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ORMA
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
IL PAPA IN SICILIA
LA CONVERSIONE
GIUSEPPE PLATONE
HO Stima di tanti cattolici,
laici e religiosi, che
spendono la loro vita per gli
altri con una coerenza che a
me manca. Accanto alla stima
devo dire che però, questa
volta, si è esagerato.
Evidentemente la religione
del pontefice ha preso la mano
al clero; miliardi di pubblico
denaro spesi a Trapani, Agrigento, Caltanissetta.
Difficile da accettare. Città
prive di servizi, schiacciate da
emigrazione e disoccupazione, invivibili in molte loro
parti per lo scempio edilizio
che è stato compiuto: eppure
queste città hanno profuso
centinaia e centinaia di milioni in fiori, bandiere, transenne
per l’effimero passaggio del
pontefice. E chi si è permesso,
anche aH’interno del mondo
cattolico, di affacciare qualche
critica all’intreccio del potere
religioso con quello politico, è
subito stato zittito da una gerarchia stizzita.
Solo dieci anni fa, in occasione di un’altra visita papale,
la parola mafia non fu nemmeno pronunziata: un po’
d’autocritica, da parte della
gerarchia, non sarebbe stata
fuori luogo. Ci avrebbe guadagnato in serietà e credibilità. Va bene tuonare oggi
contro la mafia, ma sino a ieri
esponenti del clero invitavano
a votare chi era sostenuto dalla mafia. Sappiamo bene che
certi boss hanno avuto funerali religiosi di prima classe e fa
parte del vissuto dei padrini
cercare e trovare compiacenti
benedizioni religiose. Nella
Chiesa cattolica non mancano
chiari episodi di mafia, e, forse, sono più numerosi di quelli
dell’antimafia. Certo oggi, dopo le grandi stragi, l’atmosfera è cambiata, perciò un po’ di
sobrietà nelle varie cerimonie
sarebbe stata opportuna. Non
credo del resto che il trionfalismo costruito esclusivamente
sulla figura di un uomo aiuti
la gente a sviluppare responsabilità e libertà personali. La
spettacolarizzazione pontificale rafforza la dipendenza del
popolo nei confronti del clero.
Povera Sicilia, ancora una
volta riconfermata nel culto
dei santi, delle grandi processioni, della pietà mariana, dei
miracoli. La gente ama i grandi spettacoli, i raduni di massa, e in questo senso il pontefice in Sicilia non ha deluso le
attese. E con tutto quello che è
successo qui nei mesi scorsi
sarebbe stato impossibile per
papa Wojtyla non prendere
posizione. Lo ha fatto chiaramente, quasi con rabbia. Ha
pronunciato parole importanti
^<mafiosi, Dio vi punirà»), ma
tardive.
Le parole però, per quanto
nobili e profonde, non bastano, occorrono i fatti. Non si
tratta solo di scagliarsi contro
la realtà militare di Cosa nostra. Questo ormai lo fanno
tutti. Si tratta piuttosto di denunciare anche la mentalità
mafiosa e quel largo consenso
che continua a produrre.
Essa si presenta come un intimo intreccio di potere, arroganza, privilegi, dominio delle
coscienze. Su questo versante
la riflessione è ancora tutta da
svolgere ed è importante scoprire la verità e la semplicità
dell’Evangelo più che il
trionfo dell’imperatore.
Notava, a ragione, in questi
giorni la vedova del magistrato Costa, ucciso dalla mafia,
che «la Chiesa cattolica, nel
suo complesso, non si è mai
schierata apertamente contro
la mafia. Certo, singoli preti o
vescovi l’hanno fatto ma la
maggioranza è stata assente».
È da questa consapevolezza
che occorre partire più che
dalle grandi adunate per toccare le coscienze e mettere in
discussione certa cultura ambigua dell’isola che cavalca
sempre il cavallo vincente.
Occorre partire più dall’autocritica che dall’autodifesa
del grande apparato ecclesiale,
partire cioè dalla necessità di
non compromettere l’insegnamento di Cristo con le grandi
cerimonie religiose.
È dal serrato confronto con
un Evangelo che è perenne
critica ai nostri comportamenti che nasce la possibilità di
trovare la genuinità del cammino cristiano.
La conversione a Cristo non
significa adattarlo all’esigenza
delle chiese, bensì il contrario.
E questo non vale solo per il
mondo cattolico stretto intorno al papa, vale anche per noi,
piccola goccia nell’oceano romano.
Dov'è il regno della pace, della gioia, della giustizia?
Senza lo Spirito non c^è nuova vita
_____________GIUSEPPE FICARA_____________
«Ma quando sarà venuto il Consolatore che io vi manderò da parte del Padre, lo Spirito della verità che procede
dal Padre, egli testimonierà di me; e anche voi mi renderete testimonianza».
(Giovanni 15, 26)
ueste parole che Gesù indirizza ai
suoi discepoli si collocano in un
conTesto il cui tema è quello dell’odio del
mondo verso i credenti. Il discorso si contrappone a quello dell’amarsi gli uni gli
altri di alcuni capitoli prima. Gesù annuncia che la vita dei credenti non sarà tutta
un letto di rose e che quando avverranno
le persecuzioni non dovranno meravigliarsene. E l’evangelista Giovanni vive
la tragica situazione della chiesa della fine del primo secolo e ascolta la domanda
dei credenti: «Dov’è il regno di Dio annunciato, quel regno di pace, di giustizia,
di solidarietà, d’amore reciproco?».
I primi credenti, dopo la vittoria di Gesù, si aspettavano Timizione della pace,
della gioia, della giustizia di Dio. Molti
cominciavano a considerare vana la loro
fede quando incontrarono la guerra con il
mondo invece della pace. La loro fede vacillante era scossa dalle fondamenta. È a
questa comunità che l’evangelista si rivolge per annunciare che nessuna situa
zione deve indurre alla rassegnazione e al
senso di sconfitta e invita ad avere la forza di reagire e di non lasciarsi travolgere.
Ma come può accadere ciò, con quali forze, con quale coraggio?
Giovanni annuncia che Gesù manderà
la spirito della verità, il Consolatore che
testimonierà di lui e farà testimoniare i
credenti. Si tratta di un intercessore, di un
difensore che con il suo aiuto interviene
proprio quando le difficoltà sono maggiori, quando sembra che andare avanti sia
impossibile. L’annuncio è che senza lo
Spirito non ci può essere nuova vita, non
si può intraprendere un nuovo cammino,
non si persegue la via della verità, della
giustizia e della pace. Talvolta si ha la
sensazione di vivere nella verità e nella
giustizia con le proprie capacità, forze,
coraggio, ma si tratta sempre di una verità
camuffata, di una giustizia apparente e di
una pace passeggera.
Oggi più che mai abbiamo bisogno
dell’azione dello Spirito che convince il
mondo di peccato, di giustizia e del giudizio di Dio (Giov. 8, 16). Anche noi siamo
chiamati a contribuire in modo attivo, con
l’aiuto dello Spirito Santo, in un mondo
in cui la ricerca di privilegi, Tesigere trattamenti particolari, la truffa, l’evasione fiscale sono spesso non solo il modo di vivere ma anche, purtroppo, il modo per sopravvivere.
Quante volte siamo caduti nella trappola dell’illegalità! Eppure lo Spirito che
Gesù ha donato è uno spirito di verità che
mette in questione il nostro operare nel
mondo, che mette a nudo il nostro peccato.
Lo Spirito ci domanda se stiamo testimoniando noi stessi o Cristo, se ci muoviamo e viviamo per i nostri interessi personali o nella legalità.
È una domanda che sempre ci obbliga
a riconoscere il nostro peccato e a convertirci, ad avere la consapevolezza che abbiamo bisogno che le parole di Gesù:
«Riceverete forza quando lo Spirito Santo
verrà su di voi» (Atti 1, 8) si realizzino in
modo pieno ed efficace qui e ora per essere dei veri testimoni innanzitutto attraverso la nostra etica e poi con la nostra
denuncia.
Spirito Santo non significa festeggiare
il suo evento dentro le mura delle nostre
chiese e lasciare che il mondo segua il
suo corso; non significa ricevere una forza mistica tutta tesa al raggiungimento di
un grado di santità e guardare gli altri con
distacco. Spirito Santo è superamento da
tutto quell’essere cristiano che si rende
cristiano da se stesso, è nuova vita nella
verità, nella trasparenza, nella giustizia
che non ci rende tutto più semplice e piacevole ma illumina di speranza il nostro
cammino.
Libertà di culto
Soldi pubblici
a tutte
le confessioni
«Ogni confessione religiosa
ha diritto di accedere ai fondi
dello stato per realizzare gli
edifici destinati al culto che
professa, a prescindere dal
proprio essere o meno vincolata da una Intesa con lo stato
stesso».
Lo ha deliberato la Corte
Costituzionale, venendo così
a risolvere la questione che si
era creata in seguito ad una
legge della Regione Abruzzo,
che riservava i fondi pubblici
per gli edifici di culto solamente alle confessioni che
già avevano stipulato un’intesa con lo stato.
La legge era stata impugnata dal Tar, presso il quale
avevano fatto ricorso i Testimoni di Geova che si erano
visti rifiutare le sovvenzioni
pubbliche per i propri luoghi
di culto.
Ora la sentenza della Corte,
nel testo redatto dal giudice
Mauro Ferri, stabilisce che i
principi di libertà e uguaglianza devono valere non
tanto in relazione alle diverse
situazioni giuridiche delle varie confessioni, quanto «in riferimento al medesimo diritto
di tutti gli appartenenti alle
diverse fedi o confessioni religiose di fruire delle eventuali facilitazioni disposte in
via generale dalla disciplina
comune dettata dallo stato
perché ciascuno possa in concreto più agevolmente esercitare il culto della propria fede».
Uniche condizioni stabilite
dalla Corte per beneficiare
dei sussidi pubblici: avere la
pregnanza e l’incidenza sociale proprie di una confessione religiosa (condizione
che non mancherà di far discutere sulla sua interpretazione) e rispettare i vincoli
sottesi alla destinazione dei
contributi.
La Pasqua oñodossa
pagina 2
La cena del Signore
pagina 6
Studi su Comenio
pagina 8
Socialisti
e protestanti
pagina 10
2
PAG. 2 RIFORMA
VENERDÌ 14 MAGGIQiqq.:|
In un viaggio organizzato dall'associazione diaconale delle chiese riformate svizzere
Tra i fedeli romeni per celebrare la Pasqua
ortodossa e proclamare la resurrezione
eii^euiA ^ .
EUGENIO STRETTI
risto è risuscitato! È
veramente risuscitato!». Ripetendo con gioia la
liturgia pasquale di S. Basilio
il Grande, il metropolita Daniel Ciobotea invita, alla
mezzanotte del 18 aprile, la
Pasqua ortodossa, il popolo
dei fedeli a uscire sul sagrato
della cattedrale di lasi per
proclamare al mondo la resurrezione di Gesù Cristo.
Tra i fedeli ci siamo anche
noi, un gruppo di pastori e
diaconi che sta compiendo un
viapio organizzato dall’associazione diaconale delle
chiese riformate svizzere
(Eper/Heks) di formazione
teologica e di solidarietà con
le chiese della Romania.
La Pasqua è la principale
festa delle nostre sorelle e dei
nostri fratelli ortodossi. Il
giovane metropolita di lasi,
Daniel, ha usufruito in un recente passato di una borsa di
studio dell’Università protestante di Strasburgo, e successivamente ha insegnato
teologia ortodossa all’Istituto
eeumenico di Bossey; siamo
suoi ospiti per un corso di
spiritualità e teologia ortodossa tenuto presso la locale
Facoltà di teologia sotto la
guida del prof. lon Bria, direttore di «Fede e Costituzione» del Consiglio ecumenico.
Nell’ortodossia la riflessione teologica e la dimensione
liturgica sono strettamente intrecciate. La sera, dopo una
giornata di intenso studio, il
gruppo partecipa ai vespri ortodossi: letture bibliche, canti
e preghiere che durano alcune ore, con una partecipazione intensa dei fedeli che seguono la liturgia in piedi e in
ginocchio.
Molto bello il vespro della
Pasqua dove, per rendere
conto dell’universalità della
fede cristiana, i racconti biblici della resurrezione vengono cantati in molte lingue.
La Cena del Signore è sotto
le due specie, e riservata ai
fedeli ortodossi; a differenza
dell’eucarestia cattolica, gli
altri cristiani partecipano alla
Cena con Vantidoron, pezzetti di pane che restano dalla
condivisione del pane eucaristico.
Molto discutibile, per un
calvinista ancorato al rifiuto
del secondo comandamento
di raffigurare la divinità, è
l’adorazione delle icone.
L’icona, sacra rappresentazione della divinità (celeberrima quella di Rublèv, che
rappresenta la trinità seduta
intorno a un tavolo) insieme
alla venerazione del corpo
dei santi, rappresenta il momento di massima partecipazione del fedele alla vita liturgica.
A Zagorsk, centro dell’ortodossia russa, una teca di
vetro protegge il corpo imbalsamato di S. Sergio dalle
esternazioni dei fedeli. Analoghe scene abbiamo visto
nella cattedrale di lasi intorno al corpo della vergine Pacascera, protettrice delle ragazze romene.
L’incontro con la teologia
e la spiritualità ortodossa
non solo è ecumenicamente
importante (dal 1961 le chiese ortodosse partecipano al
Consiglio ecumenico), ma è
strategico per evitare che le
popolazioni dei paesi dell’Fst siano dimenticate e lasciate sole ad affrontare una
gravissima crisi economica e
politica.
Del dramma romeno ci siamo resi conto in modo particolare nella seconda parte
del nostro viaggio. A Cluj,
ospiti della Facoltà di teologia protestante, abbiamo avuto contatti con colleghi luterani e riformati. La Transilvania ospita una grande minoranza di riformati ungheresi,
giuridicamente divisi nei vescovadi di Oradea e Cluj, duramente perseguitati dal regime comunista, che ha tolto
alla Chiesa riformata (un milione di membri) e a quella
luterana (200.000 membri)
gran parte dei beni, ha interdetto il Sinodo e ha incarcerato e torturato un buon numero
di pastori.
E noto che Ceausescu intendeva distruggere progressivamente i villaggi ungheresi
in Transilvania. I riformati
ungheresi, raccolti in ben 42
giurisdizioni ecclesiastiche
dairUngheria all’Ucraina, si
apprestano ora a celebrare,
dopo quasi 50 anni, un Sinodo.
Negli incontri con gli studenti (quasi 300) e con le famiglie pastorali, oltre a una
calda fraternità è emersa una
fede evangelica resistente.
Non a caso è stato ricordato il
profondo affetto di Karl
Barth per i professori delle
Facoltà riformate di Debrecen
e Cluj. In Transilvania il protestantesimo, nelle sue tre
correnti principali (riformati,
luterani e unitariani), sta lavorando alla radio e alla televisione per diffondere il messaggio evangelico. In modo
particolare è la radio che diventa un mezzo privilegiato.
Grazie a doni olandesi e svizzeri in una chiesa riformata di
Cluj viene preparato due volte la settimana un programma
evangelico che ha già raggiunto una fascia di ascolto
molto alta (200.000 unità).
I programmi sono comuni
con le altre chiese evangeliche; poiché mancano i pasto
Pope del monastero ortodosso di San Giorgio, a Zagorsk (Russia)
ri, il culto radio è spesso l’appuntamento domenicale per
quanti abitano in campagna e
hanno una chiesa purtroppo
chiusa.
Il viaggio si è concluso a
Bucarest con un fraterno incontro con il patriarca Teoctist e con i responsabili di «Aid
Rom», un’organizzazione
diaconale sorta nel 1991 tra
le chiese ortodossa, luterana e
riformata per cercare di venire incontro alle necessità del
popolo romeno che soffre per
fame e mancanza di assistenza medica ed educativa. Ai
progetti partecipano chiese
evangeliche europee e nordamericane. Un appello è stato
rivolto anche alle nostre chiese evangeliche: in particolare
è possibile adottare a distanza
un «ragazzo di strada»,
permettendogli di frequentare
un corso di formazione
professionale e inserirsi nel
mondo del lavoro.
Germania: in una «lettera ai vescovi»
Giovani sacerdoti
riflettono sul celibato
Giovani sacerdoti di differenti diocesi tedesche hanno
chiesto di poter organizzare
liberamente la propria vita
privata e i propri affetti.
In questo senso si apre indirettamente una riflessione
sul celibato e le pesanti conseguenze psicologiche e relazionali di cui è carica questa
imposizione.
Il 6 aprile a Münster il
gruppo di sacerdoti che ha
redatto la «lettera ai vescovi
tedeschi sul servizio pastorale», hanno risposto alle domande della stampa e della
televisione.
Nell’autunno scorso il problema era già stato sollevato
proprio dalla Conferenza dei
vescovi tedeschi, che dedicava documenti alle possibilità
e ai problemi del clero in
Germania.
Nella loro risposta i giovani sacerdoti si dichiarano
soddisfatti dell’apertura verso queste tematiche e chiedono di compiere ulteriori
passi in questa direzione.
La società di oggi, e anche
la chiesa cattolica offrono,
secondo i giovani sacerdoti,
stimoli e idee positive come
per esempio rapporti democratici tra le persone, possibilità di verificare le proprie
idee e il proprio pensiero,
disponibilità a mettersi in
gioco e dunque molti sacerdoti testimoniano il disagio
rispetto ai valori e al ruolo
tradizionale che sono costretti a ricoprire in una Chiesa
che cambia con una lentezza
inesorabile.
«Per noi - scrivono i sacerdoti tedeschi - queste possibilità sono diventate concrete e assolutamente condivisibili e se sperimentiamo il
fatto che i sacerdoti non debbano per forza di cose operare secondo ruoli e compiti
tradizionali, allora è legittimo
mostrare ai credenti le eoncrete conseguenze di questo
nuovo approccio alla nostra
professione».
Berlino-Brandeburgo
Protesta
del Sinodo
«Il nuovo compromesso in
materia di asilo politico in
Germania ferisce la coscienza
cristiana». Con questo giudizio il Sinodo della Chiesa
evangelica della regione Berlino-Brandeburgo ha giudicato il compromesso raggiunto
dal governo di Bonn sull’asilo politico. I membri del Sinodo hanno fatto appello ai
politici del Bundestag e del
Bundesrat (il Parlamento e la
Camera delle regioni), di votare contro la modifica della
legge sull’asilo in Germania.
Per i profughi che raggiungono spesso faticosamente il
confine tedesco, questo compromesso significherà, di fatto, l’abolizione del diritto di
asilo. In questo modo anche il
diritto di protezione e assistenza per i profughi viene
sostanzialmente svuotato.
La risoluzione del Sinodo
si conclude con un appello alle comunità a farsi carico dei
profughi e a garantire loro
una particolare protezione.
Dal M
Ll.
Forum ecumenico delle donne
SANTA SEVERA — Dal 14 al 20 aprile, 43 donne di ig
paesi europei si sono incontrate a Santa Severa (Roma), su ini
ziativa della Commissione ecologia e bioetica del «Forum ecu
menico delle donne cristiane d’Europa». Quattro relatrici han
no presentato i vari aspetti del tema di questo «forum»; «u
primavera silenziosa, 30 anni dopo», in riferimento al libro della statunitense Rachel Carson. Le partecipanti si sono impegnate a favore di un seguito della Conferenza di Rio, sottoline^dò
la necessità per le chiese di rispondere alle questioni ecologiche che gli uomini e le donne del nostro tempo si pongono. Esse raccomandano di accettare e di diffondere ampiamente la
presa di posizione sulla diagnosi prenatale e sulle sue conseguenze, formulata da un gruppo del «forum» di Basilea, nonché r «Agenda 21 delle donne per un pianeta sano», approvato
dalla Conferenza delle donne a Miami nel novembre 1991
Chiedono infine di appoggiare la petizione contro la riapertura
della centrale nucleare di Crey-Malville, e di osservare un digiuno in occasione degli anniversari delle catastrofi di Cemobil
e di Hiroshima.
«Réforme»; dopo 2.500 numeri
una nuova formula
PARIGI — Dopo aver festeggiato il 13 marzo scorso il suo
2.500° numero, il settimanale protestante francese «Réforme»
sta per rinnovarsi. Dal 15 maggio uscirà in una nuova formula,
più moderna, più efficace, più pratica. In gennaio e febbraio la
redazione ha realizzato una serie di inchieste con gruppi di abbonati per conoscere il loro parere sulla forma e sulla sostanza
del giornale. Ne sono emerse cinque priorità; a) essere più vicini all’attualità; b) diversificare e approfondire maggiormente
gli argonlenti, con particolare attenzione ai dibattiti protestanti;
c) dare più spazio alle lettere dei lettori; d) dare più rilievo alle
informazioni pratiche; e) avere più «humour».
A partire dal n. 2.509, del 15 maggio, il settimanale diventerà: «Réforme, ogni settimana uno sguardo protestante
sull’attualità». Tanti auguri da «Riforma»!
Il Parlamento europeo e il
lavoro domenicale
STRASBURGO — Il Parlamento europeo si sta interrogando sulla legittimità di una legge, comune agli stati-membri
delTEuropa, che stabilisca la domenica quale legale giorno festivo settimanale. Una proposta di legge in tal senso è stata presentata sotto l’impulso congiunto della Chiesa cattolica, del
partito democratico e dei sindacati unionisti tedeschi. I motivi
di tale richiesta poggiano su considerazioni economiche e sulle
condizioni di competizione in un grande mercato interno. Da
parte loro i dirigenti della Chiesa cattolica, che hanno fatto
pressione a favore della domenica fin dagli inizi della Cee, basano la loro posizione sulla lunga tradizione religiosa della domenica in Europa e sulla «dimensione trascendentale di questo
giorno».
Resta da vedere se tutti gli stati membri dell’Europa unita accetteranno una legislazione rigida. Il progetto di legge infatti
viene contestato dagli ebrei e dagli avventisti del 7° giorno che
riconoscono il sabato quale giorno biblico di riposo. Se, in passato, alcuni paesi europei hanno rafforzato le loro disposizioni
legali, la maggior parte non ha ritenuto necessario farlo. In
Gran Bretagna e nei Paesi Bassi, ad esempio, un numero crescente di negozi sono aperti la domenica e le autorità di quei
paesi hanno smesso di applicare i regolamenti contrari a questa
pratica. Mentre la legislazione a favore della domenica sembra
segnare qualche progresso in Europa, sta perdendo terreno negli Stati Uniti.
Protestanti in Algeria
ALGERI — Salvo rare eecezioni, i protestanti algerini sono
di solito nuovi convertiti. Quelli che c’erano prima dell’indipendenza sono ormai emigrati. I protestanti di oggi hanno scoperto il cristianesimo in vari modi: lettura della Bibbia, trasmissioni religiose, videocassette, incontri con cristiani durante un
soggiorno in Europa o in loco. La conversione viene vissuta
come una rottura con il loro mondo: essi rivendicano la loro
identità algerina ma vengono emarginati in una società musulmana. Queste poche centinaia di cristiani, per ora tollerati,
non hanno alcun statuto legale. Essi si ritrovano in gruppi, soprattutto in Cabilia. Accanto a questa diaspora esiste la Chiesa
protestante di Algeria presente ad Algeri, Costantina e Orano,
che riunisce i membri di tutte le denominazioni della Riforma,
con una maggioranza di studenti dell’Africa nera.
Arabia Saudita; dura
repressione dei cristiani
RIYADH — Secondo recenti statistiche vi sarebbero 4,6 milioni di lavoratori stranieri in Arabia Saudita, di cui 3 milioni
non sarebbero musulmani. Senza alcun diritto di praticare apertamente la loro religione, essi sono costretti a ricorrere alla
clandestinità, rischiando di essere scoperti dalla polizia religio-;
sa, la potentissima «moutaoua». Vi sono molti esempi di arresti
o di espulsioni di lavoratori stranieri sorpresi durante un culto
in casa o in ambasciata oppure trovati in possesso della Bibbia.
Nel dicembre scorso la repressione della «moutaoua» si è fatta
più dura e una grande quantità di lettere e di cartoline postali,
considerate come «posta di Natale», è stata perquisita alla posta
centrale di Riyadh. Di recente, a Riyadh, pannelli esposti in
pubblico promettono forti premi a coloro che avranno denunciato una comunità cristiana.
3
\/ENERDÌ 14 MAGGIO 1993
Vita Delle Chiese
PAG. 3 RIFORMA
Precongresso Fgei del Meridione
Più politica?
Parliamone ancora
L'Argentina è immersa in profonde contraddizioni economiche: modernità e povertà a Buenos Aires
Visita alle valli valdesi di Mabel Cardozo e Carlos Alberto Barolin
«Tenemos esperanza» di un cambiamento
_______CLAUDIO PASQUET______
Si chiamano Mabel Cardozo e Carlos Alberto Barolin, una maestra e un tecnico
in pensione, marito e moglie,
membri della Chiesa valdese
di La Paz in Argentina, e si
trovano in Italia dall’inizio
del mese di aprile. Sono fra
noi per uno scambio: la Tavola valdese aveva invitato la
Mesa vaidense ad inviare dei
pastori o dei laici perché potessero visitare le nostre chiese, informarci della situazione della Chiesa valdese
del Rio de la Piata e, nel contempo, arricchirsi di informazioni sulla vita della nostra
chiesa da poter condividere,
una volta tornati a casa, con i
loro fratelli e sorelle. Iniziativa lodevole, se non ci si parla
non ci si capisce, se non ci incontriamo perdiamo quei vincoli di solidarietà che per noi
sono vitali.
Le poche righe che scrivo
sono influenzate da una giornata passata con loro a Torre
Penice, prima nel culto, poi
in una riunione quartierale e
infine a uno spettacolo serale
del coretto. In tutte queste occasioni, come in molte altre
nelle varie chiese italiane dove sono stati, hanno dato il
loro saluto e un’informazione
vissuta e partecipata.
