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-L
Anno 127 - n. 42
1° novembre 1991
L. 1.200
Sped. abbonamento postale
Gruppo II A/70
In caso di mancato recapito rispedire
a: casella postale - 10066 Torre Pellice
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
2 NOVEMBRE: DOMENICA DELLA RIFORMA
Verità e libertà
Non un pensiero o un concetto, ma la vita stessa di Gesù Cristo è
per noi verità - La libertà che ne deriva è anch’essa indissolubile
« Gesù allora disse a quei Giudei che avevano creduto in
lui: Se perseverate nella mia parola, siete veramente miei
discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi»
(Gv. 8: 31 s.).
Se consideriamo la storia, quella dei secoli passati e ancor più
quella recente, è difficile sfuggire
a un grave sospetto di fronte alle
parole di Gesù. Egli dice: « La verità vi farà liberi ». Verità. Libertà. Si tratta, probabilmente, delle
due parole che più di tutte le altre
hanno mobilitato le passioni dei
singoli e dei popoli; ma si tratta
anche delle due parole che hanno
mietuto il maggior numero di vittime. Quanti morti, in nome della
libertà! E, paradossalmente, quan- •
ta repressione, quante prigioni,
quanta schiavitù in nome della
libertà. Menziono solo il maggiore
movimento politico di lotta per la
libertà che la storia abbia conosciuto, il socialismo. Non voglio
certo unirmi agli avvoltoi della
storia, che banchettano con il cadavere di questo grande tentativo
di umanizzare la vita di milioni di donne e di uomini; ma la domanda resta: quanta gente è stata
uccisa, imprigionata, torturata in
nome della libertà socialista?
forma del XVI secolo. Celebrare
questo momento di grazia non può
significare, per noi, aggiungere S.
Lutero e S. Calvino ai santi del calendario del papa, bensì scoprire,
con la Riforma, il significato di
questa parola: la verità vi farà liberi.
La verità
dell’Evangelo
Sui banco
degli imputati
Per quanto riguarda la verità,
poi, siamo proprio noi, le chiese,
a sedere sul banco degli imputati:
bruciare, annegare, incatenare, in
nome della verità (e non di una
verità qualsiasi, ma di quella di
Dio) è stata un’attività assai praticata nella cristianità: bisognerà
pur dirlo, nel momento in cui il
papa (!) rivendica chissà quali primogeniture ecclesiastiche nella difesa dei diritti umani. Anche le
chiese evangeliche, in questa stona di sangue, hanno avuto le loro
responsabilità. Un filosofo italiano
ha detto: « La verità è violenta ».
Difficile dargli torto, guardando
a questo passato. E difficile, anche, dar torto a Pilato: sembra
di vederlo, questo procuratore
romano, che ne ha viste tante e sa come va il mondo, mentre
chiede a Gesù: « Cos’è la verità? » (Gv. 18: 38). E’ una domanda ironica, da parte di uno
che ritiene di conoscere già la risposta: ognuno ha la sua verità,
cioè non ne esiste alcuna. La verità è la legge del più forte; la
verità è il potere. E’ sempre stato
così.
La fede cristiana conosce tutto
questo, non è cieca di fronte alla
storia. Eppure essa grida con Gesù, nonostante tutto: la verità vi
farà liberi! E se c’è un momento,
dopo Gesù e Paolo, in cui questo
grido è risuonato davvero con la
potenza di un tuono, esso è la Ri
La Riforma e la
verità crocifissa
nianza potente della parola di Gesù: la verità vi farà liberi.
I riformatori ci aprono anzitutto
gli occhi sulla prima, fondamentale libertà a cui l’evangelo chiama: la libertà da se stessi. La verità di Dio, che prende carne in
Gesù, è libera perché non è preoccupata di se stessa; al contrario, è
talmente slegata dal proprio interesse da poter accettare la morte,
e la morte di croce, per amore.
Vivere nella verità che è Gesù significa tentare di fare altrettanto
nella nostra storia. Significa progettare la nostra vita e le nostre
azioni senza guardarci sempre e
solo allo specchio ma rivolgendoci
all’altro, a chi vive accanto a noi.
Certo, Pilato ha ragione: ci sono molte verità. La Bibbia, però, e
la Riforma con essa, ne conoscono
e ne riconoscono una soltanto.
Non si tratta di un principio, né di
una dottrina. La verità dell’evangelo non è un pensiero, nemmeno
il più alto dei pensieri biblici, ma
è la persona di Gesù; un fatto,
una vicenda, un gesto, il gesto di
Dio nei confronti delle donne e
degli uomini. Io sono la via, la
verità e la vita. Io, Gesù. La verità
è violenta? No. Tu sei violento,
tu che ti sostituisci alla verità e
uccidi in nome suo.
Tu chiesa sei violenta, che imprigioni la verità nell’infallibilità
dei tuoi gerarchi e poi ammazzi
chi non si inginocchia davanti a
loro; tu borghese sei violento, che
predichi la libertà e la democrazia
per quelli come te, che hanno soldi e potere, e gli altri che si arrangino; tu partito sei violento, che
imponi la tua verità con la forza
della polizia segreta.
La verità di Dio invece, Gesù
Cristo, non è violenta, semmai è
violentata; non uccide, semmai si
fa uccidere. La verità di Dio è
appesa alla croce. « Ecco l’uomo », dice Pilato presentando alla
folla Gesù flagellato dalla soldataglia. Avrebbe potuto dire: « Ecco la verità! ». Eccola qui, sfigurata dalle frustate, la verità cercata
da filosofi e sapienti, ma soprattutto dalla povera gente senza nome che si chiede cosa ci sta a fare al mondo. Non c’è altra verità
da cercare: basta avere il coraggio di guardare e ascoltare la verità crocifissa, che ci viene incontro smascherando come menzogna il seducente anti-evangelo di
questo mondo, della sua violenza
e della sua forza.
Libertà da se stessi significa anche libertà dal proprio peccato.
Alla gente del suo tempo, schiacciata dalla paura del giudizio di
Dio e dell’inferno, Lutero dice:
Non guardare al tuo peceato, guarda a Cristo! Smettila di ripiegarti
sulla tua malvagità e sulla tua debolezza e pensa alla bontà e alla
forza del Dio di Gesù.
Libertà dal potere
della chiesa
La Riforma non ha inteso essere altro che questo: il rinnovato
annuncio della verità crocifissa di
Dio. E proprio perché ha creduto
in questa verità, e in essa soltanto,
la Riforma ha saputo essere una
grande storia di libertà, testimo
Un’incisione
in legno
di Lucas
Cranach: la
Schlosskirche,
la chiesa del
castello a
Wittenberg;
al centro la
porta Su
cui Lutero
affisse le
sue tesi.
ra nemmeno si sogna di attribuire
loro.
I potenti del mondo
messi in crisi
Alla scuola della Riforma impariamo anche che la verità di Dio
ci libera dal potere della chiesa.
La grande tentazione, che non
raramente diventa il grande peecato, della chiesa e delle chiese è,
né più né meno, di sostituirsi a
Dio mediante i suoi sacerdoti e i
suoi specialisti in cose sacre.
La Riforma non scende a patti
con questa bestemmia, non sta a
discutere se e come un papa o un
clero migliori, o più aperti, o più
democratici, possano migliorare la
situazione. Semplicemente, alla
pretesa di alcuni di erigersi a mediatori tra Dio e l’umanità essa oppone un no senza « ma », senza
sfumature né distinguo. L’unico
mediatore è la verità stessa di Dio,
Gesù Cristo. Nessuno « insegna »
la verità agli altri: la cerchiamo, o
meglio, la accogliamo tutti insieme, nella diversità dei doni di ciascuno/a, ed essa ci libera alla
gioia di una fede laiea, non servile
né clerieale.
Oceorrerà constatare che questa
battaglia, iniziata dalla Riforma,
non è conclusa, anzi è del tutto
aperta: il rischio di clericalizzare
la chiesa, e con essa la fede svendendo con ciò una dimensione decisiva della libertà di Cristo (qui,
del resto, perdere la parte significa
perdere il tutto), rispunta a volte
anche là dove uno non se lo aspetterebbe. Ricordiamo, ad esempio,
talune tendenze del movimento
ecumenico, nato in ambito protestante, che conferiscono al ministero cosiddetto « ordinato », alle
« strutture di governo » e simili,
un rilievo teologieo che la Scrittu
Infine, un terzo aspetto. Dove la
verità di Dio risuona, non c’è più
schiavo né libero, uomo né donna
(Gal. 3: 28). Erode trema (Mt. 2).
Pilato non sa più cosa fare (Gv.
19); insomma, i potenti di questo
mondo vengono messi in crisi. La
verità di Dio libera dall’oppressione del potere politico: essa mette
in guardia contro ogni potere che
si presenti come assoluto, chiama
a un atteggiamento critico anche e
proprio nei confronti dei poteri
« costituiti », della società e dello
stato.
E’ oggi piuttosto facile rimproverare ai riformatori di essere stati, su questo punto, molto meno
radicali del necessario. In realtà,
una considerazione storicamente
obiettiva delle vicende del XVI secolo non permette di accogliere,
nemmeno parzialmente, le calunnie di chi indica in Lutero un fantoccio nelle mani dei principi tedeschi, o in Zwingli un mansueto
esecutore delle direttive del Consiglio della città di Zurigo; anche in
ambito politico, il messaggio di libertà della Riforma ha saputo essere incisivo. Basti ricordare la
proclamazione della libertà dell’ambito politico e civile dalle ipoteche ecclesiastiche; nel paese del
card. Ruini (ma anche dei « laici »
che elaborano e firmano i concordati, e dei comunisti che li inseriscono nella Costituzione) si tratta
ancora, a cinque secoli di distanza, di una novità pressoché assoluta.
E’ vero, però, che la Riforma
non è riuscita a proclamare la libertà dei corpi con la stessa efficacia con cui ha rivendicato la libertà delle anime. Lutero diceva
che la libertà cui aspiravano i
contadini della Turingia in rivolta
era carnale. In effetti è così, ma
in un senso diverso da quello inteso dal linguaggio paolinico del
riformatore, in cui « carnale » significa « peccaminoso ». L’uomo e
la donna non sono fatti a compartimenti stagni, il corpo di qui, lo
spirito di là; sono un’unità e il
Dio di Gesù li chiama, tutti quanti e tutti interi, alla libertà.
Libertà anche carnale, dunque,
perché no?! Libertà dei singoli da
se stessi e dal potere degli ecclesiastici, ma anche libertà della società dalle tirannie politiche ed
economiche. La libertà generata
dalla verità è, come quest’ultima e
come gli esseri umani, indivisibile.
Qui, forse più che altrove, celebrare la Riforma vuol dire ascoltarne le ragioni per procedere oltre.
Una parola
attraverso la storia
Davvero non è un caso che la
parola libertà attraversi la storia
della Riforma e del protestantesimo, ivi compresi i loro peccati e le loro contraddizioni, dalTinizio fino a oggi. Uno dei primi
grandi scritti riformatori di Lutero è dedicato alla Libertà del cristiano; la scritta Libertà campeggia sulle bandiere dei contadini
nutriti dalla predicazione di Thomas Mùntzer; più vicino a noi
Dietrich Bonhoeffer, di fronte alla
morte, serive una sorta di poesia:
Stazioni sulla via della libertà,
in cui la verità crocifissa viene
proclamata con l’autorevolezza
propria del martire; un esegeta
dei nostri giorni, Ernst Kasemann,
ha potuto interpretare con occhi
protestanti l’insieme del Nuovo
Testamento come Appello alla libertà.
Questi e altri piccoli e grandi
testimoni della tradizione protestante ci invitano non tanto a guardare a loro ma a guardare dove essi guardarono, davanti a loro e davanti a noi: dove Gesù, la verità
che rende liberi, ci attende.
Fulvio Ferrarlo
2
fede e cultura
1“ novembre 1991
UN VOLUME DI ERMANNO GENRE
NOVITÀ’ CLAUDIANA
Teologia pratica
in movimento
L’opera unisce il rigore scientifico all’accessibilità - La ricerca non coinvolge i soli pastori, ma può investire tutta la chiesa
Un libro di teologia pratica
non è Un fatto così frequente
come un libro di storia o di
teologia biblica, almeno da noi.
Il nuovo libro di Ermanno
Genre, Nuovi itinerari di teologia pratica (1), merita attenzione già solo per questo, e poi
perché rappresenta il suo primo contributo come professore
di teologia pratica alla Facoltà
valdese di teologia.
Due motivi rendono il libro
interessante anche per il lettore non specialista.
Primo, si tratta di un’opera
scritta con rigore di informazione e di metodo, ma che non ha
il carattere del manuale specialistico. Chi è interessato a sapere che cosa sia questa materia ha nelle mani tma chiara
esposizione che ne presenta la
storia, gli sviluppi e i problemi
che oggi si trova ad affrontare.
Secondo, si tratta di im campo di ricerca e di applicazione
che si sviluppa a vista d’occhio
e di cui è bene che tutti abbiano qualche informazione. Se è
vero che la teologia pratica non
si è mai concentrata esclusivamente sul compito professionale del pastore, questo è tanto
più vero og^. L’interesse della
teologia pratica si va estendendo a tutto il problema della
presenza della chiesa nella società contemporanea, alla ricerca dei tipi di comimità che possono costituire una risposta al
fenomeno della secolarizzazione,
all’articolazione di un lavoro
che abbia di mira non soltanto la conservazione della chiesa, ma soprattutto il suo rinnovamento e la sua crescita. Quindi la teologia pratica è utile a
tutti quelli che sentono responsabilità, o almeno interesse, per
la vita della chiesa.
Delle tre grandi suddivisioni
della teologia pratica — predicazione (omiletica), insegnamento (catechetica), cura d’anime
(pastorale) — Genre prende in
esame soiprattutto la terza, con
un significativo, anche se discutibile, cambiamento di termine;
la cura d’anime viene chiamata
"relazione d’aiuto”. In realtà
non è semplicemente una questione di parole; rispetto all’impostazione classica, il rapporto
pastore-membro di chiesa, se
vogliamo esprimerci così, ha
subito una profonda trasformazione, che il termine "cura d’anime” non permette di intrawedere; cura, cioè sollecitudine,
p>er le anime fa pensare a un’azione spirituale in cui sia del
tutto assente la tecnica deU'ascolto e dell’analisi, che tiene
conto anche dei fattori fisici, psichici, sociali. Tuttavia secondo
me Genre sarebbe stato più
chiaro se avesse riservato il termine di ’’relazione d’aiuto” alla
pratica che segue una nuova impostazione, mantenendo il termine di "cura d’anime” per l’impostazione tradizionale.
Ma di quale trasformazione
si tratta? Genre la definisce in
questa formula; "Il pastore non
è più in primo luogo l’uomo
della parola, ma l'uomo dell’ascolto" (p. 172). In primo luogo
non vi è più la preoccupazione
di dare un messaggio, ma la
preoccupazione di aiutare la
persona a comprendersi e a
maturare autonomamente la
propria decisione. Genre è però
attento a non scavare inutili fossati, a non radicalizzare eccessivamente i contrasti, ma piuttosto a gettare ponti tra ima concezione e l’altra. In effetti nessuno ci guadagnerebbe se si arrivasse a una squalifica reciproca; se da Un lato il pastore tradizionale fosse visto come sem
daudisna editrice
NOVITÀ’
Nella collana « Meditazioni bibliche » esce il n. 5 ;
VITTORIO SUBILIA
La Parola che brucia
Meditazioni bibliche
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ancorato alla rilettura dei principi della Riforma. Una predicazione rigorosamente fondata sulla Parola non avvizzisce e
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cuore di ogni uomo.
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Il dialogo di
Juan de Valdés
Il testo è stato rinvenuto nel 1925 a Lisbona
plico dispensatore di ammonizioni innocue, e dall’altro il pastore moderno fosse visto come uno psicologo dilettante.
Si tratta, in fondo, di una
questione di accenti. Al tempo
della Riforma, come Genre mette bene in luce, Lutero insisteva sulla centralità della fede,
Zwingli dava anche peso ai rapporti sociali e alla necessità di
direttive chiare per la vita pratica della città e dell'individuo.
Nei due riformatori troviamo
le due impostazioni; a Lutero si
può richiamare chi mantiene
la priorità del messaggio; a
Zwingli chi è attento ai condizionamenti sociali e dà la priorità aH’ascolto per permettere
alla persona di trovare Tequilibrio tra il tessuto comunitario
e la propria identità. Il che vuol
dire che le due impostazioni non
sono di oggi, ma sono sempre state presenti, almeno dalla
Riforma in poi; oggi si confrontano con più acuta consapevolezza.
Una nuova
visione deH’uomo
Questa consapevolezza è il
frutto di due acquisizioni, che
sono, secondo Genre, e penso
che abbia ragione, fondamentali anche per la teologia; una
nuova visione delTuomo che scaturisce dai diversi contributi
della psicologia e che, come
Theissen insegna, può essere
messa a frutto anche per l’interpretazione dei testi biblici, da
Un lato; le scojjerte e le applicazioni della psicanalisi, che possono aiutare a chiarire i meccanismi presenti anche nel dialogo pastorale, dall’altro.
Nella già notevole quantità di
applicazioni che le nuove acquisizioni scientifiche hanno avuto nel campo della pratica pastorale, Genre individua cinque
modelli, e li espone in modo
da renderli immediatamente utili ai fini del lavoro pastorale,
senza mancare di sottoporli a
un’attenta valutazione critica.
Che cosa si deve concludere?
Che dobbiamo abbandonare
l’impostazione barthiana di una
cura d’anime centrata sull’annuncio evangelico, che ha avuto
in Thurneysen la sua applicazione più riuscita e in Valdo Vinay
un convinto sostenitore? Il nostro attuale professore di teologia pratica dedica l’ultima parte del suo libro al compito di
dare alla relazione d’aiuto un
fondamento teologico serio. Egli
torna a confrontarsi con i riformatori; alle prospettive di Lutero e di Zwingli si affiancano
quelle di Bucero e di Calvino.
Secondo Genre, una teologia
pratica che voglia mantenere vivo l’insegnamento della Riforma
deve oggi dare più attenzione
all’opera dello Spirito Santo.
Soltanto una comprensione dell’azione dello Spirito permette
di rispettare pienamente l’autonomia della persona a cui si
rivolge il dialogo pastorale, mantenendo ferma la priorità dell’opera di Dio e dando il posto
dovuto al ruolo della comunità.
Perché la relazione d’aiuto non
può prescindere dal rinnovamento dei rapporti comunitari. La
relazione d’aiuto è compito di
tutta la chiesa.
Bruno Rostagno
In occasione del 450° anniversario della morte di Juan de Valdés (1541-1991) l’Editrice Claudiana pubblica il suo Dialogo
nella propria collana « Testi della Riforma » '.
Il Valdés (il cui nome ha una
curiosa assonanza col « nostro »
Valdo o Valdés o Valdesio), spagnolo di nascita, fa parte, come
è noto, di quel gruppo di « riformatori » che nella prima metà del XVI secolo operarono a
Napoli (Ochino, Vermigli, Carnesecchi ed altri). Uomo politico,
letterato, teologo Valdés, che già
aveva scritto l’opera in oggetto
nel 1529 quand’era studente presso l’Università di Alcalá, si spostò nel 1531 a Roma e successivamente a Napoli, dove rimase
fino alla morte. Allora Napoli
era sotto la dominazione spagnola ed egli ricopriva la carica di
segretario del viceré nonché governatore di quella città, Pedro
de Toledo.
Tornando al libro testé uscito, precisiamo che esso è stato
curato da Teodoro Fanlo y Cortés, attualmente pastore a Genova. Il Dialogo, da lui tradotto
per l’occasione, è stato rinvenuto nel 1925 dallo studioso Marcel Bataillon « per un colpo di
fortuna invidiabile » (come precisa lo stesso Panlo y Cortés)
nella sezione manoscritti della
Biblioteca nazionale di Lisbona
e subito pubblicato. E’ proprio
da questa edizione che appare
ora per la prima volta la traduzione italiana di quest’opera ancora poco nota in Italia.
Valdés ha scritto questo suo
lavoro partendo dalla constatazione dell’ignoranza esistente anche fra i sacerdoti circa « le basi della dottrina cristiana», con
conseguenti grossi problemi nel
campo della catechesi. L’opera è
scritta sotto forma di dialogo;
si tratta di un espediente, come
dice lo stesso autore, per rendere più interessante e vivace il
contenuto senza dargli la pesantezza del trattato.
L’opera esamina, fra altri argomenti, il Credo, i dieci comandamenti, i peccati, le virtù cardinali e teologali, i doni dello
Spirito Santo, il Padre nostro,
la riforma della Chiesa. I temi
trattati sono affiancati dalla citazione dei versetti della Bibbia
cui essi fanno riferimento. Gli
argomenti discussi hanno mantenuto in gran parte la loro attualità ed anche oggi sono de
juan de va(dés
il dialogijiJ|!Tdelia dottrina
' cristianan* ■ ■
AcuradiTeodaro Fwiio yCortée
Prefazione di Aaha UorW Quwn wlClUUIÌdriO
gni di interesse e di attenzione,
tanto più tenendo conto del momento e del luogo in cui furono
scritti.
