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Anno 125 - n. 47
1° dicembre 1989
L, 900
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delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
LA SCOMPARSA DI SCIASCIA
UNGHERIA
Un uomo critico
Qualche tempo prima dì partire per Rìesi per iniziare, insieme ad un piccolo gruppo di credenti, il progetto del Servizio
Cristiano, l’amico Giorgio Tourn
mi prestò « Le parrocchie di
Regaipetra ». Non era il primo
libro di Sciascia, ma quello che
lo re^ noto. La descrizione delì’ambiente della cittadina di Racalmuto, a 18 chilometri da Agrigento, era per me un’ottima
preparazione. Ben presto potei
constatare che la città di Riesi,
le sue abitudini, la sua mafia,
non erano molto dissimili da
quelle della città natale dello
scrittore.
Quando sei anni più tardi partì ^1 Servizio Cristiano l’invito
agli intellettuali siciliani per un
incontro al « Monte degli ulivi »
finalizzato ad un comune impegno per la rinascita della Sicilia, Sciascia vi aderì e fu la
prima volta che lo conobbi personalmente. Nacque allora quella che chiamavamo la «Libera
Assemblea »: ebbe breve durata, tre anni, ma il suo ricordo rimase vivo in tutti. Il nome
« Libera Assemblea » diceva già
la natura di questo incontro
privo di ogni burocrazia e, addirittura, di ogni organizzazione.
V’era solo un incaricato che faceva da « postino », cioè smistava la posta fra i vari consociati, e basta.
Sciascia, nella Libera Assemblea, era il perenne pessimista,
com’era del resto sua natura.
Non si faceva illusioni sulla natura umana, anche se questo
non gli impediva di impegnarsi
nella società. La sua era una
critica scevra da ogfni tentativo
di affermarsi. Tanto era duro e
polemico, tanto era umile. Così
è stato fino alla fine, chiedendo
che^ i suoi funerali fossero semplici, senza necrologie e camere
ardenti.
Nella seconda riunione della
Libera Assemblea, quando si
discuteva della « Carta » dei
principi che dovevano caratterizzarla, egli disse che era meglio
scrivere semplicemente su un
foglio le cose che dovevamo fare
insieme. Ed aveva profondamen
te ragione perché nel nostro
Biondo politico troppi danno
contributi dì belle parole, ma
queste non sono seguite da atti
concreti. E noi stessi credenti
possiamo rilevare che se la nostra confessione di fede è essenziale nelle motivazioni della nostra condotta, essa è vana se
non si incarna nella vita. L’agàPc è la prassi della fede, ma
questa senza l’agàpe è nulla (I
Cor. 13: 2).
Il contributo critico di Sciascia
era importante per tutti noi,
tanto più che egli non era mai
distaccato dalla realtà, come lo
sono spesso i pessimisti; ma è
stato sempre un lottatore, contro la mafia, contro la corruzione, contro la sete del potere,
tarlo della politica, e via dicendo. I suoi libri lo dicono. In
Un’altra Libera Assemblea, a
Caltagirone, in cui Sciascia era
apiente, ci fu uno che Io criticò... Allora il sen. Simone Gatto attaccò con violenza il malcapitato, indicando in Sciascia
un uomo che poteva esserci
niaestro di vita.
I giornali sono pieni di articoli
su questo grande scrittore che
ci ha lasciati, non è il caso di
ripetere le tante cose dette. Ho
voluto soltanto dare una testimonianza, anche se limitata, a
questa grande personalità i cui
scritti ci parleranno per lungo
tempo interrogandoci e, anche, angosciandoci.
Sciascia era credente o no?
Questa è una domanda a cui è
difflcile, forse impossibile, rispondere. « Chi conosce le cose dell’uomo se non lo spìrito dell’uomo che è in lui? » (I Cor. 2: 11).
Ricordo un suo articolo (1976).
Diceva press’a poco così (lo cito a memoria): « Io che mi dico
non credente un giorno mi fermo
sul marciapiede della tal via ed
ho tutti i dubbi sulla mia incredulità... Lo stesso giorno sul
marciapiede opposto si ferma
un credente e gli sorgono
tante incertezze sulla sua fede... ». Posizione dialettica che
indica la sua apertura ai vari
orientamenti di pensiero e di
fede. L’ho constatato in certe
situazioni anche alla Libera Assemblea.
I funerali in chiesa? Non dicono molto: può avervi consentito per non dispiacere alla famiglia, può aver risolto i suoi
dubbi con un « sì » alla fede;
può essere accaduto che la società che lo circondava abbia
agito secondo le consuetudini
per forza d’inerzia. Il giudìzio
che conta non è il nostro, ma
quello di Dio. E l’Iddìo di Gesù
Cristo fa piovere e splendere il
sole sui credenti e non credenti. In Cristo è stato tolto il muro di divisione.
Leonardo Sciascia, uomo di
poche parole e severo critico, ci
lascia un richiamo alla serietà
dei nostri impegni ed alla sincerità delle nostre convinzioni.
Tullio Vinay
Le chiese per i profughi
Sono in gran parte rumeni di origine ungherese: come gli altri esuli
hanno bisogno di assistenza, casa, lavoro e soprattutto di libertà
« Tra il gennaio '88 e la fine ottobre delV89, l'Ungheria ha accolto 30 mila rifugiati, di cui 24
mila sono rimasti. 18.500 sono rumeni di origine ungherese, 4.000
sono rumeni, e gli altri nigeriani, somali, vietnamiti, senza contare i tedeschi dell’est, che sono
transitati in almeno 50 mila »:
così il vescovo luterano Bela Harmati ha illustrato la situazione
nel suo paese al gruppo di lavoro
misto della Conferenza delle chiese europee (Kek) e del Consiglio
ecumenico delle chiese (Cec) sui
rifugiati, che si è riunito a Budapest dal 19 al 21 novembre scorso.
« Ogni mese vengono nel nostro
paese dai mille ai milleduecento
rifugiati; hanno bisogno di tutto:
casa, lavoro, assistenza medica •—
spiega il past. Berthalam Thamas, responsabile del servizio
dei rifugiati delle chiese riformate —; così le chiese si sono date
da fare ed hanno organizzato dal
nulla dei centri di accoglienza ed
assistenza ».
Una persecuzione
vergognosa
In maggior parte i profughi
provengono dalla Romania di Nicolae Ceausescu e sono dei riformati. Le ragioni della persecuzione del regime rumeno contro
la popolazione della Transilvania
sono note. Per far posto a nuovi e
moderni insediamenti industriali
il governo rumeno ha deciso di
abbattere 7 mila villaggi e di
« trasferire » gli abitanti in nuove abitazioni (condomini) a centinaia di chilometri di distemza.
« Dopo un primo momento in
cui l’azione repressiva era affidata alla polizia — continua il pastore Thamas — il governo ha
deciso di tagliare il gas, l’acqua,
la luce elettrica a quanti resistono. Chi resiste non ha poi diritto
alla scarsa assistenza medica ed
inoltre è ormai proibito parlare
in ungherese anche nell’intervallo
tra una lezione e l’altra a scuola ».
Senza contare poi che la Romania sta vivendo una gravissima
crisi economica e ormai scarseggiano i generi di prima necessità.
Così le due minoranze, quella di
lingua ungherese e quella di lingua tedesca (sassoni, in gran parte luterani), sono costrette ad emi
AVVENTO - 2
Le vie delLEterno
« Consolate, consolate il mio popolo, diee il
vostro Dio... ». « La voce d’uno grida: Preparate
nel deserto la via dell’Eterno...» (Isaia 40: 1, 3).
La seconda domenica dell’Avvento ci porta alla
meditazione del Secondo Isaia. Israele sta vivendo
una delle ore più tragiche della sua storia. Gerusalemme è stata conquistata dai babilonesi, che
ne hanno deportato la parte più efficiente della
popolazione. I giuochi sono fatti. Israele sarà cancellato come uno dei tanti popoli vinti, ridotti in
schiavitù. Anno 587 a.C.: tempo di conclusione di
un tempo di violenza e di morte.
Ma proprio fra gli esiliati sorge una speranza.
Un grido si fa sentire. E’ una voce di consolazione. In Israele « consolazione » non significa accettazione della sconfitta, rassegnazione, ma esattamente il contrario: consolazione di Dio. Dio ha
pietà del suo popolo; si curva verso gli oppressi,
i vinti. E lo fa con una generosità mai vista, coti
un perdono, una grazia mai prima rivelata. Gli
dèi babilonesi non distruggeranno il Dio d’Israele.
La chiesa vedrà in questo intervento l’appari
zione del Regno di Dio: Dio viene a sconvolgere
il corso « normale » della storia. La sua venuta
penetra come un piccone, come una vanga nelle
sabbie del deserto. Una via si apre dove nessuna
via era tracciata. « Preparate nel deserto la via
dell'Eterno, appianate nei luoghi aridi una strada
per il nostro Dio! ».
L'intervento di Dio si riverbera nella nostra
vita: dove il deserto della solitudine, dell'angoscia.
della vittoria del male, in tutte le sue forme, sembrava avere piegato ogni opposizione, la speranza
risorge. Un popolo si rialza dalle ceneri.
La via di Dio diventa la via del ravvedimento,
della ricerca della sua volontà. Un nuovo principio
si verifica: la chiesa può riprendere un cammino;
può cantare un nuovo cantico.
Come Israele ritroverà la via di Gerusalemme,
così anche la chiesa ritroverà la sua via. Sarà la
via della gloria del Signore! Ogni carne ad un
tempo la vedrà!
L’interpretazione cristiana del Secondo Isaia
sottolineerà che la consolazione di Dio sarà contemplata tanto da Israele quanto dalle genti. I
popoli si sveglieranno dal loro travaglio e cammineranno nelle vie del Signore.
L’Avvento sarà, nella storia della chiesa, inteso come la manifestazione gloriosa di Dio alla
fine della storia del mondo. Ma la predicazione
del Regno di Dio sarà altresì intesa come predicazione del Signore Gesù Cristo che viene, libera,
riforma, consola il suo popolo, nel passare dei secoli. Così suona la preghiera di questa domenica:
« Signore Iddio, che hai mandato il tuo Figlio in
questo mondo affinché prenda possesso di quel
che è suo, prepara noi oggi a riceverlo, in modo
che il nostro cuore non sia più attaccato al mondo,
ma venga consolato e rallegrato dalla vicinanza
del tuo Figliuolo, che con te e lo Spirito Santo
vive e regna in eterno ».
Carlo Gay
grare. I sassoni desiderano però
andare in Germania, dove possono diventare cittadini tedeschi
con tutti i diritti di questi ultimi,
mentre per la minoranza di lingua ungherese il luogo dell’emigrazione resta l’Ungheria.
« Abbiamo gravi problemi sanitari — prosegue Thamas illustrando il lavoro di un centro alla periferia industriale di Budapest —; con l’aiuto di medici sensibili riusciamo a piazzare alcuni
malati gravi negli ospedali, ma
il più delle volte dobbiamo separare le madri dai figli malati, e
questo è un dramma. A volte non
facciamo in tempo; la settimana
scorsa ci è morto tra le braccia
un ragazzo di 8 anni, per una polmonite non curata in Romania ».
Mobilitazione
nelle chiese
Le chiese evangeliche, aiutate
dalle agenzie europee e dalle chiese, stanno facendo del loro meglio
per aiutare i profughi. 1 templi
sono stati trasformati in grandi
magazzini dove vengono stipate Je
casse di indumenti che arrivano
dai parrocchiani e dalle chiese tedesche e dove questi vengono distribuiti.
Le chiese distribuiscono anche
sussidi (3(K) fiorini la settimana
per persona, circa lO.fKX) lire come
potere d’acquisto) e soprattutto
svolgono un lavoro di assistenza
spirituale ai profughi che nessuno fa: sostengono i contatti con
quei pastori e quei consigli di
chiesa che in Transilvania mantengono viva la resistenza al regime, come il past. Lazslo 'Tokés
di Timisoara, che ha rifiutato
di abbandonare la città ed è ora
minacciato di morte.
« La gente viene nelle nostre
chiese — dice Thamas — non
solo per gli aiuti, ma anche per
partecipare pienamente alla loro
vita. Abbiamo infatti deciso di non
distribuire più viveri, indumenti
e sussidi al termine dei culti, e la
partecipazione dei profughi non
è diminuita. Il nostro compito
oggi è quello di costruire la comunità ungherese, autoctoni e
profughi insieme ».
Giorgio Gardiol
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commenti e dibattiti
1° dicembre 1989
LE VOCI SU
VILLA OLANDA
Caro Direttore,
già quaiche mese fa scrissi chiedendo i motivi per cui si riteneva opportuna ia chiusura di Viila Olanda,
un'opera in attivo e molto necessaria.
Da allora, anche se probabilmente il
problema è stato discusso al Sinodo,
si sono sparse • voci ■ contrastanti:
1} La possibilità di procedere a una
raccolta di fondi per i necessari lavori di ristrutturazione. Questa proposta fu accolta da me e da altri con
gioia. La villa era stata nel 1975-76
in gran parte ristrutturata sotto la competente direzione del compianto ing.
Vittorio Ravazzini e nel 1986 era stato rifatto — penso in ottemperanza alle
norme vigenti — l’impianto elettrico
ed erano stati installati due ascensori.
Ci preparavamo con gioia a contribuire secondo le nostre disponibilità e
secondo le modalità e i tempi indicati.
2) La probabilità di vendere — per
sopperire al gravissimo debito relativo alla ristrutturazione del Rifugio
Carlo Alberto — tutta la proprietà a una
società finanziaria (sostenuta da una
alta personalità) che intenderebbe farne una casa di riposo a prezzi elevatissimi per i futuri pensionanti. Questa
« voce » mi ha profondamente scandalizzata in quanto contraria ai principi evangelici. Né coloro che hanno donato Villa Olanda alla Chiesa
valdese, né coloro che vi hanno lavorato con amore e dedizione per anni, né coloro che, sia pur modestamente, hanno contribuito a mantenerne
attivo il bilancio, né tutti coloro che
sentono profondamente l'impegno cristiano di sopperire alle necessità dei
più deboli e dei più poveri potrebbero
approvare una simile decisione. A Villa Olanda infatti, oltre a pensionanti
che pagavano la retta intera, sono
state ospitate persone con disponibilità
finanziarie molto limitate, le quali hanno trovato nei loro ultimi anni il conforto di vivere in un ambiente evangelico a loro congeniale. L'eliminazione
di una simile opera a favore di una
azienda puramente commerciale per
« soli ricchi » — ve ne sono già molte in Italia, due proprio vicino a
casa mia — sarebbe un'operazione
redditizia e felice in un’ottica puramente finanziaria, ma non in quella
cristiana.
Ci dichiariamo pronti ad aiutare in
tutti i modi possibili gli amministratori
a risolvere i gravi problemi che incombono. Chiediamo soltanto che ci venga
detto con chiarezza che cosa bisogna
fare sia per evitare la chiusura di
Villa Olanda, sia per colmare 11 deficit
relativo al Rifugio Carlo Alberto.
Cordialmente.
Mary Corsani, Sori
G.G.
PER L’AUTONOMIA
DELLE VALLI
Caro Direttore,
diritti dei popoli o diritti umani?
Così si intitola un articolo di Alberto
CorsanI sul numero del 3 novembre.
Se si intende mettere gli uni e gli
altri sullo stesso plano, e c'è anche
chi sostiene che l’uomo si può esprimere bene solo come membro del
suo popolo, della sua etnia (uso una
parola che non mi entusiasma), debbo dire: assolutamente no. Anche chi
rifiuta le proprie origini non può prescinderne, come non si può prescindere da altri legami che abbiamo con
Attenzione alle ”aoci”. Possono essere infondate e allora si rischia di denigrare. Ci risulta che la Tavola, prima di procedere, aspetti proposte e impegni concreti da parte degli amici
di Villa Olanda.
gli altri uomini e donne, ma è un diritto anche il rifiuto.
Fra l’individuo e Dio, l’universo, la
società, o forse l'ecclesia, non ci
sono corpi intermedi di pari importanza. Questi sono tutti contingenti:
popoli, stati, confessioni, partiti, associazioni eco. Gli etruschi non ci sono più, anche se vive la loro eredità. Detto questo credo che si debba
parlare di autonomie, diritti uguali ecc.
Sono un post, non un prius.
Detto questo io sono per l'autonomia
delle nostre valli, territoriale, sono per
la lingua occitana, per il patois, che
non hanno solo lasciato un'eredità ma
sono ancora vivi nelle nostre valli e
con un potenziale di sviluppo come
lingua autonoma; e in queste valli
sono per il francese, e adesso anche
per l'italiano. L’autonomia delle valli
deve essere istituzionale, per I cittadini siano essi occitani o no, salvi dei
diritti degli occitani e non occitani
dentro e fuori di questo ambito territoriale. Non vedo un dovere di essere francesi, italiani, occitani o piemontesi, ma opportunità, convenienze, che possono avere radici molto
profonde.
Ho letto con interesse la lettera di
Gigi Sapone del 17 novembre. Si è
spesso vagheggiata, prospettata una indipendenza, un'autonomia delle nostre
valli e, più ampia, delle Alpi che coprono il confine fra gli attuali stati
francese e italiano, e ci sono dei precedenti di attuazione parziale.
Le Alpi centrali e orientali hanno
oggi degli stati (Svizzera, Austria,
Slovenia). Non è successo lo stesso
qui dove le Alpi paiono più strette e
dalle due parti c'è una comune origine
romanza. Così è andata la storia del
millennio che finisce.
Arrivando il nuovo mi pare ohe sia
opportuno cambiare. Un' inversione di
tendenza si è delineata, nuovi assestamenti sì profilano. Come l'unità d'Italia è stata un progresso, ma è superata, così si spera che sarà una
unità europea, da cui pure bisogna
cominciare a sapersi difendere mentre
la si fa. Per esempio bisogna costruire un’Europa laica, rispettosa, e non
confessionale o pluriconfessionale. E
si possono dare altri esempi. Non c'è
da pianificare per l'eternità.
Che fare ora e per un avvenire a
media scadenza? Per che territorio,
quale area? Tutte le Alpi occidentali
sui due versanti? Solo quelle eccitane? Non c'è solo un problema di
lingua e di cultura, ma di ambiente,
che qui è di montagna, di mediazioni,
di originalità o come si dice di identità (che significa?). Si può volere
uno stato o ministato o mezzostato, o
regione, che si possa integrare in una
federazione europea.
E’ da un po’ che si parla dì cominciare con una provincia, che potrebbe
stare sopra le eventuali metropolitana
di Torino e pedemontana o pedemontana da Cuneo a Ivrea passando per
Pinerolo. Questa provincia autonoma
si articolerebbe su alcuni distretti,
uno dei quali comprenderebbe le valli valdesi; ed anche eventualmente
l'alta valle di Susa. Di qui si può
cominciare accorpando due attuali Comunità Montane più almeno Prarostino. Hanno sempre voluto divìderci.La
tecnologia oggi può aiutarci. CI vogliono più strade, anche traversali. Innanzitutto occorre una presa di coscienza, una volontà dì uscire dal sonno e dal sogno e non cascare negli
incubi. Non lasciarsi superare dagli
avvenimenti. Qualcuno troverà che in
fondo quel che dico è banale? Fosse
vero.
