1
ECO
DELLE VALLI VALDESI
Sig. FBYROT Arturo
Via C. Cabella 22/5
16122 GENOVA
Settimanale
della Chiesa! Valdese
Anno 97 - Ni’m. 1
Una copia Lire 70
ABBONAMENTI / ^
( L. 3.500 per Testerò
Sped. in abb. postale - I Gruppo bis/70
Cambio di indirizzo Lire 50
TORRE PELLICE - 2 Gennaio 1970
Amm.: Via Cavour 1 - 100C6 Torre PeUice - c.c.p. 2/33094
Il Primo e
l’ULTIMO
“Il Signore pose la sua destra
su di me e mi disse: Non temere! Io sono il Primo e l’Ultimo, e il Vivente".
(Apocalisse 1: 17-18).
Cristo è rultimo! Ecco il
buon annuncio di questo prirno
giorno dell’anno nuovo. Abbiamo vissuto Natale. Ma Natale
non è dietro le nostre spalle, Natale è ora, e lo sarà tutto l’anno, perché come Cristo è il Primo, è pure rultimo. E l’alfa e
l’omega, il Signore di tutti i
giorni, perciò è l’Eterno e il Vivente. Nella vecchia fattoria patriarcale il capofamiglia, il padre usava, prima di andare a
dormire, fare ancora un giro
nella stalla e nel pagliaio, per
vedere se tutto era in ordine:
cosi il nostro Signore e Padre è
l’Ultimo. Così paternamente
Cristo vuol essere il Signore della nostra casa, in quest’anno
ora iniziato; e cosi paternamente vuol essere l’Ultimo. Nemmeno un giorno trascorrerà, in
quest’anno nuovo, senza che Cristo sia l’Ultimo. Quand’anche
in questo nuovo anno tutti i
tuoi amici ti abbandonassero.
Cristo sarà ancora lì, l’Ujtimo.
E quand’anche le tue speranze
dovessero cadere —^, Dio te ne
guardi! —, anche äilörä pubi'
sapere che c’è un’ultima speranza, che non cade, a nessun costo, la spes ultima. Cristo avrà
l’ultima parola. Non sei tu ad
avere l’ultima parola, ma lui. E
nessun altro avrà l’ultima parola, fossero pure la morte e il
diavolo — Cristo è l’Ultimo!
Non temere! E se ora tu non
sai che cosa ti porterà quest’anno nuovo, una cosa puoi e devi
sapere: Cristo sarà l’Ultimo.
Dovesse pure essere il tuo ultimo anno, e il mondo perisse —
Cristo è l’Ultimo.
Walter LUthi
(da Andachten)
LA TRAGEDIA DEL BIAFRA; NON SE NE PARLA QUASI PIU’, MA PROSEGUE TERRIBILE
Al LETTORI
Iniziando Tanno nuovo, vogliamo aniitutto ringraziare di cuore i lettori
che non solo ci hanno riconfermato la
loro fiducia — sia pure sempre con le
debite e inevitabili riserve — ma Thanno anche fatto tempestivamente, facilitando assai il nostro lavoro d’ammiQistrazione; e un grazie tutto particolare per le molte offerte, piccole e
grandi, che ci aiutano e c’incoraggiano
nel nostro lavoro: l’elenco di queste
offerte viene pubblicato a poco a poco, compatibilmente con lo spazio che
sempre scarseggia...
Ma c’è ancora un bel numero c^i
lettori ai quali va ricordato che anche
per noi il nuovo anno è incominciato.
Preghiamo dunque cordialmente tutti
coloro che non hanno ancora rinnovato il loro abbonamento di volerlo fare
appena possibile, servendosi del c.c.p.
2/.33094 intestato a; « Amministrazione
Eco delle Valli - La Luce », Via Cavour 1, 10066 Torre Pellice (To), scrivendo leggibilmente (anno dopo anno
questo invito continua a giustificarsi)
c indicando la causale del versamento, senza dimenticare di segnalare il
proprio numero di codice di avviamento postale; questo facilita infatti
molto il lavoro di schedatura, essendo
le schede ripartite per linee postali.
Grazie! Ogni offerta è un aiuto e un
incoraggiamento, e coopera a darci la
possibilità di offrirvi un settimanale
meno modesto.
E a tutti noi, collaboratori, redattori, tipografi e lettori sia dato un buon
mno di lavoro, di ricerca e di fraterlità.
L’Eco - Luce
VoT.A - Si prenda nota che a partire da questo
n, il prezzo della copia singola è di L. 70.
Le Chiese al bivio
Poiché ogni aiuto ha sempre ripercussioni politiche indirette, le Chiese
seguiranno le proposte del Consiglio ecumenico, concentrando i loro sforzi sui tentativi di mediazione fra le parti in conflitto e diminuendo o cessando gli aiuti considerati (a torto! unilaterali? oppure continueranno a
sostenere il ponte aereo verso il cuore del Biafra, rischiando di prolungare involontariamente il conflitto?
Ginevra (soepi) — Il Comitato della
Divisione di Assistenza fra le Chiese e
di aiuto ai rifugiati del Consiglio ecumenico delle Chiese, riunito a Ginevra
nella prima decade di dicembre, ha
pubblicato una dichiarazione nel’a
quale domanda al Joint Church Aid
(JCA) di esaminare in qual misura i
suoi voli di soccorso al Biafra — una
misura d’emergenza iniziata nel 1968
— devono essere mantenuti sotto la
forma attuale.
La ragione itivocata dal CEC è « la
sua angoscia di fronte alla posizione
ambigua in cui l'immenso sforzo ha
messo i cristiani e gli organismi assistenziali, a causa delle ripercussioni
politiche indirette ». La dichiarazione
precisa che « queste ripercussioni indirette espongono le Chiese all’accusa
di prolungare la guerra e di accrescere la sofferenza della popolazione ».
Joint Church Aid è im consorzio indipendente di 35 organizzazioni assistenziali cattoliche e protestanti di
Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti. Vari dirigenti di JCA erano presenti alla riunione del Comitato della Divisione ecumenica, e hanno votato a
favore della d^phiaranione.
li Comitato accoglie calorosamente,
d’altra parte, la visita effettuata al
principio di dicembre da rappresentanti della Conferenza delle Chiese di
tutta l’Africa (CCTA) al Biafra e alla
Nigeria per favorire l’instaurazione
della pace; così precisa la dichiarazione, e prosegue: « La Dichiarazione sottolinea in modo particolare la dichiarazione fatta dal Comitato centrale
del CEC, nell’agosto 1969, secondo cui
"l’unica soluzione possibile di questo
problema è la cessazione delle ostilità
e l’instaurazione di una pace durevole" ».
« Pensiamo che il CEC, attraverso il
suo segretario generale e la sua Commissione delle Chiese per gli Affari Internazionali (CCAl;, in collaborazione
con la CCTA, la Chiesa cattolica romana e i governi ir eressati, dovrebbe
avere un ruolo efficace per Vinstaurarsi della pace e dc-e cogliere ogni occasione per farlo. Frattanto restiamo
preoccupati che il CEC conservi la
possibilità di agire quale mediatore,
rifiutando di assumere qualsiasi posizione politica e di: parte riguardo a
questo conflitto... ».
«La Divisione rk mosce tuttavia che
gli organismi impegnati nel JCA devono fronteggiare questa situazione: come, con quali mezzf proseguire un’operazione di emergería a breve termine
che ha implicazio-d senza precedenti
per le Chiese, Divisione e per
le loro relazioni c&T t governi? K ancora, come far fronte alle conseguenze che deriverebbero per gli abitanti
del Biafra da una sospensione della
operazione? ».
« La Divisione solleva il problema di
PERCHE’ ?
Nove milioni circa di
Biafrani accerchiati e affamati sopravvivono unicamente grazie all’aiuto esterno, tramite i rischiosi voli
notturni. Venti ospedali, capaci in media di 600 posti
per feriti, malati e bimbi
vittime della fame; la mortalità oscilla fra il 20 e il
50%. Circa 250 ambulatori
(50 curati dalla Croce Rossa, 200 da organizzazioni ecclesiastiche), particolarmente
aperti ai bimbi denutriti;
sui 20.000 bambini curati, si
lamenta una mortalità giornaliera di 250. Circa 2.000
campi per rifugiati, che accolgono quasi 2 milioni di
profughi ibo, i quali ricevono, « quasi regolarmente », tre pasti per settimana; anche qui la
mortalità è alta, in un solo di essi si sono registrati ultimamente cento decessi in una sola
giornata. Tutta una rete di “centri di approvvigionamento” cerca di portare qualche aiuto a
un milione e mezzo di persone che hanno un pezzetto di terra da eoltivare : anche qui, 3 pasti
per settimana, in certi casi anche 2 o 1 soltanto. Secondo il corpo sanitario operante nella zona
sono circa 60.000 le persone che ogni settimana, malgrado gli aiuti in corso, muoiono di fame.
Abbiamo letto questi dati, tratti da un documento ufficiale, sul numero di dicembre di « Le
droit de vivre ».
sapere se le Chiese e i loro organi assistenziali debbano prolungare, nella
forma attuale, i loro voli massicci. E
ancora, è necessario che l’immenso
sforzo delle Chiese in aiuto di queste
III aiiiiiiiiimiiiiMiii
iiiiiiiiimmmiiiiiiiiiiimiiiiMiiiiiiiimiiiimiiimiiiiimiiMiinimiiimiiiiiiiiiiii
PER I DUECENTOMILA TERREMOTATI DELLA VALLE DEL BELlCE
Veglia natalizia in varie città itaiiane
A Torino il complesso delle manifestazioni parallele a quelle organizzate
a Palermo dai terremotati della Sicilia
occidentale nel corso della notte di Natale doveva, nel suo piano originario,
essere costituito di tre momenti;
1) distribuzione del volantino, di
cui a parte riferiamo il testo;
2) convocazione di una conferenza
stampa per denunciare le situazioni indicate nel volantino;
3) organizzazione di una veglia di
protesta e di un dibattito pubblico
nella notte di Natale presso il Palazzetto dello sport.
Credo si possa affermare che Tunica
parte che non ha risentito particolari
scosse nel passare del piano della teoria a quello della prassi è stata la prima; ventimila copie del volantino sono
passate dalle mani degli aderenti ai
gruppi organizzatori a quelle di altrettanti cittadini e cittadine della città di
Torino, a partire da lunedì 22 fino al
tardo pomeriggio di mercoledì 24, e
nelle più differenti condizioni.
Non credo però sarebbe serio soffermarsi ad analizzare le reazioni della
popolazione alla distribuzione ed ai
tentativi di contatto più diretto (in
gergo tecnico speakeraggio) che pure
sono stati tentati; questo perché nella
stragrande maggioranza dei casi si incontrano persone forse troppo abituate
a ricevere volantini e poco abituate a
parlare; senza contare che sussisteva
Ir aggravante di turbare in qualche
modo i giorni più belli e felici dell’anno, quando la parola d’ordine « siamo
tutti un po’ più buoni » rimbalza in tutti gli angoli e riesce più che mai ad
esporre il fondamento di egoismo che
sta tuttora alla radice dei rapporti
umani.
* * *
Al secondo punto cominciano le annotazioni più dolorose.
La conferenza-stampa indetta per
martedì 23 è stata disertata dai rappresentanti di tutta la stampa cittadina;
periodo di festività, influenza, indifferenza? Tutte le risposte possono essere valide. Certo è comunque che se,
tra gli altri, un obiettivo della inizia
tiva era quello di verificare l’esistenza
a Torino di una coscienza dei problemi delle zone terremotate, questa prima eloquente risposta non poteva far
presagire brillanti risultati.
A onor del vero bisogna chiarire che,
sia pure per altra via, parte della stampa (per calmare gli ottimisti specifico
trattarsi di un solo quotidiano) ha informato i suoi lettori della iniziativa e
delle sue motivazioni
A questo punto credo che si possa
comprendere abbastanza in quali condizioni si attendeva l’andamento della
veglia dai due punti di vista della partecipazione e dei contenuti. Sulla partecipazione si deve ammettere molto
onestamente che
—- è stata decisamente scarsa; si potrebbe discutere a lungo per determinare di quante unità si superavano le duecento persone, ma la sostanza non cambierebbe certamente
— a meno di pochissime eccezioni, non
c’era nessuno da convincere;, la curiosità o la prospettiva di trascorrere una vigilia esotica non hanno
portato nessuno a sedere sotto la
enorme cupola del Palasport.
In queste condizioni le analisi presentate schematicamente nel volantino,
chiarite più ampiamente negli interventi dei delegati delle popolazioni della ’Valle del Belice e sostanzialmente
sottoscritte dai presenti, richiedevano
come obiettivo fondamentale la ricerc.i di prospettive concrete di lotta unitaria nei confronti dell’unico avversario, fonte non divisibile delle situazioni
più o meno facilmente sostenibili del
Sud terremotato e non, e del Nord industrializzato.
Bisogna invece constatare che proprio su questo punto la discussione si
è fermata, e non solo per motivi oggettivi quali l’ora tarda e l’interruzione
della fornitura di aria calda.
Se infatti da una parte (delegazione
popolare della Valle del Belice) si chiedeva non una espressione di solidarietà
ma, per usare una espressione sintetica, la apertura al Nord di un secondo
fronte di lotta per la risoluzione dei
problemi dei terremotati, senza venire
a dettare (giustamente) un programma di azione; dall’altra (i gruppi presenti) non è stata formulata nessuna
proposta concreta di attività, anzi si è
anche sentito domandare agli amici venuti dal Sud di dettare un programma
di azione.
Si configura quindi una certa responsabilità dei gruppi e dei singoli aderenti alla manifestazione, per la quale
credo si possano addurre la motivazioni seguenti, che non vogliono tanto
essere critiche al passato ma piuttosto
motivi di rifiessione che ci vengono da
questa esperienza torinese;
a) mancanza di preparazione alle
tematiche della veglia e di elaborazic>
ne di proposte concrete, forse nel timore di prevaricare una ipotetica capacità elaborativa della assemblea;
b) esitazione nel prendere delle decisioni in un chiaro contesto di delega
su iniziative che richiedono al contrario una adesione piuttosto larga se non
proprio di massa;
c) incertezza dovuta alla mancanza di chiarezza in una scelta che vedo
altrettanto dolorosa quanto essenziale
c non ulteriormente rimandabile, non
solo nell’interesse delle popolazioni direttamente interessate, ma anche in vista di una azione parallela nelle tane
del grande capitale.
Si tratta della scelta fra qualità di
ricostruzione e temjji di realizzazione;
tra la soddisfazione dell’esigenza di
una ricostruzione che non ricada sotto
le antiche leggi dello sfruttamento (il
che comporta il rifiuto di ogni altro
tipo di ricostruzione) e la necessità di
superamento della attuale condizione
subumana di vita il più rapidamente
possibile.
Il carattere di urgenza del problema
dei terremotati porta quindi con sé la
necessità di questa scelta, la quale, intendiamoci è pur sempre tattica e non
strategica. Ma nonostante questo credo che essa vada fatta, non da noi che
stiamo al Nord o al Centro, ma da chi
(continua a pag. 6)
popolazioni divenga un mezzo indiretto per certi governi di proseguire i toro fini particolari e realizzare così i loro scopi? ».
« La Divisione raccomanda perciò
che nella sua prossima riunione JCA
studi quale dovrebbe essere l’avvenire
della sua azione alla luce: a) di ciò
che pensano le popolazioni e le Chiese
d’Africa, e in particolare quelle della
Nigeria e del Biafra; b) delle sofferenze e delle necessità costanti, sia nella
Nigeria che nel Biafra, e degli altri
possibili mezzi d’azione ».
Si è inoltre chiesto al Consiglio cristiano nel Biafra di non utilizzare il
nome del CEC e il suo simbolo nelle
operazioni di soccorso. Una richiesta
consimile, che non ha avuto esito, è
già stata formulata nel marzo scorso,
il che ha posto il CEC e le Chiese cristiane in una situazione imbarazzante.
Sandefjord, Oslo (soepi) — Se Joint
Church Aid interrompesse ora i suoi
voli di soccorso alle vittime civili del
Biafra, ciò comporterebbe la morte di
milioni d’innocenti. La fame diverrebbe un’arma di guerra legittima e imo
strumento nelle mani di coloro che difendono i propri interessi.
Questo si può leggere in una dichiarazione adottata all’unanimità dal JCA
riunito in sessione plenaria a Sandefjord (Norvegia). Questa dichiarazione
è al tempo stesso una risposta a quella del Comitato della Divisione di Assistenza fra le Chiese, del CEC, e una
chiarificazione della posizione e degli
scopi del JCA, nel quale collaborano
33 organizzazioni assistenziali cattolico-romane e protestanti di 21 nazioni
e cui contribuiscono pure altri organismi come TQXFAM e TUNICEF.
