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SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
venerdì 21 MAGGIO 1993
ANNO I - NUMERO 20
EX JUGOSLAVIA
L'ILLUSIONE
DELLA PACE
CLAUDIO H. MARTELLI
Se un dubbio poteva esserci sulla volontà dei serbi
della Bosnia di dare un segnale positivo al piano di pace di Vance e Owen, un segnale che in qualche modo
indicasse una volontà popolare diversa da quella di Radovan Karadzic, tale dubbio
è caduto con il referendum
del 14 e 15 maggio scorso.
No dunque a una suddivisione della Bosnia che, nel salvaguardarne l’unità come
stato, offra ai vari gruppi formule di autogoverno e di
controllo totale del territorio.
I serbo-bosniaci si sentono
traditi da un’ipotesi che non
assicura un collegamento tra
le varie parti da loro abitate
nel paese, quei famosi corridoi attraverso i quali circolare, con uomini e mezzi, senza in alcun modo rimanere
alla mercé delle autorità bosniache.
Il piano di pace è morto e
sepolto e bisognerà ora muoversi alla ricerca di qualche
altra ipotesi poiché sarebbe
assurdo insistere in un negoziato che, nonostante la pressione internazionale e della
stessa Serbia, è stato rigettato non solo dai vertici ma
dalla stessa popolazione. E
sarebbe assurdo voler imporre una soluzione daH’estemo
con le armi, considerando
che ciò darebbe ulteriori motivi ai serbo-bosniaci di sentirsi le vittime sacrificate
sull’altare della pace. Ammesso ma non concesso che
la cosa sia possibile senza
l’impiego di molte centinaia
di migliaia di uomini su un
territorio dove già hanno fallito in passato macchine belliche micidiali come l’esercito nazista.
E mentre tramonta l’illusione che le urne avessero
potuto offrire una scappatoia
a una situazione del tutto
bloccata, al sud e al nord i
combattimenti sono ripresi
con violenza. Attorno alla
splendida città di Mostar i
croati sono all’attacco dei
bosniaci con non meno determinazione dei serbi che
dalle sponde della Orina insistono lungo la direttrice
Pale-Sarajevo e SrebrenicaTuzla. Ambedue perseguono
sul campo un disegno di
spartizione territoriale molto
preciso che ha lo scopo di ottenere come primo risultato
quello della pulizia etnica
che a loro vista semplificherebbe una ancora lontana soluzione diplomatica.
La crisi dell’ex Jugoslavia
si presenta come un nodo
inestricabile che non pare
possibile in nessun modo
sciogliere e risulta segnata
da una serie di errori da parte
dell’Occidente fin dal suo
inizio.
La pressione diplomatica
dei governi di Bonne Vienna
e del Vaticano in favore della spartizione dell’ex Jugoslavia, la fretta con la quale
si è proceduto a un riconoscimento internazionale del
tutto sbilanciato a favore della Croazia, ora dimostrano
tutta la loro miopia riproponendo gli scenari politici che
nello scorso secolo avevano
trasformato i Balcani in una
polveriera. Assente il peso
equilibratore della Russia tradizionale sostenitore
dell’unità degli slavi del sud
- la debolezza dell’Occidente ha permesso alla storia di
fare un balzo indietro travolgendo senza speranza ogni
ipotesi di convivenza.
Ciò che scrivo sembrerà
terribile a molti ma, a vista
umana, non mi pare che sarà
possibile per il prossimo futuro nessun’ultra soluzione
se non quella di lasciare che
lo scontro militare si esaurisca, se non quella che lasci ai
contendenti il compito di definire brutalmente la spartizione del territorio. Pensare
di imporre soluzioni a questa
gente è veramente non comprendere le cose, non conoscere la loro mentalità, il loro modo di essere allo stesso
tempo vittime e strumenti di
violenza. E imporre una soluzione daH’esterno implicherebbe l’uso della forza,
che avrebbe come fatale risultato l’allargamento dell’
incendio non solo a tutta l’ex
Jugoslavia ma anche ai paesi
vicini, tra i quali il nostro.
SEGUE A PAGINA 10
Impariamo a restare aperti e a contare sull'azione delio Spirito Santo
La forza dì Dìo viene nella nostra debolezza
MASSIMO AQUILANTE
«Noi non abbiamo ricevuto lo spirito
del mondo, ma lo Spirito che viene da
Dio, per conoscere le cose che Dio ci ha
donato; e noi ne parliamo non con parole insegnate dalla sapienza umana,
ma insegnate dallo Spirito, adattando
parole spirituali a cose spirituali».
(I Corinzi 2, 12-13)
Nella società italiana di oggi, segnata
da una profonda crisi, mi sembra
che sia ben presente una tendenza al
giudizio moralistico.
Capita sempre più spesso di ascoltare
voci che, senza tener conto della complessità del quadro generale, dell’articolazione dei vari elementi e dell’interazione delle varie componenti della crisi,
sono preoccupate soltanto di pronunciare condanne definitive, emettere sentenze sbrigative, anche sulla base del semplice «sospetto», proporre un governo
degli onesti come toccasana di tutti i
mali del presente, ecc. È una tendenza
che mi appare come una soluzione inefficace, dal fiato corto, incapace di aprire
prospettive sul futuro.
Mi chiedo se non costituisca anch’essa una forma attraverso la quale si esprime quello «spirito del mondo» e quella
«sapienza umana» di cui parla Paolo.
A me non pare che noi possiamo camminare lungo questa via. A mio avviso
noi siamo chiamati a svolgere la nostra
costante ricerca di credenti in un’altra
direzione: «conoscere le cose che Dio ci
ha donato» mediante lo Spirito di Dio
che abbiamo «ricevuto», e parlarne con
parole insegnate dallo stesso Spirito.
Qui è la possibilità reale per noi, piccole chiese evangeliche di minoranza, di
uscire dal pericolo di una morsa che ci
schiacci da una parte con le durezze e le
chiusure della crisi, dall’altra con la
«eccellenza di parola» degli assoluti
moralistici: la possibilità, insomma, di
pronunciare una parola diversa, di proporre una «sapienza» nuova.
Per lo Spirito che ci è donato, ciò che
il mondo valuta «pazzia» (Gesù crocifisso) a noi si rivela la «sapienza» di
Dio, quella sapienza per la quale Gesù
Cristo, «pur essendo in forma di Dio
(...) umiliò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte e alla morte della
croce» (Fil. 2): un Dio, dunque, che non
ha paura di spogliarsi, «svuotarsi» della
sua divinità, di calarsi nell’abisso più
profondo.
E non è qui l’elemento di critica più
radicale a questo nostro mondo e alla
sua «sapienza»? Una croce, luogo dell’
amore più totale! Queste sono le «cose
di Dio» che per lo Spirito possiamo conoscere, e quindi tendere, giorno dopo
giorno, a una «mente rinnovata» e non
conformarci a questo secolo (Rom. 12),
ma sottoporlo ad una critica costante.
Certo, noi siamo deboli e restiamo
nella nostra debolezza: è lo Spirito che
ce lo dice. Ma questo stesso Spirito ci
insegna anche a sperimentare la forza di
Dio nella debolezza. E proprio nelle
nebbie e nelle zone d’ombra della nostra realtà a noi è dato di guardare oltre
gli angusti orizzonti della «sapienza» di
questo mondo: tra le ingiustizie presenti
vedere il «nuovo» di Dio che l’occhio
dell’uomo non vede, tra i gridi di sofferenza udire il «nuovo» di Dio che
l’orecchio dell’uomo non ode, tra le angosce di oggi sentire il «nuovo» di Dio
che il cuore dell’uomo non sente. E
dunque adoperarci nel vissuto quotidiano, e nei nostri limiti che sono tanti, per
questo «nuovo» di Dio, per il suo futuro.
Di questo possiamo parlare apertamente, senza «vergognarci», nel rispetto
dell’altro e delle altrui posizioni: ne possiamo parlare con le parole che lo Spirito ogni giorno ci insegna e così imparare a restare aperti a Dio, imparare a contare su Dio.
Cina
Carta d'identità
religiosa
La rivista «Tian Feng», organo della Chiesa protestante
«ufficiale» cinese, condanna
vigorosamente la pratica istituita da alcuni uffici regionali
per gli Affari religiosi di obbligare i cristiani ad avere
una carta d’identità religiosa.
In alcuni distretti della Cina, spiega la rivista nel numero di aprile, i cristiani sono
stati obbligati a comprare carte d’identità religiosa sotto
pena di vedersi accusati di essere «dei credenti illegali». Il
«Movimento delle tre autonomie» ha chiesto al Consiglio di Stato un’inchiesta al
riguardo. In seguito a quest’
appello, le autorità locali interessate harmo cambiato il nome delle carte incriminate
chiamandole «impegni patriottici dei credenti». La ftmzione delle carte però non è
cambiata. L’autore dell’editoriale di «Tian Feng» descrive questa politica come un
«metodo di controllo assurdo
e insensato». Egli ricorda
che, in Cina, politica e religione sono separate ma che
oggi sembra che «lo stato voglia gestire in prima persona
gli affari religiosi». Se la religione e la politica sono separate, chiede, come può il governo accettare una simile
pratica?
Un altro argomento preso
in considerazione dall’editoriale è che, secondo la Costituzione cinese, la religione
di un cittadino è un affare privato e non è di competenza
dello stato. Non c’è quindi alcuna ragione perché la religione di un cittadino venga
approvata o disapprovata per
mezzo di una carta d’identità
speciale. La questione è ben
diversa per quanto riguarda le
organizzazioni religiose che,
in quanto tali, devono essere
ufficialmente registrate, come
avviene in molti paesi.
Una delle ragioni invocate
dalle autorità incriminate a
favore di una carta d’identità
religiosa è che essa facilita la
gestione degli affari religiosi.
«Tian Feng» respinge questo
argomento in quanto ne risulta che «i credenti vengono
trattati come individui pericolosi posti sotto sorveglianza».
«Ci sono oggi quadri del governo - accusa «Tian Feng» che considerano i credenti come elementi pericolosi di cui
bisogna diffidare ovunque e
sempre; questa gente crede
che i credenti siano sempre
pronti ad infrangere la legge e
a commettere un delitto con
qualsiasi pretesto; bisogna
dunque controllarli e tenerli
sotto vigilanza per mezzo di
queste carte d’identità speciali».
Un altro documento criticato da «Tian Feng» è il «certificato del credente cattolico o
protestante» che, in alcune regioni, va fino a precisare quale luogo di culto può o non
può frequentare il credente.
Questo editoriale di «Tian
Feng» conferma che le relazioni della Chiesa protestante
«ufficiale» con il governo e
con il partito si sono deteriorate.
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PAG. 2 RIFORMA
VENERDÌ 21 MAGGIO iqq':¡
Danimarca: importante seminario organizzato dal Consiglio ecumenico delle chiese
«Giustizia, pace e integrità del creato»: un
processo conciliare legato alla «koinonia»
Notevoli progressi per
tentare di risolvere una
delle più vecchie tensioni esistenti aH’interno del movimento ecumenico sono stati
compiuti in occasione di un
seminario organizzato dal
Consiglio ecumenico delle
chiese, svoltosi a Ronde (Danimarca) neH’ultima settimana di febbraio.
Riuniti sul tema «Koinonia
e giustizia, pace e integrità
del creato», 32 partecipanti di
14 paesi hanno pubblicato un
rapporto di 17 pagine nel
quale esaminano ciò che
chiamano «la fessura tra le
forze ecumeniche che lavorano per l’unità visibile della
chiesa e quelle impegnate
prevalentemente nella testimonianza, nel servizio e nella
lotta morale».
Nel documento, intitolato
«Unità costosa», i partecipanti si dichiarano convinti
che «una interazione fruttuosa» sia possibile tra i temi
di «Fede e costituzione» e
quelli del «Cristianesimo pratico». Sperano che gli spunti
emersi dalle loro discussioni
verranno ripresi dalla V Conferenza mondiale di «Fede e
costituzione» che si terrà ad
agosto a Santiago de Compostela.
I movimenti «Fede e costituzione» e «Cristianesimo
pratico» sono nati negli anni
’20. Il primo si è concentrato
sulle questioni dottrinali, teologiche e canoniche che dividono le chiese; il secondo
sulla cooperazione dei cristiani in campo sociale, economico e politico. Nel 1937 i
leader dei due movimenti decisero di unirsi e di formare
un Consiglio ecumenico delle
chiese. Ma è rimasta l’impressione che le differenze di
temi tra questi due movimenti rispecchiassero divergenze
fondamentali sugli obiettivi e
sulle priorità ecumeniche.
Anche se, negli ambienti ecumenici, si è sempre riconosciuto resistenza di una base
comune, il documento di
Ronde osserva che il dialogo
è stato ostacolato dalla vita
interna del Cec in cui «varie
preoccupazioni e priorità di
programmi si sono sviluppate
in poteri separati» che «istituzionalizzano in vari modi le
loro relazioni con le chiese e
con i gruppi locali. Ciò rafforza e a volte genera gravi
divisioni in seno alle chiese
locali e tra di loro».
«Ci sono state molte riunioni sul rapporto tra la ricerca dell’unità e della testimonianza sociale» ha dichiarato
il metodista argentino José
Miguez-Bonino, che è stato
presidente del Cec e che ha
partecipato all’incontro. «Ma
questa riunione è la migliore
a cui abbia partecipato. E stato un incontro aperto che si è
svolto senza alcun segno di
aggressività. Spero che possa
essere l’inizio di un processo
di consultazione seria e che le
chiese membro vi aderiranno
a livello locale».
Nelle loro raccomandazioni, i partecipanti chiedono
che «un nuovo slancio ufficiale venga dato al programma “Giustizia, pace e integrità del creato” (Jpsc) per
fame un elemento motore del
Cec». Il processo «Jpsc», in
quanto «processo conciliare»
di mutuo impegno a favore
della giustizia, della pace e
deH’integrità del creato, è stato lanciato dall’Assemblea
del Cec a Vancouver nel
1983. Il Cec ha lanciato varie
iniziative nell’ambito delle
chiese per far fronte alle minacce che pesano sulla vita
umana a causa dell’ingiustizia, della guerra, del militarismo e della distruzione dell’ambiente. Un raduno mondiale sulla giustizia, la pace e
l’integrità del creato è stato
organizzato dal Cec a Seoul
nel marzo 1990.
Le questioni di giustizia e
di pace sono da tempo all’ordine del giorno del Cec; la
forte preoccupazione mondiale per i problemi ambientali si
ritrova nel crescente interesse
ecumenico per la teologia della creazione. Anche se queste
questioni sono prioritarie nelle attività dell’Unità «Giustizia, pace e creazione» della
nuova stmttura del Cec, alcune chiese e alcuni gruppi locali lamentano che il processo
«Jpsc», che sottolinea il nesso
tra queste preoccupazioni e le
loro implicazioni per l’unità
della chiesa, non venga abbastanza valorizzato.
Il rapporto esorta inoltre il
Cec, tramite le sue Unità
«Giustizia, pace e creazione»
e «Unità e rinnovamento», a
cercare in che modo le varie
tradizioni cristiane colleghino
la loro propria concezione
della chiesa (ecclesiologia)
con le questioni etiche, tenendo conto delle «esperienze locali sul nesso tra fede e azione». Ciò consentirebbe di vedere come termini essenziali
quali «processo conciliare»,
«Alleanza» e «Koinonia» collegano la giustizia, la pace e
la salvaguardia del creato con
la preoccupazione per l’unità
,f
visibile della chiesa. «Insomma, la chiesa non solo ha ma
è anche un’etica sociale,
un’etica di koinonia», afferma
il documento.
Gran parte del documento
di Ronde analizza la koinonia
- spesso tradotta con «comunione» - come una descrizione dell’unità ricercata sia da
«Fede e costituzione» sia dal
processo conciliare «Jpsc».
Del resto la koinonia sarà il
tema centrale della Conferenza di «Fede e costituzione»
nel prossimo agosto.
Il documento chiede di tornare al senso originario di
koinonia quale lo si trova nel
Nuovo Testamento: una «comunità concreta di ubbidienza».
Il documento precisa che
l’impegno morale può fare
chiaramente la distinzione tra
«unità a buon mercato» e
«unità costosa». «L’unità a
buon mercato evita moralmente le questioni controver
se perché turberebbero l’unità
della chiesa. L’unità costosa
vede nell’unità della chiesa
un dono, quello di ricercare la
giustizia e la pace. È un’unità
che, per la grazia di Dio, rompe i muri di divisione affinché
possiamo riconciliarci con
Dio e con il nostro prossimo.
Il suo nemico è l’unità a buon
mercato, il perdono senza il
pentimento, il battesimo senza la vocazione al discepolato, la vita senza la morte quotidiana e la resurrezione nella
casa della fede».
In quanto comunità morale,
la chiesa dovrebbe incoraggiare «un orientamento
“sacramentale” verso la vita»,
aggiunge il rapporto. Il battesimo esige «l’atto di testimonianza cristiana»; e l’eucaristia «è un nutrimento vero
per un popolo disperso nella
lotta morale che porta avanti
per guarire la lacerazione degli esseri umani e della comunità» (Soepi).
Invitato dalla Tavola
K. Raìser
a Roma
Dal 4 al 7 giugno il pastore
Konrad Raiser, nuovo segretario generale del Consiglio ecumenico delle chiese,
sarà a Roma per una visita alle chiese evangeliche italiane,
su invito della Tavola valdese.
Il pastore Raiser incontrerà
i responsabili delle chiese
membro del Cec (valdesi, metodisti e battisti) e di altre denominazioni. Venerdì 4 giugno, alle ore 18, nell’aula magna della Facoltà valdese di
teologia, è previsto un incontro pubblico, durante il quale
Raiser risponderà alle domande rivoltegli dal prof. Paolo
Ricca, decano della Facoltà
valdese, sulla situazione dell’
ecumenismo negli ultimi anni
del secondo millennio.
Konrad Raiser, 55 anni, è
segretario generale del Cec
dal 1° gennaio 1993, in sostituzione del pastore metodista
uruguaiano Emilio Castro.
Raiser ha una lunga esperienza nel movimento ecumenico:
dal 1969 al 1983 ha lavorato
al Cec, dapprima come segretario agli studi della Commissione per il dialogo teologico
«Fede e Costituzione» e poi
come vicesegretario generale;
dal 1984 al 1992 è stato docente di teologia sistematica e
direttore dell’Istituto ecumenico della Facoltà di teologia
protestante dell’Università di
Bochum (Germania).
Milano
Settimana
per la pace
L’Osservatorio interconfessionale milanese (Oim) propone ogni anno una Settimana ecumenica per la pace
con alcune iniziative culturali
e una veglia ecumenica di
Pentecoste. L’Oim è impegnata a continuare nella realtà
milanese il processo ecumenico a favore di «Giustizia,
pace, integrità del creato».
I principali incontri previsti
sono:
Venerdì 21 maggio, alle
ore 21, presso il Centro culturale dei Servi, corso Matteotti
14, sul tema: «L’atteggiamento cristiano di fronte al
dialogo interreligioso», con il
past. valdese Salvatore Ricciardi, il teologo cattolico
Gianni Colzani e Alberto
Quattrucci di «Uomini e religioni»;
Mercoledì 26 maggio, alle
ore 21, presso il Centro culturale S. Fedele, via Hoepli 3/b,
su: «Il Discorso della montagna come proclamazione e
indicazione etica», con i teologi Eduard Schweizer (protestante), e Gianfranco Ravasi (cattolico);
Sabato 29 maggio, dalle
ore 21,15, presso il salone di
via Pinturicchio 35 con una
veglia ecumenica di Pentecoste, centrata sulle parole di
Gesù:«Credete che io possa
fare quello che mi domandate?» (Matteo 9, 28).
Europa meridionale
Conferenza
metodista
Dal 10 al 14 marzo 1993 si
è tenuta a Berna la 12a assemblea della Conferenza
della Chiesa evangelica metodista dell’Europa centromeridionale, la prima dopo la liberalizzazione dei rapporti
con i paesi dell’Est europeo.
Erano presenti 66 delegati
e 40 fra membri con voce
consultiva ed osservatori,
provenienti da Algeria, Bulgaria, Francia, Jugoslavia,
Macedonia, Austria, Polonia,
Svizzera, Slovacchia, Cechia
e Ungheria.
La Conferenza che ha confermato come vescovo il pastore Heinrich Bolleter di Zurigo ha posto l’accento sulla
necessità di rafforzare i legami con i metodisti di tutta
l’Europa per giungere alla costituzione del Consiglio metodista europeo che raccolga
sia i metodisti episcopali dipendenti dalle tre Conferenze
metodiste europee, sia i metodisti wesleyani di Gran
Bretagna, Irlanda, Spagna,
Portogallo, Italia e di altri
paesi.
E stata anche sottolineata
l’urgenza di intensificare
l’opera di evangelizzazione e
di diaconia, specie nell’Europa orientale: ciò sarà il principale punto all’ordine del
giorno nella Consultazione
intemazionale che avrà luogo
a Vienna nel 1994.
Dal M
Appello del Santo Sinodo
della Chiesa ortodossa russa
MOSCA — In una dichiarazione resa nota il 23 marzo scorso, i membri del Santo Sinodo affeimano che il popolo russo è
giunto a un bivio della propria storia e che sta attraversando
una situazione difficile. «La nostra sofferenza è immensa, la
nostra povertà cresce di giorno in giorno, e dobbiamo affrontare i conflitti interni, la criminalità, i problemi dei rifugiati i
conflitti sociali; la nostra vita è diventata insopportabile».
Invece di dedicarsi alla riconciliazione e all’unificazione delle varie forze del paese, il governo si trova confrontato a «un
conflitto interno, gravido di conseguenze estremamente pericolose che potrebbero portare alla distruzione della Russia». La
dichiarazione prosegue: «Gridiamo a coloro che ci governanosmettetela! Se il paese crolla totalmente e precipita nell’abisso
ognuno di voi sarà responsabile davanti a Dio e alla storia», ’
Il Santo Sinodo esorta i leader politici a «rinunciare a tutte le
loro ambizioni personali» e a sacrificare le loro aspirazioni politiche «nell’interesse di tutti». «Non vogliamo una pace politica che sia soltanto un compromesso di idee immorali e distruttrici. E inaccettabile una pace negativa che porterebbe alla paralisi del governo e lo renderebbe incapace di agire».
Per gli autori della dichiarazione, il popolo russo vuole un
governo forte che non sia solo in grado di legiferare ma anche
di fare applicare le leggi. «Vogliamo un’autorità che possa proteggere il popolo contro l’anarchia e la disintegrazione totale.
Vogliamo uno stato che non lasci ripristinare la passata dittatura, dittatura che ha represso ogni libertà, personale e collettiva.
Vogliamo strutture che aiutino a risolvere i grandi problemi di
questa nuova era della storia russa».
Gli autori si congratulano per la posizione assunta dall’esercito che non ha partecipato al confronto. «Questo atteggiamento è l’unico ammissibile oggi e supplichiamo l’esercito di prova di saggezza e di non lasciarsi trascinare da
estremisti politici, ma di proteggere la vita e la dignità dei cittadini di questa nazione».
Sud Africa: prima donna
consacrata
ROBERTSON — La rev. Mary Ann Plaatjies è la prima
donna consacrata al ministerio pastorale nella «Dutch Reformed Mission Church» in Sud Africa. Il dr. Alan Boesak ha tenuto il sermone di consacrazione in un culto celebrato a Robertson, a 200 km da Capetown, il 28 novembre 1992. Pochi
mesi prima, donne riformate dell’Africa meridionale avevano
salutato la signora Plaatjies come leader della Conferenza delle
donne nel Lesotho. Insieme avevano pregato affinché la «Dutch Reformed Mission Church» riconoscesse la vocazione della
nuova pastora.
Indonesia: tensioni tra chiese
protestanti e Chiesa cattolica
KUPANG — La conversione al cattolicesimo di molti protestanti sul territorio della diocesi di Kupang, in Indonesia, provoca vive tensioni che minacciano i rapporti già fragili tra le
chiese protestanti e cattolica del paese. Si parla di 1.000 conversioni nel 1992.
Secondo il padre Duli Kebelen, parroco del villaggio di
Sukamana, i pastori della zona hanno protestato energicamente
contro i dirigenti cattolici che accettano di accogliere nella loro
chiesa i protestanti che vogliono convertirsi. I pastori hanno anche chiesto alle autorità locali di opporsi a questo movimento
di conversione e di costringere i «convertiti» a tornare alle loro
chiese di origine.
Il padre Kebelen segnala che, nella sola parrocchia di Sukamana, 27 famiglie protestanti comprendenti 127 persone si sono convertite al cattolicesimo durante l’anno trascorso. Ritiene
che la sua chiesa abbia accolto oltre un migliaio di «convertiti»
nello stesso periodo.
L’agenzia «Eglises d’Asie», che riferisce la notizia, non dà
alcuna informazione per spiegare il fenomeno. Riporta l’opinione di un convertito che dichiara: «Non siamo stati influenzati da nessuno per lasciare la nostra vecchia chiesa...». E spiega: «La Chiesa cattolica è l’unica vera capace di aiutarci ad approfondire la nostra fede nel Cristo».
Svizzera: aperto un centro
di collegamento ecumenico
GINEVRA — Quattro movimenti - Church and Peace (rete
di chiese tradizionalmente pacifiste), gruppi di lavoro francescani europei che operano a favore della giustizia, della pace e
della creazione, il Movimento internazionale della riconciliazione e il movimento cattolico romano Pax Cristi - hanno
aperto un centro di collegamento per i servizi ecumenici operanti a favore della giustizia, della pace e della salvaguardia del
creato (Jpsc) vicino al Centro ecumenico, a Ginevra. Dale Ott,
che è stato coordinatore per l’Europa del servizio volontario
della Chiesa dei fratelli, la cui sede è negli Usa, e Wilfried Wameck, coordinatore generale di «Chiesa e pace» in Germania,
sono incaricati dell’organizzazione di questo centro.
Per Dale Ott il processo conciliare Jpsc, lanciato durante la
VI Assemblea del Consiglio ecumenico delle chiese a Vancouver nel 1983, «invita le chie.se a riscoprire l’importanza del servizio volontario. In quanto chiese, comunità e gruppi cristiani,
siamo chiamati a sviluppare, rafforzare e sottolineare
quest’aspetto della vita della chiesa, la testimonianza e il servizio».
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venerdì 21 MAGGIO 1993
PAG. 3 RIFORMA
Intervista di Témoignage Chrétien al teologo cattolico Eugen Drewermann
Listituzìone chiesa distribuisce angoscia
La resistenza contro il dominio è sogno. Sogno ad occhi
aperti, che cerca quel lido dove amore e libertà non si contraddicono. Dove viene sconfitta la diffidenza che ogni potere ci
impone verso quel desiderio di altri che sospinge in mare aperto, lontano dalle secche dell’istituzione. È la tesi portante
dell’intervista che Eugen Drewermann' ha rilasciato a Témoignage Chrétien (n. 2539), in cui vengono messi in luce i processi mentali sotterranei che costituiscono «la forza del dominio dogmatico esercitato dalla Chiesa cattolica».
