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’é'.
ECO
DELLE VALLI VALDESI
Si^. FEYRO? Arturo
Via C. Caballa 22/5
16122 GENOVA
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 107 - \ m 45 viiH' ’' ' ùENTl 1 L. 3.000 per Tinterno Sped. in abb. postale - I Gruppo bis/70 1 TORRE RELUCE 13 Novembre 1970
Una copia Lire 70 L. 4.000 per Testerò Tambu* di iDdirizzo Lire 50 1 Amm.: Via Cavour 1 - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
Credere oggi
« Come credere, oggi, quando tutto
lascia prevedere che non vi sarà posto
per alcuna fede nell’universo asettico,
pianificato e super-tecnico di domani...? ». La domanda è pertinente e molti nel nostro tempo se la pongono, fuori e dentro le chiese. Il prof. Georges
Crespy, della Facoltà di teologia protestante di Montpellier (Francia), l’ha fatta sua, dedicandovi un libro uscito da
poco, intitolato appunto: Credere oggi. La domanda posta alFinizio ne richiama un’altra, più radicale ancora,
rivolta da Gesù alla sua e alla nostra
generazione: « Quando il Figliuol dell’uomo tornerà, troverà egli la fede
sulla terra?» (Luca 18: 6).
Per cercare di rispondere a simili
quesiti non basta ricorrere a quello che
ormai è un luogo comune, e cioè che
l'era religiosa dell’umanità sta tramontando e si avvicina, ineluttabile, la fine
della religione: nell’Occidente già postcristiano o di nuovo pre-cristiano o
semplicemente scristianizzato essa è
già cominciata. Ma la fine della religione, se da un lato non comporta, purtroppo, la fine del paganesimo (che invece \igoreggia in forme sempre nuove), d’altro lato non implica neppure
la fine della fede quella fine può anzi preludere a una rinascita della fede
o concorrere a un suo rilancio; certamente darà luogo a una sua purificazione dissolvendo l’equivoco tuttora persistente di una fede collegata alle paure o ai desideri dell’uomo anziché alle
promesse di Dio, e fondata sull’istinto
religioso dell’uomo anziché sulla paro
la di Dio. Gesù stesso — è significativo
— non chiede se, tornando, troverà la
religione sulla terra ma se vi troverà
la fede. È la fede che conta. Il maggior
problema spirituale della nostra epoca
non è la fine (o meno) della religione
ma è la crisi della fede: una crisi tanto evidente quanto profonda, che investe tutti gli aspetti del credo tradizionale ed è avvertita tanto nelle accademie teologiche come nelle comunità.
La crisi, si direbbe, è una crisi di senso, di significato. Se così è, per superarla occorre che la fede cristiana sia
ripensata e riformulata in tutte le sue
parti, ricominciando in qualche modo
tutto daccapo. Ciò non deve stupire né
scoraggiare: è accaduto molte altre
v'olte nella storia, e deve accadere a
ogni svolta importante nel cammino
dell’umanità. Ogni generazione cristiana ha il compito di ripensare il messaggio biblico per il suo tempo. Riproporre ai nostri contemporanei, come
tuttora facciamo, il messaggio cristiano nelle vecchie formule dogmatiche
elaborate in altri secoli e in diversi
contesti culturali può costituire un impedimento alla comunicazione dell’Evangelo. La fedeltà a queste formule
non garantisce più la fedeltà al messaggio che esse hanno trasmesso ad altre
generazioni di credenti. Bisogna perciò
non solo abituarsi a nuove formulazioni del messaggio, ma anche cercarle.
D’altra parte c’è una domanda che non
dev’essere elusa, ed è questa: E solo la
formulazione della fede biblica che, nel
nostro tempo, cambia, come deve cambiare, oppure è la sostanza di questa
fede che, forse inavvertitamente, è intaccata o alterata, in parte o del tutto?
Credere oggi: i due termini vanno
ugualmente sottolineati. Non si può vivere nel nostro tempo con una fede
arcaica, cioè legata a schemi culturali
sorpassati. D’altro lato si tratta, oggi,
di credere: l’esigenza della fede, nel
senso biblico del termine, viene ribadita con forza. È una constatazione pacifica ma non superflua. Non c’è altra
via che si possa percorrere per entrare
in rapporto con Dio rivelato in Gesù
Cristo, se non quella della fede. Volendo, si possono dare molte definizioni
della fede, ma nessuna soddisfa perché nessuna è esauriente. È vivendola,
non definendola, che la si comprende.
Comunque, non se ne può fare a meno
né la si può sostituire con qualcos'altro. Oggi come al tempo di Abrarno,
come pure « nell’universo asettico, pianificato, super-tecnico di domani », si
può conoscere Dio e vivere con lui soltanto per fede.
Quale fede? si chiederà qualcuno. C’è
« una sola fede » (Efesini 4: 5), come
c’è un solo Signore e un solo Evangelo.
O meglio: c’è una sola fede perché c’è
un solo Signore e un solo Evangelo.
Questo è detto a nostra confusione dato che nell’ambito della cristianità non
c’è una sola fede. L’unicità della fede
potrà essere ricuperata soltanto nell’ubbidienza comune alla parola di Dio
com’è testimoniata nella S. Scrittura.
Quest’unica fede — bisogna sottolinearlo — non va mai disgiunta dall’amore e dalla speranza. « Credere oggi » implica « amare oggi » e « sperare
oggi ». E indispensabile tenere unite la
fede con la speranza e l’amore perché
altrimenti essa si dissolve o si snatura:
staccata dalla speranza la fede diventa
nostalgia; staccata dall’amore, diventa
teoria. Paolo Ricca
Gli evangelici italiani di fronte al paese negli anni ’70
Si è svolta a Firenze l’Assemblea federale
La siruttura della Federazione esce rafforzata, ma cesta debole a livello locale - Meditate e nette prese di posizione su varie questioni relative al rapporto Chiesa-Stato : Concordato, scuola confessionale, vilipendio alla religione,
obiezione di coscienza - li lavoro di formazione intrapreso dal Servizio studi - L’accento sui mezzi di comunicazione di massa - «Nuovi Tempi» federalizzato in mudo indiretto: la FCEl fra i soci dell’ASE, proprietaria della testata
Un centinaio di delegati delle Chiese
battiste, luterana, metodista e valdese
si sono riuniti a Firenze, dal 1« al 4
novembre, per la seconda Assemblea
della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (F.C.E.I). Come già abbiamo notato, non si trattava di un
Congresso (come quello di Roma 1965)
né di un’Assemblea costituente (qual
era stata quella di Milano 1967), ma di
una normale Assemblea di lavoro,
chiamata a valutare l'operato dell’esecutivo (il Consiglio della F.C.E.I.) e
dei suoi vari Servizi e a dare indicazioni per il futuro. Nel suo rapporto
fondamentale — che abbiamo integralmente pubblicato (e commentato) nei
due ultimi numeri — il Consiglio della Federazione aveva affrontato una
problematica di più ampio respiro:
« Gli evangelici italiani di fronte agli
anni '70 », e questa ha trovato qualche
eco nei lavori dell’Assemblea e in uno
dei documenti più importanti da essa
votati, di cui pubblichiamo qua sotto
il testo. Ma nell’insieme i lavori non
sono sempre stati all’altezza di questo
tema né il respiro, l’orizzonte dell’Assemblea si è mantenuto sempre ampio; le questioni organizzative hanno
prevalso nettamente sulla ricerca dei
fondamenti comuni della predicazione, della testimonianza e del servizio.
Il lavoro compiuto è stato comunque
non poco, e concreto; l’efficienza della
preparazione e quella della conduzione dell’Assemblea hanno dato i loro
frutti.
L’Assemblea federale si è aperta con
un culto, in comune con gli evangelici
fiorentini, nella chiesa di Via Micheli, presieduto dal presidente uscente,
Mario Sbaffi; la predicazione è stata
rivolta da Giorgio Tourn (ne diamo un
estratto a pag. 4). Quindi i lavori si
sono svolti in buona parte in sessione
plenaria, nella chiesa metodista di Via
dei Benci (solo una sessione di lavoro
dei vari gruppi, il lunedì mattina, li
iiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
ha dispersi nei vari centri comunitari
evangelici della città); sono stati condotti con efficacia e intensità, salvo le
ultime ore, in cui stanchezza e irrequietezza han cominciato a farsi sentire. Il seggio ha lavorato molto e bene: sia la vigorosa e abile presidenza:
Giorgio Peyrot, coadiuvato da Piero
Bensi e Niso De Michelis, sia i segretari Bruno Colombu e Paolo Forma,
che han retto il tour de force di dare
via via i verbali delle sedute, a punto,
sia gli assessori Marco Jourdan e Franco Scaramuccia.
Discussa la relazione del Consiglio
della F.C.E.I. e a\ viato il dibattito sul
tema generale, la serata di domenica
ha segnato una parentesi pubblica, con
la conferenza del past. E. C. Blake, segretario generale del CEC. Nella grande sala del Palagio di Parte Guelfa,
dove ha sede l’Università popolare cittadina, egli ha parlato ad un pubblico
folto e attento su « Il programma del
Consiglio ecumenico delle Chiese per
la lotta contro il razzismo », un tema
sul quale abbiamo ripetutamente informato i lettori (si veda anche l’intervista con il past. Blake, qui a fianco). Quindi i gruppi di lavoro sui vari
servizi e linee operative della F.C.E.I.
hanno dibattuto in via preparatoria le
varie questioni all’ordine del giorno e
imbastito i documenti che l’assemblea,
in sessione plenaria, ha poi ulteriormente discusso, emendato (in certi casi radicalmente) e votato in forma di
mozioni o dichiarazioni. Riportiamo
questi documenti in 2“'e 4* pagina.
Approvato il rapporto del Consiglio
uscente, l’Assemblea ha quindi proceduto alla elezione del nuovo Consiglio,
che è risultato così composto: alla
presidenza è stato riconfermato con
larga maggioranza il past. Mario Sbaffi, segno di apprezzamento per il servizio che ha dedicato alla F.C.E.I. prima ancora che si costituisse; i membri (fra i quali il Consiglio stesso —
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secondo una decisione di questa Assemblea — designerà i due vice-presidenti) battisti: Piero Bensi, Doriana
Frattini, Massimo Romeo; luterano:
Alberto Saggese; metodisti: Sergio
Aquilante, Fulvio Rocco, Giorgio Spini; valdesi: Giorgio Bouchard, Aldo
Comba, Neri Giampiccoli, Daniele Rochat; Paolo Spanu per la F.G.E.I. e
Maddalena Costabel per i movimenti
femminili. L’Assemblea ha concluso i
suoi lavori con la celebrazione della
santa Cena, il momento in cui anche
i contrasti e la passione per le nostre
opere vengono polverizzati dinanzi all’opera di Dio, nelle sue grandiose dimensioni.
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Tentare alcune valutazioni? Tentiamo, a rischio di farci dare sulla voce...
Non insisterò sugli aspetti tecnici,
anche se si può e si deve dire bene
della preparazione (immediata) e della
conduzione dei lavori, della complementarità fra lavoro a gruppi e in
sessione plenaria, della capacità di
Gino Conte
(continua a pag. 4)
llllllllllllllllllllllili:illllllllilllllllllllllMIIIMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII||IIIIMIIIIIIIIIIIIIIIIIIII(
Intervista di E. C. Blake, ospite a Firenze dell’Assemblea FCEl
Dopo le dichiarazioni, un gesto
Il segretario generale del CEC illustra il senso del
nuovo programma ecumenico per la lotta contro
il razzismo e lo applica alla situazione italiana
Nel quadro dell’Assemblea della FCEl, a Firenze, il segretario generale del CEC, past. E. C. Blake, ha tenuto una pubblica conferenza,
nella grande sala del Palagio di Parte Guelfa, su « Il programma del
Consiglio ecumenico delle Chiese per la lotta contro il razzismo ».
Abbiamo già ripetutamente riferito ai nostri lettori su questo tema;
riportiamo per loro un’intervista che il pastore E. C. Blake ha rilasciato al Servizio stampa della FCEl, subito dopo la conferenza.
I Per un’autenticità cristiana ¡
I L’Assemblea della Federazione delle Chiese Evangeliche d'Ita- |
= lia, consapevole di vivere in un tempo caratterizzato da oppres- =
I sione e menzogna, ma anche, sovente, da una ricerca di aulenti- |
= cità e di impegno, ribadisce la confessione di fede che Gesù Cri- |
I sto, il Signore, è l’unico creatore di libertà; Egli è la Verità. =
I Per quanto concerne la situazione all’interno del mondo |
= evangelico italiano, l’Assemblea i
B considerando le varie posizioni che attualmente si confron- =
§ tano nell’ambito del protestantesimo italiano (descritte nel rap- |
I porto del Consiglio della Federazione su « gli Evangelici italiani |
I di fronte al paese negli anni 70 »), come dei tentativi di espri- |
= mere e realizzare la proprie obbedienza al Signore, =
I invita le Chiese a non attribuire a tali posizioni carattere di |
I assolutezza e a non tentarne una sintesi di compromesso, ma di |
I considerarle come punti di partenza per ricercare nell’amore =
I una nuova obbedienza al Signore, una autenticità cristriana per- |
I sonale e comunitaria, in vista di una testimonianza a Cristo che |
= sia significativa per il nostro tempo, |
I ritiene che tale ricerca debba attuarsi nella comunione di |
I tutti i credenti in qualunque ambito comunitario essi esprimano |
i la loro vocazione. |
I Per quanto concerne i rapporti con il cattolicesimo romano |
I ritiene che il cattolicesimo romano non va considerato uni- |
= camente, né prevalentemente nei suoi aspetti unificanti e sta- |
I bilizzanti (struttura gerarchica e rigidità dogmatica), ma anche =
I nella nuova realtà di ricerca di fedeltà all’Evangelo che ne pro- i
i duce una interna diversificazione, |
I invita le Chiese, di conseguenza, a valutare di volta in volta =
I la possibilità ed il dovere di una apertura o di una opposizione, |
I in base all’unico criterio dell’obbedienza alla Parola di Dio quale |
= è attestata nella Sacra Scrittura, |
I ritiene che il rapporto con il cattolicesimo romano non deb- |
i ba rinchiudersi in contatti di vertici o in facili irenismi che evi- |
I tino il confronto radicale con la Parola di Dio, ma che esso debba |
I essere la ricerca del contatto schietto, della fraterna collabora- |
I zione e critica reciproca, del mutuo incoraggiamento e nei quali E
i si manifesta una protesta profeticà orientata dalla Parola di Dio. |
I L’Assemblea riafferma che le Chiese Evangeliche italiane |
I possono porre al Cattolicesimo romano l’esigenza della riforma E
I soltanto nella misura in cui la pongono a se stesse. |
Dr. Blake, per molti anni lei ha occupato posti di responsabilità nel movimento ecumenico. Ricorda qualche
decisione del CEC che abbia sollevato tante dii-cussioni come quest’ultima sul razzismo?
BLAKE: Ve ne sono state altre, certo, che sono state discusse, ma credo
che ben poche abbiano suscitato una
reazione simile, nella stampa e negli
altri mezzi di comunicazione di massa. Porse quando il mio predecessore,
il dr. Visser’t Hooft, fece un commento sui missili che si trovavano a Cuba
e sulla reazione di Kennedy, allora vi
furono molte discussioni. Come ve ne
furono molte sulla posizione che il
CEC aveva preso nella guerra di Corea; come anche sono state vivacemente discusse le posizioni delle chiese americane sul Vietnam. Il CEC
prende posizione, non perché a Ginevra si sia più virtuosi che altrove, ma
perché là le diverse voci risuonano
più chiaramente e si sforzano di richiamare l’attenzione di quei settori
della chiesa che travisano l’Evangelo,
interpretandolo secondo un loro punto di vista particolare.
D. : E come si potrebbe riassumere
l'ultima decisione sul razzismo?
BLAKE: È molto semplice. Abbiamo stanziato un fondo e chiediamo
alle chiese di seguire il nostro esempio; qualcuno ha già cominciato a
farlo. Si tratta di far pervenire un
aiuto in denaro a talune organizzazioni di gente che è oppressa, specialmente dell’Africa meridionale, un
punto chiave, al momento attuale:
Rhodesia, Sudafrica, colonie portoghesi. Se là non ci opponiamo alla tirannia dei bianchi sui negri non rimane per il futuro altro che la tragedia... Direi così, che l’idea è di trasferire un po’ della nostra ricchezza, per
aiutarli. Non sosteniamo la violenza,
ma la giustizia e l’eguaglianza che
queste organizzazioni negre stanno
cercando. In questa linea riteniamo
ohe la nostra azione non dovrebbe suscitare problemi diversi da quelli —
diciamo — della resistenza contro
Hitler in Francia.
