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Anno VII
numero 11
del 12 marzo 1999
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VIVERE
CON PACE
«Dio nostro Padre e Gesù Cristo, il
Signore, diano a voi grazia e pace»
Filippesi 1,2
La parola pace, assieme a grazia, è
parte integrante del saluto augurale che si trova aU’inizio delle lettere
del Nuovo Testamento. Caratteristica
della pace è che essa viene data, essa è
un dono che Dio dà. Anche i discepoli
hanno l’autorità di dare la pace che, se
non accolta, torna loro indietro:
«Quando entrate nella casa, salutate.
Se quella casa ne è degna, venga la vostra pace su di essa; se invece non ne è
degna, la vostra pace torni a voi»
(Matteo 10, 12-13). In quanto dono, la
pace viene goduta sotto tre aspetti
principali: pace con se stessi, pace con
Dio, pace con il prossimo e il creato.
PACE con se stessi: è una dimensione
che può essere colta proprio quando la pace viene vista come dono. Alla
luce di quel «quando avrete fatto tutto
dò che vi è comandato, dite: "Noi siamo servi inutili"» (Luca 17, 10), godere
pace con se stessi potrebbe apparire come un gesto di orgoglio, una manife
t’ione di egoismo. Ma la pace con se
si è dono di Dio al di là delle nostre
opere incompiute, dei nostri fallimenti,
dm nostri peccati. Sperimentare la pace
con se stessi vuol dire comprendere che
nonpecessariamente quello di cui godiamo è stato conquistato con la nostra
bravura e i nostri sforzi. Godremo la
pace con noi stessi quando comprenderemo che c'è spazio per il dono, per la
gratuità, quando comprenderemo che
il dare con amore e il ricevere con gioia
sono esperienze possibili, tanto più se
sappiamo guardare a Dio.
PACE con Dio: è il concetto centrale
del messaggio biblico, ma non è
certo che la nostra cultura laica, o la
nostra cultura da cristianesimo nominale con duemila anni di storia alle
spalle, sia in grado di valutarne tutta
f la portata. Per apprezzare il concetto
^di pace con Dio bisogna avere coscien^za di una pregressa condizione di
estraneazione da Dio stesso. Bisogna
^comprendere che la pace che egli dona
pone riparo a quella frattura. Come
persone credenti siamo passati per
una fase di ravvedimento, in cui abbiamo preso coscienza della nostra
lontananza da Dio, e siamo giunti ad
una fase in cui la dimensione di pace
con Dio viene percepita con chiarezza.
Ora affermiamo che, al di là della nostra antica condizione di alienazione,
Dio ha abbattuto, in Cristo, ogni separazione. Il cammino che ci sta davanti
sarà percorso alla presenza di un Dio
amico, di un Dio che ci coinvolge nel
suo progetto di salvezza.
PACE con il prossimo e con il creato: oltre che come volontà di Dio,
va intesa come una delle più alte aspirazioni dello spirito umano. Perché
questo progetto possa prendere forma
è necessario che la pace non sia soltanto una meta, o la meta, da raggiungere, bensì è necessario che essa
sia il modo stesso con cui ci relazioniamo alla realtà che ci circonda. Ancorché non possiamo abbandonare
l’idea e la speranza di un compimento
futuro di tutte le cose, vogliamo sottolineare che è in questo tempo che bisoSna cominciare a vivere le cose che si
sperano. Dunque la pace, con la sua
specificità di dono, diventa capacità
di dare senza chiedere il contraccambio, di perdonare ancor prima di avece ascoltato la richiesta di perdono, di
rispettare e valorizzare anche le realtà
che non sanno o non possono alzare la
ucce, di costruire con larghezza di vedute in vista di chi dovrà abitare il
luogo che oggi ci è affidato.
Salvatore Rapisarda
SE 1TIMÄNALE DEÍ.LE CHIESE EVANGELICHE BATI ISTE, METODISTE, VALDESI
Primi commenti sulla pre-intesa del contratto di lavoro del personale della scuola
Il «merito» degli insegnanti
Nel processo di trasformazione delia scuola c'è anche la valorizzazione del ruolo dei docenti
ma la scelta del merito individuale non è la via migliore. Altre importanti novità nel contratto
BENIAMINO LAMI
PRECEDUTA da un’attenzione
particolare da parte di forze
politiche, governo e sindacati, la
firma della pre-intesa del contratto
collettivo nazionale di lavoro del
personale della scuola ha suscitato,
a eccezione di una parte critica della Cgil-scuola e del sindacalismo di
base, commenti favorevoli. -Che cosa pensano i diretti interessati, docenti e personale Ata (ausiliari, tecnici, amministrativi) lo sapremo tra
non molto, quando si svolgerà la
consultazione sul contratto.
In effetti, l’attenzione non è ingiustificata. La scuola sta attraversando un profondo processo di trasformazione (autonomia scolastica, nuovo esame di maturità, innalzamento deh’obbhgo scolastico,
riordino dei cicli scolastici, riforma
degli organi collegiali, legge di parità). Nel caso del contratto, si trattava di verificare come i rappresentanti dei lavoratori avrebbero reagito a queste innovazioni e alla parziale privatizzazione del rapporto
di lavoro del pubblico impiego e in
che modo, in particolare, si sarebbe potuto dare risposta alle esigenze di rivalutazione economica e sociale della professione docente.
Contratto di svolta, hanno titolato molti giornali, anche gli insegnanti saranno valutati con il criterio del merito. Tutta l’attenzione è
stata rivolta a questo aspetto, e ha
messo in secondo piano contenuti
dell’accordo molto più importanti e
meritevoli di rilievo. Perché di svolta? E, soprattutto, di cambiamento
rispetto a che cosa? La carriera del
personale della scuola, fino a oggi, è
stata caratterizzata da una progressione economica esclusivamente
automatica, basata sul principio del
riconoscimento del solo requisito
dell’anzianità di servizio. Quindi
una «non carriera»: uno entrava
nella scuola per insegnare e sapeva
già che ne sarebbe uscito svolgendo
lo stesso lavoro per un certo periodo di anni, con uno stipendio che
sarebbe cresciuto indipendentemente dall’impegno e dalla qualità
della prestazione. Questo tipo di inquadramento è stato coerente con
una concezione gentiliana, aristocratica e individudistica della scuola e dell’insegnamento. Una svolta,
avrebbe dovuto significare, quindi
una rottura con questa idea.
L’introduzione della valutazione
del merito, quindi di uno stipendio
maggiorato rispetto a quello degli
altri, non mi pare che modifichi
l’impostazione sopra descritta. Si
tratta di una valutazione del singolo, che volontariamente si sottopone a una verifica di tipo disciplinare e metodologico-didattica, che
non ha ricadute successive sulla
sua prestazione lavorativa, che non
richiede cambiamenti sull’orario e
sul contenuto lavorativo.
La specificità del lavoro scolastico
è costituito dal processo di apprendimento, cioè da un percorso che è
caratterizzato dall’intreccio tra situazioni psicologiche e cognitive
aH’interno di un contesto articolato
e complesso, che non è limitato al
rapporto tra il singolo insegnante e
l’alunno o la classe, che pure è importante, ma è relativo all’intera
«relazione educativa» che si sviluppa nella scuola. In questo contesto,
fortemente connotato da una dimensione collegiale e cooperativa, è
anche possibile collocare differenziazioni salariali tra i docenti, che
siano però attinenti a funzioni, cioè
incarichi di lavoro determinati dal
progetto e dall’analisi dei bisogni
formativi. Il processo di valutazione, in questo caso, verrebbe riferito
non tanto al singolo insegnante,
quanto alla ricaduta che il lavoro
svolto avrebbe, dalla progettazione
all’eventuale lavoro aggiuntivo, rispetto al raggiungimento degli
obiettivi didattico-formativi.
Ogni scuola dovrebbe essere in
grado di valutare e modificare il
proprio modo di lavorare e i risultati raggiunti. Per le famiglie e gli
studenti sarebbe molto più interes
Intervista al moderatore della Tavola valdese, Gianni Rostan
Incoraggiare il matrimonio non significa imporlo
L’agenzia Nev ha chiesto al moderatore della
Tavola valdese, ing. Gianni Rostan, un commento
suH’andamento del dibattito alla Camera dei
deputati sulla proposta
di legge sulla procreazione medicalmente assistita. In queste settimane,
infatti, la Camera ha dato
indicazioni diverse e apparentemente contraddittorie, dapprima confermando il divieto della
fecondazione eterologa
delle coppie sterili, e poi
bocciando un emendamento che tendeva a limitare le tecniche di procreazione assistita alle
sole coppie sposate. Restano ancora da discutere e votare altre parti importanti della proposta di
legge in esame, come
quella riguardante la manipolazione degli embrioni.
«Desidero anzitutto
esprimere la mia soddisfazione per l’apertura alle coppie di fatto - ha affermato il moderatore -.
Questo non significa che
come evangelici noi incoraggiamo l’attuale tendenza a evitare il legame
stabile del matrimonio.
Anche se dobbiamo riconoscere che molte coppie
oggi non si sposano perché vogliono evidenziare
come l’amore non sia un
dato scontato, ma una
scommessa che vive dell’impegno quotidiano a
rinnovare il rapporto. Si
tratta piuttosto di un problema di “laicità”: se da
un lato come cristiani incoraggiamo il matrimonio, dall’altro non riteniamo giusto cercare di
imporre a tutti la nostra
visione cristiana della
coppia e della famiglia attraverso provvedimenti
di legge, come invece
tende a fare la gerarchia
cattolica (su questo e altri
temi, come il divorzio e
l’aborto). Per quanto riguarda la fecondazione
eterologa, ritengo che essa andrebbe considerata
come una delle possibilità oggi a disposizione
per soddisfare quel desiderio di essere genitori
che credo sia importante
anche dal punto di vista
cristiano. Non è infatti
tanto essenziale l’essere
genitori biologici, quanto
il fatto che il figlio nasca
all’interno di una solida
relazione affettiva. Infine,
vorrei ribadire quanto affermato nel documento
sulla bioetica che il nostro Sinodo ha recentemente raccomandato allo
studio delle comunità: e
cioè che, accanto all’offerta di tecniche mediche
per superare la sterilità, la
società si deve impegnare
a fondo per difendere i
diritti dei bambini, assicurando loro l’educazione, l'istruzione e tutto ciò
di cui hanno bisogno, e
dando alla famiglia tutti
gli strumenti necessari
all’educazione dei figli,
compresi asili nido e
scuole materne a pieno
tempo per favorire le madri che lavorano».
sante questa possibilità che non il
fatto di sapere che esistono insegnanti definiti «bravi», la minoranza, e altri no. Poiché non tutti possono andare nelle classi o nelle
scuole con i docenti «bravi», bisogna rassegnarsi al fatto che il proprio percorso scolastico dipenderà
dalla fortuna o dalla sfortuna di essere assegnati a una classe piuttosto che a un’altra?
Credo che varrebbe la pena di ripensarci e di dare più importanza
ad altre cose che sono nel contratto: le facilitazioni e gli incentivi,
economici e strumentali, per chi
opera nelle scuole in zone a rischio
per la selezione, gli abbandoni, la
devianza minorile, per chi opera
nelle scuole in zone ad alta intensità di immigrazione; la tutela più
chiara dei diritti sindacali, non ultimi quelli dei malati terminali; un
sistema di formazione del personale docente che diventa strutturale e
che darà qualità alla scuola.
^WSPIRITUALITÀ^«^
Il matrimonio con Ùio
di GIANNA SCICLONE
APfi
Il volontario evangelico
di LONGO GAZ2ANO KRIPR
Í EDITORIALE!
Il Cermis e oltre
di ALBERTO CORSANI
.COMMENTOi
L'Italia avrà gli ((hospice»
di ERMANNO GRNRi:
IDAL MONDO
Insieme in Africa
L’Assemblea del Cec di Herare
2
RIFORMA
Della Parola
VENERDÌ 12 MARZO!olypNFJìP
«Poi giunsero a
Gerico. E come
Gesù usciva da
Gerico con i suoi
discepoli e con
una gran folla,
il figlio di
Timeo,
Bartimeo, cieco
mendicante,
sedeva presso la
strada.
Udito che chi
passava era
Gesù il
Nazareno, si
mise a gridare
e a dire: “Gesù,
figlio di Davide,
abbi pietà
di meV\
E molti lo
sgridavano
perché tacesse,
ma quello
gridava più
forte: “Figlio
di Davide, abbi
pietà di me!".
Gesù, fermatosi,
disse:
“Chiamatelo!".
E chiamarono
il cieco,
dicendogli:
“Coraggio,
alzati! Egli ti
chiama".
Allora il cieco,
gettato via il
mantello, balzò
in piedi e venne
da Gesù.
E Gesù,
rivolgendosi
a lui, gli disse:
“Che cosa vuoi
che ti faccia?".
Il cieco gli
rispose:
“Rabbunì, che
io ricuperi la
vista". Gesù gli
disse: “Va’, la
tua fede ti ha
salvato”. In
quell’istante
egli ricuperò la
vista e seguiva
Gesù per la via»
(Marco 10, 46-52)
DIVENTARE DISCEPOLI DEL CRISTO
Incontrando Gesù, il cieco smette la sua religiosità tradizionale per diventare
un discepolo del maestro venuto per servire. Che cosa significa «seguire Gesù»;
BRUNO CORSANI
IL passo del Vangelo che proponiamo questa settimana ci
ricorda un inno che si cantava
molti anni fa; «Passa Gesù di
Nazareth/ E corre a lui la gente!
Dall'occhio suo sprigionasi! luce
d'amor possente». Il nostro passo evangelico comincia proprio
così, con Gesù che passa, nel
cammino che lo porta verso Gerusalemme e verso la croce. Da
lì comincia la storia del cieco.
Della sua vita di prima non sappiamo nulla, ma da quell’incontro dipende la sua avventura di
discepolo di Gesù.
Gesù ci viene incontro
Anche oggi Gesù passa, in
c " .............
. crociando la via della nostra
esistenza. Il suo modo di passare
è diverso, e anche le diverse tradizioni cristiane lo immaginano
diversamente. C’è chi pensa che
Gesù passi soprattutto nelle solenni processioni nelle vie cittadine. Ma si fa sempre più strada,
anche nel mondo cattolico, la
convinzione che Gesù passa e si
avvicina a noi attraverso la parola del Vangelo, letta personal
mente per incontrare il Signore,
o predicata pubblicamente in
modo da farne uscire l’appello e
le promesse del Cristo, o incarnata nella vita e nella testimonianza di una comunità cristiana
che incontra quelli che siedono
stanchi, addolorati, ammalati e
forse anche ciechi nella solitudine del loro isolamento.
Quando Gesù passa dove noi
ci troviamo che cosa succede?
Anzi: succede qualcosa? Si rinnova per noi la storia del cieco
di Gerico? Cerchiamo di ricostruire le tappe di quell’incontro. Quando leggiamo i racconti
di miracolo abbiamo l’impressione che siano tutti uguali (o
quasi), tutti colati, per così dire,
nella stessa forma. In realtà
ognuno di essi presenta qualche
sottolineatura particolare. Nelle
note omiletiche noteremo le
particolarità della descrizione
del cieco mentre qui ci soffermiamo piuttosto su quelle che
riguardano Gesù.
Le tappe deirincontro
^ U Gesù, il racconto evangeli
Preghiamo
Signore, mi hai dato
due occhi per guardare
e due orecchi per ascoltare.
Mi hai dato un naso per fiutare
e due mani per toccare, dare
ricevere e benedire.
Mi hai dato tanti mezzi
per incontrare l’altro
ma una sola bocca per parlare.
Dammi dunque
di ascoltare e di capire
prima di parlare.
Dammi di comprendere
prima di correggere.
Dammi di tendere le mani
prima di soccorrere.
Dammi di amare
prima di consolare.
Nel nome del tuo Piglio
Gesù Cristo.
Amen.
Alain Hutter
(tratto da Al di là delle barriere della Cevaa)
' co ci dice essenzialmente
cinque cose.
1) Gesù passa, e di questo abbiamo già detto. Ma non si limita a passare; infatti, a un certo
punto leggiamo che:
2) Gesù si ferma. Si ferma per
il cieco come si era fermato incontrando il corteo funebre che
accompagnava al cimitero il figlio della vedova di Nain (Luca
7, 13), o come si ferma quando
passa vicino all’albero su cui era
salito Zaccheo perché era piccolo di statura e aveva paura,
schiacciato tra la folla, di non
vedere bene Gesù (Luca 19, 5).
In tutti e tre i passi i personaggi
sono diversi, ma Io scopo è
medesimo: Gesù si ferma per
ché vuole occuparsi di loro.
3) Gesù chiama Bartimeo, o lo
fa chiamare. Anche questa scena, nell’insieme del racconto,
ha una sua rilevanza, se pensiamo ad altre scene evangeliche
in cui Gesù chiama; non ha
chiamato soltanto i dodici discepoli (quelle sono forse le
chiamate che ricordiamo più facilmente: Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni, Levi il pubblicano...). Ha chiamato anche
Zaccheo («Zaccheo, scendi pre
sto, perché oggi debbo fermarmi a casa tua»). Qualche volta
ha anche chiamato delle persone ostili, per esempio, quando si
rivolge al fariseo Simone che teneva le distanze («Simone, ho
qualcosa da dirti». Le. 7, 40). E
perché non ricordare anche il
Cristo risorto, che nel giardino
chiama Maria Maddalena, e soltanto grazie a quella chiamata la
donna si rende conto che lì non
c’è il giardiniere, ma Gesù che è
ritornato? (Gv. 20, 11-18). O
quando chiama Saulo, dicendogli; «Saulo, Saulo, perché mi
perseguiti?» (Atti 9,4).
Chiamare una persona, anche
nell’Antico Testamento, significava stabilire un rapporto diretto, introdurre quella persona
nella cerchia dei propri affetti o
della propria autorità. I presenti
lo capiscono benissimo, e dicono al cieco: «Coraggio, alzati!
Egli ti chiama».
4) Gesù allora gli parla. La parola di Gesù non è come la parola d’uomo: è una parola carica
di significato, che contiene e
realizza concretamente ciò che
essa enuncia. È come la parola
di Dio stesso, che non torna mai
a lui a vuoto (Isaia 55,11).
5) Infine, Gesù lo guarisce, ridandogli la vista. Così si adempie ancora una volta la profezia
messianica citata in Luca 4,18:
«Egli mi ha mandato ad annunziare la liberazione ai prigionieri, e ai ciechi il ricupero
della vista. A rimettere in libertà
gli oppressi e a predicare l'anno
accettevole del Signore».
del povero cieco conta più che
le preoccupazioni e gli osanna
di quelli che lo prendono per il
liberatore di Sion.
La svolta
SI compie così una svolta nella vita di Bartimeo il cieco.
Egli capisce che Gesù è qualcosa di diverso da un nuovo Davide, come lo aveva invocato ai
w. 47 e 48. Gesù è un maestro
(Rabbunì, v. 51), un maestro
che può aprirgli gli occhi', permettergli di vedere, di capire, di
sapere. Ma capisce anche una
seconda cosa; che Gesù è un
maestro che non desidera degli
ascoltatori che ammirano il suo
insegnamento, che battono le
mani e poi spariscono, ma un
maestro che domanda di essere
seguito sulla strada che egli percorre per noi. La strada della fedeltà e del sacrificio.
Incontrando Gesù, Bartimeo
smette la sua religiosità tradizionale per diventare un discepolo
del maestro che è venuto per
servire. Non è un caso che gli
evangelisti riferiscono tutti questo episodio dopo l’annunzio
della passione e l’insegnamento
di Gesù sul Figlio dell’uomo che
è venuto non per essere servito
ma per servire, e prima dell’inizio del racconto della passione.
È questo contesto che ci permette di capire che cosa vuol dire per Bartimeo «seguire Gesù».
Cristo ci apre gli occhi
Venuto per servire
NOI tutti siamo più o meno
...
Questo comportamento di
c............
il
il
_Gesù squalifica le preoccupazioni della folla che al v. 47
avrebbe voluto far tacere il cieco, forse per non disturbare Ge
sù: se era veramente il messia, i.
figlio di Davide, non bisognava
distrarlo né interrompere la sua
marcia su Gerusalemme! Ma
Gesù non è d’accordo: la sua
marcia su Gerusalemme non è
quella che pensano gli osservatori esterni, la marcia di un conquistatore che libererà il paese
dal dominio dei romani! È quella di uno che sa di andare verso
il sacrificio di sé, perché non è
venuto per essere servito, ma
per servire (v. 45). L’infermità
ciechi, e solo Cristo può
aprirci gli occhi, permetterci di
vedere, cioè di comprendere, di
sapere. Ma quando arriviamo a
capire, a sapere non possiamo
fare di questo sapere una conquista interiore, egoistica. Il nostro sapere deve trasformarsi in
discepolato, in impegno a condurre altri alla luce che è Cristo,
alla verità che è l’Evangelo. Solo
seguendo il Cristo impareremo
a riconoscere gli uomini assetati
di luce e di verità, e a far loro incontrare il Cristo che è Verità e
Luce e che le dona generosamente a chi lo invoca. Ci aiuti ad
essere dei testimoni e degli strumenti docili nelle sue mani.
(Prima di una serie
di quattro meditazioni)
Note
omiletiche
passo di Marco
sponde a Luca 18, 35]
Tra i due testi ci so’noat
ne diversità interessa!
Un altro parallelo è li
teo 20, 29-34. Qui, olt!
piccole significative diw
sità c'è ii raddoppio^
ciechi e la scomparsa I
nome Bartimeo. Per alcl-r
si tratta di un episodio!’ .«*14
verso, ma le numerose}T "
miglianze con i racconti J-' ■
Marco e di Luca render
più probabile che sia stj diffusa in
Matteo a raddoppiarf,Jche; è u
numero dei miracolai scrivere
Matteo presenta due ci'conia dit
chi anche in 9, 27-31 (di jis). In al
potrebbe essere un patj jjie, com
lelo di Marco 8, 22-26,' di casa d
con raddoppio): forse p, ^gnonei
che nel mondo ebraici frailcielc
una testimonianza era^^iimon
hda se era portata dall riddi
meno due testimoni? |f
Ho citato Marco 8 2)!
26: anche lì c'è un cieco!
anche lì è il contesto chef proP*^*^
aiuta a capire la lezio, maggiori
che Gesù dà in quel rat
conto di miracolo. Prim, LaBibl
della guarigione, Gesùlif minevoli
una disputa con i suoi df presenta
scapoli: li accusa di nontf Bozze e
pire nulla di lui, di noii escludel
aver capito il miracolo di con i sai
pani, e getta loro in facci/ però usa
una parola di Ger. 5,21; jametal
«avete occhi e non vedete,! „„anto
avete orecchi e non uditei; ¡1
(8, 18). E subito dopo ridi
la vista al cieco, come pel T „
dire che solo un miracolo
può far capire agli uomini'
Lam
diale
GM
Qui SI
perché c
definirei
letti non
samentf
Dio e il
feltri,
tutto uo
capiim
Patto. A
tutta qu
sibilest
tura pai
cepisci
eguali (
ta»in tr
ripudia
ecc.), co
avviene
concessi
suoi suh
be osati
metafoi
tanta co
ci^M uuiimiifc j. ,
ciechi il senso della suefv
persona e della sua missio-f
ne. Ma quel racconto sii
esaurisce lì; il cieco di Betsalda non segue Gesù, ri-!
mane a casa sua. La suai
funzione è terminata.
Nell'articolo abbiamo
elencato le cose che fa Gesù. Si potrebbero anche
elencare utilmente le cose
che fa Bartimeo:
1) sedeva; la sua immobilità è il simbolo òeWasaf
segnazione;
2) udì; si potrebbe ficotdare che i ciechi hanno
molto sviluppate le facoltà
uditive;
3) gridò (due volte): il
cieco sopperisce con la voce all'impossibilità di muoversi causa la cecità;
4) gettò il mantello; potrebbe essere un segno di
impazienza, ma anche la
disponibilità a rinunziare
a tutto quello che posse
deva (il mantello gli serviva anche da letto e da coperta...);
5) corse da Gesù; si poi
pensare che in questo sia
stato aiutato da quelli che
un momento prima lo rincuoravano;
6) fece la sua richiesta;
7) ricuperò la vista;
8) seguiva Gesù.
Sul titolo Rabbunì cfr.
