1
U^i\A NtIVELLA
GIORNALE RELIGIOSO
paRXZO a»’ARSOCI.4K10.\E
(J domicUio)
Torino, per un anno L. 6,00 L.7,00
— per sei mesi » -i,00 » 4,SO
Per le proviucie e l’estero franco sino
ai conlini, un anno . . L. 7,20
per sei mesi, » 5,20
A).j:6£Ciovte{ Si iv ifiitif
Scguomio la vcrilà ndia carità
Kpes. IV. H3.
La Direzione della BUONA NOVELLA è
in Torino, casa Bellora, a capo del Viale
del Ile, N '12, piano 3”.
Le associazioni si ricevono dalla Direzione
del Giornale, e dal Libraio G. SERRA,
contrada Nuova in Torino.
Gli Associali delle Provincie potranno provtiedersi di un vaglia postale,
inviandolo franco alla Direzione.
I Confessori di G. C. in Italia. Gaieazzo CarQCCÌolo if. — La successione Apostolica IX.— Crìtrica degli Evangeli di A. Bianchi Giovini I. — Notizie Religiose«
— Cronachetta.
I C0i\Fi:S80RI IH 0. C. I?i ITALIA NEL SECOLO XVi
Galeazzo Caracciolo.
IL
Ma allri pericoli, e tiou meno gravi,
minacciavano di render vana la conversione di Galeazzo. Nell’atto ch'egli
apriva gli occhi alla luce del Vangelo,
alcuni falsi apostoli tentarono sedurlo
e deturpare la nascente sua fede con
doltrine false e perverse. Tali erano
gli Anabattisti e gli Ariani, che le loro
credenze allora propagavano; e tali
molti fra’ discepoli di Valdes, i quali
faceau consistere la loro conversione
nell’ abiurare alcune dottrine della
chiesa romana e abbracciarne alcune
altre evangeliche, senza essere al postutto nè veri catlolici alla foggia di
Roma, nè inleramenle evangelici ; infatti, mentre propugnavano la dottrina
della giustificazione, secondo il Vangelo, continuavano a frequenlare le
cbicse cattoliche, assistevano alla
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messa, e praticavano diversi atli di
superstizione e d’idolatria. Costoro,
appena perseguitati e messi in prigione
per ordine del s. Ufficio, non avendo
fede viva e costante, finivano per ritrattarsi e riabbracciare le abiurale
credenze. Per maggiore sventura uno
di essi era il nobile Caserta, colui che
avea sejninato nel cuore di Caracciolo
i primi germi della fede evangelica.
Tutti poi, sì Ariani che Anaballisli e
discepoli di Valdes, erano uomini di
senno e dottrina, avvezzi alle controversie e alle polemiche. Eppure, cosa
mirabileI Caracciolo, cosi giovane,
poco versalo nelle lettere, iniziato appena nella religione evangelica, seppe
resistere alle loro arli, confondere la
loro sapienza, e rimanersi fermo uel
Vangelo. Anzi, per evitare ogni pericolo, abbandonò la loro conversazione
e recossi in Germania dove si mise in
relazione co’ piii cospicui riformali, e
s'istruì sempre più colla lettura dei libri
di Lutero e di allri insigni scrittori
evangelici. Ma ciò che conlribuì maggiormente a consolidare la .sua fede, fu
rincontro a Strasburgo cou Pietro Martire Vermiglio, e il soggiorno lenuto
seco lui in Argentina. Ivi ebbero varii
e lunghi colloquii, da’ quali Galeazzo
potè rilevare quali siano i veri caralteri, quali i limili e quali le condizioni
della fede puramente evangelica, la
iuutililà u i dauni di uuu mezza con
versione, e la necessità di purgarsi
l’anima da qualsivoglia fornicazione
spirituale per meritare il nome di vero
discepolo di Cristo.
Così istrutto, Caracciolo fece ritorno
a Napoli. Lo accolsero con gran trasporto i discepoli di Valdes ; ed egli,
per dissipare dalle loro menti ogni
avanzo di superstizione e d’idolatria,
predicò in mezzo a loro le dottrine
puramente evangeliche, facendo notare il pericolo di chi le deturpa associandole ad altre credenze superstiziose
e straniere alla Bibbia. Ma coloro, tenaci ne’ proprii errori, e temendo di
suscitare a loro danno le persecuzioni
di Roma, riprovarono le opinioni di
Galeazzo, fuggirono la di lui conversazione, e come traviato lo abbandonarono. Caracciolo ne fu dolentissimo;
e ciò gli avrebbe recalo scoraggiamento
e forse rovina se la sua fede fosse stata
meno salda, e meno possente la grazia
del Signore che avealo designalo qual
esempio di costanza per edilìcare 1
buoni e confondere i perversi. Per la
qual cosa, poco curandosi dell’amicizia di quegli sciagurati, e deplorando
la loro cecità, si strinse fortemente ai
pochi cui ritenea per veri evangelici.
E perchè nulla più potesse farlo vacillare ne’ suoi pietosi proponimenti,
decise di sacrificar ogni suo bene, ogni
suo alTetto al trionfo dellu fede e alla
gloria del Signore; abbandonare padre
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sposa, figli, grandezze, onori e patria;
lasciare tulto e andare incontro, se
fosse d’uopo, a’ disagi, alla miseria,
alle persecuzioni, anche alla morte.
Non palesò ¡1 suo disegno che a
pochi amici, i quali, commossi dai
magnanimo esempio, vollero imitarlo.
E i)erchè la sua famiglia non sospettasse, nè il padre coU’aulorilà, e la
consorte colle lacrime gl’iihpedisserò
di partire, dimostrò voler andare in
Germania ov’era la corte delfimperatore.
Fatti i preparativi e provistosi di
due mila ducati, delle sostanze materne, nei 27 marzo 1551, in età di
D'i anni, Galeazzo Caracciolo lasciò
Napoli per non vederla più mai. Ma i
suoi compagni, ia cui risoluzione era
intempestiva e figlia più deH’eutusiasmo e della leggerezza, che d’una calma e saggia riflessione, giunti a’ contini dell’Italia, scoraggiati, pentiti,
cangiarono consiglio, e lasciandolo
solo e dolente, tornarono indietro. Ma
Dio ne li punij imperocché, appena
giunti, la mano dell’ inquisizione li
raggiunse, e s’impossessò di loro, mentre ia voce pubblica colinavali di disprezzo.
