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la luce
Anno 82 - n. 47
18 dicembre 1992 - lire 1200
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SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
venerdì 18 DICEMBRE 1992
ANNO 0 - NUMERO 02
L'INTERVENTO MILITARE IN SOMALIA
CANNONI
CONTRO LA FAME?
GIORGIO GARDIOL
Bisogna utilizzare il cannone per poter dar da
mangiare agli affamati? E’
giusto rischiare la pelle per
venire in aiuto a cqloro che
non hanno niente da mangiare? Sono gli interrogativi che
tutti noi ci siamo posti di
fronte all’intervento militare
in Somalia per garantire gli
aiuti alimentari intemazionali
alla popolazione somala.
Si è disquisito se fosse possibile e lecito fondare un nuovo diritto internazionale basato sul diritto di intervento militare della comunità intemazionale in presenza di emergenze umanitarie. Si è cercato
di fondare questo diritto affermando che il diritto al cibo
è considerato dalla FAO e
dairONU uno dei diritti umani fondamentali e che come
tale va tutelato, se necessario
anche con la forza. L’opinione pubblica si è divisa tra interventisti e non, tra chi preferisce una «soluzione politica» delle crisi a quella che fa
uso della forza.
Difficile è - nel caso specifico dell’intervento in Somalia - astrarsi dal giudizio sulle
responsabilità della situazione che vedono pesantemente
coinvolti il nostro paese e la
Comunità europea. Difficile
di fronte alle immagini di
morte che la televisione ha
diffuso nelle nostre case non
sentirci responsabili, e più di
altri. Ecco perché in molti abbiamo pensato che l’intervento fosse giusto. Almeno saranno salvate vite umane.
Poi, riflettendo ulteriormente, i dubbi sono diventati
molti. Gli eserciti occidentali
in un sistema ormai unipolare
debbono trasformarsi in polizia del mondo, sono autorizzati ad interferire nei problemi interni di paesi che fino a
ieri consideravamo sovrani?
Se questo è condiviso i paesi
occidentali interverranno attivamente in tutti i paesi dove è
in corso una guerra civile? Le
forze deirONU non saranno
più forze di «interposizione»
ma imporranno la pace armata? Facendo così non si corre
il rischio di imporre il punto
di vista del più forte per dare
soluzione ai conflitti? Quando gli eserciti lasceranno il
paese siamo sicuri che la pace
ritornerà?
La soluzione di affiancare
agli eserciti specialisti della
sanità, dell’amministrazione,
dei lavori pubblici non rischia
di trasformarsi nuovamente in
un dominio coloniale ?
Allora il nostro giudizio è
più prudente, più sfumato. La
nostra responsabilità diventa
più grande. Dobbiamo essere
capaci di esercitare un controllo su come si sviluppa
l’intervento, dobbiamo essere
capaci di imporre il ritiro degli eserciti occidentali quando
si va al di là dell’intervento
umanitario. Siamo impegnati
insieme agli altri coinquilini
di questo mondo ormai «villaggio globale» a definire
nuove regole di convivenza a
livello mondiale, a fondare un
nuovo ordine mondiale.
L’esito dell’operazione «restore hope» ci dirà se «l’ordine» sarà imposto con la
«forza» o se sarà un passo in
avanti verso la democrazia.
Una democrazia che garantisca a tutti il diritto al cibo, alla salute, ad una vita piena.
Obiettivi sui quali molti, specie tra i cristiani, sono oggi
disposti a spendersi sapendo
che i problemi di un giusto
rapporto tra il Nord e il Sud
del mondo sta anche nel cambiamento del nostro stile di
vita, in un modo di vivere più
sobrio. Altrimenti agli affamati della Somalia daremo
solo le briciole del nostro
banchetto consumista ed in
questo caso i marines, la legione e i nostri parà saranno
lì solo per difendere il nostro
livello di vita e la nostra cattiva coscienza.
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NelTavvento di Gesù i cristiani scoprono la speranza per il futuro
La realtà che Dio prepara per il mondo
DANIELE GARRONE
Dalla prigione dov’era rinchiuso, Giovanni il battista manda a chiedere a Gesù
se sia lui colui che doveva
venire - cioè l’atteso Messia
d’Israele - o se si debba
aspettare un altro.
Nella sua risposta, Gesù
menziona tre dei miracoli che
Isaia 35 collega alla «venuta»
di Dio per salvare il suo popolo: la guarigione di ciechi,
sordi e zoppi. Gesù realizza
le azioni della «venuta di
Dio» attesa da Israele: questo
devono riferire al loro maestro i discepoli del battista
(Matteo 11: 2-5).
Dio viene per salvare: questo l’annuncio che Isaia 35
esprime con immagini piene
di poesia e di forza evocatrice
(quando Dio viene, il miraggio diventa lago!).
L’approssimarsi {«Ecco il
vostro Dio», V. 4) del compimento della giustizia di Dio
contro l’idolatria e l’odio
{«vendetta », «retribuzione»)
porta consolazione al popolo
che è sfiduciato e smarrito
perché vede e sente opprimente la realtà del mondo
così com’è.
Il «venire di Dio» rende
forti le mani di chi non aveva
più le energie per intraprendere, rende fermo il passo di
chi vacillava e cadeva, dà coraggio al cuore pieno solo di
incertezza epaura (v. 3,4).
L’annuncio del «venire di
Dio» e la consolazione che ne
scaturiscono sono in questo
testo legati ad una situazione
storica precisa, e al tempo
stesso ancora «aperti».
«Il deserto e la terra arida si rallegreranno,
la solitudine gioirà e fiorirà come la rosa;
si coprirà di fiori e festeggerà
con giubilo e canti d’esultanza;
le sarà data la gloria del Libano,
la magnificenza del Carmel e di Saron.
Essi vedranno la gloria dell’Eterno,
la magnificenza del nostro Dio.
Eortificate le mani infiacchite,
raffermate le ginocchia vacillanti!
Dite a quelli che hanno il cuore smarrito:
“Siate forti, non temete!"
Ecco il vostro Dio! Verrà la vendetta,
la retribuzione di Dio;
verrà egli stesso a salvarvi.
Allora s’apriranno gli occhi dei ciechi,
e saranno sturati gli orecchi de’ sordi;
allora lo zoppo salterà come un cervo,
e la lingua del muto canterà di gioia;
perché delle acque sgorgheranno nel deserto,
e de' torrenti nella solitudine;
il miraggio diventerà un lago,
e il suolo assetato, un luogo di sorgenti d’acqua;
nel ricetto che accoglieva gli sciacalli
s’avrà un luogo da canne e da giunchi.
Quivi sarà una strada maestra, una via
che sarà chiamata “la via santa" ;
nessun impuro vi passerà;
essa sarà per quelli soltanto;
quei che la seguiranno,
anche gl' insensati, non potranno smaìrirvisi.
In quella via non ci saranno leoni;
nessuna bestia feroce vi metterà piede
o vi apparirà;
ma vi cammineranno i redenti;
e i riscattati dall’Eterno torneranno,
verranno a Sion con canti di gioia,
un’allegrezza eterna coronerà il loro capo;
otterranno gioia e letizia,
e il dolore ed il gemito fuggiranno.»
(Isaia 35: 1-10)
•« > A u UT.
Tutto sembra (volutamente)
sia riferirsi alla fine dell’esilio sia evocare la «venuta di
Dio» che inaugura i nuovi
cieli e la nuova terra.
Così, il deserto che rifiorisce è immagine della terra
d’Israele che rinasce; le infermità guarite sono immagine
della guarigione di Israele in
esilio; la strada che conduce i
«puri» (anche gli «insensati»,
cioè i semplici: non c’è bisogno di eroismo nel «rimpatrio» di Dio!) a Sion, al santo
monte della presenza e della
comunione di Dio, è quella
che permette il ritorno
dall’esilio del popolo punito,
perdonato e consacrato.
L’«allegrezza eterna» che
coronerà il capo dei «riscatta
ti del Signore», la fine del dolore e del gemito sono la speranza di una vita piena e benedetta, nella comunione con
Dio, nella propria terra.
Tuttavia queste immagini
evocano un compimento che
va al di là del semplice ritorno dall’esilio, per abbracciare
la fine di ogni deserto, reale e
metaforico, la guarigione di
ogni malattia, fisica e mentale, reale e figurata, la ricongiunzione di tutte le diaspore,
la comunione compiuta ed
ininterrotta con Dio. J.
Brahms ha usato il v. 10, nel
suo «Requiem tedesco», come uno dei testi biblici che
esprimono la speranza cristiana, ravvisandovi probabilmente un’immagine del
gioioso corteo dei risorti.
Un riferimento così diretto
non corrisponde al testo, ma
certo - ebrei e cristiani - riceviamo l’Evangelo della «venuta di Dio» come è qui annunciato come la speranza
del nostro futuro, come evocazione della realtà che Dio
prepara per il mondo.
Neir«avvento» di Gesù,
noi cristiani riconosciamo il
compiersi di questa speranza
0 - se posso usare questa immagine - lo sgorgare dell’acqua che un giorno, quando
Dio vorrà, sarà lago. Isaia 35
ci mostra al tempo stesso la
portata delle opere che Gesù
ha già compiuto e il volto che
il suo ritorno darà alla realtà
del mondo e dell’uomo.
23 DICEMBRE
Per la pace
nell'ex Jugoslavia
Su invito dell’associazione
interreligiosa «Fondazione
per l’appello alla coscienza»
di New York, il Patriarca ortodosso serbo Pavle, l’arcivescovo cattolico di Sarajevo,
Vinko Puljic e il capo dei musulmani di Bosnia, Jakuh Selimoski, si sono incontrati
presso Zurigo e hanno lanciato, il 26 novembre, un comune appello per la pace in Bosnia Erzegovina.
Nel testo dell’appello, firmato anche dal presidente
della «Fondazione per l’appello alla coscienza», il rabbino Arthur Schneier, si legge
tra l’altro: «In nome della nostra responsabilità spirituale
e morale, in nome della comunità islamica, della Chiesa
ortodossa serba e della Chiesa cattolica croata, ma soprattutto in nome dell’amore
e della giustizia di Dio... noi
lanciamo all’umanità a
all’ unisono questo appello
per la pace, questo grido a
Dio e all’uomo, questo grido
di sofferenza e di speranza
dal profondo del nostro animo... Il male ha sorpassato
ogni limite e la sofferenza è
indescrivibile.
Perciò non imploriamo, ma
in nome di Dio e della sua
giustizia, in nome dell’umanità e della sopravvivenza di
tutti esigiamo Pimmediata,
incondizionata e irrevocabile
cessazione della guerra, il ristabilimento della pace e il
rinnovo del dialogo, l’unico
metodo per risolvere gli attuali problemi nazionali e politici». Sottolineando che la
guerra in Bosnia «non è una
guerra di religione», e che la
«caratterizzazione di questo
tragico conflitto come guerra
di religione e l’abuso di tutti i
simboli religiosi allo scopo di
aumentare l’odio devono essere condannati», i leader
delle tre confessioni lanciano
un appello «a tutte le comunità per una preghiera comune il 23 dicembre 1992, per
dimostrare la nostra completa solidarietà con tutti i singoli e i popoli della Bosnia e
dell’Erzegovina, e con tutti
gli altri popoli sofferenti
dell’ex Jugoslavia».
Ecumene
Intolleranza
in Germania
pagina 2
Delle Chiese
Per l’Albania
pagina 3
Cultura
Dal primo
al nuovo Adamo
pagina 7
2
PAG. 2 RIFORMA
Ecumene
venerdì 18 DICEMBRE 1992
Assassinato Silvio Maier, giovane membro della Chiesa evangelica di Berlino Est
L^ntolleranza colpisce i militanti evangelici
MANFREDO PAVONI
Dopo la grande manifestazione del 9 novembre,
che ha invaso le strade di
Berlino con un enorme corteo
colorato, animato da cinquecentomila persone venute da
ogni parte della Germania per
arginare l’ondata di violenza
e morte che si abbatte da circa tre mesi costantemente sugli stranieri che vivono
all’Est e all’Ovest del Paese,
le cose non sembrano assolutamente migliorare.
A Mölln, 30 chilometri da
Lubecca, due bambine turche
e la loro madre bruciano vive
in un rogo scatenato da nazisj(in che rivendicano l’attentato tramite una telefonata
che si conclude con «heil Hitler» e in altre parti del paese,
all’Est e all’Ovest si verificano pestaggi, attentati ad ostelli fino ad arrivare all’omicidio di Silvio Maier avvenuto
la settimana scorsa, verso sera, nelle vicinanze della fermata della metropolitana di
Samaria, a Berlino Est, ad
opera di un gruppo di radicali
di destra.
Silvio Maier, studente, 27
armi, faceva parte dei gruppi
legati alla Chiesa evangelica,
ai centri culturali alternativi
di Berlino Est che prima della
caduta del muro lavoravano
per costruire nell’ex Repubblica democratica tedesca un
socialismo democratico e per
superare i privilegi che la burocrazia della SED, il partito
comunista dell’ex RDT aveva
costruito per la propria classe
dirigente.
Nel 1987 Silvio aveva partecipato al Kirchentag delle
Chiese evangeliche e rappresentava il gruppo soprannominato «Kirche von unten»,
un’iniziativa tipica dei gruppi
teologici di base che era partita nell’ambito delle chiese
dell’Est.
A Berlino Est aveva fondato con altri evangelici e cittadini del quartiere la «Umweltbibliotek», una specie di biblioteca che però raccoglieva
non solo libri ma riviste, materiale politico e sociale ed
organizzava costantemente
dibattiti, letture di poesie e libri, nel tentativo di dare spazio e voce alle opposizioni
democratiche che cominciavano a entrare nella scena politica della Germania dell’Est.
L’attività all’interno della
«Umweltbibliotek» e la pubblicazione di un piccolo e
modesto giornale di opposizione, «Umweltblatter», che
Silvio stampava nelle cantine
della Sionkirche avevano portato la Stasi ad interessarsi di
lui e degli altri giovani evangelici della Sionkirche. Nel
1989 viene arrestato con l’accusa di aver partecipato ad
una manifestazione illegale e
per attività contro «la sicurezza dello stato».
In questi ultimi anni Silvio
Maier viveva in una casa occupata nella Schreinerstrasse,
dove insieme ad altri amici
aveva fondato una tipografia;
la loro casa era stata più volte
attaccata da gruppi di naziskin e da tifosi sportivi, per
questo la tipografia era particolarmente impegnata nella
stampa di riviste e materiale
antifascista e Silvio stava preparando un centro di documentazione contro il razzismo.
Il capo della polizia di Berlino, dopo la manifestazione
per la morte di Silvio Maier
che è stata interrotta e sciolta
a Kreuzberg, dove quasi l’intero quartiere si è ribellato accusando la polizia di non pro
teggere gli stranieri e quanti
lavorano contro il razzismo,
ha paragonato la situazione
politica tedesca alla Repubblica di \yeimar dicendo che
«anche lì la sinistra e la destra estrema si sono schierate
contro una polizia neutrale».
Per gli amici di Silvio le
cose non stanno proprio così.
Infatti hanno denunciato la
polizia di Berlino Est che non
sarebbe intervenuta per fermare l’attentato ritenuto dalla
polizia «un regolamento di
conti all’interno di gruppi
della sinistra», mentre Silvio
Maier era stato accoltellato
da radicali di destra che conoscevano dove viveva e l’attività che svolgeva nel quartiere.
Pochi giorni prima dell’o
micidio di Silvio Maier, Ralf
Giordano, della comunità
ebraica di Berlino, si rivolgeva in una dura lettera al cancelliere Kohl con queste parole:
«Abbiamo perso la speranza che il suo governo sia intenzionato a proteggere gli
ebrei e gli stranieri dalla violenza di destra. Per questo
siamo pronti a prendere nelle
nostre mani il problema della
nostra difesa fino ad arrivare
all’autodifesa armata. Noi riteniamo Lei e il suo governo
responsabili per tutto ciò che
può avvenire poiché, in modo
che non ammette scuse di
fronte alle violenze e ai numerosi segnali di intolleranza
diffusa, avete reagito con debolezza e pavidità ».
Va a ruba la nuova edizione danese
Bibbia best-seller
Oltre 20.000 copie vendute
in due giorni! Ca nuova Bibbia danese sta andando a ruba, tanto che molte librerie
hanno visto le loro scorte
esaurirsi in un baleno. Per di
più, ad essere maggiormente
richiesta è l’edizione più cara
(200 corone, circa 45.(X)0 lire, rispetto a quella popolare
che costa la metà). Quest’anno, per Natale, i danesi si offrono e offrono la Bibbia. Rispondono così in massa alla
campagna pubblicitaria della
Società biblica sul tema:
«Leggete la Bibbia - Scritti
antichi, verità di oggi».
Questa nuova Bibbia ha
una lunga storia. Nel 1975, la
Società biblica danese proponeva di intraprendere una
nuova traduzione ufficiale
dell’Antico Testamento che
. sarebbe stata utilizzata dalla
«Polke Kirche », la Chiesa
luterana di stato.
Fatto a partire dai testi
ebraici, il lavoro di traduzione ha richiesto la fatica di
molti esperti. Le prime traduzioni (Salmi di Davide) erano
pronte nel 1977, le ultime nel
1989, nell’anno in cui anche
una nuova versione del Nuovo Testamento venne ultimata. Una prima versione venne
quindi pubblicata per sottoporla al parere e alla critica
del popolo danese. Giunse
circa un migliaio di lettere.
Due gruppi di lavoro (uno per
l’Antico e uno per il Nuovo
Testamento) tennero conto
delle varie osservazioni e trasmisero un testo corretto ad
un comitato di verifica composto di sette membri appartenenti a varie confessioni.
Quest’ultimo stabilì la versione definitiva, con particolare
attenzione ai passi di grande
importanza teologica.
La suddetta versione venne
quindi sottoposta, il 19 dicembre 1991, al ministro dei
culti il quale, prima di chiedere l’approvazione ufficiale
della regina Margrethe II,
chiese i pareri di tutti i vescovi luterani del paese. Infine, il
19 febbraio 1992, la regina
diede l’autorizzazione e il via
alla stampa. La presentazione
ufficiale al pubblico venne
fissata per l’8 novembre
1992.
L’ultima Bibbia a presentare una traduzione contemporanea dell’Antico e del
Nuovo Testamento era stata
quella del re Christian VI, risalente al 1740. Questa nuova
traduzione completa della
Bibbia è stata celebrata in
modo solenne. La domenica
dell’8 novembre, tutte le chiese luterane sono state invitate
a celebrare un culto speciale.
A Copenhagen, nella Chiesa
luterana «Vor Prue Kirche»,
in presenza della regina, un
culto solenne è stato ritrasmesso alla radio e alla televisione. La domenica sera uno
spettacolo speciale si è svolto
all’Opera reale, sempre in
presenza della regina.
Critiche protestanti a Drewermann
Conflitto sulla fede
Di Drewermann si comincia a discutere e litigare non
soltanto in ambito cattolico
ma anche in ambito protestante. Jurgen Jeziordwski,
presidente del Consiglio della
Chiesa evangelica luterana di
Hannover, ha appena terminato di scrivere un libro dedicato alla questione Drewermann. Il titolo annuncia già
quale potrebbe essere il contenuto: Eugen Drewermann.
Il conflitto sulla fede continua.
Il problema, ha sottolineato
Jeziorowski, non è dato
dall’attacco che Drewermann
ha messo in atto contro il
dogma della verginità o
l’analisi in chiave psicologica
della solitudine, ma più globalmente dall’impostazione
generale che Drewermann
sembra avere nei confronti
della Bibbia, della tradizione
e del ruolo dell’istituzione ecclesiastica.
Nel nuovo libro Jeziowroski, oltre a mettere in luce i
conflitti che Drewermann ha
sostenuto con il suo vescovo
Degenhardt, critica severamente il modo con cui
Drewermann affronta la questione della paura e dell’angoscia, che secondo il noto
teologo tedesco va messa in
stretta correlazione con il
senso di mancanza e di colpa;
egli giudica severamente alcuni punti della riflessione di
Drewermann sulla questione
del male, e della psicanalisi.
In ultima istanza la critica di
Jeziorowski si concentra sul
libro di Drewermann Clerici,
psicodramma di un ideale.
Da un lato Jeziowroski offre a Drewermann tutta la sua
solidarietà rispetto alla censura che la gerarchia della
Chiesa cattolica gli oppone,
dall’altra parte però si preoccupa sulle conseguenze che
un dibattito legittimo possa
avere in ambito protestante.
«Da Paderborn - dice nel suo
libro sul caso Drewermann ci può certamente giungere
un impulso forte e dignitoso
ed ecumenicamente rilevante
per riflettere sulla nostra fede
e sul ruolo delle chiese nella
società».
Secondo il presidente del
consiglio della Chiesa evangelica luterana di Hannover, il
protestantesimo non può scartare la riflessione di Drewermann che rappresenta uno stimolo troppo autentico e originale per chi è interessato alla
questione della fede, proprio
perché riconosce che nelle
opere di Drewermann emergono domande e dubbi centrali per le chiese cristiane.
Lo scopo di questo libro,
conclude Jeziowroski, non è
sottoscrivere le tesi e le tendenze del teologo di Paderborn: «£’ giusto litigare e
non essere d’accordo, ma sarebbe miope e estremamente
pericoloso per il protestantesimo tirarsi fuori dal dibattito
per osservarlo da lontano»
Dal Mondo Cristiano
La parola in immagine
ORTEZ (Francia) - «Essere o diventare protestante riformato oggi»: tale era il tema del concorso di cartelloni organizzato
dalla Chiesa riformata di Francia in occasione del suo Sinodo
nazionale. Fra i cinquanta manifesti proposti, uno è stato selezionato dalla giuria, quello di Pierre Gibert. Esso rappresenta
un altro manifesto affisso su un muro variopinto di pittura e di
graffiti, che potrebbe essere il muro di Berlino poco prima della sua caduta.
Lo slogan del cartellone è «Protestante, la parola di libertà
oggi». I graffiti, fra i quali si può leggere «Chiesa riformata di
Francia» elencano tutti i libri della Bibbia. «Quante volte siamo
confrontati con parole insolite -spiega Pierre Gibert -; così, tutti
i libri della Bibbia appaiono sul manifesto perché essi sono tutti
portatori di un insegnamento. In quanto allo slogan, ho voluto
affermare che un protestante deve proclamare non una parola
qualsiasi bensì la Parola di Dio, parola di libertà ».
Il neopresidente del Consiglio nazionale della Chiesa riformata di Francia, past. Michel Bertrand, spiega: «La parola di libertà affissa va intesa non come l’affermazione orgogliosa di
persone che ne avrebbero il monopolio ma semplicemente e
gioiosamente come la buona Novella di Gesù Cristo per ognuno di noi e come un appello a viverla e a condividerla con più
gente possibile, senza pretese né timidezza ».
Accogliere lo straniero
GERMANIA - «Di fronte agli attacchi razzisti contro i centri per gli immigrati, non basta essere indignati né affermare
semplicemente che ciò era prevedibile! Si tratta di prendere
partito per coloro la cui dignità di uomini e di donne viene beffeggiata ». Il pastore Beier, presidente della Chiesa evangelica
della Renania, in una lettera indirizzata alle comunità locali
della sua chiesa, chiede che queste ricordino ai responsabili politici l’urgenza di agire e di non soffermarsi alla controversia su
eventuali modifiche del diritto di asilo.
Prendendo personalmente la responsabilità della propria posizione, motivata da una riflessione teologica e pedagogica,
Beier esorta i cristiani «a stare vicini alle vittime della violenza, ma anche a ricercare il contatto con coloro che sono all’origine di questi atti di violenza». Di fronte alla prospettiva di un
afflusso ancora maggiore di immigrati, il past. Beier chiede di
prendere posizione in loro favore: «Tale atteggiamento andrà
incontro talvolta all’incomprensione e farà sorgere dei conflitti,
ma i cristiani conoscono la sorgente che dà la forza e la libertà
per compiere ciò che è possibile e necessario» (I Pietro 5:7).
La Chiesa evangelica della Renania ha messo a disposizione
la somma di 8 milioni di marchi (circa 7 miliardi di lire) per
l’acquisto di alloggi destinati ai rimpatriati dell’Europa dell’est
e ai profughi.
La Federazione e la bioetica
PARIGI - Il primo numero della Lettera della Federazione
protestante è uscito il lunedì 2 novembre. La “lettera” si propone di informare le personalità del mondo politico, economico,
giuridico e sociale sul protestantesimo e di condividere con loro «i punti di vista più significativi delle chiese e associazioni
facenti parte della Federazione protestante».
La “lettera” uscirà tre volte l’anno, comprenderà vari articoli
(editoriale, interviste, brevi notizie, articoli di fondo) e tratterà
ogni volta un diverso tema di attualità. Il dibattito parlamentare
relativo ai tre progetti di legge sulla bioetica ha determinato la
scelta del tema di questo primo numero. Un’intervista a Olivier
Abel, professore di filosofia e di etica alla Facoltà di teologia
protestante di Parigi e un articolo sulla presa di posizione della
Federazione protestante sull’interruzione volontaria della gravidanza illustrano questo tema.
A Hans Kiing il premio K. Barth
BERLINO - Il teologo svizzero Hans Kiing ha ricevuto il 1°
dicembre il «Premio Karl Barth» 1992. Il premio, creato in occasione del 100° anniversario del famoso teologo protestante
nel 1986 dalla Chiesa evangelica dell’Unione (EKU) in Germania, e dotato di una somma di 20.000 marchi, viene conferito
ogni due anni per importanti lavori di ricerca teologica, specie
in campo ecumenico.
Hans Kiing è attualmente direttore dell’Istituto di ricerche
ecumeniche dell’Università di Tiibingen. La giuria gli ha conferito il «Premio Karl Barth» per «il suo contributo permanente
al progresso dell’ecumenismo» e per i suoi lavori sulla «giustificazione».
Per un processo di pace
GINEVRA - Il segretario generale della Conferenza delle
chiese europee (KEK), Jean Fischer, ha lanciato un appello alla
Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa
(CSCE) chiedendo di avviare un processo di pace e di intervenire come mediatore nello stato della Georgia. Questo appello è
la risposta ad una lettera angosciata del patriarca della Chiesa
ortodossa georgiana, Illia II. Il patriarca descrive l’escalation
della guerra nel paese e lamenta la morte di civili, il saccheggio
di ca.se, l’incendio di edifici e gli stupri commessi.
mia II sottolinea anche il rischio dell’estensione di questo
conflitto al di là delle frontiere attuali dello stato. Esprime la
speranza che i buoni uffici della KEK e delle chiese europee
potranno contribuire a diminuire tali rischi e a riportare la pace
nel paese. Oltre a questo appello, il segretario generale ha chiesto alle chiese membro della KEK di dare il loro appoggio alle
iniziative di pace della CSCE e degli altri organismi politici intemazionali, in applicazione del principio che i conflitti devono
essere risolti con mezzi nonviolenti.
