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ECO
BiBLlül’ií-CA VALDESE
10066 TORRE PEI L ICS
DELLE YÁUJ VALDESI
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 111 — Num. 51
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Torre Pellice, 27 dicembre 1974
Amm.: Casa Valdese - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
Rendi tu stabile
l’opera delle nostre mani
A rifletterci, la cosidetta "civiltà dei
consumi” non l’abbiamo inventata noi.
Tutto ciò che l’uomo fa è votato al
consumo: non solo nel senso corrente
di “consumazione” ma anche in quello
di "consunzione”. Dalla madre di famiglia che ricomincia ogni giorno la
fatica di Sisifo di riordinare una casa
presto nuovamente in disordine, di
preparare il pasto presto spolverato;
all’ideatore e al costruttore di macchine, semplici o elaboratissime, destinate all’usura, spesso rapida (e si diceva,
fino a ieri: tanto più rapida, tanto meglio per l’economia e per tutti); al contadino che a ogni ritorno di stagione
riprende una fatica il cui frutto sarà
consumato entro la prossima stagione; alTimpiegato di fronte al quale la
realtà quotidiana scorre con la monotonia di un nastro di calcolatrice o del
moto perpetuo di un calcolatore; ai
dirigenti industriali, sindacali, politici
per i quali, appena sciolto, bene o male, un nodo economico, salariale, politico, ecco subito riproporsene un altro sostanzialmente analogo al precedente, in una spirale incalzante e sfibrante. Nel mutare, talvolta profondo,
delle situazioni e condizioni — viviamo
certamente un faticoso periodo di trasformazioni particolarmente profonde
e generalizzate — vien fatto di pensare, fra le tante altre che gli uomini
hanno scritto e sofferto attraverso i
secoli e i millenni, a queste parole dell’Ecclesiaste: « Il mio cuore si rallegrava di ogni mia fatica, ed è la ricompensa che mi è toccata d’ogni mia fatica. Poi considerai tutte le opere che
le mie mani avevano fatte, e la fatica
che avevo durato a farle, ed ecco che
tutto era vanità, e un correr dietro al
vento, e che non se ne trae alcun profitto sotto il sole » { 2: 10-11 e varie
altre parole analoghe).
Forse si penserà che comunque dar
da mangiare a una famiglia o a una
città, far funzionare un’industria o una
nazione, far convivere gli uomini imbrigliando un poco almeno il loro brutale istinto a dilaniarsi e a profittare
dell’altro, che tutto questo non sia già
poca cosa — quando ci si riesce. È
vero. Come la guarigione procurata da
un’équipe sanitaria o chirurgica, l’insegnamento vissuto in una classe sono
realtà. Gli artefici della letteratura e
dello spettacolo, i protagonisti di intuizioni religiose, filosofiche, scientifiche, giuridiche, politiche possono
orientare e plasmare per secoli e millenni la vita individuale e sociale. Eppure, se tutto questo plasma la vita,
non può però crearla né ricrearla; ci
aiuta forse a capire la vita, o qualcosa
di essa, positivamente e/o criticamente, ci aiuta a influire su di essa, ma
non ci dà la vita, né il senso di essa.
Viene sempre il momento in cui, come
una vertigine, siamo tentati di sentirci come un criceto in gabbia, che gira
vorticosamente la sua ruota, e crede
di correre, e sta fermo.
Fra le attività umane più palpitanti
e appassionanti, e al tempo stesso più
intimamente effimere, vi è il giornalismo. Se ne parla qui da modesti dilettanti all’opera in un piccolo periodico
ecclesiastico. Il “ciclo” vitale di un
giornale è dei più rapidi: si pensi a
tutto il lavoro che comporta l’accumulo di quelle colonne di piombo, e così
presto il giornale cessa di essere tale,
torna ad essere carta, cartaccia. Questo non è vero solo materialmente, ma
anche in profondità. E vero, si parla
della stampa, e del giornalismo in particolare, come del Quarto Potere: e
un fatto, e non per niente ci si azzuffa
per impadronirsene. Eppure, lavorando
in questo campo anche un piccolo
"marginale” si rende conto che mentre
da un lato questo lavoro lo mette e lo
mantiene in contatto con la multiforme e ribollente realtà umana, nel suo
ampio svolgersi quotidiano, d’altro lato esprime e manifesta forzatamente
il carattere cangiante, malfermo di
questa realtà, i suoi aspetti mutevoh o
ingannevoli: il fatto cioè, che né i progetti né i pensieri né le parole né i fatti degli uomini sono « stabili ». Questo
è vero nelle nazioni come nelle chiese,
fra i cristiani quanto fra i pagani e
gli agnostici e gli atei; anzi proprio
l’osservazione giornalistica della realtà rivela quanto, nel vecchio come nel
nuovo, noi cristiani siamo determinati
dal mondo nel quale viviamo, quanto
spesso viviamo a rimorchio, sostanzialmente integrati in questa realtà,
vecchia o nuova che sia.
Questa realtà umana è diffìcile coglierla, conoscerla, non solo perché è
grandiosa, multiforme e perché le attuali possibilità d’informazione e di co
noscenza, così sviluppate, eccedono le
capacità di spalle cento volte più quadrate delle nostre; ma perché essa
è intrinsecamente insicura, mutevole,
spesso deliberatamente ingannevole.
Le parole sono sempre cariche di mezze verità e di menzogne, è diffìcile segnare il confine fra il discorso e la
propaganda, i fatti possono essere interpretati in modi diversissimi, non di
rado opposti; e i fatti stessi mutano, i
patti si rompono, le alleanze si sciolgono, e se ne formano di nuove, non per
questo più stabili; da ogni accordo ciascuno cerca di trarre il massimo vantaggio. Ideali profondi muovono masse umane, ma servono anche a conrire
i loro interessi e con questi si contaminano e s’involvono. Ogni tappa della ricerca scientifica ripropone più
problemi di quanti ne risolva; ogni
conquista sociale non è ancora assimilata dalla società, ed ecco che il mutare graduale o brutale delle strutture
già ha generato nuovi squilibri, nuove
tensioni, nuove ingiustizie. Questo carattere instabile della realtà umana è
intimamente collegato con ciò che la
Bibbia chiama « peccato », e lo esprime. Perciò il credente che ha scritto
i' Salmo 90 conclude la sua riflessione
sulla nostra vita, nel suo fluire, con le
sue luci e le sue ombre, il suo orgoglio
e la sua vanità, chiedendo: « Rendi
stabile l’opera delle nostre mani », e
insiste: « si, l'opera delle nostre mani
rendila tu stabile » (v. 17).
Passando ad altri la direzione di
questo nostro settimanale, sfogliando
le annate senza civetteria ma anzi con
il senso del carattere effimero di tanta
parte del lavoro, della massa di informazione passata ai lettori in questi anni e della quantità più modesta di
idee, di spunti, di stimoli offerti loro,
sento intimamente — e so di esprime
re il sentimento di quanti hanno lavorato al giornale — questa invocazione
antica. Chiunque lo compia, tutto questo lavoro, che finirà rilegato in una
dozzina di biblioteche, non ha che una
■speranza: che il Signore lo renda stabile. E precisamente, che attraverso
l’informazione e la riflessione sulla
realtà quotidiana, secondo la modestia delle nostre forze, sia stato e sia
dato, almeno qua e là,, di sentire e far
sentire la Parola che rtQfi passa, riecheggiante debolmente ^èlìe nostre parole umane o da esse ' divergente; la
Parola che ci porta i pensieri di Dio,
diversi dai nostri, anche ecclesiastici;
la Parola che ci annuncia e indica la
via di Dio, diversa dalle nostre e spesso nettamente divergente da esse o
procedente in senso ihverS'O. Questo
tentativo di riferimento- al Dio presente, che parla, vive e opera anche oggi
per noi e per il mondo, questo tenta;
tivo, così spesso mancato, fallito, di
rispondere al suo appello — ecco la
sola speranza di "validità" che esnrimo come una preghiera nei confronti
dell’opera delle nostre^ mani; e come
un’intercessione fiduciosa guardando
al futuro.
Gino Conte
Per la soppressione del « Mensajero Vaidense »
e per gli attacchi infamanti al Consiglio ecumenico delle Chiese
ÍA Chiesa Valdese protesta
presso il soverno uruouayano
Abbiamo comunicato, nel numero scorso, la
soppressione per decreto governativo uruguayano del mensile della Chiesa Valdese nell’area
rioplatense, il ’’Mensajero Vaidense”, che si
pubblicava a Paysandìi, per aver riferito circa
un articolo comparso su queste nostre colonne
alcuni mesi fa: G. Girardet proponeva, fra ì
’’gesti significativi” dell’8° Centenario, una
colletta per i perseguitati politici del Vietnam,
del Cile e dell’Uruguay. La Tavola Valdese ha
inviato, in data 20 dicembre, il seguente telegramma al presidente uruguayano Juan Bordaberry, e per conoscenza all’Ambasciata dell’Uruguay a Roma.
« Tavola valdese organo esecutivo
del Sinodo valdese zona europea protesta vivamente per chiusura definitiva periodico ’Mensajero Vaidense’ di
sposta da vostro decreto 6.12.1974 et
chiede revoca immediata provvedimento stop denuncia inoltre carattere
pretestuoso motivo addotto in quanto
editoriale ’Mensajero Vaidense’ luglio
1974 limitavasi descrizione dibattiti
svolti in Italia su modi celebrazione
ottavo centenario valdese stop Tavola
precisa collette centenario destinate
esclusivamente attività storico culturali et non politiche stop esprime viva
protesta per giudizio diffamatorio et
arbitrario espresso su attività Consiglio ecumenico chiese del quale Chiesa valdese è membro fondatore stop
Chiesa valdese costituita come unica
organizzazione ecclesiastica in Europa
et Rio de la Piata si ritiene direttamente colpita dal provvedimento ».
ALLA PRESENZA DEI DELEGATI DI 52 PAESI DI TUTTO IL MONDO
"colloquio" del Coosiglio ecumeoìco sullo sviluppo
Riunita dal 1° al 7 dicembre scorsi
sotto il segno delle crisi mondiali alimentari, ei;2rgetica ed economica, 110
delegati di Chiese provenienti da 52
paesi si sono incontrati a Montreux,
in Svizzera, dietro invito del Consiglio
ecumenico delle Chiese per fare il punto sugli sforzi compiuti dal CEC stesso nel campo dello sviluppo e del servizio e per gettare le basi di programmi futuri.
Il ministro olapdr^pe? lo sviluppo
J. Pronk, in apertura del Colloquio, hà
suggerito nuovi obiettivi. Innanzi tutto i programmi per lo sviluppo devo
no tendere ad una maggior autonomia
delle singole nazioni ed alla giustizia
sociale. Intanto, come prima cosa, occorre dare la priorità ai bisogni immediati nei confronti di « investimenti » futuri. Sottolineando poi il fallimento delle varie leadership politiche,
il ministro ha detto che una politica
internazionale di cooperazione per lo
sviluppo non deve prendere la distribuzione ineguale del potere come un
fatto acquisito. Mentre occorre che le
masse dei paesi ricchi sì identifichino
coi poveri del Terzo mondo, è necessaria una « moratoria » che interrom
MEDITAZIONE DI NATALE
L'altro
(Galati 4, 19)
Natale
Nella Bibbia,
solo due diversi
a leggerla bene, ci sono due Natali ;
racconti della nascita di Gesù, ma
non
due
diverse nascite di Gesù. C'è il Natale che tutti conosciamo a memoria, quello narrato da Matteo e Luca, il Natale
di Betlemme con gli angeli, i pastori, i magi, la stella cometa, la mangiatoia, Giuseppe e Maria. Ma c'è anche un
altro Natale, molto meno conosciuto, tanto che molti non
ne hanno mai sentito parlare: è quello annunciato da
Paolo ai cristiani di Galazia quando scrive loro: <f Figliuoletti miei, per i quali io sono di nuovo in doglie, finché
Cristo sia formato in voi » (Gelati 4 : 19). Qui non si tratta più della nascita di Cristo a Betlemme, si tratta della
sua nascita « in voi », nella comunità cristiana. Paolo adopera un'immagine ardita e molto espressiva : si paragona
a una donna incinta colta dai dolori del parto che durano
« finché Cristo sia formato in voi ». La nascita di Cristo
nella comunità cristiana avviene per mezzo del ministero
apostolico, cioè con l'annuncio dell'evangelo. È grazie alla Parola predicata, creduta e ubbidita che Cristo nasce
« in voi ».
Non basta dunque che nasca a Betlemme. Certo, è più
facile farlo nascere a Betlemme che nella comunità cristiana. Betlemme è lontana e noi restiamo spettatori — spettatori di Dio e del prossimo — come in fondo desideriamo. li Natale di Betlemme ci piace perché ne siamo fuori :
Cristo nasce là, non qui. Ma ecco quel che la parola di
Paolo ci fa comprendere: finché Cristo nasce soltanto
a Betlemme non è veramente Natale, è — per così dire
— Natale a metà, un mezzo Natale. Cristo potrebbe nascere mille volte a Betlemme, ma se non « prende forma
in voi », se prende forma soltanto nella mangiatoia, non
è veramente Natale. Betlemme, in realtà, è solo una tappa : la prima tappa di un itinerario più lungo il cui termine ultimo è l'uomo. Cristo nasce a Betlemme, per poi
prendere forma « in voi ».
« ...finché Cristo sia formato in voi ». Non siamo abituati a questo pensiero. Siamo soliti, a Natale, pensare a
Gesù come Emmanuele, il « Dio con noi ». Oppure lo
pensiamo come « Dio per noi » (Romani 8: 31 ). Qui invece si parla di un Cristo che prende forma dentro di noi.
È possibile questo? Non sarà un modo di dire dell'apostolo Paolo? Sappiamo bene quel che c'è dentro di noi : non
cose molto edificanti! Eppure Paolo è categorico: « Non
son più io che vivo, è Cristo che vive in me » scrive in
questa stessa lettera (Galati 2: 20). E altrove riassume
tutto il messaggio cristiano in questa formula lapidaria :
«Cristo in voi» (Colossesi 1 : 27). È tanto possibile che
Cristo prenda forma nella comunità cristiana che, per i
Galati, si tratta già della seconda volta! Per loro Paolo è
«di nuovo» in doglie: lo era stato già prima, quando
con la sua predicazione aveva fondato le chiese di Galazia. Esse si erano poi allontanate dall'evangelo, ed ora
l'apostolo ie vuole riformare in Cristo. Ecco cos'è la ri-forma della chiesa: è che Cristo prenda di nuovo forma in
essa I
È dunque possibile che Cristo prenda forma in noi.
Ma come una nascita non accade senza grande travaglio
— è come una battaglia perché nasca al mondo una nuova creatura umana — così il formarsi di Cristo nella comunità cristiana non accade senza scosse, senza crisi, senza lotte: è anche questa una battaglia della parola di Dio
che lavora dentro la comunità e vi fa sorgere la forma di
Cristo. E come un bambino che nasce non si è formato in
poco tempo ma ci ha messo diversi mesi, così il formarsi
di Cristo nella comunità è un processo, un lungo cammino : non si diventa cristiani in cinque minuti, il cristianesimo è un costante divenire, lo si impara per tutta la vita.
Ma che cosa succede quando Cristo prende forma «in
noi »? Quale forma di umanità Cristo ha assunto nella
sua vita ed assume nell'esistenza storica della sua comunità? Limitiamoci qui ad indicarne due, pa'rticolarmente
evidenti a Natale.
Anzitutto Cristo ha assunto una forma di umanità povera. Gesù nasce in una stalla, dimora degli animali, non
degli uomini. Gesù non poteva nascere in un luogo più
povero. « Voi conoscete la carità del Signor nostro Gesù
Cristo il quale, essendo ricco, s'è fatto povero per amor
vostro, onde, mediante la sua povertà, voi poteste diventare ricchi » (2 Corinzi 8: 9). Cosa dovrà accadere nella
nostra chiesa « finché Cristo povero prenda forma in
noi »? Non riusciamo neppure a immaginarlo, tanto siamo disabituati a questo aspetto dell'evangelo.
In secondo luogo Cristo ha assunto una forma di umanità serva. Natale è l'annuncio che il figlio di Dio « non
reputò rapina l'essere uguale a Dio, ma annichilì se stesso
prendendo forma di servo » (Filippesi 2: 7). Già nascendo Gesù prende l'ultimo posto, il posto del servo. Egli è
venuto non per essere servito ma per servire. Anche nella comunità cristiana egli vuole prendere la forma di servo. Perciò, che Cristo prenda forma in noi non significa
che diventiamo divini ma che diventiamo servitori.
Ecco l'altro Natale, che avevamo dimenticato. Betlemme è lontana ma Cristo no. Da Betlemme egli giunge per
prendere forma in noi, in voi. Paolo Ricca
pa il potere decisionale dei ricchi e
consenta alla voce dei poveri di farsi
sentire. .
Il delegato coreano, nella sua relazione dedicata a « la lotta dei poveri:
« La Chiesa primitiva era un rnovimento popolare... tuttavia essa è poi
diventata il supporto delle potenze.
Questa è una cosa molto imbarazzante per noi ». Per contro egli ha fatto
notare come le Chiese dell’Asia e dell’America latina comincino a sentirsi
coinvolte dalle lotte dei poveri.
Il gruppo che ha studiato gli aspetti teologici della questione ha ricordato che il Cristo è venuto a portare
la buona novella ai poveri ed a proclamare la libertà ai prigionieri: « Gesù Cristo rivela la giustizia di Dio nella sua alleanza coi poveri. Dobbiamo
porci la questione ecclesiologica; la
Chiesa può restare tale se essa non si
identifica coi poveri? ». Nella sua conclusione il gruppo ha chiesto alle Chiese un atto di pentimento, rompendo
« la loro alleanza colle strutture di potere » dando nel contempo ai poveri i
mezzi di organizzarsi in vista della loro emancipazione.
Anche la crisi alimentare mondiale è
stata al centro delle discussioni. Uno
dei rapporti presentati a questo proposito ha sottolineato che i cambiamenti del modo di vivere nei paesi ricchi — allo scopo di attaccarne alla base le cause — non possono ottenersi
se non coll’azione politica.
Secondo i partecipanti, i rapporti
commerciali fra paesi ricchi e paesi
poveri, l’attuale ripartizione del potere fra e nelle nazioni, l’influenza delle
società multinazionali ed il militarismo costituiscono degli ostacoli strutturali allo sviluppo. Le Chiese sono
state invitate a intensificare i loro programmi educativi e la loro pressione
sui rispettivi governi affinché i problemi della giustizia sociale, a livello nazionale ed internazionale, siano anteposti agli altri.
Fra i primi risultati del Colloquio, i
cui rapporti saranno largamente diffusi in seno alle Chiese, è stata decisa
la creazione di un comitato misto incaricato di studiare le possibilità dì
una cooperazione più stretta. Ci si sforzerà di riordinare le fila sugli aiuti dati dalle Chiese per venire a capo delle
forme di dominazione e di dipendenza
fra le Chiese ricche e quelle povere.
(soepi - bip)
Dal 1" gennaio 1975...
Come annunciato, con l’inizio del
1975 il nostro periodico diviene il « settimanale delle chiese evangeliche vaidesi e metodiste»: ce ne rallegriamo
e auguriamo vivamente che esso possa cosi avere un buon rilancio, una
più larga diffusione e costituisca un
efficace mezzo di comunicazione nelle
nostre chiese.
Il prossimo numero recherà la data
del 10 gennaio. Dal 1 gennaio il recapito del periodico è: presso Casa Valde.se, 10066 Torre Pellice (To). Si invitano caldamente gli abbonati a rinnovare il loro abbonamento servendosi del c.c.p. n. 2/33094 intestato a
« L’Eco delle Valli Valdesi - La Luce,
10066 Torre Pellice (To) ».
2
pag. 2
N. 51 — 27 dioembre* 1974
ßta facendo la Federazione
evangeliche in Italia ?
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Riportiamo una parte della lettera
che il pastore Aldo Comba, presidente
della FCEI, ha inviato ultimamente alle chiese evangeliche italiane.
FEDERAZIONI REGIONALI
L’anno di attività si apre con la buona notizia della costituzione della Federazione regionale della Liguria, avvenuta il 4 novembre; ne è presidente il
pastore Paolo Marauda di Genova. La
Federazione ligure si aggiunge così alle due più antiche (quella lombarda e
quella apulo-lucana) e a quella costituitasi l’anno scorso nel Triveneto. È
annunciata inoltre per il io dicembre a
Messina l’assemblea costituente della
Federazione siciliana.
Queste notizie sono molto rallegranti perché dimostrano che l’idea federativa non è un fatto di vertice, ma xm
fatto sentito sul piano regionale, e
quindi in via di diventare realtà a livello locale. Le Federazioni regionali
hanno in questo momento davanti a sé
una vasta gamma di possibilità. I costi
crescenti dei viaggi rendono sempre
più difficile, specie eii fratelli più poveri, di partecipare ai convegni nazionali, mentre la cosa rimane possibile a
livello regionale. Qui le singole fedezioni hanno la funzione importantissima di organizzare e favorire incontri
regionali affinché — pur nelle difficoltà attuali — la granché diaspora evangelica italiana non si disperda nell’isolamento ma rimanga collegata prendendo coscienza di quello che pensano,
decidono e fanno i fratelli di altre regioni e denominazioni di fronte ai
grandi problemi che il nostro tempo
pone alla fede evangelica.
Le federazioni regionali possono favorire la riflessione e l’azione in diversi campi: in quello della evangelizzMione e della testimonianza (che è e
rimane la ragion d’essere delle nostre
cWese); nel campo delle comunicazioni di massa (stiamo esaminando la
possibilità di inserimento in trasmissioni regionali); nel campo delle prese di posizione e degli interventi sui
problemi di attualità (affinché si senta
sempre di più la voce delle comunità
locali e non solo quella, pure importante, degli organi centrali); nel campo degli studi biblici a base interdenominazionale, che rimangono imo degli
strumenti indispensabili per scoprire
il fondamento comune di tutti gli evangelici italiani, il solo sul quale è possibile e necessario costruire qualche
cosa insieme.
I SERVIZI DELLA FEDERAZIONE
Servizio stampa-radio-televisione. È
stato tenuto a Venezia in ottobre un
Leggendo
il sermone
sul monte
Falsi profeti
Il Signore Gesù Cristo, alla fine del suo discorso sulla montagna, ci avverte: « Guardatevi dai falsi profeti, i quali vengono
a voi in vesti da pecore, ma dentro sono lupi rapaci. Voi li riconoscerete dai loro frutti» (Matteo 7: 15-16X
E difatti, quanti falsi profeti, quanti ingannatori ci stanno
intorno, per indurci a fare non la volontà di Dio ma la loro particolare volontà. L uomo è fin dalFinizio della sua vita circondato da gente che vuol farlo vivere secondo i modi del mondo, piuttosto che nel modo unico che Dio ha stabilito perché egli possa
davvero vivere bene, e vivere in eterno.
In ogni campo dell’attività umana ci troviamo di fronte a
consiglieri, a comandanti, a maniere stabilite che pretendono
iniporci di vivere come si usa, come si è sempre fatto, com’è meglio per ottenere più presto e più sicuramente risultati degni dello scopo supremo che questi stessi diabolici persuasori stabiliscono alla vita degli ùomini: il benessere; la ricchezza, il possesso della maggior quantità possibile di beni per superare gli altri,
perché gli altri ci debbano ammirare ed invidiare. Falsi profeti,
predicatori di menzogna che pretendono d’insegnarci come ottenere sempre ed in ogni caso il successo: nella scuola, nel commercio, nelle professioni così dette libere, nell’impiego pubblico
c privato, nella « religione » troviamo sempre chi ci spinge ad
ottenere i migliori risultati, ad affermare noi stessi a qualunque
costo. E per chi ci crede ancora, questi servi del Nemico ci spingono fino alla pretesa di piegare Iddio alle nostre voglie.
Basta, dicono, che voi diciate di credere in Dio e in Gesù
Cristo, che lo chiamate « Signore » perché egli si pieghi alle vostre voglie e faccia quello che con tutti i vostri sforzi non riuscite
a fare. Ma il Signore dice: « Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei Cieli, ma chi fa la volontà del Padre
mio che è nei cieli » (Matteo 7: 21).
Bisogna avere una conoscenza esatta di quello che Dio è e
di quello che, per il nostro bene, pretende da noi. Questa conoscenza noi possiamo sempre, per grazia di Dio, ricavare dalle
scritture.
Sulla rena o sulla roccia
Il Signore Gesù termina il suo discorso sul monte con questa solenne dichiarazione: « Chiunque ode queste mie parole e
le mette in pratica sarà paragonato ad un uomo avveduto che
ha edificato la sua casa sopra la roccia » ed essa ha resistito a
tutte le intemperie « perché era fondata sulla roccia. E chiunque
ode queste mie parole e non le mette in pratica sarà paragonato
ad un uomo stolto che ha edificato la sua casa sulla rena » e la
casa è caduta quando il cattivo tempo si è scatenato « e la sua
rovina è stata grande » (Matteo 7: 24-27). Costruire, o meglio
farsi costruire una casa, ed anche la seconda o la terza casa, è
uno dei nostri più vivi desideri, specialmente in questo tempo.
Ed in genere le nostre case reggono, specialmente in questa nostra terra di Liguria che ha abbondanza di rocce. Ma come avrete capito, in queste parole del Signore Gesù, la casa rappresenta
non il solo domicilio ma addirittura tutta la vita dell’uomo.
Anche la nostra vita ha bisogno d’un fondamento, che deve
essere necessariamente stabile come la roccia, assai più delle
locce della terra.
Questo fondamento, senza il quale la nostra vita è solo una
apparenza, è la Parola di Dio, che il Signore Gesù ha personificato e che i suoi apostoli, e tutti i testimoni fedeli dopo di loro
hanno predicato e predicano.
La persona umana tutta intera, corpo, anima e spirito,
dev’essere fondata e formata da qualche cosa che possa durare,
che resista a tutte le tempeste. Nessun elemento del mondo può
servire a questo scopo, perché il mondo passa con tutto quello
che norta e che tanto ci piace.
Non ci resta quindi se non aderire alla Parola incarnata di
Dio che è il Signore Gesù Cristo, farla nostra mediante la fede,
c vivere di lei ed in lei.
Lino De Nicola
Le meditazioni di cui terminiamo di pubblicare una nuova serie, sono state tenute settimanalmente da ’’Voce amica”, il servizio di predicazione per telefono attuato da molti anni ormai a Sanremo e nel quale l’Anziano Lino De Nicola ha coadiuvato
il Past. Roberto Nisbet. Porgere non ’’una parola buona” ma l’Evangelo a chi. per
motivi diversi, chiama un numero telefonico: questo l’intento e di qui pure il carattere di queste meditaàoni bibliche seguite, che siamo stati lieti di pubblicare, da
alcuni anni. red.
« laboratorio » per predicatori radiofonici, il terzo dopo quelli di Roma e Torino. Ottima la partecipazione dalle
Venezie, daU’Emilia, dalla Lombardia
e dalla Svizzera italiana.
Le trasmissioni televisive sono riprese all’inizio di ottobre, sempre sùl secondo canale alle 18,15. L’orario è infelice, molti telespettatori ce lo hanno
detto, ma le nostre richièste alla Rai
per un cambiamento di orario sono rimaste fln’ora senza risposta. Intendiamo cogliere ogni occasione opportuna
per riproporre tale richiesta, che consideriamo giusta e legittima.