UN VERO SIMBOLO
Egregio Direttore,
tempo fa abbiamo partecipato a Pradeltorno, in vai d'Angrogna, al culto
per l'inaugurazione dei restauri al Collegio dei barbi.
Il tetto che stava per crollare è
stato rifatto come era in passato e
tutti gli ambienti di questa « facoltà »
di teologia del medioevo sono stati
restaurati egregiamente.
Chi, arrampicandosi fin lassù, rifletterà sulla lunga lotta del popolo valdese e dei suoi barbi, troverà un insieme architettonico suggestivo e perfettamente intatto.
Il lavoro fatto ha impegnato notevoli risorse economiche ed umane in
termini dì tempo, sensibilità e attaccamento alle proprie origini.
Di ciò siamo riconoscenti al Comitato dei luoghi storici, che ha saputo valorizzare le vestigio di un passato che ha ancora un grande valore
storico e di fede.
L'ambiente del Coulege, che è il
simbolo della resistenza teologica
contro la religione dello strapotere
— come ha detto il pastore di Angrogna —, se non è ridotto ad un cumulo
di rovine è perché paria ancora al nostro cuore di credenti ».
Salire a Pradeitorno è un po' risalire la storia delia nostra fede.
Fraterni saluti.
Miriam Pisani
Elio Meggiolaro, Luserna S. G.
UNA STORIA CHE
PARLA ANCHE OGGI
Con i miei saluti.
Gustavo Malan, Torre Pellice
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TORRE PELLICE
Charles Bonnet; gli appelli alla pace
internazionale e all’unione dei paesi
europei con quelli dì cui era attuazione la Pennsylvania dei Quaccheri,
promossi da William Penn e John
Bellers ». Non crediamo di ravvisare
un cedimento in questo senso. Ora
come allora si vedono, e proprio nella realtà valdese-metodista, uomini che
hanno Continuato sulla scuola dei propri padri. Sono cambiati i quadri scenografici della storia e sono cambiati i nomi, le persone: agii storici di
allora si sono aggiunti gli Spini, ie
Peyrot di oggi, a chi parlava di scienza sperimentale e di teologia protestante si è aggiunta Conoscenza
scientifica o fede di Elena Bein e
Giovanna Pons, agli appelli di pace internazionali si è aggiunta la voce di
Valdo Spini, del pastore COmba, che,
se pur in ambiti istituzionali diversi,
ricordano agli italiani tutti, cattolici e
appartenenti alle confessioni minoritarie, che « l'Italia è partecipe di una
Europa che sarà sempre più unita
economicamente, ma che lo vuole essere anche culturalmente e socialmente. In Europa si presentano e si presenteranno sempre di più aspetti di
pluralismo razziale, religioso e socioculturale ».
darvi voce. Ma i valdesi-metodisti non
cercano uno spazio geografico. Dai silenti pulpiti dei templi di Torre Pellice, del Serre, di Bobbio, del Ciabas,
tappe di una loro storia, nel ricordo
del monito lanciato da Calvino: ,« Ecclesia reformata semper reformanda », che
è garanzia di una revisione continua,
attenta, scrupolosa, hanno saputo lanciare messaggi di urgente analisi e
rintracciare le tracce della nuova crisi europea che, imprigionata nel <■ materiale ». smarrisce la dimensione dello « spirituale ».
Trecento anni or sono Torre Pellice
e le sue valli erano scosse dal fremito di un pugno di montanari che,
uniti e sorretti da una fede incrollabile
e dalla convinzione di aver assorbito dal protestantesimo e dalla cultura degli Grange le tradizioni di libertà civile e di pacifica convivenza tra
fedi diverse, ricercavano la patria dei
propri padri per dimostrare ai rappresentanti della chiesa acciarata che
il vecchio popolo tornava tonificato,
rinfrancato, nella originale convinzione dì « avere libertà di coscienza e
di culto » e di essere detentore di
valori che l'usura del tempo, le conflittualità ideologiche, politiche, sociali e religiose non avrebbero certo potuto ritenere superati (...).
Non è una storia in dissolvenza, quella dei valdesi-metodisti. E’ una storia
che grazie agli storici come Spini,
che prima di essere storici sono metodisti, si tinge di una luce più abbagliante togliendo forse in maniera definitiva quelle ombre che volevano
obliare un passato glorioso. E' evidente che ora appare una « minoranza »
che, benché numericamente piccola, è
dotata di forti idealità, di contenuti
di alto spessore e di un coraggio
più vigoroso di quello dimostrato nel
1689, perché poggiato su strumenti
culturali affinati da un'attenta indagine critica e speculativa, peraltro non
nuova nel quadro culturale del protestantesimo. Infatti fu questo atteggiamento culturale che portò la
chiesa protestante alla profonda trasformazione avvenuta tra la fine del
Seicento e l’inizio del Settecento, al
sorgere del liberalismo. E' Giorgio
Spini a ricordare • quel connubio prodigiosamente fecondo tra scienza sperimentale e teologia protestante, di
cui furono eponimi Robert Boyle e
Isaac Newton; l'intreccio tra matematica e fede di Leibniz ed Eulero
con l'evoluzionismo cristiano di
Si delinea ora più nettamente che
è proprio dal popolo-chiesa valdesemetodista che vengono chiari messaggi per un rinnovamento istituzionale, politico, culturale che trova terreno di coltura in quell’educazione
alla « tolleranza » che fu vessillo,
punto focale, certezza del superamento di atteggiamenti sterili, di arroccamenti. Non è difficile per loro parlare di violenza, dì ingiustizia creata
« dalle virtù virili », della povertà del
terzo mondo, della questione degli armamenti, dell'ora di religione. Si sono posti la domanda del che fare;
forse hanno trovato la risposta, ma
manca loro « lo spazio » entro cui
Riteniamo però che non siano stati
solamente i contenuti e i metodi storiografici, sviluppatisi durante il convegno, ad attirare l'attenzione della più alta carica dello Stato; verosimilmente
è stata anche la forma, che ricorda un
antico stile inglese entrato ormai a
far parte delle permanenze storiche
valdesi-metodiste, a chiamare personalità così alte e rappresentative al massimo livello delle istituzioni repubblicane italiane. Lì, a Torre Pellice, non
si è recitato in piazza, né si è usata arroganza, né tanto meno si è fatto ricorso a un attento e accorto uso propagandistico del media, a cui purtroppo altri
ci ha abituato, né sono stati lanciati
strali 0 ingiurie.
Han ricordato dal pulpito prima e
dal tavolo del thè poi, al governo e
più in generale alle istituzioni, di essere
rispettosi delle minoranze, specie di
quelle che da tempo, utilizzando i saperi e la cultura come unici strumenti,
siedono attivamente e con pari dignità
tra gli esponenti delle culture europee.
Certo si è che quanti persistono in
atteggiamenti e chiusure dogmatiche
rischieranno di rimanere chiusi soltanto in recinti assiomatici dove la polvere
del tempo ergerà monumenti all'intolleranza.
M. Maltagliati - T. Russo, Milano
Nuovo indirizzo
Il pastore Giovanna Pons comunica
il suo nuovo indirizzo: Chiesa evangeiica valdese, viale Curtatone 17,
53100 SIENA - Tel. 0577/40512.
w delle valli valdesi
settimanale delle chiese valdesi e metodiste
Direttore: Giorgio GardioI
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Rostan
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Bo, Alberto Bragaglia, Franco Carri. Franco Chiarini, Rosanna Ciappa Nitti, Gino Conte, Piera Egidi, Emmanuele Paschetto, Roberto
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10125 Torino
Estero
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L. 22.000 Ordinario (via aerea) L. 110.000
L. 65.000 Sostenitore (via ae-
L. 80.000 rea) L. 130.000
n. 20936100 intestato a A.I.P. ■ via Pio V, 15
Il n. 46/'89 è stato consegnato agli Uffici postali di Torino il 22 novembre e a quelli delle vaili valdesi il 23 novembre 1989.
Hanno collaborato a questo numero: Marcella Barsotti, Jolanda De Bernardi, Wanda Malan, Luigi Marchetti, Gregorio Plescan, Francesca Reggiani, Liliana Viglielmo.
3
r dicembre 1989
commenti e dibattiti
LIBRO O TELEVISIONE?
GLI AVVENTISTI
I bambini e la lettura
L’esempio dei genitori e la lettura ad alta voce avvicinano alla parola scritta - Il bambino deve trovare un significato in ciò che fa
Una recente indagine Boxa sulle abitudini dei bambini dai 6
ai 13 anni rileva che il 30% degli intervistati (35 maschi e 24
femmine) non legge neanche un
libro all’anno, il 20% ne legge
uno e solo FU,2% sei o più. In
compenso il 25,8% possiede un
computer (e lo usa in particolare — 94,2% — per fare giochi
elettronici) e il 90% guarda ogni
giorno la TV.
Questi rilevamenti statistici
fanno riflettere: ritengo che valga
la pena di valutare alcuni aspetti del problema e cercare di
trame indicazioni operative.
Interrogarsi su come sollecitare nel bambino il desiderio di
leggere dev’essere, a mio parere, il punto di partenza. E’ dimostrato che l’apprendimento
della lettura inizia nei primi anni di vita con il vedere i genitori con un libro in mano: comincia cioè a palesarsi il mondo della carta stampata, nasce la curiosità per quella moltitudine di
strani segni di cui si ignora il
significato. Successivamente i
simboli, decodificati attraverso le
parole lette ad alta voce dall’adulto, aprono al bambino un
mondo dove l’immaginazione e
la curiosità, che costituiscono
tanta parte della sua vita, trovano appagamento.
L’approccio più stimolante alla lettura avviene dunque nella
famiglia, sia per imitazione sia
tramite l’educazione all’ascolto.
Su questo secondo punto è da
sottolineare l’importanza che riveste per il bambino in età prescolare il legame stretto che si
instaura tra figlio e genitore
quando questi « fa vivere » i personaggi del racconto in un intreccio sempre più catturante.
A. Danieli, esperto in psichiatria, a proposito della fiaba come fattore di esperienza, sottolinea in un intervento su « Scuo
Bambini,
televisione
e libri.
E’ giusto
invogliarli
a leggere
di più ^ ma non
costringendoli
a tutti
i costi.
la viva » (rivista di problemi di
didattica) che, nell’ambito dei
processi di sviluppo psicologico
dell’individuo, la « storia » costituisce una fonte insostituibile di
contenuti, risposte e modelli di
riferimento e non, come si crede
solitamente, «un momento distaccato di svago ».
Nel caso in cui il bambino già
grandicello si dimostri pigro di
fronte alla lettura e quando i
tentativi dei genitori falliscono
miseramente (vedi acquisti ripetuti di libri destinati ad essere
solo sfogliati), capita che vengano messi in atto interventi grazie ai quali l’amore per la lettu
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ra rischia di svanire quasi del
tutto.
Desidero indicarne alcuni, prendendo spunto da una serie di
considerazioni fatte anni or sono da G. Rodari e tuttora valide,
nella speranza di indurre ad evitarli:
— presentare il libro come alternativa alla TV, negando un divertimento nell’intento di fame
accettare un altro non scelto;
— dire ai propri bambini che
quelli di una volta leggevano di
più, richiamando un passato che
appartiene esclusivamente ai genitori;
— obbligare i figli a leggere,
trasformando in « compito » ciò
che dovrebbe invece essere svago e divertimento;
— ritenere che la causa del
mancato approccio alla lettura
siano le troppe distrazioni. (Una
adeguata organizzazione del temno libero e delle occupazioni, volendo, lascia ampiamente posto
al libro: tutto dipende dal valore che questo assume nella famiglia, nella scuola, nel vissuto
del bambino);
— proibire la lettura dei fumetti. A questo proposito è quasi assurdo pensare che vi sia un
rapporto di causa ed effetto tra
il vivo interesse per i fumetti
e il totale disinteresse per i libri. L’amore per i testi scritti
ha ben altre radici.
Spostando l’attenzione sulla
scuola, ritengo che le elementari e la media costituiscano una
struttura unitaria che dovrebbe
garantire linee metodologiche e
ipotesi di intervento comuni. Si
continua infatti ad « insegnare a
leggere » durante tutta la scuola dell’obbligo. Se l’obiettivo è
portare l’alunno a considerare la
lettura e la comprensione del testo come mezzi di conoscenza
della realtà, diventa evidente che
questo fine non può esaurirsi nell’acquisizione della tecnica di decifrazione dei segni grafici. Si
tratta di destare interessi e curiosità e definire i mezzi e i modi idonei allo scopo. In altri terrnini, parafrasando un’affermazione di R. Gay, va tenuto pre.sente che il bambino (come del
resto l’adulto) deve trovare significato in ciò che fa e godere
di questo significato. Essere dalla sua parte in questo campo
equivale dunque a operare congiuntamente per assicurargli un
piacere che lo accompagnerà per
tutta la vita e costituirà un importante fattore della sua formazione.
Myriam Bein Buzzi
Setta apocalittica?
In risposta a un corsivo di Gianni Baget Bozzo dal titolo « I consumatori della religione » in cui l'articolista definisce la Chiesa Avventista una « setta apocalittica » {La Repubblica, 21.10.89), è apparso
sull’ultimo numero del mensile della gioventù awentista italiana
« L’Opinione » un articolo a firma di Roberto Vacca. Ve lo proponiamo nelle sue parti più significative, poiché risponde ad un’accusa
abbastanza ricorrente nella stampa italiana.
Dopo l’articolo penoso e menzognero del Corriere di qualche
mese fa (con strascichi legali ancora non risolti) è la volta del
giornale di Scalfari. Gianni Baget Bozzo, religioso sospeso « a
divinis » per il suo impegno politico nelle file socialiste, in un
commento pubblicato sabato 21
ottobre, include gli avventisti nelle « sette apocalittiche » insieme
ai Testimoni di Geova. Questi
— leggiamo nell’articolo — « assicurano ai loro membri di essere la comunità dei salvati nell’imminente fine del mondo ».
Specificatamente sugli avventisti
Baget Bozzo scrive: « Hanno successo anche gli avventisti del
Settimo Giorno, che abbondano
nel medesimo senso ».
Dobbiamo chiederci cosa ci sia
alla base di questa ostilità verso
di noi che o^i tanto affiora nella stampa laica (quella religiosa
è un discorso a parte). Secondo
il presidente delle Chiese avven-,
tiste italiane, Enrico Long, questo interesse, sia pure superficiale, è l'altro lato della medaglia
della relativa notorietà che ci
assicurano le Intese. Evidentemente paghiamo in parte lo scotto di un ruolo (quello di interlocutori ufficiali dello Stato) che
se è un diritto sacrosanto, ci ha
colto in Un momento in cui la
nostra comunità non è ancora
radicata nella società italiana, né
sul piano numerico, né a livello
di presenza nell’élite politica, culturale o economica della società. C'è dunque una sproporzione tra il nostro peso effettivo.
— a tutti i livelli — e la relativa notorietà che le Intese ci hanno assicurato nel mondo della
cultura e dell’informazione, sproporzione che amplifica la paura
inconscia del « diverso » che la
gente purtroppo ha. C’è chi afferma che per tradizione storica in Italia non esiste una « cultura del "diverso”, cioè la disponibilità mentale a rispettare chi
è diverso per razza, mentalità o
religione ». Non sarei così drastico, ma certo siamo eredi di culture monolitiche (cattolica,
marxista, vetero-Iiberale, fascista, ecc.) che si sono sempre
proposte come « soluzioni finali », in cui lo spazio per il « diverso » andava inteso al massimo come rassegnata tolleranza per
qualcosa di negativo, un atto di
carità, tutto sommato.
Questo è forse il primo punto
di un problema complesso.
L'altra chiave per capire l’ostilità di certa stampa è quella della nostra funzione in Italia. In
altre parole: cosa ci stiamo a
fare? A quale tipo di domande
diamo risposta? Baget Bozzo ci
accosta ad altri movimenti cattolici e « neoprotestanti » che offrono un « linguaggio religioso il
più possibile appiattito sui termini immediati della domanda »,
domanda che è sostanzialmente
« ricerca di significato e di identità ». In altri termini questi movimenti prosperano per un impoverimento religioso generale
(causato dalla secolarizzazione)
e contribuiscono a loro volta a
impoverire la cultura religiosa.
Naturalmente per Baget Bozzo è un’attualità fittizia; le risposte neoprotestanti hanno il
sapore del fatalismo e del disimpegno, risposte facili e rassicuranti studiate ad hoc per le incertezze della gente, e per questo tanto più pericolose perché
rispondono a bisogni precisi. In
un certo senso quando Baget
Bozzo ci ricorda che il linguaggio mistico cattolico (di francescani, domenicani, gesuiti, carmelitani, ecc.) « risponde a domande che maturano nel tempo
e hanno per riferimento una so
cietà stabile », dipinge quasi con
nostalgia il tramonto di un mondo religioso sopraffatto da una
nuova religiosità che al contrario prospera perché risponde
(superficialmente) « a esigenze
immediate in tempi di urgenza ».
Che dire? Non si può negare
che il pericolo di offrire una « religione stile optalidon » esiste
davvero.
L’errore di Baget Bozzo a mio
avviso è però quello di offrire
un quadro troppo semplificato.
Bisogna vedere se « l’offerta »
(cioè le chiese) si appiattiscono
a domande immediate o cercano anche di educare la « domanda ». Non credo che la Chiesa
cattolica abbia da insegnare granché sotto questo aspetto, parlo
naturalmente in linea generale.
Come viene spesso riconosciuto
anche in campo cattolico, la formazione religiosa è stata spesso impartita in modo superficiale, forse è stata proposta e accettata proprio per soddisfare
quei termini immediati di una
domanda che Baget Bozzo preferisce vedere come peculiare
dei nostri tempi. Non credo proprio che in passato il linguaggio
teologico e mistico della Chiesa
cattolica, a cui l’articolo fa riferimento, sia stato patrimonio di
una parte consistente dello stesso clero (per non parlare dei
laici).
Dispiace dirlo: quando l’articolista accusa i movimenti di una
diffusione del sentimento religioso anche là « dove non vi è una
cultura religiosa e non vi è il
tempo o la volontà di formarla »,
non fa che parlare della chiesaistituzione, che ben poco ha fatto a livello di massa, e che ancora oggi non prende le distanze in modo netto da fenomeni
di superstizione popolare che con
un eufemismo preferisce definire
« pietà » popolare.
La seconda semplificazione mi
sembra che consista nel considerare in modo superficiale i « movimenti »: sembra che siano realtà statiche, rigide, che o crescano come bubboni o svaniscono.
Movimenti sorti con prospettive
abbastanza ristrette e spiritualistiche (penso ai metodisti,
ai battisti e anche agli avventisti), hanno avuto la capacità di
adattarsi a nuove situazioni sociali e ai bisogni diversi delle
società in cui operavano. Per
esempio, se la Chiesa awentista
avesse mantenuto come unica
sua missione la proclamazione
del messaggio escatologico, effettivamente, avulsa come sarebbe
stata dalla società, sarebbe rientrata nel modello sociologico della setta. Ma così non è stato. E’
anzi riuscita a costituire un’imponente opera sociale in tutto
il mondo e di recente è anche
passata da una prospettiva di
pronto intervento a un’azione
volta allo sviluppo autonomo
delle popolazioni locali, senza
« ricatti religiosi ».
