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ECO
DELLE VALU VALDESI
biblioteca valdese
torbe pellice
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno XCVII - N. 18 .ABBONAMENTI f Eco: L. 2.500 per l’interno Spedizione in abbonamento postale . I Gruppo bis i TORRE PELLICE — 5 Maggio 1967
Una copia lire 5 0 L. 3.500 per l’estero Cambio di indirizzo Lire 50 Ammìn. Claudiana Torre PeUice - C.C.P. 2-17557
DOPO L’ASCENSIO^E. SIAMO ASSENTI DA CRISTO
DIVA TAVOLA ROTOUDA IIUMAGlIVAmA
Ci è stato tolto Cristo, grande assente?
K noi lo attendiamo
La generazione che mi ha preceduto, posta di fronte alla esigenza
— evitata da molti, da alcuni accettata —^ di confessare Cristo Signore
di fronte ai nuovi idoli e ai nuovi
miti sanguinosi, ha trovato nella
scena gloriosa della Ascensione —
come nelTApocalisse —^ la visione
fortificante della sua sovranità cosmica. Uno dei libri più belli e vivi
deirimmediato dopoguerra è stato
« La royauté de Jésus-Christ » di
W. A. Visser’t Hooft. In tal modo
la Chiesa confessante si riallacciava
ad altri tempi ’’confessanti”, quelli
delle prime generazioni cristiane, e
riscopriva la forza viva di quel messaggio che si era stilizzato nelle figure ieratiche del Cristo Pantocrator dei mosaici bizantini e romanici.
Tuttavia l’Ascensione è anche altro. E’ il giorno in cui il Signore
ci è stato tolto, sottratto alla comunione fisica, visibile con noi. E’ il
giorno in cui è iniziato il tempo dell’assenza di Cristo, il tempo della
chiesa, il nostro tempo. Non è il caso di insistere su come sia frequente, nell’insegnamento di Gesù, e in
particolare nelle sue parabole, questo motivo del Signore che se ne va
in viaggio, all’estero, che affida ai
dipendenti la sua casa, la sua vigna;
un’assenza che si può prolungare
tanto da dare l’impressione, a volte,
che non tornerà più, che si può mettere una pietra sopra la sua esistenza e il suo diritto di proprietà. Questo è il nostro tempo.
Questo motivo pare imporsi oggi
sempre maggiormente, farsi sempre
più sensibile. Mentre fuori della
chiesa si allarga o piuttosto si fa più
onesto ed esplicito il senso della fine del mito tradizionale di Dio (e
quale responsabilità ha la chiesa se
ha potuto diventare un mito tradizionale?!), nella chiesa si cerca di
rispondere sia con gli estremismi
della ’teologia della morte di Dio’,
sia meditando con accorata gravità
sul silenzio di Dio, su quella che
viene definita una ’teologia del sabato’ (così P. Tillich, con riferimento, evidentemente, al Sabato
santo), sia cercando di riempire questo silenzio e di animare questo vuoto con l’impegno politico e con il
servizio sociale.
A chi segue il mio e nostro lavoro redazionale, è chiaro quanto ci
stia a cuore la dimensione politica
e sociale della nostra vocazione cristiana : si tratta di una riscoperta
irrinunciabile, ed è il riflesso concreto della nostra fede nel fatto dell’Ascensione, quando —- secondo la
predica pentecostale di Pietro —
« Dio ha fatto Signore e Cristo quel
Gesù che avete crocifisso » (Atti
2: 36).
Tuttavia, questo è il tempo dell’assenza di Cristo; per quanto lo
affermi pieno di fiducia incrollabile
nella realtà, nella potenza dinamica
della risurrezione. Paolo scrive:
« sappiamo che mentre abitiamo nel
corpo, siamo assenti dal Signore:
camminiamo infatti per fede, non
per visione » (2 Cor. 5: 6-7).
Sottolineiamo parecchio, da buoni
protestanti, il per fede; forse però
ci dimentichiamo di sottolineare altrettanto, al tempo stesso, il non per
visione. Proprio noi, bravi cristiani
impegnati, nella nostra seria, necessaria vita ecclesiastica, nel nostro
serio, necessario impegno politico e
sociale. Tutto questo deve essere
fatto e vissuto: sono le forme del
nostro servizio e della nostra testimonianza. Ma, dipendenti di un Signore assente dalla società attuale.
dobbiamo vegliare alla tentazione di
voler rendere visibile (per noi anzitutto: è così riconfortante!) il nostro Signore nella nostra vita ecclesiastica e nel nostro impegno civile.
La sovranità di Cristo è sempre invisibile — o per lo meno confondibile, ambigua, discussa, passibile di
scherno .—. oggi e ovunque come
quando i suoi soggetti venivano
sbranati nelle arene, arsi sui roghi,
come quando essi sono saliti sulle
forche hitleriane, sono stati spazzati
dalle purghe staliniane, o dalla repressione salazariana nell’Angola :
illusi giocatori di una carta a viste
umane perdente.
L’impegno esprime — in termini
sempre ambigui, per noi stessi e per
gli altri — la signoria di Cristo, e
deve farlo; ma ha la sua radice in
un Signore che è oggi assente in modo radicale, ohe si è sottratto a ogni
forma di visibilità, di verifica, di
constatazione, di conferma.
Questo è vivere per fede, non per
visione. La gloria festante dell’Ascensione è umanamente insopportabile, senza il compimento pentecostale della promessa: « Non vi lascerò orfani... ». Ma questo appunto non è il lieto fine obbligato, automatico; lo^ si attende, invoca,
lo si riceve e vive, lo si perde e ancora lo si riceve per fede; non per
psicologia religiosa! ma per libero
e gratuito dono dello Spirito, che
mai diviene possesso e deposito,
« visione ».
In un mondo orfano —r cc adulto »,
dice —^ e nel complesso apparentemente soddisfatto di esserlo, noi siamo gli orfani che soffrono intensamente l’assenza del Signore e anelano a lui « più che le guardie al
mattino ». « Vieni, Gesù Signore! ».
Gino Conte
Quel che alcuni teologi hanno scritto sul significato dell’AscensTone, sulla sovranità
di Cristo, sul nostro tempo in cui presenza e assenza del Signore sono in tensione
IL PIU' ANTICO, BREVE, DENSO
« CREDO » CRISTIANO
Una delle più antiche confessioni di fede cristiane si esprime in queste tre parole : Kyrios Jesoys Christos, Gesù Cristo
è il Signore. Per i primi cristiani ciò vuol
dire che Gesù Cristo non è soltanto il
vero sovrano degli -uomini —• titolo rivendicato dalirimperatore romano — ma il
sovrano di tutta la creazione visibile e invisibile. (...) Dovunque questo breve « credo » si esplicita e si sviluppa nella formazione ulteriore dei simboli, il fatto che le
potenze invisibili sono assoggettate a Cristo è espressamente menzionato, come nel
passo Fil. 2: 6 ss. (.,.).
L’inizio vero e proprio, la presa di possesso rega-le si situa all’Ascensione: Cristo
si è assiso alla destra di Dio. Interpretato
dal messianismo giudaico, il salmo 110, citato così freqeuntemente, applica al Messia
regale che deve venire questa parola : « Siedi alla mia destra, finché avrò posto i tuoi
nemici sotto i tuoi piedi »; ma il Nuovo
Testamento la traspone in una fase già iniziata : « Cristo è alla destra di Dio; è asceso al cielo, gli angeli, le potenze, le dominazioni gli sono sottoposte » (1 Pietro 3 :
« nemici » annunciata
realizzata. (...).
22): la disfatta dei
dal salmo 110 è già
liiiiiiiiiiiiiiiiiiiirmiiiimiiiiiiiiriiiiiiiiiimiiiminiiiiii
Poiché è caratteristico della Chiesa che i
suoi membri — alTopposto degli altri membri del regno di Cristo {il mondo) — sappiano di essere sotto la sovranità di Cristo
e di regnare con lui, il compito primo della
Chiesa é la predicazione. (...).
La predicazione deirEvangelo ai pagani
deve durare per tutto il periodo della Chiesa che va dall’Ascensione di Cristo al suo
Ritorno. Poiché la fine verrà solo quando
l’Evangelo sarà stato predicato a tutti (Me.
13: 10; Mt. 24: 14. (...).
La sovranità di Cristo é annunciata pure
con gli atti: nell’esercizio delia carità e
con la sofferenza; infatti la sovranità di
Cristo si manifesta in modo particolare
nella sofferenza della Chiesa. Poiché é sulla Croce che Gesù Cristo ha già vinto in
modo decisivo tutte le potenze. Parallelamente questa vittoria é già riportata e resa
manifesta dalla sofferenza della Chiesa,
poiché essa é provocata dà queste potenze,
quando si affrancano provvisoriamente dalla loro soggezione e lo mostrano prendendo posizione contro la Chiesa che é il
punto centrale del regno di Cristo. (...). Anche se tale sofferenza dovesse provocare la
diminuzione progressiva dei membri della
Chiesa, secondo la concezione neotestamentaria il corpo di Cristo non sarebbe
per questo meno presente in questa Chic
viiniiii^iiumiiiiniiiiimiiiniiiimiimmiiiiiimiiiiiiiiimiiiimiiiiiiimMiiimiiiiimiimimiimfiiiiiii
La scorsa settimana abbiamo celebrato
Tanniversario della Liberazione. Contemporaneamente, in Grecia, un putsch militare
di pretta marca fascista — solo che i carri
armati sostituiscono i manganelli, nella nostra era tecnologica — dopo aver abolito le
libertà civili fondamentali, avviava un sistema di repressione poliziesca che abbiamo dolorosamente conosciuto: una realtà che non
ha cessato di ripresentarsi, qua e là nel mondo, in forme diverse. Le garanzie civili statuite dalla Costituzione ellenica sono state
sospese : tribunali speciali, reati d’opinione,
’diritto’ (?) assoluto di perquisizione e dì arresto, internamenti e deportazioni nelle ìsole
egee, interrogatori speciali (leggi tortura).
La corona greca ci fa una meschina, vergo
i carri armati
gnosa fiigura, e non si capisce come questa
famiglia possa essere imparentata con quella
reale danese.
Su « La Stampa » di Torino un giovane
studente greco in esilio, in occasione del 25
aprile, ha pregato gli italiani di non dimeçLticare che il suo paese sta soffrendo ciò che
il nostro ha sofferto in passato.
Vi sono molti problemi sociali terribilmente aperti, sul suolo ellenico. La risposta
non può sicuramente essere data con i carri
armati. Chi semina vento mieterà tempêta:
ma ciò che rivolta è che in questa tempesta
rischia di essere coinvolta e soffrire una intera nazione.
Che cosa dicono le chiese greche?
it tiiiiimmiiiiKi
imiimiiiiimiimiimMiiiiHiimmiiHiiiHimKiiiiiiiiiiiiiiiiiHiiHi
iiiimiuiinimiiiiiimiiMiiiiimiiiiimiiiMiiiMiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiMiiiimiiiiiiiimmimiiin
ECHI DELLE FESTE DI CANTO
Celebrate U SIgnere
A ROMA
« Dalla bocca dei
tratto una lode ».
fanciulli hai
Veramente interessante nel suo genere la
festa di canto di una città dove essa ha un
carattere interdenominazionale. Ascoltando
¡ bambini cantare pensavo col Salmista:
« dalla bocca dei fanciulli » del nostro tempo dii ricerca « hai tratto una lode ». Era in
embrione la Chiesa universale che ha cantato domenica 23 aprile a Roma in vìa
IV Novembre: il severo corale delle SS.DD.
valdesi, il canto di risveglio della S.D. metodista e poi l’entusiastico appello dei piccoli battisti di ogni rione di Roma —che
puntavano sugli uditori i loro occhietti vivaci — sono stati ognuno l’espressione della
fede e della adorazione di ogni Chiesa che
rappresentavano. Ce ne siamo rallegrati e
edificati nella gioia di sentirci membri del
corpo di Cristo. Una moni trice
A TORINO
Ragazzi avventisti, battisti, « fratelli », pentecostali, salutisti e
valdesi cantano la loro fede.
L’augurio, che facevamo Tanno scorso alla
prima « festa di canto » delle scuole domenicali di Torino: che potesse raccogliere un
maggior numero di gruppi di partecipanti,
si è avverato tanto ohe il pomeriggio di domenica 16 aprile si sono riuniti nel tempio
di Corso Vittorio ben centottanta bambini di
una diecina di scuole domenicali diverse, e
non solo di Torino, ma anche dei dintorni;
un numero impensato se si considera come
le nostre comunità evangeliche operano con
indipendenza tra le varie denominazioni e
come non esistano premesse di un lavoro in
comune delle SS.DD.; ciò che evidentemente
esiste è il comune insegnamento della Parola di Dio e la comune coscienza dell’importanza spirituale della chiesa che canta!
