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Anno 127 - n. 46
29 novembre 1991
L. 1.200
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delle yalli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
SANTIAGO DE COMPOSTELA, 13-17 NOVEMBRE: V INCONTRO ECUMENICO EUROPEO
Per un annuncio comune di Cristo
Tema deH’appuntamento, il primo dopo l’assemblea di Basilea, era quello della missione e deH’evangelizzazione
su cui si confronta anche il Sinodo dei vescovi - Una valutazione di Paolo Ricca, delegato delle chiese italiane
Si è svolto, dal 13 al 17 novembre a Santiago de Compostela
(Spagna), il V Incontro ecumenico
europeo, organizzato dal Consiglio
delle conferenze episcopali cattoliche europee (CCEE) e dalla Conferenza delle chiese europee (KEK),
che raggruppa le chiese protestanti e ortodosse europee. Un’assemblea quindi molto significativa,
rappresentativa di tutti i cristiani
d’Europa, Russia ortodossa compresa. Si è trattato del primo incontro ecumenico europeo dopo
la riuscitissima assemblea di Basilea su « Pace nella giustizia »
del 1989. Ma anche del primo incontro ecumenico dopo il crollo
del muro di Berlino e la fine del
comunismo est-europeo. Per questo il documento preparatorio dell’assemblea sottolineava il « kairós », cioè il « tempo favorevole »
che i cristiani d’Europa stanno
vivendo.
L’assemblea, presieduta dal cardinale Martini, arcivescovo di Milano, e dal rev. anglicano John
Arnold, vicepresidente della KEK,
aveva per tema: « Sulla tua parola. Missione ed evangelizzazione in
Europa oggi ». Un tema praticamente simile a quello del Sinodo
dei vescovi europei che si apre
a Roma questa settimana.
All’incontro di Santiago de
Compostela hanno partecipato 80
delegati (40 per parte), più una
quarantina di invitati vari. Malgrado l’importanza dell’avvenimento i mass media europei — eccetto quelli italiani — erano scarsamente rappresentati. 11 prof.
Paolo Ricca era delegato delle
chiese protestanti italiane. Gli abbiamo chiesto le sue impressioni.
— Santiago de Compostela: un
luogo altamente simbolico nella
storia d’Europa, legato in particolare alla ’’reconquista” cattolica
della Spagna contro gli arabi. Cosa si può dire sulla scelta di tale luogo per questo incontro ecumenico europeo?
— Si possono dire molte cose.
10 dico la migliore, le altre le
pensano i lettori. Quella migliore,
molto finemente evocata dall’ottimo discorso di apertura del vicepresidente della KEK, l’anglicano
John Arnold, c quella che interpreta Santiago de Compostela come un luogo che fa pensare a una
chiesa pellegrina. Anche un’altra
oratrice, protestante, ha molto
collegato non Santiago ma il suo
tema alla Lettera agli Ebrei la
quale insiste fortemente sulla condizione di pellegrinaggio della
chiesa. Soltanto se interpretato così, Santiago de Compostela è un
luogo dove anche noi evangelici
possiamo andare tranquillamente.
— E’ da questo stesso luogo che
11 papa ha lanciato, ncll’82, il suo
motto per la rievangelizzazione
dell’Europa. Ora, quest’incontro è
avvenuto pochi giorni prima dell’inizio del Sinodo dei vescovi europei centrato, come si sa, su questa parola d’ordine. Di che cosa si
è trattato quindi: di una preparazione al Sinodo o di un’alternativa ad esso?
— Non è stato in modo specifico una preparazione né al Sinodo e neppure all’altro appuntamento importante che è l’assemblea della KEK nel prossimo settembre. Questi due eventi non sono stati dimenticati, anzi sono
stati menzionati, ma non si è discusso né elaborato un discorso in
vista dell’uno o dell’altra. L’incontro aveva la sua ragione di essere
in se stesso. Non posso dire che
la coincidenza dei temi sia casuale ma è una coincidenza generale,
cioè tutte le chiese cristiane trattano questo tema oggi, sia al loro
interno sia rispetto all’esterno. Anche l’assemblea del protestantesimo europeo, che avrà luogo a Budapest alla fine di marzo ’92, avrà
come tema: « La responsabilità e
la testimonianza dei protestanti
nell’Europa di oggi e di domani »,
che è lo stesso tema del Sinodo
dei vescovi e dell’incontro di
Santiago. Questa infatti è la domanda che tutte le chiese si pongono oggi.
— Quale taglio hanno avuto le
relazioni fatte a Santiago: nuova
evangelizzazione o evangelizzazione nuova?
— Tutti vogliono un’evangelizzazione nuova e intanto fanno
quella vecchia. Santiago ha rappresentato un luogo in cui i conflitti creati da questa nuova-vecchia evangelizzazione sono venuti
a galla. E Santiago è un po’ vissuta del tentativo di superare questi
conflitti. Sul piano delle intenzioni e delle affermazioni, la volontà del superamento c’è. Sul
piano dei fatti, che hanno portato
a questa situazione di conflitti e
di crisi, il discorso è stato fraterno
ma non diplomatico. Alludo in
particolare ai russi, i quali hanno
parlato molto chiaramente. La
nuova evangelizzazione fatta all’insegna di quella vecchia punta
al proselitismo e alla conquista di
spazi anche in terre tradizionalmente già cristiane ma di segno
confessionale diverso: si evangelizza la Russia come se là non ci
fosse la Chiesa ortodossa. Questo
vale sia per la Chiesa cattolica sia
per i numerosi missionari protestanti, soprattutto americani, che
arrivano lì come se si trovassero
in una specie di nuovo Far West,
di una frontiera da conquistare a
Cristo. Santiago dunque è stato il
luogo in cui il conflitto è stato affrontato.
— A Santiago erano rappresentate le tre confessioni cristiane:
ortodossa, cattolica, protestante.
Parlare di nuova evangelizzazione
in Europa oggi non implica fare i
conti con le altre fedi viventi, in
particolare l’Islam?
— Non lo si è tematizzato. Se
ne è parlato, certo. Là ho sentito
dire che i musulmani in Europa sono 23 milioni. Ma, a Santiago, si è
discusso di più del ’’come” della
evangelizzazione — cercando di
individuare una nuova qualità della stessa — che dei contenuti.
’’Come”, nel senso di non fare del
proselitismo. Ma sul ’’che cosa”
vuol dire evangelizzare, cioè come annunciare Cristo oggi in Europa, si è detto poco. E’ stato affrontato il problema della specificità della situazione europea, definita postsecolare in quanto l’uomo
europeo, che ha celebrato la sua
autonomia, in qualche maniera ne
è diventato insicuro; l’uomo europeo, che ha celebrato Teclissi di
Dio, ha dovuto celebrare anche
Teclissi degli dei e quindi si ritrova più disorientato che sicuro di
sé. Contemporaneamente c’è il
boom religioso che conosciamo.
La secolarizzazione ha, da un lato, eroso la base sociologica delle
chiese, dall’altro è stata una specie
di via attraverso la quale tante
anime europee si sono aperte a
AVVENTO - 2
La croce, simbolo di vita
« Ma quanto a me, non sia mai ch’io mi glori
d’altro che della croce del Signor nostro Gesù
Cristo, mediante la quale il mondo, per me, è stato
crocifisso, e io sono stato crocifisso per il mondo »
(Galati 6: 14).
Da piccola mi chiedevo perché, nelle nostre chiese, ci tenessimo tanto a mostrare la croce, il simbolo per eccellenza della morte. La croce, generalmente appesa dietro il pulpito, era simile a quella
croce sulla quale era morto Gesù; un oggetto quindi che richiamava alla memoria qualcpsa di orribile, che non mi sembrava troppo rassicurante ricordare. Attraverso un efficiente catechismo, compresi però che la sensazione di morte di fronte alla
croce mal si addiceva al senso di forte liberazione
che la stessa richiamava: per mezzo di quella croce le donne e gli uomini ricevono la salvezza dal
peccato, mi si diceva.
Oramai ho imparato bene questa formula ma,
nonostante siano passati molti anni da quelle prime riflessioni, ancora oggi la croce mi sconvolge
e non riesco a cogliere i significati che possono
parlare attraverso di essa. . .
La croce mi appare simbolo inquietante di un
delitto commesso secoli fa^ e ripetuto simbolicamente più volte. La croce é l’insulto lanciato dall’umanità a quel Dio che è diventato come noi; la
croce indica il disprezzo per un Dio che ha reso
possibile l’accesso a se stesso attraverso l'incarnazione; un Dio troppo vicino può non servire a
nulla o, come si è verificato, può non essere compreso.
La croce è l'atto supremo attraverso il quale
l’umanità diventa totalmente autonoma rispetto a
Dio: la creatura uccide il Creatore e si sente libera
nello spazio di cui solo più lei può disporre. C’è un
bellissimo film. Biade runner, in cui ritorna questo
tema. Nella scena più importante la creatura, dopo
aver ucciso il suo creatore, si sente lacerata tra
una sensazione di estrema libertà e di infinito terrore: la spaventa il vuoto di fronte a sé; ora tocca
a lei dargli un significato.
Ma, ancor di più, la croce inquieta perché può
significare la debolezza di Dio. Dio che non si salva,
non si ribella, non scappa, non dà luogo, come spesso accade nei film americani, ad un colpo di scena
dal quale risulta vittorioso. Ho immaginato mille
volte Ge.sù Cristo scendere dalla croce sorridendo,
beffardo, mostrando, attraverso la spigliatezza dell’uomo sicuro di sé, che non si era fatto nulla, ma
che da quel momento in poi sarebbe successo qualcosa agli astanti e, perché no, ài loro discendenti.
Perché non si è salvato? Per salvare noi attraverso la sua debolezza, potrebbe essere la risposta.
Dio ha rinunciato alla sua divinità per incontrare
gli esseri umani e dare un significato alla loro esistenza. Dio si è spogliato della sua potenza per conoscere fino in fondo quella creatura da lui creata e da lui tanto amata.
Il Dio debole allora trionfa perché ci offre una
nuova umanità, nuovi contenuti alla vita. Quel Dio
che sembrava spacciato, proprio a causa della sua
debolezza, riesce invece, attraverso la croce, ad affermare la vita. La croce dunque si trasforma da
simbolo di morte in simbolo di vita.
Daniela Di Carlo
(seconda di una serie di quattro meditazioni)
tutti quei culti e nuove religioni.
A Santiago, il discorso non è entrato però in tutte queste sfaccettature della questione.
— Quali linee di forza sono venute fuori da quell’incontro?
— Intanto, una volontà di stare
insieme, cosa che non va data per
scontata. Il fatto di incontrarci, di
vederci, di parlarci, crea un clima
buono. Come a Basilea nelT89 —
anche se Basilea forse è destinata
a restare un vertice che non so
fino a che punto potrà essere ripetuto — Santiago è stato un incontro nutrito, con discorsi e riflessioni approfonditi e scambi autentici. Non va da sé per esempio
che il vescovo di Parigi chiacchieri
fraternamente con un pastore battista dell’Andalusia. Tutto ciò crea
qualche cosa, è il segno di una
crescita della responsabilità cristiana comune, anche se molto differenziata. Qra sarà interessante
vedere cosa dirà il Sinodo di Roma, al quale parteciperanno molti
di quelli che erano a Santiago.
Non è escluso infatti che ci sia
una diversa impostazione del problema, per esempio sul rapporto
che c’è tra evangelizzazione e impiantazione di chiese, il che è un
problema molto complesso. Non
bisogna dimenticare che la chiesa
esiste in ogni paese d’Europa,
malgrado la secolarizzazione. E
questo pone il problema del proselitismo, che non si può eliminare
del tutto.
— E gli aspetti più critici?
— Quello che ho già detto
della mancata concentrazione sul
tema dei contenuti della nuova evangelizzazione. Un altro
momento critico, che purtroppo si ripete in ogni incontro ecumenico, è stato quello della non
comunione eucaristica. All’indomani di una messa solenne, una
pastora olandese ha detto: « Ieri
sera abbiamo celebrato la divisione», non solo perché si trattava
di una concelebrazione con un
numero imponente di alti prelati,
ma anche perché vi era un’immensa grata dal soffitto al pavimento
dietro la quale si trovavano le
suore. Per questi motivi, uno dei
preti presenti ha detto di non
aver voluto partecipare alla concelebrazione: questo stesso prete ha
sostenuto poi la necessità di una
« pace ecumenica ». Soltanto se
verrà fatta insieme, la nuova
evangelizzazione potrà essere
ascoltata dagli europei.
Intervista a cura di
Jean-Jacques Peyronel
AlTinterno
a pag. 8
altri articoli sui protestanti
in Europa.
2
fede e cultura
29 novembre 1991
IN LIBRERIA DUE NUOVI LIBRI SUI CATARI
La fede e il rogo
La configurazione della struttura di una chiesa vera e propria, che
si presentava con vistose differenze rispetto al movimento valdese
Sul finire del 1990 è finalmente approdato in libreria in versione italiana (ed. Garzanti), con
il titolo L’assedio di Montségur,
il libro edito in Francia sin dal
1959 con il titolo meno accomodante Le bûcher de Montségur (Il rogo di Montségur)
della giornalista e scrittrice Zoé
Oldenbourg (1). La tragica vicenda catara, che ha inizio con la
crociata bandita da papa Innocenzo III nel 1208 e si chiude
in Linguadoca nel 1244 con la
resa della roccaforte di Montségur tra i bagliori del rogo di200 eretici, è ora oggetto di un
ponderoso lavoro di Anne Brenon, direttrice del Centro nazionale di studi catari (Francia):
/ catari, sottotitolo Storia e destino dei veri credenti (2).
Due libri sull’eresia catara
scritti da due donne; quasi a
ricordare emblematicamente il
forte impegno delle donne nel
ribollente magma delle eresie
medievali. « Si tratta di impegni — scrive la Brenon nel capitolo dedicato alle donne catare — che in questo caso hanno
il gusto dell’assoluto giacché
valdesi, beghine e perfette si sarebbero trovate sorelle persino
sul rogo ». Nelle conclusioni, poi,
identifica uno degli assi portanti della sua ricerca proprio nella «onnipresenza, nel cuore della rivendicazione evangelica che
spinse avanti il cristianesimo
fra l’XI e il XIV secolo, dell’affermazione dell’identità femminile », ribadendo che le donne
rappresentarono « l’anima dei
fervori sia nella famiglia che nella società » e che « donne valdesi, perfette catare (3) e beghine
formarono la triste catena delle
'belle eretiche’ consumate dal
fuoco della chiesa dominante ».
Il titolo del libro neH’originale francese. Le vrai visage du
Catharisme (Toulouse, 1988) indica l’assunto delTautrice: presentare il volto del catarismo
quale risulta dalle numerose
fonti documentali di accertata
autenticità, ripulendolo dalle
non sempre disinteressate incrostazioni di leggenda e di mistero che hanno rischiato di deturparlo.
Ne emerge il quadro di una
chiesa completamente strutturata, « con i propri sacratnenti,
la propria ecclesiologia, la propria metafisica, i propri fedeli,
il proprio clero, la propria morale di salvezza », in opposizione alla chiesa dominante, e che
si estese a macchia d’olio in
Linguadoca ed oltre; il che spiega come papi e gerarchie cattoliche, minacciati nella loro stessa sopravvivenza, si siano con
lucida determinazione, ricorrendo ad ogni mezzo — persuasione, predicazione, alleanze politiche, inquisizione, crociate e roghi — adoperati per distruggere catarismo e catari.
Una vera chiesa, che ha nel
Nuovo Testamento (l’Antico è
respinto) la base scritturale del
suo evangelismo; nel "consolamentum” il suo unico sacramento con la triplice funzione di
battesimo dello Spirito (con l’imposizione delle mani e non con
acqua), di ordinazione e di estrema unzione; nella lettura dualista degli Evangeli (due principi, due creazioni, una vera da
Dio e l’altra illusoria del mondo
visibile assimilato al ’’niente”)
la sua metafisica; nel suo clero
distinto dai semplici credenti,
nelle sue chiese assimilabili a
diocesi e presiedute da un vescovo, nelle sue case-comunità
rispettivamente per uomini e
donne, la sua ecclesiologia. Come si vede, nonostante alcune
somiglianze — il richiamo alla
rigidità dei costumi, alla chiesa
primitiva, la predicazione in lingua volgare e la diffusione del
Nuovo Testamento tradotto dal
latino in occitano — le differenze dal movimento valdese sono
radicali e numerosi sono i riferimenti e le osservazioni su
questo punto.
« Che rifugiati catari e rifugiati valdesi abbiano coabitato per
un certo tempo nelle alte valli
e che, dopo l’estinzione (naturale?) dei primi, i secondi abbiano conservato fra i loro libri di predicazione un’opera
evangelica catara — scrive la
Brenon — è una cosa quasi certa », ma « per contro non un solo punto di vista specificatamente cataro può essere individuato nella teologia e nell’ecclesio
A CURA DI PAOLO SANFILIPPO
Scritti di Gangale
La ricerca appassionata di
Paolo Sanfilippo su Giuseppe
Gangale ci arricchisce ancora
d’una Antologia di scritti religiosi protestanti apparsi in periodici e documenti vari nell’arco
di tempo dal 1922 al 1934.
La raccolta è preceduta da
una cronologia della vita del Gangale e seguita da brani di scritti apparsi sul periodico Conscientia e su temi vari, come ’’cattolicesimo e anticlericalismo, dove
tra Taltrq l’autore afferma: « Il
cattolicesimo non è la religione
dello spirito nostro e del tempo
nostro; esso è la sopravvivenza
d’un medievalismo superato dalla Riforma; è un istituto che
ha racchiuso nel carcere dei suoi
dogmi, del suo culto e delle sue
gerarchie lo spirito nuovo
del cristianesimo dichiarandosene possessore, senza accorgersi
che lo spirito fuggiva e la prigione rimaneva vuota... ».
Sempre su Conscientia si menzionano articoli su Lutero, Calvino, l’anabattismo, stato e chiesa, le apocalissi, il regno. Su
quest’ultimo tema Gangale dichiara: « Cristo, allorché si rifiutava di determinare il ’’quando”
della venuta del Regno voleva
significare che il Regno si sposta perpetuamente perché il cristianesimo è vita, non stasi; è
fuoco portato nel mondo, non
cenere...; se un giorno la fiducia nel Regno mancasse, l’umanità si affloscerebbe su se stessa come un vestito vuoto... ».
Molto edificante la preghiera
su Gioacchino da Fiore il quale,
nell’attesa imminente della morte, ai frati che lo stanno piangendo esclama: « Cessate di piangere e cantate l'inno di grazia... ».
Commovente il ’’congedo” di
Gangale, riportato da una pagina di Gioventù cristiana.
Sanfilippo riporta poi un articolo di Sergio Rostagno, apparso su La Luce del ifVlI’ll dove
informa i lettori del corso teologico tenuto dal Gangale alla
Facoltà valdese di teologia sulla
’’testimonianza cristiana del credente”. NeH’articolo è sottolineato l’interesse che il Gangale nutre per il movimento pentecostale, con un chiaro monito alla
Chiesa valdese perché testimoni in vista della missione che
Tha sempre caratterizzata.
Gustavo Bouchard
logia valdese così come sono
esposte tìel momento dell’ingresso nella Riforma delle comunità deile valli nel 1532 ».
Largo spazio' è dedicato alla
diffusione del catarismo, oltre
che nella Linguadoca ove coinvolse tutte le classi sociali, anche in Italia,, dove furono vive
ed operanti sei chiese (a dimensioni territoriali di diocesi):
Concorezzo, Desenzano, Mantova-Bagnolo, Vicenza, Firenze, valle di Spoleto; la Lombardia rappresentò terra di rifugio per i
fuggiaschi dalle terre eccitane
allorché più ferocemente infuriava la persecuzione. Ma anche in
Italia la chiesa catara, che aveva qui trovato alleanze naturali
con il partito ghibellino (Ezzelino da Romano e Farinata degli
Uberti, tra gli altri, furono fermi sostenitori delle comunità catare) con la progressiva soccombenza dello stesso, si concluse
con un rogo: 200 catari arsi
nel 1278 nelle arene di Verona.
