epidemia fosse importata a Bari
le autorità cittadine hanno vietato che s'introducesse- '
ro in città, frutta, verdura e legumi, che costituiscono
d estate, il principale alimento delle classi povere. É
stata, pertanto, ed è, per la maggior parte dei cittadini, una vera preoccupazione la questione del nutrimento giornaliero, non tutti potendo permettersi
il lusso di mangiare ogni giorno della carni», che alla
sua volta è salita a prezzi altissimi.
Una condizione di cose, come vede veramente dolorosa. E non abbiamo neppure la dolce prospettiva che
da una settimana all’altra essa possa finire; chèanzi
1 più ottimisti pensano che il colera lasoerà nelle Pu
glie un lungo strascico di miserie, e che l’invern
, prossimo ci farà vedere * nuovi tormenti e nuov
tomentati
Ma può darsi, anzi riteniamo per certo, che il Si
gnore col suo braccio onnipotente verrà a smentir
queste previsioni umane tutt’altro che liete, e che ap
porterà un po’ di bènessere e di tranquillità in quest i
terre, alle quali già la natura è stata tanto avar^
e che sono per giunta bersagliate da ogni sorta di cà
lamità.
Ecco, caro Signor Direttore, ciò che per ora posso
dirle intorno a Bari. Non mancherò d’informar Lei
e i Lettori della Luce, se ci saranno delle novità, lo
quali mi auguro che siano buone e confortanti.
Gradisca i miei cordiali saluti, e mi creda
Dev.mo
G. Messina
Corriere ^icuìo
Casteltermini. (Gì M.). — In occasione del primi
anniversario della morte di Francisco Ferrer il Co
mitato locale, composto del fior fiore della Cittadinanza, lavora a tutt’uomo per la commemorazione
solenne e degna del martire.
Col 1. Agosto è andata in vigore la nuova tariffa
per le messe basse e cantate del clero castelterminese. Eccola : Messe basse o piane L. 2 ciascuna; nelle
chiese a due chilometri fuori l’abitato L. 3; a quat
tro chilometri L. 4; a sei, L. 5. Messa cantata L. 2,50,
messa con predica L. 4,75; con coroncina, L. 2,25. Ciò
con l’approvazione dei Superiori. '
Inventario tli nuovo genere
Qualche mese fa una Commisione di monsignori e
di € dottori sacri » aperse, per incarico del Cardinal,
arcivescovo di Milano, 1’ < argenteo sepolcreto » di
San Carlo Borromeo, e procedette a « un inventarici
accurato degli oggetti preziosi contenutivi ». Notiamo
tra gli altri, dice il giornale da cui togliamo queste
notizie € una corona d’oro massiccia, dono di un Re
di Baviera, come si racconta ; una croce d’oro con
grossi smeraldi delLImperatrice Maria Teresa; un
piccolo pastorale d’argento con su incise le parole
Dono di alcuni orefici e gioieglieri 1758 ; una coli
lana a doppia catena d’oro con gioiello di brillanti e
smalti ; due croci pettorali d’oro, l’una con brillanti
l’altra adorna di sei grosse ametiste; due anelli d’oro:
quattro spille d’oro infisse nel pallio di tela d’ari
genio con due broches di brillanti e smalti ; una mi
tra con pietre preziose ».
E il tesoro del Santo è stato accresciuto anche in
questi giorni, a dispetto di tanti affamati e sen
zatetto.
VALLI VALDKSI
Pramollo. — A pastore di questa chiesa è stato eletto
con bella votazione il sig. Filippo Grill, fin qui a Rodoretto. All’amico carissimo i nostri più cordiali rallegramenti.