Molti senza dubbio hanno notato che
Roberto Sbaffi non figura più come
curatore della rubrica Protestantesimo. Ciò dipende esclusivamente da
questioni burocratiche e contrattuali
interne della Rai. Roberto Sbaffi continua a prestare con entusiasmo la sua
collaborazione al nostro Servizio, che
collegialmente elabora la trasmissione ;
la qualifica ufficiale di curatore è stata assunta da Giovanni Ribet, a cui si
affianca nelle varie fasi di realizzazione
Renato Maiocchi.
Il Servizio è grato a tutti coloro che
ci scrivono esprimendo il loro parere,
le loro critiche, il loro consenso e fornendo suggerimenti e idee per le nostre trasmissioni che, ricordiamolo,
non sono un servizio che la Federazione rende ai protestanti, ma un servizio che i protestanti rendono ai loro
concittadini.
Servizio studi. Nei giorni festivi dell’inizio di novembre il Servizio studi
ha tenuto a S. Severa, vicino a Roma,
un convegno nazionale sul tema « evangelizzazione e grafica ». Hanno tenuto
delle relazioni Michele Sinigaglia, Sergio Rostagno, Paolo Spanu e Antonio
Di Pierro. Nel convegno si è svolto un
irnportante lavoro di precisazione biblica sul significato di evangelizzazione; si è poi preso coscienza dell’importanza della grafica come strumento di
comunicazione. Il Servizio avrà le sue
sedute a metà dicembre per la programmazione dei successivi convegni.
Servizio di azione sociaie. Dopo un
anno di attività come Segretario di
questo importante Servizio, Vezio Incolli ha dato le dimissioni per motivi
di lavoro. Egli rimane membro del Servizio, mentre la responsabilità di Segretario è stata assunta da Franco
Sommani a cui va l'augurio di un buon
lavoro. Il Servizio di azione sociale è
stato incaricato della redazione della
rivista Diakonis^di cui sta per uscire
un numero deoirato appunto a questioni di azione sociale.
Servizio istruzione ed educazione.
Non disponendo per ora di personale
sufficiente il Servizio non può adempiere tutti i compiti assegnatigli dalla
Assemblea di Bologna, ma prosegue il
suo utilissimo lavoro a favore delle
Scuole domenicali ed ha accettato di
provvedere alla pubblicazione delle
Note Omiletiche, di cui vi è grande richiesta presso i predicatori laici. Un
fascicolo delle Note è previsto per la
primavera.
Commissione giuridica consultiva.
Questa Commissione (che, come è noto, non è un Servizio della Federazione, ma un organo di consultazione tra
chiese federate e non federate) ha preso in esame i documenti prodotti da
sinodi e assemblee sulla questione dell’abrogazione della legislazione sui
«culti ammessi» offrendosi come luogo in cui le iniziative in questo campo
possano utilmente collegarsi e coordinarsi per l’assunzione di posizioni unitarie di fronte allo Stato.
IL PROBLEMA
DELL’ORA PRESENTE
Il Consiglio della Federazione, nelle
sue sedute di fine settembre, ha dedicato una lunga riflessione alla crisi attuale, decidendo di richiamare l’attenzione di tutti gli evangelici su quanto
Giorgio Spini ebbe a dire in agosto,
durante un culto mattutino della Conferenza metodista e Sinodo valdese
congiunti. Dopo aver accennato all’attuale crisi economica egli aggiungeva:
« Gli anziani come me ricordano un’altra crisi: quella del 1929. Ricordano
che le dirigenze ecclesiastiche si preoccuparono molto di salvare le finanze
delle chiese dalla bancarotta; e fecero
certamente bene... anche se qualche salvataggio non fu precisamente eroico.
Ricordano che furono predicate la solidarietà e la carità... Ricordano tanti
splendidi esempi di coraggio e di sacrificio... Ma ricordano anche che in
genere la crisi fu accettata come una
sorta di catastrofe naturale... Ma si sarebbe pur dovuto dire che quella crisi
non era una calamità naturale qualsiasi, era il salario del peccato degli uomini. E non di un generico ’’peccato”
di cui nessuno ha mai saputo bene nome cognome e indirizzo, ma del concreto peccato di una ben determinata
generazione, una ben determinata
struttura di rapporti, un ben determinato spirito di rapina e di egoismo.
Questo non fu detto, e quindi non fu
detta neanche una parola genuina di
appello al pentimento e di speranza
nella Grazia».
ra nell’appello al pentimento e heU’annuncio della speranza, sembra dunque
che occorra chiamare con il suo nome
il peccato da cui nasce la crisi. Siamo
convinti che tale peccato si realizza
tutte le volte in cui qualcuno approfitta del prossimo. Approfittare del
prossimo è il contrario di amarlo. Ma
ciò oggi avviene tra individui, tra
gruppi, tra nazioni. Approfittando della situazione delle nazioni sottosviluppate i paesi industriali si sono arricchiti e il « terzo mondo » è stato affamato. Tra i ricchi poi c’è chi approfitta
anche dei suoi congeneri, come tra i
poveri c’è chi approfitta dei suoi compagni di sventura, in una complicata
ragnatela di divisioni e suddivisioni variamente intersecate in cui sempre c’è
qualcuno che approfitta e qualcuno
che subisce. Questo modo di guardare
al prossimo come a un oggetto da cui
cavare un profitto è la vivente contraddizione dell’amore di Cristo, ed è
in pari tempo la causa profonda della
crisi attuale. È dunque verso la ricerca
di un diverso rapporto con il prossimo, che il Consiglio ritiene debbano
orientarsi la predicazione, le preghiere
e le azioni dei credenti, e perciò rivolge a tutti gli evangelici un pressante
e fraterno invito a impegnarsi in questo senso.
Aldo Comba
FRA I BATTISTI ITALIANI
Quando confrontiamo la vita delle
nostre chiese con quella delle prime
comunità cristiane, quale ci appare
dalla lettura del Nuovo Testamento,
dobbiamo ammettere che la vivacità e
la vitalità di quei gruppi di credenti
ci mette a disagio. Soprattutto ci colpiscono la ricchezza e la varietà di doni e ministeri, di servizi e carismi che
si manifestavano fra loro. E viene
quindi spontaneo chiedersi se la freddezza e l’apatia di molte delle nostre
comunità non derivi anche dal fatto
che i membri delle stesse hanno perso
il senso della coralità della chiesa, della partecipazione e responsabilità collettiva, delegando una o poche persone a esercitare quelle attività e assumere quelle responsabilità che dovrebbero essere di tutti.
Da diversi anni questi problemi vengono agitati tanto all’interno delle comunità, quanto nei sinodi e nelle assemblee generali, e si è ormai fatta
strada l’idea che il recupero della varietà e della ricchezza caratteristiche
della chiesa neotestamentaria, sia una
delle condizioni necessarie per il superamento dell’attuale fase involutiva
della chiesa.
Fra i battisti italiani queste istanze,
grazie alla particolare struttura delle
loro comunità, sono state sempre più
o meno presenti, sia pure in maniera
nebulosa. Ma solo in questi ultimi anni si è giunti ad una presa di coscienza più generale del problema, al punto
che nell’Assemblea generale dell’UCEBI del 1972 veniva nominata una commissione con lo scopo preciso di esaminare la questione dei ministeri nella chiesa, non dal punto di vista teologico, ma da quello pratico. Si volevano in particolare due cose: 1) che le
comunità venissero sollecitate ed aiutate ad individuare al loro interno
quanti, fratelli e sorelle, si sentissero
chiamati ad esercitare un dono o un
ministero nella chiesa; 2) che si predisponesse quanto necessario affinché
agli stessi venisse fornita una preparazione biblica e teologica adatta.
Che le cose in questo senso fossero
ormai mature lo dimostrano diverse
iniziative sorte a livello locale; basterà ricordare il « Centro di formazione
cristiana e di preparazione ai ministeri » creato nel 1970 a Torino da valdesi e battisti, il quale funzionò per due
anni con alterne vicende e sfociò poi
da parte valdese nel « Collettivo Bonhoeffer » e da parte battista nei « corsi
per i ministeri » patrocinati dall’Associazione Cristiana Battista Piemontese, iniziatisi a Torino nell’aprile del
1973 e seguiti attualmente da una ventina di partecipanti delle diverse chiese battiste di Torino e dintorni e da
fratelli di altre denominazioni.
Nel corso di quest’anno la commissione . nominata dall’Assemblea delrUcebi ha messo a punto un programma relativo ad una serie di corsi per i
diversi ministeri, affidandone la realizzazione al pastore Spanu, coadiuvato
da una decina di collaboratori.
La preparazione che si intende fornire riguarda per ora solo i ministeri
tradizionali : predicatori ed evangelisti,
monitori e visitatori ecc., ma qualunque indicazione (scaturita da «voca
zioni » o da necessità oggettive) che
portasse ad ampliare l’orizzonte non
potrebbe che essere benvenuta. È stato studiato un programma da completare in 9 trimestri, suddivisi in 3 anni. Le materie saranno quelle consuete: Nuovo e Antico Testamento, Storia della Chiesa e Teologia, Etica Evan
gelica, il mondo contemporaneo, i corsi di specializzazione, ed è stata di
proposito scelta una articolazione così, poco originale perché, trattandosi
di una iniziativa nuova per i nostri
ambienti, è necessario muoversi su linee già note e chiaramente tracciate,
ampliando e modificando man mano
che se ne presenta l’occasione.
I corsi sono per corrispondenza ed
all’inizio di ogni trimestre verranno inviati agli iscritti dispense o testi relativi a due o tre materie del corso, che
verranno quindi portate avanti in parallelo. Nel corso di ogni trimestre sarà però esaurito un argomento completo o una sezione precisa del programma relativo ad ogni materia, in
modo che di trimestre in trimestre sia
possibile « misurare » con un eventuale test quanto è stato fatto. Questa
suddivisione è stata scelta anche per
la sua praticità. L’intero programma
dei corsi risulta così suddiviso in 2530 temi, all’incirca di uguale estensione, non collegati rigidamente fra di
loro, in modo che sia possibile iniziare il corso in qualunque momento e
con qualunque argomento. Accanto alle dispense si invieranno schede di lavoro da utilizzarsi per le esercitazioni
e le ricerche personali e si fornirà una
bibliografia essenziale relativa ad ogni
tema, onde invogliare gli iscritti a
crearsi una biblioteca teologica personale. Infine ogni studente sarà appoggiato ad un pastore o ad una persona
qualificata, cui potrà riferirsi per interviste, consigli e discussioni circa il
lavoro che va facendo. Anzi, là dove
risulteranno diversi iscritti, si procederà alla creazione di una specie di
« sezione locale », dove i pàrfeclpanti,
incontrandosi con una certa frequenza, potranno discutere ampiamente il
loro lavoro e prepararlo insieme.
II primo trimestre partirà con due
corsi, uno sull’Antico Testamento ed
uno sulla Storia del Cristianesimo, e
già ai primi di gennaio gli iscritti riceveranno dispense e schede mentre i
supervisori di ogni zona verranno sollecitati a mettersi in contatto con loro. Nel frattempo i responsabili delle
diverse materie sono già al lavoro per
preparare le dispense successive, in ciò
avvalendosi anche di materiale di diversa provenienza (corsi patrocinati
dal CEC, dispense della Facoltà Valdese, corsi per corrispondenza già in
uso in altri paesi ecc.).
Quali risultati potranno scaturire
da questo tentativo non è possibile
prevedere. Un primo parziale controllo è stato programmato per l’estate
prossima, fissando un incontro di una
settimana fra tutti gli iscritti che potranno prendervi parte e i diversi responsabili dei corsi: si vorrebbe in tale occasione fare il punto sulla situazione, lasciando ampio spazio a dibattiti e discussioni e impostando qualche esercitazione pratica su predicazione e insegnamento, evangelizzazione
e visite.
Se alla fine di tre anni si potesse
contare anche solo su una ventina di
persone seriamente preparate, pronte
ad affiancare e sostituire i pastori nelle varie attività, sarebbe senz’altro un
grande successo. A patto comunque
che il tutto sia visto nella sua giusta
prospettiva, e cioè come una iniziativa volta ad un rinnovamento della
chiesa per aprirla ai problemi del mondo di oggi e risospingerla verso la proclamazione dell’Evangelo.
Emmanuele Paschetto
La Buona Novella in vetrina
Se nei prossimi mesi o anni di crisi
la predicazione dei pastori e la testimonianza dei credenti dev’essere chia
(segue da pag. 3)
bro Cristiano di Messina, c’è la LIBRERIA « BUON SAMARITANO » che
appartiene alla Chiesa Apostolica ed è
in Via Passo d’Aci a Catania. La titolare è Luigina Andolina. La testimonianza e la diffusione delle S. Scritture, qui ai piedi dell’Etna, dove la terra trema e il cielo da lontano fuma,
non ha un particolare significato? Mi
dispiace non poterne dire di più. E così pure il Vesuvio tace: non ho infatti
potuto avere contatti con il CENTRO
BIBLICO di Napoli (Via Carriera
Grande 37). È una libreria indipendente, sotto l’egida della Missione Battista
USA. Aperta nel 1951 per servire tutte
le chiese evangeliche italiane, vende libri religiosi, bibbio, dischi, filmini, articoli per scuole domenicali e anche
articoli religiosi come quadri, servizi
di s. cena. Ha una biblioteca circolante.
Rimane da parlare delle tre librerie
di Roma-. L. Sacre Scritture, L. di Cultura religiosa e Centro Servizio Cristiano. Mi riservo di farlo prossimamente. Inda Ade
iiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiMmiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiimiiiiiii
I II Comune di Napoli ha un disavanzo
economico di 347 miliardi di lire; è cresciuto di 82 miliardi rispetto a quello dello
scorso anno.
■ Continuano gli allacciamenti di servizi
di telecomunicazioni via satellite fra l’Italia
e paesi del Terzo mondo; a poche settimane
dall’inizio del servizio Italia-Zambia, è ora la
volta di quello Italia-Sudan.
Riscoprire i ministeri
e preparare a viverli
3
pag. i
27 dicembre 1974 — N. 51
UNA VEDUTA GENERALE DELLE CEVENNES
' ^ -.-j, III-1 Uh "
dischi II canto popolare nelle Valli Valdesi
Un poeta delle Cevenne
Jean Carrière, giovane francese nato a Nîmes, premiato nel 1968 da « l’Aeadémie française » per il suo primo romanzo Retour à
tlzès, è uno scrittore moderno delle Cevenne; egli sta preparando anche attualmente
due films per la televisione francese centrati
sul tema delle Cevenne.
La sua è una penna di vero artista, è un
poeta della natura : le descrizioni del « Haut
Pays Cévenol ». delle sue rocce, dei suoi boschi, delle distese calcaree grandiose e desoíate, dello scenario severo di quelle montagne
che furono l’alto rifugio ugonotto, sono incomparabili. Il mutamento delle stagioni, le
notti estive buie ma piene di stelle, o luminose per il chiarore lunare, i lunghi e gelidi
inverni; le povere case dei montanari sepolte sotto cumuli di neve, quelle abitazioni
spoglie e .solitarie, i famosi <c más » delle^ Cevenne, con le tombe dei propri morti in
fondo al prato; lo sbocciare improvviso della
primavera al disgelo in una festa di colori
del bosco; le albe e i tramonti nel cielo rinnovato e terso delle cime, i temporali fragorosi, il silenzio e la pace senza confronto dei
monti, trovano in Jean Carrière un pittore
dalle pennellate vigorose ed incantevoli; egli
sa adoperare parole nuove per descrivere lenomeni vecchi come il mondo, sa trovare paragoni incisivi, frasi di una freschezza e di
un lirismo affascinanti, che fanno di alcune
sue pagine veri brani d’antologia.
Ma quando si tratta della vita umana, allora questo poeta cosi vivo ed inconsueto, diventa molto amaro, a volte persino di un’amarezza che rasenta il cinismo. Gli uomiiii delle Cevenne, i pochi che sono ancora riinasti
nel « Haut Pays » — perché sono andati via
in tanti, e parecchi « mas » sono ormai deserti, e il tetto viene pian piano sfondato
dalle intemperie, mentre dalla vecchia cucina abbandonata spunta un giovane albero
che ha messo le radici tra il focolare e 1 acquaio — i discendenti dei martiri gli appaiono come gente disperata, che non sa più perché e per che cosa vive; gente estremamente
rude e taciturna senza più la fede di un tempo, fortemente attaccata alla propria terra,
che è loro matrigna perché rende a malapena di che non morire di fame. Che significato
ha la loro vita abbarbicata ancora su quei
monti, in un lavoro estenuante, sempre allo
stesso punto come cento anni fa, senza le piu
elementari comodità, senz’altro cibo che le
castagne e il formaggio di capra, e forse,
ogni tanto, un uccello neppure troppo commestibile cacciato di frodo sulle alture, mentre nel piano gli altri uomini progrediscono,
si arricchiscono e hanno case confortevoli e
cibo in abbondanza?
La religiosità di questi montanari è soltanto più una forma vuota di contenuto, a
cui i più anziani sembrano ancora fedeli, però in una maniera meccanica ed esangue; dicono la preghiera prima dei pasti, t“®
troppo porvi mente, muoiono con la Bibbia
sulle ginocchia, ma in una lettura franimentaria che non intendono più. Ai giovani poi,
ormai tutto questo non dice più nulla: il loro spirito è desolato e deserto, scrive 1 autore, come certe zone aride del « Haut Pays »,
terra sterile e dura, dove non c’è né acqua ne
un filo d’erba né un fiore. La loro vita a
poco a poco è diventata una vita senza alcuna
aspirazione, non molto dissimile da quella
degli animali : mangiare sgobbare dormire, be
gli affetti familiari contano ancora, f
esprimono più, non si alimentano, non si dimostrano mai.
D'altra parte il Pastore di questo piccolo
gregge sperduto e morente, è un intellettuale
tutto rivolto al glorioso passato ugonotto,
esperto nelle ricerche e negli studi eruditi, il
quale ogni anno pubblica un nuovo libro sull.-i storia delle Cevenne, ma rimane estremamente perplesso e sprovveduto di fronte alla
storia attuale del paese, al suo spopolamento
inarrestabile, ai discendenti di coloro che conosce così bene come storico, e che gli sono
oggi del tutto sconosciuti ed incomprensihili
come parrocchiani; la sua cultura, la sua
- raffinatezza di studioso hanno creato un abisso tra lui e quei montanari, cosi che essi
non hanno più alcun contatto.
Il protagonista del libro. Abel Reilhan, sorvegliato a vista dall’alto da uno sparviero
che ruota continuamente nell’azzurro sul suo
capo, e che egli furente, tenta più volte di
uccidere invano, compie una fatica di Sisifo
per cercare l’acqua che gli darebbe la possibilità di abitare ancora nella sua antica casa,
che non vuole assolutamente lasciare.
La moglie lo ha abbandonalo, il fratello
da tempo se n’è andato via, ed egli rimane
tutto solo lassù a scavare disperatamente sotto la roccia, sperando ogni giorno di scoprire
una sorgente; ma ahimè! non trova nuUa e
alla fine muore schiacciato da una frana del
Id lunga ed inutile galleria che è riuscito a
perforare nella montagna.
Pagina dopo pagina, narrando le drammatiche vicende di Abel Reilhan, 1 autore
diventa di un’amarezza sempre maggiore e di
un verismo esasperato; alla fine il libro si
conclude con la visione deprimente dell’nltimo discendente della famiglia Reilhan, che
un tempo ha dato uomini martiri per la loro fede, il quale non erede più in Dio, conduce una vita mediocre ed immorale lungi
dal paese natio, e coltiva soltanto più un
unico patetico ed inutile desiderio: quello
di essere sepolto lassù nel « Haut Pays » m
fondo al prato di casa, come tutti i suoi, di
fronte a quelle montagne azzurrognole delle
Cevenne e a quel cielo terso cosparso di fuggevoli nuvole bianche.
Edina Ribet
Jean Carrière, L’épervier de Maheux, Edi
zioni Pauvert
Accuratezza amorevole e intelligente: tale mi pare la caratteristica anche del frutto deU’ultima (per ora) fatica della Corale Valdese di Torre Pellice; il secondo grande microsolco dedicato a una nuova serie di Con e canzoni delle Valli Valdesi, preparato e
diffuso in occasione delT8° centenario
valdese.
Ci hanno lavorato in molti e ne hanno voluto fare non soltanto un occasione di piacevole ascolto, ma un approccio alla gente di queste valli, alla sua
storia, ai suoi sentimenti, ai suoi problemi e, soprattutto, alla sua fede. La
bella presentazione della custodia e arricchita, questa volta, da un fascicolo,
che si riferisce pure al primo disco di
questa bella serie di cori e canzoni;
Giorgio Toum vi dà alcuni cenni vividi
e penetranti sulla storia del popolo
valdese e sui Valdesi di fronte all Evangelo; si riporta poi una pagina di
E. Tron e F. Ghisi, dall’introdupone di
una raccolta di testi e melodie * Anciennes chansons vaudoises »; « ...Molte di queste canzoni rivelano una nobiltà di discorso e una spontaneità che,
sommandosi al loro sapore arcaico,
conferiscono loro un carattere non
privo di grandezza, onde esse risultano eccellenti esemplari di canto popolare. (...) Queste umili opere d’arte nate nel popolo hanno accompagnato nella loro esistenza i nostri antenati; nel
corso di parecchie generazioni han costituito l’unico svago dalle loro rudi
fatiche; hanno allietato un gran nuyyicTO d-i ìibIIb stdllB, duTdYitB
gli inverni. Esse richiamano alla memoria ricordi gloriosi, destando gli
echi dei nostri valloni, ove, tempo addietro, orde di persecutori seminarono carneficine e rovine; una di queste
canzoni, sgorgata dal cuore lacerato di
un qualche oscuro eroe in esilio, poie
rinsaldare la speranza e la fede dei
suoi compagni di sventura, contribuendo a ispirar loro la forza, il coraggio
e la costanza necessari per riconquistare la loro patria e ricostituire la
loro Chiesa. Avviciniamoci con atnore
e con rispetto a queste vestigia di un
passato glorioso: esse parlano, a chi
sappia intendere il loro linguaggio.
della fede e della virtù dei nostri padri; e sappiamo mostrarci degni d’esser chiamati loro figlioli ». La Corale
aggiunge: « Attraverso questi canti,
noi ricordiamo il passato valdese non
come un’astrazione o, peggio, come un
motivo di facile esaltazione, bensì cch
me l’interezza di vita di esseri umani,
nella fede, nelle lotte, nel lavoro, nell’amore, nei modesti affetti quotidiani. Sta a noi, dopo esserci commossi
o divertiti all’ascolto, distinguere in
questo tessuto epico-lirico-satirico dei
valori spirituali che giungono sino a
noi e dei quali possiamo essere portatori anche noi, oggi ». Segue, nel fascicolo, il testo completo dei canti,
con il testo originale (per lo più francese) e la versione italiana (vi sono
pure edizioni in inglese e in tedesco);
ogni canto è preceduto da una breve
introduzione che lo situa storicameiite e quanto al contenuto. Infine una
bibliografia, per chi vuol saperne di
più. Si è dunque veramente fatto tutto il possibile perché l’ascolto sia fruttuoso al massimo.
Ed è un ascolto di alto gradimento.
Non è assente la nota folkloristica più
allegra e scherzosa, maliziosamente
sottolineata, talvolta, dal canto o dall’armonizzazione, ma sembra prevale
re la nota grave e malinconica: e non
a caso; il passato valdese non è storia
allegra, e la vita montanara o in miniera ha le sue durezze. Il disco si
apre con un delicato « Noël », prosegue con una complainte biblica, con
alcuni pezzi di efficace rievocazione
storica; il Salmo 129, il solenne, ottocentesco « O mon pays... ». Altre due
complaintes: quella di un giovane valdese incappato in una retata e quella,
drammatica, del minatore del talco. Infine, alcune canzoni più umoristiche,
due’ delle quali in patois massellino.
Un mazzo di canti assai vario, quindi,
analogamente a quanto si è trovato nel
primo disco di questa serie.
Il testo e la melodia dei canti sono
stati raccolti e trascritti da F. Ghisi o
da E. Tron (T. G. Pons ha trascritto i
testi in patois); le armonizzazioni sono di F. Corsani, che è pure il maestro
direttore della Corale. Di quest’ultima
sono note le qualità; una bella sonorità, la plastica fusione delle voci, la
capacità di far risaltare e ascoltare nitidamente il testo, le parole; pure la
registrazione è nitida, ottima.
g. c.
Cori e canzoni delle Valli Valdesi — 2°.
Ediz. discografiche Prince, microsolco a 33 giri da cm. 30, L. 4.000.
FACCIAMOLI
LEGGERE
Notiziario Evangelico Italiano
la Buona Novolla in votrina
« Alla Fiera del libro che è stata tenuta a Cremona dal 21110 al 4 novembre sotto i portici XXV Aprile, la nostra Comunità ha partecipato con un
proprio banco. Questa manifestazione
libraria ha luogo a Cremona 2 volte
all’anno, primavera e autunno. Per la
prima volta era presente una libreria
evangelica! Abbiamo esposto e venduto Ib varie opere della Claudiana e facdamo conto di partecipare nuovamente alla prossima Fiera... ». Queste notizie sono della Comunità Metodista di
Cremona.
Da questo banco volante « in piazzola », facciamo un giro per le librerie
evangeliche d’Italia.
La nostra EDITRICE CLAUDIANA è
troppo nota per parlarne qui, nomino
soltanto i suoi negozi di vendita, e
per primi perché sono i più a nord:
uno è a Torre Pellice, uno a Milano,
uno a Torino. La Libreria (sede centrale a Torino, Via Principe Tommaso
1) invia gratuitamente il bollettino
« Claudianalibri » con le principali novità italiane e francesi.
Siamo ora a Genova, in Via Balbi, la
vecchia strada dai severi palazzi del
500 e 600, la via del Palazzo reale e
dell’Università. Dalla LIBRERIA « CASA DELLA BIBBIA » ci parla il direttore Signor Zinder e ci dà queste informazioni esclusivamente per il nostro
settimanale.
La Casa della Bibbia di Genova ha
avuto origine nel 1932 e si è costituita
Società Editrice, com’è tuttora. Promotrice ne è stata l’organizzazione
missionaria « Azione Biblica » di Ginevra; la regge un comitato; la dirige
un ex allievo della Scuola Biblica di
Ginevra. La posizione religiosa dei collaboratori è cristiana evangelica-fondamentalista-interdenominazionale. Lo
scopo è la diffusione delle Sacre Scritture, quale Parola di Dio, per mezzo
del colportaggio, fiere, autobibliche.
La Casa della Bibbia è a disposizione
di tutti ed anche sollecita la collaborazione di tutti per il fine proposto. Le
statistiche hanno raggiunto al 30 settembre 1974 oltre un milione di Bibbie in più di 5 lingue diverse e circa
altrettanti opuscoli diversi di evangelizzazione. Per i contatti avuti, oltre
300 persone, interessate alla Bibbia,
hanno formato una Associazione culturale « Azione Biblica », che ha sede
in Torino. Altri gruppi si sono formati in altre città.
A Genova c’è un’altra libreria; il
« CENTRO VITA » dell’Unione Cristiana Biblica; è in Vico Fieno 24 e la dirige il Past. V. Casale. Ce ne parla con
gentile fraternità Dina Prencipe. La
Libreria è stata aperta nel 1959. Lo
scopo di questo centro è la testimonianza: diffondere attraverso la Bibbia
il messaggio di Dio dato a tutti gli uomìni. Nel locale di vendita si tengono
anche riunioni settimanali di studio
biblico che sono frequentate da perso
ne desiderose di conoscere la Bibbia,
di approfondirne lo studio e di crescere sempre più nella fede e nella conoscenza della Parola dì Dio. Per questo
— aggiunge Dina Prencipe — è necessario pregare con perseveranza affinché il Signore operi con la Sua potenza e la Sua grazia nei cuori di coloro
che non Lo conoscono ancora.