Da questa informazione ci
si rende conto delle bugie che
i mezzi di informazione riescono a propinarci; ricordo
un titolo giornalistico di un
paio di mesi fa: «L’Argentina
verso la ripresa economica».
E Mabel e Carlos ci parlano
di bambini che bussano per
chiederti l’elemosina di un
po’ di cibo, di bambini che
mangiano alla mensa scolastica (per ora è ancora gratis): di
loro, tre su dieci potranno
mangiare di nuovosolo il
giorno dopo alla stessa mensa.
Ci parlano di un governo
che chiude le ferrovie, mezzo
di trasporto popolare, perché
non ci sono più soldi. Ci parlano di un governo che ha
privatizzato tutto, promettendo grandi risparmi che avrebbero risollevato le sorti
della scuola pubblica, della
sanità e del sistema pensionistico.
Tutto è stato privatizzato,
ma gli insegnanti hanno stipendi da fame e i bambini devono portarsi il gesso per le
lavagne; chi non ha una mutua privata si mette in coda
alle 4 del mattino per far vedere suo figlio da un pediatra,
e le pensioni sono e restano
sotto il livello di sussistenza.
E ci parlano della loro fede,
dell’impegno della Chiesa
valdese, le preoccupazioni
per i giovani che mancano
nelle chiese di città e la gioia
di una chiesa che, nonostante
immense difficoltà economiche, pensa ai nativi, alla lotta
contro l’ingiustizia, alla predicazione di Cristo in un contesto (quello argentino) dove
il cattolicesimo è oppressivo
e superstizioso e dove le fedi
che giungono dagli Stati Uniti non sempre sono chiese
evangeliche, ma anche sette
chiuse e dispotiche.
Ci parlano di una chiesa
che non si è lasciata incantare
dalle celebrazioni colombia
ne, ma ha preferito ricordare
come esse celassero in realtà
un genocidio. Ci parlano con
la serenità di chi sa che deve
fare tutto il possibile per cercare di restare fedele e poi...
il Signore agirà.
Molte cose, poi, sono comuni alla nostra esperienza di
chiesa: secolarizzazione, pochi impegnati, scarsa mentalità contributiva di quelli che
potrebbero sostenere la loro
chiesa; ma, quasi a scusarsi,
con un sorriso, ci tengono a
dirti che non è tutto così nero
e che la speranza è più forte
della disperazione.
E la sera, quando il coretto
valdese, in uno spettacolo
proprio sul Sud America,
canta la canzone «Tenemos
esperanza». Mabel non riesce
a trattenere le lacrime: per lei,
come per molti argentini
quella canzone ricorda i tempi oscuri della dittatura e
l’oggi difficile della povertà.
Che altro dire? Grazie Mabel e Carlos, grazie fratelli e
sorelle del Rio de la Piata,
avete resistito e continuate a
farlo e così facendo ci insegnate che sperare è possibile,
lottare è possibile, poi... il Signore agirà.
La Settimana della libertà a Firenze
Il vecchio e il nuovo:
con gli amici riesini
Mabel Cardozo e Carlos Alberto Barolin
Per la Settimana della libertà sono stati fatti affiggere
200 manifesti, ma purtroppo
quasi nessuno li ha visti e c’è
da domandarsi se in una grande città possano avere qualche riscontro.
Abbiamo avuto ospiti graditi e interessanti il pastore
Giuseppe Platone e due suoi
giovani collaboratori del Servizio cristiano di Riesi, Marco Alabiso, che dirige il centro agricolo, e Isabella Porrovecchio, collaboratrice del
consultorio (un pioniere in
Sicilia, e comunque a Riesi).
Nel pomeriggio del sabato
un bel gruppo si è.ritrovato
con loro a Casa Cares (Reggello) e la serata si è conclusa
con falò e canti. La domenica, in via Micheli, Platone ha
predicato in modo caldo e efficace un testo dell’Epistola
agli Efesini (4, 17-32) che descrive e propone «il passaggio dal vecchio al nuovo».
Quindi il pranzo comunitario.
Poi Gino Conte ha letto alcune pagine notevoli del libro
di Giorgio Toum I giorni della bestia, per rivivere un momento cruciale di storia valdese nel suo cuore: il rapporto con Dio; si tratta di ben al
LUISA NITTI
tro che di rievocazione storica. Quindi anche a Firenze i
nostri ospiti ci hanno parlato
di Riesi, della Sicilia, di quella comunità valdese, del Servizio cristiano; una serie di
bellissime diapositive ci hanno trasportato nel cuore
dell’isola e in lungo e in largo
per il Monte degli ulivi, e intanto apprendevamo o ricordavamo tante cose.
Dopo anni in cui, molto
presi dalla vasta e impegnativa gamma delle opere locali,
avevamo dato ben poca attenzione a quell’opera, è stata
un’importante presa di conoscenza, abbiamo appreso dal
vivo tante cose, capito un po’
meglio certe altre, constatato
una volta ancora che la realtà
è sempre più complessa e
contraddittoria di quanto si
pensi superficialmente.
La veduta finale di uno stupendo mandorlo in fiore al
volgere dell’inverno è stato
Tauspicio con cui abbiamo
salutato gli ospiti e quanti lavorano a Riesi.
L’indomani si è ancora
avuto sullo stesso tema un
riuscito incontro pubblico con
la cittadinanza di Montespertoli.
In vista dell’undicesimo
congresso nazionale (Ecumene 2-5 settembre ’93) i
gruppi Fgei di Puglia, Lucania, Campania e Sicilia si sono incontrati a Monteforte Irpino dove, dal 30 aprile al 2
maggio, si è tenuto il precongresso per le regioni meridionali.
Accanto a una fase di informazione generale sulla struttura stessa della Fgei e di valutazione delle attività principali condotte negli ultimi anni, centrale è stato il momento propositivo del precongresso, in cui ognuno dei 40 partecipanti è stato chiamato a
dire la sua su come proseguire il lavoro e la riflessione a
livello nazionale. Anche i
partecipanti più giovani, alcuni dei quali alla loro prima
esperienza di questo tipo, sono stati messi nelle condizioni di fare proposte per il futuro: alcune forse un po’ fantasiose e ardite, altre assai concrete, molte ancora in continuità con quello che si è fatto
fino a questo momento; certamente tutte in sintonia con
ciò che oggi è la Fgei.
Spesso solo in volata, dati i
limiti di tempo, abbiamo toccato diversi punti di fondo
che riguardano la nostra riflessione. La ricerca di fede,
la questione dei migranti e il
Mezzogiorno, ovvero i tre argomenti indicati dallo scorso
congresso nazionale come
prioritari, sono stati ulteriormente approfonditi, negli
scorsi due anni, in più occasioni (convegni regionali, riflessione all’interno dei singoli gruppi e, non ultimo, il
campo studi sulla ricerca di
fede che si è tenuto un anno
fa a Santa Severa); ricapitolando questo percorso (valutato per altro in modo positivo) gli fgeini e le fgeine
presenti al precongresso hanno ritenuto che sarebbe opportuno continuare su questi
«inesauribili» temi e hanno
espresso l’esigenza che tale
insieme di iniziative sia condiviso il più possibile fra tutte
le regioni, in primo luogo intensificando i rapporti fra le
giunte regionali.
Nella fase conclusiva del
precongresso è inoltre emersa, da più parti, la precisa indicazione che la Fgei trovi
nuove modalità di riflessione
sull’attuale situazione politica. Si è tentato di fare proposte concrete su come affrontare e rilanciare tale ambito di
riflessione (organizzare un
campo studi di argomento
«politico»?) e sono state messe a confronto idee varie, anche divergenti.
Si tratta di proposte necessariamente generiche, ma la
speranza è che esse siano riprese e si facciano strada nelle discussioni che a settembre
animeranno il congresso nazionale.
Profughi curdi
Pentecostali e chiese storiche
Un dialogo non facile
Poco fuori Siracusa, sulla
strada per Fioridia, un grande
cartello «Congregazione cristiana pentecostale» indica
una «trazzera»* che, attraverso la campagna, conduce ad
un grande capannone. Qui,
sabato 1- maggio, si sono incontrate centinaia di persone
per un confronto teologico.
Il pastore Alfio Bosco, uno
dei leader di questo movimento che raccoglie un’ottantina di chiese pentecostali libere, sparse in tutta Italia, ha
organizzato questo primo incontro con il protestantesimo
«storico». Relatori il pastore
battista Salvatore Rapisarda e
il valdese Giuseppe Platone.
Temi teologici e temi etici,
poi un lungo pomeriggio di
domande e risposte inframmezzate da canti spirituali. Le
donne (ma non tutte) con il
velo in testa e gli uomini rigorosamente (ma non tutti) in
cravatta.
«E la prima volta che organizziamo un incontro del genere - commenta il pastore
Bosco, che vive del suo lavoro di impiegato in un’azienda
petrolchimica - ma le prime
reazioni sono più che positive». Sul grande bancone dei
libri e dei quadri con versetti
biblici spiccano i titoli di Billy Graham. Nel corso del dibattito i relatori hanno fatto
spesso riferimento a titoli del
catalogo Claudiana. Non ultimo, per esempio, in materia
di etica, il pregevole «L’etica
cristiana in una prospettiva
protestante» di Waldo Beach.
Il grande capannone industriale è stato trasformato in
un immenso salone super accessoriato. Qui si prega, si
canta, si fanno le àgapi, i congressi. Tutt’intomo il silenzio
della campagna. La città è
lontana; c’è il rischio dell’
isolamento. «Occorre conoscerci di più - commenta il
pastore Bosco - abbiamo
molto da imparare e capire
sul cammino della fedeltà a
Gesù Cristo».
In effetti si spendono molte
energie nell’ecumenismo con
il cattolicesimo, trascurando
talvolta di impegnarsi con altrettanto zelo neU’ecumenismo tra gli evangelici. Anche
su questo versante ci sono
molti pregiudizi e reciproca
ignoranza. Certo il dialogo
con i fondamentalisti non è
facile ma il loro entusiasmo,
la loro spontaneità, il loro
amore viscerale per la Bibbia
possono facilitarlo, soprattutto quando sono loro stessi che
vengono a bussare alla nostra
porta.
(*) La trazzera è una strada interpoderale in terra battuta, generalmente piena di buche e
di difficile percorribilità.
4
PAG. 4 RIFORMA
Vita Delle Chieseì
VENERDÌ 14 MAGGIO 1993
Ì^**SI**l^*ri
Villar Perosa: l'annuale Festa di canto delle corali delle Chiese valdesi alle Valli Centro «Jacopo Lombardini» di Cinisello
Testimoni del tuo amore insieme agli altri
______PAOLA BEVEL RIBET
«Nella messe eh’è matura
manda, o Padre, i mietitor...».
9 maggio 1993; secondo il
calendario ecclesiastico è la
«Domenica della Cevaa», la
domenica in cui le chiese sono invitate a riflettere sui
problemi che attanagliano il
Mozambico, la Somalia, il
Madagascar, il cosiddetto
Terzo Mondo, che in questo
caso è una parte della grande
famiglia della Comunità
evangelica di azione apostolica, alla quale appartiene anche la Chiesa valdese.
In questo senso l’Assemblea delle corali ha recepito
come impegno per la «Festa
di canto» il tema dell’evangelizzazione. Testimoni dei
tuo amore è stata la frase
chiave, il titolo di questa
giornata.
Un modo molto bello per
rivedere, per ripensare, insieme ai nostri fratelli che devono superare enormi barriere per salvaguardare la loro
libertà, il loro lavoro, la loro
dignità (se questo è Terzo
Mondo, allora anche non
lontano da noi si sta vivendo
una situazione analoga).
La giornata si è svolta sulla falsariga della «Festa di
canto» di due anni fa a Frali:
al mattino la partecipazione
al culto con la comunità
ospitante; al termine la suddivisione dei coralisti nei vari «laboratori».
È questa una formulazione
nuova, per cui i coralisti sono invitati a scegliere uno
dei laboratori proposti da alcuni direttori di corale. Lo
scopo di questa novità è di
permettere alle persone di
trovarsi con altri direttori,
con altri coralisti, di lavorare
insieme in modo un po’ diverso dal solito.
Il tempo a disposizione per
questa preparazione è di circa un’ora e mezza, durante la
quale viene messa a prova la
pazienza, la disponibilità e
anche la bravura dei direttori
che hanno accettato questo
compito.
Dopo pranzo si svolge la
«Festa» vera e propria, che
prevede la presentazione dei
lavori preparati al mattino,
gli inni di insieme e di singole corali, preparati durante
l’anno.
Un filo ideale ha guidato
tutti i gruppi; la ricerca del
legame che unisce fratelli in
fede, passando attraverso la
diversità di colore, di lingua,
di cultura. Cantando uno
«spiritual» o un canto malgascio o un inno del «Cancionero abierto», non si fa semplicemente della musica, ma
si tenta di calarsi in una
realtà diversa dalla nostra,
ma che è anche la nostra. Facendo parte della stessa fa
La Festa di cantoè stata imperniata sui temi della Domenica della Cevaa: solidarietà al Terzo Mondo
miglia non si può far finta di
niente, non si può voltare la
testa dall’altra parte.
«Bisogna accantonare
r idea della supremazia del
mondo occidentale sui paesi
del Terzo Mondo, anche se la
loro disastrata economia li
rende più deboli, più sottomessi. La Cevaa siamo noi,
insieme agli altri», ha sottolineato il pastore Bruno Tron
nel suo intervento.
«Non basta solo una mano
se vogliamo costruire una
chiesa di testimoni che annunciano Cristo. Andiamo
mano nella mano. Da soli
non si può andare...», canta
un gruppo di coralisti, quasi
a far eco al pastore Noffke,
che durante il culto ha voluto
sottolineare quanta poca riconoscenza abbiamo nei confronti di Dio e dei suoi doni.
«La vita, la terra sono un
dono di Dio. Cerchiamo di
non dimenticarlo. Di questa
terra e dei suoi abitanti siamo responsabili, anche se da
soli non possiamo far nulla».
Allora diamoci una mano,
uniti in un progetto, costruiamo un monte di note, ma anche di solidarietà verso chi
ha bisogno di noi. E come
segno tangibile la colletta ha
fruttato più di un milione di
lire, che andrà a sostegno
dell’attività che la Cevaa intende realizzare, come la formazione dei pastori, opere
sociali, borse di studio.
In una festa così variegata
e multiforme non poteva
mancare una sorpresa: un
gruppo di anziani dell’Asilo
dei vecchi di San Germano
ha portato il suo messaggio
cantando il famoso Sta con
me. Signor. La loro presenza
ci ha fatto capire quanto sia
importante condividere le
proprie esperienze, per uscirne arricchiti.
Cantiamo allora tutti insieme: «Peuple de frères, peuple du partage, porte l’Evangile et la pai.x de Dieu».
L'assemblea delle corali valdesi progetta il suo futuro
Contìnua l'impegno a
sostenere il canto delle chiese
L’Assemblea delle corali,
riunita al termine della Festa
di canto, ha valutato in modo
estremamente positivo la
giornata. Innanzitutto desidera ringraziare la comunità
della Chiesa valdese di Villar
Perosa per la generosa ospitalità e l’organizzazione veramente efficiente.
Come sempre in queste occasioni i nostri templi, anche
i più grandi, si rivelano insuf
o OtôA VALDESE DI VALLECROSIA
CADETTI
«
f wiL L i
i . .. .
•T't.-.rv. = ..dat€: 3-17 lùslio 1993
età: 13-14 anni
I ‘y|, i^> - * ^ ^
^ Anche quest'anno ia Casa valdese di Vallecrosia
orsanizza il campo cadetti estivo, che avrà per tema: «Charles Beckwith, una figura importante nella
^^riffvaldese»+ *4', . V* (v * ' ,
il I posti sono limitati, chi è interessato a p»rtecipare scriva al più presto a: V ’. '
postele 45
‘ - 18019 Vallecrosia CIMI
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aiftìifes ______________
fidenti a contenere i coralisti,
che sembrano aumentare di
anno in anno e il pubblico,
straordinariamente numeroso
e attento, che segue queste
manifestazioni.
Inoltre la formula dei laboratori appare particolarmente
indovinata; sembra quasi impossibile che in poco tempo
si riesca a preparare un canto,
con coralisti di varia provenienza.
Eppure i risultati ottenuti
sono sempre validi e i coralisti manifestano, di anno in
anno, sempre maggior consenso.
Bisogna sottolineare a questo proposito che i corsi di
Sebastian Kom al Castagneto
si stanno rivelando efficaci.
L’entusiasmo con cui i corali-.
sti seguono il suo lavoro si
trasmette poco per volta anche a coloro che non hanno
avuto il privilegio di partecipare.
Si ricorda quindi, a direttori
e coralisti, che il prossimo
corso si terrà al Castagneto
(Villar Pellice) nei giorni 2324 ottobre: è in previsione un
concerto con la presentazione
di brani preparati negli ultimi
tre corsi. Se sarà possibile organizzarlo, si pensa a un cor
so anche in vai Chisone o
Germanasca.
Per quanto riguarda la partecipazione alla Festa di canto, continua la tradizionale
partecipazione della corale di
Genova-Sampierdarena, a cui
si è aggiunta dall’anno scorso
la corale ecumenica di Genova.
Altra novità; il gruppo del
coretto di Torre Pellice che
ha organizzato un proprio laboratorio, con strumenti a
percussione. In conclusione:
è stata una Festa molto viva,
molto partecipata, anche da
parte del pubblico che è intervenuto in un canone.
L’Assemblea ricorda ai coralisti l’impegno per il culto
di apertura del prossimo Sinodo. Le prove si terranno alla Casa unionista di Torre
Pellice, in ora e giorno che
saranno indicati sul giornale;
gli inni saranno scelti tra
quelli della Festa di canto.
Ma c’è un impegno più vicino: il 20 maggio, a Pinerolo, c’è il culto serale dell’
Ascensione: anche per questa
occasione si chiede la partecipazione di coralisti. Le prove
inizieranno alle 20,30 al tempio; gli inni saranno scelti tra
quelli della Festa di canto.
Rispettare
le differenze
MANFREDO PAVONI
Si conclude il 18 maggio,
con un incontro dedicato
alla questione omosessuale e
ai diritti dei diversi, il ciclo
sulla differenza inaugurato
dal Circolo culturale Jacopo
Lombardini a Cinisello Balsamo. Un ciclo peraltro molto seguito, che ha saputo suscitare e stimolare domande e
spunti critici nei percorsi intellettuali soggettivi e collettivi. Mentre nella società
rincontro tra diverse componenti del vivere quotidiano,
tra diversi popoli e mentalità
produce sovente attriti e
scontri, il ciclo sulla diversità
ha rappresentato un’occasione per rivedere e modificare
atteggiamenti e approcci sociali.
Dopo l’incontro con la pastora Letizia Tomassone che
ha ricordato alle donne la necessità di creare rapporti di
valorizzazione e comunicazione reciproca al fine di rea
lizzare maggiormente l’identità femminile. Michele 01dani, psicologo, ha parlato
dell’adolescenza quale zona
di confine, e della difficoltà
di viverla in una società moderna, complessa e spesso
cristallizzata come la nostra.
Intensa e molto stimolante la
partecipazione delle donne e
degli uomini presenti, segno
probabilmente di un forte interesse intorno alla tematica
della differenza e dell’alterità
degli altri, che sempre di più
ci colloca in un luogo dove
certezze e identità forti non
comunicano e non hanno più
un posto privilegiato.
Ricordiamo gli ultimi due
incontri che si tengono rispettivamente l’undici e il diciotto maggio sul problema
della malattia mentale, introdotto da Gianni Del Rio, psicologo del lavoro, e sulla
questione omosessuale con
Melissari, presidente dell’Arcigay, e Faietti, collaboratrice di «Babilonia».
1- maggio a Tramonti di Sopra
Nel ricordo dì
Martin Luther King
Circa 150 persone si sono
ritrovate sabato 1° maggio al
Centro ecumenico «L. Menegon» di Tramonti di Sopra, in
provincia di Pordenone. L’incontro organizzato dalla Federazione delle chiese evangeliche del Nord-Est ha visto
la partecipazione di fratelli
provenienti dalle località più
disparate.
Tema della giornata è stato
il ricordo della breve vita di
Martin Luther King; l’adunanza è cominciata con il culto presieduto dai pastori
Stretti di Venezia e Castelluccio di Pordenone, che si è tenuto nei locali dei servizi parrocchiali, gentilmente messi a
disposizione dal parroco (che
ringraziamo vivamente per la
gentile collaborazione) e prestato per la sua maggior capienza rispetto al Centro.
Il messaggio del pastore
Stretti, imperniato sul cap.
50 del libro della Genesi, è
stato seguito con interesse e
attenzione da tutto l’uditorio;
c’è stata intensa commozione quando la vita e la morte
di King sono state prospettate come il raggiungimento di
quella «visione» che aveva
sempre costituito il motivo
della sua lotta per l’eliminazione della discriminazione
razziale, per la libertà e la
giustizia. Il messaggio è stato alternato a brani sulla sua
vita, letti dal pastore Castelluccio.
Dopo un’agape fraterna
consumata nel Centro e presso la sala dei servizi parrocchiali si sono svolte ulteriori
manifestazioni consistenti
nella proiezione di due videocassette e nelle esibizioni delle due corali della Chiesa battista di Pordenone e della
Chiesa battista di lingua inglese di Aviano.
La preghiera di chiusura
dell’adunanza è stata tenuta
dal pastore Coisson di Trieste
che, nel ringraziare il Signore
per la bella giornata, ha saputo trovare gli spunti per una
serena quanto benefica sintesi
dell’intera giornata con un
chiaro riferimento ai nostri
tempi difficili.
Certamente il ricordo della
giornata trascorsa sotto lo
sguardo del Signore resterà
nei cuori dei partecipanti per
i benefici ricevuti e per Tedificazione prodotta dai messaggi e dall’incontro fraterno. Un solo rammarico: questi incontri dovrebbero essere più frequenti. Della manifestazione, tra l’altro, si è anche occupata la stampa locale con servizi fotografici e
interviste.
Il Centro «L. Menegon» a Tramondl di Sopra
5
t/FNERPl 14 MAGGIO 1993
Vita Delle Chiese
PAG. 5 RIFORMA
Uno spettacolo del gruppo giovanile valdese di Pomaretto
Le idee nere di Martin
MILENA MABTINAT
IO sogno che i figli degli
ex schiavi e degli ex
schiavisti possano un giorno
mangiare insieme alla mensa
della fratellanza». Questo era
il sogno di Martin Luther
King, pastore battista di colore ucciso nell’aprile di venticinque anni fa a Menphis.
Aveva ricevuto da pochi anni
il premio Nobel per la pace
perché si batteva in modo
nonviolento per i diritti delle
persone di colore degli Stati
Uniti. Il suo sogno non è restato un sogno, ma il rischio
è che tomi ad esserlo.
Il gruppo giovani di Pomaretto, da parecchi anni, riflette su tematiche che riguardano le differenze razziali. Circa cinque anni fa ha
messo in scena uno spettacolo intitolato «Faccia da turco», che metteva in evidenza
i grandi disagi e i problemi
dei lavoratori stranieri in
Germania. Poi per alcuni un
soggiorno di un mese in Madagascar, certamente impagabile, la scorsa estate. E ora
ecco un altro lavoro. Sabato
1° maggio hanno presentato
uno spettacolo intitolato «Le
idee nere di Martin Luther
King», uno spettacolo che
propone gli ideali del pastore
King, vissuti giorno per giorno; dalla famiglia di un pastore bianco, in cui trova dei
fervidi sostenitori nel figlio,
nella moglie e nella cameriera, mentre il pastore bianco,
molto legato alla sua comunità di persone bianche e ricche, non vede di buon occhio
l’attività nonviolenta e volontaria del figlio che vuole aiutare i neri. Il figlio e la cameriera lasciano la casa perché
la comunità non apprezza la
loro attività. Ma, alla fine,
sarà proprio il pastore bianco
a scrivere cartelloni da portare alle manifestazioni antirazziste, come già da un po’ di
tempo faceva il figlio. Grazie
a questa sua presa di coscienza, non può continuare ad annunciare ogni domenica l’Evangelo ad una comunità di
persone che non si lasciano
mai toccare in profondità dal
messaggio biblico; per questo
decide di lasciare la comunità
per impegnarsi attivamente
affinché i neri possano ottenere i loro diritti.
Al termine della recita, ben
curata anche con precisi inframmezzi musicali e con interessanti giochi di luce, un
gruppo di giovani di colore
della comunità di lingua francese di Roma ha allietato i
presenti con dei canti.
Dobbiamo saper cogliere
ogni volta questi messaggi
contro il razzismo che ci vengono rivolti affinché la libertà non torni ad essere un
sogno.
Cevaa
Dall'Africa
ad Angrogna
Durante il primo fine settimana di maggio un gruppo di
circa trenta membri della comunità evangelica di lingua
francese di Roma ha visitato
le Valli, facendo alcune tappe
nei luoghi più significativi
dell’evangelismo italiano.
Il gruppo, composto in prevalenza da giovani africani
provenienti da Madagascar e
Camerún, accompagnato da
Lucilla Tron, responsabile del
Servizio migranti, ha fatto sosta a Frali, a Torre Pellice e
ad Angrogna.
Il viaggio era nato soprattutto come parte di un programma portato avanti nel
corso dell’anno alla riscoperta delle radici del protestantesimo in Italia, paese in cui vive ormai da tempo la maggior
parte di quanti sonio venuti in
visita alle Valli.