L’intervista si inserisce nel contesto delle iniziative a cui il
teologo ha partecipato in Francia in occasione dell’uscita della
versione francese del suo «Die Kleriker» Di rilievo l’incontro
del 19 marzo presso la Facoltà di medicina di Parigi, in cui circa un migliaio di persone hanno mostrato di apprezzare con
particolare calore le parole di Drewermann, che ha riaffermato
la propria critica al concetto di ordine che pervade la mentalità
clericale. «Si deve smettere - ha affermato - di prescrivere agli
uomini ciò che Dio attende da essi. La migliore teologia consiste nel sedersi in silenzio accanto a coloro che soffrono». E ciò
significa interpretare un linguaggio «d’amore», mentre la chiesa cattolica preferisce il linguaggio àtiV«angoscia». Lancinante al riguardo il giudizio di Drewermann consegnato a Témoignage Chrétien'.: «Chi provoca diffidenza verso l’amore è un
ladro che ruba agli esseri umani la parte migliore delle loro
forze, provocando l’angoscia verso la parte più intima della
propria personalità».
Qui di seguito la prima parte dell’intervista, nella traduzione
curata dalla redazione di Adista.
/I suo libro sui «chierici» in
Germania le ha procurato
molte noie. Ha ricevuto anche testimonianze più personali?
«Ho scritto questo libro per
tutti quelli che soffrono nella
Chiesa cattolica e per causa
della chiesa. Per fare loro coraggio. Lo si è ben compreso
anche se vi sono state reazioni ambigue. I responsabili ufficiali della chiesa hanno preso pretesto da questo libro
per sanzionare violentemente
sia la mia persona che la mia
teologia, hanno trasformato
delle semplici questioni d’organizzazione della chiesa in
questioni di fede. Ma le persone si sono sentite profondamente capite sia per ciò che si
riferisce ai sentimenti che
provano, sia per ciò che pensano riguardo alla chiesa.
Con migliaia di lettere e di
contatti personali, mi hanno
detto che tutto ciò che descrivevo rispecchiava fedelmente
una dimensione fondamentale
della loro vita. I pochi che
hanno trovato il mio libro
abominevole erano prevenuti
riguardo al suo contenuto, come se si trattasse di un equivalente dei “Versi satanici” di
Salman Rushdie. Fortunatamente nella chiesa non esiste
nessuno che abbia lo stesso
potere dell’imam Khomeini.
E una felice conseguenza della rivoluzione francese».
- Come ha recepito la sospensione che l’ha colpita?
«Sono sacerdote da 25 anni. Mi sono sforzato di mostrare ciò che è la testimonianza della chiesa ma anche
di mostrare alla chiesa ciò
che provano le persone. Vi
sono riuscito più o meno bene nel primo caso ma nel secondo non è mai stato possibile».
- Crede che sia realmente
impossibile per la chiesa
comprendere l’intima esperienza dei chierici?
«lo penso che sia strutturalmente impossibile. Tutta la
teologia è basata sulla “rimozione” dell’incoscio; funziona come se l’inconscio non
esistesse: ma se lo si rimuove, non è possibile misurare
la forza del dominio dogmatico esercitato dalla chiesa.
Facciamo un esempio: il personaggio del “Tartufo” di
Molière rappresenta l’ipocrita
dal sembiante religioso. Come Cartesio, Molière pensa a
un mondo perfettamente limpido: si conoscono il bene e il
male, la religione e le sue falsificazioni; la critica ha sotto
tiro l’uomo ma risparmia le
istituzioni. Ma l’opera termina con la speranza in una po
II teologo cattolico tedesco Eugen Drewermann
tenza regale che possa produrre la saggezza, la giustizia
e la verità.
Nel mio libro io descrivo
persone che non sono dei
“tartufi”, che debbono diventare ipocriti senza volerlo, costretti a vivere nell’ambiguità
perché credono realmente in
ciò che fanno. Non si tratta di
loro errori ma di errori dell’
istituzione che predica degli
ideali disincarnati, quasi inumani. Nella figura di Dimitri
Karamazov di Dostoevskij, si
trova un personaggio che ha
come ideale la Vergine ma
che agisce come a Babilonia.
“Se io fossi Dio - dice Karamazov - non’sarei stato tanto
generoso con l’uomo”. La
psicanalisi comincia a capire
le ragioni e la storia di questa
ambiguità umana. Essa è
quindi incompatibile con un
sistema che utilizza l’ambiguità per burocratizzare se
stesso. In fondo l’istituzione
cattolica è una burocratizzazione dell’ambiguità.
Generalmente il bersaglio
della critica verso la chiesa è
rappresentato dalla repressione sessuale. Io però non credo che sia questo l’essenziale
e credo piuttosto che Freud
avesse ragione: “La repressione della sessualità è uno
strumento di dominio”. Chi
provoca diffidenza verso
l’amore è un ladro che ruba
agli esseri umani la parte migliore delle loro forze, provocando l’angoscia verso la parte più intima della propria
personalità. Di conseguenza
si evidenzia come l’angoscia
spinga l’essere umano verso
un’istituzione che si presenta
come redentrice. Ma sotto
questo impulso sessuale vi è
tutto il regno del desiderio e
il desiderio di essere riconosciuti per se stessi.
Io descrivo lo sfruttamento
di tutti questi desideri e di
queste angosce umane: non si
guarisce questa situazione
esistenziale dell’essere umano ma la si idealizza; se ne
fanno degli ideali divini anziché accettarli come il segno
di desideri umani. Le giovani
donne che non hanno mai
osato accettare i propri desideri, imparano nei monasteri
che l’ideale è sacrificare se
stesse a Dio. La nevrosi è
sfruttata per trasformarsi in
scelta».
- Però questo sistema non
funziona più, dato che mette
in fuga la maggioranza dei
nostri contemporanei...
«Effettivamente il numero
delle vocazioni al sacerdozio
è considerevolmente diminuito. Ma in questo vuoto si tende a dare vita a organizzazio
ni di laici, quali l’Opus Dei,
che funzionano come delle
organizzazioni paraclericali.
La chiesa sino ad oggi ha rifiutato di accettare che degli
ideali quali l’obbedienza, la
povertà, la castità prendano
forma di vita interiorizzata
per diventare veramente umane. L’obbedienza è magnifica
quando consiste nell’accettazione dei propri sentimenti e
delle attitudini degli altri. Essa è allora l’espressione di
una paziente sensibilità. Ma
nella chiesa l’obbedienza diventa una dipendenza esteriore, sotto giuramento».
- E secondo lei il giuramento tradisce una debolezza
dell’ istituzione ?
«Fondandomi sulla “Critica
della ragione dialettica” di
Jean-Paul Sartre, ho mostrato
che il giuramento è la base di
una fraternità del terrore.
Un’istituzione che si basa
sull’assenza di fiducia necessita di dominio per mantenersi. Al contrario, la comunità
intorno a Gesù potrebbe essere fondata sull’abbondanza.
In fondo la teologia parla essenzialmente di grazia: questo è l’altro nome dell’abbondanza. Ma la chiesa invece si
basa sull’assenza della fiducia e l’abbondanza del denaro. Essa capovolge i valori».
- L’accoppiata mancanzadominio è molto umana. Forse lei rimprovera alla chiesa
di essere a volte troppo e a
volte non abbastanza umana?
«Noi dobbiamo vedere come vivono gli esseri umani e
come potrebbero vivere. Tutti
gli esseri umani soffrono di
angosce e di frustrazioni ed è
perciò che Gesù è venuto a liberarcene quindi è inumano,
da parte della chiesa, creare
maggiore paura con la pretesa
di liberare gli esseri umani».
- Non tutti hanno la possibilità, attraverso l’analisi, di
seguire la via che lei propone; r Evangelo da solo non è
in grado di liberare gli esseri
umani?
«L’obiettivo della psicanalisi è quello di diventare superflua; come tutta la medicina, dovrebbe trasformarsi in
una forma d’igiene. Ma nella
situazione attuale bisogna invitare la chiesa a rendersi
conto che è malata. L’80%
delle persone, in Germania, si
è allontanato dalla chiesa e
sono convinto che una parola
guaritrice sia loro necessaria.
Parlo della psicanalisi unicamente perché potrebbe essere
un modello della comprensione di cui gli esseri umani
hanno bisogno. La psicanalisi
in fondo rappresenta un luogo
dove le persone possono es
Chiesa di S. Giacomo degli Schiavoni
È arrivato
l'ecumenismo
ENOS MANNELLI
sere ascoltate, accettate e dove possono ritrovare la fiducia in se stesse. In ogni società la religione dovrebbe
rappresentare quel luogo.
Non è necessario che ciascuno si sottoponga alla psicanalisi, ma ogni persona deve
imparare a conoscersi e a vivere a contatto con i propri
sentimenti. Sfortunatamente
l’educazione nei seminari e
nella chiesa consiste invece
nella creazione di una distanza tra noi stessi e la nostra affettività».
- Si può ancora insegnare
la teologia privandosi dell’
aiuto della psicanalisi?
No. Troppi teologi pensano
che sia sufficiente apprendere
qualche nozione di psicanalisi, come se si trattasse di una
chiave da aggiungere al loro
corredo intellettuale. Ma ciò
non funziona, perché la psicanalisi è un lavoro che porta
ad una trasformazione della
coscienza umana.
La libertà non è un dono
che piomba dal cielo, ma il
frutto di una lunga presa di
coscienza. Non vi è libertà
che non si conquisti personalmente. Io sono molto stupito
quando sento certi chierici dire che questo non funziona
nella chiesa ma che bisogna
attendere la venuta di un altro
papa per fare il necessario.
Ciò significa demandare la libertà alla burocrazia. Il risultato non sarebbe altro che una
nuova dipendenza dalla chiesa.
La cosa più terribile è che
si basa la dipendenza ecclesiale sull’esempio di un uomo
che, rispetto al suo tempo e
alle istituzioni, era l’essere
più ribelle e libero che si possa immaginare. Parlo di Gesù
di Nazareth».
1 - Segue
nel prossimo numero
(1) Eugen Drewermann, teologo
cattolico e psicoterapeuta insegnava alla Facoltà teologica
tedesca di Paderbom. L’8 ottobre 1991 è stato sospeso
dall’insegnamento dall’arcivescovo cattolico di Paderborn. Drewermann (nato nel
1940) si è formato a Münster
(filosofia), a Paderbom (teologia) e a Gottingen (psicoanalisi).
È autore di moltissimi articoli
e libri, la maggior parte dei
quali non tradotti in italiano.
Chi vuole maggior documentazione sul pensiero e sul «caso» Drewermann può leggere
una rassegna di Ermanno
Genre su Protestantesimo 1/
1993 e il recente volume Chi
ha paura di Eugen Drewermann di Reinhold Gestrich,
Torino, Claudiana, 1993, lire
16.000
L9 anno in corso ha avuto
per la Chiesa valdese di
San Giacomo degli Schiavoni
(Cb) un inizio insperato e, ci
auguriamo, positivo: l’ecumenismo con la Chiesa cattolica.
Infatti, dal mese di gennaio,
su invito del vescovo di Termoli-Larino, abbiamo avuto
una serie di incontri della nostra chiesa con quella cattolica di S. Giacomo e soprattutto, in seguito a questi, delle
occasioni di dialogo. Abbiamo risposto cordialmente
all’invito sottolineando, però,
che la nostra disponibilità
avrebbe potuto subire una frenata 0 addirittura un annullamento, qualora si fosse trattato solo di un incontro «occasionale» dovuto alla ricorrenza imminente (Settimana di
preghiera per l’unità dei cristiani). La nostra volontà era
quella di avere altri momenti
nel corso dell’anno, di confronto comune sulla base della Parola di Dio allo scopo
non tanto di avvicinarci gli
uni gli altri, riconoscendo che
ciò che ci unisce è superiore a
ciò che ci divide, ma soprattutto di avvicinarci gli uni e
gli altri all’unico Signore della vita nostra e della chiesa.
Ricevute assicurazioni su tale
linea abbiamo dato il nostro
pieno consenso.
Un successivo incontro è
così avvenuto nella nostra
chiesa in occasione della
«Settimana della libertà», con
lo stesso ordine liturgico
dell’incontro di gennaio. Due
le predicazioni, del vescovo e
del past. Mannelli, ispirate ai
temi indicati dalla Fcei per
l’occasione. Abbiamo fatto
omaggio al vescovo del libro
La Riforma protestante nell’
Italia del ’500 di Salvatore
Caponetto.
La colletta è andata a favore
di una mensa per i poveri di
Termoli. I fratelli e le sorelle
evangelici sangiacomesi non
credevano ai loro occhi quel
21 febbraio: la chiesa affollata
come non mai e... un vescovo
sul pulpito insieme al loro pastore!
Grazie a Dio questi incontri
hanno prodotto anche un diverso modo di stare gli uni di
fronte agli altri. In preparazione a un matrimonio intercon
fessionale a Guglionesi (10
km da San Giacomo) si sono
avuti due incontri tra il pastore, il parroco e i due futuri
sposi. Ne è venuta fuori una
sorprendente apertura e disponibilità da parte del sacerdote,
che ha concordato con le parti
una liturgia matrimoniale nella quale erano assenti totalmente certi elementi del matrimonio canonico. L’unico
impegno richiesto agli sposi
quel giorno, sia nella liturgia
che nella predicazione data
dal pastore (e nel canto
dell’inno 284), era «la loro
volontà di vivere il matrimonio secondo l’insegnamento
dell’Evangelo durante tutto il
corso della loro vita».
Le due confessioni dovranno ora esercitare la cura pastorale comune nei confronti
degli sposi e anche, secondo
la volontà espressa durante la
preparazione al matrimonio,
instaurare un dialogo franco e
costruttivo sulla Parola di
Dio.
Il vescovo Domenico
d’Ambrosio ha anche voluto
incontrare la Chiesa battista di
Ripabottoni (Cb), durante una
sua visita pastorale alla parrocchia locale, il 20 aprile.
Gli è stata fornita, dal predicatore locale Dario Carlone,
una sommaria ma succosa
informazione sui battisti nel
Molise (chi sono e che cosa
credono).
Il pastore Mannelli, invitato espressamente dalla Chiesa
battista, ha pure rivolto un
messaggio al quale è seguito
quello, molto apprezzato, del
vescovo. Canti e preghiere
hanno concluso il bel pomeriggio.
Non vogliamo sopravvalutare ciò che è avvenuto in
questa zona del Molise, dove
sono presenti antiche chiese
battiste e valdesi, così da pensare che non esistano più
ostacoli sul cammino del dialogo confessionale, e nemmeno, all’opposto, credere che
ormai tra questi «fratelli separati» esista una frattura irreparabile, ma vogliamo andare
avanti su questa strada chiedendo al Signore, come diceva giustamente il presule nella
chiesa battista di Ripabottoni,
«che voglia lui stesso insegnarci che cosa sia l’unità dei
cristiani e a praticarla».
Mete collana «Nostro tempo» è uscito il n. 52: •
V.-'A'-V - ' .■ •
Reinhold Gestrich
CW HA PAURA
DI EUGEN DREWERMANN?
..
Un jpnso che scuotè le chieee
^Introduzione di Ermanno Genre
pp. 120, L 16.0(X)
^ La' prima introduzione non pregiudizialmente negatili va, di un autore protestante, ad un pensiero che
% continuerà a lungo a far parlare di sé, dato l'eccezio■ naie successo.
Estrornesso daH’insegnamento e dal sacerdozio, ha
il merito, nonostante le riserve che suscita, di averi
cercato di reintegrare nella lettura biblica e nella ri- ;
flessione teologica la psicologia del profondo con il
•:Suo mondo di^simboli, di immagini e sogni.
".«L’opera'di Drewermann feconda straordinariamente
il paesaggio teologico contemporaneo». «Sono libri
scritti con l’alito caldo della fede, con un amore ar- ‘
dente per gli esseri umani».
WdaudSSF^
VIA PRINCIPE TOMMASO. 1-10125 TORINO
TEL 011/668 9B04-CC.P 20780102
4
PAG. 4 RIFORMA
I MINISTERI NELLA CHIESA
IL PRIVILEGIO
DI SERVIRE
GRAZIELLA TRON LAMI
Esistono nella nostra chiesa incarichi che, senza
aver nulla a che fare con il
«potere», si configurano sotto
un aspetto di grande privilegio.
Con privilegio intendo la
possibilità di avere una visione di insieme della realtà e
l’opportunità di sperimentarne tutti i benefici. Io considero un grande privilegio l’aver
potuto far parte della Commissione esecutiva distrettuale (Ced) del I distretto per alcuni anni, perché questo si è
tramutato in un grande arricchimento per me. È molto arricchente e foriero di speranza incontrare realmente le numerosissime persone che,
nelle varie chiese, si occupano di far funzionare le «attività».
Si scopre una ricchezza di
impegno e di perseveranza,
una comunanza di linguaggi,
una condivisione di obiettivi,
una profondità di retroterra
culturale, un senso di appartenenza molto grandi. Ci si
sente, insomma, circondati e
sostenuti; si capisce che cosa
vuole dire il termine «comunità» ed è anche chiaro che
questa comunità non esisterebbe se non fosse fondata
sul nostro essere chiesa di
Gesù Cristo.
Un altro grande sostegno
morale, che dà un senso al
nostro agire e lo inserisce in
una prospettiva evangelica e
comunitaria, viene dalla periodica «circolare della Tavola», indirizzata ai responsabili delle chiese, il cui contenuto amministrativo è sempre
introdotto dal messaggio pastorale del moderatore. È un
po’ come se la circolare, con
il suo richiamo positivo e
profondo alla Scrittura come
motivo di speranza, rappresentasse quella famosa visita
di cui tutti parlano e che sembra il più grave problema per
pastori e membri di chiesa.
Il moderatore è uno dei nostri pastori e con il suo messaggio entra nelle case di
ognuno di noi: pastori, anziani e diaconi; direttori di istituti e servizi; membri delle
commissioni sinodali e distrettuali; sovrintendenti di
circuito; membri dei comitati;
di tutti coloro, insomma, che
condividono a vari livelli,
con lui e con gli altri membri
della Tavola valdese, la responsabilità della conduzione
della chiesa.
Il suo messaggio è di sostegno e incoraggiamento: ci
trasmette il sostegno e l’incoraggiamento che gli vengono
dalla Parola sapendo che, certamente, ognuno tenta di fare
altrettanto con i propri fratelli.
Ma purtroppo, nella situazione privilegiata che ho cercato di illustrare, mi pare di
aver colto in questi anni anche un segnale di allarme:
sembra a volte che la comunicazione non avvenga più;
che qualcosa, nel meccanismo della chiesa, si sia inceppato; che questa trasmissione
della Parola non possa più
aver luogo.
Dove c’è qualcuno che
chiama, nessuno risponde.
Dove c’è gente disposta a
parlare, a fare, a esserci, non
c’è nessuno che domandi, che
cerchi, che ascolti. E non parlo di chi è «fuori» dalle chiese, ma proprio degli evangelici delle valli, di coloro i cui
nomi sono scritti nei nostri
registri, delle persone di ogni
età che conosciamo, senza sapere chi sono, senza che sappiano chi siamo.
Perché questa richiesta
pressante, quasi ossessiva di
«visita del pastore»? Che cosa
ci si aspetta dal pastore?
Devi potergli parlare dei
tuoi problemi? Ti rassegni a
far conversazione sul tempo e
sul raccolto, appagato dal fatto che, con la sua sola presenza, ti ha fatto sentire «membro» della comunità? È il prestigio della figura pastorale,
che un pochino si trasmette a
te nell’atto della visita? Ti
aspetti di vederlo perché si è
sempre fatto così? Vuoi che
venga a trovarti perché altrimenti non gli dai la contribuzione? O vuoi che ti trasmetta, a te personalmente, che
conti poco per il resto del
mondo, quel messaggio che
viene dall’Evangelo e che tu
non sei in grado di cogliere?
Ma se è questo che tu cerchi, perché non vai al culto?
E qui il meccanismo si inceppa, il colloquio non è più
possibile. Chi domanda non
sa che cosa vuole e chi si sente schiacciato da richieste
contraddittorie e impossibili
da soddisfare si ritira spaventato e privo di iniziativa.
I membri dei Concistori
sentono questo disagio, e infatti sempre più spesso gli uomini si defilano e le donne,
più abituate a reggere le frustrazioni, vivono il loro incarico in questo organismo con
un senso di impotenza; si rischia di non trovare più un
cassiere neanche a pagarlo; le
assemblee fanno grandi lamentazioni sull’indifferenza,
sulla mancanza di coinvolgimento, sulla mole di lavoro
che blocca tutti.
Le commissioni nominate
da vari organismi preparano
documenti che quasi nessun
Concistoro o assemblea studierà mai «perché manca il
tempo», e così i problemi
grandi e piccoli si mordono la
coda, perché in fondo nessuno è verarnente interessato a
risolverli. È inutile che ci basiamo su quella organizzazione democratica e assembleare
di cui andiamo fieri, se usiamo proprio questa struttura
come alibi per non fare più
funzionare nulla.
Naturalmente non si tratta
di cattiva volontà da parte di
nessuno, ma a volte pare che
siamo ingabbiati in un meccanismo perverso e inceppato
che, con l’esigere da tutti il
massimo di impegno, permette poi a ognuno di scaricare
su altri la responsabilità di ciò
che non funziona.
E se ci «impegnassimo» di
meno e osassimo di più?
Vita Delle Chiese
chiese battiste e valdesi di Campobasso: una
Iniziative comuni nel
CARLETTO CARLONE
Ricordare Martin Luther
King, a 25 anni dalla
morte, ha rappresentato, per le
chiese evangeliche battista e
valdese di Campobasso, un’
occasione per la testimonianza
dell’Evangelo in città, traendo
spunto proprio dalla figura e
dall’opera del pastore battista
americano.
Per una settimana intera, dal
3 all’8 maggio, le comunità si
sono mobilitate per una serie
di manifestazioni che rievocassero i momenti salienti e
più importanti della sua vita.
Una mostra fotografica allestita nella chiesa battista,
aperta tutti i pomeriggi, e la
proiezione in due giorni del
video preparato dallo Spav e
distribuito dal Dipartimento di
evangelizzazione delTUcebi,
hanno permesso alle comunità
di incontrare la cittadinanza
per riflettere insieme sul problema della nonviolenza,
dell’amore e del rispetto dei
diritti civili che hanno reso
l’azione di King efficace e innovativa.
I comunicati stampa, il volantinaggio davanti alle scuole
e il coinvolgimento delle diverse realtà cittadine, dalle sezioni dei partiti a quelle dei
sindacati, dalle comunità cattoliche ai circoli culturali,
hanno fatto da corollario alle
giornate di mobilitazione.
Come risposte ci sono stati
un servizio filmato sulla mostra, trasmesso dalla sede regionale Rai, un comunicato
stampa di sostegno e apprezzamento all’iniziativa emesso
dalla Federazione Verdi del
Molise, nonché manifestazioni di consenso da parte di
semplici cittadini. Anche fra
gli insegnanti delle scuole c’è
stato interessamento, soprattutto per quel che riguarda il
video di cui è stata fatta esplicita richiesta per una proiezio
ne nelle classi di diversi istituti.
La mostra fotografica, allestita su undici pannelli posti
alle pareti della sala di culto
battista, ripercorreva il cammino nonviolento seguito da
King a partire dal 1954, quando divenne pastore della sua
prima comunità, la Dexter
Avenue Baptist Church di
Montgomery, nelTAlabama.
In rapida successione si potevano seguire gli episodi salienti di quegli anni collegati
alla sua azione: il boicottaggio
degli autobus a Montgomery
(1955-56); il pellegrinaggio
della «preghiera per la libertà» a Washington per rivendicare il diritto al voto
(1957); i viaggi contro il razzismo e l’intolleranza dei «cavalieri della libertà» (1961); le
manifestazioni a Birmingham
contro la segregazione e la
marcia dei 250.000 a Washington (1963); il suo assassinio a Memphis nel ’68.
Particolare rilievo è stato
poi dato alla figura del mahatma Gandhi, che ha ispirato il
pastore King in maniera considerevole, e ai discorsi pronunciati da King.
Una sezione ha ripercorso,
con un profilo sintetico, il movimento razzista del Ku Klux
Klan, mentre un’altra ha riguardato un King più familiare, con moglie e figli, e con i
più stretti collaboratori (fra
cui il pastore Abernathy e,
neH’ultimo periodo, fesse
Jackson); un’altra ancora lo
vedeva ritratto in occasioni
pubbliche con John Kennedy
o mentre ritirava a Oslo il premio Nobel per la pace, nel
1964.
La parte conclusiva proponeva ancora delle frasi salienti
di King e un commento sulle
attuali condizioni dei neri, alla
luce degli incidenti razziali
scoppiati a Los Angeles un
anno fa.
Una serie di libri sui profili
settimana per promuovere la nonviolenza
ricordo di M. L. King
Un messaggio di speranza dall'Uruguay
Julia Campos a Napoli
Senza tema d’essere smentiti, possiamo definire Julia
Campos «paladina delle donne
oppresse e schiavizzate».
Risiede a Montevideo, è aiutante, anche nella predicazione, del pastore della Chiesa
valdese locale; con l’inizio del
Decennio della donna decide
di intraprendere una crociata
in favore delle donne emarginate.
Nel suo lungo peregrinare
per il mondo è giunta in Italia
e, dopo aver visitato le valli
valdesi, è approdata a Napoli
dove, fra il 1° e il 6 maggio.
OPERA B.
G.P. MEILLE
ìIAÌLDESE:
:6IOVER
La ChiGja vatdesè di Torino organizzo ‘
Mggiorno marmo cor sistemazicme atì»rgWera in due himi:
ri fli 2S’óNwìo' per bòmMnl e
mbine nati tré l'1.1.1983 e i! 31.12.1987.»
I 28 giugno al 12 luglio per ragazzini e
...................980eiI3V.12.1982
igazzine nati tra l'1.1.19
iformazioni e ritiro moduli di accettozfotìe
rivolgersi presso la segreteria
—Chiesa valdese di Torino, via S.f1bVn.1510125 Torino Telano 011/669.28.38
t membri del comihàto sono a dispbsìzTone
per ogni ulterfore informaziorfe.
ha avuto modo di conoscere la
chiesa del Vomere, le nostre
opere sociali quali l’Ospedale
evangelico Villa Betania e il
Centro sociale Emilio Nitti, fino alla chiesa di via dei Cimbri dove un gruppo di sorelle
valdesi, battiste e metodiste attendevano di conoscerla e udire le esperienze che il suo lavoro le ha offerto.
