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Anno 125 • n. 3
20 gennaio 1989
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delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
INTERVISTA A MONSIGNOR ABLONDI, PRESIDENTE DEL SEGRETARIATO PER L’ECUMENISMO
li maggior risultato della conferenza internazionale sulle armi chimiche, recentemente conclusasi a Parigi, sta probabihnente nel fatto che essa ha, forse
senza volerlo, ridimensionato
gli entusiasmi a cui si era giunti
dopo gli accordi USA-URSS sui
missili a breve e medio raggio.
Attraverso cinque giorni di
interventi e nelle righe di un
comunicato finale costruito sull’accuratissimo dosaggio delle
parole, si è avuta una riprova
di quanto delicati e fragili siano gli equilibri mondiali, non solo per quanto riguarda gli armamenti in se stessi, ma per Passetto dei blocchi, Tegemonia delle
superpotenze, le inquietudini interne e i conflitti fra i paesi del
Terzo Mondo.
USA e URSS sembrano accordarsi nella rinnovata disponibilità a ridurre i rispettivi arsenali, a compiere quest’opera di
smantellamento alla luce del sole (il rappresentante sovietico
ha garantito la possibilità che
da parte occidentale vengano
effettuati controUi in loco), ad
affermare le ragioni della pace.
Fin qui ci sarebbe di che rallegrarsi.
Alla prima ipotesi di documento comune, i paesi « poveri » e
alcuni non-allineati hanno opposto la richiesta di considerare
le armi chimiche unitamente a
quelle nucleari (appannaggio dei
più ricchi) in una medesima
prospettiva di disarmo.
Le armi chimiche rappresentano per questi paesi una certa garanzia, a fianco di quelle convenzionali, di fronte a nemici interni ed esterni, anche se da
decenni esse sono state impiegate dai paesi ocoidentaii (dai
100.000 morti della prima guerra
mondiale, all’uso che ne fece
l’Italia in Etiopia, al Vietnam).
La contrapposizione tra una
dotazione chimica (paesi arabi)
e una dotazione nucleare è ormai entrata nel conflitto araboisraeliano; e Tlrak ha provocato migliaia di vittime civili, fra
i curdi, presso Halabja.
Si fa strada a quest n punto la
sgradevole impressione che una
volta di più i giochi siano condotti a un certo livello, per essere vissuti sulla pelle di altri.
Non basta. Il documento di Parigi auspica per il futuro una
convenzione che proibisca uso,
accumulazione e produzione di
queste armi; ma non precisa
niente in materia di ricerca di
laboratorio; ciò significa che le
ricerche continueranno, e si
perpetueranno gli intrecci tra
ambito civile e possibile impiego militare. Come e più che in
altri settori, come quello dell’elettronica. A meno che non
scoppino altri casi al limite del
grottesco, come quello del coinvolgimento dell’industria tedesca in Libia.
La speranza è che, al di là delle dichiarazioni spettacolari, sappiamo tutti denunciare questi
compromessi e, soprattutto,
sappiamo offrire al paesi del
Sud del mondo altri modelli di
sviluppo (di cui finora li abbiamo espropriati), che non siano
quelli portatori di morte.
Alberto Corsanl
Uniti nei battesimo
divisi neila chiesa
Scoprire che le divisioni sono solo diversità e doni differenti dello stesso Spirito - Presentarsi a « Basilea ’89 » con una voce unica - Sì ai colloqui sui matrimoni interconfessionali
— La Settimana di preghiera
per l’unità dei cristiani ci richiama tutti, evangelici e cattolici, a
riflettere su due aspetti contraddittori del nostro essere cristiani;
da una parte la realtà storica delle divisioni che impediscono una
piena comimione tra le nostre
chiese, dall’altra la realtà dell’unico battesimo che reciprocamente riconosciamo e che esprime ü
nostro comune convincimento di
essere morti e risorti in Cristo,
nostro unico salvatore. Tu, come
vescovo cattolico, come vedi questa contraddittorietà, in se stessa
e in rapporto all’appuntamento
periodico della « Settimana »?
— Dici bene: due realtà contraddittorie: uniti nel battesimo e
divisi nella chiesa. Ebbene, penso che bisogna partire da ambedue le realtà contraddittorie e...
andare oltre. Bisogna, sì, ripartire dal battesimo per valorizzare
quanto abbiamo in comune: il dono dello Spirito che ci fa capaci
di dire insieme "Padre nostro";
i doni diversi che permettono di
arricchirci a vicenda; la Parola di
Dio da accogliere più profondamente e da diffondere più vastamente; la lettura dei « segni dei
tempi » che chiama i cristiani a
intervenire uniti, per essere più
efficaci nella crescita di fronte
ai bisogni dell’uomo. E, naturalmente, bisogna anche partire dalle divisioni: con il coraggio e con
la pazienza, del dialogo. Dialogo
che non deve però essere fine a
se stesso, quasi un... tranquillante. Dialogo invece che, nell’incontro, coraggioso perché fraterno,
deve scrostare tante divisioni per
scoprire che possono essere solo
delle valide diversità; deve rivelare che tante fratture sono da
attribuirsi più alla cultura, alle espressioni, alle formulazioni, ai condizionamenti storici
che alla dottrina; deve anche
sostare umilmente e rispettosamente di fronte ai valori oggi
inconciliabili, restando uniti nella
preghiera e nell’amicizia... e nel
dialogo ancora. E poi, dicevo, bisogna andare oltre. Sì, con la luce del battesimo e nel peccato
delle divisioni bisogna che le
chiese si aiutino ad affrontare
l’avventura che vive, del resto,
ogni cristiano. Come il cristiano,
con i doni del battesimo e nella
consapevolezza del suo peccato,
è chiamato all’incontro sempre
più profondo con il Signore ri
Monsignor Abiondi, vescovo
di Livorno.
sorto, così le chiese, con i doni
dello Spirito che hanno conservato e nonostante le divisioni, devono aiutarsi vicendevolmente
nel « costruirsi come comunità »
(è il testo della Settimana di preghiera) che rifletta quella comunione trinitaria che il Cristo ha
innestato nel mondo con la sua
morte e resurrezione.
— Tu, Mons. Abiondi, porti in
UNA DOMANDA RICORRENTE
Perchè mi hai fatto così?
« Piuttosto, o uomo, chi sei tu che replichi a
Dio? li vaso plasmato dirà forse a colui che lo
plasmò: perché mi hai fatto così?»
(Ep. ai Romani 9: 20).
Le nostre chiese della CEVAA sono confrontate quotidianamente da situazioni molto simili, per
quel che concerne i problemi di fondo. Questo,
tanto per quel che riguarda il servizio da svolgere nei propri rispettivi paesi, tanto per i rapporti
che intercorrono tra di loro e tra i loro popoli.
Rapporti sottoposti a tutte le tensioni, ambiguità
e fluttuazioni dovute agli avvenimenti mondiali.
Chiamati a credere e ad operare in un mondo
come questo? Parlare di giustizia e di pace a gente che, per la maggior parte, considera queste parole come vuote di significato (almeno del significato che cerchiamo di dar loro)? Annunziare la
.salvezza a chi potrebbe facilmente ribatterci che
un Signore come il nostro non agisce in modo abbastanza visibile perché lo si prenda in considerazione, per non dire che si occupa più degli uni
che degli altri?
Dov’è la provvidenza del Signore, « se permette
tutto questo ■»: che gli uni siano chiamati e gli
altri no, che vi siano sempre dei privilegiati di turno? Peggio: come stupirsi se tra di noi stessi sorgono a volte tensioni, incomprensioni, complessi,
sterili sensi di colpa? Si ha a volte l’impressione
che alcuni abbiano un « diritto di primogenitura »
molto simile a quello che Giacobbe è riuscito a
strappare ad Esaù...
Ed allora esplode la protesta. E’ quello che
Paolo descrive come l’assurda immagine di un vaso plasmato che dice al vasaio: «Perché mi hai
fatto così?» (Romani 9: 20).
Se vogliamo che la nostra testimonianza cristiana esca dal cammino oscuro in cui si è rabbiosamente convinti che le « ingiustizie » di Dio
continueranno, cessiamo di domandare (in modo
cosciente o inconscio) al Signore di renderci conto del suo operato.
Certo, egli non dirà mai sì ed amen a tutti i
nostri piani ed alle nostre idee, per fortuna. Sappiamo tuttavia che non intende che la situazione
di non-umanità si etemizzi. Aspetta soltanto che
.smettiamo di voler prendere in mano tale o tal
altro problema... che ci rimane poi regolarmente
in mano, senza che sapjnamo cosa farne.
E' necessario, è possibile, che riceviamo a nuovo la capacità spirituale di riconoscere la grazia
del Signore. Allora, ogni cosa troverà il suo vero
posto, malgrado tutto.
Sebastiano Brant, il cui poema « La nave dei
folli », scritto nel 1494, è stato recentemente adattato in francese^, scriveva già allora: « Se il Signore avesse voluto, avrebbe fatto di noi delle rose
profumate, ma ha preferito mescolarvi dei rovi
affinché si sentisse il peso della sua giustizia. I
giudizi di Dio seguono delle linee nascoste... Non
vi preoccupate dunque di regolare (...) il modo con
cui egli destina i doni della sua provvidenza ».
Non è, si badi, di rassegnazione che si tratta. E’
invece un atto di fiducia nel Signore che sa ciò
che fa e che, solo, ha veramente fatto qualcosa
per noi e per il mondo, in Gesù Cristo. Se sapremo trasmettere questa nostra speranza, avremo
fatto ciò che il Signore attende da noi, dovunque
ci troviamo a vivere.
Giovanni Conte
' SEBASTIEN BRANT: U nef des fous. Editions de La
Nuée Bleue. 1988.
seno alla Chiesa cattolica la responsabilità di presidente del
gretariato della (inferenza episcopale italiana per l’ecumenismo e il dialogo. Potresti darci
una panoramica ed tma valutazione della situazione attuale dell’ecumenismo in Italia, e indicarci quali prospettive intravedi per
il futuro?
— Potrei parlare dei rapporti
in Italia fra la Chiesa cattolica e
le altre confessioni. Ma le polemiche, purtroppo non assenti, e i
piccoli momenti positivi nella loro carica di speranza, sono conosciuti.
Preferisco sottolineare che il
Segretariato della CEI per l’ecumenismo è preoccupato soprattutto della crescita di una coscienza ecumenica di base nella
chiesa italiana. Per questo il tema del prossimo convegno annuale e nazionale, che si terrà in
giugno a Roma, riprenderà una
raccomandazione tanto ripetuta
da papa Giovanni Paolo li:
« L’ecumenismo è dimensione di
chiesa; Tecumenismo è priorità
pastorale ».
Per questo, in preparazione alla Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani lo scorso anno,
ho sentito il bisogno di scrivere a nome del Segretariato una
lettera a tutti i parroci d’Italia.
E sai quest’anno a chi mi sono rivolto? A tutti i Consigli pastorali
parrocchiali, dicendo loro, fra
l’altro: «Ebbene, proprio l’ecumenismo che vuole chiamare a comimione i tanti e i diversi, deve
essere di stimolo efficace, anzi
una vera scuola di comunione;
quando insegna a misurare ogni
azione non nella sua efficienza
ma nella comunione che crea;
quando invita a non avere paura
delle diversità ma a trasfigurarle
in un dono che arricchisce la comtmione; quando avverte la tragedia di ogni frattura nella chiesa o fra le chiese come scandalo
per i credenti e per i non credenti; quando ricorda che, nel
rapporto fra le chiese divise come nei rapporti di carismi e vocazioni diversi airintemo di una
stessa chiesa, tutto si deve fare
e soffrire prima di creare fratture, la cui rimarginazione è sempre tanto difficile ed imprevedibile ».
Vorrei sottolineare anche la
mia recente partecipazione a un
convegno liturgico nazionale, il
cui tema era: « Liturgia viva per
una parrocchia viva ». Ebbene,
non ho avuto dubbi nell’integrare
così il titolo della mia relazione:
« L’ecumenismo per una liturgia
viva e per una parrocchia viva »!
E la « base » ha accolto la preoccupazione ecumenica. Non sono
questi segni di speranza ecumenica nel mondo cattolico italiano?
(continua a pag. 2)
Intervista a cura di
Giovanni Scuderl
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commenti e dibattiti
20 gennaio 1989
DIBATTITO
Intesisti e non
Stato, chiese, libertà di coscienza: in che misura le Intese sono
legate al sistema concordatario? - Il rifiuto valdese dei privilegi
Ho letto con attenta partecipazione suirultimo numero di
Credere e comprendere (12/1988:
• Il risucchio del Concordato»)
la lettera aperta di Marcello Cicchese al Moderatore della Tavola Valdese e non nascondo di
aver trovato assai suggestive le
argomentazioni addotte contro le
Intese fra Stato e chiese evangeliche.
Mi sia concesso esprimere alcune valutazioni in merito, anche se rappresento soltanto me
stesso e non ho quindi altri titoli per intervenire nel dibattito se non quelli di semplice evangelico di base.
Per coloro che non fossero a
conoscenza del contenuto della
su citata lettera, ritengo doveroso riassumerne le principali linee.
Il Cicæbese parte dal convincimento che « ogni confessione
religiosa che firmi una Intesa
con lo Stato si espone alla giustificata critica di voler cercare,
se non proprio dei privilegi, quanto meno degli spazi protetti nell’ambito della vita sociale » (p.
16) . E giunge alla conclusione
che « era inevitabile che [le chiese evangeliche intesiste] andassero a cozzare contro la chiesa
cattolica che in fatto di Concordato sa il fatto suo. Hanno tentato di combatterla sul suo stesso piano e ne sono state risucchiate e umiliate. Risucchiate
perché hanno dovuto imitarne i
metodi; e umiliate perché non
hanno potuto imitarne i risultati» (p. 22).
Quali dunque gli spazi protetti (o i privilegi) ottenuti dalle
chiese intesiste? Innanzitutto,
• per chi si trovi sotto il cappello dell’Intesa valdese, le leggi sui
culti ammessi [del 1929-’30] non
valgono più, mentre per tutti gli
altri non cattolici continuano a
valere » (p. 16). Inoltre « nella
legge 449 la Tavola Valdese appare come un interlocutore del
Governo italiano in questioni di
carattere generale e fondamentale come la libertà di coscienza
dei cittadini e l’insegnamento
della religione nelle scuole ». L’Intesa insomma, « almeno in linea
di principio, conferisce alla Tavola Valdese una capacità di condizionare il modo di legiferare
della Repubblica italiana » (p.
17) .
Quali le conseguenze negative
di questa impostazione?
Intanto i valdesi si sono così
affiancati ai cattolici nel far valere una posizione di preminenza. Si esamini con attenzione appunto la legge 449: da un lato
essa è legge dello Stato e « quindi non vale solo per i valdesi,
ma per tutti gli italiani; però se
il Parlamento degli italiani vuole autonomamente modificarla,
non può perché prima deve sen
tire i valdesi! Così veniamo a
sapere che oltre al Vaticano esiste in Italia un altro organismo
ecclesiastico che in forza di un
suo accordo con lo Stato, ha la
possibilità di mettere sotto tutela il Parlamento per tutto ciò
che riguarda il contenuto dell’accordo» (p. 21).
In secondo luogo, se i valdesi
tentano di far valere l’Intesa per
difendere il carattere facoltativo
dell’insegnamento religioso nelle scuole, il Consiglio di Stato
chiarisce — in linea con il volere del Vaticano — che non può
essere l’Intesa con i valdesi a
fornire l’interpretazione autentica del Concordato. « In conclusione ogni cosa vien rimessa al
suo giusto posto: prima il Concordato e poi l’Intesa. E’ il Concordato che interpreta l’Intesa e
non viceversa. Che cosa sperano
i valdesi? Che la loro Intesa possa davvero condizionare gli accordi che si prendono in sede
di Concordato? Via, non scherziamo! » (p. 19).
D’altra parte, l’impostazione
intesista autorizza lo Stato a legittimare la discriminazione ftn
buoni (gli intesisti), cattivi (i ribelli che rifiutano l’Intesa) e gli
indesiderabili (coloro che, pur aspirando all’Intesa, sono sgraditi
alla chiesa cattolica) — oltre ai
superbuoni, naturalmente, cioè i
cattolici, privilegiati per eccellenza.
Quanto infine all’ora di religione, una volta accettata la logica
concordataria, l’unica proposta
valida resta la richiesta del diritto per gli evangelici di non
frequentare neppure l’ora alternativa; si vengono così a creare tre categorie di studenti:
« quelli che fanno l’ora di religione, quelli che fanno l'ora alternativa, e quelli che non fanno
niente ».
Sarà assai difficile spiegare agli studenti non evangelici i motivi per cui gli evangelici « possono evitare quello che per tutti pi altri è un obbligo» (p. 21).
In base a tutte queste considerazioni, le chiese intesiste — secondo il Cicchese — dovrebbero
avere l’umiltà di riconoscere il
fàllìmento della loro politica:
« Dopo di che, se si vorrà far
qualcosa per salvare il salvabile
in una situazione che sicuramente è molto peggiore di quella che
precedeva il nuovo Concordato
e l'Intesa valdese — conclude il
Cicchese —, spero che si avrà
l'umiltà di farlo con strumenti
non ecclesiastici, e per via non
concordataria, insieme a tutte le
persone di buona volontà che si
adoperano per aver leggi migliori per tutti e non norme speciali per pochi » (p. 23).
Fin qui la lettera aperta al
Moderatore: netta opposizione,
dunque, ad ogni tipo di Concor
reco
delle valli valdesi
settimanale delle chiese valdesi e metodiste
Direttore: Giorgio GardioI
Vicedirettore: Giuseppe Platone
Redattori: Alberto Corsani. Luciano Deodato, Adriano Longo. Piervaldo
Rostan
Stampa: Coop. Tipografica Subalpina - via Arnaud, 23 - 10066 Torre
Pellice - telefono 0121/91334
Registrazione: Tribunale di Pinerolo n. 175. Respons. Franco Giampiccoli
Il n. 2/89 è stato consegnato agli Uffici postali di Torino e a quelli delle valli valdesi il 12 gennaio 1989.
Hanno collaborato a questo numero: Carlo Gay, Luigi Marchetti, Lucilla
Peyrot, Gregorio Plescan, Bruno Rostagno, Aldo Rutigllano, Alfredo Sonelli. Franco Taglierò.
dato, e quindi di Intesa, come
già ebbero a sostenere Lelio Basso e altri insigni giuristi, nel
passato.
Sarebbe facile (e semplicistico,
forse) obiettare che troppo diversificata è l’area minoritaria
in Italia per consentire alla legge ordinaria di comprendere e
prevedere tutte le possibili obiezioni di coscienza, dal rifiuto dell’insegnamento religioso nelle
scuole, a quello del servizio militare obbligatorio, dalla opposizione al giuramento imposto per
legge (quaccheri), alla richiesta
del riconoscimento del diritto al
sabato (ebrei, avventisti) o al
venerdì libero (musulmani).