Erano rappresentate le SS.DD. battiate di
via Passalaoqua, di Lucento e di Rivoli, quelle dei fratelli di Pianezza, degli avventisti
di via duchessa Jolanda, dei pentecostali di
via Issiglio, deU’esercito della salvezza di via
Principe Tommaso e quelle valdesi del Lingotto, di corso Oddone e di corso Vittorio,
convenute senza particolari preparativi di
comitati organizzatori, ma su semplice invito della scuola domenicale ospitante.
La gioia di trovare così fraternamente uni.
ti i nostri bambini per questa festa di canto
è stata ben espressa, alTinizio, dal pastore
Paolo Ricca che Tha indicala come una delle
rare manifestazioni in comune degli evangelici della nostra città e come occasione di lodare insieme l’unico Signore; egli ha invitato tutto i presenti a cantare con i bambini
il primo inno « A te innanzi giubilanti noi
veniamo o Re dei re ».
Poi la festa si è svolta con brio alternando i cori d’insieme, diretti con slancio ed
energia daUa Sig.na Ive Pons, con queUi
cantati dalle singole SS.DD., con brevi presentazioni degli inni particolarmente rivolte ai bimbi; il simpatico monitore Aldo
Garrone a metà programma ha diretto il gioco dei « quiz biblici » distribuendo premi in
Domenica 7 maggio - ore 15
Tempio di Luserna S. Giovanni
FESTA DI CANTO DELLE
CORALI DELLA VAL PELLICE
Prova d’insieme alle ore 14,15
nel locale delle vicine scuole.
Il pubblico è cordialmente invitato.
libri e carameUe, contenendo con perizia Tir.
menza dei tanti ohe sapevano e volevano rispondere subito, e regalando in chiusura salomonicamente a tutti uh bel gdatino! Nel
presentare Tudtimo gruppo di cori il monitore Sauro Goliardi ha raccontato ai bambini
l’episodio finale del noto libro « I ragazzi di
Varsavia », quando i piccoli ebrei polacchi
davanti ai soldati nazisti ed ai carri-bestiame
ohe li porteranno ai campi di sterminio cantano una bella canzone di primavera e di
gioia, anziché una canzone di odio e vendetta; ed ha inviato tutti ad usare la musica
ed il canto per esprimere parole beffe di riconoscenza al Signore e di amore verso il
prossimo.
Festa dunque dei bambini e per i bambini che ci sembra si sono trovati a loro agio
anche in una scuola domenicale così insolitamente numerosa.
Sappiamo che non tutte le SS.DD. hanno
locali e strumenti adatti ad insegnare il
canto e perciò ci rallegriamo maggiormente
con quelle piccole scuole che hanno egualmente saputo presentare esecuzioni accurate.
Il pastore battista Craighead di Rivoli ha
chiuso la riunione ringraziando il Signore
per questo lieto incontro di fratelli e tutti
insieme bimbi, monitori e familiari abbiamo
intonato l’inno « Sol Cristo è della chiesa la
base, il fondatori ». S. G.
A PINEROLO
Le Corali della Val Chisone e il
loro decano.
K Celebrate VEterno, invocate il suo nome;
fate conoscere le sue gesta fra i popoli. Cantategli, salmeggiategli, meditate su tutte le
sue meraviglie » (Cronache, 16: 8-9). Con
queste parole della Scrittura è stata aperta
per un’ennesima volta la festa di canto deUe
corali a Pinerolo domenica .30 aprile, con
CONTINUA
IN TERZA PAGINA
sa, per quando ridotta. Essa resterebbe
sempre la comunità di coloro che nonostante tutto sanno e credono che Cristo
continua a regnare su tutto ciò che è nel
cielo, sulla terra e sotto la terra. È essenziale, per la sovranità di Cristo, che questa certezza sia annunciata al mondo. Nessun insuccesso può scoraggiare la Chiesa,
poiché l’insuccesso terrestre più totale é già
al centro della fédé del Nuovo Testamento ;
la Croce di Cristo. Questo insuccesso significa per il cristiano la vittoria su tutte
le potenze ostili e Torigine escatologica
della sovranità attuale di Cristo, sovranità
cui soltanto il Regno di Dio porrà termine.
OSCAR CULLMANN
(da La royauté du Christ et l’Eglise
dans le Nouveau Testament, 1941,
passim).
SIAMO CON LUI
PRESSO DIO!
L Ascensione di Gesù Cristo, proprio come il miracolo di Natale, é narrata in modo relativamente succinto. Viene menzionata un paio di volte, poi, senza transizione, viene riferito che egli'é seduto alla
destra del Padre. Non è citata che di passata, si tratta di una transizione : il passaggio dal tempo .dèlia Rivelazione al tempo nel quale viviamo.
Che significa, l’Ascensione? (...) Gesù abbandona lo spazio terrestre, cioè il luogo
che ci é accessibile, comprensibile e nel
quale é venuto per amor nostro. D’ora in
poi Gesù non appartiene più a questo luogo come vi apparteniamo noi. Ciò non vuole assolutamente dire che gli sia estraneo,
che questo luogo non sia pure suo. Anzi,
stando al di sopra di esso, dominandolo,
lo riempie della sua presenza, ma in modo
diverso che al tempo della sua Rivelazione
e della sua attività terrestre. L’Ascensione,
soprattutto, non vuol dire che Gesù è passato in un altro settore del creato, nella
parte di esso che ci rimane inintefflegibile.
< Alla destra di Dio Padre » vuol dire che
Gesù si allontana in direzione dei luoghi
divini che rimangono per l’uomo un mistero assoluto. La sua residenza non è il cielo : egli è accanto a Dio; il Crocifisso, il
Risorto e la dov’e Dio. Scopo della sua
opera sulla terra e nella storia è Tandare
presso Dio. NeH’incarnazione e nella crocifissione Dio si abbassa; ma nella risurrezione di Gesù Cristo l’uomo viene innalzato. Cristo è ormai là dov’è Dio, pari a
lui; è il nostro avvocato, il nostro ambasciatore. In lui la nostra carne, la nostra
vita umana sono state elevate presso Dio.
Siamo con lui lassù! Siamo con lui presso
Dio!
KARL BARTH
(da Esquisse d’une dogmatique, pagina 122 - 1946)
A UN PASSO DALLA REALTÀ
La speranza cristiana non va da un meno
a un più. Non segue il corso di uno sviluppo, di un progresso. Va dalla fede alla
visione. Va da una realtà nascosta a .una
realtà manifesta. Va da un Signore umile
a un Signore glorioso. Va da una cosa che
udiamo a una cosa che vedremo. Non è
un lungo cammino di spazio o di secoli a
separarci dalTeternità, ma un velo che, da
un attimo alTaltro, può essere squarciato.
ROLAND DE PURY
(da Présence de l'éternité, p. 176 1946)
LA VIA DEL RE
Karl Barth si vale del concetto di parabola o di analogia per spiegare la portata
che le verità, di cui la Chiesa vive, hanno
sulla vita della comunità civile. Gli. atti e
le decisioni della Chiesa in campo « secolare » tendono ad esprimere, per analogia,
che cos’è la Chiesa e che cosa confessa. La
Chiesa illumina cosi il significato concreto
della regalità di Cristo. L’incarnazione é
in rapporto analogico con la dignità dell'uomo, la giustificazione con la giustizia
sociale, la libertà dei figli di Dio con la
libertà civica, il carattere ecumenico della
Chiesa con un’intesa intemazionale. Questa
è la via su cui la Chiesa deve impegnarsi :
la via reale, quella del Re. La Chiesa il
cui Signore è anche Signore del mondo non
ha bisogno di cercare altrove i suoi ordini
di marcia. Suo compito è volgersi al suo
Re ed essere sempre pronta a ricevere il
dono sacerdotale che egli fa di se stesso e
della sua parola profetica. Il problema fondamentale è di sapere se essa ha una fede
sufficiente per contare soltanto su di lui
e per non ubbidire ad altri che a lui. Se
ha davvero questa fede, non sarà lasciata
CONTINUA
IN TERZA PAGINA
2
N. 18 — 5 maggio 1967
Intervista
con Martin
.Tef Ï » V
Niemóllèt
Questa intervista e l’artieolo che segue sono comparsi su « Die Stinime »
del 1« e del 15 febbraio 1967; la traduzione, a tratti riassuntiva, è di Judit
Chadima.
¡I Pastore Niemòller, della Chiesa Confessante evangelica tedesca, ed altri tre di
diverse confessioni (il Mons. Dott. Heussler
della Caritas tedesca di Friburgo, il Signor Walter Diehl dell’Istituto per la Pace
di Vienna, e il Sig. Egon Lutz del giornale
« Neuenberger Nachricthen x) si sono recati all’inizio di quest’anno nel Nord-Vietnom (17 giorni, di cui 7 ad Hanoi) per incarico dell’« Azione Assistenziale al Vietnam », creata un anno e mezzo fa in Germania dalla Società per la Pace, dal ramo
tedesco del Movimento internazionale degli
oppositori al servizio bellico, dalla Lega
della riconciliazione, e da un certo numero di singole personalità.
Quanto segue è tratto da dichiarazioni
fatte dal Pastore Niemòller in un’intervista alla stampa, al suo ritorno il 13-1-1967.
Non si erano recati nel Vietnam per
cercare soluzioni politiche, bensì per conoscere il modo in cui venire in aiuto a
quella parte del popolo vietnamita che generalmente non è assistita dal mondo occidentale. Con questo aiuto non intendono
parteggiare per l’una o l’altra parte, ma
intendono assistere il popolo vietnamita
nella distretta in cui esso si trova indubbiamente in tutt’e due le parti, sia al Nord
che al Sud.
Dai contatti presi risulta chiaramente
che il popolo vietnamita vuole essere indipendente da chiunque.
« Vogliamo essere noi », questa è la
voce unanime. Per questo, non hanno paura di continuare a combattere ancora per
anni, così come hanno già combattuto per
decenni, per ottenere la libertà; e non vogliono ora essere ingannati in proposito.
L’unica soluzione che gli sembra possibile (e questo è affermato da lutti indistintamente) è che il Vietnam diventi libero, nel senso che siano i Vietnamiti stessi a decidere del loro futuro e non altri,
cioè che essi diventino liberi da qualsiasi
influenza esterna.
Finché gli Americani continueranno i
bombardamenti, nessun vietnamita nè avanzerà nè desidererà avanzare alcuna offerta
per negoziatile neppure accetterà inviti a
negoziare.
Se invece i bombardamenti cessassero,
allora sarebbe possibile discutere sugli
aspetti della pace futura, cioè sul « come »
il popolo vietnamita possa essere liberato
dall’influenza straniera e dalla presenza di
potenze straniere e loro forze militari.
Non si addiverrà ad alcuna pace, se gli
Americani non acconsentiranno a ritirare
A HANOI
Sul Mekong
Dighe, non napalm
I fiumi ed il loro »viluppo preseiMano delle opporOinità ideali di cooperazione fra
Stati vicini in litigio fra di loro. Tale è « il
meseaiggio del Mekong »? secondo U Nyuu,
segretario esecntiivo della Comimissione
nemica per l’Asia e l’Estremo Oriente qui di
passaggio proveniente da Bangkok per le
annuali consultazioni.
Lo sviluppo del Basso Mekong, il fi'iune
che attraversa la Cambogia, il Vietnam del
Sud, la Thailandia ed il Laos riceverà
nuovo im,pulso la settimana prossima in
occasione deUa posa deUa prima pietra
delia diga di Nam Nguim, del valore di otto
milioni di sterline, situata su di un affluente che si trova a quarantacinque miglia a
nord della capitale del Laos. Oltre ad irrigare terra da coltivazione situata in una
delle regioni più povere del Laos, il progetto Nam Ngum fornirà energia idro-elettrica attraverso il Mekong nel nord-est delia
Thailandia dove lo sfruttamento dei giacimenti di venticinque milioni di tonnellate
di ferro grezzo potrebbe rendere il paese
auto-sufficiente in acciaio.
