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Anno IV
numei'o 38
del 4 ottobre 1996
L. 2000
Spedizione in a- P- comma 26
art. 2 legge 549/95 nr, 38/96 - Torino
In caso di mancata recapito
si prega restituire al mittente
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Bibbia e attualità
IMPARARE
AD ASCOLTARE
«Se provassimo a dirti una parola,
ridarebbe fastidio?»
Giobbe 4,2
SAPPIAMO benissimo che la storia
della vita di Giobbe è riempita di
personaggi. Quanta gente parla! Quanti sanno quel che c’è da dire in ogni
momento e su ogni argomento! Un andirivieni di personaggi che la sanno
lunga. Si può pensare al libro di Giobbe come a una storia assurda, qualche
volta allucinante, di gente che parla e
parla e parla. Nessuno, però, trova il
tempo dell'ascolto. È come se ci si trovasse in mezzo a una strada del centro
di una grande città; rumori, grida, il
frastuono dei motori delle automobili,
la musica trasmessa da una radio lasciata aperta a tutto volume, il suono
di un clacson, -il fischio di un .vigile che
dirige il traffico, qualche volta la voce
lamentosa di un mendicante che chiede la carità. Tra queste voci la gente
passa da un appuntamento all’altro: te
voci sono il sottofondo musicale di un
tempo che non ci appartiene più e che
cerchiamo di controllare, a stento. Non
si ascoltano le voci; le voci fanno parte
della vita, come l’aria inquinata, come
la gente che ci incontra, come il tempo
che se ne va e non si ferma.
SENTIAMO parlare, non sentiamo
più nessuno che ci parli e ci interpelli, né domande di aiuto né offerte
di amicizia. Tutto è solo rumore. Ma
se tu cerchi di non pensare soltanto a
te stesso e riesci a capire che vivi insieme a altri, in mezzo a un mondo che
sembra non finire mai, allora ti rendi
conto che il rumore è molto più grande di quanto avevi immaginato. Il rumore assume un suono diverso, le grida sono più forti e anche il ritmo aumenta. Senti il rumore delle armi: mine che esplodono, bombe sganciate da
aerei che passano ad altissima quota,
il crepitare degli incendi. Ascolti ancora: ci sono le grida dei feriti, i lamenti
degli orfani spaventati. Il rumore della violenza ti investe da tutte le parti.
La gente non sa spesso più parlare, sa
soltanto gridare (di paura o di odio,
non riesci neppure a capire bene).
MI fermo un momento. Riprendo
il libro di Giobbe. Il libro mi disturba apche perché i personaggi parlano ma non sono capaci di rispondere. Sono troppo sicuri di sé? sono incapaci di prendere in consideraziohe gli
altri, anche coloro che stanno interpellando? sono sicuri che non ci possono essere modi diversi di pensare?
Non solo gli amici di Giobbe (amici, si
fa per dire), ma anche Giobbe. Gente
che non riesce a confrontarsi, perché
ascolta soltanto se stessa. Giro le pagine del libro, aumenta l'impressione di
disagio. Disagio grande, perché sembra un libro anche per me, con la mia
storia, con le mie pretese, con le mie sicurezze, come se tue io che dialoghianto (dialoghiamo?) fossimo al centro
del mondo. È come se il libro mi aiutasse, con grande insistenza, a capire
che cosa significa l'incapacità di ascoltare: è come setti nón ci fossi più.
POSSO dire anche in un altro mòdo:
se non c’è più la comunità umana,
se non ci sono più i diseredati e i feriti
(ma anche coloro che gioiscono per la
giustizia ottenuta o per la libertà conàuistata), se non ci sono altri accanto a
te, tu non ci sei. Ma se il giorno in cui
tutto quel che c'è intorno a te non è più
soltanto rumore, non è più soltanto un
mucchio di parole senza alcuna importanza ma comincia ad essere
repressione di qualcuno che ti chiede
qualcosa, quel giorno anche tu diventi
tjualcuno; poi, un po’ alla volta, impaterai l’importanza delTascolto.
Eugenio Rivoir
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATOSTE, METODISTE, VALDESI.
L'accordo interconfederale del 24 settembre e la manovra finanziaria .
Maastricht e il lavoro che non c'è
L'operazione di risanamento dei conti pubblici rischia di far aumentare la disoccupazione
Un'Europa di disoccupati è assai peggio di un'Europa con un po' di disavanzo pubblico in più
ADRIANA LUCIANO*
CON l’accordo interconfederale
del 24 settembre e con la presentazione della Finanziaria sono
in gioco due questioni strategiche
per il futuro del paese che nel dibattito delle scorse settimane sono
state spesso presentate in opposizione: l’occupazione e l’Europa di
Maastricht.
Molti i dilemmi che il governo
era chiamato a sciogliere. Grande
la disaffezione dei cittadini abituati da troppi anni a «stangate» inefficaci e ad accordi sindacali disattesi. Sarà la volta buona? Riuscirà
la sinistra al governo dove non sono riusciti i governi precedenti?
Partiamo dalla questione dell’occupazione: la congiuntura favorevole degli ultimi due anni ha mostrato, se ci fosse stato bisogno di
ulteriori conferme, che l’aumento
del Pii non è sufficiente ad intaccare la disoccupazione che nel nostro paese, come sappiamo, è soprattutto giovanile e meridionale.
Da anni si discute e ci si divide
sulle ricette da adottare per far crescere l’occupazione. Da parte sindacale si scommette, non sempre
con convinzione, sulla riduzione
dell’orario di lavoro e sul miglioramento del livello di qualificazione
dei lavoratori; da parte padronale
si insiste sulla flessibilità e sul costo del lavoro. I provvedimenti
presi negli anni passati, frutto di
compromessi tra un sindacato debole e un padrcmato dalla vista
corta, hanno prodotto un sistema
farraginoso di sconti fiscali e contributivi e di rapporti di lavoro a
tempo determinato. Risultato: saldo occupazionale negativo, aumento dei contratti a termine, ulteriore diffusione del lavoro inegolare. L’accordo prevede una razionalizzazione di queste misure e un
loro ulteriore ampliamento.
Le novità maggiori sono rappresentate dalla regolamentazione del
lavoro intermittente e dalla con. trattazione a livello territoriale di
misure idonee a far crescere l’occupazione. Con il primo prowedi
Torino: sciopero dei metaimeccanici dei 27 settembre
mento si introduce anche in Italia
un istituto che consente aUe aziende di disporre per periodi brevi (o
per sostituire lavoratori assenti, o
per coprire fabbisogni temporanei
di qualifiche non previste nell’organico) di lavoratori che vengono presi in carico da agenzie di lavoro
temporaneo. Con il secondo si delega alla contrattazione decentrata
tra le parti sociali la gestione del
mercato del lavoro. Alla contrattazione decentrata è affidato anche il
rilancio della formazione che dovrebbe interessare non soltanto coloro che entrano per la prima volta
nel mercato del lavoro ma anche i
lavoratori occupati. Sull’orario di
lavoro, su cui non è stato raggiunto
* l’accordo, il governo si è riservato di
proporre uria le^e che riduca l’orario legale dalle attuali 48 ore a 40.
Un accordo complesso, privo di
risultati immediati, che per essere
applicato richiede un numero elevato di provvedimenti legislativi e
amministrativi e il concorso di numerosi soggetti (parti sociali, enti
locali, centri di forrnazione, uffici
del lavoro e quant'altro). Riuscirà la
contrattazione decentrata a convertire in nuovi posti di lavoro gli scpnti che verranno concessi alle imprese sul costo del lavoro? Riusciranno
le agenzie per il lavoro temporaneo
a far uscire allo scoperto quote consistenti di lavoro sommerso? Si riuscirà a dar vita a un sistema di formazione continua che accompagni
i lavoratori lungo tutto l’arco della
vita lavorativa rendéndoli più forti
sul mercato del lavoro?
Le condizioni alle quali domande
come queste possano ricevere risposte positive sono numerose e
severe. La prima rimanda aH’efflcacia della legge finanziaria e all’uso
che verrà fatto della controversa
tassa per l’Europa. Se tutto se ne
andrà a far quadrare operazioni
contabili è difficile che si liberino
risorse per dar vita a nuova occupazione. Operazioni di risanamento del bilancio pubblico accompagnate da tagli troppo drastici alla
spesa sociale e agli investimenti
(foto Pietro Romeo)
non potranno che far peggiòrare la
situazione occupazionale anche se
avessiirio la più accorta e intelligente gestione del mercato del lavoro. Un’Europa di disoccupati è
assai peggio di un’Europa con un
po’ di disavanzo pubblico in più.
La seconda riguarda i provvedimenti che verranno presi per la regolazione dei rapporti di lavoro. Se
i nuovi istituti e le nuove norme
proposte dall’accordo (lavoro interinie, nuove norme per l’apprèndistato, contratti di formazione-lavoro) verranno giustapposte alla
giungla normativa precedente se
ne avranno effetti perversi che vanificheranno i tentativi di innovazione. Se non ci saranno le strutture e il personale qualificato per gestire la formazione nessuna legge
sulla formazione continua e nessun incentivo avranno efficacia.
Tutto si tràdurrà in un ennesimo
spreco di quattrini. La sfida è alta, i
problemi urgenti e drammatici.
* docente di sociologia
alTUniversità di Torino
■ Comunione di Leuenberg
Cresce l'unità visibile
dei protestanti europei
Il comitato esecutivo
della «Comunione di
Leuenberg» (un accordo
che stabilisce la piena
comunione ecclesiale fra
91 chiese evangeliche,
prevalentemente europee, di tradizione luterana, riformata e t^ita) e il
Consiglio metodista europeo hanno annunciato, il 18 settembre, di
aver raggiunto un accordo di piena comunione
ecclesiale che significherà, tra l’altro, l’interscambiabilità dei ministri di culto.
L’accordo viene a sanzionare a livello europeo
una collaborazione esistente da tempo, à diver
si livelli, in vari paesi; fra
questi, l’Italia ha svolto
un ruolo pionieristico,
con il «Patto di integrazione» fra i valdesi, di
tradizione riformata, e i
metodisti, sottoscritto
nel 1975. Il raggiungimento della piena comunione ecclesiale fra
metodisti e chiese della
Riforma in Eùropa rappresenta un importante
passo in avanti verso
l’unità visibfle del protestantesimo europeo. I
metodisti europei sono
circa due mUioni; luterani, riformati e chiese
unite contano complessivamente 79 milioni di
fedeli in Europa, (nev)
■ Gerusalemme
Governo Netanyahu e
scuole cristiane in crisi
Il governo conservatore di Ben Netanyahu sta
ihettendo a dura prova
non soltanto i risultati
raggiunti dal precedente
governo laburista, soprattutto riguardo alle
esigenze di pace e sicurezza di Israele, ma anche le numerose scuole
anglicane, luterane, ortodosse e cattoliche romane di Gerusalemme.
Infatti, la chiusura delle frontiere con i Territori impedisce a circa 150
insellanti che vivono in
questa regione di recarsi
al lavoro. «L’insegnamento è praticamente
paralizzato» ha affermato Halim Noujaim, pre
sidente del gruppo ecumenico Scuole cristiane
di Gerusalemme. Nonostante un incontro col
primo ministro israeliano, la situazione non si è
ancora sbloccata e cresce la preoccupazione
perché, ha dichiarato
ancóra Halim Noujaim,
«i giovani che non possono andare a scuola diventano facile preda di
gente di strada poco raccomandabile. L’accesso
all’educazione, invece, e
l’incoraggiamento verso
comportamenti positivi
sono fattori importanti
per la ricercae della pace
e della sicurezza di Gerusalemme». (eni)
LA RICERCA DI SPIRITUALITÀ DEI GIOVANI. I centri di incontro e formazione deh giovani evangeiici sono anche
un iuogo di sperimentazione liturgica
e di ricerca di spiritualità autentica.
Cosi cresce una generazione di credenti responsabili e maturi, (pag. 3)
TANGENTOPOLI 2. Che il sistema tangentizio non fosse terminato lo sospettavamo tutti, ma riscoprirlo con
tanto di dati, nomi e miliardi lascia
comunque l'amaro in bocca. Soprattutto quando viene richiesto un grande sforzo per entrare in tempo in Europa. Ciononostante, non dobbiamo
perdere la speranza né smettere di
pregare e lottare perché, con un
• cambiamento di mentalità, si costruisca una società più giusta, (pag.10)
LA SECESSIONE NON CONVIENE ECONOMICAMENTE AL NORD. Una separazione in due dell'Italia non converrebbe economicamente al Nord
che «esporta» nel Sud molto più di
quanto «importa». Solo con un
profondo rinnovamento morale si
può uscire dalla crisi epocalé che ci
sta davanti. (pag.10)
2
PAG. 2 RIFORMA
All’Ascolto Della Parola
VENERDÌ 4 ^ffNEF
«Ma mettete in
pratica la parola
e non ascoltatela
soltanto, illudendo voi stessi. Perché, se uno è ascoltatore della parola
e non esecutore, è
simile a un uomo
che guarda la sua
faccia naturale in
uno specchio; e
quando si è guardato se ne va, e
subito dimentica
com’era. Ma chi
guarda attentamente nella legge
perfetta, cioè nella
legge della libertà,.
e in essa persevera,
non sarà un ascoltatore smemorato
ma uno che la
mette in pratica;
egli sarà felice nel
suo operare»
(Giacomo 1,22-25)
«Fratelli miei, la
vostra fede nel nostro Signore Gesù
Cristo, il Signore
della glorifi, sia
immune da favoritismi. Infatti, se
nella vostra adunanza entra un
uomo con un anello d’oro, vestito
splendidamente,
e vi entra pure un
povero vestito malamente, e voi
avete riguardo
a quello che veste
elegantemente e
gli dite: “Tu, siedi
qui al posto d’ono^
re”; e al povero dite: “Tu, stattene là
in piedi”, o “siedi
in terra accanto al
mio sgabello”, non
state forse usando
un trattamento diverso e giudicando
in base.a ragionamenti ingiusti?
Ascoltate, fratelli
miei carissimi:
Dio non ha forse
scelto quelli che
sono poveri secondo il mondo perché siano ricchi
in fede ed eredi del
regno che ha promesso a quelli che
10 amano? Voi invece avete disprezzato il povero! Non
sono forse i ricchi
quelli che vi opprimono e vi trascinano davanti ai
tribunali? Non
sono essi quelli
che bestemmiano
11 buon nome che
è stato invocato
su di voi?
Certo, se adempite la legge come
dice la Scrittura:
“Ama il tuo prossimo come te stesso”,
fate bene; ma se
avete riguardi personali, voi commettete un peccato
e siete condannati
dalla legge quali
trasgressori»
(Giacomo 2, 1-9)
«Mettete in praticai Parola e non limitatevij ascoltarla, illudendov( stessi». Giacomo introd, ce uno dei suoi temi pi discussi e forse piùjg brosi per il nostro dii#
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polato cristiano.
-ii Ascoltare, fare: che#
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ASCOLTARE O FARE?
Non possiamo ridurre il discorso di Giacomo a questa contrapposizione
scontata. La questione vera è il nostro rapporto con la parola di Dio
VALDO BENECCHI
.. IVÆ ETTETE in pratica la
« ivi r
Parola e non ascoltatela soltanto». «Siate facitori della
Parola e non soltanto uditori».
Non possiamo ridurre il discorso di Giacomo alla scontata
contrapposizione: non solo ascoltare, ma anche fare. Mi sembra che il suo scopo sia di porre
la comunità, che vive nella diaspora e che' rischia di essere assorbita dalla cultura, dalla religione, dalla morale dell’impero,
di fronte ad alcune domande essenziali per la fede e per la testimonianza dell’Evangelo: qual è
il vostro rapporto con la parola
di Dio? Fino a che punto prendete sul serio l’Evangelo? Che
posto occupa la parola di Dio
nella vostra vita?
chio ha detto sul nostro viso.
Nel corso della giornata non abbiamo più tempo per pensare
alla nostra pettinatura, alle nostre rughe, al viso non ben rasato, al trucco. Abbiamo ben altro
da fare che passare le nostre
giornate allo specchio!
Aggiungiamo un’altra immagine. Passiamo davanti a una
bella vetrina del centro e vediamo la nostra immagine riflessa fra le varie merci, confusa con
i vestiti esposti, i giocattoli, i
computer o altri mille prodotti.
Nella vetrina si riflettono anche
le immagini di altri passanti.
Siamo quasi irriconoscibili.
Uditori distratti
Un'immagine efficace
IN questi brani della sua circolare, Giacomo ci aiuta a
trovare delle risposte. Intanto,
nei versetti 23 e 24 del cap. 1 ci
offre un’immagine molto efficace che possiamo rendere in
questo modo. È mattino, siamo
già in ritardo per andttre al lavoro o a scuola. Un’occhiattina
frettolosa allo specchio e poi via
di corsa per salire suH’autobus o
sulla metropolitana. Dimentichiamo subito ciò che lo spec
SPESSO abbiamo lo stesso
rapporto con la parola di
Dio, cioè quando ci limitiamo a
darle una sbirciatina e non a
farla. Un rapporto senza spessore spirituale, sfuggente, superficiale, episodico, che si dimentica subito. Uditori smemorati, distratti, che pensano sempre ad altro. Ce ne torniamo a
casa dal culto, abbiamo partecipato alla preghiera, abbiamo
cantato gli inni, abbiamo ascoltato la predicazione, abbiamo
partecipato alla cena del Signore, abbiamo dato un frettoloso
saluto alle sorelle e ai fratelli.
Ma poi la parola di Dio non anima, non nutre la vita di ogni
giorno. Le nostre scelte si ispirano a messaggi di altra origine.
Dimentichiamo presto come
ci siamo visti di fronte alla parola
di Dio, dimentichiamo la verità
che essa ci ha detto sulla nostra
vita. Quando poi ci fermiamo un
momento per riflettere, abbiamo
l’impressione di girare a vuoto;
ci accorgiamo che la nostra fede
batte la fiacca, che ci siamo accontentati di una stanca routine
ecclesiastica, improduttiva dal
punto di vista della testimonianza cristiana. Sì, un giorno abbiamo risposto all’appello di Cristo
di diventare suoi discepoli, ma
poi non ne abbiamo ricavato
una diversa comprensione della
vita. Insomma una fede confusa
fra mille altre cose, fra mille proposte, fra i mille prodotti della
religione, della cultura, della politica, a tal punto che è diventata
irriconoscibile.
te ed efficace, più affilata di qualunque spada a doppio taglio, e
penetrante fino a dividere l’anima dallo spirito, le giunture dalle midolla; essa giudica i sentimenti e i pensieri del cuore. E
non v’è nessuna creatura che
possa nascondersi davanti a lui;
ma tutte le cose sono nude e
scoperte davanti agli occhi di
colui al quale dobbiamo rendere
conto» (Ebrei 4,12-13).
Fare la Parola è essere docili
alla volontà di Dio. E proprio per
questo non basta uno sguardo
di sfuggita alle pagine della Bibbia, o la lettura affrettata dei
brani indicati da «Un giorno,
una Parola» o dal «Cenacolo».
Fare la Parola
Preghiamo
Signore, noi ti dobbiarno ringraziare per la tua infinita pazienza, per la perseveranza con la quale ci perdoni e ci segui
con la tua Parola di vita. Spesso noi ti ascoltiamo in modo superficiale, distratto, non ti lasciamo molto spazio nella qostra vita ad incominciare da noi ai quali hai affidato una particolare responsabilità nell'annuncio del tuo Evangelo.
‘ Noi siamo abili a presentarti delle autoreferenze sul nostro
operato, ma ciò spesso nasconde una conoscenza superficiale della tua parola, una scarsa obbedienza alla tua volontà.
Ti preghiamo affinché possiamo finalmente capire che
l'ascolto della tua volontà non è uno dei tanti interessi che si
affollano ai margini della nostra vita quotidiana, non è neppure l’ometto sacro a etti di tanto in tanto facciamo ricorso;'
per soddisfare le nostre curiosità religiose, • ; ,
Fa’ che là tua Parola fecondi la nostra vita, le dia un senso, ^
ci dia il necessario discernimento per riconoscere nella no-'
stra vita e nel mondo I segni della tua presenza su cui co- ^
strube la speranza nostra, dei nòstri figli, del nostro popolo.'
Consolida la nostra vocazione e attrezza con i tuoi doni la
nostra testimonianza. Amen. '
Ma se non fai la Parola il suo
posto sarà occupato da
ogni tipo di mercanzia che ti
sarà contrabbandata per valore
essenziale. Ci facciamo fare la
vita dagli idoli, ci facciamo gestire la vita da altri signori, non
da Dio. «Chi guarda attentamente nella legge perfetta, cioè
nella legge della libertà, e in essa persevera, non sarà un ascoltatore smemorato, ma uno che
la mette in pratica» (1, 25).
Guardala attentamente, scrutala, cerca di capirla a fondo, cerca di farla tua. Non ti accontentare di uno sguardo frettoloso,
di un’impressione superficiale,
di un’immagine approssimativa. Non si tratta di fare una cosa
qualsiasi, ma di rendere operante la parola di Dio. Fare nella
Bibbia è un verbo speciale. «Sia
fatta la tua volontà», diciamo
nel Padre Nostro. «Il mio cibo è
di fare la volontà di colui che mi
ha mandato e di compiere
l’opera sua», dice Gesù (Giovanni 4, 34). Fare la volontà è lasciarsi raggiungere dalla parola
di Dio, lasciarci modellare, lasciarci dire la verità sulla nostra
vita, lasciarci giudicare, vincere,
rinnovare, sopraffare.
Ricordiamo anche le parole
dell’autore della lettera agli
Ebrei: «La Parola di Dio è viven
La centralità della Scrittura
Informatori con il motto «Sola
Scrittura» hanno riaffermato
con efficacia la centralità della
Scrittura e hanno voluto ricordare che essa non è solo un libro sacro da venerare, ma che
per mezzo di essa il Signore ci
raggiunge con la sua Parola e
produce in noi nuova libertà.
Giacomo definisce la Parola;
«Legge della libertà». Bisogna
farla parlare un po’ più spesso e
con maggiore attenzione. Sempre in questa parte della circolare, Giacomo ci dà alcune indicazioni di come fare la Parola: 1,
26-27; 2, 1-9. Una diversa comprensione di sé, della propria vita, chiarezza di giudizi, comportamenti coerenti, onestà e autenticità nei nostri rapporti, ricerca leale del dialogo e della
fraternità, solidarietà con chi è
nella sofferenza e nel dolore, responsabilità per una vita più dignitosa e giusta per tutti. Sapremo farci costruire la vita dalla
Pàrola del Signore? Fino a che
punto sapremo farci mobilitare
dai sUoi progetti? Quanti spazi
nella nostra vita sapremo aprire
alla Parola di Dio?
Le risposte a queste domande
non sono semplici. Anzi, penso
proprio che le risposte non
competano a noi ma al Signore.
E necessario che incominciamo
a parlarne in preghiera e ad invocare l’aiuto dello Spirito Santo affinché dia consistenza e
perseveranza alla nostra fede.
Se questo accadrà, la nostra vita
avrà ricevuto il suo senso più
bello e gioioso.
Secondo di una serie di 4 articoli
m Note •
omiletiche
Leggiamo un altro k,
no della circolare di ?
corno per riceverne afe
interessanti indicaak
utili a consolidare laJ
stra identità di creden^
ad attrezzarci meglio,
evitare di essere assorLi
dallo spirito dell'imp^ :
dalia sua cultura, S '
sua religione. *
sa e piu importante?^
dove iniziare? Seconjj
me questo non è il moft
giusto di affrontarsi
questione che Giacomi
solleva. La nostra rispo^
sarebbe scontata: noms
deve solo ascoltare,
anche fare. Mi sembrali
capire che l'intenzionej
Giacomo sia di farci pomi
la domanda da un alt»
punto di vista: quale è
vostro rapporto con la Hi
rola di Dio? Fino a i
punto la prendete sul
rio? Quale posto occuis
nella nostra vita?
Sei
a
SCRF
que
Giacomo ci offre dsjl
spunti di risposta neli'd
ficace immagine dei ve
setti 23, 24 del capitolol
Questa immagine ci
scrive un rapporto ai
tato, superficiale con:
Parola di Dio e che
dimentichiamo, che)
sto sbiadisce fra le í
proposte che ci asse
ogni giorno. Finiai
trovare altrove l'ispi
ne per le nostre scel
Il fare la Parola di Dio
meditarla attentar^
è cercare di compreiro
a fondo, di farla pfW
lasciarci giudicare. Fafì
Parola è permettergli)'
essa sia operante nei
nostra vita. ii
L'ascoltare e il fareflH
sono né due momeritii
ternativi, né consecutt
ma fanno parte di un Ui
co evento: il nostro pf»
dere sul serio la Parola?
Dio. Giacomo 1, 26-27
2, 1-9 ci offre alcune ini
cazioni di che cosa
dire prendere sul serio!
parola di Dio. E su
vale la pena di sofferritaf
ci. Non si tratta di esorta
zioni moralistiche, malli
modo nuovo di compr®
dere noi stessi, la nostt
vita, i nostri rapporti a*
luce della parola di DÌO;
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Per
approfondi«
- Ed. Thurneysen, L ,
et les œuvres, Delachai
& Niestlé, Neuchâtel
1959. ..
- Franz Mussner, La
tera di Giacomo, Paii^
Brescia, 1954.
- H. Balz e W. Schragi
Le lettere cattoliche, “a
deia, Brescia, 1978. ,
- R. U. G. Tasker, te?
stola di Giacomo,
Gbu, Claudiana, Torin»'
1982.
- François Vouga, <■ r
tre de Saint Jacques-^
bor et Fides, Gin«'' '
1984. . ,3
- Gilberto Marconi, ‘
lettera di Giacomo, 8
Roma, 1990.
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La ricerca di spiritualità d^i giovani nell'esperienza dei centri di incontro
Quando la comunione è contagiosa
/Ve/ nostri centri ci si confronta con la parola di Dio, si prega e si lavora insieme
con maggiore intensità e partecipazione di quanto sia possibile nelle chiese
Fucine di solidarietà, di servizio e di credenti responsabili
bruno GABRIELLI -f
SCRIVO di Bethel. Scrivo di
questo piccolo centro
' evangelico d’incontri e di forniazione sulla Sila catanzarese non, come ho già fatto altre volte, per segnalarne la
'bellezza del sito, per pubblicizzarne i programmi o per
rendere conto delle sue attività. Questa volta scrivo di
IBpthel come di un luogo in
cui va via via moltiplicandosi
il numero delle persone, giovani e giovanissime ma non
solo, che testimoniano di
avervi incontrato Gesù Cristo,
creduto nel Dio d’amore da
lui incarnato e accolto il suo
'spirito nella propria vita, e di
ciò offrono anche dei segni.
Scrivo di Bethel come di un
luogo dove non sono soltanto
nate tante significative amicizie; spesso durature, e naturalmente molti amori, ma so" no anche sbocciate o cresciu
te, 0 hanno compiuto un salto decisivo un bel numero di
vocazioni non meno significative, non meno durature.
Sono almeno decine le storie
che si potrebbero raccontare.
Storie di pastori/e neoconsacrati (tre fra gli ultimi sette
valdesi e metodisti!) che nominano le loro esperienze a
Bethel come momenti importanti del loro itinerario di
fede. Storie di catecumeni/e
che nelle loro confessioni di
fede in vista della confermazione o del battesimo scrivono che «fondamentale è stato
per me» questo o quel campo, perché «ha confermato la
mia idea di un Dio d’amore,
perché mi sono sentito più
vicino alla chiesa valdese di
quanto non lo fossi stata nei
sedici anni precedenti», oppure perché «per la prima
volta nella mia vita mi sono
sentito utile agli altri»; e da
allora si dedicano con entu
piln incontro nel Centro evangelico «Bethel»
lomerili a(
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a Parolai
1, 26-27
ilcune imi
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soffermai;
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i compra»
Í, la nostfl
ipporti all
la di Dio.
siasmo non solo al lavoro di
Bethel, ma anche della loro
chiesa locale, o addirittura
decidono di intraprendere la
strada del pastorato.
Storie di non pochi fra gli e
le attuali studenti, anche
battisti, della Facoltà valdese
di teologia, che a Bethel hanno scoperto i loro doni pastorali, o quanto meno hanno trovato modo di valorizzarli più che altrove. Storie
di giovani e meno giovani
agnostici di famiglia cattolica, atea o anche evangelica,
che si innamorano di Dio e
si mettono a pregare (magari
per poi litigarci, con Dio!) e a
ventidue anni o addirittura a
quarantatrè decidono di prepararsi per la confermazione. Si tratta di storie che per
la prima volta provo a mettere insieme, ma sulle quali
credo sia giunto il momento
di cominciare a riflettere, per
strapparle a un’aneddotica
dal sapore più o meno trionfalistico, ma anche per contrapporle con tutto il loro
peso di pregiudizi purtroppo
ancora assai diffusi sulla
(scarsa?) vita di fede dei nostri centri d’incontro o di
formazione o sulla loro, (presunta?) distanza dalla vita
delle nostre chiese.
Perché Bethel (come Agape, o Adelfia, o Ecumene, o
Santa Severa, ecc.) può certamente essere vissuta da qiialcuno come sémplice luogo di
vacanza o di aggregazione, o
anche come improbabile «isola felice» o addirittura come un’assurda «alternativa»
all’esistenza quotidiana delle
nostre comunità, inevitabilmente tanto meno attraente
nella sua quotidianità e «normalità», ma per molti altri ha
saputo rappresentare un vero
e proprio avamposto di evangelizzazione, fucina dì credenti responsabili che Imparano a cercare nelle chiese
non tanto la pappa pronta,
ma anche e soprattutto il luogo in cuPvivere in solidarietà
con altri fratelli e Sorelle la loro disponibilità alla testimonianza, anche critica quando
necessario, e al servizio.
Sarà perché la comunione,
quando la si vive gomito a
gomito e ventiquattr’ore su
ventiquattro, magari con un
bel gruppo di coetanei, è particolarmente contagiosa; sarà
perché parole come amore e
rispetto reciproco in una comunione così stretta possono
acquistare un sapore particolare, o anché perché i mille
attriti (il più delle volte piccoli, ma talvolta anche dirompenti) che inevitabilmente ne
derivano, si impara per forza
ad affrontarli, per quanto
possibile, subito e insieme;
sarà perché nei nostri centri,
checché se ne dica, ci si confronta cpn la Parola di Dio, Ja
si predica, si prega e si lavora insieme con maggiore intensità e "partecipazione di
quanto sia possibUe nelle nostre chiese. Fatto sta che i nostri centri, come e più di ieri,
rappresentano ancora una
sfida alia quale mi sembra
valga la pena di rispondere
positivàment^. ,
Cercare e incontrare Dio
SANDRO SPANU
UN campo giovani è un
evento. È il tempo nell’
anno in cui fioriscono ie possibilità. Un campo giovani è
un evento non per il luogo in
Cui avviene o per le caratteristiche speciali, ma lo è in
quanto delle persone si incontrano attorno a un tema e
di fronte alla libertà di Dio. È
la possibilità che Dio si presenti davanti a noi o sì nasconda dalle nostre certezze
che fa del campo un evento;
^ tempo disponibile perché
fiorisca il possibile, l’inatteso. A Santa Severa in questi
snni sono venute ragazze e
fsgazzi dal mondo protestante. da quello cattolico e da
quello ateo.