Certo è che se lo Stato fosse
veramente uno Stato di diritto e
avesse a cuore, come è suo inderogabile dovere, la libertà di
tutti anziché il privilegio della
chiesa cattolica, dovrebbe prevedere nelle sue leggi ordinarie ogni possibile situazione in fatto
di libertà di coscienza: tanto più
che ci stiamo avviando ad essere, nel giro di pochi anni, una
società nazionale multirazziale e
plurireligiosa (già i musulmani
sfiorano quasi il milione) con il
sopraggiungere di nuovi cittadini dal terzo mondo.
Il cammino verso la libertà
non è unico né cosi semplice come potrebbe sembrare a qualcuno. A me pare che le chiese intesiste non dovrebbero aver difficoltà a riconoscere di aver accettato l’Intesa in mancane di
condizioni obiettive migliori, data l’ambigua volontà concordataria dei nostri costituenti.
Ma l’intento vero di ogni uomo libero — laico, cattolico, evangelico, intesista o non — rimane quello di far valere al più
presto, per tutti, i vantaggi ottenuti da una parte. L’Intesa con
lo Stato deve considerarsi, in
sostanza, un semplice espediente tattico, capace di mirare alVeffettivo impegno strategico,
consistente in una legislazione
veramente democratica senza
privilegi per chicchessia e soprattutto senza leggi straordinarie
a favore di maggioranza o minoranze.
Del resto, che l’intesismo abbia solo un valore tattico — e
non rappresenti la conquista
strategica di una posizione di
preminenza — è dimostrato dal
persistente rifiuto da parte valdese di ogni privilegio; e non saranno di certo gli angusti spazi
protetti a cui fa riferimento il
Cicchese a far pensare ad una
volontà di dominio, se è vero,
come è vero, che la protezione
accordata non è servita neppure a garantire la libertà da un
insegnamento confessionale obbligatorio nelle scuole pubbliche.
Soltanto di pura tattica si tratta, dunque, al fine di ridurre gli
spazi — quelli sì, purtroppo! —
privilegiati, riservati alla maggioranza cattolica sempre più
prepotente.
E, come ben dice Galante Garrone in un artieolo su La Stampa (28 ottobre 1988), una volta
esperiti tutti i tentativi « tattici » per ottenere giustizia («la
ricerca di una amichevole soluzione fra la Santa Sede e la Repubblica italiana, un ampio dibattito e una deliberazione coraggiosa del Parlamento o in ultima istanza una decisione della
Corte Costituzionale »), se tutte
queste vie dovessero fallire, « non
resterà che battersi per l’abolizione del Concordato ».
Scontro frontale, muro contro
muro, dunque; oppure lenta e
progressiva erosione delle strutture concordatarie, fino al loro
completo svuotamento: due tattiche per un’unica strategia.
Paolo Angelerl
PROTESTANTESIMO IN TV
L’8 gennaio, in apertura, la
rubrica ha affrontato il tema
del conflitto medio-orientale
presentando immagini di due
momenti significativi: il discorso di Arafat all’ONU
il 13 dicembre e la grande manifestazione del 25 dicembre in Israele a favore
del dialogo con i palestinesi.
Il conduttore Malocchi ha dato la parola in proposito al vicedirettore dell’Ufficio OLP in
Italia e a S. Levi della Torre
(un arabo ed un ebreo, come
risulta evidente, riguardo ai
quali ci scusiamo di non saper
offrire informazioni più esau
del popolo di Israele abbiano
ancora una rilevanza dopo la
venuta di Cristo e se il fatto
che questo popolo abbia conservato una propria identità
attraverso secoli di persecuzione e dispersione rivesta un
suo significato.
Il secondo servizio riguardava la presenza valdese in
USA, con particolare riferimento alla chiesa di New
York. Le interviste al pastore
Janavel e ad alcuni membri di
quella comunità, originari di
Torre Pellice, Pinerolo, Perrero (c'è chi percorre 170 km
per recarsi al culto!), ci han
Due popoli
due stati
rienti). Il primo ha ribadito
che la scelta della pace, dato
ormai acquisito da parte delVOLP, deve trovare il suo
sbocco in una conferenza per
la cui attuazione la comunità
internazionale deve fare passi
precisi presso Israele. Il ser
condo intervenuto ha dato atto all’OLP di aver operato una
effettiva svolta ed ha dichiarato di condividere la formula "due popoli, due Stati", rispondente anche all’autorevole opinione di Abba Eban.
Questa posizione, che era propria di Israele nel ’47, risulta
oggi, inversamente, accettata
dai palestinesi e respinta dal
governo israeliano.
Interessante l’analisi sviluppata da Levi della Torre: è necessario che, nell’uno e nell’altro campo, si rinunci alla compattezza delle posizioni interne. Errò Arafat quando ad Algeri non volle dividere il movimento; similmente in Israele le forze aperte al dialogo devono rendersi conto che un
governo così "inattuale" non
può essere che transitorio e
devono pertanto distinguersi
con coraggio.
Maiocchi ha definito questo
scambio di idee un inizio di
discussione. Nel caso ciò significhi che ci saranno altri
spazi dedicati al tema, penso
che sarebbe interessante porsi il problema se — nella prospettiva biblica — le vicende
no ancora una volta reso evidente il forte senso di attaccamento di quei fratelli alla
propria identità spirituale e
sociale che non esclude (come
è risultato anche dall’intervento dell’infaticabile amico dei
valdesi F. Gibson) i legami
con le altre denominazioni
protestanti. E’ seguita la risposta ad una lettera da Iglesias di un giovane autodefinitosi comunista e credente che
identifica la "religiosità" dell’uomo con l’impegno verso il
prossimo e il libero sviluppo
della personalità dei singoli.
Questo, dice G. Girardet, si inserisce per noi nell’incontro
con il Dio vivente "che ha parlato e parla". E aggiunge questa definizione del protestantesimo: "Un cristianesimo riportato alla semplicità e all’essenzialità, nel rifiuto della mediazione".
(I dati — utilissimi ■— riguardanti le nostre pubblicazioni avrebbero però dovuto
essere riportati a chiare lettere sullo schermo).
La trasmissione si è chiusa
con un’incursione in un teatro
romano dove viene rappresentato il ’’Galileo" di Brecht. Di
qui si è tratto spunto per annunciare una prossima serie
di servizi dedicati all'attualissimo tema del rapporto scienza e fede.
Mirella Argentieri Beln
Uniti nel battesimo
divisi nella chiesa
(segue da pag. 1)
Speranze nei rapporti ecumenici?
A breve termine: perché non sperare che i cristiani italiani si preparino e si presentino alla Assemblea ecumenica europea con
un documento comune? E, a termine più lontano: perché non
sperare ancora in un organismo
permanente interconfessionale di
consultazione, confronto e collaborazione fra le chiese in Italia?
— Come sai già, il Sinodo delle
chiese valdesi e metodiste, per la
prima volta nella storia, ha nominato una sua commissione per
iniziare dei colloqui ufficiali con
la controparte cattolica sul tema
dei « matrimoni interconfessionali ». Come vedi tu questo fatto nuovo nei rapporti tra Chiesa
valdese e Chiesa cattolico-romana? Cosa ci si può legittimamente attendere da questi colloqui
specifici?
— Come tu dici, veramente è
un fatto nuovo. Credo che da otto
secoli non si realizzi in Italia un
dialogo così... ufficiale! Quando ci
penso, ringrazio il Signore; perché, è vero, ci sono stati inviti,
incontri, insistenze, ma... la somma è superiore agli addendi.
Cioè, siamo di fronte solo a un
dono dello Spirito. Infatti noto
' tanto stupore, sorpresa, attesa,
quando ho occasione di darne notizia. Ma proprio poiché si tratta
di un dono dello Spirito, affidiamoci alla preghiera perché le
commissioni valdese e cattolica
sappiano confrontarsi con fraternità, siano consapevoli dell'attesa
non solo da parte delle chiese ma
di tante famiglie (si tratta dei
«matrimoni misti»), comprendano che hanno la responsabilità di
un primo passo che può segnare
l’inizio di un grande cammino.
Intervista a cura di
Giovanni Scuderl
ERRATA-CORRIGE: Per motivi tecnici in alcune copie del
giornale il titolo dell’articolo di
pag. 12 « Il costo degli ospedali »
risulta incompleto. Ce ne scusiamo con 1 lettori.
l
t
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20 gennaio 1989
marta e maria
GRATITUDINE E INCOMUNICABILITÀ’
La lettera
che vorrei ricevere
Madre e figlia: un rapporto che interroga se stesso solo a distanza
Cara mamma,
che hello arrivare a trent'anni e. capire tante cose. Si
è così inconsapevoli e crudeli in gioventù! Mi auguro
che anche tu lo sia stata, ai
tuoi tempi, così da non sentirmi tanto più sciocca di te.
Sono in un bel paese pieno di luce e di aria e faccio,
come sai, un interessantissimo lavoro che mi soddisfa
tanto. E’ creativo, variato,
offre mille possibilità di incontri, di esperienze, di impiego dei propri talenti e...
rende parecchio. Sono tanto
felice di aver potuto prendere questa strada e... penso a
te. Chissà mai se saprò dirti
quanto penso e cosa penso.
Penso che anche tu avevi,
come me, mille talenti, mille energie, mille voglie di fare tante belle cose. Eri, e
sei ancora, imprenditrice,
fantasiosa, intelligente, acuta, creativa. Io ti ho sempre
vista come una gran donna,
e per questo forse sono stata tanto cattiva con te, ti ho
negata e ferita tanto. Forse
mi sentivo inadeguata, forse mi sentivo in competizione... Chissà. Si cresce e si
invecchia fingendo di niente.
Anche tu, bene o male, hai
fatto lo stesso. Sapevi, ne
sono sicura, di avere delle
possibilità, ma ti avevano
imposto di non tenerle in
conto, di considerarti megalomane e velleitaria. Io, piccola egoista, mi son sempre
soffermata poco sulla tua vita, ma alcune cose sostanziali mi si infiltravano nella
mente mio malgrado. So di
sicuro che se tu fossi stata
un maschio, persino i tuoi
discutibili genitori ti avrebbero potenziata di più. Come femmina indesiderata,
invece, non dovevi esserci.
E anche noi abbiamo continuato in buona misura a negare la tua esistenza, noi figli tanto amati e tanto incoraggiati da te ad andare verso la vita con piena gioia di
viverla. Non posso continuare queste considerazioni perché scriverei un romanzo e
mi verrebbe il nodo alla gola (a dire il vero ce l'ho già).
Vorrei solo dirti una piccola cosa, una delle tante che
mi bruciano, non in testa,
ma nel cuore, nelle viscere,
sotto la pelle.
Tu, mamma, pensi spesso,
anche senza pensarci, che la
tua vita sia stata un totale
spreco di tutto. Noi siamo
così piccoli e fragili, molto
molto più fragili di quanto
non sia mai stata tu, da non
voler mai parlar.e con te di
cose importanti. Noi ci sforziamo di stare alla superficie delle cose perché andando un po' più in giù ci girerebbe la testa, e anche con
L questo atteggiamento ti fac
CONFRONTO FRA GENERAZIONI
Debolezza e forza
della maternità
Una « terra di nessuno » per chi si è dovuta
ribellare e si vede ora abbandonata dai figli
damo male, ti priviamo di
un conforto. Ma, nostro
malgrado, in qualche angolo
della nostra coscienza qualcosa ci turba e ci crea rimorsi. E' vero: tu hai fatto e hai
avuto meno, molto meno di
quanto sarebbe stato giusto.
Tu hai sempre odiato lo spreco e hai sprecato te stessa.
Ebbene, mamma, non completamente, sappilo. Questo
voglio dirti. Nel tuo modesto impegno quotidiano, così oscuro, così labile, così privo di riconoscimenti, tu hai
creato tante situazioni, emozioni, atmosfere che ci hanno aiutato a crescere bene,
con gioia, con armonia, con
felicità. Penso a come hai
coltivato i colori, i sapori,
gli odori, l’aria, la musica, i
fiori; penso al tuo modo di
arredare la casa e di curarla, all’amore con cui hai sempre cucinato e imbandito la
tavola, agli entusiasmi con
cui andavi incontro agli amici e alla vita.
Poi, sì, ti piombava addosso la melanconia e veniva
fuori da te quel dolore profondo che ci era insostenibile. Eri, a volte, così tragica
e così sola, così disperata e
così finita. Noi ci stringevamo l’un l’altro, affogando nei
giochi il nostro sgomento.
Ma era terribile, mamma,
sentire tutto il peso della tua
sofferenza. Certo, anche papà si difendeva, papà buono, papà assente, papà inconsapevole della sua quota
parte di responsabilità. Ma
anche dal tuo grigiore veniva sempre la conferma di
quanto tu credessi, coraggiosamente ostinata, alla bellezza, all’armonia della vita.
Col cuore in tumulto, la gola stretta, gli occhi pieni di
lacrime non sempre trattenute, continuavi a produrre,
a reggere, a curare tutto.
E poi ridevi anche e raccontavi storielle e facevi il
clown e facevi quegli straordinari show per cui soffocavamo dalle risate. E cantavi,
ma noi questo te lo abbiamo
impedito fin da piccoli perché la tua, per noi, era musica melensa e sorpassata.
Mamma, lo so, bisognerebbe parlarsi di più, ma bisognerebbe anche pensare
meno e sentire meno. In te
era tutto così pregnante e intenso e complicato e sugoso.
Una fatica mostruosa. Una
ubriacatura continua. Vedevi tutto, arializzavi tutto, indagavi su tutto. E papà era
così semplice, limitato, superficiale. Un divario assurdo tra voi, uno scompenso
che mi faceva star male. E
io me ne sono andata e mio
fratello se n’è andato. Ma
non è di questi tristi aspetti
della nostra vita che ti voglio
parlare. Volevo dirti che ci
hai dato tanta bellezza, tanta armonia, tanta gioia e anche — pensa, sembra un paradosso — tanta allegria. E
in quel tuo continuo fare con
i fiori, con la cucina, con i
lavori a maglia, con l’amorevole riordino delle cose e la
disposizione fantasiosa degli
oggetti, c’era tanto ottimismo
in te, c’era tanto rispetto per
la vita e amore, amore vero
per la vita. E questo io ricordo, e di questo ti ringrazio.
Mamma, sono scappata
presto, vengo a trovarti poco, passo spesso sotto casa tua, sotto casa nostra,
e non salgo a salutarti. Poi,
magari, ci incontriamo alla
posta o al cinema per caso,
e io mi vergogno, mi sento
un verme. Un tempo ti ho
detto che la comunicazione
mi uccide. E’ vero, è ancora
vero. Forse ho l’animo ingombro di sentimenti confu.si. Ma mentre lavoro in questo bellissimo paese pieno di
aria e di luce, in mezzo a
gente simpatica che mi ama
e mi diverte, mentre penso
che tu hai goduto poco e ti
sei tenuta dentro un mare di
cose importanti, voglio anche dirti che non ti deve sembrare sprecata la tua vita
perché tu hai amato, ci hai
amati e ci hai insegnato ad
amare. E di questo noi figli,
malgrado la nostra incapacità di comunicare e di partecipare, ti siamo profondamente grati.
Reginella Boccara
Continuiamo la nostra riflessione a più voci sul rapporto
madre-figlia, che su queste pagine è stata condotta in maniera
per lo più inedita. Se infatti questo delia maternità è stato uno
dei primi argomenti di analisi
e dibattito del movimento delle
donne, lo è stato a partire « dal
punto di vista » della figlia: erano figlie quelle generazioni del
neofemminismo degli anni 70
che con il « partire da sé » hanno inventato un nuovo sguardo
su! mondo e trasformazioni radicali del modo di vivere, una
delle grandi rivoluzioni del nostro tempK), di cui ancora non
si ha piena e diffusa coscienza.
Alla maternità si è arrivate
in varie tapp»e: prima come liberazione da un ruolo così « obbligato » nei secoli da diventare
quasi un destino (tutta la battaglia per una libera sessualità e
per la scelta autonoma di avere figli — contraccezione e aborto), e allora l'accentuazione
della sorellanza, del rapporto orizzontale di parità. Poi, la maternità soprattutto intesa come
gravidanza e parto: in rapporto
al corpo che si modifica, e alle
strutture (osp>edali, consultori,
day-hospital). Infine, la maternità vista come creatività femminile ( « partoriamo idee, non solo figli! », slogan del nostro primo femminismo torinese), l’analisi del millenario silenzio delle
donne e la gioia dell’imparare a
dire, a inventare e creare dal
proprio vissuto nuove immagini
del mondo.
Individuo oppure
funzione?
In quest’ultima fase, la paritaria sorellanza viene sentita come eccessivamente egualitaria, e
quindi costrittiva di quella clamorosa scoperta dell’individualità, scoperta ben grossa rispetto all’essere sempre state storicamente funzione (figlia, moglie,
madre, ecc.), legata alla dimensione della creatività femminile.
La donna allora diviene madre
di se stessa, ma per fare questo
ha dovuto percorrere il lungo
e asipro cammino della coscienza di sé, che ha significato, in
campo strettamente culturale, la
ricerca delle madri, la riscoperta cioè e la valorizzazione delle
figure di donne (le politiche, le
intellettuali, le artiste) che sono
state le nostre radici, i punti di
riferimento, coloro a cui guardare e da cui ricavare una coscienza orgogliosa di un « filo
rosa » nella storia, la certezza di
un’appartenenza di genere e al
tempo stesso la conferma di potenzialità e realizzazioni, il rispecchiamento critico della propria soggettività.
Il punto di riferimento e di
confronto sempre di più diventava così non la figura maschile
(dal rapporto con la quale era
scaturita, in opposizione, tutta
la contestazione di una autonoma presenza delle donne), ma
le altre figure di donne nel passato e nel presente, e non più
considerate nei secolari ruoli e
funzioni del millenario silenzio
femminile, ma nel loro dirsi, nella loro autonoma creatività.
Ecco la rinnovata importanza
oggi del rapporto madre-figlia,
che il movimento delle donne
va indagando in tutte le sue valenze simboliche, e su cui esiste
una interessante letteratura, di
cui talora abbiamo cercato di
rendere conto in queste pagine.
Ma che cosa era successo a
quelle donne che in questi anni,
nel frattempo, avevano avuto l’e
sperienza della maternità e dell’educazione dei figli? A quelle
donne che si ponevano con questa nuova coscienza di sé anche
nel rapporto con la loro prole
— e, maschi o femmine, la questione si poneva ben diversamente? Una testimonianza —
ritengo davvero preziosa e inedita — l’abbiamo avuta e l’abbiamo su queste pagine, con la
sincerità e la passione del « partire da sé », dell’analizzare il vissuto, con la coscienza che non
si tratta del privato da confinare tradizionalmente tra le quattro mura di casa, ma che « il
personale è politico ».