Il Qostro Sioodo
Il sinodo fu inaugurato lunedì scorso alle 14 nel
tempio di Torrepellice. Magnifica, variopinta assemblea, come per solito. Bellissimi inni cantati da tutta
1 assemblea; bellissimi cori eseguiti a quattro voci
~ discorso fu proferito dal pastore nrof Enrico Rivoire su Matteo IX, 36. Non riassumiamo l’ottimo sermone, che rispecchia vive e profonde aspirazioni cristiane dell’oggi. I Lettori potranno leggerlo
a loro bell agio nei prossimi numeri della Luce —
Assai solenne il momento in cui il predicatore'e i
molti pastori italiani e stranieri imposero — secondo
luso apostolico -- le mani ai due candidati consacrandi al Sanw Ministerio, signori Francesco Pevronel ed Emiho Corsani ; e particolarmente commovente
il momento in cui tutti ì pastori si fecero attorno ai
due giovani ministri, per dar loro il bacio di frateilanza e di a_ssociazìone. II Signore esaudisca i voti di
tutti, concedendo a quei suoi servitori una lunga carriera ieconda di consacrazione, di abnegazioni, e di
frutti belli alla gloria Sua.
Costituitosi il seggio provvisorio in persona dei pa^on comm. C. A. 'Tron, Luigi Marauda, Enrico Tron,
Francesco Peyronel ed Emilio Corsani, si è proceduto
- ne» aula della Cap Valdese - all’elezione del seggio definitivo, che risulto composto dei signori ■ pastore Ernesto Giampiccoli presidente; prof. Enrico
Rivoire vicepresidente, pastori Francesco Peyronel.
Federico Balmas e Luigi Marauda segretari ; prof!
Ricca e prof. Malan assessori. ^
A proposta del prof. Falchi, si delibera di inviare
"V® ainipatia .alle chiese di Bari, Corato
e Margherita di Savoia minacciate dal colera
®"® ® -® Società di Sto
nta dal pastore cav. Paolo Longa
Ne riproduciamo il programma: 1) Lettura del verbale della seduta precedente; 2) relazione annua del
‘*®* ««s«iere; 4) commemori
zione dello storico valdese A. Muston di cui ricorre
il centenario (relatore prof. Giov. dalla); 5) proposte
ed osservazioni; 6) elezioni. - Speriamo delSche
1 prof, dalla vorrà favorirci almeno un sunto del suo
^ ________ (Continua)
L'Istituto Evangelico Femoiinile di Firenze
cerca insegnante elementare interna. Rivolgere domanda al detto Istituto, Via del Gignoro, 15__Set
tignano (Firenze). ^
Fra i i pagani
L’altimo fascicolo del Journal des Missions Evangèliques di Parigi contiene le ultime lettere scritte
al nostro compatriota valdese il missionario Coissori,
di Livingstone (Zambesi), dal suo collega il dotore
R. de Prosch, quel giovane, di nobile famiglia tedesca, che spese più di dieci anni della sua vita
quale medico missionario sulle sponde dello Zambese, e la cui morte prematura immerse nel latto
quella mi.ssione.
Il dottore de Prosch, quantunque avesse avuto il
gran dolore di perdere la sua moglie e che fosse
stato travagliato egli stesso, ripetutamente, dalla
febbre e soffrisse di altri malanni, aveva sempre
differito il suo ritorno in Europa, pel congedo del
quale aveva diritto dopo sette anni di lavoro alloZambesi, trattenutovi dalle condizioni sanitarie dei
missionari o degli indigeni : ma, finalmente, avendo
potato essere provvisoriamente surrogato da un altro
medico, egli era patito; ed egli aveva scelto, per
istruzione e per diporto, di ritornarsene per la via
di terra e già era giunto a Gondokoro (nell’Ugauda),
quando ivi lo colpi improvvisamente la morte li 28 febbraio u. s. all’indomani del giorno in cui si era incontrato con Roosevelt, Pex-presidente degli Stati Uniti
d’America, ed aveva con lui fatto colazione.