Ciò che come battisti aboiamo voluto condividere
con loro è la possibilità che
ognuno possa cercare ed essere incontrato da Dio. Opuno è in grado di cercare
“lo nel testo hiblìco, nelle
sue parole, negli spazi bian*^hi tra una parola e l’altra
^he sta alla nostra esperienza
ui fede colmare. Ognuno può
^ssere incontrato da Dio, die,0 l’angolo dell’usuale in un
^ogo e in un tempo inaspet-^
telo. La dinamica di ricerca e
te incontro con Dio è un di
, ------solito per rivolgersi
^ insolito di Dio; è una voce
che
rompe il silenzio e alla
$n^e rispondiamo.
.Per questo la dinamica del^ ®°sha fede si concretizza
Uà risposta. Nella risposta ^
nella risposta ai nostri
G . fi! e alle nostre sorelle.
- leme a tutti coloro che si
^no-meontrati a Santa Seveco'^.S'iesti anni abbiamo
Seit percorso di cre
te che si è realizzato in un
lavoro quotidiano di piccoli
gruppi che si sono confrontati con il testo biblico e che
ogni sera hanno proposto a
tutto il campo una meditazione fatta di parole, gesti e
musiche. Anche se a tratti e
sempre mai abbastanza, abbiamo provato a condividere
l’esperienza di fede come responsabilità. È l’esperienza
di prendere molto sul serio i
volti che abbiamo davanti. Se
il nostro rapporto con Dio è
stare di fronte a lui, allora siamo innanzitutto chiamati a
stare di fronte alle nostre sorelle e ai nostri fratelli: di rispondere alle loro esigenze e
ai loro bisogni, di riconoscere
le loro ricchezze.
Domani ci piacerebbe essere ancora di più nel testo biblico. La Bibbia è il luogo delle possibilità, un giardino degli sguardi che si aprono sul
regno dei cieli tra le fronde
delle sue parole, ci piacerebbe prendere delle scelte più
vivaci, più gioiose a favore dei
nostri fratelli e delle nostre
sorelle perché il campo giovani non sia più un evento ma
un momento del nostro quotidiano stare dinanzi a Dio. ,
Esperienze di culto e liturgia
SILVIA ROSTAGNO
SARÀ possibile anche per
noi? Ne saremo capaci?
Spesso ho sentito questo silenzioso stupore pervadere
un’assemblea di giovani a cui
era stato chiesto di preparare
il culto. Sì, la prima domanda, inespressa o espressa, riguarda U senso di adeguatezza. Eppure subito, veloce a
coprire le obiezioni, sale un’
altra domanda,entusiasta:
che cosa posso dire? Mi piacerebbe comunicare in questomodo...
Si apre unò spazio di libertà e di fatica immenso. Per
una volta non ascoltatori, ma
protagonisti e protagoniste
della Parola. Uno spazio di libertà perché la scelta del testo e della liturgia sono processi affascinanti: ognuno/a
ha un suo testo che vorrebbe
approfondire. I giovani si stupiscono per la quantità di
passi biblici che conoscono,
un sapere ignorato e non utilizzato. Ogni scelta è poi la
rappresentazione di quello
che siamo, soprattutto degli
ideali ai quali teniamo di più,
dei «pensieri giusti» che vor
II Villaggio dalla gioventù a Santa
remmo che fossero condivisi,
della nostra fede personale.
Tutti aspetti sorprendenti per
chi prepara un culto per la
prima volta.
Libertà anche perché un
luogo come un centro estivo
permette la ricerca fuori dagli schemi, i tentativi di liturgìe teatrali: come se si assaporasse anche nella lòde a
Dio una modalità più aperta, animata, gioiosa. D’altra
parte anche uno spazio di fatica perché la responsabilità di dare un messaggio è
sentita. I culti nei campi sono preparati con molta attenzione:' nascono dai lavori
di contenuto, sono frutto di
''un cammino di relazioni interpersonali, discussioni e
coinvolgimenti. Spesso l’analisi del testo è complessa,
gli umori riguardo agli esperimenti liturgici mutevoli e
contraddittori. Un’altra fatica, e libertà insieme, è dovuta al fatto che la preparazione è di gruppo. Una grande
palestra di ascolto e di mèdiazione, rincontro di tanti
pensieri e opinioni.
Allora perché questa grande ricchezza non si esprime
di più nelle chiese? Molti degli esperimenti liturgici si
fermano all’episòdio del
convegno o del campo. Si
perdono. Forse sono stati significativi solo in quel contesto, non sono trasferibili in
una nostra comunità senza
la mediazione delle persone
che hanno pensato e agito
queste forme, come se queste liturgie fossero legate così tanto alla sensibilità e alle
Storie individuali da essere
incomprensibili a terzi. Forse questo discorso vale per
tutte le formé di liturgiche,
anche quelle storiche?
\
INVOCAZIONI
Questa liturgia come quella seguente della Santa Cena sono state elaborate durante il convegno della Fgei sul tema
«Ritualità e quotidianità» nell'aprile 1995
(Tra il cerchio di sedie su cui eravamo seduti c’era
una sedia vuota, tenuta libera per Dio. Abbiamo invocato la sua presenza con dei bigliettini posti poi sulla
sedia. Questi sono alcuni fra i testi) ♦
-Vieni, stai in questo cerchio con noi e condividi con noi
questi momenti di campo. Ascoltaci e comunica con noi.
- Sono troppe le cose che non vanno e che vorrei chiederti, quindi mi limito a dire «Signore aiutaci perché da soli
non siamo niente».
- Vieni abbiaino bisogno di te. Vieni! Hai bisogno di noi?
- Dio mio, grazie, sei il mio Signore, aiutami. Stai con me.
Sono debole e non merito nulla. Mio Salvatore, dammi la
fede, dammi la forza. Perdona la mia umanità, ma dopo
tanti anni sono felice di vederti in carne ed ossa. Grazie
perché sei in mezzo a noi.
- Ti chiedo forza, per vivere in coerenza con la mia fede.
- Siamo contenti di stare con te ancora oggi, socialmen
te in questo momento di condivisione. Ti chiediamo gioia,
forza, aiuto, vita, amore. i
- Signore è bello averti tra noi. Fa in modo che io possa
portare ovunque questa tua presenza. Grazie peri momenti comimitari che ci dai. ’
- Guida i nostri pensieri, le nostre parole, i nostri gesti.
- Guidami nel confronto, aiutami a non temere di scoprirmi e fa sì che possa seihpre rimettermi in gioco, amando ed essendo amato per quello che sono. Indicami là strada per trovare ogni giorno ciò che sono e ciò che di ihe posso condividere con l’altro.
- Ciao Signore! Grazie di essere venuto, ti sto seguendo
da un po’, ma non sempre riesco a starti dietro... Insegnami
ad essere come te.
- Mi sento molto^mozionata nel vederti qui, vorrei chiederti tante cose, ma non so da dove iniziare. Prima di tutto
voglio veramente ringraziarti per la possibilità che mi hai
dato di stare qui: saprai meglio di me quanto per me sia importante. Ma in ultimo, ma non meno importante, ti vorrei
chiedere di darmi un po’ di saggezza per prendere questa
grande decisione. Tu sai di cosa sto parlando! Grazie.
- Credo che tu sia qui, ma se me ne rendessi conto di
colpo...mi spaventerei. Credo che tu sia qui perché ci
ascolti e rispondi alle nostre grida. Credo che tu ci chiami
mentre noi ti chiamiamo.
I LITURGIA DI SANTA CENA
I Corinzi 11, 23-24: «Gesù nella notte che fu tradito prese
del pane e dopo aver rese grazie, lo ruppe e disse: “Questo
è il mio corpo che è dato per voi, fate questo in memoria di
me’’». 1
(Il pane viene spezzato e distribuito nel cerchio, passando di mano in mano)
Con questo gesto facciamo piemoria che Gesù si è spezzato e distribuito ai discepoli. <
Con questo gesto ogni volta riviviamo il fatto che Dio attraverso Gesù si spezza e si dà a noi, noi lo riceviamo e ce lo
passiamo, condividiamo rincontro con lui.
■ Capiamo le parole di Gesù «fate questo in memoria di
me» come invito a spezzare noi stesse e noi stessi, a distribuirci agli altri e alle altre, e a ricevere U dono degli altri e
delle altre.
(Per rispondere a questo invito ci alziamo in piedi e
cominciamo a passarci, come prima abbiamo fatto col
, pane.Una persona corniola a rotolare all’interno del
cerchio, passando di braccia in braccia, seguita dopo
poco da un’altra e così via, finché tutti sono tornati al
loro posto nel cérchio)
I Corinzi 11,25-26: «Dopo aver cenato prese anche il calice dicendo “Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue:
fate questo ogni volta che ne berrete in memoria di me.
Poiché ogni volta che voi mangiate questo pane e bevete di
questo calice voi annunziate la morte del Signore finché
egli venga’’».
II corpo e il sangue, insieme, sono la vita. Il corpo senza
sangue è morto. Il sangue fuori dal corpo secca. Il sangue
vivifica il corpo. *
Così il pane che noi siamo, spezzato e condiviso, è vivificato dal vino.
Così le nostre vite, spezzate e condivise, sono vivificate
da Dio, acquistano senso nella relazióne con Dio.
(Il vino viene distribuito nel cerchio, passando di mano in mano).
4
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-PAG. 4 RIFORMA
teologo tedesco di Tubinga ha compiuto lo anni il 12 luglio
Ernst Kàsemann; un «pirata» protestante
VENERDÌ 4 OTTOBRË
Sempre in polemica contro quello che ritiene un cristianesimo imborghesito, ha
dato un contributo fondamentale alla ricerca storico-critica del Nuovo Testamento
HAHS HAFEHBBAéK
..AL regno dei cieli non
aa/Ysì arriva per sentieri
comodi» scrive Ernst Kasemann nel suo ultimo libro
Che porta tin titolo significativo Conflitti ecclesiastici.
La sua caratteristica è stata
queUa di essere un «battitore
libero», spesso coinvolto nelle controversie con una sua
posizione originale e autonoina: partigiano fra i diversi
frontì, un pirata nella chiesa,
un ribelle nella teologia. Il 12
luglio il teologo di Tùbinga
ha compiuto 90 anni.
Non dobbiamo dimenticare che Kasemann è uno studioso di levatura internazionale grandemente stimato. Il
suo contributo alla ricerca
storico-critica del Nuovo Testamento è di fondamentale
importanza. In polemica con
Rudolf Bultmann, il suo maestro di Marburgo, pubblicò
nel 1954 il saggio «Il problema del Gesù storico», un’opera che suscitò un’eco mondiale e che ancora oggi pesa
nelle dispute sul significato
della persona di Gesù. Se la
fede non ha agganci con il
Gesù terreno, non si può evitare che il Cristo glorificato si
perda nel mito.
Kàsemann ha individuato
neU’apoçalittica del primo
cristianesimo ìa «madre della
teologia». E questa è stata la
chiave teologica della sua critica permanente alla chiesa e
alla politica: poiché, nel Risorto, Dio si manifesta come
il Signore assoluto, questo
deve essere l’unico criterio
per la fede e per la politica.
Con il suo commentario all’
epistola ai Romemi di Paolo»
accessibile solo agli esperti,
Kàsemann ha condensato 50
anni di ricerche sull’apostolo
Paolo. Nella sua opera fondamentale in due volumi dal titolo sobrio «Ricerche e riflessioni esegetiche» si scopre il
grande teologo, il pastore devoto, Tecumenista impegnato, mentre l’altra sua opera
acuta e battagliera, «Appello
alla libertà», scritta in ùn periodo di malattia, ci rivela il
suo programma e le sue polemiche di teologo^
Il «Movimento confessante», conservatore in teologia,
lo aveva disconosciuto come
«dottore della Chiesa» e Kasemaim passò dall’elegante fioretto alla sciabola. Nato in
Westfalia, durante il nazismo
era pastore a Gelsenkirchen,
fira i minatori della Ruhr, e fu
uno dei membri della «Chiesa
Ernst Käsemann
confessante» che cercò di
contrastare l’ideologia nazionalsocialista. Ma la lasciò nel
1940, perché gli sembrava
troppo incline al compromesso. Nel 1937, «negli ozi della
cella di un carcere», scrisse
per pesame di abilitazione alla libera docenza «Il popolo di
Dio in cammino». Era stato
incarcerato perché preferiva
stare dalla parte del compagno comunista piuttosto che
del «farmacista bruno».
Ernst Kasemann ha inse
gnato per 25 anni Nuovo Testamento alle Università di
Magonza, Gottinga e Tubinga. Quello che diceva era allo
stesso tempo degno di fede e
urtante. Nelle aule universitarie strapiene portava una
severa disciplina scientifica
e attacchi temutissimi contro quello che riteneva un cris^tianesimo imborghesito.
Quando nel 1967, al Kirchentag di Hannover, proclamò la
fine della chiesa di popolo,
l’evangelismo conservatore
insorse contro di lui boicottando il convegno e bollandolo come seminatore di eresie. Dieci anni dopò minacciò di uscire dalla chiesa territoriale del Wiirttenberg perché il Parlamento di quella
chiesa voleva tagliare i finanziamenti alla comunità studentesca di Tubinga.
«Finché non saremo in cielo, l’appello della libertà sarà
sempre polemico» può essere
considerato come il suo motto. Nel suo ultimo libro, scritto come un testamento per
amici e avversari, va ancora
oltre: «Non è poi detto che il
cielo debba essere considerato come la sfera dove regnerà
rarmonia». Per il novantenne
teologo sarebbe Certamente
troppo noioso. ' (epd)
14 pastori inviano un documento alla Conferenza metodista tedesca
Battezzare Hiambìnì? Controversia fra i metodisti tedeschi
Negh ultimi anni fra i metodisti tedeschi vi sono stati
alcuni pastori e pastore che
hanno affermato di non sentirsi, sul fondamento del
Nuovo Testamento, di continuare nella pratica del battesimo degli infanti. La loro
posizione non è stata accettata daila Chiesa metodista
tedesca che li ha dimissionati. In seguito a ciò 14 pastori
della Chiesa evangelica metodista in Germania hanno
inviato una documento ai
membri della Conferenza
annuale metodista tedesca in
cui dichiarano:
«Siamo colpiti e rattristati
per il fatto che negli ultimi
anni alcuni pastori hanno
dovuto lasciare il servizio
nella Chiesa metodista tedesca, o non sono stati consacrati al ministero pastorale
perché non si sentivano in
coscienza di accettare il battesimo dei bambini. I pastori
e le pastore della Chiesa metodista della Germania sono
tenuti, per l’impegno che
prendono al momento dell’
ordinazione, “ad amministrare i'sacramenti in conformità alTEvangelo” (Ordinamento ecclesiastico, par.
214). Proprio richiamandosi
a questo impegno diversi pastori e pastore ritengono di
non poter più accettare la
prassi attuale del battesimo
dei bambini.
Temiamo che altre pastore
e altri pastori lasceranno la
nostra chiesa se non saremo
capaci di ripensare, senza
pregiudizi e alla luce dell’
Evangelo, al modo di integrare nella nostra chiesa fratelli
e sorelle che non accettano di
amministrare il battesimo* ai
bambini. Sarebbe ancor più
doloroso, perché questi fratelli e sorelle si sentono chiamati al servizio nella Chiesa
metodista di cui condividono
tutti gli altri punti essenziali
per quanto riguarda sia la
dottrina sia la disciplina. Dovrebbero essere sospesi dal
servizio perché per motivi di
coscienza e richiamandosi
alla Sacra Scrittura non si
sentono più di battezzare dei
bambini? Riteniamo che
l’esclusione dal servizio di
una pastora o di un pastore
per i motivi suddetti non troverebbe nessun appoggio nel
Nuovo Testamento. Al momento dell’ordinazione un
pastore o una pastora della
Chiesa evangelica metodista
vengono richiesti di “riconoscere la Sacra Scrittura dell’Antico e del Nuovo Testamento come norma di fede,
di vita e di dottrina’’. Crediamo che sia assolutamente
necessario (innanzitutto per
motivi pastorah) trovare una
soluzione alla questione che
penalizza questi nostri fratelli e sorelle.
Non intendiamo con questo nostro intervento aprire
una discussione teologica di
fondo. Ma, per quanto ci è
dato di comprendere, la nostra chiesa non ha nessuna
necessità di differenziarsi in
'modo drastico da altre chiese, in particolare per quel che
concerne la comprensione
dei sacramenti. E se la nostra
Chiesà oggi in molte questioni importanti phe riguardano
la dottrina e la disciplina già
pratica un’ampia tolleranza
accogliendo diverse posizioni, perché ciò non può avvenire anche per la questione
della comprensione del battesimo? Non si dovrebbe porre a nessun pastore o pastora
raltemativa tra lo sconfessare la propria coscienza o lasciare la nostra chiesa.
Così come nessuno dovrebbe essere costretto a rinunciare alla prassi del battesimo degli infanti sin qui praticata e che in coscienza accoglie. Noi siamo convinti
che le due pratiche possono
coesistere in seno alla Chiesa
metodista: basta che lo accettiamo. D’altra parte ci preoccupa la tendenza affiorata
nella Conferenza generale
della nostra chiesa tenutasi
quest’anno, di inserire nella
(Chiesa metodista gli infanti
in quanto “membri di chiesa
battezzati’’. Si diventa membri di chiesa in virtù del battesimo ricevuto o in seguito
alla confessione personale
della propria fede?
Certamente le questioni relative al battesimo non sono
di facile soluzione per quanto
riguarda la vita delle singole
comunità. Ma noi riteniamo
che nella pratica, là dove un
pastore o una pastora non si
sentano di battezzare un infante, sia possibile accordarsi
perché il battesimo sia affidato al ministro di una comunità vicina. Questa proposta
potrebbe essere accolta negli
ordinamenti della Chiesa
metodista e comunicata alle
chiese. Ciò permetterebbe il
rispetto della libertà di coscienza ed eviterebbe incomprensioni nelle comunità. Ma
non deve accadere che la nostra chiesa licenzi, solo per
questo motivo, pastori o pastore capaci e impegnati nel
servizio». (ernie aktuell)
Copenaghen; un'iniziativa della Sqcietà biblica danese
Un Nuovo Testamento per ogni famiglia
500.000 copie del Nuovo
Testamento in danese sono
state distribuite gratuitamente a circa il 98% delle famiglie di Copenaghen, dal 6
al 15 settembre scorso. Per il
1996, Copenaghen è la «capitale europea della cultura» e
questa distribuzione faceva
parte di una vasta iniziativa
ecumenica in coincidenza
con le celebrazioni legate
aU’awenimento.
Secondo il pastore luterano Morten Aagaard, segretario generale della Società biblica danese, il progetto,
concepito 18 mesi or sono,
era stato accolto in un primo
tempo con scetticismo, e
molti prevedevano che tra il
10% e il 20% delle famiglie di
Copenaghen avrebbe rifiutato la copia gratuita del Nuo
vo Testamento. «In realtà,
soltanto l’l% 0 2% ha risposto “No, grazie" e abbiamo
dovuto fare stampare 30.000
copie in più» ha detto il past.
Aagaard.
La distribuzione, effettuata
dalle chiese di tutta la città, è
stata preceduta da una campala pubblicitaria alla televisione e sulla stampa, e dtill’affissione della copertina
del Nuovo Testamento su
cartelloni pubblicitari sparsi
in tutta la città.
Morten Aagaard ha sottolineato che i mass media danesi avevano parlato molto
della campagna. Per lui, T
aspetto più incoraggiante
dell’iniziativa è stata la cooperazione tra le diverse chiese della città, che tutte hanno
partecipato alla distribuzio- •
ne. «Ogni famiglia ha ricevuto la visita di un rappresentante di una chiesa locale e
non necessariamente della
propria. In alcuni quartieri
un metodista ha distribuito il
Nuovo Testamento a dei luterani, mentre cattolici lo
hanno fatto in quartieri a
maggioranza luterana. In altre zone sono stati i battisti a
coordinare la distribuzione
fatta in comune da luterani e
cattolici. In alcuni casi, per la
prima volta hanno collaborato pentecostali e luterani che
vivevano fianco a fianco da
dieci anni».
^La Società biblica svedese
spera di effettuare una simile
(fistribuzione nel 1998 a Stoccolma, quando la città sarà a
sua volta capitale europea
della cultura. (eni)
'.i
Dal Mondo Cristiano!
Corea del Sud: crescita spettacolare del|(
chiese presbiteriane
l'a/ìi
im
HAN
SEOUL—Le chiese presbiteriane stanno crescendo in
spettacolare in Corea del Sud e rappresentano ormai circat
metà dei cristiani del paese. Lo ha detto Yim Sung Bihn, doc«!
te al Collegio presbiteriano e al Seminario di teologia di Se«
che ha partecipato alla riunione del Comitato esecutivo dell'2
leanza riformata mondiale che si è tenuta a Detmold, inu
mania. Molti cristiani pensano che questa fenomenale cresci
sia una «preparazione divina» alla riunificazione della Coi»
ha spiegato Yim Sung Bihn; infatti, se il paese fosse riunific ^
vi sarebbe un bisogno enorme di pastori per il Nord della
rea. Sui 44 milioni di abitanti della Corea del Sud, oltre 18
lioni sono cristiani: 15 milioni sono protestanti e fra questi
9 milioni sono presbiteriani. Questa moltiplicazione del nc.
ro dei presbiteriani ha provocato un aumento del numero d(
denominazioni. Ci sono ora più di 100 chiese presbiteriane
paese mentre erano circa 50 sette anni fa. Il cristianesimo èst.
to introdotto in Corea da missionari presbiteriani dell’Amerilfto^®
del Nord e questo spiega forse l’influenza del presbiteriana
mo oggi. Due sfide maggiori si presentano oggi alle chiesepi ¡cullo nor
sbiteriane della Corea del Sud, ha spiegato Yim Sung Bihn: de c’®®
nife la loro identità in quanto chiese e, soprattutto, «esprimi
questa identità nel campo della responsabilità sociale». due, tutta
RAle
della Ci
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ire avul
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non solo ;
Svizzera: nasce un comitato ecumenico
contro il progetto di legge sul lavoro
przo ne
senza der
bita confu
litare; il lo
BERNA — Un comitato nazionale ecumenico contro il nu®
progetto di legge sul lavoro si è costituito a Berna. Il comitÉ p’i,iese- i
che riunisce cattolici e protestanti, intende soprattutto essa assic
presente nella campagna in vista del referendum. Le chiese«
no-coinvolte in primo luogo dalla questione del lavoro domej nei su
cale, ma molti altri punti della regolamentazione proposta sot w-ngelo
in contraddizione con le loro posizioni. Le chiese hanno sei
pre denunciato il pericolo del lavoro di notte per la salute e p ^che a a
la vita sociale dei lavoratori mentre il progetto di legge, contro]^ • ' ^
parere del Consiglio federale, sopprime le compensazipni ^
questo tipo di lavoro. Nell’ambito del dibattito sulla disocci^^|.jQ ^.j^g
zione, le chiese si sono pronunciate a favore della coudiviskm-jjjjgQ
del lavoro, mentre la nuova regolamentazione favorisce lo sSljq prom
luppo degli straordinari. Infine le chiese insistono da tei^gjjjQjg j>
sulla necessità di mantenere la domenica come giornata diti- jjq
poso per tutti, non solo per motivi religiosi, ma anche per favo nai
rire la vita familiare, sociale, culturale e associativa. Il corniti ngeg'
ritiene che i preti, i pastori, le comunità cristiane hanno il doì j pg^
re di impegnarsi contro la nuova legge su lavoro. (bip/a^ |gjj gj.g
, ' jiardasse
S Premio metodista per la pace firappon
d\ vescovo sudafricano Stanley Mogoba 'Çca epub
ione; era i
proble
JOHANNESBURG — Il Consiglio metodista mondiale |6lo era 1<
centemente insignito del premio metodista mondiale pei li&iio per
pace il vescovo sudafricano nero Mmutlanyane Stanley M^®ca, ma c
ba. Questo particolare riconoscimento viene conferito p®o, progel
anno a personalità che si siano distinte per la loro azione in ima. Dunq
vore della pace e della riconciliazione. Il vescovo Mogoba sijcacongiu
daH’inizio degli anni Ottanta si è battuto per la riconciliazH^a politic
fra bianchi e neri in Sud Africa, e per questa sua azione sul
carcere; fu anche condannato a sei frustate da ricevere in pi
blico, per aver partecipato a un digiuno per la pace. Il prendi
stato consegnato dal presidente del Consiglio mondiale niel
dista, rev. Donald English, e dal segretario generale della Col
ferenza metodista mondiale, rev. Joe Hale. (world pai ' ‘
lòlitico, 1
tentità e
ilitica, n
io, alme
lità C(
leva tem
Cuba: elezione del vescovo metodista
L’AVANA — La Chiesa metodista di Cuba ha eletto nel mi
zo scorso, in una seconda sessione straordinaria della sua
Conferenza generale, il pastore Gustavo Cruz Diaz come
prio vescovo. La sessione straordinaria è stata resa necess
dal fatto che la VII Conferenza generale, radunatasi l’ai
scorso, non era riuscita a raggiungere, dopo settanta b^i
l3ggi, la maggioranza dei due terzi necessaria per l’elezioi
del vescovo. Quest’anno i 49 delegati hanno raggiunto il
rum al terzo ballottaggio. Il vescovo Cruz ha 43 anni, è sp®
to, con due figli, ed è pastore dal 1978. La Chiesa metodi!
cubana è in crescita: costituita in 9 distretti, conta 110 chif
Aprire
contra
Ißli inizi I
litio e 1
starle
ivista Cot
locali e oltre un centinaio di chiese «domestiche». I in volta
pieno tempo sono 90: attualmente presso il Seminario evai
gelico di Matanzas si stanno preparando al ministero pastofi sg
’ " ’ ■■ ■ (worldpam checomp
iose». E (
le 15 studenti in teologia.
Cina: costruzione della più grande chiesaj
protestante di Hong-Kong
SHENZEN — La più grande chiesa protestante di Citta veffl dedico, E
costmita nella regione di Shenzen, dal Movimento protesta^ ?**51e cr
delle tre autonomie. La costruzione sarà ultimata nella pd^ Me pag
to supera i 3 milioni di franchi svizzeiW Ma pei
vera 1997. Il suo costo supera i 3 milioni di franchi svtzzoij^nuia pgi
terreno sul quale sorgerà la chiesa è stato donato dalle autore ^
provinciali; si trova a 30 minuti dalla città di Shenzen e ® .^ificatii
minuti da Hong-Kong. Non meno di 5.000 cristiani, app^i^'WU’anion
nenti al Movimento delle tre autonomie, vivono nella regioni Tullio V
di Shenzen. Per ora frequentano l’unica chiesa aperta ne di sé,
città, che ha una capienza di 700 posti. Il nuovo edificio, m „ i
/piani, comprenderà una sala principale con una capienz®^^ape, l’^
2.000 persone, una biblioteca e una zona riservata alle stes
per i bambini. Sono previsti corsi di informatica e di in ¡
nonché «la scuola domenicale per i bambini». (bipw“ _ echi de
«“1 avevo I
’ “Ohdo»j
I Francia: raduno degli evangelici zigani Jjiuro ia
DAMBLAIN — 30.000 zigani si sono ritrovati ^ista^I
scorno sjdla pista dell’ex aeroporto di Damblain, nei ^po ¿c
partecipare al raduno annuale organizzato dalla *®àdentp
evangelica zigana di Francia. Le celebrazioni si sono ®y®.^hfjp;f?®ll’epoc5
to un immenso tendone. Come di consueto sono stati P*essa al*
ti molti battesimi, segno evidente della vitalità di Questt - g
sa, membro della Federazione protestante di Francia, eh
ta circa 400 pastori ed evangelisti itineranti.
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PÁG. 5 RIFORMA
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Quando nel 1976 accettò la candidatura al Senato aveva già in mente il suo programma politico: l'amore
Tullio Vinay: un senatore della Repubblica veramente indipendente
l^atnore è una questione che non riguarda soltanto la sfera privata, personale; riguarda anche la sfera pubblica e politica
Per questo l'amore non è solo la motivazione dell'Impegno politico, ne è anche contenuto, linguaggio, progetto
l'amore non fa calcoli, per questo Vinay andò in Senato
hamiebo la valle
Tra le glorie del Senato
della contestatissima «prima Repubblica», c’è quella di
mërod^vere avuto un senatore co‘ ■ me Tullio Vinay. Caso unico:
simoèstiJnon solo perché era un pa
ìU’AmeiSltore protestante. Che al Se
'iteriandlnato sedesse un ministro del
:hieseolculio novità:
Bihiu dei c’era stato Luigi Sturzo, che
’eraun prete cattolico. Ambedue, tuttavia, «laici»; né per
né per Vinay si sareb• be potuto parlare di una prenico feeiiza c ericale. di una indebita confusione tra trono ed
0 (Ilare; il loro problema, al Se•1 iato, era la comunità italiaro li nubi Jq stato, non la Chiesa, o
1 comital [g ^ese; il loro movente era
atto esse; passione civile. L’unicità
chiese m di vinay non era nemmeno
o domai jjgi suoi discorsi entrasse
postasoa ¡¡Vangelo, o addirittura citasanno sea|jgia Bibbia; questo capitava
che a altri cristiani, con
jggiore 0 minore coerenza,
pipili pt^unicità di Vinay stava nel
itto che il suo programma
ilitico (politico, dico, e non
ilo programma di vita) era
^i’iffiore, l’agape, nel signifiato radicale e globale di
lesta parola, che qui non è
:o necessario illustrare.
Per Tullio Vinay l’amore
lón era una questione che rilardasse la sfera personale,
i rapporti privati tra le perone; era una questione poliica e pubblica; l’amore era
problema politico; non
»lo era la motivazione, alino per lui, dell’azione polca, ma contenuto, linguag[o, progetto e fine ciella poli;a. Dunque non era un’etilogoba^cacongiunta o sovrapposta
icUiaziiBalla politica, era il criterio del
ilitico, la definizione dell’
mtità e dello statuto della
litica, nel suo ordine proio, almeno con la stessa leità con cui Cari Schmitt
teva teorizzato la contrap
alutee
e, conto
iazipni
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della Colli
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I coniugi Vinay ai cuito a Riesi con ii past. Panascia (settembre 1984)
posizione amico-nemico come criterio del politico e il
conflitto come suo statuto e
sua norma.
Nonostante la solitudine
che questo comportava, e 1’
apparente inefficacia di questo agire «impolitico» nel
cuore di una politica ben altrimenti frequentata (il potere certo non lo stava a sentire), Vinay ebbe amicizie fortissime in Senato, e soprattutto tra i più laici, a cominciare
da Carlo Galante Garrone cori
cui, nel gruppo della Sinistra
indipendente, sembrava fare
coppia fissa. La sua è stata
pertanto più che una testimonianza di radicalismo evangelico, è stata un’alternativa
politica; del resto in molte
delle cause che sono state le
sue (il Vietnam, la lotta contro i missili), la storia alla fine
gli ha dato ragione.
Ma tra i risultati anche visibili delle sue scelte, vorrei qui
dire che lo stesso evento della rottura dell’unità politica
dei cattolici, nel 1976, con
l’ingresso di numerosi cattolici in Parlamento come indipendenti nelle liste del Pei,
probabilmente non si sarebbe prodotto se Vinay non fosse stato con loro e non avesse
deciso per primo.