Donne maltrattate, picchiate
dai mariti, sfruttate nel lavoro,
sono molto più numerose di
quanto si possa immaginare.
Julia lotta per dare a queste
poverette fiducia in se stesse e
coraggio di reagire.
Assai interessante è il lavoro
sociale che svolge a Montevideo. L’Uruguay è una nazione
in seria crisi economica, eppure vanta una vasta rete di assistenza sociali, tutta gratuita;
Julia visita i quartieri più poveri e si mette in contatto con
le donne, ascolta i loro problemi e le indirizza ai diversi consultori dove possono trovare
aiuto. Intensa è anche l’opera
che svolge tra gli ammalati ricoverati all’Ospedale valdese.
Si potrebbe parlare a lungo
del lavoro umanitario tanto interessante che Julia svolge, ma
non possiamo approfittare oltre misura dello spazio che
Riforma ci offre; possiamo solo aggiungere: Dios te bendiga, Julia, y sigas adelante!
dei protagonisti e sulle tematiche della pace e della nonviolenza, insieme a una raccolta
di firme su casi, segnalati da
Amnesty International, di violazione dei diritti umani, completavano l’iniziativa legata
alla mostra.
Un discreto numero di persone ha seguito, nel corso della settimana, la mostra, come
del resto abbastanza buona è
stata la partecipazione alle
proiezioni che si sono avute
nei locali della chiesa valdese.
La proiezione del video, in
due giorni distinti, è stata seguita da una discussione fra i
presenti che ha posto l’accento sia sul valore di queste manifestazioni come strumenti
per sensibilizzare l’opinione
pubblica sui problemi dell’intolleranza e della discriminazione, sia sulle ulteriori iniziative che in merito si possono
sviluppare nella nostra realtà,
attraverso contatti con altre
forze che vanno dal mondo
cattolico a quello laico.
L’intera manifestazione ha
richiesto uno sforzo congiunto
dei fratelli e delle sorelle delle
comunità sia per la preparazione e l’allestimento della
mostra (con parte del materiale fotografico sempre proveniente dal dipartimento, sia
nel corso della settimana di
mobilitazione attraverso il volantinaggio, la diffusione degli stampati, il montaggio delle attrezzature video o, anche,
attraverso la semplice presenza a turni in chiesa per le ore
di apertura.
La gente ha mostrato notevole interesse: si sono avuti
contatti con diversi giovani di
ambiente cattolico, particolarmente interessati al problema
della nonviolenza legato a
Gandhi e a King, e con cui in
prospettiva si potrebbero, sinceramente, promuovere degli
incontri.
L’aspetto più positivo è sicuramente che oltre alla testimonianza data nei locali tenuti aperti per una settimana
(quindi il senso della presenza
evangelica in una realtà molto
cattolica), i contatti stabiliti
con degli ambienti aperti al
dialogo e alla collaborazione
rappresentano qualcosa di cui
essere lieti.
Una tale iniziativa in città
non era mai stata intrapresa e
sicuramente, in qualità di
principianti, diversi errori saranno stati compiuti; resta comunque la bella esperienza e
la soddisfazione della testimonianza svolta confidando nell’
azione dello Spirito Santo, capace di operare sui semi lanciati in questi giorni di mobilitazione nei modi più diversi.
La mostra, e l’iniziativa in
generale, ha convinto ed è
piaciuta. Per questo si è pensato di organizzare l’intera
manifestazione nei prossimi
giorni in altre realtà molisane
dove gli evangelici sono presenti, per promuovere, in ambito regionale, incontri e dibattiti.
ENDA
S. ANTONINO DI SUSA —
Domenica 23 maggio alle ore
15,30, presso il tempio evangelico battista, culto di ringraziamento al Signore per l’89° anniversario della predicazione
dell’Evangelo in S. Antonino.
VENARIA —Domenica 23
maggio, presso la chiesa parrocchiale di S. Francesco, a partire
dalle ore 17, manifestazione in
ricordo di M. L. King, organizzata dalla chiesa battista di Venaria
e dalla parrocchia cattolica di S.
Francesco, con la partecipazione
del pastore battista Martin Ibarra
di Altamura.
BUSSOLENO — Domenica
30 maggio, alle ore 15,30 presso
la chiesa evangelica battista, culto battesimale.
MEANA DI SUSA — Domenica 30 maggio alle ore 16, presso il tempio della locale comunità battista, incontro ecumenico
di Pentecoste, organizzato dal
Gruppo ecumenico della valle di
Susa.
Incontro di solidarietà
"rt A* '
."ti ss; ‘ con la popoicitei»^
dell’ex Jugoslavia S.;;
/JS ^énerdì 21 maggio 1993 - ore 18,30-20,30 '
V i . .(rt chiesa cristiana battista
iSi
. viale Bassano, 1 - Rivoli “
5
\/FNERDÌ 21 MAGGIO 1993
Vita Delle Chiese
PAG. 5 RIFORMA
La scuola domenicale a Montevideo
ìM—B»TO ... i
Federazione delie chiese evangeliche delia Liguria
Un tranquillo week-end di lavoro
per le scuole domenicali
GIACOMO GRASSO
SIMONETTA BALARDUIELLI
Il consueto incontro delle
scuole domenicali della
Liguria, organizzato dalla Federazione delle chiese evangeliche, ha visto nel primo
week-end di maggio una
massiccia e calorosa partecipazione da parte dei membri
delle chiese aderenti. Grazie
all’organizzazione di quest’
anno della Chiesa valdese di
Genova-Sampierdarena, supportata da alcuni volenterosi,
i lavori del campo si sono
svolti regolarmente rispettando le «tabelle di marcia».
Per «lavori del campo» intendiamo naturalmente le letture bibliche, le discussioni
per gruppo, i giochi che si sono realizzati in questo weekend.
Dopo i giochi di conoscenza (caccia al tesoro, gioco
delle famiglie ecc.) della
mattinata del sabato, un breve momento di introduzione
con testi biblici è stato curato
dal past. Valdo Benecchi; la
successiva divisione in tre
gruppi, per fasce di età, ha
permesso quindi di analizzare, discutere e «giocare» i
versetti di Matteo 5-6-7 (11
sermone sul monte) e Atti 8,
26-40 (La conversione dell’
etiope). Il gruppo di adulti ha
effettuato un lavoro sistema
tico sui tre capitoli di Matteo,
affrontandone in particolare
alcuni aspetti come, ad esempio, la promessa del Regno, il
Regno e l’etica, il Regno e
mammona. Per facilitare la
discussione e la partecipazione si sono divisi in gruppi più
piccoli scambiandosi le conclusioni alla fine, con una
breve relazione plenaria. I ragazzi hanno in particolare discusso su Matteo 7 e sul rapporto tra l’individuo e gli altri, l’individuo e la comunità.
Gli animatori si sono serviti
di svariate tecniche di animazione (fotolinguaggio, cartelloni, giochi di schieramento)
piuttosto che della consueta
esposizione frontale.
Dopo la lettura del testo i
partecipanti si sono divisi in
gruppi più piccoli e hanno
posto la loro attenzione su interrogativi del tipo: «Che sicurezza ci dà la casa sulla
roccia?». «Che genere di rapporto instauriamo con Dio
nella preghiera?».
Infine i bambini/e (4-12
anni), tutti vivaci, hanno lavorato sul brano 8, 26-40 facendo drammatizzazione con
marionette, ricostruendo la
storia tramite un coloratissimo puzzle. Dopo la merenda
i lavori sono ripresi e i più
piccoli hanno partecipato a
un laboratorio musicale men
tre i più grandi a un gioco
geografico sugli apostoli.
La domenicale passeggiata
mattutina sul lungomare, grazie al sole che si è gentilmente presentato dopo un sabato
piovoso, ha preceduto il culto
preparato da tutti i bambini e
bambine, la cui preparazione
è stata curata dal gruppo giovanile battista di La Spezia.
Nel primo pomeriggio i veloci saluti finali con la speranza di rivederci il prossimo
anno.
Centri evangelici
Coordinamento
al Sud
Alcuni responsabili dei
Centri Adelfia, Bethel e Monteforte Irpino si sono incontrati a Messina il 10 maggio,
per avviare un confronto sulle
problematiche collegate alle
loro attività. Scopo dell’incontro era quello di concretizzare un maggior coordinamento fra i Centri impegnati
nella formazione giovanile,
nel confronto con la società e
nell’elaborazione di proposte
per la testimonianza nelle nostre chiese.
È in progetto, per il prossimo autunno, un seminario
formativo-organizzativo che
prevede la partecipazione, oltre che dei membri dei diversi
comitati, anche dei collaboratori e i rappresentanti degli
organismi naturalmente interessati al lavoro dei Centri
(giunte Fger, Consigli di
chiese. Consigli di circuiti,
Ced).
I partecipanti hanno altresì
sottolineato la necessità di riportare l’attenzione delle
chiese sull’opportunità che i
Centri rappresentano e possono offrire anche per le loro
attività ordinarie; in particolare si è fatto riferimento alla
possibilità di incontri di grappi (regionali e/o interregionali) di bambini, catecumeni
e di studio biblico durante
l’anno.
Si è inoltre rilevato il fatto
che le quote ai campi non sono sempre alla portata di tutte
le famiglie e pertanto si è auspicato che difficoltà di ordine finanziario non pregiudichino in nessun caso la
partecipazione.
Immigrati a Palermo
Costruire un sogno
multiculturale
Nella collana «Nostro tempo» è uscito il n. 51:
l’«ALTRO
»
»
MARTIN LUTHER KING
a cura di Paolo Naso,
pp 232, 16 ill.ni f.t., L 28.Ò0Ó
Una scelta di testi brevi; inediti in itaiiano,
;che rivelano aspetti sconosciuti della persoLtialità affascinante de! grande;leader nero,
' in occasione del 25“ della morte. Ampia introduzione di Paolo Naso. Un pensiero che
acquista “spessore" e rilevanza col passare
degli anni
[IO dEaiicfima
CHRISTOF FRÖSCHLE
r
VIA PRINCIPE TOMMASO. 1-10125 TORINO
TEL 011.6689B04 CCP 20780102
Da tempo le chiese evangeliche siciliane si occupano dell’immigrazione, un
fenomeno particolarmente
rilevante nell’isola. L’ultima
iniziativa in tale campo è stato il convegno del 2 maggio,
«Costruire la cittadinanza»,
organizzato da Alfonso Manocchio in quanto coordinatore della Commissione immigrati del XVI circuito e
dall’Asef (Associazione siciliana emigrati e famiglie),
con la collaborazione del
Centro immigrati (Cim).
Oltre un centinaio i partecipanti, in maggioranza immigrati, che hanno affollato il
salone del Centro diaconale
«La Noce», dando vita a un
incontro memorabile per
l’impegno e la professionalità
dei relatori, ma anche per
l’originalità della testimonianza data dagli immigrati.
Quale deve essere l’atteggiamento giusto per il nostro
«essere chiesa insieme» con
credenti immigrati? Partendo
dall’episodio biblico della
«Conferenza di Gerusalemme» (Atti 15) e della decisione degli apostoli, al termine
di un duro scontro, di accettare la missione tra i pagani,
il past. Giuseppe La Torre ha
denunciato la tolleranza come l’altra faccia deU’indifferenza. Una vera integrazione
non si può avere senza il confronto degli interessi e senza
che i rispettivi grappi giunga
no a dei compromessi.
Il gruppo africano, che da
anni ormai si è aggregato alla
chiesa metodista e valdese di
Palermo/Noce, ha dato un
contributo forte e toccante e
momenti di viva commozione con canti e brani recitati.
Di questi, quelli più struggenti sono stati un monologo,
sottolineato dal canto corale
«Mia Africa», e l’intervento
di Vivian Wiwoloku che, non
senza amarezza personale, ricordava gli effetti del colonialismo, una ferita ancora
sanguinante nel cuore
dell’Africa a causa dell’emigrazione.
Francesca Giordano, ricercatrice di sociologia, ha approfondito il tema dell’immigrazione, affermando che
l’idea di multiculturalità non
è da intendersi nel senso del
«melting pot», un miscuglio
confuso, con dubbi risultati,
come è successo negli Stati
Uniti.
Un intervento particolarmente brillante è stato quello
di Fausto Spegno, redattorecapo di «Nonsolonero»; maestro della provocazione costruttiva, che ha fatto notare
la relatività del problema immigrazione, puntando decisamente sul versante dell’uguaglianza.
Dopo un ricco dibattito
l’assemblea ha votato un documento riassuntivo dei vari
contributi e alcuni ordini del
giorno per il governo nazionale e regionale.
Il banco libri aiia fiera di Mondovì
MONDOVÌ — Nella foto: alcuni membri della comunità
evangelica, piccoli e grandi, insieme al pastore Herbert Anders, allo stand di libri della Claudiana organizzato in occasione della «Fiera di primavera», il l°-2 maggio scorsi. La
comunità ringrazia calorosamente la Claudiana per l’impeccabile supporto organizzativo fornito.
VERONA — Dal dicembre ’92 all’aprile di quest’anno, per
ben cinque mesi, la chiesa valdese ha fruito dell’ospitalità
offerta dalla parrocchia cattolica del Duomo, e si è riunita
per il culto nel salone del palazzo dei Pré, gentilmente e fraternamente messo a disposizione dal parroco, mons. Rigoni.
Un gruppo di volontari cattolici, sotto la guida della signora
Vassanelli, ha provveduto, di volta in volta, a ogni occorrenza perché tutto funzionasse per il meglio, compreso il riscaldamento.
È stato un gesto di rilevanza ecumenica che desideriamo segnalare, per l’aiuto concreto che ha espresso e per la generosità manifestataci. Ringraziamo vivamente mons. Rigoni,
la sig.ra Vassanelli e tutto il grappo dei volontari.
Ci siamo lasciati con l’auspicio che lo scambio possa ripetersi fuori dalla necessità determinatasi dalla temporanea
chiusura del nostro tempio, in via Duomo angolo via Pigna,
per i lavori di manutenzione straordinaria.
BUSSOLENO — Venerdì 23 aprile un folto gruppo di sorelle
provenienti dalle valli valdesi è venuto in visita alle nostre
Unioni femminili. Ricorrendo il 25° aimiversario della morte di M. L. King rincontro è stato imperniato su questo argomento, con una esposizione di fotografìe e la visione di
filmati: ampio spazio è stato dato ad uno scambio di opinioni sui razzismi vecchi e nuovi. L’incontro si inserisce in una
serie di visite reciproche già effettuate più volte fra sorelle
delle Valli e sorelle battiste e valdesi della vai di Susa.
MEANA di SUSA — Domenica 9 maggio 1993 la locale comunità battista ha ricordato il 99° anniversario della predicazione dell’Evangelo nel proprio paese, dopo quasi trecento anni di intervallo dall’uccisione e la dispersione degli ultimi valdesi di Meana.
Dopo un’agape fraterna al Villaggio M. L. King che ha
ospitato circa 60 persone, il culto di ringraziamento alle ore
15,30 è stato seguito da circa 120 persone provenienti da
comunità battiste, valdesi e libere di Torino e della valle.
POMARETTO — Domenica 16 maggio è stata presentata al
battesimo Milena Maurino, di Silvano e Nicoletta Jouvenal. Lo Spirito del Signore accompagni sempre la piccola
Milena nella sua esistenza terrena.
VILLASECCA — La comunità ha ricevuto nel corso del mese
di aprile alcune gradite visite. Innanzitutto i giovani che
hanno svolto lo scorso anno un campo di lavoro in Madagascar hanno illustrato la loro attività nel corso di due riunioni
quartierali; ai Chiotti abbiamo anche avuto il piacere di
ospitare i coniugi Barolin - Cardoso, che ci hanno intrattenuto sui problemi delle minoranze etniche in America Latina; infine, sabato 1° maggio, la corale cinese che doveva tenere il concerto a Massello, il giorno dopo, ha partecipato
con noi a un’agape fraterna, che si è conclusa con un «assaggio» dei loro canti che abbiamo vivamente apprezzato.
• Ringraziamo i predicatori che ci hanno rivolto i loro messaggi nel corso dei culti domenicali e in particolare Milena
Martinat e Silvano Bertalot, candidati predicatori locali, che
vogliamo anche da queste colonne incoraggiare a proseguire la loro preparazione per essere presto riconosciuti come
predicatori «a pieno titolo».
BOBBIO PELLICE — L’Evangelo della resurrezione e della
vita eterna in Cristo è stato annunciato in occasione della
morte di Marta Berton Negrin. Da parte della comunità
vada ai familiari l’espressione della fede in Cristo risorto.
I ^
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6
PAG. 6 RIFORMA
All’Ascolto Della Parola
VENERDÌ 21 MAGGIO 199.^
. GESÙ
NON E PRIGIONIERO
è proprio vero
che Dio abiti sulla
terra?». Sulle labbra di Salomone, si tratta di una domanda credente, frutto della
fede.
E la domanda di chi sa
che il Dio tre volte santo
non può essere catturato,
nemmeno dal tempio, dai
sacerdoti, dalla religione.
Nel corso dei secoli, tuttavia (e non solo nel nostro,
comunemente ritenuto ateo
_________FULVIO FERBARIO_______
è possibile».
Questa è l’Ascensione secondo l’incredulità che abita anche nella chiesa: la
proclamazione àéiVassenza
di Dio, del fatto che Dio
non abita sulla terra, ma
nemmeno in cielo: semmai
nell’illusione, nel desiderio,
nella fantasia, dappertutto,
insomma, tranne che nella
realtà.
Contro questa cattiva notizia, contro questo antie
«Poi Salomone si pose davanti aWaltare
dell’Eterno, in presenza di tutta la raunanza d’Israele, stese le mani verso il cielo, e
disse: ^‘o Eterno, Dio d’Israele! Non v’è Dio
che sia simile a te, né lassù in cielo, né
Quaggiù in terra! Tu mantieni il patto e la
misericordia verso i tuoi servi che camminano in tua presenza con tutto il cuor loro.
Tu hai mantenuta la promessa da te fatta al
tuo servo Davide, mio padre; e ciò che dichiarasti con la tua propria bocca, la tua
mano oggi l’adempie”».
(I Re 8, 22-24)
«Or dunque, o dio d’Israele, s’avveri la
parola che dicesti al tuo servo Davide mio
padre! Ma è egli proprio vero che Dio abiti
sulla terra? Ecco, i cieli e i cieli de’ cieli
non ti posson contenere; quanto meno questa casa che io ho costruita! Nondimeno, o
Eterno, Dio mio, abbi riguardo alla preghiera del tuo servo e alla sua supplicazione, ascoltando il grido e la preghiera che il
tuo servo ti rivolge quest’oggi».
(I Re 8, 26-28)
e secolarizzato), tale domanda ha spesso ricevuto
un senso completamente diverso, anzi opposto.
Dove abita Dio?
V
E proprio vero che Dio
abiti sulla terra? Oppure la terra, il mondo, la storia sono solo il teatro dello
scontro tra gruppi di potere,
tra quanti decidono, cinicamente, il destino degli altri?
E proprio vero che Dio abiti
sulla terra se le sue figlie e i
suoi figli, a milioni, muoiono di fame, di malattia, a
causa della guerra? Se il
grido di dolore di poveri,
ammalati, persone anziane
risuona inascoltato? Se i
piccoli grandi drammi di
ognuno di noi faticano a
trovare comprensione, a
volte anche nella chiesa?
Anche il monito degli angeli di atti 1, 11 potrebbe
essere così reinterpretato:
«Uomini di Galilea, uomini
e donne di tutto il mondo,
perché state a guardare in
cielo? Non c’è nulla da vedere, salvo i passeri e le
stelle. Bisogna guardare
soltanto a questa terra e a
questo mondo, cercando di
sopravvivere in essi, il meno peggio possibile, finché
vangelo, la Scrittura eleva
la parola della fede: «0
Eterno, Dio d’Israele! Non
v’è Dio che sia simile a te
né lassù in cielo, né quaggiù in terra. Tu mantieni il
patto e la misericordia verso i tuoi servi (...): tu hai
mantenuto la promessa da
te fatta al tuo servo Davide».
L'Evangelo
deirAscensione
uesta promessa ha per
\J noi, che oggi leggiamo
l’amico testo della scrittura
di Israele, il volto, la storia
e il nome di Gesù di Nazaret. Ma appunto: ciò che la
festa dell’Ascensione intende celebrare è il fatto che
per questo volto, questa storia e questo nome vale
quanto Salomone dice di
Dio: i cieli e i cieli dei cieli
non possono contenerli,
l’amore di Dio per le donne
e per gli uomini, fatto carne
in Gesù Cristo, è libero, e
non prigioniero. Questo è
l’Evangelo dell’Ascensione.
Gesù è asceso al cielo:
non è prigioniero della chiesa. Si tratta di un annuncio
liberatorio innanzitutto per
il cosiddetto «mondo», che
da duemila anni si vede se
questrare Gesù dalla chiesa,
come se l’uomo di Nazaret
fosse il Signore della setta,
del gruppo degli adepti, anziché del cielo, della terra e
della storia: come se la sua
presenza passasse solo per i
ministri «consacrati» o «ordinati»; come se il messaggio inquietante e polemico
del predicatore galileo potesse essere impunemente
clericalizzato, a uso delle
anime belle e degli spiriti
pii.
Questo messaggio è evangelo anche per la chiesa, per
noi: significa che l’amore di
Dio non è reso inoffensivo
dalla nostra infedeltà e ottusità. E più grande, i cieli e i
cieli dei cieli non possono
contenerlo, e solo per questo vale ancora la pena di
essere chiesa e restare nella
chiesa.
Gesù è asceso in cielo:
egli non è neppure prigioniero di questo mondo e dei
suoi schemi. Sono secoli
che l’umanità cerca di «assorbire», di «normalizzare»
Gesù. Un saggio, come Socrate, solo più grande; un
pacifista, come Gandhi, solo più grande; un rivoluzionario, come «Che» Guevara
(così almeno usava dire),
solo più grande. In effetti,
Gesù è anche tutto questo, e
chi ha capito anche solo un
frammento di una di queste
dimensioni, ha comunque
capito qualcosa di veramente suo, qualcosa di lui.
Celebrare l’ascensione,
tuttavia, significa applicare
a Gesù ie parole di Salomone, e nulla meno. Gesù è il
patto di grazia e di misericordia, colui che i cieli e i
cieli dei cieli non possono
contenere.
Il Dio infinito
Il Dio di Gesù asceso al
cielo, dunque, è il Dio
infinito, il Dio libero, il Dio
«sempre più grande», come
afferma la tradizione cristiana. Salomone, costmendo il tempio di Gerusalemme, se ne rende ben conto: i
cieli e i cieli dei cieli non ti
possono contenere, quanto
meno questa casa che io ti
ho costruita... E tuttavia egli
costruisce il tempio, vi pone
all’interno l’arca dell’alleanza e chiama Israele a
adorare, in quel luogo, 1’
unico vero Dio.
È un po’ strano: tutto questo parlare della grandezza
della libertà di Dio, e poi
ancora il tempio come luogo privilegiato della sua
presenza. Dio non è forse
onnipresente, in cielo, in
terra e in ogni luogo?
La Bibbia è, su questo
punto, più precisa, più fine.
Sa che quando uomini e
donne, nelle chiese e fuori,
dicono che Dio è «dappertutto» tendono a pensare:
«E dunque da nessuna parte!». Troppo spesso affermare astrattamente l’«onnipresenza» di Dio diventa
una scusa per vivere senza
di lui.
La Bibbia smaschera questa ipocrisia affermando che
Dio sceglie dei luoghi in cui
si rende presente. Affermando che Dio è presente
nell’arca dell’alleanza, che
Salomone pone nel tempio
di Gerusalemme, la Scrittura intende sottolineare che
Dio non è presente altrove,
nei santuari pagani, dove si
adorano gli dei della fertilità. Dio non è presente là
dove si adorano gli idoli,
dove donne e uomini vanno
a rendere omaggio a sé stessi, ai loro desideri, eventualmente al loro potere\
Dio sceglie il suo tempio e
lì, non altrove, si manifesta.
Gesù di Nazaret, risorto e
asceso al cielo, ha superato
anche il tempio di Gerusalemme, si è scelto altri templi e in essi (non, genericamente, dappertutto) si rende
presente. Si tratta di templi
sconsacrati, disprezzati,
crocifissi, come crocifisso è
e rimane il Risorto e asceso
al cielo.
In templi di carne e sangue, colui che'i cieli e i cieli
dei cieli non possono contenere si presenta per essere
pregato, adorato, servito. Il
Signore tanto grande da essere in cielo con Dio è abbastanza piccolo da identificarsi con gli ultimi della
terra, da porre la sua dimora, il suo tempio, in mezzo a
loro. Colui che non si è legato alla chiesa, alla sua gerarchia e al suo clero, ma
nemmeno al mondo e ai
suoi poteri, si è legato a coloro che soffrono e piangono, facendone il proprio
tempio, vero e concreto, anche se il sacerdote e il levita, come nella parabola del
samaritano, vi passano accanto con noncuranza.
Tra i piccoli
Celebrare e vivere l’Ascensione significa allora anche questo: metterci
in marcia verso il tempio
del Dio grande, che abita tra
i piccoli; verso questa Gerusalemme terrena in cui il Signore risorto e asceso al
cielo ha deciso di rendersi
presente; verso il Dio libero, che si identifica con
quanti liberi non sono affatto.
L’Evangelo, e la Riforma
con esso, hanno abolito tutti
i pellegrinaggi, tranne que
sto: il pellegrinaggio verso i
templi vivi in cui il Signore
Gesù ha deciso di rendersi
presente. L’Evangelo, e la
Riforma con esso, hanno
abolito tutti i sacrifici, tranne quello di cui parla Paolo
in Romani 12: il sacrificio
della nostra vita, nel culto
della vita quotidiana, servizio e lotta a fianco di quanti
il Padre di Gesù ci ha messo
accanto.
Questo pellegrinaggio e
questo sacrificio sono semplici e difficilissimi a un
tempo. Semplici, perché
non è necessario fare tanta
strada, né rompersi la testa
per immaginare quale sia il
nostro compito nei confronti di coloro con i quali Gesù, risorto e asceso al cielo,
ha scelto di abitare: dobbiamo solo guardarci intorno,
in spirito di preghiera, e il
nostro compito risulterà
chiarissimo. Difficili, perché comunque andare verso
i templi umani che il Signore si è scelto richiede l’abbandono dei templi che ci
siamo fatti noi, con le nostre mani.
È un cammino in cui, a
ogni passo, occorre chiedere la forza per proseguire.
In marcia verso il tempio,
verso il luogo dove il Risorto e asceso al cielo si rende
presente, facciamo dunque
nostra la richiesta di Saiomone: ascolta, o Signore, la
preghiera che il tuo servo
farà, rivolto a quel luogo.
