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Anno 125 - n. 17
28 aprile 1989
L. 900
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delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE _
DOPO IL PROCESSO DI PALERMO
Il ministro della Difesa Valerio Zanone ha recentemente annunciato che la consueta parata
militare di via del Fori Imperiali
a Roma, in occasione della festa
della Repubblica del 2 giugno,
non avrà luogo.
Un ripensamento in chiave pacifista (magari per timore di
contromanifestazioni)? Oppure
un contributo alla distensione in
corso? Si tratta semplicemente
di una misura a carattere economico che farà risparmiare una
cifra di otto-dieci miiiardi sull’enorme noto disavanzo della spesa pubblica.
In un’intervista ad un quotidiano il ministro si è detto conscio
che questa soppressione non è
stata accolta di buon grado « in
taluni ambienti » e precisa che
vi saranno cerimonie alternative
ali’Altare della Patria.
Non credo che ia popolazione
romana (che oltre a tutto si salverà da un supplemento di inquinamento che sarebbe stato
elargito dalle centinaia di autoveicoli, di mezzi blindati e dagli
aerei) se ne rammaricherà troppo. Credo che si rammaricherà
assai di più, assieme a tanta aitra parte della popolazione italiana, per le previste spese belliche ammontanti nel corso dei
prossimi anni a decine di migliaia di miliardi per acquisti di
missili (i Patriot), di aerei (Tornado, Efa) e di altre armi. Spese
che danno un sapore di amara
beffa al suddetto «risparmio» e
che rendono ancor più pesanti ed
inaccettabili le enormi carenze
della sanità, dei trasporti, della
giustizia, della burocrazia in genere, dei problemi occupazionali
ed altro ancora.
Un noto e « grosso » giornalista, passato recentemente dalla
Rai ad una emittente televisiva
privata ha suggerito di acquistare un caccia bombardiere Tornado in meno (valore 150 miliardi)
sui cento previsti e continuare a
lare le sfilate. Sugprimento assai opinabile perché una soluzione del genere non contribuirebbe
certo alla diffusione di una vera
cultura della pace. Diffusione per
altro quanto mai difficile e rallentata anche da chi dovrebbe
della pace essere un profondo e
convinto assertore.
Alludo ad un recente discorso
del pontefice romano il quale ha
affermato che non solo la vita
militare è sana e formativa, ma
che resistenza degli eserciti è benefica e che uccidere può essere
anche doveroso, rivalutando cosi
in pieno i concetti di deterrenza
e di guerra giusta!
C’è da augurarsi che i prossimi
incontri ecumenici sulla pace, da
quelli locali a quelli a carattere
internazionale, si dissocino a
chiare lettere da queste posizioni
che ci riportano indietro di decine di anni e rischiano di porre
nuovi e gravi intralci ad un cammino già per sua natura lento e
complesso.
Roberto Peyrot
La mafia: via iibera in Europa
L’assoluzionG dolía « cupola » mafiosa annullai! lavoro di 10 anni - La nuova stagiono dolía mafia col « volto più umano » è dirotta vorso l’Europa o vorso i diritti doi cittadini palermitani
« La mafia ha vinto ». Il « j'accuse » di Gianfranco Garofalo,
pubblico ministero del Maxi-ter,
è echeggiato nel palazzo del tribunale di Palermo. Un grosso
macigno è rotolato per le sale
e vi ha messo lo scompiglio: il
tonfo l’ha sentito anche Roma,
l’ha sentito anche il Consiglio
superiore della Magistratura.
Cos’è successo?
Ecco il fatto; il giudice Giuseppe Prinzivalli, sabato 15 aprile, quasi in concomitanza con
la elezione della nuova « Giunta
Orlando » di cui sono entrati a
far parte i comunisti, ha assolto con formula piena la « cupola » della mafia, anzi anche coloro che attualmente vi sono riconosciuti come il vertice indiscusso: Totò Riina e Bernardo Provenzano, insieme al cassiere Pippo Calò, un colletto bianco. Gli
imputati erano 124: erano stati
richiesti 19 ergastoli e 900 anni
di galera; la sentenza li ha ridotti rispettivamente a sei e a
290.
Lo scandalo non è nella quantità, ma nel principio che cancella il « teorema Buscetta », annulla il lavoro di 10 anni del
pool antimafia e getta un’enorme ombra di dubbio sul primo
maxi-processo. V’è chi minimizza e pensa che si tratti di un
episodio come l’altra sentenza
dello stesso Prinzivalli riguardante la strage di piazza Scaffa (Palermo); chi invece si ribella, fa
riferimento ad un clima nuovo,
a quella normalizzazione, iniziata dopo il maxi-processo, che
via via va interessando palazzi
e settori importanti della vita
politico - economico - istituzionale.
Palermo 1988: vigilanza intorno all’aula bunker dove si svolgeva il
maxi-processo contro la mafia.
La piovra è come un fiume carsico, difficile da individuare nel
suo tortuoso percorso; riesce tuttavia a toccare e ad inquinare
con i suoi veleni paesaggi impensati. Proprio a questo livello
è necessario iniziare questo discorso sullo stato attuale della
mafia, anche se la sua lettura
dovrà contenere molti condizionali. Un breve aggancio con il
passato è indispensabile per cogliere la strategia che probabilmente va profilandosi all’orizzonte.
Esperti e saggisti hanno par
lato di una vecchia mafia che
termina di vivere con la morte
del dott. Navarra eliminato dalla nuova mafia nel 1958, che può
essere preso come anno d’inizio
di questa e dell’era di Liggio.
Non ci sono dubbi sulle caratteristiche della nuova mafia; spietata, sanguinaria e senza rispetto. Il suo regno nella prima fase penetra in tutti gli aspetti
della vita della Sicilia; ha una
sua cultura, l’omertà e il sicilianismo, che non può essere messa in dicussione. Bisogna aspettare gli anni '80 per avvertire
VERSO L’ASSEMBLEA ECUMENICA DI BASILEA
Il rientro
Salmo 85
Quando si risale dall’abisso, è in agguato la
tentazione di mostrarsi insoddisfatti delle condizioni della redenzione.
Dopo l’uscita dall’Egitto, gli Ebrei dovettero
attraversare il deserto e, non appena apparvero
le prime difficoltà, immediatamente si misero a
lamentarsi ed a manifestare la loro delusione. Per
quarant’anni dovettero, senza interruzione, adattarsi alla libertà nel deserto. E fu così anche dopo
il ritorno da Babilonia. S’attendevano molto e non
ricevettero che poco. Dio li aveva riscattati dall’esilio ma non dal loro peccato. Una caparra era
stata loro data, ora si richiede pieno compimento. Anche il rtomo sulla loro terra non sembra
aver portato riposo, consolazione, libertà interiore, speranza per l’avvenire. La restaurazione della
nazione ebraica era, dal punto di vista del conquistatore, un atto politico, ma dal punto di vista
di un fervente israelita era il risultato dell’azione
di Dio sul cuore del nuovo sovrano di Babilonia.
Il salmista sa che l’esilio era stato una punizione,
la conseguenza del peccato della nazione. Altrettanto è certo del fatto che il rientro è il segno de
perdono. Questo aspetto del pensiero del salmista
porta con sé un messaggio che riguarda la storia
dell’umanità. Possiamo vedere, negli avvenimenti
storici, le manifestazioni della politica degli sta
ti e dei governi, e accettarli allo stesso tempo come manifestazioni di Dio per rivelarci la sua volontà.
Il termine che il salmista usa incessantemente
è « ritornare », e questo è assai significativo. Dio
è « ritornato » dalla sua collera. Ha fatto « ritornare » il suo popolo dall’esilio. Il salmista si rivolge a Dio chiedendogli di « ritornare » per farlo
vivere, e poi esorta il po'polo a non « ritornare »
alla sua follia.
La volontà di Dio si è compiuta, per la storia
dell’umanità, nella vita di Gesù Cristo; la verità
si è incarnata in lui (Giovanni 14: 6); la bontà e
la verità si sono incontrate nel suo insegnamento
e nelle sue guarigioni.
Come suoi discepoli nel mondo di oggi, dobbiamo agire perché la sua salvezza diventi una realtà nella nostra vita.
Eszter Karsay
Per l’assemblea ecumenica di Basilea sono stati preparati,
a cura di autori di varie confessioni e nazionalità, sette
studi biblici.
Li proponiamo, a partire da questo numero, ai lettori
del giornale, riprendendone i punti salienti o facendone un
riassunto.
Il primo studio biblico è stato preparato da Eszter Karsay, pastore della Chiesa riformata ungherese.
un serpeggiare insistente e profondo di aneliti di ribellione e
di riscatto. Un movimento che
prende specialmente i giovani e
la scuola: i rigagnoli diventano
fiumi e la gente affolla strade e
piazze per gridare: No alla mafia, al triangolo della morte, alle
carneficine e alla droga. Questa
è la « nuova stagione », di cui
si parla in questi giorni a fronte di una tendenza troppo garantista in una situazione di emergenza; in questo clima nasce la grande illusione, che offre
suggestioni ideali e coraggio ai
tutori della legge e ai magistrati, e che oggi sembra infrangersi di fronte all’assoluzione della
cupola. Il primo maxi-processo,
con la esemplare sentenza del
dicembre 1986, stranamente potrebbe segnare l’inizio dell’attuale strapotere della mafia.
Più di una voce parla di nuova strategia, o addirittura di nuovissima mafia, di cui i segni potrebbero essere colti in più dì
un particolare (minacce, presenza di colletti bianchi, eliminazione di schegge non razionali, organicità politica...). A ben guardare dentro ai movimenti, alle
apparizioni e ai segnali provenienti daH’insieme deH’organizzazione mafiosa, si potrebbe mettere a fuoco la presenza di una
ricerca di onorabilità, che faccia dimenticare il tanto sangue
e i cadaveri eccellenti. Potrebbe,
in Questa ulteriore fase di aggiornamento, venire in evidenza
l’onporranità di mostrare un
« volto più umano » (data anche
la potenza organizzativa e politica raggiunta), come passaporto ner un viaggio più agevole
anche nel campo della finanza
e delle banche verso l’Europa
del ’92. Contemporaneamente a
questo rafforzamento della potenzialità della mafia, in particolare in rapporto alla conquista
di pezzi forti dello Stato della
società, cresce l’opposizione e il
distacco « culturale » della gente.
Veramente sembra possibile stabilire un rapporto direttamente
proporzionale tra forze della mafia e volontà di cambiamento dei
cittadini. Non sarebbe del tutto
errato pensare al suo processo
di consolidamento economico ed
istituzionale come alla causa del
progressivo inaridimento dell'humus di consenso di cui si nutriva un tempo, per cui potrebbe
essere questo il momento più
adatto per sferrare l’attacco decisivo.
Il cittadino comune si pone
la pressante e semplice domanda: perché lo Stato non interviene massicciamente con le varie articolazioni settoriali, territoriali. apnrofittandn della congiuntura favorevole?
La risposta .sentiamola da persone di alta Qualificazione sull’argomento. Un avvocato del
maxi-processo ed ex-componente del Consiglio superiore della
Magi.stratura, Alfredo Galasso, co.sì ha scritto .su « L’Ora » all’indomani della sentenza del Maxiter: « Dopo tutto la "normaliz
Alfonso Manocchio
(continua a pag. 2)
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commenti e dibattiti
28 aprile 1989
FONDO DI SOLIDARIETÀ’
Gli aiuti all'Eritrea
Il difficile itinerario delle derrate - Un progetto di "riabilitazione agricola” - La tragica realtà della guerra dura ormai da 27 anni
Dove vanno a finire gli aiuti
che si danno a favore delle popolazioni affamate? E’ una domanda legittima, purché non sia
presa a pretesto di egoismo.
I lettori del giornale, e soprattutto coloro che hanno inviato
denaro al Fondo di solidarietà
per aiuti alle popolazioni eritree,
hanno oggi una risposta per mezzo di un rapporto, sia pure arido e zeppo di cifre.
E’ il rapporto della Associazione di agenzie di soccorso delle chiese scandinave (Emergency
Relief Desk ERD) per l’anno
1987. E’ a questa agenzia che il
Fondo di solidarietà ha inviato
i soldi raccolti per l'Eritrea
E' stato un altro anno difficile, sia per il perdurare della carestia che per l’invasione di cavallette, questi voraci insetti capaci di distruggere un campo di
grano di un ettaro in una manciata di minuti.
II programma dell’ERD di aiuti all'Eritrea ammontava per il
1987 a quasi ventuno miliardi di
lire. Un terzo di questa somma
è andato a coprire le spese di
trasporto, gh altri due terzi sono stati spesi per l’acquisto di
derrate alimentari e per altri
progetti.
Il trasporto rappresenta l'aspetto più complesso di tutta l’operazione. Da Fort Sudan le derrate e gli altri generi di soccorso sono avviati verso l’Eritrea
con camion che riescono a penetrare abbastanza in profondità nel territorio grazie ad una
rete di strade di fortuna. Per
A colloquio con I lettori
Le offerte
di marzo
Con la pubblicazione dell’elenco delle offerte pervenute nel mese di marzo, ricordiamo ai lettori le attuali tre destinazioni del
nostro Fondo.
Innanzitutto il centro agricolo
e socio-sanitario in Zambia (Africa) presentato dalla Cevaa e per
il quale finora sono state raccolte L. 2.660.(X)0.
In secondo luogo, il laboratorio di cucito di Managua (Nicaragpia) a favore di un gruppo di
donne ivi rifugiate (in cassa L.
1.918.000).
Infine, la raccolta a favore delle Chiese evangeliche della Giamaica che, duramente colpite da
un tifone, hanno riportato danni
per alcuni miliardi di lire. E’
stata danneggiata anche la Facoltà di teologia, dove vengono
preparati tutti i pastori di quella regione (in cassa L 1.520.000).
Si tratta di iniziative che hanno tutte un carattere di urgenza,
per cui attendiamo contributi generosi e solleciti che, come di
consueto, vanno inviati al conto
corr. postale n. 11234101 intestato
a La Luce Fondo di solidarietà,
via Pio V 15, 10125 Torino, possibilmente indicando la causale del
versamento.
Ci è ancora pervenuta una generosa offerta contro la carestia
in Eritrea (contabilizzata nell’elenco di febbraio), offerta che
abbiamo provveduto a reinoltrare.
Offerte pervenute nel marzo 1989
L. 300.000; RTM; Illeggibile Cosenza.
L. 75.000: Curio Incerti.
L. 50.000; Olga Lesny e Paolo Michelin Salomon.
L. 30.000: Giovanni Vezzosi.
L. 20.000: Antonio Tetta.
Totale L. 775.000: Totale precedente L. B.824.359: In cassa L. 7.599.359.
Inviate L. 1.500.000 ancora pervenute « Contro la carestia in Eritrea ».
Restano L. 6.099.359.
raggiungere però la gente in modo capillare, più della metà del
carico deve essere trasbordata su
bestie da soma, che potendo
viaggiare di notte riescono ad
eludere la ricognizione aerea etiopica.
Fra l’86 e l’87 l’ERD ha stanziato otto miliardi di lire per
l’acquisto delle bestie da soma,
la manutenzione dei camion e
delle strade. Nel 1987, dice il
rapporto, non si sono verificati
intoppi seri nel trasporto, per
cui le 42.500 tonnellate trasportate hanno raggiunto con regolarità le 236.000 persone a cui erano destinate. Unico grave contrattempo è stata la distruzione di alcuni silos prefabbricati
a causa dei bombardamenti aerei. Questi silos sono importanti
per la conservazione dei cereali,
che altrimenti vengono distrutti
dalle termiti.
L'ERD, come in passato, ha
contribuito all’importante progetto di « riabilitazione agricola » (contributo ERD: un miliardo e mezzo su un totale di cinque miliardi e mezzo), che consiste nel fornire ai contadini sementi, strumenti agricoli e buoi
per l’aratura. Il progetto è importante perché contribuisce a
rompere il cerchio della dipendenza totale.
Infine l’ERD ha partecipato alla lotta per il controllo delle cavallette con un contributo di un
miliardo e mezzo di lire, che ha
coperto parte del costo dell’ac
La mafia
(segue da pag. 1)
zazione" nella lotta antimafia non
si misura tanto in termini d,
diminuzione degli anni di galera, magari chiesta sempre per
le stesse persone, quanto piuttosto nella permanente incapacità
complessiva dello Stato di sviluppare un’azione coerente e incisiva, di attivare un circuito di
responsabilità politiche, amministrative, professionali, oltre che
penali. Il vero scandalo oggi è
questo ».
Gli fa eco una dichiarazione
resa dal presidente dell’antimafia, senatore Gerardo Chiaromonte: « Alla drammatica questione
posta l'estate scorsa (in occasione delle polemiche sorte a causa delle dichiarazioni allarmanti
del giudice Borsellino, ndr) dal
Presidente della Repubblica, se
fosse caduto l'impegno dello stato democratico nella lotta contro la mafia, bisogna purtroppo
rispondere affermativamente ». Il
giudice Di Lello, recentemente estromesso (così bisogna dire)
dal cosiddetto pool antimafia per
aver contestato la linea Meli,
apertis verbis chiama in causa
il ceto politico. « Abbiamo avuto — egli afferma, commentando
la sentenza di Prinzivalli — l'ennesima conferma del fatto che
la mafia non si combatte sulla
via giudiziaria. L’illusione repressiva ha fatto il suo tempo. Aspettiamo che la palla ritorni ai politici ».
Quest'ultima annotazione pone
il problema del vuoto della presenza politica e istituzionale dello Stato. Ed è in questo contesto che va inquadrato lo scontro intorno alla Giunta di Palermo, cuore della Sicilia, e l'importanza di sbarramento di essa sulla strada della mafia da
una parte, e dall’altra l’opportunità storica di incrociare la nuova cultura della gente.
Se sarà, come speriamo, la
Giunta dei diritti del cittadino,
allora potrà essere aperto un
fronte: il fronte delle istituzioni.
E saremmo in presenza di un
segnale e di un segno indiscutibilmente affascinanti e coinvolgenti.
Alfonso Manocchlo
LETTERA AGLI
AMICI RUSSI
Le bestie da soma sono state indispensabili per il trasporto delle
derrate.
quisto e invio di pesticidi, di
strumenti per l’irrorazione e di
tute e maschere per gli operatori.
Nell’insieme dunque uno sforzo notevole per contenere i guasti della fame; ma quasi una
fatica di Sisifo, se non viene eliminata la causa prima di questa situazione: la guerra che da
27 anni procura distruzione e
morte, nonché un flusso continuo
di profughi (gli eritrei fuori dal
loro paese saranno presto altrettanti quanti quelli rimasti nel
paese).
E’ per questo che le agenzie
di soccorso da un paio d’anni
hanno dato vita ad un coordinamento per cercare di dare un
contributo ad una soluzione pacifica e giusta che ponga fine a questo conflitto. Gli ostacoli su questa strada sono enormi: il governo di Addis Abeba continua
a sostenere che l’unica soluzione
della questione eritrea è quella
militare. Ma le ultime vicende
belliche a suo sfavore lasciano
sperare che voglia prendere la
decisione coraggiosa di accettare le numerose offerte di mediazione in cui sono coinvolte ora
anche alcune Chiese africane.
Siamo ancora capaci di pregare — non solo liturgicamente
— per la pace in Eritrea e in
tutte le altre aree del mondo dilaniate da conflitti lunghissimi e
di pregare per tutti coloro che
si adoperano per la pace?
Bruno Tron
Cari amici,
I risultati delle ultime elezioni del
26 marzo nel vostro paese sono stati
accolti da una certa parte di opinione
pubblica come una » Pasqua di risurrezione ».
Si tratta di un certo « gruppo sociale » che, fin da subito dopo la vostra
lontana Rivoluzione d'ottobre, ha iniziato un’opera di demolizione sistematica nei vostri confronti, inviandovi
un'infinità di messaggi accattivanti
e lusinghieri circa la situazione dì benessere e di libertà in cui viveva il
mondo occidentale
Finalmente la Russia è risortali...
D'altronde, come avreste potuto resistere oltre all’accerchiamento perpetrato nei vostri confronti da tante nazioni e da tante esperienze politiche
ed economiche diverse e pressanti?...
Pochi vi hanno capito, nello sforzo
politico e sociale che stavate o volevate compiere per il progresso nella dignità del genere umano; tanti
hanno perversamente ingaggiato con
voi ogni sorta di « competizione » per
stornarvi dagli sforzi per una vostra
politica economica e sociale. E voi
avete accettato la sfida... e forse fu il
vostro grosso errore!... Le conseguenze di una inevitabile arretratezza
sociale nel vostro paese possono costare un caro prezzo!!...
