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ECO
DELLE mm VALDESI
BIBLIOTECA VALDE3E
10066 TORRE PEIL ICE
Settimanale
della Chiesa Valdese
Amio 109 - Num.
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TOKKE PELLICE - 24 Marzo 1972
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Gesi detto BaraUia e Cesi detto tristo l a resurrezione - I
Due Gesù sono l’uno di fronte all’altro, nei giorni della Passione. Anzi, noi
siamo di fronte a due Gesù.
Infatti secondo certi manoscritti
greci del Nuovo Testamento, confermati dalla testimonianza di Origene,
anche Barabba si chiamava Gesù, un
nome del resto abbastanza diffuso. Il
passo Matteo 27: 17 dovrebbe quindi
essere letto: « Pilato domandò loro:
“Chi volete che vi liberi, Gesù detto
Barabba o Gesù detto Cristo?” » e si
capirebbe assai meglio l’alternativa
offerta dal governatore romano in
quel tragico g'oco d’ambiguità e d’inganno che è stato il processò di Gesù
di Nazareth. Forse, in epoca più tardiva la tradizione cristiana ha lasciato cadere il primo termine, per un
malinteso riguardo ’sacro’ verso il nome di Gesù.
Gesù detto Barabba, lo zelota, arrestato per violenza sediziosa, condannato alla croce; per la massa del popolo, un eroe della resistenza, della
chiesa confessante.
Gesù detto Cristo, arres',a'.o sotto
l'imputazione (manifestamente falsa)
di sedizione violenta, condannato anch’egli alla croce; uno nel quale il popolo aveva sperato di trovare il proprio eroe messianico.
Incarnano due speranze. Parallele e
apparentate^ perché icaturiscono entrambe dalla certezza che l'onnipotenza sovrana di Dio interviene nella storia, la giudica, la riscatta; il Dio vivente in cui si radicano non è un principio di giustizia ma fa giustizia, non
personifica l’idea di libertà ma dà libertà: sulla terra come 'n cielo si compie questa sua volontà. Apparentate,
eppure nettamente dist'nte, alternative: non soltanto nei mezzi (violenza e
rifiuto della violenza), ma anche e soprattutto nel contenuto: per Gesù Barabba, infatti, l’azione di Dio passa attraverso le mani degli uomini, e se
necessario le loro spade; per Gesù Cristo essa è tutta, senza riserve nelle
mani di Dio, e passa attraverso la
croce dove le mani degli uomini sono
radicalmente impedite, inchiodate
(<' Bisogna che il FigFo del.’uomo soffra... », « è per questo che sono venuto, incontro a qcest'o a.. »). Più di
Barabba Gesù ha resistito, faccia a
faccia, a Caifa e a quella volpe di Erode e a Pilato, al sinedrio e alla piazza
scatenati; ma in un modo radicalmente diverso.
Sarebbe un errore imperdonabile ritenere, oggi, che i due orientamenti —
se così si può dire — che si presentano e si affrontano nella ch’esa, possano legittimamente richiamarsi alle due
speranze sopra evocate.
In primo luogo, infatti, dobbiamo
domandarci se fra noi i partigiani del1’« impegno » hanno sempre e tutti (parecchi, sì) chiara e preminente quella
coscienza e quella volontà di dar gloria a Dio, che animava il movimento
zelota e ne faceva qualcosa di fortemente diverso da un qualsiasi movimento di resistenza po’i'ica, militare
culturale.
Ma poi, e soprattutto, dobbiamo
avere ben chiaro che, salvo rare eccezioni, i sostenitori del « disimpegno »
ecclesiastico (a parte l’assoluta illusorietà della pretesa) e della « spiritualità » della fede e della chiesa non
possono legittimamenle ricI iamars:
alla speranza incarnata da Gesù detto
Cristo. Egli già viveva qui e ora —
con tutte le conseguenze — nel regno
atteso di D’o; la volontà del Padre
che è nei cieli, nell’aitesa che venisse
« fatta » anche sulla terra, sulla terra
giù. la faceva; totalmente assoggettato
ai pesi, alle necessità, alle ambiguità
dell’esistenza s'orica (la « carne »), in
essi e da essi viveva però libero: non
nel senso fiero del ’mi spezzo ma non
mi piego’, bensì nella speranza fiduciosa e salda che le promesse del Padre
si sarebbero compiute, quando e come a lui fosse parso bene. Quanti, nella chiesa di Gesù detto Cri::to, possono dire di vivere davvero questa diversa ’cittadinanza’, animati da questa
invitta speranza: ma animati non solo
nell’intimo, bensì — come Gesù detto
Cristo — nei pensieri, nelle parole, nelle opere, nelle scelte, nelle rinunce
della vita -quotidiana, dei giorni comuni e delle grandi giornate? Non dobbiamo forse, tante volte, riconoscere
che non abbiamo nemmeno la speranza di Barabba? Crediamo veramente
che questa storia debba recare i segni che annunciano, da una croce, non
da un trono o da un podio di cornizio, che « l’Eterno regna »? 'Voghamo veramente impegnarci in questa
ultrarischiosa avventura? Prima di
scomunicare Gesù Barabba, impariamo da lui il realismo della fede, della speranza e dell’ubbidienza.
Eppure non è né sarà mai Gesù Barabba il redentore né il maestro vero
della chiesa e del mondo. Le pecore
che hanno conosciuto la voce del
« buon pastore » — che dà la sua vita
per loro e la dà, egli solo, in modo efficace e definitivo — non ascolteranno
la voce di altre guide: « falsi pastori »
sia che opprimano e sfruttino il gregge e gli spremano la vita e lo frodino
della speranza come Caifa, Erode, Pilato, il Sinedrio, sia che lo trascinino
dietro una falsa speranza pronti anche, com’era Barabba, a dare la vita
per questo sogno.
E singolare e significativo che la
croce di Gesù detto Cristo (« il re dei
Giudei ») sia stata inquadrata sul Golgota dalle croci su cui agonizzavano
con lui due zeloti; compagni evidente
mente di Gesù détto Barabba, ma non
come lui figure di primo piano, pregiata merce di scambio. E questi due
discepoli di Barabba si dividono a loro volta: l’uno, sostanzialmente d’accordo con la folla irridente, schernisce l’impotenza di quel fai ito; l’altro
crede, con tutto il realismo di un morente, alla sua vittoria, alla vittoria
di Dio in lui, vi si arrende e vi si rifugia: la sua speranza, per cui ha
combattuto e sofferto, si è fatta paradossale certezza di fronte a quell’uomo crocifisso; Gesù detto Cristo ha
preso accanto a lui e per lui, definitivamente, il posto di Gesù detto Barabba.
Vi è, oggi, la chiesa ’alta’ di Caifa
e del Sinedrio, la chiesa ’pura’ dei Farisei, la chiesa ’impegnata’ di Gesù
detto Barabba, nonché le loro varie
combinazioni; e la chiesa di Gesù detto Cristo, quella che ha capito la Croce e cammina per la via della croce?
Gino Conte
Mi sembra che noi abbiamo troppo
la tendenza a separare certe parole
dal loro contesto: per esempio la res-irrez’cne. Vo;;liamo approfondire la
singola parola o il singolo concetto,
quando in realtà facendo questo compiamo un’astrazione pura e semplice.
Leggendo il Nuovo Testamento ci si
accorge che gli apostoli discutevano,
e le cose prendevano valore nel corpo della loro argomentazione. Di tutto questo ci è rimasto solo 1’« anno liturgico »: nata'e pasqua ascensione
Pentecoste e il bellissimo periodo estivo denominato tempo della chiesa.
Tutto ciò è irresistibilmente pagano.
Nella vita quotidiana ceite parole
come ’verità’, ’realtà’ ecc. non hanno
un contenuto ben prec so. Tutti se ne
servono un momento o l’altro, e in genere tutti dicono con enfasi cioè accentuando e sottolineando molto, quello che per loro è la veiità o la realtà.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii;Miiiiiiiiuiiiiiiiiiiiiiii>iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Una lettura politica della parabola dei cattivi vignaiuoli
Marco 12, 1-12: la minaccia viene dai farisei
Fratelli e sorelle,
la scelta di questa parabola come
testo della predicazione di oggi è stata dettata dai tragici eventi successi
questa settimana, dall’impressione diffusa di una crisi che precipita, di una
oscura minaccia che incombe sul paese, e daH’esigenza o almeno dalla speranza di decifrare alla luce della parola di Dio la realtà inquietante che
ci avvolge e, in essa, il nostro compito di credenti. Non so, ve lo confesso,
se la scelta di questo passo sia stata
felice. Una cosa però è, certa, ed è che
leggendo questa parabola e leggendo
i giornali di questi giorni si prova lo
stesso sgomento, trovandoci, nei due
casi, di fronte a- una sorta di furiosa
escalation nel male, a un crescendo
impressionante di iniquità fino alla
catastrofe conclusiva. La storia drammatica dei nostri giorni agitati, dalla
strage di Milano del dicembre ’69 alla morte difficilmente accidentale dell’editore Feltrinelli, si trova come prefigurata, sia pure in un còntesto totalmente diverso, nella parabola dei
cattivi vignaiuoli che parla di uomini
prima picchiati, poi feriti e infine uccisi. In effetti, questa parabo'a di Gesù non è una parabola, è una storia:
l’intera storia di Israele, rievocata e
riassunta in poche, drammatiche sequenze. In questi giorni, come del resto in tante altre occas’onh ci siamo
resi conto che non è solo storia passata ma presente, non è solo storia di
altre generazioni ma della nostra. In
ragione di questa continuità vorrei
proporvi, questa mattina, una lettura
politica della parabola dei cattivi vignaiuoli cercando così di cogliere, se
possibile in chiave evangelica, il senso degli avvenimenti recenti e di individuare le linee della nostra testimonianza.
1. La prima osservazione, elementare ma, non superflua, è, che nella parabola Vescalation delittuosa non si
ferma e sfocia nella catastrofe. Non
c’è un lieto fine, c’è una brutta fine.
Questo significa che non dobbiamo
essere superficiali e prendere alla leggera la crisi del nostro paese. L’ora è
grave, e sarebbe da irresponsabili ri
Moralità elettorale
Roma (Relazioni Religiose) — Il ministro Fella ha dichiarato che le prossime elezioni politiche costeranno a'lo Stato 45 maliardi di lire. Per quanto riguarda le spese elettorali della
DC, l’onorevole Sarti ha detto che si
tratta di un calcolo impossibile, ed ha
aggiunto: « So solo che le elezioni costano care, sempre più care ».
Il deputato del FRI, onorevole Gunnella, ha precisato: « . .penso che cinquanta milioni non bastino per eleggere un deputato democristiano, almeno nel mio collegio siciliano di Palermo... ne occorrono di più, molti di
più... ».
* * *
Roma (Relazioni Religiose) — Durante la prossima campagna elettorale, presenti le autorità e i candidati
della DC, saranno inaugurate a Roma
cinque nuove chiese cattoliche, mentre di altre 5 inizierà la costruzione.
Alle cerimonie in questione saranno
presenti numerosi parlamentari uscenti ed altri candidati dei partiti « cattolici » ed « antidivorzisti ».
Sermone predicato il 19 marzo
nella chiesa valdese di Genova
tenere che alla fine tutlo si aggiusta.
Come la rivolta di Israele, anziché attenuarsi, si è aggravata tanto da causare la fine di Israele come popolo di
Dio secondo lo Spirito, così oggi la
situazione, anziché migliorare, può
peggiorare e preripitar^i nella catastrofe. Perciò, fratelli, vegliate e pregate. Non siate oòiue sentinelle addormentate che non s’accorgono del
pericolo che incombe, o lo sottovalutano. Bisogna vigilare. E ricordate
questo: la parabola dei cattivi vignaiuoli rivela che c’è un punto oltre
il quale non si va impunemente, i cattivi vignaiuoli non sono i padroni anche se per un tempo si camportano
come tali, viene il momento in cui Dio
dice basta, è Lui il padrone e non è
morto, anche se ne hanno ucciso il figlio, il vero e unico padrone vive e a
un certo punto interviene e pone fine
alle opere malvage d:i cattivi vignaiuoli. A un certo punto appare il
vero padrone, Dio; e i padroni apparenti, i cattivi vignaiuoli, sono smascherati e distrutti. Siate dunque vigilanti, fratelli, non solo perché l’ora
è grave e i tempi sono malvagi, ma
perchè il trionfo dei cattivi vignaiuoli
prelude, secondo la parabola, alla loro fine.
2. Queste osservazioni, benché necessarie, sono però ancora molto generiche. Non basta dire: C è un pericolo, c’è una minaccia; bisogna precicisare dov’è il pericolo, qual’è la minaccia. Il versetto finale della parabola ci aiuta a essere jnù precisi, là
dove dice che « essi », cioè i capi sacerdoti e i Farisei (Matteo 21: 45), «si
avvidero bene che Gesù aveva detto
quella parabola per loro». I capi sacerdoti e i Farisei si accorgono di essere loro i cattivi vignaiuoli. Sono loro i protagonisti dell’escalation che
sfocerà nella catastrofe. Sono loro, o
i loro padri, che, direttamente o indirettamente, bastonano e uccidono i
profeti (Mtt. 23: 31-34). Sono loro che
portano Israele alla rovina. Sono loro il
pericolo, la minaccia. Anche il popolo
griderà "Crocifiiggi!”, nessuno è veramente innocente, nessuno ha le mani
pulite e la coscienza a posto, tranne
gli ipocriti; ma resta il fatto che il pericolo viene dai Farisei, non dai pub
blicani, dai capi sacerdoti, non dalla
moltitudine che pure è menzionata
(v. 12). Ma chi sono i Farisei e i capi
sacerdoti? Visti sotto il profilo politico essi sono i rappresentanti e i detentori del potere, quelli che hanno in
mano la situazione e intendono continuare a controllarla, quelli che comandano; con espressione moderna
potremmo chiamarli gli ’esponenti del
sistema’. La minaccia viene da loro.
Questo significa che oggi, nella situazione torbida in cui ci troviamo, il pericolo maggiore, la vera minaccia non
viene dal popolo ma dai notabili, non
viene da chi non ha il potere ma da
chi ce l’ha, non viene da chi sta in
basso ma da chi sta in alto, non viene da chi si oppone al sistema ma da
chi lo incarna e difende.
3. La parabola non si limita a chiarire i termini della crisi attuale. Essa
ci interroga. Come sempre, la Parola
esige da noi non solo ascolto ma risposta. Perciò ci interroga ponendoci,
questa volta, un’unica domanda: quella relativa ai frutti. Tutta la parabola è imperniata sulla questione dei
frutti, che il padrone esige e i vignaiuoli rifiutano. Anzi, l’intera tragedia descritta dalla parabola è caur
sata unicamente dal rifiuto di dare i
frutti attesi. La catastrofe accade perché mancano i frutti. Mancano i frutti della vigna, cioè della chiesa, cioè
i nostri frutti. Sullo sfondo della crisi
profonda in cui si dibatte il nostro
paese, la domanda circa i nostri frutti acquista un rilievo e mi peso particolari. La crisi del paese non è forse
anche dovuta (poco importa in che
misura) al fatto che come chiesa non
abbiamo portato nella società i frutti
che pure erano dovuti? Il vuoto politico e morale in cui la crisi può prosperare non è forse proprio il vuoto
creato da noi, il vuoto dei nostri frutti che non ci sono, il vuoto di una
chiesa che non si è preoccupata della
società, non ne ha cacciato i dèmoni,
non si è investita dei suoi problemi.
Paolo Ricca
{continua a pag. 6)
miiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiii
"Anno HHIIII dni pnzzoni"
Sul bollettino del 12 marzo l’Agenzia Relazioni Religiose, in riferimento alle indagini
della magistratura italiana su manifestazioni
attuali di neofascismo nel nostro paese, riproduee parte della prima pagina di un periodico
mensile, « Osare » (che è al sesto anno di
pubblicazione), regolarmente spedito in abbonamento postale, che reca come motto, sotto
la testata : « È realmente facile diventare fascisti, è piuttosto difficile rimanere ». L’ultimo numero del mensile, la cui direzione e
amministrazione ha sede in Via Bradano 9,
00199 Roma, così datato: «Febbraio 1972
(XXVII dei puzzoni) », e reca come articolo di
fondo, su tutta la prima pagina : « La carta
sociale e nazionale della Repubblica Sociale
Italiana ».
in polemica con altre idee o altri contenuti. Si dirà per esempio: i governanti sono degli incapic', questa è la
verità! Belle parole, ma intanto la
realtà è quest’altra! ecc. È nella polemica che si precisano i contorni di
queste parole. D’altra parte si sa, va
da sé, per così dire, che una verità
imposta dall’alto, una verità dogmatica, una verità decisa da un comitato,
non sarà mai percepita come verità,
ma come sopruso, abuso, mis ificazione, copertura di interessi non dichiarati, ecc. Tutte queste cose sono entrate nel modo di pensare di ognuno
di noi. E cos’è la resurrezione?
Verità dogmatica, verità polemica?
Porre la domanda vuol dire già rispondere. Tutto quel che sappiamo
della resurrezione è l'uso c e gli apostoli ne hanno fatto. La sua verità è
da ’confessare’, la sua realtà ancora
da manifestare. La questione che ha
occupato i teologi contemporanei viene spesso avvilita, non si sa per quali
ragioni, a una semplice disputa tra detrattori e sostenitori del « fatto storico realmente avvenuto ». Nessuno capirà mai di che cosa si tratta se glielo
si spiega così. In realtà si è parlato
molto del contesto in cui un concetto
come quello della resurrezione può esser percepito validamente da noi tutti. Si è scoperto che proprio un’affermazione « dogmatica » della verità può
essere una contro-verità, può nei fatti
negare tutto quello che aJEferma a parole. Si è capito che parlare della resurrezione come di un fatto del passato è fondamentalmen+e diverso dal
predicare la resurrezione come un
messaggio del presente. Ma questa discussione è stata così lunga e complicata che non ci si può inoltrare in essa senza le dovute cautele. Qgni discussione difficile dovrebbe però potersi riassumere in alcuni punti chiari.
E vero che di fronte al gravoso
compito di diluire, spiegare, divulgare alcuni preferiscono rifugiarsi in
una pura e semplice ripetizione del
Credo, se non addirittura de'la tradizione. In questo modo si indica alla
teologia la strada della demissione, invece di quella del servizio.
Resurrezione (come verità, come
realtà) è una di quelle parole che indicano i confini del nostro mondo e
insieme la necessità di superare questi confini. I confini: perché parlare
di resurrezione significa inevitabilmente restare in una rappresentazione tipicamente umana delle cose, non andare oltre quel che è la realtà di tutti
i giorni, col suo corpo da nutrire e altre cose dello stesso genere. La « materialità » del concetto di resurrezio
ne è del tutto tipica di un pensiero
che vuol restare ancorato alla terra.