Qualche guizzo di catarismo
illumina ancora per qualche decennio la scena, ma poi la vicenda sembra cancellata dalla storia. Il libro si chiude con la sottolineatura dell’ « assoluto spiritualismo del cristianesimo cataro, carattere che forse finisce
col cristallizzare questa corrente
religiosa in un immobilismo che,
dal punto di vista della storia,
che è movimento, significa sempre immancabilmente la morte ».
Ho citato solo alcuni tra i
molti temi trattati dalla Brenon,
trascurando ad esempio tutto
quanto concerne l’aspetto politico e di guerra di conquista
che accopipagna la lotta al catarismo con l’esito finale dell’annessione al regno di Francia della ricca Linguadoca.
A lettura terminata dei libri
della Oldenbourg e della Brenon
resta la sensazione che entrambe ’’tengano” per i catari, e la
prima lascia più apertamente
trasparire la sua partecipazione
emotiva, scrivendo a mo’ di conclusione:
« Prima della crociata contro
gli Albigesi, prima dell’Inquisizione, voci di vescovi e di abati ancora si levavano per protestare contro i roghi di eretici,
per predicare la misericordia
verso i fratelli smarriti; nel XIII
secolo san Tommaso d’Aqu'no
trovò, per giustificare questi
stessi roghi, parole inammissibili in bocca a un cristiano. Eccessi che prima potevano imputarsi all’ignoranza e alla durezza dei costumi del tempo, venivano ormai approvati, consacrati dalle cattedre di teologia di
uno dei più grandi filosofi della
cristianità. Un fatto simile è
troppo grave perché se ne possa sminuire il significato: dal
XIII secolo non ci furono più,
nella Chiesa cattolica, santi o
dottori abbastanza coraggiosi da
proclamare che un uomo che
sbaglia in materia di fede resta
una creatura di Dio, e che togliergli la vita è un crimine. La
Chiesa che con tanta risolutezza ^ dimenticava questa verità
così semplice non meritava più
il titolo di cattolica, e in questo
Senso si può dire che l’eresia
inferse alla Chiesa un colpo dal
quale essa non si sarebbe più
ripresa ».
Aldo Ribet
* z. OLDENBOURG, L’assedio di
Montségur, Milano, Garzanti, 1990, pp.
379, L. 40.000.
^ A. BRENON, I catari, Fiesole, ed.
Convivio/Nardini, '90, pp. 366, L. 34.000.
’ « Perfetti » e « perfette » non sono
autoqualificazioni datesi dai catari per
indicare uno stato di raggiunta perfezione, ma sarà l’Inquisizione a dire
« perfetto • o « perfetta », nel senso
di eretico compiuto, completo, buono
da abbandonare al braccio secolare
nella prospettiva del rogo.
CENTRO CULTURALE VALDESE
via Beckwith, 3 - tei. 0121/932566
10066 TORRE PELLICE
SAVONA, 6-7 dicembre 1991
RIDOTTO DEL TEATRO CHIABRERA - PIAZZA DIAZ
GIORNATE DI STUDIO
«Giovanni Miegge»
(Savona 1900 - Massello 1961)
Venerdì 6 dicembre
9,30 — Apertura dei lavori
Gianni Rostan, presidente del Centro culturale valdese
— Un ritratto
pastore Giorgio Tourn, direttore del Centro culturale
valdese
— La temperie intellettuale e politica dal primo dopoguerra agli anni Sessanta
prof. Giorgio Spini, Università di Firenze
— Interventi e testimonianze
15,00 — Ascolto brani delia conferenza « L’idea di Dio »
registrazione ad Agape, estate 1960
— La rivista « Gioventù cristiana »
Un direttore sensibile e innovatore
prof. Silvana Nitti, Università di Napoli
— Dal fascismo alla Repubblica
In dialogo con la società italiana
prof. Claudio Tron, curatore dell’antologia di scritti
di G. Miegge
— Interventi e testimonianze
Sabato 7 dicembre
9,00 — Con Igino Giordani
Disputare a dispetto dell’impossibile
prof. Giampiero Bof, Università di Urbino
— Con Ernesto Buonaiuti
Storia di una incomprensione
prof. Lorenza Giorgi, Università di Firenze
— Teologo ecumenico europeo
prof. Emidio Campi, Università di Zurigo
— Interventi e testimonianze
14,30 — Tavola rotonda - Per una apologetica cristiana oggi
A partire dalla lettura del saggio « Per una fede »
Partecipano; Ernesto Galli della Loggia, Giulio Giorello, Giovanni Moretto, Sergio Quinzio, Enrico I. Rambaldi, Sergio
Rostagno.
Coordina e conclude : past. Giorgio Bouchard, presidente della
Federazione delle chiese evangeliche in Italia.
Interverranno: Sergio Aquilante, Sergio Carile, Gino Conte,
Goffredo Fofi, Carlo Gay, Mario Miegge, Giorgio Peyronel,
Giorgio Peyrot, Michele Ranchetti, Paolo Sanfilippo, Francesca Spano, Paolo Spanu.
Aderiscono: Renzo Bertalot, Luigi Santini, Tullio Vinay.
Mostra fotografica e documentaria: La vita e l’opera di Giovanni Miegge.
Per favorire la partecipazione del maggior numero di persone al
Convegno è in progetto l’organizzazione di un pullman in partenza da
Torre Pellice (con fermate a Pinerolo ed eventualmente Torino)
venerdi 6 dicembre intorno alle 6,45 e rientro sabato 7 sera alle 22.
La sistemazione a Savona, curata dalla comunità, è pres.so l’ostello della
gioventù. La spesa complessiva di viaggio, ospitalità, pasti compresi è
di L. 80.000. Per prenotare si prega di telefonare al più presto al Centro
culturale, n. 0121/932566.
Appuntamenti
Sabato 30 novembre - domenica 1°
dicembre — CHIAVARI: La Federazione delle chiese evangeliche della Liguria organizza un collettivo teologico
presso la sala deH'Azienda di soggiorno (piazza Mazzini, 1) dal titolo Le
due conquiste: colonizzazione e cristianizzazione delle Americhe. Relazioni del prof. Massimo Bubboli (Università di Firenze] e del past. Fanlo y
Cortés (sabato pomeriggio). Domenica
mattina, alle ore 10, culto nella chiesa battista e alle ore 15 proseguimento nella sala con la tavola rotonda
a cui intervengono il prof. A. Bertolini e i pastori T. Fanlo y Cortés e F.
Ferrarlo.
Lunedì 2 dicembre — VENEZIA:
Presso la Chiesa vaidese, alle ore 18,
incontro sul documento del Consiglio
ecumenico delle chiese sulla pastorale ai malati di Aids (1987).
Martedì 3 dicembre e 10 dicembre
— MILANO: Presso la saletta di via
Sforza 12/a, alie ore 18. si tengono
gli ultimi due incontri dedicati ai Salmi e curati dal past. Salvatore Ricciardi.
4-8 dicembre — CAMALDOLI (Ar):
Si svolge il colloquio ebraico-cristiano sul tema Ebrei e cristiani: chi siamo noi? Per informazioni; SIDIC, via
del Plebiscito 112, Roma. Tel. 06/
6795307.
Giovedì 5 dicembre — TORINO: Alle
ore 17,45, presso il teatro Colosseo
(via Bidone ang. Madama Cristina),
per « giovediscienze » incontro con
P. M. Furlan e R. L. Picei sul tema:
Alcol, alcolici, alcolismo.
Venerdì 6 dicembre — ASTI: Alle
ore 21, presso la Scuola biblica ecumenica (c.so G. Ferraris, 81), per il
ciclo di lezioni introduttive all’Antico
Testamento, Paolo De Benedetti parla
sul tema « Scegli la vita »: il patto,
la Torah, la terra.
Martedì 10 dicembre — CINISELLO
BALSAMO: Alle ore 21, presso il centro « Lombardini » (via Montegrappa
62/b) si tiene il terzo incontro sul
tema La vita comune, a cura del past.
Alfredo Berlendis.
Domenica 15 dicembre — ROMA:
Per il ciclo di Incontri organizzato dal
SAE sul tema « Testimonianza dei credenti e diaconia politica », a partire
dalle ore 16, presso le suore francescane missionarie di Maria (via Giusti 12), si tiene la lezione su Vangelo sociale e dottrina sociale delle chiese, a cui partecipano il prof. Paolo
Ricca e Giuliana Martirani, docente all'Università di Napoli. Modera e tiene
la meditazione biblica il prof. Angelo
Pellegrini.
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29 novembre 1991
attualità
CONVEGNO DEL 1® DISTRETTO SULL’ECUMENISMO
Condizioni e prospettive del
rapporto con if cattolicesimo
Un'occasione di dibattito che è solo una tappa verso una più approfondita analisi - Prospettive nuove e interrogativi che rimangono
Il Convegno sull’ecumenismo
svoltosi a Pinerolo domenica 24
novembre adempiva a un mandato della Conferenza distrettuale. In quella sede era stata chiesta un’analisi approfondita del
nostro rapporto con il cattolicesimo. specialmente nel Pinerolese, e si era chiesto «un intervento di parte cattolica sulle posizioni della chiesa di Roma al
riguardo del dialogo ecumenico ».
Intendendo il convegno come
una tappa di questa « analisi approfondita », la CED l’ha intitolato Per un’analisi del nostro
rapporto con il cattolicesimo:
quali sono le condizioni e quali
le prospettive?, interpellando il
prof. Paolo Ricca, il vescovo di
Pinerolo, mons, Pietro Giachetti,
e il past. Ruggero Marchetti.
Paolo Ricca ha diviso in sei
punti il suo intervento: 1) il movimento ecumenico ha coinvolto
anche la Chiesa cattolica romana; 2) il cattolicesimo ha accettato il movimento ecumenico
ma non ha accettato di far parte delle strutture che esso si è
dato; 3) il cattolicesimo romano
si muove costantemente su due
piani, come chiesa e come stato, con tutte le ambiguità che
questo comporta; 4) c’è un immenso guadagno nella « conversione delle chiese aU’ecumenl
Monsignor Giachetti, vescovo di
Pinerolo.
smo »; per i cattolici questo è
chiaro, per noi c’è a volte il sospetto che si abbia la « tessera »
più che la passione ecumenica.
L’ecumenismo può rappresentare un processo di disintossicazione salutare; 5) restano dei
nodi irrisolti: forse il maggiore
sta nel dogma dell’infallibilità,
del 1870, specie per il suo valore simbolico: esso è compatibile con una visione realmente
ecumenica? 6) abbiamo una serie di indicazioni per il « frattempo »: non temere di andare
fino in fondo nel dialogo ecumenico; combattere tutti i settarismi, istituzionali e ideologici, della purezza e del dominio;
condividere il molto che si può
condividere, trovando i «luoghi»
che possano esprimere la sensibilità ecumenica già esistente.
Il vescovo Giachetti ha in primo luogo voluto ringraziare per
l’invito che gli era stato rivolto;
ha poi spiegato che lui vescovo,
come fratello con altri fratelli,
con ministero specifico, aveva
chiesto di poter intervenire non
da solo, ma con alcuni membri
della Commissione ecumenica
diocesana (don Mario Polastro,
padre Oreste, Laura e Lidia Trossarelli).
L’ecumenismo, in particolare
per la Chiesa cattolica nel Pinerolese, è una dimensione dell’essere chiesa, è nella natura e nella vocazione della chiesa; è inoltre impossibile, secondo mons.
Giachetti, fare ecumenismo senza dialogo interreligioso, in particolare nei confronti dell’ebraismo.
Ricordata la nota pastorale
della GEI su La formazione ecumenica nella chiesa locale, il vescovo ha ripercorso alcuni punti fondamentali per il mondo
cattolico; il decreto Unitatis Redintegratio del Vaticano II, il
« direttorio ecumenico », il, lavoro del Segretariato per l’ecumenismo e i dialoghi bilaterali, il
documento del gruppo di lavoro
misto cattolico-riformato, il lavoro del gruppo di Dombes.
Nel fare ecumenismo la diocesi di Pinerolo è evidentemente in comunione con la chiesa
di Roma e con il suo vescovo,
anche se si sa che il papato e
la sua interpretazione in merito può costituire un ostacolo
sulla via ecumenica. Del resto la
Chiesa cattolica non è, come può
apparire, una piramide, ma
esprirhe un’ecclesiologia di comunione; una riflessione su questo punto, come anche sulla « gerarchia delle verità » che stanno
a cuore alle chiese, dovrà continuare. Occorrerà una profonda
conversione delle chiese, e della
Chiesa cattolica, premessa ad
una riforma della chiesa. Ma fin
d’ora va sottolineato che quel
che unisce ha un peso importante, maggiore di quel che divide
(che tuttavia non deve essere
ignorato).
Il lavoro della commissione
paritetica sui matrimoni interconfessionali, che già si è articolato in 14 riunioni, indica una
strada possibile, anche se occorre creare dei luoghi per un dialogo tra le chiese, che in Italia
mancano.
Il pastore Marchetti si è fatto portavoce delle domande che
erano sorte in Conferenza distrettuale, e che si ritrovano nelle comunità. Gli incontri ecumenici sono in crisi, vi si nota un
segno di stanchezza; alcuni « pionieri » vanno avanti, ma l’impressione è che la base non sia
interessata; forse perché c’è irenismo più che ecumenismo? Una
certa « ipocrisia diplomatica »?
Un linguaggio simile che nasconde sensibilità diverse?
f 'Wm
g * L’Amico dei fanciulli * ^
g -------------------------------- ^
I
Abbonamento anno 1992
Itaüa L. 18000
Estero L. 23000
Sostenitore L. 25000
H
L
da versare sul c.c. n. 14603203
intestato a:
g ^ '‘L'Amico dei fanciulli"
1^^ via Porro Lamhertenghi, 28
^ ^ 20159 Milano
Il prof. Paolo Ricca.
Quest’ultimo intervento ha
aperto il dibattito vero e proprio. Si sono espresse una decina di voci, non tanto sulle relazioni introduttive, quanto piuttosto su « ciò che bolle in pentola » nelle chiese locali.
Don Mario Polastro ha fatto
la storia del movimento ecumenico nel Pinerolese, soprattutto
negli ultimi 15 anni; il rappresentante delle Comunità di base
integrava con la sensibilità propria di questo movimento, esprimendo anche preoccupazione
per le recenti chiusure cattoliche e le prese di posizione del
Sinodo valdese.
OSPEDALI VALDESI
Rinnovata la convenzione
con la Regione Piemonte
Pomaretto, Torino, Torre Pellice: un riconoscimento e uno stimolo per il lavoro futuro
Un obiettivo
da raggiungere
Cinque pastori e tre membri
di chiesa riprendevano i temi
più svariati (per la cronaca, dei
dieci interventi nel dibattito,
quattro erano di donne).
E’ impossibile riferire di tutte le angolature o le accentuazioni, ma mi sembra opportuno rilevare una domanda (quella espressa da Silvana Marchetti) sulla possibilità di un « riconoscimento reciproco » tra chiese, che non implichi un divieto
di passaggio da una chiesa all’altra, ma favorisca una maggiore possibilità dei singoli di
crescere nella fede in libertà.
Paolo Ricca, nella replica, ha
. ripreso tra gli altri proprio questo intervento, dicendo che a
suo avviso questa possibilità poteva essere posta, in questa fase, come un obiettivo da raggiungere.
In chiusura il vescovo ha dato la sua testimonianza, quella
di un « convertito all’ecumenismo » (anche grazie alla presenza valdese nel territorio dove si
è trovato ad esercitare il suo
ministero), che invitava a procedere nella via ecumenica.
Un incontro convincente? Per
certi versi non del tutto: molti
interrogativi restano, sono emerse molte critiche all’ecumenismo,
magari garbate nella forma, ma
anche estremamente dure.
Resta da dire che il tempio
di Pinerolo era pieno, 100-150
persone hanno assistito a questo convegno; segno che l’interesse per questi temi è vivo, anche se da punti di vista contrastanti: polemici, irenici, conoscitivi, ecc...
L’impressione che ci rimane è
che la CED possa ritenersi soddisfatta di questa prima tappa
lungo la strada dell’adempimento del mandato della Conferenza distrettuale. Peraltro, la commissione incaricata di riferire
sulla situazione dell’ecumenismo
alla prossima Conferenza sta lavorando, e i temi affrontati a
Pinerolo saranno certo ripresi in
diverse occasioni.
Sergio Ribet
Giovedì 21 novembre, presso la
sede della Regione Piemonte, il
presidente della giunta regionale,
Brizio, ed il moderatore della Tavola valdese, Giampiccoli, hanno
sottoscritto la convenzione che
regolerà per i prossirni anni i
rapporti tra questi due enti in
ordine all’assistenza sanitaria erogata dagli ospedali valdesi di Pomaretto, Torino e Torre Pellice.
L’assessore alla Sanità, Maccari, presente alla firma, ha voluto
in quella sede rinnovare il suo
apprezzamento per il lavoro che
in questi ospedali viene svolto.
Giunge così al termine, con la definizione di questo importante documento, una lunga e delicata fase di trattativa e vengono rinnovati i rapporti di collaborazione,
sulla base di una reciproca fiducia.
Un percorso
di vent’anni
Sono passati ormai più di
vent’anni da quando il Sinodo
affermò per la prima volta la volontà che gli ospedali valdesi si
inserissero nel piano della programmcizione pubblica, pur salvaguardando la loro autonomia
giuridico-amministrativa. Ed in
questo tempo molti passi sono
stati compiuti. Da un lato, gli
ospedali si sono trasformati completamente, abbandonando alcune specialità e potenziandone altre, rinnovando fino ad oggi — in
massima parte a spese della chiesa — le strutture, diventando così
delle unità estremamente efficienti, dotate di apparecchiature
di avanguardia, e compiendo un
lavoro insostituibile nel territorio. D’altro lato, il rapporto con
la Regione si è approfondito e la
collaborazione è divenuta più
stretta. Ne sono un esempio i lavori di ampliamento che si stanno realizzando a Pomaretto e
quelli previsti a Torre Pellice, così come a Torino, dove è anche
stata installata di recente una
apparecchiatura per la TAC, il
tutto con un impegno finanziario,
coperto dalla Regione, che si avvicina ai quattordici miliardi.
’’Strumenti del
servizio evangelico”
Il Sinodo del 1989, informato
dell’imminenza delle trattative
per il rinnovo della convenzione, aveva ribadito l’impegno delle chiese valdesi e metodiste « a
mantenere tali ospedali come
strumenti del servizio evangelico
ai malati» e richiedeva, tra l’altro, che fosse riaffermato il principio « della libera applicazione
del carattere evangelico del servizio ». Il carattere « particolare »
degli ospedali è espressamente riconosciuto dalla nuova convenzione, dove le deliberazioni del Sinodo sono affiancate, con pari
dignità, alle leggi nazionali e regionali e l’autonomia giuridicoamministrativa viene riconfermata.
deranno ogni sforzo, da parte
degli operatori come dei comitati
di gestione, perché siano mantenuti i-livelli di prestazione fin qui
raggiunti. Del resto, appare chiaro ad ognuno che dei piccoli ospedali, quali sono i nostri, possono
sopravvivere soltanto se riescono
ad imporsi grazie alla bontà del
servizio che rendono. Un secondo
momento importante del documento è dato dalla possibilità che
viene offerta al personale di tutti
e tre gli istituti di godere delle
stesse opportunità dal punto di
vista previdenziale, con ciò rispondendo ad un criterio di equità, secondo cui chi lavora in istituti affini può godere degli stessi
diritti. Un terzo elemento significativo è dato dal rapporto con le
realtà locali: «La Regione e gli
ospedali — così recita il documento — concordano di mantenere un
rapporto trilaterale con le USSL
competenti, per quanto concerne
l'individuazione dei bisogni della
popolazione locale e dei servizi
da attivare ». In fase di programmazione dunque, e questo è ribadito più volte nel testo della
convenzione, dovrà svolgersi un
dialogo a tre, che porti alTindividuazione delle necessità di intervento e stabilisca i metodi ed i
mezzi necessari perché tale intervento si produca. Ciò permetterà, questo è Tauspicio, agli ospedali di radicarsi sempre di più
nella realtà locale in cui operano
rispondendo, nei limiti del possibile, alle molte richieste che già
oggi vengono loro rivolte. Dal
punto di vista finanziario, infine,
la nuova convenzione prevede un
rapporto diretto con la Regione
che dovrà, in futuro, permettere
di evitare certi problemi di liauidità di cui gli ospedali hanno
patito in passato.