Cammina davanti a noi
Sei sempre più grande, o Dio,
delle nostre timide aspettative
Tu compi cose nuove inimmaginabili.
Quando intorno a noi un mondo crolla.
Tu fai sorgere la tua nuova creazione.
Rendici attenti
alla tua opera nel nostro tempo;
fa’ che non rimaniamo attaccati
al passato,
che non ti cerchiamo
là dove tu non sei.
Cammina davanti a noi,
tu che sei il nostro futuro.
Facci ricercare delle vie nuove
ed aiutaci a rimanere saldi
nell’insicurezza.
Ma soprattutto dacci la certezza
che oggi ancora la tua forza è all’opera
e che rinnovi continuamente il mondo
per mezzo di Cristo, il nostro Signore.
F.Cromphout
ittmoàn In attesa del mattino, della Cevaa, 1991)
7
Spedizione in ató. post. Gr II A/70
In caso di mancato recapito rispedire-a:
CASELL^ POSTALE 10066
TORRE PELUCE
Fondato nel 1848
E Eco Delle Yaui mLDESi
VENERDÌ 21 MAGGIO 1993
ANNO 129 - N. 20
LIRE 1200
Una serie di impressioni raccolte sull'ipotesi di un nuovo partito legato a Segni
\ cattolici e rimpegno politico: la vera unità
dovrebbe consistere nel comportamento
FEDERICA TOUBN_________
Rifondazione di un grande
partito popolare, un partito che riaccolga fra le sue file i
cattolici e i loro voti: un progetto di cui si parla molto a
tutti i livelli, anche se spesso
in termini contraddittori, dal
concilio dei vescovi alle comunità di base. Ma la gente
desidera davvero l’unità politica dei cattolici, e che cosa significa oggi? I fedeli che escono dalla messa quotidiana temono ancora il «Dio ti vede»
nella cabina elettorale?
«La chiesa deve restare fuori dalla politica e viceversa»
dice una signora al termine
della funzione nella chiesa del
Sacro Cuore di Luserna San
Giovanni. «Mi ha deluso molto
la Democrazia cristiana come
partito cattolico che doveva
farsi portavoce degli ideali
cristiani in cui credo - aggiunge una signora al suo fianco
vorrei sì un partito cattolico,
ma a questo punto sono molto
titubante sulla sua realizzazione ed efficacia». «La verità è
che è molto difficile prendere
posizione» le fa eco il marito.
Una confusione diffusa?
Interviene con decisione un
artigiano: «lo ho una posizione
molto precisa al riguardo - afferma avere una fede comune non significa identificarsi
in un partito comune: i cattolici devono sentirsi liberi di
aderire al partito che è più
consono alle loro idee politiche. Chi ha voluto, in tutti
questi anni, forzare la mano ai
credenti identificando l’essere
cattolici con il voto per un unico partito non ha agito senza
un interesse, che di religioso
ha ben poco. Quindi, fede comune ma libertà di espressione politica».
Dello stesso avviso sembrano i fedeli di Torre Pellice, che
escono dalla messa serale delle
sei. «Essere cattolico non vuole affatto dire votare Democrazia cristiana» dice un parrocchiano. «E l’impegno sociale e politico di un credente
può benissimo esprimersi al di
fuori delle file di un partito»
gli fa eco sua moglie. Niente
più partito cattolico, dunque,
che colleghi impegno civile a
impegno religioso? «Perché,
adesso esiste un partito cattolico?» puntualizza don Armando, parroco della chiesa di San
Martino.
«La situazione sta cambian
La crisi alla Manifattura di Perosa
Chiesto il ritiro
dei licenziamenti
MAURO MEYTRE
Il segretario della De, Martlnazzoli, è impegnato a dare una nuova immagine al partito
Continua la lotta delle lavoratrici e dei lavoratori
della Manifattura di Perosa;
viene attuato un presidio
permanente davanti ai cancelli e con una serie di iniziative
si informa e si dibatte il problema delle 410 lavoratrici
«messe in libertà».
È ben riuscita la manifestazione di sabato 15, che ha visto la partecipazione di oltre 2
mila lavoratori e cittadini,
l’adesione massiccia di tutti i
Consigli di fabbrica della valle e la chiusura per mezza
giornata dei negozi di Perosa
e Pomaretto, segno di una forte sensibilità verso il problema.
Con la mediazione dell’
Unione industriali, in un
incontro tra la dirigenza del
gruppo Ronconi e i sindacati
regionali, si è appreso che si
ha intenzione di mantenere
aperto lo stabilimento di Perosa.
Viene fatta comunicazione
ai sindacati delle dimissioni
del direttore dello stabilimento di Perosa e del dottor Giudici, direttore generale; da lunedì il direttore temporaneo
per Perosa è il dottor Neri, responsabile dello stabilimento
Monte Rosa, sempre del gruppo Ronconi.
Dice una delegata del Consiglio di fabbrica: «Il padrone
ci ha comunicato la sua disponibilità a trattare sui licenziamenti in atto, a condizione del
ritiro della causa intentata da
84 operaie nei confronti
dell’azienda in riferimento
all’accordo di novembre sul
salario». Si tratta dell’accordo
che decurtava di 150 mila lire
al mese la busta paga.
do: mentre prima il mondo
cattolico si orientava nel voto
appoggiando la Democrazia
cristiana o, come è successo
ad alcune frange contestatarie, decisamente i partiti di sinistra - aggiunge un giovane
operaio di Luserna - oggi la
scelta è tra la De e un partito
che comunque attinge alla medesima area ideologica, secondo la proposta Segni». E
come ci si pone di fronte a
questo cambiamento? «Tenendo sempre presente che la religione è un conto e la politica
un altro: ogni cattolico è libero nella scelta del partito, così
come ha invece dei vincoli
dogmatici nella pratica della
fede».
Ma qual è la reazione alla
proposta Segni e in che senso
si può intendere un partito cattolico?
«Per quanto riguarda strettamente la fondazione di un
nuovo partito “cattolico” nel
senso di un movimento politico
che si faccia portatore delle
idee anche sociali di ispirazione cristiana, non ho niente in
contrario» spiega un pensionato. «Anch’io dico di sì al
nuovo partito - dice un commerciante - accanto alla Democrazia cristiana e magari
accanto ad altri movimenti,
sempre di indirizzo cattolico,
in modo che ci possa essere
una maggiore libertà di scelta
anche all’interno della stessa
area ideologica. Perché fermarsi al monopolio della Democrazia cristiana?»
Sì dunque a uno o più partiti
cattolici, a patto che la libertà
di scelta del cittadino non venga messa in discussione: purché, insomma, come precisa
un altro commerciante, «le gerarchie cattoliche non tentino
di imporre ai fedeli di dare il
voto a uno schieramento piuttosto che a un altro».
Ancora più chiara in questo
senso è la risposta di un giovane: «Sono assolutamente contrario all’unità dei cattolici:
ognuno ha le sue idee personali e non vedo il motivo di
ammucchiare tutti come pecoroni in un partito politico».
Separazione tra stato e chiesa,
tra politica e religione: guai alla commistione, definita prati
camente da tutti come un’ingerenza impropria. Ne sono a
conoscenza, le citate «gerarchie cattoliche», di questo diffuso sentimento popolare?
«I cattolici dovrebbero essere uniti al di là di qualsiasi
ideologia politica e comportarsi da cristiani in ogni momento, indipendentemente dal
tipo di impegno che decidono
di assumersi» taglia corto una
signora. Emerge l’importanza
della responsabilità personale,
ed è il parroco a concludere:
«Non dimentichiamoci che la
politica è un servizio: ritengo
importante un impegno dei cristiani, ma non necessariamente in un unico partito».
Occupazione nelle industrie delle valli
OCCUPATI
1989
1990
1991
ANNI
I METALMEC iHi ESTRATTIVO
1992
I TOTALE
La situazione occupazionale nelle valli Chisone e Germanasca
«Vogliamo trattare - è la ri
Sempre più ingarbugliato il panorama politico a Luserna
Inevitabile il commissariamento?
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Dopo mesi di rinvii si è
nuovamente riunito giovedì scorso il Consiglio comunale di Luserna San Giovarmi. C’era nell’aria una certa tensione, anche perché non
era ancora chiaro dove, all’intemo del variegato panorama
dello schieramento dell’ex Psi
lusemese, si sarebbe collocato
il neoconsigliere Leonardo
Sgobbi, subentrato al dimissionario Canale.
Che una soluzione alla difficile crisi che il Comune attraversa non sia ancora stata
trovata lo si è visto presto; da
un lato Rivoira e Fomeron comunicavano la nascita di un
ennesimo grappo indipendenti, dall’altro un accordo di
giunta pare non esserci ancora, visto che il sindaco Badariotti proponeva il rinvio del
punto «nomina nuovo assessore».La proposta dell’esecutivo dava il via a un dibattito
serrato, non privo di violenti
spunti polemici.
L’ex sindaco Longo, da
tempo uscito dal Psi, rilevava
come «si chieda di spostare
l’elezione del nuovo assessore
per mancanza di interlocutori
politici. Se si vuole andare oltre l’ordinaria amministrazione il gruppo De dovrebbe assumere l’iniziativa di un confronto pubblico. L’attuale
maggioranza non è più qualificata a governare Luserna ed
è urgente rivedere i programmi».
Longo, che più tardi fuori
Consiglio affermava che la
migliore soluzione sarebbe il
commissariamento e le nuove
elezioni, sottolineava nel suo
intervento come «ora vanno
in porto molte scelte della
passata amministrazione» (di
cui egli stesso era sindaco,
ndr). Più volte interrotto dagli
assessori Merlo e Revel, il
sindaco faticava a riportare la
discussione su binari di correttezza.
Il capogruppo De Colomba
accusava Longo di «sputare
nel piatto in cui si è mangiato,
dopo aver voluto a tutti i costi
presiedere la giunta dopo le
elezioni del ’90. L’atteggiamento dell’ex sindaco è onesto nei confronti dei cittadini?
È colpa della De se il proprio
partner di governo si è frammentato in tanti gruppusco
li?» Nel dibattito interveniva
anche il Pds con Pron che ritiene la maggioranza «raffazzonata» e il verde Gardiol che
chiedeva di por fine a una discussione «indecorosa».
Si passava poi all’esame
dell’ordine del giorno. Con
qualche perplessità sul nome
veniva eletto quale difensore
civico di Luserna l’ex funzionario del tribunale Alberto
Carbonara.
A sottolineare le difficoltà
economiche del Comune veniva chiesto l’accesso a un
tetto di anticipazione di tesoreria elevatissimo (un miliardo e mezzo).
Uno dei temi su cui la discussione si è fatta ulteriormente polemica è stata la
nuova scuola media; il progetto è ormai vecchio di vari
anni, è stato cambiato nel corso del tempo e ora anche la
sede è destinata a mutare; si
passerà all’area ex Pavarin,
con una superficie di circa
8.000 metri più vasta della
precedente. Tre astensioni e
un voto contrario sottolineavano questa scelta avvenuta,
secondo Cecilia Pron, con
«metodi strani».
sposta emersa domenica dall’
assemblea dei lavoratori - ma
qui a Perosa, coinvolgendo i
sindacati e il Consiglio di fabbrica», come afferma Rostain,
uno dei delegati. Le richieste
operaie sono precise: il ritiro
dei due licenziamenti, il ritiro
di tutti i provvedimenti disciplinari messi in atto dalla direzione dimissionaria, il rientro delle 410 lavoratrici messe
in libertà; la definizione dei
criteri di pagamento delle
giornate perse e infine la definizione del calendario annuo.
Da parte loro, chi più chi
meno, anche le amministrazioni comunali e le Comunità
montane stanno seguendo
l’evolversi della situazione.Se
da una parte si possono interpretare alcuni fatti come dei
segnali positivi, è dall’altra
vero che solo con la prossima
settimana conosceremo le reali possibilità di un accordo
che, come più volte si è sottolineato nei dibattiti pubblici,
non può eludere il rispetto e
la dignità del lavoratore.
In progetto il coinvolgimento delle altre realtà produttive,
con assemblee sul posto di lavoro, e del pubblico impiego.
Un incontro con pastori vaidesi e preti di Perosa, svoltosi
martedì 19 maggio, ha sottolineato la necessità di individuare quanto prima quale ruolo possono assumere le chiese
e quale può essere il loro
coinvolgimento per una solidarietà tangibile di fronte ad
un problema così grave per la
nostra valle.
8
PAG. Il
E Eco Delle \àlli Va ¡.pesi
VENERDÌ 21 MAGG101993
Una parte delle nuove costruzioni ai Coppieri di Torre
ZONA RESIDENZIALE — A qualcuno pare un esempio di
pessima urbanizzazione, addirittura di cementificazione di
una delle zone più belle di Torre Pellice, per altri si tratta
semplicemente di una delle poche aree di sviluppo edilizio
del Comune, per altri ancora si è trattato di un tentativo di
rispondere alle esigenze di abitazioni sempre più diffuse in
valle o seinplicemente di occasioni di lavoro nel settore edilizio. Sta di fatto che lo sviluppo urbanistico che si sta registrando nella zona dei Coppieri, Serverà e Pra Castel ha effettivamente assunto dimensioni considerevoli. Di fronte alla «sorpresa» dei cittadini per le molte costruzioni, bisogna
però ricordare che i primi progetti di costruzione residenziale in questa zona risalgono a una ventina di anni or sono;
a predisporli fu l’architetto Longo. Successivamente anche
altri tecnici entrarono nella progettazione dell’area, in particolare lo studio tecnico Messina; ad altri toccarono parti
rneno significative. Oggi sono già una sessantina le abitazioni realizzate, alcune altre sono in costruzione; in base
all’attuale piano regolatore nella zona sono possibili altre
12-15 nuove case. Se alcuni nuovi edifici sono utilizzati come seconde case, è per altro vero che la maggior parte degli
edifici ospitano famiglie residenti. Naturalmente i costi per
l’acquisto di un alloggio nella zona non sono indifferenti; si
paga anche la collocazione dell’area, anche se verde pubblico, servizi e collegamenti sono ancora da migliorare.
TOSSICODIPENDENZA: PARLIAMONE — «Un giovane
su dieci a Pinerolo è dedito alla tossicodipendenza. È una
decimazione della volontà, della voglia di vivere e di proporsi». Con questa denuncia il collettivo «Zero a zero»
organizza un dibattito per venerdì 21 maggio al Centro sociale di via Bravo per approfondire la conoscenza del problema, delle possibili risposte al disagio giovanile e per conoscere meglio le prospettive dopo il superamento di parte
della legge Jervolino-Vassalli. Interverranno alla serata Renato Gaietto, del Servizio tossicodipendenze dell’Ussl 44,
l’avvocato Emilia Rossi e il dott. Paolo Berardo, dell’associazione Itaca.
ITALO HUGON COMPIE 90 ANNI — Chiunque volesse ripercorrere un buon tratto della storia di Torre Pellice e dei
suoi cambiamenti negli anni compresi fra il periodo prebellico e gli anni ’60 lo potrebbe fare attraverso le immagini
contenute nelle cartoline di Italo Hugon, figura ben nota a
Torre proprio per aver saputo negli anni cogliere aspetti caratteristici della sua cittadina e semplicemente immagini panoramiche. Italo Hugon è stato festeggiato domenica scorsa
16 maggio, in occasione del suo 90° compleanno, dagli
amici e in particolare, lui che fu a lungo presidente della corale valdese, da vecchi e nuovi coralisti. Il poeta locale
«Minor» ha letto alcuni versi composti per l’occasione.
QUATTRO REFERENDUM — Si stanno raccogliendo le
firme per la richiesta di referendum popolari sulla sanità, le
pensioni, l’ambiente, l’obiezione di coscienza e la democrazia nei luoghi di lavoro. Le adesioni devono raggiungere
l’obbiettivo minimo di 700 mila firme entro la metà di giugno. A questa iniziativa aderiscono il Pds, i Verdi, Rifondazione comunista, la Rete e alcune forze della sinistra locale
tra cui il gruppo per l’Alternativa di Pinerolo e alcuni delegati sindacali. Le firme si raccolgono presso tutte le sedi
comunali in orario di ufficio; a Torre Pellice sarà installato
anche un banchetto apposito venerdì mattina e domenica
mattina.
PORTE GEMELLATA CON CHAUTAGNE — Giornate di
festa per il Comune di Porte in occasione del gemellaggio
sancito sabato e domenica scorsi durante due intense giornate di scambi, incontri sportivi e musicali. Da oltre 20 anni
il gruppo Avis di Porte intratteneva rapporti di stretta amicizia e collaborazione con i donatori di sangue del dipartimento della Savoia. Col tempo si è deciso di arrivare all’atto del gemellaggio; una delegazione di Porte era stata in
Francia già l’anno scorso e questa volta sono stati 170 gli
ospiti provenienti d’oltralpe. Dopo le gare sportive, una cena e la serata danzante, domenica si è svolto il momento più
ufficiale della manifestazione, con i discorsi degli amministratori locali dei due versanti; per tutti un forte richiamo alla nuova Europa, ma anche un ricordo di quando queste zone facevano effettivamente parte della Savoia.
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L'attività estrattiva e l'impiego artistico ricostruiti in una tesi di laurea
I marmi che adornano la Torino sabauda:
storia delle cave di Rocca Bianca a Frali
MILENA MARTINAT
Risulta spontaneo per molti italiani associare la parola «marmo» alla parola
«Carrara», dando quasi inconsciamente l’esclusiva della
produzione dei marmi bianchi
a quelli toscani. Invece, per
quasi tutti i valligiani delle
valli valdesi, la parola marmo
è associata a Rocca Bianca di
Prali. I valligiani non hanno
così torto. In Piemonte infatti,
almeno fino all’Unità d’Italia
e allo sviluppo dei mezzi di
trasporto, i marmi locali furono utilizzati in misura molto
massiccia rispetto ai più noti
di Carrara, questo perché i
marmi piemontesi erano comunque di ottima qualità e addirittura, sotto certi aspetti, la
stessa superava di gran lunga
quella di altri più famosi.
Secondo una statistica del
1826 erano presenti in Piemonte 23 tipi di marmo, che
possono essere suddivisi in
base alla loro colorazione:
bianco, verde antico, bardiglio, grigio, seravezza. Interessante è la vicenda delle cave della vai Germanasca. Ricostruire la storia degli imprenditori delle cave marmoree della nostra valle è molto
difficile; esistono diverse testimonianze che segnalano la
presenza di piccole imprese di
estrazione lapidea.
La eava di Rocca Bianca risulta già coltivata prima del
1500. Ma la «fortuna» della
stessa (2128 m) e della Maiera
(1940 m) iniziò verso il 1830
quando il re Carlo Alberto decise di non importare più il
marmo di Carrara ma di utilizzare quello locale. Ernesto
Melano, il primo architetto di
casa reale, giudicò ottimo il
marmo della vai Germanasca.
Nel 1836 la reai casa, che aveva in concessione la cava, la
affidò allo scultore regio Gaggini a condizione che venisse
coltivata su larga scala. Il
Gaggini impiantò il cantiere a
Rocca Bianca. I pezzi prodotti
sarebbero stati destinati ai
cantieri sabaudi in Piemonte.
Per specificare forme e dimensioni dei blocchi richiesti,
Ernesto Melano fece un capitolato ricco di disegni che
comprendevano una dettagliata casistica di pezzi: balaustre,
gradini, fregi di ogni tipo. Erano riportate sul disegno sia le
dimensioni del pezzo da
estrarre che quelle del manufatto finito.
Il problema più grande era il
trasporto. Doveva essere effettuato con slitte con il procedimento della lizzatura, che consiste nel far scorrere le slitte
legate con funi su delle traversine. Le funi nei tratti più ripidi erano avvolte attorno a dei
pali infissi in profondità e
mollate una alla volta spostandole di palo in palo in modo
da consentire una discesa graduale.
Il marmo proseguiva poi, su
carri, per Torino al magazzino
per marmi, fatto costruire dal
Gaggini nel giardino reale.
Era un «baraccone» da usarsi
come laboratorio. A Torino vi
sono numerose realizzazioni
svolte con questo marmo: parte della facciata di Palazzo
Madama, realizzata dallo Juvarra, i piedistalli della cancellata della Piazzetta Reale,
alcune statue delle sale del castello di Racconigi, la statua
di Vittorio Emanuele davanti
alla Gran Madre di Dio.
Queste notizie e molte altre
sono il frutto di una tesi di
laurea in architettura presso il
Politecnico di Torino di William Cattanea e Stefano Dindo
con il professor Luciano Re,
docente di restauro architettonico.
I due candidati lanciano un
interessante interrogativo. Alcuni testi specifici indicano
che il marmo utilizzato per la
Angrogna: aveva quasi 100 anni
L'intensa vita
dì Davi Rìvoìra
Si è spento a soli quattro
mesi dal suo centesimo compleanno Davide Rivoira
(Davi), il più anziano degli
abitanti di Angrogna e uno
dei pochi uomini di queste
valli ad aver raggiunto questa
veneranda età.
La sua lunga vita è trascorsa in modo simile a quella di
tanti altri della sua generazione: Davi nasce ad Angrogna
l’il settembre del 1903 e rimane presto orfano della madre; suo padre si risposa e la
famiglia Rivoira sarà una delle tante dove di figli ne nasceranno parecchi.
Nel 1917 c’è l’esperienza
della guerra e Davide Rivoira
sarà sul Monte Grappa a
combattere; poi gli anni difficili e la speranza dell’emigrazione. Nel 1921 infatti anche
Davi come tanti altri decide
di fare il grande passo e parte
per l’America dove rimarrà
fino al 1928. Ritornato fra i
suoi monti, riprende la sua vita di contadino e si sposa nel
1930 con una donna. Margherita Fraschia, di circa dodici anni più giovane di lui.
Davi e la moglie
Nascono due figli, nel ’31 e
nel ’35, e da quel momento si
può dire che i grandi eventi
della vita di Davide Rivoira
sono già avvenuti. Il resto
della lunga storia Davi lo trascorre lavorando, occupandosi della famiglia. Dallo scorso
novembre l’anziano angrognino viveva al Rifugio Carlo
Alberto con la moglie, che si
è spenta due mesi fa, dove è
terminata anche la sua lunghissima avventura terrena.
Il figlio Silvio, quasi sessantenne, racconta che Davi è
stato sin quasi a un anno fa
lucido e attivo e molto orgoglioso della sua età.
Così appare la cava della Maiera
facciata del duomo di Torino,
costruito nel 1491, proviene
dalla vai Susa, un marmo definito tenero, che si sgretola con
il tempo come ad esempio le
balaustre di Palazzo Madama
costruite trecento anni dopo
con lo stesso marmo. Invece
la facciata del duomo è in ottimo stato, come le parti di Palazzo Madama costruite con il
marmo della vai Germanasca.
Non sarebbe possibile che il
duomo sia stato costruito con
questo marmo, come documentano alcune fonti minori?
La situazione delle cave della vai Germanasca oggi è molto cambiata. Risalendo la strada principale fino a Ghigo di
Prali e proseguendo in direzione della borgata Indiritti, ci
si trova sulla strada più o meno carreggiabile che conduce
alla cava della Maiera.
Questa strada risale la montagna fino agli antichi insediamenti della miniera di talco di
Sapatlè e prosegue per Colletta Sellar, dove si trova una
delle stazioni di arrivo della
teleferica denominata «Gran
Curdun», fatta costruire nel
1893 per il trasporto del talco.
Poco più sotto è visibile la cava della Maiera, oggi coltivata
dalla ditta Motetti di Domodossola.
La cava si presenta maestosa, come un dente che spunta
dalla montagna; qui, il marmo
viene oggi tagliato con il filo
diamantato e il fronte della cava presenta una superficie perfettamente liscia.
Tornando alla Colletta Sellar, si risale a piedi, in costa,
verso Rocca Bianca; superata
la zona degli alberi ad alto fusto, girando verso nord e man
tenendosi sempre in costa, in
poco più di un’ora si giunge
alla cava della Rocca Bianca.
Ci si trova di fronte ad un villaggio «vivo», anche se diroccato. Il passaggio dell’uomo è
riconoscibilissimo: vi sono
numerose baracche usate, alcune per il ricovero di persone
e animali, altre per il deposito
degli attrezzi. Sul fronte di cava esistono numerose antiche
iscrizioni ancora leggibili.
Guardando verso Crosetto, si
comprende facilmente che la
via di accesso era davvero impervia; le difficili condizioni
di vita recavano gravi danni al
fisico e alla salute degli scalpellini.
Il piano inclinato verso Crosetto, infatti, è spaventoso: sono visibili numerosi pali di legno muniti di anelli di ferro e
infissi nel terreno per poter
ancorare le slitte. Il piano inclinato dopo 200-300 metri arriva a un prato quasi pianeggiante sul quale i tagliapietre,
per far scorrere le slitte, avevano costruito una strada ancor oggi visibile, fatta di ciottoli di marmo e traversine di
legno. In mezzo a un prato poco più a nord è visibile un
masso ben squadrato, probabilmente sfuggito alle manovre di scorrimento e quindi rotolato dove si trova tuttora.
Girando intorno alle case, un
po’ dappertutto si trovano resti di antiche slitte, distrutte
dalle neve e dalle intemperie.
Il piazzale è rivolto a sud,
verso Faetto; gli scalpellini,
per allargarlo, furono costretti
a costruire, con ciottoli di
scarto, un grande muro di sostegno lavorando, come loro
consuetudine, al limite delle
possibilità umane.
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9
\/F.NERDÌ 21 MAGGIO 1993
E Eco Delle ¥illi Aàldesi
PAG. Ili
Approvato lo Statuto della Comunità montana valli Chisone e Germanasca
La speranza di una maggiore partecipazione
di fronte al calo delle attività produttive
LILIANA VIGLIELMO
Il Consiglio della Comunità
montana valli Chisone e Germanasca ha approvato la bozaza di Statuto presentata nella seduta del 7 maggio: un
adempimento di legge, questo, che dice poco se i principi rimangono sulla carta ma
che molti sperano sia l’inizio
di una maggiore partecipazione dei cittadini alla vita
pubblica.
Quello che più che altro ci
si aspetta da un organismo locale, ma più ampio di un singolo Comune, è di dare un
impulso a qualche forma di
attività produttiva che arresti
lo slittamento verso il basso
dell’economia valligiana; forse molto più di quello che un
ente pubblico è in grado di
fare, oltre a dispensare contributi e servizi. E stato ricordato che in coincidenza
con la seduta del Consiglio si
svolgeva un’assemblea pubblica sulla crisi delle fabbriche tessili e che non ci sono.
Chiese evangeliche
Contro la
violenza
«La vita quotidiana delle
nostre città e dei nostri paesi è
piena di episodi di violenza.
