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LA BÜOMA NOVELLA
GIORNALE RELIGIOSO
Torino, |)er un anno . . . L. tó »
M per sci mesi ...» 4 »
Per le iirovincie e l’estero franco sino
ai confluì, un anno . . L. 7 20
per sci mesi , » 5 20
La direzione della HUONA N0Vl';i,L.\ è
in Torino, casa Bellora, via del Valentino, d" 12, piano 3".
Le associazioni si ricevono da Cablotti
Bazzarim e Comp. Editori Librai In
Torino, via Nuova, casa Melano.
Gli Associati delle Provincie potranno provvedersi di un vaglia postale,
inviandolo franco alla dilla sopradetia.
Origini e dottrine della Chiesa Valdese (Articolo duodecimo). — Celio Secondo Curione
HI. — Aneddoto. — Notizie religiose: Francia — Inghilterra — Uussia — Siali
Unili — Cronachetta politica.
ORIGINI K DUTTR^E DELL^ CHIESA VALDESE
Articolo dnodecimo.
L'ii brano della Tiobla Lei$$on. — Carattere della
fede valdese nel secolo xii. — Scandali di Roma.
— Fine dolla guerra delle investiture. — €erarchia dei vescovi, incorporata alla papale. —
Sistema di curia ottimo, se civile, pessimo, sc
ecclesiastico. — Preponderanza di questo su
quello. — Guerre del sacerdozio e delPimpcro.
— Fazioni guelfe e ghibelline. — Scandali e
zuffe sanguinolenti. — Scomuniche d’eresiarcbi.
— La Chiesa Valdese. — Rimane immobile fra
le scosse, illibata nella corruzione. — Conserva
la vera fede in Italia.
201, Dopo aver detto die il Valdese ne’ suoi afTanni si conforta pensando che soffre per onor di Dio, il
poema così prosegue :
Car lo regnedelcel li sereapareiha
al partir d’aqiiest moni
Adonca aure grant gloria, si el lia
agu desonor:
Ma en czo es manifesta la maivesta
de lor
Que qui voi raaudir e mentir c
jurar,
E prestar a usura e aucir e avoutrar ,
E venjar se d’aquilhque li fan mal,
Uh diczon qu’el es prodome, e leal
home reconta;
Ma a la fin se garde qu’el ne sia
enganna;
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Cant lo mal lo costreng tanl (juc a
pena j)0 parlar
El demanda lo prever e se vol
confessar;
Ma segont l’Escriptura, el a trop
tarcza,la cal di:
« San e vio te confessa c non atenclrc a la fin »
Lo prever li demanda si el a negun
pecca;
Duy mot o trey respont e tost ha
despacha.
Ben li di lo prever que el non po
esser asot,
Si el non rent tot l’autrui e smenda
ii seo tort.
5Ia cant el au ayczo, el ha grant
pcnsament,
E pensa entre si que, si el rent entierament,
Que remanra a li seo eufant, e (jue
dire la gent;
E comanda a li seo enfant que
smendon li seo tort,
E fay pat au lo prever qu’il poisa
esscr asot:
Si el a cent lioras de l’atlruy o encara dui cent,
Lo prever lo quitta per cent sout
o encara per menz,
E li fay amonestancza e li promet
perdón;
Qu’el facza dire mesa per si e per
li sio payron,
E lor empromet pardon sia a just
o sia a fellon;
Adonca li pausa la man sobre la
testaj
Cant el li dona mais, li fai plus
grant festa,
E li fai entendamenl que el es mot
ben asot:
Ma mal sou smeiula aquilh de qui
el ha agu li tort.
Ma cl sere enganna cn aitai asolvament;
E aquel que ho fay eucreyre hi
pecca mortalment.
Ma yo aus o dire, car sc troba
en ver,
Que tuit li papa que foron de Silvestre entro en aquest,
E tuit li Cardinal e tuit li vcsque e
tuit li aba,
Tuit aquisti ensemp non han tan
de potestà
Que ilh poissan perdonar un sol
pecca mortai.
Solament Dio perdona , que autre
non ho po far.
Trailuziouc.
« Poiché il regno de’ cieli gli sta apparecchiato appena partito che sia da
questo mondo. Avrà dunque gloria
grande, se egli ha avuto biasimo. Ma
si vede bensì la malvagità di coloro
che l’uomo pronto a maledire, a mentire , a giurare, ad usureggiare , ad
uccidere e adulterare , lo chia'nano
generoso e leale. Ma badi quest’ uomo
di non ingannarsi alla flne, quando
il mal lo sovvcrchia sicché appena
può parlare, manda pel prele, e
si vuol confessare; ma secondo sta
scritto, sarà troppo tardi, perchè è
detto «confessati mentre sei sano e
vivo, e non aspettare alla fine». Allora il prete gli domanda se ha nissun peccato, ed el risponde due parole
0 tre, e tosto si è sbrigato. Gli dirà
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certamenleil prele che egli non può essere assoluto se prima non restituisce
il mal tolto , e non fa riparazion dei
(Ianni. A tale annunzio il peccatore si
fa cogitabondo, e dentro sè pen^a che
lasciare ai figli, e che dirà la gente se
egli restituisce ogni cosa. Poi fa venirsi davanti i figli, e lor comanda di
riparare i danni da lui cagionati; indi
patteggia col prete l’assoluzione ; se
ha cento lii-e, o ancor due cento di
roba d’altri, il prete l’assolve per
cento soldi o ancor meno, e gli fa una
ammonizione e gli promette perdono,
sempre che faccia dii' qualche messa
per sèo pei morti suoi. A questa condizione , 0 sia egli un giusto o un
fellone, sempre gli promette perdono.