Quelle lettere sono in numero di nove, e siccome
la prima fu scritta li 2 dicembre 1909 da Bulawayo
(Rhodesia) all’indomani della sua partenza da Livingstone, e r ultima lo fu da Gondokoro, luogo della
sua morte, ed il 26 febbraio, cioè all’antevigilia di
essa, quelle lettere costituiscono quasi un suo ultimo giornale, interessantissimo, come relazione di
viaggi in terre cosi poco esplorate ancora e come
espressione dei sentimenti deH’nomo, dello scienziato, del cristiano e del missionario.
Ad esse fa seguito una lettera, parimente scritta,
al signor Coisson e che è di un giovane zambesiano,
che il dottore de Prosch aveva portato con sè nel
suo viaggio. Essa pure è oltre ogni dire interessante, non solo perchè essa narra la morte cristianissima del dottore, ma anche perchè essa segna il
grado di ponderatezza e di mentalità europea cui
possono rapidamente innalzarsi i neri evangelizzati.
Il nome di quel giovane, che oramai non si disgiungerà più da quello del dottor de Prosch, è
Sciebo.
La Luce ha già pubblicato in un precedente numero la lettera di Sciebo. Pubblichiamo ora quella
del dottor de Prosch :
•c Fu ieri che qui giungemmo ed è un gran sollievo
pephè, insomma, il viaggio, di Batiaba, fin qua, fu
più arduo che bello, soprattutto perchè ho sofferto e
soffro di una lombaggine, che mi ha obbligato spesso
a coricarmi lungo la via ed ha strangolato in me ogni
voglia di caccia. Mi ci sono provato; rimasi vinto, fino
a non più poter portare il mio fucile.
Ma ho pure enormemente sofferto di aver dovuto accettare,^ a Nimule, tre ascari, soldati armati
per guidare fin qui la mia piccola carovana. Or
bene quegli ascari sono dei diavoli, rotti a tutte
le astuzie, per ispogliare i loro simili, soprattutto
il povero indigeno. _Ne avvengono spesso delle quistioni. Quantunque ignaro della lingua, ho afferrato
il mio capo ascaro e gli ho fatto restituire degli
oggetti. Io stesso sono rimasto vittima di lui ; egli
ha violato 1 interno della mia capanna, per impadronirsi di una lancia, che gli avevo debitamente comperata. _Me la restituì, perchè gli potei dire, nella sua
stessa lìngua, che non era più uomo mio e che lo consegnerei alla giustizia. Questa mattina, ci fu il giudizio ed egli fu punito.
Roosevelt sta per raggiungerci domani, o doman
1 altro. Per lo meno lo vedrò.
Mando, per la medesima posta, una scatola con rami
di un legno curioso che fiorisce, ora dì primavera,
come il leandro, ma dai fiori isolati e più belli.
Quanto mi rallegro di trovare, forse a Cartum, alcuni righi di Lei ! Le scriverò a bordo. Per ora, sono
m pensiero: come camperemo noi a bordo ? Giacché,
visto il prezzo di 1.00 lire in prima classe, viaggerò in
seconda, dove non si è nutriti. Non ho quasi più provviste con me, ed è difficile di procacciarsene qui. Fortunatamente, ho preso gran gusto alla polenta indigena 1 Roosevelt viaggia sopra un bastimento del Sirdar (1).
A Cartum, non mi tratterrò che un minimo di tempo,
e jspsi altrove, eccetto che al Cairo, e faccio conto di
salire quindi a Gerusalemme.
Addio, carissimi miei amici. Sciebo mi è molto utile ».
(1) Così dicesi l’ufficiale inglese che comanda in
capo l’esercito egiziano. (j. w.
Sciebo parla di due lettere che il dottore, aveva
scritte in viaggio, una relativa a Sciebo stesso e che
questi doveva recare subito al magistrato, in casa
di disgrazia, l’altra diretta allo stesso sig. CoIsson.