Ogni persona che entra in libreria
riceve un opuscolo o un evangelo, perciò ogni giorno parecchie persone ricevono in vario modo il rnessaggio
dell’Evangelo. Fa capo all’Unione Cristiana Biblica anche una libreria di
Vicenza, Ponte Pusterla 24.
La «CROCIATA DEL LIBRO CRISTIANO » è il ramo italiano della
«Christian Literature Crusade » che
opera in 40 paesi e ha sede in Inghilterra e in USA. In Italia è all’opera
dal 1955 e ha 4 librerie. La più importante è a Firenze, nella centrale via
Ricasoli, al n. 97; vi lavora da 10 anni
Carmelina Aversano, ora col marno
Danny. Lavorano a pieno tempo; « Gli
operai, dice Carmelina, che lavorarlo
in queste librerie sono veramente chiamati a servire il Signore, non c’è stipendio ma tutto vien fatto sapendo
che il Signore è fedele e si serve dei
credenti affinché l’opera sua vada avanti».
Abbiamo anche notizie della libreria
della C.L.C. che si è aperta a Perugia
4 anni fa. La responsabilità della gestione è affidata alla locale Comunità
dei Fratelli. « La libreria — dice il fratello Torino che se ne occupa — costituisce un vero punto di contatto
con il pubblico, e siccome il negozio
si trova in una via dove passano soprattutto studenti universitari (Via
Fabretti 35), ci fornisce diversi contatti per la nostra attività al Centro
Biblico Studentesco. La libreria dispone anche di una biblioteca circolante.
Altra attività è di portare una selezione di libri evangelici alla mensa degli
studenti e abbiamo occasione di conversare di argomenti spirituali con
sempre nuove persone ». La chiesa
aperta la domenica, il centro studentesco aperto il mercoledì, la libreria
aperta ogni giorno sono dunque una
breccia dell’Evangelo in quella piccola
fortezza del cattolicesimo che è l’Umbria di Francesco d’Assisi.
Le altre librerie della C.L.C. sono
quella di Messina (Via 27 luglio), diretta dal sig. E. Smitt e quella di Milano (Porta Romana 79), diretta dal
Fr. Natale Brancata.
Prima di lasciare il nord nomino soltanto, non avendone avuto notizie, la
LIBRERIA ECUMENICA di Milano
(S. Babìla) di cui è titolare Calogero
Falcone, sotto gli auspici della Chiesa
di Cristo.
Ed ora un rapido volo in Sicilia. Qui,
oltre la libreria della Crociata del Li
INDA Ade
(continua a pag. 2)
I MONDADORI «COLLANA APERTA PER I GIOVANI D’OGGI
In questa Collana dedicata ai « nuovi adulti », Richard Procktor, uno storico
inglese, in La Germania nazista (L. 1.300) presenta la tragedia hitleriana, sullo
sfondo dei rapporti che essa ha avuto con tutto il resto d’Europa. Sono libri
importanti questi, perché la nostra storia vicina, per gli adolescenti è già così
lontana, non avendola essi vissuta e avendo bisogno di sapere per capire, il
presente. Le alterne vicende della Germania prima e dopo la guerra del
’15-’18, la disfatta, la cessione dell’Alsazia e Lorena alla Francia, la paura della
pressione comunista, la disastrosa situazione economica che si era creata, prepararono il facile, trionfante cammino di Hitler per raggiungere il potere. Nell’agosto ’39 il 90% deH’elettorato approvava la sua assunzione e solo_ 4 milioni
di tedeschi votavano « no » al nazismo. Passano così sotto gli occhi i lunghi
anni delle acclamazioni, della cecità, delle invasioni dolorose, delle incredibili
crudeltà verso ebrei e oppositori. Interessante il capitolo sulla vita nel regime nazista anche per quello che riguarda le varie posizioni religiose: non solo
le sinagoghe attiravano l’ira di Hitler, ma la gioventù cattolica fu assorbita
dalla Hitlerjugend e i 45 milioni di protestanti o divennero « cristiano-tedeschi »
condotti da L. Müller, vescovo del Reich, o passarono alla « chiesa confessante »
(peccato che il traduttore dica «chiesa confessionale») con in testa il pastore
M. Niemöller. Anche la Bibbia non godeva buna fama e il tedesco coscienzioso doveva nutrirsi del Mein Kampf. Non si finirà mai di scrivere su questo
funereo brano di storia toccato al nostro secolo.
Lois Mitchison, una giornalista inglese, vissuta a lungo in Cina ha scritto
nel 1971 La rivoluzione cinese (L. 1.300), e l’opera è poi stata pubblicata da
Mondadori nel 1972. Anche se molti fatti si sono rapidamente avvicendati in
Cina dopo il 1971 — l’entrata nell'ONU, rincontro col presidente degli USA, la
morte di Lin Piao — il libro mantiene la sua freschezza mentre inquadra la
rivoluzione comunista nella storia e nella realtà cinese, non trascurando di
tener conto delle tradizioni, della cultura, del modo di pensare di « quell’altra
faccia della luna » che è per noi occidentali la Cina. L’autrice esarnina la rivoluzione culturale, la formazione dei collettivi agricoli e industriali, il sistema
della crìtica e dell’autocritica, le riforme sanitarie, ecc., e termina confessando
umilmente che potrebbe anche essersi ingannata nei suoi giudizi, ma di aver
cercato di evitare l’accettazione acritica della nuova Cina, come pure il suo
rifiuto, altrettanto acritico. In Cina, essa dice, « oggi la gente mangia, mentre
una volta molti morivano di fame. A me sembra la cosa di gran lunga più
importante che un qualsiasi governo possa fare per il suo popolo ».
Dove pascola il bisonte... di Glendon Swarthout (L. 1.300) esce un po’ dalla
linea di questa serie, per raccontare con un certa talento (dal libro è stato ricavato un film) di alcuni ragazzi, detti i Piscia-imletto, che depositati dai loro
genitori in un campeggio, escono dal guscio — erano piccoli « cani da salotto »
di quelli che ricevono a Natale graziosi carri armati, costumi da cowboy, bidclettine rosse e pestano i piedi perché le vogliono color oro — e si buttano in
una pazza avventura nel recinto di una riserva di bisonti. Un libro pieno di
freschezza e di esperienze salutari.
EMIL
Astrid Lindgren, Emil, Vallecchi, L. 3.500.
La figura del «monello» nella letteratura infantile e assolutamente mdisoensabile perché rappresenta il bambino, che deve essere il protagonista della sua letteratura. I vostri bambini hanno avuto la fortuna di « vedere » questo
libro in TV ouest’anno ma penso che la sua lettura dia qualche cosa eh piu. È
uÌrchiara Sone^mustrata in maniera deliziosa, tradotta .molto bene in
modo da lasciare tutta la spontaneità del dialogo sempre vivacissimo. La Lind
3ren è una di quelle scrittrici che lasciano una impronta e questo^ suo ultimo
fibro tradotto in italiano, mi sembra uno dei più felici, filtrato com e a.ttraverso
la serena bonarietà, rumorismo schietto delle cose di tutti i giorni, .vissute
nella regione dello Smaland dal monello Emil e dalla sua simpatica civile famiglia di contadini protestanti. subilia
PER I PICCOLI
Abbiamo ricevuto:
Ermanno Libenzi e Adelchi Galeoni, Robin dei pirati, Monda^rì, L. 1.900 : « Mo ti
anni fa, proprio in cima a una ripida scogliera battuta daUe onde deU9ceano ®
un vecchio^faro... ». Così comincia una storia fantastica e lUustratissuna di pirati ab
stanza buoni...
Penrose Colter, Ciao ragazzi. Hallo boys..., Vallecchi L. 3.700: un primo libro per
imparare l’inglese a base di figure e didascalie, un metodo che ci sembra estremamente pratico oltre che divertente, per i primi approcci. , . , ,
Albi di associazione, Vallecchi, L. 1.500 cad.: sono dei fibri-gioco che sUmolano la
immaginazione. Hanno pagine appositamente tagliate che il bambino deve ricostruire. Pota
^¿arrcon Crescere come dal bruco si arriva aUa farfalla, dal girino alla rana, dal seme
alla zucca; potrà formare delle parole guidato dalle figure con 4 lettere 100 parole; con
L’indovina Mestieri e col Far di tutto potrà imparare a distinguere strumenti e oggetti, col
Cerca cerca forme e colori. _
Mondadori ha comincialo una collana di «libri attivi» a L. 2.000 cad. con i quah i
bambini possono imparare a fare molte cose. Cosi Divertiamoci con i colon insegna a dipingere in modo tradizionale, ma anche con le dita, con le patate, a fare i collages, i m^
Liei ecc. Costruire con il legno propone divertenti e utili lavoretti per i bambini... e i loro
papà e Nuotare 'e facile espone i vari metodi di nuoto per ì prum approcci col mare.
La collana di Musti e di Tip e Tap di Vallecchi comprende volumetti formato 20x20
a L. 800 cad.: sono rispettivamente la storia di un gattino e di due cagnolini e derivano da
una serie televisiva francese. Vallecchi ha inoltre la specialità di Albi molto chiar^per leggere e colorare o ritagliare.
4
pagi 4
MOZAMBICO
Non si stupisca il lettore se tornia
mo sulla questione del Mozambico, della quale si è già parlato ripetutamente. Val la pena domandarsi, come
ha fatto Georges Morier-Genoud, se
nella storia degli ultimi avvenimenti dì
questo paese africano e di quelli che
li hanno preparati o provocati, non sia
dato scorgere, oltre alla storia degli uomini anche quella di Dio K
<< Nel corso del recenti avvenimenti
il popolo mozambicano ha dato prova
della sua maturità politica. Ha rifiutato di cedere alla violenza. La pace
ritorna, la speranza rinasce malgrado
gli ostacoli che sussistono sulla strada
dell’Indipendenza.
Lungi da me 11 confondere la storia
del mondo con quella del Regno di
Dio. Ma è forse vietato leggere gli
avvenimenti recenti aUa luce della nostra fede? È forse vanità voler discernere U ruolo che la Chiesa vi ha svoltò? (...) Ciò che è avvenuto In MozamWco non è soltanto la storia degli uomini, è anche la storia della missione
che Dio affida alla sua Parola. Dicendo questo non cerco di recuperare a
profitto dei cristiani tutta la lotta del
popolo mozambicano per la sua liberazione. Dico semplicemente che la
Chiesa vi ha preso parte e che non ha
atteso per farlo che il vento soffiasse
nella buona direzione. Va anche detto
questo: non ha mai preso delle decisioni di tipo politico. Ha semplicemente ascoltato l’Evangelo. L’ha vissuto,
malgrado tutte le sue debolezze. Forse si è limitata a non resistergli ed a
non spiritualizzarlo troppo. Ha capito
che l’Evangelo libera l’uomo innanzitutto dalla preoccupazione costante
della morte. Ha compreso che l’Evangelo la spingeva ad assumere la propria esistenza, senza mettere continuamente la colpa sugli altri — o su Dio.
Il restOi l’impegno politico, è venuto
da solo attraverso alla prova affrontata. È soltanto ora che la Chiesa scopre che tutto ciò che le è avvenuto è
la conseguenza della sua testimonianza.
Val la pena sottolineare alcune
tappe di questa testimonianza della
Chiesa.
(...) Nel 1934, Salazar è al potere da
otto anni, la Missione Svizzera approfitta di una « schiarita locale » per domandare ed ottenere di essere legalmente riconosciuta. Nei suoi statuti,
afferma apertamente i suoi scopi. Intende costituire una Chiesa autonoma,
« capace di vivere una vita propria, spiritualmente e materialmente, di diffondersi e di trasformare la vita morale
dei singoli così come la vita sociale
del paese».
Nel 1948, la Chiesa prende una decisione rischiosa. È quello che è stato
chiamatò lo « svezzamento » ; accetta
di diminuire fortemente U numero di
pastori svizzeri al suo servizio; si priva, per quanto la concerne, deU’aiuto
finanziario esterno, riservandolo unicamente alle sue attività sociali (ospedaii, istruzione, agricoltura, formazione
artigianale ) per le quali non ha mai ricevuto sussidi da parte del governo coloniale (...).
Nel 1%2, la Chiesa del Mozambico e
la Missione Svizzera firmano una convenzione, primo abbozzo di un’altra
poi redatta nel 1970. Due cose vi sono
sottolineate; la autonomia della Chiesa del Mozambico e la realtà universale della comunione in Cristo. Le autorità portoghesi non vi trovarono nulla
a ridire. Dal loro punto di vista, poteva essere rallegrante di vedere del missionari stranieri abbandonare dei posti di comando a profitto di mozambicani, considerati allora come cittadini portoghesi.
Nel 1968, in occasione di un sinodo a
Chicumhane al quale la polizia si interesserà molto in seguito, la Chiesa
mette l’accento sull’evangelizzazione fin
nel nord del paese. H pastore Cossa,
primo missionario mozambicano, si fissa a Nampula. Con lui, il pastore Manganhela visita regolarmente le Chiese
di quella regione che si estende fino al
limite delle zone occupate allora dal
1 G. MohIER-Genoud, Mozambique - déchiffrer les événements, « L’aclualité mission
Decifrare gli eventi - storia degli uomini e storia di Dio
FRELIMO. In tàl modo la Chiesa diveniva missionaria mentre certi pensavano che si sarebbe ripiegata su se
Stessa.
Nel 1970, la convenzione di autonomia diventa anche più precisa. Il Dipartimento missionario cede tutti i
suoi beni alla Chiesa. Dei missionari europei accettano di lavorare sotto direzione africana senza grandi difficoltà. V’è di che far aggrottare le ciglia alle autorità coloniali, che si aspettavano piuttosto di vedere la Chiesa
affondare nella divisione. È tutto questo che la polizia non ha potuto sopportare. È per questo che il past. Manganhela è morto per 1 colpi ricevuti
nella prigione di Machava la notte dal
10 all’ll dicembre 1972 ».
Il seguito Io conosciamo tutti, ormai.
L’opinione pubblica sempre più attenta agli sviluppi in Mozambico e nelle
altre colonie africane, il potere coloniale portoghese sempre più a disagio, i
prigionieri che escono dai carcere di
Machava e che parlano invece di tacere come era stato loro ordinato. Infine
la decisione di accordare l’indipendenza.
Morier Genoud prosegue : « Mescolo
tutto, forse. Non mi toglierete tuttavia
la convinzione che son dei segni della
Resurrezione. Quando la folgore colpisce un compagno di cammino, come
CIÒ è avvenuto a Lutero, coloro che sopravvivono possono a buon diritto parlare di miracolo ».
È interessante notare che il Dipartimento missionario delle Chiese protestanti della Svizzera Remanda (DM)
ha agito senza sosta in modo tale da
seguire non soltanto a parole gli avvenimenti in Mozambico. Georges An
drié 2 ricorda quali sono state le linee
di forza dell’azione del DM: Innanzitutto informare ed intervenire, ma senza che ciò fosse fatto a prezzo di una
sofferenza ancor più grande per i fratelli della Chiesa presbiteriana del Mozambico. Lavorare in stretta collaborazione con quest’ultlma, rispettando
le decisioni dei suoi responsabili. Serbare im’acuta consapevolezza del fatto
che, all atto di intervenire, la presenza
di missionari svizzeri in Mozambico
comportava altrettante limitazioni
quanti vantaggi.
Notevoli i contatti con vari organismi internazionali, ecclesiastici o meno, contatti che hanno permesso sia di
far conoscere la situazione esatta sia
di far pressione sulle autorità portoghesi in Mozambico e sul territorio
metropolitano. La Commissione internazionale dei giuristi, Amnesty Internationale, il Comitato internazionale
della Croce Rossa, la Commissione dell’ONU per i diritti dell’uomo, le autorità elvetiche, sono state interessate ai
problemi mozambicani, cosìi come, naturalmente, la Federazione delle Chiese Protestanti svizzere, il COE, l’Alleanza Riformata Mondiale. Rappresentanti del DM hanno avuto contatti
l’allora presidente Caetano, dietro
richiesta della Chiesa presbiteriana del
Mozambico. Nell’aprile 1973, tre membri del DM si sono recati a Lourenqo
Marques; vi hanno incontrato il governatore generale onde ottenere degli
schiarimenti circa la morte dei fratelli
Manganhela e Sidumo, in seguito alla
inchiesta ordinata dal governo portoghese. Non è stato in quel caso possibile di ottenere soddisfazione. Così come la lettera spedita all’allora mini
stro per i territori d’Oltre mare è rimasta senza risposta. Nel settembre
1973, il segretario generale del DM si
reca a Lourenqo Marques per organizzare con i responsabili della Chiesa locale la difesa di 37 prigionieri accusati
dalla polizia politica. Tutto questo rifiutando le offerte delle autorità portoghesi: «autorizziamo la vostra "Missione svizzera” a continuare il suo lavoro in Mozambico, ma non insistete
sul problema della morte di alcuni mozambicani "colpevoli”». Tutto questo
lavoro non è stato vano, anche se non
ha sempre portato subito i frutti sperati. Ha grandemente contribuito ad
aiutare mozambicani ed europei a riflettere alla loro comune missione in
terra d’Africa ed a dare alla Chie»
mozambicana un posto (non un pri3
legio) di tutto rispetto nel quadro deai
attuali sforzi in vista della formazio»
di im paese che si avvia verso la pien»
assunzione delle sue responsabilità t
bello pensare che dei credenti han®
ricevuto dal Signore la volontà e
chiaroveggenza necessarie per far fro&
te ad una situazione cos i intricata »
dolorosa. È anche bello pensare eh»
proprio per aver assunto una posiris
ne spiritualmente valida, la Chiesa pi^
sbiterlana nel Mozambico è ora congi
derata un «interlocutore valido» ri.
parte del FRELIMO.
Giovanni Conte
Malgrado i commenti della BBC
La vita ha
il SUO corso
ripreso
normale
Ecco quanto scriveva il 3 novembre
scorso Marcel Vonnez, missionario a
Beira: « La BBC di Londra ha appena
trasmesso il suo ultimo bollettino di
notizie. Il commento, consacrato agli
avvenimenti in Mozambico, prosegue
così: “gli ultimi avvenimenti svoltisi a
Lourengo Marques mostrano bene fino
a che punto il paese sta correndo verso la catastrofe (...) l’odio razziale si
e installato dappertutto. La situazione
economica è disperata. Le testimonian
« Actualité Missionnaire », n. cit.
--- —^ ^ M.H*. xjo ic-oiirnuniUTl
............................
Vento di ierrore svila Gninea Eavatariale
naire » 5774.
Ilillllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllillllllllllllliiiiiii
La Nuova Zelanda per la
rlcostauzlone In Indneina
(soepi) - Il governo neozelandese ha
deciso di versare centomila dollari
neozelandesi (circa 150 milioni di lire)
al Fondo del Consiglio ecumenico per
la ricostruzione e la riconciliazione in
Indocina. Il dono contribuirà alla ricostruzione dell’ospedale Hai Duong,
nel Nord-Vietnam. Secondo il primo
ministro neozelandese, Rowling, h * un
segno tangibile per aiutare e incoraggiare gli sforzi considerevoli fatti dal
CEC per aiutare le popolazioni indocinesi a costruirsi un avvenire pacifico
fecondo ».
Il Fondo per la ricostruzione in Indocina, creato dal CEC nel 1972, mira
a raccogliere 5 milioni di dollari (circa
35 miliardi di lire). Su tale somma, 2
milioni di dollari sono stati stanziati
per la ricostruzione e l’attrezzatura di
uno dei 26 ospedali provinciali del
Vietnam del Nord (tutti gli ospedali
del paese sono stati distrutti o danneggiati durante la guerra): altri 2 serviranno alla ricostruzione nel Vietnam
del Sud, mezzo milione di dollari saranno devoluti al Laos e un altro mezzo milione alla Cambogia.
Santa Isabel - La Guinea Equatoriale è uno dei paesi meno conosciuti del
mondo. Quelle piccole isole al largo
della costa occidentale dell’Africa, con
1 isole di FernHndo Poo e il minuscolo territorio del Rio Munì sono menzionati di rado dalla stampa.
Dal momento della proclamazione
deH’indipendenza, nel 1968, il presidente Francisco Macias Nguema esercita
una dittatura spietata, facendo massacrare gli oppositori e sopprimendo i
diritti dell’uomo. La Costituzione non
è che un pezzo di carta. Non vi sono
né Parlamento né Codice Civile. I processi sono una parodia della giustizia,
in cui l’uditorio viene « invitato » a dichiarare colpevole l’accusato. Tutte le
decisioni vengono prese dal despota
assoluto che è il Presidente.
Si ritiene che su una popolazione di
400.000 abitanti, un quarto viva in esilio nel Camerún, nel Gabon ed in Europa, mentre decine di migliaia di persone sono state assassinate.
Le prigioni sono diventate un vasto
campo di concentramento.
« Lottiamo per la liberazione dell’Africa, ma per che cosa? Se un africano non può nemmeno respirare l’aria
della libertà, della giustiza e della pace nel suo stesso paese, dove comincia
la lotta per l’indipendenza? Dove dobbiamo dunque celebrare la nostra libertà, in prigione o nella tomba? ».
L’autore di queste affermazioni, uscito clandestinamente dalla Guinea
Equatoriale, conosce la risposta a queste domande. La crudeltà disumana regna nel paese. Una colonizzazione spagnola brutale ed al limite dello schiavismo ha preparato il terreno alla brutalità che il Presidente Macias Nguema
riversa sul suo popolo.
Le grandi speranze sorte nel 1968
sono state spazzate via quasi subito,
quando Atanasio Ndongo, ministro degli affari esteri e collaboratore di Macias, venne fatto giustiziare sotto l’accusa di aver preso parte ad un complotto contro la sicurezza dello Stato.
Macias colse questa occasione per disfarsi di tutta l’opposizione compresi
i membri del governo ostili alla dittatura. Esecuzioni, rappresaglie e destituzioni sono da allora all’ordine del
giorno in tutti i rami del Governo, del
Parlamento e dell’ Amministrazione.
Da allora gli avvenimenti hanno condotto alla repressione inesorabile, alla
caccia aU’uomo generalizzata ed al tertore. Non passa settimana senza che
vi sia qualche assassinio o arresto: uomini politici, funzionari, economisti,
intellettuali, preti e pastori sono stati
schiacciati da una vera macchina di
morte.
Ogni volta che Macias teme un colpo di Stato dà ordine di giustiziare dei
prigionieri politici. Questo sia all’interno delle prigioni sia in pubblico,
nella capitale. Santa Isabel o a Bata.
IMPOVERIMENTO UMANO
ED ECONOMICO
Questa situazione ha provocato un’emorragia di uomini capaci di dirigere
il paese. Più di un terzo dei membri
delTAssemblea nazionale eletti nel 1968
sono scomparsi. Nello stesso tempo,
la situazione economica si va deteriorando in modo sempre più accentuato.
La disoccupazione è generale e v’è
penuria di prodotti di base come sale
sapone, petrolio e abiti. È praticamente impossibile farsi curare. Lo scontento va ingigantendo sempre più e solo la repressione ne ha ancora ragione.
La stampa è la radio sono control
late direttamente dal Presidente. Qual
ai limiti del collasso economico, le
sole persone ad avere delle entrate replari sono il presidente, i membri della polizia. Questo paese, le cui possibilità di sviluppo erano immense, non è
più che l’ombra di se stesso. Nel 1967
... . X------- X1WJ.1 ILCUl
no il diritto di lasciare il paese, salvo per visitare le loro famiglie, alla
Francisco Macias Nguema
dittalore nero
« Presidente e vita, generale in capo
deile ferie armate, Gran Maestro dell'Istruzione popolare, della scienza e
della cultura tradizionale, Presidente del
Partito nazionale unito dei lavoratori e
Miracolo unico della Guinea Equatoriale », tali sono i titoli dati a Macias in
una biografìa ufficiale.
Nato nel 1924, Francisco Macias
Nguema ha fatto i suoi studi nelle scuole cattoliche del Rio Munì ed è entrato
nell'amministrazione coloniale spagnola
nel 1944. Nel corso dei- vent'anni seguenti, ha assunto varie funzioni nelI amministrazione governativa ed ha acquistate varie piantagioni di caffè. I
suoi primi passi nella politica risalgono
al 1963, quando si unisce ad un raggruppamento politico di ispirazione marxista. Uscito dall'ombra, ha acquistato
in modo subitaneo quanto inesplicabile
la reputazione di essere leader del Partito e vice-presidente del Consiglio del
governo che godeva di una semi-autonomia negli ultimi tempi della dominazione spagnola. Il suo anti-colonialismo
militante venne sbandierato a tutto spiano quando fu eletto primo Presidente
della Guinea Equatoriale, il 29 settembre 1968. Egli ha incoraggiato più che
scoraggiare gli attacchi contro le poche migliaia di spagnoli che sono stati
costretti a fuggire dalla Guinea. Ma non
v'era nessuno in grado di sostituirli nei
posti-chiave che avevano occupato. Da
allora, il paese ha conosciuto una grave
reseccione economica ed una dittatura
sempre più accentuata che ha più a che
vedere col fanatismo personale che coi
principi politici.
frontiera del Camerún. Da parecchio
tempo non si rilasciano più passaporti e le ambasciate hanno ricevuto Lordine di non prolungare più la validità
del passaporto dei guineani all’estero.
Vi è un controllo così stretto su tutto
l’apparato di governo che l’amministrazione e la pianificazione sono ad
un punto morto. Dal 1970 vi è un partito unito dei lavoratori. Tutti gli altri
movimenti sono vietati. Il presidente
detiene attualmente tutti i poteri. Una
formidabile milizia popolare, « La
gioventù in marcia con Macias », fornisce a quest’ultimo tutto il sostegno
necessario per far valere la sua volontà. Un recente decreto secondo il quale
MAcias è stato nominato presidente a
vita ha ulteriormente rafforzato lo
strapotere di questo moderno Caligola.
Come è facile immaginare simile situazione ha delle gravi ripercussioni
sul cittadino medio. Il paese essendo
in pieno sviluppo.
Nel 1968, ad esempio, la produzione
di cacao era dell’ordine di 34.000 tonnellate, cioè il 3,8% della produzione
mondiale; per non parlare delle 8.000
tonnellate di caffè, dei 360.000 m^ di
legname industriale assai richiesto. Sono stati scoperti ricchi giacimenti di
minerali. Si ritiene che vi siano considerevoli riserve di uranio. Inoltre, secondo le conclusioni tratte da un’esperto dell’ONU, poi confermate da prospezioni, vi sono giacimenti di petrolio.
Oggi, nialgrado tutte queste possibilità dì sviluppo, l’industria e la produzione sono prossime al fallimento. I
trasporti, le comunicazioni, il commercio, le banche, sono paralizzati e la disoccupazione dilaga. La denutrizione
si installa fra la popolazione e il razionamento dei prodotti disponibili favorisce naturalmente la casta al potere.
LA CHIESA TRA IL TIMORE
E LA SPERANZA
La situazione di cui stiamo parlando costituisce una dura prova per la
Chiesa della Guinea Equatoriale, dove
più del 95% degli abitanti sono cristiani, in grande maggioranza cattolici,
con alcune chiese presbiteriane e metodiste di considerevole importanza.
Dal ’68 la maggior parte dei numerosi missionari impegnati nell’evangelizzazione, nell’insegnamento e nel lavoro
sanitario è stata espulsa ed i responsabili locali hanno subito pressioni
crescenti, fino alTimprigionamento ed
alla tortura.