Glov. 20, 16 e l'articolo®
E. Lohse nel Grande Lessico del N.T., voi. XI. Fevangelista deve averlo irita^
nel suo significato cristiano, cristologico. In origiij®
poteva anche essere sola
una formula di rispetta
(come i guardamacchin®
dicono «dottore» a tutti
quelli che posteggi^''®
l’auto). ,,
Calvino identifica ciuei
che sgridano il cieco con
cattivi cristiani che impoa®
scono l'accesso al Cristo in
vece di incoraggiarlo.
Per
approfondii'C
Si può leggere la sP
gazione del nostro P®”
nei commentari di: , ,,
- G. Dehn, //
Dio, Torre Pellice, Claud"*
na, 1950. -,
- E. Schweizer, Bresc»
Paideia, 1971.
- V. Taylor, Assisi, Cip»
della, 1977. -x.
- R. A. Cone, RomA 1=
zioni Gbu, 1998.
Aloi
^Orell
Marco,
ne, 1989
B. van lersel,
Cinisello B.,
P
216.
- B. Corsani, ..¡.f.
i-M“"
Testimoni
della verità: Mafi®'’ .¡j.
co-Luca, Torino, Ciau
132-134.
na, 1982, pp.
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3
^--------Fede e Spiritualità
ì La Bibbia ci insegna a parlare di Dio con immagini, metafore e parabole
«lo ti amo di un amore eterno»
[a metafora del matrimonio, così intima ed efficace, è utilizzata da Dio nei suoi
dialoghi con i profeti di Israele e da Gesù che si definisce lo sposo tanto atteso
RIFORMA
i Marco co,
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interessa,,
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Gesù; si pui
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ttlANNA SCICLOWE
L! IMMAGINARIO nuziale
I applicato al rapporto fra
gli umani e la divinità è molto
d^so in tutte le religioni antìche; è una metafora per descrivere l’unione profonda
conia divinità (in greco henosis). In alcune religioni antiche, come fra i cananei, vicini
di casa di Israele, si celebravano nei templi le nozze sacre
fra il cielo e la terra, la divinità
gii mondo; erano culti con
dei riti che usavano la sessualità umana a simboleggiare
l’unione degli opposti, per
propiziare fertilità alla terra e
maggiore conoscenza e pienezza di vita per gli umani.
La Bibbia rifiuta come abominevole l’idea di una rappresentazione in terra di tali
nozze e per questo (forse)
esdude le donne dal contatto
con i sacrifici e dal tempio,
però usa abbondantemente
la metafora per parlare di
quanto intensamente Dio
ama il popolo d’Israele e poi,
ammesso che sia possibile
estendere la metafora fino a
noi, i credenti che accettano
divivere in stretta relazione... con lui.
Qui subito ci blocchiamo,
perché ci vediamo costretti a
definire Dio al maschile: in effetti non è possibile far diversamente; la metafora ci costringe a usare il maschile per
Dio e il femminile per tutti
che saranno soprattuttouBmini, se sono gli ebrei
capifamiglia che accettano il
Patto, Anzi, bisogna dire che
tutta questa simbologia è possibile solo restando nella cultura patriarcale, che non concepisce un matrimonio tra
eguali (la donna viene «dato in matrimonio, può esser
ripudiata unilateralmente,
ecc.), come anche il Patto non
avviene tra eguali, ma viene
concesso da chi ha il potere ai
suoi subalterni. Non si sarebbe osato altrimenti usare la
Metafora, quasi a prendersi
tanta confidenza con Dio.
D’altra parte è Dio che usa
queste immagini parlando ai
profeti (Osea, Isaia, Geremia,
Ezechiele) della sua gelosia,
perché Israele l’ha abbandonato e tradito, si è presa degli
amanti o si è offerta addirittura per strada (Osea 1, 2; 4, 13
ecc; Geremia 3, 6; Ezechiele
16, 14-15); perciò la caccerà
come si ripudia una donna di
cattivi costumi, salvo poi richiamarla a sé, parlare al suo
cuore per farla ancora innamorare, ripercorrere i luoghi e
i temi dell’amore della prima
giovinezza (Osea 2, 14; Isaia
54, 5-8; Isaia 61, 10; 62, 2-5
ecc.). Il linguaggio è spregiudicato, non si teme il giudizio
morale delle generazioni a venire, perché come sempre la
parola di Dio si incarna nella
storia di un tempo e ne condivide il linguaggio ma non le
scelte e i comportamenti.
Ezechiele non si trattiene dall’usare la metafora parlando
di un uomo sposato a due sorelle, che entrambe lo tradiscono e raffigurano Samaria e
Gerusalemme, cioè le due
parti in cui si era diviso Israele
(Ezechiele 23). In un altro testo Ezechiele parla di Dio come di un gran signore che ha
trovato una bimba abbandonata e affamata, che adotta e
alleva con gran cura, poi la
sposa e la copre di bei vestiti e
di gioielli, ma a quel punto lei
lo respinge e lo tradisce (Ezechiele 16).
In realtà l’immagine è chiarissima e molto efficace: va
colto il messaggio dopo averlo spogliato della buccia della
cultura patriarcale. È evidente del resto che questi testi
non vogliono elogiare la poligamia o lo statuto del ripudio
o dell’abuso di minorenne,
ma vogliono annunciare che
«Dio ci ama di un amore eterno» (Geremia 31, 3), capace
di superare anche le più gravi
lacerazioni che avvengono
nella sfera dell’amore umano. Quello che agli umani è
impossibile, è possibile a Dio,
che è capace di creare la vita
dalla morte: dall’inferno di
vite coniugali distrutte e incapaci di mantenere un patto, da vite stravolte che distruggono se stesse e gli altri,
Dio può e vuole creare riconciliazione, vita nuova, amore
eterno, «forte come la morte»
(Cantico dei Cantici 8, 6) che
non si può cambiare.
Il giudaismo rabbinico legherà pian piano l’immagine
dello sposo al Messia che deve venire e da qui abbiamo le
molte immagini che legano
la venuta del regno di Dio alla festa di nozze e Gesù stesso parla di sé come dello
sposo, alla presenza del quale non è certo il caso di digiunare o di essere tristi (Matteo
9, 15). L’apostolo Paolo parlerà di se stesso come di un
mediatore che deve presentare la comunità di Corinto
come una vergine sposa a
Cristo (2 Corinzi 11, 2). Questo motivo sarà ampiamente
utilizzato fino all’Apocalisse
(Apocalisse 21,2).
Quello che ci fa più problema è il testo di Efesini (5, 22
ss.), dove l’immagine di Cristo come marito diventa misura dell’amore coniugale,
con la relativa esortazione alle donne a star soggette ai loro mariti. Qui metafora e
esortazione sono così strettamente connesse che è proprio difficile scartare la buccia per guadagnare il frutto.
Anche se, grosso modo, si capisce la buona intenzione di
metter pace in famiglia, raccomandando agli uomini di
amare intensamente le mogli, cosa tutt’altro che scontata in ogni tempo, e alle donne di «restare» nell’ordine,
che si ritiene essere quello
creila creazione. A noi resta la
libertà e la responsabilità di
discernere, con l’aiuto dello
Spirito, se questo «ordine» fa
parte della volontà di Dio o
dell’organizzazione umana
della società, soggetta a giuste revisioni.
Bisogna constatare amaramente che la religione cristiana accetta con fatica qualche
distinguo per i testi dell’Antico Testamento, ma non ha
granché revisionato per il
Nuovo. Salvo eccezioni. Le
nostre chiese hanno accettato di espungere, dalla liturgia
matrimoniale il testo di Efesini 5, ma si tratta di casi rari.
Per il resto ci si lascia intrappolare dalla metafora, senza
capire che si tratta appunto
solo di metafora, ma l’esortazione deve recuperare il messaggio che è lo stesso di Geremia e di Isaia («Io ti amo di
un amore eterno»); qui è Gesù che ha amato la sua chiesa
e ha dato la sua vita per lei,
dunque per ciascuno di noi.
Non è bello esser amati così?
ondirfi
Letture
lettimi come un sigillo sul
tuore, come un sigillo Sui
(braccio; perché l'amore è
^ come la morte, la geloè dura come il soggiorno
¡Smorti. suoi ardori sono
iri di fuoco, fiamma po
grandi acque non poIbbero spegnere l'amore, i
I non potrebbero somgerlo. Se uno desse tutti i
di casa sua in cambio
W'amore, sarebbe del tutto
^prezzato.
^J)ÌPi abbiamo una piccola
rotella, che non ha ancora
^ttimelle; che faremo della
sorella, quando si tratti di lei?
h è un muro, costruiremo
¡M<li lei una torretta d'argen^ie è un uscio, la chiudere^ con una tavola di cedro.
■ ^ Sono un muro, e le mie
^ftimelle sono come torri;
^sono stata ai suoi occhi codii ha trovato pace,
■’^'Salomone aveva una vigna
^aal-Amon; egli affidò la
^tta a dei guardiani, ognudei quali portava, come
^tto, mille sicti d'argento.
^JTiia vigna, che è mia, la
^*fdo da me; tu, Salomone,
^ per te ¡ tuoi mille sicli, e
y abbiano duecento quelli
^ fluardano il frutto della
"S.
giardini, 1
ipH^agni stanno attenti alla
rr ^e! Fammela udire!
amicò mio, come
Sazzella o un cerbiatto,
degli aromi!
dei Cantici 8, 6-ÌU
Il problema di un linguaggio legato all'identità sessuata
Pensieri al femminile nella Bibbia
Nella metafora matrimoniale usata dalla Bibbia disturba la continua identificazione di Dio al maschile, ma
ancora peggio l’identificazione al femminile del peccato
di idolatria, definito quasi
automaticamente con «prostituzione». Tutti sono d’accordo nel dire che Dio non è
un’entità sessuata, ma il linguaggio umano, che non
possiamo fare a meno di adoperare, lo è.
La cosa interessante è che
la metafora costringe l’umanità maschile a pensarsi in un
ruolo femminile e a farne motivo di umiliazione e pentimento. Però per le donne alla
lunga non è senza conseguenze questa continua identificazione al femminile del
popolo 0 dell’anima, come
sposa adultera e prostituta
che abbandona la fedeltà
all’unico sposo e si dà ad altri.
C’è un modo di usare questa metafora che non disturba, ed è quando la usa Gesù
parlando della sua presenza
come momento di gioia, di
pienezza di vita, al quale non
occorre aggiungere gesti di
pietà (come digiuno e preghiere) per vivere in profonda unione con Dio. Gesù usa
anche molte altre metafore e
parabole, forse perfino più
volentieri: quando dice «non
vi chiamo più servi, ma ami
ci» (Giovanni 15, 15) si tratta
di qualcosa di molto più vicino alla nostra cultura, che supera del tutto ogni quadro
patriarcale.
È possibile vivere oggi il
rapporto di coppia come parabola dell’amore di Dio per
noi? Occorre rivisitare i concetti di sottomissione, obbe
dienza, sacrificio, fedeltà, purezza, rispetto e renderli reciproci, come è forse l’intenzione primaria del testo di Efesini 5 soffocata però dalla cultura ambientale, e allora la
metafora è meravigliosa: ogni
giorno ci ricorda la gioia più
profonda che Dio dà, o ha dato, 0 darà alla nostra vita.
Il «matrimonio mistico»
Il concetto di «matrimonio mistico», come tanti altri nuclei
tradizionali della spiritualità cristiana, trova la sua origine
nella religione ebraica. Già all'epoca di formazione del Talmud (V-VI secolo d.C.) i rabbini insegnavano che il rapporto
tra Dio e Israele era concepibile come un matrimonio spirituale. Questa idea si riscontra soprattutto nelle interpretazioni del Cantico dei Cantici, visto come canto d'amore spirituale, che verte sia sull’amore tra Dio e Israele (in celebrazione della rivelazione della Torah a Mosè sul Monte Sinai), sia
suM’amore rivelato nel momento della collocazione dell'Arca
nel tempio di Gerusalemme.
Il famoso rabbino Akiba (I secolo d.C.) faceva riferimento a
questa tradizione già antica, quando sviluppò la sua difesa a
sostegno dell'inclusione del Cantico dei Cantici tra i libri delia Sacra Scrittura affermando: «Il mondo intero non vale il
giorno in cui il Cantico dei Cantici fu dato a Israele, perché
tutte le scritture sono sante, ma il Cantico dei Cantici è il santo dei santi» (Mishnà, Yadayim Ili, 5). Con queste parole, Akiba tentava di motivare l'inclusione di un libro così inequivocabilmente laico nella Bibbia. D'altra parte, l'inclusione del
Cantico dei Cantici tra ì libri biblici conferisce ufficialità
espressiva, tanto per il cristianesimo che per l’ebraismo,
all'uso di un linguaggio sessuale e matrimoniale per descrivere il rapporto tra Dio e il popolo di Dio.
(da E. Ann Matter, Il matrimonio mistico,
in «Donne e fede», Laterza, 1994)
Il pensiero di due teologi d'un tempo
Origene e Bernardo
interpretazioni antiche
Origene d’Alessandria, padre della chiesa e teologo del
III secolo d.C., usò molto la
metafora matrimoniale e
commentò in lungo e in largo
il Cantico dei Cantici, anche
se i suoi commenti ci sono
pervenuti solo in parte e in
traduzioni latine eseguite da
Girolamo e da Rufino di
Aquileia. Egli segue certamente la tradizione ebraica,
ma sviluppa una lettura nuova del testo, che privilegia
l’immagine e il ruolo delTanima del credente;
«Questo piccolo libro è un
epitalamio, cioè un cantico
nuziale, che ritengo Salomone abbia scritto in forma
drammatica, con il canto di
una sposa al suo sposo, che è
la parola di Dio, ardente
d’amore celestiale. "Veramente, egli la ama profondamente, sia essa l’anima, fatta a
sua immagine, o sia essa la
Chiesa»'.
Origene si premura di sottolineare la natura spirituale
del testo: lo sposo va inteso
come Dio, e la sposa come la
chiesa o l’anima. È con questa interpretazione nuziale
del Cantico dei Cantici come
amore tra Dio e l’anima del
cristiano credente, che comincia la vera storia del matrimonio mistico nella tradizione cristiana. Inoltre questa lettura legittima anche
l’idea della vita devozionale
come matrimonio con Dio^
Le famose omelie di Bernardo di Chiaravalle sul Cantico sono molto importanti
per lo sviluppo della concezione del matrimonio mistico: ne scrisse 86 tra il 1135 e
il 1153, quando morì. È il
tempo della lotta contro
l’eresia catara insieme ad altre condanne teologiche e gli
infiniti intrighi politici della
chiesa di quel tempo. Bernardo con le sue omelie che
spesso menzionano e metaforizzano ulteriormente il
Cantico dei Cantici pone il
fondamento della vita devozionale dei monasteri, intesa
come «unione mistica» con
Dio, come verrà più tardi vissuta specialmente nei monasteri femminili.
Nella prima e nella terza
omelia offre una spiegazione
complessa delle prime parole
del (Dantico dei Cantici («Baciami con i baci della tua
bocca») viste come descrizione dell’unione mistica. «Oggi
leggiamo nel libro dell’esperienza. Dovete rivolgere la
vostra attenzione all'interno;
ognuno deve prender nota
della sua conoscenza particolare delle cose di cui parliamo. Voglio scoprire se è
stato dato a qualcuno di voi
di dire con parole proprie [ex
sententia] “baciami dei baci
della tua bocca”. Non è dato
a chiunque di dirlo con slancio, ma se qualcuno ha ricevuto anche una sola volta
questo bacio spirituale dalla
bocca di Cristo, cercherà ancora quell’esperienza intima,
e la ripeterà volentieri'».
Questo bacio dell’intimità
divina, il bacio della bocca di
Gesù, non si esperisce subito,
ma piuttosto passando attraverso i tre baci che alimentano l’ascesi mistica: il bacio
dei piedi, il bacio della mano
e infine il bacio della bocca.
Bernardo trova la rappresentazione di questi tre baci nelle prime parole del Cantico,
dove il testo latino ripete tre
volte alcune varianti del termine OS, oris: «Osculetur me
osculo oris sui». Il bacio dei
piedi è identificato come il
principio della devozione penitenziale, ovvero come l’espiazione dei peccati. Il bacio
della mano aiuta il povero
peccatore nell’ascesa spirituale; in questa occasione è
Gesù che si rivela come amico e guida dell’anima pentita.
Questi due baci preliminari
preparano l’anima per l’ultimo dono spirituale, il bacio
della bocca, a cui si accede
soltanto dopo la purificazione del primo bacio e l’aiuto
del secondo. Questo bacio finale, risultato di lacrime e
preghiere, suscita in Bernardo lo stile poetico della sua
retorica più emozionata;
«Tunc demum/ audemus forsitan/ ad ipsum os gloriae/ caput attollere,/ pavens et tremens dico,/ non solum speculandum,/ sed etiam osculandum» (Dunque finalmente/
forse osiamo/ levare la testa/
a quella bocca di gloria/ parlo pauroso e tremante/ non
solo per vederlo,/ ma anche
per essere baciati)'.
Chiara d’Assisi e Gertrude
di Helfta pensavano chiaramente alla vita monastica
come a un matrimonio con
Gesù. Gertrude, alla fine del
XIII sec., organizzava la vita
delle sue consorelle formulando i sette Exercitia spiritualia, di cui il quinto è definito «Exercitium divini amoris» concepito per suscitare il
desiderio della unio mistica
come parte delle devozioni
quotidiane di una monaca.
VExercitium divini amoris
comincia con un invito alla
contemplazione dello sposo
celeste: «Quando vuoi disporti per l’amore, allontana
il tuo cuore da ogni affetto disordinato, da ostacoli, e fantasmi, scegliendo il giorno e
l’ora opportuni per questo
disegno - almeno tre volte al
giorno, cioè alla mattina, a
mezzogiorno, e alla sera - facendo ammenda, per non
aver amato Dio Signore con
tutto il cuore, con l’anima e
con tutta la virtù. Poi, con
tutto l’affetto, tutta la devozione e l’intenzione congiungiti a Dio in preghiera, come
se vedessi lo sposo Gesù presente, che, senza dubbio, è
presente nella tua anima»'.
(1) Mishnà, Yadayim III, 5
(2) Origene, Commento, Prologo, in H. Baehrens, Origenes
Werke 8, Ges 33 1925, cit. da E. A.
Matter, Il matrimonio mistico
ecc.
(3) Sancii Bernardi opera voi. I
p. 14 cit. da E. A Matter.
(4) id. voi. I, Sermo III, p. 17
cit. da E. A. Matter.
(5) I. Hourlier e A. Schmitt,
Gertrude d’Helfta. Oeuvres Spirituelles, I: Les exercises, Sources
Chrétlennes 127, Paris 1967, p.
73 (cit. da E. A. Matter).
4
PAG. 4 RIFORMA
Ecumene
L'atto di nascita è avvenuto nell'ottobre scorso nella Repubblica ceca
La «Rete sull^ambiente delle chiese europee»
Fortemente voluta all'Assemblea ecumenica di Graz per un confronto, una voce
e un'azione comune tra protestanti, ortodossi e cattolici dell'Ovest e dell'Est
ANTONELLA VISINTIN
Mentre in Italia imperversa la tempesta giubilare, oltr’Alpe tutto procede.
Ne è felice dimostrazione la
neonata «Rete sulTambiente
delle chiese europee», fortemente voluta a Graz per un
confronto, una voce e una
azione comune fra le tre
grandi confessioni cristiane protestanti, ortodossi e cattolici - dell’Ovest e dell’Est, con
la partecipazione della Kek
(Conferenza delle chiese europee) e del Cec (Consiglio
ecumenico delle chiese). Atto
di nascita è stato un incontro
svoltosi dal 21 al 25 ottobre
1998 nell’Accademia ortodossa di Vilemov nella Repubblica ceca di cui è disponibile il
documento preparatorio che
individua gli obiettivi della
Rete, le aree di intervento e gli
strumenti di lavoro, fra cui un
Comitato organizzativo.
L’ecologia, si sa, non è una
disciplina ma un modo di vivere, di consumare e di produrre, una scelta di campo
fra la cultura di rapina dominante e un’opzione riconciliata e sostenibile, minoritaria ma già praticata. In questo senso le aree d’azione
della Rete non possono che
apparire ambiziose. Da un lato i grandi temi, quali il cambiamento del clima, la mobilità e i trasporti, l’economia,
le biotecnologie e la biodiversità; e dall’altro il ruolo e
l’impatto delle chiese sull’ambiente: gli stili di vita e
l’Agenda 21 (le priorità che
ogni amministrazione avrebbe dovuto indicare stando
L’Istituto ecumenico di Bossey, vicino a Ginevra
all’impegno preso a Rio de
Janeiro all’Assemblea Onu su
«Ambiente e sviluppo»), la
gestione ambientale delle
chiese e la celebrazione di un
giorno della creazione, possibilmente il 1° settembre, data
tradizionale della Chiesa ortodossa, e in ogni modo fra
settembre e ottobre.
Dal 26 al 28 febbraio scorso
si è svolto nel castello di Bossey, vicino a Ginevra, il primo
incontro del Comitato organizzativo composto da undici
persone, espressione delle diverse chiese e dei diversi paesi europei, in preparazione
del prossimo appuntamento
della Rete che avrà luogo
presso l’Accademia evangelica di Loccum, in Germania,
dal 27 al 31 ottobre prossimi,
sul tema «Verso la sostenibilità in Europa: priorità e responsabilità delle chiese».
Tra gli obiettivi dell’incontro quelli di consolidare la
Rete, dare ai gruppi di lavoro
un’occasione di confronto,
che si vuole annuale, e valutare il grado di coinvolgimento delle chiese locali in questo processo di conversione
ambientale. Oltre a ciò è previsto in quell’occasione di
proporre altri gruppi di lavoro, per esempio sul turismo,
l’emergenza acqua, e altri. La
rete europea ha già un sito
Internet il cui indirizzo è:
http://dspace.dial.pipex.com
/ srtscot/ecenhome.shtml.
Quanto all’Italia, ricordo
che la Fcei ha nominato un
gruppo di lavoro per preparare il giorno dell’ambiente.
Ma, in aggiunta, perché non
provare, sulla scia dell’esperienza inglese, a formare una
rete italiana di eco-chiese? E
se vi dicono che ci sono cose
più importanti o che la soluzione dei problemi dipende
dalle leggi e dall’efficienza
delle amministrazioni locali,
non fatevi scoraggiare.
Fra la Chiesa luterana Usa e la Conferenza dei vescovi ortodossi in America
Dichiarazione comune sulla controversa dottrina della Trinità
Una «Dichiarazione comune luterano-ortodossa sulla
fede nella santa Trinità» è il risultato recente del dialogo in
atto da diversi anni fra la
Chiesa luterana degli Stati
Uniti (Elea) e la Conferenza
dei vescovi ortodossi canonici
in America. Un documento di
13 paragrafi, reso noto il 19
febbraio scorso, discute degli
aspetti storici e teologici del
Credo niceno-costantinopolitano, riprendendo la dottrina
trinitaria e la nota controversia del «filioque», su cui le due
chiese sono tradizionalmente
in disaccordo. Nella versione
originaria del Credo, che risale ai Concili di Costantinopoli
(325) e di Nicea (381), si afferma infatti che lo Spirito procede «dal padre»; la successi
va aggiunta dell’espressione
«filioque» («e dal figlio») è accettata dalla Chiesa luterana
(e in generale dalle chiese
dell’Occidente, protestanti e
cattolica) ma non da quella
ortodossa. Secondo il metropolita Máximos di Ainou, vescovo di Pittsburgh e copresidente ortodosso della commissione di dialogo, «la Dichiarazione comune è un passo avanti nel dialogo riguardante la controversia del “filioque”. Le differenze nella fede e nella teologia restano ma
almeno adesso possiamo trovare accordo sul dato storico,
che la clausola del “filioque" è
un’aggiunta che contraddice
il credo originario e dovrebbe
essere eliminata, quanto meno per ragioni storiche».
«I membri luterani della
commissione per il dialogo
raccomandano l’uso del Credo senza l’aggiunta occidentale del “filioque”», afferma
Donald MeCoid, vescovo del
Sinodo della Chiesa luterana
in Pennsylvania e copresidente luterano. Ma la Dichiarazione si sofferma anche su
alcuni aspetti che richiedono
la prosecuzione del dialogo.