Ma perché soltanto voi avreste dovuto resistere al richiamo suadente
delle « sirene omeriche », mentre qui
da noi cristiani o comunisti o vostri
simpatizzanti in genere, succubi e
compiacenti, abbiamo appena accennato ad una timida e blanda reazione
critica nei confronti di questo ammaliante mondo occidentale?
Purtroppo, però, l'apertura di queste
« brecce » ci fa già sentire il brusìo
del computer delle grandi multinazionali, che molto professionalmente già
stanno programmando i'ìnvasione della
vostra « piazza commerciale », carica
di possibilità future per il capitalismo
occidentale...
Anche voi quindi, entro un certo
periodo di tempo, avrete a disposizione tutti i più impensabili frutti della
tecnologia e della scienza dell'alimentazione e dell'agricoltura. Molti di questi prodotti sono di una indicibile utilità, altri sono bellissimi, altri ancora
sono gradevolissimi al palato e alla
gola; perfida è soltanto la strategia
che c'è sotto: il « consumismo capitalistico » che non ha come fine il
benessere dell'uomo, ma il suo proprio interesse e a questo sacrifica
tutto.
Molto prima però, per via delle vostre giuste aperture culturali verso
tutto ciò che proviene da oltre I vostri confini, avrete modo di visionare
tanto materiale cinematografico, potrete ascoltare molta musica e cantare
tante altre nuove canzoni. Potrete leggere pile di libri e vestire nei modi
che più piacciono e, soprattutto, potrete organizzare incontri oceanici per accogliere la religione di papa Wojtyla.
Molti aspetti di questa valanga culturale che vi cadrà addosso sono semplicemente stupendi; molti di più, .sono pericolosamente idioti ed alienanti...
Potrebbe quasi stare tutto bene, se
non ci fosse da parte vostra il pericolo di considerare l'acquisizione di
tutti questi beni come il frutto di
una vera « libertà » finalmente conquistata.
Se la libertà non l’avete conquistata con l'ideale marxista, la cui spinta
profetica verte proprio sul concetto di
libertà, non pensate neanche minimamente di trovare la libertà nell’andazzo consumistico, la cui matrice è
iniqua, e soprattutto il cui sviiuppo
rimane incontrollabile nel tempo, come una reazione a catena.
Ho tanto timore che la « risurrezione di Pasqua », in prospettiva, non
sia tanto una vostra risurrezione, quanto piuttosto la risurrezione delle multinazionali capitaiistiche, che in questi
ultimi tempi cercavano nuovi mercati
per risolvere i loro grossi problemi...
Auspichiamo che ia vostra Rivoluzione d'ottobre non divenga nel tempo un argomento addomesticato su cui
disquisire da parte di tanti Intellettualoidi, come è successo per ia Rivoluzione francese di prossima ricorrenza... Sarebbe troppo triste!
Ermanno Spuri, Grosseto
delle valli valdesi
settimanale delle cblese valdesi e metodiste
Direttore: Giorgio Gardiol
Vicedirettore: Giuseppe Platone
Comitato di redazione: Mirella Argentieri Bein, Valdo BenecchI, Claudio
Bo, Aiberto Bragaglia, Franco Chiarini, Rosanna Ciappa Nitti, Gino
Conte, Piera Egidi, Claudio Martelli, Emmanuele Paschetto, Roberto
Peyrot, Mirella Scorsonelli
Redattori: Alberto CorsanI, Luciano Deodato, Adriano Longo, Plervaldo
Rostan
Segreteria: Angelo Actis
Amministrazione: Mitzi Menusan
Revisione editoriale: Stello Armand-Hugon, Mariella Taglierò
Spedizione: Loris Bertot
Stampa: Coop. Tipografica Subalpina - via Arnaud, 23 - 10066 Torre
Pellice - telefono 0121/91334
Registrazione; Tribunale di Pinerdio n. 175. Respons. Franco Giampiccoli
FONDO DI SOLIDARIETÀ’; c.c.p. n. 11234101 intestato a La Luce, via
Pio V, 15 - 10125 Torino
Amministrazione del fondo: Maria Luisa Barberis, Renato Coì'sson, Roberto Peyrot
ABBONAMENTI 1989
Italia Estero
Ordinario annuale L. 38.000 Ordinarlo annuale L. 70.000
Ordinario semestrale L. 20.000 Ordinario (via aerea) L. 100.000
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011/655278 — Redazione valli valdesi: via Repubblica, 6 - 10066 Torre
Pellice - telefono 0121/932166
Il n. 16/89 è stato consegnato agli Uffici postali di Torino il 19 aprile e a quelli delle valli valdesi il 20 aprile 1989.
Hanno collaborato a questo numero: Martino Barazzuoli, Teofilo Pons, Bruno Rostagno, Jean-Louis Sappé, Renzo Turinetto.
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F;
28 aprile 1989
commenti e dibattiti
RESO NOTO IL CARTEGGIO TRA S. SEDE E IL CARDINAL RUFFINI DI PALERMO SULLA MAFIA
Mafia, pastori e cardinali
Il papa Paolo VI voleva lottare contro la mafia; vi si oppose il card. Ruffini - La posizione della chiesa valdese di Palermo e il Manifesto del '63
Tutti i giornali ne hanno parlato, da La Stampa, al Messaggero, a La Repubblica, a L’Unità, al
Giornale di Montanelli; ne hanno
parlato le edizioni regionali dei
telegiornali; insomma è stato dato un grande rilievo al fatto. Ma
quale? La pubblicazione sul n. 101102, XV, della rivista mensile
« Segno » di Palermo di un ampio
studio di Francesco Michele Stabile, padre redentorista, e storico affermato, sui fermenti presenti in Sicilia e nella chiesa cattolica negli anni ’60. Nel corso
dello studio lo Stabile cita fra
l’altro una corrispondenza intercorsa tra la Santa Sede e il Cardinal Ruffini, allora arcivescovo
di Palermo, il cui spimto è dato
da un’azione della Chiesa valdese
di Palermo.
Paolo VI
manda a dire...
La Santa Sede scriveva allora,
in data 5 agosto ’63: « ...com’è
noto all’Eminenza Vostra Reverendissima, la Chiesa Evangelica
Valdese, ad iniziativa del Rev. Pastore Pietro Valdo Panasela di Palermo, ha pubblicato lo scorso
mese in codesta città un Manifesto per deplorare i recenti attentati dinamitardi che hanno provocato numerose vittime tra la
popolazione civile.
Nel segnalare detta iniziativa
all'Eminenza Vostra, mi permetto
sottoporre al Suo prudente giudizio di vedere se non sia il caso
che anche da parte ecclesiastica
sia promossa un’azione positiva
e sistematica, con i mezzi che le
sono propri — d’istruzione, di deplorazione, di riforma morale —
per dissociare la mentalità della
così detta "mafia” da quella religiosa e per confortare questa a
più coerente osservanza dei principi cristiani (...) ».
II cardinale Ruffini
risponde
Pochi giorni dopo, esattamente
rii agosto, il cardinale Ernesto
Ruffini rispondeva; «(...) Conoscevo già il Manifesto pubblicato
dal Pastore valdese: iniziativa
molto facile, che ha lasciato il
tempo di prima! Mi sorprende alquanto che si possa supporre che
la mentalità della così detta mafia sia associata a quella religiosa. E’ una supposizione calunniosa messa in giro, specialmente
fuori dell’Isola di Sicilia, dai socialcomunisti, i quali accusano
la Democrazia Cristiana di essere
appoggiata dalla mafia, mentre
difendono i propri interessi economici in concorrenza proprio
con organizzatori mafiosi o ritenuti tali (...)». La lettera prosegue su questo tono, affermando
ad un certo punto: « Ma, per carità, non si creda nemmeno per
sogno che la religione e la così
detta mafia siano consociate ».
E così, in questo modo si chiudeva, almeno per quanto se ne sa,
a livello ufficiale, il tentativo di
coinvolgere la chiesa cattolica siciliana in un’azione contro la mafia. La storia successiva è nota, e
l’ultimo atto si è svolto recentemente con l’assoluzione nel processo, detto Maxi-ter, della « cupola » della mafia.
« E’ impressionante constatare
come i giudici di Palermo con
queste assoluzioni — osserva il
pastore Pietro Valdo Panasela —
hanno dato ragione al cardintde
Ruffini che, allora, diceva che la
mafia era solo comune delinquenza ».
Uno dei vicoli
della parte
vecchia
di Palermo.
della vita e alla osservanza della
Legge di Dio che ordina di NON
UCCIDERE ».
« Si svolgeva in quei giorni ■—
spiega Panascia — la festa di santa Rosalia; la città era in festa,
processioni, luminarie, insomma
le cose consuete, come se nulla
fosse avvenuto. Quei morti erano dimenticati! E la chiesa cattolica benediceva tutto questo! Allora abbiamo pubblicato quel manifesto. Solo un paio di anni fa
ho saputo delle ricerche dello
Stabile nell’archivio di Ruffini.
Ma chi avrebbe immaginato che,
a 26 anni di distanza, ci potesse
essere una tale eco alla nostra
azione? ».
II Manifesto dei
valdesi di Palermo
Esiste tutto un carteggio tra
Panascia e Ruffini.
All’indomani della strage di
Ciaculli, il 1“ luglio ’63 (un’auto
imbottita di tritolo aveva provocato la morte di sette militari artificieri — e poche ore prima due
civili avevano trovato la morte
nell’esplosione di un’altra auto a
Villabate) la chiesa valdese di Palermo affiggeva per le strade un
manifesto che concludeva con un
appello « a quanti hanno la responsabilità della vita civile e religiosa del nostro popolo, onde
siano prese delle opportune iniziative per prevenire ogni forma
di delitto, adoperandosi, con ogni
mezzo, alla formazione di una più
elevata coscienza morale e cristiana, richiamando tutti ad un
più alto senso di sacro rispetto
«
Il « Palazzo delle Aquile », sede del municipio di Palermo. Con la
« Giunta Orlando » si cerca oggi di rompere le connivenze tra potere
e mafia.
.il peccato è la
vergogna dei popoli »
Non tutta la chiesa valdese di
Palermo aveva allora capito l’importanza, oserei dire, profetica
di quel gesto. Ma certo quella
parola, in un certo senso povera,
aveva agitato le acque e colto nel
segno.
L’anno dopo, il 9 aprile del ’64,
Panascia pubblicava una lettera
aperta al card. Ruffini: « Consenta, Eminenza, che nel clima di distensione ecumenica instaurato
di recente nella Chiesa da papa
Giovanni XXIII, un fratello separato si rivolga a Lei con un senso
di piena libertà e di fiducia e che
nell’amore di Cristo che ci unisce,
Le esprima, con il rispetto dovuto alla persona e alla dignità che
riveste nella Sua Chiesa, il proprio dissenso sul contenuto della
recente Pastorale indirizzata al
clero (...). A leggere la Lettera Pastorale sembra che in Sicilia tutto vada bene; che non c’è mafia,
perché Ella dice, la delinquenza
e la criminalità si riscontrano un
po’ in tutte le altre regioni d’Italia (...)». Una lettera coraggiosa
e lucida, nella quale vengono denunciati con chiarezza i problemi
di Palermo e della Sicilia. Panascia al cardinale ricorda: « Dice
la Sacra Scrittura: La giustizia
innalza una nazione, ma il peccato è la vergogna dei popoli
(Proverbi 14; 34)».
La Sicilia come
la Svizzera
Il cardinale è un po’ infastidito
della lettera che, nel frattempo, è
stata pubblicata su « L’Ora », e risponde; « Dal tenore del suo
scritto mi sembra dover rilevare
che Lei è persona onesta e amante della verità; mi lasci però
dire che ho ricevuto pure l’impressione che non abbia letto interamente la mia Pastorale ». Nel
corso della risposta si trova anche una perla come questa;
« ... un giornalista svizzero, protestante, e precisamente il Dr. Alfred Labhart (che è anche medico), facendomi visita qualche
giorno addietro tenne a dichiararmi che, in seguito a inchieste,
la delinquenza in Svizzera è risultata non inferiore a quella siciliana, prendendo — s’intende —
la delinquenza nel suo ampio significato ». E conclude: « ...riconosco per altro che — a differenza
dei cronisti de L’Ora, de L’Unità
e di Voce Repubblicana, i quali
hanno usato termini offensivi e
calunniosi — Vostra Signoria è
stata per lo meno gentile. Sono
sicuro che riconoscerà di avere
nella Sua Lettera esagerato e di
non essere stato esatto ».
Ma chi era il cardinal Ruffini?
« Fin dal ’56, da quando arrivai a
Palermo — dice Panascia — mi
venne detto che il cardinal Ruffini
era legato alla mafia. Gli regalavano terreni, lo agevolavano in
ogni maniera, possedeva mezza
Palermo; era insomma il cardinale della mafia. Naturalmente la
cosa non si può dimostrare. Ma
queste erano le voci che circolavano ». Si capisce dunque se il
cardinale, anche di fronte al papa, che gli scriveva per mezzo di
mons. Dell’Acqua, tendeva a minimizzare i fatti e a ridurre la
mafia a semplice delinquenza.
Certo, non è da credere, né da
concludere che allora tutto il clero fosse mafioso. I documenti venuti oggi alla ribalta hanno evidenziato il fatto che c’è stato in
quegli anni un collegamento
stretto tra la gerarchia cattolica
siciliana e la mafia; questo collegamento è rintracciabile anche in
tante altre realtà locali. Avere
avuto oggi, sia pure a distanza di
anni, il coraggio di sollevare uii
lembo della coperta è segno di
coraggio e, speriamo, indice di un
cambiamento.
Luciano Deodato
PROTESTANTESIMO IN TV
La trasmissione di domenica 16 aprile si apre con la
prossima assemblea ecumenica di Basilea su « Pace nella
giustizia ». Su questo avvenimento già molto è stato scritto. Vale però la pena di rilevare che una eventuale posizione unitaria rappresenterebbe una grossa novità sul
cammino ecumenico. I rappresentanti delle chiese saranno
in numero di 700 (con preponderanza cattolica, poiché
la Conferenza episcopale europea ne invia 350 come la
Conferenza delle chiese europee).
Si passa a parlare della Federazione luterana mondiale
(una sua commissione si è
riunita a Roma) su cui sen
to quei credenti che si augurano l’apocalisse in quanto
preludio al ritorno del Messia, mentre la catastrofe che
noi rischiamo (ecologica e nucleare) significa semplicemente la distruzione dell’umanità. E' senz’altro da condividere il suo giudizio negativo
sul disimpegno di credenti
che si limitano ad attendere
da Dio la soluzione di tutti
i problemi. Se infatti si addivenisse ad una comunione delle risorse, la terra potrebbe
accogliere e nutrire anche 10
miliardi di persone. Tuttavia
il doveroso impegno in questa direzione non contrasta, a
mio parere, con l'attesa di
quel regno d’amore e di giustizia di cui l’uomo — per
Attualità
tiamo interessanti notizie. Essa riunisce 105 chiese, corrispondenti a 57 milioni di credenti. Vi è una grande attenzione all’instaurazione di rapporti paritari dove essi sono
carenti (ad esempio negli ambiti uomo-donna, ricchi-poveri, bianchi-neri, ecc.) e si approfondisce il concetto della
« condivisione » non solo di risorse economiche, ma anche
di riflessione teologica e di
disponibilità e scambio di
missionari (da notare l’analogia con il modo di procedere della CEVAA, antesignana
in questo campo).
Veniamo infine ad un'intervista al teologo J. Moltmann.
Essa verte principalmente sulla posizione del credente di
fronte al problema ecologico.
Il concetto fondamentale da
ritenere è che non siamo « i
signori » della creazione, né la
Bibbia ci autorizza ad esserlo. Concretamente possiamo
dare il nostro contributo inserendoci nei movimenti in
difesa della natura, « pensando su scala globale e agendo
su scala locale». A questo
punto il teologo ha contesta
grazia di Dio — può dare solo segni anticipatori.
Per finire, le lettere dei telespettatori.
Nella prima si contesta alla rubrica di non fare evangelizzazione. G. Girardet ritiene che il mezzo televisivo possa solo « facilitare l’ingresso
al tempio » in quanto l'annuncio va fatto da persona a
persona. Inoltre nell’ambito
della RAI siamo tenuti essenzialmente ad informare sul
nostro mondo. Tuttavia mi
chiedo se non sarebbe possibile ogni tanto riproporre i
fondamenti della nostra fede.
Anche questa è informazione
(e insieme testimonianza). La
seconda lettera, di un sedicenne, chiede chiarimenti sui
cardini della Riforma protestante e la terza è di una diciottenne che, volendo entrare a far parte di una comunità evangelica, si trova di
fronte a difficoltà e timori.
Le considerazioni, esplicative
e di incoraggiamento, del pastore Girardet hanno chiuso
la densa trasmissione.
Mirella Argentieri Bein
4
4 fede e cultura
28 aprile 1989
I
ROMA - CONVEGNO ALLA FACOLTA’
TESTIMONIARE LA PAROLA
Ricordo di Vittorio Subilia Con quale spirito
Un laico ’ che forse si rivolse, nelle sue opere, ad un ambito più
vasto di quanto pensassimo - Una giornata di riflessione teologica
12 aprile 1988. Il nome di Subilia è inciso sulla lapide tombale
della famiglia Bebler-Neher, sotto i cipressi del Testaccio. Il Cimitero protestante di Roma sostituisce, da più di 150 anni, la
terra non consacrata dove per
secoli, presso il Muro Torto, erano tumulati eretici, atei confessi,
suicidi, bambini non battezzati,
non atti ad essere sepolti in terra consacrata.
Amministrato oggi dalle ambasciate germanica, svedese, statunitense, il Testaccio ospita i resti
mortali dei poeti Shelley (naufrago fra Portovenere e Viareggio) e John Keats, del figlio di
Goethe, le ceneri di alcuni inglesi, prussiani, ungheresi che avevano lasciato patria e famiglia
per raggiungere Giuseppe Garibaldi ed erano stati gravemente
feriti a Mentana. Altre famiglie,
con i loro discendenti, aderirono
alle comunità valdesi di via Quattro Novembre e piazza Cavour:
gli Ade-Rostan, i Trost-Cimino, i
Bebler-Baldoni. Nella tomba dei
suoi parenti russiortodossi vi sono le ceneri di Antonio Gramsci.
A suo tempo corse voce che Paimiro Togliatti avesse espresso il
desiderio di essere sepolto presso l’amico Gramsci ma, per vari
motivi, il suo cenotafìo fu eretto
al Verano.
Pensando a Subilia ripenso al
« laico » che egli volle essere, alieno verso cerimonie ufficiali, e lo
ripenso accanto a poeti laici come Shelley e Keats e a filosofi
laici come Gramsci.
Forse il suo « Solus Christus »
era diretto non solo ai fedeli
membri delle nostre comunità
protestanti, a ortodossi e cattolici, ma anche ai molti laici, non
di rado sognatori di una Riforma religiosa italiana non avvenuta, come anche un Gramsci la
sognò e la rimpianse.
Ad un anno esatto dalla sua
morte, la Facoltà valdese di teologia ci convoca nell’Aula magna
per una giornata in ricordo di
Subilia, docente di sistematica
dal 1951 al 1976, autore di pubblicazioni presso la Claudiana di
Torino, la Paideia di Brescia, l’Editrice di TUbingen. Nel numero
112-113 Gioventù Evangelica riportava un’accurata bibliografia
di tutte le sue opere. « Protestantesimo », la rivista da lui curata
fino alla fine, pubblicherà i resoconti della giornata.
I temi sono stati per il mattino « Le tensioni nel cristianesimo
primitivo » e per il pomeriggio
« Scrittura e tradizione ».
François Vouga, professore
presso le Università di Bielefeld,
Losanna e Montpellier, traccia il
percorso delle sorti del protocattolicesimo da Adolf von Harneck
a Rudolf Bultmann e Oscar
Cullmann. E’ un percorso che
tende ad arretrare il fenomeno
di un cristianesimo cattolicizzante verso i Sinottici anziché limitarlo alle Epistole pastorali e alle
Apocalissi. In quel fenomeno si
raggruppano le tendenze più
marcate di un sacramentalismo,
di un biblicismo imbrigliato nel
canone e di una realtà gerarchica, che prende autorità più impositiva che preoccupata di trasmettere l’Evangelo ai credenti
e ai non credenti.
In quel p>ercorso emergono le
ricerche connesse con le comunità primitive segnate da diversi
climi teologici e cultuali, con
l’ambiente formativo del quarto
Evangelo, con i rapporti con i
Padri apostolici e con la letteratura gnostica dei primi due secoli.