Il Presidente Macias è il nuovo Dio
che predica un ateismo militante. I dirigenti ecclesiastici non possono recarsi all’estero. La Chiesa presbiteriana
non ha così potuto farsi rappresentare alla recente Conferenza delle Chiese
di tutta l’Africa. È necessario chiedere con un anticipo di molti mesi l’autorizzazione delle autorità per qualsiasi riunione nel quadro della Chiesa.
La pressione è quotidiana. A Santa
Isabel, gli stabili di proprietà della
Chiesa presbiteriana sono stati confiscati e la zona dichiarata zona militare. Una chiesa cattolica è stata trasformata in denosito d’armi. La nropaganda anti-cristiana è riuscita ad accrescere il numero dei pusillanimi. Un
recente decreto presidenziale dà ordine ai preti ed al pastori di leggere in
occasione di ogni funzione religiosa ed
ogni culto il seguente messaggio a lode
del Presidente: « Mai senza Macias,
tutti per Macias. Abbasso il colonialismo e gli ambiziosi ».Macias ha anche richiesto che il suo ritratto sia presente in ogni chiesa.
Malgrado ciò la speranza non è morni deña libertà e del regno della giustizia di Dio sulla terra come nel cieta. Un cristiano ha scritto recentemente: « Credo che la speranza cristiana
(continua a pag. 10)
ze di industriali che vogliono ancora
tentare di svolgere la loro attività in
Mozambico non lasciano intraveden
alcuna soluzione per ora. Infatti, malgrado tutti i suoi lodevoli sforzi, j¡
FRELIMO non ha più la situazione ¿b
?nano e non controlla più la popola,
zione scatenata..."
« Quanto a noi — aggiunge il missionario — che percorriamo ogni giorno le strade di Beira o di Nampula, vediamo questo: da quando le truppe
del FRELIMO sono entrate in città, là
vita ha ripreso il suo corso normale.
I treni barino ricominciato a circolare come prima; nessuno ha più paura
di recarsi da un luogo all’altro. Ciascuno ha ripreso il suo lavoro; le ri-'
vendicazioni di ogni genere e gli scioperi sono cessati. Gli studenti hanno
fatto i loro esami, le scuole hanno riaperto le porte. Gli europei godono
sernpre dei loro diritti, sono sempre ì
soli a godere della piscina, dei cinema, del centro, dei suoi alberghi di
lusso e di certi bar alla moda. Certi
grossi proprietari dell’interno hanno
persino ricominciato ad usare le ben
note ingiurie nei confronti dei loro
impiegati: "Scimmia ecc. ecc.”. In effetti la bandiera portoghese sventola
sempre sugli edifici pubblici e nessuno ha ancora issato quella del FRELIMO.
« Piuttosto, tanto gli africani quanto '
gli osservatori stranieri potrebbero
porsi la domanda: "L’indipendenzà
porterà veramente un cambiamento^
Perché finora non si vede gran che”.
È vero che la polizia militare è ora affiancata da contingenti del FRELIMO.
È vero che due governatori distrettuali sono stati nominati nella persona di
due africani. Ma nella vita quotidiana
cos’è cambiato? I rapporti umani sono sempre gli stessi, così come la disuguaglianza. (...) Non bisogna mai dirnenticare che siamo in un momento
di transizione. Ciò significa concretamente che la posizione dei bianchi (come indica il commento della BBC) e i
loro privilegi sono messi in questione. Il FRELIMO ha nominato degli uomini capaci alla testa del governo (...).
Il regime di transizione significa che
il FRELIMO risnetta ancora le abitudini prese dai coloni, finché esse non
si oppongono al passaggio dei poteri.
(...) La parola d’ordine è: "vigilanza e
calma”. Infine questi mesi permettono al popolo di far conoscenza coi suoi
capi e di imparare cos’è la libertà. Dovunque vengono organizzate riunioni
di informazione del partito basate sul
dialogo.
« Non si può onestamente parlare di
massacro di popolazioni bianche a
proposito degli avvenimenti di Lourenqo Marques, quando si passano sotto
silenzio gli africani abbattuti dai bianchi, dimenticando di dire che sei mesi
fa decine di africani morivano nelle
prigioni del Mozambico, e che in certe regioni si posono percorrere 20, 30
km. senza vedere un solo abitante, tutti essendo stati massacrati o "spostati” (...).
« Ma ciò che vediamo ogni giorno
ci permette di dire che ciò che si ascolta alla BBC fa parte di una propaganda tendenziosa di cattivo genere. E se
le poche decine di migliaia di europei
non godono più esattamente degli stessi privilegi di un tempo, non è una
buona ragione per permettersi di affermare che la situazione degli altri
otto milioni di abitanti del paese è
peggiorata. Al contrario... ».
A Londra
Un malese e un ghanese
pastori dì studenti
Londra (spr) - Due pastori per gl
studenti d’oltremare nella capitale bri
tannica sono stati insediati nel loro in
carico e han visto i loro nomi aggiun
gersi alla lista dei pastori in servizjc
nella Chiesa riformata unita d’Inghil
terra e del Galles. Sono i pastori Kal
Geh Chong, della Chiesa presbiteriani
della Malesia e di Singapore, e Benjamin Tettey, della Chiesa presbiteriani
del Ghana.
5
pag. 5
27 dicembre 1974 — N. 51
FAME NEL MONDO
LA MORTE DEGLI ALTRI
Mezzo miliardo di uomini morranno
di fame, entro il 2000; e a quella
il nostro pianeta conterà 5 miliardi di
esseri affamati contro 2 miliardi di sazi. Queste le cifre comunicate nf
so della Conferenza mondiale dell alimentazione tenutasi a Roma a meta
novembre sotto gli auspici delle Nazioni Unite, e che ha riunito i rappresentanti di circa 150 Stati.
Eppure non è una certezza davanti
alla quale non ci sia altro da fare che
piegarsi tristemente: è possibile, ad
esempio, far passare il numero di ettari coltivati da 932 milioni a 1400 milioni. E molte cose cambierebbero^ se
l'aiuto dei paesi ricchi costituisse l'l%
del loro prodotto nazipnale lordo anziché.lo 0,77% attuale (dopo aver già
raggiunto dodici anni fa lo 0,95!).
NON POSSONO MANGIARE
LE NOSTRE PAROLE
Ma questo implicherebbe molti cambiamenti per i quali la Conferenza di
Roma ha mostrato che i governi non
sono ancora maturi:
— occorrerebbe che cessasse la sfiducia e il sospetto reciproci fra paesi
industrializzati e paesi produttori di
petrolio, la cui prudenza quanto a soluzione del problema della fame è dovuta in larga misura, oltre che all’indifferenza, al timore di impegnarsi senza essere seguiti dall'altro blocco di
paganti;
— occorrerebbe, per i tempi lunghi,
rinunciare a una visione occidentale
del progresso, secondo cui il successo
e sinonimo di potenza e di rapidità, e
riconoscere che lo sviluppo dei paesi
nei quali infuria la carestia deve avvenire non seguendo gli schemi del sacro egoismo.
« Remember, they can’t eat your
words! », « ricordate, non possono
mangiare le vostre parole », suonava il
titolo di un piccolo giornale indipendente pubblicato durante la Conferenza.
IL CONSIGLIO MONDIALE
DELL’ALIMENTAZIONE
Eppure poco è mancato che il verbalismo — atto a rassicurare coloro
che non hanno fame — fosse l’unico
risultato della Conferenza. Nella sua
ultima sessione plenaria, ha purtuttavia adottato 14 risoluzioni, convergenti su quattro grandi prograrnmi: questi, se non saranno svuotati del loro
contenuto o utilizzati come puro trampolino politico, potranno pur portare
qualche miglioramento al problema
della fame nel mondo:
— creazione di un Fondo di sviluppo
agricolo, proposto dai produttori di petrolio e alimentato da contributi... volontari;
— aumento dell’aiuto alimentare
che. da 6-7 milioni di tonnellate di cereali dovrebbe essere portato a 10 milioni;
— realizzazione di una politica di
depositi di cereali;
— creazione di un Consiglio mondiale dell’alimentazione i cui membri non
saranno designati dall’Assemblea generale dell’ONU, come auspicavano^
l’Algeria e un certo numero di paesi
non-allineati e come hanno invece rifiutato i paesi industrializzati per timore di una eccessiva politicizzazione... che non sarebbe la loro. I suoi
membri saranno dunque designati dal
Comitato economico e sociale dell’ONU.
FINCHÉ NON SI PRENDERÀ
COSCIENZA DELLE
RESPONSABILITÀ
Alcune direttive, dunque, e alcune
speranze, pur sapendo che gli sforzi
fatti in margine della Conferenza dal
direttore della FAO, Boerma, per ottenere dieci milioni di tonnellate di cereali per bloccare la carestia in corso
in alcuni paesi del Terzo mondo, sono
rimasti senza risultato. Basterà riferirsi alla situazione nel Bangla Desh
(v. sotto) per rendersi conto di che cosa implichi il rifiuto di concedere questo soccorso d’emergenza.
Insomma, quando gli Stati si occupano della lotta contro la fame (a parte chi chiede: ma la sua voce è senza
forza), questa rimane al livello della
più farisaica carità. Come stupirsene,
dato che i governi riflettono i governati? Ora, per restare ai nostri paesi
industrializzati, è giocoforza constatare due cose:
— il problema della ineguale ripartizione delle risorse energetiche (appropriazione del sottosuolo sottomarino, eventualità di una guerra contro i
possessori di petrolio) non è apparsa
chiara agli utilizzatori capitalistici se
non quando si è delineata la paura di
mancarne. Ma poiché la legge del più
forte continua a imporsi, non si prende ancora in considerazione il proble
BANGLA DESH
ma della disuguale ripartizione dei cereali, che pure ne sarebbe il giusto
corollario;
__a sinistra, per così dire, abbiamo
già visto partiti e sindacati manifestare contro determinati regimi politici
(“Abbasso i colonnelli greci", “Abbasso Pinochet"), ma non li abbiamo mai
visti manifestare in favore di una qualsiasi Conferenza di Roma, ad esempio.
Finché non si avrà questa presa di
coscienza - personale, in ultima analisi circa la ripartizione dei beni del mondo, la lotta contro la fame rischia di
rimanere a livello di parole, le parole
di una carità d’obbligo, reticente. Resta pure la « via cinese » indicata, anch’essa verbalmente, alla Conferenza
di Roma: un tempo, 300 milioni di Cinesi erano vittime di una carestia permanente. Pare che ora 800 milioni di
Cinesi non soffrano più la fame. A
buon intenditore...
J. P. Lumire
(da « Riforme »)
A CURA DELLE CHIESE BENGALESI E DEL CEC
Un progeno agFicolo nel Bangla Desh
(soepi) Un ambizioso programma
agricolo è stato messo a punto a
Khulna dal Consiglio nazionale delle
Chiese nel Bangla Desh, sotto la responsabilità del suo Comitato di aiuto
economico e sociale, per aiutare i contadini delle zone inondate a fare un
raccolto supplementare di riso. Entro
dicembre un’ottantina di lavoratori
temporanei inviati dalle Chiese delle
regioni inondate, saranno istruiti da
agronomi giapponesi nell’uso di portipe d’irrigazione e nei metodi razionali di produzione. A loro volta incoraggeranno poi i contadini a produrre un
raccolto supplementare, che permetterà di frenare la carestia.
D’altro lato cinque agronomi bengalesi faranno giri di visite nelle campagne per informare gli agricoltori sui
nuovi metodi di produzione, sul niigliore utilizzo dei concimi disponibili
in loco e sulle tecniche agricole che
permettono il massimo rendimento
nella risicoltura.
Cristiani delle regioni sinistrate
hanno studiato a Khulna la possibilità
di creare raggruppamenti di contadini, su base cooperativa,e banche cooperative agricole.
Il progetto di Khulna è finanziato
dal Programma di soccorso e di ricostruzione nel Bangla Desh, del CEC,
per un ammontare di due milioni e
mezzo di dollari (un miliardo e mezzo
di lire) offerti da Chiese di tutto il
mondo. Oltre la metà della somma ha
servito all’acauisto di viveri, medicinali, abiti e alla costruzione di alloggi.
Senza più speranza?
comÌ^r2™adÌle£o!Ìu” ThSime?», descrivilo in
S in predTàllk fame, alle inondazioni, aUe malattie, mentre avanzr/aSio^reddi presentano come possibile un solo termine di confronte: Bergen Belsen, il campo di sterminio. ^
Nella rerione di Kurigram, a nord-ovest di Rangpur m due mesi so^ SU una popolazione di circa un mibo
Icwire ilnXer¿voli sonnecchiano senza forza, rannicchiate sul suolo,
aspettando la morte.
Nei circa 5700 centri di distribuzione organizzati dal del
Ranria Desh una volta al giorno si distribuisce una sottile fetta di pane
S nri giorni Sgrassi): dovrà aiutare a sopravvivere 24 ore; e non
ce n’è per tutti, e di molto! ^ i ^
Centinaia di migliaia di bambini sono ridotti a scheletri sorniontati
da iS^testa eno^l: oppure il kvashiorkor gonfia in modo mostruoso
i loro piccoli ventri, su gambette da trampolien.
Ora è giunto anche l’inverno, per masse umane rivestite di pochi
stracci.
cani: si tratta essenzialmente di programmi agricoli di centri di formazione e di programmi di aiuto medico e
sanitario in Etiopia.
SVEZIA
Contro le conseguenze
di catastrofi naturali
Di fronte all’urgenza della situazione nell’Honduras, in India e nel Bangla Desh e nella speranza di ricevere
prossimamente nuovi doni, l’organismo
assistenziale evangelico tedesco « Das
Diakonische Werk » ha deciso di anticipare 2,3 milioni di marchi (oltre
550 milioni di lire) per programmi di
aiuto immediato a questi paesi. La sola India ha bisogno, a causa di una siccità prolungata, di circa 10 milioni di
tonnellate di grano.
Le somme raccolte nel corso della
15” campagna di « Brot für die Welt »
(Pane per il mondo) sono già state interamente distribuite; l’ultima ’’tranche”, di quasi 20 milioni di marchi (circa 5 miliardi di lire) è stata ripartita
fra vari programmi di sviluppo in 36
paesi asiatici, africani e latino-ameri
Settimana ecumenica
per lo sviluppo
Stoccolma (soepi) - Varie personalità sudafricane e cristiani asiatici e latinoamericani hanno partecipato ultimamente a una Settimana ecumenica
per lo sviluppo, in Svezia. La città di
Rattvick, a nord-ovest della capitale, è
stata durante tre giorni teatro di relazioni e dibattiti sull’Africa odierna.
Fra gli oratori, il can. Burgess Carr,
segretario generale della Conferenza
delle Chiese di tutta l’Africa, che ha
spiegato in che misura il « moratorium » (Sospensiva, s’intende di ogni
aiuto occidentale, in uomini e in mezzi) permette alle Chiese africane di
provare di trovare la propria identità;
Gatsha Buthelezi di Kwa Zulu, una
delle ’’riserve” per Africani create dal
governo sudafricano, e Manas Buthelezi, teologo luterano sudafricano. Il
brasiliano Luis Carlo Weil, dello staff
del CEC, ha partecipato a Stoccolma
a una riunione d’informazione sull’America latina. Il prof. S.L. Parmar,
indiano, ha discusso con importanti
industriali svedesi le conseguenze dei
loro investimenti in Sudafrica. Il vescovo luterano L. Auala, della Narnibia, avversario accanito deìVapartheid,
ha parlato in una località dell’estremo nord svedese.
OLANDA
Un giorno di digiuno
la settimana
L’Aja (spr) - Il Consiglio delle Chiese olandesi ha chiesto alle Chiese che
lo compongono di invitare i loro
membri a osservare regolarmente, una
volta alla settimana, una giornata di
digiuno. Ha pure chiesto loro di sollevare seriamente il problema presso i
loro vari partiti politici. Questa giornata di digiuno non dovrebbe essere puramente simbolica, ma dovrebbe costituire un esercizio pratico per giungere a un nuovo stile di vita, tendente
a una società nella quale i diritti dei
poveri abbiano la priorità nella vita
personale e sociale. La giornata di digiuno sarà centrata soprattutto su una
riduzione del consumo da carne, poiché le risorse cerealicole mondiali sono
sfruttate in modo sproporzionato in
vista di produrre carne. Si è pure attirata l’attenzione su cinque questioni
specifiche: i prigionieri per motivi di
coscienza, il razzismo, la parità fra
l’uomo e donna, la corsa agli armamenti e lo sfruttamento economico
dei paesi poveri. I membri delle Chiese sono solleciti a partecipare attivamente alle organizzazioni che si occupano di questi problemi.
ITALIA
Nel Sahel, oggi; c’è gente che deve
fare fino a 20 chilometri di marcia per procurarsi dell’acqua, e
poi portarla a spcdle; i più fortunati (foto in basso) hanno la bicicletta, ma farla procedere, carica, sulla pista sabbiosa non è cosa da poco. In molte zone si potrebbero moltiplicare i pozzi, disponendo di moderni mezzi di trivellazione e di pompe (mosse da
energia solare?) per estrarre l’acaua da forti profondità.
(foto EPER)
La fame nel mondo ha molte cause, e ha molti voti. , ,,
ir Iin fatto la nonolazione mondiale cresce piu rapidamente delte pro
riiiTìnne alimentare* se quindi la situazione è già drammatica oggi, no
potrà che diventare sem¿re più catastrofica, ^
nazioni ricche che questa seconda è la strada da battere ® ® ® T ^
tom^güie d’azione, se soltanto lo si vuole; posiziom analoghe sono nsritate
aUa CoSerenza di Roma suU’alimentazione, il mese scorso, ma i paesi ricchi
hanno purtroppo manifestato le più forti reticenze, ¡i; ¿n
Dunque ri sono regioni del mondo neUe quali, anche per le difficili con^
»ioni rlìmattche la produzione alimentare è particolarmente precaria ; m certi
incu^no, Bangla Desh e Pakistan “ '
tuazione è ancora aggravata dai fatto che si tratta di regioni fittamente po
^“^“fàlvolta, come nel PAKISTAN e più recentemente
BANGLA DESH (una regione che e quasi tutta un totalità
míale affluiscono il Gange e il Brahmaputra, convoghando la quasi totauia
delle acque del versante sud deU’Himalaia ) la lame e le epideime sono deterimnate Halle alluvioni devastatrici. E allora si tratta non soltanto di dar da manare a intere pop“la¿lri ma di prevedere, per quanto possibUe, un s^tema di
teibrigliatura dei fiumi, che permetta di attutire almeno un poco la portata immane^di queste ricorrenti catastrofi, e d’altro canto di convogliare
rigazione, come pure si tratta di scavare pozzi per cercare 1 acqua, che c e, an
che in zone attualmente aride. .... „„^„5 s„o..5Hic<.n
Più spesso, è la siccità a disseccare intere regiora, prati e campi inaridiscono il bestiame, dopo aver consumato tutte le tracce residue di vegetazione,
muore, la terra si degrada, torna al deserto; e uomini e ammali superstiti si
trascinano in grandi esodi: verso che cosa? Così ' , >' ■ ' > .<7 -v
è in INDIA, dove la fame è da secoli condizione ’endemica’: cioè un
fatto ’naturale’ della vita,
com’è ’naturale’, nelle
metropoli, raccogliere
quotidianamente carrettate di esseri umani deceduti di fame, sulle strade; periodicamente interi Stati della Federazione indiana sono colpiti
dalla siccità e dalla carestia. Negli ultimi anni, la
situazione è stata particolarmente tragica nella
fascia africana a sud del
Sahara: in ETIOPIA settentrionale, soprattutto
la regione UoUò, e nel
§AHEL, una regione vasta come mezza Europa,
comprendente larga parte di sei Stati africani:
Mauritania, Senegai, Mali, Alta Volta, Niger e
Ciad. In questa fascia la
pioggia non è praticamente caduta per cinque
anni, in un progressivo
aggravarsi dell’inaridimento del suolo: il deserto è avanzato implacabilmente cacciando uomini e animali sempre più
a sud, e lasciando per
strada innumerevoli ca- ..... j x
duti. Un ritorno pare in molti casi impossibile, le abitazioni sono abbandonate
e ricoperte di sabbia, i pozzi inariditi e insabbiati, gli alberi morti, con la corteccia divorata fino al tronco. Si calcola che ci vorranno almeno vent anni di
lavoro duro e coordinato — con aiuti esterni, di dimensioni enormi —, una volontà di ferro per ripiantare alberi, scavare e riscavare pozzi, ricacciare indietro palmo a palmo il deserto, ristabUire un equilibrio naturale e forse applicare al Sahel i metodi di agricoltura del deserto sperimentati con successo dagli israeliani nel Neghev. Le Chiese cercano di dare un loro apporto in questo
campo, sia a livello d’informazione, di studio e di coordinamento (nella primavera e nell’autunno ’74 si sono avuti a Lomé, nel Togo, due vaste consultazioni),
sia a livello di raccolta e di convogiiamento di oft’erte, in due ffirezioni : aiuti di
emergenza ai profughi (alimentazione, alloggio, vestiti, organizzazione e mantenimento di campi), e programmazione e realizzazione di piani di sviluppo nelle zone disastrate (si veda, a pag. 10, ad esempio). Anche il Fondo di solidarietà raccolto dal nostro periodico ha in quest’opera di aiuto uno dei suoi scopi,
contribuendo a una raccolta promossa dal Consiglio ecumenico delle Chiese.
L’aiuto degli organi assistenziali, e fra questi quelli del CEC, può essere
d’importanza fondamentale in momenti di emergenza e può dare indicazioni
utili e significative, esempi stimolanti di collaborazione internazionale e interrazziale. In prospettiva cristiana, possiamo dire che si tratta di modesti ’segra’
di una solidarietà, di una comimione di vita, di una tensione verso la giustizia
e la pace (shalom, ricchezza armoniosa di vita) che ne deriva, che accennano
al regno di Dio e di colui che Dio ha mandato perché tutti avessimo vita e vita
esuberante
In qualche misura, parte delle chiese avvertono questa responsabilità, con
forza crescente; bisogna che questo movimento si amplifichi e si intensifichi.
Alle nazioni, poi, che sole possono nella comunità mondiale affrontare questi
problemi giganteschi nella loro globalità, compete di prestare orecchio a ciò
che lo Spirito di Dio dice alle chiese e per mezzo loro a tutti gli uomini.
Nel Sahal, la fine di animali... e di uomini in cerca di salvezza
Come si ricorderà, al Congresso mondiale dell’alimentazione (Roma, metà novembre) hanno partecipato come
osservatori anche rappresentanti di Chiese, fra l’altro una
delegazione del CEC, guidata da Ph. Potter, che ha rivolto all’assemblea un vigoroso messaggio. Fra gli osservatori italiani il past. Piero
Bensi, presidente dell’UCEBI,
rappresentava l’Alleanza battista. Il 20 dicembre, a Firenze, nel quadro dell’attività
del locale Centro evangelico
di cultura, ha parlato nella
sala valdese di Via Manzoni
t La conferenza della FAO suH’alimentazione e la responsabilità delle Chiese ».
6
pag. 6
Asia e Pacifico
Questa regione conta una popolazione di oltre 2 miliardi di uomini. Nel
decennio in corso, si stanno preparando selezioni bibliche abbinate a programmi di alfabetizzazione e si tenta
la larga diffusione di audiocassette
con registrazioni di passi e libri biblici,
per raggiimgere anche lettori al livello più elementare. La situazione —
guerre, guerriglie, fame, ostilità da
parte di governi atei o musulmani etc.
— frappone ostacoli in molti paesi. Eppure in quest’immensa regione circa
73 milioni di copie delle Scritture sono stati diffusi nel 1973 e si prevede
che il traguardo risulterà nettamente
superato nel 1974.
CINA, MONGOLIA, TIBET, URSS
(asiatica), COREA del nord, VIETNAM del nord: in queste regioni è
praticamente impossibile ricorrere ai
mezzi correnti di diffusione ; proseguono le radio trasmissioni dedicate
a letture bibliche. Entro il 1974 sarà
messa a punto la traduzione del N.T.
in cinese moderno.
IRAN, PAKISTAN, BANGLADESH,
paesi in larga maggioranza islamici:
in Iran le regioni più isolate sono raggiimte da un bibliobus; migliaia di
persone seguono corsi biblici per corrispondenza ; traduzione del N.T. in
persiano corrente. Nel Pakistan, malgrado le crisi interne e il basso livello
d’istruzione cresce la diffusione. Si lavora a traduzioni nelle lingue delle
minoranze; entro l’anno si conclude
la trascrizione in braille del N.T. in
urdu. Nel Bangladesh ci si sforza di
mantenere entro l’anno l’impegno di
stampare in loco 750.000 evangeli e selezioni e di concludere la versione del
N.T. in bengalese corrente.
SRI LANKA, NEPAL, BHUTAN,
MALDIVE: conclusa la traduzione del
N.T. in sinhala, nel Sri Lanka (Ceylon); campagna nazionale per la lettura della Bibbia in famiglia; evangelizzazione attraverso im giornale e corsi di formazione per l’evangelizzazione
biblica. Arduo sforzo di penetrazione
nei chiusi paesi himalaiani.
LIBANO, SIRIA, IRAK, GIORDANIA, Stati del Goffo Persico, ADEN:
dopo 18 mesi di detenzione è stato liberato il segretario della Società biblica neU’Irak. È in preparazione una
versione in arabo moderno per tutta
questa regione; pubblicazioni bibliche
per studenti, diffusione delle Scritture
in scuole, ospedali, alberghi, forze armate, carceri, e in regioni periferiche o
chiuse.
INDIA: sono in atto revisioni o nuove traduzioni in ben 43 lingue; è uscita per la prima volta la Bibbia nella
lingua dei Mara, al confine birmano,
ed è uscito il N.T. in koniac naga,
stampato in caratteri romani; fortemente richieste le selezioni in nepalese e marathi.
La Bibbia nel mondo
SnSà hiilLh ® sua lingua, a un prezzo accessibile: questo lo scopo delle
hi inìicÌ G Ì raggruppate nell’Associazione Biblica Universale (ABU). Dai suoi bollettini Edina Ribet
tititrnPffÌ '"teressante e incoraggiante. Diamo oggi una panoramica delle sue at
tiwita nelle vane regioni del mondo, secondo i grandi raggruppamenti dell’ABU; per ragioni di spazio ci
limitiamo ai paesi extraeuropei. Il problema oggi più avvertito e forse anche più arduo di quello della dif
^ '' problema della traduzione. Esso ha due aspetti:
fn ® «»"‘'"“a'”! 3 tradurre la Bibbia in lingue nelle quali finora essa non esiste, né in tote né
1 attualmente in corso nel mondo parecchie decine di programmi di traduzione in lingue
daN’altro «si tfatla rii P®** 'Scritto linguaggi sinora puramente orali!);
Ìpnfp Vr..ii * Ì* ^ continuare — come ovunque, anche da noi — a ritradurre la Bibbia in linguaggio corÌfuni™®"!*® p«''j H®"*® ‘Poggi, applicando la regola dell’« equivalenza dinam^a ». In
‘•“P''®®.'’'’®® ‘*1 lavoro di traduzione sempre più frequenti e vasti sono i contatti e la collaborazione a
linn h hi“'"®"'®“’ "^"®’ Pu!®^® ' ®"®'f®l>etismo è ancora tristemente diffuso, i programmi di evangelizzazione biblica sono spesso abbinati a programmi di alfabetizzazione (talvolta in collaborazione con organi civili) e CI SI vale pure degli altri mezzi di comunicazione di massa, in particotare di quelli audiovisivi, almeno
per II primo approccio. Un immenso sforzo, organizzativo e finanziario, è rappresentato dall’attività perseverante e capillare di cui in questa pagina si dà una rapida panoramica
ma che ha una certa eco in tutta la
nazione; aumentano la diffusione e le
offerte per l’attività biblica. La Casa
della Bibbia di Canberra provvede pure a una parte della necessità del SudPacifico.
