1
RIVISTA MENSILE ILLVSTRATA DI STUDI RELIGIOSI
Anno III :: Fasc. V.
MAGGIO 1914
Roma - Via Crescenzio, 2
ROMA - 31 MAGGIO - 1914
DAL SOMMARIO: Giovanni Pioli: «Fede e immortalità» nelle opere inedite di Giorgio Tyrrell. — SILVIO PONS: Voltaire giudice dei « Pensieri » del Pascal. — MARIO ROSAZZA : Fedi crepuscolari*. — EDMOND STAPFER : La fede. — FRANK DUPERRUT: Cristianesimo, religione spirituale. — ANTONIO VAC-CARI : La Cioiltà Cattolica denunzia... I — S. MASTROGIOVANNI : I Protestanti e la Massoneria. — G. E. MEILLE: Preghiere del risveglio sociale. — G. P. : Giovanna D’Arco abiurò veramente? — A. FASULO: Uno studio clericale su Martino Lutero.
3
REDAZIONE
Prof. Lodovico Paschetto, Redattore Capo fi fi Via Crescenzio, 2 - ROMA
D. G. Whittinghill, Th. D.» Redattore per 1* Estero
Via del Babuino, 107 - ROMA AMMINISTRAZIONE
Via Crescenzio, 2 - ROMA
ABBONAMENTO ANNUO Per l'Italia L. 5. Per l’Estero L. 8.
Un fascicolo L. 1.
Si pubblica il 15 di ogni mese in fascicoli di almeno 64 pagine. X
(201
4
Illustrazioni del presente fascicolo.
Tomba di Giorgio Tyrrell a Storrington, Inghilterra (Tavola tra le pagine 312 e 313).
Ritratto di Biagio Pascal (Tavola tra le pagine 320 e 321).
Copertina, disegni e fregi di Paolo A. Palchetto.
5
BIDCHNB
1
RIVIRA DI SlVDI RELIGIOSI
EDITA DALLA FACOLTA DELIA SCVOLA TEOLOGICA BATTISTA - DI ROMASOMMARIO:
Giovanni Pioli : « Fede e Immortalità » nelle opere inedite di Giorgio
Tyrrell...... . ......... . . . pag. 309 Silvio PONS: Voltaire giudice dei «Pensieri» del Pascal . . . . »317
Mario Rosazza : Fedi crepuscolari ........ . . . . . > 327
PER LA CULTURA DELL’ANIMA:
Edmond Staffer: La fede . . , ........... >335
Frank Duperrut: Cristianesimo: religione spirituale (Pensieri) . . > 338
Adele Kamm : Felici nelle afflizioni (Pagine scelte) ...... > 341
N. SÒDERBLOM: Il mondo della Religione ........ . > 343
R. TaGORE: Preghiera ...... . ■$.' . . ...... > 344
NOTE E COMMENTI:
ANTONIO VaCCARI: La Civiltà Cattolica denunzia...!. » 345
VOCI E DOCUMENTI:
Salvatore Mastrogiovanni : I Protestanti e la Massoneria - A proposito del recente congresso socialista ........
TRA LIBRI E RIVISTE:
G. E. Mbille: «Per Dio e per il Popolo»: preghiere del risveglio sociale . . » 359
G. P. : Giovanna d’Arco abiurò veramente? ............. » 364
Aristarco Fasulo : Uno studio... clericale su Martino Lutero. » 366
6
PROSSIMAMENTE:
ROLAND D. Sawyer: — Gesù e la f amiglia — Gesù e la proprietà.
GADNK&VI LUZZI: Il modernismo nella Chiesa cristiana del primo secolo.
Mario Puccini: L'opera di Raffaele Mariano.
hXlGEUò CRESPI: L'evoluzione della religiosità nell'Individuo e nella Società.
Paolo Orano: Dio nella coscienza.
M. Velato: L'altare al Dio sconosciuto.
G. E. Meille: Intorno all'immortalità dell anima.
Mario Rossi : Un'interpretazione religiosa di una leggenda della Grande Sirte in Sallustio : i fratelli Fileni.
Alfonso Vittorio Muller: Agostino Favorini, generale degli Agostiniani, arcivescovo di Nazareth, come precursore di Lutero.
QwiKWl Costa: L'Impero romano e il Cristianesimo.
Mario Rossi: Il « Tu es Petrus » e la storia delle religioni - Saggio di una nuova interpretazione.
F. Momigliano: Gioberti e i Gesuiti.
UGO Janni : Il Metodo di Ricerca dell'Essenza della Religiosità.
NB. — Degli articoli firmati sono responsabili i singoli Aatori.
7
“FEDE E IMMORTALITÀ”
nelle opere inedite di GIORGIO TYRRELL
o troverete nel cimitero comune, a quasi uguale distanza fra la Chiesa Cattolica ed il tempio Anglicano, ma un po’più vicino a questo —, mi avevan detto quando avevo chiesto, in una piovosa mattinata di domenica, a Storrington, indicazioni sulla ubicazione della tomba di Giorgio Tyrrell: e queste parole caratterizzavano lo spirito e le vicende ultime di colui Che aveva vissuto « la fede dei milioni > e aveva avuto per la « Chiesa del suo battesimo > delicate nostalgie estreme. Ma quando, circondata da una corona di giovani cipressi, mi apparve in un cantuccio silenzioso la bianca lapide vigile, e ai suoi piedi l’urna fedele che custodisce il sonno della pace alle stanche membra, dimenticai le due chiese e gli umili fratelli, e sentii lui e me avvolti dalle braccia della divina natura, che l’inno delio strazio e della gioia, della fede e della speranza ripete eternamente tra nascite e morti, tra amori e dolori. E quando mi chinai ancora, due gigli candidi e freschi, — quali angeli bianco vestiti, — depostivi sull’alba da mano devota e pia, chiusero il ciclo delle mie idee: Giorgio Tyrrell è amato ancora molto, perchè molto ha sofferto e amato. Colsi un ramoscello proteso su quella scena ; ed ora su esso poso il mio sguardo, mentre mi accingo a scegliere qualche fiore dal florilegio Che quella stessa mano offre ora alla sua memoria e alla causa per cui egli visse, lottò e morì.
L’ « Essays on Faith and Immortality > pubblicato ora dalla instancabile Miss. M. Petre (Edward Arnold, London) (i), rappresenta una raccolta di frammenti estratti dai suoi due « Giornali > del 1904 e del 1906 sin’ora inediti, e classificati secondo l’affinità dell'argomento.
I pensieri che il Tyrrell affidò giorno per giorno a queste pagine non rappresentano, come Miss. Petre ha cura di avvertirci, nè svolgimenti completi dei temi trattati, nè espressioni definitive del pensiero dello stesso autore. Essi
(1) Pei brani riprodotti in italiano in questo articolo e nel secondo che pubblicheremo nel prossimo numero, abbiamo ottenuto il permesso dall’Editore Edward Arnold di Londra.
8
310
BILYCHNIS
esprimono spesso più una congettura che una convinzione : io scrittore brancola anziché sentenziare. Eppure, quante volte una nuova questione è più feconda che una pseudo-soluzione, ed un timido accenno è rivelatore di luci non percepite da occhi indagatori.
Seguiremo nel saggio che qui ne diamo, la divisione stessa adottata da Miss. Petre nelle due parti del lavoro, ed anche nei diversi capitoli in cui ha classificato il materiale; talora riassumendo, spesso citando integralmente.
L'autorità dottrinale della coscienza.
Il primo capitolo ci si presenta col titolo che il Tyrrell Stesso aveva designato quale titolo di tutto il « Giornale» del 1904, cioè: « L’autorità dottrinale della coscienza ».
« La Fede in quella potenza direttiva del mio essere che io mi raffiguro intellettualmente ora quale « Coscienza » o « mia Coscienza », ed ora quale « Dio » o « mio Dio », è per me la sola pietra fondamentale e immutabile della vita religiosa, e il germe, il nucleo, di cui ogni sviluppo fecondo di questa vita deve essere la naturale espansione...: è essa che mi pone in contatto con la realtà e mi libera da quel senso di vacuità e di « ennui » che viene invece alimentato, anziché mitigato, dal puro intellettualismo... Fede è un ideale di condotta che cerca d’imporsi a me e di assumere il controllo della mia condotta in ogni caso particolare».
«... La Religione non può appagarsi di foggiarsi un sistema arbitrario di simboli e di metafore incapaci di entrare in conflitto con le affermazioni filosofiche e storiche dell’intelligenza e di tessere per suo indumento una mitologia riconosciuta leggendaria: ciò può bastare alla poesia; non ad uno spirito che vuole informare la vita intiera e dominarla... La somma e la sostanza dell’amore di Dio è nella coscienza... anche se priva delle estasi speculative e della tenerezza emozionale; e quindi, “ non est qui se abscondat a calore eius „ ».
Ma non seguono la loro coscienza, voce di Dio, gli « adoratori della regola », i seguaci di « forme stereotipe di spiritualità », che fanno del passato il « despota del presènte e del futuro »? No> risponde il Tyrrell nel capitolo « Dio e l’uomo ». «La coscienza non- abdica mai, non lascia alla regola e alla legge l’ultima parola nel caso individuale : non cerca di rigettare l’inalienabile responsabilità del giudizio e della scelta sulla legge e sui legislatori, di esser mossa passivamente da altri anziché esser mossa dal proprio spirito... La coscienza, — senso spirituale, gusto, intuizione, — si acuisce, come tutti i sensi, con la pratica, e si ottunde per mancanza d’uso, come si deforma per la violazione e l’abuso; e diviene despotica e tiranna còme la passione e forte come l’amore, se seguita abitualmente. Spesso essa non riesce neppure a formulare le proprie ragioni, meglio che un fanciullo a provare la propria identità : essa ignora definizioni, classificazioni, casuismi, e si sviluppa non già come una scienza dell'etica ma come una facoltà vivente e una spiritualità senziente : certo però, se noi correggiamo abitualmente le nostre teorie etiche ponendole d’accordo con l’esperienza vivente della nostra coscienza, allora questa, oltre allo sviluppare la nostra intuizione spirituale, farà anche progredire le nostre teorie etiche ».
Il capitolo chiude con le parole : « In tutti gli scritti sacri dell’umanità dob-
9
< FEDE E IMMORTALITÀ > NELLE OPERE INEDITE DI GIORGIO TYRRELL
3IX
biamo imparare a scorgere ciò che nell’uomo vi è di meglio: la Divinità che giace giù nel fondo e alla radice dello spirito umano, e si sforza di esprimersi attraverso migliaia di ostacoli; soffocata e strozzata spesso, ma pure in alcuni rari istanti prorompente in espressioni profetiche, il cui valore riesce tanto più universale e permanente quanto maggiore è la profondità dà cui esse scaturiscono ».
Cristo e lo Spirito del Cristianesimo.
Il capitolo sul « Cristo» e quello sullo «Spirito del Cristianesimo» offrono larga messe, dà cui dovremo appagarci di spigolare qualche aspetto più suggestivo.
« Gesù... non meritò davvero il rimprovero che fa al Giudaismo Schopenhauer, di un ottimismo puerile, riposto nella valutazione del transitorio, nella aspirazione ad un paradiso millenàrio, alla terra fluente latte e miele, a ciò che fu chiamato « vanità delle vanità ». Gesù, uomo delle masse, oppositore dei loro oppressori spirituali, dei grassi egoisti, della mondanità incipriata di civiltà delle classi dirigenti, sentì altrettanto profondamente quanto il Buddha stesso la tristezza e l’amarezza della vita e la durezza della sorte della vasta maggioranza. L’ottimismo è là naturale concezione dei pochi che riescono, mentre il pessimismo è naturale a coloro che sono situati più in basso nella scala sociale e che hanno imparato a riconoscere « leggi di ferro » non solo nella legge del lavoro ma in tutte le forme di sofferenza... Ma, eccetto nel suo giudizio che pel mondo non vi fosse altra speranza di liberazione che in un intervento prodigioso di Dio, Gesù non fu neppure pessimista.'..: egli si rifiutò di ammettere una « ir ragionevolezza » eterna e necessaria insita alla natura, e credette all’unità ultima, alla bontà, alla ragionevolezza delle cose, nonostante tutte le apparenze in contrario. La sua debolezza è invece manifesta nello sforzo di spiegare queste apparenze in contrario... quale effetto di malizia diabolica, e quale frutto del peccato... Ma noi, pur non accettando il suo modo di riconciliare queste anti-fanie, possiamo egualmente condividere la sua fede nella bontà costituzionale nel mondo : più ancora, scorgere in Satana e nella Parusia i due principii, del male, e del suo rimedio, nella prevalenza di quella Volontà organizzatrice che si opera attraverso la creazione».
Perseverò Gesù nella fiducia del trionfo della sua causa fino all'ultimo suo respiro? « Se non avessimo a nostre guide che Marco e Matteo, sembrerebbe che le sue ultime parole furono un grido di disperazione, una confessione di disfatta e di insuccesso. « Mio Dio, mio Dio, perchè mi hai abbandonato ? ». Certo, tale fu il fato della maggior parte dei profeti e dei figli di Dio nei quali la fede non aveva raggiunto la sua espressione suprema: di quelli che, benché rassegnati a migliaia di disinganni nelle loro aspettative dell’intervento divino, perchè le possibilità di esso non sono ancora esaurite, sono però incapaci di fronteggiare l’idea di un amore vincolato ad una legge che opera con la regolarità instancabile e cieca di un meccanismo, senza volgersi nè a destra nè a sinistra per proteggere il giusto 0 per punire l’ingiusto ; un amore che, secondo ogni apparenza, è indifìerente alla propria causa, che ignora quelli che lo amano, e che li sconcerta, tradisce, ed infine abbandona nelle ultime tenebre della morte. Luca però omette il grido della disperazione, e ve ne sostituisce uno di speranza: « Padre, alle tue mani affido il mio spirito ».
10
312
BILYCHNIS
Il «figlio di Dio» ha sempre ricevuto dal mondo lo stesso trattaménto: gli uomini spirituali adorano la verità in astratto, ma quando essa s’incarna e scende fra loro, la coronano di spine e le sputano in faccia : e ciò per la legge stessa dèlia loro natura :
«È lo Spirito che vivifica : la carne a nulla giova » ed è solo nell’amore al Cristo dello spirito, e non nel Cristo dei sensi, che si trova la vita eterna.
« Le visioni di Santa Gertrude sono autentiche, non è vero? » domandò recentemente una devota signora cattolica ad un sacerdòte. « Non lo so », fu la risposta. « Ma pure i cattolici vi credono, no ?» « Non saprei dirlo ». « Ho sentito dire da qualcuno .che non vi è obbligo di crederle, e questo mi ha turbato ». < Ne sono dolente », rispose il sacerdote. < Ma dica, il Papa, lui, crede alle visioni di Santa Gertrude e alle rivelazioni della Beata Margherita Maria Alacoque?» « Da quel che so, può ben essere ». « E la Chiesa non le accetta, essa ? » < Non ne so niente». «E lei, le crede lei?» «Io non le conosco affatto ». « Oh ! esse ci dicono tulio quello che riguarda nostro Signore : senza di esse, noi non sapremmo niente di Lui ». < Ma lei, ha mai letto i Vangeli ? » « Oh no ! sono talmente aridi !... »
Questo senso istintivo della differenza specifica tra il Cristo dei Vangeli e il Cristo dei Visionarli ha un profondo significato...
E’ evidente che tal genere di donne che trovano il Vangelo così arido e le preghiere di S. Gertrude così deliziose, non sono attirate dallo spirito etico del Cristo, ma piuttosto da un’amalgama di teologia metafisica e di sentimentalismo femminile.
La veracità virile del Cristo dei Sinottici, il riformatore di una religione corrotta, l’av-.versano giurato dell’ecclesiasticismo, del formalismo, dell’impostura, ben poco alimento può offrire a monache chiuse in un chiostro e affamate di affetto. Esso è piuttosto l’uomo per un uomo che l’uomo per una donna1. Il Cristo di Santa Gertrude, invece, è lo sposo della monaca, l’uomo ideale della sua pietà ed insieme della sua femminilità. I Vangeli stessi forniscono alcuni lineamenti di tenerezza e di dolcezza, ed i « Cantici » anche più : la Passione poi, presa materialmente e prescindendo dal suo significato etico e spirituale quale atto di eroismo morale, offre alla pietà loro un Adone ferito e sanguinante su cui spargere lacrime, unguenti e balsami. E non v’è dubbio, che durante la sua vita stessa sulla terra, l’amore di molti dei suoi seguaci.
uomini e donne, non dovè esser meno carnale e gretto di questo.
Ma è esso un amore di Cristo quale Cristo, quale manifestazione del Padre, cioè del Cristianesimo, o è solo un amore di una carne e di un sangue divino, a cui si collega una divina verità ! ? ...
Lo stesso può dirsi dell’ « unione con Cristo», che si può intendere e ricercare in un senso più o meno corrotto e carnale, nascosto sottilmente sotto apparenze di misticismo e di spiritualità. Vera unione con Cristo è quella di volontà, di scopi, di entusiasmo. « Non chiunque mi dice : Signore ! Signore ! ma chi compie la volontà del mio Padre»: costoro son più intimi a lui che la madre, il fratello o la sorella: affini per identità non secondo la carne ma secondo lo spirito. Quando dunque parliamo del Cristo dei Sinottici come distinto dal Cristo Eterno, e vediamo nei secondo uno sviluppo del primo operato dallo Spirito Santo nell’anima collettiva della Chiesa, non dobbiamo confondere questo Cristo Eterno con quell’altro prodotto di un connubio di sentimentalismo e di metafisica. Ciò che noi adoriamo ed amiamo in Gesù non è una persona umana, ma una Persona Divina e lo Spirito; è Dio stesso in quanto si manifesta nella forza morale e nella bellezza di Gesù. E quando diciamo che il Cristo dimora in noi, intendiamo dire che Dio dimora in noi, riproducendo in noi l’impronta della sacra umanità che in lui si espresse in modo preeminente. Dio stesso è il Cristo eterno, e come tale, egli è incarnato in quel corpo mistico costituito da tutti coloro in cui si manifesta e si rivela progressivamente lo Spirito di Cristo suo capo, nell’infinita varietà sua di genere e di misura. In quanto i suoi membri, uniti spiritualmente, sono sparsi attraverso i secoli e le nazioni, l’incarnazione di questo Spirito Eterno è dotata di una specie di eternità o indipendenza da spazio e tempo, e si distingue perciò dalla sacra umanità del Cristo storico. E se il nostro culto e il nostro amore è diretto a quest’ultimo, esso deve èssere in « spirito -e verità », quale si addice all’incarnazione dello Spirito del Vangelo, del Dio che dimora ed opera nei cuori dei numerosi membri del Cristo Eterno e Mistico ».
11
Tomba di GIORGIO TYRRELL a Stonington (Inghilterra)
[1914-V]
13
FEDE E IMMORTALITÀ > NELLE OPERE INEDITE DI GIORGIO TYRRELL
3X3
«... Quello che Gesù insegnò non era una nuova religione, ma un secreto, un metodo, uno spirito, un ritorno all’intimità, allo scopo e all’intenzione delia Legge e del legislatore divino cui egli rivelò come Padre...
Il Cristianesimo fu il Francescanismo nel Giudaismo...: non una religione, ma uno spirito, una qualità religiosa che si potrebbe ritrovare in religioni diverse ma che non può stare da sè, solo, come se fosse una qualità autonoma. Senza dubbio, però, esso è una qualità o uno spirito che tende a unificare le religioni, poiché la diversità loro ha le sue radici sopra tutto in una maniera grossolana e materialistica d’intendere il loro simbolismo... : e quanto più esse si curano dell’ « unico necessario >, tanto più divengono un Cristianesimo uniforme.
Parlare di un « Cristianesimo puro non adulterato » è dunque un vero non-senso, giacché la religione di Cristo fu essa stessa un Giudaismo, cristianizzato, e con la caduta di Gerusalemme e delle illusioni escatologiche essa venne, di fatto, a cessare. Solo una piccola setta di Giudeo-cristiani si trascinò ancora per qualche tempo lungo le rive del Giordano, tenuta a galla da quelle speranze Messianiche «contro ogni speranza», di cui parla la 2® lettera di Pietro: ma presto anche questa si spense, e nulla più rimase della religione del vangelo di S. Marco.
... Ma l’estensione del Cristianesimo ai Gentili, operata da Paolo, fu perfettamente fedele allo spirito del Cristo : spirito di opposizione al sacerdotalismo, al legalismo, al formalismo, alla superstizione, idolatrìa, materialismo, e a tutte le malattie della religione... È vero che Paolo tentò d’imporre ai Gentili, invece del legalismo giudaico, l’altro fardello della sua teologia cristiana intessuta abbondantemente di materiale rabbinico e di categorie estranee alla mentalità pagana... Il Cristianesimo dei Gentili, cioè il Cattolicismo, risultò da una cristianizzazione del paganesimo per mezzo dell’ infusione di nuovi elementi tratti dal Giudaismo nella riinterpretazione fattane da Paolo: la base però della sua. teologia, del suo rituale, della sua forma di governo e gerarchia deve ricercarsi nella religione di quell’impero in cui esso operò come un lievito, facendo fermentare tutta là massa.
E’ ormai riconosciuto che la religione di Roma era un vero Cattolicismo, cioè la religione deli impero e del mondo: sintesi o sincretismo di tutto ciò che il mondo aveva fino allora appreso riguardo a Dio e all’uomo. Il vangelo di Marco dovè adattarsi agli schemi e alle categorie di questo Cattolicismo : il < figlio di Dio > ebbe il suo significato etico trasformato in metafisico ; il « piccolo gregge » divenne un governo ecclesiastico ; gli anziani o presbiteri, i sacerdoti ; gli ispettori, vescovi; il governo, da spirituale, divenne giuridico, e il suo vescovo supremo, un Imperatore e un Pontefice Massimo ; la sua « agape >, o « festa dell’amore », divenne un elaborato sacrifizio liturgico, e le sue' più semplici abluzioni, sacramenti misteriosi.
Parlare però di tutto questo come di una corruzione o perversione del Cristianesimo, senz’altro, sarebbe supporre che il « Cristianesimo puro » sia una religione a sè, anziché una pura qualità o un fattore della religione: sarebbe ammettere che la religione giudaica di Gesù appartiene all’essenza stessa del Cristianesimo... Ma bisogna riconoscere che il sacerdotalismo, il legalismo e le superstizioni della religione dell’impero romano non erano più aliene dal Cristianesimo di quello Che lo fossero nel Giudaismo.
Lo spirito del Cristo combatte contro queste malattie della religione sì nel
14
3’4
BILYCHNIS
primo come nel secondo : ed a proporzione che trionfa di esse, la religione si approssima sempre più all'ideale irraggiungibile, non del «Cristianesimo puro», ma di una religione puramente Cristiana.
Dobbiamo dunque invertire la spiegazione solita a darsi della sopravvivenza di istituzioni e tradizioni pagane nel Cristianesimo...: non si tratta già di una adozione voluta di proposito e di una politica di accomodamento, bensì dell’assimilazione da parte della religione romana di alcuni elementi del Cristianesimo giudaico, e in buona parte, del suo spirito cristiano... Giove, l’Olimpo, l’Ade, il Tartaro, furono inghiottiti da Jahve, dal Paradiso, dal Purgatorio e dall’inferno: il calendario pagano con le sue feste e processioni si cristianizzò lentamente, ed i Santi riempirono il Pantheon... : le espressioni paraboliche e puramente profetiche di Gesù si adattarono alla mentalità della religione romana divenendo una teologia oracolare o dei « » : 1’ « essere supremo » di Platone fu identificato col « Padre » giudaico, e il suo < Logos » col Cristo... Tutta la teologia strutturale del Giudaismo, col suo dualismo dei due regni, di Dio e di Satana, con la sua demonologia, angeologia e antropocentricismo, con la sua materializzazione di Cielo e Inferno, con la sua fede nell’imminente « giudizio » di Satana e trionfo di Dio, Gesù la partecipò: però essa fu incomparabilmente troppo povera per esaurire, quale espressione intellettuale, la ricchezza del suo spirito. Quello che egli predicò direttamente fu l’amore di Dio e dell’uomo, la rinuncia al proprio «io», e non tanto con parole quanto sopratutto con la propria vita... I mali del Cattolicismo contemporaneo non sono che una recrudescenza di quelle stesse malattie che afflissero il Giudaismo al tempo di Gesù, e a cui tutte le religioni sono soggette, cioè clericalismo, spirito mondano, ignoranza, materialismo ... >.
Dio e la natura.
« Dio e la natura », cioè la natura in Dio, forma un breve capitolo prevalentemente filosofico. « Il semplice fatto che la coscienza si trova in conflitto con quell'elemento psichico che, per contrasto, chiamiamo « natura », non prova affatto che la coscienza non sia una manifestazione della Natura nel senso più adequato e completo ».
... La Natura combatte con se stessa in una guerra intestina, e non vi è ragione per cui non dobbiamo riguardare Coscienza e Spirito come intenti alla totalità della Natura: come for?e il cui conflitto e la cui lotta producono una rivelazione sempre più piena, benché sempre imperfetta, del suo spirito. Quello spirito nell’uomo che noi chiamiamo Coscienza è appunto quello spirito che opera attraverso la natura, dai gradi infimi ai supremi, foggiando ogni cosa secondo la legge della sua propria natura e aiutandola a sottomettere alla sua propria unità e al suo servizio le forze inferiori a quelle che le sono caratteristiche. « Veni Creator Spiritual »
Gli Stoici avevan ragione: il conflitto della ragione contro il senso, della della coscienza contro la passione, è veramente tanto naturale quanto quello del ragno contro la mosca. Se la coscienza è fatta per la vittoria, anche la passione è fatta per la resistenza...
Noi non possiamo esser gentili col ragno senza esser crudeli con la mosca: la Natura è costituita in modo, che ogni sua parte prospera alle spese di una
15
< FEDE E IMMORTALITÀ > NELLE OPERE INEDITE DI GIORGIO TYRRELL
315
altra. Quando poi diamo uno sguardo sconfinato alle conseguenze più remote di qualunque atto, e tentiamo di bilanciare i suoi frutti buoni e cattivi, restiamo veramente sbalorditi. Sarebbe facile mostrare come azioni lodevoli sono state nella storia cagione d’innumerevoli peccati e miserie, ed azióni biasimevoli il seme di effetti altrettanto benefici e buoni... Nell’ordine morale, un dovere contrasta con un altro dovere : una buona causa ne rovina un’altra. .. : gli esecutori di Cristo e di Socrate non solo fecero « in buona fede » qualcosa di assolutamente cattivo in sè, ma difesero anche dei veri diritti dell’ordine e della pubblica autorità in opposizione a un diritto anche maggiore della verità e della sincerità... Sicché, tutta la Natura è pervasa da una legge di tragico conflitto, ed ogni bene trascina seco un male, ed ogni aspetto è insieme buono e cattivo ... Diremo dunque che Dio e la Natura sono in conflitto? No; a meno che s’immagini un Uomo-Dio fuori della Natura, che modelli e muova ogni cosa dai di fuori, in modo meccanico. « Emmanuel » significa non solo < risiedere entro », ma anche operare dal di dentro ; e Dio non opera per altre vie che per quelle della Natura. La Coscienza è la chiave interpretativa dell’antifania, poiché nello stésso modo con cui Dio opera in noi attraverso la Coscienza, quale ideale energetico che cerca di esprimersi progressivamente in un mezzo resistente, così egli opera nella natura intiera».
Le istituzioni ecclesiastiche.
Volgendosi all’esame delle istituzioni ecclesiastiche, il Tyrrell studia i rapporti fra il clero e le masse, la funzione dell'autorità ed i suoi limiti, il domma
e la chiesa spirituale.
« Il Profeta partecipa necessariamente del poeta: egli traduce la sua intuizione della realtà eterna in immagini concrete, che colpiscono i sensi e muovono il cuore, e che egli vede coscientemente quali immagini, analogie, e nulla più.* Ma la folla a cui egli parla, essendo priva delle sua forza d’intuizione non ha il senso cosciente del valore immaginativo della sua espressione e la riceve come suona nel senso letterale e ne fa un domina : sorge allora un altro profeta a ristorare il senso originale, credendosi, ed essendo creduto, quale un innovatore e un allegorista. Così, come la profezia è essenziale alla religione, ugualmente è inevitabile la sua perversione, giacché si ha sempre da fare con una folla di stolti : ma non per questo dobbiamo strangolare i profeti in omaggio alle superstizioni della folla, come fa Roma. Nè d’altra parie dobbiamo confinare l’insegnamento religioso a quello che ammette una formulazione scientifica...
Si ascrive spesso a merito del Cattolicismo di esser la religione delle masse, cioè dei mediocri. Va bene, ma non potrebbe dirsi lo stesso di alcune delle religioni più abbiette del mondo ? Non sono sempre stati questi milioni di mediocri la preda facile e naturale della casta sacerdotale, con le sue consuete
promesse di salvezza a buon mercato, mediante l’uso di mezzi esterni privi di spiritualità? col suo sfruttamento della credulità e superstizione dei fanciulli e degli analfabeti, e la sua ostilità istintiva per ogni sorta di elevazione mentale o spirituale che possa render le folle men docili e prone alle sue pretese e privilegi? Non era, in un certo senso, anche la religione corrotta degli Scribi e Farisei una « religione dei poveri ? » Non è per il solo fatto di avere con sè i poveri che una religione è cristiana, ma per il fatto di renderli migliori... La vera questione è: «Che cosa fa il Cattolicismo per l’elevazione morale e spirituale dei degradati ? » E non già : « Quanti milioni di essi conta fra i suoi aderenti?»
Fa meraviglia che, a proporzione che il popolo apre gli occhi alla mancanza di coltura del clero, all’assurdità e alla superstizione dei suoi insegnamenti e del suo culto, alla mancanza di scrupoli e di onestà con cui difende gl’interessi e privilegi di casta, e sopra tutto, alla immoralità della sua condotta, neghi fede ad una dottrina che non si presenta con migliori argomenti di credibilità? «Sia la mia anima con i Santi!» disse il Newmann. Sì, coi santi, qualunque sia il loro credo e la loro denominazione. I soli successóri autentici de-
16
BILYCHNIS
gli Apostoli sono quelli che somigliano Cristo nella loro vita : solo ad essi fu dettò (in un senso non puramente legale, ufficiale, fittizio): «Chi ascolta voi ascolta me... come il Padre ha mandato me, così io mando voi ». Se tutti costoro, e solo costoro, si unissero in concilio ecumenico, Cristo si troverebbe certamente in mezzo a loro: le loro espressioni e dottrine sarebbero puramente e solamente il prodotto di un’esperienza spirituale non deviata nè adulterata dall’influenza della curiosità intellettuale o dell’ambizione sacerdotale, od altri motivi mondani: la loro sarebbe la autorità della coscienza collettiva dell’umanità. Verso questo ideale irraggiungibile dobbiamo sforzarci : verso questa realizzazione dell’invisibile « Comunione dei Santi ». L’errore del Cattolicismo sta nella pretesa di essere di già ciò die è solo nell’ideale e nell’aspirazione, ma non potrà mai essere pienamente : la Chiesa Una, Santa, Cattolica, Apostolica, Infallibile, Impeccabile, ecc. ecc. Nelle sue pretese ad un controllo coercitivo e di carattere quasi-civile della condotta umana, non si può non riconoscere una falsa interpretazione di quell’autorità assoluta spirituale che solo compete alla Chiesa invisibile interprete delia coscienza collettiva dei ‘ Santi ’... ».
Uno sguardo al conflitto fra le tendenze conservatrice e critica nel Cattolicismo (non ancora, nell’atto di scrivere, giunto al periodo più acuto), gli suggerisce nel capitolo « Religio depopulata» una pittura altrettanto fedele quanto moderata e sobria. Dopo riferito il noto brano delle « lamentazioni » di Geremia : « Còme mai la città già gremita di abitanti giace ora solitaria... Tutto il suo popolo sospira e va in cerca di pane... : i suoi profeti non ricevono dal Signore visioni, e i suoi anziani seduti sul suolo restano silenziosi... » egli si domanda se tale non sarà di qui un secolo la «religio depopulata» che dovrà succedere al disastro dell ’ « ignis ardens » ; e prosegue: «Prendiamo, ad es., il culto di Maria : Ricordiamo lo sviluppo enorme da esso preso nel Cattolicismo, dalla definizione del Concilio di Efeso a quella di Pio IX: contiamo, Se è possibile, i milioni di « Ave Maria» sorti dinanzi ai suoi santuari, da cuori in pena, fiduciosi, fedeli ; da peccatori, da afflitti che la invocarono « Vita, dolcezza, speDieci anni sono trascorsi da che sulle rovine della vecchia Gerusalemme,
ed oggi sia coloro che si sforzano di puntellare le mura crollanti, sia quelli che coi materiali liberati vanno ricostruendo lentamente la Città di Dio, renderanno omaggio all’acume profetico di Giorgio Tyrrell. (^w/zwzm) • Giovanni Pioli (Aschenbr'òdd).
ranza... gentile, amabile, pietosa vergine».