Dolente, ma non scoraggiato, Galeazzo continuò il suo viaggio, e giunto
ad Augsburg, presentossi alla Corte, vi
si trattenne sino al 24 maggio dell’anuo stesso; e poi partendo l’imperatore
pei Paesi Bassi, invece di seguirlo
portò a fine il suo disegno recandosi
a Ginevra. Quivi non trovò alcuno di
sua conoscenza; solo, a capo di due
giorni, vi arrivò Lattanzio Ragnoni,
gentiluomo di Siena, chc l’avea conosciuto a Napoli. Questi, per lo stesso
stimolo di religione erasi ritirato in
Ginevra, dove, avendo dato sufficienti
saggi de’ suoi progressi nelle doltrine
evangeliche, fu addetto ne’ seguenti
anni, al ministero della predicazione
uella chiesa degl’italiani stabilita dallo
stesso Galeazzo, come più innanzi diremo.
Da indi a poco il Caracciolo abiurò
formalmenle la religione romana,
fece solenne professione della religione
evangelica, e fissò il suo domicilio in
Ginevra, abitando una casella modesta, comprala col suo danaro, e lenendo
due soli domestici al suo servizio.
Giovanni Calvino Io ebbe in tal pregio
che, io attestato di amicizia e di ammirazione, gli dedicò i suoi commentarli su la prima epistola ai Corinti.
E perchè i nostri lettori conoscano
quale alla opinione avesse Calvino di
lui, riportiamo un brano della sua
dedica :
« Quantunque, sono parole di Cal« vino, quantunque voi non aspettiate
« l’applauso degli uomini, essendo
a contento della leslimonianza di Dio
« solo c nemmeno sia la mia intenzione
4
I di celebrare qui le vostre laudi, non
< dimeno non devono i lettori essere
( affatto privati dal conoscere quello
I che può recare loro grande utilità e
I fruito; cioè ché una persona nata
I di famiglia illustre, abbondante di
I ricchezze e di onori, e posta come
I in uno stato di felicità, avendo moI glie nobilissima e castissima, e bella
1 generazione di molli figliuoli, e viI vendo insieme in una maravigliosa
concordia, in una lunga e continua
I prosperità della loro nobile e onoI rata condizione; che costui, dico,
I volontariamente, per essere soldato
c di Gesù Cristo abbia abbandonalo
' la patria, abbia disprezzato un paese
I fertile e ameno, l’ampio patrimonio
I e l’abitazione nou meno comoda che
I deliziosaj chc sì sia spogliato di
I tutto lo splendore della famiglia,
1 uella quale era nato; che si sia priI vaio del padre, della moglie, de’ DI gliuoli, de’ parenti e degli amici, e
I che, avendo rinunziato a tutli gli
I allettamenti del mondo, si sia contentato di ridursi a questa nostra
bassezza, e di non altrimenti vivere
una vita modesta e popolare, che se
fosse eguale a tutti noi. Le quali
cose tuttavia io le racconto agli allri, di maniera che non perciò tralascio l’uso che tocca a me in particolare. Conciossiacosaché se qui io
propongo, quasi in uno specchio,
I agli occhi dei lettori le vostre virI tuli, acciocché essi, imitandole, for
I mino )a vita loro ; sarebbe cosa
I sconvenevole che io, da cui sono
I piii da presso conosciute, contem
I piandole come in una chiara luce,
I non mi sentissi essere da esse mollo
I maggiormente e vivamente commos
I so. Laonde, perciocché io sperimento
I quanto vaglia il vostro esempio alla
I confermazione della mia fede e reli' gione, e parimente che tulti i fedeli
< i quali conversano qui con esso noi,
< aftermino di aver cavata non leg
I giera utilità, ho stimalo essere una
( cosa degna e necessaria che con la
I mia testimonianza quesla sì fatta
< utilità si stendesse e derivasse ezian
I dio più lontano in beneficio di molti.
1 Altrimeuli sarebbe nel vero cosa
I vana il raccontare agli stranieri e a
I coloro li quali abitano in lontane
I contrade le laudi di colui, dalla cui
I natura e inclinazione niente è più
I contrario che l’ostentazione e la va
I nagloria. Laddove, se molti i quali,
I per la lontananza, infine ad ora di
voi non hanno avuto conoscenza,
proponendosi questo ammirando
esempio, si risolveranno e si metteranno ad imitarlo, lasciando le case
loro, alle quali stanno pur troppo
attaccali, io certamente avrò acquistato un abbondante frutto di questa mia scrittura ». Indi l’iliustrc
5
- hr,
autore ragionando sempre di Carac*
dolo, continua: « Ma sopra tutto vor« rei bene che tutti fossero somiglianti
i< a voi in rinegare se stessi, il che è
<i il fondamento di tulte ie virtù della
« vera religione ».
Così Giovanni Calvino, queU’uomo
sapiente ed austero in fallo di virtù,
propouea la vila di Galeazzo Caracciolo siccome specchio e modello a
quanli professavano il Vangelo.
Intanto la notizia della sua nuova
professione di fede, sparsa nella Corte, a Napoli, e dovunque egli era conosciuto, destò gran maraviglia, e fu
oggetto di varii giudizi, secondo le diverse opinioni degli uomini; ma alla
sua famiglia fu causa di molle lacrime
non altrimenti che su di lei fosse caduta una grande sventura. Tulla la
famiglia ne fu inconsolabile. Ma più
il vecchio padre, come colui al quale
la lunga esperienza facea prevedere
le conseguenze che ne sarebbero derivate alla famiglia. E per prevenirle,
mandò immantinente a Ginevra un
suo nipote assai caro a Galeazzo, con
diverse lellere e raccomandazioni e
preghiere onde persuaderlo a cangiar
consiglio, a non volere la morte del
cadente genitore, nè il disastro e, come diceano, il disonore della famiglia.