«I luterani non sono pronti a
considerare la dottrina dello
Spirito Santo che procede dal
padre e dal figlio come una
eresia, come un insegnamento contro la fede nella santa
Trinità. Guardiamo avanti ad
un tempo in cui le nostre
chiese confesseranno la fede
nicena attraverso un uso liturgico comune della ver
sione inalterata del Credo del
381. Crediamo che questa
comune dichiarazione di fede ci condurrà alla soluzione
delle differenze teologiche
che ci stanno ancora davanti». La disponibilità dei luterani a riconsiderare il Credo
nella versione originaria del
381 è coerente con le indicazioni della Federazione luterana mondiale (Firn), di cui
la Chiesa luterana Usa è
membro, che nel 1990 raccomandava che «le chiese che
già usano il Credo niceno
nelle loro liturgie possano attenersi alla versione del 381».
Il prossimo incontro ufficiale
per il dialogo luterano-ortodosso negli Stati Uniti si svolgerà dal 12 al 14 luglio in
Pennsylvania. (nev)
Il Congresso della Federazione battista europea si svolgerà a Wroclaw
Battisti europei: fare da ponte a Gesù Cristo verso il futuro
Nella città polacca di Wroclaw, meglio conosciuta col
nome precedente di Breslavia, si terrà dal 20 al 25 luglio
prossimi il congresso della
Federazione battista europea.
11 congresso non è un’assemblea ma un grande incontro
di popolo in cui normalmente
convergono migliaia di battisti da circa 50 Unioni battista
europee e mediorientali. Il tema «Bridge to thè future Jesus
Christ» (di difficile traduzione: far da ponte a Gesù Cristo
verso il futuro) risente non solo del fatto che il 1999 sia l’ultimo anno del secondo millennio ma anche che il congresso di quest’anno abbia
luogo nel cinquantenario dalla fondazione della Federazione. Ancora una volta fa capolino l’arco di tempo biblicamente segnato dal giubileo.
Anche i battisti europei hanno dunque il loro giubileo!
L’ultimo congresso si svolse
a Lillehammer nel 1994, pochissimi italiani vi parteciparono. Quello di quest’anno
sarà il decimo. David Coffey,
attuale presidente della Federazione, invoglia così i battisti
europei alla partecipazione:
«Venendo da molte e differenti culture il Congresso costituirà una meravi^iosa opportunità per dimostrare al nostro mondo così diviso che
persone dai background così
diversi possono trovare una
gioiosa unità in Gesù Cristo.
Vorrei estendere a voi tutti
questo invito personale a
raggiungerci a Wroclaw».
Wroclaw, città natale di Dietrich Bonhoeffer, è la quarta
città della Polonia per numero di abitanti (circa 700.000)
ed è conosciuta come la città
delle isole, delle chiese e dei
ponti. I battisti polacchi sono
presenti in città con due
grosse chiese che costituiranno il cuore dell’organizzazione dell’evento. L’Ucebl spera
di organizzare un autobus
dall’Italia. Chi fosse interessato a partecipare può con
tattare gli uffici dell’Unione
battista o anche la redazione
di Riforma di Napoli per ulteriori informazioni.
Altro grosso evento, questa
volta organizzato daU’Alleanza mondiale battista, sarà il
XVIII Congresso mondiale dei
battisti ebe si terrà in Australia a Melbourne all’inizio del
2000 (5-9 gennaio). Chi pensa
(o sogna) di parteciparvi naturalmente dovrà prepararsi
per tempo dato il periodo e i
costi di viaggio. Anche per
questo importante evento internazionale informazioni e
schede di partecipazione possono essere richieste agli uffici dell’Unione battista.
Il pastore Jan Paulsen eletto presidente
mondiale della Chiesa avventista
USA — Il 1“ marzo è stato eletto dal Comitato esecutl»
della Conferenza generale degli avventisti del 7° giorno, col
posto da 244 membri in rappresentanza di 90 paesi, il nu,!,
presidente mondiale, pastore Jan Paulsen. Egli è stato vìb
presidente della Conferenza generale dal 1995 ad oggi, WWfCO
del 1995 è stato presidente della Divisione trans-euroneaT
1Qn^a11QQt^ Uo il ___i:___
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ipolem
1983 al 1995. Ha anche svolto il ministero di pastore, di dirrfL colletti
tore di Dipartimento, di^docente e di preside di istituti ’
riori. Nato in Norvegia, Paulsen è il primo europeo eletto"S ^
carica di presidente mondiale della chiesa. Paulsen ha cot^^cerche
CTllitn \ cimi titnii olio T _ ,
~---^--r----------- X CXUlOCli Ucl UOnSP*»*
güito i suoi titoli accademici alla Andrews University nel Mie
phitypirì p iill’T TniAriircitQ Hi TiiKir^nro ìio n___i_ fainli
chigan e all’Università di Tubinga in Germania. Per la sceli®®
del presidente, il Comitato ha preso in considerazione olt,Wi^®reghi
10 nominativi. Nel corso della mattinata del 1° marzo han«^® ^
sentalo una dichiarazione Robert S. Folkenberg, presidenii®®^®^*'*^ p
uscente della Chiesa avventista mondiale. Il pastore Folkeif ”
berg nello scorso mese di febbraio aveva rassegnato le sue^W'® ® P’
missioni a causa di una querela a suo carico. Egli aveva pref|^°f°’
rito farsi da parte per non recare pregiudizio alla chiesF
Folkenberg ha ringraziato il Comitato per avergli dato l’ol“,, mn
portunità di dirigere la chiesa per oltre 8 anni. Nel corso ‘^„nn
suo mandato il numero dei membri di chiesa è passato daiif
milioni del 1990 agli oltre 10 milioni attuali.
La Chiesa evangelica di Guinea-Conakry
soccorre i profughi della Sierra Leone
bia fatto rh
«istrato e ai
^ascrivere
Cereghino,
iffllareligic
CONAKRY — La Chiesa evangelica di Guinea-Conakry è M. Ganepa
pegnata nel soccorso ai rifugiati dalla Sierra Leone. Ha decisoìmolto note
venire in aiuto a 2.600 profughi, offrendo loro l’assistenza Éicon 11 nom
montare. La Chiesa protestante evangelica ha scelto prima foli nel Ubn
campo profughi di Kalia che ospita la maggior parte delle popo‘portata un’
lazioni dislocate. Poi interverrà negli altri campi di Molah,Fa-tali 10 ma
morya e Déguidégui, vicini al confine con la Sierra Leone, asud'conibatten
del paese. Questa assistenza alimentare sarà potenziata grazie poale, ilive(
alla coltivazione di diversi ettari di terre per la produzione diri- berti di co
so e di tubercoli. Tale esperimento era già stato tentato inpas- ghino, farei
sato: 600 ettari di terre arabili erano stati bonificati a favore di sate alla «s1
profughi della Sierra Leone. La Chiesa evangelica ha preso que-' iepottazioi
sta iniziativa di fronte al crescente arrivo di profughi che fogge- ®®®®
no i combattimenti sia a Freetown sia nelle zone interne del
paese. A fine gennaio, oltre 2.000 corpi di civili e di combattenti
sono stati raccolti nelle strade di Freetown dopo parecchi dot-1
-----—. ... -T 'Menesded
ni di scontri tra le truppe africane d’intervento (Ecomog) eiri
belli del Fronte rivoluzionario unito (Ruf). (apicisppj
Delegazione ecumenica ungherese
incontra esponenti dell'Unione europftì
pitoloaifa
se viene I
lietà àeUi
zioné, hi
scritto «a
zampate^
Giovai®
uiuvau]
BRUXELLES — Per la prima volta una delegazione ecume- nonèsti
nica (protestanti, cattolici ed ebrei) proveniente da un paese c/o dell
-----VJ'- — —wwvx J^A VX V VXCl IXll |XUVVV
centro-europeo, l’Ungheria, ha incontrato ufficialmente alti
esponenti dell’Unione europea. La delegazione ungherese,
guidata dal vescovo luterano Bela Marmati, ha incontrato siali
presidente Jacques Santer che il presidente del Parlamento
europeo, Gil-Robles, in vista della presentazione di una domanda di adesione da parte ungherese, forse - è stato dettoentro il 2004. «L’Unione europea non è il regno di Dio-ha
commentato il vescovo Marmati - ma certo farne parte sari
un passo avanti per il nostro paese». fneo/eni]
storia», p
Noitsi pE
Den End
Europa dell'Est: indagine
sulla religione dopo il comunismo
GERMANIA — Appena un quarto dei cittadini della Repubblica ceca e dell’ex Germania Est e il 32% degli ucraini sono
collegati a una chiesa. Queste cifre provengono da un’indagine compiuta nei paesi dell’Europa centrale e orientale, pubblicata di recente in Germania. In Polonia, il 93% della popolazione appartiene alla Chiesa cattolica romana, in Croazia
l’85%, in Slovacchia e in Lituania il 70%. Nei 10 paesi ex comunisti presi in esame, i cattolici romani costituiscono la
maggioranza dei cristiani, a eccezione della Romania®
dell’Ucraina (ortodosse) e della Germania dell’Est (luteranilII57% delle persone interrogate si dichiara religioso. La metà
indica inoltre che essi stessi o qualcuno dei loro parenti sono
stati perseguitati per motivi religiosi. (apic/sppì
'Uni
fede,
Le chiese americane ribadiscono il loro
impegno per la giustizia razziale e la pace
NEW YORK — Rinnovato impegno del Consiglio nazionale
delle chiese Usa (Ncc) per la giustizia razziale e la pace. Riu®'’
to il 16-18 febbraio a New York, il Comitato esecutivo del Ncc
ha elaborato e ora sottoporrà all’attenzione delle chiese alcun«
priorità: dalla campagna «Jubilee 2000» per la cancellazio®«
del debito estero dei paesi più poveri all’allargamento della 1®
gislazione sulla richiesta di asilo politico; dalla vigilan^^
510ÌUX.1VX11V. ouiia iiciiic&id ui asiuu pumico; uaua vigi*“*sull’applicazione degli «Accordi di Kyoto» sulla tutela deU’a®
biente al rafforzamento delle leggi che regolano i diritti alla®
■ ----- . . . . -66 .6-------- (nev/nccni
bertà religiosa degli studenti delle scuole pubbliche.
Zimbabwe: mobilitazione delle chiese
contro il deterioramento del clima sociale
HARARE — Mobilitazione delle chiese dello Zimbabwe, i®
Africa, di fronte al progressivo deterioramento del clima
ciale nel paese, culminato ultimamente nell’arresto di alcu^
giornalisti e nell’intimidazione di attivisti delle organizzazi®'
ni per la difesa dei diritti civili. In un comunicato, l’Alle^
evangelica dello Zimbabwe (Efz, che riunisce 103 cm®
evangeliche per un totale di circa due milioni e mezzo di '
deli), stigmatizza la svolta repressiva del governo e sottolm
che «...i poteri concessi dal Signore a chi è chiamato a
nare devono essere improntati alla giustizia, all’umil^S
all’ascolto dei desideri del popolo».
5
^RZO lù
)ì 12 MARZO 1999
PAG. 5 RIFORMA
La vicenda, 150 anni fa, di una famiglia valdese dell'entroterra ligure
I Cereghino di Favaie di Malvaro
fjn recente libretto dì un frate cappuccino «rivede» i fatti accaduti in chiave
irnpì pQfemica, minimizzando e difendendo le posizioni cattoliche del secolo scorso
s stato vic(
oggi- Prin^
piAiieO SCARAMUCCIA
areSil collettivo culturale «11
“ Lppo», un sodalizio laico
aveva contribuito con le
stituti sup
m £cor£ricerche musicali a portarsitvntì&’attenzione dei chiavarsiiy nei^je^ ¿ei cantasto
azione*, ^
Cereghino, e
pryn e «le testimonianze so
Sanfihppo
me rouceii r a prendersela con il
Ito le perché egli non fece
dovere, che era
alla chiesi jjq «difendere la fede
li dato l'o|l comunità affidata alla
el corso# responsabilità»: il fatto
assato dai||,e^ anziché difenderla con
forza dell’Evangelo, lo abbia fatto rivolgendosi al ma)n3krV ^ carabinieri non è
/ ilfl ascn\
one
Il ascrivere a sua colpa ma ai
Cere^iino, che avevano offeso la religione dello stato. G.
inakry è imi. Canepa, un partigiano
Ha deciso(Éiaolto noto da queste parti
sistenza ali'con il nome di «Marzo» (di
:lto prima imi nel libro del Gruppo è ridelle popo. portata un’intervista rilascia: Molah, Fa-ta ilio marzo 1980), è «un
.eone, a sud combattente comunista», il
iziata grazie q* invece di parlare di liuzionediri- berti di coscienza dei Cereitato in pas- Slt®“’ farebbe meglio a peni a favore di alia «storia di sangue, di
1 preso que- deportazioni, di gulag, di torichefum- ture inumane, di persecuziointerne del stermini» del regime
imbattenti comunista Marco Forcella,
rprrhi «ira. clie nelsuo libro La fatica e la
imnoipiri. Mericsdedica il secondo ca^ pitelo ai fatti di Favaie, anche
se viene riconosciuta la serietà della sua documentazione, hall torto di avere
sciitto «con interpretazioni e
zampatedel tutto giacobine».
GiovanniMeriana, infine,
ine ecume- nonèstatO"|Blice «nell’intreca unpaese c/odeirinvenzione con la
Imente alti j storia», perché così facendo
ungherese, non ha colto la verità storica.
(apiclsppì
rop
ntrato siati
’arlamento
di una dotato dettoli Dio - hai
parte sari
(nevleriìì
Non si parla male di T. Van
DenEnd [Paolo Geymonat,
L’il ottobre 1998 a Favaie di Malvaro, un piccolo paesino
dell’entroterra chiavarese, si era tenuto un simpatico incontro fra la popolazione e un gruppo di valdesi venuti dalle
Valli per ricordare le vicende della famiglia Cereghino, o meglio di una parte di essa, che divenne evangelica e fu perseguitata per la fede in quel paese. L’incontro si tenne, auspice
l’amministrazione comunale, sulla scia di un libro pubblica^
to l’anno prima da Giovanni Meriana, Cereghino, storia dimenticata dei valdesi in Liguria, che presenta in maniera un
po’ romanzata gli eventi relativi a questa famiglia. Si è trattato di un momento giudicato da tutti promettente e significativo, anche se alcuni, come il giornale «Il lavoro» nella cronaca del 23 ottobre, evidenziarono atteggiamenti contraddir
tori tenuti dai rappresentanti della Chiesa cattolica.
Ora è stato messo in circolazione un libretto, presentato come «pubblicazione fuori commercio - stampato in proprio dicembre 1998», dal significativo titolo Una colonia valdese a
Castello di Favaie. La realtà dei fatti (1848-1919) con un bel
dipinto a colori di una Madonna in copertina. Ne è autore
padre Celso da Favaie, frate cappuccino, il quale, in occasione del 50“ anniversario del suo sacerdozio, intende pubblicare un libro dal titolo II mio paese (dedicato appunto a Favaie
di Malvaro), di cui il libriccino costituirà il secondo capitolo.
In esso l'autore si propone di rimettere a posto i fatti relativi
ai Cereghino e raccontare finalmente la verità su essi. A parte
i toni ovvi in uno scritto con chiaro intento apologetico come
questo, è comunque singolare il modo con cui vengono trattati gli autori che si sono occupati della vicenda, per dimostrare che non sono de ffii di fede.
Claudiana, 1969), che pure
ha parlato dei Cereghino, ma
probabilmente solo perché
l’autore non lo conosce.
È poi veramente strana la
lettura della storia che viene
fatta. Secondo il padre Celso
da Favaie, che ha diffuso il libretto intitolato Una colonia
valdese a Castello di Favaie.
La realtà dei fatti (18481919) non ci fu nessuna intolleranza del parroco e della
Chiesa cattolica verso i Cereghino. Neppure lui peraltro
deve sentirsi molto tranquillo nel fare questa affermazione, se si domanda: «E il carcere?». Ma subito tranquillizza il lettore con questa risposta: «Se per qualcuno dei vaidesi ci hi, si chiami in causa
non Favaie e la Chiesa ma il
codice penale del regno sar
do piemontese; quel processo del 1853 non è imputabile
ai cattolici: lo si deve a infrazioni del vigente codice penale, e nella fattispecie lo si
applicò con larga indulgenza». Peccato però che non si
dica che il procedimento fu
iniziato su denuncia del parroco e che l’indulgenza resta
tutta da dimostrare: è vero
che gli imputati furono condannati in maniera abbastanza lieve ma la detenzione preventiva era stata assai
pesante e comunque abbondantemente superiore a tutte
le pene irrogate.
In Favaie esiste tutt’oggi,
murata nella chiesa parrocchiale, una lapide «A guardia
del cattolico dogma, contro
la qui intrusa valdese eresia»:
secondo padre Celso essa
non va fraintesa, come qualcuno fa, come una «lapide
antivaldese», perché si tratta
di «interpretazione inesatta
di una memoria storica collocata nella parrocchiale non
in chiave anti ma per» (in
grassetto nell’originale). Infatti essa sarebbe stata apposta «non contro i valdesi, caso mai contro l’eresia valdese». Si tratta di un modo molto singolare di valutare gli
eventi, come se «l’eresia valdese» camminasse per conto
suo e non con le gambe e con
le teste di uomini e donne, i
valdesi appunto.
Da una citazione di Giorgio
Tourn, che scrive in un suo
libro che «l’impostazione
missionaria evangelica era
frutto di una lucida scelta, rivolgersi al popolo e non all’élite, ai contadini di Favaie,
Guastalla o Riesi, prima che
all’intellettuale cittadino», si
evince che «questo era il loro
metodo di proselitismo: carpire la buona fede dei contadini, cioè dei semplici, come
accadde ai poveri Cereghino
di Castello». Mi pare che i 150
anni passati dovrebbero consentire maggior equilibrio
nell’esporre fatti e vicende.
Minimizzare le responsabilità non rende un buon servizio alla verità: non mi sembra
possibile che il vento del revisionismo storico possa cancellare anche certe situazioni
accadute a Favaie. È indubbio che i Cereghino fossero
persone che volevano pensare con la loro testa e che non
tollerassero la disciplina e le
ingiunzioni della Chiesa cattolica, sicuramente non erano facili da gestire per i loro
preti, ma le denunce ci furono così come la consegna al
braccio secolare. È vero che
alcune delle loro canzoni erano fortemente anticlericali
Momento di raccoglimento presso la lapide dei Cereghino a Favaie,
in occasione del viaggio organizzato da «La beidana» e dal Centro
culturale valdese nell’ottobre scorso
ma ciò non sin può ascrivere
al fatto che erano «sobillati
dai loro pastori», perché esse
erano precedenti alla conversione e anzi, dopo di essa, i
toni furono smorzati e comparvero, accanto al repertorio satirico, altre canzoni, tipo «O beati su nel cielo i redenti del Signore» (come testimonia la ricerca condotta
dal Gruppo).
Anche le abiure documentate dal frate cappuccino non
hanno motivo di essere
smentite: furono un fatto, mi
pare, fisiologico e normale in
vicende di questo tipo. Però
questo non basta per affermare che il fenomeno si
spense con la morte di Stefano Cereghino: a Favaie sì, per
quanto umanamente verificabile, ma non altrove. Ci sono le chiese di lingua italiana
fondate negli Stati Uniti, ci
sono i membri della chiesa di
Favaie emigrati a Genova e
altrove (alcuni furono noti e
attivi colportori in diverse
parti d’Italia), c’è la chiesa di
Chiavari, fondata proprio da
quel Leone Garbarino (che
padre Celso ricorda nel suo
libretto, erroneamente definendolo «pastore»), che fu
anziano della Chiesa battista,
dopo esserlo stato di quella
valdese. Questa chiesa continua ancor oggi, portando
avanti il messaggio ricevuto
proprio dai Cereghino: sul
pulpito sta significativamente la vecchia Bibbia tradotta
da Diodati, che era nella
chiesa di Favaie, donata dall’anziano Gardella (che, originario di Favaie e maritò di
una Cereghino, l’aveva ricevuta in eredità), perché rappresentasse la continuità fra
quella e questa testimonianza di fede.
Tanti anni passati consiglierebbero più cautela e meno apologia: nessuno è senza
colpa ma, dove errori furono
fatti, non devono essere taciuti o nascosti. Non vogliamo che siano ricordati per
condannare ma proprio perché non si ripetano in futuro.
Certo, furono anche frutto
dei tempi: ma causarono dolori e non possono essere fatti passare per difesa dell’
Evangelo. L’Evangelo si difende da solo e non ha bisogno della legge e dei carabinieri: questo è un principio
che non si può tacere e gli
esempi, come questo, che ci
vengono dai tempi andati,
devono essere ricordati per
cercare, se possibile, di non
sbagliare più.
Il libro presentato a Torino
<Un filo tenace» che unisce
tede, amore e impegno civile
loro
la pace
Bse
sociale
ibabwe,f
clima so;
5 di alca'"
anizzaziO'
l’Alleane
03 chie^
3ZZO di “■
sottolin«*
l’umiltà
(nev!e^''
*C’è uno stato che ritiene
tlie le sorti del singolo non
tisno disgiunte da quelle del
paese, un’Italia protestante,
“teinoranza, che come CoPetti sente un’inesorabile vo®otàad andare fino in fondo
®aza sentimentalismi». Così
giornalista Bruno Quaranta
introduce la figura forte e
*e«iva di Willy Jervis durante
“Presentazione di Un filo te¡inee*. il libro che raccoglie le
l^re di Willy e della moglie
lucilia durante i mesi di pri9onia nel 1944 e la successi^Mtrispondenza tra la stes^ Lucilla e Giorgio Agosti,
?^trato e commissario regnale di Giustizia e Libertà,
■ucontro, promosso dall’
ututo piemontese per la
della Resistenza e della
^¡6tà contemporanea, si è
fpKk ^ Torino lo scorso 22
.( °raio ed è stata un’occaae per approfondire le fin re di Jervis e della moglie
ao un profilo più familiare:
jjj?rgio Rochat, nipote di Luj3.oa ripercorso un certo
jODiente culturale valdese
" anni dell’ascesa del fa
scismo, «un ambiente in cui
c’è un antifascismo vissuto
ma non proclamato, che si
accompagna alla ricerca teologica»: è il momento di Gioventù Cristiana (di cui Willy
sarà cassiere per un periodo)
e di una riflessione culturale
che porterà poi molti (tra cui
Francesco Lo Bue, Mario Alberto Rollier e lo stesso Jervis) alla scelta politica della
Resistenza.
Dalle pagine del libro («un
lavoro di straordinaria serietà
scientifica» come sottolinea il
pastore Giorgio Bouchard),
emerge nitida anche la persona di Agosti: «Figura malinconica, mesta e sommessa», la
definisce lo storico Gianni Perona che conclude commentando le lettere del dopoguerra a Lucilla Rochat: «Agosti la
Resistenza se la raffigurava
come una tragedia realizpta
e poi mancata, incompiuta
nei risultati perché non aveva
portato le attese trasformazioni radicali; disincantato lo
vediamo trasferire l’energia
delle grandi cose che non si
sono potute fare nelle piccole
che invece si possono». E fra
queste innanzitutto la fedeltà
agli amici, a Lucilla e ai figli
Gionni e Paola.
(*) Lucilla Rochat-Giorgio
Agosti: Un filo tenace. Lettere
e memorie 1944-1969: Willy
Jervis. A cura di Luciano Boccalatte. La Nuova Italia editrice,
Scandicci (Fi), 1998.
I giovani valdesi di Torino lavorano a una trasposizione teatrale
L'amore di Lucilla al centro del carteggio Jervis-Rochat
SIMONA PIOVANO
PAOLO ZEBELLONI
IO vi benedica e vi
guardi, ci rivedremo
di certo lassù, bacia i bimbi
per me, poverini, sii forte per
loro, tuo Willy». Queste toccanti parole furono scritte da
Willy Jervis con il sangue
all’interno della copertina
della sua piccola Bibbia, che
miracolosamente riuscì a
buttare al di là del muretto
che circonda la piazza di Villar Pellice, poco prima di essere fucilato. La Bibbia fu poi
miracolosamente trovata
da un’operaia della Crumière
e restituita a Lucilla. Così,
mentre Willy entrava a far
parte della storia, Lucilla rimaneva sola con il suo dolore
e tre bambini da tirar su. Lucilla era una donna forte e
coraggiosa, fondamentale
punto di riferimento sia per
Willy che per i figli.
Pur non essendo un romanzo, questa vicenda è stata definita dall’autorevole
giornalista Giampaolo Pansa
una vera storia d’amore. È
proprio questo amore, che si
concretizza in una fede autentica e tenace in Dio e in
un reciproco sentimento profondo, a colpirci, ad affascinarci e, per il tragico epilogo,
a rattristarci.