Pensiamo ai numero di feste, chiese, rosari, litanie a Lourdes e a Loreto, a Bernardo, a Filippo, ad Ignazio... e ricordiamo il nesso intimo che lega tale devozione con la dottrina fondamentale dell’incarnazione. Eppure, se la critica ha ragione, e se dobbiamo eliminare i proto evangeli di Matteo e Luca e il vangelo di Giovanni e l’allusione degli Atti..., che cosa resta di tutta questa creazione della fede e della pietà... se non che, la moglie di Giuseppe e madre di Gesù e dei suoi fratelli e sorelle, che non credette nella sua missione e lo giudicò come fuori di sè ? Nè vale dire che Maria è l’ideale della Pienezza della Redenzione o la Personificazione della Purità .. Se i fedeli avessero creduto questo solo, l’avrebbero essi pregata, avrebbero combattuto per lei e si sarebbero stretti a lei, sollevandola di Cielo in Cielo fino a farla emula di Dio stesso nel loro culto ed affetto? Ideale o simbolo, sarebbe essa stata per loro più che un’immagine poetica? o non avrebbero essi ragione di pensare che una tradizione che ha così ingannato i creduli « semper et ubique » non ’merita fede in altri punti? E lo stesso potremmo dire delle dottrine della Incarnazione, della Messa, dei Sacramenti, del potere sacerdotale...: punti tutti che riguardano 10 alimento più comune di cui i fedeli si siano nutriti da secoli... Sicché, certo, dobbiamo perdonare' ai sostenitori ufficiali di quella tra-, dizione l’ostilità istintiva, se non intelligente, spiegata contro la critica. Domandate ai cattolico liberale di dipingervi le glorie della Nuova Gerusalemme che dovrà sorgere sulle rovine dell’antica, e il pennello gli cadrà dalle dita : a tutto quello che toglie non potrà sostituire che la veriià. La verità dovrebbe, invero, essere tutto, ma se essa riesce ad una mera negazione della vita, essa è un nulla. Eppure, è questo il naturale castigo della menzogna : la via di ritorno verso la Verità deve passare attraverso un deserto desolante d’ignoranza e d’incertezza. Nell’intervallo tra la distruzione del vecchio edificio e la costruzione del nuovo, veniamo a rimanere senza tetto. Se l’uomo crocifigge la Verità, la Verità crocifiggerà l’uomo. Ma pure ‘ in cruce salus ’ : la salvezza verrà dalla crocifissione soltanto, e con essa la luce: ‘per crucem ad lucem’».
questa visione ottimistica era formulata
17
VOLTAIRE GIUDICE DEI “PENSIERI” DEL PASCAL
OLTAIRE, quel gran corifeo dell’ irreligiosità nel secolo XVIII, poiché tale egli non cessa di essere anche se talora finge F8 di sentire, anch'egli, il soffio religioso o se, per una di f J quelle tante fluttuazioni dell’animo umano, sembra darsi talvolta l’incomprensibile parvenza di austero difensore della vera e pura essenza del Cristianesimo, non poteva non esser profondamente colpito, nè fremere di un’ intima collera, nè tremare per un timore assai giustificato, quando gli si parò dinanzi quel sublime monumento dei < Pensieri » di Pascal, monumento del più tenace e profondo criticismo, innalzato in onore e per la difesa di quello stesso Cristianesimo ch’egli voleva abbattere a qualunque costo.
Doveva ben temere il Voltaire, uomo di nessuna profondità d’idee, che tutto quell’edificio d’indifferentismo e d’incredulità, che avea innalzato su basi superficiali al par dello spirito suo, avesse da crollare al minimo urto con quella mole già immensa eppur tanto incompleta, con quell’opera tanto profonda che pur altro non era se non il succedersi inorganico de’ pensieri che attraversavano la mente di un uomo dal corpo estenuato e dalla vita che stava per spegnersi.
I « Pensieri », quella « Commedia divina ed umana a frammenti >, come tanto bene li qualifica il Farinelli (i), scritti per iniziarci ai misteri della vita presente e di quella avvenire, per svelarceli e per spingerci ad accettarli come i soli veri ed i soli veramente benefici, dovevano lúgubremente risuonare nel cuore troppo arido del Voltaire, come poco profondamente dovevano penetrare nel suo cervello troppo pieno d’uh’infinità, d’un «caos» direi quasi, d’idee e di cose.
Eppure egli non poteva resistere : il colpo era troppo forte ; il nemico troppo pericoloso: bisognava atterrarlo ad ogni costo.
De’ preti della Romana Chiesa, il Voltaire era sempre stato gran nemico, e fin dal 1718, nel suo «Edipo», lanciava così al mondo il suo programma:
Les prétres ne soni pas ce qii’un va in peuple pense; Nolre crédulilé fait tonte leur Science.
E questo programma di lotta non l’abbandonò nè attraverso le sue tragedie, nè in tutta l’opera sua immensa di epistolografo, nè in quella sua filosofica, nè
(1) Dante e la Francia (Milano, Hoepli, 1908), vol. Il, pag. 71.
18
3l8
BILYCHNIS
volle abbandonarlo quando profondeva in mezzo al pubblico conti filosofici, anche se lascivi, il cui scopo era pur sempre la dimostrazione del suo assunto :
«Zt’i dieux s’en vani, Ics prètres sont mèchants».
Coi gesuiti egli aveva lottato e lotterà ancora, ma, ben presto, non solo farà tregua con loro, ma, non sapendoli troppo pericolosi pe' principi suoi di morale epicurea, diventerà il difensore della loro morale «che non era», dirà egli, « più rilassata di quella de’cappuccini » (i). Molto di più avea temuto i giansenisti; ma presto la decadenza di quella setta, con la sua stretta bigotteria, altro non potè fare che divertirlo (2).
Il gran nemico per lui era il Vangelo, messo in onore, questa volta, tale quale esso veramente era e non con le chiose, con le abrasioni, co’ ritagli e con le contraffazioni con cui la Chiesa, fino allora, l’avea fatto apparire agli occhi del volgo.
E questa volta, per di più, il Vangelo era logicamente presentato da un filosofo che sembrava conoscere a fondo tutte le arti della scolastica, che univa al suo criticismo la fiamma della più potente immaginazione e l’ardore della fede più intensa. Ma quel che maggiormente lo toccava è che egli aveva che fare con un « giustiziere rigido de’ traviati e perduti » (3). Orbene, in fatto di morale e di religione, la rigidità non era certo fatta per piacere ad un nipote dell’abate di Chàteauneuf (4), ad un frequentatore della libera società del Tempio (5). Ed è perciò che, alle prese col Pascal, vedremo il Voltaire lottare a corpo a corpo con lui per tentare di abbattere l’edificio del pensatore, per fare apparire l’austero difensore de’ giansenisti meno religioso e persino meno morale di quanto realmente fosse e per porre in ridicolo un vero e profondo uomo di scienza, con armi del cui valore tutti potranno giudicare.
Altri, prima di noi, ha preso la « difesa dei pensieri del Pascal contro la critica del Voltaire > (6) e ha dimostrato come il contenuto dei < Pensieri > pasca-liani non sia neppure intaccato dalla superficiale critica voltairiana. Lasceremo dunque da parte il fondo, la substantifique rnoelle, come direbbe Rabelais. E’ semplice intenzione nostra seguire passo passo il Voltaire per scoprire la tattica superficiale e scaltra ch’egli adopera per « schiacciar l’infame > e per aprire così la via ai futuri negatori : « Senza Voltaire, Renan era impossibile. Bisognò negare con collera prima di negare con simpatia » (7).
(x) Dictionnaire philosophique, art. «Jésuites».
(2) Cfr. Lanson, Hist. de la litt.fr, pag. 169.
(3) Farinelli, op. cit., pag. 71, vol. II.
(4) Autore di vari, se non pregevoli, trattati. Pare che l’abate di Chàteauneuf presentasse, a soli 13 anni, il Voltaire a Ninon de Lenclos, di cui egli era l’amico intimo. All’età di 70 anni Ninon, « avendo dato addio a tutte le gentili debolezze dell’amore » (vedi Desnoi-resterres, Voltaire et la Société française au XVIII siècle), potevano le madri di famiglia condurre i loro figli presso di lei. Nel « pellegrinaggio » presso quella donna che più non aveva alcuna delle attrattive che infiam
marono il facile abatino (vedi Chàteauneuf, Dialogue sur la musique des anciens, Paris, 1735» pagg- ”5 e I16) Voltaire la vide «decrepita» e «piena di rughe» (vedi Défense de mon oncle). Il che non gl’impedì di parlarne spesso e volentieri e di ricevere da lei di che comperare dei libri di studio.
(5) E’ lo stesso abate di Chàteauneuf che introdusse il Voltaire presso il gran priore di Vendôme, a cui faceva capo la Società del Tempio, società in cui ugualmente sregolati erano lo spirito ed i costumi.
(6) Bouiller, seguito a « Lettres sur les vrais principes de la religion ».
(7) Lanson, op. cit., pag. 761.
19
VOLTATRE GIUDICE DEI « PENSIERI » DEL PASCAL
319
Tutti conoscono quel capitolo (1), di sì straordinaria profondità ed ingegnosità, in cui il Pascal, dopo averci esposto la sua tesi su l’impotenza della ragione e sulla superiorità della fede per giungere alla conoscenza delle cose dell’al di là, pone il suo celebre calcolo delle probabilità (2), in cui egli dichiara che quando alcun altro mezzo ci è possibile per giungere fino a Dio conviene sempre scommettere che Egli esiste. E’ con poco sacrificio che egli offre così ad ognuno il modo di possedere « la gioia eterna ».
Cotesto modo di ragionare, che può apparire a taluno come qualcosa di simile all’uovo di Colombo, denota, non solo, la prodigiosa chiarezza di spirito e la grande facilità d’argomentazione di colui che ha saputo trovarlo ed applicarlo per semplificare assai uno dei più delicati ed astrusi punti dèlia filosofìa sua, ma, come bene i moderni critici l’hanno osservato, ci rivela eziandio tutto il suo acume d’uomo di scienza e nasconde il grande concetto matematico del calcolo delle probabilità.
Ma per Voltaire tutto ciò era ben altra cosa. In quel ragionamento c’era non solo del falso, ma « dell’ indecente e del puerile ». « Quell’ idea di giuoco, di perdita e di guadagno », che pur tanto bene Serviva a delucidare un concetto profondo e oscuro, « non conviene >, secondo lui, « alla gravità del soggètto ». Pascal manca dunque di rispetto per quella divinità alla quale vuole che noi crediamo. E così la posizione di Pascal comincia ad apparire poco nobile e poco degna di un uomo che si dice e che si crede veramente cristiano.
Voltaire se ne accorge ed allora, per rialzare il suo prestigio e per meglio diffamare il suo rivale, egli coglie la palla al balzo, e per farsi credere più morale e più religioso di lui proclama, con tono altisonante : « Il vostro ragionamento servirebbe unicamente a far degli atei, se la voce di tutta la natura non ci gridasse che c’è un Dio, con altrettanta forza quanto le vostre sottigliezze hanno di debolezza >.
Ecco dunque il modo di procedere del Voltaire : porre in ridicolo certe forme del razionalismo pascaliano ; farlo vedere sotto una cattiva luce, anche dal punto di vista religioso; fare quindi, all’insaputa quasi del lettore superficiale, la propria apoteosi. Parmi di veder il futuro gran «patriarca di Ferney», scendere la scala critica fino a quell’ infimo posto occupato dai Pigault-Lebrun (3).
Lasciando completamente da parte la critica del fondo delle note voltairiane, per attenerci ai soli suoi procedimenti, taluno ne troviamo, più qua più là, messo nell’unica e ben evidente intenzione di far dubitare della fede cristiana, delle credenze del Pascal e della sua completa sottomissione alle leggi divine.
(1) Per la sua grande importanza, sia per quel che riguarda l’antitetica profondità pa-scaliana e la superficialità voltainana, sia per la grande importanza, anche matematica e scientifica, che ha assunto, in questi ultimi anni specialmente, lo diamo tradotto in appendice.
(2) ILgran negatore Laplace, quello stesso che diceva di non aver, mai visto, col suo telescopio, alcuna divinità nei cieli,, lo farà suo,
e con lui molti altri scienziati.
(3) Carlo Antonio Guglielmo Pigault de l’Epiney, giovane ancora quando morì il Voltaire, compose, oltre a licenziosi romanzi, un libello anti-religioso e volgare: Le citaleur, pieno di citazioni sacre che anche l’uomo-meno religioso deve veder profanate dalla sua critica, se critica si potesse chiamare il parlare d’un volgare epicureo.
20
320
BfLYCHNIS
Pascal ci dice che non possiamo provare metafisicamente resistenza di Dio (1). Voltaire, invece di osservare che il Pascal, uomo di scienza, sa bene che sarebbe pazzia fare assegnamento su alcune ipotesi metafisiche, le quali sono tutt’altro che prove sufficienti per dimostrare l’esistenza duna divinità, nota, col suo fare oltre ogni dire subdolo e maligno : « E’ egli possibile che sia il Pascal che non si sente forte abbastanza per provare l’esistenza di Dio?» (2)
Questo come altri concetti il Voltaire li aveva trovati anche in Descartes. Ma il nemico non era in Descartes, era in Pascal. E dire che nel Discours de la méthode si leggono parole, che, come le seguenti, sembrano assai più azzardate di quelle del Pascal : «... E se poi vi sono degli uomini che non siano abbastanza persuasi dell’esistenza di Dio e della loro anima..., io voglio che sappiano bene che tutte le altre cose di cui credono di esser sicuri, come l'avere un corpo, l’esservi degli astri e una terra, e altre cose simili, sono meno certe.... ». Come mai Voltaire non si è accorto che il Descartes non ardisce neppur provare resistenza nostra corporale e che egli sa di esistere solo perchè pensa : « cogito ergo sum » ?
E di altre idee che erano le idee di tutti, il Voltaire sembra stupire quando le trova fra « I pensieri > del Pascal.
«Come io non so donde vengo, così non so dove vado», dice il Pascal; « una sol cosa io so ed è che uscendo da questo mondo, cadrò per sempre o nel nulla, o nelle mani d’un Dio irritato...».
«Un Dio irritato?» Sono le idee del Cristianesimo; sono esse che hanno ispirato ai popoli il cupo terrore che invase le anime per tutto il medio evo. La pittura, la scultura, la poesia, le hanno sparse e animate col potente loro soffio. Bossuet ricorda quell’idea in un passo in cui ci mostra Iddio attraverso la sua parola: «Guai a voi che ridete, perchè piangerete». E queste erano le idee care al terribile Bourdaloue.
Ma Voltaire osserva: « Se voi non sapete dove andate, come mai sapete che cadrete infallibilmente o nel nulla o nelle mani d’un Dio irritato? Chi vi ha detto che l'Essere supremo è irritato? Non è molto più probabile che sarete nelle mani d’un Dio buono e misericordioso? E non possiamo noi dire della natura divina quel che il poeta filosofo dei Romani ne ha detto? »
« Ipsa suis pollone opibus, nihil indiga nostri, Nec bene prò nieritis capitar, nec tangitur ira » (3).
(1) « La natura ci mostra Iddio ma in pari tempo ce lo nasconde ». «... Noi ne vediamo troppo per dubitare, troppo poco per credere ». In quanto alle prove metafisiche, « esse sono così lontane dal ragionamento degli uomini, e così implicate, che colpiscono poco ; e quand’anche ciò servisse a taluno, non sarebbe che per quell’istante in cui vede quella dimostrazione; ma un’ora dopo temerebbe di essersi ingannato». {Pensieri, X, 2).
(2) Le prove dell’esistenza di Dio tolte dalla natura, sono soggette a discussione ed a va
riazioni. Supponiamo che, seguendo il trattato di Grotius, De veritale religionis christianae, che egli conosceva, Pascal avesse fondato le sue prove su questo ragionamento : « non c’è il vuoto, dunque Dio esiste». Provata la pesantezza dell’aria, la sua teoria non avrebbe più avuto valore. Pascal, come ogni cristiano, crede senza bisogno di dimostrazioni.
(3) Essa potente di sue proprie forze, e senza bisogno di noi, non si può conquistare con mercede, nè toccare con ira.
21
BIAGIO PASCAL
(1914-VJ
»
23
VOLTAIRE GIUDICE DEI «PENSIERI» DEL PASCAL
321
Il Voltaire ha trovato un compagno nella sua critica e ne avrebbe trovato un altro in Socrate stesso, quando nel suo Fedone (pag. 63) dice : vUv Ss fers ore rap’ àvSpa; ts sXwt^co, aya-Sov; zac Tauro pxv oùz àv wavu Sw^upcGacy-’/jv • ori
{/.svro’. wapà 5soù; Scottoti saw àyaSoù; r;s’.v su wts otc, s““sp ti aXXo twv tocoutov, Sc-c/up’.caiy.zv àv zac touto (i).
E molti altri ne troverebbe fra i cristiani moderni ; ma la sua interpretazione era fatta, più che altro, per combattere l’avversario suo e per apparire più piacevole di lui agli occhi del pubblico del poco triste e meditativo < secolo di Voltaire ».
Altrove Pascal fa risalire alla grandezza della nostra prima natura l’istinto segreto che ci spinge a ricercare la felicità nel riposo; Voltaire, con lo scopo troppo evidente di far vedere ch’egli è più cristiano dello stesso Pascal, fa risalire a Dio quest’istinto segreto. E falsando poi il concetto semplicissimo del Pascal aggiunge, sempre col suo far sardonico e canzonatorio : « Non è egli strano che uomini pensanti possano immaginarsi che la pigrizia sia un titolo di grandezza, e l’attività un avvilimento per la nostra natura? » Il che torna a dire: Che capo ameno, quel Pascal!
L’autore dei « Pensieri » ha osservato l’egoismo che è il movente di tante azioni umane, ma la sua carità cristiana gli dice che ciò non è sano, non è buono, non è bello ; che bisogna « tendere al generale » ; che dobbiamo pensare anche al bene del prossimo. E Voltaire, « religiosamente », di rimando : < La legge dirige il nostro amor proprio e la religione lo perfeziona. E’ ben vero che Dio avrebbe potuto fare delle creature unicamente desiderose del bene altrui. In questo caso > (ed osservate qui il procedimento dello sgarbato e sguaiato ridicolo che fa capolino una volta ancora), « i mercanti sarebbero andati nelle Indie per carità, ed il muratore avrebbe preparato le sue pietre per far piacere al suo prossimo. Ma Dio ha stabilito altrimenti le cose: non accusiamo l’istinto ch’egli ci dà e facciamone quell’uso che egli vuole ». E’ proprio come se ci avesse detto, più chiaramente e meno astutamente : Vedete, Pascal accusa persino Iddio di averci fatti troppo egoisti.
Più lungi, nel suo capitolo su « Le prove morali del cristianesimo », Pascal ci dice che nell’uomo incontriamo sempre la grandezza e la miseria e che la religione sola può e deve sapercene dare la ragione. Non avesse mai detto questa parola ! Voltaire la coglie di volo e, con tono ricercatamente profetico, esclama : « E’ necessario perchè una religione sia vera, ch’essa sia rivelata, e non già che essa dia ragione di tutte quelle pretese contrarietà ». Non vi sembra che le parti siano invertite? Che Pascal sia diventato un Voltaire e Voltaire un Pascal?
Abilissimo è poi il Voltaire a prendere tale o tal’altra parola alla lettera per servirsene nella sua acerba polemica.
(1) Sappiate che io spero di trovare al di là della morte la compagnia di uomini buoni e giusti, eppure io non oserei affermarlo ; ma vi è una cosa di cui sono sicuro, è che vi troverò negli dei buoni padroni.
La credenza in un « Dio d’amore » non può,
secondo Pascal, essere se non una credenza soprannaturale, una rivelazione, una fede mistica. Quella fede è Dio che l’ispira. In una parola, come lo sostenevano i giansenisti, tutto quello che l’uomo può fare non è di amare, ma di temere.
24
322
BILYCHNIS
Riprendendo l’antica idea del filosofo greco, Pascal dice, iperbolicamente, che l’uomo giunto al colmo del sapere, di fronte all’immensità dello scibile e dello sconosciuto, deve confessare di non saper nulla (i); il sapiente si sente allora più che mai, ammesse però le debite proporzioni, vicino all’ignorante, e gli par d’essere al punto stesso ond’è partito.
Voltaire, che pur non è che un pigmeo di fronte al Pascal, vero gigante tra tutti i filosofi, come lo fu fra i matematici de’ tempi suoi, freme nel sentire che il suo avversario chiama ignoranti due serie di persone di cui è agevol cosa dimostrare la diversità del sapere. Ed eccolo chiamar sofisma il pensiero pasca-liano, mentre a parer mio, il vero sofismo è lui che lo crea.
Più lungi egli se la piglia col Pascal per la parola < nobile ».
Costui ha detto, e chi non lo sa ?, che l’uomo è « più nobile » di tutto quanto lo circonda perchè è « un arbusto pensante > (2). Voltaire discute sul concetto di nobiltà applicato all’uomo piuttosto che all’animale, o all’universo materiale e si formalizza per questo pensiero che non l’avrebbe affatto colpito in Descartes che sentiva, al par di Pascal, il valore della sua esistenza dipendere unicamente da quello del suo pensiero (3).
E’ il senso latino della parola « religione » ch’egli impugna quando il Pascal dice che la vera religione non è quella che ci hanno insegnato i filosofi. Ed eccolo esclamare ornandosi delle penne del pavone e salendo sullo sperticato trampolo della sua ipocrisia : « I filosofi non hanno insegnato alcuna religione »... d’altronde « non si tratta di sapere se Gesù Cristo deve vincere Aristotele; si tratta di provare che la religione di Cristo è la vera e che quella di Maometto, di Confucio, di Giove, e tutte le altre, sono false ».
Ma il procedimento che il genio sarcastico del Voltaire preferisce ad ogni altro è quello dello scherno, è quello del ridicolo. E’, mi sembra, il più facile dei modi per sbalzare, agli occhi della folla superficiale, i propri avversari ; beffarsi di lui, ed insultarlo sotto il velo delle parole: ecco dove il Voltaire eccelle.
A lui il Bossuet direbbe : « ... Se voi volete detestare la religione, portatevi almeno la gravità e il peso che la materia richiede . . . Non fate gii scherzosi fuori proposito in cose si serie e venerabili. Quelle cose non si decidono colle vostre malignità, . . . con quelle sottili beffe di cui menate vanto e con quei sorrisi di disprezzo ... (4) » ’
Pascal esamina attentamente l’anima sua per scoprirvi il poco caso ch’essa fa del presente, le sue preoccupazioni per l'avvenire ed i vincoli potenti che lo
(1) Questo concetto socratico su la nullità del proprio sapere di fronte allo scibile umano è ripreso anche da Cicerone e da altri molti dopo di lui.
(2) « L’uomo non è che un arbusto, il più debole delia natura, ma è un arbusto pensante . . . Quand’anche l’universo lo schiacciasse, l’uomo sarebbe ancora più nobile di ciò che l’uccide, perchè sa che muore, e il vantaggio che l’universo ha su di lui, l’universo lo ignora. — Tutta la nostra dignità
consiste dunque nel pensiero ». (Pensieri, I, 6).
(3) « Descartes stesso non ci ha lui insegnato che una sol cosa è certa, il pensiero, che una sol cosa si afferra con immediata coscienza, il pensiero, e che tutto il rimanente, per giungere a un’esistenza vera, deve entrare nel pensiero e sottomettersi alle sue leggi»? Fouillée: Histoire de la Philosophie, pag. 274.
(4) Sermon pour le 2« dimanche de l’A-vent.
25
VOLTAIRE GIUDICE DEI «PENSIERI» DEL PASCAL
3*3
legano al suo passato? Voltaire trova questo un ridicolo « luogo comune > nel quale Pascal è ingenuamente caduto. Pascal, secondo Voltaire, scambia qui gli uomini per dei « fanciulli »., o meglio per dei veri e propri « imbecilli ». Notate bene che quest’osservazione, finissima e oltre ogni dire astuta, è fatta perchè il suo autore ben sapeva che gli uomini del Pascal sono tratti dal Pascal stesso.
In uno dei suoi bellissimi pensieri sulla miseria umana, il Pascal, con metafora alquanto pessimista, paragona gli uomini che vivono nel dolore e che contemplano il succedersi ininterrotto de’ mali che affliggono l’umanità, a dei condannati a morte che, stretti nei vincoli, devono contemplare i loro simili che vanno l’un dopo l’altro ad un triste macello.
Voltaire ride di questo paragone ardito è sardonicamente esclama : « Il naturai destino d’ogni uomo non è nè di essere incatenato, nè di essere sgozzato ». E poi non v’ha nulla dì sì ingiusto che di lamentarsi della sventura e della brevità di una vita che Dio ha creduto di regolar così. Noi dobbiamo, ed ecco l’altro estremo al quale egli giunge « rallegrarci della nostra felicità e della sua durata ». E « a ragionare anche semplicemente da filosofo ... è orgoglioso e temerario assai il pretendere che, per natura, dobbiamo essere migliori di quel che siamo». Il che torna a dire: Pascal è un presuntuoso, un orgoglioso ed un temerario che vuol forzare la divina natura ad essere quel che non è.
Più lungi ancora, riprendendo lo stesso argomento, per innalzarsi quale moralista al disopra del Pascal, egli esclama : « Vi lamentate di una vita così breve e sventurata ; ringraziate Dio che essa non sia più corta ed infelice ancora. Come dunque ! secondo voi, per ben ragionare, bisognerebbe che gli uomini tutti accusassero la Provvidenza ? »
Ma ritorniamo al ridicolo voltairiano. Pascal ci dice che, secondo la suà natura l’uomo si sente spinto verso gli studi o verso i divertimenti e che è ben naturale quindi di trovare nel mondo delle disparità sociali. Allora Voltaire prendendosela colla forma di questo pensiero, dice : « Sembra che si sia proposto al popolo di giocare a palla o di far de’ versi». Conclusione: strano davvero quel Pascal nelle sue espressioni infantili ed esagerate !...
— Non c’è felicità se non nella vita umile;
Poter vivre heureux vivono cachés,
diceva La Fontaine, e Pascal riprendendo il concetto lo svolge ampiamente in uno dei suoi più bei capitoli. Ma, dice tra sè il filosofo, l’uomo difficilmente si risolve a vivere nell’oscurità e nella solitudine. Perchè? Certamente perchè egli vedrebbe allora la sua miseria, perchè allora potrebbe contemplarsi, studiarsi, vedere solo sè stesso.
« Veder solo sè stesso ! » Ecco il ridicolo ! Ecco una frase che, per Voltaire, « non ha alcun senso ».
« Che cos’è un uomo che non agisce », dice egli, « e che dice di studiarsi? Non solo io dico che quell’uomo sarebbe un imbecille, inutile alla società, ma io dico che un tal uomo non può esistere. Che cosa potrebbe egli contemplare ? il suo corpo, i suoi piedi, le sue mani, i suoi cinque sensi ? » Ed eccolo continuare così per tutto un capitolo, poiché, quando più lungi il Pascal vuol farci
26
324
BILYCHN1S
vedere la miseria di un re che non avesse altro da fare che da pensare a sè, egli esclama : < Sempre lo stesso sofisma : un re che si raccoglie in sè per pensare è allora occupatissimo ; ma se egli fermasse il suo pensiero su sè soltanto, dicendo a sè stesso : Io regno, e nulla più, sarebbe un idiota ».
1 E’ dunque un bel capo ameno il Pascal di Voltaire ; e l’autore di < Edipo >, delle « Lettere filosofiche », il futuro compilatore del < Dizionario filosofico », del < Vangelo della ragione », della « Bibbia finalmente spiegata », voleva ben farcelo creder tale.
Ci è egli riuscito? No, nè con noi, nè con altri, poiché Francesco Maria Arouet, signore di Voltaire, non era l’uomo adatto per cercare le < sostanziose midolla » che si nascondono in Pascal.
Voltaire, uomo dallo « spirito prodigiosamente flessibile », al quale, tuttavia, è < negata la profondità, l’intimità e l’intensità del sentimento (1) », che sfiora tutti i vasti campi del pensiero, dell’arte e della vita e « che appare, senza esserlo, uno spirito universale ed enciclopedico (2) », non poteva se non lottare inutilmente contro la potente individualità del Pascal che penetra con la logica più sicura, coll’anima di poeta più ardente, con la più sincera delle fedi cristiane, con la matematica precisione del suo sguardo, fino nei ricettacoli più profondi dell’animo umano. Ed egli ha avuto agio di dimostrarsi fine dialettico ed ha ben potuto versare torrenti di disprezzo, di ridicolo e di critica superficiale su quell’uomo che, martoriato dagli eccessi di una fede sincera, s’era spento, come una flebile luce, più di settant’anni prima nell’ombra austera di Port-Roya); l’uno avrà sempre creato una vera epopea, una grande « Apologià della religione cristiana », mentre l’altro, attaccandolo, avrà dimostrato, una volta di più, la sua inettitudine per tutto quanto sa di profondità di pensiero, la sua volubilità, la sua mobilità di carattere e, quel che più monta, la leggerezza con la quale egli non esita a servirsi della perfidia e dell’ipocrisia per innalzarsi agli occhi del volgo e per insozzare di fango il corpo esanime dell’uomo dal più immacolato candore, dello scrittore dalla parola più schietta e del filosofo più facile, più chiaro e più preciso del mondo. „ „
Silvio Pons.
APPENDICE.
..... < Noi conosciamo che c'è un infinito, e ignoriamo quale sia la sua natura. Come noi sappiamo che è falso che i numeri siano finiti, così è vero che c’è un infinito in fatto di numeri, ma non sappiamo quel che esso sia. E' falso che esso sia pari, è falso che esso sia dispari, poiché, aggiungendovi un’unità non muta di natura, tuttavia è un numero e ogni numero è pari o dispari, è vero che ciò s’intende per ogni numero finito.
Così si può ben conoscere che c’è un Dio senza saper quel che esso sia.
Noi conosciamo dunque l’esistenza e la natura del finito, perchè siamo finiti e siamo spazio come lui;
(1) Farinelli, Op. cit. Anno Accademico 1911*12, R. Università di
(2) Corso del Prof. Toldo sul Voltaire, Torino.
27
■
VOLTAIRE GIUDICE DEI « PENSIERI > DEL PASCAL 32$
Noi conosciamo l’esistenza dell’infinito e ignoriamo la sua natura, perchè è spazio come noi, ma non ha limiti come noi.
Ma non conosciamo nè resistenza, nè la natura di Dio, perchè non ha nè spazio nè limiti.
Ma per mezzo della fede conosciamo la sua esistenza, e per mezzo della gloria (i) conosciamo la sua natura. E già io ho dimostrato come si possa conoscere l’esistenza di una cosa pur ignorandone la natura.
Parliamo ora secondo le luci naturali.
Se c’è un Dio, egli è infinitamente incomprensibile, poiché non avendo nè spazio nè limiti, non ha alcuna relazione con noi : noi siamo dunque incapaci di conoscere nè ciò che è, nè se egli è. Ciò essendo, chi oserà intraprendere di risolvere una tal questione? Non noi certamente, che con lui non abbiamo relazione alcuna.
Chi biasimerà dunque i cristiani di non potere dar ragione delle loro credenze, se professano una religione di cui non possono dar ragione? Essi dichiarano, esponendolo alle genti tutte, che ciò sarebbe una sciocchezza, stultitia (2), e poi vi lamentate perchè non vi danno delle prove. Se essi la provassero, non sarebbero coerenti: è perchè mancan di prove che non mancano di senso(3).
Sì, ma anche se ciò scusa chi la presenta come tale, e che ciò distolga da loro il biasimo di produrla senza ragione, ciò non scusa coloro che la ricevono. — Esaminiamo dunque cotesto punto, e diciamo : « Dio è o non è ». Ma da qual parte propenderemo noi ? La ragione non può decidervi nulla. C’è un « caos > infinito che ci separa. All’estremità di quell’infinita distanza si fa un giuoco, dove arriverà « palle e santi > (4) ; che guadagnerete voi ?
Con la ragione non potete fare nè l’uno nè l’altro; con la ragione, non potete difendere nessuno dei due.
Non incolpate dunque d’esser caduto in errore colui che ha fatto la sua scelta; poiché non ne sapete nulla. — No, (si dirà) ma io li biasimerò d’aver fatto non quella data scelta, ma una scelta, chè anche se colui che prende « palle » e l’altro fossero in eguale errore, essi sono entrambi in errore: il giusto è di non scommettere.
Si, ma bisogna scommettere (5) : ciò non dipende dalla vostra volontà, già
(1) < Gloria », nel senso cristiano della parola.
(2) San Paolo ai Corinzi. Epist. I, v. 17 e seguenti.
(3) Montaigne dice : < È per i cristiani una occasione per credere l’incontrare una cosa incredibile ; essa è tanto più secondo ragione quanto più essa è contro umana ragione».
(4) Espressione toscana per indicare quel giuoco d’azzardo in cui l’uno dei giuocatori getta una moneta per aria, l’altro nominando, con una di quelle espressioni, il lato della moneta che desidera, è vincitore se la moneta caduta presenta quel lato.
(5) In questo. senso dell’ < obbligatorietà »
stà appunto la differenza tra Pascal e Descartes. Pascal non si contenta più di una morale provvisoria: vuole una morale definitiva. Se si trattasse qui di pura speculazione si potrebbe non abbracciare nessun partito; ma noi siamo fatti per agire : la morale non può, còme la metafisica, rimanere a mezza strada. Egli vuole studiare quella scienza dei buoni costumi che Descartes aveva negletto. Egli ne comprende tutta l’importanza : < La scienza delle cose esteriori non mi consolerà dell’ignoranza della morale in tempi d’afflizione; ma la scienza dei buoni costumi mi consolerà sempre dell’ignoranza delle cose esteriori». (Pensieri, I, 19S).
../J
28
326
BILYCHNIS
vi siete lanciato. Quale prenderete dunque ? Vediamo. Poiché bisogna scegliere, vediamo quel che v'interessa meno. Avete due cose da perdere, il vero e il bene; due cose da impegnare, la vostra ragione e la vostra volontà, la vostra conoscenza e la vostra beatitudine, e la vostra natura ha due cose da fuggire, l’errore e la miseria. La vostra ragione non rimane più offesa, scegliendo l’uno piuttosto che l’altro, poiché bisogna necessariamente scegliere.
Ecco un punto di stabilito, ma la vostra beatitudine? Valutiamo il guadagno e la perdita, prendendo « palle », dicendo che Dio esiste. Consideriamo quei due casi : se guadagnate, guadagnate tutto, se perdete, non perdete nulla. Scommettete dunque ch’egli è, senza esitare. — Ciò è straordinario. Sì, bisogna scommettere; ma io scommetto forse troppo. — Vediamo. Poiché vi è uguale probabilità di guadagno e di perdita, se non aveste che da guadagnar due vite per una, potreste ancora scommettere..... Ma c'è (da guadagnare) un’eternità di vita e di felicità..
.. Io vi dico che ci guadagnerete anche in questa vita; e che ad ogni passo che farete per quel cammino, vedrete tanta certezza di guadagno, e tanta nullità in quel che avete scommesso, che voi riconoscerete alla fine che avete scommesso per una cosa certa, infinita e per la quale nulla avete dato.......
... Questo discorso.....sappiate che è fatto da un uomo che s’è messo in
ginocchi prima e dopo per. pregare quell’Essere infinito e senza corpo, al quale egli sottomette il suo, e al quale dovete sottomettere il vostro per il vostro bene e per la sua gloria..........
(Articolo X - de « I Pensieri » del .Pascal - passim).
