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Anno 1^0 - n. oi>
18 settembre 1987
L. 700
Sped. abbonamento postale
Gruppo 1 bis/70
In caso di mancato recapito rispedire
a : casella postale - 10066 Torre Pellice
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
Punti
di vista
LUCI ED OMBRE IN UN VIAGGIO NEGLI USA
Cacciamine e fregate della
Marina italiana sono partite
verso il Golfo Persico. Le opposizioni parlamentari, con l’aiuto
di alcuni deputati e senatori democristiani, sono riuscite soltanto a rimandare di un paio
di giorni la loro partenza dai
porti di Augusta e di Taranto.
Proprio in quei giorni, tuttavia,
si è potuta esprimere anche « la
piazza », alias il movimento per
la pace: sabato scorso migliaia di persone hanno manifestato
in tutta Italia.
Che cosa ci va a fare la Marina itaiiana nel Golfo? A difendere la libertà di navigazione?
E che cosa pretendeva il nostro
Governo? Che una guerra che
dura da sette anni e che ha già
provocato centinaia di migliaia
di morti, grazie anche al ruolo
dell’Occidente, sia attivo (fornitura di armi) sia passivo (totale indifferenza nei confronti delle iniziative delPONU), rimanesse relegata nella comoda categoria dei « conflitti limitati »?
E che cosa si crede di concludere in questo modo? Per quanto tempo le poche navi mercantili itaiiane che transitano nel
Golfo — per lo più cariche di
morte, in maniera più o meno
legale — dovranno essere difese con le armi?
In realtà, tanto l’Italia quanto gli altri paesi occidentali che
l’hanno preceduta nel Golfo —
avevano altre alternative all’intervento militare, se il loro vero
e unico scopo era quello di garantire la sicurezza dei traffici
mercantili. E’ davvero privo di
qualunque giustificazione il fatto che. i cacciamine della Marina
italiana vadano a cacciare mine
italiane, senza alcuna garanzia^
che le navi che sono chiamati
a difendere non trasportino altri strumenti di morte.
Purtroppo parole come « trattativa politica » o anche come
« embargo » o « sanzioni economiche » sembrano in via di
estinzione dal vocabolario e dalla politica estera e dalla politica di difesa dei paesi della Nato.
Allo stesso modo il traffico delle armi continua ad essere coperto nel nostro paese — ancora per poco, ci auguriamo —
da un segreto militare le cui nefaste conseguenze sono proprio
in queste settimane sotto gli
occhi di tutti. Ci riesce difficile
in questo quadro concordare col
direttore di Repubblica, Eugenio Scalfari, secondo il quale
l’errore del Governo sareblte
stato di non inviare le navi gpà
due mesi fa, riconoscendo ^ così
con maggiore tempestività la
possibilità di avviare lo sviluppo di una politica di difesa comune ai paesi della CEE. Difesa
di che cosa? Dei profitti degli Agnelli, dei Borletti, delle mafie
nazionali ed estere o, più in generale, degli attuali squilibri economici tra Nord e Sud del
mondo? (Sinceramente preferiremmo un’Europa occidentale
più lungimirante, capace finalmente di capire che il mondo è
ormai tanto piccolo da non consentire ancora per molto che da
una parte si muoia per fame o in
guerre interminabili mentre dall’altra si spreca la gran maggioranza delle risorse del pianeta.
Il gregge diviso di Wojtyia
Alidilà dei risvolti spettacolari il pontefice è costretto a confrontarsi con una realtà quotidiana
difficile e divisa - Il sacerdozio femminile e i vari richiami alla centralita della bcrittura
(Dal nostro corrispondente)
« La visita del papa si colloca
in un moniento particolarmente
critico della chiesa cattolica
nordamericana, spaccata sulle
questioni etiche: penso ai diritti
delle donne, all'aborto, al controllo delle nascite, al celibato
dei preti e all’omosessualità ».
Frederik Wilson, direttore generale deirUfficio di programmazione della Chiesa presbitèriana,
accetta per noi di commentare
brevemente il viaggio del papa
negli USA. « Penso — continua
Wilson — che l’etica quotidiana
dei protestanti e dei cattolici
americani non si differenzi granché, e ne deduco che il distacco del popolo cattolico dall’insegnamento vaticano sia sempre
più grande. Il viaggio del papa,
destinato dai suoi organizzatori
a rafforzare posizioni teologica
mente conservatrici, è anche un
grande spettacolo televisivo. Però dopo il recente scandalo del
« televangelista » Bakker, la gente negli Stati Uniti comincia a
dubitare delle buone intenzioni
dei grandi personaggi religiosi
televisivi. Gonfiata a dismisura
dai mass media, l’immagine del
papa finisce per tradursi in un
personaggio irreale, capace di
vivere soltanto nello spettacolo
e per lo spettacolo. Ma la realtà quotidiana è ben diversa ».
Anche Newton Thurber, responsabile di vasti rapporti ecumenici intemazionali della Chiesa
presbiteritma, ritiene che la visita del papa sia un'operazione
di segno politico e religioso conservatore: «Il papa strizza l’occhio agli ’’evangelicals” ( protestanti biblicamente fondamentalisti) perché tutto sommato pensa che sorreggano la sua linea
di restaurazione ».
Ma le critiche più acute le ho
raccolte in ambito femrninile.
Nella redazione della rivista
« Ooncern », edita dalle donne
presbiteriane (50.000 abbonate),
la direttrice Barbara Roche sorride sfogliando i dispacci d'agenzia: « Per le donne americane
l’arrivo di Wojtyla non è una
buona notizia perché cerca in
tutti i modi di mantenere, all’interno della propria chiesa, la
superiorità del maschio. Come
donna protestante ritengo la linea del papa socialmente pericolosa: basti pensare alla posizione di Roma sul controllo delle nascite in un mondo come il
nostro dove quasi la metà muore di fame. Mi chiedo se prirna
di tornare a casa Wojtyla riuscirà a parlare almeno con una
di quelle migliaia di donne cattoliche che disperatamente cer
DAI CULTI MATTUTINI DEL SINODO
Lo spreco
Mentre Gesù era a Befania, in casa di Simone il lebbroso, venne a lui una donna che aveva un vaso di alabastro pieno d’olio profumato di gran valore e lo versò sul capo di lui che stava a tavola.
Veduto ciò i discepoli s’indignarono e dissero: Perché questo spreco? (Matteo 26; 6-8).
predicato alla Chiesa che non ca
piva!
Secondo una definizione delle
buone, vecchie discipline metodiste, io sono una semplice «esortatrice » e come tale, questa mattina, vi esorto a fare qualche cosa che non si dovrebbe mai fare, almeno secondo il buon senso comune: vi esorto a fare dello « spreco »; sì, proprio « spreco ».
Bruno Gabrielli
Il passo, noto come il « convito di Betania» (che troviamo ariche in Giovanni 12, in cui è più
dispersivo e forse meno pregnante), dagli esegeti è definito il
« sacro spreco ».
Non ho scelto questa pericope
perché una donna ne è protagonista; non faccio femminismo,
né, tanto meno, teologia femminista, anche se sarei tentata di
farne, ma sono affascinata dal
gesto, appunto, di spreco, compiuto dalla donna di Betania.
Tempo fa lessi sul nostro giornale la meditazione su questo
argomento, fatta da un nome illustre e ricordo di non essere
stata d’accordo con l’autore. Dopo due giorni di lavori sinodali,
cercherò di dirvi perché ho scelto, proprio per questa mattina,
il racconto di Matteo.
Immaginate la scena: Gesù ne
è al centro. Senza nessuna anticipazione una donna irrompe
sulla scena e versa su di lui olio
odorifero, che, noi sappiamo, serviva solo per le unzioni dei grandi e per la preparazione dei cadaveri dei ricchi. Gesù accetta
tale gesto con la tranquillità di
chi sa che ciò gli è dovuto e con
il distacco interiore di chi vede
imminente la fine del proprio
compito.
Dall’altra parte i discepoli:
esterrefatti, indignati, preoccupati dallo « sperpero » per loro incomprensibile. Perché incomprensibile?
Eppure quei discepoli sarebbero diventati i pastori, i dottori,
la Chiesa... Già: la Chiesa!
Ma c’è spazio, oggi, come allora, per la fantasia e il sentimento o c’è spazio solo per la
ragione? E’ bene che la Chiesa
sia guidata da individui raziocinanti, lucidi, equilibrati, cauti:
i nostri Consigli, le Commissioni
finanziarie, la Tavola fanno bene
a temere lo sperpero, né lo potrebbero permettere. Ma... attenti!... ho parlato di sperpero, ma
il testo, invece, ci mostra addirittura uno « spreco » che è peggiore, è deteriore, è nocivo, nel
.suo significato letterale. E Gesù
lo approva! La donna inconsciamente, istintivamente — come
spesso è rimproverato alle donne — « sa » che Gesù è il Regno
di Dio e che di fronte ad esso
non vale risparmiare l’olio profumato o il denaro o il tempo
o noi stessi!
Gesù ricorda i poveri; ma i
poveri sono anche t discepoli,
privi di fantasia e di sentimento, preoccupati che le cose del
mondo o della Chiesa funzionino a dovere.
E Gesù — in questo momento — fa la sua scelta. E’ questo
riconoscimento che verrà tramandato; è l’Evangelo.
E soltanto questa donna semplice, muta, senza cultura, tanto meno teologica, alle spalle, ha
Sono una esortatrice: vi esorto a sprecare voi stessi, i vostri
depositi bancari, il vostro tempo, la vostra fantasia, intesa come forza creatrice di idee e di
mutamenti, fantasia...; vi esorto
a sprecare i vostri sentiménti
più veri, i vostri dolori, le vostre gioie con eli altri; vi esorto
a dare la vostra vita, non solo
quando costruite mura o pregate, non solo quando vi sentite
chiamati a seguire Gesù o a spezzare il pane, ma in ogni attimo
della vostra vita, nelle lunghe
giornate noiose o vuote o frenetiche, nelle notti senza pace, che
vi auguro di provare; vi esorto
a condividere con gli altri le vostre incertezze, i vostri dubbi e
— se l’avete — la vostra fede.
Vi esorto ad essere umani, più
che cristiani, nel senso in cui —
purtroppo — fin dai primi giorni, dal sepolcro vuoto, è stata
vissuta l’esperienza cristiana. Gesù si è prodigato per formare
dei « veri » uomini, degli uomini
nuovi, autentici. Il Cristianesimo
è stato definito — non ricordo
più da chi — la religione della
tristezza! (il senso del peccato;
la saggezza: pensate, per esempio: « non date le perle ai porci » — « getta il tuo pane sulle
acque, perché lo ritroverai » —
« vivi secondo le leggi »).
Ma il gesto della donna di Betania segna l’inanità di questo
modo « di vivere la religiosità ».
Non saremo riconosciuti figli
di Dio per la nostra diaconia o
per la nostra cultura, ma, come
dice Gesù, saremo ricordati per
lo spreco del nostro amore, delle nostre idee, delle nostre energie, per Io spreco di noi stessi,
che è sacro.
Amen.
Anna Maria Grimaldi
cano un prete comprensivo che
possa capirle nei loro problemi
etici malgrado la rigidità del loro capo. Credo che la fede personale — conclude la Roche —
sotto il peso dell’autoritarismo
pontificio non possa crescere ».
Peggy Billings, dell’esecutivo della Chiesa unita metodista nordamericana, sottolinea la questione dell’ordinazione sacerdotale
delle dònne. «Al no del papa al
sacerdozio femminile contrappongo, anche se sono due realtà
teologicamente diverse, il fatto
che la nostra denominazione da
molti anni consacra donne al pastorato. Questa scelta ha arricchito enormemente la chiesa e
tutti possono constatarlo salvo
quelli che non vogliono proprio
vederlo ».
Al suo arrivo negli USA il papa ha ricevuto un importante
documento ecumenico' intitolato
« Testimoniare insieme in un
mondo diviso e sofferente », sottoscritto da Arie Brouwer. segretario generale del National
CounciI of thè Churches of
Christ, e da 32 esecutivi di chiese non cattoliche, comprese alleila ortodossa e quella anglicana.
Il documento, irenico nella forma ma critico nella sostanza, si
aure con l’augurio che la visita
del nana possa essere per tutti
i cristiani un richiamo alla centralità della Scrittura e ribadisce la ricchezza della diversità
delle tradizioni ecclesiastiche.
« Viviamo insieme in una società civile che annrezza la libertà
religiosa ». Dunque la chiesa cattolica non è al centro', ma è
una narte del panorama religioso ed ecumenico.