D.: Cosa c’è di nuovo ora in questa
decisione rispetto alle precedenti decisioni del CEC?
BLAKE: Nel discorso di questa sera ho cercato di mostrare che siamo
soltanto davanti agli sviluppi — una
lunga linea di sviluppo — di cose precedenti: la novità sta ora forse nel
fatto che yi è più azione e meno dichiarazioni. Stiamo cercando il modo
di poter effettivamente modificare i
tenaci legami che connettono il raz
zismo alla maggior parte dei governi
di Europa e del Nord America.
D.: E quale pensa che potrebbe essere un prossimo passo del CEC nel
programma contro il razzismo?
BLAKE : Speriamo che la discussione amplissima che si è avuta fino ad
ora serva a far capire il problema meglio che in passato. Penso che siamo
finalmente andati al di là delle burocrazie e che abbiamo indicato la strada che le chiese possono seguire. Speriamo che il risultato di queste divergenze così, nette e delle critiche che
si fanno al CEC aiutino tutti i cristiani a comprendere, col tempo, che, se
non modifichiamo il nostro atteggiamento verso il razzismo, non c’è più
nessuna speranza di progresso per la
missione cristiana in tutto il mondo
e per tutto quello che si riferisce alla
pace nel mondo.
D. : Dr. Blake, nella sua conferenza
lei ha affermato che anche le chiese
europee _ e nord-americane sono responsabili per il razzismo. Ma qui siamo in Italia, un paese che non ha colonie_ e che ritiene di non avere pròblemi di razza. In che modo lei pensa
che il programma contro il razzismo
riguardi anche noi?
BLAKE: Ho sottolineato una cosa
positiva che è avvenuta recentemente in Italia : il governo e importanti
società si sono ritirati dal consorzio
per la costruzione della grande diga
di Cabora Bassa in Mozambico. Credo che questo sia avvenuto principalmente per considerazioni di carattere
pratico, ma è possibile che anche le
chiese abbiano fatto pressioni sul governo italiano. Ora, una delle cose
che credo dovrebbero essere chiare ai
cristiani di tutto il mondo è che il
problema del razzismo esiste anche
quando in mezzo a voi non ci sono negri. Attualmente è vero che la gente
di colore non è numerosa nei paesi
del nord Europa così che si è persuasi di non avere pregiudizi razziali. E
invece i timori e i pregiudizi razziali
ci sono, altrimenti non si reagirebbe
così! Comprendete certamente che il
problema non è che i sudafricani siano più cattivi degli italiani, o che gli
americani siano più cattivi. Vi sono
problemi precisi da affrontare; e il
CEC è persuaso che in un mondo così,
profondamente diviso in razze, nel
quale i bianchi costituiscono soltanto
una minoranza è necessario cambiare. Se le strutture del nostro potere
militare, economico e politico non
vengono modificate radicalmente, finiremo davvero per accorgerci che il
problema è ben presente per tutti!
2
pag.
N. 45 — 13 novembre 1970
U ATTUALITÀ’ TEOLOGICA
Arringa in difesa delia confermazione L’Assemblea delia FCEI
sui rapporti Chiesa-Stato
Causa ardua da difendere. Da alcuni
anni la confermazione non gode di buona stampa. La si attacca nella maggior
parte delle Chiese d’Europa. Che cosa
le si rimprovera? Anzitutto la sua inefficacia; bisogna riconoscere che, compiuta la confermazione, i quattro quinti dei catecumeni scompaiono in punta
di piedi. Forse il pastore li rivedrà alla
vigilia del loro matrimonio. La professione pubblica della fede non sembra
dunque segnare in profondità i catecumeni.
Hanno subito il catechismo come un
esercizio scolastico. La confermazione
ha significato per loro la fine di un insegnamento. Eccoli liberi; e questa libertà la manifestano... con la fuga.
Avrebbe dunque un significato puramente sociologico.
Questo carattere di rito di passaggio
è stato ancora accentuato dal legame
che è stato lungamente istituito fra
confermazione e prima comunione e
che ancora sussiste in molte comunità.
Questa prima comunione è spesso l’ultima. Forse, invecchiando, ci si ritornerà...
Ma ovviamente il rito di passaggio è
messo anche più fortemente sotto accusa dalle feste familiari che accompagnano la confermazione: riunione della grande famiglia (come per i mati'imoni e per i funerali), pasti da ghiottoni, lungamente preparati e nei quali le
famiglie modeste "bruciano" molte economie, regali.
Infine i pastori non mancano di scrupoli teologici nei confronti del contenuto stesso della confermazione. È una
cerimonia che non ha un fondamento
biblico (senza malizia: neanche il matrimonio, neanche il funerale, e alcuni
aggiungerebbero, senza dubbio in modo
un po’ affrettato: neanche la consacrazione pastorale). E poi, che significa
« confermare qualcuno nell’alleanza del
suo battesimo »? L’alleanza del battesimo non è forse, di per sé, un’alleanza
irrevocabile? Che bisogno c’è di confermarla? La confermazione non costituisce una svalutazione del battesimo, la
proclamazione della sua insufficienza?
* * *
Come si vede, i capi d’accusa sono
molti e pesanti. Da vari decenni pesa
sulla confermazione uno stato di disagio. Alcune Chiese si sono impegnate
sulla via della pura e semplice soppressione. La Chiesa riformata di Francia
lascia in ogni caso ai consigli di chiesa
libertà d’azione e molte comunità urbane si sono valse di questa libertà,
senza che si abbia però la certezza del
pieno accordo dei genitori e dei catecumeni.
Ma varie misure avevano già preceduto questa riforma radicale: la semplificazione e l’alleggerimento degli impegni assunti dai catecumeni nel giorno della loro confermazione. Eccellente
misura, poiché non era certamente onesto far prendere da adolescenti impegni
dei quali non potevano misurare la
portata.
Altra misura; l’età della confermazione ò stata notevolmente ritardata. Se
generalmente è sui 16 anni, all’estero
non è raro che sia portata a 18 o a 20
anni. Misura della quale è evidente l’intenzione, ma che resta pur sempre discutibile, poiché di fatto la confermazione è, in questo caso, riservata a una
élite intellettuale e sociale.
Infine, la neonata fra le misure di
salvataggio: la rottura del legame automatico fra la confermazione e la santa
Cena. Anche questa è una cosa buona;
è normale che i catecumeni, una volta
che è stato loro presentato e "spiegato” il mistero eucaristico, possano partecipare alla santa Cena, nel momento
che essi decideranno, e non collettivamente, sotto il puro stimolo di una tradizione, al momento della loro confermazione.
* * *
Queste riforme non sono sufficienti?
Qccorre abolire la confermazione, in
quanto cerimonia collettiva? Lo mettiamo seriamente in dubbio.
1) Lo si voglia o no, le nostre Chiese, anche quelle che pretendono il contrario, sono Chiese multitiidiniste. Diventiamo protestanti per via di una
ferma convinzione personale, ma siamo
prima protestanti di padre in figlio. La
cosa non è senza inconvenienti e ciò
spiega il fatto che molti nostri correligionari sono protestanti di nome, protestanti "sociologici”, il cui protestantesimo consiste essenzialmente nella
volontà di non essere cattolici. Non si
può porre rimedio a tale situazione se
non dando un’estrema importanza alla
formazione catechetica e dando ai giovani l’occasione di dichiarare pubblicamente il loro attaccamento personale
alla fede evangelica, colta in ciò che ha
di essenziale. Se la confermazione non
esistesse, bisognerebbe inventarla.
2) Ma non sarebbe possibile dissociare il catecwnenato dalla confermazione? Non farebbero la confermazione
.se non quelli che lo volessero. Di fatto,
è già CO.SÌ. Si afferma che di tale possibilità si vale soltanto una minoranza,
mentre nella maggior parte dei casi la
pressione sociologica deH’ambiente familiare costringe il catecumeno alla
confermazione, anche se non vi si sente
preparato. L’argomento non è privo di
forza, ma aveva maggior forza ieri di
quanta ne abbia oggi che va accentuandosi l’emancipazione dei giovani
nei confronti delle tradizioni familiari.
Oggi c’è da temere meno il conformi
smo familiare che il conformismo dei
gruppi informali dei giovani. Basterà
che due o tre "leaders” decidano di non
fare la loro confermazione e il loro
esempio sarà largamente seguito. L’anticonformismo è anch’esso un conformismo.
3) Staccare il catecumenato dalla
confermazione significa privarlo di una
delle sue finalità. È vero che non è una
finalità fondamentale, ma ha peso, ha
un senso pedagogico. Prepararsi a una
confermazione che avrà luogo in una
data precisa, significa dare all’insegnamento catechetico una tensione non
priva di valore. Dovremmo prestare attenzione a ciò che accade neH’insegnamento generale: si è voluto sopprimere
le prove scritte e gli esami. Riappaiono
sotto altra forma. Ecco che le prove
scritte hanno fatto il loro ingresso ufficiale nell’insegnamento superiore! Il
Sinodo nazionale di Digione (1970) ha
E/ na delle prese di posizione più
importanti dell’ultimo nostro Sinodo è stata quella relativa alla confennazione. e conseguentemente al battesimo. Il problema, alla luce dell’ordine del giorno sinodale, doimà essere ulteriormente illustrato alle comunità e
discusso e maturato. Come contributo
a questa riflessione, pubblichiamo questo scritto, letto su « Réjorme ». del
prof. Roger Mehl. docente alla Facoltà
di teologia protestante deU’Universilà
di Strasburgo. È evidente che si
riflette in questo scritto la situazione
del protestantesimo francese, e alsa
ziano in particolare, che è minoranza
sì. ma forte. Tuttavia il pensiero di
questo teologo, studioso della sociologia protestante, può fare utilmente riflettere. red.
Stimato utile ricordare che la soppressione della confermazione collettiva
non comportava alcuna abolizione né
riduzione del periodo di catecumenato.
Il che vuol dire che si profilava, in questo campo, un pericolo; cioè i genitori
e i catecumeni rischiano di non più
scorgere il significato del catecumenato, quando lo si amputa della sua finalità esterna, la confermazione.
4) È evidente che la confermazione
non è veramente soppressa, è abolita
soltanto la forma collettiva: ciascuno
potrà domandare, quando riterrà giunto il momento, dopo un colloquio con
il suo pastore, di confermare pubblicamente la sua fede, nel corso di un culto domenicale, senza alcuna cerimonia
particolare. Questa pratica ci pare moltiplicare pericolosamente gli ostacoli
sul cammino dell’adolescente. Sono stati legittimamente semplificati e alleggeriti gli impegni della confermazione.
Ecco che essi vengono ora accresciuti
a dismisura. Infatti assumere isolata
mente questa iniziativa suppone una
maturità e un coraggio poco comuni.
Ma c’é un aspetto più grave: l’esperienza mostra che, in via generale, si
decidono a un simile atto soltanto coloro che vi sono portati e incoraggiati da
un ambiente familiare fermamente e
intelligentemente credente. La nuova
pratica porterà dunque a un tipo di
selezione e di segregazione che, in ultima analisi, potrebbe essere di natura
sociale. I ragazzi che non hanno la fortuna di appartenere a un ambiente fortemente attaccato alla Chiesa si troveranno, per di più, privati della chance
di confessare pubblicamente la loro
fede e di sentirsi malgrado tutto più
impegnati.
5) Con qual diritto si decide che
un gruppo di catecumeni, che ha avuto il tempo di costituirsi in piccola comunità, non deve ricevere il suggello
della sua unità, costituito dalla confermazione? Eppure sappiamo che questa
solidarietà di una classe di catecumeni
non è una parola vana, che vi si manifestano delle amicizie che reggeranno
per tutta una vita, e che la Chiesa ha
bisogno di questa rete di salde relazioni
umane. Ma ecco che nutriamo — nuova
forma di un individualismo che si dichiara morto — una specie di fobia
per tutto ciò che è sociologico. Questa
fobia si manifesta in occasione di tutti
i nostri sinodi. Ci illudiamo che essa
esprima il nostro attaccamento al puro Evangelo, ma dimentichiamo che è
proprio alla natura della Chiesa di essere pure una comunità concreta, quindi sociologica. Già alcuni pastori propongono di sostituire la confermazione
con una festa dei catecumeni, cioè di
reintrodurre velatamente l’indispensabile elemento sociologico. Ma quale sarà il contenuto di questa festa? La
Chiesa può rallegrarsi di altro, se non
di vedere dei giovani confessare la loro fede nel Signore vivente? E allora,
che interes.se c’è a sopprimere la confermazione?
-k * *
Conosco almeno un esempio di un
caso nel quale questa festa è "riuscita”: in gruppo i catecumeni hanno organizzato e celebrato, senza alcun intervento pastorale, il culto domenicale
della comunità. Una forma toccante,
concreta e vera, d’impegno pubblico.
Conclusione semplicissima, che ha
poche probabilità di essere ascoltata e
che sarà sicuramente considerata reazionaria: ristabiliamo al più presto,
prima di lasciar morire la virtù rea issima di una tradizione ecclesiastica...
la confermazione. E se, in comunità
grandi, abbiamo motivo di temere il
suo carattere gregario, celebriamone
allora due o tre all’anno. Ma, di grazia,
non risuscitiamo un nuovo individualismo che non è altro, anch’esso, che un
fenomeno sociologico.
Roger Mehl
iiiiiiimiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiimiiiiiiiiiiiimiiiiiiiimiimiiiiii
INTERROGANDOCI SULL’ INSEGNAMENTO BIBLICO
II
Non cominciamn affano dalla creazione'
Caro direttore,
poiché sono fra quelli che oggi
« s’interrogano suH’insegnamento
della Scrittura », ho trovato affascinante il suggerimento di R.
Martin-Achard, (Eco-Luce n. 43-44)
di presentare la storia biblica attraverso le grandi feste del calendario biblico, iniziando dalla festa
della Pasqua che è la festa della
liberazione. Mi chiedo anzi spesso
se una catechesi esatta non dovrebbe partire — imitando i grandi discorsi degli Atti — dal fatto
della crocifissione e della resurrezione di Cristo, alla cui luce tutto
l’insegnamento biblico acquisterebbe la sua giusta ampiezza.
Comunque l’idea originale di seguire la storia della salvezza attraverso le feste bibliche mi è piaciuta, perché mi sembra possa essere
un richiamo, estremamente utile
ai catechisti, a far riflettere quella
gioia di Dio che non è forse sempre presente nel nostro insegnamento. In attesa di approfondire
l’opportunità o meno di seguire
questa linea e di avere manuali
che ci guidano in tal senso, vorrei
dire che non si deve però credere
che noi « cominciamo sempre dalla Genesi », come pensa l’autore
dell’articolo e forse chi, ogni tanto, si dà la briga di ricordare che
esiste nella chiesa una catechesi.
No, non cominciamo sempre dalla
creazione, continuando con la caduta, con Noè e la torre di Babele,
non sapendo poi bene dove mettere i Salmi e tutto il resto!
Il manuale biblico che è stato
preparato dal pastore Giorgio
Tourn, per esempio, comincia con
la vicenda di Abramo e così altri
L’Assemblea della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia approva l’operato del Consiglio per quanto riguarda il campo dei rapporti
fra Chiesa e Stato ed i problemi connessi, riconoscendo che esso è stato
ispirato ad un retto concetto delle libertà civili in genere, anziché ad una
egoistica difesa di interessi corporativi.
Dà mandato pertanto al Consiglio di proseguire su tale linea specie
per quanto concerne i problemi già da tempo affacciatisi alla coscienza
delle comunità evangeliche, quali il riconoscimento giuridico dell’obiezione di coscienza ed il rifiuto della configurazione dei reati di vilipendio, a
partire dal vilipendio della religione.
Ritiene peraltro giunto il momento di impostare con energia davanti
al paese il problema generale della struttura confessionale dello Stato
italiano e quindi dell’abolizione del presente sistema concordatario nei
rapporti fra lo Stato e la Chiesa Cattolica, in coerenza con i principi di
indipendenza della comunità cristiana dal potere politico.
In questo quadro, mentre riafferma che l’istruzione religiosa deve essere svolta direttamente dalle chiese valendosi delle proprie strutture e
non di quelle statali, sottolinea il perdurante carattere confessionale conferito alla scuola italiana daH’insegnamento della religione cattolica in
essa impartito non solo come materia, ma anche come « fondamento e
coronamento dell’istruzione pubblica ». Nè può lacere quanto pesanti continuino ad esserne le conseguenze per la maggioranza delle famiglie evangeliche e per i loro figli.