Quando Luigi Petroselli e
"Marisa Rodano vennero a
trovarmi per offrirmi la candidatura a Roma, a nome di
un Pei che voleva dare prove
di apertura, io risposi che ciò
avrebbe avuto senso solo se
si fosse trattato di una scelta
limpida e visibile cji un numero significativo di persone
che, conosciute per la loro
identità cristiana e la loro
estraneità aU’ideologia comunista, avessero potuto
motivare in. termini rigorosamente politici e di bene comune la presentazione in
una lista, come ebbe poi a dire soavemente il vescovo Bettazzi, «inconsueta». Il Pei fu
d’accordo garantendo una
piena indipendenza parlamentare.
La ragione di bene comune
stava nel fatto che a nostro
giudizio, senza una rottura
della pregiudiziale anticomunista, che teneva fuori dalla
democrazia e dallo stato ormai un terzo dell’elettorato,
rappresentato dal Pei, la democrazia non avrebbe più
potuto funzionare e sarebbe
finita in tragedia. La rigidità
del nesso, consacrato da un
preteso obbligo religioso, tra
unità dei cattolici. De, contrapposizione ideologica ai
comunisti e loro esclusione
politica, faceva sì che solo attraverso la rottura, anzitutto
simbolica, di tale nesso, corresse la possibilità di una ripresa e continuità della democrazia. Si sa come poi sono andate le cose; la tragedia
c’è stata, con le Br e l’uccisione di Moro: ma la democrazia
è sopravvissuta integrando il
consenso con la corruzione,
fino a che la storia ha preso
un’altra direzione, lasciando
le rovine che sappiàmo.
Era dunque legittimo e necessario, nel ’76, cercare là
via di una soluzione politica e
pacifica alla crisi, prefigurando altresì una meno mgloriosa fine dell’unità politica dei
cattolici. Ma in una riunione
riservata che facemmo alla
Badia Fiesolana, presso Padre Balducci, la maggioranza
dei presenti, interp'ellati
sull’opportunità di procedere
su questa strada, dopo una
appassionata discussione
concluse con un parere negativo. Pur comprendendone le
motivazioni, alcuni di noi
non ne furono persuasi. Nel
viaggio di ritorno a Roma,
c’era pure Vinay, soppesammo di nuovo tutte le ragioni,
ripensammo al dramma italiano, ci dicemmo che forse
stavamo per chiudere una
possibilità. A tarda notte, prima di lasciarci, dicemmo a
Vinay che se lui avesse accettato, lo avremmo fatto .anche
noi con lui. Disse subito di sì.
A noi che eravamo ancora intenti a misurare i prò e i contro, mostrò una caratteristica, quasi sempre ignorata,
della decisione. La decisione
non è complicata, è semplice. L’amore non fa calcoli.
Andò così la vicenda dei
cristiani non democristiani
che nel 1976 entrarono allaCamera e al Senato, con l’idea die la RejJUbblica potesse essere salvata.
Un «ingenuo» in Parlamento
Riportiamo la conclusione
della «Postilla» che Carlo Olíante Garrone ha scritto al libro di.
Tullio Vinay «L'utopia del mondo nuovo» (Claudiana, 1984).
CABLO CALANTE GARRONE
Tullio vinay, ih senato
enei gruppo della Sinistra
indipendente di Ferruccio
Farri, ha sempre e soltanto
«ragionato con la sua testa»,
con una onestà intellettuale e
un rigore morale; che non di
rado hanno «conquistato»
(anche se non nel voto finale
delle leggi!) amici di gruppo e
avversari politici. Si soffermi
il lettore sugli interventi parlamentari di Vinay, saggiamente compresi nella raccolta (...), e ne avrà conferma.
Sono interventi, per l’appunto, diversi da quelli che ricorrono, di norma, nei resoconti
parlamentari: interventi che
ad alcuni potranno anche apparire venati di candore e di
ingenuità (ma come non ricordare che anche. Piero Calamandrei parlava di sé come
di un «ingenuo in Parlamento?») e che tuttavia (o proprio
per questo) offrono il fedele
ritratto e la limpida «misura»
dell'uomo.
(...) Quanti, dopo avere a rischio della vita salvato números! ebrei dai campi di sterminio, avrebbero avuto il coraggio morale, nel ricevere
un’onorificenza dai superstiti
di un popolo perseguitato, di
indirizzare un così accorato e,
al tempo stesso, fermo rimprovero ai persecutori del popolo palestinese?
Mediti il lettore sul
discorso pronunciato da Tullio Vinay il 21 aprile 1982
n'eU’Ambasciata di Israele a
Roma, e sulle parole che ne
suggellano la conclusione;
«Attendiamo che Israele riconosca nella politica quotidiana la sua vera vocazione per
darne un segno alle altre nazioni... Attendiamo questo da
Israele, ina ci vuole prima un
capovolgimento completo
della sua politica verso i vicini. Sì, Israele antesignano di
un mondo nuovo, non ripetitore delle barbarie delle altre
nazioni. Su questa linea avrei
molto da dire. Mi fermo qui.
Questo vostro segno di affetto, lo chiamo così, quaranta
anni fa non avrebbe avuto bisogno di questo chiarimento.
Ora era necessario perché'
non si pensi, in alcun modo,
che dimentico gli oppressi, '
per convenienza o anche per
semplice cortesia».
Cì ha lasciati
Fernanda Vinay
Già gravemente ammalata quando circa un mese
fa morì Tullio Vinay, il 29
settembre ci ha lasciati anche la moglie, Fernanda
Teodori.
Di padre cattolico, ma
nr»n praticante, e madre tedesca e luterana molto fervente, Fernanda riceve una
protonda educazione religiosa, frequenta la Chiesa
valdese di piazza Cavour a
Roma; qui conosce Tullio,
si sposano e. nel sono
mandati a Firenze dove
nascono i loro due figli Giù
e Paola. Con le leggi antisemite del’38 e poi con la
guena iniziano il loro pericoloso impegno a faVore
degli ebrei.
Nel Natale del ’44 Fernanda si prende una tubercolosi da contagio, è grave
e viene trasportata, su una
jeep scoperta, fino a Milano e poi all’ospedale di Pomaretto dove rimarrà per
nove mesi. Nel dopoguerra
partecipa ai progetti cotnunitari di Agape e Riesi.
»ta ^,
on«o|«may è stato e ha vissuto come «un uomo di una sola parola», e la sua parola era agape
PIERA ECIDI
A prima volta che ho intcontrato Tullio Vinay era
^11 inizi del ’91, lui era già
Khio e malato. Andai a inistarlo a casa sua per la
come prfj
necessi
asi 1'
Ita balli
l’eleziol
Ito il qi
i, è spoi
r^onfronti: inauguravo
I nastoOT‘ «Incontri», di volta
ario colloquio con un
n nastorii^°“®8gio di fede diversa o
rldnarM^ aperto a temati
P complessivamente «reli• ® avrei potuto
Chl6S3.- ^®inciare, se non da colui
06 fu definito un «profeta
61 nostro tempo»? Era da
.«.ni K Riorto mio padre, un
«mi RiR profonda
rotesW henté cristiano, e io con
Zaé lì pagine forse reagivo a
svtzzeifJfiella DprHita u hj.
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P^idita. Sentivo il biWo di dare voce a tante siiticative testimonianze
^a^oredi Dio.
L ® “1 ad, «uomo di una sola
iB9« ^ parola era
¡In P®’ l’amore di Cristo, 11
?li®sso della sua prima
pietra, tra i cieli e i
delle valli valdesi. Di
evo sentito parlare «nel
intr *1battaglia
0 la guerra del Vient
'Iflsti’®«'* impegno pa
per la sua scelta di
inrio senatore indiiieii'^”^® Relle liste del Pei,
della «svolta» imgiiSf c ®1 PRrìito da Berlin9 Dip „adesso stava di fronte
’ ®®duto nella poltrona
del suo studio, dove l’avrei rivisto molte altre volte.
Non era un intellettuale,
non era un politico, anche se
aveva scritto, parlato, combattuto. Il suo sguardo e il
suo cuore non erano rivolti
alle cose del mondo, a cui
pure fermamente partecipava, ma a Dio. Era un uomo di
una nettezza e di una semplicità incredibili. Era quella
cosa rarissima che io definisco «un uomo di Dio». Uscii
da quell’incontro profondamente toccata. Credo di aver
pianto, non so se di ringraziamento e di lode, di troppa
pienezza. Quando si ha la
fortuna di incontrare qualcuno in cui il segno divino è
impresso in modo particolarmente forte, non si può se
non rendere gloria.
Con mio grande stupore e
gratitudine, quando uscì l’intervista ricevetti un biglietto
affettuoso di Tullio Vinay.
Iniziò così un rapporto molto
bello e molto ricco. Quando
potevo, tra una riunione e
l’altra a Roma, lo andavo a
trovare. Parlavamo di tante
piccole e grandi cose, con lui
e con la forte e bella compagna della suà vita, Fernanda.
Lui mi seguiva ogni tanto con
una parola scritta, un commento, un messaggio che mi
erano di straordinario aiuto e
conforto. Aveva uno sguardo
di tenerezza per me, forse
perché venivo «dal mondo» e
da «quel» mondo politico in
cui lui èra entrato coir un
cammino inverso al mio.
Volli intervistare anche
Fernanda, per un 8 marzo. Il
grand’uomo aveva avuto vicino a sé una semplice, grande
donna come «aiuto convenevole». A modo mio volevo
rendere giustizia a quel ruolo
importantissimo della moglie
di pastore, un ministerio veramente di coppia, soprattutto nelle passate generazioni,
e che forse noi donne di oggi,
nella nostra combattiva ricerca di identità non abbiamo
sufficientemente valutato e
riconosciuto,
L’ultima volta che incontrai Tullio Vinay doveva essere l’8 o il 9 agosto, poche settimane prima della morte.
Eravamo al campo giovani di
Santa Severa e Paolo Landi,
anch’egli «agapino» della prima ora, di quei ragazzi che si
erano portati le pietre sulle
spalle e che ora continuava a
seguirlo con devozione filiale, ci disse che Tullio Vinay,
da qualche tempo ospitato
con Fernanda in una casa' di
vacanze sul lago di Braccianò, àd Anguillara, diceva che
voleva tornare a Roma dopo
ferragosto, perché voleva
«morire nel suo letto». Se una
persona come Vinay diceva
una cosa simile, voleva proprio dire che si sentiva alla fine. Così andammo a trovarlo.
Stava sul bel prato verde di
fronte al lago, su una sedia a
sdraio, con Fernanda. Erano
mollai mesi, quasi un anno,
che iton lo vedevo ed era
molto deperito, fragile. Gli
occhi azzurrissimi come
specchi di cielo che mi avevano tanto colpito la prima
volta erano diventati grigi,
appannanti daila debolezza,
infossati. Si spegneva piano
piano, consumandosi. Parlò
della propria morte, usando
sempre il plurale come riguardasse ancl^e Fernanda,
del funerale, di come non voleva si ricordasse altro se non
la Resurrezione.
Parlò dei figli, dei nipoti. Si
preoccupava che la testimonianza della fede arrivasse fino alle ultime generazioni. Erano tutti discorsi che
non gli'avevo mai sentito fare. Ascoltavamo, commossi.
Con lui era impossibile d(ire
le solite cose che si dicono
per incoraggiamento ai malati. Le pietose bugie, le mezze verità. Tutto si seccava in
bocca, come ovvietà e banalità impronunciabili. Viveva
in una dimensione di verità
in cui era impoèsibile barare.
Ci parlò ancora della costruzione di Agape, che aveva sempre nel cuore, e soprattutto dell’epopea della
calce, di come era stato difficile imparare a farla. Quasi
un armo prima, andandolo a
trovare a Roma, gli avevo domandato se aveva scritto le
sue memorie e lui mi aveva
risposto di no. Ne fui sconvolta: se fossi statai Roma,
se l’avessi saputo prima, se
se se. Era troppo tardi. Ormai. Un uomo straordinario
se ne andava, lasciando soltanto le cose fatte, mentre io
avrei voluto che si sapesse
molto di più, che si conservassero anche emozioni e intenzioni, per la storia. «In fede morirono tutti costoro, mi
venne in mente la sorte di
fanti altri “uomini di Dio”,
senza aver ricevuto le cose
promesse, ma avendole vedute e salutate da lontano...».
L’incompiutezza, il limite come condizione umana: stranamente questo mi consolò.
«Non arriverò all’autunno»
disse ancora Tullio Vinay
quel pomeriggio, e ancora
parlò di resurrezione, con
gioia: a me scattò una molla
di protesta, umana, troppo
umana: «Quando morirai tu,
pastore Vinay, a me dispiacerà molto» gli dissi. Voltò la
testa con uno sguardo sorpreso, affettuoso ma un po’
severo. Avevo detto qualcosa
di troppo? Mi chiesi. Vennero giù all’improvviso gocce
violente di pioggia. Aiutai
Fernarda a sollevarlo per le
ascelle, per rifugiarci sotto il
portico. Era diventato leggero leggero, come di carta velina. Ho ancóra il senso di
quel peso fragile sulle dita.
Strascicava a fatica i piedi di
ventati troppo grandi nelle
scarpe scure, adesso che lui
era diventato così piccolo,^
inerme. Quei piedi che già
mi avevano colpito, calzati
negli scarponi da montana,
nella fotografia storica della
predicazione ai giovani di I
Corinzi 13, sulla pietraia di
Frali, prima di iniziare l’impresa di Agape. Quella posa
determinata, testarda che
sembrava dire «io di qua non '
mi muovo».
Forse adesso Tullio Vinay
era stanco. Il jiastore allievo
si congedò cori virile determinazione dal pastore maestro. Lui si alzò per abbracciarlo, fortemente, senza parole. Abbracciò anche me
con forza, ma io non mi sentivo per niente virile e avrei
voluto dire ancora tante cose, e avrei voluto piangere.
Mi voltai ancora a guardarli
dall’auto, sotto il portico,
mentre era tornato il sole.
Non mi riuscì di vederlo.
«Non lo vedrò più», mi dissi
mentre l’auto partiva. Il 1°
settembre eravamo ad Agape
per l’insediamento del nuovo direttore. Presi una ctirtolina e la scrissi ai pastori Tullio q Fernanda Vinay. Venne
all’improvviso un temporale
nerissimo, e io fui presa da
terribile angoscia e stanchezza, tanto da dovercene
andare. Ho pianto molto
quando il giorno dopo Tullio
Vinay moriva.
6
PAG. 6 RIFORMA
VENERDÌ 4 OTTQBRf
La crisi della Olivetti e la sua esperienza industriale originale
Luomo e non il profitto al centro delllmpresa
Nella tradizione Olivetti il profitto andava reinvestito per il bene della comunità
La miglior «ricchezza» che può produrre l'impresa è quella dei posti di lavoro
ANGELO ARCA
L> ARIA che in questi giorni
si respira a Ivrea e nel
Canavese è pesante. La gente, i dipendenti della Olivetti,
i molti (non per loro scelta)
ex dipendenti sono disorientati. Un riferimento per il lavoro, per la cultura, per i rapporti sociali, per lo stile di vita nel territorio non esiste
più; la «ditta», così chi ci lavorava chiamava l’azienda
Olivetti, sta scomparendo.
Per chi ha vissuto a Ivrea e
ha un minimo di memoria è
evidente il bilancio negativo
della gestione De Benedetti.
Un patrimonio di uomini e di
conoscenze, di strutture produttive e di idee è distrutto;
questo è quanto lascia l’ingegner De Benedetti.
Con la dismissione di attività, la chiusura di stabilimenti, la cessione di immobili, l’immensa riduzione di
personale che sono state le
caratteristiche della gestione
De Benedetti, la Olivetti non
è neanche riuscita a pagare
utili agli azionisti. Le notizie
degli ultìmi giorni sono note
a tutti: dopo una frenetica serie di sostituzioni nell’alto
management (presidente,
amministratori delegati, direttori generali che vengono
sostituiti e si dimettono nel
giro di pochi mesi), giunge la
notizia di possibili frdsi nei
bilanci. Si parla ancora una
volta di ristrutturazioni, di
scorpori, di cessioni o di
chiusure dì attività con gli
«inevitabili» tagli di personale da effettuarsi su una forza
lavoro che nel Canavese è
scesa (i dati sono purtroppo
approssimati) dai circa 20
mila dipendenti del 1978 (arrivo di De Benedetti) agli attuali 6.500.
La gente a Ivrea è disorientata. L’idea, l’immagine che
qui avevamo della «ditta» è
quella della Olivetti di Camillo e Adriano Olivetti. Ricordo
alcuni pensieri di chi della
Olivetti ha avuto la responsabilità per più di mezzo secolo, facendo in quei cinquant’
anni progredire l’azienda in
termini di occupazione, mercato e profitto, malgrado
momenti di grandi difficoltà
quali la prima guerra mondiale, al crisi economica del
’29 e la seconda guerra mondiale.
'In un suo scritto del 1919
Camillo Olivetti così si esprimeva: «La mentalità di un industriale che voglia meritare
tale nome, dovrebbe essere
quella di un produttore e di
un organizzatore, non quella
di uno speculatore. Lo scopo
preciso che un industríale deve prefiggersi è quello che la
sua officina produca molto
bene. L’idea del guadagno deve passare in seconda linea
(...). Il produrre bene è difficile, ma è l’unico modo realmente onesto e sano e a lungo
andare anche il più profittevole. Questo metodo è poco
apprezzato da molti che si
chiamano industriali perché
hanno investito dei capitali
nelle industrie e sono esponenti di banchieri che nelle
industrie altro non vedono
che un affare; ma questi più
che industriali sono affaristi e
(...) questi loro metodi affaristici a lungo andare conducono a disastri finanziari le industrie che li seguono».
E al figlio Adriano, nel
1926, sempre Camillo diceva:
«Tu puoi fare qualunque cosa
in questa azienda tranne licenziare qualcuno per motivo
dell'introduzione di nuovi
metodi perché la disoccupazione involontaria è il male
più terribile che affligge la
I lavoratori della Olivetti alla manifestazione torinese dei metalmec
canici II 27 settembre
classe operaia». La concezione del profitto di Adriano
Olivetti non era restrittivamente contabile. Egli aveva
una concezione sociale del
profitto che investiva tutto U
sistema in termini di stabilità
e di dinamismo globali: il
profitto era per lui qualche
cosa di più che la remunerazione del capitale, era il segno tangibile della economicità della gestione e andava
reinvestito per il bene della
comunità. Adriano era un
Idromotore della produzione
e non im procacciatore di affari e di buone combinazioni
speculative.
A questo modo di essere
imprenditore De Benedetti
ha contrapposto il suo. Il «Sole-24 Ore» del 27 maggio
1984 riferisce di un suo intervento alla Bocconi, nell’ambito di un corso sul tema
«Immagine e strategia aziendale». Ifispondendo a una serie di domande sulla Olivetti,
De Benedetti dice fra l’altro:
«Cominciamo con il dire che
sono due epoche diverse. Prima il professor Coda ha detto
(foto Pietro Romeo)
che fra Adriano Olivetti e De
Benedetti non c’è nulla in comune. Non lo so. Io non ho
conosciuto Adriano Olivetti.
Penso che non ci fosse niente
in comune». E più avanti: «Al
management erano state date
in pasto delle cose alternative
rispetto ai valori, a mio parere fondamentali soprattutto
per il top management, che
sono la responsabilità di far
funzionare quella macchina
che ho definito un insieme di
uomini e di mezzi per creare
ricchezza. Poi magari gli dici
che l’azienda esprime una
cultura, ma queste sono normalmente delle palle che vengono raccontate per dare un
contenuto sostitutivo all’essenza del messaggio fondamentale (...). Non può però
diventare il piacere principale, non può diventare l’obiettivo: se lo diventa vuol dire
che abbiamo indirizzato volutamente, o non volutamente, un’azienda a fare un altro
mestiere e il manager a fare
un altro mestiere».
Certo il mestiere dell’imprenditore è difficile, ma è
forse più facile quello del cassaintegrato, dell’extracomunitario clandestino, di chi lavora senza la certezza di lavoro per il domani, di chi perde
il lavoro, di chi non trova lavoro? Queste sono le domande che la comunità valdese di
Ivrea, ben radicata nel tessuto sociale del territorio, si è
posta: con ripetuti interventi
nello scorso anno, una lettera
aperta all’ing. De Benedetti,
un dibattito su «Fede e economia» abbiamo cercato di
manifestare la nostra posizione e di coinvolgere le componenti politiche, sindacali ed
ecclesiali sulla grave situazione che colpisce il territorio in
cui il Signore ci ha chiamati a
vivere. Questi nostri richiami
si sono purtroppo calati in un
contesto di disorientata ras
segnazione.
Nostro compito, non facile
in quanto controcorrente, è
quello di continuare a predicare con fede e speranza in
questa che per tutti sembrava essere, e non è più, un’
isola felice, l’agape di Dio
che nel concreto pone l’uomo e non il profittò al centro
anche dell’interesse delle
imprese; il passato della Olivetti ha dimostrato che questa utopia era possibile. Gli
uomini sembrano non volerlo ma, ancora una volta controcorrente, siamo chiamati
a sperarlo.
Al nuovo management che
assume la responsabilità della Olivetti e che è chiamato a
«creare ricchezza» (era una
frase sovente usata daH’ingegner De Benedetti) dobbiamo ricordare la «ricchezza»
più grande per l’uomo di oggi, che consiste nella possibilità di trovare un lavoro e nella certezza di conservarlo.
Lo sciopero dei metalmeccanici
Rispettare gli accordi
GIORGIO GARDIOL
Da sei anni non accade
va un fatto simile. Eppure i media ne hanno dato
conto in tono minore. Nella
giornata di venerdì 27 settembre i metalmeccanici
hanno scioperato per 8 ore
e in 250.000 sono scesi nelle
piazze d’Italia. Motivo dello
sciopero: il rinnovo di un
contratto sulla base di una
richiesta di aumento mensile di 262.000 lire.
La controparte, la Federmeccanica e la Confindu‘stria, sono disposte a riconoscere un aumento di
182.000 lire. La differenza è
dunque di 80.000 lire. Apparentemente si tratta di
una differenza su cui è possibile trovare un compromesso, per cui molti si sono chiesti se fosse veramente il caso di indire uno
sciopero come quello, riuscito, di venerdì scorso.
In realtà la questione non
è le 80.000 lire, quanto il rispetto degli accordi del 23
luglio 1993 che hanno inaugurato un nuovo metodo
nelle relazioni industriali
tra sindacati e padronato,
basate su un politica concertata dei redditi dei salariati. In base all’accordo i
contratti vengono rinnovati
ogni due anni sualla base
dell’inflazione «programmata» e del «recupero della
differenza tra l’inflazione
reale e quella prevista nel
biennio precedente»: questo su base nazionale. Vi sono poi gli aumenti legati alla produttività del lavoro
che vengono negoziati a livello della singola azienda.
Qui tra sindacati, Federmeccanica e Confindustria
ci sono modi diversi, e risultati diversi, per calcolare
questi aumenti Concordati.
I metalmeccanici chiedo
no quindi al governo
re l’interpretazione auteig >
ca dell’accordo del "
’93, della cui applica^
si era fatto garante e cL'
rientra anche nei —
tí
mi del governo t^ro®
industriali poi arriva il m).
nito del segretario dei
talmeccanici Uil, Luigi ^
geletti: «Sappiano ché^
non rinsaviscono, nellj
prossime settimane chie^
remo a Cgil, Cisl e Uil dii
sdire gli accordi del 23 k
glio». È una richiesta;
equità perché dal ’94 ad 01
gi, ha ricordato ancorai^
geletti, «la produttlvii|iy
metalmeccanici è crescili
del 14% mentre i salad:
meno della metà».
Gabriele Albertini, pi«
dente della Federmeceai]
ca, subordina però ogni as
cordo a una ri dazione d ■
costo del lavoro «in grado] "
riequilibrare la distanza'co l
i concorrenti internazicw'
li». Gli industriali aspetto) ;
i provvedimenti annunci
dal governo in questo caii ■
po per valutare il costo ìli i
contratto e si dicono p j
disponibili a sopportareti ì '
aumento vicino al 20% doj i
oneri per il lavoro.
Si avvicina perciò il peÉ '
do «dell’indennità di vacai 'S
za contrattuale» prevista h
gli accordi di luglio e uni
tunno «caldo» di scioperi;
agitazioni. Sempre che '
intervenga il governo, ni
per una mediazione magi : ^
un’interpretazione delle#
gole dei rapporti sociaÌi;ÌÌ
imprenditori e lavorato
Regole che non possonpi
sere messe in questiopi|
seconda se le cose sianoj
sitive 0 meno. Due i
metalmeccanici le hann||
spettate e hanno firn
loro contratto «senza un'oq
di sciopero» e l'industnilli
continuato a tirare.
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In vista di una prossima legge organica sull'immigrazione
L'associazionismo vuole un confronto reale con il governo
ANNE MARIE DUPRÉ
Gran parte delle associa
j
zioni che operano nel
campo dell’immigrazione da
tempo collaborano fra di loro in modo molto positivo e
questa «ollaborazione ha
portato a proposte legislative
qualificate e condivise da tutte. L’attuale governo ha operato in questo campo, anche
nel corso dell’ultima reiterazione del decreto sull’immigrazione avvenuta qualche
giorno fa, non tenendo conto
dell’associazionismo nel suo
insieme ma consultando di
volta in volta solo alcune sue
componenti.
Rispetto a tale decreto l’associazionismo aveva fatto
molte proposte di modifica
organica che il governo non
ha preso in considerazione,
mentre dall’insieme dei problemi attualmente insoluti ne
ha captato uno e ne ha fatto
oggetto dell’unica sostanziale
modifica del decreto che è
poi quella che ha fatto molto
parlare nei giorni scorsi. Si
tratta di una modifica dell’articolo 5 del decreto che prevede il rilascio di permesso di
soggiorno per un anno nel
caso di extracomunitari, prostitute o persone dedite ad
attività illecite, che denunciano i propri sfruttatori collaborando attivamente con gli
inquirenti,
(iome associazioni che lavorano nel campo dell’immigrazione, noi riteniamo che
la nuova disposizione potrebbe certo essere in qualche modo utile, ma ci appare
di difficile attuazione particolarmente se.non si inserisce in una proposta più organica di recupero delle situazioni di irregolarità. Nel caso
specifico la cosa dovrebbe
svolgersi così: nel caso di una
prostituta, ella deve prima fare la sua denuncia in questura contro chi la sfrutta, poi
la questura deve interpellare
il giudice e, dopo parecchio
tempo, le sarà rilasciato il
permesso di soggiorno.
Ciò avverrebbe solo nel caso in cui le sue dichiarazioni
fossero valutate di «eccezionale rilevanza per l’individuazione e la cattura dei responsabili». In questo periodo di attesa la donna vivrà in
grave rischio perché non è
protetta, quindi può essere
maltrattata, mandata via o
anche uccisa dalle organizzazioni criminali. Essa è infatti l’anello debole e questa
procedura non la protegge
abbastanza, dunque andrebbe perfezionata perché così
com’è, credo, servirebbe a
ben poco.
A frónte di queste situazioni estreme che ovviamente
vanno anche affrontate, rimangono invece senza risposta tutta una serie di casi di
irregolarità che sono molto
meno problematici. Pensiamo alle persone di servizio
che lavorano presso anziani
o comunque presso famiglie
che non hanno la possibilità
di pagare loro i contributi, 0
quegli immigrati che per motivi economici 0 per mancanza di informazione rispetto alla legge non hanno
Roma
potuto, a suo tempo, regolarizzarsi. Nell’ultima reiterazione del decreto inoltre non
è stata migliorata sostanzialmente la parte peggiore, ossia l’articolo 7, che parla delle espulsioni. Dunque, va bene che il governo operi attivamente sull’immigrazione, non va bene che lo faccia
senza collegarsi in modo
funzionale con coloro che,
operando concretamente nel
campo dell’immigrazione,
hanno da tempo concordato,
presentato e sono pronti a
discutere, proposte legislative organiche complete.
Attualmente comunque il
governo si sta muovendo anche per varare una legge organica sull’immigrazione,'
idea che noi valutiamo molto
positivamente, anche se non
sempre concordiamo sul me
todo. È infatti in preparazione un decreto da parte del
Consiglio dei ministri che istituisca una commissione di
governo che prepari la proposta di legge. La composizione della commissione nel
testo proposto di tale decreto
non ci convince molto, prima
di tutto perché mancano rappresentanti di ministeri, che
sono comunque interessati al
fenomeno dell’immigrazione
(ministero della sanità, dell’
istr^ione e delle pari opportunità), e poi perché all’interno della commissione ci sembra scarsa la presenza di esperti che'non siano di provenienza ministeriale.
Abbiamo espresso queste
perplessità in una lettera che
come associazioni di area religiosa e non, abbiamo mandatò al ministro della solidarietà sociale, Livia Turco, e in
quel contesto abbiamo anche
formalmente chiesto un tavolo di confronto permanente che consenta una reale
collaborazione fra governo e
associàzionismo prima, duranti e dopo l’elaborazione
di una legislazione organica.
Speriamo che rincontro che
chiediamo, e che speriamo
possa awènire per l’inizio di
ottobre, inauguri un tempo
nuovo di effettiva collaborazione fra governo e associazioni, in cui avviare un dialogo nel merito delle modifiche
da apportare al decreto attualmente in vigore, sia in sede di dibattito parlamentare
sulla sua conversione in legge, sia di una sua eventuale
reiterazione alla scadenza.
In memoria
È morto padre
Renato Brescia
Il Servizio rifugiati e
granfi della Federazione
le chiese evangeliche in B
ci comunica il suo dolore]
la morte di padre Re® ]■
Bresciani e il ricordo del (
sua figura e della sua op f
Missionario comboidanOi» ]
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fioedizione in a.p. comma 26
^2 legge 549/95 - nr. 38/96 - Torino
caso di mancalo recapito al prega reetituire
al mittente presso l'Utflcio PT 'Torino CMP Nord.
L’Editore si Impegna a corrispondere il diritto di resa.
Fondato nel 1848
Sono quasi conclusi i lavori di ristrutturazione della stazione ferroviaria di Lusema San Giovanni. Dopo la definitiva chiusura della biglietteria, con la difficoltà a gestire gli
spazi circostanti, l’amministrazione comunale aveva avviato con la società Metropolis, che gestisce le stazioni e le loro-aree per conto delle Fs, una serie di contatti volti a rivitalizzare la stazione stessa. Un’apposita convenzione regola i
rapporti fra Comune e Ferrovia; nella stazione sta sorgendo
un bar (inizialmente si era parlato di un «bar analcolico»
poi le scelte sono state diverse) e la Pro Loco trasferirà lì i
suoi uffici garantendo anche il servizio di vendita dei biglietti a fasce chilometriche. Insomma un bel recuperò per
tutta la città: c’è da augurarsi che anche altre stazioni possano far registrare questo tipo di iniziative.
■; I ■ .1
Delle Yaui
VENERDÌ 4 OTTOBRE 1996 ANNO 132 - N. 38 LIRE 2000
Il mese di settembre, con la
ripresa delle attività nelle
chiese, sembra opportuno per
lanciare una modesta proposta migliorativa dei nostri
culti, a proposito del canto.
Alle Valli ci sonò tante e validissime corali e altri gruppi
con la passione per la musica
e il canto. Stranamente, invece, nelle assemblee riunite la
domenica mattina si stenta a
cantare non dico bene, ma almeno in modo dignitoso e
gioioso.
