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ECO
BIBLIOTECA VALDESE
1U066 TORRE PmiICE
DELLE VALLI VAIDESI
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 110 - Num. 14 ABBQNAMENTI i L. 3.500 per l’interno Sped. in abb. postale - I Gruppo bis/70 1 TORRE PELLICE - 6 Aprile 1973
Una copia Lire 100 1 L. 4.500 per l’estero Cambio di indirizzo Lire 100 1 Amm. ! Via Cavour, 1 bis - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
MEDITAZIONE SULLA CROCE
SECONDO UN RAPPORTO DI LUKAS VISCHER
“Egli ha
i peccati
(Isaia 53, 12)
portato
di molti
la politiH dal Consiglio ecnmenii» delle Chiese
f'
L
Siamo disposti a comprendere
e anche a scusare i peccati di molti. Siamo disposti a giustificare e
anche a coprire i peccati di molti.
Ma chi li vuole portare? Chi li può
portare? Analizzare i peccati prima che denunciarne le conseguenze, studiare le circostanze, i moventi, le intenzioni, le responsabilità prima di distribuire le colpe
— tutto questo lo possiamo e dobbiamo fare e sappiamo come farlo.
Ma quando non si tratta più solo
di analizzare ma di portare i peccati degli altri, restiamo interdetti
e ci chiediamo: Come li possiamo
portare? Anche volendo non sapremmo come fare. Possiamo capire, spiegare, sdrammatizzare i
peccati di molti, ma non li possiamo portare.
Quello che possiamo portare sono non i peccati ma semmai gli
ideali degli altri, le istanze umane
fondamentali, i grandi valori della storia. Così è sempre stato ed
è anche oggi. C’è sempre qualcuno — individuo, gruppo, movimento, classe, popolo, chiesa —
chè“pbfta^ pesi ancheLdegli alffTT
e li porta al posto degli altri e per
loro. C'è sempre qualcuno che paga il prezzo, che gli altri non pagano, della libertà, della giustizia,
della pace, della verità fra gli uomini. E un prezzo molto elevato
(i valdesi dovrebbero saperlo),
ma s’è sempre trovato qualcuno
disposto a pagarlo, e anche a pagarlo per gli altri. Cosi la domanda si pone: in questo tempo siamo noi cristiani che paghiamo
anche per altri il prezzo della libertà, della giustizia, della verità,
della pace, o sono altri che lo pagano anche per noi? La domanda
è imbarazzante. È certo comunque che, chiunque lo paghi, il costo umano necessario a queste cose è altissimo. Per i valori dell’umanità non c’è nessuno. Già la
Scrittura lo attesta: « Nessuno
può in alcun modo redimere il
fratello, né dare a Dio il prezzo
del riscatto d’esso. Il riscatto dell’anima deH’uomo è troppo caro... » (Salmo 49, 7-8).
L’uomo non può redimere il suo
prossimo, tanto meno può redimerlo un animale. Nell’antico
Israele esisteva un cerimoniale di
espiazione dei peccati narrato in
questi termini nel libro del Levitico: « Aaronne poserà ambedue
le mani sul capo del capro vivo,
confesserà sopra esso tutte le iniquità dei figliuoli di Israele, tutte
le loro trasgressioni, tutti i loro
peccati, e li metterà sulla testa del
capro; poi... lo manderà via nel
deserto. E quel capro porterà su
di sé tutte le loro iniquità in terra
solitaria, e sarà lasciato andare
nel deserto » (16, 21-22). Questa
antica liturgia esprime due convinzioni fondamentali della fede
di Israele: la prima è che il peccato deve essere cancellato; la seconda è che questa operazione
non la possiamo compiere noi, deve farla un altro. Quest’altro è
Dio.
« Egli ha portato i peccati di
molti ». Portare significa portar
via e non solo deplorare o denunciare rha prendere su di sé. Questo
ha fatto Gesù, l’agnello di Dio,
non dell'uomo, che toglie il peccato del mondo. Ma è proprio necessario che egli lo tolga? Non può
ciascuno tenersi i suoi peccati?
Gesù sosteneva che « era necessario » (Marco 8, 31), ma già ai discepoli e a Pietro in particolare
pareva assurdo. Prima di essere
motivo di speranza, la croce è segno di contraddizione. La sua .necessità ci sfugge perché noi sfuggiamo al suo giudizio. In fondo
vorremmo che non ci fosse, per
non doverla affrontare e non dover cambiare. Non è necessario
che Gesù porti via i peccati di
molti se il mondo e l’uomo non
devono cambiare, se devono restare sempre gli stessi, se nulla di
nuovo ci dev’essere sotto il sole.
Ma se al contrario qualcosa deve
cambiare, se la promessa è che le
cose vecchie passino e diventino
nuove, se è che sorga una nuova
umanità e appaia l’uomo nuovo,
allora non è solo necessario ma indispensabile che Gesù tolga il peccato del mondo. Perché nulla di
nuovo può accadere finché il peccato non è tolto via. Per questo
l’annuncio che qualcuno ha portato via i peccati di molti è un annuncio liberatore, che apre il cuore non^ sqiq^ albi g^rató
alla sjpefanza.
Solo Dio poteva farlo. In Gesìi
Cristo lo ha fatto.
Paolo Ricca
Un’attività di largo respiro che, condotta con personale e mezzi estremamente
esigui rispetto alla molteplicità e vastità dei problemi, deve necessariamente
scegliere i punti di maggiore urgenza, esponendosi ovviamente a critiche
In una sua recente conferenza il dr.
Lukas Vischer, direttore del Dipartimento « Fede e ordinamento » del CEC,
ha parlato dell’attività e della ’politica' del Consiglio; ne riferiamo secondo un bollettino deìl'e.p.d., il servizio
stampa evangelico svizzero-alemannico. Scopo deirecumene, ha detto Lukas Vischer, è la testimonianza comune dei cristiani, che implica il superamento delle divisioni e l’unità delle
Chiese, intesa non in senso organizzativo, però, perché la gara fra di esse
è sana. La testimonianza comune dei
cristiani dev’esse i e resa come un atto
d’ubbidienza, e il Vischer ricordava,
quale esempio, la Conferenza di Fano,
nel 1934, nella’ quale la Germania era
rappresentata, nei Consiglio, dalla Chiesa confessante, non da quella ufficiale.
COME RENDE LA SUA
TESTIMONIANZ/ CRISTIANA,
Il CEC, IN CAMr ) POLITICO’
Non essendo il EC un unica Chiesa,
ma una federazione di Chiese, non è facile rendere una testimonianza chiara
a livello inteiTKi/j jnale. Attraverso la
via diplomatica ■ ma può inserirsi in
modo assai dive i so nelle vicende internazionali. Per pir k: sua il CEC si sforza di rendere qii.sia testimonianza su
quattro linee: hd
a) Aiuto del LÙ in situazioni potìiìche critiche. ~S) interviene in caso
di catastroh naturali e di esigenze derivanti da conflitti bellici: a tale tipo
di aiuto il CEC devolve annualmente
oltre 3 miliardi di lire. Quest’aiuto ca
ritativo è sempre anche un aiutò politico: chi aiuta in situazioni politicamente polarizzate, cade necessariamente sotto il sospetto di impegnarsi
in un senso o nell’altro. In certi casi
questi aiuti prolungano il conflitto, com’è accaduto ad esempio nel Biafra
(n.d.r.: si ricorderà che il CEC aveva
rifiutato di intervenire con aiuti alle
popolazioni biafrane). Anche l'aiuto
che ad esempio la Svizzera ha dato nel
1956 a profughi ungheresi ha avuto
una tinta politica.
b) Opera di riconciliazione. Da sei
a otto membri del personale del CEC
sono impegnati in quest’opera. Il CEC
ha partecipato in modo non trascurabile alla firma della pace che nel marzo 1972 ha posto fine alla guerra civile
infuriata nel Sudan per molti anni: il
sud in parte animista e in parte cristiano voleva staccarsi dal nord musulmano, mentre l’Organizzazione panafricana si opponeva a ogni modifica
di frontiere, temendo la frana che ciò
avrebbe potuto comportare in altri
Stati africani, molti dei quali all’indipendenza hanno ereditato le frontiere delle vecchie colonie europee, delimitazione di conquista piuttosto che
di territori occupati da popolazioni costituite in nazioni unitarie. Grazie a
un intenso lavoro del CEC la pace poteva essere ristabilita; anzi rappresentanti del CEC presenziarono alla firma
bilaterale del trattato. In questo caso
il CEC ha lavorato in netto contrasto
con gli intenti delle potenze orientali.
L’ecumene è impegnata anche nel Vicino Oriente e in Irlanda, se pur con
minore successo.
Le Chiese e l'Africa australe
Contro il bando di studenti e contro I’emigrazione
Città del Capo — Il Consiglio delle
Chiese del Sudafrica ha espresso la
sua « profonda inquietudine » a seguito delle misure di bando decretate dal
governo nei confronti di otto responsabili dell’Unione nazionale degli studenti sudafricani (NUSAS) a prevalenza bianca, e di otto responsabili della
Organizzazione degli studenti sudafricani neri (SASO).
Questi sedici dirigenti sono stati posti al bando in riferimento alla « Legge sulla soppressione del comunismo »
(n.d.tr.: il partito comunista è stato
dichiarato fuori legge fin dal 1950, unitamente a varie altre organizzazioni
considerate illegali, quali l’African National Congress, il Pan-African Congress o l’African Resistence Movement.
In breve, tutta l’opposizione in genere
viene considerata « comunista »). La
cosa implica gli « arresti a domicilio »
e la soppressione quindi del diritto di
partecipare o prendere la parola a riunioni, a proseguire gli studi, a pubblicare articoli, ecc.
Il Consiglio delle Chiese ha dichiarato: « Se lo Stato proclama che egli governa secondo norme democratiche, allora o deve accordare diritti democratici a tutti i cittadini oppure deve riconoscere di non essere uno Stato democratico. Il bando arbitrario, senza
processo, equivale al rinnegamento
stesso della democrazia ».
L’Istituto cristiano dell’Africa australe ha rifiutato di cooperare colla
commissione parlamentare che ha recentemente raccomandato il bando.
Esso ha inoltre votato l’appoggio alle
personalità ufficiali che rifiutano di collaborare, dichiarando che la costituzione di questa commissione e la sua
funzione sono antidemocratiche.
Il pastore B. Stumbles, moderatore
della Chiesa presbiteriana, ha espre.sso la sua « costernazione... e profonda
inquietudine per le ripercussioni sull’avvenire di quegli studenti e delle loro famiglie ».
La commissione « Justitia et pax »
dell’arcidiocesi della Città del Capo ha
unito la propria voce alle proteste
« contro il bando voluto dal governo e
contro le restrizioni aventi lo scopo
di paralizzare le organizzazioni che si
battono contro l’ideologia e la pratica
dell’apartheid ».
La signora H. Suzman, del Partito
progressista ha detto: « Credo che
neppure uno di quegli studenti, qualora avessero dovuto comparire davanti
ad una corte di giustizia, sarebbe stato
dichiarato colpevole di crimini contro
la sicurezza dello Stato ».
(soepi)
Apartheid
boomerang
Un fatto che ha deirincredlbile,
viene segnalato in una corrispondenza
del quotidiano Observer. Qui in Italia,
almeno sin'ora, ci risulta solo riportato dal quotidiano L’Unità; questo
fatto illustra da solo e con poche parole
sino a che punto possa giungere la
crudele e spietata legge sull’apartheid
che vige nell’Africa australe.
Ma ecco il fatto: un giovane « bianco » di Città del Capo è morto dissanguato perché gli infermieri — pure
essi « bianchi » — di un’autoambulanza per « non-bianchi » si sono rifiutati di prenderlo a bordo del loro
veicolo e di portarlo all’ospedale.
Il giovane, Nicolas Swart, era rimasto vittima di un banale incidente :
neH’affettare del pane si era tagliato
una vena ed aveva perso i sensi. Un
vicino aveva chiamato la polizia per
far giungere un’autoambulanza. Quando questa giunse, l’infermiere rifiutò
di prenderlo a bordo « perché è un
bianco e la nostra è un’ambulanza
per negri ». La moglie del ferito chiese allora a un sergente di polizia di intervenire ma anche questo « rappresentante della legge » rifiutò facendo
osservare che l’atteggiamento dell’infermiere era « conforme alle vigenti
disposizioni ».
Successivamente il ferito fu soccorso da un automobilista negro, che lo
portò all’ospedale. Qui i medici tentarono di rianimarlo ma senza risultato,
ormai aveva perso troppo sangue.
La signora Swart dice di non essersi
mai occupata di politica ma di aver
compreso ora, a sue spese, « che cosa
significhi Yapartheid ». Ha soggiunto
che avrebbe scritto al primo ministro
'V^orster e a sua moglie per dir loro
come Vapartheid abbia ucciso suo marito e distrutto la sua vita.
Utrecht — Il Consiglio ecumenico
dei Paesi Bassi ha recentemente adottato una risoluzione colla quale si chiede alle chiese di dissuadere i loro membri di emigrare in Africa australe.
Secondo il prof. L. Patijn, presidente della sezione degli affari internazionali del Consiglio, circa mille olandesi
emigrano ogni anno in Sudafrica. Questo afflusso di personale qualificato, oltre a provocare disoccupazione, contribuisce a mantenere la popolazione
locale in un ruolo del tutto subalterno.
Questa risoluzione è una « protesta
contro l’ideologia e l’applicazione dell’apartheid ». Essa fa seguito alla raccomandazione del Comitato centrale
del CEC, riunitosi a Utrecht nell’agosto scorso. Esso aveva chiesto a tutte
le Chiese-membro di « lanciare delle
campagne miranti a scoraggiare l’emigrazione bianca verso l’Africa australe »
perché « le politiche applicate dai regimi minoritari bianchi in Africa australe
allo scopo di incoraggiare l’emigrazione dei bianchi verso quei paesi mirano
a perpetuare ed a rinforzare le strutture razziste esistenti ».
{soepi)
Il primo nero
nominato moderatore
delia Chiesa presbiteriana
d’Africa australe
Johannesburg (spr) — La Chiesa presbiteriana d’Africa austiàle, che è plurirazziale, sta per avere il suo primo
moderatore nero: James Jolobe, pastore a riposo abitante a Umtata.
Questa nomina è stata effettuata dalla Commissione esecutiva della Chiesa,
riunitasi in marzo a Johannesburg.
James Jolobe è stato consacrato pastore nel 1931 e ha esercitato il ministero nella regione orientale della Provincia del Capo. Sarà accolto come moderatore dall’assemblea generale della
sua Chiesa, che si terrà in settembre
a Benoi, nel Transvaal.
La Chiesa presbiteriana d’Africa australe conta 40.000 membri bianchi e
26.000 neri.
c) Quale contributo può dare la
Chiesa alla giustizia nella vita internazionale? Un aspetto è il Programma
antirazzista. Ma vi sono pure altri problemi, come la difesa dell’ambiente.
Fin dalla costituzione del CEC è stato
chiaramente annunciato che la discriminazione razziale è in contrasto con
l’Evangelo di Gesù Cristo, una posizione che è stata mantenuta anche in colloqui (1961) con le Chiese sudafricane,
con la conseguenza che le maggiori
Chiese riformate del Sudafrica abbandonarono il CEC, con un seguito di dichiarazioni continuate fino al 1969. Al
CEC è stato rimproverato di esaurire
la sua opera in una « guerra di carta ».
Nel 1969 si è allora deciso di compiere
un gesto concreto: 200.000 dollari sono
stati devoluti a « organizzazioni che
lottano contro il razzismo » per l’uso
a scopi umanitari. L’uso di questo denaro non è stato controllato, affinché
le organizzazioni in questione vi vedessero un segno di fiducia. Siccome questo aiuto voleva essere un segno visibile, è stato reso debitamente noto. La
cosa ha subito portato a discussioni e
fraintendimenti; ma siccome il « razzismo » contrasta con l’Evangelo, questo
programma dev’essere proseguito. Si
poneva poi il problema: non si dovevano criticare come appoggio indiretto
alla politica razzista anche investimenti economici? Per cui nell estate 1972
si e deciso di vendere i titoli azionari
che d 'CEG df •seicietày suda «
fricane. Anche questo vuol essere un
segno. Ci si deve per altro domandare
Se m tal modo il razzismo possa essere combattuto con minore efficacia che
attraverso una « presenza critica » accresciuta nelle assemblee di azionisti.
Infine, anche a livello di politica estera nazionale, non è indifferente, per i
cittadini, come il loro paese conduce
la sua politica estera!
d) Indignazione selettiva, « disarmo selezionato ». Un problema che agita costantemente il CEC, ma i mezzi
di cui esso dispone sono limitati. Perciò deve continuamente scegliere dove
intervenire. Ed ecco sorgere le critiche: perché il CEC si occupa sempre
del Sudafrica e non, più di quanto faccia, dei paesi orientali? Qra, il CEC ha
ripetutamente levato recise proteste
contro la politica orientale, ad esempio quando i sovietici occuparono la
Cecoslovacchia. Ma c’è il problema:
che cosa aiuta maggiormente i cristiani che vivono in quei paesi? Inoltre va
considerato che nel Sudafrica gli uomini sono discriminati a causa del colore della loro pelle « nel nome di Cristo ». {N.d.r.: quest’ultima nota è senz’altro rilevante; tuttavia si può dire
senza alcuna esitazione che questo 'senso di colpa’ occidental-cristiano, sommato a dubbie motivazioni politiche e
ad ancor più dubbie pressioni dell’ortodossia orientale negli organismi ecumenici, ha reso estremamente debole,
e il più delle volte insussistente la protesta contro le molteplici e multiformi
discriminazioni, oppressioni, persecuzioni che cristiani e non cristiani subiscono in misura e su scala assai forte
in molti paesi dell’est: si parla di circa un milione di detenuti politici nei
campi — e che campi — sovietici, e
tutta una rosa di pubblicazioni clandestine, il samizdat, documenta il continuo e vasto conculcamento di diritti
umani fondamentali. Non è gran cosa
aver levato la propria voce — e voce
sola — contro una spietata prepotenzache persino numerosi partiti comunisti occidentali hanno, a suo tempo, criticato, salvo via via addomesticarsi,
poi. E difficile convincersi che si è
trattato di selezione di urgenza, e non
anche di opportunità politica, [g.e.]).