Il nostro interesse per questa vicenda è maturato nell’ambito delle attività giovanili delle chiese valdese e battista di Torino, per le quali è
prevista anche la messa in
Willy Jervis con la moglie Lucilla e I figli a Cavi di Lavagna (1940)
scena di un lavoro tratto da
Un filo tenace. In questo
splendido libro, la figura di
Willy emerge chiaramente,
mentre la figura di Lucilla appare più sfuggente, come se
lei volesse dissimulare i suoi
sentimenti. Nelle sue lettere
non si trova una sola parola
di disperazione, una indecisione o un rimprovero per le
scelte che hanno strappato
suo marito a lei e alla sua famiglia; al contrario appare
sempre pacata, paziente e fiduciosa in un futuro migliore. È stata così brava e così
forte nel contenere il suo immenso dolore, per le persone
che più amava, da ingannare
quei lettori che l’hanno giudicata una donna così perfetta e inattaccabile, da non
sembrare quasi plausibile. A
noi questo non sembra giu
sto: Lucilla appartiene alla ristretta categoria di persone
che nella loro vita hanno
realmente amato. Per amore
è riuscita a trasformare la
propria disperazione per il
martirio del marito, seviziato,
fucilato e, come monito, impiccato, in una grande testimonianza di fede e amore.
Non è stato facile, per noi,
ascoltare i racconti di loro
parenti e amici, e apprendere
chi fossero realmente Lucilla
e Willy, perché ci siamo sentiti intrusi, elementi estranei
in vite non nostre.
La nostra piccola ricerca
quindi finisce qui, ma vogliamo conservare l’insegnamento che questi due fratelli
in Cristo ci hanno voluto lasciare. Un pensiero e un ringraziamento sincero vanno al
pastore Giorgio Bouchard, a
Emma Rochat Gay e a Daniele Rochat: i loro racconti ci
hanno restituito la dolcezza
di Lucilla e il coraggio di Willy, e grazie alle fotografie affidateci abbiamo potuto condividere alcuni dei loro momenti felici.
ARCHIVIO STORICO
DELLA TAVOLA VALDESE
Nuovo orario di apertura
martedì, mercoledì, venerdì ore 9-13 -14-18
Tel. 0121 -91603 fax 0121 -91604
6
PAG. 6 RIFORMA
:-'M Un convegno del Comitato torinese per la laicità della scuola pubblica
Stato laico e libertà religiosa in Italia
Mentre lo strumento delle Intese con le confessioni religiose sembra essersi
bloccato, il governo porta avanti un progetto di legge sulla libertà religiosa
VENERDÌ 12 MARZO Y
^Brutto episodio in un carcere
Anche il cappellano
può essere intollerante
spedizione
grt.2comrr
in caso dii
gl mittent®
L'Editore si
JEAN-JACQUES PEYRONEL
Cf ERA un folto e attento
pubblico al convegno
di studio organizzato dal
Comitato torinese per la laicità della scuola, domenica
21 febbraio, al Circolo della
Stampa a Torino. A che punto sono i rapporti tra stato
laico e minoranze religiose
oggi in Italia? Perché lo strumento delle Intese sembra
esserci inceppato? Che cosa
pensare del progetto di legge
sulla libertà religiosa?
Introducendo i lavori il
prof. Carlo Ottino, direttore
del periodico «Laicità», ha rilevato come la Costituzione
italiana sia frutto di un compromesso tra due tradizioni
culturali e politiche profondamente diverse e come l’inserimento degli articoli 7 e 8
nel testo costituzionale risulti spesso in contrasto con altri articoli. Grazie al Concordato, la Chiesa cattolica romana risulta più uguale delle
altre confessioni. Si hanno
quindi tre livelli: la Chiesa
cattolica romana («Serie A»),
le chiese che hanno firmato
l’Intesa («serie B»), le chiese
o associazioni che non hanno ancora raggiunto l’Intesa
(«serie C»),
Il professor Gianni Long,
dell’Università Luiss di Roma, ha fatto un bilancio del
quadro neoconcordatario e
delle Intese finora giunte in
porto. Dopo aver ricordato
che l’art. 8 è solo un’appendice resasi necessaria per la
presenza ingombrante dell’art. 7 e che lo stesso art. 7 è
«come un panino» la cui «sostanza» è il comma 2 (quello
sui Patti Lateranensi), Gianni
Long ha rilevato come le Intese appaiano sempre di più
come «concordatini» con le
confessioni diverse dalla cattolica romana, e servano soprattutto a regolare le questioni di carattere finanziario
tra chiese e stato. Verso la fine degli Anni 80 si è cominciato a dire che la stagione
La firma della Costituzione repubblicana
delle Intese si era conclusa.
Francesco Ciafaloni, del
Comitato «Oltre il razzismo»,
si è soffermato sul variegato
mondo dell’immigrazione
extracomunitaria e sulle questioni socio-culturali ad esso
connesse. Per molti immigrati la questione più importante è quella di ottenere la cittadinanza, e spesso questo
avviene attraverso i matrimoni niisti. Rimane aperta la
questione degli immigrati
non credenti e non collegati a
una loro rete etnica e/o religiosa. Infine il prof. Alfonso
Di Giovine, dell’Università di
Torino, si è soffermato sulle
garanzie costituzionali della
libertà dei non credenti. La
Costituzione non fa un esplicito riferimento all’ateismo
ma si fa garante della libertà
di coscienza (art. 19 e 21). Rimane da superare, ha detto
Di Giovine, quello che Temolo chiamava «confessionismo
di costume», cioè quella cultura cattolica radicata nella
mentalità e nel comportamento della maggioranza degli italiani.
Il pomeriggio è stato dedicato a una tavola rotonda su
«Stato laico e libertà religiosa» alla quale hanno preso
parte Elsa Bianco, per l’Unione buddista, Giorgio Bou
chard, per la Chiesa valdese.
Guido Fubini, per la comunità ebraica, Vittorio Morero,
per la Chiesa cattolica, Sergio
Rosati, per i Testimoni di
Geova e Roberto Picardo per
la comunità islamica di Milano (Ucoii). Don Morero ha
affermato che anche nella
Chiesa cattolica vi è un dibattito sulla laicità. Ha inoltre
asserito che «l’ateismo ci ha
aiutati a scoprire un volto di
Dio che avevamo dimenticato», cioè quello di un Dio che,
morendo sulla croce, annulla
se stesso, restituendo all’uomo lo spazio della sua libertà.
Per Morero quindi i rapporti
tra chiese e stato devono essere iscritti in un rapporto tra
società e stato, facendo in
modo che lo stato non prevalga sulla società civile.
Bouchard e Fubini, denunciando il clima confessionale
che si respira oggi in Italia,
hanno difeso lo strumento
delle Intese che permette un
riconoscimento delle comunità religiose in quanto «corpi
intermedi» tra lo stato e l’individuo. Questo strumento è
tanto più necessario, ha sottolineato Bouchard, in quanto
oggi viviamo in un tempo segnato sia dalla crisi dello stato
laico sia dal fallimento del
«socialismo reale», ateo e ido
latra della sola Ragione. Quelli
della «serie C» hanno sottolineato l’importanza per loro di
accecjere aìTIntesa, unico modo per non essere più considerati come «sette» o come
realtà religiose o filosofiche
estranee al «confessionismo
di costume» e quindi sottoposte alle leggi fasciste sui «culti
ammessi». Rispetto al progetto di legge sulla libertà religiosa, tutti si sono dichiarati sostanzialmente d’accordo, nonostante alcune perplessità:
la legge assicura sì la libertà,
ma non l’eguale libertà rispetto alla Chiesa cattolica romana.
I numerosi interventi del
pubblico sono ruotati attorno
al concetto di laicità dello
stato. Il prof. Giorgio Peyrot
ha definito il progetto di legge sulla libertà religiosa una
«vergogna» che va rifiutata
perché anticostituzionale, in
quanto lede il 1“ comma
dell’art. 8. Molti hanno denunciato il fatto che lo stato è
laico solo di nome e che è difficile sperare che esso possa
un giorno considerare la
chiesa di Roma come una fra
le altre. D’altra parte, forse,
non c’è sufficiente chiarezza
sull’idea stessa di laicità. È riduttivo considerare la laicità
come semplice neutralità
dello stato rispetto alle credenze e alle religioni. Alcuni
interventi hanno sottolineato
che nessuna società, tanto
meno quelle multietniche,
multireligiose e multiculturali, può vivere senza l’esistenza di un patto laico, cioè repubblicano, che non solo garantisce i fondamentali diritti
di libertà ma stabilisce anche
i doveri a cui sono tenuti tutti
i cittadini. Anzi, la cittadinanza risiede nella piena adesione a questo patto in base al
quale tutti gli individui e tutte le organizzazioni civili, politiche e religiose, sono uguali
davanti alla legge. Il problema, in Italia, è che quel patto
comprende un corpo estraneo, cioè il Concordato.
STEFANO D’ARCHINO
La scena si svolge all’inter1 '■
no di un carcere. Siamo in
un grande corridoio dove i
detenuti passano a gruppetti,
per andare in cortile per il periodo di aria. Sta passando un
gruppetto di una decina di
detenuti fra i quali c’è Ciro.
Ciro ha iniziato ormai da due
anni a leggere la Bibbia: dapprima aveva iniziato a leggerla per esercizio; quando uscirà, infatti, vorrebbe poter
dire: «Ho pagato il mio debito, ma ho anche studiato». E
dunque sapere anche cosa
c’è scritto nella Bibbia gli
sembrava una buona cosa.
Poi il suo interesse per quel
testo era cresciuto sempre di
più, fino a leggere la Scrittura
con assiduità. Ai primi dubbi
si era rivolto al cappellano
cattolico, ma non aveva ricevuto risposte che lo convincessero. Gli sembrava che fra
la dottrina cattolica, che aveva imparato da piccolo e che
il cappellano gli ripeteva, e le
parole bibliche ci fosse troppa distanza.
Su suggerimento di un altro detenuto si era rivolto allora ad un pastore evangelico, con cui aveva cominciato
un dialogo serrato, di domande bibliche, di domande
sulla Vita. E Ciro si era sorpreso: si era sorpreso della
franchezza del pastore, e si
era sorpreso nel sapere che
in Italia esiste chi fa affidamento solo sulla Bibbia per
conoscere il messaggio di Gesù Cristo. E ne aveva parlato
e, ad ogni occasione, ne parla
agli altri. Ma ecco che sopraggiunge il cappellano cattolico
che, al contrario dei ministri
degli altri culti, accede liberamente a tutte le aree del carcere e in quasi tutti i momenti, e che si è anche fermamente opposto alla domanda degli evangelici di usare la cappella per il loro culto.
«Buongiorno a voi», dice
con voce squillante il cappellano. «Buongiorno», rispondono detenuti e guardie.
«Come andiamo?», chiede il
cappellano avvicinandosi al
Il libro pubblicato dal Gruppo Abele denuncia la realtà del lavoro illegale e del caporalato
Le vite bruciate nelle terre sofferenti del Sud reclamano giustizia
MARTA ITAURIA
«U N viaggio nell’inferno
degli sfruttati... la faccia brutta del lavoro in Italia»:
così è stato definito il libro Vìte bruciate di terra. Storie, testimonianze, proposte contro
il caporalato e l’illegalità
(Edizioni Gruppo Abele,
1998) di Leandro Limoccia,
Angelo Leo e Nicola Piacente,
presentato il 22 gennaio a
«Casa materna» di Portici.
L’iniziativa, patrocinata dal
Comune di Portici, è stata organizzata da diverse forze
presenti sul territorio: la
Chiesa metodista e quella
riformata, le locali comunità
parrocchiali, le associazioni
«Libera» e Agorà Onlus, e il
35° distretto scolastico Portici-Ercolano. In apertura il pastore Sergio Manna, rivolgendosi a più di 180 persone, ha
ricordato che quella serata
era un primo segno da parte
di forze diverse di voler compiere insieme un cammino di
educazione alla legalità, alla
cittadinanza e alla riappropriazione del territorio.
Don Tonino Pálmese, moderatore dell'incontro, ha dato la parola all’ospite d’onore
della serata, Piero Luigi Vigna, procuratore nazionale
antimafia, che ha curato la
prefazione al libro. «Quando
l’ho letto - ha detto il magistrato - ho sentito le terribili
vicende descritte sullo sfruttamento del lavoro come
un’offesa alla Costituzione. II
caporalato è un’indegnità costituzionale e indegni di essere chiamati cittadini sono i
caporali e chi si serve di loro
per movimentare forze di lavoro». Vigna ha ribadito che
soltanto il senso della legalità,
che poggia sul principio di
uguaglianza e di solidarietà,
può rappresentare un efficace antidoto contro ogni violenza e sopraffazione.
L’approccio del libro alla
realtà è analitico, esistenziale
e interdisciplinare. Avvalendosi delle specificità della
propria formazione culturale
e professionale, i tre autori
hanno compiuto un’istantanea del fenomeno del caporalato a partire dall’ascolto della
voce di coloro che non hanno
voce. Vite bruciate di terra è
appunto il grido di migliaia di
donne, uomini immigrati vittime dello sfruttamento, della
vessazione e della violenza
operata dai caporali e dalla
malavita organizzata. Angelo
Leo, sindacalista della Cgil di
Brindisi, nel libro esprime un
pezzo di memoria di ciò che è
stato ed è diventato il caporalato. Oggi assistiamo al tentativo di legalizzare quelle for
me di sfruttamento del lavoro
che fino a ieri erano considerate illegali. Il caporalato esiste perché c’è un sistema economico che intende governare il mondo senza regole. O
meglio, vale la regola del più
forte. «Ci sono figli - ha detto
Leo - che vedono le proprie
madri alzarsi alle tre del mattino per andare a guadagnare
quattro soldi. Quale concezione della vita possono avere
questi ragazzi? E triste verificare che ci sono sempre meno persone, organizzazioni e
associazioni che si oppongono a questo sistema. Senza
una reale presa di coscienza
da parte della società civile
non si sconfiggerà questo fenomeno».
Nicola Placente, sostituto
procuratore presso il tribunale di Brindisi, ha messo in
luce che a partire dai primi
Anni 90 il caporalato è diventato un fenomeno che si connette alla criminalità organizzata e soprattutto a un
aspetto particolare della sua
attività, cioè la «ricerca del
consenso». L’aggregazione
del consenso è appunto la
mansione svolta dal caporale. Quando, per esempio,
l’ufficio di collocamento non
funziona, il caporalato offre
l’immediata possibilità di
avere un lavoro. L’amara
considerazione di Piacente è
che, come sono diminuiti i
processi di mafia, le denunce
per i reati di Tangentopoli,
così sono diminuite anche le
denunce dello sfruttamento
del lavoro. «Siamo di fronte a
una minore disponibilità dei
cittadini - ha detto - a raccogliere prove sull’esistenza del
fenomeno mafioso che è
sempre più connesso con il
problema del lavoro. È assolutamente necessaria una sinergia tra il magistrato, il sindacalista, e il volontariato laico ed ecclesiastico. È importante che il cittadino continui a indignarsi e a rivendicare sul posto di lavoro o per
le strade la propria uguaglianza e la propria dignità».
La conclusione è stata affidata a Leandro Limoccia, sociologo e vicepresidente dell’associazione «Libera», che
nel libro ha curato la parte
dedicata alle interviste e alle
proposte legislative e del volontariato. Il tema del caporalato va collocato nel più
ampio ambito di riflessione
sul lavoro. Siamo passati dal
lavoro dipendente all’epoca
della flessibilità che risponde
alla globalizzazione dei mercati. II pericolo è che la flessibilità diventi il campo in cui
le mafie creano le agenzie del
caporalato del lavoro sfrutta
to e illegale su un terreno di
affare legalizzato. Entriamo
in Europa ma le braccianti
agricole tuttora vengono
sfruttate. La sera del 24 aprile
’98, vicino a Cerignola (Foggia), un furgone omologato
per 10 persone trasportava
19 donne, (alcuni trasportano fino a 50 donne) che ritornavano a casa dal lavoro. Improvvisamente il mezzo si è
ribaltato e dai rottami sono
uscite solo in 17: due donne,
una di 36 e una di 25 anni,
sono morte. «Questa offesa
alla persona - ha detto Limoccia - deve cessare. Con
più forza bisogna rivendicare
la dignità, i diritti garantiti, i
salari adeguati e pretendere
rapporti di lavoro corretti.
Innanzitutto la società civile,
l’assodazionismo al plurale
devono contribuire a dare al
governo delle risposte sociali
concrete». Limoccia ha parlato della necessità di costruire legami sociali per realizzare un progetto politico e
culturale di cambiamento.
Vite bruciate di terra rimane
un libro aperto che fa dire ai
credenti e ai non credenti
che l’indifferenza verso gli
ultimi che soffrono è grave,
perché l’altro ci appartiene e
la sua presenza deve diventare sempre più per noi motivo
di impegno e di condivisione.
detenuto più vicino, «p^
Mario, buongiorno,
dice il primo detenuto. 1
np rinorrii'T'icimrt il o
ne ringraziamo il Sign^
padre Mario», risponde)
altro detenuto stringenà’
mano e portandosi l’alt^
petto. «Fratello in fede Ma
buongiorno» fa al suo tin
Ciro, stringendogli la
guardandolo in viso.
«Ah! - dice il cappellanoi
bandonando il tono smielj
che aveva avuto fino adeìj
- tu sei l’evangelista! Ec)
novità sarebbe questa dell
tello in fede?». «Che tuolj
tello! - interviene una guaij
- Questo è padre Mario».,!
pete - risponde calmo Cimi
è che sulla Bibbia c’è sctiii'
“non chiamate nessuno sij
terra vostro padre", dunq»;
parte il padre naturale, dift
dre ce n’è solo uno, quello»
cieli». «Ma io - dice padj
Mario con lunghe pausai
guardando gli altri - io n)
mi posso mettere a discutei
con te, perché tu non cono»
bene la Bibbia».
«Avete proprio ragione^
risponde Ciro con tranqui
lità - io non conosco dittai
Bibbia, versetto per verse*
Potrei chiamare però il pii
store evangelico, e allorapu
treste parlare voi due insie
me». «Cosa?!» interrompe i
ritandosi il cappellano. «Si
potreste parlare voi due in
sieme di fronte a noi, e coi
noi potremmo capire molti
di più, potremmo capiremo
glio...». «Ma che dicimaialza la voce il cappellano'
sempre più irritato-che
vuoi capire tu?». «Potremmoi
capire meglio la fede cristiana secondo i cattolici e secondo gli evangelicÌT.iS.ds.e
ne capiresti! Sei forse teologo tu!» dice il cappellano.
«No, certo, io non sono»
teologo - inizia quasi rasse
guato Ciro, che poi però prosegue con un pizzico di orgoglio -. Ma proprio perché»
non sono un teologo, e voi hi
siete...». «Allora?», dice il cf,
pollano avvicinandosi facciai,
faccia a Ciro. «Mi potete spio
gare - dice velocemente Ciri'
- perché sulla Bibbia si parili
dei fratelli e delle sorellei
Gesù, e i cattolici afferma»
che Maria è sempre verginei
«Ignorante! - grida a questi
punto il cappellano in facciali
Ciro, tirandolo per il colle»i
della camicia - che ne yu»
sapere, che cosa vuoi capire!'
E Ciro guardandolo negli occhi con la sua più grande calma risponde: «Fratello in fede, perché vi arrabbiate?»
Questo breve dialogo citi
qui abbiamo riportato, purO'
ferendosi ad un episodio ve
ro, è naturalmente del tuW
romanzato. Dunque i norn>'
alcuni particolari sono di f®'
tasia. Inoltre, il caso nori^
considerato come normali®
Certamente la mag„
dei cappellani cattolici non
comporta a questo tnodo. W
questo è un episodio em
matico di come recuman
smo stenti a divenire un P
trimonio comune neiv^
gradi delle gerarchie catto
che, in special modo do
queste sono in una situazi®
di forza. Comunque quel
sembra difficile da realizz
nelle carceri, è un vero sen j
zio di cappellania evange*'
Infatti gli articoli delle Im ,
che prevedono la
di accesso agli istituti di
possono essere fenilmeid®^
UN <
— Sia
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Prarosti
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va. E quindi pur riuscend
ottenere il colloquio pe
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le con detenuti che ne fan^'*
no richiesta, difficilmen^
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aperto a tutti. Nel paese ‘
tante leggi e regolamenti!
i propri diritti bisogna, c ^
sempre, farsi avanti con
stante caparbietà.
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^comma 20/B legge 662/96 - Filiale diTorino
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¡¡mittente presso l’Ufficio PTTorino CMP Nord.
L'Editore si impegna a corrispondere il diritto di resa.
Fondato nel 1848
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UN CASEIFICIO PER QUATTRO COOPERATIVE
— Sia il Consiglio comunale di Prarostino sia la Comunità
montana vai Pellice si sono occupati del progetto di collaborazione fra le cooperative lattiero-casearie del Pinerolese che
dovrebbero conferire il latte alla Latteria di Bobbio dove si
producono i formaggi; di lì le tome e gli altri derivati dovrebbero essere messi in vendita nei centri di Perosa, Pinerolo,
Prarostino, oltre che di Bobbio dove sono stati realizzati importanti lavori, mentre a Prarostino si sposterà il centro di
vendita, nell’edificio che ospita anche il museo del vino,
all’ingresso del paese. Trovato un casaro per la produzione
dei formaggi, si tratta ora di investire sulla distribuzione.
A 7
A A A A
i T T W/A ]
1 VA. A
VENERDÌ 12 MARZO 1999 ANNO 135-N. 11 LIRE 2.000 - EURO 1,03
Il nostro ultimo articolo sulla occupazione in vai Pellice si chiudeva con una riflessione: per uscire dall’impasse
attuale è necessario che si produca un rilancio di iniziative.
Si fa presto a dire, più difficile
fare. E in una zona come la
nostra, depressa come tutto il
Pinerolese, non sarà compito
facile. Vorrei ricordare però
che non è sempre stato così,
che la nostra valle ha avuto in
passato momenti di eccezionale dinamismo. Non mi riferisco alle industrie tessili di fine Settecento e poi dell’Ottocento ma ai progetti ferroviari.
Nei primo anni del Novecento
vennero progettate due serie
di ferrovie. La prima avrebbe
dovuto collegare Torre Pellice
con Mont Dauphin in Francia;
CAPACITA PROGETTUALI
LA FERROVIA
GIORGIO TOURN
sul tipo di quella del Tenda,
tutta viadotti e gallerie elicoidali, da manuale. La seconda
avrebbe dovuto collegare la
ferrovia con le cave della vai
Luserna. Anche qui i progetti
erano due; uno prevedeva un
collegamento a scartamento
ridotto che dalla stazione di
Luserna risaliva lungo la valle
fino a Mugniva. Era già una
bella impresa ma il secondo
era decisamente futuribile. Si
prevedeva una ferrovia normale che da Bobbio tagliando
l’inverso della vai Pellice e
penetrando nel vallone di
Rorà, lo attraversasse e raggiungesse le cave del Bonetto
in fondo al vai Luserna.
Il progetto era stato già approvato e i vecchi rorenghi ricordano il tracciato picchettato e il posto per la stazione
già fissato. Roba da capogiro.
Certo erano coinvolti la Ca
mera di Commercio e il Comune di Torino (era l’epoca
del boom edilizio) ma anche
imprese pinerolesi, «gente del
posto», come si usa dire. Tutte persone solite fare i propri
interessi e non beneficenza,
ad intervenire solo quando è
prevedibile un guadagno, e
non si trattava di progetti Cee
o Interreg ma di soldi propri.
Chi immagina oggi le stazioni di Bobbio, Villanova,
Rorà, un ponte in ferro che
dagli Airali va a Luserna e
treni che vanno su e giù per la
valle? Non ci fossimo cacciati nelle imprese coloniali in
Libia e poi nella grande guerra forse sarebbe così. Tanto
di cappello a quei signori:
portavano bombetta e panciotto, ma che baffi!
Val Pellice
Valorizzare
la pietra
di Luserna
Nonlenza qualche perplessità circa le modalità di finanziamento, la Comunità montana vai Pellice ha dato il via,
mercoledì scorso, al progetto
dèll’istituto europeo per la
valorizzazione delle attività
artigianali della pietra di Lusema. Sede dell’istituto sarà
Villa Olanda a Luserna San
Giovanni, storico stabile di
^oprietà della Tavola valdefse, fino ad alcun anni or sono
,p)prezzata Casa di riposo per
jj^iani la cui attività venne
(¡rJWusa stante la difficoltà di
;;fiorganizzare la struttura secondo le normative vigenti.