Dopo gli anni in cui si è
molto discusso del culto,
spesso stiamo tornando a culti quasi interamente condotti
dal pastore o pastora, al massimo con il contributo di chi
legge i testi. Forse il canto è
considerato un contorno al
UN'A DIMENSIONE DA RISCOPRIRE
IL (ANTO
MARCO ROSTAN
«piatto forte» del sermone,
ma nella tradizione protestante esso è invece un momento
forte di lode al Signore e di
proclamazione evangelica.
Spesso vedo fratelli e sorelle
che hanno timidezza nel far
sentire la loro voce, quasi
fosse di disturbo, altri vorrebbero cantare ma non conoscono la melodia o non leggono
le note. Ma, come il pastore
prepara il sermone e l’organi
sta la musica, non sarebbe
possibile preparare il canto?
Senza grandi sconvolgimenti
e con la disponibilità di un
«maestro di canto», nei dieci
minuti che precedono l’ingresso del Concistoro e in cui
la gente prende posto, si potrebbe imparare ogni domenica almeno un inno. E, nello
stesso culto, ripeterlo un paio
di volte, utilizzando le diverse strofe. Tra l’altro se, come
è auspicabile, ci saranno nuovi inni e melodie, bisognerà
impararli: dunque perché non
cominciare con quelli più familiari, che tuttavia cantiamo
spesso trascinando il ritmo?
Quantp alla corale, che in
molte chiese partecipa periodicaniente al culto con un suo
brano, è auspicabile che i coralisti vengano al culto anche
quando non c’è l’obbligo canoro e contribuiscano a cantare anche nelle 4 voci: non
sarebbe meglio avere dei culti
nei quali l’assemblea risponde con piena partecipazione
collettiva al canto degli inni,
anziché canticchiare malamente al seguito dell’organo,
salvo poi avere una volta al
mese un perfetto brano eseguito soltanto dalla corale?
Vini del Pinerolese
Tutela Doc
al via
il Consorzio
Il Consorzio di tutela Doc
«Pinerolese», dopo aver nominato suo presidente il sindaco di Bricherasio, Emilio
Bolla, ha avviato la sua attività istituzionale. E infatti il
momento di verificare con
tecnici e produttori vitivinicoli le proposte di regolamento
attuativo della doc e l’adesione dei produttori al consorzio
di tutela; ciò è stato fatto mediante una serie di incontri
nelle varie realtà interessate.
Intanto il comitato nazionale della «Denominazione di
origine dei vini» ha approvato la nuova denominazione di
origine per i vini «Canavese»
e «Pinerolese». Per il Pinerolese la denominazione è stata
poncessa ai vini barbera, boharda, dolcetto, freisa, doux
d’Henry, ramìe, dosso e dosato. L’autorizzazione, rivolta
ai singoli produttori e alla
Cantina sociale di Bricherasio, riguarda 35 Comuni, di
cui due in provincia di Cuneo
e tre Comunità montane, per
una superficie complessiva di
circa 500 ettari.
A questo punto dell’operazione i produttori hanno tempo 45 giorni, a partire dal 12
settembre, per l’iscrizione
provvisoria agli albi dei vigneti. La proposta di denominazione di origine controllata
per i vini ih questione era stata avanzata dalla Provincia di
Torino, ma si tratta indubbiamente di un significativo riconoscimento per tutta un’
ärea, di estensione non indifferente, che nell’ultimo decennio ha saputo puntare su
una vinificazione di qualità, a
partire dalle metodologie di
produzione della materia pritt)a. Il successo delle produzioni della Cantina sociale di
Bricherasio, sfociato nell’esigenza di individuare nuovi
spazi per produzione e stoc®^aggio del vino, è un ulteriore
segnale di vitalità di questo
settore nel Pinerolese.
A colloquio con Enrico Tron, della Fim-CisI, dopo lo sciopero del 27 settembre
Occupazione, futuro incerto nel Pinerolese
PIERVALDO ROSTAN
T recentomila occupati in
meno in 8 anni a livello
nazionale, 45.000 in meno
nello stesso periodo nel solo
Piemonte; aumenti contrattuali che non vengono riconosciuti, potere di acquisto per
le famiglie che si è dunque ridotto: queste alcune delle ragioni che hanno portato migliaia di metalmeccanici in
piazza venerdì per uno sciopero che ha avuto per controparte non tanto il governo
quanto gli industriali. Anche
dal Pinerolese si sono recati a
Torino alcuni pullman con gli
operai in sciopero; fra di loro
Enrico Tron della Fim-Cisl di
Pinerolo.
«Siamo scesi in sciopero spiega Tron - perché mentre
le regole stabilite con l’accordo del 23 luglio '93 e successivamente ribadite con il
contratto del luglio ’94 stabilivano nuove modalità di contrattazione (nuovi posti di lavoro in cambio di un contenimento del costo del lavoro,
premi di produzione nelle
aziende che facessero riscontrare utili significativi.
Striscioni dei lavoratori pinerolesi per le vie di Torino II 27 settembre
ndr) a tutt’oggi constatiamo
che il salario reale degli operai si è indebolito a fronte di
grossi guadagni fatti registrare dalle aziende negli ultimi due anni».
Visto il quadro" generale e
le motivazioni dello sciopero,
come si colloca il Pinerolese
sotto il profilo occupazionale
e delle sue prospettive? «Abbiamo vissuto negli anni ’9294 una forte contrazione di
mercato con le aziende che
ne hanno anche approfittato
per "svecchiarsi”, a volte a
ragione a volte a torto - con
tinùa Tron -; si sono lasciate
a casar persone dotate di
professionalità sempre meno
richiesta a chi lavora a macchine sèmpre più avanzate,
privilegiando i contratti a
termine-che offrono sgravi fiscali e dunque minor costò di
manodopera. Si può comunque dire che tra Skf, Beloit,
Merloni, Boge oltre 1.500 lavoratori sono stati lasciati a
casa; nello stesso tempo altrettante persone sono state
assunte con contratti di formazione lavoro o contratti a
termine., Si apre però un pro
blema: certo è stato importante che dei giovani abbiano
trovato occupazione ma adesso ci sono elementi di preoccupazione: la contrazione del
mercato che sembra profilarsi pone pesanti interrogativi,
tant’è vero che le aziende non
confermano i contratti a termine. Ci sono comunque ancora aziende a rischio nella
nostra zona; chi fa parte
dell’indotto Fiat potrebbe risentire di una crisi del mercato dell’auto. La fabbrica
che fa il monoprodotto per
Fiat, come la Boge o altre, è
soggetta ai movimenti del
mercato. C’è anche chi ha
realizzato la mobilità ma non
la riorganizzazione aziendale: la SIf lo sta facendo per
linee di prodotti, anche la Beloit potrebbe andare su questa scelta: ci si muove in sostanza almeno in ambito europeo. Questo vuol dire che
un determinato prodotto potrà essere fatto in parte in
Italia e in parte magari in Inghilterra, a seconda dei costi
e delle tecnologie: ciò che
conta non è più la singola
fabbrica ma il gruppo con i
responsabili di settore».
E sempre difficile immaginare quale
possa essere stato il modo di vivere
alle nostre Valli nel passato più o meno
recente. In genere mancano ricerche precise su questo tema: tuttavia, qua e là,
quasi casualmente, si può raccogliere
qualche indicazione interessante. Nella
relazione sullo stato della chiesa, delle
scuole e dei fondi della diaconia che veniva trasmesso annualmente, a cura della
Tavola, al Comitato vallone di Olanda
che sosteneva soprattutto le scuole, possiamo leggere, relativamente alla chiesa
di Prarostino, la seguente osservazione.
«Le nostre assemblee sono abbastanza
numerose in quanto, malgrado l’ampliamento del nostro tempio avvenuto alcuni
anni or sono, esso è sempre riempito dagli
uditori, tranne, tuttavia, i mesi di luglio e
agosto. Dato che a quell’epoca la maggior’
parte dei miei parrocchiani, quelli che
possiedono minori mezzi finanziari, si recano nella pianura del Piemonte per allevarvi partite di bachi da seta e per la mie
IL FILO DEI GIORNI
UN TEMPO...
BRUNO BELLION
titura, non possono frequentare le nostre
sante assemblee» ( 1837).
Nello stesso anno il pastore di Bobbio
segnala che nella sua chiesa «le cose
vanno abbastanza bene, se si eccettuano
alcuni casi che si possono trovare in
qualsiasi chiesa». Le assemblee di culto
«e soprattutto quelle delle domeniche di
comunione (quelle domeniche in cui viene celebrata la cena del Signore) sono
molto frequentate, tuttavia i culti che si
tengono durante la settimana sono poco
seguiti, il che può essere determinato in
parte dalla distanza che separa il capo' luogo da molte frazioni e dal tipo di la
voro di un popolo di pastori. Vi si supplisce con riunioni particolari cui si potrebbe dare il nome di culti di famiglia».
Abbiamo quindi un quadro che si è
probabilmente mantenuto fino all’avvento della meccanizzazione in agricoltura e
alla scomparsa dell’allevamento del baco
da seta. Così come la pastorizia nelle zone più montuose è certamente diminuita
rispetto all’epoca cui si riferiscono queste note. Altre interessanti osservazioni
si ricavano talora sul sorgere e lo svilupparsi delle industrie locali, tessili, che lavorano la seta o il cotone.
Così si osserva che esse richiamano
molta mano d’opera dai paesi limitrofi,
persone verso cui spesso la chiesa mostra
diffidenza, in quanto portatrici dì una
cultura e di un’etica diverse. O perlomeno i pastori evidenziano i difetti di queste
persone che provengono dall’estemo, per
sottolineare, la loro disapprovazione verso atteggiamenti che, almeno in parte,
sono presenti anche presso i valdesi.
In Questo ,
Numero
Jt.
Turismo
Sono sempre più numerose le richieste di visitare Torre Peffice e ì luoghi
della storia valdese. Per far
frónte a questa esigenza di
turismo «qualificato» stato
stati attivati da qualche
teinpo corsi di formazione
per accompagnatori. Ne
parliamo con Tori Rochat,
che si occupa della formazione e dell’accoglienza.
Pagina II
Servizi sociali
L’ultimo Consiglio della
Comunità montana Chisone e Germanasca ha affrontato la questione dei'
servizi socio-assistenziali:
si è discusso in particolare
della proposta di creare un
nuovo servizio residenziale per portatori di handicap
ihtelletti'vo q psicofisico.
Pagina II
Perosa Argentina
Il Comune è già gemellato con quello francese di
Plan-de-la-Tour, al quale
lo unisce la radice linguistica provenzale; ma già si
pensa, spiega'il sindaco
SüvamíBertalot, ad avviare un rapporto di collaborazione con una nuova’/
realtà cittadina, più lonta-^
nat'potrebbe essm; un Co-^
mime della Bosnia oppure^
della Bielorussia. J,
Pacrna I^
Ungulati
Sono una delle maggiori .
preoccupazioni per gli '
agricoltori e gli amministratori delle valli alpine:
gli ungulati, con il crescere
di numero, non solo rovinano i campi, ma'possono
essere anche portatori di
malattie trasmissibili agli
animali domestici. Se ne è
parlalo in un convégno a
Pracatinat (Fenestìrelle) il
28 setti^bre. ^
Pagina ÌÉ.
8
PAG. Il
E Eco Delle "^lli \àldesi
venerdì 4 OTTOBRE W
FESTA DELL’UVA A PRAROSTINO — Per due giorni il
Comune di Prarostino dedica feste, danze, esposizioni
^l’uva. Si inizia sabato 5 alle 21 con la musica e i balli con
r «Orchestra campagnola», si prosegue domenica 6 con la
mostra dei prodotti agricoli, artigiani e commerciali, alle
9,30; a seguire la visita alle cantine di Prarostino, le gare alle bocce e con la balestra e altri giochi antichi presentati dai
Balestrieri di Roccapiatta. Dopo il pranzo (costo lire 20.000)
alle 14,30 inizio della vendita dei prodotti agricoli locali e
sfilata di carri allegorici con partenza dalla borgata Rocco.
Durante la matìifestazione sarà possibile visito« il museo
della viticoltura e le mostre fotografiche «I matrimoni di
Prarostino » e «Prarostino in fiera». Per prenotare visita alle
cantine e pranzo si può telefonare al numero 0121-500128.
TORRE PELLICE; RITROVATA UNA DONNA PERSA
NEI BOSCHI — Volontari del soccorso alpino, vigili del
fuoco, carabinierii volontari dell’antincendio boschivo, unità
cinofile della protezione civile sono stati impegnati lunedì
scorso per diverse ore nella ricerca di un’anziana donna, Irma Jourdan, di 76 anni, scomparsa verso le 16 dèi giorno
precedente; la donna è scivolata dal sentiero su cui si era avventurata ed è stata ritrovata in un pendio, semiassiderata,
verso sera. Le sue condizioni, dopo un breve ricovero in
ospedale hanno suggerito il ricovero in una casa per anziani.
ELEZIONI CONSIGLI SCOLASTICI Il ministero della
Pubblica istntoone ha stabUito le date per le elezioni degli
organi collegiali territoriali quali il Consiglio scolastico provinciale e quello distrettuale. Il distretto corrisponde a un
ambito territoriale subprovinciale e a una popolazione non
superiore a 100.000 abitanti. Il Consiglio scolastico provinciale comprende le scuole materne, elementari, secondarie e
artistiche della provincia. Entrambi gli organi collegiali, che
, annoverano al loro interno le rappresentanze di personale direttivo, docente e non docente, dei genitori e degli studenti
(solo delle secondarie superiori) sia delle scuole statali e che
non statali, hanno compiti sostanzialmente propositivi. Le
elezioni si svolgeranno domenica 10 novembre dalle 8 alle
12 e lunedì 11 dalle 8 alle 13,30. La presentazione delle liste
del personale docente, dei genitori e degli studenti deve avvenire dalle ore 9 del 3pttobre fino alle 12 del 14 ottobre.
LEONARDO SGOBBI. — Alunni, colleghi e amici del professor Leonardo Sgobbi, scomparso prematuramente lo
scorso anno, vogliono ricordarlo sabato 12 alle 15,30 presso la sede dell’istituto «Alberti» di via Tegas con una breve cerimonia, per testimoniare il lavoro svolto per il bene
della scuola e per feducazione dei giovani.
ESPERANTISTI COME I VALDESI — Questa frase, non
del tutto opportuna, e il seguito (peggiore); «tutti ne parlano ma.nessuno ne ha mai visto uno!» appare, non sappiamo se come battuta; sul bollettino «Dumonata bulteno», a
cura del Centro Esperanto di Torino. Che gli esperantisti
sitoo rari è indubbiamente vero, ma li invitiamo a guardarsi intorno, anche a Torino: di-valdesi ce ne sono.
TORRE PELLICE: RELAZIONE SULLO STATO DEI
PROGRAMMI — C’è equilibrio di bilancio (lo ha confermato il revisore dei conti) ed alcune delle iniziative messa in programma dall’amministrazione comunale sono state
realizzate o sorto in corso di definizióne. Questa la sintesi
■ della relazione presentata dalla giùnta al Consiglio comunale di Torre Pellice convocato venerdì scorso. Mentre sono in corso di realizzazione i lavori della nuova biblioteca
comunale nei locali dell’ex Capetti, si è dato atto che la
galleria d’arte contemporanea è stata ultimata nel corso
dell’estate. Nei giorni scorsi è stata.anche riprtesentata domanda per accedere ai mutui agevolati del Credito sportivo
per la costruzione di una palestra. La minoranza ha poi
- espresso le sue riserve (votando contro) alla proposta di
adesione al Centro d’iniziativa per l’Europa del Piemonte,
agenzia di informazione sull’attività del Parlamento europeo, ritenendola vicina a uno specifico partito politico (il
Pds). Consenso, infine, sulla proposta di collegamento con
il vicino Queyras mediante trenino turistico.
MODIFICATA LA LEGGE SULLE COOPERATIVE
SOCIALI — II. Consiglio regionale ha approvato recentemente, a larga maggioranza, una legge che modifica la
normativa sulle cooperative sociali. Le novità riguardano
tra l’altro i finanziamenti a tasso agevolato, assegnabili fino al 70% della spesa ritenuta ammissibile per acquisto di
macchinari e attrezzature relativi all’attività dell’impresa,
che connotano sempre più come impresa le cooperative; in
quest’ottica è stato previsto che i soggetti beneficiari assumano almeno una persona in seguito all’ottenimento di finanziamenti per almeno 50 milioni. Tra le altre modifiche
vi sono agevolazioni per le cooperative che assumeranno a
tempo indeterminato, come soci lavoratori o dipendenti, i
detenuti impiegati presso gli istituti di pena e quelli ammessi al lavoro esterno. Sono stati confermati poi gli interventi per le spese di avviamento (massimo 20 milioni) e
per le ^se di assistenza tecnico-gestionale.
Come offrire ai visitatori il patrimonio della realtà yaldese
La storia oltre al turismo
Il mondo valdese, le Valli,
la loro cultura, la loro storia,
rappresentano notoriamente
un forte motivo di attrazione,
anche turistica; non solo il
mondo europeo, tedesco e
svizzero in particolare, ma
sempre più scuole, associazioni, gmppi italiani «scoprono» questa realtà. Centinaia
di classi salgono ogni anno a
Torre Pellice in visita al museo e molti grappi italiani, di
ovvia formazione cattolica,
dichiarano il loro interesse
per questa realtà. Se la storia
■ valdese è plurisecolare, molto
più recente è la consapevolezza dell’importanza del ruolo dell’accoglienza, puntando
anche sulla formazione di chi
è chiamato ad operare nel settore. Da alcuni anni, nel quadro della collaborazione fra
Foresteria valdese e Centro
culturale di Torre Pellice, si
inserisce il lavoro di Toti Rochat. «Nel corso degli anni spiega Toti Rochat - si è organizzato un sistema di musei
piuttosto bello e ben tenuto;
dopo aver iniziato il mio lavoro ho scoperto che gli unici
musei indicati nei circuiti nazionali, a eccezione di quelli
di Pinerolo, sono i nostri. A
un certo punto la Chiesa valdese, con le sue strutture e associazioni, si è resa un po’
conto che probabilmente sono
stati pensati all’inizio come
un contributo alla riflessione
interna, ormai sono diventati
oggetto di interesse turistico:
vale dunque la pena di prepararsi a ricevere i turisti. Non
solo, ma ci stiamo accorgendo dell’importanza di promuovere le cose che facciamo, per farle conoscere alle
scuole o alle persone in genere ed infine ci siamo mossi
sulla preparazione di chi dovrà ricevere i turisti».
- Quali sono i criteri adottati, quali le metodologie di
formazione?
«Il Centro culturale effettua
una formazione specifica rivolta ai giovani: con un pizzico di piacevole sorpresa ho
riscontrato un grande interesse per ciò che si è fatto: due
anni fa un corso di storia valdese, ultimamente un breve
corso per preparare dei giovani a fare in modo specifico le
guide. Va rimarcato come
sempre più giungano in contatto con noi persone interessate non al semplice turismo
ma a conoscere una storia,
una presenza sociale che ha
come elemento di coesione
una religione».
- Una preoccupazione diffusa è che a raccontare il
mondo valdese siano spesso
persone che ne hanno sì i titoli ma che, essendo total
mente esterni, non sappiano
cogliere, gli elementi più essenziali e caratteristici della
realtà che descrivono... In sostanza si è cercato di indurre
i giovani valdesi ad ottenere i
titoli di guide o accompagnatori turistici, sia come «tutela» ma anche come occasione
di.lavoro...
«La politica della chiesa,
sulla formazione, si è mossa
su due linee: formazione nei
confronti di guide che già
hanno ottenuto il titolo e che
si rendono conto che è impos
sibile lavorare in zona a prescindere; dalla storia valdese,
ovvero organizzazione di corsi che possono essere di supporto a chi decide di sostenere gli appositi esami della
Provincia. In sostanza ci stiamo specializzando nel presentare il mondo valdese, lasciando ad altri l’accoglienza
generica del turista. La molla
che mi spinge a dire “bisogna
farsi conoscere di più” è la
scoperta che noi abbiamo delle cose belle, delle cose da
raccontare, delle attività e che
spesso non le sappiamo pubblicizzare: è anche un modo
di testimoniare della nostra
presenza. Perdiamo molto
tempo in studi, ricerche, impegno e non sappiamo “mediare” tra queste ricerche e la
massa della popolazione».
ÎTA
Per l'unità
dell'Ulivo
I sottoscritti cittadini/e di
Pinerolo, riconoscendo nella
coalizione elettorale dell’Ulivo, che ha unito forze di sinistra e di centro, un segno positivo e vincenté e quindi anche una speranza e una pista
di lavoro da percorrere còn
intelligenza e apertura, sottopongono all’attenzione degli
esponenti delle forze politiche
e dei grappi progressisti di Pinerolo le riflessioni che seguono, preoccupati delle notizie di stampa, e non, che stanno, circolando in ordine alle
prossime elezioni comunali:
1) L’ipotesi strategica dell’Ulivo non può essere ridotta
a momento eccezionale e quasi casuale, un albero che è fiorito e ha cominciato a portare'
fratti e che adesso si può abbandonare e magari abbattere.
Pur tra inevitabili difficoltà,
senza negare identità e percorsi diversi, crediamo che sia
uno spazio politico unitario di
confronto e di impegno da
perseguire con determinazione anche a Pinerolo, superando personalismi e veti di varia
origine e fondatezza.
2) L’immagine (e non solo)
che si fornirebbe agli elettori
di Pinerolo in caso di divisione sarebbe disastrosa sul piano elettorale e assai pesante
per tutte le forze sul versante
politico: ancora una volta
senza ragioni di fondo condivisibili e sostenibili si butterebbe a mare la possibilità di
un’alternativa lungamente e
faticosamente ricercata negli
ultimi anni. Alternativa che
non è stata evidentemente ancora realizzata, né con la partecipazione alla giunta che va
a decadere né con l’opposizione ad essa.
3) L’Ulivo a Pinerolo può
svolgere, insieme a Rifondazione, un ruolo decisivo e
convincente di fronte alle forze del Polo, che vedono nel
mercato senza regole l’unico
criterio di conduzione della
società, e di fronte anche al
messaggio antisolidarista e
razzista della Lega.
4) Da quanto poi è comparso sulla stampa locale sembra
di capire che la discussione
tra le forze politiche si attardi
sulla contrapposizione «tra
vecchio» e «nuovo» e sui
conseguenti e presunti diritti.
A parte il sapore penosamente berlusconiano di tale contrapposizione, crediamo che
«nuovo» non sia un dato anagrafico 0 di legislatura ma di
chi ha idee, proposte pro
UAP
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Arnaldo Proche!
C.so Gramsci, 2 - Tel. 0121/91820 - fax 932063
grammi per la città, guidati
da disinteresse personale, da
. rigore etico, da correttezza
amministrativa.
5) L’amministrazione e il
governo della macchina comunale è senza dubbio una
questione complessa e difficile, che richiede (tra l’altro)
conoscenze tecniche che non
si improvvisano, capacità innovativa di muoversi e usare
leggi e regolamenti, di gestire risorse umane e ambientali. Non pensiamo che un
buon sindaco si possa inventare semplicemente in nome
della novità e, d’altra parte, i
progetti complessivi o parziali emersi nell’ambito dell’area progressista cercano di
disegnare una città vivibile,
solidale e funzionante; tanto
più, in questo senso, ci sembra grave il fatto che si arrivi
alle elezioni su liste contrapposte aU’interno dell’area
deiryiivo.
' 6) Per questi motivi ci sembra che il candidato più adatto sia oggi Alberto Barbero.
La lunga militanza all’opposizione, la sua conoscenza degli ingranaggi comunali, la
serietà competente con cui ha
lavorato in Consiglio comunale e ultimamente come assessore all’Istruzione e Cultura, la dirittura morale, sono
una garanzia di impegno rigoroso per una futura amministrazione con una «squadra», che auspichiamo il più
rappresentativa possibile delle diverse forze che nell’Ulivo si sono riconosciute, decisa a operare con onestà e
competenza sui problemi e
sulle risoree della città.
Piera Acerbi
seguono 70 firme
Perosa Argentina
Verso un
gemellaggio
di tre Comund
Jn ine
]oi
Fine settimana intenso
Perosa Argentina, ospite
Comune gemellato di Pi
de-la-Tour per due giornat
di festa e di condivisioni
«Con il sindaco del Comui
francese, Florence Lanliard
dice il primo cittadino di
rosa, Silvano Bertalot - stii
mo pensando di ampliare,
prattutto sul pianò cultur;
un gemellaggio nato co„
occasione di festa. Basti pei
sare alla comune radice
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Èalbertran
guistica provenzale come
mento unificante. Stiamo po ™
pensando ae un gemellaggii
a tre, coinvolgendo un Co
mune bielorusso o bosniaci ^"accia
Coi francesi ci rivedremo!
prossimo anno a Perosa: io ^azic
quell’occasione intitolereoi
a Pian de la Tour il nostro p
diglione sportivo».
Novità anche dal Consi^i etterabre
comunale di Perosa: al post
di Dario Brunetta, ora a'sses (ofondi
sore al Comune, quale rap gjonieni
prese'ntante in Comunit «Un
montana è stato nominai ijprio» 1
Ferdinando Busin; sarà inoj . 'pàtec
tre ampliata e asfaltata la stn datori li
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vera e propria alternativa g Sii
collegamento con Pinasefeerti d:
sulla statale 23 ■
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Comunità montani
Le Valli
e i servizi
sociali
Molto spazio per i probi,
del settore socio-assistenzì
nell’ultimo Consiglio dei
Comunità montana valli C”
sone e Germanasca; la pro_
sta di creazione di un nuo;
servizio residenziale per pof
latori di handicap intellettivo
o psicofisico in famiglié ù
difficoltà è stata valutata po-'
sitivamente: dovrebbe sorge«
re nei prossimi mesi presso
Cst di Perosa. Chiuso il rendiconto ’95 con un avanzo di
circa 51 milioni, i servizi sociali della valle dovrebbero
poter contare sull’apporto di
quattro obiettori di coscienza
al posto degli attuali due.
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Un altro problema che negl 2Q
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ultimi tempi ha assai pie',
occupato i sindaci è quello dd
canile di cui ogni Comune dov
vrebbe essere dotato; la Gfr*
munità montana proporrà al
singoli Comuni di delegare la
materia alla Comunità stessa
che potrebbe provvedere ad
una convenzione con un carile per superare il problema.
Buone notizie infine pW- quanto riguarda la variante di ^
Porte sulla statale 23: l’àpprovazione da parte del Magistrato del Po pare cosa fa®
e la Comunità montana seribra disposta ad intervenire
rettamente con una cift*
oscillante fra i 10 e i 15 ri*;
boni per superare i problei®
dell’impatto ambientale. S>
parlerà comunque della questione viabilità in un’apposita
seduta 1’11 ottobre.
arredamenti
(di fronte alla caserma alpini)
esposizione e laboratorio:
via S. Secondo, 38 ■ « 0121/201712
ABBADIA ALPINA - PINEROLO
FA VIVERE LA TUA CASA
9
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lì 4 OTTOBRE 1996
E Eco Delle Vai.o moEsi
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Ijp incontro al Centro di Pracatinat
ome gestire
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a presenza di un numero
crescente di ungulati selitìd sul territorio (cinghiali,
■rvi, mufloni, camosci ecc.)
dei dpnni da essi causati,
lingono le amministrazioni
.cali a mobilitarsi maggioriente per cercare di gestire
in fenomeno che in alcuni
asi, come nel Gran Bosco di
¡¡dbertrand, stanno o sono diailati preoccupanti. La Colunità montana della Bassa e
ìedia vai Susa ha recenteente approvato un docunto indirizzato ai comparti
càccia e ai parchi perché
.“Intervengano per tamponare
a situazione.
iitoierens questo contesto il Parco
nostro pa- jfsiera-Rocciavrè ha organiz; ato un convegno, sabato 28
ConsigS gttembre a Pracatinat, in vai
a: al posa “¿isone, per studiare e apora asse* lofondire maggiormente il
iuale rap aiomeno. Il convegno dal ti“Omunii jio «Ungulati selvatici e ternornÌM| Iforio» ha visto, tra gli altri,
Sara ino( j partecipazione di amminiata la strj potori locali come gli assesolombeii nri j^ovinciali Walter Giulia•rnativaal ¡q e Silvana Accossato, di
1 Pinasei Aperti di queste tematiche co•f je i-professori dell’UniverItà di Torino Franco Montacinl e Paolo Durio, della
. ’ovincia come Gianfranco
Dnt3D®ghero e dell’Usl 10 come
fenzo Perrot, Mauro Bruno,
■aolo Berardo, e di rappreffltanti dei parchi dell’Orsiei-Rocciavrè, della vai Tronìea e del Gran Paradiso, e ha
Trontato il problema nelle
varie sfaccettature,
molte delle relazioni deésperti è stato sottolineata
¿difficoltà di procedere a
isimenti attendibili di anili come i caprioli molto
ficili da individuare e
di da quantificare; inoltre
ato fatto notare che non
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glio del
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solo i cinghiali (spesso visti
come principale causa di danni) causino problemi alle colture o al territorio ma anche
altre specie; inoltre danni
causati da animali domestici
vengono attribuiti talvolta ai
selvatici. Resta il fatto che
l’attuale sovrappopolazione
degli ungulati va gestita in
maniera più coordinata da
parte dei vari enti e associazioni presenti sul territorio ed
è stato sottolineato coriie la
situazione attuale sia dovuta
spesso agli errori compiuti in
passato: si veda il caso dei
mufloni, nelle introduzioni o
reintroduzioni degli animali
sul territorio, «quando vi è un
intervento dell’uomo. Allora
poi bisogna controllare la situazione gestendola».
Per quel che riguarda la situazione nei parchi la situazione sembra tutto sommato
(a parte il caso del Gran Bosco di Salbertrand) sotto controllo, solo nell’Orsiera-Rocciavrè è previsto per quest’.anno l’abbattimento di 70 mufloni e 70 cinghiali, mentre
negli altri sembra non essere
necessario procedere a misure
di contenimento della fauna.
Quando alla questione delle
interferenze fra animali do
mestici e selvatici il problema
è quello sia dei pascoli usati
in comune dagli animali negli
alpeggi sia quello sanitario.
Se infatti da un lato esiste il
problema del foraggio dall’altro esiste la necessità di creare
un progetto di controllo degli
animali che salgono all’alpeggio per evitare la diffusione di
patologie tra i domestici e i
selvatici o viceversa. In questo senso è si è mosso il «programma di prevenzione delle
malattie soggette a profilassi
della specie bovina e caprina
nelle sedi di alpeggio del parco Orsiera-Rocciavrè».
Provincia di Torino
Emergenza
cinghiali
Per valutare la reale entità
dei danni provocati dai cinghiali e le possibili iniziative
da intraprendere i presidenti
delle Comunità montane della
Provincia di Torino, i sindaci
dei Comuni maggiormente
interessati dal fenomeno e le
organizzazioni professionali
agricole si sono incontrati recentemente con l’assessore
alla Tutela della fauna e della
flora Silvana Accossato.
Nel corso dell’incontro
l’assessore Accossato ha fatto
notare come la normale attività venatoria e gli interventi
di contenimento previsti dalla
legge ormai non siano più
sufficienti a contrastare il costante incremento numerico
dei branchi e l’ampliamento
dell’area di distribuzione della specie. «Se da un lato la
Regione - dice l’assessore ha approvato concrete iniziative a favore dell’agricoltura
montana e a salvaguardia dei
presidi residenziali alpini, ritengo comunque necessario
che l’organo di governo regionale risponda con adeguante misure alle legittimi e
compatibili esigenze di coloro che ancora vivono nelle
campagne e in montagna».