Non possiamo permettere che
la convivenza umana diventi
un inferno in cui ogni sentimento di solidarietà viene travolto. Vogliamo riflettere sulle origini e le conseguenze
della violenza. Gesù ha detto:
“amate i vostri nemici’’» Con
queste parole le chiese evangeliche di Torre Pellice aprono un manifesto che presenta
la giornata di domenica 23
maggio, al termine di una serie di incontri di preghiera
contro la violenza.
Alle 10 si svolgerà il culto
nel tempio valdese con ili coretto, la corale e della fanfara
dell’Esercito della Salvezza.
Alle 12,30 un pranzo comunitario in Foresteria e, dalle
15,30, in piazza Muston, avrà
luogo un pomeriggio di canti
e messaggi.
al momento attuale, serie
alternative a una possibile
perdita di tanti posti di lavoro.
Anche l’approvazione del
conto consuntivo 1992 e dell’assestamento di bilancio di
previsione per il ’93 hanno
messo in evidenza le possibilità finanziarie non certo
esaltanti della Comunità: un
giro di due miliardi non permette di andare molto al di là
delTordinaria amministrazione.
Sono stati quindi assegnati
224 milioni sulla base di un
contributo regionale per tre
lotti di canali di irrigazione e
si sono acquistate 400 quote
azionarie della società «Seggiovie 13 laghi» come aiuto
in un momento particolarmente delicato.
Per i servizi socio-assistenziali ha parlato il dottor Perotti, deU’Ussl, presentando
due casi che richiedono ricoveri in istituti specializzati
e che hanno delle quote di
spesa molto elevate, soltanto
L’attività mineraria, un tempo fiorente in vai Germanasca
in minima parte sostenute
dalle famiglie. A notevole
differenza di costi, la convenzione con l’associazione di
AII'UssI 43
Emergenza
sanitaria
In attesa del sistema di soccorso su scala regionale, in accordo e collaborazione con i
responsabili del servizio di
emergenza del 118, è in funzione in vai Pellice un centralino per l’emergenza sanitaria
24 ore su 24; le chiamate vanno effettuate al n. 91996.
Questo numero è il perno di
una rete di collegamento radio
in grado di mobilitare la Croce Rossa di Torre Pellice, la
Croce Verde di Bricherasio, i
medici della guardia medica e
le altre forze del pronto intervento, dai vigili del fuoco ai
carabinieri o alTelisoccorso.
A questo risultato si è arrivati attraverso un lavoro formativo durato diversi anni, e
la stessa partecipazione di oltre 100 persone volontarie al
corso che l’Ussl ha organizzato sul pronto intervento dimostra l’interesse e la sensibilità
della popolazione.
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Chiusura settimanale il lunedì
Salone del libro
La scuola
che scrive
Dal 20 al 25 maggio sarà
aperto a Torino il Salone del
libro. Ospiti e «guide» dello
stand del concorso «La scuola
che scrive» saranno dieci
bambini della 4°A e della 4°B
della scuola elementare di Perosa. Questo perché hanno
partecipato al concorso e il loro libro, scelto fra i vincitori,
sarà esposto nella rassegna.
«Un libro intitolato “Collages” - spiega il maestro Deliorbo — formato da una storia
fantasiosa, inventata dai bambini, su come nascono i collage. La parte importante del libro, che ha un formato di 45
per 50 centimetri e le pagine a
fondo nero, sono certamente i
20 collages. E un libro d’artista, un libro di immagini».
Nell’ultima pagina del libro è
inserita la documentazione dei
materiali usati: la carta presa
da riviste, un tubetto di colla,
forbici e tanto entusiasmo.
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Intervista al cantautore Tullio Rapone
Con la Bibbia
e la chitarra
volontariato Avass di Villar
Porosa per l’assistenza alle
persone in stato di bisogno
residenti sul territorio.
Cantavalli
Rigodon
sauvage
in concerto
L’appuntamento settimanale del Cantavalli (una rassegna
musicale organizzata dalla
Comunità montana) sale, sabato 22 maggio sempre 21,15,
in vai Germanasca; nel tempio
valdese di Pomaretto si esibisce il trio francese Rigodon
sauvage che presenta musiche
tipiche delle Alpi del sud.
Il rigodon è una danza antica, in cerchio, che caratterizza
l’area tra il Delfinato e l’Alta
Provenza, simile alle «courente» delle nostre valli eccitane.
Michel Favre e Patrice Gabet al violino e Bruno Sabalat
alla fisarmonica diatonica ci
portano in visita in un paese
sospeso tra realtà e immaginazione facendo rivivere sonorità che loro stessi definiscono
«de pierre et de terre, de montagne et de vent».
ALBERTO CORSAMI
-------\--------
In preparazione del suo
prossimo disco, il cantautore
Tullio Rapone sta tenendo
una serie di concerti. Il 26
maggio sarà a Torino al teatro
Cardinal Massaia, il 28 a Torre PeUice, ai primi di giugno a
Chivasso. Rapone ha chiesto,
alcunianni fa, di entrare nella
Chiesa valdese e ha fatto la
sua dichiarazione di fede nel
tempio di Torino. Sulla sua
attività musicale, che non prescinde dalla fede, gli abbiamo
rivolto alcune domande.
- Vivere nel mondo dello
spettacolo e essere valdese è
un binomio un po’ insolito...
«Non proprio, anche se sicuramente è molto più facile
trovare l’intellettuale evangelico piuttosto che il “rockettaro". Però sono di origine
evangelica il cantautore e
scrittore milanese Gianfranco Manfredi, Marco Mathieu
del gruppo “Negazione", Albino Montisci, e altri...».
- All’estero è diverso?
«Direi di sì, almeno nel
mondo anglosassone. Nel pop
e nel rock i praticanti evangelici sono più numerosi di
quanto non si creda; magari,
in genere, sono di provenienza fondamentalista, e per
questo nella loro musica
manca forse una chiara denuncia sociale».
- Quali sarebbero allora,
secondo te, i valori positivi
nella musica di oggi?
«Nella musica da discoteca
o quella dì Sanremo ne trovo
proprio pochi, o meglio, esse
vanno prese per ciò che sono:
un semplice modo per divertirsi. Ma il carattere non
conformista di un concerto
rock e i valori di solidarietà e
di denuncia che spesso esprime la canzone d’autore svolgono un ruolo che, usando
una terminologia a noi cara,
può diventare anche profetico».
- Tuttavia in tanti pensano
al mondo dello spettacolo come al regno della rilassatezza
morale e della droga...
«Sulla base della mia esperienza ho visto girare soprattutto alcol e tante sigarette;
pochi erano “fatti", anzi alcuni, forse proprio grazie alla musica, hanno avuto la
forza di tornare indietro».
- Che cosa significa essere
valdese e fare il musicista?
«Devo premettere che di
professione faccio l’insegnante di storia, anche se ultimamente è la musica a impegnarmi di più.
Alla tua domanda ri.'ipondo
semplicemente che vuol dire
sforzarsi di mantenere un’
ispirazione cristiana in quello
che faccio e. se qualcuno ne
ha bisogno, suonare anche
per pochi soldi».
- Che cosa diresti per spiegare la tua musica?
«Mi rifaccio alla canzone
d’autore di una volta. Quella,
per intenderci, che considera
la musica come qualcosa fatto per far pensare la gente.
Tutto il contrario di quello
che avviene oggi».
- Non sei di famiglia evangelica: come mai alcuni anni
fa hai scelto di lasciare il cattolicesimo?
«La mia esperienza di fede,
dall’ adolescenza in poi, è
maturata nell’ ambito delle
comunità di base. A un certo
punto ho ritenuto di vivere la
fede più adeguatamente nella
Chiesa valdese. Tutto qui. Ma
c’erano stati anche i campi a
Agape, le chiacchierate in vai
di Susa con il past. Laura
Leone, con il pastore Rivoir e
la sua famiglia...».
- A quando il prossimo disco?
«Quando avrò messo da
parte i soldi per produrlo. Si
intitolerà “Il ballo di Susanna”. Partendo dalle vicende
dell’ olocausto degli ebrei
narrerà le vicende di un piccolo paese degli anni ’50».
- Le tue canzoni parlano di
un mondo di provincia che
non c’è più, denunciano ingiustizie di ieri e di oggi, addirittura episodi di storia valdese. Come sono accettate?
«Tieni presente che la maggior parte dei miei concerti
avviene in birrerie, dove la
gente va per chiacchierare e
mangiare patatine fritte prima che per ascoltare musica;
eppure sono riuscito a crearmi anche lì uno spazio».
- Hai mai pensato di smettere?
«A volte sì. Mentre torno
sull’autostrada dopo aver
suonato, magari davanti a
poca gente avara anche di
applausi, con il fine.strino abbassato per non addormentarmi, alle tre di notte, sapendo che alle otto devo essere a
scuola. Fortunatamente c’è
qualcosa nella mia auto, in
mezzo ai cavi e alle chitarre,
da usare nei momenti di
emergenza».
- Che cosa?
«La Bibbia».
Nelle Chiese Valdesi
PINEROLO — Giovedì 20 maggio, alle 21, nel tempio avrà
luogo il culto dell’Ascensione con la partecipazione delle
chiese del 2° circuito e le loro corali.
BOBBIO PELLICE — Domenica 23 maggio si svolgerà l’assemblea di chiesa; all’ordine del giorno la relazione morale
del Concistoro, l’elezione dei deputati al Sinodo e alla Conferenza distrettuale; la rielezione o elezione di tre membri
del Concistoro.
ANGROGNA — Domenica 23 maggio, a partire dalle 14,30 si
terrà, presso la sala unionista, il tradizionale bazar a cura
dell’Unione femminile. Tutti sono cordialmente invitati.
TORRE PELLICE — Mercoledì 26 maggio, alle 20,30, preso
la Comunità alloggio di via Angrogna, il past. Marchetti
prosegue il ciclo di studio sulla lettera di Paolo ai Romani.
10
PAG. IV
IE Eco Delle ¥vlli Vai.orsi
VENERDÌ 21 MAGGI01993
Una manifestazione a Frali
Sulla neve con il surf
Surf sulla neve? Chiunque
non sia troppo esperto di
sport invernali potrebbe restarne stupito. In effetti in
questi ultimi anni sta aumentando in modo vertiginoso il
numero di coloro che, anziché sciare con i tradizionali
due sci e le racchette, utilizza
soltanto una «tavola». Variopinti e vivaci anche i vestiti
di chi pratica questa attività.
Domenica 16 maggio, a
Frali, si è svolto un incontro
di fine stagione di «snow
boarder»; in 118 hanno partecipato ad una gara organizzata dal Sun Club di Lusema, su
un tracciato ben preparato dagli addetti alle piste della società 13 Laghi.
Alla fine hanno vinto nella
categoria maschile Fabrizio
Fava dell’Houte surfer; fra le
ragazze prima è stata la valsusina Federica Piccollo; terza
Bruna Canonico del Sun
Club.
Calcio
Tra Torre Pellice e Luserna S. Giovanni
La «Ghiandaia»
Grazie ad una splendida giornata primaverile una ventina di
volontari, in particolare della squadra antincendio di Torre Pellice, delle guardie ecologiche e della Legambiente, ha lavorato
dornenica mattina a ripulire i tre sentieri naturalistici nella zona
dell Inverso fra Torre Pellice e Lusema denominata La ghiandaia. Sono stati collocati numerosi cartelli indicatori lungo i
percorsi e due bacheche con le informazioni sui percorsi possibili, le norme di comportamento e alcune caratteristiche
dell’area. Nella foto i volontari all’opera per collocare la bacheca a Lusema San Marco.
La buona sorte, che più volte ha voltato le spalle al Pinerolo calcio nel corso del campionato appena concluso, ha
dato nell’ultimo turno una
mano ai biancoblù di Cavallo.
Contro il Chàtillon, sul
campo di casa, i pinerolesi
hanno sofferto, rischiando anche di subire una rete, ma a
pochi minuti dal termine gli
ospiti hanno dato loro un aiuto col difensore Muzio, autore di un’autorete risultata a
quel punto decisiva.
Ottenuta quest’anno la salvezza con qualche affanno, la
dirigenza biancoblù sta lavorando fin d’ora per impostare
la prossima stagione in modo
tale da garantirsi un po’ di
tranquillità, senza sogni proibiti ma con una maggiore organizzazione tecnica e qualche rinforzo.
Podismo
Si è disputata a Vaie (vai
Susa) l’ottava edizione della
«Cursa au Tmc», gara di marcia alpina regionale molto impegnativa con un percorso salita-discesa di 9 km su ripidi
viottoli in pietra. La gara è
stata vinta da Bessone del
Giò Rivera, ma fra i valligiani
vi sono state ottime prestazioni. Livio Barus è stato terzo
assoluto, seguito da Claudio
Garnier e da un incredibile
Renato falla che alla sua prima gara stagionale ha ricordato a tutti il suo valore.
Nei veterani B grande conferma di Gino Long che continua la sua stagione ad alto
livello vincendo nuovamente.
Fra le ragazze, infine, il successo è andato a Clorella
Frassino, ma una buona gara
è stata corsa anche da Ivana
Ricca.
Volley
Proseguono le gare del trofeo Sti Ingegneria di pallavolo riservato alle ragazze sotto
i sedici anni.
Nel girone A il Fiar domus
Cavour ha vinto sul Barge 3 0 e il Cober Perosa ha vinto a
San Secondo per 3-2.
Nel girone B il Villafranca
ha battuto il 3S Nova Siria
per 3 - 0. In classifica sono al
comando nel girone A il San
Secondo con 8 punti e nel girone B il Villafranca con 10
punti.
Appuntamenti
Venerdì 21 maggio — PINEROLO: Alle 21, nell’ auditorium di corso Piave, organizzato dal Fimai (federazione agenti immobiliari) si
svolge un incontro dibattito
sul tema Equo canone addio? Intervengono Piero Bertinetto (Fimai), Carlo Scalcione (Uppi), Paolo Pesando,
avvocato, Flavio Lughezzani
(Uniat), Edoardo Rossetti
(Sunia) e il sindaco di Pinerolo, Livio Trombotto.
Venerdì 21 maggio —
BRICHERASIO: Presso le
scuole medie prosegue la serie di incontri organizzati
dairUssl 43 sull’emergenza
sanitaria; nell’occasione si
parlerà di fratture e traumi.
Sabato 22 maggio —
TORRE PELLICE: All hôtel Gilly si svolge un convegno organizzato dal distretto
scolastico 43 sul tema La
continuità educativa della
scuola di base. Al convegno
sono invitati quanti operano
nel campo didattico e in modo particolare il corpo docente chiamato a confrontarsi
sulla continuità nell’educazione nei vari gradi di scuola.
Sabato 22 maggio — PEROSA ARGENTINA: Alle
16,45, nella sala consiliare
della Comunità montana,
Giorgio Toum conclude una
serie di incontri sulla vita e la
cultura nelle valli Chisone e
Germanasca; tema dell’incontro Storie e storia.
Sabato 22 e domenica 23
maggio — CAVOUR: A
cura della Pro loco e dell’associazione Piemontesi nel
mondo si svolge la 1° edizione della Festa del Piemonte.
PINEROLO — A cura del
Segretariato per le attività
ecumeniche, domenica 23
maggio, alle 15, presso il
convento dei Cappuccini in
via De Amicis 2, si svolge un
incontro sul tema Durante
sei giorni si lavori, ma il settimo giorno vi sarà riposo
assoluto, sacro al Signore;
interverrà il prof. Paolo De
Benedetti, docente di Giudaismo alla Facoltà teologica
dell’Italia settentrionale.
Lunedì 24 maggio —
TORRE PELLICE : Presso
le scuole Mauriziane di via
Al forte, rUnitre organizza,
inizio ore 15,30, un incontro
musicale con Barbara Pinauda, flauto, e Luca Seguila,
pianoforte.
Lunedì 24 maggio —PINEROLO: Alle 21, presso il
centro sociale di via Lequio,
si svolge un incontro pubblico dei simpatizzanti della li
sta per l’Alternativa; in esame fra l’altro l’ipotesi di adesione alla raccolta di firme a
sostegno di alcuni referendum e il piano regolatore di
Pinerolo.
Martedì 25 maggio —
SALUZZO: Alle 15,45,
presso la biblioteca civica.
Predo Valla parlerà sul tema
Italiani sul Don: viaggio
nella memoria (1943-1993).
Martedì 25 maggio — PINEROLO: Alle 20, 45, presso l’auditorium di corso Piave, avrà luogo la premiazione
del concorso Proponi un iibro promosso dal Comune in
collaborazione con le libreria
della città. Introdurrà la serata
Marina Jarre, autrice di numerosi volumi l’ultimo dei
quali, «Tre giorni alla fine di
luglio» è ambientato a Pinerolo ed altri in cui si dà
espressione alla cultura e alla
storia valdese come «1 padri
lontani» o «Ascanio e Margherita».
»ERVIZI
USSL 42
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale valdese, Pomaretto,
tei. 81154.
DOMENICA 23 MAGGIO
Perosa Argentina: Farmacia
Bagliani - Piazza Marconi 6,
tei. 81261
Ambulanze:
Croce verde, Perosa: tei. 81100
Croce verde. Porte : tei. 201454
USSL 43-VALPELLICE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 932433
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 23 MAGGIO
Torre Pellice: Farmacia internazionale - Via Arnaud 8, tei.
91374
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 91996
Croce Verde - Bricherasio, tei.
598790
USSL44-PINEROLESE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale civile, Pinerolo, tei.
2331
Ambulanza:
Croce Verde, Pinerolo, tei.
22664
Cinema
BARGE — D cinema Comunale ha in programma, venerdì
21, Pioggia di sangue; sabato
22, Pioggia di soldi; domenica,
lunedì, martedì e giovedì. La
scorta. Feriali ore 21,15; domenica ore 15,15, 17,15, 19,15
21,15.
TORRE PELLICE — Il cinema Trento ha in programma,
venerdì 21, ore 21,15, Quante
storie; sabato, ore 20 e 22,10,
domenica, ore 16, 18, 20 e
22,10, lunedì, ore 21,15 La scorta.
PINEROLO — Il cinema Italia prosegue la proiezione di
Proposta indecente, feriali 20 e
22,20; sabato ore 20 e 22,30; domenica 15, 17,30, 20 e 22,20.
Teatr«
PRALI — Nella sala valdese,
sabato 23 maggio, il Gruppo teatro Angrogna presenta lo spettacolo E mi chanto; inizio ore 21.
TORRE PELLICE — Sabato
22 maggio, alle 21, presso il salone Opera gioventù, la compagnia Vecchio teatro presenta lo
spettacolo Vado per vedove di
Marotta e Bandone. Lo spettacolo viene replicato il 29 maggio, il
5 e il 12 giugno.
BAGNOLO PIEMONTE —
Sabato 22 maggio alle 21 nel teatro Silvio Pellico, l’associazione
Passi sparsi in collaborazione
con il comitato Al Ard presenta
una spettacolo teatrale per la Palestina dal titolo Appunti di
viaggio.
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vari privato acquista. Telefonare
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Telefonare 011-8995635.
L’Eco Delle Valli Valdesi
Via Pio V, 15-10125 Torino
Tel. 011/655278
Reg. Tribunale di Pinerolon. 175/60
Resp. Franco Giampiccoli
Stampa: La Ghisleriana Mondovì
Spedizione in abb. post.; Gr 2A/70
/
Da Giuseppe Paure & Figli la tradizione popolare rivive in una collezione notevole di reperti, oggi trasformata nel centro di documentazione
«Abitare in valle» vero e proprio
«Museo dell'abitazione rustica nelle
valli alpine» che è sorto accanto al
laboratorio di restauro in Rinasca all'inizio della vai Chisone a 15 chilometri da Pinerolo.
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11
venerdì 21 MAGGIO 1993
PAG. 7 RIFORMA
La discussione sul nuovo modello di difesa in Italia - Il parte
Facciamo attenzione ai pericoli generati
dalla proposta di un esercito professionale
Una proposta del gruppo «Controparola»
Donne non date l'8%o
alla Chiesa cattolica
Concludiamo, con questo
articolo dedicato all’esame
della proposta di istituire
«l’esercito professionale»
anche in Italia, la pubblicazione di un documento della
Commissione su «pace, giustizia e integrità della creazione» delle Chiese batòste e
valdesi di Torino.
La prima parte è stata
pubblicata sul numero scorso.
Per quanto riguarda 1’
esercito professionale
vogliamo portare all’attenzione tre punti di riflessione:
1) l’esercito professionale
si inserisce in un più ampio
processo di ristrutturazione
istituzionale del nostro paese, rafforzando il principio
della delega dell’azione politica, e la tendenza in atto di
allontanare le istituzioni dal
controllo popolare. Crediamo
che la democrazia si costruisca con la partecipazione, la
più ampia possibile, della base popolare nella gestione e
nelle scelte politiche della
nazione e con un controllo
attento dell’operato delle istituzioni.
La tendenza dell’accentramento dei poteri fa sì che le
istituzioni da espressione dei
bisogni e delle necessità sociali, tra i quali la difesa, diventino centri di potere incontrollati. La difesa rappresenta un capitolo della gestione politica e, proprio per
come è oggi concepita, attuabile cioè esclusivamente con
il pericoloso strumento dell’
esercito, con la minaccia e
l’uso delle armi, non può essere delegata in tote a quegli
individui che, professionisti
della guerra, diventano i detentori della sua gestione.
La pericolosità di questa
situazione (nella quale le decisioni in materia di difesa
vengono prese da istituzioni
a cui per dettame costituzionale dovrebbe spettare esclusivamente un potere esecutivo, governo ed esercito) è dimostrata già oggi dal caso
della guerra del Golfo che il
Parlamento, massimo organismo decisionale, ha approvato solo dopo che l’azione militare era iniziata.
Più recentemente ancora, il
coinvolgimento di alcune basi militari italiane per l’accoglimento delle forze aeree
Nato al fine di controllare i
cieli della Bosnia, nel conflitto della ex Jugoslavia, non
solo non ha avuto l’approvazione del Parlamento, ma
quest’ultimo non ne è stato
neppure informato.
In questo modo viene imposto a noi tutti l’oggetto, il
metodo, il momento dell’
azione di difesa, in quanto
l’istituzione militare viene a
perdere quel fondamentale
controllo civile che deve esistere perché non degeneri nei
suoi compiti e finalità.
Diametralmente opposto è
l’approccio della difesa popolare nonviolenta, dove la
questione difesa è affare di
tutti, in cui tutti i cittadini
vengono formati per realizzarla, in cui gli strumenti e i
metodi non prevedono la distruzione indiscriminata, in
cui l’azione di difesa ha possibilità di riuscita solo con la
partecipazione attiva e collettiva, e in cui non si difendono gli interessi economici in
ogni parte del mondo ma la
vita sociale del paese e di
tutti i suoi membri.
Una difesa che interviene a
Un bombardiere nucleare strategico B1 : è poco visibile ai radar
risolvere il conflitto non con
la minaccia, l’omicidio, la
violenza nelle sue forme
estreme, ma attraverso l’impegno da parte di tutti i contendenti a ricercare le cause
prime che lo hanno determinato;
2) l’esercito professionale
può essere usato per scopi di
ordine pubblico; si presenta
cioè la possibilità per lo stato
di attuare con l’esercito una
difesa armata contro i «nemici» interni alla nazione. Il
ministro Andò ha già sperimentato questo tipo di intervento militare in Sardegna e
in Sicilia, come è noto, con
risultati fortemente discutibili.
In Sardegna la presenza
dell’esercito ha fatto lievitare
fortemente la tensione mentre in Sicilia, trovandosi le
cause del problema nella mafia a livello politico-istituzionale (collusioni nella pubblica amministrazione) e sociale (assenza di servizi, disoccupazione, ecc.), non può essere risolto con l’uso della
forza militare.
Viceversa l’utilizzo dell’
esercito all’interno del paese
crea una pericolosissima militarizzazione del territorio,
rendendo possibile un controllo permanente, con la minaccia delle armi, delle attività delle forze di opposizione o dei fenomeni (proteste
dei lavoratori e delle fasce
oppresse, immigrazione, lotte pacifiste) che minacciano
lo status quo;
3) i costi della ristrutturazione e del mantenimento di
un nuovo esercito, con una
forte componente professionale, faranno crescere fortemente le spese militari (nonostante la propaganda militarista assicuri il contrario).
Questo nel momento in cui il
governo italiano tenta di risolvere la situazione di crisi
attuale, tagliando drasticamente tutte le spese sociali
(sanità, pensioni, istruzione,
lavoro) e mantenendo invariato il bilancio della difesa
(26.500 miliardi previsti dalla finanziaria 1993).
Per quanto riguarda il servizio militare femminile volontario, data l’approssimazione legislativa in merito, ci
sembra una proposta demagogica, anche se a tal proposito si debbano aprire spazi
di discussione culturale e politica. Sosteniamo in questo
dibattito le posizioni di quelle donne che, nella questione
dei rapporti uomo-donna, ricercano un percorso politico
che non ponga l’emancipazione femminile come pura
riproduzione della dominante
prassi politica, di vita e del
pensiero, completamente costruiti su un modello maschile e maschilista.
Crediamo che sia urgente,
nell’attuale clima di tensione
internazionale, attuare una
politica di pace che affronti
seriamente la questione della
produzione e del commercio
delle armi, che tanta parte ha
nel mantenere i popoli del
sud del mondo in una perenne oppressione e nel fomen
tare le guerre, dall’ex Jugoslavia al Medio Oriente, al
continente africano riconvertendo le industrie belliche a
produzioni civili, l’approvazione di una nuova legge
sull’obiezione di coscienza al
servizio militare che, consentendo a sempre più giovani
di fare questa esperienza,
riaffermi i valori antimilitaristi che ne sono alla base, la
riduzione drastica delle spese
militari, che non consenta il
rilancio di politiche militariste e imperialiste.
2. - Fine
onne, non date l’otto
«u per mille alla Chiesa
cattolica».
L’appello diffuso a marzo
da Controparola (un gruppo
di scrittrici e giomaliste nato
per dare voce ai diritti delle
donne) è stato rilanciato in
vista della prossima dichiarazione dei redditi per invitare «le italiane a devolvere il
loro 8 per mille allo stato
italiano che, pur tra le molte
inadempienze, ha mostrato
di non disprezzare le istanze
del mondo femminile ».
Nella conferenza stampa
del 6 maggio. Controparola
ha innanzitutto sottolineato il
successo della campagna
lanciata a marzo «per protestare con lo strumento fiscale contro la misoginia della
Chiesa»; una campagna nata
sulla spinta anche della lettera del papa al vescovo di Sarajevo, generalmente intesa
come una pressione di Giovanni Paolo II contro l’aborto delle dorme bosniache stuprate.
L’iniziativa, che ha raccolto molte adesioni sia tra singoli che tra associazioni,
vuole ora divenire una forma
di mobilitazione per trasformare l’otto per mille in una
forma di finanziamento davvero utile «per fini sociali e
umanitari».