S. P.
29
FEDI CREPUSCOLARI
ONO in grandissimo numero, oggi, coloro i quali veggono la religione eon occhi nuovi : insuetum miratur limen Olympi. Vedere, vogliono vedere che cosa sia questa religione ; e si dànno definizioni, e si scrutano le origini remote d’ogni fede, e si esamina pietra per pietra d’ogni edilìzio religioso, e si scartabella ogni foglio d’ogni libro mistico, e si fanno confronti fra le religioni, e questa la si esalta e quella la si abbassa, e si accavallano filosofie della fede, e s’innovano teo
logie, e si preconizzano nuovi organismi ecclesiastici : tutto il campo, insomma, vien messo sottosopra, rinvangato, arato, calpestato, concimato e forse seminato. Sta bene, sta bene ; ma è tanto vasto il campo, e tanto rude la bisogna ! E forse là dove fu gittata la semenza, prescelta nel mucchio chicco per chicco paziente-mente, là i germogli novelli saranno premuti e schiacciati o divelti dalle ugne dei molti scalpitanti cavalli in guerra; e invece dove sono sterpeti e aride eriche rosse, sorgeranno le tende dei nuovi pacifici agricoltori. Ma chi sa oggi tutto questo? Chi mai, se non Iddio stesso? Ma questo voglio dire ora, che l’avvenire delle religioni, sarà lo stesso avvenire dei popoli: tempestoso o pacifico, civile o barbaro, migliore o peggiore, a seconda dei luoghi e dei tempi; ma quale è l’uomo che sappia discorrerne con visione sicura, con meravigliosa prescienza?
E intanto, oggi, gli uomini guardano alla religione con occhi nuovi : e molti si rifanno fanciulli (che nuovo è l’antico, spesso, ridivenuto di moda) per vedere dentro di sè, che religione è vita interiore; e molti chiudono le finestre acciò non giungano i rumori mondani e le luci del bel nostro sole, e accendono una lampada fumosa e inforcano sul naso spessi occhiali per sfogliare libri su libri e polverosi o fragranti di freschi inchiostri, ma libri che sovente hanno solo una stridula voce, quella delle foglie aride, che è meglio sentirla l'inverno nei boschi. Voglio dire alcunché oggi di queste due sorta di gente: e forse non saranno costoro che giungeranno alla nuova Terra promessa o che varcheranno il nuovo limen Olympì.
Ma tant’è, dal caos all’ordine, dall’anarchia all’organizzazione civile ; questo è sempre stato e ancora sarà ; noi ora dobbiamo vedere se (perchè è cosa troppo condannabile e pochissimo seria quell'eclettismo religioso che troppe riviste dalla parvenza scientifica professano, e troppi uomini che vorrebbero parere moderni
30
328
BILYCHNIS
hanno più nel cervello che nel cuore), vedere se nel caos e nell’anarchia ci si trovi per avventura qualche elemento che possa essere il germine dell'ordine e della disciplina futura. Il mondo è vasto, e molto è il lavorìo delle fedi alla superficie, e assai più grande quello sotterraneo e quasi occulto ; ma le scaturigini dei miti, le limpide sorgenti delle credenze, i turbamenti oscuri e primi della coscienza morale, la coscienza ¡stessa della propria relatività etica e umana, la dolcezza dell’adorazione in Quegli che si riconosce causa efficiente del bene, del buon consiglio, del conforto, della giustizia, dell’ausilio sicuro, tutto ciò non è per anco scomparso dall’universa spirituale umanità vivente, e si rivela in ciascuno e nella collettività, nel profondo, nella semplicità, nelle ore solenni. Elemento primo adunque, la fede; fede nella divinità, nel dio solo, nel dio ignoto, ih Dio.
Non voglio dire nulla ora degli attributi che i filosofi e i teologi (oh ! questi secondi sono come i disseccatori delle credenze, e le appuntano come farfalle con spilli nei chiusi armadi delle loro collezioni) ad ora ad ora scuoprono ovvero fantasticano intorno all’unica divinità. Molto si è detto di grande, ma il Cristo ha detto tutto : Dio è il padre che bisogna adorare ed amare in ¡spirito, ed egli è il suo figliuolo. Cose semplici, cose immense: come il seme che germina e giganteggia nell’altissima quercia che fiorisce e mette foglie e buttando vaste radici s’abbranca pei secoli nelle profondità del suolo. Il Dio di Cristo : ecco un secondo elemento che noi andavamo cercando. E parrebbe che noi lo abbiamo trovato con facilità somma, quasi con una mossa repentina, uno scarto impensato da sofista : e non è. Poiché noi non siamo gli uomini della stanza chiusa e dagli spessi occhiali : noi non osserviamo la religione con un metodo empirico, non consideriamo la religione un fenomeno : noi viviamo la religione nostra. Quando studiamo, quando cioè applichiamo alle religioni l’attività teoretica dello spirito — ne tracciamo cioè la storia in base ad una filosofia che c’ illumina nella riviviscenza del passato religioso dell'umanità — adopreremo il metodo filologico, e l’antropologico e quale si voglia altro metodo, ma solo in quanto ci sussidiano alla ricerca del vero, e in quanto l’uno di questi metodi corregge e completa le manchevolezze dell'altro, ne svetta le esagerazioni, e pone in rilievo fatti non dall’altro osservati. Ma uno studio delle religioni a sè, una scienza fenomenologica delle religioni pura, non ha senso. Il dire scienza delle religioni implica in sè qualcosa di universale, anzi l’universale visto dal lato della religione come attività dello spirito: e questo universale non può essere illuminato che dalla scienza dell’universale, dalla vera scienza cioè, dalla filosofia (1). Ora la sana, vera, la perenne filosofia desume le norme per lo studio delle religioni dalle religioni più perfette; poi non risale all’indietro fino alle religioni primitive, ma da quelle norme desume una particolare attività dello spirito che è la religione, necessaria universale come lo spirito stesso; e come ogni altra attività di esso, ora più ora meno, è vita che coopera e collabora al divenire progrediente, al- sempre maggiore allargarsi delle cognizioni e della vita dell’uomo. Trovata la religione
(1) Questo valga come critica fondamentale, al d’altronde bel libro — di cui converrà occuparci altrimenti — Introduzione bibliografica alla Scienza delle religioni di Luigi Salvatorelli, Roma, Guglielmo Quadrotta, 1914.
31
FEDI CREPUSCOLARI
329
come attività delio spirito — ciò che impone la nostra civiltà liberale — e trovate tutte le altre attività, come sono l’arte, la filosofia, la politica, la morale, ci si può accingere a fare la storia dell’umanità, poiché quelle attività bisogna ritrovare vive, operanti in ogni ordine di tempo, dai remotissimi fino alla pace travagliosa dei tempi nostrani. Ora la religione più perfetta, come anche riconoscono taluni della scienza fenomenica — von Orelli, — è il cristianesimo : bisogna vedere che vita c’è dietro il fatto, quale verità profonda dietro il velo degli enigmi che sono i fatti — videmus in aenigmate. — II cristianesimo è nelle parole di Cristo: altri e noi con lo studio diremo come fosse possibile, come è stato, ed è stato però necessario, Gesù. Ma quando si voglia vivere religiosamente, noi uomini dalle molte civiltà ancestrali, conviene ascoltiamo le semplici parole di Cristo. Non avete mai osservato ciò che è più bello e più dolce o più tremendo ed orrendo nel mondo ? E’ ciò che è più necessario : l’aria, con i suoi venti che sono sciagurate tempeste o soavi soffi primaverili ; l’acqua, che scende e quando refrigera e quando precipitosa adduce ruine ; la luce de) sole e i colori infiniti della terra e del cielo, nelle rugiadose aurore e negli avvampanti tramonti ; e le giornate di pioggia dense di tedio e le notti palpitanti di stelle od oscure come un cuore chiuso dalla sventura. Còse elementari, semplici, bèlle; nella giocondità delle ore assolate e nella vastità delle immense commozioni della terra e del mare e del cielo. Semplici ed immani, identiche e mutevoli sempre, eterne nel loro succedersi e nel loro fluire. Questi così detti spettacoli naturali, ed è l’uomo moderno che li chiamò spettacoli e come tali li tradusse e fi espresse nella sua arte magnifica, impaurirono i cuori dell’uomo antico, e di questo terrore nacque la coscienza del dolore, dell’universale dolore ; e quel terrore antico — del quale sentiamo ancora la punta ardente, talvolta in solitudine, alle radici del nostro sentimento — generò i miti, i divieti e le adorazioni e le superstizioni e le magie ; poi fece distinguere il bene dal male. Questa conoscenza, e si può dire coscienza, del bene e del male, determinò i riti, ch’erano leggi, per supplicare il bene, per garantire il bene reciproco, per scongiurare il male ed evitare il male della natura e dell’uomo. E furono adorati gli astri e il sole per primo; e furono adorate le acque, e le bestie — universa pecora — e le piante. Adorazioni che ingentilirono i costumi e le fedi ; purificate nella loro brutalità primitiva, dal progressivo scomparire del terrore istintivo che si traduceva in pratiche sanguinarie e in obbrobri! senza fine, e dal nascere delle arti e delle scritture che i fasti e i fatti di questo ingentilimento dovevano tramandare alle generazioni future. Ma fra la molteplicità dei miti e delle divinità conseguenti come sorse l’idea dell’unità di Dio creatore e Signóte?
Si conoscono i popoli, le genti, che per i primi adorarono un solo dio, trasportandone, or quà or là, la conoscenza, nelle molte faticose, dolorose, incessanti trasmigrazioni. Ma il problema non è lì; quello che importa di sapere è: come sorse l’idea di un Dio solo, arbitro dei destini dell'uomo e di tutto? Dalla conoscenza del bene e del male : ed è di questa conoscenza eh’ io intendo principalmente dire alcuna cosa forse non vana.
Si sente molto parlare oggi di fedi razionali, specie fra i cristiani, per non dire anche fra i buddhisti, che contano o si contano quasi soltanto per il cieco numero. Però costoro appongono la loro frase — ch'è una frase, non una reli-
32
33°
BILYCHNIS
gione vissuta — ad una filosofia monistica, ch’è legata a filo doppio col panteismo. Col razionalismo cioè, che esclude ogni fede.
E allora? Allora risulta ancora evidente una volta il vano errore in cui si dibattono quegli che ad ogni costo vogliono conciliare, ossia identificare la fede — religione — con il raziocinio — filosofia — ; errore peggiore poi quando si attardano costoro per anco, come il buon Ugo Janni, alla conciliazione della fede con le scienze empiriche (e non pensano che la religione come attività autonoma dello spirito non può presentare verità che si oppongano e contrastino con quelle che elabora la filosofia o l’empiria) e col monismo materialista. Queste sono le fedi crepuscolari del tramonto e si spegneranno presto o tardi o nella notte senza stelle della barbarie materialistica, ovvero in quell’eterna alba lunare dell’idealismo integrale moderno, ateo, algido, infecondo, per necessità della sua logica monistica interna.
Gli antichi, che primi adorarono un dio unico, distinsero sempre più chiaramente i due termini in eterno conflitto: il bene ed il male: così sorse il mito di Adamo, del paradiso terreste, del peccato originale. Videmns in aenigmate. Concezione tragica e pessimistica della vita, e vita affrontata in tutta la sua pienezza.
Ecco il perchè dell’ immensa superiorità, non numerica, ma religiosa e civile dei popoli monoteistici e però europei e in parte semitici. Anche taluni moderni studiosi della storia delle religioni, riducono il così detto politeismo greco-romano ad uri fondamentale monoteismo arricchito del culto degli eroi e degli antenati; ma il principio è quello: il cielo sede della divinità, la terra sede dell’umanità che di quella abbisogna ed adora.
L’origine dionisiaca della tragedia greca addimostra e mostra come anche fra questi popoli fosse questa concezione pessimista e tragica della vita con un superno Giove e il fato, nel quale fato era compresa, senza possibilità di dominio, la lotta ineluttabile, indeprecabile, incoercibile fra il bene e il male. A parte le necessarie distinzioni di tempo e di luogo, è, io ritengo, fuori di dubbio che a questa fondamentale radice dell’anima greco-romana si debba il relativamente rapido aggregamento dei popoli greco e romano alla religione di Cristo. Sed tomen iste deus qui sit da, Titire, nobis. Lasciamo che taccia inj.'.oi ora il clamore delle scuole contendenti : facciamo la calma, noi che lo possiamo, nel nostro cervello, rendiamoci semplici, virginei, sarei tentato di dire, ignari; scuopriamo, giù nel profondo del cuore, ciò che v’è nascosto, le scaturigini prime del nostro sentimento, rendiamole sensitive e pronte ai desideri dell'anima, come nervi messi allo scoperto. Facciamo il silenzio entro di noi, come quando noi ammiriamo, dimentichi delle nostre raffinatezze, ciò che è nella natura più semplice e puro e più bello: lo svariare d’un colle sotto il vento, la canzone d'un limpido torrente alpestre (de túrrente in via bibet...}, le nuvole porporine e vermiglie dei dolci tramonti, lo scintillare infinito d’indaco e di smeraldo del lieto mare.
Ammiriamo bene, con pace, tutto ciò ch’è nelle creature semplici, e torneremo a casa, seco noi più pensosi, forse migliori; se saremo Stati in istato di grazia. Le parole di Cristo sono semplici e belle, come le cose semplici e belle; ascoltiamole, le ammireremo dapprima, e ci renderanno pensosi; e poi riaccostiamoci al Cristo, mundo corde, non le ammireremo più ; diverranno cosa nostra, anima della nostra anima, vita della vita nostra: perchè avranno rivelato noi a
33
FEDI CREPUSCOLARI
331
noi stessi. Ci avranno detto: siate voi medesimi, ma migliori, operate il bene; Gì avranno consigliati: parate viam Domini} ci avranno fatti religiosi.
Ricordo: l’autunno scorso, in Roma, a pena reduce dalle fatiche aspre ed amare d’una lotta elettorale, dove avevo avuto contro dell'amico mio deputato uscente, on Murri, e contro di me le turbe fanatiche dei contadini guidate, nuovi sanfedisti, dai preti oscenamente corruttori e bugiardi e persecutori; ricordo una indimenticabile discussione avuta sulla religione con due amici miei stimati e cari. L’uno, non filosofo, ma razionalista e monista, spirito bizzarro e giornalista principe, faceva la parte del diavolo; l’altro, spirito inquieto ed irruente, altissimo ingegno di critico letterario e studiosissimo de’ problemi religiosi, sosteneva una sua teoria e definiva il cristianesimo: < la religione del pessimismo integrale » ; io obbiettavo nella misura delle mie monche e povere cognizioni. Finché il secondo ricordò un’ idea di Fichte : il cristianesimo essere stato prima quello di Pietro, evangelico; poi quello di Paolo, teologico; ora cominciare ad essere quello di Giovanni, filosofico. Ed io dissi ■: Quando sarà il cristianesimo di Cristo ?
Ora domando: la nostra fede crepuscolare segna forse l'aurora di questo cristianesimo di Cristo ? Orbene di quel dialogo, così vivo in me sempre e caro alla memoria, possiamo riprendere la definizione dell’amico mio: essere il cristianesimo la religione del pessimismo integrale. Come si vede qui siamo mille miglia lontani dall’istoricismo razionalista (e che non hanno perpetrato i così detti storici ai danni del cristianesimo?) e dall’idealismo monista.
Ma è quello della definizione il cristianesimo di Gesti? Intento del Cristo degli Evangelisti ; chè malgrado ogni parere opposto, malgrado le contraddizioni dei Sinottici, malgrado la così detta non istorìcità del Vangelo giovanneo, Cristo noi lo conosciamo solo negli Evangelii, ed è quello degli Evangelii: lo s’interpreti pure, ma quello solo devesi interpretare. Possiamo noi ora, fra l'infinita varietà de’ cristiani, ossia cristiani così così o razionalisti, cattolici, protestanti, ortodossi, dire quale sia il nostro cristianesimo, dire perchè- reputiamo il cristianesimo la religione più alta? Possiamo noi pensare o almeno cominciare a pensare che sia il nostro il cristianesimo di Cristo?
II.
Fra le cose eh’ io vado scrivendo, a chi ben sappia' vedere, appariranno impliciti i « filamenti organici » di una filosofia (la quale non manca di solenni fondamentali pietre angolari, quali, e nemmeno ultimi in ordine di tempo, Rosmini e Gioberti) che è equidistante, per sua fortuna, e dal monismo idealista e da quello inevitabile naturalistico. Qui, insomma, è implicito quello che altrove cercherò di mostrare esplicitamente: e cioè che nessuno possa religiosamente, non dico eticamente, dirsi ed essere cristiano, che non accetti serenamente il necessario dualismo razionale : accettazione tragica della vita, che non è il nullismo sconsolato del Leopardi, nè la scettica inerzia buddhistica, sibbene uno sforzo consapevole di lotta per la conquista della verità, una cosciente volontà di bene contro il male l’errore e la morte. Ma questa dimostrazione spetta al filosofo : ora la religione non è filosofia, non è una mera attività teoretica dello spirito, implica in sè il concetto di umanità, di società umana. Ora, ripeto, come
34
332
BILYCHN1S
la società, nella sua miglior forma la si ritrova nelle collettività più progredite, e la si ritrova sempre dallo studioso risalendo alle origini o discendendone (storia) nei conglomerati umani, così è della religione, la cui funzione è di regolare i rapporti umani spirituali e non già i pratici e giuridici. E come i rapporti pratici o giuridici degli uomini sono imposti dalla sanzione e garantiti dalla sempre vigile presenza dei poteri pubblici dello Stato, così i rapporti spirituali degli uomini sono imposti e garantiti necessariamente da un ente supremo, da Dio, imperscrutabile donatore di bene, ch’è nello spirito. E siccome l’umanità vera, e però la verità e la luce che da essa emana è nello spirito, e lo spirito emana da Dio, così Dio formatore apparirà come l’elemento opposto dell'istinto ch’è l'animalità, la violenza bruta, l’errore e la tenebra, in una parola, il male : « Sic luceat lux vestra coram hominibus: ut videant opera vestra bona — lato sociale della fede — et glorificent patron vestrum, qui in coelis est » lato individuale di essa. Sapienza indefettibile, acquisita alla coscienza umana, la quale sa che non è saggio se non chi vinca le passioni e viva della vita dello spirito in cui è la libertà, poiché verità e libertà sono 1’ ¡stessissima cosa ; e sa ancora che schiavo è colui che soggiace all’ istinto, da cui la sua volontà, che pure gli fu largita da Dio, non sa affrancarsi. Quegli che si affranca, l’umanità che si affranca combatte adunque volenterosamente ogni giorno la suà battaglia contro l’istinto, l’animalità, il male e l’errore. Male e bene, dolore e gioia, morte e vita, tenebra e luce, errore e verità, anarchia e disciplina, caos ed ordine, odio ed amore, sono i termini indistruttibili e fatali fra cui ogni individuo ha libera facoltà di operare e di espandersi, e al di là di essi, dove parrebbe fosse il grandissimo sogno dei pessimisti scettici è possibile solo in quanto si va al di là del bene compiendolo, e al di là del male vincendolo e superandolo. Questa è la Storia vera, intima e squisita dell’umanità, e però la storia delle religioni. Come adunque era ed è assurda la pretesa di taluno di ridurre la religione alla filosofia (pretesa non modernissima, ma vecchia di secoli, specie a chi conosca un poco di patristica), così assurda è la pretesa di chi vorrebbe ridurre la religione all’arte. I teorici dell'estetica dicono con ragione che l'arte è libera, individuale, intrinseca al poeta, il quale solo esprime il suo mondo interiore quale che sia, purché sia bello ed espresso il più bellamente possibile ; invece la religione è anche sociale, sì che i santi e i profeti, che sono gli eroi della religione, come i poeti dell'arte, in tanto furono in quanto operarono fra gli uomini animati da una divina e invincibile volontà di proselitismo e di carità. Cristo, l’uomo-Dio, visse ed operò fra gli uomini, e quando cominciò la sua missione, convocatis ad se turbis, dixit eis: erudite et intelligite : e quando si ritirò per il lungo digiuno, fu per meditare sulla sua missione, e precisarla nella crisi finale, per misurare le proprie forze e adeguarle all’ importanza di essa, per vincere in sé le ultime titubanze e i timori provenienti dall’ istinto della conservazione dell’animalità. Dopo di esso egli divenne il .forte, il salvatore, il redentore consapevole il Padre, Dio, invocato nella preghiera, esaudì e donò le forze alla vittima del male di tutti. Egli compì il bene divenuto puro spirito, e fu Dio al di là del bene : vinse il tremore, il male e l’errore e la morte, e fu Dio al di là del male. Cristo rappresenta la perfetta accettazione tragica della vita, per giungere al di là del bene e del male; perciò il cristianesimo è il pessimismo integrale.
La critica biblica, dicono gl’ idolatri dell’ ¡storiografia e gli ammalati d’ ¡storicismo, ha compiute meraviglie nelle notazioni delle contraddizioni dei libri cano-
35
FEDI CREPUSCOLARI
333
nici e dei sinottici fra loro, e ha detto che la tale epistola non è di Paolo di Tarso, e ha trovate analogie, che loro dànno molto da fare fra i Vangeli e i libri sacri di più antiche religioni dell’occidente asiatico; bellissime cose. Ma di grazia, in che ci hanno dimostrato il Cristo di Matteo diverso da quello degli altri evangelisti, se non in particolari secondari e non riguardanti la sua personalità religiosa, la sua fiamma religiosa, la sua essenza religiosa, ma attinenti a brani che solo servirono nel volger de’ tempi a giustificare questo o quello atteggiamento di qualche particolare confessione? E non si sono gl’¡storiografi mai posta la domanda, quando sia per venire il cristianesimo di Cristo? Quale sia la chiesa che più puro conservi lo spirito, l’intima essenza del Cristo?
Quante fedi crepuscolari intorno a noi ! Quanto morire nei tramonti religiosi e melanconici di fedi e di ardori! Ma quanto risorgere di nuove intime forze religiose. Intorno a Cristo, io dico : e non dico ancora in quale confessione cristiana sebbene sia affannosa in me ed in altri la ricerca di essa, disposti anche al cattolicismo, se lo riconoscessimo capace di novissima vita, il che non possiamo perentoriamente negare. Noi attraversiamo oggi un periodo di vita religiosa singolarmente analoga a quello dei tempi di Agostino. Anche allora era un disgregarsi di un mondo, di una civiltà, sotto a’ tremendi colpi delle ingenue e istintive masse umane scendenti dal settentrione o marciami a gran tappe dall’oriente asiatico ; ed eravi un enorme tumulto di filosofi e di teologi discordi, un furioso contendersi di scuole e di sette, un pullulare di religioni, un isterilirsi di fedi sotto alle passioni — e non già alla coscienza —- politiche; e ambizioni e tutto. Premevano il vecchio mondo civile ma tabescente, il vecchio tronco scavato dalle mille e mille tarme, e ¡’incalzavano e lo bruciavano i goti e i franchi, feroci ma saldi, semplici ma schietti, rozzi ma sani, desiderosi delle belle contrade solatie mediterranee e di un più agevole vivere e di più giocondi domini; ma nell’intimo desiderosi di umanità, di spiritualità, di idee più chiare, che li facessero uomini, di fedi più pure che li rendessero più buoni. Come spazzarono via le scuole e le sètte e i filosofi decadenti, e i letterati decadenti, e i grammatici petulanti, e tutte le oche e le rane, quegli ingenui biondi figli d’Arminio ! Dopo della loro venuta in Europa non rimane, tranne rare eccezioni, se non il cristianesimo; precisiamo: il cattolicismo. Agostino, letterato e raffinato alle formule conclusive de’ grammatici intorno alle arti greca e latina, manicheo, e cioè formato ad un dualismo grossolano e materiale pari a quello di molti sensisti teisti moderni, con una poderosa, formidabile introspezione, con un’analisi spietata delle sue proprie e delle circostanti idee, con un’accensione di fede meravigliosa, accede al più sano e realistico dualismo di Cristo. Egli è il vero sistematore intellettuale di ciò che in Cristo era purissima intuizione religiosa, insuperata e insuperabile. Ma l’importanza di Agostino è non solo di aver sistemato il cattolicismo sulla base del dualismo cristiano, del quale ancora parleremo, ma di avere fermate le discussioni vane de’ molti teologi e reso il suo valore vero alla fede come donatrice della grazia e che alla sua volta ne rimane giustificata. Era l’unico modo per rendere accettabile il cristianesimo alle turbe nordiche: precisarlo, semplificarlo direi quasi, giustificarlo come religione d’amore e come fonte di commozione, come sorgente delle più schiette e nobili attitudini dello spirito umano.
Oggi l’agostiniana opera sistematrice del dualismo religioso del Cristo, come che rispondente ad una imprescindibile necessità dello spirito e però della sua
36
334
BTLYCHNIS
storia, comincia a trovare quanto mai propizio il terreno sul quale e dal quale estendere nel mondo i suoi meravigliosi benefici germogli. Agostino rivive, io credo, ogni qualvolta termina, più o meno turbinósamente, un’epoca, ed un’altra se ne inizia sempre più densa di vita. Sul finire del medioevo risorse con Lutero, il quale per una sua affannosa crisi interiore superò l’occamismo per accedere alle idee agostiniane. Egli abbandona l’ordine agostiniano per andare a ricongiungersi con Agostino risalendo i secoli e le orme imperiture lasciate da una scuola che fino al dugento fu la. grande anima pensante del cattolicismo (i). Oggi adunque, per i visibilissimi segni, tramonta l’epoca che culminò con il secolo decimonono (alla quale non saprei quale altro appellativo dare.se non di enciclopedica); un'altra se ne incomincia nella quale si instaurerà la vera civiltà liberale. Salgono, ancora incompostamente, le turbe popolari, come un dì calavano verso il Mediterraneo le turbe del nord, a domandare un diritto nuovo, una giustizia senza privilegi. Socialismo? Lo scrivente non è socialista, e tanto meno un socialista cristiano (chè il socialismo cristiano pargli, con rispetto di taluno scrivente su questa Rivista, dilettantismo); è semplicemente un liberale moderno, che considera il socialismo quale un fenomeno transeunte di disequilibrio storico; è un effetto di trasmutazioni sociali e politiche or placide e legali, or violente, brutali, rivoluzionarie. Passerà, perchè nessun socialista è ancora riuscito a dimostrare che civiltà non sia un giusto contemperamento dialettico, a dirla col Gioberti, fra l’operosità del popolo e la nobiltà dell'ingegno. Comunque, il cristianesimo è la accettazione serena, volonterosa, della drammaticità della vita, per collegare con ordine gli uomini intorno al principio del bene, ch’è l’unico seme del multiforme diritto; principio del bene, che contro a ogni bassezza delle passioni istintive, egoistiche, è il fondamento securo dello spirito di sacrificio, di solidarietà umana. Realismo è questo sano e schietto, cioè quello del Vangelo : da una parte i poveri di spirito (le turbe prese nell’ insieme) i disgraziati, gli ammalati, gli orrori della esistenza, la vita dolorosa com’è dalla nascita alla morte, dalle malattie fisiche alle turpitudini morali, dalle ipocrisie all’avarizia, dal sensualismo alla demenza, tutto il male insomma: che implica, dall'altra parte, tutto il bene, l’amore del prossimo, il miglioramento spirituale di se medesimi, l’amore di patria, l’uno per tutti e il tutti per l’uno, la pietà. Ecco la vita quale è; lotta strenua, continua di minuto in minuto del bene col male; accettarla così com’è, vuol dire accettare la lotta, quale Iddio medesimo, ch’è il Padre comune, l’ha accettata. Significa questa accettazione del bene e del male, ineluttabile e necessaria, il concepire l’umanità progrediente’verso il divenire continuo della realizzazione completa dello spirito ch’è la verità. E qui siamo al misticismo puro, che c’impone un alty perchè degno di una particolare trattazione. Oggi giorno tramontano e nascono fedi — e speranze — e illusioni, e filosofie. Che importa? Crepuscoli sereni o vividi di fiamme corrusche, aurore e tramonti ; preghiere e imprecazioni ; negazioni e affermazioni solenni. Dio è, le turbe sono, la religione è nello spirito. La verità si farà strada comunque, è fatale, nel nome di Cristo. E’ cominciata la novella storia; diveniamone gli eroi. Mario Rosazza.
(i) Intorno a questo vedi il libro, da me recensito in Bilychnis un anno e mezzo fa, di A. V. Müller, sulle fonti teologiche di Lutero. Il Müller prosegue con lietissimo successo le sue straordinariamente importanti ricerche.
37
PERISG/OVRA DELL'ANIMA
LA FEDE
Parlo come a persone intelligenti ; giudicate voi di quel che dico.
(/ Corìnti, X, r$).
San Paolo aveva a dolersi dei Corinzi ; ma, invece di condannarli senza appello, invece di far uso della sua autorità di apostolo e dir loro duramente : - Ecco quel che dovete fare, quel che dovete pensare, quel che dovete credere ; inchinatevi : obbedite ciecamente -, si appella al loro buon senso, alla loro ragione ; spiega ciò che essi non comprendono, li prega di giudicare essi stessi, di convincersi, di nulla credere che prima non abbian provato esser la verità.
Io sono fortemente sorpreso dell’atteggiamento di s. Paolo. Egli, l’uomo pieno di autorità, un Maestro, che sapeva e poteva comandare, dirigere e, se necessario, condannare, fa invece appello ai suoi lettori, e rivolge ad essi la preghiera di farsi giudici delle sue idee, di illuminarsi da se stessi, facendo uso della propria ragione.
L’apostolo ci si mostra qui, in tutto il suo genio, così umano, così largo, così compassionevole; egli sa che quando si tratta delle verità che più profondamente ci interessano, le verità religiose e morali, dobbiamo farne noi medesimi l’esperienza. Quando si tratta di queste verità, dobbiamo considerarle con la nostra intelligenza e non con quella di altri, fosse pure dello stesso s. Paolo.
Questo dev’essere il vero metodo in religione. Ci si accuserà forse di orgoglio, di vantarci come possessori di un sistema perfetto, di crederci superuomini, convinti come
siamo che il nostro metodo è l’unico per comprendere l’Evangelo, E forse queste accuse hanno qualche còsa di vero. Certo, se noi ci inorgogliamo al punto che la superbia faccia velo alla nostra ragione, tanto da crederci superiori a tutti gli altri uomini, se operiamo come il Fariseo della parabola, sino a dimenticare la nostra responsabilità, a scordarci della nostra pochezza, noi siamo davvero colpevoli.
Ma se consideriamo la nostra posizione come un ritorno alle pure fonti del Vangelo, e che, quindi, riteniamo che ci sia più facile così percepire l’essenza stessa della parola di Cristo, chi può farcene una colpa? Nessuno certo, poiché abbiamo precisamente messo in pratica il consiglio dell’Apostolo ; abbiamo giudicato da noi stessi, e abbiamo riconosciuto che le parole di s. Paolo sono in contrasto con la religione di autorità, che, imponendo il suo giogo, grida: - Inchinatevi senza curarvi di comprendere; la Chiesa pensa per voi, decide per voi, si incarica essa della vostra salvezza.
Invece noi giudichiamo da noi stessi, perchè ci sentiamo responsabili delle nostre azioni : in questo siamo essenzialmente individualisti. Per noi non vi può essere alcuno particolarmente delegato a far da intermadiario fra la verità da una parte ed il fedele dall’altra, e che osi affermare: - Io solo sono l’interprete della verità, voi non potete conoscerla che per mio mezzo o raggiungerla senza il mio aiuto. No ; noi crediamo che ciascuno debba essere in rapporti personali con la verità, col Cristo.
38
33^
BILYCHNIS
I.
Ma prima di chiedervi se voi agite cosi, se avete anche voi questa fede personale, senza di cui non può concepirsi una vera vita cristiana, io debbo rispondere alle obbiezioni che sorgono forse nello spirito vostro.
Voi potreste dirmi : - Badate ; se voi esaminate al lume della vostra ragione le verità cristiane, se rigettate tutto ciò che la vostra ragione respinge, voi cadete nel. razionalismo ; la religione non sarebbe più che una filosofia naturale, qualche cosa di ineschino e di volgare, non certo una religione! Poiché, la religione degna di esser chiamata cosi, deve per conservar tutto il suo prestigio essere a noi superiore, deve dominarci, deve restare, per la parte maggiore, misteriosa ed inaccessibile alla nostra debole ragione. Se pretendiamo di comprender tutto, noi l’abbassiamo, le strappiamo il suo ideale, la sua grandezza, la sua virtù profonda. E che ! voi rigettate del Vangelo quanto la vostra ragionò, la vostra debole ragione non comprende? Allora, addio soprannaturale, addio rivelazione, addio miracoli ! Non resta che un freddo ed effimero spiritualismo creato dagli uomini stessi che non può soddisfarci, perchè non risponde in alcun modo ai profondi bisogni dell’anima mia. Dio stesso sparirà ben presto ; la sua immagine diverrà sempre più imprecisa ed ondeggiante ai miei occhi velati. Non mi resterà più che la morale; ma essa non sarà altro che un utilitarismo interessato... No, no ; non mi parlate di comprender tutto, di tutto giudicare; se applicate le parole di s. Paolo alla verità religiosa, questa verità religiosa voi la distruggete.
Questa è una prima obbiezione; eccone un’altra: - Questo metodo di tutto giudicar da se stessi è per molti impraticabile. L’immensa maggioranza non ha nè i mezzi nè il tempo di far questo esame : essa è composta di ignoranti che non possono non confidare ad altri la cura delle loro anime. Tutti, d’altronde. e non i soli ignoranti, ma bensì « i savi e gli intelligenti », abbisognano quando si tratti della verità religiosa, di sapere il vero riguardo a Dio, all’anima, all'eternità; abbisognano, dico, di essere condótti, sorvegliati, guidati in questa vita. E’ questa una delle grandi forze del Cattolicismo : dare ad ogni fedele un direttore di coscienza. Non è forse vero, che hai spesso provato il senso profondo della tua debolezza, della tua impotenza, ed il bisogno di essere guidato, consigliato, sorvegliato? Sì, sorvegliato nella tua intelligenza che non può comprender tutto,
nella tua volontà che non sa coinè agire, nel tuo cuore che devia così spesso dal fine a cui dovrebbe tendere.
In altre parole tu mi dici : - Io sono un debole, incapace di giudicar da ine stesso. Il motto di Paolo non è fatto per me, che sento il bisogno di sottopormi ad uno di me più grande e che ini ispiri confidenza. Sento il bisogno di un’autorità esterna che mi parli, mi consigli, mi dica ciò che è vero, mi ponga in guardia contro l’errore, perchè non posso giudicarne da me. Per non perdermi mi è necessario un rifugio, un direttore, una Chiesa, un’autorità insomma, che compensi con la sua forza la mia debolezza, che mi riceva, mi accolga, sia indulgente e provveda alla salvezza mia.