I ^ scrisse il Presidente inglese di Gon
dokoro che, tutti gli Europei che lo poterono, intervennero ai funerali, ch’ebbero luogo al tramonto del
sole, e che il dottore de Prosch fu seppellito cogli
onori militari, avuto riguardo ai dieci anni e mezzo
da lui consacrati al bene degli altri in Africa.
Giacomo Weitzecker.
7
LA LUCE
J /iuri Sacra fames
(La tormentosa fame dell’oro).
Quando uscimmo dalla casa del dott. Lutz io non
mi potei tenere dal chiedere a Guglielmo, se egli era
divenuto di punto in bianco credente. Io era rimasta
assolutamente stupefatta al sentirlo parlare in quel
modo col dott. Lutz.
— Credente, no, mi rispose, ma incredulo alla maniera di un anno fa, nè anche. — E’ avvenuto in me
un certo cambiamento, al quale non è stata estranea
la morte di nostro padre. In quella occasione io ho
veduto due cose : che il timore del futuro giudizio
di Dio ha condotto nostro padre a fare un atto di
giustizia e a rendere, almeno in parte, il mal tolto;
e che nostra madre, se è quella che è, deve tutte le
sue virtù, e le alte idealità che governano la sua vita,
alla sua fede inconcussa nell’intervento soprannaturale
di Dio nelle cose del mondo. Queste due considerazioni mi hanno scosso non poco e mi hanno aperto
alla vista un orizzonte che prima ignoravo. Ho pensato che forse non tutta la verità sta cogli increduli
e l’errore coi credenti. Questi forse hanno più ragione
<li quelli, e noi che non crediamo, ci priviamo a bella
posta di esperienze religiose le quali debbono esser
pur dolci al senso interiore di un intelletto alto e di
un uomo raffinato. Insomma, vorrei poter credere ed
arrivare alla verità.
Per quella sera non si andò più in là, e il luneidì
cominciammo i nostri giri per recare ad effetto la
commissione avuta da Enrico.
Il martedì sera, il dott. Lutz venne a farci visita
ail’aibergo, dandoci allo stesso tempo preziose informazioni sul conto dei nostri debitori. — Non sono
miei ascoltatori, quei messeri — osservò il vecchio. —
10 inculco continuamente che la vera religione consiste nella retta osservanza della legge di Dio, e che
11 far debiti coll’intenzione di non pagarli, o sapendo
di non poterli pagare, è un furto e nulla più. Inoltre, quando so che tra i fratelli della mia Chiesa vi
sono di tali che non vivono conforme ai dettami della
^acra Scrittura, io non temo di riprenderli, di correggerli, di redarguirli fino al punto che essi, messi alle
strette, o cambiano vita o non frequentano più la
mia sinagoga. Io non ho paura di dover predicare ai
banchi. Ho sempre più gente che la sinagoga non possa
convenientemente contenere. A proposito, domani sera
terrò una delle mie conferenze bibliche nella scuola
annessa alla sinagoga. I miei uditori sono quasi tutti
giovani, e non tutti ebrei. Anche molti cristiani vengono alle mie conferenze a scopo di istruzione. Sono
frequentate inoltre da uomini dotti appartenenti alla
scuola del dott. Ritschel. Essi mi considerano come uno
dei loro, quantunque io confuti apertamente i loro
postulati. Venite alla conferenza e vi troverete contenti.
— E di che tratterà, dottore ? — domandò Gugliemo.
— Parlerò intorno al terzo capitolo della Genesi, il
quale forma uno dei capi saldi delle negazioni degli
ipercritici e la pietra di scandalo per tanti increduli
ebrei e cristiani.
Noi promettemmo di recarci alla conferenza del
dott. Lutz e infatti mantenemmo la parola.
La grande sala era letteralmente gremita, e non
erano uomini solamente. Vi erano non poche signore
tuttavia delle migliori classi di Amburgo, ebree, evangeliche e cattoliche. La fama di scienza biblica dei
dott. Lutz attirava sempre gran gente alle sue conferenze.