Inoltre il segretario generale della KEK esorta tutte le chiese
della Georgia e dell’Europa a «promuovere dialoghi ecumenici
e interreligiosi» in vista di «contribuire alla risoluzione dei
conflitti» e a fare tutto quanto è possibile perché la religione
non venga utilizzata per fini nazionalistici e politici.
3
venerdì 18 DICEMBRE 1992
¡Vita Delle Chiese:
PAG. 3 RIFORMA
È ancora preoccupante la situazione economica del l'ospedale evangelico di Napoli
Perché hanno paura di Villa Betania?
LUCIANO DEODATO
Permane preoccupante la
situazione dell’ospedale
evangelico «Villa Betania» di
Ponticelli (Napoli): la Regione Campania paga con il contagocce quanto deve ed è in
ritardo di mesi; la pratica per
il riconoscimento a ospedale
classificato non sembra fare
alcun progresso; ultimamente
si è anche bloccata la pratica
relativa al riconoscimento
della «Fondazione».
Intanto cresce la preoccupazione tra il personale: a fatica Famministrazione riesce
a racimolare i soldi necessari
per pagare gli stipendi, mentre i fornitori sono pregati di
attendere, mancano i soldi per
provvedere alla normale manutenzione.
Ultimamente per esempio
Fecografo del reparto di maternità si è guastato: è un
dramma trovare i soldi per la
riparazione, una cifra relativamente modesta, circa 7
milioni. Dunque l’ospedale
viene messo lentamente
nell’impossibilità di agire.
Questa è la conclusione che
se ne ricava.
A che cosa è dovuta questa
situazione? C’è dietro una
volontà politica di far chiudere l’ospedale? E’ molto diffieile dare una risposta precisa perché, a sentire le autorità
della Regione, invece sarebbe
il contrario.
Pochi giorni fa il presidente
della Regione Campania ha
incontrato Sergio Nitti, presidente dell’ospedale, accompagnato dal pastore Giorgio Bouchard, in qualità di
vicepresidente. «Il colloquio ha detto Nitti - è stato molto
cordiale. Per ben tre volte il
presidente ha detto di essere
favorevole alla classificazio
Incontri
di Avvento
MONDOVr - Domenica 6
dicembre, alle ore 10.30,
presso la sala di culto della
Chiesa evangelica, si è svolto
il culto natalizio dei bambini
evangelici della provincia.di
Cuneo. Si è trattato di un culto condotto dai bambini stessi, guidato con gran bravura
dal pastore battista di Cuneo,
Herbert Anders, coadiuvato
dai monitori di Cuneo, Mondovì e Alba.
E’ stato un momento particolarmente intenso e partecipato che speriamo non rimanga isolato. Le offerte raccolte
nel corso del culto sono state
destinate al pagamento del
soggiorno di un bambino di
Cernobil presso il Villaggio
della gioventù di S. Severa, la
prossima estate.
Domenica 13 dicembre, alle ore 15.30, si è tenuto un
culto ecumenico per il Natale,
con partecipazione di evangelici monregalesi e della provincia di Cuneo e di un folto
gruppo di cattolici. L’incontro
è stato organizzato dalla locale comunità evangelica e dal
SAE (Segretariato attività
ecumeniche). Hanno condotto
il culto Herbert Anders e Duilio Albarello, diacono cattolico di Mondovì.Questo appuntamento si ripete ormai da diversi anni; la presidente del
SAE regionale. Maria Martinetti, ha sottolineato; «Si tratta di una bella occasione che
non è solo più tradizione, ma
è divenuta un bisogno reciproco di vivere il Natale in
fraternità».
ne. Deve aver fatto un certo
effetto la mobilitazione di
molte forze politiche e della
popolazione intorno all’ospedale.
Sono giunte molte cartoline
anche da varie parti d’Italia.
Tuttavia non ha preso alcun
impegno preciso. Nel frattempo si è costituita la commissione di tecnici che ha compiuto per l’ennesima volta gli
accertamenti necessari per
verificare l’idoneità delle
strutture ai fini del riconoscimento della classificazione.
L’accertamento, come sappiamo, ha dato esito positivo.
Ora la pratica dovrebbe essere trasmessa agli organi
competenti. Ma quanto tempo
dovrà ancora passare?».
Può anche darsi che non vi
sia una volontà politica di costringere l’ospedale alla chiusura.
La situazione di «Villa Betania» si inserisce nel quadro
di sfascio amministrativo in
cui versa la sanità in Campania (e non solo la sanità). Il
pubblico è in crisi, mentre si
profila all’orizzonte una crescita del settore privato anche
in questo campo
Riemerge così un’ipotesi
che per un certo tempo si era
pensato di poter scartare, ma
che forse alla lunga risulterà
vincente.
Nella zona orientale di Napoli un gruppo di privati vorrebbe rilevare una struttura
sanitaria fatiscente, il Tropeano.
Farebbero parte di questo
gruppo alcuni grossi nomi di
politici come il democristiano
Cirino Pomicino, già ministro
del Bilancio nel governo Andreotti, e il socialista Di Donato, già vicesegretario del
PSI.
L’idea sarebbe quella di co
Un culto
gioioso di tutti
gli evangelici
PORDENONE 11 secondo culto di testimonianza delle chiese evangeliche pordenonesi si è tenuto sabato 28
novembre nella Chiesa battista.
All’appuntamento hanno
partecipato i fratelli e le sorelle della comunità battista,
di quella pentecostale e della
Baptist Church di Aviano che
si è recentemente associata
all’Unione delle chiese evangeliche battiste italiane.
In tutto erano centocinquanta persone (una folla per
una cittadina di cinquantamila abitanti), tra cui alcuni
missionari inglesi, che da
tempo fanno da intermediari
negli scambi tra l’UCEBl e
l’Unione battista inglese.
11 culto si è svolto in un’atmosfera di gioia fraterna, alternandosi fra i canti delle corali battiste di Pordenone e di
Aviano e la lettura della Bibbia. Presto sarà seguito da altre iniziative comuni; sono
già in programma, ad esempio, un concerto che si dovrà
tenere nella casa di riposo per
anziani, e alcune celebrazioni
di culti in comune.
Pordenone, del resto, è
sempre stato, fino dai primi
anni del ’900, un centro evangelico molto attivo arricchitosi, nel corso dell’ultimo decennio, con la presenza di
nuove comunità che spesso
collaborano nella testimonianza evangelica.
Uno scorcio dell’ospedale evangelico «Villa Betania» a Ponticelli
struire, sulle rovine del Tropeano, un ospedale ampio,
moderno, naturalmente privato. Un affare di miliardi. Ma
per poterlo condurre in porto
è necessario che non yi siano
nella zona altri presidi sanitari pubblici. In tal caso un
ospedale piccolo come «Villa
Betania», ma classificato, potrebbe essere una pietra d’inciampo.
Se questa dovesse essere
qualcosa di più di una semplice ipotesi, allora il nostro
ospedale si troverebbe al centro di una grossa questione
dalle molte valenze, ma in cui
la posta in gioco è essenzial
mente quella di sapere se potrà ancora svolgere una vocazione al servizio di una popolazione che non avrà mai i
mezzi necessari per pagarsi le
cure in una clinica privata.
A quale porta dovranno
bussare gli abitanti di Ponticelli, degli altri quartieri e dei
Comuni viciniori, qualora il
nostro ospedale dovesse chiudere, sopraffatto dai debiti,
stritolato dall’ingranaggio
perverso dell’interesse privato?
E’ una domanda alla quale
le autorità politiche della Regione Campania devono dare
una risposta.
Iniziativa della Chiesa battista di Lentini
Nascono i «Trìaggìanti»
per predicare la Parola
ENZO CARUSO
DENTINI -«Triaggianti» è
una parola antica e quasi dimenticata del dialetto del Siracusano.
L’ipotesi più accreditata attribuisce al termine il significato originario di gruppo teatrale o teatranti.
Per traslato, il termine è
stato poi utilizzato per indicare una persona che corre instancabile da una parte all’altra, come appunto gli antichi
saltimbanchi che seguivano le
fiere paesane con le loro esibizioni.
La parola è riaffiorata per
una fortunata coincidenza alla
memoria ed è stata scelta per
connotare il gruppo di teatro
dialettale che da qualche mese si è costituito nella chiesa
battista di Lentini.
A parte l’ovvia affinità con
i teatranti, piace molto
quest’idea del viaggio, in
quanto mezzo per scoprire
nuovi mondi e nuovi popoli,
e per crescere. Sono queste le
cose che il gruppo teatrale si
è prefisso, e intende farlo affrontando in forma scenica
temi di attualità visti alla luce
dell’offerta di liberazione
proposta dalFEvangelo.
Verrà fatto con una lingua,
quella dialettale, che ha parole e modi di dire strettamente
legate al patrimonio culturale
della nostra terra, e in grado
di esprimere sentimenti altrimenti irrangiungibili.
Teatro dialettale, quindi,
come modo forse inconsueto
per predicare la Parola, ma
non per questo meno efficace.
E la prima commedia, scritta
e recitata dal gruppo, è stata
rappresentata per la «prima»
domenica 13 dicembre nei locali della chiesa.
Il consenso è stato lusinghiero, vista la partecipazione
del pubblico. Lo spunto per la
messinscena è stato suggerito
alla compagnia da Calati 3:
28, che tradotto in dialetto
corrisponde a: «nun c’è né
omu né fimmina, picchi pò
Signuri siti tutti a stissa cosa».
Si è così recitato e predicato, con sette personaggi fra
uomini e donne: «Portare la
gonna non è vergogna e non
deve essere condanna. Come
portare i pantaloni, la stessa
cosa precisa».
In una prepotente cultura
maschilista come quella cattolica, il tema non poteva essere più attuale. I «Triaggianti» sono pronti a rappresentare la commedia in altre comunità che ne facciano richiesta,
e annunciano che stanno già
lavorando ad una seconda
rappresentazione.
Un importante convegno a Mottola
Italia-Albanìa:
quale solidarietà?
MARCELLO PANTALEO
Il 28 e 29 novembre scorsi
si è tenuto a Mottola (TA)
un convegno organizzato dalla FGEI in collaborazione
con la Federazione delle chiese evangeliche di Puglia e
Lucania nel quale si è cercato
insieme di tracciare le linee
del «Progetto Albania», progetto lanciato qualche mese
fa dal Servizio rifugiati e migranti della FCEI.
L’incontro, molto ben partecipato e arricchito dalla presenza della coordinatrice del
Servizio migranti, Anne Marie Dupré, si è aperto con gli
interventi di quei giovani che
hanno nello scorso mese di
ottobre visitato l’Albania per
stabilire contatti con le realtà
locali che si adoperano alla
ricostruzione del paese. Dalle
loro testimonianze sono
emersi i disagi in cui versa la
popolazione albanese e i bisogni che vanno urgentemente soddisfatti. Molto interesse
da parte della delegazione
FGEI ma anche un certo imbarazzo che nasce dall’incontro con persone diverse per
cultura, religione, abitudini.
Dopo una breve introduzione a carattere storico a cura di
Mimmo d’Elia, il segretario
nazionale della Federazione
giovanile past. Daniele Bouchard ha illustrato il percorso
che ha portato all’elaborazione del progetto evidenziando
una serie di «scoperte» ed
osservazioni conseguenti.
Partendo da osservazioni
semplici ma non scontate sulla presenza sempre più massiccia di immigrati nel nostro
paese, spesso bisognosi di
aiuto, come nel caso degli albanesi nella fase dell’emergenza, la successiva tappa è
la creazione di occasioni di
scambio. Eventuali difficoltà
di comunicazione possono essere superate solo con un reciproco attento ascolto. La
comprensione dell’altro passa
dal vestire i suoi panni, conoscere il suo mondo. E’ dunque importante quando possibile anche mettersi in viaggio
per conoscere da vicino la sua
realtà di provenienza.
Per non disperdere le nostre
forze esigue si è pensato dunque di intraprendere uno
scambio bilaterale con un solo paese. L’Albania presenta
un vantaggio pratico che consiste nella sua vicinanza geografica e anche una certa contiguità storica. Basti pensare
solo in questo secolo all’occupazione del paese da parte
delle truppe fasciste o all’esistenza nell’Italia meridionale
di paesi di lingua albanese.
Gli albanesi forse per questo
nutrono grandi aspettative nei
confronti degli italiani.
Il viaggio è stato dunque
conseguenza di questo percorso e l’esperienza e Fincontro con alcune realtà locali, fra cui la Chiesa ortodossa
autocefala, ha portato i partecipanti a nuove scoperte.
L’Albania prima di tutto
non è un paese sottosviluppato culturalmente e socialmente, al contrario vanta una cultura molto antica nonché una
forte identità nazionale. Il nodo dello sviluppo economico
dopo il crollo del modello su
cui si sono fondati i regimi
del socialismo reale è fondamentale e di difficile soluzione. E’ importante a questo
proposito studiare la storia
degli aiuti allo sviluppo che,
come sta venendo fuori in
queste ultime settimane, annovera dei capitoli non troppo edificanti.
La relazione del past. Bouchard si è conclusa con un
quesito: che rapporto esiste
fra questo percorso e la fede
in Gesù Cristo? Certamente il
Dio in cui crediamo è presente nei rapporti fra esseri
umani. Non è quindi possibile
concepire un Dio che non impegni tutto se stesso nell’incontro con l’altro rendendo lo
stesso incontro qualificante e
significativo. Dio è insieme a
noi.
Il dibattito che è seguito,
aperto anche a realtà esterne
alle nostre comunità, ha in
parte fornito proposte operative per la prosecuzione del
progetto, e in parte ha approfondito problematiche
connesse al tipo di solidarietà
da appoggiare. Alcuni hanno
evidenziato il disagio che potrebbe provocare la richiesta,
da parte per esempio degli ortodossi, di materiali in contrasto con le nostre posizioni di
protestanti: che fare se ci
chiedessero di portare delle
icone? Il past. Massimo Aprile ha rilevato l’importanza di
non prescindere dall’annuncio delFEvangelo nell’incontro con l’altro. In un momento in cui si tenta di inculcare
acriticamente il nostro modello di sviluppo nei paesi
dell’Est sarà essenziale l’apporto di chi, se pur esigua minoranza, è latore di un messaggio di speranza.
Secondo le conclusioni a
cui si è giunti, il progetto proseguirà organizzando altre visite in Albania per tenere vivi
i contatti con gli ortodossi,
magari offrendo la nostra collaborazione per un campo di
lavoro estivo e collaborando
anche con la Missione battista europea che opera nel
paese. Si è pensato poi di instaurare rapporti bilaterali
con una scuola in Albania e
farsi interpreti presso le scuole italiane per la richiesta di
borse di studio per studenti
albanesi.
Sarebbe necessario per chi
lavora per il progetto studiare
la storia, la cultura, magari
anche la lingua e l’economia
dell’Albania e studiare le leggi sui lavoratori stagionali facendosi eventualmente promotori di qualche forma di
aiuto in loco qualora risultasse possibile e necessario.
La giornata si è conclusa
con un culto insieme alla
chiesa ospitante con predicazione di Daniele Bouchard.
VACANZE, E QUALCOSA DI PIÙ
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4
PAG. 4 RIFORMA
Vita Delle Chiese:
venerdì 18 DICEMBRE 1992
L'ACCOGLIENZA DEGLI STRANIERI
ESSERE CHIESA INSIEME
PAOLO SBAFFI
Il problema del rinnovamento della
chiesa ci investe in maniera concreta
tramite i fatti che ci accadono e ci
coinvolgono quasi a prescindere dalla
nostra volontà e dai nostri progetti, si
tratti della sempre più numerosa presenza degli immigrati nella nostra vita
comunitaria, dell’avvicinarsi alle nostre chiese di evangelici provenienti
da diverse esperienze denominazionali nonché di nuovi membri comunicanti (o simpatizzanti) provenienti
dalla tradizione cattolica del nostro
paese.
Di fronte a questi fatti, anche limitandoci a quello della presenza degli
immigrati, noi sappiamo che non possiamo semplicemente aggiornarci
adattandoci alle nuove esigenze che si
fanno strada con forza e con urgenza
nelle nostre comunità, ma dobbiamo
essere capaci di metterci davanti al
Signore senza illuderci che sia sufficiente cambiare qualche accessorio
dei nostri abiti (e delle nostre abitudini).
Il nostro «essere chiesa» è sociologicamente un dato di fatto, religiosamente è spesso un instabile coktail
denominazionale. Si tratta sempre di
vedere se siamo capaci di essere chiesa «insieme».
Noi sappiamo che l’essere chiesa
dipende spiritualmente dalla volontà
del Signore e che storicamente essa è
una creazione della parola di Dio.
Sappiamo, inoltre, che condizione
del nostro essere chiesa è la preghiera
comunitaria, che pone il problema di
sapere qual è il rapporto che ci lega a
Dio in Gesù Cristo e che ci lega gli
uni gli altri nel suo nome.
Anche questo rapporto è creato da
Dio stesso ed è indipendente sia dalle
nostre parole sia dalla nostra religiosità. Dio non crea rapporti esclusivamente individuali, ma comunitari.
E se Dio crea la comunità, è essenziale al nostro essere chiesa Tesserlo
«insieme».
I fratelli e le sorelle che il Signore
pone accanto a noi con la loro dure
realtà di sradicati dalla propria cultura
e dalla propria lingua, lontani fisicamente dai loro affetti più cari (sono
ancora pochi i casi di ricongiungimenti familiari), poco avvezzi alla
«fredda» compostezza dei nostri culti,
eppure desiderosi di ritrovare la comunità dei credenti come sede di
espressione della propria spiritualità e
della propria fede, ci interpellano con
urgenza.
II fatto che il Signore aggiunga con
frequenza alla nostra comunità «quelli
che hanno accolto la salvezza» (Atti
2: 47), i quali chiedono di lodare con
noi il Signore, ascoltare e meditare
con noi la sua Parola, vivere con noi
la fede e la ricerca della sua comprensione, gioire della comunione fraterna
ed esprimere con noi la vocazione alla
testimonianza, ci chiama a pensare e
riformulare molte cose della nostra
tradizionale esistenza in quanto chiesa
e della nostra personale collocazione
alTintemo della stessa.
Questo vale non solo per il ruolo
del pastore e degli altri ministeri, ma
anche per i rapporti dei singoli membri di chiesa con l’insieme della comunità.
La presenza ormai assidua e sempre
più numerosa di fratelli e sorelle provenienti sia da altri paesi del mondo
sia da altre esperienze spirituali, rende
necessaria non tanto una trasformazione delle nostre infrastrutture organizzative (sufficientemente aperte e
pluraliste) quanto la ricerca di nuovi
criteri di espressione liturgica, di un
nuovo linguaggio nella predicazione,
di più puntuali riferimenti socio-culturali e religiosi che tengano conto
delle diverse provenienze e dei diversi percorsi di fede di cui la comunità è
ormai più ricca. Per fare questo, per
essere così, abbiamo bisogno di essere «trasformati mediante il rinnovamento della nostra mente» (Romani
12: 2).
Per fare questo, per essere così, è
necessario essere chiesa insieme.
L’avere molte e diversificate sensibilità ed esigenze spirituali non rappresenta un ostacolo (e tanto meno
una minaccia) alla nostra comunione,
alla nostra unità ecclesiastica, ma una
ricchezza.
Occorre, ovviamente, riconoscersi
reciprocamente come fratelli e sorelle
in Cristo, confessare il «solus Christus» al di sopra delle nostre particolarità, cercare di apprendere gli uni
dagli altri, ricevere con premura la testimonianza della fede di chi ha avuto
un percorso spirituale diverso dal nostro, gioire della gioia gli uni degli altri perché «siamo membra gli uni degli altri, uno per uno, individualmente» (Rom. 12: 5) e non genericamente.
L’armonia alla quale tutti aspiriamo
è allora il frutto del dialogo, del confronto fraterno nel rispetto delle posizioni altrui tramite il quale si possono
legittimamente dichiarare e sostenere
i propri punti di vista. Pluralismo è la
parola laica per questa «armonia di
pensieri» (Rom. 12: 16).
E per essere pluralisti occorre «non
crescere in superbia» (Rom. 12: 16),
non trattare gli altri con presuntuosa
sufficienza ma essere intimamente
convinti che si può crescere nella fede
imparando dalla testimonianza e
dall’esempio di tutti i credenti.
Il nostro volgerci verso le cose umili significherà allora premurosa attenzione verso tutti, volontà di prendere
sul serio ogni tipo di iniziativa comunitaria, non solo quelle che ci sono
più congeniali ma soprattutto quelle
che producono aggregazione ed edificazione reciproca.
DI NUOVO. PERCHE?
n periodico italiano dove dialogano cattolici,
protestanti, laici, ebrei e musulmani
Un laboratorio del pluralismo
tra le fedi e le culture
ABBONAMENTI: un anno (11 numeri) lire 50.000 - sostenitore lire 100.000 - una copia lire 5.000. Abbonamento
annuo CONFRONTI + RIFORMA lire 90.000 (anziché 110.000). Versamenti sul c.c.p. 61288007 intestato alla coop.
Com Nuovi Tempi, via Firenze 38 - 00184 Roma - tei. 06 / 48.20.503 - Fax 06 / 48.27.901
Napoli: incontro ecumenico
L'impegno per la pace
esige molta pazienza
UMBERTO lAVARONE
Il 10 dicembre scorso, nella
Chiesa battista di via Foria a
Napoli, si è tenuto un incontro di preghiera organizzato
dal locale Coordinamento
ecumenico per la pace e il disarmo. A questo Coordinamento aderiscono varie chiese evangeliche, numerose
parrocchie cattoliche e associazioni e movimenti pacifisti quali Pax Christi, MIR,
Centro sociale salesiano,
ecc...
L’incontro ha avuto come
tema di preghiera la richiesta
a Dio di nuovo slancio e accresciuta pazienza per tutti gli
operatori di pace perché, come dice la Scrittura: «Con la
pazienza si piega un principe,
e la lingua dolce spezza delle
ossa » (Prov. 25:15).
Infatti se è vero che in ogni
campo delTagire umano è
importante avere pazienza,
nel campo della pace essa è
indispensabile poiché, come
pure ci ricorda il vescovo di
Molfetta, Tonino Bello: «Sul
terreno della pace non ci
sarà mai un fischio finale che
chiuda la partita: bisogna
sempre giocare ulteriori tempi supplementari ».
E infatti ancora non si intravvede uno spiraglio per la
soluzione dei conflitti in Somalia e nella ex Jugoslavia
che già ne è scoppiato uno
nuovo in India e Pakistan, tra
la popolazione indù e quella
musulmana, senza contare le
tante guerre dimenticate da
tutti.
Perciò è indispensabile una
rinnovata pazienza per piegare i signori della guerra e riconciliare i popoli in conflitto; una pazienza che può essere solo dono di Dio.
La riunione è proseguita
con gli interventi del pastore
Nicola Leila e del dr. Carlo
Maffia, membri della segreteria del Coordinamento, i quali hanno illustrato il lavoro
dello stesso e si è conclusa
con la predicazione dell’anziano della chiesa ospitante,
dr. D. Cocca, che ha sottolineato, meditando sui primi
versetti del capitolo 5
dell’epistola ai Romani, come
i cristiani in quanto giustificati e riconciliati con Dio in
Cristo devono essere annunciatori e sopratutto facitori
della riconciliazione fra i popoli.
Il Coordinamento ecumenico per la pace e il disarmo di
Napoli, oltre alle riunioni di
preghiera e a manifestazioni
quali marce, fiaccolate e incontri nelle scuole, da tre anni organizza e sostiene una
«scuola di pace» che
quest’anno avrà come tema
«profeti di pace» e che si articolerà in una serie di conferenze pubbliche, tenute da
specialisti fra cui il pastore
Saverio Guama, sulle persone
e l’opera di Francesco d’Assisi, Ghandi, Martin Luther
King, Aldo Capitini, don Lorenzo Milani.
Agenda
MOTTOLA - Il 19 dicembre, a partire dalle ore 17, nei locali
della Chiesa battista si teirà un incontro fra i collaboratori e
corrispondenti locali di Riforma, organizzato dalla Federazione delle chiese evangeliche di Puglia e Lucania. Obiettivo dell’incontro è di coordinare e facilitare la diffusione
dell’informazione nelle due regioni e di porre le basi per
contribuire validamente anche dal punto di vista dei contenuti al nuovo settimanale. Interverrà il vicedirettore di
Riforma, past. Luciano Deodato.
MARCHERÀ - La notte del 24 dicembre nella chiesa battista
di Marghera (Venezia), si terrà un culto di evangelizzazione, al quale parteciperanno alcuni fratelli inglesi.
FERRARA - Per la notte di Natale la Chiesa battista di Ferrara sta allestendo la rappresentazione del «Canto di Natale»
di Dickens, a cui seguiranno un concerto di chitarre e
un’agape fraterna.
CHIESE BATTISTE DEL LAZIO - Cene sociali a favore
degli extracomunitari, nel basso Lazio, per la notte di Natale, nella chiesa di Ariccia e nelle comunità di Isola Liri e di
Sant’Angelo in Villa. Il 31 dicembre i fratelli di Ariccia si
riuniranno per un’altra cena e un culto tenuto da alcuni extracomunitari ininglese e francese; il pastore Bruno Colombo tradurrà il sermone in italiano. Capodanno in chiesa anche a Sant’Angelo in Villa.
BOLOGNA - La Chiesa evangelica metodista di Bologna ha
organizzato per il 20 dicembre, alle ore 21, un concerto di
Natale, per corale e organo. Si esibiranno il coro polifonico
misto Armonia e l’organista Jolanda Scarpa. Saranno eseguiti spiritual americani, tra cui alcune canzoni di Daniel
Read e Abraham Law, e pagine di Bach, Mozart e Weelkes.
I soprani sono Giovanna Astorri, Maria Elina Belardinelli,
Paola Carcò, Giovanna Ferrari, Susanna Vioni e Nicoletta
Zuccheri.. Lo stesso giorno, ma in mattinata, ci sarà il culto
di Natale della .scuola domenicale, con la partecipazione di
fratelli e sorelle immigrati.
MODENA E IMOLA - Fra gli appuntamenti natalizi delle comunità di Modena e Imola nella prima, domenica 20 dicembre, si terrà il tradizionale culto di Natale, alle 9. 11 27, alla
stessa ora, ci sarà il culto di fine anno, mentre per il 10 gennaio è in programma il culto di Rinnovamento del Patto, cui
seguirà la Santa Cena. Nella chiesa di Imola, invece, il 23
dicembre alle 15,30, il pastore terrà il sermone di Natale,
quindi la S. Cena.
VENEZIA -Domenica 20 dicembre alle 11,15, nella Chiesa
valdese metodista di Castello, a Venezia, il pastore terrà il
culto di Natale «Dio benedici T Africa», a cui parteciperanno anche i bambini della scuola domenicale. Canti, letture
della bibbia e riflessioni ispirate alTantipartheid.