Un modo di essere
Le madri della generazione dell’emancipazione e del femminismo hanno cercato di praticare
un percorso del tutto nuovo, di
inventare nel quotidiano un modo-di-es sere-madri che tenesse
insieme la complessità della coscienza della condizione femminile e l’impegno per un mondo
che fosse davvero alternativo, e
che davvero cambiasse dalle radici, con la costruzione di p>ersonalità diverse, il modo d’essere
e di vivere. Come le insegnanti,
le psicologhe, le pedagogiste e le
giomaliste femministe, hanno
praticato un progetto educativo,
culturale e politico di trasformazione.
E adesso che cosa si trovano?
I figli sono ormai adulti, indipendenti come li avevano sognati,
e come si erano impegnate a costruirli. E le madri ora si sentono sole, con la sensazione del
vuoto per il gran dispendio di
energie, ma la volontà di non
rinchiudersi nei tradizionali meccanismi difensivi, i ricatti affettivi del materno che loro stesse
in quanto figlie avevano ben sperimentato. Eppure, con l’impressione di aver patito — per la
presa di coscienza di sé — una
doppia ingiustizia: quella dell’essere state figlie che per realizzarsi compiutamente come donne hanno dovuto ribellarsi alle
madri, e quella dell’essere madri che, per aver voluto coscientemente costruire donne e uomini liberi, patiscono ora l’abbandono dell’indipendenza dei figli.
Da questa « terra di nesstmo *,
forse ineliminabile passaggio
della trasformazione, esse esprimono la loro amara e dolorosa
protesta.
Eppure davvero l'autonomia
dei figli e delle figlie è una loro
vittoria. E’ una vittoria di queste donne anche il poterne parlare e fame oggetto di pubblica
riflessione. Io penso che la generosità dell’aver costraito a
spese di sé il futuro e il coraggio deH’esprimere oggi la debolezza (e non solo la fierezza e
la forza) del materno, sia una
grande premessa di fecondità,
per l’oggi e per il domani, poiché è ricerca della verità, che
rende sempre liberi.
Piers Egidi
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4
4 vita delle chiese
20 gennaio 1989
TORINO - OSPEDALE EVANGELICO
Per un autentico
ascolto della Parola
Il gruppo dei visitatori: che cosa dire? come comportarsi? che rapporto instaurare con i malati? - Le prime indicazioni del dibattito
Le chiese evangeliche di Torino esprimono un gruppo di persone, denominato « gli amici dell'ospedale ». Ogni mese si riuniscono e verificano il senso della
loro presenza: presentazione ai
nuovi arrivati per un benvenuto,
contatto settimanale con chi lo
desidera, invito per il culto domenicale, gestito da "fratelli",
battisti, salutisti e valdesi. Di
qui sorgono alarne domande a
cui fanno fronte alcune risposte: a chi parliamo? Di cosa
parliamo? Chi predichiamo? Quali testi biblici e non biblici sono
generalmente usati nel culto domenicale?
Sappiamo che il problema riguarda tutti i nostri ospedali:
Torino, Pomaretto, Torre Penice, Genova, Napoli e che una ricerca comune sarebbe utile p>er
tutti.
La sera del 13 gennaio erervamo pochi: una decina.
A Torino, nel culto domenicale dell’ospedale, gli uditori sono
i malati, i loro parenti ed amici, qualche infermiera e, raramente, qualche medico.
Rischi e possibilità: tutti ritengono che il rischio maggiore
dei « visitatori » consista nella
« predicazione di se stessi »: la
nostra fragilità, il nostro « caso », il nostro « lamento », la filosofia del « coraggio! » comodo
per chi sta bene, difficile per chi
Tascolta — una conversazione generica sul clima, sulle vicende
politiche o sanitarie della nostra
città; ma tutti avvertono le possibilità inerenti ad un incontro
autentico con quel nrossimo che
dall’oggi al domani arriva senza sapere bene perché e fino a
quando dovrà durare il « soggiorno »: tempo di distrazione o
di attesa? tempo di meditazione?
tempo utile o inutile? Come impiegarlo? come in una pensione?
come in una interruzione? come
in un tempo di sosta « militare »,
con licenze o con obblighi di
frequenza? Gli imi si vedono riportati ad un tempo d’infanzia
o di giovinezza; gli altri, fra letture di libri, giochi di carte e
« modesto » ascolto di musica,
cercano di fare passare la giornata e la nottata.
Importante
è ascoltare
Il « visitatore » (laico o pastore) ritiene, in generale, suo dovere primario Vascolto: come si
delinea il profilo del malato, quali sono le richieste. Come si orienta il colloquio?
Il colloquio assume un carattere « religioso »; c’è allora chi
tende a giungere al più presto
alle domande ultime: qual è lo
stato di preparazione del malato davanti alla vita e alla morte? Ma la linea principale è quella del « rispetto totale del malato come persona »: non siamo
mai davanti a un oggetto, ma
ad un fratello impegnato in una
lotta con se stesso.
Quali testi? Biblici: l’episodio
degli incontri di Gesù con Nicodemo, la Samaritana, le parabole gli Atti degli Apostoli. Non
biblici: Le confessioni di Agostino, i Pensieri di Blaise Pascal,
gli scritti di un Monod, di un
Martin Luther King, di Bonhoeffer, di Albert Schweitzer...
Caratteristiche degli ospedali:
abbiamo pochi ospedali evangelici, e la maggioranza dei de
genti non è protestante, ma cattolica, laica, o indifferente.
Un visitatore osserva che molti malati sono grati di non essere disturbati, ma di sentire garantita la loro « privacy ».
Da alcuni anni i degenti, appena odono parlare di Bibbia,
temono e rifiutano un discorso
come quello dei Testimoni di
Geova.
Vorremmo che nel dibattito
attuale i molti evangelici si sentissero coinvolti nella loro « esperienza » di soggiorni vissuti
in ospedali laici o cattolico-romani. Ma anche in quest’ultimo
caso bisogna saper distinguere
caso per caso.
Le prime conclusioni del nostro dibattito, per ora a corto
raggio, sono così riassumibili:
a) richiesta della massima libertà, da parte del malato, nei
confronti della propria interiorità;
b) disponibilità dei visitatori
ad una « collaborazione attiva »,
non ideologica, in base allo stato della malattia e su parere dei
medici;
c) necessità, ben sottolineata,
che i visitatori siano « portatori
di una speranza »;
Dunque?
d) utilità di essere mandati
da una comunità, per evitare i
rischi di un individualismo irresponsabile;
Molti hanno l’impressione che
il « cappellano » sia troppo preso dalla problematica delle « ultime ore di vita», per cui l’ultima ora può essere quella di una
fine con o senza conversione, e
cioè con o senza assoluzione.
Altri ricordano il passaggio rapido e abitudinario del cappellano come una visita simpatica,
fatta di ricordi di amici comuni, o di tempi passati insieme
a valdesi militari, in prigionia
o in libertà.
e) ricerca di un’atmosfera che
non accentui il distacco dalla
normalità quotidiana, extraospedaliera;
f) necessità di intensificare il
dibattito sui diritti dei malati e
dei morenti, non per amore di
una polemica parólala, ma per
rendere possibile negli ospedali
evangelici o cattolici o pubblici
un autentico colloquio, che si
traduca in un ascolto libero e
obbediente della Parola di Dio,
e che possa diventare preghiera.
G. C.
ESPERIENZA SIGNIFICATIVA
Giovani a confronto
Scambi e incontri sono sempre più frequenti
Luisa Rivoira, giovane studentessa di San Secondo, ha soggiornato per nove mesi a Berlino su
invito dell’Associazione dei giovani evangelici tedeschi. Alcuni
animatori giovanili delle chiese
tedesche, che ben conoscono la
realtà del protestantesimo italiano, di Agape e della FGEI, erano infatti fra gli organizzatori
di un « hearing » (in italiano:
udienza) sul problema del debito estero dei paesi del terzo
mondo nei confronti dei paesi
ricchi. La consultazione ha avuto luogo alla fine di agosto. Che
cosa ci puoi dire di questa tua
esperienza?
« La mia partecipazione a questo "scambio” era legata alla preparazione del '’controcongresso"
sulla riunione che un mese dopo, a settembre, era stata convocata, sempre a Berlino, dal
Fondo monetario intemazionale
e dalla Banca mondiale; ma la
realtà di questi scambi è ovviamente più articolata, molti sono
anche i giovani evangelici che
vengono in Italia a prestare opera di volontariato, o a svolgere il loro servizio civile.
Io sono partita tramite un’associazione legata al Consiglio ecumenico, che organizza soggiorni più lunghi, sui due-tre anni,
che tendono a stabilire dei collegamenti con i gruppi giovanili
esistenti localmente».
Questi scambi interessano solo giovani europei o avvengono
anche a livello mondiale?
« Avvengono anche fra i vari
continenti, e ovviamente con gli
squilibri per i costi, che riflettono la situazione economica internazionale. E’ più costoso far
venire in Europa un giovane africano che non il contrario. Ma
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Assemblea di chiesa
TORRE PELLICE — La chie
sa ha deciso, in occasione della
-domenica della CEVAA, di appoggiare il progetto di Azione
apostolica comune per l’invio
in Nyengo-Zambia di una équipe di quattro persone (un pastore, un medico, un tecnico
idraulico, un agronomo).
La decisione, presa dal concistoro, di sostenere tale progetto, diventa anche un’occasione
per ricordare le sorelle Graziella dalla ed Elisa Coisson Giampiccoli che in quel lontano paese hanno a lungo e con coerenza anmmciato l’amore di Dio.
• Sempre domenica 15 gennaio, ma nel pomeriggio, ha avuto luogo una assemblea di
chiesa avente come oggetto la
nuova impostazione della materia finanziaria proposta dal Sinodo.
L’incontro ha dato la possibilità di rilevare come attualmente già si sia incamminati sulla
strada di una contribuzione
« dal basso » e proporzionale al
reddito, pur se questa proporzione si aggira sulTl,5”/o.
Si è anche discusso della proposta di defiscalizzare le libere
offerte a favore della chiesa,
nonché dell’impegno economico
rispetto alla diaconia che riguarda direttamente tutti, come singoli, come chiese.
• E’ stato celebrato il matrimonio di due fratelli non vedenti: Riccardo Boaglio di Bagnolo
e Yosef Tsehaynesh, appartenente alla comunità evangelica dell’Asmara.
• L’Evangelo della resurrezione è stato annunciato in occasione dei funerali di Giulia Paschetto ved. Frache di anni 83,
Carolina Raima ved. Jalla di
anni 89 e Maria Bemoulli ved.
Tron di 91 anni.
Giovani
a questo proposito è veramente
rimarchevole il tentativo di capovolgere la vecchia logica del
colonialismo: non si va solo più
dal Nord verso il Sud, ma si
cerca di favorire una continua
condivisione, cercando di avere
qui in Europa dei giovani degli
altri continenti, per imparare la
loro cultura ».
Che impressione ti ha fatto lavorare per questa consultazione?
« E’ stato interessante il fatto
di collaborare all'organizzazione
di una "macchina" piuttosto complessa: il lavoro preparatorio per
V "hearing", l’udienza (alla quale sono convenuti moltissimi
stranieri, ed esponenti di paesi
in via di sviluppo, in modo particolare latinoamericani), andava
dalla ricerca degli esperti e degli oratori (fra cui, per l’Italia,
Alberto Castagnola, del Centro
IDOC), alla sistemazione logistica dei convenuti, alla "reception", il tutto in collaborazione
con altri gruppi, associazioni e
chiese, giacché l’incontro era ecumenico ».
Che cosa pensi che si possa
fare in Italia?
« Sui temi del debito estero,
dello sviluppo e del sottosviluppo, è già stata avviata una grande campagna "Nord-Sud; biosfera, sopravmvenza dei popoli": si
è già avuto un primo congresso
nel marzo scorso, e scopo della
campagna è mettere l’accento
sull’aspetto "ecologico" del debito: .si tratta di contribuire a invertire una tendenza al depauperamento delle risorse che finirà per avere conseguenze nefaste per il mondo intero ».
A cura di
Giorgio Boaglio
VILLASECCA — Domenica 29
gennaio alle ore 15 il gruppo
giovani della vai Germanasca
presenterà « Faccia da turco »,
programma di canti e scenette
sull’emigrazione.
• Domenica 22 gennaio i catecumeni del IV anno, accompagnati dal pastore, visiteranno i
luoghi storici della vai d’Angrogna e il museo di Torre Pellice.
• Il culto di domenica 22 sarà presieduto dal predicatore
locale Luigi Marchetti.
Lutti
Provvista pastorale
• Il ciclo di incontri sulla 1“
Lettera ai Corinzi inizierà lunedì
23 gennaio, alle ore 20,30. Gli incontri si svolgeranno al lunedì e
non più al venerdì.
• Le riunioni quartieraU avranno luogo il 19.1, Centro; 24.1, ’Tupini (fam. Ghigo); 26.1, Grange
(fam. Chambón); 31.1 Dubbione
(fam. Vinçon); 3.2, Chenevières.
Riunioni quartierali
ANGROGNA — Le riunioni
sui problemi finanziari della chiesa si concludono lunedì 23 al Serre e martedì 24 a Buonanotte;
tutto l’argomento verrà quindi
ripreso nell’assemblea di chiesa
di fine mese.
MASSELLO — E’ mancata all’età di 78 anni Enrichetta Pons
ved. Tron, originaria di Càmpolasalza ma residente da molti anni al ReynaUd, che non lasciava
nemmeno nei mesi invernali.
Esprimiamo ai figli Claudio e
Graziella e alle loro famiglie la
nostra solidarietà più sincera per
la perdita della loro mamma.
POMARETTO — Presso l’ospedale di Pinerolo è deceduto il
fratello Albino Barai, di anni 88,
residente ad Inverso Rinasca. Ai
familiari in lutto la comunità
esprime la sua cristiana simpatia.
PRALI — Le prossime riunioni quartierali avranno luogo il 19
gennaio ad Indiritti; il 24 a Malzaf, 25, Orgere; 26, Pomieri-Giordano ; 31, Ghigo.
19 e 20 gennaio
□ SETTIMANA
DI PREGHIERA
PER L’UNITA’
DEI CRISTIANI
TORRE PELLICE — Giovedì 19, alle
ore 20.45, presso la foresteria valdese, incontro sul tema: « Il battesimo
nella prospettiva protestante e nella
prospettiva cattolica. Le attese delle
coppie miste
Introducono il past. Platone, don Polastro, i coniugi Salusso (coppia mista di Torino).
PINEROLO — Venerdì 20, alle ore
20,45, nella sala della chiesa valdese
di via dei Mille 1. incontro sul tema: • Come le nostre comunità preparano e vivono il battesimo. Esperienze pastorali a confronto - problemi
aperti
Venerdì 20 gennaio
□ INCONTRO
RAPPRESENTANTI
UNIONI FEMMINILI
VILLAR PEROSA — Alle ore 14.30,
presso il Convitto valdese, ha luogo
l'incontro delle rappresentanti delle
unioni femminili delle valli, di Torino
e dell'Esercito della Salvezza per organizzare la Giornata mondiale di preghiera delle donne. Etopo la proiezione di alcune diapositive sarà .presentato il tema: « Signore, insegnaci a
pregare ».
Domenica 22 gennaio
a ASSEMBLEA
TERZO CIRCUITO
VILLASECCA — Nei locali della
chiesa di Chiotti, alle ore 14.30, si
svolge un'assemblea straordinaria: in
discussione le celebrazioni per il 3°
centenario del Rimpatrio.
VILLAR PEROSA — L’assemblea convocata per il 5 febbraio,
oltre a discutere la relazione finanziaria, dovrà procedere a una
importante decisione: la Tavola
Valdese, in considerazione delle
difficoltà insorte per la nomina
del pastore Giovanna Pons a Villar Porosa, a causa di motivi di
famiglia, ha dovuto modificare il
proprio piano e propone alla nostra chiesa la nomina del pastore Thomas Noffke. L’assemblea
dovrà pronunciarsi su questa
nuova proposta.
n ANIMATORI
GIOVANILI
PINEROLO — Organizzato dalai CEO
del r distretto, presso i locali della
chiesa valdese di via dei Mille, ha
luogo un incontro di formazione per
animatori giovanili. Ogni gruppo o
unione giovanile del distretto è invitato ad Inviare i propri responsabili e
i giovani più interessati. Inizio alle
ore 14.30.
Domenica 29 gennaio
r • r
n ASSEMBLEA
PRIMO CIRCUITO
TORRE PELLICE — Il dibattito organizzato dalla CEO sulla cultura alle
valli ha a tutti gli effetti valore di
assemblea dì circuito che è dunque
convocata per le ore 14.30 presso
la foresteria valdese.
I
5
20 gennaio 1989
vita delle chiese
TAVOLA VALDESE
DIBATTITO
Importanti decisioni
In un ordine del giorno fitto sono stati trattati; campo di lavoro,
stabili, CIOV, Glorioso Rimpatrio e importanti scadenze ecumeniche
No al sacerdozio
La Tavola valdese si è riunita a Torre Pellice (e Torino) nei
giorni 2-5 gennaio. Nel corso di queste sedute si è deciso di dare
sul giornale delle chiese una panoramica dei maggiori problemi
trattali — a somiglianza di quanto la Mesa rioplatense fa sul Mensajerj vaidense — e il moderatore è stato incaricato di dare attuazione pratica a tale delibera.
La sistemazione del campo di
lavoro ha occupato, come sempre, molta dell’attenzione della
Tavola. In particolare si trattava questa volta di fare il punto
sulla situazione delle chiese vaidesi autonome a cui la Tavola
aveva proposto di accettare un
piano complessivo elaborato
dalla Tavola per il loro avvicendamento pastorale previsto per
il 1989 o ’90. Su dieci chiese, 6
hanno accettato (Angrogna, Bobbio, Pinerolo, Pomaretto, Torre
Pellice, Villar Porosa), 3 hanno
rifiutato (Firenze, Roma piazza
Cavour, Villasecca), una si è ritirata (Genova). Questi risultati
— che sono stati esaminati anche in un incontro con la CED
del I distretto e i sovrintendenti
dei circuiti 1-3 — non sono
negativi per la Tavola, malgrado la percentuale di dissenso più
alta di quanto non rilevi la statistica e i problemi che permangono; con questa iniziativa, assunta alla luce del sole, la Tavola ritiene di aver fatto meno
danno di quanto non avrebbe
fatto non affrontando il problema della scadenza contemporanea di mcUi incarichi pastorali
in chiese autonome. Il problema,
a cui la Tavola ha dato una risposta empirica e irripetibile, è
posto. Sta alle chiese e al Sinodo elaborare risposte migliori.
