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la luce
22 gennaio 1993
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gruppo II A/70
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via Pio V n. 15
10125 Torino
SETTIMANALE DFXLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
venerdì 22 GENNAIO 1993
ANNO I - NUMERO 3
CRISI DELLA POLITICA
, IL RE
E NUDO
GIORGIO GARDIOL
.. A Ile urne, alle urne!»
Corte Costituzionale ha deciso. Entro giugno
il popolo italiano sarà chiamato alle urne per dire se
vuole modificare parzialmente il sistema politico. Se ciò
non accadrà sarà perché il
Parlamento avrà già modificato il sistema nel senso voluto dai promotori dei referendum.
Dovranno dunque cambiare
i connotati della politica in
Italia Dovrà cambiare il rapporto tra cittadini e i loro rappresentanti. I vari Segni, Pannella, La Malfa, Martelli,
Bossi e gli altri «nuovi riformatori» hanno finalmente
l’occasione che aspettavano
per costruire la «seconda Repubblica». «Daremo una bella botta al regime», dicono i
promotori dei referendum.
11 sistema accoglie finalmente l’indicazione del 9 giugno 1991 (voto sul referendum della preferenza unica) e
del movimento referendario
che ne è poi seguito. Ma qual
è il senso del cambiamento?
Che la crisi della politica
sia grave è convincimento generale. Quando le istituzioni e
la vita politica di un paese si
distaccano quasi compietamente dalle speranze, dalle
sofferenze e dalle aspirazioni
della popolazione o di parte
di essa, quando la maggioranza degli elettori non ha più fiducia nei suoi rappresentanti
si può dire - col bambino della favola - che il «re è nudo».
Nella politica oggi vediamo
solamente ragion di stato, lotta per il potere, carrierismo,
manovre, affari.
È una crisi che è il prodotto
di anni, e che è sbagliato pensare che sia - semplicemente
- il risultato meccanico del
proliferarsi di «tangentopoli».
Se di questo si trattasse dovremo semplicemente discutere delle decisioni di un tribunale sul futuro di questo o
quell’uomo politico. Neppure
si tratta di una «vendetta pubblica» contro la partitocrazia.
Si tratta invece del futuro della nostra democrazia, del nostro futuro. Per questo va presa sul serio.
La palla passa - si dice alla «società civile». Ma quale società civile? Quella che è
ossessionata dell’avere, del
possedere, del consumare, del
riuscire? Quella che si mobilita nelle piazze attorno allo
slogan «non un soldo a Roma
ladrona» (dove l’importante
non è Roma, ma le tasse da
non pagare)?
Oppure quella che sulla base di esigenze di moralità, di
dare significato alla vita, di
riferimenti ideali forti ha deciso autonomamente di impegnarsi nel volontariato,
nell’associazionismo, nei
movimenti sui temi cruciali
di questo fine secolo: la questione sociale, l’emergenza
ambientale, il rapporto NordSud, la pace, la resistenza alla
criminalità organizzata, i diritti di cittadinanza, la valorizzazione delle differenze
nella società complessa? Da
quest’ultimo spezzone di «società civile» sono venute
esperienze, elaborazioni, idee
che devono trovare cittadinanza nelle istituzioni riformate.
Appare perciò pericolosa
l’attuale tendenza alla centralizzazione dei poteri e l’eccessiva enfasi sulla governabilità (le emergenze sociosanitarie di questi ultimi anni
dalle tossicodipendenze
all’Aids sono state gestite assai più dagli organismi di volontariato sociale che dalle
Ussli).
Al contrario sembrano più
necessarie, proprio per rispondere al problema della
governabilità, la diffusione
dei poteri, la trasparenza e il
controllo delle scelte, la discussione e la partecipazione
politica rivitalizzata, un nuovo rapporto tra l’individuo e
l’azione collettiva.
Per questo è necessario che
chi fa politica assuma la responsabilità personale delle
sue azioni. Le istituzioni devono però rendere agevole la
selezione della classe politica.
I cittadini devono poter
mandare a casa chi ha fatto
cose contrarie a quelle su cui
ha chiesto il voto. Rivedere il
sistema elettorale non significa soltanto nuove modalità di
elezione ed avere partiti rinnovati nelle regole di funzionamento e di finanziamento.
Significa anche avere nuovi
«statuti» per i politici: stabili
SEGUEAPAGINA12
Nella società contemporanea non c'è posto per chi perde, lo si mette tra i rifiuti
L'Evangelo ci invita a raccogliere i resti
JEAN-PIERRE MOLINA*
Nel 1992 molti litigi relativi al trasporto, allo
stoccaggio e all’eliminazione dei rifiuti hanno fatto parlare i giornali: non si è scoperta così una straordinaria
tresca per introdurre i rifiuti
della Germania nei paesi
baltici definendo i convogli
come «aiuti umanitari»? Ma
questa confusione tra l’aiuto
e i rifiuti non è un caso né
un’eccezione, perché i paesi
in cui gli occidentali mandano le loro infermiere e i loro
aiuti alimentari sono anche
quelli in cui le nostre fabbriche sperimentano le proprie
armi, in cui gli insetticidi
proibiti qui da noi trovano i
loro ultimi sbocchi e in cui
la spazzatura della civiltà
viene inviata in cambio di
qualche soldo.
E ancora: avete già visto i
film promozionali delle imprese? Che si tratti di vendere
birra, fabbricare auto o si srotolare della latta... i film che
le imprese mostrano ai visitatori mettono in scena gente
pulita, che fa con dinamismo
dei lavori coinvolgenti, i cui
risultati sono perfetti.
Non c’è posto per chi fallisce. Il cinema d’impresa è il
luogo in cui i rifiuti sono azzerati, sono la negazione di
quella realtà crudele che invece porta con sé lavoratori buttati fuori, tecniche che vengono abbandonate (e quindi imparate per niente), uomini in
mano a altri uomini.
La pubblicità traveste la
storia operaia cancellandone
i conflitti, gli eroi e le catene, riflesso di una società a
due velocità che non solo
marginalizza e riduce a rifiu
ti delle persone e le loro conoscenze, ma in più si sforza
anche di cancellarne la memoria... E ciò che è umano si
può eliminare ben più facilmente che la plastica o il polistirolo.
E tuttavia «la pietra rifiutata dagli operai è diventata
pietra angolare». Gesù, colui che è stato respinto, è il
Cristo; lo scarto è il salvatore. «La sporcizia e la
spazzatura della società»
portano la speranza misconosciuta dal mondo e dalla
società. «È venuto per cercare e salvare ciò che era
perso» ... e coloro che hanno
perso. È venuto per «raccogliere le briciole perché
niente si perda» Questo è
revangelo dei rifiuti...'"
I governi europei hanno
torto se si limitano a chiudere semplicemente le pro
prie frontiere agli avanzi del
resto del mondo. È giusto
che i paesi europei e tutti gli
imperi vengano giudicati in
base alle loro discariche, alla
quantità di oggetti e di esseri
che essi riducono allo stato
di rifiuti e al trattamento che
riservano loro.
Ma è giusto anche che si
giudichi una società in base
agli scarti che essa attira,
perché se ci capita di saper
riportare alla vita degli oggetti che altri hanno rovinato, riabilitare delle persone
che la società ha guastato, è
normale che si venga da noi
per questo.
* animatore biblico della
Mission dans F industrie di
Parigi
(1) Isaia 53, 3-4; Matteo
28,42; 1 Corinzi 4, 13; Matteo
18, 11; Giovanni 6, 12....
STATISTICHE
CRISTIANI
IN EUROPA
I cristiani, nell’Europa dei
dodici, sono 290 milioni, vale
a dire l’85% della popolazione residente. Su 100 cristiani
si contano 63 cattolici, 33
protestanti e 4 ortodossi.
L’Irlanda (Eire), con il
99,5% della popolazione (3,6
milioni), è considerata come
«il paese più cristiano». Al
secondo posto la Grecia con
il 98,1%. La Francia, con
l’80% della popolazione (56
milioni) può essere considerato come «il paese meno cristiano», seguita dai Paesi
Bassi, con l’85,7¥% della popolazione (14,7 milioni).
L’Italia è il paese in cui vi
sono più cattolici romani, con
40 milioni. La Francia viene
in seconda posizione con 36
milioni.
II paese più protestante è
r Inghilterra, con 40 milioni
di protestanti, di cui 32 milioni di anglicani. La Germania
arriva in seconda posizione,
con 36 milioni. In Grecia ci
sono 9,7 milioni di ortodossi;
in Germania, 600.000. Il pacr
se più «ecumenico» è l’Olanda, con il 50% di cattolici, il
49% di protestanti, l’l% di
ortodossi. In seconda posizione viene la Germania cOn il
55% di protestanti, il 43% di
cattolici e 1’ 1 % di ortodossi.
La Spagna è il paese in cui
il cattolicesimo è più dominante: il 96,9% della popolazione (38,7 milioni) è cattolico mentre le altre confessioni non rappresentano che lo
0,1%. La Danimarca invece
è il paese in cui il protestantesimo è più dominante: il
95,3% della popolazione (5,1
milioni) è protestante mentre
le altre confessioni rappresentano lo 0,6%.
La Francia è il paese in cui
vi sono più ebrei (650.000),
seguita dalla Gran Bretagna
(400.000) . È anche il paese in
cui vi sono più musulmani
(2.700.000) , seguito dalla
Germania (1.600.000).
Nell’insieme dell’Europa
dei 12, gli ebrei rappresentano lo 0,6% della popolazione e i musulmani l’l,5%.
Ecumene
Ecumenismo
difficile
pagina 2
All’Ascolto
Della Parola
Testimoni
della speranza
pagina 6
Cultura
Gadamer
a Napoli
pagina 8
2
PAG. 2 RIFORMA
Ecumene
VENERDÌ 22 GENNAIO 1993
Mentre si sta svolgendo la Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani
Il difficile cammino delPecumenismo
in un clima sociale e politico non sereno
MARIA SBAFFI OIRARDET
La Settimana di preghiera
per l’unità dei cristiani si
svolge quest’anno non soltanto in una situazione difficile
per la nostra vita politica e
sociale, ma anche in un clima
non sereno per quanto riguarda l’ecumenismo.
Si è parlato molto in questi
ultimi tempi di stagnazione
dell’ecumenismo, e persino
di inverno dell’ecumenismo.
Le cose stanno proprio così?
Perché tanto pessimismo?
Si potrebbe osservare che
in parte le difficoltà nascono
da un fatto positivo, e cioè
che le chiese sono oggi più
vicine di quanto non siano
mai state dal tempo della
Riforma protestante del XVI
secolo, e forse proprio per
questo, accanto alle cose che
scoprono di avere in comune,
prendono rilievo le divergenze che sono tuttora profonde.
E vero che negli ultimi
vent’anni abbiamo visto fiorire i dialoghi ecumenici tra
tutte le varie confessioni cristiane, ma è anche vero che
questi dialoghi, portati avanti
da apposite commissioni miste, penetrano lentamente
nella coscienza delle chiese.
L’ultimo Sinodo delle chiese
valdesi e metodiste si è pronunciato sul recente documento del dialogo tra cattolici e riformati e, pur apprez
Un’immagine del raduno ecumenico svoltosi a Basilea nel 1989
zandone gli sforzi, ha rilevato
che spesso, nello sforzo di superare i conflitti, il linguaggio
del testo può apparire confuso
e inesatto.
Il movimento ecumenico,
nato all’inizio di questo secolo ma nel quale la Chiesa
cattolica è entrata soltanto dopo il Concilio Vaticano II, è
riuscito a smantellare i pregiudizi reciproci e a riconoscere radici comuni, ma è
giunto oggi al nocciolo costituito dalla diversità delle ecclesiologie, della comprensione cioè della chiesa, e della
concezione dell’autorità nella
chiesa. Lo si è visto in modo
evidente nella risposta che la
Chiesa cattolica, dopo dieci
anni di silenzio, ha dato al
documento della Commissione mista cattolici-anglicani,
in pratica una sconfessione
del lavoro compiuto. E le cose non sono certo migliorate
dopo l’approvazione da parte
anglicana dell’ordinazione
delle dorme — che è avvenuta
in un clima già ecumenicamente compromesso - e dopo
la lettera sulla Chiesa intesa
come comunione del cardinale Ratzinger.
Al tempo stesso, le confessioni non cattoliche sembrano
voler rivalutare la propria
identità confessionale: si veda la prima Assemblea del
protestantesimo europeo a
Budapest alla fine del marzo
Intervista al pastore della Chiesa evangelica luterana di Milano
Fede cristiana e antisemitismo
sono del tutto incompatibili
Il pastore luterano Holger
Banse, ideatore del messaggio di Natale dei responsabili di tutte le Chiese cristiane di Milano, ha rilasciato
all'Agenzia Adista la seguente intervista:
- Come cristiano tedesco,
quali sono i suoi sentimenti
dinanzi alle notizie di questo
revival di azioni e manifestazioni neonaziste in Germania
e in Europa?
«Sono nato in Germania
nel 1953, dopo il terribile
evento della guerra e della
shoà (lo sterminio perpetrato
dai nazisti) e questo nuovo
antisemitismo mi fa provare
una grande vergola. In Germania questo antisemitismo
ha oggi ragioni sociali: si
tratta di giovani che hanno
trovato nell’estrema destra
una possibilità di vivere la
violenza come reazione ad alcuni problemi sociali. Come
pastore luterano conosco le
radici lontane di questo antisemitismo. L’ultimo Lutero
disse cose orribili contro gli
PROTESTANTESIMO
IN TV
DOMENICA 24 GENNAIO
Ore 23,30 circa RAIDUE
Replica
LUNEDI' 1 FEBBRAIO
Ore 9 circa RAIDUE
Le responsabilità
dei cristiani
sull'antisemitismo
ebrei, e i criminali del terzo
reich si sono collegati con
questi scritti luterani antigiudaici.
Come tedesco, nato dopo la
guerra, sento la responsabilità
di riflettere su queste cose e
di mandare un messaggio
molto forte alle nostre comunità. Per questo sto lavorando
allo sviluppo del dialogo tra
ebrei e cristiani. Io non posso
predicare su Gesù tacendo sul
fatto che era ebreo. La cristologia per me non può prescindere dal fatto che l’alleanza
tra Dio e Israele vale ancora
oggi. Senza Gesù per me non
c’è possibilità di entrare in
questa alleanza: ecco perché
Gesù è la via».
- Si può parlare di un’evoluzione della coscienza cristiana verso ¡’ebraismo. Come è stata vissuta dalle chiese tedesche questa evoluzione?
«L’antisemitismo ha accompagnato la coscienza cristiana per secoli, si può dire
fin dall’inizio, dal suo sorgere. Questo accostamento è
durato in molti fino ad oggi.
Tuttavia in alcuni teologi e in
alcune chiese le cose sono
cambiate radicalmente. Dal
1945 in poi la Chiesa evangelica in Germania e le sue
singole comunità si sono occupate seriamente della shoà,
cioè della totale distruzione
del popolo ebraico tentata da
cristiani.
Furono fondate 1’“Associazione per la collaborazione
cristiano-ebraica”, e il “Gruppo di lavoro ebrei e cristiani
per la giornata della Chiesa
evangelica tedesca”. Simili
gruppi di lavoro ci sono anche nella Chiesa cattolica in
Germania.
Da decenni, nella Chiesa
evangelica, la decima domenica dopo la festa della Trinità si chiama “domenica di
Israele”. Prima questa domenica era dedicata alla missione presso gli ebrei. Ora, dopo
il 1945, si celebra per rafforzare la coscienza cristiana di
fronte all’ebraismo. In questo
modo il dialogo ebraico-cristiano è passato dalla gerarchia della chiesa a livello delle comunità».
- Le chiese hanno dunque
confessato le proprie colpe e
responsabilità verso la
shoà...
«Nella “Confessione di
Stoccarda” del 1945 il neoeletto Consiglio della Chiesa
evangelica in Germania, davanti a tutta l’ecumene, confessava la sua parte di colpa
per la guerra e la distruzione.
Ma qui non si faceva nessuna
menzione degli ebrei. Solo
con il 1980 il Sinodo della
Chiesa evangelica della Renania, nella sua risoluzione
sul “Rinnovamento del rapporto tra cristiani ed ebrei”,
confessava esplicitamente di
credere in “Gesù Cristo che,
quale messia di Israele, è il
salvatore del mondo”. Confessava anche la sua corresponsabilità e la sua parte di
colpa nella shoà.
Nello stesso anno la Conferenza episcopale cattolica in
Germania dichiarava: ‘‘Chi
incontra Gesù Cristo incontra rebraismo”. L’8 maggio
scorso, poco dopo l’assemblea dei 14 primati delle chiese ortodosse di tutto il mondo
a Istanbul.
E in Italia? L’ecumenismo
vi è giunto più tardi che in altri paesi, per cause storiche,
per il ricordo delle persecuzioni subite dai protestanti
e per il peso anche politico
che ha la Chiesa cattolica in
Italia. Ma qualche passo si sta
facendo.
Anzitutto bisogna ricordare le numerose iniziative ecumeniche di base che, sia pure
minoritarie, danno corpo a un
dialogo che troppo spesso
sembra interessare soltanto
quando riguarda i vertici. Recentemente, le chiese evangeliche romane hanno accettato
di inviare dei «delegati fraterni» al Sinodo della diocesi
cattolica di Roma.
A livello ufficiale, opera
da quattro anni una Commissione paritetica che sta lavorando a un documento comune sul matrimonio interconfessionale.
In questa settimana di preghiera per l’unità dei cristiani
le realtà ecumeniche che operano in Italia potranno manifestarsi nella loro concretezza, dando un segno di speranza in un’unità futura che
riesca a conciliare la fedeltà
al mandato che ciascuna chiesa ha ricevuto con uno spirito
di comunione.
1990 la Commissione luterana europea “Chiesa ed ebraismo”, riunita a Driebergen,
nei Paesi Bassi, in una dichiarazione per l’incontro tra cristiani luterani ed ebrei, oltre
al riconoscimento delle proprie responsabilità in fatto di
antisemitismo, dice: “Poiché
Gesù proviene dal popolo
ebraico e non si è staccato da
esso, e poiché l’Antico Testamento è la Bibbia di Gesù e
della chiesa primitiva i cristiani, confessando la loro fede in Gesù Cristo, sono entrati con gli ebrei e con la loro
fede in un rapporto singolare
che si distingue dal rapporto
con le altre religioni”».
- Queste prese di posizione, oltre che enunciate, sono
anche «pensate» dalle teologie cristiane?
«Purtroppo non sono ancora abbastanza assimilate dalle
cristologie e dall’esegesi, e
ancor meno dalla dogmatica.
Per questo non sono entrate
in maniera adeguata nella catechesi. Le chiese non hanno
ancora trovato il modo giusto
di spiegare alle comunità
questo fatto dell’ebraicità di
Gesù. Se noi distruggiamo il
popolo ebraico, noi distruggiamo ciò che per Dio è la
cosa più preziosa, come ha
detto il profeta Zaccaria:
"Egli dichiara: chiunque tocca te, o popolo mio, tocca
quel che ho di più prezioso"
(2, 12).
Ho l’impressione che la
teologia cri.stiana non sia ancora aperta a discutere di queste cose. Ancora pochi teologi riflettono sui rapporti tra
cristiani ed ebrei. Anzi, molti
continuano a sostenere che la
chiesa ha sostituito il popolo
di Israele nel progetto di Dio.
Questa è una delle ragioni
dell'antigiudaismo. Non si
può distinguere in Gesù l’essere uomo e l’essere ebreo.
Riscoprire l’ebraismo è importante in sé, ma anche per
iniziare nuovi rapporti tra gli
I protestanti svizzeri criticano la KEK
La Chiesa ortodossa
serba non è credibile
Il presidente della Federazione delle chiese evangeliche svizzere, Heinrich Rusterholz, ha criticato duramente l’atteggiamento della
Chiesa ortodossa serba sulla
questione delle violenze subite dalle donne bosniache, e ha
rimproverato anche la Conferenza delle chiese europee
(Kek) di aver diffuso senza
commento la dichiarazione
ortodossa che contesta la sistematicità delle violenze
perpetrate. Rusterholz ha invitato le chiese a dire chiaramente alla Chiesa ortodossa
serba che mentire su quanto
accade in Bosnia mette in
gioco la sua credibilità ecumenica.
La Kek ha in effetti diffuso
senza commento quanto avevano detto i vescovi ortodossi
serbi in una loro riunione in
cui si definivano le affermazioni sulle violenze subite
dalle donne bosniache «propaganda di guerra». La Chiesa ortodossa serba, membro
della Conferenza delle chiese
europee, aveva chiesto alla
Kek di poter esprimere il suo
punto di vista, ritenendo che i
mass media si orientassero
sempre più verso l’attribuzione ai serbi di tutte le colpe
della guerra nella ex Jugoslavia.
Resta comunque il fatto
che la Kek non ha preso alcuna posizione sulle violenze di
stessi cristiani di tradizioni
diverse».
-Una parola sul revisionismo storico: quello alla Irving, che nega tutto, e quello
alla Nolte, che relativizza il
senso della shoà...
«Se queste persone non
fossero così conosciute darei
un giudizio tranciante sulle
loro facoltà mentali. Chi guardi le immagini di Auschwitz,
chi legga le testimonianze alla Primo Levi e tutte le altre
non può non provare paura
dinanzi a queste posizioni.
È un fatto che i tedeschi del
terzo reich abbiano tentato di
distruggere un popolo del
mondo, il popolo ebraico.
Questo non era mai successo
nella storia dell’umanità. Come tedesco, nato dopo la
guerra, io non posso dire: la
cosa è successa prima di me,
dunque non mi riguarda. Mi
riguarda, perché io sono tedesco. Quando vado all’estero
tutti mi conoscono come tedesco, e io ricordo loro la nostra
storia. Dunque è anche la mia
storia. Pertanto io devo prendere posizione dinanzi a questa storia. E la mia posizione
è la confessione. E l'urgenza
di trovare un nuovo rapporto
tra la teologia, in cui mi sono
formato, e l’ebraismo».
- Pastore Banse, da quanti
anni è a Milano e quali sono
le dimensioni della sua parrocchia?
«Sono pastore della Chie.sa
evangelica luterana di Milano
da tre anni. In Lombardia ci
sono circa 15.000 tedeschi, e
circa 7.000 dovrebbero essere
luterani. Ma la nostra comunità è una freikirche, una
chiesa libera, alla quale i fedeli devono iscriversi. Gli
iscritti a Milano sono quasi
750. Anch’io a Natale ho letto il messaggio firmato da
lutti i responsabili delle chiese cristiane perché si diffonda
la consapevolezza dell’incompatibilità tra cristianesimo e antisemitismo».
massa in Bosnia, al contrario
di quanto hanno fatto il Consiglio ecumenico delle chiese,
la Federazione mondiale luterana e l’Alleanza riformata
mondiale.
Il segretario generale della
Conferenza delle chiese europee, Jean Fischer, ha affermato che la Kek non prende posizione «su tutto» e che comunque si è espressa già più
volte anche contro questo tipo di violenze. In questo caso
vuole attendere il rapporto
della delegazione delle donne
che è stata a Belgrado e in
Croazia.
Romania
Le chiese
al lavoro
Tra la Chiesa evangelica
(luterana) di Romania (di cui
avevamo dato notizie nel numero di «Riforma» del 30 ottobre ‘92) e la Chiesa evangelica sinodale-presbiteriana
che ha sede a Sibiu vi saranno relazioni sempre più strette. Le due chiese hanno circa
30.000 membri ciascuna.
Secondo una dichiarazione
del vescovo luterano di Sibiu,
Christoph Klein, si prospetta
fra le due chiese una forma di
federazione, per la quale sia i
rapporti con lo stato sia quelli
con la Chiesa ortodossa verranno gestiti unitariamente.
Le due chiese potranno anche
rappresentarsi reciprocamente all’estero nelle conferenze
ecclesiastiche internazionali e
nelle organizzazioni ecumeniche.
Il vescovo Klein ritiene che
un ulteriore elemento qualificante di questa collaborazione potrebbe essere la preparazione e la formazione comune dei pastori.
Testimoni di Geova
LMtalìa al
4° posto
Il rapporto mondiale dei testimoni di Geova, pubblicato
dalla Torre di Guardia del
1° gennaio 1993 registra un
aumento del 5,4 % nel numero dei Testimoni rispetto
all’anno precedente.
In tutto il mondo il totale è
ora vicino ai 4,5 milioni,
mentre 7 milioni in più sono i
simpatizzanti che si associano a loro in momenti particolari, quali l’annuale commemorazione della morte di Gesù Cristo. Il rapporto, inoltre,
registra 300 mila battesimi,
amministrati in tutto il mondo, nell'anno che si è appena
concluso.
Al primo posto c’è il Messico, al secondo gli Usa, al
terzo il Brasile e al quarto
l’Italia dove i Testimoni di
Geova sono circa 2(X).000. In
Piemonte e Valle d’Aosta sono circa 22.000, di cui 13.000
a Torino e provincia.