Il papa ha raccolto in onesto
viaggio molti anolausi; a Miami,
quando, accanto ad un’altro
grande uomo di snettacolo, il
oresidente Reagan, ha accennato alle libertà della Costituzione
americana di cui si celebra quest’anno il duecentesimo anniversario; a New Orleans, quando al
nopolo nero ha parlato del « ruolo nrowidenziale » di Martin
Luther King nella lotta per i diritti civili e della « deprivazione economica » che il « black
neople » ha subito nei secoli; a
■San Antonio quando, con poche
battute in spagnolo, ha saputo
toccare le corde -'lù profonde dogli ispano-americani che ratmresentano pur sempre il 35% della Chiesa cattolica statunitense.
L’elenco degli a’^^lausi continua.
Ma al di là degli applausi il
gregge nordamericano di Woityla è diviso. Un sondaggio del
« Time » rivela che il 93% dei
cattolici non condivide le idee
del papa, il 52% è per l’aborto
in certe condizioni, il 53% è
d’accordo con il matrimonio dei
sacerdoti, il 52% è per l’ordinazione delle donne al sacerdozio
e il 76% è favorevole alle seconde nozze in chiesa dopo il divorzio, Il « New York Times », che
ha condotto un sondaggio tra i
preti, ha scoperto che gli stessi
al 55% sono a favore di un loro
eventuale matrimonio, ma sono
Giuseppe Platone
(continua a pag. 7)
2
2 commenti e dibattiti
18 settembre 1987
ir
CONVEGNO DELLA FEDERAZIONE INTERNAZIONALE DEI PRETI SPOSATI
Servire non la legge ma il Vangelo
Una situazione di isolamento e di emarginazione - La richiesta di veni
guaggio duro e offensivo viene utilizzato verso persone che cercano di
Al sopraggiungere della notte
del 23 agosto un centinaio di
preti sposati, con le rispettive
mogli, hanno vissuto un momento di culto da protagonisti, in
cui si sono potuti esprimere nella propria identità.
Lo si è visto, sia in quel culto iniziale del Convegno promosso dalla Federazione Internazionale dei Preti sposati, ^sia nei
culti dei giorni seguenti, dal calore con cui si scambiavano
l’abbraccio della pace. Qualcxmo
pregava affinché tutta la chiesa
r accettati per quello che si è - Spesso un linrecuperare l'autonomia della propria coscienza
(quella cattolica naturalmente,
l’unica con la quale vorrebbero
dialogare) « serva non la legge,
ma il Vangelo ». Auspicio espresso soprattutto per la gerarchia,
dato che molti hanno sperimentato sulla propria pelle le applicazioni da essa fatte della
legge sul celibato nei loro confronti.
Un prete siciliano reagisce alla propria emarginazione dichiarando: « Mi chiamavano padre
quando non avevo figli. Ora che
ho un figlio, nessuno mi chiama
padre. Ho perso un titolo, ma
ho acquistato xm figlio, che vale molto di più ».
Sono espressioni della sofferenza di questi preti i quali col
matrimonio sono stati privati
del rapporto diretto con le comunità. Ciò nonostante, continuano a rivendicare la loro qualità
di preti di fronte alla gerarchia che ha tolto loro l’esercizio
del ministero pastorale e con
questo, spesso,, anche il pane.
In questa comunicazione di
esperienze e di sofferenze, ho visto il dramma dell’isolamento
che conoscono tutti coloro che
hanno fatto scelte di identità
religiosa in direzione diversa
dalla cultura religiosa deH’ambiente in cui vivono. Del resto,
molti evangelici che sono tali
per scelta personale e non per
nascita, e che vivono la propria
fede in condizioni di diaspora,
hanno conosciuto situazioni molto somiglianti.
E questo è già un motivo importante di solidarietà e di attenzione, da parte evangelica, ai
preti sposati, e più in generale a tutti coloro che per motivi
disciplinari non trovano spazio
per esprimere serenamente la
propria vocazione cristiana, comunque essa si sia configurata.
Un altro motivo di solidarietà, da parte evangelica, sta nell’impedimento fatto al prete
sposato deU’esplicazione della
sua vocazione alla predicazione.
Nella situazione attuale, sarebbe fuori luogo, da parte evangelica, esprimere soddisfazione per il fatto che « c’è un prete in meno ». A meno che non
si ritenga il ministero dei preti
cattolici come totalmente alieno dall’evangeio di Gesù Cristo,
si deve ritenere che un prete
di meno significa anche una voce
di meno nella predicazione dello
stesso evangelo. E la predicazione dei preti sposati, almeno di
quelli che ad Ariccia hanno espresso questa loro volontà, non
sarebbe certamente meno aderente al messaggio evangelico
di quella attuata dai preti tuttora inseriti nel ministero pastorale.
Non tutti sognano
l’altare e la sacrestia
I preti sposati potrebbero, dal
punto di vista del loro numero,
costituire il clero della più grande diocesi del mondo: sono 80
mila, quanti nessuna diocesi ne
ha mai contati. Fra di loro c’è
anche un vescovo: Jeronimo
Podestà, argentino, che collega
e anima i gruppi di preti sposati dell’America latina.
Sbaglierebbe tuttavia chi ritenesse che i preti sposati rappresentino una forza potenziale
per la chiesa cattolica. La grande maggioranza di loro vuole
semplicemente vivere la propria vita familiare e personale,
e nulla più. Molti hanno trasferito totalmente sul piano sociale e politico la loro precedente militanza religiosa. Altri —
una piccola minoranza — hanno trovato asilo in gruppi di
vario orientamento, che in ogni
caso sono stati per loro più gratificanti e solidali delle comunità religiose e delle parrocchie
dalle quali provenivano.
Tutti poi vorrebbero essere
accettati per quello che sono
oggi e vorrebbero essere in prospettiva, più che essere definiti
in base ad uno « status » del loro passato, dal quale si sono
distaccati deliberatamente. Verso
di loro, da parte delle chiese
evangeliche, è probabilmente
consigliabile che non si sprechino energie e fatiche a scopo di
proselitismo.
Il loro rifiuto di qualsiasi impegno pastorale costituisce infatti un’implicita critica dei limiti istituzionali che caratterizzano anche le chiese evangeliche.
Se così non fosse, potrebbero aderire a queste con facilità,
data la preparazione culturale
per la quale potrebbero essere
utili, © il frequente bisogno di
pane che potrebbe far desiderare loro un « porto sicuro ».
Ma l’adesione ad ima chiesa
evangelica implica anche l’inserimento in un’istituzione; e chi
già è stato defraudato da una
istituzione della propria identità personale, è ovviamente diffidente verso tutte le altre. Resta in loro, ovviamente, la base
spirituale e culturale cattolica
nella quale sono stati formati,
ma solo a livello personale, senza cercare espressioni esterne
di tale base. Anche la fede cristiana, in molti, non si esprime
in forme esplicite: è molto presente anche sotto sembianze laiche, e resta allo stato implicito
anche quando è molto presente.
Il proselitismo può
cambiare strada...
Se perciò ci chiediamo perché i preti sposati non entrino
nelle chiese evangeliche, trovia
mo che le motivazioni sono molte e complesse, ma è anzitutto
per recuperare la propria « umanità » repressa.
Il prete sposato in genere è
una persona che ha rifiutato di
essere prete. Sta recuperando,
spesso a fatica: la libertà di
pensiero, l’autonomia della coscienza, la propria dimensione
affettiva. Sulla base di queste
considerazioni, risulta evidente
la mancanza di delicatezza di
un linguaggio che definisce semplicemente « ex-preti » o « spretati » tali persone. Si tratta di
un linguaggio inadeguato e offensivo: inadeguato perché definisce una persona sulla base di
una identità rifiutata, e non implica il riconoscimento della
nuova identità acquisita; offensivo perché tende ad accumulare in un’unica parola l’aggressività del cattolicesimo contro
chi lascia il ruolo clericale, e
Insieme l’aggressività dell’anticlericalesimo italiano contro il
prete.
Quando questo linguaggio viene usato in ambienti evangelici, implica anche un errore teologico: una eccessiva esaltazione
delle dimensioni istituzionali
della chiesa, e insieme la mancanza di solidarietà proprio con
il processo di liberazione che
ha portato un fratello su posizioni più vicine alle chiese evangeliche.
’’Chi vuol esser
prete sia...”
Quanto sopra è valido per la
quasi totalità dei preti e suore
sposati, o che comunque hanno
lasciato il ministero pastorale e
la vita conventuale.
I 107 esponenti di associazioni riunitisi ad Ariccia in nome
della « Federazione intemazionale dei preti cattolici sposati »,
sembrano invece marciare in
senso inverso, sebbene siano
consapevoli di rappresentare solo il 5% del totale.
Lo scopo del Congresso era
« presentare alla Chiesa, popolo
di Dio, le nostre esperienze e la
nostra nuova maniera di servire ».
E’ stato un modo per far notare la loro esistenza alla gerarchia (più che alla popolazione
cattolica) e per dichiarare la
loro disponibilità ad un servizio ecclesiale. Il Congresso ha
voluto invece escludere esplicitamente ogni tono rivendicativo
nei confronti delle autorità vaticane.
Resta, più o meno esplicita,
la richiesta di reintegrazione
dei preti sposati (almeno di
quelli rappresentati ad Ariccia)
nel ministero. Alcuni, come gli
aderenti all’« Unione Sacerdoti
Familiari Cattolici » (USFC), desiderano chiaramente questo, e
nulla più. Altri, come il movimento « Vocatio », condizionano
tale richiesta ad un profondo
rinnovamento della chiesa cattolica e dell’esercizio del ministero, con apertura del sacer
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dozio alle donne.
Tuttavia anche in questo secondo caso, più che fare riferimento alla pluralità di ministeri
che si registra nel Nuovo Testamento, e ai ministeri presenti
attualmente nelle diverse chiese cristiane, si parla di rinnovamento dei ministeri a partire
dalla teologia © daH’esperienza
cattolico-romana.
Il Convegno ha privilegiato la
problematica di chi si sente ancora prete, e di conseguenza
ha. lasciato neH’ombra la dinamica di chi si è allontanato da
tale ruolo.
In una parola, si è anteposto
il ruolo alla persona, e il rapporto della persona con l’istituzione-chiesa all’evoluzione interiore della coscienza, che non'
è mai riducibile alle varianti del
suo rapporto con le istituzioni.
All’origine di questo limite di
valutazione, c’è il fatto di aver
cercato un denominatore comune fra i preti sposati sulla base
del loro passato di preti, senza
porre in primo piano il cammino spirituale e culturale percorso in seguito, e la loro situazione attuale. Forse è anche per
questo motivo che si moltiplicano le piccole associazioni di
preti sposati, senza riuscire a
progettare un programma comune.
Quale rapporto
è possibile?
Il Convegno di Ariccia ha fatto qualche riferimento anche alla Riforma protestante e alla
esperienza del ministero all’interno delle chiese nate da essa.
Se ne è fatta una lettura in chiave cattolica, ma il confronto
non è stato del tutto ignorato.
Penso tuttavia che la Riforma
potrebbe costituire un punto
di riferimento per l’analisi della crisi globale del ruolo del
prete e della suora, tenendo
presente la sorte anche di coloro che non desiderano essere rappresentati a convegni come quello di Ariccia.
La Riforma infatti, ha costituito una critica radicale del
ruolo del prete e del religioso,
ed ha posto le radici di quel
rifiuto totale del ruolo precedente di prete o di suora, che
molti vivono tuttora.
Più in generale poi, il rapporto fra chiese evangeliche (penso soprattutto alle chiese valdesi e metodiste) con i preti sposati, come con tutte le categorie discriminate a causa di scelte personali legittime, deve esprimersi come solidarietà umana
nella sofferenza e come aiuto
fraterno ad uscire dall’isolamento.
La sofferenza infatti, anche
causata da impostazioni errate
dei problemi, è motivo sufficiente di rispetto e di solidarietà fraterna. Solidarietà anche
nella ricerca e nel cammino, sapendo che in fin dei conti si
tratta di ricerca di senso e di
valori, sui quali impostare la
propria vita.
Allo stesso tempo, le chiese
evangeliche sono chiamate a denunciare i limiti di ogni possibile progetto di casta clericale
o di corporazione. Alle strutture di chiesa che vedevano a
capo una casta clericale, devono
sostituirsi le comunità fraterne
dóve tutti hanno uguale dignità, governate con criteri e mediante organismi democratici.
Naturalmente, il problema è
quello di realizzare, non solo di
enunciare questi principi.
Perché questo sia possibile, è
necessario che le dimensioni
istituzionali delle chiese non
prevalgano sulle esigenze delle
persone, e sui rapporti interi ersonali. E soprattutto è necessario che sulle persone non prevalgano i ruoli. Questi infatti,
in quanto tendono a formare
l’identità delle persone su misura delle istituzioni che li hanno
creati, sono « disumani », perché ( e solo in quanto, naturalmente) ostacolano revcluzione
e l’autenticità dell’uomo.