Qrmai è chiaro che anche la
politica, nel senso più nobile del
termine, non è più considerata
anatema all’interno della chiesa.
Essa, ristretta al piano individuale e concepita come « servizio », non è mai utilizzata come
mezzo per raggiungere il proprio « particulare » (cosa che invece il Vaticano per certi aspetti fa fatica a comprendere). Se
nel primo decennio di vita la
Chiesa awentista in generate si
riteneva l’unica depositaria della grazia, già da tempo non è
più così. Insomma, non basta
aver letto un libro o un’enciclopedia (per quanto fedele) per poter emettere un giudizio sugli
altri.
(BIA)
4
4
fede e cultura
1“ dicembre 1989
<c ESODO E RIVOLUZIONE »
UN FILM SUL SUD AFRICA
Ovunque si viva,
si vive in Egitto
Il viaggio del popolo di Dio nel deserto come chiave interpretativa
per molti episodi della storia - La schiavitù e la terra promessa
Il saggio di Walzer (1) mantiene pur sempre, anche se ormai
vecchio di qualche anno, un sapore inconfondibile di attualità nella sua presentazione dell’antico
viaggio nel deserto del popolo di
Israele come chiave interpretativa di molti avvenimenti della nostra storia di occidentali. L’Esodo, secondo questa analisi, è stato modello e punto costante di
riferimento per tutti i riformatori e rivoluzionari della storia dell’Occidente, da Savonarola a Calvino, da Cromwell a Benjamin
Franklin, da Karl Marx agli attuali teologi della liberazione.
Non è certo fuori luogo domandarsi se le purghe di Stalin (e non
soltanto quelle) possano trovare
una loro anticipazione giustificativa nella strage ordinata da Mosè (Esodo 32: 25-29) o se il riformismo, il gradualismo rivoluzionario e il messianismo utopico
facciano parte dell’eredità lasciata da questa narrazione biblica.
L’Esodo contiene molti elementi di ambiguità e di contraddizione: purghe violente, contratto-alleanza con Dio, lunga scuola dell’anima nel deserto, mormorazione e rimpianto per la tranquilla
assenza di identità nella schiavitù egiziana, volontà/speranza
di terra promessa stillante latte
e miele. In questo difficile processo verso la scoperta della propria essenza, sono state possibili differenti letture del ruolo di
Dio e dell’uomo e qualcuno ha
ritenuto di poter individuare in
quel messaggio una alternativa
radicale, una opzione « per una
speranza senza ritorno », per una
liberazione definitiva dalla storia;
si è fatto strada insomma un
ideale messianico assoluto, capace di garantire una via di fuga,
una « liberazione non solo dall'Egitto, ma anche dal Sinai e da
Canaan » (p. 91). E ne sono scaturite concezioni radicali di « società perfette », impegnate ad eliminare senza pietà ogni avversario interno o esterno. Tutte le rivoluzioni hanno giustificato la lo
ro intolleranza con questa visione.
Nel mondo contemporaneo, sono interessanti — secondo
Walzer — alcuni sviluppi di questo orientamento dottrinale come spiegazione dell’intransigenza
di Israele nei confronti degli altri popoli. Sono individuabili due
scuole di pensiero: da un lato, il
sionismo « laico », che interpreta l'Esodo in senso politico, rinunciando « al messianismo » come « salvezza religiosa » e « fine
dei giorni » (p. 92) dell’uomo: ed
è la scelta ideologica della sinistra israeliana; daH’altro, il sionismo messianico — « posizione
di destra » — che sostiene l’evidenza attuale dei segni apocalittici degli ultimi tempi, identifica la
causa di Dio con quella di Israele e interpreta l’Esodo come patto d’alleanza con Dio e « carta di
soli diritti » per Israele, senza
contropartita in doveri. Questo
modo di impostare il problema
ha fatto sentire i suoi effetti dopo la vittoria del 1967, quando
gli ebrei si trovarono di fronte a
un dilemma: o difendere a
qualsiasi costo le terre conquistate a compimento della promessa divina ad Abramo, o ricordarsi del comandamento dell’Esodo di « non opprimere lo
straniero ». Se un approfondito
esame del testo biblico suggerisce soluzioni differenti, l’interpretazione « messianica » rifiuta ogni
possibilità di discussione: il diritto di Israele deve essere considerato come prioritario.
Non tutti sono però d’accordo
con questo modo di vedere. Secondo Gershom Scholem — il
maggiore studioso ebraico di questi problemi — il vero sionismo
non può identificarsi con un intransigente e ottuso nazionalismo: deve piuttosto intendersi
come apertura alla storia, al di
fuori di ogni assolutizzazione religiosa.
L’Esodo non propone soltanto
la ricerca della propria identità
nazionale, ma anche di quella de
1979 -1989
Dieci anni a Pinerolo
daiia parte dei bambini
࣠cxinroSia^ Q 0 (p)
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^1 -- 1 lOiw
qèlle
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a 50 metri dalla banca S. Paolo
Un’arida
stagione bianca
La presa di coscienza da parte di un professore bianco e i fatti avvenuti a Soweto nel 76
gli altri popoli.
Fin qui l’analisi di Walzer.
Non soltanto gli ebrei — possiamo aggiungere noi — hanno cercato di col legare alla volontà divina lo spirito nazionalistico. Ci
sono curiose analogie, per esempio, fra le posizioni della destra israeliana e l’atteggiamento
del fondamentalismo protestante
nordamericano, al tempo della
prima guerra rnondiale e alla fine
degli anni settanta. Alle previsioni apocalittiche, ricavate da
una improbabile lettura delle
profezie bibliche, i fondamentalisti associavano la incrollabile
certezza di essere dalla parte di
Dio nella difesa della loro Canaan
terrestre e la convinzione dell’esistenza di un impero del male da
combattere con ogni mezzo: nel
1917, la Germania del Kaiser, urima, e la rivoluzione bolscevica,
poi; alla fine degli anni settanta,
la Russia e il comunismo. La
guerra di sterminio e di totale distruzione del nemico veniva intesa come espressione della volontà di Dio, senza avvertire il benché minimo contrasto con il messaggio evangelico.
Forse questo esame dell’Esodo
e delle sue fuorvianti interpretazioni ebraiche o cristiane può
consentire di giungere ad alcune
conclusioni utili anche a noi. E’
vero: ogni cammino di libertà e
di liberazione è senza dubbio ricerca della propria identità; ma è
altrettanto vero che è pericolosa la presunzione di poter costruire in questo mondo una terra promessa ultima, definitiva, in
cui trovare piena realizzazione
alle nostre attese.
Il cammino, nell’Egitto o nel
deserto in cui siamo, è sempre
legato alla perfettibilità, non alla perfezione, e i facili paradisi
terrestri sono soltanto ingannevoli miraggi. La vera fede in Dio
è rinuncia alle soluzioni assolute,
ai rigori di una credenza incrollabile nelle proprie ragioni; è convincimento radicato e profondo
che nessuna terra promessa vale
mai la vita e la libertà di un uomo; si identifica con il rispetto
per la diversità altrui nel ricordo
delj’antica schiavitù d’Egitto; tiene presente che qualsiasi possa
essere l’obiettivo politico, religioso o morale che ci proponiamo,
nessuno di noi può pretendere il
monopolio della verità.
L’errore è sempre in agguato
ed è iniquo voler imporre agli altri il rischio delle nostre opzioni.
La rilettura dell’Esodo ci conferma in questi convincimenti. Certi
come siamo del valore di quelle
antiche indicazioni sul significato
da attribuirsi alle nostre scelte
politiche, religiose e morali, restiamo consapevoli «che ovunque si viva, probabilmente .si vive in Egitto; [...] che esiste un
posto migliore, un mondo più attraente, una terra promessa; [...]
che "la strada che porta alla terra promessa attraversa il deserto" e che l’unico modo di raggiungerla è unirsi e marciare insieme » (p. 99): nella certezza che
« marciare insieme » significa ricercare la nostra identità, ma anche salvaguardare e difendere
quella altrui. E questo rappresenta lo scopo del nostro viaggio in
questo mondo, Fautentico ed unico modo di realizzare la terra
promessa.
Paolo T. Angeleri
(1) Michael Walzer, Esodo e rivoluzione. Milano, Feltrinelli, 1986,}). 111.
Anche il cinema, come la letteratura (si pensi ai libri di Nadine Gordimer) e le opere di vari musicisti, ha iniziato da alcuni anni ad
affrontare le tematiche legate al regime dell’apartheid e della segregazione razziale in Sud Africa.
E’ anche per merito di film
come « Un’arida stagione bianca » se il muro dell’apartheid comincia, in più punti, a dare concreti segni di cedimento.
Dopo « Grido di libertà » e
« Un mondo a parte » un nuovo
film — questa volta di una donna di colore, Euzhan Palcy, originaria della Martinica — si colloca come appassionata denuncia
del regime razzista del Sud Africa, ispirata ai fatti di Soweto del
1976. Forse, trattandosi proprio
del Sud Africa, si poteva affrontare un argomento più vicino a
noi rispetto a vicende successe
tredici anni fa. Ma la trentaduenne regista ha dichiarato d’essere
convinta che dai fatti di Soweto
ad oggi pochi sono stati i cambiamenti intercorsi nel regime
sudafricano. E in effetti quei pochi cambiamenti sono avvenuti
tutti nella comunità bianca:
il film ne spiega, attraverso la
vicenda di un individuo, le premesse.
L’ispirazione del film è tratta
dal romanzo del 1979 del Südafrikaner bianco André Brink (il
quale continua coraggiosamente
a vivere in Sud Africa) in cui si
racconta della progressiva presa
di coscienza di un bianco, nato a
Johannesburg, professore di storia, che scopre, dall’interno,
l’atroce « sistema » dei bianchi
indagando sulla scomparsa del
suo giardiniere e di suo figlio,
entrambi « coloured ».
L’indagine metterà a nudo un
apparato poliziesco di tipo nazista, che tortura e uccide gli avversari fornendo versioni ufficiali di « suicidio ».
Uno dei punti forti del film è
costituito dal processo, con Marion Brando pingue ed invecchiato nei panni dell’avvocato che patrocina la vedova del giardiniere negro assassinato dalla polizia.
Tutto il processo dimostra chiaramente (ed è una costante dei
regimi fascisti) l’impossibilità
pratica di ottenere giustizia. As
sente dagli schermi da circa dieci anni Brando è tornato, per un
compenso simbolico, ad interpretare un ruolo che gli è sempre
più congeniale: quello di difensore delle vittime del razzismo.
Il film è la parabola di un cambiamento. Ben Du Toit, onesto
professore convinto come tutti i
bianchi afrikaner della giustezza
dello « sviluppo separato », entrando nel mondo dei negri, nelle loro baraccopoli, nei loro discorsi finirà con il rifiutare progressivamente l’opulento mondo
dei bianchi fondato essenzialmente sullo sfruttamento della forza
lavoro dei negri. Man mano che
avanza in questa sua presa di coscienza Du Toit (interpretato da
Donald Sutherland) si troverà
sempre più solo: lo lasciano i
colleghi professori, lo lascia la
moglie e lo tradisce la figlia.
L’unico a stargli accanto è il figlio minore, che capisce ed entra
nella lotta disperata del padre. Il
film inizia con il gioco intenso e
alla pari del pallone di questo
bambino bianco e del bambino
negro, quasi una raffigurazione
del Sud Africa di domani. Non
certo quello di oggi, in cui alcune
concessioni dall’alto permettono
resistenza di spiagge interrazziali; presto anche tutti i trasporti,
le biblioteche, i locali di divertimento e di sport dovranno aprire
le porte alla realtà multirazziale.
La lotta dei Du Toit continuerà
sin quando i « coloured » alla sera non dovranno più tornare nella loro township e potranno votare, essere rappresentati politicamente e vivere in qualsiasi
quartiere di una qualsiasi città
sudafricana. E quando questo si realizzerà, il film atroce
e splendido di Palcy sarà li a ricordarci che nulla è stato concesso ma tutto è state conquistato. Anche col sangue di alcuni pochi bianchi che hanno creduto nella libertà come bene
indivisibile.
Giuseppe Platone
5
1“ dicembre 1989
fede e cultura 5
IL DIBATTITO SUL LIBRO DI G. AUDISIO
I valdesi sono ancora valdesi?
Cè un vuoto nel settore di studio dedicato al valdismo medievale - Non furono i valdesi a definirsi tali - La Riforma introdusse poi il mutamento semantico del nome, che nella seconda metà del ’500 divenne segno di identità
« La storia, non appena si mette a servizio di tendenze pubblicistiche, perde il suo significato
scientifico »: tale espressione
chiude una grande opera scritta
da un grande storico (E. Fueter,
Storia della storiografia moderna, Milano-Napoli, 1970, p. 774 trad. it. dell’edizione postuma di
München-Berlin, 1936). Il grande
storico scriveva quasi ottant’anni fa e il suo dire ha un contenuto che non si può non condividere ancor oggi. Quelle parole ben si prestano a fare da
epigrafe al mio intervento, a indicare l’angolo prospettico in cui
vorrei collocare il mio intervento a margine, della dura polemica tra il direttore del settimanale cattolico del pinerolese, Vittorio Morero, e il presidente della Società di studi valdesi, Giorgio Toum.
Della polemica dirò brevemente. Credo che, solo in apparenza,
al centro vi siano il recente volume di Gabriel Audisio su Les
« Vaudois » (Turin, Editions A.
Meynier, 1989) e le questioni storiche e storiografiche in esso sollecitate e affrontate. In verità,
Tourn ha ragione nel sostenere
che esiste un accentuato scarto
tra il contenuto dell’articolo di
Morero e il titolo a nove colonne che ne costituirebbe la chiave di lettura, la sintesi immediata. Il titolo così suona: I Valdesi non sono più Valdesi. A esso
segue un lunghissimo sottotitolo
che riporta, tra l’altro, la seguente citazione dall’opera audisiana: « Il titolo "Chiesa Valdese”
è un doppio controsenso: i poveri di Lione non formarono mai
una Chiesa e inoltre questa Chiesa non possiede più nessuna delle caratteristiche principali del
valdismo ».
Un titolo e un sottotitolo, dunque, a effetto, un colpo giornalistico, quasi una provocazione
giornalistica: almeno cosi sono
apparsi a molti lettori. Non bisognerebbe dilungarsi più di tanto su un aspetto del genere, se
tale aspetto non fosse interpretabile alla luca del più attuale
e grave problema dei rapporti
tra valdesi e cattolici nella realtà pinerolese (e non solo pinerolese). Certo, nulla è più imbarazzante del fatto che un non-valdese voglia spiegare ai valdesi
« come essi dovrebbero essere »
e che un non-cattolico voglia
spiegare ai cattolici « come essi
dovrebbero essere ». In tal senso
titolo e sottotitolo dell’articolo
di Morero potevano forse essere soppesati ed espressi con qualche maggiore attenzione: soprattutto in rapporto al contenuto
dell’articolo che, a detta dello
stesso Tourn, è « davvero ampio e meditato ».
•Alla meditazione di Vittorio
Morero non sono sfuggiti alcuni
punti « caldi » del volume audisiano, il quale ha il lodevole
obiettivo di smuovere le acque
della storia non solo a livello di
specialisti, meritando una riflessione critica distesa e puntuale:
cosa che, per quanto so, non è
avvenuta, per esempio, su « L’Eco
delle Valli ». In questa importante sede non è avvenuta affatto. E ciò è indice di qualche carenza.
La non diffusa ricezione critica delle più recenti acquisizioni
della storiografia sui valdesi medievali nasce da un aspetto che
né Morero né Toum hanno affrontato. L’aspetto concerne, da
un lato, Tattuale mancanza di
storici « medievisti » nel mondo
valdese. Dopo Jean Gönnet nessuno storico « valdese » si è orientato verso temi di storia religiosa medievale. Non so se
questo sia un bene o un male:
mi limito a una semplice constatazione, alla quale va unita
un’altra considerazione relativa
al fatto che al valdismo (o ai
valdismi) medievale molti storici si sono invece avvicinati con
risultati talvolta significativi e
innovativi. Storici che prima o
dopo sono passati (o passeranno) all’appuntamento dell’annuale convegno della Società di studi valdesi. Allora, il problema
è, d’altro lato, quello della diffusione, della circo'lazione tra ricerca professionale e « opinione
comune ». Su siffatti nodi problematici sarebbe forse utile aprire un dibattito per vederne
ragioni e conseguenze.
Ma veniamo al punto principale: « I Valdesi non sono più
Valdesi? ». La domanda è legittima e ad essa sono state date
difformi risposte. La proposta di
Audisio a me pare assai fragile.
Lo storico francese ben sa che
mai i cosiddetti « valdesi » medievali si definirono o, meglio,
mai si autodefinirono tali. Anche
se la ricerca in proposito è soltanto agli inizi, si può già affermare che la qualifica di « valdese » venne sempre piercepita come diffamante da parte dei pauperes Christi. Questa è una costante che dura sin agli inizi del
XVI secolo: ancora nel 1510 frate Samuele di Cassine attesta in
modo inequivocabile che i « vaidesi » rifiutavano di essere chiamati Valdenses, perché sinonimo
di eretico, mentre essi si consideravano legittimi membri della
chiesa di Gesù Cristo. E’ con l'incontro con la Riforma che avviene un radicale mutamento sernantico. Anche su tale punto la
ricerca è appena incominciata.
Tuttavia vari indizi lasciano intravedere il mutamento attuatosi a seguito dell'adesione alla
Riforma.
Verso gli anni sessanta del Cinquecento la nuova identità protestante induce i valdesi riformati
a rintracciare ima propria peculiare storia: novità e tradizione
si fondono nel nuovo concetto
di « popolo valdese ». Al riguardo posso opportunamente rinviare a un mio saggio (Momenti di storia e storiografia valdese) apparso sul primo fascicolo
1989 della « Rivista storica italiana », nel quale si ritrovano le
ragioni delle conclusioni a cui
sono giunto e che ripropongo in
poche frasi.
A partire da^i anni sessanta
del XVI secolo il termine valdese è accolto come segno di identità, di orgogliosa identità. L'adesione alla Riforma è generatrice di una nuova coscienza di
sé, dunque del proprio passato.
Senza dubbio muoiono i pauperes Christi con i loro orizzonti
di fede e i loro miti. Ma nasce
il « populo valdese » (Gerolamo
Miolo), il « peuple des Vaudois
habitans en Piedmont » (Histoire
mémorable del 1561). I valdesi
nascono come « popolo » che viene di lontano: i valdesi contemporanei hanno dunque tutto il
diritto di dirsi valdesi, proprio
in quanto discendenti dei riformati.
Il discorso andrà comunque
ripreso nel segno di una comune ricerca e al di là delle urgenze del preserfte e dei suoi stimoli immediati.
Grado Merlo
DOCUMENTO
Fede cristiana e omosessualità
« Fede cristiana e omosessualità » è il tema principale che da circa un decennio raccoglie ad Agape (Frali) omosessuali credenti per un approfondimento della loro
fede. Oltre a questo in molte nostre chiese
(Torino, Padova, Milano...) si riuniscono
gruppi di studio. Quest’anno, per la prima
volta al Sud, si è tenuto al Centro incontri
di Monteforte Irpino un convegno di studio
dedicato allo stesso tema. Presentiamo qui,
«m-
A. Premessa
1) Non ci proponiamo di dare
conto in modo esauriente di un
percorso teorico compiuto, ma
di esprimere, in forma narrativa, Tesperienza che abbiamo vissuto, cercando di sintetizzare e
schematizzare alcuni punti.
