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Anno VII
numero 9
del 26 febbraio 1999
Lire 2.000 - Euro 1,03
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VIVERE
CON GIOIA
«Signore, tu hai dato loro una grande gioia, li hai fatti felici. Gioiscono
davanti a te»
Isaia 9,2
La gioia, nel discorso che normalmente si fa nelle chiese, viene associata alla realtà futura, a ciò che si attende col compimento finale di tutte le
cose. Pensare al godimento della gioia
qui e ora sembra un cedere alle debolezze umane; ogni eventuale esternazione di gioia rischia di essere vista come un comportamento sconveniente.
È così che molti dei discorsi e molti degli atteggiamenti esibiti nelle chiese sono facilmente definibili come musoni.
Vero è che alla gioia si fa riferimento
in alcuni inni che vengono cantati durante il culto, ma è difficile scorgere
una corrispondenza credibile tra le
parole pronunciate e l’atteggiamento
di chi le canta. Il fatto non può lasciarci indifferenti, tanto più che nelle nostre chiese predichiamo l’Evangelo e ci
confrontiamo con l'Evangelo. Questo,
per definizione, non è un messaggio
che vuole creare tristezza ma, in quanto buon annuncio, è inteso a dare
gioia, «una grande gioia» (Luca 2,10).
siamo ormai liberati, e da molto
LLjU
tempo, da due lacci che limitavano la nostra comprensione dell’Evangelo. Uno di questi consisteva nella
comprensione di questa vita come
realtà di sofferenza, in vista di una vitafutura piena di beatitudine. Un discorso come questo serviva a imporre
vincoli e a tenere in subordinazione le
persone con minor potere (donne, servi, schiavi). L’altro laccio, ormai gettato alle ortiche, consisteva nel comprendere l’Evangelo in maniera dualistica,
cioè come qualcosa che aveva a che fare soltanto con lo spirito, con la religiosità, non col corpo inteso sia come il
corpo dell’individuo, sia come il corpo
della società, quindi corpo nella sua
accezione politica allargata. Si tratta
ora di mettere l’orologio in anticipo,
cioè si tratta di comprendere che la
gioia deU’Evangelo, la gioia legata
all’agire di Dio, è gioia da vivere sin da
ora, ed è gioia da esprimere sin da ora,
liberati dalle false comprensioni e dalle strumentalizzazioni. Potremmo aggiungere che ne va della credibilità
della nostra testimonianza. Possiamo
immaginare che essa sarà tanto più
accolta, quanto più la confermiamo
con la gioia che nasce in noi dal buon
annuncio della salvezza.
/N un mondo che sa esprimere momenti di gioia travolgente perché
<1ualcuno vince miliardi alla lotteria,
le persone che credono debbono testimoniare che la loro gioia non deriva
da una vincita abbondante e improvvisa, ma dall’agire di Dio, dalla salvezza che Dio ha manifestato nella storia,
prima in quella di Israele e poi con
l’opera di Cristo. Questa gioia deve
ifualifìcare l’approccio delle persone
‘^redenti alla vita: alle difficoltà come
<zi successi, nei momenti di solitudine
come nei rapporti con gli altri. Anche
d culto delle chiese deve sforzarsi di
mettere l’orologio in avanti, di estrinsecare la gioia dell’Evangelo, di esprimere con le parole e con i gesti che abbiamo creduto nell'agire di Dio e che
(¡uelVagire ha trasformato la nostra
^tezza in gioia, la nostra mestizia in
letizia. Uno sguardo al modo di adonre Dio dei nostri fratelli e delle nostre
sorelle venute dall'Africa, ma anche da
^IPe parti del mondo povero, ci potrà
Convincere che chi crede, prima ancom di avere risolto tutti i suoi problemi
economici e di altro genere, può e sa
esprimere la gioia della fede che gode
e ora.
Salvatore Rapisarda
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SETTIMANALE »ELLE CHIESE EVANGELICHE BATTTSTE, METODISTE, VALDESI
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Tra la cattura del leader curdo Ocalan e la Conferenza internazionale di Rambouillet
Kurdistan^ Kosovo: due pesi^ due misure?
Due minoranze nazionali lottano per la propria indipendenza e i governi centrali considerano
i combattenti come terroristi. Perché l'Occidente affronta le due questioni in modo diverso?
JEAN-JACQUES PEYRONEL
Kurdistan, kosovo: due pesi,
due misure? Eppure le due vicende presentano non poche analogie anche se sono nate in tempi
molto diversi: quella kosovara ha
origine nel 1989 quando Milosevic
toglie al Kosovo l’autonomia che
Tito gli aveva concesso; quella curda nel 1923 quando i vincitori della
prima guerra mondiale si rimangiano gli impegni presi a Sèvres di riconoscere al popolo curdo il diritto
di costituire uno stato indipendente. Ora sia in Kosovo che in Kurdistan un popolo lotta per la propria
indipendenza, o per la propria autonomia, rispetto ad uno stato in
cui non si riconosce, in un caso come nell’altro, i militanti del Pkk e
quelli deli’Uck vengono considerati
come «terroristi» da parte dei rispettivi governi centrali. Ma, nel caso del Kosovo, in guerra aperta da
appena un anno, si è giunti alla
convocazione di una conferenza internazionale in cui perfino gli Usa
hanno accettato di trattare con ì
«terroristi» albanesi dell’Uck; nel
caso del Kurdistan invece, in lotta
da oltre 20 anni, gli stessi Usa hanno ridotto il caso Ocalan a una
semplice questione di terrorismo,
pur sapendo benissimo che il leader curdo rappresenta un popolo di
15 milioni di curdi turchi determinati a non subire la stessa sorte del
popolo armeno, sterminato dai turchi tra il 1915 e il 1920. Ma allora,
perché due pesi e due misure? Chi
mai potrebbe credere che i generali
turchi siano più «buoni» del «cattivo» Milosevic? Domanda ingenua
ovviamente perché non tiene .conto
dei nuovi equilibri geopolitici del
mondo ormai monopolare nel quale viviamo e delle opzioni strategiche imposte dalla «realpolitik»
nell’era della globalizzazione.
Intanto, il caso Ocalan è finito
come sappiamo, e la Conferenza di
Rambouillet non ha affatto sciolto 1
nodi di fondo della questione kosovara. In un caso come nelTaltro
però si è imposta, ancora una volta, l’America e, ancora una volta.
Profughe curde in Italia
l’Europa si è presentata in ordine
sparso. Eppure la vicenda Ocalan,
scoppiata alla vigilia del lancio
dell'euro, poteva essere una buona
occasione per dimostrare che il sogno europeo non è fatto solo di
banche e di parametri economici e
monetari. Ma chi si è preoccupato
della «questione curda», al di là del
«caso Ocalan»? Non il paese più
forte, la Germania del nuovo cancelliere Schroeder, che è stata la
prima a disattendere gli accordi di
Schengen che le imponevano di
chiedere all’Italia l’estradizione di
Ocalan. Non il paese più debole, la
Grecia, che pure è nemico giurato
della Turchia per via della questione cipriota e che, chissà perché, ha
lasciato che Ocalan cadesse nella
trappola dei servizi segreti americani e turchi.
L’unico stato membro che ha
tentato di farlo è stata l’Italia che, a
prescindere dal fatto di esservi stata costretta dall’arrivo imprevisto
di Ocalan sul suo suolo, è sicuramente il paese europeo più aperto
alla causa curda, come dimostra il
fatto che nel dicembre ’97 la Commissione esteri della Camera approvò all’unanimità una risoluzione che impegnava il governo a sostenere la causa curda e che affermava il diritto del popolo curdo a
uno stato indipendente. Per cui, in
fondo, non c’è da meravigliarsi se
un anno dopo, mentre il mondo si
apprestava a commemorare il cinquantenario della Dichiarazione
universale dei diritti umani, Ocalan
abbia scelto proprio l’Italia per
proporre alTEuropa una soluzione
politica della questione curda. Ma
l’Europa ha fatto orecchi da mercante, dimostrando ancora una
volta di non avere né la voglia né la
capacità politica di affrontare insieme una questione che pure riguarda un paese che è membro del
Consiglio d’Europa e che sta bussando alle porte deU’Unione euro
pea. Nessuno s’è Tè sentito di sfidare gli Usa e di disturbare le strategie della Nato nel delicato scacchiere mediorientale in cui la Turchia, ormai alleata militarmente
con Israele, gioca un ruolo essenziale. Eppure la nuova «Nato globale» dovrebbe intervenire in tutte
quelle situazioni in cui la democrazia e il rispetto dei diritti umani sono a rischio. Per il Kosovo invece il
problema non si poneva, visto che
sono stati gli Usa, 4 anni fa, a imporre la pace nella vicina Bosnia.
Ora i Quindici sono ridotti a supplicare la Turchia di risparmiare la
vita di Ocalan e gli Usa di soprassedere ai loro propositi di bombardare la Serbia. Meglio di niente, ma
quando verrà il giorno di una politica estera comune e autonoma
dell’Europa? Non dovrebbe essere
questo uno degli obiettivi prioritari
del nuovo Parlamento europeo che
i cittadini europei andranno ad
eleggere fra pochi mesi?
Le campane di numerose chiese nel mondo suoneranno a festa
Il 1° marzo entra in vigóre il Trattato contro le mine
di
Lunedì 1“ marzo, esattamente a mezzogiorno,
le campane delle chiese di
numerosi paesi del mondo suoneranno a festa per
celebrare l’entrata in vigore del Trattato di Ottawa
contro le mine terrestri
(antiuomo e anticarro),
che finora è stato sottoscritto da 133 paesi. L’iniziativa delle campane è
della Campagna internazionale per il bando delle
mine terrestri, sostenuta
da un migliaio di organizzazioni non governative,
un terzo delle quali circa
di ispirazione cristiana.
Rebecca Larson, che
rappresenta la Federazione luterana mondiale nel
comitato di coordinamento della Campagna,
ha spiegato che l’iniziati
va non intende essere solo una celebrazione dell’entrata in vigore del
trattato, ma anche una
«messa in guardia sul fatto che il problema delle
mine terrestri non è risolto e non lo sarà finché
tutti i paesi non avranno
sottoscritto il trattato, finché il tasso degli incidenti
non sia ridotto a zero e il
mondo non sia stato liberato di tutte le mine terrestri». In effetti, circa 50
paesi del mondo, fra cui
gli Stati Uniti d’America e
la Cina, non hanno ancora sottoscritto il trattato.
Ogni anno ci sono 24.000
tra morti e feriti a causa
, delle mine disseminate
nel mondo (119 milioni di
mine in 70 paesi): un incidente ogni 20 minuti.
In Italia, l’iniziativa del
1° marzo è promossa dalla Campagna italiana per
la messa al bando delle
mine, avviata da vari organismi di volontariato
nel 1993, quando l’Italia
risultava essere uno dei
tre maggiori produttori
ed esportatori di mine
terrestri. Dopo l’approvazione della legge 347/97
per la messa al bando
delle mine e la recente ratifica del Trattato di Ottawa da parte della Camera, la Campagna chiede ancora aU’Italia, oltre
naturalmente alla ratifica
definitiva (il provvedimento è ora all’esame del
Senato): la distruzione
dell’arsenale italiano di
mine, criteri adeguati per
lo sminamento, il soste
gno finanziario e tecnico
allo sminamento e alla
riabilitazione delle vittime, un’azione diplomatica per ottenere la firma
del Trattato di Ottawa dalle nazioni che non lo hanno ancora sottoscritto.
Anche la Federazione
delle chiese evangeliche
in Italia (Fcei) ha aderito
all’iniziativa del 1° marzo,
invitando tutte le chiese
membro a suonare le loro
campane, ove ne siano
provviste, e a dedicare un
momento di preghiera e
di informazione sul problema delle mine nel corso dei culti evangelici di
domenica 28 febbraio.
Per ulteriori informazioni: Fcei, tei. 06-483768
oppure 06-4825120, fax
06-4828728. (nev)
MEDITAZIONE^»^
La chiamata di Gesù
EUZABETHLÒH ^
■DONNE^^^«
Catharina von Bora
di ERMANNO GENRE
SOCIETÀ
Il pianeta carcere
di F. lACHINI e L TALENTO
La nuova maturità
di SALVAI, GRASSI, GANASCIA
i EDITORIALE
Immigrati regolarizzati
di EUGENIO BERNARDINI
L
2
PAG. 2 RIFORMA
All’Ascolto Della Parola
VENERDÌ 26 FEBBRAIO ]q
«Poi Gesù,
partito di là,
passando,
vide un uomo
chiamato
Matteo, che
sedeva al
banco delle
imposte e gli
disse:
**SeguimV\
Ed egli,
alzatosi,
lo seguì.
Mentre Gesù
era a tavola
in casa di
Matteo, molti
pubblicani
e '‘peccatori
vennero
e si misero
a tavola con
Gesù e con i
suoi discepoli.
Ifarisei,
vedendo ciò,
dicevano ai
suoi discepoli:
^Perché il
vostro maestro
mangia con
i pubblicani
e con i
peccatori?”
Ma Gesù,
avendoli
uditi, disse:
''Non sono i
sani che
hanno
bisogno del
medico,
ma i malati.
Ora andate
e imparate
che cosa
significhi:
Voglio
misericordia
e non voglio
sacrifici;
poiché io non
sono venuto
a chiamare
dei giusti,
ma dei
peccatori”»
(Matteo 9,9-ls)
LA CHIAMATA DI GESÙ
Il quadro del Caravaggio esprime la domanda di ogni persona che dubita
della sua chiamata. Con l'invito di Gesù si apre una vita nuova, un'altra realtà
ELIZABETH LOH
IL quadro di Caravaggio sulla
chiamata di Matteo è per me
come un sermone dipinto. Lo
scoprii durante il mio anno di
studi teologici a Roma. La prima
volta che lo vidi ne rimasi piuttosto delusa. L’artista aveva trasportato l’episodio della chiamata di Matteo nel suo tempo. I
personaggi, seduti sulla sinistra
intorno ad un tavolo, sono vestiti secondo la moda della sua
epoca: calze bianche, gilet di velluto e camicie con maniche a
sbuffi, per non parlare dei cappelli con la lunga piuma. Probabilmente questi uomini rappresentano gli esattori delle tasse,
ma potrebbero anche essere
scambiati per ubriaconi o giocatori o disoccupati dei tempi dell’artista. Senz’altro sono persone
tra le quali non si vorrebbe finire. Si trovano in un vicolo cupo e
desolato che non ricorda neppure lontanamente la classica scena cinematografica della strada
di un bel paesino sulla quale dietro il suo tavolo l’ignaro Matteo
vede passare il Maestro che poi
lo inviterà a seguirlo.
Una luce nelle tenebre
Nonostante la mia delusione, c’era qualcosa in
quel quadro che mi attirava. Era
molto scuro, il quadro. Solo un
leggero raggio di luce mi permise di vedere i volti di alcuni degli
uomini raffigurati. Forse era
quella luce che mi affascinava.
Dammi la mano
Guidami, luce amabUe,
tra l’oscurità che mi avvolge.
Guidami innanzi,
oscura è la notte,
lontano sono da casa.
Dove mi condurrai?
Non te lo chiedo,
0 Signore!
So che la tua potenza
m’ha conservato al sicuro
da tanto tempo,
e so che ora mi condurrai ancora,
sia pure attraverso rocce e precipizi,
sia pure attraverso montagne e deserti
sino a quando sarà finita la notte.
Non è sempre stato così;
non ho sempre pregato
perché tu mi guidassi!
Ho amato scegliere da me il sentiero,
ma ora tu guidami!
John Henry Newmann
La seconda volta che vidi il
quadro l’osservai meglio. Mi accorsi che quella luce non entrava
da fuori nel quadro ma che vi era
dipinta. Dall’alto a destra, sfiorando una finestra, cadeva sui
volti degli uomini. Irrompeva nel
buio della scena. Tutto ciò che
veniva toccato dalla luce si riscaldava, e quella luce sembrava
strappare spazio alle tenebre che
rendevano inquietante il vicolo.
Vidi lo sguardo stupito di alcuni
degli uomini. Avevano lo sguardo rivolto verso destra. Lo seguii.
Solo allora riconobbi Gesù, ultima figura sulla destra, seminascosto dietro un altro uomo, forse un discepolo. Loro due erano
vestiti come ci si aspetterebbe
da uomini dei tempi di Cristo,
con tunica e mantello; erano anche scalzi. Che anacronismo rispetto agli altri personaggi del
quadro! Gesù e il discepolo rimanevano nel buio. Il raggio di
luce passava sopra le loro teste,
ma non partiva da loro. Gesù
aveva il braccio steso e indicava
gli uomini seduti a sinistra. La
luce toccava solo il suo collo e il
braccio teso. Il mio sguardo seguì il braccio di Gesù. Vidi di
nuovo gli uomini intorno al tavolo. Il calore che la luce portava
in mezzo a loro mi attirava,
mentre mi sentivo respinta dalla
sconcertante freddezza del buio
intorno a loro. Non mi lasciava
più, quella luce: quel raggio di
luce che irrompeva nel buio per
trasformare tutto ciò che toccava
in calore, sembrava creare il luogo dove avrei voluto rifugiarmi,
dove avrei voluto stabilirmi.
Il testo biblico tace sui motivi
che spingono Matteo a seguire
Gesù quando egli lo chiama. Gesù, a quanto sembra, non lo
coinvolge in una lunga conversazione sullo squallore della sua
vita e sul senso della sequela.
Al termine di quella visita mi
accorsi che non avevo ancora riconosciuto Matteo. Come identificare colui che Gesù aveva
chiamato? In una successiva visita mi misi a cercare Matteo.
Gente disprezzata
MI tornava in mente il brano
biblico della chiamata di
Matteo; un brano molto breve;
Gesù vede Matteo seduto al
banco delle imposte, lo chiama
e Matteo si alza e lo segue. Gli
esattori seduti al banco erano in
generale impiegati o schiavi che
incassavano soldi destinati ai
loro padroni. Se erano pagati,
erano pagati male, non potevano arricchirsi col denaro raccolto, come facevano invece i loro
padroni. Era gente disprezzata.
La loro situazione era spesso triste, disperata. Il quadro di Caravaggio sembra cogliere questa
tristezza: uno degli uomini è appoggiato sul tavolo, un altro
conta dei soldi, il buio, freddo e
triste, li circonda. La vita di Matteo cambierà però rapidamente.
La chiamata di Gesù
IL testo dà un’unica ragione
per la scelta di Matteo: la
chiamata di Gesù. È la chiamata
di Gesù che lo spinge ad alzarsi,
a lasciare il suo banco e ad accogliere l’invito di Gesù ad andare
a casa sua. Gesù chiama Matteo
insieme a tanti altri pubblicani e
peccatori e li invita a sedersi intorno alla mensa preparata da
lui stesso. I peccatori e i disprezzati vengono accolti senza prerequisiti; non sono loro che devono cambiare vita prima di essere degni di entrare in casa di
Gesù. È anzi la chiamata di Gesù, il suo invito, a portare un
cambiamento in mezzo a loro,
perché in quell’invito si fa spazio una nuova realtà, la realtà di
Dio. Caravaggio non dipinse la
mensa; illustrò soltanto la scena
della chiamata di Matteo. Però,
c’era la luce: quel raggio di luce
che irrompeva nel buio. E quella luce riscaldava tutta la scena,
strappandola dal buio. La luce
non usciva direttamente da Gesù, ma entrava nel vicolo con la
presenza di Cristo. Quella luce
trasformava un vicolo sordido
in un luogo abitato da Dio; con
il suo raggio una nuova realtà si
manifestava in mezzo ai peccatori. II vangelo di Matteo parla
della mensa, Caravaggio ne dipinse la luce.
Il testo scritto e il dipinto vogliono esprimere la stessa cosa:
con la chiamata di Gesù si apre
una vita nuova, un’altra realtà. È
la realtà di Dio, il suo regno che
si fa spazio in mezzo ai peccatori, ai disprezzati, agli emarginati.
Il regno di Dio entra nel mondo
con la chiamata di Gesù; con la
sua presenza si realizza quel
luogo pieno di luce e calore, che
diventa un rifugio dalla tristezza, dal buio, dalla inquietudine.
E questo può succedere in ogni
tempo. Caravaggio aveva dipinto i pubblicani come gente del
proprio tempo, lasciando invece
Gesù e il suo discepolo con gli
abiti del loro tempo. Un messaggio chiaro: Io stesso Gesù
chiama le persone in ogni epoca
e trasforma la tristezza e il buio
delle loro vite con la sua luce.
Sì, proprio tu!
La luce nel quadro mi attirò di
nuovo. Notai un’altra volta lo
stupore dei pubblicani. Sopratutto uno, del quale quella luce
illuminava pienamente la faccia,
guardava Gesù con sorpresa. I
suoi occhi sembravano formulare una domanda, aspettandosi la
risposta da Gesù. Osservandolo
meglio mi accorsi della sua mano: era tesa, l’indice puntato
contro il petto, come per chiedere: «Io? Proprio io? Io, il disprezzato? Io, che non conto niente?
Veramente io?». Era proprio questa domanda a rivelare chi fosse
Matteo. Colui che indicava con
sorpresa se stesso era colui che il
Signore aveva chiamato. Nonostante la luce avesse già trasformato la sua realtà, poneva questa domanda. La domanda che
Caravaggio dipinse negli occhi
di Matteo è la stessa domanda
che i farisei rivolgono nel testo a
Gesù. Essi chiedono, infatti, perché Gesù chiama proprio loro, i
pubblicani e peccatori, e perché
li invita alla sua mensa. Gesù risponde loro che è proprio per
essi che egli è venuto nel mondo, per portare il cambiamento
nella loro vita buia, affinché possano già adesso gustare la nuova
realtà. Cristo pone la misericordia sopra ogni cosa. Porre delle
condizioni e imporre dei prerequisiti è contro la misericordia. È
lui che va dai pubblicani, peccatori e malati, per curarli e guarirli chiamandoli ad entrare a far
parte della sua realtà.
Il Matteo di Caravaggio esprime la domanda di ogni persona
che dubita della sua chiamata. Il
suo indice formula la domanda
di tutti coloro che cominciano a
vedere la realtà di Dio entrare
nella loro vita: «Sono proprio io
colui che Gesù chiama?». Lo
sguardo incredulo di Matteo invoca una risposta da Gesù. E il
braccio steso di Gesù rimane
fermo su Matteo, il suo indice
puntato proprio su di lui. Il raggio di luce che entra con Gesù in
mezzo ai disprezzati, conserva
la sua forza, il suo calore. La sua
misericordia è durevole: «Si, tu;
proprio tu sei chiamato».
(Prima di due meditazioni)
Note
omiletiche
¡parti
¡nissic
La chiamata del pub»
cano Matteo e il con!
guente convito (v. 9-io)|(
ventano nell'attuale té»
il motivo per la contrové
sia tra Gesù e i farisei sui
domanda se Gesù dovea
avere o meno dei rappo,
con gente come Matteoi
11-13). La vocazione!,
Matteo è suscitata escluj
vamente da Gesù: lasj/^HE cos
parola potente ne è l'uJL/iniSsior
co motore. Cercare la mima risposta
tivazione della chiartiatsisono inco
nella situazione sociale,«mnaio a B
psicologica di colui cAiVorio) i
viene chiamata può sol^„missioi
FRANC
]%sieme (i
propria vocazione. persone).
parola di Gesù. È imposi^ j (ur
bile generare da solili „“q-, C
e I
(Juella chf
to più delie
missione pe
Í ha usufruito
pet anivare
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mandare le
nuali alle eh
Esistevano due diver lomtnissior
tipi di pubblicani. Il pr|j iamente u s
era in genere una spee e si e
di imprenditore che ava |iaratame)
firmato un contratto co |uella per 1
l'impero romano sull'i, tersone nel
casso della dogana, | leva stilare 1
quel caso il lavoro concr{ Ja coprire c
to di incassare i soldi veiiìjelle inviate
va svolto da schiavi ofjg tra le alti
pendenti, che costituivari’,, io domar
il secondo tipo di pub<Ìse voli
cani. Matteo, descritto c^ jtore/i
me uno che sedeva al baCT_,„
co delle imposte, facevr
parte dell'ultimo grupJ^^^^P^^
Era un gruppo poco rie#'**■'^“10 n
nosciuto e per niente so|t?riO nume
cialmente protetto. Spes|l’anno scola
raccoglieva disoccupatifquella per 1’
persone facilmente sedriogica ha or
cibili alla frode. I pubblicisioniinterna
ni e i loro dipendenti era
no odiati, disprezzati ei
esclusi dalla vita religiosa
Nessuno voleva avere con
tatti con loro.
Gesù chiama proprie
uno di questi, e invita aw
tri pubblicani e peccatoiii
a casa sua. Condividelai
mensa con coloro che»
no l'esempio per eccellsv
za dell'amoralità e
bidienza alla legge, litesto greco fa pensatea//a rerriJ|tf(la s
casa di Gesù, non iduete peaàeìlvei
di Matteo come luo^^ M®è font
convito. Tante traduzWjCh^'enti s
la trasformano nella C3%enÆiconto
di Matteo, perché in ®Hei Progetti
sun altro passo si parhdféciSanTenta
fatto che Gesù avesse utiT
casa propria. Ma è impoi]
tante che sia Gesù che
coglie in casa sua e all
sua tavola. La comunior
di mensa è segno che
sù accoglie pienamentei
peccatori. Ma la meni!
raffigura anche la meni
escatologica nel regno
Dio. I partecipanti al
mensa di Gesù possontL|£„fjQj^j,jg
già ora pregustare 'I f|ìo»,associaz
gno di Dio che viene e di 1977 pgj. rici
nel Cristo che li chiamai lèquestrgu
già in mezzo a loro.
L'atto di Gesù di mai [ ° na
pubblicarne fiue
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ge. Allora, i farisei chiedi ri Pi
no perché Gesù compì «ale de
questo atto. La lorodi rso 11 fe
manda nasconde anche i“OHietodisi
desiderio di sapere chi «sede nel
degno di essere chiam* Jord (Usa),
da Gesù. Il Cristo risporf ne «le Ngr
con riferimento alla se 8yo» avev
missione. Lui è venuto teiujQ
guarire i malati, cioè he«Nonne
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narrativo, Edizioni ®tamondif
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Quella che aveva il compito più delicato era la Commissione per i progetti, che
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Il corteo dei delegati all’apertura deH’Assemblea della Cevaa svoltasi a Torre Pellice nel luglio 1996
contribuzioni da parte delle
chiese svizzere, in particolare, aveva determinato la necessità di entrare in un regime più strettamente coiftrollato per evitare sprechi e sperequazioni.
È evidente che il dibattito
è tuttora aperto, perché se
da una parte la Cevaa tende
ad aiutare le chiese nella loro
opera di evangelizzazione
(borse di studio per studenti
in teologia, sovvenzioni ad
istituti teologici, finanziamento ad emittenti radiofoniche, ecc.) o diaconale
(scuole, ospedali, orfanotrofi, in particolare) dall’altra si
sforza di finanziare (o, più
spesso di cercare finanziatori) per veri e propri progetti
di sviluppo in campo agricolo e artigianale. La specificità
della Cevaa dovrebbe però
riguardare essenzialmente le
iniziative più ecclesiastiche,
nel senso di una comunione
tra le chiese nell’opera di testimonianza evangelica e di
evangelizzazione in ogni regione del mondo.
I partecipanti all’incontro
si sono trovati d’accordo sul
fatto che un progetto è missionario quando tende a migliorare una situazione aiutando gli emarginati e i miseri della terra nella loro promozione sociale, che spesso
scade a pura sopravvivenza.
Infatti è nel campo diaconale
che le chiese del Sud, in particolare quelle africane, incontrano le maggiori difficoltà, confrontate come sono
sia con la povertà sia con un
sistema istituzionale impian
tato dalle missioni di inizio
seqolo che ha altissimi costi
di mantenimento. Sul piano
della predicazione, dell’evangelizzazione e del culto, invece, le chiese sono in una fase
di crescita continua, sia dal
punto di vista quantitativo
che da quello qualitativo.
Nello spirito della condivisione, che anima e dà senso
alla Cevaa, tutte le chiese
membro dovranno sforzarsi
di dare vita a progetti di impronta missionaria aventi come obiettivo la promozione
della qualità di una vita radicata nella cultura e nella situazione sociale del paese in
cui agiscono. Allora prenderà
veramente corpo la nuova
definizione della Cevaa intesa come «Comunità di chiese
in missione».
i Grazie a loro è stato arrestato l'ex capo della giunta militare argentina
Iremio metodista della pace alle «Nonne di Plaza de Mayo»
fr «Nonne di Plaza de Ma^*i^sociazione fondata nel
Li P®'- ricercare i bambini
ù r la Wquéstrati insieme ai loro
'i^itori 0 nati durante la catWtà di questi ultimi e che
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risei chiedi “bùito il Premio metodista
;sù compì mondiale della pace 1999. Lo
La loro di 11 febbraio il Consiide anche !bo Metodista mondiale, che
apere chi lasede nella Carolina del
re chiama Jord (Usa), ha annunciato
ito risjaoe le «le Nonne di Plaza de
to alla >TOyo» avevano ottenuto il
telaio.
^ «Nonne di Plaza de Masi chiamano così perché,
“1977, un anno dopo l’ini® della dittatura militare in
, 'lina, le madri erano soriunirsi nella Piazza di
,a rii fronte al palazzo
; chiede ipl governo a Buenos Aires,
¡vere ^®riere informazioni sui
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rii sicurezza. Seguendo
^nipio delle madri, anche
^onne venivano in piazza
informazioni sui
rOn0l*C, ni lapiti insieme ai loro
pilori 0 nati nei centri di
l^rizione. Alcuni di questi
“•ni sono stati adottati
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Icordia, •!
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), 1986.
erto,
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c5>0 piazzati in istituti.
Lf nudo il Consiglio metole f3®nriiale 10.000 perso500 bambini, alcuni quali non avevano an?uni
di
aerami .K«'* ^ino, sono scomparina ediih^ à ^te la dittatura milita1976 e il 1983. Alcune
te sp nano di 30.000 persolon„ P?!'®®- Dal 1977 le
1^^® rii Plaza de Mayo»
a rii ritrovare i bambi
’4 . *»!,* !
Due «Madri di Plaza de Mayo» in visita in Itaiia lo scorso anno
ni scomparsi, di ottenere
informazioni sulla loro sorte
e, se ne trovano, di farli tornare nelle loro famiglie. Nonostante tutti i loro sforzi,
soltanto 56 bambini sono
stati ritrovati.
La campagna delle Nonne
ha portato lo scorso anno
all’arresto dell’ex presidente
argentino, il generale Jorge
Videla, che era a capo della
giunta militare quando quest’ultima ha preso il potere
nel 1976, e di un altro membro della giunta, l’ammiraglio
Emilio Massera, ambedue accusati di sequestro di bambini. Tutti i membri della giunta, ivi compresi il generale Videla e l’ammiraglio Massera,
erano stati processati e condannati nel 1985 all’ergastolo,
ma erano stati graziati nel
1990 nell’ambito di un’amnistia generale. Tuttavia, dato
che le pene inflitte e l’amnistia non riguardavano la loro
partecipazione nel sequestro
di bambini, la campagna delle Nonne ha spinto gli inquirenti a riaprire l’inchiesta.