II prof. Bruno Corsani mette
in luce le antitesi delle comunità della Galazia nel conflitto fra
Pietro e Paolo sul problema dell’ammissione in chiesa dei giudeo-cristiani per via del prolimgamento del rito della circoncisione. Corsani esamina i termini di « legge », legge di Cristo,
Evangelo e domanda quale sia la
collocazione di « un altro Vangelo », dal quale i Galati si sarebbero lasciati attirare. E’ accettabile una equivalenza fra « altro
Vangelo » e tradizione?
Il prof. Paolo Ricca sottolinea
il carattere laico dei credenti del
Nuovo Testamento. Sono le comunità, che si muovono fra la libertà della Parola di Dio e le
forze livellatrici di una religiosità sacra.
Nel pomeriggio la parola è presa dal prof. F. Scinto, studioso
del Loisy e dell’Omodeo, professore di storia a Catania, che sta
preparando una storia della Riforma in Italia. Poi Gino Conte
traccia il pensiero di Subilia in
una terra di contrasti fra Evangelo e fondamentalismi. Riforma
e cattolicesimo, fra « Sola Scrittura » e tradizione, fra liberalismo ed ecumenismo.
Infine il professore e sacerdote
cattolico-romano Brunero Gherardini, dopo un’accurata esposizione critica del libro di Subi
Carlo Gay
LA SPEZIA
Scienza e fede:
Incontro o scontro?
Una ricerca interiJisciplinare - Pannenberg, la
teologia (Jel "processo” e il pensiero (di Barth
Mercoledì 12 aprile a La Spezia, nella Chiesa metodista, si
è svolta, per iniziativa del « collettivo culturale », una interessante conferenza-dibattito sul
tema: Conoscenza scientifica e
fede: incontro o scontro?, secondo la linea d’indagine condotta nel testo: « Conoscenza
scientifica e fede » (Ed. Claudiana, 1988).
Erano presenti le due autrici
del volume: Elena Bein Ricco,
docente di filosofia a Legnano, e
Giovanna Pons, ex docente di
fisica e attuale pastore valdese
a Zurigo.
Le due relatrici haimo svolto
una interessante relazione sul
loro lavoro che ha inteso portare avanti una ricerca interdisciplinare tra fisica, epistemologia
e teologia.
E’ stato messo in luce come
la meccanica quantistica e la
teoria della relatività di Einstein abbiano fatto crollare alcuni dei presupposti fondamentali sui quali si era basata la scienza fino agli inizi del ’900, provocando quella crisi delle certezze che emerge in tutto il pensiero filosofico del nostro secolo.
Per l’epistemologo K. Popper
« la nostra condizione... può essere definita... come quella di
un uomo nero che, in una stanza senza luce, cerca un cappello nero che potrebbe non esserci ».
Di fronte a questa inquietante realtà come si pone la teologia e l’esperienza di fede?
Le due autrici si sono riferite
nella loro indagine a due teologie contemporanee: quella di
Pannenberg, professore all’Università di Monaco, e quella del
«processo», particolarmente diffusa negli USA le quali, nell’ambito di una tradizione che ha la
sua matrice nel positivismo ottocentesco, offrono due esempi
di rapporto ottimistico tra fede e sapere scientifico.
Per contro la teologia di K.
Barth, con la sua impostazione
di tipo problematico e la proposizione di un Dio « totalmente
altro », è forse, secondo le autrici, più vicina allo spirito del nostro tempo.
La partecipazione interessata
del pubblico, piuttosto numeroso, e il vivace dibattito che ne
è seguito, hanno mostrato la
piena validità del tipo di ricerca condotta in questo testo e nel
contempo Ìa necessità di una
continua riflessione da parte
dell’uomo sui propri limiti e
sulla provvisorietà della sua esistenza.
evangelizzare?
Al (di là dell’istituto della mediazione - Pro
lia su Gesù nella più antica tradizione cristiana, del 1954, ci parla della sua amicizia pluridecennale con Fautcre: un’amicizia
fondata sul rispetto assoluto delle diversità confessionali. Le formule restano formule, ma il Cristo è al di là di tutte le formule
teologiche ed ecclesiastiche. Non
vi sono per lui dubbi sulla ecumenicità di Subilia: una ecumenicità puntigliosa, precisa, pensante, nella linea di Visser’t
Hooft, ma critica nei confronti
delle ideologie, sempre orientate
verso un annacquamento di ogni
autentica teologia.
Un’analisi conclusiva di Sergio
Rostagno riassume pensieri e
commenti della giornata...
Giornata di riflessione teologica, ma anche giornata di incontri
fra amici di Subilia e di « Protestantesimo»: i Soggin, i Garrone, i Ricca, i Vinay, Berta Subilia, Inda Baldoni, i Conte, Ponzano, gli Sbaffi, G. Scuderi e
Briante e tanti altri, che hanno
ricevuto dall’amico un « messaggio » che non era soltanto scritto, ma un « kerigma » che, vissuto nella « tradizione » avvertita
criticamente, li ha portati alla
fede nel solo Cristo vivente. Signore di una congregazione vivente, peregrina verso il Regno
di Dio.
porre agli altri il progetto che viene da Dio
Elisabetta Senesi Russo
La commissione evangelizzazione delle chiese valdesi e metodiste ha posto la necessità di
un riorientamento delle chiese
per l’evangelizzazione, la necessità di una vera e propria educazione delle chiese in vista dell’evangelizzazione. Tentiamo un
contributo in questo senso.
Lutero ha scommesso sulla laicità. Ha promosso lo svuotamento dei conventi. Dire ai preti:
sposatevi perché il celibato o la
castità non valgono più del matrimonio; dire al ciabattino: tu
stai servendo Dio esattamente come il prete che sta dicendo messa sull’altare, ecco, questi sono
stati passi importanti nella crescita di una coscienza cristiana
libera. Il luogo della vocazione
cristiana non è il convento, non
è il luogo sacro amministrato
dai sacerdoti, ma la storia, le
vicende della vita di ogni giorno.
La tentazione di ogni religione è di concepirsi come un istituto di mediazione fra la divinità ed il mondo, fra il sacro ed
il profano. Il Nuovo Testamento nel suo insieme, e soprattutto l’Epistola agli ebrei con argomentazioni particolarmente forti, ci dice che questo istituto della mediazione è finito, è stato
superato, è stato reso inutile da
Gesù Cristo, « il quale non ha
ogni giorno bisogno, come gli altri sommi sacerdoti, di offrire
dei sacrifici prima per i propri
peccati e poi per quelli del popolo; perché questo egli ha fatto una volta per sempre quando ha oiTerto se stesso » (Ebrei
7: 26-27). La mediazione è finita,
la categoria del sacro e del profano è superata.
La chiesa è l’assemblea dei credenti che vivono, tutti, delTunica mediazione di Cristo, e che
hanno solo bisogno di ascoltare
la Parola di Dio con lo scopo
di renderne testimonianza al
mondo. La mediazione è sempre
un pericolo ed una tentazione.
Nel cattolicesimo romano è un
pilastro della concezione della
chiesa e della fede. Uno dei caratteri del protestantesimo è il
sacerdozio universale. Essere tutti sacerdoti vuol dire solo essere tutti testimoni e non mediatori della Parola. Ciò cambia profondamente il nostro atteggiamento nei confronti del mondo,
dei nostri interlocutori.
La chiesa come istituto di mediazione intende l’evangelizzazione come cristianizzazione del
mondo, come un dare un’anima
cristiana. Evangelizzare il mondo vuol dire cercare di portarlo
con ogni mezzo (predicazione,
encicliche, assistenza, scuola,
ecc.) ad accogliere certi valori
cristiani, una certa dottrina sociale, una certa etica. La chiesa
si pone su un piano da cui può
giudicare, vantare dei diritti,
squalificare, scomunicare, consacrare sistemi sociali e politici,
ma non si può mettere in discus
sione perché sarebbe come mettere in discussione la stessa Parola di Dio. Questa visione produce inevitabilmente esasperazio
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ni integraliste ed intolleranti.
Tutti sacerdoti, tutti testimoni
dell’Evangelo: è un’altra cosa.
Genera un diverso atteggiamento culturale e teologico verso il
mondo.
Noi non possediamo valori eterni da portare o imporre. Non
possediamo la soluzione di tutti
i problemi. Non possediamo la
verità. Viviamo le stesse incertezze e la stessa complessità di
vita di tutti. Non siamo al
riparo. Nelle nostre crisi, nei nostri problemi, nella nostra ricerca ci lasciamo interpellare dall’Evangelo, scegliamo Dio come
nostro interlocutore. Non il Dio
irretito dalle pastoie di un ingranaggio ecclesiastico, ma il Dio
di Gesù Cristo, il Dio vivo che
ci incontra e ci interpella ogni
giorno personalmente nella fede.
Ed allora evangelizzare vuol
dire annunciare l’Evangelo, vuol
dire proporre agli altri il progetto di Dio a favore di tutti gli
uomini. Una buona notizia per
tutti. Proponiamo questo progetto e lo confrontiamo con tutti
i progetti umani nel rispetto e
nella libertà, prendendo molto
sul serio la dignità e la serietà
di questi progetti.
Ma è certamente molto importante essere sempre consapevoli
che siamo i portatori, i testimoni di un progetto non nostro,
ma di Dio. Mentre prendiamo
sul serio tutte le proposte umane che si propongono una vita
migliore per tutti, siamo consapevoli che il progetto di Dio non
è sullo stesso piano di quello di
un partito, di un sindacato, di
una associazione. E’ un progetto
che viene da Dio, per cui non è
alle nostre attualizzazioni e letture storiche, o teologiche, o dogmatiche che noi cerchiamo di
far aderire o vincolare i nostri
interlocutori. E' il progetto di
Dio che chiede conversione e vita nuova, che giudica e salva.
Ci rendiamo conto di essere
un proponente umano che riveste l’Evangelo della propria umanità. Annunciamo il progetto di
Dio con certezza di fede, ma con
la consapevolezza che, anche se
lo annunciamo al meglio delle
nostre possibilità, lo facciamo comunque in un modo discutibile.
Ma lo facciamo con fiducia e .speranza perché sappiamo che come Dio, per amore, è diventato
in Gesù Cristo lui stesso contraddizione e precarietà come tutti
gli uomini, così oggi, per amore, Dio è pronto a rischiare nella nostra predicazione e nella
nostra evangelizzazione. Gioia,
speranza e responsabilità della
nostra vocazione!
L’evangelizzazione non può essere fatta né con arroganza né
con complessi di inferiorità né
di superiorità. Caro interlocutore, c’è qualcuno da cui non si
può prescindere e te lo annuncio. Non posso fare altrimenti.
Te lo annuncio con tutti i miei
limiti, così come Tho capito, ma
con tanta fiducia e speranza in
colui che questo compito mi ha
affidato.
Noi dunque, non siamo né
possiamo considerarci depositari
o mediatori della verità e della
salvezza Siamo i testimoni della
Parola di Dio. Né siamo coloro
che si sentono in dovere di tutelare gli interessi di Dio. Chi
pensa questo sotto sotto difende i propri interessi. Siamo i
testimoni discutibili di un progetto non nostro, ma di Dio e
per tutti. E allora lo annunciamo a tutti nel rispetto e nella
libertà, senza arroganza, ma anche senza timidezze. Con grande
speranza e con grande fiducia
nell’amore di Dio. Questo sì.
Valdo Benecchi
5
fede e cultura 5
28 aprile 1989
ESPERIENZA
LA CONDIZIONE DEGLI ANZIANI
io, madre di un drogato
Una ferrea volontà di smettere, elemento indispensabile per uscire
dalia tragedia - La pesante difficoltà di condurre una lotta da soli
Eutanasia
da abbandono
L’incontro, preparato da lungo
tempo, avviene in un piccolo alloggio di provincia. Con me c’è
un medico e la signora A. di media età il cui figlio S., per im
certo tempo, si è drogato con
eroina.
Come è iniziato questo cammino? «Tutto è cominciato all’università, quasi per gioco S.
non ha mai avuto problemi a
scuola, nei primi esami prendeva 30; poi è entrato in un giro
di studenti che si drogavano. E
lui non ha saputo dire di no.
In casa — dice la signora A. —
S. si chiudeva nella sua stanza
e si drogava. Piano piano ha venduto tutto quello che aveva, io
stessa gli ho dato dei soldi perché si procurasse la droga e cessasse di soffrire. Anche dei suoi
amici gli hanno prestato dei soldi. Due spacciatori lo cercavano
con regolarità, non lo mollavano mai. Sono anche arrivata al
punto in cui ho pensato di uccidere mio figlio per arrestare
questa sua autodistruzione. Era
completamente trasformato, una
belva assetata del "buco". E quando lui e noi abbiamo toccato il
fondo, ho deciso di giocare la
mia ultima carta. Per alcuni
giorni ho finto di andarmene, di
ritornare per sempre al mio paese. Gli ho scritto una lettera ed
ho fatto cambiare la serratura.
PROTESTANTESIMO
IN TV
domenica 30 aprile
RAI 2, ore 23^0 circa
(replica lunedi 8/5, ore 10,30)
NICO SMITH: IL
CORAGGIO DI SCEGLIERE
Questo numero presenta la
storia di un sudafricano bianco, pastore di una comunità
nera. In chiusura seguono notizie dal mondo evangelico.
Ho chiuso il rapporto, ma in
realtà, da una casa vicina, seguivo le mosse di mio figlio. S.
ha così realizzato che il nostro
legame, e quello con sua sorella e con la sua donna — tutte
e tre eravamo d’accordo nella
nostra strategia — si stava spezzando per sempre.
S. è andato in crisi profonda.
E nel pieno di questa crisi siamo tornate per tendergli una
mano. Lui sapeva che era la sua
ultima ’’chance” e l’ha colta.
Questo ha permesso che S. si
facesse ricoverare in ospedale e
più tardi, stando con lui ventiquattro ore su ventiquattro, si
è tirato fuori progressivamente
dalla dipendenza dall’eroina. Noi
l’abbiamo aiutato, ma la decisione l’ha dovuta prendere lui.
E’ un fatto di cervello. Abbiamo così passato degli anni terribili. Uno degli aspetti più im
pressionanti di tutta questa storia è stato l’atteggiamento di S.
che aveva finito col sviluppare
una violenza inaudita, soprattutto verbale. La sua intelligenza
era tutta protesa sul come mettere insieme le cinquanta o le
centomila lire per acquistare la
’’dose" e "farsi". Fisicamente era
diventato uno straccio, a un certo punto ero convinta che ci avrebbe lasciato la pelle. Ma fino
all’ultimo ho creduto che ce
l’avrebbe fatta ad uscire dall’inferno in cui era scivolato ed in
cui aveva trascinato anche noi.
Come evangelica mi sono accorta che la nostra chiesa non
aveva strumenti per intervenire.
Il pastore mi ha ascoltata più
di una volta, mi ha dato buoni
consigli, senza né giudicare né
pronunciare sentenze. E’ stato
comunque desolante constatare
il fatto che nel nostro mondo
evangelico non ci sono strutture di recupero. O almeno io non
ne sono stata messa a conoscenza. Abbiamo molte case per anziani, ma per i tossicodipendenti non siamo riusciti a mettere
in pnedi neppure una struttura
minima. Questa constatazione ha
reso ancor più dura la mia solitudine durante la lotta con mio
figlio ».
Oggi S. lavora con serenità,
tenta di concludere i suoi studi,
ha ripreso una vita normale. Sua
madre ha vinto la battaglia della sua vita; la sorella di S., più
giovane di alcuni anni, che ha
vissuto per anni questa situazione al limite del crollo fisico e
psichico, cerca oggi — accanto al
suo lavoro d’insegnante — di aiutare altri ragazzi tossicodipendenti e alcolisti. S., brillante studente, compagnone allegro, politicamente impegnato e sensibile alle tematiche della nostra chiesa,
è uscito dalla droga grazie alla
propria intelligenza.
« Non solo — precisa il medico che assiste a questa intervista —; penso che il fattore determinante di riuscita sia stato
l’amore di questa donna che non
ha respinto suo figlio e che con
lui è stata presente sino in fondo ».
La signora A. sorride. « Sono
una donna semplice, ma nella
mia Semplicità non ho accettato
che la droga uccidesse mio figlio.
Ho pregato Dio con tutte le mie
forze e nello stesso tempo ho
accettato il fatto di avere un
figlio drogato. Questo è stato il
passo più difficile da compiere,
ma se non lo avessi compiuto
non avrei potuto aiutarlo. Ho
cominciato ad agire con lucidità
solo quando ho visto la situazione in tutta la sua realtà ed
ho posto S. di fronte ad una
scelta: o la droga o noi, il mondo familiare, l’amore, la vita contro la morte. E mi sembra che
il Signore ci abbia aiutato ».
Forse l’amore è stato più forte dell’intelligenza. La fede è stata uno strumento per lottare
contro logiche di morte e di autodistruzione che stanno mietendo centinaia di giovani vite. Per
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S. la vita ha ritrovato un senso. E’ stato un nascere di nuovo. Ma per uno che ce l’ha fatta
quanti non riescono ad uscirne?
La tragedia non è solo quella
di chi si buca, ma anche quella
di chi vive accanto amando disperatamente una persona che
vede scivolare via nel baratro
senza potere fare nulla. Ma qualcosa si può fare, come la testimonianza autentica di questa madre, ormai con i capelli bianchi,
dimostra.
Giuseppe Platone
FERRARA
Müntzer,
predicatore
rivoluzionario
Il quinto centenario della nascita del « predicatore rivoluzionario », ispiratore della rivolta dei
contadini nel periodo della Riforma di Lutero, verrà solennemente
ricordato nei giorni venerdì 5 e
sabato 6 maggio presso la Facoltà di magistero della locale Università, con un nutrito programma di lezioni tenute da storici,
filosofi e teologi provenienti da
cinque università italiane e da
quelle di Berna, Zurigo ed Amburgo.
Dopo il saluto delle autorità
cittadine e la prolusione del prof.
Franco Cazzola, del Dipartimento di storia deirUniversità di
Bologna, il prof. Mario Miegge,
dell’Istituto di filosofia, introdurrà i lavori. Fra gli altri contributi, vi saranno quelli dei professori Giorgio Spini di Firenze
ed Emidio Campi di Zurigo e
rintervento del presidente della
FCEI pastore Giorgio Bouchard.
Nell’ambito della manifestazione resterà inoltre aperta dal 15
aprile al 14 maggio una mostra
ài pittura di Joxe de Micheli dedicata a « Vita e morte di Thomas Mfintzer ».
In questi ultimissimi anni si è
parlato molto del problema degli anziani malati cronici non
autosufflcienti, spesso non curati dal sistema sanitario nazionale o scaricati di peso sulle famiglie — costrette così ad assicurare prestazioni pesanti 24 ore
su 24, senza alcun aiuto dai servizi — oppure costretti alla non
facile ed onerosa ricerca di un
cronicario, dove non è possibile
però garantire quelle cure sanitarie che sarebbero necessarie e
doverose.
E’ di soli due anni fa la pubblicazione del volume di Francesco
Santanera e Maria Grazia Breda
« Vecchi da morire » (Rosenberg
e Sellier, Torino), un libro bianco di aperta denuncia della situazione esistente che viola i
diritti fondamentali della persona umana. Le testimonianze ivi
raccolte hanno suscitato scalpore e sollecitato risposte diverse,
maggiormente rispettose dei bisogni dei più deboli, gli anziani
malati in questo caso. Ed è significativo che, poco dopo, dallo
stesso editore, sia stato pubblicato il volume di Fabrizio Fabris e Luigi Pemigotti « Ospedalizzazione a domicilio. Come e
perché curare a casa malati acuti e cronici », che documenta
l'importante esperienza realizzata presso l’ospedale Molinette di Torino.
Ora, nella medesima collana
che ha ospitato le prime due
opere (i « Quaderni di promozione sociale»), è appena uscito
un nuovo volume: « Eutanasia
da abbandono. Anziani cronici
non autosufflcienti: nuovi orientamenti cuiturali e operativi ».
Il libro rappresenta — per Tautorevolezza dei suoi autori e per
l’importanza dei contenuti —
un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati nella promozione dei diritti degli anziani malati e nella
promozione di adeguati interventi sanitari, sociali, assistenziali.
Un libro di « svolta », si potrebbe dire. E a ragione. Riportando gli atti di un significativo
convegno nazionale tenutosi a
Milano nel corso del 1988, il volume delinea i nuovi orientamenti culturali, medico-sociali, giuridici ed operativi rispetto a
questo dielicato tema. E lo fa
avvalendosi di contributi di altissimo profilo.
In riferimento ai nuovi orientamenti operativi, segnaliamo le
relazioni di Luigi Pemigotti e
Rita La Cava sugli aspetti psicologici del servizio di ospedalizzazione a domicilio, di Enrico
Pascal su una esperienza di alternativa al manicomio e di Silvia Marangoni sul volontariato
domiciliare che si rivolge agli
anziani malati ed ai loro familiari. Completa il volume una
post-fazione di Giacomo Perico,
con puntuali rilievi giuridico-legislativi e significative note etico-sociali.