L’Assemblea della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia è
cosciente peraltro che questa problematica non esaurisce il campo delle
responsabilità cristiane nei confronti dello Stalo. Avverte che in seno all’evangelismo italiano si faccia strada in misLira crescente la sensazione
che altri problemi vadano seriamente meditati alla luce della Parola di
Dio, quali:
a) La necessità che ad un rigetto del sistema concordatario vigente
nei rapporti fra lo Stato e la Chiesa Cattolica corrisponda un pari rigetto
da parte delle Chiese Evangeliche di talune prerogative riconosciute loro
dalla legge. Quanti infatti non hanno dubbi sulla necessità di richiedere
l’abolizione dell’approvazione dei ministri di culto da parte dello Stato,
quale indebita ingerenza del potere politico nella vita della comunità cristiana incominciano a domandarsi se la facoltà per i medesimi di chiedere l’esenzione dal servizio militare e l’attuale disciplina in materia matrimoniale non rappresentino privilegi da ripudiare o forme di commistione fra Stato e Chiesa da respingere, ai quali per altro si potrebbe fin
d’ora unilateralmente rinunciare.
b) La necessità di considerare lo Stato non solo come ordinamento
giuridico, secondo la concezione espressa in Romani 13, ma altresì come
una struttura di potere, politico ed economico i cui tratti possono in più
casi corrispondere a quelli delineati in Apocalisse 13. Ci si domanda dunque se non sia giunto il momento per le Chiese Evangeliche di manifestare
la propria obbedienza all’Evangelo che predicano, acquistando, con l’aiuto di Dio, la capacità di discernere quando lo Stato si presenti come
struttura di potare iniquo e oppressivo e di opporsi ad esso.
L’Assemblea propone pertanto alla meditazione delle comunità questo
ordine di problemi onde da esse vengano indicazioni sufficienti a dar
orientamento e mandato agli organi dalla Federazione, segnalando in
particolare alle comunità per uno studio approfondito, soprattutto per
ciò che riguarda la questione delle intese, i documenti del Convegno indetto nel 1969 dal Servizio Studi della Federazione sulla posizione delle
Chiese evangeliche di fronte allo Stato, pubblicati nella collana della
Federazione.
manuali di questi anni. « Non la
nozione di creazione ha dominato
la spiritualità di Israele, ma la nozione di alleanza. Per una retta
comprensione della rivelazione biblica, è importante che cerchiamo
prima come è nata l’Alleanza con
Àbramo, con Mosè (...) » (R. Voeltzel). È per la fede nel Dio dell’Alleanza che Israele è giunto alla
fede nel Dio creatore e non viceversa. Solo al tempo dell’esilio, a
contatto con le ideologie dei popoli circostanti, alla fede si porrà
il problema della creazione; ed è
nel presentare quel periodo travagliato che scopriremo la forte spiritualità della prime )>agine della
Genesi, dei Salmi, dei libri della
meditazione, della riflessione, della saggezza di Israele. Anche le feste, elencate nel Levitico, trovano
il loro posto quando, dopo l’esilio,
inizia la Restaurazione, periodo in
cui Israele si costituisce come comunità essenzialmente religiosa.
Ma sono d’accordo che a queste
feste il catechista dovrà prestare
una viva attenzione, dovrà servirsene considerandole esse stesse
come una vera e propria catechesi
vissuta da un popolo chiamato
ad annunciare le grandi cose di
Dio. Dovrà lasciarsi ispirare dalla
gioia, dalla sofferenza, dalla riconoscenza, dalla speranza che esse
evocano, mentre imparerà e insegnerà che esse non sono « la realtà
stessa delle cose », ma veramente « un’ ombra dei futuri beni »
(Ebrei 10; 1).
Grazie di averci riportato e proposto questa interessante riflessione.
Berta Subilia
Per r abolizione
del Concordato
L’assemblea della Federazione
delle Chiese evangeliche in Italia
riunita in Firenze dal l® al 4 novembre 1970,
ritenendo che di fronte allo Stato
e alle sue leggi, a parità di doveri,
deve corrispondere per tutti i cittadini parità di diritti, indipendentemente dalla religione da essi professata o dal fatto di non professarne alcuna;
denuncia che la presenza del Concordato tra lo Stato italiano e la
Santa Sede contraddice a tale principio di uguaglianza e a quello di
libertà, pur accolti dalla Costituzione, realizzando in concreto una
pesante ipoteca confessionale in
molti aspetti della vita pubblica;
impegna il Consiglio della Federazione ad appoggiare ogni iniziativa che tenda all’abolizione dell’attuale struttura confessionale del
nostro Stato, contraria d’altronde
anche alle aspirazioni di un numero sempre crescente di cattolici,
che rappresentano la parte più
evangelicamente avvertita del cattolicesimo.
Contro l’insegnamento
religioso
nella scuola di Stato
L’assemblea della Federazione
delle Chiese evangeliche in Italia
riunita in Firenze dal 1® al 4 novembre 1970,
anche in relazione a recenti episodi che hanno attirato l’attenzione dell’opinione pubblica sul problema dell’istruzione religiosa cattolica nella scuola di Stato;
ribadisce la necessità che la scuola pubblica, anche nei suoi programmi, sia sottratta ad ogni influenza ed ingerenza confessionale,
essendo compito delle chiese di impartire l’istruzione religiosa nelle
proprie sedi.
Per l’abolizione
dei reato di vilipendio
L’assemblea della Federazione
delle Chiese evangeliche in Italia,
riunita in Firenze dal l® al 4 novembre 1970,
richiamandosi all’o.d.g. approvato
dal Sinodo Valdese del 1969 che
chiedeva un’iniziativa della Federa
zione per l’abolizione dei reati di
vilipendio in materia religiosa;
nel rifiuto del criterio in virtù del
quale il pensiero e la predicazione
della Chiesa possano o debbano essere difesi mediante speciale tutela
penale, come espressione della confessionalità dello Stato e della tendenza ad integrare la Chiesa nelle
strutture di potere;
respinge la configurazione dei
reati di vilipendio della religione,
come respinge la configurazione di
ogni reato di vilipendio perché contraria ai principi di libertà;
impegna il Consiglio della Federazione a riaffermare tali principi
in sede di riforma del codice penale, rifiutando comunque posizioni
di uguaglianza nel privilegio, nonché a sostenere le iniziative in atto
nel paese per l’abolizione di tutti i
reati di opinione.
Per il riconoscimento
dell’obiezione
di coscienza
L’assemblea della Federazione
delle Chiese evangeliche in Italia
riunita in Firenze dal 1» al 4 novembre 1970,
preso alto che il Consiglio della
Federazione — nella linea dell’o.d.g.
approvato dal Congresso evangelico del 1965, con il quale si chiedeva
il riconoscimento giuridico della
obiezione di coscienza al servizio
militare — è stato fra i promotori
della Lega per il ricono.scimento
dell’obiezione di coscienza, ha rappresentato presso il Governo e il
Parlamento l’esigenza di una sollecita approvazione dei disegni di
legge proposti da tempo in argomento e ha portato avanti in varie
sedi questa istanza;
approva l’operato del Consiglio,
dandogli mandato di proseguire in
tale azione che riconosce come fedele testimonianza dell’Evangelo;
rilevalo però che i vari disegni
di legge suH’obiezione di coscienza
sono da molto tempo fermi presso
le commissioni parlamentari deplora tale situazione e rinnova il proprio appello al Parlamento, al Governo e alle forze politiche, richiamando l’attenzione del paese su un
problema che si trascina in.soluto
da oltre vent’anni ed auspicando
che ad esso venga data una soluzione che tenga conto nel modo più
ampio del principio della libertà di
coscienza.
3
13 novembre 1970 — N. 45
pag. 3
LA CHIESA NEL MONDO
La Chiesa luterana del Brasile rimane faticano: nuoi/o giro dì vite
membro attivo della F. L. M.
Curitiba, Brasile (Iwf) -Il Sinodo generale della Chiesa evangelica di confessione luterana in Brasile (lECLB,
750.000 membri), riunito a Curitiba, ha
approvato senza voci dissenzienti e con
due sole astensioni una dichiarazione
secondo la quale essa rimarrà « m.embro attivo della Federazione luterana
mondiale ». Le tensioni si sono dunque
attenuate, dopo la polemica sulla sede
di riunione della 5“ Assemblea della
F L. M.
La dichiarazione nota che la natura
della F.L.M. è di essere uno strumento
di dialogo, di mutuo rafforzamento e
di testimonianza comune, e che la Chiesa brasiliana non è capace di affrontare
da sola le sfide e le possibilità attuali.
Essa menziona pure le responsabilità
della Chiesa brasiliana quale rappresentante del luteranesimo latino-ame
ricano nell’organizzazione generale e
afferma che l’IECLB noti desidera sottrarsi alle tensioni e alle fratture umane che la Chiesa si trova oggi di fronte.
Al tempo stesso la dichiarazione sottolinea che, rimanendo nella F.L.M., la
lECLB si sforzerà di continuare a valutare i programmi e l'azione della
F.L.M. e di far sentire l’esigenza che
l'organizzazione federale realizzi di esistere nella vita dei corpi ecclesiastici
che la costituiscono, e che essa tenga
presente le condizioni e le situazioni
regionali affrontate dalle Chiese minoritarie.
Quale Chiesa-membro, l'IECLB lavorerà « a riscoprire e a vivere... la nostra
missione nell’ambiente circostante ».
Sul voto della dichiarazione ha influito fortemente l'intervento del dott.
Gottfried Brakemeier, del Seminario
lA BIBBIA NEI MONDA
a cura di Edìna Ribet
Porte aperte in Africa
Il centro africano dell'Alleanza biblica ha organizzato alcuni corsi di diffusione biblica che hanno avuto molto
successo.
Nell'UGANDA i corsi sono stati frequentati per la maggioranza da membri del clero, e l'interesse per la S.
Scrittura si è rivelato con una forte
vendita di copie del Nuovo Testamento,
500 esemplari in meno di tre ore.
A MASAKA il segretario della società
biblica, un pastore e tre laici, entrati in
un bar per offrire l'Evangelo, furono
accolti con premura dal proprietario,
che spense subito la radio percné i colportori fossero uditi da tutti i clienti:
in venti minuti essi vendettero 80 copie
dell'Evangelo.
COSTA D'AVORIO: le contribuzioni
delle chiese a favore della società biblica sono raddoppiate in questi ultimi
due anni, e in occasione della « domenica della Bibbia » le chiese metodiste
hanno raccolto, da sole, una forte somma a questo scopo.
Anche nell'isola di REUNION (Madagascar) tutte le porte sono aperte alla
Bibbia: le chiese, compresa quella cattolica, sono ansiose di far giungere la
parola di Dio alla popolazione; si radunano assemblee composte da rappresentanti di ogni confessione e denominazione per organizzare meglio la diffusione della S. Scrittura nell’isola.
Un nuovo orientamento
in Europa
Il cardinale Francesco Koenig di
VIENNA e il cardinale Marty, arcivescovo di PARIGI, hanno espresso apertamente la loro completa approvazione
alla diffusione e alla lettura della Bibbia tra i loro fedeli: « Oggi — hanno
detto — l’atteggiamento negativo da
parte cattolica verso la Bibbia è stato
abbandonato... Attraverso questa Parola il credente impara a conoscere il
vero disegno d'amore del Padre. Da
ciò l’importanza di una cultura biblica.
Il buon uso della Scrittura permette al
cattolico di conoscere meglio il senso
della rivelazione divina e il messaggio
¡¡ella salvezza ».
in Inghilterra,
largo all’Evangelo
In questo paese si sono svolte in questi ultimi tempi alcune campagne di
evangelizzazione:
1 ) a CAMBRIDGE sono stati distribuiti agli studenti universitari 10
mila Evangeli secondo Giovanni; parecchi studenti hanno fatto la loro professione di fede al termine della campagna biblica.
2) a MANCHESTER sono stati diffusi 45.000 Evangeli nella traduzione
inglese moderna, che è molto apprezzata.
3) a BIRMINGHAM sono stati distribuiti 40.000 Evangeli. Coloro che visitavano le famiglie sono stati stupiti
di constatare quante case inglesi fossero ormai sprovviste di Bibbie.
Nella SCOZIA sono state date 1.400
copie del Nuovo Testamento agli atleti
che hanno preso parte ai giochi sportivi di Edinburgo, e 3.000 copie di
un’edizione speciale, sempre in inglese
moderno, dell’epistola di Paolo ai Filippesi sono state distribuite tra gli .spettatori.
sarà la diffusione delle S. Scritture nella lingua corrente degli uomini, senza
distinzione di confessione religiosa. Il
documento, inoltre, indica in modo
chiaro che la collaborazione nuova da
parte di confessioni sin qui ostili all’uso generalizzato della Parola di Dio
da parte dei loro fedeli, non modifica
in nulla l’atteggiamento di neutralità
confessionale delle società bibliche. La
pubblicazione di commentari dottrinali particolari non è di competenza delle
società bibliche; le quali per definizione sono al servizio di tutte le chiese.
Una strana parrocchia
Da un anno a questa parte un giovane di 27 anni si è assunto il compito
di presentare l’Evangelo al personale
dei campi di corse degli STATI UNITI:
una parrocchia di 8 milioni di persone.
Egli distribuisce il Nuovo Testamento in lingua inglese corrente: « Non potrei — egli dice — utilizzare un’altra
versione; io stesso non leggevo mai il
Nuovo Testamento prima d’aver scoperto questa traduzione. Da allora lo
leggo continuamente, è quanto abbiamo di meglio, e così la pensa anche la
gente di cui mi interesso. Infatti, parecchi di loro sono già venuti a chiedermene altri esemplari, perché la lettura è scorrevole e agevole per l’uomo
di oggi ».
Alia scoperta
di nuove terre
Due isole vicine alla NUOVA CALEDONI A, di circa 8-900 abitanti ciascuna, non erano ancora mai state visitate dai colportori delle società bibliche.
Quest'estate un pastore sbarcò in queste isole ed organizzò una campagna di
diffusione biblica. Gli abitanti delle isole sono cattolici, ma sia i fedeli che il
clero accolsero molto favorevolmente
la S. Scrittura che il pastore recava
loro. Migliaia di Evangeli furono venduti in poco tempo, e in una delle
isole un prete e una suore s'impegnarono ad eseguire una traduzione del
Nuovo Testamento nella lingua del
posto.
Incoraggiamento
Nel PORTOGALLO durante la fiera
del libro di Lisbona, la società ha venduto in tre settimane 761 Bibbie, 654
Nuovi Testamenti e 3.762 porzioni degli
Evangeli. A questa fiera era esposta
pure una Bibbia portoghese in Braille.
Nelle isole SAMOA (sud del Pacifico)
sono state comperate molte Bibbie e
porzioni dell’Evangelo per gli allievi
delle scuole protestanti, ed anche per
gli allievi di due scuole cattoliche. I direttori di queste ultime trascorsero più
di un’ora ad esaminare Bibbie, Nuovi
Testamenti, Evangeli e Selezioni bibliche: alla fine comperarono 5 Bibbie,
160 Evangeli, 1107 Selezioni bibliche, e
decisero poi di acquistare altre Bibbie
da distribuire come premio alla fine
deH’anno scolastico. « In queste isole
— riferisce il segretario della società
biblica — quasi ogni focolare fa un culto di famiglia la sera; il 90% della popolazione prende parte al culto domenicale. L'anno scorso sono state diffuse 35.000 Bibbie nell’arcipelago, e
negli ultimi 8 giorni della mia visita,
olire alle ordinazioni nelle scuole su
nominate, ho venduto circa 26.000 copie
della S. Scrittura ».
Un documento importante L’obolo della vedova
luterano di Sào Leopoldo, il quale nel
l.H sessione d'apertura del Sinodo dichiarava che isolarsi o staccarsi dalla
F.L.M. avrebbe significato una rinuncia
al tema della V Assemblea: « Mandati
nel mondo ».
Il past. Karl Gottschald, presidente
deiriECLB, ha fatto anch’egli una dichiarazione consimile, nel suo rapporto. Pur rinovando l’espressione del rincrescimento per il mutamento della
sede dell’Assemblea, egli affermava che,
« malgrado i gravi danni per l’IECLB »,
il mutamento di sede aveva pure avuto
conseguenze positive. « In tutto il mondo — ha detto — si è creata una solidarietà fra le Chiese. Mai prima d’ora
tanti cristiani in tante parti del mondo hanno pregato per noi ».
Il presidente Gottschald ha pure
menzionato il formarsi di una nuova
volontà di più stretta collaborazione
nell’America latina, soprattutto con le
Chiese sorelle dell'Argentina e del Cile.
Egli ha aggiunto che la crisi all’inferno
delle federazioni confessionali mondiali, oggi, è un riflesso delle crisi presenti in diverse Chiese e che « questa crisi
non dovrebbe portare a un isolamento ».