Questo è tanto vero che la mentalità
« greca » (vedi discorso agli Ateniesi)
non ne vuol sapere. Ma anche oltre i
confini: perché nella resurrezione si
vede realizzata la promessa di una
nuova creazione, di un nuovo cielo e
una nuova terra. Non aneliamo forse
a qualcosa di completamente nuovo?
Non siamo forse convinti che il « vero » uomo è ancora da scoprire e da
manifestare? Il giornale non ci conferma forse quotidianamente che viviamo nella preistoria, poiché l’uso
che sappiamo fare della scienza non
è diverso dall’uso che ne faceva l’uomo dell’età della pietra?
Sergio Rostagno
iiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiinniiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiimiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiMiiiKiiKiffixii»»
Pro e contro il programma antirazzista del CEC
Lunteren, Olanda (soepi) — Il sinodo delle Chiese riformate d’Qlanda
(Gereformeerde Kerken) « si chiede se
la scelta dei mezzi impiegati dal CEC
per combattere il razzismo è adeguata allo scopo prefisso». Nell’approvare
questa mozione a larga maggioranza
(40 voti contro 20) il smodo ha deciso
di non sostenere il Programma di Lotta al Razzismo (P.L.R.) del Consiglio
ecumenico delle Chiese. (N d.r.: ricorderemo che anche la Chiesa riformata olandese in Sudafrica è contraria
all’atteggiamento del CEC ed anzi si
è ritirata da detto Consiglio essendo
essa favorevole all'idea di uno « sviluppo indipendente »).
Benché sia stato ammes'^o che « il
CEC ha agito per fedeltà all’Evangelo,
che è stato il punto di partenza per
il suo programma di lotta al razzismo », il fatto di sostenere dei gruppi
violenti potrebbe por fine ai rapporti
fra le Chiese riformate d’Qlanda e
quelle del Sudafrica. Questo è il timore espresso dai partecipanti al sinodo
che, per altro, si sono d chiarati d’accordo nel consultare il PLR per sostenere i gruppi che non usano la violenza allo scopo di sopprimere le ine
guaglianze politiche e sociali fra le
razze.
Contemporaneamente, è stata lanciata in Danimarca una campagna a
sostegno del PLR del CEC da un gruppo ecumenico indipendente, in relazione col Centro ecumenico di Aarhus.
Qltre alle collette destinate ad alimentare un Fondo speciale, questo gruppo ritiene assai importante raggiungere la maggioranza silenziosa delle
Chiese informandola sia sui movimenti di liberazione africani che sulle minoranze etniche oppresse in Danimarca e altrove.
Il ministro danese per gli affari religiosi, D. Bennedsen, ha dichiarato
che la situazione dei popoli africani
oppressi è più importante della possibilità di impiegare quei fondi nella
lotta per la libertà. Insistendo sul fatto che il Fondo speciale serve a scopi
umanitari, il vescovo di Copenaghen,
Westgaard-Madesen, ha espresso il suo
appoggio personale alla campagna
delle Chiese, pur dissociandosi dal
programma del CEC in quanto vice
presidente àéll’Entraide delle Chiese
in Danimarca.
2
pag. 2
N. 12 — 24 marzo 1972
ACCOSTARSI ALLA BIBBIA
IL MISTERO D'ISRAELE
QuaTè o quale dovrebbe essere la
« missione » del popolo d Israele secondo i piani di Dio riguardo alle nazioni del mondo?
Non è facile parlare del destino di
Israele attraverso i secoli, da Abramo
a Giovanni Battista, dalla distruzione
di Gerusalemme (70 d. C.) alla costituzione (o ricostituzione) dello stato
d’Israele nel 1948, con tutti i problemi che un tale avvenimento ha fatto
sorgere sul piano politico, in Palestina e fra le grandi nazioni del nostro
tempo.
Un mistero avvolge il destino di quel
popolo che continua ad essere al centro di interessi mondiali, dopo essere
scampato a stermini abominevoli, a
tal punto che qualcuno ha potuto considerare la sopravvivenza d’Israele come una prova dell’esistenza di Dio. Se
gli Ebrei fossero Ebrei semplicemente come gli italiani sono italiani e i
francesi sono francesi, il problema di
Israele non avrebbe avuto tanta risonanza nella storia delle nazioni e quel
popolo non si sarebbe trovato, corne
in realtà avvenne, di fronte a gravi
avvenimenti, non escluse le persecuzioni che gli Ebrei hanno dovuto subire e che sono'loro costate milioni di
vittime. Diciamolo pure con orrore:
ben 6.000.000 di uccisi in alcuni anni
di feroce antisemitismo.
La Bibbia ci insegna che Israele è
un popolo particolare, suscitato da
Dio. È il popolo che Dio ha « eletto »
nella Sua libertà e sovranità. Queste
parole di Mosè a Faraone sono significative al riguardo: « Così parla l’Eterno: Israele è il m’o figliuolo, il mio
primogenito » (Es. 4: 22). Non è un
popolo migliore degli altri, non ha meriti particolari o diritti da far valere.
Dio lo ha scelto, gli ha fatto conoscere la Sua volontà, lo ha messo da parte per un servizio inconfondibile. La
sua storia s’inquadra nel piano di Dio
per la salvezza dell’umanità, quel piano che ha inizio con la vocazione di
Abramo ed il suo compimento in Gesù
di Nazareth, il Messia.
Dopo quanto abbiamo detto non si
possono evitare alcune domande inquietanti: Quale è stata la vocazione
specifica del popolo d’Israele? Come
ha risposto alla vocazione ricevuta?
Dov’è oggi il popolo d’Israele? La costituzione di uno Stato repubblicano e
il movimento sionista possono essere
considerati come « segni dei tempi »
in una prospettiva biblica? Molte volte, anche sulla nostra stampa evangelica, il problema di Israele e della sua
esistenza è stato visto unicamente sotto un profilo politico, come se alla luce della Scrittura e della fede cristiana la chiesa non avesse nulla da dire
al riguardo. Non è d’altronde l’unico
caso in cui la Chiesa cristiana rinunzia alla sua specifica testimonianza e
s’accontenta di ripetere valutazioni e
giudizi umani, secondo criteri politici
0 quasi esclusivamente po'itici.
In una prospettiva biblica è impossibile dimenticare la promessa fatta
ad Abramo: « Io farò di te una grande nazione e renderò grande il tuo nome e tu sarai fonte di bened'zione... e
in te saranno benedette tutte le nazioni della terra.. E fermerò il mio patto
fra me e te e i tuoi d'scendenti dopo
di te, di generazione in generazione;
sarà un patto perpetuo, per il quale io
sarò l’Iddio tuo e della tua progenie
dopo di te » (Gen. 12 e 17).
La promessa dell’Eterno investe la
famiglia di Abramo e la sua posterità.
Da quel popolo, e non c a un altro, verrà Colui che veramente sarà in benedizione « per tutte le nazioni ». Lo sarà anche per tutto Israele? o per un
residuo soltanto? È chiaro che, prima
di ogni altro popolo, Israele è stato
posto di fronte a Gesù Cristo e, pertanto, ad una scelta determinante: o
riconoscere in Gesù di Nazareth Colui che ha posto fine alla lunga attesa
messianica e credere in Lui ovvero assumere un atteggiamento di incredulità e di ostilità verso Colui che aveva
osato dire: « In verità, in verità vi dico: Prima che Abramo fosse nato, io
sono » (Giov. 8: 58). Il popolo eletto
non ha saputo discernere i segni dei
tempi, non ha compreso che il tempo
dell’attesa era comp'uto. L’apostolo
Giovanni scrive nel prologo del quarto Evangelo: « E venuto in casa sua e
1 suoi non l’hanno ricevuto» (1: 11).
Non l’hanno ricevuto in modo totale e
mitmiiiMiniiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiMimiiiiiiiMMi
CACflA
E PESCA
Bibbia & Sardine
Un negozio di Nuova York ve.^di
« vere sardine di Galilea » in scatola,
pescate e preparate da pescatori (di
sicuro « veri » pure loro) della Galilea. Le scatolette riproducono un’immagine della « pesca miracolosa » (sa
rà l’episodio di Giovanni 21: 4-11?)
sullo sfondo di Nazaret e vengono vendute incartate in fogli che riprcduco
no brani dell’Antico Testamento. Uno
dei soliti matrimoni mesti tra pubb’icità e Kitsch (cattivo gusto).
definitivo? Non lo riceveranno mai
più? Israele sarà egli reso cieco per
sempre? L’elezione divina sarà ess?
sostituita da una perenne reiezione?
Certamente Israele ha dato all’umanità esempi notevoli di spiritualità, di
cultura, di coraggio morale e di resistenza. Ha compiuto mo'te opere, diceva Karl Barth, « ma non compie l’opera delle opere, cioè non crede alla
sua vera vocazione, secondo la promessa che Dio gli aveva fatto nei tempi antichi ». E Paolo, il quale riconosceva che « non tutti i discendenti da
Israele sono Israele» (Pom. 9: 6),.
cioè non tutti sono israeliti secondo la
fede in Dio, spiega la ragione del loro
induramento in questi termini: « Ignorando la giustizia di Dio, e cercando
di stabilire la loro propria, n'^n si sono sottoposti alla giustizia di Dio; poiché il termine della legge è Cristo, per
essere giustizia ad ognuno che crede »
(Rom. 10: 3-4).
Diciamo queste cose con timore,
battendoci il petto e gridando: « mea
culpa, mea maxima culpa »; perché
noi, cristiani, non abbiamo il diritto
di fare il processo agli Ebrei dall’alto
della nostra pretesa superiorità. Soprattutto non possiamo parlare della
incredulità d’Israele senza meditare
seriamente sulla nostra incredulità.
Quante volte siamo stati per primi infedeli alla-nostra vocazione cristiana!
E quante volte i cristiani, invece di testimoniare di Gesù Cristo di fronte
agli Ebrei, li hanno disp ezzati e vilipesi, incolpandoli della morte di Gesù
■come se ogni giorno Cristo non fosse
bestemmiato e crocifisso da un mondo che si ritiene cristiano!
Tuttavia, la nota che i cristiani debbono riecheggiare ancora oggi, malgrado le guerre, le violenze e l’incredulità, è quella della speranza. Sì, anche per il popolo d’Israele, esiste una
« teologia della speranza ». Una speran
za non umana o condizionata da eventi nazionali o internaziona’i, ma la
speranza biblica che, dall’induramento
d’Israele, si protende verso tempi futuri per ora sconosciuti ma dei quali
Paolo scrive in termini indimenticabili
iiiiiiiiiiiiiiiiiiìiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiMiiMiiiiiiiiiiiinmi
Cambio d’indirizzo
n pastore Rudolf Hardmeier ci prega di comunicare il suo nuovo indirizzo, che è ora il
seguente: Evang. Pfarramt - 8251 Bvs.vniNgi’n/Schlattingen (Turgovia).
Il tempo e Tuomo
Il grande matematico france e Henri Poincaré ha posto Tipotesi che se
durante la notte le dimensioni di tutte le cose aumentassero o dimin . isserò in proporzione, noi non ce ne accorgeremmo. Perché svegliandoci, divenuti noi stessi più grandi o più piccoli, troveremmo proporzonalmente
cresciuti o rimpiccioliti il nostro letto,
gli abiti che dobbiamo indossare, la
notra casa, le persone con cui ci in
contreremo, lo stesso specchio nel quale ci specchieremo.
Ma un analogo prodig oso fatto si è
verificato e noi non ce ne siamo accorti, anche se oggi avvertiamo gli effetti
che alla fine ha provocato. Ed è il caso del tempo, che è venuto via via ab
breviandosi. Col‘ passar dei secoli la
terra, forse per effetto di una evoluzione della sua meccanica, ha aumentato la velocità attorno a sé slessa e
attorno al sole, e i giorni e gli anni si
sono fatti quindi più brevi. Noi, inavvertitamente, siamo venuti via via regolando i nostri orologi seco.ido questa nuova realtà, ma ecco che alla fine ci accorgiamo di avere meno' tempo a nostra disposizione, meno tempo
di una volta; che la nostra vita, divenuta anch’essa più accelerata nel più
vorticoso giro della terra atto no a'
sole, è ora più breve, disperatamente
insufficiente a ciò che dovremmo o
vorremmo compiere in questo mondo.
È naturale che l’uomo abbia cercato
rimedi a tanto male. Tutte le sue invenzioni mirano infatti a compensare
questo ridursi del tempo: il treno so
stituisce la lenta diligenza, poi, divenuto esso stesso insufficie;ite, è sostituito dall’aereo; si rinuncia a sedersi
a tavola, conversando con i propri familiari, e si consumano i pasti in piedi, in fretta, in un locale ove, per far
più presto, ci si serve da sé; anche la
scrittura cerca sistemi più rapidi, da
quella geroglifica e da quella fiorita
di svolazzi, si è passata a’ia scrittura
alfabetica e corsiva, per giungere alla
stenografia.
Ma è proprio vero che questa odierna mancanza di tempo, questa fretta
che ossessiona l’uomo moderno, dipendono da una causa fisica, astrono
mica; è effettivamente vero che nella
meccanica terrestre qualcosa sia mutato? No, è chiaro che ho scherzato
sostenendo che la terra ha accelerato
la sua velocità, che il sole sorge e tramonta in uno spazio di tempo più breve, che le stagioni si alternano con
una più rapida frequenza. Tutto ciò
è falso, così come sono vani i rimedi
a un male che non è fuori di noi, ma
è in noi.
Nel « De brevitate vitae » Seneca ha
affermato che noi non riceviamo breve la vita, ma la rendiamo t'ile (non
accepimus brevem vitam, sed facimus). E l’uomo moderno Tha resa
estremamente breve. Non v’è più tempo soprattutto per quelle cose che rallegravano lo spirito. Perfino p:r l’ora
del Culto oggi non si trova più tempo.
Le vittime di questa fuga del tempo
sono i giovani. Per questo, anche nelle loro manifestazioni più aberranti, i
giovani di oggi mi fanno pena. Essi
non hanno quasi infanzia e nella gicventù cercano di bruciare le tappe,
saltando a pie’ pari tutti quei passaggi intermedi nelle età dell’uomo, che
davano un sapore alla vita e creavano
quei ricordi che alimentavano gli anni successivi. Cosa rimarrà, un giorno, ai giovani d’oggi, se non il sapore
amaro di una vita vissuta troppo in
fretta?
Si parla tanto, oggi, del problema
dei giovani, e non si considera questo
aspetto del loro problema: che non
si è saputo dare ad essi la giusta cognizione del tempo. Alcuni padri si sono anzi gloriati della pre:o:ità dei loro figli. « Oggi i bambini nas"'ono già
adulti », si è soliti sentir ripe’ere. E
lo si dice senza tristezza, senza rammarico, senza apprensione, a^zi, con
piacere, con soddisfazione. Non si considera tutto ciò che i giovani d’oggi
hanno perduto. Ciò che non so pensare, e che più mi sgomenta se vi penso, è quale sarà la loro sorte quando
avranno quaranta o cinquant’anni.
Forse, nella migliore delle ipo'esi, essi
saranno dei vecchi decrepiti.
Il rimedio al male che affligge il
mondo moderno, la brevità c'el tempo, non si deve ricercare in mezzi meccanici e in sistemi esteriori, ma in noi
stessi. L’uomo non deve cercare di risparmiare il tempo, come danaro per
poterlo investire meglio. Deve solt^to saper fare buon uso del tempo che
Iddio gli ha concesso. Né deve cercare il mezzo per compiere più rapidamente le sue azioni. L'uomo moderno
(e Dio voglia che lo possa) deve ricercare quel grande tesoro che la vita
moderna gli ha fatto smarrire: la quiete dello spirito. Quando Tavrà ritrovata, riuscirà a fare tutte quelle cose
che gli uomini del passato, con nostro
stupore e con nostra grande invidia,
riuscivano a compiere nel corso ùella
loro vita, che non era più lunga della
nostra.
Eros Vicari
Una pagina dì
Ernst Kasemann
nel capitolo undicesimo della lettera
ai Romani: «Un induramento parziale
s’è prodotto in Israele, finché sia entrata la pienezza dei Gentili; e così
tutto Israele sarà salvato... Poiché se
la loro reiezione è la riconcPlozione
del mondo, che sarà la loro riammissione, se non una vita d'infra i morti?»
La Chiesa cristiana- non deve giudicare gli avvenimenti del mondo e la
presenza d’Israele in Palestina e nella
vasta diaspora delle nazioni senza tener conto dei « tempi di Dio » e delle
promesse di Dio. Non credo che il popolo d’Israele sia statò succitato perché diventasse una nazione come le
altre o perché avesse una rilevanza
politica ed un peso finanziario fra le
nazioni. La vocazione d’Israele è stata un’altra: « Ma tu, Israele, mio servo, progenie d’Àbramo, l’umico mio,
tu che ho preso dalle estremità della
terra... e a cui ho detto: Tu sei il mio
servo, t’ho scelto e non t’ho reietto,
tu, non temere, perché io sono con
te» (Is. 41: 8-10).
Israele ha da essere innanzi tutto al
servizio delTEterno, per annunziare ai
popoli la Sua parola; così come la
Chiesa, cioè il popolo dei credenti, dev’essere al servizio del suo Signore.
Tanto Israele quanto la Chiesa, in cui
« non c’è più né giudeo né greco »
(Gal. 3: 28) perché « dei due popoli
Cristo ne ha fatto uno solo, riconciliandoli ambedue in un corpo unico
con Dio » (Efes. 2: 13-18), possono venir meno alla loro vocazione specifica,
e lo hanno fatto più volte a loro rischio e pericolo, perdendo di vista le
ragioni essenziali della loro testimonianza nel mondo. Un Israele « secondo la carne », chiuso nel recinto della
sinagoga o dello Stato israeliano, consapevole d’essere una razza superiore
alle altre, più o meno ligia ai precetti
della legge ma estranea al messaggio
profetico, non è più il popo'o che Dio
ha chiamato. L’uno e l’altra debbono
sentirsi esortati a riprendere coscienza della vocazione divina perché « i
doni e la vocazione di Dio sono senza
pentimento » (Rom. 11: 29).
Perciò, come diceva ancora Karl
Barth nel suo commento alle parole
delTapostolo Paolo, il « miglior augurio che possiamo rivolgere ad Israele
è quello di diventare sempre meglio
l’Israele di Dio » così come auguriamo
alla Chiesa d’essere sempre più Chiesa di Gesù Cristo, la Chieda delTEvangelo, che è « potenza di Dio per la salvezza d’ogni credente ».