Gli pone di conseguenza la mano in
sul capo, e più gli dona, e più con lui si
rallegra e gli fa intendere cheè molto
l>en perdonato. I danneggiali frattanto
non hanno un soldo, l'assolto resta ingannato, e chi l’inganna, mortalmente
pecca. Io oso dirlo, perchè questo è
vero, che tutti I Papi, da Silvestro in
qua, e i cardinali, i vescovi e gli
alKiti presi tulli (¡uanli insieme non
hanno potere che basti a perdonare
un sol peccato mortale. Iddio solo, e
non altri fuor di lui, può perdonare li
peccati.
202. Queste sante massime professava la cristianità del Piemonte
nel tempo che tutlo intorno a lei era
guerra e tumulto per le discordie che
ardevano tra l’imperatore Enrico V e
il Papa sulle investiture de’ vescovi.
Noi sfidiamo i teologi più sottili a
discoprirvi alcun che di difforme o
dissimile dagli insegnamenti della pa
rola di Dio consegnata nei libri evangelici dfll Nuovo Testamento.
203. Va bene che l’età corrotta e
tutta intesa a parteggiar quando per
l’imperatore e quando pel papa j)roverbiasse i buoni Piemontesi, cho
non mescolandosi affatto in queste
mondane querele, unicamente attendevano ad osservare la divina legge
evangelica; bene sta che li guardasse
con occhio di compassione, e per dileggio li chiamasse i semplici delle
valli subalpine, o i Valdesi. Anche
nel secolo sviii, quando lo spirito
Volterriano prevalse, era nella nostra
socielà deriso ogni atto di cristiiina
pietà: ma ciò non tolse che assai
anime assistite dalla grazia di Dio non
si tenessero salde nella vera fede di
Cristo , e non lo confessassero con
coraggio evangelico nel cospetto degli
stessi più befi'ai-di filosofi.
Similmente accadde nel secolo xii
nella nostra Italia. Quando tutti, a
proposito delle Investiture, parlavano
di usurpazioni e de’ diritti, e sosteneva ognuno coH’armi in pugno i vescovi da lui prediletti, e in un vero
campo di battaglia erasi cambiata la
Chiesa, i fedeli del Piemonte pen.savano al solo regno di Crislo, e da
buoni cristiani evitando i mali esempi
degl’ imperatori e de’ papi, mantennero fra gli scandali intatta la purità
della fede.
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204. Così piacendo a Dio erano però
di mal occhio sofferti dagh *üoniini,
die ove sieno viziosi, non mai sanno
perdonare ad altri la virtù. Ma essi
non si sgomentavano ; andavano anzi
iu più luoghi a due a due predicando
il Vangelo come veggiamo che facevano sulle prime gli Apostoli, e spesso
loro incontrò di patire tormenti e
morte per amore di Crislo. Un’ antica
cronaca inglese ricorda due Valdesi
italiani arrestati in Oxford, ove correndo per terra e per mare si erano
tragittati dall’ Alpi a solo scopo di
predicarvi il puro evangelo. Non piacque ai monaci allora onnipotenti nell’Isola, e i due evangelisti vi ebbero
a soffrire non poco.
205. L’anno 1118 cessò di vivere
f|ueH’uom debole ed imbecille (come
lo definisce il cardinale Baronio ) di
papa Pasquale II, e gli fu dato per
successore Gelasio II. Odioso ai Romaui die gli opposero l’antipapa Gregorio Vili, diede loro co’suoi una
battaglia che fu sanguinosa. Sconfino, fuggì precipitosamente in Francia imprecando a Roma, che in quella
occasione fu da lui chiamata una
nuova Babele, una seconda Sodoma,
una città di sangue (Pandulh. Pisan. Vit. Gelas. ii). Ivi indisse un
concilio a Reims per decidere la question delle investiture, ma fu sorpreso
da morie, e fece le sue vendette Cal
listo II che gli successe. L’anno 1119
presiedette questi il concilio, e circondato da lo arcivescovi e duecento vescovi condannò le investiture, condannò V usurpazione dei beni di chiesa,
condannò la simonia e il concubinato
dei preti. Gli Abati e i Vescovi stettero
in piedi con in mano le torce accese
per tutto il tempo che durò la lunga
lettura delle scomuniche lanciate contro i tanti scomunicali, alcuni de’quali
chiamati per nome. Stavano da capo
delia lista i nomi d’Em'ico V imperatore come nemico di Dio, e di Gregorio Vili come falso papa, e poi venivano i loro fautori e seguaci. Infine
furono sciolti dall'obbligo del giuramento i popoli soggetti all’eretico imperatore. Terminato il concilio volle
Callisto, protetto dall’ armi francesi,
tornare in Italia. Giunto in vicinanza
di Sutri, seppe che ivi erasi rifugiato
nel forte il suo rivale antipapa, lo
strinse d’assedio, e presolo prigione
lo caricò d’ingiurie e di catene, e seco
lo trasse in barbaro trionfo a Roma.
Perciocché lo fece coprire con pelle
di porco scorticato di fresco , e lo
mandò girare per tutta la città, e legato sopra un cavallo a rovescio, con
in mano la coda per briglia. Ne andava
in matto tripudio la plebe, ma la roligion profanata da così brutali vendette lagrimavano i buoni.
L’imperatore iulanto non più riu-
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irenJogli di contener 1’ Alemngna
Ci)ntro lui sollevata'daUe iterate scomuniche dell’arcivescovo di Magonza,
Legato del Papa, dovette arrendersi
ai voleri di Callisto. Dopo inteso il parere della dieta di Worms, obbligossi
di rinunziare, per amor della pace, a
una parte degli anticlii diritti che
erano sempre stati esercitati dai suoi
predecessori, e promise di non più
conferire, colla consegna del baston
pastorale e dell’anello, l’investitura ai
vescovi nuovamente eletti, ma lasciandone la libera elezione al clero e al
popolo, ordinò che simile investitura
canonica ricevessero dal Papa oda chi
per lui: solo a sè riservava il diritto
di metterli collo scettro in possesso
dei beni e delle giurisdizioni feudali
annesse al vescovado.