AA. W., Eutanasia da abbandono. Anziani cronici non autosufficienti; nuovi
orientamenti culturaii e operativi, Torino, Rosenberg & Sellier, 1988, pp.
420, L. 24.000.
NORD E SUD DEL MONDO
Aiuto!
Arrivano gli aiuti
Una generosità che si rivela mezzo ó\ promozione - Invertire questa tenidenza al più presto
Un numero sempre più elevato di paesi dell’Africa, dell’Asia
e dell’America latina sta perdendo progressivamente la propria
autosufficienza alimentare.
Le cause « vanno individuate
nelle politiche agricole e nel sistema agroindustriale dei paesi
ricchi. USA, CEE, Giappone e
Canada usano gli aiuti alimentari non come strumento per intervenire in situazioni limitate
e puntuali di emergenza, ma come meccanismo efficace di promozione delle esportazioni e di
collocazione delle proprie eccedenze agricole sul mercato internazionale ».
Con queste affermazioni un
gruppo di 14 ONG (organizzazioni non governative) italiane (tra
cui Aera, Cisv, Evia, Mani Tese,
Miai e Terra Nuova) stigmatizza
l’ipocrita realtà degli «aiuti » alimentari al Terzo Mondo. E promuove contemporaneamente una
campagna per la riforma degli
aiuti alimentari italiani. « Gli
aiuti alimentari — si legge nella carta costitutiva della campagna — anziché risolvere il problema della fame, lo hanno aggravato ».
Nel dossier di documentazione
della campagna gli aiuti alimentari vengono analizzati attentamente e la conclusione è pungente: « Di fronte alia necessità
di agire con politiche di riforma agraria e incentivi che diano priorità all’obiettivo dell’au
tosufficienza alimentare, si risponde invece con gli aiuti alimentari che non sono che una
goccia nel mare e molto spesso
una "goccia di veleno’’».
Ma perché gli aiuti alimentari sono tanto dannosi? « Gli aiuti alimentari — risponde Massimo Tirone, agronomo torinese,
coordinatore della campagna —
vanno solo in minima parte (10%
circa) a chi soffre la fame, mentre vengono distribuiti in prevalenza nelle città e tra le classi
medie. Hanno l’effetto di ridurre l’impegno dei paesi in via di
sviluppo per la produzione alimentare e il potenziamento dell’agricoltura. Fanno inoltre una
concorrenza sleale alla produzione locale, che ne risulta depressa. Favoriscono infine corruzione e traffici illeciti ».
Le ONG promotrici della campagna fanno una proposta: ridurre progressivamente la quota percentuale di aiuto alimentare italiano rispetto al totale
dell’aiuto pubblico allo sviluppo
(oggi di poco inferiore al 15%)_,
fino a limitare l’invio di aiuti ai
soli casi di emergenza. « E’ un
obiettivo a lungo termine — nota Tirone — ma già ora un primo passo può essere compiuto.
Noi proponiamo di riconvertire
entro il 1989 il 10% degli attuali
aiuti alimentari, destinando l’equivalente somma di denaro a
programmi orientati al l’autosufficienza alimentare dei paesi in
via di sviluppo ».
6
obiettivo aperto
Gli ultimi dieci anni sono
stati complessivamente un
periodo molto duro per ì
lavoratori industriali, segnato da brucianti sconfitte e pesanti perdite di potere sul luogo
di lavoro; contemporaneamente
è venuto via via precisandosi un
processo di ristrutturazione e
riorganizzazione di tutto il settore industriale del quale solo
con notevole ritardo abbiamo
cominciato a cogliere i caratteri e le conseguenze.
Tuttavia, neH’ultimo scorcio
del decennio sono cominciati ad
emergere alcuni segnali che, se
non rappresentano ancora una
completa inversione di tendenza,
possono essere prime interessanti indicazioni della possibilità di
aprire un diverso terreno. Vorrei citare fra questi:
— Il declino delTillusione del
postindustriale e del terziario avanzato.
— Il declino delle idee di
« determinismo tecnologico ».
— La caduta delle idee della
Il declino dell’illusione
postindustriaie
Si era parlato molto, negli
scorsi anni, deU'affermarsi,
al posto di una società basata prevalentemente sulla
produzione industriale, di una
società « postindustriale », nella
quale le attività prevalenti sarebbero i servizi e il cosiddetto
« terziario avanzato ». In tale società ciò che conta sarebbe la
comunicazione dell’informazione
piuttosto che la produzione di
merci. Di conseguenza, non solo
vi sarebbe un declino quantitativo degli occupati neH’industria
rispetto a quelli nei settori attinenti Tinformazione (circolavano statistiche e proiezioni di tendenza a questo riguardo, alcune
delle quali davano come già avvenuto il « sorpasso » negli USA)
ma soprattutto non avrebbe più
senso interpretare la società a
partire dal lavoro industriale.
Alcuni, sommando queste tendenze a quelle di una maggiore
frammentazione e separazione
degli interessi individuali, giungevano a parlare della scomparsa di una qualsiasi solidarietà
di classe e quindi della classe
operaia come tale. Ma anche chi
non arrivava a dire che gli operai ed il sindacato scompariranno, sosteneva magari che essi
non potevano più essere al centro dei conflitti sociali e quindi
fra i principali attori storici. Ciò
equivaleva a dire che le questioni dell'organizzazione del lavoro
erano, in fondo, scarsamente significative nella fase attuale e
che momenti di aggregazione per
l’azione sindacale sarebbero possibili solo per le fasce più basse di qualificazione e con riferimento alle questioni salariali, di
redistribuzione quantitativa.
Ma ultimamente questo scenario è apparso assai modificato
nei suoi caratteri di fondo. Analizzando più in dettaglio le sta
tistiche che mostrano il rapido
aumento degli « addetti alTinformazione » si osserva che un rilevante numero di essi svolge
in realtà attività di servizio alla
produzione industriale. Più in generale, il gonfiamento del settore terziario non sempre è segno
di dislocamento degli addetti verso le attività avanzate e spesso
è costituito invece da espulsi
daH'industria che vanno ad ingrossare le file dei servizi a scarsa qualificazione (piccolo commercio, servizi piersonali privati
o presso gli esercizi, attività di
sorveglianza e marginali, ecc...).
Tutto questo non smentisce
certo le trasformazioni profonde che stanno avvenendo nel lavoro, come modo di lavorare,
come oggetto del lavoro (che
sempre più spesso è rappresentato da « persone » o « simboli »
anziché da « cose »), come atteggiamento delle persone verso il
lavoro (che non è più, molto
spesso, l’unico centro intorno a
cui si articola tutta la struttura
della vita). Né smentisce — anche se ne ridimensiona il significato — la progressiva diminuzione, in assoluto e in p>ercentuale, degli addetti aH’industria. E’
quindi in corso — è vero — un
radicale mutamento sociale e
produttivo, per molti aspetti una vera e propria rivoluzione.
Ma il lavoro (sia pure caduta
ormai in gran parte la distinzione marxiana fra lavoro produttivo e improduttivo) e la produzione restano tuttora determinanti privilegiati, anche se non
più esaustivi, per l’insieme della
società (1). Il riaccendersi continuo di conflitti e problemi intorno al modo di organiz.z.are e
retribuire il lavoro, lo stesso fatto — pur portatore, nelle conclusioni raggiunte, anche di a
Vecchio e nuovo neUoi
Gli anni ’80 sono stati caratterizzati daH’idea che fosse possibile automatitcompl
ne - Ai lavoratori oggi si richiede un maggior livello di cooperazione attivsfil sindi
spetti negativi per il sindacato
— che in Italia lo scenario del
lavoro metalmeccanico nell’ultimo anno sia stato dominato da
grandi vertenze come Zanussi,
Fiat e Olivetti ne sono testimonianza eloquente. L’attenzione
maggiore alle forme di lavoro
progettuale e intellettuale, se giu
stamente impresa, può arricchire e non smentire questo quadro. E’ in questo senso che l’osservatorio della Fiom sulle tecnologie avanzate, « Controll », ha
partecipato ad una ricerca in
questo campo che è stata recentemente pubblicata e che è ricca di indicazioni importanti (2).
fabbrica senza uomini e dell’impresa senza sindacato.
— La precisazione del concetto di « automazione flessibile
ed integrata » nelle varie situazioni e delle sue esigenze.
— L’avvio di una linea sindacale che rivendica la « codeterminazione » nella definizione
delle innovazioni tecnologiche e
organizzative e tende a ricostruire una capacità di intervento
progettuale sull’organizzazione
del lavoro.
Intendiamoci, si tratta di segnali ancora assai incerti nei loro contenuti e sbocchi, e spesso
carichi di pesanti ambiguità. Ad
essi poi si contrappone l’intensificarsi di pratiche autoritarie e
discriminatorie da parte del grande padronato sui luoghi di lavoro (in testa, naturalmente, la
Fiat), che ha talvolta la coloritura di un ritorno a trent’anni addietro. Ma qualcosa, tuttavia, si
è rimesso in movimento. Vediamo, comunque, le caratteristiche
che questi segnali hanno assunto.
Il declino del
determinismo
tecnologico
LJ idea che il livello di sviluppo tecnologico condizioni abbastanza rigidamente non solo il modo
con cui sono realizzate le sue
implementazioni specifiche (macchine e sistemi per le varie esigenze) ma anche l’organizzazione del lavoro umano che direttamente o indirettamente è ad
esse collegato è stata più volte
criticata ed ormai non viene più,
come tale, accettata dagli studiosi. Tuttavia dalla teoria di
Taylor della one best way, l'esistenza di un unico miglior modo possibile per eseguire un lavoro in condizioni date, in poi,
essa viene continuamente riproposta in forme più o meno coperte o attenuate nella pratica
dell’ambiente industriale.
La sua ultima reincarnazione
si ha proprio in corrispondenza
della diffusione dell’attuale fase
di innovazione nei processi industriali, legata a forme di automazione « flessibili » (cioè in
grado di accettare adeguamenti
rapidi e relativamente poco costosi alle dilTerenti situazioni del
mercato e delle condizioni di
produzione) supportate da sisterni microelettronici ed informatici. La nota ricerca della Fondazione Agnelli « Come cambia la
fabbrica », pubblicata nel 1986
(3), sebbene dichiari, fin dalla
prefazione, errata « l’impressione
di un certo determinismo tecnologico e organizzativo » che potrebbe risultare dalla lettura della prima parte del rapporto generale, parla poi di « nuove organizzazioni del lavoro che sono
si opzionali, ma che appaiono
essere vincenti in termini di produttività ed efficienza ». Se non
è zuppa è pan bagnato!
Il modello interpretativo dei
risultati della ricerca indica quattro componenti « strettamente
connesse ed interdipendenti fra
di loro in una logica sistemica globale »: il sistema tecnologico, il sistema informativo, il
sistema logistico e il sistema organizzativo. Ma, forse non a caso, nella rappresentazione schematica i rapporti fra le quattro
componenti non appaiono esattamente simmetrici: il sistema organizzativo appare più che altro
determinato dagli altri e retroagente su di essi. « Le trasformazioni radicali del lavoro nel
tempo — dice il rapporto — si
sono avute e si stanno avendo
essenzialmente come consequenza dei tre sistemi indicati » (il
corsivo è mio).
Gli stessi tentativi di riformare la tradizionale organizzazione
del lavoro tayloristica hanno conseguito, osserva la ricerca, risultati piuttosto deludenti. Fra le
cause, si dice, c’è il fatto che
« la modifica dell’OdL è stata
spesso perseguita in una logica
che ha considerato in modo disgiunto le esigenze di recupero
dell’individuo rispetto al proprio
lavoro dalle esigenze di competitività aziendale, spesso a scapito di quest’ultima... Inoltre talvolta la ricerca del ’’nuovo mo
do di lavorare” ha preteso di
forzare le losche e le esigenze
della tecnologia, come è accaduto, ad esempio, con il tentativo
di sostituire la linea di montaggio
con la lavorazione ad isole... ».
(Curioso infortunio, direi io: oggi la tradizionale linea di montaggio fordista, così pateticamente difesa dai relatori, sta ufficialmente tramontando in tutti gli
stabilimenti Fiati).
Secondo il rapporto « una significativa opportunità di cambiamento del lavoro operaio è
rappresentata dai progressi dell’automazione e deirinformatica
di produzione ». Il tornare a situazioni di responsabilizzazione
avverrebbe dunque « attraverso
un lungo percorso storico e come conseguenza di opportunità e
vincoli della tecnologia ». Purché,
naturalmente, ci si adegui ad essa, rinunciando a forzarne le esigenze per proporre soluzioni
disgiunte dalla competitività aziendale!
Più sbrigativamente, il materiale illustrativo previsto per i
corsi ISVOR-Fiat si limita a parlare di « effetti tecnologici sulla
OdL non esplosivi, ma profon
di » prodotti dall’automazione e
dalla robotica e trascura del tutto i pur timidi accenni dialettici
presenti nella ricerca della Fondazione Agnelli.
Di esempi di ritorno, in una
forma o nell’altra, dell’idea del
determinismo tecnologico se ne
potrebbero portare parecchi altri. In tutti appare abbastanza
chiaro il fine di dimostrare come ogni sforzo ed ogni lotta per
cambiare il modo di lavorare e
l’organizzazione del lavoro siano
inutili, perché un reale cambiamento può derivare solo « dai
progressi dell’automazione e dell’informatica di produzione » o
dannosi, perché ricerche- ed esperienze in questo senso possono andare a scapito della sacra
efficienza aziendale.
Ma_ anche questo mito ha cominciato a ricevere neH’ultirno
periodo alcuni colpi che vanno
al di là dell’omaggio rituale al
non determinismo. Non solo gli
studi eseguiti in varie istituzioni « insospettabili » dal Massachussetts Institute of Technology, all’Arbeitlivscentrum (centro
per il miglioramento della vita
di lavoro) di Stoccolma, a istituti promossi dalla CEE dedicano sempre maggiori ricerche a
progetti di soluzioni tecnologiche
ed organizzazioni del lavoro che
preservino e sviluppino la partecipazione attiva, l’intelligenza
creativa, la professionalità ed il
benessere delle donne e degli uomini che lavorano; ma molte esperienze cominciano ad indicare che le organizzazioni di tipo
autoritario, con le scelte sull’innovazione tecnologica e l'organizzazione del lavoro attorno ad
essa concentrate in poche ì>ersone dell'alta direzione, spesso
non sono nemmeno vincenti sul
piano della produttività ed efficienza, anzi...!
La caduta delle idee della
fabbrica senza uomini e
deil’impresa senza sindacato
J idea che con l’estensione
dell’automazione i lavora
tori sarebbero scomparsi
dalla fabbrica, fino a trasformare quest’ultima in un complesso di robot e macchine autosufficienti, la unmanned factory, è anch’essa un mito ricorrente, che ha ricevuto nuova
spinta dalla introduzione di complessi sistemi flessibili e dai progressi della robotica nell’attuale fase di automazione. Ma, sia
che questa prospettiva sia vista
come una minaccia, come la promessa di una società dell’ozio o
piuttosto (secondo il sogno di
molte direzioni aziendali) come
possibilità di fare a meno di una
presenza inaffidabile e che conserva comunque un margine di
conoscenze e quindi di potere, si
tratta di una prospettiva irrealizzabile. Non solo la fabbrica continuerà ad aver bisogno di donne
e/o di uomini (per quanto sicuramente in numero minore e magari con compiti profondamente
diversi), ma ad essi sarà richiesto un maggior livello di cooperazione attiva. Nemmeno gli attuali sistemi di automazione
spinta, con larga integrazione,
complessi sistemi di circolazione ed elaborazione delle informazioni ed elaborati strumenti
di monitoraggio e controllo riescono a fare a meno di questi elevati livelli di collaborazione (anzi, spes.so li richiedono in misura ancora maggiore). Tale neces
sità appare come intrinseca al
processo automatico integrato,
non solo per le imperfezioni pratiche della sua realizzazione, ma
anche per una serie di ragioni di
carattere strettamente tecnico, oltre a quelle umane e sociali.
Il significato di questa situazione non sembra ancora compreso
da molti padroni (Fiat in testa),
che continuano a pensare di poter ottenere il contributo necessario da parte delle persone con
una miscela più o meno accuratamente dosata di organizzazione
autoritaria, intimidazioni grossolane e concessioni a livello individuale. E’ però probabile che la
provvisoria riuscita di questa
combinazione (che dà luogo ad
una condizione potenzialmente
instabile per lo stesso processo
tecnologico) non durerà a lungo
e che lo stesso processo produttivo entrerà in crisi forse ancor
prima della disponibilità delle
persone ad accettarla.
Questo dato nuovo si riflette
anche nell’accresciuta coscienza
da parte degli stessi padroni
(compresi molti di quelli che non
si sono resi conto dello stato di
cose che ho cercato di indicare
qui sopra) che non è possibile
gestire le relazioni industriali senza passare attraverso un sindacato. Si badi bene: continua la
forte pressione affinché il sindacato funzioni da garante istitu;
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obiettivo aperto
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iutomati|connpletamente il lavoro produttivo - Questo si sta rivelando un’illusione attivati! sindacato è necessario sperimentare nuove forme di relazioni industriali
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lavoratori o come intermediario
per accordi conclusi in sedi centralizzate. Molte aziende si impegnano a fondo con tutti i mezzi leciti ed anche illeciti per evitare che il sindacato sia espressione diretta di uomini e donne
sul luogo di lavoro. Questa situazione non è affatto migliorata —
per certi aspetti tende anzi a peggiorare —, e tuttavia l’idea di poter gestire le aziende tagliando
fuori ogni sindacato, attraverso
un rapporto diretto coi singoli,
perde chiaramente terreno. L’ultimo « accordo » nel gruppo Fiat
è stato un esempio da manuale:
l'azienda ha firmato con due sole
organizzazioni più come mossa
tattica che per puntare ad un
accordo separato ed ha fatto capire chiaramente che avrebbe
gradito anche la firma della
Fiom.
La precisazione del concetto
di automazione «flessibile»
Il termine di flessibilità ha attualmente molta fortuna ed
è pressocché invariabilmente
accoppiato a quello di automazione; tuttavia esso copre una
quantità di aspetti e concetti diversi ed a volte contraddittori.
Val forse la pena di ricordare che
una ventina di anni fa (ed il periodo non è certo casuale) si parlava di « transfer a ritmo
flessibile » per indicare linee di
produzione che, come si esprimeva la pubblicità di un costruttore americano di macchine, permettano aH’uomo di « non essere
condizionato dal ritmo di una
macchina». Naturalmente, la produzione è sempre in cima all'attenzione e « se l’uomo ha bisogno di una sosta, la produzione
non si ferma... dopo la sosta, basta che lavori un po’ più svelto
per ricuperare ».
Un po’ in tutte le economie capitalistiche avanzate, specie nel
decennio 1965-75 ma con code negli anni posteriori, il concetto di
flessibilità come risposta tecnologica ai problemi del lavoro operaio stimola nuovi progetti ed
esperienze, molti dei quali si appoggiano alla possibilità di compensare le varianze utilizzando gli
sviluppi delle tecnologie elettroniche ed informatiche (si ricordino le note isole della Volvo di
Kalmar o le linee asincrone di
montaggio motori LAM alla
Fiat). Ma intanto veniva affermandosi prepotentemente un altro significato di flessibilità, che
con il declino della fase alta del
movimento rivendicativo e di protesta ha finito con il mettere in
ombra il precedente: la flessibilità come capacità del sistema impresa (ed in un primo momento
l’attenzione è stata rivolta quasi
esclusivamente alle tecnologie del
processo produttivo) di adeguarsi rapidamente ad un mercato
assai più turbolento ed instabile
di prima.
Dal punto di vista delle grandi
produzioni di beni di consumo
durevoli il concetto può essere
precisato in tre direzioni principali:
— flessibilità di mix. E’ la capacità de) sistema di adeguarsi
prontamente, su di un unico impianto e con poca spesa (e magari automaticamente), ai cambiamenti fra le quantità di diversi modelli o versioni contemporaneamente in produzione;
— flessibilità di restyling o modifiche prodotto. Rappresenta la
possibilità di introdurre facilmente miglioramenti o variazioni nel prodotto senza richiedere
interventi troppo lunghi e/o costosi sui sistemi di produzione;
— riconvertibiltà al rinnovo
prodotto. E’ la possibilità di riutilizzare una gran parte degli impianti di produzione al termine
del ciclo di vita del prodotto stesso, e quindi alla sua sostituzione
con un altro radicalmente nuovo.