5
venerdì 18 DICEMBRE 1992
iViTA Delle Chiese
Da un gesto di solidarietà nasce a Bologna la comunità degli evangelici filippini
Un^esperìenza di accoglienza agli immigrati
PAG. 5 RIFORMA
La comunità metodista di
Bologna, che ha messo a disposizione per tre anni un
piccolo alloggio per l’ospitalità a tre immigrati, ha in corso queste iniziative:
1) Dall’estate del 1991, con
l’arrivo tra noi di un pastore
metodista delle Filippine, la
decina di filippini che già frequentava i nostri culti è riuscita ad aggregare altre famiglie evangeliche, dando vita a
regolari attività di culto in
lingua tagalog, di studio biblico e di serate fraterne con
agapi comunitarie. Il gruppo,
che consta attualmente di 29
membri comunicanti, è stato
costituito ufficialmente, a
norma dei vigenti regolamenti, con delibera dell’assem
blea straordinaria del 17 novembre 1992.
Esso svolge le sue attività
la domenica pomeriggio e sera a causa degli impegni lavo
rativi di molti. Coloro che
possono partecipano regolarmente al culto della prima domenica del mese ed ogni altra
volta che si celebra la Cena
A Colleferro e Ferentino gli studenti tengono il catechismo
Teologia pratica nelle chiese
La tradizionale collaborazione fra la Facoltà valdese di
teologia e le chiese valdesi di
Ciociaria, Colleferro e Ferentino, ripresa con rinnovato
entusiasmo alcuni anni or sono, a partire dall’anno accademico in corso sta compiendo un salto di qualità.
A cura del titolare della cattedra di teologia pratica, professor Ermanno Genre, del
pastore Mario Berutti e del
gruppetto degli studenti di
terzo anno direttamente interessati, è stato stilato un programma che affida i corsi di
catechismo (settimanali per
tre classi il sabato a Colleferro, quindicinale per una classe a Ferentino la domenica
subito dopo il culto) rispettivamente a Emanuele
Fiume, Marco Cisoia, Davide
Ollearo e Italo Pons.
Gli stessi studenti, inoltre,
si avvicendano con il pastore
Berutti e con i predicatori locali nel presiedere il culto domenicale presso le due comunità, lavorando sui testi suggeriti via via dallo stesso programma di catechismo e facilitando così a catecumeno e
catecumeni la comprensione
del sermone. Capita poi di
frequente che alcuni studenti
siano ospiti della casa pastorale di Ferentino già dalla sera di venerdì e che possano
così partecipare al settimanale studio biblico con agape
fraterna per l’edificazione e la
gioia di tutti, mentre periodicamente l’intero gruppo si
riunisce negli stessi locali per
mettere a confronto i risultati,
le riflessioni e i problemi del
lavoro di ciascuno.
L’ospitalità delle chiese di
Colleferro e di Ferentino, sorte in seguito all’opera di
evangelizzazione di alcuni
professori e studenti della Facoltà negli anni Cinquanta, è
d’altra parte nota anche a un
buon numero di ospiti ecumenici intemazionali i quali,
trovandosi a visitare gli uffici
romani delle chiese valdesi e
metodiste in Italia, raramente
perdono l’occasione di passare una serata fraterna alla tavola di queste piccole, ma vivaci comunità di diaspora.
In ottobre è stato il turno di
un nutrito gmppo di pastore e
pastori della Chiesa riformata
svizzera, guidati dal pastore
battista Claudio Must e del
moderatore della Chiesa presbiteriana degli Stati Uniti,
John Fife, accompagnato dalla moglie e dal moderatore
valdese. Franco Giampiccoli.
del Signore per manifestare la
reciproca comunione. Il gruppo (The Evangelical Filipino
Congregation) ha una propria
gestione economica ed ha un
suo rappresentante nel Consiglio di chiesa. Alcuni culti in
occasione di festività particolari vengono preparati insieme, e una volta al mese il pastore italiano predica in inglese al loro culto.
2) Dall’autunno 1992, ogni
seconda domenica del mese,
dalle 18,30 alle 21,30, si
svolgono incontri comunitari
di ascolto della Parola, meditazione, preghiera, testimonianza e canto in varie lingue, che si concludono in un
agape fraterna. Questi incontri hanno lo scopo di rispondere alle esigenze di molti,
soprattutto immigrati,
a) per favorire una più
profonda conoscenza reciproca,
b) fornire un’occasione di
crescita spirituale,
c) esprimere una delle caratteristiche storiche «evangeliche» dell’essere chiesa
insieme nella disponibilità
verso la molteplicità e la
varietà dei doni dello Spirito. Questi incontri non sono
alternativi, ma integrativi
del culto e delle altre attività comunitarie e sono sotto la diretta responsabilità
del Consiglio di chiesa.
3) Ogni scadenza festiva
speciale dell’anno ecclesiastico vede la partecipazione diretta dei vari gruppi etnici e
linguistici della nostra comunità al culto con letture bibliche, messaggi, preghiere e
canti. Anche il culto di Natale
della scuola domenicale ha
questa caratteristica per educare i nostri bambini a vivere
il senso di essere chiesa insieme con la nuova realtà
multietnica e multiculturale
della nostra società.
Mostra a Cerignola, Venosa e Rapolla
Gesù Cristo non
si è fermato a Eboli
Tutto è pronto, si parte! Si
tratta di essere presenti in tre
realtà del Sud dove da tempo
esiste (e resiste) una presenza
evangelica valdese e metodista; due spezzoni di regioni,
la Basilicata e la Puglia; un
intreccio di problemi antichi
e nuovi, dai morti ammazzati
dalla criminalità organizzata,
al nuovo imponente insediamento della Fiat nella piana
di Melfi.
Qui Cristo è giunto da Eboli; ma vi è arrivato come sfigurato, quasi sopraffatto da
una religiosità popolare che
nei suoi riti e nelle sue
processioni poco o niente ha
a che fare con il Cristo degli
Evangeli; o inserito in un sistema di potere, espresso dal
maestoso duomo della cittadina di Cerignola, che domina
sull’insieme di casupole del
centro storico, solcate da
viuzze strette e tortuose.
Terra di antica cultura, come Venosa che diede i natali
ad Orazio, il grande poeta latino di cui è stato celebrato
recentemente il bimillenario
della nascita con una serie di
manifestazioni e incontri tra
dotti, lontani anni luce dalla
vita e i problemi dei braccianti.
In questa realtà alcuni
membri della Chiesa valdese
di Cerignola, servendosi di
una serie di pannelli già ideati
dai giovani di Corato, hanno
deciso di organizzare una
mostra itinerante sulla Bibbia.
Si tratta di trenta pannelli
che consentono di ripercorrere visivamente la storia e la
formazione della Bibbia e di
entrare in contatto con alcuni
suoi testi fondamentali.
La mostra sarà allestita a
Cerignola, nelle sale del municipio, dal 18 al 23 dicembre; poi si sposterà a Venosa,
nei locali della chiesa, dal 28
al 31 dicembre; e infine a Rapolla, nella prima settimana
di gennaio ’93.
La mostra sarà accompagnata da una serie di conversazioni bibliche e testimonianze, volte a far conoscere
la realtà di un Dio vicino e
non lontano, totalmente diverso dalla comune immagine
religiosa che la gente normalmente se ne fa; un Dio che
agisce, chiama, impegna e libera attraverso la sua Parola.
Tre località, una mostra itinerante, un annuncio. Tutto è
pronto. Si parte.
Giovani battisti di Sant'Angelo in Villa
Lettera aperta
agli ebrei italiani
Il gruppo giovanile della
chiesa battista di S. Angelo in
Villa (FR) ha inviato una lettera aperta di solidarietà «agli
ebrei italiani», dopo essere
venuti a conoscenza delle vili
aggressioni a cui essi sono
stati oggetto da parte dei naziskin nostrani.
Nel messaggio i giovani
battisti esprimono non solo
agli ebrei, ma anche «a tutti
coloro che sono costretti a
causa della stupidità e
dell’ignoranza, volute e programmate, a vivere in perenne angoscia e timore per la
mancanza della vera libertà e
democrazia, rispettose del
prossimo, tutta la nostra solidarietà e non solo. Infatti
ogni volta che qualcuno tra
gli esseri umani viene calpestato, insultato, inibito, è come se l’avessero fatto a noi
stessi.
In questi ultimi anni in cui
nel nostro paese si è permesso l’uso della violenza in tutte
le manifestazioni, da quelle
politiche a quelle sportive, si
è moltiplicata la mancanza di
rispetto per le minoranze, ci
si è lasciati coinvolgere acriticamente in battaglie di parte
che coprono soltanto interessi
di parte, abbiamo sentito for
temente quanto siano venuti
meno i grandi valori del rispetto per i diritti umani,
dell’uguaglianza davanti alle
giuste leggi, della capacità,
portatrici di ricchezza morale
e spirituale, delle pluralità politiche, sociali, religiose, razziali; ed abbiamo assistito
all’imbarbarimento della nostra civiltà che mostra i segni
della sua età e della sua impossibilità di essere alla guida
di un mondo di libertà, giustizia, amore e vita.
Nel messaggio i giovani di
S. Angelo in Villa, dopo aver
denunciato il fallimento di
una società come la nostra, ritengono che la «rieducazione» di un popolo al rispetto
del prossimo, «non può passare con metodi violenti e
coercitivi».
Ed aggiungono, alludendo
alla spedizione punitiva degli
ebrei romani, «possiamo capire la rabbia e la disperazione di un momento. Ma oggi
vi chiamiamo ad essere insieme a noi uniti in un’azione
nonviolenta per raggiungere
lo scopo comune; far trionfare il diritto e far cessare in
tutti qualsiasi sentimento razzista, settario, intollerante e
integralista».
Nuovo locale di culto
LUINO - Da oltre cento anni è presente nella città di Luino
una comunità evangelica metodista: tuttavia il locale di culto è
stato un problema aperto. Ultimamente, poi, la comunità è stata
sfrattata dal locale che affittava. A questo punto si imponeva di
riuscire a trovare una soluzione che desse un minimo di garanzia
anche per il futuro. La comunità si è mobilitata, ha trovato un locale in via del Carmine 30, che poteva essere adatto allo scopo;
l’ha comprato ed ha cominciato a fare i necessari lavori di restauro. Molti fratelli e molte sorelle della chiesa si sono adoperati sia
mettendo a disposizione ore di lavoro, sia dando contributi in denaro, affinché ogni cosa venisse fatta al meglio e realizzando anche un risparmio. 1 lavori sono giunti a buon punto e si prevede
che l’inaugurazione del nuovo locale possa avvenire nel prossimo mese di febbraio. Si confida che i lavori ancora necessari potranno essere terminati grazie al concorso della comunità, per cui
sono ancora gradite offerte e disponibilità.
Un ospedale per Qaladiza
IVREA - Anche la Chiesa valdese di Ivrea partecipa all’iniziativa volta a ricostruire un ospedale nella cittadina curda di Qaladiza. Il progetto vede il concorso di varie forze ed organismi.
Anzitutto quello della «Associazione per la partecipazione allo
sviluppo» (APS), un’Organizzazione non governativa (ONG) che
si è preoccupata di predisporre tutta la documentazione necessaria; poi c’è la Comunità economica europea che assicura una parte dei finanziamenti necessari, e infine la cittadinanza di Ivrea,
organizzata in vari comitati, per la raccolta dei fondi restanti.
L’Associazione per lo sviluppo, essendo un’organizzazione ufficialmente riconosciuta, rilascia una ricevuta per le donazioni, il
cui importo può essere detratto dalla dichiarazione dei redditi. Intanto si è costituito un comitato per il gemellaggio con la città di
Qaladiza. E’ un modo concreto per manifestare il proprio impegno e l’effettiva solidarietà con un popolo che sta vivendo da
tempo un dramma tra i più penosi del nostro secolo.
Festa per gli insegnanti
RIESI - A ridosso di Natale la comunità di lavoro del Servizio
cristiano (una ventina di riesini, insieme a una quindicina di residenti provenienti da diversi paesi europei) organizza una festa tra
vecchie e nuove insegnanti, con i loro familiari, delle scuole materna ed elementare. A settembre infatti si è realizzato il ricambio
totale del corpo docente che dopo circa vent’anni è entrato, grazie all’alto punteggio accumulato in questi anni, nelle graduatorie
statali in ottima posizione per l’ingresso in ruolo. Si è dovuto così procedere ad una rapida assunzione di nuove insegnanti; alcune di queste sono evangeliche, altre sono vicine al nostro ambiente e si susseguono in queste settimane riunioni di preparazione e
di dialogo con i genitori. Mantenere viva e propositiva una scuola
come la nostra ,che registra 180 bambini e vuole interpretare nella Sicilia di oggi i valori della laicità, della nonviolenza, della democrazia, rappresenta una sfida che richiede prima di tutto una
grande professionalità.
E richiede anche un importante sforzo economico che vogliamo affrontare nel quadro della solidarietà della chiesa. Accanto ad una diaconia che valorizza case per anziani, ospedali,
consultori ci sembra importante non smobilitare dal fronte della
scuola, là dove ci sono ancora importanti spazi non ricoperti dallo stato. E’ il nostro caso in Sicilia. Ma a volte si ha l’impressione di essere un po’ dimenticati in questa cittadina lontana e sola.
E’ solo un’impressione? Anche per il prossimo anno scolastico il
Servizio cristiano è disponibile ad accogliere volontari che intendano lavorare in una scuola con molte attività integrative (pittura,
musica, sport, informatica, educazione sentimentale, francese):
gli stimoli per costruire una nuova mentalità crescono anche sul
terreno di confronto fra culture diverse. E il riferimento all’Evangelo non può tradursi in un confessionalismo, ma rimane liberazione e critica perenne al nostro operare.
* In questi giorni di clima natalizio vi è quasi una mobilitazione di popolo per raccogliere i fondi a favore della Somalia
che sta attraversando, com’è noto, una situazione di vera emergenza. La CGIL di Riesi si è fatta promotrice di questa iniziativa, attraverso manifesti e incontri vari, invitando scuole, associazioni, chiese ed istituti vari ad aderrvi. Tutti i contributi e le
offerte saranno inviati, per aiutare il popolo somalo, attraverso
la Croce Rossa italiana. Il Consiglio della Chiesa valdese di
Riesi si è mosso per sensibilizzare anche la nostra comunità.
Nel tempio è stata posta una cassetta «pro Somalia» che sarà a
disposizione per tutto il mese di dicembre. Già sono stati raccolti i primi frutti concreti. Non si trattta di un’iniziativa per
mettersi la coscienza a posto, ma solo un segno della nostra solidarietà che sempre deve caratterizzare la nostra vita di cristiani, non solo in clima natalizio o quando le necessità urgenti ce
lo impongono.
Presenza cristiana e impegno
CATANIA - E’ utopistico praticare una corretta vita cristiana
e al contempo dedicarsi all’impegno civile? Se lo sono chiesto i
partecipanti all’incontro «Presenza cristiana ed impegno civile:
due realtà inscindibili» che si è tenuto il .“5 dicembre nei locali
della Congregazione cristiana pentecostale di Catania, promosso
dall’associazione «Nuovi Orizzonti». Al dibattito, che ha coinvolto un uditorio attento e partecipe, si sono alternati canti fraterni e momenti di lunghe riflessioni. Il fratello Paolo Schaf, ad
esempio, ha ricordato che in via Indipendenza, per tutto il mese
di dicembre, funzionerà la «Grande tenda», raccordo evangelico
per diffondere la parola di Dio, e ha sollecitato i presenti a partecipare numerosi. A questo proposito il vicepresidente dell’as.sociazione «Nuovi Orizzonti», Alfonso Buonocore, ha sottolineato
come sia ancora difficile realizzare una soddisfacente campagna
di evangelizzazione e ha presentato un’indagine statistica che ne
evidenzia l’andamento degli ultimi anni. L’intervento più atteso è
stato quello del pastore Giorgio Girardet, venuto appositamente
da Roma per partecipare all’incontro. Girardet ha espresso perplessità circa il pericolo che il credente corre nel tenere separate
fede e società e ha ricordato come ancora molte pagine si debbano aggiungere alla Bibbia tramite una «coerente testimonianza di
fede».
6
PAG. 6 RIFORMA
All’Ascolto Della Parola
VENERDÌ 18 DICEMBRE 1992
CIHA
SOTTO ACCUSA
VALDO BENECCHI
In Genesi 18: 16 - 33
leggiamo il verbale di
un processo di appello in
cui Dio è il giudice e
Abramo l’avvocato difensore delle città di Sodoma e Gomorra sotto
accusa. L’istruttoria è
chiusa, la sentenza di primo grado è stata pronunciata. Il giudice, su istanza dell’avvocato difensore, accetta di riaprire il
caso in appello.
Si tratta di un processo che nessun diritto
riconoscerebbe regolare.
Intanto è il giudice che
sceglie l’avvocato difensore, un suo amico. Dio
non vuole nascondere
nulla al suo amico Àbramo; lo chiama, si confida con lui, gli chiede
consiglio, accetta di rimettere in discussione il
futuro di Sodoma e Gomorra. Dopotutto Dio
aveva legato a sé Àbramo con un patto di amicizia e gli aveva promesso che suo tramite sareb
discussione la sentenza di
Dio con grande libertà.
«Farai tu perire il giusto
insieme all’empio? Forse
ci sono cinquanta giusti
nella città; farai tu perire
anche quelli? O non perdonerai tu a quel luogo
per amore dei cinquanta
giusti che vi sono?».
Abramo cerca di convincere Dio a mettersi dal
punto di vista della città.
Egli conosce bene il suo
Signore, ha fiducia nella
sua disponibilità al perdono.
Abramo non cerca di
prendere le distanze dai
peccati di Sodoma e Gomorra, non si chiama
fuori, la sua non è una
posizione al di sopra delle parti.
Dio ha ragione, le
città sono colpevoli,
non ci sono attenuanti:
violenza, disprezzo per la
vita, corruzione. Sodoma
e Gomorra meritano di
essere distrutte. Abramo
L’intercessione, appunto, non è un atteggiamento distaccato, imparziale.
Abramo intercede. Non
si limita a chiedere a Dio
di far scampare coloro
che non meritano di morire insieme agli empi,
ma chiede a Dio di
risparmiare le città per
amore di quei 50, 45, 30,
20, 10 giusti.
Abramo intercede anche per coloro per i quali
non si dovrebbe pregare
Poi quegli uomini s'alzarono e volsero gli sguardi verso Sodoma; e
Abrahamo andava con loro per accomiatarli.
E l'Eterno disse: «Celerò io ad
Abrahamo quello che sto per fare, giacché Abrahamo deve diventare una nazione grande e potente e in lui saran
benedette tutte le nazioni della terra ?
Poiché io l'ho prescelto affinché ordini
ai suoi figliuoli, e dopo di sé alla sua
casa, che s'attengano alla via dell'Eterno per praticare la giustizia e l'equità,
onde l'Eterno ponga ad effetto a prò
d'Abrahamo quello che gli ha promesso».
E l'Eterno disse: «Siccome il grido
che sale da Sodoma e Gomorra è grande e siccome il loro peccato è motto
grave, io scenderò e vedrò se hanno interamente agito secondo il grido che
n'è pervenuto a me; e, se così non è, lo
saprò».
E quegli uomini, partitisi di là, s'avviarono verso Sodoma ma Abrahamo
rimase ancora davanti ali'Eterno. E
Abrahamo s'accostò e disse: «Farai tu
perire il giusto insieme con l'empio?
Forse ci son cinquanta giusti nella
città; farai tu perire anche quelli ? o
non perdonerai tu a quel luogo per
amore de' cinquanta giusti che vi sono
? Lungi da te il fare tal cosa! il far morire il giusto con l'empio, in guisa che
il giusto sia trattato come l'empio! lun
•mSSSSSËS
gi da te! Il giudice di tutta la terra non
farà egli giustizia?» E l'Eterno disse:
«Se trovo nella città di Sodoma cinquanta giusti, perdonerò a tutto il luogo per amor d'essi.
E Abrahamo riprese e disse: «Ecco,
prendo l'ardire di parlare al Signore,
benché io non sia che polvere e cenere; forse, a que' cinquanta giusti ne
mancheranno cinque; distruggerai tu
tutta la città per cinque di meno?» E
l'Eterno: «Se ve ne trovo quarantacinque non la distruggerò». Abrahamo
continuò a parlargli e disse: «Forse, vi
se ne troveranno quaranta». E l'Eterno:
«Non lo farò, per amor dei quaranta».
E Abrahamo disse: «Deh, non si adiri il Signore, ed io parlerò. Forse, vi se
ne troveranno trenta». E l'Eterno:
«Non lo farò, se ve ne trovo trenta».
E Abrahamo disse: «Ecco, prendo
l'ardire di parlare al Signore; forse, vi se
ne troveranno venti». E l'Eterno: «Non
la distruggerò per amore dei venti».
E Abrahamo disse: «Deh, non si adiri il Signore, e io parlerò ancora questa volta soltanto. Forse vi se ne troveranno dieci». E l'Eterno: «Non la distruggerò per amore dei dieci».
E come l'Eterno ebbe finito di parlare ad Abrahamo, se ne andò. E Abrahamo tornò alla sua dimora.
(Genesi 18:16-33)
bero state benedette tutte
le famiglie della terra.
Un Dio che informa,
che interpella. Un Dio
che apre a Abramo il suo
cuore. Un Signore che
chiama la comunità dei
credenti a discutere i propri progetti per l’umanità. Un Signore disponibile a modificare i propri
giudizi, la sentenza già
pronunciata.
Abramo, chiamato in
causa, osa rimettere in
intercede in loro favore.
Intercedere è presentare
in preghiera a Dio le persone che ci stanno a cuore per affidarle al suo
amore.
Intercedere è farsi carico di fronte a Dio delle
tristezze, delle ansie, delle speranze delle nostre
eittà per affidare il loro
futuro alla sua grazia,
mettendoei in prima persona al servizio della sua
volontà.
e che dovrebbero semplicemente essere abbandonati al loro destino.
A bramo prega non
perché Dio chiuda
un occhio o faccia finta
di non aver visto. La misericordia di Dio non è
sinonimo di tolleranza
del delitto o della corruzione, ma è impegno a
convertire, a rigenerare, a
ricostruire il futuro della
città su basi nuove.
Questo giudice finisce
per farsi convincere da
questo avvocato difensore.
Non ci vuole molto perché
Dio si convinca a manifestarsi come Dio di misericordia: «Se trovo 50 giusti... se ne trovo 45..., 40...
se ne trovo 30... per amore
dei 10...».
Ma nel eapitolo 19 viene detto che, nonostante
la sua disponibilità, Dio
non ha trovato alcun appiglio per risparmiare
Sodoma e Gomorra. La
sentenza viene eseguita.
Alle volte ci stupiamo
che queste nostre città,
questa nostra civiltà continuino a sopravvivere.
Le nostre città sono forse
migliori di Sodoma e
Gomorra? Si rispetta di
più la vita e la dignità dei
nostri simili?
C’è forse meno corruzione? Ma perché allora
Dio non distrugge queste
nostre città come ha distrutto Sodoma e Gomorra?
Dove sono i giusti che
possono convincere Dio
a rivedere la sua sentenza? Siamo forse noi,
«gente di chiesa», i giusti? Ci possiamo noi
chiamare fuori di fronte
al male delle nostre città?
Niente di tutto questo.
È successo che, rispetto
ai tempi di Abramo, c’è
stata una svolta nella storia dell’umanità. Dio non
ha trovato appigli o motivi validi per salvarci.
«Che dunque? Abbiamo noi qualche superiorità? Affatto, perché abbiamo provato che tutti,
giudei e greci, sono sotto
il peccato, siccome è
scritto: non v’è alcun
giusto, neppure uno»
(Romani 3: 10).
Il giusto per il quale
manifesta la sua misericordia, Dio non l’ha trovato né nel mondo, né
nelle chiese, ma lo ha
creato e ce lo ha donato,
il suo figliolo Gesù Cristo.
«In nessun altro è la
salvezza; poiché non v’è
sotto il cielo alcun altro
nome che sia stato dato
agli uomini, per il quale
abbiamo ad essere salvati» (Atti 4: 12).
La venuta di Gesù Cristo ha riaperto il discorso
sulla sorte della nostra
umanità, grazie all’unico
giusto dato per la nostra
giustificazione. Misericordia di Dio: Dio in Cristo ha cambiato il suo
modo di guardarci. Ora
ci guarda in Gesù Cristo.
Questa è la buona notizia
di avvento.
V
E dunque per questo
giusto, che si fa carico della nostra ingiustizia, che le nostre
città possono continuare
a sperare.
La comunità dei credenti in Cristo non ha il
compito di pronunciare
delle sentenze o dei giudizi dall’alto dei suoi
pulpiti o nei suoi catechismi, ma il suo compito è
di servire, in questa
realtà, il Signore della
misericordia annunciando Gesù Cristo, l’unico
giusto che è venuto per
«salvare ciò che era perito» (Luca 19: 10).
Abbiamo il compito
non di moralizzatori, ma
di testimoni del progetto
di redenzione di Dio mediante l’annuncio dell’Evangelo, con la preghiera di intercessione,
dando segni di vita nuova.
In Gesù Cristo, il giusto, si è realizzato ciò
che Dio ha da sempre
sperato:
«Forse daranno a.scolto e si convertiranno ciascuno dalla sua via malvagia e io mi pentirò del
male che penso di far loro per la malvagità delle
loro azioni» (Geremia
26: 3).
Perché o Signore?
Signore, grazie per l’avvento che è per tutta
l'umanità un annuncio di
speranza, di pace, di libertà.
Un annuncio che è vero
come Gesù Cristo è vero,
come la sua incarnazoine
è vera, come la sua croce
e la sua resurrezione sono
vere. Ma anche la violenza
è vera, il razzismo e l’antisemitismo sono veri, l’intolleranza è vera, la fame
dei bambini somali è vera.
I miei «perché o Signore?»
sono veri, ma forse sono
troppo tardivi o intempestivi.
Signore, ti domando
perdono per non aver trovato prima il coraggio di
chiederti conio del fallimento di molte tue promesse, di non aver seguito
resempio di Giobbe, il
provocatore, che ti ha lanciato pesanti accuse sui
mali del mondo, per non
aver lottato con te come
Giacobbe a Peniel, per
non aver seguito l’esempio
di Gesù che ti ha accusato
di averlo abbandonato.
Ti chiedo perdono, cioè,
per non averti preso sul serio collaborando invece a
costruire una città, una civiltà in cui tu non abiti e te
ne stai in silenzio. Ti chiedo perdono per tutte le volte che ho dato per scontato
che tu eri dalla mia parte
contro il nemico che mi sono costruito, in difesa dei
miei interessi personali,
per non aver saputo ridere
nei giorni dell’allegria, ma
soprattutto per non aver
saputo piangere nei giorni
delle lacrime e della follia
del mondo.