. U Nym, che ritornerà in volo a Bankok
per la cerimonia del 1 febbraio, ha inoltre
detto che Timpegno di finanziare i primi
undici milioni di sterline per la costruzione deUa diga del Prek Thnot in Cambogia era quasi, completo e che rimaneva
solo una differenza di un milione di stiline per portare a termine il progetto. 1 lavori, da iniziar&i quanto prima, non solo
provvederanno di energia elettrica la capitale della Cambogia, ma .conlrolleranno
anche il flusso idrit-o di un affluente e irrigheranno una vasta zona per la coltivazione del riso.
Circa venti Nazioni .sono impegnale a col.
laborare allo sviluppo del Mekong. La Gran
Br6lagn>a vi ha coniribuilo nel tracciare i'I
canale e nel fornire di battelli di ispezione
tendenti a migliorare la navigabilità del fiu.
me ¡per oltre duecento miglia a monte della
sua foce. Quando le dighe delle tre maggiori centrali saranno costruite, il progetto
in questione ¡potrebbe trasformare l’economia del Sud-est asiatico.
U Nyum ha oggi asserito che per quanto concerne V auto - sufficienza regionale,
l’ESCAFE agisce in qualità di catalizzatore
e che questa organizzazione ha deliberatamente scelto i fiumi come punto di convergenza .psicologica fra Nazioni diverse. Tale
Commiseione stava inoltre lavorando alla
realizzazione di progetti concernenti il fiume Hari, che scorre tra l’Afganistan e la
Persia, e altri fiumi tra l’India ed il Nepal.
Clyde Sanger
(Da una corrispondenza da New York
\ONU] del «Guardian», 26-l-’67, traduzione di L. Manzi).
le loro truppe dal territorio vietnamita.
Soltanto allora potranno avere inizio dei negoziati. Niemòller ritiene che il popolo
vietnamita ed il suo governo tenterà degli
approcci col governo americano per giungere con esso a una pace negoziata.
Domanda: Se abbiamo capito bene, i
Vietnamiti non vogliono altro che essere
liberi e indipendenti tanto dagli Americani
quanto dalla Cina (« o dalla Russia », aggiunge Niemòller). Le risulta che il desiderio di indipendenza sia ugualmente pronunciato tanto nei confronti della Cina e
della Russia, quanto nei confronti degli
Americani?
Niemòller: Naturalmente no. Perchè gli
Americani buttano giù bombe. Nè i Russi
n.è i Cinesi ne buttano; non si può dimostrare alcuna azione bellica che da questi
sia condotta contro Luna o l’altra parte
dei due avversari in campo. Per questo è
Martin Niemòller è attualmente uno dei sei prendenti dei Consiglio Ecumenico
deile Chiese; nel 1933 diede inizio, assieme ad altri teologi e
credenti, alla « Chiesa Confessante» tedesca, che in nome
della fedeltà all’unico Signore
Gesù Cristo, n oppose al regime di Hitler e alla sua ben nota
politica; nel 1937 fu rinchiuso,
per 8 anni, nel campO' di concentramento di ' Daehau, lo liberarono gli Americani nel 1945.
ben comprensibile che la loro ira — veramente non si può neanche tanto parlare di
ira, quanto piuttosto di una decisa fermezza; « noi non ci lasciamo sopraffare se qualcuno vuol toglierci la nostra libertà » — è
diretto contro gli Americani. Questa è una
reazione psicologicamente del tutto comprensibile.
Domanda: Di che cosa avete parlato con
Ho Chi Minh?
Niemòller: Non solo io, ma tutti e quattro abbiamo passato un pomeriggio abbastanza lungo con Ho Chi Minh ed i suoi
più stretti collaboratori. Abbiamo preso
insieme il thè ed abbiamo cercato di capire quali siano i suoi pensieri sul futuro
del Vietnam. In questa occasione abbiamo
potuto constatare in modo inequivocabile
che Ho Chi Minh non ci tiene tanto a vincere gli Americani o preparare loro una
sconfitta morale. Bensì il suo punto di vista
inequivocabile è che questa guerra sarebbe
finita nello stesso momento in cui gli Americani lasciassero il Vietnam. Questo è
« inequivocabilissimo ». Alla nostra domanda, se sarebbe possibile negoziare su questo punto. Ho Chi Minh rispose ; « Da
parte nostra non possiamo dichiararci disposti a negoziare finché una bomba americana è sganciata sul Vietnam. Qualora
cessassero i bombardamenti sul Vietnam
del Sud e del Nord, allora potremmo dirci disposti a discutere sia sulle modalità
del ritiro degli Americani dal Vietnam, sia
sulle possibilità del popolo vietnamita di
risolvere le sue proprie questioni in libertà
democratica ».
Alla domanda su come egli giudichi la
dichiarazione del Cardinale Spellmann :
«che una pace o una soluzione del problema vietnamita possano essere ottenute
soltanto con la vittoria dell’America » Niemòller risponde; «Non vorrei pronunciarmi in merito. Penso che questo sia di
competenza della Chiesa Cattolica Romana ».
Domanda: C’è nel Nord-Vietnam stanchezza riguardo alla guerra?
Niemòller: Non abbiamó potu’o constatare se esiste nel Vietnam una stanchezza.
11 Sig. Lutz è stato in giro per un intero
pomeriggio ad interrogare persone per la
strada e a conversare con loro. Non abbiamo trovato neanche un Nord-Vietnamita disposto a desistere dalle sue richieste (a
noi sembravano convinti): «Noi possiamo in ogni momento fare la pace, basta
che siamo liberi nel nostro Paese e che
possiamo fare del nostro Paese e col nostro popolo quel che noi, come popolo,
vogliamo ».
Domanda: Avete visto effetti causati
dalla guerra, o ne avete subiti voi stessi?
Niemòller: Durante la nostra permanenza ad Hanoi abbiamo avuto due volte allarme. ed abbiamo anche udito il rombo
degli aerei, ma un'incursione su Hanoi non
l'abbiamo subita. Abbiamo soltanto potuto vedere gli effetti di più incursioni su
Hanoi, in una grande fabbrica tessile della
città e in una scuola industriale alla periferia della città, lo consiglierei a chiunque
di andare ad Hanoi per farsi un idea di
come le bombe abbiano distrutto scuole,
quartieri di abitazione, e villaggi senza alcuna importanza militare, e senza che.
nello stesso tempo, siano stati colpiti anche obiettivi militari. Siamo stati a Phu Ly.
a circa 60 km. a sud di Hanoi ; non vi è
restata una casa, soltanto qualche muro.
Ad Hanoi e dappertutto nel Paese si trovano a breve distanza gli uni dagli altri
dei « ricoveri » fatti di due cerchi in cemento armato; lì dentro ci si raggomitola
(anche noi l’abbiamo fatto due volte) e si
chiude tirandosi sopra un coperchio in cemento armato; servono per proteggersi da
un determinato tipo di bombe che potremmo chiamare « bombe a pallottole», il no^
stro amico Lutz ha portato con sè una di
queste bombe; ognuna di esse contiene 300
pallottole che a loro volta esplodono quando la bomba tocca terra, sprigionandone
altre; così con una sola piccola bomba
vengono sprigionati 300 x 300, cioè 90,000
pallini. Nel corpo di un bambino sono stati trovati 28 di questi pallini. Con questo
tipo di bombe non si possono certo distruggere obiettivi militari, ma si possono
soltanto uccidere esseri umani. E, a meno
che non vengano utilizzate contro unità
militari, servono soltanto per distruggere
la popolazione civile, uomini donne bambini, che non hanno parte attiva nella
guerra.
Domanda : Come vede, lei personalmente che si possa giungere alla fine della
guerra?
Niemòller: Che l’America dichiari: «noi
riconosciamo il Patto di Ginevra del 1954
e sospendiamo i bombardamenti nel Vietnam ».
Domanda: E Ho Chi Minh sarebbe disposto, come contropartita, a ritirare i
Vietcong dal Vietnam del Sud?
Niemòller: La guerra nel Vietnam del
Sud non è fatta dal Vietnam del Nord.
Essa è considerata dal Vietnam del Nord
come una causa comune di tutto quanto
il popolo Vietnamita, e per questo dei nordvietnamiti vanno nel Vietnam del Sud.
Anche se si ritirassero i nord-vietnamiti dal
Sud, a mio avviso, questo non cambierebbe
nulla nel Vietnam del Sud (dove sono stato un anno e mezzo fa). Qui si tratta di
un popolo che combatte per la sua libertà.
L’America potrà continuare per altri 40
anni a fare la guerra nel Vietnam, e andrebbe a finire che o il popolo Vietnamita
tira il suo ultimo respiro, o gli Amerieani
la smettono.
Domanda: Come intende lei. Signor Presidente, presentare questa sua opinione circa una possibilità di pace? Andrà in America?
Niemòller: Non ci andrò appositamente; ma alla fine di questo mese, come tutti
gli anni per il tempo di Passione, andrò in
America per predieare e per rispondere
apertamente a tutte le domande che mi saranno rivolte dalla Cristianità in America.
In questa occasione naturalmente parlerò — come ho fatto già lo scorso anno
dopo la mia visita nel Vietnam del Sud —
anche di questa mia visita nel Vietnam del
Nord, e non nasconderò certamente nul, la delle mie impressioni.
Domanda : Vede lei una possibilità ehe
l’opinione pubblica mondiale possa avere
una influenza in vista di una pacificazione
accelerata? ,
Niemòller: Io lo credo. Questo è apparso molto chiaramente quando nella conversazione con Ho Chi Min gli chiedemmo che cosa egli avesse da dire riguardo
alle affermazioni di Spellmann dà una parte e soprattutto anche riguardo alle dichiarazioni del Papa. Ho Chi Minh disse:
L'unica speranza
« F’è un corpo unico ed un unico Spirito, come pure siete
stati chiamati ad un unica speranza, quella della vostra vocazione » (Efes. 4: 4).
La maggior.anza degli uomini vive di speranze, essi fanno cioè di
certe particolari speranze la loro ragion d’essere: genitori ohe vivono
in funzione dell’avvenire dei figli, scienziati che vivono per la scienza, giovani che vivono per la rivoluzione ecc. Vi sono anche piccole
e modeste speranze: arrivare alla pensione, fare molto turismo... Si
può quasi dire che talune di queste si confondono coi semplici desideri della vita di tutti i giorni. La Parola di Elio non condanna nè le
speranze terrene, nè le piccole o grandi gioie della vita (cfr. Eccles.
9: 7-9), anzi la carità di Dio ci viene incontro anche in questo, proprio in questo (cfr. Giov. 2: 1-11). Noi sappiamo però che ogni speranza terrena è caduca, che anzi molto spesso lo spezzarsi di qualche
speranza terrena, o addirittura di tutte le nostre speranze terrene, è
il segno inconfondibile della benedizione di Dio: « quando sarai vecchio, stenderai le tue mani, e un altro ti cingerà e ti condurrà dove
tu non vorresti » (Giov. 21: 18). Non solo è contrario alla Parola di
Dio l’impegno del nostro cuore nelle speranze terrene, ma proprio la
Croce di Cristo è il segno del loro fallimento. Al di qua della Croce
terminano le speranze terrene, anzi esse devono naufragare (nel nostro cuore, anche se non sempre naufragano di fatto) ai suoi piedi,
affinchè al dilà della Croce nascano le speranze celesti, che non possono venir meno. « Ave Crux, spes unica » (Ti saluto, o Croce, o iinica speranza), dicevano gli antichi cristiani prima d’affrontare il martirio.
Il cap. 11 della Lettera agli Ebrei fa un lungo elenco di uomini
dell’Antico Testamento, mettendo in rilievo la certezza che essi ebbero nelle « cose sperate ». Ma, in fondo, anche per loro le cose sperate si riassumevano in un’unica speranza, in quella Croce che essi noti
vedevano ma «salutarono da lontano». Noi invece abbiamo 1 immenso privilegio di aver già visto la Croce. Non è però esatto dire che
la Croce è alle nostre spalle: essa è sia dietro che davanti a noi, (<'-i
come Gesù cammina davanti a noi e talvolta si volge verso di noi r
guardarci e per aiutarci nel duro cammino. Dove ci conduce? li r d
è Egli veramente? Non possiamo non chiedercelo di quando in qmt ■
do, e talvolta anche con sbigottimento (cfr. Mar. 10: 32). Perchè ; si
è anche per noi, ma in tutt’altra economia di vita che per gli amirb:
che « resero buona testimonianza »: anche noi siamo forestieri e |;e:legrini sulla terra, che cercano una nuova patria. La nostra vocazù è quella di sperare nella Croce, nel giudizio d’amore e di grazia < c
da essa scende su di noi.