11 dotto oratore esordì col dire che ia Bibbia è
i’unico libro il quale dichiari l’uomo per decaduto,
degradato, degenerato e peccatore e il mondo con
tutte le sue pompe, potenza e albagie un mondo corrotto, miserabile e corruttore. E pure questo libro che
flagella terribilmente la naturale superbia dell’uomo,
che scopre le sue vergogne, mette a nudo le sue piaghe,
fa sentire il lezzo e il sito dei suoi peccati, è il libro
più letto, più venerato, più amato dell’universo.
L’oratore descrisse, o meglio, dipinse ciò che io chiamerei € la tragedia della umanità >. Una falsa scienza
fa uscir l’uomo dalle oscure forme belluine e lo fa montare grado per grado fino alle altezze del pensiero. La
Bibbia per contrario lo fa entrare nel mondo, bello,
buono, intelligentissimo, figlio amato di un Dio di
amore. La stirpe umana è figlia di Dio. Dio è stato
il Padre degli uomini, il loro primo educatore, il loro
primo consigliere, il loro primo amico. Dio era la loro
guida e sotto di lui la grande famiglia umana avrebbe
a poco a poco conquistata la terra e fondata la vera
civiltà dei figiiuoli di Dio. Per ottenere questo altissimo fine Dio sottopose l'uomo alla legge, e gli diede
dei precetti. Ogni creata cosa nasce sotto l’impero
della legge : non vi è atomo, non v’è molecola, non
v’è corpo o spirito che non sia regolato da leggi. La
legge è il meraviglioso vincolo che unisce insieme in
una grande unità tutti gli esseri dell’Universo. L’uom»
non poteva essere un’eccezione : anch’egli fu creato
sottoposto all’impero della legge. Di qual legge ? Della
legge fisica, quanto ài corpo, della legge morale, quanto
all’anima. Dio regolò il progresso della scienza umana.
Dio non volle che l’uomo conoscesse tutto : lo frenò,
10 moderò nel conseguimento della scienza, gli proibì
di conoscere ogni bene ed ogni male. La conoscenza
di un bene che non può conseguirsi genera il desiderio ; il desiderio non soddisfatto genera il dolore ;
11 dolore è padre e madre della infelicità. Tale ancora
è il corso della scienza del male. Il male ignorato non
offende la chiara pupilla umana, non traffigge il
cuore, non ferisce l’anima, non toglie all’uomo la felicità. Ma il male conosciuto è già provato ; la scienza
del male conduce alla esperienza del medesimo e questa
trascina l’infelice sperimentatore al baratro della
infelicità. Dio, dunque, volendo l’uomo felice, ordinò
che i suoi figliuoli non conoscessero che una certa
somma di bene e una certa somma di mali : la onniscienza del bene e del male è attributo esclusivo della
Divinità, la quale può penetrare nel fango senza infangarsi, e conoscere appieno il dolore senza rammaricarsi. Ma una sottile suggestione entrò nel cuore della
donna. Un Essere misterioso le suggerì un desiderio
sregolato di scienza : essa volle salire d’un sol colpo
alle vette inaccessibili della Divinità e diventare Dio,
conoscendo tutto il bene e tutto il male. Dio è l’Essere che conosce tutto il bene e tutto il male, cioè,
ogni aspetto della creazione la quale procede dalle
sue Idee ed è la forma esteriore e concreta del suo
Pensiero.
I primi uomini gustarono il frutto proibito, cioè,
appressarono le labbra alla coppa fatale della scienza
vietata e bevettero la infelicità. Pel loro atto diventarono creature ribelli a Dio, e si misero volontariariamente sotto la guida spirituale di un Essere misterioso che la Bibbia chiama Satana, cioè, tentatore,
creatura malvagia, astuta, ricca di ambizione, sapiente
in tranelii, desiderosa di sostiture sè a Dio nel condurre nella via del progresso la stirpe umana.