La Tavola — che ha cominciato a delineare la sistemazione
complessiva del campo di lavoro per il prossimo autunno
con alcune ipotesi da verificare —
ha preso in considerazione anche il campo di lavoro diaconale. Il 1990 è una scadenza importante anche per opere che vedranno, tra l’altro, il pensionamento o l’emeritazione di direttori (come l’Uliveto di Luserna
S. Giovanni e il Gignoro di Firenze), un avvicendamento nella
direzione (Agape 1991), o un rilancio della propria attività su
nuove basi (Casa valdese di Rio
Marina). Si può dire che la sistemazione del campo di lavoro
pastorale e diaconale rappresenta una delle massime preoccupazioni della Tavola.
In apertura dell’anno del Centenario, la Tavola si è occupata
del « glorioso rimpatrio » sotto tre punti di vista. Ha esaminato e approvato diversi parti
colari del programma delle celebrazioni predisposto dal Comitato per il Centenario. Ha stanziato una cifra — peraltro ancora
insufficiente — per le spese del
Centenario e per alcune opere
di rinnovamento che verranno
effettuate in tale occasione a vantaggio della Casa valdese. Ha dato il via ai lavori per il Centro
culturale di Torre Pellice.
Il Centro culturale rappresenta un punto centrale nel Centenario (come lo fu la Casa valdese inaugurata nel 1889). La Tavola si è impegnata in modo rilevantissimo in questo progetto
che è stato deciso dal Sinodo
1986 e per il quale non ha ancora fatto appello alle chiese. La
Tavola ha anche preso in esame la prima bozza di un nuovo
inquadramento giuridico del
Centro culturale che è impegnata a delineare con la Società di
studi valdesi, sua partner in questo progetto comune.
Una lunga serie
di opere e cantieri
Una serie di stabili di chiese
o opere, questa volta particolarmente lunga, è stata passata in
rassegna con le decisioni del ca
so. Menzioniamo, oltre al già ri
cordato Centro culturale, i mag
glori cantieri che sono apert
o che si aprono quest’anno
l’Asilo dei vecchi di S. Germano che concluderà i lavori, ma
non lo sforzo finanziario, il prossimo settembre: la Casa di riposo del Gignoro di Firenze, il
cui ampliamento ha subito ritardi, deve ancora essere ultimata e poi attrezzata: il tempio
di S. Salvo, i cui lavori di costruzione sono iniziati sul finire dell’88: la Casa valdese di Roma,
che attende il via ad una radicale trasformazione interna intralciata dalle pastoie burocratiche:
la Casa valdese di Rio Marina,
nella cui ricostruzione gli evangelici dell’Elba sembrano non
credere più dopo 4 anni, ma che
esporrà l’avviso dell’inizio lavori entro poche settimane.
Le finanze sono state esaminate con la segretaria amministrativa per ciò che riguarda l’esercizio Tavola ’88 e con il Comitato
CHIEElA EVANGELICA VALDESE - PRIMO DISTRETTO
DOMENICA 29 GENNAIO 1989, ORE 15
ALLA FORESTERIA VALDESE DI TORRE PELLICE
LA CULTURA ALLE VALLI
TRA PROGRESSO E SALVAGUARDIA
Con un passato culturale di grande rilevanza, le nostre valli
rischiano oggi di impoverirsi culturalmente e di essere emarginate dallo sviluppo della società nell’ambito regionale. Quali
iniziative possono tenere aperte le prospettive di sviluppo per
i prossimi decenni?
Introdurranno il dibattito
ERMINIO RIBET - Assessore alla cultura della Comunità
Montana Valli Chisone e Germanasca:
PIERCARLO LONGO - Presidente della Comunità Montana
Val Pellice:
BRUNA PEYROT - Ricercatrice della Società di Studi
Valdesi.
La Commissione Esecutiva Distrettuale
permanente OPCEMI per ciò che
riguarda il preventivo ’89 delle
spese da imputare all’amministrazione metodista. Sono state
definite le comunicazioni da fornire alle chiese valdesi in merito
all’esercizio ’88, di cui la Tavola
ha esaminato la chiusura provvisoria. La Tavola ha deciso la
chiusura definitiva per il 15
febbraio. C’è ancora un po’ di
tempo per raddrizzare ima situazione che non è drammatica, ma
che ha bisogno ancora di un
buon colpo di mano.
In un lungo incontro con la
CIOV la Tavola ha esaminato
diversi problemi comuni e in
particolare la situazione — questa si, drammatica — del Rifugio Carlo Alberto di Luserna S.
Giovanni. A parte il rilevante deficit della passata costruzione,
ciò che preoccupa grandemente è
la gestione ordinaria che non riesce ad arrivare al pareggio, pur
avendo fatto dei passi avanti.
Sembra che nelle chiese alle Valli si sia diffusa la persuasione
che « il Rifugio non ha bisogno ».
Ma niente è più infondato.
Tavola e CIOV hanno anche
discusso il problema della presidenza CIOV, che richiede più
tempo di quanto l’attuale situazione consenta.
Per un avvicendamento nella
presidenza, ripetutamente prospettato dall’attuale presidente,
la Tavola ha escluso il 1989 ma
si è impegnata a fornire i necessari supporti per il 1990.
La Tavola ha infine fatto il punto su due rilevanti eventi ecumenici. Per Basilea ’89, il raduno
europeo su « giustizia e pace », le
amministrazioni sono fortemente impegnate. Accanto ai delegati (per i valdesi, Sergio Ribet
e Ada Poét Tron: per i metodisti Gianni Carrari, Katrin
Brunschweiler, per i battisti Anna Maffei, Adriana Gavina) e gli
esecutivi BMV, che hanno coordinato le iniziative e congiunto
gli sforzi, a Pentecoste andrà a
Basilea anche una quindicina di
osservatori aiutati in questo da
borse viaggio BMV. La Tavola ha
indicato nella « Commissione
per il progetto ’’giustizia, pace e
integrità del creato” » il referente di singoli e chiese che vorranno commentare la bozza di
documento preparatorio a Basilea. Ha dato la propria adesione al Convegno preparatorio in
vista di un confronto tra le delegazioni italiane (cattolica ed
evangeliche), che si terrà probabilmente il 2-3 aprile a Ecumene.
Per l’Assemblea congiunta del
1990 (Assemblea battista e Sinodo valdese-metodista) la Tavola
ha registrato la costituzione di
tutto rimpianto preparatorio, delineato in un incontro congiunto che ha avuto luogo lo scorso
ottobre.
Commissione per il riconoscimento reciproco: Paolo Marziale, Paolo Spanu (B); Aurelio Sbafi! (M); Franca Long,
Franco Giampiccoli (V).
Commissione per il giornale
unico: Maurizio Giroiami, Emjnanueie Paschetto (B); Paolo
Sbafi! (M); Giorgio Gardioi,
Marco Rostan (V).
Commissione per l’evangelizzazione: Commissione per l’evangelizzazione delle chiese valdesi
e metodiste - Dipartimento per
l’evangelizzazione delTOCEBI.
Commissione per la collaborazione sul territorio: Paolo Spanu, Claudio Martelli, Franco
Giampiccoli.
Commissione logistica: a cura
delle chiese romane.
Franco Giampiccoli
Nel Sinodo dell’estate scorsa
mi sono astenuto — unico, mi
pare — nel voto dell’ordine del
giorno con il quale ci si rallegrava della dichiarazione recente
della Conferenza di Lambeth, anglicana, « secondo la quale non
esiste incompatibilità fra il messaggio evangelico e il conferimento alle donne del ministero ordinato nella chiesa, in tutte le
sue espressioni (compreso l’episcopato) », considerando « questa
decisione una vittoria della Parola di Dio sulla tradizione ecclesiastica » (Atti, art. 26). Mentre mi rallegro, senz’altro, che
il pastorato sia ajjerto finalmente alle donne, non altrettanto per
l’episcopato: quello anglicano ha
una confimrazione molto precisa, essendo il portatore — per
crisma — della successione apostolica. Convinti come siamo —
non è vero? — che non ci sia
altra successione apostolica, in
senso stretto, se non quella coniugata (da Dio) dello Spirito e
della Scrittura, e in senso lato,
quella di tutto il popolo di Dio
chiamato alla testimonianza, non
vedevo e non vedo come si possa considerare « una vittoria della Parola di Dio sulla tradizione
ecclesiastica » l’estensione alle
donne di una struttura ecclesiastica, l’episcopato (nel senso anglicano, che è « cattolico »), che
fondata sulla Parola di Dio non
è, anzi con essa contrasta.
Ora ho letto (« L'Eco/La Luce »
n. 1, 6.1.’89) che a Vercelli il Centro evangelico d’incontro ha organizzato una conferenza-dibattito, settimane addietro, su « Il
sacerdozio femminile ». Dal resoconto, sembra che si sia parlato
del sacerdozio femminile (se ne
parla molto negli USA, e in mi
sura crescente altrove) come del
la versione cattolica del pastora
to femminile, del ministero del
la Parola esercitato da donne
Ma, anche qui, le cose non stanno certo così, e ovviamente lo
sappiamo tutti e tutte. Solo che
si ha l’impressione che, pur di
promuovere il riconoscimento
della parità femminile, si guardi
con favore anche a battaglie e
riconoscimenti per cause che non
solo non sono le nostre, ma che
dobbiamo combattere. E' la stessa impressione globale, cattolicamente « sintetica », che si ricava dal pur pregevole recente
quaderno Al vaglio delle donne
( supplemento al n. 23 di « comnuovi tempi » del 18.12.1988). Naturalmente non penso che ci siano ragioni scritturali che neghino un ministero alla donna (il
sacerdozio maschile cattolico è
una riprova in più della rigiudaizzazione del ministero sacerdotale cattolico): ma ci sono ragioni scritturali e teologiche che
ci portano a rifiutare il sacerdozio come usurpazione del posto
dell’ormai « solo Cristo » (laico).
Lasciando dunque ai cattolici e
alle cattoliche di discutere e magari lottare per il sacerdozio
femminile, non è nostro compito continuare a dire un « no »
semplice e chiaro al sacerdozio,
maschile e femminile?
Rallegramenti smodali (riformati) per l’episcopato femminile,
fraterna battaglia per il sacerdozio femminile, non vorrei che ci
ritrovassimo un giorno festanti
intorno a una papessa Giovanna,
materna « ministra d’unità »...
Gino Conte
CORRISPONDENZE
Convegno di studi
PARMA — L’enciclica di papa
Wojtyla sulla dignità della donna ha avuto reazioni diverse anche nel mondo laico. L’Associazione giuriate itaiiane ha organizzato a Parma un Convegno
regionale, sabato 17 dicembre,
sul tema « L’esclusione delle
donne dal sacerdozio », presieduto dalTavv. Anna Campili,
presidente della sezione AGI di
Parma, presso la Facoltà di giurisprudenza dell’università.
Relatori erano Tavv. Anna La
Rana De Nardo, presidente nazionale dell’AGI e docente di diritto canonico all’Un, di Napoli: la prof. Laura Renzoni Governatori, docente di diritto ecclesiastico presso l'Un, di Bologna: il prof. Raffaele Coppola,
docente di diritto canonico ed
ecclesiastico presso l’Un, di Bari: il prof. Angelo Sclvoletto, ordinario di sociologia presso
l’Un, di Parma e Tavv. Edda
Stocchi, presidente della sez.
AGI di Bologna. L’aspetto teologico del problema è stato trattai» da parte cattolica dal teologo don Luciano Scaccaglia e
per pai'te protestante dal past.
Alfredo Sonelli.
Le relazioni e i dibattiti sono
PROTESTANTESIMO
IN TV
DOMENICA 22 GENNAIO
ore 23 circa - RAI 2
FEDE E SCIENZA
Ipotesi per un dialogo
Con questo numero inizia
una serie di trasmissioni sul
rapporto tra fede e scienza.
stati molto interessanti e si riferivano in particolare alla conferma della esclusione delle donne dal sacerdozio solennemente fatta dal papa nella sua enciclica. Le reazioni di un ambiente laico e colto, quale era
quello del Convegno, erano sostanzialmente positive nei confronti dell’enciclica: per la prima volta un documento pontificio trattava il problema della
donna, nella famiglia e nella società, con grande sensibilità e
partecipazione. Proprio per questo, le giuriste delTAGI trovavano incongruente quella esclusione e poco convincenti le argomentazioni con le quali veniva
sostenuta.
Interessante l’intervento del
teologo cattolico, il quale, dopo aver illustrato la situazione
dì ricerca nella quale si trovano i cattolici, particolarmente
in certe zone del mondo (vedi
Stati Uniti), notava che lo stesso card. Ratzinger aveva affermato che non si trattava di una
definizione ex cathedra, ma di
un richiamo alla tradizione. Egli,
come molti altri teologi cattolici, esprimeva perplessità relativamente alle argomentazioni con
le quali l’enciclica giustifica
l’esclusione delle donne dal sacerdozio.
Il past. A. Sonelli ha poi riassunto il dibattito teologico e la
tensione culturale che hanno portato il Sinodo del 1962 ad aprire
alle donne l’accesso al pastorato, dopo ben 14 anni di dibattiti
a vari livelli sul problema. Ai
giuristi interessava anche l’€ispetto legale: il pastore ha illustrato anzitutto il significato del
nostro « diritto ecclesiastico », le
procedure legali, gli organismi,
partendo dall’assemblea di chiesa fino al Sinodo.
6
K
fede e cultura
b'
r '
li
Questo intervento è stato tenuto da Paul Ricoeur un
anno fa nell'ambito di una conferenza-dibattito sul tema
« Quale etica nella politica? », organizzata dall’« Animation
Universitaire Protestante » e dalla Chiesa riformata di
Port-Royal.
L'introduzione al convegno aveva indirizzato la ricerca
sui rapporti che intercorrono frà una pratica essenzialrriente « tecnica » della politica e le motivazioni etiche che
sono alla base della vita associata.
Prima di proporre alcuni
temi ed alcune tesi mi sembra utile delimitare bene i
1. La cura di sé
termini e i concetti m questione.
Il termine
«etica»
Per convenzione dirò che
etica e morale non sono termini che si equivalgono. Per
conto mio riserverò l’impiego di etica agli intenti di una
vita collettiva orientata verso ciò che si potrebbe chiamare « vivere bene con e per
l’altro ». Peter Kempf, nell’opera Etica e medicina, dà
a tale termine il significato
di « intento », riservando il
termine morale alle norme
fissate, alle regole.
Nello stesso senso di Peter
Kempf mi opporrei alla tendenza a cercare per l’azione
delle soluzioni atemporali,
immutabili, che si chiamerebbero « la morale ». Per
precisare il termine etica,
vorrei introdurre tre componenti che mi serviranno come punti di riferimento per
il politico. Direi che questo
intento di « vera vita », come direbbe Proust, comporta: la cura di sé; la cura dell’altro; la cura dell’istituzione. E vedremo che proprio
quest’ultimo termine, la cura
dell’istituzione, permette la
transizione verso il politico.
In che m'no
. I
Che immagineì
rispmi al
POLITICA: C’E’ UNO SP
un certo senso quello che è
indicato dalla regola aurea
già formulata nel Levitico,
poi dall’apostolo Paolo, fino
a Kant; regola aurea che stabilisce non la sostituzione, o
la « sostituibilità » di un essere con un altro, ma la reciprocità nella differenza.
In negativo, questa regola
dice: « Non fare al tuo prossimo ciò che non vuoi che sia
fatto a te ».
E, in positivo, « Fai al tuo
prossimo ciò che vorresti
che egli ti facesse ».
Nella sua morale formale,
Kant dice la stessa cosa:
tratta l’umanità, nella tua e
nell’altrui persona, sempre
come un fine, e mai solamente come un mezzo.
Questa regola di reciprocità segna dunque il rifiuto di
una relazione puramente
strumentale. Ne vedremo le
conseguenze nel campo politico ed economico.
Si potrebbe obiettare che
Emmanuel Lévinas partirebbe dalla cura dell’altro; e
tuttavia vorrei dire che se
esiste un problema etico è
perché degli esseri, che si de
2. La cura dell’altro
3. La cura
dell’Istituzione
Credo che questa terza dimensione non sia riducibile
al rispetto dell’altro e al rispetto di se stessi. Essa implica anche un termine neutro: cioè un « terzo », ciascuno, chiunque.
signano come persone, si caratterizzano essi stessi come
esseri degni di rispetto, come
esseri liberi capaci di fare
delle scelte, di avere delle
preferenze, capaci di dare
delle valutazioni; degli esseri, conseguentemente, che si
danno come intento di prendere in considerazione se
stessi. Pertanto questo è un
primo punto di riferimento
rispetto al problema etico.
A questo riguardo, ciò che
l’aguzzino vuole colpire nella
vittima, al di là della sua vita, della sofferenza, è proprio
la « stima di sé »: è questo
che si vuole umiliare.
L’istituzione per
incontrare il nostro
prossimo.
Bisognerebbe dire: «La tua
libertà vale quanto la mia ».
E’ proprio perché esistono
un io e un altro che posso
concepire l’idea di persona
come insostituibile, mentre
in una gamma di oggetti uno
può valere l’altro. Insostituibile, quindi unica, è per
esempio l’esperienza che proviamo nel lutto. Un bimbo
non può in alcun modo prendere il posto di uno che sia
morto.
Se accostiamo questi due
primi concetti, cura di sé e
cura dell'altro, ritroviamo in
In effetti, senza istituzione
non ci sarebbe durata nel
« vivere insieme », non ci sarebbe la sicurezza dell’ordine
e, soprattutto, ci troveremmo
confinati in rapporti di carattere dialogico, faccia a faccia,
mentre nell’istituzione siamo
in rapporto con un prossimo
che è però sconosciuto, lontano.
Quindi fin dall’inizio, in
una prospettiva etica, occorre che, al di là del « faccia a
faccia », si metta in gioco
l’anonimo, lo sconosciuto, il
« terzo »: in una parola, colui con il quale probabilmente non entreremo mai in una
dimensione di dialogo.
Con questa preoccupazione per l’istituzione viene anche la regola di giustizia che
è precisamente il riferimento
agli altri come a un « ciascuno »: « A ciascuno il suo ». Si
tratta quindi del diritto dello
sconosciuto, il diritto della
terza persona, che non sarà
mai una seconda persona. Ci
ritorneremo parlando del politico.
Il filosofo americano John
Rawls (Teoria della giustizia), evocando il principio
dell’uguaglianza di fronte alla legge, fa riferimento al
« ciascuno »: ciascuno è uguale di fronte alla legge. Ma
più che l’uguaglianza di fronte alla legge, la giustizia implica una regola nuova in
rapporto alla semplice reciprocità tra persona e persona, dal momento che occorre
prendere in considerazione il
problema della divisione ineguale dei vantaggi o degli
oneri. Con l’idea di divisione
giusta ma ineguale si pongono realmente quei problemi
di giustizia che, a un dato momento, comporteranno
inevitabilmente un impatto
politico. In questa difficoltà
vivono tutte le società conosciute: rapporti ineguali fanno sorgere la questione della
natura della diseguaglianza
in rapporto alla giustizia.