Il segretario generale del
Consiglio metodista mondiale, Joe Hale, ha annunciato il
conferimento del Premio metodista della pace specificando che le Nonne di Plaza de
Mayo «incarnano in modo
esemplare i tre criteri - coraggio, creatività e perseveranza - di questo Premio».
Hale ha posto l’accento sul
«coraggio e l’audacia che le
Nonne hanno dimostrato per
ricercare i bambini di fronte
ad una brutale repressione, e
per portare avanti inchieste
che hanno permesso di rivelare ciò che succedeva nel loro paese». Il Premio verrà
consegnato a Buenos Aires
nel corso di quest’anno alla
presidente delle Nonne, Estela Granges de Carlotto, la cui
figlia incinta venne seque
strata dalle forze di sicurezza
all’età di 22 anni: venne uccisa poco tempo dopo aver dato alla luce un bimbo in un
campo di detenzione.
Il Premio assegnato alle
Nonne è stato accolto con
soddisfazione dal Consiglio
ecumenico delle chiese (Cec)
che collabora strettamente
con il movimento dal 1977.
Lo scorso anno, Estela Granges de Carlotto era intervenuta ad una cerimonia per il
50° anniversario della fondazione del Cec. Geneviève Jacques, segretaria esecutiva agli
affari internazionali del Cec,
ha reso omaggio «al coraggio
,e alla creatività straordinari
di queste donne». «Al di là del
ritorno dei loro nipotini... lo
scopo della lotta portata
avanti dalle Nonne è di chiedere che tutta la verità venga
detta e che giustizia sia fatta
per i crimini del passato - ha
dichiarato Geneviève Jacques
-. Il recente arresto dell’ex
dittatore, il generale Videla,
per sequestro, è un risultato
diretto della loro azione».
Il Premio della pace, la più
alta onorificenza conferita
dal Consiglio metodista mondiale, viene assegnato ogni
anno a personalità religiose o
laiche che hanno contribuito
in modo significativo alla riconciliazione tra i popoli. Fra
i precedenti laureati figurano
tra l’altro gli ex presidenti
Jimmy Carter (Usa), Mikhaïl
Gorbaciov (Urss), Anouar AlSadat (Egitto). L’anno scorso
il Premio è stato assegnato a
Kofi Annan, segretario generale dell’Onu. (eni)
• Per il film «My name is Joe»
Assegnato a Ken Loach
il Premio Templeton 1998
«My name is Joe», film del
noto regista britannico Ken
Loach sui problemi della disoccupazione e della disuguaglianza in una delle periferie
più povere e più degradate di
Glasgow, in Scozia, ha vinto il
Premio John Templeton del
film europeo 1998. Il Premio
(che consiste in 7.000 franchi
svizzeri) viene assegnato dalla
Conferenza delle chiese europee (Kek) e da Interfilm, un
organismo ecumenico internazionale del film, per conto
della Fondazione Templeton.
L’annuncio è stato dato il 10
febbraio scorso, in coincidenza con l’apertura del Festival
del film di Berlino.
Il film racconta la lotta di
Joe Kavanagh (interpretato
da Peter Mullan) che, dopo
anni di decadenza, rinuncia
all’alcol ma si trova confrontato al mondo degli usurai e
della droga. Joe Kavanagh
cerca di riprendere una vita
normale e una relazione con
Sara Downie (interpretata da
Louise Goodall), un’assistente sociale. Robin Gurney, responsabile del settore comunicazione della Kek e membro della giuria di tre persone
che hanno assegnato il premio all’unanimità, ha dichiarato: «La carriera di Ken Loach è stata segnata da film
aventi una dimensione sociale e questo è uno dei film in
cui affronta gravi problemi
sociali. Il modo in cui lo fa
corrisponde esattamente ai
criteri di questo premio, in
quanto solleva le questioni di
riconciliazionze, di perdono,
di sacrificio e delTEvangelo».
I criteri per il conferimento
del Premio Templeton sono:
il valore artistico, l’espressione di un punto di vista umano che sia in conformità con
il messaggio della Scrittura o
che stimoli il dibattito, la sensibilizzazione del pubblico a
valori spirituali e sociali. «My
name is Joe» figurava Tanno
scorso nella selezione ufficiale del Festival di Cannes, e
Peter Mullan è stato consacrato migliore attore per la
sua parte in questo film. Ken
Loach, che ha realizzato diversi film su temi sociali e politici, è stato premiato all’inizio di febbraio dall’Accademia britannica del film a Londra. «Il mito è che viviamo in
una società senza classe o
che la classe sia superata aveva detto Ken Loach in una
intervista a Londra lo scorso
anno -. Spiegare le divisioni e
i conflitti... non potete andare
avanti finché non saranno
stati dibattuti e risolti questi
conflitti».
La giuria, composta da Robin Gurney, Karsten Visarius,
della Chiesa evangelica tedesca, e Hans Hodel, della Federazione delle chiese protestanti svizzere, ha visionato
sei film. Ha dato un premio
speciale al film danese «Festen» di Thomas Vinterberg,
che ha affrontato, in modo
creativo e controverso, il difficile tema dei genitori che
abusano sessualmente dei
propri figli. (eni)
Mondo Cristiano
p Diritto d'asilo, tema del secondo
incontro europeo delle chiese protestanti
STRASBURGO — Responsabili di chiese e di istituzioni protestanti europee hanno affrontato la questione del diritto d’asilo. Informarsi meglio sulle realtà locali, far sentire un messaggio alle persone in cerca di un rifugio ed essere riconosciuti come partner competenti: questi gli obiettivi. L’incontro, organizzato dalla «Commissione ecumenica per chiesa e società»
(Eeccs), si è svolto a Strasburgo e a Karlsruhe dal 18 al 21 gennaio. Sedute di lavoro e visite al Parlamento europeo di Strasburgo e al Centro di accoglienza dei rifugiati di Karlsruhe hanno permesso ai partecipanti di fare il punto sulle legislazioni attuali. Il diritto d’asilo può essere definito solo a livello europeo,
ma «non auspichiamo un’armonizzazione del diritto d’asilo in
Europa», hanno sottolineato i partecipanti. Infatti, se le legislazioni sono molto diverse tra loro, anche le situazioni locali lo
sono. La Germania è particolarmente interessata al problema
in quanto il 50% dei richiedenti asilo in Europa si presenta alle
sue frontiere. Per i protestanti si tratta di «sviluppare programmi di azioni affinché, a livello degli organismi diaconali e delle
chiese, essi siano partner riconosciuti e competenti agli occhi
dei pubblici poteri». Si tratta inoltre «di accompagnare il processo di piani di azioni derivanti dal trattato di Amsterdam e di
redigere documenti che possano essere diffusi nelle chiese e
presso i partner sociali». Questa preoccupazione di informarsi
e di informare, di partecipare alle azioni e ai dibattiti riguardanti le persone sradicate dal loro luogo di vita e traumatizzate
da guerre civili e persecuzioni, sarà l’oggetto del prossimo incontro che avrà luogo a Roma il prossimo anno. (bip)
W Nelson Mandela chiede un
«rinnovamento spirituale» del Sud Africa
CITTÀ DEL CAPO — Un «rinnovamento spirituale» del Sud
Africa: lo ha chiesto il presidente Nelson Mandela parlando
domenica 7 febbraio nella Chiesa riformata olandese di Città
del Capo, alla vigilia di una seduta di lavoro del Parlamento
sudafricano. Un avvenimento significativo perché la chiesa
dove Mandela ha parlato di un «programma di ricostruzione
e di sviluppo dello spirito» è quella stessa chiesa che l’Alleanza riformata mondiale (Arm) aveva dovuto sospendere per
aver formulato una insostenibile teoria teologica in appoggio
alla politica di segregazione razziale. (nev/eni)
M Svizzera: morte improvvisa del capo
dell'Esercito della Salvezza
GINEVRA — Il commissario Paul Marti-Jorgensen, capo
dell’Esercito della Salvezza per la Svizzera, l’Austria e l’Ungheria, è deceduto improvvisamente lo scorso 5 gennaio dopo un intervento chirurgico. Aveva 64 anni e occupava il posto di capo territoriale dal 1" aprile 1996. (spp)
Ijclaudiana
via Principe Tomaso, 1 - Torino
tei. 011-6689804
fax 011-6504394
http:/Awww.arpnet.lt/vafdese/claudl8n.htm
4
PAG. 4 RIFORMA
VENERDÌ 26 FEBBRAIO 1« VE^SË
L'anniversario della sua nascita è stato rievocato a Wittenberg (Germania)
I cinquecento anni di Katharina von Bora
La moglie del riformatore Martin Lutero fu una donna di grande intelligenza
e di forte sensibilità spirituale. La donna nella chiesa e nella società di oggi
ERMANNO GENRE
La Chiesa evangelica tedesca della Sassonia ha voluto rievocare Katharina von
Bora, nota soprattutto per essere stata la moglie del riformatore Martin Lutero. Ma
chi era in realtà questa donna, portata in convento
all’età di cinque anni, di famiglia nobile ma povera, divenuta monaca, persona
istruita (aveva imparato anche un po’ di latino) che decise, dopo aver abbandonato
il convento, di sposare (a 26
anni) l’ex monaco Lutero (42
anni), riformatore della chiesa e professore di teologia? Di
Katharina non si sa molto e
ciò che si sa è contenuto nelle lettere scritte da Lutero alla
moglie in occasione dei suoi
numerosi viaggi. Ciò che è
certo è che questa monaca
venne presto a conoscenza
delle nuove idee della Riforma e vi aderì profondamente.
Nella bella mostra esposta
nella sacrestia della Stadtkirche si leggono queste forti
parole: «Il Papa ha guastato il
nostro essere e ha impregnato la nostra interiorità a tal
punto che non ci era più possibile, pur con orecchio attento, riconoscere Cristo come nostro redentore e come
nostra giustizia». E quando
organizzò la fuga dal convento con altre undici suore durante la notte del 7 aprile
1523, non sapeva come sarebbe stato il suo futuro.
Non vi erano molte scelte,
per una ex monaca. In ogni
caso poteva contare sull’aiuto
di Lutero (che si preoccupò di
trovare marito per le altre
suore), e di alcune famiglie di
Wittenberg, fra cui i Cranach
(con la moglie Barbara l’artista gestiva una farmacia e
una stamperia). In quel momento né Katharina né Lutero pensavano al matrimonio.
Ma due anni dopo, proprio
nel momento più critico della
guerra dei contadini, i due
decisero di sposarsi (13 giugno 1525), con la gioia del padre di Lutero che vedeva finalmente il figlio riprendere
la via della ragione e con le
preoccupazioni di Melantone
che non fu neppure invitato
al matrimonio. Un’ex monaca che sposa un ex monaco!
Che cosa potranno generare
se non dei piccoli diavoli? E il
diavolo non potrà che ridere
di questa farsa, si diceva allora. Ma Katharina e Martin sfidarono (non furono i primi)
questo detto popolare e Lutero non esitò a dire: «Saranno i
diavoli a piangere mentre gli
angeli rideranno».
11 matrimonio di Katharina
e di Martin seguiva un percorso ormai tracciato e incoraggiato dallo stesso Lutero;
di qui ha avuto origine la famiglia pastorale protestante.
Pur lasciando la libertà a
ognuno, si privilegia la vita
matrimoniale rispetto al celibato, che diviene libero. D’
ora innanzi il ministro, di
norma, sarà sposato, creerà
una famiglia, la casa pastorale prenderà il posto della
fredda e anonima canonica.
La casa pastorale si strutturerà in luogo di vita e di incontri in cui la Bibbia e il Catechismo assumeranno un
ruolo fondamentale per l'educazione e la cultura.
Una relatrice ha affermato,
in uno dei momenti di queste
giornate dedicate a Katharina
von Bora, che gli uomini
«pubblicano libri» (e quanti
ne ha scritti Lutero!), mentre
le donne «organizzano degli
spazi». Come organizzatrice
di nuovi spazi, di relazioni,
Katharina von Bora ha dimo
Nella chiesa della città di Wittenberg (Stadtkirche) dove
Lutero predicava abitualrtiente, si trova la nota e magnifica
pala d’altare di Cranach il Vecchio, dipinta nel 1547 e composta di quattro tavole. Nella prima, in basso, in posizione
centrale e che sortele le tre altre sovrastanti, il Cristo in
croce. Alla destra (di chi guarda) del crocifìsso, Lutero sul
pulpito nell’atto di predicare, a sinistra la comunità in
ascolto (Katharina von Bora e il figlioletto Hans sono ritratti
da Cranach in prima fila Jta gli uditori, di fronte a Lutero e
con lo sguardo volto al Cristo in croce). Sopra, e su questo
unico fondamento, le tre azioni che la chiesa è chiamata a
compiere in obbedienza al suo Signore: il battesimo, la Cena
e la confessione-assoluzione (il potere delle chiavi). Questo
capolavoro di Cranach riassume in sé la concezione della fede e della chiesa della Riforma protestante. Come rendere
questa fede viva e propositiva nella Wittenberg di oggi? Wittenberg come simbolo della chiesa nella contemporaneità,
dove i credenti sono una minoranza: 50.000 ànime di cui
circa 6.000 evangelici e 2.000 cattolici e altre piccole presenze evangelicali.
A 500 anni dalla nascita, la Chiesa evangelica tedesca della Sassonia ha dedicato l’anno 1999 a Katharina von Bora,
l’intraprendente monaca che, lasciato il convento, sposò il
riformatore ed ex monaco Martin Lutero. Un anno ricco di
iniziative, di incontri, dibattiti, visite ai luoghi. Una bella
mostra itinerante sulla vita di Katharina von Bora accompagnerà questa iniziativa che è stata ufficialmente inaugurata venerdì 29 gennaio (giorno della nascita), alla presenza
di diverse autorità cittadine ed ecclesiastiche e con numerosi
invitati dall’Europa e dall’Africa. Domenica 31 gennaio,
nella Stadtkirche di Wittenberg, ha avuto luogo un culto
particolare (ripreso in difetta dalla televisione tedesca) per
ricordare questo anniversàrio (1499-1999).
strato tutta la sua intelligenza
e intraprendenza (qualcuno
ha sostenuto che negli scritti
di Lutero sono nominate 400
donne, molte delle quali sono state ospiti del Convento
nero). Quando Katharina decise di sposare Lutero e iniziò
la vita coniugale nel «Convento nero» (l’ex monastero
agostiniano) messo a disposizione dall’Elettore, non vi
erano che delle mura malandate e disadorne. Con la sua
iniziativa la grande casa divenne presto la confortevole
abitazione della famiglia Lutero, rifugio per diversi nipoti, pensionato per studenti,
luogo di incontri e di dibattiti
di amici e colleghi (i famosi
Tischreden, i discorsi a tavola, a cui talvolta prese parte la
stessa Katharina), aula universitaria, foresteria per ospiti di passaggio. Sotto il grande tetto, potevano trovare alloggio più di cento persone...
Katharina von Bora diede
alla luce ben sei figli: Johannes (1526), Elisabeth (1528),
morta a dieci mesi, Magdalena (1529), morta a 12 anni,
Martin junior (1531), Paul
(1533) e Margarethe (1534).
Insieme a queste sei gravidanze e all’educazione dei figli, Katharina von Bora gestì
questa «comunità» dimostrando grandi doti di «amministratrice» (senza dimenticare gli orti e i terreni che
aveva acquistato e che erano
coltivati, per far fronte alle
necessità di questa eterogenea e grande famiglia in un
tempo in cui mancava spesso
il cibo). Dopo la morte di Lutero (1546) non mancarono
le difficoltà e Katharina fu costretta più volte a fuggire da
Wittenberg finché la morte la
colse a Torgau nel 1552, in
seguito a una brutta caduta
dal carro che la trasportava.
Con felice intuizione si è
voluto mettere in risalto, nel
corso del culto, l’autonomia
spirituale e decisionale di
Katharina von Bora. E è stato
fatto non con il sermone (in
verità assai modesto), bensì
con una scena teatrale, nella
prima parte del culto. Katharina von Bora, nel ritratto di
Cranach sopra ricordato,
esce da una cornice per dialogare con la comunità cri
stiana oggi, dialogo condotto
da due attrici in cui si è voluto sottolineare la forza spirituale di una monaca che, dopo aver scoperto Tpvangelo
della grazia, osa spezzare la
cornice istituzionale che aveva imbrigliato la sua vita fino
a quel momento. La fuga dal
convento è l’inizio della sua
vocazione nel mondo. Anche
i cristiani sono oggi invitati a
uscire dalla cornice di una vita priva di autonomia per ritrovare il senso di una vita
orientata dall’evangelo.
Certamente questa bella
iniziativa non ha avuto e non
avrà l’eco che ebbero i 500
anni della nascita di Martin
Lutero nel 1983, sei anni prima della caduta del muro di
Berlino. Allora la stessa chiesa era gremita all’inverosimile e chi l’occupava non
nutriva probabilmente grande interesse per la nascita di
Lutero, guardava piuttosto
alla rinascita di un popolo
schiacciato dal socialismo
reale della Ddr. Il contesto
storico situa sempre le rievocazioni del passato e le profila, è la contestualità che ne
riafferma l’attualità per la vita della chiesa e della società. L’attenzione richiamata da Katharina von Bora era
in ogni caso ben focalizzata
sul ruolo della donna nella
chiesa e nella società oggi.
Quanto il tema sia centrale lo
si è toccato con mano nei diversi momenti di dibattito in
cui, alla luce dell’esperienza
di Katharina von Bora, sono
emerse le questioni tuttora
aperte nella chiesa come nella società.
Lutero secondo Cranach
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Katharina von Bora nell’Incisione di Cranach
Un'opera astratta eppure «parlante
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ELIO RINALDI
Lf AVVIATA ristrutturazioI ne della Galleria degli
Uffizi a Firenze, considerata
tra le massime raccolte di arte su scala mondiale, presenterà per la prima volta ai visitatori, oltre a vari capolavori
di qualità estrema, la storica
documentazione degli autoritratti più conosciuti in Europa, dal Rinascimento a oggi. Nonostante l’originaria
vastità espositiva degli Uffizi
(fin dalla loro creazione in
età medicea), erano numerose e rilevanti le opere che giacevano nei depositi o in sedi
improprie: proprio per ovviare a tale complessa situazione è stata creata una più adeguata sistemazione dell’intera collezione attraverso la
fondazione dei cosiddetti
Grandi Uffizi.
Scorrendo sommariamente
le opere che possono ricon
Un recente libro Claudiana affronta una questione solo
Credere è una gioia perché la fede è un salto
in apparenza banale
nella luce
SAVERIO MERLO
La fede ha dei motivi: così
suona letteralmente il titolo originale, un po’ più dimesso rispetto a quello italiano, di questo libro bellissimo*, che ha come sottotitolo
l’aggiunta Come trovo un
rapporto vivente con Dio. Un
libro pieno di autentico buon
senso (merce rara in ogni
tempo!), che non contiene
affermazioni radicalmente
nuove ma che affronta temi
assolutamente vitali riguardanti la fede senza dire delle
banalità; che dimostra, nonostante la giovane età dell’autore (è pastore, vive in Germania, è nato nel 1958 a Losanna), una prodigiosa capacità di rispiegare vecchi e obsoleti concetti teologici in
modo interessante e nuovo.
Un libro, infine, che ci conferma nell’idea che la fede non è
un salto nel buio ma al contrario un salto nella luce, non
un’abdicazione della ragione
ma un impulso a pensare.
Il concetto centrale è quello della rilevanza: quale rilevanza hanno per me, per noi,
i concetti della religione o
della teologia, gli articoli di
fede, le dottrine della chiesa,
i racconti della Bibbia? Una
risposta interessante, esplicitamente citata dall’autore,
è quella di Bertold Brecht:
«Una persona chiese al signor K. se esista un Dio. Il signor K. rispose: "Ti consiglio
di riflettere se il tuo comportamento cambierebbe a seconda della risposta a questa
domanda. Se non dovesse
cambiare, allora possiamo lasciar perdere la domanda’’».
Attitudine spiccata dell’autore è quella di capovolgere i
luoghi comuni, e di individuare la paradossalità spesso
umoristica della fede cristiana. Lasciamo parlare l’autore
stesso, citando il sommario
iniziale di un capitolo, il sesto: «In questo capitolo leggete come non ci sia nessuno
che non creda. Anche la frase
“Io credo solo ciò che vedo” è
un’affermazione di fede. Gli
esseri umani di solito non
credono troppo poco, ma
troppo. Perciò chi vuol diventare cristiano dovrebbe
essere più propenso alla critica che alla credulità. Vorrei
sgombrare il campo da alcuni equivoci molto diffusi sulla
fede cristiana, e cercare di
esprimere in circa trecento
parole ciò che come cristiani
si deve veramente credere.
Vedremo di chiarire in che
cosa consiste la differenza tra
il battesimo e una vaccinazione antivaiolosa, e avrete
modo di capire come potete
diventare cristiani, se non lo
siete ancora».
I capitoli forse più interessanti sono gli ultimi, dedicati
allo Spirito Santo, il «campo
energetico di Dio», alla fede e
al battesimo, «decisione in
vista dell’esistenza cristiana»,
alla preghiera e alla spiritualità (la «risposta della fede») e
all’amore del cristiano «tra
norme e libertà». Segue una
lista di libri consigliati al let
tore italiano per approfondire gli argomenti. Pochi ma significativi i riferimenti culturali dell’autore, che ha studiato, oltre alla teologia, anche la filosofia: da Francesco
d’Assisi a Lutero, da Pascal a
Dostojevskij, a Bonhoeffer, a
Drewermann, fino a un citatissimo, e a me sconosciuto
C.S. Lewis.
L’agile libro (270 pagine
circa) può essere letto nel
modo più tradizionale, ma è
adatto anche per essere usato
in modo interattivo: ogni capitolo è corredato da sommari, schede riassuntive,
schemi grafici, elenchi, proposte di attività pratiche, piccoli ma utili esercizi che
ognuno può benissimo svolgere anche a casa propria,
oppure che possono servire
da traccia per studi biblici
comunitari. È una riflessione
non specialistica. Consigliabile per tutti.
(•) Klaus Douglas: Gioia di
credere. Torino, Claudiana, 1999,
pp 279, £ 36.000.
Mayo, ven
colere qu
Uno, spetti
tatto inlffi
delEio ®
dìm’emoì
na^èdaw
queli’Itali;
sciìta in u
durci alla Riforma, possiao
ricordare fra l’altro iriiatì
di Bartolomeo Panciaticl
(inquisito ai primi dei '51
per eresia), di Melaußne,rf
Lutero da solo (1529) ùssì«
moglie Katharina (15tt)i
cui autore fu Lucas Granaci'
il Vecchio (14 72-1553),
quale possediamo and
l’autoritratto (1550). Fami
inoltre anche alcuni lavi
del grande protestante oli j
dese Rembrandt (1605-"”“
dalla esuberante vitalitl
spressa nell’ardito rinno«j
mento deU’iconografiaasi
getto religioso. ,,t_eiOR<
Tra gli autoritratti italiaf
vece? __
tare, con giustificato otf|:
del ’900 possiamo inveceij
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glio, la presenza del p
fratello in fede Filippo Seri "fy
po (1910-1993). L’artista,»’:
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za alla Chiesa valdese, •'^'qualche
richiesta di ammissione! >
galleria fiorentina, avevai ypjem
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serito copia della letterati ‘(Jaiegg|_
la quale si accettava la» ’ricredersi,
iscrizione alla Facoltà vw^ hgonisti
di teologia. Dapprima do« ,provijjj,¡^ \
te all’Accademia Alber®!
Torino come assistente dij, Cominci!
lice Casorati, fu poi tito» Jjy Xemn
della Libera scuola di a» "iq
ragazzo
nella stessa città. .Oincia prr
La sua poetica composi 'febbrica- lì
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è stata giudicata una "“Tposizione a
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sturale in una ascosa mai
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la ascosa ina raie. L’8 se
di attualità ajmentre è n
torna a
testimonianza evangelioa>
ICOLllilUlliClilZja j.-v. iqjj
condo l’istintiva e tenacajsalire ìn m
averlo mai
floi avessi
ca protestante, pur làelBiellesi
noni della pittura astratw
cui ovviamente fa occo®\piasi arruc
l’autoritratto). Biforrn^^ i ta Garibah
conoscere anni fa, in comn
ne della sua scompat® Mentre ^
varie tappe della sua feo T dono tre fa
attività, e Giorgio i sua vita:
particolare evidenziò ‘'Tttafqgjjg ^
l’artista Scroppo non P?ù|kPtesto sue
mai rinunciare alla ^'^JPtendeche
aperta all’Assoluto mo ì.«tatobarba
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strumenti per rappte^
la storia di una vita. H j,de ung
Angelo Dragone, par * pri;
stra di Torre Pellice de Edo,
scrisse che in Scroppa .é^emoria d
ci fu mai la volontà ò' »e, Elvo
strare il testo trascritto' TOcomunis
assicurare la Parola c® /ignito a et
e il colore» e, possip/„l®®rito ^
giungere, sempre nella J lul’inizi,
na presenza del Dio vi
5
RAIO J \^F.RDÌ 26 FEBBRAIO 1999
PAG. 5
RIFORMA
Tournée sudamericana delio spettacolo «Fuochi» ambientato nelle Valli
Va in scena Pltalia delle radici
['emozione degli italiani emigrati a contatto con le vicende della storia valdese
all'epoca delle persecuzioni del '600. L'incontro con le madri de Plaza de Mayo
RENZO SICCO*
ti Di
Tredici spettacoli in undici città diverse, oltre
100 ore di viaggio, 50.000 chilometri percorsi, un centinaio di persone conosciute
tra tecnici, organizzatori,
operatori, giornalisti, ospiti,
5J0OO spettatori. Questi, in ci¿e, i venticinque giorni della
tournée in Sud America effettuata dall’Assemblea teatro
di Torino. Ben più difficile
djitetizzare la straordinaria
Rochezza degli incontri, le
l^ozloni sulla scena e quelle
della quotidianità, le storie, i
profumi, i gusti, i suoni che
hanno via via inondato il nostro percorso. Difficile descrivere le tante vibrazioni
che il nostro spettacolo Fuochi ha suscitato. L’emozione
colta negli occhi vecchi di chi
è emigrato negli Anni 40, di
chi è figlio o nipote di emigrante, e in quelli di chi più
giovane cerca anche qui nel
teatro e nella cultura sia
un’eco della vicenda degli
antenati sia delle chiavi per
intravedere un futuro, la possibilità di guardare oltre.
Uno spettacolo che racconta la violenza, la tortura,
fl dolore della separazione in
una bellissima Buenos Aires,
di fronte a una platea dove
spiccano i fazzoletti bianchi
delle Madres di Plaza de
Mayo, venute in tante a acco^ete questi «figli italiani».
Uno spettacolo che soprattutto iiì%uguay per i valdesi
dellio àè la Piata è ben più
di un'fflnozione della memodìi^è davvero stringersi con
qMll’Italia delle radici, lasciata in un continente lon,tano tra montagne difficili
anche solo da immaginare in
questa sterminata pianura.
Lunedì 12 ottobre, primo
spettacolo a Galvez. Tutto il
paese è lì ad accoglierci, il
sindaco e i rappresentati del
Consiglio comunale. Siamo
ospiti di famiglie, nel pieno
delle Pampas, nella piccola
comunità di Colonia Belgrano. Proprio a Belgrano è stato costruito nel 1890 il primo
tempio valdese di tutto il Sud
America. Lo andiamo a visitare. Alle 20, dopo una colossale grigliata nel pomeriggio,
siamo pronti per il debutto
nel teatro municipale di Calvez. Il silenzio è totale, senti
fluire l'attenzione e alla fine
esplode l’applauso, grande
caldo. È andata, siamo contenti, ma lo siamo ancora di
più nel cogliere l’emozione
intensa, orgogliosa dei nostri
amici di Colonia Belgrano.
Domani all’alba si ripartirà,
ciascuno con un regalo del
proprio ospite in valigia.
Lo stesso silenzio, la stessa
attenta emozione e gli stessi
applausi a Rosario, a Mar de
la Piata (un trionfo nel bel
teatro stracolmo), a Buenos
Aires nel teatro Empire, a
Cordoba. Infine, dopo due
settimane travolgenti, un volo ci porta in Uruguay e ci fa
atterrare all’aeroporto di
Montevideo. Stavolta ad attenderci sono i rappresentanti della Chiesa valdese di
Montevideo. Ci accolgono
con grande timidezza ma
anche calda simpatia nel
tempio per una cena in cui ci
offrono pure i loro canti e
tutta la loro tenerezza. Poi
andiamo a dormire, domani
si debutta nuovamente, siamo in un altro paese e sta
volta si parte direttamente
dalla capitale.
Alle 20,30 il teatro è già pieno e alle 21 il pubblico è seduto ovunque, addossato alle
pareti, su ogni gradino libero.
Non si sente un suono in sala, la tensione si può stringere neH’arla talmente è densa
e anche qui esplode alla fine
un interminabile applauso.
Molti i giovani tra il pubblico,
entusiasti e sconvolti.
L’indomani è giorno di visita a Colonia Vaidense. Troviamo accoglienza squisita,
enorme affetto, tanti ricordi
del Piemonte, di un Piemonte lontano per alcuni, più fresco e recente per altri, ma qui
è davvero impossibile non
trovare e ritrovare Pinerolo,
Luserna San Giovanni, Pomaretto e gli altri paesi delle
valli valdesi. Ognuno ha ricordi, emozioni che rasentano le lacrime. Si mangia insieme, si va in giro per i luoghi simbolici dell’arrivo, il
molo del primo sbarco, la
piazza del primo insediamento, il primo tempio, l’immensa spiaggia e un bagno
rubato nelle acque fredde del
Rio de la Piata. Ancora ospiti
nelle case, entriamo in fattorie, in stanze, in album di fotografie di famiglia: Gisella
Bein, interprete principale,
ritrova il padre in una vecchia fotografia. Scaviamo, involontari minatori, dentro affetti forti e profondi e ne siamo messaggeri e testimoni.
Il giorno dopo a San José,
nel bellissimo teatro Macciò
antico, all’italiana, vengono
in tanti a vederci con pullman organizzati dai punti più
disparati, non solo valdesi
ma italiani, quasi tutti di ori
gine piemontese. E così a Colonia Sacramento e a Dolores, dove è stata la giovane e
tenace volontà del pastore
Dario Salomon a preparare
per noi un teatro enorme che
non ha più ospitato spettacoli da almeno un decennio.
Dopo il pranzo, ancora una
volta nel tempio, siamo tutti
molto tesi. E se non funziona? Ma la sera ci sono di nuovo oltre 400 persone in sala,
un deputato e il presidente
della Provincia. I volti dei
vecchi italiani non nascondono le lacrime: «Non potete
immaginare quante cose,
quanti turbamenti, quante riflessioni e passioni avete scatenato questa notte».