2) Anche se alcune sorelle lesbiche hanno accompagnato il
nostro cammino, Tesperienza di
cui siamo portatori si riferisce
essenzialmente ad omosessuali
maschi.
B. Considerazioni
generali
1) Riteniamo che per gli omosessuali, ancor più che per ogni
nitra persona, sia indispensabile
rompere l’isolamento e la solitudine.
2) Ci Sembra essenziale per
questo trovare luoghi comuni e
momenti d’incontro, per intessere relazioni costruttive, per trovare vie d’aggregazione, per giungere ad una soddisfacente autoaccettazione, per crescere insieme, per sviluppare solidarietà.
3) Questa aggregazione può essere promossa sia da gruppi « lai^ », sia da grappi dove è predente la preoccupazione di fede.
C. Il nostro itinerario
1) Ci ha spinto a cercare una
aggregazione anche in una pro
spettiva di fede sia il fatto che
esistono molti omosessuali credenti (e molti credenti omosessuali), sia il fatto che abitualmente le chiese hanno un atteggiamento, sia teorico che pratico, di rifiuto e di condanna dell’omosessualità, sia infine il fatto che tendenzialmente i grappi
« laici » privilegiano una dimensione politica, e tengono in minor conto altre dimensioni (culturale, antropologica, etica, religiosa), che invece ci sembrano
essenziali per la persona umana, e quindi per la persona omosessuale.
2) Abbiamo tentato vari modi
di analisi: medico, psicologico,
filosofico, culturale, religioso...
Siamo convinti che come ogni
situazione umana, anche quella
omosessuale debba essere affrontata e compresa con un serio
confronto interdisciplinare.
3) Abbiamo compreso i limiti
di definizioni puramente negative delTomosessualità. Siamo convinti che l'omosessualità non può
essere ricompresa secondo schemi vecchi, secondo cui deve essere necessariamente peccato,
colpa, perversione, devianza, malattia.
4) Tuttavia siamo ancora alla
ricerca di una definizione e di
una comprensione soddisfacente. Non ci basta che ci diciamo
che l’omosessualità è una condizione o un comportamento umano, una realtà psicofisica con la
quale occorre fare i conti. A partire da questa consapovoilezza vo
come documentazione, le tesi elaborate dal
gruppo preparatorio degli incontri di Agape
in occasione di questo convegno. Ricordiamo che il Sinodo, discutendo dell’esperienza
di testimonianza e ricerca svolta ad Agape,
è stato reso attento al problema e le chiese sono state invitate dal direttore di Agape
a diventare comunità di accoglienza per gli
uomini e le donne che vogliono approfondire questa problematica. (g.g.)
gliamo andare avanti, vogliamo e dobbiamo sviluppare
un’etica coerente con la nostra
ricerca di fede e di spiritualità.
5) Diamo una valutazione positiva degli incontri che abbiamo avuto. Gli incontri, anche se
non sono stati riservati ai soli
omosessuali, sono stati frequentati per la massima parte da
omosessuali. In questo senso sono stati in buona misura incontri « separati » risipetto agli altri.
Questa esperienza è positiva, soprattutto per l’aspetto non rinunciabile della solidarietà verso chi
ha ancora problemi di autoaccettazione, e per questo sarà necessario continuare con questo
tipo di incontri (e se possibile
estenderli ad altre realtà geografiche, ad altri luoghi e momenti: fin qui gli incontri di Agape
sono stati punti di riferimento,
soprattutto per quanti erano già
in contatto fra di loro e per i
grappi di omosessuali credenti
di Milano, Torino e Padova).
6) Tuttavia questi incontri sono insufficienti. Nella prospettiva dell’« orgoglio gay» dovremmo trovare il modo di propoive
incontri « misti », dove persone
caratterizzate da situazioni e
comportamenti sessuali e affettivi diversi pos.sano incontrarsi
senza nascondersi gli uni agli altri, in uno spirito di comprensione e rispetto reciproci.
7) Abbiamo constatato anche
che rnolti problemi spesso ritenuti tipici degli omosessuali sono, in misura più o meno grande, problemi di tutti. Senza con
fondere i problemi specifici con
quelli generali è necessario un
confronto aperto, di tipo etico ed
antropologico, per situare con
maggior chiarezza i punti di arrivo già raggiunti e la strada ancora da compiere.
D. Sulla chiesa
1) AlTintemo delle esperienze
di aggregazione che abbiamo vissuto abbiamo analizzato le negazioni che le chiese abitualmente
sviluppano nei confronti delTomosessualità. Abbiamo realizzato che c’è invece uno spazio, ancora in larga misura da scoprire, per una ricerca etica, teologica, di fede, a partire dalla situazione omosessuale. La stessa
presenza di grappi di omosessuali credenti contraddice la negazione di legittimità all’esistenza degli omosessuali, che le chiese abitualmente teorizzano e praticano.
2) Riteniamo che la chiesa non
sia essenzialmente gerarchia, ma
in primo luogo il posto dove lo
Spirito di Dio si manifesta.
3) In questa prospettiva chiesa
non è soltanto il gruppo locale
(parrocchia o grappo omosessuale, comunità liturgica o carismatica) che accettiamo e dal
quale siamo, con maggiori o minori pregiudizi, accettati, ma è
la chiesa di Cristo, dove l’uomo
è chiamato ad uscire dall’egoismo e dal legalismo per aprirsi
ad una nuova vita nell’amore.
4) In questa prospettiva abbiamo riflettuto per comprendere a quale etica siamo chiamati,
quale vocazione ci è rivolta. E’
cresciuta in noi, e deve crescere ancora, la capacità di stare
insieme, nella solidarietà e nell’amicizia.
5) NelTitinerario percorso abbiamo anche scoperto che se le
chiese nel loro insieme sono negative, o quanto meno prudenti
ne] loro approccio all’omosessualità (e alla sessualità), è però
possibile trovare solidarietà inaspettate e sensibilità non sessuofobe e non omofobe, anche tra
persone di chiesa e tra persone
non omosessuali.
E. Su fede cristiana
e omosessualità
1) Riflettendo sul tema « Fede
cristiana e omosessualità » ci siamo rafforzati nella convinzione
che ci troviamo di fronte ad un
problema aperto. Non abbiamo
trovato risposte risolutive, ma
sappiamo che non possiamo accontentarci di una condanna pura e semplice.
2) Anche se attraverso un cammino non semplice, abbiamo maturato la convinzione che Dio
ci ama così come siamo. Lui ci
ha voluti e ci ha destinati alla
felicità e alla pienezza di vita
(cfr. Efesini 1: 3^14).
3) Riteniamo che l’uomo trovi
la sua profonda identità non nell’essere in primo luogo maschio
o femmina, omosessuale o eterosessuale, ma nelTessere persona,
essere umano, figlio di Dio (riconciliato con Dio; e questa è
l’opera di Gesù Cristo, non della
nostra ricerca di perfezione).
4) Riteniamo che Tomosessuale possa essere felice così come
lo può essere qualunque altra
persona, anche se per un omosessuale Tautoaccettazione può
es.sere meno facile che per altri,
e il cammino da percorrere può
essere un vero e proprio cammino di liberazione.
5) L’omosessuale non deve per
forza condurre una doppia vita
(ci poniamo una domanda: è
possibile, e a che prezzo, essere
accolti dai propri familiari, amici, colleghi quando sanno che
siamo omosessuali?).
6) Anche se non ci sentiamo
di condannare altri progetti di
vita, riteniamo che l’amore omosessuale possa essere capace di
realizzare rapporti stabili e re•sponsabili, non necessariamente
promiscui, capaci di un progetto
comune e di un amore generoso
e fecondo.
7) Crediamo che l’amore e l’affettività omosessuale siano possibili, e possano essere ricchi,
arricchenti e belli.
6
ecumenismo
1° dicembre 1989
FRANCIA: DOCUMENTO ECUMENICO
CHIESE EVANGELICHE IN ITALIA
L’etica in una società laica Le attività aitemative
sono facoltative
Da tempo le chiese cristiane di Francia si occupano dell’etica,
uno dei grossi nodi del nostro tempo, e hanno dato vita a un comitato misto (7 protestanti, 7 cattolici) che ha elaborato un documento. Ne riproduciamo la parte centrale. Il testo per la traduzione è
stato ripreso dal n. 232 di « Le christianisme au XX“ siécle » dell’ll
novembre 1989.
L’evoluzione delle conoscenze,
delle idee e dei rapporti sociali
provoca una ridefinizione del
problema morale. Lo constatiamo come cristiani, cattolici e
protestanti insieme. Ci troviamo
infatti in una società di « dibattito »: altre grandi religioni
(dall’Islam a quelle orientali) acquistano sempre più peso; dopo
il Vaticano II la Chiesa cattolica
francese si è aperta al dialogo
con le altre chiese cristiane e con
le altre correnti di pensiero. Un
patto « laico », richiesto da più
parti, è ormai auspicabile a nuove condizioni.
Avendo poi lo Stato stesso,
preso atto dei nuovi bisogni di
senso morale e del nuovo caratterizzarsi della laicità, nominato una « Commissione consultiva
per l’etica, le scienze della vita e
della salute», in cui siedono insieme cristiani e rappresentanti
di altre religioni e filosofie, presentiamo come primo passo per
una riflessione fra cristiani questo documento.
Morale e fede
Non esistono uomini senza morale e senza libertà, cioè privi di
capacità e di obblighi di scegliere
ima condotta piuttosto che un’altra. La morale è un bene comune
a tutta l’umanità. La fede non ne
è l’unico possibile fondamento.
Come cristiani, cattolici e protestanti, siamo impegnati negli stessi problemi e negli
stessi dibattiti morali di quanti,
in quanto uomini, ci sono fratelli. Ci confrontiamo tutti con
le medesime sfide.
Ci inoltriamo nel dibattito morale comune tenendo al centro
delle convinzioni basate sulla nostra fede. Queste ultime ci possono illuminare sulla necessità e
sulla finalità del nostro impegno.
La fede in Dio introduce nella
nostra riflessione e nella nostra
pratica la dimensione trascendente; per noi l’essere umano
non vede il suo fine in se stesso,
ma si riferisce a un Altro, il
Dio dell’Alleanza che lo chiama,
e davanti al quale egli si sente
responsabile. Il luogo di applicazione e lo scopo del nostro impegno morale sono l’essere umano al centro dell’universo, compreso come creazione di Dio.
Gesù Cristo, vera immagine di
Dio, primogenito della nuova
creazione, è il modello della vocazione che ci è rivolta.
Il principio della nostra riflessione e della nostra pratica morale è l’amore, questa agape che
ci viene da Dio, che ci ha amati
per primo. L’amore, come la fede e la speranza, è in noi come
opera dello Spirito.
Convergenze e
differenze
dei testimoni della salvezza in
Gesù Cristo. Come cattolici e
protestanti osserviamo tuttavia
che fra le nostre chiese l’approccio alla morale rivela convergenze ma anche differenze. Cerchiamo di illustrarle.
1. Storia e Regno di Dio Nessuna azione potrebbe sfuggire alla vita morale. Tutta la vita
deH’uomó va messa in relazione
con il Regno di Dio. Questa visione dell’agire umano non sottrae tuttavia la vita morale al
campo del mondo presente per
proiettarla in un « altrove » o al
di là della storia. E’ nell’ambito
delle realtà terrene che l’uomo è
chiamato a occuparsi, con la coscienza di non essere ancora
quello che Dio l’ha chiamato ad
essere, quando l’ha fatto a sua
immagine e somiglianza.
Come protestanti e cattolici,
insistiamo sulla differenza tra
storia e Regno. La morale si
fonda sulla libera attività dell’essere umano nella storia. Gli
atti ispirati dallo Spirito sono
dei segni profetici che precorrono il Regno.
Il cristiano sa che la storia
conduce verso un fine. Operando nella storia egli crede che il
Regno di Dio si avvicina. Ogni
atto morale si colloca, così, nella
prospettiva della presenza vivente del Cristo e del suo ritorno.
2. Coscienza personale e autorità della Chiesa - Come cattolici e protestanti, insistiamo sulla
coscienza come luogo decisivo
della libertà responsabile dell’essere umano di fronte a Dio. Includiamo i dati della creazione
fra le espressioni della volontà
di Dio. Ma poniamo i nostri diversi accenti:
— Per illuminare la propria coscienza i cattolici ricevono e
accettano le direttive del magistero in quanto interpreti
autorizzate della Parola rivelata di Dio e della « legge naturale ».
— I protestanti subordinano i
dati di natura alla libertà della persona e al diritto delle
coscienze rischiarate dalla fede che nasce dalla Parola di
Dio e che si esprime nelle decisioni sinodali.
Questi presupposti portano
delle ripercussioni non indifferenti su ciò che potremmo chiamare la « creatività etica » di
ogni individuo. Le nostre differenti mentalità e le nostre interpretazioni dell’Evangelo, a volte
divergenti, si interrogano vicendevolmente.
Parola morale
Come cristiani, cattolici e protestanti, riconosciamo che le nostre chiese non sempre sanno
evitare l’autoritarismo nei loro
interventi di ordine etico, sia
nella loro vita interna sia nella
società stessa.
Le nostre pubbliche dichiarazioni a volte avrebbero tutto da
guadagnare a essere meglio meditate quanto alla loro opportunità, ad essere preparate meglio,
nel dialogo con altre personalità
e altri organismi competenti, più
attenti alle situazioni reali. Qualunque sia il grado di autorità
che le nostre chiese riconoscono
alle proprie dichiarazioni su argomenti di morale, non dimentichiamo che esse si devono rivolgere prima di tutto ai loro stessi membri, per rischiarare le coscienze di questi ultimi.
Quando esse si rivolgono a chi
non condivide, totalmente o neppure parzialmente, le loro convinzioni, le nostre chiese devono
esprimersi sui modi della testimonianza e dei pronunciamenti.
Nel dialogo nuovo che si sta
instaurando nel nostro paese cerchiamo di esprimere, come una
voce fra le altre, le convinzioni
evangeliche a cui obbediamo,
perché l’Evangelo non ha autorità che nella libertà. Auspichiamo che le dichiarazioni pubbliche delle nostre chiese non siano
recepite come tentativi di « regolamentare» la società. Vogliamo
contribuire ad un pubblico dibattito, in cui si cercherà il modo di
rispettare persone e gruppi nella
loro originalità spirituale come
nella loro volontà di vivere insieme: questa sarebbe una buona
definizione della nuova laicità.
Hanno preso parte alla stesura
del testo: mons. Vilnet, copresidente, mons. Bagnard, mons.
Bussini, i pastori Duprey, Legrand, Martelet, Sicard; il pastore Leplay, copresidente, i
proff. e pastori Benoit, Birmelé, Bost, Dumas, Preychet,
Prieur.
DOPO LA VISITA DI R. RUNCIE AL PAPA
Incontro con
canonico C.
il
Hill
Come cristiani, cattolici e protestanti, affermiamo insieme la
nostra principale convinzione :
salvati gratuitamente da Dio in
Gesù Cristo, per mezzo della fede siamo liberati per compiere
delle opere utili all’umanità e
gradite a Dio.
Se la vita morale di per se stessa non procura la salvezza, la
salvezza provoca il rinnovamento della vita morale. Contrariamente ad un’opinione largamente
diffusa, le nostre chiese non hanno come funzione primaria quella di stabilire né di difendere la
morale. Esse sono innanzitutto
Il canonico Christopher Hill,
assistente dell’arcivescovo anglicano Robert Runcie, si è incontrato il 21 novembre a Roma con
il past. Paolo Spanu, vicepresidente della Federazione delle
Chiese evangeliche in Italia
(FCEI), il past. Franco Giampiccoli, moderatore della Tavola
valdese, e il prof. Paolo Ricca,
decano della Facoltà valdese di
teologia. L’incontro ha fatto seguito alla richiesta della FCEI
di conoscere meglio la posizione
anglicana, nota solo attraverso
i mezzi di informazione, in occasione della visita dell’arcivescovo Runcie al pontefice Giovanni Paolo II lo scorso ottobre.
La visita dell’arcivescovo Runcie, ha chiarito il canonico Hill,
si poneva nel quadro dei dialoghi bilaterali che vedono già
Il presidente della FCEI ha incontrato il segretario del PRI - Difendere la Costituzione
Il pastore Giorgio Bouchard,
presidente della Commissione
delle chiese evangeliche per i
rapporti con lo Stato e della
Federazione delle chiese evangeliche, si è incontrato il 13 novembre con il -segretario del
Partito repubblicano italiano, onorevòle Giorgio La Malfa. Nel
corso del colloquio Bouchard
ha sottolineato la necessità di
procedere ad una fedele attuazióne delle quattro intese stipulate dallo Stato con alcune confessioni di minoranza (valdesimetodisti, avventisti, pentecostali ed ebrei). In particolare
ha affermato l’importanza di
una salvaguardia rigorosa dei
principi affermati nella recente
sentenza della Corte Costituzio
nale, che ha sancito la piena facoltatività dell’insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica. Secondo le chiese
evangeliche la libertà nella scuola non sarà completa se anche
la cosiddetta « ora alternativa »
non sarà pienamente facoltativa.
La Malfa si è detto d’accòrdo
con le esigenze sottolineate dalle
chiese evangeliche ed ha ribadito l’impegno dei repubblicani
per ima disciplina dei rapporti
tra lo Stato e le varie confessioni religiose che sia pienamente rispettosa dei principi costituzionali e che eviti ogni forma
di discriminazione.
(nev)
URSS
La Chiesa uniate:
probiema spinoso
Quello della Chiesa cattolica
uniate ucraina resta il problema
« più spinoso nei rapporti tra il
patriarcato di Mosca e il Vaticano ». Così si è espresso nel numero del 2 novembre ’89 il settimanale sovietico « Tempi Nuovi », che alla questione della Chiesa greco-cattolica ucraina ha dedicato un’ampia analisi. Il settimanale sovietico mette particolarmente in risalto l'opposizione
di alcuni dirigenti della Chiesa
ortodossa russa alla legalizzazione della Chiesa cattolica ucraina.
ufficiale dello stesso Gorbaciov
in Italia.
(ADISTA)
VATICANO
Le Società
bibliche
La Chiesa uniate sorse nel territorio ucraino nel 1596; essa riconosce l’autorità del papa e i
dogmi cattolici, ma ha sempre
conservato il rito greco-ortodosso. Fu sciolta nel concilio di Leopoli del 1946, per volontà di Stalin, e i suoi beni furono confiscati
e assegnati alla Chiesa ortodossa
russa.
ricevute
dal papa
sufficientemente definite le posizioni riguardanti l’eucarestia e
il ministero, mentre rimane ancora aperto il tema dell’autorità
nella chiesa. La disponibilità
anglicana a riconoscere un certo primato del vescovo di Roma
non riguarda il suo presente carattere giurisdizionale, ma una
dimensione ecumenica tutta da
costruire. Alla domanda se era
corretta l’impressione che l’offerta di riconoscimento anglicana non sembra essere stata ricevuta dalla Chiesa cattolica (il
cardinale Willebrands ha parlato del primato del papa come
di una questione di fede), il canonico Hill ha risposto che si
tratta di una questione nuova:
il problema è stato posto e non
c’è stata finora né accettazione
né ripulsa.
