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Arino VII
numero 38
del I'’ ottobre 199
art. 2 comma 20
Filiale di Torino
In caso dì mancato re
si prega restituire al
presso l'Ufficio PT Tor
L'Editore si impegna m
corrispondere il diritto di resa.
CAMMINARE
INSIEME
«Da lui [Gesù Cristo] tutto il corpo
ben collegato e ben connesso mediante
l’aiuto fornito da tutte le giunture, trae
il proprio sviluppo nella misura del vigore d'ogni singola parte»
Efesini 4, 15
Lf IMMAGINE presente in questo testo è quella classica del corpo: ma
in questo caso se ne utilizza l’aspetto
strutturale, la visione d’insieme, anziché l’aspetto organico e il rapporto capo-corpo. Il corpo è una struttura
complessa, formata da tante parti e
organi diversi tra loro: piccoli e grandi,
forti e deboli, veloci e lenti, semplici e
complessi, morbidi e duri. Questa è
una realtà assodata, non più in discussione. Ma il corpo viene assunto
nel testo biblico per parlare di un «corpo sociale», la chiesa, quindi di un
gruppo sociale specifico. Le conclusioni che raggiungiamo suU’analogia
vanno trasferite o applicate anche al
referente principale. Si può fare, allora, un piccolo esercizio di trasposizione fra quello che suggerisce l’immagine e la chiesa, dato che questi sono i
due termini del riferimento analogico.
La prima riflessione riguarda la
realtà delle singole parti e il collegamento che esiste fra di loro, cioè le
«giunture» che collegano le singole
parti così diverse fra di loro, l’una con
l’altra. Se è bene salvaguardare sempre
diversità e varietà, qui si preferisce sottolineare l’unità e ciò che la tutela e
garantisce. Al particolarismo qui si
preferisce il dato olistico. Credo che il
nostro pensiero corra subito alle formazioni territoriali intermedie e a tutte le altre forme di collegamento fra
singole chiese. Quando nei nostri Sinodi e Assemblee generali parliamo di
circuiti e di distretti, di associazioni o
federazioni regionali, stiamo appunto
facendo riferimento alle «giunture»
che tengono insieme l’intero corpo e
che costituiscono il collegamento fra la
testa e i vari organi e parti. La struttura intermedia fra testa e singola parte,
fra centro e periferia, deve essere rivalorizzata al massimo e diventare costitutiva del nostro essere chiesa. Giunture responsabili e autorevoli: sono loro
che tengono insieme l’intero còrpo. Se
finora abbiamo investito le nostre risorse migliori nell'apparato centrale,
ora occorre avere un occhio di riguardo per le «giunture».
La seconda riflessione riguarda la
velocità di marcia di un organismo
complesso. Abbiamo fra di noi intere
parti del corpo che vorrebbero andare
avanti di corsa, altre che preferiscono
procedere con passo sostenuto, altre
ancora che preferiscoìto procedere più
lentamente. Un convoglio, fatto di diverse parti, può marciare unito soltanto alla velocità del più lento. È un dato
che conosciamo ma che spesso dimentichiamo, e allora emerge tutta l’impazienza del voler andare ciascuno alla
propria velocità e pazienza se qualcuno
rimane indietro. Ma lo sviluppo dell’intero corpo è il risultato del vigore di
ogni singola parte, nessuna esclusa.
L’impazienza degli uni deve fare i conti
con la lentezza degli altri, ma anche la
debolezza di alcuni non deve minare
l’entusiasmo e lo slancio di altri. La nostra comune velocità di crociera non
sarà il risultato di un calcolo matematicofatto a tavolino, neanche quella indicata dalle strategie elaborate dal
«quartier generale», ma quella che risulterà dall’attenzione che sapremo
avere nei confronti delle comunità più
deboli. La tensione fra i «deboli» e i
«forti» può essere applicata anche alle
chiese: secondo l’Evangelo occorre risolverla sempre a vantaggio dei più deboli. Almeno fra chiese non competitive.
Domenico Tomasetto
Sr/niMANALK DKI.I.i: CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
Le nuove forme della criminalità rendono più insicure le aree urbane medio-grandi
La nuova frontiera della sicurezza
Le aree degradate necessitano tanto di una presenza costante, qualificata, amica, delle forze
dell'ordine, quale modello vivente della legalità, quanto di investimenti nelle relazioni umane
MARCO BOUCHARD
IL mondo della politica italiana
sta scoprendo renorme importanza che la vita collettiva attribuisce al bisogno di sicurezza soprattutto della popolazione delle aree
urbane medio-grandi. Si innalza
una richiesta di rassicurazione che
presenta come denominatore comune, a prescindere dalle zone
geografiche e dagli sfondi ideologici e culturali, la paura del crimine,
l’angoscia per una costante esposizione al rischio di subire una aggressione o, più semplicemente,
r alimi inciviltà.
Non si tratta di una novità. Tutti
gli stati industrializzati si sono dotati, a livello locale e nazionale, di
strumenti per fronteggiare un crescente allarme sociale ingenerato
dal flusso vorticoso di beni, consumi, relazioni umane sfuggenti e da
ogni buona occasione per depredare il proprio simile. Ci si difende,
addirittura, dai bambini come accade in molte città americane e inglesi con la tecnica del «coprifuoco». Si organizzano, negli stessi
paesi, delle reti di vicinato per Tavvistamento degli intrusi nei quartieri che si vogliono proteggere. Si
creano, come accade nella vicina
Francia, organismi inediti, in forza
di contratti per la sicurezza, in cui
amministrazioni locali, magistratura, forze dell'ordine e scuole cercano di valutare e adottare le soluzioni più appropriate per la.difesa del
territorio dal rischio crimine.
È sempre molto difficile comprendere fino a che punto ci sia un
effettivo aumento dei reati e fino a
che punto monti il sentimento diffuso di insicurezza. I dati obiettivi
sono fortemente contraddittori; diminuiscono vistosamente i reati
più gravi e aumentano i reati contro il patrimonio; si applicano alternative alla detenzione mentre le
carceri italiane non sono mai state
così affollate come ora. Parimenti
non c’è nulla di più incerto, sia sotto l’aspetto diagnostico che sotto
quello delle terapie possibili, del
sentimento di insicurezza. Secon
do un’indagine internazionale sulla condizione delle vittime di reati,
mentre una buona presenza sul
territorio della polizia in certi paesi
(ad esempio in Inghilterra) è associata a un discreto sentimento di
sicurezza, in Italia si registra l’opposto. Secondo una recentissima
indagine il torinese considera la
sua città decisamente insicura: ma,
al tempo stesso, ritiene il suo quartiere un buon rifugio dagli attacchi
indesiderati alla sua persona o al
suo patrimonio.
Si comprende, pertanto, come il
tema non si presti a facili soluzioni.
Ogni scorciatoia va considerata
con diffidenza perché una delle caratteristiche del bisogno di sicurezza è proprio la sua attitudine ad accettare la gratificazione immediata
di proposte illusorie. Le più recenti, ma anche le più ricorrenti, sono
nell’ordine: pene più severe, una
riduzione delle alternative alla detenzione, maggiori poteri alle forze
di polizia e alla magistratura.
Una carcerazione più severa è rimedio spuntato per ridurre la tendenza criminogena. Il carcere, da
quando è nato, ha avuto effetti dissuasivi solo verso chi cerca, bene o
male, di vivere onestamente: per il
resto, e soprattutto per le sue condizioni di promiscuità e sovraffollamento, è un’ottima occasione
per consolidare la propensione a
delinquere. Paradossalmente, poi,
le iniziative per un’umanizzazione
del carcere (in particolare per soddisfare le esigenze affettive dei detenuti) non godono di un buon
consenso sociale. Una limitazione
nella concessione delle misure alternative al carcere (arresti domiciliari e affidamenti in prova al servizio sociale su tutti) può essere spiegata sull’onda dell’emozione per
Giubileo e indulgenze
Ferme critiche dei
protestanti italiani
In riferimento alTuscita
della quarta edizione delVEnchiridion Indulgentiarum, il testo della Penitenzieria Apostolica vaticana
che, anche in vista del
Giubileo, specifica le modalità con le quali i cattolici possono acquistare le
indulgenze, il teologo valdese Paolo Ricca ha dichiarato all’agenzia ecumenica Eni: «La teologia e
la prassi delle indulgenze,
comunque presentate, offuscano la centralità della
grazia e del perdono che
Dio ci offre in Cristo. Una
centralità che costituisce
il cuore stesso del cristianesimo». «Stupore, incredulità e amarezza» sono
state espresse da Hans
Michael Uhi, pastore della
comunità luterana di Roma. «Il Vaticano riafferma
con pervicacia le motivazioni che oggi non meno
di ieri segnano il solco tra
le chiese della Riforma e la
chiesa di Roma», ha dichiarato Maria Sbaffl Girardet, presidente della
Commissione per le relazioni ecumeniche delle
chiese valdesi e metodiste. Per Fulvio Ferrarlo,
pastore valdese a Milano,
«chi riteneva che la dottrina (romana) delle indulgenze costituisse un residuo superato di una teologia d’altri tempi, farà
bene a ricredersi», (nev)
Conflitto a Timor Est
Le chiese si mobilitano
per assistere i profughi
Nelle ultime settimane,
circa 60.000 abitanti di Timor Est si sono rifugiati a
Timor Ovest. Action by
Churches Together (Act),
organismo di collegamento di vari organismi
di soccorso cristiani sotto
l’egida del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec)
e della Federazione luterana mondiale, sta cercando di coordinare gli
sforzi delle chiese sia a Timor Est che all’Ovest.
Non si hanno ancora notizie sulla situazione dei
responsabili e dei membri della Chiesa cristiana
di Timor Est (Gktt), una
chiesa riformata membro
del Cec, il cui segretario
generale, il pastore Francisco de Vasconcelos, è
stato ucciso dalle milizie
filoindonesiane. A Timor
Ovest, Act sta collaborando con la Gereja Maschi
Injili di Timor (Gmit),
un’altra chiesa riformata
membro del Cec, che sta
assistendo i rifugiati dall’Est sia nel capoluogo,
Kupang, che alla frontiera
tra Est e Ovest, attraverso
la sua organizzazione
umanitaria «Alfa Omega».
Sono inoltre presenti a
Timor Ovest rappresentanti del Consiglio australiano delle chiese e del
«Church World Service»
del Consiglio nazionale
delle chiese Usa. (nev)
alcuni delitti commessi da chi aveva usufruito di quei benefici: nella
realtà si rivelerebbe solo un gravissimo danno contro chi ricerca effettivamente un reinserimento sociale. Anche un rafforzamento nei
poteri delle forze di polizia e della
magistratura rappresenta una prospettiva illusoria: le cifre assolute e
relative sull’incarcerazione dimostrano che stanno già lavorando a
pieno regime. Anzi quelle proposte
ancorché illusorie rischiano di costituire spinte ulteriori nella spirale
dell’insicurezza.
Tutto inutile, dunque? Sarebbe
davvero stolto non riconoscere
resistenza di nuove forme di criminalità invasive e dotate di una
manovalanza pressoché inesauribile. Ma occorre anche riconoscere
che si sta delincando una nuova
frontiera che rifiuta di concepire il
bisogno di sicurezza come materia
riservata alle istituzioni repressive.
In questa prospettiva il sentirsi sicuri non è sinonimo di ordine pubblico ma richiede lo sforzo di tutti
coloro che decidono della qualità
della vita sul territorio. Nessuno
pensa più che grazie a casa e lavoro ci si possa emancipare dal reato.
Ma è altrettanto vero che la vita di
un quartiere malfamato non è certo resa migliore dalle periodiche
retate della polizia. Le aree degradate necessitano tanto di una presenza costante, qualificata, amica,
delle forze dell’ordine, quale modello vivente della legalità, quanto
di investimenti sul versante della
relazioni umane. In questo senso
un’area verde è potenzialmente
imparagonabile alla forza dissuasiva di cinquanta arresti o di dieci
condanne esemplari.
La sicurezza non è un bene statico da sottoporre alla tutela di professionisti: è un bene che tutti
dobbiamo imparare a produrre
giorno dopo giorno. Intesa così la
sicurezza non si presta a formule
magiche e ogni tentativo di semplificare le risposte alla domanda
di protezione dal crimine rivela solo la ricerca, ancorché disperata, di
consenso elettorale.
MEDITAZIONE
La comunità dei «piccoih)
di MAURO PONS ^
A PAGINA
CHIESE
Il Padre Nostro ecumenico
di BRUNO CORSARI ^
A PAGINA O
^CHIESE
Il debito dei paesi poveri
di LUISA Nim ^
EDITORIALE
Andreotti
di GIORGIO BOUCRARO
La religione imposta
di SALVATORE RAPISARDA
2
PAG. 2 RIFORMA
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Della Parola
VENERDÌ 1^ OTTOBRE iqq^
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“Se tuo fratello
ha peccato
contro di te,
va’ e riprendilo
fra te e lui solo.
Se ti ascolta,
avrai
guadagnato tuo
fratello;
'^ma, se non ti
ascolta, prendi
con te ancora
una o due
persone, affinché
ogni parola sia
confermata per
bocca di due
o tre testimoni.
Se rifiuta
d’ascoltarti,
dillo alla chiesa;
e, se rifiuta
d’ascoltare
anche la chiesa,
sia per te come
il pagano
e il pubblicano.
18
Io vi dico in
verità che tutte
le cose che avrete
legate sulla
terra, saranno
legate nel cielo;
e tutte le cose che
avrete sciolte
sulla terra,
saranno sciolte
nel cielo.
in verità vi
dico anche: se
due di voi sulla
terra si
accordano a
domandare una
cosa qualsiasi,
quella sarà loro
concessa dal
Padre mio che è
nei cieli. Poiché
dovunque dueo
tre sono riuniti
nel mio nome,
qui sono io in
mezzo a loro”.
Allora Pietro
si avvicinò e gli
disse: “Signore,
quante volte
perdonerò mio
fratello se pecca
contro di me?
Fino a sette
volte?”.
Gesù a lui:
“Non ti dico fino
a sette volte, ma
fino a settanta
volte sette”»
(Matteo 18, 15-22)
LA COMUNITÀ DEI «PICCOLI»
Per Matteo la chiesa è caratterizzata dalla fraternità. In una comunità di «piccoli»
la vita è regolata dalla pratica del perdono. In essa il forte si fa carico del debole
MAURO PONS
IN un breve racconto di Vladi
1
mir Visockji, intitolato Giudizio inappellabile, dopo la sanguinosa repressione dell’esperienza della Primavera di Praga
in seguito all’invasione della Cecoslovacchia da parte della Russia e dei suoi alleati, a Karel, giovane funzionario del partito comunista ceco, viene affidato il
compito di seguire e di sorvegliare un gruppo di «compagni»
sospettati di appartenere all’opposizione in clandestinità.
Praga, 1968
Facendosi passare per uno
I • ■
studente, Karel riesce a conquistare la fiducia del gruppo e,
dopo un po’ di tempo, a farne
arrestare la maggior parte dei
componenti. La notte del giorno
stesso della morte di Jan Palach
(gennaio 1969), passeggiando
per le strade di Mala Strana, Karel ha un lungo colloquio con
Milan Biebl, l’organizzatore e
coordinatore del gruppo di dissidenti. Dopo uno scambio di
impressioni sui tragici avvenimenti della giornata, sulle prospettive sempre più drammatiche della situazione politica venutasi a creare con l’occupazione del paese, sulla possibilità di
operare ancora un cambiamento, Karel si domanda: «Per offrire un futuro a questo paese dovremo forse bruciare tutti?».
«No - osserva Milan - Palach
non si è dato fuoco per il futuro
di questo paese. Non penso
neppure che il suo gesto estremo sia solo una denuncia della
situazione presente. No! Le
Preghiamo
Nella mia debolezza, o Signore,
ti ho chiesto di sostenermi.
Mi sei venuto incontro
e, nella tua comunità, fratelli e sorelle
mi hanno aiutato a prendere forza.
Nel mio dolore mi sono chiuso, o Signore,
ho invocato il tuo aiuto.
Non mi hai lasciato solo
e, nella tua comunità, sorelle e fratelli
hanno curato le ferite della mia anima.
Nella mia forza, o Sipore,
ho cercato di camminare per venire da te.
Mi sei venuto incontro
e, nella tua comunità, ho trovato fratelli e sorelle
con cui condividere ogni cosa.
Senza di te, o Signore, io sarei solo;
incontrando te, ho incontrato
le mie sorelle e i mìei fratelli.
fiamme che hanno consumato
il corpo di Jan indicano un’altra
necessità; questo nostro paese,
questa nostra comunità di donne e di uomini, dovrà bruciare
se stessa nel suo insieme, purificarsi nel fuoco della prova e
del dolore, per ritrovarsi e per
riscoprire la propria comune
appartenenza. Il futuro di questo paese non sarà nel ritorno a
vecchie ideologie o nell’invenzione di nuove, ma nel ritornare al nucleo dell’esistenza del
nostro popolo, di ogni popolo:
la fraternità».
Karel: «Ma che cosa è nella
sua essenza la fraternità?». Milan: «La capacità di sapersi perdonare gli uni con gli altri: nel
perdono vi è il nostro futuro! Di
fronte al male e all’ingiustizia, al
dolore e alla violenza, non vi sono innocenti: tutti siamo colpevoli. C’è chi accetta, chi subisce
o chi si oppone a questa occupazione: tutti hanno le loro ragioni e le giustificano. Se, però,
vorremo tornare a essere un popolo, lo potremo fare, non a
partire dal semplice sostegno
delle ragioni delle nostre azioni
di oggi, ma dal perdono che sapremo darci gli uni agli altri. Io,
però, non penso a un perdono
che metta sullo stesso piano il
carnefice e la sua vittima, non
c’è vero perdono se si dimenticano le ingiustizie e la violenza
del primo e il dolore e il diritto
alla liberazione dell’altro, quindi bisogna avere qualche altra
possibilità: perché non tentare
dunque con un perdono che
non dimentichi ciò che è stato,
ma curi le nostre ferite profonde, per restituirci guariti al nostro domani? Per questo se fossi
cristiano invocherei anche per
noi quel Dio della grazia che,
come sostengono loro, in Cristo
perdona l’umanità resa sofferente dal suo proprio peccato e
la redime nella promessa di essere un nuovo popolo!».
che potrà restituire all’essere
umano una «dignitosa umanità». «In questo mondo - conclude - siamo chiamati a essere
fratelli. Non è una scelta, ma un
destino: accettiamolo questo
destino, per tentare almeno di
trovare la nostra felicità!».
L'esperienza
della comunità cristiana
IN questo testo troviamo una
i ■
La fraternità possibile
PER Milan, dunque, l’opposi
I ■ - ............
tore, la fraternità possibile,
che dovrebbe unire l’insieme
dei componenti di un popolo, è
il frutto benedetto di un atto
che è costituito dal perdono reciproco. Il superamento di una
tragedia collettiva e il futuro di
una convivenza inevitabile devono passare attraverso l'esperienza del perdono, l’unica
esperienza, come egli dirà in un
passo successivo del racconto.
, attenzione particolare al problema della fraternità tra gli esseri umani, tanto che, per Visockji, la fratellanza diventa il
modello da cui ogni popolo,
ogni comunità umana, dovrebbe partire per pensarsi e vivere
come collettività. Curioso, ma
forse non del tutto inaspettato,
il suo richiamo all’esperienza
della comunità cristiana primitiva, non a quella, però, descritta
negli Atti (At. 2, 44-47), come,
forse, ci saremmo aspettati da
un autore ex comunista ma
piuttosto, mi sembra, dalla versione che invece ci offre Matteo.
Infatti per Matteo ciò che caratterizza la comunità cristiana
è la fraternità. Non può esistere
una chiesa, fondata dalla relazione fondamentale di Gesù Cristo con le donne e gli uomini,
che non sia essa stessa espressione e realizzazione di una fraternità-sororità intensamente
vissuta nelle relazioni reciproche degli uni con gli altri e altre.
Se la chiesa è veramente «corpo
di Cristo» essa è costituita da un
insieme di credenti, le cui individualità e diversità non devono
mai essere negate; anzi, esse devono essere piuttosto riconosciute e stimate nella loro varietà e ricchezza, ma ciò che fa
essere «chiesa» è la realtà di una
comunione che in Cristo unisce
gli individui, i diversi e diverse,
per presentarli al mondo come
un unico «corpo»: la fraternitàsororità è la manifestazione visibile della realtà dell’esistenza
della chiesa. Ma, per Matteo,
quali sono i presupposti e le
condizioni per vivere la fraternità-sororità?
Per Matteo la chiesa è costituita dai «piccoli che hanno creduto in Gesù Cristo» (Mt. 18, 6).
Nel contesto di Matteo 18 i «piccoli» sono li fanciulli e le fanciulle. Una interpretazione romantica e sdolcinata del testo
potrebbe farci pensare all’idea
di innocenza a cui normalmente
colleghiamo le immagini di
bambini. A parte il fatto che
qualcuno mi deve ancora dimostrare la presupposta innocenza
dell’infanzia, non credo che il
«farsi» piccoli dell’invito di Gesù
possa corrispondere alla ricerca
della nostra perduta innocenza.
Mi sembra piuttosto che Gesù
ci inviti a guardare ai bambini e
bambine come al più concreto
esempio di «ultimi»; infatti essi,
come le donne, continuano ad
essere e sono emarginati, violentati, sfruttati, illusi, derisi.
D’altro canto la comunità cristiana è la comunità degli «ultimi», dei «piccoli», anzi l’invito è
proprio a vivere la comunità come la fratellanza di coloro che
sono ancora in grado di diventare «piccoli». Ma come si può diventare «piccoli»? Nel nostro
contesto diventare «piccoli» significa accettare il giudizio di
Dio sulla nostra umanità, significa sfuggire alla tentazione di
ritenerci «grandi» nella nostra
fede e riconoscere il nostro permanere nel peccato, lontani da
Dio. Il nostro essere «piccoli» è
la disponibilità a lasciarci amare
da Dio, facendoci raggiungere
dal suo perdono.
Diventare «piccoli»
IN una comunità di «piccoli»
la vita è regolata dalla pratica
del perdono, della riprensione
fraterna (Mt. 18,15-16): in essa il
forte si fa carico del debole (Mt.
18, 12-14), perché quest’ultimo
non si scoraggi e non si perda; il
giudizio non è mai finalizzato
all’esclusione, ma deve portare
al riconoscimento degli errori e
delle colpe reciproche; la fraternità condivisa non è mai un calcolo aritmetico di cose date e ricevute (Mt. 18, 21-22), quanto
piuttosto un donarsi reciproco,
reso possibile non dalla nostra
disponibilità ma dalla consapevolezza che la liberazione dal
peccato ha aperto di fronte a noi
uno spazio di relazioni che può
e deve essere vissuto come l’unica occasione di recuperare in
pieno la nostra umanità.
È questa la comunità: a cui
Dio concede il potere di veder
realizzata ogni richiesta (Mt. 18,
19); a cui Gesù promette la sua
presenza (Mt. 18, 20); a cui si
può guardare come anticipazione del regno di Dio che ci viene
incontro. Per noi, non è solo una
speranza, come per Milan, per
noi è una promessa.
(Seconda di una serie
di quattro meditazioni)
Note
omiletiche
Matteo raccoglie il
materiale sul
Silo
'oi'dlnanieri.
to e sulla vita della coiru,.
nità cristiana nel 18°
capi.
tolo del suo Evangelo. Eq|Ì
non aggrega questo di'
scorso di Gesù a quella
della missione degli ano
stoli (Mt. 10), perché, pro’
hábilmente, non attribuì,
sce alcuna importanza alla
carica o alla gerarchia nel
seno della chiesa. In realtà
a partire dal suo 14° Q-j'
tolo, egli sta seguendo p|j
da vicino la struttura narrativa di Marco (cfr. Me, 6
14ss.), per cui si potrebbe
osservare che la ragiona
dell'inserimento delle sue
riflessioni sulla comunità in questo capitolo sia
piuttosto da ricercare nel
passo di Marco (Me. io
13-16) sulla sollecitudine
di Gesù per i fanciulli in
particolare e per I «picco,
li» in generale. Se nel contesto dell'Evangelo di Marco l'espressione «piccoli»è
la parola chiave che è
all'origine dell'inserimento
del materiale di Matteo
sulla comunità si può concludere che, forse, per
Matteo la comunità cristiana è soprattutto la fratellanza di coloro che sono
ancora in grado di diventare «fanciulli», anche perché così assume su di sé il
ruolo di figura anticipatrice del futuro regno di Dio
(cfr. Mt. 18, 1-4).
In Matteo l'insegnamento relativo alla «vera grandezza» (Mt. 18, 1-5) viene
utilizzato per interpretare
l'immagine del diventare
come fanciulli con l'idea
dell'abbassarsi, dell'umiliarsi, per cui l'invito di Gesù ad accogliere i fanciulli
deve essere interpretato a
partire dall'interesse dell'evangelista a un esercizio
pratico e concreto della fede, il quale renda evidente
il significato dell'appartenenza ai «piccoli» di Gesù,
Con la serie di invettive
successive (Mt. 18, 6-9)
Matteo vuole richiamare
l'attenzione dei suoi lettori sul rischio di un agire
che possa risultare scandaloso per i «piccoli» di Gesù, Anche all'interno della
comunità cristiana i credenti possono agire in modo da scandalizzarsi reciprocamente (cfr. 1 Cor. 8e
10; Romani 14). Notiamo
che Matteo fa riferimento
all'ambito comunitario
nell'unico passo dei sinottici che parla direttamente
di fede «in Gesù» (Mt. 18
8). Allora l'uso della parabola sulla pecora smarrita
(Mt. 18, 10-14), dove ritor;
na la parola chiave «questi
piccoli» e si fa accenno al
«Padre nei cieli», deve essere interpretata come
l'invito a far corrispondere
l'amore di Gesù per i peo'
catori a un comportamento consequenziale nell'ambito della fratellanza comunitaria. In questo
modo Matteo mette in
evidenza la responsabiUte
dei membri più saldi ne|a
fede nei confronti di quell'
più deboli. Infatti la concretizzazione di t4le n®'
sponsabilità deve prendere la forma della riprensione fraterna (Mt. 18,
22), perché la comunità e
lo spazio dove viene esercitato l'assoluto dovere de
perdono (Mt. 18, 23-35)
L'ultima frase di questo
capitolo ha di fatto i
stesso significato dell’orr
co commento di Matte
al Padre nostro (Mt- j
14ss.): chi non perdona
proprio fratello non tr
verà mai perdono pr®,*
Dio. Tale e tanta è I
portanza attribuita
Matteo alla vita fratern»
della comunità.
Per
ipprofondif®
- J. Gnilka, Il Vangelo
Matteo, voi. Il, Bfoso •
Paideia, 1991. ,
- E. Schweizer, Mag
e la sua comunità, Bt®
Paideia, 1987.
t'Assi
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L'Assemblea è stata organizzata dal Wscf Medio Oriente con il Consiglio delle
chiese del Medio Oriente. Una regione dove il dialogo con l'IsIam è consolidato
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Brescia^
ECCO, io faccio nuove
tutte le cose. Proclamare l’anno accettevole del
Signore nel nostro tempo».
All’insegna di questo motto,
Uberamente tratto da Apocalisse 21,5 e da Luca 4, 19, si è
svolta tra il 30 agosto e il 10
settembre la XXXll Assemblea
generale (Ag) del «World Student Christian Federation»
(Wscf), a Beirut, capitale del
Libano. Hanno partecipato
órca 180 tra delegati con diritto di voto, delegati non votanti, osservatori, candidati
alle varie cariche e staff. Inoltre le chiese di Beirut sono
state coinvolte nell’evento.
L’Ag è stata organizzata dal
Wscf Medio Oriente con il
Consiglio delle chiese del Medio Oriente. La posizione del
cristianesimo locale è stata
chiara, soprattutto sulla questione arabo-israeliana; in
Medio Oriente i cristiani sono
arabi, il dialogo con l'Islam è
consolidato, il responsabile
principale delle sofferenze
che devastano quella regione
èisraele, con l’aiuto degli
Usa, affermatisi come nazione egemone nel mondo globalizzato. Durante l'Ag alcuni
oratori locali hanno focalizzato i loro interventi su questa
posizione. A completare l’opera ci sono state due escursioni proposte ai delegati.
Nella prima c’è stato un incontro con «Hezbollah», ala
estrema dell’opposizione araba a Israele. Nella seconda,
commovente, alcuni delegati sono stati portati ai confini deUa «fascia di sicurezza»
occupata da Israele, dove sono stati mo'strati i resti del
campo profughi Gnu di Qana
Hassan El-Haj Hussein, responsabile politico degli Hezbollah (in nero, con gli occhiali), insieme ai delegati/e all'Assemblea del Wscf
(quella di Giovanni 2), bombardato due anni fa da aerei
israeliani, con l’uccisione di
107 civili. Incursioni minori
sono frequenti in Libano.
Dieci giorni prima dell’Ag, è
stata bombardata la centrale
elettrica di Beirut e, durante
l’Ag, una parte della centrale
idrica di Beirut. Risultato:
elettricità tre ore al giorno
(ma avevamo un generatore
autonomo) e acqua razionata
(non nella nostra zona).
I partecipanti statunitensi
hanno un po’ sofferto l’insistenza mediorientale su «gli
Usa fonte di ogni male nel
mondo». Ma l’accanimento
esagerato di chi proponeva
questa tesi è bastata per non
farsi coinvolgere in questa lotta manichea. Inoltre, sulla via
di Baalbek, abbiamo visto un
esercito che non era libanese
né israeliano ma siriano, una
vera e propria forza occupan
te di cui avere timore; quindi,
non sono solo gli Usa i «cattivi» in Libano e nel mondo.
Questo modo di vedere le
cose non ha permesso di farci comprendere in che cosa
nel Medio Oriente si distingua il cristianesimo dall’islamismo; la domanda sull’Evangelo che sono chiamati ad
annunciare in quella terra
martoriata è stata tristemente evasa. Un vero viaggio ai
confini del cristianesimo. Comunque sia, questo è solò un
aspetto dell’esperienza eccezionale vissuta a Beirut. Nota
positiva è la fratellanza e la
sorellanza ecumenica che ha
spinto l’Ag, anche nei momenti più difficili, a cercare
di mediare in nome di un patrimonio culturale e di una
testimonianza cristiana comune. Varie denominazioni
erano rappresentate all’Ag,
cattolici, ortodossi e prote
stanti di tutti i tipi, ma non
solo: anche membri delle
chiese non «calcedoniche»
(copti egiziani, apostolici armeni e ortodossi siriani).