Il primo incontro dei due cugini fu
assai commovente; e venuta l’ora del
ragionamento, l’inviato espose il mo
tivo del suo viaggio; parlò del dolore
e della canizie del padre; narrò la disperazione dell’ affettuosa consorte,
l’ambascia de’ figli, il lutto d’ogni suo
congiunto ed amico; espose i molleggi
ai quali il suo nome e quello de’ suoi
veniva soggetto, le calamità che minacciavano la sua casa per quella intempestiva e strana risoluzione, e
mostrò come indegna di lui fosse
quella vita che menava così oscura,
senza agi, senza onori ; alche aggiunse
le sue lacrime, le sue preghiere onde
commuovere l’animo di Galeazzo.
Al che Galeazzo brevemente e con
fermezza rispose, non inlempestivamenle, nè per capriccio aver presa
quella deliberazione, ma dopo lunghe
e mature riflessioni, e per potentissime
ragioni; essere dolentissimo degli affanni che involontariamente cagionava
aH'amalo genitore, alia diletta moglie,
a’ figli suoi, ma trovar mal fondate le
loro querele', non avendo egli fallo
cosa alcuna che macchiar potesse il
suo onore nè quello della sua famiglia, anzi aver fallo cosa lodevole e
sanla perchè ispirata dalla grazia del
Signore; essere afflitto anch’egli della
perdita della patria, degli amici, dei
congiunti, ma questo sacrificio essergli stato necessario per potere con liberlà di coscienza vivere lungi dalle
idolatrie, le quali recavano grave pregiudizio all’anima sua e alla sua eter-
6
- im
na salule; non importargli nè le grandezze, nè gli agi perduti ; preferire a
quesli una vita parca ed anche miserabile, benedetta da Dio e piena di
pace e tranquillilà di coscienza; anzi,
riputarsi più ricco, più nobile, più
grande ora che Dio slava con lui, non
quando viveva in sontuosi palazzi, in
mezzo alle pompe del mondo, e lungi
dal Signore; amare teneramente la sua
famiglia, desiderarle tutta la felicità
possibile, e fare continue preghiere
per essa; ma non poterle sacrificare
ciò che l’uomo ha di più caro, l’eterna salute.
Il cugino trovò dura la risposta,
ma, convinto che la deliberazione di
Galeazzo non veniva da leggerezra,
nè da capricci, nè da umori passaggeri, ma da vera vocazione e da serie
meditazioni, senza perdere più oltre
nè tempo, nè parole, decise di lasciare
Ginevra'; e quantunque In nulla fossero convenuti, ne’ loro cuori non restò altro dispiacere se non quello di
doversi dividere; e infatti questa separazione fu cagione ad entrambi di
lacrime e di cordoglio.
U SUCCESSIONE APOSTOLICA
IX.
Benedetto XIII e Bonifacio IX
erano i papi che dividevano la Chiesa romana in due, pretendendo ciascuno di essi di essere il vero suc
cessore di 9. Pietro. I re di Francia,
d’Inghilterra, d’Aragona, e dì Casliglia raunavano concilii provinciali per
decidere quali dei due pretendenti
fosse il vero successore di s. Pietro;
due celebri concilii provinciali si tennero in Parigi uno nel 1393, l’altro
nel 1398 e non poterono nulla decidere. Intanto papa Benedetto giurava
di dimettersi dal papato se cosi lo
esigesse la pace della Chiesa, e la
estinzione dello scisma, a condizione
però che papa Bonifacio facesse alIrellanto. Ma i giuramenti di Benedetto sembra che venissero dalla cognizione ch’egli avea del carattere di
Bonifacio, che non avrebbe mai pensato a cedere neppure per un istante.
Tutta la colpa dello scisma quindi
cadeva sulla ostinazione di Bonifacio.
Mala madre di lui ed i suoi fratelli
avendo scoperto che la facilità mostrata da Benedetto era fìnta, e che
mài a (¡ualunque costo non si sarebbe
dimesso, fecero promettere a Bouifacio di dimettersi qualora Benedetto
avesse osservato il suo giuramento.
Allora i re, o come diressimo ora, le
potenze, costrinsero papa Benedetlo a
mantenere la sua parola: ma questi
gettando infine la maschera, dichiarò
ch’egli era il solo successore di 8.
Pietro ed il vero vicario di Gesù
Cristo.
La Francia allora fn la prima a
7
dichiararsi sciolta da qualunque obbedienza verso il papa, ed i vescovi
ricuperarono l’antica loro indipendenza. 11 re voleva finirla una volta,
e mandò la sua armata ad assediare
e ritenere prigioniero papa Benedetto
nel castello di Avignone.
Avvicinandosi l’anno 1400 nel
quale vi dovea essere il giubileo, i
Romani pensarono che senza un papa
non avrebbero avuti in Roma forestieri, e perciò richiamarono e riconobbero papa Bonifacio, il quale credendosi assicurato sul trono non volle
più parlare di cessione, ma prevalendosi della pretesa sua infallibilità
si dichiarava anch’egli unico successore di s. Pietro e vero vicario di G.
Cristo.
Erano quasi cinque anni dacché
papa Benedetto era prigioniero, e sempre più persisteva nel suo proposito.
La Francia allora si divise ; alcuni tenevano per la giustizia della prigionia; altri la dicevano una tirannia,
e chiamavano Benedetto un martire.
Il re di Francia proibì a lutti i suoi
sudditi di recarsi a Roma per il giubileo, lo che accrebbe il malcontento.
Henedetlo seppe profittare di tali disposizioni per evadere dalla sua prigione. Allora promise di far di lutto
per la estinzione dello scisma, e fu
riconosciuto siccome prima per papa
legittimo. Man4ó due vescovi al suo
competitore per invitarlo a sottomettersi ad una decisione della Chiesa;
ma Bonifacio si ricusò, dicendo che
Benedetto era 1’ antipapa, un eretico, ed uno scismatico ; i vescovi ambasciadori risposero che quella era
la cosa in questione, ma sopra queslo non potersi avere dubbio, cioè
essere egli (Bonifacio) simoniaco, e
Benedetto no ! Questa risposta accese
a tal segno l'ira del santissimo Bonifacio, che tre giorni dopo era morto
di rabbia.