La villa fu affidata, con comodato gratuito, aH’associazione «Lou cialoun» che presentò al finanziamento europeo, per ben due volte, la ristrutturazione in vista della
realizzazione di un Centro
^ovanile-foresteria. Bocciato
: ® entrambi i casi il progetto,
SI è fatta avanti l’ipotesi
dell’istituto della pietra; sulla
base di un progetto di oltre
d>5 miliardi, sono stati assetati finanziamenti europei
Interreg nella misura di 3 miliardi e 327 milioni.
Uno dei problemi più gravi
sul tavolo della Comunità
montana in questi mesi è stalo il finanziamento della parle restante; l’accordo ragSmnto dopo non poche mediazioni prevede che il Comune di Luserna si impegni
250 milioni, il Comune di
Rorà per 10 e la Tavola val~<
oltre che con la concessione dell’immobile gratuitamente per 30 anni, per una cima di 300 milioni, 200 diret■mnente alla Comunità montia e 100 da versare ai procssionisti per la progettazioni® preliminare. Restava sul
mppeto un buco di quasi 700
filoni; la Comunità montana
^9®mderà perciò un mutuo il
ui onere dovrebbe essere in
parte almeno coperto dall’asm®iazione «Lou cialoun».
Le Comunità montane hanno contribuito alla sua elaborazione con analisi di territorio e progetti attuativi
In discussione il piano territoriale della Provincia
MARCO ROSTAN
In queste settimane tutti i
Comuni e le Comunità
montane sono chiamati ad
esprimere il loro parere sul
Piano territoriale di coordinamento predisposto dalla giunta provinciale di Torino. Si
tratta di un documento ampio
e complesso, di analisi del
territorio e di indirizzo, che
investe praticamente tutti gli
aspetti: dall’agricoltura agli
insediamenti, all’artigianato,
all’industria, al turismo, con
particolare attenzione all’attuale dissesto idrogeologico e
dunque agli interventi di prevenzione. Lo studio di quest’ultimo punto è iniziato da
tre aree campione, fra le quali
la vai Germanasca. Ci limitiamo qui a dare alcune informazioni per quanto concerne
il futuro della viabilità nelle
nostre valli e nel collegamento fra Torino e il Pinerolese:
si tratta di cose in parte note,
ma è importante che nel Piano siano indicate sulla carta e
descritte nella relazione con i
relativi preventivi.
Per la vai Chisone si fa riferimento al progetto presen
tato dall’Anas nel settembre
’98 e si ribadisce la necessità
di prevedere una variante per
l’attraversamento di Porte, di
Villar e di Perosa, con due
nuovi collegamenti con la
provinciale della vai Germanasca, la messa in sicurezza
del tratto Fenestrelle-Sestriere e il molto più discutibile
tunnel sotto il colle, dal costo
di ben 45 miliardi. In vai Germanasca si tratta di rendere
adeguata e sicura la strada tra
Perrero e Prali (12 miliardi)
ma la Provincia intende anche studiare tracciati alternativi. In vai Pellice si ritiene
che il tracciato dell’Asse di
valle proposto in passato dalla Comunità montana sia diventato impraticabile e troppo
oneroso e pertanto si prevedono interventi sull’attuale
provinciale per superare gli
abitati di Luserna, Torre, Villar, Bobbio, Villanova (?) oltre a miglioramenti della viabilità a Luserna e Lusemetta.
Il collegamento ferroviario
vai Pellice-Queyras viene assunto, rinviando alle conclusioni del progetto Interreg per
la sua fattibilità. Il trasporto
su ferrovia è un punto rile
La rotonda di Luserna San Giovanni
vante del Piano: la Provincia
intende potenziarlo e moltiplicare i punti di interscambio
con il trasporto su gomma,
sia privato che pubblico. Come già annunciato, si prevede
di trasformare la tratta TorrePinerolo a treno-tram, di rendere passante la stazione di
Pinerolo, di raddoppiare tratti
della Pinerolo-Torino, ma anche di ripristinare l’AirascaSaluzzo, di realizzare una
nuova tratta tra Orbassano
scalo (Sito) e Orbassano, di
collegare con ferrovia l’aeroporto di Caselle.
Anche la stazione merci di
Riva sarà trasferita all’interno della nuova area industriale per servire la aree contigue
di Frossasco e Reietto. Per i
famosi 12 km di autostrada
che mancano dalla Fiat di
Volverá a Riva si conferma
che esiste il progetto esecutivo (162 miliardi), che occorre poi adeguare il tratto RivaPorte di Pinerolo (la tangenziale, 9,4 km per 17 miliar
Con la guerra scatenata dal duca di
Savoia nel 1686, Il Consiglio sovrano di Pinerolo ebbe mano libera per confiscare i beni dei valdesi anche sulla riva
destra del Chisone, a Plnasca, Dubbione,
Villar e Porte; si trattava di un complesso
imponente di case, campi, vigne e prati, la
cui vendita fruttò la somma di lire 54.142,
prima ripartite fra le comunità e poi, con
un editto del 17 marzo ’87, assegnate al
Capitolo di Pinerolo, per celebrare tutti
giorni dell’anno, una «Grande Messa del
Re». Il 24 novembre, davanti al notaio
Armandis, il Capitolo dichiarava di accettare la munifica offerta e redigeva un minuzioso regolamento che, dipingendo al
vivo l’ingordigia dei Canonici, lascia
chiaramente intendere come stesse loro
più a cuore il danaro degli eretici che
l’anima e la prosperità del re. La Messa
sarebbe stata celebrata tutti giorni dell’anno, alle 11 del mattino, dandone notizia al
popolo pinerolese «avec distinction», suonando «la grande cloche avant l’Introit et
IL FILO DEI GIORNI
LA GRAN MESSA
__________a cura di MARCO ROSTAN__________
au Sanctus». Così, per mezzo di una
«grande Messa» un «grande re» offriva a
Dio, come sacrifizio propiziatorio, il provento dei beni di tanti perseguitati, torturati,uccisi e banditi, facendo Dio partecipe, con turpe blasfema, delle efferate crudeltà che il re aveva commesse sopra i
suoi sudditi ugonotti. Quanto a coloro che
in Val Perosa, per salvare la vita e i beni,
avevano abiurato la fede riformata, furono sottoposti a rigida sorveglianza, obbligati a frequentare le scuole di dottrina e la
Messa tutti i giorni, a confessarsi e comunicarsi in ogni solennità religiosa, a praticare penitenze e digiuni. Le infrazioni
erano punite con penitenze, multe, confische, carcere. Se poi qualcuno era sorpreso a cantare, per nostalgia, i vecchi inni o
a recitare le preghiere imparate nella fanciullezza, la condanna a morte era certa.
Caterina Maurin, del Villar, obbligata il
giorno di San Pietro (1686) a confessarsi
e comunicarsi, invece d’inghiottire
l’ostia, la nascose rapidamente nel fazzoletto; ma il suo gesto non sfuggi al padre
missionario che la rincorse fuori della
chiesa e le strappò il fazzoletto riprendendo l’ostia. La malcapitata, imprigionata e
sottoposta a processo, fu condannata a
stare, un mercoledì, giorno di mercato,
davanti alla chiesa di Villar, in camicia,
testa e piedi nudi, corda al collo, in mano
una torcia di cera bianca, per chiedere
perdono a Dio, al re e alla Giustizia; poi
fu condotta sulla piazza, strangolata, appesa alla forca e infine bruciata con dispersione delle ceneri ai quattro venti.
(da A. Pascal, I valdesi in Val Perosa,
1200-1700, Società di studi valdesi, 1957)
di). È anche prevista una variante all’attuale tracciato intorno a Stupinigi, che resterebbe strada turistica, che
partendo dal nuovo svincolo
della tangenziale sud di Torino (Debouchè) si innesterebbe a Candido.
È impossibile riferire anche
brevemente su tutti gli altri
aspetti del Piano, alcuni dei
quali sono molto discutibili,
come ad esempio l’individuazione delle aree e dei percorsi
turistico-culturali, fra cui ci
sono sì le valli valdesi, ma il
cui interesse viene identificato con la presenza delle fortificazioni sabaude, citando in
merito non solo i ben noti
forti della vai Chisone ma addirittura Bricherasio e Torre
Pellice! Possibile che tutta
l’elaborazione delle Comunità montane, 1 progetti e soprattutto lo sforzo di coordinare cultura, storia, ambiente,
attività produttive, turismo
non sia rilevante a livello di
indirizzi della Provincia? C’è
qui una grossa responsabilità
dei nostri amministratori locali, di presenza e di proposta, di collegamento con Provincia e Regione non soltanto
quando si tratta di finanziare i
vari progetti.
D’altra parte le Comunità
montane, per legge, concorrono alla formazione del Piano
territoriale con il loro documento programmatico e la
carta di destinazione d’uso del
territorio: ma la Provincia solo ora dà indicazioni su come
compilarla. Quello che appare
sempre più indispensabile è
che tutto il sistema informatizzato in via di realizzazione
da parte della Provincia per
conoscere e governare il territorio (sono stati memorizzati i
piani regolatori di tutti i 315
Comuni) funzioni effettivamente per la cooperazione reciproca: non ci si può aspettare che i tecnici dei Comuni
piccoli e poveri si attrezzino
per questo, perciò solo degli
efficienti uffici di piano nelle
Comunità montane sono lo
strumento necessario.
8
PAG. Il
9êWM
Torre Pellice: operazioni di restauro al monumento all’Alpino
CONCERTO BANDA ANA — Mentre sono iniziati i lavori
di restauro del monumento all’Alpino di Torre Pellice, in
occasione del 70° anniversario della fondazione del gruppo
Ana di Torre, sabato 20 marzo alle 20,45, al cinema Trento,
vi sarà un concerto della Banda musicale dell’Ana.
MUSEI VALDESI: INCONTRI DI FORMAZIONE — Da
venerdì 12 marzo inizia una serie di incontri dedicati
all’informazione sulla storia valdese e sui luoghi storici, a
cura del Centro culturale valdese e della chiesa di Angrogna.
Gli incontri si terranno ad Angrogna nella scuola grande il
venerdì alle 21. Il primo avrà per tema «La cuffia e il costume valdese. Un’ipotesi di ampliamento del Museo della
donna del Serre», a cura del past. Franco Taglierò. I successivi incontri si svolgeranno venerdì 19 e venerdì 26 marzo.
TEATRO AMATORIALE — A partire dal 13 marzo al teatro del Forte di Torre Pellice prende il via la rassegna
«AmAttoriale», a cura del comitato locale del teatro del
Forte. Si tratta di otto spettacoli, tre dei quali di teatro dialettale piemontese, che come dice il titolo della rassegna
vogliono presentare un teatro amatoriale. Si comincia sabato 13 marzo con «Ji fre a coro, ovvero in questa casa si
spende troppo» presentata dal Piccolo Varietà. Ingresso lire
10.000. Prossimo spettacolo in scena sabato 20 marzo.
PROGRAMMI DI RADIO BECKWITH — Sono iniziati
alcuni nuovi programmi su Radio Beckwith, fm 91.200 e
96.550. Ne segnaliamo alcuni: «Libramente», libri, letture
e novità in collaborazione con la libreria Volare, mercoledì alle 16,30 con replica il venerdì alle 19,30; «Actualité
de TEvangile», culti in francese da Radio Suisse Romando, mercoledì alle 17,30 e venerdì alle 10,15; «Racconti e
poesie» in piemontese, venerdì alle 9 e sabato alle 13,45;
«Buonanotte birichini», fiabe per grandi e bambini, con
Guido Castiglia, martedì e venerdì alle 21; «Pensiamo alla
nostra salute», medicina e salute, venerdì in diretta alle
16,30 e replica lunedì alle 9: nella prossima puntata il prof.
Ugo Malcangi parlerà sulla dialisi.
PREOCCUPAZIONE ALLA FERRERÒ — La Ferrerò di
Buriasco è un’azienda metalmeccanica di circa 100 dipendenti, che opera nel settore della meccanica pesante fornendo particolari per trattori e autoveicoli pesanti. L’azienda,
da circa due anni, è stata acquisita dal gruppo Mach che ha
diversi stabilimenti nel Torinese, nel resto d’Italia e in altri
paesi europei. Le Rsu e i lavoratori della Ferrerò sono però
preoccupati per le voci sulla sopravvivenza dello stabilimento di Buriasco vista anche la continua partenza di macchinari; «Chiediamo un incontro urgente sulle prospettive
dello stabilimento - dicono in un comunicato Fim-Fiom e
Uilm in attesa dichiariamo lo stato di agitazione con
sciopero, assemblea e presìdi ai cancelli».
IDS PROPONGONO LE «RAGIONI DELLA SINISTRA»
— I Ds sentono l’esigenza di impegnarsi per costruire un
partito più radicato nella società, capace di dialogare con gli
altri soggetti politici pur se la nascita dei «Democratici» di
Prodi e Di Pietro mette in tensione il significato stesso
dell’Ulivo. «Le ragioni della sinistra» è il titolo di una serie
di incontri previsti in varie città del Pinerolese; venerdì 12
marzo, a Perosa Argentina, nel salone della Croce Verde alle 21 Alberto Nigra, segretario Ds di Torino interverrà su:
«Valori, obiettivi e programmi di una sinistra di governo».
CHIUSA LA ROTONDA DI STUPINIGI — Dal 3 marzo, e
fino al 19, la rotonda di Stupinigi, la statale 23 e la provinciale 143 sono chiuse per consentire il taglio di alberi considerati «a rischio». Malgrado non poche polemiche sulla effettiva esigenza di tagliare gli alberi, i pioppi cipressini, messi a dimora una cinquantina di anni or sono sono stati ritenuti
al termine del loro ciclo biologico e pertanto da sostituire. I
lavori di taglio non si eseguono al sabato e alla domenica per
cui la circolazione stradale nei week end è regolare.
LA VAL PELLICE ADERISCE A «ESPACI OCCITAN»
— L’adesione era già avvenuta, ma nell’ultimo Consiglio la
Comunità montana vai Pellice ha approvato lo statuto
dell’associazione Espaci Occitan stabilendo anche le modalità economiche di adesione. L’associazione ha lo scopo di
promuovere l’identità culturale delle popolazioni delle valli
eccitane del Piemonte e il loro sviluppo socio-economico.
ARTIGIANATO: PIÙ AZIENDE E MENO ADDETTI —
E stato pubblicato il rapporto sulTartigianato in Piemonte
nel 1997; contraddittori i dati che ne emergono: si registrano 3.000 imprese in più ma 6.000 addetti in meno con una
flessione in percentuale del 2,7%: gli addetti erano nel 1997
233.000 in tutta la regione. Relativamente alle dimensioni
aziendali si confermano le piccole imprese: 7 aziende su 10
non hanno dipendenti e appena 1’ 1,5% ne ha più di dieci.
E Eco Delle Yaui Iäldesi
VENERDÌ 12 MARZO
Il presidente della Camera, on. Luciano Violante, a Pinerolo
Regole e valori nella politica
DAVIDE ROSSO
. romuovere un corso di
cultura politica rivolto
ai giovani per recuperare il
concetto di politica come impegno, come insieme di norme e regole, per riavvicinare
questi, ma anche gli adulti,
alle istituzioni ridando dignità
all’attività politica». È l’intento dichiarato del «Comitato per la difesa dei valori della Resistenza e dei principi
della Costituzione» che accogliendo una proposta del senatore Elvio Passone ha inaugurato venerdì 5 marzo all’auditorium «Vittime della
mafia» di Pinerolo una serie
di incontri che tratteranno di
temi come la Costituzione, i
referendum, politica e pace,
politica e economia, etica e
democrazia e si concluderanno il 21 maggio con un incontro, a cui interverranno il sen.
Domenico Fisichella e Fon.
Valter Veltroni, e che avrà come titolo «Politica e valori,
oggi, destra e sinistra».
Il ciclo di incontri intanto è
stato inaugurato venerdì dal
presidente della Camera, Luciano Violante, che ha affrontato il tema «Regole e valori
nel conflitto politico» incentrando la sua relazione non
tanto sul conflitto «che coesiste inevitabilmente con la democrazia, la quale vive di
conflitti» quanto sulle regole
e sui valori. Questi due concetti sono stati individuati dal
presidente della Camera fin
dal principio della sua relazione come centrali e sono stati
affrontati e interpretati da lui
Il presidente della Camera Luciano Violante
utilizzando come chiave di
lettura la modernità contrapposta al tradizionale (caratterizzato dallo stabile, dalla
prudenza, dalla lentezza) ma
anche al post-moderno inteso
come saturazione del moderno e caratterizzato dal relativismo in cui ciò che appare si
confonde con ciò che è, in cui
i partiti si rifugiano nel mito
di Narciso, in cui non ci sono
più, come nella modernità
classica, confini precisi e
mancano chiare gerarchie di
valori. «Oggi - ha sottolineato Violante - non ci possono
essere di aiuto le categorie
del post-moderno, servono
pensieri forti per far fronte al
cinismo. Occorre creare una
nuova modernità. Serve recuperare il concetto di razionalità responsabile. In un mondo in cui c’è confusione tra
capitalismo e democrazia, oggi manca il confronto con
l’altro. L’Occidente, dopo il
crollo dei regimi dell’Est, si è
come intorpidito, si è indebolito il contrapporsi per valori.
Occorre porre dei limiti allo
scambio, creare una nuova
modernità».
Nuova modernità che per
Violante deve avere come caratteristiche il fatto che sia la
società a guidare la democrazia con il voto (un voto che
non delega ma decide), in cui
esista uno stato che è incentivante, che crei continue occasioni per tutti, dove esista un
senso del limite rispetto all’uomo, al sacro, ai cittadini,
in cui la giustizia sociale sia
l’espressione fondamentale
del diritto di cittadinanza.
«Oggi c’è il rischio - ha concluso il presidente della Camera - che i diritti li abbia
solo chi ha la forza economica. Il nostro destino è lottare
contro il buio e il caos».
'S
Provincia
L'Autorità
per le acque
C(
Nel corso di un incontroj
si è tenuto recentemente at
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anni da problemi di appro^
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l’Autorità d’ambito, cioè
quel soggetto che avrà pro¡
mámente l’incarico di rea|
zare e gestire i servizi di|
quedotto, fognature e ‘
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tutti i Comuni che fanno
dell’Ambito territoriale«
male del Torinese. Gamba
segnalato che nell’Atnbi
hanno già formalmente ad«
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montane su 320. «Il ritardo
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cui i Comuni mancanti stan
provvedendo a deliberare (oi
rifiuto di un numero ristrei
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lezioni di quei Comuni ck
già soffrono di gravi carenai
che in questa fase transitOB
non riescono ad attivare ip»
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bito. Con quelle risorse, inol
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ciare a realizzare quegli inta
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Intervista alla direttrice della Casa di Luserna, Carla Maurino
Pro Senectute: privato sociale
e vocazione all'assistenza e cura
PIERVALDO ROSTAN
Se è vero che la vai Pellice
sembra avere una specie
di «vocazione» verso l’accoglienza e la cura delle persone anziane, è altrettanto vero
che essa non è patrimonio
esclusivo della Chiesa valdese. Il «privato sociale» è
composto anche da strutture
legate alla Chiesa cattolica:
una di esse, la Pro Senectute,
situata nel cuore del vecchio
borgo di Lusema Alta, compie nel 1999 i suoi 80 anni e
io fa guardando avanti in una
prospettiva di servizio naturalmente diversa da quando
venne fondata nel 1919 dal
canonico Mondon col nome
di «Casa famiglia San Giacomo». C’erano allora poche
stanze destinate ai più poveri
del paese; nel 1956 la Casa
ha subito una svolta arrivando nel giro di poco tempo alle
prime convenzioni con la
città di Torino e verso la fine
degli Anni 70 sono arrivate le
convenzioni con le UssI del
Pinerolese e in particolare
con la 43 della vai Pellice.
«Oggi - spiega la direttrice,
Carla Maurino - siamo un’associazione riconosciuta; per
tradizione il presidente è un
sacerdote e dal 1983 è stato
nominato don Rolfo della
parrocchia del Sacro Cuore».
- Per anni Case come questa si sono rette in buona
parte sul servizio del personale ecclesiastico...
«Le suore sono rimaste in
pianta organica fino al 1994;
la loro funzione era quella di
coordinamento oltre che di
infermiere. Diminuendo le
vocazioni e data l’età avanzata delle suore esistenti, l’Ordine decise di ritirarle. Al
momento le suore curano
l’assistenza religiosa, così come il sacerdote cattolico e i
membri della Chiesa valdese
che mensilmente vengono
nella struttura».
- Grazie ai diffusi interventi sul territorio l’anziano tende a restare il più possibile al
proprio domicilio, fra le mura amiche dalla propria casa; chi finisce nella Casa per
anziani è spesso in grosse difficoltà, al limite dell’autosufficienza...
«La Pro Senectute è classificata come struttura Rsa (residenza sanitaria assistenziale) per tre nuclei su cinque in
cui la Casa è strutturata; ogni
nucleo ha un totale di 22 posti per un totale di 110. La
Casa ha numerose convenzioni: 35 posti con TAsl 10,
poi con le Asl 1, 2, 3, 4 di
Torino, con la 5 di Collegno.
Ci sono anche ospiti provenienti da Milano e da Monza.
Per quanto riguarda le condizioni di chi è da noi anche gli
ospiti dell’unico nucleo per
autosufficienti in realtà presentano notevoli difficoltà:
sono in grado di deambulare,
sono lucidi di mente ma hanno comunque bisogno di una
struttura protetta. Per far
fronte a tale realtà abbiamo
in organico 64 dipendenti
mentre il servizio di cucina e
di lavanderia, eccetto quella
degli ospiti e di pulizia degli
spazi comuni, è affidato a
ditte esterne».
- Per far fronte alla gestione fate conto sul versamento
delle rette mensili degli o.spiti; che cosa succede in caso
di persone particolarmente
povere ?
«I nostri statuti prevedono
che si accolgano gli anziani
di Lusema, Lusemetta e Rorà
a prescindere da quanto possono pagare. In realtà anche
quando le persone arrivano
da fuori la Casa cerca di garantire il servizio alla persona
in difficoltà».
- Come si realizzano attività di animazione con gli
ospiti?
«Qui opera l’associazione
“Volontari insieme per...”
(Vip) che si alternato in servizi diversi, dall’imboccamento
all’accompagnamento alla
messa la domenica, alle passeggiate. Nella Casa vi sono
poi due spazi, il “giardino
d’inverno” e il foyer, dove
cerchiamo ogni pomeriggio
di fare qualche attività, dai
giochi di società all’ascolto di
musica o a vere e proprie feste durante l’anno».
- Quale tipo di rapporto
c’è fra le Case valdesi e quelle cattoliche della valle?
«Se posso fare una battuta
il “muro di Berlino” è caduto
anche in vai Pellice; il “la” a
momenti di interscambio lo
ha dato il corso per direttori
organizzato dalla Comunità
montana la scorsa primavera
dove (io ero appena stata nominata direttrice della Pro Senectute) abbiamo avuto diverse occasioni di incontro e di
confronto rispetto a problemi
della gestione quotidiana».
Torre Pellice
Il personale
dell'Asilo niè'
Un gruppo di genitori i|
bambini che frequentano l|
asilo nido intercomunalei)
Torre Pellice ha scritto
lettera di protesta per la ri®’
ganizzazione di personale!
corso all’interno del nido,!
seguito alla quale «l’educalt
ce, la signora Celsino, dovi
riprendere il ruolo di ausili»
ria, a metà dell’anno di a®
vità», nonostante avesse!
carico un gruppo di bambi®
I genitori, preoccupati cl»
venga a mancare la necess»
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lazionale in questo g™PP®J
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amministrazioni comunali
Torre Pellice e LusernaSj
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rimanga un servizio di
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biettivi con tutta la comuni
e hanno aggiunto che
siasi operazione di
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vrebbe essere fatta durante
pausa estiva».
«La gestione non è cofflp
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responsabile del nido - n,.
te il sindaco di Torre Psib ^
Marco Armand Hugon'^
comunque in questa occa*
ne non abbiamo rilevato
blemi tali da opporre obie
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Quanto al coinvolgin|®,jj
delle famiglie «tutte le
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ciò: non dimentichiamo 1
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per il Comune».