Tullio Viola
« Io non ho da dire al Papa che cosa egli
debba fare. Egli è un uomo umano e sa
da sè cosa deve fare. Naturalmente desideriamo anche da questa parte un distacco netto dalTtniumanità dell’aggressione
americana, che fosse dichiarata e biasimata
come non-cattolica ».
Domanda: Ha avuto occasione di incontrarsi con gruppi cristiani e non comunisti?
Niemòller: È molto difficile stabilire se
un Vietnamita sia comunista o no. Dietro
Ho Chi Minh sta oggi ciascuno dei Vietnamiti che vivono nel Vietnam del Nord,
cioè tutti quelli che non sono emigrati nel
Vietnam del Sud, e precisamente in quella parte del Vietnam del Sud in cui oggi
governa Ky e che è sotto il controiigli Americani. Il Dott. Heussler h:
cato di prendere contatto con i
che una volta erano molto numeri ■
Vietnam del Nord, la maggior pa
quali però a suo tempo emigrò nel
nam del Sud. Quando egli torni
sa di un’influenza si è trattenuto a :
Kong) su questo riferirà lui stes
sonalmente ho incontrato soltanto due
ziani» della Comunità protestante di ■.
che però sono stati molto riservati. Ne
avuto contatti con pastori evangelici,
dere contatti su base ecclesiastica non
trava nei miei compiti, dato ohe er.i
là per cercare possibilità di azione
tiva per la nostra Azione Assistenzia:¡
Vietnam.
> dece r: olici
i nel
dei
' et
cauiong
persan■ noi.
ri ho
Tenrienrimo
rifet; nel
Lentamente e progressivamente,
uno Stato asiatico relativamente piccolo, sulla costa orientale dellTndocina, è divenuto il centro degli interessi
politici mondiali. Tutti gli sguardi so
no rivolti al Vietnam con un senso di
inquietudine e con la sensazione che
là potrebbe decidersi l’essere o il nonessere di tutta Tumanità.
Alla fine del dominio coloniale francese, caduto nel 1954 con la vittoria
vietnamita di Dien Bien Phu, il Vietnam sembrò essere nulla più che un
ulteriore anello aggiuntosi alla catena del processo di autoliberazione di
popoli non europei fino allora tenuti
sotto dominio o sotto controllo stranieri, e l’accordo di Ginevra nel 1954
fu elaborato e concluso nella speranza che la sua applicazione consentisse
a quel popolo di 30 milioni di abitanti
di prendere in mano e plasmare il suo
destino nella libertà e nella pace.
In modo estremamente deplorevole
gli Stati Uniti si sono sentiti obbligati ad intromettersi nelle controversie
rivoluzionarie interne mediante le
quali il popolo del Vietnam si era liberato dal dominio feudale di una classe ricca ed imperante , e ciò nell’interesse dei padroni di prima, tentando di ristabilire il vecchio colonialismo, e, dopo il fallimento di quest’ultimo, dando il loro appoggio al regime
reazionario di Diem. Quando anche
questo finì miseramente, continuarono a stabUire l’uno dopo l’altro dei
regimi controrivoluzionari per innalzare e mantenere cosi, nel Vietnam del
Sud un baluardo contro 1’« avanzare
del comunismo ». Questo avveniva al
tempo del Presidente Eisenhower e
del Segretario di Stato John Poster
Dulles, quando 1’ « anticomunismo »
era diventato la parola d’ordine della
politica U.S.A. nel mondo. Gli Stati
Uniti volevano arrestare e bloccare nel
Vietnam la penetrazione del comunismo; però finirono col mettersi in
contrasto con l’intero popolo Vietna
mita, il quale prima di tutto non volle e non vuole altro ohe la sua indipendenza, libertà e autodeterminazione.
La forza militare dei governi sudvietnamiti (oggi il governo del Generale e Presidente Ky, emigrato dal
Nordvietnam) Continuò a subire rovesci; e gli stati Uniti si trovarono a
dover decidere se abbandonare l’impresa eppure trasformare il Corpo degli esperti consiglieri presso il governo di Saigon in una vera e propria assistenza militare per annientare i « ribelli », cioè il « Fronte Nazionale di liberazione» sudvietnamita. Fu scelta
l’ultima soluzione, e cos’i in aggiunta
ai 9.OOO1 Americani del Corpo di esperti consiglieri, furono inviate truppe
regolari: 50.000 uomini; poiché si rivelarono insufficienti, il numero dei
militari americani fu aumentato a
300.000 nel 1965, e da allora continua
ad aumentare.
Già in occasione della mia prima visita nel Vietnam nel 1965 (a Saigon
e al delta del Mekong) ebbi l’imprescsione ohe nessuno del popolo Vietnamita simpatizzasse con gli Americani
(perfino nello stesso regime di Ky),
mentre il F.N.L. continua ad aiccrescere la sua influenza. Il F.N.L. è anche assistito militarmente dal Nord
Vietnam, e comunque ha alle sue spai
le senz’altro tutto il popolo Vietnam!
ta ohe si sente come una unica unità
Il 17» parallelo non fu stabilito a Gi
nevra nel 1954 come frontiera defini
tiva; doveva espressamente essere una
linea temporanea di demarcazione, ed
era stabilito che nel 1956, sia al sud
ohe al nord di tale linea, avrebbero
dovuto aver luogo libere elezioni, per
consentire alle due parti di discutere,
negoziare e decidere sulle loro future
relazioni, senza interferenza alcuna
dall’esterno. Questo non è stato fatto nè nel termine stabilito, nè mai
fino ad oggi.
Tutta la questione è completamente
IL VIETNAM, Ieri 0 oggi
« La guerra nel Vietnam è peccato e rinnegamento (deirid(iio vivente,- perciò : Fermatevi ! » (dice AAartin Niemòller
travisata, tanto più per il fatto : he
gli Stati Uniti hanno reagito ah ;issistenza data al F.N.L. da parte del
popolo e del governo nordvietnam. la,
con la guerra aerea contro il NordVietnam, estendendo così la guerra
anche a questo territorio. Una dir.hiarazione di guerra non c’è mai stataGli U.S.A. sembrano essere dell’opinione ohe sia stato il Nord-Vietruim
ad aver dato inizio alla guerra contro il governo Ky e contro gli Stati
Uniti con l’invio di sue truppe al”
F.N.L. sudvietnamita; mentre il NordVietnam considera questa misura come una questione interna vietnamita,
che non ha da interessare nessuna
potenza straniera.
Ohi soffre a causa di questo violento conflitto è la popolazione civile, gli
uomini e le donne, al nord e al sud
del 17» parallelo, i quali da decenni e
già prima del ritorno dei colonizzatori francesi nel 1945, si trovarono in
mezzo ad una guerra senza pietà, che
essi non hanno nè voluta nè iniziata.
Oggi essi non ritengono più responsabili nè i Giapponesi nè i Francesi,
per loro questi capitoli sono chiusi;
oggi si tratta semplicemente degli
Americani che essi non vorrebbero
più vedere nel loro Paese.
Gli U.S.A. sono una nazione ricca,
in grado di pagare e di offrire assistenza; aiuti finanziari vengono anche da Paesi alleati degli U.S.A. La
Repubblica Federale Tedesca ha inviato sulla costa vietnamita una nave
ospedale per curare ed assistere malati e feriti.
È chiaro però che tali aiuti e assistenza non vanno a beneficio di feriti e
malati militanti nelle file del F.N.L.,
perchè la fiotta americana sorveglia
e blocca tutta la costa vietnamita.
Ma davanti alla sofferenza degli uomini che si trovano dall’altra parte,
quelli del F.N.L. e del Nord-Vietnam,
CONTINUA
IN QUARTA PAGINA
3
r
5 maggio 1967 — N. 18
pag. 3
CRISTO, GRANDE ASSENTE? Celebrate il Signore
SEGUE DALLA PRIMA PAGINA
senza conoscere la sua volontà e senza ricevere la forza di compierla.
11 dovere della Chiesa nel mondo è quello di gridare per le vie della città; « Benedetto il Re che viene nel nome del Signore ». Non mancheranno, certo. Idei farisei
che la rimprovereranno per il suo messaggio. Ma risponderà : « Se stiamo zitti, grideranno le pietre ».
W. A. VISSER ’T HOOFT
(da La royanté de Jésus-ChriSt, p.
164 s. - 1948)
ECLISSE DI DIO?
Perchè parliamo oggi del « Dio assente »?
Questa parola esprime qualcosa che si ritiova oggi nella letteratura e neM’arte, ma
soprattutto nellesperienza di innumerevoli
persone (...). Quando ci chiediamo : qual'è
il motivo della sua assenza?, potremmo rispondere ; la nostra resistenza, la nostra indifferenza, la nostra mancanza di serietà,
la nostra opposizione sincera o insincera, il
nostro dubbio genuino o cinico. Tutte queste risposte contengono una verità, ma non
rultima verità, non la risposta valida alla
domanda : perchè Dio è assente? U motivo
dell'assenza di Dio sta in Dio stesso. È lo
Spirito stesso di Dio che fa sì che Dio venga sottratto al nostro sguardo, non solo dei
singoli ma anche di intere epoche. Viviamo
in un periodo in cui Dio è per noi il Dio
assente. Ma quando sperimentiamo Dio come l'assente, noi sappiamo qualcosa di Lui,
sentiamo il suo non essere con noi come
un posto vuoto, come quando qualcuno che
ci apparteneva ci ha lasciati;... uno spazio
vuoto in noi, lo spazio di Dio.
lo penso al teologo che non aspetta Dio,
perchè lo possiede, rinchiuso in un edifìcio
dottrinale. Penso allo studente in teologia
che non aspetta Dio, perchè lo possiede,
rinchiuso in un libro. Penso all'ecclesiastico
che . non aspetta Dio, perchè lo possiede,
rinchiuso in una istituzione. Penso al credente che non aspetta Dio, perchè lo possiede, rinchiuso nella sua propria esperienza. Non è facile sopportare questo non avere Dio. questo aspettare Dio. Non è facile predicare domenica dopo domenica,
senza pretendere di possedere Dio e senza
poter disporre di Lui. Non è facile predicare Dio a fanciulli e pagani, a scettici e
atei e nello stesso tempo far loro chiaramente comprendere che noi stessi non possediamo Dio. che anche noi lo aspettiamo...
Siamo più forti quando aspettiamo che
quando possediamo.
PAUL TILLICH
(da Auf der Grenze, 1961. e da In
dei- Tiefe ist Wahrheit, citati da P.
Ricca in La "morte di Dìo": una
nuova teologia?)
l'EVANGELO DI CRISTO SIGNORE
HA SECOLARIZZATO I CONTINENTI
Il cuore dell'insegnamento del Rabbi
Joshua va cercato nelle sue parabole, che
sono pure semplici bozzetti, come i cristiani li hanno definiti. Ma oltre a questo esse
sono espressioni ben precise della storia di
Israele, dell’evento centrale della rivelazione di Dio e della condizione dell’uomo. Il
mondo delle parabole è » un mondo senza
Dio » in cui la parola d’ordine idata all’uomo è precisamente quella di vivere come
se Dio non esistesse. Comprendiamo bene
questa frase; non vuol dire che noi dovremmo vivere come viviamo, perchè Dio
non esiste; al contrario, vuol dire che, appunto perchè egli è un Dio che se ne va
lontano e lascia la vigna ai suoi servi,
egli esige questa vita di fede, vissuta come
se si veldesse Tinvisibile, da parte di coloro
che non hanno visto eppure credono. Questo significa vivere come il Messia, che rinunciò assolutamente ad appellarsi alle
schiere celesti.
La storia della rivelazione non è la storia della crescente visibilità di Dio, ma
proprio all’opposto. L’azione di Dio, com’è
raffigurata 'nella Bibbia, è tale che i mezzi
audio-visivi vengono progressivamen'e ridotti, sì che gli uomini imparino a vivere
nella fede quale unica ed ultima realtà. La
circoncisione, la legge mosaica, il Tempio,
la presenza fisica del Dio-'Uomo Gesù —
tutto questo scompare; rimane la comunità
aperta, flessibile, quotidianamente rinnovata di coloro i quali nello Spirito preservano
la storia e la fede in faccia a ogni contraria
evidenza.