3
venerdì 22 GENNAIO 1993
Vita Delle Chiese
PAG. 3 RIFORMA
•mr
Intervista al pastore Eugenio Rivoir della Chiesa valdese di Forano
Nonostante le dimensioni e [Isolamento
la nostra chiesa non si richiude su se stessa
LUCIANO DEODATO
Come vive una piccola comunità di diaspora? Abbiamo
provato a chiederlo a Eugenio
Rivoir, pastore della Chiesa
valdese di Forano Sabino, un
tempo molto numerosa e oggi
in parte ridotta a causa
dell’emigrazione.
A parte il mantenimento
della normale attività ecclesiastica, costituita da culti,
riunioni, catechismi, la chiesa
cerca di aprire nuovi cantieri.
Uno dei problemi più grossi è quello dei collegamenti,
perché la chiesa di Forano
conta famiglie e singoli disseminati nella provincia di
Rieti, distanti fra loro anche
molti chilometri.
«Abbiamo fatto un tentativo
- spiega Rivoir - di pubblicare un bollettino di informazione. Siamo partiti bene,
grazie alla collaborazione di
un giovane che ha messo a
disposizione la sua capacità
al computer. Purtroppo dopo
alcuni numeri siamo stati costretti a fermarci a causa di
difficoltà tecniche. Speriamo
di superarle e continuare così
questa impresa, quanto mai
necessaria e utile».
La chiesa di Forano ha vissuto anni ruggenti di polemica anticlericale; oggi il clima è cambiato e si è aperto
un dialogo con i cattolici.
«Abbiamo iniziato uno studio
biblico regolare insieme a alcuni membri della locale
Chiesa cattolica. Settimana
dopo settimana, per tutto un
anno, abbiamo letto prima la
epistola agli Ebrei, poi quella
di Giacomo. È stata un’espe
Cristiani e
nuova Europa
TERNI — I cristiani nella
nuova Europa è stato il tema
di una conferenza-dibattito
promossa dal Centro culturale
evangelico della Chiesa metodista di Terni. L’interessante iniziativa si è svolta sabato
9 gennaio presso il Cenacolo
San Marco e ha visto la partecipazione del pastore Claudio
H. Martelli, presidente dell’
Opera per le chiese metodiste
in Italia (Opcemi), alla presenza di un numeroso pubblico. Si è trattato di un tema di
grande attualità: Martelli ha
parlato dei grandi movimenti
storico-culturali-religiosi del
passato e degli attuali fermenti in un continente oggi
funestato da tragiche ondate
di violenza, guerra e morte.
Egli ha concluso che occorre
insistere sulla predicazione
della giustizia e dell’uguaglianza per essere veramente
«sale della terra» in vista di
una grande Europa dei popoli, delle culture e delle religioni che nasca, però, dalla
speranza, dall’unione e
dall’amore fra gli uomini.
rienza molto positiva e certa^
mente impensabile alcuni anni fa».
Forano non è molto distante da Roma; si trova in una
posizione incantevole, adagiata su una collina che domina la vallata del Tevere; la
gente ha un carattere cordiale,
aperto e ospitale. Sarà per
questo o perché L’autostrada
del sole non passa molto lontano, che è stata meta di vari
gruppi.
Ed è per questo che ha ricevuto visite di altre chiese
d’Italia, come per esempio
Napoli, Torino, Temi, Roncigliano, e di chiese estere. Di
lì sono passati gmppi di Basilea, Berna, Ostermundingen,
ma in particolare sono stati
allacciati rapporti con la
Chiesa evangelica di Wiesloch in Germania.
«Con questa chiesa - dice
Rivoir - è nato un gemellaggio e impariamo ogni anno di più a conoscerci e a ricevere novità e tradizioni diverse».
Dunque anche una piccola
chiesa, in una zona relativamente emarginata, può
avere un’apertura e un contatto con altre realtà e vivere
l’universalità della comunione fraterna.
In questa linea è da considerare anche l’interesse manifestato per problemi scottanti
del nostro tempo.
È infatti nata da poco una
simpatica iniziativa, quella di
avere delle serate comunitarie
per discutere temi di attualità.
«Dopo una cena, modesta ma
preparata insieme, segue
V intervento di qualche testi
Mottola: ricordo di zio Michele e Bettina
Pienezza di vita
La chiesa valdese di Forano Sabino, inaugurata nel 1889, quando
l’emigrazione non aveva ancora decimato la comunità.
mone di avvenimenti del nostro tempo.
È così che per esempio abbiamo parlato dell’America
Latina e recentemente della
ex Jugoslavia, ascoltando il
racconto di uno dei 500 che
si sono recati a Sarajevo nei
giorni precedenti il Natale.
Per quanto riguarda l’imme
diato futuro stiamo cercando
di far nascere un gruppo di
Amnesty International».
Questa dunque è la vita di
una chiesa che cerca di vivere
la sfida dell’Evangelo con
modestia, ma senza rinchiudersi su se stessa, rimpiangendo un tempo ormai passato.
Ho vent’anni e una manciata di mesi, quasi non mi
sembra vero... Anche se nuove responsabilità e nuovi problemi non mancano di volta
in volta di ricordarmi che sto
crescendo. Ebbene, ho la sensazione che i giorni dal 6 al
12 gennaio siano stati tra i
più significativi della mia vita. È accaduto che nella nostra comunità, a distanza di
appena sei giorni, siano venuti a mancare il fratello Michele Putigliano, conosciuto da
tutti come zio Michele, e la
sorella Elisabetta Flemma,
chiamata dai più Bettina, rispettivamente di novantadue
e ottantasei anni.
Sedevano nella stessa fila, a
distanza di poche sedie, tanto
che ogni volta che il pastore
annunciava l’inno da cantare
Bettina era subito pronta a ripeterlo forte nell’orecchio di
zio Michele che ci sentiva poco. (Ricordo quella volta in
cui l^u annunciato l’inno settanta: zio Michele chiese:
«Quanto?». «Centocinquanta!» rispose svelta Bettina).
Erano due persone molto
amichevoli e cordiali: zio Michele era sempre con un simpatico sorriso sotto i baffetti,
salutava dandoti la mano e
poi due baci belli, schioccanti
sulle guance; Bettina, ben
piazzata sulla «sua» sedia,
elargiva a tutti coloro che le
passavano accanto un energico «Buon giorno!».
Potrei continuare a raccontare ancora di entrambi, ma
servirebbe, credo, solo per
un’ovvia necrologia fine a se
stessa. Quello che voglio invece trasmettere è l’infinito
senso di piccolezza provato
aH’improvviso, piccolezza
che dall’età si è riflessa sul
significato della loro presenza
contmua e puntuale nella no
stra eomunità, e non solo. Infatti sono numerosi coloro
che raccontano di averli sentiti pregare, cantare e lodare il
nome del Signore fino all’ultimo, in casa propria e dovunque se ne presentasse l’occasione, nel bisogno di conforto
o nel condividere una gioia,
testimoniando fervidamente
la loro fede. Di conseguenza,
forte ho sentito la responsabilità di tutti quanti noi, giovani
e meno giovani, di accogliere
ed amministrare la grande
eredità spirituale che nella loro semplicità ci hanno lasciato. Zio Michele e Bettina;
non li vedremo più nelle «loro» sedie in chiesa, ma che il
Signore ci dia di mantenere
sempre vivo in noi il ricordo
della loro testimonianza costante ed amorevole per la
glorificazione del suo nome
nella quotidianità della nostra
esistenza (vm).
ROMAi.»* arfs
Dibattito.
ecumenico
r La Facoltà valdese di
teologia e il Centro evangelico di cultura di Roma
organizzano per venerdì
29 gennaio, alle ore 18,
un incontro di dialogo fra
S.E. il cardinale Joseph
Batziager, prefetto della
Congregazione per la dottrina della fede, e il prof.
Paolo Bieca, decanò della
Facoltà valdese, spi tema
Eeùttiehismo: erisimo
svolta? L’inoenter sarà
moderato dal prof, Giorgio.^Girardet e si svolgerà
flesso l’Aula magna della
acoltà, in via Pietro Cessa 40. ' • ’ '■
Chiesa valdese di San Germano
Un bel Natale per
anziani e bambini
Il programma del periodo
natalizio si è svolto anche
quest’anno secondo il calendario previsto.
La partecipazione della corale al culto di Natale è stata
assai apprezzata e la comunità gliene è molto grata.
All’Asilo il culto natalizio del
23 dicembre ha celebrato la
Santa Cena.
Gli ospiti si rallegrano sempre molto nel sentirsi ricordati da membri delle nostre comunità; per questo ringraziamo ancora vivamente l’Unione femminile di Pomaretto e
di San Germano per la loro
dimostrazione di simpatia
verso il nostro istituto, che si
è concretizzata nelle visite effettuate in dicembre.
L’Unione femminile nella
sua riunione del 16 dicembre
ha accolto con gioia le sorelle
di Lusema San Giovanni con
L'ASILÓ DEI VECCHI DI S. GERMANO
cerca
t INFE^IERE PROFESSIONALE"
Rivolgersi a; <
* DIreziofle » rf» ' ' ^
:> Asilo dei Vecchi
viaC. A-Tron 13 ^.5
10065 San Germano Chisone
%
cui ha celebrato in modo veramente fraterno e simpatico
la festa natalizia che, non
esaurendosi in quel periodo
dell’anno, deve riempire di
speranza la vita intera di ogni
credente.
I bambini della scuola domenicale hanno ricordato la
venuta del Salvatore offrendo
ai genitori e ai membri della
comunità il frutto delle loro
ricerche sull’episodio di Giona, da loro drammatizzato in
modo vivace e veramente fedele al testo biblico. Il ricordo del pomeriggio di domenica 20 dicembre rimarrà certamente scolpito nella mente
dei nostri bambini.
* Purtroppo gli ultimi giorni di dicembre e i primi giorni del nuovo anno sono stati
rattristati dalla scomparsa di
alcuni membri della comunità.
Ci hanno lasciato il fratello
Oreste Bounous, deceduto
improvvisamente all’età di 87
anni, e le sorelle Ermelltna
Avondet ved. Banucci di
Ponte Palestre e Lina Peyronel ved. Bounous, oriunda di
Riclaretto e ospite ormai da
diverso tempo del nostro Asilo.
A tutti i congiunti la comunità esprime la sua fraterna
solidarietà con vera simpatia
cristiana.
Dibattito organizzato dalla Chiesa battista di Isola del Uri
Ritorna ^antisemitismo: perchè?
ROSSANA DI PASSA
La comunità battista di Isola del Liri ha organizzato il
13 dicembre una conferenzadibattito sul tema: Ritorna
l’antisemitismo: perché?
Nell’introdurre la conferenza il pastore Italo Benedetti
ha spiegato ai convenuti che
la comunità ha voluto offrire
ai cittadini isolani uno spazio
di riflessione su un tema di
scottante attualità, che riguarda tutti. Dopo aver ringraziato gli intervenuti (in rappresentanza delle varie realtà cittadine, dalla parrocchia ai
partiti (Pds e Rifondazione
comunista), da Amnesty International al Comitato per la
pace di Prosinone, dalla Caritas ai numerosi giovani) il pastore ha dato la parola all’oratore Filippo Gentiioni.
Gentiioni ha iniziato con la
considerazione che l’antisemitismo è stato ed è un problema per la chiesa e per la
sinistra e ha individuato tre
cause principali all’origine
della questione: la difficoltà
di ogni popolazione a accettare il diverso; il problema religioso del rapporto ebrei-cristiani che parte dalla questione di fondo della figura di
Gesù (profeta per gli ebrei, e
Messia per i cristiani); lo stato di Israele e il problema palestinese.
Per Gentiioni l’antisemitismo è cosa diversa dal razzismo in generale, ma ha origi
Neonazlsti a Dresda
ne dalla stessa cultura razzista che avversa il diverso,
l’immigrato, ecc... Per combattere questa cultura molto
può e deve fare la scuola,
informando gli studenti, coltivando la memoria dell’olocausto per non dimenticare
mai a quali crimini possa
giungere l’uomo. Anche le
chiese cristiane possono e devono fare molto in questo
ambito.
11 dibattito è stato molto vivace e interessante per le varietà delle posizioni espresse.
Qualcuno ha visto nel crollo
di tutte le ideologie e nel rifiuto in blocco di ogni ideologia la creazione di un vuoto
che viene occupato dalla cultura della destra, che è tradizionalmente antisemita. Altri
hanno espresso un certo disagio di «laico» di fronte alle
argomentazioni delle chiese
cristiane nei riguardi dell’antisemitismo (come se ogni argomento potesse essere affrontato correttamente solo
dal punto di vista laico).
I naziskin, definiti disadattati, sorgono nel vuoto di valori che favorisce la cultura di
destra, ha detto un giovane;
un altro intervento ha evidenziato che la scuola non considera il diverso come un’occasione di arricchimento per
tutti, ma lo emargina: è emblematico ciò che avviene per
l’ora di religione cattolica.
«L’importante - ha concluso
Gentiioni - è continuare a
promuovere incontri come
questo».
4
PAG. 4 RIFORMA
mmm
Vita Delle Chiese
VENERDÌ 22 GENNAIO 1993
1"
VERSO L'ASSEMBLEA STRAORDINARIA DELLE CHIESE BATTISTE
L'Assemblea è pienamente
rappresentativa delle chiese
FRANCO SCARAMUCCIA
In merito all’intervento del pastore
Gioele Fuligno su Riforma n.l del 8-1’93 dal titolo «Cambiamo il sistema di
delegazione delle chiese» vorrei porre
sinteticamente cinque domande e due osservazioni.
Le domande
1) Perché è stato necessario l’argomento dell’S per mille per scoprire eventuali elementi negativi di un sistema che
dura da sempre (o almeno dal 1966, anno
in cui sono entrato nell’Unione)?
Dunque se fosse vero l’assunto perché solo ora si manifesterebbe una tendenza verso r«episcopalismo»?
2) Quale parte dell’ordinamento o
quale dei principi fondamentali afferma
che «siamo una struttura esemplare di vera democrazia»?
3) Mentre attendo che si precisi quanto sopra, siamo così sicuri che una democrazia strettamente rappresentativa, che
cioè tenga conto della consistenza numerica delle chiese, garantisca davvero la
giustizia delle decisioni (mi riferisco in
particolare alla difesa dei gruppi più piccoli)?
4) Se fosse vero quanto viene affermato, perché non si prende anche in esame la disparità di trattamento tra una
chiesa di 74 membri (che ha diritto ad un
voto) ed una chiesa di 26 membri (che ha
pure diritto ad un voto)?
5) Sempre se fosse vero quanto viene
affermato perché, prima ancora di parlare
dei pastori, non si parla di chi, solo perché di «nomina assembleare» (responsabili di istituzione o organismo rappresentativo, membri del Comitato esecutivo,
revisori) ha diritto al voto, mentre dovrebbero avere più correttamente, se non
membri dell’Assemblea a titolo diverso,
solo voce consultiva?
E non è forse vero che è sempre stato
così e dunque non può essere ascritto a
tendenze attuali verso l’episcopalismo.
Le osservazioni
1) Pregherei di prendere buona nota
che il sacerdozio universale dei credenti
è cosa diversa dalla «vera democrazia» e
che il sacerdozio universale è cosa diversa dalla presenza della varietà dei ministeri all’interno del popolo di Dio.
2) Ben vengano nelle forme dovute, e
nella sede a ciò deputata (non mi risulta
negli ultimi dieci anni alcuna proposta in
questo senso e mi riferisco in particolare
all’Assemblea del 1985, che ha approvato il patto costitutivo, e a quella del 1991
che ha approvato in via definitiva il regolamento, già in vigore in via sperimentale), le proposte di modifica nel senso che
l’Assemblea sia formata da membri eletti
dalle chiese.
A patto che le chiese, che hanno grosse difficoltà a trovare non-pastori disposti
a partecipare alle assemblee, siano in
grado di esprimere poi delegati che non
siano solo pastori; perché, se così fosse,
avremmo ottenuto esattamente l’opposto
di quanto ci proponevamo e cioè un’Assemblea composta in gran prevalenza di
pastori.
Ed è proprio quanto si cerca di evitare
con l’attuale composizione. Sfido chiunque a dimostrare che la nostra attuale Assemblea non sia veramente rappresentativa della reale composizione delle nostre
chiese di oggi.
In vista dell’Assemblea straordinaria dell’Ucebi il nostro settimanale
apre uno spazio di dibattito. Chi
vuole intervenire inwi alla redazione di Torino il suo sintetico contributo.
r-‘ ---f
^n>ì''or-jhì: f :> «ìT
Nel Villaggio della gioventù di S. Severa si terrà l’Assemblea straordinaria deii’Ucebi
ma
Nel l'Assemblea non si (discuterà solo di otto per mille
Un segretario generale per l'Ucebi
EMMANUELE PASCHETTO
L’ultima Assemblea generale dell’Ucebi del settembre
1992, forse impressionata
dalla mole di lavoro e dalle
molteplici responsabilità che
attualmente ricadono sulle
spalle del presidente, incaricava il Comitato esecutivo
(Ce) di delineare all’interno
dell’Unione la figura del segretario che assumesse una
parte degli impegni attualmente assolti, per statuto, dal
presidente stesso.
L’atto 43, votato dall’Assemblea, dava precise indicazioni sulla questione.
«L’Assemblea, udito il dibattito che si è svolto relativamente alle funzioni del presidente e del Comitato esecutivo e la necessità largamente rilevata di arrivare ad
una migliore distribuzione
dei ruoli all'interno dell’organizzazione generale dei
compiti statutari, dà mandato
al Comitato esecutivo di predisporre una modifica del
Patto costitutivo e norme regolamentari conseguenti, che
preveda l’istituzione della fi
DI NUOVO. PERCHÉ?
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gura del segretario generale
(o esecutivo), subordinata al
presidente e sovrintendente
la gestione dell’ente patrimoniale e V organizzazione e direzione dei servizi di segreteria, amministrativo, tecnico
(art. 174 RU), che possa
sollevare il presidente di alcune delle responsabilità e
funzioni attribuitegli dall’art.
15 del Patto costitutivo».
Il Comitato esecutivo si è
messo prontamente al lavoro
ed ha deciso di approfittare
della convocazione dell’Assemblea straordinaria del 13 e
14 febbraio 1993 per sottoporre alle chiese le proposte
di modifica agli ordinamenti
dell’Unione necessarie per
l’istituzione di questo nuovo
ruolo.
La prima cosa che si nota
nella proposta del Ce è la impossibilità, per il momento, di
apportare modifiche allo statuto dell’ente patrimoniale,
sia per i tempi lunghi necessari alla ratifica statuale, sia
perché non è saggio, mentre
si tratta per le Intese, variare
il documento-base che definisce la nostra identità nei confronti dello stato italiano. La
proposta è quindi di accorpare la figura dell’istituendo segretario generale con quella
già prevista nello statuto
dell’ente patrimoniale del segretario-contabile.
Il segretario generale dovrebbe essere una figura subordinata al presidente e sovrintendere a tutti gli uffici
dell’Unione, essere insomma
una specie di «direttore generale».
In particolare dovrebbe
preparare ed organizzare le
Assemblee generali e le riunioni del Ce: di quest’ultimo
dovrebbe attuare le deliberazioni, fornendogli anche una
puntuale relazione del proprio operato. È previsto - su
delega del presidente - il suo
intervento alle riunioni degli
organi deliberativi delle istituzioni (Villa Grazialma, Isti
tuto Taylor ecc.) e degli organismi operativi (i dipartimenti di teologia e di evangelizzazione). Cadrebbero anche
sotto la sua responsabilità i
collegamenti tra il Comitato
esecutivo, le chiese, le associazioni regionali e le istituzioni, per quanto riguarda i
rapporti' amministrativi e finanziari. Queste funzioni, attualmente attribuite al presidente, permetterebbero a quest’ultimo di essere sollevato
da responsabilità prettamente
amministrative e burocratiche per dedicarsi a funzioni
più «pastorali», di collegamento all’intemo dell’Unione
e di rappresentanza in ambito
ecumenico interno ed internazionale.
Al presidente resterebbe
comunque la direzione e sovrintendenza del tutto, il controllo sull’operato del segretario per verificarne la
conformità alle decisioni del
Comitato e alla volontà delle
chiese espressa tramite l’Assemblea generale. E naturalmente le responsabilità in ordine alla rappresentanza
dell’Unione e dell’ente patrimoniale.
Per non gravare di ulteriori
costi il bilancio dell’Unione il
Ce propone che il presidente
non svolga la sua funzione a
tempo pieno, ma conservi se pastore - la cura di una comunità.
Il Comitato esecutivo ritiene che la figura del segretario
rientri tra quelle «funzionali»
e non «politiche». In altre parole, mentre il presidente
continuerebbe ad essere eletto dall’Assemblea generale e
ad essa rispondere del suo
operato, il segretario verrebbe
nominato dal Comitato esecutivo verso il quale esclusivamente sarebbe responsabile.
Anche la durata del suo incarico non dovrebbe seguire
le consuete scadenze degli organi eletti dall’Assemblea generale.
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venerdì 22 GENNAIO 1993
Vita Delle Chiese
PAG. 5 RIFORMA
Scritta antisemita sulla chiesa battista di Grosseto
Una mano ignota sulla bacheca:
«I primi razzisti sono gli ebrei»
CLAUDIA ANGELETTI
Ci preoccupa il rigurgito antisemita di
chi, con i suoi feticci e la sua
violenza, riesuma i resti di un
passato che sembrava sepolto
dal tempo e dalla storia.
Ma ci preoccupa ancora di
più r indifferenza di tutti quei
sedicenti democratici che oggi assistono silenziosi al rinascere di questa barbarie lasciando a questi “eroi” il
compito di saziare la belva
che è in ognuno di loro.
Per quanto ci riguarda siamo con Gesù che dice: “Non
c’è qui giudeo né greco...
perché voi tutti siete uno in
Cristo Gesù” (Calati 3, 28)».
È stato infine questo messaggio, affisso nella bacheca
all’estemo della Chiesa battista di Grosseto da novembre
a tutt’oggi, a provocare la
reazione dei soliti ignoti: il
primo gennaio abbiamo tro
vato la bacheca imbrattata
con lo slogan: «I primi razzisti sono gli ebrei v. Antico
Testamento», mentre la cassetta delle lettere del pastore
Sergio Tattoli era segnata
dalla scritta «massone».
Pensiamo che a far traboccare il vaso della capacità di
tolleranza di una pur tollerante cittadina come Grosseto rispetto alla nostra comunità
sia stata la nostra insistente
presa di posizione contro il risorgente antisemitismo, attraverso una serie di iniziative di
sensibilizzazione sia autonome sia in collegamento con
altre organizzazioni locali.
Non ultimo, l’intervento
del pastore Tattoli a un incontro-dibattito organizzato il 10
dicembre dal liceo scientifico
di Casteldelpiano sul tema
Tolleranza, un impegno di
pace al bivio tra passato e futuro. In quell’occasione il pastore aveva senza mezzi ter
Restauro del tempio valdese di Mantova
Sono iniziati i lavori
Nella Chiesa evangelica
valdese di Mantova sono iniziati i lavori di restauro. Il
tempio, costruito più di quattro secoli fa (1590), fu dedicato a San Lorenzino dal conte Tullio Petrozzani, avvocato
e consigliere segreto dei duchi Gonzaga di Mantova, che
era molto devoto al santo. La
chiesa fu funzionante sino al
1810, quando fu trasformata
in magazzino, e nel 1890, dopo alcuni lavori di sistemazione, fu acquistata dalla Tavola valdese.
Il restauro in corso costituisce un intervento consistente
ma opportuno e indilazionabile: con il rifacimento del
tetto e i lavori alla facciata
già si è allontanata l’evenienza di cadute di elementi pericolanti. Il costante degrado va
comunque bloccato anche
dall’interno, in modo da garantire la migliore conservazione di un vero patrimonio
storico-artistico.
Incontri
COAZZE — Presso la Chiesa valdese, sabato 23 gennaio alle
ore 17, Carla Gaietto, della Comunità di base di Pinerolo,
parlerà su Maria di Nazaret e il ruolo della donna nella
Chiesa.
TORINO — Presso la parrocchia di Madonna di Campagna,
quattro giovedì, alle ore 21, organizzati dal Sae (Segretariato attività acumeniche):
28 gennaio: L’esperienza nel quotidiano: l’esperienza
ecumenica del gruppo Sae di Torino e quella di una coppia
interconfessionale.
4 febbraio: La tradizione e la spiritualità: l’ortodossia,
con padre G. Vasilescu, arciprete ortodosso romeno di Torino.
11 febbraio: La Parola e la fede: la Riforma, con il pastore Alberto. Taccia della Chiesa valdese di Torino.
18 febbraio: Il cammino ecumenico e la Chiesa cattolica,
con don E. Segatti.