I 9 cardinali della sua obliedienza
protestando per la pace della Chiesa,
e per l’eslinzione dello scisma, e non
volendo ascoltare le preghiere dei
vescovi legali di papa Benedetto che
li scongiuravano a sospendere ia elezione assicurandoli della estinzione
dello scisma, elessero in fretta e furia Cosma Meliorato che prese il nome
d’Innoeenzo VII. Il re di Francia desiderava ardentemente 1’ estinzione
dello scisma. Papa Benedelto decise
di andare in Italia per abboccarsi col
suo competitore, ed andò fino a Genova; di là.scrisse a papa Innocenzo
domandando un salvacondotto per
sè e per i suoi cardinali all’oggelto
di abboccarsi con lui per la pace
della Chiesa. Innocenzo lo ricusò e
papa Benedetto ritornò in Francia.
Papa Innocenzo morì d’apoplessia
fulminante; I suoi cardinali non voi-
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lero ascoltare ragioni per sospendere
l’elezione di un nuovo papa, ed elessero Angelo Corarlo da Venezia, che
prese il nome di Gregorio XII. Il
nuovo papa conoscendo forse che la
andata di papa Benedelto in Italia
era stata una finzione, propose egli
stesso un abboccamento col suo competitore, e si offrì di andare anche in
Avignone, perchè fosse resliluita la
pace alla Chiesa. Il re di Francia credendo vere le proteste di papa Gregorio, voleva obbligare Kenedello alla
cessione : ma questi, da principio
tergiversò, quindi accettò l’abboccamento col suo competitore in Savona,
secondo lo proponeva Gregorio.
Falliti così i calcoli di papa Gregorio, dovè levarsi la maschera ricusando l’abboccamento che aveva con
tanta solennità domandalo. I suoi
cardinali allora si disgustarono di lui
ma egli ne creò dei nuovi. Allora gii
antichi si separarono da lui ; lo stesso
fecero i cardinali di papa Benedelto,
e di comune accordo intimarono un
concilio generale a Pisa per decidere
quale dei due papi fosse il vero successore di s. Pietro.
Finalmente il concilio di Pisa aprì
le sue sessioni (1409) e fin dal principio si dichiarò concilio ecumenico
legittimamente congregato per giudicare nella causa dei due pretendenti,
I due papi furono Invitati, ma si guar
darono bene di andarvi. Dopo avere
esaminala la cosa in 14 sessioni, nella
decimaquinta il concilio scomunicò i
due papi, li dichiarò eretici e scismatici , ed elesse in loro vece il cardinale di Candia, che prese il nome di
Alessandro V. Lo scisma era duralo
51 anni ; quattro papi si erano succeduti in Roma, due ad Avignone,
cd il concilio non seppe decidere
quale di questi papi era il vero, che
anzi li dichiarò eretici e scismatici :
se un concilio generale non seppe
deciderlo alloi-a , come potremo ora,
quattro secoli e mezzo dopo l’avvenimento, giudicare chi di quei santissimi fosse il vero successore di san
Pietro? Non ci resta altra via che
aderire alla decisione del concilio di
Pisa che dichiarò col fatto che la catena della successione apostolica era
stata spezzata.
Il risultato poi del concilio di Pisa
fu che in luogo di due papi ve ne
furono tre. Dal loro lato papa Benedelto in uu concilio a Perpignano, e
papa Gregorio in un concilio iu Aquileia scomunicavansi a vicenda, e ambedue rendevano le scomuniche a
papa Alessandro ed al concilio di
Pisa.
Il cardinale Baldassare Cossa dominava interamente papa Alessandro;
epperciò dopo avergli falla pubblicare
una bolla contro i suoi competitori,
9
io avvelenò , e si fece eleggere terzo
papa al suo posto, solto il nome di
Giovanni XXIII. I Ire papi continuarono a scomunicarsi fino a che l’imperatore Sigismondo, colto il destro,
intimò col consenso di papa Giovanni
un concilio generale a Costanza, ove
i tre papi furono invitati per dire ciascuno le sue ragioni. Papa Giovanni
andò solo al concilio, gli altri due se
ne astennero. Il concilio depose i Ire
papi, ed elesse Ottone Colonna, che
prese il nome di Martino V.
E qui cessiamo la sloria della pretesa successione apostolica, non perchè ci manchino fatli per dimostrare
ancora, se ve ne fosse il bisogno, la
insussistenza storica di nna tale successione; ma perchè la piccolezza del
nostro giornale non ci permeile di
trattare che in compendio le materie
che vorrebbero per se sole molti volumi. Solo non possiamo astenerci dal
trarre dal fatto dello scisma d’Occidente alcune conseguenze. I concilii
ecumenici di Pisa e di Costanza depongono il primo due papi, il secondo
tre , senza poter decidere, come si
erano impegnali, chi di loro fosse il
successore di san Pietro ; dunque
Inconseguenza: quello che due foncilii
infallibili non han saputo decidere,
come potrà essere deciso da altri?
2* conseguenza : i due papi deposti
dal concilio di Pisa, ed i tre deposti
dal concilio di Costanza, non erano
successori di san Pietro ; e frattanto
la Chiesa romana ha nel suo catalogo
come successori di san Pietro , Gregorio XII e Giovanni XXIII, ambedue deposti e dichiarati antipapi dai
concilii ; dumiue la Chiesa romana ed
i concilii non sono d’accordo. Conseguenza : la Chiesa romana anmieltendo la successione apostolica, deve
ammettere che non vi sia stalo che
uu papa alla volta; eppure essa ammetle nel suo catalogo come veri papi
Gregorio XII e Alessandro Vj, Gregorio XII e Giovanni XXIll che regnavano contemporaneamente. A noi
sembra che queslo solo fallo basti
per convincere ogni uomo di buon
senso per rigellare (sloricamcnte parlando) la pretesa successione dei papi
dall’aposlolo s. Pietro, per sostenere
la quale bisogna fare il più crudele
strazio della sloria.