Ti chiedo perdono per
non averti incalzato con la
preghiera di intercessione
alla ricerca di una risposta che fosse davvero
espressione della tua volontà. Mi sono accontentato di risposte religiose scontate e superficiali dettate più dalla mia
arroganza, dalla mia autosufficienza che dalla mia
disponibilità a ascoltare la
tua Parola.
E ora eccomi qui con le
mie crisi, con i miei
sbandamenti, con le mie
contraddizioni, ma finalmente alla luce del messaggio dell’avvento e di
Natale ho riscoperto che
posso sperare in una risposta che risvegli la mia
fede impigrita, la mia coscienza sorda, che mi aiuti
a discernere la tua volontà
per me, per noi, e quindi a
riprendere il mio cammino
in una nuova prospettiva
che la tua Parola traccia
davanti a me.
Grazie, o Signore.
7
Spedizione in abb. post. Gr II A/70
In caso di mancato recapito rispedire a;
CASELLA POSTALE 10066
TORRE PELUCE
Fondato nel 1848
E
De
11 1 <1
.._J. Ld. Lj. -j
YALLI mLDESI
VENERDÌ 18 DICEMBRE 1992 ANNO 128 - N. 49 LIRE 1200
La «Conferenza» organizzata dall'assessorato ai problemi del lavoro
Il futuro economico del Pinerolese attende
ancora risposte nuove e di ampio respiro
DIBATTITO A TORRE PELUCE
IL FENOMENO
LEGA
RUGGERO MARCHETTI
FEDERICA TOURN
APinerolo, negli ultimi sei
anni, si è riscontrata una
crisi nel settore dell’indotto
dell’auto, che oggi conta solo
251 addetti rispetto ai 416
dell’85. Al contrario, si è raddoppiata la produzione della
gomma, passata da 461 a
1.029 addetti nel corso di questi sei anni. Si mantengono su
valori stabili il settore metalmeccanico e l’elettronica. La
concentrazione industriale
della vai Germanasca, più del
40% nella mappa del sistema
produttivo locale, supera sia la
vai Penice che l’area di Pinerolo.
Sono questi alcuni tra i molti dati emersi nel corso della
«Conferenza economica del
Pinerolese», organizzata
dall’assessorato ai problemi
del lavoro della città di Pinerolo. Scopo dell’incontro è
stato quello di illustrare i risultati di un’indagine sulla situazione lavorativa dell’intero
Pinerolese, alla ricerca di incentivi e soluzioni per i settori
in crisi e i disoccupati in crescita.
Dall’indagine - condotta
dalla dottoressa Mazzaro e dal
dottor Amerio della cooperativa SynErgon sui risultati
dell’ultimo censimento emerge chiaramente come esista ancora una vocazione industriale del territorio. Infatti
l’industria determina il
57,55% delle attività produttive, contro il 24,48% destinato
al commercio.
Il terziario invece è attivo
solo sul 17,97% del territorio;
vista la deindustrializzazione
in atto a livello nazionale,
questo scarso sviluppo dei servizi rischia in futuro di essere
un vincolo per l’espansione
economica del Pinerolese.
Nella vai Pellice, che corrisponde alla zona compresa
dairUSSL 43, la divisione fra
i settori produttivi è più omogenea rispetto a quella delle
valli Chisone e Germanasca
(USSL 42); l’industria nel primo caso si assesta intorno al
38%, il commercio interessa il
43% rispetto al 45% dell’altra
valle, il terziario raggiunge il
18,05% raffrontato al solo
14,01% deirUSSL 42.
Valori non troppo dissimili
da quelli dell’USSL 43 si
riscontrano nell’area di Pinerolo (USSL 44): stabilimenti
industriali 36,27%, imprese
commerciali 43,76% e servizi
19,97%.
Il tutto il Pinerolese, fra i
settori di attività che assorbono più addetti, primeggiano
i settori tessile e del legno,
l’edilizia e la siderurgia; in
netto ribasso l’agricoltura e
quasi inesistente l’impiego nel
campo dell’energia.
Di particolare spicco a Villar Perosa la specializzazione
settoriale raggiunta nel settore
delle macchine utensili: il
52,96% del totale, sorprendente se lo si confronta con il
10,12 di Torre Pellice e con il
solo 5,85 di Torino. Si riscontrano valori superiori rispetto alla città, sempre per
quel che riguarda l’USSL 42,
Lo stabilimento SKF di Villar Perosa. L’attività industriale ha ancora un peso importante
neH’ambito pinerolese ma tutta l’area ha bisognoche si approntino validi progetti di sviluppo.
nei settori alimentare e della
carpenteria.
Torre Pellice e l’USSL 43
lasciano invece indietro Torino e Pinerolo in campo alimentare, tessile e nella lavorazione del legno. Pinerolo e
quindi l’USSL 44 mantengono valori bassi rispetto agli altri Comuni della zona, a parte
un 42,53% nel settore delle
macchine utensili e un 5,79%
riservato alla carta e all’editoria in generale.
Per quanto riguarda l’impiego maschile e femminile nella
circoscrizione di Pinerolo,
nell’industria gli uomini rappresentano il 70,02 dei lavoratori, nell’agricoltura il
73,15%, nel terziario solo il
31,96%.
Nella pubblica amministrazione, invece, padroneggiano
le donne, presenti all’85,77%.
quest’ultimo dato coincide
con le aspettative delle 2.170
donne iscritte presso le liste di
collocamento di Pinerolo, se
gnalate dalla dottoressa Manna dell’Agenzia per l’impiego
del Piemonte, ente regionale
istituito per lo studio dei problemi lavorativi.
Il 98,63% delle iscritte desidera infatti un lavoro dipendente, possibilmente nel
settore pubblico, mentre soltanto ri,31% accetterebbe un
lavoro autonomo; questo anche se soltanto 689 sono realmente interessate ad un impiego.
Molte di esse non risultano
appetibili al mondo del lavoro
a causa del basso livello di
preparazione scolastica: il
55,67% ha la licenza media,
la quasi totalità delle altre la
sola licenza elementare; pochissime sono le diplomate
(ragioniere o maestre), rare le
laureate.
E quelli che un lavoro ce
l’hanno, ne sono soddisfatti?
Da un’indagine compiuta
dal Comitato del lavoro autonomo del Pinerolese i più sod
disfatti, sia economicamente
che professionalmente, sembrano essere gli assicuratori,
gli ingegneri e naturalmente i
commercianti. I più depressi
per i risvolti economici sono
gli architetti, i meno contenti
sul piano professionale sono i
commercialisti.
La presentazione di questa
ricerca si è conclusa con delle
considerazioni un po’ ovvie
sulla necessità di tamponare la
crisi industriale con l’incentivo di altri settori, come quello
turistico o deH’agricoltura nelle valli, senza dimenticare la
famosa scuola di Cavalleria di
Pinerolo e l’importanza di migliorare i collegamenti interni
e con Torino.
Di positivo ci sono ora i dati, notizie fresche su cui non si
possono più accampare scuse
ma che devono servire alle
amministrazioni come base
per progetti di sviluppo legati
alle caratteristiche del territorio e finalmente concreti.
1\^ a questi parlano coNv IVX me i miei pazienti in
ambulatorio». Questa frase,
detta con tono stizzito a un
amico che era accanto a lui da
un signore (presumibilmente
un medico) seduto dinanzi a
me al termine delTintervento
di Gipo Farassino, è stata una
delle cose che più mi hanno
colpito, assistendo alla tavola
rotonda sul «fenomeno Lega»
organizzata dal Centro di iniziativa europea e dal Centro
culturale valdese, sabato 12
dicembre presso l’hôtel Gilly
di Torre Pellice
Non che i vari interventi dei
partecipanti alla tavola rotonda (oltre a Farassino, il prof.
Giovanni De Luna, l’eurodeputato del PDS e presidente
del Centro di iniziativa europea Rinaldo Bontempi, don
Vittorio Morero e Bruna Peyrot) non siano stati interessanti, ma questo «sfogo» di una
persona indubbiamente colta e
preparata dinanzi al linguaggio dimesso e alle tante ovvietà del leader leghista, mi ha
in qualche modo illuminato
sul perché del travolgente successo della Lega in questi ultimi tempi.
Così mi sono chiesto se non
sia proprio questo modo di
esprimersi, che non ha nulla a
che vedere con il linguaggio
tecnico e sovente incomprensibile dei nostri politici tradizionali, a far sì die tanti sentano i politici della Lega come
«dei loro», gente al loro stesso
livello, e perciò in qualche
modo affidabile.
Da questa frase sono poi
partito per ripensare ai vari interventi, e in particolare a
quello molto stimolante del
prof. De Luna che ha acutamente analizzato la genesi e lo
sviluppo del fenomeno leghista, da arcipelago di piccolissimi movimenti localistici
all’attuale «vento del Nord»
che fa tremare la «Roma la
1
La «Conferenza» organizzata dall'assessorato ai problemi del lavoro
L'apertura alla caccia metterà in pericolo
il variegato ecosistema dell'oasi del Barant?
_______PIERVAIDO ROSTAN_______
Qualcuno vuole aprire alla
caccia l’oasi faunistica
del Barant? Altri hanno per
essa dei progetti?
Se ne parlerà sabato 19, alle
9,30, nella sala polivalente di
Bobbio Pellice.
Caratterizzata da una superficie di 3.600 ettari e scelta fin
dagli anni ’60 per la tutela e il
potenziamento della fauna
presente, l’oasi ha visto nel
corso degli anni anche l’immissione del muflone, che ormai si è ben adattato nell’ambiente.
Fra le specie animali presenti molti sono oggi i camo
sci, l’aquila reale continua a
nidificare, alcune decine sono
gli stambecchi, parecchi anche i caprioli e i cinghiali.
Questi ultimi, come ben
sanno gli agricoltori di ogni
regione, provocano seri danni
alle colture.
Al Barant è particolarmente
interessante anche la fauna
avicola presente.
Va ricordato che essa annovera tra le sue caratteristiche
più importanti la notevole differenziazione degli habitat: si
parte in pratica dalla periferia
di Bobbio per arrivare ai
3.000 metri del Granerò,
dall’airone cinerino all’aquila
nella stessa oasi, e non si può
dimenticare che in questi anni
è nato anche il giardino botanico al colle Barant, anch’esso
caratterizzato da una notevole
varietà di ambienti.
La richiesta dei cacciatori di
poter cacciare in quest’area è
circolata insistentemente nei
giorni scorsi.
Il comparto alpino n. 1, l’organismo nominato dalla Provincia per la gestione della
caccia in vai Pellice, è stato
convocato per discutere del
problema dopo un primo momento in cui, facendo leva su
una proposta di legge regionale che prevederebbe un massimo del 20% del territorio come zona da tutelare, veniva
avanzata l’idea dell’apertura
alla caccia, almeno per alcune
specie.
In seguito la giunta del
comparto ha preso una diversa
posizione.
Si ritiene che l’oasi debba
essere salvaguardata e che comunque prima di prendere decisioni vengano sentiti i pareri
dei Comuni e della Comunità
montana.
La riunione indetta dal Comune di Bobbio cade comunque al momento giusto, non
solo per difendere l’oasi, ma
anche per capire quali prospettive essa possa avere sotto
l’aspetto naturalistico e faunistico.
drona». E proprio sulla base di
un’osservazione di De Luna,
che vede l’elettore attuale della Lega non molto dissimile
da chi negli anni ’50 votava
PCI, mi è venuto di fare un
accostamento che a prima vista potrà sembrare blasfemo a
molti, ma che forse poi tanto
blasfemo non è, proprio tra il
PCI anni ’50 e la Lega. E tra
queste due forze politiche certo agli antipodi per idee e per
visione dei mondo e della storia, ho riscontrato molti elementi di somiglianza a livello
del rapporto partito-militante.
Certo, dietro al PCI e al comuniSmo in generale c’è una
ricchezza di pensiero e di analisi (basti pensare a Marx e, in
Italia, a Gramsci) che la Lega
neppure si sogna, ma gli operai della Fiat difficilmente leggevano Il capitale.
Il PCI li coinvolgeva e ne
faceva dei militanti appassionati perché indicava loro con
chiarezza il nemico da combattere (il padronato, il capitalismo, la borghesia) e anche
perché li faceva sentire parte
attiva non dell’umanità in generale (il che è sempre qualcosa di molto vago), ma di
una classe ben precisa, quella
dei lavoratori, opposta ad altre.
La Lega non fa in fondo la
stessa cosa quando indica
chiaramente ai suoi aderenti
contro chi debbono combattere (lo stato «fantoccio» in
mano ai partiti) e offre loro un
contesto ben preciso di appartenenza in quel «Nord» che dà
un’identità non solo geografica ma culturale a queste persone? Il leghista, cioè, come il
comunista di 40 anni fa, sa bene a quale collettivo appartiene e a quale invece si oppone
(Roma e il Sud).
E poi come nel PCI Togliatti era il capo che si identificava con il partito stesso, e
perciò lo si doveva seguire a
occhi chiusi, così qui il leghista sa bene chi è il suo capo e
sa bene che chi si oppone a
Bossi finisce fuori.
E tutto questo fa sì che la
Lega - come il PCI ai «bei
tempi» - abbia un suo zoccolo
duro difficilmente scalfibile e
riesca, per il fatto che dà loro
un’identità che non avevano, a
coinvolgere in profondità tante persone e a farne dei veri
militanti (e certi leghisti intervenuti al dibattito sono stati
una prova chiara di tutto questo, con il loro entusiasmo di
«convertiti» a una causa giusta e santa).
Insomma, sono uscito
dall’hòtel Gilly con la convinzione che la Lega non è un
movimento che si possa semplicemente liquidare come «di
protesta». Non siamo alle prese con i qualunquisti dell’immediato dopoguerra, ma con
qualcosa di molto più complicato e di molto più radicato tra
la gente... E su questo faremmo tutti bene a non farci illusioni.
«Questi parlano come i miei
pazienti in ambulatorio»; è
proprio vero... ma forse qui
sta la forza (inquietante) degli
uomini della Lega.
8
PAG.
Il
III II' I
E Eco Delle Valli ¥vldesi
L'attività delLamministrazione di Villar Pellice per il triennio
Molti i progetti per ^edilizia
e per gli interventi agli alpeggi
venerdì 18 DICEMBRE 1992
Uno scorcio di Viilar Peiiice
Cronaca
CORSO DI SCI ALPINISMO - Organizzati dal CAI di Pinerolo e della vai Pellice, si svolgeranno due corsi di sci
alpinismo, uno di base e uno di perfezionamento riservato
a quanti hanno già partecipato alla prima serie.
Gli argomenti trattati saranno introduzione allo sci alpinismo, topografia, neve e meteorologia, valanghe e comportamento, pronto soccorso e alimentazione.
Le domande di ammissione verranno accolte a partire dal
15 dicembre presso la sede di Pinerolo (via Sommelier 26)
o di Torre Pellice (piazza Gianavello).
GRUPPO DI STUDIO VAL LUCERNA - Prosegue l’attività del gruppo di studio «Val Lucerna» legato territorialmente in particolare a Torre Pellice e Lusema; finora sono
stati organizzati tre incontri pubblici e l’assemblea generale degli aderenti. Una serie di conferenze è prevista per i
primi mesi del ’93, la prima delle quali si svolgerà T8 gennaio a Lusema S. Giovanni con Guido Gentile che parlerà
su «Il patrimonio culturale degli archivi comunali».
LINGUE STRANIERE - A Pinerolo, presso la scuola elementare «Cesare Battisti», gli insegnanti elementari, specializzati e specialisti in lingue straniere (nel nostro caso
francese e inglese) continuano il loro aggiornamento con
docenti proposti dalTIRRSAE-Piemonte.
Gli stessi docenti in lingua straniera si ritrovano regolarmente, sempre a Pinerolo, per la programmazione didattica, la preparazione di materiale, il confronto e la valutazione dei testi e dei materiali adottati per l’insegnamento
della seconda lingua.
NUOVO POLIAMBULATORIO - Sabato 19 dicembre,
alle ore 15, verrà inaugurato nel parco comunale di villa
Widemann un nuovo poliambulatorio. Durante la cerimonia di inaugurazione sarà anche presentato il libro di Giancarlo Bounous ed Anna De Guarda «Il parco di Villa Widemann». Air interno del nuovo poliambulatorio sarà allestita una mostra di pittura di Roberto Gonfalonieri che resterà aperta al pubblico sabato fino alle 21, domenica 20
dalle 10 alle 12 e dalle 16 alle 21 e da lunedì a mercoledì
dalle 18 alle 21.
TRASPORTO SU GOMMA IN DEFICIT - La situazione
del trasporto su gomma è grave; un forte deficit (375 miliardi
di lire nel periodo ’87-92) pesa sulle casse regionali. Fra le
possibili risposte sono ipotizzati aumenti delle tariffe, in particolare degli abbonamenti, contrazione dei livelli di servizio,
interventi aggiuntivi anche dei Comuni interessati dai servizi.
Ma ancora una volta si ripropone l’esigenza di un coordinamento reale con il trasporto su rotaia evitando duplicazioni.
CORSI DI FORMAZIONE PER AGRICOLTORI - Per la
formazione degli agricoltori il Consiglio regionale ha approvato una spesa di 1 miliardo e 300 milioni finanziando 319 corsi
su tutto il territorio regionale. L’80% delle risorse è destinato
agli enti che sono emanazione delle organizzazioni agricole, la
restante parte a Comuni, Comunità montane ed altri enti.
Una particolare attenzione - secondo l’assessore regionale al lavoro, Cerchio - verrà data alle opportunità produttive legate
aU’integrità dell’ambiente quali agricoltura biologica e lotta integrata. Oltre la metà dei corsi sarà riservata al rinnovo o al rilascio dei patentini per l’acquisto e l’impiego dei presidi sanitari.
Nelle Chiese ¥^ldesi
MttumrniMsimmmimmiiim
La relazione delle attività
che il Comune intende
intraprendere nel prossimo
triennio, approvata insieme al
bilancio dal Consiglio comunale, contiene una riflessione
molto critica verso PICI, la
tassa comunale sugli immobili che secondo il proprio
nome dovrebbe essere a livello comunale ma che in realtà consegna ai Comuni il
solo ruolo di esattore per conto dello stato. All’ente locale
resterà soltanto la media delle
riscossioni delTInvim dell’ultimo triennio. «Abbiamo avuto una notevole dijficoltà a
prevedere le possibili entrate
derivanti dall'ICI sul valore
dei fabbricati; - afferma il
sindaco. Paolo Frache - in più
non abbiamo sostanzialmente
aree fabbricabili secondo gli
attuali strumenti urbanistici.
Dobbiamo comunque tener
conto che Villar Pellice ha,
incomprensibilmente, i coefficienti per il calcolo deU’ISI
fra i più alti nel Pinerolese e
anche in conseguenza di ciò
abbiamo deciso di tenere la
tassa al livello più basso e
cioè al 4 per mille ».
Su quali opere puntate per
il prossimo futuro?
«Abbiamo ripreso alcuni
dei punti programmatici già
individuati per l’anno in corso e rimasti fermi col blocco
dei mutui. Per le fognature
prevediamo un grosso investimento per collegare i nostri due impianti di depurazione che così come sono collocati non funzionano bene.
Prevediamo poi una serie
di interventi sugli alpeggi: è
stata realizzata una parte
della stalla della Gianna e
quella di Chiot la Sella; l’intervento sarà ultimato nel
1993. Intanto negli alpeggi
comunali di Caugis, Gianna
e Ciabraressa abbiamo previsto la ristrutturazione di
baite da utilizzare come posto
tappa per gli escursionisti e
le altre attività turistiche, affidando la gestione agli alpigiani ».
Avete anche alcuni progetti
per immobili comunali?
«Dovremo intervenire sul
palazzo comunale, fra l’altro
per r abbattimento delle barriere architettoniche. Abbiamo poi in corso l’acquisto
di uno stabile in viale 1°
maggio per destinarlo all’ufficio postale.
Contiamo anche di automatizzare il peso pubblico e
di ampliare il parco Flissia
con l’acquisto di altri terreni.
Non dimenticherei infine il
progetto di metanizzazione,
per un importo di oltre 900
milioni, al momento fermo
per il blocco dei mutui a totale carico dello stato.
Che cosa pensano i più giovani di una vicenda di attualità
Un^indagine fra gli studenti:
che cosa sai della massoneria?
FEDERICA TOURN
TORRE PELLICE - Mercoledì 23 dicembre, alle ore 20.30,
presso la comunità alloggio di via Angrogna, a cura del 1°
circuito, proseguono gli studi biblici condotti dal past. Marchetti.
Nell’ambito dello studio della Genesi si affronterà il tema:
«I capitoli del diluvio: la meravigliosa armonia di diverse
tradizioni».
SAN GERMANO - La corale valdese ha prodotto una cassetta audio contenente canti natalizi ed una riflessione
sull’Avvento e sul Natale dei pastori Ribet e Josi. La cassetta è destinata in modo particolare alle persone anziane e isolate. F’ intitolata «Dall’alto dei Cieli» e si può trovare presso
la chiesa di San Germano o la libreria Claudiana di Torre Pellice.
he cosa sai della
massoneria?». Alessandra, 16 anni, allieva dell’istituto «Bosso» di Torre
Pellice, si schermisce: «Assolutamente niente, non ne ho
mai sentito parlare». La stessa risposta la otteniamo da
Elena, 16 anni.
E’ solo carenza di informazioni o c’è anche un po’ di
diffidenza nei confronti di un
argomento percepito come
spinoso? Disinvolto e desideroso di parlare è invece Daniele, 13 anni, allievo della
media di Torre Pellice: «Ne
abbiamo parlato in storia, so
che era un’associazione segretafondata nel Medio Evo.
Era molto difficile entrarvi,
difendeva i valori degli operai. Gli aderenti usavano il
camice bianco e i guanti
bianchi, simbolo della purezza. e dovevano superare
all’ inizio un periodo di tirocinio. Penso che non esista
più perché è stata sostituita
dai sindacati».
Al di là di una certa confusione emergono degli elementi interessanti: le lontanissime origini di questa
associazione (pare infatti che
l’espressione «libera muratoria» sia apparsa per la prima
volta nel 1375); il legame con
le confraternite di artigiani
medievali, il riferimento ai
principi illuministi di uguaglianza e tolleranza, l’amore
per i simboli.
Su quest’ultimo punto, sicuramente il più suggestivo,
insistono altri intervistati.
scorgendovi il segno della
volontà massonica di celare
ai non iniziati il vero significato dell’associazione. Bisogna osservare, a questo proposito, che nella massoneria
si difende il simbolismo come frutto delia volontà di universalizzare alcuni concetti
fondamentali superando le
differenze di lingua, di luogo,
di tempo.
Demis, 18 anni, studente
del Collegio valdese di Torre:
«Nel secolo scorso la funzione fondamentale della massoneria era politica, riguardava l’Unità d’Italia, le
insurrezioni... In questo periodo si parla e straparla della massoneria per convenienza delle diverse forze politiche italiane; mi viene in mente l’esempio della “Gladio”
di cui si è parlato molto, poi
è caduta nel dimenticatoio...
Non so se la massoneria sia
legale o illegale, credo che
sia un riempitivo nella vita di
alcune persone che non hanno altre cose interessanti a
cui dedicarsi».
Emerge qui un’altra delle
connotazioni della comune
immagine della massoneria:
quella di associazione sovversiva che essa si porta dietro da sempre. Chiunque sfogli lo schedario di una biblioteca pubblica si imbatte in titoli come questo: La frammassoneria nel vero suo
aspetto cioè congiura cosmopolita avente per iscopo la distruzione delle religioni delle
monarchie delle istituzioni
esistenti (si tratta dell’opera
di un tal E. Eckert pubblicata
In Val Germanasca (Valli valdesi), a 1200 m slm
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a Torino nella seconda metà
dell’Ottocento).
Filippo, 22 anni, iscritto alla Facoltà di giurisprudenza:
«Penso che sia un’associazione segreta i cui adepti,
rispettando precise regole e
privandosi di una parte della
loro libertà, ottengono dei
benefici». Paolo, iscritto a Fisica: «E’ un’associazione di
carattere corporativo i cui
membri si impongono essenzialmente delle regole di
fratellanza per cui si impegnano a aiutarsi in situazioni
di necessità» .
Ciò che appare fondamentale è ancora il carattere di
corpo separato rispetto al resto della vita sociale. Non c’è
da stupirsi che la Chiesa cattolica colpisca con la scomunica i massoni fin dal 1738 e
confermi la condanna, ancora
recentemente, con un documento firmato dal cardinale
Ratzinger. E non c’è da stupirsi se subito dopo la marcia
su Roma il Gran Consiglio
del fascismo indice contro la
massoneria una repressione
spietata, che giunge a fornire
l’indicazione di perseguire i
massoni «come se fossero
lebbrosi».
Gli aspetti iniziatici e occulti, che destano la maggior
curiosità ma anche i più diffusi sospetti, sono nutriti da
ideali umanitari e progressisti
o sono legati a interessi individuali? La risposta di Giovanni, 21 anni, studente di
Scienze dell’educazione, è
netta: «In un sistema democratico la massoneria non ha
ragione di esistere».
Inverso
Pinasca:
sì al bilancio
Su un bilancio di quasi un
miliardo e 400 milioni come
quello approvato dal Comune
di Inverso Pinasca in realtà
poche decine di milioni sono
destinabili concretamente
dall’amministrazione comunale secondo le proprie scelte.
Per il resto 600 milioni sono provenienti da mutui che,
se concessi, consentiranno interventi di un certo peso
(completamento nuova sede
comunale, potenziamento e
rifacimento di tratti di acquedotto, potenziamento rete fognaria) ed una parte importante del bilancio andrà nelle
spese di gestione. L’ICI, applicata nella misura del 6 per
mille, potrebbe portare alle
casse comunali da 20 a 25
milioni. Non c’è dunque da
scialare.
«Per fortuna - dice il sindaco, Erminio Ribet - abbiamo avuto una buona risposta
da parte della popolazione
che con lavoro volontario ha
collaborato nell’ esecuzione
di lavori lungo strade e piste
ritornando alle vecchie “rolde” che consentivano una
volta di mantenere in buono
stato strade, canali ecc. La
Comunità montana normalmente mette a disposizione un
mezzo meccanico che funge
da supporto al lavoro dei volontari che hanno aderito alla propo.sta che l’amministrazione aveva fatto nel corso
dell’anno e che probabilmente ripeterà anche l’anno venturo».
La Regione
Piemonte e
gli stranieri
La giunta regionale ha approvato un piano di intervento a favore dei cittadini extracomunitari con uno stanziamento complessivo di 2.400
milioni comprendenti i fondi
assegnati al Piemonte dalla
«legge Martelli» e i contributi resi disponibili dalla legge
regionale sull’immigrazione.