Il lavoro è integrato daH’ectizione di un piccolo catechismo
intitolato Qual maniera si devrebbe tenere a informare iniìno dalla Fanciullezza i figlioli de’
cristiani delie cose della Religione, pubblicato in otto lingue nel
1883.
Terminiamo questa breve presentazione trascrivendo un profilo del teologo spagnolo fornito dal curatore del volume (pag.
36) che, nella sua sinteticità, coglie gli aspetti fondamentali del
pensiero valdesiano;
« Rispetto alla chiesa istituzionale e alla sua religiosità si può
considerare un radicale; al tempo stesso, il contenuto della sua
teologia — giustificazione per sola fede, libertà del cristiano, negazione del libero arbitrio, negazione delle opere e delle devozioni come mezzi di salvezza,
centralità di Cristo, due soli sacramenti, la Scrittura illuminata
dallo Spirito Santo come unica
fonte di dottrina — lo colloca
nella storia come un vero riformatore al di fuori della chiesa
cattolica, pur non essendo possibile porlo per questo, ”tout
court”, nel campo calvinista o
in quello luterano ».
Roberto Peyrot
' Juan de VALDÉS, Il dialogo della
dottrina cristiana, Torino. Claudiana,
1991, pp. 223, L. 26.000.
L
Appuntamenti
' Ermanno GENRE, Nuovi itinerari di
teologia pratica, Torino, Claudiana,
1991, pp. 243, L. 28.000.
1-2-3 novembre — ROMA: Presso
l'Ergife Palace Hotel si svolge il 9°
congresso cristiano di « Uomini nuovi ».
Mercoledì 6 novembre — TORINO:
il Centro evangelico di cultura, nell'ambito delle riflessioni suscitate dal
V centenario della scoperta dell'America, organizza un incontro con il teologo statunitense Richard Shauil, che
si tiene alle ore 17 nella sala di via
Pio V, 1E (1° piano).
Giovedì 7 novembre — CINISELLO
BALSAMO (Mi): Il Coordinamento per
la pace organizza un incontro dal titolo Sempre più poveri e sempre più
ricchi: analisi degli squilibri mondiali,
con il giornalista L. De Rojo, nell'ambito di un ciclo su Quale ordine mondiale? L'incontro si tiene alle ore 21
a Villa Ghirlanda (via Frova, 10).
Venerdì 8 novembre — ASTI: La
Scuola biblica ecumenica (c.so G. Ferraris, 81) organizza il secondo appuntamento delle lezioni introduttive all'Antico Testamento. Alle ore 21 Fulvio Ferrario, pastore valdese e docente all'istituto di Studi ecumenici S.
Bernardino di Venezia, parla sul tema:
« Di generazione in generazione: i padri di Israele ».
Sabato 9 novembre — MILANO: Il
Centro culturale protestante org’anizza
per le ore 17 nella sala adiacente la
libreria Claudiana una conferenza del
prof. Enrico Rambaldi sul tema: Etica
ed uguaglianza.
Domenica 10 novembre — ROMA;
Il gruppo SAE organizza presso le
Suore francescane di Maria (via Giusti, 12) un incontro sul tema: « Diaconia politica dei credenti in un mondo che cambia ». Introduce il dr. Paolo Giuntella.
Lunedì 11 novembre — MILANO: Il
SAE organizza un ciclo sul tema Le
chiese sulla vìa deU'unità, che si apre
con un intervento del prof. Paolo Ricca sul tema Un dono l'unità della chiesa? Appuntamento alle ore 18 in via
F.lli Gabba 7b.
Martedì 12 novembre — MILANO:
Presso la saletta di via Sforza 12/a,
a cura del Centro culturale protestante, si tiene con orario 18-20 il primo
di cinque incontri coordinati dal pastore Salvatore Ricciardi sul tema: 1
Salmi.
Martedì 12 novembre — CINISELLO
BALSAMO (Mi): Il centro « Lombardini » organizza il primo di una serie
di quattro incontri sul tema La vita
comune. Alle ore 21 introduce il pastore Alfredo Berlendis.
3
1° novèmbre 1991
commenti e dibattiti
MADRID: AL VIA LA CONFERENZA PER IL MEDIO ORIENTE
UNA PROPOSTA
La pace non ha alternative Pef una politica
culturale
L’indipendenza, il reciproco riconoscimento, la garanzia della sicurezza fra
Israele e Palestina sono l’unica speranza per un futuro di vera coesistenza
Quando i lettori avranno
questo giornale la « Conferenza di pace per il Medio
Oriente » sarà iniziata (30
ottobre). Salvo imiprevisti,
peraltro improbabili — ma
non si sa mai. E già questo
basta a dire come fare previsioni sia difficile, se non
velleitario. Meglio dunque,
penso, rimandare più ragionati commenti a lavori ben
avviati, o terminati, e fornire elementi che possano
aiutare a seguire l’avvenimento.
ONU e CEE:
osservatori
Il calendario. Il 30 ottobre seduta inaugurale, a
Madrid, con Onu e Comunità europea presenti come
« osservatori », cioè a fare
tappezzeria, non potranno
metter becco nella faccenda. Parleranno Gonzalez,
capo del governo spagnolo
ospitante, e poi Bush e Gorbaciov, che però non seguiranno i lavori, hanno un
vertice separato su altre
questioni. Il 31 parleranno
Shamir e un membro della
delegazione giordano-palestinese, Si dovrebbe qui entrare decisamente nel vivo,
perché saranno quasi certamente presentate le posizioni delle due parti. Parlerà un palestinese, vuoi della delegazione giordana (i
palestinesi formano gran
parte della popolazione della Giordania) vuoi di quella palestinese.
Stati arabi o
palestinesi
La cosa è importante: gli
israeliani hanno sempre
puntato a « fare la pace con
gli arabi », ieggi con gli stati arabi, tagliando fuori i
palestinesi considerati non
parte in causa, e a Madrid
potrebbe accadere che si
trovino invece davanti il vero interlocutore, la vera
controparte.
« arresti amministrativi »
(indipendente); a Nabil
Kassis, di Ramallah, vice
rettore dell’ Università di
Bir Zeit (cristiano, indipendente); a Walid Khalìdi
(nella delegazione giordana), uno dei più noti storici palestinesi, attualmente
ad Harvard. Ma proseguiamo.
Gli incontri
bilaterali
L
I personaggi qualificati
ad alzarsi e parlare non sono pochi, da Mamduch El
Aker, ingegnere (di AlFatah). dirigente di imprese agricole, sindaco di Hebron, defenestrato nel 1983
dalle autorità d’occupazione (di casi come il suo ce
ne sono a dozzine, da quando nel 1976 i candidati fìloOlp stravinsero le uniche
elezioni amministrative avvenute nei territori palestinesi occupati); Shamir dovrà guardarlo in faccia se
e quando parlerà di « autonomia amministrativa » per
gli occunati; a Sameeh Kanaan (Al-Fatah), di Nablus,
di madre ebrea e padre arabo, condannato nel 1973 a
vent’anni di prigione, liberato nel 1985 in uno scam;bio di prigionieri; da Sami
Zeid El Kilani, professore
di fisica all’Università di
Nablus. condannato al carcere nel 1977, poi messo agli
arresti domiciliari, « prigioniero d’opinione » per Amnesty International (del
Fronte democratico di liberazione); a Zakaria El
Af>ha, capo dell’ordine dei
medici e della Croce Rossa
di Gaza, con un robusto record di incarcerazioni e
li 2 novembre inizieranno
i negoziati veri e propri,
con incontri bilaterali tra
gli israeliani e le tre delegazioni arabe: quella della Siria, quella del Libano (paese ormai a rimorchio, se
non al guinzaglio, della’ Siria — dove sono finiti i patiti della libertà libanese?),
quella giordano-palestinese.
L’Egitto, invitato e presente
alla conferenza, non parteciperà a questi incontri: sarà disponibile come mediatore, afferma, avendo già
firmato un trattato di pace
con Israele. Parleranno i libanesi della bella fetta del
loro paese occupato in permanenza dagli israeliani? E
la Siria delle alture del Golan, territorio siriano non
incluso nella sipartizione
della Palestina del 1947 ma
annesso da Israele dopo le
guerre del 1967 e 1973? Potranno entrambi richiamarsi alle numerose risoluzioni deH’Onu che chiedono il
ritiro di Israele e considerano illegali le annessioni
israeliane (tutte, compresa
Quella di Gerusalemme)? In
una riunione a Damasco,
pochi giorni fa, le parti arabe invitate alla conferenza
hanno stabilito un coordinamento, con l’impegno di
non fare accordi separati
con Israele, e di non procedere oltre la fase degli incontri bilaterali, se non si
avranno garanzie precise
sulla questione degli insediamenti israeliani nei territori palestinesi occupati e
sulla questione dell’indipendenza. A Damasco erano anche presenti rappresentanti
del Maghreb (che include
Libia, Tunisia, Algeria, Marocco, Mauritania) e dell’Arabia Saudita. Funzionerà l’accordo? L’esistenza di
una qualsiasi forma di
« unità » araba è una delle
incognite, e presenze determinanti, della conferenza.
Gravi problemi
regionali
Occorre pensare una strategia generale di collocazione nel nostro tempo
Una scena dell’lntifada. A quasi quattro anni dall’inizio
della rivolta, il giorno prima dell’avvio della Conferenza,
si è avuto un gesto di pace quando i palestinesi hanno
sfilato con rami d’olivo e pane, che hanno svezzato con
il comandante delle truppe israeliane.
Il momento
dell’incontro
zione venne inserita la creazione di « una sede nazionale ebraica » in terra araba.
Questo il calendario. La
sostanza? « Il Medio Oriente sull’orlo della pace. Dopo una marcia di quarant’anni — scrive La Stampa — arabi e israeliani stanno per incontrarsi... ». E’ la
nota suonata da tutti i media. Il fatto è che « gli arabi » sono una smilza pattuglia: davanti agli israeliani
si troveranno, venendo al
dunque, Siria e delegazione
giordano - palestinese, con
l’Egitto « mediatore ». Dal
Golfo Persico all’Atlantico
il mondo arabo sta a guardare, per motivi e intenti
spesso non proprio nobili e
la « pace » del Medio Qriente dipende anche da questo, per gli israeliani e i palestinesi.
Sancire
l’indipendenza
La questione
della Palestina
Secondo punto: la pace
significa soluzione di quella
« questione della Palestina » che è neH’agenda della comunità internazionale
non da quaranta ma da settant’anni, dal giorno in cui
Francia e Inghilterra si
spartirono le terre arabe
deH’impero ottomano, e nel
contesto di questa sparti
Conclusione: la pace con
gli arabi si fa non con un
accordo alla Oamp David
U978), che lasciò i palestinesi a terra, con una formula di « autonomia » che
servirebbe solo a dar via
libera, definitivamente, a
un’annessione di fatto da
parte israeliana (e questa è,
con estrema chiarezza, la
linea del governo di Israele). Si fa creando Tunica
premessa possibile a una
pacifica coesistenza tra stato ebraico e palestinesi:
l’indipendenza istituzionalmente sancita, il reciproco
riconoscimento, la garanzia
di sicurezza per entrambi.
Sarà un obiettivo da raggiungere per stadi, occorrerà procedere con cautela
(cioè non mettere nel sacco
nessuno...), ma è imperativo
arrivarci. L’alternativa, sotto qualsiasi altra formula, è
una pace da cimitero, che
perpetuerebbe gli odi e
creerebbe per lo stesso
Israele, anziché risolvere
quelli esistenti, nuovi grossissimi problemi interni ed
esterni.
Sandro Sarti
Il recente convegno tenutosi a Roma, di cui si darà ampia relazione su queste pagine, , sulla storia
de! metodismo italiano è
stata una tappa importante nella nostra riflessione
evangelistica perché ha
messo in luce una serie
di problemi fondamentali
non solo sul piano della
ricerca storiografica ma
su quello della nostra identità. Seguendo il cammino di questa riflessione
mi si sono venuti delineando alcuni punti in stretta
relazione col lavoro del
nostro Centro.
Il primo è una constatazione: il dibattito e la ricerca culturale rappresentano oggi la nostra frontiera (nostra di valdesi e metodisti) sul piano della
identità e dell’ evangelizzazione. Altre chiese usano altri sistemi, altre formule; noi, per scelta o
per casualità, forse perché
non sappiamo fare di meglio (così ritengono alcuni) o non abbiamo il coraggio (dicono altri), stiamo calando la nostra testimonianza in uno schema culturale. Questo non
significa che riduciamo
il nostro messaggio a cultura, che facciamo della
cultura l’oggetto della n(>
stra predicazione ma il dibattito, la conferenza, la
mostra, la lezione pubblica, lo scritto, l’articolo
stanno diventando in una
progressione geometrica la
nostra via alTevangelizzazione.
Intorno alla Facoltà di
teologia, ad Agape e agli
altri centri giovanili, che
hanno da sempre svolto
questa funzione, stanno
nascendo o rinascendo
centri di cultura nelle maggiori nostre città con programmi diversissimi, ampi o brevi, con forze locali o invito di personalità
esterne. Mentre l’impegno
sul fronte del ’’politico”
diventa sempre più difficile da tradurre in termini
operativi convincenti ed
il diaconale assistenziale
ha trovato una sua istituzionalizzazione, coinvolgendo da anni forze ed energie, il culturale si presenta nuovo e possibile.
Perché questo processo
agisca in modo efficace
occorre che si abbia una
UN VALORE CRISTIANO
A due settimane dall’avvio della conferenza dovrebbero iniziare riunioni
multilaterali su problemi
regionali (risorse idriche —
punto dolentissimo per i
palestinesi, sistematicamente spogliati, con la terra,
anche di questa risorsa fonte di feroce contesa —, commercio. economia, ambiente). Disponibili a parteciparvi sono l’Arabia Saudita
e gli emirati del petrolio,
ma la cosa comporterebbe,
di fatto e probabilmente
anche nella forma, un riconoscimento di Israele che
il cupo (questo sì!) fondamentalismo delle varie dinastie regnanti vede come
fumo negli occhi.
Testimoniare la libertà
La libertà di coscienza resta, nella
sua ispirazione profonda, un valore
essenzialmente cristiano. Non è che
l’applicazione alla vita umana nel
suo insieme, nei suoi problemi piià
delicati e più alti, della « libertà in
Cristo » che per il cristiano è il dono
inalienabile della grazia di Dio.
« Non avete ricevuto uno spirito di
servitù » (Rom. 8; 15) ma di adozione e di libertà; e questo non vuol
dire soltanto « state saldi e non vi rimettete sotto il giogo della servitù »
(Gal. 5: 1) bensì: testimoniate al
mondo il valore della libertà, siatene
i promotori coscienziosi e fedeli, insegnate agli uomini ad aver fiducia nelle sue possibilità e a rispettarla nei
loro simili.
E soprattutto nel testimoniare della vostra fede, nel vostro desiderio
di convertire e di convincere, non dimenticate che soltanto nella libertà
l’Evangelo può dare la libertà più
alta, quella dei figli di Dio riconciliati con il Padre loro e con se stessi.
Tale libertà più alta resta la ragion
d’essere e il fine di quell’altra libertà.
Giovanni Miegge
strategia, un’ ipotesi generale. Questo è il secondo punto su cui occorre
riflettere. Un’ipotesi generale significa che si sia in
grado di collegare tutti i
fili della rete culturale ad
un’unica impostazione di
lavoro, che si sappia cosa
si vuole, perché lo si vuole, come si pensa di ottenerlo. Il convegno, a cui torniamo a fare riferimento,
ha messo in evidenza il
fatto che i fratelli della
Chiesa metodista episcopale avavano un’ipotesi di
lavoro; conquistare ad un
discorso protestante la
classe dirigente liberalmassone italiana di fine
Ottocento-inizi Novecento.
Ipotesi risultata poi fallimentare, inattuabile per
una serie di fatti, ma
coerente.
Esiste una nostra ipotesi? Ne esistono molte; di
costituire una grande chiesa evangelica alternativa
a quella romana, di prote-^
stantizzare l’Italia non si
parla nemmeno, ma di costruire una minoranza significativa nel paese si
può continuare a parlare;
possiamo limitarci ad essere una componente critica nel quadro di una società pluralista quale sarà
quella di domani, possiamo, nel quadro delTEuropa attuale e nel crollo delle ideologie, riprendere
l’eredità protestante e mediarla all’Italia nella convinzione, storicamente fondata, che il mondo moderno è nato dalla riflessione protestante e perciò ne
siamo, volenti o nolenti, inqualche modo partecipi ed
impregnati; è possibile altresì radicalizzare la posizione evangelica, come avviene in non poche zone
dell’evangelismo italiano,
e vederla come la roccaforte in cui cercare rifugio nelTagitato mondo del
tempo presente.
Elaborare questa ipotesi è necessario ed urgente
per poter operare in modo efficace, e non solo perché si possa organizzare
un discorso verso il mondo esterno ma perché i
membri delle nostre chiese possano anche collocarsi personalmente e vocazionalmente. Ed insieme
all’elaborazione concettuale del programma operativo occorre organizzare
e coordinare le nostre
energie. Proprio nella fase
attuale, di espansione, di
inventiva, di ricerca di vie
nuove è necessario che il
tutto avvenga in modo
coordinato, organico, che
le informazioni siano più
regolari fra i diversi centri operativi, che le esperienze siano scambiate, i
progetti, gli uomini, che
si eviti di intraprendere
tutti lo stesso cammino
di ricerca ripetendo a distanza minima di tempo e
di spazio cose simili.
Già allo scorso Sinodo
era emersa questa esigenza nel corso di un incontro
informale fra i responsabili dei Centri culturali;
Tanno prossimo occorre
istituzionalizzare la serata
aprendo il dibattito sui
progetti, i programmi, i
coordinamenti.
Giorgio Tourn
4
4 vita delle chiese
1° novembre 1991
RICORDO
CRONACA DELLE CHIESÉ DELLE VALLI
Teofilo Pons
Un opsra di studio condotta por molti anni noll’isolamonto - A lui
si dove di avor contostualizzato I immagine di discipline diverse
La
della Riforma
Ho avuto il professor Teofllo
Pons come preside, al Collegio
di Torre; non l’ho avuto come
insegnante e l’ho conosciuto, da
vicino, solo molto più tardi, dopo la laurea, quando i miei interessi per gli aspetti culturali,
linguistici soprattutto, delle Valli mi portarono quasi naturalmente a contatto con lui. Ne
nacque una collaborazione che
per me fu sempre apprendimento, e un’amicizia, di cui mi onoro, che sono durate ininterrotte
sino alla sua scomparsa. Malgrado una grave menomazione alla
vista, che gli impediva ultimamente di leggere, egli non ebbe
a, soffrire delle ingiurie spirituali e morali che troppo spesso
affliggono le persone anziane.
Per questo, anche nell’ultimo incontro che ebbi, a settembre,
con lui, già debilitato nel flsico,
fui colpito dalla lucidità dei ricordi e dei giudizi e dalla curiosità scientifica, ancora viva,
segni di un non mai interrotto
esercizio intellettuale.
Di Teofilo Pons mi preme richiamare, in questo commiato,
il ruolo avuto nell’ambito degli
studi etnolinguistici nell’area
yaldese di parlata occitana. Altri potranno occuparsi di aspetti differenti della sua attività,
che si esplicò in direzioni diverse; storia, canto popolare, nomenclatura botanica, toponomastica...
Un’attività
pionieristica
La sua opera è stata quella
di un pioniere. Iniziò nel secondo decennio del secolo, con la
raccolta di alcune decine di modi di dire dialettali, come egli
stesso ci ricorda, e proseguì ininterrottamente per culminare con
la summa costituita dalla pubblicazione del Dizionario e dei
due volumi sulla vita e le tradizioni delle valli valdesi: sessant’anni di impegno che destano l’ammirazione, quando si considera la temperie culturale nella quale egli operò, impreparata a percepire, sia daH’interno
sia dall’esterno, l’importanza di
questi valori. Si trovò in effetti a Iporare a lungo isolato, in
una ricerca che dovette sembrare ai più un futile passatempo,
perché i suoi molti scritti, apparsi come volumi o come contributi su periodici diversi, non
hanno avuto presso i lettori alcun seguito sino a tempi recenti. Del resto, il senso del suo
lavoro rimane ancora largamente incompreso e inattuale, malgrado l’innalzamento e la diffusione del livello culturale, che
consentirebbero oggi a molti di
farsi mietitori in una messe che,
da allora, anziché restringersi è
venuta ampliandosi — per le
nuove prospettive di ricerca che
si sono affacciate — ma che
conta invece pochissimi operai.
Si parla molto dell’importanza
delle radici culturali, ma la
preoccupazione maggiore, per
motivi che non staremo ora ad
approfondire, sembra essere in
realtà quella di reciderle.