I partecipanti hanno manifestato l’intenzione di voler
incontrare fra breve il presidente della Regione Piemonte
e gli assessori competenti, richiedendo tra l’altro l’adozione di misure urgenti e straordinarie per affrontare il problema cinghiali. Per l’immediato i partecipanti hanno
avanzato invece una serie di
proposte tra cui quella di proibire l’attività di allevamento
dei cinghiali in tutta la Regione e il trasporto di cinghiali
vivi e l’attivazione di interventi di contenimento della
specie da effettuarsi, in accordo con gli organi di gestione
delle'aree protette, contemporaneamente su tutto il teiritorio piemontese in inverno.
Nelle Chiede Valdesi
INCONTRI «MIEGGE» — Riprendono
gli incontri «Miegge», domenica 6 ottobre alle 17 presso la sala delle attività di Villar Pellice. Il programma prevede per il primo trimestre la lettura del libro di Gianni Vattimo
«Credere di crederè» (ed. Garzanti, £ 15.000).
Gli incontri sono aperti a tutti.
RADIO BECKWITH — Radio Beckwith,
in collaborazione con la Chiesa valdese di Luserna San Giovanni, organizza una «giornata»
domenica 6 ottobre. Alle 10, nel salone di
Villa Olanda, culto con la comunità, a cui farà
seguito la visita ai nuovi studi. Alle 12,30 polentata presso la sala Albarin (prenotazioni,
tei. 0121-954194). Dalle 14,30 pomeriggio
musicale con «Les harmonies» e il coretto di
Torre Pellice; alle 16 tè con gara di torte, banco pesca, bazar.Verranno illustrate le attività
e i progetti di Radio Beckwith evangelica.
2“ CIRCUITO — Domenica 6 ottobre alle
15 nei locali della chiesa di San Germano
convegno dei monitori per definire i programmi fino a Natale e per progettare le recite e le
feste per fine anno.
3" CIRCUITO — Dal 6 al 20 ottobre «Settimana degli stracci»: nel garage piccolo della
casa pastorale dei Chiotti sarà possibile depositare stracci misti, vestiario di ogni genere,
scarpe, borse, materassi, cuscini di lanetta e
simili. Il ricavato andrà al gruppo delle attività giovanili per iniziative di solidarietà con
la chiesa di Gesù Cristo in Madagascar; in
particolare è in progetto l’acquisto di una saldatrice. Si accettano anche offerte; la somma
occorrente è di circa 4 milioni.
BOBBIO PELLICE — Sabato 5 ottobre
alle 15 incontro della scuola domenicale è del
precatechismo alla sala unionista per la preparazione dei canti per domenica 6 ottobre. Domenica 6 ottobre, alle 10,30, culto di ripresa
delle attività con la partecipazione degli alunni della scuola domenicale e del precatechismo. Lunedì 7 ottobre, alle 19,30, ripresa degli incontri del gruppo cadetti con una spaghettata alla sala unionista.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Sabato 5
ottobre alle 15,30 al presbiterio e ai Peyrot
inizio della scuola domenicale. Domenica 6
ottobre alle 14,30 al presbiterio si ritrova
l’Unione femminile. Giovedì 10 ottobre iniziano alle,14,30 le attività della società di cucito; gli incontri si terranno il 2° e il 4° giovedì di ogni mese.
PERRERO-MANIGLIA — Domenica 6
ottobre, alle 10, culto di apertura delle attività
con Santa Cena e partecipazione della corale.
POMARETTO — Venerdì 4 ottobre incontro dei monitori alle 20,30, nella sala accanto
al teatro. Domenica alle 10 culto di inizio'attività. Lunedì 7 ottobre si ritrova il gruppo «Incontro donne»; all’eicolo grando, alle 19,30,
ripresa delle attività giovanili con una cena.
PRALI — Domenica 6 ottobre alle 10,30
culto di apertura delle attività a cui seguirà,
aUe 12,30, un pranzo comunitario. Sono invitati in modo particolare bimbi e ragazzi della
scuola domenicale e del catechismo con i loro
genitori; seguirà un incontro per decidere
l’orario,e per presentare i programmi. Giovedì
10 ottobre, alle 20,30, al presbiterio, primo incontro della corale: tutti sono invitati poiché
servono nuove voci.
PRAMOLLO — Venerdì 4 ottobre alle
20,30, al presbiterio, in occasione dell’acquisto di 30 Bibbie grandi per il tempio, il professor Bmno Corsani parlerà sul tema «come
e perché leggere la Bibbia oggi». Domenica 6
ottobre si terrà if culto di inizio delleiattività e
la domenica successiva, 13 ottobre, l’assem-/
blea di chiesa per la relazione sui lavori del
Sinodo. Il primo incontro della corale si terrà
lunedì 14 ottobre alle 20,30.
SAN SECONDO — Sabato 5 ottobre, alle
15, incontro dei gruppi di scuola domenicale
e precatechismo per la presentazione dei programmi e per stabilire gli orari dei gruppi; Sabato 12 serata con cena e proiezione di diapositive della gita a Crono, Prenotazioni per la
cena presso Marina Paschetto (3235^4) e
Graziefla Bordiga (500282).
TORRE PELLICE — Giovedì 3 ottobre
alle 20,45 riprendono le attività della corale.
Giovedì 3 ottobre alle 17 alla casa unionista
catechismo 1°, 2° e 3° anno. Sabato 5 ottobre
alle 14,30 riprende la scuola domenicale; alle
16 il gruppo flauti. Domenica 6 ottobre culto
in francese al centro. Lunedì 7 ottobre alle
20,45, al presbiterio, studio biblico su «Il libro di Zaccaria».
VILLASECCA — Il culto di apertura delle
attività invernali avrà luogo ai Chiotti il 6 ottobre, alle 10, con cena del Signore. Al pomeriggio alle 14,30 i ragazzi sono convocati nella
sala insieme alle loro famiglie con i giovani di
Perrero-Maniglia e Massello.' Si guarderanno
insieme le diapositive del campo e si discuterà
della possibilità di progressiva integrazione
delle due scuole domenicali. Lunedì 7 ottobre,
alle 20,30, si ritrova'la corale per la ripresa
delle attività. Giovedì 10 ottobre si riunisce
l’Unione femminile che, come lo scorso anno,
si ritroverà ogni secondo giovedì del mese.
Orario invernale linea Torino-Pinerolo-Torre Pellice (29 sèttembre 1996-21 maggio 1997)
10148 10157 10161 10162 2524 10165 10180
10149 10151 10155 feriale 10159 feríale 10163 2525 feríale 10181 10169 10171 10173 10175 10177
2d. 2d. 2d. 2d. 2d. 2d. 2d. 2d, 2d.' 2d. 2d. 2d. 2d. 2d. 2d.
9 35 1220 14 35 *15 35 *17 40 18 40 19 35 20 40 21 50 23 22
8 08 1 1 1 1 1 16^ *1718 1 1 ®1816 1 1 1 1 1
819 9 42 12 26 XÌ3 40 14 41 1 15 41 16(41 1 17 27 1 17 46 |1830 18 46 19 41 20 46 21 56 23 29
8 24 9 47 12 31 513 46 14 46 1 15 46 16 46 I I ' 1 17 51 |18 35 18 51 19 46 20 51 22 07 23 34
8 27 950 12 34 113 50 14 50 115 50 16 50 1 1 í 17 54 |18 36 16 54 19 49 20 54 2210 23 37
8 35 9 58 1239 11358 14 58 1 15 58 16 58 117 36 117 59 118 43 18 59 1958 20 59 2215 23 42
841 10 03 12 44 114 03 15 03 1 16 03 17 03 5 1 1 18 04 118 49 19 04 20 02 21 04 2219 23 47
8 44 10 06 12 48 114 06 15 06 1 16 06 17 06 1 1744 1 18 08 19 08 20 06 21 08 22 23 23 50
8 45 10 07 12 49 1 14 07 15 07 1 16 07 17 07 1 17 45 1 18 09 1909 20 07 21 09 22 24 23 51
8 50 1012 12 53 ì 14 12 1512 1 16 12 17 12 1 1 1 18 14 1914 I 2012 I 21 14 1 22 28 1 23 56 1
1 8 58 I 10 19 1 13 02 *14 19 1519 ^16 19 1 17 19 117 54 ^18 22 ®1E 00 1922 2019 21 22 22 36 004
Ì - TOOOS
4355 1 4373 GSS
4351 4353 feriale 4357 4359 4361 4363 4365 1 feriale 33023 4367 4369 feriale
2d. 2d. 2d. 2d 2d. 2d 2 el. 2d. 1 2d. 2d. 2d. 2d. 2d.
9 25 10 25 X12 25 13 25 14 25 15 25 16 25 17 25 117 57 *1830 ®19 05 19 36 20 32 *2130 ' ' . - ..
9 37 10 37 1 12 37 13 37 14 37 15 37 16 37 17 37 1 1811 |.18 43 11918 19 46 20 44 Í2144
9 41 10 41 ì 12 41 13 41 14 41 15 41 16 41 17 41 11815 118 47 Il9 22 19 52 20 48 Ì2149 . . .
945 10 45 J 12 45 13 45 14 45 1545 16 45 17 45 11819 118 51 |19 26 19 56 20 52 Ì2154 . . . ' . . .
948 1048 X1248 1348 44 48 15 48 16 48 1748 *18 22 *18 54 ®19 29 19 59 20 55 *2159
TO 008
4354 4366 4376 ES
4350 10156 4352 feriale 4356 4358 4360 4362 4364 feríale feríale 4368 4370 4372 feríale
2d, 2cl, 2d. 2d. 2d, 2 el. 2 el. 2d. 2d. 2d. 2d. 2d. 2d. 2d. 2d.
8 55 9 55 X11 47 12 55 13 55 14 55 15 55 16 55 *17 56 *18 30 19 04 t * . 20 04 21 00 *22 05
8 58 9 58 Í 11 50 12 56 13 56 14 58 1558 16 58 118 00 |18 33 19 07 . . . 20 07 21 03 2210
9 02 .V . 10 02 1 11 54 13 02 14 02 15 02 16 02 17 02 118 04 118 37 1911 . . . 2011 21 07 2215
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10
PAG. IV
Eco-Delle Vaoi-vai.desi
Adriana Lerda, animatrice dell'Hockey Club di Villar Perosa
Non c'è solo l'hockey su prato
SEROIO N. TURTULKI
Non è a motivo tJeJirhockey che incontro Adriana
Lerda, dell’Hockey club Villar Perosa. L’hockey su prato
è, se vogliamo» sport un po’
esclusivo, non hà pratica e seguito di massa. E il gruppo
che mi sembra interessante.
La ricerca sociologica studia
da tempo i gruppi nella società, le loro dinamiche interne, i loro rapporti nel più ampio contesto comunitario. È la
dinamica di gruppo dell’Hockey club che ne fa qualcosa
di speciale tra le associazioni
di Villar Perosa attive nelle
chiese, negli sport, nella cultura, nel volontariato. Lfna
cerchia affiatata di amici in
grado di intrecciare, solide relazioni interpersonali, sociali,
di proporsi come nucleo aperto, aggregativo di legami di
cittadinanza, di armoniosa
convivenza civile. Adriana
Lerda ha giocato a lungo nella
squadra femminile di Villar
Perosa, che è stata per anni in
serie A, è andata coh la squadra in tournée su e giù per 1’
Europa, ha una carriera sportiva alle spalle ma è anche impegnata nella vita pubblica
come consigliere comunale.
- Quando è nato ¡’Hockey
club di Villar Perosa?
«Nel ’67-68 ha messo su la
prima squadra un gruppetto
di ragazzi, sui 14-15 anni, i
genitori erano i finanziatori e
i primi dirigenti. Non c’era
campo di hockey, si giocava
in quello di calcio. Nel primo
campionato c’era una sola
squadra, si era in serie C, poi
si è arrivati in A, le squadre
allievi, juniores hànno vìnto
più volte il titolo italiano; nel
1978 si sono formate le squa
dre femminili, anche la squadra femminile è andata in A».
- La sensazione che si ha
da fuori è di un gruppo che è
riuscito a coniugare soggettività e socialità, un fare sport
e gruppo che realizza l’io
della persona ma anche i valori dell’amicizia, della solidarietà, della cittadinanza. È
solo casuale che più di uno di
voi si sia poi impegnato nella
vita civile, pubblica?
«Attraverso l’hockey si è
formata una rete di amicizie:
ragazzi tra di loro, genitori,
nonni. Relazioni, amicizie
nate in campo o attorno a esso, poi coltivate fuori. In
tournée con le squadre in Europa abbiamo fatto esperienza di una cultura sportiva che
alimenta questo ritrovarsi di
famiglie intere attorno ai
campi di gioco, famiglie aperte che intrecciano un tessuto di relazioni familiari, sociali. Non posso dire se la
partecipazione alla vita pubblica di alcuni di noi ha preso
le mosse da qui, forse sì».
-Nel 1989 l’amministrazione di Villar Perosa ha avviato
la costruzione del campo di
hockey. Il vostro club gestisce
l’impianto con cura sollecita,
è un’area di verde attrezzato
bella a vedersi. Ora avete dato una mano al Comune per
completare l’opera, racconti
come è andata,
«Il Comune aveva realizzato il campo, ha finanziato con
un mutuo del Credito sportivo le strutture degli spogliatoi
ma ha avuto qualche difficoltà a realizzare anche la
club-house, i locali di riuniòne, il bar. Ci è sembrato giusto venire incontro, ci siamo
tassati, il Comune ha messo
50 milioni, altri 69 e il lavoro
10 abbiamo messo noi. I bambini, i nonni stavano con il
naso all’insù a vedere le strutture di legno della club-house
(ha l’aspetto di un saloon)
che venivano su e i papà a lavorare. Così ora noi abbiamo
la sede delle nostre riunioni e
11 Comune ha incrementato il
suo patrimonio».
Sport a Luserna San Giovanni
La palestra alla 3S
per fare più attività
Con la nuova stagione sportiva la gestione della palestra
comunale di Luserna San
" Giovanni è stata affidata alla
società 3S Libertas che fin
qui, proprio in questa palestra,
aveva promosso numerose , attività. Chiediamo al presidente del 3S Luserna, Eros Gonio, il motivo della scelta di
impegnarsi direttamente nella
gestione di un impianto che è
sicuramente il più bello della
valle nel suo genere.
«Le gestione di un impianto
è un elemento fondamentale
per poter portare avanti una
pratica sportiva. L’impianto è
molto valido e risulta ancora
sottoutilizzato in quanto il sabato e domenica c’è ancora
parecchio tempo disponibile;
puntiamo perciò ad accordi
con quanti fanno attività sportiva per il massimo utilizzo
della palestra. Analogamente
d’estate l’attività si riduce,
anche se quest’anno siamo
riusciti a portare a Luserna
una formazione di B femminile in allenamento in vista del
campionato e successivamente abbiamo ospitato le formazioni che hanno disputato Ì1
torneo intemazionale di Pine
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EVANGELICA
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rolo a settembre portando a
Luserna una parte del podio
olimpico di Atlanta».
- Quali attività agonistiche
vengono svolte nella palestra
di Luserna?
«Tre sono le attività federali che vi si svolgono: pallavolo del 3S e del Morgan e le
partite della pallacanestro
Valpellice; la nostra squadra
di pallamano di serie B è stata costretta ad emigrare a Pinerolo a causa delle insufficienti dimensioni del nostro
impianto. Tariffe differenziate a seconda dell’età e della
provenienza; questa è un’altra
caratteristica della gestione
3S: si parte dalle 6.000 lire
l’ora per l’attività promozionale per arrivare alle 30.000
per gruppi amatoriali con sede fuori di Luserna».
- Il 3S, oltre al volley e alla
pallamano, segue anche altre
attività?
«Speriamo di poter rilanciare l’attività sulla pista del
campo sportivo, che è costata
molto alla collettività e che
fin qui è stata davvero poco
utilizzata. Negli ultimi anni
abbiamo organizzato alcuni
incontri giovanili ma abbiamo
dovuto fare i conti con il problema dei tecnici: forse siamo
sulla buona strada per riuscire
a fare un’attività globale. Non
va poi dimenticata la ginnastica artistica svolta nelle palestre comunali della zona in
collaborazione coi Comuni».
Sport
LUSERNA CALCIO
L’Unione sportiva Luserna
Calcio, società fondata nel
1910, organizza lezioni di avviamento al calcio (tipo primicalci) per giovani calciatori
e calciatrici in età compresa
tra 6 e 8 anni. Le lezioni si
svolgeranno presso il campo
sportivo comunale di Luserna
San Giovanni, e durante il periodo invernale il corso proseguirà in palestra. Per informazioni e iscrizioni si ci può
rivolgere direttamente al
campo sportivo o ai seguenti
numeri: Capyshop, 900279
(orario negozio), Viglianco
901856 (ore serali), Martina
933225 (ore serali), Babolin
909281 (ore serali).
TENNIS TAVOLO
Seconda giornata nei tornei
di tennis tavolo in cui sono
impegnate le formazioni della
Polisportiva Valpellice. In CI
sconfitta casalinga con il Cus
Torino B per 2 a 5 con due
punti di Rosso e Malano; nessun punto per Piras che con
Rossetti è alla prima esperienza in Cl. Belle comunque alcune partite finite spesso alla
«bella». Ancora dalla Cl da
segnalare la prestazione di
Davide Gay autore degli unici
due punti del Crdc Torino
uscito sconfitto dall’ultimo
turno. In DI regionale, un po’
in ombra Sergio Ghiri, autore
di un solo punto. Giuliano
Ghiri e Belloni, con due punti
ciascuno, hanno saputo rovesciare il punteggio che li vedeva sotto per 2 a 4 vincendo
per 5-4 sul Cedas Fiat Torino.
VOLLEY, COPPA ITALIA
Nel primo turno il Magic
Traco femminile, girone 3, ha
battuto 3-0 il Valenza.
Pomaretto
Un progetto
per Bihac
Il gemellaggio fra i Comuni
di Pomaretto e Mirabel-etBlacons non è ancora ufficiale
ma questi paesi, che hanno già
avuto scambi, hanno pensato
ad un programma comune rivolto ad altri. Dare al gemellaggio un risvolto sociale portando avanti insieme un progetto utile a qualcuno in difficoltà. 1 pensieri sono stati rivolti ai paesi dell’ex Jugoslàvia e tramite il pastore Renato
Coisson e la signora Maya
Furlan di Trieste sono state
prese in considerazione le necessità della città di Bihac. In
questa città, distrutta dalla
guerra, c’è bisogno di molto; i
progetti segnalati sono stati la
sistemazione di una fabbrica
di tessitura, di una scuola di
arte e la ricostruzione di una
scuola elementare colpita dai
bombardamenti. Gli intenti
sono rivolti verso quest’ultimo progetto in cpntinuitàcon
il legame nato con l’invio di
materiale didattico in scuole
dell’ex Jugoslavia da, parte dei
bambini del circolo di Perosa.
Si inizia con una due giorni
di dibattiti, con una cena comune con pasto tipico balcanico; sabato 5 ottobre, alle 16,
al teatro del convitto valdese
Vesna Scepanovic, giornalista
del Montenegro, Mirza Sokolija, studente di Sarajevo,
Maya Furlan, che mantiene i
contatti fra i due paesi, parleranno dell’attuale situazione
nei paesi dell’ex Jugoslavia.
Dopo la cena Claudio Canal,
nel tempio, proporrà «Passione secondo Sarajevo», testi e
musiche rielaborate da poesie
di Abdullah Sidran, poeta bosniaco. Domenica «catmninata di solidarietà», pranzo, mostre e mercatino delle pulci.
PALLAMANO: GIOVANI
DEL3S NELLA
SQUADRA REGIONALE
Un gruppo di giovani atleti
del 3S (Marco Barberis, Lorenzo Rosso, Alberto Pissia,
Valentina Galliana, Cecilia
Roppolo ed Anna Cigliarolo)
ha partecipato con successo,
nell’ambito della rappresentativa piemontese, al torneo di
Casalgrande-Reggio Emilia.
Le rappresentative maschile e
femminile si sono piazzate rispettivamente al secondo e
terzo posto, superando le titolate avversarie venete.
CALCIO: SOLO 1 A 1
PER IL PINEROLO
Solo un pareggio (1-1) per
il Pinerolo nel derby piemontese con il Moncalieri; sono
stati addirittura gli ospiti a
passare per primi in vantaggio, dopo due minuti, con
Barison. La reazione del Pinerolo c’è stata ma, vuoi la
bravura del portiere ospite,
vuoi gli errori degli attaccanti, il pareggio si è fatto attendere fino all’inizio della ripresa quando Giorsa ha insaccato di testa su calcio
d’angolo. Non sono bastate
due espulsioni nel Moncalieri a dare il via libera al Pinerolo, anzi, forse proprio i due
cartellini rossi hanno indotto
l’arbitro, a 5’ dalla fine, ad
annullare un gol a Mollica
che ai più era parso regolare.
Domenica prossima trasferta
con r Imperia battuto dalla
Fossanese per 2 a 0. In Prima
categoria: Nonesenone-San
Secondo 2-0; Perosa-Beìnasco 1-2, Rivalta Val Sangone-Luserna 2-1. (Perosa e
San Secondo sono ancora ultime a 0 punti).
VENERDÌ 4 OTTOBRE iW
Appuntamenti
3 ottobre, giovedì I— ANGROGNA: Fiera autunnale a
San Lorenzo; alle 21, presso la
biblioteca comunale, conferenza con proiezione di diapositive
di Mauro Pohs, assessore all’
Agricoltura della Comunità
montana vai Pellice, sul tema
«Non c’è bosco senza fungo,
non c’è fungo senza bosco».
4 ottobre, venerdì — PINEROLO: In occasione dell’intitolazione dell’Auditorium del
liceo scientifico di Pinerolo alle
«vittime della mafia» alle ore
11 si terrà rincontro «Chi di
mafia vive, chi di mafia muore». Incontro di rappresentative
delle scuole pinerolesi con l’on
Nando Dalla Chiesa. Alle ore
21 «Non basta», voci suoni e
movimenti liberamente ispirati
alla «Cantata per la festa dei
bambini morti di mafia» di Luciano Violante a cura di «Teatro
in cantiere» con la partecipazione della «Turba concinens».
4 ottobre, venerdì — PINEROLO: Alle ore 21, presso 1’
associazione culturale Stranamore proiezione di video sulla
situazione in Chiapas e sulla
lotta degli zapatisti delFEzln.
5 ottobre, sabato — PINEROLO: Alle ore 21 «Ricordando...» serata di cori in occasione dei 15 anni di attività della
corale «Franco Prompicai» con
la partecipazione del coro «Eric
Bude» di Pinerolo e del coro
«Rio fontano» di Tavagnasco.
5 ottobre, sabato — PINEROLO: Alle ore 21,30 presso
l’associazione culturale Stranamore, serata Schoc-sound col dj
Devici e musica virtual-progressive sperimentale.
5 ottobre, sabato — TORRE PELLICE: Alle 21, al Salone Opera gioventù, via al
Forte 1, la Compagnia «Il Vecchio Teatro» rappresenterà la
commedia in tre atti «Il Signore
è servito» di Carlo Veneziani.
Il ricavato andrà a finanziare
r accoglienza di 20 bambini
della Bielomssia.
5 ottobre, sabato — FENESTRELLE: Rassegna zootecnica organizzata dal Comune.
5 ottobre, sabato — TORRE PELLICE: Alle 17, nella
sala Paschetto del Centro culturale valdese, via Beckwith 3,
inaugurazione della mostra fotografica di Paolo Giai Levra,
con musiche di Claudio Morbo.
La mostra resterà aperta fino al
26 ottobre il lunedì, martedì,
mercoledì e venerdì 14-17, giovedì, sabato e domenica 15-18.
5 ottobre, sabato — ANGROGNA: Alle 14,30, presso
la biblióteca comunale, pomeriggiocon e per i bambini. Apertura della mostra «L’uomo e la
terra»; alle 21 nel tempio di Pradeltomo concerto «Architorti».
5 ottobre, sabato — INVERSO RINASCA: Festa del
pensionato alla borgata Fleccia
a partire dalle 11,30 con l’aperitivo offerto dal Spi; seguirà il
pranzo (27.000 a testa), alle 15
pomeriggio danzante e gioco di
bocce e carte, alle 16 saluto del
Spi e estrazione della lotteria.
5 ottobre, sabato — TORRE PELLICE: A partire dalle
9,30, all’Hotel Gilly, conclusione del convegno «Abitare la
montagna» con le relazioni
conclusive dei gruppi di lavoro
per finire alle 11,30 con gli interventi delle autorità politiche
dei vari enti istituzionali.
5-6 ottobre — SAN PIETRO. VAL LEMINA: Dalle
14 di sabato 5 sagra del fungo,
con mostra mercato del fungo,
distribU|ZÌone polenta, salsiccia
e funghi, premiazione degli
espositori e spettacolo musicale
con il concerto della filarmonica candiolese «Antonio Vivaidi» diretta dal maestro Canova.
6 ottobrf!, domenica — ANGROGNA: Festa di Pradeltorno presso l’«Hosteria la tacula»;
alle 10 apertura della mostra sui
funghi; alle 14 pomeriggio musicale con balli occitani.
6 ottobre, domenica — LUSERNETTA: XX Sagra del
fungo e dei prodotti agricoli locali. Alle 9 apertura minimercato delle pulci, riservato agli
alunni delle scuole elementari e
medie, alle 12 pranzo a base di
funghi (lire 32.000: prenotazioni Pro Loco, tei. 901300), alle
14 apertura mostra e esibizione
della banda musicale di Torre
Pellice, alle 15 premiazioni.
7 ottobre, lunedì — PERO.
SA ARGENTINA: All’istitu^
comprensivo di viale Ducj
d’Aosta 1 inizia il corso di j»
giomamento per insegnanti organizzato dal Centro culturale
valdese con una lezione dì
Emanuele Bosio su «I luoghi e
la storia dei nomi».
7 ottobre, lunedì — Vn
LAR PELLICE: Dalle 8 alle
13 fiera autunnale.
9 ottobre, mercoledì
PERRERO: In via Monte Nero, dalle 8 alle 12, fiera autun- ’
naie di merci varie.
Servizi
i' ur
VALLI
CHISONE - GERMAI
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva
Ospedale valdese di Pomaretto:
tei. 81154
Guardia farmaceutica:
DOMENiCA 6 OTTOBRE
Perosa Argentina: Parma-)
eia Bagliani - Piazza Marconi i
6, tei. 81261
Ambulanze:
Croce Verde, Perosa: tei. 81000
Croce Verde, Porle : tei. 201454
VAL PELLICE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva;']
telefono 932433
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 6 OTTOBRE <
Torre Pellice: Farmacia Muston - Via Repubblica 22, tei.’
91328
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 953355 1
Croce Verde - Bricherasio, tói’
598790
PINEROLO
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiv
Ospedale civile, tei. 2331
Ambulanza:
Croce Verde, tei. 322664
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Cinema
BARGE — Il cinema Ci?;
munale ha in programma, gioì
vedi 3 ottobre, Streap teas«;
venerdì 4 Get shortiy; sabato
5, Giovani streghe, da domenica a giovedì II rompiscatoleinizio spettacoli ore 21,15;
mercoledì chiuso.
PINEROLO — La multìsala Italia ha in programma,
sala «2cento», Mission: iW'
possible; feriali 20,15 e 22,®,
sabato 20,15 e 22,30, domenica
14,15, 16,15, 18,15, 20,1^
22.20. Alla sala «Scento» verta
posto in visione Independent
day; feriali ore 19,40 e 22,20,
sabato 19,40 e 22,30, domenica
14.15.16.55.19.40.22.20.
PA!
TORRE PELLICE — H cinema Trento ha in program*
ma, giovedì 3 e venerdì 4,^oie
21,15 Vësna va veloce;
5, ore 20 e 22,10 domenica
ore 16, 18, 20 è 22,10 e luneÌ
7 Striptease.
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TORRE PELLICE borr
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354708.
L’Eco Delle Valli Valdesi
Via dei Mille, 1 -10064 Pinerolo
tei. 0121-323422; fax 323831
redazione Torre Pelli®®,««
tei. 0121-933290; fax 93240»
Sped, in abb. post./50
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non può essere venduto separatarneW®
Reg. Tribunale di Pinerolo n.
Resp. ai sensi di legge Piera ^8**
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La Claudiana ha pubblicato una raccolta di pensieri di Carlo Lupo
La fede per superare il mondo di ieri
eli scritti muovono dei concetti di fede, speranza e amore per disegnare '
un ricco panorama di riflessioni piene di umanità a partire dalla parola biblica
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IpensieH inediti che Graziella,, figlia di Carlo Lupo,
ha ritrovato e pubblicato* a
30 anni dalla morte del padre
sembrano, a chi ha conosciuto questa straordinaria personalità, il suo ritorno dopo una
lunga attesa. Allora riprendia'■ mo in mano L'attesa, raccolta
di poesie dello stesso autore
[!.% (Claudiana, 1962), certi di trovarvi, come nella vibrazione
^ di un diapason, la giusta intonazione per leggerli; la troviamo, infatti. L’ultima parte
della lirica Libertà si intitola
«La via», e inizia; «Cercare
Taltro “Sé”/ il vero, eterno,
assoluto/ e quiiidi libero:
Dio./ Chi cerca trova./ Sempre?/ Sì sempre./ È stabilito
da Dio / è la sua volontà che
cosi sia». La certezza che scaturisce dall’ascolto della parola di Dio; un’intuizione,
certo, ma insieme una riflessione molto seria: questa la
chiave dei Pensieri.
In un commosso ricordo
[Riforma n. 36) Giorgio Girardet ha evocato quel «messaggio» che «entrava in noi concentrato in poche parole intense e assorte». Il messaggio
lo ritroviamo, in molteplici
variazioni, nelle pagine del
volumetto. Ci pare di riudirlo,
affidato, dopo, una tonante
perorazione, alla conclusione,
detta con voce sommessa e
profonda, che penetrava direttamente in noi. Messaggio
di certezza assoluta. Come
questo «pensiero» che la curatrice ha intitolato Credere:
¿^Credere! (...) Ma quando?
pira. Dove? qui, dove tu sei.
Chi crede vede». Fede, spe
ranza e amore sono le rubriche in cui si possono raccogliere questi Pensieri, disparati eppure convergenti in uno
stesso atteggiamento. Suggeriamo al lettore alcuni esempi. Fede: Io ti cerco (p. .20). Redenzione (34-37), Vera semenza (38-39), il citato Credere
(86). Speranza: Giorno verrà
(20), Possedere la propria anima (95-96: «La tua vita / scorrerà limpida e calma...»).
Amore: Attimi (21), Preghiera
(31: «Per pregare per una
creatura bisogna amarla veramente, e veramente significa
in Dio»), Risurrezione 1930,
motto augurale (115: «Chi
non ama / rimane/ nella morte»). Fede, speranza e carità,
insieme, nella Meditazione
per la Settimana santa, Pasqua 1963 (97).
L’approdo cercato più tenacemente è la fede, e questo
ci richiama il contesto storico
in cui nasce la riflessione di
Carlo Lupo: il tempo fra le
due guerre, che esige ùna ricostruzione anche precaria,
in mezzo alle macerie non
ancora sgombrate del «mondo di ieri». Se il maggiore
maestro di Lupo era stato
Luzzi, frequentazioni significative furono Ianni, Buonaiùti, Rensi, G. Turin, T. R. Castiglione, ma anche Miegge e
Bruno Revel. Se pure sotto la
forma di una illuminazione
improvvisamente ricevuta
dall’alto, o scaturita da un’intima profondità, l’esito della
fede presuppone una lunga
macerazione meditativa. Il
percorso personale di fede,
accennato in folgoranti metafore, trova riscontri, a ben
vedere, nelle filosofie esisten
zialistiche deU’epoca e nella
«teologia dèlia crisi».