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DIBATTITO
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COME SCEGLIERE
I CANDIDATI?
BRUNA PEYROT
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Come tutti sanno, siamo in
pieno clima preelettorale
in vista delle amministrative
di giugno- Lo si percepisce
più che dai dibattiti e discussioni sui programmi, dalla
febbre dei già eletti o dei potenziali eletti nei propri Comuni, Comunità montane.
Province. Giunte, Consigli,
assessorati passano di bocca
in bocca e tutti per un attimo
sognano di essere i possibili
candidati. Se si osservano da
vicino le dinamiche relazionali si scoprono molte cose interessanti; come si scelgono le
candidature? Mentre nelle industrie e nel pubblico impiego
da tempo si parla di microrganizzazione necessaria a
valorizzare le risorse umane,
il che significa capire come le
capacità dei singoli possono
essere integrate nelle finalità
dell’istituzione o dell’impresa, nei partiti contano l’«anàanità di servizio», specie se
legata a una struttura familiare che può garantire voti e la
devozione a qualche capetto,
coltivatore di lobby.
Anche il modo di decidere
ignorala scienza dell’organizzazione. Per arrivare all’obiettivo si segue un percorso preciso che parte dall’individuare
iptoblemi e le cause che li determinano, i comportamenti
ck scatenano, le situazioni
coni vati protagonisti attivi e
passivi e così via, fino alla decimazione degli strumenti per
arrivffleallo scopo e alla sua
verifica. Insomma, dietro la
decisione da prendere, affinché sia cosciente e limpida, si
richiede un processo di autocoscienp e una capacità di
lettura sia della realtà che delle dinamiche di gruppo. Nei
partiti ci si limita a qualche
niinione che quasi tutti ritengono noiosa perché si sa befflssimo che i giochi si fanno
«trove, nei salotti, nei bar o
per cellulare. Le donne poi
(embrano stranamente sparire.
Molte sono le amministratrici,
poche quelle che contrattano
le candidature. Delega? Mestiere maschile? Incapacità di
®opresentazione?
%pure la cultura dello stabeil senso profondo della
®fflocrazia dovrebbero esset® coltivati nella quotidianità
iWferica di una realtà naziojMe come nel suo cuore rappresentativo, il Parlamento,
hp non si attiva questa comuthone di intenti nel nostro
Poese fioriranno sempre le
piccole o grandi che
stano. Perché le mafie nasco’"'come contropotere negli
W lasciati vuoti da una pop® liinpida gestione. Il potere
®*®tti esiste. Non si deve finche non ci sia o dire che
®n ci interessa. Fa parte di
®t- È dentro di noi. Non si
^ di eliminarlo, si tratta di
e come lo si usa, per
*0 si usa e come si è di
. a condividerlo. Ma la
j| ®ipazione democratica,
/i® ^prberto Bobbio (L’età
Einaudi, pag. 167),
avrebbe essere efficace, di3 a libera». Non è così. Il
(Ita democratico sembra
l”^P^®dere. Chiede di esjyT alimentato. Perché ciò
il bisogna avere anche
(¡o^^Sgio di essere dentro i
Esserci con le idee e
non con l’arrivismo
nna possibile carica
ricer ragione che
4i attraverso il confronto
aati che cosa è meglio per
E Eco Delle AAlli AAldesi-----------
Un convegno a Pinerolo tra gli operatori impegnati nel settore
Promuovere la risorsa turismo
PAG. Ili
il territorio, non con l’orgoglio di singole personalità che
vogliono emergere; con il
cuore, infine, per presentarsi
alla politica in spirito di servizio e non di potere.
Se è vero che la politica è la
dottrina della moralità sociale
e l’etica quella della moralità
individuale, più che mai in
questi giorni, se ci crediamo,
dobbiamo dimostrarlo. Questa
consapevolezza è tanto più necessaria rispetto alla politica
della montagna, che riguarda
le vallate alpine del Piemonte
occidentale. Un protestantesimo (valli valdesi) autonomo e
deciso, via via aperto alla laicità e all’ecumenismo e la riproposta di un’identità occitana progettuale in campo economico e culturale rappresentano le loro anime più vive.
Dal legame con la tradizione, i
piccoli Comuni di questa
montagna hanno resistito in
una battaglia che oggi non è
solo più sopravvivenza, ma si
è rivelata di grande capacità
progettuale (dalla tutela ambientale e dal controllo delle
acque, dalle aziende telematiche ai prodotti doc, dai musei
ai percorsi turistici).
Affinché questo slancio non
vada perduto, sullo sfondo di
un’Europa che riconosca le
diversità regionali è urgente
formare e riconoscere dirigenti amministrativi e politici in
grado di agire progettualmente e secondo regole democratiche. Non serve più la conoscenza di un funzionario o
l’invito a cena di un assessore
o r accompagnamento in Regione di qualche amico, serve
la chiarezza di un piano, l’utilità per il contesto, anzi, i contesti (dal locale al nazionale
all’europeo). Non si può continuare a gestire i Comuni, soprattutto piccoli, come se fossero feudi personali. Così come non sono le sovvenzioni a
pioggia per i piccoli Comuni
a risolvere i loro bilanci malati, ma il loro inserimento in
progetti mirati. Gli strumenti
che l’Unione europea ha messo a disposizione in questi anni (legge 2081, Interreg) hanno obbligato i Comuni e le
comunità montane a lavorare
insieme. È stato un passaggio
importante nella collaborazione amministrativa, proprio
sulla via della democrazia.
La gestione di un progetto,
infatti, non lascia spazio, proprio per arrivare a buon fine,
a gestioni clientelari. Un progetto necessita di coinvolgere
molte forze: imprenditori, associazioni, enti e professionisti. Mentre tuttavia imprenditori economici e culturali sono già pronti a lavorare in
staff, sovente partiti e amministratori non lo sono. Ma il
futuro della politica passa attraverso la capacità di suscitare e condurre progettualità sui
territori, senza piccole cerehie
amicali di sopravvivenza politica. Ciò non significa che un
Comune o una Comunità
montana debbano uniformarsi
allo stile aziendale. È una
vecchia diatriba, questa, per
non prendere sul serio il fatto
che il modo di organizzare le
cose fa parte dei contenuti, è
costitutivo della trasparenza
con cui le decisioni si prendono. Per questo la «banalità»
delle candidature è importante. Dai particolare si svela lo
stile generale. Da come si comincia si comprende come si
gestirà in seguito.
FEDERICA TOURN
Sono alcuni anni che si ripete che il turismo è la risorsa fondamentale per il nostro territorio: «Non esiste
un’altra attività che possa
creare così tanti posti di lavoro, senza contare l’indotto con
il settore dell’accoglienza,
dell’assistenza, dell’offerta
culturale e del prodotto enogastronomico», sostiene Luigi
Chiabrera, presidente dell’
Atl2 Montagne d’oc, l’Azienda turistica locale. E allora, se
la neve e gli sport invernali
sono l’elemento strategico di
una politica turistica della zona, bisogna coniugare l’offerta dello sci d’alta valle con
l’offerta diversificata, ma tipica e legata all’ambiente, della
bassa valle, in una prospettiva
di turismo integrato. Un turismo sostenibile, che sostituisca il turismo intensivo, che
peraltro ha ormai raggiunto
una fase di saturazione.
Non sono concetti nuovi,
anzi sono già molti a lavorare
in questa direzione, anche
senza il sostegno di un progetto globale della Regione:
l’esigenza ora è di andare nello specifico, entrare nel cuore
del problema e vedere nel
concreto quali sono gli interventi possibili. È questo il
proposito che ha mosso il sen.
Elvio Passone nel convocare il
5 marzo a Pinerolo, nella sede
dell’Atl, un incontro con gli
operatori della zona per costituire due gruppi di lavoro, uno
sull’accoglienza e l’altro sull’informazione, la comunicazione e l’offerta integrata, con
l’obiettivo specifico di fornire
alle istituzioni riflessioni e
proposte su come incentivare
lo sviluppo del turismo.
La discussione si è subito
incentrata sul ruolo decisivo
giocato dalla neve, grande risorsa di posti di lavoro; a que
«Scopriminiera» è un progetto rilevante all’Interno dell’offerta turistica del Pinerolese
sto proposito è apparso subito
chiaro che le società che gestiscono gli impianti nelle stazioni sciistiche non sono più
autosufficienti e hanno bisogno del supporto di Regione e
Provincia. Non nevica più abbastanza, ormai, ed è necessario prenderne atto: «L’impianto di innevamento artificiale è indispensabile e non
deve più essere gestito soltantp dalle società private - ha
detto il sindaco di Sestriere,
Francesco Jaime - una volta
se ne faceva uso solo per le
gare e in poche altre occasioni, ma oggi dobbiamo rassegnarci a usarlo sempre, da ottobre, indipendentemente dalle possibili nevicate». Se la situazione in una stazione sciistica delle dimensioni di Sestriere è difficile, figuriamoci
a Prali, che invoca una legge
che dia fondi non tanto per la
gestione o l’espansione commerciale e immobiliare, quanto per l’investimento sugli impianti di base.
Ma il Pinerolese non è solo
montagna e neve. È importante allora valorizzare anche
altre proposte: la struttura
Fra teologia e cultura: un dibattito
Il «New Age» e la
Scienza dello Spirito
_______LUCIANO PANERÒ_______
In una sala della chiesa valdese di Pinerolo, la sera
del 1° marzo si è svolto un incontro tra la locale sezione
della Egei e Mauro Challier,
esperto del New Age. Challier ha precisato che questo
movimento è un contenitore
di molte idee da lui stesso solo in parte condivise; responsabili di questa iniziativa sono state le rappresentanti della Egei che hanno deciso di
condividere con altri le tappe
di una riflessione avvenuta
nel gruppo in seguito a incontri con lo stesso Challier e
successivamente con Francesca Spano e Claudio Canal.
Challier ha precisato che secondo la «Scienza dello Spirito» vi è una parte di divinità
in ogni individuo ed è compito di ciascuno valorizzare al
massimo questa parte, fino alla perfezione morale, che si
raggiunge con la reincarnazione dell’anima in più corpi.
Questa evoluzione è la condizione del progresso e del miglioramento di tutta la società.
Il gruppo Egei ha invece ribadito che Dio è diverso e «altro» da noi, e che la nostra salvezza non dipende affatto dalle nostre azioni ma solo dalla
sua Grazia. Challier ha successivamente affermato che
per lui cristianesimo e «Scienza dello Spirito» sono del tutto compatibili, e che chi segue
una dottrina può benissimo essere seguace dell’altra senza
cadere in contraddizione.
Dal punto di vista teologico
questa affermazione è stata
messa radicalmente in discussione e si è sottolineato che apertura, dialogo e reciproca
conoscenza non possono attenuare le profondità di certi
contrasti. Come quello, ed è
stato il punto successivo, che
riguarda la differenza tra resurrezione e reincarnazione.
Le parti hanno ribadito le rispettive posizioni: l’importanza della libertà di coscienza, sostenuta dalla Egei, e la
necessità del raggiungimento
della perfezione morale e dell’ascesa verso un’«eticità più
alta», sostenuta dalla «Scienza
dello Spirito». Infine, il modo
di porsi davanti alla morte, se
con serenità o con la coscienza di un’esperienza drammatica, ha dato luogo a una vivace
discussione.
RADIO
BECKWITH
EVANGELICA
FM 91.200-96.550
museale, la scuola di Cavalleria, i percorsi naturalistici a
piedi o in mountain bike, le
visite guidate ai luoghi storici, e naturalmente la degustazione dei prodotti tipici. «È
fondamentale incentivare la
cultura dell’accoglienza, a
partire dalla banalità del rapporto cordiale - ha ribadito il
sen. Fassone - dovremo organizzare dei corsi di formazione per gli stessi operatori della zona». Nella stessa direzione va la diversificazione
dell’offerta alberghiera; esiste
un grande bacino di posti letto in seconde case che potrebbe essere messo sul mercato,
senza contare l’opportunità di
realizzare dei bed and breakfast, stanza e prima colazione, nelle valli.
Questi sono solo alcuni dei
punti che verranno discussi
nei due seminari, imminenti,
in cui si riuniranno i gruppi di
lavoro per determinare una
strategia, che diventi progetto
e quindi investimenti. Sempre
tenendo presente, come concludeva Fassone, che un sentiero è un sentiero ma può diventare un itinerario.
Incontro a Pinerolo
Preghiera
delle donne
ANNE ZELL
Circa 200 donne protestanti e cattoliche si sono
incontrate a Pinerolo per la
Giornata mondiale di preghiera delle donne. I momenti più
intensi della liturgia, preparata da donne del Venezuela e
animata da un gruppo interconfessionale di donne proveniente da Pinerolo e dalle
Valli, sono stati la drammatizzazione e l’attualizzazione dei
due testi biblici centrali (Osea
11, I-3, 4, 9 e Luca 8, 43-48)
e la testimonianza di suor Rinangela, fondatrice di una Casa di accoglienza per ragazze
madri nell’America del Sud.
Le partecipanti hanno vissuto
una forte esperienza di preghiera (anche cantata) e di
condivisione, sostenendo con
la colletta le iniziative di solidarietà con le donne e i bambini nel Venezuela. La liturgia ecumenica si è conclusa
con la benedizione e un piccolo dono simbolico per
ognuna: per rappresentare la
tenerezza di Dio sono stati
scelto piccoli mazzi di fiori,
uniti a un messaggio ricordo
con i testi biblici, preparato
dalle suore della Visitazione.
Ottima l’organizzazione del
comitato locale interconfessionale che non si limitava a
preparare la liturgia ma prevedeva anche un momento comunitario con tè e dolci, offerti dalle Unioni femminili.
Nelle
^ Chiese
Valdesi
attività scoutistiche — Sabato 13, alle 16,30, incontro mensile
del gruppo scout a Pomaretto all’Eicolo Orando.
AGAPE — A partire da
lunedì 15 marzo sarà possibile prenotarsi per i campi
estivi. Segreteria di Agape
telefono 0121-807514, fax
0121-807690, e-mail Agape® perosa.alpcom.it.
COLLETTIVO «G.
MIEGGE» — Nel tempio
di San Secondo, dalle 17
alle 22, incontro del collettivo teologico; prosegue la
lettura di Timore e Tremore da Kierkegaard.
ANGROGNA — Martedì 16 marzo, alle ore
20,30, riunione quartierale
a Buonanotte.
BOBBIO PELLICE —
Riunione quartierale martedì 16, alle 20, al Campi.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Riunioni quartierali con inizio alle 20,30:
giovedì 11 marzo a Fondo
San Giovanni, venerdì 12
agli Airali, martedì 16 a
Boer Priorato.
FERRERÒ — Incontro
dell’Unione femminile
martedì 16, alle ore 14,30.
POMARETTO — Le
prossime riunioni quartierali saranno giovedì 11 alle
15 all’Inverso Paiola, mercoledì 17 alle 20,30 a Pomaretto. Culto al Centro
anziani di Perosa venerdì
12 marzo.
FRALI — Domenica 14
marzo, ore 10, culto con
assemblea di chiesa sul bilancio preventivo ’99, e
l’elezione dei deputati al
Sinodo e alla Conferenza
Distrettuale.
PRAMOLLO — Riunione quartierale giovedì
11 alle 20 ai Pellenchi.
PRAROSTINO — Sabato 13, alle 16,30, incontro dei catecumeni con il
Concistoro.
RORÀ — Giovedì 11
marzo, ore 20,30 riunione
quartierale alle Fucine, alle
20,30 incontro giovanile
alla sala Morel; il gruppo
donne si riunisce alle 14,30.
TORRE PELLICE —
Riunioni quartierali: venerdì 12 agli Appiotti, martedì 16 marzo all’Inverso.
Domenica 14 marzo, alle
15 alla Casa unionista, assemblea di chiesa su: discussione del «Gruppo di
lavoro sui problemi etici
posti dalla scienza: eutanasia e suicidio assistito».
VILLAR PELLICE —
Riunioni quartierali: venerdì 12 marzo ai Ciarmis,
martedì 16 all’Inverso,
mercoledì 17 al Centro.
VILLASECCA — Riu
nioni quartierali: giovedì 11
alle 20 al Serre Giors, mercoledì 17 alla Roccia alle
20, giovedì 18 marzo alle
20 a Villasecca. Incontro
dell’Unione femminile giovedì 11 marzo alle 14,30.
INFORMAGIOVANI
VAL PELLICE
Via Roma 45
Luserna S. Giovanni o
0121/900245 I
informazioni su |
sport, scuola, lavoro, t
musica, viaggi, |
tempo libero |
Lunedì e vetierdl |
óre 14' 17 f
10
PAG. IV
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E Eoo Delle ¥ì.lli ^ldesi
PALLAMANO — Delude il 3S Pinerolo nella trasferta di
Biella in serie C; la panchina corta (il solo, giovanissimo Polzella a dare cambi aU’acciaccato Gaydou), Vellano evanescente
e bloccato dal marcamento degli avversari e i soliti errori hanno portato a una sconfitta per 23-30. Il primo tempo è finito sul
12-12, con il 3S costantemente all’inseguimento senza che il
Biella potesse allungare. A metà del secondo tempo il punteggio era ancora in parità, sul 22-22 ma a questo punto i pinerolesi hanno subito un tracollo, più mentale che fisico: saltano concentrazione e velocità e il Biella va a segno 7 volte contro una
sola del 3S. I «lanieri» si aggiudicano così la prima vittoria del
campionato; domenica prossima si replica, ma a livello di under 19: per il 3S sarà la stessa formazione, il Biella dovrà rinunciare a qualche elemento. In rete, a Biella, sono andati Rosso (9), Laddomada e Contadin (4), Gaydou (3), Vellano (2) e
Rivoira (1). Le prossime partite vedranno oltre alla under 19 a
Biella, la C ad Alessandria sabato 20 e la under 16 domenica a
Lusema, ore 15, con il Vercelli.
PALLAVOLO — Nel turno di ritorno dei quarti di finale
del campionato ragazzi il 3S, bissando il successo dell’andata
ha superato per 3-2 i pari età del Free volley Giaveno e nel
prossimo fine settimana incontreranno i vincitori fra Valli di
Lanzo ed Erbaluce Caluso. Il successo dei ragazzi di Gardiol è
stato sofferto, con i primi 3 set molto «tirati»; anche la gara di
andata, chiusa sul 3-2, aveva visto cinque set molto equilibrati.
Nel campionato di terza divisione femminile il Pinerolo Vbc ha
superato il 3S Pinerolo per 3-1.
TENNIS TAVOLO — In CI la Valpellice non riesce a battere la capolista; a Novara i valligiani perdono per 5-2 con punti
di Rosso e Gay. In C2 regionale invece la Valpe, con 3 punti di
Migliore e uno a testa di Giuliano Ghiri e Gino Piras, sbaraglia
con un bel 5-4 in trasferta il Tt Torino che perde l’imbattibilità.
Hanno perso invece le altre formazioni. La DI a Rivoli per 5-2
(punti di Franco Picchi ed Andrea Girardon), la D2 «A» è stata
battuta, malgrado 3 punti di Ghirardotti, dal K2 e la D2 «B» è
stata superata a Moncalieri per 5-1 con un punto di Mauro Cesano. Il campionato di D2 è finito (c’è però ancora un recupero
per la squadra B a Torre Pellice con la Telecom); sabato 20
marzo invece ultime partite casalinghe per Cl, C2, DI a Torre
Pellice, rispettivamente contro Galliate,, Moncalieri e Ciriè.
HOCKEY GHIACCIO — Chiuderà domenica 14 marzo il
palaghiaccio di Torre Pellice: si darà così il via a ulteriori importanti lavori di rifacimento dell’impianto di refrigerazione.
Intanto, la scorsa settimana, la formazione under 12 guidata
dalla prima linea di Barale, Merlo e Bruno Franco, battendo il
Torino per 23-0, si è guadagnata l’accesso al trofeo Topolino
che si disputerà in Valle d’Aosta nell’ultimo week end di marzo. Intanto la serie A2 è giunta alle finali: nel primo incontro
T Auronzo ha superato il Como per 3-2.
Iniziative di marzo a San Secondo
Fiera di San Giuseppe
Anche quest’anno a San Secondo di Pinerolo accanto alla
tradizionale Fiera di San Giuseppe, che si terrà lunedì 15, e
ai molti appuntamenti commerciali paralleli sono stati organizzati vari momenti culturali e di intrattenimento che
caratterizzeranno il marzo della cittadina del Pinerolese.
La manifestazione, che nel
suo insieme ha visto coinvolte nell’organizzazione praticamente tutte le associazioni
che operano sul territorio, ha
avuto il suo prologo domenica 7 marzo al tempio valdese
dove si è esibita in concerto
la Corale vai Chiusella. Le
manifestazioni commerciali
invece prenderanno il via venerdì 12 quando aprirà i battenti la 2“ mostra mercato artigianale e commerciale, che
si protrarrà fino al lunedì 15 e
dove sarà possibile acquistare
prodotti tipici del Pinerolese.
Momenti di intrattenimento
accompagneranno tutta la durata della manifestazione: il
programma prevede appuntamenti musicali di diverso genere con due serate danzanti
la domenica e il lunedì, giochi e divertimenti in piazza
per i bambini, una gara a bocce alla baraonda, e uno spettacolo di burattini il pomeriggio della domenica. Dal venerdì 12 intanto, al Salone
polivalente, sarà visitabile fino a domenica 21 l’esposizione «San Secondo e i suoi antichi mestieri», rassegna di lavori realizzati dai bambini
della scuola elementare.
Chiuderanno le manifestazioni due appuntamenti al
tempio valdese: venerdì 19,
alle ore 21, il Centro ricreativo Airali presenterà lo spettacolo brillante in 3 atti «Fritto
misto» mentre sabato 27,
sempre nei locali della chiesa,
alle ore 21, si esibirà il coro
«Turba concinens».
Uno scorcio di San Secondo
Una favola con testi in italiano e occitano 1 Incontri al Museo diocesano di Pinerolo
«Paura di volare
»
CARMELINA MAURIZIO
"P aura di volare» è il ti
«X
tolo della prima fiaba
per bambini scritta in italiano
e tradotta in occitano, a cura
dell’associazione Kalendamaia, grazie alla collaborazione di più esperti e appassionati dell’antica cultura occitana piemontese. 11 progetto, che ha visto la luce alla fine dello scorso anno con la
pubblicazione del libro, è stato presentato ufficialmente
sabato 6 marzo alle 17 a
Bobbio Pellice, dove autori
della favola, traduttore, curatori e occitanisti si sono ritrovati per fe.steggiare l’evento.
L’idea di scrivere un testo rivolto ai bambini e di farlo
poi tradurre in occitano, precisamente nella variante del
patuà di Bobbio Pellice, è nata un paio di anni fa proprio
dai soci di Kalendamaia, che
da anni organizzano corsi,
conferenze, serate tutte dedicate alla cultura occitana.
Per la prima volta però
r occitano della vai Pellice arriva direttamente al pubblico
dei più giovani, anzi dei giovanissimi poiché «Paura di
volare» «La pòou d’voulà» è
rivolta ai bambini di 6-7 anni
e ha per tema la storia di un
aquilotto che appunto ha paura di volare. Gli autori della
fiaba, Rita Sperone e Massimo Tosco, hanno scelto un
tema tradizionale come quello della paura di crescere, rifacendosi alle tante fiabe che
hanno per protagonisti degli
animaletti. Il traduttore, Toccitanista Giovanni Baridon,
ha poi liberamente tradotto il
testo. «Paura di volare» dovrebbe essere nei progetti di
Kalendamaia la prima di una
serie di opere in italiano e occitano e il primo passo importante nelle valli occitane del
Pinerolese di una serie di interventi rivolti non solo a tutelare l’antica lingua d’oc ma
soprattutto a diffonderla e
conservarla tra i bambini.
^Inquisizione e il
controllo delle anime
ROBERTO BECCARIA
croci ugonotte in oro e argento
tesi
& delmastro
(Ai confermandi
omaggio di una croce
ugonotta in argento
ad ogni acquisto)
via trieste 24, tei. 0121/397550 Pinerolo (To)
E iniziata giovedì 4 marzo
a Pinerolo, nella sala
conferenza del Museo diocesano, la serie di incontri sul
ruolo dell’Inquisizione nella
storia della Chiesa cattolica,
organizzati dal gruppo di ricerca pinerolese «Parlare di
storia», dal Museo diocesano,
dall’Archivio diocesano e
dalla Società di studi valdesi.