Una tale risoluzione dell’Imperatore accettolla solennemente il Papa
nel 1" concilio universale raccolto in
Laterano r anno 1122, e (¡uindi lo
a.ssolse da tutte le incorse censure
ecclesiastiche. Ebbe così fine una (¡uestione, 0 a dir più vero una guerra
fierissima di 50 anni, incominciata
col pontificato di Gregorio VII.
20o. È qui necessario di bene stabilire (juest’epoca perchè fluisce con
essa in tutte ^(juasi le chiese d’Occidente l’indipendenza de’vescovi, e
dilatandosi in ogni parte la supremazia papale, non rimane più mezzo alla
Chiesa Valdese di aver dalla sua nè
metropolitani nè vescovi siccome abbiam veduto che sempre ebbe fin
(jui, da s. Ambrogio a Claudio, e da
Claudio a Benzone. Perciocché le sue
dottrine erano professate in tutte le
sette provincie delle anticiie chiese
d’Italia, e Ravenna, e Aquileia, e Venezia, e Milano, e Verona, e Torino,
e Genova, e quante sono altre città
e terre Liguri, Lombarde e Subalpine
viv(^an tutte d’una medesima fede,
tutte egualmente ferme nel solo culto
evangelico, e tutte indipendenti dalla
Chiesa di Boma. Nella corruzion generale contrassero anch’esse qualche
macchia (141), ma sempre dentro sè
albergarono buon numero di fedeli che
alla corruzion s’opponevano (144), e
ne abbiamo osservato esempi ammirabili in molli piissimi e dotti Pastori,
fra i quali rifulge come un sole fra le
stelle (juel celebre Claudio arcivescovo
di Torino, che fu, a cosi dire, un prodigio di zelo, di virtù, di sapere nel
IX secolo (76-95).
Vinta che ebbero i Papi la lotta
delle investiture, anche le antiche
Chiese d’Italia caddero l’una dopo
l’altra sotto il giogo di Boma, e benché di tempo in tempo non sieno mai
mancate resistenze parziali d’alcuni
vescovi italiani ai voleri del Gerarca del vaticano , è forza confessare che sempre alia fine cedevano,
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e ili liilta Ualia la toocrazia papale
regnò.
207. Sola una congregazion di fedeli non si sottomise , e fu la chiesa
Valdese,unica di tulle leantiche chiese
Italiane,laquale seppe alloracolla sola
scorta della parola di Dio camminar
diritto in Piemonte nel cammin della
fede senza mai piegare il collo a Roma,
nè avere alla testa un vescovo che la
dirigesse. E dove piii scegliere un vescovo, se la vescovil gerarchia d’Occidente era già tutta assorbita e sommersa dalla invasione della gerarchia
papale.? Immutabili nell’ antica fede
ehe stata era ad essi insegnata infin
dai tempi apostolici, aveano i Valdesi
come tutte le altre chiese d’Oriente e
(l’Occidente vivuto sotto 1’ ordinamento gerarchico, finché questo si
tenne entro i limiti del pastoral ministero. Appena però si corruppe mescolandosi nelle faccende del secolo,
e presumendo onori e titoli e privilegi che scritti non erano nel vangelo,
si diede a servire le ambizioni di Roma per meglio contentare le proprie,
noi li veggiamo in questo xii secolo
far senza vescovi, e li udiam protestare nella Nobla Leisson che papi,
cardinali, vescovi, ed abati, e preti
ei-ano tutti usurpatori traviati dal
sentiere della verità, e conveniva non
lasciarsi ingannare alle loro seducenti
dottrine; poiché i nostri pcccnli ninn
di costoro li potrà mai perdonare, ma
li perdona unicaftiente Iddio.
208. In questa semplicità di fede
perseverando furono contenti di non
consigliarsi, per ciò che spetta la salute deiranima, che con la parola di
Dio, e pel ministero di chiesa tornarono alla primitiva elezion popolare
de’ proprii Pastori, che senza avere
né affettare alcuna superiorità mondana presiedevano le riunioni del tempio, meditavan con esse la divina parola, ne predicavano la verità, ne insegnavan la pratica, e da fratelli accorrevano ad ogni bisogno spii'itiial
de’ fratelli.
209. Mostraron essi In tal guisa
all’Italia come possa benissimo sussistere la chiesa ossia il regno di (irislo
in terra senza alcuno splendore di
fasto, c di titoli che innanzi a Dio non
sono che vanità. La religione di Cristo é una virtù che ci spinge a Dio,
ma vi ci spinge per movimeiili interiori ed invisibili della grazia: tutto
che nel-civile consorzio giova ed è
necessario al mantenimento dell’ordine e della tranquillità , non serve a
nulla pei bisogni dell’anima; se occorrono illustrazioni alla mente, o
ispirazioni al cuore, o risoluzioni di
spirito, 0 pentimenti sinceri, o preghiere umili e (ìduciali noi certo non
potremo queste cose ritrarre dagli
abiti sacerdotali sfarzosi, non dagli
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altari riccaiiientc adobbali, non dalla
magnificenza del riio, non dal corteo
de’ vescovi, non da veruna pompa di
cerimonia, ma solo noi le avremo
dalla divina bonlà del nostro Medialoro c Salvator Gesù Cristo.
210. 11 civile consorzio come cosa
tutta umana g terrena si deve anche
aiutare di tulli gli argomeuli umani e
terreni che valgono a rendere gli
uomini ubbidienti c rispettosi alle
leggi. Coloro pertanto che sono per
officio 0 per grado obbligati a vegliarne l’osservanza e l’applicazione, debbono rassegnarsi apoi turne,a così dir,
le diviso csleriori perchè tutti veggano
essere in essi conio personificata la
legge, e tutta in essi risiederne l’autorità e la forza. A queste condizioni si
comanda e si regna nel mondo. Ma
non così volle Crislo che mai comandassero,nè regnassero i suoiApostoli.