NUOVE DIVISIONI?
Mentre i contrasti « tradizionali » fra
le Chiese vengono lentarnente superati, si aprono nuovi fossati di fronte all’interrogativo: « qual è la testimonianza dei cristiani nell’attuale trasformazione della società? » Gli uni vedono
nell’impegno politico un tradimento
dell’Evangelo, gli altri avvertono inveLa nostra assemblea di chiesa del 21
gennaio è stata più nutrita delle precedenti. Argomento aH’ordine de giorno
era l’ecumenismo, con i problemi conce qui il loro impegno particolare. Fa
(continua a pag. 2)
2
pag. 2
N. 14 — 6 aprile 1973
L’edilicio che ha da servire
di dimoiò a Dio
NOTE DI STORIOGRAFIA VALDESE - 15
Questo « edificio » è la comunità, la tua e la mia; le pietre da costruzione sono tutte le creature con le quali io e tu abbiamo a che
fare; gli operai sono le persone, le « pietre vive » che per la loro fede
collaborano alla realizzazione del progetto. Ma il progetto è di Dio, è
la direzione dei lavori è di Cristo.
La presente generazione di credenti ritiene che in passato c’è stato un equivoco: la « edificazione » è stata condotta male, senza tenere
conto del progetto di Dio disegnato nel Vangelo. Questa ’’opinione”
sembra acquetare la coscienza di tutti i distruttori, che con grande
impegno cercano di distruggere o diroccare qualcosa, magari una pietruzza, dell’edificio che ha da servire di dimora a Dio.
Non è un’impresa gloriosa né meritoria: è forse il più grave peccato al quale il ’’credente” possa abbandonarsi, qualunque siano le
motivazioni che porta. Egli è chiamato a edificare e ad essere edificato.
V’è un metodo assai semplice per renderci conto di quale sia il
posto che di fatto teniamo, se fra gli edificatori o fra i demolitori:
prima di compiere un tipo d’azione, di testimoniare in un dato modo,
e dopo averlo fatto, chiediamoci se lo scopo è la costruzione, l’edificazione della comunità o la demolizione d’una sua parte; se il risultato
conferma la nostra intenzione pura o maligna.
Non possiamo illuderci: tutti siamo chiamati da Gesù a questa
costruzione, e nessuno sta con le mani in mano: o costruisce o distrugge. La Parola di Dio continuamente, con insistenza, ci chiama a
edificare, a essere pietre « vive », e nel contempo ci annunzia la guida,
la forza, la consolazione di Cristo. È in questa certa fede che anche noi
compiamo la nostra vocazione cristiana, sapendo che se il Signore non
compie l’opera invano si affaticano gli edificatori.
Luigi Santini
LETTERA APERTA A ERIKA TOMASSONE
L’ABORTO
Vorrei rispondere alle argomentazioni di Erika Tomassoni apparse sul n.
12, anno 73 della ’’Luce”.
D’accordo su alcune premesse. Lo
aborto legalizzato ridurrebbe (anche se
di certo non risolverebbe) l’attuale situazione di ingiusti privilegi e sperequazioni sociali per cui le donne abbienti possono pagarsi un ginecologo
di chiara fama e garantirsi un aborto
nelle condizioni migliori, mentre, specie nel terzo mondo nostrano, tante povere infelici cariche di figli e di stanchezza si affidano alle manipolazioni
di praticone senza scrupoli o addirittura cercano di « fare da sé », rischiando la pelle o quanto meno la galera.
Assai meno d’accordo sulle conclusioni. Il «doveva pensarci prima » è
senza dubbio poco evangelico se detto
con intenzione moralistica, a posteriori: ma Se identifichiamo il contenuto
di questa frase in una sana educazione
sessuale da impartirsi tanto all’uomo
quanto alla donna, che porti alla pia
nificazione familiare, al controllo preventivo delle nascite, allora penso ne
sia senz’altro accettabile il senso.
Ho promesso in una delle mie classi (insegno lettere al biennio di un
Istituto Tecnico) un’inchiesta sull’aborto. Ragazze e ragazzi sono andati in
giro con un registratore per alcuni
giorni e infine ci hanno fatto udire le
voci raccolte. Mi hanno colpita due
aspetti inattesi di questa inchiesta:
1) il ceto sociale operaio o contadino (da cui per la maggior parte provengono i miei ragazzi) si è espressa
recisamente contro l’aborto, mentre
studenti e ceto medio (borghesia intellettuale) si sono dimostrati in maggioranza favorevoli;
2) Studenti e ceto medio interpellati (parecchi gli insegnanti) hanno assai spesso giustificato la loro posizione
adducendo come motivo pricipale il
problema demografico del mondo e di
conseguenza la necessità di arginare le
nascite... con l’aborto! Ho avuto il mio
bel daffare per spiegare poi in classe
come l’aborto NON SIA in nessun caso
un metodo contraccettivo!
Mi sembra che questi due aspetti
emersi dalla nostra sia pur piccola e
modesta inchiesta siano estremamente
significativi e penso dobbiamo riflettervi seriamente.
Vengo al secondo punto indicato da
Erika Tomassoni: sì, cara Amica,
ABORTO = INFANTICIDIO perché già
l’embrione, come l’embriologia nelle
sue più recenti formulazioni ribadisce,
contiene potenzialmente tutti i princini
vitali che verranno poi sviluppati e organizzati nel feto. Non mi sembra si
possa quindi parlare di « maternità libera e responsabile » nei confronti dell’aborto, mentre il concetto si applica
perfettamente alla limitazione preventiva delle nascite. Si lascia forse alla
scelta « libera e responsabile » dell’individuo se uccidere o meno in determinati casi il prossimo? In più, qui si
tratta di un minuscolo essere vivente
in sé incapace di difendersi e di decidere della propria esistenza. Chi ci autorizza a stroncare, con la implacabile
legge del più forte, quel principio vitale, salvo nel caso di incontrovertibili
indicazioni mediche? Ma è ovvio che se
parliamo di « salute psichica » di una
donna o dei suoi « 45 anni compiuti di
età » il terreno diventa estremamente
scivoloso.
Concludendo, ho in fondo l’impressione che siamo tutti abbastanza pronti a lasciarci condizionare da statistiche e dati ufficiali: così, seccandoci un
tantino di essere alla pari con Grecia,
Portogallo e Spagna, non esitiamo a
sentirci molto più progressisti e aggiornati se spezziamo una lancia in favore
dell’aborto: ma non dovremmo invece
di volta in volta operare le nostre
libere scelte alla luce delTEvangelo, indipendentemente dai dogmatismi delle
varie parti politiche in gioco e dai
molti condizionamenti di questa tragica era contemporanea?
Io credo fermamente di sì. Per questo mi rivolgo a tutti noi affinché tentiamo di portare avanti una riflessione
seria, onesta, libera su questo tema.
La posta in gioco è oltremodo preziosa.
Florestana Sfredda Piccoli
Rovereto, 28-3-’73.
la crisi degli acni 1205-1203; le ceasegueme
I contrasti interni al movimento vaMese, in quegli anni cruciali, sono indice
della difficoltà di giungere a una riforma della chiesa per chi voleva evitare una
rottura, e delle debolezze teologiche anche dei più radicali: il movimento attendeva il teologo che lo guidasse
Se si esaminano attentamente i dati
offerti dai due polemisti ricordati nella precedente puntata, ci accorgeremo
ben presto che le dottrine e le pratiche attribuite ai Valdesi verso la fine
del secolo XII non corrispondono se
non in minima parte a quelle enunciate da Valdesio nella sua professione
di fede, e quasi puntualmente confermate da Durando d’Osca nel suo « Liber antiheresis ». Il divario testimonia
un evidente acuirsi della polemica anticattolica su posizioni più radicali,
che erano già state raggiunte da proteste anteriori come quelle degli Enriciani e degli Arnaldisti. La conferma
ce n’è data da quella relazione di fonte inquisitoriale che alTinizio di queste « Note » indicammo come fonte sia
di Stefano di Borbone che di Bernardo
Gui. Al termine di essa (cf. puntata
n. 3) leggevamo:
« Convocati dall’arcivescovo di Lione — che aveva vietato loro di predicare — i Valdesi non vollero ubbidirgli, adducendo che bisognava ubbidire
a Dio piuttosto che agli uomini, avendo Dio stesso ingiunto agli Apostoli di
predicare il Vangelo ad ogni creatura.
Così, arrogando a sé stessi quel che
era riservato agli Apostoli... dispreizavano prelati e chierici, perché colmi
di ricchezze e viventi nelle delizie. In
tal modo, disubbidienti... e poi contumaci, furono scomunicati ed espulsi
dalla loro patria. Infine, convocati al
Concilio... furono giudicati come pertinaci e scismatici. Moltiplicatisi e dispersisi nelle provinole e regioni circonvicine fino ai confini della Lombardia, si mescolarono con altri eretici, di
cui bevvero gli errori, e perciò vennero definitivamente condannati come
eretici ».
I dati cronologici di questo brano
sono noti. Essi ci riportano al periodo
di poco successivo alla professione di
fede di Valdesio, che è del 1180. Il contrasto con l’arcivescovo di Lione e il
bando dalla città del Rodano datano
del 1182 circa, ed è a partire da questo momento cruciale che i Valdesi,
sparsisi a sud verso la Provenza e la
Linguadoca e a est oltre le Alpi in
Piemonte e Lombardia, s’incontrano
con i resti degli Enriciani e degli Arnaldisti e accentuano il loro distacco
da Roma, donde i#' condanna di Verona nel 1184 e poi, ben 30 anni dopo,
quella definitiva del IV Concilio Lateranense del 1215.
Nella sua professione di fede del
1180, Valdesio si era solo preoccupato
di affermare con forza la sua volontà
di imitare gli apostoli nella povertà
volontaria e nell’osservanza dei consigli evangelici (cf. puntata 10 e 11), senza però un accenno esplicito alla libera predicazione, ma con l’aggiunta significativa che chi conserva beni e famiglia nel mondo uon è necessariamente dannato, purché osservi i precetti del Signore ed eserciti la carità.
Tutto il resto lo lasciava, se non indif.ferente, almeno senza apparente problematica. Accentuava Tantidualismo,
Tantidocetismo e Tantidonatismo con
delle espressioni chiaramente anticatare e antipatarine; ammetteva tutti i
sacramenti e tutti gli ordini ecclesiastici; accettava persino la dottrina delle opere espiatorie a favore dei defunti: cose tutte che già a Narbona nel
1190 saranno contestate dai Poveri di
Lione ivi presenti.
Ora Durando d’Osca, polemizzando
contro i Catari, si trovò talvolta a dover combattere contemporaneamente
su due fronti per difendere la nascente « societas » valdese anche contro gli
attacchi dei cattolici, soprattutto dopo
lllllllllllllllllllllllll
La golitica del Canslgllo ecuneelco delle Chiese
{Segue da pag. 1)
parte del compito della Chiesa, del
CEC di portare questa tensione e di
non lasciare che le posizioni in contrasto si stacchino e allontanino l’una
dall’altra.
ALTRI PROBLEMI
« Nel Consiglio ecumenico i cristiani
russi sono davvero rappresentati dai
capi ecclesiastici ortodossi russi? » A
questa domanda Lukas Vischer ha risposto che in Russia non può esistere
alcuna « chiesa d’opposizione » qual è
stata ad esempio la « Chiesa confessante » durante il periodo nazista. Le
direzioni ecclesiastiche ufficiali sono
spesso uno « scudo protettivo » fra le
autorità statali e le comunità. La situazione dei responsabili ecclesiastici
è spesso estremamente difficile (N.d.r.:
abbiamo documentato anche recentemente la pesante emarginazione e ora
la riduzione al silenzio del nonconformista vescovo di Kaluga; ma i responsabili nonconformisti non sembrano
essere molto numerosi).
In Irlanda il contatto fra le Chiese
è buono. I membri di chiesa attivi non
fanno parte dei partiti in lotta' violen
ta, che reclutano i loro adepti fra i
« cristiani nominali ».
Il gruppo dei collaboratori, a Ginevra, è così ridotto che mancano mezzi
e forze per adempiere in modo adeguato e completo al compito di informare le comunità. Inoltre la stampa
riferisce, delle attività del CEC, soltanto ciò che è « solleticante » per i lettori, ad esempio ogni genere di notizie
inesatte e incomplete sul programma
antirazzista.
Vari movimenti di liberazione africani si trovano sul filo del rasoio fra
ideologia marxista e fede cristiana. È
giusto abbandonare semplicemente
questi gruppi ai russi o ai cinesi? Non
ha invece, il CEC, saputo discernere i
segni dei tempi, sostenendo materialmente nel quadro del programma antirazzista i movimenti di liberazione,
non perché esso si identifica con il
marxismo, ma p&rché, mosso dalTEvangelo, è ispiratore della visione di
un mondo più giusto? Con il programma antirazzista si sottrae acqua al mulino comunista, il comunismo non può
pretendere di avere il monopolio della
liberazione sociale, ed è una cosa per
esso fatale. Il CEC non riconosce alcun
valore centrale a questa considerazione tattica, che tuttavia non dovrebbe
del tutto dimenticata in Occi
essere
dente.
Dal discorso di Lukas Vischer risultava che l’attività del CEC è accurata
e scrupolosa, e che si sforza di non
essere unilaterale ma pluralistica; inoltre, molto viene compiuto dietro le
quinte, senza che si voglia e spesso si
possa portare tutto a conoscenza del
gran pubblico.
Doni pro Eco-Luce
Enrichetla Clot, Riclaretto 1.500; Giorgio
Montesanto, Ferrerò 500; Alberto Durand, Genova 500; ’Tina Boiocchi. S. Fedele 500; Giulio Griglio, S. Secondo 500; Maria Bounous,
Pomaretto 500; Ester Bo.sco, Perosa 500; Domenico Romeo, Reggio Calabria 1.500; Antonio Ambrosini, Venezia 6.500; Santina Albano Lena, La Maddalena 500; Emma Rivoir,
Genova-Pegli 1.500; Ada Luchini, Ravenna
1.000; Michele Foligno, La Spezia 3.500; Luigi Papini, Genova 500: Edvige Peyrot, S. Secondo 500; Adolfo Barus, Riclaretto 800; Julie Peyrot, Riclaretto 500: Abramo Ferrerò,
Ferrerò 500: Edoardo Rostagno. Luserna San
Giovanni 500; Alessio Luigi Grill, Frali 500.
Grazie! (continua)
Narbonne. Infatti, al dire di Bernardo
di Fonteaude e del suo contemporaneo
Alano da Lilla, i Poveri di Lione — vivo ancora Valdesio — professavano piti
o meno le seguenti dottrine:
1) rifiutavano tutto l’edificio gerarchico, carismatico e salvifico della
Chiesa romana, giustificandosi con lo
addurre Atti 5: 29 e 4: 19;
2) in particolare, non riconoscevano i sacramenti amministrati dai sacerdoti romani, perché li ritenevano
celebrati con mani indegne (teoria del
merito o dell’opns operantis);
3) a più forte ragione ritenevano
inefficaci le in'dulgenze e le assoluzioni
generali;
4) rivendicavano il diritto-dovere
per tutti della predicazione laica, estesa anche alle donne, indipendentemente dalla prescritta autorizzazione vescovile;
5) rifiutavano di lavorare con le
proprie mani, pur avendo spesso familiari a carico, asserendo con l’apostolo Paolo (I Corinzi 9: 1-14) che il
predicatore del Vangelo deve ricevere
il necessario da quelli a cui il Vangelo
stesso è annunziato;
6) affermavano che ai morti non
giovano minimamente i suffragi dei
vivi;
7) e pertanto — a mente solo di
Bernardo di Fontacaude — alcuni di
essi rigettavano la dottrina del purgatorio;
8) inoltre — sempre secondo Bernardo — preferivano pregare nelle
stalle o dentro le case piuttosto che
nelle chiese, giustificandosi sia con
Matteo 6: 6 che con Atti 7: 48;
9) infine, secondo Alano da Lilla, 1
Valdesi aggiungevano che ogni menzogna è peccato mortale, giusta Matteo 5: 37;
10) che non si deve giurare in alcun modo, giusta sempre Matteo 5:
34-36;
bera predicazione estesa a tutti, il polemista valdese, riferendosi esplicitamente a 2 Tessalonicesi 3: 10 tirato in
ballo sia dai Catari che dai Cattolici,
chiarisce che il lavorare di cui parla
l’Apostolo non riguarda i predicatori
né quelli che per il Signore lasciarono
ogni cosa. Il rifiuto del lavoro manuale è dunque motivato dalTesigenza spirituale secondo la quale chi è operaio
del Signore sia esente dalle preoccupazioni materiali ed anche protetto dalla tentazione delle ricchezze, cose tutte connesse col lavoro, il quale però
non è condannato sinché non sia fine
a sé stesso o peggio fonte di cupidigia
e di potenza. Dato ciò. Durando distingue il lavoro in perituro e imperituro:
chi desidera quest'ultimo, scelga dunque, giusta I Timoteo 4: 7-10, di meditare le Sacre Scritture, di pregare, di
contemplare, dì predicare e di esortare! Se tutto ciò viene deprezzato come una « novità » appena abbozzata.