Un’altra sola osservazione, e siamo
al termine. Dicemmo che in queslo
scisma d’Occidente vi furono santi e
sante, e rivelazioni e miracoli che
parteggiarono per coloro che furono
dichiarati antipapi. Santa Ciiterina da
Siena, a cagion d'esempio, era per
Urbano VI, e chiamava i cardinali
del suo competitore Clemente VII
niente meno che dèmoni incarnali
Ma un altro santo dello stesso ordine,
e non meno celebre di santa Caterina,
10
era per papa Clemente VII: questo
santo era il famoso san Vincenzo
Ferreri: per lo stesso Clemente, dichiarato poi antipapa, stava altresi
il beato Pietro di Lussemburgo. Per
Benedetto XIII stava s. Coletta, ed
era così devota dell’antipapa Benedetto, che volle morire col velo che
aveva ricevuto dalle di lui mani : eppure santa Coletta aveva rivelazioni ed
operava miracoU; a dispetto però di
tutli i suoi miracoli non potè essere
canonizzata che nel 1805.
Noi non abbiamo trattata la queslione della successione apostolica
che dal lato storico; non abbiamo voluto per giusti motivi entrare
a toccare la questione dal lato teologico. Che i teologi si adoperino pure
coi loro argomenti di far credere ciò
che vogliono, a noi basta di aver dimostrato coi fatti che la successione
apostolica non può sostenersi senza
rovesciare interamente la storia.
CRITfCA dei;li evamìeu
DI A, BIANCni-GlOVINI
2 Voi. in 8'^
L’^mom'a in un suo articolo =
Zelo Valdese per F Evangelo = articolo a cui fa eco il Cattolico, altamente si meraviglia perchè la Buona
Novella non abbia detto fin qui una
sola parola di confutazione contro la
Critica degli Evangeli del sig. Bianchi-Giovini: poi con quella buona fede
tutta sua propria, seguita dicendo,
che noi non abbiamo risposto perchè
non ci preme che il cristianesimo sia
0 no distrutto, e perchè lo scritto di
Bianchi - Giovini è 1’ ultima conseguenza del protestantismo.
A così perfide insinuazioni rispondiamo, riguardo alla prima, che noi
non solo non vogliamo il cristianesimo distrutto, ma lo vogliamo edificato sopra quel fondamento, di cui
dice la Scrittura, che « niuno può
porne un altro, che quello ehe è
stato posto, il quale è Gesù Cristo
I. Cor. HI. 2 » ; lo vogliamo « edificato sopra il fondamento degli Apostoli e de' Profeti , essendo Gesù
Cristo stesso la pietra del capo del
cantone » Efes. II. 20. Le declamazioni e le calunnie ^q[\' Armonia e del
Cattolico non potranno cancellare ie
pagine del nostro giornale, e le nostre
predicazioni tutte dirette a proclamare queste grandi veritcà.
Riguardo alla seconda, che cioè lo
scritto del Bianchi-Giovini sia l’ultima conseguenza del protestantismo
perchè l’autore ha tratti i suoi argomenti da increduli che si chiamavan
protestanti ; noi domandiamo ciò che
direbbero VArmonia ed il Cattolico se
noi prendendo in prestito da loro
questa così ammirabile logica, diees-
11
simo che il volterianismo è rultima
conseguenza del cattolicismo, perchè
Voltaire era callolico, anzi allievo del
gesuiti? perchè quasi lulli gl’increduli francesi del secolo passato erano
catlolici ?
]1 motivo poi per cui la Ruonn
Novella non ha fatto finqui parola
dell’opera del Bianchi Gioviui è così
facile a supporsi, che ci volea proprio
un nemico per immaginarne un allro.
L’opera del Giovini è opera voluminosa, in cui l’erudizione, vera o fiilsa,
trovasi in gran copia prodigata. A
farne una confutazione coscienziosa
e di natura a stabilire la verità, anzicchè comprometterla maggiormente,
ci volean più che parole di disprezzo
0 d’insulto come usano gli scrittori
clericali inverso coloro che dissentono da essi in materia religiosa, ci
volea tempo e studio. Ora che da uno
dei nostri collaboratori è stata tale
opera attentamente esaminata, avrà
occasione VArmonia, e l’avrà anche
il Callolico di sincerarsi se ci hanno
le teorie del Giovini ad ammiratori o
ad avversarii, e se veramente, come
caritatevolmente asseriscono quei pii
giornali, non ci preme punto che il
cristianesimo sia o no distrutto. Ecco
intanto il primo degli articoli che facciamo conto di spendere all’esame di
detto libro.
I.
Mio caro fratello. — Sto leggendo la
Critica degli Evangeli di A. tiiauchi-Giovini. Mi fu pena a pensare che quest'uomo
di spirilo non comune e a sufTicienza enidilo, sprechi il tempo ad ammassare,
sphhene con ¡sveltezza c brio, quel che
hiìn dello gli altri, e pare voglia impiantare in Italia ciò che è caduto altrove.
Ei cita in copia autori tedeschi, nja non
si è curato di studiare i libri di coloro
che vi han risposto viltoriosamenle e
ignora che ormai in Germania è visibile
presso i dotli quel rilorno all’Evangelo
che il Toluck profetizzava or sono veni’
anni incirca, di modo che buona parte di
que’ liberi professori son devoti alla dottrina del cristianesimo. Infdtli, tranne
quello di Slrauss, cui molli e specialmente il Neauder han risposto con argomenti invincibili, qual altro sistema d’incredulità ha piede in Alemagna? Slancili
gl’increduli (1) di combattere su tutli i
punti il cristianesimo, non si poggiano
che su di un solo: lo dicono un semplice
progresso umanitario e uno sviluppaniento di miti anteriori. Fuori di questa
cerchia, l’incredulità non s’aggira più,
col silenzio si confessa vinta nel reslo, e
t>altaglia solo per dimostrare la natura/esradel cristianesimo. E per un lato ciò
signinca intendere il vero punto della
quistione, e deve abbandonar gli altri chi
voglia oggi far l’incredulo. Su questo
terreno in Germania stessa non mancano
(I) Adopero ([Iicsta parolo non a moito de’prcli,
checonterrcbbe allora un'ingiuria. Intonilo ì noncrcdeuti io Cristo, tra quali non mancano uouiin *
slimabiti per molti ri|;uar(li. Se non han fcJc, ò a[far di Dio, nè noi siamo suoi vicarii in terra per
piinilnnnarr.