Dopo il Cile ripassiamo per
Buenos Aires prima del rientro in Rafia. Torno dalle Madres di Plaza de Mayo, questa
volta alla loro sede. Abbiamo
già consegnato loro quasi
cinque milioni raccolti in Italia per i lavori di restauro che
la Casa de Las Madres necessita urgentemente. Vogliono
creare un centro per i giovani
qui, nella loro sede. Tutto intorno ci sono i tabelloni con
attaccate le centinaia di foto
di giovani scomparsi. Carmen, una di loro, mi vede
scosso e mi dice: «Noi abbiamo pianto e adesso non
piangiamo più: abbiamo imparato che è più importante
tenerli in vita con le cose che
facciamo ogni giorno. L’unica lotta che si perde è quella
che si abbandona».
* regista dell'Assemblea teatro
di Torino, autore dell’adattamento scenico dello spettacolo
«Fuochi», tratto dal romanzo
Ascanio e Margherita
di Marina Jarre
■ Una storia di impegno politico ma soprattutto di dedizione al prossimo
Ivo Tempia, un biellese che bisognava incontrare
GIORGIO BOUCHARD
ER conoscere un biellese ci vogliono sette
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1- „„Cria ® un mese: e quando
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“ „oirti r*f®dersi. Il libro ha tre pro.tagonisti: Elvo Tempia la
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® i tifili >„;^otnmciamo con il primo:
P° j; Tempia (classe 1920) è
ola 1® ragazzo di paese, che copresto a lavorare in
P ,i[ .^llbrica: lì sente odore di op‘ „npi al regime, e ascolta
antiche lotte ope
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Htà nf settembre lo coglie
^^^rolica, è militare in vai Pelli- Lofpi . a casa, e decide di
e te .1 salire in montagna. Siccome
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*’* nars^y"^^'^^utrnissario politico,
»u^pfoi è in montagna, accaio“ tÌuIi| fa S?„*'Ì^®tti che segneranno
coL vita: anzitutto, incon
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Zaninetti, che sarà
®ua moglie: poi ap^ mend ®uo cugino Edo è
munì barbaramente fucilato a
la cosa lo colpisce
^ per decisione solenne: il
ire del If dierà pa
* ntio k" lnot? . pcs' continuare la
jntà di Í ‘rUgl"« caduto:
iscrive al Partila col indirizza
Hjg - a compiti di reclutaìO<f A]],° ®.di propaganda.
inizio è quest’ultimo
fatto che sembra segnare per
sempre il destino di Elvo
Tempia: dopo il 25 aprile egli
diventa funzionario di partito, poi consigliere provinciale, segretario di federazione,
consigliere comunale, infine
deputato per molti anni.
Conduce una vita assorbente, tesa, concentrata sullo
scopo. Alcuni di noi se lo ricordano: sempre presente
nella vita biellese, calmo, cortese, ma fermo.
Nella, che nel frattempo è
diventata la compagna della
sua vita e si è adattata a fare
la sarta, capisce. Chi, forse,
capisce meno, sono i figli, soprattutto il primo, Edo, che
porta il nome del cugino fucilato. Pier Paolo Benedetto
ha delle parole dolcissime
per descrivere il dramma
dell’uomo troppo consacrato
alla sua vocazione politica:
«quando la vita scorre nella
normalità non ci si rende
conto che i giorni passano
rapidi. Puntiamo spensierati
sui numeri del futuro (...) senonché l’imprevisto vanifica con il suo colpo di frusta
i progetti (...) ponendoci
drammaticamente a tu per tu
con il repertorio vasto e mortificante degli incontri rinviati, degli abbracci frettolosi...».
E l’imprevisto arriva, in casa
Tempia, proprio quando Elvo
è al culmine della sua carriera: Edo si ammala di cancro.
Un’operazione ben riuscita
blocca il male per 11 anni,
ma poi esso si ripresenta, devastante, e alla vigilia del Natale 1980 Edo muore.
Il papà ha ormai 60 anni;
sembra un uomo finito. E invece no: deve mantenere una
promessa che ha fatto al figlio morente: lanciare una
pubblica iniziativa contro il
cancro, per evitare che altri
giovani come lui debbano
morire troppo presto, e che
degli adulti siano distrutti da
un’inutile sofferenza. Subito
dopo il funerale, un gruppo
di amici ha consegnato a
Tempia alcuni milioni «per
fare qualcosa»: all’inizio
Tempia pensa di istituire delle borse di studio affinché dei
giovani medici si possano
specializzare nella lotta contro il cancro. Ma si verifica un
fenomeno imprevisto: il «tam
tam» percorre tutto il Biellese, e anziché i milioni arrivano i miliardi (25 fino a oggi).
È giocoforza fare un salto di
qualità: nasce il «Fondo Edo
Tempia», Ugo Canepa dona
la celebre Villa Rivetti affinché esso abbia una sede, i volontari accorrono: certo, si
organizzano borse di studio,
ma si dota anche l’ospedale
di una moderna Tac, si lancia
l’«operazione mimosa» (controllo preventivo e periodico
di tutte le donne del Biellese
per prevenire il cancro al seno) e tante altre iniziative.
Elvo Tempia è il presidente
di questa enorme iniziativa:
ma ormai il protagonista è un
altro: il Biellese e la sua gente.
Benedetto ha delle parole toccanti per descrivere quest’isola che è il Biellese, «dove le finestre si affacciano ai bordi di
un’impervia periferia del Piemonte chiusa alle spalle dalla
montagna e lontana dalle
strade della pianura». Questa
piccola provincia che serba i
ricordi dell’epopea dolciniana, che ha dato aH’Italia gran
di uomini come Avogadro,
chimico e cospiratore, la dinastia dei Sella (8 deputati, 3
accademici), Riccardo Gualino, industriale mandato al
confino dal fascismo; questa
provincia che ha visto il duro
capitalismo deH’800 e un appassionato movimento operaio, è anche capace di slanci
creativi, diciamo pure la parola: di slanci d’amore.
E qui entra in scena l’autore del libro, biellese pure lui:
Pier Paolo Benedetto, che è
una sorta di cristiano indipendente, racconta con simpatia la vicenda del laico
Tempia, la ricollega con la
storia religiosa del Piemonte,
e con un più ampio orizzonte
di spiritualità impegnata: cita
Albert Schweitzer, l’Abbé
Pierre, Martin Luther King,
Claudio Napoleoni («il trascendente non è doveri infiniti, irraggiungibili, ma il
prossimo, dato una volta per
tutte, raggiungibile»). Conoscevamo Pier Paolo Benedetto come attento cronista de
La Stampa al Sinodo delle
chiese valdesi e metodiste: lo
ritroviamo qui come amichevole e fraterno compagno di
strada nel nostro difficile pellegrinaggio nella «valle dell’ombra della morte». Il proverbio era sbagliato: per conoscere un biellese ci vuole
molto più che sette anni e un
mese. Ma una volta che l’hai
conosciuto, capisci che ne
valeva la pena.
(•) Pier Paolo Benedetto: Lavila amica. Il fondo «Edo Tempia»:
un’esperienza di solidarietà per
una cultura della salute. Cinisello Balsamo, Ed. San Paolo, 1998,
pp. 114, £20.000.
Una madre di «desaparecidos» con ia foto dei figiio
Dibattito a Torino sul libro-intervista
Davigo: bisogna smontare i
meccanismi della corruzione
JEAN-JACQUES PEYRONEL
T L problema è smontare i
\\ X meccanismi che possono intrinsecamente generare
la corruzione. È sbagliato
credere che una forza politica
sia composta di buoni e un’
altra di cattivi. Io penso che il
bene e il male siano presenti
in ciascuno di noi». Queste
affermazioni contenute nel
libro-intervista”' di Davide Pinardi al giudice del pool Mani pulite di Milano, Piercamillo Davigo, sono state ribadite con forza dallo stesso
Davigo durante il dibattito
organizzato dal Centro evangelico di cultura venerdì 12
febbraio presso il salone della
Chiesa valdese a Torino. Al
dibattito, presieduto dal pastore Giuseppe Platone, hanno partecipato lo stesso Pinardi e il senatore Elvio Fassone, ex magistrato.
Presentando il suo libro. Pinardi ha precisato che più che
di una «intervista sulla corruzione» si trattava di una riflessione ad ampio raggio sul
problema dell’etica, privata e
pubblica, ben diverso da
quello della morale con la
quale spesso viene confuso.
Con l’indagine «Mani pulite»,
iniziata a Milano il 17 febbraio 1992 con l’arresto di
Mario Chiesa, i giudici del
Pool di Milano hanno «squarciato il velo» su una pratica di
corruzione che ben presto si
rivelerà essere diffusissima e
radicatissima in ogni ambito
della pubblica amministrazione, dell’economia e della
politica. Squarciando questo
velo, ha detto Davigo, ho ritenuto «mio dovere di magistrato informare la collettività
di ciò che ho visto, e ciò che
ho visto è decisamente brutto». Il problema della corruzione politica, secondo Davigo, viene dal fatto che l’elettorato italiano è sostanzialmente statico e che il sistema dei
partiti ha perso ormai la sua
carica ideale e il suo ruolo di
stimolatore della democrazia
ed è diventato pura ricerca e
difesa del potere, finalizzato
alle possibilità di arricchimento, personale e/o di corrente, che esso permette.
Ma come spiegare la capillarità di un tale fenomeno?
Indubbiamente, secondo Pinardi, Davigo e Passone, esso
ha le sue radici culturali nel
tradizionale familismo e individualismo del popolo italiano che, plasmato dalla cultura cattolica, dimostra di avere
uno scarsissimo senso dello
stato e della responsabilità
individuale. Il senso del dovere che contraddistingue le
società in cui si è affermata la
Riforma protestante, e calvinista in particolare, risulta
gravemente assente in Italia
dove prevale sempre la rivendicazione dei diritti e la tendenza a «farsi furbi». E la peggiore giustificazione di un tale stato di cose è di dire: «Così fan tutti... quindi nessuno è
colpevole».
Che fare? Bisogna, ha affermato Passone, «ricostruire (o
costruire) una cultura della legalità, onorando il bene
e disonorando il male». In
quanto ex magistrato. Passone conosce bene, come Davigo, la vastità e la profondità
del problema dell’illegalità:
in quanto politico si rende
conto ogni giorno dell’enorme difficoltà a far uscire dal
«Palazzo» riforme che abbiano qualche possibilità di
cambiare in profondità la
mentalità della gente, anche
perché, secondo lui, oggi in
Italia esistono tre veri grandi
partiti: quello «di Hammameth», quello della legalità e
quello «delle anime morte»,
che è di gran lunga quello più
consistente.
Il male è così diffuso che
né la magistratura né la politica, da sole, possono guarirlo. Solo un soprassalto morale, etico e culturale, della società civile e delle sue organizzazioni (chiese, associazioni, movimenti, partiti)
può invertire la tendenza. Se
ognuno, ha concluso Davigo,
personalmente e localmente,
assume fino in fondo la sua
parte di responsabilità e decide di portare, onestamente
e con orgoglio, la propria
«giubba del re» (cioè il servizio dovuto alla collettività di
cui si è parte), è possibile
sperare in una società migliore, meno corrotta. Lo
stesso concetto ha espresso
Elvio Passone, citando Simone Well: «La gravità morale è
la forza che ci fa precipitare
verso l’alto».
(’) La giubba del re, intervista
sulla corruzione a cura di Davide Pinardi; Ed. Laterza, Bari,
1998; £ 15.000.
6
PAG. 6 RIFORMA
Spedizioi
^ artZcor
■ Una realtà molto più complessa di quanto la cronaca non dica
Alla scoperta del pianeta carcere
in caso <
al mitten
(.'Editore
La condizione del detenuto accomuna persone che hanno alle spalle esperienze
estremamente diverse tra loro e che vivono un tipo di disagio che ci interpella
Una struttura che deve aiutare l'individuo a cambiare
FERNANDO lACHINI
PARLARE del carcerato significa parlare di una
realtà lontana, di un mondo
che ci lascia indifferenti. Però
si dimentica che «quelli là»
sono nostri concittadini, sono il nostro prossimo: pochi
sanno qual è la realtà del carcere. Di fatto la detenzione è
un taglio netto e violento con
la vita che quotidianamente
si vive, è uno sradicamento
dal nostro mondo; occupazioni, famiglia, amicizie, interessi, affetti, progetti, aspettative e sogni; è la forzata immissione in un altro mondo;
è la perdita di certezze, di
quanto si aveva e di quanto
si era. È una vera morte, da
alcuni vissuta tragicamente
come testimoniano i tentati
suicidi. Finché non c’è attenzione per i detenuti questi
saranno sempre e solo in balia di altri uomini. Come credere che cittadini che non
hanno potere contrattuale
possano vedere riconosciuti i
propri diritti? Come credere
che tutti gli operatori carcerari siano persone sensibili,
rispettose, attente?
Entrare in carcere è entrare
in un mondo con la sua cultura, le sue leggi, i suoi poteri, il suo codice, i suoi giudici,
le sue sanzioni. Ma tutto ciò è
diverso da quanto c’è nella
società civile. Il carcere è uno
stato nello stato e chi è detenuto ne diventa, volente o
nolente, cittadino. Di fatto
non si è più italiani, ma carcerati. Per la crisi della giustizia molti sono detenuti in attesa di giudizio, cioè stanno
subendo la pena senza essere
stati giudicati; questo può
durare anche anni e può finire con la scoperta della loro
innocenza.
Quasi tutti gli istituti penitenziari sono sovraffollati
contando più del doppio delle presenze per cui sono stati
istituiti. Le prigioni sono veri
lazzaretti, ricettacoli e luoghi
di diffusione delle malattie.
Non solo, ma sono esse stesse generatrici di malattie del
corpo e dell’anima. Ai detenuti è riconosciuto il diritto
alla tutela’ della salute, ma in
realtà quel riconoscimento si
scontra con difficoltà pecu
Femando lachini e Uateresa Taliento hanno fondato insieme a don Germano Greganti nel 1974 la prima associazione italiana, apartitica e interconfessionale, in favore dei
diritti dei detenuti, a cui diede un forte appoggio il pastore
Alberto Rìbet. Da allora i coniugi lachini sono stati ininterrottamente impegnati in svariate attività che riguardano il
mondo carcerario. In particolare Uateresa Taliento, fra le
altre sue attività di volontariato nel carcere di Rebibbia,
coordina per conto del Servizio rifugiati e migranti della Federazione delle chiese evangeliche in Italia il lavoro a favore
dei detenuti stranieri
Ilari del mondo carcerario. La
prima: si è inclini ad accettare con benevolenza le sofferenze dei detenuti: «Se no
che carcere è?». La seconda: il
diritto primario alla salute in
carcere non è più tale, perché
deve retrocedere di fronte al
primato soverchiante della
custodia. La tubercolosi si
diffonde con velocità doppia
rispetto a qualche anno fa,
poiché non c’è possibilità di
isolare celle o detenuti. In
carcere c’è poi grande concentrazione di persone con
minori difese immunitarie,
sia chi ha contratto l’Hiv sia
gli immigrati provenienti da
paesi con assistenza sanitaria
deficitaria.
Il carcere raccoglie il fondo
della povertà e dei malanni
del nostro e del Terzo Mondo: stranieri poveri e malati,
italiani poveri e tossicodipendenti, malati di tubercolosi, di epatiti e cirrosi e di
tutte le intossicazioni e, vergognosamente, di Aids conclamato: proprio il luogo di
massima concentrazione di
gravi patologie qual è il carcere, è il meno dotato di
strutture sanitarie. Ciò che
preoccupa ulteriormente è la
presenza in carcere di quanti
hanno problemi psichici: chi
è soggetto a crisi di astinenza, a crisi depressive o chi vive in compagnia di allucinazioni o fantasie persecutorie
in che modo può affrontare
la durissima esperienza della
carcerazione?
Più duro è il carcere e più
vi è solidarietà tra detenuti,
ma ciò non basta: ci vorrebbe una preparazione professionale maggiore per cogliere le frustrazioni, le paure, i
sentimenti contraddittori, le
patologie degli ospiti delle
prigioni. Perciò occorre personale preparato sia fra gli
Ogni settimana...
RIFORMA ti fa conoscere un mondo evangelico più grande
di quello che puoi conoscere con la tua esperienza diretta.
L’abbonamento ordinario costa 105.000 lire (invariato dal
1997); se il tuo reddito familiare non te lo consente, puoi utilizzare liberamente l’abbonamento ridotto di 55.000 lire,
oppure puoi fare un abbonamento semestrale che costa
55.000 lire: se, invece, hai qualche risorsa in più, aiutaci con
l’abbonamento sostenitore di 200.000 lire o inviandoci una
qualsiasi cifra in dono: aiuterai chi non se lo può permettere.
Insomma, ci sono diversi modi per non rinunciare a
RIFORMA.
operatori carcerari sia fra i
volontari. E poi ci sono 1.116
nostri concittadini che vivono ignorati da tutti: sono gli
ospiti degli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg) e rappresentano quasi un non
problema per chi si batte per
i’umanizzazione della pena e
l’abolizione del manicomio
civile e, negli Anni Settanta,
quando furono varate la
riforma dell’Ordinamento
penitenziario (1975), quella
del sistema sanitario nazionale e quella psichiatrica
(1978) sembravano vivere
una situazione di oblio, non
venendo sfiorati affatto dai
venti di riforma. Il velo di silenzio e di indifferenza venne squarciato in quegli anni
da episodi molto gravi verificatisi aH’interno di tre Opg
campani: Aversa, Napoli,
Pozzuoli.
Gli episodi denunciati rappresentano la punta dell’iceberg di situazioni incancrenite e occultate da anni di silenzio a causa di collusioni di
interessi privati da parte dei
direttori. Alla fine della drammatica vicenda campana si
registrano tre morti, la con
danna in solido con gli altri
imputati del ministero di
Grazia e Giustizia al risarcimento dei danni alle parti civili, da ultimo la condanna
dei tre direttori che in appello godettero (almeno due di
essi) di strane e inspiegabili
sentenze di assoluzione. Ma
la condanna chiara e forte
che la giustizia ufficiale non
ha saputo emanare, l’ha emessa quel tribunale segreto
e privato con cui ciascuno
deve fare i conti: i due direttori si suicidarono. Da ultimo
bisogna registrare la chiusura
deirOpg femminile di Pozzuoli a seguito della morte di
una detenuta per ferite riportate nell’incendio del materasso del letto a cui era stata
legata. Anche qui, prima la
condanna del direttore e del
vicedirettore e in appello
l’iniqua loro assoluzione.
Questi dati devono farci riflettere sui rischi che corrono
i cittadini, una volta inghiottiti dalla struttura carceraria.
Tanto più grave è il rischio,
quanto più l’istituzione è totale. Di qui la necessità che i
concittadini esterni al carcere si interessino, si documentino, si battano perché finalmente le prigioni diventino
luoghi in grado di accogliere
in modo civile e umano chi è
riconosciuto colpevole di
reati così che, se vuole, può
trascorrere il tempo della sua
pena a riflettere su quanto di
male ha fatto per essere aiutato a diventare un cittadino
affidabile, degno di stare nella società con tutti gli altri e
come tutti gli altri.
SCHEDA
Il pianeta carceri in Italia
Presenze di detenuti in carcere 47.722, di cui 1.832 donne
e 45.890 uomini (questo dato numerico è il più basso dal
gennaio 1997).
Di questi: 25.785 (54,03%) condannati.
21.937 imputati di cui 13.230 (27, 72%) giudicabili, ossia
in attesa di processo di primo grado.
Detenuti stranieri: 11.973.
Reati collegati alla legge sulla droga ascritti ai detenni
30.087 (17, 71% del totale dei reati).
Reati collegati alla legge sulla droga ascritti a detenni
stranieri: 8.630 (34, 42% del totale dei reati ascritti a deteniiti stranieri).
Il numero dei reati complessivi ascritti è superiore ali®!
mero delle persone fisiche coinvolte perché il singolo detenuto può essere implicato in più reati.
P^rèsenze negli ospedali psichiatrici giudiziari: 1.116.
I dati riportati vengono dal Servizio per l’infofmatìca
statistica del ministero di Grazia e Giustizia, area monitoraggio e statistiche.
Progetto Ulisse: una nuova esperienza a Rebibbia-penale
LIATERESA TALIENTO
La persona a cui è ricono
sciuta al processo la seminfermità mentale comincia a scontare la pena, qualunque essa sia, dopo un periodo più o meno lungo trascorso in un manicomio criminale, ribattezzato ora ospedale psichiatrico giudiziario (Opg), da cui viene rilasciata quando il direttore riterrà che non possa più nuocere né a se stessa né agli altri. Viene allora assegnata ai
normali reparti di un carcere
penale, che ospita detenuti
definitivi, non particolarmente attrezzato per accoglierla, senza un’assistenza
specialistica continua (lo psichiatra in genere c’è una volta la settimana e le psicologhe, a cui è stato ulteriormente decurtato l’orario, due
mattine per settimana).
Devo forse fare a questo
punto una precisazione su
che cosa è «Rebibbia» in
quanto con questo nome erroneamente i mass-media indicano quattro diverse carceri con direzione e trattamento molto diversi. Rebibbia è
una vasta area che comprende «R. femminile» che ospita
le donne, «R. nuovo complesso» che ospita chi è in attesa
del processo di 2° o 3° grado
e qualche definitivo, soprattutto politico, «R. 3“ casa» dove si trovano i semiliberi, cioè
i detenuti che al mattino
escono per andare a lavorare
e rientrano la sera; in questa
struttura c’è una sezione per
la custodia attenuata che
ospita tossicodipendenti con
fine pena non lontana ed è
una via di mezzo tra un carcere e una comunità terapeutica. Infine c’è «R. penale»
che ospita detenuti definitivi,
con una sezione giudiziaria.
Quest’ultimo è il «mio Rebibbia» in quanto sono già sette
anni che regolarmente una o
due volte la settimana più le
varie riunioni e feste mi reco
lì a visitare soprattutto chi è
più solo o non ha nessuno.
Quest’ultimo è un «carcere
aperto» cioè le celle restano
aperte dalle 8 alle 22,30, con
la sola chiusura dalle 15 alle
16 per la cosiddetta conta dei
detenuti. È una struttura che
meglio di altre si presta ad
accogliere seminfermi provenienti dagli Opg 0 da istituti
di osservazione psichiatrica,
ma fino a circa due mesi fa lo
psichiatra veniva solo una
volta la settimana. Le persone con problemi psichiatrici
in genere vengono evitate
perché i «diversi» fanno sempre paura in quanto rispecchiano una parte di noi che
rifiutiamo e inoltre tendono a
autoemarginarsi perché si
sentono rifiutate: capitava
così di incontrarli solitari e
taciturni per i corridoi, che
camminavano rasente ai muri e pur nella loro diffidenza
erano grati se si rivolgeva loro la parola.
Fu così che un gruppo di
detenuti, tutti appartenenti
al circolo Adi di Rebibbia
«Incontro e solidarietà» sostenuto e coordinato dalle
Adi provinciali di Roma, cominciò ad interessarsi di un
gruppo di seminfermi riuscendo a coinvolgere alcuni
di loro nell’attività pittorica.
Sorsero così un atelier di pittura e un gruppo teatrale. Il
presidente delle Adi provinciali, Pio Frasghini, si impegnò in prima persona e fornì
(e fornisce tuttora) il materiale necessario. Nacque così
tra febbraio e marzo '97 il
«Progetto Ulisse» con l’inten
to di potenziare l’esperimento di cura e di recupero, nella struttura, dei minorati psichici presenti a Rebibbia penale, di creare una
struttura esterna del tipo casa famiglia, debitamente attrezzata e corredata di personale medico e paramedico
per accoglierli un domani
che si arrivasse all’applicazione della legge 180 anche
per i manicomi criminali.
«Ulisse» perché, come per
l’eroe greco, si trattava di intraprendere un viaggio nell’
universo carcerario e in quello della malattia mentale, attraverso ricerche e scoperte
che aiutassero a raggiungere
l’abolizione degli Opg.
Si formò poi, sempre all’interno del circolo Adi, un
gruppo di detenuti volontari
per assistere personalmente i
seminfermi non solo nelle loro necessità più immediate
(pulizia delle loro celle e personale, contatti con l’amministrazione penitenziaria
scrivendo loro le domande
ecc.) ma anche aiutandoli a
integrarsi nella sia pur limitata ma attiva vita sociale carceraria. Dal maggio del ’98 la
direzione ha adibito il primo
piano di una sezione esclusivamente per i seminfermi. Vi
sono celle singole, un bagno,
una doccia, un locale dove si
svolgono le diverse attività
(corso di pittura, di yoga, lettura e poesie, riunioni e giochi in comune ecc.). Qualche
volta facciamo merenda o
pranziamo insieme.
Attualmente è stata aperta
sul piano un’infermeria e due
psichiatri vengono a turno
tutti i pomeriggi, inoltre una
volta al mese chi si occupa
dei seminfermi (detenuti,
educatori, psicologi e volontari) segue un gruppo di su
pervisione e da qualche mes!
è iniziato sempre per gli stessi «addetti ai lavori» un corso
di formazione tenuto da uno
psichiatra di una Asl.
Data la mia professione di
psicoioga e la lunga esperienza di volontariato in carcere,
le Adi provinciali, la direzio;
ne e gli stessi detenutimi
hanno chiesto di partecipate
a questo progetto fin dall'ini'
zio, cosa che ho accettato con
grande entusiasmo. Si deve
essere disposti a dare molto
amore a queste persone, nie
se ne riceve anche tanto e forse proprio perché non hanno
tante sovrastrutture il fot®
rapporto è più genuino.
Sono una dozzina circa con
disturbi di varia gravità in®
fuorché uno, che è stato put;
troppo rinviato ad un Opg'
altri hanno ottenuto notevoli
miglioramenti, partecipatine
incontri sportivi, tornei n'
carte, dipingono, partecipi'
no alle diverse riunioni®
quasi tutti puliscono da so
le loro celle. È già stata fa®
una mostra di pittura, confo’
lativa vendita di quadri e ne
in preparazione un’altt^
Uno spettacolo teatrale n
già fatto il giro delle altre ne
ceri di Roma e si spera di P®
ter presto organizzare 0
convegno.
In queste varie tappe va s®
gnalata e apprezzata la eoa
nua vicinanza e il sosteg
del dott. Margara, diretto
generale degli istituti di P
venzione e pena. Per la fui
Casa di accoglienza ai’*”®
il sostegno delle Adi pf®,
dall, della Chiesa avventi
che si è impegnata a dare ,
parte dell’8%, e preda^^j,
mente della Caritas. Sarà
viaggio lungo e non
facile ma speriamo, co
Ulisse, di arrivare alla me
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Fondato nel 1848
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LA SALA DI ANGROGNA — La Chiesa valdese di
uAngrogna ha deciso di por mano alla ristrutturazione della
sala unionista del capoluogo; inaugurata nel 1952 la sala è
diventata nel corso degli anni luogo di incontro e di aggregazione, non solo per la locale comunità valdese ma in senso più ampio per quella civile. Dopo 47 anni dalla costruzione, alcuni settori presentano carenze, a cominciare dal
pavimento per passare all’impianto elettrico e di riscaldamento. Ci sarà da spendere oltre 100 milioni e per raccoglierli il Concistoro ha dato vita a una sottoscrizione, distribuendo un pieghevole e sollecitando membri di chiesa, amici e fruitori della sala a sostenere la ristrutturazione.
DESI
VENERDÌ 26 FEBBRAIO 1999 ANNO 135 - N. 9 LIRE 2.000 - EURO 1,03
Non abbiamo ancora i dati
statistici sul numero di
giornate di vento di que'sti ultimi mesi ina sicuramente l’inverno ’98-99 verrà ricordato
come uno fra i più ventosi degli ultimi decenni. Non solo le
precipitazioni sono state scarsissime ma l’elemento vento
ha davvero caratterizzato la
stagione. In presenza di perturbazioni fredde provenienti
da Nord o Nord-Ovest, sui
versanti piemontesi soffierà
un vento impetuoso, della presenza delle nuvole e delle precipitazioni non se ne accorgerà nessuno: sulle valli imperversa il «fohen» che alza la
temperatura e la pioggia la ritroveremo sugli Appennini.
Il risultato però è drammatico e non solo per le stazioni
I DANNI DOVUTI AL VENTO
BUON SENSO
PIERVALDO ROSTAN
invernali che sono in crisi per
mancanza di neve. Il dramma
sta nella perdita delle risorse
idriche delle nostre vallate,
ora in deficit pauroso e che
solo abbondanti precipitazioni
primaverili potrebbero coprire. Di incendi si è parlato e
scritto per giorni: le montagne, anche quelle pinerolesi,
sono state attraversate dalle
fiamme devastatrici che in un
caso hanno portato anche alla
morte di un giovane. I boschi
paiono oggi degli scheletri anneriti e il recupero sarà lento e
faticoso. Ma in molti casi la
quasi totale assenza di precipitazioni, unita al forte gelo dei
giorni scorsi, ha azzerato molte delle fontane che ancora sono, in molti casi, l’unico punto di approvvigionamento
d’acqua per le case sparse sulle montagne eppure abitate
tutto l’anno: sono ormai deci
ne le situazioni di fontane prosciugate e se per borgate o
Comuni è più facile intervenire con delle autobotti, non così è per il singolo privato. Insomma manca l’acqua per bere o per lavarsi in molte case
della periferia delle valli, bruciano ettari di bosco, si perdono vite e case ma pochi giorni
fa mi è toccato, ancora una
volta, sentire la persona che
presenta il servizio meteo sulla rete tv regionale esordire
con un beffardo: «Buone notizie: continua l’effetto dell’alta
pressione sulle nostre regioni...». Forse chi scrive o legge
questi testi ignora la situazione delle valli piemontesi, o
forse perdendo il contatto con
la quotidianità della natura ha
perso anche il buon senso.
Per il Piemonte
Inondazioni
io|di per la
/irévenzione
ir
La Commissione mista italofrancese di sorveglianza,
composta dai rappresentanti
dei governi nazionali e regionali dei paesi dell’arco alpino
che si affacciano sul Mediterraneo occidentale, nel corso
della sua ultima riunione, tenutasi a Marsiglia, ha deciso
di mettere a disposizione del
Piemonte 18 miliardi di lire
per la prevenzione delle inondazioni da investirsi nell’area
del bacino del Po. Nel corso
dell’incontro la Commissione
ha approvato, infatti, in via
definitiva il piano esecutivo di
attuazione del programma Interreg denominato «Assetto
del territorio e prevenzione
delle inondazioni» che definisce le modalità di esecuzione,
di realizzazione e la ripartizione dei fondi finanziari (circa
40 miliardi) a disposizione.
Gli investimenti mirano nel
loro insieme a creare una rete
di comunicazione tra i servizi
tecnici degli stati e delle regioni, a fornire una dotazione
operativa di strumenti di monitoraggio e analisi adeguati
nlla specificità delle regioni
alpine e mediterranee, e alla
definizione di criteri di gestione del territorio riguardanti i
fenomeni alluvionali. Per quel
ohe riguarda il Piemonte, dove
la realizzazione e il coordinamento degli interventi saranno
seguiti dalla direzione regionale dei Servizi tecnici di prevenzione, gli interventi, come
ha dichiarato l’assessore regionale all’Ambiente e alla
Protezione civile, Ugo Cavallera, riguarderanno la realizzazione di un sistema informativo per la previsione in tempo
leale delle piene dei corsi di
^t-tina, la predisposizione di
procedure per valutare la perinoiosità del rischio idrogeolo8tco, la redazione di piani di
protezione civile, la fornitura
® 1 installazione di un radar
metereologico sull’Appennino
“gttre piemontese.