Durando spiega che essa poggia sul
Nuovo Testamento. Se gli si rinfaccia
che egli l’ha conosciuto per opera dei
preti, che molti ritengono farisei, egli
replica che costoro non possono comunicare né la grazia né le opere buone,
perché date solo da Dio. E infine, se
qualcuno chiede perché lui e i suoi soci praticano la povertà, egli risponde
che, leggendo i Vangeli, essi appresero che Gesù e i suoi apostoli erano noveri. In sintesi, di fronte a tutti i detrattori, Durando afferma perentoriamente che essi hanno ormai deciso di
« mantenere fino alla morte la fede ili
Dio e i sacramenti della Chiesa, nonché
di predicare liberamente secondo la
grazia ricevuta da Dio » (cf. Enchiridion Fontium Valdensium, I, pp. 37-38,
41-42 e 44).
11) e che in nessun caso e per nessuna ragione si doveva uccidere, giusta Esodo 20: 13 e Matteo 26: 52.
Tra questi punti, i soli sui quali Durando arreca un orientamento sensibilmente nuovo rispetto a Valdesio sono il primo, il quarto e il quinto. Infatti, mentre egli professava genericamente di rimanere ossequioso nei riguardi delle gerarchie ecclesiastiche
costituite, affermava tuttavia senza
ambagi che l’unico vescovo della « societas » valdese è Gesù Cristo, aggiungendo subito dopo che, se si ordinerà
di far qualcosa che contrasti con la
volontà di questo loro unico pontefice,
si risponderà, come già fecero l’Apostolo Pietro e Valdesio, che « conviene
ubbidire a Dio piuttosto che agli uomini »! Dunque, i Valdesi rappresentati
da Durando erano pronti ad ubbidire
ai prelati, ancorché cattivi, ma ad una
sola condizione, che i mandati della
Chiesa non si opponessero al magistero nelle Sacre Scritture e di Cristo
stesso. Sul problema del lavoro, che
nella riflessione di Durando è strettamente connesso con quelli della povertà volontaria e dell’esigenza della li
Giunti a questo punto, siamo quasi
in grado di prevedere chi saranno i
componenti della « destra », del « centro » e della « sinistra » che si affronteranno negli anni cruciali 1205-1209.
Durando ed alcuni suoi compagni della Linguadoca, malgrado le belle prospettive sfociate nel « Liber antiheresis », non oseranno andar oltre e faranno marcia indietro rientrando nel
girone della Chiesa romana. Il loro
esempio sarà seguito dal gruppo de
prato a cui abbiamo accennato nella
13*' puntata. .Al centro dev’essersi trovato Valdesio, se è vero quello che
scriveranno poi Salvo Burci e Anseimo d’Alessandria (cf. puntata 13) che
egli fu costretto a scomunicare i Lombardi. A sinistra si ritroveranno tutti
coloro che, italiani o francesi, persisteranno a professare le dottrine e a seguire gli usi così bene illustrati dai
due primi controversisti cattolici.
Rabat, 17 marzo 1973.
Giovanni Gönnet
Alla redazione di questo numero hanno
collaborato Ermanno Genre, Guido Mathieu, Roberto Nisbet, Roberto Peyrot.
A. Po'èt, Guido Ribet, Luigi Santini,
Giorgio Tourn, Elsa e Speranza Tron.
« Collana »
della Società di Studi Valdesi
Continuando nella iniziativa presa alcuni anni or sono, la Società di Studi Valdesi è lieta di
annunciare rimminente pubblicazione del numero
sei della « COLLANA »:
Teofilo G. Pons
Dizionario del dialetto valdese
della Val Germanasca (Torino)
L’opera, che è la prima del genere per le parlate provenzali delle
valli piemontesi, consta di un volume in 8° di pp. 384, con 4.000 lemmi
e quasi altrettante voci derivate, e quindi oltre 7.000 vocaboli con la
traduzione italiana e il rinvio ai corrispondenti termini di altre lingue
neolatine e dei vari dialetti provenzali. Vi sono inseriti oltre 700 proverbi, preziosa testimonianza della saggezza della gente montanara, e
350 nomi dialettali di fiori e piante alpine con il relativo nome scientifico. Il testo è inoltre arricchito da 16 tavole di disegni originali delTing. Grill, .che presentano attrezzi, strumenti, flora dell’ambiente studiato. Il tutto è preceduto da un’introduzione con una breve storia
della « lingua valdese » e una rapida rassegna circa i più recenti studi
sulle parlate valdesi odierne, oltreché dalle « Note fonetiche » e dagli
« Appunti morfologici » curati da Arturo Genre, e da una ricca bibliografia.
Questo dizionario rappresenta il frutto di mezzo secolo di ricerche condotte dall’autore nella Val Germanasca e in particolare a Massello, suo comune natio, che ne occupa la parte più interna ed isolata:
raccogliendo le vestigia preziose di un mondo che va rapidamente
scomparendo, esso è destinato soprattutto a quanti, oggi, dall’uso del
dialetto traggono motivo di orgoglio e di attaccamento all’antica patria, ed al vasto mondo degli studiosi e degli appassionati.
Il volume sarà stampato entro la fine di aprile: a quanti lo prenoteranno entro tale data, esso sarà ceduto al prezzo di sottoscrizione di
L. 5.000 più L. 500 di spese di spedizione raccomandata. Gli interessati
possono versare l’intero importo sul C.C.P. 2/4428, intestato a Società
Studi Valdesi, Torre Pellice, Torino (10066), o con altra forma più
gradita. Al termine del periodo di sottoscrizione, il volume sarà messo
in v'endita al prezzo di L. 7.000.
«
f
3
6 aprile 1973 — N. 14
LA CHIESA E LA SUA MISSIONE NEL MONDO
rag. 3
NELLA GRANDE FAMIGLIA DELLA CEVAA
UNA LETTERA DELLA CHIESA UNITA DELLO ZAMBIA
la liaspira evaagalica aella Poliaesia •<> sono perdonato!,,
Alcune settimane fa è iniziata la presentazione delle Chiese evangeliche che
compongono la grande famiglia interdenominazionale, internazionale e interrazziale della CEVAA: Roberto Coisson aveva presentato la Chiesa unita
dello Zutnbia (e da quella Chiesa pvoviene la lettera pubblicata qui a fianco). Oggi Giovanni Conte prosegue la
serie presentando la Chiesa evangelica nella Polinesia francese. Contiamo
proseguire queste presentazioni. Per
lavorare insieme bisogna anzitutto conoscersi. j.g£j
Giunti a Tahiti nel quinto secolo della nostra era, i maori non conoscevano ne la scrittura, né il metallo, né il
lavoro ma avevano inventato la gioia
di vivere. Più tardi, vennero gli esploratori: Queiros, Wallis, Bougainville,
Cook e con le loro descrizioni, fondate
su di un osservazione ben troppo superficiale degli uomini e dei luoghi,
contribuirono in modo determinante a
far nascere il mito delPetà delToro ritrovata in un angolo di paradiso in
riva al Paéifico. E sull’isola piombarono rnarinai e disertori, trafficanti ed
artisti, uomini delle baleniere e scienziati, moralisti ed avventurieri, militari ed uomini d’affari. Tutti o quasi
approfittarono della sua ospitalità. Così, i bei maori che hanno animato le
tele di Gauguin, gli ultimi « buoni » pagani, oramai dimentichi dei loro costumi, della loro saggezza, dei loro dei,
esclusi dal loro passato dalla furia iconoclasta dei missionari (protestanti,
naturalmente), stanno vivendo la morte della loro civiltà. Così si presentano in sostanza le cose al buon popolo
turistico di Europa ed America, invitandolo ben inteso a cogliere gli ultimi frutti esotici della gioia di vivere
polinesiana.
il lettore potrà facilmente giudicare da sé quanto vi sia di semplicistico
m una descrizione di questo genere
dell evoluzione della gente polinesiana. Vale però la pena di ricordare, sia
pure brevemente, cos’era la vita a
Tahiti prima dell’arrivo del cristianesimo.
QUANDO REGNAVA TAAROA
Come gli altri abitanti delle isole del
Pacifico i polinesiani credevano all’esislenza di numerose divinità, gli “atua”,
ben organizzati secondo una precisa
gerarchia, adorati in innumerevoli santuari e serviti da una casta sacerdotale polente e temuta.
Su tutti dominava Taaroa, il dio non
creato e collerico, .;reatore degli altri
dei e degli elementi naturali, che si
confondevano spesso e volentieri.
Oro, figlio maggiore di Taaroa, nato
in una notte di tenebre e di tempesta
in un’isola sulla quale sarebbe sorto
il suo santuario più importante, soprannoipinato « Uccisore d’uomini »
era ben più temuto de] grande ma lontano genitore.
Innumerevoli altri dei e deesse abitavano i dieci cieli posti nella volta celeste e presiedevano a tutte le attività
degli uomini.
Una cosa è certa, tale religione era
una religione fondata sulla paura della divinità e sull’interesse, che spingeva ogni individuo ed ogni famiglia ad
assicurarsi il favore e l’aiuto di un
qualche dio irascibile ed infido, la cui
volontà poteva soltanto venir piegata o
la cui ira stornata da un sacrificio fatto al momento giusto e nelle debite
forme. L’idea di un Signore che ama
le sue creature era del tutto assente
dall’orizzonte religioso tahitiano.
IL TANFO DEI SACRIFICI
I luoghi di culto tahitiani si chiamavano « marae ». In essi abitavano gli
dei e ad essi si veniva per adorarli in
occasione delle grandi cerimonie.
I « marae » avevano ora forma piramidale con vari gradini menanti all’altarc, ora forma rettangolare, chiusi
da grandi pietre disposte verticalmente a formare una specie di recinto.
Tali « marae » erano inoltre di diversa importanza. Gli uni, santuari internazionali, vedevano giungere adoratori di Oro anche dalla Nuova Zelanda e
dalle isole Cook. Altri erano unicamente nazionali, altri ancora avevano un
carattere puramente familiare ed erano posti accanto alla casa.
La costruzione di un « marae » nazionale implicava sempre un sacrificio
umano. Tale genere di sacrificio era
comunque abbastanza comune. I sacrifici umani erano particolarmente frequenti in periodo di guerra ed in occasione delle grandi feste nazionali.
Le vittime erano scelte fra i prigionieri di guerra o semplicemente fra coloro che erano invisi ai capi od ai sacerdoti.
Da notare che le varie offerte, non
soltanto umane, venivano esposte sull’altare del dio fino a totale decomposizione. È facile immaginare quanto
questo rendesse i dintorni dei « marae » particolarmente invitanti.
L’INFANTICIDIO
L’infanticidio, frequente anche in altri paesi, è stato praticato in modo
particolarmente intenso a Tahiti. John
Williams, « l’apostolo del Pacifico »,
raccontava di aver incontrato all’inizio
del suo lavoro 3 donne: la prima aveva ucciso 9 figli, la seconda 7, la terza 5. I figli indesiderati erano messi a
morte sin dalla nascita. Non ci si spiega esattamente la ragione di simile
pratica. Probabilmente l’esempio veniva « dall’alto ». Nelle famiglie reali era
infatti spesso necessario di fare sparire i figli nati da unioni di principi
con delle ragazze del popolo. Vi era
poi tutta una categoria di persone, di
cui parleremo subito, che, pur vivendo una vita in cui la libertà sessuale
era eretta a norma di vita, non dovevano assolutamente avere dei discendenti. Queste persone erano
GLI “ARIIOI"
Si trattava di un gruppo o meglio di
una casta di commedianti la cui istituzione si faceva rimontare allo stèsso
dio Oro. Essi passavano da un’isola all’altra, eternamente in viaggio, ed erano ricevuti dovunque come dei principi. La loro presenza era l’occasione
immancabile di feste durante le quali
si mangiava, beveva e danzava e durante le quali gli « ariioi » ed i loro seguaci si abbandonavano ad ogni eccesso. Si diveniva membro del gruppo degli « ariioi » dopo una lunga iniziazione e tale « carica » non poteva essere
ereditaria. Ecco una delle ragioni per
cui i figli nati da loro erano immediatamente messi a morte.
Tale era la « gioia di vivere » inventata dai polinesiani e troppo affrettatamente « scoperta » da certi navigatori come il Bougainville che, dopo un
soggiorno di... 9 (nove) giorni a Tahiti
faceva al suo ritorno in Europa un racconto entusiasta e... fantastico del suo
incontro. È vero che i francesi hanno
lo spirito assai pronto
A CONTATTO CON LA CIVILTÀ’
OCCIDENTALE
Ma il primo contatto con Tóccidente che ebbe una sensibile influenza sui
tahitiani fu forse quello con l’equipaggio del Bounty. Il governo inglese aveva inviato il Bounty a Tahiti per procurarsi delle piante di albero del pane,
onde tentare di acclimatarlo alle Antille. Come si sa alcuni ufficiali e marinai si ammutinarono e rifiutarono di
sottostare più a lungo alla brutalità tirannica del capitano Blight.
Gli ammutinati rimasero così 18 mesi a Tahiti, protetti dal re ed a stretto
contatto con la popolazione. La loro
presenza aiutò il re Pomaré a consolidare il suo potere, almeno provvisoriamente. I tahitiani ebbero anche la prima occasione di assistere al culto cristiano, cosa che fecero con un certo
rispetto. In particolare furono colpiti
dalle preghiere pronunziate in quelle
occasioni, « più belle » di quelle rivolte ai loro dei, e dal fatto che i « popaa » (europei) osservassero il giorno
del Signore, così come anch’essi avevano il « mahana Atua » o giorno di
Dio.
Altri europei si fissarono in seguito
definitivamente a Tahiti, tra i quali alcuni disertori di baleniere, uomini non
precisamente fatti per far conoscere la
civilizzazione europea nella sua luce
migliore.
LA BANDIERA
DALLE TRE COLOMBE
Intanto era stata creata a Londra la
London Missionary Society, la Società
Missionaria di Londra più conosciuta
come L.M.S. Si era nel 1795. Il primo
gruppo di missionari fu appunto inviato a Tahiti. Il Duff, Gabbiano, salpò da
Londra il 10 agosto 1796. A bordo 4 pastori e 23 artigiani missionari, sei di
essi erano sposati e persino 3 bambini
di 2, 12 e 16 anni, che seguivano i loro
parenti in questo viaggio straordinario.
Dopo più di sette mesi di navigazione
e dopo 97 giorni di vela senza toccare
terra nell’ultima parte del viaggio a
sud dell’Australia, della Tasmania e
della Nuova Zelanda, il Duff giunse a
Tahiti la domenica 5 marzo 1797. Il
veliero issava una strana bandiera: tre
colombe su drappo rosso. Si trattava
infatti di messaggeri di pace per il popolo di Tahiti.
INIZI DIFFICILI
L’accoglienza del re, lo stesso che
aveva già conosciuto il navigatore
Cook, fu amichevole. Egli disse ai missionari appena sbarcati: « Ecco il paese, guardate innanzi a voi e dietro di
voi, a destra ed a sinistra, stabilitevi
dove vi parrà meglio ».
Tuttavia ben presto i missionari dovettero scontrarsi con l’accanita resistenza degli Ariioi, che consideravano
i missionari come :iei terribili guastafeste e contro la ben radicata abitudine degli infanticidi. Senza contare le
grandiose scene di ebbrezza collettiva
dovuta ad una bevanda tratta da alcune radici, il Kawa, • bbrezza alla quale
si abbandonavano
membri della fan:
Vi fu poi un vii
un mercante ingle;
dere polvere da s
per fomentare le
l’isola.
Infine i mission
re a Mocrea un
battuto da un gru
non riconoscevano
tutto il territorio.
Nove anni erano
ler primi tutti i
Sia reale.
■nto contrasto con
che si mise a venico, sicuro mezzo
te intestine del
I dovettero fuggiia vicina, col re
■j di rivoltosi che
sua autorità su
assati e apparentemente TEvangek, eveva lasciato una
ben modesta trace a nella vita delle
« isole felici ». Epp.ire il nome di Cristo cominciava ad essere conosciuto.
Una piccola cappella era stata costruita a Matavai, luogo d’arrivo dei primi
missionari, (juesto anche se, all’inaugurazione deH’edificio, il vecchio re
Pomaré aveva inviato un tonno tutt’intero da... appendere nei «marae» del
nuovo Dio.
Vedremo in un prossimo articolo in
quali circostanza nao'ue la chiesa
evangelica della Poiine. a, chiesa che
non ebbe il suo primo centro a Tahiti
ma a Morea.
Giovanni Conte
iiii
Notiziario Evangelico Italiano
Ho ricevuto ultimamente una circolare del mio collega Etienne Berger
missionario svizzero, che pur avendo
oltrepassato 1 età della emeritazione è
tornato nello Zambia perché la Società Biblica gli ha chiesto di curare una
nuova traduzione della Bibbia nella
fingila locale (il silozi), basandosi su
quella fatta dal missionario Adolfo
Jalla. Egli è aiutato da una équipe
composta di indigeni e alla quale pàrtecipa pure la Chiesa Cattolica. La
traduzione del Nuovo Testamento è
quasi terminata, ma soltanto i Vangeli di Marco e Luca sono stati esaminati accuratamente dalla Commissione e vagliati secondo le direttive stabilite dalle Società Bibliche, e sono
quindi pronti per la stampa. Questa
équipe ecumenica lavora gratuitamente, riunendosi almeno quattro volte all’anno per una settimana d’intenso lavoro. Alla loro ultima sessione tutti
erano presenti, e quando alla fine il
sig. Berger li ringraziò per la loro preziosa collaborazione, uno di loro rispose a nome dei presenti: « Per noi partecipare a un lavoro come questo non
è un dovere gravoso, ma una festa ».