Un attestato
di stima
E’ dunque una firma « pesante », quella che il moderatore ha
posto sotto il testo della convenzione. E’ « pesante » perché ha
una rilevanza economica notevole e perché impegna la chiesa ad
operare nel futuro con un impegno pati o superiore a quello
profuso nel passato: la convenzione è un attestato di stima ed
uno strumento tecnico che consente agli ospedali di operare. La
loro evangelicità, però, dipenderà
dalle forze che vi spenderemo.
Paolo Ribet
Impegni e
concertazione
Le prestazioni, sia in termini
di quantità che di qualità, dice il
documento, devono essere stabilite di concerto con la Regione e
con le USSL competenti per territorio e gli ospedali si devono
impegnare ad adottare, in quanto
compatibili, le indicazioni della
Regione in materia di indicatori
di efficacia e di efficienza. Si tratta di impegni gravosi, che richie
Giornata
dell’Ospedale
valdese
di Pomaretto
Domenica 1° >iicembre
Programma :
ore 10: culto, presieduto dal
past. Paolo Ribet;
ore 15 : incontro pubblico
presso il cinema Edelweiss;
dopo saluti e messaggi introduttivi, si svolge un dibattito
su « Il problema tumori nelle
valli Chisone e Gìermanasca »
con la partecipazione del dott.
Paolo Laurenti, coord. sanitario deirUSSL 42 e del dott.
Flavio Maina, primario dell’Ospedale di Pomaretto.
E’ inoltre previsto un concerto della corale valdese di
Lusema S. Giovanni.
4
vita delle chiese
29 novembre 1991
CATANZARO
COLLABORAZIONE BMV IN SICILIA
Il catechismo
Corsi per i
e la vita della comunità Pfedìcatori locali
Una riflessione che non mancherà di coinvolgere molte delle nostre
chiese - Occorrerà avvicinare i più giovani al momento del culto
La chieda di Catanzaro ha avviato sulla sua circolare una riflessione relativa al catechismo e alla partecipazione dei giovani alla
vita della chiesa. Tale riflessione è certamente importante e la sua
portata va ben al di là dell’ambito locale in cui è nata. Per questo
ne proponiamo gli elementi essenziali, che possono essere di stimolo e di provocazione per tutte le nostre chiese.
Da qualche anno stiamo facendo Tesperienza di ammettere in
chiesa dei ragazzi o delle ragazze che poi di fatto non sentono alcun bisogno di partecipare al culto e di essere parte attiva della comxmità dei credenti.
Indubbiamente ci dev'essere
qualcosa di sbagliato nel nostro
modo di concepire la preparazione dei nuovi membri di chiesa. La scuola domenicale è conc^ita in modo che i nostri bambini vivono fuori della comunità per tutto il tempo della loro
infanzia. Il catechismo segue lo
stesso metodo della scuola da
menicale. I nostri figli e le nostre figlie vivono fuori della comunità per tutto il tempo della
loro adolescenza. Quando arriva il momento deH’ammissione
in chiesa, i giovani si trovano
come dei pesci fuor d’acqua. (...)
Negli ultimi anni si sono fatti
dei progressi enormi nella preparazione di materiale didattico
di avanguardia, specialmente per
la scuola domenicale. Ora si sta
cercando di segùire lo stesso metodo per il catechismo. Il risultato è che si dà la massima importanza aH'insegnamento, come
se la fede fosse una gnosi. In
realtà, la fede non viene dall'insegnamento. Paolo dice che
la fede viene dall’udire e l'udi
re si ha per mezzo„ della predicazione della parola di Cristo
(Romani 10: 17).
Nelle altre chiese evangeliche
i catecumeni partecipano regolarmente al culto. Spesso i catecumeni fanno la lettura biblica nel culto e fanno anche la
preghiera che precede la predicazione. A Catanzaro, invece,
sembra che sia scritto nella Bibbia che chi fa il catechismo non
partecipa al culto. Consideriamo
il culto come se fosse im rito
a cui possono partecipare soltanto gli iniziati. E questo è
profondamente sbagliato (...). E
Se dobbiamo scegliere tra la partecipazione al culto e catechismo, allora è meglio scegliere
la partecipazione al culto.
(...) Tutti i Riformatori sono
d'accordo nel dire che la fede
non è una dottrina da imparare. La Riforma ha messo il pulpito al centro della chiesa. Il
pulpito occupa il posto che nella Chiesa cattolica è riservato
all'altare. Ciò significa che tutti i Riformatori sono convinti
che al centro di tutto deve stare la predicazione della Parola
di Dio.
Nessuno nega che la predicazione è parola umana. (...) Tuttavia vi è una promessa del Signore riguardante la predicazio
ne. La sua Parola si nasconde
in essa. Può anche parlarci attraverso la lettura biblica. Ma
la lettura biblica non è in alternativa alla predicazione. Se non
fosse così, non sarebbe necessaria la Chiesa. Ognuno potrebbe
leggere la Bibbia da solo, a casa sua, nella sua cameretta. Questo sarebbe il trionfo deH’individualismo solitario che escluderebbe del tutto l’amore fraterno vissuto nella comunità dei
credenti.
A Catanzaro non sono solo i
giovani che danno scarsa importanza alla partecipazione al culto e alla predicazione. Molti dei
membri di chiesa la pensano allo stesso modo. Ci sono i ”natalini” e i ’’pasqualini”, nonché
quelli che si vedono in chiesa
solo per battesimi, matrimoni e
funerali. Questi nop sanno che
"ubi et quando visura est Deo”
(dove e quando piace a Dio) la
Parola di Dio per loro è nascosta nella predicazione. Può darsi che il Signore si sia stancato
di loro e che non voglia più
rivolgere loro la parola. Ma se
c'è ancora una possibilità per
loro di ascoltare la Parola di
Dio, questa è indubbiamente nascosta nella predicazione. Purtroppo si comportano come chi
dice che non è più necessario
respirare, perché già conosce il
sapore deH’aria. E’ urgente tuttavia affrontare il problema del
catechismo.
Non possiamo continuare a
formare dei "natalini” e dei "pasqualini”.
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
I luoghi Storici
ANGROGNA — La vai d’Angrogna è, tra le valli valdesi,
un po’ la valle « dei luoghi storici » per eccellenza, meta di
continue visite lungo tutto l’anno. Far sì che questi luoghi si
presentino sempre in modo decoroso e ordinato è per gli angrognini e per tutti i valdesi un
impegno di fedeltà al passato
e un servizio reso a chi viene
a conoscere la nostra storia e
ad approfondire la nostra fede.
In questa prospettiva si è
aperto un campo di lavoro permanente per la pulizia e la sistemazione dei luoghi storici
della nostra valle.
Chi volesse dare un suo contributo di lavoro (una giornata,
o mezza giornata, o anche solo
poche ore) è pregato di mettersi in contatto con il pastore
Marchetti (tei. 944144) o con
Adriano Chauvie (sabato e domenica agli Odin di Angrogna).
• Sabato 23 novembre si sono uniti in matrimonio, nel tem
PROTESTANTESIMO
IN TV
Domenica 1” dicembre
ore 23,30 - RAIDUE
Replica
Lunedì 9 dicembre
ore 10 - RAIDUE
In occasione del 700° anniversario della Confederazione elvetica; gli effetti della
presenza protestante in Svizzera.
pio del capoluogo, Franco Valfré e Wilma Jourdan, iscritta
alla nostra comunità. I due sposi andranno a vivere a Volverá.
A loro vanno i più fervidi auguri di una vita coniugale benedetta dal Signore.
Grazie!
VILLAR PELLICE — Viva
gratitudine al predicatore locale
Umberto Rovara per il messaggio che ci ha rivolto domenica
scorsa.
• Il battesimo è stato amministrato a Debora, di Gianfranco
Barolin e di Nadia Geymonat.
La grazia del Signore accompagni questa bambina e i suoi familiari.
• Un fraterno benvenuto a
Debora, di Renato Rostagnol e
Nella Long, e a Katia, di Walter Monnet e Silvia Barolin, con
l’augurio di ogni benedizione
del Signore.
Assemblea di chiesa
FRALI — L’assemblea di chiesa di domenica 24, come al solito affollatissima, ha rieletto
Emilio Rostan anziano di Ghigo
e Elda Grill anziano di Pomieri,
ed ha eletto Gianluca Benini, di
Agape.
Bazar
PINEROLO — L’Unione femminile invita tutti gli amici al
bazar che avrà luogo nei locali
di via dei Mille, a partire dalle
14,30 di domenica 8 dicembre.
E’ questa un’occasione per tra
scorrere un bel pomeriggio e ritrovare fratelli e sorelle delle
varie comunità.
• Sabato 16 novembre è stato
benedetto il matrimonio di Daniela Paschetto e Gabriele Cavaliere. Agli sposi, che si stabiliranno a Frossasco, auguriamo
ogni bene e chiediamo al Signore di aiutarli nella loro vita coniugale.
• La comunità si è stretta a
Fulvio Crivello in lutto per la
morte del padre.
Nuove culle
RORA’ — Nuove culle a Rorà. Sono nati Loris Tourn di
Sergio e Susanna Morel e Valentina Audero di Giuseppe e
Ada Tourn. Felicitazioni vivissime.
• In queste ultime settimane
ci hanno improvvisamente lasciati Alida Salvagiot ved. Rivoira, e il maresciallo dei carabinieri in pensione Umberto Pavarin, di 61 anni. A tutte le famiglie colpite dal lutto vadano
le più sincere condoglianze.
Rielezioni
PERRERO-MANIGLIA — Con
26 voti a favore su 41 presenti
l’assemblea di chiesa, riunita a
Ferrerò il 24 novembre, ha confermato il pastore Lucilla Peyrot per il prossimo settennio.
MASSELLO — Domenica 1°
dicembre, alle ore 11, al Reynaud, si terrà l’assemblea di
chiesa per la rielezione del pastore.
Molti i laici impegnati nella predicazione, a
causa della dispersione nella regione isolana
Nel quadro della collaborazione tra battisti, metodisti e vaidesi, una novità significativa va
segnalata per quanto riguarda
la Sicilia. L’iniziativa riguarda
la predicazione, punto essenziale
per la vita delle chiese e la
loro testimonianza. Data la frammentazione e dispersione delle
comunità, molti sono i "laici"
impegnati in questo compito. E’
una risposta positiva ad una situazione negativa, perché costringe a mettere in atto il principio del sacerdozio universale,
0 comunque un suo aspetto. Naturalmente si pone il problema
di una preparazione adeguata di
chi viene incaricato della predicazione. Ma come fare quando
si vive lontani gh uni dagli altri e gli impegni di lavoro condizionano fortemente il tempo
libero?
Il consiglio del XVI circuito
per parte valdese e metodista e
1 pastori battisti hanno concordato recentemente un programma di lavoro per i prossimi
mesi. Tenendo conto della dislocazione delle chiese, la Sicilia
è stata divisa in due zone: una
intorno all’asse Catania-Pachino,
con presenza mista BMV, e l’altra intorno all’asse Riesi-Palermo, con una preponderanza di
chiese MV. Già negli anni passati, sia nella zona orientale che
in quella occidentale si erano
svolti corsi, o tentativi di corsi,
con varia fortuna.
I corsi si svolgeranno durante
alcuni week-end, in località diverse. Il primo si terrà a Dentini il 14 e 15 dicembre. La struttura di ogni incontro prevede
l’esegesi e la discussione di un
testo dell’Antico o del nuovo Testamento e lo studio di una particolare tematica teologica.
Anche il momento del culto
domenicale nella chiesa locale
sarà utilizzato per il corso, in
quanto la predicazione verrà
analizzata e discussa insieme.
L’appuntamento finale, previsto per l’il e il 12 aprile, vedrà
i due tronconi del corso, quello
occidentale e quello orientale,
riuniti insieme a Catania per
un grande incontro comunitario.
Da notare, infine, che a mandare avanti questa iniziativa
saranno gran parte dei pastori
BMV della Sicilia. Come a dire
che le chiese siciliane, rimboccandosi le maniche, facendo leva
sulle forze locali (o, in linguaggio evangelico, sui doni presenti nelle comunità) e sfruttando
i nuovi spazi aperti dalla collaborazione BMV, rispondono in
questo modo a una delle sfide
del momento.
^ L. D.
BOLOGNA
La comunità multi...
un segno dei tempi
Fratelli che provengono da paesi e culture
lontani dai nostri: riusciamo ad accoglierli?
La nostra comunità, come molte altre nel nostro paese specie
nelle grandi città, sta diventando sempre più multiculturale,
multietnica ed anche multideno
minazionale. E’ un segno dei tempi. Il nostro paese ed il nostro
popolo, nella necessità di un certo tipo di mano d’opera, dovrebbero saper accogliere con disponibilità, senza miopi pregiudizi,
quelle persone i cui servizi sono
utili sia alla produzione sia alla
collettività. L’accoglienza è invece carente ed inadeguata soprattutto a livello degli alloggi (anche alcuni dei nostri fratelli e
sorelle immigrati vivono in condizioni veramente precarie); ma
quella particolare casa comune
che è la chiesa, in cui la fraternità deve essere reale, è anch’essa chiamata ad aprirsi con disponibilità gioiosa alle nuove esigenze della condivisione della fede
(che ha varie espressioni spirituali), con tutti quei fratelli e
quelle sorelle che, provenienti da
terre lontane, il Signore pone al
nostro fianco, a cantare con noi
le sue lodi, ad ascoltare con noi
la sua Parola, a rivolgersi con
noi in preghiera verso di lui. Chi,
dopo qualche anno di assenza,
venisse al culto la domenica mattina, troverebbe non solo molta
più « affluenza » di qualche anno
fa, ma anche una composizione
« internazionale » della comunità
riunita nel nome del Signore. Se
poi ci fossero anche tutti i fratelli e le sorelle delle Filippine,
che svolgono culto e studio biblico ogni domenica pomeriggio
nella loro lingua, diffìcilmente i
« ritardatari » troverebbero po
sto a sedere nelle panche...
Potrà interessare tutti una prima, rapida e provvisoria enumerazione, in base alla provenienz.a
di questi fratelli e sorelle, includendo sia chi è tra noi per mo
tivo di studio o di famiglia, sia
chi è qui per necessità di lavoro: Filippine, 25-30; Angola, 7;
Ghana, 2; Nigeria, 2; Zaire, 1;
Madagascar 5; Argentina, Ij Co
rea, 3; Eritrea, 3; vari stati europei, 15.
Avremo segni concreti della nostia nuova realtà anche nel tradizionale culto natalizio della
.scuola domenicale (domenica 15
dicembre) per la partecipazione
attiva di vari gruppi linguistici.
E' poi in fase di progettazione
una « giornata internazionale di
canto e di comunione fraterna »
che pensiamo di trascorrere insieme il 26 dicembre.
PER I VOSTRI ACQUISTI
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CLAUDIANA
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5
29 novembre 1991
vita delle chiese 5
E’ MORTO UN OPERAIO DELLA CHIESA
IL LUTTO DI LIVORNO
Giovanni Scuderi
Numerose e variegate le presenze al funerale, segno di una valenza
ecumenica e di predicazione profonda - Il ruolo svolto nelle comunità
Domenica 24 novembre, in una
giornata di insistente pioggia, la
città di Livorno ha dato l’ultimo
saluto al pastore Giovanni Scuderi con un’attenta partecipazione al culto nel tempio valdese
presieduto dal sovrintendente
del 10” circuito, pastore Salvatore Briante, che ha predicato
l’Evangelo della resurrezione
traendo spunto da Giovanni 11:
18 e segg., là dove viene riportato l’episodio dell’annuncio a
Marta di una nuova vita per il
fratello Lazzaro pianto per morto.
Generale è stata la commozione dei tantissimi presenti venuti da luoghi anche lontani, fratelli in fede del pastore Scuderi,
vicini a lui nel suo credo ed attirati ma anche toccati e sensibilizzati da una intensa, coerente ed efBcace azione di predicazione e testimonianza a Gesù
Cristo, unico Signore, che ha
ispirato costantemente la sua vita di credente.
Una commossa
partecipazione
Non solo la comunità locale
è stata al completo vicino al suo
pastore, in solidale dolore con
la famiglia, ma erano presenti,
oltre al moderatore della Tavola valdese, pastore Franco Giampiccoli, rappresentanti della
CED del 3“ distretto, di circuito, predicatori locali e delegazioni di numerose chiese valdesi e chiese evangeliche della zona, chiese battiste, della Chiesa
di Cristo, Chiesa avventista.
Chiesa dei fratelli, nonché altrettanti membri della comunità
cattolica locale, laici e rappresentanti di comitati ed associazioni ecclesiastiche e dell’amministrazione comunale di Livorno.
Ha inoltre partecipato al dolore della famiglia anche la comunità ebraica di Livorno.
I messaggi sono stati sobriamente contenuti: ha parlato il
vescovo di Livorno, mons. Abiondi, che ha svolto una riflessione sul salmo 31, sulla fiducia
del vivere in Dio; il moderatore Franco Giampiccoli, che ha
ripercorso le tappe del ministerio del pastore Giovanni Scuderi, dalla Ciociaria alla Sicilia, da
Venezia a Roma ed infine a Livorno dove era giunto sette anni fa; la segretaria nazionale del
Segretariato per le attività ecumeniche, signora Maria Vingia
II pastore
Scuderi
mentre
predica
all' Assemblea
Sinodo del
novembre 1990
a Roma.
ni, che ha ricordato il grande
e costante impegno del pastore
Scuderi nel campo ecumenico.
Hanno inoltre voluto onorare la
memoria del « credente » il dr.
Fornaciari, vicepresidente della
Società biblica, il vicesindaco
della città di Livorno, Massimo
Bianchi, il pastore battista dott.
Pistone, nonché il giovane Federico Sardelli, membro della comunità di Livorno, che ha voluto ricordare in particolare il pastore come un fratello caro ed
un padre, che ha saputo educare alla fede, ed anche vivere i
problemi dei giovani. E tanti altri erano pronti per testimoniare...
La presenza di tanta gente è
stata rappresentativa della realtà di un lavoro in profondità
svolto ovunque e, solo ultimamente, nella città di Livorno.
Non a caso il giornale locale
« Il Tirreno » ha pubblicato ima
fotografia significativa che lo ritraeva accanto al rabbino Kahn
ed al vescovo Abiondi, e Tele
Granducato ha voluto ricordare
la sua immagine ed il suo operato in città.
Con il pastore Briante, ci
chiediamo quali siano le parole
adatte a riempire il vuoto lasciato per la moglie Lidia, per
i figli Marco ed Eliana con le
rispettive famiglie, ed Alessan
dro, nonché per i fratelli, le sorelle e gli amici tutti, e ci accorgiamo che non ve ne sono.
Come credenti, udite le rassicuranti parole di Gesù; « Io sono
la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muoia, vivrà », con le parole di Marta,
sulle quali numerose volte il pastore Scuderi aveva predicato e
commentato, diciamo anche noi,
in risposta alla domanda del
Cristo: « Credi tu questo? »,
« Sì, o Signore, io credo che tu
sei il Cristo, il Figliuol di Dio
che dovea venire nel mondo ».
La salma riposa ora presso il
reparto evangelico del cimitero
« La Cigna » a Livorno.
Leonardo Casorio
dmudìana editrice
Valli nostre 1992
Calendario delle chiese valdesi e metodiste
prezzo Lire 8.000
E’ disponibile:
— presso l’editrice Claudiana di Torino,
— presso le librerie Claudiana di Milano, Torino,
Torre Pellice,
— presso la libreria di Cultura religiosa di Roma,
^ presso i depositi delle chiese
con 13 vedute a colori — versetti biblici e didascalie in 4
lingue — indirizzi delle opere e delle chiese evangeliche che
fanno parte della Federazione delle chiese evangeliche in
Italia e, inoltre, quelli delle chiese di lingua italiana all’estero, oltre agli indirizzi dei pastori emeriti.