Moderatore e presidente della Società di studi inaugurano la nuova sede nello stabile del Centro culturale
Un archivio valdese anche per la storia degli italiani
MARIA ROSA FABBRINI
Per il commiato dell’Archivio storico valdese
dalla sede in cui è rimasto fino ad oggi è stata organizzata, il 16 febbraio, una sessione di studio che ha offerto
una felice combinazione di
presenze istituzionali e culturali. E difficile immaginare
che due eventi contrastanti
come una fine e un inizio,
vissuti sullo sfondo di ambienti diversi per i modelli
culturali che esprimono, possano svolgersi senza retorica
e con uguale piacevole vivacità; invece i due appuntamenti previsti dalla manifestazione hanno affermato
questa possibilità.
La Casa valdese è stata costruita come monumento e
immagine che la Chiesa diede
all’Italia di fine Ottocento per
proporre la sua identità, incentrata sulla dialettica tra il
luogo delle decisioni (aula sinodale) e quello della cultura
(biblioteca e museo storico).
Di archivio non si parlava:
c’era, esisteva, ma era tutto
contenuto in quella che è stata definita «la valigia delle
valli» per riassumerne il ca
rattere di precarietà. Si dovette arrivare al 1974 perché
queir accumulo di documenti
sparsi, individuali e collettivi,
enunciazione scarna di fatti
compiuti, si trasformasse in
un insieme coerente, caratterizzato da un rapporto di reciprocità e unità. Questa evoluzione lenta e non lineare ha
rappresentato la conquista del
diritto alla tutela e alla protezione, e ha prodotto un’organizzazione rispondente a criteri di fruibilità.
I contributi dei relatori
hanno testimoniato l’interesse e l’attenzione istituzionale,
nei suoi livelli centrale e regionale e, anche, la nuova
sensibilità recepita nelle norme ministeriali in tema di
conservazione del patrimonio
culturale e archivistico. Sono
stati inoltre riconosciuti i
problemi specifici legati all’archivio storico di una minoranza: la necessità di una
dose supplementare di sensibilità per gestire una memoria impegnativa e per contrastare la lettura della propria
identità fatta in sedi archivistiche esterne, dove è testimoniato il rapporto della minoranza con il potere, ma non
Il moderatore pronuncia il discorso all’Inaugurazione (foto M. Gnone)
viene restituita la realtà interna alla minoranza stessa.
Il nostro è stato definito un
archivio al di fuori di qualsiasi
schema burocratico, un archivio che riflette la vita della comunità che l’ha prodotto;
semplice, non aggrovigliato,
che parla di uomini e personaggi ma anche di un programma morale; un archivio
relativamente facile da organizzare, ma difficile da rappresentare. Ha avuto voce e rilievo anche l’importanza della
figura professionale che lo gestisce, alla quale si richiedono
strumenti specifici di cono
scenza insieme alla capacità di
superare le insidie e accogliere i bisogni. Una professionalità che deve fare i conti con
l’incremento degli utenti, che
deve intuire come rispondere
all’attenzione nuova verso le
fonti, come conservare e tutelare; una professionalità, infine, che deve saper costruire,
come ha saputo, un lavoro corale, basato sulla collaborazione e la solidarietà.
Al termine degli interventi,
attraversati quei 100 metri di
strada che riassumono un intreccio di storia e di tempo, ci
si è trasferiti nella nuova sede
I primi decenni del 1600 vedono continuare in vai Perosa una serie di conflitti riguardanti i templi valdesi e i loro
campanili. I templi incriminati erano 6:
quello di San Germano, ricostruito a Volavilla, presso il Chisone, quello di Pramollo, eretto alla Costabella, quello di
Villar, innalzato al Saret dei Maurini,
quello di Pinasca, sostituto a quello del
Gran Dubbione, quello dell’Albona, ai
Bres sopra Perosa, aggiunto al tempio
del Podio di Pomaretto, e infine quello
eretto al Podio del Dubbione. In effetti
cinque di essi si trovavano fuori dei limiti contemplati nel trattato di Cavour, ma
per altro erano stati istituiti già da parecchi anni. La situazione cambia decisamente quando, nel marzo del 1630, le
truppe francesi guidate dal cardinale Richelieu espugnano il castello di Perosa e,
dopo un breve assedio, conquistano Pinerolo. Le valli di Perosa e San Martino
fanno atto di sottomissione al cardinale
IL FILO DEI GIORNI
LA PESTE
__________a cura di MARCO ROSTAN________
ricevendo l’assicurazione che sarebbero
state applicate le disposizioni vigenti in
Francia circa l’esercizio della religione
riformata: in effetti, finché durò la guerra, i valdesi ottennero più volte Pefficace
difesa degli ufficiali ugonotti.
Lo stesso anno in cui si ristabiliva la
dominazione francese in vai Perosa,
scoppiava la peste che in pochi mesi decimò la popolazione: oltre 2.000 morti
nella popolazione valdese e tre dei cinque ministri della valle; morirono anche
tutti i padri della missione di Perosa. Tra
i sostituti venne da Ginevra un giovane
pastore, Giovanni Brunet, che pose la
sua residenza al Villar e si occupava di
ben quattro altre chiese: San Germano,
Pramollo, Roccapiatta e Pinasca.
Dopo, una lunga trattativa, Pinerolo fu
definitivamente assegnata alla Francia,
che ne tenne possesso fino al 1669, insieme alla vai Lemina e a tutta la sponda sinistra del Chisone, da Pinerolo a Perosa.
Poiché la Francia già possedeva il Pragelato, poteva avere via libera per scendere, quando volesse, in Piemonte e in Italia. Le terre di Pramollo, San Germano,
Inverso Pinasca, Porte e Perosa rimasero
al duca di Savoia. Uno smembramento
della valle che tuttavia, per la storia della
Riforma, si rivelò positivo, consentendo
ai perseguitati valdesi di rifugiarsi, a seconda delle necessità, ora a destra, ora a
sinistra del Chisone.
(da A.Pascal, / valdesi in Val Perosa,
1200-1700, Società di studi valdesi, 1957)
per la cerimonia ufficiale e la
visita. La Tavola valdese, che
aveva compreso l’importanza
e la necessità del cambiamento, ha prodotto il progetto, ha
affrontato spese notevoli, ha
cercato sostegno. Ed ha trovato una sede adeguata, opportunamente ristrutturata e
protetta dai rischi dell’elevata
umidità, tipica del Piemonte
occidentale, e delle alluvioni
particolarmente minacciose
per le strutture poste al di sotto del livello stradale.
Così, 10 anni dopo il rilancio della cultura valdese a
Torre Pellice, avvenuto con la
costituzione del Centro culturale, nell’ex Convitto, anch’
esso luogo simbolico, monumento in memoria dei caduti
valdesi della prima guerra
mondiale, si trovano riunite
con il Centro culturale, la biblioteca e i musei accanto alla
sede della Società di studi
valdesi e, oggi, all’archivio:
una serie di istituzioni complementari che raccolgono
l’insieme della nostra identità
e la traducono nel più ampio
concetto di polo culturale del
protestantesimo italiano.
Non si è trattato solo di uno
spostamento di luogo e ambiente, ma di un cambiamento di ottica: quello che si è
inaugurato è un modo nuovo
di vivere e far percepire la
nostra minoranza come parte
integrante della cultura italiana; alla sessione di studio,
presieduta da Giorgio Rochat,
hanno partecipato: Micaela
Procaccia e Maria Grazia Pastura dell’Ufficio centrale per
i Beni archivistici. Guido
Gentile, sovrintendente ai Beni archivistici per il Piemonte
e la Valle d’Aosta, Erica Gay,
dell’assessorato alla Cultura
della Regione Piemonte,
Giorgio Tourn, presidente del
Centro culturale valdese e
l’archivista Gabriella Ballesio. La nuova sede è stata
inaugurata dal moderatore
della Tavola valdese, Gianni
Rostan, e dalla presidente
della Provincia di Torino,
Mercedes Bresso.
8
PAG. Il
Delle Vai.o Aàldesi
VENERDÌ 26 FEBBRAIO^ VENERI
Bobbio Penice visto dall’alto
BOBBIO: INIZIATIVE PRO LOCO — La Pro Loco, in
collaborazione con l’associazione Kalendamaia, il Comune e la Comunità montana, organizza sabato 27, dalle 15
sotto l’ala, una festa di carnevale con musiche, danze occitane, mimo, giocolieri e mangiafuoco. Il 6 marzo alle 17,
al Centro vacanze dell’Esercito della Salvezza verrà presentato il libro di favole in occitano e italiano «Paura di
volare»; in serata danze occitane.
DI NUOVO INCENDI — È di nuovo all’ opera il piromane
della vai d’Angrogna? Sabato scorso i vigili del fuoco e i
volontari sono dovuti accorrere in località Raggio (dove
già in passato si erano verificati incendi) per circoscrivere
le fiamme nel bosco. L’intervento è stato tempestivo e risolutivo. È andata peggio il giorno dopo d un’abitazione
della stessa zona parzialmente distrutta da un violento incendio; buona parte dei locali abitativi della famiglia Castagno sono stati considerati inagibili.
LO STUDIO DI MUSCHI E LICHENI — Muschi e licheni
sono utilizzati da tempo in campo farmaceutico; per la loro sensibilità nei confronti di alcuni inquinanti i licheni sono oggi utilizzati come indicatori biologici dell’inquinamento atmosferico. Il Wwf di Pinerolo organizza due giornate di studio su muschi e licheni venerdì 26 e sabato 27 a
Piossasco; il primo giorno, a casa «David Bertrand», alle
21 ci sarà una serata laboratorio. Sabato invece, con ritrovo alle 14 nell’area parcheggio dietro il pozzo in zona
«Campetto» si farà una ricerca didattica sotto la guida di
Daniele Castellino, collaboratore di Piemonte Parchi, Matteo Massara della cooperativa Biloba e Stefania Picco del
museo di Scienze naturali di Pinerolo.
I DS A FAVORE DI OCALAN — L’esecutivo dei Ds pinerolesi ha approvato lo scorso 18 febbraio un appello a favore
di Abdullah Ocalan, leader del Pkk curdo; «Sappiamo che
su di lui pesano pesanti accuse di terrorismo - scrivono i Ds
- ma sappiamo che tali attività, per altro ancora da dimostrarsi e che in ogni caso condanniamo severamente, si iscrivono in un contesto di una lotta per la sopravvivenza e l’autodeterminazione del popolo curdo che ha subito e subisce
violenze di ogni genere». L’appello dei Ds è contro l’uso
della tortura e la pena di morte e propone di coinvolgere non
solo i governi italiano e turco ma anche la Nato e l’Onu.
RASSEGNA CORALE NAZIONALE — Si chiama «P
rassegna corale nazionale Turba concinens» e a proporla è,
manco a dirlo, il coro Turba concinens di San Secondo diretto da Aldo Sacco. La rassegna prevede due appuntamenti; un concerto di apertura sabato 27 febbraio nel tempio valdese di Torre Pellice con il coro Anthem di Monza
e il gruppo San Giovanni di Lecco; il primo proporrà il
suo vasto repertorio di musiche rinascimentali mentre il
secondo un insieme di brani dal Rinascimento al ’900. 11 7
marzo nel tempio valdese di San Secondo la corale Polifonica Valchiusella, coro misto «a cappella» proporrà un itinerario musicale in Europa fra il XIII e il XX secolo. Le
serate, a ingresso libero, inizieranno alle 21.
CORSO DI ORGANETTO — Giovedì 4 marzo alle ore 21 a
Angrogna, nei locali della biblioteca comunale, inizia un
corso di organetto tenuto da Gigi Sapone rivolto a principianti e esperti. Le lezioni, di due ore ciascuna, avranno cadenza quindicinale; il corso per i principianti inizierà giovedì 11 marzo e quello degli esperti il giovedì successivo. 11
repertorio sarà principalmente quello della musica occitana;
durante le lezioni saranno a disposizione tre organetti. Per
informazioni rivolgersi a Gigi Sapone, tei. 0121-91076.
croci ugonotte in oro e argento
tesi
& delmastro
(Ai confermandi ad
ogni acquisto in omaggio una croce ugonotta
in argento)
via trieste 24, tei. 0121/397550 Pinerolo (To)
Mons. Piergiorgio Debernardi ospite della chiesa di Villar Pellice
Un vescovo al culto del XVII
DAVIDE DALMAS
Culto del 17 febbraio a
Villar Pellice; c’è una
bella giornata di sole e tutto
si svolge secondo la tradizione, si direbbe. Infatti il tempio è pieno ben oltre quello
che sarebbe immaginabile entrando una domenica qualunque. I gruppi dei piccoli e del
precatechismo cantano e presentano scenette che rievocano momenti importanti della
storia valdese, confermando
che la festa del 17 è prima di
tutto per i bambini. La predicazione è affidata ad un gradito ospite; quest’anno il pastore di Torino Eugenio Bernardini. La corale, con le
donne in costume valdese,
canta inni in francese. E sempre in francese tutti i presenti
si uniscono nel canto del giuro di Sibaud. Frequenti sono
le riflessioni e i riferimenti
all’importanza della libertà.
Tutto conforme alle aspe'ttative, insomma.
Il vescovo Debernardi all’uscita dal tempio con I pastori Eugenio
Bernardini e Gianni Genre
Tuttavia una novità dà un
significato particolare al 17
febbraio di quest’anno; la presenza in mezzo alla comunità
del nuovo vescovo di Pinerolo, Piergiorgio Debernardi. E
soprattutto le parole che pronuncia dopo la fine del culto,
parole sentite e non formali,
di un discorso che non dà il
senso del preconfezionato, anche se sicuramente è frutto di
profonda meditazione. Il lungo applauso che lo chiude testimonia la comprensione di
questa preparazione e di questa sincerità. Infatti, partendo
dal legame che continua ad
esistere tra il Pinerolese e il
Canavese (anch’egli viene da
quelle parti, come il suo predecessore), il vescovo ricorda
di avere conosciuto i valdesi
proprio a Ivrea, e non tanto in
discorsi teorici, ma nel lavoro
comune per la creazione della
«Casa di Abramo», un luogo
di accoglienza per gli immigrati in difficoltà nella ricerca
di un alloggio.
Mons Debernardi prosegue
citando le parole del pastore
di Villar, Gianni Genre, apparse su queste pagine qualche settimana fa, che sottolineavano un momento di stallo e di stanchezza nel dialogo
interconfessionale; si dice
d’accordo su questa analisi,
ma sostiene che ad un momento di difficoltà non potrà
che seguirne uno migliore,
perché il percorso è tracciato
e, compiuta la scelta più importante, che era imboccare la
direzione giusta, ormai non si
può tornare indietro. Questa
affermazione non suona come
una dichiarazione di circostanza, perché è accompagnata dalla chiarezza che per proseguire questa strada sono necessarie non la cancellazione
del passato e l’annullamento
delle differenze, ma la riconciliazione delle memorie tramite lo studio e la comprensione comune della storia e il
confronto serrato e franco,
veramente fraterno, su quello
che divide. In questo senso è
di buon augurio il fatto che
una delle frasi scritte sulla parete del tempio sia la stessa
che egli ha scelto come programma del suo episcopato;
«Dio è amore».
All’uscita gli abbiamo chiesto la prima impressione della
sua nuova diocesi, e quale sia
il suo pensiero sul cammino
dell’ecumenismo; «Mi sento
in un certo senso ancora in
prova, ma mi sono sentito accolto con molta cordialità. Mi
sembra di poter dire che la
preparazione biblica del clero
qui è mediamente più approfondita rispetto ad altre
diocesi - ha risposto il vescovo di Pinerolo -. Sono certo
che l’unica cosa che conta veramente è la fedeltà al Vangelo, tutto il resto sono cose che
si devono buttare via. Tutte le
chiese hanno cose da buttare
via, ma hanno anche naturali
paure e resistenze. Penso però
che se non si butta via adesso
tutto, si butterà via tra 10 o 50
anni, ma che questa direzione
sia giusta e irreversibile».
Ci vuole un'iniziativa europea volta a valorizzarne l'economia
Una politica per la montagna
PIERVALDO ROSTAN
E nata l’Europa, più quella
delle monete che quella
dei popoli: l’economia, i parametri, la disoccupazione e
il lavoro sono i termini di cui
maggiormente si parla rispetto a una consapevolezza culturale che pure, almeno in
molte aree, c’è. La regione
alpina è indubbiamente una
di queste; gemellaggi, incontri, scambi di esperienze e di
progetti sono la quotidianità,
le Alpi che uniscono e non
dividono, una lingua, quella
occitana, che è condivisa sui
due versanti delle Alpi Marittime e Cozie. Ma l’Europa ha
una politica per la montagna?
È su questo tema che ha parlato a Pinerolo durante gli
«Stati generali», il prof. Luigi Gaido dell’Istituto di geografia alpina dell’Università
di Grenoble.
«Forse per ragioni di opportunità Bruxelles utilizza,
per definire i suoi obiettivi,
degli indicatori economici
che esistono già e che hanno
già un consenso da parte di
tutti i paesi - ha detto Gaido
-. Invece parlare di un’economia della montagna significa
anzitutto definire cos’è la
montagna; non è facile per un
paese che ha il 60% di territorio montuoso come il nostro,
figuriamoci per zone come i
Paesi Bassi. Bruxelles sceglie
i parametri più semplici, ma
non possiamo pensare che
l’economia sia completamente slegata dal contesto del territorio cui ci si riferisce. Non
credo cioè che condizioni e
posti di lavoro in montagna
siano comparabili con quelli
di zone di pianura».
L’Europa dunque può concretizzarsi meglio nelle microregioni, nel confronto fra
aree omogenee: «Man mano
che va avanti il processo europeo, lo stato ha sempre più
un ruolo di “portavoce” fra
Bruxelles e le regioni - ha
proseguito il prof. Gaido la
coesione di territori di aree
come quelle alpine, fino a ieri
marginali nei rispettivi paesi,
costituisce nuove forme di
centralità e in qualche modo
orientano tutto il territorio perialpino. Si parla, in modo
improprio, di Torino città alpina, ma questo significa che
le zone montuose, in questo
caso alpine, possono cogliere
delle opportunità per riposizionarsi rispetto al proprio
paese e quindi quelle città che
giravano le spalle alle Alpi
ora vi guardano con un interesse sempre crescente».
Anche a livello legislativo
c’è oggi, almeno in Italia, una
nuova sensibilità verso la
montagna; tuttavia è importante che su certi temi sia la
montagna stesa a pronunciarsi, attraverso la sua classe dirigente, sul piano economico
ed amministrativo. C’è però
bisogno di una forte iniziativa
di formazione in questo sen
so, continua il docente: «Credo che bisogna soprattutto
formare a una nuova sensibilità rispetto al valore del proprio territorio: nelle nostre
zone il territorio ha un valore
simbolico e tradizionale che
lo fa diventare una risorsa che
gli abitanti devono avere la
possibilità di sfruttare. Quello
che vedo è che attualmente la
popolazione alpina ha poca
cultura del proprio territorio e
se ha una cultura tende troppo
a girarsi verso il passato. Un
giorno in vai Pellice ho trovato un depliant di corsi di balli
occitani: allora, per me l’Occitania si fermava alla vai
Germanasca ed era un patrimonio soprattutto delle valli a
sud della vai Pellice. Sono
cioè rimasto stupito di vedere
questo interesse per imparare
una cultura che non è autoctona. C’è dunque una specie
di “imbastardimento” delle
culture, ma questo non è un
male: l’etnologia ci dice che
le culture e la tradizione si
autoinventano costantemente.
Ho raccontato questa esperienza per sottolineare un
contemporaneo caso di arricchimento e di impoverimento
culturale, nell’insieme unà
esperienza positiva. Più in generale comunque si deve puntare alla formazione di qualità: oggi il 66% della popolazione alpina non ha tutta la
gamma della .scuola dell’obbligo. È un dato pericoloso
per il futuro».
Una c
TEATRO PER LA SCUOli
Dal 1° al 15 marzo a Tom
Pellice il teatro del Po«
ospiterà una nuova rassega
questa volta dedicata al^
scuole. Si tratta di cinqn,
spettacoli destinati agli alia
ni delle scuole del territori«
con varie proposte: si cotnia
eia da «Storie d’aria» dellj
Compagnia laboratorio Setti,
mo Torinese, per i bambiif
della scuola materna, spetta,
colo che inaugura la rassegm’j
lunedì 1° marzo alle 10,3(|'
Mercoledì 10 marzo Robèt|
Anglisani presenta Giovami
Livigno, ballata per picciom
solista, proposto per gli allij,
vi della scuola media inferio.
re; il 12 marzo sarà il tunn
di «Il nido dell’orso», propo.
sto da Nosoloteatro, peri
bambini del secondo ciclo
della scuola elementare; il 15
marzo per i bambini del pii.
mo ciclo ci sarà invece «fi
storia di Lavinia» del teattj'
del Sole; infine per gli allievi
della scuola superiore andtì
in scena Goldoni.
pro
LU
L'INQUISIZIONE
Nel mese di marzo si svolgerà a Pinerolo, nella sala
conferenze del Museo diocesano, un breve ciclo di incontri sul tema «L’inquisizione
nella storia della Chiesa cattolica». Le conferenze intendono approfondire un periodo
storico, che ha avuto una certa rilevanza anche nel Pinerolese per la presenza del valdesi nel territorio. Si comindi
giovedì 4 marzo alle 20,45
con «L’inquisizione e il con-1
trollo delle anime», eoo |
Adriano Prosperi deU’Università di Pisa. L’ 11 marzo saii
la volta di Massimo Firpo,
Università di Torino, chepar-1
lerà su «La nascita dell’ljffl/sizione romana»; infinti^
marzo, alla stessa ora, C\ovanni Grado Merlo, dell’Università di Milano, presenteti
una relazione su «Gli inquir
tori dell’eretica pravità».
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Fgei Pinerolo
Un incontro
per studiare
a New Age
Il gruppo Fgei di Pinerol
si è occupato in questo peri!
do di approfondire il discoi
sulla «New Age». A quesK
proposito si è deciso di invitare Mauro Challier, un gW"
vane impegnato nello studi»
della «Scienza dello spirito»)
cioè lo studio della parte spirituale dell’uomo e del costri»
da un punto di vista non mistico ma scientifico.
Da questi incontri soti»
emersi dei nodi problemati^
sui quali ci sembrerebbe i®
portante riflettere e discuter!
quali il rapporto corpo-animi
il concetto di responsabili^,®
giustizia e in ultimo aspetti r||
guardanti la sfera deiremohj
vità. Con la collaborazione®
Francesca Spano e Claudi
Canal, che hanno portato
spettivi contributi alla nosB
riflessione, vi invitiamo qui®
Un
alla serata di confronto e 1
scussione dal titolo «Resun^
zione e reincarnazione» che l
terrà lunedì 1° marzo
20,45 nella sala delle
del tempio valdese di Pineroini
RADIO
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EVANGELICA
FM 91.21X)-96.550
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venerdì 26 FEBBRAIO 1999
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Le chiese dibattono il
problema della libertà
LUCIAHO PANERO
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febbraio un’interessante con
fetenza del pastore Giorgio
Toum e dello studente in teologia Pavel Gajewski sul tema «La libertà nella chiesa
come libertà della chiesa».
Toum ha precisato nell’introduzione che intendeva continuare la riflessione iniziata in
occasione delle celebrazioni
per la concessione dei diritti
civili ai valdesi, durante le
quali si era parlato della libertà nel contesto politico-sociale dell’epoca, approfondendo il tema della libertà
airintemo della chiesa.
Nel suo intervento Gajewski ha raccontato, tra i vari
episodi di cui ha fatto menzione, che verso il 1976 nella
Chiesa cattolica in Polonia si
erano aperti ampi spazi di libertà di discussione tra intellettuali e non su argomenti
svariati, e questo avveniva
malgrado un contesto esterno
in quel momento fortemente
repressivo. Successivamente,
e cioè quando la libertà era
stata conquistata per tutta la
società polacca, questi spazi
si erano progressivamente ridotti fino ad annullarsi del
tutto, La società polacca viene ritenuta generalmente come cattolica in modo omogeneo, ma in realtà vi sono forti
minoranze ortodosse, luterane
eunamificativa presenza
della efc®a riformata.
Toum ha parlato invece
fnealtà valdese all’epoca
della concessione delle Lettere Patenti, dicendo che i nurnerosi profughi che si erano
riversati in Piemonte poco
tempo prima dell’unità erano
rimasti molto delusi della posizione antiliberale assunta
dalla Chiesa cattolica, soprattutto in riferimento al problema dell’unità nazionale. Questi profughi cercavano nella
Chiesa valdese quella libertà
pressoché totale che era stata
loro negata fino a quel momento, ma rimasero delusi
nel trovare una disciplina, degli statuti e un ordinamento
piuttosto rigidi. Valdo Vinay
a questo proposito aveva
commentato che si era persa
una grande occasione per
evangelizzare l’Italia per non
aver avuto l’accortezza di
«allargare un po’ le tende»,
nel senso di venire incontro
alle esigenze dei profughi
che, non trovando la rispondenza sperata nella nostra
chiesa, formarono poi chiese
libere con autorità di tipo carismatico, molto simile a
quelle delle chiese pentecostali di oggi (e in cui erano
tuttavia limitate le libertà di
discussione e di decisione autonome).
Il pastore ha concluso con
un’esortazione a mantenere
nella Chiesa valdese quella
prassi democratica caratterizzata da decisioni assemblear!
e da libertà di stampa; occorre essere sempre vigili, perché il pluralismo delle posizioni, la libera espressione
del dissenso e la critica siano
sempre garantiti.
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Un dibattito a partire dalla situazione della Turati di Lusernetta
C'è un futuro per il tessile?
MASSIMO GNONE
U;
n incontro che non è
un’assemblea e nemmeno un convegno, un momento
di discussione sul futuro di
un’azienda (e di numerose famiglie) che si sposta rapidamente verso la riflessione generale intorno all’occupazione
in vai Pellice. Difficile classificare l’iniziativa di venerdì
scorso alla sala mostre del
Comune di Luserna San Giovanni, forse impossibile. Confronto-dibattito: così veniva
definito dal volantino; «...perché il filo non si spezzi» il titolo della serata organizzata
dalla Cgil-Cisl-Uil con il patrocinio della Comunità montana vai Pellice, moderatore
Giorgio Tourn, presidente del
Centro culturale valdese di
Torre Pellice. Un tema che si
fa difficile, soprattutto quando
in gioco ci sono 90 famiglie di
lavoratori e lavoratrici allo
stabilimento Turati di Lusernetta, uno degli ultimi segni di
quello che fu il periodo d’oro
del settore tessile locale.
Molto è cambiato alla Turati: i vecchi proprietari non
posseggono che i muri del
vecchio stabilimento; l’azienda è passata al gruppo veneto
Fil Man Made da ormai due
anni. Il fatiscente immobile
non produce più cotone da più
di un decennio, sono cambiati
i ritmi di lavoro e i disagi di
coloro che alla Turati ancora
ci lavorano. «Con l’accordo
firmato nel luglio ’97 - spiega
Bruna Berton, lavoratrice e
rappresentante sindacale unitaria alla Turati - sono arrivati nuovi orari, nuove tecnologie, ma non un nuovo stabilimento». L’edificio è fatiscente e questa situazione va ad
incidere sulla sicurezza e sulla
possibilità di investire in nuovi macchinari. Intanto operai
e operaie si lamentano: «L’orario detto 4/1 (4 giorni di lavoro e 1 di riposo, ndr) non è
adatto ai servizi offerti dal
territorio»: asili, scuole, orari
degli uffici non tengono conto
del ciclo continuo applicato
nel tessile. «Deve cambiare
tutto il sistema» risponde di
rimando Renzo Bellini, segretario generale della Filta-Cisl
nazionale.
La Fil Man Made, rappresentata dal consulente delegato Morellato, si dichiara disponibile a investire in un
nuovo stabilimento, sempre
che vi siano le giuste condizioni determinate dagli enti
locali. «La Regione Piemonte
- spiega l’assessore al lavoro
della Comunità montana vai
Pellice, Giorgio Cesano - non
può competere con le sovvenzioni offerte dalle Regioni a
statuto speciale: è anche
l’azienda a dover rischiare».
Vincenzo Bertalmio, responsabile Cgil di Pinerolo denuncia: «Il non interventismo della nostra Regione è gravemente insufficiente a fare fronte
alle esigenze produttive».
All’incontro intervengono
anche i parlamentari pìnerolesi Elvio Passone e Giorgio
Merlo. «Il Patto territoriale dice il sen. Passone - è la
giusta risposta ai problemi
del Pinerolese, anche se non
bisogna farsi ingannare dalle
facili speranze». La concertazione è «l’unica occasione
possibile per creare occupazione», anche se, avverte ancora Bellini della Filta-Cisl,
«c’è un vuoto di progettualità». Il caso della Turati appare quindi strettamente legato a una politica sapiente
nella gestione delle risorse
locali: «La situazione di
emergenza - rilancia Franco
Agliodo della Cisl - non si
supera nel piccolo: ecco
l’esigenza di sistema».
A colloquio con Enrico Lanza, responsabile dell'associazione
Alp, quattro anni per il lavoro
DAVIDE ROSSO
n tutto il Pinerolese il
quadro del mondo del
lavoro si presenta non particolarmente drammatico, ma
alcuni segnali sono di forte
preoccupazione e non solo
per la situazione alla Beloit. I
disoccupati nel Pinerolese sono circa 11.000 e le assunzioni fatte sono ormai quasi tutte
anomale e la precarietà diventa regola principale. Sul
versante dei diritti e della democrazia abbiamo una situazione in cui alla Beloit e alla
Sachs Boge non ci sono rappresentanze sindacali unitarie
(Rsu) da anni, alla Skf ci sono ma sono false in quanto
■’Alp è stata esclusa. Nella
scuola non si voterà. Agli
ospedali valdesi le elezioni
sono bloccate». Con queste
parole il presidente dell’Associazione lavoratori pinero
lesi (Alp), Enrico Lanza, ha
aperto la sua analisi relativa
alla realtà lavorativa e sindacale del Pinerolese all’Assemblea generale di Alp che
si è tenuta il 6 febbraio scorso
e nel corso della quale si è
decisa Taffiliazione dell’Associazione alla Confederazione unitaria di base (Cub).
Dopo quattro anni di vita,
Alp, che è nata nel ’95
sull’onda delle proteste per la
riforma delle pensioni, pare
essere giunta ad una svolta:
«Siamo di fronte - dice Enrico Lanza - a una situazione
complicata e con una reale
difficoltà ad organizzare risposte di lotta; molti sono
tentati di abbandonare il campo, di limitare i danni, di mimetizzarsi. Il direttivo ha deciso l’affiliazione alla Cub in
questo momento proprio per
la situazione politica e sindacale che si sta determinando,
i Un classico del teatro ritorna a Torre Pellice per il XVII Febbraio dopo 38 anni
«L'importanza di chiamarsi onesto»
auto e I
La e
ci* febbraio (con replica
N h giovanile dei Cop
heia in scena a Torre Pellice
•orfa *®®*o di Oscar Wilde, L’Im*- df chiamarsi onesto,
del
prone I® regia di Gianfranco Ce|off!’i[®®®09li®ndo un buon consennumeroso pubblico. A questo
allestimento si riferisce la foto di sinistra (Marco Gnone). Andando poi a
spulciare fra gli archivi, abbiamo scoperto che il testo di Oscar Wilde era
stato messo in scena a Torre Pellice
anche nel 1961 (per la precisione i’11
marzo) dal Piccolo teatro studentesco
«Francesco Lo Bue». Erano stati inter
preti di quell’allestimento e compaiono in questa foto d’epoca, da sin.