E’ proprio a questo punto
che avviene il passaggio dall’etico al politico: con questo
problema di una distribuzione ineguale dei compiti, dei
ruoli, dei benefici, dei vantaggi e degli svantaggi. A mio
avviso il principio etico, a
questo punto, coincide con il
secondo principio che Rawls
enuncia in Teoria della giustizia, e che consiste nell’adottare il punto di vista del
più sfavorito.
Nell’ipotesi di non sapere
se posso essere il beneficiario
o la vittima di una divisione,
l’atteggiamento più accorto
— ed è la regola della prudenza — è, in una condizione
di divisione ineguale, quello
di adottare come riferimento
la vittima eventuale. In questo caso il principio di giustizia si appone al « principio
sacrificale » secondo cui, posto che la maggioranza sia
soddisfatta, poco importa
che nello stesso tempo una
minoranza sia sacrificata.
Il principio etico si oppone al principio della morale
utilitarista, alla massimizzazione dell’interesse per la
maggioranza.
Il secondo principio di giustizia, secondo rispetto all’uguaglianza di fronte alla
legge, si basa sul riferimento,
nella divisione ineguale, al
soggetto più penalizzato.
Il termine
«politico»
condo regole comuni, è il
rapporto di dominio. E non
intendo dire di violenza.
Rapporto di dominio significa che alcuni dirigono e altri sono diretti. E’ dunque un
rapporto di gerarchia a far si
che il potere non sia ugualmente distribuito. Alcuni
danno ordini mentre altri obbediscono. E’ questa la definizione proposta da Eric
Weil quando designa il « politico » (in quanto Stato)
come l’organizzazione di una
comunità storica in modo tale che la comunità sia in grado di prendere delle decisioni. E’ particolarmente importante sottolineare che il politico dà un capo a una comunità, in modo che essa possa
prendere delle decisioni.
Sicurezza e rapporti
interpersonali:
occorre saper bene
distinguere
il politico dalla politica.
Il problema della durata,
della sicurezza, dell’ordine,
l’estensione dei rapporti interpersonali a dei terzi, trovano la loro fusione nella
problematica del politico. In
questo senso occorre distinguere bene il politico dalla
politica.
Voglio dapprima sottolineare la sovrapposizione dell’etico e del politico, per poi
individuare i punti nei quali
essi si dissociano. Perciò insisterei prima di tutto sul
fondamento etico del politico, con riferimento proprio
alla triplice base dell’etico:
cura di sé, rispetto dell’altro
e cura dell’istituzione. E per
capire in che senso il politico sia etico, prima di chiarire in che cosa invece se ne
discosta, lo contrapporrei alV economico.
« L’ordine economico
ci indica, sia
pure per difetto,
che cos’è l’ordine
politico ».
L’impiego del termine
« istituzione » non implica
che ogni istituzione sia politica. Ciò che caratterizza il
« politico » rispetto al « vivere insieme », organizzato se
Penso allora al modo in
cui Hegel procede nei Principi di filosofia del diritto,
indicando che l’ordine economico ci fa capire per difetto
ciò che è l’ordine politico. In
questo senso il politico è etico per opposizione all’economico.
In effetti, reconomico in
quanto tale non conta nessuno dei tre elementi che ho ap-
7
fede e cultura
L’ETICA OGGI — III
le nostre scelte etiche e i nostri ideali possono entrare in rapporto con
ciò che costituisce la sfera politica?
inejj^, oggi, dello stato di diritto? Come ci collochiamo, quotidianamente,
Isp^i altri e alle istituzioni? A queste e ad altre domande risponde questo
saggio stimolante di uno dei più importanti filosofi viventi.
'/O ANCHE PER L’ETICA?
mmaiÊiiÊÊMimm
sempre una qualche traccia.
Lo Stato di diritto è quello
che detiene l'impiego ultimo
della violenza legittima, legittimata in ultima istanza.
E’ esso che può dunque servirsene. E’ l’ultimo appello
neH’impiego della violenza.
In tal senso lo Stato rimane
un luogo di violenza.
Ma c'è un altro scarto tra
l'etico e il politico.
Essendo fondato su delle
tradizioni viventi, esso è sede
di un perenne conflitto tra la
tradizione, che tende a trasformarsi in residuo, in ideologia di conservazione, e d'altra parte dei progetti per il
futuro che rischiano di assumere un carattere utopico e
irrealizzabile. Dunque, in
qualche modo, esso è sede di
un conflitto per il quale non
ci sono soluzioni valevoli per
tutti al di fuori del dibattito
politico, con la sua specifica
forma conflittuale.
rale della convinzione » e
« morale della responsabilità ». La morale della convinzione pone innanzitutto il rispetto dell’altro, il carattere
insostituibile delle persone,
la giustizia in favore del più
sfavorito.
W‘i Il progetto del « vivere insieme» incontra molti
ostacoli nella violenza
lì ' = \ politica e nella resistenza ideologica.
Il politico non esaurisce
A. ‘ ' il progetto etico.
Non tutto ciò che è
desiderabile è anche realizzabile.
pena descritto: cura di sé, rispetto dell'altro e cura per
l’istituzione. Per definire l’ordine economico basta considerare la lotta organizzata
contro la natura, l’organizzazione metodica del lavoro,
la razionalizzazione dei mezzi di produzione, di distribuzione e di con.sumo, in base a
un principio regolatore costituito dal mercato. Ciò che
contraddistingue il funzionamento dell’economia è che
essa è un meccanismo sociale astratto in cui né la cura di
sé, né il rispetto dell’altro, né
il senso dell’istituzione si
pongono come caratteri fondanti. Per capire meglio la
specificità del politico rispetto all’economico conviene ritornare alla definizione data
da Eric Weil.
Lo Stato è l’organizzazione
di una comunità storica capace di prendere delle decisioni. Ora, l’economico non è
una comunità storica. Una
comunità storica si basa su
delle tradizioni, su dei costumi, su delle usanze e dei progetti del vivere associato; è
questo progetto di « vivere
insieme », integrato nel « volere collettivo », rappresentato in un certo senso dallo
Stato, a opporsi alla razionalità che contraddistingue l’economico.
Allora qui c’è una cesura.
E il paradosso sta nel fatto
che questa cesura non avviene tra etico e politico, ma tra
etico e economico, poiché il
politico, in quanto tale, è ricondotto all’etico in virtù
della sua cura per l’istituzione.
L’uomo delle società industriali avanzate, all’incrocio
tra economico e politico, vive
della contraddizione tra la logica dell’ industrializzazione
e, daH’altra, questo « ragionevole », ereditato dall’esperienza politica dei popoli. In
quanto nasce dal sistema dei
bisogni, il regime economico
è chiamato da Hegel « Stato
esteriore » ( Principi di filosofia del diritto); ad esso Hegel
oppone, a buon diritto, la comunità integrata politicamente mediante una costituzione.
Proporrei di definire lo
Stato di diritto secondo i tre
caratteri seguenti:
1) L’impiego di una violenza legittima. Il monopolio
della violenza legittima è qui
messo al servizio della libera
discussione organizzata. Quest’ultima è la prima caratteristica dello Stato di diritto;
ed implica il pluralismo dei
partiti, l’informazione dell’opinione pubblica, la libertà d’espressione.
2) Il riconoscimento del
carattere ineludibile dei conflitti. Nello Stato di diritto
sono messi sul tappeto i problemi derivanti dalla ripartizione ineguale propria di una
società divisa in classi, in
modo che esistono sempre
delle procedure di discussione, di arbitrato e di ricerca
del consenso. E’ questa una
maniera di gestire i conflitti.
Le caratteristiche
dello stato di diritto:
un uso legittimo
della violenza; il
carattere ineludibile
dei conflitti;
la massima partecipazione
del maggior numero
di individui ai meccanismi
di decisione.
Adotterei qui la terminologia di E. Weil quando egli
contrappone il ragionevole
del politico, cioè la volontà
di vivere in comune, alla razionalità economica, basata
precisamente sulla relazione
strumentale a cui poco fa opponevo, sulla scorta di Kant,
il rapporto con l'altro inteso
come un fine e non come un
mezzo.
L’etico e il politico si dividono nuovamente in un punto, che ai nostri giorni può
essere chiamato Stato di diritto. Lo Stato di diritto è un
progetto politico eticamente
inteso, ma secondo le sue
proprie regole politiche. E’
proprio lì che vedremo il politico dissociarsi àdW'etico
nell’attuazione del proprio
progetto.
3) Inoltre lo Stato di diritto è quello in cui il potere
è organizzato in modo tale
da impedire la presa del potere stesso da parte di un singolo o di alcuni individui. Lo
Stato di diritto è quindi la ricerca della massima partecipazione del maggior numero
di individui ai meccanismi di
decisione, attraverso la moltiplicazione dei sistemi di delega, di rappresentanza e più
ancora di controllo, ecc.
Allora è qui che, effettivamente, il politico comincia a
distinguersi dall’etico, proprio perché procede tramite
la confisca della violenza. E
ciò deriva dal fatto che storicamente non esiste uno Stato
che non sia nato dalla violenza, violenza rivoluzionaria,
violenza di guerre, ecc. Di
questa origine violenta resta
La « morale della
convinzione » non può
coincidere con la
« morale della responsabilità ».
E’ a questo punto che
nasce la divisione
tra etico e politico.
Lo scarto tra ciò che è
auspicabile e ciò che è realizzabile, con tutti i gravami
economici che sappiamo, fa
sì che la morale detta « della
responsabilità » non possa
coincidere con la morale della convinzione. Ed è proprio
questa non-coincidenza di
due orientamenti morali a
costituire la frattura tra etico
e politico, in dispregio al carattere fondamentalmente etico del politico a livello del
suo progetto fondamentale.
Paul Ricoeur
Traduzione di
Alberto Corsani
Mariella Taglierò
Pur non affermando, in
termini marxisti, che questo
carattere violento dello Stato
deriva dalla sua divisione in
classi, bisogna ammettere
che il progetto del « vivere
insieme » non può mai presentarsi in termini puri. E’
viziato dalla violenza politica
e dalla resistenza ideologica.
Una delle ragioni per le quali il politico non può esaurire
il progetto etico è che non
tutto ciò che è desiderabile è
anche realizzabile. Ciò che è
desiderabile eticamente non
è sempre realizzabile politicamente.
E’ questo un punto sul
quale Raymond Aron non
cessò mai di insistere, in parte sotto l’influenza di Max
Weber; è ciò che egli chiamava il « tragico dell’azione »,
cioè l’impossibilità di realizzare tutti gli ideali in una
volta sola. Se si assegnano al
governo dei fini quali la sicurezza, la prosperità, l’uguaglianza, la libertà e la giustizia, ebbene, non si potrà vederli realizzati tutti insieme.
E del « tragico dell’azione »
abbiamo un esempio perfetto
nella tragedia di Antigone, in
cui entrambi i protagonisti
hanno ragione e torto. Esiste
una « tragicità » imprescindibile che fa sì che vi sia sempre un certo arbitrio nelle
priorità scelte per realizzare
i fini di un « buon governo ».
Vorrei terminare con una
idea relativamente banale, dicendo che al fondo della nostra coscienza politica abbiamo il sentimento che impolitico rescinda l’etico, e lo faccia secondo due vettori, che
Max Weber chiamava « mo
iLi't
8
8 prospettive bibliche
20 gennaio 1989
1
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
LA PREGHIERA
INESAUDITA
« ...tre volte ho pregato il Signore perché l’allontanasse da me [/a scheggia nella carne]; ed egli
mi ha detto: ”La mia grazia ti basta, perché la mia
potenza si dimostra perfetta nella debolezza” »
(2 Corinzi 12: 8-10).
« ...tre volte ho pregato il Signore... ». Ecco come un apostolo, Paolo, ci parla di una sua preghiera, forte, insistente — non esaudita.
Mentre soggiornava e predicava a
Efeso (cfr. Atti 19), piomba sulla
cornimità di Corinto, che egli aveva
fondato in precedenza, una vera e
propria contro-missione e semina il
torbido. Paolo è vittima di un attacco in piena regola. Chi sono i suoi
avversari? Gli argomenti con i quali
si batte ci fanno pensare che si tratti, come nella Galazia, di giudeocristiani (2 Cor. 11: 22-23). Non però
« giudaizzanti » come quelli che nelle comunità della Galazia hanno attaccato la posizione assunta da Paolo nei confronti della Legge giudaica: gli agitatori di Corinto si richiamano piuttosto allo Spirito, coltivano ogni sorta di « esperienze spirituali » entusiastiche, esaltanti, e se
ne fanno motivo di superiorità, mezzo di propaganda. Siccome sappiamo il « tifo » che molti dei membri
di quella chiesa facevano per le manifestazioni estatiche e in modo speciale per il « parlare in lingue », comprendiamo che dev’essere stato facile aizzare contro Paolo tutti coloro che erano stati delusi dal suo appello alla sobrietà (cfr. 1 Cor. 12-14).
Si denigra la sua predicazione priva
d'eloquenza (o di effervescenza « spirituale », cfr. 2 Cor. 10: 10; 11: 6),
la sua persona priva di prestigio,
senza nulla d’imponente e di affascinante (2 Cor. 10: 10), priva dell’aura dell’« iniziato » che ha delle estasi (2 Cor. 12: 1-4).
Apostoli superstar?
Uno dei problemi più duri, più laceranti, per la fede, è la preghiera
non esaudita. Una preghiera seria, fiduciosa, ardente — inascoltata. Se ci è
capitato — 0 ci capiterà —, non siamo soli: l’apostolo Paolo si è battuto con
questo problema. E prima di lui, e in modo ben più angoscioso, Gesù: nej
Getsemani, sul Golgota. Attingendo largamente ad alcune belle pagine di
uno studio di Christophe Senft, « Le courage de prier » (Aubonne 1982, ’85^,
cerchiamo di penetrare in questa esperienza di Paolo — e la settimana prossima proseguiremo la riflessione.
a cura di GINO CONTE
SO, non vuole essere — e non è! —
altro che un « vaso di terraglia » (4:
7): « Di me stesso non mi vanterò,
se non delle mie debolezze » (12; 5).
Il contesto dì una
preghiera inesaudita
Paolo contrattacca. Alla propaganda di quelli che chiama pseudoapostoli (2 Cor. ,.11: 13) o anche, ironicamente, superapostoli (12: 11), risponde con quello che lui stesso
chiama « un discorso da pazzo » (11 :
17, 21). Perché da pazzo? Nel senso
che, per rispondere agli attacchi.
Paolo è costretto a fare ciò che fanno i suoi avversari e che egli considera diametralmente opposto a ciò
che deve fare un apostolo di Cristo;
mettere avanti, come fanno loro, la
propria persona, sciorinando le proprie esperienze estatiche (12; 1-4).
Se ne era sempre deliberatamente
astenuto. Erano qualcosa fra lui e
Dio, e basta. Ma come continuare a
tacerne, quando proprio quel riserbo, proprio quell’atteggiamento schivo sono interpretati contro di lui
comè un segno di carenza, e carenza grave, tale da mettere in questione, diremmo oggi, la sua « credibilità »?
Sicché ne parla. Quattro parole,
unicamente per mostrare che, se volesse far così la sua propaganda, potrebbe farlo senza rischio di smentita (12: 6). Siccome non lavora, come fanno i suoi avversari, a farsi
la propria propaganda personale’
bensì, come apostolo di Cristo, a
far conoscere l’Evangelo di Cristo,
taglia corto. Come ha detto lui stes
E’ questo il contesto nel quale
Paolo racconta la storia di una sua
preghiera inesaudita o, per dirla con
lui, « si vanta di una sua debolezza ». E così illustra la necessità della « debolezza » di colui che è apostolo di Gesù Cristo: 2 Corinzi 12:
6-10.
Non si può dire con certezza in
che consistesse la scheggia, o spina,
nella carne. Fra le molte ipotesi avanzate, la più verosimile pare quella di una malattia cronica: degli occhi? tale da rendere tutt’altro che
attraente e fin repulsivo l’aspetto di
Paolo? Si tratta comunque di una
malattia persistente e penosa, sia
per Paolo sia per chi lo incontra e
lo ascolta; probabilmente è la stessa malattia di cui l’apostolo scrive
ai Calati (4: 13-15).
Tre volte ha supplicato il Signore di liberarlo da questo male; preghiera insistente, pressante, anche
perché la malattia ostacola i suoi
progetti; forse anche perché l’aspetto che presenta, quando è malato,
« disonora » l’Evangelo di cui è l’araldo'. Preghiera insistente, che esprime un’esigenza ben reale, fin vocazionale.
« ...e il Signore
mi ha detto... »
sensazionale, il predicatore prestigioso, l’evangelista di grido attira
inevitabilmente l’attenzione della
gente più su di sé che su Cristo;
l’udienza che raccoglie diventa o rischia di diventare più il suo successo che quello dell’Evangelo. Invece
l’apostolo « vaso di terraglia » rischia
meno di far dimenticare il contenuto, rischia meno d’invadere lo spazio che dev’essere occupato a tutto
tondo da Cristo, « 5ì che questa potenza straordinaria — l’Evangelo —
sia riconosciuta propria di Dio, e
non derivante da noi » (2 Cor. 4: 7).
Non addolcire il « no »
La risposta è recisa e non ammette repliche, non dà adito a ulteriori
appelli. Chiuso. Questa preghiera
perseverante, dettata da un desiderio indiscutibilmente legittimo, ha
come risposta un rifiuto esplicito,
un « no » tondo. « La mia grazia ti
basta » vuol dire; « Accontentati di
quel che hai ricevuto da me. Quello che chiedi non ti sarà dato ».
Questo rifiuto, secco, riceve però
una spiegazione e una giustificazione: « ...perché la potenza si realizza
nella debolezza ». In alcuni manoscritti si legge « perché la mia potenza... ». Con tutta probabilità non
è quello che Paolo ha scritto (o dettato), ma è un modo accettabile —
anche se forse non l’unico possibile — per precisarne il senso. Si accorda infatti con l’orientamento generale del passo e con quello che
Paolo dice a più riprese (4: 4-10; 1
Cor. 1: 18 - 2: 5; 4: 9-13). L’apostolo
Paolo, dunque, non ha scritto questa pagina per affrontare l’argomento spinoso: non esaudimento della
preghiera. Tuttavia, indirettamente,
ci dà indicazioni utili, purché le leggiamo correttamente.
1. Anzitutto, di preghiera inesaudita dal Signore si tratta. Il « no »
è un « no ». Bisogna che ci guardiamo dall’eludere piamente (?) l’evidenza e cercare di dire, magari Bibbia alla mano (qualche altro versetto), che dopo tutto la preghiera di
Paolo è stata esaudita ecc. Giocare
con le parole, anche con l’apparenza
di argomenti biblici e teologici, quando è in gioco una cosa sofferta come una preghiera seria inesaudita,
è scorretto. Il Signore ha detto « no »
a Paolo, e può dirlo a noi.