Peraltro quel percorso personale è partito da una realtà
straordinariamente significativa, e ce lo fanno capire la lucida prefazione di Giorgio
Peyrot e la scheda biografica.
La crisi di Carlo Lupo si inserisce nella dirompente crisi
mondiale, che per l’Italia dà
luogo alla Grande guerra del
1915-18: «Lupo, che aveva 20
anni, partì volontario per il
fronte quale tenente di fanteria». Un giorno si accorse che,
nel suo plotone lanciato all
’attacco, un soldato andava
con gli altri, ma senza munirsi del fucile. Costui era il suo
attendente. Guido Plavan,
valdese ma appartenente a
una famiglia che, per influsso
di congiunti emigrati negli
Usa, aveva aderito a un gmppo religioso autonomo, senza
specifica denominazione, di
ispirazione pentecostale. Carlo chiamò a sé il suo uomo,
obiettore di coscienza per
propria ispirazione, e gli prospettò il rischio della fucilazione. Guido gli obiettò il dovere assoluto di obbedire a
una legge superiore a quella
degli uomini: legge scritta nel
Nuovo Testamento, dì cui gli
diede una copia. Fu per Lupo
l’inizio di un rivolgimento
esistenziale, che poi si completò con Tamore per la valdese Lily Malan e la decisione
di studiare nella Facoltà di
teologia. •
Chi scrive ha ben conosciuto quella famiglia Plavan,
e il rigore della sua vocazione
evangelica. Questo comportò
che nell’azione bellica in cui
il tenente fu gravemente feri
to, l’attendente fu l’unico a
restargli vicino e ad assisterlo.
Sicché venne fatto prigioniero e si fece tre anni di campo
di concentramento. Inoltre
questi evangelical di inizio secolo nutrivano una diffidenza, improntata a un anarchismo cristiano, verso le forme
dell’ecclesiologia stabilita.
Chissà se questo influì sulle
scelte di Carlo Lupo, che praticò a lungo il ministero pastorale prima di accettare la
consacrazione nel 1932?
Comunque chi ha udito la
sua predicazione ne ha riportato un’impressione incancellabile. Fu molto ascoltato
da Tullio Vinay; una bella fotografia lo mostra in atto di
parlare a un gruppo di lavoratori di Agape nel 1946. Alla
fine di un’altra guerra le origini della vocazione di Carlo
Lupo tornavano di attualità.
Dal 1952 una grave infermità
gli impedì l’esercizio del pastorato; trascorse gli ultimi
anni immobilizzato su una
carrozzella, eppure ancora
attivo nell’opera del Signore,
nella stessa Bergamo dove
era stato pastore titolare, grazie anche all’affetto di Neri
Giampiccoli. La morte colse
infine colui che aveva scritto
che è cosa salutare «romperé gli ormeggi che ci legano
alle rive di questa terra (...).
Per questo la morte è la porta
della vita». Con questi suoi
Pensieri egli toma ad additare la via, sia a coloro che, giovinetti, lo ascoltarono un
tempo affascinati, sia a chi
non lo ha ascoltato mai.
(*) Carlo Lupo: Pensieri. Torino, Claudiana, 1996, pp 124,
£ 18.000.
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Perplessità in Germania per il libro di Jörg Zink sui dieci comandamenti
Non si può ignorare la radice ebraica del cristianesimo
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PASQUALE CASTELLUCCIO
Al Kirchentag di Amburgo
del 1995 veniva presentato l’ultimo libro di Jörg Zink
Neue zehn Gebote (Nuovi dieci comandamenti)*. Con un
linguaggio che pretende di
èssere moderno e rivoluzionario l’autore cerca di convincere i lettori circa l’inadeguatezza e i limiti dei dieci
cottiandamenti per l’uomo di
Oggi. Secondo l’autore, l’uorno del ventesimo secolo ha
bisogno di ulteriori suggerimenti per la vita e per il giusto rapporto con il prossimo.
Il manualetto sostiene che temi cari a Gesù come sequela,
comportamento fra individui, rapporto col denaro e
con la proprietà, giuramento
mancano completamente nel
decalogo. Per questi e altri
motivi, Zink ne propone una
nuova stesura e una lettura
più ampliata. Il libretto veniva pubblicizzato ad Amburgo,
con slogan tipo: «L’uomo del
deserto con strutture patriarcali di 4.000 anni fa non è più
un’immagine che può aver
valore per il cristiano di oggi!»; «Se Gesù avesse scritto i
dieci comandamenti, questi
avrebbero avuto un suono diverso!».
Il problema che l’opera ha
suscitato non è tanto teologico o ermeneutico, ma l’innàzare forme di lettura e di in-,
terpretazione del testo biblico
da un punto di vista cristiano,
produce un declassamento
dell’ebraismo. Il dialogo che
il gruppo di lavoro ebraicocristiano conduce da almeno
34 anni per stabilire un nuovo rapporto fra le due fedi
con lo scopo di eliminare
l’odio antiebraico, sembra
così ridursi a una semplice discussione da salotto.
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La circolazione dei testi nell'Europa del XVI secolo
Scambi e tradizioni di catechismi
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Nel fascicolo di gennaiomarzo 1996 del «Bulletin
la Société de l’Histoire du
protestantisme Français» di
î^gi è uscito un articolo di
Marc Venard su un catechl«no offerto a Margherita di
piavarra (pp. 5-32), forse il
pomo «redatto in francese»,
^so, contenuto nel ms. 5096
H? 1? biblioteca dell’Arsenale
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p; jOattata di un testo tedesco
riformatore svevo
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1590 ad Augsburg nel
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ri-„P'^®1azione «spirituale»
hn Î del pane e del vi
•0 della cena del Signore.
Tali relazioni tra Germania
e Francia sul terreno delle
nuove idee negli anni ’20 del
secolo XVI mi hanno richiamato alla memoria degli
scambi analoghi intercorsi
specialmente in Boemia nei
secoli precedenti, neU’ambito delle traduzioni bibliche e
dei catechismi ad esse collegati. È stato il caso, per fare
un esempio, del famoso Codex Teplensis, il cui Nuovo
Testamento in lingua tedesca fu ritenuto valdese perché in appendice era seguito
da un catechismo che rispecchiava dottrine care ai Poveri
di Lione già operanti in Austria e Boemia in pieno secolo XIV (confrontare Emilio
Comba, Histoìre des Vaudois,
1901, pagine 714-719).
Un approccio più interes
sante si ha se si fa il confronto tra il catechismo valdese
del ms. 5096 di Parigi e un
catechismo valdese conservato nel ms. C. 5.22 di Dublino: quest’ultimo, derivante
da un testo in boemo del
riformatore Luca di Praga,
«vescovo» dell’Unità dei Fratelli cechi (1501), porta un titolo che è speculare a quello
del testo di Brenz. Infatti, alle
«entenogacions menors» del
primo corrisponde «l’initiatoire instruction» del secondo (cfr. Amedeo Molnàr, Lue
de Prague et les Vaudois
d’Italie, in «Bollettino della
Società di studi valdesi», n.
90,1949, pp. 40-64). Tutto ciò
avvenne prima di Chanforan
1532 e del catechismo e della
Bibbia di Olivetano degli anni 1533 e 1535.
L’opera di Zink hä provocato
un nuovo infuocato dibattito
e, in un certo senso, ha fatto
impennare il dialogo. Le critiche, da parte ebraica e da
parte cristiana, non hanno tardato a farsi sentire.
L’ebreo Emanuel Hurwitz ha
dichiarato in proposito: «Nel
libro non si trovano esplicite
espressioni di antisemitismo,
ma esso è pieno di qualificazioni, svalutazioni e anche
falsificazioni dell’ebraismo a
vantaggio del cristianesimo».
Il prof. Klaus Wengst, sulle
pagine della rivista «Evangelische Théologie» (4/96), esprime serie perplessità sostenendo che «Il libro è un’autentica delusione per tutti coloro che finora sono stati
onestamente impegnati nella
costruzione di un dialogo così
importante». Wengst sottolinea inoltre che tale dialogò è
tutt’altro che presente nella
comunità credente, purtroppo è ancora nelle mani di alcuni specialisti e il suo livello
è puramente accademico.
Forse le chiese stanno ancora lottando per definire la
propria identità, che è impensabile se non si tiene conto della radice ebraica del cristianesimo. La stessa scienza
teologica, che tratta timidamente la conversione, sembra trovarsi soltanto agli inizi
del dibattito. Lo sforzo urgente dovrebbe essere quello
di farlo uscire dall’accademia
e coinvolgere direttamente i
«due popoli», quello ebraico
e quello cristiano. Lo scritto
di Zink non è un intelligente
contributo in questo senso.
(*) Jörg Zink: Neue zehn Gebote, Kreuz Verlag, Stuttgart,
1995,pag. 90.
II movimento «Noi siamo chiesa»
Non possiamo ignorare
l'appello del popolo di Dio
FRAMCA LONG
>y#””\UESTO “appello dal
"popolo di Dio” ha per
me l’effetto dello champagne!» scrive Martha Heizer,
docente di Pedagogia della
religione presso l’Università
di Innsbruck: esso muove
dalla speranza che la Chiesa
cattolica sia capace di rinnovamento, che i desideri di
molti siano ascoltati e rispettati, che si realizzi una chiesa
di sorelle e fratelli, che lo Spirito Santo sia pronto per
«rendere nuova ogni cosa».
AlTinterno della Chiesa cattolica si è risvegliata, dice da
Friburgo il teologo Leo Karrer, una nuova autoconsapevolezza dell’essere chiesa: «I
cristiani e le cristiane non si
considerano più come una
schiera passiva di ascoltatori
di una "centrale” tesponsabile di tutto», ma come membri
di pari dignità, corresponsabili di una chiesa in cammino
che ha bisogno di una radicale trasformazione.
I due interventi sono riportati, insieme a molti altri, nel
libro Noi siamo chiesa*, pubblicato recentemente dalla
Claudiana: si tratta di interventi partecipi del movimento nato in Austria nel 1995,
ma anche di voci critiche, talvolta perplesse sul metodo
scelto (la raccolta di firme tra
coloro che nella Chiesa romana hanno ricevuto il battesimo). Nell’insieme una
documentazione ricca, che
dà conto di un fenomeno
esteso ormai in molti paesi
d’Europa, negli Stati Uniti e
in Canada, con il consenso
esplicito di alcuni milioni di
credenti: fenomeno che dà
nuovo respiro al desiderio di
rinnoyamento spirituale e di
democrazia nella Chiesa fiorite più di vent’anni fa nel
mondo cattolico, sull’onda
delle speranze aperte dal
Concilio Vaticano II.
Se il movimento ha radici
nei decenni passati, e ancora
più indietro nel tempo, è pur
vero che ora si pone in termini nuovi, perché nuova e più
profonda è Ja crisi. Di «sfida
inedita» parla uno dei promotori della raccolta di firme
in Italia, Luigi De Paoli, per il
fatto che battezzati, spesso
lontani dalla chiesa o, se vici
ni, abituati da sempre a delegare al clero, sono spinti a
porsi domande, ad assumere
responsabilità, a fare la propria parte per dire Dio in una
(e da una) chiesa che viva la
libertà con cui Cristo ci ha li*berati». È una sfida, aggiunge
il teologo e filosofo Johann
BaptisCMetz, che dovrebbe
interrogare anche «i nostri
fratelli e le nostre sorelle
evangelici, per sapere cosa
pensano del fatto che molti
cattolici desiderino una Chiesa che da loro C’è già; e se
questo li riempie di soddisfazione, o non dà loro anche
qualche preoccupazione».
Oggi, scrive Luigi Sandri
nell’introduzione, le chiese
cristiane devono confrontarsi
con la difficoltà di dire Dio in
modo credibile nel mondo
moderno e postmoderno.
«Noi siamo chiesa» pensa che
proprio per dire Dio «bisogna '
che al più presto la Chiesa si
liberi di pesi e ostacoli che
Dio non vi ha posto, per annunciare così, nel modo migliore possibile. Cristo morto
e risorto». *
L’«AppeIIo dal popolo di
Dio» del movimento «Noi siamo chiesa», con le diverse introduzioni (al testo austriaco,
tedesco, italiano) « i diversi
indirizzi e recapiti per l’invio
di firme, sostegno economico, richiesta di schede e informazioni, sono riportati in
apertura e chiusura del libro.
Credo che noi chiese evange- ‘
liche dovremmo leggere l’appello con attenzione: è un testo molto bello, un testo in
cui ci riconosciamo facilmente; parla infatti di una chiesa
«che da noi c’è già», per fare
nostre le parole di Metz. È
davvero così? E qual è la nostra responsabilità di fronte a
Dio e di fronte a tutte le donne e gli uomini che nel mondo cattolico chiedono con
passione la riforma della loro
chiesa? In che modo questa
presenza articola il nostro
ecumenismo? Forse non è superfluo per la nostra vita e la
nostra testimoniànza cercare
risposte a questi interrogativi.
(*) «Noi siamo chiesa». Un
appello dal popolo di Dio:
«Più democrazia nella chiesa», introduzione di Luigi Sandri. Torino, Claudiana, 1996,
pp 239, £ 28.000.
12
■ \
PAG. 8 vRIFORMA
Vita Delle Chièse
Le riflessioni deLcampo teologico svoltosi a Ecumene a inizio settembre
Per un nuovo «senso del lavoro»
/ concetti di vocazione, responsabilità e confronto con il grave problema
della disoccupazione. La questione degli immigrati in realtà coinvolge noi tutti
DORIANA GIUDICI
La «tradizionale» etica
protestante del lavoro ha
ancora'Senso? Questa la domanda fondamentale su cui
si sono confrontati a Ecumene i partecipanti al campo
teologicé (8-14 settembre).
La cultura protestante - e
quindi la predicazione delle
nostre comunità - ha inteso il
■lavoro come «vocazione» e
come elemento fondante
dell’essere «cittadino» e «persona responsabile». Ma ora,
in presenza di piancanza di
lavoro e di profonde trasformazioni della società, come
si può ancora collegare l’etica
del credente con l’attività lavorativa?
Un articolo su «L’etica protestante del lavoro» pubblicato da Mario Miegge nel 1980
sulla rivista Idoc ci ricordava
che «l’ala militante della Riforma ha avuto una acuta
consapevolezza della Storia e
del mutamento dei tempi» e
che occorre sempre avere la
‘ percezione dei processi e dei
conflitti storici. Altrimenti a
chi si predica? Come si attualizza la Buona novella? A quali uomini e donne, nella loro
concretezza quotidiana, ci rivolgiamo come chiese? II teologo Sergio Rostagno, in apertura del campo, ha riportato i termini della questione
alle radici della vita umana,
che non è lavoro ma è libertà.
Ne discende la questione: in
quali condizioni si lavora?
Può essere vocazione un lavoro che schiavizza, umilia,
assolutizza una vita umana?
Partendo da questa premessa (sostenuta anche da
una triplice visione del lavoro, inteso comò fatica, realizzazione, relazione sociale) si
può oggi rispondere, diversamente dal passato, a una domanda sull’eticità del lavoro: esso è vocazione se collabora alla valorizzazione della
vita umana, il cui senso è la
libertà. Secondo Paolo Naso
dovremmo piuttosto parlare
di un’etica del «senso del lavoro» e ricordare come oggTsi
aprano nuovi campi di ricerca e di analisi che riguardano
Tambiente, il tempo libero, la
cura. In questa nuova etica,
centrale dovrebbe essere la
riflessione sulle risorse umane, su come si formano, quali
spazi di autovalorizzazione
hanno, come vengono assistite e accompagnate nell’intero
arco della vita lavorativa.
Ma nel dibattito è più volte
emerso che comunque tutti
dobbiamo fare i conti con
modelli di cultura del lavoro
obsoleti o inadeguati: anche
l’elaborazione teorica laica
risente di ritardi gravi in questo campo. Non può quindi
sorprenderci la difficoltà con
cui le chiese cercano di trovare una risposta alla domanda di nuovi valori o di
nuovi «sensi» del lavoro. Ancor più difficile è stato quindi il compito della pastora
Maria Bonafede nell’affrontare il tema «Donna e lavoro
nella Bibbia», ovviamente
,una questione «nascosta» tra
le pieghe della fondamentale
tematica biblica: l’amore e la
Campo cadetti a Bethel
identità allo specchio
dei laboratori creativi
CRISTINA ARCIDIACONO
Quali sono i condizionamenti da parte della fa
miglia, dei mass media, della
società in genere sul nostro
modo di essere e di rapportarci agli altri e alle altre? Siamo consapevoli della loro influenza o agiamo del tutto
ignari di essi, certi di esserne
immuni? Di questo abbiamo
discusso nel corso del campo
cadetti dal titolo «Identità allo specchio», che si è tenuto
a Bethel dall’8 al 18 luglio.
Sono stati giorni molto intensi, in cui una quarantina
di ragazzi § ragazze provenienti da tutta Italia hanno
potuto confrontare le proprie esperienze, stringere
nuove amicizie, approfondirne vecchie, vivere in comunità. «Io e la sessualità»,
«Io e la famiglia», «Io e la polìtica», «Io e la fede», sono alcuni dei temi che hanno
contraddistinto ciascuna
giotnata; attraverso giochi e
simulazioni abbìtuno cercato
di giungere a un approccio
più critico alla realtà in cui ci
troviamo ad agire.
Fondamentali sono stati i
laboratori, approfondimento
creativo dei temi del campo,
in cui i cadetti e le cadette
sono diventati registi e coreografi di se stessi nella ri
cerca di forme di comunicazione alternative rispetto a
quelle consuete. Così nel laboratorio «teatro-canzone»,
partendo dallo studio di alcuni testi musicali, abbiamo
assistito al viaggio dell’individuo attraverso le personificazioni del silenzio, dell’
amore, della famiglia, della
società, mentre nel «teatrodanza» la riflessione sulla
identità è stata rappresentata
da un percorso che va dall’
essere informe nella massa,
alla consapevolezza di sé, alla comunità.
Riuscire a suscitare l’interesse di ragazzi di ambienti
sociali e culturali estremamente diversi, introdurre alla
vita comunitaria anche i più
restii, è un problema che si
presenta in ogni campo cadetti. Le interminabili riunioni notturne sono state indispensabili per la riuscita del
campo e soprattutto per l’intesa all’interho dei gruppi,
formati da persone quasi tutte alla loro prima esperienza.
Alla fine del campo, una volta che tutti i cartelloni sono
stati deposti nel grande scatolone-archivio, rimangono
le idee nelle nostre teste, i ricordi, le amicizie e rimane
Bethel, sempre magica, e le
persone che vi lavorano e che
credono in questo Centro.
fedeltà di Dio. Bonafede ha
condotto l’uditorio a cogliere
indicazioni utili anche per
una ricerca etica attuale. Non
è forse Ruth una progenitrice
delle attuali immigrate? E le
levatrici Sifra e Pula non indicano una strada per opporsi
a ordini ingiusti? Infine l’episodio di Marta e Maria ci permette di ricollocare al posto
giusto il lavoro: la priorità,
nella vita, non è il lavoro ma
altri valori, innanzitutto
l’ascolto della Parola di Dio.
Durante i lavori si sono imposte grandi contraddizioni,
del mondo e del mercato del
lavoro: da un lato disoccupati
o licenziati, dall’altro doppio
o triplo lavoro: crescente numero di pensionati e mare di
lavoro nero; bisogno urgente
di miglior qualificazione professionale e evasione dalla
scuola dell’obbligo, abbandoni scolastici o universitari,
formazione scollegata dal
mondo del lavoro: maggior
domanda di diritti e garanzie
e lavoro parasubordinato o
stagionale. Allora occorre assumere la dichiarazione fatta
da Anne Marie Dupré nel suo
intervento «“1997, anno degli
sradicati»: «Non c’è scampo.
Ogni chiesa deve confrontar
si con questa realtà». Una
realtà da cui emerge l’elemento caratterizzante U mercato del lavoro italiano degli
anni ’90, la presenza di offerta di lavoro immigrata.
Ma Dupré aggiunge un’ulteriore contraddizione: «Se al
Nord c’è un’integrazione abbastanza avanzata, c’è però
più razzismo che al Sud». E
ha molto convinto i parteéipanti il fatto che «ledere i di-'
ritti degli immigrati significa
intaccare gli stessi diritti dei
cittadini italiani». Le chiese
quindi non devono affrontare il tema immigrazione come isolato da tutte le que^
stioni che riguardano società,
economia, etica perché da
come sono accettati gli stranieri e difesi i loro diritti può
partire una nuova etica sociale e del lavoro.
A questo ha pufitato la relazione di Antonella Visintin
«Bisogna ricollocare il lavoro
in un progetto di vita». Si può
rispondere all’attuale crisi
del mondo del lavoro attraverso una svolta nelle scelte
economiche rilanciando opportunità di lavoro legate
all’ambiente, alla cultura, ai
servizi. Ma anche qui l’elaborazione originale di partiti,
sindacati o settori laici non ci
aiuta: il mondo dell’economia sociale rimane relegato a
singoli ristretti ambienti o
aree. È necessario invece un
dialogo fra settori economici
«forti» e mondo della cooperazione e del no profit: occorre valorizzare il «terzo settore». Forse l’eco del Padre nostro, con quel suo «dacci oggi
U nostro pane quotidiano», ci
rinvia a una logica di economia della sufficienza, attraverso cui viene anche messa
in questione la tradizionale
divisione internazionale del
lavoro, il commercio ineguale tra aree sviluppate e sottosviluppate, la strategia della
finanza mondiale.
Chiesa valdese di Prarostino
Estate, tempo di
giornate comunitarie
PAOLA MONTALBANO
Giornate comunitarie e
incontri all’aperto caratterizzano la vita della nostra
comunità durante i mesi estivi, prendendo il posto delle
attività che si svolgono normalmente da ottobre a giugno. Sono, queste, tutte occasioni per ritrovarsi, anche solo per un pomeriggio, come è
successo quest’anno per le
riunioni che hanno avuto
luogo nei quartieri Cardonattì. Gay, Collaretto e Rocco,
che ha chiuso questa serie
con una cena comunitaria.
Dopo un momento di preghiera e meditazione biblica
si è riflettuto insieme su temi
ecclesiastici, forse con più
partecipazione e spontaneità
da parte dei partecipanti rispetto a quanto avviene in inverno. È questa una vecchia
abitudine della chiesa di Prarostino: agli incontri all’aperto partecipano famiglie intere, gli anziani li ricordano come avvenimenti importanti,
resi piacevoli dalla bella stagione, dal riposo tra un lavoro
e l’altro della campagna e dal
raccogliersi all’ombra degli
enormi castagni o ciliegi. Oggi
non è più scontato che si possa godere di una lunga e bella estate e così »quest’anno,
qualche volta, si è trovata ac
coglienza in casa di qualcuno
o in un cortile ben riparato
dalla pioggia, dove però non è
mancato un ricco rinfresco.
Le giornate comunitarie sono state tre: il 4 agosto, dopo
il culto tenutosi nel tempio
storico di Roccapiatta, utilizzato ormai solo poche volte
l’anno, ci si è spostati nella vicina borgata Pralarossa per il
pranzo al sacco e per trascorrere piacevolmente il resto
della giornata. Il 18 agosto ci
si è trovati alla Brusà in un
bosco poco sopra a San Bartolomeo per il culto e il pranzo. Molte persone si sono
trattenute fino a tardi in questo posto fresco e suggestivo.
Il l'' settembre abbiamo
avuto la visita del pastore
Klaus Langeneck con la sua
famiglia, che abbiamo rivisto
con molto piacere. Il pastore
ha presieduto il culto nel
tempio di San Bartolomeo e
dopo il pranzo comunitario i
pastore Langeneck e Erika
Tomassone ci hanno raccontato della loro esperienza a
Riesi e in Sicilia dove lavorano da un anno: il tema ha
molto interessato i presenti e
suscitato molte domande.
Sono molte le persone che
hanno collaborato per la
buona riuscita di questi momenti comunitari così piacevoli, e li ringraziamo tutti.
venerdì 4 OTTOBRE
M Fonti bibliche e dibattito al campo ^
Il problema occupazione
deve interessare le chiese
Più volte dagli interventi
dei partecipanti al campo è
emersa la tradizionale differenza fra una logica di assistenza «caritativa», anche
nelle politiche governative in
materia economia, e invece
la scelta fatta da altri governi - soprattutto di cultura
protestante - in cui i diritti legati al Welfare State sono stati strettamente collegati al
Workfare. Si è sottolineato
come in questo modo si evidenzi la dignità del cittadino,
il sùo essere soggetto di diritti
e doveri, invece che la subalternità del «suddito», destinatario di doni e regalie.
È stato anche, in questo
senso, denunciato l’attardarsi
in ottiche assistenziali per
quella che sembrerebbe una
novità di alcuni teorici della sinistra: il reddito di cittadinanza. Soprattutto è stato
scelto come slogan vincente
per una cultura protestante la
condivisione piuttosto che la ’•
solidarietà. Quest’ultima rinvia a concetti come bontà, assistenza, carità. Condivisione
implica senso sociale, pari
opportunità, rispetto reciproco, tutele e garanzie uniformi.
Forte è stata la denuncia
dei relatori e dei partecipanti
di un grave ritardo, da parte
delle nostre comunità, per
una rielaborazione aggiornata dei temi legati al lavoro. È vero che la Settimana
della libertà 1995 è stata de
j^NER
dicata al tema «Lavoro e dj.
gnità umana», e che quejjj
del 1996 per un «Patto per [j
vita» ha ancora ripreso la
questione: è vero che ij
cente Sinodo ha votato e in.
viato alle chiese una letteti
che contiene alcuni elenn
di riflessione nuovi e interi
salati sul tema del lavoro;
ciò che ancora manca è un
coìnvolgimento delle comtiii
nità. Come sono penetrai
tutte quelle provocazioni ne(;
la vita concreta delle nostri
chiese? Nella predicazioni
nella diaconia, nella cu^
d’anime c’è spazio per una
rinnovata etica del lavoro?
Le riflessioni teologiche a
le letture bibliche fatte ^
campo di Ecumene hanno
offerto qualche spuntoni)
Collegata al lavoro c’è una
categoria biblica finora inei
splorata, il «dono di Dio all'
uomo». 2) Nella prospettiti
biblica il lavoro è attività pe^
la scoperta e il godimento
suo «senso». 3) Usando qufr
sto dono l’uomo realizza se
stesso. 4) Il Sermone sul monte relativizza il lavoro; il sen»i
so della vita è qualcosa di
più. 5)11 lavoro, vissuto M
un’etica cristiana, signiflcj
possibilità di costruire rei®
zioni umane comunitariaìl
Il lavoro, liberato dalle sub
ambiguità e egoismi, può dii
ventare strumento di lodéa
Dio e di comunione con
altri esseri umani.
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Nei
manifi
SAN GERMANO — Domenica 22 settembre la sorella
Godino, delegata dal circuito, ha presieduto all’insei
mento del pastore Luciano Deodato. La comunità, dani
al nuovo pastore un caldo e fraterno benvenuto, rivòl
anche da queste colonne un affettuoso saluto ai pastó
Paolo Ribet e Daniele Bouchard, a cui i sangermanesi avi
vano espresso sincera riconoscenza e profondo affeh
nell’ormai lontana domenica 30 giugno, sia al termine di
culto sia il pomeriggio durante un simpaticissimo inconi
comunitario che ha lasciato in tutti i numerosi presentìua
bellissimo ricordo.
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SANT’ANTONINO DI SUSA — La Chiesa battista ha organizzai
to domenica 15 settembre un concerto per aprire le attivli
culturali dell’anno ecclesiastico. Anche quest'anno lama-.
nifestàzione ha avuto luogo nella palestra delle scuole In
via Abegg. Il concerto, nella prima parte, ha presentato una
serie di inni delle diverse tradizioni evangeliche. Nella se*
conda parte sono stati eseguiti vari brani strumentali e vO» cali fra i più noti al pubblico. Cantanti e strumentisti si so;'
no alternati: Amelia Cocumelli Monti, soprano, Silvana Ot-, '
timo Fichera, mezzo soprano, Aurelio Faedda, tenore, MaS"
similiano Fichera, baritono; Davide Roato e Paolo Ottimo
al pianoforte, Giandomenico Mondo all’organo, Riccarda ^
Bonaldo alla tromba. Questa iniziativa, patrocinata
___________1_ Jì_____...___4.*a/4Ì<7Ì/In Î
daH’amministrazione comunale, sta diventando tradizi®®C Elei
iJi
naie nel quadro delle attività autunnali del paese: lo cotó ^ awe:
ferma la buona partecipazione di pubblico registrata. j,
MILANO — Domenica 22 settembre Salvatore Ricciardi, pr®^ poter
rie
cando sul Salmo 126, ha tenuto il suo ultimo culto in qua^^ siastico
lità di pastore della chiesa valdese di Milano. Infatti dal 1°
settembre è il nuovo pastore della Chiesa valdese di Berganio. Salvatore e Elda lasciano la nostra chiesa dopo 12 anffl,.
di lavoro al servizio della comunità, mentre il figlio Stefano.! ze, nron
recto o Aniorw. «_________________ r_____________________” nnrrtìlr:, i. ' e*».!.
; quale hanno partecipato
ne tra cui le delegazioni delle chiese metodista e battìi
Milano. Nel corso dell’agape alcune persone, a nome di di'
versi gruppi di lavoro della chiesa, hanno rivolto a SaltmWj
re e a Elda un vivo e commosso ringraziamento per i dW
che hanno condivisp con la comunità in questi anni- W
chiesa tutta li saluta con affetto e riconoscenza e ptegà **
Signore affinché li protegga e li guidi
IVRM — Martedì 24 settembre è mancata la nostra sor^ * ’ S
Gaetàna Inglese del Priore, di 81 anni, vedova del
Attilio del Priore e madre di Valdo e di Ennio, che è s®®.
sua volta pastore anche della nostra comunità ed è attu *
mente pastore a Como. Nina (come tutti noi la * con fh i
mo) era da otto mesi semiparalizzata e senza parola, lei ^ ^
som
fo spos
‘Propria
“Cordial
Mara Bi
lonathai
Alberta:
<®nRinc
, estati
h Seque
•Penici,
amava tanto raccontare e che tante volte ha trasntess ; ^
messaggio evangelico fcon grande convinzione o™® iwiSavona
con ^ande semplicità, inserendolo spesso nei ricordi q*
sonali e negli aneddoti della sua vita. Vogliamo ricord , i
così, sempre interessata alla vita della comunità, P®rif5^ ; 'centro r
^ culto domenicale, agli studi biblici e alle altre attiviti „ ; ».¿¡g.
m chiesa anche se da tempo non poteva più essere p^.^jj >fisicamente. Il funerale ha avuto luogo nella nostra
25 settembre; l’Evangelo della grazia e della resurrez^n«
stato annunciato dal pastore Plescan. Ai figli Valdo
nio e a tutti i familiari rinnoviamo la nostra partecipa.
fraterna al loro dolore e la nostra solidarietà cristiana.
i>nelli
!*dt’Am
ài)
pregi
fristìai
m
13
14 OTTOBRE 1996
Vita Delle Chiese
Un gruppo di valdesi di Torino in visita alle chiese siciliane
'^oro e di.
he quell,
“to peri,
ipreso la
che il re.
itato e in.
na letteri
i elemeni
e intere^
avoro; ma'
inca è un
Uunìtà del paese per noi è fraternità
Gli incontri fra, comunità geograficamente lontane trovano le loro
motivazioni nella comune fede evangelica e nel servizio al prossimo
ALBERTO TACCIA
he un gruppo di una
quarantina di «piemontesi» della Chiesa valdese di
Torino si trovasse a Palermo
proprio il 15 settembre è stali -‘j fa una pura coincidenza: essa
»tata colta come falice occasione per ribadire
Il ' che valdesi e metodisti del
licazlon^*^ Sud e del Nord dell’Italia «inolia curi;
5 per
avoro? '
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nitarie. 6)
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li, può di-*
di lode a
le con
i tendono continuare a dare il
loro contributo per un paese
unito, sempre più inserito in
;ùn contesto europeo», secondo i termini di un comunicato redatto seduta stante e votato all’unanimità dalle due
. tBsemblee cultuali di via Spezio e della Noce.