ALTAMURA — Sabato 23 gennaio Glenn Garfield Williams,
pastore battista, già segretario della Conferenza delle chiese
europee (Kek), nell’Auditorium della parrocchia di S. Maria della consolazione terrà insieme a padre Giovanni Distante O.P., direttore del Centro ecumenico della basilica di
S. Nicola (Bari) una tavola rotonda sul tema: Difficoltà e
speranze dell’attuale cammino ecumenico.
Bari — I1 29 e 30 gennaio, presso la Facoltà di giuri,sprudenza dell’Università di Bari si terrà un convegno sul tema
1492-1992: verità e menzogne sulla scoperta. Al convegno, a cui aderisce anche la Federazione delle chiese evangeliche della Puglia, prenderanno parte, fra gli altri, il prof.
José Luiz Del Roio (Brasile), il prof. Andreas Rivas (Cile),
la prof.ssa Elisabetta Donini, Raniero La 'Valle, Luciana
Castellina, il teologo cattolico Giulio Girardi.
mini sottolineato la scarsa attitudine degli italiani alla tolleranza razziale e religiosa,
specie nei comportamenti
quotidiani.
Qualche giorno prima, il 25
novembre, lo stesso pastore
insieme a alcuni membri della chiesa, che reggevano un
proprio striscione, aveva sfilato in mezzo a un corteo di
circa 2.500 studenti delle
scuole di Grosseto che manifestavano «contro ogni forma
di razzismo, per la solidarietà
sociale». Nella stessa mattinata avevamo poi esposto
nella via principale un pannello giallo sul quale un filo
spinato segnava il percorso di
sofferenza dei deportati (dal
viaggio verso il campo di
sterminio alla vita nel lager)
ricostruito attraverso le parole
di Primo Levi, Giuliana Tedeschi, Elie Wiesel e le immagini di alcuni artisti ebrei
esposte all’Israel Museum di
Gerusalemme.
La nostra presenza, ribadita
dalla distribuzione di un volantino, non era passata inosservata, specie a un gruppo di
ragazzi dichiaratisi fascisti,
con cui avevamo scambiato
alcune opinioni.
Inoltre il pomeriggio del 21
novembre la comunità si era
riunita per un momento di riflessione e di preghiera, a cui
erano stati invitati tutti i grossetani e nei giorni successivi
la chiesa era rimasta aperta
per permettere la visita alla
mostra 6.000.000 e 1 sugli
orrori della Shoah.
Insomma, invece di limitarci a coltivare il nostro orticello abbiamo fatto sentire la
nostra voce di condanna e
profonda ripulsa per tutti i gesti grandi e piccoli di intolleranza verso gli ebrei. Ciò
può aver dato fastidio a qualcuno, com’è evidente dalle
scritte ingiuriose di cui siamo
stati fatti oggetto, ma non fa
che rafforzarci nella nostra
convinzione di dover continuare a operare per la giustizia, in un ambiente cittadino
che talvolta tende a minimizzare la gravità dei fatti
che la violano.
Riesi: difficile
recumenismo
Non è possibile celebrare
insieme ai cattolici la settimana di preghiera per l’unità
dei cristiani, quando le scelte
etiche della chiesa di maggioranza vanno contro il bene
della città e rispondono pressoché unicamente a criteri di
prestigio e potere.
È l’impressione che si ricava daU’editoriale del bollettino Notizie da Riesi, di prossima pubblicazione e firmato
dal direttore del Servizio cristiano, pastore Giuseppe Platone.
Ecco quanto scrive Platone:
«È difficile essere ecumenici a
Riesi. Se penso che la Chiesa
cattolica ottiene, in tempi di
grave crisi economica, centinaia di milioni di denaro pubblico per restaurare un edificio di culto dedicato a don
Bosco (in una Riesi dove ci
sono ancora strade da asfaltare e sono prive di illuminazione pubblica, per non dire della carenza di servizi sociali e
sanitari), o che un prete locale scrive apertamente sul proprio bollettino una lettera di
solidarietà a un politico condannato per voto di scambio,
oppure quando apprendo che
a Caltanissetta si spenderanno 4 miliardi e mezzo per “far
bella la città” in occasione
della visita del papa nel prossimo mese di maggio, allora
mi sento profondamente a disagio. Dov’è lo stile di vita alternativo, illuminato dalla luce di Cristo, che dovrebbe
brillare in ogni chiesa?».
Due seminari
Il seminario sull’islamismo,
deciso dall’assemblea di Mestre del VII circuito, si terrà a
Trieste, presso la Chiesa elvetica e valdese, sabato 27 febbraio, dalle ore 10,30 alle
16,30. La relazione introduttiva sarà curata dal prof. Fuad
Khaied Allam, docente di
islamistica. Il seminario sul
diritto canonico e la Chiesa
cattolica si terrà a Venezia
sabato 20 marzo con lo stesso orario. La relazione sarà
curata dal prof. Gianni Long,
funzionario della Camera,
giurista e musicologo. Il
pranzo sarà al sacco.
Cronaca
Chiesa valdese di Palermo via Spezio
Concerti nel tempio
La Chiesa valdese di Palermo (via Spezio) ha organizzato quattro concerti di beneficienza, tenuti nel tempio durante le quattro domeniche di
Avvento.
I musicisti erano giovani
maestri, ai quali era stata offerta la disponibilità dei locali
della nostra chiesa per svolgere delle prove.
Essi hanno ricambiato la
cortesia suonando per noi in
concerti di notevole livello
culturale, eseguiti con grande
professionalità tecnica ed artistica. Al quarto erano presenti anche i maestri dell’orchestra del teatro Massimo di
Palenno.
I proventi dei primi due
concerti sono andati all’Unicef, quelli del terzo al centro
diaconale «La Noce» e quelli
dell’ultimo ad Amnesty International. In tal modo i concerti sono stati anche un’opportunità per far conoscere le
attività di queste organizzazioni. Le offerte sono state
consistenti; speriamo che il
sostegno delle persone continui, sia in questa che in altre
forme. Durante gli ultimi tre
concerti il tempio era stracolmo: molti dei presenti non
appartenevano alla nostra
chiesa.
Si è trattato di una esperienza senz’altro positiva.
Aprire il tempio è un primo
passo ricco di significato per
cercare di abolire la separazione che c’è fra il «dentro» e
il «fuori» della chiesa. Significa consentire alla nostra
città, con i suoi orrori di miseria e di sangue, di entrare e
violentare le nostre coscienze
pacificate.
Aprire il tempio significa
consentire al messaggio cristiano di uscire per trasformarsi in speranza nelle nostre
strade.
Speriamo che il nostro tempio si apra molto più spesso e
in molte altre occasioni di lavori e di impegno, di gioia e
di dono.
LECCE — Alcune centinaia di persone hanno partecipato il 4
gennaio a un corteo antifascista e antirazzista organizzato
dopo l’aggressione subita da un giovane anarchico a fine dicembre. In quell’occasione si svolgeva un’iniziativa per
cancellare delle scritte razziste, turbata da alcune decine di
giovani che aggredirono i manifestanti.
Al corteo hanno aderito le segreterie provinciali di Psi, Pds,
Psdi e vi ha preso parte il gruppo ecumenico Confronti, che
ha sollecitato le autorità competenti a vigilare per stroncare
sul nascere ogni possibile organizzazione di forze ispirate a
ideologie antidemocratiche e razziste.
NAPOLI — Sabato 9 e sabato 16 gennaio nei locali della chiesa battista di via Foria si sono svolti due convegni giovanili
sull’animazione biblica. Animatore degli incontri è stato il
pastore Carmine Bianchi. Si è registrata una presenza media
di circa 40 giovani provenienti dalle varie chiese battiste del
napoletano.
È la prima volta che si è avuta una tale iniziativa, il buon
successo della quale ha spinto le chiese a programmare incontri simili una volta al mese, affidandone la cura al dipartimento evangelizzazione e al dipartimento teologico
dell’Ucebi.
TRAPANI-MARSALA — Nelle due chiese domenica 20 dicembre si è tenuta la festa di Natale delle scuole domenicali
e del catechismo. I bambini e i ragazzi hanno presentato il
significato del Natale attraverso letture bibliche, canti, poesie. Nel clima gioioso di questo culto c’è stato lo scambio
degli auguri della comunità con doni per i nostri due immigrati ospiti nella chiesa di Trapani. La colletta di questo culto sarà devoluta ai ragazzi dell’istituto «La Noce» di Palermo.
* Il 27 dicembre è stata battezzata la piccola Jessica Cardino, di 7 mesi. Ai genitori la comunità augura che possano
mantenere le promesse fatte e pregano che il Signore possa
essere presente con la sua grazia e la sua benedizione nella
vita della piccola.
AOSTA — È stato rinnovato il Consiglio di chiesa con due
nuovi eletti, Oriana Henriet e Sandro Di Tommaso. Il pastore Romussi ha predicato all’apertura del Sinodo cattolico
diocesano a seguire i lavori del quale abbiamo avuto l’invito.
* Abbiamo ospitato due studenti della Facoltà di teologia e
si è costituito un gruppo di lavoro, guidato dal pastore Castellani, per la ricerca, la stesura e la pubblicazione dell’appassionante Storia della Riforma in Valle d’Aosta, con particolare riferimento a circa 75 anni di presenza delle scuole
valdesi in Valle.
* Anche se ormai consuetudinari, restano importanti gli incontri del Collettivo biblico ecumenico e le conferenze sulla Riforma tenute presso le scuole medie superiori.
* Nella seconda domenica di gennaio la chiesa ha vissuto la
sua giornata comunitaria: al culto ha fatto seguito l’agape, e
poi ancora recite, canti, letture, doni, per la gioia e la gratitudine a Dio di grandi e piccini (rr).
ALESSANDRIA-BASSIGNANA — Dopo l’ottimo culto presieduto dai bambini della scuola domenicale di Bassignana,
domenica 20 dicembre siamo stati invitati alla festa del pomeriggio del 6 gennaio. Per l’occasione è stata preparata
un’animazione con burattini.
MASSELLO — La riunione quartierale di gennaio è stata una
riuscita occasione di incontro che ha raccolto anche degli
«esterni»: villeggianti, l’unione femminile di Ferrerò, il pastore John Bremner, residente a Agape, che ha illustrato la
situazione complessa e densa di novità che si è creata all’interno dell’anglicanesimo e delle chiese protestanti del Regno unito dopo la decisione di aprire anche alle donne il ministerio ecclesiastico.
* È nata Denise, di Mafalda Peyran e Daniele Bannò: alla
nuova famiglia auguriamo ogni bene nel Signore.
* Un’improvvisa nota di tristezza viene dalla scomparsa del
falegname Elio Tron. La comunità e gli amici si sono stretti intorno alla sua famiglia.
PISA — Ai primi di novembre sono nati due piccoli, figli di
due coppie (una italiana e una cinese) e abbiamo avuto il
battesimo di un altro bambino cinese. Ringraziamo il Signore che, con la venuta di questi tre piccolissimi, ci ha dato nuove speranze e benedizioni.
* Il 5 dicembre ci ha lasciato Volodia Sarti in Scorsonelli,
dopo una lunga vita dedicata alla famiglia, alla testimonianza evangelica, al servizio delle molte comunità in cui ha
vissuto per i molti trasferimenti del marito, pastore Alfredo
Scorsonelli. Attiva, metodista fedele, sempre pronta a dare
sostegno e a infondere forza spirituale a chi soffriva, ci ha
lasciato un vuoto fisico superato però dal ricordo. La comunità si è stretta intorno al marito, ai figli e ai parenti con
commozione, e il past. Claudio H. Martelli ha salutato Volodia nella speranza della resurrezione.
* La sera del 19 dicembre si è svolto rincontro natalizio,
iniziato con la sagra delle frittate e delle torte salate, che ha
previsto le «notizie televisive da Torre Pellice e dal Rio de
la Piata», scenette spiritose ideate dai giovani. Il nostro coro
«Valdo Pietro» ha chiuso la serata (mb).
LUSERNA SAN GIOVANNI — La comunità ha accolto con
gioia Orazio Cassina, che ha fatto domanda di entrare a far
parte dela nostra chiesa. Dopo la sua confessione di fede in
Cristo è stato ammesso quale membro comunicante, domenica 3 gennaio, durante il culto con Santa Cena preseduto
dal pastore Bellion.
Mentre ci rallegriamo con questo fratello, chiediamo al Signore di benedirlo nella sua vita di fede.
RORÀ — Il culto del 20 dicembre ha visto la partecipazione
del gruppo giovanile che si ritrova abitualmente il giovedì
sera sotto la guida dell’animatore Massimo Long.
* La nostra cristiana simpatia e la speranza della resurrezione giungano alla famiglia di Luisa Tourn ved. Rivoira,
scomparsa nei giorni scorsi.
6
PAG. 6 RIFORMA
All’Ascolto Della Parola
VENERDÌ 22 GENNAIO 1993
TESTIMONI
DELLA SPERANZA
PAOLO RICCA
Cari amici, sono felice e
onorato di essere in
mezzo a voi; grazie di avermi
invitato. Sono doppiamente
felice perché voi dell’Acat,
cristiani contro la tortura, siete in mezzo a noi, cristiani o
apprendisti cristiani che non
siamo per la tortura ma che
non crediamo sia indispensabile dirlo, anzi gridarlo di
fronte ai boia senza nome e
senza volto che continuano a
torturare il corpo ferito
dell’umanità.
Sono felice che voi
dell’Acat siate qui, in mezzo
a noi, cristiani e chiese di oggi, per ricordarci questa verità elementare ma sempre di
nuovo dimenticata, vale a dire che non basta sottintendere
che si è contro la tortura, che
non basta essere contro nel
proprio intimo, ma che bisogna esserlo all’esterno,
pubblicamente, apertamente.
Non si può esserlo di nascosto; qui la parola di Gesù
diventa un imperativo: «E
quel che udite dettovi
all’ orecchio, predicatelo sui
tetti» (Matteo 10, 27); non si
può essere contro la tortura in
quella rete di complicità
involontarie, nascoste nei
quattro angoli delle nostre
chiese e nella coscienza spesso poco attenta, appesantita,
del popolo cristiano e più ancora, purtroppo, dei suoi pastori.
E siete qui, voi dell’Acat,
non solo per «l’abolizione
della tortura» ma anche per
«l’abolizione delle complicità
involontarie con la tortura»; e
queste complicità esistono
nella chiesa non meno che nel
mondo. Lottare contro la tortura non vuol dire lottare solo
contro coloro che la giustificano o la praticano, ma anche
contro coloro che la tollerano
come se si trattasse di un flagello naturale.
Questa disgraziata tolleranza ha fin troppi addetti nelle
chiese. Per cui, ed è la mia
prima considerazione sul tema della nostra assemblea,
non è solo il mondo ad essere
«in disordine», c’è anche,
purtroppo, una chiesa, le nostre chiese ad esserlo. «Testimoni della speranza in un
mondo in disordine» sì, con
tutto il cuore, ma anche e pri
«E quel che udite
dettovi alVorecchio,
predicatelo sui tetti»
(Matteo 10, 27)
silenzio, perché questo silenzio non è quello della vittima
ma quello del complice.
Sono felice che siate qui,
voi dell’Acat, cristiani per
l’abolizione della tortura, per
segnalarci, a noi cristiani indolenti e indifferenti, che forse, con il nostro disimpegno e
il nostro silenzio, diventiamo
e siamo già complici involontari della tortura. Sì, essa si
nutre anche dei nostri silenzi,
di noi cristiani che siamo
contro la tortura e non lo diciamo.
Sono felice che voi
dell’Acat siate in mezzo a
noi per svelare, se è necessario (e credo che-lo sia).
ma di tutto «in una chiesa in
disordine». Lo sapete meglio
di me: tra chiesa e tortura c’è
un conto aperto che non è ancora definitivamente chiuso;
c’è un «dossier» pudicamente
dimenticato, che si esita a far
vedere ma che non si osa
chiudere definitivamente, c’è
un «disordine atavico», probabilmente rimosso ma non
ancora realmente esorcizzato,
un «disordine» che deve ancora essere superato.
Vorrei brevemente ricordarlo; è, mi sembra, la «porta
stretta» dalla quale dobbiamo
passare per raggiungere i
grandi spazi del nostro tema:
«Testimoni della speranza in
Abolire la tortura
Lo studio che pubblichiamo, in due puntate, in questa
pagina è la relazione che il prof. Paolo Ricca ha presentato all’Assemblea generale annua dell’Acat, svoltasi il 14
e 15 marzo 1992 a Marly-le-Roi (Francia). Il tema
dell’assemblea era: «Testimoni della speranza in un
mondo in disordine».
L’Acat (Azione dei cristiani per l’abolizione della tortura) è stata creata in Francia nel 1974, in occasione di
una conferenza a Parigi del pastore Tullio Vinay, di ritorno dal Vietnam dove aveva potuto constatare di persona i
tremendi effetti della tortura sui prigionieri Vietcong. Da
allora l’Acat si è diffusa in numerosi paesi del mondo occidentale. Recentemente, gruppi Acat sono nati nel Benin, in Costa d’Avorio, nei Togo, Senegai, Africa centrale, Messico, Cile, Filippine.
La Fiacat (Federazione internazionale dell’azione dei
cristiani per l’abolizione della tortura) ha tenuto il suo secondo incontro intemazionale a Cotonou, capitale economica del Benin, dal 2 al 7 settembre 1992, sottolineando così l’impegno delle Chiese cristiane per il rispetto
dei diritti umani in Africa. Il primo incontro intemazionale si era svolto a Basilea nell’ottobre 1990.
L’Acat è un’associazione ecumenica di cui fanno parte
cattolici, protestanti e ortodossi. Fra i suoi 16.000 membri ripartiti in 550 gruppi vi sono 120 comunità monastiche. Il presidente dell’Acat è André Jacques (Acat France, 252 me St. Jacques - 75005 - Paris). Il presidente della Fiacat è l’avvocato Guy Aurenche.
La sede italiana dell’Acat è c/o Rinascita cristiana, via
della Traspontina 15, 00193 - Roma. Tel. (06) 865358).
un mondo in disordine». Soffermiamoci un attimo sul «disordine» della chiesa.
Testimoni
delia speranza
Rispetto alla tortura, questo disordine si situa a
due livelli: il primo è quello
della storia passata, il secondo è quello della situazione
presente.
Come si è visto, c’è un’ambivalenza di fondo nel rapporto tra cristianesimo e tortura. Fin dai suoi inizi il cristianesimo ha condannato
senza riserve la tortura, fino
al 1252, anno in cui la tortura
è stata non solo praticata come triste necessità ma santificata come estremo rimedio
salutare.
La svolta è segnata dalla
bolla «Ad extirpanda» (1254)
del papa Irmocenzo IV. Prima
e dopo questo documento vari teologi, giuristi, canonisti
hanno creato una vera e propria «teologia della tortura»
che è durata per parecchi secoli e che ha conosciuto il
suo culmine negli ambienti
dell’Inquisizione nei secoli
XIV e XV.
Nel manuale intitolato
«Practica inquisitionis herética gravitatis» del celebre inquisitore domenicano Bernardo Gui, scritto probabilmente
tra il 1328 e il 1330, la tortura
è il mezzo doloroso ma salutare con il quale l’inquisitore
strappa l’anima dell’eretico o
della strega dalla perdizione.
La sofferenza provocata dalla
tortura è la salvezza della vittima.
La lacerazione del suo corpo (che, d’altronde, è poca
cosa rispetto al supplizio che
avrebbe dovuto patire nell’inferno al quale era destinato) è
un atto di purificazione che
assicura la salvezza dell’anima.
L’inquisitore quindi non è
affatto quel boia che si potrebbe pensare a prima vista,
è invece un pastore che fa cura d’anime, anche se con
mezzi radicali. In quanto alla
tortura, essa non è un crimine, ma una specie di « via angusta che mena alla vita »
(Matteo 7, 14). La sua legittimità giuridica e morale è
fuori discussione, grazie a
uno statuto teologico accuratamente elaborato e saldamente stabilito.
La tortura ormai ha pieno
diritto di cittadinanza
nella chiesa cristiana, ed è
questa una delle sue contraddizioni più palesi, una controtestimonianza inaudita, perché sappiamo bene che la
chiesa è il corpo di Cristo,
quindi il corpo di un torturato
e non il corpo di un torturatore.
Nel dire questo sono io
stesso diviso e lacerato perché gioco, per così dire, due
parti allo stesso tempo: in
quanto membro della chiesa
cristiana devo assumere, criticamente, certo, ma comunque
assumere, tutta la sua storia,
quindi anche la storia dell’Inquisizione e la «teologia della
tortura» che ne è alla base; in
quanto membro della Chiesa
valdese non posso che sentirmi e dichiararmi solidale con
tutte le vittime valdesi
dell’Inquisizione, nel Medioevo e più tardi.
In questa contraddizione
che sento in me stesso, di essere in qualche modo erede
allo stesso tempo di un cri
stianesimo torturatore e di un
cristianesimo torturato, in
questa contraddizione straziante si esprime l’ambivalenza di fondo del rapporto
tra cristianesimo e tortura.
So che non è piacevole
evocare questo passato. Ma
sarebbe peggio far finta che
non sia mai esistito. Se, nel
momento in cui ci convochiamo in quanto «cristiani per
l’abolizione della tortura»,
evochiamo questa ambivalenza, vogliamo con ciò
semplicemente dichiarare che
non siamo innocenti. La tortura non è solo un nemico
esterno, è anche un nemico
interno. La tortura ha abitato
in casa nostra.
Parlare
al passato?
La tortura è andata via da
casa nostra? Tale è l’interrogativo che possiamo porci e che, nonostante la meraviglia che può provocare, non
è affatto campato in aria.
L’Inquisizione è del tutto
scomparsa? Non c’è solo la
tortura dei corpi, c’è anche
quelle delle anime, la quale
non è cruenta ma può essere
non meno crudele né meno
sadica. Voglio credere che
anche la tortura delle anime
sia stata definitivamente bandita dalla chiesa di Cristo. Ma
devo confessare qualche dubbio al riguardo.
La tortura infatti non è che
la manifestazione estrema
dell’esercizio di un potere
assoluto sugli altri, il dominio
dell’altro per mezzo della
manipolazione del suo corpo.
La tortura è una manifestazione del demonio del
posses.so: tu sei nelle mie mani, io dispongo di te a mio
piacere, nella tua impotenza
si rispecchia la mia onnipotenza.
Là dove il potere si assolutizza, la possibilità di diventare torturatore, anche solo
torturatore delle anime, si accresce. Ogni potere assoluto è
un potere anarchico e la tortura è appunto il crimine per
eccellenza di un potere diventato anarchico, il crimine
dell’anarchia del potere. Così
dunque, il problema della tortura rimanda a quello del potere e il problema del potere e
del suo esercizio nella chiesa
è un problema del tutto aperto.
Vorrei concludere queste
considerazioni con la tesi seguente: bisogna evangelizzare il potere, anche nella chie
sa, per esorcizzare il demonio
del possesso, e bisogna esorcizzare questo demonio per
bandire definitivamente (anche nella chiesa) la volontà di
dominio e la sua manifestazione più criminale, cioè la
pratica della tortura che può
essere sia fisica sia morale e
spirituale. Tutto ciò per dire
che il problema della tortura
non è solo politico, giuridico
e morale ma squisitamente
spirituale: e che, per regolare
i conti con il nostro passato
ambivalente in quanto cristiani nei confronti della tortura,
dobbiamo raggiungere una
nuova frontiera spirituale.
Per l’abolizione della tortura non basta democratizzare il
potere, anche se questo è
indispensabile; dobbiamo anche evangelizzarlo. È in questo modo che capisco il vostro nome: Acat, «Azione dei
cristiani per l’abolizione della
tortura». Perché «azione dei
cristiani»?
Occorre essere cristiani per
volere l’abolizione della tortura? Nient’affatto, dato che
sono stato i lumi razionalisti
e, in fondo, agnostici ad aver
fatto scoppiare l’universo
dell’Inquisizione, l’universo
della «quaestio per tormenta», cioè l’interrogatorio
{quaestio), il porre domande,
attraverso i tormenti, i supplizi, la tortura.
Non sono stati i cristiani a
prendere l’iniziativa di lavorare all’abolizione della
tortura, non sono state le
Chiese a fare il primo passo.
Pertanto non è necessario es
sere cristiani per volere l’abolizione della tortura. Ma se
questa abolizione è il frutto di
una democratizzazione del
potere e se questa democratizzazione, per essere reale,
ha bisogno di una specie di
evangelizzazione permanente, se quindi l’abolizione della tortura implica l’evangelizzazione del potere (il che
vuol dire che la faccenda non
è solo politica o morale ma
anche spirituale) allora è del
tutto legittimo parlare di azione dei cristiani: per abolire la
tortura con la democratizzazione del potere: non c’è
bisogno di essere cristiani,
ma per abolire la tortura con
l’evangelizzazione del potere
sì, bisogna esserlo.