Nessuno di loro era mai
stato prima da queste parti e
fra i momenti più emozionanti per il gruppo degli evangelici di origine africana c’è
stata la visita ai luoghi storici
della vai d’Angrogna che,
seppure in una giornata dal
clima incerto, ha fatto loro respirare il profumo della storia
valdese fra Chanforan e la
Ghieisa d’ la tana, all’intemo
della quale si è intonato un
toccante canto a più voci.
La visita alle valli, seppure
di breve durata, ha costituito
comunque un’occasione di
scambio tra culture diverse
eppure legate da motivi di fede in modo sentito e forse dopo questo veloce tour anche
più forte.
Gemellaggio tra le due chiese
Bobbio Pellice
e Waldensberg
ANDREA MELLI
y noi, oggi, vogliamo
NvJi/osare l’unione tra le
nostre due comunità, perché
da oggi vogliamo essere una
sola chiesa in te...».
Questo breve brano, tratto
da una preghiera letta durante
il culto del 2 maggio scorso,
sintetizza l’impegno solenne
preso dalla comunità di Bobbio Pellice e da quella tedesca
di Waldensberg, che hanno
deciso di unirsi in gemellaggio. Nonostante l’ora insolita
per Bobbio (le 9,30), un buon
numero di membri di chiesa
ha preso parte al culto che è
stato arricchito dalla presenza
della corale di Bobbio-Villar
e da un gruppo corale di Waldensberg; due valide interpreti hanno inoltre permesso di
superare agevolmente gli
ostacoli di comprensione
creati dalla diversità di lin
I pastori Rutigliano e Haag
(che guidava la delegazione
tedesca) hanno tenuto un breve sermone ed entrambi hanno ribadito che rincontro annuale rappresenta l’inizio di
una lunga serie di rapporti
che in futuro intercorreranno
fra le due comunità.
Oltre al culto, che ha rappresentato la parte più solenne dell’incontro, la visita della delegazione di Waldensberg è stata caratterizzata da
altri momenti trascorsi piacevolmente in mezzo ai membri
delle nostre comunità; il sabato sera la corale di BobbioVillar ha tenuto un concerto a
cui è seguita un’agape fraterna alla quale hanno partecipato oltre cento persone.
II prossimo incontro si terrà
in autunno, quando una delegazione della comunità di
Bobbio, accompagnata dalla
corale, si recherà a Waldensberg.
LILIANA VIGLIELMO
Vacanze
guaggio.
a Guardia Plemontasé ■"
La «Casa valdese» di Guardia Piemontese (CS) mette a
disposizione per il periodo estivo (dal 15 giugno al 15 settembre) minialloggi a più posti letto e servizi. La Casa valdese è situata alle porte deirantico borgo di Guardia, di-|
stante dal mare o dalle terme Luigiane circa 8 km e colle®tóo con corse regolari di autobus. • - •
Annesso alla Casa un museo ripropone i mt^hti più significativi della storia dei valdesi, con particolari riferì- i
menti alla Calabria.
' Pgr informazioni e prenòtazioni rivolgersi a:
Marco Presta, frazione Doviziosi, 87045 Dipignuno
tei 0984! 621242.
Un pomeriggio di sole dopo una settimana di
pioggia ha fornito la miglior
cornice al concerto offerto
dal gruppo evangelico cinese
di Milano alla chiesa di Massello e a tutti gli amici saliti
da varie parti fino al tempio.
Il gruppo da cui proviene il
coro che ha trascorso a Massello i due primi giorni di
maggio, costituito in massima
parte da persone provenienti
da Taiwan, si è formato intorno a una famiglia cinese residente a Milano ed è andato
via via aumentando con l’arrivo di giovani studenti sia
del Conservatorio (e questo
spiega l’offerta del concerto),
sia dell’Accademia di Brera.
Dopo aver fatto parte della
locale Chiesa battista, si sono
costituiti in seguito in chiesa
autonoma, con un pastore inviato da Taiwan, e sono entrati a far parte dell’Unione
della chiese battiste.
Il gruppo è molto vario,
perché gli studenti tornano
nel loro paese dopo aver
completato gli studi, ma altri
se ne aggiungono; il loro impegno principale è la testimonianza della fede in Gesù Cristo ai loro conterranei e l’espressione che rispecchia meglio le loro convinzioni passa
attraverso la musica e il canto
corale.
Per questo il programma
del concerto comprendeva
brani religiosi di autori classici (Mozart, Vivaldi, Pergolesi, Mendelssohn), ma soprattutto canti di evangelizzazione anche su testi biblici,
eseguiti gli uni e gli altri con
Riuscito concerto di musica sacra
Dalla Cina a Massello
una bravura e una sensibilità
musicale che haimo deliziato
gli ascoltatori.
Per non dimenticare nella
pace dei nostri monti chi vede
intorno a sé morte e distruzione, in questa occasione è stata
raccolta la somma di un milione di lire che verrà inviata
alla chiesa di Trieste come
aiuto ai profughi dell’ex Jugoslavia.
MIGLIONICO (MT) — Sabato 20 marzo, presso la locale
chiesa battista, la pastora Elizabeth Green ha presentato il
suo libro: «Dal silenzio alla parola. Storie di donne nella
Bibbia». L’incontro è stato organizzato dall’Unione femminile della chiesa a conclusione di una serie di studi che avevano per argomento la donna nella società ebraica e la riscoperta delle figure femminili nella Bibbia.
La presentazione del libro è stata preceduta da una introduzione che ha ripercorso le tappe principali del nostro
itinerario di ricerca, così da consentire ai partecipanti all’iricontro, anche quelli esterni alla comunità, di entrare nel vivo delle relative problematiche. La pastora, dopo la sua
esposizione, ha dato spazio a tutti per un dibattito franco epartecipato.
La comunità spera nel Signore di vedere in futuro moltiplicarsi questi momenti di testimonianza che, utili all esterno,
servono anche ad approfondire e consolidare la nostra identità culturale e teologica nel contesto di un’esperienza di fede, ci auguriamo, sempre viva e coinvolgente.
MOTTOLA — Per ricordare l’anniversario della scomparsa di
Martin Luther King la Federazione giovanile evangelica
(Fgei), insieme con la locale comunità, ha organizzato dal
29 marzo al 4 aprile una settimana culturale in cui la cittadinanza tutta è stata invitata a visitare una corposa mostra fotografica commentata in tutte le sue parti da una completa
biografia.
A compimento delle serate è stato proiettato nella sala comunale predisposta per la mostra un film-documentario sulle vicende che hanno visto protagonisti King e quanti con
lui si sono adoperati nella lotta contro la segregazione razziale. Discreta è stata la partecipazione della gente, alcuni
più interessati, altri meno, ma comunque stimolati attraverso noi a saperne im po’ di più.
BOBBIO PELLICE — Nonostante le condizioni atmosferiche
particolarmente avverse, l’esito dell’annuale bazar è stato
positivo sotto svariati aspetti. Vogliamo esprimere un sentito ringraziamento ai vari collaboratori, e sono stati tanti, uomini e donne, giovani e anziani, che hanno contribuito alla
migliore realizzazione dei vari settori di attività.
Ringraziamo anche tutti gli esercenti di Bobbio per i sensibili sconti sui prezzi e per la qualità della merce fornita. Soprattutto esprimiamo viva riconoscenza a Ugo Dastrù, che
ha prestato gratuitamente la propria manodopera, curato
l’eccellente cottura delle numerose torte e messo a disposizione anche tutta l’attrezzatura del suo forno, nonché la fornitura di vari altri ingredienti. Un pensiero di particolare
gratitudine va alle sorelle dell’Unione femminile, nucleo di
persone preposte all’organizzazione, allestimento e conduzione di questa complessa attività.
ANGROGNA — Tra gli avvenimenti che in qu^ti ultimi giorni hanno segnato nella tristezza e nella gioia la vita della
nostra comunità, ricordiamo il matrimonio di Donatella
Pons e Walter Marchisio e la sepoltura di Alberto (Ber)
Bertin. Una bellissima parola dell’apostolo Paolo dice:
«Rallegratevi con coloro che sono lieti, piangete con quelli
che piangono».
Questa è la vita della chiesa: saper «compatire», saper cioè
condividere gli stessi sentimenti che si agitano nel cuore dei
fratelli e delle sorelle della comunità. E siamo così vicini
con lo stesso amore e con la stessa partecipazione ai figli e
ai nipoti di Ber, mancato in serena vecchiaia alla sua famiglia e alle sue montagne, e a Donatella e Walter che hanno
voluto iniziare la loro vita in comune della luce della Parola
di Dio.
SVIZZERA — I giovani delle chiese di lingua italiana aderenti all’Acelis (l’associazione delle chiese evangeliche) si ritrovano giovedì 20 maggio, al Greifensee, per il tradizionale incontro dell’Ascensione. Il programma prevede un culto
a cura del gruppo giovanile di Zurigo e intrattenimenti vari.
Per informazioni Aceli s tel.0041-1-4620411.
Chiese valdesi e metodiste
Assemblee dì circuita
Nel mese di maggio si nuniscono le Assemblee dei circuiti della chiese valdesi e
metodiste. L'assemblea vaglia l’andamento delle attività delle vwie chiase del territorio, esamina i problemi legati alla testimonianza e alla predicàzione dèlie chiese e
ai rapporti ecumenici. Al termine si procede alle elezioni previste dai regolamenti
Ecco il calendario completo delle assembleet CIRCUITO: Venerdì 21 maggio, alle 20,30. a Rorà
CIRCUITO: Venerdì 21 maggio, édle 20,30, a Pfarostino.
CIROJITO: Venerdì 21 20,30, a PralL
CIRCUrrO: Sabate 22 maggio,.«ye 9,30, a Coazze. ; . ^
CIRCUITO: Sabato 15 maggio presso la Chietetvaldese di via Assarotti a Genova«,,
Sabato 15 maggio a eergamo.;;4i,;.
Domenica 16 maggio, alle oili 10,30, presso la Chiesa metodista di
Trieste (Scalajjlél,^anti 1). . - «ì :
Domenica 16 maggio, alle ore 10, a Piacenza. . ^
è avvenuta satiato 6 inaggio a Losanna. v?.-l-s,*
Domenica 18 màggìò presso la chiesa metodista di via de' Benci a Firenze.
XI CIRCUITO: Sabato 15 maggio, con inizio alle ore 16, a Ecumene; parallelamente si
svolge anche un convegno dedicato al tema dell’evangelizzazione. <
Domenica 16 maggio a San Giacomo degli Sdiiavoni. ;
Sabato 29 maggio, alle ore 16, presso la chiesa valdese di via dei Cimbri a Napoli.
Si è tenuta domenica 9 maggio a Foggia. -«
Domenica 16 maggio-, alle ore 10, a Reggio Calabria. ' ,,
XVI CIRCUITO: Domenica 16 maggio, aHe ore 10,30, a Vittoria. L^
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PAG. 6 RIFORMA
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Della Parola
VENERDÌ 14 MAGGIO iqqq
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LA CENA DI TU
ERNST KÄSEMANN
Ogni cena del Signore del
nostro tempo può esser
celebrata solo nel ravvedimento e nella protesta. Nessuno può negare che dappertutto, nella cristianità, avviene proprio ciò che Paolo bollava come disprezzo del corpo e del sangue di Cristo e
minacciava del giudizio temporale ed eterno.
Dovunque e incessantemente l’invito del Cristo ad
andare alla sua tavola e alla
sua presenza viene ripetuto
da cristiani, teologi, capi di
chiese, confessioni mentre in
realtà si pratica e si difende la
negazione della comunione
della cena del Signore. Non
ci sono né scuse né giustificazioni per questo fatto. In questo modo il nome di Dio viene bestemmiato, il suo regno
ostacolato, la sua volontà trasformata nel contrario, e tutto
ciò che si dice sul-l’unità della chiesa viene smascherato e
mostra la sua realtà di pia
chiacchiera. In realtà non si
sa e solo una comunione di
interessi religiosi.
Avviandoci alla conclusione sottolineo con forza questa
affermazione. Di proposito
ho parlato di società chiusa.
Perché questa è la caratteristica più evidente delle nostre
celebrazioni della Cena, almeno nelle chiese dei bianchi, mentre nei culti della
chiesa delle origini, al pasto
dell’agape, ciò non avveniva.
Ad esso potevano prendere
parte anche coloro che non
erano ancora battezzati, perfino dei non credenti. E certamente vi avrà partecipato anche qualcuno che, venendo
dai quartieri poveri di quella
città portuale, alla tavola di
Gesù sedeva solo per togliersi
la fame.
Dove gli ospiti del Crocifisso si radunano non può che
esserci una comunità fondamentalmente aperta. Se non
avviene questo, il corpo di
Cristo non può crescere sulla
terra, come invece ci indica il
«L’Eterno è il mio pastore, nulla mi mancherà.
Egli mi fa giacere in verdeggianti paschi,
mi guida lungo le acque chete.
Egli mi ristora Vanima,
mi conduce per sentieri di giustizia,
per amor del suo nome.
Quand’anche camminassi nella valle dell’ombra
della morte,
10 non temerei male alcuno, perché tu sei meco;
11 tuo bastone e la tua verga son quelli che
mi consolano.
Tu apparecchi davanti a me la mensa
al cospetto dei miei nemici;
tu ungi il mio capo con olio; la mia coppa
trabocca.
Certo, beni e benignità m’accompagneranno
tutti i giorni della mia vita;
ed io abiterò nella casa dell’Eterno
per lunghi giorni».
vuole essere uniti. Lo si vuole
solo quando gli altri accettano la nostra ideologia. E di
questo i cosiddetti laici si rendono sempre più conto. Perciò in numero crescente si allontanano dalla tavola di Gesù o di nascosto, trasgredendo
le indicazioni della loro confessione e dei consiglieri spirituali^ vanno ai culti ecumenici. E una protesta contro i
teologi dominanti e contro
coloro che detengono il potere nelle chiese.
La Cena del Signore
è ecumenica
Se la cena del Signore non
è ecumenica non è più cena del Signore ma una celebrazione settaria, perché il
Crocifisso invita tutti alla sua
tavola perché è morto per tutti. Le dogmatiche sono state
scritte in un secondo tempo.
Se lo stesso Giuda non ne è
stato escluso e se il battesimo
viene generalmente riconosciuto valido, il sacrilegio lo
commette non chi festeggia
con fratelli diversi, ma chi
nega loro la comunione. Prima di chiamare gli altri al
pentimento le chiese dovrebbero convertirsi su questo
punto. Perché chi non accetta
accanto a sé gli ospiti del
Crocifisso, non accetta neppure il Crocifisso. E in questo
modo non fa più parte del
corpo di Cristo sulla terra, ma
rappresenta una società chiu
(Salmo 23)
comandamento missionario
del Risorto. Per dirla bruscamente; dove i cristiani si
raccolgono il calore del nido
scompare.
Non ci sono più quelli che
si barricano all’interno contro
il mondo malvagio per soddisfare le loro esigenze private
di edificazione, consolazione
e tranquillità al cospetto del
loro Dio privato, mentre fuori
ci sono gli altri, che non hanno certificato di battesimo,
non fanno offerte alla chiesa,
non si aspettano aiuto né da
Dio né dagli uomini mentre
hanno bisogno, anche loro,
che il buon samaritano passi
per la loro strada.
La cena del Signore è la festa non solo di coloro che ne
sono profondamente indegni,
ma anche dei poveracci, degli
incapaci, degli sfiniti, dei disperati, dei dannati di questa
terra.
Perché è l’immagine del
Golgota nel nostro tempo.
Non puoi essere ospite del
Crocifisso se non sai liberarti
dal manto della persona pia
che tu stesso o altri ti hanno
posto addosso, per avvicinarti
a coloro che fuori dalla porta
della chiesa sono nudi, gelano
per il freddo, sono disprezzati, per essere il loro prossimo.
Quando si celebra veramente
la cena del Signore, le parole
del salmo 23 diventano
realtà: «Tu apparecchi davanti a me la mensa, al cospetto
dei miei nemici».
Non dimentichiamoci che i
corinzi festeggiavano in vista
dell’imminente fine del mondo ed erano comunità aperta
perché festeggiavano non solo alla presenza del Crocifisso, ma anche per protestare e
opporsi alla violenza e ai
poteri demoniaci della terra.
Non si può essere ospiti del
Crocifisso senza sfidare i suoi
nemici e dichiarare guerra a
tutti i tiranni.
Edificare il corpo
di Cristo
Là dove nella cena del Signore si edifica il corpo
terreno di Cristo cresce un
nuovo mondo, si comincia a
realizzare la promessa che
Dio resiste ai superbi. Egli
crea una nuova terra e un altro cielo, diverso da come lo
abbiamo sempre immaginato,
una terra e un cielo in cui gli
umiliati, i violentati, i perduti
tornano finalmente a casa, dal
Padre. Nella comunità di
Corinto si era incontrata la
schiuma dell’Oriente e dell’
Occidente: scaricatori di porto e schiavi, piccoli commercianti e donne di dubbia fama, vedove, qualche benestante, ex appartenenti alla sinagoga o a qualche religione
misterica. Solo il Signore li
univa. E questo Signore dava
loro un posto alla sua tavola,
li saziava fisicamente e spiritualmente.
Donava loro chi profetizzava e chi parlava in lingue, ed
essi annunciavano il sorgere
di una nuova era, e in mezzo
a loro avvenivano guarigioni
e liberazioni dagli spiriti malvagi. Egli li riempiva della
sua presenza, e ne erano ebbri, come era avvenuto a Pentecoste. Cadevano barricate
terrene, le differenze sociali e
le contrapposizioni anche
nella vita quotidiana non avevano prospettive future: per
questo i loro culti hanno un
valore universale. La presenza di Cristo possiede una forza che fa saltare le relazioni
esistenti, abbatte le barriere
fra le classi, i popoli, le razze,
i sistemi economici e le tradizioni culturali e fa della comunità aperta il segno della
libertà per tutti coloro che sono oppressi dal potere e dalla
violenza.
A Corinto si sa che la presenza di Cristo si manifesta
«al cospetto dei nemici», come già era avvenuto per la
sua nascita e sul Golgota, e
che i suoi discepoli sono
coinvolti nella lotta tra lui e
gli avversari della sua signoria. Prendendo posto alla tavola del Crocifisso, i suoi
ospiti non solo ricevono da
lui cibo e bevanda e sono
riempiti dal suo Spirito, ma si
lasciano anche alle spalle le
mense egiziane, alle quali
ognuno pensa solo a se stesso, dove ognuno vive approfittando sia di chi gli è vicino
sia di chi gli è lontano e dove
si onorano gli idoli di questa
terra.
La croce
e l'ordine terreno
Non si può partecipare a
due feste contemporaneamente, non si possono
servire due padroni allo stesso tempo, adorare insieme il
Crocifisso e i tiranni di questo mondo, sacrificare le proprie energie alla società del
benessere e, dietro le mura
della chiesa, riconoscere Dio
come Signore e giudice di
tutte le creature. Bisogna re
stare nella fraternità della comunità creata sul Golgota.
Anche la fede ha un prezzo e
l’amore richiede la nostra vita
e non si accontenta di meno.
Gli ospiti del Crocifisso, per
amore del loro Signore e della libertà da lui portata, su
questa terra non possono che
apparire come ribelli verso il
dominio e i poteri di questo
mondo.
Perché la croce del Golgota
non va d’accordo con l’ordine terreno. Essa parla di colui
che serve quelli che sono perduti, fin nel profondo dell’inferno e pone come legge del
regno dei cieli l’obbligo di
seguirlo in questo, e di preparare ai fratelli un posto alla
mensa di Gesù.
Non potremmo dare un segno di ciò? Forse, nelle circostanze attuali, non ci è possibile collegare regolarmente la
nostra riunione comunitaria
con la celebrazione della cena
del Signore. Forse le agapi
come le tenevano i corinzi
possono rinascere solo nei
piccoli gruppi 0 essere fatte
in occasioni particolari, come
un Kirchentag.
Ma non sarebbe possibile e
si^ificativo, almeno ogni
tanto, cominciare i nostri cute
subito con la cena del Signore, in modo che tutti comprendano di essere invitati dal
Crocifisso come suoi ospiti,
senza condizioni; in un mondo ovunque chiuso praticare
alla tavola di Gesù la fraternità di una comunità aperta
verso la terra e verso il cielo,
di una comunità che festeggia
la libertà davanti al suo Signore e in faccia ai suoi nemici?
Perché noi siamo testimoni
del fatto che il Cristo non abbandona più gli uomini a se
stessi ed ha instaurato il suo
regno in mezzo a noi. Il suo
pasto è il luogo in cui noi,
suoi ospiti, celebriamo il Crocifisso che spezza le signorie, il potere e la violenza di
questo mondo e fa dei suoi
discepoli dei vincitori.
IV -fine
Concretamente
Venga il tuo, regno,
il tuo regno di libertà e di amore,
di fraternità e di giustizia,
di diritto e di vita,
di verità e non di ipocrisia.
Venga distrutto
tutto ciò che distrugge la vita sulla terra,
così che il tuo regno possa venire.
Sia messo un termine al potere
di coloro che fatino lavorare i poveri come bestie.
Sia posta fine alla violenza
che si esprime attraverso le procedure giuridiche,
i sistemi di insegnamento,
l’organizzazione economica.
(E dire che tutto questo viene ritenuto giusto
e buono da uomini che si dicono cristiani!)
Sia messa fine a tu tto ciò
che fa deir uomo una macchina,
a tutto ciò che perverte la sua vita in mercanzìa,
a tutto ciò che fa dell’uomo
uno schiavo di se stesso e degli altri.
Il tuo regno viene quando rompiamo
con il nostro egoismo e cerchiamo per gli altri
quello che auguriamo per noi stessi.
Quando il popolo si unisce,mette insieme le proprie forze
e trova delle vie per la speranza.
Il tuo regno viene quando
c’è abbastanza terra per tutti i contadini
e non soltanto per qualche grande latifondista.
Quando l’istruzione è assicurata
ai diseredati e agli emarginati.
Quando le leggi non continuano
ad impedire lo sviluppo e la cooperazione
fra gli uomini, ma al contrario
li promuovono e li incoraggiano.
Il tuo regno viene quando
la terra viene coltivata per produrre
in primo luogo il nutrimento pér il popolo
e non i prodotti di esportazione
che serviranno ad arricchire coloro
che ad ogni modo vivono già del superfluo,
mentre sempre pià aumenta la fame
di coloro che non hanno nulla.
Il tuo regno viene quando
le chiese abbandonano ogni preoccupazione di potere
per diventare sorgenti di vita e di umanità.
Julia Esquivel
Guatemala
(tratto da In attesa del mattino, della Cevaa, 1991)
7
spedizione in abb. post. Gr II A/70
In di mancato recapito rispedire-a:
CASELLA POSTALE 10066
torre PELUCE
Fondato nel 1848
E Eco Delle "^lli mLDESi
venerdì 14 MAGGIO 1993
ANNO 129 - N. 19
URE 1200
Comunità alloggio, enti pubblici e famiglie affidatarie nelle valli del Pinerolese
Adozione, affidamento e altro ancora:
quali risposte sociali al disagio dei minori?
CABMELINA MAURIZIO
Se da più parti viene segnalato il crescente disagio
dei minori e aumenta la difficoltà di creare delle risposte
valide a problematiche vecchie e nuove che riguardano
bambini e adolescenti, siamo
andati a verificare le risposte
esistenti qui nelle nostre valli,
per capire anche se ci sono
progetti e possibilità alternative, verificando l’entità del fenomeno delle adozioni e degli
affidamenti, che hanno comunque dei risvolti nella gestione di bambini e famiglie a
rischio.
La situazione che è emersa
dalle risposte che ci sono state
fornite dalle operatrici delle
Ussl 42 e 43 indica una leggera crescita delle adozioni, o
perlomeno una maggiore sensibilità verso di esse, anche se
i numeri sono molto bassi, una
o due adozioni l’anno negli ultimi cinque anni, e se i minori
dichiarati adottabili sono pochi rispetto al numero di famiglie che fanno domanda di
adozione.
Nella zona, i casi di minori
definiti adottabili è sempre
molto basso. Tuttavia il fatto
che la mentalità comune da
queste parti stia cambiando,
seppure in modo appena percettibile, è un segnale importante da valutare. Il discorso
relativo all’affidamento vede
invece in questa istituzione un
tipo di risposta ai casi di minori a disagio abbastanza diffusa, nonostante le notevoli
difficoltà incontrate sia dalle
operatrici che dalle famiglie a
gestire gli affidi. In particolare, nel corso del 1992, sono
stati 8 gli affidamenti nella zona della Ussl 42 e 16 nella 43.
Ma è proprio sul fronte
dell’affidamento che si registrano alcune possibilità alternative e risposte da non
trascurare.
Infatti una variante dell’affidamento, quello diurno, potrebbe essere, a detta delle assistenti sociali, un’alternativa
praticabile che potrebbe consentire ai bambini e agli adolescenti con famiglie di origine indigenti o problematiche
di essere comunque seguiti sia
a livello educativo che sul piano dell’impegno scolastico,
senza per questo essere sradicati dal proprio nucleo familiare.
Questa strada è già praticata
sia dagli operatori della Ussl
42 che da quelli della 43; in
particolare i semiaffidamenti
sono stati 5 nella 42 e una
quindicina nella 43. In diversi
casi i bambini e gli adolescenti sono stati seguiti da educatori, anche con la disponibilità
di un obiettore di coscienza
(nella Ussl 43), con risultati
complessivamente incoraggianti.
La Ussl 42 aveva promosso
all’inizio di questo anno scolastico dei progetti di educativa
territoriale che prevedevano
due centri-ragazzi sui due distretti; l’iniziativa, come ci è
stato spiegato da Elisa Cetrina, assistente sociale a Perosa
Argentina, era partita bene e
Il disagio minorile chiede risposte educative e formative
prometteva un discreto coinvolgimento, grazie anche alla
diffusione e alla campagna
fatta presso le scuole medie
della zona; tuttavia, per motivi
di ordine burocratico, la cooperativa che gestiva i due centri non ha potuto proseguire la
propria attività. Si spera ora
che il progetto possa ripartire
nel prossimo autunno.