Cesare Milancschi
Al LETTORI
¡1 disservizio postale relativo ail edizione che viene distribuita in Itaiii e
ali’estero (fanno eccezione pochi uffici provinciaii e queili delle valli vaidesi dove il giornale viene da noi
consegnato agli uffici postali decentrati) è intollerabile.
Ci arrivano notizie di giornali .scapitati dopo tre/quattro settimane dal
loro inoltro al centro di smistamento
di Torino.
L'USPI (Unione stampa periodica italiana) ha messo a punto uno schema
di lettera da inviare agli uffici provinciali delle poste. Preghiamo i lettori
abbonati di aiutarci in questa avione
di difesa dei diritti dell'informazione, inviando due lettere secondo questo schema:
Alla Direzione Provinciale P.T.
di.. (Provincia in cui risiede l’abbo
nato)
e p.c. Alla Direzione centrale Servizi
postali
Viale Europa 147 - 00144 ROMA
Reclamo che il settimanale............
n.... del.... mi è stato recapitato il
.... con un ritardo pregiudizievole per
l'utilizzo di tale pubblicazione e per
una sua iattura in termini di attualità.
Chiedo risposta motivata ed assicurazioni scritte sull’eliminazione dei ritardi nei futuri recapiti.
Firma leggibile
Indirizzo
ATTENZIONE: Entrambe le buste non
vanno affrancate. Al posto del francobollo (in alto a destra) va scritto:
Esente Tassa (Reclamo di servizio ai
sensi art. 51 DPR 29.3.1973, n. 156).
Vi ringraziamo inoltre se invierete copia della vostra lettera, questa volta
debitamente affrancata, alla nostra
amministrazione (Via Pio V, n. 15 10125 Torino).
Giorgio Gardioi
rwuButuìam
.OAJPPO—Ni^
(l^
GIANCARLO GRIOT
il vostro consulente
finanziario e previdenziale
Sede: PINEROLO, Via Montebello, 2 - Tel. 78290
Abit.: PORTE, Via Fucina, 6 ■ Tel. 202392
f
r
3
18 settembre 1987
vita delle chiese 3
DOPO IL SINODO
Comincia il da farsi
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Incontro dei monitori
La Tavola incontra i
gni per la vita delle
Da ormai parecchi anni, subito dopo il Sinodo, la Tavola,
l’OPCEMI, le commissioni amministrative (CIOV, Facoltà di
teologia), dedicano una giornata ad incontrare i rappresentanti dei circuiti e dei distretti. Insieme si passano in rassegna in
un primo momento gli ordini
del giorno approvati dal Sinodo,
e in un secondo tempo i vari
problemi legati alla sistemazione di quello che viene chiamato il « campo di lavoro » (come
stanno gli « operai » al lavoro
nella chiesa? come sono i rapporti tra persone e chiese? quali cose funzionano bene e quali un pochettino meno bene?).
I segretari del Sinodo, bravissim’, la mattina del sabato
hanno già preparato tutti gli atti approvati e tutti i partecipanti ne ricevono una copia. Così si
può lavorare molto bene. E’
sembrato necessario segnalare
anche quest’anno gli argomenti
più importanti affrontati in questa rir.nicne. Ve li indico, brevemente, nell’ordine con cui ne
abbiamo parlato;
« crescere nella fede », il nuovo catechismo a schede (necessità di diffusione su base comunitaria e circuitale con incontri per pastori e catechisti
da sviluppare);
il « check-up »; l’analisi appena ini.ziata nei vari distretti sull’analisi della vita delle chiese
(due indicazioni importanti: segnalare non solo lamentele, ma
anche proposte — e poi; non separare la diagnosi e la cura);
riflettendo su questo argomento si è sottolineata l’importanza di andare a fondo su temi
etici da sviluppare con insistenza; per la nostra testimonianza
non evitiamo di dirci quali sono
i nostri comportamenti morali;
il Sud Africa; non lasciamo che
le decisioni sinodali siano solo
un momento di entusiasmo;
le opere; la riflessione da iniziare per poter eventualmente
costituire un fondo di solidarietà comune fra le opere e per
le opere;
il decennio delle chiese in solidarietà con le donne: un bell’ordine del giorno è stato votato — costringiamoci ora a cercar di capire Ano in fondo che
cosa significa nella vita delle
nostre chiese;
l’anno mariano: da una parte
la riflessione capillare e dall’altra l’indicazione del convegno
della prossima primavera (perché un convegno non sia solo
un incontro ma un momento di
una riflessione biblico/teologica
che continua);
l’impegno flnanzìario, argomento che continua ad essere
straordinariamente importante
per la vita spirituale di una
chiesa (diamo più spazio — si
è detto — dappertutto a una
formazione di una « coscienza
contributiva »);
ora di religione: non si sottolineerà mai abbastanza come in
questa battaglia non bisogna
fermarsi: attenti, pronti, anche
inquieti, sereni ma sempre preparati;
facoltà di teologia: si è sostenuto da più parti Timpegno per
un rilancio nei circuiti e nelle
chiese della domenica della facoltà, incontrando dove si può
professori e studenti;
documenti di studio; le chiese
riceveranno due documenti sul
battesimo (uno sulla questione
del (ri)battesimo e l’altro sulla
celebrazione ecumenica del battesimo e la catechesi): sarà cura dei consigli di circuito diffondere il materiale e invitare alla
rappresentanti di circuiti e distretti - Impechiese - Una ’’carrellata” sul cannpo di lavoro
discussione, che può essere appassionante.
L’ultimo ordine del giorno
preso in esame riguarda Tapprofondimento dell’analisi sulla
funzionalità delle strutture distrettuali e circuitali: si è deciso di dedicare ampio spazio a
questo tema nella riunione di
febbraio della Tavola con commissioni distrettuali e consigli di
circuito.
Così la mattina è volata. Il pomeriggio è tutto riempito di nomi, di località, di problemi. Passano davanti a noi volti conosciuti, persone apprezzate e
qualche volta stanche, gente in
mezzo a problemi che non sempre sono facili. Ma ci si ferma,
ci si confronta. Vale sempre la
pena cercar di capire, anche se
spesso è difficile. Si attraversa
la geografia dell’Italia partendo
dal Sud, questa volta; si arriva
fino ai gruppi fuori d’Italia, fra
coloro che un tempo sono emigrati. Diaconi, pastori, professori, membri impegnati di consigli di chiesa, gente che vive
nella diaspora e che tiene duro.
Perché queste persone resistono,
tutto il resto (anche il Sinodo)
è possibile ed utile. Così, dopo
questa lunga carrellata di persone al lavoro, ci fermiamo.
Ma, nei vari luoghi d’Italia, la
predicazione — che non si era
interrotta nel tempo del Sinodo — continua.
Eugenio Rivoir
Anche quest’anno, prima della
ripresa della scuola domenicale,
il II e il III Circuito hanno organizzato un incontro per i monitori. La formula adottata quest’anno presenta alcune novità
rispetto agli anni passati. Infatti, mentre gii anni scorsi si puntava molto ad imo studio delle
sequenze, quest’anno si cercherà
di apprendere e sperimentare
metodi di animazione che potranno poi essere utilizzati nel
corso dell’anno. Lo studio vero
e proprio delle sequenze sarà in;
vece svolto all’interno di ogni
chiesa, nella pr^arazione settimanale o quindicinale.
L’inconti'o di quest’anno, quindi, avrà un taglio meno pesante, anzi più gioioso. Gli organizzatori hanno pensato di utilizzare una struttura nuova, la « Cà
d’ia peds » del Bagnòou, in Val
d’Angrogna (inaugurata il 15 agosto dell’anno scorso) e di tra^
scorrere insieme un week-end.
CAMPO FAMIGLIA AD ADELFIA
Uomini e donne neila chiesa
Un cambiamento globale della società per garantire a tutti la parità
dei diritti - Il rischio di uno studio troppo « formale » dei termini
Si è svolto ad Adelfia il campo famiglia (10-16 agosto) sul tema « Uomini e donne nella chiesa ». Libro-base del campo è stato: « La comunità delle donne
e degli uomini nella chiesa » (edizioni: Claudiana ed Elle Di Ci
di Torino - 1984). Si tratta di
uno studio condotto dal Consiglio
Ecumenico delle Chiese, durato
quattro anni. A Sheffield in Inghilterra si è avuta una conferenza di 250 persone in rappresentanza di 90 chiese di tutto il
mondo per ascoltare e discutere
sulle conclusioni giunte e sui
problemi aperti emersi.
Il campo di Adelfia (molto partecipato) si è svolto in quattro
fasi:
1) Sottotitolo della conferenza di Sheffield e altro slogan da
lì scaturito sono stati: « Una
possibilità di cambiare », « Siamo
perché partecipiamo ». In effetti,
ciò che si auspica non è una rivalsa delle donne nei confronti
degli uomini, ma un cambiamento globale della società (e non
solo della chiesa) perché tutti
abbiano pari dignità e valore,
perché tutti possano partecipare alla vita politica e socio-economica della collettività, in quanto solo la partecipazione attiva
nella società può fare dell’individuo (uomo o donna che sia)
un soggetto della storia, una
persona indipendente e libera,
una persona a immagine e a somiglianza di Dio.
L’uomo e la donna devono imparare dunque ad essere compagni di vita per un arricchimento
reciproco, per un dare e un ricevere in una reale complementarietà non fissata da regole sociali predeterminate.
Nella storia dell’umanità, invece, l’uomo ha fissato regole comportamentali ben precise basate
sul suo essere dominatore, calcolatore e forte, in contrapposizione alla donna dominata, sentimentale e debole.
Questa concezione fasulla ha
posto l’uomo e la donna in due
gabbie antagoniste e il nostro
auspicio è che tali gabbie vengano spezzate perché vi sia un
cambiamento autentico, che influenzi positivamente anche le
altre ingiustizie e violenze perpetrate giornalmente verso i più
deboli.
Certamente oggi, da noi, si assiste ad un sempre più graduale
miglioramento, ma ancora c’è
molta strada da fare, sia a causa deH’uomo che non vuole perdere i privilegi antichi, che della
stes.sa donna che — spesso —
sì comporta o giustificando i
privilegi maschili accettandone
le conseguenze o scambiando
remancipazione femminile per
una erronea mascolinizzazione
delle donne.
2) L’uomo e la donna nei
rapporti con gli altri, un rapporto che auspica ancora una volta
il cambiamento sociale, politico
ed economico, ma in termini di
nonviolenza attiva e di rispetto,
nella consapevolezza che siamo
tutti condizionati dalla nostra
cultura, educazione, storia. Da
qui, la necessità anche di un
cambiamento di ruoli aH’intemo
della famiglia, dove si deve avere una più equa spartizione dei
compiti e trovare la soluzione e
i modi per una maggiore comunicazione.
3) Anche la chiesa è stata
condizionata dalle varie culture
storiche e quindi è stata prevalentemente maschilista; un maschilismo spesso giustificato da
letture bibliche limitative, mentre la Scrittura va intesa nel
contesto di tutta la comunità,
che comprende tanto le donne
che gli uomini, e nel contesto
del significato profondo dell'Agape che si manifesta nell’Evangelo di Gesù Cristo.
4) Dibattito sui temi emersi,
tramite un gioco di società, lasciandolo senza conclusione, perché possa servire come stimolo
per una nostra riflessione sia
teologica che socio-familiare futura.
Se posso esprimere un mio giudizio personale sul libro-base,
direi che è uno studio stimolante e che va letto. D’altra parte
non posso nascondere qualche
perplessità:
1) Troppo femminista, nel
senso che quasi idealizza la donna e ne fa una vittima. D’altronde, si può capire questo per la
presenza di rappresentanti di
paesi in cui la donna viene ancor oggi considerata quasi un
oggetto al servizio deH’uomo.
2) La nascita della chiesa
non la farei coincidere nè con
la missione dei dodici (secondo
il concetto ufficiale) nè con l’esperienza delle donne (secondo
il libro), ma — secondo me —
la chiesa nasce ufficialmente il
giorno della Pentecoste e lì rice
L'incontro inizierà nel pomeriggio del sabato 26 settembre alle
15.30 e si concluderà nel tardo
pomeriggio della domenica 27.
Ingrid Frank (il cui lavoro è già
stato apprezzato da varie scuole domenicali), Daniele Bouchard
e Dario Tron si occuperanno di
insegnare tecniche e metodi di
animazione con esercitazioni pratiche.