Al lavoro di Pons devono essere riconosciuti parecchi meriti e anzitutto quello della precocità: Taver iniziato la sua ricerca in un ambiente ancora socialmente immobile, che conservava intatto il patrimonio delle
generazioni precedenti, gli ha
consentito di attingere direttamente a un coro di testimonianze omogeneo e completo, che rifletteva l’interezza delle attività
e dei rapporti culturali del gruppo, successivamente sconvolto —
non ci interessa stabilire qui se
e quanto in meglio o in peggio
— dall’apporto massiccio, soprattutto nel secondo dopoguerra, di elementi esterni che si sono inseriti, e in qualche caso
profondamente, nella relativa
compattezza di quel coro, oscurando molte voci (si pensi al
decadimento di tutte le attività
artigianali) e introducendone di
dissonanti (basti citare, per limitarci a un aspetto linguistico, l’ormai incontrollata introduzione nel lessico di proparossitoni: fàbbrico, mùzico, sòttoulo,
ùnico..., estranei alla fonetica
della parlata). Il Dizionario e i
volumi sulle tradizioni sono i
lavori che meglio, perché più
compiutamente e globalmente,
rispecchiano quel vecchio equilibrio, dipingendo un quadro socioculturale ancora integro e vario, dalle molteplici possibili letture, che più tardi non si sarebbe più potuto realizzare.
Altro merito di Teofllo Pons
è l’aver contestualizzato i dati
delle sue ricerche — associando
lo studio linguistico a quello
storico e a quello degli usi e
costumi, come indica chiaramente la sua bibliografia — e cercato sempre di raggiungere, assieme al nucleo ristretto degli
studiosi, il grande pubblico, con
esposizioni chiare e accessibili
che la gente ha saputo apprezzare, come testimonia il successo delle sue opere maggiori, in
volume, che risultano presenti in
quasi tutte le famiglie delle Valli e anche altrove.
L’attenzione per il pubblico vasto, depositario di questo sapere e vero destinatario dei suoi
scritti, soprattutto etnolinguistici, è poi particolarmente evidente nella sua lunga collaborazione al « Cantoun di patouà », su
« Il Penice », che rappresenta il
primo tentativo, ancorché limitato nel tempo e nel tema, di
coinvolgimento diretto della gente in uno sforzo di riappropriazione della propria identità.
Il mio, nei suoi confronti, è
un debito di riconoscenza per
tutto ciò che lavorando e conversando con lui ho imparato.
Ma tutti gli dobbiamo gratitudine, guardando alla sua opera,
per la testimonianza irripetibile
che ci lascia e che merita quell’ampio riconoscimento che in
vita — forse nel timore di infrangere la riservatezza e la modestia nelle quali lavorò — gli
è stato troppo lesinato.
Arturo Gerire
IL PROFESSOR PONS
Cultura e amore
per il passato
Il ritratto di Teofilo Pons
che Arturo Genre ha tracciato
qui sopra si colloca in un contesto molto preciso: il mondo
delle valli valdesi.
Il professor Pons, come veniva abitualmente chiamato, ne
è stato espressione compiuta e
simbolo vivente e non a caso
il suo ritratto a piena pagina
sta al centro del volume 7 valdesi e le loro valli, edito nel 1989.
Il mondo della realtà contadina, fortemente segnato dalla
presenza della chiesa e dalla
cultura evangelica, che ha caratterizzato le nostre vallate sino in tempi recenti, rivive infatti in tutta la sua immediatezza e complessità nella sua
persona e nella sua opera.
Nativo di Massello, la Massello di fine ’800 che giustamente vantava il fatto di aver dato
alla Chiesa valdese più pastori
e professori di tutte le parrocchie valdesi, rimase sempre profondamente legato alla sua terra d’origine, radicato in essa,
nella parlata, nelle parentele,
nei luoghi e da questo radicamento è venuta e si è alimentata la sua attività di studioso.
Una cultura ed un amore nutriti dal basso, dal profondo, da
un pudore rispettoso per il passato che ci ha fatti essere ciò
che siamo.
Pons ha certo conosciuto le
esperienze della sua generazione: ferito e decorato nella prima guerra, studente universitario a Napoli, ha avuto modo
di situare la realtà della sua
terra nel contesto più ampio del
paese. Tutto questo rimase però
sempre soltanto uno sfondo della sua attività e del suo impe
gno, egli visse nelle sue valli e
delle sue valli.
A Torre Pellice, dove si trasferì, svolse la sua attività in due
anibiti molto definiti, oltre all’impegno costante nella vita
della comunità valdese: il Collegio e la Società di studi vaidesi. Nell’équipe del Collegio
entrò nel 1924 come insegnante di lettere e vi insegnò per
37 anni, assumendo poi anche
la carica di preside della scuola
media. Il numero degli anni di
insegnamento impressiona, nel
clima odierno di prepensionati,
ma merita anche di essere sottolineato il periodo di quell’insegnamento; gli anni della crisi,
dell’incertezza sul destino della
scuola, gli anni della guerra, della Resistenza, del dopoguerra.
Tempi tutt’altro che facili sotto
il profilo economico, ambientale che Teofilo Pons affrontò con
forza d’animo e perseveranz.a,
insieme a tutta la famiglia del
Collegio.
Non meno perseverante e
coerente fu l’impegno nella Società di studi valdesi in qualità di segretario ed archivista, di
custode della memoria si potrebbe dire, da cui egli sapeva
trarre sempre insegnamenti, messaggi, escrnpi e fatti nella più
bella tradizione di divulgazione storica della Società stessa.
Il Bollettino, di cui fu a lungo direttore, e l’Eco delle Valli
recano numerosi suoi contributi che restano a testimonianza
di una lezione di vita a cui molti oggi si rifanno ancora e, auguriamocelo, molti si rifaranno
anche in futuro.
Giorgio Tourn
TORRE PELLICE — Il 3 no
vembre, domenica della Riforma, il culto nel tempio del centro sarà con Santa Cena. Sarà
in francese, come d’ora in poi
tutti i culti della prima domenica del mese.
Nel pomeriggio, alle ore 15 alla Casa unionista, riunione dell’Unione femminile. Ethel Bonnet parlerà delle Chiese riformate di Scozia incontrate nel corso del viaggio organizzato dalla
Società di studi valdesi.
• E’ stato battezzato Andrea,
figlio di Edina Benech e di Domenico Bolla; il Signore voglia
benedire questo bambino.
• Alla famiglia di Guido Jourdan e a quella di Teofilo G. Pons,
che sono giunti al termine della loro lunga giornata terrena,
la comunità è vicina con cristiana simpatia.
Sostituzioni
SAN SECONDO — Durante
l’assenza del pastore, impegnato
con la Missione contro la lebbra, i culti domenicali dal 22
settembre al 13 ottobre sono stati presieduti da Peggy Bertolino, la quale si è avvalsa della
collaborazione di alcune sorelle
dell’Unione femminile, dei ragazzi della scuola domenicale e del
catechismo.
L’annunzio della Parola si è
basato sulla I Corinzi; superare lo scandalo della croce, cap.
1 e 2; l’opera dello Spirito, cap.
12; il pericolo di conformarsi al
mondo, cap. 8; fede nella risurrezione, cap. 15.
• Due bimbe sono venute ad
allietare due famiglie della comunità: Doris, di Rossano Gönnet e Marina Rostan, e Gaia, di
Massimo Rivoiro e Franca Del
Pero; il Signore benedica queste bimbe e le loro famiglie.
• Il Signore ha chiamato a sé
Maddalena Davit in Rostan e
Olimpia Rivoir ved. Paschetto;
esprimiamo ancora la nostra
simpatia cristiana alle famiglie
colpite da questi lutti.
Riunioni quartierali
PRALI — Il calendario delle
riunioni quartierali del mese di
novembre, comunicato sulla
« Lucerna », è cambiato lievemente, dato che il pastore sarà
impegnato all’ospedale di Pomaretto per i culti del martedì sera: 5 novembre: Indiritti (pomeriggio); G nov.: Villa (ore
19,30); 7 nov.: Cugno (id.); 13
nov.: Orgere (id.); 14 nov.: Malzat (id.); 20 nov.: Ghigo (ore
20); 21 nov.: Rodoretto/Fontane
(pomeriggio); 27 nov.: Pomieri/
Giordano (ore 19,30). L’argomento della riunione di questo mese sarà « I 40 anni di Agape ».
Pranzo comunitario
MASSELLO — Domenica 3
novembre, dopo il culto (ore 11),
ci sarà al Reynaud un pranzo
con pomeriggio comunitario in
onore di Claudio e Milena Tron,
per il lungo servizio reso alla
comunità.
Per informazioni e prenotazioni rivolgersi al pastore o alla
sorella Erminia Tron (tei. 0121/
808963).
Concistoro
LUSERNA SAN GIOVANNI —
L’assemblea di chiesa, riunita
domenica scorsa dopo il culto
nella sala Beckwith, ha eletto
quali nuovi membri del concistoro Luciana Migliotti, Dino
Bellion, Vilma Ricca ed ha rieletto Erica Correnti per il prossimo quinquennio.
Il presidente Paolo Gay ha
ringraziato gli anziani uscenti
Alberto Bellora, Arturo Caffarel,
Fabrizio Malan per l’impegno
con cui hanno svolto il loro mandato in questi anni passati ed
ai neoeletti ha augurato un buon
lavoro benedetto dal Signore nel
nuovo compito che li attende.
Solidarietà
RORA’ — La comunità si
stringe intorno al suo pastore
Vito Gardiol nel dolore che Tha
così profondamente colpito con
la perdita del padre Erminio.
Sede del culto
POMARETTO — A partire da
domenica 3 novembre il culto
riprende nei locali del teatro, alle ore 10; sarà un culto con Santa Cena.
• E’ nato Edoardo Barai di
Riccardo e Marisa Bergenten.
Un benvenuto al neonato e auguri ai genitori.
Campo di lavoro
ANGROGNA — Il Comitato
della foresteria « La Rocciaglia »
di Pradeltorno organizza per il
giorno sabato 9 novembre un
campo di lavoro volontario. Gli
amici della foresteria sono caldamente invitati a vivere questa
giornata di servizio e di fraternità. L’appuntamento è per le
ore 8 della mattina.
Come di consueto, all’ora di
pranzo, il Comitato offrirà una
« spaghettata » a tutti.
DIACONIA
Corso
per
operatori
Si svolge a Casa Cares, dal
16 a 20 novembre, il corso per
operatori nei servizi e nella diaconia, che riprende i tre consueti filoni: attività delle opere,
storia, Bibbia.
,, primo filone verterà sulle
"équipes di lavoro”, nell’industria e nel commercio finalizzate a migliorare la resa, nelle
nostre opere alternative alla
struttura gerarchica. Ne parleranno Gianni Rostan e Judv
Elliot.
I pastori Bmno Rostagno e
Domenico Tomasetto condurranno gli studi biblici sull’Epistola
ai Filippesi, mentre il prof.
Giorgio Spini parlerà sul tema;
’’Dalla Rivoluzione francese alto
Statuto albertino. Le trasformazioni sociali e politiche in Europa e in Italia”, e il pastore
Giorgio Tourn sul tema: ”Lc radici del Risveglio”.
La quota di partecipazione
(dalla cena del 16 al pranzo
del 20 novernbre) è di L. 90.000.
Per altre informazioni: sig.ri
Krieg - Casa Cares (055/8652001),
M. Jourdan (06/3215362).
PROTESTANTESIMO
IN TV
DOMENICA 3 NOVEMBRE
ore 23,30 - RAIDUE
Replica:
LUNEDI’ 11 NOVEMBRE
ore 10 - RAIDUE
In questo numero la rubrica presenta con un servizio
filmato la IX Assemblea della Federazione delle chiese
evangeliche.
5
r
1° novembre 1991
vita delle chiese
LA TAVOLA INFORMA
CORRISPONDENZE
Rapporti con lo Stato Chiesa delia Parola
Otto per mille: verso la nomina di una delegazione che tratterà con
il governo - Le nostre chiese tra amministrazione e nuovi progetti
La Tavola ha ripreso molti degli argomenti appena abbozzati
nelle riunioni post-sinodali in
una sessione di tre intense giornate a Roma (12-14 ottobre). La
prima di queste giornate ha visto la partecipazione della Tavola ai lavori della Commissione chiesa-stato che si è occupata quasi esclusivamente dell’attuazione di 36/SI/91, e cioè dell’atto concernente i rapporti finanziari con lo stato che ha dato mandato alla Tavola di sollecitare l’apertura delle trattative col governo per l’ottenimento della deflscalizzazione e dell’8 per mille.
L’attenzione della Commissione si è accentrata sul quadro interno delle nostre chiese, ancora
piuttosto disinformate su tempi, modi e finalità dell’acquisizione dell’8 per mille; sui rapporti con la società civile in un
periodo di poca apertura nei nostri confronti; sulla strategia di
attuazione dell’atto sinodale e
sull’organizzazione della trattativa che la Tavola è chiamata ad
aprire.
Su quest’ultimo punto, la Tavola ha in seguito deciso — in
largo accordo con quanto espresso dalla Commissione — la nomina di una delegazione (non
ancora completata) che tratterà
col governo e quella di una
« Commissione larga », presieduta dal pastore Aurelio Sbaffi, che
avrà il compito di dare alla delegazione il necessario supporto
tecnico, politico ed ecclesiologico. Le proposte della « Commissione larga » saranno quindi presentate alla Tavola, a cui spetta la responsabilità decisionale
di cui risponde al Sinodo. E’ stato così rinnovato lo stesso schema operativo che ha inquadrato
le trattative per l’Intesa dal 1976
in poi.
Il giornale comune
Intenso è stato nel periodo
post-sinodale il lavoro di preparazione in vista della costituzione della Società edizioni protestanti (SEP), la s.r.l. che sarà
Teditrice del nuovo settimanale
BMV. Dopo la revisione finale
dello statuto della SEP e dei patti che regoleranno i rapporti
BMV all’interno di questa impresa comune, la Tavola ha approvato la delibera di partecipazione alla costituzione della SEP.
Uguale delibera hanno assunto
nelle rispettive riunioni, nella
prima metà di ottobre, gli organi responsabili dell’OPCEMI e
deiruCEBI. A far parte del primo consiglio di amministrazione
della SEP — che sarà costituita
il 6 novembre — sono stati chiamati i battisti Giovanni Arcidiacono e Franco Clemente, i metodisti Mirella Scorsonelli e Bruno Loraschi, i valdesi Eugenio
Bernardini, Franco Decker e Sergio Ribet. Revisori saranno Paolo Fabbri, Paolo Bensi e Aurelio Naselli.
Nella prossima riunione congiunta che avrà luogo a S. Severa subito dopo l’Assemblea della Federazione, gli esecutivi BMV
prenderanno tra l’altro una decisione definitiva sul nome del
nuovo settimanale comune —
che, come è noto, sarà lanciato
nell’ultima parte del 1992 e inizierà la pubblicazione regolare
con il 1.1.93 — e nomineranno
una commissione ristretta, incaricata di proseguire nell’elaborazione del progetto editoriale.
I^apporti ecumenici
Diversi importanti impegni
ecumenici si profilano per il 1992
c la Tavola ha preso alcune decisioni.
Oltre all’Assemblea generale
della Conferenza delle chiese eu
ropee (KEK), che si terrà a Praga il prossimo settembre (sul
cui documento preparatorio sta
lavorando la Commissione consultiva per le relazioni ecumeniche in vista del parere richiesto
alle chiese membro), sul piano
europeo si svolgerà in marzo a
Budapest l’auspicata Assemblea
del protestantesimo europeo. E’
questo il primo risultato dell’incontro di Basilea dello scorso
agosto, che ha ripreso ed elaborato l’idea di un ritrovo del protestantesimo europeo precisandone il quadro e le finalità. A
questo « rassemblement » — alla
cui preparazione lavora un comitato di cui è membro anche
Paolo Ricca — la Tavola invierà in rappresentanza delle chiese valdesi la vicemoderatore
Gianna Sciclone.
Sempre nel campo dei rapporti ecumenici la primavera 1992
vedrà una nostra delegazione di
tre persone visitare la chiesa dei
Fratelli boemi in Cecoslovacchia.
E in giugno il Centro di Ecumene ospiterà la riunione del
Consiglio della CEVAA che si tiene ad anni alterni in un paese
europeo e in un paese del Terzo
Mondo. La riunione che avrà luogo in Italia sarà occasione per
un contatto più stretto tra le
nostre chiese — comprese quelle metodiste, che si apprestano
ad entrare nella Comunità di
azione apostolica — e la CEVAA.
La Tavola ha mosso i primi passi sulla via della preparazione
di questi eventi.
Infine la Tavola ha deciso di
inviare una lettera al segretario
generale del Consiglio ecumenico delle chiese, per lamentare il
fatto che in settembre egli è venuto in Italia per una visita ufficiale al Vaticano senza prendere, all’occasione, alcun contatto
con le chiese evangeliche in Italia che fanno parte del CEC.
Area rioplatense
Malgrado il disservizio postale
che continua a intralciare i contatti, prosegue la preparazione
di una nuova fase di rapporti
col Rio de la Piata, in attuazione dei deliberati sinodali. La Mesa vaidense ha approvato il piano di visite secondo il quale in
un quadriennio rappresentanti
delle chiese valdesi rioplatensi
visiteranno a turno i nostri 4
distretti. La Mesa ha deciso di
affidare queste visite a membri
laici, valorizzandone il particolare apporto. Per la prossima primavera si prevede una prima visita al I distretto. Connesso a
questa visita, o in aggiunta ad
essa, il Centro culturale organizzerà un giro di conferenze nei
nostri centri culturali per far conoscere la realtà dell’America latina nel 500° anniversario della
sua conquista.
La Tavola ha inviato un primo contributo di 40 milioni per
il progetto di rinnovamento del
parco auto dei pastori valdesi
nel Rio de la Piata. Un altro contributo, di 7.000 dollari, è partito dall’Italia per contribuire alla pubblicazione in spagnolo del
catechismo in uso nelle nostre
chiese. Ad esso hanno contribuito, sotto gli auspici della Federazione, rOPCEMI, la Tavola,
una delle nostre opere e la FCEI
stessa.
Sul piano interno
Sul piano interno la Tavola ha
affrontato diversi problemi e
progetti. Ne menzioniamo alcuni.
Finanze. Il ritardo delle chiese nelle contribuzioni continua
ad essere pesante e i delegati
della Tavola sono stati incaricati di seguire da vicino le chiese che mostrano di avere difficoltà. La Tavola ha riscontrato
con preoccupazione l’aumento di
spese nel capitolo funzionamento (particolarmente nei fitti passivi e nel lavoro delle commissioni) e il pesante saldo negativo che si profila tra entrate finanziarie e interessi passivi.
Nuova CIOV. La Tavola, in accordo con la CIOV, ha approvato un piano di lavoro, in vista
della predisposizione del progetto richiesto dal Sinodo, che prevede visite ai Comitati di un
campione di opere, un convegno
a Firenze (la cui data è stata fissata per il 7-8 marzo) e un’azione divulgativa che permetta a
chiese, opere e singoli di comprendere le finalità e le implicazioni del progetto. Parallelamente la Tavola ha dato il proprio assenso al progetto del Centro di servizi predisposto dalla
CIOV, che prevede l’inizio al 1°
gennaio ’92 di questa importante attività di aiuto e sostegno alle opere.
Progetti. La Tavola ha dato un
parere di massima favorevole al
progetto di ristrutturazione di
Adelfia che ora deve essere tradotto nella forma esecutiva. Nel
far questo la Tavola ha espresso dei timori nei confronti di
un preventivo che appare non
sufficientemente realistico e che
andrà controllato attentamente
sul progetto esecutivo. La Tavola, il Comitato e le chiese del
IV distretto (senza esclusione
delle altre!) sono impegnate nel
reperimento dei fondi. La strada non sarà facile; attualmente
il piano finanziario delle possibili entrate non basta ancora a
coprire il primo lotto (il più importante) dei lavori.
Un altro notevole impegno finanziario nel Sud riguarda il
progetto per un luogo di culto
a Marsala. Grazie a diversi doni dall’estero è stato possibile
acquistare un capannone che andrà interamente ristrutturato
per trasformarlo in un luogo di
culto per questa vivace e attiva
comunità. Parte dei fondi necessari sono disponibili, ma manca
ancora un’ottantina di milioni
per poter iniziare i lavori. La
Tavola conta su contributi non
solo dagli amici esteri, ma anche
dall’interno per realizzare questo
progetto.
Il campo di lavoro
Nell’ambito delle chiese, il pastore Renato Di Lorenzo, a seguito di un accordo tra la Tavola e la chiesa di Brusio (Grigioni), curerà per parte del suo
tempo quella chiesa, fermo restando il suo impegno a Sondrio.
Nell’ambito delle opere è stato assunto Piero Grill, che si prepara a succedere a Riccardo
Bensi nella direzione della Foresteria di Venezia.