Ermanno Rostan
Ernst Kasemann, nato nel 1906,
pastore a Gelsénkiréhen»Rotttiausen
nel 1933, membro deciso de/Ma Chiesa Confessante, incarcerato dalla
Gestapo nel 1937, dottore in teologia a Marburgo nel 1948, docente
di Nuovo Testamento a Magonza,
Gottinga e dal 1959 a Tubinga. La
prima opera di rilievo, uscita nel
1961, Il popolo di Dio in migrazione, è una ricerca sulla Lettera agl
Ebrei. Intervenendo nella lotta at
tuale fra la cosidetta « teologia mo
derna » e il « movimento confes
sante » ba scritto YAppello alla li
berta (traduz. ital. edita dalla Clau
diana) da cui è tratta questa pagina
Essere conservatori può diventare
una possibilità ed una esigenza del nostro servizio. 'Tuttava non è questa
l’essenza della chiesa. Difendere e rcercare l’ordine in campo focinle ed
eventualmente politico, mett;rsi al
servizio dello stato, dei partiti e dell:
loro strutture per dare aiuto e appoggio, non pregiudica la nostra dignità.
Vale tuttavia so'o se la nostra azione
su questa linea non è una conferma del detto — maligni, ma purt oppo vero per molto tempo e in molti casi — che la religione è i n oppi i
per il popolo. Qui il nostro spasso e il nostro servizio finiscono bruscamente. È una vergogna per i cristiani della nostra nazione che lo spasso, il servizio e il senso dell’autorità non siano ancora cessati, anzi
continuino indisturbati, giocondi e convinti, in modo per nulla protestante, sia la domenica che in occasioni profane. Se osservati nei
particolari, gli effetti possono essere di poco rilievo; ma visti ne' c:mplesso sono ancora di vasta portata, e per questo gli organi pubblici
li tengono in gran conto. Per il cristianesimo in sé, ciò è letale: le nostre parole, azioni S dimostrazioni sconfessano noi e il nostro Signore,
quando non le abbiamo vagliate domandandoci se esse non sono oppio
per il popolo o non possono essere intese o usate in tal senso. Non è
più il caso di tirare in ballo la vecchietta, il ragazzetto o l’uomo deTa
strada che si aspettano da noi qualcosa per la loro difficile esistenza
e dovrebbero venire consolati e poter capire le nostre parole. A ne:suno di essi possiamo risparmiare il fatto di morire in prima persona
e di prepararsi a quella morte che è la loro propria. Solo ai medici è
concesso somministrare Toppio a malati e moribondi. I pastori non
devono rubare il mestiere ai medici, altrimenti rischiano di liq' ida e
coloro che vorrebbero aiutare: innumerevoli sono infatti le vittime
di quest’oppio religioso offerto con le migliori intenzioni. Non sarebbe il caso di fare un pensierino su tutto ciò e di sentirsi rimordere la
coscienza, invece di accusare la teologia moderna di corrompere gli
studenti, fuorviare la gente semplice, spegnere la fede? Come se la
fede consistesse nelTascoltare ciò che si sa in precedenza che verrà
detto nel culto e ciò che, se non al mondo, almeno a se stessi appare
più o meno tollerabile. Si grida all’omicidio e non ci si accorge che
la morte è all’opera strisciante dappertutto. Si esaTa la nuova nas:ita
e si dimentica che essa ha come presupposto un morire — che si rinnova ogni giorno — fin nelle radici del nostro essere, e una viva disperazione nei confronti della nostra religiosità. Chi non si accorge del
vecchio Adamo nella chiesa, e non lo odia e lo calpesta, non dovrebbe
poi inorridire perché esso continua a vivere fuori. Dove regnano l’edificazione vuota e la noia, Tevangelo non può farsi sentire anche se si
è letta a gran voce la Bibbia intera. Di fronte a questi Tatti noi ci chiediamo se la chiesa stessa sappia qual è la sua natura.
Ernst Kasemann
iiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiii:iiiimiMiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiii iiiiiiiiiii:imiiiiiiiiii
Appello di un pastore
A proposito di "Appeiio aiia iibertà
ñii
Ho dato uno sguardo al volume tradotto dal
collega Sergio Rostagno ed edito dalla nostra
« Claudiana » recentemente (L. 1.700).
La traduzione mi sembra accurata ed anche la presentazione e la « nota informativa »
rivelano indubbiamente in chi le ha scritte
quei talenti di cultura e di dialettica che forse offriranno un futuro professore alla nostra
Facoltà di Teologia. Non è però del traduttore che intendo parlare, bensì dell’opera del
prof. Kasemann.
Non è possibile, qui, fare una disamina del
suo libro su cui ci sarebbe troppo da dire. Vogli solo accennare al punto in cui concorda
con i suoi oppositori, che la predicazione della
resurrezione costituisce oggi il centro della
controversia ecclesiastica (pag. 195), spiega
che la resurrezione di Cristo significa la sovranità di Gesù che si realizza su questa terra
soltanto” sul piano della libertà cristiana...
La sua libertà consiste nell’esser venuto a servire... come Cristo dobbiamo operare anche
noi. Questa opera è, "ed essa sola”, Tanticipazioue della resurrezione... Egli, Gesù, rimane
Signore “soltanto" nella misura in cui il suo
servizio può giungere ad altri “per mezzo di
noi” e portarli alla libertà (196-197)...
Non voglio far riserve sulla sublime acutezza del pensiero di Kasemann, ma da quel
povero uomo della strada ch’io sono, anche
se munito di licenza teologica affermo che mi
è molto difficile di trarne qualcosa di costruttivo per la mia fede. Anzi!
QUESTA RESURREZIONE DI CRISTO
che è la mia ragion d’essere di cristiano e
che ho sempre predicato, qui mi sembra mutare un po’ di fisionomia. La pietra rotolata
dall'ingresso del sepolcro, le guardie subornate, Gesù che appare in mezzo ai discepoli
e parla con loro e dice a Toma : « porgi qua
il dito e vedi le mie mani; porgi anche la
mano e mettila nel mio costato... Gesù che
offre una colazione ai suoi discepoli sulla riva
del mar di Tiberiade... Gesù che dal monte
Uliveto, sale verso lo spazio celeste in modo
visibile e... tornerà nella medesima maniera
in cui lo avete visto partire... Questa : esurrezione qui non la ritrovo, essa mi sembra offuscarsi e svanire nel seno delle troppo sapienti disamine di certi teologi odierni.
Ringrazio Sergio Rostagno di avere almeno
accennato ad uno dei vari e possenti movimenti sorti in Germania come reazione a questa teologia moderna esistenziale (assai parente con l’esistenzialismo filosofico, dice l’uomo della strada): ma gli rimprovero come
rimprovero a parte della nostra stampa di farci udire quasi sempre la stessa campana e di
non a’verci saputo dir nulla o quasi di quegli
altri movimenti di gran lunga più importanti che son la reazione di credenti pietisti e fondamentalisti ì quali protestano di essere stanchi dì moderne teologie paurose di apparire al mondo come una « pazzia » sia pur
dell Evangelo; stanchi delle sempre nuove metodologie ed interpretazioni e desiderose di
tornare alla Sacra Scrittura pura e semplice,
cosi come la Chiesa Cristiana primitiva, come Girolamo, come Pietro Valdo, Lutero, il
Sinodo di Chanforan, ecc. Come oggi fanno
tutte le Società Bìbliche del mondo per modo
che basti, per evangelizzare, portarsi una Sacra Scrittura in tasca, senza la fastidiosa enciclopedia dei teologi antichi, recenti e recentissimi.
Non voglio esagerare, può darsi forse ch'io
pecchi di pessimismo. Intendo però insistere
sul fatto che non vogliamo cambiare di teologia anche se ciò par bene al mondo circostante. L’Evangelo parla più chiaro di quel si
gradisca, non lia bisogno dì nuova interpretazione.
M’hanno regalato a Berlino, pochi mesi or
sono, un magnifico trattato di dogmatica del
prof. Heinrich Vogel della Università di
Humbold (Berlino). È un trattato moderno e
pienamente equilibrato insieme, grato ai nostri
migliori e più seri amici Germanici. Qui,
Targomento della resurrezione è trattato in
modo ben diverso che dal caro Kasemann e
non reca turbamento alla semplice fede dei
credenti della strada. Propongo all’amico Sergio Rostagno di tradurre questo volume e son
pronto a farglielo avere in omaggio se egli
accetta il mio fraterno invito.
E’ PROPRIO VERO!
il centro delle controversie ecclesiastiche
e teologiche oggi c proprio sul fatto della resurrezione di Cristo e nostra.
MIGLIAIA DI CREDENTI...
Ho parlato a titolo personale, ma so che
migliaia di altri credenti Valdesi pensano nello stesso modo. So che ben pochi contadini
Valdesi sono disposti a leggersi il libro stampato dalla Claudiana. So che nell’ambiente cristiano in cui vivo questi geniali avvicinamenti tra resurrezione e libertà — la parola libertà, oggi, ha diecimila significati, finisce
per dare fastidio. Quello che sia la libertà del
cristiano, i credenti lo sanno molto bene e
quelle che sono le fallaci speculazioni sulla
parola libertà, nel mondo, lo sanno purtroppo
ancora meglio.
UNA VOCE NUOVA
Se l'osassi, vorrei domandare Tintervento
di voci autorevoli in questa materia.
Da troppo tempo la nostra Chiesa è turbata
da questa Teologia della Crisi la quale affiora
un po’ dappertutto, sulla nostra stampa e
spesso anche da alcuni pulpiti. Abbiamo bisogna che qualche voce autorevole ci ripeta che
TEvangelo nel quale abbiamo creduto è valido
oggi come sempre.
LE ALTRE CAMPANE
E concludo domandando se non sia possibile di udire le campane conservatrici in qualche adunata della prossima estate.
Posso assicurare la presenza del nolo teologo Künneth di Erlangen del quale ha fatto
cenno Sergio Rostagno.
Del teologo D. D. Walter Eisinger, professore di Teologia Pratica ad Heidelberg di cui
ci hanno parlato molti cari amici del Badén
e che ci ha personalmente assicurato di essere disposto, eventualmente, a venirci a parlare.
Quasi certamente, del noto prof. D. D. Martin Fischer di Berlino, tramite comuni Amici
e del quale pure ci è stata illustrata la forte
personalità, il teologo di valore, moderno nel
senso positivo del termine.
Invoco questa cosa come una grazia appunto
perché mi ribolle nel sangue un prepotente
bisogno, di libertà. Siamo stanchi di udir sempre la stessa campana come se oggi la nostra
fede si potesse esprimere solo più in chiave
progressista, esistenzialista o politica, cioè moderna.
Abbiamo bisogno di sentire finalmente suonare anche le altre campane.
Ho letto sulla copertina del libro di Kàsemann le parole : « Appello alla libertà » e
perciò ho parlato, per rivendicare la mia libertà di restar fedele fino alla morte ■— come ho promesso — a quella fede religiosa
che mi è stata trasmessa, nella Sacra Scrittura. dai miei avi e dalla mia Chiesa.
Enrico Geymet
3
pag. 4
N. 12 — 24 marzo 1972
Cronaca delle Valli
II
Il processo o
"Il Gìoroale di Pinerolo e Volli
Dopo vari rinvìi si è finalmente concluso il processo a « Il Giornale di Pinerolo
e valli » che era stato citato in giudizio: a) imputato di concorso in pubblicazione di notizie tendenziose; b) di concorso in apologia di reati. Martedì 21 marzo,
nell’aula del tribunale di Pinerolo gremita di folla, la sentenza è stata di assoluzione piena per l’operaio dell’attuale Cooperativa tipografica Subalpina Enzo
Jouve e deiring. Pontet, ex amministratore della tipografia stessa. Il Direttore
de « Il Giornale » Ettore De Giorgis è stato invece condanato ad un’ammenda
di L. 20.000 (5.000 in più di Faldella!) ed alle spese processuali per quanto riguarda la prima accusa, mentre è stato assolto dalla seconda in quanto il fatto
non costituisce reato.
Á Luserna San Giovanni
Non staremo qui a riprendere d’accapo tutti i retroscena di questo processo
(anche se, diciamolo pure, ne varrebbe
la pena), ma ci limiteremo ad alcune
considerazioni di fondo. Per quanti volessero un’Informazione dettagliata dei
fatti, la potranno trovare nei numeri:
2, 4, 5, 6 e nel numero di prossima pubblicazione de « Il Giornale », 1972.
Dopo il processo al generale Faldella
del 2 febbraio, qualcuno si aspettava
forse una dura condanna per « Il Giornale », un quindicinale piuttosto scomodo per la classe padronale e per i
gruppi politici di destra del pinerolese.
L’incriminazione de « Il Giornale » poteva essere una buona occasione per
tentare un primo colpo in vista della
soppressione di questo organo di stampa che conta attualmente un migliaio
di abbonati circa e Che in quest’ultimo
anno è aumentato notevolmente.
Tutti lo sapevano: si trattava di un
processo politico. È la manovra in atto
in Italia per eliminare le voci scomode
della sinistra che rappresentano una
scheggia pungente per la classe padronale ohe si trova denunciata apertamente sulle pagine di questo giornale;
è un colpo duro che l’esercito deve inca.ssare quando si trova di fronte delle
prove precise, chiare, di denuncia. E
si sa da che parte sia venuta le denuncia. Nell’arringa, la difesa ha lasciato al
giudizio del tribunale la possibilità di
andare a fondo della cosa proponendo
altri testimoni di questo processo e
mettendo bene in evidenza il nesso con
questo processo di alcuni fatti capitati
a Pinerolo nel periodo in cui « Il Giornale » era stato incriminato. Fra gli altri, s’è udito anche il nome di un tenente. Forse indagare troppo avrebbe
portato alla luce dei fatti e dei retro■scena che non avrebbero riabilitato
l’esercito. Uai altro punto che è emerso
chiaramente e ohe la difesa, gli Aw.
Costanzo e Zancan hanno puntualizzato con estrema chiarezza è il fatto ohe
in questo processo era in gioco la libertà di stampa. E non è poca cosa.
Una volta tanto è stata difesa correttamente, apertamente.
Il Pubblico Ministero, nella sua accusa, ha voluto subito « sgomberare il
terreno » escludendo qualsiasi responsabilità ai iSignori Jouve e Pontet
(accolta dal tribunale), che barino
quindi risparmiiato l’arringa della difesa. Per quanto riguarda il De Giorgis
invece la pubblica accusa non ha potuto che avanzare delle argomentazioni
moralistiche, vaghe, senza poterle appoggiare con elementi concreti. In altre parole i capi d’accusa contro De
Giorgis erano inconsistenti. Lo dimostra anche il fatto che il P.M. non ha
fatto che pochi e brevi interventi e il
più delle volte per ricevere _ delle informazioni. Gli Avv. difensori Zancan e
Costanzo hanno saputo demolire con
assoluta sicurezza tutte le argomentazione che potevano essere usate contro
il « Giornale », inserendo il processo nel
suo vero contesto: quello politico e ad
e.s'so connesso quello della libertà di
stampa. Ma il fatto che forse, più di
tutti, ha idisturbato i giudici ed anche
parte del pubblico, è stata la dichiarazione del De Giorgis che ha voluto motivare cristianamente il suo impegno
e la sua responsabilità politica quale
Direttore de « Il Giornale ». Nell’aula
del tribunale s’è udita una voce che
ha « rischiato » idi dare un sapore religioso a quello che era stato definito un
processo politico. Motivare, in un tribunale, il proprio impegno politico in
quanto cristiani, rimane un assurdo anche per i giudici!
Ciò che non siamo riusciti a capire è
la condanna del De Giorgis dopoché la
difesa aveva chiaramente dimostrato
Tinconsistenza del primo reato, relativo alla pubblicazione di notizie tendenziose. Se, come la difesa ha chiarito
non esiste 1’« oggettività » di notizie tendenziose ma che esse sono sempre
« soggettive », e dopoché si è portato
come prova, una relazione dei carabinieri di Torino in cui venivano usate le
stesse espressioni de « Il Giornale » relative alTarticolo incriminato, come si
spiega la cosa? Ai lettori il giudizio.
E. Genre
Convegno soll'occnpoziooo
in Voi PelüEO
Domenica 19 si è tenuto a Luserna San Giovanni un convegno sulPoccupazione nella valle.
La situazione purtroppo si è aggravata ancora negli ultimi giorni : non vi saranno sovvenzioni dallo Stato e quindi le industrie fallimentari come la Marini I.I.C.P. e la Turati
si apprestano a chiudere.
Molte sono sempre le parole, in queste occasioni, soprattutto quando sono imminenti le
elezioni, ma i rimedi si teme che non si troveranno : la legge tessile non è applicabile
nella nostra zona e le altre leggi (legge sulla
montagna e legge istitutiva delle regioni) che
potrebbero offrire uno sbocco alla situazione
con una programmazione tempestiva di nuovi
impianti industriali, non potranno essere messe a profitto in tempo.
La democrazia cristiana locale, per bocca
degli esponenti di Forze Nuove, chiede alle
altre forze politiche di agire con lei solidali:
1 appello suona stonato sia perché è proprio
il governo democristiano in carica a dimostrare la sua inefficienza nella difesa dei lavoratori minacciati di perdere il posto, sia perché la
solidarietà ora richiesta a « tutte » le forze politiche, ieri per la elezione di Martina a Presidente del Consiglio di Valle era richiesta solo ai socialdemocratici e ai liberali, ai Turati
e ai loro amici che oggi chiudono le fabbriche.
I sindacati e gli operai, la cui assenza al
convegno era evidente e significativa, cercano
di difendere ad oltranza i posti di lavoro minacciati ed è auspicabile che gli abitanti di
tutta la valle sentano la necessità di sostenerli
in questa difficile lotta. R. G.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimMiimimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii||||||||||||||||||||||||||"||||i i: i
incora sugli autonomisti
Sono grato a Claudio Tron di aver riaperto
il dibattito sull’autonomia delle nostre Valli
con l’articolo su « Che eos’è il M.A.O. »; spero che la discussione si allarghi e colgo questa
occasione per dare qualehe chiarimento.
Da qualche tempo si sta diffondendo un
movimento per l’autonomia delle Valli che
vanno grosso modo dalle nostre Valli o Valli
Valdesi al confine con la Liguria. Questa
montagna ha caratteristiche e problemi particolàri ed un comune fondo culturale per cui
le diciamo Valli Decitane. Il Movimento Autonomista Occitano con le iniziali maiuscole
è solo una parte di questo più ampio movimento. È una associazione politica con aspetti
di partito. È diffuso specialmente in Val Varaita e ha vinto nelle elezioni comunali in
due comuni : uno in Val Varaita e uno in
Val Maira. Non mi risulta che abbia aderenti
nelle nostre Valli. Poiché non ne faccio parte ritengo opportuno che altre eventuali spiegazioni le dia un loro militante.
In generale mi pare che tutti gli autonomisti di cui stiamo parlando sono d’accordo su almeno due punti : 1) nel richiamarsi alla Dichiarazione 0 Carta di Chivasso — che, detto
per inciso, emanò da un Convegno che si tenne nel ’43 nella casa di un valdese, con la partecipazione di due valdostani e quattro, precisiamo, « rappresentanti delle Valli Valdesi »,
che non era questione confessionale —;; 2) nel
proporre l’istituzione di tre distretti alpini :
uno sopra Pinerolo, il secondo sopra Saluzzo
e il terzo sopra Cuneo. Tre distretti che, secondo le funzioni, potranno e consorziarsi o
federarsi tra loro e consorziarsi con le zone di
pianura sottostanti. Questa proposta è presentata nell’ultimo numero di Lou Soulestrelh.