Si è parlato della Jugoslavia
(che, in un contesto mondiale, diventa «un conflitto come tanti altri»), di Timor Est,
del Congo, del Sudan e del riconoscimento storico del
primo genocidio del secolo:
due milioni di armeni eliminati dai turchi (i discendenti
di molti sopravvissuti vivono
in Libano).
L’Ag è stata un’occasione
per le chiese libanesi di parlare della guerra «civile» (197592) e degli oltre 17.000 desaparecidos causati da essa.
Ironia della sorte, si discuteva
del progetto «Jubilee 2000»
per la cancellazione dei debiti
dei paesi più poveri e veniamo a conoscenza che, all’ultimo piano del luogo dove eravamo, c’era una riunione della Banca Mondiale. Immediata è stata la petizione, che i
banchieri non hanno gradito:
un cuore di pietra si è sostituito al loro cuore di carne.
Una grossa discussione si è
tenuta sulle riforme istituzionali del Wscf: come correggere un sistema democratico
per permettere a tutti, e soprattutto a tutte, di essere
rappresentati e di poter essere capaci di occupare delle
responsabilità. L'Ag ba eletto
come suo presidente il nigeriano Godfrey Okoro, metodista, come vicepresidenti
l’italiana Caterina Dupré, valdese, e il canadese Mario Bellemare, cattolico; nominati
dal Comitato esecutivo, come segretari generali, la norvegese Beate Fagerli e il ganaense Nana Brew.
A colloquio con El-Haj Hussein, responsabile politico degli Hezbollah
‘Noi contestiamo l'essenza colonialista dello Stato d'Israele»
A Baalbek, ad est di Beirut,
vicino alla Siria, si è tenuto
un incontro ufficiale tra alcuni membri dell’Assemblea
del «World Student Christian
Federation» e rappresentanti
degli Hezbollah. Entriamo
uel loro ufficio culturale: un
uel palazzo moresco azzurro
e bianco con un mosaico ribaente l’ayatollah Khomeini
sulla facciata. Ci accoglie un
uomo gentile, occhiali da vista Scuri e baffi discreti sotto
Un naso pronunciato, vestito
di nero, camicia bianca, sen^a cravatta: è Hassan El-Haj
flussein, responsabile politi^ degli Hezbollah. Veniamo
uttati con riguardo e ci sen,?dio a nostro agio (non vediamo armi).
Tuttavia il nostro incontro
ripreso integralmente da
oa telecamera e da alcuni
icrofoni. Per sicurezza, ci
ddpremo poi di esseapparsi sulla loro tv. Counque sia, il nostro interlo, ucconsente di farsi fografare da noi. Hassan ElL jl, Hussein comincia: «Hez«i.f • ^ partito con 6 deP tati al Parlamento di Bei
za j^^'^P^sto in maggioranda musulmani, si considepunito islamico, ma
tpj' d.donfessionale né instpn ^uutdina la resip uza nel Libano occupato,
jy^.uutte lo Stato sionista,
p Pjdandone la sparizione».
iole forse non nuove che
tristi’ !®"Hte da un protagoAhK- un certo effetto.
®tand^° poi posto delle do
contro gli ebrei?
'ì°"tro gli ebrei né
^ro 1 cristiani. Moishe e
Yeshua sono grandi profeti di
Dio».
- Hezbollah non è confessionale, ma vi sono dei cristiani?
«Uno dei nostri parlamentari è maronita».
- Che cosa contestate allo
Stato d’Israele?
«La sua essenza colonialistà che si esplicita con la questione dell’acqua, la violazione dei diritti umani, la forza
militare non paragonabile
con quella di tutti i paesi arabi messi insieme. Vi pare giusto che Israele abbia 200 testate nucleari, una moderna
flotta aerea, sommergibili
nucleari, mentre la nostra arma più recente è il kalashnikov del 1942?».
- Intende dire che vorrebbe
avere la forza offensiva di
Israele?
«Si potrebbe combattere
alla pari».
- Data la sproporzione di
forze, non le sembra un po’ irrealistica la prospettiva di distruggere Israele?»
Irritato dalla domandm
Hussein balza sulla sedia: «E
più realistico dover rinunciare alla mia terra? è più realistica la deportazione illegale
e la sopportazione di questo
stato di cose? Ora rispondete
voi! Chi era più realistico: Pétain, il realista, o De Gaulle,
Tutopico?». (In quel momento noto, con il suo parlare
francese, l’espressione esaltata, la fisionomia, che c’è
una certa somiglianza con De
Gaulle). «Se il vostro paese
fosse nella posizione del mio
o della Francia del 1941 e vi
comportaste come Pétairi,
non sareste considerati reali
sti, ma traditori».
- Che cosa pensa del nuovo
premier israeliano Barak?
«Io lo chiamo Barakhau,
perché è solo un altro Netanyahu. Non mi fido, anche
se Arafat si fida. Io sono contrario agli accordi di Oslo e di
Wye Plantation, ma anche se
fossi d’accordo, dovrei ammettere che Israele non li ha
fin qui rispettati. Perché dovrei fidarmi?».
L’incontro continua con
tono cordiale, ma accorato.
Non è interessante chi siamo
noi o il «World Student Christian Federation» ma Hassan
El-Haj Hussein, consapevole
di essere considerato un terrorista dai media europei e
americani, ci tiene a noi: sa
che tra noi ci sono degli occidentali che ora sentono dal
vivo le sue ragioni. A ogni
tentativo di porlo in difficoltà, Hussein ci chiede: «Di
che paese sei tu?». Alla risposta, sorride e nomina ciò che
di negativo gli americani, alleati di Israele, hanno fatto
in quel paese in particolare.
Ho evitato di dirgli di essere
italiano: troppo scontato il
riferimento al Cermis per
farmelo ripetere.
Alla fine dell’incontro gli
chiediamo se dispone di opuscoli sugli Hezbollah. «Si, ma
ora sono nel bunker». Perché? «Siamo stati informati di
un possibile attacco aereo
d’Israele su questo palazzo».
Sbarro gli occhi e gli dico:
«Quii? E noi?». Ride Hussein;
«Nessun problema!». Sembra
disprezzo del pericolo. Invece
è abitudine.
'■ 1
SCHEDA
«Movimento cristiano studenti»
Il «World Student Chri-^
stian Federation», noto in
Italia come «Movimento cristiano studenti» (Mes), è
luogo di incontro per giovani cristiani di tutto il mondo
da oltre un secolo. Fondato
nel 1895, è la prima organizzazione studentesca internazionale. Pioniere del movimento ecumenico, diede
un grosso contributo alla
nascita del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec)
ad Amsterdam nel 1948; tra
l’altro, Visser’t Hooft, primo
segretario generale del Cec,
«crebbe» nel Wscf. Oggi vi
sono iscritti oltre 300.000
studenti da circa 80 paesi.
Membro dell’Unesco, ha un
seggio all’Onu. L’Italia è
rappresentata nel Wscf dalla Egei. Del Wscf Debpra
Spini è stata presidente e
ora Caterina Dupré ne è vicepresidente.
L’Assemblea generale
(Ag), organo supremo del
Wscf, si riunisce ogni quattro anni e dà indirizzo politico al Comitato esecutivo
(ExCo). Dal 1968, per contestualizzare il suo lavoro nei
bisogni e nelle realtà locali,
il Wscf è suddiviso in sei regioni, ognuna con un proprio organo legislativo ed
esecutivo. Esse sono: Africa,
America Latina, Asia-Pacifico, Europa, Nord America e
Medio Oriente. Ognuna, eccetto il Nord America, ha un
ufficio regionale (Nairobi,
Caracas, Hong Kong, Amsterdam e Beirut). La sede
mondiale (Inter Régional
Office) è a Ginevra, presso il
Centro ecumenico.
Le regioni organizzano a
rotazione l’Assemblea generale: nel 2003 si terrà nelTAsia-Pacifico in luogo da
definire. La prossima Assemblea europea si svolgerà
ad Agape in novembre. Il
Wscf Europa collabora con
il Consiglio d’Europa e 1’
Unione europea. L’Ag inoltre elegge un presidente,
due vicepresidenti e un tesoriere che completeranno
l’ExCo, formato da segretari
e presidenti regionali, due
membri da ogni assemblea
regionale e due segretari
generali nominati dalTExCo
precedente.
Gli obiettivi del Wscf: alla
nascita si pensava a un movimento di evangelizzazione (non dimentichiamoci
che la stragrande maggioranza delle scuole in Europa e nelle colonie erano
fondate dai missionari),
mentre oggi si propone come luogo di discussione su
educazione, globalizzazione, giustizia sociale e questioni di genere, insieme a
teologia e spiritualità.
Dal Mondo Cristiano
^ Il Premio Templeton 1998 è stato
conferito a un giornalista irlandese
ODENSE — È stato conferito a un giornalista irlandese
dell’Irish Times, Patsy MeCarry, il Premio Templeton per il
1998, che premia i migliori giornalisti che si occupano di religione sulla stampa secolare. Il premio, istituito nel 1994, è sponsorizzato dalla Fondazione Templeton e dalla Conferenza delle
chiese europee (Kek) ed è stato consegnato a Odense in Danimarca il 25 settembre scorso, in occasione dei festeggiamenti
per il 40'’ anniversario della fondazione della Kek. (nev/kek)
T Libano: tornerà ad essere obbligatoria
l'ora di religione nelle scuole pubbliche?
BEIRUT — L’educazione religiosa dovrebbe tornare ad esseré obbligatoria nelle scuole pubbliche libanesi, conformemente al desiderio delle autorità religiose cristiane e musulmane le quali hanno fatto campagna per il suo ripristino. È
anche l’auspicio del ministro dell’educazione, Youssef Beydoun, dopo i suoi colloqui con 18 comunità religiose. Otto di
esse si sono già dichiarate pronte a preparare il materiale didattico. I corsi però non dovrebbero iniziare prima di 2 anni.
È previsto ebe il programma di islamismo contenga informazioni sul cristianesimo, e viceversa. Gli oppositori all’insegnamento religioso a scuola si trovano all’interno del partito socialista progressista di Walid Jumblatt: «L’educazione religiosa a scuola potrebbe rafforzare il sentimento confessionale e
comunitario, già forte nella società libanese. Sarebbe meglio
presentare i valori religiosi nel quadro dei corsi di storia, e lasciare l’educazione religiosa vera e propria svolgersi nei luoghi di culto», ritiene il capo dmso. (spp/apic)
Carri armati siriani sulla via per Damasco in territorio libanese
Giappone: 450 anni di presenza cristiana
TOKYO — Numerosi festeggiamenti sono previsti in Giappone per il 450° anniversario della presenza cristiana nel paese. Dopo lo sbarco del primo missionario (il portoghese
François Xavier il 15 agosto 1549) il cristianesimo ha avuto
una diffusione travagliata, essendo stato posto fuorilegge dal
1614 al 1870 e riconosciuto ufficialmente solo nel 1889. Oggi i
cristiani sono 1 milione 520.000 (527.000 protestanti e 442.000
cattolici), l’l,2% della popolazione. (nev/spp)
M Ungheria: vertice ecumenico nel 2000
BUDAPEST — Un importante vertice ecumenico si terrà nel
2000 a Budapest nell’ambito delle manifestazioni ebe segneranno i 1.000 anni della fondazione dello stato ungherese ad
opera del re Stefano. Il sottosegretario di stato responsabile
degli affari religiosi, Zsolt Semjèn, che ha anticipato la notizia,
non ha precisato la data dell’evento. Il patriarca ecumenico di
Costantinopoli, Bartolomeo, ha già accettato l’invito del governo ungherese, così come il patriarca di Mosca, Alessio II, e l'arcivescovo di Canterbury, George Carey, primate della Chiesa
d’Inghilterra. La festa del primo re d’Ungheria, canonizzato
nel 1083, cinquant’anni dopo la sua morte, è tradizionalmente
celebrata il 20 agosto. Il sottosegretario di stato ha ricordato
che il primo ministro ungherese, Viktor Orbàn, aveva formalmente invitato Giovanni Paolo li in occasione della sua visita
in Vaticano. Ma nessun viaggio papale è previsto nel corso del
2000, ad eccezione di qualche tappa del pellegrinaggio nei luoghi della Rivelazione. Nel 2000, l’Ungheria celebrerà il millennio della fondazione del paese, con il coronamento solenne
del re Stefano nella notte di Natale dell’anno 1000. (spp/apic)
4
PAG. 4 RIFORMA
VENERDÌ 1- OTTOBR^n.
Le tradizionali giornate di riflessione nel ricordo di fra Dolcino
Le scelte difficili dei cristiani nella storia
Una conferenza sulle vie della guerra e della pace; celebrato in seguito il culto
poi l'incontro popolare, il tutto nel segno della tolleranza e del rispetto delle idee
ANNA PIOVESAN ZEGNA
Quale correlazione si può
leggere fra l’Evangelo di
Luca (22, 36) «chi non ha spada venda il mantello e ne
compri una» e quella scelta di
vita, fatta 692 anni fa, di fra
Dolcino e Margherita che li
portò al martirio e alla morte
sul rogo? Attorno a questo
quesito, di bruciante attualità
in un presente denso di guerre di offesa e difesa, il pastore
Giorgio Bouchard ha sviluppato il tema della sua conferenza la sera di sabato 11 settembre nella chiesa valdese di
Biella; «La croce e la spada:
quando un cristiano deve scegliere». Ad ascoltare le sue valutazioni, forti dell’acutezza
dello storico ma accompagnate dal tormento del teologo, si è ritrovato un numeroso
pubblico che ha commentato
e discusso la difficoltà di poter trovare un’unica risposta
al dilemma «croce o spada?».
«Non credo al pacifismo alla Gandhi - ha esordito Bouchard - in quanto penso che
se al nazifascismo non si fosse opposta la resistenza armata oggi saremmo ancora a
fare il saluto romano». Dunque nel momento della ricerca occorre riflettere e soffermarsi a considerare tempi,
situazioni e soggetti interessati. La spada porta alla violenza e alla guerra, questo è
un fatto innegabile. Nel documento presentato al Sinodo valdese c’è un valore affermativo che supera ogni relatività; la guerra è posta nella categoria della negatività
senza concederle alcun corredo di aggettivi. La storia peraltro svolge il suo compito e,
puntuale, mostra i molti eventi in cui, per difendere i
propri diritti calpestati, si è
dovuto ricorrere alle armi: fra
questi il caso di fra Dolcino e
quello degli stessi valdesi
quando nel Seicento, capeggiati da Arnaud, riconquistarono la possibilità di vivere
alle loro valli d’origine.
Un dilemma, «croce o spada?», che racchiude una somma di interrogativi sulla fede
e sul modo di realizzarla. Si
oppongono la vita e la morte,
«la lettera che uccide» e «lo
spirito che vivifica», sulla base del noto versetto di Paolo e
nella prospettiva del filosofo
e teologo Gioacchino da Fiore, come ha voluto ricordare
ancora il pastore Bouchard
nel culto tenuto domenica
mattina, sulla Panoramica
Zegna, nei luoghi dell’ultima
resistenza di fra Dolcino e
Margherita.
Non solo una predicazione
alternativa, eretica per i tempi, conducevano fra Dolcino
e Margherita ma una scomoda scelta di autonomia intellettuale e di fede cristiana
portata nella quotidianità
della propria vita. Margherita
nel 1300 decise di condividere le scelte di fra Dolcino e,
pur di restare fedele ai suoi
ideali, rifiuta il matrimonio
offertole da nobili biellesi. Il
«colpevole», pericoloso portavoce di idee diverse, non
era dunque solo uno ma due,
parimenti temibili: Margherita e fra Dolcino! Nella città di
Biella la piazza di una frazione sarà dedicata a «Margherita da Trento» grazie alle battaglie condotte da Tavo Burat, studioso di culture minoritarie e coordinatore del
centro studi dolciniani.
Secondo Burat, fra Dolcino
irritava in modo insopportabile la chiesa ufficiale del suo
tempo perché «...usciva dal
recinto del sacro e predicava
che, per pregare Dio, la chiesa consacrata non vale di più
Giorgio Bouchard predica presso il cippo intestato a Dolcino
di una stalla di cavalli o di
porci. Si può adorare Cristo
nei boschi come nelle chiese,
anzi meglio. Laddove c’è sofferenza ed emarginazione là
c’è la croce, là c’è Cristo. Vi è
quindi grande differenza fra
religione e fede. La religione,
lega, sequestra Dio. La fede è
invece un atto di liberazione
che ci unisce direttamente a
Dio». Sempre la storia ci consegna la testimonianza della
battaglia di fra Dolcino contro ogni tipo di gerai;chia ecclesiastica, l’avidità del potere e del denaro, la sua capacità di applicare, nella comunità, egualitarismo e comunione dei beni.
Nato a Prato di Romagna
no Sesia, nel Novarese, vive e
predica insieme a Margherita
e alla comunità dei fratelli
apostolici nel Trentino e in
Piemonte. Tutti i seguaci di
Dolcino e Margherita furono
sconfitti sul Monte Rubello,
l’odierna Panoramica Zegna
e sul Monte Massaro, poco
distante, è stato posto un cippo al posto dell’obelisco distrutto dai fascisti presso il
quale si raduna, ogni seconda domenica di settembre,
una variegata folla di credenti e non credenti, evangelici,
cattolici, anarchici, comunisti, verdi, con o senza partito,
con molte bandiere, dalla
Slovenia, dalla Corsica, dai
Paesi Bassi, dall’Occitania,
dal cantone svizzero dei Grigioni. Quest’anno si è aggiunta la bandiera degli zingari Rom: due strisce orizzontali azzurre e verdi a simboleggiare il cielo e i prati
con al centro la ruota, emblema del nomadismo. «È l’unità dei diversi - dice Tavo
Burat - tutti coloro che hanno qualcosa da dire nella loro
lingua o nelle loro convinzioni possono farlo attraverso la
parola, la musica, la poesia».
C’è un mondo di creatività
e di fantasia che ha bisogno
di vincere sulla squallida assenza di idee che spiana la
strada alla guerra e alle ingiustizie. Sì è vero, come ci
ricorda il pastore Bouchard,
che il seme della guerra nasce su un deserto delle anime, sul vuoto di amore che
ha dilagato dentro di noi:
non ha fiducia nella meravigliosa creatività della vita chi
sceglie la spada che distrugge, chi nella spada, nella
maggioranza uomini, ha visto un unico strumento di
realizzazione della propria
forza e potenza realizzativa.
Allora il futuro prossimo
sarà più dalla parte delle donne che inventano e ricostruiscono nuove soluzioni e di
uomini che apprendono a
esprimere se stessi più attraverso l’amore e la fede che
non la spada? Speriamo di sì.
«Chi non ha spada venda il
mantello e ne compri una»
racconta di un momento di
umana disperazione di Gesù
ma poco più avanti il Vangelo
ci mostra Gesù intento a riattaccare l’orecchio al soldato
colpito da un colpo di spada
di un suo discepolo. Dopo il
dolore può rifiorire la speranza che sola sa alimentare i
venti di pace senza i quali
non cresce più nulla, nemmeno la cultura e il sapersi immaginare «diversi» da prima.
Un organismo indipendente presso la Chiesa valdese
Il Centro di studi dolciniani ha 25 anni
In anticipo di due giorni lo
scorso 12 settembre il Centro
studi dolciniani ha compiuto
25 anni di vita; il suo progetto
era nato il 14 settembre del
1974 insieme al cippo, inaugurato quel giorno, dedicato
a fra Dolcino. Erano trascorsi
600 anni dalla condanna del
movimento apostolico da
parte del Sinodo di Narbona.
Partecipavano Gino Moscatelli (comandante partigiano), Dario Fo, Franca Rame,
Osvaldo Coìsson (uno dei sei
redattori della «Carta di Chivasso» sul «federalismo e la
libertà delle genti alpine» del
19 dicembre 1943).
La «Ca’ de studi Dossinian»,
Centro studi dolciniani, ha sede presso la Chiesa valdese di
Biella e suo coordinatore è 1’
infaticabile Tavo Burat. «L’opera di fra Dolcino - dice - è
un fatto stimolante e presenta
motivi di attualità nel rimarcare la non rassegnazione
verso tutto ciò che indigna.
Coloro che giungono la seconda domenica di settembre
nei luoghi dolciniani desiderano far fronte comune contro la globalizzazione che
mortifica le differenze. Chi si
sente discriminato trova in
Dolcino l’emblema del riscatto. Per i credenti vi è la testimonianza che il Vangelo va
inserito nella realtà del tempo, nel vivere quotidiano, non
dev’essere asettico.
Nelle scelte scomode bisogna avere il coraggio, come
diceva Brecht, di essere dalla
parte del torto». Fra le recenti iniziative del centro vi è la
partecipazione a un ciclo di
conferenze a Cimego, nelTrentino, patria del fabbro
frate Alberto, un riformatore
già attivo prima dell’arrivo in
quel luogo di fra Dolcino con
il quale poi si unì nelle predicazioni. 11 paese, definito
«paese del ferro e dell’eresia»
ha dimostrato grande attenzione alla rievocazione delle
sue tradizioni: Michela Zucca, antropoioga, presente alla
festa di quest’anno, spiega
che il paese intende proseguire nella sua opera di «memoria storica» fatta rivivere attraverso la conoscenza dell’
ambiente di quell’epoca: è già
stata recuperata un’antica fucina nel sito dove vi era quella di frate Alberto e si pensa
anche al recupero di antiche
abitazioni.
Dal Trentino al Piemonte
ai Pirenei: merito del cippo,
vagamente antropomorfo,
con la sua croce solare e la
sua somiglianza con quello
di Montségur, nei Pirenei occitani, in ricordo del martirio
dei Catari saliti al rogo nel
1244. A scolpirlo su un blocco di sienite fu Pierino Macchetti di Quittengo. Era sorto
per iniziativa del settimanale
socialista «Corriere Biellese»
che già aveva patrocinato la
grande manifestazione del,
1907 nel corso della quale fu
inaugurato l’obelisco abbattuto dai fascisti nel 1927.
L’attenzione dei socialisti
nei confronti di Dolcino risale
alla seconda metà dell’SOO:
Dolcino è considerato come
un «apostolo del Gesù socialista». «Quasi che lo spirito di
Dolcino si risvegliasse dopo
tanti secoli - scrive Giorgio
Spini - nascono, tra il 1894 e il
1898, comunità e templi evangelici in alta valle Cervo a
Piedicavallo (valdesi) e in Vaisesia a Roccapietra, Rossa,
Cavaglia, Scopello, Balmuccia
(chiese libere); si forma anche
la comunità metodista di Vintebbio. Tra i promotori molti
militanti socialisti».
Sin dal 1877, i capi dei grandi scioperi biellesi si danno
appuntamento sul Monte Rubello. Nel 1895 centocinquanta socialisti biellesi si recano lassù per fondare il loro
periodico «11 corriere biellese». L’il agosto del 1907 è
inaugurato sulla vetta del
monte Massaro, alla presenza
di 10.000 persone, in particolare operai biellesi e valsesiani, un obelisco alto 12 metri
con la scritta «A fra Dolcino
rivendicato. Il popolo 13071907». L’obelisco è fasciato di
4 lastre di marmo con il passo
tratto dalla Divina Commedia
di Dante (Inferno capitolo
XXVIII versetti 54-60): «Or di’
a Fra Dolcino dunque che
s’armi/ tu che forse vedrai il
sole in breve/ s’ello non vuole
qui tosto seguitarmi,/ si’ di
vivanda, che stretta di neve/
non rechi la vittoria al Noarese/ ch’altrimenti acquistar
non sarta lieve». (a.p.z.)
Dolcino, i valdesi e gli altri
Nel ricordo dei martiri
della libertà di coscienza
VENEI
PIERA ECIDI
T vostri martiri sono i nostri martiri»: ho sentito
pronunciare una volta queste
parole dal pastore metodista
Sergio Aquilante, in un qualche convegno di storia valdese. È vero, c’è una linea di
evangelismo che corre lungo
i secoli, e che di volta in volta
ha assunto nomi, fisionomie,
linguaggi diversi ma che per
la sua «eresia», per la sua ansia di testimonianza integrale
e magari un po’ «folle» ha disturbato, disturba i quieti
sonni e le geometriche architetture, i sovrani equilibri di
chi governa le istituzioni: sopire troncare, troncare sopire, non sono questi i verbi
manzoniani del potere (ovunque, nelle chiese non meno che nella città)? E non sono stati perseguitati i primi
cristiani, e non è stato condannato Cristo per questo?
C’è una incapacità umana,
una non volontà umana, una
sordità umana a lasciarsi
sconvolgere dalla follia dell’Evangelo. E come distinguere il sottile filo tra la follia
dell’Evangelo e la follia toutcourt? I mistici, i poeti, i puri
di cuore e i semplici sanno
farlo, pur nelle contraddizioni del vivere. L’istituzione,
nei suoi meccanismi pes^j,,
espelle da sé l’utopia. ^
Dolcino, Margherita, Ghi
tardo Segalello, i valdesi mi
dievali, i francescani spirita
li, i palatini, Girolamo Sa»
natola, Galilei, Giordano Bm
no, gli anabattisti, i quaccC
ri... c’è un filo rosso chelee,
questa insopportabile teoÈ
di rompiscatole: «Non si de^
obbedire agli uomini, ma so.
10 a Dio - ricorda fra Dolcij,
-. A lui soltanto vanno amoa
e rispetto». E non è un casi
che Dolcino sia stato «risei,,
petto» e «adottato» da*
anarchici e dai primi soci*
sti del secolo, e che il cippoj
lui dedicato sul monte Massaro, dopo che il precedenti
obelisco era stato fatto saltaa
dai fascisti con la dinamiti
sia stato inaugurato ventici
que anni fa da Dario Foi
Franca Rame. E che il pronto,
tote di tutto ciò sia un evangelino un po’ «folle» e poeti,
11 più grande poeta in piimontese vivente, Tavo Burat
Nello scorcio di fine millennio, ripensando la storia
forse dovremmo lasciarci interrogare nelle nostre traiquille e sonnolente cosciena
dalla scia di sangue di quest
insopportabili rompiscatoli
di questi «eretici», di quest
folli martiri dell’Evangelo.
Il poeta
piemontese
Tavo Burat
FACOLTÀ VALDESE DI TEOLOGIA
via Pietro Cossa 42 - Roma
Formazione teologica a distanza
CÒRSO Di DIPLOMA IN TEOLOGIA
2“ sessione intensiva di studi 1999:1°, 2,3 ottobre 1999
Facoltà, aula A cattedra di Teologia sistematica
Storia del pensiero cristiano (XIX e XX s'ec.)
CHE COS’È IL CRISTIANESIMO:
LE RISPOSTE DI DUE SECOLI
Docenti: proff. Giampiero Bof, Nynfa Bosco, Sergio Rostagno
Programma
venerdì 1° ottobre: 9,15-9,30; presentazione (Rostagno-Bottazzi)
9,30-10,30: Eiezione
Che cos'è il cristianesimo:
ia risposta della teologia protestante (Bof)
10.30- 10,45: intervallo
10,45-11,30: lettura-lavoro di gruppo
11.30- 12,30: discussione, domande al docente
15-16; incontri con il coordinatore
16 -17; 2° lezione
Il dialogo Harnack-Barth (Rostagno)
17-17,15: intervallo
D, 15-18: lettura-lavoro di gruppo
discussione, domande al docenti
18-19:
sabato 2 ottobre: 9,15-9,30: lettura biblica (Bottazzi)
9,30-10,30: 3“ lezione
Che cos'è il cristianesimo:
_ V.HW vus e II «:risxianesimo:
la risposta della teologia ortodossa (Bosco)
10.30- 10,45
10,45-11,30
11.30- 12,30
15-16:
intervallo
lettura-lavoro di gruppo
discussione, domande al docente
incontri con il coordinatore
16-17; 4* lezione
Tiliich: protestantesimo e cultura (Rostagno)
17-17,15: intervallo
17,15-18: lettura-lavoro di gruppo ^
1®'19- discussione, domande ai docenti
domenica 3 ottobre: 9-10,30 discussione finale e domande al ^
cente (Rostagno) 10.30-13 test di verifica
Iscrizione: gratuita studenti Corso; L. 30.000 uditori; materiali
dattici: L 10.000
Convitto: L. 150.000 pensione completa; L. 10.000 ciascun pa^
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Un utile punto di riferimento negli studi di Le Roy Ladurie
Indulgenza e giustificazione: problemi aperti
Un libro famoso sull'epoca dell'Inquisizione in un villaggio francese apre
degli sguardi sulle battaglie per la libertà anche civili dei credenti ugonotti
^ RENZO BERTALOT____________
Giovanni Miegge. commentando il pensiero di
Ugo Janni, ci aveva ricordato
che Tecumenismo non era
per noi un prodotto di importazione. Joseph Me Lelland,
noto promotore della ricerca,
della traduzione e della pubblicazione delle opere di Pier
Martire Vermigli, ci ha ricordato che se è esagerato dire
che la Riforma è nata in Italia,
è pur vero che l’affermazione
non è falsa. 1 riformatori del
; lòd secolo sospettavano una
' certa debolezza nella riflessione valdese sulla giustificazione per fede, ma i grandi
nomi della Riforma erano ormai lontani nel tempo e nello
spazio dall’epoca dei movimenti pauperistici e dalla
violenza inquisitoriale usata
nei territori latini.
Oggi è possibile rintracciare una serie di documenti in
più sulla storia del XTV secolo. Emmanuel Le Roy Ladurie, con una ricerca meticolosa d’archivio, ha fatto emergere dal silenzio una miriade
di verbali sulla vita quotidiana della mezzaluna occitana
(che diventerà poi la mezzaluna ugonotta)*. Si tratta del
periodo duro dell’lnquisizione in cui ci viene ricordato
che 50.000 uomini vennero
jjiccisi nel giro di mezzo secolo (p. 118) e numerosi valdesi
¡salirono sul rogo (la figlia
chiede al padre se il dolore
del rogo sia sopportabile e la
¡risposta è affermativa perché
in quel momento è Dio stesso ehe assume su di sé la par
Soldati che arrestano un contadino nel Delfinato
te dolorosa). Erano decisamente altri tempi e altre testimonianze.