II.
Queste due obbiezioni, non lo nascondo, hanno un grande valore. Certamente la verità religiosa deve essere superiore a noi e non deve ridursi ad un razionalismo piatto e volgare, in cui tutto si comprende perchè tutto è abbassato al livello delia nostra ragione. È verissimo anche che noi abbiamo bisogno di essere sorvegliati, guidati, diretti ; e la pretesa, che ogni uomo tratti egli stesso e da solo tutte le questioni religiose, è assurda ed impraticabile.
Ma non è men vero che il metodo del-. l’Apostolo è pienamente buono ed efficace ed il suo pensiero perfettamente giusto, ed io intendo mostrarvi come questo lesto si concilii con le difficoltà che gli vengono opposte.
Tale conciliazione si basa interamente su ciò che deve intendersi col nome di fede. Non si fa che parlar di fede: nessuna parola del linguaggio religioso è più ripetuta di questa, e forse non ve n’è altra che come questa sia male interpretata. A volte la fede viene opposta alla scienza, a volte alla ragione, a volte all’esperienza, come se essa fosse il contrario della scienza, della ragione, dell’esperienza, ovvero la si confonde con le credenza, con la credulità, con la speranza... con la fedeltà..., e via di seguito. Confesso che mai ho trovato una risposta chiara a questa domanda: « Che cosa è la fede? » (i).
Diciamo, innanzi tutto, ciò che non è la fede. Non è una semplice credenza della rati) Non dimentichiamo la celebre definizione dell’autore della Lettera agli Strei (XI, i). Ma essa, più che darcene una definizione, ci indica piuttosto una conseguenza della fede. Essa ci induce a raffigurarci l’avvenire; non distingue nettamente la fede dalla speranza e non ci dice che cosa sia la fede in se stessa.
39
PER LA CULTURA DELL’ANIMA
337
gione, un’adesione dell’intelletto a certe verità religiose, a definizioni e domini. E questo l’errore dei razionalisti, l’errore di quei che fanno del Cristianesimo una filosofia umana. Nelle verità ammesse per fede, vi sono dei punti oscuri. Per credere ad una verità cristiana, non è necessario di comprenderla e dì ■dimostrarla. Se la si dimostra con la ragione, non è più la fede che ci sospinge verso di essa, ma l’esperienza.
Ma anche l’opposto è egualmente vero. La fede non è neppure una cieca adesione a verità non dimostrate. Il credere non consiste nell’abdicare ad ogni riflessione personale e ad ogni giudizio individuale. Il credere non è confidarsi interamente ad occhi chiusi ad un’autorità che si impone.
Occorre attribuire alla parola fede il senso che le si dà nelle vita ordinaria. Allorché uno, ad esempio, dice al suo amico — io ho fede in te — egli non può sempre dimostrare per via di ragionamento il perchè delia confidenza che il suo amico gii ispira ; ma egli ha sperimentato la sua amicizia, e, senza forse sapere dóve il suo amico lo condurrà, senza dubitar di nulla, senza restrizione di sorta, confiderà in lui, poiché gli si sente unito da un vincolo stretto e indissolubile. La fede è dunque un abbandono pieno di confidenza in colui di cui abbiamo sperimentato l’amore, e, parlando di Dio, la fede è l’atto di confidenza assoluta, per cui noi ci uniamo ai Dio vivente, al Padre celeste, donandoci interamente a lui.
Così non è alla nostra ragione, nè ad una qualche autorità umana che noi ci doniamo : è a Dio, al solo Dio. E siccome non conosciamo Dio che per Gesù Cristo, la fede cristiana è un atto di abbandono a Cristo, il solo mediatore tra Dio e gli uomini, vale a dire tra Dio e ciascuno di noi.
Sapete qual’è l’indice che m’assicura che questa fede, fatta di confidenza e di abbandono, è la vera fede? Eccolo: essa mi pone al riparo da ogni dubbio.
Si, io sono al riparo dal dubbio e voglio porvi anche voi. Non si può, infatti, dubitar del Vangelo quando lo si comprende. Ecco perchè la mia definizione mi pone al riparo dal dubbio : Si può dubitar sempre di una credenza intellettuale, poiché ogni raziocinio. può esser distrutto da un raziocinio opposto; ma abbandonarsi a Dio, riposarsi in lui, versare nel suo seno, nei giorni del peccato, le lacrime del pentimento, nei giorni del dolore il proprio cuore infranto; darsi a lui, infine, così come noi siamo, perchè egli ci renda tali quali dobbiamo essere, questo significa aver trovato la fede, che ha le sue
radici nel più profondo dell’essere. Essa si basa su questo Dio interno, questo Dio della coscienza, che è anche il Dio di Gesù Cristo. Essa è forte, inconcussa, perchè non dipende da alcun sistema, da alcun raziocinio. Essa non dipende che dalia nostra maggiore o minore confidenza in Dio, ai quale noi ci rimettiamo in tutto, perchè crediamo nel suo amore e nella sua santità.
III.
Io vorrei comunicare oggi un po’ di forza a coloro la cui fede è turbala. Richiama il tuo passato: hai creduto, in forza dell’autorità, negli anni della tua infanzia, e forse ancor dopo; hai accettato, senza discuterli mai, gli insegnamenti che ti sono stati presentati; e poi.... ti sei affrancato da questa fede cieca, ed hai fatto bene. Che se non ti sei affrancato ancora, fallo immediatamente, per meritar di intendere il motto di s. Paolo : « Giudicate voi stessi di ciò che vi dico », e d’essere « persona ragionevole». Poiché il pensiero ha i suoi diritti, e la fede è nulla fino a che non sia una fede personale. Occorre soffrire e lottare per conquistarla, e presto o tardi giun-Ì;erà il momento in cui si sente il nulla della ède basata sull’autorità ed il vuoto delle credenze tradizionali. Allora, malgrado la tua debolezza, tu porti il fardello della tua libertà e delle conseguenze che questa libertà trae seco; ma non può essere altrimenti. Tu non devi affidare ad alcuno la cura degli interessi dell’anima tua. Sì, occorre sentirsi soli: ciò è inevitabile. Certo, tu puoi chiedere una guida: leggi, consulta; ammaèstrati all’esperienza degli altri ; ma nessuno può far queste ricerche per te, trovare per te, credere per te. Qui è la grandezza della tua anima libera; qui è al tempo stesso il suo pericolo e il suo privilegio.
Oh ! lo so, è ben triste sentirsi soli ; vi son dei momenti in cui il senso del più doloroso isolamento afferra l'anima. Accade allora di dire : — Felici coloro che ciecamente credono, che chiudono gli occhi e pensano... col pensiero altrui. — Ma questa è una triste tentazione: tu non devi abdicar mai alla regalità divina di cui Dio ti ha incoronato, creandoti libero e responsabile di te stesso.
Ma poi, perchè parlar di solitudine? Tu puoi non avvertirla più : c’è una via aperta, un rifugio assicurato : l’abbandono in Dio, a quel Dio a cui ti iinagini di non credere più. Ritieni quindi la cose inconcusse, afferma che la verità vai più della menzogna, l’amore più dell’egoismo, il coraggio più della vigliacche-
40
338
BILYCHNIS
ria, la sincerità più dell’ipocrisia. Ben presto si farà la luce. Eretto sulla ferma roccia della legge morale, ti sentirai figlio di quel Dio che te ne ha fatto dono, del Padre celeste e ti rifugierai nelle sue braccia. Salvato per la grazia, otterrai il suo perdono, e affiderai tutto alle sue mani. Qui è la forza, qui è la vita.
Noi viviamo in un tempo in cui là fede cristiana è scossa : e, lo so bene, essa è scossa anche nell’animo di qualcuno di voi. Pure non volete rinunciarvi, vorreste trovare il mezzo di non perderla. - Oh ! salvar la mia fede, -pensate forse nell’anima vostra, - quale giòia ! - Questo mezzo ve lo indica s. Paolo: non confidate in altri,- giudicate voi stessi. Quel che non comprendete, quel che non esercita azione alcuna sulla vostra vita, lasciatelo. A nulla serve l’aderire a formule incomprensibili che non mutano i nostri cuori e non parlano alle nostre coscienze. Distinguete poi con cura la storia, la critica, la sociologia, quanto insomma è oggetto della scienza, da quel che è oggetto della fede. Tutti i vostri dubbi provengono dalla confusione dei due campi. Poco importa che voi dubitiate di ciò che è sottoposto alla storia e alla critica ; in materia religiosa una sola cosa è necessaria, la fede, ed essa dipende dalla vostra esperienza intima e personale.
Affermate ciò che avete provato; sentite l’azione che Dio esercita sull’anima vostra ; ascoltatene gli appelli ; ricorrete a lui con la supplicazione della preghiera; confessate la distanza che separa la vostra vita dall’ideale propostovi nel Vangelo e cercate di attuarlo ; accogliete il perdono offertovi da Dio.
»**
— Ma, mi direte forse, di qual Dio ci parli ? — Di quale Dio ? Del Dio di Gesù Cristo. Ne
conoscete forse un altro, potete credere in un altro? No certo; ma non è tutto quanto voi potete chiedere o desiderare.
Vi fu un giorno sol nostro globo, in un angolo perduto della Palestina, un uomo levato sulla croce ; egli si sentiva abbandonato dagli uomini e si credette abbandonato pur dal suo Dio. Tutto precipitava nel suo pensiero e nell’opera sua : non sapeva più se si fosse o no ingannato.... Quand’ecco prima di spirare, egli si risolleva per gridare : Padre, nelle tue inani rimetto il mio spìrito (i), cioè: Oh ! Padre mio, Dio mio, io confido a te la cura della mia anima, mi abbandono tutto nelle mani tue.
Questo grido supremo del Cristo, sappiatelo è il grido della vera fede, della fede di abbandonò e di abbandono in Dio, qual’era la fede del Cristo nei Padre, nel solo Dio in cui si possa credere, che si possa amare, che si possa adorare e che risponde ai bisógni intimi e profondi di tutto il nostro essere.
Se cerco il segreto della forza del Cristo, non posso rispondere che con una parola : Il Padre; il Padre di cui attendeva l’ora ; il Padre che non lo abbandonava ; del quale diceva Egli è con me (2) ; il Padre che egli vedeva perchè il suo cuore era puro e per cui era felice (3); il Padre che gli diceva, nel segreto dei cuore, tu sei il mio figlio prediletto, nel quale ho preso il mio compiacimento (4).
Accettate voi questo Dio? Giudicatene da voi stessi, ed allora io vi dico, senza timore d’ingannarmi : voi sarete nella verità.
Edmond Stapfer.
(Srrm<w, a voli. - Ediz. Fiscbbacher., Parigi).
(:) Luca, XXIII, 46.
(a) Giovanni, XVI, 32.
(3) Manco, V, 8.
(4) Marco, I, xi.
CRISTIANESIMO: RELIGIONE SPIRITUALE
(PENSIERI)
Si consideri tutto l’insegnamento di Gesù sui regno di Dio e sulle disposizioni necessarie all’anima che Io vuole ricevere; si meditino specialmente queste affermazioni così precise e chiare : « Ve lo dico in verità, chi non riceverà il regno di Dio come un piccolo fanciullo, non vi entrerà punto».... « Io ti rendo grazie, o Padre, che hai nascoste queste cose
a coloro che sanno ed intendono e le hai rivelate ai fanciulli ». Quale abisso tra i semplici e mirabili precetti del maestro e le sottili ricerche dei teologi d’ogni tempo! Il teologo,, è il prete, lo scriba, il dottore della legge, la Lettera; Gesù è il profeta, è lo Spirito. Ora è il profeta che salva, perchè « la Lettera uccide, ma io Spirito vivifica».
41
PER LA CULTURA DELL’ANIMA
339
* * *
Dinanzi alle tradizioni ed ai testi sacri, ii profeta che si curva sul seno di Gesù e s’inginocchia davanti al Padre, si sente libero d’una libertà che, spesso, è di scandalo alle Chiese; ma egli ha cosi intimamente imparato ad adorare Dio, che non teme più di dispiacergli non adorando gli uomini nè i loro secolari insegnamenti.
* * *
Questa razza ariana considera tutte le cose dal punto di vista della scienza. I suoi dotti dicono : « I greci sapevano, Hillel sapeva tutto quello che ha insegnato Gesù». Non è qui la questione. Quel che distingue sovranamente Gesù e lo innalza al disopra di tutti i figliuoli degli uomini, è quello Ch’Egli è stato e quello Ch’Egli ha fatto.
E’ lo spirito di Gesù che bisogna sforzarsi di cogliere attraverso i racconti del Nuovo Testamento, senza preoccuparsi eccessivamente dell’esattezza letterale delle parole che la tradizione attribuisce al Maestro, giacché questa esattezza è spesso contestata e contestabile. Occorre quindi, servendosi d’ognì mezzo possibile di controllo (Storia d’Israele, psicologia religiosa, testi, ecc.), farsi un’idea generale del pensiero di Gesù ed accettare o rigettare le idee secondarie dubbie, a seconda ch’esse .concordano o no con le grandi linee precedentemente adottate. È allo spirilo che bisogna afferrarsi, correggendo la lettera mediante lo spirito (è questo un principio di metodologia esegetica), perchè cosi si corresse la lettera dello scrittore evangelico mediante lo spirito del Cristo. Tutto ciò è del probabilismo, non è certezza, e si vede bene che porta immensa s’apre così al soggettivismo con le sue passioni, i suoi pregiudizi e le sue infinite variazioni ; ma non c’è altro metodo possibile, e s’esso talvolta ha potuto, tra mani inesperte o incredule, produrre risultati deplorevoli, è però suscettibile, grazie alla larghezza de' suoi procedimenti, nel giorno in cui sarà praticato da anime umili e pie alle quali una comunione costante con Dio darà un’intuizione profonda e sicura della coscienza di Gesù, di preparare l’avvento di quel cristianesimo in spirilo e in verità in cui tutte le anime di buòna volontà potranno ritrovarsi in adorazione.
* • «
Il tradizionalismo consola il cuore e urta la ragione. Il razionalismo soddisfa la ragióne e inaridisce il cuore. Ci vuole un Cristianesimo che dia pace alla ragione e al cuore.
* » *
Il fondamento storico e logico del Cattoli-cismo è la Chiesa. Il fondamento storico e logico del Protestantesimo è la Bibbia. Il fondamento storico e psicologico del pensiero di Gesù è la coscienza. La coscienza sarà la base del nuovo Cristianesimo.
» * *
In religione come in politica, come in quasi tutti i campi, vi sono tre categorie di spiriti : i conservatori, che vogliono tutto o troppo conservare; i radicali che vogliono tutto o troppo distruggere. I progressisti, che vogliono sopprimere ciò eh’è cattivo, conservare ciò eh’è buono, conquistare ciò che è migliore. Il cristiano sarà progressista.
* « «
L’ortodossia ha la fede ; ciò che le manca è la scienza. Il liberalismo ha la scienza; ciò che le manca, è la fede. Il nuovo Cristianesimo avrà la fede dell’ortodossia e la scienza del liberalismo.
*
* *
Sin qui il criterio della religione è stato una confessione di fede. Il criterio dei nuovo Cristianesimo sarà unicamentente la condotta, secondo la parola del Cristo : « Da questo, tutti conosceranno se siete miei discepoli, se avete amore gli uni uni per gli altri ».
* * *
Quale sarà la confessione di fede del nuovo Cristianesimo? — Io sono cristiano, dirà il fedele, perchè il mio desiderio più ardente è di riuscire ogni giorno meglio a vivere come Gesù Cristo ha vissuto.
• * *
La distinzione e talvolta l’opposizione fra la teologia e la religione, fra il prete e il profeta, fra il dottore della Legge e il figlio di Dio, appare manifesta nel colloquio di Gesù con Nicodemo. Nicodemo aveva studiato tutto quello che s’insegnava nelle scuole, aveva preso i suoi titoli, era divenuto a sua volta maestro ; era un frutto vivente della Lettera, recante grano nella sua maturità ; ma non capiva nulla di quel che Gesù gli diceva, ignorava gli elementi stessi di tutto ciò che riguarda la vita dello Spirito.
* * *
« Il coraggio più raro è quello di pensare », è stato detto. C’è n’è uno ancor più raro; quello di arrivare sino in fondo al proprio
42
340
BILYCHNIS
pensiero. Quanti pensatori in materia religiosa, specialmente, si fermano a mezza strada per timore di dovere giungere alla conclusione!
• * *
E’ nella coscienza che Gesù ha attinta la forza di resistere ai dottori della Legge, ai farisei, a Pilato, ai soldati romani, sino a dare la propria vita per la Verità che il suo Padre gli aveva rivelata; e comportandosicom’Egli s’era comportato, è nella coscienza che i primi cristiani hanno attinta la forza di edificare la Chiesa. Poi è venuta la pigrizia; s'è appoggiata sulla Chiesa, e la coscienza s’è generalmente addormentata.... E nella coscienza che i profeti del Dio vivente attingeranno la forza di liberarsi dal giogo abusivo della Chiesa e del Libro, per predicare nuovamente quel vero Cristianesimo da cui coleranno sul mondo fiumi di Spirito e di Vita.
* * ♦
Hillel ha detto ciò che bisognava fare :• Gesù l’ha fatto.... Molti dicono oggi quel che bisogna fare. E’ necessario che un profeta lo faccia.
* . « *
La testimonianza resa a Gesù Cristo può essere di due nature. V’è la testimonianza materiale e miracolosa. Cristo, dicono le narrazioni evangeliche, cambiò a Cana dell’acqua in vino, risuscitò Lazaro a Betania, è risuscitato Egli stesso corporalmente: dunque il suo insegnamento viene da Dio. Ma, accanto e al disopra di questa, quanto lo spirito è al disopra della materia, v’è la testimonianza spirituale e morale che Gesù stesso invoca allorché dice : « Se qualcuno vuol fare la volontà di Colui che mi ha mandato, conoscerà se il mio insegnamento viene da Dio o se io parlo di mia propria autorità », e ancora: « Se Dio fosse vostro padre, voi mi amereste, perchè io sono proceduto da Dio e vengo da Lui...., perciò voi non l'ascoltate, perchè non siete da Dio ». — La testimonianza della prima specie s’impone maggiormente agli spiriti materiali, carnali e incolti. Ed è di essa special-mente che si è valso l’antico Cristianesimo per stabilire il suo regno in mezzo a popolazioni assai poco sviluppate dal punto di vista spirituale e che, come la generazione perversa e adultera di Gesù, domandavano., per credere dèi segni visibili agli occhi della carne. Ma oggi» l'ora viene, ed è già venuta, in cui le. testimonianza che farà ricevere dalle folle come Salvatore l’umile e misericorde profeta di Nazaret, sarà quella, più gloriosa e più inecusabile di qualunque altra, che gli è resa, allorché noi l’ascoltiamo prostrati, dallo Spirito di Dio nei nostri cuori. — Fratello mio, se per te il credere Ch’Egli ha risuscitato Lazaro è per te una sorgente 'di forza e di zelo nel seguire Gesù Cristo, Dio guardi che nessuno ti scandalizzi in questo. Forse hai ragione. Ma se tu t’imbatti nella via in un cristiano .che, senza far poggiare la sua fede su miracoli materiali, crede in Cristo come nel suo modello, come nel suo Salvatore, e si sforza d’imitarlo ogni giorno, Dio ti guardi dal lanciargli cóntro la pietra. Non vedi tu che quel che balza fuori dal Vangelo con un chiarore invincibile, e che s’innalza ad un’altezza infinita al disopra d'ogni amara conte-stazione, è questa parola del Maestro: «Se qualcuno vuole essere mio discepolo, rinunzi a se stesso, prenda la sua croce e mi segua » ? Non è di Lazaro che si tratta, è di te. Hai rinunziato a te stesso?
***
Ciò che ha rinnovato la vita religiosa e morale è la certezza con la quale Gesù ha sentito e detto che il Padre era in lui e che Egli era nel padre. Non l’ha provato con profondi ragionamenti, non l’ha dimostrato con abili discorsi, ha provata ed ha proclamata la presenza immediata e costante dei Creatore del cielo e della terra nel suo cuore; è in questa convinzione Ch’Egli ha vissuto, è per averla predicata Ch’Egli è morto, ed è questa certezza soltanto che può oggi, come venti secoli or sono, suscitare dei profeti all’Eterno.
Essa sarà l’essenza del nuovo Cristianesimo.
*
Per gustare con benefico risultato l’insegnamento di Gesù, bisogna avvicinarsi a Lui con fiducia, ma specialmente con umiltà; come ad un fratello che ci ama, è vero, ma come ad un fratello cosi santo e così superiore a noi in saviezza, in forza ed in virtù, che, per ascoltare la sua parola a nostra salute, la nostra posizione dev’essere, non quella dei liberi pensatori che gli si siedono accanto e gli battono famigliarmente la spalla, come si fa ad un uguale se non ad un inferiore, — bensì quella di Maria di Betania, ai suoi piedi, come dinanzi ad un Salvatore, nell’umile raccoglimento e nell’amore riconoscente.
• * *
In un giardino pubblico era una via e, a lato della via, una sièpe di spine. Un ragazzaccio passando strappò un ramo di spine e lo pose in mezzo alla strada, perchè si coni-
43
PER LA CULTURA DELL’ANIMA
341
piaceva nel fare il male. Or parecchi vennero a passare pel medesimo luogo. Il primo non vide il ramo e sì trovò tra le spine; poi, essendosene liberato, continuò per la sua via. Un secondo notò l’ostacolo in tempo, e, avendolo evitato, passò. Venne poi un terzo che si punse fino al sangue; ma, dopo essersi tratto d’imbarazzo, prese il ramo spinoso a rischio di ferirsi ancora, e lo gettò fuori della strada. Chi dei tre ti sembra che abbia agito meglio? L’ùltimo, certamente. — Va e fa lo stesso. Non essere come quei malvagi che nocciono al loro prossimo e si rallegrano della disgrazia dei loro fratelli. Te lo dico in verità, hanno l’inferno in cuore. Non essere neppure come quegli egoisti che non pensano se non alla loro propria salute, ed ài quali la sofferenza degli altri è tanto indifferente che, anche se fosse sufficiente alzare un dito per impedirla, tirano vilmente avanti
per la lor via. Hanno il cuore secco come la legna morta che viene raccolta e gettata nel fuoco. Come sono lontani dalla pace e dalla felicità ! Ma tu, che vuoi piacere al tuo Padre ch’è nei cieli, quando per ignoranza o debolezza ti sei sentito pungere da qualche spina, fai quanto sta in te per evitarla ai tuoi compagni di strada. Togli vìa la spina dalla vìa dei tuoi f ratelli. Essi ti vengono dietro. Non sapranno quel che ti devono, e non riceverai da loro la ricompensa, giacché tu non li conosci, né essi ti conoscono. Ma il Padre tuo li conosce come ti conosce; il bene che fai ai figliuoli, lo fai al Padre, e il Padre che vede le azioni segrete ti compenserà nel segreto del tuo cuore. Noi siamo tutti membra d’uno stesso corpo, e la felicità degli altri sarà la tua felicità. La gioia del regno di Dio sarà dentro di te. Tu sarai un vero cristiano.
Frank Duperrut.
PAGINE SPELTE;
FELICI NELLE AFFLIZIONI
¡1 tirocinio della gioia.
(Ai malati)
Fu una mia cara amica in perfetta salute che m’indirizzò in questa nuova vita attiva, grazie alla sua tenerezza e all’esempio della sua coraggiosa energia sempre pronta a sollevare colmo che soffrono. Fu con essa che io feci il mio tirocinio della gioia non meno necessario di quello della rassegnazione. Fu grazie ad essa che io compresi il valore d’un sorriso gioioso penetrante in una camera di ammalato e il beneficio d’una serenità abituale capace di trasformare melanconia e tristezza in un sano contentamento. Inamabilità, è la carità che si dona, è la pazienza che sopporta, è la forza e la pace che si trasmettono d’un sol cuore al cuore di tutta una famiglia. La gioia o la gaiezza, è l’ornamento della riconoscenza che brilla al di sopra di tutta l’esistenza eh’essa rischiara con la sua dolce luce ; è la disposizione radiosa dell’anima rivolta verso Dio, è un raggio del Cielo sulla terra. L’amabilità e la gioia, così necessarie a tutti, debbono essere per noi un dovere, cari ammalati, sia per la nostra felicità personale, sia per la felicità di coloro che ci circondano. Questa amabilità e questa gioia non saranno efficaci che se sono costanti.
San Paolo non ha solamente detto : « Siate gioiosi ! » Egli ha detto : « Siate sempre gioiosi ! » e per acquistare la gioia, questa compagna fedele e questa fonte sempre nuova di felicità, conserviamola presso di noi con una cura gelosa, contrapponendo a tutti i mali della natura, a tutte le tristezze dell’anima, a tutti i lutti della coscienza, l’ineffabile bellezza dei beni eterni. Numerosi sono gli ammalati, incatenati al loro letto o al loro tettuccio, i quali possono testimoniare della realtà della loro felicità dovuta alla presenza di queste amabili virtù, ma anche numerosi sono coloro i quali passano vicino a questo tesoro senza fare nessuno sforzo per possederlo. A questi ultimi, vada tutta la mia simpatia: Provate! la gaiezza è un’abitudine da acquistarsi come tutte te altre, e che può essere acquistata... praticata e insegnata. Io ero triste e disperata come voi, forse anche di più, e adesso posseggo una felicità tranquilla, la cui ricetta è molto semplice : fede, amicizia, gaiezza. Vi dirò io come la mia cara amica me l’insegnò? Anzitutto colla sua natura espansiva, vibrante e fiduciosa, a cui il dubbio, l’incertezza, la freddezza erano tutte cose completamente estranee ; poi col suo desiderio ardente di fare dei felici intorno a sé, senza temere nè pene nè fatiche; donando infine la sua gaiezza, i
44
342
BILYCHNIS
suoi sorrisi, la sua affezione, la sua energia e la sua serietà, accompagnati da dolci parole riconfortanti, a tutti coloro che essa incontrava. Conoscete voi, forse un’anima cosi benefica? In questo caso, non esitate a riconoscere la superiorità di questa natura sulla vostra: sceglietela come un’ideale, come un esempio, come uno scopo da raggiungere. Studiatela senza stancarvi, dal motivo che la fa agire e dai mezzi di cui si serve sino al risultato eh’essa raggiunge. Poi, se l’occasione si presenta, diventate suoi amici. Siate persuasi che essa proverà tanta gioia ad aiutarvi quanta voi a progredire. Che cosa c’è di più bello e di più puro della perfetta armonia di due anime e di due cuori che perseguono insieme uno stesso ideale? Come esprimere le dolci emozioni e la gioia profonda che s’impadroniscono di tutto il nostro essere ad ogni progresso realizzato e condiviso dall’anima sorella !
Anche senza l’aiuto di un’amica, cominciamo subito col vegliare sulle nostre parole e sui nostri pensieri. Io non posso scrivere queste ultime parole senza emozione ; ahimè ! quanto sono io lontana dallo scopo da raggiungere! San Francesco di Sales m’incoraggia sempre con le sue parole : «Noi dobbiamo odiare i nostri difetti, ma d’un odio tranquillo e calmo, non di un odio afflitto e dispettoso. Bisogna trarne il profitto d’un santo abas-samento di noi stessi. Sappiate che la virtù della pazienza è quella che ci assicura la maggiore perfezione. Se occorre averla col prossimo, bisogna averla anche con se stesso. Bisogna soffrire la propria imperfezione; io dico: soffrirla, e non amarla o accarezzarla. Non pensiamo di poter guarire in un giorno tante cattive abitudini che abbiamo contratte a causa della poca cura che abbiamo avuta della nostra salute spirituale, e sappiamo sopportarci noi stessi in tutte le nostre miserie, non turbarci delle nostre imperfezioni e rialzarci con coraggio. Andiamo sempre avanti; per quanto si cammini lentamente, noi faremo molta strada. Sforziamoci di dominare sempre più la nostra passione nemica. Una cattiva tendenza non è dapprincipio che un passeggero nella nostra anima; poi essa diviene un ospite-, poi infine essa comanda da i>adrone*.
Cominciamo anzitutto col reagire sui nostri traversi quotidiani; questo piccolo esercizio sarà eccellente per insegnarci il contentamento di spirito, il quale si rifletterà su ciò che ci circonda; passiamo sotto silenzio le mille piccole seccature inevitabili dovute alla vita d’albergo e al clima, e noi saremo sor
presi di constatare la rapidità con la quale i nostri sforzi quotidiani saranno coronati dal successo. Noi potremo quindi assalire uno dei nostri difetti, e specialmente il più importante per la vita sociale : la maldicenza.
Il lavoro di coloro che non possono lavorare.
L’oziosità nella quale la malattia ci sprofonda bruscamente è uno dei pericoli di questa prova ; pericolo tanto più grande in quanto che esso favorisce i pensieri malinconici, quando questi dovrebbero essere soffocati da un lavoro più assorbente che mai.
Talvolta, il sentimento della nostra dipendenza e della nostra inutilità in questo mondo ci opprime e ci tortura. Quale è il malato che non conosce le lagrime che questi pensieri gli strappano? Ma si rassicuri! i deboli hanno il loro posto assegnato in questo mondo, come i forti, e se essi non possono lavorare, resta loro la preghiera e quale vasto campo d’azione ! Sì, facciamo della preghiera il nòstro ministero, che si stenderà dal nostro letto a tutti coloro che amiamo', a coloro che soffrono; alle madri di famiglia sovraccariche di lavoro, a quelle che sono angosciate per la separazione dai figli; agli orfanelli, agli afflitti, ai prigionieri, agli esiliati, ai missionari, alle opere di evangelizzazione. Preghiamo per le nostre sorelle isolate e tentate in paese straniero ; per quelle che cadono ammalate lungi dalla loro famiglia e dàlia loro patria! Preghiamo infine per noi stessi ; quante grazie non abbiamo da domandare per il nostro progresso spirituale, nella via della rassegnazione e delia pace.
Una delle condizioni essenziali di felicità nella malattia risiede nella maniera con la quale noi consideriamo la nostra prova. Io credo che il dubbio sul nostro stato di malattia, o le illusioni che noi possiamo intrattenere in noi stessi o trovare intorno a noi, non faranno che condurci di disillusione in disillusione, d’amarezza in amarezza, e forse alla perdita della nostra fiducia ingenua nel nostro prossimo e in noi stessi ! Ah ! qual triste naufragio, e qual difficoltà non avremo noi a rimetterci a galla ! E’ molto meglio considerare freddamente il proprio stato di salute senza ottimismo, come senza pessimismo, e farsi un’opinione personale. Noi saremo al sicuro da molte disillusioni e potremo organizzare la nostra vita tranquillamente e utilmente.
Ci sono, mi sembra, differenti categorie di ammalati :
r° Coloro che la malattia non obbliga al
45
PER LA CULTURA DELL'ANIMA
343
letto e che possono camminare, passeggiare, vivere press’a poco normalmente. L'esilio e la rottura colle loro occupazioni abituali sono loro penose ; essi soffrono ma possono trovare il mezzo di essere felici, impiegando il loro tempo libero a visitare dei malati e a confortarli, a fare del bene intorno a loro, a leggere, a lavorare a diverse specie di lavori manuali o artistici.
2° Coloro che possono ancora alzarsi per occupare una poltrona o un lettuccio. La nostalgia delle passeggiate li assalirà; le giornate trascorreranno lentamente, penosamente, ma Dio li sosterrà e insegnerà loro la pazienza e la rassegnazione. Se essi potranno fare qualche lavoro manuale, leggere, interessarsi ad altri malati, la loro vita non sarà inutile e priva di gioie.
3° Coloro che sono costretti al letto, ma che possono stare a sedere. Delle meraviglie spunteranno dalle loro dita, dolci testimonianze d’affetto inviate ai loro amici. Le visite e le letture li distrarranno, e se essi, sono gai, rassegnati e pii, saranno un tesoro prezioso per tutti ; la loro vita sarà più utile nella sofferenza di quel che sarebbe stata nella salute. O pazienza di Cristo, sostienili ; tu sai che la stanza d’un ammalato è tutto il suo universo ; riempila del tuo amore e della tua pace, e che all’alba di una nuova giornata di sofferenze, essi possano dire : « Ad ogni giorno la sua pena, ad ogni giorno il suo Dio »;.
4° Coloro che giacciono nel letto senza potersi tenere nè seduti, nè in piedi. Se i dolori ci lasciano alcuni momenti di respiro, se noi possiamo impiegarli a scrivere, a parlare, a sorridere, siamo riconoscenti di questi benefici : « Io voglio pensare a voi, moltitudine innumerevole di Santi sconosciuti, che siete passati sulla terra senza splendore, senza virtù brillante, senza austerità, senza gloria; io penso a voi fanciulle che viaggiate dolcemente verso il cielo, nel camminò cosi dolce dell’ubbidienza, della dolcezza, della compiacenza, e io voglio essere una vostra compagna, voglio fare come voi ! Io penso a voi, fanciulle, che avete sofferto senza lamentarvi, che avete sopportato senza mormorare, che avete pianto in segreto e che vi mostrate sempre sorridenti ; oh ! io voglio fare come voi, vivendo come voi avete vissuto, amando Gesù come voi lo avete amato ! » Sostieni le nostre deboli anime. Signore, sin dallo spuntare del giorno, perchè, tu lo sai, noi contempliamo con spavento la lunga serie dì ore che scorreranno per noi nell’inazione e nella pena. Ci perdonerai tu,
o mio Dio, se noi ti diciamo che troviamo la nostra croce troppo pesante ! Ma noi non la malediciamo, perchè essa è per la nostra anima come il pungolo che la spinge a gettarsi nelle tue braccia. Liberaci dalla nostra sensibilità, dalla nostra debolezza, sostieni i nostri cuori, nonostante le manchevolezze della natura e che si veda brillare in noi là fede, la pazienza e la gioia; fa che, abbandonate nelle tue mani, noi non mettiamo, d’ora innanzi, la nostra felicità e le nostre speranze se non nel compimento delle tue volontà eterne.
Più pesante è la croce Più grande è la grazia.
Adele Kamm.
(Vedi Bilychnii, luglio-agosto 1913, e aprile 1914. pagina 287).
11 mondo della Religione.