PAPUASIA, NUOVA GUINEA: curva ascendente della diffusione biblica,
mentre prosegue un intensivo lavoro
di traduzione, parallelo al cammino
verso l’indipendenza e l’autonomia.
NUOVA ZEXiANDA: risultati positivi delle ’settimane bibliche’ organizzate in collaborazione fra le Chiese.
ISCILE DEL SUD-PACIFICO: in
maggio si è tenuta una conferenza
sub-regionale ; prosegue il lavoro di
traduzione nelle isole Fiji, Tonga,
Nieu, Samoa, Nuove Ebridi, Nuova Caiedonia; insistenza sulla lettura biblica e sul culto in famiglia.
Alla Fiera mondiale del libro, tenutasi a
Nuova Delhi nel 1972, lo stand della Società
Biblica indiana è stato molto frequentato diffondendo sopratutto la versione in lingua
corrente
SINGAPORE, MALESIA: NT. e libri dell’A.T. in penan e in malese; 100
mila selezioni in inglese, cinese, tamil,
sengoi e penan per nuovi lettori; mezzo milione di copie di una selezione
speciale per una campagna nazionale
di evangelizzazione.
BIRMANIA, INDONESIA: in Birmania si attende il permesso di importare testi biblici in lingue diverse
dal birmano; due edizioni della Bibbia in birmano e del N.T. in birmano
corrente. In Indonesia forte incremento dell’attività biblica, ma resta difficile rispondere all’immensa domanda
nel paese.
THAILANDIA, LAOS, VIETNAM
del sud, CAMBOGIA : in ThaUandia si
pubblicano regolarmente, come inserzioni sui giornali, testi biblici. Nel Vietnam del sud la crisi economica e finanziaria ha ripercussioni inevitabili
sulla vita quotidiana, ma un numero
crescente di pastori e di laici diffondono nel tempo libero le Scritture, oltre ai dieci colportori a pieno tempo
e a niunerose librerie cristiane. Iniziata la pubblicazione di testi biblici in
vietnamita corrente.
HONG KONG, TAIWAN: a Hong
Kong si continua a insistere soprattutto sulla diffusione fra i giovani;
programmi speciali per le scuole. Largamente utilizzata la versione in cinese corrente, mentre s’intensifica la
produzione di Scritture per ciechi. In
fase di realizzazione a Taiwan (Formosa) traduzioni del N.T. in paiwan,
yami e tayal, p>er le popolazioni montanare dell’interno.
FILIPPINE: la coscienza biblica è
sviluppata attraverso i mass-media,
corsi di formazione biblica e traduzioni nelle lingue correnti.
AUSTRALIA: «Buone Notizie senza frontiere » è il titolo di un program
I 56 studenti in teologia della Scuola biblica di Tangoa, nelle Nuove Ebridi (Melanesia) rappresentano e parlano 27 lingue diverse! La Bibbia è tradotta soltanto in alcune di esse. A piccoli gruppi gli studenti hanno preparato delle selezioni di testi biblici in
una dozzina di lingue ’’nuove^^ per campagne, al tempo stesso, di evangelizzazione e
e di alfabetizzazione
ISOLE DEL NORD-PACIFICO:
nuovi programmi di traduzione nei
numerosi dialetti degli arcipelaghi della Micronesia, delle Marshall, delle
Caroline, delle Marlanne, di Guam.
Africa
e Madagascar
In Africa nera il tasso di crescrita della Chiesa è il più alto del mondo e le Società bibliche si sforzano di
tener testa a quest’esplosione in un
continente in profonda trasformazione.
MAGHREB, LIBIA, EGITTO, SUDAN: in Algeria le importazioni sono
di nuovo autorizzate, ma la procedura
rimane lenta, mentre è più rapida in
Marocco e in Tunisia; la diffusione in
ambiente musulmano è ristretta, ma
trova interesse soprattutto in ambiente studentesco. Se la Libia resta un
chiuso blocco musulmano, pare che
cristiani egiziani possano introdurvi
Bibbie. La Società biblica in Egitto
continua a fruire di collaborazione giovanile; ogni anno in dicembre organizza una settimana biblica, cui collaborano ortodòssi, cattolici copti e protestanti. Nel Sudan meridionale, la regione a lungo insanguinata da una feroce guerra civile e ora pacificata, un
bibliobus è continuamente in viaggio
per rispondere alla domanda.
LIBERIA, SIERRA LEONE, GAMBIA: si moltiplicano in parallelo, talvolta d’intesa con iniziative governative, campagne di alfabetizzazione e di
diffusione biblica; si traduce l’A.T. in
una nuova lingua, il kpelle.
COSTA D’AVORIO, DAHOMEY,
TOGO, ALTA VOLTA, NIGER, GUINEA, SENEGAL, MALI, MAURITANIA: si segnalano corsi di formazione
biblica nel Mali, una traduzione interconfessionale in ewé nel Togo, selezioni per neo-alfabetizzati in moré, nell’Alta Volta. La nuova traduzione in
francese corrente è stata largamente
diffusa in tutta quest’ampia regione
soprattutto dai pentecostali delle Assemblee di Dio.
GHANA, NIGERIA: nel Ghana,
pubblicate una prima traduzione del
N.T. in dangma e una nuova traduzione in ga ( 30.000 copie ) ; in corso traduzioni in ben 13 lingue; buona collaborazione interdenominazionale. In
Nigeria, è in corso la traduzione del
N.T. in kalabari, un’importante lingua
parlata nel delta del Niger, diffuse traduzioni in altre quattro nuove lingue.
CIAD, REPUBBLICA CENTROAFRICANA, CAMERUN, GABON,
ZAIRE: in Camerún e in Gabon sono
in atto traduzioni in 14 nuove lingue.
Difficoltà si segnalano nella Repubblica Centroafricana e soprattutto nel
Ciad, dove è in atto una sanguinosa
persecuzione : eppure proprio quest’anno è stato pubblicato il N.T. in nangjere (Ciad). Nello Zaire la richiesta
è così, forte che la Società biblica di
Kinshasa non può soddisfarla.
AFRICA DEL SUD, NAMIBIA, BOTSWANA, LESOTHO, SWASILAND:
in questa vasta area dell’Africa australe la Società biblica deve provvedpe a una popolazione di 22 milioni
di abitanti, in 17 lingue scritte (oltre
ai numerosi lavoratori immigrati).
Quest’anno sono usciti per la prima
volta la Bibbia completa in kwanyama, una lingua della Namibia, e l’EVangelo secondo Marco in boscimano. Lo
sforzo di diffusione biblica continua a
essere concentrato sulle scuole e la
meta per il ’74 era di 200.000 copie.
MADAGASCAR, isole SEYCELLES,
MAURITIUS, REUNION: intensa e
vasta campagna di evangelizzazione biblica nel Madagascar; nelle Mauritius
è al lavoro un’entusiastica équipe di
colportori; nella Réunion e nelle Seycelles buona collaborazione interdenominazionale.
RHODESIA, MALAWI, ZAMBIA:
in Rhodesia, campagne di diffusione
biblica nelle scuole, con evangeli in
lingue indigene; nuova Bibbia in ndebele. Nel Malawi è in fase avanzata la
nuova traduzione dell’A.T. in chichewa. Nello Zambia sono in corso ben 9
traduzioni; il colpprtaggio ’laico’ è stimolato da corsi di formazione.
BURUNDI, RUANDA, UGANDA :
gli scontri razziali nel Burundi e nel
Ruanda hanno ostacolato il lavoro; in
Uganda la diffusione è intensa, tra l’altro con 3 segretari a tale scopo, a pieno tempo, e 4 colportori a metà tempo: la Società biblica è sostenuta da
molte offerte.
MOZAMBICO, ANGOLA: nel Mozambico, prosegue la collaborazione di
cattolici alla traduzione e alla diffusione ; fino alla ’svolta’, restrizioni alle
importazioni. In Angola sono al lavoro, fra l’altro, una dozzina di colportori : con gioia, ma anche spesso a
prezzo di grandi sacrifici.
KENYA, TANZANIA : nel Kenya la
Società biblica è stata invitata a fornire il materiale per attuare la decisione dei vescovi cattolici: una Bibbia in
ogni casa cattolica; proseguono le traduzioni in maasai, turkana e boran ed
è stata pubblicata la prima Bibbia
completa in luya. In Tanzania, oltre a
4 programmi di traduzione, circola
continuamente ed efficacemente un bibliobus.
CANADA: molte Chiese canadesi si
sono impegnate nell’evangelizzazione, e
la diffusione biblica è senz’altro cresciuta rispetto al 1973, quando aveva
raggiunto 2.7(X).000 copie in 78 lingue;
la Società biblica ha ricevuto offerte
per unà cifra mai finora raggiunta, e
ha così non solo potuto aumentare il
suo lavoro interno, ma anche il suo
contributo all’ABU per l’opera mondiale.
USA: lo sforzo si è rivolto soprattutto a tre gruppi: i bambini, gli studenti, gli anziani. Milioni di copie di
una selezione biblica : « Buone notizie
per nuovi lettori»; fitta rete di punti
di vendita locali, spesso volontari.
MESSICO : la Bibbia è già disponibile, interamente o in parte, per 65 degli 85 gruppi linguistici indios. La meta di diffusione per quest’anno era:
5.800.000 copie.
America centrale: forte lavoro di
diffusione abbinato all’alfabetizzazione; formazione dei diffusori, interesse
crescente dei cattolici.
ANTILLE: a Portorico e nelle Virgin Is. attività soprattutto fra le donne; gruppi di giovani curano la diffusione biblica in locali pubblici. Nella
Rep. Dominicana donne e bambini
partecipano alla diffusione nelle scuole. Nella Giamaica la Soc. Biblica ha
fornito migliaia di selezioni e di evangeli a grossi caratteri per una campagna governativa di evangelizzazione. Si
registra un risveglio d’interesse nelle
Antille orientali, specie a Surinam. È
stata pubblicata la versione del N.T.
in papiamento corrente, per Curasao,
mentre continua . la traduzione dell’A.T. in haitiano creolo, lingua parlata da 6 milioni di Antillani.
VENEZUELA, COLOMBIA, ECUADOR: è in circolazione il N.T. in quechua, nelle zone andine. Il governo dell’Ecuador dà qualche aiuto per ima
diffusione abbinata all’alfabetizzazione. In Colombia uno sforzo particolare di diffusione, è svolto con lo stand
biblico alla Fiera internazionale di Bogotá. Nel Venezuela prosegue la traduzione in lingue indie.
PERU’, BOLIVIA, CILE: nel Perù
si segnala la pubblicazione di 300.000
selezioni illustrate da diffondere in occasione di feste; riorganizzata la rete
di responsabili regionali. In Bolivia è
in atto la formazione di centinaia di
nuove piccole chiese evangeliche rurali indie ed è urgente fornire una versione corrente del N.T. in aymara e in
quechua. Nel Cile, sconvolto dal dramma politico, si cerca di lavorare soprattutto fra le donne e i giovani.
ARGENTINA, URUGUAY, PARAGUAY : in Argentina si nota un risveglio d’interesse biblico in istituti cattolici e si offrono nuove possibilità di
diffusione in ospedali, orfanotrofi, carceri. In Uruguay la Società biblica
Una famiglia di esquimesi canadesi segue
interessata la lettura della Bibbia nella sua
lingua
punta sulla diffusione radiofonica o in
occasione di esposizioni ; qualche collaborazione con i cattolici. In Paraguay, campagna nazionale di evangelizzazione, per cui la Società biblica
ha fornito centomila selezioni bibliche.
BRASILE: il motto della Società biblica per il ’74 è stato « Il seme è la
Parola ». Il battello Luce sul Rio delle
Amazzoni, in servizio da 12 anni per la
diffusione biblica nella sconfinata Amazzonia, sempre più aperta (ma con
gravi problemi) alla circolazione, ha
avuto bisogno di un motore più forte
e più rapido. Nella Domenica della
Bibbia sono stati raccolti fondi per inviare Bibbie ed Evangeli nell’Angola e
nel Mozambico.
Orizzonti missionari
Dal Rapporto annuo della Missione
di Basilea, condensato dal sepd, riportiamo alcune notizie.
La Missione non vale soltanto a favore di uomini e chiese del Terzo
mondo, ma, tra l’altro con la sua informazione, rende grandi servizi anche in Europa. In numero crescente
cristiani delle giovani Chiese prendono la parola e presentano un quadro
vivo e genuino delle Chiese sorelle di
oltremare. E questo è tanto più necessario in quanto amici e detrattori della missione sono tuttora rimasti spesso fermi a un’immagine del tutto superata.
stata però turbata da divergenze di
origine etnico-tribale. La Chiesa dà assoluta priorità al lavoro missionario.
HONG KONG
Il bibliobus della Società Biblica della Tanzania è continuamente in giro e porta i colportori anche nelle zone più lontane e appartate
ETIOPIA, SOMALIA: la prima assemblea mondiale dell’ABU tenutasi
ad Addis Abeba ha impresso un grande slancio alla diffusione, che ha registrato una forte impennata; è iniziata
la traduzione del N.T. in amharico
corrente, sono in progetto traduzioni
in galla e in uallamo e in progetto
quelle in afar e in somalo (nuovi caratteri).
Le due Americhe
Mentre le Chiese, nel Nord, forniscono larghi fondi, è proseguita la diffusione, affiancata a programmi di alfabetizzazione, in tutta l’America di
lingua spagnola; continua la traduzione dell’A.T. in inglese, spagnolo e portoghese correnti.
CAMERUN
La pesante politica dei salari decisa dal governo rischia di causare serie limitazioni al lavoro di formazione teologica e scolastica. Ma il Sinodo della Chiesa evangelica ha deciso
unanimemente di affrontare il problema .finanziario con accresciute offerte :
ogni membro del Sinodo si è impegnato a versare una percentuale dei
propri introiti come offerta speciale e
a far conoscere l’urgenza del problema, in modo che non si debba chiudere nessun istituto, tendendo per altro di rinunciare all’aiuto straniero. Il
« moratorium » — cioè la sospensione
a tempo indeterminato di aiuti occidentali — non può però attualmente
esser preso in considerazione.
La nuova tabella salariale governativa, che determina una lievitazione
dei prezzi, ha peggiorato la situazione
del personale insegnante, specie di
quello più qualificato. Le proteste della Chiesa sono rimaste senza risultato, e ne è seguito un esodo d’insegnanti dagli istituti ecclesiastici verso un
servizio meglio retribuito in quelli statali.
Considerevoli progressi sanitari ha
segnato la lotta contro la lebbra.
Notevolmente più numerosi risultano coloro che rientrano definitivamente nel Camerún rispetto a coloro che
per la prima volta ne escono: si va
dunque accentuando la ’camerunizzazione’ dell’attività ecclesiastica.
NIGERIA
Nella Nigeria settentrionale, malgrado l’inflazione e le cattive condizioni
climatiche che hanno inciso negativamente sull’agricoltura e sull’economia,
la Chiesa Lardin-Gabas ha per la prima volta un segretario generale a pieno tempo. La direzione ecclesiastica è
La miseria è grande. I prezzi salgono, e cresce la popolazione perché gli
sforzi di pianificazione familiare cozzano contro la visione tradizionale, sostenuta soprattutto dalle suocere, e
d’altro lato prosegue, malgrado le proteste del governo locale, l’immigrazione dalla Cina. In tale situazione la
Chiesa si sforza di aiutare i più sfavoriti. Il Consiglio cristiano, che riunisce le Chiese ecumenicamente sensibili, cresce d’importanza: non è più
un aspetto delle Missioni occidentali,
ma è guidato da personalità direttive
delle Chiese indigene. Nel corso di
quest’anno si è potuto aprire un ospedale. La Commissione ecclesiastica per
l’industria si occupa della formazione
dei lavoratori e di risvegliare la coscienza dei cristiani di Kong Kong
perché s’impegnino nelle necessarie
trasformazioni strutturali.
SABAH e SINGAPORE
Nello Stato di Sabah — membro della Federazione Malese, nel nord di
Borneo (o Kalimantan) — l’islam è
stato proclamato religione dello Stato,
senza che però questo abbia, per ora,
sostanzialmente mutato le condizioni
di vita della chiesa. La decisione governativa di dichiarare il malese lingua ufficiale ha facilitato la comprensione delle Chiese di origine malese e
indonesiana. La Chiesa protestante in
Sabah, che conta circa 12.500 membri,
segnala costanti nuovi battesimi e catecumeni. Anche senza missionari la
vita cultuale procede, il pastorato collettivo affidato ad evangelisti si afferma, e i gruppi ufficialmente preparati
e incaricati battezzano e distribuiscono la santa cena.
INDONESIA
I responsabili delle Chiese considerano tutta l’Indonesia — un mondo vasto e disparatissimo — come un unico campo di missione per la predicazione dell’Evangelo, il servizio diaconale e la collaborazione allo sviluppo.
Due Chiese di tradizione ’evangelical’
(tendenzialmente fondamentalista) sono entrate a far parte del Consiglio
delle Chiese, che conta ora 44 membri.
Nel Kalimantan (Borneo) occiden
(continua a pag. 7)
7
27 dicembre 1974 — N. 51
pag. 7
Le Chiese nei paesi deii'Est europeo
GERMANIA ORIENTALE:
vescovi cattolici contro il monopolio educativo statale
educazione unilaterale non rende giustizia all’uomo, e ciò vale sia per « una
visione dell’uomo puramente materialistica » sia per la limitazione a « un
ambito puramente religioso ».
Il 96% dei giovani della DDR partecipano alla Jugendweihe, che è stata
concepita come sostituto della confermazione o della cresima ecclesiastica.
Partecipare a questo « rito civile » è
una condizione quasi indispensabile
Pochi giorni prima del 20° aniversario dell’istituzione della Jugendweihe
•<« consacrazione — laica — della gioventù ») nella Repubblica democratica tedesca (DDR), j vescovi cattolici,
in una lettera pastorale letta da tutti
i pulpiti, hanno criticato la pretesa di
monopolio educativo da parte del partito comunista e definito i limiti della
collaborazione dei cittadini cattolici
al sistema socialista della DDR. Una
CECOSLOVACCHIA: la gioventù dev’essere atea
Con l’inizio dell’anno scolastico l’insegnamento religioso è stato bandito
dalla maggior parte delle scuole delle
città principali e fortemente limitato
in provincia. Come finora, possono partecipare alle lezioni solo alunni al di
sotto dei 12 anni, che devono presentare domanda scritta all’insegnante.
Su indicazione delle autorità locali e
degli organi del partito comunista vengono poi esercitate pressioni sugli aiunni che si sono così iscritti, perché
spingano i genitori a ritirare l’iscrizione, perché il partecipare a quelle lezioni può recar loro « serio danno ».
Su tali danni ha scritto nel 1970
l’ideologo di partito Milan Zubec, specializzato in propaganda antireligiosa:
« L’opposizione fra la morale comunista e quella religiosa è radicale nel
modo di considerare il lavoro e la proprietà sociale. L’ideologia religiosa
racchiude una morale che, sopratutto
a causa del suo discutibile umanesimo,
contraddice al culto dell’Uomo, e con
la sua concezione dell’amore del prossimo contraddice alle -finalità della rieducazione socialista dell’uomo. Il suo
carattere’ dannoso è ancora aggravato
dal fatto che l’ideologia ha a disposizione una gigantesca rete organizzativa, istituzioni di millenaria esperienza.
Basandosi sulla grande forza della tradizione e sul fondamento irrazionaleemozionale della fede, l’ideologia religiosa è un serio avversario ideologico
del marxismo-leninismo ».
Per liberare l'uomo dalla religione,
con l’inizio di quest’anno scolastico è
stato introdotta in tutte le scuole secondarie una nuova materia d’insegnamento: « Elementi di ateismo scientifico ». E in corsi serali di « Principi
fondamentali della visione scientifica
del mondo » saranno debitamente aggiornati collaboratori dell’ apparato
statale, della scuola e della cultura, responsabili dell’educazione ateista scientifica della nuova generazione.
L’attuale promozione della formazione all’ateismo non è senza ragione: da
tnr'indagine suli’atteggiamento religioso degli studenti in un ginnasio di Bratislava è risultato che il 46% degli studenti interpellati ha constatato che per
l’uomo la religione è più importante
della scienza. E pure noto che fra i
Praga e la Moldava
membri giovani del partito comunista non sono pochi quelli che la domenica vanno in chiesa e si considerano credenti.
Se ancora poco fa gli organi del
partito hanno dichiarato che nesssun
cittadino può essere molestato a causa della sua fede, finché non assume
un comportamento antisocialista, essi ricordano ora che Lenin ha detto:
« La religione non è una questione
privata! ». Il che significa che l’apparpartenenza al partito e una professione di fede religiosa sono inconciliabili.
ROMANIA: lo Stato opprime le Chiese
Una legge approvata poco tempo fa
dall’Assemblea nazionale, a Bucarest,
stabilisce un rigido esproprio e nazionalizzazione di ogni proprietà artistica e culturale ancora in mano alle
Chiese o a privati, in Romania: monumenti, opere d’arte, manoscritti,
edizioni da bibliofili, ma anche oggetti di culto, ad és. per la santa cena.
Cittadini, chiese e organizzazioni culturali sono tenuti a presentare i loro
beni culturali a una « Commissione
statale centrale per i beni culturali
nazionali », la quale deciderà se gli
oggetti devono essere « trasferiti alla proprietà statale, dietro indennizzo ». Ma anche le « altre opere » che
rimangono ai proprietari non statali
perché li conservino e utilizzino, sottostanno « al controllo periodico da
parte degli organi statali a ciò preposti »; qualora i proprietari mostrassero di non saperle conservare decorosamente, sarebbero costretti a consegnarle allo Stato.
Queste norme hanno chiaramente
in vista le chiese. Nel distretto di
Gradea sono stati sequestrati e asportati dalle chiese riformate gli archivi
ecclesiastici: l’azione, svolta a titolo
sperimentale poco prima dell’entrata
in vigore della nuova legge di esproprio, era illegale. Si vuole « togliere il
passato » al protestantesimo, cancellando la testimonianza storica nella chiesa dalla Riforma a oggi. Si ha qui un
segno di irrigidimento politico nei confronti delle chiese e nei confronti delle
nazionalità: la maggior parte delle
chiese riformate sono di lingua ungherese. Analogo orientarnento indica il divieto, comunicato ad alcune migliaia
di pastori e « ecclesiastici » di ricevere, senza autorizzazione del ministero
dei culti, doni, beni, valuta estera o
INDONESIA
denaro romeno, sia dall’interno che
dall’estero, per se o per la loro chiesa. Ogni infrazione sarà punita. Poiché in genere i cittadini romeni sono
incoraggiati ad accettare doni, specie
dall’estero, questa norma è una chiara
discriminazione antiecclesiastica.
I protestanti di lingua tedesca
della Transilvania
sono minacciati nella loro identità
La Transilvania, una regione rurale
romena da secoli abitata da una popolazione di lingua tedesca, soffre dell’esodo rurale. Nelle città gli immigrati di lingua tedesca sono minoranza e
vengono latinizzati. In conseguenza di
quest’esodo la Chiesa evangelica di
confessione augustana (luterana), alla
quale appartengono la maggior parte
dei Transilvani, perde i suoi membri.
In molte chiese non si predica più,
son solo più monumenti, per il cui
mantenimento manca il denaro. Lo
Stato ha nettamente circoscritto l’ambito d’azione della Chiesa, che non
può ùscirne: è permesso tenere culti,
battezzare, confermare, sposare e seppellire. Ma a partire dalla confermazione la Chiesa non può più occuparsi
dei giovani, per non sottrarli alTinfluenza dello Stato. Essa non ha diritto non solo d'intervento, ma neppure
di parola nelle decisioni statali, ad es.
per ciò che riguarda la legislazione
sociale. Chiesa e religione sono affare
privato.
Ultimamente, è vero, si nota uno
straordinario contro-movimento. Le
difficoltà esterne spingono spesso la
gente a crescere nuovamente come
comunità. I pastori transilvani riuscì' ^
ranno a tenere unite le chiese e a in-'
coraggiarle all’opera evangelica senza
suscitare il sospetto dello Stato?
Conversioni
a spese dello Stato
Secondo una comunicazione dell agenzia
.slampa indonesiana Antara, dei circa 13.000
detenuti politici (persone che avrebbero preso parte al tentato colpo di stato comunista
nel 1965; secondo altre fonti sarebbero as•sai più numerosi) 1.700 sono passati al cattolicesimo. Il governo, marcatamente musulmano, avrebbe speso quasi 3 milioni di rupie
(oltre 6 milioni di lire) per la propagazione
del cattolicesimo nel piano quin^ennale
1969-74, e questo valendosi della fede
fica quale mezzo per staccare i detenuti dalla dottrina comunista.
BULGARIA:
statistiche religiose
Secondo dati ufficiali 6 dei 9 milioni dì Bulgari appartengono alla Chiesa ortodossa. La Chiesa cattolica conta 50.000 membri, cui si aggiungono
10:000 uniati (chiese ortodosse unite a
Roma, non scismatiche come le altre).
I 50.0Ó0 protestanti si ripartiscono fra
congregazionalisti, metodisti, battisti,
pentecostali e avventisti.
Tutte le notizie relative alle Chiese nei
paesi dell’Est europeo, pubblicate in questa
pagina, sono tratte dal servizio stampa riformato svizzero-tedesco (sepd).
per proseguire gli studi nelle scuole
superiori e all’università.
Sciolta la « Lega di pastori
evangelici nella DDR»
La Lega, operante da 15 anni, malgrado la intensa promozione da parte
dello Stato, non ha mai avuto una
vera risonanza nella Chiesa evangelica nella DDR. La Lega ne ha tratto
le conseguenze e si è sciolta; quelli
che ne furono membri collaboreranno in futuro al « Fronte nazionale ».
Lo scioglimento dipende dal rafforzamento delle chiese che perseverano,
sulle quali la politica ecclesiastica statalé si va sempre più concentrando,
da quando è stata costituita la Federazione delle Chiese evangeliche nelna DDR, una volta constatata l’impossibilità di mantenere una reale unità
organizzativa con TEKD (la Chiesa
evangelica in Germania), l’organo che
associa le Chiese evangeliche della
Germania occidentale e nel quale a
lungo è stato mantenuto, formalmente, il posto per le Chiese della Germania orientale.
Verso il 450° anniversario
della morte di Thomas Müntzer
In occasione del 450° anniversario
della morte di Thomas Müntzer, nel
1975, la Federazione delle Chiese evangeliche nella DDR organizzerà tre convegni teologici sulla concezione müntzeriana della Bibbia e della storia, sulla concezione che Müntzer ebbe della
riforma e sui rapporti di Lutero e di
Müntzer con gli Russiti. I convegni
si terranno in febbraio a Erfurt, in
marzo a Berlino-est e a Zwickau.
Una carrellata sulle varie chiese di Varsavia, delle Chiese che insieme costituiscono il Consiglio ecumenico polacco; da sinistra a destra, in alto: luterana, polacco-cattolica, vecchiocattolica mariavita; al centro: battista, riformata; in basso: metodista, chiesa unita dell’Evan
gelo, cattedrale ortodossa.