Le indulgenze
A chi aveva acquistato le
indulgenze si rispondeva:
«...avete perduto i vostri denari. Avreste fatto meglio a
utilizzarli per comperarvi dei
pesci. Le indulgenze del papa
costano caro e non valgono
granché» (p. 399). E ancora:
«Sopraggiunse un questuante
che, a quanto diceva, era in
grado di darci molte indulgenze. Quando ci ebbe lasciati Guillemette mi disse:
“Credete che un uomo possa
dare le indulgenze e assolvere qualcuno dai suoi pecca
ti?” Eppure, azzardai io, il papa, i prelati, i preti... “No, tagliò corto Guillemette. Nessuno. Soltanto Dio’’» (p. 400).
Anche apertamente in pubblico non mancarono le polemiche più aspre per attaccare
i dettaglianti di indulgenze
che le acquistano da Sua
Santità il grossista di Roma.
Si tratta di parole dure, come l’epoca inquisitoriale
(quella di papa Benedetto XII)
in cui sono state pronunciate:
oggi non sono più consuete,
ma vanno riportate perché i
riformatori del XVI secolo
non potevano conoscerle nel
valutare i tempi andati e nascosti nella polvere degli archivi e nel silenzio generale.
L'ambiente ebraico di New York in un film solo in apparenza «leggero
Il valore dei rubini e il valore della tradizione
RENZO TURINETTO
SI comincia con la musica
klezmer ma dopo è tutt’
altra musica*. L’opulenta
lobby ebraica di Manhattan
si distribuisce tra ricchi affari
e severa ortodossia religiosa.
Sonia non è ebrea, va sposa a
Mendel rigido catechista, stimato dotto studioso delle
Scritture di Israele: le trovi
interessanti? chiede Sonia
più stupita che insolente.
Mendel si vergogna perfino
di fare l’amore per non offendere gli occhi di Dio. Ma sono tua moglie! Sì, ma io amo
Dio! E lo ami più di me? La
domanda è reversibile, a sua
volta è lui a chiedere: e tu
ami me più di Dio? Torah,
Talmud, Mishnah, Yom Kippur e via ebraicizzando, il
matrimonio si incrina, la nascita di un bambino non risolve ma anzi complica la situazione.
11 fratello di Mendel sa che
Sonia è grande intenditrice di
gemme, specie di rubini, conoscenza ereditata dalla tradizione famigliare e le offre
un lavoro di esperta nel suo
florido negozio sulla 47“ strada. La farà uscire dalla impeccabile ma soffocante atmosfera maritale ed entrare nella
CENTRO DI FORMAZIONE
DIACONALE «G. COMANDI»
Inaugurazione
dell'11** Anno accademico
congiuntamente all’inaugurazione del
■45® Anno accademico della Facoltà valdese di teologia
Firenze, sabato 23 e domenica 24 ottobre 1999
IVoluslone
sabato ore 17 * via de’ Serragli, 49
Prof. Giorgio Spini
^ LA SCUOLA VALDESE
;;D| TEOLOGIA DI FIRENZE, 1870-1900
*i^uiranno una cena comunitaria in via Borgo Ognissanti 6
*tìn incontro con la locale comunità battista
Cu/to d’apertura
domenica, ore 10,45, chiesa valdese di via Micheli
presiedono i pastori Gino Conte e Raffaele Volpe
partecipano gli studenti della Facoltà e del CFD
S^uiranno un pranzo comunitario in via Manzoni 21
à Un incontro con le comunità valdese e metodista; ______
peccabilissima tresca extraconiugale: chino su di lei dopo aver consumato un rapporto, le sussurra le virtù della moglie ebraica perfetta, dal
libro dei Proverbi. La donna
saggia costruisce la casa,
quella stolta la distrugge...
Com’è difficile trovare una
donna forte e virtuosa, ella
vale molto di più delle perle...
Il marito sarà pure un integerrimo osservante della Legge ma non uno stupido e propone a Sonia di affidare il loro ménage a uno psicologo.
Ma sta dalla parte di Dio! Sì,
perché i buoni stanno dalla
parte di Dio e Dio sta dalla
parte dei buoni! E non erano
buoni quelli morti nei lager?
Non si discute con Dio! Invece io ci discuto! (faccia a faccia: l’ho visto, eppure non sono morto, osa Giacobbe; Ti
farò delle domande e tu insegnami, azzarda Giobbe).
Sonia è allontanata dalla
casa, dal figlio e dalla comunità (come Hester del romanzo La Lettera scarlatta di
Hawthorne, ma lei il figlio lo
portava in grembo), trova
Una collana edita da «Il Mulino»
La giustificazione per fede
Il tema popolare della contestazione delle indulgenze
non è l’unico che anticipi di
due secoli la predicazione dei
luterani di Germania e degli
ugonotti di Linguadoca. Nella predicazione locale appare
anche il tema della giustificazione per fede. «Il battesimo
fatto nell’acqua non dà alcun
vantaggio perché l’acqua non
ha alcun potere di salvare
l’anima. È soltanto la fede
che salva l’anima» (p. 402).
Non si esita quindi a svalorizzare le «opere» e le «opere
buone». 11 discorso sulla povertà accentua maggiormente dal lato pratico le affermazioni precedenti: «Non c’è
dunque salvezza per i ricchi:
né per i re, né per i principi,
né per i prelati, né per i religiosi» (p. 402). Ecco la testimonianza di un calzolaio: «Se
si hanno delle ricchezze è impossibile salvarsi. Possono
guadagnarsi la salvezza soltanto i poveri della fede».
All’alba del terzo millennio
la storiografia moderna ci offre una ragione in più per affermare che la lotta contro le
indulgenze e la giustificazione per fede fa anche parte
del nostro passato. Che dire?
Sono pietre di un lontano
passato che gridano ora perché allora non potevano e
che ci invitano a riflettere su
molteplici aspetti della nostra vita quotidiana dentro e
fuori le chiese.
(*) E. Le Roy Ladurie: Storia di
un paese: Montaillou. Milano,
Rizzoli, 1991.
I mille risvolti
dell'identità del nostro paese
GIORGIO TOURN
Abbiamo iniziato con il
primo testo della serie affidandoci alle garanzie di serietà dell’editore, «Il Mulino»,
e dell’autore, Ernesto Galli
della Loggia, mossi anche
dalla curiosità per il titolo:
L'identità italiana. Fiducia
ben risposta e curiosità soddisfatta: il volume di notevole
interesse si inseriva pienamente nella riflessione che
avevamo condotto a suo
tempo nel volume Italiani e
protestantesimo.
Ma dopo quel volume introduttivo alla serie, ne seguirono altri. Il primo fu il Giordano Bruno di Anna Eoa; in
un saggio sintetico quanto lucido veniva disegnato il mito
del grande filosofo italiano
del Cinquecento, l’utilizzo
della sua figura nella vicenda
risorgimentale, un tassello
importante della nostra identità. L’interesse e la curiosità
mi spinse alla lettura dei seguenti, Loreto di Lucetta Scaraffia, I braccianti di Aldino
Monti: mentre pareva evidente che quest’ultimo rappresentava un tema di alto interesse, che materia di riflessione poteva offrire il santuario
mariano? Errore! Una pagina
di storia religiosa del paese di
grande fascino e novità.
E di sorpresa in sorpresa
siamo così passati dal Coppi e
Bartali di Daniele Marchesini
aWAltare della Patria di Bruno Tobia, dal Mirafiori di
Giuseppe Berta a Carosello di
Piero Dorfles, a L'Autostrada
del sole di Enrico Menduni
per giungere al bellissimo
Cavour di Luciano Cafagna.
Sempre la stessa piacevole
scoperta: a eccezione di pochissime pagine, di tono un
tantino accademico, i volumi
sono esemplari per qualità
formali, precisione dei giudizi, puntualità di documentazione. Finalmente una collana che affrontando temi di
vivo interesse fornisce a qualsiasi lettore di media cultura
elementi fondamentali per
comprendere la realtà del
nostro paese e con uno stile
discorsivo di piena leggibilità. Non mancano infatti
nelle nostre librerie volumi di
grande interesse sulla vita e i
problemi dell’Italia contemporanea ma ciò che fa difetto
nella lettura del nostro presente sono le premesse che
stanno alle nostre spalle, il
passato che fa il nostro presente essere quello che è;
proprio quello che qui ci viene illustrato.
La collana prosegue con titoli allettanti che sarebbe qui
lungo elencare ma che tutti
promettono momenti di piacevole lettura. Una collana di
prezzo modesto che tutti dovrebbero avere in casa.
qualche anfratto nella sapienza spicciola di una indefinibile figura di donna mendicante e nella mansuetudine
di un giovane squattrinato
scultore cattolico portoricano. È libertà la sua, o soltanto
la sua libertà? Intanto altri
hanno trovato la loro, per vie
in apparenza risibili: per
esempio, nella vivacità sessuale di Sonia il vecchio rabbino riscopre per la moglie
l’antica passione inaridita dal
rigore e muore d’infarto dopo l’ultimo amplesso. Anche
Mendel rivendica in proprio
la sua indipendenza, non ci
sarà più la moglie ma vivrà
con suo figlio il quale, si suppone, crescerà in modo più
arioso del padre.
Il titolo italiano del film,
chissà se per astuzia di mercato, fa pensare all’ennesimo
007 o a Indiana Jones. In originale è A price above rubies
(un prezzo più alto dei rubini). Com’è il prezzo della libertà (quale che essa sia?).
(*) Il gioco dei rubini, di Boaz
Yakin, con Renée Zellweger,
Christopher Eccleston.
Una curiosa immagine di Fausto Coppi
Un recente libro della Queriniana
I «racconti dell'inizio»
e il problema della creazione
FULVIO FERRARIO
Manhattan
IL volume di Ellen van Wolde* sui primi 11 capitoli
del Genesi si segnala soprattutto per due elementi. L’autrice intende leggere i testi a
partire dalla forma in cui oggi li leggiamo, presupponendo che essa abbia un senso e
che non sia semplicemente il
frutto di un «taglia e cuci»
più o meno arbitrario di tradizioni precedenti. Il lavoro
critico sulla preistoria del testo è in funzione della lettura
del testo stesso, nella sua forma finale e in questo quadro
si dedica notevole attenzione
all’analisi delle tecniche narrative di volta in volta messe
in opera. Il secondo aspetto
rimarchevole è l’ampio spazio dedicato alla presentazione in forma antologica di
«racconti dell’inizio» di altre
tradizioni culturali e religiose, in modo da permettere a
chi legge il confronto con
Genesi 1-11.
Naturalmente tali caratteristiche non costituiscono una
novità. Da decenni l’esegesi
cerca di recuperare il primato
della forma finale del testo ai
fini dell’interpretazione, senza dimenticare le ricchezze
venute alla luce nel lungo
cammino dell’esegesi storicocritica; e ancor prima si è riconosciuta l’importanza di
una lettura comparata di
Gen. 1-11 e degli altri racconti
deH’inizio: per una lettura attenta al contesto storico sono
ovviamente decisivi i testi del
Vicino Oriente antico, ma
l’interesse dell’autrice si rivolge, più ampiamente, alla
presentazione dei diversi immaginari che nutrono le narrazioni. 11 libro, di lettura abbastanza agevole, si conclude
con una riflessione sul rapporto tra gli approcci religiosi
al tema dell’inizio e quelli
scientifici, cercando di evidenziare le potenzialità contestatrici presenti nei primi.
(’) E. VAN Wolde: Racconti
deH’inìzio. Genesi Ile altri
racconti della creazione. Brescia, Queriniana, 1999, pp. 254,
£ 35.000.
6
PAG. 6 RIFORMA
Vita Delle Chiese
VENERDÌ P OTTOBRElQor)
L'ecumenismo è anche ricerca di espressione della comune fede cristiana
Il Padre Nostro ¡n versione «ecumenica»
Il corpo pastorale delle chiese valdesi e metodiste, nella sua seduta di agosto a
Torre Pellice, ne ha proposto la sperimentazione non solo negli incontri ecumenici
BRUNO CORSAMI
La scorsa primavera Riforma (n. 18 del 30 aprile) ha
riferito che a Perugia, in un
convegno ecumenico, era
stato proposto un testo comune per recitare il Padre
Nostro tutti insieme e allo
stesso modo. Questa notizia
suscita alcune domande e
merita alcuni commenti.
1) Che senso ha proporre un
«Padre Nostro» comune a protestanti, ortodossi e cattolici?
Risposta: ci sono delle preghiere che dividono, per esempio le preghiere alla Madonna, che non sono accettate dai protestanti. Il Padre
Nostro invece, oltre ad avere
un’origine biblica, è una preghiera che unisce, perché è
usata da cattolici, protestanti
e ortodossi. Ma spesso è impossibile recitarla tutti insieme, negli incontri, perché
ciascuno recita il Padre Nostro a modo suo. Questo accade anche nel mondo protestante. C’è chi dice: «rimettici
i nostri debiti» e chi dice:
«perdonaci le nostre offese».
Alcuni dicono: «Liberaci dal
maligno», altri: «Liberaci dal
male». Forse per questo nei
culti evangelici non si dice
mai il Padre Nostro tutti insieme. In alcune comunità si
è dovuto ricorrere a questo
invito: «Diciamo ora tutti insieme la preghiera che Gesù
ha insegnato ai suoi discepoli, come la troviamo a pag. IX
dell’Innario cristiano». Per gli
incontri ecumenici, che testo
usare? È per questo che a Perugia è stato proposto un testo comune.
2) Ma perché ci sono tanti
modi diversi di dire il «Padre
Nostro»?
I motivi sono diversi. Intanto, nella Bibbia ci sono
due forme diverse della preghiera insegnata da Gesù,
una in Matteo 6, 9-13 e l’altra, più breve, in Luca 11, 2-4.
Così, per riprendere l’esempio citato sopra, da Matteo
viene il «rimettici i nostri debiti», mentre da Luca viene il
«perdonaci i nostri peccati».
Poi ci sono testimonianze
non sempre concordi dei manoscritti antichi. Alcuni manoscritti di Matteo, per esempio, contengono la chiusa «a
te appartengono il regno, la
potenza e la gloria», mentre
altri non la contengono, come non la contiene Luca 11,
e questo spiega la più vistosa
differenza tra il Padre Nostro
dei cattolici e quello delle
chiese evangeliche. Infine ci
sono parole o formule che
possono essere tradotte diversamente. Per esempio, «liberaci dal maligno» può anche essere tradotto «liberaci
dal male». Se non ci si mette
d’accordo su tutti questi
punti, non si può recitare il
Padre Nostro tutti insieme.
3) Quali proposte sono state
fatte per arrivare a un Padre
Nostro comune?
Nessuna chiesa può imporre alle altre il suo testo: bisogna che ciascuno faccia dei
piccoli passi verso gli altri, se
ci si vuole ritrovare insieme
con una formulazione unica.
Vediamoli: sulle prime frasi
del Padre Nostro non vi sono
osservazioni da fare.
La terza domanda, quella
delia volontà, termina, nel testo comune, con le parole
«come in cielo anche in terra». Questa proposta segue da
vicino il testo greco di Matteo, che menziona per prima
il cielo e poi la terra. Non so
perché il mondo evangelico
usa nominare prima la terra e
poi il cielo. Una novità, per
protestanti e per cattolici, è
Al convegno di aprile: da sinistra il metropolita Gennadios Zervos, mons. Giuseppe Chiaretti, il presidente Fcei Domenico Tomasetto
Vanche, che è presente nel testo greco ma di solito è saltato nelle traduzioni.
La quarta domanda, quella
del perdono, propone il presente indicativo {«come anche noi li rimettiamo») al posto del passato {«abbiamo rimessi»), Il testo di Luca 11, 4
usa il presente, e forse interpreta correttamente l’originale aramaico di questa domanda (un’azione che inizia
nel momento stesso in cui si
parla). L’uso del presente è
molto efficace per eliminare
l’idea che il perdono di Dio
debba essere preceduto e forse condizionato dal nostro
perdonare: idea inconcepibile. È proprio il perdono ricevuto, che aiuta a perdonare il
prossimo (cfr. Matteo 18, 3233). Osserviamo che per noi
evangelici dire «come noi li
rimettiamo» significa ritornare alla traduzione del Diodati
di Matteo 6,12.
Mi sembra importante che
il Padre Nostro comune abbia ripreso da quello evangelico la parola «anche» {«come
anche noi...»). 11 «come» non
vuol dire che il perdono di
Dio dev’essere simile o uguale al nostro, né per quantità
né per qualità. lì perdono di
Dio sarà sempre infinitamente più grande e perfetto di
quello che noi sappiamo offrire. 11 paragone è con il fatto
che anche noi entriamo nella
dimensione del perdono, facciamo del perdono una delle
costanti del nostro rapporto
con il prossimo.
La sesta domanda, «non indurci in tentazione», è quella
che può suscitare qualche
perplessità, specialmente se
ricordiamo Giacomo 1, 13
(Dio non tenta nessuno). Ma
il greco del Padre Nostro dice
proprio così. È una di quelle
espressioni paradossali di
Gesù, come quando egli diceva: se uno non odia suo padre e sua madre non può essere mio discepolo (Luca 14,
26). Diodati traduceva letteralmente: «E non indurci in
tentazione», e anche la Liturgie Vaudoise del 1872, pubblicata per ordine del Sinodo,
ha: «Ne nous induis point en
tentation». Se pensiamo come Giacomo 1, 13 possiamo
interpretare questa richiesta
come «non ci esporre», o
«non farci cadere» in tentazione, e saremo in linea con
la nozione di Dio presentata
dalla Bibbia; ma il testo viene
prima delle nostre interpretazioni. Se ci mettiamo a interpretare le domande del
Padre Nostro, otteniamo un
testo come quello che ci propone la Traduzione interconfessionale in lingua corrente,
che interpreta il senso di tutte le domande.
La settima domanda: «Liberaci dal male» o dal maligno? La parola greca può significare sia Luna sia l’altra
cosa, teoricamente (per motivi di grammatica) piuttosto
un maschile che un astratto,
ma per motivi di teologia è
forse meglio lasciare da parte
(almeno nella preghiera)
l’ipotetica figura di un «avversario» di Dio che contrasterebbe con la nozione biblica della sovranità di Dio
che è l’unico signore e che
non spartisce con nessuno il
dominio del mondo. L’opposizione a Dio non viene da un
suo avversario, ma dal peccato e dall’ambizione degli uomini. È da questo «Male» che
chiediamo di essere liberati.
Se la parola greca è ambigua
(male/maligno), la sua ambiguità c’è anche nella parola
italiana, specialmente se la
scriviamo con la lettera maiuscola (liberaci dal Male).
E infine, la dossologia. Perché alcuni manoscritti greci
del NT la riportano e altri no?
Forse perché nel mondo giudaico era normale concludere una preghiera con la lode
di Dio, e non c’era bisogno
che fosse scritta: chi pregava
era capace di mettere questa
conclusione o una analoga
alla sua preghiera. Forse è
per questo che nei manoscritti più antichi la dossologia non c’è, mentre è presente in manoscritti più recenti,
quando il cristianesimo si era
distanziato dalla cultura giudaica e non era più al corrente delle sue abitudini. La parte cattolica ha riconosciuto il
valore di questa conclusione
della preghiera del Signore e
ha accolto di buon grado il
suo inserimento nel testo comune anche perché, diversamente, la preghiera che comincia con la parola «Padre»
terminerebbe con la parola
«Male» (o «maligno»).
Ecco dunque come, con un
po’ di buona volontà, si è arrivati a un «Padre Nostro» comune. Mi auguro che possa
essere sperimentato già nei
prossimi mesi, come prova di
buona volontà da una parte e
dall’altra. L’ecumenismo non
è imposizione, ma ricerca comune di esprimere fedelmente la fede cristiana.
Il testo redatto
dal convegno
Padre nostro che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà
come in cielo anche in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano
e rimetti a noi i nostri debiti
come anche noi li rimettiamo
ai nostri debitori
e non indurci in tentazione
ma liberaci dal Male.
Tuo è il Regno, la potenza e la gloria
nei secoli dei secoli. Amen.
Un gruppo di partecipanti al convegno
Il testo della Diodati
Padre nostro, che sei ne’ cieli,
sia santificato il tuo nome.
Il tuo regno venga.
La tua volontà sia fatta in terra come in cielo.
Dacci oggi il nostro pane cotidiano.
E rimettici i nostri debiti,
come noi ancora gli rimettiamo ai nostri debitori.
E non indurci in tentazione,
ma liberaci dal maligno,
perciocché tuo è il regno, e la potenza, e la gloria,
in sempiterno. Amen.
Il testo dell'Innario cristiano
Innario cristiano p. IX
Padre nostro che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome;
venga il tuo regno;
sia fatta la tua volontà
anche in terra com’è fatta nel cielo.
Dacci oggi il nostro pane cotidiano;
e rimettici i nostri debiti
come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori;
e non ci esporre alla tentazione,
ma liberaci dal maligno,
perché a te appartengono il regno, la potenza e la gloria,
in sempiterno! Amen.
Il testo della Bibbia Gei
Bibbia Gei (testo di Matteo 6,9-13)
Padre nostro che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome;
venga il tuo regno;
sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo ai nostri debitori;
e non ci indurre in tentazione
ma liberaci dal male.
Il testo della traduzione interconfessionale
Tilc (Matteo 6,9-13)
Padre nostro che sei in cielo,
fa’ che tutti ti riconoscano come Dio,
che il tuo regno venga,
che la tua volontà si compia
in terra come in cielo.
Dacci oggi il nostro pane necessario.
Perdona le nostre off^ese
come noi perdoniamo a chi ci ha offeso.
Fa’ che non cadiamo nella tentazione,
ma liberaci dal maligno.
Nella collana «Storia del movimento evangelico in Italia»
è uscito il numero 8
Franco Chiarini
storia delle Chiese
metodiste in Italia
1859-1915
Prefazione di Valdo BenecchI
160 pp„ L. 19.000, Euro 9,81, cod. 317
Una ricerca rigorosa e spregiudicata
delie radici di una delle componenti
deH’evangelismo italiano compiuta per
ricavarne stimoli e spinte per il futuro,
per determinare il contributo che i metodisti possono dare all’irrinunciabile
integrazione con le altre chiese evangeliche neirambito della Fcei e
dell’evangelismo italiano. Un processo che i metodisti hanno da sempre
contribuito a promuovere perché parte
della propria identità.
Claudiana
VIA PRINCIPE TOMMASO, 1 -101Z5 TORINO
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Al convegno di aprile: Maria Vingiani, fondatrice del Sae, e il pa®*'
Massimo Aprile
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mancato recapito si prega restituire
Fondato nel 1848
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si impegna a corrispondere il diritto di resa.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA A PINEROLO — Tutto pronto per la visita del presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, che domenica 3 ottobre
presenzierà tra l’altro alla giornata conclusiva dei concorsi
ippici della città che quest’anno coincidono con il 150° anniversario della fondazione della Scuola di cavalleria di Pinerolo. Il Presidente assisterà nella mattinata di domenica in
piazza Vittorio Veneto alla partenza dei partecipanti al 36°
raduno deH’arma di cavalleria e prima Strapinerolo a cavallo che coinciderà con la presentazione in prima nazionale
della Ferrari Modena 360 che sarà affiancata, hanno dichiarato gli organizzatori, come già nella prima mondiale a New
York, da «400 puledri scalpitanti come quelli del suo motore». Una presentazione che Angelo Distaso, anima dei concorsi ippici pinerolesi, ha fortemente voluto come «coronamento della giornata conclusiva dei concorsi».
V <1
LI WDESI
VENERDÌ 1° OTTOBRE 1999 ANNO 135 - N. 38 LIRE 2.000 - EURO 1,03
Ricordate le famose statistiche sulla base delle
quali Tizio mangiava due polli al mese e Caio nessuno e
quindi tutti mangiavano un
pollo? Si trattava delle indagini sui consumi delle famiglie
che ristat (Istituto nazionale
di statistica) periodicamente
commissionava ad alcuni Comuni sorteggiati sulle oltre
8.000 città d’Italia; a sua volta
in ogni paese veniva scelto un
«campione » di alcune famiglie. Più o meno sta accadendo la stessa cosa in questi
giorni con una ricerca su
«Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari». San Secondo è uno dei Comuni individuati per questa indagine e
alcune famiglie stanno ricevendo i questionari, natural
L'ISTAT E IL GIUBILEO
LAICITÀ?
PIERVALDO ROSTAN
mente anonimi, con tutta una
serie di domande.
Le persone che devono
compilare i moduli sono invitate a fornire risposte sui propri rapporti nei confronti dei
servizi sanitari, su alcuni
comportamenti o «stili di vita» che potrebbero incidere
sulla propria salute, sul modo
di comportarsi di fronte alla
prescrizione di farmaci da
parte del medico. Un capitolo
della ricerca però stupisce: a
un certo punto si chiede «Con
che frequenza si reca abitualmente in chiesa o in altro luogo di culto?» e subito dopo
una tipica domanda inerente
la salute e i servizi sanitari:
«Nel 2000 inizieranno a Roma le celebrazioni per il Giubileo, cioè l’Anno Santo.
Molte persone parteciperanno
alle celebrazioni che si svolgeranno nella città di Roma. E
intenzionato a parteciparvi?».
Cinque le possibilità di
risposta, ma la domanda che
alcuni nostri lettori si sono
posti è: «Questo cosa c’entra
con una ricerca dell’Istat,
dunque del massimo organismo nazionale di statistica,
che ha come compito valutare il rapporto dei cittadini
con i servizi sanitari, il grado
di gradimento, la loro conoscenza, le forme di prevenzione?». Forse è ormai ufficialmente inserito il Giubileo
tra i servizi sanitari, alla stregua delle chiese viste come
servizio sociale? Anche questo è un segno, forse piccolo,
di quanto l’insieme dell’Italia debba ancora camminare
sulla strada di una vera laicità dello stato.
Pinerolo: economia
Firmato
il «Patto
territoriale»
La\;erimonia della firma
deiRatto territoriale del Pinerolese si è tenuta lunedì pomeriggio nella sala rappre^|anza del Comune di Pinerolo. Con quest’atto ufficiale
l’Ipiziativa, che dovrebbe nelle^tenzioni dei firmatari fare
daVolano all’economia delrirea pinerolese, è così arrivata al suo momento operativo sdopo alcuni anni dedicati
sgli studi preliminari e agli
pontri programmatici.
J Patto, di cui il Comune di
%erolo da due anni è capofila e a cui aderiscono tra gli altri 49 Comuni del Pinerolese,
fetComunità montane Pinerolese pedemontana, vai Pellice,
Elisone e Germanasca e la
Rbvincia di Torino, si propone di dare un sostegno a quegli interventi sia pubblici che
privati che possano dare sviluppo e competitività al terriWo riscuotendo interesse fra
®olte imprese. Fra queste 187
m particolare hanno già manifestato interesse presentando
progetti per un totale di circa
^ miliardi dichiarandosi in
Questo modo pronte a investiti- Ma per poter passare dal
piano progettuale a quello
operativo occorre investire e
ÌUindi avere liquidità e per
questo motivo, sempre lunedì,
ri è anche sottoscritto un protocollo di intesa sul «credito»
ohe permetterà alle imprese di
Accedere più facilmente ai
fendi di cui necessitano per
portare avanti i loro progetti.
«La firma del Patto - ha
^ctto il sindaco di Pinerolo,
Uberto Barbero - rappFesenta
tttia tappa fondamentale e di
ìfande significato all’interno
*fel percorso che abbiamo in‘fr^reso con l’obiettivo di fortore slancio locale: da un lato
toene dato seguito agli impedì già assunti dalle imprese,
^^l’altro arriva una spinta
"^so l’attuazione dei progetti
® alla messa in pratica degli
^Vestimenti connessi».
Facendo il punto sulla rassegna «Naturalmente Cumiana»
La produzione biologica
cresce, ma lentamente
CARMELINA MAURIZIO
Cambia l’agricoltura e si
apre al mondo del biologico? Esiste una sensibilità
su questo tema anche a livello di cittadini-consumatori?
A giudicare dalle presenze
registrate nell’ultimo weekend alla manifestazione «Naturalmente Cumiana», fiera
del prodottó naturale, agricolo e artigianale, si potrebbe
dire di sì; a valutare dall’attenzione che, ad esempio,
viene data all’interno delle
mense scolastiche si potrebbe
dire che molti passi in avanti
devono ancora essere fatti.
C’è comunque una forte
evoluzione nel settore delle
produzioni con metodi naturali; dal 1991 un regolamento
europeo determina modalità e
caratteristiche dell’agricoltura
biologica, gli stati membri
hanno recepito in vario modo
quel regolamento, da poco
anche la Regione Piemonte
ha una sua specifica legge.
Segnali positivi che eviden
ziano la crescita di un settore
che fino a pochi anni or sono
era assai limitato, negli addetti e soprattutto nelle superfici
coltivate. Un segno positivo
anche perché si colloca proprio nel momento di massimo
dibattito sulla diffusione di
cibi transgenici o geneticamente modificati.
La fiera di Cumiana, decisamente una delle più qualificate in tutta la regione, rappresenta dunque un momento
di incontro, fra produttori anzitutto ma anche con il pubblico che ha risposto con
grande partecipazione: soprattutto la generazione «under 40» sembra sensibile al
tema, cerca alimenti sani «visto che già l’aria che respiriamo è quasi ovunque inquinata» e soprattutto «per i nostri
figli» come commentano alcuni visitatori della rassegna.
«La diffusione del biologico è un dato di fatto - dice
Claudio Rivoira, assessore
all’Agricoltura nella Comunità montana pedemontana e
a sua volta agricoltore -;
molte aziende agricole si
convertono a questi metodi.
Mi preoccupa un po’ la frammentazione esistente nel
mondo delle associazioni che
si occupano di biologico anche se ciò è comprensibile visto che in questo caso non si
tratta solo di pensare al metodo di produzione ma in qualche modo anche a una propria “filosofia di vita’’».
Esiste ancora una netta divisione nelle generazioni fra
giovani più disposti verso il
biologico e vecchi abituati
all’agricoltura convenzionale, con trattamenti chimici
quali antiparassitari e concimi? «Di fronte a una domanda di prodotto “pulito” che è
in costante aumento da parte
dei consumatori e su tutti i
generi alimentari (mele sì,
ma anche cereali o carne) i
produttori si pongono il problema - aggiunge Rivoira -.