La struttura della Cà d’ia pais,
pur essendo ben attrezzata, non
è un albergo di I categoria. I
partecipanti sono quindi pregati di portarsi il sacco a pelo, o
eventualmente un paio di lenzuola. E’ stata prevista una quota di partecipazione intorno alle
25 mila lire. Chi intende partecipare è pregato di segnalare il
proprio nominativo a Dario Tron
(tei. 81.604) o a Daniele Bouchard
(tei. 81.273) entro mercoledì 23
settembre.
Auguri
vono lo Spirito non solo gli apostoli, ma tutti i discepoli (uomini e donne) che erano presenti
nel luogo di riunione (cfr. Atti
1; 14-15, 2: 1-4).
3) Anche se è interessante
sottolineare che, nelle immagmi
etiopiche della 'Trinità, lo Spirito è dipinto come una madre e
che la prima famiglia umana
(Adamo, Èva e Set) veniva usata anche dai padri della chiesa
greca come un’immagine di Dio
uno e trino sulla terra, oltre al
fatto che in Ebraico lo Spirito
è di genere femminile, per indicare che Dio è padre e madre
e non solo il padre giudice, condottiero e padrone dell’universo;
in una concezione teologica più
universalista e inclusiva, non mi
soffermerei tanto sui termini
quanto sulla sostanza. Concentrandosi troppo sui termini, si rischia di perdere del tempo su
aspetti secondari e formali e si
rischia di fare un’opera di rivalsa e non di dialogo costruttivo.
4) La perplessità più grave
è nella rivalutazione di Maria
che si nota di qua e di là. Una
rivalutazione che chiaramente è
condizionata dal cattolicesimo e
dagli ortodossi presenti, ma che
viene quasi supinamente accettata dai protestanti « di vertice ».
Tra l’altro è in contrasto con
quanto affermato con tesi precedenti: anche Tuomo è sentimento, è « materno »; Dio padre-madre.
Se si è vista la necessità di
una donna è perchè si è spesso
identificato Dio oon l’uomo-maschio e l’uomo è stato sinonimo
di dominio, forza e coraggio e
non si è visto come « maternità», nel senso di amore che si
dona.
Con questa nuova concezione
inclusiva di Dio trino come la
globalità delTessere senza una
definita sessualità, non ha più
giustificazione neanche psicologica la rivalutazione di una donna.
Inoltre, Maria non è per niente un esempio della nuova femminilità, ma è un chiaro tipo di
donna tradizionale, seppur pia.
Se bisogna fare un esempio biblico su una donna che rigetta
la sua femminilità condizionata
dai tabù maschili, questa non è
Maria madre di Gesù, ma Maria
sorella di Marta (Luca 10: 3941X
Nino Gullotta
ANGROGNA — Il culto del 6
settembre è stato presieduto da
Franco Taglierò, che ha così
iniziato la sua collaborazione pastorale nella nostra Comunità.
Lo salutiamo con affetto e ricordiamo che egli sarà presente
al Presbiterio nelle mattinate
di lunedì, martedì e giovedì.
• Il Concistoro è convocato
presso il Presbiterio domenica
4 ottobre, alle ore 20, per stabilire il calendario della ripresa delle attività.
Assemblea
SAN SECONDO — L'Assem
blea di chiesa è convocata per
domenica 20 settembre, subito
dopo il culto, con all’ordine del
giorno la relazione dei deputati
al Sinodo e la relazione finanziaria.
Il culto è pertanto anticipato
alle ore 10.
Battesimi
POMARETTO — Domenica
6 settembre è stato battezzato Fabio Peyron®!, di Otto e
Franca Giacomino. Domenica
13 è stata battezzata Elisa
Ribet, di Erminio e Erica Baret.
Possano questi bambini, che noi
abbiamo accolto con gioia, giungere a conoscere Evangelo di
Gesù Cristo ed a confessare un
giorno la loro fede in Dio. I
genitori e tutta la chiesa sentano la responsabilità di un annuncio fedele.
TORRE PELLICE — Durante
gli ultimi culti domenicali sono
state battezzate le piccole Agnese di Claudia e Roberto Dal Toso e Cressida di Erica e Richard
Newbury; la comunità ha accolto con gioia queste bambine.
CORRISPONDENZE
Lutto
FELONICA PO — Il 17 luglio
si sono svolti i funerali di Dante Tabellini, deceduto all’età di
78 anni. L’intera chiesa di Felónica Po e la diaspora di S.
Lucia e Mantova hanno partecipato al lutto della famiglia, a
testimonianza di quanto Dante
fosse amato e rispettato. Egli
ha sempre preso parte alla vita della chiesa con interesse e
profondo impegno. Per diversi
anni è stato consigliere, dando
sempre testimonianza di una fede viva e solida.
In occasione dei funerali il
past. F. Bertinat ha annunciato la nostra resurrezione in Cristo, predicando la nota parola
di (3esù: « Io sono la resurrezione e la vita. Chi crede in me,
anche se muore, vivrà » (Giov.
11: 25).
4
4 fede e cultura
18 settembre 1987
UNA RACCOLTA DI SAGGI DI L. BOFF
Prospettiva di liberazione
Principi di dipendenza e di comunione: i ministeri ricondotti al loro
statuto originario - I carismi che nascono all’interno delle comunità
Non accade tutti i giorni che
una casa editrice come ì'Einaudi, nella prestigiosa collana
« Nuovo Politecnico », presenti
al pubblico italiano un libro di
teologia. E’ accaduto recentemente con Leonardo Boff, Una
prospettiva di liberazione. La
teologia, la chiesa, i poveri, pp.
XIX-f-220, L. 14.000. Evidecttemente le polemiche del Vaticano con
il teologo francescano brasiliano
sulla teologia della liberazione
hanno rotto gli argini del pregiudizio anti-teologico della cultura
« laica » italiana.
Si tratta di una raccolta di
saggi già pubblicati su riviste latino-americane che ruotano sul
tema della chiesa (il titolo originale è infatti: « E la chiesa si
fece popolo ») con un’appendice
di tre saggi; su Francesco d'Assisi, su Lutero, sul ruolo del teologo.
Il tema della chiesa è stato affrontato spesso da Boff, ed è
proprio su questo che è stato
inquisito da Roma. iLa necessità
di ritornare sull'argomento è
quindi evidente, anche perché
« la paura produce mostri. E
questi mostri abitano la mente
di certi critici disinformati sulle comunità ecclesiali di base »,
(p. 82) che nel solo Brasile rappresentano una realtà consolidata in oltre 100.000 gruppi « di
quindici o venti famiglie, o più,
che si riuniscono attorno alla
Parola di Dio per esprimere e
alimentare la propria fede, per
Escutere alla luce della Parola
i propri problemi, per aiutarsi
reciprocamente » (p. 98).
I diversi saggi/capitoli del libro ripercorrono le tappe degli
PROTESTANTESIMO
IN TV
DOMENICA 4 OTTOBRE
ore 23 circa - RAI II
La prevista trasmissione di
domenica 20 settembre causa programmazione palinsesto Rai, è stata soppressa.
Prossimo appuntamento
con il filmato dal titolo «Scusi, dov’è Iglesias? ».
Cento anni di presenza evangelica in Sardegna.
Incontri Interecclesiali delle comunità ecclesiali di base in Brasile, iniziati nel 1975, nel corso
dei quali la chiesa si è trasformata, le comunità sono maturate e si è imposto quel principio
di comunione o integrazione che
è tipico del rinnovamento cattolico brasiliano e della teologia
di Boff. Come nota opportunamente Balducci nell'introduzione al libro, diversamente dalla
Riforma luterana, qui non si
contestano i ministeri — papa,
vescovi, preti — ma li si riconduce al loro statuto originario,
beninteso cattolico. « La piramide clericale — nota Balducci —
cade non per negazione, ma i>er
una ricomposizione dei rapporti
interni alla realtà ecclesiale secondo il principio di comunione,
sostituito a quello di dipendenza» (p. XVI). Secondo Boff, nell’esperienza brasiliana, i ministeri classici « continuano ad essere ciò che sono: vescovi, sacerdoti, religiosi. Cambiano stile e
stabiliscono rapporti collegiali
con tutti i membri della comunità (...). Le comunità (...) hanno bisogno al loro intemo di ministri (...) ma viene chiesto loro
che siano presenti, che ne assumano i problemi, partecipi dell’espressione popolare e rispettosi delle funzioni che nascono all’intemo del Popolo di Dio. E’
conunovente vedere il cardinale
Aloisio Lorscheider, o lo stesso
suo confratello cardinale Paulo
Evaristo Ams, o l’arcivescovo
José Maria Pires, o il vescovo
Moacyr Grechi in mezzo al popolo, che partecipano ai gruppi
di studio, seduti in assemblea,
che chiedono la parola e aspettano il loro turno per intervenire, a fianco di un contadino, di
un operaio metallurgico, di una
religiosa o di un teologo... Si sentono membri del Popolo di Dio
a fianco di altri membri; sono
accolti come compagni d’un cammino comune o come fratelli
maggiori che confermano la fede di tutti, dando corpo alla conversione di tutta una Chiesa che
diviene più semplice, più povera, più fraterna, e più impegnata per la causa del popolo, che
è vita, giustizia, liberazione » (pp.
59-60). Insieme a questa ridefinizione dei ministeri tradizionali ne nascono dei nuovi nell’ambito del laicato e, insieme, costituiscono la comunità che è « la
Claudiana editrice
ANDRE’ JACQUES
Lo straniero
in mezzo a noi
Gli sradicati nel mondo d’oggi La situazione in Italia
Prefaz. di Tullio Vinay, pp. 186, L. 14.500, « P.C.M.» n. 56
Non possiamo chiudere gli occhi dinanzi allo straniero
che batte alla nostra porta. Più di 40 milioni di profughi e
dt lavoratori migranti nel mondo sono una sfida a cui la chiesa e noi tutti non possiamo sottrarci. Quanto si è fatto in
Italia è sufficiente? In appendice è riportata la legislazione
italiana.
FONDATA NEL 1855
Via P. Tommaso, 1 - 10125 Torino - Tel. 689804
C.C.I.A. n. 274.482 - C.C.P. 20780102 - cod. fise. 00601900012
Struttura di base della Chiesa »
(p. 64). La comunità non si costituisce più intorno al sacerdote, ma « ha cura che le necessità fondamentali siano attese mediante il riconoscimento di carismi che nascono al suo intemo,
facendo al tempo stesso in modo che vi siano presbiteri, in
conformità alla volontà di Gesù » (p. 65).
Boff è consapevole che esistono « vari modi di essere della
Chiesa, alcuni attestati anche
nello stesso Nuovo Testamento »
(p. 85), e quindi la scelta della
Chiesa-comunione è uno dei modi iwssibili, ma questo ha le sue
radici nella tradizione del primo
millennio e nel Nuovo Testamento.
La lettura di queste pagine, accostate soprattutto a quelle su
Lutero (pp. 179-194), fanno comprendere con chiarezza il punto
di vista di Boff e di buona parte dell’esperienza di base e della
tMlogia della liberazione in America latina, ovviamente nella sua
componente cattolica. Siamo di
fronte, con ogni evidenza, ad
una prospettiva di riforma cattolica assolutamente nuova che
rappresenta una sfida creativa
soprattutto j>er il protestantesimo latino-americano, ma anche
per noi perché immagino che
ogni lettore italiano proverà la
stessa sensazione del teologo riformato Hans-Martin Barth:
« Sono quasi geloso di quel che
Boff racconta. Mi chiedo se l’America Latina sta andando verso un nuovo sbocciare del cristianesimo, paragonabile a quello del cristianesimo primitivo o
a quello che la Riforma si era
augurata ». {Protestantesimo 4/
1986, p. 199).
Eugenio Bernardini
PROTESTANTESIMO IN TV
Da Torre Pellice a Roma.
DàU’aida sinodale alle aule
del Tribunale regionale amministrativo. La questione dell’ora di religione ha traversato ampi spazi, domenica 6,
nella trasmissione dedicata interaniente agli ultimi sviluppi di una battaglia condotta
in nome del pluralismo e di
uno stato laico.
Per restare ad una stretta
cronologia dei fatti, l'appuntamento coti questa sessione
sinodale avveniva circa un
mese dopo la promulgazione
della sentenza del TAR Lazio,
e si chiudeva il giorno stesso
di espediente come quello che
apre i «Promessi sposi»), ha
permesso di illustrare con agilità il culto inaugurale, le
consacrazioni, il ruolo della
commissione d'esame. Cose
note, probabilmente, per noi,
ma efficaci nel proporre ad
un pubblico più vasto, quale
è quello di « Protestantesimo »,
il senso ed i meccanismi del
massimo appuntamento annuale delle nostre chiese.