Se è vero che la lingua occitana o provenzale eon i suoi patois caratterizza tutto questo territorio ed è parte integrante del suo patrimonio culturale, è altrettanto vero che non
è nel nostro programma comune imporre l’uso
A tutti oli anziani e pensinnati
Siamo un gruppo di pensionali di Torre
Pellice ohe abbiamo la possibilità di incontrarci per discutere dei nostri problemi e per cercare una soluzione, grazie ad un’iniziativa del
Comune di Torre Pellice : l’istituzione di un
« Centro dTnconlro ».
Il f( Centro d’incontro » non è solo un luogo di ritrovo dove si possono trascorrere alcune
ore serenamente, ma offre agli anziani una
BReuissime
^ La Comunità di Angrogna, in seguito alla
sua riunificazione, ha eletto come suo pastore
Renato Coisson che già svolge il suo ministero nella comunità stessa. L’elezeione è avvenuta domenica 19 marzo.
Presso la Libreria Claudiana di Torre
Pollice sono a disposizione di quanti ne faranno richiesta, le di.spense ciclostilate della
prima parte del corso sull’Antico Testamento
del pastore G. Tourn.
Con una conferenza tenuta nella Foresteria di Torre Pellice domenica 19 marzo, il
prof. Vinay ha concluso la sua visita alle
Valli.
La strada di Prali è stata nuovamente
riaperta al traffico, nonostante che dalla Gianna in poi non sia transitabile che per le autovetture.
Crollo di alcune grange alpestri nella
Val Germanasca, provocate da una forte scos.sa di terremonto avvertita alle 6,05 di venerdì 17 marzo.
possibilità molto importante; che essi si incontrino come categoria, possano discutere i
propri problemi e soprattutto, possano cercare
una soluzione ad essi. Ci sembra molto importante che i pensionati possano riunirsi come tali per ottenere tutti quegli aiuti che permettano loro di inserirsi attivamente nella vita
della società occupandosi anche e soprattutto
degli interessi della propria categoria.
Noi abbiamo già discusso dì alcune questioni che interessano direttamente gli anziani :
fra le altre cose abbiamo parlato delle pensioni. È chiaro a tutti come, per la grande maggioranza di noi, le pensioni siano troppo basse, arrivino in ritardo e gli aumenti, fatti in
percentuale, vadano sempre ad avvantaggiare
chi ne avrebbe meno bisogno.
Ci siamo però resi conto che noi, siamo
una cinquantina circa, passiamo fare molto
poco: bisognerebbe essere molto più numerosi per poter ottenere qualche cosa in questo
senso. Abbiamo quindi pensato che la prima
iniziativa da prendersi affinché gli anziani
possano far valere i propri diritti è quella di
insistere presso le Amministrazioni Comunali,
affinché istituiscano dei servizi sociali grazie
ai quali, noi, come categoria possiamo cominciare a contare qualche cosa.
Si è quindi deciso di scrivere questa lettera
per iniziare un discorso con tutti quegli anziani e pensionati di Pinerolo e Valli che ancora non possono usufruire dei servizi sociali
come i nostri affinché li chiedano alle Amministrazioni Comunali delle proprie città.
Noi ci dichiariamo disponibili per un incontro con chi di voi si ritenga interessato a
notizie più precìse.
L'assemblea degli anziani del
“Centro d’incontro" di Torre Pellice
del patois a indigeni montanari o immigrati
sardi che non lo vogliano parlare. Io non so
parlare il patois. Ma resta che esso è una nostra ricchezza da valorizzare, come il francese
almeno per le nostre Valli. Non c’è stato un
tentativo di contrabbandare delle idee politiche attraverso delle manifestazioni culturali,
come sembra insinuare il sottotitolo dell’articolo apparso suìVEco/Luce: « Gli amanti del
“patois" non devono lasciarsi ingannare dalla
forma innocua sotto cui si presentano degli
interessi politici ed economici di primo piano », sottotitolo che reputo dovuto alla redazione e non a Claudio ’Tron. C’è invece un lecito e direi naturale passaggio dalla cultura
alla politica.
Autonomia quindi per le nostre Valli, indipendentemente dall’origine degli interessati.
Autonomia per tutto il territorio occitano
secondo i bisogni e crediamo, i diritti. Quell’autonomia territoriale di cui parlano la Costituzione della Repubblica Italiana e gli Statuti Regionali, che oggi è tanto di moda, ma
la cui attuazione è tanto difficile. Autonomia
che non è contraria alTinternazionalismo, all’integrazione (è la parola giusta?) europea e
mondiale, ma ne è il complemento e un veicolo. C’è una concezione del mondo basata su
stati nazionali chiusi e accentrati, e ce n’è
un’altra che vede un più armonico allargarsi
dall’individuo alla comunità mondiale con delle comunità intermedie. Io sono per questa.
Ora vengo all’interclassismo eccetera. Io ritengo di essere quel che si chiama un uomo
di sinistra. E se dovessi scegliere sarei prima
di sinistra che autonomista. Ma il problema
è mal posto. Io sono autonomista proprio perché sono di sinistra. Però non posso imporre
tutte le mie idee agli altri. Ora l’autonomia
deve essere sentita dalla comunità nel suo
complesso. So bene che c’è cultura e cultura,
che c’è autonomìa e autonomia, e che le nostre idee, come tante altre, potranno essere
usate in modo storto. Ma non mettiamo il carro davanti ai buoi per farli azzoppare. È con
le scelte, con le decisioni che dovremo mostrare di essere per il progresso. Chi noi? Non
tanto un’élite quanto una volontà che viene
dalla base. Ed è la base che adesso dobbiamo
risvegliare anche all’autonomia, anche con il
patois. Se vogliamo combattere l’invadenza, diciamo dì un Agnelli, certe strutture, un certo
tipo di organizzazione industriale, un certo tipo di pianificazione o di urbanistica ecc., non
è detto che dobbiamo usare soltanto delle loro
armi. Gustavo Malan
iiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiifiiiiiiiiiimiiiihiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
TORRE PELLICE
Cooperativa elettrica
Il Sindaco di Torre Pellice ha indetto per
venerdì 24 alle ore 21 (Sala assemblee municipale, Piazza Muston 3), un incontro a cui
parteciperanno esponenti della Soc. An. Coop.
Elettrica per esaminare i problemi concernenti
il servizio della Cooperativa stessa.
La riunione interessa perciò tutti gli utenti
e in particolare i firmatari dell’esposto presentato al me.se di Agosto all’autorità su questo argomento.
iiiiiiiiiiiimii'iiiiiiiiiiiiiimmiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Pomaretto
Domenica 26 marzo alle ore 14,30
alla Scuola Materna, riunione dei genitori della comunità, specialmente
quelli dei bambini della Scuola Materna. Si parlerà dei bambini difficili.
Il tema è molto importante. Nessuno
manchi.
Al mattino' del 26 marzo, culto all’Inverso Rinasca, ore 10,30.
Settimana santa. Giovedì 30 marzo,
ore 20,30, culto con Santa Cena a Pomaretto; venerdì sera, ore 20,30, culto con
Santa Cena al Oot Inverso. Domenica
2 aprile (Pasqua) ore 10,30, culto. Domenica 9 aprile, confessione di fede dei
catecumeni al culto del mattino.
La lotta dei tedili in Val Pellice
Indetto dai Sindacati per cercare di bloccare la progressiva degradazione economica della valle. Mentre in alcune aziende ha avuto un ottimo ¡successo, con
astensioni dal lavoro di circa il 90% idegli operai (IICP Marini, Turati, Vaciago,
Confezioni Europa), in altre è fallito, sia per la disorganizzazione operaia, sia
per Tastuzia e minacce dei padroni (Crumiere, Ritorcitura ValpeMice, Bassotto).
Si continua a parlare, a scrivere, a scioperare, a minacciare, a sospendere a mettere gli
operai a cassa integrazione; la situazione è
tutt’ora bloccata. Qualcuno comincia a prospettare che la soluzione della crisi non potrà
che farsi luce dopo le elezioni; nel frattempo i vari partiti intensificano la loro propaganda elettorale assicurando ai lavoratori il
loro pieno appoggio. E gli operai continuano
a crederci. Ma non tutti.
Il 16 marzo, il giorno dello sciopero, si è
tenuta una assemblea presso la Società operaia
di Torre Pellice con la presenza di una sessantina di persone.
Alcuni operai ed operaie hanno denunciato
la situazione insostenibile all’interno delle
aziende. Continue minacce da parte dei padroni : « Sa scioperate oggi vi facciamo lavorare
sabato », ha detto un’operaia; questa è la risposta dei padroni. Gli operai non hanno attualmente la possibilità di difesa né di organizzazione; proprio perché si tratta di piccole
aziende che tirano avanti in maniera paternalistica, giocando sulle ambizioni personali
di alcuni lavoratori, servendosi tempestivamente delle divisioni che esistono fra i lavoratori
stessi.
Se da una parte è la riprova dì una classe
padronale che non fa che curare i propri interessi, dall’altra c’è la riprova che l’unità
operaia rimane una meta da raggiungere e
non già una realtà esistente.
A questo punto si potrebbe aprire tutto un
lungo capitolo suU’attività dei Sindacati. Nessuno può ignorare i notevoli sforzi che essi
hanno compiuto a diversi livelli; ciononostante
è un fatto che dopo un’ora di discussione, in
cui oltre ai Sindacalisti sono intervenuti nel
dibattito anche il Sindaco di Luserna San Giovanni c il presidente del Consiglio di 'Valle
Martina, di operai nella sala ne sono rimasti 4-5.
Perché? Qualcuno se l’è chiesto, ma è stata
più una constatazione che il pungolo per vedere a fondo il problema. Intanto il presidente del Consiglio di Valle Martina, il rappresentante delle organizzazioni sindacali (CGIL,
eSL, UIL) Ferrari hanno continuato a pronunciare dei discorsi in cui si sottolineava l’interessamento degli organi competenti, accordi,
iniziative eoe. Ma gl operai non erano più lì
iiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiMiiiiiiiiiiMiiiimiiiiiiiiiii
Comitati
Scuole Materne
Gli insegnanti e i membri dei Comitati delle nostre Scuole materne hanno avuto un incontro a Torre Pellice,
il 12 marzo, con il prof. Roberto Eynard, direttore didattico, che ha confermato la sua competenza sia nel
presentare la ricerca di nuovi metodi
sia nelTillustrarne la necessità. In
questo straordinario secolo di scoperte tecniche è facile rendersi conto
quanto i bambini siano oggi più sviluppati di un tempo. E, dal punto di
vista deU'apprendimento, non c’è grande differenza fra il quinto e il sesto
anno. In un futuro non lontano il
« programma ’80 » prevede un abbreviamento del periodo della scuola materna, mentre il quinto anno del barn
bino sarebbe già affidato alla scuola
elementare. La funzione educativa, anche nella scuola materna, diventerebbe più evidente. A cinque anni, se non
prima, il bambino può imparare a
leggere e a scrivere. Tale cambiamento è interessante, ma anche pericoloso, Se non si fa uno sforzo per collegare i due momenti e facilitare il passaggio da un livello all’altro.
• I mezzi audiovisivi non lasciano
più il tempo di riflettere: non fissano,
nella rapida successione di immagini,
l’attenzione del bambino; e in ogni
classe ci sono bambini che parlando
o scrivendo saltano parole, invertono
lettere. Molti sono limitati nella com
prensione di ciò che è scritto. È compito della scuola materna ovviare a
queste difficoltà, portando i bambini
a osservare, a ricordare. 'Vi sono mo
di e metodi diversi per aiutarli ad
esprimersi meglio, ampliando il loro
vocabolario. Troppo spesso, a casa, il
bambino cresce in un ambiente cen
trato su di lui, che gli dà quasi un
senso di onnipotenza. Invece la scuo
la materna sviluppa la sua capacità
di socialità, lo aiuta a maturare.
Non è possibile riprendere qui l’ampia esposizione, chiara e di grande interesse, del prof. Eynard; e non possiamo che invitare le insegnanti, il
personale, i genitori, gli amici dei piccoli al prossimo incontro, previsto a
S. Germano Chisone.
Lo scambio di domande e risposte,
di idee è stato fruttuoso per la trentina d’intervenuti da Pomaretto, S. Germano, Luserna S. Giovanni, Angrogna
e Torre Pellice, malgrado il maltempo. Ci siamo separati sempre più coscienti dell’importanza del lavoro educativo, delle sue difficoltà, ma anche
dell’opportunità che in questi incontri
ci è offerta di aggiornarci e preparare
il futuro sempre più uniti nel compito di preparare bambini alla vita, servendoci nel dialogo di esperienze già
fatte tra insegnanti delle scuole elementari e materne, tendendo a rispondere alle esigenze di un avvenire pieno di promesse.
per i Comitati, Graziella Jalla
ad ascoltarli; di questi discorsi ne hanno già
sentiti troppi. Nessuno ha ricordato che è il
governo attuale che essi rappresentano (cioè di
destra o se volete di centro-sinistra) che non
ha saputo e non sa assumersi le responsahilità che rintronano le orecchie dei cittadini
nel tempo della propaganda elettorale. E questi altoparlanti continueremo a sentirli con
insistenza in queste prossime settimane, mentre nelle fabbriche la situazione rimane immutata.
E. G.
iiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiimiiiitiiiiiimiiiiiiiiiiiMitiiiiiiiiiii
la settimana
del prof. Itinay alle Valli
Organizzata dal Comitato del Collegio e dalla Facoltà di Teologia, ha
avuto luogo dal 12 al 19 marzo ima
intensa settimana di conferenze e lezioni tenute dal prof. Valdo Vinay, nel
quadro dell’attività culturale e teologica promossa a beneficio delle Valli.
Il prof. Vinay, dopo il culto del mattino tenuto a Villar Pellice, nel pomeriggio di domenica ha presentato a
Torre la sua conferenza su « L’insegnamento evangelico nelle scuole secondarie ». L’argomento, come è noto, è abbastanza attuale, e non soltanto in Italia: dovunque si sente l’esigenza del problema di insegnamento,
e cioè di trasmissione di determinate
conoscenze bibliche e religiose, che
non trova il suo pieno appagamento
nell’obbligatorietà scolastica. Il prof.
Vinay ha presentato gli scopi e i metodi di detto insegnamento, le critiche
cui è sottoposto, le possibilità e prospettive cui è aperto; la trattazione è
stata ampiamente documentata con
testi che si riferiscono al pensiero ed
alla situazione non soltanto italiana,
in cui si tiene conto delle varie metodologie, nonché delle soluzioni indicate di volta in volta.
« Le deficienze e le colpe denunciate, ha detto Vinay, possono in parte
essere eliminate. Se l’insegnamento
evangelico nella scuola deve consistere essenzialmente nello studio della
Bibbia e, in senso complementare, della tradizione cristiana, bisogna che esso sia svolto con un linguaggio moderno, con un chiaro e vivo riferimento alla situazione concreta in cui vive
(continua a pag. 6)
Si è serenamente addormentata
Ernestina Olivet
di anni 90
I congiunti ringraziano il pastore
s’g. Jahier, suor Susanna, tutto il personale e gli ospiti del Rifugio Carlo
Alberto che Thanno assistita con tanto affetto.
Luserna S. Giovanni, 20 marzo 1972.
Il 17 marzo, a Milano, nell’anniversario del suo 74° compleanno, dOipo
incurabile e straziante malattia si è
addormentata serenamente nel Signore
Luigina Rosati
ved. Torchio
Ne danno il doloroso annunzio: il
fratello Luigi, la sorella Lidìu ved.
Bechis, Maria in De Bei, Elena in
Calamita e le rispettive famiglie.
«E Gesù disse: Passiamo all’altra riva ».
La Spezia, 19 marzo 1972.
I familiari della compianta
Albertina Tron
nata Peyronel
commossi per la grande dimostrazione di affetto ricevuta nella triste circostanza, ringraziano quanti hanno
preso parte al loro vivo dolore.
Ringraziano in modo particolare il
Dott. Vivalda, tutto il personale dell’Ospedale Cottolengo di Pinerolo e
la signora Irma Griglio.
Villasecca, 19 marzo 1972.
I familiari della compianta
Maria Rivoira
ved. Tourn
commossi per la grande dimostrazione di affetto ricevuta nella triste circostanza, ringraziano i medici e il personale dell’Ospedale Valdese di Pomaretto e quanti hanno preso parte
al loro vivo dolore.
Chiotti e Rorà, 18 marzo 1972.
4
24 marzo 1972 — N. 12
pag. 3
Richard Wurmbrand in Italia
“Se un membro soffre...”
La testimoniaoza appassionata, discussa e discutibile del pastore evangelico romeno
Richard Wurm'brand, il pastore evangelico romeno che ha trascorso complessivamente 14 anni nelle carceri comuniste del suo paese (dopo essere stato incarcerato pure dal regime fascista
di Antonescu) compie un giro di conferenze in Italia, a cura deH’Associazione
Missionaria Uomini Nuovi che ha pubblicato la traduzione italiana del suo
libro più diffuso, Torturato per Cristo.
Dopo una serata a Lugano, R. Wurmbrand è stato a Torino, proseguendo
quindi per Roma e Taranto.
La serata torinese si è tenuta nel Teatro Valdocco, messo a disposizione dai
Salesiani. Precedenti contatti con la
Chiesa Valdese della città non avevano
portato a un accordo. Gli organizzatori
chiedevano infatti di poter convocare
la riunione nel tempio di Corso Vittorio (il più spazioso locale evangelico
della città); il Concistoro, avendo presenti le polemiche suscitate in vari paesi e chiese europei dalla testimonianza del pastore romeno, chiedeva che la
conferenza fosse seguita da dibattito, e
si tenesse nella sala; gli organizzatori
rispondevano ohe 1) la riunione aveva
carattere di testimonianza e di culto,
non di dibattito; 2) la sala aveva capienza troppo limitata.
In effetti la sera del 21 marzo il teatro Valdocco si è riempito di parecchie
centinaia di intervenuti, cattolici ed
evangelici; e il pastore Wurmbrand, accompagnato dalla moglie ohe ha anche
ella sofferto prigionia e lavori forzati,
ha dato un messaggio in cui Tannunoio
evangelico di pretta marca "risvegliata”, i ricordi personali, la testimonianza delle sofferenze di molti fratelli e sorelle ma anche della loro gioia trionfante ne’ia fede si alternavano, abbinate a una pressoché totale assenza di
prospettiva storica nei confronti del
fenomeno comunista. Questa sorta di
qualunquismo cristiano strideva però
un poco — indipendentemente dalia
volontà dell’oratore — nell’attuale clima preelettorale e neirambiente cattolico ospitante, certo non "dissenziente”: e sono cose che non si possono trascurare né dimenticare. I fatti meritavano e meritano di essere detti e conosciuti (e moita gente ci passa sostanzialmente sopra, come passa [altra
gente] sopra le sofferenze di tanti in
paesi occidentali, con infastidita indifferenza); il rimprovero alle alte rappresentanze ecclesiastiche in visita nelrURSS e al Vaticano e al Consiglio ecumenico, di non avere preso pubblicamente e con perieveranza posizione
contro la discriminazione e la persecuzione nei paesi d’oltrecortina, si giustifica anche in misura non indifferente.