Occorre dapprima una
informazione più capillare,
perché «pochissimi cittadini
conoscono la norma per la
Una iniziativa che mette in luce le bellezze dimenticate
Napoli: monumenti porte aperte
_________PIERA EGIDI______
Cinquecentomila visitatori
da tutta Italia e dall’estero si sono riversati per due
giorni, come una fiumana
gioiosa e ammirata, nel cuore
antico della città. Napoli,
mortificata da mali vecchi e
nuovi, esasperata, inibita nelle sue grandi energie positive,
schiacciata da un immaginario collettivo negativo; Napoli per due giorni si è rispecchiata negli occhi entusiasti
dei visitatori, e come per miracolo si è riscoperta bella,
ricca, desiderata e amabile.
Questa metamorfosi, che
segna un indicatore di direzione, di lotta e di speranza,
la dobbiamo alla coraggiosa
iniziativa di due coniugi, i
Barracco, ideatori della «Fondazione Napoli Novantanove», che porta il nome della
gloriosa rivoluzione partenopea di quasi due secoli fa e
che quest’anno ha lanciato in
grande (tariffe ridotte per trasporti aerei e terrestri, ristoranti e alberghi a prezzi stracciati) questa «due giorni» che
già si era sperimentata più in
sordina.
Così a chi, come a me, è
capitato di portare in giro gli
ospiti (tre torinesi, in questo
caso, volati qui dopo eroiche
attese all’areoporto di Caselle, tante erano le prenotazioni), è stato dato di percepire
non solo questa voglia di vivere della città, ma nel tempo
stesso l’amore profondo che
lega gli italiani a Napoli.
Non è solo turismo di massa la calata entusiasta di quei
cinquecentomila; è una testi
monianza, un’affermazione,
in un momento storico di
grande confusione e pericoli.
Chi lo sapeva che Napoli
ha il più grande, intatto centro storico d’Europa, ancora
tutto abitato?
Chi lo sapeva che può considerarsi la capitale del gotico
nel nostro paese?
Chi lo sapeva che ha il più
grande museo archeologico?
Chi lo sapeva che le sue viscere sono greche, oltre che
romane, ed è possibile percorrerle nella «Napoli sotterranea»?
E poi c’è la Napoli rinascimentale con le sue accademie, la stupefacente Napoli
barocca con i suoi Caravaggio e i suoi Luca Giordano, le
deliziose chiesette rococò, la
quiete dei chiostri seicenteschi e settecenteschi.
Mille giovani delle scuole
che hanno «adottato un monumento» facevano da guida
alle bellezze che sentivano
come loro.
A Castel Capuano, attuale
sede del tribunale, ad esempio, ti accoglievano e ti accompagnavano per scaloni e
sale spiegandoti ogni dettaglio, allegri ed elegantissimi
nelle loro divise da steward e
da hostess, nuove fiammanti.
E il giorno prima ti accadeva
di trovarne altri, accaldati e
scamiciati, che stavano ancora sistemando qualche lampada, lucidando qualche piastrella, e ti spiegavano che
collaborano gratuitamente da
mesi per poter riaprire al pubblico antichi gioielli come la
Cappella del Fontano o S.
Maria della Pietrasanta.
Così alcuni giornali hanno
potuto titolare che si è riscoperto «l’oro di Napoli». Si,
Napoli non è solo capitale del
degrado, ma è anche capitale
della bellezza; come Firenze,
Roma, Venezia, e potrebbe
vivere della sua storia, della
sua natura e della sua arte.
Il giusto amore che i napoletani le portano lo meriterebbe. Ma per fare questo, bisogna innescare una decisa politica del turismo, in senso
nuovo e moderno, che esige
una grossa campagna di acculturazione di massa.
Il turista non è «l’ospite»
sacro delle culture antiche del
Mediterraneo, né lo «straniero» da depredare e spoliare
per la brutalità della fame ancestrale.
Il turista è un portatore di
ricchezza, e un possibile «datore di lavoro»; va trattato bene, in modo efficiente, con
strutture ricettive adeguate,
prezzi seri e competitivi.
Questa può essere la via del
futuro per Napoli, se saprà far
fruttare intelligentemente
l’oro consegnatole, insieme ai
tristi retaggi di una decina di
dominazioni diverse, dai suoi
antenati.
Hai fatto
l’abbonamento
m
mm
RIFORMA?
quale chi non esprime con la
propria firma la destinazione di questa aliquota vedrà
comunque ripartita la somma versata tra lo Stato e la
Chiesa cattolica secondo la
proporzione indicata da coloro che esprimono l’opzione».
Esprimere perciò la propria opzione a favore dello
stato è essenziale per evitare
il ripetersi di quanto accaduto ad esempio nel 1990,
quando alla Gei «sono stati
attribuiti 695 miliardi, pari
al 76% dell’ intero ammontare dell’8 per mille, invece
dei 390 miliardi che le sarebbero spettati se il calcolo
fosse stato fatto sulla base
delle scelte effettivamente
espresse». «Donne, — ribadisce Controparola - non lasciate che altri decidano per
voi (...). Ricordate che la
chiesa di papa Wojtyla disprezza le conquiste sociali
delle donne, è contro il lavoro fuori delle mura domestiche e dai pulpiti combatte
una legge dello stato e la libertà delle donne».
Alla conferenza stampa
erano presenti anche le Comunità cristiane di base
(Cdb), il gmppo Carta ’89, i
coordinamenti femminili di
Cgil e Uil.
Tra gli altri ha preso la parola Anna Maria Marenco,
delle Cdb, che ha spiegato il
perché di un no cattolico alla
destinazione dell’8 per mille
alla Chiesa cattolica.
Tale finanziamento infatti
«non sovvenziona le attività
del mondo cattolico, ma la
struttura ecclesiastica».
Quella struttura in cui i
«burocrati del sacro fanno sì
che le conquiste delle donne
ritornino indietro».
Inoltre lo stato, fuori
dall’otto per mille, «finanzia
r insegnamento della religione, che viene presentato come un servizio culturale, ma
in realtà è semplicemente un
indottrinamento».
Comunque, anche scegliere di finanziare lo stato comporta un’attenzione critica.
Le promotrici della campagna, quindi, chiedono una
«trasparenza sulla ripartizione del gettito dell’8 per
mille», che consenta di verificare l’attuazione della legge 222 del 1985 che prevede
che «esso possa essere devoluto a interventi straordinari
per calamità naturali, fame
nel mondo, assistenza ai rifugiati, conservazione dei
beni culturali».
Per quest’anno, inoltre, è
stato richiesto che una parte
venga destinata «in aiuti alle
donne vittime degli orrori
della guerra in Bosnia-Erzegoyina».
E stata infine avanzata la
proposta di integrare la legge
222, affinché tra le finalità
dell’8 per mille gestito dallo
stato ci sia anche quella della
«realizzazione della piena
parità tra uomo e donna».
A questo proposito è intervenuto il docente di storia
del diritto canonico Piero
Bellini che ha allertato il
gruppo di Controparola sulla difficoltà di applicazione
della proposta.
Il docente ha infatti ricordato che la 222 è una legge
cosiddetta «bilaterale», in
quanto attuativa di un accordo fra due parti: lo Stato e la
Cei
Qualsiasi sua modifica dovrà essere perciò concordata
fra i due enti.
12
PAG. 8 RIFORMA
VENERDÌ 21 MAGGIOiggcj
Un missile intercontinentale in fase di collaudo
Dibattito alla rassegna «Umbria Fiction»
Una televisione
da «moralizzare»?
DAVIDE ROSSO
Leggendo a vedendo in
Tv i resoconti dell’incontro su etica e televisione,
tenutosi a Gubbio neH’ambito di «Umbria Fiction Tv»
mi ha colpito che si localizzasse il colpevole della violenza in Tv nel pubblico. È
lui, per Bemabei, Pasquarelli
e altri critici, a volere il sesso
e la violenza sul piccolo
schermo; ma la moralità dei
messaggi sarebbe garantita
dalla maturità critica di chi la
televisione la guarda.
E un discorso che fa riflettere, tenendo presente gli interventi registrati ultimamente sulla «Tv del dolore» (da
Chi l’ha visto? a I fatti
vostri, ma qualcosa era già
prefigurato da Portobello...),
il cui pubblico viene paragonato a quello che andava
all’arena per vedere i gladiatori e il loro dolore, oppure
agli antichi romani che adoravano l’edicoletta con i penati.
C’è chi ha parlato di «patto
televisivo»; la Tv prende i
fatti dalla realtà e li ripropone; ma il semplice fatto che
la realtà passi attraverso lo
schermo fa sì che essa venga
reinterpretata e ricreata per
essere percepita come una
nuova realtà così come è
proposta, senza reazioni. Il
pubblico è quindi quasi passivo, anche se poi con le sue
richieste guida le scelte di
Gianfranco Funarl, uno dei simboli della Tv popolare
programmazione. È la Tv che
per lui crea la realtà.
Essa poi è diventata, secondo Gian Paolo Caprettini,
quasi una radio, con immagini che sono sempre più spesso solo il supporto per la parola, che fa la parte del leone
(si vedano i «talk-show», fra
cui primeggia quello di Maurizio Costanzo). L’immagine
le dà stabilità, in quanto la
parola in Tv è veloce, non
quanto alla radio, ma tendente a sfuggire (le immagini invece si fanno ricordare). Così
la televisione è uno dei pochi
mezzi in grado di utilizzare
contemporaneamente questi
due codici.
Il pubblico ne viene ridotto
a adepto, adoratore, e ha bisogno di vedere dolore, violenza: e il mezzo glieli dà,
come nelle arene. Il meccanismo è in moto da anni, ma se
ne parliamo questo significa
che non ne siamo ancora
completamente stati «carpiti», che c’è ancora una reazione di fronte alla Tv.
La Tv deve essere «moralizzata»? Non so, forse deve
essere analizzata, capita, ricollocata al suo giusto posto,
così come il sesso, la violenza, il dolore e, forse, perfino
la felicità vanno ricondotti
alla loro giusta dimensione e
non visti solo come fatti comunicativi (e nel nostro caso
televisivi).
È pericoloso trattare i valori come semplici segni comunicativi, si rischia un loro
svuotarsi, una loro perdita di
senso; ciò non significa non
parlarne o non «rappresentarli» più; vuol semplicemente
dire che non bisogna usarli
per comunicare altro da quel
che significano, e che non bisogna abusarne finendo per
creare un surplus di immagini che rischiano di creare
null’altro che distacco da
questi stessi valori.
Certo, vederli in Tv può
dar fastidio, ma questo non è
sempre un male perché nascondersi dietro a certe cose
a volte è più dannoso che andarvi incontro.
Una serie di trasmissioni realizzate dalla Radiotelevisione della Svizzera italiana
Guerra e tecnologia: percorsi paralleli
fra economia^ politica e ideologia
_______ALBERTO CORSAMI_______
Inizio anni ’50, deserto del
Nevada: centinaia di soldati seduti per terra a gambe
incrociate assistono a una serie di esplosioni nucleari, con
tanto di «fungo». Attraverso
immagini come questa i vertici militari e l’industria bellica
intendono accreditare presso
l’opinione pubblica un concetto semplice e molto importante dal punto di vista politico: il nucleare dei sovietici è
terribile e devastante, ma la
forza dell’atomo prodotta nel
contesto domestico è cosa accettabile e sicura.
L’intento di questa propaganda è ovviamente ideologico, ma ciò che è più interessante non è la denuncia di un
indottrinamento che nel campo avverso (quello del «fu»
Patto di Varsavia) conoscerà
metodi anche più drastici: ciò
che interessa è proprio il legame tra le scelte militari,
quelle economiche e il modo
di pensare, la consapevolezza
che le popolazioni possono
avere dell’innovazione tecnologia e della portata epocale
di alcune innovazioni.
E quanto scaturisce da una
serie di tre trasmissioni realizzate dalla Radio televisione svizzera italiana, in collaborazione con la «Moby Dick
Movies» di Roma, dal titolo
complessivo Guerra e tecnologia.
L’opera, destinata utilmente all’uso didattico (quante
materie scolastiche, dalla storia all’economia, dalla fisica
alle scienze naturali sono investite da questi temi!) si articola in tre capitoli: Dal fucile
all’automobile. L’alba dell’
era atomica. L’economia del
Pentagono.
Attraverso filmati d’epoca,
documenti iconografici e testimonianze di storici e eco
nomisti, nonché di esperti
della questione militare, viene ricostruito lo sviluppo parallelo della moderna industria, della produzione in serie, dell’assemblaggio, del
modello «fordista» e della ricerca nel settore bellico, si
scoprono le influenze (molte!) di quest’ultima sulla prima.
Produzione meccanizzata e
intercambiabilità dei componenti vengono fatti risalire
aU’Illuminismo francese, e
non si deve pensare che fossero legati alla sola industria
delle armi: uno degli esempi
più classici da farsi nella storia della produzione di serie è
la cosiddetta «democratizzazione dell’orologio» a inizio
’800. Seguirà la meccanizzazione dell’assemblaggio dei
fucili (20 minuti, nel 1802,
servivano alla fabbrica sita a
Springfield, per metterne insieme il «calcio») e uno dei
successivi riferimenti è per
Samuel Colt, che nella propria officina nel Connecticut
utilizzava nel 1855 circa 400
macchine, in gran parte autoprodotte, per la costruzione
delle sue armi leggere.
Il percorso si avvicina al
nostro secolo e ci porta
all’auto e a Ford, poi al taylorismo: fa specie vedere le immagini del primo ’900, con
quelle macchinette, quel traffico che anticipa quello raffigurato da Metrópolis e da altri film dell’avanguardia europea che illustreranno il mito, appunto, della metropoli,
e poi quei poliziotti che, nel
dirigere un traffico ai suoi albori, ricordano da vicino i
Keystone Cops, i poliziotti
delle comiche alla Mack Sennett. Il referente è ben diverso, ma i materiali visivi su
cui si lavora sono quelli...
Nella seconda parte, parlando dell’impulso all’indu
stria (con tanto di assunzione
in massa delle donne, successivamente «rimesse in libertà») dato forzatamente da
Pearl Harbour (7 dicembre
1941), si assisterà anche a
uno spezzone di John Ford (il
regista di Ombre rosse), proprio sulla mobilitazione Usa
in seguito all’attacco giapponese. E via via i materiali ci
sono più familiari, anche se
sempre sinistri: si chiamano
Hiroshima e Nagasaki, Bikini, Sputnik, Apollo. C’è la
cagnetta Laika, c’è Gagarin,
la conquista della Luna, una
competizione inarrestabile,
c’è la dottrina delle «guerre
stellari», c’è alla fine il
Golfo...
Ciò che più conta sono le
analisi dei rapporti fra economia e ricerca militare: due tesi vengono a scontrarsi: posto
che l’interazione tra i due
ambiti non vale solo in epoca
di conflitto, si può vedere
nell’«apparato delle armi»,
fin dal ’600 un impulso
all’industrializzazione e al
crescere dell’innovazione tecnologica; d’altro canto si può
ritenere (e varie sono le testimonianze autorevoli in tal
senso) che tali ricerche abbia
no dissipato la ricchezza sociale, abbiano frenato altri
campi di studio, a danno della
collettività (né l’Urss è stata
da meno: per quello - poco che se ne sa, il 25% del bilancio nazionale è stato investito
a suo tempo nel settore della
ricerca militare).
Un’osservazione va fatta
sui materiali filmati: il loro
impiego non è solo garanzia
di veridicità del programma:
è anche e soprattutto, in epoca di «effimero dilagante», la
prova che il sapere, che le testimonianze del passato, che
le «immagini di repertorio»
non stanno solo negli archivi.
Vi risiedono abitualmente (e
sono anche musei, archivi
delle ditte...), ma possono essere utilizzate per sempre
nuove operazioni culturali. A
tal fine contribuiscono gli
opuscoli allegati ai programmi, che indicano chiaramente
le fonti dei filmati. La cultura, la storia sono, in questo
senso, a disposizione di chi
abbia la voglia di farle fruttare. Non passano con le mode,
e possono servire (ma è proprio così retorico affermarlo?) per capire l’oggi e speriamo anche il domani.
Stabilimento tessile nel New England (1909)
• ■ ‘ fu lïit,
Omegna: un incontro con lo studioso Tavo Burat
La vicenda degli zingari
Ascoltando Gustavo Buratti parlare per oltre due ore degli zingari, al Centro evangelico d’incontro di Omegna, si
capiva come e perché i protestanti che avevano organizzato la serata, fossero gli
stessi che si sono presi l’incarico di continuare sempre più
efficacemente la spola di
concreti aiuti all’ex Jugoslavia.
Intanto Tavo Burat è venuto a parlare di questi zingari,
gli ultimi degli ultimi, la minoranza più fraintesa, i diversi più diversi, simpatici magari visti da lontano. Non c’è
paese che se li voglia tenere,
e loro sono i nomadi, quelli
che vengono da lontano nella
storia e che continuano ad
andare chissà dove...
Burat è valdese, studioso
dell’eresia dolciniana; si
capisce subito che a lui piace
tutto ciò che è controcorrente, che è uno che si mette dalla parte dei più scomodi; protesta continuamente contro
ogni sopruso grande o piccolo nella società, è un cristiano
che non può darsi pace.nella
difesa delle minoranze (noi
definiamo così tutti quelli a
cui non vogliamo riconoscere
dei diritti propri).
Così ha parlato della storia
Un carrozzone zingaro nel Kent (Inghilterra)
degli zingari, delle loro spesso tragiche vicende, della loro vita, degli usi e delle tradizioni, dei loro espedienti,
truffe, furti, della loro e della
nostra diffidenza, giustificata
in entrambi i casi. Ha ricordato lo sterminio compiuto su
di loro dal nazismo, ma anche l’omicidio di poco tempo
fa avvenuto nel Novarese, da
parte di «brava gente» che difendeva o credeva di difendere, le proprie galline.
Pur amando gli zingari, come gli altri perseguitati, Bu
rat non ha cercato di ridipingerli per farli sentire innocui
e «come noi»; ne ha messo
ben in chiaro le differenze,
per finire col dire che è soltanto nel «diverso» che possiamo ancora trovare una critica al nostro pacioso benessere, che ha bisogno di
occasioni-provocazioni per
darsi una raddrizzata.
E, da cristiano e da valdese, ha finito per dire che ringrazia il Signore di avergli
fatto incontrare gli zingari nel
suo cammino esistenziale.
Polemiche
Colonialismo
culturale?
Edward Said, studioso palestinese di cui Bollati Boringhieri aveva tradotto il libro
Orientalismo, è di nuovo al
centro di aspre polemiche. Il
suo ultimo studio, di ampie
dimensioni. Cultura e imperialismo, uscito negli Usa, dove vive e insegna lo studioso,
affronta il «vizio» etnocentrista della cultura europea di
fronte a paesi, culture e tradizioni diverse; e lo pone pesantemente sotto accusa. Ne riferisce un articolo di Gianni
Riotta, corrispondente del
Corriere della sera da New
York, che a giugno condurrà
su Raitre una nuova serie di
Milano, Italia.
La cultura in generale (dai
libri di Kipling a Robinson
Crusoe, ma anche M’Aida di
Verdi) avrebbe delineato il
Terzo mondo in termini folkloristici, esotici; descrizioni
che fanno leva sulla curiosità
di ambienti e monti lontani,
ma sempre con atteggiamento
di superiorità. Tale visione
avrebbe costituito un «supporto» per le politiche di conquista da parte dell’Occidente. La
tesi non è del tutto nuova, ma
film come II tè nel deserto o
Mediterraneo lasciano pensare che trovi alcuni validi elementi a conforto anche oggi-
13
\/F.NERDÌ 21 MAGGIO 1993
Cultura
PAG. 9 RIFORMA
Una raccolta postuma di scritti del celebre musicologo scomparso pochi anni fa
Massimo Mila: l^amore per la montagna
di un appassionato «bastian contario»
_______MARCO FRASCHIA______
L9 uscita, nell’autunno
scorso, del libro Scritti
di montagna * avrà certamente destato stupore tra
quanti conoscevano Massimo
Mila esclusivamente come
critico musicale. Eppure lo
studioso torinese, scomparso
nel 1988 all’età di 78 anni,
considerava la montagna il
«più affascinante dei passatempi», e per più di 50 anni
aveva compiuto innumerevoli salite sulle Alpi: l’elenco
dettagliato delle sue ascensioni, redatto da Mila stesso
in occasione del suo ingresso
nel Club Alpino accademico
italiano, è pubblicato alla fine
del libro.
Scritti di montagna è la
raccolta, curata da Anna Giubertoni, seconda moglie dello
studioso, degli innumerevoli
articoli del marito sull’alpinismo e sulla montagna in generale, usciti dal 1929 al
1988 sia su quotidiani (La
Stampa, Stampa sera, L’
unità) sia su riviste specializzate e bollettini (Rivista mensile del Cai, L’escursionista.
Alpinismo, Scàndere, Ski
Club Torino).
Non mancano tuttavia
scritti inediti come appunti e
commenti sul mondo alpinistico e sulle ascensioni compiute, o come le lettere da
Regina Coeli (dove Mila trascorse 5 anni, dal ’35 al ’40,
a causa del suo antifascismo)
contenenti nostalgici riferimenti alla montagna e ai
compagni di scalata.
La varietà dei temi toccati
fa del libro una lettura godibilissima e molto scorrevole:
si va dai classici «récits d’ascension», resoconti di salite
particolarmente importanti,
fino agli scritti più impegnati
in cui Mila cerca di dare una
giustificazione razionale al
fascino che l’alpinismo esercita sugli uomini; non mancano articoli sullo sci-alpinismo, pubblicati in anni (’54’60) in cui tale disciplina, ancora agli esordi, non era diffusa e praticata come ai giorni nostri; il ricordo di grandi
protagonisti dell’alpinismo
piemontese (Gervasutti, Boccalatte. Bianco, Filippi) rivive negli articoli a loro dedicati.
Molto bello, poi, è il discorso commemorativo tenuto in occasione dell’inaugurazione della palestra di arrampicata al coperto del Palazzo
a Vela di Torino, dedicata a
Una veduta sul massiccio del Monte Bianco
Guido Rossa, il sindacalista
dell’Ansaldo di Genova, accademico del Cai, ucciso dalle Brigate rosse nel 1979.
Alcuni scritti sono molto
vivaci e appassionati: Mila
non esita a difendere nel ’52 i
giovani sestogradisti accusati
dai vecchi alpinisti brontoloni, suoi coetanei, di essere
privi di sensibilità; sempre
nel ’52, con salace ironia,
giustifica e difende l’abolizione del tradizionale cappello alpino; si lancia nel ’66 in
un’appassionata battaglia per
fare entrare nel Club Alpino
accademico anche le donne il
cui riconoscimento, però, avverrà solo dieci anni dopo;
ancora nel 1988, poco prima
di morire, si schiera a fianco
di Derby, piccola frazione del
Comune di La Salle, in vai
d’Aosta, destinata a ospitare
un enorme depuratore di acque civili e una discarica di
rifiuti di tutta la Valdigne.
La lettura di Scritti di montagna ci fa conoscere un Mila
di larghe vedute, più aperto
di molti alpinisti più giovani
di lui, dotato di un vivo senso
dell’ironia e, come egli stesso
si definisce, «eterno bastian
contrario».
Il suo humour, definito di
«marca britannico-piemontese» dalla curatrice, gli permette di contemplare con un
certo distacco gli argomenti
che tratta, evitando di cadere
nella solita e banale retorica
di tipo eroico o sentimentale,
che spesso accompagna molta letteratura di montagna.
(*) Massimo Mila, Scritti di
montagna, a cura di Anna Giubertoni Mila, con una presentazione di Gianni Vattimo e uno
scritto di Italo Calvino. Torino,
Einaudi, 1992, pp XXIV-453,
Venerdì 21 maggio — TORINO: Alle ore 21, presso la sala
del palazzo dell’Antico macello di Po (via M. Pescatore 7)
si tiene un incontro organizzato dal Comitato torinese per la
laicità della scuola, sul tema: Culture laiche, culture religiose, pena di morte. Intervengono Francesco Ciafaloni,
Lidia De Federicis, Stefano Giachino, Carlo Federico
Grosso, Enrico Peyretti. Coordinano Carlo Ottino e Cesare Pianciola.
Venerdì 21 maggio — SONDRIO: Alle ore 17,30, nei locali
del Centro evangelico di cultura (via Malta 16), il past.
Carlo Papacella parla sul tema: Protestantesimo e rivoluzione scientifìca.
Sabato 22 - domenica 23 maggio — AOSTA: Alle ore 21 di
sabato, nell’ambito dei festeggiamenti del «Triangle de
l’amitié», vincolo fraterno che unisce la nostra chiesa valdese con le chiese riformate di Martigny e di Chamonix, presso il palazzo regionale si apre una mostra sulla storia dei
valdesi. Il past. Roberto Romussi parlerà sul tema: I valdesi e l’Italia. Domenica, alle ore 10,30, nel salone del palazzo regionale si terrà un culto delle tre comunità riunite.
Sabato 22 maggio — TRIESTE: Alle ore 18, presso la basilica San Silvestro, il past. Aldo Comba parla sul tema: Il
Consiglio ecumenico delle chiese: convergenze e differenze nel mondo protestante.
Martedì 25 maggio — FIRENZE: Alle ore 16,30, presso la
casa di riposo «Il Gignoro» si conclude la serie di incontri
dedicati alle chiese evangeliche presenti in città. Il past.
Jùrg Kleemann parla su: La chiesa luterana.
Giovedì 27 maggio — BERGAMO: Alle ore 21, presso il
centro culturale «S. Bartolomeo» (largo Belotti 1) si tiene
un dibattito sul tema: Bergamo secolarizzata: quale impegno dei cristiani?. Partecipano il prof, don Maurizio Gervasoni, vicario episcopale per la cultura, e il prof. Francesco Tagliarini, valdese, ordinario di Diritto penale presso
la Facoltà di giurisprudenza di Bologna.
Venerdì 28 - sabato 29 maggi o — GRAVINA: Presso la
chiesa battista (via De Gasperi) si tengono due conferenze
del past. Salvatore Rapisarda (entrambe alle ore 19) sui
temi: Una fede per vivere e Talenti da investire.
Venerdì 28 maggio — TREVISO: Alle ore 17,30 al teatro
Onigo (corso del Popolo 29), il past. Eugenio Stretti parla
sul tema: Chiese evangeliche e società italiana.
L'ultimo libro dello svizzero Peter Bichsel
Moralismi graditi
Peter Bichsel (1935) è uno
degli scrittori svizzeri che
possono aspirare a svolgere
un ruolo di erede dei mostri
sacri, Friedrich Diirrenmatt e
Max Frisch, scomparsi due
anni fa a poca distanza uno
dall’altro.