Nella sua circolare il pastore Berger
parla di un indigeno, un certo Jeremia
Kabote, la cui partecipazione viene
chiesta dagli organizzatori di quasi
tutte le campagne di evangelizzazione
della Chiesa Unita, a causa del suo dinamismo, e racconta, come segue, il
suo primo incontro con Jeremia Kabote 15 anni fa, a Johannesburg, quando la Missione lo aveva incaricato del
lavoro presso i minatori dello Zambia
che lavoravano nella regione mineraria della Repubblica sudafricana.
« Come molti altri indigeni dell’Africa Centrale, Jeremia si era recato
nel Sud Africa attratto dalle grandi
città... dove c’è tanto lavoro... Ma non
trovò un impiego e fu presto assimilato da una delle bande organizzate
che trovano nella rapina il modo di
sussistere. Questo durò il tempo che
dura la delinquenza... prima della prigione! Arrestato dalla polizia fu condannato a tre anni di prigione per furto a mano armata, e recidiva, e trascorse i tre anni in una prigione di
Pretoria. Fu il giorno che uscì di prigione che lo incontrai per la prima
volta...
« Tre colpetti timidi alla porta del
mio studio ed ecco che appare sulla
soglia un disgraziato, cencioso, miserevole, sconcertato. “Missionario, mi hanno detto che tu ti occupi degli indigeni dello Zambia che lavorarlo nel
Sud Africa. Sono venuto da te per chiedere aiuto. Sono un disgraziato. Sono
uscito dalla prigione dove sono rimasto tre anni per furto. Voglio partire
da questo paese dove ho rovinato la
mia vita, e tornare nello Zambia". —
“E cosa farai quando sarai tornato nel- .
10 Zambia?" — "Qualunque lavoro, ma
vorrei cambiare vita, provare di fare
11 bene”. — “Hai denaro per il viag
gio
7”
“No”. — “Hai di che vivere
fino al giorno della tua partenza?” —
“No. Ci hanno liberati questa mattina
Cose di marzo
3/3 - In quasi tutte le città le sorelle delle chiese evangeliche si sono riunite per la giornata mondiale di preghiera. Un comitato internazionale organizza la giornata inviando la liturgia
che viene preparata ogni anno da donne di un paese diverso. Quest’anno ia
liturgia è venuta dalla Nuova Zelanda.
Ne dobbiamo la traduzione — come
ogni anno — a Gabriella Titta, la stampa e la distribuzione a Saida Papini
della Chiesa Metodista.
8/3 - La Chiesa del Nazareno di Moncalieri è visitata dal Sovrintendente Generale Dr. E. Lawlor, che parla sulla
immutata potenza liberatrice di Cristo.
La Chiesa del Nazareno ricorda che
in Italia più di 30.000 paesi e città sono senza alcuna testimonianza evangelica. « La messe è matura » essa dice
« se non la mietete oggi domani sarà
perduta ».
11/3 - Convegno sulla scuola a Villa
S Sebastiano (Aquila). La locale Comunità Metodista aveva chiesto ai giovani della EGEI di collaborare con lei
allo studio di tale tema e i giovani sono convenuti numerosi dai centri più
vicini e da Roma. Il dibattito, seguito
alla relazione introduttiva, ha avuto
come punti principali la visione politica, lo sbocco professionale, la riforma Scalfaro. È stata una discussione
interessante.
Lo stesso giorno, nei locali della
chiesa metodista di Padova, ha avuto
luogo una riunione dei consigli di chiesa delle comunità metodiste e valdesi
di Padova, Venezia, Verona e Vicenza
per discutere sulla possibilità di un
circuito-presbiterio metodista-valdese
che comprenda queste comunità e le
loro diaspore. Vi è stata decisa un’altra riunione, il 1° aprile, sempre a Padova, per esaminare insieme i rapporti delle Chiese evangeliche con lo Stato italiano, con particolare riferimento
alle leggi sui culti ammessi.
15/3 - Abbiamo seguito in TV i Pentecostali, sentendo dalla voce di mem
bri di comunità singole esperienze di
fede, dal Pastore Toppi le spiegazioni
sul Pentecostalismo. La trasmissione è
stata apprezzata per la sua sobrietà
non disgiunta da vivacità.
18/3 - A Grosseto convegno della
EGEI per la Toscana. Si è discusso sulla vita e gli scopi dell’Unione giovanile
in seno alla Comunità e al di fuori.
A Roma, nella Chiesa Battista di
V. Teatro Valle un gruppo di giovani
evangelici di Bari ha intrattenuto i
convenuti da varie comunità romane
con uno spettacolo di canti folkloristici che illustravano la situazione del
meridione dal principio del secolo fino ai giorni nostri. Erano canti accompagnati da chitarra intercalati da spiegazioni storiche e lettura di documenti e lettere.
19/3 - A Siracusa il convegno EGEI
riuniva i giovani della Sicilia intorno
al tema: Governo Andreotti. Argomento importante per la città perché, essendo Siracusa, con Gela, l’unico polo
industriale dell’isola, qui vi sono maggiori temi di dissenso col centro destra, e numerosi problemi per la vita
sociale.
22/3 - Abbiamo ascoltato nella Chiesa Luterana di Roma un concerto corale di musica sacra: la Passione secondo Giovanni di Schütz e mottetti
di Mozart, Bach, Lotti, Reda, Kuhnau.
Il coro era di Blankenese e di Amburgo-St. Gabriel. All’organo e direttore:
Jürgen Rahloff.
24/3 - Nell’aula magna della Facoltà
Valdese di Teologia è iniziato un ciclo
di conferenze che mirano a fare il
punto dell’ambiente religioso in cui
viviamo. Le prime due conferenze sono di competenza di due studiosi cattolici, le altre dei Pastori G. Toum e
P. Ricca. Il ciclo si intitola: « Le chiese in Italia tra presente e futuro ».
25/3 - Nel tempio valdese di TorinoCorso Vittorio ha avuto luogo un raduno di giovani guidati da Donald Wilkerson, che hanno come motto: « Sfida
giovanile in Cristo verso i senza Cristo ». D. Wilkerson svolge il suo mini
sterio con i giovani nel Centro Teen
Challenge di New York, affrontando
problemi di droga, alcoolismo ecc.
25/3 - In questa domenica le Chiese
federate hanno dedicato una particolare attenzione alla missione contro la
lebbra, devolvendo a questa i proventi
della colletta. Anche nelle relative scuole domenicali si è cercato di interessare i bambini al problema: i bambini
sono sensibili alla sofferenza, forse
dapprima per curiosità; sta ai genitori e ai monitori indirizzare questa curiosità verso un interesse positivo.
^ Domenica 1° aprile è stata inaugurata, a Udine, la nuova chiesa
evangelica, in p. Gabriele d’Annunzio
8: la città ospita una comunità metodista, della quale fanno parte pure altri evangelici. Il culto inaugurale è stato presieduto dal past. Mario Sballi,
presidente della Chiesa Evangelica Metodista d'Italia, ha predicato il past.
Sergio Carile. « Dio ha esaudito la nostra preghiera » — scrive il pastore locale, Massimo Tara — e molti si sono
raccolti per benedirlo e ringraziarlo.
Un augurio assai vivo alla comunità,
per questo nuovo mezzo di comunione
e di testimonianza.
% Pure il 1“ aprile si è tenuta a Genova, presieduta dal past. Alfredo
Scorsonelli, una riunione promossa dalla Commissione d’intesa fraterna delle
Chiese evangeliche della Liguria, l’organo non « federale » che desidera stimolare un coordinamento della vita
evangelica ligure.
Durante il mese di marzo in trenta città italiane è stata tenuta una serie di venticinque conferenze, organizzate dai centri biblici Avventisti, con
lo scopo di promuovere la conoscenza
della Scrittura. Il tema della serie è:
« Verso la vita ». Ecco alcuni temi trattati: « Come mantenersi giovani e vivere più a lungo »; « La felicità in dieci semplici punti »; « Dio è buono il
mondo è cattivo. Perché? »; Anno 2000,
un futuro fantastico ».
Inda Ade
dalla prigione Centrale di Pretoria, e
in questi vecchi indumenti che mi hanno restituito ho trovato il denaro necessario per pagare il viaggio da Pretoria a Johannesburg... ed eccomi qui!”
« Un povero diavolo che ha sofferto...
e cerca di fare il bene, merita che ci
si occupi di lui senza indugio. Queste
sono le vere “urgenze” del ministero
missionario!^ Ma come agire? Come ottenere il passaporto, i visa, i documenti personali e il denaro necessario? Occorre l’aiuto del governo; ma come domandargli che si occupi di un africano che esce dalla prigione, quando si
ha la pelle bianca, e che si vive in un
paese dove vige V“apartheid"? Vi è un
solo modo, volere ottenere quello che
si vuole... e seguire tutte le trafile delle pratiche burocratiche! Ci vuole tempo, ma alla fine ci si trova dinanzi al
grande “capo” che ha l’autorità necessaria per decidere! Andando da un ministero all’altro, da un ufficio all’altro,
finalmente l’ho scoperto. È impressionante! E il segretario che gli porta l’incartamento di un tale... Jeremia Kabote, deve essere abituato ad ubbidire
senza indugio! Soltanto tre minuti e
l’incartamento è sul tavolo! Un grosso
incartamento! Il magistrato prende gli
occhiali, legge attentamente, corruga
la fronte, si toglie gli occhiali e mi
guarda fìsso, preparandosi a dirmi ciò
che dovrebbe troncare tutte le pratiche che faccio in favore di un africano: “Ma lei non sa che quest'uomo è
■un criminale?” Sebbene in inglese la
parola criminale non abbia esattamente
il significato che gli st dà generalmente in francese, appare chiaramente che
quel Kabote non ha pensato di dovermi dire tutto quello che aveva fatto
prima di essere imprigionato... e sono
a disagio quando il gran capo che ho
dinanzi, prende ad uno ad uno sul tavolo i fogli dell'incartamento e li commenta: ubriachezza... disturbo della
quiete notturna... scippo... furto con
scasso... furto a mano armata... compromesso in un fatto criminale grave...
e via di seguito. Il magistrato si è reso conto che conosco poco il passato
di Kabote... ma, cuor buono, apprezza
il fatto che ci si occupi di lui... e faciliterà più tardi il suo rimpatrio. Terminato l’incontro mi sono precipitato
già per le scale del palazzo dell’amministrazione, dove mi trovavo, per raggiungere Kabote che mi aspettava sul
marciapiede. Trattenendo a mala pena la collera, gli rimprovero di avere
ingannato la mia buona volontà... ficcandomi così nell’“acqua bollente”. Fu
allora che, con una calma “olimpica”
e uno stupore interamente sincero, mi
disse questa parola sconvolgente: “Tutto quello che hai sentito è vero, anzi
la polizia non sa tutto! Ma non te ne
parlai dettagliatamente... perché sono
perdonato!” — “Come, perdonato” —
“Ma perché quando ero nella prigione
centrale di Pretoria il missionario Bill
ci visitava regolarmente, e un giorno
ci disse: 'Anche coloro che sono gli
scarti del Diavolo, sono amati da Dio,
e non c’è uomo, che abbia riconosciuto i suoi errori del passato, che non
possa ricominciare una nuova vita utile e felice. C’è un perdono per ogni
uomo pentito!’ Ho capito, mi sono pentito per i miei falli, sono perdonato...
e ora voglio servire il Signore!”
« Dopo un tempo di preparazione, fu
battezzato, ammesso nella chiesa durante un culto congiunto di indigeni
dello Zambia e del Lesothò... poi partì
ver lo Zambia. Segretario di un capo
indigeno importante dello Zambia, fu
membro attivo della chiesa locale per
parecchi anni prima di dedicarsi alla
evangelizzazione delle masse, che amano il suo messaggio perché è quello di
un laico, un uomo che non parla come
i pastori, e un testimone che non ha
paura di dire pubblicamente la profondità della disperazione dove l’aveva portato la sua vita dissipata, e la
gioia che lo pervade da quando, certo
di essere perdonato, cerca di aiutare
gli uomini suoi fratelli. Ed è ciò che
stava facendo quando l’ho rivisto ultimamente a Livingstone ».
« Piccola storia tradizionale di conversione? Missione .'.econdo lo stile dei
nostri nonni? No! Permanenza della
grazia di Dio! Efficacità permanente
della Sua Parola che purifica, raddrizza, ispira e rende possibile il vero progresso in tutte le sfere della vita. Di
questo ha bisogno lo Zambia, prima di
ogni altra cosa. È quella Parola potente, dinamica, sempre attuale, che sensibilizza, e orienta le coscienze e che
sola può preparare "dei indomani che
cantano” ».
r: c.
Brevissime
■jlc A Francoforte sul Meno è uscito il primo numero di una rivista trimestrale
cattolica in lingua italiana, « Corriere del Centro Germania »; pubblicato con una tiratura
di 90.000 copie, è destinato agli italiani che
vivono nelle diocesi delle regioni centrali della
Germania Federale.
■>(r I giovani iscritti alle scuole cattoliche in
Inghilterra sono quest’anno 899.240. Lo
ha reso noto in questi giorni il periodico
« Catholic Education ». Rispetto al precedente
anno scolastico si registra un aumento di oltre
46.000 unità. La stessa fonte rileva inoltre
che gli allievi non cattolici sono 45.000. Infine, sempre rispetto all’anno precedente, il
numero degli insegnanti nelle scuole cattoliehe
inglesi è passato da 34.202 a 40.306.
4
N. 14 — 6 aprile 1973
Primo Distretto
Siamo tutti a conoscenza dell'attentato di cui è stata vittima la comunità
cattolica di S. Lazzaro a Pinerolo venerdì scorso 30 marzo. Dinanzi ad un
fatto di tale gravità non possiamo che
esprimere a questi fratelli la nostra
solidarietà cristiana, denunciando senza riserve l'atto di cui sono stati vittime.
Auspichiamo altresì che questo fatto rappresenti per tutti i credenti l'occasione di un ripensamento ed un approfondimento della fede e del vangelo di Gesù che, come dice il testo
del volantino diffuso da quei fratelli,
« ci libera dalla paura e ci riconferma
nel coraggio di annunciare con franchezza il suo messaggio di liberazione ».
La Commissione Distrettuale
IIIIIIIIIIIIIIIII||I||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||,|||||||||||
SCUOLA
Conti di ricupero
Scuole che dipendono dalla Scuola Media di Perosa hanno iniziato alla
meta di marzo dei corsi di ricupero
per gli allievi di Perosa, Fenestrelle e
Ferrerò che presentano deficienze più
0 meno gravi in qualche materia, le
quali farebbero presumere una probabile rimandatura a settembre.
Si spera, in questo modo, di evitare
questa prospettiva, spiacevole per tutti: genitori, alunni e insegnanti.
Questo fatto è senz’altro positivo,
anche se lascia aperti i problemi più
gravi della scuola a cominciare dai
contenuti delle discipline. L’esempio
più vistoso ma non certo unico è costituito dal latino o da un certo modo di
insegnare la grammatica, per cui si
pone la domanda: è più giusto far sì
che tutti imparino queste cose o non
sarebbe meglio sostituirle con altre
più utili per la maturazione sociale
della personalità dei ragazzi?
È chiaro che, per ora, si « ricupera »
il ternpo perso anche nelle materie
inutili e deformanti. Sta alla sensibilità degli insegnanti l’utilizzare in modo costruttivo queste ore di lavoro abbastanza libero. È, comunque, un fatto rallegi-ante che nelle scuole pubbliche ci sia qualche pur modesto tentativo di superare la selezione e le bocciature. E anche giusta l’idea che la
promozione non deve essere una pagella sufficiente ad ogni costo, ma il risultato di lin lavoro attraverso cui si
superano le deficienze di qualsiasi genere.
* * *
Corso d] ricupero anche per i professori. Il Prof. Tullio Viola si incontra con gli insegnanti di matematica
nella sala del tempio di Pinerolo, per
discutere sull’insegnamento di questa
materia nella scuola media secondo le
impostazioni più moderne. C. Tron
lllllllllllllllllUIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIillllllllllllllllllltl
Servizio sooiaie
ad Angrogna
La numerosa e vivace partecipazione
della popolazione anziana agli incontri
realizzati nelle varie frazioni del Comune nello scorso dicembre nonché la
necessità di incontrarci nuovamente
per esaminare insieme alcuni servizi
nuovi o già attuati, ci ha spinto a programmare una serie di nuove riunioni
con il seguente calendario:
Lunedì 9 aprile, ore 10, capoluogo,
presso la sala del Consiglio Comunale;
ore 14: Cacet - presso la scuola.
Mercoledì 11 aprile, ore 14: Serre •
presso la trattoria Bertin.
Sabato 14 aprile, ore 9,30: Giordan presso la scuola; ore 14,30: Pradeltorno - presso la scuola.
Lunedi 16 aprile, ore 10: Chiot d’I’aiga - presso la scuola.
Martedì 17 aprile, ore 10: Martel presso la scuola.
L’invito è esteso a tutta la popolazione in quanto parleremo non solo dei
servizi sociali per gli anziani (ambulatorio geriatrico — soggiorno marino —
servizio di visite a domicilio — campo
estivo di lavoro — foyer invernale —
ecc...) ma anche di un servizio che riteniamo molto importante per assicurare ai nostri bimbi una formazione
equilibrata e un buon inserimento scolastico: la scuola materna statale, che
il Comune ha richiesto allo Stato e
speriamo venga concessa.
1 problemi da vedere sono dunque
tanti e non facili, per questo abbiamo
bisogno di vederli con la popolazione
interessata e per questo contiamo sulla presenza di... tutti gli angrognini!