Fra le voci risuonate nella discussione vi è stato il commento di un delegato: « Nella F.L.M. vi sono dei luterani;
noi siamo luterani, perciò la nostra relazione con l’organismo dev’essere conservata. Quello che è stato è stato », e
la sua dichiarazione è stata salutata
dagli applausi.
In una « istruzione » della Congregazione per il Culto divino, approvata
da Paolo VI, viene formulata in termini perentori una raccomandazione rivolta al clero di tutto il mondo cattolico — in contrasto coll’aggiornamento iniziato dal concilio Vaticano II —
affinché si cessino nuovi esperimenti
liturgici: tutte le facoltà in merito,
concesse a suo tempo ai vescovi, vengono ritirate.
Il documento sopra citato consta di
tredici articoli, e sono una « elencazio-'
ne di mali » che il Vaticano ravvisa
nell'attuale liturgia.
In sostanza, quali sono le proibizioni?
Non si può sostituire la Sacra Scrittura durante la celebrazione della messa con altre letture tratte da scrittori
sacri o profani; a nessuno è permesso
cambiare, sostituire, togliere o aggiungere qualcosa ai testi liturgici composti dalla Chiesa; gli strumenti musicali non debbono essere rumorosi; il celebrante non può introdurre didascalie durante la liturgia eucaristica.
Inoltre: la preghiera eucaristica non
può essere detta da altri che non sia
il sacerdote; « non si può approvare »
che i fedeli, in caso di comunione sotto le due specie, si passino il calice
l’un l’altro; il celebrare la messa indossando la stola sopra la veste clericale ordinaria è un « abuso » ed è « assolutamente proibito » ai preti di celebrarla con la stola « sopra l’abito civile »; infine, in caso di riti fuori della
Chiesa si deve evitare di celebrare la
messa « in refettori o sopra una tavola ove si consumano i pasti ».
Viene confermato il divieto alle don
ne di servire all’altare, anche in conventi ed in istituti femminili. Esse sono però autorizzate a fare le letture
(Vangelo escluso) servendosi di microfoni, a guidare il canto, a suonare l’organo e gli altri strumenti permessi.
la flE e i privilegi Oscali
valicaai in
Bruxelles ( Relazioni Religiose) - La Commissione speciale della CEE dovrà esaminare
e pronunciarsi sulla compatibilità delle esenzioni fiscali di cui gode il Vaticano per le
sue operazioni commerciali di fronte al fìsco
italiano. La richiesta è stata avanzata in forma ufficiale dal deputato socialista belga, Cline. Nelle prossime settimane gli organi direttivi della CEE chiederanno al governo italiano precisazioni sulle agevolazioni concesse in
Italia alle finanze vaticane, onde stabilire se
tali vantaggi siano compatibili o meno con
gli accordi in vigore tra i sei Stati della CEE.
Ilanifestazioni caKoHrhe contro
il^Papa nello Filippine?
Manila (Relazioni Religiose) - In occasione
della visita del Papa nelle Filippine, un movimento chiamato « Gioventù Cristiana filippina » ha distribuito dei comunicati in cui
si esige il trasferimento in un'altra diocesi del
cardinale Santos Arcivescovo di Manila, « per
Uherare dalle grinfie del feudalesimo e del
mercantilismo la Chiesa ». Sembra inoltre che
il movimento stia preparando una manifestazione di protesta nei giorni 27, 28 e 29 novembre, giorni in cui il Papa sarà a Manila.
Passi avanti, aia anthe alenai passi lalsi
Un’intervista col vescovo Zoltan Kaldy, presidente della Chiesa Evangelica Ungherese, sulla V Assemblea della Federazione Luterana Mondiale
STATI UNITI. La società biblica
americana, visto l'interesse sempre
maggiore degli ambienti cattolici verso la Bibbia, ha pubblicato un documento nel quale ribadisce quello che
c sempre stato il concetto di base delle
società bibliche, vale a dire che esse
sono a disposizione di tutte le chiese:
il loro unico scopo c sempre stato e
BRASILE. Alice de Bouza Biana, una
vecchia domestica di Belem, aveva ricevuto un orologio dai suoi padroni
come ricompensa per i nurnerosi anni
di servizio prestati. Tre giorni dopo
Alice aveva venduto l’orologio e dato
il provento al rappresentante della società biblica brasiliana di Belem, per
aiutare a diffondere la Parola di Dio.
Qual’è la Sua prima impressione
circa l’Assemblea della Federazione Luterana Mondiale?
È Stata un'esperienza molto positiva. L'appartenere alla vasta famiglia
luterana ha sempre un’importanza
maggiore per un membro di una chiesa minoritaria che non per un membro di una chiesa di « maggioranza ».
Dico anche questo per esprimere il
mio disaccordo con quanti parlano del
tramontare dell’era di organizzazioni
mondiali confessionali che — a quanto dicono — saranno sostituite dal
« Concilio dei Cristiani ». A meno che
siamo sopraffatti da un entusiasmo
dannoso, dobbiamo renderci conto che
la via che porta ad un eventuale Concilio cristiano universale sarà molto
lunga. Il forzare queU’idea causerebbe
disordine piuttosto che unità. Le comunità cristiane debbono prima riuscire a conoscersi molto meglio ed esser pronte ad imparare di più Luna
dall’altra con cuore aperto. Tutto ciò
richiede tempo, umiltà, apertura mentale e perseveranza.
Qual’è la Sua opinione circa il dibattito sulla sede delTAssemblea?
Mentr’erano ad Evian, i delegati della Chiesa Ungherese si sono astenuti
dal prender parte a questo dibattito.
Ed ora che la cosa è passata, ho riflettuto. Non è stato veramente il fallimento di un’ostentazione cristiana o di
una « dimostrazione di forza »? Giungo a fare questa domanda: non è stato
il Signore a porre fine a quest’idea di
far mostra della nostra forza? Il primo progetto era che l’Assemblea avesse luogo a Weimar. Io pongo questa
domanda silenziosa: non c’era in fondo, dietro a questo piano, l’idea che la
F.L.M. o il Luteranesimo mondiale
ostentasse una dimostrazione di forza
precisamente nella Repubblica democratica tedesca? Probabilmente sotto
forma di una dimostrazione solenne!
E non potremmo scoprire un’idea simile, in un altro contesto, in fondo al
progetto di tenere l’Assemblea a Porto
Aiegre? La mia opinione c che ciò di
cui la F.L.M. e le Chiese Luterane han
bisogno non è una comparsa trionfale, né una dimostrazione di forza —
cose simili non servirebbero la Chiesa,
né il mondo! —; ciò di cui abbiam bisogno è il servizio sostenuto dalla potenza dell’Evangelo — un servizio sul
modello del Christus Diakonos, sia che
predichiamo, o compiarno opere di carità, in una singola nazione o su scala
mondiale, sia che teniamo un’assemblea mondiale. La forma di testimonianza più adatta non è una dimostrazione, ma l’aiuto concreto e positivo
che la chiesa potrebbe realmente dare
al mondo nel risolvere i suoi problemi.
Quali sono state le caratteristiche dell’Assemblea di Evian?
La mia risposta esprime più della
mia opinione personale: riflette pure
la posizione del comitato di relazioni
coll’estero della nostra Chiesa. Non ci
può essere alcun dubbio che, da più
di un punto di vista, sono stati fatti
dei passi avanti ad Evian.
1) È stata buona cosa che la Pri
ma Sezione dell’Assemblea abbia cercato risposte ai problemi inerenti al
far conoscere l’Evangelo, provando così di risolvere gli urgenti problemi de'la predicazione. Anche se non c riuscita a trovare una soluzione-toccasana,
ciò nondimeno ha risvegliato la nostra
responsabilità net ricercare senza posa le risposte opportune che l’Evangelo dà alle domande poste dalla gente di oggi, invece di ripetere le risposte di ieri ai problemi di oggi.
2) Un bel passo avanti è stato fatto nel campo dell’etica sociale. Alcuni
considerano quest’enfasi su problemi
sociali un passivo più che un attivo.
Ad ogni modo noi lo consideriamo un
grosso guadagno. Siamo stati contenti
di vedere che già la Prima Sezione ha
messo in risalto il fatto che la testimonianza della chiesa non era data nel
vuoto, ma nella società, incoraggiando
le Chiese membro a prestare maggiore attenzione ai problemi sociali, economici e culturali. Siamo pure stati
soddisfatti di vedere che, per quanto
concerne il problema razziale, quello
dei diritti umani, della causa della pace, della sicurezza europea, alcune buone risoluzioni sono state approvate
nelle sessioni plenarie. Queste risoluzioni contengono la salutare affermazione che la teologia, l’etica e l’implicazione pratica sono inseparabilmente
legate. Noi crediamo che quest’implicazione nei problemi del mondo è una
indicazione del fatto che la chiesa non
esiste come fine a sé stessa, ma esiste
per il mondo. E chiunque credesse
che, in relazione al mondo, « l’unico
compito della Chiesa è la proclamazione dell’Evangelo », mutilerebbe eviden
Disseiìso cattnlico
Segnalazione
È uscito il n. 12 del Bollettino di collegamento fra comunità cristiane in Italia, pubblicato mensilmente a Firenze (via delle Cascine 22). In questo numero il Bollettino si
presenta come a l'unico periodico libero in
Italia interamente a servizio delle esperienze
cristiane di base ». A loro volta le comunità di base .sono descritte come « quelle comunità di credenti che sono sorte in Italia —
come in altre nazioni del mondo — non per
iniziativa dell'autorità ecclesiastica, anzi talvolta in conflitto con essa, e si propongono
l'obbedienza all'evangcio nella povertà, nella
libertà, nell’amore ». Viene infine ricordata
bi definizione della « base » data dal teologo
cattolico Gonzalez-Ruiz ; a La base sono gli
sfruttati, gli oppressi, i poveri, il grande spazio teofanico in cui Dio si rivela ».
Il sommario del n. 12 è il seguente:
— Notizie, informazioni, segnalazioni dall'Italia e dal mondo: la « religione » nelle
scuole: lino a quando? - il Papa è un buon
cristiano? - a Matera la Costituzione non funziona - si scuotono solo se tocchi i soldi isterismo postconciliare - qui il Vandalino
- la partigianeria del Vangelo.
— All Isolotto Dio unisce: le nozze di Mauro e Gabriella.
— Cristo si è fermato a Genova?: radiografia d una diocesi inalata.
temente l’Evangelo ed anche il contenuto della Riforma.
3) Ci rallegriamo pure di notare i
grandi progressi raggiunti nei rapporti tra le Chiese Luterane e Riformate.
Noi affermiamo la comunanza « di pulpito e di altare » (n.d.r.: nella predicazione e nella Cena), l’ulteriore rafforzamento delle relazioni, come pure
l’intenzione e la richiesta che le due
Chiese agiscano congiuntamente per
risolvere gli urgenti problemi del
mondo.
4) Attribuiamo grande valore alla
conferenza del Prof. Tòdt di Heidelberg circa « un discepolato creativo ».
Benché le premesse della conferenza
siano discutibili, le conseguenze che
ne sono derivate sono certamente buone. È verissimo che, seguendo le orme
di Gesù nel mondo moderno, i discepoli di Cristo debbono dare risposte
nuove e feconde alla domanda formulata nel mondo e, non accontentandosi
di fare affermazioni teologiche, devono sforzarsi di risolvere i problemi
specifici che si presentano a loro. Questa conferenza ha avuto l’effetto di mobilitarci. È discesa dal trono delle affermazioni teologiche e ha spinto la
Chiesa nella mischia della vita, per
compiere i servizi specifici del « discepolato creativo ».
Ci sono stati anche dei lati negativi, nell’Assemblea?
Se ho insistentemente parlato di passi avanti, devo pure dire che sono stati fatti alcuni passi falsi.
1) Non possiamo affatto ratificare
la direttiva proposta dal Prof. Knutson circa le relazioni fra Luterani e
Cattolico-Romani. Sebbene la sua conferenza contenesse un buon numero
di bei passi, l’impressione generale lasciata dalla sua esposizione era di un
entusiasmo pericoloso. Anche la nostra Chiesa è pronta a dialogare con
la Chiesa Cattolica-Romana; anche noi
siamo aperti allo sforzo di conoscer
meglio le relative posizioni, nella linea
di mettere in comune i doni specifici
di ognuna; anche noi siamo pronti a
cooperare nello sforzo di risolvere i
problemi urgenti dell’umanità; ma. per
quanto concerne il concetto di « riunione », come lo ha proposto il Prof.
Knutson, quel concetto rientra per noi
nel regno dell’escatologia. Siamo convinti che quest’idea di « riunione » è
stata, in senso teologico c pratico, un
« passo falso ». Insistere su quell’idea
attirerebbe una forza di divisione piuttosto che di unità. Le nostre esperienze di Chiesa minoritaria differiscono
da quelle del Prof. Knutson, la cui
chiesa a Dubuque (lowa, USA) è di
« maggioranza » rispetto ai Cattolici
Romani ivi residenti. Sarebbe auspicabile che la Federazione Luterana Mondiale, invece di classificare semplicemente la nostra posizione come « conservatrice », prestasse maggiore attenzione alla situazione e alla testimonianza delle Chiese minoritarie. In generale, crediamo pure che la F.L.M.
dovrebbe affrontare con maggiore
equilibrio la questione delle relazioni
Luterane - Cattoliche Romane. E ci di
(continua a pag. 4)
4
pag. 4
N. 45 — 13 novembre 1970
Echi dei lavori dell’Assemblea federale di Firenze
(segue da pag. 1)
esprimere un certo numero di prese
di posizione (specie per ciò che riguarda i rapporti con lo Stato), dell’efficicnte servizio stampa (almeno la
stampa quotidiana fiorentina se n’è
servita efficacemente).
Un aspetto che saltava agli occhi era
la relativa omogeneità dell’Assemblea;
molto superiore — malgrado certi contrasti e l’opposizione di piccole minoranze — a quella che in genere si riscontra (ancora) nei sinodi delle Chiese. La cosa ha una sua ragione profonda; s’impegna nell’attività federale, anche a modesto livello di delegazione, chi ha fiducia nella Federazione
e in particolare nella linea secondo la
quale questa si va muovendo; ed è anche funzionale, come han mostrato la
mole di lavoro sbrigato, i numerosi
documenti votati all’unanimità o a forte maggioranza, il consensus assai largo che indubbiamente si sentiva, la
evidente concertazione in fatto di elezioni. Tale omogeneità racchiude però
anche un rischio, perché sarebbe dannoso e alle Chiese e alla F.C.E.I. se
quest’ultima diventasse una sorta di
anti-Chiesa, o meglio la Chiesa di coloro che stanno a disagio (in un’unica
direzione, si noti) nelle cosidette
Chiese storiche. La necessaria e stimolante tensione fra F.C.E.I. e Chiese deve restare entro i limiti di una stretta
e fraterna complementarità. E a questo proposito si deve dire che il vincolo fra organi e servizi federali e le
comunità dev’essere più profondo e
continuato. Ricordiamo qui il rincrescimento espresso dall'ultimo Sinodo
perché i documenti preparatori e l’ordine del giorno dell’Assemblea di Firenze sono giunti alle Chiese soltanto
in extremis, senza permettere un esame locale preventivo.
Rallegrante il consenso che, almeno
fra le Chiese federate, si va chiarendo
per ciò che concerne i rapporti con lo
Stato; il lavoro perseverante di alcuni
fra noi sta dando a poco a poco i suoi
frutti, portando a una maturazione e
una presa di coscienza nuova di questo problema, in una prospettiva protestante. I documenti, nella loro stesura, mostrano per altro una carenza effettiva nell'esplicitazione dei motivi
evangelici che ci spingono a lottare
per l’abolizione del Concordato, contro
l’insegnamento religioso confessionale
nelle scuole pubbliche, per l’obiezione
di coscienza e per l’abolizione del reato di vilipendio. Né mi pare reggere la
obiezione che si tratta di documenti
volti all’esterno: se il nostro modesto
servizio al paese può limitarsi alla collaborazione nella lotta per queste cause civili, la nostra testimonianza sta o
cade a seconda che sapremo o non sapremo dire perché ci impegnarne in
questa lotta, chi è Colui che ci muove,
qual è il preciso contesto biblico, di
fede, nel quale si situa il nostro impegno. E chi avrà orecchi da udire,
udrà; ma come udranno se non c’è chi
predichi (esplicitamente)?
Positiva pure l’opera, portata avanti
soprattutto dal Servizio Studi, per una
maturazione teologica dell’evangelismo italiano. Si tratta di attività ancora limitate, numericamente parlando, e nelle quali bisognerà lottare contro lo scoglio del tecnicismo, che sconcerta e allontana tanti; ma questa sensibilità all’esigenza di un approfondimento critico della fede nella cultura
dell’epoca, ben radicati nell’unico e
immutabile fondamento della Bibbia,
è un fatto fortemente rallegrante, carico di speranza. Bisogna usare bene
questa possibilità, rispondere rettamente a questa fame e sete che qua e
là comincia a farsi sentire nelle chiese.