Per abolire la tortura basta
(anche se è enormemente
difficile) stabilire un quadro
giuridico che la proibisca e
un sistema di controllo che la
impedisca. Ma per cacciare i
demoni che abitano l’universo inquisitorio, la legge e i
controlli non bastano: ci vuole l’Evangelo, lo Spirito e la
Parola di Gesù. In altri termini, per cacciare i demoni che
risiedono nei luoghi di tortura
e delle esecuzioni capitali (e,
ovviamente, anche nei cuori
di pietra di coloro che le praticano) per cacciare questi demoni, non basta essere «Testimoni del diritto in un mondo in disordine», bisogna appunto essere o diventare «Testimoni della speranza».
Segue nel prossimo numero
Were you there?
Were you there when they crucified my Lord?
Were you there when they cmcified my Lord?
Oh! Sometimes it causes me to tremble, tremble,
tremble.
Were you there when they crucified my Lord?
Were you there when they laid Him in the tomb?
Were you there when they laid Him in the tomb?
Oh! Sometimes it causes me to tremble, tremble,
tremble.
Were you there when they laid Him in the tomb?
Were you there when they rolled away the stone?
Were you there when they rolled away the stone?
Oh! Sometimes it causes me to tremble, tremble,
tremble.
Were you there when they rolled away the stone?
C eri tu quando crocifissero il mio Signore? / Ceri tu quando crocifìssero il mio Signore? / Oh! Questo pensiero mi fa tremare, tremare, tremare. / C’eri tu quando crocifissero il mio Signore?
Ceri tu quando lo depo.sero nella tomba?...
Ceri tu quando fecero rotolar via la pietra?...
(Illustrazione e testo tratti dal volume Negro Spiritual.'! edito dalla Claudiana)
7
Spedizione in abb. post. Gr SI A/70
In caso di mancato recapito rispedire a:
, CASELLA POSTALE 10066
torre PELUCE
Fondato nel 1848
E Eco Delle ^lli ^ldesi
VENERDÌ 22 DICEMBRE 1992 ANNO 129 - N. 3 URE 1200
Parla Erminio Ribet, presidente della Comunità montana Chisone e Germanasca
Il turismo sportivo e il turismo culturale,
risorse che occorre gestire a livello di bacino
MILENA MARTINAT
La situazione precaria
della viabilità in vai
Chisone e la necessità di un
rilancio turistico, con caratteristiche determinate e ben
organizzate, sono due temi
importanti per l’economia
valligiana.
Pare però che i progetti in
queste direzioni avanzino
lentamente: potranno i mondiali di sci del 1997 a Sestriere dare un contributo
positivo?
Qual è il possibile ruolo
degli enti locali e della Comunità montana in particolare? Ne parliamo con Erminio Ribet, che dell’ente di
valle è il presidente.
«I mondiali devono essere
solo un momento per il potenziamento della zona; non
bisogna limitarsi a costruire
ravvenimento ma le strutture, le infrastrutture e anche
la mentalità del dopo-mondiale; solo in questo caso
r avvenimento sportivo sarà
stato utile. Certo esso è di
per sé un fatto importante
come immagine per Sestriere e tutta la valle; costringe
lo stato a muoversi verso
nuovi investimenti.
Il primo grosso problema
che abbiamo è la viabilità.
Gli interventi verranno fatti
nell’ottica dei mondiali ma
a noi servono di più come
possibile incentivo per la
piccola e media industria,
per r artigianato, per aiutare V inserimento all’interno
del bacino turistico di altre
località; Frali quest’anno
ha dimostrato, con gli allenamenti di due Nazionali
di sci (italiana e spagnola)
che anche li ci sono delle
opportunità».
Bisogna quindi ragionare
a livello di bacino turistico,
non parlare solo di singole
località; vedere che il turismo sportivo occupa solo
pochi mesi l’anno e non è in
grado di far vivere un’economia montana, e che d’altra parte grande è la richiesta di turismo legato all’ambiente e alla cultura locale.
«Offrire questo tipo di turismo in ottica di bacino prosegue Ribet - sarebbe
possibile; visitare la vai
Pellice con tutta la realtà
valdese, la vai Germanasca
se si saprà organizzare bene la valorizzazione delle
miniere, la fortificazione di
Fenestrelle, i parchi della
vai Troncea e dell’ OrsieraRocciavrè vale come minimo una settimana di vacanza. E chiaro però che tutto
ciò va organizzato.
Si tratta di una forma di
turismo dolce, senza impatti
pesanti visto che la cultura
rurale ci appartiene e la
storia protestante esiste, e
non dobbiamo venderla come folclore ma per quello
che è, e perché le miniere
hanno un loro fascino».
In questo modo, tra l’altro, si darebbe anche nuovo
slancio al vero agriturismo e
all’artigianato locale.
Ma veniamo alla questio
UMfUä >
/ili.iBt'V.
In distribuzione i bollini per l'esenzione
Sanità: tanti i disagi
che toccano gli utenti
CARMELINA MAURIZIO
Frali può presentare attrattive turistiche tanto d’inverno quanto in estate: il turismo rappresenta una risorsa fondamentale per sviluppare l’economia valorizzando il patrimonio naturale
ne della viabilità in vai Chisone.
Spiega Ribet:«/ vari progetti di questi ultimi
vent’ anni prevedono una
circonvallazione di Porte,
variazioni di tracciato rispetto all’attuale provinciale e una circonvallazione di
Perosa con due ipotesi.
L’ultimo progetto della
Provincia prevedeva, passato il bacino di Inverso Pinasca, un tunnel sulla sinistra
per mezzo chilometro e poi
un viadotto tra Perosa e Pomaretto fino oltre l’abitato
di Perosa; il viadotto avrebbe certo un impatto ambientale non indifferente.
L’ipotesi che convince
maggiormente noi amministratori prevede l’attraversamento della valle all’al
tezza del bacino per entrare
con un tunnel sotto la collina di Perosa».
Nell’ambito di uno sviluppo non limitato alla nostra valle, registriamo un incontro svoltosi la scorsa settimana tra le Comunità
montane valli Chisone e
Germanasca, vai Pellice ed
alta valle Susa in vista della
presentazione, insieme ai
francesi, dei progetti Interreg.
«C’è spesso grande confusione su cosa sia un progetto Interreg - è stato sottolineato -. Si tratta di
un’opportunità prevista dalla Cee che prevede una serie di misure con interventi
in determinati ambiti (scolastico, turistico, industriale) con percentuali diverse
di intervento da parte degli
enti locali a seconda dei
progetti; almeno inizialmente non si parla di esecuzione di lavori ma di studi
di fattibilità di determinati
interventi».
I progetti avviati con le
altre Comunità montane sono tre: uno di natura telematica legato al turismo, un secondo per la valorizzazione
delle strutture militari di
Exilles e soprattutto di Fenestrelle che ha la più grossa struttura a livello europeo.
II terzo è legato a un’ipotesi di turismo che tenga
conto delle risorse caratteristiche quali flora, fauna,
sentieri, storia e in generale
quella cultura montana di
cui le valli sono ricche.
Entro fine mese sarà terminata da parte dei Comuni
delle valli la distribuzione dei
bollini per l’esenzione del
ticket sulle medicine. Stabilito
ormai che i bollini saranno in
questa prima fase otto e che
per gli altri otto a cui si ha diritto bisognerà attendere, si
stanno verificando in questi ultimi giorni alcuni fenomeni legati a questo nuovo modo di
regolare la spesa ed il consumo
dei farmaci secondo le indicazioni del ministero della Sanità.
Innanzitutto c’è tra la gente
molta confusione e ci sono
molti dubbi; inoltre non.tutti
coloro che hanno diritto a ricevere questi bollini ne sono al
corrente e altri, quasi tutti anziani pensionati, non sono in
condizioni di andarli a ritirare
e per questo occorre una delega. E allora per questo e altri
problemi il punto di riferimento un po’ per tutti sembra essere il medico di famiglia, al
quale in questi giorni i pazienti
si stanno rivolgendo oltre che
per le cure mediche, soprattutto per sapere cosa fare.
«Effettivamente dall’inizio
di gennaio - conferma Paola
Grand, medico di base a Torre
Pellice - più che medico mi
sento burocrate. Molti sono disorientati e mi chiedono spiegazioni e quando mi trovo di
fronte a persone con seri problemi di salute che so per certo
che necessiteranno di ben più
delle sedici prescrizioni annue,
tante quante sono i bollini, sono davvero in crisi. In diversi
casi io ed altri colleghi ci stiamo orientando addirittura a
consigliare l’avvio delle pratiche per ottenere l’invalidità.
Luserna S. Giovanni: un incontro con gli studenti e i genitori
Di fronte alla disoccupazione:
quale scuola dopo la terza media?
Aumenta il numero di disoccupati, si cercano nuove
professionalità; quale indirizzo scolastico scegliere oggi,
dopo la terza media? L’interrogativo, non nuovo, è stato
riproposto in maniera pressante, e non senza qualche preoccupazione, giovedì scorso durante un incontro organizzato
a Luserna San Giovanni con i
rappresentanti di nove scuole
superiori del Pinerolese (vai
Pellice e Pinerolo, visto che in
vai Chisone di scuole superiori non ce ne sono!).
E i genitori, accompagnati
dai figli hanno risposto in modo significativo.
La presentazione delle caratteristiche della propria
scuola ha visto sfilare presidi
e docenti talvolta imbarazzati nella veste di «piazzisti»
del proprio prodotto. Tutti
hanno cercato di mostrare gli
aspetti buoni dei propri corsi,
ma la sensazione alla fine è
che per pochi genitori ci sia
stata maggiore chiarezza; in
molti la pluralità delle proposte ha prodotto ulteriore confusione.
Le domande delle famiglie, come era facile intuire,
sono state dettate dalla
preoccupazione circa la reale
possibilità di occupazione al
termine dei corsi, ma la risposta non poteva che essere
vaga: fra cinque anni - è stato detto - il mercato del lavoro potrebbe essere sconvolto dalla recessione che
stiamo vivendo!
Fra gli interventi il prof.
Salvai ha consigliato di seguire le indicazioni orientative dei docenti delle scuole
medie; Panighini, della sede
di Torre Pellice del Capetti,
ha annunciato l’avvio di una
nuova specializzazione professionale, perito termico,
che sarà Tunica del Pinerolese; il preside del Collegio
valdese. Canale, ha invitato
chi vuole studiare lingue moderne a Torre Pellice a prepararsi a viaggiare, visti anche i
rapporti con le scuole di
quattro stati europei. Vinai
ha rammentato che anche
dall’istituto magistrale si può
accedere all’università facendo il quinto anno integrativo,
sempre a Pinerolo.
Da segnalare il gesto di un
preside di Pinerolo che ha rinunciato a salire a Luserna
poiché gli stessi corsi sono offerti dal «Leon Battista Alberti» di Luserna S.Giovanni; e
questo gesto è stato apprezzato tanto più in una fase in cui
ogni allievo in più contribuisce a mantenere in vita un istituto e dei posti di lavoro.
UssI pinerolesi
Confermati
i manager
Franco Ramella (Ussl 42),
Laura Serra (Ussl 43), Gian
Luigi Boveri (Ussl 44), amministratori straordinari delle
Ussl pinerolesi sono stati confermati nel loro incarico dalla
Giunta regionale con una deliberazione assunta T8 gennaio
scorso. «Il mantenimento dei
commissari - ha spiegato l’assessore alla Sanità, Maccari è determinato dalla necessità
di poter disporre, in questi
mesi di transizione verso il
nuovo sistema sanitario, di
persone competenti del settore
per evitare di nominare amministratori che non abbiano immediata capacità di intervento
in un momento che esige decisioni rapide e al tempo stesso
ponderate. Questa scelta però
non prefigura nessuna indicazione per quelli che saranno i
direttori delle Ussl o della
aziende ospedaliere, da scegliere in un elenco che verrà
stabilito dal ministero della
Sanità entro il mese di giugno».
che almeno per il momento
non prevede limitazioni
all’esenzione dal ticket».
La dottoressa Grand aggiunge poi che molti pazienti non
erano al corrente del fatto che
chi ha diritto all’esenzione per
patologia non può poi avvalersene nel caso in cui abbia necessità di farmaci per altre malattie che non interessano direttamente quella per la quale
si ha il diritto all’esenzione.
«In questi casi - afferma Silvio Boer, medico di base nel
distretto 1 delTUssl 43 - molti
pazienti, anziani, malati cronici, piuttosto che affrontare le
spese per medicinali costosi
come ad esempio quasi tutti gli
antibiotici, ricorreranno al ricovero ospedaliero, che allo
stato costa ben più di svariati
medicinali. Inoltre si preannuncia un’altra tendenza: piuttosto che farsi prescrivere farmaci poco costosi, magari efficaci ed usati da anni, molti nostri pazienti preferiranno farsi
prescrivere quelli più cari e
quindi anche in questo caso la
riforma sanitaria non sembra
rivelarsi per lo stato una forma
di risparmio».
I medici di base ci hanno poi
rivelato che in queste ultime
settimane, in vista dei bollini e
quindi di una drastica limitazione delle prescrizioni, c’è
una sorta di corsa al farmaco,
facilmente individuabile con
un aumento notevole nella richiesta di ricette.
«La mia attività di medico di
base - spiega ancora Paola
Grand - in questi giorni è fortemente limitata proprio dal
fatto che la maggioranza delle
persone che vengono durante
l’orario delle visite, lo fanno
per chiedere informazioni e
chiarimenti sul bollini piuttosto che per veri e propri motivi
di salute. In molti casi ho preparato personalmente le deleghe per quelle persone che ho
visto in difficoltà. Tutto questo
però in qualche modo va a discapito di chi ha veramente bisogno del medico».
In vai Pellice i medici in
questi giorni hanno in programma incontri per cercare
una linea di condotta comune,
per scambiarsi opinioni ed
esperienze. Gli stessi medici di
famiglia stanno segnalando i
disagi che già adesso provoca
questa iniziale fase di riforma
e oltre ai problemi citati ne
emergono altri; cosa succederà
per esempio nelle varie strutture per anziani?
Chi e come si occuperà dei
tanti problemi di ordine burocratico ed economico derivanti
dalle nuove forme di esenzione? E ancora, se in diversi casi, consigliati dai medici si
avvieranno le pratiche per l’Invalidità, quali saranno i tempi
di attesa?
Crediamo certamente che i
problemi che si stanno creando
non siano limitati a quelli sin
qui evidenziati e tantomeno
che quelli segnalati dai medici
siano presenti solo in questa
zona; ci sembra però che nelle
nostre valli, con un’età media
degli abitanti in costante crescita, tali temi abbiano un’importanza sicuramente rilevante.
8
PAG. Il
VENERDÌ 22 GENNAIO 1993
Rita Levi Montalcini
Una pinerolese
onoraria
Sabato scorso il premio
Nobel per la medicina Rita
Levi Montalcini è diventata
cittadina onoraria di Pinerolo; la cerimonia ufficiale è
avvenuta alle 18 presso il
municipio alla presenza delle
autorità locali.
La giornata pinerolese di
Levi Montalcini era cominciata fin dal mattino con un
incontro con gli studenti delle
scuole medie.
L’incontro con il premio
Nobel è avvenuto grazie all’
interessdmento e all’ impegno
dello Zonta club international.
Rita Levi Montaicini, premio Nobei per ia medicina
Cronaca
LUSERNA SCEGLIE L’ACEA — Dopo un anno di prova
ranuninistrazione comunale di Lusema ha deciso di scegliere, per la gestione del proprio acquedotto, il consorzio pinerolese Acea.
«E stata una decisione molto dibattuta e approfondita -dice
il sindaco, Badariotti — ma dobbiamo saper fare i conti con la
realtà: come Comune non abbiamo né strutture né personale
adatto a svolgere tale compito. Nel corso della gestione “sperimentale” del ’92 abbiamo avuto modo di apprezzare la validità della formula Acea».
A quali condizioni affidate la gestione della partita acqua
aU’Acea? «Devo premettere che noi crediamo fortemente in
una gestione di tipo consortile di tutta una serie di servizi sul
territorio. L’Acea fornirà l’acqua alla popolazione partendo
dall’attuale situazione, con le sorgenti ed un pozzo, ma fin
dall’anno in corso darà il via ad importanti investimenti,
nell’ordine di circa 700 milioni, per rifacimenti di parti della
nostra rete così come avevamo progettato. Aggiungo che non
cederemo acqua ad altri Comuni e che punteremo molto sul
miglioramento della qualità delle acque in rete.»
Recentemente, in seno aH’assemblea dell’Acea lei, insieme
ad altri sindaci delle valli, ha criticato il ruolo, tendenzialmente egemone, del Comune di Pinerolo... «Senza voler polemizzare con nessuno, ritengo che anche i Comuni periferici
debbano avere un loro peso e possano giocare un loro ruolo,
visto che facciamo parte del consorzio».
ALLEVATORI SENZA MERCATO? — Dopo la decisione
del Comune di Moncalieri di sospendere l’attività del locale
mercato del bestiame i produttori di carne bovina hanno deciso di protestare per la «difficile situazione che si è venuta a
creare con la chiusura improvvisa dell’unico riferimento in
Piemonte per la raccolta e commercializzazione dei capi a fine carriera». La chiusura è avvenuta dopo che i Nas avevano
constatato le precarie condizioni igieniche del mercato.
STATUTO APPROVATO DA UN CONSIGLIO DIMEZZATO — La bozza di statuto della Comunità montana vai Penice è stato presentato all’esame del Consiglio per la sua approvazione. Predisposto da una commissione costituita dai capigruppo, il documento è articolato in oltre 70 articoli. Per l’approvazione in prima battuta era però necessaria la presenza
dei due terzi dei consiglieri, cosa che non si è verificata; raggiunto faticosamente il numero legale, la maggioranza ha dovuto prendere atto dell’assenza pressoché totale dei gruppi di
minoranza per cui lo statuto, votato a maggioranza semplice,
dovrà essere riportato in un successivo Consiglio per l’approvazione definitiva.
UssI 43: incontri di educazione alimentare
Il menu della scuola
Continuando nella sua attività nel campo dell’educazione alimentare, l’Ussl 43 ha
organizzato una serie di incontri (iniziati nel dicembre
’92 si concluderanno nel mese di gennaio) con i responsabili delle mense scolastiche: i
cuochi, le suore per le scuole
private, gli assessori all’Istruzione dei Comuni.
Durante gli incontri il dott.
Pratesi, del Servizio di igiene
pubblica, e la puericultrice
esaminano i menù delle varie
scuole allo scopo di assicurare agli alunni un’alimentazione sana ed equilibrata senza
quegli eccessi che, diventando abitudine e protraendosi
negli anni, finirebbero per
provocare danni gravi alla loro salute.
Sono numerosi infatti i problemi che vedono in un’errata alimentazione la loro
principale causa: da carie e
stitichezza, disturbi di solito
non gravi ma importanti perché affliggono gran parte della popolazione e impongono
costi notevoli per la loro cura,
a malattie anche mortali come
molte patologie cardiovascolari e parte dei tumori maligni.
«Se i genitori noteranno
novità nei menù dei loro figli
- dice il dott. Pratesi - sappiano che esse sono il frutto
di questi incontri. Gli operatori dell’ Ussl .sono comunque
a disposizione per parlarne
anche con i genitori. Sarebbe
molto importante che anche
in casa i ragazzi vedessero
applicati gli stessi principi
della dietologia moderna».
L’Ussl ha comunque intenzione di organizzare altre iniziative nel campo dell’educazione alimentare.
E Eco Delle Yallì Vai.desi
Prosegue il ciclo di incontri dedicati alla Conferenza economica del Pinerolese
Tremila posti di lavoro sono a rischio:
servono idee per i progetti di sviluppo
PIIERVALPO ROSTAN
Continua il ciclo di incontri dedicati alla «Conferenza economica del Pinerolese», promossa dall’assessorato ai problemi del lavoro della
città di Pinerolo. Dopo aver
fatto il punto sulla situazione
socio-economica attuale del
Pinerolese, è stata la volta
della presentazione di progetti
per lo sviluppo dell’area.
Fra questi emerge innanzitutto l’opportunità di giocare
la carta del turismo, sfruttando in primo luogo i prossimi
mondiali di sci del 1997, che
costituirebbero fra l’altro una
buona occasione per risolvere
il problema della viabilità, ristrutturando finalmente la rete
viaria che collega Pinerolo a
Torino e fornendo tutta l’area
delle necessarie strutture ricettive.
Interessante è stata la proposta della cooperativa «La
generale» di Villar Perosa,
costituita nel ’91, che offre
una serie di servizi di pulizia,
refezione e gestione di locali
pubblici e privati: è composta
da 70 soci lavoratori e l’anno
scorso ha raggiunto un fatturato di circa un miliardo. La
cooperativa è senz’altro la dimostrazione pratica della possibilità di assicurare lavoro ad
un certo numero di persone,
un fattore da non trascurare
visti i problemi di disoccupazione, anche non permanente,
che affliggono il Pinerolese.
Il Comune e il Comitato autonomo pinerolese hanno presentato delle proposte abbastanza simili che non difettano di una certa genericità.
Compaiono fra queste l’intenzione di costituire un mattatoio intercomunale che incentivi l’utilizzo della carne tipica delle valli, magari con la
garanzia di un marchio di
qualità; la vecchia idea di fare
di Pinerolo un polo universitario, cominciando dall’istituzione della facoltà di architettura; l’opportunità di incentivare le attività attinenti la
scuola di Cavalleria con la
costruzione di aree attrezzate
per camper e campeggi, percorsi ippici in città e strutture
per la sosta dei cavalli. Si è
anche riparlato della necessità
di un ulteriore sviluppo
dell’agriturismo, soprattutto
nella fascia collinare e pedemontana, per promuovere i
prodotti tipici della zona.
Senza dimenticare il ruolo
dell’artigianato, che può favorire il turismo commerciale e
che deve essere incentivato
con la creazione di un mercato diversificato (dell’usato, di
oggetti d’arte o di artigianato)
a cadenza mensile e senza
l’onere di grossi costi.
Ovviamente nell’ottica di
una politica tesa a promuovere le attività commerciali locali e l’insediamento (o la
ricollocazione) di piccole e
medie imprese.
Ma quali finanziamenti
staimo alla base di questi progetti? Le speranze dei propositori si dirigono tutte verso i
fondi Cee, specie di manna
europea che dovrebbe saziare
ogni vuoto finanziario e soddisfare ogni aspettativa locale. L’opportunità effettivamente esiste, ma il votarsi
completamente ad essa costituisce anche un limite: che
succederà se gli sperati fondi,
per un motivo o per l’altro,
verranno negati?
Un’altra obiezione ai progetti presentati alla conferenza è venuta dal sindacato, che
ha ricordato i tremila posti di
lavoro a rischio nel solo Pinerolese, senza contare i disoccupati. Altri tremila operai
senza lavoro significano 4 miliardi e mezzo che non vengono spesi, per i generi di prima
necessità, nell’area di Pinerolo.
In sostanza: la zona non vive di solo turismo ed è necessario considerare la situazione
di chi a Pinerolo vive e lavora, promuovendo una nuova
industrializzazione, magari
facendo rivivere aree ex industriali oggi inutilizzate e
promuovendo strutture in grado di fornire lavoratori
specializzati. Senza dimenticare che proprio Pinerolo è un
serbatoio di manodopera di
cui bisognerebbe evitare
l’esodo verso Torino: già
adesso, ogni giorno, 13 mila
pendolari si spostano in città
per lavoro.
Anche l'azienda di Pinerolo deve fare i conti con la situazione di pesante recessione
Beloit: 400 operai in cassa integrazione
In un anno che si sta distinguendo, forse più ancora del
’92, per la forte crisi del mercato e dell’industria, anche la
Beloit di Pinerolo deve fare i
conti con la recessione: da
marzo il 60% della forza lavoro affronterà la cassa integrazione, per 13 settimane,
col criterio della rotazione.
Oltre 400 dipendenti su circa
700. E questo non è il primo
segnale di una crisi, visto che
già da parecchie settimane sia
nei reparti sia negli uffici tecnici si era arrivati alla cassa
integrazione.
Non è bastata la ristrutturazione degli anni scorsi con la
chiusura della fonderia e il
«riciclaggio» negli altri reparti delle unità lavorative; oggi
è in generale il mercato delle
macchine per la carta ad esse
re in difficoltà. Del resto il
fatto che la gran parte delle
lavorazioni avvenga su ordinazione, in base cioè ad esigenze valutate nei dettagli, fa
sì che risulti anche improponibile la formazione di un
magazzino in attesa di tempi
migliori.
«Investimenti in passato sono stati fatti - conferma Bertalmio della Cgil - e noi crediamo che se una ripresa potrà esserci nel mercato in generale, di conseguenza ci sarà
ripresa della Beloit».
La fabbrica di Pinerolo non
è che una del gruppo; altre ve
ne sono, sempre in Europa, in
Inghilterra, in Spagna, ora in
Polonia, dove avviene il grosso delle fusioni.