Scuola e Convitti: una
rosponsabilità verso i
comune
ragazzi
La provenienza dei ragazzi ospiti nei nostri Convitti è radicalmente mutata. La
maggioranza dei casi è conseguenza dell’immigrazione, delTimpossibilità di una
normale vita familiare. Il trapianto in un ambiente che non è il loro, talvolta ostile, la loro provenienza da famiglie distrutte, le forti carenze affettive subite nei
loro primi anni di vita, talvolta veri e propri traumi che ne condizionano fortemente il recupero. E’ in questo contesto che si inserisce il lavoro educativo nei
Convitti con difficoltà notevoli. Che cosa fa e può fare la scuola per questi ragazzi? - Necessità di una più efficace e responsabile collaborazione.
L’incontro promosso dal Centro Diaconale lunedì 26 ha permesso innanzitutto una reciproca informazione rivelatasi fondamentale per spazzare il
terreno da alcuni equivoci che ci si
trascinava dietro — sin qui senza una
necessaria chiarificazione.
Dopo una discussione accesa e passionale ci si è lasciati con il comune
impegno di ricercare e di intensificare
la collaborazione scuola-convitti e con
alcune precisazioni di fondo che dovrebbero favorire questo lavoro per il
futuro.
In una cittadina come la nostra, con
meno di 5.000 abitanti, la presenza di
3 Convitti con un totale di circa 120 ragazze e ragazzi, non può non creare
dei problemi; a tutti i livelli, da quello pedagogico-didattico a quello edilizio (la mancanza di aule si fa sentire
in modo particolare: esistono diverse
classi oltre il « limite » dei 25).
Nel contesto sociale del nostro paese
i Convitti sostituiscono un’attività che
dovrebbe essere svolta e finanziata dallo Stato; a livello pedagogico si cerca
il « recupero » degli handicappati che
spetterebbe soprattutto alla scuola,
con classi di recupero dove occorre,
col potenziamento del doposcuola, ecc.
La mancanza di questa struttura costringe il personale educativo dei Convitti ad arginare le carenze della scuola statale con tutte le difficoltà di ordine psicologico e didattico che vengono a crearsi nei Convitti in seguito
all’esplosione delle contraddizioni e
delle fratture che turbano questi ragazzi.
E qui viene alla luce un primo punto che alcuni Insegnanti hanno evidenziato e che si è rivelato non corrispondente alla realtà: l’accusa rivolta
ai Convitti di permettere un certo
<; lassismo » sul piano educativo.
Qualcuno ha sostenuto che la provenienza di questi ragazzi « particolari » deve essere « smitizzata »; in altre
parole si rimprovera agli Educatori di
prendere troppo sul serio le situazioni
familiari quasi sempre disastrose che
stanno dietro alle loro esperienze e
che, in base a questo, li si giustifica e
invece di « cambiarli » si lascia via libera al « lassismo ».
La risposta degli Educatori su questo punto è stata ferma: l’educazione
« hbertaria » che viene indebitamente
loro attribuita lascia, purtroppo, il posto ad un’educazione tutto sommato
abbastanza « autoritaria » per permettere la vita comunitaria. Di fronte alla realtà quotidiana molte « teorie »
cadono e si misurano con le differenti
teazioni dei ragazzi. Così al Convitto
maschile si sono accorti dell’assoluta
impossibilità di procedere senza punizioni come sarebbe auspicabile.
Il problema di fondo è quello di
preparare i ragazzi per il loro inserimento nella società, auella società violenta che già li ha emarginati e costretti a vivere in convitto. Si pensa
al loro futuro senza <' idealizzare » né
« mitizzare » il loro passato come scusanti a livello pedagogico. Non si tratta di « aver compassione » di questi
ragazzi come qualche insegnante ha
detto, ma di educarli a comprendere
il tipo di società in cui dovranno inserirsi e che è pronta ad emarginarli ancora. E non è a caso che la grande
maggioranza di questi ragazzi provengono da famiglie ’’immigrate” trapiantatesi a Torino e provincia; e si sa quali siano le condizioni in cui vivono
queste famiglie!
E perché questo equivoco che ha
creato delle spiacevoli tensioni fra
Scuola-Convitti venga risolto, sono
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiii
stati invitati gli Insegnanti a visitare
periodicamente i Convitti e vedere coi
loro occhi la realtà interna; oltretutto
questa opportunità aiuterebbe moltissimo i ragazzi in vista di un loro più
completo recupero. Vedere coi loro
occhi i loro Insegnanti non solo fra i
banchi di scuola ma ogni tanto in mezzo alla loro vita di convittori, intenti
ad imparare la loro poesia a memoria
o a fare le loro operazioni di matematica. E questa è, mi sembra, una cosa
facilmente realizzabile, pur con tutti
gli impegni extrascolastici degli Insegnanti. L’amore per i ragazzi permette questo ed altro.
Un altro punto deficato è quello riguardante i compiti assegnati per il
lunedì. Alcuni Insegnanti interpretano
la circolare del Direttore didattico che
U invita a non assegnare compiti (testualmente: « è tenuto a non assegnare ») in un rnodo, altri in un altro.
Capita così che mentre dei ragazzi
vanno a giocare, altri sono al tavolino di lavoro; e questo in un convitto
crea grossi problemi. È quindi stato
chiesto agli Insegnanti di adottare una
linea comune per evitare quelle difficoltà che si sono sin qui verificate. Gli
Insegnanti hanno a loro volta invitato
gli Educatori a prendere immediato
contatto con loro appena si verifica
qualche « incidente » pedagogico, in
modo da evitare, come è successo, che
i ragazzi « strumentalizzino » a loro
favore la corrispondenza che avviene
attraverso il diario e che si creino involontariamente delle tensioni che si
possono evitare.
Di comune accordo si è infine stabilito che all’inizio dell’anno scolastico
1 Convitti facciano pervenire alla scuola una scheda personale dei ragazzi in
cui risulti la loro situazione particolare, indispensabile per poter capire la
loro personalità.
Una proposta di incontro di fine d’anno (scolastico) per discutere alcuni temi di contenuto dell’insegnamento non
è per il momento stata accolta mentre si è ritenuto utile un incontro alla ripresa autunnale della scuola.
Ermanno Genre
Non abituiamoci aiia vioienza
Chi, venendo da San Germano Chisone o
da Villar Perosa fosse giunto giwedì 29 marzo all’altezza del ponte di San Germano, avrebbe facilmente notato un pulman assai malconcio e con evidenti tracce di incendio. Come si
è poi saputo non si trattava di un incidente
qualsiasi ma del risultato di un atto, tra i
molti di questi tempi, che avrebbe potuto avere dei risultati ben sgradevoli per i passeggeri.
In altre parole a i soliti sconosciuti » avevano
danneggiato i pneumatici dell’automezzo. Il
conducente senza essersi accorto del fatto ei*a
ugualmente partito in direzione di uno degli
stabilimenti Fiat, dato che si trattava di una
corsa speciale organizzata per permettere ai
lavoratori di recarsi al lavoro malgrado lo
sciopero dei dipendenti della Sapav. Giunto
all’altezza di San Germano, evidentemente a
causa del surriscaldamento provocato dai pneumatici afflosciati, l’automezzo prendeva fuoco e
gli occupanti facevano per fortuna in tempo
ad uscirne prima che qualcuno venisse ustionato o ferito.
Si è accennato all’episodio anche sui nostri
quotidiani, come ad un fatterello in mezzo all’ondata di violenza che sta sempre più dilagando un po’ dappertutto. Non mi diverto
certo a drammatizzare la situazione. Tuttavia
mi pare giusto di dire molto chiaramente che
ci si sta troppo facilmente abituando alla violenza^ giustificandola spesso col fatto che viviamo comunque in un mondo violento. Accanto
ad un fatto quale quello cui ho appena accennato vi è il ricorrente picchettaggio delle fab
Doni pro Eco-Luce
A presto.
Il Sindaco
(Silvio Bertin)
L’Assistente Sociale
(M. Gaietti)
CENTRO DIACONALE VALDESE
« SCUOLE MATERNE »
Le insegnanti delle Scuole materne valdesi e
i membri dei comitati sono convocati a San Germano Chisone, Domenica ,8 aprile alle ore 15
presso la sede della Scuola Materna locale. Il
Past. S. Rostagno introdurrà la discussione su ;
« La formazione religiosa nella Scuola Materna
secondo il testo dei Nuovi Orientamenti per
la Scuola Materna Statale ». Tutti gli interessati
al problema sono invitati a unirsi al gruppo.
Lidia Garnier, ViUar Pellice 1.000; Elsa Jouve, Alessandria 500; Maria Cafllisch, Catania
500; Giacomelli, S. Giuliano Terme 1.500;
Maria Giardina Calogero, Pachino 5.000; Olindo Bufalo, Noceto 500; Bario Coucourde, In- '
verso Pinasca 500; Arnoldo Durio, Ivrea 500;
Renato Pozzi, Alba 1.500; Tullio Long, Moncalieri 500; Chiesa Evangelica, Savona 500;
Albert Lazier, Villar Pellice 1.500; Gabriele
Torchia, Villar Perosa 500; Elisa Micol, Massello 500; Fernando Olivero, Villastellone
Tina Rabaglia, Parma 500; Barberina Mengiardi, Firenze 1.500; Eulalia Trogliotti, Vercelli 1.500; Tito Serra, Vaie 1.500; Carlo
Neidhart, Svizzera 500; Coniugi Palmery, Milano 250; Guldbransen, Milano 3.750; Gruppo Evangelico Valdese, Treviso 1.500; Sergio Cozzi, Trieste 500; Pietro Rozza, 'Trieste
500; Angelo Staffulani, Valmontone 500; Arnaldo Gay, Firenze 500; Luisa Stein, Milano
6.500; Giovanni Edmondo Pascal, Perrero
500; Pietro Costantino, Pomaretto 500; Dino
Fornerone, Abbadia 1.450; Romano Maffeis,
Bergamo 500; Luigi Cavazza, Bologna 1.500;
Grazie!
( continua)
Dalla Germania
un saluto a Pradeltorno
Nell’estate del 1963 la Foresteria di Pra
del Torno ospitava il primo Gruppo di tedeschi, venuti alle Valli per passare un breve
periodo di vacanza e per prendere contatto
con la popolazione valdese.
Ogni anno la Società Pra del Torno ha ricevuto da parte di questi amici un pensiero
di augurio e di solidarietà in occasione del
XVII febbraio.
Quest’anno, grazie al perfetto servizio postale, felicemente vigente in Italia, la lettera
spedita da Wentorf il 13 febbraio è pervenuta a destinazione il 2 aprile.
Si ritiene fare cosa grata, in particolare ai
Valdesi dell’Alta Valle d'Angrogna. di trascriverla qui appresso.
Wentorf-6. Hamburg, le 12 février 1973
Chers Frères et Sœurs,
Les années dernières mon devancier dans
la paroisse, le pasteur Zinner, vous a envoyé
ses salutations pour le 17 février, jour commémoratif de votre Eglise.
Aujourd’hui, on m’a prié de vous saluer,
parce que je suis maintenant responsable du
travail du Gustav Adolf Werk à Wentorf
J’ai lu bien des choses sur les Vaudois
mais je regrette de n’avoir pas encore rencon
tré un membre de cette Eglise protestante
Ainsi je suis content de faire votre connaissance de cette manière.
À l’occasion du 125'' Anniversaire du 17
février 1848, veuillez agréer nos salutations
et meilleurs vœux pour la vie de votre Eglise.
Je souhaite que le Saint-Esprit vous donne
toujours la force dont vous aurez besoin.
Votre frère dans la foi
Dr. Werner Plautz
Pasteur de la paroisse Martin Luther
Hanno inoltre firmalo: Max Hanig e Angclika Zschuekalt-Miiller.
Si è lieti di poter pubblicare questa lettera,
segno del simpatico affiatamento stabilitosi fra
il Gruppo di Wentorf e la popolazione locale,
che lo ha fraternamente accolto.
Il C. A. della Pra del Torno S.p.A.
briche, allo scopo di impedire a lavoratori od
impiegati di andare al lavoro od uscirne, il
danneggiamento divenuto ormai corrente di
automezzi, anche di lavoratori, le cariche
esplosive poste un po’ dappertutto ecc.
Ora bisogna dire che nessuna ragione, nessuna situazione, giustificherà mai questo modo di fare. Che per tutti i lavoratori di qualsiasi genere vi sia libertà di sciopero siamo
tutti d’accordo, ma ognuno rimanga libero di
pensare e di agire come lo ritiene, altrimenti
qualsiasi protesta, anche la più giustificata,
perde qualsiasi significato. Né ci si dica che
quelli che non scioperano lo fanno tutti unicamente perché sono dei « venduti » o perché
pensano di godere dei vantaggi ottenuti per
loro dai compagni in sciopero senza perdere
quelli di una busta paga non decurtata dalle
ore di sciopero. Ciò è semplicemente inesatto.
Del resto, anche se così fosse, si lasci ognuno
agire secondo coscienza. Mi rendo conto che
ciò non corrisponde precisamente alla « disciplina di partito », ma è indiscutibile che in
quanto credenti non ci potremo mai sottomettere supinamente ad una qualsiasi disciplina
siffatta.
Ora, il contratto dei metalmeccanici sembra
essere andato in porto e ce ne rallegriamo,
ma la radice della violenza non sarà certo
estirpata con la firma di questo contratto.
È di questi giorni anche la notizia dello
scoppio di un ordigno esplosivo davanti alla
casa parrocchiale di San Lazzaro a Pinerolo e
di lettere intimidatorie inviate ai suoi responsabili. Dico subito che non nutro simpatia
speciale per lo stile di quella comunità. Tuttavia mi sento di affermare molto chiaramente
che rifiuto ogni anche blanda cauzione all’atto
dinamitardo di San Lazzaro così come rifiuto
ogni ricorso alla violenza in qualsiasi campo.
Vorrei che tutti i nostri valdesi vedessero
chiaramente dove sta il punto e che nessuno
fosse mai neppure tentato di dire che... c’è
violenza e violenza. La violenza è una sola e
rischia di coinvolgerci tutti. Per questo rimaniamo vigilanti anche sul nostro modo li reagire, di parlare e di pensare.
Giovanni Conte
Pinerolo
La nostra assemblea di chiesa del 21
gennaio è stata più nutrita delle precedente Argomento all’ordine del giorno
era l’ecumenismo, con i problemi connessi dell’intercomunione e dei matrimoni misti con dispense canoniche.
Quest’ultimo problema, già discusso in
alcune riunioni quartierali, è stato più
ampiamente trattato. La prassi instaurata dalla chiesa cattolica, per cu! nella
diocesi di Pinerolo si consente le celebrazione del matrimonio misto dinanzi aH’ufficiale dello stato civile o anche
dinanzi al pastore della chiesa valdese,
previa dispensa del vescovo, a determinate condizioni e con conseguente trascrizione nel registro canonico per renderlo valido secondo la chiesa cattolica
non è parsa affatto un’apertura ecumenica.
Dopo ampio dibattito, l’assemblea ha
riassunto il suo pensiero nei tre ordini
del giorno che seguono:
« L’assemblea della chiesa valdese di Pinerolo, riunita il 21 gennaio 1973, ritiene attualmente impossibile ed inopportuna la concelebrazione di cerimonie eucaristiche da parte di ministri delle confessioni evangelica e
cattolica, sia sotto la forma di celebrazione
contemporanea o successiva della messa e del
culto, si sotto forma di cerimonia creata appositamente.
Considera la S. Cena istituita da Gesù Cristo come annunzio deUa sua grazia. Essa non
è perciò privilegio di alcuna confessione oistiana. Ovunque essa è celebrata secondo )a
istruzione del Signore i credenti possono riconoscere la sua presenza.
Ritiene perciò che non sia lecito rifiutare la
S. Cena celebrata nella nostra comnnilà a
chiunque si sente di parteciparvi.
Ritiene altresì che i credenti di diversa confessione cristana possano celebrare insieme la
comunione purché nella forma e nello spirilo
della rivelazione evangelica ».
« L’assemblea della chiesa valdese di Pine,
rolo, riunita il 21 gennaio 1973, udita e discussa una relazione sul documento votato dalla Conferenza Distrettuale di Bobbio Pelili :
in riferimento ai rapporti ecumenici, deplora
che la legislazione sui matrimoni misti non
abbia, per parte cattolica, fatto sul terreno disciplinare progressi tali da permettere un dialogo proficuo.
Ritiene che, allo stato attuale delle ci; ■ .
l’istituzione di dispense canoniche, anziro ■
favorire una presa di coscienza dei credenti .i:
fronte alle responsabilità della vita niatrmo
niale, accresca la confusione esistente in m.:teria di matrimoni interconfessionali in qo
to ribadisce il vincolo dell’autorità ecclesi.-i 11ca cattolica sulla libertà dei credenti. Dn eie
pertanto che non siano celebrati, nel tciü ;
valdese di Pinerolo, matrimoni con dispen--'
Questo ordine del giorno non dei
sere interpretato come un atteggiam.^ rito intransigente di giudizio e di dm. - . i-.
ra nei riguardi di quei fratelli e d: omcìle sorelle che si trovano nella i ' -l’e
situazione di contrarre matrimo ¡;íí :.msto,_né vuole significare che la c./.riunì
tà intende disinteressarsi di loro. Ai
contrario, l’assemblea, consapevole dei
gravi problemi che sorgono tra le parti,
nei casi di matrimoni interconfessionali, quando i rapporti reciproci nt n siano stati chiariti per tempo, ha chiaramente manifestato la sua viva comprensione e simpatia per il travaglio
che turba questi fratelli e queste sorelle votando un 3° ordine del giorno:
« L’assemblea della chiesa valdese di Pi .ierolo afferma che la comunità non può rimanere insensibile e indifferente al travaglili e
alla ricerca di fratelli e sorelle in procinto li
contrarre matrimoni interconfessionali.