Il mondo della religione è un mondo ammirabile e rieco. In esso albergano devozione, venerazione ed umiltà verso ciò che è l’inscrutabile forza della vita : in esso alberga l’ubbidienza verso l’ideale di altezza e di purità che si rivela nei più bei momenti dell’anima : in esso l’anima guadagna in energia e purità nel contatto con le forze dell’alta vera vita. Religione è tremare e confidare, dinanzi all’ ignota come alla nota divinità; è il commercio con un amico sovrumano; è il connubio stretto nella fede e nell’amore con colui che è il Signore della vita e della morte.
Nel mondo della religione noi incontriamo molte figure, ma in ogni verità che ritroviamo in esse, l’animo religioso riconosce il fiume della stessa divina sorgente. A tutti, però, sovrasta Uno che tanto più giganteggia, quanto più da vicino noi lo riguardiamo, e che a nessun altro rassomiglia: colui che disse: « Niuno conosce il Padre oltre il Figlio, e colui a cui il Figlio lo vuol rilevare ».
(N. StiDERBLOM : Le religioni del mondo.
Versione italiana, pag. 97).
46
344
BILYCHNIS
PREGHIERE:
DI UN POETA INDIANO
Eduardo Tagliatatela ha pubblicato in questi giorni un eccellente saggio sul poeta idealista indiano Rabindranath Tagore, al quale venne recentemente conferito il premio Nobel per la letteratura. Eccone una pagina.
« ..... il Tagore assurge a concezioni di grande elevatezza spirituale, ravvicinandosi alla profonda economia cristiana assai più che all’antica economia giudaica. Se infatti gli Ebrei del Vecchio Testamento interpretavano alla lettera il sinaitico precetto del riposo sabatico, Gesù ammoniva che « il sabato è fatto per l’uomo, non l’uomo per il sabato » (Marco, II, 27); e similmente il Tagore commenta il versetto delle Upanishad - « Conoscenza, potere ed azione son della natura di Brahma » -osservando : « Poiché in noi non è ancor nata questa natura, noi tentiamo di separar la gioia dal lavoro. Il nostro giorno di lavoro non è il nostro giorno di giubilo, e perciò noi cerchiamo il di festivo. Il fiume trova festa nel continuo suo fluire, il fuoco nel bruciar della sua fiamma, il fiore nel permear de’ suoi profumi l’atmosfera; ma nell’opra nostra coti-diana non v’è altrettanta festa per noi. Gli è
perchè noi non ci diamo allegramente e intieramente al lavoro, che il lavoro ci opprime...
«O tu che doni te stesso! Alla visione della tua gioia, le anime nostre si accendano a te come foco, scorrano verso di te come fiume, penetrino l’essere tuo come la fragranza del fiore! Dacci forza per amare, per amare appieno, la vita nostra nelle sue gioie e ne’suoi dolori, nei suoi guadagni e nelle sue perdite, nel suo levarsi e nel suo cadere. Danne forza abbastanza per vedere e udire il tuo universo, per operarvi con pienezza di vigorìa. Fanne vivere la vita che tu ci hai data, fa che riceviamo e diamo con eroismo. Questa è la prece che t'innalziamo. Sgombra Una volta per sempre dalle nostre menti il pregiudizio che il tuo gaudio stia a parte dall’ azione. Ovunque il contadino ara il duro terreno, ivi sgorga la tua gioia nel verde del grano; ovunque l’uomo abbatta l’irta foresta, e levighi il suolo pietroso, 0 ponga da se stesso in assetto il vecchio focolare domestico, ivi la tua gioia si diffonde in ordine e in pace... Oh lavoratore dell'universo! Noi vorremmo implorarli di versar l’irresistibile corrente della tua energia universale siccome l’impetuoso vento meridiano della primavera, di lasciarlo inondare l’immenso campo della vita dell’uomo, e spandere il profumo d’innumeri fiori, i mormorii d’innumeri boschi e rendere dolce e canora la nostra anima avvizzita e morente! E le rinnovate nostre energie invochino l'indefinito compimento nella foglia e nel fiore e nel frutto!-» (Sàdhanà, pp. 128-134 passim),
47
OTfet
MMENTI
<• l
1
*li
e
LA CIVILTÀ CATTOLICA DENUNZIA...!
La Civiltà Cattolica del 16 maggio scorso ci dedica alcune-pattine, il cui linguaggio... complimentoso ci ha colpito come espressione eloquente dell’infelice modo di pensare e sentire di chi pretende rappresentare o diffondere la civiltà cattolica nel nostro paese.
Intendevamo lasciar cadere nell’oblio quella povera voce; ma essendoci giunti da parecchi nostri lettori ed amici incitamenti a risponderle, ci siamo risolti a pubblicare qui alcune note che un amico ci ha mandate facendo appello alle nostre buone abitudini di sincera e libera ospitalità.
Per parte nostra ci Umiliamo a sottoscrivere quanto il Vaccari dice dei criteri coi quali viene redatta Bilychnis e dello scopo cui essa mira, ed a lui ci associamo nel deplorare il linguaggio scorretto usalo dalla Civiltà Cattolica a riguardo di alcuni nostri collaboratori e segnatamente del doti. Ernesto Rutili, a proposito della sua recensione dell’opera del Pey Ordeix.
La rivista dalla fodera gialla (il colore del papa?), là Civiltà Cattolica^ dopo due anni di silenzio pieno di significato attacca di nuovo (i) il Bilychnis. Il suo nuovo direttore, il p. Chiaudano, caro al cuore di Pio X, ha voluto mostrare che la rivista di via Ripetta non intende venir meno al suo programma di « martello dell’eresia > ed ha dato ordine che si alzasse la voce per denunziare i « nuovi sintomi di errore > pullulanti da ogni parte nella stampa religiosa italiana. Non soffia su là C. C. un vento troppo calmo, fra i vivaci attacchi dei gesuiti tedeschi e le recriminazioni
(ij « Bilychnis già da noi denunziata », nel fascicolo del 6 aprile 1912, pag. 88-96. Vedi C. C. 16 maggio 1914 (pag. 4$o).
La Redazione.
àeW Unità Cattolica. Doveva stornare abilmente la tempesta addensata sul suo capo e rifarsi una bella verginità, ed ha gridato così « al lupo ! >
Ma del grido chi fa più caso ? L’ovile è tutto una dimora di lupi ! Come questo sia avvenuto sotto il regime della ineffabile Pascendi non sapremmo dirlo precisamente nè io nè la Civiltà Cattolica ; ma il fatto è innegabile. Non sonò però i nemici che han camminato, come pensa la Civiltà Cattolica^ ma le idee : le crepe dell’edificio ecclesiastico si sono allargate, malgrado tanti robusti puntelli di encicliche e di giuramenti. I gesuiti di via Ripetta questo cose non le hanno ancora capite e gridano, gridano « al lupo 1 » come una volta.
Chi esercita il duplice ed onorifico
48
34Ó
BILYCHNIS
mestiere di maestro infallibile e di vigile denunciatore non ha bisogno di abbassarsi come tutti gli altri mortali ad un esame sereno ed obbiettivo degli avvenimenti. Ed allora rischia di vedere ogni momento e da per tutto delle congiure assurde.
« # »
La congiura elevata a mezzo generale di spiegazione dei rapporti esistenti fra fenomeni affini è segno di senilità e di decadenza intellettuale.
Il clericalismo l’ha assunta come unico criterio esplicativo, delle sue difficoltà. Invece di cogliere la varietà dei rapporti nei fenomeni sociali, non vede che iniqui e biechi propositi di individui : così un movimento vasto di idee e di sentimenti, che è la ragione della crisi attuale del cattolicismo, è stato ridotto all’azione segreta di poche persone. Ed ecco perchè si possono scorgere delle affinità notevoli fra un umile articolo della Civiltà Cattolica o MY Unità Cattolica e la Pose indi!
Ma c’è di più: l’abbandonarsi alla illusione che i mali, i pericoli che ci circondano sono il prodotto di una vile congiura, può favorire le peggiori ab-berrazioni del senso morale, giustificare, in una parola, la caccia all’uomo e la volgarità dell’ ingiuria. Noi non ci offendiamo affatto delle ingiurie scagliate con tanta ira volgare dalla Civiltà Cattolica contro Bilychnis e contro tante persone di cui ammiriamo, pur dissentendo dalle idee, il franco coraggio della verità, nè tanto meno pensiamo a ritorcerle. Noi cerchiamo, di spiegarci il fenomeno abbastanza singolare e, spiegando, perdoniamo.
La bella libertà di cui oggi godiamo permette a tutti di esprimere le proprie opinioni, i propri giudizi con franchezza ed anche con vivacità ; ma ad un patto,
quello di non offendere l’onorabilità altrui e di assumere intiera la responsabilità delie proprie parole e dei propri giudizi. La Civiltà Cattolica^ come è noto, ama sottrarsi a questi elementari doveri, o, almeno, si mostra abbastanza abile nel coprire con un giro equivoco di parole le più volgari insolenze. Non so se 1’« insinuazione » sia una figura retorica registrata nei vecchi trattati delle scuole gesuitiche del Seicento, ma quello che so, è che i gazzettieri clericali ne sono dei valenti cultori.
La libertà ha i suoi diritti, ma anche i suoi doveri. La libertà.è inconcepibile senza il candore della sincerità ed un forte senso della responsabilità. Questi principi elementari ed indiscutibili della convivenza moderna non sono entrati nell'anima degli « scrittori > della stampa clerico-integralista. Inquisire, denunciare, calunniare, malignare: ecco il loro programma !
* ♦ #
E’ appunto per questa mancanza del senso della responsibilità che un critico qualunque della Civiltà Cattolica può imbastire una filza di strabilianti affermazioni, che, fra parentesi, sono anche delle calunnie. Io intendo parlare dei giudizi di un anonimo « scrittore > della Civiltà Cattolica sulla Bilychnis. Ecco di che si tratta ed il lettore voglia giudicare. Da alcuni dati topografici (la sede della direzione della Bilychnis) il fantasioso gesuita ha ricostruito la storia segreta delle origini della Bilychnis. Prego di stare ben attenti,, perchè l’argomento è sottile più di un argomentò del Suarez ed ha bisogno di un « sopraluogo » per comprenderne la portata ! Bilychnis — ecco la rivelazione! — è sorta « dal cadavere » {sic) della Riforma Laica. Strabiliante! Ma il sillogismo è chiaro e lampante : la sede pri-
49
NOTE E COMMENTI
347
mitiva della Riforma Laica era in un villino: questo villino non è lontano dàlia sede di Bilychnis'. dunque...!
Rapporti fra \a. Bilychnis e La Riforma Laica non ce ne sono stati mai, perchè là Riforma Laica lavorava nel campo politico e giuridico, che è del tutto estraneo alle nostre preoccupazioni prevalentemente scientifiche e religiose.
Bilychnis è nata per volontà di alcuni cultori di scienze religiose; risponde a finalità proprie ed indipendenti ; è redatta con i più ampi criteri di libertà, di tolleranza e di rispetto ; è fondata, infine, sul principio fecondo della cooperazione di elementi diversi. Bilychnis vuol essere uno strumento indipendente ed efficace di coltura religiosa in Italia, per destare e rendere più vigile l’interesse del gran pubblico sulle gravi questioni della nostra vita religiosa e morale, interesse che il clericalismo ha cercato sempre di soffocare per non perdere il suo dominio e il suo diritto di « privativa » sui problemi etici e religiosi. Bilychnis — bisognerà pur ripeterlo per far piacere alla consorella di via Ripetta — crede che in Italia c'è un problema religioso vivo ed aperto, la cui soluzione è legata intimamente ai problemi più vitali della nazione; crede anche che la libertà sia la condizione sine qua non per discutere tali problemi e che la libera, onesta discussione ne sia il metodo migliore.
Quanto ai limiti del suo campo di lavoro, B. è convinta che la coltura religiosa non debba chiudersi unicamente in ricerche storiche e critiche, perchè il presente, con le sue rapide trasformazioni, con i problemi formidabili che ad ogni momento pone nel vasto dominio della vita morale e religiosa, è per uno studioso altrettanto interessante e ricco di insegnamenti quanto il più remoto passato: il passato per il pre
sente, il presente per il passato e tutti e due per il futuro: l'opera analitica della critica per l’opera più personale e creatrice della preparazione del domani. L’erudizione e l’archeologia hanno già da un pezzo i loro organi di diffusione ; Bilychnis vuol essere sopratutto una rivista costruttrice ed « attuale ». E poiché la storia ed il metodo storico-critico sono gli strumenti che la Provvidenza ci fornisce in questo fecondo periodo di coltura, ad essi certamente deve esser dato un posto d’onore in qualsiasi rivista che ponga la libera ricerca e l'onestà scientifica al disopra delle grette preoccupazioni partigiane.
Ho voluto dir tutto questo, per definire chiaramente la posizione della Bilychnis di fronte alla C. C.\ Bilychnis si affida al metodo della libertà, della libera cooperazione e della simpatia e lascia intiera la responsabilità ai suoi collaboratori. Questi metodi riescono però incomprensibili alla mentalità settaria della C. C.t tanto settaria che gli stessi gesuiti più intelligenti sentono il bisogno di denunciarla (i).
L'onesto e franco programma dellaBilychnis ha favorito, per la forza attrattiva della simpatia e della libertà, l’incontro sullo stesso terreno di uomini di fedi e di tendenze diverse per una bella opera di studio.
Ma la C. C. ossessionata dal preteso pericolo modernista (ma che cosa è il modernismo, ridicolo sobriquetdi fabbricazione gesuitica ?), non vede che un aspetto del fenomeno e lo spiega, s’intende, con il principio della « congiura » : « niuna
(i) Non ha scritto il p. Biederlack, gesuita e professore all’università di Innsbruck, contro un articolo velenoso della Civiltà Cattolica in cui si combatteva il sindacalismo cattolico : « Proseguiamo pure il «buon cammino»; quelli che ci impugnano o ci attaccano, sono arretrati»? (Dai Lavoro Italiano di Milano).
50
348
BILYCHNIS
meraviglia - sentenzia - se noi troviamo tutta, per poco, la schiera (i) dei modernisti italiani scaldarsi alla fiamma torbida della Bilychnis protestantica e somministrarle esca dal loro fuoco ». Che meraviglia? I perseguitati dall'autorità ecclesiastica debbono trovarsi chez eux in quelle riviste, in cui, come ci assicura la stessa C. C> tutto suona amore, fede nell’amore, religione dell’ amore, larghezza, unione e tolleranza ! La C. C. dopo di aver condotto per anni una campagna sì poco cristiana contro la stampa più o meno rinnovatrice nel cat-tolicismo italiano, sulla quale ha fatto piombare i fulmini inceneritori di Pio X, crede di aver fatto tacere per sempre le voci di uomini, la cui unica colpa era il sogno di un rinnovamento religioso e morale della loro patria?
Vorrebbe la C. C. disconoscere ad essi il diritto insopprimibile di esprimere le loro idee, diritto riconquistato con un penoso esilio?
* « «
Sarebbe però perdere un tempo prezioso il confutare ad uno ad uno i giudizi incredibilmente leggeri che la C. C. si permette di esprimere sulla Bilychnis. Ci sentiamo però in buona compagnia, in passione sociiy con V Azione di Cesena, con la Sorgente y con Voci amiche y con La nostra scuola di Milano, con il Pro-phetay rivista dei problemi pratici della vita religiosa, e con tutti quegli autori di pubblicazióni recenti, che la C. C. non trova abbastanza clericali.
Chi penserebbe mai, leggendo la ru(i) Si noti, ancora una volta, l'influenza della mentalità clericale nel concepire i movimenti di idee in funzione d’immagini... militari ! A pag. 452 leggiamo come i modernisti scaltri... riannodano le loro fila, ratte-stano le loro schiere, come un esercito dopo la disfatta, e ritornano alla riscossa.
brica della Bilychnis. « Per la coltura dell’anima», così spirituale e mistica, che essa sia animata da « uno spirito laico, anzi, addirittura razionalista » ? Eppure la C. C.y bontà sua, ha il coraggio di affermarlo. La prova? Sempre la cervellotica dipendenza della Bilychnis dalla Ripor ma Laica. Laico, per l’acuto critico anonimo della C. C.y è sinonimo di razionalista. E razionalista, dovrà concludere a sua volta il buon lettore, deve essere certamente per la C. C. sinonimo di non scolastico e di non integralista papale!
Davanti alla ponderosa sapienza dello « scrittore » di via Pipetta, tutto ciò che si pubblica in Italia intorno a questioni religiose e non ha la sua approvazione anticipata è cosa leggera, leggera assai. Per esempio, due libri, uno della Giacomelli e l’altro del Casciola, sono «due pubblicazioni in sè (w) di niun merito e di niun conto, nè scientifico nè letterario » ; la nuova rivista Propheta è una « rivistina piccola in sè (¿z?) e spregevole ». A pag. 460 il critico della C. C. c’ intrattiene sul « merito nullo della ibrida pubblicazione » (la scomparsa Riforma Laica) e sulla sua « inonorata tomba > ; a pag. 462 dice del Prophetay che « sono pagine di niun valore nè religioso nè scientifico, di poca o niuna serietà». E gli articoli di BilychnisiX Oh, quelli, poi ! Si riducono a < invettive spregevoli di sciagurati o ad articoli pseudo-critici, oppure ad articoli pseudo politici », e chi più ne ha, più ne metta.
S ♦ »
Il lettore concluderà legittimamente che per trovare un articolo sereno, senza invettive, celestiale addirittura, o un articolo non pseudo-scientifico, ma scientifico davvero o un articolo, infine, non pseudo-critico o pseudo-politico, ma critico e politico sul serio dovrà leggere
51
NOTE E COMMENTI
349
oramai unicamente le interessanti pagine della Civiltà Cattolica. Io scommetto che non andrà deluso, tanto più se potrà unire Xutile al dulce del riso. Chi è, per esempio, Nathan Söderblom ? Per uno « sciagurato » collaboratore della Bilychnis potrebbe anche essere un illustre professore di storia delle religioni, svedese di nascita (n. 1866), che ha passato sette anni a Parigi all’Ecole des Hautes Etudes, sezione delle Scienze religiose, a perfezionarsi nei suoi studi ; che ha scritto un’opera fondamentale di escatologia comparataci), che ha insegnato storia delle religioni all’università di Upsala e che attualmente insegna la stessa disciplina in Germania all’Università di Leipzig; che ha scritto, fra altre opere, in tedesco Die Weltreligionen (nella collezione Reli-gionsgesch. Volksbücher edita dal Mohr (2) e recentemente (1913) un altro libro interessante su alcuni problemi generali dèlia storia delle religioni (3). Ma la Civiltà Cattolica non è affatto di questo parere! Poiché i collaboratori della Bilychnis sono sempre nell’errore, la Civiltà Cattolica è obbligata, per rimettere le cose a posto, a sentenziare: « Nathan Söderblom è un pseudonimo (sic)! » (pagine 464). Risurn teneatis, amici!
A nói non resta che inchinarci commossi dinanzi alla scienza smisurata della Civiltà Cattolica, e tacere... (4).
Ma le liete sorprese del lettore no( 1) Nathan Söderblom , La vie future. Paris, Leroux, 1901 in Annales du Musée Guimet.
(2) E’ stata tradotta in italiano dal dottor Aschenbrödel cól titolo Le religioni del mondo. In deposito presso Bilychnis.
(gj N. Söderblom, Natürliche Theologie und allgemeine Religionsgeschichte (nei Beiträge zur Religionswissenschaft, editi dalla Società di Storia delle Religioni di Stoccolma). Leipzig, Hinrichs, 19x3.
(4) Solo dolenti — aggiungiamo noi — di non poter annunciare fin da questo fascicolo una serie di articoli dell’illustre professore svedese per Bilychnis. {N. d. Redazione).
veliino della C. C. non si fermano qui : egli potrà anche imparare che Vomonimia è addirittura identità... personale; così, il dott. E. Tagliatatela, studioso di questioni pedagogiche, è indentificato senz’altro al prof. Alfredo Tagliatatela !
Ma c’è ancora di più: il buon lettore ha appreso forse fin dai suoi studi secondari che dopo la guerra di indipendenza delle colonie inglesi dell’America del Nord nella seconda metà del sec. xvni, ogni vincolo fra i nuovi Stati Uniti e la madre patria fu spezzato per sempre e che quindi, per quel che riguarda la religione, nell'America del Nord non vi furono più degli anglicani, una gerarchia cioè dipendente dalla Chiesa Stabilita inglese. La C. C. insegna altrimenti.
A proposito di una paginetta, piena di profondo sentimento religioso, estratta dalla autobiografia di Elena Keller, — la prodigiosa ragazza americana (1) che divenuta ancora bambina cieca e sordomuta riuscì per gli sforzi di Miss Sul-livan ad imparare a leggere e a scrivere fino ad addottorarsi all'università di Harvard — la C. C. trova il modo di far la maligna scoperta che il vescovo Brooks, l'educatore religioso della Keller, era nientedimeno che... anglicano! Un vescovo anglicano... in America?!
Fra tanta schietta ilarità, il nostro a-mico lettore in cerca di emozioni sulle interessanti pagine della C. C. proverebbe, dobbiamo pur dirlo, una sola ed unica delusione. Dopo aver sfogliato attentamente la rivista gialla, dalla prima all’ultima pagina, dovrà convincersi che la C. C. non ha saputo dir nulla, proprio nulla del libro recente dell’ex gesuita spagnuolo Pey Ordeix (2). Pey Or(1) Elena Keller è nata a Tuscumbia (Alabama) nel 1880.
(2) Sigismondo Pey Ordeix : El Padre Mir e Ignacio de Loyola (Madrid, 1913 - Impronta Libertad, 31).
52
35°
BILYCHNIS
deix? ! Ma questo è un nome che la C. C. deve fingere di ignorare, tanto più Che la Spagna è per ora ancora lontana dall’Italia.
Però il lettore è un ingenuo ! La C. C. ha risposto e, s’intende, in maniera esauriente, diretta e sopratutto... scientifica. Il Pey Ordeix ha scritto un libro, recensito su la Bilychnis da E. Rutili (i), in cui, servendosi di una larga documentazione, dice che Ignazio fu chierico nel periodo anteriore alla sua pretesa conversione a Pamplona che fu un vero Illuminato ; che si hanno degli indizi documentari per credere che s. Ignazio e certamente uno dei primi membri della Compagnia, il Cacéres, furono degli spioni militari internazionali e che infine s. Ignazio fu un confidente dell’Inquisizione.
La C. C. non erede opportuno criticare il Pey Ordeix, ma crede pili scientifico coprire di ingiurie il recensionista del libro ; e tuona contro « lo sciagurato (j/c) Rutili, che si sfoga più di tutti, con ignobile passione, in accuse odiose contro ... i santi (2), nominatamente contro S. Ignazio di Loyola, di cui parla con linguaggio così immondo («?) ed assurdo, che i protestanti stessi ne dovrebbero vergognare » (pag. 464).
I lettori della recensione del libro del Pey Ordeix avrebbero preferito di leggere invece una seria critica dei risultati {risultati e non accuse!) a cui è giunto l’autore, perchè ciò sarebbe stato anche utile per tutti gli studiosi.
Le riviste di studio, che hanno delle finalità scientifiche, fanno così. Teme forse la C. C. di far perdere un po’ di prestigio alla leggenda del suo santo
(1) V. Bilychnis, marzo 1914. « Chi fu Ignazio di Loyola?».
(2) Quali santi? Ch’io sappia, il R. non si è mai sognato di scrivere una sola riga contro i santi sulla Bilychnis. Ed allora? Una figura retorica del buon Padre?’
padre Ignazio ? Ma allora doveva tacere intieramente, o non far credere ai suoi lettori con profonda malafede che contro s. Ignazio non si possono scagliare che ingiurie da « sciagurati ».
* *
I giudizi della C. C. sono inspirati dalla passione di parte e da risentimenti personali o da un esame sereno ed obbiettivo dei fatti ? That is thè question : ma una questione senza spine, di facile risoluzione, che non darebbe da penare a nessun Amleto di questo mondo. Il lettore l’ha già risolta da sèi Ma, si dirà, queste benedette crociate di diffamazione della C. C. ottengono almeno il fine Che si propone la rivista gialla ? Io ne dubito assai, se, come si dice, perfino i più umili parroci italiani s’affrettano a procurarsi una copia dei libri o delle riviste bistrattate dalla C. C. Ma di questo non possiamo che rallegrarcene un po’ tutti. Io penso invece che la C. C. sia gelosa, gelosissima del suo cinquantennio di dominio quasi incontrastato nella coltura religiosa italiana. Nata per combattere il liberalismo, l’ha visto trionfare in tutti i campi ; nata per combattere la « rivoluzione italiana » (jzì), l’ha vista toccare l’apice nella presi di Roma; nata per salvare la coltura cattolica da tutte le infiltrazioni filosofiche non autorizzate, le ha viste una dopo l’altra affermarsi nel cattolicismo ; nata al tempo del primo Sillabo, quello di Pio IX, col compito di difenderlo ha assistito al trionfo e alla diffusione incontrastata nella stessa chiesa cattolica dei principi condannati e combattuti, sì che ha dovuto chiedere un secondo Sillabo, quello di Pio X, di cui, a pochi anni di distanza, nessun cattolico colto tiene più conto. Questo è un fallimento vero e proprio, e tanto più grave in quanto è la maggioranza stessa
53
NOTE E COMMENTI
351
più intelligente della Compagnia di Gesù che rimprovera alla vecchia ed irosa rivista di via Ripetta il suo atteggiamento retrogrado. C’è pur qualche cosa di commovente e anche di ridicolo in questa testardaggine delle vecchie guardie di via Ripetta a restare i vigili custodi di un sepolcro... ormai vuoto.
La C. C. da poco più di un decennio non dorme più tranquilla, da quando, cioè, verso il 1900 si ebbe un bel risveglio delle scienze religióse e della coltura nazionale ed un maggior interesse alle questioni sociali. La C. C. aveva accortamente baloccato per un ventennio i suoi lettori con recensioni piene di soffio arcadico e con peana al trionfo del tomismo papale, divenuto con l’assunzione di Leone XIII immediatamente la filosofia della Compagnia; ma s’era guardata bene di illuminarli intorno alle più vitali questioni che s’agitavano di nuovo nel mondo contemporaneo.
La C. C. aveva esaurito il suo compito col trionfo definitivo del liberalismo da essa invano combattuto. In quel giorno (intorno al ’70) la C. C. doveva onestamente o morire o rinnovarsi proponendosi un nuovo cómpito ed un nuovo programma. Ha voluto continuare a vivere; ma la sua forza è stata ancora per molti anni, da una parte nell’ inerzia intellettuale dei cattolici italiani e nell’ assenteismo liberale nel campo del pensiero e della scienza religiosa e, dall’altra, nel prestigio della Compagnia di Gesù. Ma oggi, dopo l’ultima battaglia perduta da Pio X contro ogni forma di liberalismo nel cattoli-cismo, e dopo l’evidente crisi della Compagnia di Gesù, la C. C. va spegnendosi. Essa forse si rallegrerà di aver prima veduto morire, non certo per opera sua, una dopo l’altra le riviste e i giornali che erano riusciti per qualche anno a diffon
dere fra noi, in Italia, le nuove idee. La loro morte però è stata feconda e la C. C. non l’ignora, essa che ha subodorato il vento infido e corre ai ripari. La C. C. vuol avere ancor òggi il monopolio della coltura religiosa in Italia. Ed è così cieca da non comprendere che l’Italia del 1914, malgrado le bravate dei nazionalisti e la buona fortuna elettorale dei cattolici, non è più quel « tale paese » del 1850. E poi, sul serio, è il contributo dei suoi collaboratori così importante e decisivo da rendere inutili o dannose le altre riviste affini? Quali sono i suoi titoli al « monopolio > della coltura religiosa?
L'ingenuità, diremo così, senile della rivista di via Ripetta si rivela, oltre che dalla ridicola pretesa a restar « unico gallo nel gallinaio », anche dai mezzucci di cui si serve. E’ il solito vecchio trucco di sfruttare il panico degli ingenui con una denuncia... di « riscossa » e di congiura ... modernista. Il monito e la denuncia cadranno però fra l’indifferenza degli stessi cattolici a cui sono rivolte, questa volta.
Ascoltate ; il tono è solenne : « Quanto “i figliuoli di questo secolo sieno più accorti che i figliuoli della luce „ è una verità di fatto (j/c) che appare continua nella moderna propaganda dell’errore. E noi la vediamo pure rinnovarsi alla giornata nella nuova “ riscossa „ del modernismo più coperto, particolarmente in Italia ». E poco più innanzi : « Altri sintomi scoppiano, da ogni parte, che accertano l’infiltrarsi del morbo latente e intanto dalle loro ombre fanno capolino, quasi sogghignando con ironia(i), i modernisti scaltri nel contemplare gli sviamenti, l’indifferenza religiosa ; le ti(1) Ma sogghignare non è sorridere malignamente? Ironia — dice il Petrocchi —- sono parole seducenti dette in modo che s’intenda il significato contrario.
54
3 52
BILYCHNIS
tubanze di certi cattolici dalle quali sanno ben essi cogliere il vantaggio; e uscendo accortamente dal riserbo in cui si celano, riannodano le loro file e rat-testano le loro schiere, come un esercito dòpo la disfatta, per tornare alla “ riscossa „ ».
Per finire : s. Ignazio di Loyola dice, non so più dove, che « bisogna presumere che qualsiasi cristiano (i) sia più pronto a salvare una proposizione del prossimo che a condannarla; se non può salvarla, s’informi dallo stesso autore in che modo l’intenda (2) ». Massima d’oro ! Sarebbe forse un venir meno alle buonè regole del’ galateo il
(1) La C. C farà anche qui ia voce grossa a s. Ignazio perchè si permette di usare cristiano invece di cattolico?
(2) « Praesupponendum est quemlibet chri-stianum, promptiorem esse debere ad salvanricordarla alla buona consorella di via Ripetta? Perchè « se amate coloro che vi amano, che premio ne avrete ? Non fanno anche i pubblicani lo stesso ? E se fate accoglienza solo ai vostri àmici, che fate di singolare? Non fanno anche i pubblicani lo stesso? Voi dunque siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro che è nei cièli».
Queste, sono parole di Gesù. Naturalmente, la Civiltà Cattolica dirà che Gesù, come Nathan Sòderblom, è un pseudonimo modernista! Non stanno sulla Bilychnis?
Antonio Vaccari.
datn propositionem proxinii quam ad earn condemnandam et si non potest earn salvare inquirat ex ipso (auctore) quomodo earn intel-ligat ». Dal p. Fonk S. J. Il metodo del lavoro scientifico (vers. italiana). Pustet, 1909.
55
VOCI E DOCUMENTI
I PROTESTANTI E LA MASSONERIA
A PROPOSITO DEL RECENTE CONGRESSO SOCIALISTA
Fi sono delle anime nel mondo evangelico italiano che sentono il bisogno di... esplodere, per aprirsi alla luce della vera realtà, liberandosi dai pesi opprimenti di tanti assiomi tradizionali.
Quando l’avu. S. Maslrogiovannt chiese ospitalità in Bilychnis per una libera espressione dei suoi pensieri e dei suoi sentimenti, intorno ad una questione di cui molli bisbigliavano da tempo e che nessuno osava trattare apertamente, abbiamo sentito ch’egli con la sua richiesta rendeva onore a quella sincerità che sin dal principio volemmo porre come base all'opera della Rivista. E questa sincerità cara a Bilychnis la sentiranno i nostri lettori attraverso la frase caustica, rude e talvolta crudele del nostro amico... al quale perdoneranno volentieri qualche critica un po’ acerba o satirica.
Dopo nove anni di questioni e dispute infeconde, il Partito Socialista ha finalmente ritrovato nelle sue rinnovate energie il coraggio di dichiarare in modo esplicito e definitivo che fra le proprie concezioni di progresso, libertà e giustizia e le analoghe concezioni massoniche v’hà dissidio profondo e irreducibile; ha riaffermato che i modi di attuazione di tali principi sono diversi e talora avversi a quelli della Massoneria ; ha constatato che anche il proprio anticlericalismo è, nella sostanza e nella forma, più e meno dell’anticlericalismo massonico ; ha infine rilevato con molta chiarezza come ai supremi interessi del Socialismo— il quale è e deve rimanere intransigente e rivoluzionario —- sia pericolosa se non addirittura esiziale la politica degli accordi, dei connubi e dei blocchi, promossa e fortemente sostenuta dalla Massoneria. E in perfetta coerenza con tali premesse ha deliberato l'incompatibilità per i socialisti di entrare o permanere nell’istituto massonico.
Le ragioni avversarie non apparvero troppo persuasive: si ebbe anzi l’impressione che i difensori della tesi conciliatorista fossero essi stessi ben poco persuasi ; e l’on. Raimondo — che pure portava al Congresso, bene avvolta nel Giornale d'Italia, la grande corona d’oratore principe clamorosamente conferitagli dal Parlamento — si rivelò per Palazzo Giustiniani avvocato meno che mediocre.
Rrd.
Che la Massoneria sia sopratutto una società di studio, non imbevuta fino alle radici di popolarismo ad ogni costo, non colpevole — sia pure senza intenzione dolosa —- di deviare la democrazia dai più vitali e immediati problemi pratici, che infine non possa verificarsi alcun contrasto fra le esigenze politiche di essa e gli interessi dei ¡Partito Socialista, son cose alle quali non crederà neppure il deputato di S. Remo (i).
Considerata la Massoneria qual'è oggi — associazione di forze politiche diverse e quindi in perenne contaminazione reciproca ; vagamente umanitaria e filantropica; necessariamente temperata e temperante; di tendenze patriottiche e borghesi ; satura d’un anticlericalismo troppo dispettoso e poco fattivo; dominata e sfruttata dall’alta e bassa burocrazia del governo centrale e degli enti locali ; aperta
(t) Il caso « Raimondo » è tipicissimo e vale da solo a lumeggiare il valore e l’importanza del voto antimassonico. Tutti ricordano infatti che, mentre il gruppo parlamentare e l'intero Partito Socialista erano impegnati a fondo nella lotta contro i criminosi metodi elettorali del ministero radico-Ìioliltiano e contro le multiformi falsificazioni dell’impresa bica, il Raimondo, a conclusione della brillante ■ causerie ■ che gli valse il memorabile trionfo, presentò un ordine del giorno... anticlericale! E si dovette, anche stavolta, alla vigile cura e al rude coraggio di Benito Mussolini, se il gruppo socialista, stordito e commosso di aver trovato fra le proprie reclute un nuovo Demostene, non cadde nella — speriamo involontaria — trappola del divertivo anticlericale.