Ma c’è da domandarsi se in questa forma — cui non si può certo rimproverare la calda e sofferta partecipazione
personale — l’informazione non comporta anche una disinformazione e non
si rovescia, magari involontariamente,
in propaganda. Ed è un vero peccato.
Gino Conte
NO ALLA CROCIATA
ANTICOMUNISTA
Uno degli organizzatori del giro italiano del
pastore Wurmbrand ha chiesto al pastore P.
Ricca un parere; riportiamo la risposta di
questi.
Torino, 18 marzo 1972
Caro Signor xxxx
Le invio sia pure in extremis la lettera che
Le avevo promesso e che Lei aveva sollecitato. Gli impegni molto gravosi di questi giorni
mi hanno impedito di scrivere prima e anche
di scrivere di più, copie la questione in gioco
meriterebbe. Ho letto il messaggio del pastore
Wurmbrand « Se un membro soffre », che Lei
mi aveva chiesto di leggere. Terminata la lettura, le perplessità e i timori che Le espressi
a voce non solo non si sono dissipati ma sono
aumentati o almeno sono stati ampiamente
confermati. Ecco alcune osservazioni, fra le
molte che si potrebbero fare.
1) Alcune notizie sono discutibili e probabilmente poco attendibili. Ad esempio ho
letto (non ricordo dove, ma non su un giornale di ispirazione comunista) che in Cina,
grazie alla « rivoluzione culturale », e dopo
che è avvenuta, i cristiani godono di qualche
libertà (anche se modesta) che prima della
rivoluzione culturale era loro negata. Insomma, stanno meglio dopo la rivoluzione culturale che prima. Wurmbrand lascia intendere
il contrario. Cosi altre informazioni sono prive della necessaria documentazione. Nessuno
vuole negare i fatti che Wurmbrand riferisce,
ma si ha Timpressione talvolta che le tinte
siano un po’ caricate e che in mezzo a fatti
autentici si insinuino fatti leggendari o leggermente romanzati.
2) Il pastore Wurmbrand parla di una situazione di non pochi anni fa. È certo che la
situazione odierna sia la stessa, ci sia cioè la
stessa intensità e ferocia persecutoria di un
tempo? Può darsi di sì, ma queste sono questioni che non si possono lasciare nel vago.
3) Un quesito fondamentale è questo: la
Chiesa perseguitata nei paesi comunisti è perseguitata per la sua fede o per il suo anti-comunismo? La domanda, posta così, può parere
semplicistica, ma non la si può ignorare. Conosciamo bene il conformismo politico delle
nostre Chiese in Occidente e ho potuto rendermi conto personalmente a più riprese del
conformismo politico delle Chiese in Oriente
— dico delle Chiese che hanno un peso, appunto, « politico », che contano qualcosa sul
piano storico e numerico (alludo in particola
re alle Chiese Ortodosse, alla Chiesa Cattolica
m Polonia e altrove, dove l’infausta alleanza
tra trono e altare è di nuovo, paradossalmente,
una triste realtà, ma anche a certe Chiese
Protestanti dell’Est). Comprendo bene che la
fede esiga da chi la professa il coraggio di
dire certi « no » propriamente politici, in
Oriente come in Occidente. Personalmente mi
rallegro, in generale, quando la fede ci conduce a un atteggiamento politico anticonformista. Se la Chiesa perseguitala è politicamente anticonformista, per me va benissimo. Quello che non va bene è un anticonformismo cieco e ottuso che, nel caso della Chiesa perseguitata, si configura come un anticomunismo
indiscriminato e grossolano. Nel messaggio di
R. Wurmbrand che ho sotto gli occhi traspare proprio questo tipo di anticomunismo :
« Odiamo il comunismo come qualsiasi altro
peccato, ma amiamo i comunisti ». Capisco
che la Chiesa perseguitata possa « odiare il
comunismo » perché il sistema comunista la
perseguita; sarebbe dunque più che altro un
odio di reazione. Ma può anche darsi che, almeno in parte, sia vero il contrario, e cioè che
il sistema comunista perseguiti questi cristiani più come « nemici del sistema » che come
credenti e più per il loro rifiuto globale e radicale del comunismo che per un atteggiamento critico nei suoi confronti, non solo necessario ma doveroso ancorché anch’esso estremamente rischioso e non tollerato (la sorte
dei dissidenti in URSS e altrove non è delle
più felici; del resto anche da noi, nella società
come nelle chiese, i dissidenti non hanno la
vita facile). Il mio quesito, insomma, è questo :
se nel conflitto che oppone regimi comunisti
e chiese perseguitale prevalga, fino a essere
determinante, l’antitesi comunismo-anticomu
nismo o se invece questa antitesi, benché presente, non è decisiva.
4) Come 'già ho detto, il giudizio sul comunismo non solo è radicalmente negativo
ma è talmente sommario e superficiale da non
poter essere raccolto neppure da un anticomunista serio. Dire « odiamo il comunismo come qualsiasi altro peccato » signiifica pcronunciare un « no » indiscriminato e inesorabile
sul fenomeno comunista nel suo insieme, come su una realtà assolutamente e totalmente
negativa (come il peccato, appunto). Ma questo è un giudìzio inaccettabile da tutti i punti
di vista. Ci sono aspetti del comunismo e in
particolare dei regimi comunisti esìstenti che
devono essere denunciati e combattuti senza
mezzi termini. Ma questo non può in alcun
modo e per alcun motivo implicare una condanna globale del comunismo. I giudìzi devono
essere differenziati. Altrimenti, non sono veri.
5) Leggendo il messaggio del pastore
Wurmbrand mi sono sentito riportare indietro di 25 anni, quando, intorno al 1948, si
svolgeva, da parte della Democrazia Cristiana
e con la benedizione di Pio XII, la grande offensiva anticomunista che Lei certo ricorda.
Noi come evangelici siamo riusciti, sia pure
a stento e non appieno, a non lasciarci coinvolgere in quella infausta crociata. Ne siamo
stati condizionati, probabilmente, in misura
difficile da determinare, ma non ne siamo
stati soggiogati. Vorremmo ora risuscitare il
fantasma di Pio XII? Proprio noi che, bene
o male, nel 1948 abbiamo resistito alla suggestione della crociata anticomunista? Proprio
noi vogliamo oggi portare acqua al mulino
Paolo Ricca
Documenti del dissenso cattolico
Un messaggio di comunità cristiane di Rema
a quanti si impegnano per ia iiimraziene deii'ueme
Si è tenuto a Roma, domenica 19 mattina, un convegno che ha raccolto una
ventina di comunità ecclesiali. Il centro dell’interesse è stato monopolizzato, ed
era logico aspettarselo, dai gravi atti di repressione da parte della gerarchia
cui son fatti segno, ormai da tempo, quei preti che hanno scelto di lavorare
presso gli sfruttati. Contro questo le comunità hanno deciso di darsi un comitato di collegamento che si metterà subito al lavoro cercando di raccogliere at
torno a sé quei gruppi che si presentano ancora dubbiosi o restii a muoversi.
Il dibattito si è aperto sulTatteso documento proposto dalla comunità di
S. Paolo. Questo è la versione riveduta di un altro documento che era stato presentato due settimane fa, ma respinto perché troppo moderato.
Segue il testo di questo documento.
L’autorità eoclesiastica ha tentato di estromettere 1 abate di S. Paolo. Oltreché costi'
tuire una minaccia contro la Comunità cat
tolica di S. Paolo, le comunità e i gruppi del
la Chiesa locale di Roma e d’Italia, ciò si col
lega a fatti simili che hanno colpito Don Mi'
lani, il prete di Barbiana, il cardinale Lercaro,
vescovo di Bologna, Don Giulio Girardi per la
sua scelta di lotta di classe, don Gerardo
Latte per essersi schierato con i baraccati di
Pratorotondo, i redattori de « Il Regno » per
le chiare prese di posizione nei confronti del1 autoritarismo nella Chiesa post-conciliare, le
AGLI per la loro « ipotesi socialista » e nello
stesso modo gruppi e comunità italiane (Isolotto - Oregina - Conversano) colpevoli di stare
dalla parte degli oppressi. Ultimo in ordine di
tempo, Tallontanamento di Don Rolando Palazzeschi, uno dei firmatari della Lettera ai
Cristiani di Roma, di Pietralata. Uguale severità non è stata mai usata nei confronti di
singoli preti o religiosi che con stile di vita
condotta all’insegna dell’efficientismo e del
benessere tradiscono la missione evangelica;
né nei confronti di singoli preti o laici o di
gruppi che appoggiano governi totalitari i
quali, mentre dichiarano la loro fedeltà al
cattolicesimo, torturano e massacrano i loro
cittadini colpevoli di volere giustizia e libertà
(per es. il Brasile, il Portogallo e la Spagna).
Abbiamo riflettuto e ci siamo chiesti il per
(continua a pag. 6)
uiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimmiiiiiiiimiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiMiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii iiiiiiiiiiuiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiii
Credenze
Notiziario
infeetili
Evangelico Italiano
e elienazinee
religinsa
__ ® convegno ad Ivrea, una cinquantina di monitori piemontesi e lombardi, dopo una predicazione del
past. Rostan sull Evangelo rivelato ai « minimi », hanno ascoltato e discusso una relazione del prof. Ponzo
Domenica 5 marzo ha avuto luogo a
Ivrea il Convegno Monitori, che da
quattro anni si teneva a S. Fedele. Il
programma della giornata si imperniava su un tema di grande interesse
che sarebbe stato trattato dal prof.
Ezio Ponzo, docente di psicologia alla
Università di Roma (e monitore in
quella comunità): « Credenze infantili e alienazione religiosa ». Tema e oratore non hanno mancato di esercitare
un vivo richiamo, se malgrado la pessima giornata sono convenute a Ivrea
una cinquantina di persone, provenienti dalle comunità piemontesi e lomba.rde.
Dopo il culto nel’a chiesa locale, con
la predicazione del pastore Ermanno
Rostan sul tema della rivelazione data ai « minimi », il prof. Ponzo introduceva l’argomento, esponendolo con
un parlare avvincente e brillante, che
non faceva certo pesare la profonda
preparazione teorica e si avvaleva anche delle sue esperienze vive di moni-.
tore e di padre di famiglia.
C’è neH’adulto l’idea che il bambino
piccolo sia una specie di « tabula rasa » da riempire di cognizioni, credenze, orientamenti. Invece, come le ricerche di Piaget hanno dimostrato, il
bambino possiede già certe sue credenze spontanee, è orien*^ato a credere
in un certo modo. Questo orientamento è dapprima di tipo « realistico »,
cioè estremamente legato al dato concreto, immanente, e solo successivamente si avvia ad una progressiva dematerializzazione. Ciò è verificabile sia
sul terreno conoscitivo (es. nozioni
di pensiero, di sogno) che su quello
delle valutazioni morali (es. nozioni di
bugia, di castigo). È importante che
l’adulto conosca questo orientamento
di base del bambino per evitare errori
educativi ma anche per non aver inutili timori circa le possibilità del bambino di comprendere determinati fatti
biblici che a noi paiono fondati ad esempio su un’etica poco evoluta (realistica appunto), ma molto vicina al
pensiero del bambino.
Passando a trattare dell'alienazione,
l’oratore, dopo averne citato l’ormai
classica definizione marxiana e averne illustrato alcuni aspetti tipici nell’attuale civiltà dei consumi, ha spiegato il pensiero di un noto psicanalista americano, Eric Fromm, nei riguardi dell’alienazione religiosa, che egli
identifica con l’idolatria. Il monoteismo potrebbe dunque costituire veramente il contrario dell’alienazione, se
purtroppo le chiese non avessero usa
tc la religione monoteistica in modo
idolatrico.
In questa società adulta, in cui l’alienazione domina sovrana in ogni campo, il bambino si trova a vivere ed è
anche più alienato degli adulti stessi.
Una forma tipica di alienazione impo
sta al bambino è costituita dall’istituzione scolastica: la nostra scuola selettiva e conformistica è basata su un
insegnamento profondamente alienante. Ma anche nell’ambito della scuola
domenicale dobbiamo stare attenti a
non contribuire a questo processo. Noi
spesso non sappiamo rinunciare a un
certo « gergo » tra tecnico e arcaico;
e quasi sempre ci lasciamo prendere
dalla preoccupazione di dare al bambino una « istruzione » biblica ostacolandone invece la spontaneità e la crea
tività. Questo si può verificare anche
nel campo della preghiera, che è spesso mnemonica, e nelle forme di insegnamento che esigono dal bambino ricettività e ripetitività. Per combattere
l’alienazione del bambino (e nostra nel
confronti del bambino stesso) è necessario, secondo l’oratore, dare libero
corso alla nostra e sua creatività. Questo significa rinunciare ai programmi
rigidi, uguali per tutte le scuole domenicali, in favore di programmi aperti
e duttili, basati su cicli o sequenze, all’interno dei quali sia possibile creare
dei « centri d’interesse » e quindi di
lavoro e di ricerca spontanei; non escludere il dibattito su fatti extrabiblici di attualità; favorire la preghiera
spontanea accogliendo in essa anche
i prodotti di quel realismo magico che
il bambino presenta ad una certa età;
sapergli presentare quei « no » neces
sari a mettere in luce il potere alienante della società in cui vive, fornendogli però anche dei sostegni emotivi
e affettivi atti ad aiutarlo in questa
battaglia.
Dall’interessante dibattito seguito
nel pomeriggio è emersa una conclusione significativa e orientativa: il vero insegnamento religioso non dovrebbe essere altro che la vita della comunità, in quanto solo la testimonianza
comunitaria, di una comunità che veramente viva il messaggio di Cristo
come annuncio di grazia, è la vera
educatrice religiosa del bambino. Parlare di scuola domenicale è già vivere
nell’alienazione. Questa conclusions
dovrebbe farci riflettere tutti, monitori e no, perché è profondamente responsabilizzante e ci trova tutti in
colpa.
La giornata si è chiusa verso le 17.
Le monitrici di Ivrea hanno fatto tutte la parte di Marta e Maria, preparando un efficientissimo self-service e partecipando molto attivamente alla discussione. A loro e alla comunità tutta il nostro grazie.
Rita Gay
....mi....in...uni........ni
DairAmerica con fervore
Domenica 12 marzo, a Roma, nel cortile dell’Istituto Battista Taylor a Centocelle, un numeroso pubblico ha
ascoltato il messaggio del giovane americano Bratswill, del « Movimento di
Gesù » (o « Rivoluzione di Gesù »). Canio comunitario di inni, una travolgente preghiera del pastore Bracco, la testimonianza della bella voce di Lucia
Bensì, hanno fatto corona al messaggio del giovane « beat ». Aitante, giovanilmente fresco, blue jeans e maglietta, scattante nei gesti vivaci, irruenti,
il giovane fratello di Chxago ha lan
iillllllllililillllllliliiiiililllllillilliliiiiiiiiiiilllliiliiilllllll
L'ultimo numero de
« L'amico dei fanciulli »
Preparato dai ragazzi
di naa scuola domenicale
L’ultimo numero (marzo 1972) de
« L’amico dei fanciulli » — il mensile
curato dalla Chiesa Valdese ma il cui
servizio va a ragazzi delle Scuole domenicali e della diaspora di altre Chiese evangeliche italiane — è stato preparato in buona parte dalla Scuola
domenicale della chiesa valdese di Aosta: ragazzi e monitrici presentano la
vita della loro comunità e della loro
valle, con freschezza e passione. La
prova è da ripetere e l’esempio da seguire.
Si ricordi: abbonamento annuo lire
1.000 (estero L. 1.250), da versarsi sul
c.c.p. 1/21179 intestato a Berta Subilia,
Via P. Cossa 42, 00193 Roma.
ciato verso di noi, in parte evangelici
in parte abitanti del quartiere, la sua
nuova fede, per la traduzione rapida
e sicura del pastore Chiarelli.
« Non so — egli dice — da dove cominciare: stanno succedendo cose insolite. Dio si muove. Noi stiamo guardando a un movimento mondiale... ».
Il suo discorso continua con frasi
staccate che esprimono sì la sua fede,
ma senza il filo conduttore di un pensiero. Noi pensavamo, aspettavamo
che, venendo dal mondo dei giovani,
egli si esprimesse in modo nuovo; invece la sua terminologia era molto comune, da « risveglio ». I fondamentalisti non hanno — penso — sentito
niente di diverso da quello a cui sono
abituati; i riformati non hanno trovato un pensiero sotto la sua irruenza,
peraltro simpatica e sincera. Infatti
quando egli ha chiesto che si avvicinassero al palco tutti quelli che vogliono darsi a Cristo, solo pochi dei
presenti l’hanno fatto. Perché? Forse
ognuno pensava: a quale Cristo?
Intanto i bambini del Taylor giravano intorno reggendo dei cartelloni
con scritte come: « No al peccato sì a
Gesù », « Vieni a Gesù sarai felice »,
« Chiedi a te stesso dove passerai l’eternità ».
E il sole appariva e spariva nel cielo nuvoloso.
« Sento musica nel mio cuor
sento musica nel mio cuor.
È la presenza di Gesù Cristo
E così che sento musica nel cuor »
Inda Ade
P. R.
ché di questa repressione a senso unico, cioè
solo con éhi ha scelto di vivere la fedeltà a
Cristo a fianco deg'li sfruttati e degli oppressi.
Siamo convinti che questo atteggiamento non
viene dal Vangelo poiché chi crede nella vittoria di Cristo sulla morte e sul peccato si sente necessariamente impegnato in quel processo di liberazione dell’uomo che è stato promesso a tutti con l’evento del Cristo. Ci pare
assai evidente invece che alla base degli interventi dell’apparato ecclesiastico sia la compromissione con chi detiene il potere economico, politico e culturale nel mondo. Qui in
Italia essa trova espressione politica nel Concordato, ma ha tante forme spesso nascoste:
а) è un fatto evidente che noi chiesa non
siamo stati dalla -parte della classe operaia e
in genere degli sfruttati. Anzi per le sue finanze la chiesa è compromessa strutturalmente col capitale che sfrutta gli operai. Nel suo
modo di essere organizzata ci sono legami assai
stretti tra la gerarchia e i poteri di questo
mondo. Con una dottrina ormai resa esplicita
sulla funzione sociale della proprietà privata
ha dato copertura ideologica allo sfruttamento' capitalistico.