Quello che doveva essere, ed è stato, il ’clou’ dell’Assemblea federale, il
dibattito sul programma operativo del
Servizio stampa-radio-televisione e in
particolare sulla posizione di « Nuovi
Tempi », ha dato delle utili indicazioni
per ciò che riguarda la nostra partecipazione a programmi radiotelevisivi,
senza però neppure toccare né la questione se il valerci degli strumenti statali sia o no una manifestazione dell’aborrito ’costantinianesimo’, né il
problema dei finanziamenti, messo pudicamente in sordina il fatto che il forte sostegno dell’Inter Church Aid, organismo ecumenico, fra cinque anni
sarà drasticamente ridimensionato e
cl troveremo, quasi con le nostre sole
forze, alle prese con un impegno misurato sulle disponibiiità eccezionali
attuali.
Il dibattito non ha invece portato
ad alcuna vera chiarificazione sulla
posizione di « Nuovi Tempi » nell’ambito della F.C.E.I., fatto tanto più grave se si considera che la linea del settimanale è uno dei punti di discordia
nelle Chiese della F.C.E.I., assai più
di quanto potesse risultare dall’Assemblea fiorentina. Giustamente si lamentava che « Nuovi Tempi » fosse orfano: non certo povero, ma orfano nel
senso che, nato da un voto del Congresso di Roma, si è poi sviluppato in
modo autonomo, senza che le Chiese
fossero investite della sua responsabilità. In Assemblea è stata presentata
la proposta che la F.C.E.I. (come già
hanno fatto la Chiesa Valdese, trami
te la Tavola, la Chiesa Metodista, tramite il Comitato permanente, e l’Unione Battista, tramite il Consiglio esecutivo) entrasse a far parte, quale socio
« collettivo », dell’Associazione Stampa
Evangelica (A.S.E.), l’ente privato proprietario della testata di « Nuovi Tem
pi ». Un’adozione ’sui generis’. La proposta è stata accettata, a forte maggioranza. Per parte mia — e so di
esprimere il parere di altri, com’è apparso anche all’Assemblea fiorentina —
rinnovo qui il netto dissenso sulla correttezza di questa decisione. Le Chiese,
e per loro i loro esecutivi, non hanno
da essere azionisti di imprese sulle
quali il loro controllo è forzatamente
limitato e indiretto. Era giunto il momento di scegliere se si voleva seguire la via ’privata’, con le sue libertà e
i suoi rischi, o la via ’ecclesiastica’,
con le sue relative servitù e le sue garanzie; pare che si sia scelta la via della libertà e delle garanzie, con la benezione dell’Assemblea. Chiunque tiene a
un regime sinodale corretto, chiunque
pensa che qualsiasi organismo o organo in cui la Chiesa sia impegnata deve rispondere alla sua assemblea (sinodale o federale), non può non trovare
abnorme la decisione presa a Firenze.
Perché si è proceduto così? Forse per
evitare di affrontare il vero problema,
che è quello del contenuto di « Nuovi
Tempi »? In ogni caso i delegati se ne
sono tornati alle chiese, consci di essere azionisti dell’A.S.E., ma tutt’altro
che al chiaro su che cosa ciò comporta: quanti voti (e su quanti) nell’assemblea e nel consiglio di amministrazione dell’A.S.E., quale effettiva possibilità di influire sulla linea del giornale, quali responsabilità finanziarie, se
non oggi, fra qualche anno.
Infine, se si confronta la struttura
attuale con le speranze apparse nella
fase costituente della F.C.E.I., bisogna
da un lato riconoscere che, salvo qualche zona (si è finora costituita soltanto la Federazione regionale lombarda
ed è di prossima costituzione quella
apulo-lucana) e salvo il lavoro comune
che si va facendo in talune città, specie a livello giovanile, il senso e l’impegno di una vocazione comune non è
ancora maturato in molte comunità.
in tutte le denominazioni pur federate: si tratta di una responsabilità delle comunità, che la Federazione può
appoggiare con un’azione di informazione e di stimolo, ma che non può
creare. D’altro lato, si deve prendere
atto che le riserve espresse da alcune
Chiese evangeliche italiane, al momento della costituzione della F.C.E.I., sono state ribadite e approfondite. Senza trascurare le responsabilità di queste Chiese, c’è da domandarsi se la
F.C.E.I. ha fatto qualcosa per avvicinarle, per spiegarsi con loro. Sì, qualcosa è stato fatto nel campo delle relazioni con lo Stato (e qui non sempre
le Chiese non federate hanno mostrato
di avere posizioni teologicamente chiare e di voler vedere nelle strutture federali altro e più che un utile strumento per difendere e perseguire certi interessi ecclesiastici nella nostra repubblica conciliare), ma poco o nulla, a
quanto risulta, per avvicinarle a un livello più profondo, teologico e spirituale, in una volontà di comprensione
vera; né si può dire che « Nuovi Tempi », che si vuole inserito nella vita della Federazione, abbia fatto il minimo
sforzo di apertura in questa direzione; è anzi evidente che la linea scelta
pone in partenza ostacoli seri a un
rapporto approfondito fra Chiese federate e non. Oggi come oggi, parlare
di Federazione delle Chiese evangeliche in Italia è un abuso, a rigor di termini; assai più di metà dell’evangelismo italiano ne resta fuori, per motivi che non si possono liquidare troppo facilmente. Questo problema è stato seriamente sentilo, nell’Assemblea
di Firenze; non resta che augurarsi
che tale sentimento rallegrante si traduca in una effettiva offerta d’incontro fraterno, di dibattito, in una reale
volontà di ascolto dell’altro. Solo così
potremo chiedere a quei fratelli di
avere verso noi la medesima apertura.
GrNO Conte
La predicazione di Giorgio Tourn
Dal fempo della crisi
a quello della menzogna
Alcune deliberazioni
Sui mezzi di comunicazione di massa
L’assemblea, riconoscendo che il compito primario della Chiesa consiste nella pubblica predicazione dell’Evangelo, fatta in ubbidienza alla
S. Scrittura, ritiene che la radio e la televisione debbano essere considerate strumenti validi per rivolgersi a un uditorio di vaste dimensioni
e una occasione di testimonianza che coinvolge tutte le chiese evangeliche italiane senza distinzioni.
Tale testimonianza deve tenere conto della composizione sociale dell’uditorio a cui si rivolge, adottando un linguaggio non specializzato,
semplice, quotidiano, e impostando il discorso in maniera diretta e concreta.
Per quanto concerne la radio, ciò comporta una predicazione centrata su pochi concetti chiari ed incisivi, un lavoro di gruppo per impostare le trasmissioni, un’accurata scelta degli oratori e di chiunque svolga un’attività in tale settore. Occorrerà inoltre curare la massima sobrietà delle parti liturgiche e Io sviluppo della parte informativa, dando
particolare rilievo alle interviste ed al commento critico e dialettico delle notizie fondamentali.
Per quanto concerne la televisione, bisognerà proporre ai telespettatori una documentazione storica e di attualità corretta e veritiera sul
protestantesimo e, d’altra parte, consentire a un più vasto pubblico un
incontro diretto con le comunità evangeliche, pur perseguendo come
obiettivo fondamentale la predicazione deH’EVangelo. Ciò risponderebbe
ad una duplice esigenza:
— da un lato favorire una conoscenza reale tra gli evangelici che
faciliti un serio confronto fra le varie posizioni oggi presenti nell’evangelismo a proposito della testimonianza e favorisca un ripensamento
autocritico di ciascuno;
— dall’altro presentare ai telespettatori non evangelici il problema
di un rapporto fedele fra la Parola di Dio e l’azione dei credenti.
Ciò implica che questa Parola non possa essere vista astrattamente,
staccata da quelli che cercano di fare la volontà di Dio e che d’altra
parte non si miri a una presentazione propagandistica della nostra
opera, ma si stimolino gli spettatori a interrogarsi su ciò che Dio ha
fatto per il suo popolo e per tutto il mondo.
È da tener presente infine l’opportunità di una presenza degli evangelici nelle occasioni, offerte dalla radio e dalla televisione, di dibattito
e di confronto sui problemi che toccano la responsabilità cristiana, purché la posizione evangelica abbia la possibilità di esprimersi in piena
chiarezza.
Per quanto concerne la stampa, l’assemblea chiede che la Federazione entri a far parte dell’A.S.E., purché ciò non comporti un appesantimento del bilancio ordinario della Federazione e purché la partecipazione della Federazione all’A.S.E. rappresenti un utile contributo di
critica e di consiglio in vista di un maggior avvicinamento del giornale
« Nuovi Tempi » all’intera realtà evangelica del nostro paese.
telli impegnati nella testimonianza della Chiesa;
— offrendo facilitazioni finanziarie;
— segnalando tempestivamente a
tutti i re.sponsabili le date degli
incontri, in modo che esse non
vengano a coincidere con altre
attività ecclesiastiche.
Suil’operato
del servizio studi
L’Assemblea,
preso atto del lavoro svolto dal
servizio studi della Federazione
ne approva l’impostazione di fondo, intesa a mettere le comunità in
condizione di poter affrontare in
modo adegualo i temi più scottanti per la testimonianza evangelica
nel nostro tempo,
si rallegra delle iniziative che sono state attuate (diakonia, note
omiletiche, pubblicazioni, incontri
biblici e teologici), approva l’abbozzo di programma degli incontri
del 1971,
segnala alle chiese l’importanza
degli argomenti affrontati e raccomanda l’ampia utilizzazione di questi studi in seno alle comunità locali, ai convegni ed alle federazioni
regionali,
raccomanda alle chiese ed opere
di facilitare in ogni modo la partecipazione di laici e pastori agli incontri organizzati dal servizio studi;
— inviando all’ufficio della Federazione gli indirizzi di tutti i fra
Rifacendosi alla ricorrenza della breccia dì Porta Pia, Giorgio
Tourn nella sua predicazione nel
culto inaugurale dell’Assemblea
ha fatto una radiografia spirituale di questo secolo di vita del
nostro paese e delle nostre Chiese. Vi ha individuato tre grandi
momenti: il tempo della cri.si,
anzitutto, quella crisi simboleggiata appunto dal modesto e un
po’ ambiguo episodio svoltosi alle mura romane; una crisi politica e sociale, culturale e spirituale attraverso la quale Dio interpellava la Chiesa, quella di
Roma anzitutto, ma anche ogni
altra, con la parola alta e forte
del giudizio, del richiamo: « Dio
era passato, e il suo passaggio significava condanna e grazia, giudizio e libertà: questo avevano
atteso molti credenti, come gli
uomini dell’Avvento, come gli
umili ed emarginati credenti
d’Israele aspettavano la consolazione del popolo; non la fine di
Roma, ma la fine del silenzio, del
compromesso, della morte spirituale rivestita del fasto dei riti.
La breccia simboleggia la libertà di Dio, il fatto che prima o
poi la sua parola sa farsi strada
nella Chiesa, sa infrangere le
strutture più sclerotizzate, far
esplodere i compromessi più calcolati ». Ma il segno non è stato
compreso; né dalla nazione, né
dalla Chiesa; « è ricominciato
il tempo del silenzio, per annullare il simbolo doloroso, la
parola severa che un giorno
le era stata rivolta ». E anche
l’evangelismo italiano, se da un
lato è balzato all’attacco con
lo scatto del bersagliere, ha vissuto a modo suo l’ora del silenzio, incapace di rivolgere una
parola efficace, provocatoria, profetica. Anche gli evangelici italiani, in questo tempo, « non vedono altro che le mura, la forza
imponente e la stabilità delle
struttui'e »; non sanno vegliare,
cioè « resistere con pazienza alle
sollecitazioni del presente e della sua imponente staticità, di
stanziarsi dalle realtà immediate
dell’oggi, non essere affascinati
da ciò che si vede e non è », non
sanno « ribellarsi al fascino dei
bastioni, nella coscienza che saranno non solo sbrecciati, ma
sventrati, al fascino del tempio
che sarà incenerito, annientato...
Li accuseremo noi forse? » Ma
oggi siamo nel tempo della menzogna: la menzogna della messa
celebrativa officiata dal card. Dell’Acqua a Porta Pia, « geniale e
terrifico ricupero », la menzogna
forse inconscia che si esprimeva
nel discorso del presidente della
Repubblica a Montecitorio, dando voce al sentimento medio degli italiani: « la marcia verso una
nuova società richiede l’intesa e
la collaborazione di tutti, la restaurata unità fra Stato e Chiesa ». Ma questa tentazione non è
solo di altri, non ci risparmia:
« La autenticità della fede dei
nonni nella lettura profetica del
simbolo e il silenzioso e compromesso timore dei padri nel guardare ai nuovi simboli dell’età
loro, non ci possono esimere dal
considerare oggi i nuovi simboli
che dentro e fuori di noi stanno
sorgendo. E se questo è il tempo
della menzogna per Roma cattolica, lo è altresì per noi. Anche
per noi si sta verificando lo stesso fenomeno di ricupero prudente del passato, di accomodamento al presente, di una lettura delle cose che è senza pentimento...
Il simbolo della breccia è per
noi, oggi, più che un ricordo di
tempi ottocenteschi, è il presente: la breccia è stata aperta nel, la cristianità occidentale dal Signore, molte brecce sono state
aperte e si stanno aprendo, nessuno le può chiudere o ricuperare. Per noi evangelici si tratta di
leggerle con fede, di superarle
nella vigilanza e nel pentimento,
definendo che cosa significa per
noi, oggi, « rafferma il resto che
sta per morire »; il resto della
coscienza, della speranza, del popolo di Dio che non può e non
deve morire ».
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii:iiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
...e di quello
per l’educazione
religiosa
L’Assemblea della Federazione
delle Chiese Evangeliche in Italia,
riunita a Firenze dall’l al 4 novembre 1970,
approva l’Operato del Servizio
della Federazione per l’istruzione ed
educazione religiosa;
ne incoraggia il proseguimento
sulla linea finora perseguita e, giudicando che le Scuole domenicali
svolgono attualmente e possono
svolgere in misura più ampia una
funzione importante di collegamento interdenominazionale, raccomanda al Servizio di accogliere e sollecitare ogni possibile forma di cooperazione ed apporto costruttivo
da parte di Chiese e movimenti
Evangelici non Federati;
avverte la necessità e l’urgenza
della costituzione delle Federazioni
regionali per un proficuo decentramento delle attività del Servizio;
esorta il Servizio ad affrontare in
profondità le questioni concernenti l’insegnamento religioso nelle nostre Chiese e nella scuola pubblica
e ad effettuare una attenta analisi
dei problemi dell’istruzione in generale, in stretto coordinamento
con il Servizio di Azione Sociale,
l’Ufficio legale, di cui sì caldeggia
la celere costituzione, e la Federazione Giovanile Evangelica Italiana
per le rispettive competenze.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiMniiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Passi avanti, ma anche
aicuni passi faisi
(segue da pag. 3)
spiace particolarmente che, in fondo,
non sia stata data alcuna opportunità,
ad Evian, di avere una discussione dettagliata ed aperta della questione Cattolica Romana, né nella Sezione II, né
nelle sessioni plenarie, sebbene la competenza di decidere su questa questione concerni le Chiese-membro, e non
il centro della F.L.M. a Ginevra.
2) Pur riconoscendo il caiattere
positivo della discussione di problemi
sociali, dobbiamo pure notare alcuni
punti negativi. Le deliberazioni avrebbero dovuto essere molto più concrete. Avremmo dovuto avere anche più
coraggio nell’applicare « le tesi teologiche » al Vietnam, al Medio Qrienle,
ai problemi della guerra, del disarmo
e delle armi nucleari. E non è stalo
neppure adeguatamente espresso che
la Cdiiesa deve cooperare con tutti gli
uomini di buona volontà nello sforzo
di risolvere i problemi esistenti nel
mondo. Molti nutrono tuttora l’ideale
di una specie di « soluzione » specificamente « ecclesiastica » a questi problemi, e son contrari all’idea di un ecumenismo secolare che non .sostenga
una « chiesa mondiale » — come molti
erroneamente credono — ma la coopcrazione di credenti e di non-credenti
come pure l’esigenza che la chiesa abbia la volontà ed il coraggio di compiere opere buone di « carattere secolare » come frutto della loro fede.