Diversi settori del mondo
agricolo sono in crisi e dunque il biologico diventa una
Uno scorcio della manifestazione di Cumiana
risposta; certo, aziende molto
intensive o a monocultura
non ce la fanno, ma in altri
casi, con metodi più tradizionali, specie nelle zone montane, possono davvero fare,
con intelligenza e redditività,
la scelta del biologico».
È una scelta non semplice,
per una piccola azienda; non
solo o tanto per le pratiche
colturali, ma per la mole di
burocrazia a cui si va incontro;
solo una politica di contributi,
come avviene sulla base del
regolamento Ue 2078 per incentivare la riduzione dei pesticidi, può costituire una fase
Oltre alla più conosciuta e frequentata Ghieisa d’ia tana, in vai d’Angrogna, esistono altri luoghi appartati e nascosti che, secondo leggende e cronache
di storia locale, furono rifugio e luogo di
culto per i valdesi perseguitati nei secoli
passati. Uno di questi è la Salma delle
Cauette, chiamata anche dei Calvinisti,
sulle alture di Tenda, il primo paesino
che si incontra, passato il traforo omonimo, scendendo in vai Roya verso il mare
di Ventimiglia. Una sua accurata descrizione si trova nello scritto Gli eretici di
Tenda, Briga e Sospello nei secoli XV e
XVI, pubblicato su «La Rivista Cristiana» nel 1881 (pp. 256-274) da Pietro Degiovanni, allora maestro comunale di
Tenda e simpatizzante della nascente comunità valdese in alta vai Roya.
«Questo povero tempio dei protestanti
tendesi, che nella sua ruvidezza ricorda
la grotta di Betlemme, trovasi a circa
1.100 m. d’altitudine, incavato a mo’ di
ampia nicchia in un burrone di roccia
IL FILO DEI GIORNI
LA BALMA
MARCO FRASCHIA
calcarea, il quale forma per così dire degli inaccessibili picchi del monte al cui
piede giace l’antico abitato di Tenda. A
restringere l’ampia apertura, o meglio a
porgere maggior sicurezza per chi là
dentro riparasse, sorge un muro fino
all’altezza di circa due metri, in cui verso
destra da chi al di fuori l’osserva, è aperta una porta che, quando si chiudeva, veniva assicurata dal di dentro con isbarre
di legno. Vedonsi ancora nello spessore
del muro i buchi corrispondenti alle
estremità delle medesime. Per giungere a
quella soglia fa duopo arrampicarsi alle
scheggie sulle quali in quei tempi era un
piccolo e serpeggiante sentiero che
rendeva più facile quell’accesso. Ne esistono ancora tuttodì alcune traccie, su
cui in certo punto il passo pei sottostanti
precipizi è reso dalla vertigine difficile e
spaventoso. Penetrando in quella grotta,
attirano subito lo sguardo due informi
promontori di breccia calcarea, l’un dirimpetto all’altro, su ciascun dei quali
arrivasi per una piccola scala, parte intagliata e parte in muratura. Sopra uno di
essi (probabilmente su quello che sorge
a destra di chi entra) vi sarebbe salito
dunque il pastore per predicare agli accorrenti la parola di Cristo secondo il sistema proposto dalla Riforma. L’area di
questa caverna s’allarga di metri 10 sopra una lunghezza di metri 15; l’altezza
media è circa di metri 8».
Per un evidente errore tipografico il nome riportato nell’articolo è Balma delle
Cunette, ma nel suo estratto, realizzato
dall’ingegner Vittorio Juge di Nizza, la
grafia è corretta, cioè Cauette.
di svolta se non si è più che
convinti sul piano ideologico.
Peraltro una diffusione massiccia di produzioni naturali
potrà dare anche al mercato
quella svolta che consenta di
non avere troppa disparità di
prezzo da un lato e nello stesso tempo di reperire con puntualità e in modo continuativo
i prodotti. La soluzione? «Associare le aziende medio piccole, con produzioni limitate e
poca capacità distributiva», afferma ancora Claudio Rivoira.
Non è dunque pensabile che il
consumatore debba limitare a
poche occasioni come quella
di Cumiana la possibilità di
acquistare prodotti biologici,
ma il difficile sta proprio lì,
dicono in molti.
Eppure esempi brillanti in
giro ce ne sono, proprio a
partire dalle mense pubbliche, in particolare da quelle
scolastiche: una rapida indagine ci ha permesso di verificare come solo a Luserna il
capitolato di appalto del servizio mensa preveda l’obbligo di utilizzare prodotti biologici: frutta e verdura fresca,
patate, cereali devono essere
certificati, e da parecchi anni.
Ma è un caso isolato; solo a
San Secondo e in minima
parte a Torre Pellice si cerca
il prodotto biologico, altrove
(abbiamo verificato ad esempio a Perosa e a Villar Porosa), fermo restando la cura e
la verifica dei menù con i dietisti dell’Asl, di prodotti biologici ancora non si parla.
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VENERDÌ V- OTTOBRf
1995
AL VIA I LAVORI DELLA ROTONDA — Attesa da anni,
dopo numerosi incidenti stradali, sono stati avviati, dalla
Provincia di Torino i lavori di realizzazione della rotonda
al ponte di Bibiana (nella foto). La diffusione delle rotonde
anche in vai Pellice (dopo questa ne è prevista una anche al
bivio di Pralafera a Lusema) ha contribuito a rendere meno
pericolosi molti incroci. I lavori non mancheranno di rallentare il traffico nei prossimi mesi.
LEND PINEROLESE — Lunedì 4 ottobre, dalle 15,30 alle 18,
al Collegio valdese di Torre Pellice, e mercoledì 6 ottobre,
alla stessa ora, alla scuola elementare «Battisti» di Pinerolo,
sarà possibile iscriversi alle giornate seminariali del Lend pinerolese, che si svolgeranno a partire dal 23 ottobre; dopo tali date ci si potrà rivolgere alla segreteria del Liceo valdese
(tei. 0121-91260) tutti i giorni dalle 10 alle 12. La prima
giornata sarà dedicata a «Educazione linguistica e plurilinguismo scolastico: teorie di apprendimento e nuovi programmi», alla Casa valdese di Torre Pellice; sabato 6 novembre si
parlerà invece di «Educazione linguistica e multimedialità».
Nel 2000 sono previste tre giornate, alle quali sarà possibile
iscriversi anche fino al sabato precedente ogni giornata.
IL VOLTO DEL BAMBINO — Il Comune di Luserna, in
collaborazione con il Cisv, presenta, dal 1“ al 18 ottobre,
una mostra fotografica «Il mondo nel volto del bambino».
La mostra sarà allestita nel corridoio d’arte in via Roma 33,
lunedì, giovedì, venerdì, sabato e domenica dalle 10 alle 12,
martedì e mercoledì dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 17,30.
APPALTATI I LAVORI DEL TEATRO SOCIALE — Si è
svolto lo scorso 21 settembre la gara d’appalto per l’assegnazione dei lavori di ristrutturazione del Teatro Sociale di
Pinerolo. A eseguire l’intervento saranno due ditte associate, la Ati Impresa Castaldi Spa di Milano e la Cis di Torino,
che hanno praticato un ribasso del 13,63% rispetto alla base
d’asta di 6,6 miliardi. Alla gara avevano preso parte 23 ditte
provenienti da ogni parte d’Italia, 8 delle quali piemontesi.
NOMINATA LA NUOVA RESPONSABILE DEL SAST —
Dal 1° ottobre la dottoressa Patrizia Corradini è il nuovo
primario del Sast, il Servizio di assistenza sanitaria territoriale dell’Asl 10. La nuova responsabile, specializzata in
Igiene e medicina preventiva, per cinque anni avrà il compito di coordinare l’intera organizzazione territoriale del Pinerolese, dagli ambulatori all’assistenza domiciliare e scolastica, dai rapporti con i 130 medici di famiglia e pediatri
del Pinerolese al raccordo con i distretti sanitari aziendali.
400 MILIONI PER LA BITUMATURA DELLE STRADE
DI PINEROLO — La giunta comunale di Pinerolo ha deliberato l’approvazione del progetto riguardante l’asfaltatura
di alcune strade comunali per il 1999. Sono stati stanziati
400 milioni per gli interventi di sistemazione che interessano
alcune vie con difficoltà di percorrenza o limitata sicurezza.
Corso di formazione giornalistica
RADIO BECKWITH EVANGELICA
in collaborazione con il settimanale
Riforma-L’eco delle valli valdesi
promuove la formazione di due giornalisti collaboratori.
Il periodo di formazione durerà un anno, eventualmente rinnovabile, e si svolgerà in parte presso la sede di Radio
Beckwith a Luserna, in parte presso la redazione de L’eco delle
valli valdesi a Pinerolo e in parte «sul campo».
Sono previsti incontri di studio sulla realtà pinerolese e sulla
Chiesa valdese e attività di preparazione di articoli e trasmissioni radiofoniche di tipo informativo; ai due partecipanti all’attività di formazione sarà garantito un rimborso spese;
• è richiesta la residenza in uno dei Comuni delle Comunità
montane valli Pellice, Chisone e Germanasca o di San Secondo, Prarostino e Pinerolo;
• i partecipanti dovranno essere automuniti;
• sarà motivo di preferenza un’età compresa fra i 20 e i 35 anni.
Le domande degli/delle interessatile dovranno pervenire, entro il 23 ottobre 1999, a Radio Beckwith, casella postale.
Torre Pellice, presentando curriculum vitae, titolo di studio,
eventuali esperienze già maturate nel settore giornalìstico locale.
Un’apposita commissione valuterà le singole candidature mediante incontri, test e prove pratiche.
La data indicativamente prevista per l’inizio del periodo di
formazione è il \° dicembre 1999.
Il direttore
di Radio Beckwith Evangelica
Piervaldo Rostan
La Chiesa valdese presente a una festa popolare di Bricherasio
Quattrocento anni dopo Passedio
MARIO F. BERUTTI
Dichiara un soldato di ventura nel setternbre 1594,
interpellato da un pittore sui
saccheggi compiuti in vai Pellice: «...come tanti altri, che
Dio ci perdoni per tutto il male che abbiamo commesso!
D’altronde erano eretici in
gran parte... ho cercato di salvarne qualcuno, ma ho visto i
miei uomini tagliare a pezzi
dei villici che avevano opposto resistenza. Certo sono scene che non fanno piacere: anche un soldato di ventura ha
un’anima. Ripensandoci adesso quelle donne hanno subito
un oltraggio terribile. Ma si sa
che in certi momenti prevale
l’istinto». I piemontesi guidati
dal duca di Savoia hanno assediato e distrutto la fortezza
di Bricherasio tenuta dai francesi appoggiati dagli «eretici»
alle loro spalle, con tanto di
papale ringraziamento per il
servizio reso alla cristianità.
La storia è ben conosciuta a
Bricherasio, terra abitata da
nobili casati legati alle dinastie europee. Aver sostenuto
una lotta contro supposti «eretici» non è certo entrato nei
cromosomi della popolazione
attualmente residente a Bricherasio. Dobbiamo ringraziare la Pro Loco che ha spianato
la via, se non quasi sollecitato
una nostra partecipazione alla
sagra dell’uva, che ha visto
iniziative varie durante tutto il
mese di settembre e culminate
nel fine settimana del 25-26
settembre. Come chiesa di Luserna San Giovanni, nel programmare una nostra presenza
ci siamo volutamente limitati
Torre Pellice
Designazioni
e nomine
Penultimo Consiglio comunale della valle, anche Torre
Pellice ha scelto i propri rappresentanti per la comunità
montana; il sindaco Armand
Hugon andrà nel Consiglio di
Comunità montana insieme
all’assessore Bertalot per la
maggioranza, mentre l’opposizione sarà rapp^-esentata da
Matteo Stefanetto Prochet.
Con il Consiglio di Bobbio,
convocato questa settimana,
tutte le nomine saranno chiuse
e dunque nelle prossime settimane si dovrebbe arrivare alla
formulazione del nuovo esecutivo. Per Bertalot quasi certo l’incarico di assessore alla
Cultura; non è stato ancora
definito chi lo sostituirà nella
giunta di Torre.
Il Consiglio ha esaminato il
progetto preliminare di sostituzione del tetto (in amianto)
della scuola media: la spesa
dovrebbe aggirarsi sui 123 milioni e sarà chiesto l’intervento della Regione. Fra le molte
nomine di commissioni, da segnalare il rinnovo di quella
igienico-edilizia che per la
prima volta vedrà qn rappresentante di un tecnico designato dalla minoranza; questi
i nomi: l’ing. Brizio, appunto
«tecnico di area» per la minoranza, il geom. Cerato, l’arch.
Vitalini, ring. Bruno; ad essi
si aggiungerà una persona designata congiuntamente dalle
commissioni comunali per
l’urbanistica e l’ambiente. In
chiusura il sindaco ha riferito
sulle proposte di riordino
dell’area mercatale e su un incontro con la Provincia per la
sicurezza di alcuni tratti (incrocio con via Roma, zona
Gilly e zona ospedale).
a iniziare un discorso con la
Pro Loco che ci ha messo subito a disposizione uno spazio
all’interno del palazzo comunale. Così, in una bella sala,
accanto a manufatti dell’artigianato locale, accanto a preziosissimi libri della biblioteca, è spuntato un tavolo con le
pubblicazioni più significative
della Claudiana e numerosi
volantini sulle chiese della
valle, sulla storia valdese, sul
Centro culturale e un invito a
venire nella nostra saletta nei
giorni culminanti della sagra.
L’orario feriale limitato alla
sera ha comportato un’affluenza non massiccia alla
mostra nelle sale del municipio, tuttavia innumerevoli dialoghi sono stati svolti e si
aprono prospettive di collaborazione con la biblioteca comunale e magari con la parrocchia cattolica, dove è appena arrivato un nuovo parroco.
Nella nostra sala è stata allestita (e rimarrà per un’apertura
straordinaria anche domenica
3 ottobre) la mostra del Centro culturale «Dalle Valli
Un momento dell’Incontro a Bricherasio
all’Italia - 1848-1998»; un video, ancora curato dal Centro
culturale, ha proposto una panoramica di storia valdese.
Inoltre era possibile procurasi
copie dei libri esposti in Comune. La concorrenza della
mostra ortofrutticola è stata
forte, il ballo in piazza e i fuochi d’artificio attirano nelle
feste paesane più della storia
di Calvino'e Lutero. Persone
che non sapevano della nostra
esistenza e che da anni i vaidesi fanno regolarmente il culto a Bricherasio e non hanno
mai visto un nostro locale di
culto ora sono un po’ più
informate. Altri ci hanno manifestato simpatia e interesse
ad approfondire un dialogo.
Non abbiamo potuto chiudere la giornata di domenica
26 senza un momento di ringraziamento al Signore. Lo
abbiamo fatto in un culto un
po’ speciale, in orario pomeridiano proprio per facilitare la
partecipazione. Siamo stati incoraggiati da numerose presenze dalle chiese di San Secondo e Pinerolo. Comunque
abbiamo gettato il nostro pane
sulle acque e forse Qualcuno
più forte di noi farà crescere il
piccolo seme.
Le Valli, nella Conferenza
distrettuale, si sono rallegrate
della prospettiva di un lavoro
nella pianura e si raccolgono i
dati per un progetto di ampio
respiro, certo di un respiro più
vasto del nostro modesto intervento. Siamo tuttavia felici
di avere messo un piccolo
pezzo di questo mosaico, di
avere avuto ampia e motivata
collaborazione: ora abbiamo
uno stimolo per continuare.
Pinerolo: Beloit
Chiusura
0 cessione
dell'azienda?
VENERO
Nelle scorse settimane ci
sono stati importanti inconJ
fra sindacati, rappresentai
della casa madre Beloit e di
rigenza italiana. Il futuro dS
la fabbrica pinerolese resti
assai incerto, anche se si so.
no aperte alcune strade anco,
ra da valutare meglio: acqui,
sto della Beloit Italia da piti
di altre aziende italiane, oy.
vero un gruppo di dirigenti
disponibili a rilevare l’indn.i
stria. Insomma la Beloit ItaliJ
che diventerebbe proprieti'
delle persone che vi lavora,
no; suggestiva ipotesi, nij
con quali garanzie?
E intanto con novembre s
esaurisce la cassa integrazione. Lo scorso 23 settembre!
responsabili di Firn, Fionit
Uilm hanno inviato alla db
zione Beloit di Pinerolo uni
lettera chiedendo chiarimenti
sulle prospettive: «Abbiamo
qualche settimana a disposizione - scrivono i sindacatie dobbiamo utilizzarle al meglio per valutare le eventuali
proposte che dovessero emergere». Tuttavia gli interrogativi sono numerosi: «Chi potrebbe comprare Beloit Itàlii
e con quali capitali? Quani
esuberi e che fine farebbero!;
Quali tempistiche si prevedo-!
no?», si chiedono Firn, Fio«'
e Uilm. Ma soprattutto, st^
nessuna delle prime ipotesi}
dovesse realizzarsi, quali'
prospettive ci sono davanti!
(chiusura? ridimensionamento? dismissione dell’azienda!
fallimento?).
Turismo
a Frali
L’offerta turistica basata
esclusivamente sul fenomeno
della seconda casa presenta
connotazioni di notevole rigidità e diventa un elemento di
freno al prolungamento dell’attuale stagione turistica. Infatti i proprietari, in assenza
di esperienze di multiproprietà o simili, che mirano a
dilatare il periodo di fruizione
dell’abitazione, tendono a occupare la casa in montagna
per solo uno o due mesi l’anno, lasciando l’alloggio praticamente libero nei periodi intermedi.
A fronte di queste considerazioni di carattere generale
non vi è dubbio che quest’
ampia dotazione di ricettività
immobiliare finisca per caratterizzare e condizionare l’offerta turistica di Frali e in
particolare le concrete prospettive di sviluppo della Società 13 Laghi. Il patrimonio
immobiliare a destinazione
turistica deve dunque essere
considerato una risorsa per Io
sviluppo turistico di Frali o
una limitazione? Io penso che
Frali debba in futuro promuovere la trasformazione delle
seconde case in utilizzi turistici a rotazione, dal momento che le caratteristiche delle
diverse tipologie di ricettività
e le loro modalità gestionali
condizionano sensibilmente
l’utilizzo delle strutture e
conseguentemente la vitalità
dell’intero sistema ^i offerta.
Ciò comporta un immediato vantaggio all’economia locale in quanto allunga i tempi
di utilizzo degli alloggi e aumenta il volume delle presenze distribuendole in modo più
equilibrato nel tempo. La
strada è solo questa e quanto
più si parteciperà in modo
consapevole e preparato al recupero e al rilancio del mercato immobiliare di Frali, tanto più vi saranno le condizioni per promuovere turismo
anche in vista degli investimenti sulle strutture previsti
nei prossimi anni.
Marina Zancanaro - Frali
L'amico
Domenico
Abate
Ho perso un grande amico,
l’ha perso anche la chiesa
valdese. Ti ho conosciuto nel
’71 quando mi sono trasferito
a Torre Fellice, con il tuo modo siciliano, aperto e sorridente. Mi hai avvicinato (io
non ero ancora protestante),
mi hai molto parlato delTEvangelo, ma non mi hai
mai spinto alla conversione,
anche se poi la tua testimonianza è stata determinante.
In tutti questi anni mi hai
raccontato tutta la tua vita, me
l’hai ripetuta più di una volta:
non so se volevi che mi rima
nesse impressa 0 se ti erati
venuti alla mente nuovi particolari. Foi, quando sono diventato evangelico, mi hai vo
luto al tuo fianco in una commissione della chiesa, mi hai
insegnato ad avvicinare li
gente, offrendole qualche puhblicazione della Claudiana,
ma prima di tutto la sacra Bibbia. Ho conosciuto tutta la tua
famiglia: prima la tua sposa,
poi i tuoi figli e infine i tuoi
nipoti. Dico a loro, Mirella,
Valdo e Sergio, che hanno
avuto un grande padre e nonno e sono loro vicino con tutto
il cuore in questo momento
triste. Già, perché anche tu, di
buon cristiano, mi sei serapit
stato vicino nei miei moment
tristi, hai sempre avuto pároli
buone per me e per i miei figli, hai sempre messo in pratica quel che leggevi fino a tardi, tanto da perdere poco a poco la vista, sulla Bibbia.
Sono stati trent’anni chi
non scorderò mai, come no»
potrò scordarmi del tuo sincero e caro affetto. Ciao, caro
Mimmo, ora puoi riposare n|
pace tra le braccia di chi hai
molto testimoniato qui.
CONCERTO
PRO COLLEGIO DI TORRE PELLICE
CORALE EVANGELICA
DI TORINO
direttore Flavio Gatti
Brani di:
J. S. Bach, S. S. Bach, Deà Bardos,
F. Gatti, J. Hairstone, H. Schütz,
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Forse r
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Luigi VigheW
Luserna San Giovanni
SABATO 9 OTTOBRE ORE 21
TEMPIO VALDESE DI TORRE PELLICE
9
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12 OTTOBRE 1999
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CREDENTI E POLITICA
DEL TERRITORIO
ANDREA GARRONE
Forse non ii ai sanno c -c
da ormai diversi anni le
nostre opere assistenzi -di e
ospedaliere operanti nelle valli valdesi ci-)Siiiuiscoiio una
noti trascurabile n alta imprefiditoriale, con circa 600
persone occupate.
Forse non tutti sanno che
tali strutture socio-assistenàali stanno «subendo», negli
ultimi tempi, trasformazioni
così profonde (peraltro imposte dalla riorganizzazione di
tutta la sanità italiana) da richiederci, in breve tempo,
adeguamenti organizzativi,
patrimoniali e gestionali affatto trascurabili, il tutto non
sppza una profonda preoccupazione sia per eventuali riflessi occupazionali negativi,
sia per il rischio di andare
verso uno «sbiadimento» dell’identità specifica della nostra azione diaconale.
Forse non tutti sanno che i
due presidi ospedalieri di Poaaretto e Torre Pellice (in rigoroso ordine alfabetico: bando ai campanilismi!) così coinè le varie case per anziani e
gli istituti per disabili distribuiti sul nostro territorio, sono indubbiamente una grande
risorsa (che, ritengo, vada conosciuta, controllata, sostenuta e se necessario difesa) oltre
che un esempio concreto di
come la chiesa, attraverso la
propria azione diaconale,
possa ogni giorno, seppur tra
crescenti problemi finanziari,
organizzativi e relativi alla
gestione delle risorse umane
(assolutamente non meno importante dei due precedenti),
cercare di servire il Signore,
con quella che definirei «una
preghiera attiva e vivente».
Forse non tutti sanno che le
scffelle e i fratelli più direttamente impegnati nelle difficili
e spesso estenuanti trattative
con l’ente pubblico, chiedono
vivamente alla chiesa (che,
non bisogna dimenticarlo, ha
rivolto loro tale vocazione) di
non far mancare mai il proprio
sostegno, così come la propria
riprensione fraterna dove,
l’uno come l’altra, sono non
Solo richiesti ma ugualmente
necessari.
Forse non tutti sanno che si
va sempre più riducendo il
cosiddetto «peso politico» che
Passiamo rivendicare quando
m troviamo a dover «difendere» la qualità dei servizi delle
nosM opere socio-assistenziali negli incontri con gli enti
pubblici; e ciò nonostante
spesso tali cariche siano occupate da persone elette anche
ua elettori valdesi.
Forse non tutti sanno che è
vitale non dimenticare mai
(secondo la più che condivisibile opinione espressa da un
pastore durante la scorsa
Conferenza del I distretto)
che il nostro agire socio-assistenziale è rivolto a persone
viventi.
Che fare allora? Dobbiamo
forse assistere senza intervenire e senza protestare a decisioni e atti che, in qualche
modo, se non sono contrari
alla nostra identità, non ne
tengono comunque sufficientemente conto? Ci è, viceversa, lecito come credenti entrare nel merito della «politica
del territorio» in cui viviamo
e operiamo, senza rimanere ai
margini come spettatori ora
annoiati ora indispettiti o, ancora, preoccupati? Vogliamo
avere veramente a cuore la
gestione e il destino delle nostre opere?
Vorrei azzardare qui e ora
una risposta: sì. Lo dobbiamo
fare con responsabilità e dedizione evangelica, ognuno
secondo le proprie competenze professionali, i propri incarichi, la propria vocazione
e i propri doni. Dobbiamo
avere ben chiaro, ritengo, che
siamo personalmente professionali, i propri incarichi, la
propria vocazione e di propri
doni. Dobbiamo avere ben
chiaro, ritengo, che siamo
personalmente responsabili
davanti a Dio e al nostro
prossimo delle conseguenze
del nostro agire sia che siamo
medici, infermieri, amministratori, responsabili di istituti, volontari, cittadini con incarichi pubblici, membri di
comitati, membri di chiesa o
quant’altro ancora. Possiamo
far «vivere» veramente in
modo professionale ed evangelico al tempo stesso le nostre opere diaconali (fatte di
persone per le persone, non
dimentichiamolo) solo se
compiamo bene, con responsabilità e dedizione, i nostri
atti quotidiani, senza troppo
calcoli di convenienza e opportunità.
Ecco, questo credo sia il
compito futuro per le nostre
chiese nonché la più propizia
occa,slone per riappropriarci
della gestione del territorio in
cui ci troviamo ad abitare.
Certo, tutto questo ben sapendo che ci è dato di potere
solamente «accompagnare la
sofferenza del nostro prossimo» poiché uno solo ha preso su di sé tutta la sofferenza
dell’intera umanità, Gesù
Cristo il Signore.
[tr~
CIOV: DA OTTOBRE
^ UN NUOVO SISTEMA
informatico sanitario
E
Gli Ospedali valdesi di Torre Pellice e Pomaretto si dota^ ho dì un nuovo sistema informatico per gestire in modo in.^rato e informazioni sanitarie. I due ospedali saranno col(^ti tra di loro attraverso una rete di computer basata su
®5cnologie all’avanguàrdia, aperte a ulteriori sviluppi futuri.
il nuovo sistema, che entrerà in funzione nel mese dì ot^bre, seguirà la persona in tutte le fasi di rapporto con
"ospedale: prenotazione, accettazione e refertazione degli
i^mi specialistici, servizi di laboratorio, radiologia e riabili•.^'one, pronto soccorso,'gestione delle cartelle cliniche
i ricoveri ordinari e di day-hospital.
? Dintroduzione del sistema senza interruzione dell’attività
comportare all’Inìzio qualche inconveniente, di cui ci
scusiamo in anticipo. Il personale sarà impegnato a risolvei problemi e a perfezionare l’utilizzo del supporto inforiWico per fornire risposte più complete e tempestive, al
'*0 con 1 tempi e le esigenze di una sanità al servizio dei
franca Cóisson - presidente della Ciov
Pomaretto: festa del vecchio borgo
Il tempo sì è fermato
_________PAOLA REVEL________
Quando alcuni volenterosi incominciarono il
cammino per costruire la Pro
Pomaretto, non immaginavano neanche lontanamente di
arrivare sin qui, con tante
opere fatte. Quante braccia
hanno lavorato in questi anni,
quante discussioni, quanta fatica ma anche quante risate:
una famiglia che va avanti
giorno per giorno con problemi da risolvere ma anche con
idee ben chiare per continuare». Così ha detto Danilo
Breusa, presidente dell’associazione turistica Pro Loco
Pomaretto, che festeggia quest’anno 35 anni di attività. In
questi anni molte cose sono
cambiate: oggi il lavoro delle
Pro Loco è volto a valorizzare
le risorse locali in vista di un
possibile afflusso turistico.
L’attuale direttivo della Pro
Pomaretto si sta muovendo da
alcuni anni in questo senso:
con le nuove attività e manifestazioni vuole aprirsi all’esterno, diventare propositivo,
riuscendo a coinvolgere una
larga fetta di popolazione che
organizza, prepara e diventa
protagonista della «festa».
La festa del vecchio borgo,
che si è svolta domenica 19
settembre, è una giornata speciale in cui si è cercato di fermare il tempo, presentando
gli antichi mestieri del ciabattino, del falegname, delle filatrici... nelle due prime edizioni, che hanno visto la partecipazione di un notevole flusso
di gente, la Pro Pomaretto ha
coinvolto tra gli altri i produttori del vino Ramìe, soci del
«Consorzio di valorizzazione
delle terre del Ramìe».
Vecchi tetti di lose addossati gli uni agli altri, vicoli bui
che sfociano in assolate piazzette ci conducono alla scoperta di un’architettura montana molto particolare, che diventa parte integrante del mosaico dei muretti di pietra a
secco, sostegno dei caratteristici bari del Ramìe. Scorci di
vita vissuta, di gente che vuole trasmettere alle nuove generazioni la propria cultura,
facendo riemergere la realtà
di un popolo contadino, legato con tenacia alla propria terra. Sono questi gli elementi in
cui inserire anche la cucina di
tradizione montanare, che utilizzava quasi esclusivamente
prodotti coltivati o raccolti sul
posto e, con molta parsimonia, la carne, il latte, le uova
degli animali dell’al levamento domestico. Una cucina povera ma sana, in cui troviamo
come ingredienti principali il
cavolo, la patata, la farina di
granturco, con i quali la fantasia delle nostre nonne si sbizzarriva per portare in tavola
cibi gustosi e nutrienti.
La positiva esperienza vissuta con la festa del Vecchio
Borgo ’98, con la proposta di
piatti tipici locali, cucinati per
quanto possibile alla maniera
antica, ha dato l’idea per la
creazione di un «quaderno
delle ricette». Un viaggio nel
tempo tra ricordi e memorie
di una cucina semplice, povera, di sussistenza. Questo quaderno, che si intitola Les recettes du bon vieux temps
passé et d’aujourd’hui e si
trova in vendita nelle principali edicole delle valli Chisone e Germanasca, vuole esser
anche un legame con gli amici di Mirabel-et-Blacons.
Abitare a Angrogna
Il nuovo
regolamento
edilizio
Con la presentazione del lavoro che l’amministrazione
sta realizzando sul nuovo regolamento edilizio, si è aperta
giovedì 23 settembre la XXI
edizione dell’Autunno in Val
d’Angrogna. La Regione Piemonte ha recentemente approvato, con il consenso di
quasi tutte le forze politiche,
le linee guida per una piattaforma comune a tutti i regolamenti edilizi, lasciando alle
comunità locali il completamento delle norme secondo le
esigenze locali. Si intuisce
immediatamente il grosso salto culturale che sta dietro a
questa proposta e quali possono essere le ricadute in termini di snellimenti degli iter
burocratici che ora hanno
raggiunto tempi inaccettabili.