56
354
BILYCHNIS
al direttore del cantiere e al sotto-prefetto, al latifondista e al banchiere — non solo deve approvarsi l’atto di profonda sincerità compiuto dal Congresso, ma riesce anzi difficile di capire come mai dei socialisti sul serio abbiano potuto iscriversi e permanere numerosi nelle file di essa, senza avvertirne pena e disagio.
Si ricordò, in Ancona, il Manifesto della Massoneria bene auspicante alla venuta in Italia dell’imperatore di Russia; si ricordò il Manifesto di ieri inneggiante alla guerra libica: due fatti indubbiamente memorabili e decisivi in cui ogni socialista-massone dovette per necessità venire a patti con se stesso, a discapito della sua duplice fede e, peggio ancora, del suo carattere morale. Ma furono due momenti o accidenti della storia politica: e le ferite morali, si sa, quando non sono inciprignite dalla notorietà, fanno assai presto a rimarginarsi.
V’è però una cosa che ñon si riesce a capire. E’ notorio, perchè pubblicato in opuscoli e giornali, che per entrare in Massoneria non occorre prestare giuramenti tragici, nè subire esperienze misteriose ; ma è semplicemente obbligatorio e indispensabile fare una precisa e leale dichiarazione circa i doveri morali che l’iniziando ha verso se stesso, verso l’umanità e verso « la pairia ». Ora, io mi domando, come diavol mai avrà risposto ogni buon socialista a questa terza domanda? Ha forse cominciato col costruire la sua fede massonica sopra un equivoco o una restrizione mentale?
Tanto ho voluto ricordare per confermarmi nell? persuasione che i socialisti, approvando il notò ordine del giorno, si sono ispirati a principi elementarissimi, oltre che di logica, di probità morale e di rettitudine politica.
E non solo la logica della dottrina socialista, bensì anche la logica della storia massonica doveva condurre al divorzio anconitanoLa Massoneria dovrebbe essere un’istituzione altamente filosofica e religiosa : i suoi locali sono templi, i suoi regolamenti riti-, l’entrarvi è iniziazione, il progredirvi perfezione ; supremo fastigio del singolo la rinuncia, fine supremo di tutti la verità. L’essenza religiosa, ieratica, dell’istituto, presuppone purezza interiore, austerità di vita, spirito di sacrificio e di abnegazione : una visione quasi mistica del mondo e della vita. E pensate infatti ai... dèmo-costi e ai radicali, al ministero Sacchi, al S'ornale di Ottorino Raimondi, alle bontà dèi stelli Talamo, alla giocondità di Ferdinando Martini e giù, giù, giù, molto giù, fino a certi consiglieri del fu blocco romano.
Il contrasto fra gli àrdui postulati massonici, e la piatta, accomodante e affaristica
mentalità italiana era, ed è, talmente irsuto — come direbbe l’amico Janni — da provocare una irresistibile ilarità : figuratevi Amerigo Guasti vestito da sacerdote egizio...
Mancando dunque gli uomini — « pauci sed electi » — capaci di perseguire e perpetuare un’azione culturale *e spirituale degna delle tradizioni, e urgendo d’altra parte nel sangue dèi dirigenti la libidine del popolarismo, non restava che confessare la inutile o nociva sopravvivenza dell’istituto massonico all’epoca che fu sua, oppure adattarsi ài tèmpi nuovi. Adattarsi come? Al solito: come s’adatta in Italia ogni politica, quella in grande e quella in piccolo : non in via positiva, seguendo direttive interne, organiche, coordinate e preordinanti; ma in via negativa, ubbidendo agii impulsi è magari alle violenze esterne di chi grida forte e sa mostrare i denti. Cosi la Massoneria, per aver presa ad ogni costo sulla vita pubblica, spalancava le sue porte ai cosiddetti sovversivi e pigliava la rincorsa dietro i partiti estremi : si gettava a capofitto nella politica, snaturando il suo carattere e le sue finalità. E perchè il nuovo titolo di cittadinanza non apparisse del tutto fittizio e precario, faceva l’asino &W Asino, insegnando alle nuove generazioni che prete è un epiteto oltraggioso e che la patria si salva ballando la tarantella intorno alla statua di Giordano Bruno.
Coincideva, questo fenomeno di pervertimento e di degenerazione, con un periodo di singolare transigenza politica di tutti i partiti, di utilitarismo economico e di più grave amoralità pubblica, per cui erano possibili le tresche della democrazia con l’eroe della Banca Romana e i blocchi amministrativi ad ogni costo.
Ma la Massoneria, se poteva far profanare i suoi templi dal demagogismo intellettuale dei numerosi neofiti e adattare i suoi riti alla mentalità d’ogni garzone di parrucchiere, non perciò riusciva ad appagare i bisogni specifici e concreti delle nuove folle: sicché doveva fatalmente avvenire che il ricostituirsi e vigoreggiare di ogni singolo partito, segnasse la diserzione in massa dei più giovani fratelli dalle mal varcate colonne. Ed ecco perchè gli organi ufficiali e ufficiosi di Palazzo Giustiniani hanno accordato l’onore delle armi ai socialisti che, in omaggio ai deliberati di Ancona, ritornano disciplinati al lavoro delle Sezioni (i).
(i) La balaustra a strapiombo che Ettore Ferrari ha con tardivo sdegno appoggiato sulle colonne dei giornali borghesi, per imporre ai massoni socialisti di decidersi entro... 15 giorni, non ha importanza, specie dopo il troppo visibile compiacimento della Costituente per il voto di Mantova,, dolcissimo lenimento al corrosivo anconitano.
57
VOCI E DOCUMENTI
355
Al voto del 27 aprile devono perciò eguale riconoscenza socialisti e massoni : esso gioverà alla sincerità politica di entrambi, gioverà sopratutto a quella divisione di partiti e chiarificazione di tendenze e delimitazione di responsabilità, che sono, in quest’ora grigia della vita politica italiana, nel desiderio di tutti i .cittadini.
« Se la funzione storica del Partito Socialista — ha bene osservato il Salvemini — deve essere quella di suscitare nei diseredati della vita il sentimento della ingiustizia della loro sorte, educare in essi una pugnace coscienza di classe, e organizzarli per l’esercizio eflettivo dei diritti antichi e per la conquista dei diritti nuovi — è assai probabile che l’atteggiamento rivoluzionario si adatti meglio di qualunque altro a questa importantissima funzione *. La coesistenza, nella famiglia massonica — cosi com’i siala trasformata e com’è ora — di uomini d’ordine e di ribelli, di guerrafondai e di pacifisti, di sfruttatori e di sfruttati, di banchieri e di proletari, di padroni e di servi, oltre che rovinosa per l’azione politica, era insidiosamente corruttrice del carattere personale di tutti.
Intorno al nazionalismo italiano, più temibile che non si creda, si stringono affaristi e clericali, conservatori e pseudo-liberali e falsi democratici, alleati sulla base di comuni interessi e per reciproche concessioni, decisi a difendere le loro posizioni di privilegio e conquistarne altre. All’opposta sponda sta il Partito Socialista rinnovato, agguerrito, disciplinato, pronto a contrastare il terreno alla reazione, ad ogni costo e con ogni mezzo. La Massoneria, se avrà il coraggio (del che dubitiamo forte) di mettere alla porta ceni « gros bonnets» della politica giolittiana, diretta e delegata, e dell’affarismo ligure-toscano, potrà costituire o almeno dirigere, Coi suoi affiliati repubblicani, radicali, riformisti e democratici diversi, un partito intermediario borghese, capace di evitare una crisi di incalcolabili conseguenze, e imporre le riforme più necessarie e urgenti.
Qui però cominciano i guai, dice qualcuno.
E noi che abbiamo i nostri guai da curare, lasciamo che i cugini massoni se la sbrighino come possono.
* * »
A questo punto io devo esprìmere la mia riconoscenza all’amico Paschetto per avermi permesso di trattare in questa Rivista un argomento così delicato e .. . pericoloso. E potrei assolvere il mio compito, esortando semplicemente i lettori protestanti, che so essere
colti e intelligenti : « i socialisti vi hanno dato il buon esempio : non mancate d’imitarli : non entrate in Massoneria e, se vi siete, affrettatevi a uscirne ».
Ma temo che, se 1 massoni sono in grado di comprendermi (pur seguitando naturalmente a infischiarsene), gli altri non troverebbero la mia esortazione allatto giustificata.
Devo perciò aggiungere al mio già lungo articolo un secondo capitolo, al quale premetto subito la tesi che intendo svolgere e sostenere : « E' ormai incompatibile per i protestanti Ventrata e la permanenza nella Massoneria italiana ».
Con un po’ di pazienza non è difficile intanto discoprire che i postulati teorici dai quali partono i socialisti per affermare il proprio dissidio dalle concezioni massoniche, si adattano mirabilmente a noi protestanti ; v’ha, del resto, fra Socialismo e Cristianesimo, più affinità di concetti, di finalità e di metodi, di quel che generalmente non apparisca.
Ma veniamo all’esame diretto della questione. E premettiamo:
1® E' perfettamente inutile discorrere della storia e delle benemerenze della Massoneria nel passato, della sua essenza e dei suoi scopi quali appariscono nei libri e nei rituali e nelle dichiarazioni ufficiali e solenni dei suoi capi ; come pure è tempo perduto far richiami alla Massonerie straniere e specialmente anglo-sassoni. Noi viviamo in Italia, nell’anno di grazia 1914, e abbiamo interesse di occuparci della Massoneria italiana che fa capo a Ettore Ferrari (le altre sono affatto trascurabili), quale essa ci si presenta.
2® Fra socialisti e protestanti,.nei riguardi della Massoneria, c’è questa prima differenza formale : che i socialisti costituirono, prò parte, la ragion d’essere della nuova politica massonica ; furono ricercati e carezzati ; e quando vollero andarsene, trovarono all’uscio visi complimentosi e sorridenti di persone che si scusarono ¿’averli troppo intrattenuti ; mentre i protestanti non sono nè cercati nè desiderati : si accettano spesso per errore, si subiscono di mala voglia e si sarebbe felicissimi di vederli fuori dai piedi.
Se nei giornali evangelici non s’è mai scritto di Massoneria, come questione viva, non c’è da meravigliarsi. Dipende da una mentalità tutta speciale e degna del massico interesse. Noi generalmente discutiamo dei problemi di attualità ... un paio d’anni dopo: ci piace di vederli a grandi linee, dà lontano, sullo sfondo della storia, e meglio ancora dell’archeologia ; è più filosofico e meno compromettente. Si è mai sentito in Italia che il Protestantesimo
58
356
BILYCHNIS
abbia ardito di concepire e manifestare una qualsiasi opinione sopra un problema concreto di importanza nazionale? E’ pensabile un indirizzo di pensiero protestante nella vita pubblica? Si sa bene quel che vogliono i diecimila massoni, si sa quel che pretendono i mille nazionalisti, si sapeva quel che sognassero i cinquecento modernisti, si sa infine quel che sperano i cento democristiani; ma non si è mai saputo nè capito che cosa pensino e che cosa vogliano nella vita politica i sessantamila protestanti.
Non ci voleva che quel caro mattacchione di Giolitti (brav’uomo in fondo) a dire, l’estate scorsa, che non poteva proporre al Parlamento un progetto di legge sul divorzio per non offendere gli evangelici che vi sono contrari. Eh via! se a Giolitti (brav’uomo in fondo) potesse proprio far piacere, gli evangelici sarebbero anche capaci di credersi contrari al divorzio. Ma pensate dunque, quale onore per noi, poveri tollerati, che Sua Eccellenza il Presidente ci abbia menzionato ! [Sapete che una volta re Umberto fece ai Valdesi l’onore d’andare a visitare le storiche Valli? — A pensarci vengono giù i lucciconi. —- E quei cari fratelli ci misero una lapidona grande così sopra la Casa che Lo vide passare. Ah se re Vittorio facesse altrettanto! — a pensarci vengono giù i lucciconi — si attaccherebbe un'altra lapide grande così].
Come certi acutissimi esegeti della Bibbia sono sempre disposti ad adottare fra due diverse interpretazioni quella che è sostenuta dal maggior numero di dotti, ed essendo in maggior numero (in duemila anni...) gli ortodossi, l’interpretazione « scientificamente » adottata è sempre l’ortodossa; allo stesso modo noi siamo per lo più disposti in politica a dar ragione alla maggioranza; e siccome il governo è sempre con la maggioranza, così noi siamo disposti a dar ragione al governo(i). E’ un vero peccato che il deputato valdese Soulier non sia tornato alla Camera, perchè egli impersonò mirabilmente, con vent’anni d’austero silenzio, il pensiero politico dei protestanti italiani ; il suo raro e sommesso eloquio fu schiettamente evangelico: « Sì, sì » per il governo, e « no, no » per gli avversari. Al Senato egli rappresenta ora i problemi di palpitante attualità, come sono visti dai nostri protestanti : archeologicamente.
(i) Generalmente parlando, il giornalismo evangelico italiano non c, in politica, che una scialba parafrasi della Tribuna e della 5/««/« o, nei casi più audaci, del Met-»•ggtr« e del E non è difficile scoprire qua e là filoni cerebrali del più autentico forcaiolismo.
La verità è che quel benedetto capoverso del primo articolo dello Statuto ci ha reciso i nervi. Noi siamo dei tollerati', ecco tutto. Nè vale dire che quella disposizione ebbe si e no un valore formale per tre mesi e mezzo ; che fu comunque vuotata d’ogni significato da leggi posteriori e da ragioni internazionali (i) : non giova : quando la lettera ha ucciso il senso comune, lo spirito non vivifica un bel nulla. E’ scritto che siamo tollerati : dunque versiamo lagrime e fiori. Ho pensato a volte che a farci capire che in Italia si gode di una effettiva libertà di coscienza e di culto, quale in nessun altro paese d’Europa, potrebbe forse giovare che tutti i magistrati, in tocco e toga, si mettessero a girare in processione attorno alle nostre Chiese — come gli Ebrei intorno alle mura di Gerico — e a gridarci: « Voi siete liberi, liberi, liberi ». Ma un sospetto malignò mi è sovvenuto : che anche allora qualcuno non a-vesse interesse di pensare : « Qual dolce cosa è l’esser tollerati, per poter fare almeno due volte all’anno un piagnisteo e un’invettiva per la conculcata libertà religiosa»?...
Muovendo da quest’acuta e gioconda coscienza di essere nient'altro che dei tollerati, noi parliamo più spesso di favori che di diritti, e amiamo più i corridoi dei ministeri che le aule dei tribunali. II. telegramma che si manda al sovrano, al!’aprirsi o al chiùdersi d’un congresso o d’un sinodo, non è un cortese omaggio al capo dello Stato da parte di liberi cittadini adunatisi e consapevolmente operanti in forza dei loro inalienabili diritti e sotto la protezione delle leggi; ma è piuttosto l’anelata occasione di poter sentire èd esercitare anche noi (!) il « privilegio » di telegrafare e ricévereI una stampiglia dall’usciere dei segretario del-\ l’aiutante di campo di Sua Maestà.
Con siffatta mentalità, che io avrò magari, per amor di tesi, un pochino esagerato, sono entrati i nostri protestanti nella Massoneria italiana.
(i) Gli enti ecclesiastici stranieri godono in Italia libtrlà della stessa Chiesa Cattolica.
Io voglio, naturalmente, ravvivare la coscienza dei nostri sacrosanti diritti, non già negare la necessità d’una vigile difesa dello Stato contro le inframmettenze e le insidie clericali, e la utilità d'una vigorosa e sapiente politica ecclesiastica. Si noti però che una politica ecclesiastica seria — soppressione di confraternite c di capitoli cattedrali, riduzione di mense vescovili, riordinamento di fabbricerie, àifcy $. miglioramento del basso clero, liquidazione del rondo Culto, vigilanza sui seminari, decimazione delle congregazioni... e cosi per gradi fino alla creazione legale di vereassociaztoni cultuali di diritto comune — una siffatta politica non può attendersi dai molti Finocchiaro del mas-sonismo italico i quali, contro le conclamate riforme della condizione giuridica della donna, della ricerca della paternità naturale c (in minor misura) del divorzio, oppongono la buftonesca leggina sulla precedenza del matrimonio civile!
59
VOCI E DOCUMENTI
357
E vi permangono al prezzo della loro dignità. Poiché, supposto che essi abbiano (e spero l’ipotesi non sembri azzardata) convinzioni religiose meritevoli di rispetto, non v’è in Italia associazione che sia più della Massoneria dì oggi inetta a comprendere e rispettare fedi e dottrine religiose ; istintivamente razionalista nella stragrande maggioranza dei dei suoi adepti, essa esercita un’azione essenzialmente atea,antireligiosa: l’associazione «Giordano Bruno» con le sue propaggini, i circoli di avanguardia, le sezioni del libero pensiero, i circoli cosidetti razionalisti, sono manifestazioni logiche e necessarie della Mas- ' soneria nel campo della dottrina, come i demo-costituzionali e i radicali sono manifestazioni logiche e necessarie di essa nel campo della pratica.
Mi dicono che a Firenze un ministro evangelico, autorevole e vecchio massone, che desiderava affiliarsi ad una loggia, fu gentilmente consigliato a smetterne l’idea, perchè, data la sua qualità, sarebbe stato respinto. In provincia di Udine non hanno accettato un avvocato, perchè protestante. A Roma non promuovono di grado un altro massone, direttore d’un istituto, perchè anch’egli protestante. In tale occasione, anzi, un suo collega — molto apprezzato nel mondo massonico — manda per solidarietà le proprie dimissioni, ponendo alle autorità questo dilemma : « O voi mi avete più volte promosso e onorato ignorando la mia qualità; o voi avete inteso, in via eccezionale e di favore, prescindere da tale qualità: in entrambi i casi la vostra attitùdine' mi offende ». So che è cosa di tutti i giorni sentire i dirigenti delle Logge rallegrarsi coi neofiti che hanno la lealtà di fare recisa professione di ateismo, e che molto spesso anche i capi più autorevoli affermano che l’azione precipua della Massoneria è azione anticlericale con premesse antireligiose.
Ma tali episodi e altri simili hanno un’importanza assai relativa, anzitutto perchè credo siano ormai ben pochi i massoni disposti a negare che la loro sia essenzialmente un’associazione antireligiosa ; in secondo luogo perchè io non intèndo affatto di formulare, con le mie considerazioni, un atto d’accusa: tutt’altro! So bene che la dottrina e la pratica massonica sono oggi in assoluto conflitto, non solo con le tradizioni, ma con le costituzioni stesse dell’istituto. Ma che importa? Dal momento in cui la Massoneria, abbandonato il suo compito preciso e specifico di educazione morale e di edificazione spirituale dell’individuo, volle scendere nel torbido agone delle competizioni politiche, ha seguito e segue
le direttive necessarie e fatali delle sue nuove finalità. Ed io, non solo giustifico la nuova mentalità massonica, ma là ritengo anche, dà un certo punto di vista (che non è il mio), utile e opportuna: per riuscire nei suoi propositi essa dev’essere appunto quel che è; anzi deve farsi sempre più settaria e antireligiosa e anticlericale ; e per essere una, forte, agguerrita, disciplinata, contro l’insidia clericale della Chiesa Cattolica, è bene ch’essa si liberi e purifichi dalla contaminazione di elementi (come gli evangelici), che con gli avversari cattolici han comuni i cardini fondamentali della loro fede. Tutto ciò io capisco e giustifico... dal punto di vista massonico, come un socialista può capire e giustificare la guerra libica... dal punto di vista borghese: ma fremo all’idea Che un giorno, nel lontanissimo futuro, io possa — dopo superata la barbarie intellettuale dell’intolleranza ecclesiastica — cadere nella barbarie del settarismo massonico : e perciò respingo ogni solidarietà con l’azione massonica, come un socialista respinge ogni solidarietà con l’impresa libica. Quel che non capisco e non giustifico è dunque che dei protestanti, cioè (suppongo) dei credenti, accettino e aiutino col loro danaro, con la loro opera, con la loro intelligenza, una società che parte da premesse contrarie alla loro fede, che del continuo offende la loro fede, che con tutte le sue forze tende a distruggere questa fede. E mi maraviglia che, mentre qualche giovane religiosamente ultraliberale abbia sentito, non appena entrato, cosi acuto il disagio di trovarsi fra persone del tutto incapaci di rispettare le sue convinzioni spirituali, e così sprezzante il diffuso sentimento di forzata tolleranza da cui era circondato, da affrettarsi a uscirne, rimangano invece, accoccolati tremebondi e silenziosi, sulle panche delle logge ed anche in alto loco, tanti evangelici — ecclesiastici e laici — famosissimi in tutta Italia per un’ortodossia e un pietismo a prova di bombe.
Se è uno sviscerato e cieco amore della Massoneria che li tiene là dentro, dovrebbero pur capire che l’azione massonica verrebbe, dal loro esodo, a guadagnare in purezza e in intensità, e dovrebbero votarsi in olocausto all’ideale vagheggiato e caro, salvo a rifare « conti quando i loro consorti, con le commemorazioni di Ferrer, i comizi per Giordano Bruno e i blocchi alla romana, avranno demolito, sconquassato, distrutto e polverizzato a chiacchiere il Vaticano....
E quale altro ragionevole motivo si potrebbe addurre? Che si voglia considerare la Massoneria come una scuola di anticlericalismo, non è possibile. Nei protestanti il sentimento ariti-
60
35«
BILYCHNIS
clericale è connaturato con la loro fede religiosa : essi sono anticlericali per necessità ; perchè cosi esige la loro storia, il loro pensiero, la loro vita. Sono i soli che abbiano un vero diritto naturale e inalienabile all’anticlericalismo. Le rare, insignificanti eccezioni, confermano quel che dico. Ma l’anticlericalismo protestante non ha niente che vedere con l’anticlericalismo massonico; anzi, gli è per molti rispetti avverso. L’anticlericalismo massonico, se non muove sempre da esigenze pratiche, è certo del continuo contaminato e deviato dai fini e dagli interessi politici cui tende : tanto vero che — pur essendo sostanzialmente ateo — ha avuto piuttosto atteggiamenti anticattolici che non antievangelici o antisemiti: appunto perchè la lotta che esso ha impegnato è diretta contro la Chiesa Cattolica ed è questa lotta che lo muove, lo ispira, lo caratterizza. L’anticlericalismo protestante muove necessariamente da presupposti ideali: deriva dalla interiorità del culto che ha distrutto il tempio e dall’autonomia della fede che ha soppresso il sacerdote. Dal contatto e dal connubio con la mentalità massonica italiana odierna, il nostro anticlericalismo religioso ha tutto da perdere e nulla da guadagnare.
Che si tenda invece dagli evangelici massoni a una semplice alleanza o fusione di forze in vista dell’azione pratica contro il comune avversario, la Chiesa Cattolica? Non voglio crederlo. A parte che le ragioni della nostra avversione alla Chiesa papale sono per loro natura del tutto diverse dalle ragioni massoniche, io non ammetto che vi siano, fra i protestanti, idioti capaci di farsi ancora delle illusioni sul valore politico di certe alleanze. Il patto Gentiioni non fu stretto dal ministero radico-giolittiano ? E la testa di Murri non fu data, consule Sacelli, in cambio di di quella di Galimberti? E quale ministro dell’istruzione fece mai ai clericali le illegali e vergognose concessioni di Luigi Credaro? E non è del massone Finocchiaro quel turpe gingillo della precedenza del matrimonio civile? E quale evangelico accetterebbe oggi una qualsiasi solidarietà morale con un Ferdinando Martini, sol perchè si tratta di un massone ?
Non resterebbe che richiamare quella mentalità pa vida e servile dianzi descritta, e Supporre che i protestanti, incapaci di assumere posizioni politiche nette e decise, timorosi di compromettersi di fronte alle autorità, incoscienti dei loro stessi diritti, tendano ad esercitare, dall’oscurità delle logge, quell’azione pratica che ritengono non potrebbe avere giusto titolo di cittadinanza alla luce del sole ; che domandino agli avversari delle loro più intime convinzioni spirituali la forza e le armi per combattere una volgare battaglia di interessi ; che si riducano a sostenere e diffondere un indirizzo sociale ibrido e odioso invece del loro puro indirizzo naturale ; e passino nella vita rispettati, non per il loro, molto o poco, valore intrinseco e per la loro personale dignità, ma unicamente per la livrea che hanno accettato .di indossare (i).
Ma a quest’ultima ipotesi, che l’ingiustificato permanere dei protestanti nella Massoneria potrebbe rendere verosimile, a questa ipotesi ingiuriosa e assurda io mi ribello. Che dei protestanti si facciano tollerare e compatire nell’interno delle logge e quivi compromettano la loro dignità, è affare che li riguarda, come uomini, più che cóme credenti; ma che la loro deplorevole attitudine possa ritenersi indizio d’un fenomeno generale e riflettersi su tutto il Protestantesimo italiano, è cosa che deve seriamente preoccupare, e indurre ogni evangelico a parlare forte e chiaro per venire a reciproche spiegazioni, leali e definitive, e separare nettamente le responsabilità.
Per ciò appunto mi sono deciso a scrivere e affrontare le molte noie che mi procurerà indubbiamente questo lunghissimo articolo.
Salv. Mastrogiovanni.
(x) Anche se non vuol ammettersi che un programma politico cristiano (acattolico) dev’essere necessariamente negatore e rivoluzionario, è tuttavia facile disegnare i lineamenti principali di quella politica teriarruntt democratica che ogni protestante degno del nome deve ad ogni costo seguire se vuol esser coerente ai suoi principi religiosi.
Con un programma proprio, preciso e autonomo, si pos-sono anche, alla luce del sole e senza pericolo, cercare o accogliere alleanze coi partiti affini ed anche — per la pò-litica ecclesiastica e salvo le debite intese — con la Massoneria.
61
PER DIO E PER IL POPOLO
PREGHIERE DEL RISVEGLIO SOCIALE («)
Risveglio sociale! C’è nei mondo religioso, fra i cristiani, in seno alle chiese, un risveglio sociale? C’è certamente. Purtroppo in Italia arriviamo anche in questo un po’ in ritardo. E’ incredibile i preconcetti che bisogna rimuovere, la forza apatica della routine che occorre vincere tra noi per far aprire gli occhi dei credenti alle nuove visioni del Regno di Dio. Ma, in altri paesi, il risveglio sociale della religione — maturato durante l’ultima metà del secolo xix — è in piena fioritura; e il nuovo ideale si è impadronito così potente-mente della vita e del pensiero religiosi contemporanei eh’esso sta allargando e trasformando tutta la nostra concezione del Cristianesimo.
Nella luce sociale, là Bibbia e la storia ci parlano una lingua nuova. La vita degli uomini coi quali siamo a contatto prende per noi un rilievo e un colorito eh’essa non poteva avere nella penombra delle costruzioni teologiche di una volta. In seno alle chiese le antiche forme di attività assumono un significato nuovo, e delle prospettive assai più vaste emergono dai vapori di un’alba nascente.
In questo mondo ingrandito, mólte idee che parevano fondamentali, indispensabili, e che riuscivano a soddisfarci, appaiono singolar(«) Waltkr Rausckknbusch, ftw A>m et pour le P/uple. Traduzione dall’inglese di A. P. Bovet, Parigi. Fischbachcr 1914, in-ia di pag. 124, elegantissima edizione, L. a.75, franco di porto. (Presso la Libreria Ed. Bìlpchnit).
mente grette e meschine; certi appelli cosi detti religiosi non hanno più alcun valore per noi ; ma altri appelli risuonano, che i nostri Padri non conoscevano, ed essi destano in noi una fiamma religiosa d’una intensità e d’una purezza straordinarie. I torli fatti al popolo, le sue sofferenze, la visione d’una terra di giustizia e di fraternità: tutto ciò provoca una compassione dolorosa, fa nascere delle aspirazioni ardenti, e quei sentimenti sono, nella loro essènza, più cristiani della maggior parte dei timori e dei desideri che costituivano tempo fa « la religione ». Il cristianesimo sociale sta arricchendo la varietà delle esperienze religiose, esso crea un tipo d’uomo nuovo che somiglia notevolmente al galileo Gesù.
Queste nuove emozioni devono formularsi ed esprimersi. Ma la Chiesa, che è cosi abbondantemente provveduta dal suo passato per coltivare la pietà individuale, è sprovvista di tutto di fronte a questi bisogni nuovi ; le sue raccolte d’inni sacri contengono appena due o tre cantici in cui vibrino i trionfali concenti della speranza sociale ; le sue liturgie e i suoi libri di pietà hanno ben poco dà offrirci per arricchire e purificare quelle aspirazioni e quei pensieri. Bisogna dunque aprire nuove vie per il cammino spirituale degli uomini d’oggi.
Le considerazioni che precedono sono fatte dallo stesso autore W. Rauschenbusch, professore alla Facoltà teologica di Rochester (Stati Uniti), nel presentare ai suoi lettori il suo
62
360
BILYCHNIS
più recènte lavoro — un volumetto di preghiere sociali — Per Dio e per il Popolo (1).
Trattasi dunque di un primo tentativo per esprimere in formule nuove — che rimangano però in armonia con la solennità della preghiera» specie dèlà preghiera, pubblica — le nuove esperienze religiose dell’attuale generazione cristiana. L’impresa è senza dubbio ardua, irta di difficoltà; per citarne una sola: è difficile per un uomo l’esprimere i pensieri spirituali più intimi dei suoi simili. Ma, allorquando un grande movimento agita nel profondo le coscienze, un’anima nuova viene al mondo e tutti coloro che la sentono palpitare sono uniti in una comunanza d’idee, di scopi e di sentimenti tale che uno d’infra loro può, in qualche modo, tradurre il pensiero di tutti. Certo le preghiere del Rauschenbusch risponderanno a un bisogno vivamente sentito da molti.
Quando le aspirazioni sociali — che emanano da ciò che v’ha di più alto nella nostra coscienza religiosa — avranno trovato una adeguata espressione nella preghiera, ciò avrà un’influenza profonda sulla nostra società. Molti uomini — e fra i migliori — hanno rinunciato a pregare, in parte a motivo dei loro dubbi filosofici, in parte perchè sentono che ciò è inutile e persino dannoso allo sviluppo della loro vita spirituale. Nel passato, infatti, la preghiera ha Spesso servito di sostituto all’energia morale ; ma la preghiera prima della lolla è tutt’altra cosa; essa appunto, nella storia, ha prodotto l’eroismo rivoluzionario; tutte le nostre aspirazioni generose diventano ferme risoluzioni di combattere allorquando le affermiamo davanti a Dio.
La preghiera pubblica può avere delle conseguenze più vaste di quel che non pensiamo. Quando gli uomini sono in presenza di Dio, sboccia quello che in loro c’ è di meglio : noi sentiamo allora la vanità e la miseria di molte cose che il mondo stima convenienti e necessarie. Se noi ci unissimo più spesso in preghiera per denunciare i peccati della società moderna, vi sarebbe maggior pentimento riguardo a quelle iniquità, e le rivendicazioni dettate dalla giustizia e dalla misericordia si urterebbero a minor resistenza e ad un’irritazione minore.
E — se è vero che l’effetto delle nostre preghiere si estende oltre la nostra personalità, se vi è un centro dell’universo spirituale in
(1) Diciamo ■ più recente » perche il prof. Rauschenbusch si è già reso benemerito della causa cristiano-sociale con altre opere che lo hanno posto in prima fila tra i propu* gnatori più ardenti e più intensamente /fi del movimento moderno di rinnovamento cristiano integrale.' Fra queste opere ricordiamo : Chritlianity and thè Social Critìt, 1908 ; Unto Me, 1912; Chritiianitìng thè Social Order, 1913.
cui i nostri spiriti si ricongiungono e dal quale essi traggono il loro essere, e se, in qualche modo, il grido misterioso delle nostre anime raggiunge Dio e lo commuove, di modo che le nòstre aspirazioni rifluiscono verso di noi insieme all’approvazione divina che ne garantisce l’esaudimento finale, — allora il condurre i cristiani a pregare per delle riforme sociali ha una portata più vasta di quello che non pensiamo.
« » »
Ma è tempo di esaminare più da vicino questo libro nuovo, questa prima piccola liturgia dell’avvenire.
Fa da Introduzione uno studio sul valore e il significato sociale del a Padre Nostro ir. L’autore dimostra all’evidenza che il Padre Nostro, espressione purissima dell’anima di Gesù, è la grande preghiera del Cristianesimo sociale. Essa è tutta compenetrata da ciò che noi chiamiamo il «senso sociale»; essa considera là solidarietà umana come un assioma ; essa dà una base sociale ad ogni vita morale e religiosa, anche per ciò che riguarda le relazioni personali e intime dell’anima con Dio.
Le preghiere che seguono sono divise in cinque grandi gruppi:
i° Per i vari momenti della giornata.
2° Lodi e Azioni di grazia.
30 Per tutte le classi sociali.
4° Preghière adirate.
5° II progresso dell’umanità.
Raccogliamo qualche bella spiga nell’abbondante messe.
1. Le preghiere per i vari momenti della giornata si distinguono in preghiere del mattino e preghiere della sera (ve ne sono di speciali pel giorno di domenica) ; poi : preghiere prima dei pasti, prima di una separazione, per una riunione di famiglia, quando c’è in casa un ospite, preghiera in tempi difficili. Piuttosto che preghiere pubbliche, sono dunque preghiere di famiglia,' da servire specialmente pel purtroppo tanto trascurato culto domestico.
La mattina : « O Signore, nella lucè purissima del mattino, noi eleviamo i nostri cuori a te e ti preghiamo di purificarli da ogni malvagia passióne... ».
La sera : « Padre nostro, mentre stiamo per godere la dolcezza del riposo, noi pensiamo a coloro che devon vegliare perchè noi possiamo dormire...».
In una di queste preghiere della sera c’è un accenno discreto e ben intonato alla comunione di spirito coi defunti : « Noi pensiamo
63
TRA LIBRI E RIVISTE
361
ai nostri diletti che non sono più. O Dio nelle cui mani sonoi vivi ed i morti, tu sei ancora, per loro come per noi, la vita e la luce. Dovunque essi sieno, stendi su di loro con tenerezza la tua mano e permetti che un giorno possiamo rivederli e sentire di nuovo le loro affettuose parole... ».