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- !|S'|
Vigorosi apnloglsti, e basterà per esser
del loro parere ili considerare l’ epoca
scettica e preceduta da sistemi filosofici
io cui surse il cristianesimo, il carattere
di Cristo (unico al mondo), la condotta
degli Apostoli, le lotte d’ogni genere sostenute dal cristianesimo, e infine la moltitudine de’ dotti che iu lutli i lempi lo
hanno abbraccialo. Ci vuol altro che miti
per ispiegar tuttociò, ci vuol altro che
trovare in Persia e nelle Indie gii antecedenti del cristianesimo! Si spiegherà
cosi come Newton, Pascal, Vico e Neander senia parlare d’altri sieno stati cristiani? Quali miti sarebbero mai questi che
sopravvivono allo scetticismo di Bayle e
di Hume, come al crilicismo di Kant, e
sopravvivono in cervelli non del cerio
volgari?
Mi maraviglio sovente con me stesso
del come gli uomini dotti in Francia e in
Italia siano cosi corrivi a disprezzare ii
crislianesirao, mentre in Inghilterra e in
Alemagna la maggior parte degli uomini
colli se ne fanno gli apologisti, o almeno
sono in tal numero da conlrobdanciare
gli sforzi degl’ increduli. Ed è notevole
che costoro disputano contro l’Evangelo
si; ma con serietà e mettendovi tutto l’ingegno e tutta l’erudiziono, con una certa
imparzialitàfilosoHca molto lodevole: onde
non sarebbe diiTìcile il raccorre da’ loro
libri, specialmente in Alemagna, molte
belle testimonianze sparpagliale qua e là
favore del cristianesimo. E infalli chi
si mette a discuterlo seriamente non può
far a meno di lacerne tutte le lodi, grand’
argomento per me dell’ augusta maestà
dell’Evangelo! Nella Francia ali’incontro
è attaccalo con leggerezza e col ridicola,
e questa smania non è rara nell’llalia no
stra, Sarebbe erroneo il far dipendere
questa differenza dal vario carattere nazionale: la causa ne è più intima. Gl’Inglesi e gli Alemanni sono a fronte d’un
cristianesimo puro o di pòco alteralo,
poggialo sul solo Evangelo, sostenuto
dalle virtù cristiane de’suoi ministri, ma
in Francia e in Italia avviene il contrario.
La superstizione ha preso il poslo della
religione, .s’abusa del cristianesimo per
mantenere cerli interessi, lo si predica per
sostenere la reazione, la violazione de’ doveri versola patria e il genere umano, il dominio d’una casta, e poi una miriade di
miracoli ridicoli e di eeremonie ebraiche,
pagane o alla medio-evo annebbia la purilàdella religione di Cristo, Siamo giusti e
confesseremo che Voltaire non poteva sorgere che in un paese cattolico e che il
suo sistema non potrebbe altrove nè nascere, nè serbarsi in vita. Altrove potranno aversi o Kousseau, o Slrauss, o simili, uomini increduli si, ma serii e più
0 men persuasi cbe 1’ Evangelo non si
combatte con leggerezza o con tratti di
spirito, ma se è possibile con profondi ragionamenti filosofici.
È pur singolare quello che da uu secolo a questa parte accade ne’ paesi callolici! Da un lato vediamo gl’increduli
con una buona fede veramente visibile
addebitare all’Evangelo tulio ciò che la
superslizione ha inventato; e si mostrano
cosi persuasi che le pretensioni Bellarminiane son poggiate nell’Evangelo, che
per distrugger quelle non trovano allro
mezzo che rivolgersi coniro questo. Viventi a vista dell’ edifizio papale, non
sanno persuadersi che allro ne possa
esistere, e parlano da tanti sècoli i preti
de’ loro dirilti, che dotti ed indotti, ore-
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dulì od increduli non dubitano più ohe
siano basati sull’Evangelo. Nella sfera dei
creduli perciò questi nostri dotti non fanno
che meglio ribadire il chindo: se per distruggere il papato infalti bisogna sconoscere l’Evangelo, ne deriva che ammesso
questo bisogna ritener i’altro, c uon rimane scelta tra Bellarmino e Voltaire.
Bel progresso che si fa a lai modo! Dall'altro lato i preti sono avvezzi a guardare in faccia l’incrcdulilù, esc son dotli
si rinchiudono per difendersi nel dominio puramente biblico, e allora un Guénée
può viiioriosamente rispondere a Voltaire.
Ma se non son dotti, o non vogliono
prendersi la briga di rispondere, avendo
altro a pensare, non per ciò han cosa da
temere: sanno per esperienza che l'incredulilà è un vento che può diventare
uragano, ma che passa, e ¡>reslo o lardi
la maggior porte d'increduli o d’indiflfereuli che esistono in ogni socielà, chie
dono una religione e allora acceltano
tuttociò che gl’increduli avevano negalo
e l’accellano come una necessità. I preti
son riguardati come vittime dell’ ira faziosa, si presentano come un dono di
Dio, e, divenuti più destri, |>iù agevolmente dominano. Allaccate la superstizione coll'Evangelo, ed essa trema, grida
e schiamazza: calpestale l’Evangelo e si
tace, sicura di perder poco per II momento e di trionfar pui inevitabilmente.
E sperabile che accada in Italia diversamente di quel che s’è visto iu Francia?
Siano 0 non siano creduli i discendenti
di Voltaire, i clericali stanno forse men
bene? A Ferney come a Parigi non si
dice forse la messa? Che importa loro
(tranne a que’di buona fede, che rispetto
0 cbe non debbono esser pochi, se si
animelle che 1’ uomo è un ammasso di
debolezze e di coniraddizioni) che imporla loro, dico, che siano pochi i credenti, quando le rendile durano? Nè si
dica che il ritorno al cattolicismo ultramontano, come lo chiamano, sia una
leggerezza de’ Fraucesi: è una necessità
insuperabile, quando gli spirili nou hanno
scelta tra il vuolo e la cattedra universale.