Le aspettative di avere delle delucidazioni dai tecnici
dell’Igiene pubblica dell’Asl
10, ai quali spettano in via
definitiva i controlli per ottenere l’abitabilità per le opere
effettuate, contattati per tempo dall’amministrazione, soltanto nella mattinata, tramite
un laconico fax comunicavano la loro impossibilità a presenziare alla serata facendo
mancare quindi l’opportunità
di affrontare tematiche essenziali per la qualità della vita
di chi in montagna vuole continuare ad abitare. Così è stato individuata come sede più
consona per affrontare certi
temi la Comunità montana,
già promotrice di un cospicuo
lavoro fatto su molte borgate
tipiche della valle utilizzando
i finanziamenti europei.
1 Luoghi Della Mimoria
a cura di Marco Rostan
Luogo: Bellonatti, tempio
Data: 20 dicembre 1807
Viene inaugurato il tempio di San Giovanni, da lungo tempo atteso e desiderato ma reso
possibile solo con un decreto del governo napoleonico il 9 aprile 1806. Ma il 2 aprile 1808
il terremoto danneggia fortemente l’edificio;
il restauro, reso possibile anche da un contributo dell’imperatore, termina nel 1811, ma
nel 1814 Vittorio Emanuele I, tornato nei suoi
domini, con un editto del 21 maggio, ribadisce il divieto di costmire templi fuori dai confini del 1561; varie proteste valdesi riescono a
tenere aperto il tempio, ma il clero locale si
lamenta per l’eccessiva vicinanza con la chiesa cattolica e ottiene la costruzione di una palizzata alta trabucchi uno e mezzo (5 metri)
davanti alla facciata, che rimane in piedi una
decina d’anni. Nel 1834 il vescovo Charvaz
reclama la sostituzione della palizzata con un
muro perché fosse «celato il santuario
dell’eresia», ma ormai i tempi stanno cambiando, e ci si limita a costruire una bussola
alla porta per attenuare il «disturbo» alle funzioni cattoliche. Nel 1825 predica ai Bellonatti Felix Neff, segnando l’inizio del Risveglio.
Nel 1888 il pulpito, prima a destra entrando,
viene collocato al centro; nel 1906 viene costruita la galleria che ospita l’organo.
fittare del favorevole periodo napoleonico.
Dopo una petizione del 1815 ignorata da Vittorio Emanuele I, la pratica fu riaperta nel
1823 dal past. J. J. D. falla, insieme a quella
per la costruzione dell’ospedale, e finalmente
nel 1825 venne l’autorizzazione, sia pure indicando una località diversa e meno comoda
per gli abitanti. L’opera ricevette un generoso contributo dallo zar Alessandro I e fu
inaugurata, insieme al presbiterio, nel 1828.
Successivamente si potè provvedere alla
campana (1906) e al campanile (1909); con
la partecipazione del cotonificio, nel 1939,
furono ampliate le finestre e dotate di vetri
colorati; nuove riparazioni nel 1948, dopo i
gravi danni provocati dall’esplosione, nel
1945, della polveriera del Brancate.
Luogo: Coppieri
Data: 6 ottobre 1804
In una solenne cerimonia, alla presenza
■'del prefetto salito da Torino in rappresentanza dell’imperatore Napoleone, che pronuncia
parole assolutamente nuove sulla libertà di
coscienza, i pastori prestano giuramento di
fedeltà.
Luogo: Pomaretto, tempio
Data: 1828
Fino a tutto il sec. XVII Pomaretto fece
parte integrante di Perosa e Meano e gli storici hanno difficoltà a localizzare un luogo di
culto, che probabilmente si trovava ai Pons:
di questo tempio si parla nel 1672 e la zona
era totalmente valdese perché nel 1620 vi fu
stabilito il cimitero valdese di Perosa. Fu certamente distrutto nel 1686 e fino al 1736 Pomaretto non ebbe un pastore residente, appoggiandosi ora a Villasecca, ora a San Germano. Il tempio fu poi ricostruito ai Pons,
ma in posizione infelice e umida, tanto che il
Concistoro nel 1797 chiese di poterlo spostare altrove ma, a differenza di quanto avvenne
a San Giovanni, Pomaretto non seppe appro
Luogo; Viol da’ mnistre
(Prali-Rodoretto)
Fino al 1827 le parrocchie di Rodoretto e
Frali erano unificate e affidate alla cura di un
solo pastore residente a Frali. Questi, dopo*il
culto del mattino a Frali, se le condizioni della montagna lo consentivano, percorreva il
sentiero che parte dalla borgata Cugno, attraversa il Pouset e Galmount, scende al torrente
e risale a Villa di Rodoretto. Il sentiero prese
appunto ii nome, in patuà, di «viottolo del
ministro». Durante i mesi invernali, il pastore
doveva fare il giro più basso, seguendo la
mulattiera che passa sotto la Gardiola per risalire agli Eicialeiras e dopo 6 km; giungere a
Rodoretto. Queste parrocchie (come Massello
e Maniglia) erano considerate di «prima classe», cioè fisicamente gravose e venivano in
genere affidate ai candidati o ai pastori appena consacrati (il «tour de montagne»).
CORETTI — Martedì 5
ottobre, alle 17, alla Casa
unionista di Torre Pellice
primo incontro del coretto
dei piccoli (bambini-e dai 6
ai 12 anni) del circuito; tutti i martedì si incontra,
sempre alla Casa unionista,
il coretto dei più grandi
(ragazzi-e dai 15 in su),
dalle 20,30 alle 22,30. A
Villar Pellice, tutti i lunedì,
incontro del coretto per
bambini/e e ragazzi/e dagli
11 anni in su, alle 20,30 fino alle 21,45. Per tutte le
informazioni sulle attività
dei coretti ci si può rivolgere a Cristina Pretto, tei.
0121-930927. Dall'8 all'11
ottobre il coretto dei più
grandi sarà in visita a Roma: età minima richiesta
per la gita 12 anni, costo lire 250.000, rivolgersi a Cristina Pretto.
ANGROGNA — Culto di
inizio attività domenica 3
alle ore 10. Corale e giovani hanno iniziato rispettivamente il 23 e 28 settembre. L'Unione femminile si ritrova il 10 ottobre alle 14,30 al capoluogo.
BOBBIO PELLICE —
Mercoledì 6 ottobre, alle
19, primo incontro del
gruppo giovani con una
spaghettata nella sala delle attività. Sabato 9 ottobre, alle 15, incontro della
sAjola domenicale e del
precatechismo nella sala
delle attività per un benvenuto alle nuove monitrici e
ai nuovi arrivati, e per le
prove di canto per il culto
di domenica 10 ottobre.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Domenica 3 ottobre, alle 9,15, alla sala
Albarin ritrovo dei ragazzi/e dei 4 anni dei catechismo, per concordare orari,
alle 10 incontro nel tempio
per consegnare la Bibbia ai
catecumeni/e del primo
anno, culto di inizio attività, a cui sono particolarmente invitati i bambini e
le bambine della scuola
domenicale e le loro famiglie. Giovedì 7 ottobre, alle 20,45, al presbiterio, incontro per quanti vogliono
riprovare a far nascere una
corale, con l'aiuto di Cristina Pretto.
FERRERÒ — Domenica
3 culto di inizio attività.
PINEROLO — Giovedì 7 ,
alle 1 5, primo incontro
dell'Unione femminile.
TORRE PELLICE — Venerdì 1° ottobre, alle 21,
incontro dell'Unione giovanile dei Coppieri. Sabato
2 ottobre, alle 14,30, alla
Casa unionista, ripresa della scuola domenicale. Domenica 3 ottobre, alle 10,
al centro, culto in francese
e presentazione del candidato Jean-Felix Kamba
Nzolo. Lunedi 4 ottobre,
alle 20,45, al presbiterio,
ciclo autunnale dello studio biblico, il tema sarà
«La chiesa». Martedì 5 ottobre, alle 15, alla Casa
unionista, incontro della
Società missioni Cevaa.
VILLAR PELLICE — Domenica 3 ottobre, alle 10,
culto di inizio attività con
cena del Signore; alle 9,30
è previsto l'appuntamento
con i precatecumeni e con
bambini/e della scuola domenicale, alla stessa ora si
incontrano i ragazzi e le
ragazze del precatechismo
(iniziano i nati nel 1986),
per concordare gli orari.
Lunedì 4 ottobre, alle ore
20,30, prima riunione
quartierale del nuovo ciclo, condotto da Gianni
Genre, su importanti temi
sinodali. Mercoledì 6 ottobre, alle 21, nella saletta
del presbiterio, primo incontro su «L'Apocalisse,
che cos'è?».
VILLASECCA — Domenica 3 ottobre culto dì inizio delle attività.
10
PAG. IV
E Eco Delle ìàlli \äldesi —:
VENERDÌ 1°- OTTOBRE 19qq
SABATO ARRIVA
LO ZOLDO
Parlano i Pellegrino, titolari di «Effatà»
Inizia sabato 2 ottobre il
campionato di A2 di hockey
su ghiaccio; gli ultimi giorni
sono stati quanto mai travagliati per la Valpe Caffarel
che, dopo aver vinto a Varese
per 7-0 in amichevole, ha perso per un grave incidente a
una vertebra in allenamento
Alessandro Cintori. «Stava
uscendo una bella seconda linea fra lui, Stevanoni e Dorigatti» commentano i dirigenti;
il giocatore è ingessato e poi
ci sarà la rieducazione. Uno
stop lungo e frustrante... Intanto anche il ghiaccio si fa attendere (la Valpe si allena a
Pinerolo che nel frattempo ha
aperto) e a questo punto l’unica speranza è di poter disputare in casa la prima partita di
sabato 2 quando arriveranno i
tignosi agordini dello Zoldo.
CONCORSI IPPICI
DI PINEROLO
Si è svolto all’insegna del
bel tempo l’ll° Concorso ippico nazionale di salto a ostacoli di tipo A di Pinerolo. Al
termine delle tre giornate di
gare si è aggiudicato il primo
premio come miglior cavaliere Emilio Puricelli, in sella a
San Patrignano up, che nella
classifica finale ha preceduto
Giuseppe Como.
L’Eco Delle Valli Valdesi
Via dei Mille, 1 -10064 Pinerolo
tei. 0121-371238; fax 323831
recapito Torre Pellice
tei, 0121-933290; fax 932409
Sped. in abb. post./50
Pubblicazione unitaria con Riforma
non può essere venduto separatamente
Reg. Tribunale di Pinerolo n. 175/60
Resp. ai sensi dì legge Piera Egìdi
Stampa: La Qhìsieriana Mondovì
Una copia L. 2.000
Editori a Cantalupa
SERGIO N. TURTULICI
Sono una giovane coppia di sposi. Paolo Pellegrino e Gabriella Segarelli.
Hanno tre bambini e la famiglia abita una villetta sulla
collina di Cantalupa. Credenti, cattolici attivi nella chiesa,
hanno messo su una piccola
casa editrice, l’hanno chiamata «Effatà», la parola di Gesù
che apre una prospettiva di
vita nuova al sordomuto (Me.
7,34). E scoperta della Riforma la famiglia vissuta come
centro di relazioni d’amore
interne ed esterne, di vocazione, di servizio. In tempi di
ecumenismo, l’esperienza di
una coppia, di una famiglia
che cerca di vivere così fede e
testimonianza cristiana è rallegrante, al di là delle confessioni di appartenenza.
- Come avete cominciato a
fare gli editori?
«Siamo laureati in filosofía
- dice Gabriella - io avevo
fatto un’esperienza di casa
editrice a Torino prima di sposarmi, Paolo insegna al Marie
Curie, il liceo scientifico di
Pinerolo. Così abbiamo pensato a un lavoro insieme, tentare
di proporci con un nostro spazio di editoria religiosa».
- Vedo che il vostro catalogo privilegia la teologia pratica, vale a dire i temi del vivere e convivere quotidiano.
«Infatti - dice Paolo - abbiamo messo la famiglia al
centro della nostra ricerca editoriale. I nostri temi sono la
coppia, i rapporti genitori-figli, i problemi e la difficoltà
della famiglia e dei giovani.
Ci interessano i temi dell’ar
moniosa convivenza, i rappor
ti con l’altro, la sessualità, la
malattia. Gli ambiti della nostra ricerca editoriale sono
quindi quello psicolog^ico,
quello della spiritualità. E un
campo poco frequentato dall’editoria religiosa».
- E il campo, questo, dove
oggi molti ricercano vie alternative, risposte ai problemi esistenziali in altre fedi o
«dottrine» come la New Age.
«È vero. Cercano la felicità,
le sicurezze in risposte impacchettate, trattate e prodotte per
il mercato di massa. Anche i
cristiani cercano la felicità.
Uno dei nostri titoli di maggiore successo, del gesuita
John Powell, si intitola Esercizi di felicità. La via cristiana
è più difficile perché Dio lo
trovi nell’ascolto obbediente,
in una comunità di rapporti,
nella potenza dell’umiltà. E
queste cose costano ma sappiamo dove portano».
- Come organizzate il lavoro editoriale ?
«Io curo la grafica, rimpaginazione, ho dovuto diventare esperto di computer - dice
Paolo - mia moglie cura la
parte redazionale, la revisione
delle bozze. Ci avalliamo di
qualche collaboratore, di buoni traduttori per quello che
stampiamo dall’estero. Abbiamo cominciato ad allargare gli orizzonti in Italia e fuori, e utilizziamo quattro distributori per la diffusione sul
territorio nazionale».
Chiedo che cosa pensano
dell’ecumenismo. Gabriella
mi dice che può essere un arricchimento se ogni confessione valorizza nel dialogo e nel
lavoro comune quella che è la
propria caratteristica.
30 settembre, giovedì
TORRE PELLICE: Alle 21, alla Bottega del possibile, dibattito sul tema «Giubileo, debito internazionale e giustizia economica», con Giuseppe Platone, pastore valdese e Astrig Tasgian, economista e docente di economia dei paesi in via di sviluppo presso la facoltà di Scienze politiche di Torino.
1" ottobre, venerdì
TORINO: Nel salone del Centro teologico «A. Pascal», corso Stati Uniti UH, alle 18, incontro su «Dal totalmente altro
all’umanità di Dio», la fede di Karl Barth; relatore Giorgio
Tourn, presiede Eugenio Costa.
2 ottobre, sabato
LUSERNA SAN GIOVANNE Alle 21, nella chiesa di San
Giovanni Battista, concerto d’organo con Luca Scandali, musiche di Scheidt, Byrd, Famaby, Sweelinck, Frescobaldi, Pasquini.
3 ottobre, domenica
PRAROSTINO: Festa dell’uva: mostra mercato, carri allegorici, balli tradizionali, mostra mercato dei prodotti tipici.
TORRE PELLICE: Alle 17,30, nella sala Paschetto del Centro culturale valdese, inaugurazione della mostra «Sintesi spazio
colore», personale di Sergio Perosino, dipinti dal 1997 al 1999.
La mostra resterà aperta fino al 30 ottobre con orario: giovedì,
sabato e domenica dalle 15 alle 18, altri giorni su richiesta.
6 ottobre, mercoledì
TORINO: Alle 20,45, nel salone valdese di corso Vittorio
Emanuele II 23, incontro su «I senzatetto e i senzalavoro. I casi
di Torino e Francoforte», con Stefano Lepri, assessore ai servizi sociali del Comune di Torino, Thomas Porsen, coordinatore
dell’Erwachsenenbildung di Worms, Mauro Pons, coordinatore
della commissione «Chiese & società».
7 ottobre, giovedì
ANGROGNA: Fiera autunnale. Alle 21, nel tempio del Serre, incontro su «Non c’è memoria senza futuro: le esperienze
culturali di Levi Buffa», proiezioni di video e interventi di Mariena Gaietti e del pastore Giorgio Toum.
La vita malgrado il cancro
Dal 1° ottobre saranno riorganizzati i servizi dell’Asl 10 rivolti ai malati oncologici; nel mondo sono 5 milioni le persone
che muoiono ogni anno a causa di tumori, in Piemonte ogni
100.000 abitanti vi sono 300 malati terminali: di questi l’80%
potrebbe essere assistito a domicilio e il 20% in strutture residenziali. Il Pinerolese presenta circa 400 casi di malattia avanzata e a loro sarà ora dedicata una équipe apposita composta da
medici oncologi, medici di famiglia, infermieri, medici fisiatri
e anestesisti, psicologi e assistenti domiciliari per offrire ai malati un sostegno globale sotto i vari profili della persona.
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VALLI y
CHISONE - GERMANASCA;
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva
telefono 167-233111
Guardia farmaceutica;
(turni festivi con orario 8-22)
DOMENICA 3 OTTOBRE
San Germano Chisone: Farmacia Tron , tei. 58771
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Ambulanze:
Croce Verde, Perosa: tei. 81000
Croce Verde, Porte : tei. 201454
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(turni festivi con orario 8-22)
DOMENICA 3 OTTOBRE
Luserna San Giovanni; Sa
velloni - Via Blando 4 - (Luserna Alta), tei. 900223
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BARGE — Venerdì 1° ottobre, alle 21, Affliction; sabato
2, alle 21, Dieci cose che odio
di te; domenica 3, ore 16, 18,30
e 21, lunedì 4, martedì 5, mercoledì 6, giovedì 7, ore 21, Star
wars episodio 1, La minaccia
fantasma.
PINEROLO — La multisala
Italia (tei. 0121-393905) ha in
programma alla sala «Scento»,
giovedì 30, ore 19,30 e 22,20
Star wars episodio 1, La minaccia fantasma; da venerdì
Tifosi; alla sala «2cento» giovedì 30 è in visione Un tè con
Mussolini, ore 20 e 22,20; da
venerdì Eyes wide shut.
TORRE PELLICE — Il ci
nema Trento ha in programma,
giovedì 30 e venerdì 1° ottobre,
ore 21,15, Orphans, di Peter
Mullan; sabato, ore 20,20 e
22,10, domenica, ore 15,30,
17,45, 20 e 22,10 e lunedì ore
21,15, La mummia.
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Progettato dall’ACEA, sorgerà a Pinerolo nei pressi del depuratore delle acque
Un impianto per la valorizzazione dei rifiuti
Ridurrà la quantità di materiale da conferire
in discarica fino al 90 per cento
il nuovo sistema cambierà le attuali
abitudini dei cittadini
I rifuti dovranno essere separati in «Secco»
e «Umido»
La raccolta differenziata invece
non subirà trasformazioni
Entro un paio d’anni, il sistema di smaltimento dei rifiuti nel Pinerolese subirà una
radicale trasformazione. L’
Acea, infatti, già nei prossimi
mesi avvierà le pratiche necessarie per la realizzazione
di un nuovo e modernissimo
Impianto per la valorizzazione
dei rifiuti differenziati «Secco/Umido».
Il sistema progettato dall’Acea, che sorgerà nei pressi
del Depuratore delle acque
nella zona del canile municipale e prevede un impegno finanziario di circa 40 miliardi
di lire, è il primo di questo
genere in Italia.
Di grandissimo valore le
novità che l’impianto porta
con se. Innanzitutto con questo nuovo sistema di smaltimento, si ridurrà il conferimento in discarica dei rifiuti in
una misura compresa fra l’80
e il 90 per cento. In sostanza,
significa che si porteranno annualmente in discarica solo
più 8.000 metri cubi di rifiuti
contro gli attuali 80.000.
Inoltre, i rifiuti della frazione «Secco» verranno ripuliti
e trattati al fine di produrre
c.d.r., un combustibile ottenuto dai rifiuti, mentre i rifiuti della frazione «Umido»
verranno sottoposti a digestione anaerobica in due linee separate: in una passerà
il materiale proveniente dalla raccolta differenziata dell’umido e da utenze selezionate, che successivamente
verrà indirizzato all’impianto
di compostaggio (già in avviata fase di costruzione sempre
nei pressi del Depuratore)
per la produzione di compost di qualità per usi agricoli;
la seconda linea, invece, «digerirà» materiale organico
«sporco» proveniente da vagliatura, il quale verrà poi
stabilizzato, cioè reso igienicamente sicuro, e utilizzato
per la bonifica di siti, come la
copertura della discarica, il
riempimento di cave, ecc.
Attraverso il trattamento di
«digestione anaerobica», cioè
senza la presenza di ossigeno,
che consente di ridurre di
molto il materiale «digerito»
uscente rispetto a quello entrante al trattamento, si produrrà anche biogas, combustibile che verrà utilizzato per
rendere energeticamente autosufficiente l’impianto.
Un altro aspetto fondamentale della «digestione anaero
bica» è la riduzione al minimo
del problema relativo ai cattivi odori: tenuto conto della
relativa vicinanza della zona
abitata all’Impianto, infatti,
l’Acea ha ritenuto questo
l’unico tipo di processo idoneo all’inserimento ambientale dell’impianto.
Il moderno sistema, che
sarà attivo entro un paio d’anni, però, dovrà trasformare
anche le abitudini dei cittadini
che utilizzano i cassonetti
stradali per conferire i loro rifiuti. La separazione dei rifiuti
domestici e prodotti dalle attività commerciali e artigianali
in «secco e umido», infatti,
dovrà essere fatta alla fonte:
saranno gli stessi cittadini a
suddividere razionalmente i
rifiuti già nelle proprie case o
presso i luoghi in cui svolgono
la propria attività. L’Acea distribuirà gratuitamente a tutte le famiglie del bacino di
propria competenza i sacchetti di colore rosso magenta, dentro i quali dovranno
essere gettati esclusivamente
i rifiuti umidi; i rifiuti della frazione secca, invece, potranno
essere introdotti in qualsiasi
genere di sacchetto.
Entrambi i sacchi, ben legati, verranno poi conferiti negli
attuali cassonetti dei rifiuti.
Nei cassonetti dovranno
essere messi solo sacchi e
sacchetti ben legati; non si
potrà assolutamente più gettare rifiuti e materiali sfusi,
quali potrebbero lacerare
sacchi. Al nuovo impianto d
smaltimento, un lettore ottico «riconoscerà» i sacchi rosso magenta e li separerà dagli
altri per inviarli alla linea di
gestione.
Naturalmente, l’Acea ha
predisposto uno scrupoloso
programma di comunicazione
e diverse iniziative destinate a
tutti i cittadini del proprio bacino, così da poter informare
nel modo più chiaro ed esaustivo possibile.
Già nel prossimo gennaio,
inoltre, una prima fase sperimentale verrà avviata a Frossasco e, successivamente, in
un quartiere di Pinerolo.
La sperimentazione, oltre a
«formare» i cittadini ad una
corretta separazione dell’umido dal resto dei rifiuti, permetterà di perfezionare i dettagli dell’intero sistema, cosi
da renderlo il più efficiente e
semplice possibile.
Il nuovo impianto, estremamente innovativo, rappresenta la risposta più adeguata ed
efficace possibile al conferimento in discarica. L’impianto
progettato dall’Acea, che ha
suscitato l’interesse di istituti
nazionali, come l’Enea, potrà
essere l’esempio più moderno e funzionale per la valorizzazione dei rifiuti provenienti
da bacini di medie dimensioni.
La collaborazione dei cittadini, però, è fondamentale, indispensabile per la riuscita del
progetto.
Già con la raccolta differenziata i pinerolese hanno dimostrato di essere consapÇ'
voli e sensibili alla problematica dei rifiuti. Insieme si riusciranno a ottenere risultati e
obiettivi di grande valore.
Informazione
pubblicitaria
11
T
1999
^pn^TTOBRE 1999___
Vita Delle Chiese
PAG. 7 RIFORMA
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Si è svolto a Roma un Forum internazionale sul debito dei paesi poveri
Hi 2000, un nuovo inizio libero dal debito
[a nostra generazione deve ripensare il patto economico, sociale e ambientale
fra ipaesi del mondo. I crediti dell'Italia ammontano a 68.000 miliardi di lire
LUISA NITTI
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SI è concluso il 22 settembre a Roma il terzo Fo—ernazionale dedicato
SdeH’indebitamento
.... ei paesi in via di sviorganizzato dalla cam1 «Sdebitarsi», dal Comune di Roma e dalla «Tavola per la pace». «Il 2000. anno
del Giubileo: per un nuovo
inizio libero dal debito»; su
I questo tema si sono confrontati per due giornate di convegno esperti e rappresentanti delle campagne naziojali e internazionali, delincando il quadro complesso
dcEa situazione dei paesi indebitati e delle iniziative in
atto da parte dei governi per
la cancellazione o riduzione
del debito.
«Il problema del debito dei
paesi poveri costituisce una
adda particolare per le chiese, di fronte al Giubileo del
2000», ha detto Ann Pettifor,
direttrice della campagna lubilee 2000 in Gran Bretagna;
«Prima che essere una festa
infatti il giubileo, biblicamente inteso, è un mandato:
non possiamo festeggiare
prima di aver adempiuto il
mandato, che è quello di porte fine allo sfmttamento della
tetra e allo sfruttamento dell’essere umano sull’essere
¡•timano». Le decisioni prese
’.dai paesi del G7 a Golonia, ha
ietto ancora Ann Pettifor, sono insufficienti: «Occorre che
ilG7 si riunisca ancora per
discutere il problema del debito. Ci viene detto che i leader dei paesi più industrializzati hanno poco tempo: eppure vediamo che, quando
muore un capo di stato volano tutti al suo funerale.
Ebbene, ogni giorno nel Terzo Mondo muoiono 20.000
bambini: di fronte a queste
morti i leader del G7 dovrebbero lasciare le loro occupazioni e incontrarsi nuovamente». Anche Luca De Frala, della campagna italiana
«Sdebitarsi», ha sottolineato
che la strategia di riduzione
del debito proposta dai leader del G7 in occasione delmncontro di Colonia non offre una risposta forte al problema. Quanto alle iniziative
locali, De Fraia ha affermato
''fro le associazioni aderenti a
«Sdebitarsi» intendono contipame a «incalzare il governo
Italiano, perché intraprenda
miziative più decise sul tema
del debito».
Sul debito e sulle relative
oiisure c’è bisogno di un
«momento di verità»: secon0 Jean Fabre, vicedirettore
el Programma di sviluppo
oeile Nazioni Unite (Undp),
■*. mogna chiedersi se le decitoni che i governi stanno
|P endeiido corrispondano o
eno ai valori della gente e
rispetto dei diritti umani,
marno in un mondo grotte« tri cui la crescita vertigisa delle disparità econozin ® ^ costante viola
valori della Dichia«lone universale dei diritti
Siamo la prima gene* che deve ripensare il
economico, sociale,
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sull u necessità, e
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«iut"”' mondo ormai
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fe, 'L^“ure, bisogna comL] che «la debolezza
più debole diventa
».Olezza per tutti noi. Ogni
ma soprattutto ogni
Pjp na conta: aiutare un
ctp 3 sdebitarsi, con la
li,^'°ne di fondi per lo sviP(jP? umano, è il compito
Adelfia; campo giovanissimi
Bambini e bambine
sul «treno della memoria»
Dopo anni di guerra per ia popoiazione dei Mozambico si pone ii probiema deiio sviiuppo autonomo
Qual è il ruolo della società
civile e delle comunità locali
nella lotta contro il debito?
Oltre a esperti e rappresentanti di campagne nazionali,
sono intervenuti al Forum sul
debito i sindaci di alcune
città, allo scopo di individuare il ruolo specifico delle municipalità nella campagna di
azione contro il debito estero;
il problema, è stato detto, va
analizzato in una interazione
costante fra la dimensione locale e quella nazionale e internazionale: e qual è il ruolo
delle autorità municipali nel
contesto di una società globale? «Bisogna trasformare il
debito in solidarietà», ha affermato il sindaco di Maputo
(Mozambico), Hussene Canana, ricordando che paesi fortemente indebitati spendono
ogni anno percentuali altissime (fra il 30 e il 40%) del proprio prodotto interno lordo
per pagare gli interessi del
debito: spesso questa percentuale è ben più alta di quella
impiegata dagli stessi paesi
per attività sociali, educative,
sanitarie o per la cura dell’
ambiente. Solo uscendo dal
circolo vizioso del debito sarà
possibile incrementare lo sviluppo di questi paesi: responsabilità dei paesi più ricchi,
secondo il sindaco di Dodoma (Tanzania), Peter Mavunde, è promuovere strategie
comuni per sradicare il debito; i paesi del Sud, da parte
loro, dovrebbero «imparare a
parlare la stessa lingua, combattere per gli stessi obiettivi», per un risveglio del mondo. «Solo quando il debito
verrà d^l tutto sradicato - ha
affermato il sindaco della
città africana - il mondo intero potrà dire “amen”».
L’intervento dell’economista Francesco Terrori ha offerto il quadro della situazione italiana. I crediti dell’Italia
ammontano a 68.000 miliardi
di lire, di cui 38.000 di natura
privata: secondo Terrori bisogna rafforzare l’iniziativa per
la riduzione drastica di quei
debiti contratti in modo illegittimo o «odioso», per fermare l’emorragia di risorse
dei paesi in via di sviluppo e
rendere il credito «sostenibile», non tanto o non solo per i
paesi creditori, quanto per
quelli indebitati. «Accanto a
ciò - ha aggiunto - bisogna
cambiare le modalità attraverso cui oggi si fa credito; dal
debito dei governi bisogna
passare a un credito dei popoli, a fondi per lo sviluppo e
la cooperazione fra i popoli».
Il Forum si è concluso con
una tavola rotonda («Per un
millennio senza debiti»), a
cui hanno partecipato fra gli
altri il senatore Rino Serri,
sottosegretario agli Esteri, e
Jean Fabre, vicedirettore
dell’Undp.
CARMELO LANZAFAME
FRANCESCO SCIOTTO
PRIMA di raccontare ai lettori e alle lettrici di «Riforma» del campo giovanissimi tenutosi ad Adelfia dal 3
all’11 luglio, è bene fare una
premessa. Ultimati i lavori di
ristrutturazione e inaugurati
i nuovi locali, Adelfia aveva
bisogno di ripartire a pieno
regime. Ebbene, chi aveva temuto che dopo nove anni di
attività singhiozzante la partecipazione ai campi estivi
sarebbe stata esigua, ha dovuto, grazie a Dio, ricredersi,
smentito dai fatti. I campi
giovanili hanno avuto un
buon numero di partecipanti. Il problema, semmai, sarà
quello di capire quante di
queste persone avranno l’interesse e il piacere di tornare
ad Adelfia, dopo esserci venute quest’anno.