In vai Penice un’altra possibile risposta, unica nel suo genere nelle nostre valli, è quella
della Comunità alloggio di
Torre Pellice, che al momento
ospita circa quindici minori, di
cui un quarto provenienti dalla
Ussl 43.
Si tratta di un’alternativa alla quale, come ci è stato spie
gato dalla psicoioga Renata
Bottazzi che si occupa di minori presso la Ussl 43, si ricorre quando non è più possibile che il bambino venga
adottato, oppure quando l’affidamento non è riuscito o diventa improponibile.
Nel caso specifico della comunità alloggio di via Angrogna a Torre Pellice, proprio in
questi ultimi mesi si vanno
evidenziando dei problemi di
varia natura che ripropongono
e rendono più che mai urgente
una discussione sulla validità
e sulla gestione di questa
struttura, che ha un rapporto
difficile con il territorio e problematico con il mondo della
scuola.
I minori ospiti della comunità alloggio, poi, in molti casi
si trovano a dover superare situazioni di emarginazione e
solitudine, in particolare al
momento delle lord dimissioni
dalla comunità al compimento
del diciottesimo anno o durante i periodi estivi.
Per dare una risposta a questi e altri problemi c’è una
proposta delle operatrici
deirUssl 43, che hanno in
mente di creare, attraverso una
campagna di sensibilizzazione,
una rete di famiglie e persone
disponibili a effettuare brevi
periodi di affidamento o attività con giovani, compresa la
collaborazione con la comunità alloggio e i suoi educatori.
Perosa (discute il caso dei licenziamenti alla Manifattura
La "o ' , " che lavorano
________MAURO MEYTRE_______
Affollatissimo, venerdì 7
maggio, il cinema Piemont di Perosa Argentina, in
occasione di un’assemblea su
un problema molto sentito in
valle: il licenziamento di due
operaie e la messa in libertà
di altre 50 alla Manifattura.
Tanti erano i presenti a portare solidarietà alle lavoratrici
in lotta: tutti i Consigli di fabbrica della valle, i sindacati e
la popolazione locale.
Senza mezzi termini è
emerso come oggi, forti di
una profonda crisi occupazionale in valle, i dirigenti
usino metodi borbonici nel
gestire il potere in fabbrica.
Come afferma un delegato
di un’altra ditta della valle, la
spinta di democrazia che oggi
si sente in Italia si ferma fuori
dai cancelli della fabbrica.
Il richiamo dei Consigli di
fabbrica, affinché il sindacato
si assuma le proprie responsabilità, è stato pressante. Tra
le considerazioni emerse si
evidenzia in primo luogo il
fallimento di un accordo che
ha decurtato gli stipendi delle
lavoratrici e dei lavoratori,
non ha portato a migliorare le
relazioni sindacali con
l’azienda ma ha favorito la
divisione fra i lavoratori stessi. Roberti, della Cgil regionale, sottolinea come si debbano anche ridiscutere gli
orari.
Si fa appello all’unità,
all’interno della fabbrica e
come movimento sindacale,
per una mobilitazione che
coinvolga società civile e istituzioni.
Venerdì sera si è capito
che, malgrado il logoramento
di politiche che premiano la
governabilità ma non la democrazia, è tuttora presente
nelle fabbriche un movimento
di lavoratori attivo, che sa
produrre idee e gestire proposte.
Al centro dello scontro
emerge il problema del
riconoscimento della dignità
del lavoratore, un tema che
non può interessare solo chi
lavora in fabbrica ma deve
coinvolgere tutta la società,
perché il riconoscimento della piena dignità dell’uomo
con l’uguaglianza civile, sociale e politica è sicuramente
un indicatore del livello di
democrazia esistente.
È in corso una lotta di cui,
come viene ricordato nel dibattito, non si può oggi prevedere l’esito.
Per questo motivo viene
fatto un richiamo alla solidarietà tangibile: «Il destino
della Manifattura è anche
quello di un pezzo della vita
della valle» sottolinea Federico Vittorio, segretario della
Camera del lavoro di Pinerolo.
Il sindacato raccoglie le richieste ad assumersi le dovute iniziative di lotta, contemporaneamente alla mobilitazione sui posti di lavoro fino a giungere, se necessario,
allo sciopero generale; inoltre
sporgerà denuncia nei confronti dell’azienda per comportamento antisindacale ai
sensi dell’articolo 28 dello
Statuto dei lavoratori.
NELLE NOSTRE CHIESE
I GIOVANI
E LE FAMIGLIE
TULLIO PARISE
Igiovani impegnati nelle attività di chiesa sono un numero sempre più esiguo; a
Luserna San Giovanni essi
rappresentano il 3%. Perché?
E forse un problema di
informazione?
In realtà in ogni comunità
delle Valli le attività giovanili (e non solo) operano puntualmente ogni anno con una
pubblicità capillare verso
ogni singola famiglia: abbondano lettere circolari, inviti
personali, incontri. Allora
perché questa situazione?
L’esperienza che molti giovani hanno condotto e conducono tuttora sui ragazzi di
12-13 anni fa sì che si possano trarre alcune utili informazioni.
Pur essendo di gran lunga
già in grado di capire ed assimilare ciò che viene loro
proposto questi ragazzi appaiono spesso, al di là della
loro personale capacità, tutti
quanti come un terreno fertile su cui le sementi cadono
troppo tardi: le piantine attecchiscono ma sono seccate
dal sole estivo che presto incombe su di loro.
Così anche per loro i problemi e gli impegni della vita
adolescenziale e adulta spazzano via ciò che entra nelle
loro menti.
In qualche modo si può dire che tutto ciò che si insegna loro viene accettato come esterno, estraneo.
Da questo ha origine una
confusione generale, sia per
quanto riguarda situazioni
nazionali o avvenimenti di
attualità, sia per quanto riguarda i fatti della chiesa;
non si conoscono i luoghi
della nostra storia e della nostra realtà quotidiana, si
confondono confermazioni e
comunioni. Palme con Pasqua e Pentecoste.
Ma perché questo, e di chi
è la responsabilità?
Fra giovani ci siamo chiesti: di loro stessi perché non
si informano?
Della scuola dell’obbligo
che non insegna loro ad essere cittadini?
Della chiesa che non sa
coinvolgerli, a partire dalla
scuola domenicale?
Delle famiglie? Come sono
le famiglie valdesi (e non) al
giorno d’oggi? Cosa vogliono per i loro figli? Forse
quello che hanno sempre voluto, cioè salute, istruzione,
denaro, posizione sociale
ecc. Ma se i genitori insegnano ai figli ad essere competitivi nella vita come nello
sport, se i genitori insegnano
l’agonismo, cosa dicono ai
loro figli della chiesa, di Gesù Cristo?
Nessuno insegna più ai figli ad essere valdesi attivi, a
capire che la chiesa siamo
tutti noi e che essa vive solo
se noi siamo capaci di farla
vivere.
Questo lo insegnavano i
nostri vecchi e noi lo abbiamo rifiutato come ogni giovane rifiuta il vecchio; in
questo modo però abbiamo
allontanato Gesù dai nostri
discorsi, dal nostro vivere
quotidiano oppure sul posto
di lavoro o a scuola.
Se vogliamo che la nostra
chiesa viva dobbiamo impegnarci tutti in prima persona
senza aspettare che altri lo
facciano per noi.
Domenica 6 giugno, si vota a Massello
Soltanto una lista
Tra gli oltre 11 milioni di
cittadini italiani che si recheranno a votare, domenica 6
giugno, vi sono anche 88 elettori di Massello.
Massello è infatti l’unico
Comune delle Valli in cui sono previste le elezioni per il
Consiglio comunale. «Sono 88
gli iscritti nelle liste elettorale
e 87 i residenti - spiega Giovanni Tron, l’unico impiegato
a tempo parziale del Comune
- e non è uno sbaglio. Nelle
liste elettorali infatti sono
iscritti anche i residenti
all’estero e nel dopoguerra
sono emigrati in Europa e
nelle Americhe decine di famiglie. Alcune di queste mantengono l’iscrizione nelle liste
elettorali del Comune. Tra i
residenti ci sono alcuni minorenni, ma i massellini all’estero sono in numero maggiore
di quello dei nostri ragazzi».
Le elezioni amministrative a
Massello non vedono grande
battaglia politica.
Chi vuole interessarsi della
cosa pubblica (un centinaio di
milioni in bilancio che servo
no per pagare l’impiegato, il
messo anche lui a tempo parziale, le spese del consorzio
per la contabilità) si è trovato
nella sala valdese del Reynaud
a discutere chi dovesse essere
il sindaco.
Ci si è guardati in faccia. Si
è appreso che il sindaco
uscente, Aldo Peyran, non intendeva - dopo 30 anni - ricandidarsi. Si è allora cercato
un sostituto e lo si è trovato in
Willi Micol, assessore nell’ultima amministrazione e uno
degli animatori dell’associazione «Amici di Masello».
Durante la settimana si sono
cercate le altre persone disponibili ad entrare in Consiglio e
nella giunta e alla fine si è fatta la lista. L’unica lista è stata
presentata. I massellini, anche
senza andare a votare, sanno
già in anticipo chi sarà il sindaco, chi l’assessore, chi il
consigliere.
Chi andrà a votare potrà
esprimere il suo gradimento o
meno alle persone presenti in
lista, ma il 6 giugno non ci saranno sorprese circa i risultati.
16394263
8
PAG. Il
E Eco Delle ¥ìlli ¥vldesi
VENERDÌ 14 MAGG10l9q-:i
AIRONI NEI FIUMI DELLE VALLI — Sono una trentina;
abitano i corsi d’acqua della media e bassa vai Pellice e in
vai Chisone, ma in determinati casi percorrono i corsi d’acqua anche fino alla Comba dei Carbonieri o fino a Villanova; sono gli aironi cinerini. Da una decina d’anni almeno
sono comparsi in vai Pellice; non è infrequente vederli nei
nostri torrenti dove si cibano di pesci, ma anche di insetti
acquatici. In precedenza si trovavano nelle parti più basse
delle valli, poi l’inquinamento dei corsi d’acqua e le forti riduzioni di portata idrica, nella stagione estiva, li hanno fatti
risalire. Non pare comunque nidifichino oltre quote relativamente basse. Sono naturalmente animali protetti, assai
belli, come dimostra la foto realizzata nel letto del Pellice;
alcuni pescatori lamentano una diminuzione dei pesci a
causa della loro presenza, ma questo dato viene smentito da
altri. Sicuramente in questi anni sono già stati segnalati alcuni casi di ferimento o uccisione di questi uccelli.
LUSERNA: LA DC CERCA ALLEATI — Dopo mesi di
impasse sembra che questa possa essere la settimana decisiva per un rimpasto di giunta a Lusema dopo varie dimissioni e spostamenti alPintemo dei gruppi politici. È stato soprattutto il Psi a tenere sulla corda gli alleati De, ma un colpo alla crisi è stato dato dall’ex Pei Ernesto Rivoira e dal
socialista Enrico Fomeron che pochi giorni fa hanno comunicato al sindaco di volersi costituire in gruppo indipendente. Questo passo dovrebbe far presagire un ingresso in giunta proprio di Rivoira, non troppo ben accetto dai giovani
rampanti della De che comunque dovrebbero alla fine far
buon viso a cattivo gioco. Per il resto, mentre si mormora di
un Gobello pronto a ridare fiducia all’esecutivo (all’ultimo
rirnpasto si era astenuto), è fallito il tentativo della De di
coinvolgere nella giunta i Verdi che harmo detto di no come
pure il Pds. Sono ancora possibili sorprese dell’ultima ora;
se ne saprà di più giovedì 13 quando è convocato il Consiglio comunale.
FONDI PER I POPOLI DELL’EX JUGOSLAVIA — L’associazione culturale Francesco Lo Bue-Radio Beckwith organizza una raccolta di fondi in favore dei popoli dell’ex
Jugoslavia. L’iniziativa è organizzata in collaborazione con
la Federazione delle chiese evangeliche in Italia e la Chiesa
valdese di Trieste. I fondi verranno devoluti alla Chiesa battista di Zagabria. Chi vuole inviare la propria offerta lo può
fare utilizzando il conto corrente postale n. 25246109 intestato all’Associazione culturale Francesco Lo Bue-Radio
Beckwith indicando la causale del versamento. Per informazioni telefonare al 0121-91.507.
SUL PIANO REGOLATORE INTERVIENE LA MAGGIORANZA — Le forze politiche che compongono la
maggioranza consiliare del Comune di Pinerolo, in merito
al dibattito sul piano regolatore di Pinerolo, sono intervenute con un comunicato in cui si fa presente che «le indicazioni della delibera programmatica del piano regolatore approvata nei mesi scorsi sono confermate come volontà politica
di questa maggioranza. Per accelerare l’iter burocratico si è
sollecitata la consegna di tutta la documentazione che
all’esame si è poi dimostrata incompleta. Alla luce di queste considerazioni, si è chiesto ai progettisti di rifare tutti i
progetti e di verificare in modo approfondito in modo da
non lasciare dubbi e spazio per interpretazioni distorte. La
scelta definitiva sul prg sarà effettuata valutando complessivamente tutti gli elementi sulla base di ipotesi alternative
fomite dai progettisti». Questa scelta farà a questo punto
slittare di qualche mese l’approvazione definitiva del piano
regolatore.
APPROVATO LO STATUTO DELLA COMUNITÀ
MONTANA VALLI CHISONE E GERMANASCA —
Il Consiglio della Comunità montana delle valli Chisone e
Germanasca ha approvato venerdì scorso il suo Statuto, un
documento programmatico e di indirizzo delle linee su cui
l’ente montano intende muoversi, e i principi che ne sanciranno l’attività. Lo Statuto che i rappresentanti dei sedici
Comuni delle due valli hanno approvato dedica ampio spazio al ruolo dell’ente montano in un’Europa che cambia; se
Resistenza e Carta di Chivasso sono i momenti di partenza
del proprio essere, si legge fra le righe dello Statuto, una riforma dello stato nazionale in senso federalista e regionalista, che tenga conto anche delle caratteristiche culturali
e linguistiche, è quello a cui si tende. E il regionalismo,
lungi dall’assumere caratteristiche di particolarismo, si rivolge anche oltralpe, ipotizzando una regione «alpina» che
sappia più correttamente e coerentemente interpretare le
esigenze della gente di montagna. Per il resto lo Statuto
esprime le linee dello sviluppo dell’occupazione, del benessere sociale dei cittadini e del buon governo come punti
operativi qualificanti; decide di istituire il difensore civico e
il referendum consultivo (su richiesta di almeno il 20% de
- gli elettori, però), punta sulla valorizzazione delle associazioni e del volontariato; non prende in considerazione i rapporti con la Ussl, ente con cui, almeno finora, esiste una
coincidenza territoriale.
Due anni dopo l'approvazione dello Statuto, approntato un nuovo strumento
Torre Pellice vara il suo regolamento e apre
il mercato ai prodotti del Terzo Mondo
_______FEDERICA TOURN_____
Quasi due anni dopo l’approvazione dello Statuto, il Consiglio comunale di
Torre Pellice si è dotato del
regolamento che organizza il
proprio funzionamento e
quello delle commissioni
consiliari, nonché i meccanismi di accesso per i cittadini
al referendum consultivo. In
particolare sono state istituite
sette commissioni permanenti: istruzione; sport, turismo
e tempo libero; servizi socioassistenziali e sanitari; cultura; ambiente; urbanistica; lavori pubblici.
Quanto al proporre un referendum consultivo da parte
della popolazione, in base allo Statuto comunale è necessaria una raccolta di firme
che coinvolga almeno il 20
per cento dei cittadini, equivalente per Torre Pellice a
circa 800 persone: un numero ’decisamente elevato, se si
considera che a livello nazionale per un referendum sono
richieste 500 mila firme. A
questo proposito, l’amministrazione si è impegnata a rivedere in una prossima occasione lo Statuto, fissando una
percentuale più accettabile
per il numero minimo di adesioni necessarie a proporre il
referendum.
Un punto discusso è stato
l’approvazione del nuovo regolamento che concerne il
mercatino biologico, che fino
ad oggi era previsto a Torre
Pellice e Angrogna una volta
al mese. Per venire incontro
alle esigenze dei coltivatori
diretti, in accordo con i Comuni di Bobbio Pellice e
Villar Pellice, si è deciso di
fare un mercatino settimanale che si terrà, a rotazione,
in ognuno dei quattro paesi.
Il fine di questo provvedimento è ovviamente quello
di valorizzare la vendita e la
diffusione dei prodotti della
valle, coltivati in modo naturale; saranno ammessi, purché ovviamente vi siano le
sufficienti garanzie igieniche, anche prodotti provenienti dal Terzo Mondo.
L’obiezione del capogruppo
della Lega Nord, Sergio Hertel, metteva in dubbio proprio la serietà dei controlli
igienici, e sottolineava la necessità di privilegiare, nell’ambito della Comunità europea, i prodotti della Cee.
La risposta dell’assessore
Bertalot, che aveva illustrato
l’iniziativa, ha evidenziato
l’accuratezza dei controlli,
per quanto lo permetta la legislazione in materia, per la
verità non troppo precisa già
a livello nazionale. Quanto ai
prodotti del Terzo Mondo,
come il caffè e il cacao, è
chiaro che non possono fare
concorrenza ai tipici prodotti
nostrani.
L’ammissione dei prodotti
delle varie aziende al mercatino sarà disciplinata dall’
esame di una commissione
tecnica composta da un rappresentante di ogni Comune,
da un rappresentante del servizio di igiene pubblica delrUssl 43, da un tecnico del
servizio agricoltura della Comunità montana vai Pellice,
da un esponente dell’associazione consumatori e da
uno dei produttori biologici
operanti nella valle.
Il Consiglio ha inoltre esaminato per l’ennesima volta
il piano di recupero edilizio
del comparto urbano denominato «San Marco» (gli
edifici situati di fronte alla
chiesa cattolica) che dovrà
essere completamente ristrutturato da privati, dato il suo
attuale stato di degrado, e destinato ad ospitare una quindicina di alloggi e alcuni negozi.
In ultimo, dietro proposta
della Lega Nord, è stato aggiunto all’ordine del giorno
un documento, poi «limato»
e integrato in sede di capigruppo, da inviare al presidente della Camera, in cui il
Consiglio comunale testimonia la sua solidarietà alla
magistratura italiana, in seguito al «verdetto assolutorio
siglato da una eterogenea e
squalificata maggioranza
parlamentare nei confronti di
Bettino Craxi».
Due giornate di studio della lingua si sono svolte a Bobbio il 1- e 2 maggio
Occitani: la ricerca dell'identità
passa anche per le forme dello scrivere
La scrittura della lingua
occitana e i suoi problemi grafici; un problema che
si pone tra i più urgenti per
coloro che si battono per la
conservazione e diffusione
di questa lingua minore.
In Francia, in un’area occitana abbastanza vasta che
conta 30 dipartimenti e circa
12 milioni di cittadini, il dibattito è attivo da tempo,
grazie alla presenza dell’Istituto di studi occitani, importante associazione culturale
di riferimento per gli studiosi.
Inoltre lo stato francese
garantisce la presenza dell’
occitano nei licei, dove viene insegnato come terza lingua, in alcuni casi addirittura
a Parigi, fuori dall’area occitana. Sono istituite molte
cattedre universitarie sulla
linguistica e la letteratura
occitana e addirittura sono
sorte, negli ultimi dieci anni,
«Le calandrettas», le allodole: scuole materne autogestite da genitori e insegnanti
che hanno nei loro programmi l’insegnamento dell’occitano, oltre a quello del francese.
Un’esperienza nata come
momento di rottura con la
scuola tradizionale, sull’
esempio delle «Castolas» basche, scuole di opposizione
al sistema educativo imposto
dal regime franchista. Un’
idea che ha avuto successo,
tanto che oggi molte Calandrettas sono sovvenzionate
dal ministero della Pubblica
Istruzione francese, pur
continuando ad essere scuole
non statali, in molti casi
preferite a quelle pubbliche
anche da famiglie monolingua e in grandi città come
Marsiglia o Bordeaux, dove
l’occitano registra una scarsa
presenza.
Da noi le cose vanno più a
rilento, sia perché l’area in
teressata è più ristretta rispetto a quella francese, sia
perché l’iniziativa è lasciata
in gran parte alla buona volontà di gruppi di ricercatori
e appassionati.
Quali sono quindi le prospettive al di qua delle Alpi?
Ne parliamo con Dino Matteodo, dell’associazione culturale «Ousitanio vivo», che
sabato 1 ° e domenica 2 maggio.ha proposto a Bobbio
Pellice un corso di lingua e
letteratura occitana.
- Qual è la dimensione del
fenomeno scrittura nell’accitania italiana? Oltre al vostro giornale, «Ousitanio vivo», esistono altre riviste
che pubblicano brani in lingua occitana, e qual è la
portata della produzione letteraria?
«Purtroppo c’è un’esigua
varietà di materiale: fra i
giornali sono degni di nota
“La Valaddo”, “Le Nouvel
Temp” e “Coumboscuro”,
oltre ad altre riviste a carattere più locale. Ci sono pubblicazioni di poesie eccitane;
noi come associazione culturale abbiamo pubblicato un
primo romanzo in lingua,
che è andato esaurito a testimonianza dell’interesse di
un pubblico, se pur limitato,
di lettori».
- In Francia ci sono Le
calandrettas : nelle valli
piemontesi dove si può imparare oggi a scrivere occitano?
«Istituzionalmente da nessuna parte. Nella scuola non
esiste nessun programma ufficiale che preveda lo studio
delle lingue minori, la cui
conoscenza è affidata all’
interessamento e alla disponibilità di qualche insegnante; tutti si trovano comunque
davanti al problema della
codificazione del sistema
grafico della parlata dei loro
allievi, con la conseguenza
di un fiorire di grafie individuali».
- Quale significato hanno
avuto queste due giornate di
studio?
«Proprio quello di evidenziare la necessità di scrivere
l’occitano parlato e il problema, per molti, è di non sapere
quale sistema di scrittura usare all’occorrenza. La questione della grafia è molto dibattuta nel mondo culturale
occitano, sia al di qua che al
di là delle Alpi. Infatti, nell’area occitana convivono
due sistemi grafici: il primo è
quello certamente più diffuso
nelle nostre valli, la cosiddetta grafia delT«Escolo dou
Po», modellata su quella mi
straliana, a sua volta impostata sulla scrittura francese, diffusa in Provenza; l’altro è la
grafia etimologica o alibertina, messa a punto da
Luisa Alibert a Tolosa nel
1935 e di gran lunga più utilizzata in tutta la tradizione
letteraria occitana transalpina. E anche la scrittura che si
insegna nelle Calandrettas e a
cui anche noi abbiamo deciso
di aderire mettendoci al passo
con la Francia, perché è importante che le valli condividano quest’esperienza di rinascita culturale con l’area
occitana francese, in modo da
poter utilizzare anche gli strumenti didattici che là sono
già in uso».
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venerdì 14 MAGGIO 1993
E Eco Delle Aàlli ¥ildesi «
PAG. Ili
['auspicio per un'ampia promozione dell'attività
Restauro del legno: un'arte
che richiede amore e studio
DANIELE PEYROT
HO letto con interesse di
un corso di restauro organizzato dalla Provincia e
curato dalla famiglia Paure
di Pinasca. Come restauratore, sono decisamente favorevole a chi incoraggia una
formazione professionale anche se molto parziale e hobbistica.
A questo proposito, mi sono ricordato di una serata
con amici in cui si prospettava la stessa idea a un livello
professionale per la nostra
vai Pellice sempre più ricca,
come tutto il Piemonte, di
disoccupati, licenziati, cassaintegrati e giovani in attesa
di una prima occupazione.
Le idee e i pareri fioccavano
uno dopo raltro e così provo
a rilanciarli sul nostro settimanale, nella speranza che
prima o poi ci sia qualcuno
che raccolga la proposta.
Un corso di restauro e antiquariato non può prescindere da tutto un corollario di
materie importantissime,
ognuna delle quali può costituire una professione: disegno tecnico, storia dell’arte,
storia deir arredamento e del
mobile, pittura, laccatura,
doratura, fusione e lavorazione dei metalli, falegnameria, intaglio, intarsio.
Un mondo in cui l’attività
e le capacità manuali sono
sempre più rare, sostituite
dall’imperante sopraffazione
delle macchine, ha bisogno
di chi voglia ancora o di
nuovo dedicarsi a «fare» con
amore, con cura e con rispetto.
Restaurare un mobile non
può limitarsi a ripararne i
danni. Vuol dire amarlo,
scomporlo e ricomporlo ammirando la perizia di chi l’ha
costruito e magari, perché
no, anche imitarlo perché la
capacità manuale non si perda assieme a tutte le altre
«eose dei vecchi» che ci stiamo lasciando alle spalle:
onestà, coscienza delle proprie capacità e serietà.
Restaurare un mobile significa anche imparare, o desiderare di farlo, a restaurare
tutti gli oggetti che al mobile
fanno da contorno e finitura;
di qui la necessità di un insegnamento molto più ampio e
■; .gì?: V. ^
Un mobile d’epoca che è stato oggetto di restauro
diversificato.
Le vecchie botteghe scompaiono ed è un peccato perché in esse trovavano impiego anche persone che oggi
non hanno un posto nella società. I nostri vecchi li chiamavano «simples», oggi sono, con un brutto termine,
degli handicappati; anche
per loro falegnameria, restauro, intaglio e intarsio
possono rappresentare un futuro.
Le botteghe e i laboratori
erano e dovrebbero tornare
ad essere un segno di continuità, di insegnamento e di
esperienza nel futuro di una
possibilità di operare fattivamente.