Quando parliamo della signoria idi Cristo
e ci sforziamo di prestarle attenzione in
questa comprensione profana e secolarizzante di JHWH (1) e del suo Rabbi Joshua,
dobbiamo perciò dire anzitutto che questo
processo di secolarizzazione non si è arrestato. Azzardo la tesi che la signoria di Cristo è vista e sperimentata proprio nella secolarizzazione. Non dobbiamo dimenticare
che la storia dell’Evangelo portato nei vari
continenti è la storia-della secolarizzazione
di ciascuno di questi continenti. Dovunque
la fede cristiana è proclamata e vissuta, gli
dèi rovinano. Nel momento in cui la missione costruì un ospedale nell’Africa centrale, gli dèi furono spacciati. Dobbiamo
vivere facendo a lungo i conti con quel
tempo passato, ma quando l’Evangelo fu
portato in Asia, sotto l’aspetto singolare
della libertà scientifica che gli uomini avevano conquistato attraverso i secoli in Europa e nel Nord America, risorgano pure
quanto vogliono le religioni; esse non potranno evitare di subire l’influenza secolarizzatrice dell’Evangelo. E se leggiamo fra
le righe la storia del Rabbi Joshua di Nazareth, non possiamo attenderci altro. Per
dirla nel linguaggio tradizionale, quando
Gesù ascese al suo trono e ogni potere gli
fu dato (Fil. 2; 9-10), fu chiaro che agli
dèi non restava alcun posto, neppure agli
dèi che la cristianità si era fatta per preservare la chiesa, o un continente cristiano,
o qualsiasi altra cosa in contrasto con l’Evangelo. Albert van den heuvel
(da The Humiliation of thè Chiirch.
1963, p. 42 s.)
d’Israele, Jahveh. che gli Ebrei non pronunciano. A', il- '.
LA CHIESA
PROLUNGA L'INCARNAZIONE
(affeima il cattolico)
In virtù dell'Incarnazione, vi è ormai nel
mondo una realtà sacra; il corpo di Cristo. Questo corpo è la sola realtà sacra del
mondo, la sola che, presa fra le cose di
questo mondo, sia cambiata nella sua qualità ontologica (di essenza), per quanto, in
attesa della manifestazione dei figli di Dio
(Rom. 8: 19; 1 Giov. 1; 1-3), conservi le
sue apparenze esteriori di cosa appartenent> a questo mondo. Questa realtà sacra esiste sotto tre forme. Vi è il corpo nato da
Maria (...) Vi è il corpo del Cristo sacramentalmente presente per il cambiamento
della sostanza del pane nella sua sostanza (...) Vi è infine il corpo ecclesiale. (...)
Sotto una storia esteriore della Chiesa, che
gli uomini possono catalogare come qualsiasi altra storia, si svolge un’altra storia,
propriamente soprannaturale e sacra.
Y. M.-J. CONGAR, O. P.
(ida Le Mystère du Tempie, 1963^, p.
341)
VIVIAMO NEL REGIME
DELLO SPIRITO E DELLA FEDE
(1) È il Tetragramma santo; le quattro
consonanti del nome personale deH’Iddio
11 concetto (cattolico) di Chiesa come
prolungamento dell’Incarnazione si fonda
sulla convinzione di dover continuare la
presenza di Cristo secondo la carne Ma il
Cristo secondo la carne è morto sulla croce La sua presenza sul piano della stona
non poteva diventare permanente, il tempo
tra la croce e la parousìa (il ritorno glorioso) è il tempo dell’assenza del Cristo secondo la carne (Matt. 26; 11; le parabole
sulla partenza del padlrone di casa, Matt._24
e 25- 11 Cor. 5: 6). (...) La presenza divina
non ’è più localizzabile, l’assoluto non si
integra più in questo mondo, il Tempio distrutto non può più essere ricostruito (Gv.
2- 19-22), nessuna teologia dell’evidenza e
più possibile. (...) Cristo può essere solo
predicato e solo creduto. L’unico memo di
trasmissione è la Parola e la Parola rischia di imbattersi nella resistenza e nella
incredulità degli uommi, dal momento che
la sua efficacia, la possibilità di produrre
una udienza è affidata non a evidenze, ma
unicamente al libero e imprevedibile intervento di quello Spirito ohe solo può creare
la fede e il cui regime ha preso il posto del
reg.iinc deirificarnazione.
Questo significa che il rapporto fra Cbiesa e mondo perde ogni carattere ovvio e
diventa problematico. Il rapporto non è
più tra sacro e profano, nel s^o di un
trascendente incarnato in una istituzione,
alle cui tangibili prestazioni il profano può
ricorrere per redimersi dai limiti della propria profanità e integrarla in una dimensione più vasta che ne consacri la legittimità. L’ecclesiologia stessa si problematizza,
ogni suo carattere sacro è e^aluso, tutte le
sue manifestazioni sono discutibili. Quella
stessa Chiesa che nel Nuovo Testamento è
chiamata « corpo di Cris.to », porta, appunto nelle membra del suo corpo, « la morte
di Gesù» (Il Cor. 4; 10) (...). La «vita di
Gesù » è ben presente e reale noUa sua fede (Matt. 18; 20; 28; 20), ma non è evidente nelle sue strutture e nella sua evoluzione storica sempre così contestabile, è
nascosta con Cristo — la primizia dei risorti, il primogenito dei morti (I Cor. 1 ;
20-23; Col. 1 ; 18) — in Dio, attende la
sua manifestazione escatologica (Col. 3 ;
1-4). La sua funzione è solo di inserire nel
mondo dei fermenti che lo tolgano alla sua
pace e lo mettano in orisi, perchè sia portato a cercare oltre. Essa non può fare altro che rimandare, appunto, oltre sè stessa.
Come si configura il regime dello Spirito
e quali sono le sue strutture? Dopo che il
fenomeno, che la Riforma ha combattuto
tanto quanto il Cattolicesimo, lo spiritualismo degli Schwärmer (illuminati, esaltati, n.d.r.), degli spiritualisti pietisti o revivalisti o liberali o esistenzialisti, ha preso da
secoli in tutte le chiese evangeliche il posto
del messaggio e della fede della Riforma,
rivelando così una debolezza della Riforma
stessa su questo punto fondamentale, possiamo tuttavia dire che le dimensioni personali, ecclesiologiche ed escatologiche dell’azione dello Spirito siano state scandagliate in tutta la loro estensione e con strumenti adatti? Ci sembra che l’Alleanza
Riformata Mondiale sia stata ispirata da
un’intuizione sicura nel proporre aM’attenzione dei suoi teologi lo studio della teologia dello Spirito. vittorto subilia
(da La nuova cattolicità del Cattolicesimo, 1967, p. 146 s., 87).
SEGUE DALLA PRIMA PAGINA
MASSEL
Il numero dei catecumeni che quest’anno
hanno confermato il loro battesimo nel corso
del culto del Venerdì Santo è stato estremamente esiguo poiché solo Livio Tron di
Salza frequentava il 4° anno. La nostra co
munita vede così ridursi il numero dei suoi
giovani ed assume in modo sempre più ©vi
dente il carattere di una comunità di anziani
Domenica 16 abbiamo accompagnato al ci
mitero le spoglie del fratello Giovanni Mi
col deceduto in seguito ad improvviso ma
lore. Per lunghi anni segretario comunale a
Ferrerò ed a Lusema S. Giovanni rappresen.
tava fra noi una tipica figura della generazione che lentamente scompare fra noi senza
che altri la sostituisca. Alla famiglia rinnoviamo l’espressione della nostra simpatia.
Domenica la nostra comunità ha avuto la
visita graditissima di un gruppo di membri
della comimità metodista di Savona. Dopo il
culto i nostri ospiti hanno trascorso con i
giovani della comunità alcune ore in fraterna compagnia. Siamo riconoscenti ai fratelli di Savona per questo incontro.
Ringraziamo i sigg. Mario Berutti e Fran.
co Calvetti per aver presieduto i nostri culti
domenica 16 e 23 aprile.
la partecipazione del pastore Luigi Marauda,
uno degli iniziatori dì questa tradizione.
Dopo le brevi pairoie di saluto e di benvenuto del past. Achille Deodato, con la semplicità e la sdarìetà che caratterizza quasi
sempre queste manifestazioni, si sono succeduti i trombettieri valdesi e le varie corali
della Valle: Pomaretto, ViUar Perosa, S. Germano, S. Secondo, Pinerolo: « Intrada » di
Frank (trombettieri); Innario Cristiano, n. 2
(Corali riunite); « Un cristiano vorrei essere » (S. Germano); Innario Cristiano, n. 351
(Villar Perosa e Pinerolo); Psaumes et Cantiques, n. 159 (corali riunite); Innario Cristiano, n. 110 (Pinerolo); Salmo 147 di
ScandeUi (trombettieri); intermezzo d’organo
(sig.na Elda Tiirck); Innario Cristiano n. 53
(corali riunite); « Montagne sacre » (ViHar
Perosa); Psaumes et Cantiques, n. 24 corali
riunite); « Cantique de Pâques » ('Pomaretto); « Clorali e Cantici » n. 12 (corali riunite); Pezzo da suonale, di Scheìm (trombettieri); Gloria, di Händel (S. Germano); Innario Cristiano, n. 342 (corali riunite).
Come si vede, una buona scelta di inni
che, speriamo, saranno un utile contributo
allo svolgimento dei nostri culti; ed anche
brani di musica sacra varia. Ottima l’esecuzione, almeno nel giudizio di un incompetente come dii scrive; ma siamo certi che
anche i competenti esprimeranno lo stesso
giudizio. Se è lecito fare una critica, tuttavia, della massima serietà, a uno che non è
impegnato in questo lavoro, e pur nel riconoscimento di quanto le scelte siano difficili,
questa critica è che Pannunzio dell’Evangelo
non è stato abbastanza chiaro. Questo non
vuole essere un’accusa verso nessuno, ma un
rilievo fraterno, che saremmo grati fosse fatto ogni volta die è necessario anche alle nostre attività giovanili, che qui è espresso da credente a credente : accanto a in.
ni con espressioni chiaramente evangeliche e riformate, abbiamo udito espressioni ohe non possono non prestarsi all’ambiguità, senza ohe fosse chiaro a quali di
queste due categorie sia, necessario attenersi.
Sono due categorie di inni che sono compre,
senti nei nostri innari e fra cui è difficile
scegliere; ma crediamo, ondimeno che l’attività defle corali, come ogni attività della
chiesa, ha un senso nella misura in cui rende una testimonianza esplicita a Gesù Cristo
ed è predicazione deU’Evangelo. Altrimenti
si riduce a qudla di un club di cantori, come le unioni rischiano di ridursi a dub ricreativi. Forse una buona predicazione avrebbe ohiarito il senso agli eventuali estranei o
ai fratelli più deboli nella fede.
All’esecuzione degli inni è seguito U consueto incontro fraterno nei giardini del tempio di Pinerolo, dove la corale locale aveva
preparato un apprezzato rinfresco, veramente
adatto a inumidire le gole piuttosto asciutte
dei coralisti e dei trombettieri, giusta mercede degli operai che rendono questo servizio al Signore : un incontro fraterno che ha
concluso molto bene questa bella giornata.
C. Tron
I LETTORI CI SCRIVONO
I pastori,
sindacalisti
di complemento?
Un lettore, da S. Germano Chisone:
Caro Direltore,
leggo in ritardo il numero nel quale la Signora Giuliana Gay solleva la
questione della competenza dei Pastori a cercare e proporre soluzioni in
speciiiehe questioni di ordine sociale
ed economico.' E' una domanda che
mi pare molto giusta c che, d'altronde. si è già posta a quelli tra di noi
ohe, pur non desiderandolo, si sono
trovali a dover aiirontare tale genere
di problemi.
Personalmente riterrei però che la
domanda vada allargata. Non si tratta, mi pare, soltanto di sapere se tale
o tale altra persona sia competente
-ad affrontare questi problemi, ma se
e come la Chiesa nel suo complesso
debba affrontarli.
Direi, allora, che il compilo di tiltta la Chiesa, Pastori compresi, è quello deH annunzio dell'Evangelo, dovunque e in ogni occasione e con ogni
mezzo. Quindi anche al mondo della
economia e deii'industria, se questa
occasione ci viene data. Ora, non soltanto i prolilemi economici e sociali
sono diventali sempre più importanti,
ma anche cì siamo resi conto che tut.
ti gli aspetti della vita del mondo
sono legati Ira loro, sicché non si può
più parlare airuomo singolo dimenticando i suoi legami con la società,
nè alle associazioni dimenticando che
son fatte di uomini per ciascuno dei
quali Cristo è morto. E‘ cioè diventato nialerialmente impossibile (ammesso che sia stalo possibile nel passalo) predicare la giustizia, il pane
quotidiano e l'amore reciproco, senza
occuparci del fatto che le fabbriche,
clic procurano quel pane quotidiano,
vengano a sparire per motivi che .sono
a volle fondamentalmente ingiusti ed
egoisti. Ora. fermo restando ohe la
manifestazione totale della giustizia
di Dio non è per questo tempo, mi
pare si debba cercare anche in questo campo di far sì che il massimo
possibile di quella giustizia venga indicato e praticato. E ciò nei problemi generali, come in quelle circostanze particolari che possono di volta in
volta essere messe sul nostro cammino.