Ritornando al campo giovanissimi, esso ha visto la
partecipazione di poco più di
venti tra bambini e bambine,
di diversa estrazione, di età
compresa tra i 7 e gli 11 anni,
provenienti da Gatania, Pachino, Palermo, Scicli. Tema
dei campi era quello della
memoria e, invitati i partecipanti a salire sul «treno della
memoria», li abbiamo poi accompagnati alle varie stazioni immaginarie, nelle quali
hanno riflettuto e lavorato
sui loro ricordi e sui modi e i
linguaggi di trasmissione e ricostruzione di fatti vissuti o
ascoltati e di fiabe e storie da
noi tutti inventate. Una delle
tappe è stata la visita agli scavi e al magnifico museo archeologico di Kamarina, che
si trova a poche centinaia di
metri da Adelfia. Il capolinea
del viaggio è stato la composizione da parte di ciascuno
di un raccoglitore dove ogni
bambino potesse raccogliere
e portare a casa i propri piccoli lavori, e così ricordare
l’intero percorso.
Negli occhi dei bambini
che ritornavano a casa abhia
mo visto gioia e stanchezza,
ma anche il dispiacere di dovere ripartire; questo ci fa ben
sperare. Tuttavia è bene dire
che le cose potevano andare
meglio e i limiti del campo
possono riassumersi in tre
elementi. Innanzitutto nessuno tra i partecipanti era mai
stato in una struttura come
Adelfia e quasi tutti erano alla
loro prima vera esperienza di
vacanza senza i genitori. I primi giorni sono stati per loro
una novità e non è stato sempre facile catturare la loro attenzione e farli lavorare insieme. In secondo luogo la ripartizione in fasce di età è
stata fatta secondo criteri poco funzionali. I giovanissimi
erano dai 7 agli 11, i cadetti
dai 13 ai 17. I dodicenni non
erano considérât? ma sarebbero stati troppo grandi per il
nostro campo, sin troppo giovani per quello «cadetti». Una
ripartizione a tre fasce di età
(6-10, 11-13, 14-17), già ben
sperimentata nel passato, sarebbe certo stata più funzionale. Infine, uno staff composto da due soli animatori non
può serenamente consentire
il buon funzionamento dei lavori di gruppo e contemporaneamente un’adeguata attenzione ai singoli elementi del
gmppo stesso.
Un’ultima osservazione:
noi che scriviamo ora da staffasti, siamo stati anche giovani campisti di Adelfia. Ricordiamo le nostre ginocchia
piene di sabbia, ma mai
sbucciate. La sabbia del fondo di Adelfia, con la ricostruzione, ha lasciato spazio alla
breccia, alle aiuole, ai corridoi di cemento. Il centro ora
è forse più carino, ma ha perso un po’ della sua vocazione
ad accogliere bambini giustamente vivaci e turbolenti.
È morto a Torre Pel lice Domenico Abate, predicatore
locale entusiasta e infaticabile
Un valdese dalla fede «granitica» e impegnato nei problemi del mondo
ITALO PONS
Circa vent’anni fa, in una
nebbiosa serata autunnale, a Torre Pellice, un gruppo di ragazzi venne convocato in una villa sulla parte alta
del viale Dante. Dalle riunioni autunnali nascono spesso
progetti destinati a durare
per le altre stagioni. Così fu
per noi, e così fu anche per
Domenico Abate tra vendite
di libri, pubblici dibattiti, studi biblici, incontri al Colle
della Croce, gruppi informali,
battaglie civili («...l’Eterno è
giusto; egli è la mia rocca, e
non v’è ingiustizia in lui»,
Salmo 92, 15), con il suo gusto della narrazione, che rendeva possibili le convers^ioni, ma anche con la voglia di
restituire una storia ricca e
benedetta da cui si è stati
chiamati in causa, o meglio
buttati nella mischia.
Un’eredità pesante, quella
di Domenico Abate, già nel
nome: quello del fondatore
dei frati inquisitori e predicatori, associato a un cognoine
che unisce l’antico dominio
benedettino (e quindi della
chiesa) a quello politico sulla
città in cui era cresciuto in Sicilia. Forse, in Mimmo, questa eredità diventava più leggera. Piazza Borgo, dove nacque, custodita dalle sue chiese barocche, era all’inizio di
questo secolo la periferia di
una Catania remota e devota,
continuamente esposta alle
minacce del «grande essere
in mezzo al mare», come ce
10 racconta oggi Maria Corti
[Catasto magico, Einaudi,
1999). Nel 1925 infatti troviamo Abate, segretario del locale circolo dell’Associazione
cristiana dei giovani (Acdg),
coinvolto in un drammatico
appello a proposito della
«montagna». E così scrive:
«L’Etna risvegliatissima dal
suo insidioso riposo sta devastando regioni ubertosissime di questa bella terra di Sicilia. L’esodo delle popolazioni è spaventevole. Centinaia di famiglie restano senza tetto e in piena povertà». E
11 magma lavico, metafora di
una storia incandescente,
quest’uomo lo vedrà molto
spesso nel corso del secolo
che si avvia a chiudersi.
L’incontro con l’unionismo
giovanile cristiano e, ancor
prima, con il Modernismo,
nella sua città e nel mondo,
quale spazio di libertà e di
impegno, lo segnerà definitivamente, restituendolo però
a una fede granitica come la
pietra delle montagne. Montagne che in momenti di ristrettezza della libertà gli
consentirono di tenere vive e
preziose occasioni di fratellanza. L’ingresso nella comunione valdese nel 1926 sarà la
riscoperta di una dimensione
diversa del vivere religioso: la
possibilità di abbandonare
ogni forma di devozione ormai fuori per sempre dalla
sua comprensione. Basta
controllare le carte dell’archivio della Chiesa valdese di
Catania per rendersi conto di
che cosa quegli anni significarono. Sono con lui il pastore Fasulo, i laici Campisi, Navarria, Platania, per citarne
alcuni. Invitare a una conferenza un teologo cattolico,
inviso alla sua chiesa e al regime fascista, voleva dire
correre grossi rischi: la curia
riempirà Catania di manifesti contro Ernesto Buonaiuti.
In questo clima poteva accadere di non essere sempre
compresi: la comunità evangelica, come spesso Abate ci
ricordava, userà nei suoi
confronti, e verso il suo entusiasmo di neofita, la mano
pesante. Eppure egli rimase
un laico impegnato, come
amava definirsi.
Domenico Abate fu sempre
avverso al fascismo: molti
suoi amici e compagni mandati al confino, altri tragicamente scomparsi. «Sono nato
di sinistra», dirà molti anni
dopo in un dibattito a Pinerolo. Nell’ambiente di via
Naumachia un altro incontro
fondamentale della sua vita:
Elsa Revel, che diverrà sua
moglie e madre dei suoi figli.
Funzionario benemerito della Banca d’Italia, trascorrerà
il resto della propria vita a
Torino e poi a Torre Pellice,
in molti anni di operoso riposo e molteplici interessi. Una
terra, quella dei valdesi, che
sentirà come sua perché luogo di una scelta che lo aveva
coinvolto da sempre.
Lo ritroviamo negli Anni
80: le sue ultime battaglie sono quelle per la pace, l’antifascismo, l’impegno costante
nell’evangelizzazione, l’applicazione delle Intese, la
chiesa locale. Per sua iniziativa nella Settimana della libertà del 1984, dalle 'Valli partirono alcune centinaia di
persone, con i gonfaloni dei
Comuni, per una manifestazione pubblica nel teatro Carignano di Torino, di fronte a
quello che era il Parlamento
Subalpino. Sognava, e per
questo si prodigava, visitan
do e predicando a sparuti
gruppi, il ritorno di una presenza evangelica stabile
nell’area del Saluzzese; qui
andava raccontando la storia
dei Varaglia e dei Bonelli.
Il movimento per la pace lo
vide ancora una volta protagonista: «Siamo in tanti e
stiamo ancora marciando»,
scriverà sulle colonne dell’«Eco del Chisone» (settimanale cattolico del Pinerolese),
nell’ottobre 1983 da Roma;
proprio su quel giornale che
lo aveva ostacolato nel dopoguerra. Partecipe del dialogo
ecumenico, riunirà per anni
giovani e non, sacerdoti e pastori attorno alla Bibbia. Ogni
anno a luglio l’incontro italofrancese d’alta quota al Colle
della Croce lo rallegrava, anche se gli ricordava che ormai
la sua generazione si sarebbe
congedata per sempre e lui
era l’ultimo a chiudere la porta, in punta di piedi, poco
prima della fine del secolo.
Quando ho appreso della
sua morte uno dei testi del lezionario riportava le parole
del profeta Michea: «O uomo,
Dio ti ha fatto conoscere ciò
che è bene; che altro richiede
da te il Signore, se non che tu
pratichi la giustizia, che tu
ami la misericordia e cammini umilmente con il tuo Dio?»
(versetti 6-8). In questa prospettiva Mimmo Abate ha saputo adempiere fedelmente
al suo compito.
12
PAG. 8 RIFORMA
Sono state inaugurate aH'istituto «Casa Materna» di Portici (Napoli)
Due nuove comunità residenziali per minori
Le due comunità, che hanno una dimensione familiare, sono un'importante
innovazione nel servizio che l'opera metodista svolge da 94 anni sul territorio
MARTA D’AURIA
I
MPORTANTE svolta per
l’istituto «Casa Materna» a
Portici; mercoledì 15 settembre c’è stata l’inaugurazione
delle due nuove Comunità residenziali per minori a dimensione familiare. Con il
contributo dell’8%0 della Tavola valdese sono stati realizzati, al primo piano dell’edificio principale della Casa, due
appartamenti rispettivamente
composti da stanzette confortevoli, bagni ammodernati, e
una cucina preceduta da un
accogliente salotto. In questi
appartamenti, che hanno
molto dell’ambiente familiare
e nulla dei tradizionali collegi,
gli educatori si prenderanno
cura di bambini provenienti
da contesti di violenza e disagio, continuando il servizio
che da 94 anni l’opera metodista svolge sul territorio. In
particolare si occuperà dell’andamento delle due Comunità residenziali, chiamate «I
delfini» e «I gabbiani», una
équipe coordinata dalla dottoressa Sabina Nicefaro e
composta da 4 operatori, 4
educatori e un assistente materiale, a cui è affidato il sostegno pratico-operativo.
Hanno partecipato a questo momento di festa una settantina di persone tra cui gli
operatori della struttura, le
maestre della scuola elementare e i rappresentanti delle
chiese battiste, metodiste e
valdesi del Napoletano. In
particolare la direttrice, Rosaria Vincenzi, ha dato il benvenuto al pastore Valdo Benecchi, presidente delTOpcemi,
che ha affermato: «Personalmente, in questa circostanza,
non mi sento né un invitato
né un ospite, ma un membro
della famiglia, della Casa».
Anche il rev. Derryck Evans, presidente del Comitato generale di Casa Materna, ha tagliato il nastro
Anche il moderatore della Tavola valdese, Gianni Rostan,
impossibilitato a essere presente ai festeggiamenti, ha
fatto giungere per lettera il
suo augurio «per un’attività
benedetta che sicuramente
rappresenterà una valida testimonianza evangelica nel
cuore di Portici e di Napoli
stessa, come del resto è avvenuto in passato».
Inoltre il pastore Derryck
Evans, presidente del Comitato generale della Casa, e il pastore Robert Van Essen, presidente del comitato olandese,
hanno testimoniato che è soltanto per la misteriosa volontà di Dio se ancora oggi ci
sono tanti, soprattutto giovani, che negli Stati Uniti e in
diversi paesi europei si appassionano al «folle» sogno che,
quasi un secolo fa, animò Riccardo Santi, fondatore di Casa
Materna. Doveroso il mo
mento dei ringraziamenti. In
primo luogo Rosaria Vincenzi
ha ringraziato Sergio Nitti,
presidente dell’Ospedale evangelico Villa Betania, per la
costante disponibilità con cui
la struttura ospedaliera risponde ai bisogni dei giovani
ospiti; poi il comitato direttivo, i comitati nazionali, il Comune di Portici, gli architetti
che hanno diretto i lavori, gli
operatori, i volontari stranieri
e quanti hanno contribuito e
continuano a contribuire al
lavoro di questa importante
struttura evangelica.
Con un taglio netto Benecchi e Evans hanno fatto cadere i fiocchi tricolori posti
all’entrata dei due nuovi appartamenti. Aggirandomi tra
quelle stanze luminose il mio
pensiero è andato ai tanti
bambini che in quella Casa
ascolteranno parole di vita e
impareranno gesti d’amore.
All’ingresso della Casa
il presidente deU’Opcemi, Valdo Benecchi, taglia il nastro inauk
le affiancato dalla direttrice delle Comunità residenziali per
Rosaria Vincenzi
un salmo 1
%nato da ir
Ermi
Il messaggio di Valdo Benecchi
Continua l'avventura
sociale e di fede
Riportiamo di seguito parte
del messaggio del pastore Valdo Benecchi, presidente dell’
Opcemi, pronunciato per l’inaugurazione delle due Comunità residenziali per i minori a Casa Materna, Portici
(Na), il 15 settembre.
«Penso che l’inaugurazione
odierna delle Comunità residenziali per minori renda
speciale questa giornata. Sia
pure imprimendo una svolta
importante dal punto di vista
educativo e pedagogico e, direi, anche umano, al lavoro
della Casa, si tratta non solo
di lavori di ristrutturazione e
di aggiornamento, ma anche
di apertura verso il futuro.
Giustamente Cyril Davey nel
suo libro aveva definito Casa
Materna “un’avventura sociale e di fede’’».
Avventura e fede: sono termini dinamici, che proietta
lanmozioi
lofflba nel
mone del
Bernardin
«imprende
I la certezza
dice il salr
con me», e
forte quest
nella vita d
benedizioii
no il nostro sguardo vei,yJ“ge'Ì!f,
fumro, verso nuove mete.
Avventura: osiamo, tgiprot
mentiamo, guardiamo all ;j|.„bftudi
del piccolo cabotaggio,! f;;Sel
tramo nuove vie mvesteii x-„(.he ve
l^a nostra passione lanci, |(.a„neei
fantasia, le nostre idee, jijuore, c,
Fede: oggi coinè ieri(i| gohicipei
cálmente fondati nella Fé i g„Qs'i he
del Signore e nel suo am 1 (.gg ho cori
rivolto in primo luogoaip („¡11 quest
coli, ai meno fortunati, dopo una
Oggi ringraziamo tiltil deidiscen
operatori che, a vario tib (-h(
partecipano a questa avu. ,„g „
tura, ringraziamo i comtt-^jto alla F
la direzione. Ringraziaul'pgjhgg
Signore per i suoi doniepphma ¿i ^
la sua benedizione che^pgj „hi ci i
no dopo giorno ci aiu|pifig„. (g,
proseguire il nostro can» qjQjg ^^(jg,
no di testimonianza, e di ^ggya sem
aiuta ad affrontare gli »• a tèmpo s
coli nella certezza che
è a fianco».
cento anni della presenza della Chiesa battista in città
Altamura vive la «festa del ricordo»
NICOLA NUZZOLESE
Dal 3 al 5 settembre scorso la Chiesa battista di
Altamura ha celebrato il suo
centenario organizzando «La
festa del ricordo». Venerdì 3
settembre, nel salone «Simone Viti Maino», ha avuto luogo la presentazione del libro
«La Chiesa cristiana evangelica battista di Altamura.
Una minoranza religiosa
protestante nel Mezzogiorno:
1892-1995», pubblicato in
proprio dalla locale Chiesa
battista. Erano presenti circa
200 persone tra cui i rappresentanti delle vicine chiese
battiste, federate e non, il
sindaco, prof. Vito Plotino, e
alcuni rappresentanti della
giunta comunale di Altamura, mons. Mario Paciello, vescovo della diocesi di Altamura-Gravina-Acquavi va
delle Fonti, don Vito Incampo, responsabile del Segretariato per l’ecumenismo e il
dialogo della diocesi, alcuni
sacerdoti, un giornalista locale e numerosi concittadini.
Dopo il benvenuto dato ai
presenti dal pastore Giuseppe
Tuccitto, la parola è stata data
al curatore-estensore del libro, pastore Martin Ibarra y
Pérez, già pastore della nostra
comunità. In particolare il pastore Ibarra, nella sua elegante esposizione, ha sottolineato l’importanza della memoria storica di un popolo, di
una società, di una città, di
una chiesa locale. «Un gruppo
che testimonia il proprio essere, il proprio credo, la propria fedeltà al Vangelo - scrive
Ibarra - è un frammento della
microstoria, e tante microstorie fanno la storia e la macro
storia. La comunità battista di
Altamura è una scheggia di un
frammento, ma importante
perché ha saputo cogliere il
tempo e le occasioni propizie
per essere “sale e luce’’». Al
termine sono seguiti i saluti e
le testimonianze sincere e
commosse di alcune persone.
Sabato pomeriggio, poi, sono venuti in tantissimi a vedere la «Mostra fotografica e documentaria»; 28 tabelloni con
circa 600 fotografie, didascalie
e vari documenti che hanno
testimoniato la storia della
chiesa dalle origini fino ad oggi. La mostra è stata allestita
nella sala adiacente il locale di
culto con la collaborazione di
alcuni giovani. Franco lurino,
Donatina e Angela Gaietta. La
serata si è conclusa con un’
agape a cui hanno partecipato amici, conoscenti nonché
alcuni graditissimi ospiti: Tina Colombo con Simone e
Andrea (quest’ultimo giunto
dalla California), i pastori
Umberto delle Donne, Franco
Casanova, Antonio Cammisa,
Nunzio Loiudice, Francesco
Nuzzolese (venuto per l’occasione dagli Usa) e la nostra
studentessa di teologia Cristina Cipriani.
I festeggiamenti si sono
conclusi domenica 5 settembre con il culto di ringraziamento al Signore. Il sermone
è stato tenuto da Renato
Malocchi, presidente della Ucebi, sul testo di Atti 17, mentre la liturgia è stata arricchita
dal canto guidato dal past.
MacFarlane e dai nostri bravi
chitarristi. Salvatore Castellano e Donatina Gaietta. Molto
partecipato è stato il momento delle testimonianze e dei
saluti tra cui quelli del past.
Saliani, a nome del 14° circuito valdese-metodista e quelli
di Giovanni Arcidiacono, presidente della Federazione delle chiese evangeliche di Puglia
e Lucania. «La festa del ricordo» è ormai terminata. E per
primi vogliamo ricordare che
un centenario non è un traguardo ma la continuazione
di un cammino di fede e di testimonianza che necessita di
proseguire.
Una iniziativa di solidarietà a San Marzano Olivete
Ospitalità a due famiglie del Kosovo
sotiaapert
aerosa. L’h
timi giorn
una clinica
al pastore
Allora sen
si potesse
un breve c
re il Padre
che esitaz
IMMY CENIVIVA
BRUNO QUAGLIA
Gli spaziosi locali della
centenaria chiesa di San
Marzano Olivato nel 1963
vennero utilizzati dal pastore
Giuseppe Anziani come casa
per vacanze estive per offrire
a coloro che non avevano i
mezzi per un comune albergo
l’opportunità di trascorrere,
con una minima spesa, alcuni
giorni di riposo tra i colori e
gli inconfondibili profumi
della campagna. L’attività
continuò per molti anni, anche sotto la guida del pastore
Ugo Tomassone, fino a quando l’impossibilità di eseguire
lavori straordinari di manutenzione hanno costretto alla
chiusura. Oggi però quelle
vecchie e care mura riecheggiano di nuovo delle squillanti voci di bambini.
Dal 24 agosto vi si trovano
due famiglie (quattro adulti e
sette bambini) provenienti
dall’ex base militare Nato di
Comiso in seguito alle terribili vicende della guerra nei
Culto di ringraziamento a Aitamura: il pastore Tuccitto e ii Consigiio di chiesa
Balcani. Giornali e tv non ne
parlano più come prima. La
guerra è finita, si dice, eppure
i conflitti continuano, le case,
le vite sono distrutte e di ciò
porteranno i segni per sempre. Le famiglie che abbiamo
ospitato provengono da una
zona del Kosovo sotto controllo serbo, e questo è uno
dei motivi che impedisce loro
di rientrare. Il Servizio rifugiati e migranti della Fcei, insieme a altri 11 organismi
non governativi, ha aderito al
progetto «Azione comune»,
che opera in stretta collabo
., suggerirne
razione con il nostro mifflr i„ gj.
ro degli Interni e conlaOèi„„g^ gj^g
missione europea. La n|il^bravo past
iniziativa di ospitalità si ¡»“'prg
risce in questo progetto. , schefzand
Un caldo ringraziameW mo dare 6
tutti coloro che ci sosten# nel sentirà
e aiutano in mille no all’esai
Donika e Benard Lleshi, J fa avevo ir
coppia di giovani albanesif funerale 1
nostri ospiti dal marzo «j Pomarett
so, che parlano la stessa* doloroso j
gua, e al nostro pastorei
no Giaccone che in W aveva la
occasione si sta impegn^ iuell’occa
per assicurare accoglie^ no aveva i
serenità a queste famigli® ospitalità
»I
RONACHE
La
VILLAR PELLICE — Ringraziamo i predicatori che
l’estate hanno presieduto il culto in alcune occasioning^ MI li
gio Tourn, Teofllo Pons, Monica Michelin Salomon,
to Mazzarella e Bruno Gabrielli. Siamo molto riconosi
a tutti gli amici tedeschi che in occasione delle vacanz®
scorse al Castagneto hanno partecipato ai culti estivi ¡¡A A NCHl
............. ■ degli i^fVr
gnandosi sia nell’accompagnamento musicale degli' iintesi i
sia con il canto di gruppi corali. , ^ » ®°no stati
• Sono nati Luca Dalmas, figlio di Remo Dalmas e di i;^ sala di Ci
Michelin, e Joël Michelin Salomon, figlio di Eimer e di dal pasto
zia Durando. j Predicato
• Sono state battezzate le sorelline Lara Magdal®^p^ecipat
Johanna Sophie di Christian Lazier e di Dorothea D^^nlleeviprn
Si sono sposati nel nostro tempio Ruben Janavel e M® j
Sepertiiio, Franco Geymet e Donatella Gonin. Agli ad^
ai bambini l’augurio che il Signore li accompagni ogni™
no sul sentiero della vita.
• Durante l’estate ci hanno lasciato Elena Rivolte ve ■
vit, Giacomo Giovenale, Maddalena Bertinat e, in
troppo prematuro e improvviso. Bruno Fenouil- A
deceduto il fratello Etienne Gönnet e in Svizzera la *
Margherita Michelin ved. Maitre. La Parola della f^^^renti e
zione possa abitare il cuore dei famigliati che hann
colpiti da questi lutti, ai quali la comunità intera di v* ®sse la pj
volge ancora il senso della propria simpatia cristiana- ® che un;
’ Anche se un po’ in ritardo, ci rallegriamo di cuora® pf.'chiesa
«abitua
'•'amo il j
signor
La stagi
^ttembre
Renato
àwlikow
astore.
berta Michelin Salomon, Davide Dalmas e Jean-Pi®’’^^,
vit per le lauree conseguite brillantemente nei mesi
SCOf**
'50ine
"«•dell;
seg
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13
lì 12 OTTOBRE 1999
ili—
Vita Delle Chiese
PAG. 9 RIFORMA
È morto a Torino Adolfo Rostan, un imprenditore originale e di successo
Un valdese nel mondo del lavoro
pai primi passi come incisore alia moderna azienda presente su molti mercati
]ondiali. L'amore per il lavoro e il senso di radicamento nella tradizione valdese
marco rostan
I 17 settembre, nel tempio
ifldese di Torino, abbiamo
ì^l’ultimo saluto a Adolfo
istan, morto all’età di 74
il. La famiglia aveva scelto
i versetti del salmo 23,
dÌÌignore è il mio pastore»,
'"““N un salmo ben conosciuto e
P6f nin^^ato da molti, anche da mio
padre Ermanno. Lo lessi con
j commozione anche sulla sua
**f‘tomba nel 1984. Dopo il ser' pione del pastore Eugenio
Bernardini, che ci ha fatto
comprendere quanto sia forte
la certezza di sapere, come
dice il salmista, che «Tu sei
con me», e quanto sia stata
forte questa certezza anche
nella vita di Adolfo, piena di
benedizioni ma anche di momenti difficili, ho voluto agmo vetsij gjjjuggje qualche ricordo,
'e mete, jjppiamo infatti che nei fu™o, spj protestanti non è noamo ali i.'jujgjjjrmjioe parlare, e tanto
3ggio,te meno celebrare il morto, ma
mvesteilj Conche vero che siamo fatti
e, la e i ricordi fanno bene
. '. al cuore, consolano i vivi. Ai
® "I morti ci pensa il Signore,
nella Pali 1.: . g gQg'j j^p ricordato Adolfo,
suo amr jjjg jjQ conosciuto soprattutrogoffli min questi ultimi dieci anni,
dopo una grande riunione
no tuti|i(|g| discendenti di Maurizio
rario tife gQman, che Adolfo, insieme a
està awi< g Stefano, aveva organizi comtó^jto alla Foresteria di Torre
?razianifpgiijgg y^doifo, dunque, era
donief(tpjigra di tutto un Rostan, e
le chejipgf g|j| gj conosce questo sici aiu# gnifica; testa dura e grande
tro cam gjore. Adolfo era un testone,
za, 0 clt faceva sempre a modo suo, e
re glie» ai tèmpo stesso era una peri che e§ sona aperta, disponibile, generosa. L’ho visitato negli ul^ timi giorni della sua vita in
una clinica a Torino, insieme
al pastore Giuseppe Platone.
Allora sembrava ancora che
si potesse riprendere. E dopo
un breve culto, ci volle recitare il Padre Nostro. Con qualche esitazione e un paio di
,. suggerimenti, ce la fece a dirt"® lo tutto, ed era contento: Pla^ ni-s ^ essere un
, "ÌT,l>ravo pastore ha anche sem“ita^i- pre la battuta pronta, disse
igetto. , scherzando: beh, gli possia^'^tne^mo dare 6 più. Adolfo rideva
sosten^ nel Sentirsi p^- catecume1® all’esame! Qualche mese
Lleshi, . fa avevo incontrato Adolfo al
albanese Onerale di Gino Rostan, a
narzo Pomaretto, un altro saluto
i stessa doloroso proprio per Adolfo,
astore molto amico di Gino, di cui
; in qu aveva la stessa età. E in
npegnw quell’occasione Ettore Seraficoglic no aveva rievocato la grande
amigli. ospitalità ai partigiani delle
eto
due case della famiglia di Gino, la casa Rostan ai Maurin
e quella di Viola Lageard.
Sempre quest’anno Adolfo
è venuto alla festa del 15 agosto, vicino a Perrero: gli piaceva molto partecipare a queste feste valdesi, come anche
non mancava all’appuntamento del culto di apertura
del Sinodo. Al 15 agosto aveva
portato alcune belle fotografie del 1948 alla Balziglia, per
regalarle. Quando arrivai erano ai piedi del pastore Giorgio Tourn, Adolfo infatti, dopo averle lasciate, si era improvvisamente sentito male,
era tornato all’auto e poi a casa, da solo, come faceva spesso nonostante lo si volesse
accompagnare. Ma, appunto,
era un testone!
Le fotografie: una sua grande passione, come per le macchine fotografiche. Ne aveva
fatte migliaia di foto, aveva girato in lungo e in largo le valli
valdesi fotografando luoghi e
fiori: e di questi fiori me ne
dette una serie quando, nel
1995, organizzai per la Società
di studi valdesi una mostra
per ricordare i cento anni dalla morte di un altro grande
Rostan, il medico e botanico
Pierre Edouard che nel 1881,
a Torre Pellice, aveva fondato
la Société d’histoire vaudoise.
Nel suo studio annesso allo
stabilimento di Cascine Vica,
le fotografie riempivano le
pareti: Adolfo campione in
sci, Adolfo a Sestriere con gli
Agnelli, Adolfo premiato di
qua e di là, poi parenti, amici,
personalità del mondo industriale torinese. E molte di
queste foto erano incorniciate
in cornici fatte da lui.
Perché l’altra grande passione dell’artigiano Adolfo
era l’incisione, il disegno. In
una delle ultime visite che gli
feci con Roberta, ci mostrò
con orgoglio oltre a tutta la
fabbrica, i suoi strumenti giovanili da incisore, e molti suoi
manufatti. Adolfo amava il lavoro ben fatto, preciso, pulito: e quanta strada ha fatto
dalle sue prime prove come
incisore al moderno stabili
la ditta Rostan
Alla ricerca delKinnovazione
La storia della società Rostan ha inizio a Torino nel 1945
sull’onda della rinascita industriale postbellica dell’Italia. Il
giovane Adolfo Rostan ha iniziato la sua carriera tagliando
e incidendo a mano il primo stampo per pneumatici usato
dalla società, appena nata, Ceat Tire, una collaborazione
che durerà per quarant’anni. Nel 1948 la società Rostan
estende la sua produzione di stampi per pneumatici ad altre società e, nel 1952, si introduce con successo in altri
mercati europei e in quello americano. Nel 1962 la società
viene trasferita nello stabilimento di Rivoli, nei dintorni di
Torino. La linea di produzione Rostan e la sua reputazione
continuano a espandersi e, nel 1985, viene aggiunto un
nuovo impianto, «Rostan 2», per fare fronte alla crescente
domanda di prodotti sul mercato internazionale.
Oggi la società Rostan produce stampi per pneumatici di
tutti i tipi realizzati con la massima precisione, dalla misura più piccola per motocicli a quella gigante per trattori.
Adolfo Rostan è sempre stato tra i primi ad apprezzare e
adottare le nuove e migliori tecnologie per realizzare prodotti della miniere qualità. Ad eccezione di alcune procedure che necessitano ancora del giudizio e della precisione
di specialisti altamente qualificati, tutta la produzione di
stampi viene effettuata da strumenti tecnologici automatizzati. La crescita ininterrotta della società e la sua reputazione confermano la linea professionale che Adolfo Rostan
ha adottato senza compromessi in tutta la sua vita: efficienza, affidabilità e alta qualità.
mento per la produzione di
stampi per pneumatici che
aveva creato e diretto per tanti anni, raggiungendo qualità
e professionalità apprezzata
in tutto il mondo, dall’Asia
agli Stati Uniti, perfezionando una tecnologia che ha permesso alla sua ditta di reggere nelle bufere del mercato e
delle crisi, dando lavoro e sicurezza a molti dipendenti
che gli volevano bene! Certo
Adolfo è stato un padre-padrone, nel bene e nel male:
conosceva il lavoro che dovevano fare i suoi dipendenti,
era pronto a riconoscere capacità e meriti, ma non lo si
poteva fregare. Lo sanno anche le delegazioni straniere
che venivano spesso in visita
alla «Rostan s.a.s.» di Rivoli.