La parte più cospicua dei
finanziamenti va per i centri
di prima accoglienza ed i servizi. Una rete di 3.000 posti
letto è già stata appositamente creata coinvolgendo le associazioni del volontariato.
Intanto, di fronte agli episodi di antisemitismo, razzismo e xenofobia di cui anche
il Piemonte ha dimostrato di
soffrire, nasce anche nella
nostra regione «Sos Razzismo», livello regionale della
omonima organizzazione che
fa riferimento a SOS Racisme.
La storica associazione era
nata in Francia all’inizio del
secolo ed oggi è un riferimento internazionale per tutti
coloro che si occugano di
promuovere una culata del
confronto e dell’integrazione
razziale.
La sede piemontese è a
Torino, in via Po 28, tei011-812.52.90.
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9
VENERDÌ 18 DICEMBRE 1992
i E Eco Delle Aàlli Aàldesi
Intervista all'animatrice Nelly Jourdan
Asilo di San Germano:
il senso dell'incontro
PAG. Ili
-m
Solidarietà con il Centro «La Noce»
Bambini e anziani
uniti da Nord a Sud
PAOLO RIBET
Á todos los niños, a tutti i
2^ bambini è dedicato il Natale 1992 dell’Asilo dei vecchi di San Germano. Come è
ormai tradizione, infatti, la
parte finale dell’anno vede lo
svolgimento di una interessante serie di manifestazioni
e iniziative che richiamano
pubblico e visitatori’presso
questo nostro istituto. Ecco
allora, visto il successo dello
scorso anno, ripetersi la mostra «Arte giovane», dove artigiani dilettanti e professionisti espongono i loro lavori:
disegni su legno e su stoffa,
ceramiche, candele, arte varia
posta in vendita a prezzi ragionevoli.
Sono ottime idee per gli acquisti di Natale, il cui ricavato andrà a favore dell’Asilo
e del Centro diaconale «La
Noce» di Palermo. L’appello
che il Sinodo ha lanciato a
tutte le chiese (e alle opere
diaconali) non è rimasto inascoltato, ed è bello e significativo che una casa del Nord
e per persone anziane si mobiliti per un istituto del Sud e
per i bambini.
Nei locali della mostra sarà
quindi posto un cartellone
con due mongolfiere, e dentro
il cesto di esse ognuno potrà
depositare la sua offerta. Si
spera di arrivare a raccogliere
un milione e mezzo, il costo
dell’istruzione di un bambino, per ogni mongolfiera e
AIDS: i casi
in Piemonte
Dal 1984 ad oggi sono
1047 i casi di AIDS conclamata che sono stati individuati in Piemonte: 539 degli ammalati (pari al 51.5%) sono
deceduti. 1 dati sono stati forniti dall’assessore regionale
alla Sanità, Eugenio Maccari.
In regione sono operanti due
comunità per malati, a cui se
ne aggiungerà una terza entro
fine anno.
poi, terminata la mostra, queste «voleranno» verso Palermo. In questi ultimi tempi la
città di Palermo è diventata il
simbolo del degrado e
dell’inquietudine del nostro
paese, e è normale e giusto
che delle persone anziane si
pongano il problema di dare
ai bambini un ambiente sano
in cui essi imparino a vivere.
Quante volte, osservando
reportage da ogni parte del
mondo, abbiamo visto bambini crescere respirando violenza e paura e ci siamo posti il
problema del loro futuro, se
quella era l’unica scuola che
avevano...
«La Noce» vuole essere
una scuola diversa: è giusto,
allora, darle la possibilità di
vivere, e sono proprio le persone anziane che hanno conosciuto la fatica di vivere e la
violenza della guerra che entra nelle case e uccide a sangue freddo a poter meglio capire l’importanza e il valore
di una simile scuola.
Ma quest’anno vi è un’altra
novità: un libro di racconti
per bambini, scritto da Nelly
Jourdan, una maestra uruguaiana in pensione che è venuta a compiere il suo servizio volontario per un anno
all’Asilo, dove sta lavorando
come animatrice La stampa è
stata resa possibile da un contributo dell’Associazione degli amici dell’Asilo: il libro
viene posto in vendita a £.
13.000 e alle scuole domenicali è offerto a £. 10.000. Il
ricavato sarà devoluto alla
scuola domenicale della
Chiesa valdese di Colonia
Vaidense (Uruguay) e all’Associazione «L’albero dei sogni» di Torino, che realizza i
desideri di bambini che, affetti da gravi malattie, sono costretti a lunghe degenze in
ospedale, facendo loro vivere
«un sogno lungo un giorno».
Le favole di Nelly Jourdan
aprono gli occhi alla fantasia,
e questa ha permesso all’Asilo di porre nel suo già fitto
carnet un nuovo impegno, un
impegno per i bambini, por
todos los niños', è un’iniziativa che merita fortuna.
MILENA MARTINAT
Nelly Jourdan, figlia di
emigrati italiani di origine valdese, nasce a Colonia
Vaidense in Uruguay. Dedica
i suoi anni giovanili ai suoi
due figli e ai molti bambini
che attraverso la scuola elementare hanno trovato in lei
l’inizio della loro strada. Oggi, terminato il suo impegno
scolastico, viene in Italia come volontaria all’Asilo dei
vecchi di San Germano, con
il compito di coinvolgere gli
ospiti in attività creative.
E’ proprio all’Asilo che
l’ho incontrata, nel suo
laboratorio molto allegro perché ricco di lavori fatti con
carta colorata e dipinta. Alla
domanda sul perché sia venuta in Italia e sul come si trovi
qui alle valli, Nelly risponde:
«Poco tempo dopo essere andata in pensione mi sono accorta che il tempo libero a
mia disposizione era davvero
molto. Potevo fare mille cose
ma avevo sempre ancora un
po’ di tempo; così ho deciso
di venire come volontaria alle Valli, la terra da cui mio
padre era partito molto tempo fa. Mio papà era dell’Inverso di Torre Pellice. Ho così avuto modo dì conoscere
persone della mia famiglia,
cugini di secondo e terzo grado. E’ molto interessante parlare con loro; sapere, ad
esempio, che mio nonno ed il
loro erano fratelli è molto
bello!
Air Asilo ho trovato anche
molte amicizie; persone che
non avevo mai visto prima
con le quali ora posso
comunicare e, se ne sento il
bisogno, anche abbracciarle.
Il mio servizio con gli anziani consiste nel fare dei la
Tempo Di Natale
vari collettivi ritagliando carta, stoffa, dipingendo; ma le
persone vengono qui nel mio
laboratorio soprattutto per
stare insieme, parlare, raccontare della loro giovinezza,
fare maglia, cantare, a volte
recitare poesie. Certamente
quando a febbraio tornerò in
Uruguay, dopo un anno qui
in Italia, porterò con me una
ricca esperienza; ho ricevuto
molto in questo periodo e sono molto riconoscente per
questa opportunità».
Nelly Jourdan ha anche, in
questo periodo, scritto un libro di fiabe illustrate per
bambini, presentato sabato
scorso, a cui ha dato il simpatico titolo de «I sentieri della
fantasia». «E’ un libro per
bambini e anche per tutti noi
che lo siamo stati - dice Nelly
- ma vuole anche essere un libro dedicato a tutti quei bambini molto desiderati ma che
non hanno mai potuto nascere ».
E’ un libro molto grazioso
e un po’ particolare. Esso infatti ha le pagine in carta gialla e all’interno vi sono molti
disegni, creati da Nelly, ma
non colorati; questo per dare
la possibilità ai bambini, ma
anche ai meno piccoli se ne
hanno voglia, di vivere meglio il libro colorandolo e
personalizzandolo.
Sono cinque fiabe - dice
Nelly - ed esse hanno un po’
di fantasia e un po’ di verità.
Vi è anche un po’ di autobiografia. ho scritto queste
fiabe per vedere un sorriso
sul viso dei bambini. La cosa
più bella sarebbe che la
mamma ed il bambino, dopo
aver letto le fiabe, potessero
continuare, creando nuove
avventure, a far vivere i miei
personaggi! »
Perosa: un interessante rievocazione
Storie di Escartons
LILIANA VIGLIELMO
La parola «Escarton» ha
un suono nobile e antico,
un po’ misterioso nella sua
interpretazione, sicuramente
rievoca un lontano passato di
feudi e di castelli, ma è anche
simbolo di un popolo tenace e
di una lotta per l’affermazione dell’autonomia locale e
per l’affrancamento dalla
sudditanza verso il signore.
Proprio perché questa importante pagina di storia, che
riguarda in modo particolare
l’alta vai Chisone, è poco conosciuta Alex e Monica Berten, padre e figlia, hanno presentato nella sede della Comunità montana valli Chisone
e Germanasca, giovedì 3 dicembre, le vicende di queste
territorio montano, non grande come estensione ma di
enorme importanza strategica
per la sua collocazione a cavallo delle Alpi, tra Francia e
Italia.
Gli Escartons, piccoli territori di confine, erano cinque:
Oulx, Pragela, Briançon,
Queyras e Château-Dauphin,
riuniti nel Grand-Escarton,
con capoluogo a Briançon.
Dal 1713 questa «federazione», come l’ha definita
Alex Berton, dopo avere
'strappato al Delfino di Vienne una serie non indifferente
di privilegi economici e di li
bertà, mantiene la propria organizzazione autonoma e la
propria identità finché, con il
trattato di Utrecht, gli Escartons situati sul versante padano passano definitivamente
alla casa Savoia.
L’età moderna vede la decadenza progressiva degli antichi ordinamenti che regolavano in modo minuzioso tutte
le attività della popolazione,
dall’elezione del sindaco (che
era annuale e non prevedeva
la rielegginbilità per almeno
cinque anni «perché non abbia prendere cattive abitudini»), al riparto delle spese,
«escartons», da cui il nome
dei territori, alla singolare figura del «mansìa», il responsabile del villaggio, dotato di
indiscussa autorità.
Lo spopolamento dovuto
alla mancanza di risorse industriali e il turismo di massa
che ha portato gli sciatori sui
pascoli montani e i condomini nei piccoli villaggi, hanno
stravolto la fisionomia
dell’antico «Escarton du Pragela».
I Berton di oggi, discendenti dei protagonisti di questo
ciclo storico ormai concluso,
hanno voluto far conoscere
l’opera dei loro antenati, come omaggio alla loro intraprendenza e al loro giusto desiderio di una vita libera e responsabile.
ANGROGNA - Giovedì 24, ore 20,30, nel tempio di Pradeltomo, culto con cena del Signore.
Venerdì 25, ore 10, culto con S. Cena, nel tempio del capoluogo.
Domenica 27, ore 10,30, nella scuola del capoluogo, culto
presieduto dal past. Pasquet.
Giovedì 31 dicembre, ore 21, nel tempio del Serre, culto di
fine anno.
BOBBIO PELLICE - Domenica 20, ore 10, culto con la partecipazione dei ragazzi e del gruppo flauti; alle 12,15, agape
comunitaria a cura dell’Unione femminile.
Venerdì 25, ore 10, culto con partecipazione della corale e
S. Cena.
Domenica 27, ore 10,30, culto di fine anno.
Domenica 3 gennaio, ore 10,30, culto di Capodanno.
LUSERNA SAN GIOVANNI - Domenica 20, ore 10, alla sala Albarin, culto con la scuola domenicale; a seguire giornata comunitaria dei ragazzi e delle famiglie.
Giovedì 24, ore 21, culto al Ciabas con partecipazione della
corale.
Il giorno di Natale culto alle ore 9 agli Airali e culto nel
tempio alle 10 con S. Cena e intervento della corale.
Sabato 26, ore 14,30, festa della scuola domenicale ai Peyrot.
Giovedì 31, ore 21, culto con S. Cena nel tempio.
MASSELLO - Il culto di Natale si svolgerà alle ore 11, con
celebrazione della cena del Signore.
PERRERO - MANIGLIA - Domenica 20, ore 10,30, culto
con la scuola domenicale.
Mercoledì 23, ore 20,30, incontro al centro con i partecipanti al recente viaggio in Madagascar.
Il giorno di Natale, culto alle 9 a Maniglia e alle 10,30 a
Perrero, entrambi con S. Cena.
PINEROLO - Domenica 20, ore 10, culto con la scuola domenicale; alle ore 14,30, festa dei bambini.
Martedì 22, alle ore 20,30, presso la sala di via dei Mille,
culto con la Comunità di base.
Venerdì 25, ore 10, culto con S. Cena; la colletta sarà devoluta alla scuola diaconale di Firenze.
PIOSSASCO - Domenica 27, alle 11, culto a cui farà seguito
l’agape comunitaria.
POMARETTO - Sabato 19, ore 20,30, nel tempio, concerto
natalizio delle corali della vai Germanasca.
Domenica 20 culto con la scuola domenicale.
Al culto di Natale parteciperà la corale.
PRALI - Mercoledì 23, ore 20,30 culto.
Venerdì 25, ore 10,30, culto; ore 20,30, recita della scuola
domenicale e festa intorno all’albero.
PRAMOLLO - Domenica 20, alle 14,30, l’Unione femminile
incontra alcune sorelle dell’Esercito della Salvezza di Torre
Pellice.
Il giorno di Natale, culto alle 10 con S. Cena.
Sabato 26, alle 15, festa della scuola domenicale con recite
e canti.
Domenica 27, ore 10, culto di fine anno.
Domenica 3 gennaio, ore 10, culto di inizio anno con S.Cena.
PRAROSTINO - Il giorno di Natale il culto, alle ore 10, vedrà la partecipazione della corale e celebrazione della Cena
del Signore.
Sabato 26 nel pomeriggio, festa dei bambini della scuola
domenicale e del precatechismo.
Domenica 27, al Roc, alle ore 9 culto con S. Cena; alle
10,30 culto a Roccapiatta nella scuola dei Rostagni.
RORA’ - Domenica 20, alle Fucine, festa della scuola domenicale con vendita di dolci e sottoscrizione a premi. Il ricavato sarà devoluto ai ragazzi del Centro diaconale La Noce
di Palermo. La festa sarà replicata martedì 22 alla sala del
capoluogo alle 20,30; ci sarà anche un banco pesca.
Il culto di Natale vedrà la partecipazione della corale.
La chiesa organizza un cenone di Capodanno il cui ricavato
sarà dedicato alla ristrutturazione del tempio; prenotazioni
presso Luciana Morel (tei. 93118) o negozio Cesan (tei.
93144).
SAN GERMANO - Domenica 20, ore 10, culto con la partecipazione dei bambini della scuola domenicale; nel pomeriggio, presso la sala, recita dal titolo «Giona, il profeta disubbidiente».
Mercoledì 23, ore 15, culto all’Asilo valdese con S. Cena.
Il culto di Natale,-alle ore 10, sarà con Cena del Signore,
come pure il culto di fine anno, giovedì 31, ore 20,30.
SAN SECONDO -11 culto di Natale, alle 10, sarà con S. Cena
e partecipazione della corale.
Domenica 27, ore 10, culto con i bambini della scuola domenicale e festa dell’albero.
Giovedì 31, ore 20,30 culto di fine anno con S. Cena.
Venerdì 1° gennaio, ore 10, culto.
TORRE PELLICE - Sabato 19, ore 14,30, alla Foresteria, festa della scuola domenicale.
Domenica 20, ore 10, culto con la scuola domenicale; alle
ore 15, pomeriggio comunitario con la partecipazione della
corale, del coretto e dell’organista m.o Ferruccio Corsani.
Giovedì 24, ore 21, culto ai Coppieri.
Venerdì 25, ore 10, culto al centro.
Domenica 27, ore 10,30, culto agli Appiotti.
Giovedì 31, ore 21, culto nel tempio del centro.
In tutte queste occasioni verrà celebrata la cena del Signore.
VILLAR PELLICE - Domenica 20, ore 10, culto natalizio
con i bambini della scuola domenicale.
Venerdì 25, ore 10, culto di Natale con Santa Cena.
Giovedì 31, ore 20,30, culto di fine anno.
Venerdì 1° gennaio 1993, ore 10, culto di Capodanno.
VILLAR PEROSA - Domenica 20, ore 10, culto con la scuola domenicale; alle 14,30, nel tempio, festa dell’albero.
A Natale, ore 10, culto con Cena del Signore.
Il 1° gennaio, ore 10, culto di inizio anno.
VILLASECCA - Giovedì 24, ore 20, culto al Trussan con S.
Cena.
A Natale, culto con S. Cena a Chiotti, alle 10.
Sabato 26, alle 10, incontro nel tempio di Villasecca con i
bambini della scuola domenicale.
Giovedì 31, a Chiotti, ore 20, culto di fine anno.
Domenica 3 gennaio, ore 10, culto con S. Cena.
10
PAG. IV
venerdì 18 DICEMBRE 1992
Buoni i risultati delle squadre locali
La pallavolo ormai
di casa a Villar Perosa
MARK NOFFKE
Villar Perosa, paese votato
al calcio per lo stretto legame che Punisce alla famiglia Agnelli e alla Juventus,
non vive di solo football.
Il Comune, con la «Sportiva», ha sostenuto lo sviluppo
di sport alternativi pur scontrandosi con alcuni problemi.
Il più grave è sicuramente
l’allontanamento dei giovani
da ogni attività sportiva.
In effetti anche il calcio registra un vistoso calo di iscrizioni fra i giovanissimi. Questo fenomeno viene spiegato
dall’allenatore della squadra
maschile di pallavolo, Maurizio Simondi, col diverso
orientamento dei giovani che
preferiscono, agli eroi dello
sport, quelli che offre loro la
televisione.
Fiaccolata di Natale
Appuntamenti
E Eco Delle Valli ¥vldesi
Presentata a Pinerolo l'iniziativa «Il riparo» incentrata sul problema della casa
Stranieri: il problema è la nostra indifferenza
L’impegno profuso nello
sviluppo della pallavolo ha
comunque avuto risposta negli splendidi risultati ottenuti
dalla formazione femminile.
Sia quest’ultima che quella
maschile militano in prima divisione, pur con obiettivi diversi: quella femminile non
nasconde, infatti, l’intento di
una promozione nella stagione in corso. Grandi speranze
sono rivolte anche alla squadra maschile che, pur pagando, nelle prime giornate,
rinesperienza di alcuni nuovi
elementi, lascia intravvedere
buone prospettive per il futuro del volley villarese.
Regna dunque l’ottimismo
nell’ambiente della pallavolo,
ottimismo che non può che
giovare alla giovane squadra
maschile (di cui sei elementi
non raggiungono i 20 anni).
A Torre Pellice, sabato 19, alle 21, fiaccolata con partenza da Santa
Margherita. Nella foto le majorettes neH’edizione dell’anno scorso.
Venerdì 18 dicembre - LUSERNA SAN GIOVANNI: Alle
ore 21, nella sala mostre del comune, in via ex deportati e
internati 20, si svolge un incontro organizzato dal PDS sul
tema II cittadino di fronte all’ente pubblico: partecipazione e diritti.
Lunedì 21 dicembre - TORRE PELLICE: Alle ore 20. 4.S,
presso le Scuole mauriziane di via al Forte, si svolge un incontro musicale con Elena Martin, soprano, e Renato Contino, pianoforte.
Per il periodo natalizio il circolo Volley La Torre di Torre
Pellice organizza un torneo amatoriale misto di pallavolo.
Le iscrizioni si ricevono al n. telefonico OI21/9.J2217.
ONORANZE E TRASPORTI FUNEBRI
dì
BERTOT TULLIO
ufficio: c.so Gramsci, 5 - TORRE PELLICE
tei. 0337211111
Abitazione: via G. Modena, 8 - tei. (0121) 932153
« Il decoro, l'assistenza, il rispetto... sono vostri diritti.
Offrirverli è nostro dovere ».
ALBERTA RAVEL
Dalle parole ai fatti. Questo, sinteticamente, il
messaggio lanciato giovedì
26 novembre a Pinerolo,
presso il centro sociale di via
Lequio, dal Coordinamento
per l’accoglienza degli stranieri.
La serata, organizzata per
presentare alla cittadinanza il
progetto «Il riparo», ha consentito di fatto ai partecipanti,
tra cui anche alcuni stranieri
di diversa provenienza, di discutere di vari problemi legati
all’immigrazione nel nostro
paese, e in particolare del
problema casa.
Infatti, come ha evidenziato Franco Agliodo, della CISL, che ha introdotto la serata, secondo l’ultimo censimento a Pinerolo esistono
ben 1.200 case sfitte. Queste,
per vari motivi, forse anche
in parte comprensibili, non
sono disponibili per essere affittate, tantomeno a stranieri.
Secondo Enrico Allasino,
ricercatore dell’IRES sui problemi dell’immigrazione, la
gente in generale non nutre
diffidenza per l’immigrato
considerato come singolo
soggetto, incontrato per la
strada mentre vende accendini e fazzoletti, ma è
molto spaventata dal fenomeno in generale. In particolare,
in un momento di recessione
economica come questo, lo
straniero può essere visto come colui che ruba il posto di
lavoro.
11 dato più preoccupante
che emerge dall’ultima ricerca a cui ha partecipato Allasino, che si intitola Rumore, è
che il 47% dei soggetti intervistati a Torino ritiene che la
presenza di questi stranieri
non sia di arricchimento culturale per la nostra società, e
che il loro lavoro non contribuisca allo sviluppo dell’economia italiana.
Come evidenzia il titolo
della ricerca, quello che domina nell’opinione della gente è un rumore di fondo fatto
di voci, di idee anche preconcette verso gli stranieri, in cui
prevale per larga parte l’ignoranza della cultura di provenienza di queste persone.
In questo panorama fatto di
diffidenza ma anche di gesti
di solidarietà, magari individuali, nasce la sfida del «Riparo». E’ una sfida alle istituzioni che parlano, parlano, ma
non riescono a agire, come ha
detto Piero Pieri, presidente
della società a responsabilità
limitata senza fini di lucro,
denominata «Il riparo».
Torre Pellice: incontro con il regista latinoamericano
Il realismo magico di Birri
_______ALBERTO CORSAMI_____
Un cinema al tempo stesso
critico e magico. Impeccabile nel parlare italiano, 67
anni che risultano solo dal
barbone grigio, argentino ma
residente a Cuba, Fernando
Bissi, il fondatore del «nuovo
cinema latinoamericano» ha
incontrato il pubblico del cinema Trento dopo la proiezione del suo film Un signore
molto vecchio con delle ali
enormi, dall’omonimo racconto di Garcia Márquez.
La serata è stata il piatto
forte della rassegna ottenuta
tramite il Festival del cinema
latinoamericano di Trieste,
che ha alternato documentari
di soggetto sociale e lungometraggi di finzione.
In un pollaio di una località
imprecisata dei Caraibi cade
un vegliardo che non parla e
si limita a scuotere le ali, simili a quelle d’un pollo.
Lo scompiglio nel villaggio, piuttosto miserevole, è
immediato, ci si affolla per
vedere la creatura, il parroco
cerca di esorcizzarne la presenza, si scatenano gli istinti
più esasperati, finché il vecchio, sei anni dopo, se ne vola via, avendo insegnato l’arte di volare a un bimbo che lo
ha capito.
«Nel 1958 - ha detto Birri scrissi un manifesto per un
cinema nazionale, realista e
critico: si trattava di opporsi
a due tendenze: quella hollywoodiana, con i suoi personaggi fuori dalla realtà, che
fece seguito in alcuni paesi
latinoamericani, e quella del
realismo socialista, decisamente apologetica. Si trattava di cercare un’identità in
questo campo. Con gli anni
ho acquisito il diritto a contraddirmi, anche perché la
realtà è molto cambiata: ho
fatto dello sperimentalismo.
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m. cad.
I______________________________________________________________________I
Mi
verso un cinema cosmico ,
e per questo film, magico e
critico»
E in effetti, al di là delle
simbologie piuttosto complesse, Un vecchio signore...
non evita di descrivere l’ambiente sociale che sta intorno
al suo ineffabile protagonista: anzi, la chiave sta
probabilmente nel fatto che le
varie reazioni della popolazione nei confronti del vecchio (chi dice che è il diavolo, chi lo crede un angelo, un
fenomeno da baraccone, chi
addirittura - ed è il passaggio
più esilarante - Maradona!)
mettono a nudo ciò che è la
società stessa, le sue paure, i
suoi tabù.
Un cinema, insomma, di
poesia (certi scorci di periferia e l’uso dei simboli rimandano proprio al «cinema di
poesia» teorizzato da Pasolini
negli anni ’60) che è impegno
al tempo stesso.
Ne abbiamo bisogno tutti,
ne ha bisogno Cuba, dove
Birri ha fondato anche una
scuola di cinematografia che,
stretta dalla penuria e
dall’embargo, trova tuttavia
la forza per interpretare culturalmente il mondo, e forse
troverà quella necessaria a
costruire un nuovo progetto.
TORRE PELLICE - 11 cinema Trento propone venerdì 18,
alle 21,15, Con le migliori intenzioni. Sabato, ore 20 e 22,10,
Taxisti di notte. Domenica, ore
16, 18,20 e 22, 10, e lunedì, ore
21.15, 1492, la conquista del
paradiso.
POMARETTO - Al cinema
Edelweiss si conclude venerdì
18. alle ore 21, la rassegna di cinefórum con il film Perché
Bodhi Darma è partito per
l’Oriente?
PINEROLO - Il cinema Hollywood propone, da venerdì 18,
Sognando la California, feriali
ore 20,15 e 22,30, festivi ore
14.15, 16,15, 18,15, 20,15,
22,30.
Il cinema Ritz ha in programma, fino a martedì 22, Ragazze
vincenti, festivi ore 19,45 e
22.15, feriali ore 14,45, 17,45,
22.15,
Il cinema Italia presenta, fino
a martedì 22, La città della
gioia, feriali 19,45 e 22,20, sabato 19,45 e 22,30, domenica
14,45, 17,15, 19.,45e22,20.
Questa scommessa, partita
sei anni fa a Torino, in ambito
prevalentemente cattolico,
conta oggi 38 alloggi in proprietà, 25 in comodato e un
centro di accoglienza nella
zona Mirafiori Sud, la «Casa
del mondo unito».
Gli alloggi vengono dati
con un contratto di ospitalità
a chi, italiano o straniero, si
trova in situazione di bisogno.
Ora si cerca di ripetere
l’esperienza anche a Pinerolo.
Il Coordinamento per l’accoglienza degli stranieri ha
infatti deciso di creare una sede secondaria della società e
di provare a smuovere istituzioni e coscienze sul grave
problema casa, affrontandolo
non più solo a parole ma con
un’iniziativa concreta. E’ una
grande sfida per un piccolo
gruppo, composto da persone
di diversa provenienza: valdesi, cattolici, militanti in associazioni culturali e movimenti
politici, sindacalisti, ecc...