Ritiene che essi debbano essere aiutali :i
chiarire la loro vocazione cristiana e debbino
perciò essere oggetto di particolare cura d’.nime.
Invita questi fratelli e sorelle a riflettere
sui problemi connessi con questa loro situazione, parlandone liberamente con i fratelli in
fede e valendosi di tutti gli strumenti atti .od
aiutarli in questa riflessione (incontri, studi iilbliei, colloqui ecc.) ».
Sabato 17 febbraio sera un gruppo di
membri deila nostra comunità si è ritrovato nella sala per un’agape fraterna. Siamo lieti di aver avuto tra noi il
moderatore Aldo Sbaffi che ringraziamo per la sua presenza e per il suo
messaggio; ringraziamo anche il doti.
E. Eynard che ci ha presentato delle
proiezioni a colori sulle colonie valdesi
del Sud America.
Torre Pellice
La nostra Comunità ha avuto svariali momenti di riflessione su parecchi argomenti di
capitale importanza. Dal 21 al 28 gennaio, un
eiclo di lezioni e conferenze organizzato dal
Comitato del Collegio Valdese, diretto dal pastore Renzo Bertalot su ic L’Evangelo Sociale »
e terminato con la conferenza « La Bibbia oggi, un ritorno essenziale! ». Dal 27 marzo al 1"
aprile, un altro ciclo di conferenze del prof.
Bruno Corsani sull’Epistola ai Romani, terminato con la conferenza : « La lettera ai Romani e l’avvenire d’Israele secondo l’apostolo
Paolo ». Non comprendiamo come i membri
della nostra Chiesa, non avvertano il privilegio e non sentano il dovere d’intervenire più
numerosi a questi corsi di grande valore, particolarmente tutti coloro che sono interessali
in modo speciale al nostro Collegio.
Il Concordato e i Culti ammessi, argomento presentato alla Società Enrico Arnaud, dal
pastore Sonelli e dal prof. A. Armand-Hugoii.
Scambio d’impressioni sulla rubrica televisiva col pastore Aldo Comba. Scambio d’idee
-suirVIII Centenario Valdese, nel culto comunitario alla Foresteria con riferimento particolare al testo biblico : « ma là Parola di Dio
non è incatenata » (2 Tiln. 2: 9). Lo stesso
argomento è stato portato dal professor A.
Armand-Hugon e dal pastore Giorgio Tourn
anche ai membri della Società Enrico Arnaud.
Altro culto comunitario il 18 marzo sopra
un tema sinodale: I ministeri della Chiesa,
diretto dal past. E. Genre e da Mario Sibille
deputato al Sinodo 1972: Vi sono varietà di
doni nella Chiesa. Il sacerdozio universale dei
credenti è l’impegno di ognuno di rendere testimònianza delTEvangelo nel mondo e si attua mediante servizi e ministeri, alcuni nell’interno della Comunità ed altri rivolti all’.3sterno.
Ringraziamo il pastore Victor Rakotoarimanana per il culto presieduto il lingua france.se
e lo preghiamo di salutare tutte le Chiese /Iella CEVAA di cui è segretario, in particolare
quelle del Madagascar.
Ricordiamo infine la conferenza di Margherita Gay Meynier redattrice della Rivista Impegno deU’U.C.D.G., che ha parlato alTUnione
Femminile sul tema « In occasione di un
viaggio in India » e le belle diapositive
scattate durante un soggiorno in California
col marito, presentate dalla sig.ra Elda Rivoir.
Ha ricevuto il segno del Patto: Mirka Filippone di Sergio e di Franca Charbonnier. Il
Signore li benedica e li guardi.
Si sono sposati : Giorgio Alessandro Bonnin e /Franca Ines Pellegrin; Mario Coìsson e
Mirella Rivoira. Ai cari sposi il nostro affettuoso augurio di ogni bene nel Signore.
Ci hanno lasciati in attesa della risurrezione: Luigi Forzani, Teresa Formiglia, Argentina Bertin in Charbonnier, Albertina Chiavia
ved. Pons, Giovanni Enrico Rigotti, Enrico
Pascal, Emanuele Borno, Emilia Charbonnier
in Jourdan, Aline Ricca, Luisa Malanni ved.
Malan, Albertina Eynard ved. Castellano, Giovanni Giacomo Chanforan, Adolfo Rivoir.
Alle famiglie in lutto esprimiamo la nostra
viva e fraterna solidarietà. Lina Varese
5
6 aprile 1973 — N. 14
RIVIERA DI PONENTE: una diaspora numericamente
modesta vuol vivere la sua testimonianza evangelica
La ricorrenza del «-17 febbraio »
stata celebrata con intensità, come
spesso avviene nelle comunità minori
della nostra diaspora valdese. A BORDIGHERA come a SANREMO parecchi erano pure coloro venuti per l’occasione di fuori, e iiumerosa l'agape
fraterna che si è riunita a VALLECROSIA, nella Casa Valdese, dove una sessantina di partecipanti ha trascorso un
gioioso pomeriggio comunitario. Fatto
da non trascurare, una modesta comunità come quella di Bordighera-Vallecrosia-Ventimiglia ha raccolto, per la
« settimana di rinuncia », una somma
che sfiora il mezzo milione.
Alla Casa Valdese di VALLECROSIA
sono stati ospitati, a due riprese, gruppi di persone anziane provenienti dalle Valli Valdesi: la comunità locale è
stata lieta di facilitare loro la partecipazione ai culti provvedendo al loro
trasporto in pullmann: il tempio di
BORDIGHERA affollato di partecipanti è stato d’incoraggiamento per tutti.
Poiché è assai probabile che tali soggiorni invernali diventino regolari, in
avvenire, ’’sfruttando” maggiormente
tutte le possibilità che la Casa offre
ora, con l’estensione a tutte le camere
del riscaldamento e dell’acqua calda,
si spera che in avvenire si possano
avere maggiori possibilità di incontro
con gli ospiti invernali della Casa, per
un reciproco beneficio spirituale e una
più intima comunione fraterna.
Vita, problemi, prospettive delle chiese valdesi
La célébration
du “17 février” à Marseiiie:
ies Vaudois de Provence
Choraie
pag. 5
è A SANREMO queste settimane sono
dense di attività: il 28 marzo il past.
Alberto Rihet ha tenuto una conferenza sul tema: « Viviamo in un mondo
ancora cristiano? ». Il 4 aprile Sergio
Nisbet, agente della Società Biblica di
Roma, terrà, con proiezioni luminose,
una conferenza su « Una Bibbia per il
mondo moderno ». La domenica 8 aprile il culto sarà presieduto dall’anziano
Ugo Tomassone, della chiesa di Susa,
incaricato della CEVAA per il II Distretto; egli ricorderà alla comunità,
anche in questo contesto, la nostra vocazione missionaria. La stessa domenica. nel pomeriggio, è convocata l’assemblea di chiesa per pronunciarsi sul
questionario riguardante le leggi sui
culti ammessi; si parlerà pure dell’uso
della toga pastorale, sul quale vi sono
state discussioni, come pure di certe
suppellettili interne del tempio (in fase
di restauro) come balaustre, lapidi ecc.
Infine, un tentativo nuovo ad ALASSIO: nella sala Hanbury, mercoledì 11
aprile alle ore 21, il past. Ernesto Ayassot terrà una conferenza sul tema: «Otto secoli di storia valdese ». Si tratta
di un esperimento importante, un test
per la possibilità di rilancio del gruppo
locale, in questa parte della nostra diaspora della Riviera di Ponente, il quale intende chiedere alla prossima Conferenza Distrettuale il riconoscimento
come « centro di evangelizzazione ».
reçoivent la
du Pomaret
C’est le dimanche 25 février, que les Vaudois de Marseille ont célébré la fête du 17
février, et pour eux, cette journée historique
à revêtu cette année un éclat tout particulier,
puisque d’une part, ils commémoraient le 125®
anniversaire de l’Emancipation, et que, d’autre part, ils avaient la joie e le privilège de
recevoir la Chorale du Pomaret, accompagnée
de leurs dévoués Directeurs, M.r le Pasteur
Aime et M.me.
Dès le samedi après-midi, de nombreux
marseillais affrontaient les rafales d’un puissant mistral, pour venir attendre les voyageurs
qui furent d’une exactitude exemplaire. A 17
heures précises, le pullmann arrivait, et nos
voyageurs étaient accueillis par tous avec la
joie que vous imaginez. Le mistral ne désarmait pas, et soufflant très fort, les longues
conversations étaient plus que difficiles, aussi
chacun avec hâte rejoignit les voitures des
parents ou amis venus les attendre, et tous
se donnaient rendez-vous pour le lendemain.
Le dimanche matin, dès 10 h. 30, une animation inusitée régnai l dans la rue Grignan,
A Torino, if Centro Evangeiico di Cuitura
e ia iibreria Feitrinelii hanno presentato
Due libri suirantimilitarismo
Possiamo affermare che la tavola rotonda, organizzata a Torino dal Centro
Evangelico di Cultura e dalla Libreria
Feltrinelli su « L’Antimilitarisnw in
Italia », ha avuto successo, sia per la
presenza del pubblico (il salone di corso Vittorio era gremito), sia per la
chiarezza delle esposizioni e la vivacità
del dibattito.
Il dr. Giorgio Rochat e l’avv. Sandro
Canestrini hanno illustrato la situazione delle Forze Armate italiane, mentre l’avv. Bruno Segre ed il compagno
Canal di « Proletari in divisa » hanno
illustrato due aspetti della lotta antimilitarista: l’obiezione di coscienza e
l’azione di insubordinazione nelle caserme.
Il discorso suWantimilitarismo fatto
da G. Rochat parte innanzitutto .da un
giudizio politico, che è anche un giudizio di classe, sulle Forze Armate. Esse sono infatti uno degli strumenti
usati dalla classe dominante al fine di
perpetuare il suo potere. Questo giudizio non Si basa solamente su quanto
accade oggi, ma investe anche tutta la
storia del nostro Stato unitario. L’Esercito ha dato sempre, nella sua organizzazione, la precedenza alla tutela
dell’ordine interno nei confronti della
difesa delle frontiere. Questa tutela
dell’ordine interno si è manifestata
spesso con repressioni di scioperi e
cortei. Una volta, infatti, i compiti ora
attribuiti alla Celere ed ai Carabinieri
erano svolti dalla Fanteria. Dopo la
seconda guerra mondiale la maggior
politicizzazione dei giovani che vanno
sotto le armi, a cui si aggiunge il passaggio alla politica di massa, ha fatto sì che nelle « alte sfere » si è rite;
ñuto pericoloso impiegare reparti di
leva per mantenere l’ordine pubblico.
Ciò non toglie che l’Esercito esplichi
ancora oggi una funzione repressiva.
Non. possiamo, infatti, passare sotto
silenzio la costante azione di crurniraggio da parte delle Forze Armate in
occasione di scioperi di Servizi pubblici e nello stesso tempo l’appoggio che
l’Esercito fornisce ai reparti di Polizia
adibiti al mantenimento dell’ordine. La
contestazione al servizio militare non
parte esclusivamente dal rifiuto di questo stato di cose, ma anche dall’imposizione del servizio di leva in quanto
tale. Nelle caserme viene impartita
una chiara educazione politica. Non si
tratta più della vecchia educazione al
patriottismo che mirava chiaramente
a formare con il servizio militare dei
sudditi fedeli. Qggi il discorso viene
condotto più velatamente ed e spesso
più qualunquista. Esso si basa sulla
cieca obbedienza all’autorita e passa
attraverso ricatti, lusinghe o durissime repressioni. Sono indice di tutto
questo sistema anche le regole più banali come un certo tipo di taglio dei
capelli, un certo tipo di stiratura dei
pantaloni che vogliono in sostanza mostrare il potere dell’autorità nell’imposizione di determinati valori. Questo tipo di educazione ha una particolare efficacia in quanto l’obbedienza passiva
viene inculcata nel cittadino fin dalla
infanzia (nella famiglia e nella scuola)
e più tardi nel posto di lavoro.
Inoltre le Forze Armate rappresentano una burocrazia fine a sè stessa che
tende a perpetuarsi indipendentemente, senza render conto ad alcuno del
suo operato. È molto diffìcile in questa situazione collocare un’azione di
lotta. Gli stessi partiti non prendono
una chiara posizione, asserendo che la
lotta si sostiene in primo luogo nelle
fabbriche e nei luoghi di lavoro e che
le Forze Armate sono un problema di
secondo piano nella nostra società.
L’aspetto giuridico è stato illustrato
dall’avv. Canestrini. Nei primi giorni
del servizio militare viene consegnato
al giovane un libretto contenente alcun’ estratti del regolamento di disciplina militare il quale costituisce il testo
fondamentale per il soldato in quanto
illustra i suoi diritti ed i suoi doveri,
li governo Andreotti nel 1954 aveva
apportato alcune modifiche al regolamento aggiungendo due o tre articoli
illustranti alcune prerogative civili del
soldato (presentarsi alle elezioni, scrivere articoli, esprimere liberamente le
proprie opinioni politiche), ma esse sono rimaste lettera morta e non compaiono neppure negli estratti. Per
quanto riguarda poi il codice penale
militai-e la contraddizione è ancora
più Brave. Questo codice porta la data
del 1941 ed è quindi un prodotto del
fascismo nel suo periodo di massimo
sviluppo. Sono passati 30 anni dalla
promulgazione della nuova costituzione e solo ora si propone l’esame del
codice stesso. Questo per quanto riguarda i regolamenti. Vi sono poi ancora dei sistemi altamente burocratici,
quali ad esempio il Mod. 70, che vanno
inauadrati proprio in questo ambito
di burocrazia repressiva quale è l’Esercito. Il Mod. 70 è un modulo che viene
riempito dai Carabinieri del luogo in
cui abita l’arruolato e viene spedito in
Quello ove lo stesso è stato destinato.
Esso consta di una serie di domande
che vanno dalla condotta morale dell’arruolato e della famiglia, alle condizioni economiche, ai precedenti penali, alla politicità (appartenenza a gruppi politici) sia da parte dell’arruo
lato che da parte dei parenti (anche
quelli acquisiti), alio garanzie che l’arruolato offre per ocimpazioni riservate.
Di fronte a questa situazione si pongono due soluzioni.
1) obiezione di, coscienza. Vi sono
due tipi di obiettori di coscienza: quelli religiosi e quelli laici; molti sono
gli obiettori religiosi, in massima parte Testimoni di Geova, i quali sostengono la loro tesi attraverso un'interpretazione molto leticrtile della Bibbia e
non accettano seivizio civile sostitutivo. L’obiezione non integrale viene invece portata avanti prevalentemente
dai non violenti. Essi mirano a sostituire il servizio militare con un servizio civile in gruppi forestali, o gruppi
assistenziali. In realtà non si può parlare di obiezione di coscienza fino al
15-12-1972, giorno in cui l’obiezione di
coscienza è stata riconosciuta. Prima
di questa data gli obiettori venivano
processati come mancanti alla chiamata in base all’articolo 152 del Codice Penale militare, o come non obbedienti in base all’articolo 163 di detto
codice. Prima di tale riconoscimento
le sanzioni erano piuttosto severe (da
13 a 19 mesi di reclusione); si ebbe poi
per un certo periodo di tempo un certo susseguirsi di condanne che accrescevano il numero degli anni di reclusione assegnati a ciascun obiettore
(si giunse con il caso Motta ad un massimo di 4 anni). Questo accadeva perché l’obiezione di coscienza veniva
considerata come un fenomeno puramente individuale, mentre, al contrario, ora appare evidente il suo aspetto collettivo. Il progetto di legge sull’obiezione di coscienza in data 15-12-72
Erika Tomassone
(continua a pag 6)
où une foule dense se pressait pour pénétrer
dans le Temple. Aux premiers rangs se trouvaient les Vaudoises en costume (nombreuses
cette année) leurs coiffes blanches mettaient
une note de grâce et d’harmonie... et tous
comprenaient que ces jeunes femmes n’avaient
pas revêtu ce costume pour le « folklore »
mais que ce dernier, en cette journée, avait
une signification réelle, profonde, noble et respectée. Aux côtés du Président M.r Henri
Poët, on remarquait M.r le Pasteur Jacques
Marchand, et M.lle Costa - Vice-Consul d’Italie, représentant M.r le Consul Général, qui,
invité par M.r Poët s’était trouvé dans l’impossibilité de répondre personnellement à son
invitation, en raison d’engagements ultérieurs.
En présence de Monsieur le Pasteur J. Marchand, le Culte fut célébré par M.r le Past.
Aime, qui, dès le début de sa prédication, par
son éloquence et sa force de persuasion sut
capter et retenir l’attention de tout l’auditoire.
C’est avec émotion, que, debout, l’assemblée
écouta avec recueillement le « Serment de Sibaud » dirigé par M.r Aime. Jamais, les
voûtes du Temple de Grignan n’avaient vibré
ainsi au chant de ce serment, qui fut interprété avec autant de foi que de perfection, et dirigé avec maestria. Puis, ce fut la Cévenole
qui éclata littéralement... Le moment de surprise passé, les Cévenols présents à ce culte
furent heureux et émus aux accents de ce
chant aussi cher aux huguenots qu’aux Vaudois. Et pour finir ce fut le magnifique « Gran
Signor ». Les chants d’assemblées furent chantés d’une seule voix, d’une seule âme, et à la
fin du Culte, tous se pressaient pour remercier
et saluer M.r Aime, de même que tous les
membres de la Chorale.