E prima dei pasti; « O Dio, ti ringraziamo per tutte le tue grazie, ma ti domandiamo che la nostra abbondanza non implichi per altrui la mancanza del necessario. Soddisfa tu stesso i desideri di ogni tuo figlio. Permetti che la forza procurataci da questi cibi sia adoperata pel bene di tutti e che la vita nostra possa restituire all’umanità, sotto forma di lavoro utile, l’equivalente del cibo che riceviamo dal fondo comune».
2. Lodi e Azioni di grazia. Sono due preghiere : Per la paternità di Dio e Per questo mondo. La prima comincia cosi : * O tu, che sei il Padre di tutti, noi siamo felici perchè finalmente ti conosciamo. L’anima nostra si espande in noi perchè non abbiamo più bisogno di tremare dinanzi a te, ma perchè noi possiamo, come fanciulli fiduciosi, andare al Dio d’amore. Tu sei il solo vero padre e tutta la bellezza dei'nostri affetti umani altro non è che il riflesso del tuo grande amore... ».
In Per questo mondo c’è un senso profondo della natura e c’è altresì un curioso ma pur giusto accenno alle creature inferiori, ai nostri rapporti con gli animali. « Facci comprendere ch’essi vivono non per noi solamente, ma per se stessi e per te, ch’essi amano quanto nói la dolcezza della vita e ch’essi ti servono a modo loro meglio che non facciamo noi... ».
3. Per tutte le classi sociali. E’ la parte migliore; più originale del volume. Il Rauschen-busch prega per le seguenti categorie di persone : i fanciulli che lavorano, i ragazzi della strada, le donne che lavorano, gli operai, i principali, gli uomini d’affari, i re ed i grandi del mondo, gli scienziati e gl’inventori, gli artisti, i giudici, i f unzionari, i mèdici e gl’infermieri, i giornalisti, i pastori, gli educatori, le madri, gl'innamorati, i disoccupati.
La lista potrebbe essere più ordinata ed è lungi dall’essere completa. Manca una preghièra pel personale di servizio: governanti, camerieri, « bonnes à tout faire », bambinaie', ecc., persone che hanno una posizione delicata, un compito difficile, irto di speciali tentazioni.
Sarebbe pure desiderabile, accanto a quella pei giudici, una preghiera per gli avvocati. Una ne occorrerebbe pei militari di terra e di mare, una per la patria, nel senso altamente
cristiano della parola, altre per categorie speciali di operai, p. es. : pei minatori, pei contadini, pei naviganti, ecc.
Diciamo questo non per criticare l’autore, ma perchè egli stesso si dichiara felice di tutti i suggerimenti che gli si vorranno dare per migliorare la seconda edizione del suo lavoro, edizione che, senza dubbio, sarà presto necessaria.
Anche per questa parte del volume vorremmo dare qualche saggio; ma la scelta non è facile in tanta abbondanza di poesia, in tanta ricchezza spirituale.
Pei fanciulli che lavorano: «Spandi, gran Dio, la tua bontà su tutti i fanciulli che hanno sete di tenerezza ; ma benedici, benedici sette volte, quelli le cui gracili spalle sono precocemente curvate sotto il giogo del lavoro, e il cui sereno sviluppo è per sempre compromesso... ».
Per le donne che lavorano : « O Dio, ti preghiamo per le nostre sorelle che abbandonano l’antico rifugio del focolare domestico per guadagnare il loro pane all’opificio o a bottega nel frastuono della vita moderna...».
Per gli operai: « Se qualcuno di loro è tentato di vendere i diritti della sua classe per un piatto di lenticchie, solleva il suo sguardo in alto e dàgli sentimenti più nobili riguardo ai suoi fratelli. Insegna loro ad andare avanti d’un medesimo passo per adempiere a loro modo la legge di Cristo portando i pesi gli uni degli altri... Possa l’ascensione lenta del proletariato, con le sue sconfitte e le sue vittorie, essere in ultima analisi una benedizione per tutte le classi del nostro popolo, e preparare per la Repubblica dell’avvenire un grande esercito di lavoratori dalle membra robuste, dallo spirito lucido, dal carattere retto, felici nel lavoro, coscienti del loro valore e che lottano insieme per stabilire la grande fraternità umana...».
Per i principali'. «In mezzo alle innumerevoli cause d’irritazione e a tutte le preoccupazioni inerenti al loro stato, aiutali a rimanere calmi e pazienti e a governare saviamente e fermamente, senza violenze e senza odi... Suscita dei padroni che producano degli uomini e non solamente delle mercanzie... Dacci degli uomini di fede, il cui sguardo distingua, al di là delle lotte di classe, l’alba di uno stato di cose migliore, d’una più nobile organizzazione del lavoro... ».
Pei re e pei grandi del mondo. E’ una preghiera essenzialmente cristiana, cioè non per la conservazione di privilegi medioevali ma... per la conversione di quei nostri fratelli. « Fa penetrare in loro la convinzione incrollabile che tutto quanto posseggono è loro affidato
64
3Ó2
BILYCHNIS
solo per un tempo, finché l’erede venga a reclamare ciò che gli è dovuto. E — allorquando i popoli, diventati maggiorenni, reclameranno maggiore indipendenza — sappiano i governanti riconoscere in ciò una volontà dall’Alto e non induriscano il loro cuore...».
Per gli scienziati : « Concedi loro la divina umiltà delle anime elette ; comprendano essi che tu li hai mandati per aiutare gli uomini loro fratelli e che la forza eh’è in loro è una parte del retaggio dell’umanità a loro affidata pel bene di tutti... ».
Per gli artisti \ «Ti lodiamo pei nostri fratelli, i maestri della forma, del colore e del suono, che hanno il potere di aprirci dinanzi le vaste regioni dell’emozione umana e che guidano i nostri passi alle vette delle più nobili passioni... Fai nascere nei loro cuori una intensa pietà per le vite senza gioia... ».
Pei giornalisti : « Ispira loro un amore deciso per l’onestà e un odio intenso per la menzogna, per tema che i giudizi della nostra nazione siano falsati e che ci s’insegni a chiamare tenebre la luce e luce le tenebre...».
Per i pastori (ministri di culto') : « Nostro Maestro, ci buttiamo ai tuoi piedi, umiliati e pentiti. Abbiamo bisogno d’una luce nuova e d’un nuovo messaggio. Abbiamo bisogno dello spirito dei profeti. Accordaci un coraggio indomabile per rispondere alle vaste aspirazioni dell’avvenire... ».
4- Preghiere adirate. Sono quattro preghiere contro quattro grandi flagelli .dell’umanità : La guerra, l’alcoolismo, il tnammonismo, l’impurità. L’autore dimostra veramente di possedere il coraggio da lui invocato poco prima, ed i suoi accenti sono degni dei profeti antichi.
Un solo esempio : Contro i servitori di Mammona : « Levati, o Signore, che vedi l’oppressione del povero e che odi i suoi sospiri. Perchè tu sei amore, è perchè tu hai per i deboli le tenerezze di una madre, per questo •odii l’iniquità e la tua condanna ricade su coloro che si arricchiscono colla miseria del povero. O Dio, noi abbiamo paura, perchè la tempesta dell’ira tua romba sul nòstro capo. La rovina degl’imperi antichi c’insegna come la tua vendetta piomba sui popoli allorquando pièno il calice delle loro iniquità... ».
5. Il progresso Dell’Umanità. E’ il sereno dopo la tempesta. La parte più sonora, ■più nobile del volume. L’autore vi raggiunge spesse volte delle vette sublimi. Egli prega per il Regno di Dio, per quelli che verranno dopo di noi, riguardo al male che abbiamo commesso, pei profeti e i pionieri, per gl’in
coscienti, per partecipare all'opera di redenzione, per la Chiesa, per la nostra città, per la Repubblica dell’avvenire, e, dopo avere invocato Dio pensando alla morte — Morituri te salutoni — chiude il suo lavoro con una breve Preghiera personale.
Che cosa dobbiamo citare di questa parte ? Bisognerebbe tradurre tutto, e ben venga una traduzione italiana di questa preziosa opera, la quale ci permetta di dire anche a quelli che non intendono l’inglese o il francese: prendete, leggete, pregate, sopratuttp pregate.
Ecco alcuni saggi.
Per il Regno di Dio : « O Cristo, ci hai detto di pregare per l’avvento del regno di tuo Padre, in cui la Sua volontà santa sarà adempiuta quaggiù. Aiutaci, o Signore, a ini padronirci con santa audacia di questa promessa e fa che il gran giorno del nostro Dio finalmente risplenda. Noi abbiamo domato le forze naturali per ottenere la ricchezza; aiutaci ora a domare i rapporti sociali per conquistare la giustizia e la fraternità ... ».
Per quelli che verranno dopo di noi : « O Dio, noi abbiamo gridato a te la nostra angoscia allorquando i peccati dei Padri sono ricaduti su di noi. Fa che non aumentiamo colle nostre coli>e la miseria degli innocenti che dopo di noi verranno. Dacci di tramandare ai nostri figli un sangue più puro e dei pensieri più alti. Facci la grazia di lasciare questo mondo migliore di quanto l’abbiamo trovato, di costruirvi delle città di Dio nelle quali non vi saranno più dolori inutili, e di porre sotto il controllo del Cristo la nostra vita industriale e commerciale... ».
Zfcr gl' incoscienti : « Essi non odono i sospiri dei fanciulli che faticano, nè i singhiozzi degli uomini che soffrono perchè altri hanno avuto fretta di arricchirsi ; essi non hanno mai sentito le lacrime ardenti delle madri povere che lottano invano contro la miseria e contro il vizio. Risvegliali, te ne preghiamo, dal loro torpore egoistico e concedi loro la grazia del pentimento sociale... ».
Per la Chiesa : « Battezzala a nuovo collo spirito vivificante di Gesù. Dàlie una ubbidienza più pronta alla chiamata del dovere, una simpatia più intensa per le sofferenze umane, e una lealtà assoluta di fronte alla volontà di Dio. Falle ritrovare il sapore antico dell’Evangelo primitivo. Concedile la fede che le farà sposare la causa del popolo e riconoscere, nelle sue mani che cercano brancolando la verità e la luce, le mani piagate di Gesù Cristo ... ».
Per la nostra Città : « Aiutaci a fare della nostra città un vasto . laboratorio cooperativo
65
TRA LIBRI E RIVISTE
3*3
in cui ciascuno troverò il suo posto e il suo còmpito, in cui ciascuno, per mezzo dello sforzo diuturno, si perfezionerò fino a diventare un uomo compiuto, anelante a dar la prova della sua intelligenza e delle sue capacità ... Dacci di vedere la nostra città quale potrebbe essere: una città di giustizia in cui niuno sfrutterà altrui ; una città di abbondanza nella quale il vizio e la miseria saranno scomparsi; una città di fraternità in cui saranno chiamati grandi coloro che si saranno fatti i servitori di tutti ; una città di pace in cui l’ordine non riposerà Sulla forza, ma sull’amore filiale di tutti per la loro città alla qualeessi debbono, cornea una madre, prosperità e vita... ».
Per la Repubblica dell’avvenire'. «O Dio, ti lodiamo per questa visione d’una terra di pace e di giustizia, la quale sempre ha agitato il cuore dei profeti dell’umanità, e i nostri cuori sono commossi d’una indicibile gioia quando pensiamo che il popolo ha finalmente conquistato la libertà, il sapere e la forza che gli permetteranno di realizzare ciò che, per tanto tempo, è apparso come un sogno. Affretta il tempo in cui le pianure, le colline e tutte le ricchezze ch’esse contengono apparterranno al popolo, e in cui degli uomini liberi non saranno più costretti a prendere in affitto per denaro la terra che tu hai data gratuitamente a tutti ; in cui ogni fanciullo verrà nel mondo colla sua parte legittima delle ricchezze e delle conoscenze accumulate nel corso dei tempi, e in cui le potenti macchine dell’industria moderna faranno sentire un suono più lieto perchè quelli che ne sorvegliano il moto ne saranno diventati padroni... ».
Morituri le salutarli. « O Tu, che sei eterno, noi che siamo destinati a morire eleviamo le nostre anime a te per implorare la forza. Perchè la morte è passata vicino a noi nella folla, e noi sappiamo che, a una svolta.della strada, essa è li che ci aspetta per afferrarci la mano e condurci... non sappiamo dove... Prima di andarcene, ti preghiamo che il giorno venga in cui il moribondo potrà morire senza timore, perchè gli uomini avranno cessato di sfruttare i deboli', in cui la nazione nostra sarà una grande famiglia che circonderà tutti i suoi figli colla sua protezione e colla sua sollecitudine. .. Se il cuore nostro vien meno nella solitudine, sostienilo colla tua presenza. Allorquando tutte le voci amorose s’indeboliranno ormai lontane, ancora saranno li le tue braccia eterne... ».
* » *
Ormai chi ci ha letto sin qui ha un’idea chiara, per quanto molto incompleta, del libro
del Rauschenbusch. Avevamo già dei manifesti sociali, delle prediche sociali, delle opere sociali. Abbiamo ora una raccolta di preghiere sociali, una liturgia sociale.
Si può da essa ricavare un completo ed organico sistema teologico ? Si può con essa definire a quale scuola economica appartenga l’autore? Può darsi, ma li non sta l'essenziale. Quelli, caso mai, sono gli elementi imperfetti e caduchi dell’opera del Rauschenbusch : tutte le teologie passano, tutti i sistemi economici, anche i più arditi, non sono definitivi. Ciò che è eterno è lo Spirito, è la vita dello Spirito, è l'ispirazione religiosa di un’opera. E veramente possiamo dire senza alcuna esagerazione : Siamo davanti ad un’opera ispirata. Dio sia iodato che l’ispirazione Sua non abbia cessato quando gli uomini decretarono nei lóro Concili ecclesiastici di chiudere il cànone sacro; ma ch’essa continui tutt’ora!
La teologia, la sociologia del Rauschenbusch?... Certo è che, di tutti i suoi slanci d’anima verso il cielo, il centro prospettico è la visione del Regno di Dio. Ed è ben questo lo spirito autentico del Cristianesimo sociale. Leggendo, pregando le Preghiere del Risveglio sociale, noi siamo immersi nell’atmosfèra luminosa che irradia dai due grandi concetti, della Paternità divina e della Fraternità umana. Taluni, in nome appunto di questi concetti, rimpiangeranno forse la rubrica Preghiere adirate ; le parole preghiera ed ira sembrano difatti contradittorie. Ma la piccola stonatura è facilmente corretta se si dice: Preghiere di protesta perchè il cristiano può e deve protestare con energia contro tutte le forme della iniquità. Oggi, negli ambienti cristiani, non si ama più molto protestare, si preferisce il quieto vivere. Libero ognuno d’intendere a modo suo il Cristianesimo ; ma per carità non s’invochi, in appoggio al quietismo morale e sociale, l’esempio di Cristo, di quel Cristo che, pur essendo umile e mansueto, diceva ai suoi discepoli : « Se il mondo vi odia, sappiate che esso mi ha odiato prima di voi !». (Giov. *S/I8)Io mi domando se il Gesù che oggi è amato e adorato da tanti cristiani sia il vero Gesù degli Evangeli : poiché questo Gesù degli Evangeli non è soltanto il Gesù mite e dolce e per-donatore di cui si parla spesso e volentieri nelle Chiese, ma è altresì il Gesù di cui nelle Chiese si parla troppo di rado : il Gesù che disprezzava la ricchezza, gli onori e la gloria del mondo, che condannava con parole roventi l’ipocrisia, l’egoismo e l’orgoglio, e che, acceso di sacro sdegno, cacciava i mercanti dal tempio !...
66
364
BJLYCHNIS
Ma dove sono, oggi, fra i cristiani, la capacità e il coraggio di sdegnarsi?
Forse noi conosceremo nuovamente i sacri sdegni dei Padri antichi, del Cristianesimo primitivo e della Riforma quando avremo pregato insieme al Rauschenbusch : le sue orazioni sono fortificanti, tonificanti, edificanti, nel senso costruttivo di questa parola. Non è forse la Città nuova che si tratta di edificare ?
E, dopo aver pregato quelle preghiere, noi esclameremo terminando, insieme all’autore: «O Tu, che sei la luce della mia anima, io ti ringrazio perla gioia ineffabile di ascoltare la tua voce interiore, e so che niuna parola che viene da te tornerà a te senza effetto per quanto poveramente sia stata espressa ».
— Così sia!
Giovanni E- Meille.
GIOVANNA D’ARCO ABIURÒ VERAMENTE?
Un’inchiesta fatta mesi or sono in Francia Sopra la produzione bibliografica nazionale rivelò che la Pucelle di Domremy è ancora il soggetto preferito dalla penna francese. Eppure, Marcel Hébert(i) trova il modo di proiettare fasci concentrici di luce storica e psicologica sul fenomeno dell’eroina rappresentativa, prendendo a sua insegna il motto di Jeanne d’Arc:
« Notre Sire (Dieu) premier servi » : in cui fa sinonimi « Dio » e « Verità ».
Nei tre capitoli : « Jeanne d’Are et ses voix »; « Jeanne d’Arc et les Fées » ; « Jeanne d’Arc a-t-elleabjuré? » egli sottopone l’originale dei due processi di condanna e di riabilitazione postuma ad una feconda analisi e ad una severa interpretazione.
Gli stoici avevano accuratamente distinto fra le nostre « rappresentazioni » che non dipendono da noi, e « l’ uso delle nostre rappresentazioni » che dipende da noi e costituisce l’espressione più reale della nostra personalità. Che Giovanna, spirito semplice, sensibile, emozionale, abbia oggettivato in visioni ed in voci di sante la voce imperiosa della sua coscienza, fino all’allucinazione; e che l’ossessione di una profezia diffusa l’abbia determinata a sentirsi ella, la vergine eletta, a salvare la Francia, questi fattori di carattere puramente fisio-psicologico hanno però permesso ai sentimenti più secreti del suo cuore di oggettivarsi sotto forma di visioni e di voci celesti : ed essa se ne è servita subordinandoli a finalità di azione, utilizzandoli a realizzare le proprie idealità.
Altre fanciulle, in quelle strette di convulsioni della Francia, ebbero delle visioni sterili: fu
(:) Marcel Hebkrt, Jeaxe à' Arc a-t-elle abjuré ì Nourry, Paris. L. 2.50. (Presso la Libreria Ed. Bìlyd-.nit').
solo Jeanne d’Arc che potè sentire la voce: « Figlia di Dio, va, va, va ; io sarò il tuo aiuto: va ! » L’allucinazione vale ciò che vale il mistico: e le visioni e le estasi e le profezie possono essere investite e penetrate di quella finalità religiosa che. invece d’una vibrazione isterica, trae dall’eroina il: « Je suis née pour faire»: come altri «stati forti» d’un’altra «parola interna » morale avevano donato al mondo greco la morte di Socrate, e la « volontà del padre » aveva dato al Mondo Gesù.
E più religiosa ancora che nel seguire le sue « voci », tale si mostrò Giovanna nel cessare dì credere ad esse quando la profezia della sua liberazione apparve contradetta dai fatti. (Quanto è più facile e comune la irreligiosità dell’ostinarsi a credere, che la religiosità dell’epurazione di una fede!) Dalla fede alle sue « voci », Giovanna si rifugiò — come Gesù dalla sua aspettativa del « Regno », — nella sua fede a Dio. « Che avrebbe ella fatto », — si domanda l’Hébert, — «se avesse conosciuto le nostre difficoltà d’ordine metafisico e storico ? si sarebbe essa rifugiata dalla sua fede in un Dio personale in quella nel « Divino » riferendo all’essenza spirituale che Si esprime nelle nostre personalità embrionali, i sentimenti di amore, fiducia, adorazione, che essa indirizzava ad una individualità soprannaturale?» E risponde col Ménégoz: « L’uomo è salvato dalla fede indipendentemente dalle credenze » : ciò che forma il valore del-l’uomo è l’orientamento della sua coscienza, la tendenza del suo cuure e della sua volontà.
« Le allucinazioni di Giovanna » — così termina il primo studio — « non m’interessano più dell’indigestione che ella soffrì un giorno in prigione dopo mangiato un carpo inviatole dal suo carnefice il vescovo Beuvais.
Rendiamo alla fisiologia ciò che appartiene
67
TRA LIBRI E RIVISTE
3<>5
alla fisiologia, e all’ Ideale ciò che all’ Ideale... Nói ammiriamo ed amiamo, col buon popolo che l’acclamava: « La filie au grand coeur ».
• *:*
L'angolo della Francia in cui nacque Giovanna era un paese di foreste e di corsi d’acqua : non fa quindi meraviglia se ad ogni passo ritroviamo leggende e ricordi di fate, cerimonie animistiche, feste popolari campestri, nel-l’interrogatorio di Jeanne d’Arc.
Mentre la « Sacra Facoltà di Teologia » di Parigi dichiarava che le apparizioni di Giovanna procedevano dagli spiriti maligni e diabolici « Bélial, Satan e Behemoth », essa, pur dividendo la credenza allora universale dell’esistenza delle Fate, si limita a rispondere alle domande inquisitorial! : « Le Fate, io non so che cosa siano; delle Fate io non so nulla; ... le mie voci non mi hanno mai istruito su questo soggetto ». Il buon senso e la semplicità prudente della contadina trionfano sulla superba teologia « che sa tutto ». Ma la superiorità è sempre condannata a far la figura d’ignoranza e di errore : « Tali sono gli errori perniciosi di cui è stata imbevuta, che essa ha confessato di non sapere se le Fate sono o no cattivi spiriti ». E benché alla domanda dei giudici : « A che cosa avete sentito dire che serva la mandragora ? » ella risponda nettamente : « A procurar danaro. Ma io non ne credo niente : e le mie voci non me ne hanno mai parlato », pure i perfidi inquisitori osano scrivere: «Giovanna usava portar sempre in seno una mandragora, sperando cosi di assicurarsi una ’prosperità di ricchezze e altri beni temporali ».
«Ah, se fossi ancora nei miei boschi, si che le mie « voci » mi parlerebbero ancora ! » grida la innocente sopraffatta dal turbine della malizia dotta.
* • *
Ma Giovanna d’Arco fece veramente un’ a-biura prima di essere condannata al rogo?
La questione divenuta d'attualità nel periodo del processo di canonizzazione fu risoluta con un equivoco teologico che è ora di sventare.
Anzitutto, è ormai riconosciuto da più di quattro secoli che la formula d’abiura inserita nel processo non è punto quella a cui Giovanna diede, — in un momento di terrore, — la sua firma ; forinola breve, e da lei non ben
compresa, benché sapesse bene che firmandola cedeva ai suoi avversari. Tutti i testimoni oculari furono in ciò d’accordo nel secondo processo di riabilitazione.
Inoltre,allorché l’onore del re fu attaccato ingiuriosamente dal Maestro Guglielmo Erard, Giovanna fieramente rispose difendendo il suo sovrano, — per suggerimento delle sue « voci » .
Sta però il fatto, che nell’interrogatorio che segui quattro giorni dopo, Giovanna dichiarò che le sue voci l’avevano rimpr.overata « per la colpa commessa di confessare d’aver fatto male, — e ciò per paura del fuoco » ; e che « se ella dicesse di non essere inviata da Dio, ella si dannerebbe: poiché è vero che Dio l’ha inviata ». Anche dichiarò che essa « non intendeva revocare cosa alcuna... e che nulla aveva commesso contro Dio o contro la fede, qualunque cosa le avessero fatto ritrattare».
Dunque, Giovanna confessa che la sua dedizione agli ordini dei suoi giudici, — che prima di condannarla al rogo volevano infamare il re di Francia facendole confessare di essere eretica e maga, — fu riprovevole.
Ma ecco ora « le tour de passe-passe où l’Eglise escamote l’abjuration en vue de la canonisation ».
Dopo avere insistito sopra la pretesa abiura, gli atti di Canonizzazione vanno oltre, fino a travisare « l’atto colpevole » che torturò poi la coscienza di Giovanna, in un « atto meritorio, eroico, di sottomissione alla Chiesa;... atto di virtù, di sapienza, giustizia, forza morale, patriottismo, fede. » Eppure, quali fossero i sentimenti di Giovanna verso la Chiesa non è difficile dedurlo dalle sue dichiarazioni esplicite:
« Io credo bene alla Chiesa quaggiù, ma dei miei fatti e detti... io m’appello a Dio. Io mi sottometto a Dio, mio creatore, che m’ha fatto agire. A lui, a lui in persona, io me ne rimetto... Le mie rivelazioni vengono da Dio senza, altro intermediario... Me ne riferisco al mio giudice, cioè a Dio... Quanto a me, riguardo ai miei atti, io non mi sottometterò che alla chiesa del Cielo, cioè a Dio, alla Vergine Maria, ai santi e alle sante del paradiso ».
Ma « tutte le maraviglie della vita di Giovanna non basterebbero se l’eroicità delle sue virtù avesse mancato anche per un sol giorno». E allora, « Si elabora e si scrive la storia ad aedificandum, » esclama l'Hébert. C’est tou-jours de la pieuse mensonge », direbbe Albert Houtin.
G. P.
68
366
BILYCHNIS
UNO STUDIO... CLERICALE SU MARTINO LUTERO
Nel Corriere d'Italia del 22 marzo scorso fu pubblicata, sotto il titolo : « Un nuovo studio su Martino Lutero» una recensione dell’opera di tal dott. Ri vari su « La mente ed il carattere di Lutero». Il Rivari — a quanto si può capire dalla recensione che del suo studio pubblicò il più diffuso foglio clericale italico — si è proposto di dimostrare che Lutero fu un «soggetto psicologicamente anormale», un paranoico «egotista» e «logola-tra », ecc. Come si vede la tesi del dottor Rivari non ha il pregio dell’originalità perchè egli non fa che seguire le piste già battute da altri studiosi; la novità non sta che nella applicazione : egli applica a Lutero quelle stesse teorie del dottrinarismo psichiatrico — già completamente discreditato — che anche di recente sono state abbondantemente sciorinate in alcuni abortiti tentativi di ricostruzione psicologica delle persone di Gesù Cristo e dell’apostolo Paolo specialmente.
Forse non è ancora spento il ricordo della polemica sostenuta sulla Tribuna di Roma alcuni anni addietro dal prof. Barzellotti con Emil Rasmudsen, il quale definiva Gesù un « teomegalomane » e gli apostoli degli « allucinati ». Anche il lìinet-Sangli nel suo libro: « La folie de Jésus » aveva- sostenuto qualche cosa di simile, poco tempo prima.
Il Rivari dunque non è che un ritardatario rappresentante di quella categoria di studiosi che va oramai spegnendosi, la quale non può occuparsi di un uomo di genio o di un qualsiasi personaggio che abbia avuto una parte importante nella storia, senza ripetere che o lui, o suo padre, o suo nonno, o qualche altro lontanissimo suo ascendente debba essere stato necessariamente un epilettico, o un al-coolizzato, o un paranoico, o un pazzo. Questi sono i quattro quarti della nobiltà del genio per la suddetta categoria di studiosi che non sa riconoscere la grandezza di un uomo se non riesce ad affibbiargli uno almeno di codesti quarti, proprio come nei salotti aristocratici non si può affermare di appartenere a famiglia di nobiltà autentica se non si prova che un proprio antenato prese parte alle crociate !
Ma pure il giornale clericale — senza pensare che ad ogni modo adoperava un’arma a due tagli, poiché gli argomenti del Rivari sulla pretesa anormalità di Luerto si potrebbero usare ben più a ragione per dimostrare
la completa anormalità delle più notevoli fi gure delia Chiesa cattolica ed anche del cri" stianesimo primitivo -- il giornale clericale’ dicevo, si è impadronito con voluttà del vo" lume del dottor Rivari solo per assaporare la gioia di vedere in qualche modo rimpicciolita la gigantesca figura di Martino Lutero. Imprudenti! Non sanno i redattori del giornale clericale che la scienza moderna — per esplicita e costante dichiarazione delle autorità cattoliche — è figlia diabolica di quella libertà di pensiero rivendicata precisamente da Lutero? e come hanno avuto il coraggio inaudito di recensire un’opera che segue quella direttiva scientifica che non rispetta nessuno e che non si periterebbe un momento di sostenere, putacaso, che tutti i grandi santi della Chiesa cattolica sono stati, nella migliore ipotesi, dei poveri allucinati, anzi, per essere più tecnici, dei paranoici?
Prudenza ci vuole, signori clericali, altrimenti si va incontro a dei rischi per quanto insospettali altrettanto dolorosi!
Ed infatti c’è il rischio che deriva dalle analogie esistenti tra Lutero e S. Paolo, ed anche tra alcuni atteggiamenti di Lutero ed alcuni del Cristo stesso. Quando per esempio il Rivari dice e lo scrittore del Corriere d’Italia gongolante ripete: « Fu appunto tale egotismo (cioè orgoglio morboso) che fece credere al novatore (Lutero) che la lotta da lui iniziata contro la Chiesa ed il papato gli fosse affidata come una missione da Dio » noi non possiamo astenerci dal domandare ai reverendi scrittori del magno organo clericale : non vi sembra logico allora tacciare di ¿«egotismo» tutti i santi della vostra Chiesa — e qui si potrebbe produrre una pioggia di nomi — i quali credettero ed affermarono di essere ispirati da Dio ? non si potrebbe ancora estendere la medesima diagnosi irrispettosa anche agli Apostoli, la cui forza derivava dalla fede che essi avevano di essere strumenti di Dio, ed anche allo stesso Gesù Cristo che affermò: « Io ed il Padre siamo una stessa cosa »? (Giov. X, 30) non sarebbe lecito soprattuto credere che i papi proclamatisi infallibili e rappresentanti di Dio in terra siano affetti da « egotismo acuto»?
Ve lo dicevamo dianzi, o reverendi, che siete stati imprudenti ad ascoltare la voce dia-
69
TRA LIBRI E RIVISTE
367
bolica della scienza moderna! Voi fate la figura di quella infelice bertuccia che un giorno volle imitare il suo padrone, impenitente cacciatore, e avendo preso un fucile lo fece esplodere tenendo però l’arma alla rovescia : senza volerlo l’incauta scimmia si ferì miseramente !
Continuando il recensore del Rivari scrive : « Eppure quest’uomo (Lutero) che parrebbe a prima vista cosi soddisfatto, cosi sicuro di sè, ebbe in tutta la sua vita frequentissimi momenti in cui la sua psiche piombava in uno stato di depressione morbosa ». E lo scrittore tenderebbe a far credere che i momenti di tristezza avuti dal grande Riformatore fossero segni di dubbi e di rimorsi per la rivolta compiuta. Ma così facendo egli mostra di avere una assai superficiale conoscenza dell’anima religiosa, chè altrimenti avrebbe dovuto capire che é proprio di colui che vive intensamente la sua esperienza religiosa l’esser soggetto agli stati d’animo contradditori, per quella contraddizione che sorge dalle condizioni esterne della vita tanto lontane dalle sublimi aspirazioni dell’anima profondamente religiosa. Non ebbe anche Gesù Cristo le sue ore di angoscia tremenda nel giardino di Ghetsemani? Ma l’esperienza religiosa dell’apostolo Paolo segnata-mente illustra quella di Lutero. Anche san Paolo ebbe stati d’animo contraddittori sì che noi possiamo leggere nelle sue lettere da un lato espressioni trionfali come le seguenti: «non più io vivo, ma Cristo vive in me», (Galati II, 20) ed ancora: «noi viviamo nei cieli come nella nostra città » (Filip. Ili, 20), e dall’altro lato troviamo esclamazioni manifestanti scoramento : « il bene che io voglio io noi fo ; ma il male che io non voglio, quello fo» ed ancora: «misero me uomo, chi mi trarrà da questo corpo di morte?» fRom. VII, 19 e 24).
Gli scoramenti e le ore tristi del dottore di Vittemberga rivelano ad ogni critico equanime la potenza della sua fede, mai completamente paga dei frutti, sia pure ricchissimi e benefici, prodotti in lui e nel mondo. Questa è l’esperienza di tutte le anime più profondamente religiose a cominciare da Davide giù giù attraverso i secoli fino ai nostri giorni. E’ stolto quindi, nella più indulgente delle ipotesi, voler attribuire ad assurdi rimorsi o a dubbi da fe-minuccia le tristezze passeggere di Lutero che finivano sempre con l’essere fugate dalia possente e gioiosa sua fede.
Ma andiamo avanti. L’autore delle considerazioni psicologiche su Lutero ed il suo recensore, per dimostrare ineccepibilmente la « costituzione paranoica » del Riformatore, mettono con molta convinzione innanzi a noi
i segni più chiari di quella anormalità psichica : cioè la coprolalia e la logolatria! E chi potrebbe dubitare più della degenerazione di Lu-teroin nanzi a simili prove schiaccianti?! Soltanto — e ci perdonino i reverendi del Corriere d’Italia il nostro pervicace scetticismo — noi vorremmo domandare a lor signori : siete proprio sicuri che il clero cattolico contemporaneo di Lutero, a cominciare dai papi, cardinali e vescovi, non meritasse qualche cosa di peggio che la qualifica di « coprolali ? » Per esempio, se ripensiamo alla vita dell’alto e basso clero di quel tempo ed ai sollazzi cui si dedicava — tra i più ingenui possiamo ricordare le audizioni di quelle tali commedie oscene che formavano le delizie dei circoli vaticani — non ci è lecito credere che quel clero fosse affetto non solo di «coprolalia» ma addirittura di « coprolatria »?
Anche qui dunque per carità cristiana ci restringiamo a raccomandare la prudenza ai signori clericali chè, a volerci servire delle armi da loro usate contro Lutero, ci sarebbe da venire alla seguente sconfortante, ma fatale conclusione: il clero cattolico alto e basso contemporaneo, antecedente e susseguente alla Riforma fu composto nella sconfinata maggioranza di individui tutti più o meno... paranoici !
E l’altro sintomo di «costituzione paranoica » di Martino Lutero sarebbe dato dalla sua « logolatria » che lo indusse a rimettere in vita la dottrina eretica quanto si vuole, ma genuinamente cristiana, della giustificazione per fede. Ecco su quali parole vien basata la così detta logolatria di Lutero : « Io non posso tollerare regole intorno all’interpretazione della parola di Dio — esclamò un giorno il Riformatore — essa non deve esser legata, giacché insegna la libetrà di tutti!». Prova convincente, eh ? Ahimè, dobbiamo confessare umilmente di essere logolatri e paranoici anche noi perchè dividiamo completamente il modo di pensare di Lutero anche in questo campo !