La nota dell’unità ritrovata
e affermata, che per noi si è
espressa in termini di accoglienza e fraternità, con tutto
il tipico calore e la generosità
meridionale, è stata infatti
^ uno degli elementi più positi
vi colto e vissuto con gioia e
riconoscenza dai partecipanti al viaggio. Il pastore Platone, entusiasta organizzatore
dell’iniziativa, l’ha giustamente definita «operazione
ponte». Stabilire incontri e
contatti diretti tra le comunità della nostra chiesa dal
Nord al Sud e viceversa non
ha senso soltanto per contrastare improbabili velleità secessionistiche, ma è affermazione di fraternità che, superando ogni spirito regionalistico, trova il suo fondamento e la sua vera motivazione
nella comune fede evangelica
e nella volontà condivisa di
darne concreta testimonianza attraverso la fedele predicazione delle comunità e
l’azione coerente delle opere
diaconali.
Ecco dunque, nello spazio
di 12 giorni, la percorrenza di
un ricco e variato itinerario
che partendo da Reggio Cala
QaMir
ll’insed
ità, dancf
0, rivò|
ai pastoiì
anesi av^
lo affeli
rmineddj
ì incolta
resentí®]
Valdesi e metodisti di Palermo
Per un paese unito
'■ Nel giorno in cui una lu-n del'iniia l'orma/ione politica
inanifesta la volontà di promuovere la secessione di un
’sgeneitico Nord dal resto dell’Italia, si incontrano à Paleriuno un gruppo di valdesi provenienti dalle chiese del Pie-,
^.monte e le chiese valdesi e metodiste di Palermo.
:• Ricordando sia le origini della predicazione a Palermo
iàn parte valdese e metodista a opera di pastori del Nord ej:
--segniitamente, quella di Giorgio Appi a che diede origine
.alla (hiesa di via Spezio, sia i molti pastori meridionali
■ )1 .era attualmente nelle chiese del Nord, valdesi e meisti del Nord e del Sud riaffermano:
- che ogni forma di egoismo locaiisticg e ogni spinta
//isti nnri nnh rhonroHiirre Hisprppuyinnee invine
stanoffpFuò che produrre disgregat^aodée rovine;
I - che è compito di tutti i credenti promuovere invéce
o spirito di accoglienza reciproca e di riconciliazione;'’* ‘
che si sentono uniti da vincoli di solidarietà condivisi
la stragrande maggioranza degli italiani; ^
Si che intendono continuare a dare il loro contributo
■er un paese unito, sempre più inserito nel contesto eupeo e aperto all’ordinata accoglienza di coloro che,
ivenendo dai paesi più poveri, cercano la possibilità di
isere una vita dignitosa.
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le attivitì
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scuole in]
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Chiesa metodista di Savona
Incontri fraterni e
aperture alla realtà cittadina
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SAURO GOTTARDI
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SE le feste di nozze sono gli
avvenimenti che più rallegrano e che coinvolgono
lotti, grandi e piccoli, è bello
poter ricordare l’anno ecclefiastico della Chiesa evangelica metodista di Savona co®e la stagione dei matrimo0'. stagione di nuove sperante, proponimenti e affetti. Si
e trattato di matrimoni di fipe della comunità, alla quae Si sono presentate con i loe sposi, testimoniando la
'^pria fede evangelica. Le
^rdiamo con i loro mariti:
™era Bounous con Alberto
J^gaglia, Paola Oberti Con
e^than Brian Hart, Alberta
,1 ^0“ Alberto Gia
ra sorel»’] ““di. Stefania Chodkowski
- ’"onRinoMoio.
1 Astata incoraggiante anche
eequeriza di incontri ecucnif * cattolici sia
jjt chiese evangeliche non
di scambio di stu
Idllci con gli avventisti di
Djt c uno scambio di paino r*” apostolici di Loala parrocchia del
din c’è stato uno stubunc ° 1 ® sul tema «Ecco io
3) ° ^In porta» (Apocalisse
Sa’nf.? , Sremita chiesa di
nfji^drea, nella settimana
^preghiera per l’unità dei
ui- Con la libreria delle
I partecipanti di fronte ai tempio valdese di Trapani (foto S. Barbero)
bria (con visita ai bronzi di
Riace), si è sviluppato passando da Catania (con emozionante escursione in cima
all’Etna), Riesi (con visita alla
famosa miniera di Trabia
Tallarita, ora in completo e
pietoso abbandono), Agrigento (con rimmancabile
Valle dei Templi), Caltagirone. Vittoria (con tentativo di
bagno a Adelfia da parte di
pochi coraggiosi in una giornata piovosa e freddina), Palermo (con puntata a Monreale e Segesta) e infine Trapani e Marsala, con i bellissimi locali di culto recentemente ripuliti e inaugurati.
C’è poi stato il ritorno a Palermo, con visita guidata di
questa splendida città, ricchissima di storia, arte e cultura, e partenza con nave su
un mare calmissimo.
L’aspetto turistico, pur rilevante per la bellezza naturale
dell’isola e del suoi ricordi
storici e artistici, ha costituito
la trama su cui si sono inseriti gli indimenticabili incontri,
con le simpatiche, generose e
festose comunità evangeliche
siciliane (e calabrese) con
cui, con immediata facilità, si
sono stabiliti rapporti di ami
cizia e fraternità. Inoltre è
stata di grande arricchimento
la conoscenza diretta delle
nostre numerose opere diaconali, ben insérite nella trama delle difficili situazioni
sociali e umane della Sicilia,
con un’azione di servizio
spesso con carattere innovativo e di autentica testimonianza, sempre verificabile
nei suoi strumenti di intervento e nella sua aderenza alla realtà.
Giuseppe Platone è stato
decorato di ben trericonosdmenti: sensibile, preparato e
diligente pastore valdese;
animatore simpatico e burlesco; e infine consumato e attento operatore turistico. Tre
qualità non facilmente concentrabili in una sola persona. Inoltre la scoperta di reciproci rapporti di amicizia tra
i membri stessi del gruppo è
stato risultato da non sottovalutare, e attende di essere
proseguito, valorizzato e allargato nella comunità di Torino, che ha bisogno di un
po’ di sana «meridionalità».
Grazie dunque ai fratelli e sorelle siciliani per quello che ci
hanno dato e arrivederci,
questa volt^, al Nord.
Paoline si è realizzata una
conferenza per la presentazione del loro libro Ecumenismo, conversione della chiesa
e del documento approvato
dal Sinodo 1995 sul papato.
Con l’associazione cattolica «Stella maris», che si occupa dei marittimi e dei lavoratori del porto, è stato recato
un messaggio, in un incontro
pubblico a maggio, nell’ambito di una settimana dedicata a riscoprire la vita del
porto. La città è stata contattata anche a giugno, con una
bella conferenza con diapositive della prof.' Vilma Baricalla, proposta dalla Chiesa
metodista, da Amnesty International e dalla Bottega della
solidarietà, sul lavoro missionario di Albert Schweitzer,
per la presentazione del libro
della Claudiana Rispetto per
•la vita.
Altri festosi incontri della
comunità si sono avuti a giugno (un pomeriggio a Sanremo, per un simpatico picnic
con la Chiesa valdese; la visita per un week-end di due
pastori africani accompagnati da Lucilla Tron, con agape fraterna) e il 1“ settembre
quando un gruppo di beme^,
in vacanza a Borgio Verezzi,
ha cantato e suonato i flauti
durante il culto bilingüe, seguito da un lieto rinfresco.
Pastori evangelici campani
Identità e autorità sono dati
da Dio per il servizio
MARTA VAURIA
IN occasione della nascita
del movimento pentecostale, avvenuto 90 anni fa, nel
tempio valdese di piazza Cavour, il 9 aprile scorso, fit celebrato uri culto comune delle c]hiese pentecostali indipendenti della Campania e
delle chieèe evangeliche storiche (cfr. Riforma, n.l6). A
distanza di cinque mesi il
cammino comune intrapreso
continua con particolare attenzione per l'area campana.
Lunedì 16 settembre, nei locali della chiesa battista di
Napoli via Porla, c’è stato il
secondo colloquio dei pastori
evangelici campani.
Erano presenti più di venti
pastori delle comunità pen
tecostali indipendenti di Caserta, Napoli e Salerno e i pastori delle chiese battiste,
metodiste, valdesi e luterane.
Motivazione principale è stato il desiderio di conoscersi
reciprocamente e di avere la
possibilità di approfondire le
problematiche che riguardano il ministero pastorale. Tre
momenti hanno scandito la
mattinata trascorsa insieme.
Liria meditazione preparata
dal pastore battista Massimo
Aprile sul tema «Identità e
autorità pastorale», ne ha costituito il primo, n ministero.
/
pastorale, è stato sottolineato, è costantemente alla ricerca di un difficile equilibrio: essendo fondato su una
identità e un’autorità forti tale ministero può correre il rischio di diventare un esercizio di potere autoritario ed
esclusivo. Dunque non deve
mai mancare la consapevolezza che identità e autorità
sono doni che il Signore dà
perché siano unicamente a
servizio degli altri.
Nel secondo moiriento invéce Bob feronkema, pastore
presbiteriano della Chiesa
metodista di Portici. Salerno
e diaspora, ha presentato una
relazione sul metodismo offrendo una serie di informazioni di carattere storito, politico e teologico. Infine è stato dato libero spazio al dibattito: le numerose domande e
osservazioni hanno dato nuovi stimoli e suggerimenti. È
stata riconosciuta Timportanza per i pastori di incontrarsi,
di confrontarsi. Come segno
Concreto deU’impegno reciproco è stato deciso che questo gruppo pastorale continui
ad avere ün incontro trimestrale. Sono stati nominati referenti del gruppo la pastora
valdese Teodora Tosàtti, il
pastore pentecostale Romolo
Ricci^diello, e il pastore battista Massimo Aprile.
PAG. 9 RIFORMA
Agenda
FONATO — «La vita spirituale nelle chiese evangeliche» è il titolo del convegno proposto dàl Centro ecuinenico Abbazia di Maguz^no in collaborazione con la Commissione diocesana per Tecumènismo e il dialogo. Durante i lavori, che si svolgeranno
presso l’Abbazia, saranno trattate le diverse tradizioni
evangeliche e diversi pastori porteranno una testimonianza
della loro esperienza. Per informazioni tei. 030-9130)182.
TRIESTE — Per il.ciclo «Ottobre organistico», organizzato dal Centro culturale elvètico valdese «Albert Schweitzer», alle ore
20,30 nella basilica di San Silvestro in piazza S. Silvestro 1, l’organista Giuseppe Zudini eseguirà musiche di Efach, Mozart e Li
taize. Per informazioni tei. 040-632770.
ROMA — Alle 17, presso la sede della Fcei
in via Firenze 38, si tiene un dibattito a cura
del Gruppo donne migranti ecumeniche sulle modalità di inserimento del Gruppo all’interno della Federazione donne evangeliche
italiane (Fdei). Informazioni al 06-48905101.
MILANO — Nella chiesa valdese di via
Sforza 12a, alle ore 21, il Gruppo ecumenico «Gospel Singers», diretto da Omelia Pisano, tiene un concerto di spiritual e musica
nera. Il ricavato della serata andrà a favore
della casa di accoglienza di via Ampola. Per
informazioni tei. 02-76002654.
TRIESTE — Per il ciclo «Ottobre organistico», organizzato dal Centro culturale elvetico valdese «Albert Schweitzer», alle ore 20,30 nella basilica di San Silvestro in piazza
S. Silvestro 1, l’organista Adriano Dallapè e il soprano Laura Fabris propongono musiche di Bruhns. Tel. 040-632770.
GENOVA — In occasione di «Esodo», 16°
ciclo di incontri interreligiosi di cultura e di
formazione al dialogo proposto dal Saé, alle
ore 17,30 a Palazzo Ducale il rabbino in Roma Alberto Sermoneta parlerà di «Esodo e
tradizione ebraica». Per ulteriori informa
zioni telefonare allo 010-566694 oppure 211473.
TORINO — «Bibbia, profezia e apocalittica» è il titolo del dibattito che si tiene nel salone valdese di corso Vittorio Emanuele 23,
alle ore 15,15, con la partecipazione di Mario Miegge, Giulio Giorello e Giorgio Bouehard. Sarà presentato il libro di Mario
Miegge, «Il sogno del Re di Babilonia», Milano; Feltrinelli,
1995. L’incontro è proposto, fra gli altri, dal Centro evangelico di cultura «Arturo Pascal», dal Sae e dalle comunità
cristiane di base. Per informazioni tei. 011-6692838.
CULTO EVANGELICO: ogni domenica
mattina alle 7,27 sul primo programma radiofonico della Rai, predicazione e notizie
dal mondo evangelico italiano ed estero, appuntamenti e commenti di attualità.
PROTES’TANTESIMO: rubrica televisiva
di Raidue'a cura della Federazione delle
chiese evangeliche in Italia, trasmessa a domeniche alterne alle 23,40 circa e, in replica,
il lunedì della settimana seguente alle ore
8,30. Domenica 6 ottobre andrà in onda la
trasmissione: «Il lungo cammino della riconciliazione: un
incontro con i cristiani dell’ex Jugoslavia in preparazione
dell’assemblea di Graz; protestanti nel mondo».
AVVERTENZA: chi desidera usufruire di questa rubrica
deve inviare i programmi, per lettera o fax, quinfiici giorni prima del venerdì di uscita del settimanale.
corifixxÈi
Che cos’è una nazione?
10
OnOBRE1996
Nord:
Dopo i riti padani e i silenzi romani.
Cattolicesimo:
I dubbi francesi di papa Wojlyla.
Usa:
Bruciano le chiese nere; Allarme razzismo.
Africa:
Dalla sfida per la democrazia
a quella per lo sviluppo.
Minoranze:
Le passioni «ereticali» di Tavo Burat.
ifrotUt; c<qpta tare
, «bboiaamiento «turno liibàS.fNQO; ri- i
120,000 con iflwo in Voraatuoato sul ecp 61288007
' * ìntewtsto a coop. Com fittovi Tempi, vìa Firetute 38,00184 Boma.
^»PerinfertnaiKatÌ! telefono 06-4820503, fex 4827901,
-, ' <iBdirìazolntemet;'Http;f/heU8ustm.it/n>atlcet/eK:t/home.htm)
14
PAG. 10 RIFORMA
Riforma
Non mollare e pregare
Maurizio Giroiami
È stata chiamata Tangentopoli 2 ed è sotto i nostri occhi. Di nuovo personaggi eminenti della finanza e
deirihdustiia, della politica e deU’amministrazione statale sono'acciisati di aver tratto lua*ose tangenti da com^
messe pubbliche (naturalmente a spese dei contribuenti), dal traffico illegale di armi e dT materiale nucleare,
dal riciclaggio di denaro sporco, intrecciando rapporti
con la grande cr^inalità e con servizi segreti deviati. È il
«peccato sociale», che non si lascia facilmente lavare,
neanche da un detersivo come «mani pulite».
È la normalità, dice Crasi sin dal 1993, in un sistema
basato sul Ubero mercato: o si incriminano tutti i poUtici e gU imprenditori, oppure si prende atto che così va il
mondo cMudendo TangàhtopoU con una «soluzione
politica». Ancora ieri del resto si discuteva, se non di
anmistia, almeno di patteggitbnento, di declassamento
dei reati di concussione e corruzione. È la Grazia laica
aU’italiana: delinqui fortemente, e credi ancora più fortemente neU’immancabile condono. Se tutti deUnquono, nessuno si ravvede, il peccato resta e la Grazia è assicurata, «a buon mercato», potremmo dire con
Bonhoeffer.
Noi abbiamo dissentito da questo atteggiamento anzitutto in nome deU’evidenza: fra i politici, gli imprenditori e i magistrati, vi sono gU onesti e i disonesti. Non è forse vero che giudici abiU e corag^osi hanno segnato molti successi contro la grande criminaUtà? che gran parte
deUa pubbUca opinione e deUo stesso (rinnovato) schieramento politico li appoggia? Del resto solo se il male
non ha già vinto ovunque vale la pena di lottare. Così
Tangentopoli 2 ci insegna che le forze deUa Luce staimo
contrastando efficacemente quelle deUe Tenebre.
C’è un’altra possibile interpretazione, meno manichea. Se siamo consapevoU, come cristiani evangeUci,
che la tendenza a peccare è intrinseca aUa natura degU
uomini e quindi dei loro sistemi sociaU, non possiamo
dimenticare che i nostri passi avanti, le nostre «vittorie»
non sono mai definitive. Ogni volta che riposiamo sugli
aUori la paghiamo cara. Abbiamo creduto che fosse al
sicuro il patrimonio di valori creato dalla lotta contro il
nazifascismo ed ecco il voto a Fini delle giovani generazioni, la storiografia che nega lo sterminio degli ebrei e
degli zingari ed equipara la Resistenza al fascismo di
Salò. Abbiamo creduto acquisiti i diritti civili, politici,
sociali sanciti dalla Costituzione ed ecco il razzismo,
l’attacco allo stato sociale, al principio della solidarietà
con chi è senza lavoro o vive Stentatamente ai limiti della dignità. Abbiamo creduto decisivi 3-4 colpi ben assestati contro la mafia e la corruzione politica ed ecco
l’amaro risveglio di Tangentopoli 2.
Siamo convinti che almeno la democrazia sia solidamente radicata nel nostro paese? Che i disegni di sottomissione della magistratura al governo siano accantonati? Speriamo di non doverci ricredere. È la nostra presunzione di aver bene e definitivamente operato a impedirci di vedere i sintomi della degenerazione. Che dire
allora? la tentazione di riaffermare che solo la conversione, il cambiamento di mentalità degli individui può
risolvere la situazione è forte; ma a noi, che giustamente
crediamo questo, è forse chiesta una risposta meno facile e più costosa: ubbidire alla chiamata non mollando e
pregando. Non mollare,'nel sostegno alla lotta contro
TangentopoU e per un’Italia più democratica e solidale,
poiché solp la pratica, anche sul piano sociale e politico,
della difesa del debole e dell’oppresso può conferire
senso e verità all’Evangelo della Grazia e del ravvedimento che confessiamo. Pregare affinché i nostri sforzi,
insieme a quelli di tanti uomini di buona volontà che si
adoperano per lo shalom (per la riconciliazione, la pace
e la giustizia), non siano frustrati dall’inadeguatezza
delle nostre forze e dtdla fragilità dei nostri intenti.
Riforma
E-Mail: Riforma @ Alpcom.it
Via Pio V, 15 -10125 Torino - tei. 011/655278 - fax 011/657542
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ai sensi di legge), Fulvio Ferrano, Giorgio GardioI, Maurizio Giroiami, Anna Maffei, Milena Martinat, Carmelina Maurizio, Luca Negro, Luisa NItti, Jean-Jacques
Peyronel, Gian Paolo Ricco, Fulvio Rocco, Pietro Romeo, Marco Rostan, Piervaldo Rostan, Federica Toum, Florence Vinti, Raffaele Volpe.
AMMINISTRATONE: Ester Castangia.
ABBONAMENTI: Daniela Actis.
FOTOCOMPOSIZIONE: Aecs.r.l. Mondpvi - tei. 0174-551919.
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Tariffe Inserzioni pubblicitarie: a modulo (42,5x40 mm) £ 30.000. Partecipazioni: miltimetro/colonna £ 1.800. Economici: a parola £ 1.000.
Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con
il n. 176 del 1» gennaio 1951, responsabiie Franco Giampiccoli. Le modifiche sono
state registrate con ordinanza in data 5 marzo 1993.
Il numero 37 del 27 settembre 1996 è stato consegnato per l'inoltro postale all'Ufficio
CMP Nord, via Reiss Romoli 44/11 di Torino mercoledì 25 settembre 1996.
VEISERD!4 0TTOBRFti
Continua il dibattito sulla «questione settentrionale» e il federalismo
Risposte sbagliate a problemi veri
Il nostro paese si trova davanti a una sfida epocale e a un vuoto di ideali
La risposta secessionista va rifiutata dal punto di vista etico ed economico
PAOLO FABBRI
Franco Giovanelli, studioso e letterato ferrarese, soleva dire disquisendo
delle guerre di indipendenza
e della formazione dello stato
nazionale italiano che l’Italia
è stata una sorta di miracolo
della storia. Un miracolo scaturito dallo spirito romantico, dall’idealismo, dallo slancio di un secolo che amava
l’utopia senza avere la pretesa di rivestirla necessariamente con sovrastrutture razionali. Un miracoloTtei’anomalia verificatasi quando gli
stati nazionali europei esistevano da vari secoli, infatti, si
chiedeva, su quale tronco si
innestava questo nuovo stato? Di quale processo storico
costituiva il naturale compimento? Si doveva fare riferimento all’Italia delle Repubbliche marinare? Oppure a
quella delle Signorie? O a
quella dei liberi Comuni?
Dove cercare la radice che
accomuna il Piemonte sabaudo con il Lombardo-Veneto e con il Regno delle due
Sicilie? Se una radice esiste,
essa si frammenta nelle innumerevoli contese territoriali, nei contrasti commerciali, nelle differenze di lingua e di costume. Ciò è tanto
vero che la retorica fascista
dovette ricorrere all’impero
romano per trovare una vera,
comune radice che giustificasse il sentimento nazionale. Peccato che un millennio
e mezzo sia vm tempo un po’
troppo lungo per rendere
credibile il riferimento.
Quindi un’Italia mosaico
formata da componenti attaccati formalmente fra loro,
senza però il collante di un
sentimento nazionale cresciuto nei secoli. Altiero Spinelli, il padre dell’Europa e
cofondatore del Movimento
federalista europeo, spiegava a noi giovani militanti negli anni ’50 che il sentimento
nazionale nasce con il tempo dal permanere sotto la
medesima amministrazione
statale, un’amministrazione
che garantisce equilibrio fra
i bisogni diversi delle varie
aree e le fonti di reddito,
un’amministrazione che, intesa in senso ampio, garantisce la stessa giustizia dovunque. Di qui il crescere graduale del sentimento di
unità che fa di uno stato una
nazione.
Là magistratura in Italia è
ben lungi dall’avere la grande tradizione di autonomia e
di rigore che ha invece raggiunto in altri paesi come la
Francia o l’Inghilterra, ed è
sempre stata fortemente influenzata dal potere esecutivo, dallo scandalo della Banca Romana ai tempi di Giolitti al ventennio fascista al
quarantennio democristiano. Solo recentemente, con
Tangentopoli, ha dimostrato
di essere un potere realmente autonomo.
La gestione delle risorse ha
sempre privilegiato il Nord,
creando le infrastrutture atte
a consentire lo sviluppo industriale, mentre il Sud ne
manca tuttora. È pur vero
che negli ultimi 30 anni sono
andati sprecati enormi capitali finiti nelle mani di politici disonesti e della mafia, ma
questo non sposta i termini
generali del problema. Scelte
di parte e disonestà, ma c’è
forse stata efficienza? Nemmeno su questò fronte si è
creato un modello di pferimento tale da favorire lo sviluppo del comune sentire
degli italiani.
L’amministrazione pubblica sabauda ha fatto ben
rimpiangere quella austroungarica del LombardoVeneto, facendosi poi gradualmente penetrare dalla
più capziosa mentalità
déH’amministrazione borbonica, con il risultato che è
sotto i nostri occhi: uno stato-farraginoso e inefficiente
che viene visto dal Sud sottosviluppato come la principale fonte di occupazione e
dal Nord come un mostro
che ingoia inutilmente enormi risorse. Forse il contributo maggiore alTunità d’Italia
lo ha dato la tv, uniformando il linguaggio e, in certa
misura, i costumi.
Di fronte a questo quadro
c’è da meravigliarsi per l’emergere di spinte secessioniste? Qi sono state a lungo in
Sicilia e in Sardegna, in Trentino Alto Adige, ora nascono
per un agglomerato nuovo
come la Padania, che di comune ha solo il fatto di essere la somma delle regioni più
ricche fra loro limitrofe. Tensioni analoghe sono presenti
altrove (i Paesi baschi in Spagna, ecc.): ma solo di fronte a
eventi catastrofici si sono
concretizzate. È il caso
dell’ex Jugoslavia e dell’ex
Urss.
Di fatto questo è il ragionamento che fa Bossi: siamo vicini a una catastrofe economica, la colpa è dello stato,
degli sprechi, dei quattrini
buttati nel calderone della
Cassa del Mezzogiorno. Chi
ha fatto progredire l’Italia sono gli imprenditori e i lavoratori del Nord, perciò lasciamo il Sud alla sua sorte e an
diamo avanti noi che sappiamo come cavarcela; dimenticandosi naturalmente delle
scelte che in passato hanno
favorito lo sviluppo del Nord.
In realtà la crisi c’è veramente, ed ^ portata dalla
'mondializzazione dei mercati e dalla concorrenza dei
paesi emergenti, ma questa
crisi riguarda tutta l’Europa,
Italia compresa. Il nostro
paese si trova di fronte a una
sfida epocale, a mutamenti
così radicali quali non si sono
visti dalla scoperta del bronzo, mutamenti che metteranno in discussione la sopravvivenza dello stato sociale, la
sicurezza dell’occupazione, e
che investiranno l’insieme
delle relazioni umane, sociali
e personali.
Di fronte a questa sfida la
proposta secessionista va rifiutata sia sotto il profilo etico che sotto quello economico. La via obbligata per
affrontare bene la sfida è
l’Europa e l’entrata in Europa ha tempi strettissimi che
non consentono passi falsi.
La secessione avrebbe costi
e tempi assolutamente non
compatibili con la costruzione dell’Unione monetaria
europea e comunque determinerebbe una cesura dei
rapporti commerciali esistenti tra Nord e Sud d’Italia,
che avrebbe conseguenze
gravissime anche per la Padania.
Per capire meglio la portata di questo taglio si veda la
tabella con il conto economico della Padania leghista
raffrontato a quello del Centro-Sud. Ciò che appare
inaccettabile è invece la superficialità con cui tutti trascurano il malessere su cui
Bossi ha costmito il suo successo. Il vero problema è lo
stato, la sua inefficienza e il
suo lassismo. Sul nostro futuro regnano l’organizzazione e la tecnologia, che significano formazione e ricerca.
La nostra scuola è ampiamente inadeguata, qualcosa
di positivo sta proponendo il
ministro Berlinguer, ma
scontiamo decenni di ritardo. Non parliamo dell’apparato pubblico in senso stretto, perché qui non esiste
nemmeno una scuola specifica. In Francia i manager
pubblici si formano all’Ena
(Scuola nazionale di amministrazione) di Parigi, una
delle più prestigiose del
mondo: forse sarebbe il caso
di rifletterci. La pur lodevole
proposta Bassaniiìi è ancora
ben poco. Manca, sia a destra che a sinistra, una risposta politica seria e articolata.
Conto economico delle risorse e degli impieghi raggruppati
per la Padania e il Centro-éud a prezzi correnti per l’anno 1993
• Padania Centro-Sud Italia
Prodotto interno lordo 829002,0 721148,0 1550150
Importazioni nette -75058,1 +30530,1 -44528
Totale 753943,9 751678,1 1505622
Consumi finali interni 617411,5 627771,5 1245183
di cui; %
Consumi delle famiglie 494694,6 474580,4 968275
Consumi collettivi
(aziende pubbliche+prev.) 122716,9 154191,1 276908
Investimenti fissi lordi 137288,4 124657,6 261946
Variazioni delle scorte -756,0 -751.0 -1507
Totale 753943,9 751678,1 1505622
Dati espressi in miliardi di lire. Fonte: relazione annua del mnìstera ite/ RUanrin « rtaua
Programmazione economica peni 1995 - catto economico perreakine
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L’articolo di Valeria Vani
dopo aver parlato dell’
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ß «Quello
diRiesi»
Ero di primo incarico all’
Università di Messina, venivo da Torino, tornavo da una
«missione» della Cooperazione italiana alTUn-Ecafe di
Bangkok. Avevo appena dato
le mie dimissioni, e deciso
per università che pagava stipendi al confronto miserabiU: non mi sono mai pentita
di averlo fatto.
Ma ero tornata molto transo avantiJ matizzata: da quello che ave.i.„ visibile) dei
campi di rifugiati delle guerra del Vietnam, da quello che
si stava preparando e che era
prevedibile (il disastro della
Cambogia). Non ero completamente travolta dall’odio,
ma impotente, e incubi ricorrenti dei ricordi d’infanzia dell’occupazione tedesca
in Piemonte rigurgitavano di
continuo.
Nel gennaio del 1974 trovai
in libreria Tappena pubblicato Vinay-Chiavacci Testimonianza di un genocidio, Indocina 1974. Ma quel che mi
colpì fu il titolo di Tullio Vinay Ho visto uccidere un popolo. Sì, pensai rileggendolo,
;ari un po’i (.¡ji ha scritto così sa di che
e la vuole . ^Q¡a si tratta. Partii così un
"'venerdì sera per Riesi come
sarei partita a una vigilia di
S^abbath: di fatto andavo a
|drcare Tullio Vinay che ave[ vo letto e che non conoscevo
liffatto soltanto per riuscire
ÌÉmeno ad ancora guardare il
'mondo che tornavo a vivere
glttraverso qualcuno che sens tivo vedesse molto più proli fondamente di me.
Non è necessario che io
ora descriva come e perché
Tullio Vinay era un uomo
¡che sapeva ridare la sperani! chi lo ha conosciuto lo sa.
a un uomo semplice,, dall’
¡petto persino dimesso, dal
‘riare calmo. Era un uomo
e aveva mente e cuore per
idere. Chi ha avuto il privigio di conoscerlo non porterà mai più il senso della
speranza, e oggi più che
to seti
La Ref i
imero dai
^ la quei
di donne
il titolo. ei
per mi
eria Vanti
ato dell’i
unisce i pJ |nai quello del suo messag
onio e foni telo. Faceva con semplicità Te
fpnnmenOiKcose che fanno i giusti; mi
fenomeno,
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si accetta
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a la credei
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irestia, n®
del corpà
successe persino di pensare
che non dipendeva neanche
® ®alla sola sua volontà ma da
ture
sua !
qualcosa che superava lui
stesso e tutti noi. Quando alcuni niesi dopo, nel ripreso
tran tran accademico, ebbi
l’idea di far invitare Tullio Vinay dalTUniversità di Messina, la sera deU’incontro arrivai in anticipo nell’enorme
sala della Cainera di commercio di Messina: era un totale deserto.