«Tutte queste organizzazioni sono
impegnate a fondo nell’opera di soccorso alle vittime, sia dalla parte biafrana che da quella nigeriana del conflitto. Non abbiamo altra alternativa
che continuare l’opera di soccorso fin
tanto che essa risulta un mezzo efficace per alleviare le sofferenze ».
Dopo avere ricordato che gli sforzi
intrapresi per affrettare la fine delle
ostilità si sono risolti in un insuccesso,
la dichiarazione prosegue; « Questa
constatazione pesa su di noi nel momento in cui sentiamo la necessità di
riesaminare la situazione e di precisare la forma futura delle nostre operazioni di soccorso ».
« Fin dal principio, le organizzazioni
assistenziali delle Chiese hanno insistito sul fatto che tutte le operazioni di
soccorso sono secondarie rispetto a
un’azione mediatrice tendente all'armistizio e alla pace. Con disperazione
abbiamo visto fallire tutti gli sforzi
(continua a pag. 3)
2
pag. 2
N. 1 — 2 gennaio 1970
Facciamo conoscenza con il
nuovo; innario
INNI GENERICI
E SPECIFICI
Nella preparazione di inni per occasioni varie della vita cultuale o comunitaria, la commissione ha avuto cura,
sempre che fosse possibile, di affiancare
ad inni specifici (cioè precisamente indirizzati a occasioni ben determinate,
con esclusione di altre) anche inni più
generici (cioè sfruttabili anche per altri
argomenti paralleli o formalmente simili, anche se diversi sostanzialmente).
Pe. es. gli inni da 276 a 279 sono, in genere, di consacrazione per ministeri o
cariche, professionali o volontarie, nell’ambito della chiesa; ma alcuni di tali
inni sono specificamente adatti per alcune di tali cariche o servizi, come
quello di anziano o di missionario. Così
pure gli inni dal 201 al 205, sono tutti
collocati sotto la voce II Battesimo, nel
capitolo 7 Sacramenti: il 202 e il 204
sono specificamente pensati per il battesimo di bambini; il 205 è stato spedii;
camente pensato per il battesimo di
adulti, in quanto è impensabile che le
esperienze spirituali di cui si parla nell’iimo siano state già vissute da un
bambino; mentre il n. 201 e il n. 203
sono più generici, e, non contenendo allusioni precise all’atto esteriore ed al
significato del battesimo, del quale non
fanno nemmeno cenno, sono atti tanto
alla cerimonia del battesimo, per chi
intenda praticarlo nei confronti dei
suoi figlioli, sia alla cerimonia della presentazione dei pargoli, per chi la ritenga più opportuna. (Il 201 e il 203 sono
tratti in buona parte dal testo dei vecchi numeri 224 e 226). Lo stesso rilievo
può ancora esser fatto per i numeri 280 '
e 281 i quali, non contenendo parole
esplicitamente allusive nè al battesimo,
nè alla confermazione, possono essere
usati in occasione di confermazioni come pure di battesimi di giovani che entrano nel novero dei membri di chiesa
confessando la loro fede mediante il
battesimo. (Sarebbe stato opportuno
ut richiamo tipografico nell’indice per
argomenti, sotto il N. 205: vedi anche
i numeri 280, 281; tale richiamo era
stato aggiunto sotto il N. 281, per l’appunto; è una dimenticanza che l’attento
lettore del nuovo innario avrà senz’altro colmato da solo). Questo complesso di inni per cerimonie di battesimi o
presentazioni di pargoli da un lato, di
ammissioni, battesimi o confermazioni
di adulti dall’altro (complesso al quale
vanno aggiunti i due anni? 289, che la
commissione tri-denominazionale aveva
« bocciato » fin dal 1950-52) pare in grado di soddisfare le esigenze delle nostre comunità evangeliche d’Italia (delle Valli e non delle Valli) le quali sono
al riguardo del battesimo, assai frazionate; è noto come negli ultimi anni andasse aumentando nelle parrocchie vaidesi delle Valli il numero di catecumeni che ricevevano il battesimo, al loro
ingresso nella chiesa come comunicanti, in luogo della confermazione. E’ auspicabile che queste informazioni risultino utili a persone che hanno creduto
di poter avanzare critiche sufficientemente pesanti e perfino astiose (oltre
che poco riguardose per determinati
membri della commissione interdenominazionale) senza essersi prima sufficientemente documentate attraverso
una lettura attenta degli indici e dei
testi degli inni in questione.
Ed eccovi ora l’elenco degli Inni incisi su dischi:
3 4 5 6 7 14 16 17 25 28 24 37 44 48 49
52 55 58 70 90 94 101 103 105 108 113 116
133 146 152 54 155 156 178 183 210 216
217 222 223 228 229 230 235 239 242 246
260 270 282 210 216 217 222 .223 228 229
230 239 242 246 260 270 282.
ANCORA
SULL’APPENDICE
Da talune parti si sono levate voci
di dissenso e di critica, le quali accusano la Commissione innario di aver
voluto deliberatamente spostare in appendice inni particolarmente utili e cari
a determinati campi dell’evangelismo
italiano, dando così a quegli inni una
specie di patente di inferiorità. A parte
il fatto che nessuno dei settori evangelici italiani rappresentati nella commissione poteva aver gusto o interesse
ad autoledersi in tal guisa..., converrà
informare cotesti critici che l’appendice non era stata nè voluta nè prevista
dalla Commissione, compiosta come
ognun sa da rappresentanti Battisti,
Metodisti e Valdesi; la richiesta deh
l’Appendice (intesa a recuperare certi
inni giudicati indispensabili e certe me
NOVITÀ CLAUDIANA
franco GIAMPICCOLI
Dag Kinioiarsliiiilil
La fede di Mister H
pp. 128, L. 1.000
Un limpido
esempio di fede evangelica
nel XX secolo
Collana « Ritratti storici », 5
lodie giudicate tradizionali e care a
molti) fu fatta dalla Giunta della Federazione evangelica, la quale curò anche la scelta degli inni da inserire in
appendice, valendosi a tale scopo, di
una propria Commissione consultiva,
formata da un pastore battista, uno
metodista e uno valdese. Dalla scelta
suggerita si dovettero escludere inni
che avrebbero costituito inutili doppioni, quali per esempio II mio Signore,
fonte d'amore, la cui nuova melodia
non è soltanto molto più bella della precedente (vecchio n. 275), ma è anche
molto orecchiabile, ed è ormai entrata
nell’uso corrente di molte comunità, essendo stata pubblicata nell’ appendice
del vecchio innario col N. 341.
(continua)
F. CORSANI
musica
Il (cDostoevskij)) di E. Thurneysen
KARAMAZOII0 la seduzione
Un eraterio
per Martin L. King
Erfurt (epd) - In una Thomaskirche strapiena, Erfurt ha vissuto l’anteprima dell’oratorio « Go down, Moses » (Scendi, Mosè),
che il compositore Dieter Noli ha dedicato alla
memoria di M. L. King. Il compositore è riuscito a fondere in una sintesi impressionante
elementi del canto gregoriano e del jazz, con
brani di propria invenzione. La tradizione au’tico-testamentaria, che i Negro Spirituals hanno trasformato in appassionato presente, facendone un faro dell’agognata libertà, si avvicenda con informazioni concrete e con citazioni da M. L. King, cui fanno da contrappunto canti lirici, quale ad esempio : « Mamma, perché i bambini bianchi non giocano
con me, quando gioco? ».
Il settimanale evangelico « Die Kirche » (La
Chiesa), di Berlino-est, descrive in questi termini il motivo centrale dell’oratorio, del cui
testo è autore il past. Dietrich Mendt : « Come Mosè ha visto la terra sospirata e promessa, ma non vi ha potuto entrare con il suo
popolo, cosi Martin Luther King vede, poche
ore prima del suo assassinio, la terra promessa dei suoi fratelli neri. Prima che questa visione compaia nel finale, la certezza di vittoria, ben salda nella fede, viene drammaticamente introdotta dal coro con lo spiritual:
“We shall overcome some day. Oh deep in my
heart I do believe: We shall overcome one
day” (Un giorno vinceremo. Si, lo credo profondamente nel mio cuore: un giorno vinceremo). Non è però una vittoria armata, la sua,
e non lotta per abbattere con la violenza gli
oppressori: il suo scopo è la vittoria nonviolenta. Il coro e il soprano riprendono questo
motivo con la beatitudine: “Beati i facitori
di pace, perché sono figli di Dio. Beati i mansueti, a loro apparterrà il mondo. Beati quelli
che hanno fame della giustizia, perché saranno saziati” ».
Si rispecchia in tal modo nell’opera la diiiamica della vita di M. L. King. L’uditore vien” invitato a impegnarsi nel discepolato di
Cristo, dimenticando sé stesso. Qui sta il significato dell’oratorio.
Si festeggi il Natale d’estate
ordina Fidel Castro
L’Avana (epd) - Il dittatore cubano Fidel
Castro ha deciso di spostare la festa natalizia
dal 25 dieeinbre alla metà di luglio. Ed ecco
il motivo: la raccolta della canna da zucchero
a Cuba ha luogo nel mese di dicembre, e le
festività natalizie ostacolano la produzione.
I fratelli Karamazov. Un padre e tre figli e in mezzo a
loro una donna per il possesso della quale essi lottano disperatamente l’uno contro l’altro. Un servitore risolve il
conflitto assassinando il padre e si crede in ciò d’accordo
con Ivan, uno dei figli. Viene invece giudicato sospetto e
colpevole dell’uccisione Mitja, l’altro, che deve andare in
Siberia. Il più giovane però, Alësha, cerca e trova in questo insensato ribollire di passioni divampanti con violenza
titanica un senso più profondo.
Una storia fantastica, si sarebbe tentati di dire, inverosimile in tutta la sua trama. Eppure — vi è una storia
più reale di questa? Non per caso questa volta non una
idea, come in Delitto e castigo, ma una donna sta al centro delle sue tempeste e catastrofi.
UNA DONNA, EPICENTRO DI UN TERREMOTO
La donna: che cos’è questa donna? Sentiamo la risposta; si chiama Grushenka. E poche parole balbettate da coloro che da lei erano incantati e ingannati serviranno a illuminare i suoi enigmi. « Una sgualdrina pubblica con la
quale vorrei non essere imparentato » — dice Rakitin parente di lei. « Una cortigiana », afferma il vecchio Karamazov, anche lui, ma prosegue, rivolgendosi con strana violenza ad alcuni monaci: « Questa creatura comune, questa
donna che conduce una vita disonesta forse è più santa di
voi stessi, signori miei che cercate, qui, la salvezza della
vostra anima' ». « Questa donna è una bestia ». « Questa
fanciulla è un angelo, io so quanto affascinante essa è, ma
anche quaiit’è buona », ecco altri giudizi. Il terremoto che
ha lei come epicentro si rispecchia però nel modo più grandioso nelle parole estatiche di Mitja Karamazov: « Si, questa è lei, una tigre, la regina della spudoratezza, la donna
veramente infernale, la regina di tutte le donne infernali
che si possano pensare al mondo ». E a questi giudizi opposti fa strano contrasto la impressione che il puro Alësha
ha di lei quando la vede la prima volta: « la cortina venne tirata indietro e Grushenka entrò ridendo nella stanza.
Alësha sentì come un guizzo trascorrere su di sé. Il suo
sguardo rimase così interamente preso che egli non potè
più distoglierlo da lei. Questa era dunque lei, lei, la donna
terribile, la “bestia” come mezz’ora prima Ivan l’aveva
qualificata... Una figura di donna forte, piena di movenze
dolci, quasi silenziose. Essa non veniva con passi allegri,
sicuri, no, ma in modo inavvertibile essa si avvicinava.
Nessun passo si sentì sul pavimento. Con dolcezza si adagiò sulla poltrona, dolce era il fruscio della sua magnifica
veste di seta nera e con mollezza ravvolse il suo collo pieno, bianco come la spuma, e le sue spalle larghe in un
piezioso scialle nero. Aveva ventidue anni e anche il viso
esprimeva esattamente questa età. La sua carnagione era
molto bianca, e solo le sue guancie avevano una tinta leggermente rosea... I suoi capelli magnifici erano di un biondo scuro, le sopracciglia scure delineate con finezza e i
suoi meravigliosi occhi grigio-bruni dalle lunghe ciglia
avrebbero costretto persino l’uomo più indifferente e distratto, ovunque fosse, tra la folla, durante la passeggiata,
nella ressa della strada, a fermarsi davanti a questo viso
e a serbarne lung;aj(nente il ricordo. Ciò che più colpiva
Alësha era l’espresàtone ingenua, bonaria di quel Viso. Lò
guardava come un bambino... il suo aspetto rallegrava l’anima. Alësha sentiva questo. Ma v’era in lei ancora qualche
altra posa della quale egli non avrebbe potitto rendersi
conto, forse perché non capiva, qualcosa che gli si comunicava incoscientemente, proprio questa dolcezza e tenerezza delle movenze, questa silenziosità felina dei suoi passi ».
Questa è Grushenka, la donna. E dall’altro lato i Karamazov... « ebbene, questi tre libertini si osservavano l’uno
l’altro con i coltelli nei gambali », dice Dostoevskij — e
sono tuttavia padre e figli! aggiungiamo noi. Questi sono i
termini del dramma; e il vortice sbalorditivo dell’azione
che ne segue, costituisce il contenuto di questo libro sorprendente.
LA POTENZA FASCINATRICE DELL’EROS
Rashkolnikov era affascinato dalla sua idea. Ma la fascinazione compiuta sull’uomo dalla bellezza della donna
scatena ben altri uragani di passione, induce in modi ben
diversi a sfrenata audacia, ad assalti titanici contro il cielo e a cadute demoniache nell’inferno. Il massimo fascinatore dell’uomo è l’Eros. In questa ■ occasione soltanto 1
mo impara a conoscere tutte le sue altezze e profondità,
qui soltanto constata di che è capace. Stoltezza ardente,
calcolo freddo e spietato, orgoglio senza misura, volontà di
umiliare altrui, poderoso violento innalzarsi e bramosia
furiosa di disprezzarsi fino all’autodistruzione, eccessi di
crudeltà e di amore; così viene trascinato su e giù dalle
onde alternantisi della corrente. Simile agli dèi e diabolico
nello stesso tempo diventa l’uomo; poiché in nessun altro
campo troviamo con tanta chiarezza l’analogia con le pos
sibilità e le realtà divine, come nel campo erotico. Con
l’analogia vive però anche la tentazione titanica del « sarete come Dio », la tentazione di farla diventare da analogia
e indice, qualcosa di più; la seduzione alla trasgressione
dei limiti che separano il cielo dalla terra, la seduzione a
diventare il superuomo, l’uomo-Dio.
In questa ambiguità seduttrice si trova il rischio particolare della sfera in cui Grushenka domina e in cui i
Karamazov s’incendiano di lei. Fuori d’ogni nesso logico
c etico, fuori di ogni continuità comprensibile con gli altri
contenuti della vita, pare erompere la bellezza della donna.
« La bellezza è un enigma » — così viene definita ne L’idiota. Cioè come valore superiore a tutti gli altri valori nella
sua incomprensibilità e indeducibilità, come essenza della
vita stessa, essa si affaccia all’occhio stupefatto e tanto affascinabile dell’uomo. Come se esistesse ciò che mai e in
nessun luogo può esistere per noi, come se volesse incarnare ciò che mai diventa carne e sangue: immediatezza
della vita, primavere olimpiche, analogia divina per l’uomo. Perciò l’affascinamento, l’inebriamento, la follia dell’uomo per la donna e della donna per l’uomo superano
tanto facilmente ogni misura. Ecco l’incanto dell’elemento
erotico. Ma proprio soltanto il suo incanto. Già ascendendo
all’Olimpo gli incantati incontrano il corteo degli dèi detronizzati che scendono e, se sono saggi, pensano che anch’essi devono morire.
Fin da principio, contemporaneamente alla possibilità
L’incontro Grushenka - Alësha, nel teleromanzo.
deli’inebriamento e della seduzione, è data la possibilità
superiore di resistere all’incantesimo, di destarsi dalla seduzione, di rispettare i limiti, di conoscere Dio. E anche
dove avviene, dopo titaniche presunzioni, l’inevitabile caduta nell’abisso, proprio là il cielo sognato, usurpato non
potrà più a lungo essere equivocato con quello reale. Se il
sogno divino d’amore che uomo e donna sognano, è finito,
allora forse vi sarà senno e oggettività sufficiente per rendersi conto della assoluta impossibilità di trasgredire i limiti, in particolare in questo campo.