Nella stessa direzione andavano l’intervento di un rappresentante della commissione
d’esame dai microfoni di Radio Beckwith, l’intervista fai
Ora di religione
in cui si sarebbe pronunciato il Consiglio dì stato, cui il
Ministero della Pubblica Istruzione si era appellato.
La prima parte della trasmissione, tuttavia, non si è
limitata a fare il punto della
situazione e a registrare le
prese di posizione sinodali in
proposito: il Sinodo ha infatti approvato, e con un generale consenso, un lungo ordine del giorno in cui si rallegra per l’operato della Tavola nel proporre il ricorso al
TAR, e deplora invéce l’atteggiamento tenuto dal Ministro,
nonché la mancata attuazione, a tre anni dall’approvazione, della legge 449/84.
Il merito principale del servizio girato a Torre Pellice
è stato quello, credo, di aver
fornito in breve anche uno
spaccato del funzionamento
dei lavori sinodali, senza toni
didascalici, ma seguendo il filo rosso di uno dei temi discussi. La sequenza riguardante un giornalista che, dalla
Sala stampa, detta un « pezzo » al giornale (una specie
ta al moderatore e a Paolo
Spanu, presidente dell’UCEBI,
nei giardini della casa valdese, fra gli stands e il buffet
che sono rimasti aperti nel
corso di tutta la sessione, e
così pure quella con Franco
Becchino, girata nell’aula di
una scuoletta di quartiere, ricostruita nel Museo di Torre
Pellice. Fra l’altro, per inciso,
questa è stata l’occasione pefare un accenno anche alla
presenza del crocifisso nelle
Scuole e negli uffici pubblici.
Anche se non è stato votato
un ordine del giorno, l’argomento è stato discusso, sempre nel quadro della battaglio
per una scuola veramente pluralista, che, come ha detto
Becchino, in uno stalo moderno e laico deve poter essere
« casa di tutti ».
Ha chiuso la trasmission :
un’intervista a Piero Trotta,
che ha fatto parte del collegio di legali di fronte al TAR
e successivamente di fronte
al Consiglio di stato.
Alberto Corsani
PER CHI COMINCIA LA SCUOLA
Leggere e scrivere
L’inizio dell’anno scolastico è
alle porte. Intorno alla terza settimana di settembre le attività
scolastiche vengono avviate, con
calendario diversificato, in tutta
Italia. I soliti problemi, le solite preoccupazioni. Ma per chi
inizia per la prima volta la scuola deli’obbligo il problema delTimparare a leggere e a scrive
re è il più importante: richiede
energia e capacità da parte degli
scolari, intelligenza e acume da
parte degli insegnanti. Per aiutare gli insegnanti in questa fatica, in cui si misura buona parte della loro professionalità, segnalo questo agile volumetto che
vuole essere di riflessione e guida verso la « difficile conquista ». Nelle cento pagine i due
autori si soffermano sui problemi della dislesisia e della disortografia (termini che servono a definire situazioni abnormi di apprendimento) che non si riscontrano solo nei soggetti portatori di handicap ma anche in quelli normodotati; segue una serie
di schede (28) che vogliono essere una traccia per l’intervento
del docente per portare gli alunni alla conoscenza dei fenomeni
tramite la quale si giungerà all’acquisizione dei meccanismi
per imparare a scrivere.
Sia la parte teorica (presentata in modo discorsivo) sia quella pratica (piena di buon senso)
sono, secondo me, assai utili e
proficue sia per gli insegnanti
che si accingono a iniziare una
prima classe sia per gli insegnanti dell’ultimo anno delle mater
ne che si cimentano nelle attività dei prerequisiti alla lettura
e alla scrittura.
Myriam Bein ha voluto socializzare i risultati della sua lunga (oltre 15 anni) esperienza di
lavoro come consulente per i disturbi del linguaggio sul territorio della Val Pellice; abbiamo
apprezzato il modo piano, senza
citcìzioni roboanti, con il quale
riferisce dei suoi « tâtonnements » per dirla alla Freinet,
che Thanno portata ad agire in
un modo piuttosto che in un altro; per esempio a privilegiare
la conoscenza fonetica orale (e
non grafica dei suoni), la precedenza dei suoni afoni rispetto a
quelli sonori. Le schede riportate alla fine del testo sono apparentemente tradizionali ma, ad
una attenta analisi, segnalano
grande attenzione e competenza
nella presentazione in successio
ne graduata delle difficoltà fonetiche con cui l’alunno deve fare i conti per saper decodificare
i segni e codificare in grafemi.
L’affermazione degli autori che
il fenomeno diffuso delle disortografie tardive e il poco amore
per la lettura portano al l’inevitabile analfabetismo da ritoiTio
non ci può non trovare consenzienti.
Da consigliare, dunque, la lettura di questo testo che tende
a contribuire a eliminare situazioni disattente e sbagliate di
apprendimento puntando su una
aita e responsabile professionalità docente.
Franco Calvetti
'M. BEIN - G. 'BONANSEA: Leggere e
scrivere: una difficile conquista - I
quaderni di Scuola Viva - S.E.I. Torino, 1987 - L. 6.000.
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i'ï
5
r
18 settembre 1987
obiettivo aperto 5
UNO STUDIO SULLA SITUAZIONE DEGLI IMMIGRATI A ROMA
Per una società multiculturales
Ghettizzazione, esclusione, marginalità: anche in quartieri tradizionalmente progressisti è diffuso un atteggiamento
di pregiudizio - Integrarsi senza snaturarsi - Il discorso della razza risulta intrecciato con un discorso di classe
fn Italia — notava F. Ferrarotti nel rapporto su di una ricerca sugli immigrati fatta per il
Comune di Roma — vi sono alcune difficoltà a percsepire il
senso e la portata di un problema che è relativamente recente,
e che si presenta in termini rovesciati, poiché per decenni siamo stati un paese che esportava
manodopera. Occorre quindi fare uno sforzo di reimpostazione
delle trattazioni in merito, cercando di superare i limiti di una
impostazione letteraria e moraleggiante, anche a partire dalla
constatazione che fino ad oggi
le stesse codificazioni formali
della legge incorporano in sé
una certa discriminazione: né
sembra che la recente normativa
circa i lavoratori abbia potuto
av\ lare a soluzione il problema,
pur rappresentando un notevole
sforzo.
Un essere umano
in bilico
Nonostante la proverbiale tolleranza degli italiani, sembra difficile non parlare, a proposito
di certe fasce di stranieri, di discr. ^inazione sociale: che si basa sul pregiudizio etnico, sulla
enrarginazione sociale, sulla
« ghettizzazione ed esclusione dalla più grande società ». Più che
di « accoglienza » si dovrebbe
parlare di marginalità; studiare
i meccanismi di questo processo è uno dei pochi mezzi che
abbiamo per cercare di comprendere i termini della questione
e porre le basi per più corretti
interventi. Altrove, Ferrarotti notava: « Lo straniero, specialmente se, come nel caso della ricerca a Roma, è uno straniero di
colore, è un tipico uomo marginale. Ha lasciato con uno
st .nappo spesso violento la sua
cultura d’origine, ma non ha alcuna assicurazione di essere accettato dalla nuova cultura alla
quale chiede ospitalità. E’ un
essere umano in bilico: fra una
cultura che, per ragioni le più
varie, ha deciso di rifiutare, e
una cultura dalla quale ancora
non sa se sarà accettato ».
La miseria:
una conseguenza...
Ciò è tanto più grave in quanto le indagini da noi condotte
sia per il Comune di Roma sia
per la Caritas dimostrano che
l’universo è in larga misura composto da giovani, per lo più di
sesso maschile, dotati di buoni
mezzi intellettuali, di una preparazione di scuola superiore se
non di livello universitario, mossi da progetti lavorativi ma a
livello alto, o dal desiderio di
specializzazione dei propri curricula universitari. Non solo la
fame o le lotte intestine o fra
popoli attigui stanno dietro a
molte storie di immigrati, specie dall’Asia e dall’Africa. Lo
stato di miseria in cui poi cadono, una volta arrivati in Italia,
è spesso una conseguenza, non
precede necessariamente il loro
arrivo. Spesso derubati, malmenati, a volte col timore del foglio di via, questi immigrati denunciano con forza la situazione di emergenza in cui vengono
a trovarsi. Eppure, erano arrivati spinti dalla fama dell’Italia
come di un posto dove esisteva
una certa accoglienza, centro
della cristianità, sede del papato; aveva favorito l’ingresso la
consapevolezza della facilità di
transito attraverso le nostre frontiere, la mancanza del numero
chiuso e la relativa modestia
delle tasse universitarie. La realtà, in genere, si presenta, una
volta qui, deludente, l’impatto
con gli italiani, spesso difficoltoso. A volte può intervenire un
qualche mutamento nel paese di
origine, per cui anche chi era
giunto per studiare, sovvenzionato da casa, può trovarsi in
difficoltà, senza poter più contare su rimesse regolari. Di qui
alla ricerca di un lavoro nero,
il passo era breve: né l’attuale
legislazione sembra averlo risolto, poiché si è a conoscenza di
molti datori di lavoro che hanno preferito licenziare piuttosto
che essere aostretti a regolarizzare certe situazioni, e perché le
cifre delle autodenunce sono deludenti ri'sp)etto aU’universo degli immigrati.
Eppure, non bisogna dimenticare « che sono gli elementi più
validi di una comunità, quelli
maggiormente capaci di iniziativa autonoma, i più forti moralmente, i più coraggiosi e fisicamente validi, a decidere di
emigrare, e elaborare progetti
di miglioramento economico e
civile per sé e per la propria famiglia ». Lo straniero, a Roma,
invece, è per lo più considerato
un marginale, anche a, partire
dal colore della pelle. Così perfino in zone impegnate politicaniente a sinistra per vecchia tradizione, come era quella di Valle Aurelia, dietro San Pietro, non
riconoscono come dei vicini i
profughi dall’Etiopia, ma si parla di loro come di « negretti »,
1 gente che viene dalla stazione
Termini, potenziali ladri e stupratori. Né le cose vanno meglio
con grupni etnici diversi, se ad
esempio alcuni iraniani trovano
che gli italiani sono « razzisti,
perché la maggior parte di essi
considera l’Iran un paese sottosviluppato e quindi inferiore al
loro », o « superficiali... troppo
materialisti, hanno rapporti di
interesse tra di loro e non come noi, che per l’amicizia siamo
disposti a sacrificare tuttoi ».
Sulla base di analoghe considerazioni, alcuni iraniani dichiarano anzi di avere solo amici iraniani, e di essere soddisfatti di
questo stato di cose.
Credo che in parte questa situazione possa farsi risalire in
parte almeno alle condizioni non
agiate dell’Italia, dove in certi
casi e in determinate località
gli immigrati possono essere visti (resta da determinare se a
torto o a ragione) come una po
ricolosa concorrenza alla manodoj>era locale. Inoltre bisogna
tener conto del fatto che spesso
gli immigrati — ed in particolar
modo i clandestini — entrano
forzatamente a contatto con alcuni uffici pubblici (questura,
uffici del lavoro ecc.) che spesso
inducono malcontento anche fra
gli italiani stessi. In certi altri
casi poi, come presso le mense
gestite dalla Caritas o l’ambulatorio medico di via Magenta in
Roma, i contatti possono avvenire con persone non solo povere, ma anche spesso disadattate,
con « barboni », gente comunque
poco disposta alla comprensione dei problemi e dei fatti altrui, o poco in grado di averne.
senso, la nuova legge per i lavoratori rappresenta un indubbio
passo avanti, anche se non appare ancora sufficiente a risolvere la problematica. Che la questione esista e sia di non poco
conto, lo dicono i pochi dati a
disposizione; fra questi, mi sembra grave quello avanzato da
Alexis Pereira, che dirige il centro di prima accoglienza della
Caritas, a via delle Zoccolette,
in Roma. Solo lì infatti, dall’inizio del 1987, si sono già presentate in quella sola sede più di
700 persone a chiedere varie forme di assistenza ed aiuto. Sappiamo d’altro canto che si pone
anche un problema di accesso
scolastico per i figli di questi
immigrati, e che in casi sempre
più numerosi ci si trova di fronte ai problemi della seconda generazione, schiacciata fra la cultura di provenienza e quella di
arrivo (e per molti, fra l'altro,
l’Italia è o vorrebbe essere una
tappa).
« Fuori i marocchini »; anche te scritte come questa sono un segno
tangibile di un diffuso sentimento di razzismo.