Terminata la sistemazione del
campo di lavoro dell’autunno ’91,
la Tavola ha cominciato a tracciare le linee di quella del ’92
e del ’93. Alcune decisioni sono
già state prese, alcune prospettive sono ormai acquisite, ma
per diverse altre situazioni la Tavola è solo all’inizio di un lavoro di ipotesi, consultazioni e verifiche che l’esperienza insegna
essere lungo e soggetto a diverse variazioni.
Errata corrige
Nel calendario delle domeniche dedicate a particolari scopi
e attività, pubblicato nella circolare n. 1 della Tavola, due date sono errate e vanno corrette;
Domenica della CEVAA non
10.11.’91, bensì 12.1.’92; Giornata
contro la lebbra non 12.1.’92, bensì 26.1.’92.
LIVORNO — Nell’immensa difficoltà della vita, la fede nella
misericordia divina aiuta la vita stessa, sostiene gli uomini
con il sentimento fraterno dell’amore. Le comunità delle chiese valdesi di Livorno e di Rio
Marina stanno sperimentando
un periodo di intenso impegno
laico conseguente alle attuali
non buone condizioni di salute
di Giovanni Scuderi, loro pastore.
La prima domenica di ottobre,
con un culto con Santa Cena
celebrato dal presidente del consiglio di chiesa Filippo La Marca, ha segnato la ripresa delle
normali attività ecclesiastiche.
Sembrava improbabile poter immaginare continuità nella nostra presenza attiva nella città, attraverso il culto domenicale, senza l’impegno costante del pastore. Con carattere di provvisorietà continua, nell’ostinata speranza che la salute
del pastore si ristabilisse al più
presto, il predicatore locale Gabriele Lala ha pressoché sostenuto l’impegno delle predicazioni domenicali in questi ultimi
sei mesi. La presenza del moderatore Giampiccoli, che ha predicato domenica 22 settembre e
che ha avuto un incontro con
il consiglio di chiesa nello stesso pomeriggio, ha contribuito a
rendere urgente la necessità di
una suddivisione di impegni per
la ripresa delle normali attività
di chiesa; il pastore Scuderi
mantiene l’impegno dell’insegnamento religioso e dei colloqui di
istruzione biblica con i giovani
in un programma settimanale; i
predicatori locali, con turni
prestabiliti, provvederanno ' ai
culti domenicali. Il pastore Salvatore Briante, sovrintendente
del X circuito, durante il culto
di domenica 20 ottobre, ha assicurato la solidarietà fraterna
della comunità di Pisa per la
continuità di una testimonianza
evangelica nel territorio. Ha ri
ferito inoltre che — a mercoledì alterni — presiederà uno studio biblico aperto al pubblico.
Culti quindicinali
nella diaspora
Nella diaspora di Piombino e
Rio Marina si continueranno a
tenere culti quindicinali a cura
di predicatori locali di Livorno
e Pisa. Molto apprezzata dalla
comunità locale è stata la -disponibilità della sorella Eliana
Forma della comunità di Rio
Marina, che ha contribuito —
unitamente a numerosi fratelli
occasionali ospiti della Casa valdese per ferie — a presiedere
il culto nel tempio la domenica
mattina per il periodo estivo. Vi
è inoltre speranza che possano
iniziare corsi di scuola domenicale per i sei bambini evangelici ivi residenti e corsi di istruzione biblica per alcuni adulti
che, con una certa regolarità e
interesse, frequentano il nostro
locale di culto. La ristrutturazione della Casa per ferie ha
maggiormente evidenziato la necessità di un restauro di quel
tempio. Inoltre, poco lontano,
esiste ancora il noto cimitero
valdese che ha urgente bisogno
di alcuni importanti lavori di sistemazione. Il consiglio di quella chiesa rende noto che, specificandone la causale, è possibile
inviare offerte sul c.c.p. n.
12123576 intestato a Chiesa valdese di Rio Marina, via G. Verdi 15 - 57126 Livorno.
Siamo grati a quanti collaborano con impegno personale alla continuità della vita della
chiesa e confidiamo di poter presto rivedere il pastore Scuderi
nuovamente sul pulpito per annunciare quella Parola di salvezza e di liberazione che, sola, dà
pace, gioia e sicurezza all’uomo
d’oggi.
RICORDO DI MARIO MACCHIORO
Itinerari di fede
farmaceutica, non trascurando
di occuparsi del suo incarico tra
i giovani della chiesa, sino al
punto di sposare Rosetta Guzzo,
tuttora anima della comunità,
con incarichi amministrativi.
Quando mi recavo d’estate a
Trieste, pieno di nostalgia, avevo come punto di riferimento
la loro casa, dove ritrovavo gli
affetti, l’amicizia, i ricordi ed
un mucchio di notizie locali;
così come quando ci incontravamo alle assemblee del distretto o al Sinodo di Torre Pellice,
dove assieme a Antonio Kovacs
formavamo il terzetto fiumano.
L’ultimo mio incontro con
Marietto e Rosetta ed i due figli, bene inseriti nella comunità, è stato il 16 giugno scorso
a Trieste, Avevo partecipato a
Grado ad una riunione con gli
ex compagni di liceo del '40 ma
avevo voluto rivedere anche loro per ripercorrere i comuni itinerari di fede nel Signore.
Mario ha predicato al culto,
con la fragilità di uno che si
sostiene al suo bastone ma con
la forza che viene dalla parola
di Gesù, sul testo di Matteo 17;
20; "Se avrete tanta fede quanto un grane! di senape, potrete
dire a questo monte: spostati
da qui a Vi ed il monte si sposterà". Ed aggiunse che le montagne da spostare sono quelle
che noi ci costruiamo consapevolmente o inconsapevolmente
intorno a noi e che ci impediscono di aprirci al Signore, di
affidarci a lui; solo allora ’’niente sarà impossibile per voi”.
Sauro Gottardi
Si incontrano e si conoscono
tante persone nella vita ma talvolta, quando arriva il momento della separazione definitiva,
ci si accorge di aver vissuto un
parallelo con qualcuno in particolare, anche se le vicissitudini
della vita ce ne hanno tenuti
geograficamente lontani.
E' mancato a Trieste, il 12
ottobre, Mario Macchioro, il Marietto della mia gioventù a Fiume, predicatore e anziano di
quel concistoro valdese, fedele
collaboratore dei pastori Girardet, Bert, Fanlo y Cortez e
Coisson.
Istruiti e confermati dai pastori Valdo Vinay e Carlo .Gay
a Fiume, ci siamo ritrovati
profughi, dopo l’ultima guerra
mondiale, all’ostello della Chiesa luterana a Trieste, pieno di
giovani in fuga. Mario, già durante la guerra, si era rifugiato
al Convitto valdese di Torre
Pellice, con il padre, a causa
delle leggi razziali, e poi, finita
la guerra, era stato a fianco del
past. Nisbet, assistente dei ragazzi. Accanto alla serietà con
cui svolgeva questo compito egli
li sapeva anche divertire imitando Stantio e Olilo.
Ci siamo di nuovo incontrati
a Trieste nel 1953' quando, trasferendomi a Torino, gli ho lasciato due consegne; la presidenza del gruppo giovanile, compito delicato in una città sconvolta dalle proteste contro gli inglesi, ed il mio lavoro di impiegato, occupazione preziosa in
quegli anni difficili.
Mario in seguito entrerà nell’amministrazione di una casa
6
6 prospettive bibliche
1° novembre 1991
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
IL DISCORSO DELLA MONTAGNA
Il discorso della montagna costituisce,
nel Vangelo di Matteo, il primo esempio
di un discorso di Gesù. In precedenza,
accenni generici alla sua predicazione si
trovano solo in 4: 17 e 23. E’ certo, d’altra parte, che Gesù non ha pronunciato
il discorso della montagna tutto in una
volta. Nel discorso della pianura riportato dal Vangelo di Luca (6; 20-49) troviamo infatti soltanto — nello stesso ordine
di Matteo — quattro beatitudini, integrate
da altrettanti « guai », il comandamento
della rinuncia all’uso della forza e dell’amore per il nemico, l’esortazione a non giudicare, il richiamo all’albero e ai suoi frutti, e la parabola conclusiva dell’edificazione della casa, preceduta dall’ammonimento a non dire: « Signore, Signore » senza
agire di conseguenza. Questo discorso deve quindi essere stato tramandato anteriormente a Matteo e a Luca. Matteo lo
ha completato con altri detti di Gesù, riscontrabili in parte anche in Luca, ma in
passi successivi.
Messia deila Parola,
Messia della prassi
Il suo intento è quello di presentare Gesù come Messia della Parola nei capp. 5-7,
e come Messia della prassi nei capp. 8-9.
Da 3: 1 a 28: 10 egli segue di norma
l’impianto del Vangelo di Marco, pur inserendo continuamente del materiale nuovo, noto in certa misura anche a Luca. Ma
concentra nei capp. 5-7 le parole di Gesù,
e nei capp. 8-9 le sue opere, perché vuole
preparare in tal modo la risposta di Gesù
agli inviati del Battista: « Andate a riferire a Giovanni quello che udite e vedete:
i ciechi ricuperano la vista e gli zoppi
camminano; i lebbrosi sono mondati e i
sordi odono; i morti risuscitano, e l’evangelo è annunziato ai poveri» (11: 4-5).
Si compie così il tempo della salvezza
annunciato dal profeta (Is. 35: 5 s.; 29:
18 s.; 61: 1). Per la stessa ragione Matteo
ha narrato altresì in 9: 27-33, in una sorta di breve appendice, la guarigione di due
ciechi e di un sordomuto, sebbene Marco
non gli offrisse documentazione al riguardo. Poiché infatti in 11: 5 si parla di ciechi e di sordomuti, bisognava prima mostrare come anche in questo caso Gesù
avesse realizzato la visione profetica. Prima del cap. 11, Matteo inserisce ancora
il cap. 10 che narra l’invio dei discepoli,
perché l’autorità di Gesù viene trasmessa
anche a loro, e dunque alla comunità di
Gesù: « Andando, predicate e dite: Il regno de’ cieli è vicino. Sanate gl’infermi,
risuscitate i morti, mondate i lebbrosi,
cacciate i demoni » (10: 7-8). Quel che
è promesso ai discepoli, il potere cioè di
« sanare qualunque malattia e qualunque
infermità» (10: 1), si identifica alla lettera con ciò che poco prima era stato
detto di Gesù stesso (9: 35).
Il discorso della montagna sta dunque
a significare, per Matteo, che Dio adempie l’annuncio profetico della salvezza finale: « L’Eterno m’ha unto per recare una
buona novella agli umili » (Is. 61: 1, riferito al Servo dell’Eterno e alla sua venuta). Tanto il discorso della montagna di
Matteo quanto il discorso della pianura
di Luca cominciano con le beatitudini, il
che indica la consapevolezza del fatto che
all’inizio non può esservi altro se non l’annuncio di grazia di Dio, dal quale deve
scaturire il retto comportamento dell’uomo. Ma poi Matteo prosegue con i detti
sul vero discepolato (5: 13-16) e, soprattutto, con l’esposizione della « superiore
giustizia » dei discepoli rispetto alla legge
mosaica e alla sua interpretazione farisaica (5: 17-20). Che in ciò risieda l’interesse principale di Matteo e della sua
comunità è dimostrato anche dal fatto che
il detto sull’amore per il nemico, immediatamente successivo ai « guai » nel discorso della pianura, viene qui sviluppato in
due antitesi, dove è contrapposto come
etica nuova di Gesù ai comandamenti veterotestamentari, e compare solo in 5: 3848, a costituire il punto culminante di una
serie di sei antitesi del genere. Anche l’in
Lo studio biblico che presentiamo ili questa pagina è tratto dal volume
di Eduard Schweizer intitolato « Il discorso della montagna » e pubblicato dalla Claudiana nel corso di quest’anno.
tero cap. 6 descrive questa nuova etica di
Gesù come libertà, distinguendola da ogni
sorta di pietà legalistica. L’appello all’amore del prossimo è accompagnato così dall’appello all’amore di Dio, che si contrappone tanto alla limitatezza della religiosità giudaica (6: 1-18), quanto alla sollecitudine ansiosa dei pagani (6: 19-34). In 7:
1-6 la comunità viene esortata a un atteggiamento di bontà e di apertura: ailo stesso
modo, infatti, solo la bontà di Dio verso chi
lo prega apre l’accesso al regno di Dio
(7: 7-11). La collocazione originale della
«regola d’oro» (7: 12), condensata in
un’unica frase, testimonia l’importanza
ch’essa riveste per Matteo. Questa collocazione serve in effetti a mostrare come
Tam-ore del prossimo rappresenti la soluzione di tutto quanto il problema della ’
legge (cfr. il commento a 7: 12). Matteo poi riprende la sezione che segue, l’ultima, dal discorso della pianura, ma con
accenti assolutamente nuovi: è la sezione
che contiene il monito a guardarsi dai falsi
profeti presenti entro la comunità cristiana, che vogliono distoglierla proprio da questo amore operoso del prossimo (cfr. il commento a 7: 15 e 21-23). Un avvertimento in
tal senso è costituito dalla parabola conclusiva del discorso della pianura.
La fraternità
che non giudica
« ^ Non giudicate affinché non siate giudicati; ^perché col giudizio col quale giudicate, sarete giudicati; e con la misura con
la quale misurate, sarà misurato a voi.
® Perché guardi tu la pagliuzza che è nell’occhio di tuo fratello, mentre non scorgi
la trave che è nell’occhio tuo? * Ovvero, come potrai tu dire a tuo fratello: Lascia ch’io
ti tolga dall’occhio la pagliuzza, mentre la
trave è nell’occhio tuo? ^Ipocrita, togli prima dal tuo occhio la trave, e allora ci vedrai
bene per trarre la pagliuzza dall’occhio di
tuo fratello.
' Non date ciò ch’è santo ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché
non le pestino con le zampe e, rivolti contro di voi, non vi sbranino ».
Vv. 1-2. I detti contenuti in 7: 1-5 si trovano anche nel discorso della pianura (Le.
6: 37-42). A rigor di termini, la prima e la
seconda affermazione si contraddicono. Vuol
dire che, mentre Gesù ha proibito in assoluto di giudicare (v. 1), la comunità, dove la
riprensione fraterna era indispensabile, si è
invece limitata a sostenere che il giudizio
deve essere il più possibile cauto e indulgente (v. 2)? La seconda affermazione ammette però un’interpretazione diversa. Chi
tiene presente infatti che Dio userà nei
suoi confronti lo stesso metro ch’egli usa
nei confronti del prossimo, dovrebbe provarne un tale spavento da rinunciare a
qualunque giudizio. In contratti di compravendita registrati su papiri di epoca precristiana possiamo riscontrare una formula
commerciale che dice: « con la misura con
la quale hai misurato per me». Essa significa che per la merce ricevuta sono stati
adoperati l’identica bilancia o l’identico metro usati per quella consegnata in cambio. La nota clausola contrattuale che
anche i rabbini riferiscono al giudizio
finale di Dio potrebbe essere servita a Gesù
per sottolineare la gravità del suo monito.
Anche la prima affermazione si rivela allora più radicale di una semplice esortazione
a non pregiudicare i rapporti comunitari
con altre persone. Essa vuol dire in realtà
che siamo perduti, fino a quando le nostre
categorie rimangono quelle del misurare,
del valutare e classificare. Questo va ben oltre certe massime giudaiche formalmente
analoghe, come: « Non giudicare il tuo
prossimo prima di trovarti nella sua situazione », oppure: « Colui che giudica il
prossimo secondo i suoi meriti, sarà giudi
cato secondo i suoi meriti ». Avremmo
quindi ancora una volta la radicalizzazione
di una massima corrente. Sulla questione
del giudice e del suo ufficio, cfr. il paragrafo c), punto 3, del capitolo conclusivo.
Vv. 3-4. A questo radicalismo è ispirata
in ogni caso l’immagine volutamente grottesca della trave nell’occhio, che risale con
ogni probabilità a Gesù stesso. Sul significato di questa immagine anche un rabbi
giudeo ha fatto perciò dell’ironia (cfr. il commento a 5: 13): « Mi meraviglierei se in
questa generazione vi fosse qualcuno che
accetta un rimprovero. Se uno gli dicesse:
Togli la pagliuzza dall’occhio, risponderebbe: Togli la trave dal tuo ». Può darsi che
questo sarcasmo sia motivato da un abuso
delle parole di Gesù. I cristiani hanno forse
risposto così ai farisei? E’ chiaro in tal caso
che anche il fatto di ripetere alla lettera una
parola di Gesù non impedisce comunque
di trasformarla nel suo esatto opposto. Una
parola che mira ad aprire l’animo dell’uditore al fratello produce l’effetto contrario
non appena egli la applica all’altro anziché
a se stesso. Dunque, sono stati forse dei cosiddetti discepoli di Gesù che hanno impedito a quel rabbi di udire la sua parola nel
detto ch’essi citavano bensì alla lettera, ma
del quale facevano tuttavia cattivo uso.
V. 5. Questo versetto, dove ricompare il
termine ingiurioso di « ipocrita » (cfr. il
commento a 6: 2), lascia comunque aperta la porta alla riprensione fraterna. Si tratta, com’è naturale, di una affermazione sostanzialmente corretta (18: 15-18), ma è
ben difficile che facesse parte della direttiva originaria di Gesù. Gesù ha l’audacia
di pronunciarsi in modo talmente inequivocabile su una determinata situazione, che
la sua parola investe con tutta la propria
forza quell’unico punto del quale veramente
si tratta: nel nostro caso, dunque, l’impenitenza di un uomo che considera invariabilmente giusta la propria condotta, e in base ad essa giudica gli altri. In una situazione diversa, di fronte a una diversa esigenza, Gesù può anche dire cose diverse.
Ma non pensa di dover ogni volta esporre
prudentemente anche tutti gli altri punti di
vista di cui, mutando persone e situazioni,
potrebbe essere necessario tener conto.
Un giudeocristianesimo
rimasto legalistico
V. 6. Quest’ultimo detto non è di facile
comprensione. Si è affacciata l’ipotesi che
abbia alle spalle una massima aramaica:
« Non date alcuna cosa ai cani, e non appendete le vostre perle al grugno dei porci », il che rammenta l’efficace espressione
di Prov. 11: 22, dove la donna avvenente
ma dissoluta è paragonata a un anello d’oro
messo al grugno di un maiale. Ma non è
che in questa forma il detto sia più facile
da intendere che nella sua forma attuale.
Poiché in 15: 26 s. i pagani vengono paragonati ai cani, come nella letteratura rabbinica, e poiché per i giudei il maiale è, fra
gli animali impuri, quello che crea i maggiori problemi nei rapporti sociali con i
pagani (ad esempio nei banchetti), e viene
assunto fra l’altro a simbolo, della Roma
pagana, abbiamo diversi elementi per supporre che il detto sia stato coniato per l’appunto nell’ambito di un giudeo-cristianesimo ancora fortemente legalistico, che combatteva in questi termini la missione fra i
pagani. Come stabilisce la norma rabbinica. non si getta ai cani «ciò ch’è santo »,
vale a dire la vittima consacrata a Dio. I
porci ai quali si gettano le perle s’inferociscono quando non riescono a mangiarle, e
assalgono chi vuole dargliele in pasto. Allo
stesso modo, secondo l’opinione di questa
comunità, i pagani cui si porta l’evangelo potrebbero rivoltarsi contro i suoi missionari,
attaccarne la fedeltà alla legge, cancellare la
circoncisione, i comandamenti relativi ai cibi, le prescrizioni relative alla purezza e,
per finire, «sbranare» Israele. Ancora intor
no al 200 d.C. vi sono giudeo-cristiani rigoristi che usano il detto a fini polemici contro i membri della chiesa maggioritaria. Di
certo però Matteo non lo intende più in
questo senso (28: 19), come già sta a indicare il contesto in cui lo ha collocato. Egli
forse vuol dire che vi sono situazioni nelle
quali il fratello non vuole più ascoltare, nelle quali non è più il caso di sprecare parole
con lui, ma bisogna trattarlo « come il pagano e il pubblicano» (18: 17). Analogamente, anche in II Pie. 2: 22 gli apostati
vengono paragonati ai cani e ai porci. Nel
nostro testo tuttavia non c’è un « ma » che
evidenzi l’opposizione rispetto ai detti precedenti. Può darsi quindi che Matteo voglia
anche soltanto sottolineare con maggior forza la santità della parola di Dio e dei suoi
comandamenti, che non possono assolutamente essere esposti allo scherno. Di sicuro
non si vuol dire che certi dogmi debbano
restare riservati solo a cristiani progrediti.
Eppure, già in un ordinamento ecclesiastico
che potrebbe risalire alla fine del primo secolo (la Didaché), il detto viene interpretato nel senso che non si deve parlare della
cena del Signore agli estranei. Benché la cosa abbia in certo modo un precedente in Es.