Se la strategia del trasferimento all’Est si estenderà ad
Una veduta dello stabilimento Beloit
altre lavorazioni, se assisteremo ad una nuova contrazione
nei posti di lavoro o se invece
il polo pinerolese avrà opportunità di rilancio lo si vedrà
in prospettiva; per ora, al di là
di un certo disappunto per il
blocco dei pensionamenti per
tutto il 1993, non si parla di
riduzione di personale.
Presentate a Perosa Argentina le iniziative del gruppo «Salaam, i ragazzi dell'olivo)
Una vìsita ai bambini della Palestina
LILIANA VIQLIELMO
Salaam, i ragazzi dell’olivo; una sigla non certo
sconosciuta ma all’Associazione pace valli Chisone e
Germanasca è venuto in mente di farla conoscere ad un
pubblico più ampio organizzando un incontro ed allestendo una mostra che presenta le iniziative a favore dei
bambini palestinesi.
Venerdì 25 gennaio a Perosa Argentina sono state raccontate le esperienze fatte da
un gruppo pinerolese che ha
soggiornato in Palestina, lavorando con i bambini in un
orfanotrofio.
Il nome stesso dell’iniziativa
ricorda una cosa molto bella
(salaam vuol dire pace) e una
terribile situazione all’intemo
del conflitto che lacera la Palestina: gli olivi, alberi sacri per
i palestinesi perché fonte di vita e civiltà, vengono sradicati
dagli israeliani per rendere
inabitabili vaste zone dei territori occupati e costringere la
gente ad andarsene.
In una situazione dove i
bambini non hanno il diritto
di vivere un’esistenza protetta, ma anzi vengono presi di
mira con persecuzioni più o
meno palesi, l’iniziativa migliore è parsa agli organizzatori l’adozione a distanza, che
permette di aiutarli a vivere
nel proprio paese e di ricevere un’istruzione adeguata.
Promossa dall’Arci e
dall’Agesci, operativa fin dal
1989, «Salaam» ha raggiunto
circa 7.000 adozioni di bambini palestinesi; possono aderire
sia persone singole sia famiglie 0 gruppi di persone. Si
tratta di una somma di
100.000 lire mensili che viene
inviata per due anni a bambini
scelti in Palestina da un comitato di garanti privilegiando
chi è in particolari condizioni
di necessità. Dato che da breve tempo «Salaam» è diventata un’associazione autonoma,
viene richiesta una quota di
iscrizione di altre 100.000 lire. Quando aH’affidatario viene comunicato il nome e l’indirizzo del bambino prescelto,
si può avviare una corrispondenza e anche, avendone la
possibilità, andare in Palestina
a conoscerlo.
In Palestina si è appunto recato il gruppo pinerolese che
ha lavorato con gli orfani di
una casa che si trova in un
paese situato nei territori occupati appena a nord di Gerusalemme.
Le diapositive e le parole
commosse che le commentavano testimoniavano il gran
de bisogno che ha il popolo
palestinese di cibo e di cure,
ma anche di affetto e di contatti umani.
La mostra, che consisteva
di lettere e disegni inviati dai
bambini adottati, era accompagnata da un banco di vendita di oggetti ricamati dalle
donne palestinesi le quali, in
que.sto modo riescono tramite
una cooperativa a mantenere i
propri figli, mentre spesso gli
uomini sono disoccupati o in
prigione.
Sia l’Associazione pace
che le scuole domenicali della vai Germanasca hanno
aderito all’iniziativa «Salaam, i ragazzi dell’ulivo»,
adottando un bambino palestinese per due anni: chiunque fosse interessato può
informarsi delle modalità necessarie contattando i membri
dell’Associazione pace.
9
VENERDÌ 22 GENNAIO 1993
E Eco Delle "^lli ¥vldesi
PAG. Ili
Tre «disc jockey» noti al pubblico del Piemonte
Le attività dei giovani nel Pinerolese
Nelle discoteche
per trovarsi insieme
MORGAN PEYROT
Anche se secondo le
iscrizioni nelle scuole
superiori sono ovunque in
diminuzione i giovani in vai
Pellice e in vai Chisone-Germanasca ci sono, e sono tanti.
Poche invece sono le strutture pensate per loro, come
punto di ritrovo e aggregazione diverso dal bar o dalla
strada.
Ogni tanto, specialmente
in occasione di qualche fatto
«brutto», si riaffaccia nelle
amministrazioni comunali,
qualche volta nelle chiese, la
discussione sul «problema
dei giovani».
Sulle pagine di questo
giornale vorremmo, in qualche modo, dar loro voce,
sentire cosa pensano, cosa
fanno, cosa si aspettano. Ma,
tanto per cominciare, abbiamo voluto fare una panoramica di quel che c’è, come
posti per ritrovarsi e sentire
musica: le famose o famigerate discoteche; ecco qualche notizia in merito, in attesa di farci su anche una riflessione.
LA CICALA, Bricherasio.
Ambiente essenzialmente
«trendy» (cioè alla moda)
frequentato per la maggior
parte dai ragazzi «bene» dei
paesi limitrofi, sui 17-18 anni e anche fino a 25. La musica è quanto di meglio ci sia
sul mercato. Il venerdì sera è
dominato dall’ «underground», con accenni alla discomusic degli anni ’80 e alla techno, il sabato invece
abbraccia un po’ tutti i generi; dj Gabriele, coadiuvato
ogni tanto da Morgan, Faber
e altri. L’ingresso costa 15
mila il sabato e 13 mila il venerdì.
BLUE .JEANS, Bagnolo
Piemonte. Locale simpatico
che il venerdì e il sabato accoglie i ragazzi compresi tra i
14 e i 20 anni. La musica, con
poco underground, è di stampo commerciale con lunghi
intermezzi revival. Ingresso
15 mila. Molti i dj tra cui
Roby, Oscar e altri.
ALIBI, Bagnolo Piemonte.
Famoso per il giovedì sera, è
un locale molto piccolo con
buona musica e gente di età
compresa fra i 17 e i 26 anni,
dj Marco, ingresso 15 mila.
FORTINO DISCO, a Paesana. Tralasciando la sala del
liscio, si articola in tre piste
animate dai dj Roberto, Riccardo e John. La musica, di
buon livello, è più che altro
commerciale nella sala grigia
e con grosse novità in quella
rossa, appena rinnovata. Il
martedì è noto per le serate
all’insegna della musica italiana. Il locale è molto ampio,
con capienza di circa 3 mila
persone e permette anche di
ritrovarsi nella sala bar, per
parlare senza essere disturbati
dal volume della musica. Ingresso 15 mila lire.
IMAGINE, Prali. Data la
sua posizione in ambiente
sciistico, risulta più affollata
nel periodo delle settimane
bianche. La musica, come del
resto la gente, è sempre più o
meno la stessa, forse per un
certo cattivo gusto non tanto
del dj Roberto quanto degli
stessi frequentatori. Ingresso
15 mila.
SAMMY DAVIS, Riva di
Pinerolo. Il posto è grande,
ben organizzato. Le serate:
martedì musica anni ’60,
’70, ’80; venerdì musica dal
vivo; sabato musica da discoteca dell’ultima generazione, cioè underground e
techno. Il locale è frequentato da gente di tutte le età fino ai trent’anni; dj China.
Ingresso 15-20 mila.
MITHOS ULTIMO IMPERIO, Airasca. Ultima
aperta, è una delle più grandi
d’Europa, con una capienza
di 7 mila persone e 5 piste, 25
mila watt di potenza. Forse
un po’ dispersiva ma nel
complesso ben organizzata,
richiama giovani e adulti da
ogni parte con ovviamente
tutti i problemi che una discoteca di queste dimensioni
comporta: sovraffollamento,
lunghe code al bar e ai guardaroba, spesso anche risse.
di Charbonnier geom. Enrico
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Iniziamo questa settimana una ricognizione nei musei presenti nei territorio
Pinerolo: la «culla della cavalleria»
scopre nel museo un passato affascinante
FEDERICA TOURN
Storia, cultura, ambiente,
fatti quotidiani e personaggi del passato possono
essere presentati o illustrati
attraverso musei. La stessa
cosa accade con la storia
valdese. Le Valli e Pinerolo
sono assai ricche di questi
contributi; cominciamo, da
questa settimana, la presentazione dei musei del Pinerolese.
Non può che essere Pinerolo, la «culla della cavalleria», come viene spesso chiamata per le sue tradizioni, ad
ospitare il famoso Museo nazionale dell’arma di cavalleria.
Il museo, fondato alla fine
del 1961 dalla «Società amici
del museo nazionale della cavalleria italiana» con l’autorizzazione del ministero della
Difesa, ha sede nel palazzo
di viale Giolitti, nell’ala
dell’ex caserma Fenulli che
dal 1819 al 1943 ospitò il comando della scuola d’applicazione di cavalleria.
Nel 1966 il museo fu dichiarato ente morale e due
anni dopo fu finalmente
aperto al pubblico; oggi il
museo, riconosciuto nel 1986
ente militare a tutti gli effetti,
è alle dirette dipendenze dello stato maggiore dell’ esercito ed è stato incorporato
come reparto della scuola di
applicazione d’arma di Torino.
Il museo si estende su tre
piani, per circa 6 mila metri
quadrati di superficie; secondo l’ordine cronologico sono
ricordati tutti i reggimenti,
dal Nizza Cavalleria ad oggi:
sono esposti vessilli di guerra, uniformi, armature, elmi,
stendardi, armi (moschetti
con e senza baionette, pugnali, tra cui il perlomeno originale crocifisso con pugnale
annesso detto «misericordia», che serviva a dare il
colpo di grazia aU’avversario
ferito), mezzi blindati e corazzati.
Un’ampia sezione è dedicata alla cavalleria coloniale
e un altro settore al ruolo
svolto dalle cavallerie estere,
con rappresentazioni di battaglie tedesche e stampe della cavalleria francese, senza
dimenticare però che i 141
ufficiali stranieri che vennero
a Pinerolo ad imparare il metodo naturale di equitazione
di Federico Caprini.
Largo spazio è lasciato al
cavallo, da sempre apprezzato dal cavaliere come un
compagno; sono riprodotti i
cavalli con bardature originali e tutti i tipi di ferri per quadrupedi.
Non mancano statue equestri, tele, bronzi e ceramiche
raffiguranti famosi cavalieri
sulla loro cavalcatura. Si trova un cappello dedicato a
San Giorgio, patrono dei cavalieri, a cui si accosta un sacrario con i nomi dei cavalieri caduti in guerra.
Emergono i ricordi di vittorie sportive: nella sede dei
trofei, infatti, sono allineate
le coppe vinte dalla squadra
militare ufficiale italiana. Il
museo si completa con un archivio storico e uno cinefotografico e due biblioteche,
una dedicata al cavallo e l’altra a carattere militare.
Il museo, allestito e tenuto
in modo impeccabile, ha potuto accrescere la sua raccolta grazie al contributo di circa 900 donatori, per la mag
gior parte cavalieri in congedo. Ma è senz’altro il pubblico che sancisce il successo di
questa collezione: ogni giorno una scolaresca visita le
sale del palazzo e in tutto il
1992 si sono contati 14 mila
500 visitatori, due mila soltanto durante la «settimana
del museo» organizzata dal
Comune all’inizio di settembre.
L’ingresso al museo è gratuito; l’orario per i giorni feriali è dalle 9 alle 11,15 e
dalle 15 alle 17,15 e per i
giorni festivi dalle 9 alle
11,15. Chiuso il lunedì e il
giovedì, il 1° gennaio, il sabato e la domenica di Pasqua, e le festività infrasettimanali.
La facciata della ex Scuola di cavalleria
Un'altra vittima della congiuntura
Sta per chiudere
la Fps di Campiglione?
La monocultura industriale
della provincia di Torino rischia di fare un’altra vittima:
si tratta della Fps di Campiglione Fenile, azienda che produce ruote in lega leggera per
la Fiat.
Il settore non tira e la direzione (dal 1989 in mano a un
gmppo estero) ha comunicato
di voler chiudere la fabbrica
concentrando tutte le lavorazioni in un altro stabilimento
nel bresciano.
Nella fabbrica di Campiglione siamo attualmente ad una
produzione di 300.000 ruote
all’anno, su una previsione di
450.000. Eppure, al momento
del subentro del nuovo gruppo
nel 1989, erano stati effettuati
investimenti per 15 miliardi
(8-9 per l’acquisto ed il resto
sulle tecnologie).
Sono nuovamente altri 139
lavoratori dipendenti con scarse prospettive. La risposta degli operai e delle organizzazioni sindacali è però stata forte:
un giorno e mezzo di chiusura
e l’apertura di trattative.
L’azienda ha proposto, per la
prima fase, il ricorso alla cassa
integrazione per 39 unità lavorative, senza rotazione e dunque col rischio che alla fine, in
caso di crisi prolungata, ci si
trovi di fronte ad altrettanti
licenziamenti. «Abbiamo raggiunto un accordo che risolve
parzialmente la situazione dicono alla Cgil - in base al
quale la cassa integrazione
sarà, per 11 settimane, a rotazione; stiamo valutando altre
iniziative per affrontare globalmente la situazione nel corso dei prossimi mesi, evitando
di lasciare i lavoratori in balia
di una crisi che è molto ampia
e che necessita dei necessari
ammortizzatori ».
Perosa Argentina
Incontro
ecumenico
Lunedì 25 gennaio, alle ore
20,45, presso la chiesa
dell’oratorio (ex salesiani) si
terrà una serata di riflessione
in occasione della settimana
di preghiera per l’unità dei
cristiani sul tema Signore,
donaci uno spirito di pace e
di giustizia.
éeU'9iola
via Nazionale, 246 - Villar Perosa
Ponte di San Germano - Tel. (0121) 58.825
Chiuso il martedì
Nelle Chiese Wdesi
BOBBIO PELLICE — Il culto di domenica 24 gennaio sarà
in francese.
* Martedì 26 gennaio, riunione quartierale ai Campi.
PINEROLO — Giovedì 28 gennaio, alle ore 20,30, presso la
chiesa di madonna di Fatima, si svolgerà un primo incontro
di verifica dell’attività del Centro di ascolto sorto nei mesi
scorsi per iniziativa di cinque parrocchie cattoliche della
città e della locale chiesa valdese con lo scopo di andare incontro a quanti si trovano in difficoltà.
TORRE PELLICE — Sabato 30 gennaio, alle ore 20,30,
presso la casa unionista di via Beckwith, si svolge un incontro del coordinamento scout valli.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Venerdì 22 gennaio, alle
20,45, su iniziativa del 1° circuito delle chiese valdesi, presso la sala Beckwith, si svolgerà una conferenza sul tema Le
cliiese cristiane di fronte all’antisemitismo; interverrà il
prof, della Facoltà valdese di teologia Daniele Garrone.
* L’assemblea di chiesa è convocata per domenica 24 gennaio e si terrà durante il culto, nella sala Beckwith, alle ore
10. All’ordine del giorno la relazione del cassiere per il
consuntivo e il preventivo; la elezione o rielezione di tre
membri del concistoro il cui mandato è scaduto alla fine
dello scorso anno.
SAN SECONDO — La Ced del primo distretto organizza per
il 24 gennaio, alle ore 15, nei locali della chiesa valdese, un
incontro per catechisti e precatechisti del distretto; introducono Erica Tomassone e Claudio Tron.
RORA — Sabato 23 si svolgerà la cena comunitaria prò tempio; le prenotazioni si ricevono presso il negozio Cesan
(93144), Luciana Morel (93118), entro il 21 gennaio.
Il gruppo donne ha ripreso le sue riunioni il martedì; il tema
di ricerca e riflessione è Sofferenza e prova.
AUTORIPARAZIONI
Costantino Marco
Officina autorizzata
LA PRIMA IN PINEROLO
Via Montebello, 12 - Tel. 0121/321682
PINEROLO
10
PAG. IV
L* Eco Delle \àlli Vat.orsi
VENERDÌ 22 GENNAIO 1993
Le formazioni del Valpellice di ping pong
Una giornata
un po^ sfortunata
L’ultima giornata non è
risultata troppo fortunata
per le formazioni del Valpellice.
La squadra di C maschile
ha subito una sconfitta in
casa ad opera deH’Imperia
per 3 a 5.
La non troppo convincente prestazione dei torresi è
da collegarsi alla sosta di
due settimane?
L’Imperia ha comunque
meritato il successo, e la rivincita sarà il 3 aprile. Per il
Valpellice hanno giocato
Rosso (2 successi), Gay (1)
e Malano.
Questi i risultati della serie C: Valpellice-Imperia
3-5; Sanremo-Fossano 5-4;
Crdc Torino-Ventimiglia
3-5; Verzuolo-Genova 5-2.
Niente partita invece per
la formazione femminile di
serie C che, a causa dello
stop imposto dalla nebbia
all’aereo, non ha potuto recarsi a Sassari.
La formazione D2 ha invece osservato un turno di
riposo.
Sabato 23 a Torre Pellice
ospiterà la capolista Moncalieri; la C invece andrà in
trasferta a Possano; la C
femminile riposerà.
La classifica della serie C
maschile vede ora al comando il Sanremo con 12
punti, seguito da Imperia
10, Possano e Valpellice 8,
Ventimiglia e Verzuolo 4,
Genova 2, Crdc Torino 0.
Calcio
Il Pinerolo
sconfitto
Il Pinerolo è uscito sconfìtto dalla trasferta di Fissone, al termine di una partita
avvincente che ha visto i
biancoblu in rimonta con un
finale di partita molto intenso.
Sotto di un gol fin dai primi minuti e sullo 0-2 poco
dopo l’inizio della ripresa
grazie a un discusso rigore
realizzato da Tagliabue, i pinerolesi hanno realizzato la
rete della bandiera all’85°
con Labrozzo.
Nel concitato finale gli uomini di Cavallo hanno sfiorato il pari in un paio di occasioni.
Domenica prossima il Pinerolo avrà l’opportunità di
un riscatto immediato, affrontando al «Barbieri» il
Bellinzago, ultimo in classifica e già battuto all’andata
per 1-0.
L'attività agonistica dello sci di fondo
Buoni risultati
dei giovani pralini
Prosegue, con buoni risultati, l’attività agonistica dei
giovani sciatori pralini.
Nell’ultimo fine settimana
a Bagni di Vinadio si è svolto
il trofeo «Roberto De Gioanni» e la pattuglia dei valligiani si è molto ben difesa.
Nella categoria baby femminile, sulla distanza dei due
km (successo della portacolori dello S.C. Passet Pragelato
Monica Magnarini), Ketty
Pascal si è classificata terza.
Fra i cuccioli femminili (2
km) successo della pralina
Susy Pascal con Valentina
Richard al 5° posto.
Nei cuccioli maschili (3
km) Fabrizio Grill si è piazzato secondo, dietro a Matteo
Di Prato dello S.C. Limone.
COMUNICAZIONE AGLI UTENTI
DI LUSERNA SAN GIOVANNI
L'ACEA di Pinerolo, subentrata al Comune nella gestione dell’acquedotto dal 1“ gennaio 1993, porta a
conoscenza dei Signori utenti alcune informazioni atte a regolamentare nel modo più chiaro possibile, le
condizioni di fornitura.
1. TARIFFE IN VIGORE
Le tariffe attualmente in vigore, approvate con provvedimento del Comitato Provinciale Prezzi n.15 del
19.03.1991, con decorrenza dal 1° gennaio 1991, sono le seguenti:
2. NOLO CONTATORI
Viene fatturata una quota fissa in rapporto al minimo impegnato ed a valori mensili compresi fra L 450 e
L.4.000.
uso domestico
da 0 a me 90
da 91 a me 135
da 136 a me 180
oltre me 181
uso agricolo
da 0 a me 120
da 121 a me 180
oltre me 181
uso artigianale
fino al minimo contrattuale
supero
uso commerciale
fino al minimo contrattuale
supero
L/mc 300
L/mc 550
L/mc 800
L/mc 1 .100
L/mc 300
L/mc 550
Urne 800
L/mc 550
Urne 900
L/mc 550
L/mc 1 .100
uso industriale ed altri utilizzi
fino al minimo contrattuale L/mc 550
supero L/mc 1.300
uso allevamento animali
1) all’Interno di un “uso dome
stico” assegnazione di un
minimo aggiuntivo pari a me
18/anno/capo bestiame bovino a L/mc 275
2) all’Interno di un “uso agricolo”
riconoscimento di un minimo
aggiuntivo pari a me 18/anno/capo bestiame bovino a L/mc 275
3) uso eclusivo allevamento bovini
tutto il consumo a L/mc 275
3.FORMALIZZAZIONE DEI CONTRATTI DI FORNITURA E FATTURAZIONE CONSUM11993
Verrà data successivamente ampia pubblicità alle modalità che verranno seguite sia per quanto riguarda la formalizzazione dei contratti di fornitura, sia per quel che concerne la fatturazione dei consumi di
acqua.
Si informano i Signori utenti che per ogni informazione tecnica ed amministrativa, per variazioni relative
all’Intestatario della bolletta o alle condizioni contrattuali sono disponibili gli uffici ACEA, in via Vigono,
42 Pinerolo - telefono verde (chiamata gratuita) 1678/08055. Inoltre per le emergenze si segnala il servizio di pronto intervento (24 ore su 24) da parte dei tecnici ACEA.
Il pagamento delle bollette potrà essere effettuato sia presso gli sportelli postali, sia tramite domiciliazioni bancarie dietro presentazione delle stesse bollette oppure presso la Cassa ACEA nell’orario d’ufficio:
mattino: ore 8,30 - 12.00 pomeriggio: ore 14.00 - 15.00 (sabato ecluso).
Pinerolo, 11 gennaio 1993
IL PRESIDENTE
(Ing. Piergiuseppe DAVIERO)
IL DIRETTORE
(Ing. Francesco CARCIOFFO)
Nella categoria ragazzi
femminile (successo di Roberta Fomeris dello S.C. Festiona), Erika Breuza si è
classificata 17°.
Nei ragazzi maschile (5
km), dietro il vincitore Alessandro Fiandino dello S.C.
Festiona, una vera «valanga
pralina»; 2° Daniele Geme,
5° Dennis Richard, 6° Diego
Lageard, 15° Alex Barale.
Fra le allieve (5 km), dietro
la vincitrice Anna Miraglio
dello S.C Val Gesso, si è
classificata al 2° posto Karin
Grill, mentre fra gli allievi
(7,5 km) Daniele Breuza si è
piazzato al 13° posto e Simone Rostan al 14°.
Fra gli aspiranti femminili
(5 km) successo di Elisa Rostan, mentre nell’omologa categoria maschile, sui 10 km,
Patrick Peyrot si è classificato 4° e Stefano Felizia 6°.
Intanto la diciassettenne
Lara Peyrot da sabato prossimo disputerà a Dobbiaco, in
Alto Adige, i campionati italiam assoluti; sarà impegnata
sabato nella 15 km di tecnica
classica, lunedì sui 5 km a
tecnica classica e martedì sui
10 km a tecnica libera. Le ultime due gare sono legate da
una combinata.
Servizi
chi^sh^^^^Anjùscà
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale valdese, Pomaretto,
tei. 81154.
DOMENICA 24 GENNAiO
Perosa Argentina: Farmacia
Bagliani - Piazza Marconi 6,
tei. 81261
Ambulanze:
Croce verde, Perosa: tei. 81100
Croce verde. Porte : tei. 201454
US$L43-VALPÌU.Id|
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 932433
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 24 GENNAIO
Luserna San Giovanni: Farmacia Gribaudo - Via Roma
19 (Airali), tei. 909031
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 91996
Croce Verde - Bricherasio, tei.
598790
j im8L 44-PINEROLESE 1
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale civile, Pinerolo, tei.
2331
Ambulanza:
Croce Verde, Pinerolo, tei.
22664
L’Eco Delle Valli Valdesi
Via Pio V, 15-10125 Torino
Tel. 011/655278
Reg. Tribunale di Pineroio
n. 175/60
Resp. Franco Giampiccoli
Stampa:
La Ghisleriana Mondovì
Spedizione in abb. post.
Gr 2A/70
Appuntamenti
Venerdì 22 gennaio — TORRE PELLICE: Alle 17,30,
presso la sede di via Repubblica
3, si svolge rincontro del gruppo
vai Pellice di Amnesty International. La serata prevista per il
23 gennaio al cinema Trento è
invece sospesa.
Venerdì 22 gennaio — SAN
GERMANO: La Chiesa valdese
organizza, alle 20,45, presso la
sala valdese, un incontro sul tema Le Valli tra l’Europa e il
Mezzogiorno con la partecipazione dell’europarlamentare Rinaldo Bontempi e del pastore
Giorgio Bouchard, presidente
della Federazione delle chiese
evangeliche in Italia.
Venerdì 22 gennaio — PINEROLO: Alle 21, nel centro
sociale di via Lequio, Diego Novelli, parlamentare della Rete e
membro della commissione bicamerale per le riforme istituzionali introdurrà un dibattito su
Riforme elettorali ed elezione
diretta del sindaco.