Ricordiamoci che oggi il
costo della mano d’opera dipendente costringe la maggior parte degli artigiani a
non aprire la loro bottega ad
apprendisti, e l’esperienza di
anni muore con loro.
Sempre più il restauro è in
mano a persone che poco o
nulla sanno realmente del
mobile d’epoca, antico o di
I stile. Con troppa facilità si
passa da una banale esperienza di falegnameria e da
una superficiale infarinatura
di stili alla qualifica di «ebanista-restauratore».
Quante volte neH’esaminare un mobile manufatto, anche solo del secolo scorso, lo
troviamo deturpato da chiodi, viti e rozze incollature.
Questo non è restauro. Per
restaurare bisogna saper costruire, con la perfezione di
quel periodo in cui l’unico
sistema di collegamento fra
le varie parti di un mobile
erano gli incastri.
Ecco dunque una serie di
spunti. Chissà, alla luce di
questi stessi pensieri, che
qualcosa non possa, con il
futuro, nascere anche qui da
noi in vai Pellice.
E un augurio, una speranza, dedicata non solo alla
mia personale passione, ma
anche a tutti coloro che da
eventuali realizzazioni in
questo campo potrebbero
trovare non solo sostentamento, ma anche un modo di
vita ricco di esperienze e
soddisfazioni.
HòTel
ENMON
“1 y—I-V
LIPÓT
È passato poco più di un secolo da quando Filippo Gay
aprì a Torre Pellice il suo piccolo ristorante che, con il tempo, si identificò
con il suo stesso soprannomeFlipot". Era il 1882.
Nel volgere di qualche anno, Flipot seppe meritarsi le attenzioni di quella
ricercata mondanità che affluiva a Torre Pellice dalla capitale del regno.
Ancora oggi, la tradizione del "Flipot" è rimasta inalterata.
A mantenerla viva è Walter Eynard, cuoco eccellente
e gran cultore della tradizione gastronomica valligiana
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chiuso il martedì
Pinerolo: un'iniziativa di «Salaam, ragazzi dell'olivo»
La religione potrà contribuire
alla pace in Medio Oriente?
_______ERICA CORRENTI______
La terra santa, la terra che
si estende dal Libano e
dalla Siria fino al Sinai, il
luogo di incontro delle tre religioni monoteiste, il luogo
che più di ogni altro dovrebbe essere esempio di pace
e di concordia è in realtà da
molti, troppi, decenni logorato da guerre e tensioni.
Musulmani, ebrei e cristiani, che per tanto tempo hanno
convissuto pacificamente nel
rispetto reciproco della fede e
delle tradizioni, si trovano
oggi contrapposti gli uni gli
altri per motivi che ben poco
hanno a che fare con la religione. Una lotta per il possesso del territorio, per la costruzione di stati nazionali,
per l’autodeterminazione e
l’indipendenza è stata troppo
spesso giustificata con motivazioni religiose o ha trovato
nella religione criteri per
scelte politiche o ancora ha
attinto alla devozione dei
propri adepti per fomentare
divisioni o creare artificiose
contrapposizioni.
Vi sono responsabilità del
la chiesa cristiana, fin dai
tempi dell’impero romano,
ma altrettante responsabilità
si possono ricercare fra gli
ebrei e i musulmani. Gli
ebrei emigrati in Medio
Oriente hanno fatto di Israele, con la complicità e il sostegno delle comunità ebraiche occidentali, uno stato
confessionale che, lungi dal
promuovere un percorso di
coabitazione, di integrazione
nel rispetto reciproco con la
popolazione indigena, ha posto l’appartenenza alla comunità ebraica come criterio
qualificante per il riconoscimento dei propri sudditi. La
rivendicazione di Gerusalemme come capitale del proprio
stato è uno degli atteggiamenti che indicano l’attuale
orientamento confessionale
dello stato di Israele.
Sul fronte islamico, infine,
i legittimi obiettivi di indipendenza e di autodeterminazione dei palestinesi, continuamente frustrati dagli interessi delle grandi potenze, gli
Stati Uniti in primo luogo,
hanno nei momenti di maggior esasperazione e scora
mento trovato nella religione
dogmatica un’indicazione
operativa; la guerra santa ha,
in alcuni casi, preso il sopravvento sulla protesta o la
ribellione pacifica. Gruppi
estremisti, fondamentalisti e
integralisti hanno con un certo successo stabilito che «il
nazionalismo fa parte della
dottrina religiosa», con le
evidenti conseguenze sui processi di pace appena avviati.
È dunque evidente che
nell’area si sovrappongono
interessi politici, economici e
religiosi talvolta anche strumentalizzati. Ma la religione
non dovrebbe essere un valido aiuto, un alleato nel difficile percorso di pace?
Su questi argomenti «Salaam, ragazzi dell’olivo» invita a discutere giovedì 20
maggio, alle 20,45, nell’auditorium di corso Piave a Pinerolo; interverranno Abdul
Rahim Mahmoud, presidente
del Consiglio per il congresso islamico generale di Gerico e Gerusalemme, Giorgio
Gardiol direttore di «Riforma» e un rappresentante della comunità ebraica.
Un percorso naturalistico nasce domenica in vai Pellice
Sui sentieri della «Ghiandaia»
Domenica 16 maggio nascerà ufficialmente in vai Pellice il percorso naturalistico
«La ghiandaia»; si trova sui
territori dei Comuni di Luserna San Giovanni e Torre Pellice e abbraccia grossomodo
la superficie compresa fra il
letto del Pellice e la sommità
del Colletto.
Si tratta di un’area individuata da tempo dai gruppi
ambientalisti, dalla Comunità
montana e dai due Comuni
come possibile sede di percorsi didattici per la conoscenza
della natura sia per giovani
che per famiglie. Si offrono
passeggiate di breve e media
distanza, particolarmente indicate per le scolaresche.
Sui sentieri in generale sta
puntando anche la Comunità
montana che intende proporre
o sponsorizzare numerose opportunità di recupero; finora
si è trattato di gruppi di appassionati della montagna che
con un po’ di buona volontà
sono intervenuti a ripulire
vecchie mulattiere o piste talvolta intransitabili. Nel caso
della Ghiandaia il progetto ha
radici già abbastanza lontane,
quando qualche anno fa, con i
proventi dei tesserini per la
raccolta funghi, furono possibili i primi interventi.
Ora verranno posti due tabelloni con le caratteristiche
dell’area, una segnaletica lungo i sentieri, dei pannelli con
l’illustrazione della flora
spontanea presente.
Più avanti verranno collocate anche delle panche, dei nidi
artificiali e dei capanni di osservazione.
Sono stati individuati tre
sentieri in grado di proporre
un percorso ad anello fra Torre e Lusema; da un lato l’inizio dei percorsi si avrà all’Albertenga, dall’altro alla frazione San Marco.
I due Comuni hanno deciso
di deliberare la chiusura della
caccia nella zona visto il presumibile afflusso di turisti, in
particolare ragazzi.
«È questo soltanto un primo
passo - dice l’assessore
all’Ambiente di Torre Pellice,
Granerò -; infatti intendiamo
comprendere nel progetto anche l’area verde delTAlhertenga dove, a fianco del percorso ginnico creato a suo
tempo e in parte abbandonato,
vorremmo far nascere un’area
per il turismo attrezzato che
manca nel nostro Comune.
Saluto comunque con piacere
questa iniziativa che si colloca proprio nella linea da noi
sempre sostenuta di un turismo legato alla valorizzazione
dell’ambiente».
Per chi volesse collaborare
con la posa dei segnali e la
pulizia dei sentieri, l’appuntamento è all’Albertenga di
Torre Pellice, per le 7,30 di
domenica prossima.
Nelle
SE
TORRE PELLICE — Domenica 16 maggio, durante il culto,
si tiene Tassemblea di chiesa: il Concistoro presenta la sua
relazione annua e dà comunicazioni riguardanti Tassemblea
elettiva del 14 febbraio scorso; è prevista l’elezione di alcuni anziani. Sempre domenica 16, alle 15,30, in occasione
degli incontri di preghiera organizzati dalle chiese
evangeliche di Torre Pellice, l’incontro è previsto con la
chiesa avventista, in via Giolitti 6.
VILLAR PEROSA — Sabato 15 maggio, alle 20,45 nel tempio, il coretto di Torre Pellice propone uno spettacolo dal titolo Tenemos esperanza.
BOBBIO PELLICE — Domenica 16 maggio si svolge l’annuale festa di canto delle scuole domenicali del 1° circuito. La giornata inizia alle 10,30 con il culto animato dalle
recite e dai canti dei bambini e prosegue con un pranzo al
sacco e giochi nel pomeriggio.
PRALI — Domenica 16 maggio alle 10,30, nel tempio, si tiene il culto di fine attività; alle 14 si apre il bazar.
VILLAR PELLICE — Domenica 16 maggio dalle 14,45 e lunedì 17 dalle 8,30 si svolge il bazar allestito dall’Unione
femminile.
ANGROGNA — La prima, terza ed eventuale quinta domenica del mese i culti si tengono alle 10,30 nel tempio del capoluogo; seconda domenica del mese alle ore 10,30 nel
tempio del Serre; quarta domenica, ore 10,30, a Pradeltorno.
• Domenica 16 maggio, alle ore 10,30 al capoluogo, il culto
in francese sarà presieduto dal past. Giorgio Toum.
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PAG. IV
A Luserna nella seconda metà di maggio
La seconda edizione
della Festa dello sport
¡E Eco Delle '^àlli \àldesi
VENERDÌ 14 MAGGIO 1993
Il trofeo «Banca Crt 1993» sarà assegnato alla rappresentativa comunale più numerosa
Toma anche quest’anno la
Festa dello sport a Luserna.
L’iniziativa, giunta quest’anno alla dodicesima edizione,
sarà legata al tema «Sviluppiamo lo sport per stringere
l’amicizia tra le genti» e vedrà coinvolti nell’organizzazione, oltre alla società 3S,
gli enti locali (Comuni di
Torre Pellice e Luserna e Comunità montana vai Pellice),
varie associazioni della vai
Pellice e Radio Beckwith.
La Banca Crt sarà lo sponsor ufficiale della manifestazione che vedrà unite iniziative di carattere sportivo e
culturale. Mercoledì 19 mag
gio la prof. Giorgina Levi incontrerà gli allievi dell’istituto «L. Alberti» di Torre Pellice; sabato 29, a partire dalle
20,30, si svolgerà una fiaccolata con partenza da Torre
Pellice, Lusemetta e frazione
S. Giovanni di Luserna alla
volta del campo sportivo con
accensione del tripode e concerto rock organizzato con
Radio Beckwith. Il giorno
successivo avranno luogo le
gare sportive di atletica leggera, pallamano, pallavolo,
ginnastica artistica, calcio,
tennis a cui parteciperanno gli
allievi delle scuole elementari
e medie della valle.
Pinerolo calcio
Il Chatillon
per l'ultima
domenica
di campionato
A salvezza conquistata il
Pinerolo scende a Torino per
affrontare il Nizza Millefonti; si affrontano le uniche
due squadre della provincia
di Torino militanti in questo
torneo.
Dietro Juve e Torino non
ve ne sono altre prima di
queste due formazioni in un
panorama di calcio dilettantistico che lascia poco spazio.
C’è dunque aria di derby
ma anche di festa; per le due
formazioni, a un turno dalla
fine del campionato, è un arrivederci.
Praticamente il pubblieo
assiste c ome a una ripetizione della giornata divertente
di giovedì scorso; in quell’
occasione a Pinerolo era arrivato il Torino di Goveani
uscito, come era logico, vincitore ma al termine di un
confronto a tratti anche bello.
Prevale il Nizza, per 1-0;
la rete arriva presto, all’11’
quando il portiere biancoblù
Mulato sbaglia un’uscita e
consegna la palla a Dalmazzo pronto a mettere in fondo
alla porta di testa.
Per il resto attacchi su entrambi i fronti, con occasioni
sprecate e risultato tutto
sommato giusto.
L’ultimo turno, domenica
prossima, ore 16, vedrà i pinerolesi in casa affrontare il
Chatillon.
Tennis tavolo
Campionati
pinerolesi
TORRE PELLICE — Si
svolgeranno sabato 22 maggio e domenica 23, alla palestra comunale di via Filatoio,
i campionati pinerolesi di tennis tavolo. Alle gare, che inizieranno alle 14,30, potranno
partecipare pongisti provenienti dal comprensorio. La
tassa di iscrizione è fissata in
5.000 lire per i settori giovanili (under 14 e under 18),
7.000 lire per i singoli e
10.000 per i doppi.
Le iscrizioni dovranno pervenire entro il 21 maggio (tei.
0121-930739-902347).
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A? ‘ < .1 ‘ " »i-*,. 1 .'•t ■< V<■
I. ^
Rinasca
Calicanto
in concerto
Sabato 15 maggio, alle
21,15 toma il Cantavalli; alla
pista coperta si esibisce il
gruppo Calicanto che da oltre
10 anni propone un nuovo
spettacolo musicale «Carta del
navegar pitoresco», concentrato di suggestioni e di immagini poetiche sullo sfondo di
un paesaggio lagunare. I musicisti usano uno stramentario
originale dove sonorità antiche si sposano a timbriche più
moderne: piva, concertina e
organetti, mandoloncello, contrabbasso, clarinetto, sax soprano, flauti e percussioni varie concorrono alle creazione
di serate che ben sanno catturare l’attenzione del pubblico.
..¡-.v-' i»'. ' ' ‘ ' "t . < t ’I „'■’■■'ov.,.,
ÌX., f*v}; ■ .1 •; ft
L’ fw;
ella incantevole cornice del complesso monumentale della Palazzina di
Caccia di Stupinigi, nato dalla volontà
del primo Re di Casa Savoia, Vittorio
Amedeo II, e dal genio dell'architetto Filippo Juvarra, è aperta la GALLERIA D'ARTE E
D'ANTIQUARIATO JUVARRA. Sita a lato
della Chiesa della Visitazione della Beata Vergine
Maria, a pochi passi dal Museo dell'arredamento e
dalla sede di prestigiose Mostre e manifestazioni
internazionali, inserita in un suggestivo riutilizzo
di antiche stanze, la bottega propone mobili,
dipinti ed oggetti d'antiquariato scelti,
controllati e catalogati con
estremo rigore.
Dal Martedì al Sabato,
930-1230 ! 1530-1930
Domenica, 1530-1930
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di Flavio e Mario Riva
Piazza Principe Amedeo n.l, - STUPINIGI/ TO
Tel. e Fax 011/ 3580990 - Tel. e Fax 0121/ 352310
Il caratteristico cervo che si erge dalla cupola
della Palazzina di Caccia ai Stupini^.
I
Giovedì 13 maggio — TORRE PELLICE: Al cinema teatro
Trento, alle ore 21,10, la compagnia «I provattori» presenterà lo
spettacolo Niente a memoria di
Nella Pratesi. Sul palcoscenico
un microcosmo femminile: una
madre illividita dal matrimonio,
una bambina schiacciata nel gioco delle triangolazioni, una nonna vigorosa che funziona da salvagente. Una donna rievoca un
mondo, quello dell’infanzia, che
ormai non c’è più.
Sabato 22 maggio — BAGNOLO PIEMONTE: Alle 21,
nel teatro Silvio Pellico, l’associazione Passi sparsi e il comitato Al ard (La terra) organizzano
una serata con lo spettacolo teatrale sulla Palestina dal titolo
Appunti di viaggio.
Sabato 22 maggio — TORRE PELLICE: Alle 21, nel salone Opera gioventù, la compagnia vecchio teatro di Torre Pellice presenterà la farsa Vado per
vedove.
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Cinema
TORRE PELLICE — Il cinema Trento ha in programma,
venerdì 14, ore 21,15 e sabato
15, ore 20 e 22,10, Orlando di
Sally Potter, con Tilda Swinton.
Domenica 16, ore 16, 18, 20 e
22,10 e lunedì, ore 21,15, Distinto gentiluomo.
PINEROLO — Il cinema Italia prosegue la proiezione di
Proposta indecente; feriali ore
20 e 22,20; sabato 20 e 22,30,
domenica 15, 17,30, 20 e 22,20. '
BARGE — Il cinema Comunale presenta, giovedì 13, Gli
spietati; venerdì, Un cuore in
inverno; sabato. Fuoco cammina con me; da domenica a giovedì 20 Amore per sempre. Feriali ore 21,15, domenica ore
15,15, 17,15, 19,15, 21,15 (chiuso il mercoledì).
Venerdì 14 maggio — TORRE PELLICE: Il Centro culturale valdese propone alle 20,45,
presso la biblioteca della Casa
valdese, una proiezione di
diapositive con Miriam Pisani,
Elio Meggiolaro, Monica Natali
e Marco De Bettini, sulle attività
del Servizio cristiano di Riesi.
Venerdì 14 maggio — TORRE PELLICE: prosegue la serie
di incontri sull’urgenza e
sull’emergenza sanitaria organizzati dairUssl 43; alle 20,45,
presso la sede della Comunità
montana il dottor Silvio Boer,
specialista in ortopedia, parla di
fratture e traumi.
Venerdì 14 maggio — SAN
GERMANO: L’associazione
Amici dell’Asilo dei vecchi e il
gruppo alpini di S. Germano organizzano una serata con inizio
alle 20,30 con diapositive di Carlo Bounous: «Tre giorni nel
gruppo Adamello e Cortina
d’Ampezzo, sui sentieri della
grande guerra». Claudio Richiardone presenterà invece:
«Cina: impressioni di un viaggio». Offerte a favore dell’Asilo
valdese.
Sabato 15 maggio — PEROSA ARGENTINA: il comitato
Amici della miniera organizza
una visita turistica alla miniera
di sale di Bex in Svizzera; partenza ore 6.
Sabato 15 maggio — TORRE PELLICE: presso la Casa
unionista, alle 20,45, il gruppo
Italia 90 di Amnesty International promuove un incontro con
Umberto Montalenti, del Coordinamento America Latina, sul tema Guatemala: i bambini di
strada.
Martedì 18 maggio — TORRE PELLICE: alle 21, presso la
biblioteca della Casa valdese in
via Beckwith 1, si terrà una serata sul Mozambico a cui partecipa Carlo Frizzi che vi ha lavorato come medico.
Martedì 18 maggio — PEROSA ARGENTINA: dalle 18
alle 20 si terrà rincontro conclusivo del ciclo «Per parlare dei
nostri bambini...» con una lezione tenuta dalla dott. Mirella Turello sul tema Scuola e difficoltà
di apprendimento. L’ascolto
del disagio del bambino che fatica a scuoia.
Sabato 22 maggio — BAGNOLO PIEMONTE: Alle
21, presso il teatro Silvio Pellico
in corso Marconi, l’associazione
Passi sparsi e il comitato Al Ard
(La terra) organizzano una serata sulla Palestina con lo spettacolo teatrale «Appunti di viaggio».
Fino al 22 maggio — TORRE PELLICE: inaugurata l’8
maggio, è allestita nella sala Paschetto del Centro culturale valdese in via Beckwith 3, la mostra di sculture di Olga Maggiora. La mostra è aperta tutti i
giorni dalle 15 alle 18.
L’Eco Delle Valli Valdesi
Via Pio V, 15-10125 Torino
Tel. 011/655278
Reg. Tribunale di Pinerolon. 175/60
Resp, Franco Giampiocoli
Stampa: La Ghisleriana Mondovì
Spedizione in abb, post.; Gr 2A/70
11
venerdì 14 MAGGIO 1993
.313 . -
PAG. 7 RIFORMA
•smr.
1 . .J\.
si
La discussione sul nuovo modello di difesa in Italia
L^esercito italiano guardiano di
pace a livello internazionale?
In un momento di grandi
cambiamenti nella vita del
nostro paese, dal punto di vista economico (crisi dell’industria, licenziamenti, ecc.),
politico (corruzione, perdita
di credibilità delle istituzioni
sottomesse agli interessi economici, il passaggio al nuovo
sistema elettorale) e culturale
(razzismi, discriminazioni
vecchie e nuove nei confronti
dei settori più deboli), si assiste anche a una trasformazione del ruolo politico e militare dell’Italia sulla scena internazionale. Il decreto legge
«Nuove norme sul servizio
militare, sul servizio sostitutivo civile e sul servizio militare volontario, nonché istituzione del servizio volontario
femminile nelle forze armate» presentato alla Camera
dei deputati il 21 dicembre
’92 non ha come obiettivo solamente una ristrutturazione,
sia pure radicale, delle strutture militari italiane, ma rappresenta anche il tentativo di
far recuperare al nostro paese,
e al nostro esercito, un ruolo
di protagonista attivo all’intemo del sistema di alleanze
militari tra le nazioni occidentali (Ueo e Nato).
Dopo la guerra del Golfo
l’accettazione della guerra
come prassi normale per dirimere i conflitti intemazionali
implica necessariamente la ristrutturazione e l’adeguamento delle forze armate: l’esercito moderno, basandosi su
un’elevata componente professionale e sull’esasperata
tecnologia dei propri mezzi,
deve potersi attivare con efficacia e tempestività, ovunque
e riducendo al minimo il rischio di perdite proprie, garantendo requisiti di elevata
manovrabilità e versatilità.
Il nuovo modello di difesa
(Nmd) ci pone di fronte a
nuovi problemi. In particolare
viene stravolto il concetto di
difesa: si passa dall’idea di
difesa come protezione dei
confini territoriali a quella di
salvaguardia dei propri interessi economici in ogni parte
del mondo, in netta contrapposizione al dettato costituzionale (art. 11: «L’Italia ripudia la guerra come (...)
mezzo di risoluzione delle
controversie intemazionali»).
Questo aspetto ci pare particolarmente pericoloso se si
considera il fatto che la «difesa degli interessi» può giustificare qualsiasi tipo di azione
armata, dalle missioni di cosiddetta ingerenza umanitaria
ad eventuali scenari di guerra
vera e propria (come quella
del Golfo). In questo senso,
già oggi l’ex ministro Andò
ha promosso interventi militari internazionali celando,
dietro un’onesta facciata di
cooperazione e aiuto, quelle
che sono invece vere e proprie operazioni di controllo
militare e di sperimentazione
delle possibilità di utilizzo
dei reparti operativi delle forze armate fuori dai confini
nazionali. In Albania, ad
esempio, più che la distribuzione di cibo alla popolazione
civile il vero obiettivo è il
presidio dei porti e il pattugliamento delle acque territoriali per impedire nuove ondate migratorie clandestine
verso l’Italia.
Il ddl prevede che il numero dei volontari passi a
77.250 e che, contestualmente, si riduca il numero dei militari di leva. I giovani in esubero rispetto alle esigenze
delle forze armate dovrebbero
Il nuovo modello di difesa è stato sperimentato per la prima volta
nell’intervento militare nella guerra del Golfo
essere utilizzati, per un periodo di ferma di durata equivalente al servizio militare, nel
costituendo servizio civile nazionale.
Un altro motivo di preoccupazione è, quindi, la dequalificazione totale dell’obiezione di coscienza e del servizio
civile: il ddl dice testualmente che saranno tenuti a prestare servizio civile «tutti i cittadini arruolati di leva che eccedano le esigenze quantitative e qualitative delle forze armate». Il servizio civile è visto, quindi, come un’appendice dell’esercito, tanto è vero
che, in caso di guerra o di
mobilitazione generale, tutti
coloro che hanno prestato
servizio civile e non sono
obiettori di coscienza potranno essere utilizzati secondo le
esigenze del ministero della
Difesa. Non c’è nessun accenno alla difesa popolare
nonviolenta o alla possibilità
di sperimentare forme di difesa alternative a quella armata,
mentre l’obiezione di coscienza, come scelta che ritrova le sue motivazioni
nell’antimilitarismo, viene to
25 aprile a Napoli
talmente affossata, essendo
portato il termine ultimo per
la presentazione di apposita
domanda a prima della visita
di leva.
Ci sembrano allarmanti gli
incentivi previsti per rendere
appetibile la scelta del servizio militare volontario: l’accesso a determinati ruoli (corpi di polizia, vigili del fuoco,
carabinieri, guardia di finanza, Croce Rossa, polizia municipale, nonché altre amministrazioni dello stato) è riservato (in alcuni casi in modo
parziale, in altri in modo totale) a chi ha prestato almeno 3
anni di servizio volontario
nell’esercito: oltre all’incostituzionalità di questo provvedimento, che crea settori privilegiati nell’accesso agli impieghi pubblici contravvenendo all’art. 51, ci preoccupa
l’inevitabile espansione, in
tutti i settori civili, di una cultura militarista e guerrafondaia.
1 - Segue
(A cura della Commissione
«Pace, giustizia, integrità della
creazione» delle Chiese battiste
e valdesi di Torino
Donne e resistenza
SILVIA DE CBISTOFANO
Per ricordare e agire..: in
occasione del 48° anniversario del 25 aprile, le compagne dell’Associazione «Onda rosa» e le sorelle dell’Ucdg
(Ywca) di Napoli hanno organizzato uno stimolante incontro a più voci nei locali della
chiesa valdese di via dei Cimbri 8 su «Donne e Resistenza
fra attualità e testimonianza».
Tale tematica, di notevole
peso nell’attuale fase di travaglio istituzionale della Repubblica, è stata affrontata da
tre relatrici d’eccezione: Vera
Lombardi, fondatrice e presidente dell’Istituto campano
per la storia della resistenza,
Anna Nitti, energica antifascista evangelica metodista,
sorella dell’allora confinato
politico Fausto Nitti, e Frida
Malan, esponente di spicco
dell’intellighenzia torinese in
campo politico e sociale,
membro delle prime giunte
comunali del capoluogo piemontese liberato dai nazifascisti.
Il dibattito è stato introdotto da Maria De Nigris, presidente dell’associazione Onda
rosa, che ha voluto brevemente percorrere con grande
competenza le tappe del cam
mino dell’emancipazione
femminile.