29: 33, corrisponde soprattutto al pensiero
dei culti religiosi ellenistici, che intendevano proteggere così il loro « santo » dal mondo profano; in ogni caso, non corrisponde
al pensiero di Gesù.
Superare le solite
categorie di giudizio
Anche questa breve sezione è dunque il
risultato di un processo. Gesù mirava senz’altro a una radicale emancipazione da
tutte quelle categorie nelle quali continuiamo a voler inquadrare gli uomini e soprattutto noi stessi. Se è vero che non dobbiamo più giudicare, che non dobbiamo cioè
valutare in termini di superiorità o inferiorità né noi stessi né gli altri, e che non vediamo giudicati, abbiamo qui una nota che
nel Nuovo Testamento solo Paolo, con la
predicazione della nuova giustizia di Dio,
ha pienamente colto e trasformato nella melodia dominante. Che Dio attribuisca nondimeno tanta importanza al nostro operato, che lo tenga presente e non voglia dimenticarlo, non è affatto contraddittorio, ma
significa prendere assolutamente sul serio
questa affermazione. Questo vale tanto per
I Cor. 3: 12-15, dove è detto che nessuno
viene condannato, anche se le sue opere sono destinate al fuoco del giudizio, quanto
per Mt. 5: 45 o 20: 1-16. D’altra parte, può
parlare così soltanto colui che è realmente
consapevole di stare in presenza di Dio. Presa come massima universale, che eventualmente potrebbe anche escludere il riferimento a Dio, quell’affermazione — come
indica il detto rabbinico che abbiamo citato
— è esposta a qualunque abuso, anche e
proprio da parte di coloro che si richiamano all’autorità di Gesù. Uno può prendere
alla lettera le affermazioni di Gesù, e tuttavia stravolgerle completamente, se richiarnandosl ad esse pone gli altri sotto il giudizio, anziché se stesso. Solo chi sa riconoscere la « trave » della propria colpa è in
grado di comprendere la grottesca immagine
di Gesù. Quel che era comprensibile, con
tutto il suo radicalismo, entro una ben definita situazione, Matteo lo ha inserito in un
Vangelo che si rivolge a molte persone, le
quali vivono in situazioni differenti. L’immagine paradossale di Gesù non era stata
minimamente intaccata, e chi davvero ascoltava questa parola, prendendo sul serio la
differenza tra la pagliuzza e la trave, non
poteva fraintenderla. Ma per la comunità, e
per come praticamente si trovava a vivere,
era necessario aggiungere che proprio colui
il quale si è sentito personalmente interpellato dalla parola di Gesù ha la capacità di
richiamare in seguito anche il fratello ad accorgersi del suo bruscolo, e di curare che la
parola e la volontà di Dio non siano « date
ai cani ». Certo, anche in questo caso l’energica parola di Gesù deve impedire alla sua
comunità di coprire il chiaro suono delTevangelo con la disciplina ecclesiastica e la
riprensione fraterna.
Eduard Schweizer
7
1° novembre 1991
obiettivo aperto
CONVEGNO INTERNAZIONALE A TORINO T
La religione al vaglio
della qualità totale
• ■'■I
Qual è oggi il rapporto fra la religione e
la moderna società europea?
E’ questo il principale interrogativo su cui
si è confrontato un folto gruppo di relatori, sociologi, universitari ed ecclesiastici, riuniti a
Torino il 10 e 11 ottobre per iniziativa della
Fondazione Agnelli, sul tema « La religione degli europei: fede e società nell’Europa di fine
millennio ».
li materiale di partenza per i lavori è stato
un’ampia indagine condotta su alcuni « casi nazionali»: Italia, Francia, Spagna, Gran Bretagna, Germania, Ungheria, URSS e Danimarca.
All’esposizione dei casi nazionali hanno seguito due tavole rotonde (« Stato, politica, società: religione e sfera pubblica in Europa»;
«Al di là della secolarizzazione») i cui motivi
si sono intrecciati con quelli dell’indagine.
I capitoli della ricerca erano
quattro; credenze ed esperienze
religiose; la partecipazione a collettività religiose; le organizzazioni religiose; politica e religione. Molto schematicamente si
possono riassumere alcune delle
conclusioni, per i primi tre punti abbastanza omogenee tra i
vari paesi.
La modernità vede non il declino ma il trasformarsi delle
opzioni religiose. Spariscono "visioni del mondo ancorate a credenze religiose onnipervasive",
ma si riscontra "l'emergere crescente di alcune convinzioni religiose specializzate", che accettano alcuni punti cardine della fede, ma ne rifiutano altri
(si veda la considerazione dell'inferno): solo il 10% degli scandinavi, ha detto Ole Riis, dell'università di Aarhus, afferma
di credere a tutti i punti della
confessione di fede luterana.
Allentati i vincoli dogmatici
o del controllo, il singolo credente sembra poter scegliere
in libertà, sia a livello di fede
sia a livello di partecipazione
(in Italia più di un terzo dei
cattolici adempie alle aspettative della chiesa, in Spagna i
praticanti sono il 30% degli
adulti) sia, soprattutto, per
quanto riguarda l'associazionismo e le forme di partecipazione alla vita sociale (si veda
la grande varietà di espressioni
del volontariato, le Adi, lo
scoutismo, ecc...).
E’ un po' la situazione del
cliente che, nell’ottica della "qua
lità totale”, esprime ormai desideri le bisogni personalizzati
a cui bisogna offrire opzioni diversificate... Brian Wilsons, di
Oxford, ha detto chiaramente
che il credo di oggi è "frammentario, sincretistico”. La decisione rispetto al "credere” è decisione sempre più personale,
mentre continuano ad essere forti i legami della religione-istituzione con il pubblico e con
10 stato. E non solo in Italia,
dove un partito ha polarizzato
per anni il voto dei cattolici;
nella Francia separatista, ha detto Daniele Hervieu-Léger, lo stato laico sulle grandi questioni,
forse per carenza di elaborazione propria in campo etico, interpella con grandi aspettative
le chiese.
Questa relazione, che ha aperto la discussione ed è stata
esemplare, dicendo quasi tutto
11 dicibile pur partendo dal punto di vista specifico di un caso
nazionale, ha tra l’altro introdotto la questione delle chiese
di minoranza, per le quali si fanno ben più forti e coinvolgenti
i legami di identità. Le minoranze ebraica e protestante in
Francia, numericamente esigue
(i protestanti sono circa il 2%),
hanno un peso ed un’influenza
proporzionalmente elevati, cosa
che è stata rilevata in parte anche
per il nostro paese (e Franco
Garelli ha tra l’altro ricordato
l’audience delle trasmissioni televisive — come Protestantesimo — e il loro notevole livello).
Fatte queste analisi, giunti a
queste conclusioni, probabilmen
A
Gli europei sono religiosi?
Indipendentemente dal fatto che frequentiate o meno la chiesa, direste
di essere...
GB RFT FRA IT4 SPA EUR
UNA PERSONA
RELIGIOSA 58 58 51 83 63 63
UÑA PERSONA
NON RELIGIOSA 36 22 31 9 30 24
UN ATEO
CONVINTO 4 3 10 4 4 5
NON SO 3 16 8 4 4 8
(Valori percentuali)
Credete nelle seguenti cose?
GB RFT FRA ITA SPA EUR
DIO
SI 76 72 62 84 87 75
NO 16 16 29 10 8 16
NON SO 9 12 9 ■ 6 6 9
LA VITA DOPO LA MORTE
SI 45 39 35 47 55 43
NO 35 40 50 33 36 38
NON SO 19 21 14 19 18 19
IL PARADISO
SI 57 31 27 41 50 40
NO 32 54 65 44 38 47
NON SO 11 15 9 15 12 13
L’INFERNO
SI 27 14 15 31 34 23
NO 63 73 77 52 52 64
NON SO 11 13 — 8 17 14
Fonte: GALLUP
te tutte condivisibili ma non particolarmente nuove, che tuttavia
hanno avuto il pregio di essere
state "sistematizzate” in un quadro organico di cui bisogna essere grati, credo che restino alcuni problemi aperti, alcuni capitoli che hanno risentito dell’approccio un po’ asettico dell'indagine sociologica.
La modernità. Se ne è parlato in modi diversi, non a caso.
E’ l’epoca della responsabilità,
che ha messo in crisi per sempre "l’ineluttabilità della disciplina ecclesiastica” (R. Schloz,
della Chiesa evangelica tedesca)
o l’epoca in cui la ragione "postula una sete di totalità che
la rende assoluta e violenta”
(Bruno Forte)? Esiste ancora o
siamo già (!) al post-moderno,
scoperto dai francesi vent’anni
fa?
Il rapporto fede-religione. E’
un discorso noto, che purtroppo
sembra non recepito in Italia.
Da qui una certa confusione.
Non solo perché si privilegia il
secondo termine (e quindi l’adesione, la pratica, la quantità) rispetto al primo e alla sua capacità di trasformare gli uomini. Ci sono altre conseguenze,
per esempio per il loro carattere pubblico o privato. La re
ligione, dicono gli scandinavi, è
’’affare privato”; noi preferiamo dire che la fede attiene alla coscienza, ma essa à tutto
ci muove meno che al fame
un elemento privato.
I simboli. La cultura giudaicocristiana, le sue tradizioni, la
storia religiosa hanno permeato l’Europa per secoli. Ora gli
elementi più "tradizionali” (luoghi "santi”, riti, simbologie) sono in crisi rispetto alla pratica
(si può credere senza questi orpelh, e milioni di cattolici lo
fanno): ma stranamente questo
"serbatoio di simboli" (Hervieu
Léger) resta in piedi e viene
cooptato da altre sfere, spesso
strumentalmente (Le Pen che
usa la messa in latino contro
gli islamici). E’ un fenomeno a
mio parere inquietante, che attesta il vuoto di coscienza degli
europei e che rischia di andare
di pari passo con i nazionalismi e l'intolleranza. Per noi minoranza l’attaccamento ai riferimenti della tradizione storica
ha un altro spessore, è più difficile che siano scissi dalla fede;
ma forse sarebbe interessante
ragionarci su.
Alberto Corsani
EUROPA
La fede tra religione
e secolarizzazione
Nel 1965 Harvey Cox, in La
città secolare, riteneva la religione in inarrestabile declino e
prevedeva il trionfo della secolarizzazione. L’interpretazione
fu contestata, fra gli altri, dal
sociologo americano Andrew
Greelev (L’uomo non secolare,
1972), che dimostrò la persistenza della religione: quello che va
spiegato non è il suo declinò
ma la sua tenace presenza. Ricordiamo che lo stesso Cox mutò poi parere, sino a riproporre la religiosità sul piano ludico ed emozionale (cfr. La festa dei folli).
A vent’anni da quei dibattiti
la Fondazione Giovanni Agnelli
ha riproposto quella ed altre tematiche, in un contesto in cui
è stato dominante l’esame del
rapporto tra modernità e religione. La prima elimina la seconda? Le strutture ecclesiastiche tengono, ma la fede è espressa in un « bricolage » (Danièle Hervieu-Léger), che fonde
dati cristiani e di altre religioni viventi nonché dati astrologici, ecc...
I sociologi hanno unanimemente scartato la lettura che
assegnava alla religione uno stato preagonico; la religione tiene
in tutta l’Europa.
II crollo del comunismo ha
fatto riemergere la domanda religiosa che lo stato ateo amava
presentare come fenomeno residuale, relitto ai margini della
« nuova società ». L’intervento
del sovietico Alexander Tzypko
si è concluso con un inno al
rispetto del « diritto di credere
in Dio». Da noi si è discusso
per decenni sul rapporto tra fede e non fede e sul ruolo dell’ateismo quale critica della religione. La problematica, per il
sovietico, è ora fuori orizzonte.
Crediamo però che si riproporrà inevitabilmente. Quale religione « tiene » in Europa? Quando
si dice che il 70-80% della popolazione è « religiosa » si offre
un dato « misto », aggregato, che
certamente include larghe percentuali di ateismo pratico e di
religiosità magico-protettiva.
L’altro fondamentale dibattito
che la conferenza ha proposto
in varie relazioni è l’analisi del
nesso tra illuminismo e crisi
delle fedi. Razionalismo e secolarizzazione sono frutti del secolo dei lumi? Razionalità e secolarità si oppongono alla fede?
Ci è parso di cogliere una chiara separazione tra analisi protestanti e cattoliche. I cattolici
sono più inclini a contrapporre
« razionalità » e fede, più propensi a risalire a Kant quale
fonte dei « veleni » antireligiosi.
Per i protestanti (Rudiger
Schloz, evangelico tedesco), ragione e fede, illuminismo, suoi
frutti e religiosità non sono
incompatibili. Schloz ha molto insistito sul rapporto tra modernità e Riforma, tra religiosità e libertà: libertà della Parola, libertà del cristiano, libertà
della chiesa e libertà dalla rigidità delle norme ecclesiastiche.
La secolarità è dimensione in
terna alla fede, non ad essa opposta.
Accentuazione contraria quella
di monsignor Lorenzo Chiarinelli, della Commissione episcopale
per la Dottrina della fede e della catechesi, che ha invitato a
« raccogliere le schegge del sacro che percorrono le società
contemporanee ». Anche il teologo Bruno Forte ha radicato il
conflitto neH’illuminismo e in
Kant, e citando Barth e Bultmann, positivamente, ha ricalcato lo schema oppositorio.
Luciano Gallino, sociologo, dell’Università di Torino, pur rifacendosi al « contratto sociale »
dei puritani inglesi del Seicento, sembrava proporre il modello wojtyliano di chiesa che plasma lo stato e le sue leggi.
Quando la religione si fa stato
ogni integrismo è possibile...
Andiamo verso una religione
come « modello politico europeo »? C’è chi lo propugna senza reticenze. Andiamo verso il
trionfo della religiosità emozionale’? Il mosaico sincretistico
delle fedi ne è forse chiaro presagio.
Fede e/o religione? Un dibattito antichissimo, da svolgere
con gli strumenti postilluministi, postmarxisti e postmoderni.
Sedici secoli fa Agostino di
Ippona, nel De vera religione
(cap. 39), ricordava il libro degli Atti degli Apostoli (15: 9), testo che esalta la funzione di controllo e purificazione della fede
su ogni « religione ».
Alfredo Berlendis
8
8
ecumenismo
1" novembre 1991
MADAGASCAR
La lotta nonviolenta
per le "Forze vive
Il pastore Aubert Rabenoro, presidente del Consiglio nazionale
delle Forze vive di Madagascar, era in visita in Francia nelle ultime
settimane. Djénane Kareh Tager, della rivista ARM (Actualité religieuse dans le monde) ha raccolto la sua testimonianza sulla drammatica situazione che sta vivendo il suo paese da alcuni mesi.
Non potrei parlare del Madagascar oggi senza fare un piccolo
passo indietro. Senza evocare la
serie di avvenimenti che hanno
portato finalmente al risveglio
del popolo.
Dal giorno della repressione
del 29 marzo 1947, i malgasci non
hanno conosciuto la democrazia.
Tuttavia, fino al 1975, anno della
presa del potere da parte del
presidente Ratsiraka, il nostro
popolo godeva di una relativa stabilità socio-economica. Allora il
Madagascar non aveva il triste
privilegio di far parte dei cinque
paesi più poveri del mondo!
L’errore di Ratsiraka è stato,
oltre ad imporre la dittatura, di
volere trasferire sul piano locale
im modello indefinibile di pseudosocialismo di stato, che non lasciava alcun posto all’iniziativa
individuale, all’impresa privata, e
che imboccò rapidamente la via
di una burocratizzazione che, in
ogni caso, è sinonimo di corruzione.
Di fronte a questa situazione,
alla fine degli anni ’70, le chiese
hanno assunto le loro responsar
bilità. Non si sono più accontentate della salvezza individuale
delle anime ; hanno cercato di
avere una visione globale dell’uomo nella società, di quell’uomo
che vive di pane e, qui, di riso.
Così si verificarono le prime frizioni col potere che ha dato loro
l’ordine di preoccuparsi esclusivamente del campo spirituale. In
questo senso, il Madagascar rappresenta un’illustrazione della revisione dei rapporti tra religione
e politica. Rapporti iscritti nella
Bibbia e nell’Evangelo i quali
hanno una visione globale della
vita dell’uomo in quanto essere
sociale, si rivolgono all’ uomo
nella sua totalità, lo scoprono
nella sua unità. L’incarnazione
si trova al cuore del messaggio
cristiano.
Partite, all’inizio, in ordine
sparso, queste chiese haimo preso la decisione di adottare una
strategia comune che, nel 1980, si
è tradotta nella creazione del
Consiglio delle chiese cristiane
(FFKM, in malgascio), diventa
Facoltà valdese di teologia
Via Pietro Cessa, 42
00193 ROMA
Giovanni Miegge
e Valdo Vinay
Ricorre, nella seconda metà del 1991, il 30” anniversario
della morte di Giovanni Miegge e il 1” della morte di Valdo
Vinay, due professori della Facoltà valdese di teologia che
non solo hanno onorato il nostro Istituto, ma hanno emehe
contribuito a far conoscere e apprezzare il pensiero teologico protestante in Italia.
La Facoltà valdese ha organizzato un convegno sull’opera e sul pensiero di questi due teologi per i giorni 29 e 30
novembre, e segnala fin da ora, oltre alle date, il programma
provvisorio.
Venerdì 29/11, dalle ore 17,30:
Prof. Giorgio Spini (Firenze): I tempi e l’ambiente culturale e politico in cui iniziarono a operare Miegge
e Vinay.
Prof. Sergpo Rostagno (Roma): La « linea teologica» Gangale-Miegge.
Sabato 30/11, dalle ore 9:
Prof. Kurt V. Selge (Berlino): Valdo Vinay, storico della
Riforma e della Chiesa evangelica in Italia.
Prof.sa Lorenza Giorgi (Firenze): Vinay biografo di Buonaiuti.
P. Magnus Lohrer (dell’Ateneo S. Anseimo, Roma): Vinay
visto dall’Aventino.
Prof. Paolo Ricca (Roma): Giovanni Miegge e l’ecumenismo.
Sabato 30/11, dalle ore 15:
Past. Renato Coisson (Trieste): Valdo Vinay maestro di
pastori e di predicatori.
Past. Giorgio Tourn (Torre Pellice): G. Miegge pastore
alle valli valdesi.
Prof. CHaudio Tron (Perrero): Il lascito di Giovanni Miegge.
Dibattito. Testimonianze.
Per il Consiglio di Facoltà
Bruno Corsani, decano
Roma, 15 ottobre 1991.
Echi dal mondo
cristiano
II
Una strategia comune delle chiese le ha portate fin dal 1980 ad essere il principale polo dell’opposizione - L’arma della resistenza
to il principale polo dell’opposizione. A metà agosto del 1990, il
Consiglio ha lanciato im appello
a tutte le forze vive per fare risorgere il paese. Da qui è nato il
Consiglio nazionale delle Forze
vive che raggruppa oggi circa ottanta organizzazioni, di cui sedici
sono partiti politici.
Nonviolenza,
libertà, democrazia
Al di là del discorso etnico e
politico, esse si sono messe insieme in vista di una lotta nonviolenta che ha per obiettivi la libertà e la democrazia. Dimque,
in primo luogo, elezioni legislative che non siano vinte da un
candidato unico con il 99,9°/o dei
voti. Il 15 luglio scorso, quando il
dittatore Ratsiraka ha interrotto
ogni dialogo con Forze vive, queste ultime hanno nominato un
nuovo capo di stato, il generale
Rakotoharison. Il 22 luglio la folla occupava i ministeri e, il 10
agosto, iniziava una marcia della libertà in direzione del palazzo presidenziale in cui Ratsiraka
si è trincerato, protetto dai duemila uomini della sua guardia
personale, gli unici a cui dà ancora fiducia, tanto da permettere loro di possedere armi. Una
carneficina è stata compiuta da
questi uomini.
Da allora, le manifestazioni popolari pacifiche proseguono senza sosta. Ogni giorno sono migliaia, decine di migliaia di uomini, donne e bambini che percorrono chilometri a piedi per
radunarsi sulla piazza del 13 maggio della capitale Antananarivo.
Tengo a smentire le notizie secondo le quali questo movimento
sarebbe diminuito di intensità
durante il mese di settembre. A
queste manifestazioni si è aggiunto lo sciopero dei funzionari,
che dura da 3 mesi e che è stato
la nostra «ora di verità». Malgrado tutte le minacce, i funzionari
non hanno mollato. Essi continuano a paralizzare il paese, disertando i ministeri dove pseudoresponsabili si ritrovano da soli
in immensi palazzi, in mezzo a
pratiche inutili. Il 4 settembre,
Ratsiraka ordinava ai fimzionari
di riprendere il lavoro. Il 95% di
essi faceva parte dei 600.000
manifestanti che si sono radimati
in quel giorno. Il loro sciopero
avrà fine solo con l’arrivo al
potere delle Forze vive.
Due governi
paralleli
Oggi, in Madagascar, due governi si trovano fianco a fianco.