Poiché si tratta, dunque, dell'annuncio dello stesso Evangelo, mi tpare
che anche il modo di questo annuncio nel campo della economia non
differisca, se non nelle circostanze, da
quanto avviene altrove.
Sarà dunque annuncio di liberazione. Il mondo economico e sociale
è dominato^ come ogni altro aspetto
del mondo,’da miti e pregiudizi. Vi
sono i miti propri degli industriali,
quelli dei sindacati, quelli dei partiti
e così via. L’annuncio dell’Evangelo
dovrà allora permettere agli uomini
di liberarsi da questi miti : non si
tratta dunque di Uasformare i Pastori in sindacalisti di complemento o in
cappellani di fabbrica, ma di chiedere a loro e agli altri credenti di riportae gli uomini alla realtà. Si tratta di cercare la giustizia, o almeno
quanta giustizia sia possibile, una vita decorosa per tutti, un senso di responsabilità degli uni verso gli
se i presupposti ideologici o mitici
delle Organizzazioni o dei singoli non
lo permettono, si dovrà dimostrare
che questi miti sono delle vanità, che
non hanno nulla a ohe fare con la
realtà, ovvero che sono delle proiezioni deiregoismo umano, che nascondono sotto le belle parole una realtà
malvagia. Ma certo per annunciare la
libertà bisogna essere intanto degli
uomini liberi.
Ed FAiangelo di chiarezza. Qui sta
mollo bene la domanda posta dalla
Signora Gay, perche affinchè 1 annuncio dell Evangelo sia valido occorre
che esso sia dato nei termini e nelle
situazioni di coloro a cui lo si annuncia, ed è un fatto che i pastori
hanno in generale piuttosto una preparazione umanistico-leUcraria, che
scientiffco-economica. Ma nella Chiesa non ci sono solo i pastori, ma anche i tecnici, gli economisti, gli
scienziati; i pastori potranno allora
aiutare questi a ricercare nelle loro
conoscenze la possibilità di annunciare ila Parola di Dio ed essi insegnare
ai pastori il modo di farlo con un
esame obiettivo dei fatti, nel quale la
decisione della Parola abbia tutto d
suo valore di realtà. Ciò che farà si,
ad esempio, che si cerchi di provvede,
re ad una situazione dì crisi pritna
che questa sìa diventata irrimediabile
anziché dopo, e con i mezzi realisticamente disponibili, anziché con affermazioni generiche.
Ed Evangelo di solidarietà. Il carattere, il fondamento, il modo evangelico di questa solidarietà dovrà risultare in ogni caso evidente affinchè
si sappia che non viene annunciata
questa o quella dottrina, ma un preciso Evangelo. E tale solidarietà sarà
non solo diretta agli operai ma anche alla Chiesa. Sarà cioè un cercare
insieme una soluzione ai problemi
sempre nuovi ohe ci si presentano,
senza preclusione di gruppo o di tendenza, neppure fra dì noi. Se non
siamo solidali tra di noi chi crederà |
infatti alla nostra solidarietà con il
mondo? Per cui la Chiesa, cioè i ere- j
denti riuniti e viventi in un determi- I
nato luogo, dovranno essere chiamati
a discutere, eventualmente correggere e sempre sostenere l’opera di coloro. pastori e non pastori, cui essa
affida un compito particolare. I
Infine, anche se corro il rischio di
essere considerato pietista, ritengo j
che le difficoltà proprie di questo per j
noi nuovo campo di missione ci con- ,
siglino una buona dose di umiltà iper.
sonale, la convinzione di non possedè, j
re la verità ma di ricercarla e la ca- ^
parità di riconoscere i nostri errori. ^
E tutto ciò non mi pare ohe intralci, '
anzi, come i fatti stanno a dimostrare, rende più chiara e più forte 1 azione che la Ghiesa è chiamata a
compiere anche in questo campo.
Appunto per questo ritengo che sia
straordinariamente opportuno che di
queste cose si discuta ampiamente e
serenamente tra di noi.
Cordialmente, Pierluigi Jalla
La nostra fede
è sotto ipoteche
socio-politiche?
Un lettore, da Pinerolo:
Sono grato al pastore Ermanno Rostan per il stio incisivo intervento sul
(f Manifesto prò Vietnam » di cui al
nostro Eco del 7 aprile u. s., perchè esso ha risvegliato in noi un senso di ripen.saraento suH’indirizzo attuale dato alla nostra fede, che in linea generale è convogliata verso una
direzione in gran parte ipotecata dai
problemi di questo mondo.
Mi sono permesso di esprimere le ^
mie riflessioni al plurale, perchè col- j
limano con quelle di altri laici con i ^
quali ho avuto occasione dì intratte
nermi. Infatti noi abbiamo l’impressione di avvertire, nelle diverse manifestazioni del pensiero più rappresentativo e impegnato della nostra
Chiesa, considerata s’intende come il
complesso dei suoi membri, un sempre più accentuato allineamento su
posizioni che sanzionano, nel contesto deU’etica cristiana, la priorità dei
problemi sociologici e politico che assillano Tumanità, a scapito del significato della missione salvifica di Gesù
Cristo.
Senza avere la minima intenzione
di enunciare dei princìpi dottrinali,
con tutta umiltà noi crediamo che
secondo l’Evangelo il fine ultimo del
sacrificio della Croce, nel disegno del
Signore, sia quello della redenzione e
della salvazione spirituale dell’umanità peccatrice, in vista della realizza-'
zione del Regno. Come Cristiani noi
non possiamo minimamente sminuire
Timportanza e la legittimità di simili
manifestazioni, ma questa costante e
esasperata dilatazione verso un esclusivo interessamento alle cose di questo mondo, ci fa intravvedere il pericolo, a suo tempo già fatto notare
su queste colonne dal prof. Subilia,
che gli evangeli di questo mondo, nel.
Lambito dei quali siamo sempre più
attratti, possano in un giorno non lontano prevalere suirEvangelo della Parola di Dio.
li dilemma che si presenta dinanzi
a noi i'i sembra questo: o abbiamo fiducia neiriddio onnipotente e allora
la speranza alimentata dalla nostra' fede ei aiuterà nelle situazioni più difficili e complesse a essere non solo
vigili e operanti, ma anche pazienti
nelle attese, sicuri che ogni evento
presto o tardi è condizionato al giudìzio del Signore. Ad esempio è più
accetta a. Dio l’azione che compie chi
partecipa ad una manifestazione pubi)lica a favore della non violenza o
contro determinate situazioni, o 1 azione di chi, nel corso del culto, o nel
silenzio della sua cameretta, o nel segreto del suo cuo-re, espone le stesse
cose con un’ardente preghiera? Ed è
veramente evangelico il fatto che,
evangelici fautori della non violenza,
come tutti i credenti lo debbono essere, usino la violenza sia pur ridotta
alle dimensioni di un manifesto, per
coartare la libertà altrui invitando i
membri di una comunità a non andare in chiesa nel periodo dì Natale?
Cristo non è solamente il figliuol dell’uomo, ma andhe il figliuol di Dio
con tutti gli attributi che gli spettano; perciò noi non possiamo considerare esclusivamente il rapporto fra
uomo e uomo, ma anche il rapporto fra l’uomo e Dio, perchè Gesù ha
anche detto « il mio Regno non è di
questo mondo ».
Oppure non abbiamo più fiducia
nei disegni imperscrutabili di Dio :
allora davanti a noi si schiuderà la
conturbante problematica di un Evangelo posto in discussione e ridimensionato sulla scia delle esigenze dei
nostri tempi, con il risultato che non
sarà più la Parola di Dio a inculcare
al mondo la sua etica spirituale e morale, ma sarà il mondo che adatterà
l’Evangelo alla sua etica, se non cercherà addirittura di rifiutarlo.
Noi speriamo che altri nostri fratel.
li in fede laici, oseremmo dire appartenenti alla massa, ma sensibili ai problemi che travagliano il Cristianesimo, si sentano spìnti a portare su
queste colonne il contributo delle loro
esperienze spirituali e delle loro riflessioni alla luce del Messaggio evangelico.
L’ascolto delle voci che perverranno, anche se contrastanti con le nostre, sarà l ansioso e umile ascolto del
credente che cerca, di discernere e dì
captare Tammaestramento profetico di
cui tutti abbiamo bisogno, e questo
senza astiose polemiche o presunzioni
dì sorta, ma con largo spirilo di carità e d'amore cristiano.
Ben. Grill
Il primo “No,,
dobbiamo dirlo
a noi stessi
Un lettore, da Sanremo:
Caro direttore,
voglia permettermi alcuni commenti alla recensione che la signora Giuliana Pascal ha pubblicato alla commedia (o tragedia) « L'Istruttoria » sul numero 13-14 del nostro
«Eco-Luce». Non per giudicare,
che non spetta a noi; ma per cercare di capire.
« Weiss vuol dimostrare che Auschwitz con le sue camere a gas ed
i forni crematori non è che l’ultima
espressione di un sistema che aveva
coinvolto tutta la nazione ; distruzione aella personalità ancor prima
che distruzione fisica abdicazione alla propria libertà e volontà, alla
razionalità umana... i.
Perchè è avvenuto ciò? Non sarà
perchè l’uomo non vuole naturalmente che la sua personalità sia distrutta, anzi, oggi più che mai, si
dibatte freneticamente per « affermare la sua personalità » senza conoscere, perchè non ascolta l’Evangelo l’unico moido per riuscire veramente in questo intento? « Chi vorrà
salvare la sua vita la perderà; ma
chi perde la sua vita per amor di
me e dell’Evangelo la salverà ». L’uomo non conosce l’Evangelo, e crede
di vivere coi suoi mezzi; allora interviene qualche cosa, o qualcuno,
che lo costringe, nel modo più brutale e sanguinoso, a fare quello che
deve. Soltanto che allora non lo fa
per fede, ed il sacrificio umano non
vale a chi lo compie.
Il « No » a tutto quello che è
stato (e che sarà ancora di nuovo,
se non ci ravvediamo) non basta.
A tutti noi è facile dire « no » a
quello che sentiamo ingiusto, ed ancor più a quello che ci appare scomodo. Ma il primo « no » dobbiamo dirlo a noi stessi, al nostro uomo vecchio. Non mi pare che di
questa esigenza si preoccupino troppo quelli che dicono giusti ma vani « no ». Vani, perchè il « No » definitivo, unico, necessario e sufficiente è stato detto sulla croce, in
un lontano Venerdì ohe ogni anno
rievochiamo (ma come? con quanta sincerità? con quanta aderenza a
quella croce?). Secondo me tutti i
guai, grossi e piccoli, individuali e
collettivi, si spiegano con questo nostro costante voltar le spalle alla croce ; l’uomo non compie l’atto di fede, ed allora bisogna che alcuni,
molti uomini, milioni di uomini siano costretti con la forza a fare quello che occorre fare per vivere.
È questione di equilibrio; il sangue del Cristo ha un peso immenso ;
! bisogna che gli uomini se lo addos: sino, volenti o nolenti,
i Sono verità che ripetiamo — o
dovremmo ripetere —■ ogni giorno.
I Ma rincomprensione, il pesante
oblio, continuano. Perciò mi scusi
se ho sentito la necessità di ripeterle ancora una volta.
Lino de Nicola
4
pag. 4
N. 18 — 5 maggio 1967
TAVOLE ROTONDE A TORINO
Riordinamento sinodale - Impegno politico
INCONTRO DI COMUNITÀ AD AGAPE SPIGOLANDO NELLA STAMPA
Mercoledì 12, organizzata a cura del
Centro Evangelico di Cultura, si è tenuta
la prima di una serie di tavole rotonde su
temi di attualità nella vita della comunità.