(nev)
Ad opporsi alla legalizzazione
della Chiesa uniate è soprattutto
il metropolita di Kiev e di Galizia Filarete, ma — scrive il settimanale sovietico — « persino coloro che mantengono un punto
di vista differente sostengono che
il rapporto con i fedeli uniati è
una Cosa, mentre con la Chiesa
uniate in quanto tale le cose sono completamente diverse: in essa vedono un qualcosa che ricorda ’Tespansionismo cattolico” ».
In occasione delle celebrazioni
per il millennio della cristianizzazione della Russia, ricorda il settimanale, il ’’ministro degli esteri” ortodosso, il metropolita di
Minsk e Bielorussia Filarete, dichiarò che « nella realtà contemporanea gli ortodossi si incontrano sempre più spesso con i cristiani di altre confessioni in uno
spirito di apertura e di buona
volontà: come fratelli, ma fratelli per ora ancora separati ».
Il patriarcato di Mosca e il Vaticano, afferma il settimanale,
« sono occupati attualmente nella
ricerca di ciò che unisce gli uomini ». E quindi il problema della
Chiesa uniate, che ancora divide
il patriarcato ortodosso russo dal
Vaticano, sarà certamente affrontato dal papa e dal leader sovietico Gorbaciov durante il colloquio che avranno all’inizio di dicembre, in occasione della visita
Sono sempre più frequenti le
visite in Vaticano, e in particolare al papa, compiute da importanti personalità delle chiese evangeliche. L’ultima ha visto protagonisti i responsabili delle Società bibliche unite, la struttura
rappresentata in Italia dalla « Società biblica britannica e forestiera » che, tramite la libreria
Sacre Scritture di Roma, stampa
e commercializza la Bibbia nelle
versioni Diodati, Luz.zi e Tilc.
Nel riportare la notizia dell’udienza papale, avvenuta il 26
ottobre, l’Osservatore Romano
mette in evidenza le parole del
presidente delle Società bibliche,
il dottor Edward Lohse, che ha
parlato al pontefice della collaborazione in atto tra l’organismo
da lui presieduto e la Chiesa cattolica. Come esempio di proficui
rapporti, Lohse ha donato al P^'
pa una copia speciale della traduzione ecumenica della Bibbia
amarica, appena ultimata in Etiopia.
Papa Wojtyla, dal canto suo, ha
detto che « confida nell’opera comune tra le Società bibliche unite e la Federazione mondiale cattolica per l’apostolato biblico, e
incoraggia la collaborazione che
ha già ispirato numerosi lavoriUn sentiero da proseguire e P^f'
correre è quello tracciato nella
’’Guida per la cooperazione interconfessionale per la traduzione
della Bibbia” ».
In Italia tale documento è stato applicato nella realizzazione
della Tilc (traduzione interconfessionale in lingua corrente).
(SCO
7
1" dicembre 1989
obiettivo aperto
LA MINACCIA CHE ATTANAGLIA I PAESI DEL TERZO MONDO
La riconversione contro il debito estero
Il legame perverso fra indebitamento e spese militari - La disastrosa situazione economica costringe ad uno sfruttamento incontrollato delle risorse ambientali - La riconversione dell'industria bellica per un nuovo tipo di sviluppo
Al termine delVincontro sul tema « Traffico d’armi e
aiuti al Terzo Mondo» organizzato daWAssociazione pace Val Pellice, che si è svolto a Torre Pellice il 28.10/89,
abbiamo rivolto alcune domande ad Alberto Castagnola,
economista e collaboratore del centro di documentazione
« Archivio disarmo », con sede a Roma.
Vi proponiamo qui di seguito il testo deWintervista.
— Che cosa significa « debito internazionale »? Ce lo
può illustrare con degli esempi, poiché riteniamo che,
pur avendone sentito parlare dai mass media, molti non
sappiano esattamente di che
si tratti?
— In effetti è un argomento all'ordine del giorno, di
cui si parla da più di sette
anni, da quando è avvenuto
il cosiddetto fallimento del
Messico, nel 1982.
Il debito significa una cifra immensa, pari alla cifra
spesa ogni anno nel mondo
per armamenti, la cui accumulazione sta avendo effetti
molto gravi. Soprattutto significa che fino ad oggi non è
stato messo in moto ancora
nessun meccanismo capace
di bloccare l’accumulazione.
Tutte le misure che vengono prese dal Fondo Monetario, dalla Banca Mondiale,
tutti i tentativi di fare degli
accordi con i singoli paesi
« grandi debitori » a tutt'oggi non hanno risolto il problema fondamentale; si tratta di accordi che tendono a
spostare in avanti nel tempo
i pagamenti, senza aver dato
luogo ad una riduzione degli
interessi e senza che siano
stati stabiliti collegamenti
tra un uso positivo di questi
fondi ed il meccanismo di pagamento.
Pochi sanno che oltre un
terzo del debito è stato contratto per acquistare armi,
sottraendo così i finanziamenti a progetti di sviluppo.
In base a recenti analisi risulta che il meccanismo di
sviluppo dei paesi sottosviluppati è bloccato, non si registra cioè alcuna evoluzione,
e questo comporta un arretramento del livello di vita e
l’accrescimento di tensioni
sociali. Un esempio di cui si
è parlato alcuni mesi fa è il
Venezuela, ove si sono verificate sommosse popolari dovute ad una economia in declino perché condizionata dal
valore del petrolio, in costante calo. Stesse sommosse popolari sono avvenute anche
altrove, come conseguenza di
un peggioramento del livello
di vita della popolazione.
Non sempre però i mezzi di
informazione ne parlano.
Vi è poi un aspetto poco
considerato e particolarmente grave. Si tratta dell’impatto ambientale che deriva da
una tale situazione di disparità economica. In parole
semplici, i paesi sottosvilup
pati sono obbligati a sfruttare le lóro risorse naturali
per pagare gli interessi del
debito, e quindi si trovano a
dover intensificare le esportazioni di materie prime quali minerali, legname, ed altre
ricchezze interne.
Si ha così un rapido degrado ambientale ed una conferma del modello di sviluppo imposto a quei paesi, i
quali devono continuare a
produrre e ad esportare solo
quei prodotti che possono essere acquistati dai paesi industrializzati, senza riuscire
a diversificare la loro economia adattandola ai fabbisogni delle loro popolazioni.
— Quali possono essere i
rimedi ad una situazione di
profonda ingiustizia quale
quella che ci ha descritto?
— Non esiste purtroppo
una ricetta pronta. A livello
internazionale sono state fatte oltre settanta proposte alternative di soluzione del
problema del debito. Alcuni
rimedi comunque sono possibili da subito.
Per prima cosa dovrebbero essere modificate le condizioni alle quali vengono forniti i finanziamenti a quei
paesi, adattando i tassi d’interesse alle reali possibilità
del paese richiedente. Attualmente ci troviamo in una situazione in cui un paese sottosviluppato, come il Mali, è
costretto a corrispondere gli
stessi interessi dovuti da una
impresa che si avvale di un
prestito in un paese industrializzato.
Se da un lato la soluzione
appare ovvia, dall’altro essa
incontra naturalmente l’opposizione delle banche.
Un altro rimedio, proposto
dagli stessi paesi debitori,
consiste nel raccordare i pagamenti degli interessi e delle quote di capitale alle possibilità effettive di sviluppo
di ogni singolo stato. Si tratta, anche in questo caso, di
una procedura tecnicamente
facile, ma che continua a non
trovare applicazione.
Va inoltre sottolineata la
necessità di verificare l’utilizzazione positiva dei fondi
concessi in prestito, intendendo con ciò un impiego di
tali somme in progetti di sviluppo a reale beneficio delle
popolazioni. Non è più pensabile che un terzo di queste
somme vada a finanziare acquisti di armi ed il 20% sia
costituito da fughe di capitale, ossia da somme che non
entrano neppure nel paese
destinatario, e che molto sia
sprecato anche del restante
50%. Spesso accade infatti
che vi siano enormi sprechi
per opere che restano inutilizzate e che fruttano soltanto alle imprese che ne
hanno curato la realizzazione. Ci sono molte cattedrali
nel deserto. Mi limiterò ad
un solo esempio, quello delle
Filippine, che stanno continuando a pagare delle cifre
estremamente elevate per
rimborsare il prestito avvenuto in relazione alla realizzazione di un impianto nucleare in una zona ad alto rischio sismico. Ovviamente
l’impianto è stato bloccato,
ma il debito continua ad essere pagato.
Dunque, tra le soluzioni
possibili vi è anche quella di
stabilire quanti di questi debiti in realtà non siano dovuti, perché privi di un corrispettivo positivo per l’economia dei paesi debitori.
Se solo questi debiti « illegittimi » potessero essere
cancellati si assisterebbe già
ad una notevole riduzione
dell’onere complessivo.
— Restando in tema di
cooperazione internazionale,
quale impatto essa produce
dal punto di vista ambientale e culturale?
— Occorre dire che sono
pochissimi gli interventi finanziati dalla cooperazione
internazionale, sia multilaterale che bilaterale, che siano
stati accompagnati da una
analisi di valutazione dell’impatto ambientale. Gli effetti
che gli interventi in atto producono da questo punto di
vista permangono spesso sconosciuti. Vi è invece la consapevolezza dei danni prodotti da interventi realizzati nel passato. Ad esempio,
la diga di Assuan, che nelle
intenzioni avrebbe dovuto
apportare miglioramenti all’economia dell’Egitto, ha
prodotto effetti stravolgenti
bloccando le immissioni di limo lungo il Nilo e provocando una diminuzione della
fauna ittica nel Mediterraneo.
Stiamo finanziando in questo momento dei progetti sanitari per combattere le malattie diffuse da animaletti
vari che vivono nelle acque
del lago formatosi a monte
della diga; ci troviamo già in
presenza di interventi di secondo grado, cioè di interventi di cooperazione che
tentano di porre rimedio ai
danni causati da precedenti
interventi di cooperazione:
un meccanismo che si autoalimenta a spirale. Spesso, a
posteriori, ci si rende conto
che in molte realizzazioni,
frutto di cooperazione inter
Alberto Castagnola (al centro nella foto) in un recente incontro svoltosi ad Agape, con cui collabora da vari anni.
nazionale , i fattori negativi
superano quelli positivi. Anche l’impatto culturale non è
meno drammatico: dalla
creazione forzata di nuclei
abitati sorti intorno ai cantieri di lavoro alla distruzione di antichi luoghi di culto
e di intere zone di interesse
archeologico. Tutto questo
avviene perché la maggioranza degli interventi non è preceduta da studi socio-antropologici, che potrebbero impedire l’insorgere di danni
gravissimi.
— Quali conclusioni si possono trarre da tutto questo?
— Istintivamente sarei
portato a propendere per un
disimpegno, lasciando che
questi paesi seguano proprie
logiche di sviluppo, ma mi
rendo conto che si tratta di
una posizione illusoria poiché il nostro intervento ha
già toccato tutte le popolazioni del pianeta, inducendo
ovunque meccanismi di industrializzazione e di urbanizzazione. E’ quindi molto difficile interrompere aH’improvviso flussi di finanziamento,
perché ciò provocherebbe la
morte immediata e reale di
molte persone.
Si dovrebbe invece poter
modificare da subito il tipo
di cooperazione, favorendo
scelte, ad esempio nel campo
alimentare, corrispondenti al
fabbisogno delle popolazioni
indigene e non alle nostre
esigenze di importazione.
Purtroppo finora così non è
stato. Inoltre, se si cominciasse a pensare in termini
realistici alla riconversione
dell’industria bellica, presente tanto in occidente quanto
in alcuni paesi del Terzo
Mondo, si avrebbero a disposizione prodotti civili ad altissima tecnologia e ad alto
interesse sociale, di dimensioni coerenti con la dimensione dei problemi socio-economici di quei paesi. Si tratterebbe di miliardi di dollari
di investimenti da utilizzare
in maniera diversa, una cosa
tecnicamente ed economica
mente possibile, ma di cui
non si è neppure iniziato a
discutere sul piano politico.
— A proposito di disarmo,
esistono nel nostro paese ricerche in atto sui processi di
riconversione dell'industria
bellica?
— Sì, esiste tra l’altro un
centro di documentazione e
ricerca, di cui faccio parte,
che si chiama « Archivio disarmo » e ha sede a Roma.
Questo centro è attivo nella
raccolta e nella pubblicazione di informazioni sui processi di disarmo in corso a
livello internazionale e sulla
struttura deH’industria bellica italiana. Prossimamente,
a cura del centro, sarà pubblicata una ricerca effettuata
recentemente che riguarda la
possibile riconversione di
cinque aziende di Roma. Abbiamo identificato una serie
di prodotti alternativi possibili senza che si debba ricorrere ad un’interruzione del
processo produttivo né ad
una riduzione del personale;
ovviamente i prodotti civili
non garantiscono gli stessi
enormi profitti attualmente
possibili con la fabbricazione
e la vendita di armi. Quindi,
affinché divenga possibile la
riconversione, appare necessario lo stanziamento di appositi fondi ed un intervento
pubblico, cioè una domanda
pubblica per l’acquisto dei
prodotti civili, almeno per il
periodo di transizione.
Esistono già alcune proposte di legge in Parlamento
che auspichiamo possano diventare operative.
Inoltre stiamo tentando di
mettere in contatto imprese
italiane ed imprese dei paesi
dell’est già in corso di riconversione, con lo scopo di
creare delle joint-ventures
per la fabbricazione di prodotti civili: si tratterebbe
di un’iniziativa emblematica
e carica di significato politico.
Intervista realizzata da
Sergio Franzese
8
s vita delle chiese
1° dicembre 1989
METODISTI IN PUGLIA
CORRISPONDENZE
Jazz e Evangelo
Incontro evangelico
La predicazione della Parola di Dio e l’impegno nella scuola di musica - Alla ricerca di nuovi linguaggi per la nostra testimonianza
Con i suoi 13.000 abitanti, su
una delicata collina, tra mare ed
uliveti nella valle d'Itria Cisternino si presenta come un delizioso ed ordinato paese; con i
suoi trulli, con fazzoletti di terra ben coltivati, come uno stupendo giardino, ma anche un
viavai di gente laboriosa, pendolare tra Taranto e Bari, di residenti che hanno creato un tessuto socÌD|economico molto dinamico. Piccole e medie aziende, opifici oleari, vinicoli, cooperative, turismo.
Cisternino è da visitare anche
per un’altra ragione.
Qui entra sul nostro pittoresco scenario la « Memory Benny Goodman Jazz » di Cistemino. Si tratta di un complesso
strumentale di alto livello professionale, che si richiama all'eredità del grande clarinettista
Benny Goodman.
Antonio Russo, musicista jazz e
animatore del gruppo metodista.
Sono stati anni di lavoro, di
disciplina, che hanno creato una
scuola di jazz che annualmente
prepara e sforna artisti professionalmente preparati.
Chi chiede, come è capitato al
sottoscritto, dove abita Tony
Russo, si sente rispondere; il
maestro metodista di jazz abita
lì, e spiegano che è come un pezzo di storia, di una piaiza, di
una via, importante nella dinamica del paese. Lo chiedi all’edicola, al benzinaio, al comune passante, la risposta è sempre la
stessa. Si tratta di un artista,
non c’è che dire, estroverso, fondatore e direttore della scuola
di jazz, ben conosciuto, stimato,
evangelico metodista che da circa dieci anni vive a Cisternino.
professione ed annuncio dell'Evangelo erano inscindibili.
Così fa anche il fratello Tony
Russo, insieme alla sua compagna di vita Anna Corsetti.
chiesa del Signore. Ore 10,45; il
vibrafono, lo xilofono, il pianoforte, la batteria, la chitarra, e
una moltitudine di altri strumenti musicali tacciono; il vicinato sa che a quell'ora si cantano
le lodi al Signore, si prega, e
l’organo accompagna gli inni
che (unitamente alla Parola annunciata) fanno della domenica
veramente il giorno del Signore.
E’ capitato anche a me, domenica 29 ottobre, quando io
stesso presiedevo il culto e manifestavo la solidarietà, come
membro della Commissione esecutiva (CED) del IV Distretto,
ai fratelli della piccola e deliziosa cittadina pugliese.
C’è ancora da fare, ci sono
consigli da ricevere e da dare;
di quanto aiuto necessita l’opera di evangelizzazione portata
avanti da un singolo credente,
da un gruppo, da una chiesa nella vasta diaspora del sud? Quanta comprensione e quanto reciproco aiuto ed impegno e collaborazione c’è da esprimere, da
vivere? E questo tanto più quando se ne ravvisa la necessità e
fraterna ne è anche la richiesta.
MILANO — Nel pomeriggio di
domenica 22 ottobre, nei locali
della Chiesa metodista, si sono
raccolti sorelle e fratelli delle
Chiese apostolica, avventista,
battista, dei fratelli, luterana,
metodista, valdese e dell’Esercito della Salvezza.
L’iniziativa è stata promossa
dal Consiglio dei pastori di Milano.
Affuso, Carlo Gay, Emidio Campi e Dorothea Müller) che, nonostante risiedessero altrove,
hanno fatto del loro meglio per
la crescita spirituale della nostra piccola comunità. Ora, con
un pastore residente, si aprone
nuove possibilità. Per questo la
chiesa ha ringraziato il Signo
re.
Un nuovo
gruppo evangelico
Molto spesso i nostri noimi
parlano di felici abbinamenti che
hanno fondato l’esistenza di numerosi gruppi e chiese nel Sud
Italia. Il calzolaio che mentre
riparava scarpe annunciava al
Suo oliente l’Evangelo di Gesù
Cristo, o gli porgeva un opuscolo; e poi il barbiere, il carrettiere, 1 artigiano, persone per cui
Si tratta proprio di questo;
jazz e annuncio delTEvangelo,
un pensiero a Benny Goodman
e l’altro a John Wesley, maestro
di musica ma anche creatura
chiamata da Dio ad un costante annuncio concernente la vita
del Signore.
Così, accanto alla scuola di
jazz, ecco nascere un gruppo evangelico metodista, ben evidenziato da una apposita targhetta,
all’entrata dell’edificio che ospita anche la scuola; ogni domenica, allievi ed ex allievi del maestro Tony Russo, all’ombra della « Memory Benny Goodman
Jazz » ma alla luce dell’Evangelo,
si costituiscono per formare la
Lo spirito del Signore arriva
a servirsi anche della « Memory
Benny Goodman Jazz », del piccolo gruppo di Cisternino per
creare una breccia, una umile
e costante presenza sul territorio.
Scuola di jazz, annuncio dell’Evangelo, lezioni di musica e
studi biblici, storia del jazz e
storia del movimento metodista
e valdese, motivi classici di musica leggera, inni a noi conosciuti, insomma ci sono tutti gli ingredienti che ci ricordano che
abbiamo bisogno di creatività, di
nuovi linguaggi, come di impegno serio e meditato, interventi
calibrati, solidarietà e comunione fraterna, indicati da situazioni, pezzi di storia che grazie a
Dio ancora parlano, dialogano e
dicono qualcosa alla chiesa di
cui ciascuno di noi è membro.
L’adesione ha largamente superato le previsioni più ottimistiche. Un appuntamento desiderato da tutti. Resta da chiederci perché non si sia fatto
prima, comunque è riuscito, e
anche molto bene.