Non è il solo, perché la
narrativa elvetica è attualmente ricca di nuove proposte e nuovi talenti (un altro
nome che si può fare è quello
di Thomas Hiirlimann che,
ancora più giovane, presso
Garzanti ha pubblicato Nel
parco nel ’91), ma è certo
oggi l’autore di cui più si
parla.
Protestante, maestro elementare per molti anni, si dedica ormai solo alla scrittura.
L’ultimo volume pubblicato
da noi* è una raccolta di brevi saggi, articoli, corsivi, che
stanno fra l’esercizio di osservazione di episodi curiosi
e l’apologo moralista, riflessioni sulla tradizione (e su
quanto, negativamente, le
tradizioni pesino nella cultura elvetica), sui «tempi che
cambiano», sulle abitudine
ridicole, sugli atteggiamenti
di pregiudizio.
E il caso di «Gli intenditori», in cui con garbo ma con
umorismo acuto Bichsel osserva gli atteggiamenti di
due passeggeri evidentemen
Dopo l’89. Giovani con la bandiera della Lituania a Sajudis
te spaesati al loro primo impatto con l’aereo, rispetto a
quei viaggiatori più «navigati».
Oppure è il caso di «E descrivere Soletta?», confessione sull’imbarazzo dello scrittore in vacanza, che sente intorno a sé la speranza che
scriva della cittadina turistica
di cui è ospite; è il caso delle
riflessioni sull’influenza della pubblicità.
In «Predica per gli altri»
l’autore confessa la propria
fede di credente e cita, fra
l’altro, Dorothee Solle («Essere cristiano significa avere
il diritto di diventare un altro»), in riferimento a I Samuele 10, 6 («E lo Spirito di
Jahveh ti investirà - e sarai
mutato in un altro uomo») e
all’annuncio di Giovanni 14,
16-17 («Egli vi darà un altro
Consolatore...»), per dire che
diventare un altro significa
per lui non solo «cambiare»,
ma anche evitare di diventare
«un uguale», di omologarsi...
Il discorso su Dio Bichsel
lo affronta direttamente in riferimento a Mozart nel testo
conclusivo, che dà nome al
volume.
(*) Peter Bichsel: Le piacerebbe essere stato Mozart? Milano, Marcos y Marcos, 1993,
ppl74,£ 20.000.
Libri
Sinistra: come ricominciare?
Non si possono più contare i convegni, i dibattiti, i forum in
cui politici, politologi, giornalisti, storici si prodigano a studiare l’attuale situazione della sinistra, non solo italiana; a ricercare le cause di una perdita d’identità (e allora ricominciano le
cronologie: Gorbaciov, il muro, l’89, lo sbriciolamento del
Patto di Varsavia, ecc., ripetute come litanie e banalizzate), a
intravedere i sintomi di una ripresa, o a elaborare le possibili
vie d’uscita.
Un tentativo di riunire voci diverse intorno a questo problema è quello di Giancarlo Bosetti, che in un volume collettivo*
affianca i contributi di studiosi lontanissimi fra loro come Richard Rorty e Norberto Bobbio, Ralf Dahrendorf e Salvatore
Veca, e poi Glotz, Walzer, sartori e altri.
Il merito del libro sta soprattutto nel suddividere chiaramente i vari aspetti del problema: la «crisi», le domande («che cosa è rimasto?»...), i tentativi. Il limite è l’aver riunito contributi
che risentono delle circostanze diverse fra loro per le quali sono state elaborate, anche a distanza di alcuni anni fra loro.
Il contributo più interessante, a parte l’ampia e problematica
introduzione di Bosetti, è sicuramente quello di André Gorz,
che cerca di stabilire nuove prospettive per affrontare da sinistra la questione della liberazione dal lavoro.
(*) Aavv, Sinistra punto sero. A cura di Giancarlo Bosetti. Roma,
Donzelli, 1993, pp 164, £ 18.000.
Riviste
Che cosa ancora sperare
Dopo un lungo periodo di sospensione nel corso del 1992
torna a uscire Bozze, la rivista che conta fra i collaboratori
Giancarlo Zizola, Luciano Guerzoni, Giovanni Miccoli, Raimundo Panikkar, i giuristi Luigi Ferrajoli e Valerio Onida,
rappresentanti dei movimenti pacifisti, della fondazione «Lelio
Basso per i diritti dei popoli» e diretta da Raniero La Valle.
Toma a uscire, come dice il direttore nell’editoriale, dopo un
periodo di brutali separazioni da compagni di strada come Ernesto Balducci, David Maria Turoldo, come il filosofo Italo
Mancini. Che cosa ancora sperare è il titolo monografico del
numero 1/93, datato marzo, che riunisce scritti di Piero Pratesi
(«Dopo la crisi, che cosa sperare. La caduta di un regime non è
ancora rivoluzione», sull’attuale situazione politica italiana),
Giovanni Mazzillo («L’alternativa alla guerra. La pace credibile nell’incontro con l’altro»). Brunetto Salvaran! («Il disincanto di Israele. Se Gerusalemme toma ad essere Gemsalemme»), Panikkar («Quale religione per l’Europa?»), Ferrajoli
(«Bilancio di cinque secoli. La conquista come paradigma»).
Chiude il numero un articolo del magistrato Domenico Gallo,
estremamente critico verso l’ipotesi di un esercito di mestiere
in Italia.
Bozze 93. trimestrale, anno XV, n. 1. Abbon. annuo £ 40.000 (ccp
11639705, intestato a edizioni Dedalo srl, Bari).
Tra le culture giovanili
Duel*, dal film di Spielberg, è anche titolo di una rivista dalla veste povera e dal prezzo abbordabile, inventata da un gmppo di giovani critici e autori (cinematografici e televisivi), che
si confrontano sulle tendenze, i materiali, le idee, la cultura
giovanile.
Rivista di «cinefilia», di attaccamento ai vecchi miti (come
il western), ma a condizione che li si rivisiti in sede critica, che
se ne traggano lezioni per l’oggi: è quanto avviene, per esempio, con il film di Glint Eastwood Gli spietati, recentemente
pluridecorato con vari Oscar: i vari aspetti della pellicola (regia, fotografia, uso del paesaggio, descrizione dei personaggi
femminili, ecc.) vengono analizzati da specialisti in poche, intense, righe.
Altro capitolo quello dedicato al tema della fuga nel cinema
di Gabriele Salvatores (era successo con Marrakech Express,
poi con il fortunato e sopravvalutato Mediterraneo e ora con
Puerto Escondido); ma altre fughe si impongono: e sono quelle dalla televisione «omologante» dei nostri varietà, delle risse,
della pubblicità.
Non mancano i riferimenti al fumetto e un servizio sul
«graffitismo», la pittura e le scritte sui muri delle nostre città,
le critiche alla Tv «omologante» e rassicurante di oggi
(*) Duel n. 1, maggio ’93, dir. Gianni Canova. Abbon. £ 80.000.
Duel edizioni, via P. Mascagni 3 - 00199 Roma.
14
PAG. 10 RIFORMA
venerdì 21 MAGGlOigq-^
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AMNESTY INTERNATIONAL
NOSTRI APPELLI
Nel numero del mese di
aprile del Notiziario di
Amnesty sono narrate le
storie di tre donne; donne
che si sono opposte con coraggio alla politica del governo e si sono impegnate
con fermezza per il rispetto
dei diritti umani nella vita
civile e sociale dei loro
paesi e per questo sono state arrestate, imprigionate,
anche torturate o minacciate di morte.
I lettori sono invitati a
rivolgere appelli in loro favore alle autorità dei rispettivi paesi di appartenenza:
Tunisia, Cuba, Turchia.
Nour al-Houda al-Bahri - TUNISIA
30 anni, lavoratrice
ospedaliera, attivista di un
partito di opposizione. Il 5
novembre 1992 è stata prelevata con il marito dalla
sua abitazione. Durante la
detenzione in isolamento,
sebbene incinta di 5 mesi, è
stata spogliata, picchiata e
minacciata di stupro, se
non avesse rivelato la sua
attività all’interno del partito comunista operaio tunisino. Poi è stata legata mani e piedi e sospesa a una
sbarra nella posizione del
«poulet rôti» (pollo allo
spiedo) e colpita sulle piante dei piedi. Il giorno seguente è stata rilasciata, ma
dopo 48 ore è stata di nuovo arrestata, quindi processata e condannata a 4 mesi
di carcere per «appartenenza a una organizzazione illegale» e per «raccolta di
fondi non autorizzata».
Sebbene le sia stata concessa la libertà provvisoria, è
rimasta in carcere fino al
12 gennaio ’93. È uscita di
prigione solo in seguito a
un’amnistia presidenziale.
Amnesty l’ha considerata
prigioniera per motivi di
opinione e ha chiesto alle
autorità governative un’indagine sulle torture da lei
subite.
Indirizzo per gli appelli;
Président de la République - M. Zine El Abidine
Ben Alì - Tunis!Carthage
— Tunisia.
Maria Elena Cruz Varela - CUBA
39 anni, poetessa, presidente di «Criterio alternativo». Questa organizzazione
appartiene alla «Concertation democratica cubana»,
uno dei raggruppamenti
sorti negli ultimi anni a Cuba, con lo scopo di ottenere
un cambiamento politico
generale e, in particolare, il
rispetto dei diritti sindacali
e religiosi. Maria è stata arrestata nel novembre ’91 e
condannata a due anni di
carcere per «associazione
illegale» e «diffamazione»
con l’accusa di aver scritto
dei libelli «offensivi e calunniosi», che contestavano
l’autorità dell’Assemblea
nazionale e incitavano a dimostrazioni non autorizzate. Durante la detenzione è
stata sottoposta a lunghi interrogatori da parte di
agenti dei servizi segreti.
Amnesty la considera prigioniera per motivi di opinione.
Indirizzo per gli appelli:
Su Excelencia dr. Fidel
Castro Ruz - Presidente
del Consejo del Estado Ciudad de la Habana - Cuba.
Leyla Zana - TURCHIA
Sposata, con due figli.
Parlamentare curda, eletta
nella circoscrizione di
Diyarbakir come candidata
indipendente. È iscritta al
Partito laburista popolare.
Fa parte del gruppo di parlamentari curdi, minacciati
di morte sin dall’aprile
1992. Il pubblico ministero
di Ankara sta tentando di
far loro perdere l’immunità
parlamentare, affinché possano venire sottoposti a
processo con l’accusa di
separatismo, accusa che
comporta la pena di morte.
Nella regione sudorientale
della Turchia, abitata da
una numerosa minoranza
curda, sono stati trovati volantini firmati «Guerra santa islamica-B». È un’organizzazione sconosciuta in
Turchia. Si crede che sia
stata opera dei servizi segreti. I timori per l’incolumità di Leyla sono aumentati dopo l’uccisione di sette tra giornalisti e corrispondenti di quotidiani locali, menzionati nei volantini come soggetti da colpire a morte. Amnesty chiede
alle autorità turche di garantire l’incolumità di Leyla Zana.
Indirizzo per gli appelli:
Mr. Siileyman Demirei Office of thè Prime Minister - Basbakanlik, 06573
Ankara - Turkey.
NB. Copie degli appelli
possono essere inviate alle
ambasciate dei rispettivi paesi
a Roma.
Informazione: La Conferenza mondiale Onu sui diritti
umani si svolgerà a Vienna dal
14 al 25 giugno 1993.
(a cura di
Anna Marnilo Reedtz)
' '<A^'\M0ESE DI VAUECROSIA
! CAMPOCADETTI
' ?'
date: 3-17 lugHo 1993
etì. 13-14 anni
Anche quest'anno la C»a valdese di Vallecrosia
or3ani22a il campo cadetti estivo, che avrà per tenia: «Charles Beckwith, una figura importante nella
stòria valdese». . '
i posti sono limitati, chi è interessato a partecipar? scriva al più presto a: ■
' Casisvardesc
Casella postale 45
18019 Vallecrosia (IM)
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te
lÉ
Pagina Dei Lettori
La firma dell'Intesa con la Chiesa evangelica luterana in Italia
Riscopriamo la «Confessione augustana
»
__________CARLO GAY__________
Con molto interesse abbiamo seguito la vicenda delle comunità della Chiesa luterana in Italia. Le riprese di Protestantesimo ci hanno mostrato l’Intesa e la valutazione di un protestantesimo «bilingue» da parte della
presidente del Sinodo, Hanna
Franzoi, e dell’allora presidente del Consiglio Giuliano
Amato, lieto di presenziare al
riconoscimento del «pluralismo religioso» esistente in
Italia.
Due cose ci hanno colpito
in modo particolare: la menzione della Confessione augustana e il ruolo delle donne
tedesche, che hanno deciso di
vivere con i loro figli la loro
esperienza di fede in Italia.
La Confessione augustana
è indicata come la Carta teologica della Chiesa luterana.
Il testo ne è stato pubblicato
dalla Claudiana nel 1980*.
La rivalutazione delle Confessioni della Riforma avvenne sull’onda postbellica
di queste «bandiere» delle
chiese per una definizione
più esatta della fede, insieme
ai classici catechismi di Lutero e Calvino: una definizione più densa dei massicci
trattati teologici, più specifica sia nei confronti del cattolicesimo sia di fronte alle
correnti facenti capo all’anabattismo.
Il lavoro fu felicemente ripartito fra Giorgio Tourn
(commento), Attilio Agnoletto (che si occupa contemporaneamente degli scritti di
Melantone), Paolo Ricca
(analisi ecumenica), Ugo Gastaldi (analisi delle idee degli
anabattisti e dei loro fraintendimenti da parte degli
evangelici), Jiirg Kleemann
(analisi del senso «cattolico»
del documento).
Felice fu l’opera della
Claudiana per le nostre chiese e felice è stata la scelta dei
nostri amici-fratelli luterani.
Perché?
DALLA PRIMA PAGINA
1) l’Augustana è stata
scritta da Melantone e presentata all’imperatore Carlo
V durante la Dieta di Augusta nel 1530. È il biglietto da
visita di fronte allo stato, allora rappresentato appunto
dall’imperatore.
2) rAugustana è il documento dell’area luterana europea prima della frammentazione del denominazionalismo: sarà la bandiera teologica della Scandinavia, dell’
Estonia, della Polonia, della
Cecoslovacchia, dell’Austria,
della Germania, dell’Ungheria. Quando le comunità di
Fiume e Abbazia furono affidate alla Chiesa valdese, la
condizione fu l’impegno a
educare i figli dei luterani
con il Catechismo di Lutero
e i figli dei riformati con il
Catechismo di Calvino. Le
chiese erano e sono così designate: Chiesa evangelica
della Confessione augustana
e della Helvetica; binomio ritrovato a Trieste, Pola, Budapest, Vienna, Milano, Roma,
Messina, un binomio durato
per secoli in un avvicinamento non sempre conciliativo dall’Alsazia al Palatinato,
al Brandeburgo, ecc., finché
l’ecumenismo ci porta alla
Concordia di Leuenberg,
cioè a una «comunione» nella predicazione dell’Evangelo e nell’amministrazione dei
sacramenti.
3) tutte le confessioni teologiche evangeliche europee
nascono dopo l’Augustana e
ne esprimono la continuità.
Le comunità della Celi non
sono nate in Italia, ma qui vivono oggi. Bene ha fatto la
signora Franzoi a dare al presidente Amato la Lettera di
Lutero ai veneziani del 1543.
Da allora in tante città del
Nord Italia, le comunità (non
solo i singoli) vivono nella
clandestinità ricevendo i libri
di Lutero, che è contrario a
una «denominazione» personale.
Venezia significava allora
la possibilità di una penetra
Melantone (a sinistra) consegna il testo della Confessione augustana
perché sia letto alla presenza dell’imperatore e della Dieta. Nello sfondo
sono raffigurati alcuni momenti del culto evangelico.
zione evangelica nel nostro
paese e fin nella Dalmazia.
L’Augustana è il biglietto da
visita della Celi e della Federazione: finalmente «unite»
potranno presentarsi all’Europa.
4) l’Augustana indica la linea nei confronti del mondo
cattolico-romano. È divisa in
due parti: nella prima le chiese confessano l’Evangelo
con tutta la realtà medievale,
con i vari simboli (Nicea,
Costantinopoli, ecc.); nella
seconda sono elencati gli
«abusi che sono stati corretti».
Con semplicità d’animo
r Augustana richiama i cattolici alla nuova e antica linea
di demarcazione della giustificazione per fede. Tanto più
chiaramente i luterani rifiuteranno le «novità cattoliche»
dell’infallibilità papale e gli
sviluppi della teologia e della
devozione mariana, come e
EX JUGOSLAVIA: L'ILLUSIONE DELLA PACE
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già oggetto di minacce di attentati terroristici e di attacchi missilistici.
È pura follia il voler giustificare un intervento armato a
salvaguardia di questo o di
quello. E sempre stato assurdo, e lo è ancor di più oggi,
il voler tracciare una linea
netta che separi le ragioni dai
torti, gli aggressori dagli aggrediti in una situazione nella quale tutti sono l’uno e
l’altro e, soprattutto, dove la
guerra è sentita come un dovere ineluttabile. Stupisce
perciò la improvvida presa di
posizione dell’episcopato
americano che pone le basi
morali per giustificare tale
azione. La tecnica di combattere un incendio con l’uso
del fuoco è certamente possibile ma bisogna chiedersi se
non risulterà più devastante
dell’incendio stesso.
Ciò che andava fatto, iso
lare tutti i contendenti in
campo con dure sanzioni,
economiche e politiche, con
un rigoroso embargo, non è
stato fatto in tempo. Privilegiando alcuni si sono inaspriti altri, posando sul loro
capo l’aureola del martirio.
Ora non resta altra via se
non quella di chiudere tutte
la parti belligeranti dell’ex
Jugoslavia in un isolamento
assoluto finché, consumate
le risorse militari disponibili
la stanchezza, la fame, la
crescente devastazione riconducano alla ragione ciò
che oggi è solo folle passione nazionalistica. Per farlo
bisognerà tenere sullo stesso
piano Zagabria e Belgrado,
Mostar e Sarajevo, musulmani, croati e serbi.
Per farlo è necessario dare
sostegno morale alle esigue
forze d’opposizione ovunque
osteggiate. Per farlo è neces
Per la pubblicità su RIFORMA
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g Tele Radio Stampa s.r.i.
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sario che le Nazioni Unite
dicano in modo chiaro ai
contendenti che nessuna ragione storica, morale, economica può giustificare tale
follia e che la scelta del futuro di quelle terre e di quelle
popolazioni è posta prima di
tutto nelle mani degli ex Jugoslavi. La storia insegna
che non si può imporre la pace a chi non la vuole.
Scrivevo più di un anno fa
che questa pazzesca guerra
non l’avrebbe vinta nessuno.
Così penso ancora davanti al
fanatismo che leggo e sento
nei capi e nella gente comune, persino nei vecchi, nelle
donne e nei bambini. L’altro,
chiunque esso sia, è il demonio, il nemico da distruggere
e basta.
L’altro è colui che ha tutti
i torti. Con lui non si deve
discutere, bisogna cacciarlo
via e, se non se ne va, bisogna ucciderlo. La determinazione che animò nel 1944-45
la lotta al nazifascismo oggi
si è ritorta contro questi popoli e la parola libertà è diventata null’altro che uno
slogan mostruoso che irride
le centinaia di migliaja di
vittime, di orfani e di vedove. Quella parola che croati,
bosniaci e serbi pronunciano
nello stesso modo.
con i riformati e con tutti gli
anglicani e con tutta l’ortodossia, cioè con i «confederati» del Consiglio ecumenico delle chiese.
5) la Celi è membro della
Federazione mondiale luterana, la federazione meglio organizzata nel quadro del Cec
stesso; una federazione che
abbraccia le chiese degli Stati Uniti, dell’America Latina,
dell’Australia, dell’Africa e
dell’Asia. L’Alleanza riformata mondiale è il fratello
«povero» anche se, probabilmente, più intimamente con:
nesso con il Consiglio ecumenico.
Ma, terminando questa disanima con l’invito alla rimeditazione dell’Augustana,
mi sia concessa una nota particolare: la Celi ha affidato a
una sorella il compito di una
«rappresentanza» non secondaria, affidatale da queste tedesche che, dal dopoguerra,
hanno sposato degli italiani,
hanno costituito delle famiglie, hanno avuto dei figli in
Italia.
Non è sempre facile convivere con la nostra cultura italiana, con la suocera italiana,
con l’educazione italiana.
Non è facile vivere oggi in
una famiglia, nella crisi delle
moderne istituzioni. Non esiste soltanto la realtà chiesa:
esistono i partiti, le associazioni culturali; esiste, come
in ogni altro paese, il problema dell’aggregazione, dell’
accoglienza.
Le comunità straniere hanno in Italia questa funzione e
la loro vocazione si estende
oggi anche alle famiglie africane e asiatiche, come vediamo nelle nostre comunità segnate dall’inserimento degù
immigrati.
In questa trasmigrazione di
popoli la chiesa ritrova uno
dei suoi compiti nell’integrazione fraterna. Non basta allo
«straniero» diventare «cittadino» di uno stato; solo in
Cristo lo straniero diventa
concittadino dei santi e
membro della famiglia di
Dio (Efesini 4, 19).
Vivere una valida «anagrafe ecclesiastica» è anche la
vocazione della Celi.
(*) Chi voglia approfondire
l’argomento può leggere La
confessione augustana del l53ù
Versione di M. R. Serafini,
commento a cura di Giorgio
Toum, introduzioni di A. Agnoletto, M. Cassese, U. Gastaldi, JKleemann, P. Ricca. Torino,
Claudiana, 1980, pp
£ 12.000.
15
venerdì 21 MAGGIO 1993
Pagina Dei Lettori^
PAG. 1 1 RIFORMA
L'anatema
del papa
Scrivo non preso dall’ira
ma dal disgusto. Il vescovo di
Roma in viaggio in Sicilia grida visceralmente alcuni luoghi comuni contro la mafia e
subito tutti i mass media cattolici e laici, ideologici o meno riportano con gran rumore
«l’anatema del papa». Non
parlo da anticlericale (ché anzi trovo patetico certo anticlericalismo ottocentesco serpeggiante ancora nelle nostre
chiese) ma da semplice cittadino che valuta razionalmente
la storia e gli eventi contemporanei del nostro paese e
che, per scelta individuale, da
diversi anni ha deciso di fare
un cammino spirituale nell’
area della Riforma. È possibile che gli opinionisti più attenti rimangano talmente colpiti fino a leggere politicamente le affermazioni in stentato italiano d’un papa che afferma l’impossibilità per un
popolo cattolico e cristiano di
sopportare la mafia?
Aderire a una chiesa (qualunque essa sia) fa cristiani e
dunque coerentemente antimafiosi? Il cristianesimo è
una religione o una personale
adesione al paradosso della
croce, con il connesso cammino per strade strette, sopportando un giogo che, anche se
leggero per chi crede, è pur
sempre un peso? E poi, quale
lucidità o profondità di analisi
si riscontra nella presa di posizione antimafiosa del vescovo di Roma? Coraggioso e lucido sarebbe stato il denunciare la subcultura maliosa che
tutti respiriamo. Il Nord come
il Sud, da Tangentopoli alle
cosche palermitane. Coraggiosa sarebbe stata l’autocritica personale del papa e, attraverso il papa, della Chiesa
cattolica quale istituzione, da
Costantino in poi sempre
compromessa col potere, sempre intrecciata col principio di
dominio (questo sì di matrice
satanica...: «Ti darò tutta questa potenza e la gloria di que
MINI ABBONAMENTI
Avete mai pensato di regalare un abbonamento in occasione di un battesimo, di
un matrimonio, di un anniversario di un
vostro parente, di un vostro conoscente?
Avete mai pensato di abbonare un/a
collega di lavoro o un/a amico/a, con cui
discutete spesso di religione, delle differenze che esistono tra gli evangelici e con
le altre confessioni religiose?
Avete mai pensato che sarebbe bello
che la biblioteca della vostra città, del
quartiere, il Centro di incontro per anziani,
il comitato di quartiere, l’associazione che
frequentate o che frequentano i vostri figli,
fossero abbonati a Riforma (e a L’eco
delle valli valdesi)?
Oggi è possibile !
Il Consiglio di amministrazione delle
Edizioni protestanti (l’impresa editrice di
Riforma e de L’Eco delle valli valdesi) ha
deciso di lanciare l’operazione mini abbonamenti (mini nel prezzò I) e di proporre
a tutti coloro che si abbonano e che abbonano conoscenti, istituti, enti, biblioteche
un'offerta speciale :
L’abbonamento, di qui alia fine dell’anno ’93, costerà solo 30.000 mila lire
L’abbonamento di qui ai dicembre
1994 costerà 90.000 mila lire
Per abbonarsi è sufficiente compilare il
ccp n. 14548101 intestato a Edizioni protestanti srl, via S. Pio V 15 bis, 10125
Torino, specificando nella causale «mini
abbonamento per... (indirizzo completo)»
Offerta valida fino al 30 giugno 1993
sti regni perché essa m’è stata
data e la dò a chi voglio [...]».
Gesù rispose: «Sta scritto:
Adora il signore tuo Dio ed a
lui solo rendi il tuo culto»),
come il caso AmbrosianoCalvi docet; come ci insegna
altresì la piduistica «messa in
sonno» di Marcinkus, strategicamente fatto dimenticare dal
Vaticano in un piccolo angolo
d’America.
E i nostri intellettuali ex comunisti, ex laici, ex liberal, ex
illuministi, ex tutto plaudono
alla forza politica del messaggio, alla forza profetica (sic!)
del papa (ah, la grandezza
«cristiana» di Gandhi, di M.
L. King!), mentre la Gei per
bocca di Ruini (eterno trionfo
del reale potere curiale) ripropone la necessità di un partito
democratico cristiano anche
se rinnovato da quel gran trasformatore (trasformista?) di
Martinazzoli. E così, con
qualche parola di rabbia, qualche rossore collerico (ma del
papa, perbacco!) andiamo a
sconfiggere la mafia mentre
un cattolicesimo «mille cose»
continua a gestire negli strati
più umili della società una religiosità magico-pagana (bisognerebbe rimeditare a livello
antropologico gli apporti culturali di una certa religiosità
al modo di sentire mafioso) ed
in quelli più «in» Tetemo dibattito teologico su cattolicesimo e modernità e sui nuovi
dieci comandamenti, mentre il
Riforma
Via Pio V, 15 -10125 Torino - tei. 011/655278 - fax 011/657542
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Peyrot, Gian Paoio Ricco, Giancario Rinaidi, Fuivio Rocco, Marco Rostan,
Piervaido Rostan, Marco Scheiienbaum, Florence Vinti, Raffaele Volpe
GARANTI: Franca Long, Andrea Mannucci, Mario Marziale, Fulvio Rocco,
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Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con il n. 176 del 1° gennaio 1951, responsabile Franco Giampiccoli. Le
modifiche sono state registrate con ordinanza in data 5 marzo 1993.