FONDATA NEL 1855
Via P. Tommaso, 1 - 10125 Torino - Tel. 689804
C.C.I.A n. 274,482 - C.C.P. 20780102 - cod. fise. 006C1y00012
PROFILO
Una vita
per
la chiesa
Giovanni Scuderi era nato
a Palermo l’8 marzo 1932. Dopo il ginnasio-liceo aveva frequentato la Facoltà di teologia negli anni 1950-54. Nel
1954-55 aveva curato la chiesa di Ferentino, nel 1955-56
aveva compiuto il suo anno
all estero a Basilea, dove aveva l’incarico della comunità
di lingua italiana, e l’anno
successivo aveva svolto l’attività pastorale a Castelvetrano e Campobello.
Nel 1957 era stato consacrato, e successivamente aveva svolto il suo ministero a
Colleferro (1957-60), a Vittoria (1960-67) dove era anche
stato direttore dell’asilo a
Venezia (1967-70) e a Roma,
nella chiesa di via IV novembre.
Dal 1984 era pastore a Livorno.
Tra i suoi scritti ricordiamo Il matrimonio. Problema
di fede, Roma, Chiesa valdese, 1971, e La vita e il pensiero valdese: l’etica e la nonviolenza, in Valdismo medievale, Torino, Assessorato alla
cultura, 1980.
Secondo la carne
sono molto triste
La ricerca di fede intrecciata alla vita quotidiana - Fu studioso e traduttore della TILC
La Chiesa valdese piange la
scomparsa del pastore Giovanni
Scuderi. Forse a lui non piacerebbe essere commemorato, come si fa per le personalità eminenti di questo mondo, perché
si considerava, ed era realmente, un servo di Dio. Tutta la sua
esistenza si è svolta all’insegna
della testimonianza all'Evangelo,
fatta attraverso i gesti, oltre che
attraverso le parole. Gesti quotidiani, che lo hanno reso insostituibile nel ricordo di moltissima gente, credente e non credente, stupefatta dall’esempio di
Un altro modo di vivere, solo
e semplicemente desunto dall’Evangelo. Aveva studiato molto, il pastore, per cercare di
chiarire a se stesso e agli altri
il senso della Parola di Dio, per
indicarne la presenza in un mondo che non conserva più neanche la parvenza della creazione.
Era il pastore della piccola comunità valdese di Livorno, tenace, nonostante le difficoltà,
che per mezzo della sua testimonianza è diventata più grande e più matura.
Era membro di una quantità
di commissioni di studio interconfessionali, stimato consulente, ma soprattutto fratello nella
fede di molti cattolici (ha insegnato anche in un seminario di
Verona) con i quali collaborava
per cercare di riportare Cristo
al ruolo centrale nelle chiese.
Niente di più che un cristiano,
quindi, ma un cristiano vero,
come il suo maestro Karl Barth:
Giovanni Scuderi, infatti, aveva
avuto l’opportunità di studiare
con il teologo svizzero a Basilea,
negli anni ’50. Ricordava spesso
quel periodo, in cui visse in prirna persona gli echi di quel grandioso dibattito teologico di inizio secolo, che prese le mosse
da Kierkegaard e si sviluppò appunto con Barth. Il lavoro di
studioso e ricercatore iniziato in
quegli anni lo ha portato a diventare, oltre che . storico del
valdismo medievale, anche specialista dell’Antico Testamento.
In quest’ultima veste ha collaborato all’edizione di uno dei
passi in avanti più decisivi sulla strada dell’ecumenismo, la
Bibbia interconfessionale in lingua corrente.
Quando, nel settembre del 1542,
Martin Lutero perse sua figlia
Maddalena, disse : ’’Sono lieto
in spirito ma secondo la carne
sono molto triste. La carne non
ne vuol sapere. La separazione
ci torrnenta smisuratamente. E’
meraviglioso sapere che lei è
certamente in pace, che lì sta
bene e ottimamente, tuttavia è
co.sì doloroso!”.
Questo è il sentimento di tutta la comunità cristiana di Livorno, che in questo momento
si stringe intorno alla famiglia,
alla moglie e ai figli. Giovanm'
Scuderi era a Livorno da sette
anni, e in questo periodo aveva stretto con la città legami
profondi, testimoniabili anche
dall'amicizia che lo univa al vescovo Abiondi.
Luca Brunelli Felicettì
membro della comunità
valdese di Livorno
DALLA STAMPA LOCALE
Il SUO sorriso
in faccia alla morte
Coerenza e onestà intellettuale con gli altri
Che scrivere quando scompare un amico... Alla memoria di
Giovanni Scuderi, invero, non si
potrebbe rimproverare altro che
il suo non sapere scendere a
patti. Non con la propria coscienza, cosa impensabile per
un pastore protestante, discendente di quei tenaci valdesi che
hanno saputo mantener fede alla purezza del messaggio dell’Evangelo attraverso i secoli, dallo sterminio della crociata contro gli Albigesi, alle stragi di
Calabria, alla cacciata dalla Francia del re Sole, per finire con
le odiose persecuzioni dei Savoia.
Giovanni Scuderi non sapeva,
non era strutturalmente in grado di prendere in considerazione i distinguo, le astuzie bizantine, i machiavelli che i rapporti politico-sociali impongono, soprattutto a chi fa parte di mi
noranze oggi accettate, ma ieri
solo tollerate, e domani chissà.
Di lui mi piace ricordare la
battaglia intransigente per la laicità della scuola e la liberazione dall’insegnamento confessionale; ma soprattutto il rigore
con cui non lasciava sfuggire alcun punto di principio, nelle poche discussioni teologiche a cui
ho assistito. Perché Scuderi è
stato un grande uomo di dottrina, docente di teologia addirittura presso istituti universitari
cattolici, oltre che pastore evangelico di Livorno, di quella che
un tempo era la più importante
comunità al di fuori delle valli
valdesi del Piemonte.
Esperto biblista, leggeva l’ebraico, il greco, il latino, oltre
alle più diffuse lingue europee,
profondo conoscitore della sterminata produzione di Martin Lutero; lo trovavo una persona
squisitamente allegra, a dispetto dell’austerità della sua figura
esteriore. E la cosa più straordinaria, che purtroppo ho dovuto
scoprire frequentandolo in questi ultimi tempi, era il modo
con cui scherzava della propria
morte della cui imminenza, data l’ineluttabilità della malattia,
era del tutto consapevole. Non
aveva alcun rammarico personale a lasciare la vita, se non per
il fatto di non poter più sostenere l’amatissimo Alessandro, il
figlio minore.
Tutto il resto, era da sorriderci sopra. Faceva persino imbarazzo discutere mentre trattava
la morte come un fatto naturale,
ma anche, o forse soprattutto,
misterioso e divino, e perciò non
la disprezzava, ma piuttosto irrideva il modo con cui la gente
la teme o la aborre.
Il sentimento di serenità e di
fiducia nell’esistenza che sapeva anche negli ultimi momenti
ispirare, persino ad un non credente come me che lo piango,
merita veramente d’essere ricordato come una ’’celeste dote”,
come dice il poeta. E’ scomparso un Giusto.
Pardo Fornaciari
da II Tirreno (23-11-91)
6
obiettivo aperto
FIRENZE; INAUffiATO
Firenze. Il giardino
del Centro giovanile
protestante
(ist. Comandi-Gould-Pe
stalozzi), dove ora è
anche accolto il Centro
di formazione diaconale
"G. Comandi”.
La Tavola valdese hia recentemente reso nota, attraverso i
suoi atti uiRciali, l’adozione di
alcuni provvedimenti amministrativi riguardanti l’opera delle diaconesse. Tali provvedimenti, in
qualche modo, rendono più evidente la conclusione di una splendida esperienza di servizio diaconale, che nella Chiesa valdese è
durata oltre 90 anni.
Considero doveroso, nel momento in cui si inaugura il primo corso del Centro di formazione diaconale di Firenze, ricordare con
un senso di profonda riconoscenza l’opera svolta per tanti anni
dalle nostre diaconesse con fedeltà e spirito di consacrazione.
La coincidenza dei due avvenimenti sembra del tutto casuale;
assume invece un significato simbolico di grande rilievo, in quanto sottolinea non la morte di
un’opera e l’inizio di un'altra, ma
la continuità di una vocazione di
servizio che ha la sua motivazione e la sua radice non nella sopravvivenza di una determinata
struttura ecclesiastica, legata al
passare di tutte le cose umane,
ma in quella Parola che non passa e che di volta in volta suscita
in forme e situazioni diverse uomini e donne disponibili a dare
la vita al servizio del Signore.
L’opera delle diaconesse non è
stata « condannata a morte », come qualcuno scrisse con tono allarmistico, ma continua a vivere
in forma diversa nella vita della
nostra chiesa. Non possiamo dimenticare i 35 tra diaconi e diacono iscritti nei ruoli della Tavola in attività di servizio o in emeritazione e le centinaia di fratelli
e sorelle che, al di fuori di un determinato inquadramento ecclesiastico, operano con lo stesso impegno di servizio all’interno e all’esterno delle nostre opere, esprimendo quella « fede operante per
mezzo dell’amore » che in ogni
tempo è stata alla base della scelta di vita di tutti coloro che hanno voluto servire il Cristo nel servizio verso il prossimo.
Coerenza con !a
propria vocazione
E’ in questo contesto di coerenza con la vocazione ricevuta
che si situa il problema, oggetto
della nostra riflessione, tuttora
aperto al dibattito nella nostra
chiesa, del rapporto tra predicazione e diaconia.
E’ ormai opinione consolidata
che nella chiesa un’opera di diaconia, cioè di servizio cristiano,
disgiunta da premesse evangeliche esplicitamente espresse, non
ha legittimazione alcuna.
È dunque da questa motivazione
di fondo che dobbiamo partire.
Poiché la predicazione della Parola del Signore è l’unica vera vocazione a cui il Signore ci chiama,
dobbiamo capire il senso di questa Parola. La Parola del Signore,
nella nostra concezione evangelica, è innanzitutto Parola vivente; diventa quindi per ogni ge
DIACONIA E FEDELTÀ EV
Sabato 16 novembre è stato inaugurato il primo corso
del Centro di formazione diaconale,
alla presenza di un'ottantina di persone,
fra cui gli otto studenti attualmente iscritti al corso.
Il CFD, coordinato dal prof. Massimo Rubboli,
ha già funzionato in modo sperimentale negli ultimi due anni
€ ora entra nel pieno della sua attività.
! corsi di formazione diaconale, rivolti principalmente
a giovani delle chiese evangeliche f requentanti corsi di
formazione professionale nelVambito educativo e socio-sanitario,
mirano ad approfondirne la prospettiva
di testimonianza evangelica.
Su questo ha insistito il pastore Taccia
nella prolusione che qui pubblichiamo.
nerazione fonte rinnovata di ispirazione in vista di una consacrazione e di un servizio che di volta
in volta potrà assumere forme e
modi diversi di attuazione. Ma
essa è anche termine di confronto e di giudizio critico su tutte le
realizzazioni umane, non escluse
quelle ecclesiastiche.
Essa rimane Parola di Dio in
tutta la sua forza e la sua autorità. Parola di cui Dio è soggetto
e come tale non potrà mai esaurirsi nelle parole degli uomini o
delle chiese. Essa non è messaggio teorico e astratto, come lo
sono spesso le nostre parole, ma
è parola creatrice, vivificata dallo
Spirito, espressione della potenza
di Dio per la sedvezza.
In questo senso l’opposizione
che noi facciamo tra teoria e pratica, parola e azione non sussiste
nella Parola di Dio che è insieme
parola e opera. E’ messaggio di
salvezza e di liberazione che tocca la realtà e la modifica. Così
la parola « diaconia » nell’Evangelo non sottolinea solo l’aspetto
« operativo » dell’azione di Cristo
e in seguito del credente, ma designa e qualifica la globalità dell’intervento evangelico a favore
dell’uomo.
Essa indica innanzitutto una
azione di « servizio » che si oppone al concetto di « dominio » e di
potere {Marco 10: 41-45). Il diacono (servo-schiavo) è la condizione
umana che il Cristo stesso ha
assunto per sé: « Io sono in mezzo a voi come colui che serve »
(Luca 22: 27).
L’azione del servizio si esprime
nell’agape, cioè nell’amore come
dono di sé che trova nella croce
la sua massima espressione. Lo
scopo del servizio è la liberazione
deH’uomo, la sua salvezza, la sua
riconciliazione con Dio, con il
prossimo, con la natura.
Liberare l’uomo non è automatismo miracoloso, ma è lotta contro forze e condizionamenti negativi. Vuol dire rifiutare di accettare il male e la morte, in tutte le
loro espressioni, come fatalità
ineluttabile o destino immutabile. La fede nella vita e nella resurrezione dà la forza di lottare
fino alla croce. Portare nel mondo questo annuncio vissuto in
un’azione e in una lotta coerente di testimonianza di fede, di
speranza e di amore è_ stato ed è
compito dei credenti in ogni
tempo.
Diaconia e
predicazione
La fedeltà di una chiesa si commisura alla sua capacità di
esprimere questa testimonianza.
In seguito, nell’articolazione della
pluralità dei doni dello Spirito,
si distinse la predicazione come
annuncio espresso dalla parola,
dalla diaconia come annuncio
espresso con l’opera, rimanendo
l’annuncio dell’Evangelo elemento unificante e qualificante di entrambi. La predicazione senza
diaconia rischia di es.sere puro
discorso teorico, la diaconia senza predicazione rischia di diventare pura azione sociale.
La parola e l’azione di Cristo in
coerenza con la sua scelta di
umiltà e povertà è stata rivolta
ai poveri e agli umili, ai malati e
ai sofferenti, a coloro che egli
stesso ha definito beati. Essi sono
beati perché Cristo è il loro salvatore e il loro liberatore. Egli
ha operato non con un’azione dall’esterno, ma assumendo la loro
condizione, diventando uno di lo
ro, solidarizzando con loro al
punto di identificare se stesso con
colui che ha fame, che ha sete,
con il forestiero, con l’ignudo,
con il malato, con il carcerato
(Matteo 25: 35-36).
Questa condizione, a cui gli
stessi discepoli di Gesù sono stati chiamati (Giov. 13: 14-17), subirà presto nella chiesa un graduale processo di degenerazione
legato ad una sempre maggior
acquisizione di potere che mal si
conciliava con una scelta di povertà. La reazione di diversi movimenti radicali del Medioevo, tra
cui i valdesi, denuncia questa situazione giudicata infedele e richiama la chiesa alla sua vocazione primitiva. Una chiesa ricca
non ha l’autorità morale di dire:
beati i poveri.
La Riforma, nel ’500, pur riaffermando la necessità di un ritorno all’Evangelo come unica autorità e norma di rinnovamento della teologia, della struttura della
chiesa, dell’etica e della politica,
rifiuterà il radicalismo pauperista, ma sarà tuttavia capace di
esprimere una nuova attenzione
verso i malati, i poveri e i diseredati, il cui sostegno non sarà più
considerato opera meritoria, ma
responsabilità umana e sociale in
cui l’autorità politica dovrà essere coinvolta, nell’ambito della
« societas Christiana ».
Le chiese evangeliche in Italia,
e in particolare la Chiesa valdese
(erede in qualche modo di entrambi questi modi di considerare la vocazione di servizio i quali,
a livello di sensibilità, possono
anche diventare complementari),
specie dal secolo scorso, si sono
fortemente impegnate sul piano
della « diaconia ».
Sotto la spinta del movimento
del risveglio è stata avvertita la
necessità di intervenire concretamente a favore di una grave situazione di povertà e di sofferenza che non poteva essere ignorata. Intervento vissuto inizialmente come annuncio e testimonianza dell’amore di Dio per
ogni creatura lunana.
La necessità di una coerenzia
tra parola e azione, tra predicazione e diaconia si è imposta. I
testi biblici citati erano: « Chi
non ama il suo fratello che ha
veduto, non può amare Dio che
non ha veduto » (I Giov. 4: 20) e
altri analoghi. La Chiesa valdese
alle Valli assume la responsabilità, con l’aiuto e la solidarietà di
fratelli e sorelle di chiese estere,
di dotare il popolo-chiesa di una
struttura diaconale sanitaria e assistenziale rivolta essenzialmente
ai poveri e agli emarginati delle
Valli stesse, mentre sviluppa una
struttura scolastica specialmente
per la promozione culturale della futura classe dirigente valdese. Sono fortemente presenti i temi di una cultura borghese emergente
Nel resto d’Italia, in collaborazione a volte con altre chiese
evangeliche, si sviluppa una vasta azione scolastica e diaconale
con una motivazione più marcatamente evangelistica.
Elementi critici
Anche nell’azione delle chiese
evangeliche si possono rilevare
alcuni elementi critici, al di là
dell’ammirabile spirito di consacrazione di credenti, di pastori,
di diaconesse.
L’opera diaconale, specie alle
valli valdesi, promossa e sostenuta essenzialmente, come abbiamo
detto, dalla classe borghese emergente e pur essendo motivata da
spinte evangeliche autentiche, assume in modo acritico i modelli
assistenziali del tempo, tesi a
concentrare in istituzioni religiose tutti coloro che per ragioni di
salute, di età, di indigenza non
possono concorrere al processo
produttivo in atto. Una maggioranza di presenza contadina non
certo ricca, che solidarizzerà con
i suoi « istituti » provvedendo
in larga parte con aiuti in natura,
renderà alle Valli questo processo meno evidente che nelle zone
urbane o a sviluppo industriale.
E se molti danno la vita per
assistere i poveri e i sofferenti,
altri danno soprattutto del denaro. Dalla carità ( = agape) si passa
lentamente alla carità (= beneficenza). Questa situazione si nrotrae con molte eccezioni e alterne vicende fino al secondo dopoguerra, dove assistiamo a profondi mutamenti che hanno inciso fortemente nella concezione
stessa della nostra diaconia, nei
modi e negli strumenti del suo
esercizio, nei metodi della sua gestione e anche nell’entità economica dei suoi costi.
Fenomeno particolare del nostro
paese fu una forte reazione da
parte di ambienti laici e determinati settori politici, che si è
espressa protestando contro il
monopolio religioso, che in Italia
era quasi assoluto, nella gestione della sanità e dell’assistenza,
denunciandone spesso l’arretratezza, l’ipocrisia, la strumentalizzazione politica e l’uso spavaldo
del potere incontrastato che ne
derivava.
Uno dei risultati positivi di questa reazione fu la volontà (non
sempre correttamente realizzata)
di trasformare la beneficenza (di
stampo borghese e di degenerazione cristiana) in diritto sociale a cui tutti devono poter accedere, indipendentemente dal censo e dalla condizione personale.
Inoltre sono stati promossi e
privilegiati i sistemi assistenziali
aperti, non segreganti, che garantiscano attraverso l’attivazione di
servizi a carattere domiciliare,
per quanto possibile, il mantenimento dei soggetti nei loro propri ambienti. I livelli assistenziali furono migliorati, puntando sulla professionalità degli operatori, sull’aggiomamento delle
apparecchiature tecniche e delle
strutture ricettive.
Lo stato, attraverso i suoi organismi territoriali, assume la
gestione diretta dei servizi. Abbiamo sott’occhio i risultati positivi e talora fortemente negativi di questo processo tuttora in
atto, caratterizzato da ritardi,
squilibri e disfunzioni, costi altissimi, oltre che da belle ed
esemplari realizzazioni.
La dimensione umana
Tuttavia un elemento che è
emerso quasi ovunque, di segno
fortemente negativo, è stato la
retrocessione e la perdita di spazio e di valore della « dimensione:
umana » a vantaggio degli aspetti
tecnico professionali. Si assiste
oggi ad una volontà di recupero
di tale « dimensione umana » ritenuta componente indispensabile
nell’intervento sanitario, assistenziale o sociale.
La Chiesa valdese si pone in
quegli anni il problema della legittimità (e della possibilità) di
continuare ad operare nei settori di servizio diaconale in cui era
impegnata.
La situazione dei nostri istituti
era quasi in disfacimento. Stabili
vecchi e spesso fatiscenti erano
ormai del tutto inadeguati a un
servizio sanitario e assistenziale
compatibile con le nuove esigenze.