Le oratrici, partendo dalla
propria esperienza personale,
hanno posto l’accento sulla
graduale presa di coscienza
delle masse femminili durante il regime fascista e hanno
notato che il suo abbattimento avvenne attraverso una vera e propria rivoluzione democratica.
In definitiva le donne svolsero un grande ruolo per la
costruzione di un’Italia libera
e democratica, sgombra da
quei disvalori biechi e autoritari del «ventennio nero» che
avevano cancellato le libertà
fondamentali dell’individuo,
riducendolo in un totale asservimento dalla culla alla
tomba.
Quali, quindi, gli insegnamenti da trarre in vista di un
futuro incerto ma che deve
vederci ancora e comunque
partecipi? Mentre all’ombra
di «Tangentopoli» si muovono corrotti e corruttori, colpevoli di aver tradito gli
ideali del «secondo Risorgimento», oggi come ieri, è
stato detto, occorre che le
donne ristabiliscano le corrette regole del gioco con
l’azione e la perseveranza attiva nelle istituzioni.
L'autorganizzazione dal basso, la nonviolenza, l'associazionismo
Una nuova Catania da scoprire
_______ANTONIO PIOLETTI_______
U n’apparente pflA' regnante
sulla città induceva sospettabili politici e opinionisti
a ritenere, fino a qualche anno
addietro, Catania non pervasa
dalla presenza della mafia,
tutt’al più preda di scorribande
di cosche criminali che non
intaccavano tuttavia una struttura imprenditoriale, politica,
giudiziaria e istituzionale presentata come «sana». Da qui
un’anomalia rispetto a Palermo, un’anomalia che tendeva
ad accreditare una Sicilia
orientale se non immune dal
dominio mafioso, certamente
solo percorsa da talune sue
metastasi.
Ma un’altra anomalia, questa non indotta dalla falsa coscienza dei circoli del potere e
della consociazione, appare
ben più reale rispetto a Palermo: mentre a Palermo si arresta la mafia che spara, mentre
la mafia ehe aveva dominato
lo scenario della prima Repubblica subisce assestamenti interni e si riplasma nella nuova
fase, Catania è stata e in gran
parte resta «coperta».
Ieri veniva coperta negando
la presenza della mafia e le
collusioni con essa dei grandi
imprenditori, del ceto politico
in particolare ma non solo,
quello democristiano e socialista, dei comitati trasversali che
via via si costituivano. Neanche l’assassinio di Pippo Fava
(5 gennaio 1984) induceva a
cambiare registro; si indagò in
tutte le direzioni, tranne che in
quella suggerita dai contenuti
stessi dell’attività civile e di
denuncia condotta dal direttore de «I siciliani», fino
all’archiviazione del «giallo».
Si organizzarono convegni dal
titolo «Non solo mafia», auspici intellettuali e politici socialisti, per allontanare i sospetti, il sospetto che anche a
Catania la mafia dominasse da
anni. Mentre ne avevamo negato l’esistenza, essa si era
impadronita dei gangli vitali
dell’economia, della politica,
delle istituzioni, del territorio.
Mentre si ostinavano a ridurre
la portata della sua presenza,
essa continuava ad accrescere
il suo dominio, e insieme ad
essa accrescevano il loro dominio i «cavalieri del lavoro»
(Rendo, Costanzo, Graci, Finocchiaro), con tutto il loro indotto di colletti bianchi, e l’asse politico Drago-NicolesiAndò. Ebbe a prosperare il
consociativismo di false opposizioni e di cooperative fasulle. Dall’ormai lontano sventramento del vecchio S. Berillo,
quartiere sito nel centro storico, all’insediamento del centro
fieristico di viale Africa, attraverso mutamenti di giunte ma
con una grande continuità per
quanto attiene al governo reale, enormi flussi di denaro
pubblico sono stati riversati
nei patrimoni privati degli imprenditori, dei mafiosi e dei
politiei interni a siffatto blocco di potére. Il meccanismo di
solito è stato quello dell’acquisizione di terreni da parte
di imprenditori che, quindi, ottenevano gli appalti per costmire su di essi grandi opere
pubbliche. Tangenti e spartizioni a raggiera hanno invaso
giunte e apparati burocratici,
settori delle forze d’ordine e
della magistratura. Un compatto sistema di reciproche
coperture e di possibilità di
possibili ricatti ha coperto e
continua in gran parte a coprire collusioni e saccheggi.
Così è stato possibile lasciare cadere nel vuoto le dichiarazioni del pentito Calderone. La città ha inanellato i
tristi e gravi primati della criminalità giovanile, della invivibilità, dell’abbandono scolastico. Interi quartieri condannati al degrado; una città incaprettata. Ma le stesse forze che
accorrono al capezzale della
criminalità giovanile continuano a seguire la via del saccheggio.
Oggi Catania resta in gran
parte ancora «coperta», ma vi
sto che non si può negare la
presenza della mafia, essa viene presentata come fenomeno
planetario per non individuarne il tessuto hic et mnc (cosa
diversa è l’analisi dei processi
di internazionalizzazione) e,
assolti i grandi imprenditori in
quanto vittime, in nome
dell’occupazione e dello sviluppo economico, un ceto politico riverniciato a nuovo,
sulla base di una visione e di
una pratica bonapartista delle
rappresentanze, si prepara a
stringere un nuovo saccheggio
della città: centri direzionali
lasciati alla già avvenuta speculazione dei grandi imprenditori, ospedali in area ad alto rischio sismico e ad elevato inquinamento acustico, nuovi
appalti per consorzi agro-alimentari, sui quali chiara si era
levata la voce del funzionario
della regione siciliana Giovanni Bonsignore, assassinato a
Palermo il 9 maggio ’90.
Tra chi vuole «scoprire»
Catania è questa la coscienza
che a fatica, ma in modo visibile, si va facendo strada: denudare Tantimafia da parata e
l’antimafia spettacolo, intraprendere un paziente lavoro di
socializzazione del territorio, e
di diffusione della cultura della nonviolenza, contribuire a
far crescere l’autorganizzazione dal basso per affermare la
cultura del controllo e del
cambiamento radicale.
'Vi sono alcuni luoghi rivolti
a questo percorso: gruppi di
volontariato nei quartieri di S.
Cristoforo, di Librino, di Lineri; centri sociali occupati e autogestiti; la «convenzione delle associazioni e dei movimenti contro la mafia»; la Casa delle asssociazioni di via
Cantarella; la Chiesa evangelica valdese. Ma è un percorso
ancora agli inizi, al quale un
contributo tentano di dare una
rivista come «Città d’utopia»
e il Seminario permanente
«Mafia, economia, politica,
culture», il percorso nel quale
crediamo.
La scomparsa del vescovo cattolico di Molfetta
Tonino Bello^ poeta della fede
_________ANNA MAFFEI__________
Un credente innamorato
della pace, un indiscusso
punto di riferimento per il movimento nonviolento italiano,
un vescovo cattolico sui generis, un compagno sulla strada
dell’impegno sociale e della
solidarietà, un poeta della fede... potremmo facilmente trovare anche altre frasi per ricordare in pochi tratti, dopo la
sua morte avvenuta il 20 aprile, chi era Tonino Bello, non
solo per la chiesa a cui apparteneva, ma per tutti quelli che
sui propri percorsi di testimonianza io hanno incontrato.
Don Tonino, così lo chiamavano tutti, era in effetti un
uomo di chiesa, un pastore riconosciuto, non tanto per la
carica ecclesiastica che ricopriva (era vescovo a Molfetta), ma per il suo particolare
carisma di predicare in parole
semplici a persone anche di
diversissime provenienze il
Vangelo di Gesù Cristo e a
partire dalTEvangelo prendere
chiaramente posizione a fianco degli ultimi e in favore della giustizia e della pace in situazioni e circostanze anche
molto concrete.
Disse una volta in una nostra chiesa battista; «Dio non
si trova infondo ai nostri ragionamenti, non arriviamo a
lui arrampicandoci sulle scale
delle nostre riflessioni e dei
nostri sillogismi. Dio lo troviamo in fondo al nostro impegno». Personaggio per questo a volte scomodo e, come
spesso accade nella Chiesa
cattolica, da tanti fortemente
amato, da altri osteggiato o
tollerato a fatica.
Noi evangelici di Puglia in
questi anni abbiamo condiviso
con lui e con «Pax Christi», il
movimento di cui era presidente, molte battaglie, in particolare quelle contro il processo di crescente militarizzazione del territorio e quelle
per una solidarietà concreta
verso gli immigrati. Spesso i
nostri appelli erano anche firmati congiuntamente, e a volte
le questioni erano scottanti e
di rilevanza politica nazionale,
come nell’88 la ventilata (e da
noi osteggiata) possibilità di
schierare i cacciabombardieri
F-16 a Gioia del Colle.
A me però piace richiamare
non solo le sue pubbliche prese di posizione che lo hanno
reso testimone appassionato
del desiderio di pace di quella
che definiva «l’Ònu dei poveri». E di qualche mese fa la
sua partecipazione sofferta
(era infatti già seriamente ammalato) alla marcia dei 500 a
Sarajevo, ed era solo degli ultimi giorni il suo pressante appello ai combattenti a fermare
la strage.
Vorrei piuttosto ripensarlo
nella veste meno conosciuta
del «teologo epistolare» che
negli ultimi anni ho imparato
ad apprezzare attraverso le pagine della rivista di Pax Christi, Mosaico. Non mi riferisco
solo alla famosa Lettera a un
marocchino, ma alla sua capacità di poeta di dialogare, oltre
che con personaggi della strada, anche con i personaggi biblici e in questa forma disinvolta, a volte ironica, un po’
irriverente ma sempre garbata,
scavare nel testo biblico, rendendolo fresco e attuale, sempre rilevante per l’oggi.
E così parlava a tu per tu
con Abramo, Giacobbe o Giosuè, parlava con Ruth o con
Rizpa ed entrava così egli
stesso nella storia biblica o
meglio ancora faceva entrare
senza forzature la storia biblica nella nostra storia. Un predicatore, dunque, sì, un esegeta e un narratore della Bibbia;
come protestanti e amici che
lo hanno conosciuto e apprezzato è anche così che lo vogliamo ricordare.
12
PAG. 8 RIFORMA
L'iniziativa
Il teologo,
il pedagogo
Il Centro culturale valdese,
in occasione del IV centenario della nascita di Jan
Amos Comenio (15921670), ha inteso offrire un’
occasione di incontro e di
studio su questo personaggio
noto ma poco conosciuto.
Alle giornate di studio del
16-18 aprile erano presenti
poco più di una cinquantina
fra studiosi, ricercatori e insegnanti interessati a riscoprire Comenio.
Fra gli oratori intervenuti
citiamo Emidio Campi (Zurigo), Dagmar Capkova
(Praga), Remo Fomaca (Torino), Marco Gemelli (Milano), Monica Ferrari (Cremona), Fiorella De Michelis
(Pavia), Marta Fattori (Roma), Giuliana Limiti (Roma), Roberto Eynard, Franco
Calvetti, Marilena Tafuro
(Torino^ Elvio Mattalia
(Cuneo), Mario Clementoni
(Recanati), Egle Becchi (Pavia).
L’interesse del seminario
può essere sintetizzato così:
1) aver realizzato un momento di studio interdisciplinare con linguisti, pedagogisti, storici, teologi ed educatori: questo, con ogni probabilità, è stato quasi imposto
da Comenio stesso, personalità complessa e pluridisciplinare, anticipatore e ideatore della scuola pubblica e
per il popolo.
2) aver ridato a un personaggio appartenente alla storia della pedagogia tutta la
profondità del contesto
culturale in cui si muoveva,
in particolare quello dell’
Unitas Fratrum, il ramo più
religioso e spirituale della
riforma ceca del XVII secolo.
3) aver portato l’attenzione
sul rapporto, tutto da riscoprire e ristudiare, fra cultura pedagogica e cultura
protestante, specie nel loro
nesso inscindibile, che passa
attraverso la progettualità
dell’agire umano motivato
dalla vocazione cristiana.
4) aver aperto per il Centro
culturale valdese un filone di
riflessione non dimenticato
ma certo non egemone nel
quadro della discussione su
che cosa sia oggi e rappresenti il movimento protestante italiano: e cioè la matrice protestante di molte figure del passato, anticipatrici di quel mondo moderno in
cui e da cui siamo nati.
5) aver proposto il legame
con l’Europa protestante non
solo da un punto di vista politico-ideologico, ma culturale e pedagogico o, meglio,
educativo così come il titolo
delle giornate di studio prevedeva: Comenio: i bambini
e l’Europa. Ma la ricerca di
quali bambini (e futuri cittadini) per quale Europa è appena iniziata.
6) aver verificato ancora
una volta, soprattutto da parte di ospiti per la prima volta
in contatto con la realtà valdese e protestante, il grande
interesse suscitato dalla vicenda valdese (illustrata con
apposita visita al Museo)
non solo del passato, ma del
presente, con il suo stile di
accoglienza, il modo di ragionare e la progettualità sociale. In un contesto di disaffezione alle istituzioni e anche di disincanto dei movimenti di base la realtà valdese, specie quella radicata in
un territorio fisico come le
Valli, interroga a fondo e
forse comunica anche un
piccolo segno di speranza
nella possibilità di costraire
qualcosa insieme, se ci crediamo davvero.
Torre Pellice, 16-18 aprile: importante convegno internazionale i Analizzata la figura dell'umanista
Comenio: lo studio e la ricerca
per creare una coscienza di fede
GIORGIO TOURN
L9 insistenza con cui si
parla di Comenio pedagogo, delle sue innovazioni
in campo didattico, della
rivoluzione mentale che avrebbe introdotto nella cultura europea del suo tempo,
conduce spesso a dimenticare
che egli fu uomo di chiesa e
teologo. Uomo di chiesa impegnato come responsabile
della diaspora dell’Unità dei
Fratelli boemi, teologo in
quanto finalizzò la sua attività in tutti i campi del sapere
alla creazione di una coscienza di fede matura nei suoi
fratelli. Che tipo di teologia
fu la sua, che peso ha nella
storia della cristianità evangelica europea: queste le domande che hanno dominato
la seconda giornata del Convegno.
Del Comenio teologo ha
dissertato in modo estremamente documentato e puntuale il prof. Emidio Campi. La
sua conoscenza della teologia
del XVII secolo, e Comenio
gli offriva l’opportunità di un
ulteriore approfondimento in
questo campo, gli ha permesso di delineare un ritratto,
provvisorio ma già sufficientemente chiaro del personaggio. Due sono i caratteri abitualmente riferiti a Comenio
dagli storici della teologia,
entrambi negativi: la mancanza di una visione organica, di
un pensiero ben definito, insomma di una «teologia» vera e propria, e in secondo luogo le idee spesso molto confuse, a dir poco strane, ài
speranze millenaristiche che
sviluppa nelle sue ultime
opere.
Campi ha dimostrato l’infondatezza di entrambi questi
pregiudizi. Comenio non si
L'uomo, la «dignitas
e l'immagine di Dio
»
«L’uomo» e «L’humanitas» tavole deir«Orbis sensualium pictus»
può certo classificare fra i
teologi sistematici, non ha
scritto nessun trattato teologico vero e proprio, nemmeno un catechismo. In realtà
Comenio non scrive di teologia perché tutto quello che
scrive e pensa è teologico, è
scritto e pensato nel quadro
di una fede riferita al Cristo e
a un aspetto particolare della
sua opera: la signoria sul
mondo.
La preoccupazione pedagogica, come l’instancabile stesura di progetti enciclopedici
che ne fanno un personaggio
incredibile; progetti tutti
abortiti per la vicende della
vita, le biblioteche bruciate,
le peregrinazioni attraverso
l’Europa, i saccheggi, non si
spiegano se non con questo
riferimento. Insegnare perché
e cosa? I fondamenti della
cultura umana per essere
buoni cittadini ? Molto più di
questo: la testimonianza che
Dio ha lasciato nel mondo
del suo amore, della speranza
del Regno, imparare a «leggere», cioè a vedere con gli
occhi della fede, a penetrare
oltre le realtà della natura e
della storia per vedere ciò
che merita essere visto: il Padre.
Forse la chiave del suo enciclopedismo si può trovare
in quei testi paolinici in cui si
parla di Cristo come di colui
«in cui tutti i tesori della sapienza» sono racchiusi, di
colui che «è il capo», «che
raccoglie in sé», ricapitola il
mondo. Non è né il Dictionnaire di Bayle né VEncyclopédie di Diderot: è la visione di un altro mondo, o
un’altra visione del mondo.
Lungi dall’essere un originale autodidatta che scrive
cose discutibili è perfettamente inserito nella cultura
dell’ortodossia del suo tempo. Quel grande momento
della teologia abitualmente si
salta, nello studio, passando
direttamente da Calvino ai
giorni nostri o facendo una
tappa da Wesley, perché ritenuto di poco interesse, pedante e indigesto (e di fatto
sono tomi da mille pagine)
mentre si tratta di un inevitabile passaggio culturale.
________BRUMA PEYROT________
La figura di Comenio
umanista è stata introdotta dalle relazioni di Fiorella
De Michelis (La dignità
dell’uomo in Comenio) e Remo Fomaca (L’Europa pedagogica di Comenio).
Uomo del suo tempo, quello in cui si credeva nell’A«manitas homini, nell’uomo al
centro del mondo, protagonista come allievo e maestro allo stesso tempo, del suo
percorso educativo, nella superfluità di mediatore per imparare a conoscere e ntWauctoritas diretta di testi originari, Comenio pone al centro di
tutto l’uomo e la ricerca della
sua dignitas. Questo impegno
continuo nella sua realizzazione presuppone due certezze e un metodo: le certezze
sono che deve rimanere costante il riferimento a Dio,
consegnato alla parola biblica
come unica «immagine», e
che l’uomo, essendo stato
creato da Dio, riassume in sé
il mondo creato e le capacità
del Dio creatore.
Gli uomini possono, devono, realizzare questo loro essere immagine di Dio con
l’aiuto della filosofia, della
religione, della politica. Inoltre l’uomo è veramente tale
quando agisce e si sviluppa
verso tre direzioni: il rapporto
con l’ambiente (la natura),
con i suoi simili, con Dio.
Non è certo una visione del
mondo eroico-individualistica, che addebiti all’uomo
tutta la forza delle sue azioni.
In questo quadro si capisce
la rilevanza assunta dalla cultura educativa come strumento privilegiato per insegnare a
agire, come se l’educazione
servisse a tirar fuori tutto ciò
che Dio ha messo nell’uomo.
Un percorso educativo per i fanciulli attraverso le immagini e i testi di commento
Il mondo dipìnto delle realtà sensìbili
Una delle opere più conosciute di Comenio è intitolata
Orbis sensualium pictus, «il
mondo dipinto delle realtà
sensibili» o «la raffigurazione
dell’universo sensibile». Il
volume, di piccolo formato, si
compone di 222 tavole con
una illustrazione, una xilografia molto semplice accompagnata da un breve testo. Molto noto e celebre perché fu
uno dei primi esempi di libro
illustrato in cui l’illustrazione
non si limitava ad arricchire
il discorso scritto ma ne era
premessa. Usato nella cultura
europea per secoli, ristampato, modificato, modernizzato,
V Orbis ha accompagnato generazioni di bambini, fra cui
anche il grande Wolfgang
Goethe, alla scoperta del
mondo e della realtà
Humanitas.
Hominfisüdi fìint»
ad mutua commoda:
eezóñnt humofiü
(ùurìxmattbmtittm bâfic:
bmtm folUn ñ< fmJLew*
Che fosse pensato e scritto
per i bambini lo si capisce
dalla prima incisione, e l’ultima, che raffigurano un bambino accanto a un distinto signore; ma fu davvero scritto
solo per loro? E che messaggio voleva dare Comenio in
quelle tavole, dove voleva
condurre i suoi lettori, piccoli
o grandi che fossero? Dare
una risposta significa fare un
altro libro tanto è appassionante il problema.
Vediamolo in breve: «Vieni, ragazzo» dice il maestro
«impara... le cose necessarie:
il comprendere rettamente,
l’agire rettamente, il parlare
rettamente, io te le insegnerò
con Dio». Questo in sintesi il
discorso comeniano, ma il
percorso di questa scoperta,
di questo apprendimento, è
altrettanto affascinante: la tavola 1 rappresenta Dio, come
si usava allora con un triangolo e raggi, e le ultime due
(149-150) sono dedicate alla
provvidenza di Dio e al giudizio finale; questo è il retto
comprendere: che la nostra
vita è situata fra la conoscenza di Dio e la coscienza del
giudizio.
Dopo Dio viene il mondo
della natura, degli animali (234), poi l’uomo, il suo corpo,
la sua anima (35-43), le atti
vità e i mestieri (44-81), le
comunicazioni, le arti e le
scienze (82-108), le virtù
(109-117), la società umana,
la città, i giochi, il governo,
la guerra (118-143), le religioni (144-148).
L’ordine delle cose è in
qualche misura l’ordine della
creazione e della storia dell’
umanità, la scoperta attraverso il mondo delle immagini,
dell’immagine del mondo,
una casa in cui la provvidenza di Dio ci guida a costraire,
lavorare, inventare applicando la mente, la volontà, la
perseveranza.
Un libro per bambini? Sì e
no; rOrbis è in realtà un trattato di teologia, una rilettura
del messaggio biblico nella
sensibilità del tempo e una
ricollocazione della Parola
nella percezione del mondo.
Si possono discutere e valutare le premesse di Comenio, la
sua visione della rivelazione,
di Cristo, della salvezza, si
possono anche pronunciare
giudizi di prudente riserva ma
resta un fatto che la sua è una
teologia raffinata, sì, ma così
decantata da essere comprensibile ai fanciulli; vi pare poco.
Quando sapremo disegnare
un nuovo Orbis Pictus per i
nostri figli?
come il seminatore nella terra.
Nel corso della vita Comenio precisa e articola la centralità dell’educazione, rendendo indispensabile il rapporto fra visione del mondo
(pansofia) e cose da insegnare (panpedia), e la continua sottolineatura dell’importanza delle relazioni lo differenzia dagli altri umanisti.
Fra i tanti libri che possono
accompagnare i percorsi di
conoscenza, quello della Natura è il più consigliato: Orbis sensalium per ancorare alla concretezza della realtà,
che è fatta di parole, linguaggi, immagini. Specialmente
tramite la lingua materna si
cementa il senso di appartenenza a un grappo e, seppur
ogni lingua ha una sua dignità, Comenio osò intravedere un incredibile progetto:
una nuova lingua universale
per realizzare la comunicazione globale fra gli uomini:
la sua riflessione sul linguaggio lo pone in un centrale e
complicato momento di passaggio fra linguaggio biblico
e linguaggio scientifico, una
domanda e una ricerca del
suo tempo che si interrogava
su quale dei due fosse più
adatto e legittimo per esprimere la realtà.
Le sue innovazioni di metodo nel conoscere, tuttavia,
non si spiegano bene se non
collocate anche nella diversa
funzione che Comenio pensa
debbano avere le istituzioni
educative, in particolare la
scuola. Fu l’ideatore del primo sistema scolastico organico moderno, che doveva assumere la centralità dei bisogni culturali e dei diritti
dell’individuo, di ogni razza,
classe o sesso.
Non dimentichiamo che la
scuola prima di lui era identificata con il Collegio, separato dal mondo, erudito e filologico; con Comenio la scuola diventa pensiero per tutto il
ciclo dell’esistenza umana e
anche dei rapporti con gli altri: regole e valori espliciti. Il
suo tentativo fu quello di coniugare l’universalismo che
gli faceva considerare gli uomini veramente come eguali
e le particolarità, le minoranze. Vedeva nascere sotto i
suoi occhi lo stato moderno,
ma ne temeva gli esiti sia verso l’assolutismo e la cancellazione della personalità, sia
verso la chiusura nei «piccoli
mondi» delle nazioni.
SCHEDA
e opere
Comenio (Jan Amos Komensky - Nivnice, Moravia, 1592 Amsterdam,
1670), ministro dell’Unione dei fratelli boemi, con la
guerra dei Trent’anni viene
perseguitato e costretto a
vita di esule per l’Europa.
Dopo Scuola materna
(1628-32) e Janua linguarum reserata (1628-31).
manuale suH’apprendimento delle lingue a cui segue
il Metkodus linguarum novissima (1643-48) scritto in
Svezia, va a Sàrospatak
(Ungheria), invitato dal
principe a riformare il sistema scolastico: qui scrive
VOrbis sensualium pictus
(1654).
Trasferitosi a Amsterdam, raccoglie le sue opere
pedagogiche nell'Opera
didáctica omnia (1657).
13
VENERDÌ 14 MAGGIO 1993
PAG. 9 RIFORMA
In edizione italiana un volume fondamentale per conoscere una realtà complessa
Le chiese latinoamericane: una storia
che parte dal punto di vista degli oppressi
EUGENIO STRETTI______
Il filosofo e teologo laico
cattolico Enrique Dussel
(1934) è noto al pubblico italiano per la sua Storia della
Chiesa in America Latina
uscita per la prima volta nel
1974 e giunta nell’anniversario della conquista del continente latinoamericano alla
Vn edizione*.
L’avventura intellettuale di
questo teologo argentino si
intreccia con le vicissitudini
che travagliano TAmerica
Latina negli anni ’60 e ’70.
Nel 1973, nel clima golpista
dei regimi militari retti secondo il «modello della dottrina della sicurezza nazionale», Dussel anima con spirito
ecumenico un nuovo progetto di ricerca di storia della
Chiesa che intende «rileggere la storia a partire dai poveri, dagli oppressi, dal popolo latinoamericano».