Giorgio Mathieu, Alma Fontana (suggeritrice), Carlo Nicolosi, Elena Bein,
Gianandrea Balma, Piero Imberti, Elena Corsani Ravazzini (regista). Laura
Decanale, Franco Taglierò. In primo
piano Mariella Taglierò e Mirella Abate.
in cui occorre a nostro parere
un salto di qualità per contribuire alla crescita di un sindacato alternativo, svolgendo
un ruolo che spinga tutti a fare dei passi unitari, che contribuisca a far diventare più
visibile ai lavoratori questo
nuovo soggetto e più incisive
le iniziative».
- Alp è nata nel ’95 per iniziativa di militanti e delegati
sindacali, i più provenienti
dai sindacati Confederali, e
si era dato un forte valore
territoriale; oggi con questa
decisione viene a cambiare
qualcosa?
«Quando è nato il nostro
sindacato voleva essere una
esperienza unitaria a livello
territoriale e intercategoriale
e oggi queste peculiarità continuano a caratterizzarci. La
nostra è una realtà territoriale
che conta più di 400 iscritti e
siamo presenti in molti settori lavorativi del Pinerolese
dalla scuola all’industria,
dalla sanità alle poste. Le caratteristiche dell’affiliazione
che ci prepariamo a realizzare prevedono ovviamente il
mantenimento della nostra
specificità, della nostra storia, della nostra autonomia».
- Quindi come potrà essere
il nuovo soggetto che nascerà
dall’affiliazione di Alp alle
Cub?
«Dovrà essere la sintesi
delle varie esperienze, non
egemonizzato da chi esprime
più tessere o gruppi dirigenti
più furbi. Occorre oggi costruire federazioni unitarie
nelle categorie per rifondare
un sindacato di classe e di
massa in Italia e in Europa.
Dal punto di .vista pratico poi
l’obbiettivo dell’unificazione
in questo momento si può
realizzare, secondo noi, costruendo alcuni interventi
unitari sia nelle vertenze prettamente sindacali sia in difesa
dei diritti dei lavoratori, sostenendo per esempio una
nuova legge sulla rappresentanza che garantisca parità di
diritti e mantenga il diritto di
contrattazione alle Rsu».
INCONTRI PASTORALI I DISTRETTO —
Alle 9,15 a Pomaretto incontro pastorale del I distretto: meditazione a cura
di Stefano Mercurio, introduzione di Bruno Rostagno
su «Che cos’è creazione?»,
una rilettura di Gen. 1 e 2.
ANGROGNA — Riunione quartierale martedì 2
marzo a Prassuit, con battesimo.
BOBBIO PELLICE —
Domenica 28 febbraio culto in francese. Al pomeriggio incontro dell’Unione
femminile. Riunione quartierale martedì 2 marzo, alle 20,30, al centro.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Da giovedì 25
febbraio alle 20,45 al presbiterio inizia una serie di
studi biblici condotti dal
pastore Mario Berutti su
«Il documento sinodale
sulla bioetica alla luce dei
testi biblici». Riunione
quartierale mercoledì 3
marzo alla borgata Peyrot.
MASSELLO — Riunione quartierale mercoledì 3 marzo alle 14 al Roberso.
PERRERO-MANIGLIA — Incontro della
Unione femminile lunedì
1° marzo alle 14,30.
PINEROLO — Domenica 7 marzo, alle 14,30, al
seminario vescovile, incontro interconfessionale
per la Giornata mondiale
di preghiera.
POMARETTO — L’U
nione femminile si riunisce all’Inverso il 26 febbraio alle 14,30. Culto al
Centro anziani venerdì 26
febbraio. Le prossime riunioni quartierali saranno il
26 a Perosa alle 20,30, lunedì 1° alle 20 a Masselli,
mercoledì 3 marzo alle 20
ai Pons, venerdì 5 alle 15
all’Inverso Clot.
PRAROSTINO — Domenica 28 febbraio, alle 9,
culto al Roc, alle 10,30
culto a Roccapiatta.
RORÀ — Domenica 28
febbraio riunione quartierale alle Fucine. Sabato 6
febbraio il precatechismo
andrà a visitare il museo
valdese, partenza dal centro
con nullaosta dei genitori.
SAN SECONDO — Alle 20,30 replica della rappresentazione «Sganarello». Martedì 2 marzo alle
20,30 studio biblico. Mercoledì 3 alle 20,30 riunione ai Prima. Sabato 6 marzo, alle 19,30, serata per la
programmazione della gita
comunitaria in Francia; per
la cena prenotarsi dal pastore entro il 4 marzo.
TORRE PELLICE —
Riunioni quartierali: venerdì 26 agli Appiotti,
martedì 2 marzo aH'lnverso, venerdì 5 alla Ravadera. Lunedì 1° marzo culto
serale alla Casa unionista
alle 20,45. Venerdì 5 marzo, presso l'Esercito della
Salvezza, alle 14,30, incontro interconfessionale
per la Giornata mondiale
di preghiera delle donne.
VILLAR PELLICE —
Domenica 28 febbraio dopo il culto breve pranzo e
pomeriggio dedicato a programmare il viaggio comunitario che avrà luogo
nell’estate prossima; per il
pranzo confermare al pastore o a Italia Cairus. Riunione quartierale martedì 2
marzo alla borgata Garin.
10
PAG. IV
E Eco Delle Ykui moESi
Incontro con il musicista pinerolese Francesco Caudullo
«Madaskì» al Festival di Sanremo
GIANMARIOGILLIO
Francesco Caudullo, musicista e compositore di Pinerolo, fondatore di quello
che viene universalmente riconosciuto come il miglior
gruppo reggae italiano, gli
Africa Unite, ha negli ultimi
anni raggiunto il successo e la
popolarità col nome d’arte di
Mada o Madaski; in questa
settimana è presente al Festival di Sanremo in una veste
per lui inconsueta. Vi proponiamo un estratto dell’incontro col musicista.
«Ho cominciato col pianoforte a otto anni, poi ho
proseguito gli studi arrivando
al diploma in conservatorio;
ma il mio interesse si è portato
sulla musica elettronica. Parallelamente è nata l’esperienza degli “Africa” con cui abbiamo inciso diversi dischi e
proprio in questo periodo ne
stiamo registrando un altro;
con gli “Africa” e “Bunna”,
che ne è l’incarnazione, si va
al contatto con il pubblico, all’interazione con esso. Con
Madaski si fa sempre più strada la passione per l’elabora
zione di pezzi non miei, ossia
“remix” che è la tecnica della
sovrapposizione di suoni e
brani musicali alla voce e
quindi di dare una nuova lettura dei brani».
- Madaski crea, lavora nel
suo studio-abitazione di Pinerolo, eppure ha collaborato con Franco Battiato, Antonella Ruggero, Jovanotti;
perché non sei andato a vivere, ad esempio, a Milano?
«L’importanza del luogo
dove lavori c’è, ma non è sicuramente Milano; se lavorassi a Londra o a New York
forse trarrei stimoli diversi,
ma in Italia non c’è differenza tra quello che fai a Pinerolo o a Milano. Il mio “campionatore” è uguale qui come
a Milano; la differenza sarebbe lavorare in Africa: lì forse
non avrei la possibilità di lavorare coi programmi di Macintosh».
- La musica di Madaski è
molto aggressiva; è una forma di provocazione?
«No, non è una provocazione. “Distorta diagnostica”, il
primo disco è sicuramente il
più violento, nasceva da un
Sport
HOCKEY GHIACCIO
L’Hockey Valpellice Sparea non ha più molto da chiedere al
campionato; e così il 16 febbraio, in trasferta, di fronte alla capolista Como è finita in goleada per i lariani. Il punteggio finale (12-4) racconta di una partita a senso unico: il primo tempo è
finito sull’1-0 per il Como che solo nella seconda frazione ha
trovato il gol con facilità. Chiusi i primi 40’ di gioco sull’1-7
(rete di Volante) i valligiani hanno fatto entrare in porta il giovane Andrea Malan al posto di Gianluca Testa arrivato da Aosta al posto di Rossi e per qualche minuto hanno impensierito il
Como. Messe a segno due reti con Melotto i biancorossi si sono disuniti nel finale chiudendo sul 4-12. Classica partita da fine campionato quella di domenica sera ad Asiago; i vicentini
ormai matematicamente fuori dalla fase finale e senza tre terzini, hanno fatto giocare in porta il secondo portiere, il sedicenne
Nicola Lobbia. Nella Valpe assenti Pellegrini, De Luca, Orticola e Burraio. Ne è uscita una partita ricca di reti, con i valligiani
sei volte in vantaggio e altrettante volte raggiunti; poi per due
volte r Asiago si è portato a sua volta in vantaggio ma la Valpe
ha pareggiato: incontro piacevole con molti capovolgimenti di
fronte. Fin quando nella gabbia vicentina non è entrato il titolare Jean Baptiste Dell’Olio: a quel punto gli attaccanti di Rivoira
non sono più andati a segno e quelli vicentini sì. È finita 11-8
(parziali 2-2; 2-3; 7-3) con una inutile rissa a sirena già suonata.
PALLAMANO
Bella partita, buon livello tecnico ed elevato ritmo agonistico: potrebbe essere questa la sintesi di 3S Pinerolo-Città Giardino di serie C. I torinesi hanno però vinto per 21-18: il 3S
sconta un Gaydou sempre acciaccato e così deve far giocate
tutti i giovani dell’under 19. Il primo tempo si chiude col 3S in
svantaggio, ma nella ripresa i pinerolesi rimontano e si portano
addirittura in vantaggio. La superiorità dura una decina di minuti poi c’è il crollo di fronte all’assalto finale del Città Giardino. Buone le prestazione di Trematore in porta, di Laddomada
(8 reti) in difesa e attacco, di Rosso (2) e Vedano (3); le altre
reti sono state di Gaydou e Cali (2) e Contadin (1). Doppia pesante sconfitta per la under 16; con gli uomini contati per influenze e infortuni, imprecisioni difensive ed errori di tiro in
attacco hanno pesato in modo decisivo. Così ha trovato spazio
anche l’esordiente Remy Lazier che ha giocato a tempo pieno.
Col Regio Parco il 3S ha perso per 11 -20 mentre col Città
Giardino è andata anche peggio chiudendo sul 7-30. Nel prossimo fine settimana l’under 19 giocherà domenica alle 11,30 al
palasport di Pinerolo contro il Città Giardino mentre l’under
16 affronterà sabato, a Luserna, ore 19,30, l’Exes Rivalla.
CORSA CAMPESTRE
Si è disputata domenica 21 febbraio a Vetrone (Biella) il T
trofeo «Due laghi», cross nazionale organizzato dall’Atletica
Cándelo. Nella classifica per società è da evidenziare il 4“ posto nelle categorie giovanili del 3S-Sangermanese e i terzi posti individuali di Sabrina Blangeno fra le ragazze e di Matteo
Riba fra i ragazzi. Bene anche Xavier Turaglio, 5” fra gli esordienti, Enrica Rasetto fra le ragazze. Barbara Cavallone e Alice Squillace, 15“ e 18“ fra le cadette. Roñal Mirabile, Fabio Piscitello e Alberto Steri, 14°, 15° e 16° fra i cadetti.
TENNIS TAVOLO
Sono fermi i campionati ma numerosi atleti della Valpellice
hanno partecipato a tornei. Nel memorial Paiola di Torino Franco Picchi è giunto 3° mentre il doppio Belloni-Girardon si è
classificato al secondo posto. Nel Gran Prix giovanile di Torino
Mauro Cesano e Simone Odino hanno vinto i rispettivi gironi
fermandosi poi rispettivamente negli ottavi e nei sedicesimi.
In settimana riprendono i campionati: la Cl, ora 2“ in classi
fica, giocherà sabato in casa col Bergamo, la C2, attualmente
2“ affronterà, sempre al Filatoio, il Crdc e la DI, al momento
penultima, giocherà in casa con il Tt Torino. Mercoledì invece
si è giocato in D2: la squadra A, a Torino con la Telecom,
mentre la squadra B era sul campo del K2 Torino.
periodo di difficoltà mie e
quindi era lo specchio della
mia reazione a tutto quello
che mi stava intorno. A me
piace comunque il suono ruvido anche se nel mio ultimo
lavoro il suono si è un po’
raffinato e anche la durezza
di certe soluzioni è mitigata
dalla presenza delle voci e
quindi da linee melodiche».
- Chiudiamo volgendo uno
sguardo al futuro: Sanremo,
nuovo Cd, nuovo disco degli
Africa Unite...
«Allora dividiamo le cose
tra serie e poco serie. La cosa
estremamente seria è il disco
che stiamo facendo con gli
“Africa”, anche perché molti
hanno frainteso lo stop di un
anno con uno scioglimento
del gruppo: il disco uscirà a
fine estate e da maggio riprenderemo l’attività concertistica. Il mio disco Madaski
invece è già nei negozi e io
sono in tournée per la promozione: prossimamente uscirà
un nuovo singolo con una cover dei Cure con particolari
reminiscenze “darU’. Queste
sono le cose serie. Poi c’è
Sanremo, che io reputo un divertimento. Sono lì come direttore d’orchestra, una esperienza per me assolutamente
nuova, non l’ho mai fatto: ho
già fatto due prove a Roma. Il
gruppo che dirigo è quello dei
Doctor Livingstone, gruppo di
Torino che ha scelto Sanremo
per lanciare il proprio disco. Il
pezzo è prodotto a sei mani,
tre produttori tra Londra, Bologna e Pinerolo. Il mio coinvolgimento non è per nulla artistico ma tecnico; a Festival
concluso mi potrò fare una
mia idea chiara su una manifestazione che ho sempre considerato becera».
Scuole elementari
La Fiat per
l'educazione
stradale
«Moto giocoso. Primi passi
di educazione stradale» è il titolo di un’iniziativa proposta
da «Fiat per la scuola» rivolta
agli alunni del 1° ciclo delle
scuole elementari. L’obiettivo
è facilitare ai bambini delle
scuole elementari, attraverso il
gioco e la stimolazione sensoriale, la comprensione del
contesto stradale e l’acquisizione delle norme che lo regolano, favorendo la crescita di
un comportamento più consapevole. Il programma, patrocinato dal ministero dei Lavori
pubblici e messo a punto con
la consulenza di psicopedagogisti e esperti di didattica in
accordo con i nuovi orientamenti previsti dalla riforma
scolastica, può essere un utile
supporto per i docenti delle
scuole elementari. Inoltre, per
vivacizzare l’attività didattica
nelle scuole, è previsto un
concorso a cui potranno partecipare le classi che per la festa
di fine anno realizzeranno uno
spettacolo o un’esposizione di
materiali sul tema della sicurezza stradale. 19 migliori elaborati saranno selezionati da
una giuria in base a criteri di
capacità comunicative, creatività e aderenza ai contenuti e
avranno in premio una videocamera. Gli elaborati dovranno essere spediti entro il 30
giugno 1999 (farà fede il timbro postale) al Centro coordinamento «Fiat per la scuola», via Mascheroni 27, 20145
Milano. Per ricevere maggiori
informazioni sul programma
didattico «Moto,giocoso», o
sul concorso, è a disposizione
il numero verde 167-018226.
I «Lunedì della scienza» a Pinerolo
Per scoprire «I mille
volti dell'ambiente»
«I mille volti dell’ambiente» è il filo conduttore degli
appuntamenti di marzo dei
«Lunedì scienza a Pinerolo
1999», iniziativa coordinata
dall’Associazione naturalistica pinerolese giunta quest’anno alla quinta edizione. Il ciclo prevede cinque conferenze, con inizio alle ore 20,45,
che si terranno nella sala al
piano terreno del Seminario
vescovile in via Trieste 44 a
Pinerolo.
Lunedì 1° marzo Giovanni
Badino, presidente della Società speleologica italiana,
parlerà di «Glaciospeleologia: i ghiacciai visti da dentro»; l’8 marzo sarà la volta
del prof. Mauro Spotorno
dell’Università di Genova,
che terrà una lezione su «la
geografia»; «Onde sospette:
l’inquinamento elettromagnetico» è il titolo della conferenza di Giovanni D’amore
del laboratorio di Ivrea, prevista per il 15 marzo; il 22
marzo il geologo della ditta
Luzenac vai Chisone Franco
Monticelli affronterà «La
geologia del Pinerolese» e infine, lunedì 29 marzo, Francesco Meotto del Centro di
studio della micologia del terreno del Cnr di Torino, concluderà il ciclo con una conferenza sui funghi.
Le conferenze, realizzate ricorrendo a supporti audiovisivi, sono aperte a tutti, e in particolare agli insegnanti e agli
studenti delle scuole del Pine
VENERDÌ 26 FEBBRAIO 1999
Appuntamenti
25 febbraio, giovedì
STAFFARDA: All’abbazia,
alle 21, incontro conferenza su
«Salute e respirazione», a cura
della dott.ssa Elefante.
TORRE PELLICE: Alle
15,30, per l’Unitrè, alla biblioteca della Casa valdese concerto con Domenica Peyrani,
clarinetto, e Carla Rebora, pianoforte; musiche di Debussy,
Mendelsshon, Schumann.
rolese: l’intento dell’Associazione naturalistica pinerolese
è infatti quello di svolgere
un’opera di divulgazione
scientifica di alcuni aspetti
delle scienze naturali, che aiuti soprattutto i ragazzi a riflettere e realizzare collegamenti
fra le varie discipline. L’iniziativa inoltre si propone di
far conoscere alcune associazioni del Pinerolese che si occupano dello studio della natura: il Circolo pinerolese
astrofili «Polaris», il Gruppo
speleologico valli pinerolesi
Cai, il Gruppo mineralogico
Pinerolo e Valli, il Wwf sezione del Pinerolese e l’Associazione amici della vai Troncea.
26 febbraio, venerdì
TORRE PELLICE: Alle
21, alla Bottega del possibile,
l’Associazione per la pace vai
Pellice e il Gruppo Italia 90
vai Pellice di Amnesty International organizzano un dibattito sulla nuova legge sull’obiezione di coscienza con la
presenza di Roberto Minervino, della Lega obiettori di coscienza di Milano.
CANTALUPA: Alle 21, alla villa comunale, incontro su
«Dagli ominidi all’homo sapiens», relazione della dott.ssa
Silvia Bello, ricercatrice presso l’Università di Marsiglia.
PINEROLO: Dalle 17 alle
19, all’istituto tecnico Buniva,
primo incontro del corso «Sopravvivere in una scuola che
cambia».
TORRE PELLICE: Alle
20,30, alle scuole mauriziane,
incontro-dibattito sul tema «Il
giubileo nella Bibbia e oggi».
Interverranno il past. Bruno
Corsani e don Aldo Bertinetti.
PINEROLO: Alle 21, nella
chiesa di San Giuseppe concerto del trio Masoero, Godio,
Cappellaro al flauto, violino e
violoncello. Ingresso libero.
RADIO BECKWITH: Per
il programma «Pensiamo alla
salute» in collaborazione con
l’Asl 10 il dr. Luciano Cardino, chirurgo, parla su: «Prevenire i tumori del colon/retto».
Il programma, sui 91.200 e
96.550, va in onda alle 16,30
con possibilità di domande degli ascoltatori in diretta. Replica lunedì 1° marzo ore 9.
ARREDA
ra
ESPOSIZIONE E UboRATORÌO:
vIaS. SecoNdo, «0121/201712 fAx0121/?0?042
E^maìI; c^A@c^ivA,h , kìTp;//www.<ìi«ivA,iì
ABBADIA ALPINA - PINEROLO (To)
(di ÍRONTE aUa caserma AlpÌNÌ «BERAÌ^Ì»)
Vetrina rwtdrÀ - vlcob GÌRAud/poRTici vìa ChÌAppERO
27 febbraio, sabato
PEROSA ARGENTINA:
Alle 16,30, nella sede della Comunità montana, incontro culturale con Daniele Tron che
presenta «Pagine di storia: trecento anni fa dalla vai Chisone
partivano i primi valdese, futuri coloni in Germania».
VILLAR PEROSA: Sfilata
di Carnevale e polentata.
CUMIANA: Alle 21, nella
sala incontri «Felice Carena» la
compagnia «Il palcoscenico»
presenta «L’uomo, la bestia, la
virtù» di Luigi Pirandello. Ingresso £ 10.000, ridotto 8.000.
LUSERNA SAN GIOVANNI: Alle 21, nella chiesa del
Sacro Cuore, serata musicale
offerta dall’istituto Gorelli in
favore dei bambini di Cernobil;
partecipa l’orchestra da camera
«Harmonia Ensemble», insieme di ottoni, fiati, clarinetti,
violoncello solista.
BAGNOLO:Al teatro Silvio
Pellico, alle 21,15, la compagnia «La rampa.» presenta
«Tingeltangel», cabaret degli
Anni 30. Ingresso lire 15.000,
ridotto lire 12.000.
Servizi
VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 167-233111
Guardia farmaceutica:
(turni festivi con orario 8-22)
DOMENICA 28 FEBBRAIO
Ferrerò: Farmacia Valletti Via Montenero 27, tei. 848827
Ambulanze:
Croce Verde, Perosa: tei. 81000
Croce Verde, Porte : tei. 201454
VAL PELLICE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 167-233111
PINEROLO
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva;
Ospedale civile, tei. 167-233111
Ambulanza:
Croce Verde, tei. 322664
Cinema
venefid
28 febbraio, domenica
TORINO: Nel tempio valdese, alle 17,30, concerto per
organo di Omar Caputi, musiche di Bach, Pachebel.
STAFFARDA: Dalle 9,30
alle 17 incontro su «In armonia
con il cosmo», esercizi e movimenti tratti dal Taiji e dal Qigong, con Carla Oliaro.
4 marzo, giovedì
PINEROLO: Alla scuola
elementare Patri, dalle 17 alle
19,30 di giovedì e venerdì, corso su «Il linguaggio pittorico e
quello musicale», con Annalisa
Manassero e Alberta Chiabrando. Informazioni da «Il flauto
magico, tei. 0121-794543.
TORRE PELLICE: Alle
15,30, alla Casa valdese, l’Unitrè propone un incontro con la
prof. Anna Albani su: «Le arti
e gli artisti alla corte estense».
Viene
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Guardia farmaceutica:
(turni festivi con orario 8-22)
DOMENICA 28 FEBBRAIO
Luserna San Giovanni: Gébaudo - Via Roma 19, 909(&Vv
Ambuianze:
CRI - Torre Pellice, tei. 953355
Croce V. - Bricherasio, tei. 598790
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glebe
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SERVIZIO INFERMIERISTICA
dalle ore 8 alle 17, presso le
sedi dei distretti.
SERVIZIO ELIAMBU LANZ»
telefono 118
TORRE PELLICE — H ci
nema Trento ha in programma,
giovedì 25 e venerdì 26, ore
21,15, Conflitto di interessi di
Robert Altman; sabato 27, ore
20,10 e 22,10, domenica 28,
ore 20,10 e 22,10, lunedì e martedì ore 21,15, Ronin con Robert De Niro.
BARGE — Il cinema Comunale propone, venerdì, ore
21, Toulouse Loutrec; sabato,
ore 21, Il negoziatore; domenica, ore 15, 18, 21, lunedì, martedì, mercoledì e giovedì, ore
21 Vi presento Joe Black.
PINEROLO — La multisala
Italia ha in programma, da gì®'
vedi, alla sala «2cenlo» Shak®'
speare love; alla sala «5cento*
sarà in visione Payback; ferin’
20,15 e 22,20, sabato 20,15 e
22,30, domenica dalle 14,30.
L'Eco Delle Valli Valdesi
Via dei Mille, 1 - 10064 Pinerolo
tei. 0121-323422; fax 323831
recapito Torre Pellice
tei. 0121-933290; fax 93240»
Sped. in abb. post./50
Pubblicazione unitaria con Riforma
non può essere venduto separataman a
Reg. Tribunale dì Pinerolo n. 175/^
Resp. ai sensi di legge Piera Egio'
Stampa; La Ghisleriana Mondovl
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1999
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A giugno gli studenti si confronteranno con la maturità «riformata»
Da quesfanno un nuovo esame di stato
Viene superato un meccanismo antiquato che favoriva il disimpegno relativamente
ad alcune materie e si aggiornano le modalità per affrontare la prova di italiano
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La riforma dell’esame di
stato conclusivo degli studi secondari superiori introdotta dalla legge 10/12/97 n.
425 ha destato fermento e dibattito aH’interno della scuola e tra gli utenti diretti e le
loro famiglie. Prima di entrare nel merito dei contenuti
dell’esame nuovo, mi pare
corretto esplicitare preliminarmente alcune convinzioni: credo anzitutto che sia cosa buona aver superato la
vecchia modalità di un esame
introdotto sperimentalmente
(!) 30 anni fa. L’esperienza ne
aveva infatti evidenziato forti
limiti per il carattere troppo
limitato e casuale e per l’incapacità di verificare il possesso delle abilità e competenze di un corso di studi secondario (quante lamentele
su un’organizzazione che «favoriva il disimpegno», induceva a studiare solo poche
materie, lasciava di fatto tutta
la scelta delle prove d’esame
agli studenti e verificava moltopoeo).
In secondo luogo non mi
pare condivisibile se non assai parzialmente la critica
die si è fatta una riforma
«partendo dal tetto». Se è vero infetti che la riforma complessiva del sistema secondario di formazione è urgente e
non rimandabile, è vero però
cheilnuovo esame da un lato taccole le indicazioni e i
risultai'l una pratica plurideceiinate di esperienze e
sperànentazioni che hanno
coinvolto in modo molto
esteso la scuola superiore (si
pensi alle ricerche metodologiche e didattiche, alle innovazioni sui curricoli, alle pratiche valutative più avvertite), dall’altro può dare fiato e
' forza a un processo di riforOarU cui la scuola dell’autoWmia ha un bisogno vitale e
I ®e però incontra resistenze
Insistenti dovute a un adafei piuttosto acritico sulI labitudine. In terzo luogo si
I »verte nella scuola una certa
Pteoccupazione per il fatto
®e si affronta un terreno in
We sconosciuto. Se questo
I *)gnifica richiesta di informatone tempestiva, non si può
oonessere d’accordo (e in tadfdirezione si sono mosse le
tchièste e le proteste degli
Adenti, che non hanno in
gojiere contestato il merito
oolnuovo esame). Se invece
tvtiol dire che tutti i casi detono essere previsti e definicredo che si esprima una
P®tesa priva di logica: ogni
veda nuova può presentare
Potesi inaspettate, ma si
filerà di agire con pruden®di essere pronti, anche
base deH’esperienza del
P>mo anno, a introdurre i
“®cessari correttivi. Ciò det’ cercherò di illustrare sinj '-t^ente i vari aspetti del
ovo esame; successiva.1 proverò a evidenziare
lini dei numerosi proble|J Aperti, sui quali ci si sta
Ugnando.
He« dell’esame. L’esa
^ realizzare l’analisi e
ij. nflca della preparazione
don candidato in rela
sitopL®?** obiettivi generali e
SnibD ®®orso di studi se!<.» ' "®r questo attraverso.
„ si tende ad accertare
generali e specomp^’ ® competenze intese
Possesso di abilità; le
®critìJ.Ì? ®i®borative, logiche
Shuttli
plijjg esame è pluridisciaccertare le
bàifg candidato di staScejwp °“®ganienti tra conodiverse,
preparazione nelle
singole discipline. Tutto ciò
rientra nella logica di superamento di semplice accertamento di possesso di nozioni
e informazioni, anche se evidentemente si collega e si
sviluppano abilità applicative
se si conosce.
La struttura dell’esame.
L’esame consisterà in tre
prove scritte (anziché due) e
in un colloquio pluridisciplinare sulle materie dell’ultimo
anno di corso (prima era su
due sole materie). La novità
essenziale non è però il puro
allargamento dello spettro
delle discipline, quanto piuttosto alcune logiche nuove
con il superamento di sole
forme tradizionali di verifica
e valutazione. Nella prova
scritta di italiano da un lato si
tenderà a accertare la padronanza della lingua nelle sue
strutture morfosìntattiche e
nel lessico e la capacità di organizzare il pensiero e di sviluppare un argomento in
modo coerente, dall’altro viene superata la forma tradizionale di tema argomentativo come modalità unica in
favore di una pluralità di modi di scrittura (dall’analisi di
un testo letterario o non, che
andrà interpretato e contestualizzato, a un argomento
affrontato attraverso un saggio breve o un articolo di
giornale, una relazione, una
intervista, una lettera).
La seconda prova scritta
subirà poche variazioni rispetto al passato. Probabilmente la più rilevante sarà la
possibilità per il candidato di
scelta tra varie proposte. Viene introdotta una terza prova
a carattere pluridisciplinare
che, siccome dovrà essere
strettamente legata alla storia
e all’esperienza della classe
che affronta l’esame, sarà
preparata dalla commissione
(membri interni e esterni più
il presidente) il giorno prima
e la giornata stessa. La prova
vuole accertare il grado di integrazione delle conoscenze
all’interno del programma
dell’ultimo anno e si presenterà come prova agile (trattazione sintetica di non più di 4
argomenti, quesiti a risposta
singola aperta, quesiti a risposta multipla, prova strutturata, ecc.) che richiederà
un tempo limitato di esecuzione. AÌrinterno della prova,
per le classi che studiano lingua straniera all’ultimo anno,
accertamento della conoscenza di tale lingua secondo
modalità scelte dalla commissione.
Il colloquio ha la finalità di
«accertare la padronanza della lingua, la capacità di utilizzare le conoscenze acquisite
e di collegarle nell’argomentazione e di discutere ed approfondire sotto vari profili i
diversi argomenti» {Regolamento applicativo, art. 4). Si
svolge su argomenti di interesse pluridisciplinare attinenti i programmi e al lavoro
didattico dell’ultimo anno.
Non si tratta perciò di una
prova necessariamente su
tutte le materie, ma di una
serie di argomenti affrontati
con ottiche e prospettive diverse e complementari. Il primo argomento sarà proposto
dal candidato nella forma da
lui preferita.
SCHEDA
Tre prove scritte
di concezione più moderna
Caratteristiche
Il nuovo esame si inserisce nella stagione di riforme della scuola italiana. Si modella sulle certificazioni degli altri stati europei;
vuole delineare un accertamento più puntuale del candidato,
procedendo alia valutazione delle sue conoscenze, delle sue capacità logico-espressive e di quelle critiche. Tiene conto della
carriera scolastica del candidato (viene chiamato «credito scolastico-formativo»).