Le parole « finalmente » e « arrivederci al prossimo incontro »
sono state espresse da tutti.
Quasi un rammarico per aver
vissuto la propria fede e la
propria testimonianza separatamente.
Il bisogno più immediato e
più sentito è stato quello di conoscerci meglio, di guardarci in
faccia, di scambiarci le pubblicazioni più significative (libri,
giornali, volantini ecc.) prima
di qualsiasi tipo di confronto
teologico, che si è ritenuto prematuro.
L’incontro è durato dalle 15
alle 18. Le conversazioni nei
gruppetti spontanei o con la
persona più vicina sono state
intervallate dal canto di inni, da
letture bibliche, da brevi meditazioni. Le bibite ed i dolci hanno contribuito a creare un’atmosfera particolarmente cordiale.
E’ stata un’esperienza di fraternità ritrovata, riscoperta in
Cristo e da ricercarsi sempre
di nuovo come dono del Signore.
Scuole domenicali
LIVORNO — Le scuole domenicali della costiera toscana si
sono incontrate domenica 29 ottobre per la giornata comunitaria.
Il culto, presieduto dal past.
Scuderi, ha visto la partecipazione attiva dei ragazzi che con
scenette, rifiessioni bibliche e
preghiere hanno illustrato la
« chiamata di Mosè ». Dopo il
culto la giornata è proseguita
con canti e giochi all’aperto in
allegria.
Evangelici e Stato
insediamento
Francesco Carri
SIENA — « Dopo 40 anni la
nostra chiesa ha un pastore tutto per sé, che abita persino in
città »; queste parole testimoniano la gioia dei membri della
chiesa valdese che il 5 novembre scorso ha visto insediare il
nuovo pastore, Giovanna Pons.
Negli ultimi anni la nostra
chiesa è stata curata da molti
pastori (Luigi Santini, Mario
CAMPOBASSO — Il 27 settembre scorso il past. Davide Cielo e Gianna Sciclone hanno tenuto una conferenza sulla storia della presenza evangelica in
Molise e sui rapporti tra evangelici e stato.
• Il past. Enos Mannelli ha
partecipato ad una trasmissione
della RAI regionale sulla « religione popolare » che prendeva
spunto dal cosiddetto «struscio»,
cioè dalla pratica di leccare a
carponi il pavimento del tempio
e della piazza per invocare la
guarigione di un congitmto. Il
pastore ha ricordato con Atti 17
che la religiosità è insufficiente
« a guidare l’uomo alla vera rivelazione, perché solo per mezzo di Dio figlio l’uomo può giungere a Dio padre ».
• Sono stati ospiti della chiesa di Guglionesi numerosi
fratelli e sorelle svizzeri guidati dai past. H. Wartenweiler e
A. Deodato. Arrivederci l’anno
prossimo a... Campobasso.
• Elvio è venuto a rallegrare
la casa del pastore battista Sergio Tattoli e della sua compagna Luisa.
ASTI: COMUNITÀ’ CRISTIANA ECUMENICA
Ricominciamo da^venti
Una presenza che ha vissuto fasi alterne ma che ha saputo mantenersi
vivace e aprirsi alle novità - Uno spazio per il dialogo fra credenti
La piccola sala, al n. 81 di via
G. Ferraris, vicino alla grande
piazza del palio, si è rivelata troppo angusta per contenere tutte
le persone che hanno voluto esprimere gioia e solidarietà al
gruppo di Asti per l’inaugurazione del loro locale di culto. Sono venuti in tanti, provenienti
da aree culturali, religiose, sociali molto diverse; ma tutti, stranamente, accomunati da un sentimento di viva partecipazione
per quanto stava avvenendo.
Asti non figura nelle nostre
cartine geografiche come luogo
di una chiesa evangelica. Eppure già nella seconda metà del
secolo scorso qui ci sono stati
evangelici, visitati ora da un
evangelista, ora da un altro. In
tempi più recenti è stata curata
dalla chiesa valdese di Torino,
poi dai battisti; l’opera ha vivacchiato, senza conoscere mai
un vero sviluppo, ma senza neanche spegnersi del tutto. Il momento più critico forse l’ha conosciuto nel ’75, quando Condola, l’anziano che teneva il culto,
scriveva con tristezza; « ...sono
rimasto solo ». Poi Condola è
morto; ma non è morta la presenza evangelica che ha ripreso,
sia pur timidamente, a rivivere,
e che oggi si presenta in un modo suo, tutto originale.
Originale, infatti, è intanto il
titolo con il quale questa chiesa si autodefinisce; « Comunità
cristiana ecumenica ». Originali
sono le sue componenti; alcuni
battisti, alcuni valdesi, alcuni metodisti, alcuni cattolici delle Comunità di base. A causa di questa composizione la colletta domenicale viene data una volta
alla Tavola, un’altra all’UCEBI,
un’altra alle Comunità di base.
Ma l’area è ancora più vasta
di queste denominazioni o movimenti, almeno a giudicare da
quanti erano presenti all’inaugurazione, sabato 18 novembre. C’erano avventisti e pentecostali;
c’era una rappresentanz-a di cattolici delle AGLI (che quel giorno tenevano ad Asti il loro congresso), guidata dal consigliere
regionale Beppe Reburdo; c’era
Paolo de Benedetti, docente di
giudaica alla Facoltà teologica
dell’Italia settentrionale, insieme
alle sorelle Jona, anch’esse ebree,
un passato di sofferenza e di fede; c’era un’anziana signora ortodossa e un numero imprecisato di simpatizzanti.
La sala, che quel giorno odorava di vernice fresca, servirà,
oltre che per il culto, anche per
riunire il « eomitato pace » locale ed altri gruppi che si pongono il problema del rinnovamento della società. Fra le presenze
simpatiche e significative da segnalare anche quella del sindaco di Asti, Giorgio Galvagno, e
quella di Gian Luigi Bravo, docente di sociologia all’università
di Torino.
Il culto inaugurale è stato presieduto da Bruno Giaccone, che
è Un po’ l’anima del gruppo di
Asti. Ha il merito, insieme alla
moglie Marilena, di aver raccolto « le pecore disperse » e aperto la sua casa, per fame luogo
d’incontro e di edificazione della
comunità. Un culto partecipato,
allegro, ravvivato dai canti dei
giovani, immerso in un’atmosfera di gioia e riconoscenza. Ad
esso è seguito un momento di
fraternità, con meravigliosi dolci
Bruno Giaccone mentre presiede il culto inaugurale nei nuovi locali
della « Comunità cristiana ecumenica » di Asti.
preparati da varie sorelle, annaffiati da genuini vini astigiani.
Il gruppo di Asti conta una
ventina di membri, ha un embrione di scuola domenicale, possibilità di avere un giuppo di
catecumeni; è composto di un
cerio numero di coppie giovani,
ben disposte e decise a percorrere strade nuove. Un gruppo aperto alla speranza, in dialogo con
altre forze; capace quindi di
muoversi in varie direzioni, di
allacciare rapporti e di coagulare intorno a sé quanti voglio
no vivere una ricerca di fede,
o sognano una società nuova più
giusta, più laica, insomma più
umana.
L’augurio è che la nuova sala
possa ora costituire per il popolo di Asti un punto di riferimento, uno spazio aperto dove il dialogo tra credenti di diversa fede e non credenti, ma comunque uomini e donne in ricerca,
possa continuare e svilupparsi
nella benedizione del Signore.
Luciano Deodato
J
9
Pro o contro?
Cura pastorale
Si profila una legge i
sicodipendente - Il
ri
«Per una cultura della solidarietà! Contro i narcotrafficanti;
contro ia punibilità dei tossicodipendenti; per una nuova idea
di prevenzione ».
Queste le 'linee principali del
programma sul quale si è costituito nel mese di ottobre, a Campobasso, un Comitato di cui fanno parte (oltre al PCI e FOCI
promotori) una dozzina di associazioni politiche e religiose. Tra
queste le ACLI, la Croce Rossa
molisana, il Tribunale dei diritti del malato, alcuni frati cappuccini e le Chiese battista e
valdese.
La sera del 12 novembre circa 700-800 persone (giovani e
non) hanno partecipato ad una
fiaccolata 'per le vie del centro
cittadino. Al termine si è avuta
un’assemblea in un cinema, con
interventi dei rappresentanti dei
movimenti aderenti.
Breve, ma incisiva, la testimonianza del pastore battista Sergio Tattoli sui motivi « etici »
delTadesione evangelica.
1 messaggi più lunghi e articolati sono stati quelli del rappresentante nazionale della FOCI,
Anastasia, e del dott. Marco Tullio Fiorio per la Chiesa valdese.
Anastasia ha affermato che la
legge in discussione al Senato,
per la parte che concerne la punibilità del consumatore, è inefficace, ingiusta e pericolosa. Esistono paesi dove la strategia punitiva non ha sortito altro effetto che quello di far aumentare
il numero delle vittime. Da noi
avremmo un intasamento ulteriore della macchina della giustizia. Occorre inoltre, ha concluso l’esponente FOCI, superare i
toni da « crociata ideologica »,
per cui chi non è d’accordo con
la maggioranza governativa è per
la « liceità della droga ». Bisogna lottare contro il traffico e
non identificare i consumatori
come l’ostacolo maggiore.
Fiorio, dopo aver esordito dicendo che una fetta non indifferente dei capitali depositati nelle banche internazionali sono costruiti su quel traffico di stupefacenti che l’Interpol cerca di
colpire, ha rilevato che una certa parte politica intende assecondare, per ottenere voti, il riflusso moderato e perbenista di
una gran parte della società odiema. Il messaggio di tali persone è che « questi drogati sono
degli asociali, non rispettano la
legge e la proprietà... Sono un
grave pericolo per i nostri ragazzi, perché la droga è una malattia contagiosa... La società deve
difendersi dall'infezione: non
possiamo restare a guardare senza cercare di porre un argine.
Se si interrompe la catena produzione-spaccio-consumo, il problema potrà essere risolto. E
l’anello più debole è quello del
consumo, che coincide con il piccolo spaccio. Rotta la catena in
questo punto, i grossi commercianti non avranno più mercato ».
fi pericolo della criminalizza
nefficace e pericolosa nei confronti (del toschiamo biblico è alla base (della solicJarietà
PROTESTANTESIMO
IN TV
Replica:
LUNEDI’ 4 DICEMBRE
ore 10 - RAIDUE
In questo numero notizie
dal mondo evangelico; segue
un servizio filmato sul Congresso WACC di Manila; in
chiusura un’intervista a Luigi Sandri sulla situazione attuale a Berlino est.
zione dei tossicodipendenti da
parte dell’oDinione pubblica era
già presente neH’85 ai membri
della Commissione sui problemi
della tossicodipendenza, della
quale il Fiorio era relatore, che
nella relazione al Sinodo valdese
individuava nella « mentalità perbenista e moralistica » il tentativo di porre « le vittime del fenomeno come responsabili di esso ». Questa mentalità contribuisce anche « a respingere una responsabilità sociale, solo da pochi avvertita con lucidità ».
A questi atteggiamenti si associa anche il concetto della « irrecuperabilità del drogato », al
quale sovente danno un appoggio anche i congiunti del soggetto ed ora, con il disegno di
legge governativo, anche il carcere, in grado di « contribuire
a formare dei veri criminali ».
Particolarmente felice il passaggio del suo intervento in cui
ha affermato: « Drogarsi è illecito: un bello slogan per supe
rare di un salto tutti gli studi,
le esperienze, le modalità e le
cause ormai accertate per cui si
entra, e quelle per cui si può
uscire dalla droga ».
« Quale dev’essere il nostro atteggiamento personale — concludeva il fratello Fiorio, da testimone dell’Evangelo quale egli è
— nei confronti di queste persone, che non sono disposte ad
ascoltare qualsiasi discorso? Non
quello di sani che si volgono verso dei malati o di forti che si
degnano di chinarsi verso i deboli, ma quello vissuto dall’apostolo
Paolo: ’’Con i deboli mi sono fatto debole, per guadagnare i deboli” (1 Cor. 9: 22)».
Una giornata, a detta dei più,
in cui abbiamo respirato una
boccata d’aria pura!
Il lavoro del Comitato è appena iniziato, non mancheranno
le difficoltà e le opposizioni, ma
una cosa è certa: il cammino
da percorrere è stato tracciato!
Enos Mannelli
PIOSSASCO — Con la ripresa
delle attività, la nostra chiesa
ha dovuto ancora una volta fare
i conti con la difficile situazione
pastorale. Ciononostante, proseguono con una discreta presenza i culti, che si tengono ogni
domenica alle 9.30 presso la sala di via Magenta.
In questi ultimi due mesi hanno predicato i pastori K. Langeneck, B. Tron, M. Ayassct e i
predicatori locali 'C. Garrone e
R. Cardon.
Con il pastore Tron è stato
possibile effettuare un giro di
visite alle persone più bisognose della nostra comunità, con
l’intenzione di mantenere i rapporti con chi, per motivi di salute o logistici, non può frequentare i culti.
Il coordinamento delle attività è affidato al sovrintendente
del 2° circuito, pastore Langeneck.
• Il gruppo femminile in questo periodo si sta attivando per
organizzare il bazar, programmato per domenica 10 dicembre
alle ore 15.
Si tratta di un’occasione per
aiutare le finanze della nostra
chiesa, ma soprattutto un mo
I DISTRETTO: VALUTAZIONE DEL CENTENARIO
Una grande foto di famiglia
A poco più di due mesi dalle
conclusioni delle manifestazioni
sul Glorioso Rimpatrio i concistori delle valli valdesi si sono
incontrati domenica 26, a Pinerolo, per una approfondita valutazione degli avvenimenti. La
numerosa assemblea degli ’’anziani” si è suddivisa in sei gruppi di lavoro.
Ciascuno di essi ha tentato di
rispondere ad una serie di interrogativi, predisposti dalla Commissione esecutiva del Distretto, concernenti il Centenario.
Dalle riflessioni emèrse appare un prime dato certo: il Centenario ha smosso un sacco di
gente, l’ha coinvolta non solo
sul piano emotivo, ma anche su
quello operativo. Certo non tutte le comunità sono state coinvolte allo stesso modo; Torre
Penice, Bobbio Pellice e San
Germano sono le prime della
lista, ma rapporto è arrivato anche da molto lontano.
Ora, finita la festa, spenti i
riflettori, le comunità sono tornate al solito tran tran. Ma senza una vita comunitaria organizzata e continuativa non si
sarebbe potuto fare granché.
Dal III Centenario è nato un
nuovo Centro culturale con il
suo bellissimo museo e si è capito che molta gente, anche marginale rispetto alla vita cultuale,
è disponibile a collaborare su
cose concrete, purché siano cose importanti. Va da sé che
anche per il Centenario non
sono mancati aspetti negativi:
alcuni criticano il fatto che le
manifestazioni si siano pressoché concentrate esclusivamente
alle valli o che il calendario,
troppo fitto d’impegni, sia state deciso in un piccolo gruppo
di lavoro. Altri ritengono che
sia l’invito al presidente della
Repubblica, sia la presenza della
RAI non fossero consoni con
quella sobrietà valligiana e calviniana che dovrebbe sempre
contraddistinguerci.
Il Centenario è stato comunque una bella occasione per
scattare una grande foto di famiglia. Ed è stata anche un’occasione per parlare al paese
della realtà di un protestantesimo troppo a lungo ignorato.
In conclusione, gli aspetti positivi delle celebrazioni del Rimpatrio prevalgono di gran lunga su quelli negativi. Si tratta
ora di amministrare le ricchezze che il Centenario ha prodotto.
Dai concistori viene così l’indicazione a valorizzare al massimo il Centro culturale, riscoprendo il valore della storia valdese soprattutto nei confronti
delle più giovani generazioni.
Si tratta anche di mantenere vivi i contatti con tutte le persone
coinvolte dalle manifestazioni e
di ritentare, con un po’ di fantasia, nuove occasioni d’incontro a carattere religioso-popolare.
« Il discorso non si chiude con
il Centenario — ha detto Ilìana
Lanfranco di San Germano elùsone —; gli stimoli che abbiamo
ricevuto ci preparano ad affrontare il futuro sapendo che, pur
essendo piccoli, possiamo fare
grandi cose, con l’aiuto del Signore ». In conclusione, se tutto
è andato bene è perché dietro
alla facciata molti hanno lavo
rato, organizzato, pensato.
Il momento più alto delle manifestazioni? Bellissimo il XV
agosto alla Balziglia, ma anche
l’incontro indimenticabile a
Nyon; interessanti anche gli
stand dei Circuiti (il nostro
piccolo Kirchentag).
Pienamente riuscite anche le
inaugurazioni dell’Asilo dei vecchi di San Germano e del nuovo Centro culturale; tra i momenti più significativi i concistori ricordano la predicazione
in eurovisione del pastore Paolo
Ricca e il discorso sulla libertà
religiosa di Cossiga. Indimenticabile anche la serata con gli
espiti stranieri al Sinodo e le
parole del moderatore a San
Germano... Ciascuno ha potuto
cogliere qualcosa di importante
e di arricchente. Insomma ne
valeva la pena!
Giuseppe Platone
mento per coinvolgere i membri
della chiesa, i simpatizzanti e
tutti coloro che a Piossasco
hanno voluto gettare un seme
perché potesse nascere questa
piccola chiesa, come punto di
riferimento per gli evangelici di
queste zone.
La giornata proseguirà con il
culto, che per l’occasione verrà
spostato alle ore 17.30, seguito
da una cena comunitaria.
Designazione
ANGROGNA — L’assemblea di
chiesa di domenica 26, presieduta in rappresentanza della
CED dal past. Vito Gardiol, ha
deciso all’unanimità di rimettersi alla Tavola per la designazione del pastore titolare, secondo il piano di ricambi pastorali
a suo tempo proposto alle chiese, che prevede per Angrogna il
pastore Ruggero Marchetti. Già
un anno fa l’assemblea si era
espressa in questo senso, ora è
giunta la piena conferma.
• Sabato 2 dicembre alle ere
20.30 riunione del Concistoro
per l’aggiornamento della lista
dei membri comunicanti ed elettori.
Studio biblico
TORRE PELLICE — E’ cominciato lo studio biblico del sabato pomeriggio alle ore 14,30; si
tratta di un’occasione importante, rivolta in particolare a quanti, per vari motivi, non possono
partecipare allo studio del lunedì
sera ed anche ai gerùtori dei
bambini che nello stesso orario
frequentano la scuola domenicale.
Giovedì 30 novembre
□ COLLETTIVO BIBLICO
ECUMENICO
TORRE PELLICE — Alle ore 20.45,
presso il centro d'incontro di via Repubblica, prosegue la sua attività il
collettivo biblico ecumenico con lo
studio del libro del profeta Osea.