Va osservato che questi concetti
sottintendono quasi sempre una
flessibilità operativa in un ambito assai limitato, spesso definito
principalmente da una composizione modulare del prodotto o
al massimo del macchinario di
produzione. Anche qui, comimque, il ruolo assunto dal sistema informatico va diventando
centrale rispetto alla struttura
fisica.
La tecnologia dei sistemi di
produzione, comunque, aveva affrontato il problema della flessibilità rispetto al prodotto, al
processo di produzione (varianti
nel percorso operativo seguito
dalle unità di prodotto) e al programma (caratteristiche del processo operativo stesso) da un
punto di vista più ampio, sia
pure con risultati non sempre
soddisfacenti e capace in via di
principio di affrontare problemi
di piccole e medie produzioni
con largo spettro di variabilità.
Tipici da questo punto di vista
dovrebbero essere i cosiddetti
FMS {Flexible Manufacturing Systems, Sistemi flessibili di fabbricazione). Un tale sistema dovrebbe essere (Istituto Ceris)
« un sistema flessibile di lavorazione costituito da più macchine utensili CNC (a controllo
numerico computerizzato, ndr.)
collegato fra di loro da sistemi
automatici di movimentazione
sotto il controllo di un sistema
di governo integrato ». Un FMS
può essere in grado di lavorare
molti (anche più di 100) particolari molto diversi senza — teoricamente — interventi umani
provvedendo automaticamente
ad indirizzarli alle varie macchine secondo una suddivisione e
sequenza ottimale ed alla « rischedulazione » periodica dei programmi di produzione
Non accenno nemmeno ai famosissimi robot industriali anche perché la loro scarsa capacità di adattarsi automaticamente
alle variazioni nell’ambiente limita per ora prevalentemente le
loro applicazioni alle operazioni
ripetitive delle grandi produzioni, nonostante la loro altissima
flessibilità potenziale.
Questa, però, è la teoria. Ma,
come si è osservato al punto precedente, non c’è sistema automatico, flessibile e integrato che
tenga senza la presenza e la collaborazione degli uomini. Lo stesso modo di progettare e costruire i sistemi sottintende una certa
visione dell’organizzazione de)
lavoro attorno ad essi. Ecco perché diventa così importante per
il movimento operaio e per il
sindacato sviluppare una capacità progettuale a questo proposito, che metta in primo piano le
esigenze dei lavoratori.
Questi argomenti sono venuti
recentemente in luce in modo
netto e sono stati affrontati da
« Controll » in uno studio di
caso su uno dei più importanti costruttori italiani di sistemi di automazione: il Comau,
che fa parte del gruppo Fiat (4).
Si tratta di un libro di notevole
interesse da parecchi punti di vista, che costituisce anch’esso
uno dei segnali di rinnovamento
di cui parlavo.
Dal punto di vista dei padroni,
però, il problema del necessario
contributo dei lavoratori al funzionamento di sistemi flessibili,
se non ha ancora prodotto una
coscienza diffusa della necessità
di relazioni industriali meno oppressive ed autoritarie, ha aggiunto ulteriori spinte ad un altro modo ancora di considerare
la flessibilità, che spesse volte dà
luogo a grossi equivoci. Questo
modo è la « flessibilità del lavoro » intesa come disponibilità
passiva di donne e uomini che
lavorano alle scelte padronali in
tema di prestazione lavorativa
(orario, sede, mansione, professionalità, valutazione della quantità di lavoro, componenti extra
del salario ecc.) e come relazioni
col mercato del lavoro (fluttuazioni dell’occupazione, regole di
assunzione ecc.).
Questo modo di considerare la
flessibilità del lavoro è cosa non
nuova ed è tuttora considerata
da quasi tutti i padroni come lo
strumento fondamentale per affrontare i problemi di flessibilità
come elasticità della quantità di
produzione che si riesce a far
assorbire dal mercato. Essa, per
quanto ho detto, non è però sufficiente né da sola né in combinazione con gli altri strumenti
progettuali, tecnologici e organizzativi a disposizione dell’azienda, a coprire le generalità degli
aspetti se non c’è una assunzio
ne di responsabilità attiva che
difficilmente può essere ottenuta
con la costrizione.
L’emergere, ancora diffìcile e
coperto, di questo riconoscimento, può mutar segno al discorso
sulla flessibilità del lavoro che
ha percorso come un filo nero
— e come un’arma di ricatto —
tutti questi anni. Da parte nostra consideriamo la sua sottolineatura ed il suo studio da
parte del movimento dei lavoratori come una possibilità di rispondere Senza cedimenti ma
senza ancorarsi soltanto alla difesa delle rigidità esistenti e in
definitiva come un altro tassello dei segnali nuovi che vogliamo fare emergere.
La linea sindacale
della codeterminazione
Questo termine è emerso con
forza al congresso nazionale Fiom di Verona di
qualche mese fa, e vale la
pena di sottolinearne brevemente il significato. Nonostante l’assonanza esso non si identifica
con la « cogestione », già sperimentata fuori d’Italia sotto diverse forme. Sono certamente —
e giustamente — passati i tempi in cui parlare di cogestione
nella Cgil o nella sinistra era
considerato poco meno che un
tradimento e quelle esperienze
hanno ancora, io credo, qualcosa da insegnarci. Credo però altrettanto che esse siano inesorabilmente datate, ed incapaci di
tenere il passo con l’attuale fase di innovazione tecnologica e
organizzativa delle imprese.
In questa fase noi intendiamo
per codeterminazione la capacità
di proiporre, e conquistare aspetti e specifiche progettuali per
rinnovazione che siano corrispondenti agli interessi ed ai bisogni (sia oggettivi che soggettivamente percepiti) dei lavoratori
coinvolti e concorrano quindi a
determinare i problemi tecnici
ed organizzativi che il progetto
dell’innovazione (non importa se
tecnologica, organizzativa, logistica o semplicemente di comunicazione fra le persone) deve
risolvere.
La codeterminazione quindi
non è una forma di partecipazione istituzionale di una rappresentanza più o meno diretta
e più o meno dotata di poteri
alle decisioni strategiche, ma
comprende un necessario momento conflittuale. Non si esaurisce
però in questo perché tende ad
individuare caratteristiche e parametri di efficacia del processo
di lavoro che i lavoratori debbano, nel quadro del soddisfacimento delle specifiche sopra ac
cennate, perseguire con il proprio apporto autonomo. Da questo punto di vista essa indubbiamente richiede una maturazione
anche nella nostra ottica tradizionale. Ques t’ultima dovrà riconoscere anche di diritto (di fatto l’ha sempre fatto) resistenza
dell’impresa, non però nel senso di assumerne la profittabilità come limite imposto dall’esterno. Questa rientra fra gli
obiettivi dell’impresa, a fianco e
allo stesso titolo degli interessi
e dei bisogni dei lavoratori. E’
questo il significato di individuare dei parametri di efficacia su
cui sia possibile una convergenza. E poiché certe rappresentanze di interessi non possono essere fatte per delega stabilita a
priori, la conseguenza è che in
questo campo non esistono decisioni che siano per principio
di competenza esclusiva dell’imprenditore.
In questo senso la codeterminazione è una filosofia di relazioni industriali di cui si tratta
di ottenere l’accettazione e che
richiede, sia nella fase progettuale che in quella esecutiva. Lino spazio di autodeterminazione
per i lavoratori condizionato dai
parametri da raggiungere. La
svia traduz.ione deve avvenire in
una serie di accordi che ne rappresentano l'esplicitazione nelle
singole situazioni e momenti aziendali. Essi devono naturalmente appoggiarsi ad una struttura
contrattuale nazionale che le legittimi ma non le limiti né le
sostituisca.
Non si tratta esclusivamente
di una costruzione di prospettiva, di una carta rivendicativa,
ed in ciò stanno altri pezzi di
quella serie di segnali di cambiamento che intendevo mettere in
luce. In questi ultimi tempi si
sono conclusi e si vanno con
cludendo Una serie di accordi
sindacali aziendali molto interessanti, che accolgono pezzi di questa filosofia. E’ vero che essi coinvolgono ancora in complesso un
piccolo numero di lavoratori e
che si riferiscono in maggioranza a piccole e medie imprese entro un’area geografica limitata
(5). E tuttavia il loro interesse
va al di là di questi limiti. Mi
sembra che nel complesso di
queste esperienze ci siano tre
punti fondamentali che vanno enucleati:
a) L’attenzione al problema
delle nuove tecnologie. Quasi tutti questi accordi contengono non
solo clausole di informazione ma
possibilità di discuterne l’implementazione e l’organizzazione
delle persone attorno ad esse in
una fase precoce, cioè quando
ancora sono aperte scelte effettive.
b) La sperimentazione di forme di lavoro a gruppi con autodeterminazione interna.
c) L’individuazione di parametri di efficacia produttiva accettati in comune come obiettivo d’impresa. Essi devono essere rilevanti nell’attuale momento, controllabili, e dev’essere possibile per i lavoratori influire
su di essi con un’attività intellettuale e non solo fisica. Un esempio tipico (ma non unico) è
il tempo di attraversamento dei
prodotti.
Ho parlato di segnali. Essi sono incerti, deboli, e non ancora
completamente acquisiti alTinterno dello stesso movimento sindacale. Non ci assicurano quindi nemmeno che sia finita la fase di sconfitte. Ma guardati nel
loro complesso permettono, io
credo, sia di misurare con maggiore chiarezza gli elementi davvero importanti della situazione
attuale, sia di individuare la direzione di una ripresa che sia
davvero di potere di chi lavora
e non solo di posizione istituzionale delle organizzazioni.
Angelo Dina
(1) Vedere a questo riguardo le giuste osservazioni di Francesco Gari'baldo,
in Lavoro, innovazione, sindacato, ed.
Cosía & Nolan, Genova 1988.
(2) E. Ceeeotti, F. Consoli, S. De
Lazzari ; I professionisti dell’innovazione, ed. Rosenberg & Sellier, Torino
1988.
(3) G. Fardin, M. Casolo, L. Cerato;
Come cambia la fabbrica, ed. della Fondazione Giovanni Agnelli, Torino 1986.
(4) A. Dina. R. Bennati, A. Enrietti,
A. Merini. E. Rebecchi : Il robot fatto
a mano. ed. Rosenberg & Sellier, Torino 1988.
(5) Molte di queste esperienze sono
raccolte nel libro della FIOM/CGIL
territoriale di Bologna, a cura di Oscar
Marchisio : Frammenti di innovazione,
ed. Franco Angeli, Milano 1988. Una
seconda edizione rinnovata ed ampliata
8
8 vita delle chiese
28 aprile 1989
CONVEGNO DEGLI OPERATORI DIACONALI A MONTEFORTE
Diaconia deli'emergenza
poiitico-istituzionaie
La società e il « vuoto di comunione » - I mutamenti del dopo-terremoto - L’impegno diaconale e l’esigenza d’annuncio dell’Evangelo
CORRISPONDENZE
Una visita gradita
Si è svolto presso il Villaggio
evangelico di Monteforte Irpino
(Av), nei giorni dal 7 al 9 aprile
1989, il VII Convegno degli operatori nei servizi e nella diaconia, organizzato dalla Commissione per la diaconia delle Chiese evangeliche valdesi e metodiste.
Ponendosi il problema delle
« Prospettive diaconali nel Mezzogiorno » (questo era infatti il
suo titolo), l’incontro si è proposto di analizzare la situazione
sociale ed economica del Sud alla luce della sua storia, ed ha
esaminato inoltre vari aspetti della religiosità popolare tanto diffusa nel Mezzogiorno.
Queste analisi sono poi servite ad individuare alcune possibili tendenze dell’impegno diaconale delle nostre chiese in quelle zone.
La relazione d’apertura, affidata a Cesare Milanescki, ha fornito un inquadramento antropologico e storico-religioso delle
manifestazioni di religiosità popolare. Attraverso alcune esemplificazioni (il pianto funebre, il
« tarantismo », ecc.) è emerso
un invito a porsi di fronte a queste espressioni di religiosità (intesa come tentativo dell’uomo di
superare la propria jjosizione
creaturale e di raggiungere il
trascendente) con un atteggiamento comprensivo.
L’opera di evangelizzazione può
trarre profitto dall’individuazione
delle istanze psicologiche e spirituali di liberazione e superamento del « vuoto di comunione » presente nella società; queste istanze sono espresse in molti fenomeni tipici della religiosità meridionale, talvolta anche
sotto forme contraddittorie di
opposizione alla Chiesa cattolica
ufficiale.
I cambiamenti
in atto
Il prof. Biagio De Giovanni ha
successivamente analizzato gli aspetti sociali ed economici dei
cambiamenti in atto nel Mezzogiorno. Ha affermato che l’aspetto più preoccupante della « questione meridionale » è oggi la
profonda scollatura nei rapporti tra Stato e società. In regioni
come la Campania, la Calabria
e la Sicilia si verifica addirittura
un predominio istituzionale delle organizzazioni criminali mafiose. Oggi nel Sud esiste una
vera e propria emergenza democratico-istituzionale.
De Giovanni ha poi illustrato
come la ricostruzione del dopoterremoto abbia portato a profondi mutamenti nel panorama
politico e nella struttura delle
classi dirigenti meridionali; si è
costituita una rete complessa di
« boss » e di finanziatori locali
che sta alla base anche dell’ascesa a livello nazionale di alcuni
uomini politici. Se è vero, d’altronde, che alcune zone del Sud
non sono interessate a questi
fenomeni (per esempio, la Puglia), è anche vero che si sta a.ssistendo ad un’estensione di metodi di governo e di problemi
istituzionali tipici del Mezzogiorno ad altre parti d’Italia.
Diventa quindi necessario, nell’analisi della situazione del Sud,
mettere in evidenza il problema
democratico-istituzionale e lo
sgretolamento di un sistema produttivo disorganico nelle mani
di organizzazioni criminali. La
perdita complessiva di produttività delle aree meridionali, la
« modernizzazione » senza autentico sviluppo economico e socia
le, la disgregazione del tessuto
sociale richiedono una ricerca di
soluzioni che non seguano un
« modello nordista », ma sappiano rispettare le peculiarità del
Sud, specialmente in un momento in cui l’unificazione dei mercati europei può collocare definitivamente il Mezzogiorno nel
« Sud del mondo ».
Nella seconda giornata dell’incontro sono state visitate le opere evangeliche dell’area napoletana: l'Ospedale evangelico « Villa Betania », il Centro sociale
«Casa Mia», il Villaggio «Caracciolo » con l’annesso Centro sociale « Emilio Nitti », e « Casa
Materna ». E’ stato quindi possibile prendere maggiore coscienza delle caratteristiche che la
diaconia ha assunto con gli anni nel napoletano, coniugando
l’impegno civile e il servizio sociale con le esigenze dell’evangelizzazione. Le visite sono state
anche occasione di conoscenza
reciproca e di fratemizzazione
tra operatori provenienti da realtà diversificate.
Interventi nelle
zone terremotate
In conclusione del convegno,
il isast. Antonio Mucciardi ha analizz^to i problemi passati e
presenti dell’impegno diaconale
nelle aree terremotate. Dalla sua
relazione è emerso come le iniziative evangeliche abbiano cercato soluzioni a realtà e problemi di natura complessa: sociali,
economici e culturali. Il terremoto, che aveva scosso tutta la
vita e l’organizzazione sociale
delle zone colpite, aveva anche
evidenziato uno dei problemi tipici del Mezzogiorno; la disorganizzazione amministrativa e sociale congiunta ad un sistema
di potere fortemente influenzato
dalla camorra. La FCEI, impegnandosi nella ricostruzione, ha
tentato di inserirsi nel sistema
di jjotere economico e politico
con l’obiettivo e la sp>eranza di
scardinarlo. Ascoltando e individuando le esigenze della popolazione, si è dato vita a centri
sociali, cooperative, villaggi: iniziative che hanno avuto successo laddove è stato possibile un
radicamento nella società attraverso la predicazione e l’impegno civile. Oggi serve programmare lo sviluppo di queste esperienze.
Il dott. Marco Tullio Fiorio ha
infine delineato alcuni orientamenti essenziali per la diaconia
nel Sud: un impegno mirante a
trasformare l’ambiente sociale,
economico e culturale, ponendosi contro il sistema dell’economia sommersa, del crimine organizzato, contro il degrado di
ogni aspetto della vita sociale,
contro la superstizione religiosa
e l’ignoranza, contro il qualunquismo ed il clientelismo. L’impegno per la scuola, la cultura
ed il servizio sociale dovrebbe
in questa prospettiva conciliarsi
con le esigenze d’annuncio del
messaggio evangelico.
Con la relazione di Fiorio si
sono chiusi i lavori del convegno; i partecipanti si sono dati
appuntamento nella prima decade di novembre a Casa Cares,
per un altro incontro al quale
si spera che partecipino quanti
più operatori diaconali è possibile.
Flirio Pesci
ALESSANDRIA — Nel 1989
non c’è soltanto il terzo centenario della « Glorieuse Rentrée »,
via! Un ritorno certamente più
modesto (senza offesa...), però
molto gradito, è stato domenica 9 aprile quello del pastore
Platone nella nostra comunità.
Il territorio alessandrino è patria di gente illustre, perbacco,
Umberto Eco, Domenico Maselli, Giuseppe Platone appunto, e
chissà quanti ne dimentichiamo
in quésta cronachetta.
Alcuni membri della nostra minuscola chiesa metodista hanno
invitato Platone a tornare dopo
una sua conferenza dell’83 su
Lutero. Si sono così rinverdite
amicizie d’infanzia fra chi non
si incontrava da decenni, ricordi di scuola o di appartenenza
alla locale assemblea dei Fratelli, nomi e volti e figure di chi
poi in modi diversi ha preso
altre strade, come si dice, frequentando altre chiese evangeliche altrove, o passando « nel
mondo» (espressione un tantino rude ma inequivoca), coltivando poco o nulla della propria fede, o trasferendosi « nelle sfere serene del ciel » come
canta un nostro vecchio inno,
che però non è im inno per i
funerali ma un appello a Cristo. Episodi, aneddoti, rammarichi, condivisione di gioie, novità che rimbalzano e così vìa,
insomma il consueto corredo
delle rimpatriate, un po’ ingenue un po’ retoriche un po’ commosse, che riscaldano il cuore
(o purtroppo talvolta lo raffreddano), il cuore fatto anche di
pasta umana.
Dopo il culto Platone ha proiettato qualche diapositiva del
suo anno passato negli Stati Uniti su incarico della Tavola valdese. Il commento è stato forzatamente molto stringato perché in due ore si è dovuto comprimere tutto, culto e proiezione; tuttavia abbiamo ricevuto
una buona apertura su una realtà che conosciamo- in maniera
solo settoriale attraverso i gior
VALLECROSIA
Un nuovo progetto di missione
Le grandi sfide delle differenze economiche - I condizionamenti sociali e culturali - Lo scambio degli inviati e la loro preparazione
Con un denso e significativo
documento inviato al Consiglio
della CEVAA, che si riunirà a
fine giugno a Maputo (Mozambico), si è concluso un importante colloquio sullo scambio
di persone tenutosi a Valiecrosia dal 2 al 9 aprile. I partecipanti all’incontro (50 di 16 paesi, per la Chiesa valdese E. Coisson, L. Nisbet, L. Tron, F. Taglierò) hanno chiesto che un
gruppo di teologi della Comunità riformuli il progetto missionario, ormai vecchio di 20 anni,
tenendo conto della nuova situazione sociale, economica e
etica in cui le chiese portano
avanti i loro sforzi congiunti di
testimonianza cristiana e di
evangelizzazione.
Il segretario aveva convocato
il colloquio, tra molte esitazioni
di tipo finanziario, per mettere
a confronto, tutte insieme, le
rappresentanze degli inviati
(missionari) di oggi e quelli di
ieri, delle chiese che li accolgono e di quelle che li inviano.
L’obiettivo era quello di approfondire e tentare di risolvere i
crescenti problemi che coinvolgono le persone che la CEVAA
invia in missione e di studiare
eventualmente nuove forme di
quegli scambi che rappresentano uno dei pilastri su cui la Comunità si fonda.
Arrivando a concrete proposte di modifica alle linee direttrici che regolano l’invio dei
missionari (non solo dal Nord
al Sud, ma anche viceversa, come ben sanno coloro che seguono il lavoro della CEVAA) si è
affermato in modo chiaro e
nuovo che certe disfunzioni nella Comunità sono di ordine teologico.
Esistono tra le chiese della
CEVAA certe divergenze teologiche, talvolta anche incompatibilità, riguardanti la missione
della chiesa, che rendono lo
scambio di persone molto problematico.
I fondatori della Comunità
evangelica di azione apostolica,
nel 1971, hanno elaborato ima
teologia della missione e della
condivisione tra chiese adatta alla situazione degli anni 60/70.