La scelta della chiesa, sostenuta
da una larga base delle comunità,
fu di non disfarsi dei propri istituti, riconosciuti come possibili
strumenti di testimonianza che
ancora potevano essere utilizzati,
aprendoli se possibile a un servizio più ampio a favore di tutta
la popolazione. In coerenza con
questa scelta, a partire dagli anni ’70, inizia un ventennio di impegno rilevantissimo nella ristrutturazione e neH’ammodernamen-
7
obiettivo aperto 7
inaurato il primo corso del centro di formazione diaconale
VNGELICA
to di tutti gli istituti della chiesa,
dalle Valli alla Sicilia. Intanto
in Sicilia sorgono le due grandi
opere diaconali di Palermo e Riesi, la Federazione si impegna nelle zone terremotate, e si consolida la rete di case di vacanza, di
accoglienza e di centri di formazione.
Mammona fu incatenato, posto
al servizio dell’opera del Signore
e strizzato fino all’ultima lira e il
Signore se ne servì per splendidi
esempi di generosità e solidarietà.
Il criterio che ha presieduto a
questo immenso sforzo di ristrutturazione degli stabili di servizio
dedicati alla diaconia non è stato
semplicemente la volontà conservatrice di mantenere in essere
una pur gloriosa tradizione del
passato. Le nostre opere non sono monumenti da conservare ma
strumenti di servizio da valorizzare e adeguare sempre meglio
alla funzione sanitaria, assistenziale, a cui sono destinati.
La programmazione pubblica,
in via di elaborazione proprio negli anni '70, aveva previsto la possibilità di valorizzare le risorse
esistenti sul territorio stabilendo, là dove era data garanzia del
raggiungimento di prestabiliti
standard di qualità, un rapporto
di collaborazione con il riconoscimento dell’ autonomia ecclesiastica, la determinazione di reciproci diritti e doveri e con l’assunzione dei costi di gestione.
Collaborazione
Le nostre chiese, compiendo
una scelta di notevole rilievo per
il futuro della diaconia, hanno
accettato di entrare nella logica
della collaborazione con il pubblico, ponendo così fine al principio della « surroga » che fino allora aveva, almeno in parte, motivato l’esistenza degli istituti
evangelici.
Ma se importanti erano i problemi legati ad interventi edilizi,
alle nuove attrezzature, alle questioni amministrative e sindacali
e ai rapporti con gli enti, anche
se non da tutti avvertita, apparve
più importante l’urgenza di ristabilire un collegamento più
stretto di tutto questo lavoro con
la predicazione dell’Evangelo. Le
grosse e impegnative preoccupazioni di tipo aziendale rischiano
infatti, ancora oggi, di assorbire
tutte le energie degli organismi
responsabili delle chiese incari-,
nati della gestione, facendo spesso dimenticare la questione di
fondo che non può essere data
per scontata, cioè quale tipo di
predicazione « passa » attraverso
tutto questo lavoro.
In altre parole: qual è la ragione per cui una chiesa evangelica deve occuparsi di problemi
sanitari, assistenziali, educativi,
quando lo stato si dichiara istituzionalmente responsabile di tali
funzioni?
Le disfunzioni, le disattenzioni,
le lentezze burocratiche, i ritardi
degli interventi pubblici sono noti
e sembrano oggi motivare la proposta di un ritorno al privato,
ma non possono da soli giustificare le nostre scelte, che non sono mai state assunte in funzione
concorrenziale ma di collaborazione, avendo di mira non il prestigio o la prevaricazione ma il
servizio reso all’uomo e alla donna in stato di necessità.
Forse è più vero il fatto a cui
accennavo nell’introduzione di un
libretto sulle «nuove prospettive della diaconia evangelica »:
« Mentre la chiesa deve richiamare le pubbliche amministrazioni alla loro responsabilità, questo
non può tuttavia risolversi in una
azione di delega per la soluzione
di problemi umani, affidata a interventi di mera natura tecnico
organizzativa. La dimensione umana presente nella sofferenza,
nella povertà e'nell'emarginazioue è tale da coinvolgere l'atten
zione e la partecipazione di tutti,
e in particolare dei credenti, proprio per la natura del messaggio
a cui rendono testimonianza.
La chiesa deve riscoprire il senso della diaconia evangelica come elemento costitutivo della sua
vocazione e, al di là della concezione meramente caritativa, aprire un vasto spazio di intervento
nella chiesa e fuori di essa che costituisca una sfida e nello stesso
tempo una proposta per un effettivo servizio e una testimonianza
efficace da parte dei credenti ».
Deve affermarsi quindi la convinzione che parte rilevante della
testimonianza evangelica nella
diaconia deve essere espressa
non solo dall’esistenza di opere
e istituti e dal modo, peraltro importantissimo, della loro conduzione, ma daH’anima, dalla motivazione di fede, dalla sensibilità
urnana, dallo spirito di amore di
chi lavora a contatto con altri.
E una prima proposta per lo
sviluppo di tale riflessione nasce
proprio dalla Casa delle diaconesse. La relazione al Sinodo del
1967 riporta il progetto della co
Ma uno degli aspetti qualificanti di questa proposta di formazione era dato dalla sua apertura non solo agli operatori delle
nostre opere (evangelici e non)
ma a questi . membri o no delle
nostre chiese, impegnati in altre
istituzioni sanitarie, assistenziali
ed educative desideravano esprimere nel loro lavoro il carattere
di un servizio evangelicamente
motivato. Questo lavoro è stato
proseguito in parte con l’attività
dei dipartimenti diaconali (là dove sono stati costituiti) e ripreso dalla commissione diaconale
con l’organizzazione dei riusciti
incontri di Casa Cares.
Un altro problema che era stato evidenziato fin dagli anni '70
riguardava il coinvolgimento (non
soltanto finanziario) delle comunità evangeliche nell’opera della
diaconia. Salvo situazioni locali
dove il rapporto è sempre stato
stretto ed efficace, la mancanza
di interesse da parte delle chiese
e della chiesa ai problemi della
diaconia (pensiamo allo spazio e
alla partecipazione accordate dai
sinodi degli anni ’70 a questi te
L'Asilo dei vecchi a San Germano Chisone.
stituzione di un « centro diaconale » che intende recuperare nel
suo programma di formazione gli
elementi essenziali della vocazione diaconale: la disponibilità
evangelica al servizio e il vincolo comunitario.
La chiesa accolse per lo più
con disinteresse e diffidenza tale
proposta: per alcuni troppo rivoluzionaria, per altri irrilevante
davanti al problema del rinnovamento politico e morale della società (siamo nel ’68!). Malgrado
questa poco incoraggiante accoglienza il Centro svolse un utile
lavoro di riflessione biblica, di
collegamento e di formazione per
gli operatori dei nostri istituti
specie per l’area delle Valli, stimolando la riflessione sul significato evangelico del lavoro compiuto, sui modi della sua esplicitazione in un confronto attento
con l’evoluzione concettuale, programmatica e normativa che andava sviluppandosi in quegli anni.
Particolarmente riconoscente
fu quella parte del personale che,
entrando nelle nostre opere con
una vocazione di servizio, si era
sentita praticamente abbandonata dalla chiesa che nulla proponeva per sostenere, sviluppare,
approfondire e valorizzare questa disponibilità iniziale, creando
spesso situazioni di amarezza, delusione e abbandono.
Il Centro diaconale si occupò
in particolare del problema dei
minori ponendo le basi per una
vasta opera di riconversione degli
istituti e per la formazione di personale motivato ed efficiente. Anche sul versante dell’attività per
gli anziani vi fu notevole attenzione alle nuove proposte per un
diverso modo di intervento di cui
si è tenuto conto nella ristrutturazione degli istituti adibiti a tale compito.
mi o alla mancanza fino ad ora di
riferimenti specifici nella formazione dei pastori) ha contribuito
ad allargare la divaricazione tra
chiese e opere, compromettendo
quell’unità tra predicazione e servizio che è alla base dell’azione
evangelica.
La mancanza di collegamento
per cui la chiesa non riconosce
neH’opera l’espressione della sua
diaconia e l’opera non riceve dalla chiesa la predicazione come
elemento motivante della sua esistenza, ha costituito un danno
reciproco non facile da superare.
Molti hanno considerato motivo
di incomprensione e di allontanamento dalla realtà ecclesiastica
quel processo di « laicizzazione »
che si è prodotto nelle opere con
il passare della teologia risvegliata che ne era in qualche modo il cuore pulsante.
In molti settori si sono consapevolmente evitate connotazioni
confessionali troppo marcate, specie negli istituti aperti a tutti, che
potevano essere recepite come
imposizioni religiose autoritarie,
magari a fini proselitistici. Abbiamo ritenuto che la presenza evangelica dovesse esprimersi in questi casi innanzitutto nella assoluta correttezza di rapporti con
utenti, operatori, enti pubblici,
senza la quale il discorso evangelico rischia di diventare mistificante e, secondariamente, nel livello qualitativo del servizio reso
e nell’impegno professionale degli operatori.
« Non esiste un istituto evangelico, ma un modo evangelico di
condurre un istituto ». Da questa
base di correttezza e di chiarezza
(peraltro comune ad istituzioni
non evangeliche: la lezione della
parabola del samaritano rimane
sempre attuale!) può nascere l’esplicitazione della ragione del nostro servizio attraverso la predi
Torre Pellice.
La Comunità
alloggio per
minori di
via Angrogna.
cazione e la testimonianza personale, offerte come proposte e irtdicazione e mai imposte come
condizione, nel pieno rispetto della libertà e della coscienza altrui.
Non vogliamo riprodurre in sede evangelica quella coercizione che abbiamo combattuto in
altri tempi.
L’esperienza dimostra come in
moltissimi casi un’azione diaconale di servizio, ispirata a umanità e solidarietà, suscita la domanda del perché. Ed è necessario, da parte nostra, essere
« pronti a rispondere a chiunque
domanda ragione della speranza
che è in noi, con dolcezza e rispetto, avendo una buona coscienza » (I Pietro 3: 15-16).
’’Diaconia leggera”
Ma da alcuni anni una proposta diaconale diversa cerca nella
chiesa un suo spazio di attenzione. E’ stata definita un po’ scherzosamente « diaconia leggera »
perché punta non più sul modello istituzionale con tutto il suo
peso edilizio, amministrativo e
gestionale, ma sull’impegno uersonale del credente. Questa proposta, peraltro non nuova, intende recuperare a livello comunitario e individuale il concetto
di carità-agape come espressione di fede concreta.
Essa può esprimersi ad esempio rivitalizzando i tradizionali
gruppi ecclesiastici della diaconia
(connotati soprattutto dai famosi
bazar) che furono a suo tempo
criticati per la loro impostazione
borghese, senza peraltro sostituirli con altre proposte. Questi eruppi, possibilmente rinnovati nella
mentalità e nei metodi di .lavoro,
devono continuare a dare il loro
prezioso aiuto di sostegno in situazioni a volte di emergenza e
devono allargarsi e diversificarsi
in azione di volontariato nella solidarietà con anziani e ammalati,
oppure nella formazione di gruppi a favore degli immigrati o di
ricerca per affrontare, sia pur in
modo non professionale con azioni di appoggio, i problemi della
tossicodipendenza, dell’alcolismo
o delle « nuove povertà », che si
affiancano alle vecchie e che la
nostra società squilibrata e spesso disumana continua a produrre,
L’Associazione evangelica di volontariato, sorta nello spirito della nuova diaconia, è utile strumento per la promozione, l’informazione e la concretizzazione di
nuove e diverse possibilità di servizio. Inoltre, diaconia leggera
non inquadrabile in schemi prestabiliti né quantificabile e non
sempre valutabile con giudizi
umani, ma di grande rilevanza, è
l’impegno personale di credenti
nell’ambito di professioni sanitarie, assistenziali, sociali ed educative che li pongono direttamente in contatto con la sofferenza
umana,
Qltre alla preparazione tecnico
professionale è fondamentale un
supporto evangelicamente e teo
logicamente qualificato sia nella
fase della preparazione (e questo
è il compito del centro che of»'gi
inauguriamo) che, come collegamento e aggiornamento, nello
svolgimento della professione.
Concludendo e riferendomi ancora a una frase del libretto succitato dirò: « Mentre la vocazione
diaconale della chiesa rimane un
dato ineliminabile le forme in cui
essa si esprime, e gli strumenti
adoperati, possono essere modificati a seconda della situazione di
bisogno che intende affrontare,
delle risposte che intende dare e
degli obiettivi a breve o a lunga
scadenza che si prefigge. Da questa considerazione deve scaturire
la capacità creativa e inventiva
della chiesa, la sua libertà di
Sganciarsi in ogni momento da
forme di servizio sorpassate, la
sua sensibilità verso i nuovi problemi del nostro tempo.
E’ necessario sviluppare, coinvolgendo direttamente le comunità che non possono continuare a
delegare agli istituti la responsabilità diaconale, una diaconia non
istituzionalizzata che affronti i
problemi sociali in modo nuovo,
svolgendo opera di stimolo, denuncia ma anche appoggio e collaborazione con altre forze e organismi che già si muovono in
questa direzione ».
Pensando soprattutto alle nuove generazioni che non hanno vissuto queste vicende, ho voluto
tracciare a grandi linee la storia
recente e i problemi della nostra
diaconia per sottolineare da una
parte il processo di profondo
cambiamento che ha subito in
questi ultimi vent’anni e dall’altra gli elementi di continuità che
unificano nel tempo e nello spazio la nostra azione diaconale.
Tra questi ultimi assume rilevanza la ricerca di fedeltà evangelica,
che rimane contemporaneamente
punto di partenza e obiettivo da
realizzare.
Ritengo che il servizio di annuncio evangelico che le nostre
chiese possono rendere alla collettività per mezzo della diaconia,
istituzionalizzata o leggera, dentro o fuori della chiesa, deve essere sempre meglio valorizzato e
esteso a nuove forme di intervento in cui prevalente sarà l’apporto che fratelli e sorelle credenti potranno dare come testimonianza vissuta di fede che si
inserisce nella realtà della sofferenza, della malattia, del disadattamento sociale, della solitudine
e dell’emarginazione, per portare
non solo un sostegno fisico
e morale ma altresì, nelle forme
più spontanee e autentiche, un
messaggio di amore e speranza.
Non ci resta che auspicare che
questa scuola di formazione diaconale, che intende inserirsi proprio in questa prospettiva, possa
crescere promuovendo e sviluppando nelle nostre comunità una
coscienza diaconale sempre più
diffusa, come espressione di un
servizio che nell’agape di Cristo
ha il suo centro e il suo fine.
Alberto Taccia
8
8
ecumenismo
29 novembre 1991
LE TAPPE DI UN LUNGO CAMMINO
RIFORMATI DI FRANCIA
Libertà evangelica
in Europa
Come le chiese ortodosse e la Chiesa cattolico-romana, anche quelle
protestanti intendono rafforzare la loro testimonianza nel futuro
Una sfida per i
protestanti europei
Elaborato un documento significativo suM’impegno delle chiese nel continente che cambia
Abbiamo già riferito sull’Assemblea delle chiese evangeliche in Europa che si terrà a Budapest nel ’92 e che è stata
preparata in un incontro a Basilea a cui ha partecipato anche il
prof. Paolo Ricca. L’articolo che segue è scritto da Reinhard
Frieling, direttore dell’Istituto di studi confessionali di Bensheim e pubblicato sul bollettino di questo Istituto. Ci è sembrato interessante tradurlo per I nostri lettori, sia per l’informazione che contiene, che per il suo taglio, particolarmente
attento anche alle aspettative e alle linee espresse dalle chiese valdesi e metodiste al riguardo (cfr. odg Sinodo 1990).
« Europa » è presente ovunque
nell’ordine del giorno di incontri
ecclesiastici. La mutata situazione
politica ed ideologica all’Est e i
processi di unità politica ed economica all’Ovest costringono tutte le chiese a verificare in che modo oggi si possa vivere la testimonianza cristiana. Forte è la volontà
di comunione ecumenica, eppure
si verificano singolarmente anche
molte azioni individuali, confessionali e nazionali, cosicché nella
grande e quasi infinita rete di organizzazioni ed organismi a livello
europeo spesso non c’è contatto
con attività parallele. Continua a
mancare nella teoria e nella prassi un comune concetto europeo.
A fine agosto 1991, invitati a titolo personale da 4 vescovi, si sono incontrati a Basilea circa 70 dirigenti di chiese evangeliche, per
discutere sulla testimonianza delle
chiese a livello europeo. Il termine « evangelico » è stato qui usato
per indicare le chiese che si rifanno al messaggio della Riforma,
nate sia prima di essa che nel
XVI secolo o più tardi; dai vaidesi agli anglicani, luterani e riformati fino ai battisti e all’Esercito della Salvezza. Da questo incontro è scaturito l’invito ad una
« Assemblea delle chiese evangeliche in Europa », che si terrà nel
marzo del 1992 a Budapest e vedrà presenti tutte le chiese evangeliche membro della KEK (Conferenza delle chiese europee). E’
stata dunque raccolta la proposta
di un Sinodo evangelico europeo,
anche se non è stato raggiunto il
consenso sulla parola « sinodo».
Come le chiese ortodosse con il
loro Sinodo panortodosso e la
Chiesa cattolico-romana con il suo
Sinodo dei vescovi europei, così
anche il protestantesimo ha creato
un organo ad hoc con l’intenzione
di rafforzare la comune testimonianza. Contemporaneamente Budapest preparerà il contributo
evangelico per l’Assemblea della
KEK che si terrà a Praga, nel settembre ’92. Non si pensa per ora
ad un organo permanente, si vuole piuttosto ravvisare come gli interessi evangelici vengano rappresentati all’interno della Conferenza delle chiese europee.
Sarà compito primario dell’Assemblea delle chiese evangeliche
europee annunciare alle donne e
agli uomini di oggi il messaggio
della giustificazione per sola grazia, in modo che lo possano comprendere come Parola di Dio nella
loro situazione, nelle loro paure e
nelle loro speranze. Questa « libertà evangelica » è lo scopo dell’annuncio dell’Evangelo nell’Europa secolarizzata. E’ la libertà
che genera persone libere e responsabili di fronte a Dio ed al prossimo, donne ed uomini che cercano di mettere in luce la volontà di
Dio in una società pluralista e
secolarizzata.
All’epoca della Riforma era stata la « libertà evangelica » a contribuire alla fine del Corpus Christianum medioevale, con il suo
connubio fra chiesa ed impero e
con il suo forte clericalismo. Compito odierno è affermare la società pluralista con i suoi valori fondamentali che sono la libertà religiosa, la libertà di coscienza ed
uno stato ideologicamente neutro.
Va inoltre sottolineato l’impegno
sociale: alla luce della libertà
evangelica, ad esempio, un mercato « libero » che non tiene in alcun conto le conseguenze sociali
ed ecologiche, distrugge i diritti
di libertà e di vita di chi non ha
alcun potere, delle minoranze e
delle generazioni future.
L’Assemblea evangelica europea
non ha « problemi evangelici » da
risolvere, cerca invece una risposta evangelica ai problemi derivanti dalla secolarizzazione. I protestanti e le loro chiese non chiedono nuovi privilegi, ma ravvisano la loro vocazione nell’essere un
fermento di solidarietà nella società, agendo in essa in modo visibile ed utile. A Budapest avrà
luogo uno scambio di esperienze
tra le chiese evangeliche di massa
e quelle di minoranza. Come si regola, in evangelica libertà e a seconda della specifica situazione,
il rapporto tra chiesa, stato e popolo?
Assistiamo in questi anni ad un
processo di unità europea a cui
corrispondono separazioni etniche
e nazionali, che in parte si coniugano a tendenze di rinnovato confessionalismo. La Russia ortodossa, la Lituania luterana, la Croazia cattolica, la Serbia ortodossa,
l’Inghilterra anglicana e la Prussia protestante hanno espresso un
tempo una durevole unità nazionale, confessionale e culturale.
Questi connotati sono poi retrocessi a causa di ideologie ateistiche e
di una secolarizzazione diffusa.
Tanto più è sorprendente che, nel
momento in cui le chiese cercano
di evangelizzare in modo nuovo in
Europa, si svegli una nuova coscienza confessionale.
Come si comporteranno le chiese al riguardo? Torneranno ad
aspirare ad una « società cristiana », dove stato e chiesa siano
partner e la chiesa eserciti un’influenza possibilmente considerevole nella società?