Uno « legale », l’altro sorto dalla
volontà popolare. A torto o a ragione, noi. Forze vive, aspettiamo
molto dalla Francia, « renymalala » (nostra cara madre), che finora ha optato per una politica
ambigua. Siamo in una situazione insurrezionale in cui la legittimità conta più della legalità. E
la nostra legittimità la riceviamo dal popolo in nome del quale abbiamo adottato la politica
di nonyiolenza che, ne siamo
convinti, metterà fine a questa
triste parentesi della storia del
Madagascar.
Questa politica di nonviolenza
non è una politica di deboli, come vorrebbe far credere il potere. Ci vuole molta forza per non
rispondere agli attacchi e alle
provocazioni. La nostra arma è
resistere, dire di no, esprimere, a
mani nude, la nostra volontà di
cambiamento.
Aiuti alimentari
all’Albania
GINEVRA — Il primo invio di
aiuti alimentari, dono della comunità ecumenica all’Albania
tramite il Consiglio ecumenico
delle chiese, è giunto alle autorità governative. Ciò è stato confermato da un telegramma del
ministero albanese delle Relazioni estere in data 4 ottobre.
Il messaggio precisa che due
invii di 23 tonnellate di cibo e
di altre merci sono stati consegnati e distribuiti alle loro « destinazioni rispettive » in Albania.
Il messaggio aggiunge: « Il ministero delle Relazioni economiche estere coglie l’occasione per
assicurare della sua più alta
considerazione il Consiglio ecumenico delle chiese e per ringraziarlo dell’aiuto alimentare indirizzato al nostro paese; spera
che tale assistenza continuerà in
futuro, onde permettere all’Albania di realizzare le profonde
riforme in corso di attuazione ».
L’invio di aiuti è stato deciso
dopo la visita di un’équipe ecumenica in quel paese, la prima
in quarant’anni, organizzata dal
1° all’S luglio dal Consiglio ecumenico delle chiese e dalla Conferenza delle chiese europee.
Al termine della visita l’équipe ecumenica aveva riferito che
la popolazione albanese non moriva di fame, ma aveva sottolineato il fatto che la comunità
ecumenica doveva « testimoniare la sua solidarietà al popolo
albanese e ridargli speranza ».
L’ARM condanna
il razzismo
FRIBURGO (Svizzera) — Un
colloquio organizzato dall’Alleanza riformata mondiale sul
tema « l’accompagnamento dei
profughi e dei migranti: il ruolo delle Chiese riformate, comunità protettrici e profetiche » si
è svolto dal 7 al 14 ottobre 1991
a Friburgo (Svizzera).
Di fronte ai numerosi atti di
violenza razziale e xenofoba perpetrati in questi ultimi giorni in
Germania, i membri del colloquio hanno indirizzato un messaggio alla Chiesa evangelica di
Germania e alle chiese membro
dell’ARM, esprimendo « la loro
profonda preoccupazione » di
fronte all’espandersi della violenza razziale in numerose regioni della Germania.
« Vogliamo esprimere la nostra solidarietà alle vittime di
questi attacchi violenti » e dire
« il nostro rispetto e il nostro
appoggio a coloro che lottano
contro il razzismo e la xenofobia », si aggiunge nel messaggio.
Il colloquio ha riunito una
cinquantina di rappresentanti
delle Chiese riformate di Angola, Cile, Germania, Guatemala,
Libano, Messico, Malawi, Filippine, Ruanda, Sri Lanka, Sudan
e Thailandia.
Libertà religiosa:
congresso in Africa
NAIROBI — Il presidente del
Kenia, Daniel arap Moi, ha aperto il 9 settembre, a Nairobi, il
primo congresso africano sulla
libertà religiosa, chiamando i
cristiani e gli altri credenti a
sviluppare tutti i loro sforzi perché la pace regni nei loro rispet-,
tivi paesi. Al congresso hanno
partecipato oltre 300 delegati di
40 paesi africani, dell’Europa occidentale e degli Stati Uniti.
Il congresso, organizzato dall’Associazione internazionale per
la libertà religiosa in collaborazione con la Conferenza generale degli avventisti del settimo
giorno e con l’Associazione internazionale per la difesa della
libertà religiosa, aveva per tema « Libertà di religione: speranza in una pace e in un’unità durevoli ».
I partecipanti hanno affrontato il tema della libertà religiosa sotto tre aspetti: governo,
teologia e insegnamento. Il congresso aveva per obiettivo di
sottolineare l’importanza della
libertà religiosa in Africa e di
discutere sui mezzi per mantenerla e per difenderla. Il presidente dell’Associazione internazionale per la libertà religiosa,
Denton Lotz, ha dichiarato che
la sua associazione vuole prima
di tutto difendere la libertà religiosa perché essa è il fondamento di ogni altra libertà;
quando la libertà religiosa non
è rispettata, ogni altra libertà
viene beffeggiata.
Luterani contro
la pena di morte
ORLANDO (USA) — I partecipanti all’Assemblea della Chiesa evangelica luterana in America, riunita a Orlando (Florida),
hanno approvato il 31 agosto
una dichiarazione contro la condanna alla pena di morte nel sistema giudiziario degli Stati Uniti.
Con 907 voti a favore e 89 contrari l’assemblea ha approvato
una dichiarazione che chiede ai
membri della chiesa di intraprendere ogni sforzo perché la
pena di morte venga abolita. La
dichiarazione si pronuncia a favore « di una punizione in sostituzione della pena capitale »,
ivi compresa la possibilità di
una condanna all’ergastolo senza
condizionale.
La dichiarazione, anche se
adottata dall’istanza nazionale di
decisione della chiesa, non è obbligatoria per i suoi membri.
Deceduto il
patriarca Germain
BELGRADO — Il patriarca
Germain (Hranislav Djoric) della Chiesa ortodossa serba è deceduto il 27 agosto a Belgrado.
Eletto patriarca della Chiesa ortodossa serba nel 1958, ha servito la chiesa per 31 anni. Nel
1968 era stato nominato presidente del Consiglio ecumenico
delle chiese dalla IV Assemblea
del CEC a Uppsala, in Svezia.
Aveva terminato le sue funzioni presso il patriarcato nel 1989
per motivi di salute.
Scompare la teologa
Flesseman-van Leer
AMSTERDAM — La teologa
olandese Ellen Flesseman-van
Leer, della Chiesa riformata
olandese, è deceduta il 18 giugno, all’età di 78 anni. Membro
della Commissione del CEC « fede e costituzione », aveva partecipato attivamente alle discussioni ecumeniche sulla Bibbia e
redatto un libro sul dibattito
ecumenico moderno, intitolato
La Bibbia: la sua autorità e la
sua interpretazione nel movimento ecumenico.
(da SOEPI)
per la stampa di
libri, giornali, riviste,
locandine e manifesti,
lavori commerciali
in genere
Coop.TIPOGRAFICA
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9
1“ novembre 1991
valli valdesi
9
VALLI CHISONE E GERMANASCA
Quale sviluppo e quali servizi?
Le possibili strade per il rilancio dell’attività agricola bientali e con il territorio - Le innovazioni tecnologiche
Il rapporto con le risorse ame la formazione professionale
L inaugurazione della prima
"Mostra mercato artigianato ed
agricoltura delle valli Chisone
e Germanasca” e il convegno
su "Prospettive di sviluppo delle zone montane” sono stati i
due momenti che venerdì 25 ottobre hanno evidenziato da una
parte la presenza e ' dall’altra
l’interesse per l’agricoltura, e le
sue possibili ipotesi di sviluppo, nelle nostre zone. La partecipazione delle realtà locali, amministratori, operatori e tecnici
del settore, le comunicazioni di
esperti qualificati, nonché la presenza di politici regionali e parlamentari europei hanno dato
il giusto peso ad un’iniziativa
preparata con cura é con una
prospettiva di ulteriore sviluppo.
Alla mostra di Villar Perosa
hanno contribuito molti artigiani ed aziende locali, che hanno
presentato i loro prodotti, un
segno che una qualche possibilità di uscita dalla crisi economica della valle è possibile se
adeguatamente sostenuta dagli
enti amministrativi. La mostra
è stata inaugurata con la partecipazione dei rappresentanti delle amministrazioni locali e regionali.
A Pomaretto, all’apertura dei
lavori del convegno di studio,
Erminio Ribet, presidente della
Comunità montana valli Chisone e Germanasca, ha collegato
il tema in discussione a quanto
già in parte sviluppato lo scorso mese di maggio nel meeting
di Castel Ivano (Trento) su "I
servizi di sviluppo nelle aree montane e svantaggiate’'.
La situazione
agricola
L’assessore Long, della stessa
Comunità montana, ha illustrato la situazione agricola della
valle. Il settore agricolo oggi
impiega^ non includendo i parttime, poco più del 2% degli occupati in valle, e vive una situazione di stagnazione piuttosto
marcata, senza segni di ripresa.
Nell’ambito della zootecnia dal
'75 ad oggi si osserva un numero pressoché stabile di capi bo^
vini, ed un lieve aumento di
caprini ed ovini. Per quanto riguarda la raccolta del latte da
parte della Cooperativa agricola valli Chisone e Germanasca,
si è visto un calo netto dei
conferenti e delle quantità: si
è passati da 1.400 quintali circa conferiti neH'84 a poco più
di 700 del ’90. E’ un dato imputabile solo a problemi di commercializzazione?
Nel settore agricolo dei piccoli frutti si è passati dai 110
quintali di lamponi, 30 di more,
20 di ribes venduti nelT82 alla
situazione attuale di una attività in via di estinzione, per problemi legati alla commercializzazione e mancanza di trasformazione del prodotto sul posto.
Si è rilevato un certo interesse, anche se limitato, j>er il settore agrituristico. L’assessore ricorda: ’’C’è la necessità di dare risposte concrete alla montagna, poiché non bastano proposte di legge ma occorrono leggi
finanziarie”. Come esempio cita
la legge 50 dell’ 89 con cui
"si sono attivate in valle quattro aziende agriiuristiche; turismo ed artigianato possono rappresentare un reddito integrato
fondamentale. Inoltre si rende
necessario rafforzare i servizi di
sviluppo”.
11 don. Bridi, direttore dell’ESAT (Ente di sviluppo dell’agricoVtura trentina), ha evidenziato come sia possibile prevedere ipotesi di sviluppo della
montagna solo se esistono progetti specifici che la riguardano nel suo complesso. Nell’am
bito del territorio montano esistono strette correlazioni tra
agricoltura ed altre attività, tra
agricoltura e risorse ambientali, tra uomo e territorio. Tenendo' conto di questi aspetti è
possibile uno sviluppo coordinato, ma anche autocentrato, ossia un modello che cresce all’interno dell’ambiente interessato.
"Esiste un principio biologico
di valore generale secondo il
quale una determinata specie
continua ad esistere fino a quando la sua capacità di adattamento rimane superiore alla velocità con cui si modifica l’ambiente circostante”; così ha esordito il prof. Gios, delTUniversità di Trento, sostenendo che il
principio è applicabile alTagricoltura alpina.
La politica
comunitaria
La caduta di adattamento delTasricoltura montana è riconducibile a due motivi. Il primo
riguarda la politica agricola comunitaria che ”a fronte di una
neutralità apparente, in realtà
è intervenuta in maniera molto
diversa tra le aree di pianura
e le aree marginali di montagna”, il secondo è riconducibile
alla mancanza di innovazioni
per l’agricoltura montana. Si nota la carenza di ricerca in un
periodo di notevoli innovazioni
che hanno coinvolto anche il settore agricolo, e si sottolinea il
problema della diffusione delle
tecnologie in grado di "esaltare
il ruolo delle caratteristiche naturali proprie dell’area montana”. Secondo il prof. Gios le
innovazioni tecnologiche non possono essere a carattere imitativo, poiché l’adattamento a quelle applicate in pianura conduce
a scarsi risultati. La ricerca deve riguardare la qualità globale, che va dal processo produttivo al contenuto dei prodotti e pertanto implica l’aspetto
di impatto con l’ambiente. L’attenzione deve essere posta anche verso il settore della
commercializzazione, in quanto
"spesso l’introduzione di nuove
scelte fallisce, non dal punto
di vista tecnico-produttivo, ma
perché non si prende in esame
questo segmento fondamentale
per poter compensare il lavoro
svolto”.
L’assistenza
tecnica
Il docente ha poi ribadito la
centralità del ruolo dell’assistenza tecnica, analizzando i vari
modelli oggi adottati: a carico
dell’ente pubblico, a carico delle
organizzazioni di categoria o misto pubblico-privato. Egli considera come strumento migliore un servizio con una collocazione ’’para-pubblica’’ con partecipazione degli imprenditori
agricoli, éd un loro intervento
finanziario anche minimo, in modo da garantire loro il "diritto
di mantenere il controllo su
questi tipi di servizi”.
Il prof. Gaspardo (Monaco di
Baviera) parlando dei servizi di
sviluppo agricolo, ha sottolineato le capacità tedesche nel settore. Nella sua zona i servizi
sono gestiti nella quasi totalità
dallo stato, con compiti di consu,lenza economico-finanziaria,
consulenza agronomica tendente ad essere sempre più un settore integrato con l’ambiente,
consulenza zootecnica, consulenza sull’alimentazione e sull’economia domestica rurale, consulenza edile rurale, tutte forme
La coltivazione della vite in vai Germanasca.
di assistenza gratuita. Molto sviluppato è Tassociazionismo: ”In
Baviera esistono 90 associazioni
di parchi macchine (Maschinenringe) con 97.100 soci; questi
’’anelli” intervengono nella semina, coltivazione, raccolta all’interno delle varie aziende e sono
sostenuti dallo stato all'80% dei
costi del personale e al 50%
dei costi di amministrazione.
Questa è una possibilità di operare per le piccole aziende che
altrimenti non avrebbero le disponibilità economiche per meccanizzarsi”.
Altro aspetto è la formazione
professionale degli operatori
agricoli: esiste in Germania un
livello di base di 3 anni di scuola, con programma teorico-pratico, e un secondo livello di agricoltore specializzato con 7 anni
di scuola teorico^pratica. L’agricoltore specializzato, se proprietario di azienda, può avere fino
a quattro apprendisti o studenti che svolgono tirocinio in
azienda. La formazione degli
operatori agricoli ha dimostrato una maggior efficacia rispetto ai servizi di consulenza.
Stimolanti anche gli interventi del dibattito, da ricordare le
informazioni sull’attuale politica comunitaria. Il sig. Getterò,
del comitato economico e sociale della CEE, è molto critico
sugli effetti dei nuovi regolamenti CEE: prevede per quanto riguarda l’agricoltura "una caduta della produzione del 12%
e dell’occupazione nel settore del
13%, una riduzione delle esportazioni extracomunitarie del
60%” e presenta un'analisi macroeconomica dell’operato della
CEE piuttosto pessimista.
Sulla base degli spunti ricevuti nel convegno ci si chiede
in che cosa si differenzia per
noi l’attuale politica CEE da
quella del passato. Se Tattenzione per le politiche comunitarie
e i finanziamenti possibili va
tenuta in debito conto, è pur
vero che gran parte delle possibilità di sviluppo passa attraverso un’attenzione alle realtà
di microeconomia locale e mediante i progetti autocentrati di
cui si è già fatto cenno.
Mauro Meytre
Spettacolo di
canti e danze
TORRE PELLICE — Il Comune e il Gruppo Teatro Angrogna
presentano: « E mi chàntou »,
canti e danze di lavoro e di festa, d’amore e di guerra, d’emigrazione e di protesta, per dimenticare la sofferenza, la fatica, il dolore, per sperare e lottare per un mondo migliore.
Lo spettacolo si svolgerà presso la sala del cinema Trento
il 31 ottobre 1991 alle ore 21.
Un asilo nido per
tutta la valle
PEROSA ARGENTINA — Cam
bia la gestione dell’asilo nido,
l’unico di tutta la valle, secondo la nuova convenzione che i
singoli Consigli comunali stanno
approvando. L’asilo sarà amministrato anche da un comitato
in cui saranno rappresentati i
Comuni che vi aderiscono, il
personale, i genitori. La convenzione durerà fino al 1995, scadenza dell’attuale tornata amministrativa.
Per l’anno in corso i 18 bambini risultano provenire da Villar Perosa (7), Perosa Argentina (6), Pinasca (2), Inverso Pinasca, Pomaretto e Roure (uno).
Attualmente c’è anche una lista
di attesa, lista che non dovrebbe ripetersi nel prossimo anno
col calo di nascite che si registra; ogni Comune concorrerà
per una parte alla copertura che
deriva dalla differenza fra costi
e contributi degli utenti e della
Regione.
L’invasione
delle Americhe
PEROSA ARGENTINA — Gio
vedi 7 novembre, alle ore 21,
presso la sala Lombardini, organizzato dal centro di Agape e
dal III circuito delle chiese vaidesi, si svolgerà un pubblico incontro sul tema: « 500 anni dall’invasione delle Americhe; il
ruolo della teologia cristiana ».
Interverrà il teologo protestante
americano Richard Shaull, autore di numerosi saggi tra cui « Riforma e teologia della liberazione ».
COMUNITÀ’ MONTANA VAL PELLICE
Ok al piano regolatore
Ancora una volta il Consiglio
della Comunità montana vai Pellice si è protratto fino ad ora
tarda; giovedì scorso, intorno
alle due dopo mezzanotte, i consiglieri si sono aggiornati, rinviando ancora una volta la discussione e l’approvazione di un
regolamento circa i lavori del
Consiglio, regolamento che senza strozzare gli spazi per il
dibattito dovrebbe evitare quelle lunghe, e di fatto sterili, battute che hanno il solo compito
di portare per le lunghe ogni
tipo di discussione e dunque di
mettere in difficoltà la giunta.
E’ ormai da parecchi Consigli
che l’argomento viene posto all’ordine del giorno e poi viene
rinviato e non è detto che un
accordo sia dietro l’angolo.
Anche un altro punto è stato
rinviato, quello del rinnovo del
fondo di solidarietà per gli allevatori che si trovano a perdere dei capi bovini per incidenti o malattia ma, questa volta, motivo del rinvio è stata
anche l’assenza del vicepresidente nonché assessore all’Agricoltura, Bellion, influenzato.
Il punto sul fondo di solidarietà è stato indirettamente fatto però durante l’illustrazione
della relazione previsionale e
programmatica per il prossimo
triennio, una relazione che contiene, oltre all’elenco delle cose
che si vorrebbero fare ed un’analisi di quanto è stato fatto, anche considerazioni poco ottimistiche sul futuro dell’ente e sulla sua capacità di programmazione a fronte delle sempre più
ridotte risorse a disposizione.
’’Ripetutamente i servizi e gli
interventi della Comunità montana-USSL — si legge nelle conclusioni della relazione approvata dalla maggioranza consiliare — corrono gravi rischi di
ridimensionamento a causa della riduzione del finanziamento
regionale alle USSL e del finanziamento statale ordinario agli
enti locali: l’incremento apparente di tali finanziamenti è
legato all’inflazione programmata (4,5%!), il che è assurdo,
quando è noto che il tasso reale oscilla tra il 6 ed il 7% e
che determinati costi sono aumentati di oltre il 10%’’.
Così molti interventi risultano frammentati, non rispondenti alle reali esigenze, pur se in
molti casi sono state apportate
revisioni delle tariffe a carico
degli utenti.
Il Consiglio ha poi approvato
anche un altro punto fondamen
tale per la valle, e cioè la variante alle norme di attuazione del piano regolatore intercomunale, quel complesso documento che regola ogni tipo dì
attività di costruzione ed insediamento di case, aree parcheggio, strade o servizi: l’iter è
stato particolarmente lungo; ne
deriverà da un lato una concreta tutela del territorio (più
volte richiamata) e nel contempo una certa operatività per
i cittadini della vai Pellice?
Infine anche la Comunità montana, dopo il Comune di Luserna San Giovanni, ha votato un
ordine del giorno contro la chiusura della prima sezione dell’istituto tecnico Capetti di Torre
Pellice; la proposta è venuta dalla Lega Nord dopo che la presidenza delTIstituto ed il Provveditorato, stante una riduzione nel numero di studenti, hanno
preferito far ruotare tutti gli
allievi su Pinerolo. L’odg approvato, oltre ad esprimere protesta per tale decisione, chiede
agli organismi competenti il ripristino di tale classe, anche per
non vanificare lo sforzo economico compiuto dagli enti locali per migliorare la struttura
dotandola di servizi efficienti.
O. N.
10
10 v^alli valdesi
1° novembre 1991
__________________ INTENSO DIBATTITO PINEROLO
Acqua: le valli a un bivio campo 14 liste
I ricìni-ca nrinninaio riotio _____f- i- i i La Campagna elettorale si annuncia molto
La risorsa principale della montagna e un disegno di eqqe che prò- ■ „ n a. a. i i
riira allarmo x/ooohio ^ ^ intensa - Il Comitato per il lavoro autonomo
cura allarme - vecchie reti idriche, comuni ancora senza acquedotto
L’acqua è risorsa indispensabile quanto preziosa; ma da anni
ormai^ sono diffuse le situazioni di inquinamento, legate in particolare all’uso massiccio di fertilizzanti e pesticidi in agricoltura, e soluzioni si stanno cercando a vari livelli; purtroppo il settore su cui si
interviene di meno è proprio quello della riduzione drastica nell’uso
del prodotti chimici in agricoltura e si preferisce cercare l’acqua là
dove è ancora pulita in profondità nelle zone di pianura, ma soprattutto nelle valli alpine.