3) Ahimè, ad Evian si è di nuovo
verificata la tendenza caratteristica
delle precedenti assemblee, in quanto
le principali conferenze sono state
pronunciate da rappresentanti delle
Chiese occidentali, .senza che lo stesso
incarico sia stato affidato ai rappresentanti delle « Chiese orientali ». Sembrava che l’Qccidente desiderasse tenere una lezione all’Oriente, mentre
rifiutava di riceverne a sua volta un
insegnamento. Naturalmente abbiamo
da imparare anche dai nostri fratelli
occidentali, ma pure noi possiamo e
vogliamo aiutarli coi nostri servizi.
Questa esclusione di « conferenzieri
orientali » — e ve ne sarebbero — impoverisce le Assemblee. E non potremmo forse aver la sensazione che la stessa tendenza si è espressa nel fatto che
nessun rappresentante della Chiesa
Ungherese è stato eletto membro della nuova Commissione di Studio, mentre è chiaro a tutti che il documento
di studio preparato più a fondo era
stato portato ad Evian precisamente
dalla Chiesa Ungherese? O è intenzione della nuova Commissione di Studio
di portare avanti un lavoro teologico
di « stampo unico »?
IIIIMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII¡IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIMIIIIII
Collegio Valdese
Il Comitato del Collegio Valdese è
lieto di comunicare che il secondo ciclo di lezioni di teologia predisposto
dai professori della Facoltà Valdese
sarà svolto a cura del prof. Bruno Corsani nella settimana 22-29 novembre
р. v. secondo il seguente programma:
« Gli scritti lucani. Storia letteraria,
ambiente storico ed ecclesiastico, pensiero ».
N. 5 lezioni da lunedì 23 c. m. a venerdì 27 c. m. presso la Foresteria g. c.
ore 20,30.
Il prof. Corsani terrà inoltre lezioni
sullo stesso argomento agli studenti
della Scuola media e del GinnasioLiceo nel corso della settimana e presiederà due culti, le domeniche 22 e 29
с. m. in parrocchie che verranno scelte
dalla Commissione distrettuale.
Infine il prof. Corsani terrà la conferenza mensile del ciclo programmalo dal Comitato del Collegio la domenica 29 novembre, alle ore 16, pres.so
la foresteria, sull’argomento: « Lo studio della S. Scrittura nel Protestantesimo e nel Cattolicesimo romano ».
Ringraziamo fin d’ora molto vivamente il prof. Corsani per la preziosa
collaborazione e siamo certi che questo secondo ciclo sarà seguito con lo
stesso interesse e entusiasmo del precedente.
Jl Comitato del C. V.
5
13 novembre 1970 — N. 45
pag. 5
Vita, problemi e prospettive delle chiese valdesi
ECHI DEL CONGRESSO A. I. C. E.
Valentina Vottero
diaconessa valdese
« Se uno vuol venire dietro a me,
rinunzi a se stesso, prenda ogni
giorno la sua croce e mi segua.
Perché chi vorrà salvare la sua
vita la perderà, ma chi avrà perduto la propria vita per me, egli
la salverà » (Luca 9: 23-24).
Mercoledì, 4 Novembre cessava di vivere Suor Valentina Vottero,
Diaconessa Valdese, all’età di 69 anni, dopo lunghi mesi di sofferenza,
sopportata con pazienza fiduciosa nell’aiuto e nella grazia del Signore.
«Vi è gioia intensa a lavorare per il bene del prossimo e se il lavoro è fatto con amore, porterà del frutto alla gloria di Dio. Sono sempre più riconoscente al Signore di avermi chiamata al suo servizio e
spero, con il suo aiuto, di poter proseguire nella bell’opera intrapresa », così si esprimeva Suor Valentina, nel 1931, in una lettera indirizzata all’allora Direttore Past. Luigi Marauda. L’anno precedente
era entrata nell’Opera come Novizia e già da alloi'a fu inviata all’Ospedale Valdese di Torino dove doveva rimanere quasi ininterrottamente, fino al 1950. Il 9 Settembre 1934 fu consacrata Diaconessa con
Suor Adele Gay, Suor Arcangela Ferrara e Suor Giulia Poèt. A Torino
si occupò per molti anni del gabinetto di radiologia. Affrontò il periodo bellico con serenità e coraggio finché nel luglio del 1943, in seguito
ai gravissimi danneggiamenti subiti a causa dei bombardamenti aerei,
l’Ospedale dovette essere interamente sfollato. Essa rimase a Torino
come Suora visitante, mentre collaborava alla ricostruzione dell’Ospedale di cui divenne direttrice nel 1948. Nel 1951 fu trasferita alla Direzione dell’Ospedale di Pomaretto, dove compì un servizio benedetto
finché nel 1963, a causa della salute, dovette interrompere l’opera per
cui non aveva risparmiato tempo e energie. Chiamata alla Casa Madre,
entrò presto in emeritazione e le sue condizioni di salute, malgrado le
assidue cure, andarono peggiorando progressivamente finché il male
ebbe il sopravvento. Fino alla fine essa fu fedele alla sua vocazione.
La « bell’opera » da lei intrapresa al servizio del Signore e dei sofferenti fu condotta e vissuta con entusiasmo e coraggio, lasciando in
tutti il ricordo di una operosità umile e serena. Al Signore va la nostra riconoscenza per aver dato questa sorella all’opera diaconale e
La scuola moderna vista da Mario Lodi
alla Chiesa tutta.
Per la Casa delle Diaconesse
■doni in memoria di Suor Valentina
Past. Alberto Taccia L. 5.000; Suor Dina
Costantin 5.000; Suor Lidia Perrou 5.000;
Suor Margherita Jourdan 5.000; Suor Melanie Cardón 5.000; Sig.ra Ester Ganz, Torre
Pellice 5.000; Sig.ra Caterina De Beaux, Torre Pellice 2.500: Sig.ra Vottero Elvira. Mompanlero 10.000; Sig. Vottero Fiorentino, Monipantero 30.000.
I doni possono essere versali sul conto corrente 2/40880. Casa Diaconesse. 10066 Torre Pellice (Torino).
Incontri di Concistori
del 1° Distretto
Domenica 22 novembre avranno luogo tre incontri settoriali di Concistori e responsabili del I Distretto per
discutere il problema del nuovo regolamento del Sinodo per la zona italiana :
a) Per la Val Germanasca; a Perrero, ore 14.30 (Chiesa Valdese);
b) Per la Val Chisone: a Pinero,
lo, ore 14.30 (Via dei Mille 1);
c) Per la Val Pellice: a Torre Pellice, ore 15 (Casa Unionista).
Luserna S. Giov.
L'inatteso trasferimento del Pastore G. Bogo, dopo soli quattro anni di permanenza in
questa comunità, dove aveva saputo accattivarsi la simpatia dei parrocchiani specie dei
giovani e degli anziani, come lo ha dimostrato la lettera di commiato con oltre 600 firme
consegnatagli il giorno in cui, in una riunione familiare organizzala dalTUnione Femminile e dalla Corale, un folto numero di parrocchiani si stringevano intorno a lui ed alla
sua famiglia, ha causalo un certo disorientameli to.
L'arrivo del Pastore R. Jahier. che per oltre
un quattordicennio aveva retto la nostra Parrocchia, validamente coadiuvalo da Anziani e
Diaconi e da un buon numero di giovani, ha
facilitato la ripresa delle attività.
La prossima elezione del nuovo Pastore
contribuirà certamente a ra.sserenare completamente la comunità che potrà così attendere
fiduciosa l'arrivo del nuovo Pastore titolare.
Al Pastore Bogo, già insediato a Zurigo, auguriamo un buono e fecondo ministerio in
quella Comunità, al sig. Jahier esprimiamo la
nostra riconoscenza per aver accettato il compito as.sai gravoso di Pastore interinale.
Torre Pellice
Cinefórum
Per iniziativa del Centro Culturale « Sergio
Toja » ed in collaborazione con il Cinefonim
di Pinerolo. anche quest'anno saranno proiettate due serie di film al Cinema Trento di
Torre Pellice. Il primo ciclo comprenderà
quattro film (uno per settimana) ed avrà inìzio lunedì 16 novembre alle ore 21.
Il secondo ciclo sarà di undici film c incomincerà il 1° marzo.
Molte di queste pellicole sono opere di celebri registi e quindi note per il loro alto
livello artistico e culturale.
a. t.
Pomaretto
Magia, spiritismo, reincarnazione
sotto processo
Al circolo culturale di Perosa si c dibattuto il tema dello spiritismo; il relatore ha esposto il tema soffermandosi a lungo sui fenomeni ormai sufficientemente noti, sottolineando il
carattere scientifico di tali fatti. Qualche domanda di fondo è stata posta al relatore e
cioè: Cosa vuole lo spiritismo? Quale rapporto sussiste tra quei fenomeni, e soprattutto
la reincarnazione, e la morte e risurrezione di
Cristo? Il conferenziere ha ricordato che lo
spiritismo ci consente di guardare nel mondo
delPaldilà e che il fatto del Cristo riguardava
soltanto i credenti. In fondo qui è il punto:
la fede nel Cristo che perdona ed espia per
noi il peccato, che ci dona la vita; la nuova
vita non si può dimostrare : è accettata dai
semplici, dagli ignoranti e dai piccoli fanciulli ed è poco accettabile dai savi, dagli intellettuali.
Qualcuno ha affermato: non contesto i fenomeni dello spiritismo, ma non sono attribuibili al mondo degli spiriti, bensì a forze
insite nelVuomo. Purtroppo la magia, lo spiritismo si affermano nel tempo dell’incredulità. nel tempo in cui la parola di Dio è messa da parte. Perciò anche nelle nostre comunità si ricerca Toroscopo, il dicitore di buona
fortuna, la maga e tutte quelle forme di superstizione che dovrebbero colmare il vuoto
della fede. Ma il vuoto rimane fino a quando
il nostro cuore non trova posa in Dio. Perciò il culto dei morti, il rito, la cerimonia sostituisce una fede vivente nel Cristo vincitore
della morte, consolatore concrelo d'ogni creatura die accoglie il Signore.
Recentemente la Signora Ruth Tourn ha
presieduto i culti allTiiverso Pìnasca ed a Pomaretto con profondi me.ssaggi; noi la ringraziamo per la sua collaborazione.
In questi giorni sono stati celebrati i servizi funebri di Carlo Giaiero, Ernesto Ribet.
Bartolomeo Collet. Il me.ssaggio della vita annunziato alle famiglie ed ai partecipanti sia di
conforto ai familiari, ai quali esprimiamo la
nostra simpatia.
Esprimiamo pure la nostra solidarietà alla
famìglia Rivale per Timprovvisa dipartita del
padre. Un grazie di cuore al Pastore Bertinat per la sua collaborazione.
Ringraziamo di cuore la missionaria Anita
Gay per la interessante conferenza sul Gabon
seguita da diapositive, tenuta davanti ad un
buon numero di studenti ed al gruppo dì fedeli che è ancora sensibile alla missione nel
mondo. Dalle colonne della nostra cronaca le
inviamo un pensiero di affettuoso ringraziamento per quanto ha fatto per la nostra chiesa. sperando che ulteriori offerte ci giungano
dagli assenti per la sua opera nel Gabon, dove
è già rientrata.
Domenica 75 alle ore 14,30 avrà luogo
una riunione nella sala delle attività, di tutte
le sorelle di chiesa ed in particolare dei genitori dei bambini della scuola materna per
ascoltare una relazione sui problemi dei bambini nella prima età.
Ricordiamo le attività pro.ssime : Venerdì 13. ore 20,30 riunione a Perosa: Mereoledì 18, riunione ai Masselli; Venerdì 20, riunione ai Ceri.sieri.
Domenica 22: il cullo sarà presieduto dal
Pastore Giorgio Bouchard di Cinisello.
Si è svolto a Torre Pellice, il 20 agosto l')/0, un incontro con Mario Lodi
sul tema « Rapporti scuola-famiglia »,
in occasione del Congresso Biennale
dell'AICE.
Mario Lodi è maestro elementare
presso la scuola rurale del Vho, una
frazione del comune di Piadena in provincia di Cremona.
Il problema fondamentale da cui è
partito il discorso di Mario Lodi, problema al tempo stesso didattico e politico, può essere così formulato: la
scuola è al servizio della « società dei
consumi » oppure è o può diventare
un servizio a vantaggio della formazione critica dell’uomo contro tale società?
Il dato di partenza è costituito dalla
considerazione della serie di condizionamenti, di pressioni che la società
esercita sul fanciullo. I mezzi attraverso i quali si realizza tale condizionamento sono molteplici: i mass media
in primo luogo, con cui vengono trasmessi i modelli di comportamento
tipico della società consumistica, poi
i libri di testo che comunicano una
cultura precostituita, fortemente ideologica in quanto trasmissione autoritaria di valori funzionali al mantenimento dello status quo.
Mario Lodi, a dimostrazione della
ricettività del fanciullo ai condizionamenti perpetrati dai mezzi di comunicazione di massa, fa ascoltare una scenetta interpretata dai suoi alunni con
il titolo « Il Carosello magico » che costituisce una rielaborazione effettuata
dai ragazzi stessi della haba « Il flauto magico » a cui è data una conclusione diversa che vede punito il vero responsabile, il sindaco, e non già i bambini innocenti: accanto a questa notevole consapevolezza critica, a questa
esigenza di « raddrizzare le cose storte », si evidenzia però la massiccia in(luenza che la televisione esercita sul
fanciullo, dimostrata dalla continua ripetizione degli slogans pubblicitari
che ricorrono nel linguaggio della scenetta in questione. A proposito poi del
condizionamento ideologico portato
dai libri in uso nelle scuole, si fa riferimento ad una recente analisi condotta da un gruppo di insegnanti su
263 testi scolastici attraverso i quali
emerge il modello delTindividuo tipo
della società di oggi: « un individuo »,
sono parole di Mario Lodi, « felice del
proprio lavoro, fervente patriota che
si entusiasma al passaggio dei carabinieri o dei soldati... Ligio all’insegnamento che più si fatica, più si è benedetti. Sarà convinto che padroni e operai si amano... Da grande sarà perfetto servitore del padrone, uno strumento in mano ad una classe dirigente che
si propone come fine la creazione di
un individuo particolarmente influenzabile ». Il valore fondamentale comunicato dai libri di testo è dunque quello dell’ubbidienza acritica, assoluta,
che significa sostanzialmente passività,
accettazione di tutto ciò che è, rinuncia a porsi come soggetto di un mutamento sociale, ciò che porta alla formazione dell’individuo perfettamente
integrato e consenziente.
Constatata 1’esistenza di questi condizionamenti, si pone dunque il problema di come reagire ad essi, di quale risposta fornire.
Un primo tipo di risposta si situa a
livello didattico: l’insegnante deve assumere come fine educativo la formazione critica dell’individuo per renderlo in grado di prendere coscienza del'a società in cui vive, di demistificar''
i meccanismi di condizionamento, attraverso un’attività scolastica basata
sulla ricerca in cui l’insegnante lavori
in collaborazione e solidarietà con gli
allievi e non già imponga in modo autoritario la linea del suo pensiero.
Ma tale risposta a livello didattico
deve essere affiancata da una risposta
a livello propriamente politico per non
fare della scuola un organismo staccato dalla realtà sociale che la circonda.
È a questo punto che Mario Lodi
introduce il problema del rapporto
scuola-famiglia intendendolo in senso
lato come rapporto scuola-società. Il
rapporto scuola-famiglia si deve situare nella linea di una democrazia
autentica: per dirla con Lodi, « la
scuola non è del preside o dei professori, ma degli utenti, delle famiglie ».
Ecco la risposta sul piano politico:
il lavoro di sensibilizzazione, di educazione alla presa di coscienza esce
dagli stretti confini della scuola, coinvolge i genitori degli alunni, diviene
^ la per uscire, presso Einaudi, il piu
recente libro di Mario Lodi, il
maestro del Vho di Piadena (l’autore,
tra l'altro, di Cipi e de II Permesso),
dal titolo II paese sbagliato. Molti già
ne parlano e la stampa, anche quella
non strettamente specializzata dal punto di vista pedagogico e scolastico, se
ne è occupata; qualcuno lo definisce
come un avvenimento rivoluzionario,
« un libro destinato probabilmente a
fare lo stesso scalpore della Lettera a
una professoressa di don Milani » (Il
Corriere della Sera).
Di fatto, il libro è il diario di cinque anni di scuola, un diario vivo,
emozionante, l'essenza di quel giornalino scolastico che da anni Lodi viene stampando col titolo di Insieme, e
che conta ben 90 abbonati! Esso rappresenta altresì l’ideale continuazione
di C'è speranza se questo accade al
Vho, diario dei precedenti cinque anni
di scuola elementare. Tra le varie corrispondenze inserite nel libro vi sono
quelle di Rita Gay e di Roberto Eynard, che a suo tempo si erano messi
in contatto con i ragazzi del Vho.