Nella foto di prima pagina: soldato serbo-bosniaco bacia la bandiera.
popolo di Dio muore nell’
ignoranza.
E infine, come mai attraverso «Riforma» non iniziate un
dibattito meno diplomatico,
meno ipocrita su questi temi?
Dialogo ecumenico verso il
popolo cattolico o verso queste istituzioni di potere? Mi
sembra a volte di rivedere, a
livello ecclesiale, lo stesso errore che a livello politico fece
(e fa) il togliattismo in merito
alla strategia di avvicinamento alla cultura cattolica e ai
cattolici; infatti in alcune
realtà territoriali noi «puritani» non moralisti (Bouchard)
rischiamo, specie al Sud, di rimanere vere e proprie diaspore mentre le masse cattoliche,
galvanizzate dal «rappresentante di Cristo», si rafforzano
sempre di più nella venerazione magica d’un uomo (quei
baciamano, quegli inchini e
genuflessioni!) che è soprattutto un capo politico di una
chiesa dalle grandi colpe storiche.
E mentre fra «santini» del
papa ed esorcismi socio-psicologici le coscienze continuano a rimanere addormentate, si allontana sempre più il
senso etico-teologico che fu di
Lutero e Calvino, nonché di
qualche buona fetta dell’anabattismo, basato sulla scelta
personale, sull’imperativo
morale, sul cambiamento della persona (qui, con l’aiuto
dello Spirito di Dio, avviene
la vera rivoluzione, prima che
nella società), sul radicale e
cristiano «sì sì, no no», sul radicale e cristiano rifiuto dei
sepolcri imbiancati.
Fraterni saluti
Rosario Cinà
(comunità valdese metodista di Palermo)
Controllate
le fonti!
Il lavoro di ogni giornalista, o aspirante tale, è anche
quello di controllare le fonti
usate dai collaboratori nell’
inviare i «pezzi» in redazione.
Alcuni lettori ci hanno
scritto segnalando gravi errori in cui siamo incorsi.
L’avvocato Alfredo Guarino di Napoli osserva che
nell’articolo di Mimmo Guaragna dal titolo A Napoli mani
pulite apparso sul numero del
26 febbraio si afferma: «Parlando di un magistrato defunto, che ho personalmente conosciuto per ragioni di lavoro,
che l’inchiesta sul voto di
scambio si è potuta avviare
grazie alla “uscita di scena del
procuratore presso la Pretura,
il quale (conoscendo la sua
subalternità al potere) avrebbe
senz’altro avocato a sé gli atti,
per insabbiare’’. Non conoscendo a quali fonti informative qualificate abbia attinto le
sue notizie l’articolista - nota
ancora Guarino -e se abbia
investigato nelle sedi giudiziarie, ove il dr. Coppola,
uscito dalla scena della vita,
ha svolto la sua funzione di
magistrato... [Neanche nel
tempo dei più accesi conflitti
di religione si giunse a processare i morti per quello che
avrebbero fatto, se fossero sopravvissuti]».
«... bisogna rifuggire - continua l’avv. Guarino - dall’
usare gli strumenti del processo penale come strumenti di
lotta politica. Le responsabilità penali vanno accertate e
perseguite senza esenzioni e
privilegi, nel rispetto del principio costituzionale dell’uguaglianza; i processi, tuttavia,
devono potersi svolgere nel rispetto delle norme costituzionali che disciplinano la presunzione di non colpevolezza
e il trattamento relativo alla
espiazione della pena...
Anche la giustizia, quando
reclamata in forma acritica da
folle vocianti, che anelano alla vendetta passionale più che
all’accertamento sereno e ragionato dei fatti, può divenire
un idolo pagano (...)
Mi auguro che il protestantesimo italiano sia alla guida
del processo di rirmovamento
politico e riscatto morale del
nostro popolo, nella saldezza
rigorosa dei propri valori e
principi, ma anche nella sobrietà delle forme espressive e
comunicative del proprio
messaggio».
Che dire? Semplicemente
che ha ragione e che accettiamo la tirata di orecchi.
Poi ci sono stati altri errori.
Maria Papapietro nota che
nel n.7/93 abbiamo scambiato
la chiesa battista di Matera
per quella di Gravina.
Il pastore Franco Carri osserva che nel n.l6 di Riforma
e dell’allegato Notiziario Fgei
viene riportata in modo completamente differente la stessa
notizia. Su Riforma si dice
che il convegno Fgei su Mezzogiorno tra fatalismo e riscatto si è svolto a Bari, sul
Notiziario viene scritto che il
convegno si è svolto a Mottola. In realtà il convegno si è
svolto a Cerignola. Lamenta
poi il pastore Carri che non si
è data notizia di un importante
avvenimento che si è svolto
all’interno del convegno:
l’animazione su Nord - Sud e
il vento della lega animato da
Simonpietro Marchese della
Chiesa valdese di Bergamo e
che non si è messa in rilievo
l’ospitalità offerta dalla chiesa
di Cerignola.
Virginia Mariani di Mottola
si lamenta per il taglio operato
dalla redazione che ha reso incomprensibile il suo articolo
(Cronaca a pagina 5 del n. 12
relativa alla chiesa di Mottola)
e parla di «manomissione
giornalistica» e ci invita a non
stravolgere le fonti.
Infine il pastore Claudio
Martelli lamenta il fatto che il
redattore che ha scritto il
«pezzo» sul Sinodo luterano
(pag. 1 del numero 19) abbia
omesso «la presenza e l’intervento del rappresentante
dell’Opcemi»
Questi, ed altri ( a proposito avete notato che il n. 18 del
7 maggio era datato 30 maggio? ), sono spiacevoli errori a
cui cercheremo di porre rimedio. Non vale come scusa, ma
siamo in pochi a confezionare
materialmente ogni numero....
Giorgio Gardioi
Botta
e risposta
Domenica 18 aprile su Raitre, quasi in concomitanza
con «Protestantesimo» (ed è
scelta alquanto difficile, anche se solo quindicinale) è
andato in onda «Babele», trasmissione condotta, con la
consueta intelligente professionalità, da Corrado Augias.
Come molti ricorderanno,
spunto per una discussione è
stato il libro di Giordano Bruno Guerri «Gli italiani sotto
la Chiesa». Tra gli ospiti
Gianni Baget Bozzo, noto
opinionista anche di «Panorama», deputato socialista a
Strasburgo e sacerdote cattolico.
Fra gli interessanti argomenti trattati, don Baget Bozzo ha indicato il cattolicesimo
come religione dell’amore,
mentre il protestantesimo (ricordato da altri intervenuti
per le positive esperienze storiche di altri paesi), secondo
il Baget Bozzo è la religione
del Giudizio, come dimostrerebbero anche gli alti e incombenti pulpiti delle chiese
evangeliche.
A fronte di simili affermazioni che mi hanno profondamente stupito per la superfi
cialità e, al massimo, indice
dei consueti «luoghi comuni»
di certo nostro cattolicesimo
privo di una sia pur modesta
indagine teologica, ho scritto
a Corrado Augias invitandolo, in casi eventualmente analoghi, a integrare gli intervenuti con rappresentanti delle
nostre chiese, al fine di consentire un dialogo di tenore
diverso.
Ecco la risposta:
Gentile dr. Canè,
ho letto con interesse la
Sua lettera, posso soltanto
dirle che ha ragione. Se dovessimo tornare sull’argomento terremo a mente il suo
consiglio.
Grazie, cordialmente,
Corrado Augias, Roma.
Alberto Canè
S. Lazzaro di Savena (Bo)
RINGRAZIAMENTO
il marito, la figlia e i familiari
tutti della compianta
Marta Berton Negrin
commossi e riconoscenti per la
grande dimostrazione di stima e
di affetto tributata alla loro cara,
nell’impossibilità di farlo singolarmente, ringraziano di cuore tutte
le gentili persone che con fiori,
parole di conforto, scritti e presenza hanno voluto essere loro
vicini in questa triste circostanza.
Bobbio Penice, 19 maggio 1993
I necrologi si accettano
entro le ore 9 del lunedì.
Telefonare al numero
011-655278 - fax 011657542.
FONDO DI SOLIDARIETÀ
UN NUOVO PROGETTO
Nel pubblicare l’elenco
dei doni pervenuti nei mesi
di marzo e aprile, comunichiamo di aver raggiunto
l’obiettivo di £ 5 milioni a
favore della ricostruzione
della Chiesa evangelica
riformata di Tsiroanomandidy in Madagascar, incendiata dalla dittatura a scopo
intimidatorio. Provvediamo
pertanto a inoltrare detta cifra, che contabilizzeremo
quando ci verrà addebitata.
Rimane sempre aperta
l’altra iniziativa, e cioè la
Cooperativa agro-pastorale
di Kansounkpa in Benin
(Africa), progetto a cura
della locale gioventù metodista volto da un lato a favorire l’occupazione e la
lotta alla fame e, dall’altro,
a costituire una guida per
gli abitanti della regione
sulle tecniche agricole e di
allevamento di bestiame (attualmente disponiamo di
circa £ 3.500.000).
È anche accantonata una
piccola somma di £ 500.000
quale Fondo di emergenza,
da incrementare successivamente, che ci consenta di
intervenire con una certa
sollecitudine a fronte di calamità naturali o umane.
Proponiamo ora ai lettori
una nuova iniziativa che ci
viene segnalata da parte
battista. Si tratta dell’appello di un gruppo di nigeriani
che vivono fra Mestre e Rovigo e che sono bene inseriti nella Chiesa battista di
quest’ultima città. Questi
fratelli in fede che non dimenticano le loro radici, anche se parecchi di loro rimarranno per sempre nel
nostro paese, sono membri
dell'Unione per la lettura
della Bibbia di Ngwo (Nigeria), un organismo a carattere interdenominaziona
le che si riunisce presso una
scuola elementare.
Il gruppo è stato fondato
nel 1971 e si è sempre impegnato nell’evangelizzazione in villaggi e città in
zone difficili. Ora hanno
avuto in dono un terreno
edificabile sul quale vorrebbero costruire un edificiosala per riunioni, incontri e
seminari, ma i mezzi economici sono molto scarsi.
Questi fratelli scrivono:
abbiamo bisogno delle vostre preghiere ma anche di
un sostegno finanziario per
realizzare questo progetto,
che ci consenta di diffondere sempre di più l’Evangelo
in quelle zone.
Mentre ci riserviamo di
far seguire ulteriori informazioni, attendiamo una
buona risposta dei lettori e
ricordiamo che i doni vanno
inviati al conto corrente postale n. 11234101 intestato
a La luce - Fondo di solidarietà, via Pio V 15 10125 Torino.
OFFERTE PERVENUTE IN
MARZO E APRILE
£ 1.500.000 - Italo e Giuliana
Eynard.
1.000.000 - Chiesa valdese di
Pinerolo.
500.000 - Anna e Bruno Ricca.
300.000 - Paola Rendina.
200.000 - Olga Bragaglia.
100.000 - Giuseppe Di Gesù
(in memoria di sua cugina Lilla); Mirella Argentieri Bein;
Delia Fontana; A.C.
75.000 - NN Verbania (3
vers.).
50.000 - Loris De Gaspari; Davide Csermely; NN Pinerolo.
40.000 - Anonimo veneziano.
30.000 - Kim Pastorino.
Totale £4.195.000
Totale precedente £ 4.841.999
In cassa £ 9.036.999
16
PAG. 1 2
RIFORMA
VENERDÌ 21 MAGG10199.-^
Torino: dibattito sulle prospettive del nuovo stato dopo il referendum del 25 aprile Colmar: primo seminario di «Eurodiaconia.:
Il futuro della nuova Eritrea inizia nella gioia
CESARE MILANESCHI
Quale futuro per l’Eritrea
dopo il referendum del
25 aprile scorso, che sancì
l’indipendenza del paese con
un consenso plebiscitario del
99,8% dei suffragi?
Se lo sono chiesto a Torino
lo storico Angelo del Boca, il
giornalista dell’Ansa Stefano
Poscia, il pastore Bruno Tron
e Salomon Kinfe, che sostituiva il delegato del governo
provvisorio eritreo, Andemicael Cahsai.
Del Boca ha ripercorso la
storia dell’Eritrea e le responsabilità dell’Italia nei
suoi confronti. Infatti l’Eritrea che ora ha sancito la propria indipendenza è stata
disegnata nei suoi confini oltre un secolo fa dalla colonizzazione italiana.
Ma il nostro paese, finita la
colonizzazione, ha ignorato
la causa deH’Eritrea e l’ha lasciata a se stessa anche dopo
la violazione del patto federativo con l’Etiopia da parte
di Hailé Selassié, che avvenne nel 1960.
Fino ad oggi la richiesta di
autonomia e di indipendenza
degli eritrei fu considerata,
da parte delle autorità italiane, alla stregua di un qualsiasi movimento secessionista.
Solo nel 1989 si cominciò a
ritenere che il Fronte di liberazione esprimesse veramente la volontà del popolo eritreo, e non fosse solo un
esercito di ribelli.
Dopo la vittoria del Fronte,
nel maggio 1991, è stato riaperto il Consolato italiano ad
Asmara, che era stato chiuso
nel 1982, in conseguenza di
un contratto di cooperazione
con il governo etiopico del
colonnello Menghistu Hailé
Mariam.
Nel gennaio 1992 il governo italiano varò un piano di
cooperazione per la somma
di cento miliardi di lire verso
Asmara (Eritrea): celebrazione della liberazione nelle vie della capitale
il nuovo stato.
Tuttavia, allorché il presidente del governo provvisorio, Isaias Afeworki, venne in
Italia qualche mese dopo,
l’allora ministro degli Esteri
De Michelis gli disse che il
governo italiano non poteva
attuare il piano progettato
perché l’Eritrea non era ancora uno stato indipendente.
Negli ultimi tempi, visto il
risultato del referendum,
l’Italia si è affrettata per avere la priorità assoluta nel riconoscere il nuovo stato fra
tutti i paesi del mondo. Gli
eritrei da parte loro, dopo una
lunga lotta di resistenza, fin
dal 1980 avevano trovato sostegni sufficienti a livello intemazionale. Ora hanno vissuto l’avvenimento con grande partecipazione.
Come ha riferito il pastore
Bruno Tron, sebbene ci fossero tre giorni di tempo per le
votazioni, dal venerdì 23
aprile alla domenica 25, in
molte località la gente aveva
già completato la votazione
al termine della prima gioma
A*« I j»r-i «iL.
ta, fra canti di gioia e danze.
Nella coscienza del popolo
eritreo non c’era bisogno né
del referendum né di altri
strumenti di verifica, perché
l’orientamento generale era
più che chiaro. Una donna
che aveva perso tre figli in
guerra disse, al momento del
voto: «Ora voto per il primo
figlio; vorrei altri due referendum per affermare nuovamente la loro volontà col
mio voto».
L’episodio è emblematico
del clima che si viveva nei
giorni del referendum e che
si vive tuttora in vista della
proclamazione ufficiale
dell’indipendenza il prossimo
24 maggio, nel secondo anniversario della vittoria del
Fronte Popolare.
Secondo quanto ha affermato Salomon Kinfe ora il
Fronte si scioglierà, nella sua
qualità di formazione militare, per trasformarsi in una
forza politica che agirà con
metodi e strutture democratici.
Si tratta ora di «portare il
popolo eritreo all’unità rispettando le sue diversità»,
come ha osservato Stefano
Poscia.
Per un paese che è per
metà cristiano e metà musulmano, con notevoli diversificazioni all’interno dei due
settori, la democrazia e il
pluralismo sono fattori
imprescindibili nella vita civile.
Da parte italiana, data l’urgenza di alcuni interventi,
dovrebbe continuare l’opera
dei Comitati di solidarietà, i
quali hanno sostituito il governo negli interventi concreti e hanno dato un apporto
concreto e indispensabile, anche se limitato ad alcuni
obiettivi di maggiore urgenza.
Il Comitato di Torino, per
esempio, nel periodo che va
dalla fine della guerra ad oggi ha raccolto circa un miliardo di lire a questo scopo,
e la campagna per le adozioni
a distanza di bambini eritrei
prosegue con risultati incoraggianti.
Bosnia: durissima presa di posizione anti serba da parte del Congresso ebraico americano
Ebrei americani: lettera aperta a Bill Clinton
Il 20 aprile scorso il New
York Times ha pubblicato la
seguente lettera aperta a Bill
Clinton, redatta dal presidente e dal direttore del Congresso ebraico americano:
Caro Signor Presidente, è
da amici che le scriviamo questa lettera aperta. La
sua presidenza ha dato nuova
speranza e vitalità alla nostra
nazione e al mondo. Lei ci ha
sfidati ad essere all’altezza
dei nostri ideali, non a soccombere alle nostre paure.
Purtroppo, il coraggio e il
pudore che hanno caratterizzato il suo approccio alle
sfide della nazione sul piano
interno non hanno trovato alcuna eco nella nostra risposta
alla massiccia aggressione e
brutalità dei serbi nei Balcani. Sappiamo che lei è tormentato dall’aggressione serba e che ha raccomandato un
inasprimento delle sanzioni e
la creazione di una «no-fly
zone». Ma, come dimostra il
tremendo bombardamento di
Srebrenica e di Sarajevo, è
chiaro che queste misure non
fermeranno il massacro.
Slobodan Milosevic, presidente della Serbia, l’ha ringraziata sarcasticamente per
il suo non intervento nella
carneficina. Lui e i suoi alleati serbi in Bosnia credono che
l’America abbia dato loro il
via (i leader europei lo hanno
dato molto tempo prima), e
hanno ripreso il loro assalto
contro Srebrenica e Sarajevo
con sfrenata brutalità e furore.
Osservando le atrocità commesse dai serbi Larry Hollingworth, l’anziano ufficiale
dell’Onu rifugiato a Sarajevo,
ha detto dei serbi: «Spero che
il loro sonno sia turbato dalle
urla dei bambini e dalle grida
delle loro madri». Ma quanto
a noi. Signor Presidente? Il
nostro sonno è interrotto dalle
urla dei bambini e dalle grida
delle loro madri?
La questione del perché il
mondo non fece nulla per prevenire l’Olocausto ha ossessionato il mondo civilizzato.
Ora conosciamo la tragica risposta a questa domanda. È
per la stessa ragione per cui il
mondo non sta facendo nulla,
e noi in America non stiamo
facendo nulla, per fermare la
pulizia etnica, lo stupro sistematico di donne e di ragazze, il massacro di innocenti,
oltraggi che ora stanno assumendo proporzioni da genocidio.
Sono stati la vigliaccheria,
l’insensibilità e il massiccio
cedimento morale del mondo
occidentale a rendere possibile l’Olocausto. Non abbiamo davvero imparato nulla da
quella esperienza?
La nazione più patente del
mondo, l’unica superpotenza,
è proprio impotente di fronte
alla brutale aggressione serba? Alcuni sostengono che è
così. Ma Lei stesso. Signor
Presidente, ha affermato in
modo persuasivo, durante la
campagna elettorale, che fermare l’aggressione serba non
implica l’invio di grandi truppe di terra. Ha sostenuto che
gli attacchi aerei, la fine dell’
embargo sugli armamenti nei
confronti dei musulmani bosniaci, ed altre misure limitate possono contrastare effettivamente il peggio dell’aggressione serba.
Nel corso di questo mese ci
sarà in tutto il mondo la commemorazione dei sei milioni
di ebrei morti nell’Olocausto,
vittime dell’indifferenza del
mondo non meno che della
brutalità nazista.
Lei, Signor Presidente,
parteciperà personalmente
all’inaugurazione di un nuovo museo in memoria dell’
Olocausto. Se il ricordo di
queste vittime non ci spinge a
rispondere alle sofferenze e
alla persecuzione nel tempo
presente, a che cosa serve la
memoria?
Se non riusciamo a prendere la decisione di fermare la
carneficina in Bosnia, almeno
non impediamo ai musulmani
bosniaci di difendere se stessi. Signor Presidente, ponga
fine subito all’embargo sugli
armamenti!
I suoi stessi esperti, appena
rientrati dalla Bosnia, le hanno consigliato di porre fine
all’embargo. Le hanno chiesto inoltre di intervenire militarmente per proteggere le
città sotto assedio, piene di
profughi sopravvissuti che
hanno già sofferto al di là di
ogni sopportazione umana, e
per proteggere i convogli alimentari a favore di questa
gente che muore di fame.
Ascolti i loro consigli. Signor
Presidente!
II New York Times del 20
marzo riferisce di una bambina portata all’ospedale di Srebrenica, con la parte inferiore
del viso strappata da una
bomba serba. «Devo confessare che tutti abbiamo sperato
e pregato che lei morisse»,
disse un ufficiale dell’Onu,
«ed effettivamente è morta».
Questo è proprio il meglio
che possiamo fare. Signor
Presidente? Dobbiamo pregare che tutti i musulmani di
Bosnia muoiano?
Come ha spesso detto. Signor Presidente, possiamo fare di meglio. E secondo le parole del saggio Hillel, «se non
ora, quando?».
Henry Siegman, direttore
esecutivo
Robert K. Lifton, presidente
Quale diaconia per gli
esclusi della società?
JEAN-JACQUES PEYBONEL
Disoccupazione, immigrazione extracomunitaria,
nuova povertà, esclusione sociale, isolamento, droga, disagio psichico, razzismo,
violenza: queste sono alcune
delle emergenze drammatiche che caratterizzano l’insieme delle grandi città
dell’Europa contemporanea.
Un’Europa senza più barriere
doganali ma con crescenti
barriere sociali e culturali che
un po’ dovunque creano nuovi ghetti.
Di fronte a questa situazione, i poteri pubblici oscillano
tra repressione e tentativi di
prevenzione, a seconda degli
umori dell’opinione pubblica, sempre più esasperata.
Ma come reagiscono le nostre chiese? Quale diaconia
mettono in atto per cercare di
rispondere alle grida di disperazione che si levano dalle nostre città?
Il primo seminario europeo
sulla diaconia, organizzato da
«Eurodiaconia» con il contributo della Commissione delle Comunità europee, che si è
svolto a Colmar (Francia) dal
4 al 6 maggio, ha voluto essere un primo tentativo di
confrontare le nostre esperienze diaconali in questo
campo. Vi ha partecipato una
settantina di persone provenienti da undici paesi europei
(compresa la ex Cecoslovacchia), tutte impegnate nella
diaconia evangelica delle loro rispettive chiese.
Accolti magnificamente
dall’associazione diaconale
«Espoir», fondata 20 anni fa
dal pastore Bernard Rodenstein, attuale presidente
deU’«Entraide protestante»
francese, si è entrati subito
nel vivo dell’argomento, dopo un’introduzione a più voci
fatta da due esponenti del
settore pubblico (un responsabile della Commissione europea e un membro del
Comitato francese interministeriale per i problemi urbani) e da due operatori diaconali (un teologo olandese
impegnato in un lavoro di base in un quartiere operaio e
un pedagogo del Diakonisches Werk del Wiirttemberg
a Stoccarda).
Il seminario, centrato sulle
strutture urbane e i problemi
sociali, intendeva esaminare
appunto l’articolazione esistente tra l’azione pubblica e
l’azione privata, tenendo
conto che negli ultimi decenni il peso politico delle nostre
chiese in Europa è notevolmente diminuito.
Tre gruppi di lavoro hanno
poi cercato di approfondire
alcuni problemi scottanti: povertà e isolamento, violenza,
disoccupazione. Se questi
problemi sono comuni a tutti
i paesi europei, le risposte
statali e diaconali variano da
paese a paese e da chiesa a
chiesa.
La diaconia istituzionale,
quella che in Italia chiamiamo «pesante», continua ad
avere un ruolo rilevante in
vari paesi, in particolare in
Germania dove il Diakonisches Werk della Chiesa
evangelica è una vera e propria impresa di oltre 260.000
impiegati.
Ma anche là, come in molti altri paesi, le chiese e le associazioni diaconali cercano
di intervenire in modo meno
istituzionale, più «leggero»,
più attento alla dimensione
dell’utopia che dovrebbe ca
ratterizzare la diaconia cristiana.
E il caso in particolare
dell’associazione «Espoir» di
Colmar che, in 20 anni, ha
creato una fitta rete di servizi
disseminati in tutta la città
per accogliere e aiutare persone in situazione difficile.
Si va dal vecchio vagone ferroviario riconvertito in asilo
notturno di emergenza per
l’inverno ai foyers di accoglienza per la riabilitazione
sociale, dalla vecchia latteria
trasformata in immenso centro di recupero e di riciclaggio di ogni specie di materiali al servizio sociale e all’ambulatorio per cure gratuite,
dal centro di formazione professionale alla vecchia fattoria diventata «luogo di vita»
comunitario per persone
emarginate o in libertà vigilata; il tutto sostenuto da un’associazione laica di un migliaio di persone che mensilmente versa la propria contribuzione.
Altre iniziative simili, anche se più modeste, vengono
portate avanti in Olanda, Danimarca, Gran Bretagna e
Italia. Questo tipo di diaconia, pur essendo gestita da
personale qualificato in strutture anche «pesanti», offre il
vantaggio di essere sufficientemente flessibile per poter
rispondere alle nuove emergenze sociali che si presentano,.
Ma l’esclusione sociale,
così diffusa e variegata, specie nelle grandi aree urbane,
deriva essenzialmente da una
dinamica di esclusione economica (disoccupazione, precariato, lavoro nero, ecc.) che
è intrinsecamente legata a
un’economia di mercato in
cui i ricchi diventano sempre
più ricchi e i poveri sempre
più poveri e emarginati. Le
stesse metropoli sono state
modellate ad immagine di
questo tipo di economia: luoghi di commercio e di affari
anziché luoghi di scambio
sociale e culturale.
Come può la diaconia cristiana, che ha come fine precipuo quello di restituire i
poveri e gli emarginati alla
loro dignità di persone umane, pensare di risolvere una
situazione così complessa?
Così complessa che sia i singoli governi nazionali sia la
Comunità europea chiedono
ormai esplicitamente la collaborazione delle chiese e delle
associazioni private.
La collaborazione però non
significa necessariamente
una cogestione mirante a integrare il più possibile gli
esclusi nel sistema economico dominante. Anzi, proprio
perché viene fatta in nome di
Cristo, la diaconia ha un carattere eversivo o per lo meno critico rispetto all’organizzazione economica e sociale della società in cui opera. Si può essere «partner»
senza farsi complici dell’ordine stabilito.
Su questo però, come su
alcuni altri punti, è emersa
una grande varietà di posizioni tra i vari paesi.
Occorrerà proseguire il
confronto non solo sulle nostre pratiche diaconali ma anche sulla riflessione teologica
che le anima.
Da questo confronto fraterno tra credenti impegnati
al servizio degli ultimi potrà
risultare una più forte e coerente testimonianza a Gesù
Cristo, che è il vero autore
della diaconia.