Coloro che fossero interessati a raccoglierla possono
mettersi in contatto con don
Gabriele Mercol (Caritas),
Franco Agliodo (CISL), Aiberta Revel (Chiesa valdese
di Pinerolo), oppure versare il
proprio contributo sul conto corrente bancario n.
2033981/85, presso la CRT di
Pinerolo.
^ USSL 42 _
CHISONE • QERBIANXsCA
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale valdese, Pomaretto,
tel.81154.
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 20 DICEMBRE
San Germano Chisone:Farmacia Tron , tei. 58766
Ambulanze:
Croce verde, Perosa: tei: 81100
Croce verde. Porte : tei. 201454
USSL 44 - PINEROLESE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale civile, Pinerolo, tei.
2331
Ambulanza:
Croce Verde, Pinerolo, tei. 22664
USSL43-VALPELyCE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 932433
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 20 DICEMBRE
Villar Pellice: Farmacia GayPiazza Jervis, tei. 930705
Ambulanze:
Croce Rossa- Torre Pellice, tei.
91996
Croce Verde - Bricherasio, tei.
598790
SERVIZIO INFERMIEfKSTICO
- - • . —
dalle ore 8 alle 17, presso i distretti.
SERVIZIO ELIAMBULANZA
telefono 116
L’Eco Dei,i,k Vai.u Vau)K.si
Via Pio V, 15 - 10125 Torino
Tel. 011/655278
Reg. Tribunale di Pinerolo
n. 175/60
Resp. Franco Giampiccoli
Stampa:
lii Ghisleriana Mondovì
Spedizione in abb. po,st.
Gr 2A/70
11
VENERDÌ 18 DICEMBRE 1992
Cultura
PAG. 7 RIFORMA
RISALENDO ALLE ORIGINI DELL'ALBERO DI NATALE
DAL PRIMO
AL NUOVO ADAMO
GINO CONTE
Già parecchi anni fa
Oscar Cullmann aveva
dedicato una ricerca all’origine della festività cristiana
del Natale' sconosciuta, si
noti, fino al IV secolo dopo
Cristo. Ora l'ha ripubblicata,
con l’aggiunta di una nuova
parte dedicata a esaminare
còme e perché appare l’albero di Natale'. Se un importante studioso del Nuovo Testamento e storico del cristianesimo primitivo si impegna a
studiare la questione, vuol dire che non si tratta di puro
folclore.
Radici pagane?
Di solito pensiamo che
un’antica usanza pagana sia
stata poi più o meno «cristianizzata». Vero in parte, ma
non del tutto.
Sono ben noti usanze e riti
, pagani includenti il culto degli alberi, ad esempio nella
religiosità celtica, nei culti
druidici; è probabile che il
baalismo cananeo ne conoscesse (le «querce di Mamre», gli «alti luoghi» verosimilmente fronzuti di boschetti sacri); e pare che fra le popolazioni dell’Europa centronordica pagana la celebrazione del solstizio d’inverno
comprendesse l’incendio di
un grande albero, quasi sacrificio propiziatorio e illuminante nella notte invernale
che cominciava a regredire.
Nella saga nibelungica, al
cuore vitale del mondo vi è il
grande frassino, e idee consimili si trovano in molti miti
orientali.
Nell’Europa centro-nordica
e anche qua e là altrove,
nell’alto e basso Medioevo,
molti antichi riti e usi pagani
vengono rivissuti - con quale
chiarezza? - in contesto cristiano. Secondo antiche leggende, rintracciabili fino
all’anno mille, là dove Gesù è
nato, al momento della nascita, le piante germogliano e
fioriscono: ed ecco che in
preparazione del Natale si
mettono in acqua per settimane rami di melo o di ciliegio,
perché fioriscano a Natale.
Nel periodo dell’Avvento e
di Natale si ornano le case di
rami di alberi, preferibilmente di sempreverdi, e l’abete
s’impone.
All’inizio del 16° secolo,
ad esempio, in Alsazia (Cullmann è alsaziano) l’uso di tagliare abeti nei boschi è ormai così diffuso che il taglio
deve essere controllato, ordinanze civiche stabiliscono dei
limiti, gli abusi sono multati.
E alcuni predicatori tempestano contro quest’uso definito
«pagano». A ragione?
Risalendo ai
«misteri» medioevali
Quei critici, secondo Cullmann, dimenticavano che nel
formarsi di questa tradizione
all’interno del cristianesimo
l’essenziale non sta in quanto
abbiamo detto; per lui il significato cristiano dell’albero
di Natale non è in una «cristianizzazione» della festa del
solstizio d’inverno, che tutt’al
più ha giocato come elemento
concomitante.
No, quest’uso ha una sua
origine caratteristica: nei cosiddetti «misteri», sceneggiate che la sera della vigilia, in
preparazione al Natale, si
svolgevano sul sagrato delle
chiese.
Accanto ai presepi viventi uno è attestato per Francesco
d’Assisi - prevalenti nei paesi
latini, in terre germaniche si
svolgevano queste «scene»,
che rinnovavano quella
dell’Eden’: i personaggi erano, naturalmente, Adamo,
Èva, il diavolo, il cherubino
che chiude l’Eden; e il quadro
decorativo era dato essenzialmente dall’albero, il cui frutto
portò al peccato.
La Bibbia non ci dice che
tipo d’albero fosse, e a seconda della regione esso poteva
mutare; tuttavia il sempreverde abete s’impose largamente.
Vi si appendeva la mela
(frutto corrente di stagione),
ed ecco perché questa è diventata per antonomasia il
frutto proibito.
Questa scena ha dato all’albero natalizio il suo significato cristiano: nella «notte santa» (Weih-nacht, in tedesco)
dell’incarnazione è apparsa la
vita che avrebbe portato
all’espiazione del peccato
dell’uomo.
Vengono per così dire a sovrapporsi «l’albero della conoscenza del bene e del male» e «l’albero della vita» dei
quali parlano i primi capitoli
della Genesi. Lo sottolinea il
fatto che presto oltre alla mela (o alle mele) si appendono
delle ostie, ovviamente non
consacrate, che nel contesto
cattolico nel quale si è sviluppato quest’uso indicano appunto nel sacrificio di Gesù il
frutto dell’albero della vita al
quale in Cristo ci viene riaperto l’accesso. Nei secoli
successivi, in contesto protestante, le ostie furono sostituite da dolci natalizi fatti in
casa.
Uno sviluppo secolare
Ancora un particolare: da
certe riproduzioni artistiche
risulta che non di rado l’abete
di Natale aveva attaccati in
cima due rami in forma di
traversa di croce; e a questi
rami si appendeva da un lato,
una mela e, dall’altro,
un’ostia; ovvero tutto l’albero
si presentava in forma di croce. Simbolismo evidente.
Poi si aggiunse la carta a
vivaci colori, o argentata, o
dorata, simbolo delle offerte
dei magi d’Oriente; la «rosa
di Natale», simbolo del «germoglio che spunta dalla radice d’isai» (Isaia 1 l:lss) o «da
un suolo arido» (Is. 53: ).
Nelle regioni tedesche
dell’arte vetraria si aggiunsero più tardi le palle di vetro
colorato, per accrescere luminosità all’albero. E naturalmente, forse come ripresa del
motivo «Cristo, luce del mondo», le candele che facevano
fiammeggiare l’albero.
In ogni caso, il motivo inizialmente caratteristico e dominante, nell’uso cristiano
dell’albero di Natale, sta nella
contrapposizione simbolica:
Adamo ed Èva, l’umanità intera, davanti all’albero, provati e caduti; e, alla nascita
del Salvatore, si ritrovano davanti all’albero della vita, riconciliati con Dio grazie a
lui.
Ancora in un recente racconto di Natale, in Francia, se
ne trova un riflesso: l’ultima
visitatrice, nella stalla di Betleem, quando già la stella è
impallidita e sorge il giorno,
è Èva, una donna rugosa, vecchissima che in silenzio mette
La famiglia di Lutero, in compagnia di Melantone, riunita intorno all’albero (litografia del XIX sec.)
una mela nel pugnetto del
piccolo Gesù.
Degenerazione,
certo, eppure....
Abeti piccoli e grandi imperversano per settimane
(ecologici, ma orrendi, quelli
sintetici...); ci abituiamo tanto
che non li «vediamo» neppure più. Cosa ben diversa era
quando solo l’ultima sera i
genitori preparavano, a porte
chiuse, l’albero e poi i bimbi
erano ammessi e si trovavano
di colpo davanti all’albero illuminato. Guardavano soprattutto sotto l’albero, i regali?
Chissà. I nostri simboli sono
sempre molto umani, ambigui
come ogni cosa che facciamo
noi.
Ma se riusciamo a liberarci
dagli addobbi di paccottiglia,
dalla commercializzazione
dell’Avvento e del Natale, se
riusciamo a soffermarci a riflettere da dove, come e perché ci vengono usi come questo, se riusciamo a liberarci
dall’uso inconsapevole e a
«vedere» e a indicare ad altri
ciò che il simbolo indica, allora anche l’albero luminoso
può non essere più tentazione
- consumistica, sentimentale ma segno di vita; cenno lieve,
che attraverso i secoli può ricordarci quella «notte» in cui
si è cominciato a giocare la
partita decisiva della vicenda
dell’umanità, e dell’universo.
Nel mondo del primo e
vecchio Adamo-e-Eva, di
quest’umanità così vitale e
così fragile, è apparso - fragilissimo, ma per la forza di
Dio, per lo Spirito, indistruttibile - il secondo, il nuovo
Adamo: quello del quale Dio
si è potuto, finalmente, compiacere e rallegrare, quello
che lo ha amato con tutto il
suo cuore, la sua mente, le
sue forze, con tutto se stesso,
e che ha amato noi, suo prossimo, come se stesso, più di
se stesso.
E’ stato l’apostolo Paolo,
che certo mai avrebbe immaginato la tradizione cristiana
dell’albero della vita natalizio
e che forse avrebbe aggrottato la fronte davanti ai rischi e
alle ambiguità che l’accompagnano, è stato proprio lui
che ha offerto l’idea da cui
anonimi credenti hanno tratto
la sceneggiatura del «mistero
natalizio» medioevale: mettendo a confronto il primo e il
secondo, il vecchio e il nuovo
Adamo.
E noi possiamo oggi guardare quest’abete e vedervi il
simbolo della luce che Gesù
Cristo ha portato e porta nel
nostro mondo, la luce vera; e
il simbolo festoso del nuovo
Eden, del regno di Dio che
viene, come un giardino. A
quale prezzo, ce lo dice chiaro e forte la cena del Signore
che ci riunisce come la sua
famiglia adottiva: al prezzo
della vita di quel nato, spesa
per noi, offerta per noi, fino
alla morte, che Dio ha rovesciato in vita invitta e generosa.
1 0. Cullmann, Il Natale nella chiesa antica, Roma, 1 948.
2 0. Cullmann, Die Entstehung des
Weihnachtsfest und die Herkunft
des Weihnachtshaums, Quell Verlag, Stuttgart, 1990 (Il sorgere della festività del Natale e rorigine
dell’albero di Natale).
3 Non a caso antichi calendari indicano al posto del «santo del giorno», per la data del 24 dicembre,
Adamo ed Èva.
Il Natale nella Germania del Nord: la tradizione luterana
Un esempio di Natale nella Germania del Nord
_________HARTMUT DIEKMANN *________
In Germania, e da altre parti, la notte dei pogrom contro le sinagoghe,
i negozi di ebrei e gli ebrei stessi, viene ancora detta «la notte dei cristalli», come se si fosse trattato di una
specie di festa di Natale. Essa ricorda
piuttosto le orde selvagge di Wotan
che assalivano il paese e lo devastavano. Tempi remoti, oscuri e crudeli,
che sono ritornati nel presente.
Il germanesimo al servizio del
bambino Gesù - S. Nicola e il suo
servo Ruprecht
Nel periodo dell’Avvento c’è S.
Nicola (Babbo Natale), che si spinge
di casa in casa, nelle sere già fredde e
piovose, per mettere dei dolci nelle
scarpe pulite dei bambini buoni. Ma
con sé ha un servo che si chiama Ruprecht, in cui è ancora riconoscibile
la figura di un feroce capo pagano di
eserciti; è il ricordo di Wotan, che
però ora è al servizio del bambino
Gesù. Ma anche S. Nicola, che porta
un bastone con cui minaccia i bambini cattivi, mostra ancora degli aspetti
del suo carattere selvaggio di un tempo.
I cantori di S. Martino
Appena S. Nicola scompare si fà
avanti un’altra truppa; sono bambini,
con sacchi sulle spalle, che sul far
della sera vanno di casa in casa cantando e chiedendo doni. Essi cantano
così;
Sono un piccolo rei datemi qualche
cosai Non fatemi aspettare troppo,!
devo ancora visitare una casetta.!
Colonia è una grande città,! lì tutti
mi danno qualcosa.! Datemi una noce! e ce ne riandiamo a casa.
E quando la canzone ha avuto suc
cesso i bambini se ne vanno cantando; A chi qualcosa ci ha dato! auguriamo una buona notte.
E con questo canto di S.Martino
siamo arrivati al 10 dicembre. Nelle
scuole si fanno le ultime prove per la
recita di Natale, un pezzo antico o
moderno. Nel calendario di Natale si
apre ogni giorno una finestrina; il calendario sta davanti ad una candela, il
cui chiarore passa per la finestra
aperta, mentre i giorni successivi sono ancora al buio.
Il bambino Gesù
E poi ci si avvia verso Natale. Si
intravvedono i primi segni del bambi
no Gesù.
Il bambino Gesù? E’ un angelo
che porta i doni volando attraverso le
finestre nei soggiorni delle case e subito se ne va, prima che i bambini si
precipitino sotto l’albero di Natale.
I suoi primi segni? Già da qualche
giorno si vedeva T’albero di Natale in
giardino o sul balcone; è ancora un
semplice abete, ma presto diventerà
un abete «battezzato». Prima però bisognava consegnare la lista dei regali
desiderati e si doveva preparare un
canto o un verso o una poesia da dire
sotto l’albero di Natale.
Nei giorni precedenti il Natale la
cucina era molto attiva, soprattutto il
forno, con dolci d’ogni genere. Di
marzapane, di mele cotogne, panforti
al gusto di miele, dolci con mandorle
tritate, panettoni. Non c’era angolo
della casa che non avesse odor di Natale. E questi profumi erano i segni
del fatto che il bambino Gesù era entrato nella casa, e costituivano naturalmente per i bambini l’aspetto più
gradevole della presenza del bimbo
nel presepe.
La notte santa
E poi c’era il 24 dicembre, la vigilia. Alle 15 i più piccoli andavano in
chiesa, dove c’era un abete gigantesco. Le candeline arrivavano fino alla
cima dell’albero, i sottili fili d’argento pendevano dai rami. Al calore delle candele le stelle sul presepe si contorcevano. Mele rosse, lucenti, pendevano qua e là ammiccanti, e le palle d’argento facevano parere l’albero
in piena fioritura.
Alle 17 arrivavano le famiglie con i
bambini più grandi, stupiti davanti
all’albero, e si cantava «O du froeliche», «Stille Nacht, Heilige Nacht», o
dal canto «Lobi Goti, ihr Christen alle gleich» la strofa «Heut schleusst er
wieder auf die Tuer zum schoenen
Paradeis».
E poi a casa
Che visione meravigliosa. Soprattutto se, come avveniva spesso a casa, l’albero era carico di dolci. Le
mani dei piccoli e dei grandi cercavano di raggiungerli di nascosto.
Adesso l’abete era veramente diventato quel che doveva essere: l’albero miracoloso, che fiorisce anche
in inverno, il segno del paradiso nuovamente dischiuso; i suoi frutti non
sono più proibiti e permettono la vita
e la conoscenza insieme.
A casa, nel soggiorno, c’era il suo
fratello minore, con le candeline di
vera cera d’api, e i regali tutti intorno.
Si era aspettato a lungo dietro la
porta, o in cucina, finché suonava la
campanella che significava; i regali
sono qui, il bambino Gesù è sparito...
e la porta si spalanca.
Talvolta c’era anche il presepe, con
la sacra famiglia. A questo punto si
cantava, si dicevano poesie, e spesso
si ascoltava insieme il racconto di
Natale, dal Vangelo di Luca.
Il pasto di Natale
Dopo i regali c’era il pasto della
notte santa. Semplice, come allora
nella stalla, ma tipico del Nord della
Germania. Salsicce con senape e insalata di patate oppure aringhe marinate fredde. E tè caldo. Poi la quiete
della notte. La cera delle candele era
sgocciolata sui regali sotto l’albero,
le luci si spegnevano e tutta la casa
cadeva in un sonno beato, sul quale,
spesso, scendeva in silenzio la neve.
* Pastore della Comunità luterana di Napoli
12
PAG. 8 RIFORMA
Il teologo Karl Barth al lavoro nel suo studio.
Un'importante opera della Queriniana
Storia della teologia
del ventesimo secolo
FULVIO FERRARIO
Rosine Gibellini ha contribuito allo sviluppo
della cultura teologica italiana degli ultimi venticinque-trent’anni da una posizione molto particolare: come direttore letterario
dell’editrice Queriniana di
Brescia ha guidato la pubblicazione di molte opere
fondamentali della teologia
più recente, nonché di un
buon numero di classici.
Devono essere ricordate,
in particolare, due collane:
anzitutto la Biblioteca di
teologia contemporanea, che
ha visto la pubblicazione di
autori cattolici «di punta»,
come Schillebeeckx, Kiing,
Gutierrez, Boff, Schoonenberg, ultimamente Drewermann, accanto ad altri più
tradizionali, quali Ratzinger
(allora non ancora investito
del ruolo di grande inquisitore), Kasper, Lehmann; né
sono mancate grandi opere
di evangelici, come Moltmann, Pannenberg, Jiingel
e, tra i classici, Schweitzer,
Bultmann, Bonhòffer; in secondo luogo il Giornale di
teologia, costituito da volumetti più agili, ma spesso
molto importanti.
Oltre che editore di primissimo rango, tuttavia,
Gibellini è anche studioso:
ha scritto monografie su
Teilhard de Chardin, Molt
Appuntamenti
Mercoledì 30 dicembre martedì 5 gennaio 1993 VENEZIA: L’associazione
Biblia organizza il quarto
corso di ebraico biblico
presso le suore del Cardinal
Piazza. Per informazioni
tei. al 055/8825055 (fax
8824704).
Giovedì 28-Domenica 31
gennaio 1993 - VERONA:
Presso il Centro pastorale
«Mons. Carraro» si tiene un
seminario dell’associazione
Biblia sul tema La donna
all’epoca dei Giudici. Per
informazioni telefonare al
numero 055/8825055 (fax
8824704).
Cultura
La posizione delle Chiese valdesi attraverso vari secoli di storia
Un'«assemblea dei credenti»,
interlocutore atipico dello stato
venerdì 18 DICEMBRE 1992
GIOVANNI GÖNNET
mann e Pannenberg, nonché
curato diverse raccolte di testi. Come sintesi di questa
multiforme attività, esce ora
una ponderosa storia della
teologia del Novecento*,
che si segnala immediatamente per la precisione e la
vastità dell’informazione offerta.
In sedici capitoli, Gibellini
passa in rassegna tutti i
grandi autori del secolo, dedicando ampio spazio a correnti recenti, come le diverse
teologie del Terzo Mondo (e
non solo la teologia della liberazione, a cui è assegnato
un capitolo a sé), la teologia
nera, quella femminista. Anzi, queste tendenze sono
trattate con maggiore ampiezza di Barth, o di Bultmann, scelta forse discutibile, ma che si può capire, tenendo conto del fatto che,
sugli autori della prima metà
del secolo, esiste già, anche
nella nostra lingua, un’ampia letteratura.
A questo proposito, il volume si chiude con un’appendice bibliografica di
un’ottantina di pagine, in
cui sono indicate tutte le
opere principali degli autori
trattati, e una selezionatissima scelta della letteratura
secondaria. Gibellini si concentra quasi esclusivamente
sul pensiero degli autori, limitando all’essenziale le
notizie biografiche e storiche; l’esposizione, assai
chiara, è molto sobria, poco
incline ad ampie valutazioni. Anche la conclusione di
un percorso così lungo è telegrafica, due paginette: è
chiara l’intenzione dell’autore di fornire un’opera anzitutto informativa.
Alcuni dettagli, com’è ovvio, potrebbero essere discussi criticamente; ad
esempio, nel paragrafo finale, la presentazione dell’atteggiamento della teologia
protestante classica in merito al problema delle religioni; in ogni caso, il libro si
raccomanda come un’introduzione puntuale a uno dei
secoli teologicamente più
ricchi dell’intera storia cristiana.
(*) Rosino Gibellini: La
teologia del XX secolo. Brescia, Queriniana, 1992, pp.
658, £ 60000.
Chiarire in 75 pagine come venne a porsi, «nei
confronti della società umana
organizzata politicamente a
stato», quell’insieme di gmppi e comunità che ad un certo
momento della loro storia si
configurarono come «chiese
valdesi», non era facile, ma
Giorgio Peyrot ci è riuscito
con la consueta chiarezza*.
L’impianto del libretto si
chiarisce dai titoli dei suoi
capitoli; Il movimento medievale, Le chiese del XVI
secolo. Tra Francia, clero e
Piemonte , Valdesi e Savoia
nel XVIII secolo. Il periodo
franco-napoleonico. Dalla
Restaurazione al Risorgimento, Le chiese dopo l’unità
d’Italia e Le chiese e lo stato
net XX secolo.
Di fatto, fin dal suo nascere, quel movimento dovette
ben presto fare i conti con il
vecchio binomio «trono e altare» (p. 140): da una parte lo
»'Stato, dall’altra la chiesa, che
da semplice «assemblea dei
credenti» riuniti nel nome del
loro Signore si era diabolicamente trasformata in potenza
terrena e da perseguitata era
diventata persecutrice.
Pochi i principi basilari che
fin dall’inizio guidarono la
vasta e multiforme diaspora
europea, poi le chiese che,
sull’esempio della Ginevra di
Calvino, si erano costituite
verso la metà del ’500 in
quelle valli delle Alpi Cozie
che dal XVI al XIX secolo
diventarono il loro ghetto: 1)
la priorità delle Sacre Scritture come regola di vita e di
dottrina; 2) la loro traduzione
nelle lingue volgari; 3) la
predicazione del messaggio
evangelico quale prerogativa
di tutti i credenti, uomini e
donne; 4) l’accentuazione del
carattere spirituale della chiesa, che implica il rifiuto dei
privilegi temporali; 5) la necessità di una revisione di tutte le sovrastrutture che le gerarchie ecclesiastiche avevano incorporate, «prelevandole dalle strutture proprie
dell’antico impero romano»',
6) parallelamente, «il rifiuto
dei poteri mondani gestiti dal
clero in seno alla società»
(pp. 139-140); 7) l’abbandono delle ricchezze di questo
mondo, concretamente testimoniato con la pratica della
povertà; 8) «il rifiuto del giuramento e del conseguente
potere di coinvolgere tutto
l’impianto della società politica medievale allora in piena
espansione» (p. 140).
Ovviamente quei principi
furono valutati e attuati
diversamente a seconda delle
epoche considerate: se nel
Medioevo ebbero un certo
peso l’assunzione del pauperismo, il rifiuto del giuramento e l’anticostantinismo,
in epoca moderna tali istanze
furono ridimensionate in
conformità alle nuove idee
etico-politiche dei riformatori, mentre assumeva una
grande rilevanza un nuovo
principio, quello del duplice
lealismo, verso Dio e verso il
principe legittimo, chiaramente enunciato in una lettera del Sinodo valdese del
30 maggio 1560 al duce di
Savoia Emanuele Filiberto:
«Noi vogliamo obbedire a
tutti gli editti di Vostra Altezza, fin dove la nostra coscienza lo permetterà, ma
dove la nostra coscienza replica, Vostra Altezza sa che
si deve piuttosto obbedire a
Dio che agli uomini» (p.
145).
Il concetto sarà più volte ribadito in seguito, ogni volta
che i valdesi ebbero «incontri
e scontri con i poteri costituiti sino agli anni oggi correnti» (p. 146). Peyrot non
tralascia di evidenziare i mo
menti critici in cui «quella
demarcazione netta tra l’obbedienza dovuta a Dio sulla
base della Scrittura e quella
dovuta al legittimo principe
terreno» (p. 149) corse il serio pericolo di essere travolta
dai fatti, come durante la
guerra dei banditi, la resistenza degli invincibili, il rientro
del 1689 e l’assedio della
Balziglia.
L’altro principio fondamentale di diritto pubblico
esterno di cui parla il libro è
quello già accennato della
«indipendenza ecclesiastica
dalla sudditanza di un determinato principe o stato»,
che comportava come ovvia
conseguenza «la negazione
del criterio della chiesa nazionale o di stato» (p. 147):
un principio che sarà alla base delle Intese con la Repubblica italiana stabilite dall’art.
8 della Costituzione e ben
precisato nell’art. 5 della
Disciplina generale delle
Chiese valdesi, che recita:
«La chiesa, fondata sui principi dell’Evangelo, si regge
da sé in modo indipendente
nell’ osservanza della sua
confessione di fede e del suo
ordinamento, senza pretendere alcuna condizione di privilegio nell’ordine temporale,
né consentire nel proprio ordine ad ingerenze o restrizioni da parte della società civile» (p. 203).
La lettura di questo saggio
è da raccomandarsi a tutti coloro che vogliono chiarezza
in questo delicato settore dei
rapporti tra chiesa e stato, tra
fede vissuta e comportamento
nel mondo.
(*)Giorgio Peyrot; «La
posizione delle Chiese Vaidesi nello Stato (Criteri di un
diritto pubblico interno)».
Quaderni di diritto e politica ecclesiastica 1990/2. CEDAM, 1992, pp. 137-211.
Un periodo
storico
da rivalutare
JOHN HOBBINS
Il periodo che questo libretto* considera è quello del
Trecento e del Quattrocento,
qui detto «di transizione» al
mondo moderno, quindi la
Riforma non è presa in
considerazione. Tuttavia la
tesi dell’autore può essere
riformulata in vista di una
comprensione migliore del
posto che la Riforma occupa
all’interno della storia e della
chiesa e del mondo moderno.
La Riforma, nonché il
mondo moderno nel suo complesso, non nasce dai processi
di decadenza, crisi e dissoluzione che pure sono ben evidenti nel secolo che precede
la data fatidica, e approssimativa, del 1520, ma si afferma
quale proseguimento dei processi più vitali e dirompenti
dei secoli precedenti.
La Riforma si afferma nel
primo Cinquecento, in determinate zone e non altrove,
perché la ricerca di fede e la
sensibilità spirituale avevano
raggiunto livelli alti, non perché fossero in crisi.