б) I pastori vengono imposti al popoilo
senza essere da esso conosciuti e senza conoscere essi stessi le realtà locali; quando il discorso ecclesiale si sta facendo maturo e produttivo, viene stroncato dagli spostamenti che
riteniamo arbitrari.
c) È di questi giorni la denuncia coraggiosa di tredici preti romani deirennesimo tradimento dei poveri ai quali era stata promessa
dal Comune una casa per natale e non l’hanno avuta. Essi dicono « dobbiamo convincerci che ogni nostra azione è azione politica :
anche il nostro silenzio è azione politica », significa essere conniventi con chi inganna i
poveri e magari in cambio di tale connivenza
si ottiene una chiesa in più o qualche facilitazione per la speculazione edilizia degli istituti religiosi.
d) La riforma sanitaria in Italia non si è
fatta anche perché ci sono da difendere gli
interessi delle cliniche private rette non di
rado da religiosi.
e) La scuola in Italia non si è riformata
perché si doveva difendere k « scuola cattolica » cioè le tante scuole in cui i figli della
gente ricca, di sinistra o di destra non importa, potevano studiare lontano dal contatto
con i figli dei poveri con la scusa che avrebbe potuto ricevere un’educazione cristiana.
/) Nella scuola pubblica un insegnamento
obbligatorio della religione ci pone nella contraddizione di voler considerare il Vangelo
come materia da insegnare anche a chi non
ha nessuna voglia di ascoltarlo. Serve ad abituare però i ragazzi a vedere insieme l’autorità di Dio con l’autorità dello stato, serve ad
inculcare l’obbedienza cieca e il conformismo
alle idee della classe dominante.
g) Nelle caserme, la presenza della religione è istituzionalizzata attraverso la figura
del cappellano militare, ufficiale di diritto,
che avvalla l’ordine costituito anche nella sua
componente militarista.
h) In questi ultimi due anni la vita politica italiana è stata turbata e messa in crisi
anche dalla pretesa di molti cattolici di imporre per legge l’indissolubilità del matrimonio che in molti casi provoca ingiustizie e lacerazioni, in nome dell’insegnamento evangelico che fonda Tindissolubilità sull’amore e
sul sacramento e non sulla legge.
Abbiamo concluso che quanto è successo in
questi giorni va denunciato come un momento
di un disegno più vasto, di un tentativo cioè
di bloccare la crescita di un popolo che è di
Dio e che è fatto di credenti e non credenti,
di quel popolo che si è riconosciuto nella figura di Papa Giovanni, sentito da tutti come
padre comune indipendentemente dal credo
religioso e politico.
Abbiamo concluso ancora che non basta
la denuncia ma è necessario prendere una decisa posizione nei confronti del sistema autoritario e repressivo dell’apparato ecclesiastico:
1) Rifiutando in 'prima persona quei privilegi (insegnamento religioso, effetto civile
del matrimonio religioso, esenzione del servizio militare per i chierici) che con la pretesa
di renderlo più efficace, in realtà rendono meno credibile l’annuncio cristiano;
2) Promuovendo un modo autentico di essere chiesa dove ognuno si senta responsabile
di partecipare alla liberazione totale dell’uomo
e dove la diversità dei ministeri e dei carismi
non comporti dignità e privilegi;
3) Impegnandosi in prima persona dalla
parte dei lavoratori, degli sfruttati e degli
oppressi — che proprio dalle compromissioni
della chiesa con il potere vedono aggravata la
loro condizione di sfruttamento ■— partecipando con la propria responsabilità di cittadini,
animata dalla maturata fede cristiana, nelle situazioni e organizzazioni sindacali e politiche
in cui si lotta per la liberazione degli uomini.
Siamo convinti che così contribuiremo a
rendere credibile il Vangelo troppo spesso usalo per difendere la causa dei potenti. Allo
Spirito Santo che secondo la promessa di Cristo « ci introdurrà in tutta intera la verità »
(Giov. 14, 13) chiediamo di suscitare in noi e
in tutti gli uomini di buona volontà il corag
gio necessario per la ricerca delle soluzioni ai
problemi che la storia pone alla Chiesa. Gli
chiediamo anche l’umiltà di riconoscere ed .accettare il carattere limitato e storico deUe no
sire scelte, per essere pronti ad iniziare e prò
seguire il dialogo con tutti i nostri fratelli perché confrontando i nostri propositi con i loro
sia possibile il continuo e sempre nuovo impegno nel rinnovamento del nostro modo di
essere cristiani.
5
24 marzo 1972 — N. 12
pag. 5
Vita, ■ problemi, prospettive delle chiese valdesi
FONDO DI SOLIDARIETÀ
Contro il pazzìsBO sudolricano
Nuova azione del CEC, mentre continua la nostra iniziativa
Come ormai i lettori sanno, in questo momento la nostra iniziativa, che
si inserisce in quella del « fondo di solidarietà » per la missione e lo svMuippo
votata in sinodo due anni fa, è vòlta
ad appoggiare il programma di lotta al
razzismo del Consiglio ecumenico delle
Chiese, di cui Ja Chiesa valdese è membro.
Vogliamo ricordare in modo particolare la-cos-a proprio" in quetd giorni
tanche se personalmente siamo contrari alle « celebrazioni ») in cui è stata
celebrata in tutto il mondo la « giornata internazionale per reliminazione della discriminazione razziale ». In queill'occasione (21 marzo), il Comitato speciale suWapartheid delle Nazioni Uni
te si è riunito in sessione speciaile
per esaminare la situazione attuale sudafricana e negli altri paesi in cui
le pcpolazioni africane sono vittime
dell’oppressione razzista. In un appello
lanciato « ai governi, alle organizzazioni e ai privati » ha chiesto il maggior
rilievo possibile alla manifestazione,
« allo scopo di dimostrare piena solidarietà colla popolazione oppressa nell’Africa del sud e con la sua giusta
lotta per la libertà ».
Intanto (come annuncia rultimo numero del soepi), sotto l’egida del CEC,
e alla presenza del direttore del programma di lotta al razzismo B. Sjollema e del segretario generale past. E. C.
Blake, si è avuto in Germania, ad Arnoldshaim, un simposium cui hanno
preso parte 60 delegati, che rappresentavano diversi gruppi d’azione, e 11
Chiese-membro del CEC, in maggioranza europee e statunitensi. I vari suggerimenti scaturiti verranno sottoposti
alla competente Commissione del Consiglio, che si riunirà dal 23 al 28 aprile
a New York e che deciderà le proposte
da presentare al Comitato centrale del
CEC stesso.
Fra le conclusioni del suddetto incontro vi è quella secondo cui l’aiuto finan
iiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiimmiiiiiiiimiiiiiin'iiiimiiimmiiimi
Fui malato...
Esauditi
Mentre sono qua, momentaneamente ’emarginata' per una delle
mie frequenti soste dalla vita attiva... leggo e medito sugli artico'i
«fui malato»... E penso aUe tante
mani tese verso di noi, nei momenti della durissima disciplini dela
malattia, causa di rinunzie, di sofferenza fisica e morale.
Le tante mani tese verso di noi,
spesso, con tutta la loro c risa di
simpatia e di buona vo'ontà, non
valgono a sollevarci, a di rci un
aiuto efficace per staccarci dalle
preoccupazioni per il nostro corpo
reso impotente dalla malattia.
E noi ci sentiamo so’i pw'
una moltitudine di fratelli, rest atilo soli con la nostra angoscia, il
nostro disappunto, la nostra lotta
per imparare a rinunziare a noi
stessi, al nostro modo di vivere, alle nostre forze fis'che... Soli con
Dio. E sperimentiamo ancora u a
volta che solo di Lui abbiamo veramente bisogno per trovare la pace e quella serenità che ci permetterà di tenere ogni giorno la nostra
croce, di essere pazienti nel portare quel carico che Dio mette sulle
nostre, ahimè!, gracili spalle.
.Accettare la volontà di Dio non
è per niente facile, in simili circostanze; è troppo duro per noi poveri esseri umani e quando, dopo
strenua lotta e nel nostro coloquio
con Dio, giungiamo a chinare il capo, non per passiva rassegnazione,
ma in una consapevole aocettazEne che è, direi, coVahoraz’one con
la volontà di Dio, « sapendo che
non permetterà che siamo tentati
al di sopra delle nostre forze », ma
che farà « concorrere ogni cosa al
nostro vero bene » — allora noi riprendiamo forza, quella forza che
ci fa vergognare deVa nostra deh~lez.z.a, della nostra poca fede, la forza che Dio ci dà.
E sentiamo allora, fortemente,
che siamo stati « esauditi », così:
— « Avevamo domandato la forza per poter compiere la nostra
opera, abbiamo ricevuto la deh'l zza perché imparassimo ad ubbidire ».
— «Avevamo chiesto la saluteper poter fare cose GRANDI, abbiamo ricevuto l’infermità perché
potessimo fare cose vere ».
— «Non abbiamo r'cevuto nula
di ciò che domandavamo, ma abbiamo tutto quello che il nostro
animo oscuramente cercava ».
Le nostre mani tese verso coloro
che soffrono possano divenire le
trasmittenti, il tramite di quelle
del Cristo, della luce di questi
« esaudimenti » da parte di Dio.
Per « servire ».
N. V. C.
ziario internazionale per la costruzione
delle diga sul fiume Cunene — che passa fra il’Angola, colonia portoghese e la
Namibia, illegalmente « amministrata »
dalla repubblica del Sudafrica — « contribuisce direttamente a mantenere e a
rinforzare il colonialismo e il razzismo
in Africa ». È stato chiesto al CEC di
organizzare una campagna contro detto progetto, facendo in primo luogo
pressione verso certe sooietà internazionali e certe banche affinché non diano più il loro appoggio al progetto.
Qualora questa campagna non dia i risultati sperati, le chiese e i singcli credenti dovranno boicottare società e
banche ritirando azioni e depositi. Vengono citati istituti bancari francesi, inglesi, tedeschi, lussemburghesi, olandesi, alcuni dei quali sono consorziati col
Banco di Roma.
Da alcune parti viene obbiettato che
in fondo si tratta di opere che portano
un certo benessere e un miglioramento
di vita nelle regioni interessate. Sono
rilievi da respingere in quanto l’eventuale immediata utilità (molto parziale) nei riguardi delle popolazioni locali
viene 'totalmente annullata dal conseguente rafforzamento e prolunigamento
nel tempo di un sistema socio-politico
fra i più incivili e vergognosi.
Si tratta quindi di un impegno che,
oltre ad avere la sua base neH’inconciliabilità del Vangelo colle teorie razziali, ha anche un aspetto politico, in oppoisizione appunto alla politica della minoranza bianca in Africa.
Altre mozioni sono state votate, ma
avremo occasione di tornare in argomento in occasione delle successive decisioni del CEC.
Ritornando ora alla nostra iniziativa,
e riallacciandoci all’aspetto politico della questione, alcuni sottoscrittori fanno
rilevare questo'loro impegno, come ad
esempio D. Roohat che ci scrive: « Nel
rinnovare la mia contribuzione per lo
aiuto al Terzo Mondo, nel piano delia
lotta contro il razzismo promossa dal
CEC, lascio ad altri i dubbi e le insi= nuazioni sulla tragica realtà delTop;
= pressione razzista da parte dei popoli
= colonialisti e sulla consistenza dei mo= vimenti di opposizione a tale oppres= sione. Per parte mia, non ho dubbi sul
= valore 'di una adesione a tale lotta oonE tro il razzismo che vuole essere, c’tre
E ad un gesto di solidarietà verro Tep= presso, anche una vera presa :ii posi= zione "politica" dèlia propria fede ».
= Pubblichiamo qui sotto un nuovo e= lenco di sottoscrizioni, colla preghiera
E di inviare ie offerte al conto corr. postaE le n. 2/39878 intestato a Roberto Peyrot,
E corso Moncalieri 70, Torino.
= Da Bari: La scuola domenicale L. 20.000.
E Da Bergamo: un lettore 100.000.
E Da Campobasso: P. Corbo 2.000.
E Da Fraiienjeld (CH): D. Di Toro 5.000.
H Da Pomaretto: G. Laetsch 5.000.
E Da Torino: D. Rochat 20.000, Negro 10
E mila, E. Griset 20.000.
E Da S. Germano Chisone: N.N. con sim>paE tia 5.000, E. Long in mem. di D. Charbon— nier 2.000.
= Da Torre Pellice: C. R. 1.500.
E Da Udine: R. Grillo 4.000.
E Da Venezia: C. Boeus 500, fam. Viti 1.000,
E Zeochin 3.000.
= Totale L. 199.000; prec. L. 261.475; in
E cassa L. 460.475.
Il prof. A. Biéler
in Sicilia
Il pastore André Biéler, professore
di teologia nelle facoltà di G'nevra e
di Losanna, dove ha la cattedra di sociolog a, autore di un libro: La politica della speranza, promotore della
« dichiarazione di Berna », il cui sco
po è di incitare le autorità svizzere e
i cittadini ad una partecipazione nazionale e privata più ampia a favore
del Terzo mondo, che eg’i conosce bene, ha accettato di consacrarci una
settimana (la settimana santa) e di
tenere qualche conferenza e incontro
nel distretto.
Abbiamo stabilito il programma seguente:
Sabato 25 marzo - Catania: conferenza pubblica: « Verso una economia
nuova ».
Domenica 26 marzo - Catania: Culto e
incontro con la chiesa (scambio di
idee).
Lunedì 27 marzo - Riesi: Conferenza
pubblica (stesso tema).
Martedì 28 marzo - Caltanissetta: Conferenza pubblica.
Mercoledì 29 marzo - Palermo: Conferenza pubblica e diversi incontri.
Sabato 1 aprile - Riesi: Incontro con
il Servizio Cristiano.
Domenica 2 aprile - Riesi: culto.
Eventualmente: venerdì 31 incontro a
Grotte (Grotte - Agrigento - Riesi).
G. P.
Incontri fraterni a Genova
Nella sala del nostro Circolo abbiamo avuto, alle ore 21 di quattro giovedì consecutivi,
altrettanti incontri con i fratelli cattolici del
dissenso della Comunità di Oregina, guidati
dal prof. Peppino Orlando e dal signor Franco Cifatte; quest’ultimo occupò il seggio per
le tre ultime serate, essendo il prof. Orlando
impegnato altrove.
Come è noto questo movimento dissenziente raduna persone di ogni ceto e di cultura,
sorrette da un comune ideale che è quello di
promuovere in seno alla Chiesa che amano,
un giusto ritorno aU’evangelo, quello che Cristo predicava alle folle analfabete, ignoranti e,
anche allora, mal guidate; queU’evangelo che
è accusa e condanna per coloro che paventano
un pericolo pèr i loro interessi materiali e per
il loro potere.
Questi incontri furono positivi, nel senso
che ci consentirono di apprendere, a viva voce, la natura della crisi che travaglia la Chiesa
cattolico-romana; crisi sentita con angoscia da
quei cattolici che si trovano davanti a una
realtà che non ammette alternative, ma solo
compromessi e che, a nostro modesto avviso,
non consente che un solo rimedio.
Quelli fra noi che provengono dal cattolicesimo, questo lo hanno capito e se ne sono
staccati convinti che non si può continuare
a servire due padroni : Cristo e la Chiesa Romana. È questa una imponente, perfetta macchina dalla quale non può venir staccato nessun congegno senza che non ne soffra l’intero
funzionamento; schiava della sua perfezione
organizzativa e gerarchica, non può ammettere mutamenti, ma, tuttalpiù, dei compromessi
provvisori; tutto il resto è illusione o malafede.
Rifacendoci a uno studio, su questo argo
iiiitiiiiiiimiiiiiiiiliiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiixiiiiiiiiimriiiiiinimiiiiimiiiiiiiiiiiiii
Ad Aosta e nella Valle
Domenica 20 febbraio abbiamo celebrato,
nella gioia e riconoscenza al Signore, la data
del 17 Febbraio. Al culto del mattino la meditazione del Pastore è stata centrata sul testo: «Ecco, ti ho posta dinanzi una porta aperta » (Apoc. 3 : 8). La libertà di cui godiamo — ci è stato detto — è una « porta aperta » che il Signore ci pone dinanzi perché
• noi sappiamo coglierne il significato nel nostro
tempo. Anche ad Aosta e nella sua Regione
c’è oggi una occasione, un tempo favorevole
per Tannunzio delLEvangelo. Ci dobbiamo sentire tutti personalmente impegnati in questa
testimonianza e vivere ogni giorno la libertà
come il dono « glorioso » che il Signore fa ai
suoi figli.
È stata celebrata la Santa Cena, a cui hanno preso parte tutti i fratèlli presenti (come
sempre avviene qui da noi). La colletta, che
ha fruttato L. 30.000, è stata inviata agii Istituti Valdesi di Beneficenza.
A mezzo giorno e mezzo un buon numero
di membri di chiesa si è ritrovato, nella sala
delle attività, per un’agape fraterna, preparata da alcune sorelle. Il pomeriggio è trascorso in un'atmosfera di fraternità. Il Pastore
ha illustrato il contenuto dell’opuscolo sulla
« Notte di S. Bartolomeo », curato dalla Società di Studi Valdesi.
« « ^
Per i lettori dell’Eco-La Luce diamo alcune
altre notizie della nostra Comunità e della sua
testimonianza nella città di Aosta e Regione.
Al principio di dicembre abbiamo iniziato
una campagna per la diffusione della Bibbia.
Molti membri di chiesa si sono impegnati in
questo lavoro. Fin’ora oltre 50 Bibbie e varie
copie del Nuovo Testamento sono state collocate nell’ambiente cittadino più diverso. Il
Pastore R. Bertalot, Direttore della Società
Biblica per l’Italia, ha tenuto una pubblica
conferenza nella Sala Ducale del Municipio di
i iiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii iiiiiiiii)iiitiiiiiiiiiiimiiiiiiimMiimiiitiiimiiiiMiiM>i>iii. iiiiiiiiiiiiihìiiiiiiiii
I II pastore Salvaggio e il futuro
della comunità di Grotte
Perché noi, comunità dì Grotte, parlando
del futuro e dei programmi della comunità ci
riferiamo continuamente a quanto il past. J.
Salvaggio fece e disse? Non solamente certo
per un male inteso senso di gratitudine perché
egli con i suoi doni permise alla comunità di
essere dotata con il tempio rinnovato di uno
strumento dì testimonianza essenziale e non
perché con il lascito di tutti i suoi risparmi
alla chiesa egli anche per i prossimi vent’anni
offre un considerevole appoggio finanziario,
ma perché noi troviamo nell’esempio del pastore J. Salvaggio, nel suo stile di vita, nelle
cose che ha detto, indicazioni che noi non
po.ssiamo trascurare.