2. In poche parole Paolo ci fa
capire che il non esaudimento non
è stato « incassato » e subito passivamente. E’ stato spiegato e giustificato — e ha potuto, alla fine, essere accettato. Non è stato detto a
Paolo: « La tua preghiera era egoista », oppure: « Chiedevi una cosa
troppo materiale ». La sua era la
preghiera fiduciosa di un credente,
perfettamente legittima, dettata da
una sofferenza, da un bisogno ben
reali. Sicché nel mancato esaudimento Paolo non ha percepito alcun biasimo né rimprovero, alcun richiamo
all’ordine; il Signore non gli ha mandato dei molesti « amici di Giobbe »
che si trasformano presto in saccenti « amici e difensori di Dio »^ Quel
che Paolo ha percepito è... un nonesaudimento, nient’altro.
3. Neanche la spiegazione ha trasformato piamente il non-esaudimento in esaudimento. Paolo è rimasto con il suo male, con le sue penose difficoltà. Non solo con questo,
però. La spiegazione — forse maturata, percepita molto lentamente e
faticosamente — ha permesso a Paolo di riconoscere un senso, a questo
male, e così di superarlo: si che può
parlarne come di una scoperta, anzi
di una rivelazione importante ricevuta « grazie » (!) al mancato esaudimento. Ha riflettuto, interrogato,
atteso — ed è stato illuminato. Si
può dire che la dura (e perdurante)
esperienza del non-esaudimento gli è
apparsa, alla fin fine, come più di
quello che aveva chiesto.
Ora conosciamo in parte,
solo in parte
Occorre guardarci dal ridurre quest’esperienza-testimonianza di Paolo
a una chiave dottrinale che, come un
passe-partout, dovrebbe risolvere tutti i problemi della nostra vita di preghiera. Bisogna riconoscere schiettamente e accettare le forti tensioni
a cui può essere sottoposto chi prega.
Ci sarebbe un solo modo di sfuggire
a queste tensioni: non pregare più...
Ma non fa forse parte della nostra
condizione di creature che « non conoscono che in parte » (1 Cor. 13;
9) il dover accettare, talvolta, che
una preghiera, anche una preghiera
in cui mettiamo tutta la nostra fede,
non sia esaudita?
Su questo Paolo ha riflettuto molto, vivendolo e soffrendolo esistenzialmente. Non è anche il frutto della sua riflessione quello che ci dà
in due versetti celebri: Romani 8:
26-27? Ne proseguiremo l’ascolto,
la prossima settimana. G. C.
* Qui, forse, non c'è solo la reazione
psicologica, banale ma reale, che anche
noi possiamo facilmente capire; c’è l’eco
dell’esigenza di integrità anche fisica che
secondo l'Antico Testamento (con prolungamenti ecclesiastici nelle norme cattoliche) deve contraddistinguere il sacerdote (v. il codice di santità di Levitico 21:
16 ss.) e — si potrebbe pensare, per cstensione — il messaggero, il testimone
di Dio. In questa ottica si illuminano di
un significato più profondo le espressioni
che caratterizzano il servo sofferenle e
sfigurato dell’Eterno, secondo Isaia 53;
la figura a cui Gesù si è richiamato e sulle
cui tracce, in qualche misura, anche Paolo si è posto.
2 Al V. 7 Paolo scrive; « ... mi è stata
messa una scheggia nella carne... ». Vi è
certo qui il modo ebraico di parlate in
modo indiretto dell’agire di Dio, ma non
c’è solo la volontà di evitare formalmente di « usare » il Nome di Dio, c’è anche
il riserbo di « usare » troppo leggermente Dio (il Nome, è Lui) facendogli dire
questo e fare quest’altro, a seconda che
pare a noi, alla nostra comprensione, al
nostro utile, alla nostra « religione ». Paolo è arrivato a poco a poco, con fatica,
lotta, sofferenza a riconoscere — come il
patriarca Giuseppe (Gen. 45: 7 s.; 50: 20) e
tanti altri credenti «grandi» e piccoli —
che del male che altri ci hanno fatto o
che ci è piombato addosso, Dio può e sa,
vuole talvolta servirsi, per i suoi disegni.
Ognuno può dirlo di sé (si pensi a Calvino, roso dal male: « Tu me broye, Seigneur, mais il me suffit de savoir que
c’est ta main »), ma guardiamoci dal dirlo noi ad altri, dal ridurre, con le più pie
intenzioni, Dio alla «causa prima», meccanica, automatica anche del male. Significa profanarlo, con la nostra pretesa logica, ridurlo a idolo, mentre è e resta la
Persona libera e imprevedibile, inquietante per l’incredulità, pacificante per la
fede, fiducia filiale di chi lo vede solo
attraverso il volto doloroso e vittorioso
di Cristo, la grazia viva, la grazia che
basta.
9
20 gennaio 1989
inchiesta
UNA POLEMICA FONDATA?
TRA MITO E REALTA’
Il profitto e il diritto
Walter Molinaro, operaio Fiat dell’Alfalancia di Arese, laureato in architettura, comunista, ed altri 130 operai di Arese hanno denunciato pubblicamente di essere stati sottoposti da
parte della direzione aziendale ad un aut-aut:
per essere promossi sul lavoro dovevano disdire
la tessera sindacale. La Fiat dichiara infondati
i fatti e querela Molinaro.
Da questo fatto ha preso avvio una delle polemiche più vive di questo inizio di anno: la fabbrica può garantirsi profitti nel rispetto dei diritti delle persone? Ovvero la logica deH’impresa (la filosofìat, l’hanno chiamata polemicamente) deve prevalere su tutto e su tutti?
La città (Torino) è stata per una quindicina
di giorni a guardare, tanto che alcuni lavora
tori della Fiat di Mirafiori hanno scritto in un
loro comunicato: « La vacanza delle libertà civili si è estesa oltre i cancelli della Fiat e la città di Torino per ora non risponde ».
Da questo momento la questione è esplosa.
Si è mosso il ministro del lavoro. Il presidente
Cossiga ha ascoltato le ragioni dei comunisti.
Le istituzioni locali si sono ricordate della Costituzione ed hanno aperto inchieste, votato ordini del giorno.
Il rapporto tra etica ed economia diventa
oggi oggetto di una discussione moderna, perché è ancorato alia realtà di una azienda moderna, ed investe il nostro futuro. Modestamente,
con questa inchiesta, iniziamo un viaggio in
questo campo; per capire, per riflettere.
FIAT ENGINEERING
Le donne non fanno carriera
Presentiamo qui di seguito la denuncia che un gruppo di impiegate della Fiat Engineering (e di altre sezioni del gruppo) ha in' iato nel mese di settembre scorso alla Consulta regionale per le pari
opportunità. La Regione infatti si è dotata di tale strumento per verificare come la legge 903/17 viene applicata in Piemonte. Nessuna
risposta è venuta alle interessate (che si sono firmate) dalla commissione regionale.
Il nostro gruppo è costituito
■da lavoratrici delle varie società del gruppo Fiat che hanno
sede nel Centro direzionale San
Paolo (Fiat Engineering, Aviazione, Savigliano, SAVA, SEPIN,
ecc.).
Uno dei nostri obiettivi è il
superamento delle discriminazioni di sesso che ancora colpiscono le donne lavoratrici.
Purtroppo, malgrado i nostri
sforzi e l’impegno dei delegati
sindacali, permangono ancora
nei nostri luoghi di lavoro pesanti ostacoli airavanz.amento professionale e gravi ritardi nell'affermazione di pari opportunità
al momento dell’assunzione e nella progressione di carriera.
Riteniamo perciò necessario
segnalare a codesta Commissione quanto segue:
1. Alcune impiegate sono state assunte al 2“ livello pur avendo una lunga esperienza lavorativa precedente. Possiamo citare
il caso della collega che dal 1972
(sì: settantadue) è ancora inquadrata al 3“ livello. Oppure il caso
della collega «promossa» solo
quest’anno al 4" livello, dopo anni di permanenza al 2“ e al 3”. A
nessun impiegato maschio vengono imposte condizioni così sfavorevoli di assunzione.
2. Per contratto l’impiegato/a
con diploma di scuola media
superiore deve essere inquadratola al 5" livello entro un periodo massimo di 5 anni dall’assunzione.
Ciò avviene senza eccezione alcuna per gli uomini. Le eccezioni discriminazioni riguardano invece le donne: denunciamo co
me « esemplare » il caso della
collega assunta 12 anni fa come
corrispondente-interprete che è
ancora di 4^' categoria.
3. Il passaggio al 6" livello degli impiegati uomini è comunque assicurato, anche in caso di
mansioni non qualificate e non
comprese nelle declaratorie del
6" livello.
Per le impiegate, invece, le «promozioni » al 6", 7“ livello e 7“
quadro sono rarissime ed avvengono in tempi molto più lunghi
di quelli degli impiegati. Eppure esse svolgono mansioni identiche o del tutto equivalenti a
quelle dei loro colleghi di categoria superiore.
Mentre le assenze, anche lunghe, per malattia o altro, degli
impiegati non pregiudicano i
tempi delle loro « promozioni »,
per le impiegate invece l’eventuale assenza obbligatoria per
maternità comporta sempre un
ritardo corrispondente nell’inquadramento alla categoria superiore e negli aumenti « ad personam ».
4. Svolgere per diversi anni
funzioni e compiti dirigenziali
comporta per una donha la promessa di una promozione a funzionario; per un uomo invece la
qualifica (e relativi « benefits »)
di dirigente.
5. Nessuna delle segretarie inquadrate ancora al 5“ livello —
a detta della direzione del personale — avrebbe qualità professionali sufficienti per accedere al
6“ livello, benché alcune di esse
abbiano acquisito in oltre 20 anni di attività un’esperienza, autonomia, capacità decisionale e
Enti di staff Informatica territoriaie Assist, stabil, industriali Ingegneria e progetti TOTALI
CATEGORIE Donne Uomini Donne Uomini Donne Uomini Donne Uomini Donne Uomini
Terza 1 _ _ - ■ _ 1
Quarta (*) 1 3 — 1 — 3 3 12 4 19
Quinta 15 7 2 15 5 21 6 53 18
Sesta l’2 10 2 8 3 24 9 45 26 87
Sesta quadro 1 5 — 2 — 29 14 1 -50
Settima — 1 — — 1 45 — 9 — 10
Settima quadro 4 9 1 5 1 ~ 2 103 7 162
FYmzionari 1 6 — 7 — 17 — 44 1 74
« Managers » — 11 — 6 — 4 — 30 — 51
3S 52 5 29 18 127 35 263 93 471
L’operaio torinese
responsabilità nello svolgimento
di mansioni delicate, complesse
e di fiducia che gli stessi loro
superiori riconoscono apertamente.
Nessun uomo svolge ormai
mansioni di « segretaria » e non
esiste quindi un termine di paragone diretto. In ciò noi vediamo la prova di quanto poco sia
considerato il lavoro delle segretarie, ritenuto compito tipicamente femminile e — proprio
perché svolto da donne — valutato di « minor valore » anche
se, per tacitare le proteste, l’azienda eroga esigui aumenti « ad
personam » che non rappresentano, a nostro avviso, un riconoscimento sufficiente né adeguato
delle capacità, professionalità e
competenze inerenti a questa
mansione.
6. Tra il personale « ausiliario » ed in particolare quello addetto alle pulizie, le donne sono
la quasi totalità, salvo « naturalmente » i loro capi, tutti di sesso maschile e pertanto « naturalmente idonei al comando », escludendo a priori che tra le
operaie ve ne sia qualcuna altrettanto (e forse di 'più) idonea
ad organizzare e gestire il lavoro.
Per la Fiat dunque la disponibilità a nuove e più complesse mansioni, alla mobilità interna, allo straordinario, al lavoro
di sabato e talvolta anche di domenica, l’apprendimento di lingue straniere o di nuove tecnologie sono prestazioni dovute da
parte delle donne; diventano meriti da ricompensare se si tratta
invece di uomini.
In sostanza, quello che per un
lavoratore è sufficiente ad ottenere un avanzamento di carriera o di stipendio non lo è invece per la donna lavoratrice.
Pagina a cura di
Giorgio Gardiol
L’operaio torna a far notizia. Il
giornale cittadino, La Stampa, finalmente ne parla. Parla dei suoi
diritti e affida ad illustri intellettuali il commento sulla dialettica
di sempre: l’impresa e il lavoro, il
profitto e il salario. Si riapre la discussione in città, ci si schiera tra
fautori dei diritti dell’impresa e
tra quelli che sostengono i diritti
dei lavoratori.
Accanto ai miti dello sviluppo
tecnologico, dei primati della Fiat
che è oggi prima in Europa e che
fa profitti da tremila miliardi, riprende quota anche il mito dell’operaio torinese, di mestiere, severamente piemontese, di indiscussa
professionalità, comunista ovviamente. Il riferimento letterario più
vicino è Faussone, il montatore di
gru, descritto da Primo Levi nel
suo libro La chiave a stella
(1978). L’operaio che sa che «amare il proprio lavoro... costituisce la
migliore approssimazione concreta
alla felicità sulla terra » e che « il
tipo di libertà più accessibile, più
goduto soggettivamente, e più utile
al consorzio umano, coincide con
l’essere competenti nel proprio lavoro, e quindi nel provare piacere
a svolgerlo ».
Così nei borghi di antica presenza operaia, nei circoli operai
lungo il Po, i vecchi lavoratori comunisti pensano al futuro del lavoro in questa città, ai diritti sin
dacali da difendere, ma anche all’orgoglio di essere, o essere stati,
lavoratori Fiat. La professionaUtà
non deve essere messa in questione dall’appartenenza politica e sindacale.
« Torino — ha detto Gianni
Agnelli in una famosa intervista
due anni dopo la marcia dei quarantamila capi e aspiranti capi —
ricorda le antiche città di guarnigione, i doveri stanno prima dei
diritti, il cattolicesimo conserva
venature gianseniste, l’aria è fredda e la gente si sveglia presto e va
a letto presto, l’antifascismo è una
cosa seria, il lavoro anche ed anche il profitto »,
Cesare Romiti, raccontando i 35
giorni dello sciopero del 1980, scrive: « Vedevo che quei picchetti
erano fatti di gente allegra, che si
divertiva. Cantavano. Giocavano a
carte. C’erano delle ragazze. Non
mi sembravano persone alle prese
con un dramma. Anzi, mi sembravano tipi che non gli importava
niente della fabbrica chiusa, dei
tanti giorni di vertenza, dell’incertezza per l’avvenire, delle migliaia
di operai che stavano per essere
messi fuori. ...E allora conclusi:
questi non sono operai Fiat ».
Ma oggi chi è l’operaio a Torino? E’ quanto cercheremo di vedere con questa nostra inchiesta, in
più puntate.
La situazione occupazionale al 30-9-88
(*) Contratti formazione/lavoro.
SCHEDA
La
in
Tra i principi fondamentali della
nostra Costituzione, il « principio
lavorista > è tutt’affatto centrale: la
Repubblica è .« fondata sul lavoro »
(art. 1] e ciascun cittadino deve
• svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, una
attività 0 una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società» (art. 4).
Il lavoro cioè, non è è considerato come una qualsiasi attività dell’uomo, ma come strumento di realizzazione della personalità e come
adempimento del dovere "di solidarietà. Per questo i costituenti
hanno Impegnato lo Stato « a promuovere le condizioni che rendono
effettivo » il diritto al lavoro (art. 4)
ed hanno stabilito che il lavoro,
« in tutte le sue forme ed applicazioni », è considerato come oggetto di « tutela » da parte della Repubblica (art. 35) mentre la proprietà dei mezzi di produzione, pur garantita, è prevalentemente presa
In considerazione dalla Costituzione
per sancire limiti, obblighi, vincoli, possibilità di avocazione alla
collettività (art. 42, 43, 44), oltre
che come bene da difforrdere, rendendola « accessibile a tutti >
(art. 42).
Tuttavia, a differenza delle Costituzioni dei paesi ■ socialisti », i
lavoratori non hanno posizioni di
privilegio: l’uguaglianza delle persone nel godimento dei diritti civili e politici non conosce deroghe In base all’appartenenza o meno ad una classe sociale. Lo Stato è impegnato a garantire « l’effettiva partecipazione... aH’organizzazione politica, economica e sociale del paese » (art. 3), e ciò si
raggiunge attraverso il riconoscimento e la garanzia degli strumenti di azione e di autotutela
collettiva che storicamente la clas
se lavoratrice si è data: il sindacato (art. 39) e lo sciopero (àrt.
40). Lo Stato inoltre deve regolare
le condizioni dello sviluppo dell’assetto economico del paese, coordinando « a fini sociali... l’attività economica pubblica e privata » (art. 41).
In rispondenza a questi principi
costituzionali, lo Stato ha elaborato
tutta una « legislazione di sostegno » che ha trovato il suo culmine nella approvazione di-due leggi:
lo statuto dei lavoratori (legge 20
maggio 1970, n. 300) e la legge
di parità tra uomo e donna (legge
9 dicembre 1977, n. 903).
Con queste due leggi si sono
garantiti i diritti del lavoratori
nelle fabbriche contro discriminazioni e abusi che dovessero verificarsi. Inoltre con la legge 11 agosto 1973, n. 533, è stato approvato
un sistema processuale speciale per
le controversie in materia di lavoro, con procedure molto semplificate rispetto a quelle previste dal
codice di procedura civile.
Esistono poi nel nostro ordinamento norme sanzionate penalmente che riguardano:
— la salute e l’integrità fisica dei
lavoratori;
— la correttezza, l’imparzialità e
la legalità del procedimento di
formazione del rapporto di lavoro;
— il regolare svolgimento del rapporto di lavoro (tutela dei diritti della personalità del lavoratore, tutela psicofisica del
lavoratore, tutela di un corretto rapporto assicurativo-previdenzialel;
— esecuzione effettiva delle pronunce dei giudici civili in materia di lavoro.
10
10 valli valdesi
20 gennaio 1989
NOVITÀ’ PER GLI AGRICOLTORI
USSL 43
Più visite
Il prezzo dalla qualità
Una serie di circostanze favorisce quest’anno un significativo aumento nel prezzo del latte - Quali ricadute per i produttori locali?
Nel libro delle doglianze del
membro di chiesa appare sempre in prima pagina la scarsità
di visite pastorali domiciliari.
Quando una chiesa è in stato
preagonico, s’invoca la visita pastorale come l'unico antidoto
realmente efficace per risolvere
la crisi.
Più visite significherebbero più
contribuzioni, più partecipazione, più vita spirituale.