E’ probabile che, all’interno
del protestantesimo, le chiese di
massa e quelle di minoranza diano risposte diverse, come pure
diversamente risponderanno a livello ecumenico i cattolici, gli ortodossi e i protestanti. In questa
situazione è necessario che le chiese evangeliche europee si sostengano a vicenda, in piena libertà
evangelica e a seconda della loro
specifica testimonianza, vigilando
affinché lo stato non venga da nessuna parte vincolato ideologica
mente.
Di fronte ad un rinnovato nazionalismo in Europa e alle difficoltà incontrate da molte minoranze, vivere la libertà evangelica
equivale ad impegnarsi per una
riconciliata diversità di popoli,
culture e confessioni, esercitare
tolleranza verso chi la pensa in
modo diverso, esigere da tutti gli
stati europei la protezione delle
minoranze religiose, etniche e culturali, assicurare cioè la libertà religiosa e il trattamento giuridico
paritario di tutte le chiese e di tutte le comunità religiose. Anche le
chiese di minoranza dell’Europa
dell’est e del sud si aspettano su
questo punto aiuto e solidarietà.
Certo, dall’Assemblea di Budapest non ci si può attendere il
miracolo dell’unità di tutto il protestantesimo. Vanno inveee dati
segnali per il cammino futuro, sia
per quanto concerne il contenuto
della testimonianza evangelica che
per una migliore collaborazione
delle chiese e degli organismi ecclesiastici E’ compito degli evangelici portare il loro specifico
contributo evangelico all’interno
della comunità ecumenica. (...)
Essere pro-evangelico non vuol
dire essere anti-cattolico o anti-ortodosso. Quanto ecumenicamente
si può fare, deve anche avvenire
ecunienicamente. L’autoriflessione
degli evangelici nell’Assemblea evangelica europea è preparazione
e non concorrenza rispetto all’ecumene all’interno della KEK o del
processo conciliare giustizia, pace
e integrità del creato. La confessionalità evangelica esclude il confessionalismo, afferma il pluralismo e promuove la comunità ecumenica.
Reinhard Frieling
(Traduzione di Mirella Abate)
* L’incontro di Basilea ha raccomandato di:
1) Evitare di creare una nuova struttura permanente, perché
l'interesse primario non deve andare alle strutture.
Le chiese evangeliche, fedeli alle loro origini riformate, devono
muoversi sempre partendo dall’Evangelo e darsi solo le strutture necessarie al loro impegno
di predicazione. Oggi è urgente
che le chiese evangeliche abbiano
la possibilità di accordarsi insieme sull’attualità dell’eredità riforrnata, rispetto alla nuova situazione creatasi in Europa.
2) Questa riflessione comune
va portata avanti appoggiandosi
e accordandosi con le organizzazioni già esistenti a livello europeo (KEK, Leuenberg, Colloqui,
Commissione ecumenica europea
Chiesa e Società, Commissioni di
zona delle alleanze confessionali
mondiali).
3) Proponiamo che nella primavera del ’92 si riunisca un'Assernblea ad hoc delle chiese evangeliche europee sul tema « Testimonianza e servizio delle chiese evangeliche nell’Europa del futuro ». Quattro temi andranno
particolarmente sottolineati: a)
Annunzio deH’Evangelo in presenza delle diverse forme della secolarizzazione b) Missione ed
evangelizzazione c) Nazionalismo
e minoranze d) Compiti delle
chiese nell’Europa del futuro.
L’Assemblea dovrà in primo luogo .servire a rafforzare la testimonianza comune; inoltre dovrà
dare un contributo all’Assemblea
plenaria della KEK a Praga (settembre '92).
In un ambiente molto particolare, un ex seminario cattolico,
si è svolto il XXII Sinodo regionale ’’Centre-Alpes-Rhòne” della
Chiesa riformata di Francia.
Dal 9 airil novembre, a Vivier
(Ardèche), i circa 200 delegati
si sono incontrati per discutere
Sui problemi interni delle comunità e su un argomento di grande attualità quale il ruolo delle
chiese protestanti all’intemo dell’Europa del 1992.
« Le nostre chiese stanno
scomparendo come chiese di
massa — ha affermato il presidente del Consiglio regionale
nel suo messaggio introduttivo — ma sono anche capaci di
essere testimoni delVEvangelo
quando non si rassegnano ad
essere delle comunità in via di
estinzione ».
Anche in Francia la secolarizzazione si fa strada da tempo e
dal 15 al 20% delle comunità
sono sprovviste di pastore. Ed
è proprio su questi presupposti
che la Chiesa riformata di Francia continua a riflettere e a
lavorare sui progetti proposti
dai sinodi degli ultimi anni: Edificare e testimoniare, Testimoniare e Servire, Edificare
e formare.
Inoltre, ricca di spunti per il
dibattito sinodale, è stata la conferenza pubblica tenuta dal pastore Markhoff (che lavora anche presso la Commissione sociale, economica e internazionale della Federazione delle chiese protestanti di Francia) sul tema Chiesa e Europa.
La sua relazione ha toccato
le varie fasi della costituzione
della Comunità economica Europea, da Schuman ai giorni
nostri, mettendone in evidenza
sia gli aspetti economici che
quelli politici, per arrivare a formulare diversi interrogativi:
quale Europa per quale mondo?
Quale ambiente in relazione alle
nuove forme di sviluppo economico? Quale politica agricola per
la CEE? Quali relazioni tra la
CEE e gli altri paesi europei?
Quali relazioni tra la CEE e i
paesi del Terzo Mondo: Europa
fortezza o Europa solidale? Quali chiese nella CEE?
Su questi interrogativi ha riflettuto e si è espresso il Sinodo con un messaggio rivolto alle comunità: « Siamo coscienti
della responsabilità delle chiese
per le divisioni passate e presenti in Europa. Questa responsabilità ci obbliga al pentimento...
In questo nuovo spazio europeo
siamo chiamati , a discernere, in quanto chiese, i bisogni di tutti quelli che ci vivono, le loro speranze e i loro
dubbi in modo da poter portare
il nostro contributo e la nostra
.solidarietà per dei nuovi progetti
di riconciliazione. Nello stesso
temno dobbiamo denunciare tutte le forine di sofferenza imposte o giustificate da considerazioni ideologiche o di profitto e
lottare contro di esse... Per poter
aiutare a promuovere un’Europa solidale, incoraggiamo le chiese locali a continuare la loro
riflessione e a prendere tutte le
iniziative concrete nel senso di
una giusta condivisione senza
frontiere... Al fine che le nostre
chiese diano un segno della loro
unità e dispongano di un luogo
di dibattito democratico e di
testimonianza comune chiediamo la convocazione di sinodi
europei ».
Come possiamo riconoscerci,
in quanto Chiesa valdese, in queste riflessioni ed in queste decisioni di impegno!
Questa nuova realtà di un’Eurona dei dodici, peraltro non
sempre considerata come una
cosa positiva, è un’ulteriore sfida alle chiese protestanti europee: lo diciamo in Italia, lo
dicono in Francia.
Non possiamo vivere ripiegati su noi stessi e a tutti i livelli
(parrocchiali, teologici, amministrativi) dobbiamo vivere contatti sempre più regolari e profondi con le altre chiese d’Eurona
Si può dunque cominciare a
pensare che una nuova strada
di testimonianza per le nostre
chiese si sta aprendo: non è
un’utopia irrealizzabile, anche
se numerosi restano ancora gli
ostacoli da superare.
Ada Poét
I BATTISTI SCRIVONO A ANDREOTTI
Per il futuro
del Sud Africa
Inviata anche una protesta a De Klerk e Mangope sulla condizione dei prigionieri politici
Il 29 ottobre il presidente dell’Unione battista, past. Saverio
Guarna, ha inviato una lettera
di protesta al presidente del
Boputhatsvvana, Mangope, e al
presidente della Repubblica del
Sud Africa, De Klerk, in riferimento alla detenzione illegale
di 49 prigionieri politici in
Boputhatswana e ai maltrattamenti da essi subiti, che hanno
causato la morte di un detenuto (sig. Rabusang). La lettera
co;ndanna con fermezza gli atti
di violenza politica che continuamente si stanno verificando e
chiede l’intervento deciso del governo del Sud Africa poiché —
dice il testo — « siamo convinti
che il governo del Sud Africa ha
il potere di evitare tutto ciò ».
Inoltre, in data 18 novembre,
il past. Guama ha inviato la se
guente lettera all’on. Giulio
Andreotti: « La ’Conferenza di
tutti i partiti’, che auspicabilmente sarà convocata entro quest’anno in Sud Africa, dovrà affrontare, fra l’altro, anche l’individuazione dei meccanismi della transizione per il periodo in
cui il processo negoziale sarà
impegnato a configurare il nuovo assetto costitutivo del paese.
Noi riteniamo che Ella, nella
qualità di Presidente del Consiglio dei Ministri, potrà portare
prossimamente in sede di Consiglio europeo, a Maastricht,
9-10 dicembre, il suo apprezzato
contributo perché sia garantito
il processo di transizione in Sud
Africa, sostenendo la richiesta
di un governo ad interim, secondo l’indicazione del Parlamento
europeo del 21 febbraio u.s. ».
9
29 novembre 1991
Falli valdesi
9
PINEROLO
LA LEGGE SULLE MINORANZE LINGUISTICHE
Analisi
di un voto
Il voto del 24 novembre a Pinerolo era considerato da molti come un test elettorale in
vista delle prossime elezioni i)olitiche.
Il risultato mette in rilievo:
1) Aumento deU’astensionismo.
E’ andato a votare l’82,7% del
corpo elettorale (l’84,9 dei maschi e l’80,8 delle donne) con un
aumento del 5,4% rispetto al
maggio ’90. Sono circa 5.200 i
pinerolesi che non hanno votato, probabilmente per protesta
contro la situazione politica, e
sono oltre 1.500 coloro che hanno votato bianco e nullo. In totale tra astenuti, schede bianche
e nulle si arriva a 6.700. Più del
risultato ottenuto dalla DC.
2) Tenuta della DC. Alla vigilia del voto tutti davano per certo un forte calo democristiano.
Il calo c'è stato, dal 31,4%
al 25,9%, ma il meccanismo
elettorale fa sì che la DC perda solo un seggio. Escono dal
consiglio comunale personaggi
come Renzo Mercol, presidente
dei garanti dell’USSL, e vi entra, secondo per preferenze, Elvio Rostagno, un esponente del
mondo cattolico legato alle parrocchie. Forse proprio le parrocchie sono state determinanti.
3) Calo del PSI che perde circa 800 voti (—-2,7%) ed un seggio. Il PSI, prima del voto, affermava di aspettarsi un largo
successo. Cosa che non è stata.
Il PSI fa comunque il pieno dei
voti degli immigrati ed il suo
calo esclude dal consiglio personaggi importanti della sinistra
del partito come Bruno Arione.
4) Crollo del PDS che perde
2.800 voti rispetto aU’85 (non è
possibile il raffronto col ’90 in
quanto PCI, DP, Verdi si erano
presentati insieme nella Lista
per l’alternativa) e ottiene solo 4
consiglieri. Rifondazione comunista prende sostanzialmente i
voti di DP dell’85 e ottiene un
4,1% grazie ad una buona lista.
5) Stabilità dei laici. PRI e
PLI ottengono le stesse percentuali e gli stessi eletti del ’90.
6) Successo della Lista per l’alternativa e delle leghe. Tre consiglieri (6,5%) all’Alternativa,
senza i partiti, rappresentano
una indubbia affermazione di
una idea di riforma della politica che sta penetrando in città.
Alcuni di loro sono vicini alla
Rete e la loro campagna elettorale ha beneficiato dell’effetto
Orlando facendo confluire su di
loro voti di cattolici e di ex comunisti. La Lega Nord aumenta del 5% (non di quanto si
aspettava Bossi) e di tre consiglieri, mentre Piemont mantiene
il suo consigliere ma perde
ri,4%. Complessivamente il fenomeno leghista e autonomista
aumenta di 750 voti e del 3,5%.
7) Insuccesso dei Verdi, del
MSI e dei Pensionati che non
entrano in consiglio. Queste formazioni hanno puntato su un
elettorato di opinione e sono
state penalizzate dalla presenza
di pochi candidati locali nelle list©
L’esperienza dell’Alternativa
del maggio ’90 (PDS + Rifom
dazione -f Alternativa -t- Verdi)
avrebbe ottenuto il 21,6% e
sarebbe stata, insieme, la seconda formazione politica con 9
consiglieri, mentre disunita ottiene solo 8 consiglieri. Altro
motivo di riflessione.
O. L.
Anche il francese
sarà tutelato
Il testo dovrà ancora essere esaminato dal Senato - Ce ancora una
"base” francofona alle Valli? - I rapporti tra francese e occitano
La Camera dei deputati ha approvato il 20 novembre il progetto di legge sulla tutela delle
minoranze linguistiche. Il progetto verrà ora trasmesso al Senato e non diviene quindi ancora, per il momento, legge.
Il testo approvato dalla Camera deriva da una discussione
protrattasi per molti anni, poiché già nella scorsa legislatura
un analogo progetto era stato
approvato, in sede referente, dalla Commissione affari costituzionali. Ma c’è una grossa novità
che concerne direttamente le valli valdesi: per la prima volta,
tra le lingue da tutelare, è incluso il francese. Poiché i francofoni della Valle d’Aosta sono
già garantiti da apposite (e ben
più ampie...) norme di autonomia, le minoranze linguistiche
previste in questa legge sono
quelle delle valli valdesi e zone
limitrofe.
La sorte del francese in quest’area è stata curiosa: quando
l’Assemblea costituente formulò
Tart. 6 della Costituzione (« La
Repubblica tutela con apposite
norme le minoranze linguistiche ») aveva in mente appunto
il francese dei valdostani e dei
valdesi, oltre al tedesco dell’Alto Adige. Negli atti della Costituente è ricordato esplicitamente rincontro di Chivasso tra esponenti della Resistenza delle
valli d’Aosta e del Pellice, in cui
fu espresso il proposito dì rimediare allo sradicamento delle tradizioni francofone da parte del
fascismo.
Poi, come spesso succede, si
presero provvedimenti per le minoranze più consistenti e fomite di appoggi anche sul piano
internazionale (Alto Adige e Valle d’Aosta) e si dimenticarono
gli altri. E quando, dopo decenni, si provò a dare più completa attuazione all’art. 6 della Costituzione, le minoranze francesi fuori dalla Valle d’Aosta erano semplicemente sparite dai
progetti di legge!
Il lavoro per farle ricomparire è stato lungo e faticoso; bisognava riuscire a fare capire:
a) di non essere in Valle d’Aosta e quindi « coperti » daUo statuto speciale; b) che minoranza
religiosa e minoranza linguistica
sono cose diverse e che quindi
l’intesa del 1984 non c’entrava
nulla con questo problema; c)
che occitano e francese sono lin
ELEZIONI
Il voto del 24 novembre
1991 1990
Partito voti % seggi voti % seggi
DC 6.019 25,9 12 7.484 * 31,5* 13’*
PSI 4.084 17,6 8 4.833 20,3 9
Lega Nord 2.666 11,5 5 1.564 6,6 2
PDS 2.101 9 4 **
PLI 1.950 8,4 3 1.894 8 3
Alternativa 1.519 6,5 3 4.575 19,2 8
PRI 1.285 5,5 2 1.338 5,6 2
Rif. comunista 942 4,1 1 ifif,
Piemont 607 2,6 1 957 4,1 1
PSDI 530 2,3 1 623 2,6 1
Verdi 455 2 —
Pens, e Verdi Verdi 405 1,7 — — — —
MSI 370 1,6 — — — —
Lega Pension. 297 1,3 — 534 2,3 1
Totali 23.230 40 23.802 40
* Nel 1990 la DC, com’è noto. , aveva presentato due liste.
** Nel 1990 PCI, DP, Verdi e PR insieme componevano la lista per l’Alternativa.
Solo una donna (Clelia Roetto, PDS) entra nel nuovo consiglio comunale;
questi i 40 eletti.
DC: Livio Trombotto, Elvio Rostagno, Giorgio Merlo, Saverio Laterza, Franco
Santiano, Giuseppe Di Leo, Pietro Peretti, Nello Manduca, Eugenio Buttiero,
Giuseppe Palazzo, Riccardo Chiabrando, Gino Camurati;
PSI: Pietro Rivo, Giuseppe Berti, Marcello Ughetto, Luigi Rossetto, Fioravanti Mongiello, Amedeo Scalesse, Giacinto Misino, Angelo Pezzo;
Lega Nord: Massimo Depetris, Giorgio Camusso, Fulvio Giorcelli, Enzo Varrone, Luciano Costa:
PDS: Alberto Barbero, Clelia Roetto, Roberto Pia, Alessandro Buffa:
Alternativa: Giorgio Canal, Antonio Chiriotti, Umberto Calliero;
PLI: Tullio Cirri, Marcello Bruera, Duilio Gillio;
PRI: Stefano Drago, Salvatore Sorrentino;
R'fondazione comunista: Mario Nebbiolo;
PSDI: Angelo Distaso;
Piemont: Fausto Bianciotto.
gue diverse e che la compresenza di minoranze eccitane e francesi nelle valli valdesi (ma anche di Susa o Varaita) richiedeva la menzione nella legge ' di
entrambe le lingue. A quest’ultimo proposito un emendamento Spini di qualche anno fa chiariva che «nelle valli valdesi e delfinatesi è attuata la tutela contestuale dell’occitano e del francese ». Ma esso non poté essere
votato per ragioni procedurali.
Il progetto sulle minoranze linguistiche giunse così alla soglia
dell’approvazione, poche settimane fa, comprendendo molte
lingue ma non il francese.
In extremis, nell’ultimo dibattito in commissione — reso convulso dall’ostruzionismo del FRI
e del MSI — è stato approvato
il 23 ottobre un emendamento
della deputata Fachin Schiavi
(friulana, del PDS, docente di
linguistica), che introduceva il
francese. Per cui la definitiva
formulazione del primo comma
della legge, come approvata dalla Camera, è: « La Repubblica
tutela la lingua e la cultura delle popolazioni di origine albanese, catalana, germanica, greca,
slava e zingara e di quelle parlanti il ladino, il francese, il
franco-provenzale e Toccitano ».
E’ noto che il testo della legge ha sollevato molte polemiche,
non solo da parte dei partiti che
si sono opposti in Parlamento,
ma anche di intellettuali di altra provenienza. E’ probabile che
il Senato introdurrà delle modifiche, per cui è forse prematuro esaminare le forme di tutela
che sono previste.
Resta comunque la soddisfazione per non aver perso una
occasione irripetibile. Probabilmente, se il francese fosse stato escluso dall’attuale stesura,
non sarebbe più stato possibile
recuperarlo in futuro. In attesa
delle misure della legge, due riflessioni si pongono urgentemente per le popolazioni delle valli
valdesi e di quelle vicine. La
prima è relativa alla diffusione
delle lingue protette: esiste oggi una « base » come quella indicata dalla legge (16% della
popolazione di ciascun comune)
che possa essere considerata minoranza francese od occitana?
Un risveglio della tradizione linguistica, già sollecitato da recenti iniziative, è necessario per essere pronti quando la legge entrerà in vigore (dopo l’approvazione definitiva del Senato occorreranno altri atti normativi
da parte delle Regioni).
La seconda questione è quella del rapporto tra francese ed
occitano; sono due realtà entrambe presenti nelle valli e
spesso le stesse persone parlano le due lingue. Non si può più
ragionare in termini dispregiativi (« dialetto » il patois occitano, « lingua imposta » il francese), ma trovare il modo di valorizzare un « crocevia » linguistico che fa parte della storia e
delle tradizioni.
G. L.
Raccolta a favore
della Croazia
TORRE PELLICE — Giovedì
28 novembre, dalle ore 21 alle
23, presso la sede di valle della
Lega Nord (Torre Pellice, via
Alfieri 3/c accanto al municipio)
verrà completata la raccolta di
viveri e capi di vestiario destinati alle popolazioni della Croazia colpite dalla guerra. Il materiale sarà consegnato a metà
dicembre direttamente ai bisognosi da volontari che relazioneranno sul lavoro svolto.