Venerdì 22 gennaio — PINEROLO: Alle 20,45, presso la
sala ex comprensorio di via S.
Giuseppe 39, nell’ambito della
conferenza economica del
Pinerolese organizzata dal Comune di Pinerolo, verranno discusse le proposte ed i progetti
presentati nel corso dell’incontro
del 15 gennaio.
Sabato 23 gennaio — PINEROLO: Il comitato «Mai più
conquiste» organizza alle ore 16,
presso il seminario in via Trieste
44, un incontro sul tema Quali
frontiere, quale futuro per
l’Europa?; intervengono Claudio Bettarello che parlerà delle
questioni economiche relative
all’Europa e Massimo Pastore,
ricercatore universitario, che
presenterà le nuove norme relative alle frontiere ed aH’immigrazione.
Sabato 23 gennaio — TORRE PELLICE: Si conclude la
tre giorni organizzata dal Comune in collaborazione con le associazioni e le chiese sul tema del
razzismo. Alle 21, presso la Foresteria valdese, il gruppo Lou
Dalfin proporrà nuove e vecchie
musiche occitane.
Cinema
TORRE PELLICE - Il cinema Trento ha in programma, venerdì 22, ore 21,15,
Tutte le mattine del mondo dì
Alain Corneau; sabato 23, ore
20 e 22,10, domenica 24, ore
20 e 22,10, lunedì 25, ore
21,15, Al lupo al lupo; domenica 24, ore 16 e 18, La bella e
la bestia.
BARGE — Il cinema Comunale ha in programma, giovedì 21, ore 21, La bella e la
bestia; venerdì 22, ore 21,
Giocando nei campi del Signore; sabato 23, ore 21, Inserzione pericolosa; da domenica 24 (ore 15, 17, 19, 21) a
giovedì 28 (feriali ore 21),
Puerto escondìdo.
PINEROLO — Il cinema
Italia ha in programma, da
giovedì 21, La morte ti fa bella; feriali ore 20,15 e 22,20, sabato 20,15 e 22,30, domenica
ore 14,15, 16,15, 18,15, 20,15,
22,20.
Il cinema Hollywood propone, fino a giovedì 28, Guardia
del corpo; feriali ore 20 e
22,30, domenica ore 15, 17,30,
20 e 22,.30.
Il cinema Ritz ha in programma L’ultimo dei moicani; feriali ore 20 e 22,30, festivi ore 15, 17,30, 20e 22,.30.
11
■
L'ITALIA
A UNA SVOLTA
Il nostro paese attraversa una delle crisi più gravi della
sua storia. Corruzione, malcostume, violenza e mafia
rischiano di soffocarlo. Sembra una crisi politica,
economica. Invece è una crisi moraie. Anzi, è una crisi
spirituale.
Il popolo italiano
ha dinnenticato Dio,
ha perso il senso della verità
e della giustizia.
C'è una sola via
per sconfiggere le forze del male:
tornare a Dio,
riconoscerci davanti a Lui
responsabili dei nostri errori.
In questo giorno che ricorda la libertà che abbiamo ottenuto all'alba del Risorgimento, noi evangelici italiani
invitiamo tutti i credenti
a riunirsi in preghiera e neH'umile ascolto della Parola
di Dio per chiedere al Signore il dono della nuova
nascita e di una nuova speranza di verità, libertà e
giustizia.
FEDERAZIONE DELLE CHIESE EVANGELICHE IN ITALIA
17 febbraio 1993
SETTIMANA DELLA LIBERTÀ
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12
PAG. 8 RIFORMA
I Cultura i
VENERDÌ 22 GENNAIO 1993
L'ermeneutica attraverso i secoli
La scienza
dell'interpretazione
Come molte branche della
filosofia anche l’ermeneutica
muove i primi passi con Platone. Nello Ione egli impiega
il verbo hermenéuein in riferimento alla capacità dei poeti di interpretare gli dei.
In Aristotele Vhermenéia si
identifica con l’espressione
(la lingua interprete dei pensieri).
Con Tommaso d’Aquino
entra in gioco la nozione di
interpretazione dei testi e in
particolare di quelli della
Scrittura: siamo nel campo
dell’esegesi, che però in epoca medievale assume connotazioni «figurali» che saranno contestate tanto da Erasmo da Rotterdam quanto
Appuntamenti
Venerdì 22-domenica 31 gennaio - VERONA: Si tiene il
seminario invernale organizzato dall’associazione «Biblia»
sul tema: La donna all’epoca
de! Giudici.
Sabato 23 gennaio - TREVISO: Alle ore 17, presso il palazzo Onigo (corso del Popolo
29), il past. Eugenio Stretti
introduce il tema: Gesù Cristo
speranza del mondo.
Venerdì 29 gennaio - ASTI:
Alle ore 21, presso la Scuola
bìblica ecumenica (corso Ferraris 81), Franco Barbero,
presbitero della Comunità di
base di Pinerolo, parla sul tema: Il sermone della montagna.
Venerdì 29 gennaio - PADOVA: Alle ore 17.30, presso il
centro «Marco Salizzato» (via
S. Francesco 116), a conclusione del corso di introduzione
all’ecumenismo, G. Magrin
parla sul tema: La Chiesa cattolica e il movimento ecumenico.
Giovedì 4 febbraio - MODENA: Alle ore 17.30, presso la
Fondazione collegio S. Carlo
(via S. Carlo 5), nell’ambito
del ciclo di lezioni sui paesaggi del sacro, il giornalista e
scrittore Filippo Gentiioni
parla sul tema: L’Europa della «nuova evangelizzazione».
Giovedì 4 febbraio - NAPOLI:
Alle ore 18, presso il centro
culturale dehoniano (via Depretis 60), il Centro studi sulle
civiltà e religioni del Mediterraneo organizza un incontro
sul tema: Miracoli e guarigioni tra paganesimo e cristianesimo.
Giovedì 4 febbraio - GENOVA: Alle ore 17.30, nella sala
convegni della Banca di Genova e S. Giorgio (via Ceccardi
1), il Sae organizza un incontro con il prof. Paolo De Benedetti e con la scrittrice Liana Millu, deportata a Auschwitz, sul tema: Dov’è il tuo
Dio? - La vicenda ebraica.
dalla Riforma. Si scorge in
questa pratica di lettura figurale una limitazione alla stessa parola di Dio, e le risposte
saranno diverse: in campo
cattolico il Concilio di Trento
privilegerà il criterio dell’autorità della chiesa; in campo
protestante si darà impulso
all’approccio storico e a quello filologico.
L’interpretazione come
«svelamento di un senso nascosto» è presente nel pensiero di Friedrich D. E. Schleiermacher (1768-1834) e di
Wilhelm Dilthey (18331911), mentre Martin Heidegger (1889-1976) parla di interpretazione come «articolazione della comprensione».
Napoli: il centro «G. Caracciolo» ha organizzato un incontro con il pensatore tedesco
Una chiave di interpretazione totale
nella filosofia ermeneutica di Gadamer
ROSANNA CIARPA NITTI
Il nome di Hans Georg Gadamer è indissolubilmente
legato alla ricerca ermeneutica, una disciplina intesa non
solo come metodo, via d’accesso parziale, ma come
ontologia filosofica ermeneutica, una chiave di interpretazione totale.
L’opera in cui H. G. Gadamer ha sistematizzato la propria riflessione ermeneutica.
Verità e metodo. Lineamenti
di un’ermeneutica filosofica,
risale al 1960 e si basa sulle
capacità dell’uomo di fare
esperienza della verità tramite l’arte, la storia, il linguaggio, tre dimensioni in cui
l’uomo è coinvolto non dall’
esterno, ma partecipando attivamente alla comprensione
del messaggio.
Si caricava pertanto di particolari aspettative rincontro
con il filosofo, promosso a
Napoli dal Circolo culturale
«G. Caracciolo» in collaborazione con l’Istituto italiano
per gli studi filosofici, che ha
avuto luogo il 7 gennaio nei
locali della chiesa valdese di
via dei Cimbri, alla presenza
di un foltissimo pubblico venuto a ascoltare un vero e
proprio maestro, testimone
della vicenda intellettuale di
un secolo intero.
Un uomo ormai avanti negli anni, ultranovantenne, ma
lucidissimo e comunicativo,
interessato e francamente sorpreso di trovare a Napoli, di
cui è cittadino onorario, resistenza di una comunità evangelica.
L’incontro ha avuto un andamento insolito. Il tema proposto, Fede evangelica e ermeneutica, è comparso solo
indirettamente nell’esposizione, forse volutamente eluso
nella sua diretta proposizione,
per una qualche forma di pudore.
Gadamer ha scartato un’
esposizione tematica, preferendovi un suggestivo racconto della sua biografia
intellettuale, l’esperienza di
un giovane studente che si è
formato in una prestigiosa
università tedesca, Marburgo,
sotto la guida e accanto ai più
importanti nomi della cultura
filosofica e teologica del secolo, da Rudolf Otto a Rudolf
Bultmann ma soprattutto accanto a Martin Heidegger, a
cui lo ha legato un rapporto
di critica e discepolato.
Un po’ sullo sfondo di questa esposizione piana e lineare, intessuta di aneddoti gustosi, sono comparsi tuttavia i
temi conduttori della sua ricerca filosofica, sollecitati
anche dal carattere di incontro e di dialogo che la
manifestazione ha voluto assumere.
Potrei raccogliere gli interventi intorno a due poli di interesse; uno, più direttamente
teorico-filosofico, l’altro pratico-politico.
Nel primo caso, pur nella
frammentazione di risposte a
domande che spaziavano su
temi diversi, mi è sembrato
che Gadamer abbia costruito
il discorso sulla base di antitesi classiche: la reazione al
neokantismo teologico dominante al tempo della sua
formazione nella facoltà di
Marburgo, l’opposizione tra
una dogmatica della fede cristiana e resistenza della
Scrittura come parola vivente, in particolare un’ermeneutica teologica non sclerotizzata dal metodo della moderna
scienza critica (un relitto di
teologia storica, ha detto Gadamer) ma tesa invece a cogliere il contenuto di verità
che nel testo si esprime; l’interna risonanza di una Parola
che interpella e che coinvolge: «L’esegesi dei testi religiosi - ha detto il filosofo non è fatta solo per sapere
ma per edificare la fede».
Infine, tema caro alla teologia dialettica, l’alterità di
Dio, l’oggetto che non può
essere dominato perché è il
soggetto {«Parlare su Dio è
blasfemo», secondo un’
espressione ripresa da Thurneysen); e il dialogo con Dio
è una lingua che ci parla, non
una lingua che noi parliamo.
Con qualche semplificazione si potrebbe forse dire che
la stessa alterità e oggettività
della dimensione di Dio che
Gadamer ha sottolineato sul
piano ontologico, l’ha ripresa
sul piano conoscitivo e ermeneutico nella disponibilità a
lasciar parlare il testo e a la
sciarsene modificare.
Più diffusamente Gadamer
si è fermato sul temi legati al
polo dell’attualità e della storia.
Dopo una risposta che mi è
sembrata alquanto ottimistica
sulle dimensioni e sul ruolo
della Chiesa confessante sotto il nazismo ha affrontato
con forza il tema del dialogo,
in un’epoca di intensificazione dei conflitti e delle intolleranze che vede frammentarsi
la scena dell’equilibrio tradizionale delle superpotenze.
Due guerre mondiali non
fondano precisamente una relazione d’amore, ha detto.
Occorre una nuova articolazione del sistema del potere
su base comunitaria. È precisamente la dimensione del
dialogo a costituire un equilibrio non costruito sull’angoscia, una metafora anticipatrice che ha lo spessore di un
evento.
L’incontro con questo «patriarca» della cultura, che
molti giovani hanno inteso e
vissuto come un’occasione
unica, è stato dunque umanamente ricco e intellettualmente stimolante, nonostante
quella che mi è sembrata una
tendenziale elusività sul tema
cruciale del rapporto tra fede
e filosofia.
Gadamer, che aveva precedentemente incontrato il Concistoro della chiesa di via dei
Cimbri, si è poi fraternamente trattenuto a cena con l’impegno di ripetere la visita.
Chi era il giurista e più volte ministro che per primo fece abolire la pena di morte in Italia
La polìtica e le opere dì Pasquale Stanislao Mancini
FLOBESTANA SFREDDA PICCOLI
Nel nuovo Catechismo
della Chiesa cattolica,
uscito per i tipi della Libreria
editrice vaticana a fine ’92,
possiamo leggere a pag. 557,
par. 2.266: «Difendere il bene comune della società esige che si ponga V aggressore
in stato di non nuocere. A
questo titolo, l’insegnamento
tradizionale della Chiesa ha
riconosciuto fondato il diritto e il dovere della legittima
autorità pubblica di infliggere pene proporzionate alla
gravità del delitto, senza
escludere, in casi di estrema
gravità, la pena di morte
(...). La pena ha come primo
scopo di riparare al disordine introdotto dalla colpa.
Quando è volontariamente
accettata dal colpevole, la
pena ha valore di espiazione.
Inoltre la pena ha lo scopo
di difendere l’ordine pubblico e la sicurezza delle persone. Infatti la pena ha valore
medicinale: nella misura del
possibile, essa deve contribuire alla correzione del colpevole». E in calce viene citato Luca 23, 40-43.
Vorrei astenermi dal citare a mia volta le note definizioni della nostra fede, secondo le quali solo i meriti
e la croce di Cristo hanno
per noi valore espiatorio e
solo al Signore compete di
correggere coloro che egli
ama. Al di là di tutte le disquisizioni teologiche, credo sia prima di tutto indispensabile affermare con
fermezza che la Parola di
Dio non consente in nessun
caso di uccidere: il decalogo
e il sermone sul monte non
ammettono deroghe. D’altronde lo stesso catechismo
di cui sopra, a pag. 558, par.
2.268, citando la Gaudium
et Spes, recita: «Preoccupazioni eugenetiche o di igiene
pubblica non possono giustificare nessuna uccisione,
fosse anche comandata dai
pubblici poteri» e al par.
2.270, a proposito dell’aborto: «La vita umana deve essere rispettata e protetta in
modo assoluto».
Aperta contraddizione con
il par. 2.266? Mi sembra di
poterlo affermare e mi sembra altresì inconcepibile e
inaccettabile che la catechesi
di una confessione cristiana
ammetta la pena di morte.
L’assurdo possibilismo del
catechismo va inoltre contro
l’evoluzioi/e giuridica del
nostro paese. Mi sia consentito riferirmi al mio bisnonno, lo statista e giurista Pasquale Stanislao Mancini
(1817-1888) che, richiamandosi a Cesare Beccaria, ha
dedicato grandissima parte
della sua vita e della sua
opera all’abolizione della
pena di morte nello stato italiano.
Laico della corrente liberale di sinistra divenuto, giovanissimo, docente di giurisprudenza presso l’Università
di Napoli, pubblicò già nel
1841 una serie di scritti indirizzati a Terenzio Mamiani
contro la pena di morte. Fu
successivamente istituita per
lui una cattedra di Diritto
pubblico intemazionale a Torino dove, esule dalla Campa
nia, fu eletto deputato al Parlamento subalpino. Tornato a
Napoli dopo l’annessione
delle province meridionali,
entrato nel governo Rattazzi
come mmistro della Pubblica
Istruzione, ben presto si dimise per divergenze sull’indirizzo politico del governo,
e divenne uno dei maggiori
esponenti della sinistra parlamentare.
All’Università di Roma come docente di Diritto penale,
con l’avvento definitivo della
sinistra al governo, fu ministro di Grazia e Giustizia
nel gabinetto Depretis e poi
ministro degli Esteri. Abolì
gli ordini religiosi, revocò
molti privilegi della Chiesa
cattolica, specie in campo finanziario e protestandosi «tenero di tutti i favori e delle
libertà della chiesa, ma a
condizione che questi favori
si estendano a tutti i culti e a
tutti i cittadini, per modo che
la libertà della chiesa addivenga una libertà del diritto
comune e non un privilegio»', fu portavoce del più
puro laicismo.
Alle sopracitate lettere a
Mamiani faranno seguito numerosi altri scritti sullo stesso argomento, fra cui i discorsi pronunciati alla CameraMl governo della Repubblica di San Marino lo
incaricò di preparare per
quel piccolo stato un progetto di codice penale ed egli
propose e ottenne una solenne deliberazione preliminare
di abolizione della pena di
morte, come base del nuovo
codice. Nel 1871, in occasione dell’inaugurazione a
Cesare Beccarla
Milano di un monumento a
Cesare Beccaria, Mancini fu
invitato a pronunciare un discorso celebrativo di colui
che poteva considerarsi il
suo precursore. In apertura,
rivolgendosi al popolo milanese e a tutti gli italiani, ricordò il Beccaria come colui
che per primo osò chiedere
ai legislatori «Pabolizione
dei supplizi di sangue». E
concluse il discorso con un
auspicio: «O Beccaria...
l’Italia ti apparecchierà un
monumento ancor più glorioso e a te più gradito, un
Codice non macchiato di
sangue umano».
Coronerà la lunga battaglia
di Mancini l’ordine del giorno votato all'unanimità dalla
Camera il 7 giugno 1888, a
pochi mesi dalla sua scomparsa: voto solenne per l’abolizione immediata della pena
di morte, chiesto da Mancini
stesso in deroga alla normale
procedura allorché, minato
da una grave malattia, fu presago della prossima fine. Il
Guardasigilli, Zanardelli, firmerà nel 1889 il Codice pe
nale in cui si aboliva la pena
di morte. Già al momento
delle lettere a Mamiani,
Mancini era proteso a un diritto penale corrispondente ai
bisogni dell’umanità e alla
centralità dell’individuo, che
non deve essere privato della
possibilità di ravvedersi né
con misure disumane e atte
pertanto a peggiorarlo, né
tantomeno con un’eliminazione definitiva, fisica o sociale (si veda l’art. 27 dell’attuale Costituzione).
Pasquale Stanislao Mancini inoltre pubblicò le opere
inedite di Giannone (il dotto
rivendicatore della sovranità
laica perseguitato dalla curia
romana), scrisse opere sul
matrimonio civile, sul Machiavelli, pubblicò discorsi
parlamentari, promosse VIstituto mondiale di diritto internazionale e VEnciclopedia
giuridica italiana.
Infine mi rivolgo a quel
pastore evangelico che, nel
corso di una recente conferenza a Milano, sembra aver
messo in dubbio il fondamento biblico del rifiuto della pena di morte. Oltre ai testi che, partendo dall’Esodo,
percorrono l’Antico e il
Nuovo Testamento, vorrei
ricordare la parola di Gesù
in Matteo 26, 52: «Riponi la
tua spada al suo posto, perché tutti coloro che prendono la spada periscono per la
.spada».
(1) B. De Rinaldis: Su la vita
e le opere di P. S. Mancini. Napoli, 1876.
(2) Discorsi parlamentari di P.
S. Mancini. Roma, Tipografia
della Camera, 1893-97.
13
venerdì 22 GENNAIO 1993
Cultura
PAG. 9 RIFORMA
Una questione che non è solo terminologia ma evidenzia diverse matrici storiche
Tra Amsterdam e ¡1 Patto di Losanna:
identità degli evangelici e dei protestanti
______GIOVANNI GÖNNET______
Il mensile Fedeltà di Prato
tiene a definirsi «indipendente, evangelico, ecumenico, protestante, laico, libero
e gratuito» (cfr. La luce, 1
agosto 1992).
Secondo Fedeltà essere
evangelico vuol dire avere
l'Evangelo come «unico
punto di riferimento», mentre la qualifica di protestante
rinvia non solo a una «primigenia collocazione storica»,
ma anche a un «collocarsi in
rapporto alle Sacre Scritture
quale criterio e strumento di
verifica spirituale, di ispirazione culturale, di responsabilizzazione civile», come risulta dal risvolto di copertina
del mensile.
Il termine evangelico è stato privilegiato non solo dalla
Federazione delle chiese
evangeliche in Italia (Fcei),
ma anche dall’Alleanza
evangelica italiana (Aei), del
cui rilancio parlano sia Fedeltà (n. 186, giugno 1992,
pp 440-441) sia il semestrale
Studi di teologia (n. 8,
1992/2, pp 133-134).
Se Fedeltà è convinta che
la nuova Aei può rappresentare in Italia «un interessante
“soggetto intende nominazionale" in vista di un proficuo
dialogo intraevangelico-protestante» e nella «prospettiva
di un comune impegno
nell’ evangelizzazione del nostro paese», tuttavia osserva
giustamente che in tale progetto vi sono tuttora ombre e
perplessità, specie quando si
afferma che si vuol «lavorare per la nostra unità», accentuando nel contempo una
certa «distanza con i movimenti storici».
Che cosa vuol dire? Di
quale unità si parla e quali
sono quei movimenti storici?
A questi interrogativi risponde indirettamente Studi
di teologia, con un articolo
di Antonino Ramirez, segretario della chiesa battista di
Trastevere a Roma e membro deir Aei, dal titolo Prospettive unitarie dell’ evangelismo radicale italiano, nella
cui premessa egli chiarisce
che per evangelismo radicale
L’Assemblea Fcei del 1988 a Firenze
si intende «in senso lato
quello che non si riconosce
direttamente nella Riforma
del XVI secolo pur condividendo diversi principi della
Riforma stessa».
L’origine della divaricazione risale alla metà del secolo scorso, quando vennero
a costituirsi due fronti opposti fra i gruppi che allora
evangelizzavano l’Italia: uno
si richiamava più o meno
esplicitamente al protestantesimo storico, l’altro rivendicava una propria autonomia
rispetto ai vari tentativi di
raggruppamento unitario o
federativo che si ebbero fin
dal 1864.
Il primo fronte è sfociato
poi nella Fcei e il secondo,
malgrado il suo voluto frazionamento, ha finito per
contarsi e confrontare le proprie forze, riconoscendosi in
quei gruppi o chiese che nel
1974 si radunarono a Losanna per stipulare una specie di
«patto», o dichiarazione di
fede intesa come base di una
strategia comune di evangelizzazione a livello mondiale.
Ramirez ricorda non solo i
lineamenti teologici dell’
evangelismo radicale (la «totale inerranza di tutte le Sacre Scritture intese come Parola di Dio»', la chiesa intesa
come «comunità di soli rigenerati e battezzati nel battesimo dei credenti»; la «netta
separazione della chiesa
dallo stato»; una «vita eticamente irreprensibile»), ma
mette in rilievo che quel patto si configura diversamente
dalle prospettive del Consiglio ecumenico delle chiese
(Cec), nato a Amsterdam 16
anni prima, e tenta di chiarire le rispettive scelte di fede: per il patto di Losanna
l’evangelizzazione sarebbe
intesa come «richiamo alla
conversione personale e a
un impegno intramondano»,
mentre per il Cec, specie a
partire dall’assemblea di
Nairobi (1975), l’Evangelo
verrebbe «inteso principalmente come messaggio di liberazione politica dall’oppressione e dal bisogno».
Se il Cec è accusato di essere «sempre pronto a compromettersi col cattolicesimo
wojtyliano (si pensi al
Bem!)», il patto di Losanna,
integrato dal manifesto di
Manila (1989), sarebbe alla
base di un «fronte teologico
alternativo (...) che punta
tutte le migliori carte sulla
conversione dell’uomo, sull’
urgenza dell’evangelizzazione per far conoscere al mondo il messaggio di Gesù Cristo come potente lievito anche per il riscatto dell’uomo
nel suo pellegrinaggio terrestre», mentre la teologia del
protestantesimo storico sarebbe «tutta pervasa dal radicalismo riformato e dalla
preoccupazione per l’assetto
politico della città dell’uomo».
Persistono qui le due anime della Riforma cinquecentesca: quella «ufficiale»
che dovette ben presto fare i
conti con i poteri costituiti, e
quella detta appunto «radicale», che non solo sfociò nel
millenarismo di Miintzer e
nella guerra dei contadini del
1525, ma ci diede anche gli
Articoli di Schleitheim del
1527 con la loro insistenza
sul battesimo da impartire
solo ai credenti pentiti,
sull’esclusione dalla Cena
del Signore dei fratelli e delle sorelle che erano in preda
del peccato o dell’errore,
sulla separazione dal mondo,
sui pastori irresponsabili,
sulla non resistenza al malvagio e sul rifiuto del giuramento.
Una confessione di fede
che anticipa di 465 anni il
Patto di Losanna!
........ L
Protestantesimo in televisione: un reportage dalle bidonville di Città del Messico
«Dio ci aiuterà»: la speranza dei poveri^
l'Evangelo e i pastori delle strade
o.i£» t;ninti HììI hi^nann ridila oran
MIRELLA ARGENTIERI BEiN
La trasmissione del 10
gennaio dal titolo Dio ci
aiuterà, per la regia di Gianna Urizio, verteva sul protestantesimo popolare in Messico con particolare riferimento
a un’enorme area periferica
della capitale. Si tratta in pratica di una bidonville di due
milioni di abitanti senza strade né fognature né trasporti,
dove sovente manca perfino
la luce elettrica.