Il tema era quello del riordinamento dei
lavori sinodali. Lo hanno vivacemente presentato. in un dialogo che a detta di presenti aveva quasi del televisivo, il prof. Roberto Jouvenal e il dr. Aldo Ribet; vari
interventi hanno sostanzialmente concordato con le tesi affermate in un ordine del
giorno votato dal Concistoro qualche tempo fa e che riportiamo:
Il Concistoro di Torino, dopo discussione
sui vari punti del questionario ritiene interpretare e riassumere il pensiero, quasi
unanimemente espresso sui vari punti del
questionario con le seguenti precisazioni;
1) Pure convinto che un Sinodo numeroso, come quello attuale, sia in condizione
di operare con maggiori diflScoltà, si ritiene che il criterio seguito dalla Commis
sione snaturi in modo pericoloso la ecclesiolgoia della nostra Chiesa e trasformi il
carattere stesso del Sinodo Valdese quale
sin qui concepito.
2) Si ritiene che un voler parificare le
condizioni delle Chiese Sud Americane e
Italiane in schemi di regolamento sinodale
che non tengono conto dele differenze locali ecc., sia una forzatura non necessaria
perchè l’unità delle due parti della Chiesa
non consiste nell’uniformità delle procedure.
3) Si ritiene che il regolamento sinodale debba informarsi ad una chiara linea
ecclesiologica, indispensabile premessa, anziché precondizionarla.
4) Si ritiene che il problema economico debba considerarsi irrilevante per quanto concerne decisioni di principio ecclesiologico che non possiamo in alcun modo
adeguare a mere situazini economiche. In
caso di necessità assoluta di economia per
le spese sinodali si preferirebbe considerare
la possibilità di convocazioni biennali del
Sinodo con relativa valorizzazione delle
Conferenze Distrettuali.
5) Per quanto concerne una riduzione
del numero dei membri del Sinodo si ritiene attuabile:
a) riduzione a UN rappresentante il
Consiglio della Facoltà;
hy riduzioni come dai B e C della
domanda 5;
c) riduzione del numero degli EMERITI ai soli che desiderino partecipare (e
possano farlo) con corrispondente riduzione del ninnerò dei laici (vedi nota 2);
d) eliminazione dall’elenco dei membri del Sinodo di tutti i laici membri di
commissioni che non partecipino al Sinodo
nella sua interezza (intervenendo solo per
una seduta che li interessa - tra cui quelli
del B e C) con la possibilità di avere più
adeguata rappresentanza delle Comunità.
6) In conseguenza di quanto sopra si
ri conferma che il Sinodo debba essere primieramente formato di rappresentanti delle Comunità (Pastori e Laici) non debbano
essere diminuiti a favore di rappresentanze
settoriali (concezione corporativistica estra
nea al carattere del Sinodo Valdese che deve rimanere il Sinodo delle Comunità Vaidesi).
• • *
La seconda delle « tavole rotonde » in
programma ha letteralmente riempito la
nostra grande sala, mercoledì 19; era in discussione l’impegno politico della chiesa,
in seguito alle prese di posizione di giovani
e meno giovani, a favore della pace nel
Vietnam, ma anche a favore dei licenziati
della Talco Grafite; abbiamo già riferito
sui volantini diffusi, sulle manifestazioni
torinesi, sulle discussioni in sede di concistoro. Ora è pure uscito un « numero unico » (« Esistiamo! ») a cura del gruppo di
giovani evangelici (valdesi e battisti) che
hanno dato il via a tutti questi dibattiti
nell’ambito delle nostre comunità.
In realtà, non si è trattato di una tavola
rotonda classica, in quanto la partecipazione del pubblico ha superato di gran lunga
lo spazio occupato dagli oratori i quali si
sono opportunamente limiteti a introdurre
la discussione; il sig. Giovanni Papa ha
parlato a nome del gruppo di giovani di
cui abbiamo parlato, spiegando i moventi e il senso della loro azione, l’ing. De
Pianta, membro del Concistoro di Torino,
ha espresso una posizione di pessimismo,
nel valutare « politica » con i suoi corsi e
ricorsi, e l’atteggiamento fino a ieri tradizionale nelle nostre comunità (ma che
può difficilmente richiamarsi all’etica politica dei Riformatori), per cui l’impegno politico del credente si limita essenzialmente — non è poco, certo — all’etica personale. « Moderava » il dibattito, con vivace
efficacia, e permettendosi qualche intervento personale, il prof. Roberto Jouvenal.
Le due posizioni hanno poi dialogato e
si sono anche scontrate, mantenendo tuttavia un livello notevole di tono, se non
sempre di chiarezza; passione, ma non
astio. È probabile, e auspicabile, che nessuno ne ne sia poi tornato a casa con
«buona coscienza», sicuro del fatto suo;
molti conformismi, diversi e anche opposti, ci minacciano sempre. A coloro che
insorgono contro questa « politicizzazione »
della chiesa, occorre ricordare sempre che
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estivi e invernali
ciò che ci sta alle spalle è tutt’altro che
idillico, e che l’impegno cristiano, oggi comunque, non può evitare la dimensione sociale, cioè politica. A coloro che più decisamente già si avanzano su questa via, si
è (in diritto di chiedere un costante confronto con l’Evangelo, o più precisamente
un costante controllo della chiarezza dei
moventi caratteristici della propria azione,
se ci si richiama esplicitamente, per vocazione, al nome di Cristo salvatore e signore. Questa non è affatto l’aurea mediocrità della via mediana, il trionfo del compromesso e deH’equilibrio; è la via spezzata dell’impegno criticamente assunto e
riassunto continuamente di fronte alla mutevole realtà, per riferirsi e fondarsi nell’Iddio vivente e non in qualche ideologia.
Comunque, ai giovani in questione questa serata ha certo dato il senso della validità della frase contenuta nell’ordine del
giorno del Concistoro : « ...riconosce che i
redattori del volantino, provocando commenti e reazioni nella comunità, hanno
contribuito a farla riflettere sulle reali dimensioni del culto di Dio ». A nostra conoscenza, sfogliando i verbali del Concistoro torinese, è la prima volta che esso si
è occupato — e così a lungo, con tanta
passione e serietà — di un problema politico; ed è la prima volta che una assemblea così numerosa lo dibatte, in una comunità evangelica italiana: pur non trattandosi di « assemblea di chiesa » in senso
tecnico-giuridico, era evidente che credenti (in grande maggioranza) erano raccolti
nella stessa fède per cercare quale sia la
volontà di Dio per noi. La cosa è degna
di nota.
Giovani, adulti, anziani; saremo stati
ben più di duecento, un record ohe nessuna assemblea non-elettorale raggiunge. Un
segno di vitalità. Una riprova che la politica è la passione del secolo. Lo Spirito
ne faccia per noi una passione di fedeltà a
Lui; poiché è già capitato che i cristiani
nel loro sforzo di testimonianza abbiano
perso di vista il problema n. 1 ; Dio, il
Dio vivente dell’antico e del nuovo patto.
Obiettivo; sul niatrinioiiio
Ad Agape, dal 29 aprile al 1 maggio, s
sono riuiniti una cinquantina di rappresen
tanti di comunità evangelica dell'Italia nord
occidentale. Per la crònaca, erano riuniti bat
tisti, metodisti e valdesi di Verona, Bergamo
Milano, Torino, Courgnè, Torre Pellice, Po
marette e soprattutto una folta rappresentan
za della grande Genova (Genova, Sampier
darena e Sestri); partecipavano pure alcune
amici cattolici.
La domenica pomeriggio il past. Alfredo
Sonelli ha presentato un ampio studio sul
matrimonio oggi in Italia, naturalmente con
particolare riferimento alle comunità evangeliche; esso è stato seguito, anche in serata,
da una discussione ampia e molto vivace, con
impegno serrato di tutti. Il lunedi mattina,
si sono affrontati due aspetti particolari:
quello dei matrimoni misti, presentato dal
past. Gino Conte, e queEa del divorzio presentato dal past. Aldo Comba. Riceviamo
queste notizie al momento di andare in mac.
china, e non ci è possibile riferire in questo
numero sui lavori del convegno, che rivestono tuttavia una importanza notevole. Contiamo pubblicare la relazione Sonelli, come
pure la bozza di liturgia (per matrimonio già
celebrato civilmente) che il convegno ha,/elaborato. A proposito dei matrimoni misti, quasi unanime e molto recisa è stata la iposizione dei partecipanti, convinti della necessità
non solo di rifiutare strane celebrazioni trifasi, ma di vegliare nei confronti delle avari’
ces integratrici del Cattolicesimo progressista
che tende indubbiamente a coinvollgerci nel
suo istituzionalismo sacramentale (il ohe avverrebbe anche e proprio se esso <c riconoscesse » un giorno putacaso il matrimonio
evangelico a condizione che lo consideriamo
un atto più o meno « sacramentale »). Quanto al divorzio è stata ribadita, ma con qualche perplessità, la linea che il past. Comba
ha tracciato nel suo opuscolo.
Belle, intense giornate; peccato per chi le
ha mancate. Notata la assenza quasi totale
di Torino e Piemonte settentrionale, in parte spiegata dal convegno dell’Ascensione a
Viering, e delle Valli, in parte impegnate in
feste di canto : si raccomanda il massimo
coordinamento delle nostre attività. rep.
lummmiiMim'iniiiMiiiiiiiunmiiiiuii
iiiiiiimniiMuiniiiiiimiiiii
Il Vietnam, ieri e oggi
SEGUE DALLA SECONDA PAGINA
non si può passare oltre con indifferenza e senza far nulla
Per questo, nel 1965 è sorta T« Azione Assistenza al Vietnam». Di questa
organizzazione, oltre a singole personalità, fanno parte: la Società per
la (pace, tedesca; il ramo tedesco degli Oppositori alla guerra; la Lega
della riconciliazione; il Movimento
femminile per la pace, della Germar
nia Federale; il Movimento Lotta
contro la morte atomica, eoe. Inoltre
aderisce TOpera di Ettaconia della
Chiesa evangelica, e l’Associazione
cattolica Charitas.
Attualmente si intende portare
aiuto con attrezzature osijedaliere,
medicinali, ecc., senza distinzione di
destinazione.
Si dice ohe la maggior parte dei
cristiani vietnamiti, in maggioranza
cattolici, si siano rifugiati nel SudVietnam, al tempo di Diem; gli altri
sono rimasti in riserbo e silenzio. I
Vescovi cattolici del Nord-Vietnam
non erano presenti al Concilio romano.
Noi quattro arrivammo ad Hanoi
il 2 gennaio ; per tutto il tempo ci furono messe a disposizione quattro
automobili e un accompagnatore.
Hanoi è una capitale che ricorda il
tempo della colonizzazione francese.
Per le strade si vedono soltanto uomini; donne e bambini quasi tutti
evacuati. Le Scuole pertanto non funzionano. AIT Uniyfersità si tengono
soltanto i corsi clinici della facoltà di
medicina; gli altri sono trasferiti
altrove. Si valuta seriamente la
possibilità che Hanoi possa venire sistematicamente bombardata e distrutta. Vi si trovano soltanto gli uffici centrali del governo, alcune grandi industrie ed ospedali, dato che non ci sono
attrezzature sufficienti per trasferirli
fuori città. L’Azione Assistenza al
Vietnam trova qui un (compito da svolgere.
La generazione di oggi è abituata
alla guerra. Finché nulla succede, lavorano come civili ; al momento di un
attacco diventano difensori; questo
vale anche per le donne, per le operaie
tessili, che quando c’è necessità passar
no dal telaio alla contraerea.
Abbiamo potuto vedere tante distruzioni; moltissime abitazioni civili sono state colpite e distrutte. Ad Hanoi,
in pieno centro di città, una strada
completamente distrutta, una scuola
materna bombardata ; alla periferia
meridionale della città, una società di
produzione agricola gravemente danneggiata, malgrado la completa assenza di obiettivi militari nei dintorni
che potesse giustificare l’attacco. Abbiamo visto i resti della città di PhuLy, a 60 km. a sud di Hanoi; dei suoi
13.000 abitanti non se ne trova oggi
più nessuno perchè neppure una casa
è più in piedi. Abbiamo visitato anche
il villaggio di Than-Nat, con popolazione completamente cattolica, a non
più di 20 km. ad ovest di Hanoi nelle
immediate vicinanze del Ftme Rosiso;
in un bombardamento tutte le case
dei suoi 600 abitanti fiuono rase al
suolo, con 8 bombe ; 26 morti, 23 fe
Culto radio
domenica 4 maggio
Past. ENRICO PASCHETTO
TORINO
domenica 7 maggio
Past. EMANUELE BUFANO
Piacenza
Echi della settimana
riti; tra le vittime, un numero relativamente alto di bambini piccali. Il
villaggio ora è stato completamente
ricostruito grazie a^ abbondanti aiuti ohe la solidarietà umana degli abitanti non cristiani (dei villaggi vicini
fece pervenire agli abitanti cristiani di
questo villaggio; tra i Vietnamiti c’è
una solidarietà evidente che opera al
di sopra delle differenze e contrasti
religiosi. Non è possibile affermare
con certezza se questo attacco fosse
destinato in modo speciale contro questo villaggio; Tunica giustificazione
potrebbe essere l’intenzione di colpire
e distruggere la diga sul Fiume Rosso
che dista poche centinaia di metri da
Than-Nat; però vi furono utilizzate
anche delle bombe a « shrapnel » che
hanno efficacia solo contro esseri
umani.