Attualmente le chiese di tutti i
continenti vivono sfide nuòve
affrontandosi sempre più sulle
differenze economiche, segno di
ingiustizia (si veda la questione
deU’indebitamento dei paesi del
Terzo Mondo). Le chiese della
CEVAA vivono in questo conte
sto e sono sottoposte a pericolose tensioni e pesanti condizionamenti; esse sono diverse tra
loro e nel mondo attuale le differenze culturali, socio-economiche e razziali, a ogni latitudine, si inaspriscono. C’è veramente da chiedersi se esse saranno tali da separare le chiese
della Comunità o se, in Cristo,
sarà possibile vivere un autentico incontro e collaborare a
progetti comuni. La sfida della
CEVAA è sempre attuale, ma affinché non diventi pura utopia le
forme e i contenuti teologici del
« partage » (ccndivisione) vanno
rivisti. Lo scambio di persone
non può fare a meno di una nuova riflessione da cui trarre debite conclusioni sul piano della
preparazione e dell’accompagnamento degli inviati. Ma anche
l’appartenenza alla Comunità è
messa in questione. La CEVAA
è una comunità di chiese, non
una federazione, non una sovrastruttura burocratica, né una
agenzia di invio di aiuti al Terzo Mondo. La CEVAA vuole essere una sfida e un esempio di
possibilità di comprendersi in
un mondo in cui le divisioni sono sempre più profonde.
Franco Taglierò
nali o i servizi televisivi, che
sulle chiese protestanti negli
USA ci dicono poco o nulla, o
poco o nulla di seriamente attendibile. Platone ci ha invece
accennato ai metodi che alcune
chiese statunitensi da lui visitate adottano per vivere e testimoniare revangelo nelle svariate zone e situazioni in cui si
trovano ad operare. Magari non
può consolarci molto sapere che
in Italia siamo pochi (e in Alessandria pochissimi) mentre in
America sono tanti, ma ricordarlo può anche far del bene:
un modo ulteriore per riscaldare
il cuore, ancora più efficace dei
ricordi del tempo andato.
Contro la « Mostra
navale bellica »
TORINO ■— Mentre in tutta
Italia sta crescendo tra i cristiani l’opposizione alla prossima
«Mostra navale bellica» di Genova, la nostra chiesa — nella
sua assemblea del 17 aprile —
ha approvato il seguente ordine
del giorno: «...nella convinzione
che la produzione e il commercio
delle armi siano radicalmente
messi in questione dall’Evangelo
di Gesù Cristo, dice il suo no alla
Mostra navale bellica prevista
per il 16-20 maggio, a Genova;
esprime la sua solidarietà al Comitato contro la Mostra navale
bellica e a quanti si opporranno
in maniera non violenta a detta
mostra, e chiede alle autorità locali di non partecipare alla sua
inaugurazione ».
Da una comunità
lontana
NEW YORK — Nella nostra
piccola chiesa di Manhattan è ancora vivo il ricordo di Edmond
Peyrot, segretario del Concistoro e membro attivo della comunità, che ci ha recentemente
lasciati; dopo tre giorni anche
sua madre, di 96 anni, lo ha raggiunto. Ricordiamo anche la dipartenza di Adelaide Micol, ospedalizzata da tempo a Kingston,
che ci ha lasciati all’età di 93
anni.
La scomparsa di queste due sorelle che con altre quattro erano
partite, aH’inizio del secolo, dal
Bessé di Perrero ed erano approdate nella regione dell’Ulster
Park, non lontano dalla città di
New York, dove c’era una vera
colonia di valdesi, ci fa toccare
con mano come la prima generazione degli emigrati dalle valli
in USA sia quasi completamente
scomparsa, insieme ad una fruttuosa vita di testimonianza valdese come è appunto stata quella delle sorelle del Bessé.
Ma in mezzo a tanta tristezza
abbiamo avuto anche grandi momenti di gioia fraterna, in particolare al XVII febbraio e a Pasqua quando molti sono convenuti, anche da lontano, compresi
alcuni cattolici che hanno condiviso la Santa Cena con noi nella
libertà dell’Evangelo del Cristo
che risorge.
Incontri
VERONA — Dal 29/4 al 1”/5 al Centro mons. Carraro, convegno primaverile del SAE dell'alta Italia su: « t®
Chiese cristiane in Europa tra storia
e profezia ». Tra I relatori: G. Cereti,
A. Joos, E. Kopclowsky, P. Ricca. B.
Tron. T. Vaidman.
Informazioni: SAE , Roma - Telefono
06/6374033 ore 10-13.
9
La Tavola informa
Si sta preparando l’organizzazione deH’assemblea congiunta che le
chiese battiste, metodiste e valdesi terranno a Roma l’anno prossimo
Le sedute della Tavola di aprile — che si sono svolte a Ecumene dalT8 al 10 aprile — sono
iniziate con un incontro BMV.
I tre esecutivi battista, metodista e valdese, che si erano riuniti l’ultima volta a Roma nell'ottobre '88, hanno fatto un passo avanti verso l'Assemhlea-Sinocìo del 1990 (A.-S ’90). Sulla base di un documento predisposto dalle amministrazioni, gli
esecutivi hanno definito tre settori della programmazione.
1. Preparazione. I quattro
gruppi di lavoro che sono stati
nominati per lo studio dei 4 temi dell’A-S ’90 (il tema centrale
del mutuo riconoscimento tra
persone, ministri e chiese BMV,
e quelli specifici della collaborazione nell’evangelizzazione, nella
cura pastorale territoriale e nella stampa) dovranno predisporre i relativi documenti preparatori, in modo che questi arrivino
alle chiese per uno studio che
si svolga tra il novembre ’89 e
il marzo ’90. Le reazioni delle
chiese saranno successivamente
elaborate dai gruppi di lavoro
per un rapporto all’A-S ’90.
2. Organizzazione. Questo settore comprende l’amministrazione, con la predisposizione dei preventivi e la messa a punto dei
sistemi di compensazione delle
spese tra battisti (che compiranno un solo viaggio nel ’90 partecipando alla loro Assemblea e
subito dopo alla A-S ’90) e metodisti e valdesi che viaggeranno 2 volte (ad agosto per il Sinodo a Torre Pellice e a novembre a Roma per TA-S ’90); la
segreteria, con la predisposizione degli strumenti necessari per
lo svolgimento di una grande
assise evangelica a Roma; la
commissione logistica, già al lavoro da tempo per ciò che concerne il vitto e l’alloggio per i
circa 300 componenti e per l’accoglienza delTA-S ’90 nei locali
della chiesa di p.za Cavour e della Facoltà di teologia per lo svolgimento dei lavori.
3. Funzionamento. Questo settore comprende alcuni servizi
che verranno fomiti dall’organizzazione BMV per il funzionamento dell’A-S ’90: una commissione che curerà i momenti di culto e una commissione giuridica
che fornirà la consulenza procedurale per lo svolgimento dei
lavori. Per il resto, ovviamente,
l’A-S '90 funzionerà con i propri strumenti: presidenza, segreteria, ecc.
La sfida che questo evento pone alle nostre chiese è grande.
Si è trattato di una decisione
che ha finora investito il livello
assembleare-sinodale; ma in un
prossimo futuro saranno le chiese ad essere confrontate con questo evento in cui il nostro Sinodo ha riconosciuto « una straordinaria opportunità di arricchimento spirituale e di comune
impegno nella testimonianza evangelica nel nostro paese ». Una
opportunità da cogliere con il
massimo impegno possibile!
Partecipazione
a Basilea ’89
liana di Basilea e da una chiesa
tedesca dei dintorni, per il coordinamento delle osservazioni
BMV formulate a proposito della prima bozza di documento per
Basilea, per l’incontro con i cattolici nel convegno di Ecumene
all’inizio di aprile, ecc. La collaborazione comune proseguirà dopo Basilea, hanno deciso in particolare gli esecutivi, con l’invio
di un rappresentante BMV, Bmno Gabrielli, aU’assemblea mondiale su « giustizia, pace, integrità del creato », Seoul 1990.
Il nuovo « Amico
dei fanciulli »
Infine una nuova voce sta entrando nell’ambito della collaborazione BMV, quella dell’Amico
dei fanciulli. Del giornalino evangelico, rinnovato e potenziato secondo il mandato sinodale
dell’86, è uscito proprio in aprile il primo numero della nuova
serie. Il gruppo redazionale, che
a Milano ha lavorato intensamente a questo progetto, è stato fin
dall’inizio un gruppo BMV. Qra i
battisti, seguendo un mandato
della loro Assemblea delT88, si
dispongono ad appoggiare e favorire la diffusione dell’Amico
dei fanciulli nelle chiese battiste, avviando una progressiva
corresponsabilità per questa iniziativa. Insieme a loro, valdesi
e metodisti riconoscono in questo progetto per i giovanissimi
un campo di lavoro e di impegno della massima importanza
nel campo della formazione evangelica delle nuove generazioni.
Patto di
integrazione
Nel campo del Patto di integrazione tra valdesi e metodisti
la Tavola ha esaminato alcuni
documenti di lavoro prodotti dal
Comitato permanente delTQpera
per le chiese evangeliche metodiste in Italia.
Essi riguardano le rappresentanze ecumeniche (che, come è
noto, permangono distinte tra
valdesi e metodisti pur nell’ambito deirUnione costituita dal
Patto di integrazione), la composizione del Comitato permanente QPCEMI, i rapporti finam
ziari QPCEMI-Tavola e gli aiuti
esteri. Su alcuni di questi problemi la Tavola ha preso posizione, altri devono essere approfonditi; su tutti Tavola e QPCÉMI
discuteranno insieme nella riunione congiunta che avranno a
Milano il 20 maggio.
E’ probabile che alcuni problemi che necessitano di chiarimento e ulteriore definizione vengano quindi portati al Sinodo.
Finanze
Sempre neU’ambito della collaborazione BMV gli esecutivi
hanno fatto il punto della situazione sulla partecipazione alI’Assemhlea ecumenica europea di
Basilea, Pentecoste ’89.
Gli esecutivi hanno sottolineato l’importanza del fatto che per
la prima volta un evento ecumenico esterno è stato preparato in modo totalmente congiunto a livello BMV: per l’organizzazione delle delegazioni e degli
osservatori, per la distribuzione
delle facilitazioni logistiche offerte dalla chiesa di lingua ita
essere utilizzati secondo le finalità per le quali sono stati versati). Un prospetto illustrativo
di questa situazione sarà riportato nella Relazione al Sinodo.
Intanto si tratta di non lasciare che un deficit di esercizio appesantisca la situazione patrimoniale della Tavola. Le chiese
riceveranno perciò un invito da
parte della Tavola a fare il possibile per contribuire a « pulire »
il conto delT88 prima del prossimo Sinodo.
Diaconato
Un tema di fondo è stato affrontato dalla Tavola con la lettura della relazione, non ancora definitiva, della Commissione
sinodale sui ministeri che ha studiato la configurazione ecclesiologica del diaconato.
Da anni le nostre chiese e opere si valgono di un crescente numero di diaconi, donne e uomini che lavorano a pieno tempo
ricevendo il trattamento pastorale ed essendo inseriti in un unico ruolo con i pastori. Sono
dunque ministri come i pastori
e come tali devono essere riconosciuti e acquisire uno status
più esplicito in questo senso? Q
il loro servizio va ricompreso
helTambito del sacerdozio universale dei credenti e le particolarità del loro impiego vanno inquadrate su un piano diverso da
quello dei ministeri? Non è una
questione di nominalismi, né si
tratta di cercare una soluzione
contingente per i diaconi in quanto « lavoratori precari » nella
chiesa. Si tratta piuttosto di una
questione ecclesiologica di fondo che riguarda la concezione
della chiesa, della sua missione
e della sua organizzazione. La
Tavola ritiene che questo tema,
che emerge anche dal rapporto
tra diaconia e predicazione, rappresenterà uno dei centri focali
del prossimo Sinodo.
Il centenario
del Rimpatrio
Tra i punti più rilevanti delTordine del giorno della Tavola
menzioniamo ancora il Centenario con tutti i problemi ad esso connessi: il programma delle celebrazioni, che ha ancora subito alcune modifiche, i lavori di
ristrutturazione dell’ex convitto
che ospiterà il Centro culturale
valdese, lo status giuridico del
Centro stesso, alla cui definizione lavorano di conserva Tavola
e Seggio della Società di studi
valdesi.
Rapporti
amministrativi
Un ospedale
al passo con ì tempi
Le finanze hanno occupato una
parte considerevole di una giornata di lavoro. La Tavola ha approvato la chiusura del proprio
Ijilancio per l’esercizio 1988, dopo aver esaminato il relativo rapporto della Commissione finanziaria. Il rendiconto delT88 si
chiude con un deficit di poco
meno di 24 milioni che — da un
punto di vista statistico — rappresenta poca cosa, meno delTl% sul totale del bilancio. Ma
la Tavola ha analizzato più a
fondo la situazione con l’aiuto
di un prospetto della Commissione finanziaria, rilevando come
l’andamento non tragico delle nostre finanze si sostenga in modo preoccupante su entrate che
sono in diminuzione: aiuti dall’estero e proventi finanziari (fondi in giacenza che stanno per
Nel campo delVamministrazione la Tavola ha avviato una riedizione aggiornata delle « Istruzioni » che regolano i rapporti
amministrativi tra Tavola-iscritti a ruolo e Tavola-chiese che
dovrebbe essere pronta per il
Sinodo.
Gli statuti
delle opere
Nel campo delle opere, la Tavola ha approvato, per quanto
di sua competenza, gli statuti della Foresteria di Venezia e del
Centro Luciano Menegon di Tramonti e ha concluso i propri lavori con una visita alla villa Hilda, dépendance della Casa valdese di Roma sul lago di Bracciano, attualmente concessa in
uso ad una associazione diaconale del Württemberg per 4 anni.
POMARETTO — Il cinema Edelweiss è diventato una sede
anche per manifestazioni culturali. Culturale, ma anche di significato sociale, era l’occasione che
domenica 16 aprile ha riunito nel
tardo pomeriggio un folto pubblico, che occupava ogni posto.
Riprendendo un colloquio con la
popolazione che era iniziato con
la giornata del 6 novembre,
l’ospedale valdese ha voluto informare sui propri progetti di
ampliamento, salutando contemporaneamente uno dei principali
artefici del proprio rilancio, il
professor Valerio Gai, che si appresta a ricoprire l’incarico di
primario di medicina generale all’ospedale civile di Pinerolo. A
Pomaretto sarà temporaneamente sostituito dal dr. Flavio Maina; l’incarico definitivo sarà conferito tra sei mesi al candidato
che avrà vinto il concorso pubblico.
Mentre la prima sezione dell’ala nuova è stata aperta la scorsa estate, il dr. Bruno Prelato,
presidente del comitato di gestione, ha potuto ora annunciare il
progresso dei lavori ; la nuova sistemazione degli ambulatori e
della palestra di fisioterapia a
pianoterra, la ristrutturazione
delle camere di degenza al 1° piano; quando, fra tre mesi, sarà
ultimata la ristrutturazione del 2°
piano, tutti i ricoverati potranno
usufruire di camere più confortevoli, dotate di servizi. Un bel
risultato, ma per avere una sistemazione pienamente soddisfacente di tutti i servizi e delle
strutture richieste dalle più aggiornate esigenze sanitarie, bisognerà attendere il completamento dell’ala nuova e dei due piani
interrati ; si tratta di un progetto
di diversi miliardi, finanziato dalla Regione.
Un presidio di medicina all’altezza dei tempi : tale dovrà continuare a essere, nell’auspicio di
tutti, l’ospedale di Pomaretto.
Non però un ospedale a cui si
possa chiedere di intervenire in
tutti i casi di urgenza; a questo
può rispondere soltanto un ospedale di grandi dimensioni, che è
in grado di dotarsi delle strutture necessarie. Questo è stato,
secondo le stesse parole del prof.
Gai, il motivo che lo ha spinto
a trasferire la sua attività all’ospedale civile di Pinerolo, dove egli troverà il dipartimento di
emergenza previsto per il nostro
territorio. All’ospedale valdese,
ha ricordato il presidente della CIOV, pastore Alberto Taccia,
il prof. Gai ha dedicato 18 anni
della sua attività; dai difficili, incerti inizi di quella che si può
considerare la moderna fase della vita dell’ospedale, quando la
chiesa valdese si impegnò nella
battaglia per la classificazione,
fino al periodo attuale, in cui
l’ospedale attraversa una fase di
espansione che comporta problemi di direzione e gestionali
non indifferenti. In questi 18 anni l’ospedale ha raggiunto quel
livello di efficienza che è da tutti riconosciuto, e di cui va dato
merito al prof. Gai e all’équipe
medica e infermieristica che intorno a lui si è formata, oltre che
al personale amministrativo e dei
servizi generali.
Cittadino conquistato dal più
intenso tessuto umano valligiano, e divenuto ormai un abitante
stabile della valle, il prof. Gai sarà, così ha auspicato il pastore
Taccia e noi con lui, una garanzia di futura collaborazione tra i
due presidi ospedalieri.
Per questa occasione di informazione e di saluto, vi è stato
l’arricchimento di un messaggio
musicale di alto livello.
Corali che danno espressione
alla fede riformata e brani polifonici del Cinque-Seicento, con
un’incursione nel Settecento con
un coro di Haydn, si sono alternati nell’esecuzione della corale valdese di San Germano, che
sotto la direzione di Riccardo
Bertalmio ha continuato il serio
lavoro che le ha permesso di affinare notevolmente i propri
mezzi, raggiungendo un buon
equilibrio delle parti e una sicurezza esecutiva anche in brani
polifonici che richiedono già una
discreta agilità vocale.
Con il duo pianistico Anna
Èva Jahier e Claudia Rostagno si
entrava in pieno clima romantico, introdotto dalle raffinate
« Valses nobles » di Schubert e
animato poi dall’energica vitalità
delle danze slave di Dvorak e delle danze ungheresi di Brahms,
scelte tra le più suggestive; tra
le due serie di danze, l’intermezzo più tranquillo dei walzer di
Brahms richiamava la dolcezza
schubertiana dell’apertura. Le
nostre due valenti pianiste, a cui
auguriamo un felice avvenire
concertistico, hanno dimostrato
una sicura padronanza tecnica
unita a sensibilità nel rendere
sia i colori quasi autunnali dei
walzer, sia i colori vivaci delle
danze, aggiungendo qui un entusiasmo esecutivo che ha trascinato il pubblico agli applausi più
convinti e alla richiesta di un
bis.
Agape della
Scuola domenicale
ANGROGNA — Domenica 30
aprile avremo un culto alla sala,
alle 10,30, organizzato con i bambini della Scuola domenicale. Seguirà un’agape alla quale sono
invitati tutti i genitori ed i bambini. Occorre iscriversi presso le
monitrici entro e non oltre venerdì 28 mattina.
Il pastore Gerard Cadier, che
ha accompagnato un gruppo di
francesi « sui passi di Valdo », sì
è incontrato giovedì scorso con
alcuni membri della nostra comunità; in particolare con Franca Coisson a cui sono state rivolte, da parte del gruppo, numerosissime domande sul tema « fede e politica». La giornata si è
conclusa con una bella agape organizzata nei nostri locali dall’Unione femminile.
Assemblea di chiesa
VILLAR PELLICE — Domenica 7 maggio, dopo il culto abbreviato che avrà inizio alle ore
10.15, avrà luogo l’assemblea di
chiesa su: relazione morale e finanziaria; nomina dei deputati
alla Conferenza distrettuale e al
Sinodo; problema finanziario
ed approvazione deH’impegno
richiesto per il 1990. Tutti i
membri comunicanti, ma soprattutto i membri elettori, sono invitati ad essere presenti.
• Domenica 14 maggio, dalle
ore 14.45, e lunedì 15 si svolgerà
il Bazar allestito dall’Unione
femminile, che confida nella collaborazione delle famiglie con
doni per pesca, lotteria, dolci,
ecc. Aspettiamo anche molti acquirenti.
• Il battesimo è stato amministrato a Edy Catalin, di Natalino
e Desi Ayassot; il Signore accompagni con la sua grazia questa famiglia e aiuti i genitori a
mantenere le promesse fatte.
• Venerdì 21 aprile si sono
svolti i funerali della sorella
Marianna Charbonnier vedova
Bouissa, deceduta presso la Casa Miramonti all’età di 88 anni; ai familiari la fraterna simpatia della chiesa e nostra.
10
10 valli valdesi
■i
28 aprile 1989
Convegno
ecumenico
Il Primo Distretto della Chiesa
valdese e la Diocesi di Pinerolo,
con la collaborazione del Gruppo
coppie interconfessionali, organizzano un convegno sul tema:
PRIMA E DOPO IL
MATRIMONIO
INTERCONFESSIONALE.