11 compito di inaugurare gli
appuntamenti con la storia
del Santo Uffizio è stato dato
a Adriano Prosperi, docente
di Storia moderna all’Università di Pisa; già allievo di
Cantimori e Saitta, Prosperi è
tra i più importanti studiosi
della storia culturale e religiosa italiana del Cinquecento, autore di opere di indubbio valore, come Tra evangelismo e Controriforma. Gian
Matteo Giberti (1495-1543),
o Giochi di Pazienza: un seminario sul «Beneficio di
Cristo», scritto a quattro mani
con Carlo Ginzburg, fino al
recentissimo Tribunali della
coscienza. Inquisitori, confessori, missionari. Proprio da
questa sua ultima fatica ha
tratto gli argomenti per il suo
intervento del 4 marzo', dal titolo «L’inquisizione e il controllo delle anime», con il
quale ha guidato l’uditorio in
un viaggio attraverso l’Inquisizione romana, facendo sentire la voce dei suoi funzionari e di coloro che ne saggiarono i terribili metodi, al fine
di giungere a dimostrare il
ruolo fondamentale da essa
ricoperto nel plasmare la vita
culturale e spirituale dell’Italia della Controriforma.
Punto di partenza è la creazione nel 1542 deH’lnquisizione romana da parte di papa Paolo III: nata eome una
istituzione temporanea in attesa del tanto agognato Concilio, è invece destinata a durare, per la necessità impellente di arginare il dissenso
religioso in Italia. In nemico
dell’Inquisizione non era Lutero in Germania, ma le sue
idee in Italia, la cui diffusione
stava assumendo agli occhi
degli alti prelati romani una
dimensione preoccupante. In
quest’ottica si comprendono
gli atteggiamenti dei membri
del Santo Uffizio, di quei funzionari di polizia, come li ha
definiti Prosperi, convinti di
svolgere una missione, pronti
anche al martirio.
Tutto ciò giustificava secondo loro la durezza, l’intransigenza, la violenza e la
crudeltà, armi necessarie se
finalizzate alla salvezza delle
anime degli eretici. Ma questa loro «missione» non li
scusava agli occhi dei contemporanei, che al contrario
odiavano gli inquisitori: si ribaltano così molte tesi apologetiche che vedono tale istituzioni come un frutto naturale
di un’epoca violenta. In questo controllo delle anime i
funzionari del sacro tribunale
non erano soli: potevano contare su una sorta di tribunale
minore, il confessionale. L’
alleanza tra inquisitore e confessore operò una profonda
trasformazione nella realtà
spirituale italiana e attraverso
l’inquietudine, la disperazione, la paura, il terrore raggiunse il risultato dell’estinzione del dissenso.
venerdì 12 MARZO 199g
Appuntamenti
11 marzo, giovedì
TORRE PELLICE: Alla biblioteca della Casa valdese, per
rUnitrè, alle 15,30, conferenza
su «Le corti rinascimentali di
Ferrara e Mantova» a cura della
prof.ssa Marita Maglione.
PINEROLO: Alle 20,45,
nella sala conferenze del Museo diocesano, incontro su «La
nascita dell’Inquisizione romana», con Massimo Firpo, dell’Università di Torino.
PINEROLO: Alle 21, alla
scuola elementare Pani, in via
Rocchietta 1, serata su «Vita di
ragazzi e ragazze palestinesi, la
famiglia, la scuola, il lavoro...»; verranno proiettate diapositive di Beppe Scali.
12 marzo, venerdì
TORRE PELLICE: Il gruppo di studio Val Lucerna organizza, alle 20,45, alla biblioteca della Casa valdese, un incontro con Giampaolo Romagnani che presenta i volumi di
Andrea Merlotti «Vittorio
Amedeo II. Il Savoia che divenne re» e di Paola Bianchi
«Baron Litron e gli altri, militari stranieri nel Piemonte del
’700». Interverranno gli autori.
PINEROLO: Alle 21, nella
chiesa di S. Giuseppe, «Venerdì
del Gorelli» concerto di percussioni con Silvia Sandrone.
PINEROLO: Alle 20,30,
all’Hotel dei Cavalieri, incontro sulla questione trasporti con
particolare riguardo alla linea
ferroviaria Torino-Torre Pellice; partecipano alla serata gli
assessori regionale e provinciale ai Trasporti e il presidente
della Satti.
LUSERNA SAN GIOVANNI: Alle 20,45, nella sala mostre, incontro per la presentazione dei nuovi libri per adulti
e ragazzi in dotazione alla biblioteca comunale; alla serata
interverranno i giornalisti scrittori Bruno Gambarotta e Marco
Neirotti.
13 marzo, sabato
PINEROLO: Alle 18, alla
libreria Volare, presentazione
del libro «Elogio della libertà»:
biografia di Piero Gobetti, di
Alberto Gabella, con la partecipazione dell’autore, di Alberto
Barbero, Francesca Spano,
Giorgio Merlo.
PINEROLO: Alle ore 15,
all'Hotel dei Cavalieri, convegno organizzato dal Ppi sul
ruolo dei cattolici in politica
con la partecipazione dell’on.
Giorgio Merlo e dell’on. Giovanni Bianchi, già presidente
nazionale delle Adi.
PRAMOLLO: Alle 20,30,
nella sala valdese di Ruata, serata con proiezione di diapositive su «Vivere ai piedi dell’Everest», a cura di Claudio Pons.
14 marzo, domenica
PARIGI: Dalle 14,30, alla
biblioteca dell’associazione
«Ancêtres italiens», in rue de
Turbigo 3, incontro su: «Come
ricercare i propri antenati vaidesi delle Valli. Consigli pratici». Telefono di riferimento
01 -46642722 in orario serale.
17 marzo, mercoledì
TORRE PELLICE: Al Centro culturale valdese si apre la
mostra «Una finestra su... piante di Massello, gli usi e le tradizioni»; la mostra resterà aperta
fino al 5 maggio in orario 912,30e 14-18.
TORRE PELLICE: Alla
Bottega del possibile, dalle
8,30 alle 17, laboratorio condotto da Maria Varano su «La
memoria della casa, ricordare
per vivere, continuare a vivere
per raccontare». Per informazioni tei. e fax 0121-953377.
18 marzo, giovedì
TORRE PELLICE: Alla
biblioteca della Casa valdese,
alle 15,30 ,per l’Unitrè, conferenza su «Il poema cavalleresco a Ferrara: Ariosto e Tasso»
a cura della prof. M. Maglione.
PINEROLO: Nella sala
conferenze del Museo diocesano, alle 20,45, incontro su «Gli
inquisitori dell’eretica pravità»
con Giovanni Grado Merlo
dell’Università di Milano.
19 marzo, venerdì
PINEROLO: Al salone dei
Cavalieri, alle 20,45, per il corso di formazione e informazione sui temi di politica istituzionale, incontro sul tema «Che
cos’è una Costituzione. L’organizzazione dello stato moderno» con il sen. Elvio Passone.
SAN GERMANO: L’associazione «Camminare insieme»
con il patrocinio del Comune
organizza, alle ore 20,45, alla
Casa degli alpini, una serata di
diapositive su «Viaggio nel deserto del Sahara», con commenti e proiezioni eseguite da
Mauro Aimar e Dario Galliano.
20 marzo, sabato
LUSERNA S. GIOVANNI:
Nella saletta d’arte, dalle 10 alle
12, la «Leche League» organizza un incontro sul tema «Come
prevenire e come superare le
difficoltà in allattamento».
21 marzo, domenica
TORRE PELLICE: Alle
15, alla Casa unionista, si svolge l’assemblea annuale dell’associazione Amici dell’ospedale
valdese di Torre Pellice.
:rvizi
IASCA
VALLI
CHISONE-GERMAN
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva;
telefono 167-233111
Guardia farmaceutica;
(turni festivi con orario 8-22)
DOMENICA 14 MARZO
Villar Perosa: Farmacia De
Paoli - via Naz. 29, tei. 51017
Ambulanze:
Croce Verde, Perosa: tei. 81000
Croce Verde, Porte : tei. 201454
VAL PELLICE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, fest/ra:
telefono 167-233111
Guardia farmaceutica:
(turni festivi con orario 8-22)
DOMENICA 14 MARZO
Bibiana: Farmacia Garella Via Pinerolo 21, tei. 55733
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 953355
Croce V. - Bricherasio, tei. 598790
PINEROLO
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva;
Ospedale civile, tei. 167-233111
Ambulanza:
Croce Verde, tei. 322664
Cinema
TORRE PELLICE — Il cinema Trento ha in programma, giovedì 11 e venerdì 12,
ore 21,15, Train de vie, un
treno per vivere; sabato 13,
ore 21,15 domenica 14, ore 16,
19 e 21,15 lunedì, ore 21,15,
Vi presento Joe Black.
BARGE — Il cinema Comunale propone, venerdì 12,
ore 21, Tango; sabato 13, ore
21, Baci e abbracci; domenica, ore 15, 17, 19, 21, lunedì,
martedì, e giovedì, ore 21, Nemicheamiche.
PINEROLO — La multisela
Italia ha in programma, alla sala «2cento» Shakespeare in love feriali: 20 e 22,20, sabato
ore 20 e 22,30, domenica ore
15,15, 17,40, 20 22,20; alla sala
«Scento» sarà in visione Nemicheamiche: feriali 20, e
22,20, sabato 20, e 22,30; domenica alle 14,30, 16 e 18,
Bug’s life; alle 20, 22,20 Nemicheamiche.
L’Eco Delle Valli Valdesi
Via dei Mille, 1 - 10064 Pinerolo
tei. 0121-323422; fax 323831
recapito Torre Pellice
tei. 0121-933290; fax 932409
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Reg. Tribunale di Pinerolo n, 175/60
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Dibattito a Firenze in occasione della «Settimana della libertà»
Giubileo biblico e economia mondiale
¡¡fondamento biblico è presupposto per valutare criticamente le iniziative previste
per l'anno 2000 e le iniziative che si possono prevedere a livello internazionale
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64
A
PASQUALE lACOBINO
COME in tutte le città italiane anche a Firenze si
colgono i segnali del pesante
avvicinarsi del Giubileo promosso dalla Chiesa cattolica
romana. A novembre dello
scorso anno TUffido emergenza abitativa della Sicurezza sociale del Comune di Firenze lancia l’allarme sulla
stampa cittadina: la gran parte delle pensioni convenzionate col Comune per l’accoglienza di famiglie e persone
senza casa, in vista del Giubileo, rimettono in discussione
le convenzioni per «riconvertirsi» all’accoglienza dei pellegrini. Non mancano presidi
cattolici, diciamo così, di
«dissenso é resistenza»; nel
dicembre '98 il giornale L’altracittà, una testata sensibile
e attenta ai problemi della
emarginazione sociale e della
riqualificazione urbana delle
periferie, dava voce a don
Alessandro Santoro, prete di
lotta e di frontiera, pubblicando il suo sferzante appello
dal titolo Disertiamo il Giubileo nel cuore dell’Impero.
Contemporaneamente alle
iniziative organizzate dalle
chiese evangeliche fiorentine
pei la Settimana della libertà,
in città si stava tenendo un
importante summit organizzato dalla Regione intitolato
Toscana 2000: la Porta del
Giubileo a cui hanno partecipato,sotto gli auspici deliamnfetrazione pubblica e
deffaicbescovado, i maggiori
esponenti pubblici e privati
del settore turistico e dei ser
vizi culturali e artistici. Si capisce allora perché Giuseppe
Platone abbia ricordato che
«abbiamo ancora qualche
mese a disposizione per riflettere pacatamente, poi saremo presi nel vortice del
Giubileo!».
Il vicepresidente della Fcei
è intervenuto con Piero Bensì, alla conferenza dal tema
Utopia di Dio. Le sfide del
Giubileo biblico alle economie
del mondo, per la Settimana
della libertà 1999. Entrambi i
relatori sono intervenuti con
rigore intellettuale: Platone
riconducendo sul terreno biblico la questione del Giubileo, Bensì ricordando, documenti cattolici alla mano, la
problematica delle indulgenze. L’indicazione di metodo,
che diventa poi anche di contenuto, è chiara; per non essere travolti dall’evento Giubileo romano, i protestanti
sono chiamati a dotarsi di sapere critico. Innanzitutto
riappropriandosi della comprensione della Scrittura laddove si istituisce l’anno sabbatico e l’anno Giubilare (Levitico 25) e, per una buona
parte, l’intervento di Platone
è stato un autentico studio
biblico. In secondo luogo, individuando le domande cruciali: «Se non ci meravigliamo
più del perdono, della misericordia, della giustificazione di
Dio... abbiamo ancora chiaro
che cos’è il peccato?» come si
è chiesto Piero Bensì dopo
aver svolto un excursus sulla
questione delle indulgenze e
di come nel cattolicesimo, distinguendo tra «colpa» e «pe
Itinerari sacri in Toscana: ii duomo di Lucca
na», la chiesa «si arroga il diritto di affermare di poter rimettere la pena».
Se per il cattolicesimo romano il Giubileo rappresenta
un appuntamento strettamente spirituale basato sul
pellegrinaggio e «dell’indulgenza plenaria» per i popoli
della Bibbia, e tra questi i
protestanti, il Giubileo non
può che essere legato alla
questione dell’ingiustizia
economico-sociale, posto
che i temi biblici dell’anno
giubilare sono proprio quelli
della liberazione degli schiavi, della remissione dei debiti
e del riposo della terra. Piuttosto che la «celebrazione
narcisistica e trionfalistica»
del Giubileo cattolico, non
privo di aspetti di vero e proprio «mercimonio e mercato
del sacro», ha. affermato Platone, un’iniziativa più coerente con la parola della
Scrittura coincide forse con
un «programma internazionale di remissione dei debiti
dei paesi del Sud del mondo». Rispetto a questo, Platone ha brevemente richiamato
una risoluzione approvata il
27 maggio 1998 dalla Camera
dei deputati con cui si impegna il governo italiano, tra le
altre cose, a «sostenere la
cancellazione del debito in
modo controllato e progressivo» e a «sostenere la campagna di sensibilizzazione,
promossa dal Consiglio ecumenico delle chiese». Platone
ha invitato le chiese a valorizzare nelle proprie iniziative
gli strumenti messi a disposizione dalla Fcei (la pubbUcazione a più voci L’utopia di
Dio e un gruppo di studio sul
debito estero) e a sostenere la
petizione per la remissione
dei debiti dei paesi in via di
sviluppo.
53355
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festiva:
233111
Sospesa la partecipazione valdese e metodista al Consiglio delle chiese
Venezia, per il Giubileo un periodo di «digiuno ecumenico»
— Il cirogramerdì 12,
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,30; do6 e 18,
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l'Assemblea della Chiesa
valdese e metodista, riunita il
‘0 febbraio per eleggere i
rappresentanti per l’anno in
torso nel Consiglio locale
«Ile chiese (di cui fanno parla le chiese cattolica, luteraJa, anglicana, battista, ortoJossa, metodista e valdese),
™ discusso a fondo la situatone attuale e, tenendo conio dei condizionamenti che
tisaranno con le celebraziool del Giubileo cattolico, a
®Sa maggioranza ha deciso
o>non eleggere propri rapPfesentanti nel Consiglio
%so fino alla conclusione
celebrazioni giubilar! e
0> inviargli il testo che riprooiiciamo di seguito.
fAl Consiglio delle chiese
"jotiane di Venezia. Cari frasorelle’ con la presente
obblamo comunicarvi che
/issemblea della Chiesa valose e metodista di Venezia
, uà sua seduta del 20 feb,7° 1999, prima di procede®l* elezione dei suoi rapr esentanti in codesto Consij ® per l’anno in corso, ha
PWto un dibattito sull’opJ"«Unitàomeno di fare que[p 5 ®^lone nell’attuale con7 particolare di turbalo ecumenico,
to /®P®’'l®riza ha evidenziatl, ®iPpre crescenti disagi,
OM ’ ®l^eno per quanto rila nostra Chiesa valsjn ® ,Metodista dì Venezia,
alla ’indizione del
all» Giubileo cattolico e
^odalità con le quali si
i>0n°i ^ spettiamo, anche se
iooj„ ® condividiamo, la teoca 1 ecclesiologia cattoliqupet® 1® da fondamento a
stiifb ® 'Celebrazioni. Ci diavvertire invece un si
stema e un’organizzazione
molto avvolgente e totalizzante, che di fatto cerca di inglobare in questa iniziativa
ogni manifestazione religiosa
che si svolge in questo periodo. Il disagio maggiore si è
registrato quando è stato annunciato che il prossimo anno l’apertura della porta che
inaugurerà l’anno giubilare
per la basilica romana di San
Paolo è stata spostata al 18
gennaio 2000, proprio in considerazione che quel giorno
segna l’inizio della Settimana
di preghiera per l’unità dei
cristiani. Questo ci è sembrato eccessivo. Di fatto tutte le
comunità cristiane, che parteciperanno alla Settimana di
preghiera, specialmente in
Italia, rischieranno di essere
inserite organicamente nel
programma giubilare della
Chiesa cattolica.
L’opinione espressa dalla
maggioranza dell’Assemblea
è stata che il Consiglio delle
chiese cristiane di Venezia in
concreto non riesce a fare altro che programmare le attività della Settimana di preghiera di gennaio e l’incontro
di Pentecoste, riducendosi
così a svolgere un compito
che potrebbe essere assunto
con uguale risultato da una
apposita Commissione interconfessionale. In conseguenza di questa pratica impossibilità di esprimere chiare posizioni sui vari problemi che
si presentano, la maggioranza di questa Assemblea ritiene di non mandare i propri
rappresentanti in codesto
Consiglio fino a quando non
sia passato questo tempo di
confusione e di equivoci sopra detti, praticando così una
specie di "digiuno ecumenico”, cioè un’astensione dal
partecipare alle sedute e alle
decisioni di codesto Consiglio e ad altre attività ecumeniche che non abbiano una
chiara connotazione di rispetto dell’altrui identità.
Una minoranza di questa
Assemblea, pur condividendo alcuni timori espressi dalla maggioranza su possibili
rischi di essere coinvolti e
forse anche strumentalizzati
in questa kermesse giubilare
cattolica, e pur manifestando
qualche perplessità, è stata
di parere opposto per quel
che riguarda la presenza dei
nostri rappresentanti nel
Consiglio locale delle chiese
cristiane di Venezia, ritenendo che non con la nostra assenza, ma con la nostra presenza abbiamo pieno titolo
di esprimere con chiarezza
in codesta sede le nostre po
sizioni e di contribuire di fatto alle delibere di detto Consiglio, che secondo il suo statuto devono essere prese
all’unanimità.
La votazione finale ha tradotto in atto l’opinione della
maggioranza e quindi vi comunichiamo che per quest’
anno la Chiesa valdese e metodista di Venezia non ha
eletto i suoi rappresentanti in
codesto Consiglio.
Come assemblea e come
chiesa nella loro totalità assicuriamo la nostra immutata
volontà di proseguire il dialogo e il lavoro ecumenico e dichiariamo la nostra piena disponibilità ad ogni incontro e
ad ogni attività in cui il cammino ecumenico proceda
nella chiarezza e nella fedeltà
alla Parola di Dio.
Venezia, 26 febbraio 1999»
Cronache
CATANIA — Ci ha lasciati all’età di 86 anni la sorella Nunzia
Platania ved. Sparti. La sua adesione alla vita della comunità valdese era sempre attenta e partecipe, malgrado che
negli ultimi anni le condizioni di salute non le consentissero più di frequentare. Formatasi alla scuola del past. Teodoro Balma e delle attività giovanili della Acdg, come dimostra l’abbondante raccolta di fotografie donate alla
chiesa, continuava a mantenersi informata di tutto quello
che avveniva nella vita della comunità.
• Domenica 28 febbraio ci siamo rallegrati con i coniugi Albert-Calabrò che hanno festeggiato il loro 50° anniversario
di matrimonio. Nell’occasione abbiamo anche avuto il piacere di ascoltare la predicazione del past. Eugenio Stretti
che ha presentato negli stessi giorni il suo libro sul movimento pentecostale in Italia e ha partecipato a una tavola
rotonda sul tema fede e ragione.
• Con poco entusiasmo e con qualche perplessità sottolineata dall’assenza di chi non si è sentito di aderire, si è tenuto anche quest’anno l’incontro di preghiera per la Settimana per l’unità. Nel tempio di via Naumachia ha predicato la pastora luterana Almut Kramm, mentre l’arcivescovo
Bommarito ha portato un proprio messaggio.
San Marzano Olivete
Un seminario teologico
per studiare il Pentateuco
GIANLUCA NIGRO
SABATO 13 febbraio, presso la Chiesa metodista di
San Marzano Olivato si è
svolto un seminario teologico
condotto dal prof. Daniele
Garrone della Facoltà valdese
di teologia. L’incontro, organizzato dal Centro culturale
protestante di Alessandria e
dal Centro di ricerca e promozione ecumenica «Kairos»
di San Marzano nell’ambito
della scuola di formazione biblica e teologica, ha avuto come tema il Pentateuco. I partecipanti, sotto la guida del
prof. Daniele Garrone e del
pastore Bruno Giaccone,
hanno approfondito alcune
tematiche relative allo studio
dei primi cinque libri della
Bibbia. Fra gli altri sono stati
affrontati i seguenti temi: il
Pentateuco come vertice del
canone ebraico, il Pentateuco
come testo fondativo, il concetto di elezione e di alleanza.
I numerosi partecipanti
hanno partecipato attivamente all’interessante giornata di studio, che non è
consistita nella classica lezione ma è stata invece impostata come un laboratorio in
cui ognuno ha potuto portare
il proprio contributo al lavoro del gruppo. La giornata,
però, non è stata solo dedicata allo studio, ma ha avuto
anche un piacevole risvolto
comunitario nel corso dell’agape a cui hanno partecipato con gioia tutti i presenti.
Il seminario è stato organizzato nell’ambito della scuola
di formazione biblica e teologica che ha iniziato le proprie
attività nel settembre 1998.
Nell’ambito della scuola hanno già avuto luogo, nei mesi
scorsi, alcune lezioni, tenute
dal prof. Paolo De Benedetti,
dedicate sempre a tematiche
relative alla Scrittura ebraica.
Il calendario prevede per i
prossimi mesi un altro seminario del prof. Garrone, che
si svolgerà sabato 8 maggio e
che verterà sui libri profetici.
Sono già state programmate
inoltre due lezioni del prof.
De Benedetti, che si svolgeranno presso la Chiesa metodista di Alessandria il 14
marzo e l’il aprile (orario
15-18). Saranno dedicate rispettivamente alle diverse
ipotesi sulla composizione
del Pentateuco e ai libri di
Giosuè e dei Giudici. Chiunque fosse interessato a partecipare può contattare il
pastore Bruno Giaccone
(0141-294184) oppure il candidato pastore Maurizio
Abbà (0131-262313).
Viaggio delle chiese del 15° circuite
Un XVII Febbraio in visita
alle valli valdesi
JENS SIELMANN
Da quando un gruppo
ben consistente della
comunità di San Secondo nel
primo week-end del maggio
1998 ha visitato il nostro circuito di Calabria e Messina,
abbiamo pensato al modo di
ricambiare questa visita per
poi pianificare un viaggio a
San Secondo attorno al 17
febbraio. Speravamo che venissero tante persone delle
nostre comunità: abbiamo
però dovuto accorgersi che
in febbraio la gente non è disposta a viaggiare. Quei pochi però hanno fatto un viaggio veramente interessante.
Già l’andata in treno è stato un elemento bello, visto
che abbiamo viaggiato tutti
insieme. Arrivati a Pinerolo la
mattina del 13 febbraio, erano già pronte le automobili
di alcuni membri della comunità di San Secondo per
portarci subito al luogo dove
avremmo pranzato. La sera
del 13 c’è stato il primo appuntamento con la comunità. Nella sala delle attività
abbiamo partecipato a una
cena comunitaria in nostro
onore. La domenica mattina,
nella bella chiesa di San Secondo, abbiamo partecipato
al culto presieduto da Guglielmo Crucitti che nel nostro circuito conosciamo bene e abbiamo potuto seguire
durante il percorso fatto finora per diventare pastore.