Adolfo non era un cristiano
particolarmente osservante,
ma amava molto la sua chiesa. Forse sovrapponeva un
po’ la chiesa con le valli, con
i valdesi e con il forte senso
di appartenenza a questo
mondo e al nome Rostan. E
per questa chiesa ha fatto
molto. Tra i ricordi che amava trasmettermi c’era spesso
il racconto di mio padre Ermanno, giovane pastore a
Torino, squattrinato e affamato, spesso ospite a casa
sua, essenzialmente per mangiare. La chiesa di Torino ha
varie volte chiesto il suo aiuto, che non è mancato e che è
stato generoso,, così come
con generosità ha aiutato altre opere e persone. Si diceva, una volta, che la contribuzione è il termometro della
fede. Oggi si è più soft ed è
vero che la fede si può esprimere in tanti altri modi: resta
comunque il fatto che se i
tanti che hanno forse più fede di Adolfo seguissero il suo
esempio a proposito di contribuzioni alla chiesa, certamente questo non sarebbe
disdicevole per la loro fede!
E infine un ricordo personale: quando, tempo fa, decisi di utilizzare i miei disegni
dei templi delle valli valdesi
per farne delle cartoline, gliene parlai e lui prontamente
me le fece stampare, pubblicaiRJo anche un bel calendario della ditta con quei disegni: così se oggi molti hanno
avuto per mano quelle cartoline, lo si deve anche ad
Adolfo. Perciò anche da queste pagine lo vogliamo salutare. Grazie Adolfo perché ci
sei stato e per come sei stato,
e grazie al Signore per i doni
che ci ha dato facendoti vivere in mezzo a noi.
ii;G?
lOSC^
nzei^
La Chiesa valdese di Aosta
Culti estivi a Courmayeur
LILIA DURAND
A NCHE quest’anno, nei
0- 4 xmesi di luglio e agosto, vi
ìN9^ sT° estivi nella
jjU . , di Courmayeur, curati
®1 pastore Marchetti e da
leni n locali. Vi hanno
neif insieme a diversi
lr®88ianti occasionali, alcuj. *3bituali» fra i quali ricordino il pastore Gino Conte
8 signora Berta Subilia.
U stagione si è chiusa TU
j.dnnibre con il matrimonio
I) innato Malan e Bozenna
dtvlikowska, celebrato dal
Gremivano la sala
e amici degli sposi
0.\ hanno seguito con inte
cofl^ (ti
icors*
sse la predicazione e gli in.Che una Hprina Hi mpmhri
--- una decina di membri
chiesa ha voluto cantare
^the segno di partecipazionella comunità.
Il calendario d’autunno
della nostra chiesa, dopo
l’inizio delle attività dell’anno ecclesiastico (26 setternbre), prevede per la Domenica della Riforma (31 ottobre)
la predicazione del past. Dieter Stoodt, che è stato professore di Teologia a Francoforte, ora in emeritazione, e che
da anni soggiorna con la moglie in Valle d’Aosta.
È nato un nuovo bollettino
«Valdesi a Biella» si presenta
Valdesi a Biella è il titolo del
nuovo notiziario della chiesa
della omonima provincia. Fino a poco tempo fa «Il vincolo», nato nel 1940, riuniva le
corrispondenze e i programmi delle chiese metodiste di
Biella, Ivrea, Aosta, e delle
chiese metodiste di Vercelli e
Vintebbio, ma ultimamente si
è avvertita l’esigenza di dare
corpo a un «foglio» di informazione specifico per ogni
comunità. Il bollettino, dunque, nasce come organo aperto alla collaborazione e alla
voce dei membri di chiesa ma
anche di fratelli e sorelle di altre comunità (evangeliche e
cattoliche), nel segno della
comunicazione che trae ispirazione dalla parabola di Gesù (Marco 4, 21-23) sulla lampada sotto il moggio.
Questa prima uscita (che
porta il numero zero) si apre
con una meditazione del past. Jonathan Torino e con i
programmi delle Giornate
dolciniane (nel frattempo
svoltesi alla Bocchetta (lei
Margosio): nelle pagine interne troviamo un articolo di
Ludovica Pepe Diaz sul
Gruppo donne dell’Arcobaleno, una recensione del libro
di Piera Egidi Voci di donne
(A. Piovesan Zegna), le «impressioni dal Sinodo» di
Massimiliano Zegna, una rievocazione dell’emigrazione
valdese in Germania a trecento anni da quegli avvenimenti e una originale reinterpretazione della Creazione (o meglio delT«Anticreazione» operata dall’uomo ai
danni del mondo e dei rapporti) in lingua piemontese,
a firma di Tavo Burat.
Agenda
V ottobre
TORINO — Alle ore 18, al Centro teologico di corso Stati
Uniti 11/h, il Centro steso, in collaborazione con il Centro
evangelico di cultura «A. Pascal», organizza una conferenza
del teologo valdese Giorgio Tourn sul tema: «Dal totalmente altro all’Umanità di Dio. La fede di Karl Barth».
SIRACUSA — A Largo Aretusa, primo appuntamento del
Festival delle chiese battiste di Calabria e Sicilia (il secondo
a Lentini il 29-31 ottobre). Sono previsti: concerti strumentali e vocali, testimonianze, predicazioni e tavole rotonde
oltre a esposizione di libri e materiale evangelico.
2-3 ottobre
MIGLIONICO — La Chiesa battista festeggia il suo centenario, con la mostra «Cento anni di testimonianza evangelica; storia della Chiesa evangelica battista di Miglionico»
(apertura alle 10 del sabato presso la sala «La taverna»).
Alle ore 18 conferenza del presidente delTUcebi, Renato
Maiocchi, e alle 20 concerto del Coro ecumenico di Bari.
Domenica alle 11 culto di ringraziamento.
3 ottobre
TORINO — Alle ore 16, nel tempio battista di via Passalacqua 12, si tiene un concerto del coro «Goin’ Gospel» diretto
da Alessandro Gora.
4 ottobre
ROMA — Alle ore 17, nell’Aula magna della Facoltà valdese
di teologia, si tiene l’assemblea delD<Associazione per la ricerca sull’efficacia dell’assistenza sanitaria - Centro Cochrane italiano» (presiede il dr. Alessandro Liberati); interviene il decano della Facoltà, prof. Ermanno Genre.
TRIESTE — Alle ore 20,30, nella basilica di San Silvestro (p.
S. Silvestro 1), per la VII edizione dell’ottobre organistico,
si tiene un concerto dell’organista Micbelle Hradecka.
MANTOVA — Alle 20,45, nella sala Isabella d’Este, Francesco Consalvi inaugura la serie di incontri del Sae su «Bibbia
e scienze moderne» parlando sul tema «Bibbia e archeologia: la Bibbia come fonte per la ricerca archeologica».
5 ottobre
MILANO — Alle ore 18, nella sala attigua alla libreria Claudiana (via Sforza 12/a), per il Centro culturale protestante,
il past. Eric Noffke conduce il primo incontro su «I cristiani
e l’impero romano». Tema del giorno: «Gli ebrei e Roma».
7-10 ottobre
SANTA SEVERA — Al Villaggio della gioventù si tiene il
«Forum di cristiani europei» organizzato dal movimento
«Noi siamo chiesa».
8 ottobre
TORINO — Alle ore 20,45, alla Galleria d’arte moderna (via
Magenta 31), la past. Anna Maffei e mons. Luigi Bettazzi
parlano sul tema: «Pace e perdono: i conflitti etnici inter
pellano i cristiani». Modera l’incontro Piera Egidi.
10 ottobre
ROMA — Alle ore 16, nell’Aula magna della Facoltà valde
se di teologia (via P. Cossa 40), il gruppo Sae, per il ciclo su
«Ecumenismo e dialogo: doni di un tempo problematico»,
si tiene un incontro sul tema: «Dall’antigiudaismo al dialogo cristiano-ebraico: una svolta per l’ecumenismo». Intervengono Marco Morselli, Holger Banse, Giuseppe Sorani;
modera il professor Daniele Garrone.
MESTRE — Alle 9,30, nella Casa Cardinal Urbani (via Castellana 16/A) inizia l’incontro organizzato dal Sae Trive
neto. Alla meditazione biblica di Philp Panter seguirà un
dibattito sul tema: «Presentazione della bolla di indizione
del Giubileo e relative considerazioni» a cui partecipano il
past. Renzo Bertalot e don Giuseppe Toffanello. Per informazioni rivolgersi a Paola Bressan, tei. 041-950340.
PISTOIA — A partire dalle ore 11 (culto presieduto dal pa
store Piero Bensi), nei locali della Chiesa battista, si tiene
una giornata di evangelizzazione a cura dell’Associazione
delle chiese battiste della Toscana. Alle 15,45, nella Sala
maggiore del palazzo comunale. Fon. Domenico Maselli
parla sul tema: «Il Giubileo nella Bibbia e nella storia». In
terviene con il canto il coro della Chiesa battista di Firenze.
MILANO — Alle ore 18, in piazza San Fedele 4, il Sae dà il
via al corso «Una Bibbia, molte letture». Il prof. Paolo De
Benedetti parla sul tema: «Letture tradizionali ebraiche».
nttohre
MILANO —Alle ore 18, nella sala attigua alla libreria Clau
diana (via Sforza 12/a), il Centro culturale protestante or
ganizza una conferenza della past. Elizabeth Green sul te
ma: «La teologia femminista: un bilancio».
Radio e Uleolsione
CULTO EVANGELICO: ogni domenica mattina alle 7,27 sul
primo programma radiofonico della Rai, predicazione
notizie dal mondo evangelico italiano ed estero, appunta
menti e commenti di attualità.
PROTESTANTESIMO: rubrica televisiva di Raidue a cura
della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, tra
smessa a domeniche alterne alle 23,40 circa e, in replica, '
lunedì della settimana seguente alle ore 9,45 circa.
AVVERTENZA: i programmi relativi a questa rubrica vanno
inoltrati 15 giorni prima del venerdì di uscita del settimanale.
14
PAG. 10 RIFORMA
Riforma
Andreotti
Giorgio Bouchard
i^idreotti è innocente: lo ha stabilito, senza neanche
un’ombra di dubbio, la Corte di Perugia, che lo ha assolto
insieme a Claudio Vitalone, Gaetano Badalamenti, Pippo
Calò e altri. La cosa non ci stupisce: da troppo tempo conosciamo la millenaria cultura del nostro paese, la difficoltà che vi si incontra a ottenere giustizia, e viceversa la
facilità con cui vengono colpiti degli innocenti: si pensi al
calvario vissuto da Baffi e Sarcinelli dopo che avevano
avuto il coraggio di negare la copertura della Banca d’Italia a una delle più losche operazioni di Michele Sindona.
Quello che invece ci colpisce è il comportamento di numerose e altissime autorità della Chiesa cattolica di fronte
a questa vicenda. Anzitutto, mentre Andreotti si presentava in veste di imputato davanti a due diverse Corti della
Repubblica italiana, c’è stato tutto un susseguirsi di inviti,
manifestazioni, dichiarazioni tutte tese a un unico scopo:
esprimere la più completa solidarietà della Chiesa cattolica a questo imputato. Dov’è finita l’autonomia dello stato,
che ci sembrava fosse stata (quasi) riconosciuta dal Concilio e perfino dal Concordato del 1984? In alcune dichiarazioni si è giunti a dire che Giulio Andreotti è vittima d’una
persecuzione giudiziaria. È mal possibile che Giancarlo
Caselli, un cattolico militante che rischia la pelle contro la
mafia, sia in realtà un persecutore?
La sentenza di Perugia ha poi dato la stura a un attacco
in grande stile contro l’istituto dei «pentiti»: certo, taluni
pentiti non sono credibili, ma come si fa a dimenticare che
le Brigate rosse sono state debellate proprio grazie all’uso
dei «pentiti»? Non ci si rende conto che se rinunciamo
all’uso dei «pentiti» dovremo rinunciare a colpire seriamente la mafia e i suoi complici che sono numerosi e potenti? Ma fin qui siamo ancora nel campo dell’opinabile.
Quel che invece ci ha fatti trasecolare è l’affermazione che
«Repubblica» attribuisce al cardinale Fiorenzo Angelini:
«^dreotti è stato un confessore della fede». Un’affermazione così solenne non è stata pronunciata, a nostra conoscenza, neanche per un uomo come Helder Camara, la cui
morte è stata anzi annunciata con mirabile discrezione.
Andreotti «confessore della fede» come i cristiani che nel
III secolo sfidavano, a rischio della propria vita, l’autorità
dell’imperatore? Questa affermazione non ci trova consenzienti, perché della lunga parabola politica di Giulio Andreotti noi diamo un giudizio completamente diverso. Per
cinquant’anni, a nostro avviso, Andreotti è stato l’uomo più
potente d’Italia: la sua ascesa è cominciata subito dopo la
seconda guerra mondiale, quando il nostro paese era una
trincea avanzata deUa guerra fredda. In questa delicata situazione, Andreotti ha saputo muoversi con mirabile scaltrezza: uomo di fiducia del Vaticano (lo si è visto in questi
giorni), Andreotti ha sputo conquistarsi la fiducia degli
americani per i quali l’alleanza del Vaticano è sempre stata,
da Pacelli a Wojtyla, un pilastro fondamentale nella lotta
senza quartiere contro l’Unione Sovietica; ma, cosa davvero singolare, Andreotti è stato anche uomo di fiducia della
stessa Unione Sovietica: quando anni fa il Partito comunista stava avviando una dura azione parlamentare contro di
lui, l’ambasciata sovietica se ne uscì con una dichiarazione
a suo favore: quasi come fa adesso il card. Angelini.
Nei lunghi decenni del dopoguerra, Andreotti è dunque
stato una figura centrale della politica italiana, a livello nazionale e internazionale: egli è stato il vigile urbano (molto
urbano e poco vigile) di un crocevia della guerra fredda:
mentre Andreotti era ministro, presidente del Consiglio (7
volte), autorevole capo di partito e di commissioni, lo stato
italiano si copriva di debiti, Sindona percorreva la sua triste
parabola, il generale Dalla Chiesa veniva assassinato, le
mafie si impadronivano d’un terzo dell’Italia ma Andreotti,
imperturbabile, badava a una cosa sola: l’equilibrio (del potere). E al centro di questo equilibrio si trovava sempre lui.
Perciò gli italiani, amici e nemici, lo hanno ammirato.
Anzi: si sono riconosciuti in lui. E hanno ragione, perché
Andreotti è l’espressione più compiuta di quella cultura
della Controriforma che pesa come un macigno sulla democrazia italiana. Una cultura che qualcuno vorrebbe
esportare in tutta Europa, per darle, si pensa, un’«anima
cristiana»; ma ormai possiamo dirlo: per aumentare il numero di «confessori della fede». Come Giulio Andreotti.
TORINO: Via S. Pio V, 15 -10125 Torino - tei. 011/655278 - fax 011/657542 e-mail: redaz@riforma.it: NAPOLI: Via Foria, 93 - 80137 Napoli - tei. 081/291185 - fax 081/291175, e-mail riforma.na@mbox.netway.it; PINEROLO; Via dei Mille, 1 -10064 Pinerolo tei, 0121/371238 - fax 0121/323831, e-mail: edipro@tpellice.it;
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Tourn. COLLABORANO: Luca Benecchi, Alberto Bragaglia, Avernino Di Croce,
Paolo Fabbri, Fulvio Ferrano, Giuseppe Ficara, Pawel Gaiewski, Giorgio GardioI,
Maurizio Girolami, Pasquale lacobino, Milena Martinat, Carmelina Maurizio, Luca
Negro, Luisa Nitti, Nicola Pantaleo, Emmanuele Paschetto,Gian Paolo Ricco, Fulvio Rocco, Marco Rostan, Mirella Scorsonelli, Florence Vinti, Raffaele Volpe
DIRETTORA RESPONSABILE Al SENSI DI LEGGE: Piera Egidi
REVISIONE EDITORIALE:Stelio Armand-Hugon; GRAFICA: Pietro Romeo
AMMINISTRAZIONE: Ester Caslangia; ABBONAMENTI: Daniela Actis.
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Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con il n. 176 del 1® gennaio 1951. Le modifiche
sono state registrate il 5 marzo 1993.
Il numero 37 del 24 settembre 1999 è stato spedito dall’Ufficio
CMP Nord di Torino, via Cebrosa 5, mercoledì 22 settembre 1999.
1998
Associato alla
Unione stampa
periodica italiana
VENERDÌ P OTTOBRF
La Chiesa cattolica nega nei fatti la laicità dello stato
La religione imposta
Dalla religione a scuola al Giubileo, il cattolicesimo
continua a proporsi in modo invadente nella società italiana
SALVATORE RAPISARDA
Le questioni legate alla celebrazione cattolica dell’
Anno Santo-Giubileo hanno
trovato ampio spazio sulla
stampa evangelica [Riforma,
agenzia nev e altre pubblicazioni e notiziari). Si è detto e
letto che il giubileo biblico è
altra cosa da quello cattolico
e cbe la questione delle indulgenze ci è del tutto estranea, come lo fu all’inizio della riforma protestante, e che
riproporre le indulgenze è un
duro colpo e una battuta di
arresto per il processo ecumenico. Mi sembra opportuno evidenziare che i colpi da
parte cattolica al processo
ecumenico non si esauriscono nella questione delle indulgenze. All’inizio dell’anno
scolastico, per migliaia di
alunni delle scuole dell’obbligo, si ripropone il problema della presenza massiccia
dell’ora di religione a scuola.
Una presenza che va ben al
di là di quanto, e già era
troppo, stabilito col nuovo
concordato. La scelta se avvalersi o non avvalersi dell’ora di religione è resa sempre più complicata da molte
segreterie scolastiche e da
una cultura non attenta e
non sensibilizzata al pluralismo delle fedi. In questo la
cultura cattolica non può
non ammettere le proprie responsabilità.
Vi è un indubbio interesse
a mantenere l’ora di religione
e a far pagare allo stato una
schiera di insegnanti al servizio, non già della scuola, ma
del vescovo. L’ora di religione, da fatto culturale, diventa
sempre più catechismo, credito scolastico, invasione
massiccia dei collegi dei docenti, delle attività scolastiche, degli spazi. Crocifissi e
statue di madonne invadono
i corridoi delle scuole, festività religiose locali, col pretesto di lavori straordinari o disinfestazioni, vengono consacrati come vacanza scolastica, il precetto pasquale,
quando non si allestiscono
confessionali nei corridoi, diventa attività da svolgere in
orario scolastico. Che dire
poi della continua insistenza
sulla parità scolastica (leggi
richiesta di soldi alle scuole
private e cattoliche), in cui si
distingue il papa, il cardinale
Ruini, presidente della Cei, e
schiere di preti?
Qui stanno i veri attentati al
processo ecumenico, almeno
come lo si percepisce con una
sensibilità protestante. Da
protestanti non immaginiamo
che il compito della chiesa sia
quello di invadere la società e
Giorni fa è stato pr
tato in Vaticano VEnchiridion Indulgentiarum, il manuale dei molteplici modi
in cui i cattolici potranno ottenere le indulgenze durante l’Anno Santo. Secondo la
Chiesa cattolica l’indulgenza
è la remissione, totale o parziale, delle pene dovute per i
peccati già perdonati. Per ottenerla i suggerimenti del
manuale vanno da quelli
strettamente religiosi (pellegrinaggi, partecipazione ai riti) a quelli sociali (atti di solidarietà con chi soffre) a quelli
personali (rinunzia al fumo,
all’alcol e persino osservare il
papa in televisione). Un misto di opere buone e di fantasie medievali che non meritano commento.
Rattrista viceversa questa
continua insistenza sul valore
meritorio delle azioni umane.
Nessuna azione compiuta per
Vendita di indulgenze da parte di papa Leone X; incisione di Cranach
di trarre da essa il massimo di
vantaggio per la propria proposta etica e religiosa; da protestanti non immaginiamo
che il compito del processo
ecumenico sia quello di alzare
la voce per farla sentire più
forte di quella degli altri e di
costringere gli altri al silenzio.
11 messaggio dell’Evangelo ci
porta a soffrire per tutti quei
bambini di famiglia evange-lica, o non cattolici, che a scuola debbono sentirsi discriminati perché la lezione comincia col segno della croce e con
una preghiera, spesso alla
madonna; soffriamo per ia
falsa cultura che scambia la libertà di religione per l’imposizione, con tutti i mezzi,
tranne la costrizione fisica,
della religione di maggioranza; soffriamo perché in questa
falsa cultura, che si autolegittima sui numeri, ogni proposta diversa viene demonizzata
come un attentato alla tradizione, alla nazione, alla verità.
Sono oramai quindici anni
da quando venne concordato, tra la Repubblica italiana e
il Vaticano, che ia reiigione
cattolica cessa di essere religione di stato e che lo stato
italiano è uno stato laico. Tuttavia il senso vero di questo
accordo è disatteso da parte
cattolica. Ciò costituisce violazione dello spirito del nuo
vo concordato e violazione
dei diritti di tutti i cittadini
che si attendevano di vivere
in uno stato laico in cui le diverse opzioni religiose avrebbero avuto tutte diritto di cittadinanza e non avrebbero
costituito motivo di discriminazione 0 di sofferenza.
Tornando alla questione
delle indulgenze si può dire
che, come al tempo di Lutero, esse costituiscono la punta di iceberg di uno stato di
cose insopportabile. Allora
era la corruzione del clero,
l’occupazione che esso faceva dei feudi e della politica, la
pretesa di mediare in tutti i
campi della vita. È probabile
che la sola questione dell’obolo per le anime del purgatorio non sarebbe stata in
grado di smuovere l’intera
Europa. Essa sarebbe rimasta
circoscritta ai teologi e non
avrebbe raggiunto le masse
(le 95 tesi che Lutero affisse
alla porta del castello di Wittenberg erano in latino). Ecco
perché il vero attentato al
processo ecumenico, inteso
come una questione religiosa
che ha conseguenze per la
società, non è l’apertura della
porta santa o VEnchiridion
Indulgentiarum, bensì la cultura cattolica che non vuole
aprirsi a un ruolo sobrio e rispettoso delle altre posizioni.
PIERO bensì
averne ricompensa è un’opera buona: è soltanto un’opera
interessata e non ha valore
morale. Dio non è un mercante con il quale si possa
contrattare il prezzo della
merce: Dio è colui che dona
sempre. In Cristo ci ha donato il perdono della colpa e
della pena: non c’è più nulla
da scontare, non c’è alcuno
spazio per le indulgenze. Afferma l’apostolo Giovanni; «Il
sangue di Gesù ci purifica di
ogni peccato». Che cosa pos
siamo aggiungere noi? Dio in
Cristo ha dato la sua stessa vita per la nostra salvezza: che
cosa può darci di più?
Scrive don Mazzinghi, professore di Bibbia al Seminario
cattolico di Firenze: «Il giubileo è un anno di grazia del Signore, nel corso del quale siamo invitati a riscoprire il primato dell’amore di Dio che
con Gesù è entrato nella storia degli uomini (...) riscoprire
il primato della fede su qualsiasi tipo di opera».. E allora.
Indulgenze -1
Alla doma
jalegitdmo
«Bibbia per
■razioni fu
lo con un c
Tre articoli commentano¡¿pvinto «no’
ne
18 settembre l’«EnchiridiuMpT' . sulle indulgenze. La notizia^ popodicht
dà Orazio Petrosillo, che ad taf®’
cenna anche al dissenso ij* di
valdesi e luterani in materia# spiag^ ®
ecumenismo per il 2000.
lippo Di Giacomo commenta
«Riguadagnare (sul posto 4 feibnento al
lavoro, davanti a un’immag.) bibiir®
ne sacra o una chiesa) la seri
nità con la quale, magari co» dii
me ci hanno insegnato dj ®
bambini, ci facevamo il segm: ^
della croce, riportare il pea,! ^
siero verso le persone che noi
ci sono più, unirsi con If distomltame
mente o attraverso la radioa
la televisione a una comuni! alluri
in preghiera, mettersi alli sa®®®“®
prova rinunciando a un pfe aell’aaempu
colo piacere del tutto lecito..,1 ®
Per essere buoni durante]
l’Anno Santo, basta esseresij ^
stessi: parola del Vaticano«
Poi l’articolo precisa che «ffii “ menta
allrchiese,
perché il Coi
deiUcebi si
to il cattolicesimo, invece, vi.’
ve di una “comunionedel
santi” in cui le storie di luti
diventano significative solof ■
appoggiate Tuna alTaltra,! !’®®.“' .J,!
una concatenazione di gesi' "™#us i i
: vendita con
bens
AAcnire
(...) orientati verso un unicfi’
fine. I teologi chiamano qiie-„ .
sta realtà il “sensus fìdei”,Ì*“ere
significato della fede, percbi“l°"°
rappresenta l’immagine reàl. . ,’ ,
che (...) l’intera comunità cat'““ ..
tolica dà di se stessa». Uni^l
scheda spiega il dissenso dai"“
protestanti: una scheda ™
ga il dissenso dei Protestanti,
jnagaii inopi
contd della i
nello sctivei
Indulgenze - Il divedereil v
, telli e sorelli
Domenico Del Rio reagisctlettura di q
(18 settembre) ai comuientnon ho poti
ritenuti superficiali delli dal rischiare
stampa italiana in merittcora^amen
alT«Enchiridion»: già il Con jijgg
cilio di Trento, scrive, misevobj.
forti restrizioni alla pratici nel nostro ^
delle indulgenze, e poi nolstratori di qi
bisogna «confondere l’indul‘:Chiesastori(
genza con il perdono dell|honifinanzi
colpe». Per quest’ultimoìlequali i no:
necessario «passare attraveUédgjjQjj
so la Confessione, cioè attrai
verso il sacramento della Pn
nitenza», in vita o in Purgatorio. Il peccatore può ridurn».
l’Iter «facendo salire a Diolt||.
sue suppliche affinché a“ INUOV
peccatori siano applicati!
meriti del Salvatore, dell* Pastori D
Vergine e dei santi (...). Q®® md
sto avviene per mezzo di d® pastora
che viene chiamato “la co-r‘9-221381
muntone dei santi”, percuib
santità di alcuni porta benel
ciò agli altri». Si tratta efr
munque di remissione dei
pena; la remissione dei p®®
cati «deve avvenire prima».
OPEF
Aula magi
Wenica 3
fratelli e amici cattolici chei#
ascoltate, permettetemi®
dirvi: non vi lasciate rorbat®^
L’amore di Dio è totale, rad® 0-1)
cale, incondizionato. Q®’’'
crocifisso che osservate nei
vostre chiese non vi ricordi ^
forse il prezzo che Dio ha p®
gato per la nostra redenzlm®' ™«S,30-if
«Colui che non ha risparmia®
il suo proprio figliuolo - esc®'
ma l’apostolo Paolo - ma '
dato per tutti noi, come n®
ci donerà tutte le cose ins®
me con lui? (...) Non c’è du®
que alcuna condanna per ®®
loro che sono in Cristo
Ogni nostro servizio non P® I
essere che un atto di gram I
dine verso colui che ci ha c® i
mati della sua grazia. Q®*®*
è il nostro giubileo.
(Rubrica «Un fatto, un ce'J.
mento» della trasmission^
Radiouno «Culto ^uang^u
andata in onda il 26 setternW
15
OTTOBRE 1999
1 richiamo
alla Bibbia
AÌia domanda del fratello
ivergaridiRoma(flt/or
^Vl 24 settembre 99 ) se
lerittimo strumentalizzare
Bibbia per giustificare mere
Vioni finanziarie risponTncon un ovvio, sereno e
“ ■ - «no». E aggiungo: né
lirid'Srquesto né per altri motivi
oS n^Ìopodichè bisognerà evi
iensn 'rstrumentalizzazioni ci
i2ì ! £a all’estremo opposto,
-OOO Fi ¿a escludere dal nostro
mnenÌ temporale ogni ri
posto^ ferimento all insegnamento
immai biblico e all ispirazione che
)lasr%ae«socipuoven.redifron
igari c ° dolorose.
natoVcerto una strada stretta ma
ài sega »el caso sollevato dal fratei 0
“ il DM Vergati a me sembra che la
“chenl l’appiccicare
i con disinvoltamente un versetto
1 radio a®a situazione (per di più
oraurd^enza alcun riferimento al
-rsi aZ suo reale significato), come
'unT nell'esempio citato dell’on.
) lecita Buttiglione, e il richiamo, apio rami pena accennato, a un motivo
^ssern ricorrente nella Bibbia, sia
ticS abbastanza netta.
' inerito, poi, la lettera
allechiese, nello spiegare
perché il Comitato esecutivo
del'Ucebi si è risolto a vendereon pezzetto della pro
che «tuf.
vece, #
0 ne dei
e di tutti:
prietà di Piazza in Lucina,
di nésb Wgiustifica affatto tale
2 vendita con il richiamo alla
ino Qufr' in riferimento
fidep’i ale delibere assemblear!, che
¿vengono espressamente citai’np rpTl®dl resto, cioè il richiamo al
„7, irto che la Bibbia, a mio paa» Una®®' ‘ricoraggia a non le' j)gard più di tanto alle pietre
¿diqueste mondo, è stato sol^ tanto un moto del cuore, un
® "“' tentativo, magari maldestro,
^ magali inopportuno, di tener
;; conto della nostra umanità:
nello scrivere, mi sembrava
11 di vedere il volto di molti fra. teli! e sorelle rattristarsi alla
reagistJiettura di questa notizia e
mmentnon ho potuto trattenermi
li delli dal rischiare una parola di inrneritOcoraggiajnento.
1 il Con Jngjjg^ domando a mia
/e, nns*volta: ma davvero esistono,
pratici nel nostro ammini
P°' 'Stratori di questo pezzetto di
* j storica, «mere operafinanziarie», rispetto alItimothquaij j nostri riferimenti di
rttrav®'fede non hanno alcun rilievo?