La legge
sul volontariato
TORRE PELLICE — Si svolgerà sabato 7 dicembre, presso
il cinema Trento, un incontro di
studio sulla recente legge-quadro sul volontariato. Sono ormai molte le persone che dedicano una parte significativa del
proprio tempo a favore degli altri, collaborando con istituti,
centri o associazioni in tutto il
Pinerolese a titolo volontario;
in ambito protestante è consolidata da tempo l’attività dell’AEV, mentre a Pinerolo opera
l’associazione « Volontariato insieme ».
Proprio questa associazione,
in collaborazione con la Comunità montana-USSL 43, organizza questo incontro che vedrà la
partecipazione di Luciano Tavazza, segretario della Fondazione
nazionale del volontariato, e di
Elvio Fassone, membro del Consiglio superiore della magistratura.
Alcolismo:
un confronto
TORRE PELLICE — I club
alcolisti in trattamento del Pinerolese organizzano per domenica 1° dicembre, dalle ore 9,30
presso la Foresteria valdese, una
giornata di confronto.
Ogni CAT farà una relazione
sulla propria attività, a cui seguirà la discussione; l’incontro
è pubblico. La giornata prosegue
col pranzo e con un pomeriggio
in amicizia.
"Linguaggi luce”
PINEROLO — Sabato 30 novembre, alle ore 18, la galleria
d’arte ES di Pinerolo presenta
« Linguaggi luce », mostra personale di Michele De Luca e Rodolfo Fiorenza, il primo di La
Spezia, il secondo di Roma, entrambi operanti su un versante
assai particolare di ricerca rispettivamente pittorica e fotografica.
In un’epoca di massa — sostiene il critico Manuela Crescentini, curatrice della mostra
e del catalogo — è ovvio che
l’arte ricerchi l’identità dell’uomo moderno all’interno del suo
vivere quotidiano. Michele De
Luca e Rodolfo Fiorenza tentano l’avventura proiettando l’opera in uno spazio-tempo futuro,
caratterizzato da uno stato di luce diverso da quello attuale.
La mostra resterà aperta fino
al 25 gennaio, dal mercoledì alla domLenica fra le 16 e le 19,30;
il sabato dalle 10 alle 12,30 e dalle 16 alle 19,30, in via Vescovado 8.
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10
10 valli valdesi
I
29 novembre 1991
TORRE PELLICE-TORINO INTERVISTA AL PITTORE FILIPPO SGROPPO TORRE PELLICE
Si vendo la ferrovia I quadri in soffitta Autunno
Pare ormai certo: le Ferrovie venderanno alla SATTI la concessione
per la tratta ferroviaria tra Torre Pellice e Torino. La ferrovia si inserirebbe così in un sistema metropolitano a gestione regionale e
dovrebbe essere attestato a Caselle, secondo un piano predisposto
dalla Provincia e dalla stessa SATTI. In attesa della vendita una
buona notizia: l’avanzamento dei lavori fa sperare che il ripristino
del servizio ferroviario attualmente sostituito con autobus possa avvenire il n marzo dell’anno prossimo.
VILLAR PEROSA
Approvato il bilancio
Un quadro preoccupante, tipico di tanti Comuni di montagna - La minoranza si è astenuta
E’ un bilancio di oltre 5 miliardi e 300 milioni quello approvato lunedì scorso dal Consiglio comunale di Villar Porosa. « Un bilancio — ci ha detto
il sindaco, Storero — in cui i
trasferimenti dello stato sono
largamente inferiori al tasso di
inflazione. Se si aggiunge che
dalla Regione arriveranno anche
5 milioni in meno, il quadro diventa ancora più preoccupante ».
D’altra parte questo è il quadro di tutti gli enti pubblici
montani, con servizi onerosi eppure necessari e carenza di risorse; Villar Perosa spenderà,
per esempio, 60 milioni come
contributo per la gestione dell’asilo nido di Perosa (8 sono
i posti utilizzabili da bimbi di
Villar) ma in caso contrario la
struttura, l’unica esistente in
valle, avrebbe rischiato la chiu
sura.
Il Consiglio comunale, in vista del bilancio, ha dovuto procedere all’aumento, nella misura del tetto programmato di inflazione, dei costi dei servizi; un
aumento più consistente riguarderà la quota per gli anziani che
usufruiscono dei soggiorni marini.
Ma quali sono i settori in cui
Tamministrazione prevede debbano concentrarsi gli sforzi economici nel prossimo futuro?
« Il progetto forse più ambizioso — dice il sindaco — è
quello della ristrutturazione dell’ex cinema Riv; i costi attualmente ipotizzabili sono di un
miliardo e mezzo; a bilancio per
adesso abbiamo messo 200 milioni, ritenendo di poter recuperare il grosso dei fondi in base
ad una legge dell’85. Sarebbe effettivamente molto importante
poter usufruire di questa struttura, visto che tra l’altro a Villar esiste una valida attività cul
turale, condotta da molte associazioni che collaborano con
l’amministrazione.
Sono previsti anche lavori per
l’attività sportiva: da un lato si
richiederà un mutuo al Credito
sportivo di 300 milioni per la
sistemazione del campo sportivo, dall’altro dovremo reperire ancora 240 milioni per il
completamento del campo da
hockey su prato. Abbiamo ricevuto un miliardo con un finanziamento derivante dalla legge
sui mondiali di calcio del ’90,
ma per poter attrezzare compiutamente questo campo ci serve
un ulteriore intervento ».
Altri lavori sono previsti per
la viabilità (400 milioni), l’illuminazione, il depuratore; in collaborazione con l’ACEA sono in
programma interventi per l’estensione della rete idrica potabile e del metano ad aree attualmente sprovviste.
Infine una novità positiva per
le casse comunali: la banca Brignone ha offerto un interesse
deiril,5% sui depositi comunali
(lo 0,5% in più dell’attuale tesoriere) e pertanto la decisione
del Comune di cambiare istituto per rufflcio di tesoreria porterà nelle casse di Villar circa
20 milioni in più.
Sul bilancio la minoranza si
è astenuta, motivando questa decisione con lo scarso tempo avuto a disposizione per esaminare
la proposta di delibera; potrebbe però presto cambiare anche
la composizione di questo gruppo se il consigliere Pranzò, che
recentemente ha aderito alla
nuova formazione politica locale, denominata Partito socialista
unitario, insieme a componenti
dell’attuale maggioranza consiliare, decidesse di passare nelle
file della maggioranza.
P. V. R.
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Manca un locale adeguato per esporre i quadri pittorico
della ’’Civica galleria d’arte contemporanea”
I Vado spesso a far visita all’amico' prof. Filippo Scroppo;
sempre vivace ed arguto e dalla
conversazione sempre interessante; riempie gran parte delle sue
giornate con la pittura, la grande risorsa della sua vita. Ultimamente però l’ho visto un po’
demoralizzato; un accenno è bastato per comprenderne la ragione: la ’’Civica galleria d'arte
contemporanea” di Torre Pellice,
ancora non realizzata. Gli ho
chiesto allora:
— A che punto siamo a proposito di questa Galleria? Vi sono
novità?
—I Le aspetto anch’io queste
novità! Da tempo ci auguriamo
che avvengano; il palazzo c’è, le
opere d’arte ci sono; l’unica cosa
che non va bene è la possibilità
di esporle, queste opere. Per cui
è necessaria una ristrutturazione dei locali del palazzo stesso
che le dovrà accogliere. Io penso che la possibilità di risolvere
questa difficoltà esista, neH’intervento, che ho già indicato, della Cassa di Risparmio. Non so
se, a tal proposito, si siano mossi il sindaco o l’assessore ’’plenipotenziario”. Aspetto sempre
un risultato di questo incontro
e speriamo che avvenga presto.
— Quante sono queste opere
in attesa di sistemazione? Qual
è la loro provenienza e da quanto tempo aspettano di essere
esposte? Sono nel frattempo auméntate di numero?
— Le opere in attesa di siste
mazione sono 335. La loro provenienza, di solito, deriva da
alcuni pittori, da me invitati, che
hanno lasciato qui le loro opere, dietro una specie di ’’rimborso spese” uguale per tutti.
Naturalmente questo è avvenuto soltanto in un primo tempo,
quando essi venivano qui a Torre Pellice per produrre i loro
lavori; poi facevano seguito al
mio invito arrivando a Torre
Pellice con il lavoro già fatto.
Cosi le opere aumentavano sempre più, perché io non ho mai
trascurato di pensare a questa
Galleria come a una cosa viva, una
cosa che doveva necessariamente ingrandirsi, per essere più rispondente àlle esigenze culturali di una Galleria d’arte. Così
dalle 180 opere di 10 anni fa
siamo ora giunti, come ho già
detto, alla bella cifra di 335.
L’arte ignora le rigide schematizzazioni, le categorie troppo
strette, le classificazioni troppo
rigorose e, soprattutto, cerca di
sfuggire aU’inquadramento in
compartimenti stagni. Così gli
stili, i linguaggi, cambiano nel
corso del tempo, senza che tuttavia ciò che era in auge fino
a ieri venga sorpassato e annichilito dalle ultime novità. In
questo senso possono coesistere
atteggiamenti diversi di fronte
alla realtà, modi diversi di « leggere » l’ambiente e tradurlo in
arte.
Mi sembra che, purtroppo, ci
si trovi in una situazione di
stallo, dalla quale, in qualche
maniera, bisognerà pur uscire,
per rispetto al valore di questa
raccolta, un valore non soltanto
artistico.
Chissà che, in una delle prossime visite all’amico Scroppo,
sia lui stesso ad annunciarmi la
buona notizia: e cioè che i dipinti, le sculture, i disegni tuttora rinchiusi, saranno presto e
finalmente esposti in quella ’’Civica galleria d’arte contemporanea” che c’è, ma che a 'Torre
Pellice... non si vede!
Daniele Rochat
VALLI CHISONE E GERMANASCA
L’uso del suolo
Quali attività produttive sopravviveranno?
All’ultimo appuntamento sulla
cultura locale organizzato dall’assessorato alla cultura della
Comunità montana, il 21 novembre, la discussione ha avuto uno
spazio notevole ed ha anche assunto dei toni accesi. Infatti l’argomento: « La cultura materiale; uso dei suoli », risultato iniziale di una ricerca di Claudio
Tron e Patrizia Santoro, si prestava assai bene al dibattito sull’appassionante questione della
sopravvivenza di attività produttive in montagna, o meglio ancora in quella parte del territorio montano in cui i presenti si trovavano a vivere.
In discussioni come queste
non si va mai oltre un motivato
pessimismo: sembra infatti che
la vita degli esseri umani possa
contare sull’appoggio delle leggi
assai meno di quella degli anirnali selvatici i quali godono, al
di là del rischio sempre presente di finire in casseruola, di una
protezione garantita.
Al contrario, secondo il parere del presidente della Comunità montana, Ribet, ci si ricorda
della montagna soltanto quando
si scopre che c’è qualcosa da
portare via — l’acqua in primo
luogo — oppure per gli svaghi
del tempo libero.
Così la terra, che ha assicurato resistenza delle generazioni
anteriori alla nostra, si degrada
sempre di più e non è più considerata una fonte di reddito dai
giovani, nemmeno a tempo parziale. Altre regioni e altri paesi
dell’arco alpino sono riusciti ad
armonizzare le risorse più disparate per creare condizioni di
vita dignitose e sicure. Ma non
è questa, purtroppo, la realtà
delle nostre valli.
L. V.
La XLI mostra d’arte contemporanea di Torre Pellice, inaugurata domenica 24 novembre,
viene abbinata, per quest’anno,
all’Autunno pittorico di passata
memoria, un’iniziativa perdutasi
strada facendo come manifestazione culturale, ma tuttora viva
nel ricordo degli amatori d’arte.
Si tratta di una rassegna alla
quale sono stati invitati dieci
artisti selezionati da Filippo
Scroppo.
All’iniziativa, che prevede la
cessione del dipinto alla già cospicua dotazione della « Civica
galleria d’arte contemporanea »
di Torre Pellice, prendono parte
i pittori Giovanni Calcagno, Piero Ferroglia, Daniela Giorcelli,
Giorgio Griffa, Domenico Musei,
Franco Orecchia, Livio Politano,
Guido Rivoir, Egle Scroppo,
Adriano Tuninetto i quali presentano, in conformità alle nuove norme, « opere di concezione
libera e di formato/tecnica non
prefissati ».
Nell’intento di arricchire la
manifestazione, stimolando ipotetici confronti generazionali, è
stata inoltre selezionata dalla
corposa dotazione in « giacenza »
— di proprietà del Comune di
Torre Pellice — una quarantina
di « vecchi » quadri figurativi
che ritraggono aspetti della valle (« Castelluzzo », « Contrada
Sea », « Monumento a Enrico
Arnaud », « Fabbriche Mazzo
nis », « Stazione ferroviaria di
Torre Pellice », ecc.) rievocando
lo spirito ed il gusto degli « autunni pittorici » di ieri. Queste
opere sono state raccolte nella
sala d’esposizione e costituiscono l’attrattiva tradizionale ed
evocativa della rassegna.
La mostra, coordinata anche
per la presente edizione da Mario Contini, si concluderà il 7
dicembre.
L’orario di visita della rassegna, allestita presso la Comunità montana (in corso Jacopo
Lombardini 2, a Torre Pellice)
è fissato per le ore 9-13 e 14-18
dei giorni feriali (sabato ore 1518).
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11
29 novembre 1991
lettere 11
CAMPAGNA
DENIGRATORIA
Una tenace, insistente accusa di
parte cattoiica (e anche iaica) al comunismo sovietico e dei paesi^ deiI Est europeo è di aver soffocato la
libertà di religione e perseguitato il
clero.
E' vero, il comunismo si professa
ateo , il che non vuol dire avverso
alla religione, ma significa che, in
quanto dottrina politica si considera
al di fuori dei problemi di coscienza
individuali, afferma la sua non ingerenza nell'educazione religiosa dei giovani, che non è compito delle scuole
di stato, ma delle famiglie e dei sacerdoti, che queste sono libere di scegliere secondo la propria fede.
Infatti chiunque abbia avuto occasione di visitare, prima della recente
crisi, qualsiasi paese dell'Est non può
aver mancato di osservare come le
chiese cattoliche, protestanti, ortodosse fossero aperte e frequentate da
fedeli, ed è noto che lo stato stesso
provvedeva al sostentamento dei sacerdoti e al mantenimento delle sedi
di culto.
La campagna denigratoria contro il
comuniSmo ha ben altri motivi:
1) contestare al regimi comunisti
l'attuazione di un'uguaglianza sociale
ed economica tra i cittadini, il che
rappresenta un capovolgimento dei
sistemi « democratici » dei paesi capitalisti, che privilegiano i ricchi e
hanno interesse a tener sottomessi i
poveri;
2) rifiutare il vergognoso » esempio di un regime laico che riesce ad
attuare i veri princìpi cristiani di fratellanza, amore del prossimo, onestà,
ciò che la Chiesa di Roma è ben lontana dal fare. Tanto che le prediche
di papa Wojtyla in Polonia e in Un
gheria sono state apertamente criticate.
Le accuse partono proprio da una
chiesa che da secoli continua a dare
scandalosi esempi di corruzione, avidità di potere e di ricchezze, e che
— come ben sanno i valdesi — ha
sempre ferocemente eliminato anche
fisicamente coloro ohe praticavano i
precetti evangelici.
Nell'impegno di ricostruire in Italia
un nuovo, sano partito proletario. Rifondazione comunista respinge sdegnosamente tali infamie!
Marcello Craveri
Severino Vergnano, Torino
PROLIFERAZIONE
DI SIGLE
« iBMV, OPCEMi, UCEBI, FCEi, EGEI,
CEVAA, KEK, CEC, CiOV, CCV, SSV »,
ora si sta preparando la « SEP », e
cosi via...
Caro direttore, al fine di rendere
inteliigibiie ed interpretabile il nostro
giornale ai lettori non strettamente
■■ addetti ai lavori » (ce ne sarà pur
qualcuno!), sarebbe quasi necessario
inserire in appendice una tavola di decodifica delle sigle, come avviene nella migliore tradizione <■ scientifica »!
Ma, a prescindere dal fastidio epidermico che provo nel vedere questa
proliferazione lussureggiante di sigie
sul giornale — può essere solo un fatto personale —, e al di là della considerazione. che esse sono la prova
evidente di come L'Eco-Luce si rivolga
ad un pubblico esciusivamente ■> interno », sottopongo alla riflessione dei
redattori e dei lettori questo preveggente brano del 1948, tratto da George Orwell, 1984 (trad. it. Oscar Mondadori, 1973, p. 338), che sotto forma
della finzione fantascientifica, trattava
di questo fenomeno che ora si sta
sempre più diffondendo:
« I nomi di tutte le organizzazioni,
gruppi di popolazioni, dottrine, paesi,
istituzioni, edifici pubblici, ecc. erano
invariabiimente ridotti a una forma
semplice e familiare; vaie a dire una
soia parola di pronunzia facile, e col
minor numero possibile di sillabe, che
potessero preservare II colore della loro derivazione originale. Nel Ministero
della Verità, per esempio, l'Archivio
in cui lavorava Winston Smith si chiamava Arvo, ii Reparto Amena si chiamava Ream, e il Reparto dei Teleprogrammi si chiamava Telerep. Tutto
ciò non era stato però escogitato col
solo intento di risparmiare tempo. Anche nelie prime decadi del ventesimo
secolo, le frasi e le parole abbreviate
erano state una delle caratteristiche
principali del linguaggio politico. E fu
anche notato che la tendenza a usare
le abbreviazioni era particolarmente
sentita nei paesi a regime totalitario
e nelle organizzazioni totalitariste. Si
possono’ prendere, ad esempio, parole
come Nazi, Gestapo, Comintern,
inprecorr, Agitprop. In principio codesta pratica fu adottata spontaneamente, d'istinto, ma nella Neolingua essa
fu sfruttata deliberatamente. Era stato
notato, infatti, che, abbreviando un nome, si restringeva e si alterava con
sottigliezza anche il suo significato, e
se ne tagiiavano fuori e aboiivano tutte queile idee accessorie che poteva
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no restarvi apprese. Le parole Internazionale Comunista, per esempio, richiamavano un quadro composto di
una universale fratellanza umana, bandiere rosse, barricate, Carlo Marx e
la Comune di Parigi. La parola Comintern, invece, suggerisce soltanto l'idea
d'una organizzazione ordinata e . un
ben definito corpo di dottrine. Si riferisce, insomma, a qualche cosa che
si può facilmente identificare, e limitato nei suoi scopi, come appunto una
sedia o una tavola. Comintern è una
parola che si può pronunciare quasi
senza corredarla d'una immagine, mentre Internazionale Comunista è una frase su cui si è obbligati a indugiare,
se anche per un breve momento. Nello stesso modo, le associazioni di idee
create con parole come Miniver sono
in numero minore e più facilmente controllabili che non quelle richiamate dal
Ministero della Verità. Questa era la
ragione che aveva determinato l'abitudine non solo di abbreviare le parole
tutte le volte che fosse stato possibile, ma anche di preoccuparsi al massimo perché ogni parola fosse di facile pronunzia ».
Fraterni saluti.
Daniele Tron, Torino
IL RAPPORTO
CON LA SOCIETÀ’
Caro Direttore,
mi riferisco alla tua nota alla lettera di Giovanni Gönnet sul n. del 1°
novembre. Penso che hai ragione: il
problema è proprio quello di capire
questi nuovi rapporti fra le chiese
valdesi e metodiste e lo stato. Per
un tema così essenziale non si dovrebbero aspettare contributi occasionali o lettere al direttore ma la redazione, a mio parere, dovrebbe suscitare una vera e propria riflessione
di fondo invitando i nostri migliori
teologi ad aiutarci a capire: finora questo è stato fatto in minima parte ed
in modo occasionale, mentre a mio
parere andava fatto prima di arrivare
a delle decisioni sinodali.
Dobbiamo capire dove stiamo andando, perché ci è richiesta una revisione del nostro modo di rapportarci con la società: che differenza c'è
fra la società di prima e quella di
oggi e che cosa significa questo per
chi vuol vivere oggi la sua fede evangelica. Fino a che punto siamo noi i
soggetti che decidono questo cammino? Fino a che punto siamo oggetti
condotti da altri che sono i veri soggetti? Questi sono soltanto alcuni dei
tantissimi problemi che nascono dalla
decisione sinodale suM'8 per mille che
non è, per me, che un segnale di
un cammino che abbiamo intrapreso
da qualche tempo, ma a me pare senza una sufficiente chiarezza teologica.