Une grande partie de cette foule s’achemina,
par des voies diverses mais toutes rapides, vers
la Maison Vaudoise, où un repas fraternel
réunissait 180 personnes environ.
Notre Président M.r Henri Poët accueillait
nos visiteurs et invités, parmi lesquels M.r
le Pasteur J. Marchand et M.me de même
que les Pasteurs des diverses Paroisses de Marseille, M.r le Commandant Bordas et M.me, de
l’Armée du Salut, et, venus apporter les salutations des Vaudois du Luberou, M.r le
Pasteur Louis Mordant et M.me.
Vouloir décrire l’ambiance extraordinaire
qui régnait dans ces instants dans notre
Maison Vaudoise est chose impossible. Seuls,
ceux qui les ont vécus peuvent l’imaginer.
Comment vous décrire la joie émerveillée des
Marseillais en contemplant les tables fleuries
de primevères, venues directement du Pomaret?... et où les « Gressins du Pays », avec autant d’élégance que d’abondance s’étalaient
tout au long des tables... Merci à tous pour
cette attention si délicate. C’est vous dire que
dans notre salle régnait en ces instants de la
joie bien sûr, mais aussi et surtout de l’émotion, de la foi, de l’espoir, de l’amour. Au
cours du repas, fort animé, de temps en temps
fusait une voix, un air, un chant. Mais, M.r
Henri Poët se leva, et après avoir dit ses remerciements et souhaité la bienvenue à tous,
rappela la signification de cette journée... de
cette rencontre... et donna lecture des divers
messages reçu à l’occasion de notre 17, mes
sages venant des paroisses de : Prali (Past. Da
vite), Ivrea (Past. Rostan), Villar Perosa (Past
Geymet), Villar Pellice (Past. E. Micol), Po
maretto (Past. Rostagno), Torre Pellice (M.r I
Hugon). Tous ces messages furent fort cha
leureusement applaudis par tous les convives
Puis ce fut M.r le Pasteur Aime qui prit la
parole, de même que divers Pasteurs présents,
et tous furent écoutés et fortement applaudis.
Crisi
schizofrenica
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« L’Eco del Chisone » è uscito, la scorsa
settimana (n. 13) in due edizioni : a quella
ordinaria ha fatto seguito quella straordinaria, dopo l’attentato dinamitardo alla parrochia pinerolese di S. Lazzaro. Ed ecco che è
capitato, nel giro di due giorni.
Nell’edizione ordinaria, in prima pagina,
nella rubrica « Mondogatto », si leggeva, sotto il titolo, Gino Conte come Tom Tonzi?;
« Il collega dell’altro ’’Eco” ha dei poteri
straordinari. Pensate, sa persino cosa si dicono fra loro in privato ”i signori dell’Osservatore Romano”. Nemmeno Tom Ponzi è arrivato a tanto. Ma che cosa si dicono o potrebbero dirsi questi deliranti e fanatici redattori?
Le stesse cose che un’associazione neofascista
(così la definisce Nuovi Tempi) ha pubblicato su un volantino. Peste e coma agli anarchici, radicali, socialisti, cattolici e valdesi,
progressisti. Tutte cose che i redattori del foglio romano si dicono ’’quando sono sicuri di
non essere ascoltati”. Ma poveretti, non si accorgono che da Torino, sede direzionale dell’altro "Eco”, c’è qualcuno che li spia e li
ascolta. Non solo ma li vede neri neri, deliranti e fanatici, infuriati e fuori dei gangheri. E pensare che l’estate scorsa dalla direzione del giornale romano partì alla volta delle Valli Valdesi un redattore, uno di quelli
che si infuriano di nascosto. Dopo otto giorni
pubblicò un articolo sulla Chiesa di Gino Conte, serio e preciso, con tanto di rispetto. Quel
rispetto che manca al protestante fermo agli
anni ’40, che non si limita a sottolineare dal
suo punto di vista le storture di una teologia
e di una situazione, ma ama la denigrazione.
la descrizione parossistica e paradossale della
bruttezza degli altri, quando non sono ascoltati ».
Questa, la prosa a me indirizzata. Senonché,
i colleghi dell’altro « Eco » hanno preso un
grosso abbaglio (ed essendo in buona fede non
mancheranno di rettificare come di dovere).
Infatti le frasi citate non erano mie, ma di
c( Fortebraccio », un redattore de « L’Unità »,
e si trovavano nella nostra rubrica « caccia e
pesca » nella quale riportiamo spesso citazioni tratte da altre pubblicazioni : in questo
caso — e il diverso carattere tipografico
avrebbe dovuto rendere attenti i colleghi anche se non sfogliano sempre « L’Unità » —
avevamo ripreso dalla « posta dei lettori » del
quotidiano comunista una lettera con la risposta del redattore che cura la rubrica, Fortebraccio; il nostro apporto redazionale si limitava a : « Letto su L’Unità... ».
Nella polvere, dunque; ma prima di sentire il bruciore per l’ingiusta onta patita, eccomi già su su in alto, swlla cresta dell’onda.
Nell’edizione straordinaria, uscita due giorni
dopo, sempre in prima pagina, eccomi citato
con menzione onorevole nell’editoriale, per la
« nobile onestà » con la quale ho criticato la
pubblicazione di registrazioni clandestine in
confessionale.
Mi sento disorientato, ai limiti di un’intima
dissociazione schizofrenica e attendo con comprensibile ansia di essere rassicurato sulla mia
identità. I lettori capiranno.
Gino Conte
L’après-midi fut consacrée au concert que
donnait la Chorale. Ce concert avait été annoncé à tous les Vaudois et il y avait foule
pour venir écouter nos amis et les applaudir.
De mémoire de Vaudois à Marseille, jamais,
mais jamais, il n’avait fallu faire la « queue »
pour entrer à notre Union Vaudoise. Eh bien,
cette année, nos chers visiteurs du Pomaret
ont réalisé cet exploit. Le 25 février 1973, il
a fallu attendre à la porte pour entrer, il a
fallu se presser, se compresser, gentiment
bien sûr, en plaisant en français, en patois...
Cela ne s’était jamais vu. Mais cela en valait
la peine. Le concert qui nous fut offert a été
merveilleux, exceptionnel, ce fut pour tous
des heures inoubliables... Les applaudissements
étaient aussi nourris que vibrants; et le chants
étaient écoutés presque dans un sUence total,
ce qui était un autre genre de record, car le
Patois était devenu langue nationale, et les
langues marchaient...
Les « 3 cloches » remportèrent un vif succès, puis t( Anoum a l’alp » nous réjouit tous,
et évoqua de vieux souvenirs à la Chorale de
Marseille, qui sans succès avait voulu chanter ce chant. Tout l’après-midi, sans fatigue,
ni de la Chorale ni de son Directeur, la Chorale chanta, chanta encore, chantait toujours...
Si notre salle était trop petite, l’après-midi fut
trop courte, et la visite de nos amis trop
brève.
Permettez-moi ici d’exprimer notre infinie
et très respectueuse reconnaissance à Monsieur
le Past. Aime et M.me. C’est grâce à M.r Aime, à sa haute compétence, et à son dévouement, que les Vaudois de Marseille ont pu
vivre ces heures exceptionnelles, et tous ici,
cher M.r Aime, souhaient du fond du cœur
vous revoir, à Marseille, avec toute votre
chère et si sympathique équipe.
Merci bien affectueusement et bien amicalement à tous les membres de la Chorale, qui
travaillèrent avec tant d’ardeur et d’amour
pour nous offrir ces heures inoubUables... et
un dernier merci, bien grand aussi et bien
chaleureux à Monsieur Attilio Pons, le promoteur et l’organisateur de cette expédition
Marseillaise.
Malheureusement les heures passent trop
vite. La fin du concert arriva, et à nouveau,
à 20 heures, une autre agape fraternelle réunissait 160 Vaudois, venus entourer nos amis,
passer avec eux cette soirée, et finir dans la
joie et la reconnaissance cette journée à la
fois si riche et si bienfaisante.
Cette année, la brièveté de la visite ne nous
permit pas de faire des visites auprès des
Vaudois hors Marseille, ou dans des Maisons
de retraite, ou hospitalisés. Nous formons le
vœu bien sincère que cela puisse être une autre année...
Et, le lendemain, après une nuit de repos
bien méritée, c’était l’ultime rendez-vous sur
les lieux du départ. A nouveau, tous les Marseillais étaient là pour dire « merci » à tous
nos amis, leur souhaiter « bon voyage » et
leur dire surtout du fond du cœur: « Ce
n’est qu’un au revoir... ».
Au nom de tous les Vaudois de Marseille
nous vous redisons la grande joie et la profonde reconnaissance qui nous a tous animés
pendant les heures que grâce à vous tous nous
avons connu; et nous exprimons le souhait
que Dieu nous donne, pendant de nombreuses
années encore, la joie profonde et la communion ressentie au cours de cette visite. Que
tous trouvent ici, notre amitié très reconnaissante. A. P.
liiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiimiiiiii
AVVISI ECONOMICI
CERCASI bambinaia referenziata escluse uscite serali libera due pomeriggi o fine settimana. Telef. 655090.
« La vie est un sentier qui nous
mène au sommet d’où la vue
embrasse l’inconnu ».
« Sois fidèle jusque à la mort et
tu auras la couronne de la vie »
(Apoc. 2 : 10)
Ha terminato il suo cammino terreno
Arty Peyrot
rattristate, ma sorrette dalla fede ne
danno l’annuncio la fedele compagna
Ida, le figlie Elena e Maria e la cognata Rita.
Genova, 2 aprile 1973.
La famiglia del Generale
Adolfo Rivoir
Medaglia d’Oro V. M.
ringrazia il Pastore Sonelli. i dottori
De Bettini, Gardiol e Matliieu, il dr.
Loris Bein, gli amici e conoscenti e
tutte le persone che hanno partecipato al suo grave lutto.
Torre Pellice, 6 aprile 1973.
6
pag. 6
I NOSTRI GIORNI
6 aprile 1973 — N. 14
Visita ili responsabiii vietnamiti ai CEC
Secondo una notizia ajyparsa sul n. 8
del 22 marzo u. s. del soepi il direttore delle informazioni del GRP Pham
van Ba e Le van Trong, economista
vietnamita, di passaggio da Ginevra
sono stati ricevuti presso il Consiglio
ecumenico delle Chiese dai responsabili della CESEAR, e cioè la commissione di aiuti reciproci e di servizio
fra le Chiese e di assistenza ai profughi.
Questa visita ha consentito la prosecuzione degli incontri iniziati lo scorso mese a Parigi sull’aiuto delle Chiese per la ricostruzione del Vietnam. I
responsabili della CESEAR hanno chiesto che il GRP sottoponga loro delle
proposte concrete di progetti che possano venir fatti propri dal Fondo di
ricostruzione e di riconciliazione in Indocina e nomini tre delegati che parteciperanno ad un incontro durante il
quale i gruppi di studio che si trovano attualmente nel Laos, in Cambogia
e nel nord e sud Vietnam presenteranno i loro suggerimenti per una politica ecumenica di aiuti all'Indocina.
Il CEC ha recentemente lanciato un
appello allo scopo di reperire cinque
milioni di dollari per il suo programma di ricostruzione in Indocina. Coll’occasione ricordiamo a tutti i lettori
che anche il « fondo di solidarietà »
del settimanale, oltre al programma
di lotta al razzismo del CEC è attualmente aperto anche allo scopo di appoggiare lo sforzo del Consiglio ecunico per la ricostruzione in Indocina.
Ricordiamo a tutti coloro che desiderano partecipare a questo impegno di
solidarietà di inviare le loro sottoscrizioni — precisando la causale del versamento — al conto corr. postale numero 2/30878 intestato a Roberto Peyrot, corso Moncalieri 70. 10133 Torino.
Cristiani
aiia Cnnferenza mnndiaie
per ii Vietnam
La dichiarazione di cui pubblichiamo il testo
è stata fatta dai rappresentanti delle Chiese e
organizzazioni religiose che hanno partecipato
alla Conferenza mondiale per il Vietnam, riunita a Roma il 24 febbraio 1973.
E. M.
Animati dallo spirito di solidarietà di questa Conferenza, nel corso della quale i popoli
hanno potuto manifestare la loro soddisfazione
per la pace nel Vietnam, ma anche una motivata preoccupazione circa il pieno rispetto
dell’aeeordo stesso, rivolgiamo a tutte le Chiese, alle organizzazioni ed ai gruppi religiosi
l’invito affinché con la loro autorità morale
si adoperino :
1) contro la prosecuzione dell’internamento, delle terrificanti torture, e delle minacce
di morte nei confronti di 200.000 prigionieri
iMiiiiiiiiiiiiiiiiiHiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
I LETTORI
ci scrivono
Caro direttore,
ho esitato a rispondere aUa lettera della
Sig.ra Arlette Armoni Ricca, che penso sia
molto anziana se del Traforo del Colle della
Croce parlava solo suo bisnonno. Si rassicuri,
né io né i miei amici ignoriamo Angrogna
ma riteniamo che non sia proibito parlare anche d’altro, che poi interessa anche Angrogna.
Forse la Signora Armoni Ricca non sa che
oggi c’è una tendenza a non considerare più
fatale, irreversibile la concentrazione in città
e in pianura. La pianurizzazione c’è sempre
stata, e c’è sempre stato anche un riflusso
verso la montagna. Se non si vuole che allo
spompamento della montagna per fornire la
pianura di mano d’opera a buon prezzo succeda una colonizzazione caotica o concertata
da ristretti interessi occorre intervenire. Questo non significa ignorare i problemi della
pianurizzazione, significa invece opporsi a una
spogliazione. Questo implica valorizzare quell’autonomia di cui finalmente si riparla, non
solo per le Valli Valdesi. E non c’è tempo da
perdere con le incomprensioni. In questo disegno rientra il rifiuto di accettare le creste
delle nostre montagne come un muro sempre
più invalicabile, e se i colli non bastano più,
passiamoci sotto. Non certo per farci spogliare ancora una volta da una qualche Società
colonizzatrice. Non sarà per oggi o per un domani prossimo? Prepariamoci.
Quando si parla di autonomia non si parla
di separatismo autarchico. Come il montanaro
ha diritto di andare in città (che fu una bella
invenzione), così il cittadino ed il pianuraio
han diritto di salire in montagna. Tutti, anche quelli che oggi non ne hanno i mezzi e
che rischiano di essere progressivamente ancora più esclusi dalla montagna, o di esserci
mandati in maniera « consumistica », per essere sfruttati anche nelle loro vacanze. Ma chi
deve prendere l’iniziativa per organizzare
tutto questo, se non noi? E se non lo facciamo, come potremo lamentarci delle conseguenze? Ancora una volta temo che il discorso non
si sia sviluppato appieno. Ma .spero di avere
apportato qualche chiarimento.
Gustavo Malan
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
Cnop. Tip. Subalpina - Torre Pellice (Torino)
politici incarcerati dal regime di Thieu e per
il loro rilascio immediato, adoperandosi per
misure intese a raggiungere un effettivo controllo della situazione dei prigionieri politici
nel Vietnam del sud; al riguardo ci richiamiamo ai rapporti svolti durante la Conferenza
Mondiale dai partecipanti vietnamiti e al
punto 7 della dichiarazione della Conferenza;
2) a seguire attentamente in futuro la situazione dei gruppi religiosi e gli sviluppi politici nel Vietnam del sud nel suo insieme,
nonché eventuali violazioni dell’accordo di pace per il Vietnam e il terrore politico interno
del regime di Thieu per poi denunciare ciò
all’opinione pubblica;
3) a rendere evidente all’opinione pubblica mondiale che gli USA e i loro alleati sono
tenuti a riparare tutti i danni materiali causati al popolo vietnamita;
4) per l’amnistia nei confronti di tutti
gli esiliati e di tutti gli oppositori della guerra statunitense attualmente incarcerati.
Invitiamo tutte le Chiese, le organizzazioni
ed i gruppi religiosi, ad impegnarsi per l’attuazione dei 4 punti suaccennati e a diffondere tali rivendicazioni presso i fedeli delle diverse comunità.
Raccomandiamo infine lo svolgimento di
azioni e dimostrazioni affinché la solidarietà
delle Chiese, delle organizzazioni e dei gruppi
religiosi con il popolo vietnamita divenga evidente nei confronti dell’opinione pubblica.
Delitti reclamizzati
La gente sembra affamata di delitti:
i giornali e la radio-TV soddisfano questo ’’bisogno”. Conosco a iosa persone
che nel giornale cercano solo assassinii, fatti di sangue, rapine, ecc. Poi
alzano gli occhi al cielo e dicono « Che
tempi! una volta... ».
L’Istituto Centrale di Statistica ci
leva anche questa soddisfazione: nel
1930 gli omicidi sono il 4,9 per ogni
centomila italiani, nel 1970 sono stati
il 2,1, nel 1938 la criminalità saliva a
oltre un milione e duecentomila reati,
nel 1968 ha avuto la punta massima
con circa novecentomila reati. E così
via, con una sola eccezione: i furti. I
ladri sono in aumento, per le auto in
particolare.
Questo vi dice due cose: 1) che « una
volta » si nascondevano i reati perché
« si doveva » mostrare una bella facciata, ma la gente non era meglio; 2)
la pompatura dei delitti oggi è fatta
perché troppa gente ama i fatti morbosi, ci guazza dentro, ed anche perché c’è chi ci specula sopra. Noi non
siamo fra coloro che ci speculano, speriamo, ma non dovremmo nemmeno
essere tra i fanatici lettori della cronaca nera.
«Il desiderio dei.giusti è il bene soltanto, ma la prospettiva degli empi è
l’ira» (Proverbi 11: 23).