11 suo reguo, che non è mondano e
terreno,ma .spirituale e divino,si fonda
sopra l’umillà, e in esso quegli è maggiore che si fa ultimo e servitore agli
allri. Convinti i Valdesi di queste verità, delle quali son a cosi dir impregnale le antiche scritture e canzoni
di cui conservano tuttavia qualche
prezioso frammento oltre la Nobla
Leisson già più volte da noi citata,
non si curarono di episcopato e di
.vescovi, eppur si mantennero costantemente cristiani e perfellamente
evangelici.
211. Narrano le .storie papali che
sorsero eresie ed errori senza fine ad
oscurar nella chiesa di Uoma la parità della fede, e. ad ogni poco bisognava adunar concilii, e fulminare
condanne, e stender canoni. I Valdesi
del Piemonte col solo Vangelo di Crislo alla mano e col minislero de’ Pastori eletti e nominati da loro non ebbero mai a subire alcuna variaziono o
corrruttela di fede, e nel secolo xu
ancor professavano il simbolo dei primi tempi apostolici come lo professano anch’oggi.
212. Tolta che fu di mano ai capi
della monarchia Germanicii la eleziono
de’ vescovi, fu per qualche tempo ridata al clero e al popolo ; ma i papi
da prima raccomandando , poi pregando, appresso ammonendo giunsero a poco a poco a comandarla ed
imporre, finché ne divennero soli ed
a.ssoluli padroni. Ciò è facile a vedere
per chiunque esamini nella storia del
così detto dritto ecclesiastico le forinole usate da papi, nel raccomandare
qualche elezione di vescovo. Erano
da prima puramente commendatizie
e quasi supplichevoli, come a cagion
d'esempio: « Itoganies fraternitulem
tuam . roganles inteniius.....
rogare non dubitamus etc. » ; più
tardi si fecero più ardite, e dicevano:
« Preghiamo e comandiamo, roganles
et matidanfes.....rogando manda-
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mus.....morientes alque mandantes ». Infine le troviamo in forma imperatoria, precettiva, ordinativa e perentoria : « Per apostolica scripta
mandamus.....mandando prceci
pimus etc. ». Ciò avvenne naturalmente perchè in questo medesimo secolo XII sorsero a sollievo della umanità i curiali; ma furono la vera peste
della Chiesa, come quelli che foggiarono sugli usi forensi degli antichi
Romani l’esercizio di quella giurisdizione ecclesiastica, a cui fu dato sì
male a proposito il nome di dritto
canonico. Nella civile società una
magistratura indipendente e savia che
faccia ragione ad ognuno è tal benefizio che i secoli più lontani dovranno
riconoscere dal celebre giureconsulto
Jrnero che, ritrovate in questo secolo
istesso le pandette in Amalfi, andò a
fondare una cattedra di pubblico dritto
iu Bologna, e per tal modo insegnò
alle genti, che non i feudatari e i
nobili, ma uomini addottrinati e probi
meritavano soli di giudicare le cause
e gl’interessi e l’onore dei cittadini.
Così ebbe origine quella grande istituzione benefica dei moderni tempi,
la magistratura depositaria delle leggi,
non serva ai tiranni, amica agli oppressi , oracolo di verità, sacerdozio
di virtù, orgoglio e splendore delle
nazioni. Ma nacque a un parto con
lei il peggior dei sistemi, che mai si
potessero inventare dall’uomo e fu il
curialismo canonico, che facendo man
bassa del Vangelo di Cristo lo ridusse
alla condizione d’un codice puramente
umano, che parlava non più la parola
di Dio, ma dettava leggi di sangue, e
in luogo di evangelisti ed apostoli
mandava pel mondo inquisitori e spie
e cogli sgherri ecoll’armi aggreggiava
credenti.
215. E perciocché lo spirito è superiore al corpo, i curiali della chiesa
di Roma pretesero ben presto che la
magistratura civile fosse soggetta all’ecclesiastica, e la incatenarono per
modo che dovette lottar per secoli
prima di giungere alla indipendenza
cui finalmente or gode.
214. Dalla applicazione di così
strambe idee curialesche ad ogni costo
voluta da Alessandro Ili, da Innocenzo III e da Bonifacio Vili si originarono le interminabili guerre del
sacerdozio e dell’impero, e le fazioni
implacabili de’ Ghibellini e de’ Guelfi,
e le frequenti gare di papi ed antipapi,
che si scomunicavano a vicenda, e si
guerreggiavano a morte, e le prolungate scisme che tennero per anni ed
anni divisa la cristianità d’Occidente.
In tanta agitazione di avvenimenti
e di passioni stava inconcussa uella
sua fede la chiesa Valdese; e mentre
si affannavano i curiali regnanti in
Vaticano a lanciar fulmini a destra e
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n sinislra contro veri o supposti eretici (e divenne a quei giorni eretico
ogni cristiano die non accettava per
divini oracoli i giudizi e i voleri del
papa), i fedeli delle antiche chiese
(l’Italia raccolti in Piemonte, placidamente attendevano a servire Iddio in
ispirito e verità.
215. Nelle altre parti d’Italia pare
che scendessero a quistioni e dispute
sempiterne col capo della chiesa di
Roma, il quale ne coglieva occasione
e pretesto di adunare concilii, e pronunciare condanne. Ciò mirabilmente
ijcrviva a persuadere ai semplici che
1») 7Ailo della causa di Dio veramente
divorava i pontefici, e lo Spirito Santo
in modo particolare assistevali a discoprire e combattere i novelli eresiarchi.