DESTARSI DALLA SEDUZIONE, CONOSCERE DIO
Dove però questa confusione non ha più luogo, dove —
con inevitabili sofferenze e delusioni — si fa strada la convinzione della prigionia particolarmente profonda dell’uomo come uomo e della donna come donna, là non si è più
lontani dal sospirare verso una nuova figura dell’uomo, affatto diversa, dove non vi sarà né uomo né donna. In questo sospirare però vi è conoscenza di Dio, perché significa
sospirare per raggiungere qualcosa che non è più accessibile ad alcuna presunzione deH’uomo; il sospirare la risurrezione. Con questi sospiri sulle labbra si trovano, alla fine
del libro, Mitja Karamazov e Grushenka, stanchi dell’odissea delle loro passioni, davanti alle porte del Regno dei
cieli.
Dunque Alësha non aveva poi tanto torto con la sua
fede in un senso, un senso profondo, ultimo, redentore nel
vc.rtice della tragedia dei Karamazov! Dunque non è soltanto una sorte fatale, avere nelle vene il sangue dei
Karamazov! Dunque l’essere uomo come l’essere donna
non è soltanto una maledizione, ma una grande promessa!
A chi ha molto amato, sarà molto perdonato.
(continua)
iiiMiiiiiimiMiiiin >1
inllllllllimlllllllllllllll
iiiiimmimiiiimiiiiiiutiiiiimiiiim
libri
A colloquio col bambini
EDITRICE CLAUDIANA
Via S. Pio Quinto 18 bis
10125 TORINO
E’ uscito recentemente un libretto (*)
che raccoglie i colloqui registrati da
Daninos con un certo numero di bambini tra i 5 e i 10 anni, quasi tutti della
piccola e media borghesia francese. E’
una lettura facile e piacevole, come capita spesso con Daninos, ma è anche
un piccolo documento di costume. Dalle conversazioni di questi bambini risulta, per esempio, che quasi tutti ritengono il denaro un elemento necessario per vivere (tranne uno che avverte
come tutto sarebbe più semplice se il
denaro non esistesse e ognuno lavorasse per fornire agli altri gratuitamente
quello di cui hanno bisogno), ma considerano pericoloso averne troppo, perchè allora si diventa egoisti o ci si annoia.
Un elemento confortante è dato dalla
generale convinzione che la guerra è
una cosa ingiusta e assurda. Perchè ammazzare e farsi ammazzare quando sarebbe così ragionevole mettersi d’accordo prima del macello anziché dopo? Anche la guerra civile non li convince e
talvolta nei fatti di maggio, ad-esempio, distinguono nettamente tra gli operai che chiedevano paghe più alte per
*) Pierre Daninos présente « le pouvoir aux
enfants ». Edition spéciale, Paris, novembre
1969.
poter mangiare e gli studenti « che non
si capiva che cosa volessero ».
Ma la politica in genere non li interessa, a parte il figlio di un operaio portoghese (« Salazar è molto cattivo, ma
ci sono tanti poliziotti, e allora non lo
si può dire »); in generale le loro idee
i" materia derivano direttamente dalla
tv: « Poher è brutto, e poi è snervante
quel suo mettersi e togliersi continuamente gli occhiali. Per fortuna non è
stato eletto », oppure « Il presidente e
uno che legge delle carte e visita dei
ponti e delle caserme ».
Sulla famiglia concordano nel dire
che è una buona cosa, ma per alcuni
K. famiglia è « quella che si va a trovare la domenica, nonni e zìi », per altri
« papà, mamma e bambini ». La casa
invece è il posto dove si mangia e si
dorme; solo uno dichiara che è « come
un animale di peluche perchè è legata
al ricordo di momenti belli o brutti.
Altro elemento comune è 1 interesse
molto blando per le imprese spaziali e
la scarsa voglia di imitarle. « Fra trent’anni saranno trecento anni che si è
messo piede sulla luna ».
Ma la parte che tutti noi adulti dovremmo meditare è quella che riguarda la religione; abbiamo saputo testimoniare &n poco a questi bambini,
che dicono: « la religione è come le
classi dei verbi: ci sono quelli che credono in Dio, quelli che non ci credono
e quelli che non sono sicuri », « Dio è
un uomo grande che ha fatto il mondo », « Dio è come uno spirito e uno
spirito è come nulla ». « Pensi qualche
volta a Dio? », » Quasi mai ». Gli unici
che ne parlano con una certa sicurezza
sono i cattolici, mentre gli altri non
sono ben sicuri se son cristiani o no;
ma, questi cattolici, dopo aver recitato
la formula del catechismo, dicono che
Gesù è quello che serve a fare i matri;
moni e i battesimi con i bei vestii,
nuovi.
Marcella uay
OBIETTORI DI COSCIENZA
Coodanne a ripetizione
Cagliari (Relazioni Religiose) - Il tribunale
militare di Cagliari ha condannato due giovani
reclute che, professandosi « testimoni di Geova ». hanno rifiutato di indossare la divisa
militare. Claudio Evargini, di anni 20, è stato
condannato ad otto mesi di reclusione. Nello
scorso mese di luglio, per lo stesso motivo, il
Tribunale militare di Napoli gli aveva inflitto quattro mesi di reclusione. L'altro militare. Giovanni Capriotti, è stato condannato
a quattro mesi di detenzione.
DONI ECO-LUCE
Ines Bassi, Parma 500; Caterina Gönnet
JanaveI, Villar Pellice 500; C. Alberto Lena,
La Maddalena 1.000; Teresa Flou Seyssinod,
Signayes 500; Long Ernesto, Abbadia Alpina
200; Gianfranco Santoleri, Campo di Giove
500; Camilla Prassuit Aversa, Chiavari 500:
Bergna-Pedraglio, Como 500; Augusto Giavara, Moncalieri 1.000; Ester V. Bianchi, Biella
500; Giulio Cesarò, Palermo 1.500; Giacomo Molinari, Refrancore B. 500; Emilia Moret. Svizzera 1.500; Tabea Bongardo, Albati;
500; Milca Cornelio Falchi, Lucca 500; Rino
Tron, Perosa Arg. 500; Marco Avondet, Inverso Porte 100.
Da Roma: Raffaele Di Battista 500; Ida
Montica 500: L. Pennington de Jongh 2.500:
Claudino Paolucci 2.500; Umberto Savoya
500; Giovanni Messina 1.000; Socci-Girardet
500; Alberto Girardet 500; Sofia Boldoni
1.500; Isidoro Sberla 1.500; Vittorio Angelini
2.500; Arturo Meille 500; Beniamino Arnao 500; Luigi Sgarzi 500; Anna Soggin
Blaauw 1.000.
Da Lusenia S. Giovanni: Melania Peyronel
500: Emma Bertalot 500; Emilio Buffa 200;
Tullio Beux 500: Stefano Danna 500: Paolo
Pellizzaro 500; Giacomina Frache 500.
Da Torre Pellice: Cairus Malan 200; Léonie Stallò 500; Riccardo Pellenc 500: Riccard) Mourglia 500; Eva Frache 500; Arturo
Vola 500; Elena Geymonat 500; Gustavo
Comba 2.500; Flora Tourn 500: Enrico Genre 500; Margherita Sibille 500.
Grazie!
(continua)
3
2 gennaio 1970 — N. 1
pag. 3
Le Chiese al bivio
(segue da pag. 1 )
sinceri per avviare negoziati che giungano a termine ».
« Le organizzazioni che partecipano
al JCA riconoscono tutte che le operazioni di soccorso hanno ripercussioni
politiche indirette. È vero sia per la
Nigeria che per il Biafra. Ma pensano
che non sia lasciata loro altra scelta.
JCA ha dato direttamente e indirettamente il suo appoggio a tutte le iniziative prese per trovare un mezzo di
azione più efficace che non i voli notturni ».
« Nel mantenere la nostra collaborazione, siamo fortemente sostenuti dagli incoraggiamenti che abbiamo regolarmente ricevuto dai dirigenti e dai
cristiani dell'Africa e del resto del
mondo. Continuiamo a fare appello ai
governi affinché accettino le loro responsabilità e prendano misure politiche e diplomatiche suscettibili di condurre le due parti in conflitto intorno
a un tavolo di conferenza ».
« Li sosterremo in tutti i tentativi
che faranno per raggiungere questo
scopo arduo ma vitale, purché ciò facendo non portino pregiudizio all’integrità delle operazioni di soccorso, così
come noi rifiutiamo di mescolare all'opera di soccorso tutto ciò che è affare politico ».
La dichiarazione aggiunge che le
operazioni di soccorso alla Nigeria, da
parte del JCA, sono assicurate dalle
organizzazioni ecclesiastiche nigeriane
in stretta collaborazione con la Croce
Rossa nigeriana e con la Commissione
di riinstallamento del governo federale. « Da parte federale ci si sforza di
superare le enormi difficoltà di trasporto per raggiungere gruppi spesso
isolati nelle regioni cosiddette ’liberate’ ».
« Nella Nigeria e nel Biafra i soccorsi sono in primo luogo destinati ad assicurare il vettovagliamento delle famiglie che muoiono di fame e l’assistenza sanitaria, che finora è riuscita a
bloccare le grandi epidemie mortali
che generalmente accompagnano la fame e la miseria ».
Circa i voli di soccorso nel Biafra,
la dichiarazione del JCA indica che da
18 mesi essi permettono la sopravvivenza di circa 4 milioni di persone,
soprattutto donne e bambini. A fine
novembre è stato compiuto il 4.500“
volo notturno; nella notte del 7 dicembre sono stati compiuti ben 27 voli, che hanno permesso di trasportare
PERCHE’ ?
nel Biafra 364 tonnellate di Viveri e di
medicinali.
* * *
Secondo un'informazione raccolta direttamente da « Nuovi Tempi » a Ginevra, il past. Albert van den Heuvel,
direttore della Divisione delle comunicazioni del CEC, ha dichiarato:
« Continueremo ad aiutare il Biafra
per anni, anche quando tutti avranno
dimenticato la dolorosa vicenda nigeriana. Ma sono i voli notturni che costituiscono ora un problema politico
che dev’essere affrontato con realismo,
se non si vuole che l’azione di soccorso, condotta certo senza secondi fini
politici, non finisca nei fatti col prolungare la guerra ». Tutto questo sarebbe molto bello e giusto se si dicesse come si potrebbe affrontare, « con
realismo », il problema di sottrarre alla rnorte per fame migliaia di persone
al giorno (anche così, ne muoiono almeno 60.000 alla settimana, secondo
valutazione di sanitari operanti in loco) altrimenti che con i voli notturni,
del resto rischiosi e non sempre votati
al successo. Ci sia infatti permesso
esprimere, purtroppo, seri dubbi sulla
efficacia della delegazione mediatrice
della Conferenza delle Chiese di tutta
l’Africa (non abbiamo ancora notizie
sui risultati di questa visita). Né ci illuminano le genericità perfino banali
delle considerazioni della Divisione di
Aiuto del CEC, mentre ci stupisce che
proprio da un organo del CEC, dopo
tutte le 'svolte' politico-sociali di questi ultimi anni, almeno in teoria, venga espresso l’invito a non farsi coinvolgere nella politica, impegnandosi nell’aiuto assistenziale al Biafra. È evidente che l'aiuto al Biafra (e alla Nigeria, non lo si dimentichi) è e non
può non essere anche un aiuto indirettamente politico, così come lo è, ad
esempio, quello ai rifugiati arabi mediorientali. Ma bisognerà lasciare che
— in attesa di una più che ipotetica
composizione pacifica del conflitto —
centinaia di migliaia e presto milioni
di uomini, di donne e soprattutto di
bambini periscano di fame, perché le
Chiese, nelle loro collusioni con la politica delle rispettive nazioni, hanno
paura di compiere un’azione assistenziale che ha pure un aspetto politico,
magari contrario a quello del gruppo
politico nel quale si è inseriti?
* * *
In questa luce, anche la recente decisione del Consiglio della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, di
chiudere la sottoscrizione per il Biafra, assume un carattere ambiguo che
vorremmo fosse chiarito. Può infatti
trattarsi semplicemente della constatazione — tristissima — dello stato di
fatto che a noi evangelici italiani delle
sofferenze dei Biafrani importa, nella
stragrànde maggioranza dei casi, assai
poco: disseccatosi il rivolo delle offerte (quanto mai modesto! pensate, in
più di un anno tutti gli evangelici italiani insieme sono riusciti a raccogliere a questo scopo poco più di due milioni e mezzo di lire..., cui si può aggiungere il milione raccolto da nostri
lettori), non restava che prenderne
atto. Ma potrebbe anche darsi che la
decisione del Consiglio della Federazione riecheggiasse le preoccupazioni
espresse dal CEC, nel qual caso do
vremmo esprimere il nostro netto dissenso.
* •* *
Ci vuole infatti una buona dose di
ipocrisia, nelle Chiese le quali, proprio
mentre pretèndono di non cedere alla
politica (di parte, ovviamente) dimostrano di esserne schiave, con paraocchi, museruole ecc. ecc. Qui non si
vuole certo dare necessariamente ogni
ragione a Ojukwu contro Gowon; si
vuol solo dire che in Nigeria bene o
male si mangia, e nel 'ridotto' biafrano, senza i voli delTInter Church Aid,
no. La difficile e necessaria opera di
mediazione delle Chiese — qui, sì, libera il più possibile dai propri condi
iimiii'miiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimmiiiiniiiiiiitiimiiiiiiiiiiiii'
wtién, OtCMRfetr MI
>tiae Masso Poln saHs Iw
Un cargo
natalizto
« La notte scorsa un
cargo navigava attraverso la Manica con un carico d’armi per la Nigeria e con la benedizione
del governo britannico »,
così cominciava 1 articolo di fondo di un quotidiano londinese. il"Daily Sketch’’, sotto il titolo: L'Akassa Palm salpa alla volta della A igeria: un cargo di Piatale,
con 90 tonnellate di armi per combattere d Biafra. La notizia, c il ritaglio di giornale che in
parte riproduciamo qui
accanto sono vecchi di
un anno; ma la situazione resta sostanzialmente
la stessa. A mela del
dicembre 1968, violente
interpellanze erano state
presentate al parlamento
britannico contro questa
fornitura d’armi che .aveva d’eccezionale soltanto
il fatto di essere stata
conosciuta e pubblicizzata più che in molti altri
casi. Ma il governo —
laburista — nulla fece
(poté fare?) per opporsi
al trasporto, e il cargo
salpò, funesto dono natalizio per una terra a ferro e fuoco e sangue,
verno e Vestablishment britannici, per ragioni d interesse economico,
hanno nei fatti optalo decisamente per la Nigeria federale contro il
Biafra secessionista; la cosa — che continua — è stata anche ultimamente denunciata ne! corso di pubbliche manifestazioni, a Londra;
sono stati rizzati cartelli nei quaU si ricordava agli automobilisU che
ogni litro di benzina attinto ai distributori della BP, Brilish Petroleum (ma non soltanto di quelli, tutto il mondo petroliero gronda sotferenza, si pensi solo al Medio Oriente!) rappresentava molto concretamente e drammaticamente indicibili sofferenze e miserie fra le popolazioni di quel settore avvelenato deU’arco di Guinea. Non dimenticheremo, per parte nostra, la vergogna dei tecnici dell AUiP esposi!. mercenari o no, ai rìschi ben reali di un lavoro — malora premunì! ___ nella “terra di nessuno" fra le due forze in lotta di guer
riglia. E nemmeno la civile, neutrale Svizzera è esente da questa vergogna, anche se ha saputo reagirvi con decisione e rigore esemplare ; è infatti di poco più di un anno fa la scoperta e la denuncia di
un traffico di armi con vari paesi africani, fra cui la Nigeria e il Sud
Africa, da parte di una ditta alemannìca. E benché il caso sia stato
__ in quanto clandestino — severamente punito, è noto che 1 industria bellica elvetica, considerevole relativamente all’entità della nazione e della sua jireduzione, cerca sbocchi che le permettano, almeno in certi settori specializzati di armi leggere automatiche, di regoere alla concorrenza e procedere nella ricerca e nell’aggiornamento.