Concludendo: c’è da chiedersi per
ohe cosa questo povero ipopolo Vietnamita abbia dovuto subire per de;
cenni questa guerra, che esso non ha
nè voluta nè provocata. Nel frattempo però è venuta su una generazione
che non sa nemmeno cosa sia la pace ;
per essi la guerra è ormai cosa normale ; vita civile e vita >di guerra è tutta
quanta intrecciata in unica realtà. I
civili (come im tempo a Dresda) sono
uccisi così: come se fossero al fronte;
la guerra è diventata veramente « totale», ed ha perso quelle caratteristiche che gli uomini hanno sovente
indicato per cercare di giustificarla.
Certamente non è — e mal lo sarà —
un mezzo per conseguire la pace.
Credo che dobbiamo ascoltare, quando Ho Ohi Minh dice : « Noi non facciamo la guerra; noi non vogliamo
nulla degli Americani; vogliamo solo
che ci lascino in pace, in maniera tale
che possiamo scegliere e percorrere la
nostra propria strada! Ma fino a che
ci attaccheranno per soggiogarci con
la forza alla loro volontà, noi diremo
NO. Sta a loro stabilire quanto debba
ancora durare questa guerra. Se la
smettono, la guerra è finita ».
È difficile contestare queste affermazioni; e noi cristiani dovremmo
sapere che con la pressione, la forza e
la violenza non si vincono le inimicizie. Per noi non esiste ohe una domanda da rivolgere al nostro Si^ore
Gesù Cristo: «Signore, cosa vuoi che
facciamo? ». Chi gli rivolge onestamente questa domanda, non può rimanere senza risposta. Oggi la questione è posta alla Cristianità; e per
noi vale sempre, dal principio alla
fine, la Sua parola : « Seguimi ! »
La guerra nel Vietnam è peccato e
rinnegamento delTIddio vivente; perciò: Fermatevi!
Martin Niemoller
Da « L’Astrolabio »
(23-4-1967)
if Su questo settimanale è apparso un
articolo sulla contesa Casini-Lercaro, di
cui abbiamo parlato nel n. scorso. Il titolo
dell’articolo (« Le tuniche lacerate ») falsa
e immiserisce (inspiegabilmente, a nostro
parere!) il titolo (« La tunica lacerata») del
libello del Casini, cui il cardinale Antonio
Bacci s’è compiaciuto di scrivere la prefazione. L’articolista Alberto Standone avvicina questa straordinaria contesa (« che segna Temergere di una violenza polemica
tradizionalmente estranea alla discussione
interna alla Chiesa italiana ») ad altri recenti episodi, che fanno « credere che la
tensione fra le due ali della chiesa cattolica
(l'ala progressista e quella conservatrice) si
stia facendo sempre più acuta... Ma la situazione italiana è solo una copia abbastanza sbiadita di quelle che si stanno determinando in altri paesi ». Secondo l’articolista, ciò che in realtà è « lacerato » è lo
stesso Concino Vaticano II. « La polemica
italiana, e la più vasta polemica internazionale, hanno per riferimento il Concilio e i
suoi risultati. Ormai sono pochi i vescovi
che mostrano una esplicita « delusione » per
le scelte conciliari. Anche il Cardinale Bacci... spiega che il Concilio non ha deciso
l’abolizione completa del latino dalla liturgia e che è quindi legittima una polemica
contro gli « abolizionisti » integrali. Se si
vanno a leggere i testi conciliari ci si accorge che in realtà, se riflettono una certa
maggioranza innovatrice, sono generalmente documenti di compromesso, votati quasi
alTunanimità, e consentono quindi anche
ai conservatori appigli considerevoli. Finito
il Concilio, i progressisti, specie in Olanda,
Inghilterra e Francia, non si sono del resto
sentiti più condizionati dalla Curia Romana, ma al contrario hanno avvertito le sollecitazioni « rivoluzionarie » del loro ambiente, irrobustite dalle grandi speranze sollevate dal Vaticano II. Ne è derivata così
un’estremizzazione delle posizioni, una lacerazione della « carta unitaria » costituita
dai decreti conciliari. Nel vederne i riflessi
persino nella tranquilla provincia italiana.
Paolo VI forse si è domandato se è possibile saldare insieme quelli che sembrano
due cattolicesimi diversi. È comunque impossibile prevedere quali decisioni, di fronte a una guerra ormai in atto nella Chiesa,
stiano maturando nella mente del Papa ».
Da « Le Monde »
(21-4-1967)
La radio sovietica sta compiendo un
grande sforzo nell’accrescere le proprie emissioni dedicate alla Cina ed ai paesi del
« terzo mondo ». Nel novembre 1964 essa
diede inizio a trasmissioni in spagnolo, nell’aprile 1965 aggiunse altre trasmissioni in
portoghese (a destinazione del Brasile), nel
novembre 1966 altre ancora in francese e
inglese. In quest’anno poi le lingue sono diventate cinque e infine sei, essendosi aggiunte successivamente ancora il cinese e il
vietnamita. Attualmente la radio sovietica
trasmette servizi in lingua cinese, per la durata di ben 84 ore alla settimana! Ma le
trasmissioni in cinese sono tutte di violenta
propaganda contro la politica di Mao. Ecco
per es. un ,passo tolto da una trasmissione,
in cinese, del 18-1 u.s. ;
« Mentre i reparti di guardie rosse continuano a dirigere i loro attacchi contro i
professori d’università, gl’impiegati di Stato, 1 commercianti e gli addetti ai musei,
accusando questi di essere i depositari della
cultura del passato capitalista, i quartieri
di Nanchino, di Shangai, di Tientsin e di
Cantón, in cui risiedono i milionari, non
vengono toccati. Ben,protetti dalle alte mura che circondano le loro case, i milionari
vivono come volendo essere tagliati fuori
dal mondo esterno. Continuano a circolare
nelle loro automobili di lusso, senza esser
mai disturbati dalle guardie rosse. Quasi
90 mila capitalisti, con le loro famiglie al
completo, vivono in un lusso che i contadini
cinesi non sono neppure in grado di sognare... Essi possono anche viaggiare all'estero, e non ne sono per nulla impediti.
Mao e la sua cricca incitano le guardie rosse a degli attacchi contro la classe operaia,
ma essi simultaneamente fanno tutto il possibile per proteggere gl'interessi dei milionari ».
-ff Per la prima volta, dopo trent’anni,
una nave sovietica (la « Biryonsa ») ha gettato l’ancora in un porto spagnolo (Barcellona). In effetti il traffico marittimo fra
i'U.R.S.S. e la Spagna è stato ripreso, in
virtù d'un recente accordo (del marzo c. a ).
L’« Amicizia giudeo-cristiana » è una
associazione fondata nel 1947 (a Seeiisberg,
in Svizzera), con lo scopo chiaramente indicato dal suo titolo, con Timpulso di numerose eminenti personalità, fra cv.' Jules
Isaac, Edmond Fleg, il cardinale Genier. il
padre Chaillelt, il pastore Roland de Pury,
ecc. La sua attività si è notevolmente accresciuta a partire dal pontificato di Gio
vanni XXlll, del quale è nota la seguente
preghiera :
« Il segno di Caino è impresso sulle nostre fronti. Secoli e secoli di cecità hanno
chiuso i nostri occhi. Perdonaci, Signore,
d'averti crocifisso una seconda volta nella
carne degli ebrei, perchè noi non sapevamo
quello che facevamo ».
Lo statuto dell’associazione dichiara esplicitamente di escludere dalla propria attività
ogni tendenza al sincretismo ed ogni sorta
di proselitismo: in particolare Tobiettivo
di fondere insieme più religioni o chiese, è
dichiarato del tutto assente. L associazione
s’è riunita in congresso il 16 c., a Lione.
Un centinaio di congressisti (fra cui circa
trenta ebrei) vi hanino preso parte, poirtandovi contributi di alta spiritualità e in
uno sforzo di autentica simpatia reciproca.
Ma non è mancato qualche accento severo
e qualche monito contro l’eccessivo ottimismo. Per es. il gran rabbino Kling (dei
dintorni di Lione) ha detto di « augurarsi
d’essere oggi rispettato, grazie alla sua fede ebraica », ma ha anche confessato di
« non essere persuaso che il cattolicesimo,
ieri nemico ed oggi benevolo, non coltivi
alcun pensiero nascosto di conversione ».
(26-4-1967)
L’associazione detta dei « medici razionalisti » francesi, ha tenuto il suo primo congresso nazionale presso la facoltà
di medicina dell’Università di Grenoble,
dal 22 al 24 aprile. I lavori si sono svolti
su due temi principali; quello dell’« Etica
meidica e diritto alla salute », e quello del1’« Aborto medico ». Quanto al secondo tema, i lavori si sono conclusi con una mozione allo scopo d’ottenere una riforma
della legislazione francese in argomento.
Tra le varie opinioni sostenute, ci sembra
interessante quella del prof. Pascal (dell’Università di Grenoble), secondo cui « il
cristianesimo ritiene che l’anima esiste appena sono riunite insieme tutte le condizioni atte a produrre la nuova vita, cioè
alTatto della fecondazione». Ma una simile opinione, afferma il Pascal non ha
alcun valore scientifico, perchè «Tanima
non può essere considerata come un principio divino dotato d’immortalità, bensì come un insieme di pensieri, di desideri, di
sentimenti ecc., i quali sono caratteristici
delTuomo vivente, mentre invece nulla permette di supporre ch’essi già esistano nell’entità biologica formata dalTincontro dell’ovulo e dello spermatozoo, e neU’evi.iluzione di tale entità nel corso della vita intrauterina ». Il Pascal così conclude: « Oimi
altra concezione non può essere che te,)]( gica e non dovrebbe pertanto ispirare l.n v
gislazione d’uno Stato laico ».
Tullio Viola
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Agapt
cerca ima cune::
Agape cerca una cuoca che sia di',
nibile a partire dal mese di luglio. Si i.
ca non solo una persona capace e at
ma una persona evangelica, disposta ad c
serirsi pienamente nella vita comunit;
del gruppo residente e a fare del prof
lavoro un’occasione di servizio. Il tr« i
mento — come per gli altri membri
gruppo residente — è calcolato sulla h
dello stipendio pastorale della Chiesa \
dese e comprende vitto, alloggio, men mutua, assicurazione vecchiaia. Impeg:
minimo tre anni. Chi è interessato è p:gato di scrivere al pastore Franco Giàpiccoli, Agape, Frali (Torino) e di fa'
presentare dal proprio pastore.
BOBBIO PELLI
Sàbato 22 aprile abbiamo invocato la •
nedizione di Dio sul matrimonio di Bei i
Benino (Villar Pellice) e Charbonnier Er . t
(Abses).
A questi sposi, che si stabiliscono a B . bio PeHice, la comunità tutta porge i i
auguri affettuosi di ogni bene nel Sigru .
avvisi economici
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per occuparsi ragazzi in vacanza. Scrivev:
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Direttore resp.: Gino Conte
Keg. al Tribunale di Pinerolo
n. 175, 8-7-1960
Tip. Subalpina s.p.a. . Torre Pellice (To)
Le famiglie Pascal e Jahier esiprimono la loro profonda riconoscenza
a tutte le persone che hanno preso
parte al loro dolore per la dipartita
della carissima
Mimi Pascal Jahier
Un particolare ringraziamento al
Dott. De Bettini per le amorevoli e
prolungate cure, a Suor Ermellina, alla Signora Evelina Simond, ai Pastori Signori Sommani e Sonelli, a tutte
le amiche che hanno circondato la
loro Cara di tanto affetto.
« Io so in chi ho creduto »
(II Timoteo 1; 12)
Torre Pellice, 25 aprile 1967.
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