216. Non volendo a Milano i preti
abbandonare le mogli, furono dagli
aderenti di lloma costretti a ritirarsi
per vergogna a celebrare la messa in
certo luogo appartato che Patarea o
Palaria si disse, non sappiamo bene
se dai preti padri di famiglia che là
convenivano, o da qualsiasi altra cagione. Il fatto è che birrichini e fanciulli chiamavano a cagion d’ingiuria •
col nome di Patavini que’preti, e così
li chiamarono usando lo stesso vocabolo d’insulto i concili di Niccolò II,
d’ Alessandro li, e III, e d’Innocenzo III (V. il Sigon).
217. S. Pier Damiani attesta che
i subalpini dell’arcivescovado di Torino insegnavano le stesse opinioni
e dottrine dei Patarini, e forse da
ciò dedussero alcuni che Patarini- e
Valdesi fossero tutt’uno. Certo ndl’opporsi agli insegnamenti di Roma
sul matrimonio dei preti eran concordi; se fossero anche in altri punti, noi
non osiani all'ermare, nè negare : perchè le cronache di que’ tempi nel fare
la descrizione dei così detti eretici
dannati dai papi son tanto difformi e
strane, che bisogna andar cauti assai
nel prestar loro la menoma credenza.
Lo stesso Cardinal Baronio, e il p.
Gesuita Labbè non sapendo il più delle
volte precisarne le opinioni e le dottrine, ricorrono agli anticlii Manichei
0 ad altre sette della chiesa d’Oriente,
per pur imprestare qualche sistema
teologico ai tanti nuovi eretici con
facilità curialesca inventati. Cosi fanno parlando dei Bogomili, Pietrobrusiani, Berenrjariani, Abailardisti,
Arnaldisti, Gilbertini., Patarini, Cattavi., Apostolici, Sabotati o Insabatati
ecc. sopra il cui capo si rovesciarono
senza pietà maledizioni e scomuniche.
218. Pare che in tutte parti le
curialesche pretensioni de’ papi fossero con ostinazione contrastate da
qualche eletta di Cristiani tenaci della
religion del Vangelo e niente devoti alle
false decretali e.«altate invano dagli
10
uomini di curia. E se iieirallo medesimo che il conciho di tutti papisti
adunali in Vercelli condannava nel
I
1059 Berengario e Giovanni Solo perdei ostili alla transustanziazione eucaristica,il clero di Milano e 1 subalpini
deirarcivescevado di Torino ebbero
fuor (li sottrarsi non alla dipendenza
che non avevano mai'suhita,ma perfin
alla semplice fraterna comunione di
Roma,considerandolacome una chiesa
deviata dal retto sentiero della fede;
è da avvertire che nell’anno 1140 il
prevosto di Steinfleld nel vescovado
di Colonia scriveva a san Bernardo:
St son qui presso ultimamente scoperti fra noi non pochi eretici. Per
slmile il mona(;o Giraldo Cambrense
in un suo trattato manoscritto col titolo ùiGemma ecc¿esías¿¿ca,asserisce
Gii eretici Paterini e Gazz-eri o Cathari som oltremodo moltiplicati sulle
frontiere di Fiandra. Laonde volendo
noi esser logici, dobbiamo per necessità conchiudere che moltissimi crisliani d’ogni paese e d’ ogni ordine
ostarono sempre intrepidi e protestando alla supremazia papale anche nei
tempi che più pareano essere a lei
favorevoli. Cercava essa, è per vero,
renderli odiosi di metterli iu fascio con
sette in altre età proscritte, e di chiamarli cou mille nomi d’ obbrobrio,
ma non volendo, veniva essa stessa
manifeslaudo la gran ((uantità di ne
mici che si creava colle sue tanle innovazioni e pretese.
219. Fra questi vanno segnalati i
fedeli della chiesa Valdese che pure
vivessero bensì separati dal vescovo
di Roma, ma non lo combattesser di
fronte, nè parteggiassero per alcima
delle tanle fazioni politiche ed ecclesiastiche le quali si dividevano il
mondo. I Valdesi del Piemonte non
s’immischiarono allatto iu que’ scandali; e giova osservare che nei tanti e
così frequenti concilii de’ secoli xi, e
XII,ove si condannavano del continuo
nuovi eresiarchi e nuove eresie, non
vengono mai nominati i Valdesi ; e
quaiido la prima volta il lor nenie
appai’isce fra gli scomunicati nei secolo XIII, è assai oscuro a decidere se
mai si parli dei Valdesi subalpini.
Esamineremo un tal punto nel prossimo articolo.
Quanto a noi, pensiamo che i Vaidesi del Piemonte non essendo mai
sotto la dipendenza della Chiesa di
Roma, nemmeno poteano mai esserne
espuls'i fuori. Essi non sono, come
abbiamo fin da principio accennato,
e il ragionato fln qui lo dimostra, che
gli antichi fedeli delle primitive chiese
d’Italia, i quah vissero in comunione
con Roma finché Roma non anibK
dominazione e possanza. Appena il
vescovo della capitale dell’impero si
lasciò prendere alla passion di pri-
11
meggiarc, essi tennero per sospetta
i!(l erronea o corrotta la fede di lui,
e ne vissero separati coi rispettivi lor
vescovi, finché ebbero vescovi come
fu Claudio, non accessibili a veruna
seduzione mondana ; e quando lor
mancarono i vescovi, sopraffatti e ingoiali dalla i-.urialesca invasione papale , seppero anche senza vescovi
viver cristiani, tornando all’apostolica
semplicità primitiva. Allora ogni criiitiano assennalo e prudente che presiedeva alla riunion de’ fedeli, eletto
a tale ulTicio dalla volontà degli stessi
fedeli, era dai Greci detto vescovo,
ossia ispettore di quella tal riunione
0 chiesa ; e dagli Ebrei prete o anziano, ed oggi è comunemente chiamato con denominazione che abbiam
nel Vangelo, paslore.