Oltre
rassistenzialismo
Di fronte al problema dell’immigrazione, con fatica si cerca,
in Italia, di uscire dalle sacche
di un’opera assistenziale spicciola, di creare un rapporto diverso, riconoscendo a queste persone diritti, oltre che doveri, offrendo loro servizi: in questo
Il rischio
della ghettizzazione
Questo cì 'porta ad una problerhatica più ampia, che ha già
travagliato anche il nostro recente passato come paese unitario.
Come è possibile integrarsi senza snaturarsi, senza perdere i
tratti culturali del paese di origine? E, d’altra parte, come si
possono preservare questi tratti
vitali senza per questo creare un
ghettq? Certo si tratta di interrogativi di non poco conto, cui
non è certo possibile far fronte
con ricette precostituite, ideate
a tavolino, vahde in ogni tempo e luogo. La ricerca e la conoscenza in merito possono, sole, darci alcune chiavi possibili
per avviare soluzioni accettabili.
Certo, un primo passo va fatto per sgornbrare il campo da
pregiudizi di tipo razzista, per
rimuovere stereotipi dovuti in
genere all’ignoranza e al misconoscimento di realtà e etniche
diverse. Recentemente, la rivista
<< I giorni cantati » riportava due
interventi interessanti in merito.
Razzismo e cultura
di massa
Il primo, di Robert Orsi, dal
titolo Forte, nera, potente. Il discorso razzista nella cultura di
massa italiana, tratta soprattutto dei mezzi di comunicazione di
massa. L’ipotesi di Orsi è che
certa pubblicità (sia sui quotidiani che in TV) concorra a segnare i neri come altri (« la prima e fondamentale mossa nella
strategia del razzismo »); questo,
attraverso il ricorso all’esagerazione di specifici tratti, alla frammentazione delle immagini (v. i
capelli, crespi come la lana di
ferro) e alla associazione con oggetti (ad esempio, cioccolato,
sporcizia ecc.). La conclusione di
questo procesp è quella di una
divisione deH’integrità della persona, l’invito, secondo Orsi, a
considerarle come qualcosa da
utilizzare, da consumare per il
proprio piacere. Concorrerebbe
a questo processo la simbologia
del nero, che indica degrado, decadimento, ma anche piaceri
proibiti, fecondità, terra fertile.
Così, per Orsi, gli europei occidentali avrebbero « usato l’Africa per esprimere ansie, desideri
e terrori sessuali, per articolare
quell’io che temevano di trovare
in agguato dentro se stessi ».
Come sempre, il discorso della
razza rimanda a quello del do
minio, della classe. Mentre però
per noi è più usuale, più chiaramente individuabile l’accostamento, ad esempio, col lavoro manuale (di cui i bianchi godono i
frutti), lo è; iPeno un secondo
aspetto rilevato da Orsi, quello
che lui riferisOe all’ùso del « simbolo di Harlem » da parte di
certi intellettuali, che egli interpreta come una variante del problema: « l’immagine politicizzata di Harlem, come quella romantica, è più espressione di bisogni bianchi che di una autentica comprensione ».
Stereotipi e
paternalismo
Il secondo intervento su questa tematica è di Alessandro Portelli e si intitola Faccetta nera
is beautiful. Portelli in apertura
ricorda come nel nostro paese
sia diffuso lo stereotipo per cui
gli americani sono razzisti, mentre noi saremmo esenti da questa pecca. A suo giudizio, in Italia sarebbe comunque prevalente l’ipotesi che noi siamo normali, i neri (che rappresentano
l’aspetto più vistoso deH’immigrazione) no. « Di qui il carattere casereccio, paternalistico del
nostro razzismo, che poi si stupisce se ¡ ’’poveri-negri” trovano offensivo il nostro benevolo
compatimento, la nostra ostentata benevolenza ». Il discorso
razzista in Italia, nella interpretazione qui avanzata, deriverebbe da due diversi tipi di esperienze. La prima avrebbe le sue
radici nella vicenda coloniale, sarebbe tipica di una generazione
di mezza età ed oltre, e andrebbe a toccare essenzialmente una
fascia sociale piccolo-borghese,
che ricorre a un settore di mass
media abbastanza povero di glomour e di prestigio (esempi fatti
da Portelli, le vignette della
’’Settimana enigmistica” con i
negri con anello al naso e il missionario nel oentolone), da
« scompartimento ferroviario ».
Il secondo tipo di esperienza deriverebbe dall’incontro con gli
USA. Il discorso spettacolare, in
questo caso, è diverso, essenzialmente giovane, moderno, con
pretese progressiste; Portelli
parla del « brivido del Bronx »,
lo accosta alla classe dirigente,
a riviste di prestigio, in carta patinata, ricorda come in questi
ambienti conoscere un nero faccia emancipato, moderno, « simbolo di status », ricorda lo slogan « vorrei una pelle nera ».
Portelli denuncia le possibili ambiguità di accezioni postmoderne e solidaristiche, la pretesa di
fondo, per cui i neri debbano
fare spettacolo per nostro uso
e consumo, i vari modi che possiamo, in questo senso, mettere
in essere per esorcizzare le nostre paure.
Per un rapporto
tra le culture
Certo, su questi due interventi si possono avanzare riserve,
ci si può trovare in disaccordo
con le premesse o con il tipo
di analisi: resta però il fatto che
sollevano angolature diverse del
problema, che propongono spunti di riflessione e attenzione su
aspetti che spesso non si esaminano con chiarezza, e che quindi concorrono a formare un discorso di una sua coerenza e svolgono un proprio-deleterio-ruolo:
è bene quindi, come primo passo, prenderne atto, e quindi cercare di rimuoverli.
La rimozione di aspetti razzistici dalla nostra cultura e dalla nostra vita quotidiana è certo un primo, importante passo:
che però, da solo, non basta.
Credo invece che sia necessario
andare oltre, creare un rapporto positivo fra la cultura e il
paese di arrivo e il retroterra
culturale dei paesi di provenienza. Non sarà inutile richiamarci,
del resto, in questo senso, alle
teorizzazioni dei classici della sociologia sul ruolo dello straniero, interpretato come colui che
induce mutamento sociale, che
rompe gli schemi precostituiti,
che obbliga la comunità a riflettere su se stessa, a chiamarsi in
causa. In qualche modo, questa
presenza straniera ci obbliga, ad
esempio, a prendere coscienza di
alcuni nostri limiti e carenze, a
realizzare il ruolo non certo primario e unico della cultura eurocentrica da cui siamo abituati a considerare comportamenti
e fenomeni sociali.
Certo, è difficile respingere la
tentazione di negare i problemi
attraverso l’indifferenza, difficile prevedere le modalità ed articolazioni possibili di un'opera
educativa intesa alla costruzione di una società multiculturale:
difficile, ma non impossibile,
poiché per definizione quando si
parla di cultura si intende un
insieme di comportamenti e manufatti socialmente trasmessi, di
valori e norme socialmente condivise: e quindi, sia pure con
difficoltà e probabilmente attraverso pause e ricadute, l’azione
sociale può mutarne i termini.
Maria I. Macioti
6
6 valli valdesi
18 settembre 1987
COMPARTO ALPINO N® 1
Treno
partecipa
zione
Troppi cacciatori!
Troppo elevato il rapporto tra il numero di cacciatori e la superficie di caccia - Ammessa l’uccisione di 25 capi su circa 300 camosci - Utile ed auspicabile l’abbattimento selettivo?
Secondo vari sondaggi effettuati nei mesi scorsi, quasi il
60 “/o degli intervistati in Italia
si è <ÌichiaTato contrario alla
caccia; più del 20“/o sarebbero
favorevoli ad una riduzione del
calendario venatorio, poco oltre
il 10% coloro i quali hanno dichiarato di sostenere l’attuale
sistema di caccia. Eppure forti
pressioni industriali, prima ancora che gli interessati della
categoria, hanno fin qui bloccato ogni mutamento; varie richieste di referendum abroga
tivo sono state respinte, recentemente in Lombardia sono state
« rubate » addirittura le firme
per il referendum regionale, in
Piemonte scadrà il 30 settembre
il termine per la raccolta delle
50 mila firme necessarie per poter richiedere tale consultazione. Ed intanto si arriva all’apertura di un nuovo anno venatorio...
Con la giornata del 20 settembre verrà sicuramente esaurito
il tetto di camosci cacciabili (la
preda più appetita nelle nostre
Il nuovo anno scolastico, ormai die porte, dovrebbe portare in Val Pellice dcune novità
per quanto riguarda le possibilità di spostamento degli studenti.
Nèll'orario ferroviario invernale, infatti, dovrebbero essere
confermate due corse, già inserite nell’orario estivo, ma destinate in partioolar modo agli studenti (da Torre Pellice alle 7.45
e da Pinerolo alle 13.20).
In questa situazione, mentre
pare che già nel periodo estivo
sìa annientata l’utenza, giunge
tanto più inaspettata, e col rischio di suonare come una beffa, la notizia che un decreto ministeriale minaccerebbe nuovi
tagli sulle linee considerate a
scarso traffico: ma, l’anno scorso, non sembrava a tutti conclusa l’incertezza del taglio/non taglio?
Ora, se non verranno mantenuti gli impegni presi dalla Regione Piemonte a proposito dei
finanziamenti per opere migliorative del servizio (automazione
dei passaggi a livello, ecc.), il
treno potrà essere sostituito dal
trasporto su gomma. Ci risiamo.
Ribatte la Regione che non investirà in tal senso, se non dietro la precisa garanzia che il
servizio verrà mantenuto.
E l’utente? Gli si può raccontare tutto questo e pretendere
ragionevolmente che non vi scorga il segno della beffa?
Le ragioni, dell’una e dell’altra parte, possono essere validissime, ma sta di fatto che da due
anni a questa parte mai è stato p>ossibile agli interessati (vedi Comitato di difesa del servizio) avere un incontro con tutte le parti in causa riunite insieme. Difficili sono soprattutto
i contatti con l’Ente ferrovie, e
gli interlocutori, fino al ministro;
rischiano di essere considerati
sempre più lontani, sempre più
« politici », sempre più « quelli
del palazzo », che magari ti organizzano il convegno di studi,
magari anche molto bello, e poi
tanto decidono per il loro interesse.
In loco si riescono ad avere
incontri con gli amministratori,
ma da Roma verrebbero le stangate. Questo ragionamento, abbastanza diffuso, è purtroppo
spesso motivato. E’ importante
che quanti sono interessati al
mantenimento del servizio ferroviario non cessino di sollecitare le amministrazioni, in vista
di un rapporto diretto e coinvolgente tra queste e la cittadinanza. Due anni fa questo portò ad
una manifestazione a Torino, ad
un incontro dei sindaci presso
il ministero: il politico non è
un essere stràno e di un altro
pianeta. Occorre sollecitarne la
presenza in mezzo ai problemi
concreti, verificarne l’operato, e
a tutti i livelli, se necessario, denunciarne le inadempienze. Per
non perdere di vista il fatto che
democrazia è anche fatta di partecipazione, e non solo di « giochi di palazzo ».
Alberto Corsani
MOSTRA DELL'ARTIGIANATO
Il povero yak
Quest’anno, fra l’altro proposto come « anno dell’ambiente », in mezzo a finti giardini
che hanno allietato i visitatori
della rassegna dell’artigianato pinerolese c’è stato chi ha
inserito in un angusto spazio
un animale « esotico »; dopo
gnù, lama ecc., è toccato ad
Attila, uno yak tibetano oggetto della curiosità di tutti;
curiosità certo ed in particolare
dei bambini ma anche fonte di
tristezza ^r molti che di fronte al prigioniero si son chiesti:
perché? C’è stato, fra gli espositori, chi ha preso le difese dell’animale, proponendo una soluzione al quesito, al senso cioè
di quella presenza decisamente
poco artigianale e pinerolese
e così, in una delle serate di visita alla mostra, sul recinto dello yak è comparso il cartello raffigurato nella nostra foto... con
buona pace delle silenziose associazioni ambientaliste e protezionistiche presenti alla Rassegna.
zone), fissata in 25 esemplari
per la Val Pellice; esiste il rischio che questa cifra venga superata? A giudicare dagli ultimi anni si tratta di un pericolo
concreto, anche perché è impensabile che i soli guardiacaccia della Provincia possano
mantenere sotto controllo l’intera parte di comparto alpino
dove si caccia il camoscio.
Tra l’altro —ci dice Mario Boschi, rappresentante dell’ARCI
caccia nel Comparto alpino —
la pressione venatoria è molto
più elevata del consentito. Pur
nella latitanza dell’assessorato
regionale, un regolamento provinciale prevederebbe la presenza di un cacciatore ogni 90100 ettari; l’attuale numero di
circa 470 dà un rapporto di un
cacciatore ogni circa 60 ettari:
basta questo dato a dimostrare
la pesantezza della situazione.