POLONIA: Il Consiglio ecumenico polacco
UNGHERIA: inaugurata
l’Accademia teologica
luterana
I luterani ungheresi non dovranno
più andare a studiare teologia all’estero. È stata inaugurata a Budapest la
nuova Accademia teologica della Chiesa luterana ungherese. All’inaugurazione hanno partecipato pure rappresentanti dello Stato. E il primo centro
di formazione teologica creato dalla
Chiesa stessa, e conta attualmente 50
studenti.'
Campagna contro il battesimo
dei fanciulli
Le autorità ungheresi, evidentemente, non sono soltanto decise a calpestare le loro promesse circa un’estensione dell’insegnamento religioso: secondo informazioni da Budapest, nei giorni scorsi numerose direzioni di aziende e consigli comunali sono stati invitati telefonicamente dall’Ufficio dei culti di Budapest a non permettere più
che siano battezzati i figli di membri
di questi organi.
L’idea di costituire una comunione
cristiana su suolo polacco risale fino
al 16° secolo. Perciò il Consiglio ecumenico polacco ricorda volentieri la
cosidetta «Unione di Kozmin » (1555)
o T« Accordo di Sandomierz » (1570)
con il quale si unirono luterani, riformati e "fratelli cèchi” e tennero sinodi generali comuni. L’idea ecumenica
perdurò nei secoli successivi, con intensità maggiore e minore a seconda della situazione politico-religiosa.
Prima della seconda guerra mondiale si tentò di rinnovare l’accordo, sopratutto fra riformati e luterani. Ma
soltanto durante gli anni dell’occupazione nazista, quando le chiese evangeliche a causa del loro patriottismo
furono sottoposte a repressioni di vario genere, si crearono i presupposti
per una comunione cristiana avvenire.
Proprio in quella situazione si fece necessaria un’azione comune. Lo sforzo
di collaborare nel quadro di un’unica
organizzazione supraconfessionale trovò espressione concreta nella costituzione del Consiglio ecumenico polacco, nel 1945.
Attualmente il CEP è costituito dalla Chiesa ortodossa polacca autocefa
la (circa 400.000 membri), dalla Chiesa
di confessione augustana (luterana)
(90.000) , dalla Chiesa cattolica polacca
(24.000) , dalla Chiesa vecchio-cattolica
dei Mariaviti (20.000), dalla Chiesa unita delTEvangelp (8.000), dalla Chiesa
polacca dei cristiani battisti (5.000X
dalla Chiesa metodista (4.000) e dalla
Chiesa riformata (3.500).
L’Accademia teologica di Varsavia
ha 20 anni
L’Accademia teologica cristiana di
Varsavia ha celebrato i 20 anni di attività. Fondata nel 1954 come istituto
superiore indipendente, continuò l’attività della Facoltà teologica evangelica delTUniversità di Varsavia, che era
sussistita dopo la seconda guerra mondiale fino al 1954. E l’unico istituto superiore di formazione teologica in Europa che prepari come futuri pastori
o diaconi membri di tutte le Chiese
cristiane, salvo quella cattolica romana. In quanto istituto scolastico statale l’Accademia dipende dal ministero
polacco per la scienza e gli istituti superiori.
A Torino, tavolo rotonda su «Pace e messaggio evangelico» con E. Balducci e T. Vinay
Chi lotta per la pace finisce male
Sabato 21 dicembre ha avuto luogo
a Torino, organizzata dal SER.MI.G.,
una conferenza sulla pace. La sera, al
Palazzetto dello Sport, si sono incontrati e hanno rivolto il loro messaggio, in un’ampia tavola rotonda coordinata da p. Balducci, sindacalisti,
scrittori, uomini politici e credenti, tra
i quali il nostro Tullio Vinay.
Nel pomeriggio si era lavorato, in
sedi diverse, sui tre sottotemi in cui
era stato articolato il discorso generale sulla pace: 1) pace e messaggio
evangelico; 2) pace, mondo del lavoro
e terzo mondo; 3) pace e politica.
Il primo sottotema è stato trattato,
davanti a un pubblico di circa 200 persone, per lo più giovani studenti, da
E. Balducci e T. Vinay. Avrebbe dovuto parlare anche il noto filosofo marxista francese Roger Garaudy, che però è stato trattenuto da impegni irrinunciabili a Ginevra ed ha quindi inviato un messaggio scritto, nel quale
ha insistito soprattutto su questo motivo: l’ingiustizia è la radice della
guerra, non c’è pace dove non c’è giustizia, lavorare per la pace significa
anzitutto lavorare per la giustizia.
I due oratori presenti, ben presentati dal giornalista de « La Stampa »
G. Calcagno, hanno toccato alcuni temi importanti: « L’uomo è in guerra
da quando nasce, da quando si trova
sui banchi di scuola e lotta contro gli
altri per diventare il primo della classe » ha detto p. Balducci. Ha aggiunto
che, oltre alla guerra, c’è anche la falsa pace: quella, ad esempio, di chi si
sente in pace con se stesso anche quando non dovrebbe esserlo. Balducci ha
citato il caso delle SS naziste che, tra
un eccidio e un altro, cantavano
«Stille Nacht » («Notte benigna») ed
erano tranquille con la propria coscienza. Un’altra falsa coscienza di pace è stata data, in passato, dalla distinzione tra « guerra giusta » e « guerra ingiusta »: tutti, sempre, credono di
combattere la guerra giusta e perciò
si sentono a posto. Una falsa pace ancora: quella che copre l’ingiustizia anziché denunciarla, quella che addormenta le coscienze anziché destarle:
M. L. King osservava giustamente che
sono i dittatori e i tiranni quelli che
parlano più spesso di pace.
« La pace e l’evangelo », ha esordito
Vinay, « questo è il nostro tema. Potremmo dire: la pace è l’evangelo. Cristo è la pace del mondo. Non si parla
qui di pace interiore, di pace dell’anima. Si parla di pace nel senso pieno
del termine. Cristo è la pace degli uomini, non solo dei cristiani. Se non lo
fosse per tutti gli uomini, non lo sarebbe neppure per i cristiani. Se Cristo non è la verità per tutti, non può
esserlo neppure per noi credenti ».
La gente si chiede: Ma cosa possiamo fare noi, piccoli uomini senza po
Orizzonti
missionari
(segue da pag. 6)
tale e orientale interi villaggi chiedono la predicazione deU’Evangelo e il
battesimo. Per loro va da sé che la
predicazione e il servizio diaconale vadano di pari passo. L’afflusso di nuovi
cristiani crea per le Chiese grossi problemi. È stata creata una Commissione operativa evangelistica speciale, costituita di indigeni e di europei, per
aiutare la Chiesa evangelica nel Kalimantan orientale.
La Missione di Basilea è al lavoro
in varie altre regioni: a Tahiti, nel
Laos, nella Corea del Sud, dove il regime totalitario del presidente Park
Chung Ree pesa anche sulle Chiese
che reagiscono alle molteplici infrazioni ai diritti umani, nel Sudan, nello
Zaire. In collaborazione con ima Missione evangelica tedesca — quella della Germania sud-occidentale — essa
opera pure nel Ghana e in India.
La Claudiana ha in preparazione la
pubblicazione di im’opera del presidente della Missione di Basilea, il past.
Jacques Rossel.
tere, contro i potenti che costruiscono le armi, dichiarano le guerre, potenziano gli eserciti? « Ci è chiesto di
fare il possibile, non l’impossibile » ha
detto il pastore Vinay; « l’impossibile,
cioè il miracolo, lo fa Dio ». Ed ha citato la parabola evangelica della moltiplicazione dei pani: di fronte alla folla da sfamare, Gesù ha chiesto ai discepoli di dare ì pani che avevano, cinque in tutto; lui ha fatto il resto, li
ha moltiplicati e tutti sono stati saziati.
Vinay ha poi molto insistito sull’amore {agàpe è il termine greco ormai
entrato nel linguaggio di molti cristiani e usato volentieri da Vinay), come
fonte vera della pace. L’agape è l’amore di Dio che si dona in Cristo. Lo hanno crocifisso, ma se Cristo .è risuscitato, il mondo non è di coloro che lo
hanno messo in croce. Di fronte alla
croce non possono durare né l’economia del profitto né l'imperialismo.
Vinay ha terminato facendo due
proposte concrete: combattere il consumismo conducendo una « vita semplice », dato che il nostro surplus è il
minimo vitale sottratto ai popoli del
terzo mondo; boicottare la produzione delle armi, d’accordo con sindacati ed operai ( « le armi che gli operai
costruiscono qui da noi servono, in generale, a reprimere i movimenti operai e di liberazione altrove » ha detto
Vinay),
Balducci ha anche ricordato, realisticamente, che chi lotta sul serio per
la pace finisce male. M. L. King è stato molte volte ricordato. Del resto già
nelTevangelo, il « principe della pace »
è stato messo in croce. Ma è risuscitato!
Donatella Seccia
llllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllliiiiiiiilllllllllli
# Al Centro ecumenico di Figueira da
Foz, in Portogallo, all’inizio- di febbraio
si riunirà la Commissione Missione ed Evangelizzazione, del CEC; avrà all’ordine del
giorno l’interpretazione dei ’’segni dei tempi”,
quali vengono individuati nei vari continenti, e le loro implicazioni per l'opera missio-
8
pag. 8
N. 51 — 27 dicembre 1974
COMMIA TO
Dopo oltre 13 anni (15, se si aggiunge il biennio 1959-61, quando “L’Eco
delle Valli Valdesi" e "La Luce” erano
ancora distinti), rimetto ad altri il
mandato della direzione del nostro
settimanale. E forse oportuno che io
chiarisca anzitutto quali NON sono le
ragioni della mia rinuncia. Non è per
stanchezza o sazietà. Non è, sopratutto, a causa dell’unificazione fra il nostro periodico e “Voce metodista". Desidero ripetere qui ciò che ho detto a
voce al Comitato Permanente Metodista e alla Tavola Valdese, riuniti in seduta congiunta a metà novembre, e
che ho poi scritto al Presidente Aquilante e al Moderatore Sbaffi: « Tengo
a chiarire calorosamente che la mia
decisione di non accettare un nuovo
incarico per la direzione de “La Luce”
non è in alcun modo dovuta al fatto
che fra alcune settimane il settimanale diverrà il periodico congiunto delle
nostre due Chiese: questo, anzi, è stato uno dei motivi che mi ha fatto esitare, sia perché si prospetta Un rilancio del periodico e sono stato rholto
lieto, nel corso dell’anno, dei maggiori
contatti e della maggiore collaborazione fra noi, sia nerché mi rendó conto
che l’abbandono in questo momento
potrebbe prestarsi a qualche illazione
negativa, sia pure del tutto errata. Farò quanto sta in me affinché la cosa
sia chiara ai lettori ».
Perché, allora? Vi è forse una esigenza di avvicendamento, nel quadro dei
nostri incarichi ecclesiastici, tutti giustamente a termine; ma, almeno per
quest’anno, erano proprio gli esecutivi
a insistere perché continuassi ad assumere la direzione. Se non mi sono sentito di accettare è stato perché un nodo, creatosi ormai da un certo tempo
e venuto alla luce nel dibattito sinodale sul nostro periàdico, sulla traccia
della relazione della Commissione di
esame, non è stato sciolto. Il nodo è
la rete di rapporti fra direttore, comitato redazionale e chiesa tutta (Sinodo. Tavola, collaboratori, lettori).
Come forse si ricorderà, si era mosso
in Sinodo il rilievo di una gestione del
periodico più direttoriale che redazionale. Questo rilievo ha pubblicamente
evidenziato una tensione (non drammatica!) che in questi ultimi anni è
andata lentamente crescendo nell’ambito del gruppo redazionale: si sono
via via precisate posizioni diverse, talvolta nettamente diverse; e mentre
per me questo affiancamento di opinioni diverse era inevitabile, riflettendo la situazione della Chiesa, e malgrado aspetti dolorosi o penosi era
fondamentalmente sano, per altri redattori invece indeboliva l’incisività
del periodico; sicché si è potuto dire
che il settimanale era come lo voleva
il direttore (mentre lo avrei spesso voluto assai diverso, se avessi ascoltato
solo me stesso, e sarebbe stato una
prepotenza e un errore), mentre a me
è parso che più d’uno, talvolta, non
avvertisse sufficientemente la sua responsabilità nei confronti di tutta la
Chiesa, senza privilegiare qualche posizione od opinione. Nel corso di questi anni si sono pure radicalizzate talune posizioni e la compagine del gruppo redazionale ne è risultata, a mio
avviso, squilibrata. Il problema, insomma, è come dirigere e lavorare redazionalmente ciascuno con tutto lo
slancio delle proprie convinzioni, ma
al tempo stesso garantendo che questo modesto ma essenziale mezzo di
comunicazione fra noi rimanga espressione schietta della varietà di posizioni presente nelle chiese — come anche
nell’ultimo Sinodo, in sessione congiunta con la Conferenza Metodista, è
stato chiesto, e da un uomo come il
prof. Spini. Ho cercato sinceramente
— senza dubbio con discutibili risultati — e con impegno crescente di cu
Nel dare le dimissioni da Amministratrice dell’Eco delle Valli Valdesi/
La Luce desidero rivolgere a tutti gh
abbonati un fraterno saluto.
Con parecchi di essi, in tutti questi
anni, sono stati creati rapporti umani;
Tizio e Caio non facevano semplicemente parte della massa degli abbonati, erano dei "casi”, dei casi ben
precisi. Potevano essere quei poveri
diavoli che fanno sacrifici per aggiungere alla loro quota un piccolo dono,
oppure quei borghesi che pagando il
loro abbonamento non dimenticano di
far notare che è troppo caro; quegli
abbonati ai quali ogni anno bisogna
mandare il sollecito o quegli altri che
vengono a farti lunghe visite parlando
di tutti i loro problemi. C’è il tipo
che ti scrive gentilmente, quello che
t’insulta, chi ti scrive in latino (visto
che non capisci il polacco) e quello ancora che ti fa impazzire per decifrarne
la scrittura. C’è anche, nel campo della
spedizione del giornale, lo "sconosciuto al portalettere" ( il quale è abbonato
da almeno 20 anni) e il "deceduto"
(che non lo è affatto).
Desidero salutare tutti gli operaidelia Cooperativa Tipografica Subalpi
na ai quali faccio i miei migliori auguri di buon lavoro.
E per finire un saluto molto affettuoso al Direttore dell’Eco delle Valli Valdesi/La Luce, il Past. Gino Conte. (Questi non ha mai avuto niente del dittatore, non ha mai imposto la sua volontà; quando proprio ha bisogno di qualcosa, te lo chiede come un favore. È
stato per me molto hello lavorare con
lui durante questi 13 anni in un’atmofera di stima e di rispetto.
Speranza Tron
rare questo aspetto; è rimasto escluso
dal colloquio solo chi — per un motivo o per l’altro — si è escluso da sé.
A rischio di un. pluralismo disorientante, lo so; ma a mio avviso esso può
essere “disciplinato” solo dall’autorità
evangelica intrinseca in una data posizione, in quel costante sfòrzo di riferimento alla Parola di Dio, cui ho 'accennato a conclusione dell’articolo di
fondo a pag. 1.
Dopo il Sinodo, il Comitato di redazione ha mostrato di concordare con
i rilievi espressi in Sinodo; e la Tavola, cui ho presentato la questione, di
fatto l’ha sorvolata, pur confermandomi fiducia. In questa situazione, ho ritenuto giusto rimettere il mandato:
mi si chiedeva, in fondo, di lavorare
in modo diverso, ma la cosa non mi è
possibile, in parte perché non ne son
capace e come tutti ho i miei limiti,
anche pesanti, e in parte perché in coscienza non lo ritenevo giusto.
Detto questo, con tutta serenità, desidero esprimere molta gratitudine:
in primo luogo proprio ai fratelli del
comitato di redazione. Senza il loro
lavoro, in molti casi fedelmente settimanale, il giornale non sarebbe semplicemente esistito; senza la diversificazione dei loro interessi e delle loro
posizioni, sarebbe stato più monotono
e unilaterale di come, invece, è stato;
hanno offerto la collaborazione più
impegnata nella stesura di articoli e
non hanno sdegnato il più modesto lavoro di rielaborazione redazionale; sono stati generosi nel mantenere una
collaborazione corresponsabile, anche
quando l’impostazione del periodico
non era esattamente quale la volevano: una solidarietà che ho sempre apprezzato al suo giusto valore. Un pensiero particolare al prof. Gino Costabel, che per ragioni di salute ha dovuto
da qualche tempo interrompere un
lungo, fecondo e apprezzato rapporto
redazionale.
Gratitudine verso i numerosi collaboratori, regolari o saltuari, curatori
di varie rubriche o meno: quanto detto sopra vale per tutti loro e da questo
vasto e vario, “collettivo" di lavoro ho
personalmente molto ricevuto, come
pure da tutti i tanti lettori che in questi anni ' hanno scritto, avvivando un
colloquio che ho sempre ritenuto essenziale: e se qualcuno ha talvolta ecceduto in umori personali, è stato però possibile sentire un po’ il polso della comunità dei lettori. A questo proposito, chiedo perdono a chi, in questi
anni, ho potuto ferire in questo colloquio, magari tenendo troppo forte il
coltello per il manico. Il potere corrompe...
Gratitudine verso chi ha curato l’amministrazione: anni addietro, il personale della Claudiana, e più tardi la
prof. Speranza Tron, coadiuvata dalla
sorella Elsa (quest’ultima, quand’era
impiegata e poi gerente della Claudiana di Torre Pellice, aveva già per molti anni curato con la sorella parte dell’amministrazione e la spedizione del
settimanale). Essa stessa ha desiderato
scrivere argutamente com’è stato il
rapporto con i lettori, in questi anni,
e con me: confermo che, pur nell’accuratezza amministrativa più scrupolosa, non è stato un rapporto burocratico ma una viva e generosa compartecipazione, ed è stato bello per me sperimentarlo settimanalmente. Gratitudine, ancora, verso quanti nelle chiese
hanno curato la diffusione, la raccolta
di abbonamenti: dove sono stati o sono al lavoro, hanno lasciato il segno,
così come si notano le zone in cui cuesto lavoro non è stato curato.
Gratitudine verso gli amici della Tipografia Subalpina di Torre Felice: 15
anni di cordiale, amichevole collaborazione, trascorrendo settimanalmente almeno una, talvolta quasi due giornate di lavoro con loro, non sono pochi; il rapporto che si è creato va oltre il mero contatto di lavoro. Grazie
per la disponibilità, non di rado oltre
l’orario lavorativo, quando si stentava
o tardava a "chiudere” il giornale, e
per la bella esperienza di un lavoro in
gruppo fatto non di malavoglia o ner
puro mestiere. Un pensiero e. un augurio particolare per Predino Borno che,
infortunatosi seriamente sul lavoro,
lotta da un anno e mezzo per rifarsi
l’uso del braccio e della mano.
Gratitudine verso la Chiesa, il Sinodo, la Tavola che in questi anni, dissentendo non di rado, mi hanno tuttavia generosamente e a lungo offerto
questa bella possibilità di ministero,
con una grande libertà di azione, molto riformata, che ho sempre apprezzato al suo alto valore. Gratitudine alle chiese che, magari obtorto collo,
hanno accettato un mio servizio pastorale “a metà tempo”: non avrei, personalmente, potuto dirigere “L’eco-Luce”
senza svolgere anche un ministero pastorale.
A Giorgio Tourn, che assume la direzione, e a tutto il gruppo redazionale valdo-metodista, il mio augurio fraterno di buon lavoro e di gioia in questo lavoro, in cui del resto parecchi sono veterani. A Giorgio Tourn una parola affettuosa di gratitudine per avere
accettato un compito che so per esperienza non facile: sono particolarmente lieto che sia lui ad assumerlo.
Ah, di un’ultima cosa devo dire calorosamente grazie, ai lettori che mi
hanno sempre (o quasi) letto fino alla
fine, spesso remota al termine di lunghe colonne: grazie per la pazienza!
Messa a seria prova anche in questo
commiato...
Gino Conte
DIBATTITO
Bergamo, 14.12.1974
Caro direttore,
condivido in pieno l’asserzione della necessità per le nostre chiese di prendere in
considerazione il problema dell’aborto, anche
se questo sarà un ulteriore momento di divisione, o meglio : di rivelazione di una divisione già esistente.
Ti dò atto pienamente della serenità e
dell’equilibrio con cui tu imposti il problema
sul n. 48 del settimanale, anche se ho molto
da obiettare sulla sua conclusione. E sono
convinta che tra qualche lustro le chiese
evangeliche, anche la nostra, ricorderanno
l’equiparazione aborto 3= peccato come appartenente ad un periodo mitico, di arroccamento dogmatico e di complicità con le forze dell’emarginazione sociale. Questa complicità può non essere cosciente, ma non è per
questo meno reale.
Premetto che non voglio dare a nessuno
del retrogrado o del fariseo, perché anche la
mia posizione attuale è frutto di un certo itinerario : quindi non intendo giudicare nessuno, ma solo far presenti quegli argomenti
che, nel corso di anni, stando a contatto con
le esperienze delle classi sociali più svantaggiate, mi sono sembrati decisivi neU’affrontare il problema dal punto di vista del credente.
Per ora due punti del tuo articolo mi sembrano da rivedere e discutere. Tu riconosci
che la questione dell’aborto « pone pochi problemi... ai ricchi mentre ne pone spesso di
drammatici a chi ricco non è, per cui di
fatto la legge è non affatto uguale per tutti ».
Però più avanti affermi che di fronte al numero degli aborti clandestini « non si può
davvero pensare che siano tutti casi-limite :
altrimenti non sarebbero più casi-limite, ma
la quasi normalità ». Apparentemente il ragionamento non fa una grinza, sul piano logico, ma purtroppo qui bisogna fare i conti
non con una logica astratta, ma con la logica della classe privilegiata dominante ; la
quale ha tutto l’interesse a minimizzare
l’entità reale di tutto ciò che ha respinto ai
suoi margini, scartato da una pre-defìnita
« normalità ». Allora rendiamoci conto che
« caso -limite » è tutta la frangia dell’emarginazione, tutto il mondo degli immigrati e
SULL'ABORTO
dei disoccupati, tutto il sottoproletariato, e
caso-limite diventa quindi tutta quella percentuale schiacciante di aborti clandestini
che spesso finiscono tragicamente. E tu hai
ragione, è la quasi normalità! Non mi sembra d’altronde onesto chiudere la bocca agli
altri parlando di « caso-limite » senza definire chiaramente a che cosa si intenda allùdere con quella definizione : forse a ragazzine undicenni violentate da bruti? Voglio sperare che almeno nelle nostre chiese non ci
sia bisogno di scrivere articoli per far accettare in tali casi un provvedimento che sarebbe peccaminoso' non attuare. È più onesto riconoscere che nella stragrande maggioranza
gli aborti clandestini sono frutto di una situazione sociale abnorme, in cui una nuova
nascita non può essere riconosciuta come
« dono » sé non bestemmiando contro quella che è stata definita l’umanità di Dio, e
insieme contro quell’uomo che la Bibbia ci
dice sia stato creato a Sua immagine e somiglianza.
TTn oecondn punto, collegato al primo.
riferisce alla conclusione del tuo discorso, dove dici : « Solo quando una legge seria... abbia
tentato di imbrigliare la malattia... potrà tornare più limpido l’annuncio che la vita è
dono di Dio... (e) che un aborto è sempre e
comunque un peccato, una ’’spaventosa trasgressione” ecc. ». Ma allora mi pare proprio
che qui si proceda a un’ulteriore discriminazione, forse ancora più grave per un credente, e che la disuguaglianza sociale, cacciata
dalla porta, rientra dalla finestra — almeno
da quella del tempio. Cosa significa infatti
tutto questo, se non che la possibilità di pec
care sarà ancora una volta risparmiata a co
loro che, godendo di un certo uniano conte
sto di vita, potranno considerare effettiva
mente l’esistenza come un dono? E che sol
tanto i poveri, gli emarginati, la legione dei
casi-limite (che una legge « seria e non permissiva », come tu dici, sull’aborto non eliminerà di sicuro) dovranno ritenersi costretti a
una « spaventosa trasgressione »?
Anche questo è un modo di soggiogare le
coscienze, analogo a quello con cui il cattolicesimo tradizionale si è atteggiato a depositario delle verità ultime e indiscutibili.
Noi discutiamo, è vero: ma se qualcuno
sa già dov’è il peccato e dove la salvezza, la
nostra discussione risulta di essere inutile.
Ad altri la parola. Rita Gay
Vino nuovo in otri nuovi
(segue da pag. 7)
• Abbiamo anche fatto una visita, insieme ad alcuni nostri ospiti venuti a Palermo il 21 aprile, anche al sindaco democristiano della città che ci
ha ricevuti con molta cordialità e ha
dimostrato di essere al corrente del
lavoro del nostro Centro. Fra i sindaci
che si sono succeduti in questi anni
nel comune di Palermo, l’attuale ha
meno demeritato. Ma un fatto per noi
deludente è stata la sua iniziativa di
promuovere dei dispendiosi e certamente anacronistici festeggiamenti in
onore di S. Rosalia, patrona della città, in occasione del 350’ anniversario
del ritrovamento delle sue reliquie sul
Monte Pellegrino, con il pretesto assurdo di promuovere il turismo. Innanzi tutto c’è una grossolana strumentalizzazione della religione per fini che non le sono propri. Inoltre non
la riesumazione di una vecchia superstizione — anche se ha aspetti folkloristici — può incrementare il turismo, ma piuttosto la pulizia della città, una maggiore sicurezza ed incolumità per i turisti così, spesso « scippati » e borseggiati sulla pubblica strada, o truffati nei ristoranti e nei negozi, servizi pubblici più adeguati.
• Fra le altre cose sorprendenti ed
anacronistiche che accadono in Sicilia, dobbiamo ricordare che recentemente il Governo Regionale approvando i nuovi bilanci ha ridotto (in
clima di austerità certo!) di ben 6 miliardi la voce ’’pubblica istruzione”.
Abbiamo citato dei fatti che possono sembrare banali e che sfuggono
forse all’attenzione dei più, ma che pure hanno tanto peso sul costume di
un popolo e ne denotano anche il grado di civiltà. Se infatti ci sono delle
spese che bisognerebbe incrementare
sono proprio quelle della pubblica
istruzione in un paese ove si registra
un cos’i alto tasso di analfabetismo e
ove non ci sono scuole a sufficienza per
i fanciulli. Fatti cos’, madornali come
quelli che abbiamo citati, ci obbligano
a prendere coscienza della nostra responsabilità, facendone oggetto di coraggiosa denuncia di fronte alla pubblica opinione del resto poco sensibile.
Abbiamo discusso i problemi della
città con il nostro gruppo di servizio,
insieme a dei giovani tedeschi per avere anche il loro contributo di pensiero,
di esperienza, di cultura e il dibattito è
stato molto utile per tutti.
Abbiamo riaffermato insieme l’impressione che, mentre degli avvenimenti di cos', grande importanza maturano
oggi per i destini della città, come del
mondo, quelli che portano il peso e la
responsabilità della cosa pubblica, non
sanno discernere quello che può salvare la comunità umana, dai mali e dai
pericoli che la minacciano di distruzione. Anche sotto questo aspetto grande è oggi la nostra responsabilità di
cristiani per i destini del mondo. Ma è
assurdo pretendere di salvare il mondo
se non cominciamo a fare qualcosa iniziando da casa nostra e dalla città in
cui viviamo.