Il progetto si concretizza
nella «Comisión de Estudios
de Historia de la Iglesia en
América Latina» (Cehila)
che si propone fra l’altro la
pubblicazione di una Historia generai de la Iglesia en
América Latina in due volumi con la partecipazione di
antropologi, sociologi e storici cattolici e protestanti.
Il golpe militare argentino
del 1976 costringe Dussel alla fuga in Messico, dopo che
il collega e amico Mauricio
Lopez, evangelico, rettore
dell’Università di Mendoza,
viene reso «desaparecido».
(Lopez, delle Assemblee dei
Fratelli, è un acuto filosofo e
teologo; in suo favore si mobiliterà l’Unesco, purtroppo
senza alcun esito).
La raccolta delle fonti in
chiave ecumenica prosegue
in Messico; per la parte protestante le ricerche sono
coordinate dal teologo e sociologo riformato svizzero,
residente in Messico JeanPierre Hastian. In occasione
del 1992 un editore inglese
pubblica un compendio di
questa storia ecumenica,
prontamente tradotto in italiano.
L’opera si divide in 3 parti. Un’introduzione generale
di Enrique Dussel ricostruisce per sommi capi la presenza cattolica nel continente
latinoamericano dividendola
in 3 fasi; la cristianità coloniale (1492-1807), la dipendenza neocoloniale (18071959) e la crisi del capitalismo periferico (1959-1992).
Alla penetrante analisi di
Dussel seguono i periodi della storia della Chiesa in
America Latina. Tra i vari
studi di questa sezione se
Una comunità di base in Brasiie
gnaliamo Le religioni amerindio, accurata ricostruzione
del fenomeno religioso dei
nativi, opera dell’archeologo
Juan Schobinger (Università
di Mendoza), membro attivo
della Chiesa evangelica riformata argentina.
L’ultima patte è una storia
regionale della Chiesa. Ne
segnaliamo il saggio di Dussel stesso: Storia della teologia in America Latina, e in
particolare le pagine (676692) in cui viene ricostruita
in chiave ecumenica la genesi di un comune progetto di
teologia della liberazione. Infatti è il teologo presbiteriano
brasiliano Rubem Alvez che
nel 1967 prepara una tesi di
dottorato a Princeton dal titolo; Towards Theology of Liberation (Verso una teologia
della liberazione). L’opera,
pubblicata nel 1969 con il titolo Teologia della speranza
si collega al processo di liberazione avviato in contemporanea dai teologi cattolici
Hugo Assmann, Gustavo Gutierrez e Juan Carlos Scannone. Affascinante e problematica si presenta al lettore protestante la seconda parte del
saggio di Jean-Pierre Bastian, Il protestantesimo in
America Latina. Infatti Bastian, dopo aver ricostruito le
origini della penetrazione
protestante nel continente
(esperienza ugonotta e olandese), affronta il rapporto tra
organizzazioni protestanti e
modernità liberale (18081959).
La penetrazione protestante è favorita, soprattutto in
Argentina, Brasile e Uruguay, dai governi di orientamento liberale e da organizzazioni legate alla massoneria anglosassone. Il nodo
massoneria-protestantesimo è
fondamentale anche in America Latina ed è in rapporto
soprattutto all’origine della
chiesa presbiteriana.
La figura più significativa
del presbiterianesimo brasiliano, José Manuel Con
ceiçao (1822-1873), era un
sacerdote massone che aderì
al movimento presbiteriano
con le sue comunità.
La cosa non stupisce, se si
pensa alle prime Costituzioni
massoniche dovute al pastore
presbiteriano Andersen. Per
Hastian l’animus liberale del
protestantesimo delle origini
(presbiteriani, battisti e metodisti, luterani e valdesi) è
preceduto dall’azione benefica di società e gruppi che vedevano nel protestantesimo
la religione del progresso
spirituale e economico.
La diffusione delle società
bibliche, i metodi pedagogici
di Lancaster e Dewey formarono indubbiamente una classe dirigente protestante e comunque libertaria nei vari
paesi latinoamericani.
Di diverso segno è l’esplosione a partire dagli anni ’40
del movimento pentecostale;
un movimento di analfabeti,
in forte espansione in tutto il
continente, con connotazioni
politico-sociali conservatrici.
Jean-Pierre Bastian vede nel
pentecostalismo riprodotta,
in termini di dominio delle
coscienze, il tradizionale modello della «hacienda» (fattoria per l’allevamento del bestiame), ove il padrone, in
questo caso l’anziano o il pastore, instaura un rapporto
autoritario con i fedeli.
Non mi sembra, per quanto
mi consta, un’analisi sempre
pertinente: infatti un numero
crescente di sorelle e fratelli
pentecostali partecipano ai
movimenti di liberazione che
agitano il continente in spirito ecumenico con i fratelli
delle altre chiese evangeliche
storiche e con i cattolici. Il
volume si raccomanda, infine, per il ricco apparato bibliografico e per l’opportuno
glossario.
(*) Enrique Dussel (a cura di):
La Chiesa in America Latina
1492-1992; il rovescio della
storia. Assisi, Cittadella,
1992, pp 928, £ 85.000.
Protestantesimo in Tv; la trasmissione di attualità e il «sommario filmato»
Il programma incomincia dalla sigla
ALBERTO CORSAANI
Scampoli di interviste, flash sulla firma delle più
recenti Intese con lo Stato; la
segnalazione di un libro di
recente pubblicazione (che
rinviava alla successiva intervista all’autrice); l’annuncio delle risposte di Giorgio
Girardet alle lettere dei telespettatori. Così è stata allestita la sigla della trasmissione del 2 maggio.
Come era già stato fatto altre volte negli ultimi mesi, e
come è stato sollecitato anche dal convegno di Roma e
PROTESTANTESIMO
IN TV
Domenica 16 maggio
oìB 23,30 - Raìdue
Raplìca: lunedì 24 maggio
ore 9,30 - Raidué
A la brua!
Un grido di libertà
Una pagina di storia valdese
Ecumene (12-14 marzo scorsi), la formula del «contenitore» snellisce il programma,
10 rende più consono ai tempi
abituali dello spettatore medio: un fattore di cui occorre
tener conto, dato che una cospicua parte dell’«audience»
è esterna alle nostre chiese.
Ma c’è dell’altro. È proprio
l’idea di sigla a evolvere ultimamente nel panorama televisivo: la sua presenza è
sempre più marcata, la ricorrenza dell’appuntamento è
ormai consuetudine.
L’emancipazione della sigla a elemento costitutivo
della trasmissione è dovuta a
valide ragioni pratiche, essenzialmente due: la rilevanza da dare agli sponsor delle
trasmissioni (citiamo un solo
caso; la Ip, che si presenta
con tanto di marchio prima di
presentarci le partite della
Nazionale) e la riconoscibilità che deve essere marcata
11 più possibile nel corso di
un programma, pena la confusione dello spettatore armato di telecomando tra le
infinite emittenti a disposizione.
Fin qui le ragioni pratiche;
ma, come spesso accade, a
queste motivazioni un po’
prosaiche si sovrappongono,
nel tempo, delle implicazioni
di contenuto, estetiche, stilistiche in modo che, come
si diceva, anche la sigla è un
elemento importante a caratterizzare il «tenore» della trasmissione.
Ci avverte che stiamo entrando nell’atmosfera xy, e
che avremo da aspettarci un
certo tema, un certo stile, un
certo genere di programma.
Ci sono registi e produttori
che lavorano esclusivamente
su sigle e intersigle di presentazione degli sponsor.
Non a caso una delle trovate
più geniali di Milano, Italia è
stata di spiazzare compietamente lo spettatore, rinun
ciando paradossalmente alla
sigla stessa. Gad Lerner entrava direttamente in medias
res...
Nel caso di Protestantesimo la sigla-presentazione ha
ben riassunto il contenuto: il
servizio sulle Intese di battisti e luterani (corredato da
interviste a Franco Scaramuccia, Hanna Franzoi e
Mario Schinaia, presidente
della Commissione interparlamentare per le Intese) ha rispecchiato il flash di apertura
(in stile giornalistico), e la
scheda sul battismo in Italia
si è affiancata alle testimonianze di alcuni membri di
chiesa, che erano state anticipate dalla sigla.
Insomma, il vivere di queste nostre chiese si è espresso
nelle forme della testimonianza di fede e dell’inserimento nella società e nel paese. È quanto proprio al nostro
paese occorre dire, tutti i
giorni. Anche nella sigla.
Libri
Le immagini scritte della guerra
Ci sono situazioni che la televisione non può descrivere;
esperienze che sembrano surclassare l’immaginabile; drammi e
immagini a cui non si crederebbe, se non fosse che ci si trova
di fronte ad esse. Questa è la vita, questi sono gli spettacoli
quotidiani per gli inviati speciali sui fronti di guerra; la Rai ci
aveva abituati dai tempi del Vietnam e della guerra del ’67 in
Medio Oriente ai loro volti; in maniche di camicia, dismesso il
serioso abbigliamento da studio, Marcello Alessandri ci parlava
dalle «zone calde».
Oggi lo fa regolarmente Mimmo Lombezzi, giornalista del
Tg5, dai fronti croato, bosniaco, curdo, armeno, dal Libano in
ebollizione, dall’Intifada; e lo fa in un libro di «reportages»*,
proprio perché sente l’esigenza di affidare alla parola scritta
tutto ciò che la televisione non sarebbe adeguata a mostrare;
ciò che sembra disumano, impossibile, per crudeltà, per efferatezza, per mancanza di senso. Le rappresaglie, le torture, gli
stupri, i bruciati vivi e gli umiliati, la lucidità del cristiano libanese nel vendicare nel corso degli anni la morte dei figli e l’orrore di chi è sopravvissuto a una strage, e non sa nemmeno perché.
Forse la parola scritta, non potendo evocarsi sullo schermo
gli odori rivoltanti, i rumori minacciosi, l’ansia e il terrore, è la
scelta giusta; costringe a non «passare oltre», obbliga a riflettere e a raccordare le informazioni dei quelle pagine con quanto
abbiamo visto, sentito, denunciato. Il cronista quello che poteva fare l’ha fatto, forse ha fatto qualcosa di più; il lettore, più
riflessivo e teoricamente più consapevole (se non altro perché
sceglie di leggerlo, quel libro), ne tiri le conseguenze.
(*) Mimmo Lombezzi: Cieli di piombo. Reportages di guerra. Roma,
e/o, 1993, pp 130, £ 12.000.
Mu:
Tre pianisti per Beethoven
Nella linea degli «interpreti a confronto» di cui abbiamo già
parlato in riferimento alle trasmissioni di Radiotre si segnala la
bella iniziativa di Symphonia*, una delle tante riviste che escono mensilmente con un compact disc e una monografia, dedicata a un autore, a un interprete o a un genere musicale.
Negli anni scorsi Symphonia aveva ripreso dei concerti trasmessi a suo tempo dalla Radio della Svizzera italiana: recital
di grandi musicisti, in incisioni per lo più inedite. Ora la pubblicazione ha aperto una nuova serie dedicata al confronto tra
interpretazioni diverse, che è iniziata con la sonata n. 32 in do
min. per pianoforte di Beethoven.
Il compact disc si articola in tre esecuzioni complete:
Wilhelm Backhaus (1960), Claudio Arrau (1963) e Paul Badura-Skoda (1987). Seguono alcuni brani particolarmente significativi in cui si ascoltano i tre pianisti in successione.
Il tutto è ascoltabile seguendo la guida della rivista, che propone tra l’altro un’illustrazione particolareggiata del brano
(uno dei monumenti più innovativi di Beethoven), curata da
Piero Rattalino, e una riflessione di uno degli interpreti, Badura-Skoda, sul modo di eseguire la sonata.
(*) Beethoven: Sonata n. 32 in do minore opera 111 per pianoforte. Symhonia, supple- mento al n. 11 (dicembre 1992), £ 18.000.
Sabato 15 maggio — TORINO: Alle ore 15, nel salone valdese di
corso Vittorio Emanuele II 23, Bruno Corsani, docente di Nuovo
Testamento, e Carla Ricci, biblista, parleranno sul tema; La tomba vuota: quali testimonianze della risurrezione di Gesù?
Mercoledì 19 maggio — GENOVA: Alle ore 17,30, nella sala convegni della Banca di Genova e S. Giorgio (via Ceccardi 1), il Sae organizza una lezione del prof. Giampaolo Gandolfo sul tema: Gloria e trasfigurazione nella tradizione dell’ortodossia.
Giovedì 20 maggio — BERGAMO: Alle ore 21, presso il Centro
culturale S. Bartolomeo (largo Beloni 1), il teologo p. Rosario
Scognamiglio e il prof. Traian Valdman parlano sul tema: Ortodossia e dialogo ecumenico.
Venerdì 21 maggio — SONDRIO: Alle ore 17,30, nei locali del
Centro evangelico di cultura (via Malta 16), il past. Carlo Papacella parla sul tema: Protestantesimo e rivoluzione scientifica.
Sabato 22 maggio — TRIESTE: Alle ore 18, presso la basilica di
San Silvestro, il past. Aldo Comba parla sul tema; Varietà di posizioni protestanti nell’era ecumenica.
Domenica 30 maggio — ROMA: Alle 11 inizia la giornata di raduno
degli ex ospiti, evangelici del Lazio e degli amici per festeggiare il
70° anniversario dell’istituto Taylor (via delle Spighe 8). Per prenotazioni del pranzo e del pernottamento tei. 06/23160932310487.
PROTESTANTESIMO
RIVISTA TRIMESTRALE
PUBBLICATA DALLA FACOLTÀ VALDESE DI TEOLOGIA
VIA P. COSSA 42 - 00193 ROMA - FAX; 06/3201040
ANN0 48,1993-N.2
E. Fuchs, Significato attuale dell'etica protestante E. Schiissler-Fiorenza, Leggere la Bibbia nel «Villaggio globale» E. Green, Colloquio con
C. Militello H.-M. Barth, Lutero a Napoli J. Gönnet, Juan de Valdés
J. Ratzinger-P. Ricca, Ecumenismo, papato, testimonianza cristiana
Recensioni; Bibbia, storia, sistematica, ecumenismo.
14
PAG. 10 RIFORMA
VENERDÌ 14 MAGGlOlQqq
Le giornate di Mezzano studiano il rapporto protestanti e socialismo
Operiamo perché la democrazia
possa funzionare^ poi ci sarà la lotta politica
___________PIERA ECIDI_________
La giustizia
Morte o superamento del
socialismo? Tuffo nella
liberaldemocrazia che appare
vincente? Al socialismo come orizzonte complessivo
verso cui guardare nell’azione quotidiana, una parte consistente dei protestanti italiani
non vuole affatto rinunciare.
Questa la risposta di un centinaio di evangelici impegnati
nel lavoro politico, sindacale,
nella diaconia, nella predicazione dopo due giorni di dibattito nell’ormai tradizionale
appuntamento delle «Giornate di Mezzano».
Anche se può apparire un
po’ insolito nel presentare il
senso del convegno, cominciamo dalle conclusioni. E le
conclusioni sono la domenica
mattina, la predicazione di
una giovane donna, una laica
di antica stirpe evangelica napoletana, Silvana Nini, su
Deuteronomio 16, 18-20:
«Stabilisci dei giudici e dei
magistrati in tutte le città che
TEtemo, il tuo Dio, ti dà... la
giustizia, solo la giustizia seguirai...».
La piccola chiesa affrescata
immersa nel verde dell’operosa campagna emiliana è
piena zeppa: i metodisti ghanesi sono più che raddoppiati
in un anno; hanno trovato un
lavoro, quasi tutti una casa
per la fattiva solidarietà della
gente di qui. Si stanno ristrutturando i locali vicino alla
chiesa come centri di incontro e di accoglienza. Oggi si
festeggia l’arrivo della sposa
del predicatore, giovanissima
e ridente, con tante treccioline: sarà lei a intonare con voce ferma i loro canti.
Ci abbracciamo tutti, alla
fine, ci diciamo l’un l’altro
che questa realtà di oggi del
capovolgimento dei rapporti
Nord-Sud (del mondo, del nostro paese, dei sessi) ci dà forzarci sembra un’indicazione.
E possibile impegnarsi per
la giustizia, questo il senso
della predicazione di Silvana
Nitti, muovendosi tra i due
poli della libertà e della legge
(che è un dono per il credente
perché fondata sul Patto),
consapevoli però della nostra
parzialità, precarietà, fragilità: è da questa condizione
ineliminabile, la cui coscienza ci evita i rischi degli assoluti, che noi possiamo costruire progetti di futuro.
Le rosse bandiere
Facciamo adesso il passo
indietro. L’antefatto è il libro
di Giorgio Spini Le origini
del socialismo - Da utopia alla bandiera rossa pubblicato
recentemente da Einaudi, su
cui alcuni dei relatori, l’autore stesso e Gaetano Arfé si
erano già confrontati un mese
prima a Napoli, in un incontro promosso dal Centro
evangelico di cultura «Galeazzo Caracciolo» con il patrocinio dell’Istituto italiano
di studi filosofici. Lo stesso
libro viene proposto ora quasi
come scenario critico su cui
proiettare i ragionamenti di
Mezzano. Quali i motivi? Essenzialmente tre: innanzitutto
l’analisi dei socialismi, nel
loro sorgere e nei vari filoni;
in secondo luogo l’evidenza
dell’apporto di categorie e
personaggi del protestantesimo; in terzo luogo una nuova
lettura del rapporto fra «capitalismo» e «socialismo», non
come due diverse età della
storia dell’uomo Luna delle
quali si insedia con il superamento e l’abbattimento dell’
altra, ma piuttosto come due
poli dialettici, «due fratelli
nemici», secondo la definizione di Spini, in antagonismo
fecondo durante tutta la storia
moderna.
«Questo libro nasce dall’
esigenza di allargare gli orizzonti del socialismo - ha detto Gaetano Arfé —; oggi siamo in una fase rivoluzionaria,
in cui il ritmo di sviluppo è
più rapido della capacità del
pensiero di dominarlo. Il socialismo non è riducibile al
muro di Berlino o allo stato
sociale, ma ha esigenze profonde, “ha per sé l’eterno’’,
come diceva Croce».
La democrazia
E torniamo ai temi del convegno caratterizzato, come ha
notato Mario Miegge nel dibattito, da «reciproca tolleranza», da «ascolto reciproco» secondo Marco Rostan,
che ha aggiunto di essere grato agli organizzatori (Vili
Circuito e Egei dell’Emilia
Romagna) e in particolare al
pastore Massimo Aquilante
perché le «Giornate di Mezzano» costituiscono ormai un
momento importante e affermato in cui «i protestanti italiani riflettono sugli argomenti che sono loro propri,
come i rapporti fede/politica e
chiesa/società in modo adeguato ai problemi attuali». E i
problemi attuali sono di bruciante urgenza: il contributo
al rinnovamento della società
e il ripristino delle regole democratiche, come primo passo obbligato e necessario all’
introduzione; poi delle tematiche di equità, solidarietà e
responsabilità che devono essere al centro della costruzione di una «società giusta».
Una delle particolarità del
contributo dei protestanti, ha
notato nella sua relazione Mario Miegge, è proprio quella
della democrazia, anche se in
questo senso molto dobbiamo
al mondo greco, dove si è coniata la parola: «Talora le minoranze religiose e politiche
tendono a stare sulle ragioni
ideali e basta, confondendo
tra vita politica e società etiche (di cui fanno parte le
chiese) e tendendo a presentarsi come “minoranza santa”
- afferma Miegge -. Qual è
invece la condizione per cui
le ragioni ideali possono contare non solo come “testimonianza”?
È che ci sia il pieno dispiegamento del gioco democratico, che il politico ricerchi il
consenso, faccia dei programmi, spieghi la direzione di
marcia». Miegge ha visto negli anni dell’assassinio di Moro il periodo in cui si è instaurato un regime in cui «non c’è
più stata la ricerca di consenso, tutto è andato avanti per
accordi interni, per spartizioni». La Riforma è stata fin
dall’inizio pluralista (Lutero,
Zwingli, gli anabattisti, Calvino), e se c’è un contributo
specifico della tradizione
riformata e dei battisti è l’insofferenza verso il potere monocratico, non controllato: «I
re non ci piacciono, né quelli
di diritto divino, né plebiscitario. Il contributo che la società etica protestante può dare oggi in Italia è che la democrazia ricominci a funzionare, dopo di che ci sarà la
lotta politica».
Simboli del socialismo reale: un pezzo, dipinto, del muro di Berlino
Libertà e laicità
Un altro filosofo, Biagio de
Giovanni, ha messo in rilievo
«l’incompiutezza», come
tratto della democrazia, perché se la immaginassimo come un fatto compiuto, significherebbe una società
perfetta, che si rovescia nel
suo contrario: invece c’è una
lotta dinamica, e se per la
storia italiana degli ultimi anni è necessario rinvenire una
periodizzazione, bisogna fare
attenzione a non schiacciare
tutto sulla fine, e a non valutare la «prima Repubblica»
con i suoi esiti finali. L’89 è
un evento, non un fatto, nel
senso che la caduta del muro
di Berlino è la caduta dell’
«altra società», che è stata
presente in tutta l’immaginazione sociale del ’900. Alcune interpretazioni dell’attuale
crisi presentano l’Occidente
come il «luogo del nichilismo», in cui «l’unica categoria che si può contrapporre a
questo esito è la categoria
della libertà, messa prepotentemente dentro la storia dell’
Occidente da Lutero: la Grecia è madre della idea di libertà politica, della polis, ma
l’idea della libertà l’ha posta
il cristianesimo».
«Dopo l’evento ’89 - ha
detto Giorgio Bouchard dobbiamo accettare la critica
liberale al socialismo, e può
essere che nei prossimi anni
chi si richiama al socialismo
debba accettare di essere una
minoranza. I valori di giustizia devono essere alla pari
con i valori di libertà. Il mito
del progresso come l’idea
che la storia si muova attraverso forze meccaniche è
morto, ma vorrei rivendicare
la libertà e la laicità come patrimonio proprio del protestantesimo; senza laicità non
si fa il socialismo».
Valdo Spini ha posto l’accento, nella sua relazione,
sulla «crisi dei due socialismi conosciuti; il socialismo
reale e la socialdemocrazia.
È una crisi morale, intellettuale, elettorale. Una delle
componenti più forti della
crisi del socialismo è la crisi
etica: sempre il socialismo e
la sinistra hanno avuto più
bisogno di etica. La differenziazione tra sinistra e destra
si trova infatti a livello dei
valori che, come per la solidarietà, sono permeati di
spinte religiose, ma che nel
rapporto col mondo protestante hanno l’accento sull’
aggettivo laico. Oggi una socialità dei valori non può non
porsi il problema della “società giusta”. Una società dotata di regole, di controlli,
capace di poter contribuire a
ristabilire un rapporto con i
cittadini come contribuenti e
fruitori dei servizi dello stato, ripristinando la moralità
del rapporto tra stato e cittadini».
La condivisione
E allora, che fare? «Io non
ho dubbi - ha detto nelle
conclusioni il pastore Sergio
Aquilante - non nel senso di
non avere interrogativi, ma
nel senso che c’è una possibilità di fare. Come protestanti in questi anni abbiamo
dato concretamente, nelle nostre possibilità, segnali di democrazia. Li abbiamo dati
nella scuola, negli ospedali,
nelle cooperative. Li abbiamo dati e li dobbiamo dare
ancora nel Mezzogiorno. Voglio rivendicare questi segnali piccolissimi di solidarietà che abbiamo dato in
questi anni, come protestanti
impegnati fortemente nel sociale al di là delle nostre stesse forze».
«Non ci stanchiamo di predicare l’Evangelo» ha raccomandato nel suo intervento
Giacomo Quartino, predicatore locale laico, e il pastore Giovanni Anziani ha ricordato la «parabola della
condivisione», quella dei cinque pani e dei due pesci, che
«non servivano neppure a
sfamare gli apostoli ma che
per l’intervento di Dio, che è
speranza e liberazione, sfamarono invece una grande
moltitudine».
Il futuro del socialismo
Un «big bang» per
ricostruire la sinistra
MICHEL ROCARD
Il dibattito sul futuro
del socialismo è internazionale. Riportiamo qui
parti del discorso che Michel Rocard (socialista
francese, ex primo ministro e protestante riformato) a tenuto il 17 febbraio scorso ad alcune
centinaia di militanti a
Montlouis-sur-Loire
(Tours). Un discorso che
è oggi al centro del dibattito del socialismo europeo
Rilevando che da più di
un secolo la nostra immagine del mondo ruota «intorno alla produzione, al lavoro e alle loro rappresentanze, sindacali e padronali»,
Rocard afferma: «Siamo entrati in una società di mercato in cui le diseguaglianze si
esprimono in diverse forme,
ma in cui il sentimento di appartenenza a una classe, a un
movimento collettivo, non è
più visto come una realtà, in
cui il cambiamento è efficace
solo se attiene all’ individuo
(...). La stessa percezione di
un interesse generale si diluisce fino a scomparire, le rivendicazioni si accumulano e
diventano spesso indecifrabili; si riassumono in una sorta
di desiderio, vagamente disperato, di riconoscimento. È
proprio questo che spiega,
dappertutto in Europa, la
messa in questione dei partiti
e delle formazioni politiche
tradizionali».
«Questo spiega - ha proseguito Rocard — in Francia il
successo degli ecologisti (...).
Se essi riscuotono una larga
eco in Francia non è solo
perché hanno preso coscienza del necessario rispetto
della natura, c’è una ragione
più profonda. Quando i francesi non possono più trovare
le ragioni della loro identità
in una classe sociale né in
una religione né in una categoria professionale né in una
generazione e neppure in un
livello di rendita, che cosa
resta loro per identificarsi?
Rimane ciò che ci sta intorno: r ambiente».
«In questa realtà (...) il
malessere sociale deriva da
tutti i tipi di esclusione e di
costrizioni, in cui non si può
più identificare veramente né
il colpevole né l’avversario».