Contenti i Vaiilesi d’una organizzazion così semplice della lor chiesa,
hanno badato, e sono la Diomercè
riusciti, a conservare in Italia, nella
maggior corruzione de’ tempi, la purità della fede evangelica.
CELIO SECONDO CUBIONE.
III.
Celio sopra tutti era ricercato, ed
egli si rifugiava a Lucca, ove dirigeva
la Chiesa italiana fondala da Pietro
Martire, ed a lui succedeva nella cura
di quel gregge. Era altresì impiegato
nella università, e manteneva corris])ondenza, ed incoraggiava gl’italiani
die per amor 'del Vangelo eran perseguitati. Il papa sdegnato scriveva
al magistrato Lucchese, rimproverandolo acremente di dar ricetto e protezione ad un eretico siòcome Celio,
ed ordinava lo mandassero in Uoma
ben custodito. Il magistrato di Lucca
era laico, era governo a repubblica, e
non voleva tradire l’ospitalità accordata; ma non voleva nello stesso
tempo avere una querela col papa ;
])er la qual cosa amichevolmente e
come in privato consiglio Celio a non
volerlo compromettere. Tanto bastò a
Celio per ritirarsi immediatamente a
Ferrara, lasciando a Lucca la propria
famiglia. Là, Renata di Francia, la
grande protettrice del Vangelo in Italia, lo avvertì che non sarebbe stalo
abbastanza sicuro: onde avendolo fornito di eccellenti commendatizie per
per le autorità di Zurigo e di Berna,
lo accomiatò, e Celio abbandonò fmalmente la patria, e cercò un asilo in
Isvizzera.
Quella terra eminentemente ospitalo
accolse, il refugíalo evangelico, i 1 quale
fissò la sua dimora in Losanna. Allora non obbliando i doveri di padre
e di marito tornò con tutta la possibile cautela in Italia, onde menar seco
la famiglia. Per quante cautele però
egli adoperasse onde non essere ve-
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(luto DR roDOsciiito, non potè sfuggire
inosservato agli occhi di lince dei
famigli della inquisizio'ne. Stavasene
egli attendendo la famiglia in Pesica,
villaggio nei contorni di Lucca; ora,
mentre un gioruo egli era nell'albergo,
solo, in sua camera a desinare, sente
iiprir bruscamente la porta, e vedesi
comparire d’innanzi il bargello , il
il (piale a nome di Sua Santità il papa
gl’ intima la prigionia. Celio sorpreso
levò gli occhi al cielo per domandare
soccorso al padre delle misericordie
che mai non abbandona chi confida
in lui; e immediatamente, senza far
mollo, levossi dal desco per andare
alla prigione: ma senza pure avvedersene andava incontro al bargello
con in mano il trinciante. Il capo
degli sgherri al vedere Celio che era
di figura atletica, il quale si approssimava a lui col trinciante alla mano,
fu preso da timor panico, e ritirossi
in un angolo della camera; allora
Celio conoscendo il .soccorso di Dio
che venivagh opportuno, usando di
sua grande presenza di spirito usci
franco, e passando in mezzo ai birri
armati che senza conoscerlo lo attendevano nella vicina camera, scese in
fretta alla scuderia, spiccò un salto
sul suo cavallo, e compiè la fuga. Ciò
accadeva nel 1543.
11 senato di Berna conoscendo i
rari meriti dell’illustre rifugiato, lo
poneva alla direzione del collegio di
Losanna, impiego ch’egli occupò fmo
al 1547 : allora fu chiamato a Basilea
per occupare la cattedra di romana
eloquenza in quella Università. Allora
fu che Celio salì al pii!i alto grado
di rinomanza: l’università di Basilea,
onde onorare il merito singolare di
cosi grande uomo, volle onorarlo con
conferirgli il grado di dottore. Celio
formava allora l’ammirazione di tutti;
ognuno si affrettava di conoscere
l’uomo scampato per ben tre volte
dalle zanne del leone; l’uomo che
aveva sacrificato alle sue convinzioni
religiose una numerosa parentela, gli
agi, gli onori, e soprattutto la patria,
ed aveva per tanti anni menata vita
tapina ; l’uomo che divenuto tutt’altro
da quello che era Mr la benefica influenza del Vangelo , era non solamente l’uomo irreprensibile in tutta
la sua condotta, ma era altresì l’uomo
veracemente e profondamente religioso.
Le occupazioni della università non
impedirono a Celio di occupare molto
del suo tempo nella evangelizzazione.
L’evangelizzare, in particolar modo i
compatrioti, è un bisogno insormontabile per un Italiano veramente convertito al Vangelo. Celio , lungi da
Itaha, scriveva dei trattati religiosi in
italiano per istruire i suoi compatrioti.
A Basilea cercava i mercanti italiani
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che colà andavano a commerciare,
cercava gl’ Italiani stabiliti in quella
grande città, e raunatili attorno di sè
formava una Chiesa italiana sulle basi
del Vangelo, che non avesse altra regola che il Vangelo, altra dottrina che
il Vangelo, ed egli presiedeva a codesta Chiesa, egli la animava col suo
esempio e col suo zelo.
Intanto la fama del professore italiano di Basilea si sparse dappertutto;
sembra che Dio infondesse la eloquenza sulle sue labbra acciò Celio
fosse da tutti ammirato, e gli fosse
reso quell’onore che i suoi nemici
cercavano togliergli. Da tutte le parti
d’ Europa accorreveuo i sapienti a
tìasilca per assistere alle lezioni di
Celio, ed i Sovrani facevano a gara
per ottenerlo. L’imperatore Massimiliano gli offrì uoa cattedra nella università di Viennail Vaivode o re di
Transilvania gli olTrì quella di Weissemburg; il duca di Savoia gliene
olfrì uua a Torino con tutte le possibili sicurezze per la sua persona; ma
l’umile servo di Gesù Cristo ricusò
tutti quesli vantaggi, e preferì di restare a Uasilea ove poteva liberamente
annunziare il Vangelo ai suoi compatrioti, e dirigere la piccola Chiesa
italiana ch’egli aveva fondata. Il papa
¡stesso volle provarsi a chiamarlo in
Roma, e per mezzo del vescovo di
raciua gli fe’ ollrirc sicurezza, sti
pendio, e collocamento per le sue figlie alla sola condizione di astenersi
dall’ insegnamento religioso.