Come gl’ increduli, uomini spesso dotti
e ricchi d’esperienza, possono persuadersi che si possa vivere senza religione?
Sarebbe possibile per rimediarvi il sislema di Feuerbach? Finché non ne presentino una che superi la cristiana (e di
ciò credo che abbiano smesso la speranza],
come potranno credere alla sua dislruzione?Oh quanli di itoloro ch’essi credono
momentaneamente convertili al loro sistema, sentono nc! silenzio della coscienza
il bisogno religioso c naluralmente si
sentono astretti ad invocare il prete, o
non visti 0 almeno in grave pericolo di
vila? Toglieranno dall’ anima l’idea dell’avvenire, il sentimento della propria
debolezza, lo slancio verso l’iufinito?
Negale tutto ciò per negare il prete, c
questi appare vittorioso quando que’senlimenti sorgono nel cuore.
Tultociò che finora ho dello non mi
toglie dall’ anima una specie di debito
che noi abbiamo verso Bianchi-Giovini,
ed è che riesce sperabile che la sua opera
produca in Italia o almeno in Piemonle
delle serie discussioni sulla Bibbia. È
uu lihro troppo trascurato; non si studia
nelle scuole, non si legge nelle famiglie
e son pochi i dotli che di senuo I’ abbiano letto. Blancbi-Giovini eleva delle
questioni seriissime, ignote a’noslri e che
potranno aprire il campo ad clucubrazloui
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ci'iliche sulla Bibljia, che altrove son lanto
avanzate, e da noi sono del tutto sconosci u te.
So me lo permetterai, ti dirigerò da
quando a quando qualche osservazione
still’opera di Giovini. Dichiaro fin da ora
che io fo slima del suo ingegno, ohe discuterò seriamenle e senza badare pulito
aU’uomo. Nè Tesser così ¡rimesso è una
tattica per me, chè allora sarebbe pur
cosa spregevole; è un dovere al contrario.
Per noi la liberlà della coscienza è un
campo che’ prepara il trionfo di Crislo,
mentre !a schiavitù prepara quello di
qualcuno cbe vuol rappresentarlo, poiché a schiavi bisogna dare un Dio terreno
che parli, usi il bastone e inipoDga il silenzio. Il papa risponderà a Giovini col
proibirgli l’opera, il che la renderà più
ricbiesla: noi desideriamo che sia sparsa,
letta e discussa, non perchè abbia a scapitarne l’ingpgno e la fama dell’autore,
ma aiTinchè sia trovata la verità. Ed egli
e noi, dotli ed indotti, credenti e non
credenti non abbiam forse bisogno di cercarla? Profittiamo della nostra libertà per
discuterne, senza ira, spassionatamente,
e DOD solo meriteremo il titolo di uomini
liberi, ma contribuiremo al progresso
della nostra patria. La superstizione genera r incredulità, prima nascosta, poi
palese alla prima aura di libertà: la di>
scussione solamente può trovare il vero
tra il giogo dell'una e il vuoto dell’altra,
e impedire cosi che stanca di questo,torni
l’umanità all’altro. Rallegriamoci, o fratello, che l’incredulità si mostri a viso
scoperto ed ingegnosa in Italia: è questo
un segno che il fanatismo superstizioso
è per cessare. Guai per noi, se restando
in silenzio volessimo prepararne trionfante
il ritorno. Addio...
nroTizie reIìIcìiose
Irlaììda. Il vescovo anglicano di Tuara
nella riunione pubblica della società delle
missioni della chiesa stabilita In Irlanda
dava dei preziosi ragguagli sui progressi
del Vangelo in quell’isola.- noi togliamo
dal BuUetin du monde Chretien i seguenti:
« Dopo la fondazione di quesla missione
neH'ottobre 1849 il vescovo (della chiesa
anglicana) ha ordinalo 22 missionari. Negli ullinii tre anni ha confermato 2707
persone, delle quali 4fiC erano di origine
protestante, b 2251 erano tutli cattolici
convertiti. Nel corso di questi tre anni
sono state fabbiicale otto nuove chiese
evangeliche: cinque sono in costruzione,
e si spera poterle aprire al culto nella
estate. Oltre quesle chiese sì sono fabbricate quattro case per le scuole, cd in esse
ancora si fa il servizio divino la domenica:
sette altre sono in costruzione per lo stesso
uso, fino a che vi saranno chiese a sufficienza. In questa guisa circa 9000 persone possouo assistere al servizio divino
ogni domenica. I rapporti della missione
della diocesi di Tuam, Killaloe, e Achonry
provano che al 1“ gennaio 1832 il numero dei cattolici convertili montava a
6,254, e quello dei fanciulli cbe frequentano le scuole evangeliche a 10,088. 1
rapporti del 1892 non sono ancora pubblicati, ma si ha luogo di credere che
accuseranno progressi anche superiori.
Queslo è in una sola diocesi d’IrUnda,
ed il frutto delle missioni della chiesi
episcopale d'Inghilterra, senza calcolare
i travagli degli altri missionari appartenenti ad altre chiese. Nella stessa adunanza il rev. Roberto Bickersteth disse
ohe il successo ottenuto dalle missioni
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irlandesi dalla loro organizzazione nel
1849 nou era paragonabile ad alcun altro
succefso missionario. In questi quattro
anni il numero dei caltolici convertili al
Vangelo è giunto al numero di 20 a 30
mila, l distrelli dell’ Ovest, che alcuni
anni sono erano essenzialmente caltolici,
ora sono quasi esclusivameole proteslanli.
Sono pochi anni che nel distretto di Ballyiiakill non vi erano che SOO protestanti,
ed ora ve ne sono da 5 a G mila tulti
callolici convertili. L’Irlanda é divisa io
32 contee: in 21 di esse la società irlandese haslahiliti missionarii: neiriaverno
scorso sono siali predicali sermoni di
controversia per l’istruzione dei callolici
in 400 differenti luoghi, e per la grazia
di Dio, risultali al di là di ogni speranza
sono venuti a provarci che la vcrilà non
è stala annunziala in vano. Ecco quanto
è vero quello che dicono i clericali che il
prolestantismo muore di consunzione!