Ti saluto fraternamente.
Franco Sommani, Roma
RICORDO DI
ENRICO GARDIOL
La Croce Rossa Italiana di Torre
Pellice, attraverso le sue componenti:
Consiglio direttivo. Consiglio femminile, pionieri e volontari del soccorso,
nell'anniversario della scomparsa, ricorda la figura del dott. Enrico Cardici, presidente del nostro Sottocomitato dai 1962 al 1990.
Quanto il dott. Enrico ha fatto per
la sua Croce Rossa è presente nei
nostri pensieri, ed in quelli della popolazione deila valle per il suo im- '
pegno di medico svolto con grande serietà.
Il dott. Cardici con la sua autorevolezza, ma soprattutto precisione, ci
ha indirizzato ed indicato gli obiettivi
da raggiungere, per poter continuare
il nostro difficile compito quotidiano
del soccorso.
Questi traguardi ci lasciano eredi di
una figura convinta e decisa, che non
sarà mai un'ombra fugace, ma una
realtà del nostro Sottocomitato.
Grazie, dott. Enrico.
Arnaldo Francesco Bracchi
presidente del Sottocomitato
CRI di Torre Pellice
Cinema
TORRE PELLICE — Il cinema Trento
ha in programma, venerdì 29 novembre, ore 21,15, « Il mistero von Bulow », di B. Schroeder; sabato 30, ore
20 e 22,10, sarà posto in visione « Insieme per forza » e domenica 1° dicembre, ore 16, 18, 20 e 22,10, « Piedipiatti ».
Spettacoli
PINEROLO — Prosegue la rassegna
di cabaret a cura del circolo Vicolo
Corto di via Trento; giovedì 5 dicembre, alle ore 21,45, Lucio Vinciarelli
presenterà « Mac Cheroni ».
Concerti
VILLAR PEROSA — Giovedì 5 dicembre, alie ore 21, nelia chiesa S. Pietro in Vincoli, Aldo Sacco al pianoforte eseguirà musiche di Schubert e
Liszt.
TORRE PELLICE — L'Unitre e la Pro
Loco organizzano un incontro musicale
per lunedì 2 dicembre, alle ore 15,30,
presso il salone di via al Forte; Barbara Pinauda, flauto, Ennio Marchesi,
oboe, Orazio Lodin, fagotto, presenteranno musiche di Vivaldi e Quantz.
RINGRAZIAMENTO
« Insegnaci, Signore, a contare
i nostri giorni affinché acquistiamo un cuore savio »
(Salmo 90: 12)
Il Signore hai richiamato a sé
Elvira Bouchard ved. Gay
Ne danno l’annunzio il fratello Gustavo e famiglia, i nipoti ed i parenti
tutti.
Si ringraziano il pastore Franco Scaramuccia e la comunità battista di
Chiavari per la testimonianza d’affetto
manifestata in tale circostanza.
Chiavari, 16 novembre 1991.
La Chiesa evangelica valdese di Catania partecipa al dolore dei familiari
del pastore
Giovanni Scuderi
ricordandolo con affetto e simpatia per
il servizio svolto con passione e competenza nel nome del nostro Signore
Gesù Cristo.
Alla moglie, ai figli, alla sorella ed
ai fratelli, a coloro che gli sono stali
vicino e lo hanno conosciuto e stimato
per la sua profonda umanità e la sua
alta spiritualità, va il nostro affetto e
la nostra solidairietà cristiana.
Catania, 24 novembre 1991.
La redazione, i tipografi e i collaboratori si uniscono alla solidarietà di
tutte le chiese evangeliche italiane verso la famiglia nel dolore per la dipartita del past. Giovanni Scuderi, di cui
ricordano la competenza teologica, la
profonda spiritualità e lo spirito ecumenico.
Torino, 24 novembre 1991.
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COMUNE DI ANGROGNA
AVVISO
E’ indetto pubblico concorso per titoli ed esami ad un
posto di operaio addetto alla guida di autobus di lineascuolabus-mezzi meccanici (al
quale potranno essere affidate l’esecuzione di lavori in
economia ed eventuali funzioni di messo comunale): 5*
qualifica funzionale. Titolo di
studio richiesto: diploma di
scuola media superiore; titoli
professionali: patente di guida D e CAP (K D). Scadenza 23 dicembre 1991.
Per informazioni rivolgersi
alla segreteria del Comune.
12
J2 villaggfio gflobale
29 novembre 1991
DONNE PROTESTANTI NELL’EUROPA LATINA
AMNESTY INTERNATIONAL
Un incontro di scambio
« Insieme di fronte alla Bibbia, solidali davanti aH’avvenire » era
l’argomento su cui si sono confrontati i gruppi dei diversi paesi
Scambiare quello che desideriamo ricevere dalle altre e quello che abbiamo da offrire loro,
mettendo in comune il fatto di
appartenere ai paesi latini d’Europa dove come protestanti viviamo in minoranza, è stato l’asse intorno al quale si è svolto
il primo incontro delle donne
della CEPPLE (Conferenza delle chiese protestanti dei paesi
latini d’Europa), dal 27 al 29
settembre al Lazaret di Sete in
Francia; il tema era: « Donne
dell’Europa del Sud, insieme di
ironie alla Bibbia, solidali davanti all’avvenire ». Fra le partecipanti, più di cento, una quindicina di donne delle chiese battiste, metodiste e valdesi.
In questo periodo le donne
dei paesi latini hanno sempre
più incontri con persone delle
tre religioni monoteistiche (islamismo, ebraismo, cristianesimo);
ad esempio, in Francia, il gruppo
’’Jeunes Femmes” rileva che in
una società laica come quella
francese, secolarizzata, in cui la
separazione fra stato e chiesa
esiste da molti anni, le mentalità
sono tuttavia impregnate dal religioso; e dal momento che
questa società è in cerca di identità’ il religioso rischia di ritornare come fondamentalismo o
settarismo.
Chi poi lavora con le immigrate per incontrarle e farle incontrare (Argenteuil, dove il tasso di stranieri è il più alto, o
le donne della ’’CIMADE”) vede l’urgenza dei problemi vitali
(lavoro, casa, denaro) prima di
poter intraprendere una riflessione.
Questa riflessione è condotta
dal ’’Gruppo Orsay”, che si è
costituito da pochi anni sotto
la definizione "femministe cristiane”; il gruppo fa parte della
Federazione delle chiese protestanti di Francia, insiste sulla
ricerca biblica, ed è spesso sollecitato all'estero; vuole associarsi con le donne che fanno lo
stesso lavoro con la loro religione, neH’approfondire il Corano e la Torah.
Le svizzere della Federazione
deile donne protestanti insistono sul loro impegno nella
CEVAA, e sulle loro ricerche relative all’attuale femminilizzazione della povertà (donne anziane, donne sole con bambini); lamentano la mancanza di uguaglianza nei salari (30% in meno)
a 10 anni dall’esistenza nella Costituzione della legge sulla parità tra donne e uomini.
Quest’anno è stato organizzato uno sciopero in occasione del
quale tutte erano vestite in rosa;
anche uomini e pastori avevano la maglia o la cravatta rosa.
Adesso si tratta di migliorare
la legislazione sulla vecchiaia, e
di ottenere dal Consiglio federale che le donne abbiano un
reddito indipendente dallo stato civile; le donne soffrono proporzionalmente di più del sistema della sicurezza sociale.
Un’altra iniziativa propone un
nuovo testo di legge per liste
elettorali separate per donne e
uomini; diversamente il progresso per la parità sarebbe troppo
lento e si protrarrebbe oltre il
20(K). Questi cambiamenti trovano purtroppo resistenza tra le
donne stesse. ’’Femmes Protestantes’’ è anche associata ai
gruppi di ’’donne per la pace”,
e ha trovato finanziamenti per
progetti pilota per ricerche sul
la pace. Chiedono anche che la
Svizzera riduca dei 2% le spese
per l’energia (scaldare meno, andare meno in macchina...).
L’attività di spagnole e portoghesi è caratterizzata più dalla
diaconia: essa si concretizza nel
lavoro con drogati, persone anziane, nomadi, e con l’afflusso
di gente dalle ex colonie portoghesi, Mozambico, Angola, e da
Timor. Queste donne mantengono un impegno pacifista vicino
a Lisbona, dove viene costruito
un campo da tiro dove i tedeschi fanno quello che non hanno diritto di fare nel loro paese,
cioè i voli bassi, mentre c’è una
riserva naturale cori fauna protetta.
La ’’pasteure” France Beydon
ha guidato gli studi sulla teologia femminista e sulla figura di
Miriam, con la teologia del sospetto, ed ha presieduto il culto centrato sulla figlia di Jefte,
al quale la domenica è venuta
ad assistere la comunità riformata di Séte.
Amicizia e ricerca di una voce
comune per il sud dell’Europa
hanno caratterizzato questo primo incontro. Come dice un documento svizzero, siamo state
unite « a tutte coloro che soccombono nella lotta », perché
non vedono veri progressi, che
siano le streghe di una volta
bruciate perché degli uomini
aspettavano da loro qualcos’altro, o le donne sfruttate del
Terzo Mondo di oggi, o le amiche
cattoliche, o le donne toccate
dalla povertà che per questo hanno Un senso di colpa, o le teologhe incomprese, perché il loro
torto è di essere donne.
Marie-France Maurin Coïsson
Un messaggio di speranza
Siamo a Genova, « città di
Cristoforo Colombo », alla vigilia di quelle che vengono chiamate « Colombiane »; manifestazioni di vario genere per celebrare ì 500 anni dalla scoperta
del continente americano.
Le comunità protestanti sono
ben consce di essere di fronte
a una pagina di storia di cui
c’è ben poco da vantarsi. La
conquista dell’America, l’olocausto che ne è seguito, le conseguenze che ancora oggi si ripercuotono sulTAmerica Latina fanno si che come credenti possiamo ritrovarvi motivo di pentimento più che di orgoglio.
Il teologo statunitense Richard
Shaull, docente all’Università di
Princeton, la sera delT8 novembre, è venuto nella Chiesa valdese di Sampierdarena dove una
settantina di persone erano convenute per dibattere il tema
« Riflessione teologica sulla conquista deU’Amerlca ».
L’incontro, organizzato con la
comunità cattolica Sichem,
« Mondo nuovo » e il gruppo
promotore di idee « Archimede »
si è cosi inserito nel quadro delle cosiddette « controcolombiane », un insieme di iniziative
coordinate a livello cittadino da
chi non si riconosce nelle celebrazioni ufficiali.
L’esperienza diretta del prof.
Shaull (25 anni in America Latina) ha senz’altro contribuito
ad offrirci molti stimoli di riflessione su questo terreno che
a Genova ci vede particolarmente coinvolti.
Nonostante le premesse, il suo
è stato essenzialmente un messaggio di speranza: 50 milioni
di indios stanno prendendo coscienza del loro stato di dipen
denza dal cosiddetto primo mondo, c’è in loro un senso di risveglio e la volontà di elaborare propri modelli di vita e quindi anche di fede, contestando
l’atteggiamento paternalistico
che troppo spesso protestanti e
cattolici hanno usato nei loro
confronti.
Alla base di questa presa di
coscienza vi è la teologia della
liberazione, massima espressione nell’America del sud della ricerca di fede. Un movimento vero e proprio, non solo l’opinione di qualche teologo d’avanguardia, ma il segno di un fermento di base dove il pensiero
di fondo sottolinea che il messaggio di Dio è rivolto innanzitutto ai poveri.
E’ difficile immaginare quanto la miseria si sia impadronita dei sentimenti dei latinoamericani.
Questo grido di disperazione
e questa voglia di liberazione,
dettati si da motivazioni economiche ma altrettanto significativi per una riflessione teologica, poco riescono ancora a scalfire gli Stati Uniti dove la grande maggioranza della gente è
più sensibile agli aspetti folcloristici dei festeggiamenti che ad
una seria riflessione sul permanere di questo stato di conquista, denunciato solo da sparuti
gruppi.
Ma, tornando al Sud del continente americano, Richard
Shaull ci ha ancora comunicato
il suo stupore nel pensare che
in una situazione di tale sofferenza e di sfruttamento la Parola di Dio si rivela e diviene
luce di speranza, forza per la
ricerca di un mondo nuovo e
ricchezza per gli oppressi, dan
do dignità agli ultimi e facendo
così emergere dal basso nuovi
soggetti storici.
Interpretazione della Parola di
Dio, questa, che più difficilmente lascia il segno in chi, tutto
sommato, è lontano dalla lotta
quotidiana per la sopravvivenza.
Nonostante questo processo di
liberazione sia portato avanti in
modo particolare da cattolici di
base e protestanti delle chiese
storiche, la maggior parte delle
persone che si avvicinano agli
evangelici entrano nella Chiesa
pentecostale perché forse qui,
con più immediatezza, si esprime la forza prorompente della
fede.
Questo tipo di comunità, pur
non essendo in linea con la teologia della liberazione, sta però
svolgendo un ruolo importante
al fianco dei più poveri; dalla
classica posizione di distacco
verso tutto quello che è sociale
e politico sta cominciando ad
avere un ruolo critico e rivendicativo in favore degli oppressi.
Non va inoltre dimenticato il
peso che molte sette di origine
statunitense, talvolta al soldo
della CIA hanno, con la loro
compiacenza, nel perpetuarsi dello sfruttamento.
Tutta questa elaborazione teologica deve divenire significativa anche per noi « occidentali »,
che dobbiamo riorientare la nostra fede a partire dalla formazione di piccoli gruppi di studio
biblico perché la liberazione non
riguarda solo chi vive la miseria sulla propria pelle. Siamo di
fronte a una questione che deve interrogare le nostre storiche
e ben solide teologie.
Marco Conte
Prigionieri
del mese
Da molte parti del mondo giungono sempre
notizie di casi di violazione dei diritti umani
A causa del ritardo con cui
ci è giunto il numero di settembre del Notiziario di A. I.,
presentiamo soltanto ora i casi
dei prigionieri d’opinione di questo mese e chiediamo scusa ai
lettori. I prigionieri proposti da
Amnesty per gli appelli in loro
favore non hanno commesso o
promosso atti di violenza. La
loro detenzione continuata è
una violazione della Dichiarazione universale dei diritti delTuomo. Gli appelli dei lettori possono contribuire ad assicurare
il loro rilascio o a migliorare
le loro condizioni di prigionia.
Si prega di rivolgere gli appelli
alle autorità indicate in forma
corretta e cortese.
Salman ’Abdallah
SIRIA
CONTROMANIFESTAZIONI PER LA SCOPERTA DELL’AMERICA
61 anni, economista, ex esponente del partito Bath siriano.
Nell’aprile del 1971 egli venne
arrestato a Beirut (Libano) e
poi condotto in Siria. ’Abdallah
è una delle tante persone arrestate negli anni ’70 e ’71 in seguito al colpo di stato del novembre ’70, che portò al potere il presidente Hafez al-Assad. Prima del ’70 era al potere
il partito Bath; diciotto degli
arrestati che si trovano ancora
in detenzione erano fautori della politica di questo partito.
Non c’è stato per loro nessun
esplicito capo d’accusa, ma si
suppone che essi si trovino in
carcere per essersi rifiutati di
collaborare con il governo attuale. Tra di loro c’è uno dei
presidenti del passato regime,
ci sono cinque ex ministri ed
un ex ambasciatore.
I prigionieri sono stati torturati. Essi si trovano in precarie condizioni di salute, a causa della prolungata detenzione
in una situazione di grande disagio e persistente privazione
di cure mediche. Ad alcuni di
questi prigionieri sarebbe stata
offerta la scarcerazione in cambio del loro appoggio al governo. Gli appelli inviati da Amnesty in loro favore sono rimasti
senza risposta. Salman ’Abdallah
è detenuto da oltre 20 anni in
un carcere militare di Damasco.
Si prega di chiedere, in italiano o inglese, la sua immediata
e incondizionata liberazione a:
His Excellency Vice President
’Abd al-Halim Khaddham
Office of thè President
Presidential Palace
Damascus
Repubblica Araba di Siria
Tamdin Sithar — CINA POPOLARE
45 anni, tibetano. Già negli anni ’70 aveva trascorso un lungo
periodo di tempo in carcere a
causa della violenta azione repressiva compiuta sin dal 1971
dal governo cinese. A partire da
questo anno e fino al 1975 era
rimasto nel carcere di Lhasa,
capitale della regione autonoma
del Tibet, facente parte della
Repubblica popolare cinese.
L’accusa presunta era l’appartenenza ad una organizzazione
giovanile impegnata in una campagna a favore dell’indipendenza del Tibet dalla Cina, e forse anche la sua parentela con
l’ex precettore del Dalai Lama.
II 26 agosto del 1983 venne di
nuovo arrestato, mentre stava
coltivando un campo nei pressi di Lhasa, dove era stato trasferito dopo il suo rilascio dal
carcere nel 1975. Processato nel
1984, fu condannato a 12 anni
di carcere, perché fu trovato in
possesso di un’opera del Dalai
Lama, la massima autorità religiosa del Tibet, ora in esilio
in India. Sin dal 1959, data dell’esilio del Dalai Lama, chi era
sorpreso in possesso di registrazioni dei discorsi del Dalai Lama o di testi riguardanti l’indipendenza del Tibet, veniva arrestato. Molti tibetani, imprigionati come Sithar, nel 1983, sono stati accusati di « atti controrivoluzionari », per avere promosso la causa dell’indipendenza del Tibet.
Si invitano i lettori a inviare,
in italiano o inglese, appelli per
l’immediato e incondizionato rilascio di Tamdin Sithar a:
Gyaltsen Norbu
Chairperson of the Tibet Autonomous Region
Tibet Regional Government
Lhasa/Tibet Autonomous Region
Repubblica Popolare Cinese
Goodluck Mhango — MALAWI,
Africa
34 anni, chirurgo veterinario.
Venne arrestato nel settembre
del 1987 a Lilongwe, capitale del
Malawi. Fu duramente picchiato e ferito alla testa. Rimase
in detenzione amministrativa, a
partire dal suo arresto, senza
accusa né processo. Mhango fu
incarcerato a causa della pubblicazione, nel 1987, di un articolo, in una rivista straniera,
ad opera di suo fratello, Mkwapatira, giornalista in esilio in
Zambia. Nell’articolo veniva criticata la politica del governo del
Malawi. Mkwapatira Mhango
era un esponente dell’organizzazione clandestina di opposizione,
il Movimento per la libertà del
Malawi (MAPREMO). Nell’ottobre del 1989 Mkwapatira e la
sua famiglia, compresi i suoi
bambini, rimasero uccisi in un
attentato dinamitardo alla loro
casa di Lusaka. L’accusa che
agenti del governo del Malawi
fossero gli autori dell’attentato
non venne mai provata. Si ritiene che il motivo della detenzio-,
ne di Goodluck Mhango si debba tuttora far risalire alla pubblicazione dell’articolo del fratello. Dalla fine del 1990, 88 prigionieri politici sono stati liberati nel Malawi, rha non Goodluck Mhango!
Si può chiedere il suo rilascio,
immediato ed incondizionato
scrivendo, in italiano o inglese,
a:
H. E. The Life President
Ngwazi
Dr. H. Kamuzu Banda
Life President of the Republic
of Malawi
Office of the President and Cabinet
P/Bag 388
Lilongwe 3 - Malawi, Africa
La candela
di Amnesty
II fondatore di A. I., l’avvocato inglese Benenson, s’isnirò al
proverbio cinese: « Meglio accendere una candela che maledire l’oscurità ». La candela di
Amnesty risplende da oltre 30
anni e per migliaia di prigionieri di coscienza essa ha rappresentato Tunica via per ritornare a essere uomini liberi!
A cura di
Anna Marullo Reedtz
delle valli valdesi
Via Pio V, 15 - 10125 Torino
Tel. 011/655278 - 0121/932166
Dir. respons. Franco Giampiccoli.
Aut. Trib. Pinerolo n. 175.
Stampa: Coop. Subalpina Torre Pellice.
EDITORE: A.I.P. - via Pio V, 15 10125 Torino - ccp 20936100 - tei.
011/655278.