Una situazione contro la quale più volte si sono levati ambienti ecclesiastici; e anche ultimamente parecchie diecine di pastori hanno
wMÈmmmJm-a-. .9lmE ■■1»
CIRGO
loK tí ntt
to flght Hofro
' ?
rrru
A CAMiO thip wM stoamiiiy HwoMgh'
tn^ièh CMiiml In» night wMt
anw N4f*ru-«ii4 ihc blenhig
BilliÀCaMniMah
È ben noto che il go
firmato e diffuso un documento decisamente contrario a questa attività. Abbiamo voluto, in questa pagina, accennare anche a questo
aspetto — fra i più terribili e vergognosi — del dramma biafrano
e della guerra civile nigeriana. Se invece di affamare i secessionisti
si fosse riusciti ad affamare le due parti in fatto di armamenti, dramma e guerra civile non avrebbero raggiunto le tragiche dimensioni
che non possiamo ignorare. Se...; ma èvidentemente, una volta avviato
il cerchio infernale, l’interruzione unilaterale avrebbe rappresentato
la fine per una parte, specie se la più debole. È quello che, al
principio del 1969, una commissione di studio della Chiesa riformata
di Francia, presieduta da André Philip, aveva risposto alla richiesta
di bollare le forniture d’armi disposte dalla Francia (De Gaulle era
allora ancora a capo del paese) in favore del Biafra. Comunque, i
servizi d’informazione deUe due parti in conflitto hanno largamente
documentato questi armamenti, e ci troviamo di fronte a schieramenti fra i più strani: la Nigeria è approvvigionata in armamenti dalla
Gran Bretagna, dall’Unione Sovietica (molti degli apparecchi nigeriani sono Mig e Iljushin), dall’Egitto e dalla maggior parte degli
Stati africani (è chiaro che solo per i primi due paesi l’apporto militare è determinante), mentre il Biafra è sostenuto dalla Francia, dalla Costa d’Avorio, dal Gabon, daUa Cina comunista, dal Portogallo,
dal Sud-Africa, dalla Rhodesia, da Israele, dalla Zambia e dalla Tanzania (ed è chiaro che nessuno degli Stati genuinamente africani può
dare alcun effettivo aiuto, anche e soprattutto in campo imUtare).
L’unbroglìo non potrebbe essere peggiore. Il costo, ce lo dicono le
statistiche; più ancora, i volti delle vittime.
zionamenti politici ambientali, alla ricerca di una seria informazione, della
'verità' — non può cominciare finché
da una parte c'è un popolo relativamente satollo (e non di pane soltanto)
e dall'altra i resti di un popolo più che
decimato dalla fame.
Senza avere certo alcun diritto di
lanciare pietre ad altri, non possiamo
non constatare che le Chiese di questa
regione hanno dimostrato di essere
Chiese nazionaliste non meno e anzi
più di molte delle nostre vecchie Chie
se. Non dimentichiamo che a Uppsala
è accaduto — ed è stato accettato —
lo scandalo del ricatto imposto da progressisti (!) rappresentanti cristiani nigeriani, per cui è stato dato il bando
al termine stesso di 'Biafra', nelTassise ecumenica e nei suoi documenti.
Ma allora nesstmo si è levato a fare
dichiarazioni sulla necessità di non lasciarsi coinvolgere nella politica.
* * *
Certo, non si vuole né si può dimenticare lo sforzo assistenziale veramen
.......................................
....... ........................... ..... . .immiiii
III. iiiiiiiiiimiMiiiiiiimmiiimmiimi'"iiiii«i»'i'"‘""""6
limmniiiiiiiiiiitiiKXHiMi
Le banche americane e il Sed - Africa
New York (soepi) - Il governo Vorster
hd posto fine a un accordo stipulato
oltre vent’anni fa fra la Repubblica
sudafricana e un consorzio di banche
statunitensi. La fine di questo accordo
era uno degli obiettivi chiave delle
Chiese americane che si oppongono alla politica sudafricana di apartheid.
Il consolato sudafricano a New York
ha confermato la dichiarazione di Gerald W. Browne, ministro delle finanze, che ha annunciato che, date le riser
V? d’oro e di valuta della Repubblica,
« il credito non è stato utilizzato da tre
anni a questa parte; di conseguenza
non si è considerato necessario continuare a sostenere le spese che comporta ».
Questa decisione è stata accolta con
molta soddisfazione dal presidente e
dal segretario generale deÌl'Ufficio rnissionario della Chiesa metodista unita,
uno dei gruppi più decisamente contrari a questo accordo. Il vescovo Lloyd
iiiimmiimimiiimimit ni
iiiiiiiitmiiiiiiiiiiiii
PROTESTANTI A MESSA?
Una leñera aperta sull'intercomunione
Nei giorni scorsi il prof. Gérard
Siegwalt, professore alla Facoltà di teologia protestante dell’Università di
Strasburgo, ha rivolto a mons. Elchinger, arcivescovo di Strasburgo, una
“lettem aperta’’ su « la comunione eucaristica aperta e l’intercomunione ».
Eccone qualche brano: « In quanto cristiano evangelico, non mi è possibile
partecipare alla messa più che al culto.
Ma assistendo, partecipando alla messa, come si ripete continuamente... perché, Monsignore, non parteciperei alla
comunione?... Occorre essere giuridicamente, ufficialmente cattolico romano
per poter comunicare con il corpo e
il sangue di Cristo nella Santa Eucaristia?... Può Ella, in quanto vescovo di
questa località, autorizzare i cristiani
evangelici che lo desiderano a “comunicare” in una chiesa cattolica romana
della sua diocesi?... Finito è, o dovrebbe essere, il tempo in cui la maggior
parte dei cristiani erano semplici "consumatori” (la società dei consumi), nel
pensiero e nell’azione pratica, privi di
ogni iniziativa personale o collettiva,
senza alcuna curiosità... Mi accade, come ad altri cristiani evangelici, di assistere — di partecipare — a questo o
quell’ufficio in una chiesa cattolica romana, e di parteciparvi con tutto il cuore, senza riserve, con la medesima gioia
e la medesima benedizione, talvolta an
che con la medesima assenza di gioia
e di benedizione, che nella chiesa protestante. Nella messa ora rinnovata,
riformata, non vi è nulla che possa urtare il cristiano evangelico o che possa
urtarlo più di quel che possano urtarlo
certi elementi reali o assenti nel culto
protestante; lo sforzo d’interpretazione
che gli è domandato non è più grande
di quello che gli s’impone nella chiesa
protestante. Nei due casi, infatti, bisogna sempre interpretare... La fede eucaristica è essenzialmente la medesima
qui e là, se non necessariamente nella
sua formulazione, certo nel suo contenuto ultimo ».
Mons. Elchinger ha risposto su La
Croix: « Questa lettera proviene da un
protestante che non nasconde la sua
fedeltà alla Riforma. È la testimonianz i nobile e coraggiosa di un teologo —
professore all’Università di Strasburgo
— che, al cuore della lenta elaborazione di una teologia dell’ecumenismo, lancia un grido: il grido dell’impazienza
della speranza. Fra i testi che personalmente ho letto sulla comunione aperta,
è quello che mi sembra esprimere l'appello più diretto. Lo conoscevo, del resto, prima che fosse reso pubblico.
Attualmente non posso rispondervi
per queste tre ragioni:
1) Facendo parte del collegio episco
C. Wicke e il past. Tracey Jones hanno
dichiarato di essere sicuri che i direttori delle banche, presa coscienza dei
problemi umani e morali in gioco, si
rallegrerebbero anch’essi della fine di
tale accordo.
Nel 1949 quattro banche americane
avevano firmato l’accordo che riguardava la somma di 10 milioni di dollari.
Da allora altre sei organizzazioni finanziarie si erano unite a loro. L’accordo,
che si concluderà nel corso di gennaio,
riguardava attualmente una somma di
40 milioni di dollari.
Nel 1968 la Divisione dell’Ufficio missionario della Chiesa metodista aveva
ritirato un investimento di 10 milioni
dì dollari dalla First National City
Bank, che era membro del consorzio.
Nel dicembre 1968 il Consiglio esecutivo della Chiesa episcopale ha pubblicato a sua volta una dichiarazione secondo la quale avrebbe boicottato il
consorzio delle banche qualora raccordo di credito fosse rinnovato. Quando
l’Africa del Sud ha annunciato l’intenzione di interrompere l’accordo, la
Chiesa episcopale si disponeva a passar: all’azione. Il vescovo John E. Hines
ha quindi dichiarato che non era più
necessario ritirare i propri fondi, come progettato.
pale, ho il dovere di consultare l’episcopato e la Santa Sede prima di prendere posizione:
2) Devo pure consultare la Chiesa locale, di cui sono vescovo, poiché non
potrei prendere una decisione che fosse
i., contraddizione con il sentimento
profondo e la sensibilità ecclesiale dei
fedeli di questa diocesi;
3) La questione sollevata pone il problema controverso dei ministeri. L’avvicinamento fra le Chiese deve avvenire nella chiarezza, non nella confusione ».
* * *
Non possiamo che notare che non è
la prima volta che un vescovo o un teologo cattolico dà una lezione di serietà
teologica ed ecclesiastica a un protestante. È una constatazione rattristante. g. c.
te grandioso compiuto da molti mesi
dalle Chiese con im ponte aereo di
fronte al quale quello per il rifornimento di Berlino fu poca cosa. Ci auguriamo soltanto che — parallelamente ad altre azioni anch’esse necessarie,
poiché in effetti il solo ponte aereo
non può che prolungare il conflitto,
senza arginare in modo decisivo la
fine per fame — questa azione continui e si intensifichi e che chi vi è impegnato non si lasci distogliere o confondere dalla “domanda apparentemente sensata: « Ma chi è il mio prossimo? » Era la domanda che il dottore
della legge opponeva a Gesù (Luca 10: 29), per eludere la presa diretta del suo comandamento d’amore. Sarebbe scandaloso che Gesù narrasse
oggi che un samaritano, scusate, un
pilota mercenario portoghese o svedese volava da Sào 'Tomé a Uli... Gli altri, i ’puri’ della Chiesa, della Sociologia, della Politica e dell’Economia erano passati oltre, li aspettava l’ultima
Conferenza. g. c.
Una mitragliera pesante DCA Oerlikon, di
fabbricazione svizzera, presa ai Nigeriani dai
Biafrani, a Bori. La foto, come quella qui accanto e quella in prima pagina, è stratta da
Tzuez-les tousl, un reportage ad alto livello
del giornalista svizzero Jean Buhler (Flammarion, Paris 1968), fruito di un soggiorno
di parecchie settimane nel Biafra; l’autore è
decisamente e appassionatamente pro-biafrano,
non senza documentazione... Quasi contemporaneamente era uscito in Italia un volumetto,
presso la Jaca Book, pregevole raccolta di dati
e documenti : I morti che non parlano. La
questione del Biafra. Al principio del ’69 usciva ancora in Francia (Albin Michel, Paris)
uu volume curato da due giornalisti francesi,
Jean Wolf e Claude Brovelli, La guerre
des rapaces, con il sottotitolo piuttosto pretenzioso: La vérité sur la guerre du Biafra. Anche in questo caso si tratta di giornalismo ad
alto livello, ma anche se questa informazione
integra senz’altro efficacemente i volumi suaccennati, si presenta a sua volta come fondato
unicamente su fonti nigeriane, in seguito a
u •. soggiorno presso la parte nigeriana. Si
tratta comunque di opere che raccomandiamo
caldamente.
4
pag. 4
N. 1 — 2 gennaio 1970
COMITATO E ASSOCIAZIONE AMICI DEL COLLEGIO
Due or|anismì che lavorano per ' '
L’interesse per, le sorti del nostro
caro Collegio, che qualche mese fa pareva ormai destinato a chiudere la sua
secolare attività, continua a mantenersi assai vivo sia in Italia sia all’estero.
Sono molti a seguire con particolare
simpatia gli sforzi congiunti di coloro
che, animati dalla convinzione dell’ancor valido contributo culturale fornito
dall’Istituto a tutta quanta la popolazione della zona, dedicano tempo e fatica per conservare e all’uopo rinnovare tale preziosa fonte di sapere.
Proprio per questa vasta folla di
amici pensiamo sia opportuno chiarire
la differenza che passa fra i due organismi che si occupano in modo specifico del Collegio e cioè la Associazione
Amici del Collegio ed il Comitato Collegio Valdese.
L’Associazione esplica la sua benemerita attività da oltre venti anni. Si
è costituita con il preciso scopo di aiutare finanziariamente il Collegio e per
questo ha divolta in volta organizzato
concerti, proiezioni luminose e cinematografiche riuscendo a costituire, con
il concorso degli associati, fondi assai
cospicui e che sono serviti a scopi diversi; dal rinovo dei vecchi banchi scolastici ai lavori di ammodernamento e
di ripulitura delle aule e della facciata,
alla sostituzione di materiale deteriorato- o non più rispondente alle mutate
esigenze didattiche.
Aderiscono alla Associazione ex studenti particolarmente legati al Collegio
da vincoli di affettuosa riconoscenza.
Vi sono quindi soci giovani e soci più
anziani appartenenti a diverse confessioni religiose e che ogni anno, sul finire del mese di agosto, si ritrovano
per passare uniti una giornata in fraterna allegria.
L’apporto finanziario della Associazione si è rivelata sempre molto utile
in questi ultimi anni ma l’azione più
notevole rimane quella intrapresa la
scorsa estate quando la vita del Collegio pareva ormai legata ad un tenue
e fragile filo. Fu allora che la Associazione aprì una sottoscrizione invitando
tutti gli ex studenti e gli amici dell’Istituto a sottoscrivere un impegno quinquennale, a seconda delle proprie disponibilità economiche, con l’invitante
motto: « Perché il Collegio viva! ».
La sottoscrizione è tutt’ora aperta e
chi volesse dedicarle ima piccola parte
della « tredicesima » potrà sempre farlo servendosi del conto corrente postale n. 2/22861 o al conto corrente bancario deiri.B.I. n. 39.720.
tori sarà pubblicato sui giornali della
zona.
Oltre alla Associazione Amici del
Collegio, presieduta dal dottor Enrico
Gardiol, esiste un altro organismo che
SI occupa del Collegio e precisamente
il Comitato Collegio Valdese, presieduto dal dottor Guido Ribet e del quale
fanno parte il dottor Loris Bein, il
Rag. Dante Gardiol, il signor Franco
Sappè ed il Pastore Bruno Bellion.
È stato eletto nell’ultimo Sinodo e,
investito di compiti amministrativi,
mantiene stretti rapporti con la Tavola
Valdese, ente gestore del Collegio stesso. Il Comitato, come tutte le commissioni di nomina sinodale, dovrà riferire e rendere conto della propria attività al Sinodo.
Primo arduo compito del Comitato
è stato quello di reperire i professori
per completare i paurosi vuoti che si
erano verificati nel corpo docente. Ha
dovuto provvedere all’impianto di una
contabilità autonoma, stendere im bilancio preventivo e richiedere alle varie Chiese il loro eventuale contributo
per l’istruzione secondaria, così come
era stato disposto dal Sinodo stesso.
È compito del Comitato sollecitare,
in concorde intesa cOn la Tavola, sovvenzioni dai paesi esteri, nei quali molti amici sono sempre disposti ad aiutare una opera valida come quella del
Collegio.
È compito del Comitato la ricerca
di aiuti economici anche in campo nazionale e la promozione di tutte quelle
manifestazioni atte ad elevare il tono
spirituale e culturale delle Valli, n
questo senso va intero il ciclo di conferenze già in piena attuazione.
Il Comitato collabora con il corpo
insegnante ed in particolare con la Presidenza della Scuola Media e con la
Presidenza del Ginnasio-Liceo per il
buon andamento dell’Istituto non tralasciando rapporti di collegamento con
gli studenti e con i loro genitori.
Il Comitato segue infine con particolare attenzione l’evolversi della situazione scolastica in Italia soprattutto in
previsione di eventuali trasformazioni
o adeguamenti dell’attuale indirizzo
degli studi classici dell’Istituto.
La sede del Comitato è situata nei
locali del Collegio ed il suo indirizzo è
il seguente; Via Beckwith - - Torre
Pellice - 10066.
Tutti coloro che volessero versare
un contributo potranno servirsi del
conto corrente postale n. 2/32709 o del
conto corrente bancario I. B. I. n.
Quanto prima l’elenco dei sottoscrit- 56.760.
iiiiiiiiiiiiiiiiiitKiimiiKniiiii
iiiiimiiiiiiiiHiKiiMmiMmiiiiiiniiiiiimiiiiiiiiiiiiMiMiiiiimimiiiiiiMiiimmiiimii
iiinimiiiimmiiiiiiiiiiimiimiiiiiiiiitiiiimiiimnimiiiiiiniiiiuiiiiiii
Notizie da Angrogna |Capoiuogo|
Il 23 novembre e il 7 dicembre, si è
riunita, in due sedute successive, l’Assemblea di Chiesa. Lo. scopo era di
sbrigare il solito lavoro amministrativo: discutere la relazione annua e i
bilanci e udire i delegati alla Conf. Distrettuale (sig. Saccaggi) e al Sinodo.