Olaska. - Le^'giamo nel Journal des
Débalt : la occasione dell’agitazione religiosa che fu cagionata in Olanda dal
nuovo organismo dalo dal papa alla chiesa
caltolica di quel paese, la commissione
del Sinodo prolestanle pubblicò uua circolare veramenle riguardevole per lo
spirilo di cristiana tolleranza e moderazione da cui è suggerila.
Volesse Iddio che quesli medesimi senlimenli animassero lulli i membri delle
altre comunioni cristiane! Ad ogni modo
torna ad onore del Sinodo proleslante
l'aver preso l’iniziativa di im linguaggio
di carità che allri non conoscono, e ohe,
sperasi, farà calmare in Olanda l’agitazione, e farà rispettare, malgrado l’attuale
irrilazione, i dirilli di liberlà di coscienza
nei callolici.
. Riferiamo qui un brano di conclusione
di delta circolare:
« Ponete mente, o fratelli, che la lolla
« contro i principii, non si scambi in lolla
«coniro gli uomini..... I vostri conciliaci dini cattolici, men favoriti di voi nelle
«condizioni ecclesiastiche e religiose,
« sono però maggiormente degni della
« vostra compassione; essi non sono i colli pevoli delle ingiurie di Roma. Volete
« combaltere i loro errori ? Fatelo colla
« ragione che persuade e cogli esempi di
« pietà e di carilà. Il regno di Dio per
«essere propagato dall’opera degli uo« mini non domanda e non vuole una
«forza che venga dal di fuori. Voi cono« scete le parole del Crislo : Chi di spada
« ferisce perirà di spada. Non dimenticate
uche altri e non noi accesero un fuoco
« impuro sugli altari »,
Si paragoni queslo linguaggio dei pastori evangelici (lell’Olanda con quello
delle Bolle pontificie, o se si voglia coll’ultima pastorale di monsignor Fransoni,
c poi si giudichi da qual lato sia lospirito
di Crislo !
Inghilterra. — Leggiamo uel Christian Times che il celebre dottor Kalley
ha intrapreso il viaggio di America per
visitare la colonia dei cristiani convertili
al Vangelo dell’isola di Madera. Noi ahbiam parlato altre volte di questo eccellente crisliano (v, B. N, num. 27, p.422),
ma non sarà discaro ai nostri lellori di
conoscerlo uo |)o’ meglio. Il doltor Kalley
è un ottimo medico inglese: obbligato al
soggiorno di Madera per curare la sua
moglie, viveva colà delle sue rendile :
iucominciò ad esercitare la medicina e la
chirurgia a favore della classe povera,
ed olire alla guarigione fisica produceva
16
sovente la guarigione spirituale per l'annunzio del Vangelo ■. in poco tempo il
movimento religioso nell’isola fu assai
considerevole: i preti furono così potenti
da far rialzare i roghi della iiniuif^i/ione;
parecchi cristiani furono bruciati, altri
impiociiti, molti mandati alle galere; alcune centinaia di quei nuovi crisliani
poterono fuggire, e il dottor Kalley si
salvò ìd una portantina vestilo da donna.
1 fuggiiivi furono accolti negli Stali Uniti,
ed il governo assegnò loro delle terre
onde potessero formare una colonia. Stabiliti così, l’ottimo dottor Kalley ¡ha intrapreso il viaggio deH'Ainerica per visitare e consolare i suoi cari neofiti. Ad
istruzione dei preti dell’ Armonia e del
Cattolico, possiamo assicurare che il
dollor Kalley non è salariato da nessuna
societil, ed ha esposto la sua vita, ed
espone la sua fortuna unicamente per lo
zelo dell'Evangelo.
America. Leggiamo nell’jEco d'Italia.
]| clero cattolico di New-York ha presentalo all’esule vescovo di Bogota, in
attestalo di rispetto, un anello d’oro ed
un indirizzo a nome dei cattolici di questa città. Alcuni Granadini protestarono
contro quest’ Insi.lto fatto al loro governo
e paese,'avendo il detto vescovo cospirato
contro la propria patria.
CRONACHETTA POLITICA
Piemonte. — Il Senato del Regno nella
sua seduta dei 27 p. p. adottò due iiiiporlantissimi progetti di legge, quello sul
mutuo di 400 000 lire ai cittadini Sardi
spoyliati dal governo austriaco, e quello
della ferrovia di Savoia. Quest'ultimo
voto venne dalla popolazione di Ciamberi
accolto con una gioia non meno viva di
quella con cui aveva accolto ii voto della
Camera dei Deputati. Nella medesima Camera fu vinto nella tornala del giugno,
alla forte maggioranza di 46 voti, contro
C, il progetto di legge sul prolungamento
della sirada ferrata di Genova, qnale era
stato accettato dalla Camera eleltiva. In
quesla furono volati parecchi progetti di
legge, fra i quali uno relativo alle Società
mutue rimandato dal Senato con varii
emendamenti, ed uu altro di alta importanza soprattutto per le provincie Liguri, per la navigazione transatlantica,
consideralo come un prolungamento indispensabile della nostra rete di strade
ferrate.
Svizzera.— Sono interrolte le relazioni
diplomatiche tra questa Repuliblica e l’Austria.
Belgio. — 11 re Leopoldo col duca di
Brabante hanno fatto ritorno nella loro
capitale. L'Indépendance Belge dà come
cosa certa il matriniouio di quest’ultimo
con un’arçiduchessa austriaca.
Lo.ndra — Dalle risposte c contro risposte che furono scambiate tra jl nobile
ministro ed ¡signori membri della Cimerà
dei Lords circa la queslione d’Oriente,
apparisce che la Camera medesima porta
un alto interesse acciò che l’integrità e la
indipendenza dell’impero oltoraano sia
mantenuta.
Direttore G. P. MEILLE.
Rinaldo Bacchetta gerente.
TIP. soc. DI A. PO.'iS li CO.tlP.