Un fratello di Grotte ha esposto su questo
stesso giornale alcuni fatti della vita del pastore Salvaggio. Vorrei fare notare come da
questa vita laboriosa in tanti campi diversi,
sempre travagliala per andare avanti, tesa
verso il futuro, noi vediamo il fratello Saivaggio come un credente profondo, ma non
un clericale, un ministro della parola ma non
mai un impiegato della chiesa. Le sue più
svariate attività, la pittura, la scultura, la filodrammatica, gli studi in svariate discipline,
l’insegnamento nelle scuole superiori, l’opera
pastorale, ci danno rìmmagine di un uomo
che non può accettare di stare fermo, di essere collocato in uno schema fisso, ma deve
sempre travagliarsi per portare agli uomini
la sua luminosa speranza in Cristo.
Disse una volta Salvaggio a Grotte: « in un
piccolo paese come questo sì può fare il colpo
grosso », intendo dire incidere con la predicazione dell’Evangelo nella società. A Grotte
possiamo aprire delle porte nuove, se coraggiosamente ci mettiamo in cammino. E come comunità sappiamo che stare fermi non sì può
— ora siamo al punto in cui o si va avanti
oppure si distrugge ogni cosa. Ecco quindi come noi vediamo il futuro nostro in cui possiamo solo agire senza schemi fissi, senza soluzioni di comodo o precostituite, solo cercando
semjire una verità che è sempre nuova e che
sempre va annunciata al nostro prossimo.
Il nostro moderatore, past. Gìampiccoli, ricordava un giorno in un colloquio privato
l'ultimo incontro con il past. J. Salvaggio in
una piccola casa e ricordava un fragrantissimo caffè : queste piccole cose ci aiutano a capire le dimensioni di un uomo costretto da una
.società ingiusta a, vivere lontano dalla sua
terra, ma con gli occhi rivolti al suo paese,
con ben fìsso in mente il risultato che voleva
ottenere. Egli sempre chiedeva che la Tavola
mantenesse a Grotte un operaio e anzi ne voleva pagare lui lo stipendio c anche comprargli la casa. E certo non era remissivo e disposto a chiudere gli occhi su cosa non andava.
Certe sue collere contro la Tavola... rimangono memorabili, indipendentemente dalla giustezza o meno delle accuse, [lerché era uomo
ancora disposto ad arrabbiarsi e a buttarsi a
capofitto nella mìschia. Oggi noi abbiamo bisogno di uomini così — disposti a rischiare,
ad arrabbiarsi, certo anche a sbagliare, ma
incapaci dì stare fermi. Ecco qui il nostro
programma : cercare vie nuove, sapendo che
faremo sbagli, tanti, ma sapendo che non vi
è alternativa. Nessuno dì noi ha « la soluzione
in tasca », ma tutti possiamo contribuire a
questa ricerca! Così come capitava in occasione delle visite del past. Salvaggio, in estate
quando seduti sotto un albero della sua campagna tutti discutevano insieme sul da farsi.
Il contributo, lo stimolo del past. Salvaggio,
Tesempio rimangono ancora in mezzo a noi e
ancora ci spronano.
M. F. Berutti
Aosta sul tema: «Perché la Bibbia oggi?».
L’impegno della Comunità è di portare avanti
questo lavoro per almeno due anni consecutivi, non solo nella città di Aosta ma in tutta la
Regione.
Il nostro impegno evangelistico si esplica
anche nella diffusione di un foglio ciclostilato.
Ogni domenica tiriamo a ciclostile oltre 300
copie col sunto della predica del nostro Pastore. I membri della Comunità si incaricano
di recapitare questi fogli lagli amici, conoscenti,
compagni di lavoro. Il foglio viene anche spedito a numerose personalità della vita pubblica, sociale, culturale e politica cittadina e regionale. Numerose attestazioni di stima e apprezzamento sono giunte per questa iniziativa
della nostra Comunità, ormai arrivata al suo
terzo anno di vita.
Ci piace anche segnalare che un gruppo di
giovani studenti aostani ha chiesto al nostro
Pastore di poter fare, sotto la sua guida uno
studio biblico quindicinale. È stato scelto il
libro del profeta Geremia. La riunione è sempre ben frequentata.
Come si vede ci sono oggi molti segni che
ci fanno comprendere come l’uomo del nostro
tempo, nonostante molte illusioni e delusioni
e facili giudìzi negativi, rimane assetato della Parola di Dio (non concepita come una filosofia ma come una vita). Neppure oggi
« l’uomo vive di solo pane » — anche se ha
bisogno pure di quello — « ma di ogni parola
che procede dalla bocca di Dio » (Matt. 4: 4).
Dopo le illusioni e le delusioni sociali e politiche di una società ingiusta, c’è oggi un nuovo interesse per le questioni della fede, di
Dio, dell’Evangelo... « A chi ce ne andremo
noi? Tu solo hai parole di vita eterna ». È
quello che, grazie al Signore ci è dato oggi
di vedere. Voglia il Signore aiutarci a far si
che questo tempo non passi invano!
* * ♦
A VIERING (una volta importante centro
di evangelizzazione con la presenza delle scuole valdesi... oggi ridotto a poche famiglie evangeliche) proseguono i lavori di restauro dello
stabile (di proprietà della Tavola) in fraterna
collaborazione con la comunità sorella di Ivrea.
Il nostro scopo è quello di riadattare lo stabile,
che si compone della sala di culto e di un
alloggio al primo piano, per farne un luogo
di incontro delle nostre comunità della Val
d’Aosta e del Canavese (ma non esclusivamente per queste) a vari livelli : scuole domenicali, catecumeni, giovani, consigli di chiesa,
unioni femminili ecc.
Speriamo di poter inaugurare i locali rimessi a nuovo in occasione del convegno delVAscensione, che vede ogni anno riunite le comunità valdesi della Valle di Aosta, Ivrea e
Biella nonché gruppi di Fratelli del Canavesc. Vorremmo fin d’ora invitare al convegno
e aU'ìnaugurazione tutti i fratelli dì Torino, di
Chivasso, Cigliano, Susa, Coazze e delle Valli
Valdesi per trascorrere con noi una giornata
dì comunione fraterna. (Viering si trova nella bassa Valle di Aosta, non lontano da Verrès,
sulla sponda destra della Dora).
iiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiDiiiiiiiimmiiiiiiiMm
Personalia
A Torino, in casa di Paolo e Gianfranco
Pecoraro è giunta la secondogenita, Anna. I
più cordiali rallegramenti e l’augurio migliore.
Alcuni giovani valdesi hanno di recente
conseguito la laurea presso l’Università di Torino: Giovanni Deodato, in medicina; Marinella Pons, in lettere; Giovanni Prelato, in
ingegneria. Presso l’Università di Pisa si è
laureato in fìsica Emanuele Impallomeni. Ci
rallegriamo cordialmente con loro, con i nostri
auguri fraterni.
Lo students in teologia Giuseppe Platone ha
avuto il dolore dì perdere il padre. Pensiamo
con fraterna e partecipe simpatia a lui e alla sua mamma.
mento, del Pastore Paolo Ricca, studio divìso
in due serate, abbiamo prospettato ai fratelli
di Oregina il nostro punto di vista; è stata
una valutazione fraterna, ma critica.
Sempre alla sera dì vari giovedì si seguirono alcuni studi condotti dai pastori ScorsoneUi
della Chiesa metodista. Romeo per quella battista e Marauda per quella valdese, sopra i
temi rispettivamente della dogmatica, dell’esegesi e sulla Riforma.
Ottimo e convincente risultato, per un
sempre maggiore affratellamento fra i membri
di chiesa, hanno dato le riunioni della domenica pomeriggio che, una volta al mese furono tenute nel nostro Circolo, interessanti e seguite. Ad una fu presente il pastore Gino
Conte direttore della « Luce », il quale ci intrattenne vantaggiosamente, sulla Relazione
del pasito Sinodo. Sucesivamente avemmo
il privilegio di ricevere il pastore Franco Sommani che, con l’aiuto dì splendide diapositive
a colori, ci illustrò dettagliatamente la vita
dellTstituto Gould di Firenze, del quale la
nostra Chiesa è madrina (e lo dimostra coi
fatti) insieme alle Chiese di Venezia e di Roma. L’esposizione che il pastore Sommani ci ha
fatto sulla situazione finanziaria di questo
Istituto che ricovera una quarantina dì ragazzi provenienti tutti da famìglie bisognose e
talvolta tarate, è stata in qualche momento
allucinante e di stupore, perché ha subito generato, in noi, una domanda; domanda che
sentivamo vergogna ad esprimere.
È mai possibile che sia i membri professanti delle Chiese sia quelli contestatori per varie ragioni vere o presunte, non sentano, al
difuori d’ogni contrasto di opinioni, il dovere, l’ambito dovere della carità, di quella carità che non ha bisogno di denominazioni per
estrinsecarsi e che talvolta assume un carattere campanilistico mentre, come sentimmo dire dal pastore Sommani, capita al c< Gould »
di non avere in cassa, al mattino, ì contanti
per il « pane quotidiano »?
La nostra Chiesa di Genova, sempre generosa davanti alla matematica realtà, ha ancora una volta risposto : Il pastore Sommani ci
spiegò come ognf ragazzo costì all’Istituto in
media L. 70.000 al mese; ebbene noi abbiamo impegnato un certo numero di membri
di chiesa, che in misura diversa verseranno
la quota suddetta per il mantenimento di un
gouldìno. Fratelli... d’Italia, c’importa poco
la vostra approvazione; preferiamo magari rimanere gli ultimi nella gara di generosità;
paghi di ubbidire, sia pure vagamente, al Signore che ci ha dato l’opportunità di fare,
qualche volta, qualche cosa.
C’è un punto che per noi, come per le altre comunità « ange il pensier » I giovani!
Chi sono, dove sono, cosa fanno? Han trovato
in Sartre, Jonesco, Marcuse e simili scopritori
delTombrello, i loro maestri?
Forse noi, cari giovani che volete distruggere l’attuale società (e in parte avete ragioni
da vendere), vi abbiamo presentato un Cristo
un po’ troppo lontano da questo « granel di
sabbia, il qual di terra ha nome », un Cristo
troppo divino e meno umano, un • Cristo che
non avrebbe più nulla da dire e da dare a
questa umanità che anela freneticamente alla
libertà e l’aspetta da coloro che la calpestano
ogni giorno. E per finire con il « Gould » dirò del gesto dei nostri bambini della Scuola
Domenicale che allegramente hanno rinunciato ai loro regali in natura per versare il
corrispettivo ad altri ragazzi che crescono lontani dalla famiglia.
Lo domenica 27 febbraio abbiamo avuto
l’attesa, gradita visita del nostro ex pastore
Aldo Sbaffi e della Sua cara Signora. La Comunità, numerosa, in quella circostanza, li accolse con Taffetlo immutato di una volta e che
per un momento permise loro di sentirsi, come un tempo, fra noi.
Il pastore Sbaffi, oltre al sermone della domenica sulla gioia e il conforto che dà il canto nella prova, ci parlò, nel pomeriggio, sul
problema dell’evangelizzazione, svolta prevalentemente alla periferia della metropoli lombarda; un’attività questa che dimostra come
possa essere operante il pensiero evangelico
nei particolari della vita dì ogni giorno senza che assuma quella connotazione polìtica che
sgomenta le pie donne e i contegnosi signori
che preferiscono tener relegata la parola del
Vangelo tra le vetuste panche di chiesa anziché vederla aggirarsi, vivificante e vivificata
fra le macchine dell’officina.
Alle precedenti visite sopraccennate, è seguita quella del pastore Renzo Bertalot, direttore, a Roma, della Società Biblica, che ci parlò diffusamente sull’attività di questo Ente
per la diffusione della Bibbia nel mondo e, per
quel che ci riguarda, in Italia. La nostra
Chiesa, d’accordo con le consorelle locali, ha
deciso l’acquisto di un buon numero di copie
da mettere a disposizione degli evangelici di
Genova per dar loro modo di farne l’offerta
a quelli, fra i loro conoscenti, che desiderassero conoscere il libro dei libri.
La commemorazione del « 17 febbraio » ebbe luogo il 19 sera sotto forma dì agape con
la partecipazione veramente gioiosa di molti
fratelli di chiesa. Dopo la preghiera d’apertura
il nostro pastore illustrò il significato della ricorrenza nei confronti fra oggi e il passato;
passato che ci esorta a continuare il combattimento meno aperto e violento di un tempo,
ma sempre insidioso e pericoloso. Brevemente, parlarono sull’argomento i pastori delle
chiese battista e metodista, chiese con le quali siamo in continuo, fraterno contatto e collaborazione. Anche la corale, risuscitata dal
nostro pastore Paolo Marauda, fece la sua
parte fino al punto di stupire (non è davvero
proprio lusinghiero per i coristi) i presenti e,
perché non dirlo, gli stessi componenti di essa.
La domenica seguente durante la quale
venne commemorata... ufficialmente la fatidica
ricorrenza, venne affidata, a componenti del
Consiglio, la liturgia compresa quella della S.
Cena.
Altri problemi ci attendono; vorremmo che
lutti vi si sentissero impegnali. Cercate e troverete!
L'anziano Federico Schenone
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pag. 6
N. 12 — 24 marzo 1972
I NOSTRI GIORNI
UOMINI, FATTI, SITUAZIONI
La minaccia viene dai farisei
Violenza
I fatti di Milano dell’ll scorso riportano ancora una volta il discorso
sul problema della violenza e degli
« opposti estremismi », così cari in
certi settori politici e dell’opinione
pubblica.
Sarebbe assurdo negare la violenza
che viene dagli extraparlamentari di
sinistra, come pure il fatto che la maggioranza della popolazione non si chiede con particolare spirito di indagine
se quel lancio di pietre, se quel colpo
di manganello, se quella « molotov »
vengono da destra o da sinistra. Il
punto, secondo noi, è proprio qui, fermo restando che la bomba « extraparlamentare » o fascista è una bomba in
tutti i casi, e quindi un oggetto incivile e criminoso in una società che,
sia pure colle sue immense magagne
e i suoi tradimenti nei confronti dei
propri « governanti », si inserisce nel
sistema democratico.
Tutto sta nel vedere « chi » c’è dietro la « molotov » dei gauchistes e dietro quella dei fascisti. La differenza ci
pare non solo grande, ma fondamentale. Dietro la violenza gauchiste vi è
la mano di un giovane — già di natura portato verso il sentimento eversivo — che cerca ingenuamente di distruggere una società corrotta e repressiva (qualcuno, assai eiRcacemenmente, l’ha chiamata « la più permissiva delle società repressive »), non riflettendo sul fatto che questi piccoli
focolari di violenza non solo non servono a nulla, ma favoriscono obbiettivamente il fascismo, che si fa sempre
più paladino di « legge e ordine ».
Cosa c’è invece dietro la violenza
degli estremisti di destra? Certamente assai di più dell’idealismo fanatico
e nostalgico. Certo, una « nostalgia »
vi è, ma è quella di coloro che organizzano e finanziano i vari attentati terroristici, i campi paramilitari, gli acquisti e i depositi di armi, per giungere fino a collusioni internazionali (si
pensi al documento, svelato da un
giornalista inglese sull'Observer e riportato sul settimanale Tempo del
19/3; documento redatto da un agente dei servizi segreti greci in Italia in
cui un misterioso signor « P » prevedeva una serie di attentati per portare la tensione politica al massimo livello, premessa per un successivo colpo di Stato analogo a quello dei vicini colonnelli).
Si tratta insomma di « nostalgici »
rintracciabili, oltre che in un partito.
Rinviato l'accordo
in Sudan
Contrariamente al previsto (vedi
Uomini, fatti, situazioni dello scorso
numero), la firma degli accordi fra il
sud Sudan e il governo centrale di Kartum è stata rinviata a data da destinarsi, né si sa se l’accordo di massima
— che aveva già avuto luogo a Addis
Abeba — avrà seguito o meno.
L’accordo prevedeva la definitiva
cessazione del fuoco a partire dal 27
marzo e l’inserimento delle tre provincie del sud in una articolazione federativa.
Le difficoltà insorte sono dovute al
fatto che i negoziati avvenuti nella capitale etiopica si sono svolti senza il
preventivo parere delle forze direttamente coinvolte nella lotta contro il
nord. Questa consultazione, come afferma il capo militare e leader del
Fronte del sud, J. Lagu, deve essere
fatta, altrimenti gli accordi non diventeranno operativi. Date le difficoltà di
comunicazioni oggi esistenti fra le regioni del sud, probabilmente solo nel
mese di aprile si potranno avere i risultati del sondaggio, che un accordo come quello di Addis Abeba comporta.
in certi agrari e in certi imprenditori,
dal portafoglio generoso, e per i quali
l’unica « libertà » è quella di poter
sfruttare senza restrizioni masse di
gente e di guadagnare tanto e in fretta.
G. G. Feltrinelli
In questa situazione si verifica la
tragica fine dell’editore Feltrinelli.
Mentre scriviamo, è solo nota una
generica perizia generale, e restano
ancora da accertare altri fattori, come la possibilità che il Feltrinelli possa essere stato prima drogato o narcotizzato.
Mentre per ora si possono solo fare
ipotesi, non si può però non notare il
fatto assai strano che un dinamitardo
si rechi al « lavoro » con materiale atto a farlo riconoscere (foto di congiunti e data di nascita) mentre inoltre è certo che Feltrinelli non è venuto da solo al tragico appuntamento
colla morte. Infatti il pulmino trovato abbandonato era chiuso e senza
chiavi mentre addosso al morto, e
nelle vicinanze, non ne è stata trovata traccia. Vi è poi anche il mancato
scoppio di tutto il materiale esplosivo, e le ripetute dichiarazioni di Feltrinelli durante le quali egli aveva
espresso la certezza che, prima o poi,
sarebbe stato vittima di una macchinazione politica.
Auguriamoci che polizia, magistrati
e periti facciano a fondo tutto il loro
dovere e non cadano nella « tentazione » di indagini a senso unico, che
hanno dato i risultati ormai noti a
tutti, in occasione del caso Pinelli e
del processo Valpreda e compagni.
Mentre quindi restiamo in attesa
(speriamo!) della verità, per quanto
complessa possa essere, respingiamo
le chiare speculazioni politiche e le illazioni (come quelle dell’ex ministro
socialdemocratico Preti) di chi ha testualmente dichiarato che « la tragica morte dell’anarchico miPardario
avvenuta in connessione con un gravissimo atto di terrorismo sta a dimostrare l’estrema pericolosità dei
gruppi estremisti di sinistra per la situazione democratica » (vedi La Stampa del 18/3).
Come respingiamo la grave interferenza dell’on. Gonella, attuale ministro di grazia e giustizia, il quale, durante un’assemblea preelettorale del
suo partito (DC) ha tacciato di « fantascienza politica » le numerose e fondate ipotesi escludenti sia la tesi della disgrazia che la partecipaz’one cosciente di Feltrinelli all’attentato al
traliccio.