Ma in una Comunità evangelica non esistono questioni puramente amministrative, ogni cosa ha il suo senso vero solo
nella prospettiva della fede e dell’impegno dei singoli. Così questi due incontri, a cui un numero relativamente
elevato di membri ha partecipato (un
terzo degli iscritti!) è stata una occasione per fare il punto sulla situazione
della Comunità. Ci si è resi conto che,
mentre viene mantenuto il quadro normale di attività, sono sempre meno numerose le persone che le frequntano.
Le ragioni sono varie: il ricambio delle
generazioni avviene secondo un tasso
numerico decrescente di anno in anno.
Aumenta quindi l’età media dei membri di Chiesa e i giovani diminuiscono.
Un altro motivo è il doppio lavoro (agricoltura e fabbrica) o i turni di lavoro che riducono il tempo libero, ulteriormente ridotto dal viaggio per recarsi al posto di lavoro. Inoltre una
mentalità sempre più secolarizzata riduce enormemente il numero di coloro
che sentono il bisogno di partecipare
alla vita della Chiesa. La piccola percentuale di « impegnati », non pretendendo per questo di essere migliore di
altri, sente tuttavia la necessità di resistere e tener fermo affinchè la causa
dell’Evangelo, sostenuta a prezzo di
gravi sacrifici nel passato, non sia compromessa nel presente a causa non della persecuzione, ma delle leggi economiche. Ma a questo punto ecco porsi
alcuni problemi: è in crisi la fede evangelica in quanto tale o semplicemente
il quadro ecclesiastico in cui si è finora
espressa? Come il gruppo più impegnato sente di rinnovare le attività della Chiesa al fine di esprimere attraverso di esse una manifestazione adeguata
della prrpria fede? Ci è parso urgente
che queste questioni fossero discusse
a! fine di trovare una via di soluzione
per r.un rimanere inerii aa assistere al
progiess'ivo decadimento delle istituzioni eccie.siastiche, senza trovare o almeno tentare soluzioni di ricambio.
In realtà non si è giunti a una decisione definita; tuttavia il problema è
stato posto e avvertito nella sua gravità
e il gruppo più impegnato è stato richiamato a un senso di maggior responsabilità verso i periferici affinchè anche
essi prendano più viva coscienza della
situazione effettiva della Chiesa e delle
sue prospettive.
Quasi a confermare la diagnosi sulla
progressiva diminuzione numerica dei
membri della Comunità: senza adeguato ricambio, nel giro di poco più di
La scuola dinanzi all immigrazione
Su questo tema è convocato a Torre Pellice, dal 4 al 6 gennaio 1970,
un convegno di insegnanti elementari e medi, promosso dall’A.I.C.E.
L’immigrazione interna è uno dei maggiori problemi della nostra Italia: negli ultimi 15-20 anni
milioni di italiani si sono trasferiti dal Mezzogiorno,
dal Veneto, dalle vallate alpine verso le zone industriali di Torino e Milano. Il fenomeno si ripercuote anche sulle Valli valdesi: i giovani scendono dalle parrocchie di alta montagna verso i fondovalle o
la pianura pinerolese, talvolta addirittura verso Torino. Le conseguenze che ne derivano per la nostra
società sono gravi ed evidenti e noi vi siamo doppiamente implicati, come cittadini e come insegnanti.
Il fenomeno migratorio infatti coinvolge direttamente la scuolq, a vari livelli. Chi insegna nelle zone
industriali conosce la difficoltà che i figli degli immigrati provano ad inserirsi in un ambiente nuovo e
spesso ostile; difficoltà di inserimento che si traducono quasi sempre in voti bassi e bocciature. Chi insegna nelle alte Valli vede troppi suoi alunni prepararsi a lasciare il paese con una maturità spirituale e
culturale inadeguata che ne farà facili vittime del
consumismo materialista, estranei alla chiesa ed all’ambiente di origine. Anche chi insegna in zone meno direttamente toccate dal fenomeno delle migrazioni interne vi è Ugualmente coinvolto, proprio perché si tratta di uno dei problemi maggiori del mondo
in cui viviamo: come presentarlo ai ragazzi, come
abituarli a superare i pregiudizi comuni, come aiutarli a prendere coscienza degli aspetti più duri della
nostra società senza cadere nell’arrivismo individualista o nella passiva rassegnazione?
Ci è sembrato pertanto che il problema dell’immigrazione interna fosse uno dei più grossi ed urgenti
che si pongono a noi insegnanti; e che potesse essere
utile riunirci per discuterlo, senza troppe pretese né
grosse ambizioni, ma fiduciosi che uno scambio di
idee e di esperienze può èssere interessante e forse
utile per ognuno di noi. Abbiamo perciò organizzato
un convegno in cui vedere insieme cosa dice la scuola ad alunni e insegnanti su questo che è uno dei
problemi più brucianti del nostro tempo.
Il convegno è rivolto agli insegnanti della scuola
dell’obbligo del pinerolese, ma è aperto a chiunque
si interessi di problemi scolastici, particolarmente a
studenti delle magistrali e dell’università orientati
verso l’insegnamento. Non abbiamo previsto conferenze né invitato personalità perché non vogliamo
andare ad ascoltare lezioni ma discutere tra eguali.
Abbiamo tuttavia abbozzato una suddivisione del
problema in quattro argomenti che illustriamo qui
sotto per dare una traccia alla preparazione di ognuno di noi. Proponiamo che il pomeriggio del 4 gennaio i partecipanti al convegno si dividano in gruppi
di una diecina di persone, ognuno dei quali affronti
un argomento; il 5 mattina ogni gruppo riferirebbe
sui risultati raggiunti, il 5 pomeriggio riprenderebbe
la discussione a gruppi ed il 6 mattiiia si tirerebbero
le conclusioni.
Questa è la nostra proposta, ma il programma sarà deciso all’inizio del convegno; al termine vedremo
se dare un seguito a questa iniziativa.
Questo convegno non ha una linea precostituita;
la linea e le conclusioni saranno determinate da chi
vi parteciperà. Vi chiediamo perciò di venire a lavorare con noi in piena libertà, sull’unico presupposto
di un reale amore per la scuola e di un concreto impegno per il suo rinnovamento. L’a.i.c.e.
tre mesi abbiamo avuto ben sette decessi. Ai primi di settembre con una
molte improvvisa e inaspettata veniva
strappato all’affetto dei suoi cari Bartoiomeo Giordan dei Jourdan, all’età
ancora valida di 59 anni. Il 1 ottobre
decedeva al Rifugio Re Carlo Alberto
dove da alcuni mesi era stata ricoverata, Rivoira Elisabetta degli Stringai, all’età di a. 87. Il 30 nov. dopo breve
ma dolorosa malattia decedeva all’Ospedale di Luserna Alberto Benech del
Brueras, all’età di 70 anni. Il 14 dicembre ci lasciava Luigi Malan del Ciabas,
figura ben nota in Val d’Angrogna, all'età di 87 anni, egli era stato Anziano
della Chiesa dal 1921 al 1961; e infine al
Ciabot il 15 dicembre decedeva improvvisamente Daniele Benech all’età di 70
anni, anche egli era stato per lunghi
anni Anziano di Chiesa. Il 17 die., in
modo improvviso ci lasciava Françoise
Branda ved. Chauvie, di anni 71, già
abitante a Rocciamaneud da alcuni anni si era trasferita a Torre Pellice, pur
mantenendo la sua iscrizione ecclesiastica a Angrogna. E infine nella sua
abitazione di Boulabert nella notte del
22 die. moriva improvvisamente Maria
Maddalena Chauvie Bertalot all’età di
62 anni.
Davanti alla morte è stata ancora una
volta proclamato l’annuncio della resurrezione e della vita in Cristo Gesù,
mentre a tutti i numerosi partecipanti
ai servizi funebri è stata rivolta l’esortazione a riflettere sul significato della
esistenza e a rinnovare la decisione delia fede. Alle famiglie afflitte, rinnoviamo l’espressione della nostra più viva
solidarietà fraterna.
Il 16 novembre si sono uniti in matrimonio Monnet Wilma della Clava
con Bertin Franco del’Arpanot. Al giovane focolare, auguriamo una vita serena che non dimentica l’imi>egno e la
esigenza della fede, solo vero fondamento di ogni focolare cristiano. Purtroppo la nuova famiglia si è stabilita
a Pinerolo, facendoci registrare due altre cancellazioni.
Quattro giorni dopo, il 20 novembre, nella Chiesa Metodista di Intra il
nostro Sergio Malan dei Pons si sposava con Paola Schranz di Macugnaga.
Anche a questa nuova famiglia auguriamo la vera felicità che viene dalla
certezza della costante presenza del
Signore. Essi si sono stabiliti a Macugnaga.
Dopo tante cancellazioni, per motivi
tristi o lieti, siamo ora grati di poter
annunciare una iscrizione; il 18 die. al
Capoluogo è nata Emanuela, terzogenita di Daniele e Alda Bertin. Alla nuova venuta e ai suoi genitori i nostri
più vivi rallegramenti.
Questi appunti vogliono soltanto essere uno
stimolo ad approfondire il problema, indicandone la gravità e complessità. Pongono perciò
degli interrogativi e indicano degli argomenti
da studiare, non offrono soluzioni.
1. come la scuola presenta Timmigrazione.
a) Come sono presentati i problemi
dell'immigrazione interna (e forse anche dell’emigrazione verso l’estero) nei
libri di testo? Pensiamo qui ai libri di
storia e di geografia, ma anche alle letture di vita italiana e simili. Chiediamo
a' partecipanti al convegno di analizzare almeno i libri di testo che hanno
¡;i adozione, prendendo appunti per la
discussione. I testi parlano di queste
migrazioni, come le spiegano, come
presentano gli immigrati?
b) Le stesse domande poste per quei
potentissimi strumenti di formazione
extra-scolastici che sono; 1) la TV (trasmissioni per ragazzi e caroselli, specialmente); 2) la stampa per ragazzi (i
fumetti in primo luogo); 3) i cosiddetti
classici per l’infanzia. Si tratta di vedere quale condizionamento esterno
alla scuola ricevano i ragazzi; anche
qui, i partecipanti al convegno potrebbero analizzare una serie di trasmissioni oppure una collana di fumetti o di
classici.
c) Le stesse domande valgono anche
per gli insegnanti, a tre livelli diversi:
formazione professionale, aggiornament ' successivo, condizionamento attraverso i programmi ministeriali ed in
genere le strutture scolastiche. Gli insegnanti ricevono una preparazione tale da poter capire (e poi spiegare) i
principali problemi della nostra società? quale aiuto (ed ostacolo) trovano
nelle strutture scolastiche in questa opera di educazione critica? gli insegnanti (come categoria e non come eccezioni) sono in grado di reagire contro
i pregiudizi correnti avviando i ragazzi
ad una considerazione critica e personale della realtà?
2. l’inserimento dell’immigrato nella scuola. Problemi immediati
che si pongono all’insegnante.
a) Di solito, affrontando il problema
dell’inserimento deU’immigrato nella
scuola, ci si preoccupa soltanto di una
delle due parti (il ragazzo) non considerando affatto l’altra (l’insegnante). Si
iniziano così solerti indagini: che programmi ha svolto fino ad ora il nuovo
alunno? è ben preparato? è abituato
alla disciplina? Insegnanti più moderni
si chiedono; riuscirà ad inserirsi nella
unità-classe? o a lavorare in un gruppo
più ristretto, già affiatato? Perché l’unic ) scopo è questo: infilare l’ultirna pedina arrivata nel gioco già precostituito
della classe, in modo che non crei disordine (non importa se questa classe
sia rappresentata effettivamente da ragazzi che sono insieme già da un anno
o più semplicemente da ragazzi di uno
stesso ceto sociale, di un medesimo rione e co.sì via).
Si comprende quindi come gli studenti che non sono disposti o non sono
in grado (perchè hanno esperienze o
esigenze profondamente diverse) di adeguarsi a questo meccanismo vengano
prima o poi espulsi dalla scuola.
b) Il problema dovrebbe invece essere rovesciato. Non è l’immigrato che
deve adeguarsi al tipo di classe cui è
stato assegnato; ma è Finsegnante che
hu come primo dovere di scoprire gli
interessi e i bisogni veri del ragazzo, al
di là dei miti sociali, delle deformazioni dovute ai condizionamenti operati
in vario modo dalla società.
Sono in grado gli insegnanti di fare
emergere nei ragazzi la loro autentica
personalità, la loro spinta vitale, mediante espressività, didattica, contenuti
culturali demistificati? E’ possibile ottenere che i ragazzi, esprimendo i pro
pri contenuti e problemi, riconoscano
gli interessi comuni e superino l’impostazione individualistica e competitiva
caratteristica della scuola attuale?
dell’emigrazione,
riferimento alle
con
alte
3. le cause
specifico
Valli.
a) L’emigrazione dalle alte Valli è
spesso presentata come un fatto ineluttabile dovuto al corso normale della
vita nel nostro secolo, che porta ad un
crescente benessere, quindi a crescenti
esigenze in ogni campo della vita che
determinano Fimpossibilità di continuare a vivere dello scarso reddito, essenzialmente limitato all’agricoltura, ricavabile dal lavoro nelle alte Valli.
b) In realtà l’emigrazione è dovuta
in parti eguali; 1) a precise scelte politiche fatte in alto loco, che hanno interesse a mantenere nelle alte valli, finché
la gente non cerchi spontaneamente altri sbocchi, condizioni di vita tali da
rendere preferibile qualunque alternativa alla continuazione della vecchia situazione; 2) all’incapacità degli abitanti
delle alte Valli stesse di fare delle scelte comunitarie, in modo da garantire
a’ rimasti le migliori condizioni possibili di vita sul terreno sfruttabile ed ai
partiti la possibilità di una ritirata realistica che dia una certa forza almeno
alla contrattazione sindacale nei period' di crisi dell’industria ed in quelli di
più massiccia avanzata padronale.
c) Gli stessi quadri delle alte Valli
(spesso tratti all’interno di una scelta
possibile esclusivamente tra elementi
mediocri, dato che i migliori e più brillanti preferiscono, di solito, la rapida
carriera nelle grandi città, salvo a conservare un legame sentimentale con
le Valli e... a intralciare le poche migliorie portate avanti rivendicando diritti assoluti sui terreni di cui sono rimasti proprietari) non hanno mai stimolato la comunitarietà delle scelte nè
i piani almeno a media scadenza. Le
assemblee, antico costume ecclesiastico
valdese, sono per lo più servite esclusivamente aU’amministrazione ecclesiastica o alla nomina di persone a determinati incarichi di natura puramente
ecclesiastica, ma mai in questi ultimi
decenni si sono avute assemblee generali per decidere la politica da seguire
da parte delle comunità nei momenti
di crisi o di boom economico.
d) Qggi le alte Valli sono nuovamente ad una svolta. Se, come è probabile,
scatta l’operazione « agricultura 1980 »
(i. cosiddetto piano Mansholt elaborato
dal MEO, dal lato agricolo le alte valli
resteranno dedicate esclusivamente a
foresta e turismo domenicale. Lo sviluppo attuale dell’economia dei paesi
del MEC e le scelte economiche su cui
non possiamo influire, rendono pressoché impossibile l’opposizione al piano
Mansholt. L’unica possibilità sembra
quella di assumerne la gestione, anziché delegarla ad altri. E’ prevedibile
che la manodopera residua nel 1980 alle
Valli sia appena sufficiente a tale assunzione, ma è necessario che rimangano quadri in grado di promuovere un
costume assembleare decisionale, che
gli aspiranti signorotti feudali siano incoraggiati all’emigrazione, che ci sia
nei rimasti la volontà politica di trarre
tutti i vantaggi possibili dagli incentivi
previsti dal piano Mansholt per la trasformazione delle Valli.
e) D’altra parte è necessario che la
scuola prepari coloro che emigreranno
ad inserirsi con spirito critico nella
nuova zona, evitando che abbiano semplicemente ad integrarsi nella società
dei consumi. La preoccupazione principale non può essere limitata ad una
preparazione accurata nelle discipline
scolastiche che permetta all’immigrato
di competere coi compagni della sua
nuova classe, ma deve essere volta an
zitutto a dare all’alunno la capacità di
demistificare le ideologie della cui pressione sarà fatto insistentemente oggetto in ambiente urbano.