Ed ancora come prova irrefragabile della suddetta anormalità di Lutero vengono citate queste altre sue parole : «Io pongo contro i detti dei padri, degli uomini, degli angeli, dei demoni non le antiche tradizioni, non una moltitudine di uomini, ma la parola della maestà eterna, l’Evangelo! ». Vi par poco?-Sventuratamente anche Gesù Cristo parlò in questo modo, quando rivolto agli scribi e farisei del suo. tempo, li rimproverò acerbamente : « Perchè voi trasgredite il comandamento di Dio, per la vostra tradizione ? » ed aggiunse : « Voi avete annullato il comandamento di Dio con la vostra tradizione» (Matt. XV, 3 e 6). Quindi
70
368
BILYCHNIS
Martino Lutero non fece che ripetere e commentare il pensiero di Gesù Cristo. Che i eie ricali ritengano per paranoico anche il Cristo ?
Ed infine l’ultima prova che il dottor Rivari fornisce al Corriere d’Italia circa alla anormalità psichica di Lutero è la seguente: Martin Lutero, nel 1511, durante il suo viaggio per andare a Roma, si ammalò presso Bologna e fu colpito dalle parole di S. Paolo: « il giusto vivrà per fede» nelle quali trovò conforto; più tardi, a Roma, mentre saliva inginocchioni la scala santa «parvegli di udire una voce torte come un tuono gridargli nel fondo del cuore come a Vittemberga ed a Bologna : « il giusto vivrà per la fede ». Lutero allora scattò in piedi, vergognandosi della sciocca superstizione a cui aveva per un momento ceduto salendo la scala santa. Orbene in quésto episodio nel quale ogni uomo sereno non vede che lo sdegno di un’anima sanamente religiosa di fronte ad ogni spettacolo di stolida superstizione, il dottor Rivari ed il suo recensore clericale — dotati di una profondità non comune; anzi comune soltanto a loro due — vedono invece uno dei sintomi più chiari delle « perturbazioni psichiche del novatore» le quali perturbazioni dovevano condurlo fino al punto disastroso... per il papismo, della proclamazione del principio cristiano — tanto ampiamente commentato dall’apostolo Paolo (un altro paranoico?) segnatamente nelle lettere ai Romani ed al Galati — della giustificazione per fede !
Il recensore termina riportando a mo’ di conclusione alcune peregrine considerazioni del Rivari : — è indubitato, egli dice, che ogni apprezzamento su Lutero sarebbe manchevole ed inesatto qualora non si tenesse alcun cal
colo «dell’origine paranoica di tante aberrazioni della facoltà ragionativa, né si apprezzasse in maniera adeguata il valore delle perturbazioni affettive e delle idee deliranti congiunte ad errori sensoriali» che formano tanta parte della vita e del carattere di Lutero. —
La redazione del Corriere d’Italia però fa seguire alle imprudenti argomentazioni del Ri-vari e dell’articolista — abbiamo veduto più sopra in che senso sono imprudenti — una noticina livida e tendente a parare la goffaggine dei prelodati scrittori : « ... l’anormalità morale «li Lutero non ne cancella punto l’immensa responsabilità. Egli, eretico e ribelle, resta il tipo miserando dell’apostata che, per mala superbia, calpesta i più sacri doveri e di • venta spergiuro ; rèo quindi innanzi a Dio ed agli uomini e come tale immeritevole di ogni attenuante». In altri termini l’untuosa redazione sconfessa completamente la tesi sostenuta dal Rivari e dal recensóre, avendo facilmente compreso il pericolo che, segnatamente per il cattolicismo, certe teorie più o meno scientifiche costituiscono
Ma se il Rivari ed il suo recensore clericale possono dirsi imprudenti, la redazione del Corriere d'Italia ci conduce colla mente alle accuse che altri sacerdoti rivolsero ad un altro «apostata», Gesù Cristo, che pure fu giudicato eretico e ribelle e « reo innanzi a Dio ed agli uomini e come tale immeritevole di ogni attenuante » (Marco XIV, 64).
Non farebbero meglio i clericali a non toccare certi argomenti? Ad essere prudenti ci avrebbero tutto da guadagnare.
Aristarco Fasulo.
COENOBIUM. — Si è pubblicato il fascicolo n. 65 (maggio), che contiene i seguenti articoli: UMANO, A new appeal: a positive Science of governement — ARRIGO CALABI, Le «.Letture Fogazzaro» a Milano — M. CHARVOZ, Les religione de l’Orient; Le Bou-dkisrne; Le Confucianisme — W. E. DARBY, Lord Avebury e la sua ultima opera « Pace e felicità — PIERRE COUISSIN, Les interprclalions naluralistes de l'esperience mystique — F. RIZZI, Anche Michelangelo? — PAGINE DA MEDITARE: Emile Durkeim, La concepitoti sociale de la religion — GUERRA ALLA GUERRA : Charles Richet, L’arbitrage obligatoire ; Emilio Pinchi, I malintesi del patriottismo — PER L’IDEALITÀ’ DELLA PACE — NOTE D’ARTE: Augusto Calabi, Considerazioni sulla massima esposizione d’arte italiana — NOTE D’ARTE DRAMMATICA: Cesare Lodovici, Il teatro del popolo — RASSEGNA BIBLIOGRAFICA. A. Crespi, Aschenbrödel, C. Lodovici — RIVISTA DELLE RIVISTE: Massoneria e socialismo; Un chiaroveggente; La conversione d’Orazio; Il VII Centenario di Ruggero Bacone; Per un rapporto nuovo fra le Chiese e lo Stato in Francia; Il pessimismo di Rochefoucault; La filosofia della danza; Su l’identità dell’io; Intorno a Cristo; Il soffrire di Dio; Meccanismo, intelligenza, vita; L’Ispirazione ; I futuri lavori di Bergson — TRIBUNA DEL «COENOBIUM». A. Crespi, Albert Torres. H. Camerlynck, ecc. — NOTE A FASCIO.
GIUSEPPE V. GERMANI, gerente responsabile.
Roma. Tipografia dell'Unione Editrice, via Federico Cesi, 45
71
LIBRERIA EDITRICE “ BILYCHNIS»
VIA CRESCENZIO, 2 - ROMA
I nostri lettori possono rivolgersi a noi.per l’acquisto di libri di qualunque edizione in Italia e all’ Estero. — Servizio sollecito. — Non diamo corso alle richieste se non sono accompagnate da relativo importo anticipato. — Per libri a prezzi ridotti rimandiamo i nostri lettori alle pagine verdi dèi fascicolo di Marzo.
BERGSON
LE ROY EDOUARD, Une philosophie nouvelle : Henri Bergson. 1913.3&ed. Vol. in-r6. L. 2.85.
Ottima guida come introduzione allo studio del pensiero del Bergson. Riconosciuto tale dal B. stesso.
OLGIATI, La Filosofia di Bergson. Fratelli Bocca Editori, 1914. L. 4.
MICHELE LOSACCO, Razionalismo e intuizionismo. Due Intuizionisti : Bergson e Schmitt (Estratto dalla Cultura Contemporanea). L. 1 per L. 0.60.
N. SÖDERBLOM
Le Religioni del Mondo. Trad.» introd. e appendice del Dott. Aschenbrödel. L. 1.25 per L. 1.
GIORGIO TYRRELL
Medioevalismo. Pag. 250. L. 2.50 per L. 1.50.
Da Dio o dagli uomini? L. 1 per L. 0.50.
Lettera confidenziale ad un Professore d’antropologia. L. 0.60 per L. 0.30.
I tre volumi complessivamente L. 2.10.
CRISTIANESIMO SOCIALE
W. RAUSCHENBUSCH, Prières du réveil social. L. 2.75.
Espériences sociales (Conférences). L. 3.80.
GESÙ
ALEX WESTPHAL, Jésus de Nazaret d’après les témoins dé sa vie. 2 grossi volumi. L. 14. .
OPERE DI A. HOUTIN A PREZZO RIDOTTO
La question biblique au XXe siècle. 1906. In-8, p. 337. Prezzo L. 4 per L. 2.50.
La Crise du Clergé. 1908. In-12, pag. 332. Prezzo L. 3.50 per L. 2.
Evêques et Diocèses. 1908-1909. In-12. 2 volumi. Complessivamente L. 3.25 per L. 2.10.
L’Américanisme. 1903. In-12, pag. 497. L. 3.50 per L. 2.
Un dernier Gallican. Henri Bcrnier, chanoine d’Angers (i795’18s9)- 1904. In-8, p. 482. L. 6 per L. 3.25.
Un Prêtre marié. Charles Perraud, chanoine honoraire d’Autun (1831-1892). 1908. In-12, pag. 135. L. 1.25.
Autour d’un Prêtre marié. Vol. in-12 di pag. XLiv-405. Prezzo L. 4 per L. 3.
Histoire du Modernisme catholique. 1913. Pag. 458. L. 5 per L. 3.25.
Ephémérides de la Papauté. L. per L. 2.25.
PREDICHE
CHARLES WAGNER, Le bon Samaritain (cinq sermons). In-12, adorno di 5 riproduzioni di quadri del Rembrandt. L. 3.
NUOVO TESTAMENTO
Prof. ENRICO BO.SIO, Le prime Epistole di S. Paolo. I e II ai Tessalonicesi ed Epistola ai Calati. Traduzione e Commento. Firenze, Libreria Claudiana, 1914. Volume in-8° di pagine 170. Prezzo L. 4, rilegato in tela e oro L. 5.
72
Il
BILYCHNIS. FASCICOLO DI MAGGIO 1914
CHIESA E STATO
A. GIOBBIO, Chiesa e Stato nei primi secoli del Cristianesimo. Milano, 1914- Prezzo L. 5.50.
A. C. JEMOLO, Stato e Chiesa negli scrittori italiani del Seicento e Settecento. Voi. ¡n-16, pag. 320. L. io.
RIFORMA
GIOVANNI JALLA, Storia della Riforma in Piemonte fino alla morte di Emanuele Filiberto (1517-1580). Firenze, Libr. Claudiana. 1914. Grosso volume di pag. 400, con 19 illustrazioni fuori testo. Prezzo L. 5.
PROFILI
BONTEMPELLI, S. Bernardino da Siena. L. 1.
ALESS. D’ANCONA, Jàcopone da Todi, il giullare di Dio del Secolo' XIII. L. 2.
A. OLIVET, L’Amiral Coligny. Pag. 190, con 11 illustrazioni. L. 2.75.
Biografia popolare d’una delle più nobili figure del Protestantesimo e della Storia di Francia.
DORA MELEGARI, Les victorieuses. (Ames et visages de Femmes: Ste Catherine de Sienne. — Christine de. Pisan. — Isabelle d’Este. — Françoise d’Aubigné. —- Marier Thérèse. — Juliette Récamier. — Florence Nightingale. .— Helen Keller). In-16 con S ritratti. L. 4.50.
MARC BOEGNER, La vie et la pensée de T. Fallût (La préparation 1844-1872). In-8, con 4 ritratti. L. 8.50.
STORIA DELLE RELIGIONI
JEVONS-PESTALOZZA, L’idea di Dio nelle religioni primitive. Milano, Hoepli, 1914. Voi. di pag. 178. Prezzo L. 2 (rilegato).
Sommario: Prefazioni dell’autore. - Avvertenza del traduttore. - Bibliografia. - I. Introduzione. - IL L’Idea di Dio nella Mitologia. - III. L’Idea di Dio nel Culto. -IV. L’Idea di Dio nella Preghiera. - V. L’Idea e l’Essere di Dio.
FILOSOFIA
G. PAPINI, Sul pragmatismo. L. 2.50.
M. DE UNAMUNO, Del sentimento tragico della Vita. L. 2.50.
G. FERRARI, La mente di G. D. Roma-gnosi. L. 2.50.
A. CARLINI, Avviamento allo studio della filosofia. L. 1.
PAOLO OR ANO, La rinascenza dell’anima. Bari, Casa Ed. «Humanitas», 1914- Volume di pag. 230. Prezzo L. 2,50.
1 primi quattro capitoli di questo libro (L’attimo risolutivo — L’illusione scientifica — Monismo e panteismo —- Dio nella Scienza) sono' ben noti ài lettori della nostra Rivista, ch’ebbe il piacere di pubblicarli parte nel 1912 e parte nello scorso anno. A quelli l’Orano ne ha aggiunti altri quattro che compaiono per la prima volta in questo Volume. Di essi diamo qui il sommario particolareggiato.
V. Dio nella coscienza. — Dio non è verità — è certezza. La. scienza non cóglie l’unità. Estraneità della scienza allo spirito. La scienza fa violenza alla certezza interiore. Il duplice in noi. La scienza, errore della filosofia. Dio, riprova dell’Io. L’assurdo del Dio razionale è più dimostrato. La certezza di Dio nè si genera nè si abbatte. « Mistico * e « religioso ». L'anima è mistica. Misticismo è equilibrio. Dio è il diverso. La tesi.del « misticismo-malattia » è una malattia. La scienza è una debolezza : ha bisogno di prove. Prove scientifiche vuote. L’insanabile incertezza scientifista. Il mistero non è misterioso. Lo spirituale non si rende esteriore. Dio non lo si attinge che avendone fede. La insufficienza della concezione temporale e spaziale. Sopratemporalità dell’anima. L’inconoscibile non esiste per l’anima. Dio è soggetto nell’anima. La certezza del divino è liberazione. Scienza, chiesa, anarchismi sono schiavitù e oscurantismi. Dio è la misura dell’io. La gioia nella certezza del divino.
VI. L'anima «pazza». — Gli psicopatologi si sono rivelati incapaci a calcolare il rapporto tra normale e anormale, tra pazzia e salute mentale o ragione. 11 vano tormento delia psicopatologia microscopistica. Con l’anima scompare il cervello. Il pazzo non soffre. 11 pazzo non è un ammalato. Il dolóre è coscienza. L’intermittenza psichica del pazzo esclude l’anima. Il piacere è «insufficiènza». Genio e follia sono contradittorii. Genio è ragione e coscienza. Nel genio l’anima domina la vita. Nella follìa la subisce. La stupida gioia del pazzo. L’anima non può essere pazza.
VII. /-« morie. — La potenza della mòrte. L’anima non nasce; non muore. La morte è obbiettiva al pensiero.: due destini. Non c’è anima pazza ; non c’è anima che muore. I confini della psicopatologia abbàttuti. L’ipnosi è la strada maestra dell’anima. Sé l’anima fosse mortale non intuirebbe la «durata». «Sentir
73
B1LYCHNIS. FASCICOLO DI MAGGIO 1914
IH
di morire», « non voler morire », «volontà di morire» : tre prove d’immortalità. Malattia e suicidio provano che la vita è un’acquisizione e un episodio. La volontà d'uccidersi segno d’assoluto. Socrate, Gesù, Bruno, suicidi. Il suicidio co.me esperimento. Dualità certa nell’amore. Amore e morte. La chiaro-veggenza nell’« imitazione di Cristo». L’intuizione leopardiana. I verbi che esprimono l’immortalità. L’anima ha subito l’idea di perituro, ma se ne emancipa. L’anima è idea e l’idea è eterna. Tutte le ragioni dell’anima sono contro la morte.
Vili. Anima e società. — La scienza espelle l’anima dalla società. Durante il regime cattolico. Quando sorse l’eresia. Tomaso d’Aquino e,il dualismo. Nel dualista l’esistenza del,« materiale • è certa. Nel materialismo cade il con trollo di questa certezza. Non c’è scienza senza dualismo. Il frasario libero-pensatore a riguardo dell’anima. Il microscopista si dà mani legate al filosofo critico. Storia dell’anima in società. « Summa theologica », « Fioretti » e « Divina commedia». L’apostolo della nonanima. L’anima nello stato contemporaneo. Fisica ed economia. Inferiorità dell'uomo nello stato contemporaneo'. L’errore laicista. Un dialogo tra io e scienza. Lo Stato è ostile all’anima, ma ha contro la filosofìa. Siamo alla vigilia d’una grande guerra. La pretesa dello Stato non trionferà. Lo Stato è rimasto indietro. La Scienza rimane un tentativo. L’anima s’imporrà allo Stato come s’è imposta alla Chiesa e alle dottrine.
CAMILLO TRIVERO, Nuova critica della Morale Kantiana in relazione colla teoria dei bisogni. Torino, Bocca, 1914. Pag. 308. Prezzò L. 8.
E. P. LAMANNA, La religione nella vita dello spirito, Firenze, La Cultura Filosofica Ed.. 1914- Voi, di pag. 500. L. 7.
G. RENSI, La Trascendenza. Studio sul problema morale. L. 5.
F. NIETZSCHE, Contro Wagner. Prezzo L. 1.50.
MORALE
Morale religieuse et Morale laïque. Leçons •faites:à l’Ecole des.Hautes Etudes sociales. In-8, p. 271, rilegato. L. 7.
UBERO PENSIERO
L. .DU G AS, Penseurs libres et Liberté de Pensée. L. 2.SÓ.
(E’ una rivendicazione dei diritti dell’individuo in tutti «gli ordini del sentimento e dei pensieri);
LE RAGIONI DEI NON CREDENTI
PIETRO SACCI«, Perchè abbandonai la Religione. II legame tra la Morale e la Felicità (spiegazioni filosofiche di un Dilet-. tante a’ suoi Figli). Pag. 344. L. 3.
E. BERNARD-LE ROY, Confession d’un in-croyant(Documentpsycologique). Pag. 100.
L- 1.40.
TEOSOFIA
C. W. LEADBEATER, Manuale di Teosofìa.
L. 2.
PEDAGOGIA
Dott. GIOVANNI FRANCESCHINI, Igiene sessuale, ad uso dei giovani e delle scuole. Milano, Hoepli, 1913. Voi. di pagine 192. Prezzo L. 2 (rilegato).
Sommario: I. La educazione sessuale. -IL La riproduzione della specie. Fisiologia ed igiene sessuale femminile. - III. La riproduzione della specie. Fisiologia ed igiene sessuale maschile. - IV. L’etica sessuale. - V. La patologia sessuale. - VI. Per sè e perla prole. -VII. Educazione sessuale ed ambiente. -Vili. La igiene dei sentimento.
A. HOFFMANN, II libro de le madri (Versione italiana di Maria Gandolfo). Padova, Società editrice «In cammino», 1913. Elegantissimo volume di pag. 180. Prezzo ;L. 3.
LETTERATURA
EDUARDO TAGLIALATELA, La poesia di Rabindranath Tagore. Roma, 1914. Pagine 74. L. 1.
Interessantissimo saggio sull’opera del poeta idealista indiano cui fu conferito l’anno scorso il premio Nobel per la letteratura.
EDUARDO TAGLIALATELA, Dante Gabriele Rossetti. Rosa Maria. - La Nave Bianca. - La tragedia del Re. - Dante a Verona. - (Studio e versione). Roma, 1914. Pag. 150. L. 2.50.
VARIA
Prof. E. REPOSSI, L’origine della terra. L. 1.50 (rilegato).
ARNALDO CERVESATO, Formazioni, Bari, Casa Ed. «Humanitas», 1914. Volume di pag. 260. Prezzo L. 3.
74
IV
B1LYCHNÍS. FASCICOLO DI MAGGIO 1914
KANSO OUTCHIMOURA
La crise d’âme d’un Japonais
COMMENT JE SUIS DEVENU CHRÉTIEN?
Pagine 220
L. 3 (Aggiungere per il porto 0.25).
Vedi recensione di questo interessantissimo libro In Biiychnis di febbraio 1914, pag. 153
SALVATORE MINOCCHI
IL PANTEON
ORIGINI DEL CRISTIANESIMO
Grosso volume di pag. 408 L. 6 franco di porto.
Indice: Parte prima: Il Tempio: I Profeti — La legge — La costituzione teocratica — — Misteri dell’oriente — Ellenismo — Giudaismo — La pienezza dei tempi.
Parte,seconda: Il Cristo: Dalla legge al Vangelo — Dal mito alla storia — L’ammonitore (Giovanni Battista) — Il Profeta — La fine.
LI VOCE
Collezione complèta;
Cinque annate a L. 5 l’una
(DI FIRENZE)
N.B. Ora solo la prima annata si vendo a L. 25
EDOARDO TAGLIALATELA
Il divino nell’educazione
SAGGI DI PEDAGOGIA
Pag. 127. L. 1.50
LA GUARDIA DEL CUORE ed altre omelie
del Doti. ALFREDO TAGLIALATELA
Bèl volume di 340 pagine contenente 50 omelie e abbozzi di conferenze su soggetti di attualità. Utile ai predicatori.
Prezzo L. 4
EDOARDO TAGLIALATELA
TOLSTOÏ | IH SAVIEZZA INFANTILE
Pag. 96. L. 1
L. SALVATORELLI
Introduzione bibliografica alla Scienza delle Religioni Roma, 1914. S° grande pag. 1S0.
L. 5
Indice: Opere generali — Storia della Scienza — Metodologia — Fenomenologia : Magia. Culto. Rappresentazioni religiose. Cultura e religione — Storia dell? religióne : Scuola filologica (Il naturalismo). Sistemi astrali. Sistemi Fallici. Maoismo. Scuola antropologica — Teismo preanimistico. Scuola sociologica.
PAUL VALLOTTON
LA GRANDE AURORE
Volume in-S® di pag. 459
L. 3.50 (Aggiungere per il porto 0.40).
Vedine recensione In Biiychnis di gennaio 1914 pag. 67
È uscito il III volume de
1 moderni
Medaglioni di PAOLO ORANO Volume di pag. ’350. L. 4 (aggiungere L. 0.25 pel porto).
Nel quale il nostro chiaro collaboratore tratteggia magistralmente le figure di Onorato di Mirabeau. — G. Fed. Herbart. — Antonio Rosmini. — Ruggero Bonghi. — Leone Gambetta. — Giovanni Bovio. — Andrea Costa. — Giuseppe Sergi. — Tullio Martello. —- Benedetto Croce. — Arturo Labriola., — Ewin Szabò.
Di ciascun autore è dato il ritratto in fototipia
H. LHOTZKY
L’ANIMA DEL FANCIULLO
Pag. 230 L. 3
Vedine alcune pagine nel fascicolo di febbraio 1914 di Biiychnis a pag. 137
75
BILYCHN1S. FASCICOLO DI MAGGIO 1914
V
Annunziamo con piacere la traduzione italiana della celebratissima opera:
ERWIN ROHDE
PSICHE
Culto delle anime 8 fede nell'immortalità presso i Greci PARTE PRIMA
Voi. di pag. 340. L. 5
ETUDES SUR MONTAIGNE
par M. DELL* ISOLA
Volume di pag. 150. L. 2.50
Due libri su OSTIA
l'antico porto di Roma, sul quale i recenti scavi hanno attratto l’attenzione universale.
i; Dante Vaglieri: OSTIA, cenni storici e guida. Voi. di 150 pag. con 5 tavole e 24 figure. . . . . . . . . . . L. 4
2. Lod. Paschetto : Ostia-colonia romana;
cenni storici e guida. Volumetto di 40 pag.
con 1 pianta generale e 48 incisioni.' L. 1
GIUSEPPE SAITTA
La personalità di Dio e la filosofia dell’ immanenza
Saggio storico filosofico
Pag- 50 grandi. L. 3
PAOLO ORANO
AbTOBIblEVl
Federico Svevo — Richelieu — Voci d’Abruzzo — Sicilia — II mistero sardo — La mente di Roma — Ad Metal la — II sermone della vallata.
Pag. 240. L. 3.50
È uscito:
IL VANGELO DI CAGLIOSTRO
IL GRAN corro
con un proemio di Pericle Maruzzi su la vita di Cagliostro e su i Liberi Muratori del secolo XVIII. Elegante volume fregiato del ritratto di Cagliostro. . . *. .. . . L. 3
GASTON RIOU
Rvx écoutes de la France qui vient
Sixième éd. Paris, 1913. Pag. 330.
L. 3.50 (aggiungere 0,20 per il porto).
Indice : I. L’ennui de Boudda. Deux voyages: Arles. Valenciennes. — II. Les arcs-boutants du sanctuaire. Quatre livres témoins: Un livre du comte Albert de Mun. Un livre d’André Mater. .Un livre de .Paul Sabatier. Un livre de Julien dé Narfon. Le bilan du modernisme. —III. Crise ou décadence. Orientation actuelle’ de la littérature française. Lettres aux «Jeunes de France».
ESPERIENCES SOCIALES
(CONFÉRENCES)
L. 3.50. (Aggiungere 0.30 per porto).
Tables des matières: Le christianisme et l’art, par André Michel — L’Évangile et la société antique aux premiers siècles, par Eug. de Paye — L’Evangile et la question sociale, par G. Chamorel — L’Evangile et les divisions de la chrétienté, par Marc Boegner — L’Evangile et l’immortalité, par E. Gonnelle — L’Evangile et l'Estrème-Orient, par 'Raoul Allier. — L’Evangile et le monde- païen, par G. Lauga — Un peuple sauvé par l’Evangile, par Jean Bianquis.
E. S. GREW
LO SVILUPPO DI UN PIANETA
Torino, 1914. Pag. 450. L. 6
Indice: La formazione di sistemi solari — L’origine dei satelliti — Sfere che si raffreddano — Analogie planetarie — L’interno della Terra — La forma .della Terra solida — L’azione vulcanica — L’atmosfera — Il mare antico — Gl’inizi della vita, ecc. — Età e clima — L’influenza della vita — Successione, geologica — Sviluppo organico — Il regno animale — La durata dell’uomo.
A. MANARESI
L’Impero Romano e il Cristianesimo
Bocca, 1913. Pag. 600; L. 12
76
VI
BILYCHNIS. FASCICOLO DI MAGGIO 1914
ARTURO PASCAL
La Società e la Chiesa in Piemonte nel Secolo XIII considerate in se stesse e nei rapporti colla Riforma Pinerolo,. 1912. Pag. 60.
L. 1
L. SALVATORELLI
Saggi di storia e politica religiosa
Città di Castello, 1914. 8° grande, pag. 290.
L. 4.50
Tndiie: 1?«Orpheus» dì S. Reinach — Religione, (civiltà cd arte.— Maometto e l’islam — Diritto -è morale delPIslam — La storia della Chiesa Ant. di M. Di^chesne — La cattolicità della Chiesa primitiva secondo Pierre Batiffol — Gli apologeti greci del 11 secolo — La politica religiósa degl'imperatori romani e la vittoria del cristianesimo sotto Costantino, >ecc. — Il presente e l’avvenire del modernismo in Italia — La Politica di Pio X — La personalità di Pio X — Filosofia e religione nell’Italia contemporanea.
WLLFRED MONOD 'DÉLIVRANCES (SERMONS)
L. 3.50' (Aggiungere 0.30 per porto)'.
Indice-. Autels — «Ecce homo!» —Xes pauvres — Suivre — <Le-monde — «O mes enfants»—iL’aiguille Jet' le chameau — La guerre -- «¡Beaucoup -des justes» — Servir — Soffrir pour 'la communauté — « Crois-tu aux prophètes? — Le Christ spirituel.
A. DI DOMENICA
for Christian Workers The Itali an Helper
Parte!. Conversazioni — Parte IL Grammatica. —“Appendice :Parteìiturgica — Rilegato pag. Ï40. L. 2.50. Brochure 1.76
11 -bel volumetto, è stato preparato, per aiutare ir «Ministihievangelici di lingua ¿inglese, che s’interessano degli emigranti italiani, a comprendere igl’itàliani itessie la loro, lingua.
BENITO MUSSOLINI
GIOVANNI MVSS
IL VERIDICO
Collezione storica dei n'iartiri del libero pensiero Rag. 120. L. 0.80 estero L. 1
. J FIORETTI del glorioso messere santo Francesco e de’ suoi frati
a cura di G. L. PASSERINI Seconda edizione riveduta. — G. C. Sansoni, ed., Firenze. Elegante edizione di pagine 200
L. 2
A. CAUSSE
Les prophètes d’Israël
ET LES RELIGIONS DE L ORIENT
'Essai sur les origines du monothéisme universaliste
i’ag. 330. L; 8.-50
Indice: Le iahvisme populaire — Les premiers prophètes.. La lutte contre le syncrétisme et la Civilisation — Amos, 'Osée(’Iahv, Dieu de Justice) — Esaïe, Michée-flahvèe, le saint d’israél) — Le iahvisme syncrétique et la réforme deutéronomique — Jérémie (L’individualisme religieux) — Ezéchiel (L’évolution du iahvisme ..pendant l’exil) — La prophétie deutéro-ésaïaque (ïahvé, le Dieu universel) — Le monothéisme des prophètes-et le monothéisme oriental.
GIOVANNI COSTA
L’IMPERATORE DALMATA
C. VALERIUS DIOCLETIANUS
■Roma, 1912. Pagine 250.
L. 5
Indice: I. L’.avviamento all’ Impero.
IL Guerre e .repressioni — IIL.I^ri forma costituzionale.e governativa— IV. La difesa dell’impero nelle province — La difesa dell’impero nell’esercito— VI. La restaurazione religiosa — VII. L’impronta dell'epoca — Vili. La.« quies.Augustorum» - IX. Lkiomo e:l’opera sua,.ecc. . . . fa
77
BILYCHNiS. FASCICOLO Di MAGGIO 1914
VH
PRIMO FASCICOLO D’ARTE DI “BILYCHNIS,,
DEDICATO AL NUOVO TEMPIO VALDESE DI ROMA
Un giudizio sul nostro FASCICOLO D’ARTE.
«Je suis certain que le prof. P. Paschetto compte en France des amis et des admirateurs. C’est non seulement à eux mais à tout le public religieux de langue française que'je recommande très chaleureusement le premier cahier d’art de Hilychnis. Ils y trouveront de nombreuses photographies, reproductions et dessins des décorations et des vitraux exécutés par Paolo Paschetto pour la nouvelle grande église vaudoise de Rome. Les décorations de l’abside, des nefs, des galeries sont d’une grande sobriété, d’une parfaite élégance, d'une rare distinction. Le seize vitraux surtout sont remarquables. M. Paschetto semble avoir suivi le conseil de M. Burnand: «S’inspirer des anciennes églises, appliquer à nos conditions actuelles toutes les formes, toutes les combinaisons et toutes les beautés que nous ont léguées les vieilles et poétiques choses d’autrefois ».
Ces « vieilles et poétiques choses d’autrefois » Paolo Paschetto a été les chercher plus loin encore que dans les vieilles églises : dans les catacombes de Rome et dans la Bible. Voici la liste des merveilleux vitraux reproII fascicolo costa L.
Rivolgersi al Prof. Lodovico
duits dans le cahier d’art: 1. Le buisson ardent: l’affirmation de Dieu. — 11. Le monogramme chrétien : l’affirmation du Verbe. — 111. La colombe: l’aspiration ife l’âme vers Dieu. — IV. Le lys: la promesse que l’âme verra Dieu. — V. L’Agneau : la réconciliation de l’âme humaine avec Diù. -r VL L’ancre: i’espérance est l'ancre de l’âme. — VIL La lampe : la foi. — VI IL La palme : la victoire de la foi. — IX. L’arche: le baptême.- — X. La coupe et le pain : la Sainle-Céne. — XI et XII. Le bon pasteur et le phare : Vie chrétienne', les fidèles marchent sans crainte dans les pâturages et dans la lumière. — XIII et XIV. La vigne et le chandelier : Vie chrétienne', les fidèles dqivent, en demeurant en Christ, marcher dans la perfection. — XV et XVI. L’AiGLfc et le paon: Là vie éternelle'. le .rajeunissement du chrétien se poursuit dans l’éternité. Chaque symbole est commenté par un passage biblique approprié.
Le cahier d’art imprimé sur papier de luxe, avec une belle couverture ornée du chandelier de l’Eglise vaudoise d’Italie, est tout à fait réussi ». - • r-. , .
(Dalla Rivista di Parigi:
Lt Ckriitianitmc tocial, Marzo 19:4, pag. ïio).
2 (Estero L. 2.50).
hetto. Via Crescenzio, 2 - Roma,
A ■ F- FORM1GG1N1
CLASSICI-DCLRIÙCRC-E
PROFILI.a--- ---Ei
POCÏÏ-iTAUANI-DCLXX’SCCOl? BlBUOTCCfl- DbVARlACOLÏVRrt BIBUOTCCADIFIIPSOFIA-CDI PCbACOCIA-S » nEB
CbîlŒC-lNCCNOVA
SI RMSfó bl-FII9SOFlA:ÓRGANO-B ÙCLLA-SOClêfô-FlLOSOFlCA- '
fîvH italiana • • -b?—■ ■■ --m
PVBBLICAZIONI-VARI€--E9
BOLLCTT1NOARICHICSTA
78
Vili
BILYCHNIS. FASCICOLO DI MAGGIO 1914
“BILYCHNIS” NEL 1914
I 12 fascicoli dell’intera annata comporranno due grossi volumi di oltre 400 pagine ciascuno, riccamente illustrati.
Abbonamento annuo per l’Italia L. 5 per l’estero L. 8 — Un fascicolo L. 1
L'abbonamento si può pagare anche a quote semestrali di L. 2.50 per l’Italia e L. 4 per l’estero
PREMI Al NOSTRI ABBONATI
1. La Direzione della « Biblioteca di Studi Religiosi » offrirà in dono interamente gratuito ai nostri abbonati libri di sua edizione, ora in preparazione.
Si» La stessa Direzione concederà agli abbonati fortissimi ribassi per le pubblicazioni eh’essa ha in deposito e di cui daremo la lista sulle pagine verdi di Bilychnis.
3. Stiamo organizzando una Biblioteca Circolante per lo studio della Religione (storia, critica, filosofia della religione). Agli abbonati di Bilychnis sarà concesso l’uso gratuito della Biblioteca, di cui pubblicheremo presto il regolamento.
Inviare cartoline vaglia a!
Prof. LODOVICO PACCHETTO
Via Crescenzio, 2 - ROMA
I NOSTRI LETTORI IN AMERICA
sono avvertiti che i seguenti nostri Agenti volontari'sono autorizzati a ricevere gli abbonamenti a Bilychnis
Rev. ANGELO Di DOMENICA
- • 301, George St. NEW HAVEN, Conn. U. S. A.
per gli Stati Uniti e il Canada.
Sig. JAIME C. QUARLES
Casilla de! Correo, 136
MONTEVIDEO, Uruguay
per l'Uruguay e la Repubblica Argentina.
LE DUE ANNATE di Bilychnis 1912 e 19I3, due bei volumi di 600 pagine ciascuno, riccamente illustrati, sono in vendita ai seguenti prezzi: l'annata I912 (rara) L. 6 in Italia e L. 8 all’estero ; l’annata I9l 3 L. 4 in Italia e L. 6 all'estero
80
Prezzo del fascicolo Lire .l —