(Continua). (10)
Frof. Giorgio Bartoli.
flvBte pagato l’ahhonamBnto ?
Domenico Giocoli, gerente responsabile
Tipografia deH’Istituto Gould, Via Marghera 2, Roma
Soiio VinouBo!
Proprietà riserrata — Biprodazione proibita
Il primo a rompere il silenzio fu Don Zaffi, il quale
trionfante già, perchè il soccorso dei carabinieri non
era lontano, e fuor di sè, ora, per la gioia dellinsperato scioglimento, s’andava stropicciando le mani in
aria di immensa sodisfazione e rivolgendosi ai suoi
colleghi esclamava : — Vedono ? vedono ? che dicevo
io ? Ahi Bella, bella questa I E poi mi vengano a sostenere che non succedono più miracoii 1 E’ vero che
la Madonna poteva decidersi un poco prima... tuttavia...
Don Pasqualini gli tappò la bocca colla mano.
— Animo, animo I Non dica sciocchezze ora I Guardi
piuttosto laggiù tutte quelle ombre, ohe si muovono
verso la gradinata della chiesa- Venga, venga con
me, ed anche lor signori mi seguano. Dobbiamo ad
ogni costo impedire l’irrompere della gente nel tempio... la povera fanciulla ne morirebbe di spavento.
Lo seguirono colla massima sollecitudine Don Zaffi
€ Don Franciosi, ma gli altri due non si mossero. Fattosi un poco in disparte il frate teneva d’occhio Don
Angeio, che, agitatissimo da qualche minuto, non sapeva distogliere gli sguardi dalla porticina della sagrestia, dietro la quale era sparita la bianca figura.
— Chi è? chi è? chi può essere? — domandava ripetutamente il povero prete a sè stesso. — Non è Maria,
no, ne son certo... ma chi dunque? chi?? Qualcuno
che, travestendosi, ha preso il suo posto... un impostore... un vile... un ingannatore...
Gli venne un nome sulle labbra... Domitilla... Ah,
se fosse lei!.. Invaso da un impeto irresistibile di furore, sentendosi tutto il sangue affluire caldo caldo
verso il cervello. Don Angelo rientrò nelia stanza e si
slanciò, fuor di sè, giù per le scale. Voleva correre in
chiesa, smascherare in faccia a tutti l’impudente creatura, disilludere, disingannare il povero popolo di
Pietraviva! L’agitazione del suo spirito, lorgasmodi
tutte le sue membra eran giunti a tal segno, che Don
Angelo si sarebbe sentito capace d’affrontare dieci
uomini, se dieci uomini avessero osato opporglisì in
■quel momento.
Ma aveva appena oltrepassata la porta, che dalla
cucina metteva nell’orto, quando una mano di ferro
lo prese per un braccio e lo trattenne. Egli si rivolse
furibondo e alzò l’altro braccio, pronto a colpire. L’avversario parò il colpo.
— Non faccia chiasso. Don Angolo; —disse la voce
fredda e pacata del frate —non cerchi di sfuggirmi.
Sono fermamente risolato a non lasciarle movere un
passo di più.
— E’ pazzo. Padre P — esclamò il prete tentando invano di liberarsi dalia stretta deil’avversario. — Mi
lasci andare. Lei non capisce... si tratta d’un’impostura,
che bisogna smascherare subito. Mi lasci, mi lasci !
— Non dubito punto che veramente si tratti d’ un’impostura ; ma non è questo il momento di smascherarla.Venga dentro,Don Angeio e ragioniamo insieme...
— Mi iasci, le ripeto... non c’è tempo di ragionare,
e del resto nessun ragionamento potrebbe persuadermi
a divenir complice di una simiie falsità !
Le ho detto che non le permetterò d’andar più
oltre. Ella ha perduto la testa e non prevede i pericoli a cui correrebbe incontro se io...
— Mi lasci libero di agire come meglio mi piace I
Non sono un bambino, chè mi si debba condur per
mano ; e neppure, glielo assicuro, ho perduto la testa.