Dè altra
iella Pe- Renato Malocchi
Purgato- presidente Ucebi
ridurtts
W Per uscire
dalla povertà
Caro direttore,
sono un suo lettore, sebbene non costante, ma vivamente interessato per l’abituale serietà e competenza
dei suoi collaboratori e la vivace varietà degli argomenti
trattati. Il numero 30 del suo
giornale mi ha particolarmente e favorevolmente colpito per l’articolo di Doriana
Giudici, ben evidenziato in
prima pagina. Presenta un’
esauriente e fondata analisi
su indiscutibili dati obiettivi
dell’attuale realtà sociale nel
mondo e nel nostro paese,
senza alcuna concessione alla retorica o peggio alle preferenze, seppur legittime, di
parte. Sarebbe superfluo
riassumere le argomentazione esposte, ma mi sia concesso di sottolineare il suo
appello a realizzare un’auspicata, ma ancor lontana,
crescita culturale e professionale del nostro popolo
come «primo passo per uscire dalla povertà». Soprattutto non possiamo lasciar cadere in un facile e pigro
oblio la fondamentale constatazione che esiste ovunque nel mondo «uno stretto
rapporto fra sviluppo socioeconomico e crescita democratica», con il rispetto delrindividuo e dei suoi diritti,
maturati con l’adempimento
dei suoi doveri.
Queste considerazioni ci
stimolano a riflettere seriamente come cristiani e soprattutto come protestanti.
Mi pongo quindi il quesito
se la causa del degrado economico e sociale di alcune
regioni italiane, definite
dall’autrice «fanalino di coda
dell’Europa», sia da ricercarsi nel progressivo degrado
delle condizioni sempre meno democratiche del nostro
paese. Se così fosse, come ritengo molto probabile, occorrerebbe con urgenza rivedere certi schemi, divenuti
ormai obsoleti, sui quali da
troppo tempo (150 anni!) si
ricerca da più parti la soluzione dei nostri problemi.
Penso che l’articolo di Doriana Giudici possa essere
interpretato come sollecitazione a una critica sociale
nuova, dialettica, ma soprattutto scevra da dogmi, specie se ormai non più adattabili e compatibili con l’attuale realtà.
Alberto Bracco - Torino
9iole,
Ä Nuovi indirizzi
calli
dell* 'pastori Daniela Santoro e Davide Olléaro comunicano il loQye.ronuovo indirizzo: via Libertà 7,96018 Pachino,
di ciò La pastora Francesca Cozzi comunica il suo nuovo telefono:
a C0-Ì329-2213817.
cuih|i
rn I^5 COLLEGAMENTO ORGANICO FRA INSEGNANTI
delli| |?^*^ERAT0RI scolastici EVANGELICI IN ITALIA
peci ' j Roma, 31 ottobre-1“ novembre 1999
jl’Aalaniagna-Facoltà valdese di teologia * via Pietro Cossa, 40
, mii' 31 ottobre:
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Programma
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Arrivi ed accoglienza
Meditazione biblica a cura di Giorgio Girardet
Pausa caffè
Excursus introduttivo a cura di F. Calvetti
Interventi dei delegati regionali (verifica situazioni locali, identità e ruolo dell’Associazione, ecc.)
Pranzo (presso la Casa valdese)
Tavola rotonda: presiede R. Ciappa; interventi di:
L. La Malfa: Le sfide della cultura e della scuola
in Italia
R. Eynard: Formazione e aggiornamento degli
insegnanti in Italia e in Europa
E. Bein: Laicità e interculturalità nella scuola
del2000
N. Pantaleo: Esperienze di forpiazione degli In
. segnanti sulla questione religiosa in una realtà
multietnica *
/ Dibattito e repliche
Cena (presso la Casa valdese)
1® novembre:
‘Lo Presentazione dello Statuto a cura di P. Trotta
*“‘L2 ApprovaMone dello Statuto, ratifica notarile,
nomina organismi dirigenti, ecc.
Pranzo (Casa valdese) e partenze
2,30
Dei
PAG. 1 1 RIFORMA
Va accolta la proposta del Cec di un decennio per «Vincere la violenza»
Le chiese devono lavorare più efficacemente per la pace
MABIE-FRANCE MAUBIH
SU due numeri successivi recenti di
Riforma siamo stati stimolati da voci autorevoli e contrarie ad approfondire in futuro una riflessione sui temi
contrapposti: cultura militare, guena e
cultura della pace, e «vincere la violenza». Da una parte (n. 34) l’on. Valdo
Spini, presidente della Commissione
difesa della Camera, propone l’attuale
riforma, a livello europeo, delle Forze
armate (ridotte, professionali, ingentilite con l’ingresso volontario delle donne); dall’altra (n. 35) il segretario generale del Consiglio ecumenico delle
chiese (Cec) Konrad Kaiser propone il
decennio ecumenico 2001-2010 «Vincere la violenza», proclamato dall'Assemblea a Harare dall’Vili del Cec.
La tentazione è grande di dire semplificando che da un lato è la riproposizione del passato con la cultura patriarcale fondata sulla forza fisica e il suo
prolungamento con la violenza delle
armi, anche se modernizzata; daU’altro
la ricerca (ancora nella sua «infanzia»,
come ha detto altrove Raiser) di una
cultura della nonviolenza. Ma tutto è
più complesso: per ora il nostro «sì» va
a un servizio civile, per tutti e tutte, da
riaggiornare continuamente includendo training di difesa civile non armata.
È perché siamo tutti violenti che abbia*
mo bisogno di imparare a utilizzare in
positivo queste energie.
La nostra speranza è che il nuovo de
cennio abbia più successo di quello
della «solidarietà delle chiese con le
donne» appena terminato, ma di cui il
nuovo decennio può essere visto come
la continuazione diretta. In Italia speriamo che l’anno prossimo le nostre
chiese sappiano inaugurare il 2000 con
l’adesione chiara dell’Assemblea-Sinodo al decennio ecumenico, con un
gruppo di lavoro o una rete di collaborazione tra vari nostri organismi o
gruppi locali collegati con altri paesi,
che possano entrare con entusiasmo in
questa ricerca con impegni concreti là
dove ci sarà più pericolo di conflitti. La
Chiesa valdese, con la sua storia nonviolenta delle origini, potrebbe essere
di stimolo in questo senso.
Vale la pena di ricordare che l’impegno per la pace è citato per noi come
status confessionis, e il recente ordine
del giorno sinodale sui Balcani incoraggia le nostre chiese a diventare sempre
più e sempre meglio «scuole di pace», e
invia come primissime piste di riflessione parte del preambolo della Relazione della Tavola valdese, dove si legge «Condividiamo la responsabilità dei
governi e dei popoli europèi di non
aver lavorato con efficacia per prevenire le diverse forme di violenza, di aver
tollerato un iniquo traffico di armi, di
non aver saputo sostenere e valorizzare
associazioni non governative e chiese
impegnate da anni nei Balcani in iniziative di educazione alla pace e alla
democrazia». Difatti non è perfezio
nando il sistema militare che si educa a
«vincere la violenza», ma lavorando a
disarmare sempre di più e a elaborare
parallelamente in alternativa una preparazione scientifica e pratica (una
specie di ministero della Pace, come lo
sognava Tullio Vinay) ad esempio per
arginare il terrorismo, guerra moderna,
per inventare come risolvere i conflitti
senza morti, perché la morte produce
solo odio e chiusure per diverse generazioni, e imparare a intervenire nelle
catastrofi naturali diversamente che in
modo spontaneo.
Recenti statistiche dicono che al terzo millennio si affacciano più di un miliardo di giovani: mai il mondo è stato
così giovane, ma troppi hanno ancora
negli occhi gli orrori della guerra, eppure i loro paesi sono pieni di armi, sia
«leggere» che «pesanti», e si sa che la
violenza giovanile quotidiana dilaga in
tanti paesi e città del mondo. Quale
educazione diamo loro per prepararli a
governare il loro mondo, se continueremo ad accettare che le spese militari
nel mondo sianoTe più alte? Una «minirete» di donne proponeva l’anno
scorso su queste pagine un embrione
di piste di riflessione, in parte riprese
quest’anno in alcuni campi estivi «donne senza frontiere», tra cui il diritto a
essere informati dettagliatamente sulle
spese militari, a poter prendere decisioni sulle scelte da fare in materia di
sicurezza, e poter scegliere di finanziare un altro tipo di difesa non armata.
Memoria
e amicizia
Il 23 luglio si è concluso il
primo campo giovani di Adelfia sul tema della memoria.
Dopo l’inaugurazione del
campo ragazzi e ragazze di
due culture e due poli opposti
(valli valdesi e Sicilia), sono
cresciuti insieme per undici
giorni maturando e confrontando a vicenda le loro vite.
Ognuno aveva una storia
diversa da raccontare, una vita diversa da vivere e per tutta la durata del campo ha
cambiato pelle e, proprio come fanno i serpenti crogiolandosi al sole, ognuno di noi
per undici giorni ha cambiato strada e ha condiviso con
tutti gioie e dolori scambiando pensieri ed emozioni con
gli altri. Se questo campo ha
fatto aprire i piemontesi, famosi per la loro freddezza, allora deve essere stato davvero speciale! Ogni giorno eravamo costretti a sforzare la
nostra mente e a fare uscire
quello che c’era dentro. I
giorni passavano così velocemente che sembrava non si
fosse fatto nulla, tanto era veloce il passare del tempo.
Purtroppo tutto è destinato
a finire e il campo di Adelfia,
come tutte le cose, belle o
brutte che siano, è finito. Ora
i piemontesi sono ritornati
alle proprie case ma nessuno
di loro, come del resto i siciliani, potrà mai dimenticarsi
del campo di Adelfia e dei
suoi componenti perché tutto finisce tranne che le vere
amicizie.
Rachele Fiorelli - Palermo
I costi del
nuovo esercito
Nel dibattito suscitato dalla
tragica fine di un giovane paracadutista, vittima con ogni
probabilità di un episodio di
«nonnismo» degenerato in
tragedia, mi pare importante
ricordare che il reparto al cui
interno è avvenuta la disgrazia, cioè la brigata Folgore,
già nota alle cronache per
episodi simili o anche peggiori (basti ricordare la Somalia), è uno dei reparti di
punta delle Forze Armate italiane, composto in larga parte da professionisti, armati e
addestrati in funzione di interventi all’estero, anche a
grande distanza dal territorio
nazionale.
Visto che di tanto in tanto
ritorna alla ribalta la proposta di un esercito professionale, episodi come questo
dovrebbero almeno ricordare
a tutti quale subcultura violenta e antidemocratica si
annida nelle Forze Armate in
generale e nei reparti come la
Folgore in particolare. Forse
sarebbe il caso che, invece di
discutere di esercito professionale tenendo conto dei
costi enormi che esso comporta, si riducessero le forze
armate al solo livello necessario per la difesa del paese
(come peraltro richiede la
Costituzione tuttora in vigore) e si ponesse maggiore attenzione alla crescita di una
cultura democratica nella
struttura militare che rischia
di diventare sempre più separata dalla società civile.
Fausto Angelini - Torino
Le chiese
evangeliche
in Eritrea
e in Etiopia
È con sorpresa che nel n.
33 di Riforma, del 27 agosto
scorso, ho trovato l’articolo a
firma Gianluca Polverari sulla guerra fra Eritrea e Etiopia.
Dico sorpresa, perché questa, come altre guerre «lontane» ha ricevuto attenzione
scarsa e sporadica da parte
dei mezzi di comunicazione
di massa in Italia, per non
parlare dell’attenzione da
parte dell’opinione pubblica.
Eppure questa guerra ha fatto già qualche migliaio di
morti e ha sradicato, come ci
ricorda Polverari, decine di
migliaia di persone.
Si dà il caso che nei due
paesi ci siano due chiese
evangeliche, ambedue luterane: in Etiopia la Chiesa
evangelica Mekane Yesus
(più di un milione di membri) e in Eritrea la Chiesa
evangelica (un po’ più di diecimila membri). Con la prima, storicamente figlia (in
parte) della seconda, le chiese valdesi e metodiste hanno
stabilito di recente dei contatti, finanziando dall’B per
mille alcuni progetti di sviluppo. Con la seconda la
Chiesa valdese ha avuto in
passato un intenso rapporto
di collaborazione, con la
presenza di tredici fra insegnanti e pastori italiani dal
1889 al 1954.
Non dovrebbe questo significare qualcosa per le nostre chiese in un momento
difficile per due chiese sorelle
e per i loro popoli?
Bruno Tron
Luserna San Giovanni
RTECIPAZIONI
Ricordo di Domenico Abate
Scherzavo con lui sulla sua
longevità, sullo spirito e la
complessione giovanili che ha
conservato fino all’ultimo.
Non è possibile che tu te ne
vada, gli dicevo, forse te ne
andrai dopo di me. E se mai
deciderai di andartene, lo farai come fai tu, quando da
un’ora all’altra decidi di partire, salti in macchina e vai verso una delle mete che hai frequentato in Europa dove ami
tornare. Se mai deciderai di
andartene e io ci sarò, mi prenoto ora per il tuo necrologio.
Domenico Abate ora è partito per andare nella pace
nella gloria e nella resurrezione del Signore. Non è più
con noi ma per le tante cose
che ha fatto nell’agape, nel
servizio anche in qualche impennata del suo carattere di
siciliano diverso, non farò io
il suo necrologio, lascerò che
dicano altri. Io ringrazio il Signore perché per qualche anno della sua vita mi ha donato e gli ho donato amicizia.
Dirò solo qui perché gli ho
voluto bene e perché lui ne
ha voluto a me e poiché le
parole giuste sono difficili da
trovare le prenderò in prestito dall’OteZto di Shakespeare,
parafrasandole un po’: «Io
l’amai per le favolose avventure e le esperienze della sua
vita che egli mi raccontava ed
egli mi amava perché restavo
affascinato ad ascoltarlo».
Sergio Turtulici-Finemìo
«Perché so
in chi ho creduto»
Il Timoteo 1,12
Il Signore ha chiamato a sé
Domenico Abate
29-1-1906 — 20-9-1999
Confidando nelle promesse del
Signore, lo annunciano: i figli Valdo con la moglie Elfriede Abate;
Sergio con la moglie Renata Bertolé; Mirella con II marito Günther
Leibbrand; i nipoti Giacomo, Miriam, Laura, Nathalie; Erica Avondetto, e i parenti tutti.
Si possono devolvere offerte
alla Società di studi valdesi (ccp
14389100, 10066 Torre Pollice) e
a Radio Beckwith (ccp 25246109,
10066 Torre Pellice).
Torre Pellice, 1® ottobre 1999
RINGRAZIAMENTO
La moglie Vera Peyrot, i genitori e i suoceri del caro
Valter Michelin Salomon
ricordandolo con infinito affetto,
ringraziano dal profondo del cuore tutti coloro che con la presenza, scritti e parole di conforto hanno preso parte al loro immenso
dolore.
«Se le persone che amiamo ci
vengono portate via, perché continuino a vivere non dobbiamo
mai smettere di amarle».
Torre Pellice, 19 settembre 1999
RINGRAZIAMENTO
«lo ho combattuto il buon
combattimento, ho finito
la corsa, ho serbato la fede»
Il Tim. 4, 7
I figli, i fratelli, le sorelle, la cognata e i familiari tutti della cara
Emilia Malan ved. Gamba
commossi e riconoscenti per la
grande dimostrazione di stima e
di affetto tributata alla loro cara,
nell’impossibilità di farlo singolarmente, ringraziano tutti coloro che
con presenza, scritti, parole di
contorto, fiori e offerte hanno preso parte al loro grande dolore.
Un ringraziamento particolare
alla direzione e al personale tutto
dell’Asilo valdese di Luserna San
Giovanni e al pastore Claudio
Pasquet.
Luserna San Giovanni
U ottobre 1999
I necrologi si accettano
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16
PAG. 12 RIFORMA
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VENERDÌ 1°- OTTOBREiqq^
Il successore di Desmond Tutu si è fatto difensore di milioni di poveri
L'arcivescovo anglicano di Città del Capo chiede al governo
sudafricano di rinunciare a nuove spese militari
L’arcivescovo anglicano di
Città del Capo, Njongonkulu
Ndungane, ha chiesto al governo sudafricano di rinunciare all’acquisto di nuovo
materiale militare che, si dice,
dovrebbe costare 29 miliardi
di rand {5 miliardi di dollari).
Non è la prima volta che il
budget militare è causa di dissidio tra le autorità e l’arcivescovo che si è fatto il difensore dei poveri. Dato che non ci
sono nemici all’orizzonte,
aveva spiegato lo scorso anno
l’arcivescovo alla Deutsche
Presse Agentur, ma che ci sono milioni di sudafricani che
continuano a vivere nella miseria, il denaro dedicato al
materiale bellico dovrebbe
piuttosto servire alla costruzione di alloggi, all’insegnamento e alla creazione di posti di lavoro, visto che tutti
questi settori di spesa pubblica sono sottofinanziati.
È stato il Sunday Times del
Sud Africa a rivelare, alla fine
dello scorso agosto, i dettagli
delle ultime spese militari,
citando un rapporto anonimo trasmesso al Parlamento,
in cui veniva annotato che la
Marina avrebbe sprecato 6
miliardi di rand (un miliardo
di dollari) qualora non avesse rinunciato ad acquistare
nuove navi e sottomarini. Il
documento (probabilmente
uno studio preparato per un
comitato parlamentare della
Difesa) lanciava l’allarme
per il fatto che i sistemi di armamento andavano contro
«l’orientamento e la posizione delle forze armate del Sud
Africa, che sono essenzialmente difensive». Secondo il
Sunday Times, il rapporto ritiene difficile giustificare
l’acquisto di armi quando ci
sono «bisogni più urgenti sul
piano dei programmi sociali,
della lotta contro la povertà
Uno dei tanti «homeiand» del Sud Africa in cui sono costretti a vivere i poveri, cioè 19 milioni di persone
e della creazione di posti di
lavoro».
In una dichiarazione rilasciata il 23 agosto scorso, l’arcivescovo Ndungane chiede
al governo di sospendere il
programma di acquisto di
materiale fino a che ci sia «un
consenso nazionale al riguardo». Egli si dichiara a favore
di una «inchiesta giudiziaria
completa e pubblica sull’acquisto di armi», come proposto dal rapporto. Secondo
l’arcivescovo la società civile
deve essere grata al Sunday
Times di avere attirato l’attenzione su un documento
che parla di «grande incompetenza» nel programma di
acquisti. La rivelazione di
queste spese militari considerevoli è tanto più imbarazzante per il governo che essa
fa seguito a rapporti di povertà endemica in Sud Africa.
Si ritiene che il 25% della po
polazione possiede meno di
un dollaro al giorno per vivere. Un rapporto sull’indice di
povertà preparato per il presidente Thabo Mbeki mostra
che, su una popolazione totale di 43 milioni, 19 milioni
di persone sono gravemente
colpite dalla povertà e devono sopravvivere con un budget di spese casalinghe di 353
rand (58 dollari) al mese per
adulto. Secondo un reportage del giornale, il Brasile è
l’unico paese al mondo, rispetto al Sud Africa, ad avere
un maggiore scarto tra ricchi
e poveri. Nonostante le trasformazioni politiche avvenute dopo il crollo dell’apartheid nel 1994, si ritiene
che il 61% dei neri siano poveri. Secondo stime più caute, il 30% della popolazione
attiva è disoccupata. A Grahamstown, città del Capo Orientale, che risulta al secon
do posto fra le province più
deboli economicamente, si
ritiene che questa proporzione raggiunga il 50%.
Coloro che appoggiano T
ultima ondata di spese militari sostengono che le forze armate hanno bisogno di sostituire un materiale obsoleto e
in cattive condizioni. Il Sud
Africa, dicono, deve avere forze armate ben equipaggiate,
data l’instabilità che vi è nella
regione, e citano l’esempio
della perdurante guerra civile
in Angola, l’insurrezione militare dello scorso anno nel
Lesotho, dove è stato chiesto
al Sud Africa di intervenire militarmente in quanto
membro della Comunità di
sviluppo dell’Africa australe,
nonché il conflitto nella Repubblica democratica del
Congo, dove il Sud Africa potrebbe inviare forze di mantenimento della pace, (eni)
Chiedono lo stesso status giuridico per tutte le confessioni religiose
200.000 protestanti manifestano nelle strade di Buenos Aires
Sabato 11 settembre oltre
200.000 protestanti hanno
partecipato a una manifestazione nel centro della capitale argentina per esortare il
governo nazionale ad adottare una nuova legge che dia lo
stesso status giuridico a tutte
le confessioni esistenti nel
paese. Attualmente lo stato
non riconosce né le chiese
protestanti né le religioni
non cristiane. L’unico organismo religioso ad avere uno
statuto ufficiale è la Chiesa
cattolica romana che è di
gran lunga la più grande
chiesa del paese e che riceve
l’appoggio finanziario del governo. Su una popolazione di
35 milioni di abitanti, i protestanti argentini rappresentano circa il 10%.
La manifestazione, che ha
radunato tutti i gruppi protestanti dell’Argentina, è stata
organizzata dal nuovo Consiglio nazionale delle chiese
evangeliche. Costituito nel
1996, questo Consiglio comprende tre grandi organizzazioni; la Federazione argentina delle chiese evangeliche
(Faie), che rappresenta le
chiese protestanti tradizionali, l’Associazione delle chiese
evangeliche in Argentina
(Aciera), che rappresenta soprattutto chiese battiste e libere, e la Confederazione
delle chiese pentecostali. Il
nuovo Consiglio è collegato a
una rete di 8.000 congregazioni nell’insieme del paese.
Uno degli organizzatori
della manifestazione, Emilio
Monti, della Chiesa metodista in Argentina, ha dichiarato: «Secondo noi questa ma
nifestazione è stata un avvenimento importante per le
nostre chiese, ma anche per
la società argentina. Ha mostrato che le chiese protestanti possono raggrupparsi e
parlare con una sola voce per
esigere i propri diritti. Ha
inoltre mostrato che il vento
di rinnovamento che soffia
nelle nostre chiese, ai quattro
angoli del paese, ci aiuta a
spazzare via le barriere e i
pregiudizi che una volta dividevano le diverse confessioni. Cinque anni fa questo tipo
di raduno sarebbe stato inimmaginabile, ma oggi siamo
pronti a proseguire il dialogo
interconfessionale e a ricercare insieme una stessa testimonianza».
La manifestazione comprendeva letture della Scrittura. inni e preghiere, nonché la lettura pubblica di un
documento che chiede l’adozione di una nuova legge sulle entità religiose. Questo documento affronta anche un
certo numero di questioni
che preoccupano fortemente
le chiese protestanti, dalla
corruzione nell’amministrazione pubblica fino alla violenza nelle strade. Protestanti
sono giunti da tutte le regioni
del paese per partecipare alla
manifestazione. La grande
varietà delle danze e degli inni che l’hanno accompagnata
ha posto in evidenza la ricca
diversità della vita protestante in Argentina.
Secondo Emilio Monti questa manifestazione segna l’inizio di un nuovo dialogo con
le autorità, i politici e la stampa. «Ora che si sono espresse
in questo modo, le chiese protestanti sanno che nessuno
potrà più considerarle come
insignificanti - afferma Monti
-. Grandi prospettive si aprono davanti a noi, ma nello
stesso tempo questa è una
grande sfida». (eni)
Nove europei su dieci auspicano un intervento della Ue
La violenza contro donne e bambini in Europa
La violenza contro i bambini e quella, tra le pareti domestiche, contro le donne,
non si limita a paesi lontani
o, da noi, a pochi criminali o
squilibrati, come alcuni avvenimenti degli ultimi anni potrebbero far credere. I cittadini dell’Unione europea (Ue)
sanno bene che questi tristi
fenomeni non sono rari nel
loro paese: è quanto rileva il
sondaggio Eurobarometro n.
51, realizzato in primavera e i
cui risultati sono stati pubblicati all’inizio di luglio; gli interrogati ritengono altresì
che sia un obbligo per la Ue
lottare contro queste piaghe.
Circa 8 europei su 10 credono che la violenza contro i
bambini nel loro paese sia
molto o abbastanza diffusa.
Le proporzioni più alte di coloro che hanno tale convinzione sono raggiunte in Italia,
Francia e Olanda (85% e più).
Seguono Belgio, Regno Unito
e Portogallo, tutti al di sopra
della media Ue; le percentuali
più basse sono in Danimarca
e Finlandia, ma riguardano
comunque 6 persone su 10.
Quanto alla violenza in casa contro le donne, quasi tre
europei su quattro ritengono
che essa sia piuttosto diffusa
nel loro paese; le percentuali
più elevate (80% e più) si riscontrano in Spagna, Italia e
Portogallo e nelle isole britanniche, Regno Unito e Ir
landa. Anche la Grecia si situa al di sopra della media
Ue; al di sotto troviamo la
Francia e la Svezia, poi il Belgio, l’Olanda, l’Austria, la
Germania, la Finlandia e il
Lussemburgo. La Danimarca
è l’unico paese Ue in cui solamente una minoranza di
intervistati (48%) considera
diffusa la violenza domestica
contro le donne.
Più di 9 europei su 10 ritengono che la Ue debba partecipare alla lotta contro la violenza nei confronti dei bambini e quasi 9 interrogati su
10 esprimono la stessa opinione per quanto riguarda la
violenza contro le donne.
(Eurofocus 26/99)
Il paese è in guerra fin dal 1990
I cristiani della Sierra Leone
insieme per ridare fiducia
Responsabili religiosi della
Sierra Leone si sono associati
per tentare di ristabilire la fiducia in questo piccolo paese
dell’Africa occidentale dilaniato, da nove anni a questa
parte, da combattimenti che
hanno fatto migliaia di morti,
feriti e mutilati, e che hanno
ridotto alla fame la popolazione. In questa ex colonia britannica dove la principale tattica delle parti in conflitto è
stata di terrorizzare la popolazione, la rete interreligiosa,
formata di recente sotto l’egida del Consiglio delle chiese
della Sierra Leone, è uno dei
rari organismi a essere rispettato dalla popolazione.
Il 4 agosto scorso, mentre
stava compiendo una missione di pace, il vescovo cattolico romano italiano Giorgio
Biguzzi è stato testimone del
sequestro di 50 persone, tra
cui soldati nigeriani della forza di mantenimento della pace, rappresentanti dell’Onu,
giornalisti e osservatori militari internazionali. Il vescovo
ha dichiarato che il sequestro
è stato compiuto mentre egli
stava'per negoziare la liberazione di 400 bambini prigionieri, sequestrati dai ribelli. Il
paese è in guerra dal 1990
quando, indebolito economicamente da una cattiva gestione, è diventato anche teatro dei conflitti che hanno dilaniato la Liberia e che hanno
varcato i confini.
Nel gennaio scorso, il Fronte rivoluzionario unificato
(Ruf) di Foday Sankoh, che
controlla praticamente l’intero paese, ha lanciato un’offensiva contro Freetown, in
cooperazione con soldati dell’ex giunta militare del 199596. L’offensiva è stata respinta da 15.000 soldati della forza ovest-africana di interposizione (Ecomog), sotto comando nigeriano, di stanza in
Sierra Leone e sostenuta finanziariamente dal Regno
Unito e dagli Usa, con il compito di difendere il presidente
Ahmad Tejan Kabah, ex funzionario dell’Onu, eletto democraticamente nel 1996.
Secondo Human .Right
Watch, organizzazione con
sede negli SUsa che ha raccolto centinaia di testimonianze, i bambini prigionieri
sono stati spesso costretti a
uccidere i propri genitori o a
appiccare il fuoco a capanne
nelle quali erano stati portati
abitanti dei loro villaggi, sotto la minaccia della rivoltella.
Ragazzine di 8 anni sono state prese a volte come «spose»
dai ribelli, mentre persone di
ogni età hanno subito mutilazioni brutali, col machete.
e hanno perso mani, labbia
oppure orecchie.
Nel marzo scorso, la Gran
Bretagna e la Nigeria hanno
dichiarato al presidente Kabbah che non avrebbero pii,
potuto finanziare i vani tentativi miranti a respingere l’at.
tacco dei ribelli del Rufg
dell’ex Consiglio rivoluzionario delle forze armate (Afro)
rimasto leale a Johnny Pani
Koroma, capo dell’ex giunta.I
due paesi hanno chiesto al
presidente Kabbah di negoziare un arrangiamento ri.
guardante una divisione del
potere con il caporale Sankoh
e i suoi uomini. Questo badato luogo all’accordo di Lomé
del 7 luglio scorso secondo il
quale i ribelli hanno ottenuto
quattro posti di ministrie
quattro posti di viceministri,
nonché il controllo di una
commissione di vigilanza sulle esportazioni di diamanti.
Secondo l’accordo di Lomé,
il governo ha liberato diverse
centinaia di prigionieria
Freetown, soprattutto bambini e giovani donne. «C’è un
tale clima di diffidenza che il
ruolo della rete interreligiosa
è tremendamente importante», ha fatto notare il vescovo
Biguzzi. La Sierra Leone conta il 50% di musulmani e il
50% di cristiani e i responsabili religiosi vengono rispettati per la loro imparzialità,
«Non avevamo messo in conto che noi stessi e i bambini,
prigionieri dell’Afrc, stavamo
per essere vittime delle tensioni politiche esistenti tra
l’Afrc e il Ruf», ha dichiaratoli
vescovo che, a differenza degli osservatori militari, trattenuti prigionieri per cinque
giorni, è stato immediatamente liberato dai ribelli.
Foday Sankoh, che si trova
fuori del paese, ha annunciato che sarebbe tornato a
Freetown per prendere il suo
posto di vicepresidente, come previsto dall’accordo. Attualmente in Costa d’Avorio,
dove spera di incontrare politici influenti, il 6 settembre
scorso ha dichiarato di volere
tornare nel territorio controllato dai ribelli per attutire le
tensioni tra il Ruf e l’Afrc.
Per il vescovo Biguzzi «è
urgente e importante che
responsabili religiosi ristabi
liscano la fiducia nel paese
La carestia sta imperversando nel nord e sembra che
possiamo aiutare le organizzazioni umanitarie ad acce
dere presso coloro che si tre
vano in una situazione dispe
rata. Possiamo anche parlare
ai combattenti che non sono
stati ancora informati circa
l’accordo di pace». (ew
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Freetown (Sierra Leone): giovani alla periferia della capitale