Prove scritte
Le prove sono tre. La prima accerta la padronanza della lingua
italiana. Le tracce proposte saranno quattro:
- analisi e commento di un testo letterario o non;
- elaborazione di un argomento di ampio respiro culturale
(per quest'anno la prova presenterà un articolo di giornale);
- argomento a carattere storico;
-trattazione di un argomento di ordine generale.
La seconda prova avrà per fine di accertare le conoscenze specifiche del corso di studio frequentato, magari anche con il modulo del questionario (il ministero ha indicato la materia il 20 dicembre scorso).
La terza prova sarà predisposta dalla Commissione e avrà carattere pluridisciplinare, legato al lavoro svolto in classe. Viene
previsto per questa prova l'accertamento della conoscenza di
una o più lingue straniere studiate nell'ultimo anno.
La prova orale
Il colloquio non riguarda tutte le materie. Il candidato sceglierà un argomento pluridisciplinare dell'ultimo anno (che potrà interessare più materie). Altri argomenti potranno essere
proposti dai commissari.
La valutazione
La valutazione finale potrà avvalersi di 45 punti per le tre prove scritte (15 punti per ognuna), di 35 punti per il colloquio e di
20 punti per il credito scolastico-formativo.
Complimenti per chi totalizzerà 100/100!
Dopo 30 anni di sperimentazione
Un ruolo più importante
per i commissari interni
FRANCESCO GRASSI
MARCELLO PANASCIA
DOPO trent’anni Tesarne
di maturità, partito e rimasto fino a ieri «sperimentale», sembra con la riforma
Berlinguer voler voltare pagina. Esami che sfornavano il
Fra i cambiamenti previsti quest'anno anche la determinazione dei voti
La commissione d'esame e le modalità della valutazione
Il documento del consiglio
di classe. Si tratta di un elemento assai importante, da
una parte innovativo e molto
più complesso e ricco di
informazioni della relazione
di classe prevista dalla normativa precedente, dall’altra
strumento importante e guida severa anche per le modalità di lavoro e di valutazione
delle commissioni d’esame. I
consigli di classe nel documento evidenzieranno la storia di quel gruppo di allievi,
gli obiettivi generali e specifici perseguiti e raggiunti in
quale percentuale dalla classe, i contenuti trattati, i metodi e gli strumenti utilizzati,
la tipologia delle prove di verifica svolte e i criteri e le scale di valutazione, gli interventi integrativi e di recupero
praticati. Al documento si allegheranno le simulazioni di
terze prove svolte nonché altro tipo di documentazione
utile. La redazione finale dovrà avvenire entro il 15 maggio e copia sarà affissa all’albo e distribuita a tutti i candidati.
Commissioni d’esame. I
commissari saranno per
metà (tre o quattro a seconda
degli indirizzi) interni e per
l’altra metà esterni. Esterno
sarà anche il presidente. I
membri esterni e il presidente lavoreranno su due classi.
Ogni classe di istituto non
statale sarà collegata a una
classe di scuola statale.
I membri interni sono nominati dai consigli di classe
entro fine gennaio.
Punteggio d’esame e sue
suddivisioni. Il punteggio
massimo raggiungibile sarà
di 100/100, così suddiviso:
- Per ciascuna delle tre
prove scritte è previsto un
punteggio in quindicesimi ed
è previsto che a una prova
sufficiente non possa essere
attribuito meno di 10.
- Il punteggio del colloquio
è in trentacinquesimi e il livello di sufficienza è collocato a 22 punti.
- Due giorni prima del colloquio si pubblicheranno gli
esiti delle prove scritte. Lo
studente andrà all’orale sapendo esattamente come ha
fatto e quanto ha negli scritti
e quindi quale è il suo massimo teorico. Diventano impossibili recuperi con operazioni di «ingegneria miracolistica da scrutinio» (come
nel passato il «36» con risultati pessimi).
- Un punteggio nell’arco
di venti punti (credito scolastico) sarà attribuito dal consiglio di classe in sede di
scrutinio finale (che non
avrà più funzione di ammissione all’esame) sulla base
anzitutto del livello di profitto raggiunto e tenendo conto
delTassiduità nella frequenza, dell’interesse, dell’impegno e della partecipazione
nonché di eventuali crediti
formativi, cioè di esperienze
svolte al di fuori della scuola
e coerenti con il tipo di corso
frequentato. Il credito scolastico è attribuito all’interno
di fasce predeterminate dalla media dei voti; ciò significa che il credito formativo
può giocare solo all’interno
della fascia per un punteggio
molto limitato (in linea di
massima un punto). Il credito scolastico a regime sarà
attribuito alla fine di ciascuno dei tre anni conclusivi del
corso di studi.
- Le commissioni avranno
a disposizione un bonus di 5
punti attribuibili ai candidati
che avranno raggiunto almeno 70 punti all’esame e 15
punti di credito scolastico.
Modello di certificazione.
Connesso al nuovo esame di
stato sta anche un diverso
modello di certificazione che
ha l’obiettivo di favorire la riconoscibilità in ambito europeo dei titoli di studio conseguiti in Italia attraverso una
operazione di trasparenza e
di informazione. Il modello
previsto dal D.M. 450 del
10.11.98 prevede infatti la descrizione analitica degli elementi che compongono il
punteggio finale, dall’altra
l’indicazione delle materie
del curricolo con gli anni del
corso di studi e il numero di
ore previsto (sulla base che
un’ora settimanale corrisponda a 33 ore Tanno) e infine i
crediti formativi documentati, la descrizione di ulteriori
elementi caratterizzanti il
corso di studi e l’indicazione
di prove sostenute con esito
particolarmente positivo.
Alcune delle molte questioni su cui lavorare. Anzitutto l’aggiornamento dei docenti e dei presidi attraverso
un’operazione capillare di
informazione e dibattito sulla
normativa, una pratica di gestione della terza prova e del
colloquio attraverso ripetute
simulazioni, un apprendimento sulla valutazione a 15
per gli scritti e a 35 per il colloquio (con l’avvertenza che i
livelli di sufficienza sono a 10
e a 22). Lo sviluppo della capacità di confronto e di programmazione all’interno e
tra i consigli di classe, all’interno e tra le aree disciplinari
in un’ottica di educazione
all’autonomia e all’assunzione di responsabilità.
La presa di coscienza delle
novità che l’esame di stato
introduce e postula nella erogazione della didattica e
nell’attuazione delle verifiche. Gli insegnanti avvertiti
hanno capito benissimo che
non si tratta di improvvisare
qualcosa in vista dell’esame,
ma di «rileggere» e riaggiornare, se non lo si è già fatto,
tutta una pratica di insegnamento. Le griglie per l’attribuzione del credito scolastico richiedono un uso completo della scala decimale dei
voti; ciò contrasta con la pratica di lunghissima data per
cui non si utilizza praticamente mai il 10 e assai raramente il 9. È necessario perciò un lavoro di riflessione, di
scelta concordata di descrittori di prestazione per le varie attività e aree che porti al
superamento di una sorta di
«tabù psicologico» nell’attribuzione dei voti. Si constata
che è assai aumentato in relazione all’esame il carico di
lavoro nella scuola, con scarsissime possibilità di un riconoscimento che sarebbe dovuto. Che stia diventando un
vizio quello delle riforme a
costo zero?
Sono, come si vede, problemi grossi e oggetto di
preoccupazione tra chi opera alTinterno del sistema formativo. È una preoccupazione che deriva dalla difficoltà
del compito e dal rifiuto di
accettare la logica - che pure
è presente - del «cambiare
tutto lasciando tutto come
prima», anzi peggio. Dà speranza il pensare che a esprimere questo rifiuto sono in
tanti, (e.s.)
95% di maturi non erano esami di una qualche valenza
culturale valida anche perché
le commissioni, spesso raccogliticce, erano di fatto gestite dai membri interni. Ciò
non era di per sé un fatto negativo; negativo era che tutto
avvenisse in un clima di generale complicità che sviliva
lo stesso modo di porsi di
fronte allo studente, che percepiva il membro interno come ancora di salvezza.
Il nuovo esame dovrebbe
essere caratterizzato da un
ruolo più centrale dei docenti
interni; saranno essi, pariteticamente con quelli esterni,
ad esaminare gli studenti da
loro stessi formati, ridando
così dignità al ruolo di formatore finora offeso e mortificato dallo stesso concetto di
esame fatto da altri sui propri
studenti. Viene così meno il
perverso concetto che chi insegna non è in grado di giudicare i propri allievi.
Al di là delle possibili distorsioni (cosa mai accadrà
nelle scuole private?) la sconvolgente novità è proprio
questa: la scuola che forma
viene giustamente privilegiata rispetto ad una scuola che
fino a ieri non poteva dare
giudizi o porre con forza pregiudiziali di fronte a commissioni esterne. Ed è in questa
prospettiva che la riforma
dell’esame di maturità dovrà
procedere, dal momento che
la generalizzazione della terminologia «di maturità», per
indicare Tesarne conclusivo,
rimane inevitabilmente ambigua. Non è chiaro infatti se
rinvii ad un giudizio sul grado di istruzione o sulla personalità dello studente; d’altro
canto il progressivo mutare
dei saperi, specie di quelli
scientifici, il pluralismo delle
nuove realtà etniche e sociali
comporta un nuovo concetto
di maturità intesa come condizione culturale e morale
che renda capaci i giovani di
utilizzare i nuovi canali di comunicazione e di interpretare i complessi strumenti di
informazione che oggi offre il
mondo contemporaneo.
Pagina a cura di
FRANCO CALVETTI
12
PAG. 8 RIFORMA
Vita Delle Chiese
VENERDÌ 26 FEBBRAIO l%i
VENÖ
Il pastore valdese Ugo Tomassone è morto a Imperia; aveva 70 anni
Ci ha lasciati un combattente della fede
Partigiano a soli 16 anni, poi ad Agape, per la costruzione del Centro ecumenico
giovanile, e in Sicilia. Il ministero pastorale nel circuito ligure e basso Piemonte
BRUNO GIACCONE
SE dovessi scegliere un versetto biblico per parlare
del pastore Ugo Tomassone,
il primo che mi viene in mente è quello di II Tim. 4, 7: «Ho
combattuto la buona battaglia, sono arrivato fino al termine della mia corsa e ho
conservato la fede». Il ricordo
che ho di Ugo è, infatti, quello di un combattente, uno
che ha dedicato la sua vita alla testimonianza evangelica
cogliendo le occasioni che la
storia gli poneva dinanzi.
NeU’inverno del ’43-44,
quando ancora non aveva
compiuto 16 anni e sognando come tanti altri un mondo
migliore e più giusto, va a
combattere con i partigiani
una battaglia civile e laica
che vede però molti credenti
come lui (basti pensare alla
chiesa confessante in Germania) fare la stessa scelta: la
scelta di assumersi in prima
persona la responsabilità di
agire di fronte alle umane
tragedie. La battaglia non termina però con la vittoria sul
nemico, ma continua con
l’opera di ricostruzione. Soprattutto si deve costruire la
pace, una pace fondata sulla
giustizia, perché Ugo sa bene
che la pace sarà il ^tto della
giustizia (Isaia 32, 17). E poi
si devono ricostruire i rapporti tra i popoli che fino allora si erano combattuti.
Per questo va a costruire
Agape, Centro ecumenico e
palestra di confronto delle
idee, oltre che luogo di riconciliazione vissuta nella concretezza, perché ad Agape
c’erano anche i tedeschi, e le
ferite della guerra bruciavano
ancora. Ugo fa parte di quel
primo gruppo residente che
sceglie di alloggiare nello
«chalet piccolo», estate e inverno, uomini e donne che
con il loro lavoro, con i loro
sogni, con la loro resistenza,
ci hanno predicato l’Evangelo non solo a parole.
Quando ad Agape forse si
cominciava a soggiornare un
po’ più comodi, Ugo se ne va.
Va in Sicilia. Con Agape nel
cuore e Riesi nella mente, va
a esplorare questa terra del
Sud, per conoscere i suoi abitanti, nostre sorelle e fratelli,
per condividere anche con
loro le fatiche, i problemi e le
lotte. È sempre l’Ugo combattente che abbiamo conosciuto che con Danilo Dolci e
un monaco di Taizè organizza l’assistenza ai bambini di
Partinico, partecipa alle lotte
dei pescatori, reagisce alla
prepotenza della mafia. Questa sarà la buona premessa
per la costruzione del Servizio cristiano a Riesi, un’opera, un progetto e una proposta pienamente inserita nel
suo contesto sociale e nelle
sue problematiche. È a Partinico che lo raggiunge Laura,
sua moglie, che con lui condividerà le battaglie.
Quando il suo cuore si ammala, Ugo non pensa di andare in pensione. In pensione ci va dal lavoro che fino ad
allora era stata la sua fonte di
sostentamento. Nel maggio
del ’79 viene operato al cuore
Il pastore Tullio Vinay predica sui cantiere dove sorgerà Agape
ad Alassio c’erano delle sorelle e dei fratelli che non voleva e non poteva abbandonare. E ha fatto anche il so
e già in settembre Ugo pensa
di mettere a disposizione
dell’Evangelo la misura di salute che gli resta e la pensione che gli permette di vivere.
Ugo spenderà tutto per 1’
Evangelo come pastore della
Chiesa metodista di San
Marzano Olivato e come direttore della Casa di vacanze,
e non solo. Per quindici anni
ha fatto la spola tra San Marzano e Imperia, perché ad
Imperia cresceva una nuova
chiesa. E mentre andava da
San Marzano a Imperia si
fermava ad Alassio, perché
vrintendente del circuito, responsabilità che spesso pochi vogliono assumersi, ma
lo ha fatto con gioia, senza
mai lamentarsi, anche quando la misura di salute diventava via via più piccola. Ora
che è ritornato al Padre ci
rendiamo conto di quanto ha
lavorato per l’Evangelo di
Gesù e anche per noi. Grazie
Ugo, hai combattuto veramente una buona battaglia.
Dibattito a Milano in occasione del XVII Febbraio
I credenti si interrogano sul giubileo
SERGIO RONCHI
IL ricordo della concessione
dei diritti civili a ebrei e vai
desi nel 1848 ha visto l’evangelismo italiano riflettere sul
Giubileo dell’anno 2000. Se ne
è parlato anche a Milano, al
Centro culturale protestante.
Sul tema «Quale Giubileo? I
credenti si interrogano», la
teologa cattolica di origini
ebraiche Elena Bartolini e la
storica protestante Laura
Ronchi De Michelis hanno intrattenuto una ottantina di
FORMAZONE TEOLOGICA A DISTANZA
Facoltà valdese di teologia - Roma
in collaborazione con il Corso ministeri - Torino
ccxtrdinatore: past. Eugenio Bernardini, tei. 011-655278
Seminari di formazione teologica a Torino
Torino, 17-18 aprile; 5-6 giugno 1999
Sala valdese di via Pio V, 15
«I profeti»
Sabato 17 aprile
ore 9,30-12,30: prof. Paolo De Benedetti; Passi scelti di Eze
chiele nell’interpretazione ebraica e cristiana
ore 14,30-17,30: prof. Daniele Garrone; La profezia biblica
Domenica 18 aprile
ore 9,30-12,30: prof Daniele Garrone: Un libro profetico: Ge
remia
ore 14,30-17,30; prof Daniele Garrone: Un libro profetico: Geremia
Per gli studenti del Corso di diploma a distanza:
Esame di INTRODUZIONE ALLA BIBBIA I ^ parte
«La letteratura epistolare»
Sabato 5 giugno
ore 9,30-12,30: prof Bruno Corsani: La vita dell’apostolo Pao
lo nei passi autobiografici delle sue lettere
14,30-17,30: prof Yann Redalié: Paolo e le sue lettere: 1
Tess; I e 11 Cor
Domenica 6 giugno
ore 9,30-12,30: prof Yann Redalié: Paolo e le sue lettere: Calati, Filippesi e Filemone
ore 14,30-17,30: prof Yann Redalié: Paolo e le .sue lettere: Romani
Per gli studenti del Corso di diploma a distanza:
Esame di INTRODUZIONE ALLA BIBBIA 2^ parte: Esame di
NUOVO TESTAMENTO
Quota di iscrizione a ciascun seminario: L. 30.000
Il seminario è rivolto agli studenti del Corso di diploma a distanza
della Facoltà (numero minimo: 20)
Sono ammessi uditori
Iscrizioni: entro il 15 marzo, da comunicare al past. Eugenio
Bernardini, tei. 011-6505646 oppure c/o Riforma 011-655278
persone e sollecitato un vivo
dibattito.
Il testo di Levitico 25, ha
sottolineato attraverso una
acuta lettura Elena Bartolini,
si inscrive nell’orizzonte del
riposo di Dio. O per dirla con
interpretazione rabbinica, al
popolo di Israele viene rivolto, pressante un appello alla
fedeltà all’Unico Uno; «Provate anche voi ad avere fede come i padri nel deserto». Di
quanto possiede, è il messaggio del biblico anno sabbatico
e anno giubilare, proprietario
non è l’uomo bensì il Signore.
Perché il primo è straniero.
Dunque «l’anno giubilare è
un invito a riscoprire la libertà
espressa nella remissione dei
debiti, in funzione della giustizia». È lo stesso conteggio
di settimane e di anni, lungi
dall’essere un noioso e neutro
computo temporale, si rivela
distanza da una meta che dischiude la prospettiva dell’attesa e si qualifica quale antici
pazione dei tempi messianici.
Dunque, se tale è il giubileo
biblico, come va a qualificarsi
quello che la Chiesa di Roma
ha iniziato a celebrare a partire dal 1300 con Bonifacio
Vili? Come qualcosa di totalmente diverso, ha sostenuto
Laura Ronchi De Michelis.
Pellegrinaggi, indulgenze e
purgatorio ne costituiscono
l’essenza, ne sono gli elementi costitutivi che lo rendono
possibile. Perciò, nonostante
alcune novità rispetto al passato presenti nei documenti
pontifici di Giovanni Paolo II
(la lettera pastorale Tertio
millennio adveniente del
1994, e la bolla di indizione
Incarnationis mysterium del
1998), il discorso è tutto interno al cattolicesimo. Niente è
mutato rispetto alla dottrina,
per cui il discorso ecumenico
si trova davanti a ostacoli seri. Del resto la porta santa
simboleggia l’invito a entrare
nell’unica chiesa.
orfimAi
FiBBRAIO 1999
Giubileo
Troppo grande anche per Roma
Ecumenismo
Harare, asprezze e speranze
Giovani
Nella giungla dei lavori
Società
I bambini dellTslam
Dialogo
Religione degli italiani, Italia delle religioni
Confronti: una copia lire 8.000; abbonamento annuo lire 65.000;
(sostenitore lire 120.000 con libro in omaggio). Versamento sul ccp 61288007
intestato a coop. Com Nuovi Tempi, via Firenze 38,00184 ^ma.
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«Settimana della libertà» a Torino
Il giubileo nella Bibbia
e nella storia
«Affrontiamo come protestanti la questione del Giubileo su un terreno ecumenico.
Esso vuole avere come prima
piattaforma d’incontro la parola biblica. Quest’ultima ci
ricorda nei testi fondativi del
Giubileo che non si tratta di
pellegrinaggi, indulgenze o
questioni cultuali ma di questioni concrete e economiche
legate alla giustizia sociale e a
principi di equità. Il vero culto reso a Dio è la giustizia. Il
resto viene dopo...». Con queste parole il pastore Giuseppe
Platone ha aperto la manifestazione torinese sul giubileo
biblico, nel quadro della Settimana della libertà, sabato
20 febbraio nel tempio valdese di corso Vittorio. La manifestazione è stata organizzata
dalle chiese evangeliche torinesi che partecipano alla Federazione più alcune altre di
tipo pentecostale.
Il biblista Giuseppe Barbaglio ha affrontato la questione biblica ripercorrendo i
principali testi che nella
Scrittura parlano del giubileo. In particolare Barbaglio
ha letto il giubileo come un
processo di esodo che continua dalla terra delle schiavitù
alla terra promessa della libertà. Giubileo dunque come
recupero della libertà attraverso nuovi processi economici che cancellino ogni forma di schiavitù. «Il Giubileo
cattolico - ha concluso Barbaglio - è il capovolgimento
del vero Giubileo ebraico, si
tratta di ritornare all’origine
di questo messaggio profetico molto attuale». A attualizzare il principio contenuto
nei testi del Levitico che istituiscono il giubileo ci ha pensato l’economista e teologa
Doriana Giudici, presidente
della Federazione donne
evangeliche in Italia, che ha
ricostruito la questione della
formazione del debito nei
paesi terzomondiali sostenendo che sia economicamente sia politicamente il
debito che strozza i paesi poveri del mondo può essere rimesso. «La nostra richiesta è
chiara - ha affermato annullare il debito entro Tanno
2000. Non solo ma anche noi
vogliamo porre alcune condizioni per i governanti di quei
paesi indebitati: primo, programmi di investimento per
10 sviluppo sociale sono la
contropartita per lo scioglimento del debito. Rimettere
11 debito deve infatti significare dare vantaggi ai più deboli e a chi più ha sofferto e
soffre sotto la pressione del
debito estero».
Infine Daniele Benini, segretario dell’Unione delle
chiese cristiane awentiste in
Italia ha descritto l’azione che
da alcuni anni svolge con
1l sindaco di Torino, Castellani
molta efficacia la Fondazione
Adventum contro l’usura. «Si
tratta di un’azione concretaba detto - nel quadro di una
giustizia e di una democrazia
che sono ancora lontane. Ma
per costruirle occorre agire
concretamente, anche nelle;
piccole cose, non solo dun '
que parlare del dramma psi i
cologico che il debito ingene-;
ra ma lottare per sostenere le [
vittime e risolvere alla radice;
la spirale perversa che schiac- '
eia milioni di persone e deci-;
ne di paesi in via di sviluppo», ;
I vari interventi sono stati in-1
frammezzati da canti animati
dalla giovane corale awentista torinese diretta dal maestro Santagada che ha direttamente coinvolto il pubblico
in vari canti e canoni. La pre- sidente della Provincia Mercedes Bresso ha rivolto un
breve saluto al pubblico ri-1
cordando il valore di un giu-1
bileo che non sia solo celebrazione religiosa ma attoi
giustizia verso i diseredati del
mondo. Il sindaco di Torino
Valentino Castellani haróndato che «nella riflessione sul
giubileo le chiese cristme
hanno una grande responsabilità, quella di misurarsi ed
unirsi in una visione di giustizia, in un dialogo reciproco
che, come ha affermato Konrad Raiser segretario del Consiglio ecumenico delle chiese,
abbia anche la maturità di
confrontarsi con un nuovo'
millennio caratterizzato dalld
multiculturalità e dalla multireligiosità. Il futuro è una società che esige il confronto
delle diversità per conservate
le identità e costruire una
convivenza pacifica».
È giunto anche un messaggio del cardinale di Torino
Giovanni Saldarini che, tu
l’altro, afferma; «Come catto
lici di Torino accogliamo
vostro invito alla riflessione*
all’azione per una sequel*
sempre più fedele e convMi
al Signore Gesù». La man®'
stazione si è conclusa con i®
invito a sottoscrivere TappeJ*
predisposto dalla Federazioj»
delle chiese evangeliche e c“
verrà prossimamente preseij'
tato al governo italiano.
RONACHE
TORINO — L’assemblea della Chiesa valdese del 14
ha provveduto a nominare due nuovi membri del Co”
storo nelle persone di Anna Bertin e Andrea Vinti, i W.,
tati al Sinodo, Chatherine Chiavìa e Enrico Mariotti, e
Conferenza distrettuale Cristina Ferrara, Fernanda
e Daniela Recchia. L’assemblea ha dedicato anche nm
tempo alla discussione sulla situazione finanziaria: m
che il 1998 si è chiuso con un deficit consistente
milioni su un totale di 488 milioni di uscite), si è dooisor
il 1999 di aumentare comunque di 11 milioni la contri
zione a favore della cassa centrale della Tavola valdesa
in misura inferiore rispetto a quanto richiesto dalla lo j
missione esecutiva distrettuale (22 milioni). Le spese •,
dovrebbero aumentare, rispetto al 1998, di soli 2
passando da 139 a 141 milioni.
BOBBIO PELLICE — L’Assemblea di chiesa riunita lo (
febbraio ha eletto deputati alla Conferenza distrettua
ta Tamburrelli, Speranza Puy, Aldo Lausarot; deput
Sinodo Emilio Gönnet.
TORRE PELLICE — Il 17 febbraio la comunità ha ascolta
gioia la predicazione di Italo Pons, pastore a Catania. ^
venuto anche al pranzo insieme al pastore Aldo Com
pranzo insieme al pastore ruuw — .
ha rievocato la nascita della Chiesa valdese di Montevi
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■I Dalla Chiesa valdese di Rorà
La partecipazione dei
ragazzi ci fa scoprire il culto
anwe-^ophie gabobieau
Raccogliendo la proposta di un culto comunitario sul giubileo, che il
Servizio istruzione e educatone (Sie) aveva fatto sul n. 4
di Riforma in vista della «Set‘^ana della libertà», la Chiesa valdese di Rorà ha avuto
^odo, domenica 14 febbraio, di sperimentarlo grazie alla collaborazione della scuola
t^’oinenicale, dei suoi monitori e del gruppo dei precatecumeni. Il culto ha visto la partecipazione di un alto numero di membri di chiesa e di
momenti di condivisione
molto profondi, grazie anche
alle azioni simboliche che
erano state proposte, e che
hanno dato modo a tutta la
comunità di prendere parte
attivamente allo svolgimento
del culto stesso: quando un
culto è culto di tutta l’assemblea dei credenti, una chiesa
riformata non può che rallegrarsi. Anche il tema era molto attuale e l’interesse dei
bambini (e dei grandi) non si
è fatto attendere. Proposte
come queste mi sembrano da
incoraggiare anche per il futuro: perché non proporne 68 l’anno, senza per questo
dovere sacrificare i programmi della scuola domenicale?
Scuola domenicale e catechismo sono quasi sempre
momenti separati rispetto alla celebrazione del culto comunitario. Alcune delle conseguenze si avvertono dopo
la confermazioni, quando in
moltifasi non si frequenta
più il culto perché si è smardtp jlsao senso e la sua cenùa/tó. E se ricuperassimo il
■Si
senso del culto comunitario
lavorando maggiormente
suH’integrazione dei giovani
quando sono ancora «piccoli»? Soluzioni di vecchio stile
quali quelle di obbligare i catecumeni a venire a leggere
durante il culto, seppur positive nella loro logica interna,
non rappresentano, a mio
modesto avviso, il massimo
possibile di sforzo che una
comunità evangelica deve
proporre per integrare i più
piccoli durante il culto. Proposte ben studiate in tutti i
suoi particolari e soprattutto
teologicamente ben ancorate
alla tradizione riformata, come mi pare l’esempio di questi ultimi materiali del Sie, mi
sembrano invece ben più
adeguate alle reali attese e
potenzialità dei più piccoli.
I tempio valdese di Rorà
(disegno di Marco Rostan)
"Vita Delle Chiese
Al Centro ecumenico Menegon
Per la prima volta un falò
a Tramonti di Sopra
PAG. 9 RIFORMA
ANITA BRASCHI
IN una gelida serata d’inverno, per la prima volta,
nel prato antistante il Centro
ecumenico «Menegon» di
Tramonti di Sopra (Pn) si è
alzato il bagliore di un gran
falò anticipando così la data
«storica» del 16 febbraio, vigilia dell’anniversario delle
Lettere Patenti. Prima del
falò un gruppo numeroso di
membri delle comunità di
Udine (metodista), Pordenone (battista), Gorizia (metodista), Trieste (valdese e metodista), "Venezia (valdese e
metodista) si éra ritrovato
nella chiesetta valdese per riflettere sul tema: «La liberazione: utopia di Dio», proposto dalla Fcei per la Settimana della libertà 1999. La liturgia, presieduta da MarieFrance Maurin, si è svolta sia
per le letture sia per alcuni
inni in inglese e francese.
Il pastore Andreas Kòhn ha
tenuto la predicazione su Levitico 25, 10: «...e proclamerete la liberazione del paese
per tutti i suoi abitanti». Come proclamare oggi la libertà, come dare voce alla
«liberazione» per tutti gli abitanti del paese? Sono questi
alcuni interrogativi che pesano sulle nostre coscienze. Riprendendo il linguaggio biblico ricchissimo di storia di
liberazione, il pastore ha
tracciato un itinerario di riflessioni e di impegni per allargare i nostri orizzonti teologici, spirituali, ecclesiali
sottolineando criticamente
come la liberazione vada annunziata anche al di fuori
della rubrica <mta della chie
Si è svolta a gennaio la seconda assemblea della «Refo»
Per discutere di fede e di omosessualità
II
LISA SARACCO
lo scorso '
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scoltato'*’’
itania. 'O
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A un anno di distanza dalla
prima assemblea, che segnò la sua nascita ufficiale, il
9 gennaio la Rete evangelica
fede e omosessualità (Refo) si
e nuovamente riunita, nei Iotali della Chiesa metodista di
Roma in via Firenze, per fare
jjpunto della situazione, staoiUre nuove strategie e rinnoyare democraticamente gli
Incarichi al suo interno. Dalla
relazione presentata dalla seP'eteria è emersa un’attività
Ruasi febbrile della neonata
Rete, che si adopera per stimolare il dibattito all’interno
delle nostre chiese sul tema
fede e sessualità cercando di
creare un contesto dove l’i®ntità sessuale non sia fonte
m einarginazione e discriminazione da parte dei e delle
fedenti. Infatti tra le attività
Pni importanti della Rete si
possono annoverare un bolcttino trimestrale di informazione sul tema e un con'^^nzionale, svoltosi in
ttobre a Casa Cares, sul tema «Diverse famiglie, famiRlm diverse».
La Refo inoltre ha preso
con altre realtà, conasionali e non, che trattano
oneste tematiche, costituen- essa stessa un gruppo di rissane a Roma; ha iniziato
c ® Collaborazione fattiva
0 la Fgei, ha partecipato
chi stand al Sinodo delle
j cse valdesi e metodiste, si
fp^fcpcista come laboratorio
djL °8loo- Non ultimo è poi il
jg ®!*lto nato su Riforma in
den ° pubblicizzazione
deli^ posizioni e delle attività
ina? clibattito che ha setan7° P'cchi di forte intollefjr ^ c omofobia e che può
quanto la
debba ancora lavorare
per l’accoglienza degli e delle
omosessuali nelle chiese e
quanto ancora si debba parlare e dibattere sulla sessualità.
Il bilancio delTanno è stato
positivo, nonostante qualche
incidente di percorso, soprattutto perché si è cominciato di nuovo a parlare del
tema ma anche perché la Rete si è proposta come entità
completamente nuova rispetto al passato e ai soliti
modelli di gruppi omosessuali. Infatti la Rete vede la
partecipazione di credenti
omosessuali e eterosessuali,
donne e uomini, e di conseguenza non mira a essere
una struttura ripiegata su se
stessa o autoghettizzante,
ma un luogo di confronto,
inclusione e scambio; in secondo luogo ha messo sul
tappeto questioni legate alla
fede e alla vita ecclesiastica
con la volontà di creare un
cordolo di protezione nei
confronti di coloro che sono
sempre stati esclusi all’interno delle chiese, sul modello
per esempio delle «More Light Churches» americane di
confessione riformata.