Un sottile panico, ne ero
l’organizzatrice, cominciò ad
assalirmi. Sarà un disastro,
pensavo: di Riesi la gente
non sa niente, Riesi non l’ha
mai vista, oppure non gliene
importa niente. E figuriamoci allora delle torture, dei genocidi, e di tutto il resto delle
guerre in Indocina! Sarà un
disastro!. Ero terrorizzata.
Nella sala cominciava pigramente a sfilare up po’ di gente: «È quello di Riesi», spiegava un mio studente, anche
lui semiallibito, a un gruppo
che entrava.
Tullio Vinay arrivò poco
dopo. Era piuttosto stanco,
aveva accettato l’incontro
malgrado i suoi molti impegni, perché in viaggio dftransito, essendo previsto per i
giovani, e forse anche per
pura cortesia alle nostre sollecitazioni. Guardò la sala
semivuota e il mio evidente imbarazzo, e sorrise. Che
amabile sorriso! Cominciamo pure, mi disse tranquillamente, e trasse da una cartella rigonfia un foglietto e
una matita. Per fare le cose
«in grande» noi avevamo fatto installare anche microfoni
da tutte le parti; arabeschi di
fili assolutamente surrealisti
nella sala semideserta, con
inservienti della Camera di
commercio che si misero solennemente in moto a fare
prove ed attivarli.
E fu solo allora che da fuori, dove la gente se ne stava
aspettando come si aspetta
in Sicilia, godendosi l’incantevole vento di mare che
scende la sera su Messina,
cominciò ad affluire gente, e
gente, e gente, e ancora gente. Io guardavo stupefatta
tutta quella folla e non credevo ai miei occhi: sembrava
che tutta la Sicilia si fosse
messa in marcia e data ap- '
puntamento in quella sala,
che in breve fu stracolma,
con il suo grande portale pia
Federazione delle chiese evangeliche in Italia
Convegno nazionale
del Servizio istruzione educazione
Ecumene 1-2-3 novembre 1996
Il futuro dell'istruzione religiosa nelle chiese della Fcei
Da più parti si sente la necessità di «fare il punto» sui programmi e sui
TCtodi della scuola domenicale e del catechismo, soprattutto ora che
sta per concludersi la preparazione di un ciclo e il gruppo che per molti
anni ha portato avanti il lavoro del Sie si appresta a passare le conse9ne a un nuovo gruppo che dovrà formarsi. Vi sono novità anche per
Puel che riguarda il catechismo. Vogliamo parlarne insieme? Abbiamo
DTOgno dèi contributo di idee e della disponibilità di quanti intendono
continuare a impegnarsi nel difficile, anche se estremamente arricchente, compito della trasmissione dell'esperienza di fede alle nuove generazioni.
Venerdì 1° novembre
Programma
l'^attina:
Pomeriggio;
Jaàato 2 novembre
Mattino:
Relazione su identità, formazione e linee di lavoro.
Relazione sui mutamenti delle tecniche di comunicazione
nel campo dell'istruzione religiosa.
Lavoro di gruppo sulle relazioni,
Laboratori.
Pomeri
'iggio:
Relazione introduttiva sulle linee di lavoro futuro per la
scuola domenicale.
Relazione sulle linee di lavoro futuro per il catechismo.
Lavoro di gruppo per suggerimenti e indicazioni per
l'istruzione biblica nei prossimi anni:>
1) «La scuola domenicale»;
2) materiale didattico della scuola domenicale;
3) catechismo.
Domenica 3 novembre
Ottino: Conclusioni e culto finale.
hanno dato la loro adesione in qualità di membri del Comitato
e come relatori o animatori dei gruppi e dei laboratori: Giovanni
Rziani, Gabriella Besaglia, Giovanni Carrari, Silvana Colombo, Valdo
r Graziella Gandolfo, Silvia Gastaldi, Ermanno Genre, Giorgio Gi
larno-f kit-.:- >-■ . . - '........ A____________Cri_
rapa' ^f^ziella Gandolfo, Silvia Gastaldi, Ermanno Genre, Giorgio gìMaria Girardet Soggin, Jatharina Hess, Annamaria Lorandi, EriNaselli, Nicola Pagano, Luana Pallagrosi, Giuseppe Platone, Yann
magano, Luana raiiagrosi,
re D if' ^slvatore Ricciardi, Lidia Ribet, Sergio Ribet, Sandra Rizzi, Clai.j, Collier, Bruno Rostagno, Dario Saccomani, Franco Scaramuccia,
Qin ^.°9gin. Paolo Spanu, Karola Stobàus, Renata Strisciullo, Seristtoli. Paolo Toaniha. Teodora Tosatti, Emanuele Troiani.
convegno è di L. 120.000 (dalla cena di giovedì 31 ottobre;
« 000 dal pranzo di venerdì 1 novembre). Le iscrizioni varino invia
0Arry^ H t r- ... ! .p. . . i rv>l-\/~,r+rsr^r^rii
. h'ionzo ai venerai i novemuia/.
28 Ottobre presso l'ufficio del Sie,
^0159 Milano, tei. 02-69000883; fax 02-t
via Porro LamSertenghi
.'6682645.
1
Pagina Dei Lettori
PAG. 11 RIFORMA
"W
A proposito del viaggio in/rancia del papa
Perché in Italia non ci si batté per la laicità?
DOMENICO MANARESI
Nei giorni scorsi il papa è stato in Francia
per le celebrazioni relative al 1.500° anniversario del battesimo e quindi della «conversione» al cristianesimo di Clodoveo re dei
Franchi, Senza entrare nel merito del problema se questa conversione sia avvenuta
per pure ragioni politiche o meno, sembra
comunque storicamente assodato che il germanico pagano Hlodwig (che noi chiamiamo Clodoveo) abbia abbracciato nell’anno
4ä6 la fède cristiana della moglie Clotilde.
Questa ricorrenza ha riempito le pagine
dei giornali, non solo francesi, che mettono
in evidenza la divisione delle due anime della Francia, quella laica e quella cattolica; si
parla di una Francia «figlia primogenita della Chiesa», «...la cui unità nazi <j naie si fonda
sulla sua cattolicità».
Personalmente, reputo non moluj corretto
o quanto meno impreciso parlare, relativamente a quanto sopra, di «Chiesa cattolica»
e di «cattolicità» anziché di cristianità, considerando che nel 496, ai tempi di re Clodoveo, c’era sì qualche eresia, ma i cristiani di
allora non erano certo divisi fra cattolici e
non cattolici. Quindi appare quanto meno
improprio, se non forse un po’ arrogante,
che l’attuale mondo «cattolico» si reputi
l’erede unico del cristianesimo di quei tempi. Penso in definitiva che la freciuente (almeno qui in Italia) ed erronea equazione
«cristiani-cattolici» e l'uso indifferente dei
termini siano dit considerarsi come forme di
non grande rispetto nei riguardi di chi si
sente cristiano senza essere o sentirsi necessariamente cattolico.
.Altra e forse piti sostanziale riflessione è la
seguente. l.a passione con cui le due metà
circa dei francesi laici e dei francesi cristiani
cattolici difendono le loro convinzioni indit
ce a interrogarsi su! perché anche in Italia
non avvenga qualcosa di analogo. Qui in Ita»
lia, nel sentire collettivo, siamo tutti «cattolici» e ciò anche grazie a un’altra incredibile
equazione: «etnia o nazionalità = confessane religiosa» (e il pensiero va alla exjugosla*
via, dove tutti i croati sarebbero cattolici,'"
tutti i serbi sarebbero ortodossi.e tutti ibo»
sniacì sarebbero musulmani.;.). Qui in Italia,nonostante una solenne proclamazione del-"
la laicità dello stato da parte della Corte Co-T
stituzioñále nel 1989, quasi nessuno poi si
preoccupa di verificare se ciò ò realizzato
veramente (penso per esempio a un Con-'""
cordato che privilegia una ben definita con*
fessione religiosa e ne discrimina altre). ,
In buona sostanza mi chiedo perché non
ci si batta anche in Italia per testimoniare: ])
una laicità come concetto che rifiuta ogni
integralismo e che implica il riconoscere che
non esiste nessuna dottrina religiosa o atea,
liberale o marxista da cui si possano dedurre
con rigore criteri di interpretazione e di
azione nella società (e da qui nasce il concetto di laicità dello stalo e delia politica); 2)
anche e soprattutto una laicità in senso lato,
non tanto come semplice separazione fra
stato e chiesa, ma come metodo che rifiuta
di utilizzare posizioni ideali per «picconare»
gli altri o Iter acquisire potere, metodo con
cui si propongono valori senza imporli, si testimoniano valori senza pretenderne privilegi e si è rispettosi dcU’iiomn con il,mondo e,
pei il credente, anche con e nella chiesa: e
qui nasce a mio awiso anche il concetto di
laicità della fede.
Penso sia veramente auspicabile che il
viaggio del papa nella laica Francia possa suscitare dialogo c approfondimento su questi
temi che reputo di grande importanza anche
per il futuro assetto della nostra Italia.
centiniano spalancato perché la gente fiiori faceya ressa. Tutta la Sicilia era venuta
a sentire «quello di Riesi».
Che parlava non di Riesi e
della Sicilia, ma di quello che
restava di esseri umani chiusi nelle «gabbie di tigri» che il
Comitato internazionale per
i prigionieri politici in Sud
Vietnam aveva riportato a
casa loro.
Ma Tullio Vinay parlava di
noi, e di che cosa scegliamo
di essere, parlava con una
semplicità inesorabile al
cuore e alla mente. C’era un
silenzio profondo nell’immensa sala: non ci fu neppure bisogno dei microfoni.
Nessuno di noi si è dimenticato di quella sera.
Rosalba Davico - Salerno
Un «input»
per i giovani
Ho appena riletto il libro
Una minoranza significativa,
di Giorgio Bouchard, e in me,
si è avN^alorato il pensiero sorto dalla prima lettura, e cioè,
che la nostra gioventù sarebbe bene conoscesse quanto
storicamente Bouchard mette
in evidenza nel svio complesso sulla storia valdese:
Tale mio convincimento si
è ora riconfermato leggendo
il n. 155 di «Gioventù evangelica», dove si evidenzia la necessità che la nostra gioventù,
attraverso l’iniziativa delle
chiese, potenzi la nostra testimonianza sui grandi problemi del nostro tempo.
IV^i sono rallegrato e con me
CENTRO DI FORMAZIONE
DIACONALE
«Giuseppe Comandi»
FIRENZE
ISCRIZIONI AL CORSO DI FORMAZIONE
Sono aperte le iscrizioni al corso di formazione diaconale. La
durata del corso è quadriennale. La domanda va presentata entro ottobre.su modulo fornito dalla segreteria stessa. È richiesta
la licenza di scuola secondaria superiore. I/le candidati/e dovranno, contemporaneamente, iscriversi ad un corso universitario
(laurea o diploma) nell’ambito educativo, sociale, sanitario o
dell’accoglienza (per esempio: educatori/trici, assistenti sociali,
gestione dei servizi di accoglienza come foresterie o case di riposo, infermieri/e).
Quota di iscrizione, convitto, borse di studio e prestito
La quota di iscrizione per un anno è di lire 100.000. Gli/ le studenti/esse possono chiedere di alloggiare presso il convitto del
Centro. In questo caso possono usufruire di una borsa di studio
che sarà mantenuta se gli studi proseguiranno regolarmente. Inoltre, a richiesta, possono ottenere un prestito, senza interesse, rimborsabile aU’inizio della loro attività lavorativa.
Inizio dei corsi, programmi, frequenza
Alcuni corri professionali sono a numero chiuso e le prove selettive si effettuano già durante i mesi di settembre e ottobre. Può
variare anche la data di inizio delle lezioni e ciascuno dovrà seguire il calendario del corso prescelto. L’ammissione al CFD è conseguente all’iscrizione ad un corso professionale ed è preceduta da
un colloquio. Il corso di formazione diaconale inizierà l’8 novembre. Il programma è disponibile in segreteria. La frequenza è obbligatoria.
La segreteria è a disposizione per fornire tutte le informazioni
necessarie (programmi, caratteristiche dei corsi, costi etc.) e per risolvere dubbi anche di carattere personale. A richiesta- si può anche
organizzare una visita.
Rivolgersi a:
CFD - c/o Istituto Gould - via dei Serragli, 49 - 50124 Firenze tei. 055-212576, fax 055-280274. Chiedere dell’addetto di CFD.
molti fratelli, con i quali ho
avuto modo di constatare,
nella stupenda giornata del
raduno valdese del 15 agósto
a Villar Pellice, come da parte
giovanile vi sia stata una partecipazione coinè da lungo
tempo non si riscontrava. 11
libro può essere un «input»
per la nostra gioventù, specie
se la dirfiostrata volontà della
nostra testimonianza avrà nel
suo seguito un efficace appoggio sulla storia del popolo
valdese: minoranza significativa che, nelle difficoltà del
momento, può rappresentare
un esempio di particolare va- '
loie ricordando quanto scritto nel libro degli Atti (5, 29):
«Bisogna ubbidire a Dio anziché agli uomini».
Ugo Zeni - Roma
Errata
Nelle recensione al libro di
M. Craveri, L’eresia, Riforma
del 20 settembre, pagina 4
terza colonna, sono state gonfiate due cifre: le pagine dedicate a Valdo sono tre, non tredici, e il totale delle pagine
del libro è 473, non 4.709. Ci
scusiamo per gli errori.
/ Radio i
Sabato 5 ottobre, nell'
ambito del programma
«Uomini é profeti», in onda
àu Radiotre alle 12, inizia
un ciclo di trasmissioni curate dal pastore Giorgio'
Toum dedicate alla Chiesa
valdese. ..
Per / vostri acquisti,
per gli stbonemsntì
et periodici evangelici
Ubmrie "
CLAUDIANA^
MILANO;
via Francesco Sforza, 12/A;
tei. 02/76021518
’TORINO:
via Principe iTommaso, 1;
tei. 011/6692458^ .
TORRE PELLICE:^4
piazza della Libertà, 7; "''
teÌ.0121/91422
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La Tavola valdese
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Il pastore battista Piero Suman comunica il suo nuovo indirizzo; via Monte Bianco 91,
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«lo sono la resurrezione
e la vita»
Giovanni 11,25
Il 24 settembre, all'età di 81 anni, è deceduta
Gaetana Inglese
Del Priore
Lo annunciano i figli Valdo e
Ennio con Flosemariq, Renato e
Daniele.
Ivrea, 27 settembre 1996
16
PAG. 12 RIFORMA
Villaggio Globale
VENERDÌ 4 OTTOBRE iQq
Intervista al nuovo presidente dell'Associazione dei comunicatori cristiani
Quale comunicazione cristiana per il 2000?
Il tema centrale è quello dei diritti della persona. Per un'organizzazione come
la Wacc, la maggiore preoccupazione è l'abisso che separa ricchi e poveri
Nel giugno scorso il Comitato centrale,deU’Associaziorìe
mondiale per la comunicazione cristiana {.Wacc) ha
eletto il suo nuovo presidente
nella persona del pastore
neerlandese Albert van den
Heuve. Albert van den Heuve,
64 anni, è stato segretario del
Dipartimento della gioventù,
del Consiglio ecumenico delle
chiese (Cec) dal 1958 al i960,
quindi direttore del Dipartimento della comunicazione
del Cec dal 1960 al 1967. Ha
inoltre esercitato funzioni importanti presso Iq radiotelevisione neerlandese. È stato uno
dei fondatori della Waac,
creata nel 1968, che riunisce
oltre 800 comunicatori sparsi
in 101 paesi. L’intervista che
pubblichiamo è stata realizzata dall’agenzia Eni.
«La Wacc è una vera e propria tribuna ecumenica dove
i comunicatori cristiani di
ogni confessione possono
scambiare le loro idee», ha dichiarato Albert van den Heuve, rammaricandosi del fatto
che alcuni gruppi cristiani
conservatori, che staimo guadagnando rapidamente terreno negli Usa, non facciano
parte della Wacc. «Non è che
ci tenga ad ogni costo ad avere, quella corrente di pensiero,
all’interno della Wacc, ma è
peccato che quei gruppi scelgano di rimanere in disparte. La libertà di parola è uno
dei principi essenziali della
Wacc, il che non è proprio usuale in quegli ambienti conservatori. Pensiamo che, per
sviluppare nuovi modi di
pensiero, abbiamo bisogno
gli uni degli altri. L’atteggiamento dell’ala destra americana, preoccupata innanzitutto dei propri interessi politici, è all’estremo opposto
delle idee della Wacc che, da
parte sua, si è sforzata di democratizzare e di depoliticizzare la comunicazione».
- È possibile trarre una lezione dal modo in cui il movimento evangelicale americano utilizza i media a suo vantaggio?
«Sì, da molti di quei gruppi
possiamo imparare almeno
una cosa; chi afferma chiaramente la propria identità ha
un impatto nell’opinione
pubblica. Noi viviamo in un
epoca in cui molti si interrogano sui fondamenti del loro
sistema di valori, delle loro
convinzioni e sul perché del
senso che danno alla propria
vita. Certo, i valori sono sempre esistiti, ma fino a poco
tempo fa, "non stava bene’’
parlarne. Io stesso provengo
da una scuola di teologia in
cui questa citazione di
Bonhoeffer veniva considerata fin troppo audace: “Dovremmo imparare a vivere
come se Dio non esistesse,
pregare in silenzio, agire con
giustizia e astenerci dall’usare le parole grandiose a cui finora eravamo abituati’’. Oggi,
molta gente ci dice: "È importante agire come se Dio
esistesse davvero”. La gente
della mia generazione deve
imparare di nuovo a dire
chiaro e forte ciò in cui crede,
non per aggredire l’altro, ma
perché possa instaurassi un
vero dialogo. E forse appartengo a quella generazione
che sa discorrere a vanvera
con tono convincente, ma è
incapacé di condurre una vera discussione per via di tutti
i dubbi che imprigionano le
sue convinzioni».
- È essenziale per la comunicazione delle chiese che esse
espongano chiaramente le loroposizioni?
«Le chiese trovano la loro
maggiore forza presso gior
Piccoli sfollati angolani a scuola
(foto Acnur)
nalisti ordinari, presso autori
ordinari di programmi radiotelevisivi, che hanno doni
e competenze multipli. Le
chiese possono offrire una
documentazione di base a
queste persone il cui lavoro è
tutt’altro che facUe. Esse hanno bisogno di ricevere il massimo sostegno. D’altra parte,
non penso che sarebbe di per
sé una buona cosa che le
chiese si incaricassero della
maggior parte del lavoro all’interno dei mass media.
Dopo tutto, perché i cristiani
farebbero migliori opere teatrali o migliori documentari?
Quello che conta è l’argomento trattato o la cosa prodotta, e non il fat'to che la
chiesa abbia partecipato alla
produzione. Prendete ad esempio rinnario delle chiese
riformate. Alcune delle più
belle traduzioni dei salmi sono state fatte da cosiddetti
“pagani”. Grazie a Dio! E non
sto scherzando, parlo seriamente!».
- In un’epoca in cui la televisione sembra dominata da
dibattiti senza spessore, da
giochi a quiz e da flash di
informazioni, è ancora possibile fare prodotti di qualità?
«Forse dovremmo fare come se la comunicazione commerciale non esistesse. Può
darsi che sia molto meglio
produrre articoli e trasmissioni su argomenti che i
membri “pensanti” della società hanno voglia di leggere,
di guardare o di ascoltare. La
gente vuole di più che non i
grossi titoli. Attualmente, la
malattia di cui soffrono la radio e la televisione, sono le
frasi fatte'è i flash di informazioni. Ma il vento sta girando,
soprattutto con la proliferazione di canali televisivi alla
quale stiamo assistendo oggi.
Ciò permette di fare trasmissioni destinate a milioni di
spettatori senza dovere supporre che tutti le guarderanno. Negli ultimi anni, la“audience” si è ristretta e questo
per me è un’ottima cosa. Gli
ùidici d’ascolto hanno meno
importanza. Le comunità religiose in particolare sono
sempre state delle minoranze
con un impatto massimo».
- Che cosa pensa delle trasmissioni religiose finanziate
a scopo pubblicitario?
«Dio ce ne liberi! In teoria,
è una cosa possibile. Basta
pensare a tutte quelle multinazionali evangelicali. Ma
coloro che le finanziano vogliono sempre sentire il proprio messaggio. Ora, per me,
il giornalista ha solo la propria penna per padrone; la
propria penna, una coscienza chiara e la solitudine che
accompagna questo mestiere. Se vive in una società in
cui è la comunità che finanzia la televisione e la radio
per sviluppare la democrazia
e per formare dei cittadini
emancipati, si troverà avvantaggiato».
- Per gli anni 1997-2001, la
Wacc ha pianificato attività
mondiali e regionali nel quar
dro del programma Comunicazione e dignità umana.
«Il tema centrale è quello
dei diritti della persona umana. Per un’organizzazione come la nostra il cui raggio di
azione si estende su sei continenti, la maggiore preoccupazione è l’abisso che separa ricchi e poveri. È la ragione per cui la Wacc si propone di esaminare da vicino
tutte le proprie attività per far
sì che esse siano realmente a
beneficio delle vittime. Prendete ad esempio la rete Internet. Quest’ultima infatuazione costituisce, si dice, l’oceano di informazioni più meraviglioso e più democratico
che ci sia, in cui ognuno può
immergersi ed entrare in contatto con gli altri. Ma a chi
serve? a coloro che vivono
della previdenza sociale? agli
africani? alle popolazioni
dell’America del Sud? Senza
alcun dubbio servono a un
pugno di gente privilegiata.
Internet è il nuovo giocattolo
dei ricchi. Questo è il motivo
per cui ritengo che un’organizzazione come la Wacc dovrebbe concentrarsi sul problema più grave del nostro
tempo: che viviamo cioè in
un mondo in cui gli uni hanno tutto e gli altri niente».
Un rapporto presentato al Comitato esecutivo dell'Arm
Il Vaticano dovrebbe rinunciare
al proprio statuto speciale presso l'Onu?
Un rapporto presentato al
Comitato esecutivo dell’Alleanza riformata mondiale
(Arm), riunito a Detmold, in
Germania, dal 16 al 26 agosto
scorso, ha rimesso in discussione «lo statuto unico e
senz’altro contestabile» di cui
gode il Vaticano presso 1’
Onu, e Finfluenza che il Vaticano esercita all’interno
dell’organizzazione. Il Vaticano dovrebbe rinunciare a
questo statuto speciale? Questa è una delle domande poste dal rapporto all’attenzione dei cristiani.
Questo documentò, che
passa in rassegna le attività
deirOnu nel 1995 e che non è
una dichiarazione di principio, è stato redatto da Robert
F. Smylie, osservatore ufficiale dell’Arm e della Chiesa
presbiteriana Usa presso
l’Onu a New York. Nessun altro organismo religioso, cristiano 0 altro, possiede uno
statuto simile o.privilegi analoghi a quelli del Vaticano. Il
papa ha il diritto automatico
di parlare, in quanto capo di
stato, di fronte all’Assemblea
gener^e delle Nazioni Unite,
e la Città del Vaticano ha diritto di partecipazione e di
parola nelle riunioni dell’organizzazione.
Altri gmppi religiosi intrattengono rapporti con l’Onu
in quanto organizzazioni non
governative. I responsabili di
alcune tradizioni religiose
vengono di tanto in tanto invitate o autorizzate ad esprimersi in occasione dell’Assemblea generale, ma nessun
altro oi^anismo religioso detiene questo diritto in modo
ufficiale. Eppure il Vaticano
non è tenuto a contribuire al
finanziamento dell’Onu perché ha scelto lo statuto di osservatore. «Una simile situazione, che dà al Vaticano il
diritto di parola ma non di
voto, permette di agire sui dibattiti al più alto livello, e di
esercitare un’influenza su altri stati chq sono tradizionalmente cattòlici», per via della
loro identità, della loro politica o della loro storia. Ciò nonostante, «il Vaticano non as
sume alcuna responsabilità»,
precisa il rapporto.
Il ruolo del Vaticano nell’ambito dell’Onu è particolarmente controverso dopo
il suo intervento alla Conferenza internazionale sulla
popolazióne e lo sviluppo
che si è svolta al Cairo nel
1994. Il Vaticano aveva allora
fatto molti sforzi per fare
adottare le proprie vedute
sul controllo delle nascite da
parte della Conferenza. Robert Smylie ha deciso di portare questa questione dello
statuto speciale del Vaticano
presso l’Onu all’attenzione
deU’Arm perché è un problema che aJcuni cattolici hanno già sollevato.
È però difficile per gli altri
gruppi religiosi presentare
ufficialmente il problema, in
quanto potrebbero essere accusati di farlo per dispetto. È poco probabile che
altri stati dell’Onu sollevino
la questione. Infatti, i due
terzi de^i stati intrattengono
relazioni diplomatiche con la
Città del Vaticano. (eni)
Conversando con Luisa Morgantini
È possìbile la convivenza
tra serbi^ croati e musulmani^
JEAN-JACQUES PEYRONEL
Nella chiacchierata che
abbiamo avuto al telefono al suo ritorno da Sarajevo,
Luisa Morgantini ci ha fatto
parte delle sue impressioni «a
caldo» sulla situazione in Bosnia. Lei si trovava a Pale, capitale della Repubblica serba,
dove il candidato ufficiale
Krajinisk ha ottenuto il 90%
dei voti. Là, la gente ha votato in modo del tutto regolare,
esprimendo un voto compatto. A Banja Luka, invece, l’altro candidato serbo Ivanic ha
ottenuto oltre 300.000 voti.
Bisogna tener conto, dice la
Morgantini, delle caratteristiche geografiche e socio-culturali della Repubblica serba
di Bosnia: Pale è un paesino
di montanari, a 1.120 m di altitudine, mentre Banja Luka
è la città della borghesia intellettuale, meno oltranzista
dei serbi di Pale.
I quattro anni di guerra
hanno raggiunto lo scopo di
separare le tre componenti
della società bosniaca: serbi,
croati e musulmani. Gli accordi di Dayton prevedono il
diritto dei profughi di tornare
nelle loro case ma, oggi come
oggi, la cosa è del tutto illusoria, talmente è forte la paura
reciproca. La Morgantini cita
l’esempio dell’autista della
macchina dell’Osce che la
portava a Sarajevo. Lui era un
serbò di Sarajevo. Arrivato alle porte della città, era letteralmente terrorizzato e non
voleva entrare nella «sua»
città. Lo stesso vale per tutti i
musulmani che risiedevano
in città e villaggi serbi. È vero
che molti profughi non si sono recati a votare, per paura,
ma è anche vero che lo Sda di
Izetbegovic (Partito di azione
democratica), che si era preso l’impegno di organizzare
la trasferta in autobus, non lo
ha fatto. Così a Pale, dove
erano attesi 1.500 musulmani, sono venuti solo in 250.
Oggi, la Repubblica serba
conosce una situazione economica estremamente critica, sia per l’embargo sia perché ormai tutti gli aiuti internazionali sono concentrati su
Sarajevo. Secondo il responsabile dell’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati à
Pale, l’orgo^io dei serbi è tale
che non chiedono aiuto, anche se vivono in pessime condizioni e patiscono la fame,
come le migliaia di profughi
che sono stati cacciati dalle
loro case. Quando i serbi di
Sarajevo hanno dovuto abbandonare la città, la stampa
ha.scritto che essi avevano
fi
dato fuoco alle case. Or
vero che qualcuno ha brm
to la casa prima di andare
ma la maggior parte delle
se andate in fumo sono qut
che si trovavano sulla linea
fuoco tra la parte serba e ¡a
parte musulmana.
Nell’insieme, la Morgantiníí
ha avuto un’impressione fa-'
vorevole delle forze di pacai
deU’Ifor, per il loro atteggia,
mento imparziale rispetto atutte le vittime della guerra'
anche se è abbastanza oyviòi
che i musulmani stanno dali®;.,
parte degli americani (de#
sámente preponderanti ri.
spetto agli altri contingentfi^f
mentre croati e serbi stanai 4
dalla parte degli europei.
Tornando a Sarajevo,
Morgantini ha scoperto ùii|| '
città completamente trasf®.;;
mata, con negozi che trabocsi
cano di ogni sorta di beni Ma
questa città, nota per la-sua
multietnicità, è diventata ogj
una città islamizzata. Altjl'
Izetbegovic, leader indiscussi 'i
dello Sda, ha perfino camb#
to il nome delle strade, irìt
standole a personaggi dell’o,,
cupazione turca. Anche'l’a?
dozione esplicita di simboli
islamici (come il colore ver
sulla bandiera) impressio!
negativamente il forestiei
Lo stesso dicasi per la campH
gna elettorale dello Sda,
stata oltre 50 milioni di dolía]
ri, durante la quale Izetbej
vie ha fatto un uso spregii
cato degli organismi stata|a
proprio vantaggio. . «,
Tutto ciò, secondo la
gantlni, evidenzia 1’ambigú^
e la contradditorietà deg^i ao
cordi di Dayton che, da urlato, hanno sancito i risul
ottenuti con la «pulizia e(
ca», dall’altro hanno impo!
uno stato unitario per pri
vare una multietnicità e ui
convivenza che nessuno w
le. Certo, i serbi hanno um;ì
pesantissima responsabili^
ma le ignominie della
si sono verificate da una pat|,i
e dall’altra. Là Morgantinfe
stanca del conformismo coi
cui da cinque anni si leggon?:
gli avvenimenti dell’ex JugOv
slavia, se la prende con Tipo?
etisia della comunità internazinnale che nel 1948 impose-f
la spartizione della Palestinai
«Ilr
re di t
Perdi
vere e
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Ili;
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ta. Li
dell’a.
storia
(2 Re
libro;
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quel c
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e ora vuole imporre una con-,
vivenza forzata in Bosnia.
Si potrebbe obiettare chele
spartizioni (vedi Palestina, lilanda, Cipro, ecc.) non h^
no mai risolto i problemi Q>
fondo e che forse è megli®
tentare un’altra via, anche se
per ora ciò può apparire come una folle scommessa®
come una pura utopia,
W Denuncia di Amnesty International
Myanmar^ brutale violenza
contro le minoranze etniche
Secondo Amnesty International il regime militare della
Birmania (oggi Myanmar)
prosegue nella brutale violenza contro le minoranze etniche del paese. In un rapporto pubblicato a Londra l’8
agosto scorso questa organizzazione che difende i diritti
umani, denuncia che membri delle etnie Shan, Karen e
Mon vengono con arbitrio
assoluto arrestati, torturati,
assassinati, costretti ai lavori
forzati. Donne e ragazze sono
stuprate dai soldati e costrette ai lavori più pesanti per
l’esercito. Chi non regge allo
sforzo 0 tenta la fuga viene
torturato o fucilato. Ma. anche i birmani sono costretti
ai lavori forzati per la costruzione di strado che servono
soprattutto al turismo,
scorso marzo l’esercito^
cacciato dai loro villaggi cii^
10.000 abitanti delle regio»'
Shan e Karen che si trovano
nella parte orientale del
se. Se qualcuno tenta di nV>
nate al proprio villaggio '
schia la fucilazione. Amn® ha raccolto molte
nianze di profughi n
nella vicina Tailandia. Clic
30-40% degli abitanti de'»
Birmania appartiene a mm
ranze etniche. La resistc^g
dèi ribelli contro il
centrale risale agli anni y“
ranta. Negli ultimi ann .diversi movimenti di oppo •
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zinne hanno dovuto
a una tregua con il
militare dopo aver
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pass
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che
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corsi
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Mol
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scor.
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