Non va poi trascurato il fatto che buona parte della rete idrica
e vecchia e causa di perdite percentualmente assai elevate, né che
le industrie assorbono spesso nei loro cicli produttivi enormi quantita d acqua, la cui potabilità non sarebbe affatto necessaria.
Non è dunque un^ caso che proprio in questo periodo si assista
ad una serie di dibattiti e convegni sulla risorsa acqua; sotto aspetti
differenti la scorsa settimana si è parlato del tema ad Angrogna con
una riflessione specificamente legata al disegno di legge Galli sul
riordino della materia e sulle ricadute che il provvedimento potrebbe avere sui comuni montani, e a Torino, dove l’assessorato regionale alla Sanità ha proposta un convegno su ’’Acque destinate al
consumo umano: quale situazione, quali prospettive”.
« Le falde superficiali — ha detto l’ass. Maccari — sono in gran
parte inquinate, tuttavia mi pare che negli ultimi anni non ci
sia stato un peggioramento. In
Piemonte esiste una grande
frammentarietà negli acquedotti,
circa 3.000 per poco più di 1.200
comuni; le loro dimensioni sono
in certi casi molto piccole, di borgata, ed è difficile che possano
garantire tutte le qualità indispensabili per l’acqua. Sia la legge 142/’90, sia la proposta Galli
vanno nella linea del consorziamento fra comuni e questo è indubbiamente un fatto positivo.
Occorrerà individuare nella regione dei bacini di utenza e incentivare in qualche modo i comuni a consorziarsi. La Regione
ha da parte sua già attivato una
necessaria collaborazione con
l’Università, stanziando anche dei
fondi consistenti ed ha fatto in
questi ultimi anni un grande
sforzo, sia per dotare i laboratori pubblici di adeguate strumentazioni sia per migliorare il livello degli operatori; occorre però
che anche il governo centrale faccia la sua parte, individuando le
priorità e dunque impegnandosi
su un fronte che determina la
qualità della vita e la salute »,
In effetti c’è ancora molto da
fare se, come ha ricordato la
dott.ssa Anselmetti del laboratorio di Sanità 'pubblica di Vercelli, « su oltre 50.000 analisi condotte nell’anno scorso, circa il
10% sia in quelle a carattere chimico che in quelle batteriologiche hanno dato esiti sfavorevoli ».
Ma la questione della verifica
risulta particolarmente difficile
se si paragona la disponibilità di
8 laboratori in tutta la regione
e i famosi 3.000 acquedotti di
cui il 70% sono comunali, il 20%
consortili, il 5% rurali ed il 5%
privati. In più va aggiunto che
se il 65% delle fonti di approwiffionamento deriva da sorgenti,
il 33% è costituito da pozzi, di
cui circa un terzo capta a profondità inferiore ai trenta metri.
Le proposte contenute nel disegno di legge Galli porterebbero ad un effettivo miglioramento? Spostiamo l’obiettivo sulla
serata di Angrogna, organizzata
nell’ambito dell’Autunno in vai
d’Angrogna.
Secondo P. Giuseppe Daviero,
presidente dell’ACEA, « come
tutte le leggi anche questa sarebbe migliorabile; tuttavia sarebbe quanto mai opportuno aprprovare il testo definitivo prima
delle elezioni, per non vanificare quanto fatto finora. C’è urgenza
di un provvedimento e questo, nel
complesso, è buono. Occorre tener conto che ci sono comuni,
anche nel Pinerolese, che non
hanno ancora acquedotti comunali ».
Ma questa legge non è molto
pesante con le zone di montagna, privandole del controllo di
una delle poche risorse senza
nessun ritorno né di ordine economico né in termini di servizi?
« Così è solo in apparenza —
risponde Daviero —; secondo i
paramétri previsti nelle nostre
zone si dovrebbe creare un grande bacino che comprenda sia il
Pinerolese che il Saluzzese, si dovrebbe stabilire un meccanismo
tariffario unico, ecc.
In realtà credo si possa arrivare a considerare un bacino sì
di una certa consistenza per consentire la razionalizzazione, ma
anche bacini più modesti; analogamente il meccanismo tariffario
unico potrebbe anche contemplare tariffe differenziate a seconda
delle zone. Dal punto di vista
pratico del Pinerolese l’ACEA
serve ormai una realtà di circa
70.000 abitanti, a fine del prossimo anno arriveremo a 85.000 e
dunque non saremo lontani dal
totale dei 120.000 abitanti dell’area ».
Di altro tono gli interventi del
presidente della Comunità montana valli Chisone e Germanasca,
Ribet, che pur considerando valido il 'principio della razionalizzazione di un settore chiave come
quello delle acque si è detto preoccupato delle conseguenze: « Il
Comune di Prali mantiene un dipendente e mezzo con l’acqua;
togliendo questa risorsa si manderebbe in crisi tutto il Comune. Il problema è che in realtà
l’acqua è un business e si corre
il rischio di affidare tutto il settore a poche lobbies la cui unica funzione è quella di guadagnare. Certo, è positiva l’esperienza
del consorzio fra enti pubblici
come l’ACEA, ma quali garanzie
abbiamo che effettivamente sarà
questo l’ente che gestirà il pacchetto nel Pinerolese? E quale
spazio globale sarà lasciato alla
montagna, quale attenzione vi
sarà per il suo futuro? ».
Preoccupazione è stata espressa anche dal vicesindaco di Frassino, nonché dall’esponente del
Movimento occitano Dino Matteodo, ma non tanto sull’aspetto
tariffario; « Non dobbiamo limitare la nostra battaglia nel tendere a pagare di meno l’acqua;
piuttosto dobbiamo chiederci a
quali condizioni noi cederemo
l’acqua di cui, di fatto, ci troveremo espropriati. E questo discorso va inteso nel quadro della poca attenzione e delle poche
risorse che vengono concesse ai
piccoli comuni montani, ormai
da decenni ».
Il discorso è poi scivolato sul
come muoversi, sull’individuazione di eventuali spazi per portare al Senato le perplessità dei
comuni montani. L’Uncem (il sindacato degli enti locali) si è mosso in ritardo ed ora ci si chiede
quali possibilità di manovra restino; quale attenzione è posta
all’aspetto ambientale? Qual è la
strada per porre comunque un
freno al prelievo e a quali condizioni? Se da parte dei comuni
che si sentono danneggiati da
questo disegno di legge verranno 'proposte concrete di emendamento si potrà dire che gli enti
montani hanno saputo porsi come interlocutori del potere centrale, in caso contrario si rischia,
ancora una volta, di chiudere la
stalla quando i buoi sono fuggiti.
Piervaldo Rostan
ANGROGNA
Prevenire il disagio
Fra i temi emergenti in questi
anni, e per questo oggetto di dibattiti all’interno delle manifestazioni dell’« Autunno in Val
d’Angrogna », il disagio adolescenziale e giovanile.
A partire dal novembre ’90 si
è attivato con il supporto della
Comunità montana un coordinamento risorse solidarietà vai Pellice, che ha anche curato la preparazione della serata svoltasi il
18 ottobre nella sala unionista
di S. Lorenzo.
Questo gruppo si è posto gli
obiettivi di coordinare e promuovere confronti ed interscambi, curare un’informazione aggiornata, stimolare la crescita di
un volontariato sia individuale
che collettivo, con proposte di
impegno per i giovani nei settori della protezione civile in collaborazione con la Croce Rossa,
e ravviamento di gruppi di discussione con i genitori.
Interessante e al tempo stesso provocatoria, all’interno della
serata, la lettura del disagio giovanile fatta dal sociologo Giovanni Secchiano, che ha sostenuto che il problema più grande
per cui si fa un apprendistato
che dura tutta la vita è quello
di prepararsi alla morte. Ma
mentre un tempo per le condizioni di vita difficili questo problema era sempre presente, ora,
nella società del benessere, è
proprio questo il problema che
ciascuno cerca di rimuovere il
più possibile. E quando l’adolescente si rende conto che la parabola ascendente e discendente
è comune a tutti e la vita nella
sua quotidianità necessita il
prendere delle responsabilità,
delle decisioni, degli impegni anche gravosi, allora ecco emergere la volontà di sfuggire, ecco
le forti abbuffate di emozioni,
il rischio portato alle estreme
conseguenze, una sfida continua
per dimostrare di essere in grado di superare i limiti della quotidianità.
La sfida alla morte viene quindi vissuta come il momento più
alto della propria vita. Che cosa
devono quindi fare un genitore
o un educatore che si trovano
a contatto con situazioni così
estremizzate?
Secondo il dr. Secchiano il testo della parabola del figliuol
prodigo ci dà gli elementi per
un approccio corretto al problema. Quando il figlio ritiene di
essere in grado di badare a se
stesso e di andarsene, il padre
non solo lo capisce ma gli comunica di aver capito lasciandogli l’eredità e la possibilità di
spendere la sua vita e la sua
rnorte. Il padre accetta quindi
di mettersi da parte ed è pronto poi a riceverlo quando nelle
burrasche della vita il figlio si
sarà reso conto di non essere
affatto onnipotente.
A. L.
PINEROLO — Saranno 14 le
liste presenti sulla scheda elettorale il 23 e 24 novembre per il
rinnovo del Consiglio comunale,
sciolto da una sentenza del Consiglio di Stato per una violazione
delle leggi elettorali operata dalla
Democrazia cristiana alle elezioni
del maggio ’90. La DC infatti si
era presentata divisa in due liste
con lo stesso simbolo. Oggi la DC
si presenta con una sola lista che
non com'prende i leader dei due
gruppi contrapposti, l’ex sindaco
Francesco Camusso e l’europarlamentare Mauro Chiabrando.
Il ricompattamento della DC
dovrebbe far sperare in una elezione valida dal punto di vista
giuridico; ma qui il condizionale
è d’obbligo perché pende ancora
un ricorso dello stesso Camusso
al Consiglio di Stato, volto ad ottenere la « revocazione » della
precedente sentenza. Inoltre la
commissione elettorale ha cancellato dalla lista DC un « uomo di
Camusso », Aymar, in quanto lo
stesso non si era dimesso in tempo dal Consiglio comunale di Bagnolo, dove era consigliere. Questo fatto diminuisce il peso degli
andreottiani nella lista e, forse,
farà sì che il ricorso di Camusso
al Consiglio di Stato non venga
ritirato, come era nei patti che
hanno portato al ritiro dei due
leader democristiani pinerolesi.
La scheda elettorale sarà aperta da iPiemont e chiusa dalla Li
La Regione e
gli immigrati
TORINO — Il Consiglio regionale ha approvato, a maggioranza, la delibera attuativa per il
1991 della legge 1/87 che determina gli interventi regionali in
materia di movimenti migratori.
Per l’attuazione della normativa
sono stati stanziati 700 milioni.
Il provvedimento ha la finalità di andare incontro alle esigenze di emigrati, di origine piemontese, che decidono di ritornare a titolo definitivo nella regione, dopo aver risieduto all’estero per almeno tre anni consecutivi negli ultimi cinque, al
coniuge, anche se superstite, e
ai figli.
In particolare la legge vuole
favorire un’adeguata sistemazione abitativa a chi rientra, compreso l’acquisto di un alloggio,
il reinserimento dei lavoratori e
dei loro familiari nelle attività
produttive anche attraverso la
formazione e la qualificazione
professionale. Inoltre il provvedimento intende agevolare l’inserimento scolastico dei figli degli
emigrati, curare i contatti tra le
associazioni, organizzare soggiorni culturali e viaggi di studio.
Infine la normativa prevede l’erogazione di contributi per la
copertura delle spese di viaggio
per chi ritorna e l’installazione
di nuove attività produttive.
sta per l’alternativa. In mezzo
tutti gli altri: i partiti tradizionali DC, PSI, PSDI, PLI, PRI,
MSI; le nuove formazioni PDS,
Rifondazione comunista, i Verdi
e la Lega Nord; e nuovi raggruppamenti: due Pensionati (di cui
uno legato ai Verdi-verdi, un raggruppamento scissionista dei Verdi torinesi).
La campagna elettorale si annuncia quanto mai vivace. La Lega Nord annuncia un mega-comizio del sen. Bossi e c’è da giurare che gli altri partiti non saranno da meno.
Intanto martedì sera il Comitato per il lavoro autonomo ha presentato ai partiti le sue richieste
per il rilancio di Pinerolo. Quasi
tutti d’accordo i partiti presenti.
I programmi del Comitato (coinvolgimento delle categorie economiche e professionali nelle commissioni comrmali, ente fiere, viabilità con Torino, ecc.) sono nei
programmi dei partiti. Qualche
spunto critico al Comitato è venuto unicamente da 'PDS, Rifondazione, Verdi e Lega Nord.
Il Comitato ha assicurato che
incontrerà nuovamente i partiti
ad elezioni avvenute.
Società
di studi
valdesi
Iniziative
Semaine du français
La « semaine du français » programmata in val Chisone-San
Martino ha ottenuto notevole
successo in tutte le sue forme:
bella e ben frequentata la mostra di libri e lavori dei ragazzi,
intensa la serata di lunedì,, affollati gli spettacoli pubblici. L’esperimento sarà ripreso in primavera nella vai Pellice, ci auguriamo
con altrettanto entusiasmo e collaborazione.
Cloriae Dei Cantores
La serata fraternamente offertaci dal gruppo americano « Gloriae Dei Cantores », e ripetuta la
sera di domenica a Pinerolo, è
stata una bella esperienza per tutti i partecipanti. Pur con una situazione ambientale delle peggiori con un diluvio ed il black-out
causato da difettosi allacciamenti
dell’Enel (non imputabile pertanto né a noi né all’équipe di Protestantesimo) i bravissimi cantori, presentati dal past. Williams,,
hanno spaziato nel repertorio
musicale da Mozart al gregoriano, dai russi alla musica moderna statunitense. Un grazie
molto fraterno.
Incontri con...
Sabato 16 novembre, biblioteca
del Centro, ore 20,45 incontro con
Elena Bavazzini ed il suo recente
libro « L’aquilone sull’armadio ».
MOBILIFICIO
esposizione e laboratorio :
via S. Secondo, 38 - tei. (0121) 201712
(di fronte alla caserma alpini)
ABBADIA ALPINA • PINEROLO
11
1° novembre 1991
lettere 11
UN PENSIERO PER
NATALIA GINZBURG
Gli ebrei credono che ebreo è chi
professa l’ebraismo e non passa a
altra religione. Natalia pensava che
ebreo è colui che si mette dalla parte dei diseredati.
L’aver praticato gente di religione
diversa, oltre che favorire in lei la
tolleranza e comprensione delle altrui
ragioni, ha rafforzato la sua avversione ad ogni forma di fanatismo, sia
pure il più sottile, celato fra le pieghe storicamente cruente o ghettizzanti.
Per lei Cristo sulla croce, visivamente rappresentato dal crocifisso
esposto nei luoghi pubblici, scuole
comprese, non è simbolo di sofferenza fine a se stessa, ma è segno inequivocabile d’amore per chi è sensibile al messaggio della libertà totale
dello spirito.
Per questo ne difese la sua esposizione e scrisse in proposito: « Il crocifisso è segno del dolore umano ».
Dal dolore da sempre l’uomo aspira a liberarsi, pur se non lo ama dipinto o scolpito, tra l’altro per atavica
biblica iconoclastia.
Lucia Scroppo, Torre Pellice
NOTERELLE SU
VARI PUNTI FERMI
Egregio Direttore,
da tempo seguo il suo giornale, al
quale ho talora collaborato con profili
rorenghi, sempre apprezzandone la funzione di bussola civile esercitata con
grande equilibrio, nell’agitarsi confuso
delle vicende umane nazionali ed internazionali.
E’ a quella funzione di stella polare che mi appello: senza pretese, ovviamente, di sentenze definitive nel generale tramonto delle ideologie — e
da noi, pare, della politica —, ma molto più semplicemente di punti storici
fermi, stile • Bignami ».
E’ morto il comuniSmo: si insiste
talmente che all’annunciato funerale di
un’idea secolare di riscatto e al De
profundis cantato in tante lingue seguono già riti di trigesima. Troppo,
per essere credibile. E’, non che superato, defunto Carlo Marx, quasi che
alla sua opera di economia politica
dovessero succedere quelle di nipotini masticatori di quarta mano, teorici
e vassalli del più vieto consumismo
il quale, ridotto il “ primo mondo » (a
spese del secondo, terzo e quarto) a
produrre per consumare e consumare
per produrre, sta liquidando le non infinite risorse del pianeta, mettendone
seriamente in forse il futuro.
Sono crollati all’Est regimi dispotici
di cui giudichiamo errori ed orrori, ma
che ora in cattedra montino giudici indegni andrà pur detto, respingendo
troppo facili pronunciamenti di cronisti sedicenti storici, così come di immemori, per non parlare di vili che
al nazifascismo si sarebbero sottomessi, o al più si sarebbero sottratti con
esili in Vaticano.
Sui Baltici è intervenuto Mario Rigoni Stern, ricordando le due Divisioni
SS lettoni e i reparti di Sonderkommando lituani responsabili della « liquidazione » del primo ghetto europeo,
quello di Vilnius.
Sugli « eroici » unisti di papa Wojtyla bisognerà ricordare che la diatriba sulle chiese ortodosse rivendicate
ha un piccolo precedente: i luoghi di
culto della chiesa ortodossa furono,
per decenni, oggetto di attacchi e distruzione a colpi di « preghiere » esplosive.
Nella disgraziata Jugoslavia, investita dal vento dei nazionalismi (ma le
armi non le porta il vento), i croati
levano la bandiera di Ante Pavelic (pupillo dell’allora primate mons. Stepanic), responsabile con i suoi ustascio
di ottocentomila serbi, bosniaci, ebrei
e zingari letteralmente scannati, i più
nel campo di sterminio di Jesenovac
diretto dall’ex francescano « frate Satana » (Filipovic Maystorovic). Curzio
Malaparte, in una sua corrispondenza di
guerra (vedi "Storia illustrata" dell’ottobre 1978) ricordava che, intervistando il Pavelic nel suo studio, era stato
incuriosito da un paniere che gli sembrava pieno di frutti di mare sgusciati. « Pavelic si accorge della curiosità dello scrittore e, con un sorriso,
spiega che non di ostriche si tratta,
ma di venti chili di occhi umani, regalo dei miei fedeli ustascla »,
Questi gli eroi della rivoluzione de
mocratica alla quale accorre una brigata internazionale di matrice neonazista ("La Stampa”, 19.9.91), subito salutata dal segretario del MSI in nome
della tradizione fascista?
Notarelle, direttore. Per la memoria
dei vivi, e per il rispetto di cinquantasei milioni di morti, uccisi dalla seconda guerra mondiale scatenata dal
nazifascismo.
Gianni Doiino, Torino
IN RICORDO
DI MIMMO
sudditi (pardon, ai cittadini); ma quelli del no non si lasciano gabbare,
convinti come sono che, se non esistesse l’art. 7 della Costituzione che
inerisce ai Patti lateranensi, non ci sarebbe nemmeno l’art. 8, ohe anche
qui ha dato un contentino alle minoranze religiose. Viva il pluralismo, s’è
detto; ma per me che, oltre ad essere
un <■ dialettico » sono anche un inveterato « separatista », sia le Intese che
l’otto per mille sono i segni del nostro cedimento, a tutto danno della
nostra testimonianza evangelica.
Giovanni Gönnet, Roma
Alcune settimane fa è morto Mimmo Veneziano dello staff di casa Cares.
La sua morte mi ha colpito molto
e ho scritto una poesia:
A Girolamo Veneziano
detto Mimmo, dello
staff di casa Cares.
Amico dolce di pochi giorni.
Mimmo! Dimmi che m'avanza di te?
Poco, tanto, contorni un po' vaghi,
ma nitido il viso, buono, mite,
sorriso fugace, forse triste
d'ascosi tuoi pensieri tenaci.
Appennini boscosi mirano
sereni scendere l'Arno
e scene gioiose ti avvolgono
torno alla bella casa ritrovo.
In tanta belluria stai ritroso,
come a faccia di un sogno velato
ma vivo che sbreccia intima pena.
Mimmo! Ora non sosti più qui tra noi!