Di fatto questo saggio di piacevole lettura va a sostegno di
quanto appena detto, ma il suo
scopo è un altro; è una specie
di avvertimento che ormai (dopo il riorientamento dello studio della storia economica in
termini sistemici, dopo la riscoperta della storia politica
fatta sulla base degli studi sulla
composizione del «corpo politico», in seguito a ricerche
sempre più importanti sugli
aspetti materiali della civiltà,
sulla vita spirituale e sulle categorie e istituzioni sociali come nobiltà, clero, mondo contadino, famiglia, con un centro
d’interesse spostato dalla campagna alla città) il periodo di
transizione al mondo moderno
compreso fra il 1300 e il 1500
va ripensato e rivalutato.
(*) Jacques Herres; Transizione al mondo moderno
(1300-1520). Milano, Jaca
Book (EDO 19), 1992, pp.
79, £ 9.000.
Suscita una certa perplessità un libro incentrato sulla tomba dell'apostolo Pietro
La tradizione romana di duemila anni
e ^ecumenismo causa di «disorientamento»
BRUNO CORSANI
Spesso la chiave per interpretare uno scritto è la sua
conclusione. Questo vale anche per il libro di Margherita
Guarducci sul primato della
chiesa di Roma*. Nelle considerazioni finali l’autrice esprime tutte le sue riserve sull’ecumenismo che «produce
dubbi e disorientamento negli
animi dei fedeli». Le religioni
non cristiane, per esempio
quella musulmana, coltivano
ideali materialisti e adorano
simboli che sono reliquie di
antichi feticci pagani, e quanto
alle altre confessioni, esse sono«/ontonc dal poter competere con la bimillenaria tradizione della Chiesa cattolica, fondata a Roma sulla tomba di
Pietro» (pp. 154 e 156).
A questi caratteri delle altre
religioni e confessioni l’autrice contrappone il prestigio
della chiesa di Roma: «soltanto es.sa possiede anche oggi la più antica basilica cristiana, il più antico ritratto di
Cristo, il più antico ritratto
della Vergine, la più antica
statua cristiana, la più antica
reliquia cristiana che finora
si conosca in tutto il mondo:
le ossa di Pietro nella Basilica Vaticana» (p. 151).
Questa frase riassume il capitolo centrale del libro e la
sua tesi di fondo. Non potrebbe essere altrettanto significativo che Paolo abbia indirizzato il suo scritto più importante (VEpistola ai Romani)
proprio ai cristiani di Roma?
O l’ipotesi - peraltro non
condivisa da molti, tra cui il
sottoscritto, ma abbastanza
diffusa fra gli studiosi cattolici - che l’Evangelo di Marco
sia stato scritto a Roma?
E’ chiaro che ciò che interessa la Guarducci è soprattutto
Pietro, la sua tomba, le sue ossa. A pagina 149 si menziona
«la certezza che Roma aveva
avuto la predicazione di ambedue gli apo.stoli», ma subito dopo si aggiunge che soprattutto
notevole, per il riconoscimento
del primato, era l’esistenza a
Roma della tomba di Pietro.
Siamo molto lontani dall’equi
ii’ö* ‘ '
'
libido del te.sto di Jean-Jacques
von Allmen II primato della
Chiesa di Pietro e di Paolo
(Morcelliana, 1982).
Nel primo capitolo sono
elencati personaggi che gravitarono intorno a Roma, come Policarpo, Ireneo, Giustino, Egesippo, ma non sempre
per motivi di ossequio al primato della chiesa romana:
quanta parte ebbe il fatto che
Roma era la capitale dell’impero? Questo impero «era, se
si riflette un poco, necessa
rio» al diffondersi della religione cristiana (p. 139). Ma
non avrà anche inquinato il
suo messaggio, questo appoggio di un potere secolare così
centralistico e oppressivo?
Tutto sommato, questa
apologia del primato della
chiesa di Roma dovrebbe, a
mio parere, essere fondato su
un altro genere di valori.
(*) MargheritaGuarducci. Il primato della chiesa di
Roma. Milano, Rusconi,
1991, £25.000.
13
f
VENERDÌ 18 DICEMBRE 1992
Cultura
PAG. 9 RIFORMA
Un interessante convegno organizzato a Roma dai Gruppi biblici universitari
La fede e l'etica della Riforma di Calvino,
importante eredità per l'Europa postmoderna
STEFANO MERCURIO I
MASSIMILIANO PAGLIAI
_________ITALO PONS_________
Una significativa occasione per conoscere Calvino attraverso gli studi di storici e teologi protestanti italiani è venuta dal convegno
organizzato a Roma, tra il 20
e il 22 novembre dai Gruppi
biblici universitari intitolato
Fede e etica nel calvinismo eredità protestante e Europa
postmoderna.
Giorgio Tourn, direttore
del Centro culturale valdese,
ha delineato la figura del
riformatore che fece convivere la formazione umanistica con la spiritualità luterana, ponendosi in dialettica
con le altre tendenze teologiche e filosofiche del tempo.
La sua riflessione fu di carattere esclusivamente biblico:
la Bibbia ha in sé un suo
mondo e una sua organicità,
«la sua parola risuona nel
mondo».
Mario Miegge ha ricordato
la polemica di Calvino contro
l’istituzione monastica, a cui
contrappose la figura del
«sanctus paterfamilias». La
vocazione cristiana nell’ambito professionale, invece, si manifesta concretamente almeno
fino alla seconda metà del
’600, allorché inizierà una crisi
economica del pubblico a favore del privato, e questo sarà
un momento di crisi deU’originaria visione calvinista.
Miegge ha concluso con
delle riflessioni sulla condizione professionale oggi: il
ricupero del pubblico sul privato è una necessità che si
impone, non identificando il
pubblico solo con le istituzioni statali, ma pensando a ricostruire dei «luoghi aperti al
confronto e alla discussione,
riguardo al senso e alle conseguenze del lavoro, delle
condotte professionali, della I
produzione e dei servizi».
Emidio Campi (università di
Zurigo) ha esposto il cammino
che portò alla formazione
dell’ortodossia (o scolastica)
riformata e del puritanesimo,
concentrandosi sul passaggio
dalla vivacità spirituale iniziale alla conservazione dell’eredità lasciata dai riformatori,
come si vede già nella Seconda confessione elvetica
(1566), che portò alla dottrina
dell’ispirazione verbale della
Bibbia.
Il punto fondamentale della
scolastica riformata fu però la
dottrina della predestinazione: la linea che si impose impedì di distruggere quel minimo di egualitarismo sociale
nel calvinismo.
Pietro Bolognesi (istituto
biblico evangelico di Padova)
e Paolo Ricca si sono confrontati sull’eredità teologica
di Calvino nell’Europa odierna. La Riforma di Calvino è
stata per il primo innanzitutto
la confessione della Scrittura,
un primato oggi da ribadire e
confessare nuovamente.
Per fare vero dialogo occorre tener fermo il collegamento con la Scrittura, valorizzare il senso della semplicità inerente alla questione
della salvezza dell’uomo, indicare che Dio è principio e
sorgente di ogni realtà.
Ricca ha svolto le proprie
riflessioni in rapporto alla situazione defl’ecumenismo.
L’ecumenismo vede chiudersi la fase del dialogo, senza che si sappia con che cosa
sostituirlo. Allora non resta
che continuare a dialogare,
visto che non si è ancora
giunti al passo successivo dei
riconoscimenti tra chiese.
Il convegno si è concluso
con una tavola rotonda presieduta da Massimo Rubboli
alla quale hanno partecipato i
dott. Eugenio Biagini e Pasquale lacobino.
Il primo ha parlato sul tema
L’eredità calvinista e la costruzione della democrazia
nella postmodernità. Il caso
del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda, 1920-1992.
Partendo da un sommario
dell’originale contributo storico calvinista alla costruzione
della democrazia nella «modernità», Biagini arriva attraverso un’attenta analisi dei
momenti centrali della vita
pubblica e culturale di questi
paesi ad affermare che le tradizionali tendenze progressiste
sono state messe in questione
dai cambiamenti sociali e
dall’affermarsi di nuove forme
individualistiche di religiosità.
In antitesi al «Movimento
per la democrazia cristiana»,
di tendenza conservatrice,
viene contrapposto il «socialismo etico» che, secondo
Biagini, esprime un’autorevole presentazione contemporanea dell’eredità puritana classica nella politica evangelica
scozzese.
Il secondo relatore ha invece tratteggiato l’influenza del
pensiero calvinista sulla società sudafricana. Egli ha proposto una sinossi politica e
religiosa del periodo che va
dagli anni ’70 a oggi, analizzando le cause che hanno
portato alla formazione
dell’impianto teologico dell’
apartheid.
A conclusione dei lavori
Giorgio Tourn ha tratto delle
conclusioni focalizzate su due
linee direttrici fondamentali.
Riguardo al senso della ricerca storica Tourn ha incoraggiato ciascun credente affinché la intraprenda in prima
persona.
Non è infatti possibile, a
suo giudizio, fare a meno della testimonianza dei fratelli
che ci hanno preceduto, per
LIBRI
Calvino in un'incisione del 1562
ché «i valori sui quali hanno
investito la loro vita sono gli
stessi nostri valori, riassunti
nell’Evangelo di Cristo».
La ricerca storia diventa
dunque non tanto la visita a
un museo, ma la lettura e la
rilettura di questi credenti,
«che ci hanno preceduto nella comunione con il Signore e
che noi incontreremo: questa
è la comunione dei santi».
Se Calvino potesse dire
oggi una parola all’uomo e
alla donna contemporanei,
sicuramente individuerebbe
la soluzione dei nostri problemi non tanto nella ricucitura di un’integrità di noi
stessi, quanto piuttosto nella
dimensione che sa tradurre
nella nostra vita i valori
dell’Evangelo.
Tourn ha così parafrasato la
risposta che Calvino scrisse
al Sadoleto, che invitava a ritornare al cattolicesimo: «Tu
poni male il problema, in
quanto credi che la questione
fondamentale sia salvare noi
stessi; ma il vero problema è
l’onore di Dio. Tu percorri la
via del diavolo perché fai te
stesso centro della questione.
Il centro del problema non sei
tu, ma il Signore».
.a 'ì. ■; S
Una pubblicazione della Claudiana nel 250° dalla prima esecuzione del «Messia»
Händel: la musica per conoscere la Bibbia
Ma è vera comunicazione?
In questo mondo dove tutto è comunicazione, dove ai linguaggi e ai mezzi tradizionali si è venuta aggiungendo la comunicazione «dei vestiti», dell’apparenza e di tutti i nuovi «codici» che via via si sono manifestati, in questo marasma comunicazionale, noi abbiamo difficoltà a comunicare.
Siamo comunicativi nostro malgrado, e subiamo passivamente la comunicazione degli altri, ma non c’è una reale comunicazione nei due sensi, perché il contatto stenta a formarsi;
stenta a formarsi pure il discorso, ma non il messaggio in quanto tale. In questo mondo in cui diventiamo dei «raccoglitori» di
informazioni, il televisore diventa un punto ferino nella nostra
vita, un rito con il suo palinsesto e il suo svolgersi giornaliero.
Gian Paolo Caprettini paragona nel suo libro* i Penati e i
Lari degli antichi romani, «la piccola edicola in cui i nostri
antenati custodivano i simboli personificati della famiglia»
proprio alla TV.
La vita della città metropolitana ci avvolge, ci prende completamente, e allora che c’è di meglio che una «guardatina» alla TV? Essa funge da guida spirituale, accompagna la vita dei
singoli utenti, assurge quasi a religione, diventa «ricerca privata dell’identità». «Il televisore è compagno segreto o “daimon” che accompagna la vita dei singoli utenti e dei nuclei familiari come presenza animata che segue da vicino il destino
tumultuoso e concitato che si consuma fuori e dentro le mura
domestiche» (p. 20).
Ma sarà poi positivo tutto ciò, questo farsi avvolgere da una
«religione» di questo genere? In ogni caso e indicativo di una
mancanza di ideali forti, di una ricerca di identità, della ricerca continua di una guida (ideale o materiale) che stentiamo a
trovare e che quindi cerchiamo affannosamente fuori e dentro
di noi.
(*) Gian Paolo Caprettini: Del Maurizio Costanzo Show
e della religione rumorosa. Torino, Aleph, 1992, pp. 97, £
20.000
FERRUCCIO CORSARI
L9 editrice Claudiana presenta in questi giorni un
bel volume su Georg Friedrich
Händel, in occasione del 250°
anniversario della prima esecuzione del famoso oratorio II
Messia (Dublino, 1742)'. 11
volume è integrato da una seconda parte, di Gianni Long,
musicologo valdese noto per
l’opera Johann Sebastian Bach, il musicista teologo.
Questa seconda parte è
un’utilissima guida, condotta
con precisione di riferimenti
biblici e con penetrante analisi
degli aspetti musicali, che presenta uno per uno tutti i brani
del Messia, arie solistiche accompagnate, recitativi, cori.
Per ogni brano cantato è fornita
Tanalisi del testo biblico, poi
quella della musica; è indubbio
il vantaggio realizzabile nelTascoltare, avendo sottocchio
tale guida interpretativa, una
buona esecuzione del capolavoro: non una di quelle ottocentesche e trionfalistiche, con
grandi masse orchestrali (anche se inferiori a quella memorabile del 1883, con 5(X) strumenti e 4.000 coristi!), bensì
l’interpretazione di un complesso poco più che «cameristico», cioè più rispettoso dello
Haniish SA'ap*>.‘'U
L'ISPIRAZIONE EVANGELICA DI
HÄNDEL
Stile del compositore e più trasparente nel consentire di cogliere sia le finezze della musica sia il messaggio spirituale
che stava a cuore all’autore.
A tal proposito giova ricordare che Händel compose sia
«opere» profane di soggetto
per lo più mitologico, destinate
alla rappresentazione teatrale e
a costituire in genere,un elemento di svago, sia oratori,
cioè opere non da rappresentarsi. In Germania, addirittura,
gli oratori venivano eseguiti in
chiesa, quale atto cultuale vero
e proprio. In Inghilterra invece
essi, ancorché sacri, biblici,
erano visti come opere dell’ingegno e offerti al pubblico che
pagava regolarmente il biglietto per assistervi.
Il Messia fu invece eseguito a
scopo benefico, e l’autore continuò a dirigerlo, sempre per beneficenza, una volta l’anno, finché l’età glielo consentì.
Questo oratorio fu spesso
considerato opera celebrativa
del Natale: questo non è esatto, come dimostrano i brani
nettamente allusivi alla resurrezione: «O porte, alzate i vostri capi...» e «Io so che il mio
Redentore vive». Händel intendeva dare non solo un prodotto d’arte, ma una materia
di riflessione sull’oggi, sia attraverso gli oratori sia con le
opere profane.
A Roma, dove visse in anni
giovanili, era vietata l’opera
profana, affinché argomenti
magari seri e morali non avessero ad esser banalizzati o involgariti dal gusto per musiche
di facile effetto. Händel pensava invece che fosse proprio
compito della musica, trattata
con serietà, indurre l’ascoltatore a riflessioni che dal «racconto di eventi» (non sempre edificanti) portasse a scoprire valori morali e spirituali e giudizi
personali sulla vita attuale.
L’analisi di Hamish Swanson, teologo e musicologo inglese, ci presenta invece un
Händel immerso nel clima delle roventi discussioni fra deisti
e teologi protestanti rigorosi, e
dimostra la mai sopita inclinazione del maestro a fornire, attraverso il discorso musicale,
concetti e esempi che fossero
in grado di ricondurre alla
spiritualità biblica, rendendo
gli ascoltatori più consapevoli
di ciò che rappresentava per
loro la Scrittura, che egli stesso conosceva assai bene. Fu
egli stesso infatti a dichiarare
all’arcivescovo di Canterbury:
«Conosco a fondo la mia Bibbia e sceglierò da me!», riferendosi ai testi da musicare per
l’inno di incoronazione di
Giorgio II.
Il libro è ricco di idee e assai
documentato; vorremmo consigliare di iniziarne la lettura
dalla seconda parte, possibilmente con l’ausilio di un buon
«compact disc» del Messia, in
modo da meglio penetrare, in
un .secondo momento, le rigorose e sottili argomentazioni
della prima parte.
(1) Hamish Swanson:
L’ispirazione evangelica di
Händel, con guida all’ascolto
del Messia a cura di Gianni
Long, con 23 illustrazioni
fuori testo e 37 nel testo. Torino, Claudiana, 1992, pp.
352, £ 39.000.
La musica che si nasconde
Due citazioni sono poste in apertura di questi quattro saggi di
Alessandro Baricco*: una, dalle Lezioni di estetica di Hegel,
definisce lo scopo della musica («... deve elevare l’anima al di
sopra di se stessa...»), l’altra è la notizia fornita dall’università
del Wisconsin, che «la produzione di latte, nelle mucche che
ascoltano musica sinfonica, aumenta del 7.5%».
Ma il libro porta anche un sottotitolo chiarificatore: Una riflessione su musica colta e modernità, che definisce il campo
d’indagine dei testi. Si tratta di capire come mai la musica che
si definisce «seria» o «colta» (categorie che nel Novecento
hanno ben poco senso) si sia resa così ostica all’ascolto. La linea di sviluppo che portò prima Schònberg poi Webem e via
via tutti gli altri alla musica atonale e alla serialità dodecafonica (linea evolutiva che Schònberg non intese affatto come rivoluzionaria ma come compimento di una tradizione consolidata)
doveva essere essenzialmente un allargamento di prospettiva,
verso opportunità che la storia musicale non aveva ancora
sfruttato.
Ma quando queste possibilità furono esplorate avvenne la
rottura, e la ricerca sperimentale si separò dalla godibilità. Qui
sta il paradosso, figlio probabilmente di un’epoca - quella del
primo Novecento - squassata da lacerazioni intellettuali e tragedie storiche.
Il discorso di Baricco, anche quello sull’interpretazione
dell’esecutore, anche quello su musica e politica, anche quello
sul sinfonismo di Mahler come «spettacolo», è convincente,
molto ben argomentato e godibilissimo: pregio più unico che
raro nel campo della critica.
(*) Alessandro Baricco: L’anima di Hegel e le mucche
del Wisconsin. Una riflessione su musica colta e modernità.
Milano, Garzanti, 1992, pp. 101, £ 18.000.
'f
Alla ricerca di se stessi
E’ stato uno degli oggetti «di culto» dell’universo giovanile
per quasi tre decenni, ma ora è stato soppiantato dai piccoli
schermi televisivi che nei bar e nelle discoteche diffondono video musicali. Il juke-box ha fatto il suo tempo e comincia a divenire materia per antiquari e collezionisti.
La scelta di Peter Handke, 50 anni appena compiuti, il maggior scrittore austriaco vivente, è stata quindi di mandare un
personaggio, evidentemente autobiografico, sulle ultime tracce
di quello,strumento che accompagnò tante giornate e serate a
partire dagli anni ’60.
Naturalmente questa che Handke pone a pretesto per uno dei
suoi ultimi libri (ma non l’ultimo, perché i tempi delle traduzioni italiane sono sfasati rispetto ai «parti» dell’autore)* non è
che un’idea di partenza, anche grazie al titolo volutamente
fuorviante che parla di un «saggio», che ben presto lascia il posto al vero oggetto del racconto.
Ancora una volta lo scrittore austriaco dà luogo a un narrare
di viaggio, di itinerario spirituale, come in molte delle opere
precedenti (anche se il capolavoro Infelicità senza desideri,
del 1975, era altra cosa, descriveva la figura della madre suicida). Ancora una volta un protagonista alla ricerca di se stesso, e ancora una volta una narrazione lirica basata sulla contemplazione.
Contemplazione visiva della natura, del paesaggio e dei gesti,
anche quelli minimi; contemplazione interiore del proprio e
dell’altrui passato: la ricerca, condotta in Spagna, dei vecchi
juke-box risulterà un impossibile tentativo di fissare un momento che è passato, ma porterà un decisivo contributo all’analisi dei sentimenti che, libro dopo libro, lo scrittore ci ha fin qui
proposto.
(*) Peter Handke: Saggio sul juke-box. Milano, Garzanti,
1992, pp.85, £ 16.500.
14
PAG. 10 RIFORMA.
Attualità
venerdì 18 DICEMBRE 1992
Il test elettorale del 13 dicembre evidenzia la crisi dei partiti tradizionali
Vincono i convitati di pietra del sistema
Tracollo della DC e del PSl. Grande avanzata della Lega,
della Rete, e del MSI (al Sud). I risultati del test elettorale di
Varese, Monza, La Spezia, Viareggio, Castellamare di Stabia,
Reggio Calabria provoca un nuovo terremoto nel sistema politico italiano. Complessivamente la DC perde 5 punti sul piano
nazionale, il PSI4, il PDS 2.
La Lega trionfa al Nord, ma raggiunge il 10% a Viareggio.
La Rete di Orlando si dimostra una forza a livello nazionale
raddoppiando i voti al Nord ed ottenendo un significativo 8% a
Reggio Calabria.
Il MSI raccoglie i voti della protesta popolare al Sud. I laici
ottengono risultati insoddisfacenti, mentre continua l’emorragia dei voti verdi. L’esperimento di Segni alla sua prima prova
elettorale, a Fiumicino, è deludente almeno rispetto alle aspettative. Il test elettorale ha rispettato le previsioni della vigilia
ed ha chiaramente evidenziato come l’attuale sistema politico
stia perdendo legittimità tra i cittadini.
GIORGIO GARDIOL
Gli elettori che hanno votato domenica 13 dicembre confermano la richiesta di cambiamento manifestato nel voto politico del 5
aprile scorso.
Dagli elettori viene bocciato il sistema politico ed invocato qualcosa che non c’è ancora. La protesta contro la
corruzione, contro l’intreccio
perverso tra politica ed affari
privati, tra politici e mafia fa
vincere i vari «convitati di
pietra» dell’attuale sistema:
Lega, Rete, Rifondazione e
MSI.
Forze che l’attuale sistema
dei partiti tiene fuori dai meccanismi del potere. La gente
ha votato per costoro nonostante la grande mobilitazione
dei grandi partiti e dei loro alleati (i vescovi cattolici).
Per questo voto non valgono più i ragionamenti della
«sorpresa».
Della Lega, della Rete, di
Rifondazione comunista si sa
tutto. Gli avversari si sono incaricati di evidenziarne le
contraddizioni, i limiti, le debolezze di proposta. Eppure
nonostante questo la gente li
ha premiati.
Certamente questo test elettorale è stato caratterizzato da
circostanze che hanno favori
A Varese il leader della Lega, Leoni, brinda al successo elettorale
to il voto antisistema (tangentopoli e le misure economiche del governo). Questo può
spiegare alcune cose ma non
è la spiegazione del voto. I
partiti tradizionali ammettono
chiaramente la sconfitta e dicono di voler cambiare.
Il voto è poi anche un segnale dell’impasse in cui si
trova il nostro sistema politico. Gli elettori dicono chiaramente cosa non va, ma non
scelgono il nuovo. I risultati
del voto non evidenziano la
possibilità di maggioranze alternative che preparino il
nuovo sistema e il nuovo governo delle nostre città. Il potere è arrivato alla fase di de
composizione, ma non si intravvede all’orizzonte il nuovo.
Con questo test elettorale si
è accelerata la crisi di un sistema che sembra essere incapace di modificarsi. Alla fine di questa crisi può esserci
anche la crisi della democrazia politica.
I convitati di pietra hanno
svolto la loro funzione: hanno
dimostrato, se ancora ce n’era
bisogno, che «il re è nudo».
C’è urgenza che si ponga
mano alla riforma della politica nel nostro paese, una
riforma di sistema, di regole,
ma anche delle qualità morale
dei politici.
La Chiesa battista di Sant'Angelo in Villa prende posizione per la pace
Azioni di solidarietà e speranza per la Bosnia
La situazione dei territori
dell’ex Jugoslavia diventa, di
giorno in giorno, sempre più
drammatica: alle violenze
della guerra si aggiungono
quelle della fame, degli stenti, della mancanza di soccorsi
e dell’indifferenza dell’Europa e degli altri paesi.
Di fronte ad una violenza
così tremenda, di fronte
all’inefficacia delle risoluzioni ONU e all’incapacità degli
stati di offrire soluzioni che
non prevedano l’uso della
forza, è necessario rispondere
con una nonviolenza altrettanto profonda e determinata.
Il Gruppo per la pace di
Prosinone pertanto, invita i
cittadini, i gruppi, i movimenti, i sindacati, le istituzioni politiche e culturali, le
chiese, a diffondere e sottoscrivere le seguenti proposte
di mobilitazione e solidarietà
con la popolazione martoriata
della Bosnia Erzegovina, elaborate dalle organizzazioni
pacifiste nazionali ed intemazionali:
1 - La proposta di «Beati i costruttori di pace» e di «Pax
Christi», di marciare pacificamente verso Sarajevo,
dal 7 al 13 dicembre, formando un’esercito di pace,
con un valore non solo
simbolico e utopico ma come concreta testimonianza
di pace e solidarietà, oltre
ogni rischio e divisione etnica. I pacifisti di tutta Europa che hanno aderito sono stati accolti dai volontari del Centro per la pace
della città, e hanno con.segnato un documento politico centrato sulla pace e i
diritti umani alle autorità
civili della capitale bosniaca. Hanno dato vita ad un
incontro ecumenico con la
pre.senza contemporanea di
tutti i rappresentanti religiosi.
2- La proposta di Antonio
Stinà, obiettore di coscienza, che chiede agli enti che
si avvalgono della collaborazione di obiettori di coscienza in servizio civile, di
consentire il distacco a
quanti ne facciano richiesta,
per partecipare alla marcia
della pace; e chiede al ministero della Difesa di permettere la partecipazione
degli obiettori alla costituzione di forze non armate
e nonviolente, volte alla costruzione di pace come auspicato dal Segretario generale deirONU nel documento «Agenda per la pace».
3- Le proposte delle «Donne
per la pace» di Milano, a
cui hanno poi aderito le diverse associazioni, con il
quale si chiede al governo e
al Parlamento a) il reale rispetto dell’embargo relativo alle forniture di armi; b)
l’esclusione di mercenari
italiani dai territori dell’ex
Jugoslavia; c) l’apertura
delle frontiere ai profughi
bosniaci; d) il riconoscimento a questi ultimi del
diritto al lavoro, anche se
temporaneo, alla partecipazione a corsi di riqualificazione personale e il riconoscimento dei loro titoli di
studio; e) una politica di
reale accoglienza che comporti la piena applicazione
della legge 390/92 e il
completo utilizzo dei 125
miliardi stanziati per l’assistenza; f) la collaborazione
italiana alle organizzazioni
internazionali per gli aiuti
umanitari; g) l’impegno
personale di ciascuno ad
ospitare profughi e a fare
quanto è possibile per alleviare la sofferenza di una
popolazione ormai stremata
da una guerra interminabile.
4- La proposta dell’Associazione per la pace di una
spedizione pacifica a fine
anno, dal 27 dicembre al 3
gennaio, per un «Capodanno all’in.segna della speranza e della solidarietà.