Si può aggiungere che la superficie su cui si effettua attività
venatoria relativa alla fauna alpina non supera i 15 mila ettari
se si considera anche la presenza dell’oasi di protezione del
Barant ».
E’ possibile stimare quanti
capi si trovano sulle nostre
montagne?
« Nel mese di giugno è stato
effettuato un censimento i cui
dati non sono stati resi noti ufficialmente; ufficiosamente si sa
però che i camosci dovrebbero superare le 300 unità. Discorso a parte meritano i mufloni,
immessi negli ultimi anni, che
dovrebbero ormai essere un centinaio ».
L’assessore provinciale Trovati ha presentato la proposta di
effettuare degli abbattimenti selettivi; cosa ne pensa un cacciatore « ragionevole »?
« E’ un aspetto che va approfondito, — è ancora Boschi che
risponde — ma sicuramente presenterebbe dei vantaggi. Tutto
questo dovrebbe avvenire sotto
la guida deH’Università di Torino individuando capi da abbattere per età e sesso ». Verrebbero a rinforzarsi le popolazioni di animali salvaguardando i
capi sani e robusti, finendo per
incrementare il numero di ungulati presenti, bloccando la
diffusione di malattie. Con questo sistema si allungherebbe anche il periodo di caccia e si
estenderebbe alle zone di oasi
il territorio venabile, ovviamen
te soltanto verso i capi individuati ».
Tutto questo forse porterebbe a diminuire quella pressione che si avverte ogni anno all’apertura della caccia con un
vero e proprio esercito schierato all’insegna deH’ora c mai più.
Intanto qualcuno spera: « e se
fosse davvero l’ultimo anno? ».
Piervaldo Rostan
In breve
Radio Beckwith
Giovedì 17 sett. alle ore 15 (replica giov. 24 stessa ora) verrà
trasmesso uno speciale sul trai
fico d’armi con la registrazione di una tavola rotonda
svoltasi a Torre Pellice nell’am
bito della manifestazione « Due
giorni per la pace ».
Nell’ambito del programma
« A confronto » in onda il mercoledì alle ore 15 ed in replica
il lunedì alle ore 17, nelle pros
sime due settimane verranno
trasmesse altrettante conversa
zioni con don Giovanni Cerea
ed il prof. Paolo Ricca sulla ùgura di Maria nella Bibbia e
nella storia.
Collegio valdese
TORRE PELLICE — Alle ore
15 di lunedì 21 settembre, presso l’Aula Sinodale, si inaugura
il 157° anno scolastico del Col
legio Valdese. Terrà la prolusione il prof. Alberto Pevror
deirUniversità di Torino sul
tema: « Scienza e divulgazione
scientifica: alcune riflessioni sui
problemi della biologia oggi»
La riunione è pubblica.
Giornata ecologica
TORRE PELLICE — La Coma
nità Montana, i Comuni della
Val Pellice in collaborazione con
i gruppi ambientalisti stanno organizzando una nuova giornata
ecologica sullo stile di quella
dello scorso anno per domenica
4 ottobre. Si tratterà in realtà
di settimana ecologica, in quan
to i problemi deU’ambiente verranno presentati in precedenza
nelle scuole.
PROVINCIA DI TORINO PROVINCIA DI TORINO
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Buniva » di Pinerolo e l’Assessorato alla Formazione Profes- Buniva » di Pinerolo e l’Assessorato alla Formazione Professionale della Provincia di Torino — Via M. Vittoria n. 12 — sionale della Provincia di Torino -— Via M. Vittoria n. 12 —
i moduli di iscrizione, che dovranno essere trasmessi, unita- i moduli di iscrizione, che dovranno essere trasmessi, unitamente alla documentazione richiesta, entro il 3/10/87 con let- mente alla documentazione richiesta, entro il 3/10/87 con lettera raccomandata R.R. alla Provincia di Torino — Servizio tera raccomandata R.R. alla Provincia di Torino — Servizio
Formazione Professionale — Via M. Vittoria n. 12 — 10123 Formazione Professionale — Via M. Vittoria n. 12 — 10123
Torino. Torino.
Per ulteriori informazioni rivolgersi presso: Per ulteriori informazioni rivolgersi presso:
— I.T.C.G. « M. Buniva » di Pinerolo tei. 0121/22374 — I.T.C.G. « M. Buniva» di Pinerolo tei. 0121/22374
— Provincia di Torino - Servizio Formazione Professionale — Provincia di Torino - Servizio Formazione Professionale
tei. 011/57561. tei. 011/57561.
Torino, 26 agosto 1987. Torino, 26 agosto 1987.
L’Assessore L’Assessore
alla Formazione Professionale alla Formazione Professionale
(Dr. Gianfranco Morgando) (Dr. Gianfranco Morgando)
7
18 settembre 1987
valli valdesi 7
A LAVAL IN VAL TRONCEA
TORRE PELLICE: CONVEGNO DI STUDI STORICI
XV Agosto
Concetti da ripensare
Tavole rotonde e relazioni: dal dibattito emergono la necessità di ridefinire alcune categorie e il coinvolgimento con la nostra storia
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Ci.
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l’i
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G:
Erano oltre un migliaio gli intervenuti al XV agosto valdese che
iest’anno si è tenuto a Lavai nella vai Troncea, una località oggi
rema alle Valli valdesi ma che nei secoli passati era stata valdese.
: queste vicende è intervenuto il past. Giorgio Toum colla rievodone storica. Un momento particolarmente sentito della giornata
stato l’intervento del past. Guy Subilia della CEVAA, che ha paro della drammatica situazione dei prigionieri politici in Sud Africon cui ha condiviso la cella per qualche mese.
Altro momento particolarmente importante è stata l’illustraziofatta dai past. Sergio Ribet (nella foto in basso), Jacques Blanc
L ees J. Hamelink che hanno illustrato il progetto del Consiglio
■rumenioo su « Pace, giustizia e integrità del creato ». Ha chiuso
.contro una stimolante conversazione de! past. Giorgio Bouchard
idi USA. Il culto è stato presieduto dal moderatore past. Franco
^¿inpiccoli.
Il Convegno di studi sulla Riforma ed i movimenti religiosi
in Italia si è tenuto anche quest’anno nella austera Sala Sinodale messa a disposizione dalla
Tavola valdese per la 22’’ volta
ed ha avuto, come nelle edizioni
passate, un buon successo di oratori e di pubblico qualificato. La
data del Con regno è stata quest’anno posticipata per rispondere alle richieste di quegli insegnanti delle scuole superiori che
trovandosi impegnati nei primi
giorni di settembre per gli esami di riparazione non potevano
intervenire; esigenza giustificata
che non pare però essere stata
del tutto soddisfatta visto che
nel complesso l’affluenza non ha
subito mutamenti di rilievo.
La formula seguita quest’anno è stata diversa dalle passate
edizioni ed ha forse creato qualche inconveniente, è risultata
meno accessibile al pubblico. Sono. state consacrate due sezioni
dei lavori al dibattito su due
opere storiche di rilievo e tali
da interessare il nostro ambiente: il volume di Giovanni Miccoli sulla realtà del cattolicesimo moderno in Italia e il profilo della storia medievale di Ovidio Capitani. Due presentazioni
sotto forma di tavole rotonde
j<con. valenti storici, F. Bolgiani,
A. Erba, B. Gariglio, M. Guasco,
P. Ricca, nel primo caso, G. Tabacco e G. Merlo nel secondo.
La fine del pomeriggio di lunedì è stata dedicata invece ad
una presentazione corale dei problemi storiografici del Cinquecento italiano a cui hanno partecipato M. Firpo, P. Aubert, F.
SaUmbeni, P. Simoncelli.
La mattinata di lunedì è stata invece occupata, cóme in passato-, da relazioni di carattere diverso: G. Gönnet ha tracciato il
ritratto di due personaggi molto interessanti ed importanti del
rOttocento valdese: Muston e
Charvaz; B. Corsani ha presentato una lettura del Manuel du
vray chrestien del pastore Daniel Pastre; Lucia Guasti una lettura delle sculture del battistero di Parma in relazione al trattato valdese di Durando de Osca;
G. Rochat ha dato comunicazione di alcune circolari del pastore Paolo Bosio inviate ai suoi
più fedeli amici e discepoli ed
intercettate dalla polizia. Come
è facile prevedere è stata questa la comunicazione che ha suscitato maggior interesse e reazioni spesso vivaci; come sempre è la nostra storia quella che
maggiormente scotta, è la storia
in cui siamo stati direttamente
coinvolti.
S. Peyronel ha presentato infine il volume, recentemente edito, contenente una raccolta dei
saggi di Salvatore Caponetto. E’
stato un momento particolarmente sentito in cui una giovane studiosa presentava le ricerche di
un maestro della generazione
precedente la sua a cui il nostro
evangelismo deve molto non, solo per la meticolosità e la puntualità delle ricerche compiute
ma per l’impostazione generale
data alla ricerca stessa. Caponetto si è infatti battuto da sempre per una ipotesi difficile da
dimostrare e contraria alla corrente generale degli studi in tema di riforma in Italia, la tesi
secondo cui i fermenti di riforma autenticamente protestanti
sono stati nel nostro paese assai più diffusi e profondi di quanto spesso si dica.
Tornando ai dibattiti del Convegno, ancora una volta si è potuto constatare quanto siano numerosi e fecondi gli spunti di
riflessione che vengono posti all’attenzàone dei presenti pur nella difficoltà di comprensione e
nella complessità dei problemi
Il gregge diviso
(segue da pag. 1)
spaccati a metà sulla questione
del sacerdozio femminile.
Divisioni dentro e fuori di una
chiesa che, come ha affermato
Wojtyla in questo viaggio « non
può rimanere in silenzio di fronte all’ingiustizia ». Ma gli fa subito eco Margaret Traxler, Fondatrice della coalizione delle suore americane di tendenza femminista che afferma: « Spendere
20 milioni di dollari per questa
visita di dieci giorni è semplicemente immorale ». Per il gregge
ribelle di Wojtyla Roma è lontana. Si può applaudire il capo
di stato, il personaggio-simbolo
che sembra arrivare da un altro
pianeta. Ma le imposizioni dei
vari Ratzinger e l’insegnamento
complessivo di Wojtyla non raccolgono applausi, anzi creano
nuove sofferenze e divisioni.
IL CO.RE.CO E
LE CONVENZIONI
1 familiari dei ragazzi inseriti nella
comunità-alloggio per portatori di handicap psichici di via Puocini 34, a Pinerolo, sono venuti a conoscenza della
decisione del CO.RE.CO di annullare
le convenzioni in corso, e di affidare
i servizi tramite gara d'appalto-concorso (che l'Amministrazione Provinciale
ha poi puntualmente indetto il 12 agosto c.a.l.
gazzi siano affidati in base a criteri
prioritari di continuità, progettualità
e professionalità, piuttosto ohe alla
mera offerta economica.
(Seguono le firme)
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Questa decisione non può che destare gravi preoccupazioni, e ci invita
alle seguenti riflessioni:
Elenco dei biglietti vincenti la sottoscrizione a premi organizzata dalI Asilo di S. Germano relativi ai doni
non ancora ritirati. I possessori dei biglietti elencati si possono presentare
all'Asilo per ritirare i premi.
riaffidare la gestione di un servizio
residenziale, con specifiche caratteristiche educative, in base al criterio
preferenziale dell'offerta economica,
tende a dequalificare il servizio stesso, riducendolo in termini di semplice assistenza;
191,
1782,
serie)
3166,
4126,
4573,
5286,
6185,
7564,
i rapporti affettivi consolidati in
questi anni di vita in comunità rischiano di essere troncati brutalmente, in
base a scelte che riducono i nostri
figli ad oggetti inanimati;
276, 1150, 1714, 1715, 1767,
1895, 1935, 1963, 2306, 2358 (Il
2605, 2807, 2916, 3039, 3050,
3187, 3506, 3713, 3752, 3909,
4201, 4262, 4272, 4298, 4438,
4579, 5132, 5216, 5220, 5258,
5288, 5538, 5563, 5752, 5969,
6269, 6458, 6934, 6957, 7207,
7663, 7879, 7447.
i
i traumi psicologici, che possono
derivare daH'improvviso cambiamento
degli educatori, annullerebbero gli
sforzi ed i risultati sin qui ottenuti e
le finalità stesse della comunità-alloggio.
Solo chi non conosce i problemi dei
nostri figli può non capire questo.