Ripromettendoci di presentare più
ampiamente l’atteso volume non appena in circolazione, puntualizzando
tra l’altro l’opera svolta dal maestro
nel suo paese, consigliamo a tutti, genitori, insegnanti e studenti, di non lasciarlo passare inosservato.
occasione per « far politica » in modo
nuovo, affrontando insieme, discutendo insieme, cercando di risolvere insieme, problemi comuni, nella direzione di una società diversa, al servizio
aell’uomo.
Interessante l’esempio di Mario Lodi di un’iniziativa realizzatasi a Piadena in occasione delle elezioni comunali consistente nella compilazione di
un libretto, « L’altra storia », che tratta della storia d’Italia dall’arrivo di
Garibaldi a Piadena fino ad oggi e che
si divide in due parti, da un lato la
narrazione degli avvenimenti così come sono presentati nei libri di testo,
dall’altro le testimonianze delle persone che hanno vissuto e partecipato attivamente alla storia di quel periodo.
Tale libretto è stato dunque occasione di una presa di coscienza collettiva in quanto ha fatto capire « ai cittadini che essi sono dei protagonisti,
che hanno una storia da raccontare...
hanno capito che valevano, che erano
loro i padroni di una situazione... che
il comune deve essere espressione del
potere del popolo che va dal basso in
alto ».
Qui veramente è espresso quello che
deve essere l’ideale educativo da realizzare all’interno e all’esterno della
iiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiMimiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiii
Rimini
Domenica 15 Novembre si inangera la Cappelia Valdese
« Benedici, anima mia, l’Eterno! »
L’inaugurazione ufficiale avrà luogo,
Dio volendo, domenica 15 novembre
alle ore 11 (Viale Trento, 61. Fermata
10 del filobus).
Sarà presente il Moderatore, Pastore
Neri Giampiccoli.
Non avendo potuto incontrarci il 18
ottobre, come era in programma, a
causa di un impegno del Moderatore
chiamato altrove, domenica 15 novembre ringrazieremo il Signore per quanto ci ha dato, e sarà una opportunità
benedetta per stare assieme con fratelli in fede della Diaspora, e con quanti potranno venire da altre Comunità.
S. Z.
Orsara
Giungendo improvvisa la notizia del trasferimento del pastore Teodoro Magri da Orsara
di Puglia a Caltanissetta, la Comunità Valdese di Orsara sì rammarica di non aver potuto
salutare con il modo più adeguato la di lui
partenza. Tramile queste righe vorremmo perciò in parte riparare assicurandolo che sono
numerosi quelli che gli sono grati per il messaggio evangelico che. per quattro anni, ha
saputo dare alla comunità, non solo tramite
la Bibbia, ma anche e soprattutto tramite quei
canali che maggiormente interessano i non
evangelici, acconsentendo e sostenendo moralmente circoli culturali ed associazioni che, con
le loro attività critiche, hanno attirato larghi
consensi verso Fimpostazione cristiana che la
chiesa ha nei confronti della società.
Gli auguriamo perciò di potersi trovare presto e bene inserito nella sua nuova comunità
e ne! contempo diamo un caloroso benvenuto
al past. Paolo Giunco che da Trapani è venuto ad Orsara, presentandosi alla comunità con
il suo primo messaggio la domenica 11 ottobre. La domenica seguente il past. Giunco c
stato poi presentato ufficialmente ai fratelli
dalla Commissione Distrettuale con un culto
presieduto dal past. Ernesto Naso, e subito
dopo si è tenuta l'assemblea di chiesa, permettendo così al nuovo pastore di trovarsi subito
inserito in questa difficile comunità ponendolo
a contatto con i suoi problemi: contribuzioni,
scuola domenicale, frequenza culti. Asilo, ecc.
A quest'ultimo proposito comunichiamo avcr aperto col 19 ottobre ufficialmente il nostro Asilo ed attualmente esso è frequentalo
da una ventina di ragazzi. L'insegnante, la signorina Mina Ferrara ha accettalo anche
quest'anno di collaborare in quest'opera social.\ affiancata dalla signorina Donatina Scogliet
ti. Confidiamo — come nel passato ______ nel
raiuto del Signore che non abbandonerà colui che ha fede.
Daniele Di Giorgio
scuola: la formazione di individui che
vogliono essere soggetti coscienti dì
scelte e non già oggetti « ubbidienti ».
* * *
Il pomeriggio è stato dedicato alla
discussione dei problemi interni della
Associazione ed alle possibili prospettive future di lavoro. Dopo una dettagliata relazione del Cassiere, i membri hanno preso in esame la proposta
di inserimento dell’AICE nella Federazione delle Chiese Evangeliche d’Italia
come uno degli esponenti (accanto al
Comitato Nazionale delle Scuole Domenicali) del settore-istruzione. La
proposta è stata variamente e lungamente discussa e, pur accettando il
nuovo ruolo che offre alTAICE interessanti prospettive di lavoro in campi
finora trascurati, i membri hanno dichiarato di volere che l’AICE conservasse la sua fisionomia laica, la sua
esatta denominazione, la sua autonomia anche in campo amministrativo e
finanziario. Con l’inserimento nel settore-istruzione della Federazione, l’Associazione si avvarrà della rivista La
Scuola Domenicale (il cui titolo è da
modificare), attraverso cui saranno diramati i vari annunci e su cui si inizierà un discorso pedagogico ad ampio respiro rivolto specialmente agli
insegnanti. Pertanto, coloro che volessero essere informati dell’attività dell’AICE sono invitati a sottoscrivere
l’abbonamento alla Rivista, presso il
pastore Thomas Soggin (via della Signora 6 - Milano; c.c.p. 18/26858 - Como).
La giornata si è conclusa con le elezioni che hanno dato i seguenti risultati: eletti a far parte del Comitato
Nazionale dell’AICE (in ordine alfabetico): Elena Bein, Levi T. Dosio, Roberto Eynard, Vera Long, Maria Peyrot, Wanda Peyrot, Evelina Pons.
Il Comitato, riunitosi pochi giorni
dopo, ha preso atto del mandato ricevuto, ha ringraziato il prof. Peyronel
per la collaborazione prestata, ha accolto le dimissioni della neo-eletta
Wanda Peyrot ed ha deciso di eliminare le « cariche » alTinterno del Comitato stesso. Tutti sono egualmente
impegnati nel lavoro ed ognuno si è
reso responsabile di un determinato
settore. Come rappresentanti dell’AICE
di fronte alla Federazione sono stati
nominati Elena Bein, Roberto Eynard
e Evelina Pons.
Il C.N. si sta già occupando per la
preparazione del tradizionale incontro
autunnale alle Valli: il tema prescelto
dovrebbe essere quello del Consiglio
di Direzione e di Presidenza, secondo
le più recenti prospettive. Ma ogni notizia più precisa, la data ed il luogo
dell’incontro saranno resi noti con
ogni sollecitudine.
Si ricorda infine che, per essere
membri dell’AICE, occorre versare la
modesta quota annuale di L. 500 al responsabile-cassiere L. T. Dosio, (via
E. Fermi, 2 - Pinerolo).
E.B. - R.E.
In occasione della morte di
Suor Valentina
la commissione direttiva e il personale dell’Ospedale Evangelico Valdese di Torino ricordano con riconoscenza la sorella e la sua preziosa
opera, svolta a suo tempo, quale direttrice dell’Istituto.
La moglie ed i Agli del compianto
Ecdvico Long
fu Umberto
commossi e riconoscenti per la grande dimostrazione di affetto e di stima
tributata nella dolorosa circostanza,
non potendo farlo personalmente, ringraziano tutti coloro che in diversi
modi hanno preso parte al loro immenso dolore.
Ruata di Pramollo, 28 ottobre 1970.
RINGRAZIAMENTO
La figlia ed il genero, commossi per
la testimonianza di simpatia e di affetto tributata alla loro cara
Li(dia Robert
ringraziano tutti coloro che con scritti e presenza hanno partecipato al loro dolore. Un ringraziamento particolare al Pastore Ayassot, al Doti. Tosel,
ai vicini di casa.
« Vegliate e pregate, perché non
sapete in qual giorno il vostro
Signore sia per venire »
(Matteo 24 v. 42).
Bamorero Prarostino, 28 ottobre 1970.
AVVISI ECONOMICI
AUTISTA privato referenze controllabili disposto trasferimenti .stagionali Francia cercasi. Scrìvere Salina, via Santo Stefano. 11 40125 Bologna.
6
pag. 6
N. 45 — 13 novembre 1970.
I NOSTRI GIORNI
UOMINI, FATTI, SITUAZIONI
l'inil) e la fina
Anche l'Italia (è la 48" nazione a farlo) si è finalmente decisa a « riconoscere » la Repubblica popolare cinese,
a oltre 21 anni dalla sua fondazione.
A differenza di altri riconoscimenti
più ambigui, l’Italia, nel comunicato
ufficiale diramato contemporaneamente a Roma ed a Pechino « riconosce
che il governo della Repubblica popolare cinese è l’unico governo legale
della Cina ». Come prima conseguenza,
l’ambasciatore della Cina nazionalista
di Formosa ha lasciato l’Italia definendo « deplorevole » la decisione italiana. Com’è noto, il generale Ciang Kaiscek vi si è rifugiato sin dal 1949, dopo
la sua sconfitta coptro l’esercito popolare di Mao Tse Tung, dichiarando di
essere l’unico legittimo rappresentante
della Cina: dodici milioni di persone
contro gli oltre settecento milioni di
cinesi continentali.
Indipendentemente dalle idee politiche che ognuno di noi può professare,
sarebbe davvero al di fuori di qualsiasi senso reale il disconoscere il poderoso cammino compiuto da questa nazione, dopo secoli di miseria e di degradazione. Il comunismo — come fa
notare il sinologo D. Wilson — ha dato
il via a riforme che, sia pure a scadenza abbastanza lunga, porteranno
davvero al cambiamento ed alla modernizzazione del carattere cinese, della vita cinese, e della visione cinese
del mondo.
Pur rimanendo la nazione cinese per
noi occidentali uno dei « misteri » di
questa terra, è opinione comune degli
esperti che coll’ultima fase della lotta
politica nota come « rivoluzione culturale », vòlta soprattutto a combattere
l’anarchismo e il disordine amministrativo, la Cina possa accelerare il
processo di una più larga partecipazione possibile ad una politica estera.
Noi ci auguriamo che, da parte italiana, sia con questo spirito che la Cina sia stata riconosciuta, e non solo
nella speranza di lucrosi affari da parte dei monopòli pubblici e privati: deve essere, questa, una testimonianza
che l’Occidente rispetta l’entità e la civiltà cinese; testimonianza che deve
far parte integrante di una politica di
riconciliazione e di fratellanza fra i
popoli.
Vietnem
Mentre la condotta della guerra nella penisola indocinese pare seguire un
certo « normale tran-tran » quotidiano,
una nuova gravissima denuncia — che
segue quella del massacro di Song My,
dove vennero uccisi dagli americani
567 civili in maggioranza vecchi, donne
e bambini •— è giunta al palazzo di vetro deirONU, come informa una corrispondenza su « l’Unità » da New
York.
Si tratta di una denuncia della Repubblica democratica del Vietnam
(nord), di cui si è fatta portavoce la
delegazione ungherese, che ha fatto distribuire a tutti gli Stati membri dell’organizzazione intemazionale, sotto
forma di nota verbale, una serie di documenti accompagnati da fotografìe.
Il documento afferma che nel solo 1969
oltre 1600 villaggi, e vale a dire il 14%
dei villaggi del Vietnam del Sud sono
stati distrutti. Il documento prosegue:
« Nella provincia di Quang Nam vi sono stati 90 massacri su larga scala nel
1969 e 288 dei 487 villaggi della provincia sono stati saccheggiati provocatido la morte di oltre 4700 persone, fra
cui 1559 donne e 1597 bambini ».
Il documento ribadisce che le operazioni della cosiddetta « pacifictizione » da parte delle forze americane e
del governo-fantoccio di Saigon « hanno diffuso dolore e devastazione, raso
al suolo migliaia di villaggi e massacrato, ferito, reso inabili colla tortura
decine di migliaia di abitanti, vecchi,
donne, bambini, indiscriminatamente ».
La repressione e la violenza non
sono cessate neppure nelle provincie
devastate dalle alluvioni, che sono ritenute il più grande flagello naturale
che si sia abbattuto sul Vietnam del
Sud dal 1964. Un comunicato diffuso a
Parigi dal portavoce del governo rivoluzionario provvisorio del Vietnam del
Sud precisa che « gli Stati Uniti e l’amministrazione Thieu-Ky-Khiem, invece
di proteggere le popolazioni e portare
soccorsi ai sinistrati, hanno rilanciato
le operazioni di rastrellamento nel
quadro del programma di ’pacificazione speciale’ ». La dichiarazione prosegue poi denunciando all’opinione pubblica « le mene crudeli degli Stati Uniti e dell’amministrazione fantoccio di
Saigon ed esige che essi mettano immediatamente fine a tutte le operazioni militari, a tutti i bombardamenti
dell’artiglieria ed a tutti gli atti terroristici nelle regioni colpite dalle alluvioni, affinché la popolazione possa
lottare contro il disastro, riprendersi
e portare soccorsi ai sinistrati ».
HailÈ Selassiè
Nei giorni scorsi l’imperatore d’Etiopia ha fatto visita ufficiale all’Italia e
non staremo a dilungarci sugli aspetti
di questa visita, cosa che è stata fatta
ampiamente da tutti i giornali. In genere, tutta la stampa, compresa quella di sinistra, si è soffermata piuttosto
sugli aspetti umani di questa figura
che ebbe a patire numerose e gravi
traversìe sia in campo politico che in
quello familiare. Effettivamente non
si possono non ricordare con partecipazione umana, ad esempio, la sua vibrata protesta alla Società delle Nazioni quando la sua terra fu invasa ed
i suoi uomini massacrati dalla civiltà
fascista, senza che le democrazie occidentali muovessero un sol dito a sua
difesa. (Non solo, ma Gran Bretagna
e Francia, nazioni sue « protettrici » si
affrettarono a riconoscere le conquiste
e l’impero mussoliniano).
E neppure si può dimenticare l’atteggiamento del negus, allorché, rientrando in patria nel 1941, raccomandò
in un proclama di accogliere in modo
conveniente e di prendere in custodia
tutti gli italiani che si sarebbero arresi.
Vi sono però altri aspetti meno diffusi dalla stampa di « informazione »
sulla personalità di quest’uomo, così
contraddittoria. Egli instaura un governo dispotico e retrogrado che conduce fatalmente ad un colpo di Stato
capeggiato dallo stesso figlio. La rivolta termina in un bagno di sangue:
venti congiurati minori finiscono impiccati, mentre quelli maggiori sono
stati già eliminati sommariamente in
precedenza, mentre il figlio viene perdonato.
Un altro aspetto della sua attuale
politica — in netto contrasto, oltre
tutto, colla sua carica di presidente
deirOUA (Organizzazione Unità Africana) — è quello relativo ai genocidi in
atto in Eritrea di cui si parla troppo
poco. A suo tempo l’ONU stabilì l’unione federale fra Etiopia ed Eritrea. Pochi anni dopo però, e precisamente
nel 1961 il negus attuò l’annessione
forzata di questa regione. Gli eritrei
diedero vita ad un « movimento di liberazione » denominato « Fronte di liberazione eritreo »: oggi i guerriglieri
eritrei sono circa 10 mila e controllano i due terzi del paese. Un documento sottoscritto da una trentina di sacerdoti cattolici, e di cui dà notizia il
settimanale l’Espresso, precisa che i
militari etiopi sguinzagliati alla caccia
dell’uomo «sono calcolati a circa 30
iiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiii
Razzismo anchi: in tlacnne
In Louisiana (U.S.A.) una legge prescrive che i flaconi di plasma sanguigno rechino su di un’etichetta all’esterno l'indicazione della «razza» — bianca, nera o « colorata » — del donatore.
In questi giorni, l’unico deputato negro della camera dei rappresentanti
della Louisiana, E. Morial, ha presentato una mozione per l’abrogazione
della legge. La proposta è sfata respinta ai voti: 42 sì, 30 no e 33 deputati « assenti » (mancava quindi il 51
per cento dei voti a favore).
Una parte di coloro che hanno votato contro hanno giustificato il proprio
voto con motivazioni pseudomediche:
il sangue dei negri sarebbe « fisiologicamente inferiore » a quello dei bianchi.