L’assemblea, prendendo
atto di questi risultati, si è
posta il problema di come
continuare a portare avanti le
proprie posizioni, giungendo
alla conclusione che ormai le
chiese evangeliche storiche
sono pronte per iniziare un
dibattito sull’argomento e
che diventa necessario proporsi come referente presso
le sedi istituzionali bmv, in
modo da innescare un dibattito che porti alla fine anche a
dei pronunciamenti ufficiali.
Ma fra gli interlocutori scelti
dalla Refo non ci sono solo gli
esecutivi delle chiese: infatti
l’assemblea si è dichiarata favorevole a iniziare una colla
borazione sui temi di riflessione che le interessano con
le donne, che, avendo battuto per prime la strada della
lotta per l’emancipazione,
potrebbero dare un supporto
positivo alla liberazione di
gay e lesbiche dalla discriminazione e collaborare nella
riflessione teologica sul tema
della sessualità. A tal fine è
stato individuato un altro
punto di riferimento nella
Facoltà valdese di teologia.
Alcuni studenti e studentesse
sono infatti coinvolti nella
Rete, anche a livello organizzativo. Infine continuerà la
collaborazione, sancita da
una mozione votata alTultimo congresso e dalla presenza di un suo membro all’interno della segreteria Refo,
con la Fgei, allo scopo di sensibilizzare i gruppi giovanili
sull’argomento e organizzare,
campi e convegni.
La Rete ha sentito anche
l’esigenza di riorganizzarsi al
proprio interno, a causa del
crescendo di impegni che ha
caratterizzato questo primo
anno di esistenza: infatti, accanto alla segreteria organizzativa e al gruppo teologico, è
nata una redazione che dovrà
occuparsi della pubblicazione e della diffusione del bollettino e dei rapporti con le
testate giornalistiche, evangeliche e non. Tra i mandati
del gruppo teologico, formato da pastori, pastore e addetti ai lavori, c’è la produzione di materiali di studio
sul tema fede e sessualità, da
diffondere nelle chiese. L’Assemblea, dopo una giornata
di proficuo lavoro, si è aggiornata al 15 maggio, in seduta straordinaria, per definire uno statuto giuridico ormai indispensabile nei rapporti con le altre istituzioni.
se». Ci ha molto colpiti il riferimento al sermone tenuto a
Firenze in occasione del 17
febbraio 1956 dal pastore
Carlo Gay: «...è la nostra vita
spirituale e morale che soffre
di un’anemia dalla quale
sembriamo incapaci di scuoterci e liberarci. Sembra quasi che il nostro cielo si sia abbassato». Riprendendo queste parole, il pastore Kòhn si
è domandato: da che cosa
abbiamo noi bisogno di essere liberati oggi? Forse soffriamo anche noi di un certo
«abbassamento» del nostro
cielo o abbiamo bisogno ance noi di allargare i nostri
orizzonti; in questa linea si
impone per noi oggi la liberazione di chi si trova oppresso,
emarginato, schiavizzato e
ciò avviene soprattutto altrove e non più in modo particolare nelle nostre chiese.
L’incontro è proseguito
nell’agape al Centro ecumenico offerta e preparata in
modo ammirevole dalla direzione con tipici piatti dell’arte culinaria friulana. La visita
ai locali del Centro radicalmente ristrutturati ci ha colpiti per l’eleganza unita alla
funzionalità del progetto realizzato. La nuova disposizione delle camere, i percorsi resi più agevoli anche per le
persone anziane, i saloni per
le riunioni sono aspetti qualificanti di ciò che è stato fatto.
I membri delle varie comunità hanno sottolineato con
entusiasmo Tinizio di una
lunga sequenza,di falò che
dovranno essere accesi in occasione del 17 febbraio nel
nuovo millennio dal Centro
ecumenico.
La «Settimana»
L'ecumenismo
in Umbria fra
inni e preghiere
_____ANITA CASTAGNA__
Nei giorni scorsi anche a
Terni, in occasione della
Settimana di preghiera per
l’unità dei cristiani, si sono
svolti diversi incontri tra
evangelici e cattolici. Il primo
incontro è stato quello di Alviano, un piccolo centro a pochi chilometri da Orvieto, tra
la comunità locale e la Chiesa
metodista di Terni. Si è pregato insieme in varie lingue e
sono stati cantati alcuni inni
protestanti con una intensa
partecipazione da parte di
tutti. Due incontri di preghiera si sono poi svolti a Terni,
con la partecipazione del vescovo della diocesi, e a Narni
nella chiesa cattedrale. In entrambi i casi sono state tenute predicazioni sia da parte
cattolica che protestante.
Oltre agli incontri di preghiera sono state organizzate due conferenze. Nella prima mons. Elio Bromuri, di
Perugia, ha parlato delle
«nuove religioni». Nella seconda il prof. Garrone, della
Facoltà valdese di teologia
ha svolto una riflessione su
«Chiese cristiane e popolo
ebraico; un bilancio di fine
millennio». 1 contatti ecumenici tra la Chiesa metodista
di Terni e il Gruppo ecumenico della diocesi di Terni,
Narni e Amelia, avviati già da
un anno, continuano anche
dopo la Settimana di preghiera con due studi biblici
mensili tenuti alternativamente dalla pastora della
chiesa di Terni, Sabina Vosteen, e da padre Occhialini,
docente di teologia presso
l’Istituto teologico di Assisi.
Agenda
26 febbraio
* ~ ì..
PALERMO —Alle ore 17,30, nei locali della Chiesa valdese
di via Spezio 43, Filippo Cucinotta e Fulvio Ferrarlo discutono il tema; «Ragioni e criteri del dialogo ecumenico» a cura del Centro «G. Bonelli», per il ciclo di incontri sul tema «Il
Giubileo, occasione o inciampo sul cammino ecumenico?».
UDINE — Alle ore 18, nei locali della Chiesa metodista
(piazzale D’Annunzio 9), il pastore Andreas Kòhn paria sul
tema: «La preghiera nell’Antico Testamento».
27 febbraio
MILANO — Alle ore 17, presso il Centro culturale protestante (via Sforza 12/a), il prof. Ugo Gastaldi paria sul tema: «Chiesa sacerdotale-chiesa sacramentale-monachesimo: strutture dell’ecclesiologia nei primi secoli».
FIRENZE — Alle ore 17, presso il Centro culturale protestante «P. M. Vermigli», il prof. Giorgio Spini parla sul tema: «Firenze: centro direzionale valdese nel tardo ’800 e
primo ’900». Modera il professor Massimo Rubboli.
RIESI — Presso il Servizio cristiano si tiene un seminario
di liturgia organizzato dall’Associazione battista di Calabria e Sicilia e dal 16° circuito. Relatori i pastori Christopher Mattock e Salvatore Rapisarda. Per prenotazioni e
informazioni rivolgersi a Angela Lorusso Rapisarda (095504077) oppure a Giuseppe Ficara (0923-20951).
28 febbraio
TORINO —Alle ore 17,30, nel tempio valdese di corso Vittorio Emanuele, per il ciclo «Musica e preghiera», l’organista Omar Caputi esegue musiche di Bach e Pachelbel.
TORINO — Alle ore 17, nella chiesa evangelica di via Spontini 34, il Sestetto evangelico canta «inni e corali protestanti del ’500» per il Centro «Lodovico e Paolo Paschetto».
MANTOVA — Alle ore 20,45, nella sala Adi (via Solferino
36), il pastore Gianmaria Grimaldi tiene il terzo incontro di
studio biblico interconfessionale del Sae sul libro di Amos,
dal titolo: «Spunti di riflessione per l’attualità».
fVREA — Alle ore 21, nella chiesa valdese (via Torino 217),
il pastore Gregorio Plescan parla sul tema: «Genitorialità
singola e coppie omosessuali».
4 marm
TORINO — Alle 16 e alle 20,45, nella sala di via Pio V15, la
doti. Laura Pasero (ginecologa) e la dott. Silvia Botturi
(giurista), parlano sul tema: «Interruzione volontaria della
gravidanza: una scelta contestata», nell’ambito del ciclo di
incontri su bioetica e coscienza cristiana.
GENOVA — Alle ore 17,30, a Palazzo Ducale, ala Est, il
giornalista Luigi Sandri e il presidente del Centro Primo
Levi, Ariel Dello Strologo, parlano sul tema: «Israele»
nell’ambito del ciclo del Sae su «Pace e guerra».
5 marzo
IVREA — Alle ore 21, nella sala S. Marta (p. S. Marta), il past. Giuseppe Platone e don Mario Polastro introdurranno
per il Sae il dibattito sul tema: «Il giubileo: utopia di Dio».
TORINO — Alle ore 21, nel tempio valdese di corso Vittorio
Emanuele, la corale polifonica «Dissonanze», diretta da
Paola De Faveri, esegue musiche di Attaignant, Certon,
Hassler, Banchieri, Mozart, Bach, Donati. Ingresso £ 5.000.
NAPOLI — Presso l’Esercito della Salvezza (via Nazionale
75) si tiene la Giornata mondiale di preghiera delle donne.
Per informazioni past. Gabriela Lio (tei. 081-291216).
TORINO — Alle ore 21, nel tempio evangelico di via Viterbo 119, la Chiesa battista di Lucente e la parrocchia San
Giuseppe Cottolengo invitano a un incontro di meditazione sulla Pasqua con letture bibliche, canti, preghiere.
6 marzo
I
TORINO — Alle ore 15,15, nel Salone di corso Vittorio Emanuele 23, Marisa Avigdor (Amicizia ebraico-cristiana), Rina
Lydia Caponetto (scrittrice), Ciglia Tedesco (parlamentare)
e Giacomina Tagliaferri (Gruppo donne credenti) discutono il tema: «Incontrarsi e riconoscersi: testimonianze e dialoghi tra donne». Introduce Gabriella Bianciardi (Coordinamento donne credenti). Verrà presentato il libro di Piera
Egidi «Incontri» (ed. Claudiana, 1998), presente l’autrice.
MILANO — Alle 9,30, nella chiesa metodista (via P. Lambertenghi 28), il past. Soggin tiene un incontro sul tema:
«Dalla Riforma all’ortodossia evangelica (sec. XVT-XVII)».
9 marzo
SIENA —Alle ore 18, nella sala lauree della Facoltà di Giurisprudenza (piazza S. Francesco 7), il prof. Enzo Balocchi,
il prof Giorgio Spini e il past. Eugenio Stretti discutono ii
tema: «La libertà di religione in Italia: il caso pentecostale».
Radiò e teieoisione
CULTO EVANGELICO: ogni domenica mattina alle 7,27 sul
primo programma radiofonico della Rai, predicazione e
notizie dal mondo evangelico italiano ed estero, appuntamenti e commenti di attualità.
PROTESTANTESIMO: rubrica televisiva di Raidue a cura
della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, trasmessa a domeniche alterne alle 23,50 circa e, in replica, il
lunedì della settimana seguente alle ore 9,15 circa. Dom’eandrà in onda: «Donne - chiese, una sfida
possibile; Musicando: un incontro con il compositore Luigi
Bonafede; Incontri: rubrica biblica». Replica 15 marzo.
Le segnalazioni devono giungere con 15 giorni di antìcipo.
14
PAG. 10 RIFORMA
Riforma
Immigrati regolarizzati
Eugenio Bernardini
Le polemiche sul voto alla Camera sulla legge sulla gravidanza medicaimente assistita e alle imminenti scadenze
elettorali (referendum, elezione del capo dello stato, elezioni europee e amministrative) hanno fatto passare un
po’ in secondo piano la decisione del governo, del 9 febbraio, di regolarizzare gli immigrati presenti in Italia prima del 27 marzo 1998 se in possesso dei requisiti richiesti
dal «decreto flussi» del 1998. Su 308.233 domande di regoiarizzazione si stima che ne saranno accoite 250.000: circa
8 su 10. Se si tiene conto che diversi immigrati hanno presentato più di una domanda, si può ritenere che con questo provvedimento il governo ha inteso «sanare» completamente la situazione precedente la nuova legge sull’imntigrazione del marzo scorso. Non solo, alcune norme sono state rese più severe (sequestro degli scafi, meccanismi
più snelli per le espulsioni, rimpatrio assistito per i minori)
e si è definito ulteriormente la composizione della Consulta per l’immlgrazione e della Commissione integrazione.
Il provvedimento è stato criticato dall’opposizione del
Polo, che in questo momento però è occupata su altri
fronti, ma soprattutto dalla Lega che in questi giorni inizia
la raccolta di firme per un referendum «per impedire l’invasione extracomunitaria voluta da una cupola di banchieri americani» e «salvare la Padania europea». Il quotidiano francese Le Monde, invece, titola così l’editoriale
dell’11 febbraio: «Sans-papier: l’Italie exemplaire» (Immigrati irregolari: l’Italia esemplare). Perché «esemplare»?
Perché il governo di sinistra del francese Jospin, che ha di
fronte un problema di «sans-papiers» che numericamente
è la metà di quello italiano, ha consentito la regolarizzazione di poco più di im immigrato su due, lasciando tutti
gli altri in una situazione «inestricabUe» che continua a
provocare forti tensioni in tutta la Francia.
L’Italia, prosegue il quotidiano francese, ha vissuto per
lungo tempo e finché ha potuto senza una legislazione sugli stranieri perché è paese d’immigrazione solo da poco
tempo. Poi, solo in questo ultimo decennio ha avuto due
leggi e tre condoni di massa. La Francia, invece, rispetto
all’Italia, è un paese di inmtigrazione da un secolo, ha delle
leggi da molto tempo, il problema dei clandestini è meno
grave perché le sue frontiere sono in massima parte interne all’Europa, il peso del «settore informale» (cioè il lavoro
sommerso o nero) è più ridotto e la crisi di natalità è meno
grave. Ciononostante, è stato il governo italiano a prendere una decisione «esemplare per la Francia». Una decisione però, conclude Le Monde, che richiede con urgenza
un’armonizzazione delle politiche di immigrazione in tutti
i paesi deli’Unione europea in modo che si superi il disordine in cui i Quindici agiscono attualmente.
Ho riportato ampiamente questa valutazione francese
per dare maggiore respiro a una riflessione che in Italia si
sta avvitando su se stessa a causa dei continui arrivi di immigrati sulle nostre coste e frontiere orientali, deile molte
disfunzioni dello stato e del fatto inoppugnabile che una
percentuale significativa di immigrati irregolari o clandestini è coinvolta nella malavita (lo dimostra anche una recente ricerca di Marzio Barbagli, in collaborazione con
esperti dell’Istat e del ministero deH’Interno, pubblicata
da «Il mulino» con il titolo Immigrazione e criminalità in
Italia). Ma non è certo con l’allarmismo e con la proposta
di provvedimenti inapplicabili (tipo «rimandiamoli tutti a
casa») che si può risolvere un problema anche umanamente complesso, che porta al nostro paese tensioni ma
anche risorse. Questo fenomeno va veramente governato,
bisogna almeno tentare seriamente di farlo, possibilmente in armonia con gli altri paesi europei. E non si può governare nessun fenomeno se prima di tutto non si fa uscire alla luce del sole chi è nella clandestinità.
Tutto bene dunque? No. Quello che forse Le Monde non
valuta con la dovuta attenzione è che in Italia non c’è una
grande tradizione di buon governo, di leggi ragionevoli e
ben applicate, di accettazione ieale delle regole da parte dei
cittadini, di istituzioni pubbliche amate e rispettate. Il «tirare a campare», il «fatta la legge trovato l’inganno», continua a rappresentare lo sport nazionale prediletto. Quindi,
benché pensiamo che si sia imboccata la strada giusta, abbiamo poche certezze sul fatto che la si saprà mantenere.
A
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DIRETTORE: Eugenio Bernardini. VICEDIRETTORE PER IL CENTRO-SUD: Anna Maffei. IN REDAZIONE: Alberto Coreani, Marta D'Auria, Emmanuele Paschetto, Jean-Jacques Peyronel, Piervaldo Rostan (coordinatore de L’eco delle valli) Federica Tourn. COLLABORANO: Luca Benecchi, Alberto Bragaglia, Avernino Di
Croce. Paolo Fabbri, Fulvio Ferrario, Giuseppe Ficara, Giorgio GardioI, Maurizio
Girolami, Pasquale lacobino, Milena Martinat, Carmelina Maurizio, Luca Negro,
Luisa Nitti, Nicola Pantaleo, Gian Paolo Ricco. Fulvio Rocco, Marco Rostan, Mirella Scorsonelli, Florence Vinti, Raffaele Volpe.
DIRETTORA RESPONSABILE Al SENSI DI LEGGE: Piera Egidi.
REVISIONE EDITORIALE:Stelio Armand-Hugon; GRAFICA: Pietro Romeo
AMMINISTRAZIONE: Ester Castangia: ABBONAMENTI: Daniela Actis.
STAMPA; La Ghisleriana s.n.c. Mondovi - tei. 0174-42590.
EDITORE: Edizioni Protestanti s.r.l. - via S. Pio V. 15 bis -10125 Torino.
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non può
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Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con il n. 176 del 1’ gennaio 1951. Le modifiche
sono state registrate il 5 marzo 1993.
Il numero 8 del 19 febbraio 1999 è stato spedito dali'Ufficio CMP
Nord di Torino, via Cebrosa 5, mercoledì 17 febbraio 1999.
Commenti
VENERDÌ 26 FEBBRAIO 19» yg^ERD
È una questione vitale per molte migliaia di malati
La donazione degli organi
Sono 300.000 le persone nel mondo che vivono grazie a
un trapianto. Nelle donazioni l'Italia è penultima in Europa
STEFANO R. MOLLICA
La questione della donazione degli organi, di importanza vitale per molti malati, incontra troppo spesso
un muro nell’opinione pubblica. Certo, essere costretti a
pensare come sarà utilizzato
il nostro corpo dopo la morte, può non essere la cosa più
beila su cui riflettere, ma bisogna anche riconoscere che
questa nostra paura-pigrizia
diventa una condanna a
morte per le migliaia di persone (solo in Italia) in attesa
di trapianto.
Spesso ho sentito dire «No,
non divento donatore altrimenti se mi dovesse succedere qualcosa di grave, in ospedale non farebbero tutto il
possibile per aiutarmi». Vi
pare possibile pensare che
dei medici decidano di non
salvare una persona per far sì
che una seconda persona
possa ricevere gli organi della
prima? Queste perplessità e
paure sono spesso un segnale
di ignoranza sull’argomento.
Personalmente, ritengo nostro dovere di cristiani non
negare la speranza a un fratello, nel momento in cui il
Signore ci chiamerà a lui.
Alcuni sono perplessi sulla
nuova legge, che attende la
conferma del Senato, che
prevede il «silenzio-assenso»,
ovvero, chi «informato» non
dichiarerà la sua posizione
sarà considerato, dallo stato,
un donatore. In realtà questa
non è affatto una novità. Il
principio che la legge italiana
vigente stabilisce non è il
consenso al prelievo, ma il rifiuto. Infatti, l’art. 6 della legge n.644 del 1975 prevede
che il prelievo da cadavere è
vietato quando il soggetto
abbia esplicitamente negato
in vita il proprio assenso, e
quando vi sia opposizione
scritta da parte del coniuge
non separato o dei parenti di
primo grado. Il prelievo invece può essere comunque effettuato in ogni caso se il magistrato o il medico decidono
di procedere all’autopsia o al
riscontro diagnostico per accertare le cause del decesso.
I trapianti d’organo e in
particolare quelli di rene, di
cuore e fegato sono entrati
nella routine dell’attività medica di tutti i giorni. Sono più
di 300.000 le persone in tutto
il mondo che vivono grazie a
un trapianto. La sopravvivenza di questi pazienti è molto
buona e può superare i 20-25
anni. La sopravvivenza del rene trapiantato da donatore
cadavere dopo un anno dall’intervento è risultata pari
all’88%; a distanza di 5 anni è
Andamento del rapporto tra disponibilità
di organi prelevati e necessità di trapianti
O organi prelevati
M fabbisogno annuo
e pazienti in lista d'attesa
1994
1995
1996
1997
del 76%. La sopravvivenza dei
pazienti a distanza di 3 anni
dall’intervento è superiore al
90%: a distanza di 10 anni è
pari all’86%. La sopravvivenza dei pazienti trapiantati di
cuore a 3 anni è pari all’84%.
La sopravvivenza dei pazienti
trapiantati di fegato a 3 anni è
superiore al 63%. Da notare
che la sopravvivenza a 3 anni
dei pazienti entrati in lista di
attesa per un trapianto di
cuore e fegato, ma non trapiantati, è del 30%.
Il trapianto rappresenta oggi un’efficace terapia per alcune gravi insufficienze che
colpiscono organi diversi del
corpo umano e non sono altrimenti curabili. Grazie all’esperienza acquisita in questi ultimi anni, questo intervento consente al paziente
trapiantato una durata e una
qualità di vita che nessuna altra terapia è in grado di garantire, e nel contempo assicura al Servizio sanitario nazionale un risparmio economico e di risorse. Non tutti i
pazienti che necessitano di
trapianto però possono giovarne a causa dello scarso numero di donatori e quindi di
organi disponibili. Mentre la
media europea è di 16-20 donatori l’anno per milione di
abitanti, in Italia essa scende
a solo 11. II nostro paese è al
penultimo posto in Europa.
Chi può essere considerato
«potenziale» donatore di organi? Le persone decedute
che si trovano in condizione
di «morte cerebrale». Questo
aggettivo «cerebrale», definisce la morte che si osserva in
soggetti deceduti nei reparti
di rianimazione e che si identifica con la cessazione irreversibile di tutte le funzioni
dell’encefalo. La diagnosi di
«morte cerebrale» può essere
formulata solo se è stata riscontrata la contemporanea
presenza di stato di inco
scienza, assenza di riflessi del
tronco e della respirazione
spontanea, silenzio elettrico
cerebrale. Solamente gli individui «cerebralmente morti»,
in assenza di malattie trasmissibili, sono considerati
potenziali donatori di organi.
Nel 1995 a fronte di migliaia
di persone morte in Italia, i
potenziali donatori sono stati
3.100 circa e solo 576 hanno
donato gli organi.
Chi accerta la «morte cerebrale»? L’accertamento e la
certificazione di «morte cerebrale» sono effettuati da un
collegio di tre medici (medico
legale, anestesista-rianimatore, neurofisiopatologo) indipendenti dall’équipe di prelievo e trapianto. Questi medici verificano il perdurare
delle condizioni che hanno
determinato il momento della
morte per un periodo di osservazione non inferiore a 6
ore per gli adulti e i bambini
in età superiore a 5 anni; non
inferiore alle 12 ore per i bambini di età compresa tra uno e
cinque anni e non inferiore
alle 24 ore nei bambini di età
inferiore a un anno.
Perché si parla di «cadavere a cuore battente»? Le unità
di rianimazione, grazie alle
moderne tecnologie, riescono a salvare persone le cui
condizioni cliniche fino a poco tempo fa erano considerate irrecuperabili. Ed è ancora
grazie a queste tecnologie,
che è possibile mantenere
per un periodo di tempo limitato, in soggetti in morte
cerebrale, la circolazione
sanguigna e la funzione respiratoria. Questa procedura
è indispensabile per garantire la vitalità degli organi destinati al successivo prelievo
per trapianto.
Buona parte delle informazioni sono tratte dai siti Internet dell'Aido (www.aido.it) e
del Senato (www.senato.it)
IL sindaco di Milano, Albertini, ha trascorso la settimana scorsa a New York per
studiare i metodi adottati in
quella città per stroncare la
criminalità e la violenza, che
sono ormai diffuse anche in
tante nostre città. In particolare, Albertini ha avuto dei
colloqui con Rudolph Giuliani, il sindaco sceriffo di New
York, l’uomo forte, dalla pistola d’oro, il cui motto è
«tolleranza zero». Giuliani ha
reso ancora più brutali i sistemi della polizia nuovayorchese: prima sparare e poi
chiedere i documenti. In pochi anni per errore parecchi
giovani (ovviamente di colore) sono stati massacrati dalla
polizia, salvo poi scoprire che
si trattava di operai incensurati, in nessun modo coinvolti con il crimine. Di notte, si
sa, a noi bianchi tutti i neri
sembrano uguali: è facile
PIERO BENSÌ
sbagliare. Criminalità di stato. Da pochi giorni Giuliani
ha dotato la sua banda di poliziotti di pallottole dumdum, quelle che esplodono
nel corpo provocando ferite
devastanti; sono state dichiarate fuorilegge dalla Convenzione dell’Aia cento anni fa,
ma questo non interessa lo
sceriffo di New York.
Che cosa è andato a fare
Albertini da questo individuo? Che cosa vuole imparare? A parte il fatto che in Ita
lia la polizia non dipende dai
sindaci; a parte il fatto che
nessuna città al mondo può
essere paragonata a New
York, pensa forse Albertini di
poter combattere la criminalità con la violenta repressione? In tutte le città americane, in questi ultimi tre anni
c’è stata una sensibile riduzione della criminalità, anche
senza adottare i metodi brutali di Giuliani. La microcriminalità è sovente (non sempre) l’ultimo anello di una
if
iMat
Fani
laRepubUka
stato e Concordato
In occasione del 70“ anni,
versarlo del Concordato (sui
numero del 9 febbraio), b
storico cattolico Pietro Scop.
pola offre a Marco Politi un*
intervista interessante. Chiarito che «la vera Conciliazione si realizza con la Costituzione», poiché in essa sono
confluiti «in sintesi i valori
cristiani», lo storico ammette
i condizionamenti che gravarono sulla Repubblica per anni, come per esempio relativamente all’art. 5 della Costituzione sugli spretati, acni
erano interdette le cariche di
funzionario o di insegnante.
Scoppola dice; «Si perpetuò,
la presenza di concezioni re-!
ligiose di tipo preliberale. Si
vide che i valori di libertà e di ¡
democrazia non erano pacifl-ci aU’interno del mondo cattolico. Si ebbe la persecuzione di minoranze religiose,|
denunciata da Jemolo». E an- i
cora, sul senso che possono
avere oggi i Concordati, afferma; «Sempre meno. Servivano per gli stati assoluti o totalitari (...). In realtà la Chièsa
ha oggi il problema di stare
molecolarmente nella società
civile. Non è possibile dominare dall’alto 0 servendosi
delle leggi. Bisogna dare risposte dal di dentro alle tensioni etiche dei contemporanei. Molti nella Chiesa fanno
fatica a capirlo».
Non ser
subito, si (
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Signore: «
ché...», t
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ri silenzio;
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vaneìh^9i
Ora che
Preti in blue jeans
Fuori dal coro, lo scrittore
Vittorio Messori contestai»
un’intervista a P. F. De Robettis (16 febbraio) la partecipazione di preti e suore a un varietà televisivo. «È un’iniziati-:
va lugubre - dice -. Il massi-'
mo della necrofilia (...) i)eH
senso che è l’unica vitalitàj
che questo cadavere sa espri- :
mere». Il cadavere, nel pen-'
siero del polemista, «è quello
che io chiamo il cattolicesimo
alla chitarra, o dei blue jeans,
o delle biciclettate, o del "come è bello volersi bene",
preti che si mettono in blue
jeans per non far vedere ebe
sono preti (...). E magari'
scordano di parlare di Dio,
dire che il Vangelo è anche
dramma e sofferenza (...)■ ^,
sumono questi atteggiarnent
pensando che la gente li
glia così, ma sbagliano,
gente, invece, non li vuole come loro, miseri come loto,
piccoli e pieni di difetti coffe
loro. Li vuole uomini del ffj;
stero, del sacro, testimoni
qualcosa di più grande».
dalla
lunga catena, che parte
famiglia, dai compagni,
amicizie. Assumiamoci tu®
le nostre responsabilità e vedremo la vita cambiare.
«Un albero buono rtonp
fare frutti cattivi», avverte of
sù. Provveda Albertini a®
gliorare le sue scuole, i ceri ^
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(Rubrica «Un fatto,
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curata dalla Federazioni
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i Maria Luisa
Fanlo y Cortés
Non sempre, o almeno non
subito, si capisce il motivo per
cui viene a mancarci una persona cara. Interroghiamo il
Signore: «Perché, Padre, perché...»i nia sentiamo solo
l’eco delle nostre parole, e poi
il silenzio; sembra che nessuno ci ascolti, nemmeno lui. Ci
sentiamo abbandonati e rimaniamo chiusi nel nostro
dolore, attoniti, quasi increduli, smarriti, delusi. Ma per
fortuna questa è la sensazione
di pochi minuti, pochi secondi, perché immediatamente
risentiamo la sua presenza.
ci tende la mano, rialziamo il capo, la mente torna,
consapevoli che la nostra vita,
la nostra fede, la nostra forza
per continuare sono solo nel
Signore, unico nostro rifugio.
Questo è ciò che ho provato e
che si prova il più delle volte,
quando una persona che noi
amiamo tanto ci lascia.
Maria Luisa Fanlo y Cortés
non è più tra noi; si è spenta
lentamente, come una candela, al crepuscolo di mercoledì 10 febbraio. La Comunità
elvetica e valdese la ricorda,
qui a Trieste, quando il marito, pastore Teodoro, vi svolgeva il suo ministero. Donna
dolce e forte e allo stesso
tempo sincera, schietta, risoluta, che ha fatto sentire «importanti» anche i minimi come me, riuscendo a scavare il
buono nel profondo del cuore di chi Tamava. I suoi bambini, come lei li chiamava,
non erano solo i suoi figli Isabel eDavid, ma tutti quelli
deha scuola domenicale che
ella, come monitrice, educavanelkpziola del Signore.
Ora che ci ha preceduti
nella patria celeste ci sentiamo più soli; ma il ricordo di
lei, del bene che ci ha elargito
a piene mani, resterà con noi.
E così il suo ricordo, che avrà
sempre un posto importante
nel nostro cuore. Siamo vicinissimi, stretti al pastore
Fanlo y Cortés e alla sua famiglia, condividendo lo stesso dolore. Preghiamo il Signore perché mandi loro il
suo Spirito consolatore e che
dia loro la forza di continuare
il cammino. Che ognuno di
noi, quando verrà chiamato
dal Signore, possa esclamare,
come si può ben dire di Maria Luisa, «Ho combattuto il
buon combattimento, ho finito la corsa, ho conservato
la fede. Ormai mi è riservata
la corona di giustizia che il
Signore, il giusto giudice, mi
assegnerà in quel giorno» (Il
Timoteo 4, 7-8).
Rosy Balos - Trieste
^ Proposte per
Iranno giubilare
Ho già ascoltato molto sulla
celebrazione dell’anno 2000
come anno giubilare da parte
della Chiesa cattolica apostolica romana. Ho anche letto
che a dette celebrazioni saremmo graditi invitati. Che da
parte nostra si declini l’invito
mi sembra atto di onestà e di
coerenza. Se vi fossero dubbi
che tale nostro gesto sia antiecumenico, come evangelico sento di dover esprimere, a
costo di ripetizioni, alcune
brevi considerazioni:
1) Questo Giubileo, nella
sua concreta manifestazione,
sarà inevitabilmente espressione solo della Chiesa cattolica, della sua teologia, della
sua liturgia, del suo associazionismo e, elemento implicito, della sua ritenuta unica
istituzione divina della chiesa.