Così passarono le cose fino all’anno
1569, allorché piacque a Dio di ritirarlo dal mondo. Ei morì nella pace
dei giusti; circondato dalla sua famiglia e dagl’ Italiani dimoranti in Rasilea^che lo riconoscevano come il
loro padre spirituale.
Chi fosse vago di conoscere quanto
egli valesse nelle lettere non ha che
a consultare Tirabosciii e Giugueiié,
i quali non sono sicuramente sospetti
di parzialità a favore di un uomo
dichiarato eretico ed aiioslata. Egli
scrisse parecchie opere religiose che
sono divenute rarissime; egli diresse
tutte le opere ciie uscivano ai suoi
giorni dalla penna dei riformatori it;iliani; e la maggior parte delle narrazioni sopra i martiri italiani furono
opera di lui. La di lui discendenza è
restata in benedizione: Buxtorf, Grlneo, Frejo, Werrenfcld e tanti altri
sapienti protestanti erano nepoti del
refugiato italiano.
>«.IVEDDOTO.
Un vecchio di ottant’anni era stato, per
una sua infermitò, consigliato dal dottore
ad usare liquori forti. Sorgevano a riiiei
tempi le Socielà (li Tcnjperanzu. Vcmitogll in ruuiio un prograniina della bonefic
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nascente istituzione, ci lesse con maraviglia l’ai ticolo che dai membri suoi richiedeva la più stretta astinenza, e di subito esclamò: Ecco la salvezza della patria:
io sarò socio. — No, gli disse un amico,
voi non vi dovete firmare, giaccbft alla
vostra salute è indispensabile l’acquavila.
— Sì ella mi giova assai, l’lio più volte
sperimentalo; ma se non facciamo nulla,
si rovinerà il paese;'e io nou cospirerò
mai in così enorme misfatto ; sarò tiiembi'o della società. — Ma voi morrete, gli
disse un altro. — Or bene, riprese l’animoso vecchio, per la patria io muoio volentieri ; e firmò: lasciò l’acquavita ed in
breve riacijuistò la sospirata salute.
Così succedesse fra noi nobil gara in
prò’ della patria, e valesse la sapienza
cilladitia a togliere, fra altro, il riucrescevole sjiettacolo dei botteghini del lotto,
trista scuola per uu popolo libero.
AOTIZIS
Fbancia.—La morte ha lestè ripresoli
Sig. Morache alla greggia di Tours, di cui
era pastore da riuattordici anni. Nato cattolico romano, egli cercò accuratanicnte
la verilà, ed avendola rinvenuta nella parola di Dio, diventò, membro della Chiesa
Evangelica. Pòchi giorni prima di morire
egli dicea a due dei suoi amici ; « Io sento
« i sistemi umani che scrollano, ma Gesù
« Cristo rimane. Fra poco io sarò nel co« spetto di Dio ; ma appoggiato su Gesù
« Cristo, io schiuderò le porte del cielo,
« C Dio mi riceverà per sua grazia ».
(Lo Témoin)
— È stata ultimamente fondala in Pa
rigi una Società della Storia del l’rotestantismo francese, allo scopo di ricercare
e pubblicare tutti i documenti finora inediti 0 diventati rari, che si riferiscono alla
storia delle chiese evangeliche di lingua
francese.
— Le predicazioni del pastore evangelico Puaux a Rochefort, seguitano ad
essere frequentatissime. 11 giorno di l’asqua ireniaiiue callolici romani di quella
città abbandonarono la loro Chiesa per
diventar membri della Chiesa Evangelica.
Inguilterra.—Il numero dei bamliini
che in Inghilterra frequentano le Scuole
della Domenica ( ove imparan a mente e
si s])iega loro l’EvangcIoj, può calcolarsi
di due milioni-, il numero delle scuole di
venti mila; e quello dei maestri e delle
maestre che le dkigoDO, di dugento mila.
Russia. — Scrivono ad un giornale legittimista di Francia che, non ostante le
dimostrazioni amichevoli, cbe si vanno
scambiando a vicenda le corti di Pietroburgo e di Roma, sia prossimo l’ineorporameiito della Chiesa Greca.di rito cattolico nella ortodossa dell’impero. Due milioni di cattolici furono incorporati nel
1M2: pare che in dieci anni la propaganda
russa abbia compilo il lavoro per non aver
più nell’hiipero che una sola Chiesa Greca
ortodossa, che è la dominante.
Stati-Uniti c’Amebica. — Socielà dei
trattati religiosi. — Fra le innumerevoli
società per la propagazione dell’Evangelo,
che esistouoneH’America del Nord, occupa
un rango eminente quella dei trattati religiosi, fondata allo scopo di provvedere
alla stampa ed alla diffusione di libri e
opuscoli religiosi in tulle le lingue parlate
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SII quel vaslo Icri ilorio. l/enlrala |ier l’anno scorso è siala di 310,000 dollari, ossia
un miUone e mezM'di franchi, e la spesa
(|uasi equivalerne all’entrata. Il numero
ilei vari libri pubblicati fiuo a quest’ oggi
è di 327; quello dei traliali di 12C1, in
inglese, in tedesco, in francese; in spagnolo, in portoghese, in italiano, iu gaelico, in danese, in svedese, in olandese.