Ma... mi lasci dunque. Padre ; mi lasci... o che io !..
Il frate resistette, con incrollabile fermezza, agli
sforzi che il prete faceva per liberarsi dalla morsa
delle sue dita nervose.
~ Mi ascolti, — disse, procurando di mantenersi
calmo — sono dispiacentissimo di doverle usare violenza ; ma vi sono costretto. Se la lasciassi fare a modo
suo, Don Angelo, le conseguenze che ne verrebbero
sarebbero terribili, e noi vedremmo forse scorrer del
sangue qui, fra pochi minuti. Non imagina da quali
furie sarebbe invaso il popolo se venisse, adesso, proprio adesso, a sapere che è stato ingannato ? Orsù,
Don Angelo, ammetta anche Lei, che per questa notte
almeno, è assolutamente necessario di lasciarlo nella
sua credenza, per quanto essa sia stolta... Più tardi poi...
— No, non più tardi ; ora, subito e avvenga quello
che Dio vorrà. Non potrei vivere con un tal peso sulla
coscienza. Mi lasci andare ie dico. Padre, mi lasci andare 1
Don Angelo parlava concitato, con voce sorda, roca,
che a stento gli usciva dal petto ansante. L’altro calmo
e freddo, almeno, in apparenza, quantunque dovesse
servirsi di tutta la propria forza muscolare per resistere alle violenti stratte del prete, proseguì :
— Più tardi non le mancheranno occasioni per rischiarare ie menti di questi buoni villani. Allora gli
animi saranno tranquilli, i bollori superstiziosi saranno sfumati...
— Le dico — interruppe Don Angelo infuriato —
che voglio esser libero di agire secondo la mia coscienza. Con che diritto, mi trattiene Lei qui?
— Gol diritto che mi dà il più elementare buon
senso, di cui Ella Reverendo, scusi se giielo dico, è,
assolutamente privo in questa circostanza.
— E che cosa le importa dei fatti miei in fin de’
conti? Come c’entra Lei in questa triste faccenda?
Sono o non sono io il parroco di Pietraviva ? Sono, o
non sono io preposto alla cura delle anime dei miei
parrocchiani ? Se ne vada ! Mi lasci in pace I Mi iasci,
le dico!
Ma già le forze venivano meno al povero prete, che,
dibattendosi invano, aveva consumato ormai quasi
tutta l’energia del suo corpo robusto. Tale affievolimento di forze non isf uggì ai suo avversario, il quale,
prevedendo prossima la vittoria, rallentò un poco la
stretta dei suoi pugni d’acciaio e continuò con maggior pacatezza che mai :
— Quando gli animi saranno tornati in calma, come
le dicevo, quando la fanciulla e Domitilla saranno partite da Pietraviva...
— Ah! — ruggì il prete, che all’udir pronunziare
il nome di Domitilla aveva perduto interamente il
lume della ragione. — Ah è per quella donna, è per
lei, che ha tanti timori. Padre Francesco ? Ah ! Ah !
Dovevo bene imaginario!
Il frate diede un balzo come se lo avessero schiaffeggiato. Una vampa di collera furiosa gli salì al cervello e serrò i pugni così forte intorno ai polsi di
Don Angelo, che questi non potè trattenere un gemito.
— Per tutti i santi I Don Bernabei, — sibilò fra i
denti — non dica cose di cui dovrebbe arrossire, e di
cui la costringerei a chiedermi scusa in ginocchio, se
non fossi persuaso che gli avvenimenti di stanotte 1®
hanno oscurato l’intelligenza. Ma non si attenti d’insultarmi di nuovo, perchè lio sangue caldo anch’ io
nelle vene e potrei dimenticare da un momento all’altro Ch’Ella è pazzo da legare. Ora vada... io non la
trattengo più, me ne lavo le mani.
{Continua).
(38).
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