4. che significa inserimento nell’ambiente? Facilitando l’inserimento del ragazzo, non lo si abitua al conformismo, non si lavora per distruggere la sua personalità vera?
a) Come obiettivo immediato, certo,
è importante riuscire ad inserire l’immigrato nella scuola, a farlo accettare
dai compagni come eguale, ad aiutarlo
affinchè le diversità linguistiche, espressive, di comportamento e di altra natura che costituiscono il suo patrimonio culturale non siano recepite dal
nuovo ambiente come elementi negativi, come goffaggine e basta. Questo
problema si pone sia nei confronti degli immigrati meridionali nelle città, sia
nei confronti dei contadini che adempiono l’obbligo scolastico in un centro
della cintura torinese.
b) Inizialmente questo inserimento
rappresenta per lo più il passaggio da
condizioni di vita subumane a condizioni migliori, da uno stato di disoccupazione o sottoccupazione ad una occupazione. Per un’altissima percentuale di
italiani, l’emigrazione è il passaggio obbligato per avere un salario, date le
scelte politiche di concentrazione industriale in determinate zone del Nord.
c) Se l’inserimento fosse effettivamente soltanto un passaggio verso condizioni di vita umane, effettivamente eguali per tutti, allora ii drscorsq potrebbe anche finire qui. Invece qui cominciano gli interrogativi. Considerando
gli obiettivi che si presentano a più lunga scadenza, è necessario chiedersi se
l’inserimento non costituisce anche una
integrazione in un sistema di vita che
pei molti di loro sarà di nuovo disumanizzante. Per limitarci ad un esempio
molto immediato, come l’immigrato
spenderà le prime centomila lire di cui
potrà disporre? comperando il televisore: 1) per rendersi eguale agli altri;
21 per un giustificato bisogno di evasione dopo la pesante giornata lavorativa, 3) per il bisogno urgente e inconsciamente avvertito di impadronirsi
meglio dello strumento fondamentale
d 1 comunicazione che è la lingua, di cui
riuscirà ad impadronirsi assorbendo il
modello nazionale. E così, insieme alla
lingua, assorbirà tutti i meccanismi di
condizionamento imposti e si educherà
al consenso. Questo gli impedirà di vedere quali forze reali giocano e pesano
nella società, le quali determinano e
programmano la sua vita sul lavoro come nel tempo libero (se nel frattempo
non sarà più stato costretto a fare pesanti straordinari perchè la sua occupazione sta scendendo a sottoccupazione e il suo salario è ampiamente mutilato da spese irrinunciabili, come l’affilio da pagare).
Altro esempio è quello del valdese
che dalle Valli scende in città: se nel
paese d’origine la sua fede nel Dio dell’evangelo gli pareva ovvia percnè non
contestata dall’ambiente, in un ambiente diverso ed eterogeneo che ignora o
contesta questa dimensione dell’ esistenza sarà egli in grado di esprimere
una confessione di fede, oppure assorbirà i modelli di vita e di comportamento diffusi dai mezzi di comunicazione di massa, lasciando che il Signore della sua vita sia soppiantato dagli
idoli di oggi?
Aiutare il figlio di questo imrnigrato
ad inserirsi nella sua scuola ci pare
fondamentale come scopo immediato.
Ma ci pare altrettanto fondamentale essere coscienti che questo può essere un
traguardo contraddittorio, se l’inserimento avviene in maniera acritica.
03298428
5
2 gennaio 1970 — N. 1
pag. 5
PUNTI FOCALI DI UNA FASTA DIASPORA
Le chiese calabresi e siciliane
verso una più intensa vita comune
Contro la fame degli altri
Un paio di mesi or sono abbiamo già riportato qui
ampi stralci dal bollettino che la Commissione del VI Distretto (Calabria-Sicilia) ha iniziato a diffondere e che
costituisce non soltanto un utile vincolo fra le comunità
della zona, ma anche una fonte di notizie interessanti
tutti noi. Questa volta, è tutta un’altra serie di comunità
maggiori e minori e di opere che passa sotto i nostri occhi, con i suoi problemi, le sue difficoltà e le sue speranze.
bella Conferenza distrettuale straordinaria tenutasi
ai primi di novembre a Catania, in concomitanza con un
convegno giovanile (federate)-regionale, abbiamo già diffusamente riferito a suo tempo. Aggiungiamo qui che la
Commissione distrettuale, riunitasi a Catania subito dopo la Conferenza ha preso alcune decisioni: affidare la
diaspora delle Madonie al past. Vincenzo Sciclone, da Rie
si; predisporre un piano che permetta al maggior numero di chiese e di fratelli (ad esempio mediante convegni
e incontri di chiese viciniori) di beneficiare il più possibile delle visite del prof. Valdo Vinay e del past. Giorgio
Tourn, preventivate per marzo e per aprile; preparare
tre incontri di comunità : Catania - Pachino - Vittoria,
Palermo - Trapani - Marsala, Agrigento - Grotte - Riesi Caltanissetta (Tultimo sì è già effettuato, la domenica 30
novembre); proporre incontri fra insegnanti evangelici
elementari e medi, eventualmente pure con la part^pazione di studenti; insistere sul problema^ della volontà
contributiva; studiare seriamente la possibilità (l’opportunità è evidente) di curare distrettualmente la creazione
a Catania di un alloggio o pensione per i nostri studenti,
eventualmente nei locali valdesi di via Cantarella.
Anche a Catania tre le piu)
ma nen immote
Nel suo « Tempo di crisi e di risveglio », il pastore Giorgio Tourn parla di
tre chiese stratificate: la chiesa dei non
impegnati, la chiesa dei credenti che
s’impegnano con spirito di consei^azione e la chiesa dei credenti che s’impegnano con spirito critico.
A Catania, queste chiese ci sono tutte
e tre e ce ne sono anche di più se si
tien conto che nella comunità valdese
c’è la colonia svizzera, ci son delle famiglie a struttura patriarcale, e dei credenti isolati; ci son delle persone ricche e delle altre così povere che possono sopravvivere solo grazie ad un sussidio fornito dalla comunità stessa.
Il problema è di sapere com’è possibile esser pastore di tutte queste chiese
diverse e come è possibile formulare
dei programmi di missione cristiana
che consentano a questi « protestanti
diversi » di marciare insieme nella stessa direzione.
Di tentathd se ne son fatti e se ne
fanno ancora. Si tratta di far comprendere a tutti che il senso dell’esistenza
della chiesa sta nella testimonianza, nel
servizio e nella solidarietà all’interno e
all’esterno della comunità.
Purtroppo non è facile intendersi su
ciò che è testimonianza, servizio e solidarietà. Le conferenze del prof. Soggin
hanno portato un ottimo contributo di
chiarificazione. Domenica 23 novembre,
ha parlato ad una sessantina di evangelici, e lunedì 24 novembre, ha parlato
nel salone di palazzo Bruca ad un pubblico formato da una quarantina di
evangelici e di una ottantina di cattolici e laici, appartenenti, per la maggior
parte, alla intelligentia catanese. Dalle
due conferenze è emerso che Antico e
Nuovo Testamento concordano nel dire
Il centro evingelico "G. l.
diverrà il punto d'incontro
Son partito da Reggio Cai. sabato 18
mattina, ho raggiunto S. Eufemia Lainezia, dove ad attendermi c’era il pastore Trobia con il giovane Vitaliano
JVIercuri che, con la sua « 600 » ci ha
portati a Fellema marina, cioè alTerigendo Centro Evangelico Valdese « G.
F. Pascale », di cui il Trobia è Tidea:ore, il progettista e il direttore dei laeori. Un posto veramente meraviglioso
per panorama e per le prospettive che
olire per campeggi giovanili, per in'-Cjiilri comunitari, nonché per soggiorni di riposo a famiglie evangeliche.
1 lavori in muratura sono a buon
punto, ma occorrono ancora degli aiuti
rnianziari e delle prestazioni manuali
(campi di lavoro), per realizzare quanto
sta a cuore del Trobia e per fare di
questo Centro una piccola Agape.
Domenica mattina ho predicato a Cauinz.aro a un buon numero di membri
di quella Comunità. Il pomeriggio, mi
sono recato a Cosenza. Qui, la sera, ho
rivolto un breve messaggio ad un esiguo numero di fratelli che si erano potuti rendere liberi. Ne è seguito un dibattito interessante. Gradita e festosa
è stata l’accoglienza fattami dalle due
comunità.
L’impressione che ho avuto della vita
delle due chiese, da me visitate, credo
che non potrebbe esser proporzionalmente diversa da quella che avrei tratto, visitando ìe comunità di Riesi o di
forino. Ci sono delle difficoltà, certamente, die impediscono ai due conduttori di C;iK.ii/:iio e Cosenza l’allargar^i del loro l,i\'oro in un raggio più ampio della Mia cittadina: occorre che le
comunità s’impegnino seriamente nell’opera evangelica, mettendo a disposizione i doni che ciascun membro ha
ricevuto dal Signore.
(da una lettera del Dr. Ernesto
bn/.omgliera, membro della CD)
Messina e la sna diaspnra
Pagliara c Rocchenere son due piccoli ,, atri rurali, con due nuclei di credenti che hanno, più o meno, tutti i problemi delle grosse parrocchie. Dal rapporto della Tavola Valdese al Sinodo,
risulta che a Pagliara ci son 9 membri
comunicanti. A questi si aggiungono
alcuni ragazzi che il pastore Lupi sta
curando assai bene. L’anziano Cosimo
btracuzzi è persona assai matura in
grado di predicare e di essere investito
di responsabilità, anche fuori della sua
Chiese stratificate
che solo l’Iddio che ha parlato attraverso i profeti e la storia d’Israele e si è
fatto carne in Gesù Cristo, è santo.
Tutto il resto, compresi lo Stato, la
Chiesa, il culto, la fede e quant’altro
fino ad oggi vien considerato sacro, appartiene al dominio di ciò che può essere santificato, ma non è sacro di per
sé. Battersi per la dissacrazione di
quanto è stato abusivamente sacralizzato costituisce la missione di quanti
vogliono rendere una fedele testimonianza ed un valido servizio all’unico
Iddio che è santo di per sé.
Basterà questo chiarimento a dare un
indirizzo alla vasta diaspora che è costituita dalle varie correnti, dai vari
clan e dai credenti isolati che sono la
Chiesa Valdese e le altre Chiese Evangeliche catanesi? E’ quel che vedremo
nei prossimi mesi.
Intanto, è stato deciso di alternare,
al culto tradizionale della domenica
mattina, delle riunioni di chiesa in cui
non manchi la predicazione, ma sia anche possibile discutere, conoscersi e
prendere decisioni.
La vecchia struttura del culto di famiglia tende ad essere adoperata dal
Consiglio di chiesa per riunire dei clan
e delle correnti, e sentire, così, i vari
punti di vista su questioni particolari.
Quel che ci è d'incoraggiamento è che
le chiese affiancate e stratificate nella
nostra Comunità sono ancora concordi
nelTaccettare il « Sola Scriptura » come
punto di partenza e come guida per la
via che siamo chiamati a percorrere
insieme, come testimoni e servitori di
Cristo, nella città nella quale siamo
stati posti dal Signore.
(Samuele Giambarresi)
Pascain " di Falerna
della diespora calabra?
sede. Il sig. Savoca può anche lui predicare, è di tendenza pentecostale. Il
gruppo non versa alcun contributo alla
Tavola. Paga soltanto il suo locale di
culto, la cui spesa ammonta a L. 60.000
annue. Il culto ha luogo ogni domenica
alle ore 7 del mattino. E’ presieduto dal
past. Limi, dato che la mattina della
domenica l’anziano Stracuzzi non è mai
disponibile. Un martedì sì e uno no, il
past. Lupi passa una giornata a Pagliara.
Sempre dal rapporto della Tavola al
Sinodo, risulta che il gruppo di Rocchenere è costituito da 24 membri comunicanti. I due responsabili sono due
vecchi, il sig. Antonino Garufi e il sig.
Giuseppe Garufi. Il culto ha luogo ogni
domenica mattina alle ore 8 ed è presieduto dal past. Lupi. Anche a Rocchenere, il past. Lupi si ferma p>er una
giornata due volte al mese, sempre di
martedì. A Pagliara, il martedì dal pastore Lupi si conclude con uno studio
biblico. A Rocchenere questo non è possibile.
Messina:
In casa del past. Lupi, avvengono
.spesso pranzi e cene comunitarie. E’
impressionante! Qgnuno porta qualcosa
e SI mangia insieme. A tavola, la gente
SI apre più facilmente e i contatti sono
piu veri. E così che il past. Lupi si sta
inserendo assai bene nella Comunità di
Messina. Il vantaggio non piccolo è che
1. gruppo delle persone che spesso si
ritrovano insieme diventi sempre più
responsabile e impegnato.
1 prendere contatto coi membri
della Comunità, il past. Lupi ha programmato 5 vi.site settimanali
Abbiamo parlato della nostra missione nella città nelle Assemblee di
chiesa di Rocchenere, Messina, e nella
.seduta congiunta dei Consigli di chiesa
di Messina, Reggio e Diaspora. Il Signore non ci chiama a celebrare dei culti
per la nostra edificazione, ma ad essere
missionari. Per essere missionari, bisogna essere re.sponsabili ed autonomi.
Le Chiese di Messina, Reggio e Diaspora Messinese potrebbero costituire un
unico presbiterio che mantiene il suo
teologo, fa i suoi progetti missionari e
li paga. Solo in casi di emergenza potrà
ricorrere all’aiuto di altre chiese sorelle. Il Consiglio di chiesa di Messina è
stato esortato a studiare la possibilità
di organizzare un servizio a favore degli studenti che ogni giorno arrivano
a Messina dalla Diaspora. Esso pensava già ad un doposcuola, per ragazzi
di Messina. E’ stato ricordato che Messina è sede universitaria e che un servizio potrebbe essere reso anche a mezz ) di conferenze o tavole rotonde, a cura di persone qualificate del nostro ambiente e di fuori. Sostanzialmente a
Messina sembra più facile impegnarsi
nel mondo della scuola che nel mondo
del lavoro operaio e contadino.
Con piacere ho preso nota del fatto
che a Messina si sta organizzando un
deposito di libri Claudiana.
(da una comunicazione del Past.
S. Giambarresi, membro della CD)
la diaspnra delle Madenie
Ho visitato tre piccole comunità di
credenti nelle Madonie insieme al Pastore Sciclone, che anni fa era stato
chiamato a formare e seguire questi
gruppi durante il suo pastorato a Caltanissetta, ed ha continuato a curarli anche da Riesi. Tutte e tre le comunità,
ad Alimena, Petralia Sottana e Valledolmo, sono in provincia di Palermo,
ma più vicine a Caltanissetta che a Palermo. Quella di Petralia è ormai regolarmente curata da un gruppo di Pentecostali di Palermo, mentre i gruppi di
Alimena e Valledolmo desiderano continuare ad essere curati dalla Chiesa
Valdese. Sono interamente formati da
contadini. Ad Alimena c’è una giovane
signora che ora riceve gli altri credenti
nella sua casa: pregano, cantano e leggono la Bibbia insieme. Se qualcuno ha
un messaggio da dare agli altri, lo dà.
Certe volte sono in 20 a riunirsi.
A Valledolmo, si riuniscono nella casa di un contadino che ha una buona
formazione biblica. L’anno scorso, per
un periodo, si sono ritrovati insieme
tutti i giorni intorno alla Parola di Dio
per ricercare insieme quello che Dio
aveva da dire a loro.
Forse la chiesa di Agrigento potrà
occuparsi di Valledolmo che non è tanto distante, mentre Riesi si occuperà di
Alimena. E' meraviglioso vedere come
questi piccoli gruppi continuano a vivere perchè si nutrono della Parola, ma
hanno anche bisogno di cura e di istruzione regolare per continuare a crescere, e non sentirsi troppo isolati nelle
loro montagne e lontani dagli altri fratelli.
(Irene Wigley)
Incuntrn dalla chiese
del centro-siid della Gicilia
Domenica 30 novembre abbiamo avuto a Riesi un incontro delle Chiese di
Caltanissetta, molto ben rappresentata
da un folto gruppo di membri, di Riesi,
di Agrigento. 'Mancava Grotte per la
difficoltà dei trasporti.
Dopo il culto nella chiesa di Riesi, ci
siamo recati al « Monte degli Ulivi » doV. abbiamo pranzato al sacco e quindi
avviata un’ampia discussione. La discussione era già stata iniziata, dopo la
predica, durante il culto. Si tratta delle schiavitù e repressione che la società
dei consumi esercita su noi tutti, creando in noi bisogni sempre nuovi e poi
soddisfacendoli ed in tal modo alienandoci dal senso vero della nostra vocazione la cui prima preoccupazione devono essere i miliardi di persone denutrite, senza il minimo necessario vitale. Non si può dire che la discussione abbia avuto altro risultato se non
quello di far comprendere, a quelli che
hanno gli occhi aperti, come siamo
schiavi di questa società e come l’animo nostro s’è volto ai nostri bisogni e
non a quelli giganteschi delle masse disperate del nostro secolo.
Faremo certamente altri incontri consimili per proseguire il discorso, spingendoci a riscoprire il senso vero della
esistenza delle nostre comunità, oltreché ad aiutarci in direzione di un’autonomia di chiese, nell’utilizzazione comune dei ministeri di cui disponiamo.