Infine il Gruppo per la pace
di Prosinone, insieme ai Verdi, la Lega per l’ambiente.
Amnesty International, il
gruppo giovanile della chiesa
di S. Angelo in Villa e la
Chiesa evangelica battista di
S. Angelo in Villa, invitano
tutti ad una manifestazione
per la pace, la solidarietà e
contro i razzismi, il giorno 21
dicembre nel palazzo della
Provincia di Prosinone.
Per l'ospedale
di Ponticelli
ROMA - Un gruppo di
parlamentari (primo firmatario Rosario Olivo) appartenenti a diverse formazioni
politiche ha presentato il 9 dicembre scorso un’interrogazione ai ministri della Sanità
e delle Regioni una interpellanza urgente circa il futuro
dell’Ospedale di Villa Betania.
1 parlamentari segnalano il
fatto che l’ospedale non ha
ancora ottenuto la «classificazione quale ospedale generale di zona» nonostante ne
abbia tutti i diritti.
Denunciano inoltre il fatto
che il «servizio dell’ ospedale
è oggi messo in forse da inspiegabili e ingiustificabili ritardi dell’ amministrazione
regionale» e chiedono che i
due ministri assumano «le più
efficaci iniziative» per «consentire all’ O.spedale Villa Befania di .svolgere in piena serenità ed efficacia il proprio
lavoro così ricco di impegno
umano e sociale»
LA MORTE DEL GIUDICE SIGNORINO
IL
SOS peno
PIETRO VALDO PANASCIA
La notizia che il giudice
Domenico Signorino, sostituto Procuratore generale
presso il tribunale di Palermo, si è tolto la vita in seguito all’accusa di collusione
con la mafia, mossagli da un
pentito che egli aveva fatto
condannare a 17 anni di carcere, ha commosso l’opinione
pubblica, ha risollevato i gravi problemi della fuga di notizie, del diritto all’informazione, del rispetto della persona.
Ma non si riesce a capire
come sia accaduto che un
magistrato che si era distinto
nella lotta contro la mafia,
che a fianco di Falcone, di
Borsellino, di Ayala aveva
fatto parte del pool antimafia,
che aveva firmato i mandati
di cattura dei più pericolosi
boss di cosa nostra, che aveva chiesto ed ottenuto - come
da lui stesso rivendicato poco
prima di morire - 28 ergastoli
e 1.700 anni di carcere per gli
inquisiti del primo maxiprocesso, prima ancora che gli
giungesse l’avviso di garanzia, venisse segnato dalla
stampa dell’ignominia di giudice mafioso.
E’ invece umanamente
comprensibile che un’accusa
così grave che demoliva in
poche ore una situazione di
prestigio, di rinomanza acquisita faticosamente e pericolosamente in tanti anni in prima linea, lo abbia sconvolto a
tal punto da spingerlo a compiere un gesto così disperato.
«lo sono innocente - sembra che egli abbia detto poco
prima del suicidio - ma cosa
posso fare per dimostrare che
non c’entro per nulla? Vo
gliono forse che mi ammazzi?». E’ stato troppo alto
- per lui e per la sua famiglia
che è precipitata in una cupa
disperazione - il prezzo pagato dal giudice Signorino per
riabilitarsi, ma la morte non
può riscattare l’onorabilità.
Come è vero che un solo
errore, una sola incauta azione, forse anche una parola, un
discorso insensato possono
distruggere una carriera, una
vita irreprensibilmente e fedelmente vissuta. Sta infatti
scritto: «Chiunque avrà osservato tutta la legge e avrà
fallito in un sol punto, si rende colpevole su tutti i punti »
(Giacomo 2:10).
Domenico Signorino era un
magistrato; appellandosi alla
magistratura avrebbe avuto
tutte le possibilità di difendersi, di discolparsi, di riabilitarsi, di cancellare l’onta
che lo aveva offeso, piuttosto
che cancellare per sempre la
propria vita. Ma forse non
aveva fiducia nella giustizia
dei tribunali terreni.
Ma ora qui non ci resta che
ricordare le parole che Davide, senza perdersi d’animo,
pronunciò quando si venne a
trovare in una situazione
drammatica della sua vita:
«Ebbene, che cadiamo nelle
mani dell’ Eterno, giacché le
sue compassioni sono immense; ma che io non cada nelle
mani degli uomini».
Un senso di angoscia e di
umana pietà rimane nel nostro cuore, ma anche di
preoccupazione: un altro giudice muore tragicamente a
Palermo e la lotta contro la
mafia non può non esserne
indebolita.
Centro Culturale Valdese
via Beckwith
Torre Pellice (TO)
VIAGGIO STORICO TURISTICO
NEGLI STATI UNITI
2 - 22 settembre 1993
Partenza da Torre Pellice in autopullman
per Ginevra; proseguimento in aereo per
New York; visita di Atlanta, Valdese, Tulsa,
Monnet, Dallas, Phoenix, Piccolo e Grand
Canyon, Las Vegas, Washington, Baltimora, Filadelfia, Buffalo, cascate del Niagara.
E possibile richiedere al Centro culturale
valdese il programma dettagliato con i relativi costi. L’organizzatore del viaggio è a
disposizione degli interessati presso il Centro tutte le mattine dalle ore 10 alle ore
11,30 dal lunedì al venerdì, per informazioni anche telefoniche al numero (0121)
93.25.66.
Chi fosse interessato al viaggio è pregato di comunicarlo tempestivamente dato il
numero limitato dei posti.
15
'ff=NERDÌ 18 DICEMBRE 1992
POSTA
Visita in
Inghilterra
Cari lettori,
scrivo dalla Chiesa riformata unita d’Inghilterra (URC)
per invitarvi a partecipare ad
una visita in Inghilterra dal 2
al 10 luglio 1993. Speriamo
di accogliere un gruppo di
25-30 persone; uomini, donne, vecchi, giovani, dal Nord
e dal Sud d’Italia.
Il viaggio in aereo partirà
da Milano, e il gruppo sarà
ospitato da famiglie della
chiesa. Dopo alcuni giorni nel
Nord-Ovest, il gruppo trascorrerà un giorno a Oxford e
un giorno a Londra.
Non è necessario parlare
inglese! Ma anche questo
viaggio vi darà l’opportunità
di aumentare la vostra conoscenza della lingua e di fare amicizie con membri di
un’altra chiesa riformata.
Per maggiori informazioni
rivolgersi a Elena Vigliano
(tei. 011/26.56.58 - Torino)
Per favore, riservate i posti
al più presto possibile.
Ruth Cowhig,
Sale, Manchester
La Pagina Dei Lettori
PAG. 1 1 RIFORMA
Cinquanta
anni fa
Il dicembre 1942; ha inizio sul fronte russo la grande
offensiva sovietica che andrà
avanti fino al 31 gennaio
1943. La ARMIR (Armata
italiana in Russia) è schierata
sul Don lungo un fronte di
270 chilometri.
A quel punto, «attaccata da
forze superiori per numero e
per mezzi... non sostenuta da
riserve sufficienti, né da
rinforzi che il comando tedesco del gruppo d’armata non
volle o non potè inviarle»
(Candeloro), deve dapprima
ritirarsi combattendo, poi è
travolta; una confusione mostruosa, in cui i superstiti riusciranno a salvarsi a condizione di resistere marciando a
piedi per centinaia di chilometri.
Un cinquantenario, quello
sopra menzionato, da non
omettere; forse anche questa
ricorrenza ci dice cose più incisive per l’oggi che il cinquecentenario colombiano,
rievocato a suon di miliardi.
Meglio non indulgere a
ipotesi storiche immaginose.
Comunque la follia hitleriana,
rincalzata dalla perversa imbecillità mussoliniana, contribuì per contrappasso alla successiva tensione fra le superpotenze, alla stabilità in
URSS del regime staliniano,
al costante sospetto tra Est ed
Ovest, sfociato nello sfascio
economico e quindi politico
dell’Est. Oggi, allo stato di
instabilità mondiale che ogni
giorno constatiamo.
In Italia, fra le numerosissime famiglie di militari che
ebbero caduti in Russia, fu
sproporzionatamente alto il
numero di quelle residenti
nelle valli valdesi.
Gli alpini dovettero combattere in pianura; avevano
scarpe chiodate che scivolavano, muli che affondavano
nella neve, come anche ci
spiega G. Rochat.
E un partigiano che ho visto a Frali mi ha detto; «Eravamo destinati al Caucaso,
ma sì che i tedeschi ci lascia
Via Pio V, 15 -10125 Torino - tei. 011 /655278 - fax 011 /657542.
Via Foria, 93 - 80137 Napoli - tei. 081/291185 - fax 081/291175.
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DIRETTORE: Giorgio Gardiol.
VICEDIRETTORI: Luciano Deodato, Emmanuele Paschetto.
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Paolo Ricco, Giancarlo Rinaldi, Fulvio Rocco, Marco Rostan, Piervaldo
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GARANTI: Franca Long, Andrea Mannucci, Mario Marziale, Fulvio Rocco,
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GII abbonati a RIfonna ricevono L'eco delle valli valdesi
senza alcun supplemento di prezzo e viceversa.
Il presente numero 02 costituisce il n. 47 deH’18 dicembre 1992 de La Luce.
Reg. Tribunale di Pinerolo n. 176/60.
Spedizione in abbonamento postale gr. Il A/70.
Nella foto di prima pagina: La pietà di Baidoa (Somalia).
vano arrivare al petrolio! Fecero i duri con Mussolini,
questi cedette e ci mandò
nell’ansa del Don».
L’ansa del Don! Ricordiamo in questi giorni questa funebre frase che risuona come
una campana a morto. E poi
rivolgiamoci ad una giovanotta che va per la maggiore,
l’onorevole Alessandra Mussolini.
Come lo chiama, onorevole, uno statista che per capriccio, per prestigio, manda allo
sbaraglio 229.000 uomini, di
cui ne muoiono 74.800, in
larga parte nel giro di poche
settimane? Come lo chiama il
suo caro nonno?
Augusto Comba
L'identità
protestante
Su chi veglia l’Eterno?
Viene spontanea questa domanda leggendo l’articolo di
Giorgio Bouchard (Riforma
30 ottobre p.6) dal titolo
«L’Eterno veglia».
L’articolo, com’è nello stile
di Bouchard, è difficile da
impugnare, perché le affermazioni si susseguono
Il Centro servizi
amministrativi
delia Chiesa
vaidese
RICERCA
persona (possibilmente
ragioniere/a) da inserire
in attività amministrative/contabili con contratto
iniziale a part-time,
eventualmente trasformabile a tempo pieno.
Particolare considerazione sarà data ai candidati che abbiano già
maturato esperienze in
opere ed istituti evangelici e che abbiano dichiarata motivazione di lavoro a carattere diaconale.
Il trattamento economico è quello previsto
dall’inquadramento a
quarto livello dei dipendenti della Tavola Valdese.
Le domande, corredate da un curriculum,
devono essere inviate al
Centro servizi amministrativi della Chiesa
evangelica valdese, via
A. Bert 12 - 10066 Torre
Pellice, entro il 30 dicembre 1992.
categoriche e veloci: si procede per assiomi. E’ come per i
lampi che irrompono nel buio
notturno: fanno luce, ma abbagliano più che permettere
di vedere.
Però gli aforismi di Bouchard hanno uno spessore
non indifferente, e vale la pena di aprire una discussione
per non sciupare l’ennesima
occasione di riflessione in seno al protestantesimo italiano. Si afferma che «la Svezia
luterana ha dimostrato ancora
una volta tutta la sua serietà,
il suo senso della storia; ha
laureato un nero evangelico»
(si tratta del Nobel per la letteratura a Derek Walcott). La
domanda è se lo stesso discorso vale per Carducci o Pirandello.
Verso la fine dell’articolo
c’è questa frase; «Il protestantesimo deve cambiare vita su infinite cose: dalla freddezza del suo rapporto con
Dio, all’individualismo della
sua morale, passando attraverso la formalità della sua
democrazia e la piccineria del
suo stile di vita». Ma non sono questi, in fin dei conti, i limiti ed i difetti anche della
Svezia luterana, così brava a
distribuire Nobel?
C’è da chiedersi poi dove si
vuole andare a parare con
quella sarabanda di nomi
(Boutros Ghali, Dag Hammarskjòld, Nelson Mandela,
De Klerk) messi lì insieme a
50 milioni di «evangelicals»
cinesi con annessi un po’ di
coreani.
E perché in quest’album di
famiglia non aggiungervi
Valdo Spini che in un partito
che certo non brilla per limpidezza, in mezzo a una classe
politica poco raccomandabile,
almeno è un esempio di dignità e sobrietà protestante?
Ma per evitare di disperderci nei labirinti dello scritto,
proviamo a riformulare la domanda: secondo Bouchard
quali scenari si aprono per il
protestantesimo? Non basta
fare degli elenchi dalla Lettonia ai pentecostali, per affermare con una sicurezza degna di un papa polacco che
«il protestantesimo è in ripresa nei cinque continenti».
Finalmente dopo 80 anni i
protestanti sono di nuovo
all’attacco; e su questa garanzia siamo invitati, in chiusura
dell’articolo, a fare il nostro
dovere di borghesi in una scena quasi da «pranzo di Babette». Bouchard fa il pastore
nella mia città, come lui stesso ama spesso dire «a due
passi da Forcella» (una delle
tante casbah napoletane).
Il giorno della liquefazione
del sangue di san Gennaro il
cardinale di Napoli nell’omelia ha sostenuto la salvezza
per grazia mediante la fede
citando il luterano Bonhoffer.
Dunque anche il cardinal
Giordano protestante, secondo la logica di Bouchard?
Certamente, proprio pensando a Napoli, viene da sostenere «l’Etemo veglia» allorquando ci si imbatte nei
piccoli gruppi di credenti cattolici o protestanti che siano,
disposti a spendere la propria
vita al servizio del prossimo
nella città della camorra, senza preoccuparsi di entrare nei
libri di storia come il protestante Hammarskjold o di
prendere qualche Nobel.
Forse TEvangelo si apprende più ai Quartieri spagnoli
che al Palazzo di vetro: ma
questo non lo devo ricordare
al fratello Bouchard che sta a
due passi da Forcella.
Mimmo Guaragna
RASSEGNA
CHANUKKA
Sul numero del 15-16 dicembre ’92 di
«Arcobaleno Notizie» si legge questo stralcio da un racconto del noto scrittore ebreo
americano Chaim Potok, «I due soldati», in:
Scrittori ebrei americani , Bompiani, Milano, 1909, voi. II, p. 19.
«V; voglio raccontare l’arrivo di mio zio nella
nostra strada. (...) Arrivò all’improvviso, in un modo che aveva dello straordinario, un anno in cui la
settimana di Chanukkà e quella di Natale venivano
a cadere negli stessi giorni. Si era agli inizi degli
anni ’30.
Ricordo che la nostra stradina di Brooklyn, con
le sue case a tre piani di arenaria, i suoi sicomori
spogli e il suo miscuglio di ebrei, irlandesi e italiani, era addobbata di finestre di luce per le menorot
e gli alberi di Natale. (...) Dalla finestra, la mattina dopo, vidi lo zio che parlava con Tommy Carbonella. Uscii di casa, nell’aria pungente. Si voltarono verso di me.
“Allora buon giorno Yoni - disse allegro lo zio
con Thomas ci stavamo facendo una bella chiacchierata su Chanukkà e il Natale. Raccontavo a
Thomas delle nostre lotte per la libertà religiosa,
duecento anni prima di Gesù, e gli dicevo che se i
Maccabei, che guidarono la lotta, non avessero
vinto, non ci sarebbero stati ebrei fra cui Gesù potesse nascere. Non è vero Thomas?” “Sì, signore”
disse Tommy Carbonella rispettoso.
Quella sera mio padre e mio zio accesero le loro
menorot. Le candele arsero contro il buio della finestra del soggiorno. Lo zio tenne a lungo la testa
fra le mani, con gli occhi chiusi. (...) Parti due giorni dopo la fine di Chanukkà, ma non prima di essere
passato a salutare Tommy Carbonella. “Hanno un
bell’albero - mi sussurrò al suo ritorno -, lo ha decorato Thomas.
Mi diceva che il suo prete ha spiegato che l’albero simboleggia l’immortalità e la croce. Non lo sapevo: io gli ho detto che quando i Maccabei purificarono il Tempio dal culto pagano, probabilmente
usarono le aste delle loro lance per fare una menorà. Luci dalle armi. Ci siamo scambiati delle
informazioni, per così dire”.
(...) Io, soprattutto verso il periodo di Chanukkà
e di Natale, penso a lui, che viaggia e viaggia per i
suoi segreti incarichi di soldato, nella vaga luminosità di notti invernali rischiarate dalle candele e
dagli alberi della fragile speranza dell’uomo».
Parteopazioni
«... /a donna che teme Dio è
lodata......
(Proverbi 31:30)
«...O morte, dov’è
la tua vittoria?...
Dio ci dà la vittoria
per mezzo del Signor nostro
Gesù Cristo».
(I Corinzi 15: 55, 57)
Incroilabile nella fede in Gesù
Cristo, «resurrezione e vita», ha
chiuso il suo cammino terreno e il
suo servizio fedele e appassionato nella chiesa
Volodia Sarti
in Scorsonelli
A tutti quelli'che l’hanno conosciuta e ai quali ha lasciato il suo
saluto lo annunciano il marito, pastore Alfredo, i figli, le nipoti, la
sorella e i parenti tutti.
Pisa, 5 dicembre 1992.
Congratulazioni
Redattori e collaboratori di
Riforma si uniscono alla
gioia della collega Carmelina
Maurizio e di Ruggero Marchetti per la nascita del figlio
Martin.
1 redattori e i collaboratori di
Riforma e il Consiglio d’amministrazione delle Edizioni protestanti sono vicini a Mirella Scorsonelli
nell’occasione della scomparsa
della mamma.
Nel suo 92° anno ha terminato
la sua giornata terrena, il 17 novembre 1992, all’EMS La Rozavère di Losanna,
Emma Mourglia
nativa di Rorà.
Vi partecipano la triste notizia i nipoti e i pronipoti in Francia, Italia,
Svizzera e Uruguay.
«Dio è amore»
(I Giovanni 4: 8)
La cognata e i nipoti del compianto
Guido Griglio
neH’impossibilità di farlo singolarmente, ringraziano tutti coloro che
con fiori, scritti, opere di bene,
presenza hanno preso parte al loro dolore. Un particolare ringraziamento al caro Fausto che l’ha
assistito fino all’ultimo, al dottor
Griffa, all’infermiera Flora, al pastore Bertolino e a tutti i vicini di
casa.
San Secondo di Pinerolo, 18 dicembre 1992.
«Sia che viviamo, sia che moriamo, noi siamo del Signore »
(Rom. 14: 8)
I familiari della compianta
Maria Eynard
ved. Poèt
neH’impossibilità di farlo singolarmente ringraziano tutti coloro che
in ogni modo hanno preso parte
al loro dolore.
Un ringraziamento particolare
al personale medico e paramedico dell’Ospedale civile di Pinerolo, reparto chirurgia, e dell’Ospedale valdese di Torre Pellice; al
medico curante dr. Silvana Pons;
ai pastori Bruno Bellion, Franco
Davite e Bruno Rostagno; ai parenti ed amici che le sono stati
amorevolmente vicini durante la
malattia; aH’amministrazione, al
segretario e ai dipendenti del Comune di Luserna San Giovanni e
ai dipendenti della Edilux.
Luserna S. Giovanni, 17 dicembre 1992
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PAG. 1 2 RIFORMA
Villaggio Globale
VENERDÌ 18 DICEMBRE 1992
I negoziati GAH tra Stati Uniti e Comunità economica europea hanno esasperato una situazione già molto tesa
Quando la legge del più forte condanna il piccolo contadino
JEAN-JACQUES PEYRONEL
«D
iktat americano»:
' questo è per la maggior parte dei giornali francesi l’esito dei negoziati tra Stati Uniti e Comunità europea
nel quadro del GATT (Accordo generale sulle tariffe
doganali e il commercio).
A due mesi dal referendum
sul trattato di Maastricht, la
Francia profonda, quella dei
contadini, che già si era
espressa massicciamente contro «l’Europa dei ricchi» e
delle multinazionali, si è ribellata violentemente contro
quella che considera «la legge del più forte», impersonata
dalla ormai unica superpotenza mondiale, gli Stati Uniti.
Ma come mai a ribellarsi
sono stati soprattutto i «paysans» francesi? Si tratta delle
solite «jacqueries» e dello
spirito «vandeano» delle
campagne francesi? L’agricoltura transalpina però non è
più quella del 1358, né quella
del 1793, e le condizioni di
vita dei contadini non hanno
nulla di paragonabile a quelle
di allora.
Ma, rispetto a duecento anni fa, il mondo agricolo è
profondamente cambiato; il
contadino tradizionale è diventato agricoltore e la terra
si è trasformata in uno strumento di lavoro da far fruttare al massimo.
Due secoli or sono, due
francesi su tre lavoravano
nell’agricoltura, oggi due su
tre sono impiegati nel terziario e solo uno su sedici è rimasto in campagna. Appena
vent’anni fa, gli agricoltori
erano due milioni e 750.000,
ossia il 12.8% della popola
zione attiva, oggi sono meno
di uno e mezzo, vale a dire il
6,2%. Eppure, proprio in questi ultimi 20 anni, l’agricoltura francese ha fatto progressi
giganteschi sia sul piano del
rendimento e della produttività che su quello della varietà e della qualità dei prodotti. Oggi è al primo posto in
Europa e al secondo posto nel
mondo, dietro gli Stati Uniti
appunto.
Nel 1990, con 35 miliardi
di dollari, la Erancia era il più
importante esportatore di prodotti agroalimentari della Comunità europea, davanti ai
Paesi Bassi e appena dietro
gli USA le cui esportazioni
ammontavano a 50 miliardi di
dollari. Ma le esportazioni
francesi riguardano soprattutto produzioni specializzate:
cereali, vini e alcolici, zucchero, proprio quelle che gli
Stati Uniti hanno deciso di
tassare nella misura del 200%
in più rispetto al passato.
Comprensibile quindi la reazione dei produttori.
«Produttori»: qui sta il punto dolente della questione.
Non solo i tecnocrati di
Bmxelles ma anche le potenti
organizzazioni agroalimentari
francesi puntano ormai essenzialmente sul fattore produttivo e sulla capacità concorrenziale dei prodotti.
Ora, in Francia come altrove, basta ormai il 20% della
superficie coltivabile per assicurare l’80% delle necessità
produttive, ed è ovvio che
l’80% appunto delle sovvenzioni CEE vanno a quel 20%
di superproduttori.
Gli esperti affermano che,
entro la fíne del secolo, saranno sufficienti poco più di
250.000 agricoltori per garantire il fabbisogno alimentare
assegnato alla Francia nel
quadro della Comunità europea. E questi non abiteranno
più nelle fattorie di una volta
ma nei capoluoghi di alcune
regioni scelte soprattutto a
nord e sud-ovest del paese
mentre il centro e il sud-est
sembrano condannati al non
sviluppo.
Di fronte a tali prospettive
sorge spontanea la domanda:
che ne sarà della campagna
francese, del mondo rurale,
dei villaggi e delle borgate
che sono parte integrante
dell’identità storica e culturale dei francesi? E a porsi questa domanda non sono solo
gli ultimi vecchi contadini rimasti né i giovani ecologisti
che, a partire dagli anni ’70,
hanno deciso di «ritornare alla natura».
Già le scelte operate dalla
PAC (Politica agricola comune) nel 1962 dagli allora sei
paesi della Comunità europea
avevano profondamente modificato il paesaggio agricolo
di molte regioni francesi nonché il modo stesso di intendere il lavoro e la vita dei campi, ed è stata proprio questa
politica a permettere alla
Francia di primeggiare in Europa e nel mondo.
Ma oggi si comincia a rimettere in questione la ferrea
logica produttivistica che premia i più forti e condanna i
più deboli. Proprio per questo, dice Dany Nocquet, ex
segretario generale del MAR
(Mouvement d’action rurale),
la riforma della PAC - detta
riforma di «Mac Sharry», dal
nome del segretario irlandese
dell’agricoltura della CEE e
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Un'immagine di un mondo contadino ormai scomparso
negoziatore al GATT - adottata nel maggio scorso dopo
quattro anni di discussioni,
aveva come «obiettivo principale di far uscire progressivamente r agricoltura europea dalle costrizioni produttivistiche di cui era prigioniera
da anni. Questo progetto precisa Nocquet- si proponeva di inserire nella politica
agricola delle dimensioni sociali, ambientali e commerciali finora troppo ignorate».
Si trattava quindi di una
politica del territorio rurale
che prevedeva di ripartire in
modo più equo i fondi euro
pei a favore dei piccoli e medi contadini delle zone più
svantaggiate, valorizzando le
risorse locali e regionali. Ma
questo aspetto ambientalistico dell’agricoltura non è stato
preso in considerazione dai
ministri competenti della
CEE né dai grandi manager
del settore agroalimentare.
Eppure l’avvenire del territorio rurale non riguarda solo
la gente di campagna, proprio
nel momento in cui, in Europa e nel mondo, appare sempre più evidente la crisi del
modello metropolitano. Secondo uno studio del Fondo
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CONFERENZA DELLE CHIESE EUROPEE
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Chiesa evangelica mmodista
di Jt^oslavia, fa Chiesa evan
internazionale di sviluppo
agricolo, pubblicato recentemente a Roma, su 114 paesi
presi in esame nel 1988, con
una popolazione globale di
circa 4 miliardi di persone,
2,6 miliardi erano residenti in
campagna.
Di questi, circa il 40% viveva al di sotto della soglia di
povertà dei loro rispettivi
paesi; 633 milioni in Asia,
204 milioni nell’Africa nera,
27 milioni in Medio Oriente e
nel Nord Africa, 76 milioni in
Amefic^à Latina e nei Caraibi.
QuestO' in un mondo considerato ormai come «villaggio
globale».
Ma chi si preoccupa veramente delle condizioni di vita
e del destino della stragrande
maggioranza della popolazione del nostro pianeta? E quali saranno le conseguenze dei
negoziati GATT anche al di
fuori dell’Europa? Quello che
una volta veniva chiamato
settore primario, quello agricolo, si è ormai quasi interamente «terziarizzato», emarginando la popolazione rurale
sia nel primo che nel terzo
mondo.
Non sarebbe ora di ripensare una politica agricola e rurale davvero «globale», non
solo per sfamare l’80% della
popolazione mondiale ma anche per permettere ad ognuno
di vivere degnamente nel proprio ambiente? Maastricht...
GATT... Somalia: i problemi
sono «globali», cioè connessi
e interdipendenti. Anche le
risposte politiche ed economiche devono essere «globali», cioè a favore di tutti gli
esseri umani che abitano su
questa terra, non solo a vantaggio del 20% di essi.
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