In questo ambiente il sorgere di numerose piccole comunità pentecostali costituisce un fenomeno in espansione che ha ormai raggiunto il
dieci per cento della popolazione.
Il convertito si definisce
cristiano in contrapposizione
al termine «cattolico», e gli
clementi basilari della fede di
questi fratelli sono infatti il
rifiuto della gerarchia e del
culto dei santi oltre alla lettura della Bibbia, ovviamente
senza approfondimenti storico-critici, ma con una seria
riflessione sulle sue implicazioni nella vita di tutti i giorni.
Ce ne parlano il direttore di
un seminario battista, un professore della «Comunità teologica del Messico» e un sociologo dell’Università.
I gruppi vengono definiti
«comunità di oppressi» in cui
si esercita una resistenza al
malessere sociale. Questo si
attua attraverso una attiva solidarietà che permette di affrontare i problemi fondamentali della sopravvivenza,
con personale assunzione di
responsabilità («Tabbandono
dei propri vizi») e con la speranza fiduciosa e gioiosa
nell’aiuto del Signore.
I pastori non hanno necessariamente una preparazione
teologica. Definiti infatti «pastori delle strade», curano la
predicazione e seguono la comunità senza retribuzione.
Possono essere operai, piccoli commercianti o impiegati
che radunano famiglie provenienti da una stessa regione
(per lo più nuclei contadini
spinti dal bisogno nella grande città). Se la chiesa è troppo
lontana si può decidere di costruirla sul posto (così è nata
la modestissima costruzione
della «Chiesa di Efeso»).
Non mancano le reazioni
anche violente dell’ambiente
circostante perché fra l’altro
questi credenti si rifiutano di
contribuire e partecipare alle
tradizionali feste patronali.
Lo stile dei loro culti con
largo spazio alla musica
popolare, ai canti e agli interventi dei partecipanti, e con
la presenza festosa di tanti
bambini, è certo lontano dalla
tipica sobrietà e riservatezza
che ci è abituale, ma risponde
alla psicologia delle persone
coinvolte e viene localmente
imitato in ambito sia cattolico
che protestante.
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a
RIFORMA?
Il manifesto del film «La storia di Qiu Ju»
Un altro pastore illustra i
progetti: un istituto biblico,
un altro per bambini abbandonati, una chiesa all’intemo
delle carceri. Il sociologo
Jean-Pierre Bastian spiega
che in questi gruppi gli immigrati, sradicati dal proprio
ambiente, ritrovano un’identità e una condivisione di
esperienze.
I giudizi su questi movimenti, sbrigativamente definiti «settari», sono divergenti.
Si ravvisa per esempio il pericolo che una fede di questo
tipo si traduca in una fuga
dalla realtà.
Occorrerebbe, come dice
un fortunato slogan, imparare
a «leggere la Bibbia con il
giornale».
In questo c’è del vero, tuttavia - per quanto ci concerne
- di fronte al diffuso grigiore
della nostra vita ecclesiastica
e alle nostre condizioni di privilegio materiale e culturale,
è giusto riflettere sull’esempio di vitalità e impegno che
ci viene da queste chiese di
poveri.
La ricerca della giustizia
Qiu Ju, una giovane contadina cinese, moglie e prossima madre, affronta, alla ricerca della giustizia, la burocrazia del suo
paese. Per fare questo la donna percorre, con ingenuità e decisione, le vie legali cinesi, dalle espressioni più modeste di piccoli commissariati di provincia alle temibili aule di tribunale.
Nella ricerca la protagonista è accompagnata dalla giovane
sorella del marito: insieme scopriranno le insidie e le contraddizioni della vita cittadina.
Gong Li, la bella Qiu Ju del film, è ancora una volta, dopo
l’interpretazione di Lanterne rosse, felice personificazione di
una moglie cinese, assetata di giustizia a causa di un torto che
il marito ha subito ma che la gioia della maternità farà tomare
sui suoi passi.
Il film, premiato a Venezia con il Leone d’oro, ci regala una
fetta di dolce-amara vita cinese e consacra il suo regista, Zhang
Yimou, come uno degli autori più coerenti degli ultimi anni.
Da Sorgo rosso a Qiu Ju Zhang Yimou ha collezionato una
serie di successi imprevedibili, tenendo conto del fatto che, come racconta lo stesso regista, la sua professione è nata dal tentativo di trovare uno sbocco all’anonimato cinese.
Qiu Ju è un esempio di equilibrio e di armonia tra vicenda e
personaggi. Girato, a differenza di altri film, prevalentemente
in esterno, è segno evidente della maturità e della completezza
deU’au'tore, che ormai non è più una piacevole sorpresa ma
un’autentica certezza (ap).
Lisbona e i suoi misteri
Uno dei giochi preferiti dai bambini sono quelle automobiline in miniatura che vanno in una direzione e, quando incappano in un ostacolo, modificano la direzione di marcia secondo rimbalzi e angolazioni diverse.
Un percorso di questo genere lo segue il protagonista-narratore dell’ultimo libro di Antonio Tabucchi*, ondivago esploratore di gente, ambienti e atmosfere di Lisbona e dintorni.
Scritto in portoghese (Tabucchi insegna la letteratura di questo paese, che sta cominciando ad avere una certa fortuna anche in Italia) e poi affidato a un traduttore per l’edizione italiana, Requiem è una peregrinazione condotta con i ritmi del sogno, alla scoperta della storia passata (si veda l’incontro con un
pittore che copia quadri di Bosch al museo o gli incontri con gli
amici di un tempo) e di avventure che avrebbero potuto avere
luogo, e soltanto per caso non si sono verificate, dei ricordi
personali (dall’incontro con il padre alla rievocazione degli studi infantili di pianoforte).
Il racconto, come prevedibile, non si conclude: vale come atto d’amore verso una città affascinante e come scoperta della
propria interiorità.
(*) ANTONIO TABUCCHI: Requiem. Un’allucinazione, Milano,
Feltrinelli, 1992, pp 142, £ 23.000.
Gli italiani e il piccolo schermo
«Dalle ore 14 di venerdì 12 giugno 1981 a sabato mattina
(13 giugno), 18 ore in diretta». L’episodio è quello di Vermicino, del bambino caduto in fondo a un pozzo artesiano che ha
incollato gli italiani al piccolo schermo per la più lunga maratona televisiva, con intervento anche del presidente Pertini.
L’episodio, per ordine alfabetico (ma forse anche per motivi
di ordine simbolico) conclude il libro di Walter Veltroni sulla
televisione in Italia*.
Si tratta di 90 programmi che hanno fatto epoca, che hanno
tenuto con il fiato sospeso una nazione (sia attraverso i fatti di
attualità, Vermicino o la partita dell’Heysel o la ricerca dei
«desaparecidos» di Chi l’ha visto?; sia attraverso quegli sceneggiati della domenica sera che promettevano suspense e mistero: Il segno del comando li riassume più o meno tutti).
Naturalmente un ampio spazio è dedicato ai varietà di maggior successo, da Canzonissima dàVAltra domenica, ai programmi per ragazzi e all’irruenta attualità di Samarcanda.; di
questi e degli altri programmi, almeno da quando è in funzione
il servizio di rilevamento, vengono fomiti i dati di audience e
le cifre dell’ascolto medio, che vanno però interpretate: i 14
milioni di ascolto medio di Maigret o àQWOdissea (1968) si
sono registrati in assenza di concorrenza. Ben diversa è la situazione dopo l’apertura al privato.
(*) WALTER VELTRONI: I programmi che hanno cambiato l’Italia. Quarant’anni di televisione. Milano, Feltrinelli, 1992, pp 300, £
28.000.
14
PAG. 10 RIFORMA
Attualità’
Lotta alla mafia: intervista al prof. Nicola Tranfaglia di Torino
La società consapevole deve
ribellarsi al potere della mafia
JEAN-JACQUES PEYHOHEL
Il prof. Nicola Tranfaglia
mi riceve nel suo piccolo
studio sotto i tetti, proprio di
fronte alla Mole Antonelliana, a due passi daU’Università di Torino dove insegna
storia contemporanea.
Nel giugno scorso è uscita
la seconda edizione del suo
ultimo libro, «Mafia, politica
e affari nell’Italia repubblicana - 1943-1991 »(Ed. Laterza), che è un’antologia ragionata delle relazioni delle
Commissioni parlamentari
antimafia dal ’72 al ’91.
Attraverso la storia travagliata di queste Commissioni
(la prima venne istituita solo
nel ’63, 15 anni dopo la prima richiesta parlamentare al
riguardo, ma solo nel ’72
venne pubblicata la prima relazione della Commissione
Cattanei!) e grazie al prezioso materiale che ora viene
rnesso alla portata di tutti, si
riesce a capire come Cosa
Nostra sia riuscita ad estendere il suo dominio suU’intero paese, piegando le forze
politiche ed economiche al
suo metodo.
Il libro, giunto ora alla
quarta edizione, è uno strumento utilissimo a tutti quei
cittadini che cercano faticosamente di liberarsi dalle mafie per riaffermare il solo diritto della democrazia.
— Il suo libro copre quasi
cinquant’ anni di storia italiana. Immagino che iniziare
dal ’43 non sia stato un caso.
Secondo lei, la prima Repubblica era, già prima di nascere, fortemente condizionata dal potere della mafia?
«Nel ’43, in un momento di
crisi della società e dello stato, la caduta di un potere dittatoriale determinò una ripresa di visibilità della mafia. È
un fatto storico inoppugnabile che, dopo lo sbarco
angloamericano, in molti
paesi della Sicilia vennero insediati come sindaci esponenti della mafia. Sappiamo
anche che il governatore
Charles Poletti aveva avuto
rapporti con la mafia siculoamericana.
Sappiamo inoltre che in
quella sorta di interregno che
ci fu tra lo sbarco americano
e la nascita della Repubblica,
ci fu un rapporto tra il movimento separatista e la mafia
siciliana. Mi sembra quindi
che, dal punto di vista della
storia, si possa dire che il ’43
è un anno importante perché,
proprio nel momento in cui
nasce faticosamente un nuovo stato, c’è una politica della mafia non trascurabile che,
specie in Sicilia, interviene in
maniera abbastanza rilevante».
— Negli anni dell’ immediato dopoguerra, la mafia si
presenta soprattutto come
strumento del blocco agrario
contro ogni ipotesi di riforma
agraria e di emancipazione
del mondo contadino in Sicilia. Appoggiarsi ai boss mafiosi di allora (Lucky Luciano, Vito Genovese, Calogero
Vizzini...) era dunque una
precisa scelta politica del governo americano in funzione
antisocialista e anticomunista?
«L’inizio della guerra fredda ha un peso decisivo sulla
situazione italiana. Da questo
punto di vista possono diventare utili alcuni personaggi del gangsterismo
americano purché i partiti di
sinistra non vadano avanti alle elezioni e purché la Democrazia cristiana, come «partito americano», possa affermare la sua egemonia. Credo
quindi che lo spazio libero
lasciato a personaggi mafiosi
rientri in qualche modo in
una strategia di lotta politica
nella quale il nemico era assai più l’Unione Sovietica e
il movimento comunista che
non la mafia».
- La strage di Portella delle Ginestre, ad opera della
banda Giuliano, avvenuta subito dopo la vittoria del
Blocco del popolo nelle elezioni regionali siciliane
dell’aprile '47, è stata la premessa alla travolgente vittoria della De del 18 aprile ’48
che inaugurò l’egemonia politica della De fino ad oggi.
Da questo precedente storico
è legittimo dedurre un’analoga funzione politica delle altre grandi stragi che hanno
sconvolto il paese, da quella
di piazza Fontana a quella di
Capaci?
«Non c’è dubbio che la
strage di Portella delle Ginestre fu un colpo preciso in cui
pezzi della De e la mafia furono d’accordo di fermare ad
ogni costo l’avanzata
socialcomunista.
Per quanto riguarda piazza
Fontana, non c’è dubbio che
ci troviamo di fronte ad una
precisa risposta alle lotte sociali che chiedevano un forte
spostamento politico a sinistra, strategia iniziata con
piazza Fontana e proseguita
Non è un inferno, è un pezzo dell'Italia di oggi che soffre
Occorre parlare del Mezzogiorno
PAOLO NASO
E sempre più difficile, oggi, parlare del Mezzogiorno. Il tema stesso evoca
un dibattito ed uno scontro
culturale e politico vecchio
almeno quanto l’unità nazionale ma facilmente riconducibile a problemi e questioni
ancora più antiche.
Ancora più difficile parlarne oggi, nei giorni di una crisi
economica che scatena vere e
proprie tensioni sociali, che
esplicita egoismi e particolarismi, in cui prevalgono le visioni più semplificate ed amplificate del problema probabilmente più complesso della
nostra storia nazionale.
Certo, anche il cosiddetto
meridionalismo ha le sue pesanti responsabilità; prima tra
tutte non l’aver colto la rilevanza dei cambiamenti sociali, economici e politici della
società meridionale degli ultimi vent’anni. Mentre il «meridionalismo» si alimentava
della insistente denuncia di
«divari» quantitativi tra le diverse aree del paese, il Mezzogiorno viveva una drammatica trasformazione qualitativa. Nel corso degli anni ’70
gli investimenti nel Mezzogiorno perdevano progressivamente il loro senso di «volano» dello sviluppo; il governo della società meridionale e
quindi della sua economia
passava dai ben noti apparati
di mediazione clientelare pro
pri del partito di maggioranza, a centri di potere più articolati ed indefinibili; si definiva cioè una convergenza di
poteri reali, il controllo degli
appalti, i piani regolatori, la
concessione delle licenze, i
traffici illegali tra alcuni centri del potere politico locale,
la criminalità organizzata ed
ampi settori di economia extralegale. Un vero e proprio
«cartello» di interessi politici
ed economici in grado di
muoversi tanto sul piano istituzionale che su quello
dell’impresa extralegale od
anche criminale. Gestite e governate da questo «cartello»,
gran parte delle politiche
«meridionalistiche» hanno
costituito un sostegno, più o
meno diretto, ad una modernizzazione selvaggia che non
ha prodotto sviluppo ma semmai disgregazione del tessuto
sociale, violenza, degrado,
nuova dipendenza. Lo testimoniano con evidenza le ferite mortali infette negli ultimi
vent’anni alle città meridionali: molto spesso prive della
loro funzione produttiva, degradate quanto alla loro offerta abitativa, hanno finito
con l’essere il contenitore di
tensioni sociali sempre più
esplosive: dalla disoccupazione alla microcriminalità,
alla dissoluzione del loro tessuto civile ed istituzionale.
Le più gravi responsabilità
del meridionalismo più recente sono state l’incapacità a
cogliere la portata di questo
processo e la fiducia che la
copertura dei «divari» quantitativi avrebbe comunque prodotto uno sviluppo qualitativo. Una illusione pia e, negli
anni, colpevole.
Ed in effetti il cosiddetto
«meridionalismo» - quella
corrente di pensiero che ha
voluto considerare lo sviluppo politico nazionale a
partire dalla specificità del
Mezzogiorno - oggi ci sembra offrirci ben pochi strumenti di intervento.
Eppure del Mezzogiorno
occorre parlare con sempre
maggiore insistenza: la crisi
della società meridionale è la
crisi della nostra economia e
della nostra democrazia, è la
crisi delle aree deboli dell’
Europa. Non è altro da quello
che l’Italia e l’Europa saranno nei prossimi anni.
E per riprendere a parlare
del Mezzogiorno, dei divari
qualitativi che lo penalizzano, occorre evitare i rivendicazionismi di ieri e le facili
semplificazioni di oggi. 11
Mezzogiorno non è un inferno, così come non è la palla
al piede di una nazione altrimenti prospera; non è neanche il laboratorio di una società civile che d’incanto ne
modificherà la cultura dominante. È un pezzo dell’Italia
di oggi che soffre, certamente
più di altre aree del paese, di
una gravissima crisi morale
ed istituzionale.
NO ALLA
politica
La mobilitazione dei giovani di tutta Italia contro la mafia rappresenta una grande speranza per il futuro
in tutti gli anni ’70. Per quanto riguarda la strage di Capaci è più difficile dirlo. Non
c’è dubbio che la mafia, ancora una volta, si è resa conto
della necessità di compiere
atti tali da sfiancare la lotta
alla mafia e da costringere
quei pezzi di classe politica
compromessa a scegliere.
E stata sicuramente un tentativo di monito politico a
quelle forze politiche che
avevano un atteggiamento di
complicità o di indifferenza
con la mafia. Bisognerà ora
vedere la reazione a tutto
questo».
- Esistono prove di collegamento tra mafia e eversione di destra nelle grandi
stragi degli anni ’70?
«Prove sono emerse per le
stragi degli anni ’80, non per
quelle degli anni ’70, anche
perché allora c’era nei giudici una consapevolezza molto
minore del ruolo della mafia.
Ma, in fondo, la ricerca giudiziaria come la ricerca storica dà risposte a domande che
si fanno.
Rispetto agli anni ’70, ciò
di cui abbiamo avuto prova
netta è il coinvolgimento dei
servizi segreti italiani nel terrorismo di destra. Siccome
però sappiamo che c’è stato
più volte un collegamento tra
i servizi segreti, la massoneria e la mafia, non possiamo
escludere che questo rapporto che abbiamo verificato negli anni ’80 si sia verificato
anche prima».
- Potrebbe dare una risposta sintetica alle due domande che lei pone nell’ introduzione al suo libro, cioè «Come e perché si è determinata
l’accettazione del potere
informale (della mafia) nel
ceto politico soprattutto di
governo?» e «Quali caratteristiche storiche e attuali dello stato italiano hanno favorito l’espansione del metodo
mafioso nella società meridionale prima, nazionale dopo?»
«A me sembra che viviamo
in un paese in cui il ceto politico di governo, soprattutto
dopo gli anni ’50, è stato caratterizzato da una ricerca
spregiudicata del consenso.
Questa è avvenuta soprattutto attraverso l’elargizione
delle risorse pubbliche. Questo meccanismo, che nel
Mezzogiorno ha avuto un carattere particolare, è stato alla
base dell’accettazione del
ruolo della mafia nell’erogazione delle risorse pubbliche.
Il ceto politico di governo
- prima di tutto la De e, in un
secondo momento, il Psi - si
è illuso a lungo, a mio avviso, che questo baratto votifavori potesse continuare
senza determinare conseguenze a livello politico. Dopo lungo tempo però si è
determinata una rottura in
questo sistema.
Le caratteristiche attuali
dello stato italiano hanno favorito l’espansione del metodo mafioso in quanto non
soltanto le classi politiche locali sono diventate soprattutto mediatrici delle risorse
pubbliche dal centro alla
periferia, ma esse si sono
comportate come dispensatrici di favori e di privilegi a favore del proprio partito o della propria corrente.
Questo sistema che in un
primo tempo si è affermato
soprattutto nella società meridionale si è poi esteso
all’intero paese, in parte perché tutti i partiti hanno visto
meridionalizzarsi i propri
gruppi dirigenti.
Questo ha favorito, a mio
avviso, il modo di intendere
il mandato politico, cioè
quello di mediatore di risorse dal pubblico al privato; ha
favorito quindi l’espansione
del metodo mafioso, cioè:
non osservare le leggi in maniera ugualitaria, ma discriminare tra «nemici» e «amici» del proprio partito o della
propria corrente, inquinando
profondamente la fiducia dei
cittadini nelle istituzioni.
Ciò è evidente in intere regioni meridionali dove si può
dire che lo stato ha perso il
monopolio della violenza e
dove il controllo sul territorio
viene esercitato da organizzazioni mafioso.
Ma anche in altre parti del
paese ormai la criminalità
mafiosa è molto presente, come ad esempio nelle due
maggiori metropoli del Nord,
Milano e Torino».
- Anche i partiti di sinistra, a partire dagli anni ’60
e ’ 70, hanno la loro parte di
responsabilità nella «sostanziale inazione» dei poteri
dello .stato nei confronti della
mafia. Come si spiega? La
capitolazione della sinistra
non era uno degli obiettivi
politici della mafia?
«Il partito socialista, diventato presto partito di governo,
ha seguito negli anni ’70 e
’80, soprattutto a partire dalla
segreteria Craxi, un progetto
che io chiamo «neocentrista», cioè un progetto in cui
il partito socialista non è più
un partito di sinistra ma è un
partito che si colloca al centro dello schieramento politico e che, da una parte, cerca
di contendere alla De il posto
centrale nel governo e quindi
di far concorrenza ad essa
usando gli stessi metodi
clientelari e operando sullo
stesso terreno, e dall’altra
cerca di approfittare della crisi del partito comunista per
sottrarre voti alla sinistra.
Così facendo, il Psi è diventato inevitabilmente preda
della mafia.
Il discorso è diverso per il
partito comunista, il quale
non si è trovato nella stessa
situazione a livello nazionale.
Si è però trovato in una situazione analoga a livello locale
e, in modo particolare in Sicilia, ha attraversato gli anni
della «solidarietà nazionale»
partecipando a pieno titolo al
governo regionale siciliano.
Così ha cominciato a diventare più vulnerabile rispetto
all’infiltrazione mafiosa.
Basta vedere oggi la realtà
del Pds in Sicilia per rendersi
conto degli effetti esiziali che
ha avuto questa strategia dei
gruppi dirigenti locali e nazionali, che è proseguita anche dopo la fine del compromesso storico».
- Se, come risulta dal libro, r intreccio tra mafia,
politica, affari, partiti e società civile è così fitto, quali
speranze ci sono di sconfiggere la mafia e di restaurare
uno stato di diritto?
«La cosa che mi dà più
speranza è la mobilitazione
dei giovani in tutta Italia, Sicilia compresa, avvenuta negli ultimi quattro anni. Ma
quando vedo le concrete misure che si stanno attuando
per combattere la mafia ho
meno speranze. Apprezzo la
maggiore efficacia repressiva
di questi ultimi mesi ma non
vedo assolutamente un progetto complessivo di lotta alla mafia.
Non lo vedo né dal punto
di vista culturale né dal punto
di vista della mafia come
problema politico. Mi sembra
che ancora una volta prevalga l’idea che la mafia sia un
fenomeno di mera delinquenza comune e che basti
mandare più militari in Sicilia per pensare di avere ragione del fenomeno.
A me risulta, per esempio,
che anche nei Consigli comunali sciolti, le imprese mafiose continuano a fare con il
commissario gli affari che facevano prima.
Inoltre non capisco perché
il magistrato che aveva più
titoli per diventare procuratore antimafia, Cordova, è stato
messo da parte perché non
piaceva al ministro Martelli,
lo stesso Martelli che, alla fine degli anni ’80, è stato tra i
peggiori nemici del pool antimafia di Falcone e Borsellino.
La mia unica speranza rimane quindi nella società
consapevole che si ribella.
Credo che non si possa sconfiggere la mafia e restaurare
uno stato di diritto se non si
crea un rapporto di effettiva
rappresentanza e di effettiva
efficacia di azione che salga
dalla società ma che sia poi
interpretato da forze politiche
che riescano ad attuarlo e a
costruire un quadro di norme
e di applicazione delle stesse.
Questo però non c’è ancora
perché la Repubblica sta vivendo una gravissima crisi da
cui non è ancora u.scita».
15
venerdì 22 GENNAIO 1993
La Pagina Dei Lettori
PAG. 1 1 RIFORMA
POSTA
Evangelizzare
le valli valdesi
Va riconosciuta al pastore
Marchetti la vocazione ad
esprimere opinioni fuori ordinanza, parole chiare e forti
sulle nostre chiese, sulla nostra attualità, qualche volta
«fuori dai denti».
È stato detto autorevolmente che c’è un modo specificamente protestante di riformulare il messaggio cristiano
così da farlo apparire nuovo,
messaggio di salvezza in un
mondo disperato: «Ritornare
all’anno zero, al suo principio
profetico, la sola fede che salva, rimisurarsi in modo diretto con la Parola evangelica e
sulla pelle dell’uomo vivo»
(E. Balducci).
Marchetti ha questo dono,
di dare vita, qui alle Valli, allo specifico protestante che è
il contrario del conformismo
acquiescente. Non forse a caso: Marchetti, pastore ad Angrogna, è un convertito, il suo
Dna evangelico lo ha acquisito nel protestantesimo valdese del dopo Chanforan.
È vero, c’è bisogno di
evangelizzare questo paese
smarrito, spiritualmente e
moralmente alla deriva dopo
che ha smesso di essere contadino, obbediente ai dettami
dei preti di campagna. C’è bisogno, Marchetti dice nero su
bianco, di «rievangelizzare»
le valli valdesi.
C’è più spazio forse di
quanto non pensiamo per un
lavoro di evangelizzazione in
questo mondo secolarizzato,
in questa Italia in crisi che
pure ha messo in solaio le
scolastiche consolanti, scoperto il re, i feudatari della
politica vergognosamente nudi.