(Tullio Vinay)
Il discorso sulle opere calabro-sicule
continuerà nel prossimo numero.
AMICI DEL CQLLEGIQ
Annunziamo fin d’ora che nel mese
di gennaio il prof. Alberto Soggin parlerà a San Secondo sul Sionismo. Ulteriori precisazioni nel prossimo numero.
Come i lettori ricorderanno, qualche settimana fa abbiamo inviato al
Centre familial évangéliqiie del Gabon, in Africa, un altro milione di
lire e la signorina Anita Gay, nel
darcene ricezione, ci incarica di
esprimere a tutti i sottoscrittori i
più sentiti ringraziamenti. Ella, anzi, ci precisa che vorrebbero ringraziare personalmente ogni donatore.
Ci siamo permessi di rispondere che
proprio non era il caso, sia perché
molti sottoscrittori sono anonimi, e
soprattutto in relazione al fatto che
la cosa comporterebbe un non piccolo impiego di danaro e di tempo,
dato il numeroso elenco dei sottoscrittori.
Come già annunciato —- e chiediamo scusa ai lettori più attenti se ci
ripetiamo —. il nostro impegno prosegue. Vorremmo infatti alternare,
con la collaborazione al Centre, una
altra iniziativa che viene seguita dall’EPER, l’ente assistenziale delle
chiese svizzere, e precisamente: o il
progetto agricolo in India, diretto
da un pastore indiano, volto a ridar
vita a tutta una regione; o il centro
di sviluppo comunitario nel Congo
Kinshasa, dove vivono in condizioni
di grande indigenza i 400 mila profughi dall’Angola, che hanno bisogno di essere seguiti con centri di
distribuzione di alimenti, di sementi, di scuole e di dispensari.
Attendiamo con fiduciosa speranza che altri nomi si aggiungano. A
questo proposito, in una prossima
occasione, daremo alcuni dati relativi a questa iniziativa alla quale ormai diversi fratelli danno il loro
contributo regolare e costante, con
la coscienza di manifestare la propria solidarietà e fraternità verso altri fratelli i quali necessitano di libertà, di indipendenza e di tempo
per sviluppare la propria personalità.
Da Torino: I. Imperiale L. 2.000;
I. Botta 2.000; M. Sacco 500; D. A. A.
500; A. E. M. 2.000; G. Serafino 5.000;
L. e G. C. 10.000; E. e A. Balma 5.000.
Da Venezia: D. Ispodamia 2.500; G.
Ispodamia 2.500; fam. Zecchin 3.000;
fam. Viti LOGO.
Da Roma: G. Conti 10.000; E. Albarin 1.000.
Da San Germano: V. Vinçon Viti
2.500; 3” vers, con simpatia 5.000.
Da Pomaretto: G. Laetsch 5.000.
Da S. Remo: L. de Nicola 10.000;
F. M. 5.000.
Da Lucca: R.- Cerchiai 2.000.
Da Udine: A. Grillo 1.000.
Da Torre Pellice: sor. Prochet 10 mila; E. M. 1.000.
Da Torrazza (To.): F. Abbena 1.000.
Da Angrogna: R.M.F.C. 1.500.
Da Luserna S. Giovanni: E. Pellizzaro 2.000.
Da Pinerolo: R. Breuza 10.000.
Totale L. 110.000; prec. 178.786; in
cassa L. 288.786.
Preghiamo inviare le sottoscrizioni
al conto corr. postale N. 2/39878 indirizzato a Roberto Peyrot, corso Moncalieri 70, 10133 Torino. Grazie.
Il Natale della moglie
del pastore
Stamattina, mio marito è uscito, lasciando aperta sulla sua scrivania, la
sua agenda: mi avvicino, e leggo l'impiego del suo tempo per i prossimi
giorni... Dalla domenica 14, al giovedì 1® gennaio, ci saranno 14 culti, incontri, meditazioni, prediche; poi i catechismi, tre ore il sabato, un'ora la
domenica mattina dopo la scuola domenicale, il pre-catechismo e il culto,
e infine un'ora il lunedì sera.
Si deve pure istruire i giovani che
studiano e che lavorano, si deve annunciare la Parola di Dio a vecchi e
malati, giovani e sani, vicini e lontani, per tutti è Natale, tutti vogliono
vedere e sentire il Pastore... e per me,
ciò significa aiutarlo, questo maritopastore, sostenerlo, creandogli intorno
la calma, il calore, i pasti sani e caldi
alle ore più impensate, il tè, il caffè,
rispondere alla porta e al telefono, per
permettergli « di star senza far niente », come ancora troppi membri di
Chiesa credono, quando vedono il Pastore seduto a tavolino, magari senza
neanche la Bibbia davanti... che pensa
solamentel E ben pochi capiscono
quanto questo "pensare" sia... gravoso, e debba essere alimentato con letture e meditazioni, preghiera e studio,
scambio di vedute con i colleghi, con
il Concistoro, con i giovani, le signore,
la corale, i monitori.
Ed io penso fra me « ricordati dei
cantici della scuola domenicale, del
proiettore e del magnetofono, dell'ora
anticipata del pasto, dei figli che hanno bisogno di te, e di loro padre». Sì,
anche la moglie ed i figli del pastore
hanno bisogno di lui, e tocca a lei, alla moglie, creare, mantenere, inventare, questo miracoloso equilibrio che
permette al pastore di... "rendere" al
massimo, di "funzionare"!
Certo, Natale è soprattutto la gioia
della nascita del Redentore, l'affetto
della comunità, il desiderio di pace e
di comprensione.
Ed io penso: « che cosa è la moglie
del pastore? una diaconessa, una segretaria, una dipendente, una collaboratrice, un membro di chiesa, una laica, o una 'vice-pastore'? »
In attesa che la chiesa ci dica quale
è il nostro posto, quale è la nostra parte, nella vita della famiglia e della
chiesa, credo che dobbiamo far nostra
la parola dell'apostolo Paolo, ed essere « tutto a tutti ».
E concludo la mia chiacchierata col
pensiero che anch'io, anche la mia famiglia, dovrà avere il “suo” Natale,
perché è anche in seno alla famiglia,
creata e voluta da Dio, che il pastore
deve riprendere le forze, ricrearsi di
giorno in giorno, per far fronte alla
sua esigente, ma ineguagliabile vocazione.
Buon Natale ed auguri affettuosi a
tutte le mogli di pastore.
Una di loro
Natale 1969.
VILLAR PELLICE
Organizzata dalla nostra Corale, in collaborazione con la Corale di S. Giovanni e coi
Trombettieri Valdesi, una riuscita serata musicale — con esecuzione di canti e di musiche natalizie —, ha avuto luogo la domenica 7 dicembre nel tempio. Un messaggio è
stato portato dal Pastore Sig. E. Aime.
Un grazie di cuore ai Direttori e a tutti i
coralisti e trombettieri.
A diverse riprese nel corso di questi ultimi
giorni abbiamo dovuto prendere la strada del
cimitero per accompagnarvi le spoglie mortali
di alcuni nostri fratelli e sorelle. Sono infatti giunti al termine del loro pellegrinaggio
terrestre ed hanno ricevuto la suprema chiamata: Caterina Vernet nata Janavel, di anni
66, del Ciarmis; Maria Davit ved. nata Catalin, di anni 63, di Subiaseo; Daniele Talmon
di anni 57, del Centro; Emanuele Janavel,
di anni 73, del Barneu.
Rinnoviamo ai famigliati tutti di questi nostri Scomparsi la nostra fraterna simpatia e la
nostra solidarietà cristiana.
Si sono uniti in matrimonio : Giovanni
Bonjour (Bobbio Pellice) e Irma Rambaud
(Centro-Saret).
A questi giovani sposi, i nostri più sinceri auguri di molte gioie e di una lunga vita
vissuta- sotto allo sguardo di Dio.
Il Pastore Sig. Edoardo Aime, Presidente
della C.I.O.V., ha compiuto un giro di visite
alla nostra Comunità, parlando deB’opera dei
nostri Istituti nelle varie riunioni quartieraU.
Gli esprimiamo la nostra sincera riconoscenza.
PRECISAZIONE
Nel n. scorso, nella pagina di presentazione
del libro di H. Gollwitzer, I ricchi cristiani e
il povero Lazzaro, nell’intervista con il direttore della Claudiana, C. Papini, per una svista è saltato un « soltanto » che muta abbastanza il senso di una frase; andava quindi
letto: « È importante notare che ora questa
dimensione (quella sociale della fede) non può
più essere intesa in senso soltanto interno,
bensì internazionale ». red.
« Dio ha tanto amato il mondo
che ha dato il suo unigenito Figliuolo, affinché chiunque crede
in lui non perisca, ma abbia-vita eterna» (Giovanni 3: 16).
Nel pieno vigore degli anni ha perso improvvisamente la vita
Renato Anidreozzi
I genitori Michele e Ida, la moglie con
la figlioletta, il fratello e le sorelle
aspettano solo dal Signore il conforto al loro grande dolore.
Napoli, 9 dicembre 1969.
La famiglia della compianta
Valentina Gente
ringrazia sentitamente tutte le gentili persone che Thanno visitata durante la sua lunga degenza all’Ospedale.
Un grazie ancora al Pastore Deodato
e Signora, ai Pastori Gino Conte e
Geymet nonché a tutte le altre persone che han preso parte al suo dolore.
Pinerolo, 16 dicembre 1969.
AVVISI ECONOMICI
CAUSA salute cedesi avviatissimo negozio Pinerolo « Prodotti agricoli Fiori - Uccelli - Generi vari ». Telefono 71829.
ISTITUTO VALDESE in Torino cerca
inserviente, singolo o coppia. Scrivere a Via Berthollet n. 34. 'Tel. 65.22.87.
6
pag. 6
N. 1 — 2 gennaio 1970
La Chiesa nel mondo
a cura di Roberto Peyrot
Vedlia natalizia in varie città italiane
Un miiione di dollari
per i palestinesi
Ginevra (soepi) - Il Comitato della
Divisione di Aiuti e Servizio delle Chiese e di Assistenza ai profughi del CEC,
riunitosi il 4 dicembre a Ginevra, ha
approvato un programma per il 1970
di 1.041.987 dollari (pari a 650 milioni
di lire) per i profumi! palestinesi e le
persone sbandate a seguito della guerra del giugno 1967. La cosa fa parte
di un programma biennale per il quale
D DESEAR chiede due milioni di dollari alle Chiese membri ed alle loro
organizzazioni specializzate.
Questa decisione fa seguito alla Conferenza di Cipro sui problemi dei profughi palestinesi, riunitasi nello scorso
settembre e che ha raccomandato si
faccia un particolare sforzo per quanto
attiene l’informazione sulla situazione
palestinese. Questo programma di informazione e di interpretazione richied ■- una somma di 200 mila dollari durante i prossimi due anni e 60 mila dollari sono stati reperiti per quest'anno.
Un membro del Comitato della Divisione ha fatto notare come la somma
necessaria al programma di informazione sia assai elevata (è pari al 10%
del totale); il pastore Blake, segretario
generale del CEC, ha risposto che le
Chiese del Medio Oriente, tutte rappresentate alla Conferenza di Cipro, avevano voluto dare la priorità ad una
informazione precisa e seria. Egli ha
soggiunto che le Chiese rifiuteranno
probabilmente i due milioni di dollari
s^ la somma dovesse venir raccolta
senza che prima sia stata fornita una
informazione che non alteri i fatti.
Il programma del 1970 comprende
inoltre ca. 740 mila dollari destinati, a
seconda delle esigenze, ad rm centro di
formazione professionale in Libano e
a Gaza; a progetti di sviluppo di villaggi della Giordania e di Israele; a lavori
educativi e sociali e a varie organizzazioni.
Un pò meno di 100 mila dollari sono
destinati alle spese amministrative. Il
programma prevede pure un aiuto agli
ospedali, alla produzione di abiti e
scarpe, al lavoro agricolo e ai prefabbricati. Esso è stato approvato dalla
Divisione assistenza ai profughi del
Consiglio delle Chiese del Vicino Qriente.
La proposta è stata adottata dai 25
membri del Comitato della Divisione
del CEC, meno un’astensione.
Blake, in relazione al fatto che certe
frasi della Conferenza di Cipro erano
state criticate da membri della comunità ebraica, ha detto che era prónto a
discutere apertamente e regolarmente
con rappresentanti del mondo ebraico
per informarli sul modo col quale il
CEC concepisce la ricerca della giustizia per tutti gli abitanti della regione
e per conoscere le loro posizioni.
DISCRIMINAZIONE
VIETNAMIZZAZIONE
GENOCIDIO E LE CHIESE
Detroit (soepi) - Nel corso di ima movimentata assemblea generale del Consiglio nazionale delle Chiese (CNC) negli Stati Uniti, ne è stata eletta presidente Cynthia Wedel. È la prima donna che occupa tale posto.
Questa elezione ha messo in scacco
l’azione intrapresa da un certo numero
di pastori neri, sostenuti da bianchi favorevoli a un rinnovamento, azione destinata a fare eleggere dei neri ai posti
chiave del CNC. La signora Wedel è stata eletta con 387 voti contro 93 che sono andati al pastore nero Albert Cleage, di Eietroit (autore, fra l’altro, di un
libro. Il messianismo negro, edito in
Italia da Laterza). Tra gli altri eletti
di maggiore spicco, il past. Edwin Espy,
segretario generale, e il vescovo nero
Frederick Jordan della Chiesa epi^opale metodista africana, primo vicepresidente.
La signora Wedel ha dichiarato di
essere spiacente di essere stata eletta
in antagonismo con un candidato nero,
ma ha declinata la richiesta di ritirarsi,
formulata pubblicamente dal pastore
Cleage. « Deploro la discriminazione
praticata nei confronti dei neri —- ha
¿etto — e ho io stessa lottato per la sua
soppressione. Ma anche le donne sono
state vittime della discriminazione e
considero la mia elezione uri riconoscimento tardivo della loro importanza
nella Chiesa ». . . ., •
Fra coloro che hanno criticato violentemente il CNC vi era James Forman, capo della Conferenza per lo sviluppo economico dei neri e autore di
"Manifesto nero”; egli ha accusato il
CNC di voler dividere le comunità ner: e ha richiesto categoricainente la
dissoluzione del Consiglio e la distnbuzione dei suoi fondi ai neri, a titolo di
riparazione. _
Il Consiglio ha preso un certo numer.* di decisioni. Domanda, fra 1 altro, al
Direttore responsabile: Gino Conte
presidente Nixon di sostituire la politica di "vietnamizzazione” con una politica tendente a por fine alla guerra
lasciando ai Vietnamiti l’iniziativa, senza per questo che gli Stati Uniti cessino
il loro appoggio; un’inchiesta delle Nazioni Unite o della Croce Rossa Internazionale sui cosiddetti massacri di ci-.
vili nel Vietnam del Sud da parte di
truppe statunitensi. Approva inoltre, il
presidente Nixon per avere vietato
¡’utilizzazione di armi biologiche e chimiche.
UN MISSIONARIO USA AFFERMA
CHE LA PROPAGANDA
COMUNISTA IN COREA
FAVORISCE LA CONVERSIONE
AL CATTOLICESIMO
Seul (Relazioni Religiose) - Padre James
O’Brien, membro della Società di Colombano
per le Missioni Estere, il quale svolge la sua
attività missionaria nella Corea del Sud dal
1957 nei pressi del 38“ parallelo, ba detto che
la propaganda comunista fa convertire al cattolicesimo una gran quantità di coreani. Il
missionario ha detto che i comunisti definiscono il cattolicesimo come il loro principale
nemico invogliando cosi un gran numero di
coreani a interessarsi al proposito. « La gente
qui, ha detto il missionario, non è cattolica
per convenienza; sono buoni e solidi cristiani
nonostante il fatto che un’invasione comunista
potrebbe significare la loro morte ».
(continua da pag. 1)
soffriva prima del terremoto e soffre
ancora di più ora nelle baraccopoli della Valle del Belice.
L. Z.
In varie città italiane la sera del 24 dicembre si è tenuta una veglia di solidarietà, in
concomitanza con la manifestazione che raccoglieva a Palermo una rappresentanza di terremotati per riproporre una volta ancora, e
con forza, all’opinione pubblica la situazione
di coloro che a due anni dal disastro continuano a vedere non realizzati gli impegni assunti dal governo con tanto di leggi. Nei
giorni precedenti gruppi di delegati della zon.i del Belice si erano portati nelle grandi
città del nord, oltre che naturalmente a Roma, per presentare il problema e raccogliere
adesione in vista delle manifestazioni progettate. L’eco dei grandi mezzi d’informazione
è stata quanto mai ovattata, se non addirittura opaca. Gruppi, per lo più giovanili, e fra
loro parecchi evangelici, hanno curato il volantinaggio e la preparazione. Attendendo notizie da altre località, riferiamo sulla manifestazione torinese.