Qui non si parla delle visite
ai malati in ospedale — quelle,
più o meno, i pastori le fanno
ancora — ma delle visite « come
si facevano una volta», a tappeto,
quartiere per quartiere. Recentemente ho visitato un nostro anziano membro di chiesa che non
vedo mai al culto e in nessuna
altra attività della chiesa; egli
desidera solo e sempre una visita
pastorale.
E come lui ce ne sono tanti
altri che, nell'isolamento di queste montagne, non chiedono altro che una lettura biblica e una
preghiera da parte del pastore.
La visita dell’anziano del Conàstoro fa molto piacere, ma è più
gradita la visita del pastore.
Come rispondere a quest'esigenza montante che viene dal
basso e non viene soltanto da
parte delle persone anziane? Nelle grandi comunità cittadine ci
si può organizzare, come in quella in cui, ormai da qualche anno, è stata istituzionalizzata la
figura della visitatrice della comunità, oppure nell’équipe pastorale ci si può suddividere i compiti, ma là dove c'è un uomo o
una donna soli, da cui si attende
tutto?
Si può lavorare nella prospettiva di costituire un gruppo di
« visitatori locali », si possono individuare persone che collaborino con il pastore nell’antico compito della visita personale, ma
ciò che fin dall'inizio va chiarito, è che tutti (salvo s’intende i
malati o gli inabili ad uscire di
casa) partecipino alla vita della
comunità.
La mentalità dell’essere molto
esigenti con gli altri e molto tolleranti con se stessi non è per
niente edificante.
Quando incontro il mio anziano membro di chiesa che, tutto
vispo, si fa il mercato del vener^
di ma non «ce la fa più a venire in chiesa per l’età », penso che
nell’istante in cui c’incontriamo
ci vergogniamo tutti e due di noi
stessi. Io perché non sono riuscito con lui (e con tanti altri
come lui) a stabilire un ponte
tra la visita a casa e il culto in
chiesa. Tu perché è evidente che
il tuo alibi non regge; la chiesa
ti va bene finché non esige nulla. Cadiamo così entrambi in una
« impasse » diabolica; io avvitato nella spirale infinita delle visite a casa e tu arroccato nella
tua posizione di pretendere visite pastorali senza volerle contraccambiare con visite in chiesa e con una contribuzione che
sia proporzionata al reddito personale. Per liberarci da questo
duplice senso di colpa, c'è una
sola uscita; riscoprire il sacerdozio universale dei credenti.
In altre parole: ognuno partecipi con i propri doni alla testimonianza e all’edificazione comune. Aspettare passivamente in
un angolo della casa comunitaria che qualcuno applichi il tuo
diritto ad essere visitato è perdita di tempo ed è autoemarginazione che penalizza ed amareggia il lavoro stesso della chiesa.
Uscire da quell’angolo e incontrarsi nel mezzo della vita comunitaria è invece un atto di coraggio e di speranza che libera e
rilancia il desiderio di essere insieme con gli altri nell’avventura quotidiana della fede.
Giuseppe Fiatone
Da alcuni anni a questa parte
il periodo tra dicembre e gennaio desta particolare attenzione tra gli allevatori di bovini
f>erché vede le discussioni e le
trattative per l’accordo sul prezzo del latte, trattative che, in base a specifica legge, sono avvenute, fino all’anno scorso, a livello di singole regioni.
Quest’anno c’è una novità: per
il nord Italia la trattativa viene
effettuata a livello di pianura padana: si sono insomma accorpate le regioni che determinano la
maggior parte di produzione di
latte nel nostro paese, e cioè
Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Piemonte.
Per chiarezza è meglio ricordare che, a causa della minor produzione, nelle regioni centro-meridionali il prezzo del latte alla
stalla è nettamente più alto, arrivando anche alle 800 lire/litro
(Campania) in confronto con le
576 del Piemonte per il 1988.
Il sistema della trattativa regionale del passato ha però creato degli scompensi tra regioni
vicine: per esempio il prezzo ’88
del Piemonte era inferiore di 20
lire rispetto alla Lombardia.
L’unico risultato ottenuto fin
qui dagli agricoltori rappresentati dalle organizzazioni sindacali
di categoria è stata la firma dell’accordo con la FIAM-CLAF, la
rappresentanza delle centrali del
latte, accordo proposto daU’UNALAT, l’unione nazionale delle associazioni dei produttori. Si prevede con questo un aumento di
75 lire/litro e l’introduzione del
pagamento a qualità, cioè in base al grasso proteine, carica batterica e cellule somatiche.
Il latte consegnato alle centrali rappresenta però una piccola
percentuale rispetto al totale ed
in Piemonte riguarda solo parte
delle aziende, situate nelle immediate vicinanze di Torino ed A
lessandria. Il grosso della produzione viene venduto agli industriali privati che, in sede di
trattativa, sono rappresentati
dall’Assolatte.
Per inciso bisogna rilevare che
il Piemonte è stata la prima regione ad introdurre il pagamento in base alla qualità del prodotto con un accordo del 1988.
I risultati degli ultimi mesi
dello scorso anno sono stati giudicati in genere positivi per i
produttori: va però detto che i
parametri considerati nell’accordo piemontese erano grasso proteine ed indice citologico, non
considerando cioè la carica batterica, che probabilmente riserverebbe brutte sorprese se inserita come parametro.
Come funziona il pagamento
secondo qualità?
Vengono stabiliti, in sede di
accordo, dei punti neutri o zone
di franchigia rispetto ad ogni parametro: a questo livello vengono applicati i prezzi concordati,
in caso di valori diversi vengono applicati premi o penalità a
seconda dei casi. Le analisi vengono effettuate a campione in laboratori specializzati.
Dopo anni di relativa crisi, il
mercato sembra ora presentarsi
più favorevole ai produttori: gli
abbattimenti di vacche provocati sia dai premi CEE per la riduzione di produzione lattiera,
sia dai risanamenti, il continuo
esodo di addetti all’agricoltura
(-lOO.CKX) occupati in Italia nel
1988), il prezzo del latte estero
mediamente più alto che quello
del nord Italia, rendono legittime le richieste dei produttori
che a iVIilano hanno chiesto un
aumento di 130 lire/litro, oltre all’estensione a tutte le regioni del
pagamento a qualità.
L’Assolatte ha però respinto
nettamente queste richieste e da
ciò è derivata la firma di accor
di « personalizzati » da parte di
cooperative o grandi aziende. Si
creano cosi zone forti (ad esempio il novarese) dove, grazie alla
produzione di gorgonzola, si spuntano accordi semestrali a 720750 lire/litro ed altre deboli dove si finirà per ottenere pochissimo in più.
Ed è questo un rischio che il
pinerolese purtroppo corre, in
particolare le sue valli.
Nell’area operano cinque cooperative (Valli Chisone e Germanasca, Produttori agricoli prar<>
stinesi, Luserna San Giovanni,
Angrogna e Latteria sociale alta
Val Penice di Bobbio): tutte raccolgono latte; solamente una,
quella di Bobbio, lo trasforma
direttamente; le altre, e la stessa
Latteria sociale per le eccedenze, cedono il latte ad un unico
trasformatore industriale: il caseificio Darò di Macello.
Questa situazione, in pratica di
monopolio, unita alla dispersione aziendale (si pensi che la coop.
Valli Chisone e Germanasca raccoglie il latte di quasi 100 produttori!) ed alle difficoltà legate
al territorio montano, evidenzia
come il potere contrattuale delle cooperative locali sia assai
basso.
Alcuni dati, infine, permetteranno di evidenziare la rilevanza
del settore latte in zona; essi sono desunti dalla Pro.Zoo.A. latte, l’associazione di produttori
legata alla Confcoltivatori, cui
aderisce la maggioranza delle
cooperative della zona.
Nel 1988, rispetto all’anno precedente si registra un calo di
conferimento diffuso: in vai Chisone si sono raccolti 816.(K)0 litri contro gli 895.000 dell’87; a
Prarostino 448.461 contro 453.792
dell’87; ad Angrogna si è passati
dai 56.900 ai 54.900 del 1988.
Claudio Rivoira
Cambio
del medico
Le persone assistite dal dott.
Giulio Guiot, a seguito delle dimissioni volontarie del loro medico di base con decorrenza 1°
febbraio 1989, dovranno optare
per uno dei seguenti medici operanti presso il distretto n. 3
(Bricherasio), ancora compatibili con i loro limiti massimali:
Giuseppe Giambarresi, Roberto
Guiot, Enrico Turbil (Bricherasio) e Antonio Bellan e Lorenzo
Fossat (Bibiana).
Un funzionario dei servizi amministrativi sanitari dell’USSL
43 sarà distaccato presso la sede del distretto a Bricherasio
onde evitare disagio alla popolazione nella scelta del nuovo
medico.
REGIONE PIEMONTE
Tre proposte
Negli scorsi giorni si è svolto
a Torino un incontro tra la Se.
Tu.Mont (un comitato che raccoglie la Regione Alpes-Côte d’Azur, il Dipartimento Hautes-Alpes, enti economici e le città di
Briançon, Gap e Grenoble) ed
una delegazione di politici regionali per la presentazione degli
studi preparatori di fattibilità
di un nuovo tunnel di collegamento stradale tra la Francia
e la valle di Susa.
Il lavoro di questo comitato
ha valutato diverse possibilità di
collegamento fra i due versanti
ed alla fine ha presentato tre
ipotesi di tracciato: traforo del
Monginevro 1 (da Briançon a Cesana); traforo del Monginevro
2 (da Planpinet a Beaulard);
traforo del colle della Scala
(dalla valle di Ne vache a Bar
donecchia).
APICOLTURA IN VAL PELLICE
Attività da tutelare
Oltre 200 addetti, ma tutti part-time - E’ necessario intraprendere una lotta tempestiva contro la varroa che minaccia gli apiari
Gli apicultori della vai Pellice
hanno avuto recentemente due
occasioni di incontro; l’annuale
assemblea della loro associazione ed una serata dedicata al problema dell’infestazione da varroa.
Incontriamo perciò Giovanni
Baridon, che degli apicultori non
è soltanto il presidente, ma il
simbolo, tanta è la passione che
egli mette in questa attività, anche quando, come l’anno scorso,
ha dovuto registrare la perdita
di 40 alveari nella non lontana
Qsasco a causa dei trattamenti
antiparassitari effettuati, malgrado i divieti^ sulle piante in fiore,
« L’associazione apicultori —
esordisce Baridon — è nata all’inizio degli anni '80, con il preciso scopo di tutelare ed incrementare questa attività; va detto che, se certo le api "rendono"
grazie ai loro prodotti (miele,
polline, pappa reale, cera, propoli), ancor più importanti sono dal punto di vista ambientale ed agricolo: senza l’impollinazione delle api l’agricoltura sarebbe gravemente depauperata ».
Qual è la consistenza dell’attività apistica in vai Pellice?
« Abbiamo effettuato lo scorso
anno un censimento degli alveari; secondo quanto emerso risultano, sul territorio della Comunità Montana, 212 apicultori con
2.080 alveari, con una media dunque di 9,8 a persona, contro i
10,4 della provincia ed i 10,5 delle vicine valli Chisone e Germanasca. Il dato evidenzia come
nessuno sia apicultore "a tempo
pieno" ma ci sia una forte distribuzione in tutta la valle.
Sul totale si può aggiungere
che 134 apicultori non spostano
le loro api alla ricerca delle migliori fioriture ed invece 78 praticano il nomadismo.
L'associazione apicultori conta
oggi 78 soci ».
LA COMPOSIZIONE MEDIA
DEL MIELE
Acqua 17,70%
Levulosio 40,50%
Destrosio 34,02%
Saccarosio 1,90%
Destrine 1,51%
Sostanze minerali 0,18%
Altre sostanze 4,19%
(Granuli di polline - Cera -
Proteine e aminoacidi
Enzimi - Vitamine Sostan-
ze antibatteriche ■ Sostan-
ze aromatiche, ecc.)
L'eventuale cristallizzazione del
miele è un fenomeno assolutamen-
te naturale.
Problema centrale dell’apicoltura è la diffusione della varroa,
un acaro che nel giro di pochi
anni è capace di portare a morte intere famiglie di api; qual è
l’impegno dell’associazione in
questo campo?
« Dopo il censimento degli alveari, imieme ai veterinari dell’USSL si è cercato di valutare
quale fosse il grado di diffusione della varroa; è infatti importante intervenire quando il livello è ancora lieve, in quanto essa si moltiplica con un grado
esponenziale di 20. E' chiaro che
se questa cifra può sembrare
trascurabile anche alla seconda
generazione (400), diventa già
preoccupante alla terza (8.0J0Q)
rispetto ad una buona famiglia
di api (40.000 insetti). Ebbene,
un gruppo di esperti dell’associazione ha collaborato, a titolo gratuito, con i veterinari,
per stabilire il grado di diffusione dell’acaro e cercare di arginare il fenomeno. Bisogna intervenire tempestivamente: esistono in commercio alcuni prodotti
chimici; altri, diffusi all’estero,
sono per ora vietati in Italia,
ma è possibile anche avere forme di lotta "naturale”, sfruttando la tendenza dell’acaro ad occupare le celle dei favi in cui si
trovano i maschi ».
Ma a livello politico nulla si
muove a favore dell’apicoltura?
« Esiste, a livello regionale, lina bozza di legge per "la regolamentazione, la tutela e lo sviluppo dell’apicoltura in Piemonte"; è stato chiesto alle associazioni operanti di presentare delle osservazioni al primo testo;
mi sembra, e lo abbiamo espresso chiaramente alla commissione regionale che si occupa di tale proposta di legge, che si tenda ad escludere associazioni e
consorzi che rappresentano quasi tutti gli apicultori part-time,
che sono poi la maggioranza assoluta in regione: si parla infatti di contributi per il risanamento solo per gli imprenditori agricoli a titolo principale. Se dovesse passare un testo di legge
del genere, in zone come le nostre verrebbe a mancare ogni sostegno alla totalità degli apicultori ».
Piervaldo Rostan
PINEROLO
V. Castelfidardo» 28
Tel. 0121/76.970
11
20 gennaio 1989
valli valdesi H
TORRE PELLICE
: ■
L
? •
tradizione
e l'innovazione
All’istituto professionale « Capetti », attivato da vent’anni in valle, sarà presto inserito lo studio delle tecniche computerizzate
Fra le scuole superiori esistenti in vai Pellice, ne esiste una,
con tradizione almeno ventennale, che a Torre Pellice provvede
a preparare i congegnatori meccanici; si tratta del Capetti, noto fino a qualche anno fa col nome di Plana.
E’ una sede distaccata dell’omonimo istituto professionale di
Pinerolo, in cui si sono imparati, finora, gli elementi indispensabili per divenire operatore addetto alle macchine utensili, con
l'aggiunta di una serie di materie teoriche, ma sempre volte all'inserimento nel mondo del lavoro.
« Il corso ha durata triennale
— spiega il coordinatore dell'istituto, prof. Janavel — ma è possibile continuare fino al quinquennio presso la sede di Pinerxilo, onde conseguire il titolo di
studio di tecnico dell'industria
meccanica, equipollente di un
perito meccanico. Con questa aggiunta ci si può iscrivere alle facoltà universitarie consentite dal
ramo tecnico ».
Quanti sono attualmente gli
iscritti?
« Per l'anno scolastico in cor
so vi sono 60 ragazzi iscritti; abbiamo avuto un solo caso di ragazza, anche se spesso l'industria,
per il settore, si rivolge proprio
alla mano d'opera femminile.
Sono per altro previste delle
interessanti novità per il prossimo anno scolastico: al posto dei
congegnatori meccanici, ormai
superati come figura professionale a livello tecnologico, avremo una qualifica per operatori
alle macchine utensili computerizzate. Si tratta di un adeguamento previsto dalla "fantomatica" riforma della scuola per un
settore dove l'inserimento della
robotica è ormai un fatto acquisito. Aumenteranno così le ore
delle materie teoriche: informatica, fìsica, inglese, matematica,
riducendo alla metà le ore delle
discipline più pratiche ».
Esistono concrete possibilità
occupazionali nel settore?
« Per quanto ho potuto rilevare in ormai 18 anni di insegnamento, posso dire che i ragazzi
che hanno voluto lavorare nel
settore hanno trovato posto senza grossi problemi, a livello di
pinerolese. Con il potenziamento dei corsi non dovrebbe muta
PROSSIMO L’INIZIO DEI LAVORI
Il ponte alla Balsiglla
Con la primavera alla borgata Balsiglia (Massello) inizieranno i lavori per la costruzione del
nuovo ponte. E’ un’opera ritenuta necessaria dal comune nell’ambito di una risistemazione
del tratto di strada che collega
la zona capoluogo con la borgata più alta del paese.
La struttura in cemento prefabbricato, del costo di una settantina di milioni circa, verrà
USSL 42 - VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: presso Ospedale Valdese di Pomaretto - Tel. 81154.
Guardia farmaceutica :
DOMENICA 22 GENNAIO 1989
Pinasca: FARMACIA BERTORELLO •
Via Nazionale, 22 - Tel. 800707
Ambulanza :
Croce Verde Perosa: Tel. 81.000.
Croce Verde Porte; Tel. 201454.
USSL 44 - PINEROLESE
(Distretto di Pinerolo)
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva; Telefono 2331 (Ospedale Civile).
Ambulanza ;
Croce Verde Pinerolo: Tel. 22664.
USSL 43 • VAL PELLICE
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 932433 (Ospedale Valdese).
Guardia farmaceutica :
DOMENICA 22 GENNAIO 1989
Luserna San Giovanni: FARMACIA
SAVELLONI - Via F. Blando 4 - Luserna Alta - Telef. 900223.
Ambulanza :
CRI Torre Pellice: Telefono 91.996.
Croce Verde Bricherasio: tei. 598790
finanziata con un contributo regionale ed un contributo provinciale.
Il sindaco .Aldo Peyran ha così commentato l’iniziativa: « La
costruzione si colloca nel programma di impegno del comune
per la salvaguardia del proprio
territorio. Il comune, nella sua
programmazione, si pone sempre
in prima istanza la necessità di
soddisfare in modo adeguato i
bisogni della sua popolazione, anche nelle realtà più periferiche.
Con la risistemazione del tratto stradale era necessario anche
il rifacimento del ponte, che permetterà di raggiungere la borgata a mezzi più pesanti attualmente esclusi ».
Prosegue il sindaco: « Mon sottovalutiamo, inoltre, l'importanza storica della Balsiglia. Con il
suo museo e le prossime celebrazioni del Rimpatrio, sarà una
tappa obbligata per tanti che intendono ripercorrere le orme di
chi 300 anni fa ha resistito sugli speroni rocciosi del Castello.
Ci auguriamo che i visitatori sappiano cogliere sia l'importanza
storica del luogo, sia anche la
perseveranza di chi ancora oggi
resiste e rende ospitali ed accoglienti questi luoghi con uno spirito di sobrietà e con la tenacia
tipica dei nostri valligiani ».