Che ci sia spazio, necessità
di sminare, di testimoniare i
principi di una cittadinanza
ispirata alla fede lo scoprono
oggi opinionisti agnostici, laici al di sopra di ogni sospetto
di compromissione. Sarebbe
colpevole che non ce ne avvedessimo noi, chiusi in quella
che Marchetti chiama la nostra «ordinarietà», lasciando
spegnere la nostra speranza.
Sergio N. Turtulici - Torre
Penice
Una proposta
Vorrei proporre una cosa
alle chiese evangeliche ita
liane. Perché non organizzare la sosta delle autoemoteche davanti la chiesa la domenica e di fare in modo che
i membri delle nostre chiese
siano disponibili durante i
giorni feriali a donare il sangue presso i centri di raccolta?
Michele Schiavino - Torino
Fondo Di Solidarietà
Come già preannunciato sul
numero del 21 agosto 1992, il
Fondo di solidarietà istituito
fin dal 1969 su La luce continua anche su questo settimanale: segnaliamo le due iniziative attualmente in corso.
La prima concerne la ricostruzione della Chiesa evangelica di Tsiroanomandidy in
Madagascar, incendiata e distrutta dal potere politico a
scopo intimidatorio nei confronti della popolazione e dei
pastori che si battono contro la
dittatura e per libere elezioni.
La seconda riguarda la
Cooperativa agropastorale di
Kansounkpa in Benin (Africa)
a cura della gioventù metodista. Questo progetto è rivolto al campo agroalimentare con allevamento di animali e produzione lattiero-ca
Riforma
Via Pio V, 15 -10125 Torino - tei. 011/655278 - fax 011/657542.
Via Foria, 93 - 80137 Napoii - tei. 081/291185 - fax 081/291175.
Via Repubbiica, 6 -10066 Torre Peilice - tei. e fax 0121/932166.
DIRETTORE: Giorgio Gardiol.
VICEDIRETTORI: Luciano Deodato, Emmanuele Paschetto.
REDATTORI: Steiio Armand-Hugon, Claudio Bo, Luciano Cirica, Alberto Corsani, Piera Egidi, Fulvio Ferrarlo, Maurizio Girolami, Anna Maffei, Carmelina Maurizio, Luca Negro, Jean-Jacques Peyronel, Roberto Peyrot, Gian
Paolo Ricco, Giancarlo Rinaldi, Fulvio Rocco, Marco Rostan, Piervaldo
Rostan, Marco Schellenbaum, Florence Vinti, Raffaele Volpe.
GARANTI: Franca Long, Andrea Mannucci, Mario Marziale, Fulvio Rocco,
Bruno Rosfagno.
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t L’eco dovalo valdesi
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Tariffe inserzioni pubblicitarie: a modulo (42,5 x 40 mm) £ 30.000
Partecipazioni: miilimetro/colonna £ 1.800
Economici: a parola £ 1.000
Il presente numero 3 costituisce il n. 3 del 22 gennaio 1993 de La Luce. Reg.
Tribunale di Pinerolo n. 176/60. Sped. in abb. postale gr. Il A/70.
Nella foto di prima pagina: Tre tute da lavoro
searia. Lo scopo è quello di
contribuire all’«autoccupazione» dei giovani, di lottare
contro la fame e la povertà e
non ultimo di costituire una
guida nei confronti degli abitanti della regione.
A causa di ritardi burocratici
dobbiamo indicare per i vostri
versamenti il vecchio numero
di ccp in attesa di ottenere
quello richiesto che segnaleremo non appena possibile. In
attesa dell’attribuzione di un
nuovo conto corrente postale
le offerte vanno pertanto inviate al conto corrente postale n.
11234101, intestato a La luce
- Fondo di solidarietà, via
Pio V 15 - 10125 Torino, indicando possibilmente la destinazione (Madagascar oppure
Benin). In mancanza di
specificazione provvederemo
noi stessi al riparto.
Con l’occasione pubblichiamo l’elenco dei doni ricevuti nei mesi di novembre e
dicembre scorsi, nonché il
rendiconto dell’anno 1992.
OFFERTE PERVENUTE IN
NOVEMBRE E DICEMBRE
£ 1.000.000: Dora Naso Gysin.
£ 500.000: Renato Breuza in memoria dei suoi cari.
£ 150.000: S. C. in memoria di
Silvia Maurin.
£ 100.000: Mirella Argentieri
Bein; Laura Zunino; Giuseppe
Di Gesù.
£ 90.000: Sara e Sauro Gottardi.
£ 70.000: E. Schmidt.
£ 25.000: NN Unchio (Verbania)
Totale £ 2.135.000
Totale precedente £ 1.759.999
In cassa £ 3.894.999
RENDICONTO GESTIONE
ANNO 1992
Rimanenza in cassa £ 9.315.499
Somme raccolte £ 16.579.500
Totale £ 25.894.999
Somme erogate* £ 22.000.000
In cassa al 31.12 £ 3.894.999
(*) Per la casa Eben-ezer
per malati di Aids £ 2.000.000
Per profughi guerra
del Golfo £ 10.000.000
Per centro sociale
’Ntolo (Camerún) £ 10.000.000
Totale £ 22.000.000
IDEE INVISIBILI
IL SOGNQ
DELL'UNITA
DANIELA DI CARLO
«Com’è scritto: Non c’è nessun giusto, neppure uno.
Non c’è nessuno che capisca, non c’è nessuno che cerchi Dio» (Romani 3, 10 -11).
V
E accaduto di domenica un po’ di tempo fa. Sono tornata a casa alle 20,30, come tutte le volte che vado
a Pescara per incontrare il gruppo metodista; il treno regionale sul quale viaggiavo era, come sempre, in ritardo
di venti minuti. Arrivo a casa, indosso qualcosa di caldo
(il riscaldamento ha una vita propria in questo appartamento: compare e scompare a suo piacimento), accendo
la TV, passo il tempo facendo zapping con il telecomando, assumendo un’aria sempre più ebete e passiva
davanti allo schermo.
Ore 22,45, Raitre, Paolo Rossi {Su la testa). All’interno del programma l’attore-comico-politico-cinico racconta uno dei suoi sogni al contrario. Un sogno nel quale accadono cose inimmaginabili, situazioni diverse da
quelle reali. Da allora ho imparato anch’io a fare dei sogni al contrario. Vi racconto l’ultimo.
Questa notte ho fatto un sogno, un sogno al contrario.
Ho sognato di vivere sempre qui, in Italia, ma le cose
erano diverse. Tutte le donne potevano parlare del Dio
in cui credono, e tolleranza e pace regnavano tra le chiese. Nel sogno sono entrata in una moschea e ho ascoltato una imam che leggeva il Corano. Sembrava che cantasse, per l’armonia che accompagnava le parole che
uscivano dalle sue labbra. Il suo volto esprimeva saggezza e passione. I fratelli e le sorelle musulmane inginocchiati gli uni accanto alle altre ringraziavano Dio per
ciò che stavano ascoltando da quella donna. Era tutto
così bello e straordinario!
Di colpo la moschea si è trasformata in una sinagoga,
e al posto della imam è comparsa una rabbina che cantava parte della Legge e anche qui le sorelle erano mescolate con i fratelli, e pregavano tutti insieme. Dietro le
grate, destinate in passato alle donne, erano nate delle
piante coloratissime, alcune erano piene di frutti, altre di
fiori, e le piante erano così rigogliose e grandi che avevano preso il posto dei muri.
Il sole aveva libero accesso alla sinagoga, che non era
più una sinagoga, ma un luogo aperto, in un angolo del
quale sedeva il papa che annunciava che di lì a pochi
giorni si sarebbe sposato. L’astinenza e il celibato sono
contro natura, diceva. Nel sogno ho visto anche una vescova che serviva messa e che poi annunciava che la
Chiesa cattolica aveva rifiutato l’otto per mille e tutti i
privilegi accordatile dallo stato.
Il luogo aperto diventava sempre più ampio e nuova
gente accorreva: protestanti, ortodossi, buddisti, ecc...
raggiungevano quel magnifico prato pieno di odori e di
colori. C’era allegria in giro. Tutti si scambiavano promesse importanti. I cattolici chiedevano scusa ai valdesi
per aver avuto l’arroganza di aver dichiarato eretici loro
e altri movimenti. I cristiani riconoscevano le radici comuni con l’ebraismo e con l’Islam, gli uomini facevano
una confessione di peccato per aver tolto la parola alle
donne...
Nel sogno al contrario ho visto tanti abbracci avvolgenti e dolorosi, tante strette di mano, lacrime di commozione. Pensavo di essere felice... ma mi sono svegliata dal sogno al contrario con una sensazione di nausea,
la testa mi girava e mi sono ritrovata più triste di prima.
Ero triste perché dopo ogni bel sogno c’è il ritorno alla dura realtà. Mai potrà accadere qualcosa che si avvicini, anche di poco, al sogno. Siamo prigionieri di noi
stessi, dei nostri confini mentali e culturali che ci impediscono di vedere il diverso con rispetto. Cadiamo nella
continua contrapposizione che mette in luce un «voi» e
un «noi» impegnati in una sterile competizione per ottenere il primo posto.
Ero triste anche per un secondo motivo, più grave,
credo: nel sogno, come nella vita, Dio è assente perché
non è stato invitato. Le chiese, spesso, sono luoghi in
cui si vive la religiosità, e non la ricerca di fede.
Spero di fare un altro sogno, più bello di questo, in cui
ci sia anche Dio a sognare con voi e con me.
Partecipazioni
RINGRAZIAMENTO
I familiari di
Lina Peyronel
ved. Bounous
ringraziano le persone che si
sono unite a loro per l’ultimo saluto alia zia Lina.
Un grazie al reparto di chirurgia
deil’Ospedaie E. Agnelii, alla Croce Verde, al pastore dosi ed alla
Casa di riposo di San Germano
Chisone.
San Germano Chisone, 6 gennaio 1993
«lo mi coricherò in pace e in pace
ancora dormirò perchè tu solo, Signore, mi fai abitare sicuramente»
Salmo 4, 9
E’ mancata improvvisamente ii
Carolina Rava
ved. Stirano
Profondamente addoiorati ne
danno l’annuncio, a funeraii avvenuti, i figii Franco e Arturo, le nuore Laura e Clara, la nipote Carolina con Teresio e Vera.
Magnano Alfieri, 10 gennaio
1993
«Il Signore è il mio pastore nulla
mi mancherà.»
Salmo 23
La Chiesa valdese di Trapani e
Marsala partecipa con affetto al
dolore del fratello Franco Stirano
e deila pastora Laura Leone e di
tutta ia famiglia per ia scomparsa
improvvisa della mamma e suocera
Carolina Rava
ved. Stirano
Trapani, 13 gennaio 1993
RINGRAZIAMENTO
«lo alzo gli occhi ai monti...
Donde mi verrà l’aiuto?
Il mio aiuo vien dalTEterno
che ha fatto il cielo e la terra»
Salmo 121,1-2
La moglie, i figli ed i familiari
tutti del caro
Evi Gaiiian
riconoscenti, ringraziano di
cuore tutti coloro che con presenza, fiori, scriti, opere di bene e paroie di conforto hanno preso parte
ai loro dolore.
Un ringraziamento particolare
al pastore Ribet, alle nipoti Aibina
e Ileana, ai vicini di caa, ai medici
e personale dell’Ospedale valdese di Pomaretto e dei reparti di
nefrologia e uroiogia deil’Ospedale civiie di Pineroio.
San Germano Chisone, 14 gennaio 1993
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16
PAG. 1 2 RIFORMA
I Villaggio Globale
venerdì 22 GENNAIO 1993
tm
Dopo la firma del trattato «Start 2» tra i presidenti americano e russo
Con la diminuzione degli arsenali atomici
entriamo davvero in una nuova era?
ROBERTO PEYROT
Svuotati gli arsenali atomici, Chiuso un capitolo
di storia, e altri titoli analoghi hanno salutato all’inizio
dell’anno il trattato «Start 2»
firmato da Bush e Eltsin, che
vedrà una sensibile riduzione
delle armi strategiche nucleari. Gli Stati Uniti scenderanno dalle attuali 9.986 testate
(missili terrestri e marittimi,
ordigni su bombardieri strategici) a 3.500, la Russia da
10.237 a 3.000.
La notizia di un disarmo di
simile portata non può che
rallegrare tutte le persone desiderose di un mondo meno
armato, ma da qui a parlare di
una nuova era ce ne corre
parecchio.
Innanzitutto con questo
trattato TAmerica viene una
volta di più consacrata come
la sola superpotenza. Essa infatti conserverà una capacità
offensiva della quale la Russia viene privata anche se,
con la globale potenza atomica superstite, il mondo potrà
sempre essere abbondantemente distrutto. Ma a parte
questo altri gravi pericoli permangono. L’accordo avrà attuazione entro 10 anni, nel
2003; che cosa potrà accadere nel frattempo?
Altra incognita è data dal
fatto che Ucraina, Bielorussia
e Kazakistan, usciti dal crollo
dell’Urss, hanno un potente
armamento nucleare; rispette
II presidente americano George Bush e queilo russo Boris Eitsin hanno firmato ii trattato «Start 2». il disarmo nucieare ha fatto un passo avanti, ma rimangono ancora troppe testate.
ranno anch’essi il trattato e,
se sì, a quali condizioni? Non
si può poi sottovalutare la
proliferazione nucleare in vari
altri paesi. Oltre all’India,
Israele ha materiale bellico
nucleare insieme a Iran, Siria
e Libia; tutti sanno che queste
regioni sono particolarmente
a rischio.
Ma accanto a questo grave
problema - per lo meno finora senza tragici sbocchi vi è l’altro, cioè quello dell’
armamento convenzionale e
dei conflitti in corso. Tutti noi
guardiamo con angoscia crescente alla guerra nell’ex Jugoslavia dove alle speranze di
accordi fra le parti fanno puntualmente seguito ulteriori
gravi scontri armati.
Di certo si sa che i morti
sono ormai oltre 200.000, fra
cui 18.(X)0 bambini; i feriti e
gli storpiati sono più di
500.000, per non parlare di
decine di migliaia di donne
bosniache violentate insieme
a bimbe e bimbi, e di un milione e mezzo di profughi.
In Somalia, in attesa di una
Aperta a Parigi la Conferenza per la non proliferazione
La «pace chimica» stenta
a diventare una realtà mondiale
GIORGIO GARDIOL
Si è aperta a Parigi la Conferenza promossa dalle
Nazioni Unite sulla «non proliferazione» delle armi chimiche. Invitati alla Conferenza
oltre i 179 paesi facenti parte
deirOnu e anche il Vaticano,
il Principato di Monaco, la
Svizzera, le isole Cook, Tonga, Nauru, Tuvalu e Kiribati.
La Conferenza è stata inaugurata mercoledì 13 gennaio
dal segretario generale
delTOnu, Butros Ghali, e dal
presidente francese François
Mitterrand. Il suo scopo è
quello di arrivare alla firma
del trattato intemazionale che
mette al bando le armi chimiche in tutto il mondo. Cosa
quanto mai difficile in quanto
una ventina di paesi aderenti
alla Lega araba pongono come condizione per la loro firma che Israele firmi il trattato
di non proliferazione delle armi nucleari.
L’impiego di armi chimiche in guerra è iniziato il 22
aprile 1915 quando le truppe
tedesche lanciarono contro le
linee francesi a Ypres un liquido irritante e vescicante a
base di cloro. Questo composto chimico (il cui nome chimico è solfuro b, -dicloroetilico) ha preso appunto il
nome di iprite. In quella occasione 5.0(X) soldati francesi
furono uccisi e 15.0(X) furono
messi fuori combattimento.
Il cloro nella prima guerra
mondiale fu poi sostituito dal
fosgene che ha provocato la
morte di 6.000 soldati russi.
Si sono poi utilizzati altri aggressivi chimici quali il difosgene, il nitrocloroformio,
l’acido cianidrico e le arsine.
Terminata la guerra, la ricerca
di nuove e più potenti armi
chimiche continuò. Il chimico
tedesco Schrader mise a punto i gas neurotossici.
Successivamente alla seconda guerra mondiale la produzione e la ricerca di nuove
«bombe chimiche» è continuata, nonostante i divieti
della comunità intemazionale
tanto che recentemente si è
scoperto che in Russia sono
stoccate 50.000 tonnellate di
armi chimiche (secondo
esperti non governativi ce ne
sarebbero però 300 mila), gli
americani ne avrebbero
40.000 tonnellate. L’Italia e la
Francia a loro volta ne terrebbero alcune centinaia di
tonnellate. Il catalogo attuale
delle armi chimiche è ampio.
Ci sono in primo luogo i prodotti aggressivi nei confronti
dell’uomo;
- gli irritanti, come i lacrimogeni che colpiscono gli occhi e le cornee, gli starnutatori che eccitano le vie respiratorie superiori, gli urticanti;
- i vescicanti, che bmciano
la pelle e le mucose;
- i soffocanti, come il fosgene e il cloro;
- i tossici in generale che
bloccano il trasporto dell’ossigeno verso le cellule, che
provocano convulsioni e arresti respiratori.
Poi troviamo prodotti che
rendono i soldati incapaci a
proseguire il combattimento
sia psichicamente (derivate
dallo Lsd) sia fisicamente. Infine troviamo agenti chimici
che distmggono la natura vegetale come i defolianti e gli
erbicidi, largamente usati ad
esempio nella guerra del
Vietnam.
Per produrre bombe chimiche non servono investimenti
enormi; è sufficiente trasformare una fabbrica produttrice
di concimi in una fabbrica di
gas tossici. La Libia ha costruito, con l’aiuto dell’impresa tedesca Imhausen Chemie, una fabbrica di questo tipo a Rabta. Anche l’Iraq continua ad avere industrie chimiche che potrebbero produrre bombe chimiche. Per questo si parla generalmente di
questi prodotti come di «armi
dei poveri».
Rimane il fatto che per produrre le bombe i paesi hanno
bisogno di acquistare prodotti
di base che vengono fabbricati soltanto nei maggiori paesi
industrializzati. Sta a questi
controllare il loro commercio
se si vuole impedire la proliferazione di queste micidiali
armi. Il trattato in discussione
a Parigi specifica i modi con
cui è possibile controllare
questo commercio.
conferenza di riconciliazione
si susseguono i combattimenti fra le fazioni agli ordini dei
«signori della guerra» che difendono interessi etnici, di
clan e di potere, mentre le
tmppe inviate a «ristabilire la
speranza» non sono da meno.
E in Iraq, che cosa accadrà
dopo gli ultimi attacchi aerei
e missilistici da parte degli
«alleati»? Intanto, chi parla
più della questione curda al
Nord del paese, la cui regione
continua a essere stretta in un
blocco ferreo dopo lo spaventoso genocidio sia da parte
irachena sia da parte turca,
genocidio continuato anche
dopo la fine della guerra del
Golfo e che ha fatto oltre
100.000 vittime?
Ma questo elenco non basta. Scorrendo i consuntivi
del 1992 si può constatare
che neirirlanda del Nord, in
Colombia, Angola, Mozambico, Sudan, Afghanistan, India, Bangladesh, Nuova Guinea, Filippine i conflitti si trascinano da più di dieci anni.
In altri paesi sono scoppiati
più di recente, come in Liberia, Georgia, Tagikistan,
ecc...
Che senso ha allora compiacersi del disarmo nucleare
se parallelamente non si lavora in profondità per un disarmo convenzionale generalizzato?
Purtroppo quando entrano
in campo gli interessi economici, nazionalistici, religiosi, etnici, razziali si continua a far ricorso alla forza
delle armi - sempre più distmttive, sempre più diffuse nella convinzione che esse
siano l’unico mezzo per risolverli.
Ma, a parte il fatto che in
guerra non sempre vince chi
ha ragione ma ha sempre ragione chi vince, le persone si
devono convincere a cambiare radicalmente mentalità, affidando alla trattativa, alla reciproca comprensione, all’amore verso il proprio simile
la soluzione delle controversie.
Oggi la componente religiosa assume un rilievo sempre più marcato nei conflitti
armati. Proprio le chiese tutte le chiese - a livello locale e tramite le loro organizzazioni mondiali, devono essere
le prime a dare l’esempio di
una nuova mentalità che sia
fautrice di un mondo pacificato, senza lasciarsi strumentalizzare dai poteri temporali.
Relazione delTUnicef a Ginevra
35.000 bambini
muoiono ogni giorno
L9 Unicef ha rimproverato la comunità intemazionale di continuare a trascurare le necessità pressanti
dei bambini. Con 35 mila miliardi in più l’anno si potrebbe dare cibo e acqua sufficienti a tutti i bambini che
muoiono di inedia, far loro
avere le cure mediche necessarie e garantir loro un’istruzione scolastica di base. Questo è il nocciolo della relazione sulla situazione dell’infanzia nel mondo presentata recentemente a Ginevra dal direttore deU’Unicef, James P.
Grant.
Ogni settimana muoiono
nel mondo circa 250.000
bambini per denutrizione o
malattie curabili. 35.000 miliardi per la loro salvezza sono meno di quanto si spende
ogni anno nell’Europa occidentale per il vino o di quanto
spendono gli americani negli
Stati Uniti per la birra.
Grant ha detto che è uno
«scandalo» che il mondo continui a pensare di non essere
in grado di garantire il benessere a questi bambini, ed ha
affermato che c’è una congiura del silenzio sulla sorte di
questi 35.000 bambini che
ogni giorno muoiono.
Secondo TUnicef ogni anno muoiono circa 13 milioni
di bambini, due terzi per polmonite, dissenteria e morbillo. Il killer numero uno è la
terzo dei finanziamenti di cui
disponeva a favore della salute dei 25 milioni di bambini
al di sotto dei 5 anni esistenti
in quelle regioni.
A parere degli esperti uno
stanziamento di 35.000 miliardi annui potrebbe permettere di realizzare tutti gli
obiettivi proposti dal «vertice
dell’infanzia», organizzato
dalle Nazioni Unite nel 1990
al quale hanno aderito 139
paesi.
Questa somma potrebbe essere reperita per i due terzi
dagli stessi paesi sottosviluppati mentre il resto potrebbe
ricavarsi da una più oculata e
mirata distribuzione degli attuali aiuti a questi paesi.
L’Unicef calcola che nei
paesi in via di sviluppo si
spende in media solo il 10 per
cento per le necessità di base
delle popolazioni più povere,
mentre la maggior fetta degli
stanziamenti di quegli stati va
per il pagamento dei debiti
intemazionali e per l’acquisto
di armi.
Anche nei programmi per
gli aiuti ai paesi in via di sviluppo, dove vengono spesi
circa 60.000 miliardi l’anno,
solo il 10 per cento è impiegato per un aiuto diretto ai
poveri. Meno della metà di
quanto si spende nei paesi
ricchi per le scarpe da ginnastica!
Il rapporto deirUnicef si riferisce anche ai bambini del Sudan
polmonite, che ogni anno ne
uccide tre milioni e mezzo e
in molti casi un antibiotico da
poche centinaia di lire sarebbe stato sufficiente a salvarli.
Secondo il rapporto dell’
Unicef, concernente 129 paesi, la situazione peggiore si
verifica in Angola e Mozambico, dove la mortalità infantile al di sotto dei 5 anni raggiunge il 292 per mille, mentre il paese con la più bassa
mortalità è la Svezia con la
percentuale del 5 per mille.
Un altro aspetto evidenziato dalla relazione è che in
molti paesi i bambini vengono curati e nutriti meglio di
quanto non avvenga per le
bambine.
Un milione di bambine
muoiono ogni anno a causa
del loro sesso. Un dato positivo in mezzo a tante tragedie è
costituito dal fatto che i bambini vengono oggi vaccinati
all’SO per cento, mentre solo
dieci anni fa lo erano al 20
per cento circa. Tuttavia ogni
giorno vi sono ancora 6.000
bambini che muoiono per
malattie che una opportuna
vaccinazione avrebbe potuto
evitare.
L’Unicef ha espresso
preoccupazione per la situazione nella ex Unione Sovietica nettamente peggiorata rispetto ad alcuni anni fa.
L’assistenza socio-sanitaria
di base ha subito un tracollo e
può contare solo più su un
DALLA PRIMA PAGINA
Il re è nudo
re il numero e la durata dei
mandati, i limiti temporali alla professione di politico, forme di reinserimento nell’attività civile di coloro che hanno esercitato la politica per
qualche tempo. Stabilire cioè
regole che permettano a
chiunque voglia occuparsi di
politica di aver del tempo per
farla e alle migliori condizioni, senza per questo
diventare un professionista a
vita. Significa dare ai cittadini strumenti per la critica della politica, che agiscano prima di quando debbano obbligatoriamente intervenire i
giudici.
Le nuove regole e le nuove
istituzioni faranno la loro parte solo se avverrà quella «rivoluzione delle coscienze» di
cui parlano in molti. Non è
un caso che quando si parla
di questo molti guardino alle
esperienze storiche del protestantesimo e ai modelli delle
nazioni protestanti.
Noi protestanti infatti cominciamo ad imparare la democrazia, e a coniugare l’etica della convinzione con
l’etica della sponsabilità sui
banchi della scuola domenicale.