4) CAMBIARE MENTALITÀ’
COMINCIANDO DA NOI STESSI
Abbiamo sempre detto che la cosa
più importante è oggi di cambiare la
mentalità del nostro popolo. Ma dobbiamo cominciare da noi stessi. Abbiamo spesso notato nel nostro gruppo di servizio come i collaboratori
che vengono dall’estero si rendono
sempre più facilmente disponibili anche per i lavori manuali, i servizi di
pulizia, di cucina, ecc.... da noi le persone che hanno appena un titolo di
studio, rifuggono da ogni lavoro manuale, considerato servile. Non ci sono
gradazioni diverse di lavoro, ma solo
vocazioni diverse. Perciò nessun lavoro è degradante. Si tratta di un pregiudizio medio-borghese e classista da
combattere anche nel nostro ambiente.
Siamo partiti dal pricipio che il lavoro è pedagogicamente educativo. Un
pedagogista americano diceva che « sì
pensa anche con le mani ». Perciò è
necessario che ogni membro del Centro Diaconale sia disponibile per qualsiasi lavoro. Dobbiamo inculcare anche ai fanciulli che il lavoro manuale
è degno di rispetto e dignitoso quanto
qualsiasi altro lavoro intellettuale.
5) INTEGRAZIONE
VALDESE-METODISTA
La predicazione e l’annunzio dell’Evangelo non è un compito estraneo al
Centro Diaconale. Abbiamo sempre sostenuto che predicazione e diaconia
sono due realtà inseparabili della nostra testimonianza cristiana oggi.
Non vogliamo fare alla Noce un’altra
Chiesa o im’altra Comunità in concorrenza o in antagonismo.
Si tratta per noi semplicemente di
annunziare l’Evangelo in un quartiere
della città, secondo il criterio che la
predicazione debba essere portata in
un contesto sociale, con connotazioni
particolari, con metodi e in una forma espressiva diversa, con linguaggio
anche nuovo. Anche qui è vera la parola di Gesù che ci ricorda sempre di
mettere « vino nuovo in otri nuovi ».
Soprattutto si ■vuole fare il tentativo
di una predicazione che sia aderente
alla realtà vissuta ogni giorno, con un
contatto ininterrotto con la gente della
strada e del quartiere, con le famiglie
degli alunni, una predicazione che si
traduca concretamente in un impegno
sociale ed in un servizio cristiano.
Per la realizzazione di questo progetto si sono uniti a noi anche i fratelli della chiesa metodista. Si tratta
ancora di un esperimento, di un tentativo di integrazione che abbiamo cercato di estendere anche alla Diaspora
Trapanese.
Le forze che si vogliono riunire sono
scarse sia da parte metodista che da
parte valdese.
Tuttavia abbiamo fiducia che una
collaborazione possa essere portata
avanti e che si possa rendere buona
testimonianza a Gesù Cristo.
I culti domenicali e settimanali sono
discretamente frequentati. Abbiamo
celebrato un battesimo e anche un matrimonio. Il pastore metodista e il direttore del Centro si alternano nella
predicazione.
Non ci resta ora che ricercare, con
l’aiuto di Dio, quel vino nuovo che
Gesù Cristo ci offre perennemente
nella Sua Parola.
Pietro Valdo Panasela
C’è infatti molto da discutere (potrei anche facilmente ritorcere la conclusione e dire:
se qualcuno sa già dove NON è il peccato, la
discussione risulta inutile...), ma è bene che
altri intervengano nel dibattito. Riconosco che
nell economia del mio articolo ho forse insistito troppo sul peccato e troppo poco sul perdono, svisando quindi con questo spostamento di accento la posizione di Barth, il quale,
nella linea che dalVEvangelo giunge a lui
passando per la Riforma, sa che è l’amore di
Dio, il suo perdono a mettere in luce il peccato. Il compito della chiesa è di annunciare
l’Evangelo dell’amore e del perdono di Dio;
ovviamente, questo ha senso solo là dove si
riconosce il peccato. In caso d’aborto, il peccato di un maschio brutale o superficiale,
cinico 0 leggero, il peccato di un ambiente
familiare bigotto o dal distorto senso d’onore,
il peccato di un medico o di una praticona
affarista, il peccato di una società che con
le sue strutture, le sue sollecitazioni crea situazioni che oggettivamente spingono all’aborto, non ultimo il peccato di una chiesa
pigra o cieca di fronte alla gravità dolorosa
della questione (almeno per una quota cospicua di aborti), pavida nel parlarne coi giovani nel quadro più ampio della problematica sessuale — tutti questi e altri peccati possono essere spesso più gravi di quello della
singola donna abbandonata o soggetta a
dure pressioni umane o materiali. Ma con
tutto ciò il peccato resta, a mio sommesso ma
fermo avviso. Pur ascoltando seriamente i
sociologi e tenendo ben presente il frutto del
loro lavoro, tanto più se credenti, in questa
prospettiva riconosco maggiore autorità alla
alla testimonianza di credenti (non certo legalisti!) come K. Barth, appunto, o come
Dietrich Bonhoeffer, che forse con recisione
anche maggiore ha scritto nella sua Etica :
« La distruzione dell’embrione nel grembo
della madre è una violazione del diritto alla
vita conferito da Dio a quella vita nascente.
Chiedersi se si tratti già di un essere umano
o no, significa soltanto voler nascondere il
fatto semplicissimo che Dio voleva creare un
essere umano e che a questo essere umano in
formazione è stata deliberatamente tolta la
vita. Questo è un puro e semplice assassinio.
La condotta personale e pastorale nei riguardi
di chi commette quell’atto sarà naturalmente
diversa secondo i motivi che l’hanno determinato; quando è un atto di disperazione commesso in uno stato di abbandono e di miseria umana ed economica, la colpa ne ricade
molto più sulla società che sul singolo; spesso il denaro riesce proprio in questo campo
a mascherare le conseguenze dell’incoscienza, mentre l’atto commesso con grande riluttanza dal povero viene più facilmente alla
luce; ma tutto ciò non toglie che si tratti
di assassinio ». Opinioni, certo: ma per me
di un certo peso.
Gino Conte
N.d.r.: all’ultimo momento riceviamo un
ampio contributo di Florestana Sfredda Piccoli: « Sull’aborto — note di embriologia ». Non
ci è purtroppo più possibile inserirlo in questo numero. Sappiamo tuttavia che la nuova
redazione programma, per uno dei numeri di
gennaio, una pagina interamente dedicata al
problema e riteniamo che in quel quadro anche questo contributo, per cui ringraziamo,
troverà posto.
Illllllllllllllllllllllllimillllllllllllllllllllllllllllllilllllilllllllllil
Torre Pellice
Il 18 dicembre la Sala deU'Esercito della Salvezza rifletteva la luce e la gioia natalizie accogliendo una quarantina di invitate delFUnionc Femminile. Programma molto vario, sostenuto con entusiasmo giovanile dal duetto
svizzero di Ruth ed Elisabeth, che hanno dato
alcuni mesi di servizio volontario al Rifugio
C. Alberto. Il commovente racconto autobiografico di un detenuto svizzero, liberato dopo
25 anni di reclusione, ci ha fatto realizzare
quanto la miseria morale, la mancanza di affetto e l’ingiustizia sofferte nell’adolescenza
possano portare a un gesto impulsivo e a una
lunga espiazione : liberato, la calda accoglienza in una sede deU’Esercito della Salvezza fu il
primo Natale che gli rivelò l’amore di Dio.
Per qualche istante, poi, fummo trasportati in
Africa, in mezzo alla folla in festa, venuta anche da villaggi lontani per lodare Dio che ha
tanto amato il mondo e gli ha dato un Salvatore : Natale, in Africa, è la festa di tutti e
tutti partecipano attivamente a celebrarlo,
unendosi in folla al canto angelico : (( Gloria
a Dio, pace in terra ». Da tutte le partecipanti
a questo bell’incontro, grazie di cuore alla brigadiera Figliola e alle sue collaboratrici.
La domenica precedente un gruppo femminile della chiesa, assai numeroso, accoglieva
nella sala delle attività le amiche del a Padiglione » dell’Ospedale: a Natale sentiamo più
forti i legami fraterni in Cristo e la gioia che
sgorga in cuore è realtà, il riflesso della comunione in Dio. sorgente d'amore. Violetta Sonelli ha narrato vividamente un bel racconto
natalizio svedese, nella quale risuona ripetutamente Scialòm, la parola ebraica che significa pace, gioia, serenità, ed è fiducia, amore:
tutto questo realmente vissuto in una famiglia, in tempo di abbondanza e di miseria (si può leggere questo bel racconto in
(( Racconta la Bibbia ai tuoi ragazzi »). In
mancanza di giovani musicanti, abbiamo molto cantato e in fine Silvia ci ha guidato nel
canto dei cadetti di Agape : « C’è chi prega.
Signor : Sta con me », e in coro riprenchivamo
il ritornello : « Sta con me. Signore, sta con
me ». Piccoli doni, in segno d’affetto, il thè
in vivace colloquio attorno al tavolo, preparandoci così a vivere con la comunità tutta
il Natale, che ci avvolge di pace nella fede
rinnovata.
Graziella Jalla
Alla redazione di questo numero hanno
collaborato Salvatore Briante, Giovanni
Conic, Roberto Peyrot, Paolo Ricca^
Berta Suhilia, Elsa e Speranza Tron.
9
27 dicembre 1974 — N. 51
Vita, problemi, prospettive delle chiese valdesi
pag. 9
Scolari palermitani
((foto EPER)
Vino nuovo in otri nuovi
E’ iniziato il lavoro nella nuova sede del Centro Diaconale di Palermo, alla Noce
« ....il vin nuovo va messo
in otri nuovi »
(Marco 2: 22)
Finalmente i lavori di costruzione
del nuovo Centro Diaconale di Palermo, nel quartiere della Noce, sono stati portati a compimento.
Ai primi di ottobre abbiamo iniziato la nostra attività scolastica ed educativa, nei nuovi locali.
L’opera ebbe inizio alla Noce nel
1959. Solo dopo 15 anni è stato possibile realizzare un progetto che — a
causa dello sviluppo dell’opera — è
risultato più grande e più impegnativo di quello che osavamo sperare.
Avevamo denominato « Casa del
Fanciullo » delle vecchie case che non
avevano alcuna funzionalità per ima
attività educativa veramente efficiente. La nuova casa che sorge vicino
Piazza Noce è composta di due edifici
a cinque piani, affiancati, di cui uno a
reddito e l’altro adibito all’attività che
intendiamo svolgere.
La costruzione, opera dei Prof. Arch.
G. Koenig e Ing. C. Messina di Firenze, è bella, luminosa, confortevole, ben
rifinita in tutte le sue parti. Ci sembra giusto che anche una casa destinata ai figli del popolo sia così. Infatti si costruiscono case per i ricchi e
case per i poveri. Ma non si dovrebbero costruire scuole belle per i fanciulli di famiglie ricche e scuole di seconda categoria per i fanciulli poveri.
Dobbiamo quindi reagire contro una
certa mentalità per cui p. e. ai terremotati della Valle del Belice lo Stato
non ha saputo assicurare ancora oggi,
dopo molti anni, altro che una baracca di legno che ora è in completo disfacimento, per cui al danno si aggiunge la mortificazione e la beffa.
Cos': anche accade che i fanciulli poveri e diseredati vengano accolti presso istituzioni religiose che portano ancora sul frontone dell’edificio iscrizioni come questo : « Infanzia abbandonata », « Boccone del povero » e così;
via. La povertà non deve essere mortificata. Scrivere sul volto e nel cuore dei bambini che sono poveri significa non solo fare ingiuste discriminazioni, ma anche creare in loro complessi che li condizionano per tutta la
vita. Se poi la scuola è più bella della
loro casa, ciò è un fatto positivo perché i fanciulli devono amare la scuola e la devono, in certo senso, preferire alla loro stessa casa.
Ora che abbiamo un edificio nuovo,
strutture nuove, strumenti nuovi di
COMO
Dal 10 novembre al 1 dicembre si
sono tenuti quattro culti domenicali
che sono stati in realtà studi biblici
comunitari. La valutazione è largamente positiva. I testi biblici scelti hanno
permesso, specie ad alcuni, di dare il
loro contributo di meditazione su argomenti scottanti quali l’ubbidienza
aH’autorità, la vita religiosa e l’aspetto
cultuale, la responsabilità del credente
nelle ingiustizie sociali. Il Consiglio di
chiesa ha quindi puntualizzato: 1) i
culti di questo tipo continueranno, una
domenica al mese; 2) sono alternativi
al culto tradizionale; 3) in questo modo i membri di chiesa si conoscoiio
meglio; 4) la predicazione comunitaria
risulta approfondita e arricchita.
Benché la situazione economica generale non desse eccessive speranze
nei risultati deH’annuo bazar delle sorelle della Lega femminile, alla verifica dei fatti il risultato è stato sbalorditivo: un incasso di 2.200.000 lire
(600.000 più dello scorso anno). Grazie
di cuore a chi si è tanto affaticato e a
chi è intervenuto e ha dato con indiscutibile liberalità il suo fraterno contributo.
La situazione contributiva è discreta, anche se non si è potuto totalmente mantenere l’invio della quota mensile alla Tavola; ma poco ci manca.
Come ogni anno in occasione del Natale la chiesa prepara pacchi — grazie ad offerte — per almeno venti persone sole e senza parenti ricoverate
nelTIstituto S. Giuliano.
L’Istituto magistrale della città ha
invitato il past. Briante a tenere una
serie di lezioni sulla Riforma agli studenti del 3° e 4° anno; il piano prevede
due ore di conversazione ogni volta e i
primi incontri sono stati nettamente
positivi.
siano messe in crisi. In questo senso il
(dentro Diaconale si sente di rendere
una testimonianza solidale con le altre Comunità Evangeliche della città.
Il lavoro educativo del nostro Centro consiste nel preparare e formare
delle nuove generazioni che abbiano
ima coscienza politica critica nei confronti di questa società, che non se ne
lascino condizionare, ma che invece
operino per la sua trasformazione.
Il nostro compito è intanto quello di
erigere dei segni di amore e di giustizia nel mondo, per annunziare Cristo
e il mondo avvenire.
3) LA NOSTRA
TESTIMONIANZA CRISTIANA
NELLA CITTA’
E’ SCOMPARSA UNA COPPIA PASTORALE
Marta e Luigi Marauda
lavoro, dobbiamo riprendere coscienza del nuovo che nella città ha rappresentato e rappresenta sempre il
nostro impegno di lavoro e di testimonianza cristiana.
Non abbiamo più materialmente degli otri vecchi, ma abbiamo otri nuovi che a loro volta impongono un contenuto nuovo di cui dobbiamo costantemente essere sempre alla ricerca se
non vogliamo cadere nella contraddizione di mettere vino vecchio in otri
nuovi. Gesù infatti ci ammonisce dicendo che « si mette il vin nuovo in
otri nuovi e gli uni e gli altri si conservano» (Matteo 9: 17).
Ci poniamo quindi il problema di
un nuovo contenuto non per semplice
desiderio del nuovo, ma perché 1 tempi nuovi impongono innanzitutto:
1) UNA IMPOSTAZIONE NUOVA
DI UNA AZIONE EDUCATIVA
In un tempo in cui tutte le istituzioni sono in crisi, è chiaro che dobbiamo « dimenticare le cose che stanno
dietro e protenderci verso quelle che
stanno dinanzi ». Non vogliamo cioè
fare una scuola purchessia. Siamo impegnati a fare una scuola nuova, non
solo perché abbiamo dei locali nuovi, ma perché ricerchiamo (non c’è infatti nulla di definitivo in questo campo) una sempre nuova linea pedagogica. Abbiamo la possibilità di avere
nuovi strumenti di lavoro, di sperimentare nuove tecniche, di avere la
collaborazione di insigni pedagogisti e
educatori a livello universitario.
Possiamo intanto dire che rifiutiamo
un tipo di scuola autoritaria e repressiva, in cui l’insegnante cerca di imporsi con urla, con colpi di bacchetta,
tipo di scuola che purtroppo non appartiene solo al passato. Rifiutiamo
una scuola in cui al fanciullo non è
consentito esprimere se stesso, manifestare le sue inclinazioni, i suoi doni,
ma deve subire un insegnamento che
per lui non ha alcun interesse. Vogliamo una scuola in cui ci sia spazio per
delle scelte, per una ricerca e una
creatività personale.
La scuola deve sviluppare la personalità del fanciullo in modo armonico
e completo, deve dargli la gioia di apprendere e la gioia di vivere. Una scuola ove i fanciulli si annoiano, si ribellano, sono insofferenti di ogni disciplina, è una scuola che ha fallito il suo
compito. Il nostro Centro ha avuto da
alcuni anni il privilegio di una collaborazione di insegnanti ed educatori
provenienti dall’estero che hanno assicurato anche agli alunni delle scuole
elementari l’insegnamento di lingua inglese e tedesca, di musica, di ritmica,
di corsi Orff, di ginnastica, dando prestigio alle nostre scuole ed elevando il
livello educativo del nostro Istituto.
La scuola deve essere aperta ai problemi della società e del tempo in cui
viviamo. Una lezione viva deve partire
dai fatti concreti che, attraverso i mezzi di comunicazione, giungono a conoscenza del fanciullo. I problemi del lavoro, della giustizia sociale, della occupazione e dell’emigrazione, della ricchezza e del capitalismo, del terzo
mondo e della fame, devono essere
portati nella scuola. La scuola dev’essere viva e aderente alla realtà in cui
viviamo. Una scuola nuova non può
prescindere da uno studio dell’ambiente familiare in cui vivono i nostri fanciulli e che li condiziona spesso.
2) LA POLITICA DEL REGNO
Molti nostri amici ci chiedono se
per il nostro lavoro ci appoggiamo a
qualche partito, e in caso affermativo
a quale. È chiaro che il nostro è un
lavoro politico, in quanto ci occupiamo dei problemi della «polis» cioè
della città, della comimità e della società umana di cui facciamo parte.
La nostra politica non è però quella
degli uomini politici o quella di un determinato partito. Come comunità cristiana viviamo la speranza del Regno,
manifestiamo la nostra solidarietà
con gli oppressi, rifiutiamo ogni forma di violenza, non ci conformiamo a
questo secolo e non ne accettiamo gli
schemi di pensiero. Ci adoperiamo e
preghiamo affinché svanisca questo
mondo e venga il Regno di Dio. Nell’attesa ci adoperiamo affinché si attui
una maggiore giustizia, che le strutture oppressive dello sfruttamento dell’uomo, del potere dell’uomo sull’uomo
È necessario pertanto ricercare e riscoprire del continuo la nostra identità. Chi siamo? Cosa pensiamo? Cosa
vogliamo? In che cosa crecfiamo? Perché facciamo questo lavoro e quali fini vogliamo raggiungere?
Istruire ed educare dei ragazzi è già
un compito molto impegnativo e tutt’altro che facile. Il nostro è anche rm
centro di sviluppo sociale, di speranza
e di testimonianza cristiana.
Viviamo in tempi difficili. La crisi
energetica, l’aumento vertiginoso dei
prezzi, la scarsezza di generi alimentari di prima necessità, lo spettro della
disoccupazione di grandi masse di lavoratori, il terrorismo e la violenza,
raffermarsi di regimi autoritari ed oppressivi, la tortura divenuta strumento
di potere, le rapine, i sequestri di persone... rendono la vita dell’uomo oggi,
sempre più incerta ed insicura. L’idea
di un progresso indefinito e di un
benessere sempre più diffuso non è
più accettata e si fa sempre più generale la convinzione che la nostra civiltà è oramai più sicuramente di fronte a un regresso che a un progresso.
Anche se si ricerca un nuovo modello di sviluppo che parta piuttosto
dall’uomo che dalle cose, si diffonde
sempre di più negli animi un senso di
vuoto. L’incredulità, il materialismo,
l’ateismo vanificano la vita dei nostri
contemporanei, accrescono l’ansia, il
senso di angoscia dei nostri cuori.
Non possiamo essere noi stessi degli otri vecchi che portano vino vecchio, ma otri nuovi tìie portino il vino
nuovo della speranza di Cristo, della
fiducia, di quella certezza che dava
forza al cuore del Salmista quando diceva : « L’Eterno regna, gioisca la terra» (Salmo 97: 1). Dobbiamo avere e
trasmettere anche agli altri, una visione nuova della vita, illuminata dalla
speranza del Regno.
Naturalmente il nostro modo di pensare e di vivere non può non farci entrare in conflitto con l’ambiente in cui
viviamo. Dobbiamo gppprci alla menzogna anche se è sacralizzata, alla ingiustizia anche se è sorretta dal potere, alla superstizione anche se essa fa
parte del tessuto connettivo della mentalità del nostro popolo. Se abbiamo
cercato e cerchiamo di stabilire un contatto e un dialogo anche con le autorità civili e religiose della città, lo facciamo non per conformismo, o per perdere la nostra identità, ma anzi per meglio definirla.
• Abbiamo avuto, in occasione dell’inaugurazione del 21 aprile, un incontro con l’arcivescovo di Palermo
perché egli fosse a conoscenza della
nostra presenza e ricevesse anche la
nostra testimonianza di fede e di impegno cristiano. È noto quale atteggiamento reazionario egli abbia successivamente assunto a proposito del referendum sul divorzio, additando al biasimo in una lettera pastorale e mortificando quei pochi sacerdoti della diocesi di Palermo che si erano espressi
favorevolmente alla legge sul divorzio.
(continua a pag. 8) ti
La vicenda terrena di Marta e Luigi
Marauda si è conclusa: a distanza di
cinque giorni l’uno dall’altra sono deceduti, presso l’Ospedale Valdese di
Torino, la signora Marta Marauda Peloux e il pastore emerito Luigi Marauda. La predicazione dell’Evangelo,
dinanzi alle loro spoglie, è stata tenuta a Pinerolo dal past. A. Deodato; il
Moderatore A. Sbaffi ha recato la viva
espressione di riconoscenza e di simpatia a nome della Tavola e della Chiesa Valdese, alcuni fratelli hanno manifestato una particolare simpatia ai
figli di questa coppia pastorale, così
unita in vita e in morte.
Un collega anziano ricorderà prossimamente le vicende di questo intenso
e ricco ministero pastorale, di cui ricordiamo qui solo, brevemente, le tappe essenziali. Figlio del past. Giacomo
Marauda, Luigi Marauda nasce a Pomaretto il 31 gennaio 1882; sposato
con Marta Peloux, hanno due figli:
Paolo, ora pastore valdese a Genova,
e Luisa, insegnante a Pinerolo. Dopo
gli studi presso la Facoltà Valdese di
Teologia, un anno di perfezionamento
teologico a Berlino, dove ascolta fra
l’altro le lezioni di A. von Harnack.
La conoscenza del tedesco gli valse alcune missioni in Germania, per conto
della Tavola.
Consacrato nel 1907, dal 1906 al 1908
svolse per alcuni mesi un ministero
pastorale nelle chiese di Genova, Roma, Palermo, Milano, Venezia, ancora
Genova. Quindi per due anni secondo
pastore a Torino e dal 1910 al 1912 a
Prali. Seguì un lungo ministero a Pirol,o, per ben 34 anni (e che anni!), dal
1946. Fu poi pastore a Villa
febbraio », una monografia sul tempio
di Villasecca). Entrato in emeritazione
nel 1952, accettò ancora due incarichi,
e non in chiese secondarie: a Pomaretto nel 1953-54 e a Torre Pellice nel
1954-55.
Assunse poi vari incarichi particolari: dal 1927 al 1937 fu direttore della
Casa delle Diaconesse; vicemoderatore
nel 1930, 1933, 1934, 1941, 1943, 1945;
sovrintendente per il I Distretto per
dieci anni (1920-27 e 1928-30); presidente del Sinodo nel 1942 e predicatore
d’ufficio del Sinodo nel 1923 e nel 1952.
La folla che per due volte, nel giro
di meno di una settimana, ha gremito
il tempio di Pinerolo, proveniente da
molte chiese, ha costituito la prova più
eloquente della stima affettuosa per
ciò che Dio ha fatto attraverso questo
servo delTEvangelo e la sua compagna. Nelle due occasioni il past. Achille Deodato ha saputo dar voce, sobria
e intensa, all’Evangelo in tutta la sua
carica di pace e di ferma speranza.
Se mi è lecito aggiungere una sommessa parola, dirò che il pastore Luigi
Marauda è stato il primo con il quale
ho lavorato in una chiesa: a Torre Pollice, dove giunsi all’inizio dell’anno di
prova e dove egli, già emerito, aveva
accettato un interinato di un anno; il
pivello non poteva trovare nell’anziano un collega più amichevole e_ affettuoso, e arguto per di più! Il ricordo
di quei mesi con lui, del calore della
loro casa resta profondo in me. Le nostre teologie non erano identiche, ma
la sua fede fresca e capace di umorismo, il suo schivo ma marcato senso pastorale mi sono stati di grande
incoraggiamento nel momento delicato in cui si inizia...
Gino Conte
1912 al 1946. Fu poi pastore a
secca, dal 1946 al 1952 (in quel periodo
stese, per la serie di « Opuscoli del 17
..................................
Un himlianguista a Torino
Domenica 15 dicembre, nella chiesa
di corso Oddone, ha parlato nel corso
del culto domenicale il pastore africano Luntadila Ndala Zafwa, segretario
generale della Chiesa cristiana kimbanguista, che ha la sua sede centrale a
Kinshasa, Zaire. Il tempio era gremito
e la predicazione è ruotata intorno alla parola di Gesù « Non di solo pane
vivrà l’uomo ». Il pastore Zafwa ha rilevato tra l’altro la novità di un africano che parla in una chiesa europea;
una volta accadeva solo che europei
parlassero in chiese africane; ora accade anche l’inverso, ed è bene che così sia. Il pastore ha raccontato alcune
sue impressioni venendo in Europa:
una è che nei nostri paesi ci sono molte chiese ma poco cristianesimo.
Dopo il culto s’è avuta un’àgape comunitaria nel corso della quale il pastore kimbanguista ha narrato la storia della sua chiesa. Eccola in sintesi:
La Chiesa Kimbanguista è una chiesa autenticamente africana, attualmente membro
del Consiglio Mondiale delle Chiese. Essa fu
fondata non dai missionari ma da un contadino africano di nome Simon Kimbangu.
Spinto da una profonda vocazione, alla quale aveva tentato invano di resistere, egli si
mise a predicare l’Evangelo nel suo villaggio
Nkamba, nell’allora Congo belga. Dopo sei
mesi di predicazione e di guarigioni di malati, nel 1921 egli venne arrestato dalla polizia e messo in carcere. In questi pochi mesi
di ministero intorno a lui si raccolse una massa crescente di fedeli, decine di migliaia di
essi vennero a loro volta arrestati, incarceradeportati in luoghi spesso lontanissimi.
Padroni fino alla morte
Maria Catalpa era una delle più anziane e fedeli sorelle della comunità di
Siena. Povera e sola, era entrata giovanissima in una famiglia, come donna di servizio, e in quella famiglia ha
visto passare due, tre generazioni, servendole tutte con amore. Era una buona serva, MA aveva un vizio solo: era
protestante, pertinace, assidua alle
riunioni della sètta.
Al momento della morte — VII novembre — si è rimediato anche a questo: non si è avvertito della morte nessuno degli evangelici, si è fatto un
bel funerale con prete e accompagnamento. Cerano perfino i manifesti per
le strade, a testimoniare il democratico affetto per la vecchia "donna" di
casa. Noi crediamo che la famiglia in
cui ha lavorato tutta la vita Maria, la
famiglia che conosceva bene, molto
bene, quale era la sua fede, abbia ingiuriato la memoria di una persona e
abbia voluto essere tanto padrona da
disporre perfino della libertà di coscienza. Sono stati « i padroni » in vita e in morte. Dio li perdoni.