Altri, più onestamente, hanno affermato la propria posizione razzista. Ad
e.sempio, il deputato A. Davis, il maggiore oppositore all’abrogazione della
vecchia legge, ha detto: « Preferirei
Direttore responsabile: GiNO Conte
Reg. al Tribunale di Pineroio
N. 175 — 8,7.1960
Tip. Subalpina s.p.a - Torre Pellice iTol
Gentro'Diaconale
Siamo lieti di invitarvi alla
conferenza che il Prof. Roberto
Eynard, Direttore Didattico della
Val Pellice, terrà nella sala della
Chiesa Valdese di Pineroio, via
dei Mille 1, domenica 22 Novembre 1970, alle ore 21, sul tema:
« Che cos'è la dinamica di gruppo? ». Seguirà una discussione.
L’incontro è aperto a tutti, in
particolare ai professori, agli insegnanti e a tutti coloro che si
interessano ai problemi della pedagogia moderna.
mila, forniti delle armi più moderne
— comprese le armi chimiche — e coll’appoggio di aerei bombardieri e di
elicotteri. Il metodo tipico usato dalle
autorità militari del governo imperiale è quello di investire in massa la zona di operazioni stabilita. Quando le
truppe sono vicine ad un villaggio lo
circondano e lo incendiano. La gente
che tenta di fuggire terrorizzata viene
immediatamente mitragliata. Chi resta
è legato e tenuto come ostaggio e successivamente massacrato a colpi di
baionetta... Le zone più colpite sono
quelle del bassopiano occidentale ed
orientale, zone prevalentemente abitate da popolazioni islamiche... ». Questa,
la politica attuale di Hailé Selassiè,
remoto discendente di Salomone, che
trent’anni fa, di fronte al massacro fascista (trecentomila morti) disse al
suo popolo: « amate gli italiani; dimenticate; perdonate e amate ».
Roberto Peyrot
La guerra nel Sudan
La guerra nel Sudan dura ormai da 15 anni e ha già causato più di mezzo milione di
morti. Ma c una guerra di cui si parla poco,
che si svolge giorno dopo giorno nelle zone
desertiche del pae.se senza che molti si accorgano in qual modo, in questa situazione, a
volte si sia assai poco lontani dai tentativo di
genocidio. Gli organi di informazione tacciono, e quindi manca Temozione popolare, verificatasi per il conflitto nel Biafra.
Ma anche qui la guerra non è un fatto del
tutto interno del Sudan; se ben raramente si
legge qualche cosa su questo sterminio reciproco tra negri e arabi, c certo che « qualcuno » .sa delTesistenza del conflitto; e cioè chi
provvede ad inviare armi, consiglieri, materiale di propaganda all'una o alPaltra parte,
chi tesse su questo paese progettazioni politiche. Fino al settembre 1969. l'ingerenza straniera era presente in misura molto limitata.
Si trattava in sostanza delle solite zone d’influenza, e di gruppi religiosi che inviavano
soccorsi .soltanto ai loro affiliati. Oggi la ri
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
veder morire i miei familiari, piuttosto di sapere che una goccia di sangue
nero scorre nelle loro vene ».
Il deputato negro Morial, allo scopo
di ottenere l’abrogazione della legge, si
era appellato alle disposizioni federali
del Dipartimento della Sanità, le quali
vietano in questo campo « qualsiasi
classificazione razziale ».
SOPRAVVIVERE
^ Il 20.7.1970 è stato fondato a Montréal (Canadá) un « Movimento internazionale e interprofessionale per la
nostra sopravvivenza», intitolato per
l’appunto « Sopravvivere », che pubblica un bollettino mensile con lo stesso
titolo. Fondatori sono undici giovani
maternatici professori d’università, fra
i quali uno di fama mondiale, il francese Alexandre Grothendieck. Il Movimento ha raccolto, già nell’estate c. a.,
numerose adesioni fra persone degli
ambienti più diversi, intellettuali e
non.
Confessiamo d’aver cominciato a
scorrere il primo numero del bollettino (giuntoci giorni fa) con una leggera diffidenza, conoscendo l’ambiente
dei matematici e le loro manie per le
astrazioni d’ogni genere. Ma, continuando a leggere, abbiamo dovuto
cambiare idea davanti all’intelligenza,
alla coscienza, alla profondità con cui
vari problemi importanti sono trattati. Segnaliamo l’articolo di A. Grothendieck e G. Edwards dal titolo: « Lo
scienziato e l'apparato militare ». Vi è
sostenuta la tesi: « La collaborazione
massiccia della comunità scientifica
con l’apparato militare (spesso proprio
nel momento in cui questo pianifica ed
eseguisce le guerre più selvagge) è la
grande vergogna della comunità scientifica dei nostri giorn '. Essa è anche il
segno più evidente della defezione degli scienziati davanti alle loro responsabilità nella società titnana ».
Dopo aver studiato « le cause di questa straordinaria passività, com.e pare
dalla mancanza di lucidità intellettuale e morale nella maggior parte degli
scienziati », l’articolo confuta le principali obiezioni, che sono le seguenti.
1. « Accettando denaro dall’amministrazione militare per finalità “puramente scientifiche", si distolgono, convogliandoli verso scopi utili, dei fondi
che invece sarebbero impiegati per scopi dannosi ».
2. « Poco importa che si venga pagati con fondi civili o con fondi militari.
Gli uni e gli altri escono, in ultima analisi, dalla stessa cassa, quella dello
Stato, che è responsabile della politica
militare e della condotta delle guerre.
La distinzione fra finanziamento civile
e finanziamento militare è una sottigliezza, e il rifiuto del secondo a profitto del primo è una specie di fari.saismo ».
3. « Qualunque cosa si faccia, non
può avere influenza alcuna sulle idee
del gran pubblico e sul corso degli avvenimenti. In ogni caso, il prestigio
degli scienziati è in fase di declino. Val
dunque la pena di cogliere le occasioni che si presentano, per approfittare
quanto è possibile della contingenza
in cui attualmente viviamo ».
4. « Dato e non concesso che un movimento abbastanza forte riesca a formarsi nei paesi occidentali, tale da
giungere' a determinare un disarmo di
taluni di quei paesi, compresi gli USA,
rURSS ne approfitterebbe per distruggere gli USA, o almeno per sottomettere tutto l’Occidente alla propria legge, installandovi delle dittature e facendo di queste delle colonie sovietiche, e ciò allo stesso titolo dei paesi
dell'Europa Orientale. Occorre dunque
mantenere il potenziale militare, per
mantenere l'equilibrio delle forze ».
E molto da apprezzare l’onestà di
pubblicare infine, nel Bollettino, una
dichiarazione del prof. G. Daechsel
che, pur avendo lavorato intensamente
« per dare al Movimento il suo slancio
e la sua direzione iniziale », non ha
poi voluto aderire al Movimento stesso, « pur approvandone perfettamente
i fini ed i mezzi ».
« Una lunga collaborazione con tutti
i Movimenti pacifisti delle specie più
diverse, l'ha condotto finalmente ad
un atteggiamento piuttosto spregiudicato nei confronti dei “movimenti" organizzati in generale. Non già che egli
arrivi a negarne ogni utilità od a rifiutare, nei loro riguardi, la sua collaborazione interamente. Soltanto egli con
stata che, perfino nei movimenti che
hanno cominciato col massimo dell’entusiasmo, o in quelli che sono anche
molto solidamente impiantati dal punto di vista dell’organizzazione o della
base materiale, la "macchina” o l’“apparato”, a partire da un certo momento, ha la tendenza a prendere il sopravvento sul contatto vivo fra gli aderenti, particolarmente fra i militanti
di base e i principali responsabili, oppure fra questi e l'insieme della popolazione. Al limite, il movimento rischia
di diventare un fine a sé stesso e di
sclerotizzarsi. Nei riguardi di “Sopravvivere”, il Daechsel non è convinto della necessità di creare un altro Movimento pacifista, pensando che ve ne
sono già troppi. Egli si distingue dunque da noi (ed è lui stesso a sottolinearlo) per una questione non di principio, rna “tattica". Pensa che sarebbe
stato più opportuno che noi avessimo
cominciato, per es. come gruppo di
matematici, ad unirci ad uno dei movimenti_già esistenti, che noi esprimessimo i nostri punti di vista e le nostre
convinzioni nei giornali già esistenti,
pacifisti o quotidiani, e che noi imparassimo i rudimenti detrazione organizzata militando negli “apparati” che
già esistono. L’abbiamo invitato a spiegare la sua opinione in una lettera agli
aderenti a "Sopravvivere”, che avrebbe
potuto esser pubblicata nel nostro
giornale. Ma egli si è rifiutato, desiderando limitare strettamente la propria
attività giornalistica a dei rendiconti
su azioni concrete, senza neppure accennare a considerazioni di carattere
tecnico ».
Crediamo che il MIR (= Movimento
Internazionale della Riconciliazione),
la cui sede, in Italia, è a Roma (V. Rasella 155, tei. 46.32.06, Segretaria:
Prof.ssa Hedi Vaccaro), potrebbe avere interesse a prendere contatto col
Movimento qui citato (Indirizzo: Prof.
A. Grothendieck, 2 avenue de Verrières, 91 - Massy, Francia).
NASCITE ILLEGITTIME
ED ABORTI
« Sir George Godber, consigliere
medico del governo inglese, in un rapporto sulla salute pubblica in Inghilterra pubblicato a Londra, ha lanciato un grido d’allarme davanti alle gravi conseguenze della licenza sessuale
dei giovani:
1) Il numero delle nascite illegittime fra le ragazze di meno di quindici
anni è più che triplicalo in un periodo
di dieci anni, essendo passato da 483
nel 1959 a 1486 nel 1969;
2) Circa il 20% dei 54.000 aborti legali in Inghilterra sono stati operati
su ragazze di meno di vent’anni. Il rapporto sottolinea, in proposito, che la
niaggior parte delle ragazze giovanissime che ricorrono all’aborto, ignorano tutto delle pratiche anticoncezionali, e propone che il governo accetti di
offrire gratuitamente i preparati anticoncezionali alla portata di tutti.
L'incremento delle malattie veneree
suscita le preoccupazioni più gravi: le
duecento cliniche specializzate che
conta il servizio sanitario, sono ormai
sovraffollate, e presto riuscirà impossibile ricoverarvi altri ammalati. I casi di malattie veneree fra i minori di
vent’anni, in particolare fra le ragazze,
sono aumentati del 25% in un anno:
su più di 50.000 casi registrati alla fine
del 1969 in Inghilterra, un quarto hanno colpito scolari o scolare di meno
di sedici anni ».
(Da « Le Monde » del 24.10.1970).
Queste informazioni, sulla cui autenticità non abbiamo dubbi, gettano una
luce sinistra sui pericoli della trasformazione, troppo rapida e tumultuosa,
del costume, trasformazione tanto più
preoccupante in quanto attuantesi in
una delle nazioni europee tradizionalmente considerata delle più conservatrici e più stabili.
volta del Sudan sta per prendere il posto del1. guerra arabo-israeliana nel contesto dei
conflitti che assurgono a importanza mondiale.
I due campi si pos.sono individuare cosi :
da una parte il governo dello Stato del Nilo
che raggruppa gli animisti e i cristiani, tutti
di razza negra (5 milioni di persane) contro il
governo di Kartum che rappresenta i 9 milioni di arabi. 11 primo ad inserirsi in questo
conflitto religioso e razziale e .»tato Israele che
appoggia con armi e denaro il col. Laggu e i
suoi .Anya-Anya nell’intento di creare scompiglio fra li arabi. Dalla parte di Laggu ( tornato da Israele con medici e consiglieri) ci
.sono Joseph Oduho, vecchio resistente sudanese che ora svolge il compito di propagandista
dei rivoltosi e di ufficiale reclutatore. il gen.
Tafeng che però non accetta di sottomettersi
completamente a Laggu e quindi conduce una
guerra un po’ per conto suo. il mercenario tedesco Rolf Steiner, reduce dal Biafra. dietro
al quale sembra esistano aiuti di talune organizzazioni della Germania federale, ed un francese. Nel gioco delle parti si c inserita ora anche la Francia che appoggia in pieno, per
mezzo del mercenario cap. Armand (anch'egli
reduce dal Biafra). lo Stato del Nilo e lo rifornisce di armi con voli da Libreville.
La situazione è estremamente complessa,
Israele infatti non appoggia direttamente lo
Stato del Nilo. ma un uomo : Laggu. Perché
dunque ha scelto la via tribale e non quella
della resistenza ufficiale sudanese? Forse per
un calcolo ben preciso: la guerra deve essere
affidata non ai politici (che nella capitale hanni instaurato un burocratismo spaventoso), ma
a: militari; e Laggu è giovane, dinamico e
capace di prendere in mano la situazione. Poi
c’è anche un altro particolare: gli USA sono
*:ontrari ad una secessione nel Sudan poiché
il ribollimento di questo paese non fa parte
della loro strategia, che mira al contrario a
riportare « tutto » il Sudan nell area d'ingerenza occidentale. Per gli USA non si tratta di
fomentare la guerra, ma solo di suscitare noie
al governo di Kartum, per affrettarne la caduta e rimpiazzarlo con il partito conservatore
che trae i suoi adepti (per il 70 per cento)
proprio dalle province ora in ribellione.
Tutti e due i governi del Sud e del Nord
si proclamano « socialisti ». Ma è bene ricor^
dare che in Africa dietro la parola socialismo
si nasconde sempre un'ideologia nazionalista
aggressiva, che del socialismo si serve soltanto per collocarsi alla beH'e meglio in una certa area della politica mondiale. Il socialismo'
di Kartum non è quindi altro che Tideologia
araba attuale che prefigura a tratti la siitjpressione del nazionalismo africano. Il socialismo dello Stato del Nilo non è altro che la
difesa del nazionalismo dei negri del paese
contro Varabismo... ma vieppiù complicato da
rivalità tribali così che la capitale dello Sa«to (Bungu) non è la capitale di tutti, ma di
uu gruppo solo (quello appoggiato direttamente dalla Francia). Kartum ha invece il
vantaggio dì essere compatta e quindi di contare sull'appoggio diretto e costante di Egitto,
Siria, Libia, Urss e Germania di Pankow.
Anche qui in sostanza sono due civiltà, due
religioni che si affrontano, in virtù di quelle
strane ripartizioni o unioni che furono compiute dai colonizzatori europei. I sudanesi del
Sud, negri, animisti o cristiani, rifiutando la
arabizzazione, si aggrappano disperatamente
aU'unico modello di governo e di civiltà che
conoscono : il modello britannico con la sua
compassata dignità che è l'opposto delFanima
africana. Mezzo milione di morti stanno ad
indicarci il bilancio di questo conflitto, condotto da poche migliaia di soldati per parte : il
numero delle vittime è così alto perché la popolazione dei villaggi distrutti soccombe al
2>assaggio dei reparti armati o per rappresaglia.
L'ONU non può intervenire perché è un
fatto interno di un paese sovrano. Non potrà
intervenire neppure quando il conflitto civile
avrà assunto il carattere di fatto internazionale. Perché così è sempre stato sinora, perché
gli strumenti che ci siamo dati per garantire
la pace nel mondo, per dirimere le controversie tra popoli o gruppi etnici, sono del tutto
insufficienti e inadatti allo scopo. Essi funzionano solo quando ì « grandi » trovano interesse di trovarsi nel Palazzo di Vetro a New
York oppure a Ginevra. È quindi indìspen-iabile che si ricerchino, lutti insieme, nuovi
strumenti di pace. Piero M.arha.'ì
(da (( Vincontro »)
tiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiitmiiimiiiiiimiimiiiiiiiiiiiiiiiimi
I neri americani miglio
rano la loro rappresentanza alla Camera
WashiiigUm (AFP). - Uno dei risultati significativi delle recenti elezioni legislative è
rauinento del numero di eletti di razza nera
alla Camera dei rajq)resentanti : esso passerà
infatti da 9 a 12 quando il Congresso si riunirà. in gennaio.
Sette neri che sedevano alla Camera durante la sessione parlamentare in corso, sono stati
rieletti. D'altro lato i seggi di rappresentanti
di New York e deU Illinois, che erano occupati <lai democratici neri A. C. Powell e J.
Dawson. sono stati vìnti da rapjTresentanti neri del medesimo partito. 1 tre nuovi neri eletti ora alla Camera dei rappresentanti sono
originari della California, Maryland, Illiuoi>.
Per quanto sensibile sia rauinento del numero dei neri, i maggiori successi riportati dai
candidali neri si sono verificali negli Stali e
nei Comuni. Così, per la prima volta nelFAlabama, un avvocato nero, Thomas Reed, presidente della sezione locale deirAssociazione
nazionale per il progresso dei neri (NAACP).
è stato eletto aH’assemblea legislativa locale,
mentre un altro nero era eletto sceriffo (capo
della polizia locale) nella contea dì Lowndes.
In California Wilson Riles è il primo nero
ad essere eletto a un jiosto importante nel
governo di questo Stato: è stato scelto dagli
elettori come ispettore generale delFinsegnamento dello Stato, il più popolato degli USA.