Essa ha inoltre, per mezzo di somministrazioni in denaro, concorso alla pubblicazione di 2394 scritti religiosi in IU
lingue diverse, fatta o da consimili socielà in Europa, 0 dai missionari in regioni pagane. Nel decorso dell’ ultimo
anno la socielà ha messo in circolazione
88f),000 copie di vari libri, e circa otto
miiioni di trattali, li solo Calendario
Cristiano pel ■ISEil è stato pubblicato in
inglese a 510,000 copie. L’edizione inglese del Messaggiero americano, giornale
delia .società, è stata stampata a 180,000
copie, e l’edizione tedesca a 10,000. Il
numero dei coli>urtori impiegali nel corso deli’anno è stato di 434, olire 153
sludenli di 40 diversi collegi, che hanno
consecrato le loro vacanze a queU’opera
ccocllente. - Il lavoro di tutti quei colportori, per quanto possa esattamente
valutarsi, dà i seguenti risultati: 500,000
famiglie .sono state visitate; la metà almeno di ipieste esortate ed evangelizzate,
e fia esse 54,000 famiglie caltolico-romane; 452,000 libri religiosi (non compresi i trattali) sono stati venduti; 128,000
regalati. Si sono parimente vendute 14,000
copio delle Sante Scritture, e presiedute
l.},000 raunanze di preghiera e di edificazione.
Un carattere interessantissimo di ipiesta
società, e che dimostra come solto deno
minazioni diverse le varie chiese veramente evangeliche non formino che una
sola chiesa, si è questo: che la direzione
di tale società, dietro espressa disposizione dei suoi regolamenti, è affidata ad
un consiglio, ove hanno rappresentanti
quattordici diverse denominazioni religiose e che solanionle quei libri o traitali
si pubblicano, che vengono aU’unoiumt/à
da questo consiglio acccllali!
CRONACHETTA POLITICA.
PitmoNTE, Pare cosa sicura che il progetto di legge sul matrimmio civile, non
pili tardi della settimana veniura, sarà
sottoposto alle deliberazioni della Camera.
Tosc.tNA. Lettere di Firenze in data del
30 e 31 maggio riferiscono essersi fatti
nelle notti del 27 e del 28 parecchi arresti
in questa città, ed essere stalo condannalo il marchese Bartolommei a fi mesi
di dimora coatta a Piombino.
Francia.— Il governo ha indirizzato
a vari gabinetti in Germania una nota,
in cui richiede informazioni sul numero
e sul destino ulteriore di lutti i Francesi Protestanti, che si rifugiarono colà,
quando l’iniqua revoca dell’cdilto di
Nantes al decrepito Luigi xiv strappala
dal confessor gesuita, li costrinse ad
espalriare.
— Il generale Leflò ha scritto anche
egli dall’ Inghilterra che ricusa di prestar giuramento.
— Molti membri de’Consigli generali
e comunali cnniinuano a dare lo lor dimissioni, anziché il giurammio di fedeltà al Presidenle e alla Coslituzione.
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Il governo incomincia a turbarsene, ed
i Bonapartisti ne traggono motivo a conchiudere essere omai l'impero un’assoluta
necessità.
— Il Moniteur attesta oirieialmente die
il governo francese non si è per nulla
immischiato nel consigliare la Spagna a
restringere le sue libertà costiluzionali.
— Il cardinale Gousset arcivescovo di
Reims e più altri vescovi hanno presenIfilo al ministero un indirizzo dove dichiarano che II progetto di legge sul
pubblico insegnamento può compromettere la buona intelligenza che ha regnato fin qui tra la Chiesa e lo Stato.
— Una lettera del Sig. Duca La FerroDais avvisa per parte del Conte di Chambord i Legittimisti a non vincolarsi afTatto
col governo attuale di Francia.
Svìzzera. — Il partito .Sonderbundista
e gesuitico si agita e cospira. Un congresso diplomatico tenuto a Londra su
gli affari delia Confederazione Elvetica
pare abbia definitivamente allontanato il
pericolo d’una occupazione militare minacciala dall’Austria e dalla Francia.
— Una corrispondenza del Canlon Ticino riferisce ehe il sig. Colonnello Luvini membro del Consiglio Nazionale ed
il sig. Frasca membro del gran Consiglio erano diffamati tra il popolo delle
campagne per due falsi monetari. Essendosi posti all’ impresa di scoprire l’origine di questa diffamazione, hanno trovato che , quanto al primo, proveniva
da un curato del distretto di MendrisiO;
che, citato davanti ai giudici, in pub
blica udienza confessò ii suo delitto
esclamando — Mea culpa, inea culpa
mea maxima culpa — -, quanto al se
condo proveniva da un frate df Lugano, il cui superiore ha pregato il sig.
Frasca di non citare davanti al tribunale il calunniatore , per non compromettere l’esistenza del convento, già
bastantemente inviso alla popolazione.
Ipìghilterua. — Nei saloni di Londra
è generalmente applaudita la condotta del
governo Piemontese , che ha saputo con
tanta facilità superare una crisi minisleriale, di nou piccola importanza, per lit
perdita che faceva d’una grande abilita
finanziaria nel ministro Cavour. Si loda
moltissimo il Presidente del Consiglio dei
Ministri, D’Azeglio, che abbia da S. M.
accettato l’incarico di formare il nuovo
gabinetto, e l’abbia formato all’istante
senza cader negli estremi. Si vuole che
un intrigo reazionario abbia provocato la
crisi, ma inutilmente, come sempre accadrà, finché al mantenimento della libertà
in Piemonte veglieranno le simpatie del
popolo, il senno delle Camere e ia lealtà
del Governo.
Vendibile presso Carlotti e Bazzakini
LUCILLA
lA LETTURA DELIA BIBBIA
1 Voi. in-8“ di 268 pag.
Prezzò! li. 1, cent. 50.
Direttore G. P. MEILLE.
Rinaldo Bacchetta gerente.
Torino, — Tip, Soc, di A. Pon» e C,