L. S.
VITA ITALIANA a cura di Emilio Nitti
La crisi monetaria
Una storia generale dell’Africa
11 secondo colloquio dedicato alle ricerche
storiche nell’Africa centrale, a partire da
fonti scritte, si è riunito a Lubumbashi, nello Zaire. I suoi lavori s’inserivano nel quadro
del progetto di una Storia generale delVAfrica,
di cui è in corso la redazione sotto l’egida
deirUNESCO.
Gli esperti hanno studiato la storia del popolamento dell’Africa centrale dal punto di
vista dell’apparentamento linguistico, culturale ed etnico che caratterizza questa regione
interamente compresa nella zona bantù. Loro
proposito: stabilire, partendo dai nomi di luoghi o di gruppi etnici, una carta delle migrazioni nell’area geografica comprendente il
Camerún, il Gabon, la Repubblica centrafricana, il Congo, il Ciad, il Burundi, il Ruanda
e lo Zaire. Sono stati pure studiati i rapporti
fra l’Africa centrale e le altre parti del continente, è stato elaborato un piano regionale
di ricerche storiche.
^ In occasione del centenario della nascita del grande etnologo ed esploratore tedesco
Leo Frobenius (23 giugno 1873), l’Istituto
Frobenius di Francoforte organizza quest’anno un concorso internazionale sulle ricerche
storiche e culturali africane condotte nell’Africa contemporanea. Saranno ammessi a
parteciparvi solo specialisti africani, e i risultati saranno resi noti nel corso del colloquio
internazionale per africanisti programmato
per ottobre, nel Camerún, dalla Commissione
tedesca dell’UNESCO in collaborazione con
l’Istituto Frobenius,
^ Nel dicembre 1973 si riunirà a Addis
Abeba il 3° Congresso internazionale degli
africanisti; tema : lo sviluppo econmico, sociale, politico, scientifico e culturale dell’Africa, dall’epoca pre-coloniale a quella contemporanea.
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Passaggi pericolosi
H Uno dei problemi aperti delle ferrovie
italiane è quello dei passaggi a livello,
ancora numerosissimi: 13.698, di cui 9.713
delle FF.SS.; problema non solo per Fintralcio
alla cireolazione, ma per gli incidenti, spesso
mortali. Fra quelli deUe FF.SS. 2517 sono custoditi 0 manovrati sul posto, 5565 manovrati a distanza, 1243 automatici, oltre ai 338
privati, normalmente chiusi. Dal 1962 le FF.
SS. hanno eliminato 2384 passaggi a liveUo,
spendendo oltre 35 miliardi; la soluzione radicale richiederebbe oltre mUle miliardi, una
cifra che l’ente non può affrontare da solo. E
la soluzione urge, dato il perfezionamento tecnico e l’incremento di velocità dei convogli,
che quanto prima sfrecceranno, almeno sui
grandi percorsi, a 200 km. orari.
Da quando il Governo U.S.A ha deciso la non convertibilità del dollaro, rifiutando cioè di garantire il cambio della propria moneta, si è evidenziata una
progressiva svalutazione che ha sconvolto la situazione monetaria internazionale. È risaputo che l’economia americana influenza direttamente o indirettamente tutti i Paesi legati al sistema
politico occidentale e pertanto si sono
scatenate le cosiddette « tempeste monetarie », l’ultima e più grave delle quali è ancora in atto e crea gravi difficoltà soprattutto nei Paesi europei. È venuta meno la parità fissa ed è iniziata
la fluttuazione delle varie monete, in
balia delle speculazioni di borsa, a somiglianza dei titoli azionari. Il Governo
italiano, per evitare contraccolpi interni derivanti da questa situazione internazionale, ha stabilito una doppia valutazione della lira, l’una commerciale,
l’altra finanziaria; ed inoltre, per tutelare le particolari condizioni del-nostro
Paese, anche in considerazione del fatto che le più grosse speculazioni finanziarie sembravano non interessarci direttamente, ha deciso di svincolarsi
dalla sorte degli altri europei e di far
fluttuare liberamente la lira. Sei Paesi
europei (Germania, Francia, Belgio;
Olanda, Lussemburgo, Danimarca) hanno invece accettato di far fluttuare solidalmente le proprie monete e, per evitare troppo gravi conseguenze, hanno
creato un fondo di solidarietà e altri
sistemi di compensazione e, contrariamente alle previsioni, sono riusciti a
contenere la svalutazione anche grazie
alla stabilità ed alla rivalutazione del
marco. La lira invece ha finito per essere coinvolta in una svalutazione superiore al previsto, sia nei confronti degli europei che, ancor di più, nei confronti dello yen giapponese.
A parte il fatto abbastanza chiaro
che tale situazione dipende essenzialmente da manovre speculative di grandi finanzieri e dalla subordinazione dell’Europa agli interessi economici e politici degli U.S.A., tutta questa situazione risulta troppo complicata e poco
comprensibile aìVuomo della strada. E
ciò dipende innanzitutto dalla specificità del discorso che richiede una sia pur
essenziale preparazione in materia, ma
anche dal fatto che scarseggiano anche
in ambienti tecnici nozioni precise sulle cause prime di tutto il fenomeno.
Qualcosa tuttavia nel complesso problema comincia a risultare chiaro anche all’uomo della strada: si potrebbero quindi sintetizzare le conseguenze
dell’attuale « tempesta monetaria » nei
seguenti punti.
1) La grande instabilità della lira e
la sua forte e non definitiva svalutazio
LA CINA,
QUESTA
SCONOSCIUTA
« “Ha! voi ammirate la Ciña? Ma
siamo noi che vi
facciamo vedere
quanto abbiamo di meglio. Non il resto...
ti riso sarcastico scoppietta, riconoscibile fra tutti. È il riso di Ciu Enlai. Eccolo improvvisamente davanti a
noi, diritto nel suo vestito chiaro alla
Mao, i capelli appena brizzolati, mentre, in un ricevimento a Pechino, passa
da uria tavola all'altra toccando col
suo bicchiere quelli d’un centinaio d’invitati. Risponde con la sua voce rauca, sorda, punteggiata di sonori “Ha!".
Tenta di parlar francese, s’impappina,
ride, chiede scusa: “Ormai... è tanto
tempo!" ».
Così Pierre Donblet, inviato speciale
del "Nouvel Qbservateur” (v. n. 1132
del 19-25.3.’73), in una sua corrispondenza al ritorno dalla Cina, ov’egli s’è recato per la seconda volta (la prima fu
nel 1949, « l’anno delle convulsioni, che
vide trionfare l’esercito di Mao Tsetung »).
« Sono ormai 50 anni che Ciu En-lai
confonde la propria vita con la rivoluzione. Sopravvissuto a tutte le vicende, ora primo ministro, egli ha trovato
la forza, all’indomani della rivoluzione culturale, di riprender le redini di
un partito spezzato, d’un’amministrazione vacillante, per imprimere alla
Cina una svolta decisiva: una nuova
politica d’apertura verso il mondo. Alla fine di febbraio, insieme con Henry
Kissinger, ha organizzato il nuovo
scambio di diplomatici, e si prepara a
ricevere quanto prima una delegazione
giapponese. E un uomo che non si riposa mai.
Tutto, di quest’uomo, si esprime nelle sopracciglia a ciuffi, ironiche, nello
sguardo ardente, nel riso, nelle mani.
Lunghe e bianche mani, molto belle,
che tradiscono la loro origine aristocratica.
Depone il suo bicchiere alla rovescia,
dice: “Ha!”, si scusa, ritira la sua mano destra che trema (perché fu férita
durante la “Lunga Marcia"), incrocia
di nuovo le mani sul petto, immobile.
Ciu En-lai ha 74 anni. Un “neutro" a
Pechino m’ha detto: “È urgente che
gli USA stabiliscano con la Cina delle
relazioni normali. Perché dopo... chi
lo sa?’’.
Quelle mani sconcertanti, che sanno
tenere in pugno tutta la Cina, hanno
mai trovato il tempo di trascrivere calligraficamente dei poemi? “Può darsi
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
(mi risponde un interprete), ma nessuno l’ha mai visto”. E i soli messaggi
ostentati su giganteschi cartelloni negli aeroporti, negli alberghi, nelle officine, son scritti nei grandi caratteri
corsivi, un po’ scapigliati, di Mao.
Del resto non si vede più altro, oggi,
del Presidente, oltre (s’intende) ai ritratti ufficiali affissi in cima all’arco
di Tien An Men, ed agli slogans di luce rossa al neon. Ma ormai poche insegne, più nessun busto, ormai finita
la magìa pubblica del “piccolo libro
ross’o". Mao va verso gli 80 anni. E la
colossale statua bianca, che si erge sotto il cielo blu e nello sfondo delle nuvole di fumo, rosse d’ossido, davanti
all’acciaieria di Pechino, sembra tracciare col braccio diritto, verso la città, un addio...
“Dopo... chi lo sa?’’. In otto giorni
non son riuscito a capire che cosa pensi la Cina: ma non vi sarei riuscito
neanche in dieci anni. Si vedono le folle, cariche di bambini, ammesse alla
visita del Palazzo d’Estate o della cosiddetta “Città vietata” (“monumenti
costruiti, per ordine di tiranni, dal genio del popolo cinese”), contemplare
gli splendori d’un passato che più non
si rinnega. Si vedono le operaie di Pechino o di Hang-Tcheu, lavorare dall’alba al tramonto, quasi senza pausa,
sotto il fracasso infernale degli stabilimenti di tessitura, o il color torrido
degii alti forni. Si vedono i loro sorrisi, le loro mani tese nello sforzo, i
loro sguardi avidi di saper sempre meglio. Ma chi, fuori della Cina, conosce
la loro anima?
Però una cosa è d’un’evidenza lampante: la Cina, in casa propria regna
sovrana. È la sola padrona di questa
formidabile volontà di progresso, una
volontà vulcanica, scaturita dalla terra
e dalle città. Il fine di tutte le rivoluzioni cinesi, da 125 anni a questa parte, è stato raggiunto.
Quest’ultima rivoluzione ha esorcizzato, per la prima volta, i fantasmi di
Shangai. È un fatto storico irreversibile: tanto meglio! ».
PERICOLO
DEL TERRORISMO ATOMICO?
Nel n. preced. di questo settimanale
abbiamo riportato varie critiche alla
< Pena di morte »,
terminando con una
citazione dalle ’Storie’ di T ucidide,
nella quale è detto
che « è impossibile
(ed è molto ingenuo chi se lo immagina) che la natura umana, quando tende ardentemente verso un’azione, ne
sia distolta dalla forza delle leggi o da
qualche altra minaccia ».
Poiché il presidente Nixon non è evidentemente né stupido né ingenuo, le
critiche vanno in sostanza rivolte al
popolo americano, che in larga maggioranza reclama il ristabilimento della
pena di morte, pena tanto inutile quanto barbara. Ma qual’è il vero motivo
del reclamo? Le seguenti notizie (tratte
dal « Journal de Genève » del 22.3.’73)
ci sembrano sufficienti a fornire una
valida risposta a tale domanda.
« Il terrorismo è diventato l’incubo
dei governi civili. Ma, in questo argomento, esiste una minaccia più terrificante d’ogni altra, minaccia sulla quale sembra che tutti si .siano messi d’accordo a gettare una vera e propria
“cappa di piombo”. (...) “I terroristi
delle epoche primitive erano armati di
archi e frecce", ha detto Dimitri Kolesnik (uno dei rappresentanti delrURSS, in un’assemblea dell’ONUì,
“ma il terrorismo moderno preferisce
la bomba. Domani noi potremmo vederlo servirsi d’una bomba atomica,
per far cantare un governo” (...).
« Essendosi procurati la quantità necessaria di plutonio (materia prima ormai utilizzabile in scala artigianale, e
un’officina media in USA può produrne
annualmente quasi 250 kg. '), (...) l’organizzazione degli eventuali super-terroristi potrebbe installare, in una piccola officina di periferia, (...) per es.
un motore “a esplosione pulita”. Essi
avrebbero bisogno probabilmente di 1
a 2 anni per fabbricare la loro ¡zomba.
Questa poi, rinchiusa in una banale
cassa di legno con etichetta innocente,
potrebbe venir deposta in un hangar o
in un locale qualunque di Manhattan.
Infine potrebbe venir disinnescato il
meccanismo d’accensione ritardata. Il
giorno stesso, il sindaco di New York
troverebbe l’ultimatum fra la posta in
arrivo... ».
^ « Cento di tali officine sono ivi in servizio 0 in costruzione, con un obiettivo, fra alcuni anni, di 30 tonnellate di plutonio per anno, principalmente per gli usi delle centrali
nucleari produttrici d’energia industriale ».
ne spingono alla fuga di capitali all’estero sia illegale che legale (attraverso anticipi di pagamento sulle importazioni e ritardi sulle esportazioni).
2) La svalutazione potrebbe incrementare le esportazioni e, in teoria, la
produzione e l’occupazione; ma si tratta di una prospettiva aleatoria che richiederebbe precisi impegni in tale direzione e d’altra parte, almeno in questa fase, in cui manca una parità fissa,
o anche solo relativamente stabile, le
esportazioni ristagnano.
3) A causa deli’aumento dei costi
delle importazioni, si ha un immediato
aumento dei prezzi dei prodotti, soprattutto agricoli ed alimentari.
4) La svalutazióne verosimilmente
si ripercuoterà «ul mercato interno determinando l’aumento dei prezzi dei generi di consumo anche non importanti.
SuH’aumento dei prezzi anche l’uomo
della strada ne sa qualcosa per esperienza diretta e, se tutta questa complicata faccenda si concluderà come pare
con un ulteriore aumento dei prezzi,
dovremo ancora una volta rendere
omaggio ai nostri governanti.
Come era prevedibile, tutto questo
problema si è inserito nella polemica
sull’attuale governo, contribuendo ulteriormente a « scollare » la maggioranza. A parte le dichiarazioni della sinistra D.C., che minaccia di manifestare
in Parlamento la sua disapprovazione,
il 29 marzo u. s. un rapresentante dell’ala saragattiana del P.S.D.I. l’on. Di
Giesi ha dichiarato che « il modo di
condurre la questione monetaria del
ministro Malagodi sta portando all'inflazione, colla conseguente svalutazione
interna, ormai imminente, dopo la svalutazione esterna: ciò si tradurrà in
una agevolazione per i grossi comples.si
industriali e in un enorme danno per i
lavoratori ».
L’entrata dei liberali nel Governo, e
soprattutto l’affidare a Malagodi il ministero del Tesoro, in un momento di
crisi economica e politica l’anno scorso,
costituiva per molti una promessa di
soluzioni efficienti realizzate in modo
capace e competente,.. Ora che l’inflazione è alle porte viene da domandarsi:
possibile che Malagodi non avesse previsto gli effetti delle sue scelte in occasione di questa « tempesta monetaria? ». Ammetterlo sarebbe negargli
quella competenza che tutti gli riconoscono; ma negarlo equivarrebbe ad affermare che egli avrebbe trovato una
comoda via per ottenere quella svalutazione della lira cui si erano opposti,
già lo scorso anno, i sindacati. E poiché
la svalutazione può favorire solo gli industriali, attribuire a Malagodi una
tale machiavellica capacità equivale
a confermare che il Governo di cui fa
parte è contrario agli interessi generali
del Paese e del popolo lavoratore.
PRECISAZIONE
A parte altre questioni di fondo su cui \edremo se vale la pena di intervenire, riteniamo doveroso dire ad Aldo Long, autore del'.-uticolo (!) intitolato I ’’corpi separati’ deìht
Stato e la democrazia (Luce n. 11 del 16 marzo 1973), che nel nostro scritto cui fa riferimento intendevamo parlare proprio del « caso
Lavorini » (Cfr. ’’Panorama” del 1.2."73 p.
56). Non abbiamo fatto confusione con il
« caso Serán tini » che non volevamo citare...
Ma visto che lo ha citato lui ci mediti e verifichi la democraticità di certi corpi separati
dello Stato.
tiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Due libri
suii'antimiiitarisino
(segue da pag. 5)
è largamente insoddisfacente. Esso è
il frutto di un compromesso ed è del
tutto inadeguato alla situazione attuale. Infatti con questo diritto all’obiezione non viene esclusa una condanna
qualora la commissione esaminatrice
della domanda non riesca a ravvisarvi
nulla di legittimo ed obiettivo.
2) Azione di insubordinazione nelle caserme (proletari in divisa). Del
tutto diversa è invece l’azione che si
propone l’organizzazione « Proletari in
divisa ». Essa si basa sull’esistenza di
una lotta di classe anche all’interno
delle Caserme e si pone come obiettivi:
a) rutilizzazione della contraddizione dei padroni che alimentano un
esercito di base per lo più popolare e,
con ciò, la ricerca di un obiettivo strategico e razionale per unificare le lotte all’interno delle caserme;
b) l’ostruzionismo attraverso il
quale ci si propone di appoggiare il rifiuto fatto dal proletariato nei confronti della produttività dei padroni.
In aperto contrasto con le asserzioni
di Canal, Beppe Marasso del Movimento non-violento ha dichiarato che le
insubordinazioni nelle caserme costituiscono una voce della conservazione
in nome del rinnovamento. Come l’uomo ha una dimensione che va al di là
di quella fisica, così egli ha una capacità di lotta maggiore di quella dell’ostruzionismo. Per questo motivo egli
ha optato per l’obiezione di coscienza
intendendolo come un vero strumento
di lotta rivoluzionaria. E. T.
L’Antimilitarismo oggi, a cura di Giorgio Rochat, Editrice Claudiana, Torino 1973.
S. Canestrini - A. Paladini: L’ingiustizia militare. Feltrinelli, Milano 1973.