2) Invitati a che cosa? A
jeans
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA
Segretariato per l’ecumenismo e il dialogo
FEDERAZIONE DELLE CHIESE EVANGELICHE
IN ITALIA
SACRA ARCIDIOCESI ORTODOSSA D’ITALIA
CONVEGNO SUL
«PADRE NOSTRO»
Perugia, 12-15 aprile 1999
Sala dei Notari, Palazzo dei Priori, piazza IV Novembre
Reloz/oni, riflessioni e interventi di: Ignazio Baldelli, Giuseppe
Liras, Pierangelo Sequeri, Elisabeth Green, Daniele Garro»«.Vassilios Pseftggàs, Gennadios Zervos, Elio Bromuri, Enzo Bianchi, Traian Valdman, Giuseppe Platone, Giovanni
'ionarone. Massimo Aprile, Angelo Comastri, Innocenzo
Gargano, Paolo Ricca, Renato D’Antiga.
Quoto di iscrizione: L 40.000.
Osfito/itò in albergo (dalla cena del 12 aprile al pranzo del 15
lire 360.000 (camera singola), lire 300.000 (camera
aoppia), lire 30.000 (pasti per i non residenti).
informazioni rivolgersi a:
Lei - Segretariato ecumenismo e dialogo - circonvallazione
Aurelia, 50 - 00165 Roma
Tel. 06-663981 - 06-66398301
Fax 06-66398204 - 066523037
0. un CO'
•lissione
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\zione
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tica
U
«razione delle chiese evangeliche in Italia
^Wération protestante de France
^^ociazione internazionale dei cappellani di prigione (Ipca)
Vincere la violenza e l’isolamento
religione nel mondo carcerario: quali paure? quali certezze?
Jucontro di formazione proposto ai pastori che svolgono o hanno
^ enzione di svolgere un ministero di cappellania nelle carceri.
0 ® come aggiornamento pastorale.
. lunedì 3 maggio (arrivo 2 maggio sera) a mercoledì 5 maggio
Partenza il 6 mattino).
Luogo:
“Osto:
^*<=rizioni:
^^gue ufficiali:
Siena;
Casa dei Ritiri - Villa «Santa Regina» via
Bianca Piccolomini, località Due Ponti, tei.
0577-221206;
spese di soggiorno, pasti, formazione, escursioni 180.000 lire;
presso il pastore Odoardo Lupi, via Dema 13,
56126 Pisa, tei. 050-28566;
francese e italiano.
unirci nella condivisione dello spirito del giubileo biblico?
Non rientra nella nostra
comprensione e sensibilità
associare detto spirito a manifestazioni di questo tipo,
permeate dall’immagine di
una Chiesa docente e di un
popolo di Dio silente.
3) Viene riproposto come
centrale il tema delle «indulgenze» che, teologicamente,
costituiscono la remissione
di fronte a Dio, per mezzo
della chiesa, delle pene temporali dovute per i peccati.
Permane, in tutta la sua concezione, una chiesa amministratrice unica del giudizio e
della redenzione divina.
4) Non saranno poche le
sottolineature, nel quadro
delle «indulgenze», dell’importanza della fisicità di «luoghi santi» custodi di oggetti
sacri e destinatari di pratiche
devozionali.
5) La nostra presenza, se
tacita rappresentanza o quasi, verrebbe percepita a livello di informazione più come
consenso che come atto ecumenico. Ciò significherebbe
ulteriore confusione e rafforzamento dell’immagine che
in definitiva Roma (Vaticano)
è pur sempre il centro di tutta la cristianità.
Come potremmo coniugare tutto ciò con una accettazione dell’invito? Paolo Ricca
nel suo recente articolo «Giubileo, vino nuovo in otri vecchi» (Riforma n. 5) esprime il
parere che «si sta rivelando
difficile se non impossibile
mettere il vino nuovo dell’ecumenismo negli otri vecchi del giubileo cattolico».
Fulvio Ferrario nel suo «Quale Giubileo per i protestanti
italiani?» (Riforma n. 7) afferma che «...il Giubileo, per dirla in modo prudente, non
aiuta a capire che cosa sia
l’Evangelo di Gesù Cristo».
Credo che sia così. Potremo
con i nostri piccoli numeri
spiegare, con i normali mezzi
di informazione pubblica,
perché non partecipiamo,
senza il rischio di essere
stralciati o oscurati?
Il giubileo è stato il grande
richiamo di Dio al suo popolo, così come trasmessoci dal
Levitico (25, 8-17) ed è un richiamo che da allora trascende le date e le celebrazioni
per entrare nella vita dei credenti. Il vero problema del
giubileo è che ciò che il Signore vuole da noi (condividere i beni della terra, cioè
del mondo, affinché ciascuno
viva con dignità, restituire il
maltolto agli oppressi, condonare i debiti a chi è in difficoltà e cancellare ogni nostro
connaturato egoismo) lo
consideriamo, nei fatti, utopia. Per quanto sta a noi cerchiamo allora il concreto del
giubileo nella fedeltà al Si
Un'iniziativa del Centro diaconale La Noce di Palermo
Borse dì studio per bimbi senza assistenza
Il Centro diaconale La Noce di Palermo dispone delle borse di studio o adozioni temporanee a distanza, o anche padrinati o madrinati, a favore di bambini e bambine privi
di assistenza, al fine di permettere loro di
usufruire di una serie di servizi, a seconda
delle necessità, fomiti dal Centro stesso. Può
trattarsi di assistenza medica specialistica,
pasti e dotazione di libri e cancelleria, terapie riabilitative, ospitalità nella casa-famiglia, inserimento nel servizio educativo domiciliare. Ognuno di questi servizi comporta
modalità e costi diversi, ma ai fini delle borse
essi sono quantificati in 150.000 lire mensili.
L’impegno a sostenere una borsa di studio
può essere assunto da singoli, gmppi o chiese; può essere di consistenza e durata variabili, ma in linea di massima si propone di valutare la possibilità di un impegno di durata
non inferiore ai dieci mesi. La borsa viene
assegnata ai minori su richiesta loro o delle
famiglie o su proposta delle assistenti sociali
del Centro, che svolgono anche le necessarie
indagini. A una prima fase di indagine ambientale segue un periodo di osservazione,
poi viene individuata con gli altri operatori
(insegnanti, educatori, psicologi, terapista,
ecc.) la forma d’intervento più corretta e viene messo a punto il progetto da proporre
agli interessati o alle famiglie o a chi ne abbia tutela. Nella maggior parte del casi i ser
vizi sociali del territorio (Comune, ma anche
Tribunale per i minorenni, ecc.) sono coinvolti o informati.
I minori sono informati della presenza di
una borsa di studio, ma conservano l’anonimato e non è previsto un rapporto diretto fra
1 donatori e i fruitori delle borse. I donatori
possono, richiedendolo, conoscere il percorso e l’esito dell’intervento a cui contribuiscono. Tutte le trasmissioni di notizie avvengono tramite i responsabili del Centro, tenuti al
più rigoroso riserbo.
Chi desideri sottoscrivere un impegno per
una borsa di studio può rivolgersi al pastore
della propria chiesa, alla Tavola valdese oppure direttamente al Centro: riceverà le necessarie informazioni. Gli importi possono
essere corrisposti al cassiere della propria
chiesa, alla Tavola valdese oppure al Centro
con versamento sul ccp 12975900 intestato a
Centro diaconale La Noce, Palermo, oppure
sul conto bancario 10/1746, CAB 04600 ABI
01025, intestato a Centro diaconale-Tavola
valdese, presso Istituto S. Paolo di Torino, filiale di Palermo. In base alla legge 409/93 gli
importi così corrisposti, fino a due milioni,
possono essere detratti dall’imponibile fiscale
Per ulteriori informazioni Centro diaconale La Noce, via Di Blasi 12,90135 Palermo;
tei. 091-6817941 - fax 091-6820118;
e-mail: c.d.lanoce@mclink.it
gnore delle nostre più o meno piccole azioni quotidiane,
sia a livello di Chiesa sia di
singoli, al di fuori di discorsi
di ravvedimento planetario
che troppo spesso lasciano il
tempo che trovano e rischiano veramente il pronunciamento del nome di Dio invano. Forse così l’utopia sarà
un po’ meno utopia.
Ben resti il nostro dialogo
con il cattolicesimo di base
ma lasciamo che la Chiesa
cattolica celebri da sola il suo
Giubileo, augurandole, questo sì con vero spirito ecumenico, che sia il relativo messaggio biblico il solo ispiratore delle manifestazioni, senza
che queste assumano tonalità di trionfalismo religioso
che avvertiamo come nemico
di qualsiasi chiesa.
Emilio Bracco - Trieste
Le risorse
umane
Fulvio Ferrario su Riforma
n. 7, a pagina 10 («Quale Giubileo per i protestanti italiani?») si domanda come possano quei «quattro gatti» di
evangelici italiani essere il
«Fort Apache» della laicità
dello stato italiano e come
potrebbero fare udire la propria voce nel baccano giubilare.
Ora, una Federazione di
chiese evangeliche che gestisce -un programma radiofonico settimanale, un program
Insegnanti evangelici
verso il Convegno nazionale
Continua il cammino verso il coordinamento di tutti gli
insegnanti e opèlatori della scuola evangelici. Dopo i seminari organizzati nel 1998 a Torino è a Napoli, sono previsti
nella primavera di quest'anno numerosi incontri locali e
regionali che dovranno ulteriormente servire a mettere in
contatto le persone che lavorano nella scuola e a confrontarsi sulla proposta di un’associazione, sui motivi e sugli
ambiti possibili di impegno. Già è stato chiarito che non si
vuole creare un’organizzazione confessionale, ma tm’associazione che è promossa nell’ambito dell’evangelismo e
che si sente fortemente impegnata per la scuola pubblica,
per la libertà e la laicità, per una più seria e plurale comprensione del fatto religòso, per una migliore preparazione e aggiornamento dei docenti, contro il finanziamento
dello stato a qualsiasi scuola che non garantisca la libertà
di insegnamento e recluti gli insegnanti con criteri diversi
dalla loro professionalità. Sulla base di questi fondamentali
obiettivi, a cura del Consiglio della Federazione delle chiese evangeliche è stata predisposta una bozza di statuto che
dovrà essere valutata riei prossimi convegni locali. In tali
sedi si fórmuleranno ulteriori proposte e si nomineranno
alcuni delegati che parteciperanno al Convegno nazionale,
già previsto a Roma per il 31 ottobre-1« novembre 1999. Il
Convegno, recependo i risultati di questa ampia consultazione, dovrà prendere le decisioni finali sia sull’associazione che sul suo funzionamento e la sua eventuale apertura
non solo all’ambito evangelico.
per il Consiglio Fcei
Marco Rostan
ma televisivo quindicinale,
un’agenzia di stampa, dovrebbe innanzitutto potenziare proprio i mezzi che già
ha facendoli lavorare al massimo livello possibile. Certo i
soli mezzi tecnici non sono
sufficienti, occorre che i
«quattro gatti» abbiano più
coraggio, scendano cioè in
piazza, affianchino l’umano
al tecnico.
La parola di Dio offre, tra i
tanti, due spunti di formazione: il primo è il testo di I Re,
cap. 19: «Sono rimasto solo si giustifica Elia - ed essi tentano di togliermi la vita». Il
Signore gli disse: «Su, ritorna
sui tuoi passi...». Il secondo
spunto è nel Nuovo Testamento e nella vita di ciascun
credente pienamente con
vinto, dimostrandolo con i
fatti, che «Il Vangelo è potenza di Dio [non nostra] per la
salvezza di chi crede...» (Romani 1,16).
Giudici
Mestre
Giovanni L.
Posta
elettronica
Il nuovo indirizzo e-mail
del pastore Massimiliano Pagliai è: maxpagliai@iol.it
Nuovo indirizzo
Il nuovo indirizzo del past.
Domenico Dentico e signora
è: via Gambasca 23, 10100
Torino, tei. 0360-388870.
Partecipa;
RINGRAZIAMENTO
«Ho invocato Dio, l’Altssimo:
egli mi verrà in aiuto!»
Salmo 57, 3
I familiari dei compianto
Ermanno Sappé
di anni 84
commossi e riconoscenti, ringraziano di cuore tutti coioro che con
presenza, scritti e parole di conforto hanno preso parte al loro
dolore. Un ringraziamento particolare alle signore Bruna e Anna
Paola.
Bobbio Penice, 15 febbraio 1999
RINGRAZIAMENTO
«Dio è amore»
I Giov. 4, 9
È mancata
Sylvia Cornelio
Si ringraziano di cuore la direzione e il personale tutto dell’Asilo
valdese di San Giovanni e il pastore Bruno Rostagno.
«Mi prendi per la mano. Signor
Gesù, col tuo poter sovrano mi
guidi tu» (Inno 94).
Torre Pellice, 26 febbraio 1999
RINGRAZIAMENTO
«Sii fedele fino alla morte»
Apoc. 2,10
È mancata
Dina dalla Gobello
Lo annunciano le sue amate nipoti Elisabetta ed Ester e tutta la
sua famiglia.
Livio, Tatiana ed Edoardo desiderano esprimere la loro riconoscenza per l’affetto e l’aiuto ricevuto agli amici Elda e Sergio Rossetto, all’Associazione Rafael, alla dotf.ssa Silvana Pons, al pastore Claudio Paschetto, alla comunità dell’Asilo valdese, a Ida e
Paola e a quanti sono stati partecipi al loro dolore.
Luserna San Giovanni
26 febbraio 1999
AI LETTORI
Il nosfro settimanale non
pubblica lettere anonime.
Sono tali anche quelle che
non riportano l’indirizzo
completo (che ovviamente
non pubblichiamo) o ne riportano uno di fantasia.
Soprattutto, siate brevi.
L'Ente Patrimoniale dell'U.C.E.B.I.
(Unione Cristana Evangelica Battista d'Italia)
con sede in Roma, P.zza S. Lorenzo in Lucina, 35
METTE IN VENDITA
al miglior offerente un terreno edificabile nel Comune di Rivoli (provincia di Torino) così identificato: Comune di Rivoli
Fg. 32 mappale 387 superficie mq. 546.
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di proprietà deìl'Ente e con accesso da Viale Bassano è ubicato in zona residenziale del Piano Regolatore Generale Comunale con indice territoriale mc/mq 1.00.
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terreno in Rivoli", dovranno pervenire a Ente Patrimoniale
dell’UCEBI - Piazza San Lorenzo in Lucina, 35 - 00186 Roma
entro il 15/3/1999. L Ente si riserva la facoltà di non procedere ad alcuna assegnazione.
Per informazioni rivolgersi al Servizio Tecnico EP/UCEBI lei.
06/6876124 - 6872261
16
PAG. 12 RIFORMA
Villaggio Globale
VENERDÌ 26 FEBBRAIO 199q
Visita di una delegazione del Cec per capire le cause del fenomeno
Indonesia: perché le minoranze religiose sono sotto tiro?
Durante un incontro con i
membri di una delegazione
del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) e della Conferenza cristiana d’Asia (Cca),
con sede a Hong Kong, il presidente indonesiano Habibie
ha vivamente condannato i
responsabili delle violenze e
degli incendi contro i luoghi
di culto che si sono moltiplicati nel paese, qualificandoli
«criminali» e «barbari».
544 chiese distrutte
«I criminali non sono religiosi» ha detto Habibie rispondendo a coloro che sostengono che la causa di tale
violenza vada ricercata nelle
divergenze tra i musulmani
maggioritari e i cristiani. Per
decenni, ha ricordato, le due
comunità hanno coesistito
armoniosamente. Circa l’87%
dei 200 milioni di indonesiani è musulmano e il 9% cristiano. L’Indonesia conta
inoltre un’importante comunità indù, e oltre un milione
di buddisti. La delegazione
ha chiesto al presidente cosa
stesse facendo il suo governo
per identificare i responsabili
di tali atti: incendi di luoghi
di culto, violenze collettive,
aggressioni, crimini e stupri.
Habibie ha risposto che le
autorità sanno chi sono i responsabili, ma non hanno
ancora prove sufficienti per
spiccare ordini di cattura.
Le violenze e gli attacchi
contro i luoghi di culto hanno provocato l’indignazione
della comunità intemazionale e delle chiese. Nel gennaio
scorso, nella città portuale di
Ambón, nell’isola delle Molucche, teppisti hanno incendiato 10 moschee, 9 chiese,
890 case e 20 negozi. Da
quando l’Indonesia è diventata indipendente, nel 1945,
544 chiese sono state distrut
Giakarta durante la rivolta degli studenti nella primavera ’98
te, la maggior parte delle
quali a partire dal 1995. La visita della delegazione del
Cec, dal 28 gennaio ^ 3 febbraio, era pastorale. È quanto ha sottolineato uno dei
membri, Clement John, segretario esecutivo agli affari
intemazionali del Cec. La delegazione, guidata da David
Gill, segretario generale del
Consiglio nazionale delle
chiese dell’Australia, era
composta da rappresentanti
delle chiese di Australia, Germania, Paesi Bassi, Hong
Kong, Sri Lanka, Filippine,
Malaysia e Nuova Zelanda.
Cause economiche
Secondo un comunicato
pubblicato dal Cec il 9 febbraio scorso, «l’équipe ecumenica è convinta che la violenza, in Indonesia, non sia
prima di tutto l’espressione
di un odio religioso, ma che
essa risulti piuttosto da fattori politici ed economici. Inoltre l’Indonesia è un paese in
cui la libertà di espressione è
stata repressa per molti anni
ma che oggi conosce una
nuova forma di libertà. Nessuno sa ciò che succederà in
futuro, soprattutto dopo le
elezioni politiche che dovrebbero svolgersi nel prossimo giugno, e alle quali parteciperanno 200 partiti. La delegazione ha dichiarato che
la situazione in questo paese
è del tutto confusa e che la
religione e l’identità etnica
vengono stmmentalizzate da
membri delle élite al potere.
Interrogato sulla causa di
questa violenza Clement John
ha risposto: «All’origine, è un
problema economico». Per
via della crisi economica che
ha colpito l’insieme dell’Asia,
Fa parte della campagna di Quaresima delle chiese
Svizzera: lanciata la campagna «Vestiti puliti»
Per garantire prezzi attraenti, varie fabbriche svizzere di vestiti hanno smistato
la loro produzione nei paesi
poveri. Quando comprano
vestiti, gli svizzeri sono informati sulle condizioni di vita e
di lavoro di coloro che li producono in Africa o in Europa?
Ovunque nel mondo, operaie
si ammazzano di lavoro in
condizioni durissime e per
salari di fame. Perché questo
cambi, alcune organizzazioni
svizzere - Action de Carême,
Déclaration de Berne e Pain
pour le Prochain - hanno
lanciato una campagna comune: «Per vestiti prodotti
nella dignità».
L’idea guida della campagna, battezzata «Clean clothes» (vestiti puliti) è semplice. I consumatori sono invitati ad inviare cartoline postali ai fabbricanti per chiedere vestiti prodotti nella dignità. «Abbiamo rinunciato
ad una campagna di boicottaggio perché in fin dei conti
sarebbero i lavoratori a farne
le spese», spiega Suzanne
Blätter, della «Déclaration de
Berne». Questa iniziativa, che
fa parte integrante della campagna di Quaresima delle
chiese svizzere, non intende
colpevolizzare o ridurre il
piacere di vestirsi, ma invitare a un «consumo più responsabile e consapevole»,
precisano gli organizzatori.
Le fabbriche di confezione
delocalizzano la loro produzione in cerca di una mano
d’opera flessibile e a buon
mercato: le operaie e gli operai che producono i vestiti
vengono sfruttati; qualunque
sia il paese di origine, la fabbrica o il distributore, le condizioni di lavoro sono spesso
indegne: orari di lavoro interminabili (fino a 93 ore la settimana), salari insufficienti,
misure di sicurezza e di salute
lacunose, disciplina militare,
vessazioni diverse, restrizioni
o assenza di diritti sindacali.
Consapevoli dell’importanza crescente delle questioni etiche lira i consumatori, alcune imprese svizzere di
confezioni hanno avviato ini
ziative, purtroppo ancora incomplete. Perché le condizioni di lavoro migliorino notevolmente, la campagna
«Clean clothes» chiede l’adozione di un codice di comportamento completo che
garantisca il rispetto dei diritti fondamentali dei lavoratori, il divieto del lavoro dei
bambini, la possibilità per gli
operai di organizzarsi liberamente e di denunciare senza
rischio ogni violazione dei loro diritti. Lanciata in dieci
paesi europei, la campagna
«Clean clothes» ha già dimostrato che la mobilitazione
dei consumatori riesce a influenzare la politica sociale
delle imprese e dei distributori di vestiti: Nike, Adidas,
Levi’s, H&M, C&A, ne hanno
fatto l’esperienza. Ora tocca
alle imprese svizzere.
La prima campagna «Clean
clothes» è iniziata in Olanda
nel 1990. Da allora, in nove
paesi europei, varie organizzazioni hanno chiesto il miglioramento delle condizioni
di lavoro nella produzione di
vestiti e di articoli sportivi.
Nel 1997, su iniziativa della
«Déclaration de Berne» e di
«Terre des hommes suisse»,
oltre 40.000 cartoline postali
sono state inviate alle imprese e ai grandi distributori di
scarpe sportive. Chiedevano
di garantire buone condizioni di lavoro e una remunerazione equa nell’industria di
articoli sportivi. (spp/apìc)
Da dove vengono i vestiti?
Secondo l’ultima inchiesta delTUffìcio federale di statistica (1992), ogni famiglia svizzera spende mediamente 3.000
franchi l’anno (circa 3,5 milioni di lire) per il vestiario. La
parte di reddito utilizzato per queste spese è in costante calo: 4% nel 1990,3,9% nel 1991,3,6% nel 1992. In Svizzera, ad
eccezione di Migros, che copre il 14% del mercato, non c’è
un vero leader. Molti piccoli negozi si dividono il mercato.
Le risposte delle imprese riguardanti la provenienza dei
loro articoli forniscono alcune indicazioni: Calida produce
nell’Europa dell’Est (37,5%), in Portogallo (37%), in Svizzera
(23,5%) e in India (2%). Il gruppo Manor (Placette) si rifornisce in Svizzera (38%), in Estremo Oriente (33%), in Europa (22%) e in India (7%). Migros compra in Europa (45%),
Cina (21%), Svizzera (13,5%) e India (9%), Mabouc SA, che
commercializza vestiti sotto il marchio Stvitcher, fa produrre in India (70%), Portogallo (25%) e in Italia (5%). Veillon si
rifornisce in Europa (45,8%), Cina (41%), altri paesi
dell’Asia (6,5%), Africa e America (1,2%). (spp/apic)
in particolare l’Indonesia, «la
gente ha perso il lavoro, le
proprie economie. Il problema economico ha fatto riemergere le differenze etniche
e religiose». Per molti indonesiani, in particolare fra la minoranza cristiana, è importante che il paese segua i cinque principi del Pancasila
iscritti nella costituzione indonesiana: credenza in Dio,
unità dell’umanità, democra
zia rappresentativa, nazionalismo e giustizia sociale.
Tensioni in Irian Jaya
La visita della delegazione
comprendeva una tappa in
Irian Jaya, regione vicina alla
Papuasia-Nuova Guinea, che
nel 1963 è stata trasferita dai
Paesi Bassi all’Indonesia. «In
tutti i settori della società,
comprese le chiese, la delegazione ha incontrato un desiderio evidente di accesso
all’indipendenza. Tuttavia a
Giakarta il ministro agli Esteri, Ali Alatas, ha fatto capire ai
visitatori che l’Irian Jaya fa
parte integrante dell’Indonesia e che non è possibile fare
alcun parallello con il Timor
orientale. Ciononostante la
delegazione ha ritenuto comprensibile che la recente dichiarazione del governo riguardante l’indipendenza del
Timor orientale abbia risvegliato speranze fra gli abitanti
deiririan Jaya».
La delegazione ha chiesto
alla Commissione Gnu per i
diritti umani di informarsi
«sulle violazioni dei diritti
umani perpetrati nei confronti degli abitanti dell’Irian
Jaya: arresti arbitrari, esecuzioni sommarie, violazione
del diritto della libertà di
espressione e dei diritti socio-economici e culturali».
Proposte
«Oltre a un processo elettorale normale e al perseguimento degli autori di violenze, altre misure si impongono
se si vuole giungere ad una
soluzione pacifica del conflitto», ha concluso la delegazione che ha menzionato i seguenti punti: adozione di una
legislazione che garantisca
una maggiore autonomia per
le province: giusta soluzione
della questione dell’autodeterminazione del Timor orientale e dell’Irian Jaya; creazione di organizzazioni di
azione sociale destinate a tessere rapporti armoniosi tra i
diversi gruppi etnici e religiosi
del paese; maggiore capacità
di mobilitare le risorse umane
e finanziarie esistenti nel paese e all’esterno, in vista di eliminare la povertà persistente
e di migliorare le prospettive
economiche del paese; cambiamento delle condizioni
imposte dai creditori internazionali, in particolare dal Fondo monetario internazionale
e dalla Banca mondiale, (eni)
Dopo l'esecuzione del 5 febbraio
Filippine: le chiese dicono
no alla pena di morte
Per la prima volta dal 1976
un condannato a morte delle
Filippine è stato giustiziato
il 5 febbraio scorso: tuttavia
l’esecuzione ha suscitato
molte controversie. Leo Echegaray, un imbianchino di 38
anni, era stato condannato
alla pena capitale per avere
più volte abusato della sua
nuora di 10 anni. L’esecuzione è avvenuta alla presenza
dei membri della sua famiglia, dei suoi avvocati e di
giornalisti. Un prete cattolico
accompagnava il condannato che teneva in mano una
Bibbia e un cartello con la
scritta: «Eseguite la giustizia,
non la gente». Manifestanti,
prò e contro la pena di morte, si erano radunati davanti
al carcere.
Il ripristino della pena di
morte è una questione molto
controversa nelle Filippine.
Dal 1994, data della sua reintroduzione e durante i dibattiti precedenti in Parlamento,
molte chiese delle Filippine,
in particolare la Chiesa cattolica romana e la Chiesa unita
del Cristo, la più grande denominazione protestante del
paese, hanno pubblicato dichiarazioni contro la pena capitale. Il giorno dell’esecuzione mons. Hernando
Coronel, portavoce della Conferenza episcopale delle Filippine, ha dichiarato che la storia avrebbe giudicato i filippini: «Qualcosa si è rotto in noi.
E l’umanità soffre». Mentre la
maggior parte dei paesi stan
no abolendo la pena capitale
qui è stata eseguita una condanna a morte, ha deplorato.
L’opinione pubblica è profondamente divisa. Molti ritengono, come il presidente
della Repubblica, Joseph Estrada, che l’applicazione della pena di morte servirà di
ammonimento e porterà a
una diminuzione del tasso di
criminalità. Per Manuel B,
Villar jr., presidente della Camera dei rappresentanti, l’esecuzione è «un avvenimento
che farà rispettare l’autorità t
della legge». Molti cristiani, ^
laici ed ecclesiastici, si sono
espressi contro il ripristino
della pena di morte. In una
lettera pastorale inviata a tutte le parrocchie di Manila, nel '
gennaio scorso, il cardinale
Jaime Sin, responsabile della
Chiesa cattolica romana, la
più grande del paese, ha chiesto ai fedeli di rileggere la Bibbia e le encicliche papali sul
valore della vita.
Il vescovo Elmer Bolocon, !
segretario generale della '
Chiesa unita del Cristo delle
Filippine, ha assicurato chela I
sua chiesa avrebbe appoggia- 1
to gli sforzi a favore dell’abolizione della pena di morte. D
presidente Estrada si è detto
fiero di essere il primo presidente ad aver ordinato una
esecuzione con iniezione letale: «Mi sento bene - ha detto ai giornalisti - perché cosi
garantirò la protezione degli
innocenti, in particolare delle
ragazze innocenti». (era)
Intervista al Segretario di Stato Uì
«È nostro interesse nazionale
avere una presenza in Kosovo»
In un’intervista trasmessa
il 16 febbraio scorso dalla rete televisiva americana Abctv, il Segretario di Stato Madeleine Albright ha illustrato
la posizione del governo degli
Stati Uniti rispetto ai negoziati in corso sul Kosovo. Ne
riprendiamo ampi stralci.
Alla domanda del giornalista che le chiedeva se potrebbe esserci un qualsiasi accordo sul Kosovo senza una forza Nato sul campo, la Albright ha risposto: «Pensiamo di
no. L’unico modo per raggiungere un accordo sarà con
una forza Nato. Voi dite che
le nostre truppe dovrebbero
andare là per fermare i combattimenti. Questo non è
quello che dovrebbero andare a fare. Dovrebbero andare
là per applicare un accordo di
pace. Quindi dovrà esserci un
cessate il fuoco da entrambi
le parti e la polizia speciale
serba dovrà essere ritirata.
Certo è però che non vi sarà
altro modo di ottenere un accordo del genere senza questo tipo di forza sul terreno».
L’intervista prosegue così:
- Una fonte ufficiale serba
ha dichiarato che questa questione della forza Nato rappresenta un impedimento che
interrompe ogni discussione
«Dal nostro punto di vista
non è affatto così. Se non ci
sarà accordo allora i serbi dovranno sapere che fin dall’
inizio abbiamo detto che
qualunque parte farà saltare
gli accordi sarà ritenuta responsabile di ciò. Nel caso
dei serbi questo significa che
subiranno come conseguenza i bombardamenti Nato».
- Lei ha sottolineato con
grande precisione che i nostri
soldati saranno là per supportare gli accordi di pace e
non per far cessare i combattimenti. Questa è una discriminante davvero importante
per decidere se inviare o meno
truppe in Kosovo. I membri
del Congresso hanno più volte
dichiarato che questa idea è
ancora molto incerta. Infatti
sottolineano che quando nel
1995 mandammo in Bosnia
le nostre truppe, dicemmo
che sarebbero ritornate nel
giro di un anno. E invece sono ancora là. Per il Kosovo
possiamo realisticamente garantire al Congresso che i nostri soldati ritorneranno nel
giro di pochi anni?
«In Bosnia abbiamo imparato che a poco vale determinare delle date di ritorno artificialmente e che invece bi
sogna fissare degli obiettiviAllora io credo che il fine del
le truppe che saranno inviate
in Kosovo sarà quello di applicare e rendere effettivi gli
obiettivi che ci porremo: elezioni e creazione di una polizia locale. Noi crediamo che
questo sia parte dell’accordo
Ma venendo alla Bosnia vo
glio dire che la gente sta di
menticando che quella spe
dizione è stata un successoOra le nostre forze sono o)
circa 6.700 uomini rispetto ^
20.000 di prima. Una delie
ragioni per cui crediamo eh
sia importante essere pr®'
senti con le nostre truppe i
Kosovo è che in questo modo, oltre ad applicare e supportare gli accordi di pae ’
proteggiamo anche ..
che abbiamo fatto in
e la credibilità stessa del
Nato e del nostro ruolo di
rezione della Nato. Cosi n
crediamo che sia nostro m
resse nazionale avere
una
piccola presenza in Koso ^
che dovrà aggirarsi
4.000 effettivi a fronte di
presenza complessiva
28.000 unità. Questa è
cosa che ha valore in se c
nella direzione del nostro
teresse nazionale».
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