SEMINARIO DELLA FFEVM
Il canto nella chiesa
Nell’ambito del seminario della
FFEVM organizzato lo scorso
18-19 nov, a Torre Pellice, si è
svolta una serata pubblica sul
tema: « Il canto nella chiesa »,
con la partecipazione del pastore Bruno Rostagno e di Dino
Ciesch,
Rostagno ha iniziato il suo intervento sottolineando come sia
l’Antico che il Nuovo Testamento facciano riferimento al canto,
all’insegna del « se siete tristi
pregate, se siete allegri, salmeggiate » e, così come ha fatto
poi Dino Ciesch, ha ricordato
che i riformatori Calvino e Lute-ro si occuparono a diversi livelli
del canto nella chiesa. Di Lutero
si ricorda, oltre ad una celebre
affermazione: « Chi canta prega
due volte perché il canto è un dono di Dio », l’impulso che diede
alla nascita del primo innario del
1524, e l’innovazione di cantare
brani religiosi a quattro voci anziché alTunisono. Per Lutero, la
musica è dunque uno strumen
to in più per la riflessione di
fede, con la sua capacità di fondersi con la parola, in tanti casi potenziandola.
Di Calvino è stato ricordato
che, nella sua distinzione fra il
canto corale eseguito in chiesa
e quello più intimo a dimensione
familiare, attribuiva a quello
maggiore sontuosità e maestosità, a questo maggiore leggerezza e semplicità.
Ma i valdesi hanno avuto o
hanno una musica sacra loro propria?
Una vera e propria musica sacra no, ha detto Ciesch; tuttavia
dobbiamo certo considerare come un patrimonio della nostra
chiesa le complaintes, modo di
raccontare in musica le proprie
sofferenze, le proprie esperienze,
la propria fede. Nel 1920 poi si
arrivò ad un vero incontro di
evangelici sul tema del canto da
cui sfociò la decisione di dare
vita ad un innario cristiano, realizzato due anni dopo: su 33 can
ti, 12 appartenevano alla tradizione della Riforma. Nel 1969 a livello di Federazione di chiese
evangeliche italiane si diede vita
all’innario attualmente ancora in
uso.
Oggi qual è il ruolo del canto
nella nostra espressione di fede?
Si può dire che nella nostra liturgia il canto è rimasto Tunica
espressione comunitaria in un
culto che vede per il resto un monologo e una partecipazione silenziosa.
Ma i nostri inni vanno bene
così? Sono comprensibili a tutti,
specialmente ai più giovani? Utilizzano un linguaggio attuale?
Si è parlato di rinnovamento
del canto, sia sul piano musicale
che delle parole. Certo non si
tratterebbe di un’operazione semplice, tuttavia si sente il bisogno
di un adattamento dei termini
vocali alTevolversi della lingua,
in fondo qualcosa di simile a
quanto realizzato già con la Bibbia. Anna Casini
10
10 valli valdesi
1° dicembre 1989
CONVEGNO A TORRE RELUCE
Quale uso
del
torrente?
Il torrente, un tempo, faceva
parte dell’ossatura portante dell’economia valligiana, una realtà
contadina che Sapeva usare la
sua energia, basti pensare ai numerosi mulini ed ai canali per
irrigazione, senza che fosse alterato l’impatto con l’ambiente.
In questo periodo il torrente
della vai Germanasca, per buona
parte del suo corso, è quasi prosciugato. Ritenere che la colpa
di tale situazione sia la mancanza di pioggia è alquanto semplicistico; il problema è invece riconducibile ai criteri di utilizzo
delle acque. Sicuramente anche
in passato si sono verificati periodi di piogge scarse, eppure
il torrente ed i suoi affluenti sapevano rispondere alla necessità
di funzionamento di più di 30
mulini nella sola vai Germanasca, garantendo una quantità di
acqua che sicuramente, al giorno d’oggi, basterebbe a far funzionare altrettante piccole centraline idroelettriche, senza arrivare alla situazione attuale.
Le acque del torrente della
valle sono considerate acque pregiate dalla Provincia. Dei progetti di ripopolamento ittico, finanziamenti e molto lavoro da
parte di alcuni volontari locali
sono rivolti a garantire un equilibrio del patrimonio esistente;
intanto, in più punti, in particolare nella zona di Chiotti, a causa del prelievo delle acque per
produzione idroelettrica, il torrente sta assumendo le sembianze di un canale di scolo di liquami a cielo aperto. Sono contraddizioni che rappresentano l’ennesima dimostrazione della mancanza di programmazione dell’uso delle risorse della montagna.
Nell’esigenza di sviluppo della
montagna esiste la necessità del
rispetto dell’ambiente. La Regione, affrontando il problema dell’energia, ha rivalutato fra le altre la necessità di potenziare la
produzione dell’energia idroelettrica, una parziale risposta a chi
si è battuto per la produzione
di energia pulita. Evidentemente nella nostra realtà con l’impianto di piccole centraline idroelettriche, utilizzando moderne
tecniche a disposizione, è concretamente possibile produrre
energia senza creare problemi di
squilibrio ambientale, una scelta alternativa a chi caldeggia la
costruzione di grandi centrali. Il
problema è urgente, certamente
necessita di un dibattito che
coinvolga le amministrazioni locali e la popolazione. Parlare di
energia non è un fatto privato
o di privati, perciò è quanto mai
importante attivare il controllo
democratico sulle scelte che si
stanno delineando, riconoscendo
l’utilizzo del torrente come un
bene collettivo.
Mauro Meytre
Lingue straniere
per gli anni '90
Uno Studio che può avviare alla comprensione delle altre culture Tra le carenze legislative e i numerosi progetti di sperimentazione
« La lingua serve per relazionare, esprime la propria identità
ed è un mezzo culturale ». Questi tre aspetti non vanno sempre di pari passo; chi conosce
due c tre lingue non necessariamente comunica di più o conosce meglio la propria cultura. La
provocazione a pensare di Giorgio Tour«, nel quadro del convegno sulle « lingue straniere negli anni novanta» tenutosi recentemente a Torre Pellice, si risolve in un grande interrogativo; nello studio di una lingua
quali devono essere gli aspetti
da privilegiare?
Secondo Giuliana Bertoni Del
Guercio, segretaria nazionale
LEND (lingua e nuova didattica) la prossima scadenza europea del ’93 è un’occasione di
grande arricchimento in cui lo
studio della lingua madre e delle altre lingue deve saper privilegiare soprattutto l’aspetto comunicativo, nel quadro dell’incontro tra culture diverse. Più
si studiano le lingue straniere e
più si coglie lo spessore umano di altre culture. C’è però
da chiedersi a che punto siamo
a casa nostra. In altri termini:
la scuola cosa offre?
La sovrintendente scolastica
del Piemonte e della valle d’Aosta, Emma Garro, ha ricordato
che l’Italia dal punto di vista
dei programmi ministeriali non
è seconda a nessuno, ma lo è rispetto all’applicazione pratica.
Si è, in questo ambito, ancora a
livello di "progetti di sperimentazione”. Giustamente Franca
Bozzato, deiriRRSAE Piemonte, ha sottolineato la carenza di
interventi legislativi, che non
permette di ridefinire in termini
moderni la politica dell’insegnamento delle lingue straniere in
tutto il sistema scolastico italiano. Il vuoto legislativo è parzialmente compensato da una
miriade di iniziative di sperimentazione (soltanto in Piemonte si registrano almeno 30 iniziative di sperimentazione dello studio della lingua straniera nella
scuola secondaria superiore)
con finalità diversificate. Gli indirizzi infatti nell’approccio e
nello studio della lingua vanno
da quello classico a quello moderno, sociologico, tecnico.
Maria Teresa Prat Zagrebelski, deirUniversità di Torino, che
al convegno di Torre Pellice ha
presentato una sua comunicazione su « Lo studio delle lingue
straniere: aspettative dei docenti e aspettative degli studenti »,
ritiene che lo studio della lingua straniera vada correlato con
le esigenze del mondo del lavoro. Le sperimentazioni diversificate rispondono a concrete esigenze, proprio in vista dell’uso
che verrà fatto successivamente — sia a livello scientifico che
umanistico — della lingua straniera.
Zagrebelsky ritiene che mediamente la preparazione fornita
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dalla scuola media e superiore
nell’apprendimento della lingua
straniera, valutata nei colloqui
dei neo-immatricolati alla facoltà di lettere, sia accettabile. La
via sperimentale alla lingua straniera dà dunque risultati generalmente validi, tuttavia alle
porte della "casa comune europea” la scuola italiana non può
fermarsi alla sperimentazione,
ma deve ridefinire globalmente
il suo intervento educativo per
quel che riguarda le lingue straniere. Ma queste cose non avverranno se lo Stato non investirà, con criteri moderni e in
una prospettiva multiculturale,
fondi ed insegnanti nelle scuole
di ogni ordine e grado.
Il dibattito suscitato dal convegno — presieduto da Roberto
Eynard, della Direzione didattica
di Torre Pellice, e da Roberto
Giacone, del Liceo sperimentale
valdese locale — ha sottolinea
to l’importanza di giungere alla
conoscenza di un’altra lingua,
ma mai a scapito della propria.
Tra gli altri interventi ricordiamo la comunicazione di Franco Calvetti, della Direzione didattica della scuola el. ’’Collodi”
di Torino, su « I linguaggi comunicativi nella scuola di base » e
le esperienze in materia d’insegnamento delle lingue presentate rispettivamente dalla scuola materna ed elementare di Luserna S. Giovanni, dalla scuola
media di Torre Pellice e dal liceo linguistico di Torre Pellice.
La partecipazione al convegno
è stata ampia: dalle insegnanti
delle scuole materne sino a studenti universitari. L’organizzazione ben dosata ha saputo valorizzare le varie comunicazioni e fornire nuovi stimoli su im
problema che a Torre Pellice è
particolarmente sentito.
Daniela Ferrare Platone
SCHEDA
Le lingue in una
realtà multinazionale
In questa scheda riprendiamo alcuni passaggi essenziali della
relazione di Giuliana Bertoni Del Guercio su « Le lingue straniere in
una realtà multinazionale »:
Il carattere « rnitico » che ha assunto nel senso comune la data
europea del 1992 rischia di produrre nella scuola due effetti contrari
ma ugualmente pericolosi: eccessive attese di un rapido rinnovamento automatico; preoccupazione e pessimismo rispetto ai nuovi
compiti.
La preoccupazione è giustificata rispetto all'integrazione europea e ai rapporti con i popoli dei paesi extracomunitari.
BISOGNA RICONOSCERE LE MOLTEPLICI COLTURE
Questo obiettivo pedagogico fondamentale si basa su:
— il rispetto per la lingua effettivamente parlata dagli studenti
(dialetti, lingue minoritarie);
— la presenza nella scuola di più opportunità di apprendimento di
lingue straniere e la presenza-confronto di più culture (con momenti comuni di trasmissione di esperienze);
— la garanzia ad ogni studente di avere accesso a due lingue straniere;
— il risveglio dell’interesse per le lingue e le culture di minoranze
etniche con cui si viene in contatto;
— la coscienza dello sviluppo originale assunto dalle lingue europee
nei paesi ex coloniali.
IN MANCANZA DI RIFORME...
(...) Nell’attuale situazione, vi sono possibilità di progettazione a
livello di territorio sui due piani:
In verticale: vedere lo sviluppo della formazione linguistica nel complesso del curricolo scolastico (...), quindi:
— tener conto dei programmi della scuola media e dei suoi obiettivi terminali, ma anche dei diversi livelli cognitivi propri delle
due fasce di età in un continuum formativo;
— prospettare le « ricadute » sulla scuola media superiore dell’introduzione precoce della seconda lingua (dalle elementari e, in
alcuni casi, anche dalla materna). (...)
In orizzontale:
— una progettazione che si fondi sulla interazione fra lingua materna/lingua nazionale,/lingue straniere (...)
— che si proponga di utilizzare tutte le possibilità di scambi fra
insegnanti e studenti dei paesi di cui sì studia la lingua;
— che tenga conto delle presenze linguistico-culturali di altri popoli
ed etnie esistenti sul territorio e frequentanti la scuola.
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Arte russa
Nel corso dell’estate e fino alla fine di ottobre più di centomila persone hanno potuto visitare la mostra dedicata all’arte
russa e sovietica, allestita all’ex stabilimento Fiat del Lingotto a Torino. Per questo la
chiusura dell’iniziativa è stata rimandata al 3 dicembre.
Il pubblico è stato composito
e variegato, per età, provenienza e posizione sociale. In prevalenza formato da torinesi, ha
visto, specialmente nel periodo
estivo, anche una buona percentuale di forestieri, in una misura che mai si era registrata
per analoghe iniziative nel capoluogo piemontese.
Molti anche i visitatori « non
specialisti », invogliati anche da
un allestimento (quello di Renzo Piano)innovativo per la sua
collocazione, e « multimediale »
per aver consentito la visione,
la consultazione e la lettura di
materiali scritti, e l’ascolto personalizzato in cuffia di musica
di compositori russi di quel periodo.
Viaggi in Nicaragua
Anche quest’anno l’Asscciazione Italia-Nicaragua, in accordo
con le autorità locali, partecipa alla campagna di raccolta
del caffè in Nicaragua, organizzando campi di lavoro della durata di circa un mese. La permanenza comprende un periodo
di lavoro ed uno di incontri e
visita del paese.
La partecipazione di volontari
negli scorsi anni si è dimostrata
una positiva esperienza, sia come mezzo di conoscenza diretta della realtà nicaragüese, sia
come aiuto concreto dato alla
economia ed alla difesa della
democrazia e sovranità del Nicaragua.
Le partenze per i campi sono
quattro: il 12.12.89; il 31,12,89;
il 16.1.90; il 28.1.90.
Ciascun partecipante dovrà
sostenere le spese di viaggio (circa L. 1.360.000) più le spese di
mantenimento.
Chi volesse ulteriori informazioni o fosse interessato a partecipare ai viaggi, può rivolgersi
alla sede delTAss. Italia-Nicaragua di Torino (via Monferrato,
14 - tei. 011/879129) oppure a
Carlo Bianco - Pinerolo (telef.
21407).
Più infermieri
Sono in aumento le iscrizioni
ai corsi professionali per infermieri, di cui si denuncia da tempo la carenza rispetto alle esigenze crescenti dei servizi. Oggi
in Piemonte funzionano 43 scuole per infermieri, frequentate da
circa 4.000 allievi: sono stati infatti istituiti alcuni nuovi corsi e
raddoppiati altri, come a Pinerolo e Saluzzo.
Fra le iniziative condotte a livello regionale, per consentire un
razionale utilizzo del personale a
disposizione evitando che ad infermieri vengano affidate mansioni improprie, va segnalata l’introduzione della nuova figura àegli amministrativi di reparto, con
l’istituzione di quasi 600 nuovi
posti con questi compiti.
Dibattito sulla DDR
PINEROLO — Il Sindacato
scuola della CGIL organizza per
venerdì T dicembre, alle ore
20.45, presso l’Auditorium dei
Liceo scientifico, un pubblico dibattito sul tema « Berlino el’est ». Introducono Marco Buttino dell’Università di Torino e
Claudio Sabbatini, segretario
aggiunto della (XJIL provinciale.
11
dicembre 1989
valli valdesi 11
PINEROLO: FONDO D’INCENTIVAZIONE ALL’ITIS
Grazie, non ci interessa
Scarsa attenzione da parte dei professori: eppure questo strumento
garantirebbe un più completo servizio scolastico per gli studenti
Il novembre, mattina: gli studenti deiriTIS Porro di Pinerolo escono in anticipo, per consentire ai « prof » di riunirsi in
assemblea sindacale. Non tutti gli
insegnanti partecipano all’incontro, molti se ne vanno frettolosamente dopo una breve visita.
Argomento poco interessante?
All’ordine del giorno c’è un aggiornamento e una discussione
sul « fondo di incentivazione »,
im istituto previsto dall’ultimo
contratto di categoria e solo ora
faticosamente al varo con un decreto governativo. D’ora in poi
con esso sarà possibile finanziare alcune novità, nella scuola
italiana, con qualche vantaggio
per gli studenti e per gli insegnanti. Il Porro, per esempio,
potrà disporre di una quarantina di milioni, se ne farà richiesta in tempo al Provveditore, per
incentivare e finanziare un miglioramento del servizio.
Mi spiego; si parla tanto della necessità di aggiornamento:
d’ora in poi gli insegnanti disponibili potranno almeno in parte
realizzare il proprio diritto-dovere aH’aggiomamento aderendo
ad apposite iniziative che potranno essere organizzate in tal senso e verranno retribuiti nella
misura in cui dimostreranno di
averlo fatto. Si parla tanto delle altissime percentuali della
inortalità scolastica, di classi decimate da un anno aU’altro, di
fiimii di soldi spesi dalle famiglie nel mare sommerso delle
ripetizioni private: d’ora in poi
gli insegnanti disponibili potranno organizzare dei corsi di recupero e sostegno per i propri studenti e verranno retribuiti nella
misura in cui dimostreranno di
averlo fatto. Un insegnante di
lettere del triennio, per esempio, potrà finalmente realizzare
una correzione approfondita e
personalizzata dei temi svolti dagli studenti, o potrà finalmente
provare a correggere la loro espressione orale, tanto spesso
rozza e approssimativa, organizzando ima serie di piccoli gruppi a rotazione oltre al normale
orario scolastico.
Una piccola rivoluzione? Parrebbe proprio di no, considerando il mutismo e l’insofferenza
con cui l’assemblea reagisce a
questi discorsi... Creare le condizioni, nella scuola, per potere
lavorare meglio e di più, ed attivare Un meccanismo per cui in
base a questo si sia anche meglio retribuiti? Molti tacciono.
Sono quelli che sentono di non
potere o di non volere aumentare il proprio tempo trascorso
a scuola; forse non possono per
motivi familiari (orari dei figli,
del coniuge, difficoltà con i mezzi
di trasporto); forse non vogliono,
perché già svolgono un’altra professione supplementare, o perché
preferiscono {^adagnare con le
ripetizioni private, o semplicemente perché non hanno voglia
di impegnarsi di più.
Altri, invece, insorgono clamorosamente: come? Lavorare di
più? Ma se ci pagano già troppo
poco, sindacato venduto! Con
veemenza, con sufficienza dichiarano di non essere interessati a
qualche elemosina di stato. Vedo in loro il viso di sempre di
tanti compagni di un tempo, la
stessa impotente convinzione:
« Tutto o niente! ». Sono rimasti ancora dell’idea che la scuola si abbatte ma non si cambia.
Una guida della vai d’Angrogna
Nono di quella serie di volumi
ciclostilati dal Comune di Angrogna : « Quaderni del Centro di
documentazione», collana diretta da Renato Bertot e Jean-Louis
Sappé, è uscito ora con il titolo
« Val d’Angrogna, una ricerca
della 3“, 4“, 5“ elementare del capoluogo ». J.L. Sappé ha saputo
coinvolgere ed interessare a questa iniziativa i ragazzi della scuola elementare del capoluogo, insegnando loro a riscoprire, interrogando genitori, nonni, parenti,
vicini di casa, abitanti anziani dei
vari villaggi sparsi nella valle, le
antiche tradizioni, gli usi e costumi di questa valle alpina, quanto
sta per essere cancellato dal rullo compressore della civiltà di
massa e dallo spopolamento di
questi ultimi decenni.
Il volume vuol essere una descrizione e una guida per chi voglia conoscere e percorrere la
valle di Angrogna.
Inizia con la descrizione del
capoluogo. San Lorenzo, delle
due chiese, valdese e cattolica,
delle case più antiche, delle cose
curiose ( come la « Pèira d’ia Reisoùn»), delle scuole. Prosegue
con un capitolo, « Angrogna
ieri », particolarmente dedicato
alle scuole come erano in passato e un secondo, « Angrogna oggi », in cui si parla dello spopolamento, delle cooperative, del turismo.