LA RESPONSABILITÀ’
DELLE CHIESE
PROGRAMMA
Domenica 7 maggio 1989
ore 15-16.30: «Il cammino di
questi anni: dal convegno di
Agape (1982) a oggi. Fatti e valutazioni >.
A cura del Gruppo coppie inter.
confessionali;
ore 17-19: «La pastorale della
coppia e della famiglia nelle
nostre chiese ».
Introducono il past. Erika Tomassone e il can. Gabriele Mercol;
ore 19: Cena;
ore 20.30: Comunicazione sui lavori della Commissione mista
valdese-metodista e cattolica
riguardante i matrimoni interconfessionali.
mons. Pietro Giochetti e past.
Giovanni Scuderi;
ore 21: Tavola rotonda sulla celebrazione del matrimonio interconfessionale.
Introducono due preti e due pastori. Confronto aperto.
Lunedì 8 maggio 1989
ore 9: Momento di preghiera e
di riflessione biblica a cura di
Dario Tron, diacono valdese;
ore 9.30: « Verso una pastorale
comune delle coppie e delle famiglie interconfessionali ».
Introducono il past. Bruno Rostagno e don Mario Polastro;
Discussione;
ore 11.30: Conclusioni del convegno;
ore 12.30: Pranzo.
Il Convegno si tiene presso la
Foresteria valdese di Torre Pellice (via Arnaud 26); per la prenotazione della cena (domenica 7
maggio) e del pranzo (lunedì 8
maggio) bisogna telefonare direttamente alla segreteria della Foresteria valdese (0121/91801).
Dibattiti
Cinema
Seminari
PINEROLO
TORRE PELLICE — La programmazione del cinema Trento prevede per venerdì 28 aprile la prima giornata di
proiezioni dedicate a « Cinema e montagna » (ore 21): sabato 29 e domenica 30: « Gorilla nella nebbia »; lunedì 1" maggio; « Il tempo delle mele III» (ore 16, 18, 20, 22).
TORINO — Mercoledì 3 maggio,
alle ore 17 a Palazzo Lascaris (v. Alfieri, 15) si tiene il primo incontro del
seminario organizzato dalla Regione
Piemonte e dal Centro evangelico di
cultura « A. Pascal » sul tema del
Glorioso Rimpatrio. Intervengono A.
Rossa. L. Deodato. E. Balmas, G. Tourn,
G. Guazza e F. Venturi. Presiede lo
scrittore Muto Revelli.
Politica e affari
La degenerazione della politica amministrativa denunciata dai vescovi
cattolici del Piemonte è presente anche nella maggioranza al comune
« (...) Nella vita politica sovente il potere è gestito non in funzione delle reali esigenze del bene collettivo, ma con pesanti e
stucchevoli logiche clientelari di
spartizione del potere in forme
talvolta eticamente deplorevoli.
Questi fatti possono provocare
una pericolosa disaffezione dei
cittadini dalla vita politica (...) ».
Probabilmente i vescovi del
Piemonte, quando hanno scritto
questa nota per la « giornata
della solidarietà », non avevano
presente in primo luogo la situazione amministrativa di Pinerolo,
ma quella per certi versi più grave di Torino. Sta di fatto che
quanti hanno assistito agli ultimi due consigli comunali di Pinerolo possono ritrovare in quest’analisi i comportamenti di alcuni consiglieri della città.
Un anno di sospensione delle
attività della giunta in quattro
anni, tanto sono durate le otto
crisi, è il risultato di xm litigio
che ha diviso i partiti e le varie
fazioni interne ai partiti su tutti
i problemi della città. I risultati
sono davanti agli occhi di tutti.
Nemmeno l’ordinaria amministrazione è stata fatta: le strade
presentano enormi buche, molti
dipendenti hanno lasciato Tamministrazione e non sono stati
rimpiazzati, i servizi sociali e culturali si stanno riducendo ogni
giorno. I grandi temi sono continuamente evocati, ma nessuna
iniziativa è stata presa per risolverli; collegamento con Torino,
piano regolatore, zona industriale, piani particolareggiati per la
zona sportiva.
L’ottava crisi si è risolta martedì 18 con l’elezione della nuova
giunta. Non si è proceduto alla
elezione del sindaco perché —
contrariamente a quanto aveva
annunciato ■— il sindaco non si
era poi dimesso. « Per ragioni tecniche — ha spiegato Livio 'Trombotto —; le mie dimissioni infatti
avrebbero ritardato l’operatività
della nuova giunta. Il nuovo sindaco avrebbe dovuto recarsi
nuovamente in Prefettura per
giurare fedeltà alla Costituzio
ne ».
« In realtà si tratta della paura
dei franchi tiratori » — ha osservato il capogruppo comunista
Alberto Barbero.
Il timore dei franchi tiratori
nella maggioranza era grande,
tanto che il capogruppo democristiano, Ohibò, ha fatto un appello al voto secondo gli accordi di maggioranza: « Fallire questa volta vorrebbe dire il fallimento dell'intera politica a Pinerolo ». Ma i franchi tiratori ci
sono stati. La maggioranza contava 28 voti (era assente la consigliera DC, Pia Bussolin), ma
i voti sono stati 26 per il vicesindaco Rivò (PSI) e per il liberale Fiammotto, 27 al DC Camurati, 23 a Ros.setto (PSI), 24
a Berti (UDS), 25 a Drago (PRI)
e solo Mercol e Manduca (entrambi democristiani) hanno fatto il pieno di voti disponibili.
Nel novembre ’87 il Consiglio
comunale aveva approvato, tra
molti contrasti interni aH’allora
maggioranza, la graduatoria di
un appalto concorso per la ristrutturazione dell’ex Caserma
Bricherasio, da destinare a nuovo Tribunale. Si era aggiudicato
il concorso la ditta Borrini di
Torino. La ditta seconda classificata, Cega di Milano, che aveva presentato tm progetto dal costo maggiore (di 2 miliardi), aveva fatto ricorso al TAR contro
questa deliberazione. Il TAR aveva poi respinto il ricorso contro
la delibera. La ditta Cega era
quindi ricorsa al Consiglio di Stato (e la discussione è prevista
per il 14 luglio di quest’anno).
Poiché la nuova giunta vuol
presentarsi alle elezioni almeno
con qualcosa di fatto, veniva presentata in Consiglio una proposta di deliberazione di affidamento dei lavori del nuovo Tribunale alla ditta Borrini, pur in pendenza di un ricorso della ditta
concorrente.
La ricostituita maggioranza di
pentapartito, con Tappoggio estemo dell’indipendente (ex liberale ed ex assessore) Rivolo, sin
dal voto per la sua costituzione
ha manifestato problemi di coerenza. Problemi che sono apparsi chiaramente quando, venerdì
21 aprile, il Consiglio è stato chiamato ad affidare i lavori del nuovo Tribunale.
Giorgio Gardiol
INSEGNANTI DI LUSERNA SAN GIOVANNI
Saltiamo il pasto
Dagli insegnanti delle scuole
elementari e materne di Luserna S. Giovanni riceviamo questo
articolo che volentieri pubblichia
mo.
TORRE PELLICE — Venerdì 28 aprile ore 21, presso la sede della Comunità Montana (c.so Lombardini), Angelo Dina, direttore dell'osservatorio sulle nuove tecnologie della FlOM, e
Vittorio Federico, segretario della Camera del lavoro di Pinerolo, parlano
sul tema: il robot fatto a mano: fabbrica, nuove tecnologie, organizzazione
del lavoro. L'Incontro è organizzato
dalla locale sezione del PCI.
« Un sano digiuno...! Ecco cosa ci vuole per avere degli insegnanti sempre in forma! »:
questo è probabilmente ciò che
ha pensato l’amministrazione comunale di Luserna San Giovanni prima di avviarsi alla consueta operazione annuale di « mantenimento e rinnovamento delle
strutture scolastiche territoriali ». Certo non è stato un parto
facile.
Prima di giungere a questa
strategia di azione, ci sono state ore e ore di consulta e di
attento studio. Per capire esattamente questa conclusione è bene, però, risalire alle origini dei
fatti. Erano molti anni ormai
che gli insegnanti della scuola
elementare a tempo pieno e della scuola materna statale di Luserna San Giovanni impegnavano parte delle loro ore di servizio neH’assistenza ai bambini
durante il momento del pasto.
Non solo .svolgevano opera di
assistenza ma, per un tacito accordo con l’amministrazione, espletavano compiti che, altrimenti, avrebbero dovuto essere svolti da personale comunale; raccogliere i buoni, segnare le presenze e servire il pasto ai bambini.
Nessuno aveva imposto queste
mansioni, era stata una scelta
degli insegnanti, che hanno sem
pre ritenuto il pasto un momento educativo, per rendere più
funzionale il servizio. Da sottolineare che gli insegnanti, fino
a due anni fa, hanno sempre pagato il pasto consumato durante il loro servizio. L’anno scorso la circolare del Ministro affermava che gli insegnanti in
servizio durante la mensa non
avrebbero dovuto pagare il pa.sto.
Con notevole tempismo l’amministrazi'One, invece, chiedeva
agli insegnanti di pagare ma,
dopo vari incontri, decideva di
attenersi, per l’anno in corso,
alle disposizioni della circolare.
Quest’anno l’amministrazione ha
cambiato idea e richiede il pagamento.
Ma andiamo con ordine. Ottobre ’88: gli insegnanti ricevono
una comunicazione dal Comune
in cui viene loro chiesto il pagamento dei pasti per l’anno scolastico ’88/’89, compresi quelli
consumati prima di ricevere tale comunicazione. Per chiarire la
situazione si tengono ulteriori incontri, in cui i docenti, pur comprendendo le ragioni esposte dalla Giunta (mancalo finanziamento statale), evidenziano che la
loro collaborazione permette all’amministrazione di risparmiare
l’impiego di personale comunale per la distribuzione dei pasti
e richiedono, quindi, l’esonero
dal pagamento.
Al ritorno dalle vacanze natalizie gli insegnanti scendono in
refettorio e trovano una persona assunta per servire i bambi
In breve
Per una cultura di
pace, solidarietà
e cooperazione
SAN SECONDO — Anche il
consiglio comunale di S. Secondo ha approvato recentemente
la proposta di legge regionale
avente per oggetto « Interventi
regionali per la promozione di
una cultura di pace, di solidarietà e cooperazione fra i popoli » proposta dal comune di
Brandizzo ed illustrata sui numeri scorsi del nostro giornale.
Ufficio di presidenza
Confederazione
italiana coltivatori
A questo punto si scatenavano
i distinguo. Il DC Camusso annunciava un nuovo, probabile ricorso della ditta Cega anche contro questa delibera, ed il DC neoassessore Manduca, per « motivi
personali », diceva di non votare e si assentavano dall’aula.
Il DC Bono, dopo aver annunciato voto favorevole, si rendeva uccel di bosco, nonostante
i richiami delle opposizioni. PLI
e PRI si astenevano, ma restavano in aula per garantire il numero legale. DP e PCI uscivano
per non venire coinvolti in un
« affare di maggioranza ».
TORINO — Il 3° congresso
provinciale della Confederazione
italiana coltivatori di Torino ha
registrato un ulteriore salto di
qualità nel tentativo di costruire
una vera organizzazione « dei coltivatori »; l’elezione del nuovo
ufficio di presidenza (Lodovico
Actis Perinetto, Francesco Amatuzzo. Marco Bellion, Mauro Gardiol, Livio Masera e Valter Zanoni) ha consentito che, per la
prima volta, il presidente fo.sse
un coltivatore diretto e che nel
direttivo fossero presenti tre
coltivatori su sei componenti.
Regione 4
’TORINO — Retequattro trasmette ogni sabato alle ore 23.40
un programma regionale dedicato agli avvenimenti della settimana in Piemonte, dal titolo
« Regione 4 ». Il programma è
curato da Marco Baldasso
Mantenere
il tempo pieno
ni: il Comune ha di fatto riconosciuto il servizio svolto dagli
insegnanti fino a quel momento.
Da allora i docenti si occupano
esclusivamente delle loro competenze e pagano i pasti che consumano.
L’amministrazione continua a
richiedere il pagamento dei pasti arretrati. Si tiene un ultimo
incontro alla presenza anche del
sindacato. Gli insegnanti ribadiscono le loro posizioni e l’amministrazione dichiara, a parole,
di accogliere le loro richieste.
Ma dal dire al fare... ad aprile
gli amministratori inviano un ultimatum: o pagare gli arretrati
0 digiunare.
Gli insegnanti si rifiutano di
pagare e il Comune taglia loro
1 viveri ( non fornisce più i pasti agli insegnanti). A questo punto sono necessarie alcune considerazioni: l’amministrazione ha
agito scorrettamente, richiedendo ai docenti il pagamento dei
pasti consumati nei periodi anteriori alla lettera di comunicazione.
Inoltre ha dimostrato incocrenza, poiché da un lato ha riconosciuto il servizio prestato
dagli insegnanti (infatti è stata
assunta una persona che li sostituisce nel servizio a tavola),
ma dall’altro ha continuato a richiedere il pagamento dei pasti
da settembre a dicembre. Riusciranno i nostri maestri a sopravvivere?
Le assemblee e i comitati dei
genitori dei circoli didattici di
Pinerolo (1° - 2“ - 3® - 4»), Cavour,
Luserna S. Giovanni, Perosa Argentina, Torre Pellice, Vigone,
Villar Perosa hanno indirizzato
una lettera aperta ai deputati e
ai senatori piemontesi chiedendo
loro di impegnarsi affinché la
proposta di legge che abolisce il
« tempo pieno » nella scuola elementare dall’ anno scolastico
’90-’91 non diventi legge.
« Cristo è risuscitato dai morti,
primizia di quelli che dormono »
(I. Cor. 15: 20)
E’ mancato all’affetto dei suoi cari
e di tutti coloro che lo hanno stimato
Giovanni Vezzosi
Desolati, ma fidenti nelle promesse
del Signore, lo annunciano i familiari
tulli.
Roma. 23 aprile 1989.
« Ho creduto^ perciò ho parlato »
(II. Corinzi 4: 13)
In pace ha concluso la sua esistenza
terrena
Neri Ciampiccoli
pastore valdese
Con .speranza ne danno l’annuncio
le figlie Pinzi, con Jacopo, Bìbi con
Paolo, le sorelle Nella, Lily, Marcella,
i fratelli Gustavo e Franco.
La sepoltura avrà luogo sabato 29
aprile, ore 16,30, tempio di Torre Pelliee. Non fiori, ma ofterte all’Ospedale
valdese di Torre Pellice.
Insegnanti scuola materna
e elementare di Luserna S. Giov.
Roma, 25 aprile 1989.
11
valli valdesi 11
LE TEMOIN
ÉCHO DES VALLÉES VAUDOISES
Paraissant chaque Vendredi
rrt», .Ht ttrtt Keim» 1, 8. •ittii.aiii ta r«V.T» attt la ehariU. *m. i». 15.
Proviamo a rileggere,
e ripensare,
quello che scrivevamo..
Cento anni
a cura di Stello Armand-Hugon
fa
Giustificazione
e santificazione
Il cristiano è giustificato, ma
diventa santificato.
La santificazione avviene per
gradi.
La giustificazione no. Si può
essere più o meno santificati ma
si è giustificati del tutto, o non
lo si è affatto.
La giustificazione è raperà di
un attimo. La santificazione è
l'opera di una vita intera.
Gesù Cristo, per noi, è la nostra giustificazione.
Gesù Cristo, in noi, è la nostra
santificazione.
Dio giustifica l'uomo attraverso le proprie opere. Non lo santifica senza di esse. L’uomo non può
fare nulla per la sua giustificazione.
Ma deve fare molto per la sua
santificazione.
L’uomo ottiene la giustificazione dalla grazia di Dio, e la santificazione dalla potenza di Dio.
Nessuno si giustifica di per
se stesso.
Noi tutti ci dobbiamo santificare mediante le forze che Dio
ci dà.
La giustificazione dell’uomo è
compiuta nel momento in cui
egli crede in Gesù Cristo.
La santificazione non ha fine
fin quando durerà la vita dell’uomo sulla terra.
La giustificazione gli dona salvezza.
La santificazione ne segna i limiti.
Un uomo santificato è anche
giustificato.
Ma chi è giustificato non è,
per questo, santificato.
Eleggere
gli anziani
I principali doveri di un anziano sono:
1 ) Condurre una vita esemplare;
2) Esortare gli altri a camminare sulla retta via;
3) Visitare i poveri e gli ammalati;
4) Promuovere la pace e i
buoni rapporti fra le famiglie;
5) Essere discreto e riservato per quanto avviene aH’intemo
del concistoro.
Non penso di sbagliarmi nell’affermare che quasi tutti i diaconi e gli anziani valdesi conducono una vita esemplare agli occhi degli uomini, sia con il loro
dire sia con il loro comportamento. Sanno anche conservare
il segreto sulle delibere del concistoro, quando è necessario. Ma
questo non richiede grande sforzo.
Esortare, visitare, lavorare per
l’armonia sono invece impegni
che richiedono assiduità e abnegazione, cosa che fa si che mol
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ti si defilino, affermando di non
essere all’altezza del compito. Ma
se si accontentano di essere un
buon esempio per il mondo, e
non per il credente, non sono
altro che un inciampo e oggetto
di scandalo!
E’ per questo che desidero di
tutto cuore che anziani e diaconi siano eletti a termine e non
nominati a vita; sono convinto
che coloro che ne sono degni saranno comunque sempre rieletti.
Ricordo di
Alexis Muston
BORDEAUX — Come è noto
l’ultimo Sinodo ha deciso di porre un segno di ricordo e di riconoscenza sulla tomba del past.
dott. Alexis Muston, l’eminente
autore de « L’Israël des Alpes »
che, pur avendo dovuto allontanarsi dalle Valli, ha sempre conservato grande affetto per il paese natio.
Il modesto monumento è stato eretto nei giorni scorsi: consiste in una semplice lastra di
marmo grigio di Chomerac di
cm. 65x125, con su inciso il seguente epitaffio:
A la mémoire
Du Pasteur ALEXIS MUSTON
Doct. théolog.
Chevalier de la Couronne d’Italie
Auteur de l'Israël des Alpes
Né à la Tour le 11 Février 1810
Décédé à Bourdeaux le 6 Avril 1888
Le Synode des Eglises Vaudoises d’Italie
Il marmo è sormontato da
un’urna di ferro bronzeo, fissata alla parete. Il servizio commemorativo è stato tenuto dal
past. F. Mailhet che è stato, per
quasi quarant’anni, collega e amico del nostro compianto compatriota. Il past. Mailhet, alla
presenza di circa duemila persone, cattolici e protestanti, ha predicato sul testo di Apocalisse 14:
13: « Beati i morti che da ora
innanzi muoiono nel Signore »,
per passare in seguito a tratteggiare in modo commovente la
figura dello scomparso.
Grancassa romana
Di tempo in tempo il cattolicesimo sente la necessità di celebrare un certo tipo di vittoria
sul protestantesimo ammannendo
all’opinione pubblica, con titoli
cubitali, le « conversioni importanti ». Questa volta si tratta di
un « barone » di Warendorff che
ha abbracciato il cattolicesimo,
a Roma, ed è il Corriere di Ginevra a battere la grancassa.
Ma ecco che la Gazzetta luterana riporta qualche notizia a
proposito di questa insigne recluta della chiesa romana.
Frédéric de Warendorff, intanto, non è affatto barone. Nato
nel 1840 a Gueldre, educato a
Wesel, è divenuto pastore a Dorlar, nella Prussia renana. Piuttosto stravagante, si allontanò sempre più dai colleghi, che accusava di volerlo ostacolare; celibe, completamente sottomesso a
chi gli organizzava il « ménage »,
si lanciò in speculazioni finanziarie che lo portarono alla rovina; affari poco chiari, o comunque imprudenze commesse nella
gestione di somme a lui affidate
lo costrinsero finalmente, nel
1886, a rassegnare le dimissioni.
Fu anche imprigionato ed era
appena uscito dal carcere quando è passato alla chiesa romana.
Se il clero cattolico vuol prendersi l'incarico di alleggerire il
clero protestante di tutte le persone di tal fatta avrà la nostra
sincera gratitudine.