CHIAREZZA
Durante la consultazione popolare
della Comunità Montana Valli Chisone e Germanasca, avvenuta il 7.12.74,
Gustavo Malan riferisce — vedi EcoLuce del 20.12 — che « è stata avanzata richiesta che gli ospedali locali
possano venire incontro anche alle necessità locali, almeno urgenti, senza
bisogno di ricorrere a quello di Pinerolo ».
Non ero presente alla discussione e
ignoro i precisi termini in cui è stata
posta la questione; ma da quanto è
stato scritto i lettori potrebbero capire che il servizio assistenziale ospedaliero sia svolto prevalentemente verso pazienti non valligiani. Ed è bene
precisare che, per quanto concerne
l’Ospedale di Pomaretto, durante il
1973, su 649 ricoverati ben 493 provenivano dalla Valle. L’Ospedale, inoltre, ha fornito alla popolazione valligiana 7366 prestazioni ambulatoriali
(radiologia, laboratorio, medicina interna, cardiologia) oltre che 36 prestazioni urgenti e di altra natura.
Se poi quanto detto in assemblea
voleva riferirsi invece al desiderio di
avere in valle un servizio di ostetricia, di chirurgia (con pronto soccorso
chirurgico), ciò doveva — a parer mio
— essere espresso e/o riferito in
modo più chiaro. E qui il discorso
deve tener conto delle leggi sanitarie
attualmente in vigore e delle possibilità di farle modificare.
Con cordiali saluti.
Dario Varese
AVVISI ECONOMICI
Questo però servì a fare aumentare ancora
di più il loro numero e a diffondere le nuove
comunità in tutto il Congo belga.
Perché queste persecuzioni? I Kimbanguisti non predicano soltanto ¡1 Regno di Dio
futuro ma chiedono giustizia sulla terra, ora.
Il profeta Simon Kimbangu venne condannato a morte e poi graziato e condannato alTergastolo. Non uscì più dal carcere nel quale morì trent’anni più tardi. Una delle caratteristiche di questa comunità cristiana è la
nonviolenza predicata da Simon Kimbangu
e vissuta da tutti. Così quando i Kimbanguisti chiesero la fine del colonialismo non usarono mai violenza e non praticarono nemmeno l’odio. Appaiono pertanto ancora più tragiche le perseeuzioni subite e l’incomprensione di cui furono vittime da parte delle missioni sia cattoliche che protestanti. Soltanto
nell’anno 1959 dopo anni di lotta nonviolenta
i Kimbanguisti ottennero la libertà religiosa.
Oggi essi sono più di quattro milioni nello
Zaire e nei paesi limitrofi.
Durante la persecuzione i Kimbanguisti,
emarginati dalle missioni cattoliche e protestanti, furono costretti a costruire le loro
scuole, i loro ambulatori, le loro comunità
rurali e le loro chiese che spesso consistevano
soltanto in una tettoia di foglie aU’aperto.
Il minore dei tre figli di Simon Kimbangu, Dangienda Kuntima, è ora il capo della
Chiesa Kimbanguista la quale testimoniò la
sua nonviolenza anche in mezzo aUa guerra
civile, dopo la liberazione del colonialismo.
Ancora oggi i Kimbanguisti, nonostante siano essi stessi poveri, aiutano innumerevoli
profughi provenienti dall’Angola e da altrove.
La Bibbia è al centro della fede dei Kimbanguisti, Simon Kimbangu non sostituisce
il Cristo, egli è soltanto un profeta per loro,
ma grazie a lui il cristianesimo è diventato
« africano per gli africani », non più importato dall’estero. La liturgia dei loro culti è
semplice e intercalata da momenti di partecipazione spontanea dei fedeli, la loro vita
fraterna e comunitaria ricorda quella dei primi cristiani. Con la loro fede così viva e
gioiosa sono una sfida per noi tutti.
DalTinsieme della lestimonianza del
pastore Zafwa, un punto è emerso
chiaramente: questi fratelli africani
sono alla ricerca della loro identità,
stanno cercando di diventare se stessi, dopo le devastazioni compiute dal
colonialismo anche sul piano della cultura e della coscienza di questi popoli.
Sotto questo profilo la chiesa kimbanguista, autenticamente africana, riveste particolare interesse ecumenico ed
evangelico. Siamo perciò grati di aver
potuto udire la testimonianza diretta
di un esponente di questa Chiesa sorella membro del Consiglio ecumenico
delle Chiese.
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segretario aggiunto (si richiede
laurea economia e commercio,
legge o scienze politiche) e n. 1
applicato/a da adibire alla Direzione Sanitaria (si richiede, oltre a una buona cultura generale, una pratica dattilografica e la
disponibilità a im orario flessibile). Le domande, compilate in
conformità dell’avviso pubblico,
devono piervenire entro le ore 12
dell’8 gennaio 1975.
10
pag. 10
I NOSTRI GIORNI
N. 51 — 27 dicembre 1974
L’Unione Postale Universale
ha cento anni
Se si volesse dimostrare che la collaborazione delle nazioni può essere
un’azione quotidianamente esercitata, e che può riuscire anche in campi abbastanza complessi, basterebbe citare l’esempio dell’Unione Postale universale. Il servizio di questa Organizzazione che smista la posta in tutto il mondo, ha compiuto cento anni il 9 ottobre. La messa a punto del sistema postale
internazionale, sotto certi aspetti, è stato un avvenimento eccezionale quasi
quanto quella meraviglia che è la comunicazione elettronica. Infatti una lettera va trasportata « fisicamente » dal punto di partenza al punto di arrivo.
Ogni persona che partecipa al trasporto va rimunerata qualunque sia il suo
lavoro, la sua nazionalità, qualsiasi prezzo sia stato pagato per il francobollo.
Qualunque sia la situazione interna
zionale — crisi, minacce, boicottaggi
e anche guerre — se si mette una lettera nella buchetta dell’angolo, si può
essere quasi certi che sarà distribuita
all’altro capo del mondo. La cosa è abbastanza notevole, a pensarci bene!
Prima del 1874 molte persone che vivevano in paesi diversi, cercavano di
comunicare. Quando nacque l’Unione
postale universale, Dickens aveva 62
anni, Tolstoi 46, Zola 34, Salgari 11. Se
Dickens voleva scrivere a Zola non
era complicato, perché esisteva già da
tempo una convenzione tra Francia e
Gran Bretagna, ma comunicare con
Tolstoi o Salgari era infinitamente pili
difficile. Invece oggi se un congolese
imposta per un groenlandese, la lettera arrivai
Nell’antichità il trasporto della posta era assicurato nell’ambito dei vari
imperi; il comandante di una legione
che era in Inghilterra poteva mandare
messaggi nel Sahara. Nel Medioevo la
Chiesa si serviva dei monasteri per
trasmettere la sua posta. I principi
avevano i loro messi particolari, ma
per il semplice cittadino le cose erano
complicate. Il sorgere dei primi giornali inaugurò dei legami postali internazionali abbastanza notevoli, ma sempre relativi. A tutto ciò mise fine l’era
della ferrovia. Il cavallo di ferro permetteva un servizio postale rapido e
economico: aprì il mondo agli scambi, abolì le distanze, valorizzò il servizio postale.
Al primo trattato per lo scambio postale tra Inahilterra e Francia del 1670,
seguì nel 1713 un nuovo trattato che
includeva anche il trasporto dalla
illllllllllllllllllllimilllllllllllllllllllllllllilMilllllllllllllllillim
11 conflitto ìsraelo-palestìnese
Rifiutare
due ingiustizie
Nella sua « lettera al direttore » intitolata
La Palestina non è VAlabama, pubblicata nel
numero scorso, Carlo Papini concentra la
sua critica esclusivamente sull’« ipotesi immaginaria » contenuta nell’articolo del Vercors.
Se tale ipotesi zoppica (per le ragioni da lui
addotte), tuttavia non mi sembra affatto essurda : zoppica sì, ma zoppicando aiuta.
Ma perché Papini non critica tutto l’articolo del Vercors? Ciò che mi sembra costituire il nerbo delle argomentazioni del Vercors,
è espresso in due punti, fra i quali 1’« ipotesi
immaginaria v fa da ponte. Il primo punto
si legge alla fine del mio art. a Un male assoluto ì) («La Luce» del 6.12);
« Questa coalizione, questo scatenanvento
di due miliardi di uomini contro un pugno
di ebrei, non sono il ’’buon cojnbattimento”:
assomigliano al linciaggio d’un negro, fatto
da una folla di bianchi eccitati e pieni di
gioia. Ed essi potrebbero condurre all’ingiustizia più terribile di tutte... ».
Il secondo punto si legge alla fine del mio
art. « Se in USA sorgesse un nuovo Stato... »
(«La Luce» del 13.12):
« Se l’assenza di patria per il popolo palestinese è un male assoluto, che e certo indispensabile riparare, la distruzione della patria d’Israele sarebbe un male non meno assoluto e uno dei più grandi delitti della storia ».
Non esistono, per il problema palestinese,
che quattro soluzioni possibili: 1) I palestinesi rimangano definitivamente nei loro miserabili accampamenti, ospiti mal tollerati
dell’uno a dell’altro Stato arabo; 2) Gl’israeliani abbandonino il M. Oriente e tornino ai
loro paesi d’origine; 3) Palestinesi e israeliani si fondano in un nnico Stato; 4) I palestinesi costituiscano uno Stato a loro volta,
limitrpfo a quello d’Israele.
Le prime due soluzioni sarebbero inique,
e non dubito che Papini concordi con me
nell’escluderle entrambe. Delle rimanenti due
soluzioni, mi sembra che, d’accordo col Vercors, con Jean Daniel e con Lelio Basso, solo
l’ultima sia possibile (oggi, e anche per lungo tempo nel futuro).
Naturalmente, quanto a quest’ultima soluzione, si chiederà : « ...costituiscano ’’co
me”, ’’dove”, ’’quando”, ’’con l’aiuto di
chi”? ». Rispondo : « non sono in grado di
saperlo » (né del resto mi sono espresso in
merito, si noti bene, nei miei articoli). Ma,
coerentemente con altre mie affermazioni,
dette e ripetute in passato (v. ad es. i miei
art. : « Ma insomma perché attaccarono Israele? », « Un ebreo parla agli ebrei », « Ricordatevi degli antichi profeti! », ne « La Luce »
rispettivamente n. 45 del 16-11, n. 15 del
13.4, n. 16 del 20.4.’73,eec.), mi sembrerebbe indispensabile che Israele stesso intervenisse a favore dei palestinesi a questo scopo.
Tali mi sembrano essere le questioni importanti : assai più della « ipotesi immaginaria ». Tullio Viola
Francia in Spagna, Italia e Turchia.
Fu il primo servizio postale multinazionale. In seguito accordi bilaterali
unirono i principali paesi. Ma non vi
era ancora un organismo centrale, per
cui, una lettera che doveva attraversare più paesi, sottostava a condizioni diverse. Non vi era né tariffa standard né uguale modo di pagamento:
ogni paese aveva il suo sistema.
Quando fu fondata l’Unione postale
universale anche i francobolli erano
quasi una novità. Usata in Inghilterra
fin dal 1840 per il servizio interno,
l’etichetta postale, come la si chiamava, fu accolta dapprima con sarcasmo.
Però che rivoluzione! Prima, Dickens,
se voleva spedire una lettera, doveva
andare alla posta, farla pesare e pagare una tariffa come se spedisse un
sacco di patate. I primi francobolli
usati in Stati Uniti, Francia, Belgio,
Baviera, Svizzera intorno al 1850 dovevano essere tagliati con le forbici,
poiché la perforatrice fu inventata solo nel 1854.
Nel 1863 fu organizzata a Parigi una
Conferenza che creò una Unione Generale delle Poste, appellativo utilizzato per tre anni, fino a che non ebbe il
suo nome definitivo di Unione postale
universale. L’Unione ha la sua sede a
Berna dove tenne il suo congresso
inaugurale e vi firmarono il trattato
gli Stati Uniti e 21 paesi europei. Attualmente essa comprende 150 paesi
membri di cui 143 Stati indipendenti
(8 più che l’QNU) e 7 territori governati da potenze metropolitane. L’Unione Postale Universale ricopre letteralmente il mondo intiero.
I suoi principi fondamentali sono
quelli articolati nel congresso del 1874.
Anzitutto, l’insieme degli Stati membro costituisce un’unica regione postale: còsi, almeno per quanto riguarda
le poste, esiste già un governo mondiale.
II secondo principio garantisce la libertà di transito in tutta l'Unione. Altre regole più tecniche: normalizzazione delle tariffe, loro equiparazione. Di
regola i paesi che spediscono trattengono ciò che riscuotono in base all’ipotesi che vi sia equilibrio approssimativo tra posta ricevuta e posta spedita.
Compensi possono essere chiesti in caso di grande disparità. Il francobollo,
emblema nazionale facilmente identificabile, è anche una specie di lasciapassare internazionale che conferisce
diritto di transito.
Pensando a tutte le lettere che in
questo momento viaggiano per treno,
per aereo, per nave, in moto, in bicicletta. a cavallo, a dorso di cammello... salutiamo alto e forte l’Unione postale universale!
(da «. Informations UNESCO »)
Ecco il bozzetto (foto EPER) di un centro, nella zona del Sahel, in cui gli specchi sul tetto
captano l’energia solare per trasformarla in energia elettrica, per riscaldamento e raffreddamento, e in energia motrice, che azioni pompe idriche: poiché vi è acqua, in profondità,
anche nel Sahara, a riuscire a raggiungerla... Anche le chiese collaborano a simili progetti
Terrore sulla Guinea Equatoriale
nord - sud - est - ovest
H Nel Kenya è in corso un’epidemia di colera, che ha già causato alcune decine
di morti. Il governo ha ordinato l’isolamento della città di Kisumu, epicentro dell’epidemia; verso quella zona, sulle rive del lago
Vittoria, vengono inviate con ogni mezzo
massicce dosi di vaccino.
■ Il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha
prolungato di sei mesi, cioè fino al 15
giugno 1957, il mandato delle forze delle
N.U. incaricate di mantenere la pace a Cipro.
B Continua nel Vietnam del Sud la « guerra del riso » : le operazioni iniziate al
principio di dicembre dai nordvietnamiti e
dai vietcong, tendenti a impedire in tutti i
modi la raccolta del riso,sono particolarmente intense nel fertile delta del Mekong.
I In un articolo pubblicato sulla « Pravda »,
il gen. Giap, ministro della difesa del
Vietnam del nord, ha affermato che la lotta
per « l’unificazione del Vietnam » continua e
che rURSS porta un contributo concreto e efficace alla « lotta rivoluzionaria del popolo vietnamita ».
B Negli ultimi dieci anni si è accentuata
anche in Giappone la riduzione delle
ore lavorative : la media mensile è passata
dalle 196,6 ore del 1963 alle 183,1 del 1973;
otto su dieci lavoratori di grandi imprese e
uno su due che lavorano in imprese di media o modesta grandezza godono della settimana corta, cinque giorni lavorativi.
B L’IRA « provisional » ha proclamato una
tregua alle operazioni di guerriglia, dal
22 dicembre al 2 gennaio. L’intensificarsi di
attentati, anche in Inghilterra, ha avuto effetto negativo nell’opinione pubblica. Recentemente e per la prima volta anche l’episcopato
irlandese ha pubblicamente condannato il terrorismo.
B I millecinquecento membri del Soviet supremo deU’URSS hanno come di consueto approvato, come semnre all’unanimità, per
alzata di mano, il piano economico e il bilancio preventivo per il 1975, anno conclusivo
del nono piano quinquennale; il bilancio prevede entrate per 208 miliardi e mezzo di rubli
(circa 210.000 miliardi di lire) e uscite per
208 miliardi e 300 milioni di rubli.
(segue da pag. 4)
include la ricerca da parte degli uomini della libertà e del regno della giustizia di Dio sulla terra come nel cielo... la giustizia, non si limita ai paesi
colonizzati, ma deve anche venir applicata ai paesi indipendenti nei quali
imperversa la dittatura, la violenza
contro la vita ed i diritti dell’uomo ».
Quando non ci si occupa
degli « affari interni » altrui...
Nessuno può dire quali saranno i
prossimi sviluppi della situazione. Se
molti paesi sono stati attirati dalle ricchezze della Guinea, non hanno finora
fatto nulla per garantirvi la protezione dei diritti dell’uomo. Gli « affari interni » non li interessano se non nella
misura in cui possono avere delle conseguenze su macchinari e installazioni
industriali, non sugli uomini. Certi osservatori stranieri ritengono che se la
Spagna — antica potenza coloniale
dalla quale dipendeva la Guinea Equatoriale — decidesse di rompere le relazioni con la Guinea, Macias sarebbe
spinto ancora maggiormente nelle
braccia di Russi e Cinesi, ciò che provocherebbe l’inquietudine di Americani e Francesi, che hanno molti interessi nei paesi vicini, Camerún e Gabon.
Ad ogni modo il fatto che vi sia la possibilità di giacimenti di petrolio lungo
le coste fa sì che tutti gli ambigui attori di questo dramma internazionale
siano presenti. L’ambiguità è sottolineata dal fatto che gli Stati Uniti, la
Francia e la Spagna sorvegliano da vicino gli avversari di Macias. Alcuni
partecipanti ad un congresso di guineani, che ha avuto luogo in Europa
nello scorso mese di agosto, non hanno potuto prendervi'parte, poiché non
hanno ricevuto da quei paesi le auto
ROY
MEDVEDIEV
CRITICA
« ARCIPELAGO
GULAG II»
Echi della settimana
Da molti mesi
(precisamente dal
n. 10 di questo settimanale, in data
8.3.’74) non abbiamo più parlato del
celebre scrittore sovietico, attualmente esule a Zurigo. La repentina espulsione dall’URSS ha segnato certamente una svolta di enorme importanza
nella vita di Solgenizin. Divenuto di
colpo miliardario, l’uomo s’è visto, da
un giorno all’altro, circondato di onori
e. certamente, anche di adulazioni:
esposto dunque ai pericoli della ricchezza, della strumentalizzazione politica, della rivalsa passionale. Non spetta a noi giudicare di cose così personali ed intime, sulle quali del resto
non siamo sufficientemente informati.
Tuttavia vai la pena di riprendere
il discorso. Se i lettori avranno la pazienza di rileggere quei nostri articoli, dovranno riconoscere che noi non
abbiamo mai motivato le nostre valutazioni di Solgenizin sul fatto che egli
sia o non sia un grande scrittore (il
farlo ci sarebbe sembrato un’ipocrisia), e neppure sulle sue idee politiche,
siano esse socialiste o no, borghesi o
no, utopistiche o no.
Semplicemente ritenevamo che Solgenizin avesse il diritto di esprimere
pubblicamente le sue opinioni ed ammiravamo il suo comportamento
eroico.
Qra leggiamo con grande interesse
la traduzione d’un lungo articolo dello
storico Roy Medvediev *, pubblicata
sul « Manifesto » dell’8 c. Nell’articolo,
fatto circolare in URSS (clandestinamente) e poi all’estero, il Medvediev
dirige ora le sue critiche sul 2» volume della celebre opera « Arcipelago
Gulag » di Solgenizin.
« Come il primo volume, anche questo merita rispetto (scrive Medvediev).
È un’opera ad un tempo artistica e
rigorosa, costruita su fatti autentici.
Certo, lo “choc" di questa seconda
a cura di Tullio Viola
’ Personalità di primo piano nella contestazione interna all’URSS (cfr. j nostri due
articoli sul n. 48 del 7.12 e n. 49 del 14.12.’73
di questo settimanale).
parte non è paragonabile a quello prodotto dalla prima; non fosse altro perché è pur sempre un seguito. O forse
perché, personalmente, ho avuto modo
di leggere centinaia di memorie di exdetenuti (in genere inedite) e mi sono,
per così dire, abituato. (...)
■Se è vero che un’opera, come questa, sopravviverà sicuramente ai suoi
detrattori, va detto che, per quanto i
fatti portanti del libro siano autentici
(le inesattezze sono minori in questo
secondo volume), non poche valutazioni e giudizi sono tanto parziali quanto categorici, e le generalizzazioni non
sempre (è il meno che si possa dire)
fondate. Questo soprattutto nel capitolo “Degradazione della libertà”. Beninteso, i limiti di cui parliamo non
diminuiscono il significato e il valore
del libro, che non ha equivalenti nella
nostra letteratura sui campi.
In un paese come il nostro, dove non
c’è libertà di stampa né d’informazione, le notizie si propagano per via sotterranea trasformandosi spesso in voci inverificabili o “miti" assunti come
verità. Il fenomeno è ancora più forte
nei campi. Natalia Rescetovkaia, prima moglie di Solgenizin, ha affermato
di recente che il suo libro è appunto
costruito su una certa mitologia. Non
è così. Certo, non sempre l’autore ha
avuto la possibilità (e non per sua colpa) di verificare quel che gli veniva
riferito dai compagni di deportazione,
o più tardi. Tuttavia la sua esperienza
e l’intuito, di storico e di scrittore, gli
fanno facilmente distinguere la verità
dalla finzione. Se in certe pagine delr “Arcipelago Gulag” ci s’imbatte in
alcune leggende, si tratta quasi sempre di cose lontane nel passato o riferite ai dirigenti dei servizi segreti ».
SOSTENERE LA REPUBBLICA
DEMOCRATICA DEL VIETNAM
I collettivi « Scienza per il Vietnam » hanno organizzato una raccolta
di firme a sostegno delle posizioni del
rizzazioni di viaggio o i visti necessari.
Gli avversari di Macias non si perdono tuttavia d’animo. .A.ltri sforzi verranno fatti per far conoscere i problemi della Guinea Equatoriale all’opinione pubblica internazionale. In un recente appello, alcuni dirigenti guineani in esilio hanno dichiarato: « Facciamo appello a tutti gli uomini di
buona volontà nelle organizzazioni internazionali e nei governi affinché si
ricerchino i mezzi per rendere la pace
ad un popolo che si trova attualmente
in una situazione tragica ». (SOEPI)
GRP ( = Governo
Rivoluzionario
Provvisorio).
La raccolta è accompagnata dal seguente messaggio:
« Sono passati
quasi 2 anni dalla
firma degli accordi di Parigi per il ristabilimento della pace nel Vietnam,
ma l’imperialismo americano e il governo di Thieu continuano a sabotarli
violando la pace. Da una parte si susseguono violenti attacchi contro le
zone governate dal GRP, dall’altra il
regime fantoccio di Thieu ricorre per
sopravvivere alla repressione, alla corruzione, alla tortura, alla detenzione di
decine di migliaia di prigionieri politici. In questa situazione del Sud Vietnam, divenuta insostenibile, il GRP
ha assunto una nuova posizione, che
esprime le aspirazioni del popolo vietnamita, riassunta nella dichiarazione
dell’8 ottobre in cui si esige la cessazione totale e definitiva dell’impegno
americano nel Vietnam, in qualsiasi
forma^ camuffato, e il rovesciamento
di Thieu con la creazione di un’amministrazione che realizzi la pace, la concordia nazionale e il rispetto degli accordi di Parigi.
I collettivi “Scienza per il Vietnam",
da ternpo impegnati in un programma di collaborazione scientifica e di
sostegno politico al popolo vietnamita,
dichiarano il loro appoggio alle nuove
posizioni assunte dal GRP e sostenute
dalla Repubblica Democratica del Vietnam ne sottolineano l’importanza nel
momento in cui la situazione del Sud
si aggrava per l’atteggiamento degli
USA. e di Thieu. Esigono che gli USA
cessino le loro ingerenze di qualsiasi
tipo, che venga rovesciata l’amministrazione Thieu, che siano rispettati
gli accordi di Parigi nello spirito di
riconciliazione e di concordia nazionale per il completo ristabilimento delle
libertà democratiche. Richiamandosi
allo spirito e alla lettera degli accordi
di Parigi, chiedono che il governo italiano riconosca il GRP quale legittimo
rappresentante del popolo del Sud
Vietnam ».
È incaricato della raccolta delle firme il prof. Giuseppe Geymonat del
Politecnico di Torino (Istituto Matematico).
Antimilitarismo: assolti i due preti di
S. Lazzaro (Pinerolo) accusati
di vilipendio alle forze armate
VITTORIA
Lunedì 23 dicembre, al termine della terza
udienza (la prima s’era svolta giovedì 19) la
corte d’assise del tribunale di Torino (presidente Barbaro, giudice relatore Capirossi) ha assolto d. Giorgio Accastelli e d. Franco Barbero,
sacerdoti della comunità cattolica di S. Lazzaro, di Pinerolo, daH’accusa di vilipendio alle
forze armate per aver diffuso, in occasione del
4 novembre, un volantino redatto dal Movimento Antimilitarista internazionale. Tale volantino, già incriminato nella persona di Pietro
Pinna, esponente del movimento antimilitarista
italiano, era stato prosciolto dalla corte di Perugia.
I due sacerdoti sono stati difesi, assai bene,
dagli avvocati Costanzo, Zancan, Guidetti Serra, di Torino, e Gentili di Milano. Hanno deposto a favore dei sacerdoti i professori universitari Giorgio Rochat di Milano, esperto in
storia militare italiana (il volantino conteneva
diverse affermazioni critiche sulla 1“ guerra
mondiale) e Guido Quazza di Torino, docente
di storia moderna, il pastore valdese Paolo
Ricca della comunità di Torino, e il monaco
cattolico Enzo Bianchi della comunità ecumenica di Bose (Vercelli). DalTinsieme di queste
testimonianze è emerso da un lato che il volantino non diceva cose ingiuriose ma cose
vere — anche se espresse in termini drastici,
come sempre accade quando si parla per slogans — e dall’altro che la militanza per la pace, doverosa per dei cristiani (e qui la documentazione sia biblica che storica è stata esauriente ed eloquente), implica delle azioni concrete e decise di opposizione al sistema militare. Ottime le arringhe della difesa, che hanno
ampiamente dimostrato che l’accusa di vilipendio era infondata, stando al testo del volantino, e soprattutto hanno ben lumeggiato
il problema morale e politico che era al centro del processo.
Nell’ultima udienza del processo era presente, fra il pubblico sempre molto numeroso,
anche il pastore Tullio Vina-y. Inoltre la comunità valdese di Torino (corso Oddone) aveva
inviato ai due sacerdoti una lettera di solidarietà firmata da molti fratelli riuniti per il culto domenicale del 22 dicembre. Ecco il testo
della lettera : « A Giorgio Accastelli e Franco
Barbero, sacerdoti della Comunità di S. Lazzaro (Pinerolo), processati per la loro azione a
favore della pace, i sottoscritti fratelli valdesi
della chiesa di corso Oddone (Torino) esprimono piena solidarietà e fraterna comunione ».
Non ci si aspettava l’assoluzione, accolta
quindi con tanta maggior soddisfazione. Anche
la formula è buona ; « perché il fatto non costituisce reato » per Accastelli; Barbero invece
è stato assolto perché, come vice-parroco, non
poteva essere incriminato dato che la responsabilità giuridica per quanto accade in una parrocchia spetta al solo parroco titolare, che a
S. Lazzaro è d. Accastelli. Ci felicitiamo vivamente con i sacerdoti di S. Lazzaro e in generale ci rallegriamo per questa vittoria del movimento antimilitarista. Speriamo che questa
sentenza sia seguita da altre simili. Pensiamo
infatti a tanti altri militanti della pace che, a
differenza dei sacerdoti di Pinerolo, per accuse
analoghe sono stati condannati e giacciono in
carcere. P. R.
B Dal 1° gennaiò 1976 i tedeschi della Repubblica Federale che ancora non abbiano ricevuto la chiamata alle armi, potranno
scegliere liberamente tra il servizio militare e
quello civile. Il governo prevede che vi sarà
in futuro un’eccedenza in entrambi i servizi.
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
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