Sono giudizi che assolutamente non
si possono emettere quando non si
conoscono a sufficienza tutti gli elementi atti a chiarire la tragica vicenda. Ma, come si sa, le elezioni politiche incombono e tutto serve per portare acqua al proprio mulino.
Dopo|gli accordi
anglo-rhodesiani
Forse i lettori ricorderaimo che
qualche numero fa (precisamente quello del 28 gennaio scorso) ci occupammo della visita della missione inglese
Pearce in territorio rhodesiano. Questa missione aveva lo scopo di informarsi sul « punto di vista » degli africani sulla loro nuova condizione di
« indipendenza » dalla Gran Bretagna,
a seguito degli accordi stipulati a Londra fra le due nazioni. Forse non sarà
del tutto inutile ricordare che in Rhodesia, la locale popolazione di cinque
mdioni di abitanti viene supe sfruttata dalla esigua minoranza bianca di
poco più di 200 mila persone mediante la feroce e incivile legislazione del1 apartheid.
La commissione Pearce ha ora finite) la sua missione e, dopo un viaggio
di 6 mila chilometri e una permanenza di circa due mesi in Rhodesia è
rientrata nella capitale britannica. Durante i suoi viaggi nella ex colonia inglese, si sono avute parecchie manifestazioni nettamente contrarie agli
accordi, in occasione delle quali la feroce reazione della polizia del premier
Jan Smith provocò parecchi morti,
decine di feriti e centinaia di arresti.
Ma, accanto a queste dimostrazioni
più « spettacolari », la missione Pearcc ha potuto rendersi conto, attraverso vari incontri e riunioni, che l’opposizione all’attuale stato di cose in
Rhodesia è dovuto anche al a chiara
maturazione e alla coscienza politica
da parte della nuova realtà africana.
E appunto in questa nuova realtà
africana che, parallelam~nte al lavoro
della commissione Pearce, si è inserifp.~ ^ costituito in organizzazione politica — l’African National Council, di
CUI fanno parte anche componenti nazionahsti dei movimenti ciane estini di
liberazione rhodesiani ZAPU e ZANU.
Per contro, il Fronte rhodesiano (la
destra bianca) si ripromette di « far
pagare ai negri » l’eventuale risultato
negativo del sondaggio della missione
Pearce.
Questa infatti il 15 apri'e prossimo
emetterà il suo giudizio sui risultati
del suo sondaggio. È un fatto che -la
minoranza bianca rhodesiana non si
attende un risultato positivo dalla
« sentenza » di lord Pearce. Come dicono i ccirrisponde.tti londineti, a Salisbury si spera che il « no » agli accordi non sia definitivo e ad esso si
aggiunga un « ma », mentre neppure i
più ottimisti pensano che detto sondaggio possa aver fornito dati « positivi » alla commissione.
Roberto Peyrot
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
LIBERAZIONE
DALLE IDEOLOGIE
if Nel n. preced. di questo settimanale abbiamo riportato buona parte
di un articolo di Raniero La Valle su
« La classe operaia » (Da « Lettere 72 »
del gennaio-febbraio). Dal seguito di
quell’articolo, riportiamo ancora quanto segue.
«Nel vecchio Testamento il popolo
pensava sempre alla liberazione come
una liberazione da un avversario esterno; la novità di Gesù è che egli viene
a liberare dall’avversario interno, dall’avversario che è dentro di noi, cioè
viene a liberarci dal mondo, dallo spirito del mondo, dai poteri del mondo, che hanno la loro testa di ponte
dentro di noi. Allora credo che va tutto demitizzato, va tutto relativizzato;
se demitizziamo il tempio, la legge, le
regole monastiche, le strutture stesse
di linguaggio in cui viene espressa la
fede, non possiamo poi mitizzare nuove cose, facendone delle ipostasi assolute. Questo vale per il discorso sulla
classe operaia, sulla rivoluzione, vale
per il discorso sullo sviluppo; ma vale anche per il discorso sulla non-violenza. (...)
Nemmeno la non-violenza infatti è
tutta la risposta aVa domanda di liberazione, di vita, di salvezza, che viene dall’uomo. Nemmeno la non-violenza. possiamo chiudere nell’armatura di una legge, farne una tecnica, una
ideologia, che può esser buona per
esprimere l’amore fraterno, ma può
esser buona anche per la conquista
del potere. Certo, il non uccidere, il
non usar violenza, fa parte essenziale
del disegno di salvezza che è promessa di liberazione dalla morte.
In questo senso, ogni rifiuto di obbedire alla violenza, che è il tempio
degli omicidi, è una vittoria sulla morte, ed è nella linea della salvezza che
il Signore ci ha annunciato. Ma è pur
sempre una vittoria parziale e provvisoria, perché la sola vittoria sulla
morte è la seconda nascita, è la risurrezione ».
In che senso la non-violenza potrebbe diventare un’ideologia « buona per
la conquista del potere », ci è difficile
immaginare (almeno oggi nella nostra
Europa. Il La Valle ha forse pensato
ad una qualche situazione storica molto particolare, come ad es. a quella
che diede il potere a Gandhi?).
Noi preferiremmo dire, un po’ diversamente dal La Valle, che anche
della non-violenza non è lecito farsi
un principio assoluto perché, in senso
assoluto, la non-violenza non esiste e
non può esistere fra gli uomini. Uno
solo infatti è stato non-violento in tal
senso: quel solo, fra gli uomini, che
non è stato toccato dal peccato. Ma
non era un uomo come noi.
Chiunque altro ritenesse di sé stesso, di essere o di poter essere nonviolento sempre e dovunque, si qualificherebbe per presuntuoso. Appunto,
come dice il La Valle: « va tutto relativizzato ».
L’ENIGMA DI RE HUSSEIN
Christian Sulser scrive sulla « Gazette de Lausanne» (del 18-19.3.’72)
che, « proponendo, nell’ambito d’un
regno arabo unito, d’erigere la CisGiordania in “provincia palestinese autonoma", con l'accordo che la futura
federazione venga dota a di due capitali: Amman per la provincia giordana, Gerusalemme per quella palestinese, il re Hussein di Giordania ha seminato tempesta. Il suo progetto lascia evidentemente in sospeso molte
incognite.
Ma il re ha certamente voluto correre certi rischi. Non soltanto egli cerca di guadagnar tempo e di dar respiro alla monarchia hascemita, ma egli
sembra mirare ad altro obiettivo:
quello di sfuggire all’asfissia economica e politica che minaccia il suo regno (...) ».
È inoltre da tener presente che « la
operazione permetterebbe al re di recuperare le terre perdute nella guerra
del giugno 1967 e oggi occupate dagli
israeliani. Essa gli permetterebbe anche di coprire con la sua autorità i
palestinesi, cosa che conferirebbe alla sua corona un peso politico del tutto nuovo nel Medio Oliente (...) ».
Sappiamo che già altre volte il re
aveva tentato dei sondaggi d’accordo
presso il governo israeliano. « Ma questa volta le idee sono più nette che
in passato. In ogni caso, è la prima
volta che esse hanno ricevuto il crisma dell’ufficialità. E come accadde
per l'autoàeterm'nazione degli algerini proclamata dal generale de Gaulle
(...), la volontà del re Hussein è anzitutto quella di sorprendere con un’opera d’immaginazione, di cercar di
sbloccare, con un formidabile colpo di
poker, una situazione che è un labirinto di vicoli ciechi e nella quale si
moltiplica il numero dei mediatori delusi: una situazione che (per dirla con
una sola parola) sembra a molti totalmente paralizzata ».
Ma tutte queste non sono che congetture, tanto più difficili a chiarirsi
in quanto Israele s’è già dichiarato
contrario al progetto del re. Ma è poi
sicuro che il progetto non sia stato
preceduto da un qualche accordo segreto con Israele?
Anche il restante mondo arabo (a
cominciare dagli stessi paletsinesi) s’è
dichiarato contrario, ed anzi con accenti categorici o addirittura violenti.
A questo proposito soi-prende una dichiarazione sprezzante (e che riportiamo da « Le Monde » del 18 c.), del
« sig. Anouar Et Khatih, ex ministro
giordano (attualmente residente a Gerusalemme) ed ex governatore della
Gerusalemme araba (fino alla guerra
dei sei giorni). La dichiarazione, data
al giornale israeliano “Yediot Aharonot", dice testualmente: "Tutti i progetti arabi di regolamento fanno ricordare le chiacchere dei pelle-rossa,
i quali cercavano di decidere chi di
loro avrebbe dovuto andare a riprendere Ne\\:-York occupata dai bianchi..." ».
(segue da pag. I)
non l’ha lievitata in senso evangelico — ed ecco i risultati. Il vuoto anche di una predicazione incapace o timorosa di pronunciare giudizi evangelici non generici su questioni importanti di ordine politico e sociale. La
crisi prospera sulle nostre inadempienze. I nostri frutti mancanti sono
parte costitutiva del vuoto che la rende possibile. Di fronte alla crisi del
paese Dio ci interroga circa i nostri
frutti. Non dobbiamo passare accanto a questa domanda. Essa rivela che
siamo complici della crisi.
4. Udite però, fratelli, come la parabola finisce: «La pietra che gli edificatori hanno scartato è qu"lla che è
divenuta pietra angolare; ciò è stato
fatto dal Signore, ed è cosa meravigliosa agli occhi nostri » (v. 10 11). Che
Che vuol dire? Vuol dire che, siccome
è Dio che regna e non i cattivi vignaiuoli, c’ è una speranza per la storia umana, c’è una speranza nella crisi. Dio ha risuscitato Colui che i cattivi vignaiuoli avevano uccisa: l’iniquità dei cattivi vignaiuo'i non è così decisiva quanto lo è la bontà di Dio. Le
opere buone di Dio sono una replica
vittoriosa alle opere malvage dei vignaiuoli. Dio non lascia loro campo
libero, egli stabilisce il suo governo e
riporta la vita e la speranza là dove
i vignaiuoli avevano portato la morte
e la disperazione. Come credenti dobbiamo cogliere e vivere fino in fondo
questa prospettiva di speranza. Finché
Dio regna, e non i cattivi vignaiuoli,
è possibile un nuovo inizio. Ma nella
Bibbia, sia nell’Antico che nel Nuovo
Testamento, un nuovo inizio presuppone sempre il ravvedimento. Senza
ravvedimento non c’è nuovo inizio. Il
ravvedimento è l’unico inizio, è runico atto positivo e creativo. Qggi molti, nei giorni inquieti e agitati che
stiamo vivendo, invocano forse anche
tra noi lo Stato forte, l’uomo forte.
Credono che questo sia il rimedio. Invece è solo una pericolosa illusione di
cui tutti si devono liberare. Che cosa
vuol dire « Stato forte » se noii, nei
termini della parabola, dare più potere ai capi sacerdoti e ai Farisei? Ma
se son loro il pericolo! Il rimedio non
è avere dei Farisei più forti (lo « Stato forte ») — lo sono già abbastanza! — ma è che i Farisei si ravvedano
(una società diversa,- rinnovata). L’esigenza evangelica non è 1’« Qrdine » ma
il cambiamento (ravvedersi significa
cambiare, davanti a Dio e secondo la
sua parola); noi non siamo per lo Stato forte ma per ura società nuova.
E se i capi sacerdoti e i Farisei non
si ravvedono, che succederà? La parabola è espl'cita al riguardo. « Il padrone della vigna verrà... e darà la vigna ad altri » (v. 9). Sappiamo che cosa vuol dire in senso proprio: Dio
chiamerà un altro popolo — i pagani
— a testimoniare di lui fra gli uomini e a portare frutto. Nella lettura politica della parabola che proponiamo
quella frase significa: Dio toglie il potere a chi ce l’ha e lo dà ad altri che
non l’hanno mai avuto. Amen.
Paolo Ricca
iiiimiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiimiiiiiiiiiiiimi
“Se un membro soffre...”
(segue da pag. 3)
democristano e tenere dei discorsi che i fascisti applaudiranno? Lei si è assunta una grossa responsabilità, patrocinando una testimonianza come quella del pastore Wurmhrand,
di cui non si vuole negare l’autenticità, ma
che per essere utile all’Evangelo e non solo
alla DC o al fascismo (siamo in tempo preelettorale), dovrebbe essere impostata in maniera totalmente diversa.
6) Concludo con alcuni suggerimenti,
a) Non è lecito né umanamente né cristianamente presentare i comunisti come
« peccatori » e « criminali », come avviene nei
messaggio del past. Wurmhrand « Se un membro soffre ». Espressione di questo genere dovrebbero scomparire del tutto. Se non scompaiono, il messaggio diventa inascoltabile. Purtroppo tutta la testimonianza del past. Wurmbrand è imbevuta di anticomunismo tanto radicale quanto sommario e appare praticamente impossibile emendarla : occorrerebbe riscriverla.
, b) La sofferenza dei cristiani nei paesi
dell’Est deve essere conosciuta, la loro persecuzione deve essere denunciata, e non solo la
loro ma anche quella di tanti altri dissidenti
non cristiani. Questo implica la denuncia dell’aspetto repressivo e totalitario del regime comunista ma non la condanna globale del comunismo. La persecuzione dei cristiani (o di
una frangia di essi) e di altri dissidenti non è
l’unico metro sul quale si deve giudicare il
sistema comunista e soprattutto non si deve
utilizzare questa persecuzione per condannare
in blocco il comunismo.
c) Occorrerebbe inquadrare la testimonianza del pastore Wurmhrand in un contesto molto preciso i cui elementi costitutivi dovrebbero essere: 1) Rifiuto dell’anticomunismo
sommario con le sue tinte fosche e soprattutto
il suo quadro in bianco e nero. 2) Diffida nei
confronti di una strumentalizzazione elettorale di questa testimonianza (a favore della DC
e dei partiti “sicuramente anticomunisti”, a
cominciare dal M.S.I.!). 3) Coscienza che da
un certo anticomunismo del tipo di quello di
cui è intrisa la testimonianza del past. Wurmbrand, è facile passare al fascismo. 4) Affermazione chiara di solidarietà per i cristiani
(e i non cristiani) perseguitati nei paesi dell’Est e in tutti gli altri paesi, compresi quelli
occidentali (molti cristiani sono imprigionati
e torturati in Brasile, ad esempio, ma anche
negli USA ci sono stati e ancora ci soiio dei
cristiani imprigionati per la loro testimonianza evangelica, ad esempio contro la guerra del
Vietnam o per i diritti civili ecc.). Solo in questa ampia visuale e fuori dalle strettoie di un
anticomunismo alla Pio XII e di una crociata
anticomunista il cui risvolto è una implicita
ma ugualmente indebita celebrazione dell’Occidente, la testimonianza del pastore Wurmhrand
è da ricevere e meditare. Nel quadro in cui
ora è posta e si presenta essa difficilmente può
servire alla causa dell’Evangelo.
La ringrazio della pazienza avuta a leggere
queste righe. Non so se le saranno di qualche
utilità. La saluto fraternamente
Paolo Ricca
llllllllllUIIIIIIIIIIIIIIItllllllllllllllllluillllllllllllllllllllilll
La settimana
del prof. Vinay alle Valli
(segue da pag. 4)
la scuola con i suoi insegnanti e studenti. L’attualità del messaggio biblico deve emergere dalle situazioni concrete in cui è stato pronunziato, dallo studio esegetico accurato, per intendere che cosa esso ha significato
allora, al tempo di Amos, di Geremia
o dell’apostolo Paolo .. Sebbene l’insegnante appartenga ad una determinata confessione cristiana, non deve far
pesare la struttura dogmatica della
sua chiesa sull’insegnamento e sulla
interpretazione biblica... La fede non
può venire insegnata all’alunno, e
quindi neppure gli può venire imposta
una determinata dottrina ecclesiastica... Qgni tono moralista e predicatorio sarebbe fuori posto... Non è neppure lecita una intromissione di interessi sociologici, umanitari, politici.
Caso mai sarà il vangelo che potrà
rendere interessante la sotiologia, e
non viceversa. La preoccupazione deV essere soltanto di sviscerare il senso del testo, e non sarà un risultato
disprezzabile, se così facendo si lascerà che le parole abbiano-di nuovo tutto il loro significato pregnante, e si
riuscirà a far capire agli allievi credenti e non credenti che la fede biblica non è quel cristianesimo banale
che essi hanno tutti i g’orni sotto gli
occhi ».
Lo stesso argomento dell’insegnamento relig.oso veniva poi ripreso come tema di discussione in un incontro di insegnanti il sabato 18, dal
quale emergevano le due necessità più
urgenti in questo momento: quel'a
della preparazione specifi a di insegnanti (per cui possiamo annunziare
fin d ora 1 interesse e la collaborazione della Facoltà di Teolcg a) e quella
di un programma uniforme con. il sussidio di un testo-guida per insegnanti
ed alunni.
-A * *
Nel corso della settimana, il prof.
Vinay ha tenuto poi diverse lezioni
agli studenti della Scuola Latina, della Scuola Media e del Liceo-Ginnasio
di Torre, sull’argomento dell'evangelizzazione in Italia ai suoi inizi. Tema
che è stato oggetto di cinque lezioni,
tenute da lunedì a venerdì nel salone
della Foresteria Valdese, dinanzi ad
un buon pubblico. I vari momenti presentati riguardavano la situazione alle Valli prima del 1848, la situazione
delle comunità protestanti italiane
non valdesi prima di tale data, i primordi dell’evangelizzazione valdese, i
movimenti « evangelici » in Italia a cavallo del 1848, e infine rincontro-scontro del Valdismo con il nuovo evangelismo risorgimen'ale: una panoramica necessariamente succinta della
complessa vicenda del Protestantesimo in Italia fino al 1860 circa, con le
sue difficoltà interne ed esteriori, le
sue compon'i'iti ed i suoi problemi; e
soprattutto la varietà delle sue figure che comprendono un Mazzarella e
un Beckwith, un De Sanctis e un J. P.
Mèille; un Geymonat e un Piero Guicciardini, per non citare che alcuni
nomi.
Nel pomeriggio di domenica 19 (al
mattino, culto ad Angrogna) il prof.
Vinay concludeva il suo ciclo di lezioni con una conferenza, seguita attentamente da un numeroso pubblico,
sulla « Spiritualità del primo periodo
dell’evangelizzazione ». Da e-sa emergevano le varie componenti che nell’unico desiderio di annunc are la Parola al popolo italiano, sottolineavano
or l’uno or l’altro dei multiformi
asnetti del Protestantesimo.
Tutte le conferenze e le lezioni sono state seguite da interessanti discussioni.
Al prof. Vinay, il vivo ringraziamento per la sua settimana di fatiche.
H.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiimiiiimiimimiiiiiimimimimiiMm
CASA VALDESE - VALLECRQSIA
Colonia marina 1972
La Casa Valdese di Vallecrosia rende noto che si sono ultimate le iscrizioni di bambini presso la sua Colonia Marina per raggiunti limiti di disponibilità.
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
Coop. Tip. Subalpina - Torre Pellice (Torino)