A Torino, negata la ben più centrale sala
della Galleria d’arte moderna, si è dovuti ripiegare sul Palazzetto dello sport, assai più
capace (molto troppo!) e più eccentrico e scomodo per chi è sprovvisto di mezzo proprio,
specie se abita nei quartieri periferici. La partecipazione è stata assai deludente, sia come
numero (3-400 persone) sia come qualità, per
cui non si è affatto avuto uno “spaccato”,
per quanto esiguo, della popolazione cittadina : quasi del tutto assente l’ambiente ope
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 — 8.7.1960
Tip. Subalpina s.p.a - Torre Pellice (To)
IL DECLINO DELL’ONU
Si tratta di un fatto storico che
ormai, dopo osservazioni attente durate molti anni, non può più esser messo in dubbio. Fatto triste e preoccupante. Sotto il titolo: « L’QNU ha fatto fallimento », René Payot, sul « Journal de Genève » del 23.12.’69, analizza
la situazione come segue.
« L’assemblea dell’ONV ha chiuso la
sua XXIV sessione, che era cominciata il 16-9. I 125 membri se ne sono andati tra l’indifferenza generale, perché
l’opinione pubblica non fa più quasi
attenzione ai lavori da loro effettuati.
Tali lavori non corrispondono più alle
aspirazioni dei popoli che si aspettavano da questa istituzione mondiale il
mantenimento della pace e la liquidazione die conflitti che insanguinano,
ancora e sempre, il pianeta terra.
Senza dubbio, grazie ai suoi organismi annessi, quali l’Organizzazione
mondiale della salute, quello che si occupa dei rifugiati e dell’aiuto tecnico
ai paesi sottosviluppati, ed altri centri
d’attività, l’ONU compie nel mondo
un’opera tanto utile, che nessuno ne
auspica la scomparsa. Ma bisogna pur
riconoscere che l’ONU non adempie al
compito essenziale prescrittole dalla
Carta (cioè dal suo Statuto): essa si
dedica a discussioni varie che non hanno più alcun mordente sulla realtà dei
fatti. Per di più, le sue discussioni sogliono concludersi con delle risoluzioni
spesso imperative (ottenute per mezzo di votazioni), risoluzioni di cui gli
Stati incriminati si fanno beffa, perché
tali Stati sanno benissimo che l’ONU
non ha né la volontà né i mezzi di far
rispettare le proprie risoluzioni.
Quest’anno, per es., l’Assemblea ha
invitato, una volta di più, la Gran Bretagna a far uso della forza militare per
rompere la resistenza della Rodesia,
pur sapendo perfettamente che mai un
governo britannico invierà un solo soldato allo scopo di rovesciare il regime
attuale di Salisbury. L’Assemblea sa
anche che le sue ripetute condanne
dell’“apartheid" nel Sud-Africa, nonché
di ciò che essa chiama il “colonialismo
portoghese", resteranno lettera morta.
Agendo in tal modo, trascinata da una
consuetudine formale, l’Assemblea assomiglia a una di quelle scatole di musica-meccanica, al cui suono nessuno
ha voglia di ballare.
L’impotenza dell’ONU mantiene in
uno stato d’inquietudine i piccoli paesi, che avevano sperato di trovare una
protezione sotto l’ombrello della Carta. Se, nel corso della sessione or ora
conclusasi, l’Assemblea ha fatto suoi
alcuni progetti interessanti, come quelli relativi alla pirateria aerea, all’utilizzazione dei fondi sottomarini, alla
interdizione dell’uso militare dei gas
lacrimogeni, d’altro canto essa ha evitato di discutere i grandi conflitti la
cui permanenza preoccupa l’urnanità:
la guerra del Vietnam, il conflitto del
M. Oriente e gli orrori della Nigeria.
A proposito di questo disgraziato paese, il sig. Usher, ministro della Costa
d’Avorio, ha dichiarato: “il fatto che
l’ONU resti indifferente davanti ad
una tale ecatombe, supera ogni possibilità di comprensione" ».
L’editoriale de « Le Monde » (del
19 c.), sotto il titolo: « L’impotenza delrONU », così si esprime:
« Sono i Grandi di oggi, e più precisamente i due Super-Grandi, che si son
presi, per diritto esclusivo, l’arbitrio
di trattare i principali problerni della
politica mondiale. Le Nazioni Unite
sono da loro soprattutto pregate di
ralo (anche se alcuni operai hanno dato freschi interventi) e scarsamente rappresentati
la borghesia e gl’intellettuali (qui gli evangelici non sfiguravano), il grosso dei partecipanti erano giovani, quegli stessi in un modo o
nell’altro impegnati nel movimento studentesco. Siccl.é, .malgrado l’interesse e il calore di
vari interventi, specie di coloro che venivano
dalla regione terremotata, deludente è stato
pure il risultato della serata. Si è voluto fare
molto : sia allargando il problema a una requisitoria sulla situazione politica italiana (requisitoria per altro giustificata, e contro tulle
le forze politiche, poiché anche le “sinistre”
hanno largamente trascurato la questione; discutibili invece certe valutazioni politico-economiche, almeno per chi non giuri sugli as
siomi marxisti), sia tentando di riunire una
manifestazione di massa; e il risultato è stato
puramente teorico in un senso, e nullo nel1 altro. Dopo tutto, la proposta avanzata nell'ultima assemblea valdese a Torino, di predisporre una raccolta di firme, indicava un'azione più modesta ma più efficace : una dozzina di tavoli accanto a tabelloni opportunamente preparati e “parlanti” (e magari mobili), in alcuni punti chiave della città,
avrebbero raggiunto assai più gente e avremmo ora in mano migliaia di firme con cui dare peso umano alla protesta civile contro la
cattiva volontà governativa. Invece siamo rimati con dei discorsi, malgrado le intenzioni,
velleitari.
Gino Conte
non compromettere, con manifestazioni intempestive, gli sforzi che essi compiono per restaurare la pace: in realtà
si tratta di sforzi che tendono soprattutto a sistemare i loro interessi. (...)
Chi potrebbe meravigliarsi che l’impotenza dell’ONU sia generatrice di
un’indifferenza crescente nell’opinione
pubblica e negli stessi Stati, a riguardo di quell’organizzazione? Ma chi
può neppure rallegrarsi che si sia diffuso un simile disgusto? Il vuoto creato dalle deficenze dell’ONU non è per
nulla riempito dall’azione dei Grandi,
i quali sono incapaci, altrettanto quanto l’ONU stessa, di por fine ai conflitti
che devastano il mondo e alle divisioni che conducono alla disperazione taluni popoli ».
I PROGRESSI
DELL’ALTRA GERMANIA
E ben noto che la Germania Qccidentale è oggi una grande potenza
industriale, ad alto livello economico
di vita. Meno noto è che l’altra Germania, quella Qrientale, ha fatto, negli
ultimi tempi, anch’essa sorprendenti
progressi nello stesso senso. Manuel
Lucbert, ne « Le Monde » del 24-12-69,
pubblica sull’argomento un lungo e interessante articolo, dal quale riportiamo alcuni passi.
« Il livello di vita degli abitanti della Germania Orientale, malgrado certe
particolarità (come per es. la rarità
delle automobili), tende ad avvicinarsi
al livello delle società industriali occidentali. Quali mezzi son stati adottati
per conseguire un simile risultato? In
che modo la RDT ( = Repubblica Democratica Tedesca) è diventata una
delle più grandi potenze economiche
del mondo? (...)
Lo sviluppo economico è stato facilitato dall’utilizzazione razionale dell’insieme dei mezzi umani e materiali
del paese. Esso è dovuto anche alla
adozione, nel 1963, molto tempo prima
di tutti gli altri paesi socialisti, d’un
“nuovo sistema economico". Pur continuando a mantenere la “pianificazione centralizzata", la riforma ha dato
maggior libertà e, nello stesso tempo,
maggior responsabilità ai “dirigenti di
officina". Infatti si tratta molto più di
una modifica delle regole di gestione
■delle imprese, piuttostoché d’una vera
e propria “riforma del sistema".
Si è cominciato col non considerare
più come fattore d’importanza primaria (cioè non più come criterio assoluto di rendita economica) il volume
quantitativo della produzione. I capi
d'impresa devono tener conto altrettanto, se non di più, della qualità della produzione, dei benefìci realizzati,
dell’elevazione della produttività e dell’abbassamento dei costi. Una operazione cosiddetta “verità dei prezzi",
lanciata nell’aprile 1964, ha permesso,
nel giro di tre anni, di avvicinare i
prezzi industriali ai costi reali. (...)
Questi ed altri provvedimenti hanno
fatto della RDT, nell’ambito del Comecon (Intesa economica dei paesi socialisti), un cliente apprezzato per la qualità dei suoi prodotti. Pur essendo il
numero dei suoi abitanti 1/14 di quello deirURSS, la Germania Orientale
possiede un volume di commercio estero che è soltanto 1/3 di quello dell'URSS. I 3/4 dei suoi scambi si fanno
coi paesi del Comecon e principalmente con Mosca, di cui essa è il principale cliente commerciale ».
GENNAIO ’68: SOTTOSVILUPPO - TERREMOTO - SICILIA
OCCIDENTALE
GENNAIO ’70: NULLA È MUTATO
15/1/68: Roma. Attendati davanti a Montecitorio le popolazioni conquistano la legge straordinaria che prevede:
« ricoveri d’emergenza entro 45 giorni per tutti ;
« avvio immediato della ricostruzione da ultimare entro il ’71 ;
«intervento di vari ministeri per lo sviluppo economico con presentazione del piano entro il 31/12/69 ».
9/7/69: Palermo. 15 mila terremotati premono sulla Regione Siciliana
che ra l’altro stanzia 28 miliardi per lo sviluppo agricolo.
DOPO DUE ANNI NON SONO NEANCHE ULTIMATE LE BARACCHE
E L’UNICO INTERVENTO TEMPESTIVO DEL GOVERNO SONO IL
PASSAPORTO E I BIGLIETTI FERROVIARI GRATUITI PER EMIGRARE FORZATAMENTE. LEGGI E SCADENZE SALTANO. I MILIARDI STANZIATI NON VENGONO SPESI.
Ogni giorno aumenta l’emigrazione!
PERCHÉ - i tentativi di industrializzare il Sud falliscono o sono funzionali per U rastrellamento delle risorse e delle materie prime presenti
nel meridione?
- il Governo non pone le basi per una effettiva creazione di posti di
lavoro nel Sud?
Tutto ciò rappresenta chiaramente il quadro politico italiano nel quale
gli industriali del Nord si muovono non solo come forze economiche, ma
soprattutto come forze politiche in grado di manovrare leggi e uomini
secondo i loro interessi.
15.000 operai di Rivalla — 60.000 iminigrati — aumento degli affitti, mancanza di case, di aule, di servizi pubblici, di posti letto negli osiiedali —
250 miliardi che lo stato dovrà spendere per risolvere i problemi aperti
dalle scelte della FIAT.
Ma non si spendono i miliardi per la zona terremotata, perché se si avviasse la ricostruzione e lo sviluppo economico, signiffcherebbe che i la
voratori del Sud non sarebbero più disponibili per le industrie del Nord
e estere!
INTANTO: nella zona terremotata
— la mortalità è aumentata notevolmente, lo spazio concesso nelle baracche dello stato per ogni uomo è inferiore a quello che la legge
prescrive per le bestie nelle stalle, le baracche si sfondano e sistematicamente si allagano alle prime piogge. I ricoveri di emergenza,
purtroppo permanenti, evocano realtà del recente passato: Lager.
CONTRO QUESTA LOGICA LE ASSEMBLEE POPOLARI DELLA
VALLE DEL BELICE SCENDONO IN LOTTA A NATALE MANIFESTANDO A PALERMO, CONTEMPORANEAMENTE AZIONI PARALLELE SI SVOLGERANNO A ROMA, FIRENZE, BOLOGNA, GENOVA, MILANO.
— Popolazione Valle del Belice.
— Gruppi torinesi aderenti alla lotta.
— MOV. Sviluppo e Pace. Corpo europeo per
la pace, FGEP, AGLI, Parallelo 38, Comunità Torino 1“, Comunità del Vandallno, Comitato di quartiere Pozzo Stra
da, V. Artom.
Nuovi obbiettivi per la
Ginevra (soepi) - Il pastore Brash nuovo
direttore della DESEAR, la Divisione assistenziale del CEC, in occasione di un discorso tenuto a Ginevra in occasione della riunione del
Comitato, ha ricordato che oggi viviamo in
u.' mondo in cui la vita va sempre più indebolendosi, minata com’è dalla fame e dalla
degradazione, mentre per contro 1 uomo detiene dei poteri e delle conoscenze che gli permetterebbero di eliminarne gli effetti.
Si spendono — ha proseguito — tre milioni di dollari (due miliardi ca. di lire) aU’ora
per la guerra in Vietnam mentre questa somma avrebbe potuto fornire a ogni vietnamita,
uomo, donna e bambino, un reddito annuo
di 1500 dollari.
c< In un mondo dove la sofferenza e la spoliazione provengono innanzi tutto dall’indifferenza ostinata dell’uomo nei confronti del benessere del suo prossimo, siamo chiamati ad
essere noi stessi una comunità di risanamento
e a esercitare presso coloro che soffrono il ministero che risponda nel migliore dei modi ai
loro bisogni ».
Egli ha poi sottolineato che le chiese che
chiedono dei soccorsi devono sentirsi libere di
presentare i loro progetti prioritari, e che nello
stesso tempo le chiese che donano abbiano
una certa libertà di scelta.
Il pastore Brash ha dichiarato che è assai
importante fissare dei plafonds aU’ammontare
totale delle richieste onde esser costretti a
presentare dapprima i progetti prioritari; che
si eviti lo scandaol delle richieste senza risposta e che le principali decisioni vadano a coloro che fanno le richieste.
a Vi chiedo in modo particolare di sostenere i piani ed i programmi di questa Divisione nel campo dell’aiuto allo sviluppo, in
quanto essi riflettono più di <dtri la luce di
Dio. Altrimenti, respingeteli ».
A BERLINO;
CONFERENZA REGIONALE
DELLA C.C.P.
Berlino (soepi) - La Conferenza regionale
nella repubblica democratica (orientale) della
Conferenza cristiana della pace (CCP) si è
riuscita a Berlino-Weissensee alla fine di novembre. Essa ha chiesto il riconoscimento di
tutte le frontiere attualmente esistenti in Europa, il ristabilimento delle relazioni colla
R.D.T. ed un’azione di solidarietà col popolo
vietnamita.
Sotto la presidenza del prof. Bernhardt, i
partecipanti hanno pure raccomandato che, se
condo la proposta degli siali socialisti europei,
si organizzi una Conferenza sulla, sicurezza europea e sulla cooperazione. A quvxsto riguardo
hanno assicurato che « senza la piena partecipazione della RDT a tutti i negoziati internazionali su questi problemi, non vi potrà essere
una pace permanente sul nostro continente ».
La stampa della RDT ha largamente diffu.so
tutte le notizie relative a questa conferenza
regionale. Ma finora non è stata fatta alcuna
menzione circa la crisi interna della CCP che
ha portato, nel novembre scorso, alle dimissioni del presidente, prof. H. Hromadka e del segretario generale, J. Ondra.
Notiziario
Evangelico
Italiano
a cura di Renato Balma
dalle assemblee di diq
Campagne evangelistiche. I due ultimi numeri del mensile « Risveglio Pentecostale » riportano varie notizie di
campagne evangelistiche svoltesi in Calabria e in Sicilia. Mentre a Gioiosa Marina l’azione è stata svolta dal 13 al 24
agosto mediante una tenda installata
sul lungomare, a Comiso ci si è serviti
di un cinematografo per ben una settimana dal 4 al 12 ottobre. « Tutte le sere
la platea era quasi piena e benché vi
fosse l’attiva collaborazione delle Chies circonvicine, la maggior parte dei
presenti era popolo che per la prima
volta ascoltava la Parola di Dio. Per
l’occasione, nelle due domeniche, abbiamo tenuto dei Culti nella grandissima
piazza principale: molte le persone presenti; circa duemila nella prima domenica e nella seconda molte di più ».
dalle chese apqstoliche
Convegno di fine d’anno. Dal 25 al 28
dicembre si è svolto a Catania un convegno con tema; « Il grande mistero
della pietà (T Tim. 3: 16) », così articolato: La Sua Incarnazione, Giustificazione, Apparizione, Predicazione, Accettazione, Elevazione, Ascensione.