Sviluppando il tema della
parità di opportunità, della
divisione del lavoro, dell’assetto del territorio e del ruolo
dello stato, Rocard ha affer
mato che «presentare U
grandi scelte ai francesi con
le loro soluzioni alternative
organizzare la vera decisione
affinché l’interesse generale
scaturisca da una ritrovata
cittadinanza, esige che si ricorra a nuove forme di partecipazione della gente alle
scelte che la coinvolgono.
Questa sarebbe una repubblica moderna».
In riferimento alla sinistra
francese (che di lì a poco sarebbe stata sconfitta alle legislative), l’ex primo ministro
ha detto che la conferma delle previsioni sarebbe «non
una vittoria della destra, ma
una sconfitta nostra». «Avevamo commesso un errore
nel 1981 promettendo mari e
monti, e non l’abbiamo voluto riconoscere. Abbiamo fatto
una svolta economica necessaria e coraggiosa nel 1983
presentandolo come un cattivo momento da superare (...).
Abbiamo commesso degli errori anche gravi (...). Da
sempre socialista, morirò tale, così definisco ciò in cui
credo. Ma ciò che è un elemento di identità a livello individuale è diventato, sul piano collettivo, elemento di
confusione. Nell’espressione
“Partito socialista’’ ci sono i
termini: partito e socialista.
Ognuno dei due termini oggi
deve essere ricostruito (...).
Gli elementi di cui parlavo
all’inizio hanno cessato di
essere i soli fondamenti dell’
azione politica».
«Ciò di cui abbiamo bisogno - ha continuato Rocard
- è un ampio movimento,
aperto e moderno, estroverso, ricco della sua differenza;
un movimento che federi
quanti condividono i valori
della solidarietà, lo stesso
obiettivo di trasformazione
(...). Si tratta di aprirci perché le frontiere tra sinistra e
destra siano pertinenti, fedeli
alla realtà di oggi. In questa
vasta aggregazione ognuno
dovrà avere il suo posto: per
questo, benché sostenga il sistema maggioritario, ritengo
indispensabile affiancarvi
una correzione proporzionale. So bene che l’attuale periodo si presta male a questo
“big bang” politico a cui
aspiro. Ma, dopo le elezioni,
dovremo urgentemente costruire il movimento, lo strumento di trasformazione di
cui la Francia ha bisogno,
insieme a tutti coloro i cui
valori sono compatibili con i
nostri, anche se alcuni di loro oggi sono nostri concorrenti».
Michel Rocard, a sinistra, a colloquio con il presidente Mitterrand
15
F
venerdì 14 MAGGIO 1993
Pagina Dei Lettori
PAG. 1 1 RIFORMA
Il sottofondo
musicale
Caro direttore,
in seguito alla lettera del
pastore Gino Conte, pubblicata su Riforma del 16 aprile
1993, ci siamo sentiti direttamente interpellati. Desideriamo premettere che lavoriamo il una radio evangelica
da quasi 6 anni ormai ed abbiamo accumulato una qualche esperienza. Gli elementi
attraverso i quali viene recepita una predicazione pronunciata dal pulpito, cioè la
parola, il contatto visivo, la
gestualità e quell’atmosfera
particolare die si crea nella
sala di culto, mancano nella
trasmissione radiofonica.
Questo fa sì che l’attenzione
sia decisamente scarsa. Come
è possibile comunicare, cioè
stabilire un contatto con interlocutori invisibili sconosciuti e spesso estranei al linguaggio ecclesiastico? Chi si
occupa di programmi radiofonici cerca di rispettare alcune
regole fondamentali, peraltro
note anche ai non addetti al
lavoro.
1) Evitare il più possibile i
monologhi.
2) Il sottofondo musicale,
accuratamente scelto, contribuisce a creare un’atmosfera
capace di evocare immagini,
sensazioni, stati d’animo, unitamente alle parole dette con
entusiasmo. Non si tratta di
rafforzare le parole, che sono
sempre quelle, ma di cercare
il modo più efficace di comunicarle sì da coinvolgere veramente l’ascoltatore. Significativo il pathos percepibile
nella recitazione poetica!
3) Se conveniamo sul fatto
che anche il canto esprime
un messaggio e non è un mero abbellimento, allora esso
deve essere comprensibile.
Purtroppo le parole degli inni
delle nostre corali, specialmente quando si tratta di vecchie incisioni, non si capiscono! Se l’obiettivo delle predicazioni alla radio è di far
notare che sappiamo fare di
MINI ABBONAMENTI
Avete mai pensato di regalare un abbonamento in occasione di un battesimo, di
un matrimonio, di un anniversario di un
vostro parente, di un vostro conoscente?
Avete mai pensato di abbonare un/a
collega di lavoro o un/a amico/a, con cui
discutete spesso di religione, delle differenze che esistono tra gli evangelici e con
le altre confessioni religiose?
Avete mai pensato che sarebbe bello
che la biblioteca della vostra città, del
quartiere, il Centro di incontro per anziani,
il comitato di quartiere, l’associazione che
frequentate o che frequentano i vostri figli,
fossero abbonati a Riforma (e a L’eco
delle valli valdesi)?
Oggi è possibile !
Il Consiglio di amministrazione delle
Edizioni protestanti (l’impresa editrice di
Riforma e de L’Eco delle valli valdesi) ha
deciso di lanciare l’operazione mini abbonamenti (mini nei prezzo!) e di proporre
a tutti coloro che si abbonano e che abbonano conoscenti, istituti, enti, biblioteche
un'offerta speciaie :
L’abbonamento, di qui aiia fine deii’an
no ’93, costerà soie 30.000 mila lire
L’abbonamento di qui al dicembre
1994 costerà 90.000 mila lire
Per abbonarsi è sufficiente compilare il
ccp n. 14548101 intestato a Edizioni protestanti srl, via S. Pio V 1S bis, 10125
Torino, specificando nella causale «mini
abbonamento per... (indirizzo completo)»
Offerta valida fino al 30 giugno 1993
scorsi forbiti e che abbiamo
delle belle corali, allora le regole enunciate sopra non servono. Sono utili invece se lo
scopo è l’evangelizzazione.
Il problema di fondo è che
alcune nostre chiese si stanno
spopolando proprio perché
c’è qualcosa che non va sul
piano della comunicazione.
Il modo di celebrare il culto, sia in chiesa sia attraverso
i mezzi di comunicazione di
massa, non è il Vangelo,
corrisponde invece alla sensibilità, al modo di essere e di
vivere la fede di una comunità di credenti. Pensiamo alle chiese nelle quali è normale esprimere la lode danzando
e battendo le mani, o facendo
commenti durante il sermone,
oppure quando lo stesso predicatore si interrompe perché
improvvisamente si mette a
cantare, anche inni non «canonizzati». È un modo dignitoso di celebrare il culto, come lo è quello della chiesa
nella quale il predicatore è
congelato sul pulpito e la comunità è solitamente immobile e silenziosa.
Dalla Bibbia scopriamo che
sono possibili molti modi di
adorare il Signore. Questo è
particolarmente vero per 1’
Antico Testamento. Nel tempio le celebrazioni erano particolarmente movimentate. Il
salmo 150 afferma che c’erano molti strumenti musicali
che accompagnavano il culto.
Riforma
Via Pio V, 15 -10125 Torino - tei. 011/655278 - fax 011/657542
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DIRETTORE: Giorgio GardioI
VICEDIRETTORI: Luciano Deodato, Emmanuele Paschetto
REDATTORI: Stello Armand-Hugon, Claudio Bo, Luciano Cirica, Alberto Coreani, Piera Egidi, Fulvio Ferrarlo, Maurizio Girolami, Anna Maffei, Carmelina Maurizio, Luca Negro, Luisa Nitti, Jean-Jacques Peyronel, Roberto
Peyrot, Gian Paolo Ricco, Giancarlo Rinaldi, Fulvio Rocco, Marco Rostan,
Piervaldo Rostan, Marco Schellenbaum, Florence Vinti, Raffaele Volpe
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Economici: a parola £ 1.000
Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con il n. 176 del 1“ gennaio 1951, responsabile Franco Giampiccoli. Le
modifiche sono state registrate con ordinanza in data 5 marzo 1993,
Nella foto di prima pagina: Ruderi dei grandi magazzini di Mestar (Bosnia)
il salmo 149 parla di canti e
di danze, il salmo 47 di battere le mani, il salmo 134 e il
123 suggeriscono di rivolgersi al Signore con occhi e mani rivolti verso l’alto (mentre
noi siamo tutti concentrati su
noi stessi, con gli occhi chiusi
e la testa abbassata).
Nel Nuovo Testamento, oltre a varie celebrazioni cultuali che rassomigliavano a quelle della sinagoga, ci sono forme di culto più vivaci con
maggiore partecipazione e
senza il predominio del pastore (1 Cor. 14: 26 ss). L’adorazione dipende dalla sincerità
con cui essa è offerta, e non
esistono forme di adorazione,
di lettura biblica o di predicazione migliore di altre. Vorremmo che ci rendessimo
conto che ci deve essere spazio per una pluralità di espressioni. Pensiamo che nel quadro della collaborazione Bmv
sia importante imparare a rispettarsi nelle nostre diversità,
senza creare degli schemi a
cui tutti debbono adeguarsi.
Ringraziandola per l’attenzione cordialmente salutiamo.
Lidia Giorgi,
Carmine Bianchi
È vero quanto ha scritto il
pastore Conte: i culti radio
sono a volte un po’ deludenti,
con un po’ di teatralità. E la
musica di sottofondo che cosa vuole essere? «paradisiaca»? mistica?. Gesù non era
un mistico, era un ebreo, e si
può dire di lui quello che Gesù stesso disse di Natanaele:
ecco un vero israelita del quale non c’è frode.
Adriana Bertero Grassi
Rivalla (To)
AMely
Rina Canepa
Dopo lunghe sofferenze,
sorretta dalla fede e dalla speranza nel Cristo risorto, ci ha
lasciati Rina Canepa, compagna del pastore Paolo Marauda. Il suo ricordo rimarrà
sempre in noi.
Era sempre disponibile verso gli ammalati, umile di cuore, molto attiva neU’Unione
femminile e sempre presente
in ogni attività pastorale.
Grazie per quello che ci ha
dato, per quello che ci ha trasmesso. La Chiesa di Pomaretto non la dimentica, volgendo un pensiero di riconoscenza.
Un gruppo di membri di
chiesa di Pomaretto
Se n’è andata in punta di
piedi, discretamente come era
vissuta in mezzo a noi; con
lei una parte di Pradeltomo se
ne va: era la figura che ormai
apparteneva di più alla borgata, aveva sempre un sorriso e
tutti quelli che entravano in
casa sua erano accolti dal suo
sorriso e dal suo modo di fare
gentile. Apparteneva a quel
mondo che ormai se ne va, un
mondo di cose semplici, dei
valori di una vita vissuta anche per gli altri, dedicata alla
sua grande fede, con l’amore,
immenso, che aveva verso i
bambini.
Quando nella nostra comunità mancano queste figure ci
sentiamo veramente un po’
soli. La sua casa a Pradeltorno era proprio davanti alla
scuola: quanti bambini ha visto passare, vocianti nei loro
giochi, con le loro risate allegre.
I miei ricordi tornano indietro quando bambina uscivo
da scuola e spesso passavo da
lei, una scodella di tè era
sempre pronta, preparata con
amore nella cucina che mai è
cambiata nel tempo; anche
quando ultimamente andavo a
trovarla, per me era come ritrovare un tempo lontano e la
certezza che le cose possono
rimanere intatte nel tempo;
anche se il mondo va velocemente nel suo degrado più totale, ci sono ancora valori così grandi vicino a noi, quando
sappiamo guardarli con il
cuore e soprattutto quando la
nostra famiglia ha saputo insegnarci a essere uomini liberi e consapevoli verso se stessi e gli altri.
A Mely dico grazie del bene che ha dato a me e ai miei
fratelli, di tutto quello che ha
fatto per noi, senza chiedere
mai niente. Le dico arrivederci, proprio come il pastore ha
terminato la sua preghiera.
Lilly
Ai lettori
Ci scusiamo coi moltissimi
lettori che ci hanno scritto in
questi ultimi tre mesi. Per
mancanza di spazio non abbiamo potuto pubblicare le
loro lettere. Lo faremo nei
prossimi numeri usando però
le forbici.
Preghiamo inoltre tutti coloro che vogliono scriverci di
farlo in modo conciso (massimo 1 cartella dattiloscritta).
Grazie.
Per la pubblicità su RIFORMA
^ TRS
f Tele Radio Stampa s.
via G. B. Fauché, 31 - 20154 Milano
tei. 02/314444-316374
fax 02/316374
T.l.
PREGHIERA
PINO CANALE
Questa preghiera è stata recitata il 18 aprile dal diacono
battista Pino Canale nella cattedrale di Reggio Calabria
durante i funerali del vigile urbano Giuseppe Marino, ucciso dalla mafia.
L’ospitalità è stata data nell’atmosfera di un rinvigorito
spirito ecumenico nella città.
Padre celeste, inesprimibile Signore dell’universo, creatore degli umani e delle bestie.
Noi ti preghiamo per l’amore che hai verso tutti.
Alzati indignato Signore, alzati furibondo prima
che i violenti ci sbranino come leoni!
Corri a difenderci, rendici giustizia.
Perché solo la giustizia dà la pace, solo la giustizia
dà la serenità e l’armonia.
Dai sicurezza agli uomini giusti, dai determinazione agli uomini giusti, dai loro di non tentennare.
Tu che sei un Dio giusto, castiga i colpevoli: nel loro stesso interesse, castigali.
Se essi non cambiano affila la tua spada.
Adesso essi, per depistare, concepiranno menzogne
e malvagità su questo omicidio: così facendo
opprimono il tuo popolo di mansueti.
Essi scavano fosse per gli altri ma, poi, essi stessi
vi cadono dentro.
Dai forza alla vedova, dalle la forza di allevare le
sue piccole nella memoria del padre affinché
il padre non muoia nel cuore delle figlie.
Proteggile e dai loro la certezza che un giorno lo
incontreranno nuovamente dinanzi a te.
Dai coraggio ai colleghi di Giuseppe, dai loro dignità.
Fai sentire ai colleghi di Giuseppe tutta la simpatia,
lo stesso pathos, del tuo popolo mansueto.
Ti chiediamo questo non per i nostri meriti, non ne
abbiamo nessuno, ma per i meriti di Gesù che
ci ha insegnato l’amore e la giustizia.
Amen, amen, amen.
RTECIPAZIONI
«£ non ci sarà più notte;
ed essi non avranno bisogno
di iuce di lampada, né di luce di
sole, perché li illuminerà
il Signore Iddio,
ed essi regneranno
nei secoli dei secoli»
Apocalisse 22, 5
Dopo lunga malattia, all'età di
76 anni, ha risposto alla chiamata
del Signore l'ing.
Reto Bonifazi
membro della Chiesa metodista di Terni.
Con infinito affetto e dolore lo
ricordano le sorelle Armida ved.
Manfren e Diana ved. Szanto.
Terni, 1 - maggio 1993
«Ecco io sono con voi
tutti i giorni, fino alla fine»
Matteo 28, 20
La Chiesa metodista di Terni
partecipa al dolore della famiglia
per la morte di
Reto Bonifazi
membro attivo della comunià.
Terni, 1® maggio 1993
I necrologi si accettano
entro le ore 9 del lunedì.
Telefonare al numero
011-655278 - fax Oli657542.
RINGRAZIAMENTO
«lo ho combattuto
Il buon combattimento,
ho finito la corsa,
ho serbato la fede»
Il Timoteo 4, 7
I familiari della cara
Alina Menusan ved. Long
riconoscenti, ringraziano di
cuore tutti coloro che con presenza, fiori, scritti, opere di bene e
parole di conforto sono stati loro
vicini nella triste circostanza.
Prarostlno, 4 maggio 1993
RINGRAZIAMENTO
Il marito, la mamma e i familiari
tutti della compianta
Carla Albarin ReveI
riconoscenti per la dimostrazione di stima e di affetto tributata alla loro cara, sentitamente ringraziano tutte le gentili persone che
con fiori, scritti, parole di conforto
e presenza hanno preso parte al
loro grande dolore.
Un ringraziamento particolare
vada alla direzione e al personale
tutto dell’Asilo valdese di Luserna
San Giovanni, al pastore Bellion
e a coloro che l'hanno assistita e
confortata durante la malattia.
Luserna S. Giovanni,
12 maggio 1993
^Organizzazione Trasporti ed Onoranze Funebri ■ v
Giaehero - Bessone - Peras§i I
I I ■■■— s.n.c.
Sede: Luserna S. Giovanni - Via L. Tegas, 43/4 - ^ 0121/909008
Torre Pellice - Viale Mazzini, 3 - •«» 0121/932400
Servizio Notturno e festivo: » 909537 - 909723 - 901201
16
PAG. 12 RIFORMA
Villaggio Globale
Londra: iniziativa delle chiese metodiste in Inghilterra contro la nuova povertà
Ascoltiamo il grido di angoscia degli esclusi
che si leva dai ghetti delle nostre città
VENERDÌ 14 MAGGIO 1993
_______FLORENCE VINTI_____
In una conferenza stampa,
tenutasi il 21 aprile nella
Westminster Central Hall di
Londra, è stata lanciata una
petizione denominata Grido
di angoscia dalle città, da
parte dei pastori John Vincent, dell’Unità teologica urbana di Sheffield, e Tony
Holden, segretario del Comitato per le missioni urbane
delle chiese metodiste della
Gran Bretagna.
Presentata nella forma di un
appello rivolto alla regina Elisabetta da 30 fra pastori e laici che lavorano nelle zone più
povere delle grandi città e
nelle «urhan estate areas»
(grandi zone fuori dei centri
urbani dove i Comuni, negli
anni ’50, hanno costruito migliaia di case popolari), la petizione afferma che se le condizioni attuali in cui vivono i
ceti più poveri ed emarginati,
condizioni che le chiese hanno tutti i giorni sotto gli occhi, continueranno a essere
ignorate e non comprese, queste diverranno presto un pericolo per tutta la nazione.
La petizione chiede cambiamenti drastici nella politica del governo conservatore
su istruzione, sanità, trasporti,
sui problemi razziali e quelli
dei senzatetto, oltre che sulla
povertà in generale.
Dice il testo: «Una numerosa minoranza si trova esclusa
in Gran Bretagna dal godere
realmente del diritto di cittadinanza, vivendo in una società che è incapace o non disposta a permettere che queste persone partecipino pienamente alla sua vita
Questa situazione iniqua è resa pericolosa dal fatto che
Quartiere popolare a Liverpool: le condizioni dei poveri in Gran Bretagna diventano sempre più gravi
questi oppressi vedono vicino
a sé r ostentazione della ricchezza, dal modo in cui viene
giudicato il valore e la professionalità delle persone, e
da un sistema che tende a
promuovere verso l'alto potenziali leader, lasciando così
i poveri divisi e disorientati.
Il risultato è una situazione
in cui intere comunità sempre
più esasperate e frustrate sono confinate in veri “ghetti"
dove tutte le cose che sono
descritte dalla pubblicità come indispensabili sono sistematicamente loro negate».
I fermenti e i disordini verificatisi recentemente in alcune zone di Newcastle-uponTyne, Bristol, Bumley, Blackburn e Huddersfield e in alcune altre grandi città sono il risultato inevitabile di tali situazioni. «Noi non crediamo che
tale violenza sia giustificata
- dicono i firmatari della petizione - ma ci preoccupa moltissimo il fatto che molti dei
fattori che producono fermen
ti sono presenti ovunque e
questi non potranno essere risolti con la semplice condanna, con la repressione poliziesca o tagliando i fondi per
l’assistenza».
La petizione mette in luce
diversi problemi specifici.
La povertà. Le condizioni
dei poveri in Gran Bretagna
diventano sempre più gravi e
il divario rispetto ai ricchi aumenta continuamente.
L’istruzione. La mancanza
di adeguati finanziamenti sta
producendo un abbassamento
dei livelli scolastici e il numero dei ragazzi che non adempie all’obbligo scolastico diviene sempre più grande; cresce la voce dei giovani delle
aree urbane contro le disfunzioni del sistema scolastico.
Assistenza agli anziani, ai
disabili e ai malati. Il taglio
dei fondi da parte del governo
non permette alle comunità
locali di assistere queste persone come sarebbe necessario.
La casa. Si stima che il numero dei senza tetto superi il
milione di persone. Nelle città
molti giovani senza casa dormono in ripari occasionali e
molti altri trovano ospitalità
temporanea in casa di parenti
o amici. La petizione chiede
che il denaro ricavato dai Comuni con la vendita delle case
popolari (incoraggiata dal governo Thatcher) sia reinvestito nella costruzione di nuove
case per coloro che possono
pagare solo affitti modesti.
Altri problemi affrontati sono la condizione giovanile e
la disoccupazione, le discriminazioni razziali, specialmente nel mondo del lavoro,
e lo sviluppo dei trasporti sociali in alternativa a quello
delle autostrade e dei mezzi
privati. La petizione è una voce chiara delle chiese, che
contrasta con la politica di
smantellamento dello stato
sociale voluta dai governi
conservatori di questi ultimi
anni.
f* _ •
orgtxmìi
uno spaccato
della realtà
delle fedi in Italia
il mensile italiano
dove dialogano
cattolici, protestanti,
laici, ebrei e musulmani
Abbonamenti: un anno lire 50.000 - sostenitore lire
100.000 - una còpia fife 5.000. Versamenti sui c^.
61288007 intestato alla coop. Com Nuovi Tempi, via
Firenze 38,00184 Roma, tei. 06/4820503
(anziché 110,
Berlino: convegno internazionale della Wacc
Per una corretta
informazione cristiana
.yT T n orientamento dei
>> mass media e della
loro strategia politica, per esseri umani, coraggiosi che
voglio prendere parte al futuro e coinvolgersi in modo
adeguato».
Questo è ciò che chiede
Urs Meier, del Servizio
evangelico di comunicazioni
a Berlino, nell’ambito di un
convegno dell’«Associazione mondiale per la comunicazione cristiana».
Nell’ambito del convegno
sono emerse svariate proposte, si è parlato di criteri diversi da quello delle vendite
o del peso della pubblicità
sui quotidiani. «Bisogna formare i giornalisti e le giomaliste secondo un criterio di
professionalità che trasmetta
conoscenze sulle connessioni
tra cultura e società, proprio
per garantire una diversa e
più raffinata informazione».
Un’altra proposta ha evidenziato l’importanza di
coinvolgere maggiormente i
lettori all’uso, e alla critica,
del giornale poiché propio i
lettori rappresentano la migliore forma di critica ai
mass media.
Ma a Berlino non si sono
incontrati per discutere
esclusivamente europei sul
ruolo dei media in Europa,
ma anche rappresentanti dei
paesi del secondo e terzo
mondo.
Dagli inviati dell’America
Latina e dell’Africa sono arrivate le critiche e le proteste
contro il dominio pressoché
assoluto che giocano i media
nordamericani e occidentali,
sulla loro perversa capacità
di modificare e falsificare le
notizie.
Per questo un lavoro comune e solidale con i partner
europei dell’Associazione
per le comunicazioni cristiane è fondamentale.
Anche Johan Galtung insiste sui rischi di un neocolonialismo europeo, che passa
soprattutto nella stampa e in
televisione, rispetto agli
sprechi, all’abbondanza dei
prodotti e al tipo di sviluppo
che viene propagandato.
Il presidente zairese Mobutu con il presidente francese Mitterrand
La situazione politica nello Zaire e nel Ruanda
Basta con ^appoggio
ai dittatori africani
Il 15 marzo scorso il prof
Mukendi Aubert, consigliere del primo ministro zairese, il pastore Philippe Kabongo-Mbaya e Jean Carbonare, presidente dell’associazione «Survie» sono stati
ospiti della Federazione protestante di Francia dove hanno fatto il punto sulla situazione nello Zaire e nel Ruanda.
«È necessario avere chiavi
di lettura per capire ciò che
sta avvenendo nello Zaire ha detto il prof. Mukendi
Aubert -. Mentre il presidente zairese Mobutu ha accettato il principio della democrazia nel 1990, non ha esitato a “comprare” voti ricorrendo alla produzione di
banconote. Il rifiuto della
popolazione di riconoscere
questa moneta ha provocato
un certo numero di morti. La
soluzione democratica è
quindi pensabile solo dopo
la partenza di Mobutu, che
non se ne andrà se non vi
sarà costretto».
Il pastore Philippe Kabongo-Mbaya ha aggiunto: «La
realtà è molto semplice: noi
non chiediamo ai governi
occidentali di sbarazzarsi
del presidente Mobutu. Chiediamo loro semplicemente di
smettere di appoggiarlo».
Durante un recente viaggio
negli Usa mons. Bokeleale,
presidente della Chiesa del
Cristo nello Zaire, ha apertamente chiesto un «rinvio» a
favore di Mobutu. Ma la
maggior parte delle chiese
riformate, riunite nella Conferenza riformata dello Zaire, non condivide questa posizione e sta lottando per un
cambiamento radicale a livello politico.
Il pastore Kabongo-Mbaya
ha dichiarato: «L’azione che
stiamo portando avanti serve
a dimostrare che la complicità con Mobutu è mortale
per il popolo».
Jean Carbonare, di ritorno
da una missione di inchiesta
organizzata dalla Federazione internazionale dei diritti
umani, ha affermato che il
regime dittatoriale al potere
nel Ruanda sopravvive grazie all’appoggio dei governi
occidentali e che occorre
continuare a interpellare il
governo francese.
«Un sentimento antifrancese si sta sviluppando - ha
spiegato -\ho sentito dire:
“Non crediamo più a ciò che
dite. Cambiate discorso ma
non cambiate atteggiamento" ».