« Rimpatrio »
TORINO — L’assemblea di
chiesa del 15 gennaio ha votato
un o.d.g. in cui si afferma; « La
parrocchia di Torino sottolinea,
in quest’anno che rappresenta il
40“ anniversario deH’adesione alla chiesa valdese, i sinceri sentimenti di affetto e cooperazione che Puniscono alle chiese sorelle delle Valli ed esprime la
sua adesione unanime alla celebrazione del secondo centenario
del Rimpatrio (...) esprime la
speranza che questa data memorabile sia, per la Chiesa tutta, il punto di partenza per una
vita rinnovata, l’occasione per un
risveglio spirituale che considera più gradito a Dio di ogni altra allegrezza esteriore. Si rammarica di non aver avuto il tempo di contattare le parrocchie a
proposito delle modalità della
celebrazione del bicentenario ma
aderisce senza riserva alcuna al
progetto in via di esecuzione, a
cui parteciperà con una raccolta di fondi aperta a chiunque
vorrà contribuire nel modo _e
nelle proporzioni che ognuno riterrà conveniente ».
La risposta
delle chiese
Pubblichiamo qui di seguito il
secondo elenco (gen.japr. ’89}
delle offerte pervenute dalle chiese relative alla sottoscrizione indetta per il centenario.
Da Lione fr. 58
da Tolone » 61.50
chiesa S. Germano » 1.663.05
» Marsiglia » 475.35
» Torino » 10.566
» Torre » 8.756
» Perrero-Man. » 642.50
dal Missouri (USA) » 70
Tot. fr. 22.292.40
Borghesi e lavoratori
Il costruttore del Canale di
Leith, Conrad Escher, di Zurigo, visitava un giorno gli operai
che lavoravano nel cantiere. Uno
di questi gli disse; « Ah, signor
presidente, se io fossi ricco come lei non verrei certo a impantanarmi in questa melma! ».
Escher ribattè: « Amico mio, il
Signore lo sapeva; è per questo
che non vi ha fatto ricco! ». Fra
quei due uomini chi era il borghese e chi il lavoratore?
Tempo fa, passeggiando nelle
campagne di Zurigo, incontrai in
un campo molto lontano dal villaggio una vecchia al lavoro. Era
piovuto per tutta la mattinata,
il terreno era fradicio, il cielo
minacciava altro maltempo. Impietosito, gridai alla donna:
« Ehi, nonna, deve proprio falciare l’erba con questo tempo? ».
Mi rispose, in tono di rimprovero: « Lo faccio per mio piacere! ».
Se noi avessimo molti operai
come quella donna e molti padroni come Escher le cose andrebbero meglio e la questione
sociale sarebbe risolta...
No al gioco
VILLAR — Il quartiere del
Ciarmis ha deciso, in una recente riunione dei capifamiglia
presieduta dal pastore, di vietare il gioco del gay abbinato ai
balli pubblici. La somma destinata al gioco verrà, d’ora in poi,
devoluta a un fondo destinato
alla manutenzione della scuola
locale.
RAI IN VAL PELLICE
La vita in
montagna
E’ arrivata in vai Pellice una
troupe della RAI della sede regionale della Valle d’Aosta; nel corso della scorsa settimana è stata, con la non desiderata compagnia del maltempo, impegnata a
Rorà; nelle prossime settimane
sarà ad Angrogna.
Quale il motivo di questa presenza?
L’intenzione è quella di creare un film-documento sulla realtà e la cultura delle vallate piemontesi e valdostane; i protagonisti dovrebbero essere gli abitanti, giovani ed anziani, il lavoro ed i ricordi, insomma il
« quotidiano ». L'idea del programma è nata dall'incontro del
giornalista Gianni Bertone con il
regista Giulio Graglia; la diffusione, sulla terza rete, avrà carattere nazionale.
«L’intento — ci spiega il regista Graglia — è quello di individuare gli aspetti più si^ifìcativi della vita nelle valli; si
tratta di un mondo che in certi
casi sembra quasi strappare alla montagna i lembi di terra da
coltivare; un modo di vivere che
si è certamente trasformato rispetto al passato, ma che ancora
esiste. Ciò che vogliamo evitare
è di fare un’operazione che suoni falsa o pseudo-folkloristica ».
Troupe in giro, dunque, per
il Piemonte, cominciando dalla
vai Grana ed ora in vai Pellice;
incontri significativi a Rorà, con
le riprese ai lavoratori della pietra, con chi, come Aldo Morel,
è in grado di raccontare le trasformazioni avvenute attraverso
gli anni, con Giorgio Toum che,
oltre a presentare il museo, ha
saputo situare la valenza di uno
specifico religioso come quello
valdese in un contesto montano per altri versi comune a tutto l’arco alpino.
Fra i vari collaboratori impegnati nella realizzazione del programma, Michele Straniero curerà la scelta delle musiche attingendo nel repertorio popolare regionale, pur se è stata scritta
anche una colonna musicale originale.
Terminate le riprese a Rora,
la troupe si sposta in altre valli
del nord del Piemonte per ritornare, dicevamo, in vai Pellice,
centrando in particolare la sua
attenzione sulla scuola-museo degli Odin in vai d’Angrogna.
P.V.R.
APPELLO
Ciak si gira
Per la realizzazione di alcune
scene di un filmato sul « Glorioso Rimpatrio » Gianna Urizio,
regista di « Protestantesimo », ha
bisogno di un centinaio di persone di diversa età, uomini e
donne.
L’appuntamento è fissato per
domenica 7 maggio, alle ore 14,
al Colle della Vaccera, in vai
d’Angrogna. Vestiti moderni. L’invito è rivolto a tutte le comunità delle valli.
Per informazioni telefonare al
pastore Platone, tei. 01211944144.
r-------------------------‘
I TORRE PELLICE
I
I
I
RINGRAZIAMENTO
c( L’anima mia s’acqueta in
Dio solo »
(Salmo 62: 1)
La moglie e i familiari tutti di
Arnaldo Benech
riconoscenti per le dimostrazioni di stima e di affetto ricevute in occasione
della dipartenza del loro caro, ringraziano tutte le persone che hanno preso
parte al loro dolore.
Un grazie particolare ai pastori Ricciardi e Bellion.
Gallarate - Luserna S. Giovanni,
14 aprile 1989.
« Io ho pazientemente aspettato
VEterno, ed egli s’è inclinato a
me ed ha ascoltato il mio grido »
(Salmo 40: 1)
Il Signore ha chiamato a sé
Emilia Rosa Brusin
vedova Boero
di anni 101
Ne danno il doloroso annuncio
i figli :
Arrigo, Nella col marito e figli;
la nuora Mirtdza con i figli e nipoti;
la cognata Lidia e figli;
cugini, nipoti, pronipoti e parenti tutti.
Coazze, 21 aprile 1989.
« Io alzo gli occhi ai monti...
donde mi verrà Vaiato? Il mio
aiuto viene dalVEterno... »
(Salmo 121)
RINGRAZIAMENTO
« Il dono di Dio è la vita eterna »
(Romani 6 ; 23)
Giovedì 20 aprile ha terminato la
sua vita terrena
Marianna Charbonnier
ved. Bouissa (Mary)
di anni 88
I figli ed i familiari tutti, riconoscenti per la grande dimostrazione dì
affetta, ringraziano coloro che con scritti, pr^enza, parole di conforto hanno
preso parte al loro dolore.
Esprimono un particolare ringraziamento alla dott. Grand, al pastore Pons
ed alla Casa Miramonti (direzione, personale ed ospiti) dove la loro cara ha
trascorso serenamente questi ultimi anni, circondata sempre da tanta comprensione e amorevoli cure.
vaiar Pellice, 21 aprile 1989.
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12
12 fatti e problemi
28 aprile 1989
PENSANDO AD UN DOMANI ORMAI PROSSIMO
Le chiese di fronte ai problemi europei
Il 1993, la data fatidica in cui uomini, donne,
merci circoleranno liberamente nell’Europa senza
frontiere, si sta avvicinando. Gli elettori italiani, il
18 giugno, voteranno anche un referendum per dare
un governo all’Europa.
Ma la soluzione economica e politica è sufficiente per costruire veramente l’Europa? Le chiese protestanti europee raggruppate nell’ECCSES (Comitato ecumenico delle chiese per chiesa e società) forniscono il materiale di riflessione per gruppi singoli
sui vari problemi che occorre affrontare per costruire veramente l’Europa.
Grazie alla collaborazione di Agape, che cura
la traduzione della documentazione, forniremo sul
giornale spunti, interrogativi, per l’approfondimento del problema. Inoltre pubblicheremo brevi interventi di lettori e chiese sull’argomento.
Intanto dobbiamo registrare il primo insuccesso.
La « televisione senza frontiere », primo passo per la
costruzione dell’Europa sociale, è messa in forse dalla
Cooperazione con il Ili mondo
Sommersi dal debito estero i paesi del terzo mondo pagano in interessi
all’Europa più di quanto non ricevano in aiuti - La nostra responsabilità
decisione del Consiglio dei ministri della Comunità
di rinunciare alla proposta di riservare almeno il 60%
della produzione televisiva a realizzazioni europee.
Così facendo si apre la strada ad un assalto delle
produzioni giapponesi e americane al mercato televiviso europeo, con buona pace per le ambizioni culturali degli europei. Sulla questione ha vinto — per
il momento — la lobby internazionale delle produzioni televisive.
(g-g-)
15 MILIONI DI IMMIGRATI
Lo strumento principale dei
rapporti tra la Comunità europea
e il terzo mondo è la Convenzione
di Lomé, che interessa 66 paesi
in Africa, nei Caraibi e nel Pacifico (ACP), con im budget di
8.500 milioni di scudi europei (1).
Sono già in corso negoziati per
la stipulazione della Lomé IV
che regolerà la cooperazione dopo il 1990.
Tra gU aspetti assai positivi
del processo avviato con la Convenzione, e particolarmente a
partire della Lomé III, ci sono
l’eguaglianza tra i paesi ACP e
la Comunità europea, entrambi
parti contraenti di un contratto,
e il fatto che la Comunità non
ha posto condizioni per gli aiuti
o il commercio. Ma questi aspetti sono oggi minacciati. L’idea
principale della Convenzione di
Lomé è di fornire una certa
protezione all’industria e all’agricoltura, entrambe deboli, dei paesi ACP al fine di tenerle al riparo in qualche misura dagli alti e bassi dell’economia mondiale. Ma nella tornata uruguaiana dei negoziati GATT la Comimità sta trattando la graduale sospensione della protezione
dell’economia dei paesi ACP senza consultare gli interessati.
Il dialogo tra la Comunità europea e i paesi ACP sulle politiche da seguire è concentrato
sui problemi dei paesi ACP,
mentre la Comunità deve anche
ascoltare ciò che questi paesi
hanno da dire su questioni comunitarie come l’Atto unico europeo e il 1992. E i condizionamenti rientrano dalla finestra,
perché la Comunità accetta le
condizioni poste dalla Banca
mondiale ai paesi ACP che chiedono l’aiuto della banca per le
loro economie.
L’instabilità della situazione finanziaria mondiale si ripercuote
nelle economie dei paesi ACP.
Va menzionato, in particolare, lo
spaventoso problema del debito
internazionale dei paesi dell’Africa subsahariana. Questi paesi pagano oggi al Nord, in interessi
stQ debito, più di quanto non ricevono in aiuti e il valore delle
loro esportazioni di materie prime verso la Comunità europea è
fortemente calato (2).
Il ruolo della Banca mondiale
e del Pondo monetario internazionale nell’imporre modifiche
strutturali ai paesi africani devastati dalla povertà deve essere
criticamente affrontato dalla Comunità europea e dai suoi stati
membri. Questi stati, che hanno
in mano il 30% del potere di
voto nella Banca mondiale, dovrebbero muoversi in blocco per
eliminare qualsiasi possibilità
che i finanziamenti di Lomé IV
vengano usati per rimborsare i
debiti dei paesi ACP verso la
Banca mondiale e il Fondo monetario internazionle (ovvero il
43% dell’indebitamento totale di
questi paesi). E’ un punto fon
damentale sul quale il Parlamento europeo dovrebbe insistere
fortemente.
La Commissione per lo sviluppo del Parlamento europeo
ha già detto più volte che
c’è una contraddizione tra la
politica dello sviluppo della
Comunità e la sua politica agricola o commerciale. La Comunità da un lato appoggia l’autosufficienza alimentare al terzo
mondo aiutando e incoraggiando
la coltivazione di derrate alimentari e l’attività produttiva e di
commercializzazione dei piccoli
agricoltori (per lo più donne).
Dall’altro la Comunità vende sul
mercato mondiale le sue eccedenze di prodotti alimentari a prezzi che vengono continuamente
abbassati a causa della guerra
commerciale con gli Stati Uniti.
In questo modo le nazioni più
povere subiscono le conseguenze
della guerra tra le nazioni ricche
per il dominio su settori del mercato mondiale. Questa guerra e
le esportazioni sottocosto devono
cessare.
Più fondamentalmente le chiese devono contestare la crescente industrializzazione dell’agricoltura, che sta producendo intol
lerabili costi ecologici e sociali
nel Nord e un potenziale pericolo per più di mille milioni di
agricoltori nel Sud. Il Rapporto
Brundtland, con la sua premessa
ecologica, giimge alla stessa conclusione e riconosce anche che
« l’intervento governativo in agricoltura è la regola sia nei paesi
industrializzati sia in quelli in
via di sviluppo, ed è destinato a
restare ».
Marc Luyckx
CONTRO OGNI INOUINAMENTO
Per l’Europa verde
Includendo nell’Atto unico europeo le questioni ecologiche come tema a sé stante, la Comtmità
europea prende atto solennemente di quella che per tutti è ormai
una preoccupazione fondamentale. L’interesse delle chiese è dimostrato nel processo conciliare
« Pace, giustizia e integrità del
creato ». Ciò che occorre ora è
far compredere all’opinione pubblica, e ai politici, che è indispensabile passare subito all’azione
almeno per ridurre, se non lo si
può fermare, il progressivo deterioramento della vita sulla terra.
La commissione della Comunità
ha affermato che non si tratta
più di sapere se il livello dei mari salirà, ma di quanto salirà nei
prossimi 50-60 anni. Con l’aumento dell’« effetto serra », e il
progressivo scioglimento della
calotta polare, un certo numero
di aree coltivabili a grano cambieranno volto già nel prossimo
decennio.
Oltre al problema dell’« effetto
serra» c’è l’inquinamento. Ogni
anno, per esempio, le navi scaricano illegalmente 150.000 tonnellate di petrolio nel Mare del
Nord e 500.000 nel Mediterraneo.
Si riconosce il fatto che la benzina di cui ci si serve attualmente provoca danni a lungo termine, ma nella maggior parte dei
Lo straniero tra noi
In una Europa democratica tutti i lavoratori dovrebbero avere eguali diritti e doveri
(1) La Convenzione di Lomé prende nome dalla capitale del Togo dove
fu 6rmata la prima volta il 28 febbraio
1975; viene rinnovata ogni einque anni. Non ne fanno parte alcuni paesi del
Mediterraneo meridionale e orientale
(Algeria, Marocco, Tunisia, Egitto, Libia, Siria, Israele, Giordania) che hanno però accordi separati di cooperazione con la Comunità europea, come la
Jugoslavia e alcuni altri (Cipro, Malta, Turchia) che hanno firmato accordi di tipo as.5ociativo. (Ndt)
(2) Dal 1980 al 1987 i paesi legati
all’Europa dalla Convenzione di Lomé
hanno perduto 147 miliardi di dollari
a causa delle fluttuazioni dei prezzi
delle materie prime, una cifra superiore al totale del loro debito estero. {Ndt)
paesi della Comunità si fa scarso
uso della benzina senza piombo.
Le pressioni esercitate sui paesi del terzo mondo perché adottino il modello di sviluppo dei
paesi industrializzati non fa che
incrementare la distruzione delle
risorse naturali. Le esigenze dell’industria, e della sopravvivenza
dei poveri del terzo mondo, fanno scomparire ogni anno le foreste tropicali in aree superiori all’estensione dell’Olanda, del
Belgio e del Lussemburgo. Il discorso dei ricchi che dicono ai
poveri di conservare le loro risorse ha il tono di chi si può permettere il moralismo perché è a
pancia piena.
La questione dell’ambiente non
può più essere vista come compito specifico di un qualsiasi dipartimento della Commissione
europea. Di ogni politica condotta dalla Comunità europea si devono valutare attentamente gli
effetti a breve e lungo termine,
sull’ambiente, all’intemo e all’esterno della Comunità. La Comunità europea deve dare l’esempio, con un’energica applicazione
delle direttive comunitarie esistenti perseguita grazie all’azione
congiunta dei governi, delle pressioni dell’opinione pubblica e del
Parlamento europeo.
Nicholas McGeorge
In Europa occidentale vivono
15 milioni di immigrati. Milioni
di uomini e donne che vivono qui da 5, 10, 15 anni e
anche più. Sono entrati a far
parte in maniera permanente della nostra società, ma in molti casi sono ancora in ima situazione
legale insicura e per molti aspetti non sono trattati su un piano
di parità con i cittadini dello
stato ospitante.
Noi chiediamo pertanto che
per motivi di semplice giustizia
ai lavoratori immigrati che risiedono legalmente in un paese
da almeno cinque anni, e ai loro
familiari e discendenti, venga riconosciuto, quale salvaguardia
contro l’espulsione, il diritto incondizionato di residenza permanente. Questo diritto dovrebbe
essere indipendente dalla situazione occupazionale e dallo stato
civile del lavoratore o della lavoratrice, e includere implicitamente l’umano diritto a vivere in
una famiglia unita, a godere un
trattamento paritario con i
cittadini dello stato ospitante
(pari accesso alla casa, all’addestramento professionale, all'istruzione, ecc.) e il diritto di voto, almeno a livello comunale.
La realizzazione del Mercato
Comune nel 1992 implica l’abolizione dei controlli di frontiera alTintemo della Comunità europea
e rende quindi superflue le attuali restrizioni in materia di visti nei confronti degli spostamenti di cittadini di paesi extracomunitari nell’ambito della Comunità stessa. Ma l’abolizione
dell’obbligo del visto non forni
sce ai cittadini di paesi extracomunitari parità di accesso al
mercato del lavoro degli stati
membro della Comunità. Il movente della negazione di questo
diritto è la paura di una destabilizzazione dell’« equilibrio sociale» degli stati membro, lo strumento è l’imposizione di sistemi
restrittivi di permessi di lavoro
e di soggiorno. I cittadini di paesi extracomimitari non hanno tra
l’altro il diritto di stabilirsi negli stati membro come medici,
per esempio, o come agenti d’assicurazione. Il Mercato comune
non sarà completo senza condizioni uguali per tutti sul mercato del lavoro.
Noi chiediamo pertanto, per
tutti gli immigrati legalmente residenti nella Comunità europea,
parità di accesso al mercato del
lavoro e il diritto di stabilirsi in
tutti gli stati membro. Solo allora avremo un’Europa dei cittadini, di tutti i cittadini.
Alla pari di tutti coloro che
cercano asilo gli immigrati irregolari, inclusi quanti hanno un
visto scaduto, non dovrebbero essere trattati come delinquenti,
detenuti senza possibilità di controllo, privati del diritto di appello ed espulsi senza alcun rispetto per i loro diritti umani.
In un’Europa democratica tutti
dovrebbero essere nel pieno possesso dei loro diritti, in particolare coloro che soffrono a causa
dello sfruttamento e della negazione di questi diritti. Dovremmo poterci sentire fieri di essere
cittadini d’Europa.
Pieter Muller
Per i poveri e i disoccupati
In questi ultimi anni la Comunità europea ha visto crescere
costantemente il suo tasso di disoccupazione, che ha ormai raggiunto il 10,1%. La disoccupazione colpisce i più vulnerabili e ha
causato un drastico aumento delle persone in condizioni di povertà nei paesi della Comunità; la
Commissione europea ha riferito,
nel novembre 1988, che i poveri
sono ormai quaranta milioni.
Il mercato unico europeo che
dovrà nascere alla fine del 1992
viene spesso presentato, in questo contesto, come un rimedio
miracoloso. Ma occorre anche dire che, nonostante la presenza di
un mercato che si va sempre più
rapidamente integrando, e della
ricca cultura sociale che caratterizza la maggior parte degli stati membro, la Comunità si è finora rivelata incapace di promuovere un coerente programma sociale.
Le chiese, per tradizione e do
vere, si prendono cura in modo
particolare di coloro che vengono lasciati ai margini nella nostra società. Ma, al di là della solidarietà immediata che i dimenticati hanno il diritto di attendersi, è anche necessario chiedersi quali siano le cause prime
dello stravolgimento prodotto
dalla disoccupazione. L’elettorato europeo ha diritto di esigere
che tutti i politici responsabili
abbiamo idee chiare su questo
problema. Bisogna esigere che
le priorità dichiarate trovino riscontro nell’azione concreta. E'
questa favorevole a una economia « sana », nella prospettiva
del mercato unico, o pone al primo posto lo sviluppo dell’individuo e il rafforzamento della solidarietà nella Comunità europea?
Marc Leanders
(Traduzione a cura di
Agape)