Il fiume va a morire nel mare,
il sole cala giù al tramonto,
mentre le tue api ronzano alto
un funebre corteo di dolore.
settembre 1991
Paolo Fabbri, Cassina de’ Pecchi (Mi)
ANCORA
L’OTTO PER MILLE
L’ultima volta che ho parlato sull’otto per mille fu durante le pause
del Sinodo 1990, quando fui intervistato da un giornalista de « La Stampa »
di Torino (31.8.90). Dissi allora che
l’estensione, fatta anche ai membri
delle minoranze religiose, di quella facoltà di devolvere ad esse una percentuale sia pure minima dell’lrpef
era in fondo una specie di contentino
per meglio ingoiare il rospo del Concordato, in altre parole per avallare a
tutto vantaggio della Chiesa romana
un’operazione anche qui lesiva delle
caratteristiche di uno stato laico.
Non è che oggi abbia cambiato opinione, anzi! Se scrivo la presente lettera è per esprimere innanzitutto il
mio plauso alla chiara esposizione di
Saverio Merlo (numero dell’ll.10.91),
poi per rendere noto quel che « Tempi di fraternità » (il mensile della Comunità di base di Torino) ha pubblicato nel suo numero di settembre
1991: riportando il testo di una lettera inviata dalla CdB di Pinerolo all’ultimo Sinodo valdese-metodista, nella quale la possibilità offerta di devolvere a proprio vantaggio queH’otto
per mille viene giudicata senz’altro come una « trappola », un « imbavagliamento della profezia », un • cedimento per dei protestanti come voi », la
redazione aggiunge che, accettando
quell’offerta, si compirebbe « un compromesso pericoloso » e « la qualità
del protestantesimo in futuro, forse,
si misurerà più da questa scelta che
non da tante produzioni teologiche ».
Ho voluto ripetere letteralmente queste accorate prese di posizione perché esse, a mio avviso, centrano il
problema che ancora turba parecchi di
noi. Se il fratello Merlo non può fare a meno di esprimere tutta » la delusione di chi — come lui — è uscito
dalla Chiesa cattolica per constatare
dopo anni che la Chiesa valdese, nel
suo piccolo, fa le stesse cose », e se
le CdB, rimaste malgrado tutto in seno alla chiesa ufficiale, si dimostrano
assai più conseguenti di noi nel rifiutare qualsiasi forma di « compromesso », vuol dire che effettivamente c’è
qualcosa che non quadra nel nostro
comportamento di seguaci del solo
Vangelo.
lo sono per struttura mentale un
« dialettico », e perciò so valutare —
lo spero — le ragioni dei sì e dei no.
Nel caso nostro i fautori del sì hanno ripetuto a iosa che lo stato moderno non è più quello di ieri, che
esso, formato da tutti noi, non fa che
una « graziosa » concessione ai suol
Non voglio censurare nessuno. Mi auspico però che i lettori che vorranno interloquire sul tema non riaprano la
questione deH'S%o. Il dibattito si è
concluso col voto favorevole del Sinodo. Voto che ha sancito una svolta nei
rapporti tra le chiese valdesi e metodiste e lo stato. Ciò implica anche una
revisione del nostro modo di rapportarci con la società e con gli uomini
e donne che vivono in Italia. Si tratta
di costruire un progetto, una ipotesi
per la presenza e testimonianza protestante nel paese. Discutiamo di questo.
Grazie.
G. G.
1 QUACCHERI E LA
RICONCILIAZIONE
Per vocazione e per scelta, i quaccheri sono il popolo della riconciliazione. Sul piano religioso, come elemento fondamentale di un corretto
rapporto con Dio, Creatore e Padre,
con cui è follia avere un rapporto di
conflittualità, di rigetto e di lontananza arrogante; con gli uomini, quali
coeredi di una identica figliolanza divina, egualmente fruitori di una scintilla divina, partecipi attivi o passivi
di una sola fratellanza universale.
Sul piano sociale, come impegno a
riportarla fra gli uomini in lotta fratricida, la riconciliazione è per i quaccheri un aspetto della testimonianza di
pace. Detto questo, di fatto, come si
svolge e si articola l’opera di riconciliazione?
In primis, senza prendere le parti
di uno dei due (o più) contendenti.
Ciò non per evitare rischi e stare comodamente a guardare con atteggiamento neutrale, ma per dare all’intervento di riconciliazione attiva presso
tutte le parti in conflitto la garanzia
della imparzialità, la trasparenza dell’azione e la credibilità per fungere
da ponte.
Secondariamente, lasciando in disparte ogni pregiudizio verso coloro
in cui vuole fare sbocciare il fiore del
rispetto reciproco, dell’ascolto e della
collaborazione, il quacchero deve per
primo vivere fiducia, rispetto, ascolto,
accettazione del prossimo.
La parola nemico deve scomparire
dal suo vocabolario, sì da renderla
inattuale nella bocca e nell’atteggiamento di coloro che vivono ancora la
tensione, l’angoscia, il rancore e l’odio
provocati dal conflitto.
Il problema, per il quacchero che
ha ben maturato il concetto della pace
spirituale e sociale che emana dalla luce interiore di Cristo, non è quello del suo rapporto con la religione,
la cultura o l’etnia con cui viene a
contatto per operare in vista della riconciliazione — perché è superato dal
suo genuino rispetto per l’altro come
lui — quanto indicare la via del rispetto a quelli che sono in lotta fra
loro. Ad esempio portare vera pace
ecumenica fra cristiani e musulmani,
fra cristiani ed ebrei, fra musulmani
ed ebrei, là dove quelli si mantengono su fronti opposti e polemici.
Lasciando a chiunque, quacchero o
simpatizzante, di affrontare politicamente i problèmi che travagliano e
dividono gli uomini, purché lo facciano a titolo e responsabilità personale,
i quaccheri come comunità intervengono nelle aree di conflitto cercando il
contatto con la gente comune, con la
base e non con il vertice della piramide sociale, con le persone di buona volontà che vogliono collaborare
alla riconciliazione.
Gli stati e i governi passano, la
gente resta, con i suoi problemi.
Alla gente e ai problemi va dato
il massimo di attenzione. Ai governi,
quando si è capaci e qualificati per
farlo, si potranno in alcuni casi inviare delegazioni con documenti emessi
da un’assemblea responsabile e preparata, miranti a sottolineare un’ingiu
stizia, una forma di violenza, una trasgressione verso I diritti inalienabili
dell’uomo.
Ma questo modo di operare è raro
in casa quacchera. Tutte le forze vengono' da sempre dirette senza deviazioni politiche all’uomo stesso, affinché ritrovi in se stesso e nell’altro
quel « tanto di Dio » che alberga in
entrambi, offrendo collaborazione nell’istruzione, nei Kindergarten, nel lavoro, nell’addestramento alla nonvlolenza a tutte le parti coinvolte.
Quando e se tale risultato viene raggiunto fra gli uomini prima in conflitto, il resto viene da sé, perché la
riconciliazione è benedetta da Dio.
Davide Melodia
Amnesty International
TORRE PELLICE —- Venerdì 8 novembre, ore 17, avrà luogo una riunione con il seguente odg: a) appelli
al re della Malaysia perché sia commutata la pena capitale a due imputati di traffico di droga; b) appelli al
governatore del Texas (USA) in favore
dell’abolizione della pena capitale per
i minorenni; c) appelli a Vu Mao, direttore dell’ufficio del Consiglio di stato del Vietnam in favore del rilascio
del monaco cattolico romano John
Nghi; d) la sede del Gruppo Italia 90
Val Pellice in Torre Pellice, via Repubblica 3, 2° piano, resterà aperta
tutti i mercoledì dalle 20,30 alle 22,30.
____________Corsi_________________
PINEROLO — Dal 31 ottobre al 14
dicembre, presso la sede del CAI, si
svolgerà un corso di speleologia di 1”
livello; sono previsti 14 appuntamenti,
comprese diverse uscite in ambienti
naturali.
Le iscrizioni si ricevono presso la
sede CAI, in via Sommeiller 26, il
martedì e il giovedì dalle ore 21; l’età
minima per l’iscrizione al corso è di
15 anni.
Rassegne
ASTI — Dall'8 al 10 novembre si
svolgerà la seconda edizione di • Expomiele », rassegna di produttori piemontesi che propongono all’esterno la loro produzione. L’apicoltura in Piemonte è in forte espansione; con i suoi
7.000 produttori viene coperto il 15%
del raccolto nazionale, quantificabile
per la nostra sola regione in un fatturato di circa 15 miliardi di lire.
Concorsi
TORRE PELLICE — Dal 31 ottobre
al 4 novembre, presso l’hotel Gilly,
si svolgerà il decimo concorso pianistico nazionale » K. Czerny », organizzato dalla Pro Loco; la premiazione
avverrà lunedì 4 novembre alle ore
10,30 e nel pomerìggio, alle 15, nel
tempio valdese, seguirà il concerto dei
vincitori.
Incontri
Cinema
NUOVI INDIRIZZI
Il pastore Dario Saccomani comunica che il suo nuovo indirizzo, a partire dal 15 novembre, è: via Verdi, 14 21100 Varese. Tel. 0332/232584.
Il nuovo indirizzo del pastore Luciano Deodato è il seguente: via Giovan
Battista Vela 170, isolato 5 - 80143
Napoli-Barra.
L’indirizzo del pastore Salvatore Corcò è: via Insorti d’Ungheria, 15 - 86100
Campobasso, tei. 0874/698714.
NUMERI DI TELEFONO
Il pastore Alfredo Berlendis comunica che il suo numero di telefono è:
02/6185692.
« La tua parola è una lampada
al mio piede ed una luce sul
mio sentiero ».
(Salmo 119: 105)
Il Signore ha richiamato a sé
Teofìlo G. Pons
Con dolore lo annunciano i figli Franco, Liliana col marito Bruno, le cognate
Elsa, Ester e Giulietta, i nipoti Roberto con Marisa, Renato con Daniela, il
cognato Enrico, cugini e parenti tutti.
Commossi e riconoscenti per la manifestazione di stima e affetto ricevuta,
i familiari ringraziano quanti sono
Stati loro vicini in questo doloroso momento ed in particolare la sìgwa Maddalena Riboldazzi per le amorevoli cure
prestate.
Torre Pellice, 22 ottobre 1991.
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PEROSA ARGENTINA — L’assessorato alla Cultura della Comunità montana organizza una serie di incontri
nel mese di novembre che si svolgeranno presso la sede della Comunità
montana stessa.
Il primo appuntamento è previsto
per giovedì 7 novembre, alle ore
20,30, e consiste nella proiezione di
tre audiovisivi realizzati da Sergio
Comba su opportunità escursionistiche,
insediamenti umani e beni culturali
delle valli; presentano Raimondo Genre, Gino Barai e Dario Seghe.
PEROSA ARGENTINA — « Dai, leggiamo! La lettura da noia a piacere:
quali percorsi? » è il tema di un incontro pubblico che si svolgerà mercoledì 6 novembre, nella sala consiliare della Comunità montana; interverranno Ettore Serafino, autore di libri per bambini, Lucia Dainese, insegnante, Raffaella Beliucci Sessa, animatrice di laboratori di lettura.
Da lunedì 11 novembre e da giovedì 14 novembre, inizieranno inoltre due
laboratori, rispettivamente di narrazione e dì costruzione giocattoli; per informazioni e iscrizioni rivolgersi alle
scuole di Villar e Perosa.
TORRE PELLICE — Per la rassegna
di film d’autore, venerdì 1° novembre,
alle ore 21,15, presso II cinema Trento, verrà posto in visione II film
« Bixi », di Pupi Avati.
USSL 42 - VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: presso Ospedale Valdese di Pomaretto - Tel. 81154.
Guardia farmaceutica :
VENERDÌ' r NOVEMBRE 1991
Perosa Argentina: FARMACIA FORNERIS - Via Umberto I - Tel. 81205.
DOMENICA 3 NOVEMBRE 1991
Villar Perosa: FARMACIA DE PAOLI
Via Nazionale. 29 - Tel. 51017.
Ambulanza ;
Croce Verde Perosa: Tel. 81.000.
Croce Verde Porte: Tel. 201454.
USSL 44 - PINEROLESE
(Distretto di Pinerolo)
Guardia medica ;
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 2331 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: Tel. 22664
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 932433.
Guardia farmaceutica :
VENERDÌ’ 1° NOVEMBRE 1991
DOMENICA 3 NOVEMBRE 1991
Torre Pellice; FARMACIA MUSTON.
Via Repubblica 22 - Telef. 91328.
Ambulanza :
CRI Torre Pellice: Telefono 91.996.
Croce Verde Bricheraslo: tei. 598790
SERVIZIO ATTIVO INFERMIERISTICO: ore 8-17. presso I distretti.
SERVIZIO ELIAMBULANZA, elicottero: tei. 116.
12
12 villaggio globale
1° novembre 1991
SCUOLA E MINORANZE
INTERVISTA
Difendere le lingue
e le culture minacciate
Questo documento esprime una serie di richieste in materia di tutela delle minoranze linguistiche, espressa nei principi costituzionali e attuata solo parzialmente.
I partecipanti al Convegno
« Scuola e minoranze linguistiche oggi in Italia » svoltosi ad
Asiago / Slege, Roana / Roban e
Luszrna / Lusern nei giorni 4, 5
e 6 ottobre 1991, nel momento
in cui per bocca del presidente
del Consiglio il governo italiano si pone in Europa come modello della tutela delle minoranze linguistiche,
Denunciano una volta ancora
la scandalosa mancata attuazione del principio fondamentale
sancito nell’art. 6 della Costituzione, poiché a quasi mezzo secolo dalla promulgazione della
Carta fondamentale della Repubblica italiana sono tutelate, con
misure non omogenee e sovente
inadeguate, le lingue;
— francese in valle d’Aosta;
— tedesca in provincia di Bolzano;
— ladina in provincia di Bolzano e soltanto parzialmente in
quella di Trento;
— slovena soltanto parzialmente nelle province di Trieste
e di Gorizia;
mentre sono invece totalmente
prive di tutela le lingue francese e ladina fuori delle due rispettive Regioni a Statuto speciale, tedesca al di fuori della
provincia di Bolzano e slovena
in provincia di Udine, nonché
le lingue albanese, catalana, croata, greca, ladino-friulana, occitana, sarda e zingara (Romanès);
ritengono non più procrastinabile la presentazione in Aula della legge quadro sulle minoranze
linguistiche;
valutano del tutto inadeguata
la legislazione scolastica che non
prevede l’apertura della scuola
alle lingue minoritarie ed a quelle regionali neppure quali « seconda lingua »;
richiedono pertanto che il bilinguismo naturale degli allievi
— definito da Graziadio Isaia
Ascoli (nel Proemio all’« Archivio glottologico italiano », 1873)
quale « condizione privilegiata
nell’ordine dell’intelligenza » —
sia efficacemente utilizzato, almeno come previsto per le lingue degli extracomunitari domiciliati in Italia, con l’insegna
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PINEROLESE
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Donna e pastore
in Cecoslovacchia
mento organico e strutturale delle e nelle lingue locali presenti
nel territorio della Repubblica;
invitano i sindaci e tutti gli
amministratori degli enti locali,
nonché le chiese e le agenzie di
socializzazione ad utilizzare le
lingue locali nella vita sociale,
nelle indicazioni scritte e nelle
insegne, al fine di far crescere
la coscienza comunitaria di possedere un patrimonio linguistico degno di essere promosso
nell’interesse di tutti;
raccomandano ai medesimi di
promuovere attività di educazione permanente in e per le lingue locali, fornendo strumenti
per il loro apprendimento, incentivi a servirsene ed occasioni di incontro (gemellaggi, scambi di giovani, « università d’estate » con la collaborazione di Istituti universitari, ecc.);
affermano che il riconoscimento, la tutela e la promozione delle lingue locali diverse dall’italiana rappresentano un’esigenza
irrinunciabile per un corretto
rapporto dell’uomo con l’ambiente, per il pluralismo culturale e per la salvaguardia di un
patrimonio appartenente a tutto lo stato ed alla Comunità europea.
Essere pastore in Cecoslovacchia, essere impegnata nel cammino di generale rinnovamento
dell’Est a fianco dei protagonisti, essere donna in una chiesa
storica e antica, cosa significa
tutto questo ce lo racconta Èva
Mikulecka, 31 anni, in viaggio
in Italia, ospite per qualche
tempo presso la comunità valdese di Ivrea, alla quale abbiamo rivolto alcune domande.
Qual è, in questo particolare
momento che il tuo paese sta
attraversando, il ruolo di un pastore?
E’ molto difficile fare il pastore in questi giorni, perché
significa soprattutto capire le
vecchie e le nuove generazioni,
significa trovare delle risposte
adeguate e significa anche riu- scire ad individuare il nuovo
ruolo che le chiese avranno in
una società come la nostra che
cambia rapidamente. Penso che
il mio sia fondamentalmente un
impegno di tipo morale; voglio
aiutare la mia gente a capire
che in certi momenti così importanti non siamo soli, dobbiamo poter contare sull’appoggio
l’uno dell’altro e sull’aiuto di
Dio. Come pastore è importante
allora comunicare agli altri che
esiste una forte volontà di camminare e crescere insieme.
I giovani soprattutto, quelli
che escono dall’adolescenza, si
interrogano molto sul futuro e
spesso sono sconcertati; ecco,
proprio con loro c’è da lavorare
bene e di più. Mi sforzo molto
di far capire loro che tutto quello che c’è stato nel passato non
può essere ignorato; è un’eredità pesante, ma con la quale
dobbiamo fare i conti. Invito
spesso i giovani a cercare un
dialogo con i più anziani, per
riuscire insieme a lavorare per
un futuro migliore. Attualmente all’interno della mia comunità, per esempio, ci sono almeno tre/quattro generazioni,
tutte persone che hanno vissuto
in modo diverso i cambiamenti
degli ultimi due anni.
Come è cambiata la vita della
tua chiesa dopo il 1989?
Sono pastore da poco più di
un anno, quindi ho cominciato
il mio lavoro proprio subito
dopo la svolta storica dell’89,
e tuttavia ho studiato durante
gli anni del precedente regime.
Anche per me è spesso sorprendente ritrovarmi ad avere tutta una serie di libertà che prima non c’erano e sono molto
contenta di avere oggi la possibilità di essere più libera di
stare a contatto con la gente
della mia chiesa. Per molti, soprattutto i più vecchi, è difficile capire che possiamo liberamente parlare di ciò che vogliamo, è sorprendente non sentirsi controllati.
Come vedi l’attuale tendenza
ai nazionalismi e ai separatismi?
E’ evidente che tra le cause
principali di questa tendenza
vi sono una forte scontentezza
e il desiderio di affermare la
propria visione politica. Tuttavia
io credo che dividerci potrebbe
causare altri problemi, potrebbe portarci verso il peggio. Mi
sento, e così come me molti
altri, membro di un solo paese,
anche se so che diversi sono i
modi di affrontare questo momento di cambiamento. Cerco
di capire che molti oggi sono
scontenti, ci troviamo effettivamente di fronte a problemi nuovi, abbiamo da fare i conti con
un’economia che potrebbe portarci da un momento all'altro
verso il fallimento. E allora
proprio per tutto questo credo
che separarci sia dannoso, dobbiamo sforzarci di restare uniti. Ecco perché mi 'sento di appoggiare l’idea che il mio paese
possa in un futuro essere una
federazione.
Ha un significato particolare
essere donna e pastore della
Chiesa hussita?
Credo che in generale sia difficile essere pastore, soprattutto oggi. Essere una donna che
fa il pastore significa anche riuscire a cambiare una mentalità
maschile, che regola ancora in
buona parte le relazioni tra le
persone della chiesa. Mi fa pia
cere notare come tra i giovani
questo tipo di mentalità non vi
sia più e pertanto spero molto
nel futuro. In questo momento
le donne impegnate nella mia
chiesa come pastori rappresentano circa un terzo del totale.
In generale i nostri problemi
sono comunque legati al rapporto tra presente e passato.
Uomini o donne si è tutti impegnati a cercare il modo migliore per lavorare con le pro^
prie comunità. Nessuno di noi
ha attualmente esperienza di pastorato in un tipo di società
come si va rivelando quella attuale.
Intervista a cura di
Carmelina Maurizio
delle valli valdesi
settimanale delle chiese valdesi e metodiste
Redattori: Alberto Corsani, Luciano Deodato (vicedirettore). Giorgio Gardiol (direttore). Carmelina Maurizio, Jean-Jacques Peyronel, Piervaldo Rostan,
Collaboratori: Daniela Actis (segreteria), Mitzi Menusan (amministrazione), Stelio Armand-Hugon, Mariella Taglierò (revisione editoriale).
Loris Bertot (spedizione).
Stampa: Coop. Tipografica Subalpina - via Arnaud, 23 - 10066 Torre
Pedice - telefono 0121/61334
Registrazione; Tribunale di PInerolo n. 175. Respons. Franco Giampiccoli
REDAZIONE e AMMINISTRAZIONE: via Pio V, 15 - 10125 Torino - telefono
011/655278, FAX 011/657542 — Redazione vaili valdesi: via Repubblica. 6 - 10066 Torre Pedice - telefono 0121/932166.
Registro nazionale della stampa; n. 00961 voi. 10 foglio 481
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Estero
Ordinario annuale
Ordinario (via aerea)
Sostenitore
Semestrale
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