Mauro Meytre
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e trasporti per
qualsiasi destinazione
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re molto, se non che una preparazione di base, che oggi viene
proposta direttamente dall’industria, diventerà operante fin dalla scuola ».
Qual è l’area di provenienza
degli studenti del Capetti?
« La maggior parte dei ragazzi
proviene dai comuni della valle,
con casi da fuori zona (anche
dalla provincia di Cuneo) per ragioni di comodità di trasporti,
ecc. ».
Non può mancare a questo
punto una domanda riguardo la
scelta di avvalersi o meno dell’ora di religione cattolica nell’istituto e sulle alternative esistenti...
« Attualmente circa il 50% degli allievi si avvale dell’IRC (33
su 60); note dolenti invece per
quelli che non si avvalgono di
questa attività: la definizione ufficiale è quella dì "studio individuale”, ma è più giusto dire che
sono praticamente "abbandonati
a se stessi" in quanto non c'è
nulla di organico o razionale
proposto in alternativa. Gli insegnanti sono pochi; un insegnante non può eventualmente fare
un’attività alternativa in una
classe in cui insegna e, siccome
tutti insegnano almeno in due
classi, diventa praticamente impossibile attuare quanto proposto da chi ha ideato questa forma di ora alternativa ».
In questa scuola, come in altre in vai Pellice, da alcuni anni si svolgono delle lezioni sulla
cultura e storia valdese; come
sono state recepite?
« A livello generale direi abbastanza bene, tant’è che anche
quest'anno stiamo prendendo accordi, tramite l'insegnante di cultura e storia, per riproporre questa attività. C’è stato un buon
interesse rispetto agli aspetti religiosi, culturali e linguistici, certo da parte degli studenti che
provengono da fuori zona, ma
anche degli stessi residenti in
valle ».
P.V.R.
TORRE PELLICE — Sabato 28 gennaio, alle ore 20.45, presso II salone
della Comunità Montana in corso
Lombardlnl 2, il PCI di zona organizza un pubblico dibattito sul tema:
« Culture a confronto; autonomie, diritti e minoranze », con la partecipazione del prof. Nicola Tranfaglla dell'Università di Torino.
PEROSA ARGENTINA — Venerdì 20
gennaio alle ore 21, presso la sede
si riunisce il consiglio della Comunità ìMontana Valli Chisone e Germanasca - USSL 42; dopo la seduta andata
buca del 16 dicembre scorso per mancanza del numero legale dei consiglieri, si tratterà, fra l'altro, di approvare il bilancio di previsione 1989
dell'USSL e di sostituire l'assessore
dimissionarlo Laurenti.
' . .%• Z
Associazione per la pace ~
POMARETTO — L'associazione per
la pace, gruppo valli Chisone e Germanasca, si riunisce giovedì 19 gennaio alle ore 20.30, nei locali dell'ex
municipio.
Consiglio comunale ~
PINEROLO — Sabato 21 gennaio, alle ore 15.30, si tiene un consiglio comunale aperto sul problema droga.
Corsi
PINEROLO — La diocesi di Pinerolo
organizza un corso di etica sociale
che si terrà presso il Seminario di
piazza Marconi a partire da martedì
24 gennaio, ore 20.45. Aprirà il corso
mons. Riboldi, vescovo di Acerra.
Cinema
TORRE PELLICE — Il cinema Trento
ha in programma per il prossimo fine
settimana « Chi ha incastrato Roger
Rabbit? »: sabato ore 20 e 22, domenica dalle ore 16, quattro spettacoli.
POMARETTO — Venerdì 20 gennaio, alle ore 21, presso II cinema
Edelweiss, verrà presentato il film
« Betty Blue » di Beinex.
Programmi di Radio Beckwith
______________91.200 FM_______________
La puntata del programma ”A confronto”, in onda lunedì 23 alle ore 17,
avrà per titolo « Un'evangelica Italiana
in DDR: esperienze »; il programma
"Rendez-vous” di martedì 24, ore il7,
si occuperà del servizio della CEVAA;
"Gruenen” (giovedì 19, ore 19.15 e
lunedì ore 9.30) affronterà la situazione deH'apicoltura In vai Pellice; ricordiamo la serie su Martin Lutero
In onda ogni lunedì alle ore 11.30 e
martedì alle ore 15.30.
RINGRAZIAMENTO
« Io ho pazientemente aspettato
l’Eterno ed egli si è inclinato a
me ed ha ascoltato il mio grido»
(Salmo 40: 1)
I familiari della compianta
Giulia Paschetto ved. Frache
di anni 83
ringraziano riconoscenti la direzione e
il personale del Rifugio Carlo Alberto
per l’assistenza prestata alla loro congiunta; il pastore Zotta per le parole
di conforto e quanti hanno partecipato
al loro cordoglio.
Un ringraziamento particolare alla
cugina Valdesina.
Torre Pellice, 4 geimaio 1989.
RINGRAZIAMENTO
« Ecco, io faccio entrare in voi
lo spirito e voi rivivrete »
(Ezechiele 37: 5)
Ha terminato la sua vita terrena
Enrichetta Pons ved. Tron
di anni 78
I familiari, nell’impossibilità di farlo
personalmente, ringraziano tutti coloro
che l’hanno seguita con affetto e amicizia nel tempo della malattìa e che
hanno manifestato la loro simpatìa al
momento della sua dipartenza. Un ringraziamento particolare al dott. MeU,
ai medici e agli infermieri d^li ospedali di Pomaretto e Civile di Pinerolo,
ai pastori Lucilla Peyrot e Erika Tomassone, alla signorina Elsa GriU e
aUe visitatrici della chiesa di Pinerolo.
Massello, 8 gennaio 1989.
a Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa,
ho serbato la fede »
(II Timoteo 4: 7)
La moglie Renata Bonnet; i figli
Giorgio con Donatella Gay, Lucilla con
Giorgio Bouchard, Rémy con Silvia
Banfi; i fratelli Daniele con Louise
Muller e Emma con Carlo Gay; i nipoti Daniele, Andrea, Sara, Susanna,
Elisabetta, Nicola, annunciano la morte di
Giovanni Rochat
Milano, 14 gennaio 1989.
RINGRAZIAMENTO
La moglie, la mamma e i familiari di
Enzo Rochon
esprimono il loro ringraziamento a tutti
coloro che con scritti, parole di conforto e presenza si sono uniti al loro dolore. Profondamente commossi per la
fraterna dimostrazione di affetto, ringraziano ì medici e personale dell’Oepedale
valdese di Torre Pellice per le assidue
cure prestate al loro caro, i pastori
Paolo Ribet e Zotta.
TORRE PELLICE S. Germano Chisone, 20 gennaio 1989.
Corso per guide
turistico-culturali
L’ultimo incontro del nostro
corso avrà luogo il 27-28 e 29 gennaio 1989 presso la Foresteria
di Torre Pellice. Il programma
avrà il seguente svolgimento:
VENERDÌ’ 27 GENNAIO
ore 20.30; « Le minoranze in Italia (e in Europa): quante e
perché », con il prof. Tavo
Burat di Biella.
SABATO 28 GENNAIO
ore 9: «Resistenza e autonomia»,
con il prof. Gustavo Malan di
Torre Pellice;
ore 14.30: « La Ungua come identità di minoranza », con il
prof. Arturo Genre dell’Università di Torino;
ore 16.30; « Educare alla minoranza», con il prof. Claudio
Tron di Massello.
DOMENICA 29 GENNAIO
ore 11: assemblea finale.
Gli organizzatori invitano inol
tre i partecipanti al corso ad
intervenire ai dibattiti organizzati dal PCI (sabato 26 sera alle ore 20.45 su « culture a confronto »; sede della Comunità
Montana) e CED 1° Distretto
(domenica 29 alle ore 15 su
« cultura alle valli », presso la
foresteria valdese).
« Sia che viviamo o che moriamo, noi siamo del Signore »
(Romani 14: 8)
Serenamente è mancata
Maria Tron Bernoulli
Addolorati per la scomparsa della
loro cara « zia Mimi » ne danno il
triste annuncio i nipoti Ferridtini,
Chiambretto, Maggiore, Bosio, i pronipoti e parenti tutti.
I funerali hanno avuto luogo il 18
gennaio nel tempio valdese di Torre
Pellice.
Torre Pellice, 20 gennaio 1989.
per la stampa dì
biglietti da visita, carta e buste intestate,
locandine e manifesti, libri, giornali, riviste,
dépliants pubblicitari, pieghevoli, ecc.
coop. tipografica subalpina
VIA ARNAUD, 23 - ® 0121/91334 - 10066 TORRE PELLICE
12
12 fatti e problemi
20 gennaio 1989
IN DISCUSSIONE LA RIFORMA DEL SERVIZIO CIVILE | COStÌ
degli ospeda
Resterà il vaglio delle coscienze
Gli obiettori non saranno più competenza del Ministero della difesa ma il loro servizio sarà più lungo - Nuovi rapporti con gli enti convenzionati - La posizione della Tavola valdese
Da ormai più di un anno i giovani obiettori di coscienza al servizio militare (ed in particolare coloro che si apprestand ad iniziare
il servizio civile) e gli enti convenzionati con il Ministero della difesa per il servizio civile, attendono
che il Parlamento vari la riforma
della legge che regola la materia,
risalente al 1972, largamente inadeguata ai tempi.
Infatti, il numero di giovani che
fanno dichiarazione di obiezione
di coscienza e chiedono di poter
svolgere il servizio civile è divenuto fenomeno socialmente piuttosto rilevante: una ricerca nella
sola Torino, presentata di recente, ha evidenziato che circa il 6,5
per cento dei giovani « in età di
leva » nel corso del 1988 ha fatto
questa scelta.
E' in discussione presso la Commissione difesa della Camera dei
deputati un testo che ha raccolto
e coordinato le diverse proposte
di riforma della lègge del 1972
presentate da varie forze politiche
(« Progetto Caccia », dal nome
del deputato relatore).
Sembra ormai dato per certo
che la gestione e l’organizzazione
del servizio civile sarà affidata ad
un dicastero diverso da quello della difesa, « ad altra amministrazione statale che disponga delle
strutture (anche decentrate) necessarie a garantire la serietà del
servizio » (così il ministro Zanone in un intervento su « Il Sole 24 Ore» del 5.1.1989), presumibilmente un ufficio costituito presso la Presidenza del Consiglio.
Un servìzio più
iungo dei militare
Benché le forze politiche paiano d’accordo sulla riduzione del
periodo di servizio civile (oggi 8
mesi più lungo di quello militare),
chi obietterà dovrà sempre ancora « servire la patria » per un periodo maggiore rispetto a chi indosserà divisa e mostrine, e ciò,
secondo il ministro Zanone, « per
compensare i maggiori disagi e rischi del servizio militare ».
Si potrebbe a lungo discutere
se la discriminante tra servizio militare e servizio civile sia data
« dai maggiori disagi e rischi »
che si asserisce i militari sopportino, oppure daH’utilità del servizio reso dagli obiettori nel corso
del loro periodo di « ferma » in
ospedali, case per anziani, comuni di montagna, associazioni ambientalistiche e culturali: ma non
è questo il luogo.
Comunque sia, per rifiutare il
servizio militare occorrerà continuare a professarsi « obiettore di
coscienza », ossia il servizio civile continuerà ad essere visto dal
legislatore, dal potere politico,
come l’eccezione, l’anomalia nel
sistema generale; la possibilità di
svolgere il servizio civile in alternativa a quello militare non verrà ancora riconosciuta come diritto soggettivo dell’individuo.
Il servizio civile continuerà ad
essere considerato « sostitutivo »
(ossia subordinato, di second’ordine) rispetto al servizio militare,
e non « alternativo » (cioè con pari dignità) ad esso.
Permarrà una commissione, costituita presso il Ministero della
difesa, che dovrà valutare le ragioni di coscienza di chi si dichiarerà contrario all’uso delle armi
ed al sistema militare in genere.
[?ovRò
lU M\L\TAÌ^t,
NO. PIGOLATI
N/OGUO f A^/VM
da UN) PPSGACCHIDTTO
COM^ 'TG
Occorre un nuovo
rapporto con gli enti
Con la nuova legge si dovrà ridefinire il rapporto corrente tra
amministrazione statale ed enti
privati convenzionati per il servizio civile. Attualmente questo rapporto è regolato da convenzioni,
il cui testo base risale al 1985, e
la cui applicazione ha dato origine
negli anni 1987-88 a notevoli tensioni tra enti e uffici del Ministero della difesa, sia centrali sia periferici (Distretti militari), soprattutto per l’uso da parte degli organi statali dello strumento amministrativo delle circolari applicative, contestate dagli enti tanto per
la forma quanto per la sostanza.
Gli enti, in particolare, si sono
fermamente opposti ai reiterati
tentativi del Ministero di imporre loro controlli ed obblighi di carattere militare, volti quasi a creare negli enti ambienti tipo « caserma ».
In corso una nuova
trattativa
Per quanto riguarda la Tavola
Valdese, ormai da quasi un anno
e mezzo essa è in trattativa epistolare con il Ministero della difesa per ridefinire il numero di
obiettori di coscienza che potranno svolgere il servizio civile in
istituti delle Chiese valdesi e metodiste: quasi tutte le difficoltà
(per lo più di carattere amministrativo-burocratico) sono state superate, e si spera che presto si potrà fornire l’elenco aggiornato degli istituti e del numero di obiettori che essi potranno accogliere.
Gli obiettori di coscienza in servizio civile negli istituti valdesi
del Piemonte si ritrovano periodicamente per discutere problemi
comuni, ed hanno regolari contatti
sia con il Coordinamento provinciale degli o.d.c. di Torino, sia
con il Coordinamento del pinerolese.
Anche i responsabili degli istituti piemontesi rientranti nella
convenzione tra Tavola Valdese e
Ministero della difesa si sono riuniti diverse volte per esaminare
questioni di gestione e di rapporto comune con il Distretto militare.
Sarebbe auspicabile che incontri di questo genere, sia tra obiettori sia tra responsabili degli istituti, avvenissero anche in altre regioni d’Italia (dove indubbiamente vi sono maggiori difficoltà di
collegamento).
Vera novità nel campo del ser
vizio civile è data dall’articolo 4
dell’Intesa tra la Repubblica italiana e l’Unione delle chiese avventiste del 7« giorno (oggi tradotta in legge dello Stato) per il quale « La Repubblica italiana, preso
atto che la Chiesa cristiana avventista è per motivi di fede contraria all’uso delle armi, garantisce
che gli avventisti soggetti all’obbligo del servizio militare siano assegnati, su loro richiesta e nel rispetto delle disposizioni sull’obiezione di coscienza, al servizio sostitutivo civile »; in questo modo
i giovani avventisti hanno ottenuto, semplicemente attestando tale
loro qualità, di scavalcare ogni esame da parte della commissione
ministeriale, e vedersi garantito
l’accesso al servizio civile.
Gli avventisti hanno aperto forse una breccia nell’apparato burocratico statale, scovando una buona strada perché altri giovani possano vedersi garantita la possibilità di svolgere il servizio civile,
senza sottostare ad esami di coscienza o ad indagini dei carabinieri: a quando accordi tra Ministero e, per esempio, il M.l.R. o
l’Associazione per la pace, che garantiscano il medesimo trattamento ai loro iscritti?
Paolo Gay
Nel 1987, secondo uno studio
deiri.S.I.S., l’assistenza ospedaliera, erogata attraverso le strutture del Servizio sanitario nazionale e dalle strutture convenzionate, è costata allo Stato oltre 28.600 miliardi, pari a circa
il 53% della spesa sanitaria complessiva.
L’80% dell’intera spesa ospedaliera si riferisce agli ospedali gestiti direttamente dalle USL,
per un totale di circa 23.000 miliardi. Quasi l’ll% è invece riferito alle spese per l’assistenza
ospedaliera erogata in regime di
■convenzione obbligatoria dalle
cliniche e dai policlinici universitari, dagli istituti di ricovero
e cura a carattere scientifico e
dagli ospedali ecclesiastici classificati, per un totale di 3.122 miliardi. Poco meno del 9% è, infine, riferito all’assistenza ospedaliera presso le case di cura
ed altri istituti privati convenzionati, per un totale di circa
2.495 miliardi.
Sempre nel corso dell’anno
1987 sono stati effettuati in Italia.
9.787.000 ricoveri, per un totale
di circa 110 milioni di giornate
di degenza in ospedale. Di questi 7.744.000, con una degenza
media di 10,2 giorni, sono relativi agli ospedali gestiti dalle
USL; 413.000, con una degepa
media di 10,1 giorni, alle cliniche e policlinici universitari;
292.000, con una degenza media
analoga, agli istituti di ricovero e
cura a carattere scientifico;
268.000, con una degenza media
di 12,6 giorni, agli ospedali ecclesiastici classificati e, infine,
1.070.000 ricoveri, con una degenza media di 19,2 giorni, sono relativi alle case di cura e ad altri
istituti privati convenzionati.
Per quanto riguarda il costo
di una giornata di degenza nei
diversi comparti ospedalieri analizzati nello studio, l’onere più
elevato si rileva negli istituti di
ricovero e cura a carattere scientifico con circa 311.000 lire al
giorno, seguiti dalle cliniche e
policlinici universitari con 301
mila, dagli ospedali gestiti dalle USL con 292.000 lire e dagli
ospedali ecclesiastici classificati
con 276.000 lire, mentre costi
notevolmente inferiori si regi
strano nelle case di cura e negli
altri istituti privati convenzionati con 121.000 lire per giornata.
Gli ospedali ecclesiastici risultano invece al primo posto, con
una spesa media di 3.482.000 lire,
per quanto riguarda il costo di
un « ricovero tipo », vale a dire
rapportato alla durata della degenza media; seguono le cliniche
ed i policlinici universitari con
quasi 3.050.000 lire; gli istituti
di ricovero e cura a carattere
scientifico con 3.149.000 lire; gli
ospedali gestiti dalle USL con
poco meno di 3 milioni ^ infine le case di cura e gli istituti
privati convenzionati con lire
2.330.000. (E.D.S.)
GENTE COME TE CI LEGGE
ABBONAMENTI ’89
Abbonamento ordinario
lire 38.000
( Mtcre lir* 70.000,
pa>U **rei lir» 100.000)
Abbonamento a ’costo reale’
lire 60.000
( i il cetto d»l giomal*
diviM par
il numaro dagli aHuali abbonati )
Abbonamento sostenitore
lire 75.000
( con diritto a duo stampo
di Marco Roatan raffiguranti
i templi dall» Valli Vaidati )
(ettaro lire 130.000)
L’importo va versato sul c.c.p. n. 20936100 intestato a A.I.P., via Pio V, n. 15 - 10125 TORINO
Il settimanale in saggio per un mese a coloro che lo richiedono
o a coloro il cui indirizzo sia fornito da un abbonato, una chiesa