I familiari pertanto, consapevoli dei
risultati positivi conseguiti e dei proficui rapporti educativi instaurati in
questi anni, chiedono che i loro ra
per la stampa di
libri, giornali, riviste,
locandine e manifesti,
lavori commerciali
in genere
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che a volte affaticano anche i
più impegnati. Non sono certo
giornate di riposo e di svago ma
quanto utili per cogliere la complessità della situazione religiosa
del paese in cui viviamo! Non
tutti hanno la possibilità di leggere e studiare la produzione storiografica e le giornate di Torre
Pellice hanno sempre fornito un
aggiornamento essenziale sui problemi fondamentali.
Personalmente ho tratto dal
dibattito di quest’anno la conclusione che le categorie sin qui
usate di « Controriforma », di
« Riforma cattolica » (Jedin è
stato sottoprosto a dura revisione da parte dei cattolici stessi!),
di « Evangelismo » sono inadeguate ad esprimere un fenomeno così complesso come quello
della vita religiosa del primo
Cinquecento italiano. Questo significa che non le possiamo più
usare se non con molta precauzione, ma il termine « Controriforma » non è solo un termine,
è un concetto che usiamo nella
nostra valutazione di tutto il fenomeno cattolico; abbandonarlo
significa rivedere anche il modo
di vedere il cattolicesimo moderno, e non è poco. C’è da rifletterci su per un anno intero.
Giorgio Toum
RINGRAZIAMENTO
« Venite a me, voi tutti che
siete travagliati ed aggravati, e
io vi darò riposo »
(Matteo 11: 28)
I familiari della compianta
Giuseppina Reynaud
ved. Jahier
neirimpossibilità di farlo singolarmente esprimono la loro riconoscenza a
tutte le persone che sono state loro
vicine nella triste circostanza.
Un ringraziamento particolare al pastore NofFke, al medico curante Dott.
Broue e ai vicini di casa.
Pramollo^ 4 settembre 1987
AVVISI ECONOMICI
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Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 74464 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: Tel. 22664.
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Guardia medica :
Notturna, prefestiva a festiva; Telefono 932433 (Ospedale Valdese).
Guardia farmaceutica :
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Pinerolo. 21 - Telef. 55733.
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Maestra 44 - Tel. 92744.
Ambulanza :
Croce Rossa Torre Pellice: Telefono 91.996.
8
8 fatti e problemi
18 settembre 1987
A 25 ANNI DALL’INDIPENDENZA
L’ALGERIA, UN PAESE VICINO
Una lotta a carattere contadino e popolare - Burocratizzazione e Costituzione: da Ben Bella a Boumedienne - La religione di stato come elemento di coesione - Gli idrocarburi, il taglio delle importazioni, la dipendenza alimentare
Dopo 132 anni di dominazione francese l’Algeria conquistava un quarto di secolo fa — nel
luglio 1962 — la propria indipendenza, dopo una lotta limga e
sanguinosa. Uno dei fatti che
più indignarono l’opinione pubblica mondiale fu la pratica della tortura cui vennero sottoposti i prigionieri algerini, sotto le
direttive del famigerato generale
Massu. Gli stessi anglo-americani, schierandosi contro questi sistemi fecero pervenire delle armi agli algerini in lotta, tramite
la Tunisia. Un’altra situazione
che dette molto filo da torcere
al presidente De Gaulle fu Tatteggiamento oltranzista delTOAS
(Organizzazione Armata Segreta) agli ordini del generale Salan che, dopo im putsch militare ad Algeri, nell’intento di non
abbandonare la colonia, giunse
al punto di minacciare un’invasione della Francia!
In occasione di questo anniversario, il mensile Nigrìzia ha
dedicato all’argomento un ampio
dossier, dal quale riprendiamo
i dati più salienti, sia per una
(seppur sommaria) informazione verso i lettori più giovani
che non hanno vissuto quegli
avvenimenti e sia perché si tratta di un nostro « vicino », situato nella stessa area geopolitica
mediterranea.
Il FNL e il Programma
di Tripoli
La lotta di liberazione, iniziata
nel novembre 1954, è soprattutto a carattere contadino e popolare. L’unica ricchezza, allora
costituita dalla terra, era stata
accaparrata da una massiccia
presenza di coloni francesi i quali, per di più, la destinarono in
gran parte alla coltura della vite, il cui prodotto è proibito in
terra d’IsIam. Alla frustrazione
per la spogliazione rurale si aggiunge anche la componente
culturale-religiosa, che costituisce la miscela esplosiva della
rivolta.
La resistenza algerina, nella
sua eterogeneità organizzativa
e ideologica (come peraltro di
norma succede a tutti i movimenti di liberazione) è guidata
dal Fronte Nazionale di Liberazione (PNL) che si dà la prima
base teorica solo nel giugno 1962
col Programma di Tripoli, che ne
prevede gli aspetti economici,
sociali e politici: riforma agraria, industrializzazione, lotta allo
analfabetismo, emancipazione
della donna. Indipendenza e non
allineamento. Il PNL diventa
partito unico; dopo il referendum di autodeterminazione per
l’indipendenza che vede il 99%
di « si », e dopo una difficile e
conitrastata scelta del gruppo
dirigente del Paese, si impone
Ahmed Ben Bella, anche mercé
l’intervento del comandante dell’esercito di Liberazione Nazionale Houarri Boumedienne. Si
afferma l’impostazione socialista, colla fuga della popolazione
europea e coll’abbandono di terre, immobili e industrie. Ma coll’andar del tempo essa si va
trasformando in una forma di
controllo statale sull’economia:
la burocratizzazione delle campagne dà risultati opposti a
quella che doveva essere la riforma agraria.
Anche la Costituzione, promulgata nel 1963, viene ben presto
sospesa e Ben Bella assiun© i
pieni poteri fino al giugno 1965,
fin quando cioè viene rovesciato
dal colpo di Stato del col. Boumedienne (lo stesso che lo aveva appoggiato) il quale, con la
proposta di un socialismo più
« contenuto » esteriormente, potrà vantare realizzazioni più concrete. La sua opera di « edlflcàzione nazionale » poggia sulla
nazionalizzazione delle miniere
(ferro, manganese, uranio, platino), delle banche e delle assicurazioni (1966), del petrolio
(1970). Viene impostato il primo piano quadriennale (19701973) che pone ai margini l’agricoltura e dà l’avvìo all’« industria
industrializzante » basata sullo
sfruttamento del petrolio.
La Carta Nazionale
Coll’adozione della Carta Nazionale nel 1967 viene inoltre
confermato l’Islam come religione di Stato e considerato come un baluardo della stessa nazione algerina. Viene però respinta una sua identificazione
meccanica col socialismo, il quale deve abolire lo sfruttamento
con la socializzazione dei mezzi
di produzione: la piccola proprietà privata viene peraltro' garantita in quanto non sfruttatrice.
Boumedienne, successivamente eletto presidente della Repubblica, governerà fino alla morte, avvenuta dopo breve malattia alla fine del 1978.
A succedergli è un altro militare, Chadli Benjedid (tuttora in carica), imposto dall’esercito sui candidati civili. Viene
fatta una revisione della Carta
Nazionale, la cui maggior novità consiste in una più estesa
liberalizzazione economica, accelerata dalla caduta del prezzo del petrolio sui mercati mondiali. Il nuovo modello di sviluppo dà la priorità all’agricoltura, fraziona le grosse società
nazionali in unità minori, più facili da gestire, riorienta l’industria verso i soddisfacimenti dei
La foto mostra A. Ben Bella e, alla sua destra, H. Boumedienne.
bisogni primari, associando i
privati nello sforzo produttivo.
La prima risorsa
Gli idrocarburi (petrolio e gas
naturale) assicurano il 98% delle entrate in valuta pregiata. La
produzione del petrolio ha toccato l’apice nel 1978 con 1,2 milioni di barili al giorno. In seguito se ne è limitata l’estrazione in conformità alle quote stabilite dairOPEC (l’organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio) per impedire una più
rapida discesa dei prezzi. Il
greggio viene in gran parte raffinato sul posto, in modo da esportare prodotti con un maggior valore aggiimto, e quindi
con maggior profitto. Ancora più
importante il gas naturale, che
vede fra i principali acquirenti
la Francia, gli Stati Uniti e l’Italia.
Naturalmente, anche l’Algeria
paga lo scotto per la brusca diminuzione delle entrate petrolifere: la prima misura adottata
è stata quella di un drastico
taglio delle importazioni, limitata ai beni indispensabili. Il debito estero si aggira sui 20 miliardi di dollari, il cui pagamento assorbe circa un terzo del
valore delle esportazioni.
La dipendenza alimentare si
è venuta man mano aggravando
a causa del rapido aumento della popolazione (23 milioni ca.,
con un tasso di crescita annuo
del 3,2%). AH’inizio degli anni
’80 solo un terzo del settore era
coperto localmente. Negli ultimi tre anni, colla creazione di
una classe contadina in grado di
riportare l’agricoltura a livelli
competitivi mediante adeguate
agevolazioni e con assegnazioni
in proprietà di terreni, la situazione pare decisamente migliorata con un aumento di produzione del 50%.
Come in tanti altri paesi, la
crescente industrializzazione ha
avuto per conseguenza una forte urbanizzazione. Crisi di alloggi, tassi di affollamento insostenibili, degrado del patrimonio immobiliare costituiscono
problemi difficili da risolvere.
La famiglia, che per secoli è
stata la base dell’organizzazione economica e sociale, ne ha
subito un grosso contraccolpo
za palestinese, nonché airinterno di quest’ultima. Il consiglio
palestinese riunitosi ad Algeri
nello scorso aprile ne ha dato
ampio riconoscimento ed ha segnato nel contempo la riuniflcazione delle principali componenti deirOLP. Un altro aspetto
non secondario è quello della
mediazione, che ha dato i suoi
risultati nella liberazione degli
ostaggi americani a Teheran
(1979), nell’affare del Boeing
della TWA bloccato a Beirut
e degli ostaggi francesi e
americani detenuti in Libano. Ne
è avvenuto di conseguenza anche
un riequilibrio nelle relazioni
intemazionali, con un avvicinamento al mondo occidentale
(ora l’Algeria riceve armi anche
dagli USA oltre che dalTORSS).
Un altro punto di riferimento, per la giovane nazione algerina, rimane pur sempre la
Francia, per ragioni storiche,
economiche e culturali. Anche
se — come conclude il servizio
di Nigrizia — « al terzomondismo roboante di un Mitterrand
è preferito quello più pragmatico di un Chirac meno carico
di equivoci ».
Roberto Peyrot
■ L’Eco delle Valli Valdesi »: Reg.
Tribunale di Pinerolo n. 175.
ed i sintomi del malessere si
estendono: delinquenza minorile, alcolismo, prostituzione. Peraltro, l’istituzione familiare rimane l’aspirazione della stragrande maggioranza ed il celibato è vissuto come una maledizione. Altro grosso problema è
il già accennato tasso di crescita della popolazione, che porta
al suo raddoppio ogni 20 anni
circa; dal 1980 le autorità sanitarie sono passate ad una vera
e propria campagna per la limitazione delle nascite.
La scuola politecnica
Uno sforzo poderoso è stato
compiuto nel campo scolastico,
fino dall’indipendenza. Dal 1980
poi è in funzione la Scuola fondamentale politecnica obbligatoria dai 6 ai 15 anni. Il tasso
di scolarizzazione è dell’85%, nia
con notevoli differenze fra città e campagna. Le strutture sono ancora insufficienti, con im
conseguente continuo via vai di
scolari a tutte le ore. Per contro, il problema della disoccupazione è molto acuto: esso tocca il 20-25% della popolazione
attiva.
L’informazione e la stampa
sono sotto controllo, con timide
aperture e dissensi piuttosto
rari. L’opposizione più marcata
è quella berbera; le promesse
per « calmare » questo movimento non sono state attuate
e nel 1985 in questo ambiente è
nata l’iniziativa di una Lega algerina per i diritti deU’uomo.
Un’altra opposizione è quella integrista, che ha ricevuto nuovo
impulso dopo la rivoluzione
khomeinista, e la cui parte più
militante è attestata nelle Università. Una terza opposizione
infine è quella condotta dall’ex
presidente Ben Bella: rimasto
in carcere fino alla sua liberazione nel 1980, egli si è successivamente trasferito in Francia
e poi in Svizzera. Da lì conduce
una serrata campagna contro il
regime all’insegna di una « rivoluzione culturale » di stampo
islamico, alla guida del « Movimento per la democrazia in
Algeria ».
In campo internazionale, la
diplomazia algerina ha lavorato
soprattutto a ricucire gli strappi fra i paesi arabi e la resisten
Redattori: Alberto Corsani, Lucia
no Deodato, Giorgio GardioI (direttore), Paolo Fiorio, Roberto Giaoone, Adriano Longo, Giuseppe Platone (vice direttore). Comitato di
redazione: i redattori e: Mirella
Bein Argentieri, Valdo Benecchi,
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