La seconda parte, « In giro
per la Val d’Angrogna», traccia
una serie di sei itinerari principali, ciascuno con delle varianti,
che permettono di percorrere
tutta la valle, anche seguendo
percorsi poco conosciuti.
Le varie località sono descritte
sia inquadrandole nella travagliata storia della valle (una
delle roccaforti del valdismo),
sia nelle particolarità topografiche e curiosità locali (sono perfino ricordate le « coppelle » sulla cima del roccione del Peirùn),
sia nella situazione attuale.
Il pregio della pubblicazione
sta anche nella sua freschezza e
in una certa dose di ingenuità
propria di bambini pieni di entusiasmo, che hanno imparato a
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Incontri
che dall’Ideale in giù è tutto uno
schifo inaccettabile, che qualunque intervento concreto e parziale sarebbe sbagliato, pierché
« prima » bisognerebbe cambiare tutto.
Non ci sto; per questo avrei
l’ambizione di rilanciare quel dibattito alTaperto, fuori dai confini di un’assemblea d’istituto.
Signori! Cittadini! Non saranno
i corsi di aggiornamento o quelli di recupero e sostegno a salvare la scuola, ma possono segnare rinizio di una riscossa. Bisogna che nella scuola chi ha voglia di lavorare meglio possa finalmente farlo e che possa essere retribuito meglio di chi fa
solo il minimo o fa qualche altro mestiere in più. Da cosa nasce cosa; se tanti insegnanti, se
tanti istituti scolastici rispondessero positivamente alle occasioni offerte dal « fondo di incentivazione », probabilmente i soldi stanziati non basterebbero
nemmeno; ma a quel punto saremmo positivamente in una terra ancora di nessuno, su ima pagina tutta da scrivere, e il sindacato avrebbe degli argomenti
validi per chiedere soldi e riqualificazione.
Ore 12,40: l’assemblea all’Itis
finisce. Zitti e/o insofferenti, comunque delusi e rintronati da
cifre e dati su cui forse non
hanno neppure provato a riñettere, gli insegnanti escono a pestare le stesse foglie su cui sono passati due ore prima i loro
studenti. Forse a Roma qualche
occhialuto funzionario li guarda
da dietro le tendine: i professori? Non fanno paura!
Giovanni Trinchieri
POMARETTO — Giovedì 7 dicembre, alle ore 20.30, presso il cinema
Edelweiss, si svolgerà la prima di due
serate a carattere storico organizzate
dalla Comunità montana, dal Centro
studi e dal Museo d'arte preistorica;
Bruna Peyrot parlerà sul tema: «Il
rimpatrio dei valdesi: 300 anni dopo »;
verranno proiettate diapositive sul
tema.
Nel periodo 8-17 dicembre, presso
il villino di ingresso al parco della
Comunità montana, sarà esposta al
pubblico la «Mostra del Glorioso*'Rimpatrio»; per le scuole l’apertura è
prevista nelle mattinate comprese fra
l’il e il 15 dicembre.
Cinema
TORRE PELLICE — Il cinema Trento
ha in programma per il prossimo fine settimana: « Yeelen », venerdì 1°
dicembre, ore 21.15; «Black rain »,
sabato 2 e domenica 3.
POMARETTO — Inizia venerdì 1°
dicembre un ciclo di proiezioni di
film d'autore presso il cinema Edelweiss, per tutta la stagione, che si
protrarrà fino ai primi di marzo, sono
in vendita abbonamenti al prezzo di
L. 25.00Ó. Il primo appuntamento, alle
ore 21, vedrà la proiezione del film
« Yol ».
Proiezioni
UNA GUIDA REALIZZATA DAI RAGAZZI
scoprire ed amare la storia e le
bellezze della loro terra.
Jean-Louis Sappé non è alla
sua prima esperienza come educatore, in diversi altri volumi di
questa collana ha saputo condurre i suoi alunni nella ricerca e ne
vediamo i risultati positivi anche questa volta. Il volume è
preceduto da una presentazione della prof. Franca Coìsson,
sindaco di Angrogna, che esprime la soddisfazione di avere una
guida della valle che risponde a
tutte le domande di informazione
dei visitatori e turisti e si augura
di veder scaturire da « queste
pagine di una genuina ricerca
scolastica... una guida in veste
più dignitosa e più bella » di
quella ora proposta. Ci auguriamo che questa speranza possa
realizzarsi presto, in un volume
a stampa di formato « tascabile »,
che possa essere facilmente messo nella tasca o nello zaino di
coloro che vorranno percorrere
gli itinerari descritti.
Osvaldo Coìsson
BOBBIO PELLICE — La Pro Loco
organizza per sabato 2 dicembre '89,
ore 20.30, nella Sala polivalente di via
Sibaud una proiezione di diapositive
dal titolo: « 1685-1691 - Il contesto del
Rimpatrio; 2-17 agosto 1989 - Da
Prangins a Sibaud». Introduzione del
pastore Claudio Pasquet; foto di Marco Gnone e Franco Benecchio. Ingresso libero.
Programmi di Radio Beckwith
_____________91.200 FM______________
Fra I programmi settimanali segnaliamo che « La poêle percée » in lingua
francese di giovedì 30 novembre, ore
10, e venerdì 1” dicembre, ore 17,
presenterà un’intervista sulla Costa
d’Avorio; partirà lunedì 4 dicembre,
alle ore 11.30, con replica il martedì
successivo alle ore 15.30, una nuova trasmissione dal titolo « Progetto
E »; inoltre segnaliamo il programma
« Filastin » sulla Palestina, in onda venerdì alle ore 18.45 e sabato alle ore
9.30.
Il programma autogestito dalla TEV,
sabato 2 dicembre, per motivi tecnici
verrà anticipato alle ore 18.
Amnesty International ~
TORRE PELLICE — Giovedì 30 novembre, ore 16.45, avrà luogo una
riunione con il seguente o.d.g.: a)
Azione urgente in favore di Dalton
Prejean, un nero americano di 29 anni, condannato a morte nella Louisiana per un delitto commesso quando
aveva 17 anni; b) Appello in favore di
4 studenti di scuola superiore, jugoslavi, arrestati nel 1988 dopo una dimostrazione pacifica di protesta per
l’abolizione dell’insegnamento della
lingua albanese; c) Rendiconto dei
risultati del "Trattenimento pomeridiano per Amnesty” a Luserna S. Giov.;
d) Le nuove quote associative biennali.
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«Io ho lungamente e pazientemente aspettato VEterno, ed
Egli si è inclinato a me ed ha
ascoltato il mio grido »
(Salmo 40 ; 1)
I familiari della compianta
Virginia Durand ved. Rivoira
ringraziano tutti coloro che con presenza, fiori, scritti e parole di conforto sono stati loro vicini nella triste
circostanza.
S. Germano Chisone, 17 novembre ’89.
K II Signore è il mio pastore;
nulla mai mi mancherà »
(Salmo 23)
La comunità valdese di Trapani-Marsala annuncia la morte di
Antonina Fontana ved. Naso
Trapani, 22 novembre 1989.
RINGRAZIAMENTO
I familiari di
Giovanni Tourn Boncoeur
neU’impossibilità di ringraziare personalmente quanti hanno dimostrato
affetto e solidarietà, rivolgono loro la
propria sincera gratitudine.
Torre Pellice, 1 dicembre 1989.
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ij Cosi fufcra,tì;/iiiUmactiiia, iltcrzo
giorno.
1+ Poi iJJio diiTc, *SicnuÌ de’‘'luminati nell» tf.r4.
didefa del ciclo, per far diOintionc trai giorno» e 7,
la notte : e quelli ncno per •fegni > e per dijltiìguir
le ft.igionijC* giorni,e gli anni.
IS K iicno per luminari nella diilcfa del ciclo,
V. I. SaL
101.
Jiidh,nelprtm9 giorno, crea le due parti¿ener/iU
deir'Vìiiucrfo: C e nel fecejitlo Vari/t : 9 e nel ter^ fcpara tacque dalla terra, e crea le piante di
quella : 14 e nel quarto crea gli (tjlri : 10 e nel
quinto gli animali aereitcd acquatici: 14 enelfe
Jlo i terrcjlfi » x6 ethuomo' i8 poi gli l/cnedictt per recar la luce in fu la tetra. E così (11^
ed ajfcgna loro il lo'r dijlinto nutrimento, IC Iddio adunque fece i due 'gran luminari: {U
maggiore »per "liaucrc * il reggimento del giorno:
E L "principio ♦Iddio creò c’I niinorc, per luucrcil reggimento della notte)
"il ciclo, e "la terra. clcftcllc.
E la terra era vna colà 17 Ed Iddio gli milc nella diflcià del ciclo, pel
recarla luce fopra la terra.
18 E pcrhaucrc il reggimento del giorno, e
delia nottc,c per Ìcparar la luce dalle tenebre. Ed
Iddio vile che ciò era buono.
19 • Cosi fu fera,e pai fu mattina, che fu il quarto
giorno.
10 Poi Iddio diiTc, Producano Tacque copioiamente, "rettili, che fieno animali viuenti : e volino
gii Yccclli fopra la terra, e pc? la diftefa del ciclo.
11 ♦ Iddio adunque creò le gran baicmc, ed o- v.xi. Sai,
{»ni animai viucntc che va ierpendo ; iquali ani-104.3.6,
•V, 9» loh
lÄ.io.ejS.
8. Sai. 35.
7.C io4.tf.
Trou.%.X9
irr.i.ii.
"difcrca, evacuale tenebre
erano fopra la faccia dcIT-a[ biiìo : e no Spirito di Dio "lì
} ntoucua fopra la faccia dell*
^ acque.
Ed ♦ Iddio dine, "Sia U luce. E la luce fu.
Ed "Iddio vide che la luce era buona. Ed Iddio "fcp-irb la luce dalle tenebre.
S Ed Iddio "nomino la luce Giorno, e le tenebre Notte. Così fu "Ceti tC poi fu mitthxxt che fu if
primo giorno. gui animai viucntc che va Icrpcuau, *viu
^ Poi Iddio uiifc, Siaui vna Miftcìà "tra Tacque, mali l’acqùc produllcro copioiamçntc, icconHo le
laquai icpari l’acquc dall’ acque. loro fpctic : ed Ogni forte d’vccclli c'hanno alc,fc
7 Ed Iddiq fece quella diflcia : e fcparò Tacque condo le loro ípcci¿. Ed Iddio vide che cioerà
che fon difotco alla diilcfa, da quelle che fon dilb- buono.
prad’cilà. E così fu. 1» Ed Iddio «rii benedifle; dicendo, ♦Figliate, 'v.xt.Gcul
S Ed Iddio nominò la diilcià "Ciclo. Cosi,fu multiplicare, ed empiete Tacque no* mari : multi- £.17.
lera, epa/la mattina ,-rAr/« il iceondo giorno. plichino parimente gli vcccìh nella terni.
.. T>^. j.n- *c;—.......- ------ Così fu fcra,cp.?/fumaCtiuí, c/'r/w il quin
to giorno.
' »4 Poi Iddio diiTc , Produca la terra animali vi*
ucnti, fecondo le loro ipctic ; bcilic domeniche,
rettili, e ilcrc della terra,iceoudo le loro fpetic. E
così fu.
ip Iddio adunque fece le fiere della terra,feconnuta, herbe che facciano ieme, ed alberi fruttiferi do le loro ipctic : e gli aninuU doincilici,iccondo
che portino frutto, iceondo le loro ipctic : il cui le loro ijictic : ed ogni forte dt rettili della terra, 'v.iC.Gcni
/\ /?. _rt_ /* t . > r iccondolcloto ipctic. £d Iddio viilc che do era ¡.i. e 9,ém
buono. ' I. Cor. ir.
z6 Poi Iddio diife, "Facciamo "Thuomo ♦alla 7. ìifef.^^
noilra "imagine, fecondo la noftraiimiglianza: ed 14. Cc/.j,
♦ habbia "la fignoria ibpra i pelei del mare, e fopra io.
gli vccclli del ciclo , clopra le bciUc,c fopra tutta ♦ Sal.Z.j^
9 Poi Iddio diflc , ♦Sicno tutte Tacque,
folto al ciclo,raccolte "invn luogo,ed appaiilca
l’afciutto; E così fu.
10 Ed Iddio nominò TafciuttoTcrra , e laracCqlta dell* acque Mori. Ed Iddio vide clic do era
buono,
11 Poi Iddio diife, Produca la terra "herba mì
icmcßa in dio, fopra la terra. E così fu.
it La terra .adunque produife herba minuc.i,
herbe che fanno lerne, fecondo le loro fpctic, ed
alberi che portano frutto, il cui ferne eia elio, iccondo le loro fpctic. Ed Iddio vide che do era
buono.
?. I. v.T. Ut!prmììpie c.lddio,dando II primo clTcre al mondo,comincio peclacrcatlonedcll« due parti generali d^clTo: e poi fcgul«
e particolari. itàth c.Ia parte piu alt». ed eterea : lotto Uqualc vctilimilmcnte li comprendono gli Angeli : Gcn.a.i. Uirrrm
CAP.
<ò alle j
e.la parte dell* vniuctfo balTayCd elementare : chiamata qui indilTc^ntcmcntc terra, acque,ed abiiTo ; pcrciothc era vna inaila confuía
di tutti gli elementi. v.x.dferrec. fenza alcuna creatura particolare,e JiAinta: fenz» ordine,, ne forma,ne ornamento. /*s»iru»
c.Ia terza perfona della iàerati01ma Trinità, iminedìatamcnic, e per la Aia propia opcrationc : ch'è di.confcruare e faAcncre tutte le
cofe nclTcQcrc.c'lianno riccuuto perla fourana volontà del Padre, e per r.itriqn prodiutiJa del Figliuolo: vedi 5al.104.z9.jo.
tten* il termine Ebreo accenna il monimciico, o battimento dell'ale , che fal’vcccllo fopra la Aia nldata ; per figni/tcac l'atrione dello»
Spirito fantó in AìAcncrc e fomentar quella maiTa informe, e prepararla alle produttioni feguenti. V. j. S>e' egli ¿ vcciAmilc che Ix
luce fu da priucipioimprcnà in vna parte delciclo,il cui giraicfc.ee i tre primi giorni : e che nel quartoclla fu liArccta nel corpodel
fole,od aneli e di tutti gii altri aAri.rru in grado diifcrcnce. v.^.'lddUvuU c.^radì-cd approuò l'opera Tua , vi nrefe diletto , per coi»
feruaila. frpari e. ordinò che'l ciclo giialTc del continuo: e che quando l'cmxfpcro impccAb della luce farebbe fopra la terra, foiTe
giorno: quando farebbe forte, foAe notte. Ilchc fu il principio delle viecnde del giorno , e della notte. V.j. nminé Iddio impuone
1 nomiaqucAe grandi creature, ch'egli tiferbaua fotto'l Aio goucrno:Gcn.i .s.io.c;.z.elafciach’Adamo dia il nome à quelle ch'egli
gli fottomctteua. Cen.a. i9.zj» e.notte ; dallaqualc gli Ebrei cominciano i lor giorni ciuili. li Tenfo è, NcUó fpatio di qucAo
primo giro del ciclo altra cofa non fu creata , Amen le Ibpradcttc. v.6. c.i'arÌa»cocpo Aitile,e raro : iiqualc cAcudu Aat»
mnanzi confuA nella inaila degli clementi,hora n'à Aparato,e poAo nella fua propia regione. trmt'tíqwlx Scrittura'pu«n¿ dcii'acque nel ciclo, 5)I.t04.j. e T4S.4. Anca però dichiararne la natura tuel'rfo. Secondo alcuni,fono la foAinza Ac/Ta del cielo : nou Anide»
n*impurc,nc corruttibili,come,¡'elementari.« Che chefia,cgli nonà detto che ficno'Aaic tratte dalla inailà da baffo. 'L’acque da laflb accennano anchor» qui l'a<qua e la terra mtAhiate infierne in vna materia fangoA, V.S. CitU nome comune nella Scrittura all'aria,
al luogo degli afìri',ctf alla Aanradi gloria., v.^ it vntutg» c.ncl grande abifib Atterra,Gen.7.ti.ilquale ha fue diuerfe bocche difopraa
vedi Sul.:4*3> v’.tt. qiicA'cqucl pel dcli'hcrba.chc uaAc da fé Acnb,Aiza fame,e Anzaculmra.cdè il uafcodcllc belile. v.T4.A^
mut»ri c.gran corni celcAi, ritondt i ne' quali Iddio cidulfe,U luce. Hoc,coo qucAi corpi,furono cciandio Aauiliti i loe inouinicmi,diAe-.
lenii fra loro , e da quel del ciclo. /tini c.d'cdetti cdauuenimenti naturali, comedi caldo-, di freddo , di pioggia , di Areniti
^c.fvgnali d'occafionie Aagioni di molteattloni hmnaneted anche prcfagìdi diuerfi accidenti Araordtnari. v.tr.. ¿r««» benché
in veto la luna non fia più grande d’ogni altro a Aro. Ma ciò ù detto per lifpctto della vìAa no Ara »allaqualc cAa e piùvicinatcJ anche»
per la Aaa opcrationc piu Anfibile. Ò4«rf non Alo perla luce : ma anche per la virtù maggiore dell' »nAuiTo,ed opcmionc : lob jS.jj.
v.:o. rvrii.'i nome comune a tutti animali,tanto acquatici, quanto terre Ari,iquali fi Arafcin,mo. Arpono,o gui Q/ i Ano inicA
gli acqu4t:ri, e V.Z4.Ì tcrrcArir v.i6. ttiuUmo qucAa maniera diconfulta del Padre col Figliuolo, ch’à la Tua Sapienza t vana , e del
fuo Spi rito dcll»quale vedi altri cfempli Gcn.j.az, ed 11.7. Ifa.t*,..»« ) vfata qui nella fola cieationc dcU'ltuomo. poxe uìtr.'.Arir rcccrlIenz4 di quello Apra l'altrc creature. thn»m» c.Ia fpctic degli huomint , nel fuo primo ceppo , e fonie. poAi nelle ou-Jiji
Airimalc, immateriale, iminor tal e dell' anima d'cAb: nelle facultà naturali di queIU,intclligcnza,mcmotia,ragionc,vr'r:n(à: ^j’donà
Apranaiurali dì Apienz^ , giu Alila,e Amiti: e nella Agnorì» fopra Talttc creature tutte Aampc xittattc acU' huomo ferrai
ccsrno delle pcrfcttiooi di Dio. léfgmtri» cosi per lo reggimento, come per l'vfo, c'I feruigio.
A ii
Formato: cm. 20x32
Rilegatura in tela color corda, tassello in p>elle, cofanetto
Stampata a cura della Arnaldo Forni Editore s.r.l.
Prezzo Lit. 300.000
La Società Biblica è particolarmente lieta di annunciare l'avvenuta pubblicazione della
RISTAMPA ANASTATICA delia BIBBIA DIODATI del 1641
Tale ristampa, limitata nel numero, era prevista per Pasqua 1990. Grazie a quanti hanno sostenuto
questa iniziativa è stato possibile anticiparne la realizzazione in occasione del 340° anniversario della morte
di Giovanni Diodati (13 ottobre 1649).
L opera è disponibile presso tutte le librerie e presso la Società Biblica.
LIBRERIA SACRE SCRITTURE
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