Da domenica pomeriggio
in poi abbiamo fatto tante visite. Nomi come Frali, Agape,
Chanforan, Sibaud, la Ghieisa d’ia tana. Roccapiatta...
che forse tutti conosciamo
più o meno dalla storia lontana o recente, ora per noi
hanno un suono diverso. Ci
siamo accorti che le Valli sono un luogo particolare in
cui si respira tutta la lunga
strada dei valdesi dai lontani
inizi fino ai nostri giorni. Potremmo dire che la storia
valdese, che per noi in Calabria ha il suo riferimento visibile a Guardia Piemontese,
è diventata storia toccabile,
storia concreta.
Ma non è solo stato un
viaggio storico. Anzi in tutte
le nostre attività abbiamo potuto conoscere anche la situazione attuale dei nostri
fratelli e delle nostre sorelle
che vivono la loro testimonianza evangelica in un ambito completamente diverso
dal nostro. Certamente noi
tutti eravamo molto curiosi
di vedere come si sarebbero
svolte le festività del 16-17
febbraio. Nonostante la siccità, ci sono stati alcuni falò:
dopo aver visto il falò di Villar
Pellice, abbiamo trascorso
una bella serata in una azienda agricola specializzata in
agriturismo, con canti e con
delle lezioni di danze folcloristiche delle Valli.
Per il culto del 17 febbraio
la chiesa di San Secondo era
piena fino all’ultimo posto. Il
culto è stato presieduto da
Franco Viapiana, e il sermone è stato tenuto da chi scrive queste note sul tema della
libertà, come viene introdotta da Gesù stesso nel suo sermone a Nazaret (Luca 4). La
corale, le donne tutte vestite
del tradizionale costume valdese, ha dato un carattere
molto vivace e gioioso cantando degli spiritual come
«Freedom is coming», la libertà sta per venire. Anche se
a causa dello sciopero ferroviario ci siamo fermati un
giorno in più, il soggiorno è
stato troppo breve per «digerire» tutte le impressioni.
Spero tanto che in futuro
possiamo ripetere un tale
viaggio con un numero anche più elevato di partecipanti, perché lo scambio fra
le Valli e gli altri circuiti della
nostra chiesa sono delle
esperienze importanti per
conoscere le realtà diverse in
cui viviamo.
m mmmKtrtcm
Claudiana
via Principe Tomaso, 1 - Torino
011 -6689804 - fax 011 -6504394
12
PAG. 8 RIFORMA
Vita Delle Chiese
Un bilancio dell'attività dell'Aev di fronte alle nuove prospettive
Quindici anni di volontariato evangelico
L'azione dell'associazione nasce da un movimento già ampiamente diffuso nelle
comunità locali e presso le opere e si accorda con le richieste degli enti pubblici
ADRIANO LONGO
Lf ASSOCIAZIONE evangeI lica di volontariato ha da
poco concluso il suo quindicesimo anno di attività. Fu
fondata neU’ottobre del 1983
a Firenze sotto la duplice
spinta dei movimenti giovanili che si riconoscevano nella Fgei, e delle strutture vaidesi che già da decenni ospitavano dei volontari. La nascita dell’Aev fu quindi una
delle tappe di un cammino
che aveva già coinvolto da
lunga data le nostre comunità. Infatti la predicazione e
l’azione diaconale nel pensiero riformato sono sempre
state viste come due momenti non disgiunti ma complementari l’uno all’altra dell’essere chiesa. Pertanto nelle
strutture diaconali, a fianco
del personale dipendente, vi
è sempre stato un apporto
volontario a vario titolo, sia
da parte di membri delle comunità, sia di altre persone
che hanno ritenuto importante dedicare una parte della propria vita a chi si trovava
ad essere in uno stato di necessità (ricordiamo quante
infermiere svizzere o tedesche sono passate nei nostri
ospedali o nelle nostre case
di riposo).
L’altra spinta è venuta
dall’ente pubblico. Negli Anni 70, terminato il periodo
della ricostruzione postbellica, si prendeva coscienza
della necessità di operare in
vista del miglioramento della
qualità della vita anche fuori
dagli ambienti di lavoro, e
all’apporto dato dal volontariato veniva riconosciuto un
valore importante nell’umanizzare i servizi resi alle persone. Pertanto, sia lo Stato
sia le Regioni cominciavano a
recepire all’interno delle loro
leggi la possibilità di avvalersi, tramite convenzioni, anche del servizio volontario
svolto dai cittadini, purché
iscritti a una associazione.
L’Aev nascendo recepì nel
suo statuto le direttive emanate dallo stato: la democrazia all’interno della gestione
dell’associazione, la trasparenza amministrativa e la de
Una società che si basi solo sugli scambi economici pone le
premesse per sancire la propria fine; quella che scopre il valore del dono lancia dei segni di speranza. Essere disposti alla
gratuità del gesto, del sorriso, è segno di qualità della vita. Le
comunità dei credenti hanno risposto con l’azione alla Grazia manifestata in Gesù Cristo. Il servizio diaconale affonda
le sue radici nella storia della chiesa. Ora viene anche chiamato volontariato. Le nostre chiese lo conoscono bene. In
queste pagine evidenziarno un altro momento significativo di
questo procedere: ricordiamo che l’Aev ha compiuto 15 anni
al servizio della diaconia della Fcei e presentiamo due nuovi
servizi nati in ambito federativo. Ecco quindi l'Anno diaconale europeo e il Volontariato europeo di scambio. I loro
obiettivi diversificati ampliano le possibilità di esperienze offerte ai giovani europei Ma il volontariato non è rivolto solo
a loro: vi sonò tante formule espressione di cittadinanza libera, attiva e responsabile in diversi settori, dai beni culturali
alle banche del tempo all’assistenza di chi è nel bisogno. E come per la diaconia, il volontariato non è mai abbastanza.
signazione preventiva dell’
ente verso il quale fare confluire i beni dell’associazione
in caso di cessazione di attività, nel nostro caso la Federazione delle chiese evangeliche in Italia.
Il funzionamento dell’associazione è molto semplice: le
opere o gli enti che desiderano avere un servizio volontario fanno una convenzione
con l’Aev nella quale viene
indicato quanti posti sono
messi a disposizione e su
quali ruoli l’Aev assicura i volontari presso il Servizio civile internazionale per malattie, infortuni e responsabilità
civile, e riconosce al volontario un «argent-de-poche»
che, per chi è a tempo pieno,
è attualmente di £. 240.000.
Vi sono anche cantieri in cui
il servizio è saltuario o ridotto, in quel caso o non vi è
compenso o è ridotto.
A stipulare convenzioni
con l’Aev sin dall’inizio si sono presentate alcune fra le
maggiori opere diaconali.
Agape, il Servizio cristiano di
Riesi, il Centro diaconale «La
Noce», buona parte delle
strutture per la terza età e
per i minori a rischio o per
portatori di handicap che
ora sono confluite sotto
l’egida della Csd (Commissione sinodale per la diaconia) oltre a diverse case di
accoglienza o di vacanza fra
cui recentemente il Villaggio
della gioventù di Santa Severa dell’Unione battista.
AEV - A CHI RIVOLGERSI
Adriano Longo, presidente, c/o uffici Tavola valdese, via
Beckwith 2, 10066 Torre Pellice (To), tei. 0121-91296, fax
0121-944450, e-mail: aev@tpellice.it;
Sergio Nisbet, vicepresidente, via Coppieri 29, 10066 Torre
Pellice (To), tei. e fax: 0121-91185;
Franca Benigno, segretaria, do Asilo valdese, via G. Malan 43,
10062 Luserna San Giovanni (To), tei. 0121-900285;
Roberto Charbonnier, consigliere, c/o Asilo valdese, via G.
Malan 43,10062 Luserna San Giovanni (To), tei. 0121-900285;
Paola Cazzano, consigliera, do Asilo dei vecchi, via C. A. Tron
13, 10065 San Germano Chisone (To), tei. e fax 0121-58855.
LA FEDERAZIONE
DELLE CHIESE EVANGELICHE IN ITALIA
RICERCA
Assistente per il SETTORE SOCIALE del Servizio Rifugiati e Migranti
presso gli uffici romani della Fcei.
Il lavoro offerto comporta In via primaria
/ la promozione e realizzazione di progetti e programmi pilota nel campo sociale e di integrazione per immigrati e rifugiati, anche curando i rapporti con
gli enti pubblici per quanto concerne le politiche del settore o la realizzazione
dei progetti stessi,
/ la promozione e sviluppo del lavoro delle comunità locali in materia, la formazione di operatori, il sostegno alla gestione dei progetti locali, la consulenza per casi individuali, la partecipazione a convegni e iniziative nazionali e
internazionali.
Il lavoro viene svolto in stretta collaborazione con la coordinatrice del Servizio
Si richiede
y cultura di livello universitario;
✓ buona cono.scenza dell'inglese e di una seconda lingua straniera;
/ esperienza, interesse e motivazione a operare nel settore dell'immigrazione
e del lavoro sociale;
/ appartenenze a una chiesa evangelica, conoscenza dell'uso del personal
computer, disponibilità a viaggiare in Italia ed all'estero;
/ disponibilità a lavorare con orario flessibile quando necessario per conse
guire gli obiettivi assegnali;
/ capacità e volontà a lavorare in squadra con tutti gli operalori/trici del Servizio Rifugiali e Migranti.
Si prega di inviare il curriculum via fax alla Fcei (fax n. 06-4828728}
entro il 31 marzo 1999 all'attenzione di Bruno Ricca.
In questi ultimi anni non
solo gli istituti ma anche le
comunità, in occasione di
particolari momenti, hanno
fatto delle convenzioni con
l’Aev. Alcuni dei cantieri hanno funzionamento annuale,
altri su periodi ridotti a seconda delle esigenze: il numero comunque è rimasto
stabile nell’ultimo quinquennio, attorno alle 28-30 unità,
il che significa che alcuni
hanno terminato la loro funzione mentre altri vi si sono
inseriti. Al termine del 1998
accettavamo il 1500“ volontario, il che significa che vi è
stata una media di accetta
zioni di 100 volontari l’anno,
mentre un analogo numero
cessava il servizio. Negli Anni
94-96 si sono avute delle
punte di 176-168 volontari in
servizio all’interno dell’anno:
questo è dovuto al fatto che i
volontari sovente rimangono
per più di un anno, oppure
che svolgono il loro servizio a
cavallo fra un anno e quello
successivo.
Per diventare soci vi sono
due possibilità: la prima è
quella di scrivere o prendere
contatti con un membro del
Consiglio, con il quale verificare le possibilità di servizio
esistenti in quel momento, la
seconda, di prendere contatti
con la struttura prescelta, la
quale prowederà a inoltrare
al Consiglio la richiesta di accettazione. Il servizio volontario dell’Aev per le sue caratteristiche di supporto all’attività svolta dall’ente convenzionato, di norma, non richiede competenze specifiche, competenze che in parte
si acquisiscono facendo il
servizio a fianco di un operatore della struttura. Questa
impostazione ha permesso
negli anni di inserire diversi
casi sociali o persone con
programmi mirati di reinserimento dopo l’esperienza del
carcere, o rifugiati in attesa di
collocazioni definitive.
Un momento di festa con gli ospiti deii’Asilo dei vecchi di San Germano Chisone
Testimonianza di una volontaria
Come una famiglia allargata
PAOLA CAZZANO
Terminato iimio corso
di laurea, in attesa e desiderosa di impegnarmi al più
presto, ho deciso di svolgere
un periodo di volontariato
presso qualche opera della
nostra chiesa. È così che sono
arrivata all’Asilo dei vecchi di
San Germano Chisone. Questa non era la mia prima
esperienza di volontariato;
già impegnandomi nelle
strutture di soccorso della
Croce Verde avevo apprezzato l’arricchimento ricevuto
nell’aiutare il prossimo. Ma
agire all’interno della mia comunità mi avrebbe portata a
avere in più anche la sensazione di lavorare per la mia
«famiglia». Anche in una casa
di riposo si può fare una generosa attività di aiuto verso
il prossimo, che si esplica
quindi non solo nel soccorso
nei momenti di pericolo o di
bisogno ma anche come supporto morale e psicologico
nei confronti di persone che
stanno affrontando una delle
fasi più difficili della loro vita.
Tuttavia l’utilità del servizio
volontario può realizzarsi anche nel fornire un supporto
all’ordinato funzionamento di
tutta l’organizzazione: infatti
durante la giornata vengono
affrontati una miriade di pro
blemi riguardanti pratiche
amministrative o burocratiche, e anche attraverso queste
si possono vivere e condividere aspetti di vita che riguardano gli ospiti, le loro famiglie e
l’intreccio dei vari momenti
della vita dell’anziano.
La pratica del volontariato
in una struttura importante
quale l’Asilo dei vecchi è
inoltre un’opportunità per
acquisire esperienze lavorative mettendo in pratica tutto ciò che si è appreso durante il corso degli studi. È
possibile infatti vivere l’organizzazione di una struttura
complessa con una settantina di dipendenti e 98 ospiti,
capire i meccanismi di gestione del personale dipendente con le problematiche
dell’organizzazione del lavoro, i rapporti con le pubbliche amministrazioni e le organizzazioni sindacali. Un
altro aspetto organizzativo
non meno importante il criterio di ammissione e di sistemazione dei nuovi ospiti
all’interno della casa.
Ritornando alla mia personale esperienza, dopo aver
acquisito un tale bagaglio ho
poi avuto l’ulteriore opportunità di venire assunta prima a
part-time poi a tempo pieno
e per questo mi posso reputare fortunata.
prea4enza
1999). pues
aidell'«ton
come org
ütaeï^vori
perl’jgccogl
viodifbva
servigio ve
istituzioni s
pa esperia
toaltri|aes:
come ser
sioaedi sve
Con gli ospiti deii’istituto psico-pedagogico Uliveto in piazza San
Marco a Venezia
Un servizio per fare esperienza
Le motivazioni
di 1.500 ragazzi e ragazze
6 e 12 jnesi
et^pres
niWipai
come esp
vani: impai
se stessi; ac
za; offrire
tempo: imp
lingua; appi
scenza di ut
cHuna soci
diverse; coi
vanivolontE
vari paesi d
uno spunto
nedelfutun
L’Associazione evangelica
di volontariato ha avuto in
questi 15 anni di vita due anime: la prima, costituita dai
volontari italiani, la seconda
da quelli stranieri. La presenza straniera, seppur minoritaria, è sempre stata significativa: è infatti oscillata nel
variare degli anni dal 35% al
48% sul totale delle presenze.
Può essere interessante,
per capire meglio ciò che è
stato, esaminare le motivazioni di fondo che hanno determinato la scelta dei 1.500
tra ragazze e ragazzi a interessarsi e poi aderire alTAev.
Nel settore italiano e durante
i primi anni di vita dell’Aev, i
volontari provenivano in
maggioranza dai gruppi giovanili e quindi erano motivati
e avevano approfondito il significato del loro impegno in
convegni vari e campi promossi dalla Fgei e durante le
assemblee dell’Aev stessa. Si
è passati quindi a una seconda fase in cui la penuria di
proposte lavorative, soprattutto per la fascia giovanile,
ha spinto molti a cercare situazioni di «lavoro» alternative. L’idea era di farsi comunque un’esperienza, con la
speranza di ottenere in seguito un posto di lavoro. Il Consiglio dell’Aev di allora, alla
fine degli Anni 80, si interrogò su questo problema e
concluse constatando che
l’Associazione si trovava a
confrontarsi con contraddizioni e grossi limiti dovuti al
contesto italiano in cui operava, contro le quali non disponeva di strumenti per
contrapporsi. Accettò dunque di essere in questa situazione particolare un servizio
di avviamento all’apprendistato, come forma di supporto e di aiuto per coloro che lo
richiedevano.
In quell’occasione il Consiglio volle comunque sottolineare che l’impegno prioritario dell’Aev rimaneva quello di appoggiare le iniziative
della diaconia evangelica
sorte per essere al servizio
del prossimo, che in quel
particolare momento si trova
in uno stato di necessità. Negli ultimi anni la situazione
non è molto mutata; se da
una parte vi sono state all’esterno più possibilità di
accedere a corsi di formazione in settori anche molto di
versi, la richiesta, almeno al- come esj
le valli valdesi, ha mantenuto Istituàoni d
essenzialmente questo carat ' selapossib
tere di richiesta di aiuto e di I tate su un i
orientamento in un momen- nameiito ri
to molto delicato della propria crescita personale. Diversi sono stati gli inserimenti di giovani proseuieuti
da famiglie problematiCna, e
il periodo del servizio volon- ,
tario ha rappresentato pei la fot
loro un’opportunità per usci- duri
volonts^.(n
uazionàl F
gioite, che ft
loro e i volo
riguaidala
cordi coule
sÇit®o,ira
Tizio voloi
(Sve) della (
re dall’esclusione e dall’isolamento e un tentativo di
confrontarsi con una situazione di «normalità». Sa ™pea(vedi
questo fronte in diversi .istituti si è ben operato, realiz- pt'
zando per questi giovani uii ' J'o dia
ambiente ancora protetto e *™™ve il t
tale da aiutarli a crescere eli partner i
migliorare la loro capacità!! i c
rapportarsi agli altri. in L
Un orientamento molto di- Jfonnanc
verso lo troviamo invece trai l "N
volontari stranieri. Nei paesi , WelaFc
nordeuropei vediamo che
nell’organizzazione stessa
nelle scuole per Tottenimento delle qualifiche a carattei«
sociale, da lungo tempo è richiesta l’effettuazione dih
rocini che si alternano al pe
riodi di impegno scolastico
Ne deriva quindi che di noi
ma i candidati chiedono!
fare delle esperienze di senj;
zio volontario airinternod*
un obiettivo di formaziojj*
che si sono già posti, e** ,
contano di perseguire anch* d
facendo proprio quell’espO' Jompai
rienza che li porta anche l sem
affrontare contesti molto tu
versi da quelli di
proprio per questo molto s®
“hanti
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molanti e formativi.
Si comprende
ferenza che esiste tra u
dere di prestare un servi J
qualsiasi, purché lo si poj Piconvivei
fare, e invece ricercare uni® i j|[. ^
pegno finalizzato alla pmP. n®, PP ®i
crescita personale, sia soc««stranu
che di fede. Riterremmo "
1 ur
-otit
ticolarmente utile che anc%J'. 8i»ida
sul nostro versante intcì
questa prospettiva di
re coscientemente un pe* giovani a t
so formativo personale, p . ^ letfj .
prendere concretezza an^^, iciocm^gj
fra i nostri giovani, ma ci
diamo anche conto che Q
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sto può essere solo il '»n contP
un percorso di matum^ f*s'oè?ani
culturale e personale |®flafo?JS
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vedersi nell’immediato^
veuersi neu uiuu'=“— m. • Una mini
per i quali bisognerà pr® « !fe)ig
dere molto impegno.
®àropau
13
,Menni 12 MARZO 1999
Vita Delle Chiese
PAG. 9 RIFORMA
La nuova struttura è nata alla fine di gennaio aH'interno della Fcei
In ufficio per il volontariato internazionale
Iipnsiglio della Federatone delle chiese evangeliÌhe in Italia riunito a Roma il
,0,32 gennaio 1999, dando
niena^realizzazione a un
mandato dell’ultima Assemblea d^cei (Torre Pellice,
1997), ha istituito un nuovo
ufficio pet d volontariato in..flfflrinnale (Anno diaconalej'^rambito dell’ufficio di
presidenza {Nev, 3 febbraio
j999).?Queste sono le funzioni delì’Whmo diaconale»:
come organizzazione: facilita e’&vorisce gli scambi sia
perri^Oglienza che per l’invio difipvani interessati a un
servilo volontario presso
istituzioni sociali delle chiese
j«|^che (e altro) in Europa erriamo presto anche
inaltriiaesi;
come servizio: è un’occasione di svolgere un servizio
lll^tariato della durata di
eH^piesi per giovani dell’
eti^npresa tra i 18 e i 25 anni in iàri paesi d’Europa;
I piazza San come esperienza per i giovani: imparare a conoscere
se stessi; acquisire esperienra; offrire capacità, doni,
tempo; imparare una nuova
lingua; approfondire la conoscenza di una nuova cultura,
diuna società e una chiesa
diverse; conoscere altri giovani volontari provenienti da
vari paesi d’Europa; trovare
imo spunto per la professione delfuturo...
come esperienza per le
istituzioni delle nostre chiese; la possibilità di poter contare su un ufficio di coordinamento responsabile dei
volonta|ii|nazionali e internazioniiÌ presenti nella regione, chefaccia da ponte tra
loffl e i volontari per quanto
rigUMdàla selezione, gli accorii conte organizzazioni di
invio, la formazione e il sostegno durante il periodo di
servizio; f rapporti con il Sergio volontario europeo
(Sve) della Commissione europea (vedi più oltre le inforBazioni relative a questo
iMgetto attraverso il quale
¡•Anno diaconale intende
aizzare il suo programma).
I jpartner dell’Anno diacowsono i corrispondenti orl^i in 10 paesi che fra di
“TO Birmano l’European DiarosalYear Network (Edyn) al"""le la Fcei ha dato formaiione. L’Edyn è una rete
.janizzazioni coinvolte
“Wrvizio volontario cristia
za
ze
Il lavoro di una volontaria con I bambini del Centro diaconale La
Noce di Palermo
ledi
Di
pei
idi
:ua
Su
no definito in certi standard
comunemente accettati tra i
quali prioritario lo sviluppo
personale e spirituale del volontario. L’Edyn è anche uno
strumento di supporto e sviluppo professionale per le organizzazioni membro e tra i
suoi obiettivi c’è anche quello
di diffondere il concetto dell’Anno diaconale in altri paesi. I membri attuali dell’Edyn
sono; Année diaconale, Belgio;
Diakoni Aret, Danimarca;
Année diaconale, Francia;
Diakonisches Jahr im Ausland, Germania; Anno diaconale, Italia; Sociaal Diakonaal
Jaar, Olanda; Voluntàr in
Svenska Kyrkan, Svezia; Time
for God, Regno Unito; United
Church ofChrist, Stati Uniti
d’America; Onkéntes Diakòniai, Ungheria.
L’Anno diaconale lavora
anche in collaborazione con
l’Associazione evangelica di
volontariato (Aev), che illustra in questa stessa pagina
la sua attività e i suoi obiettivi, nello specifico per quei
progetti di accoglienza che
non richiedono un particolare impegno di carattere sociale, ma si rivolgono a quei
giovani che desiderano trascorrere un periodo non vincolato nella durata in un altro paese essenzialmente per
apprendere la lingua e aiutare i cantieri in ogni tipo di lavoro pratico, non necessaria
mente nel campo sociale o
dell’assistenza. L’Anno diaconale stabilirà contatti sia in
Italia che all’estero con altri
organismi, laici e non, interessati al lavoro giovanile.
Finanziamenti;
1) Esiste un progetto del
Servizio volontario europeo
(vedi sotto);
Per i volontari: è prevista la
copertura di vitto alloggio,
argent-de-poche, assicurazione, spese di viaggio andata e ritorno dal paese di provenienza.
Per le istituzioni delle nostre chiese: è previsto il finanziamento di argent-depoche, spese di trasporto locale, formazione linguistica.
L’ufficio di coordinamento
riceve il rimborso delle spese
amministrative e di supporto
per il volontario durante il
periodo (compilazione dei
progetti, contatti con gli Uffici, seminari di formazione
per i volontari ecc.).
2) Non esiste un progetto
del Servizio volontario europeo: i volontari ricevono vitto, alloggio, argent-de-poche
pagati dalle istituzioni delle
chiese.
Il Servizio volontario europeo è un programma della
Commissione europea che
ha diversi obiettivi tra cui:
- offrire la possibilità ai
giovani di soggiornare all’estero dai 6 ai 12 mesi in un
paese dell’Unione, in Islanda, Liechtenstein e Norvegia;
- impegna le organizzazioni senza scopo di lucro a collaborare oltre le frontiere nazionali
- garantisce che ogni persona impegnata nel quadro
di questo programma ne
tragga un proprio vantaggio
umano e professionale.
Il Servizio volontario europeo si basa su un solido partenariato tra un’organizzazione che invia i giovani, una
che li accoglie e i giovani
stessi. 1 progetti approvati
nell’ambito del Sve dovranno
avere dei contenuti qualificanti per la formazione del
volontario in ambito sociale,
ambientale e culturale.
Possono fare richiesta:
- i giovani di età compresa
tra i 18 e i 25 anni provenienti da uno degli stati membri
dell’Unione, in modo particolare i giovani meno favoriti
nell’avere la possibilità di
viaggiare attraverso l’Europa
affinché si aprano per loro
nuove opportunità professionali;
- le organizzazioni senza
scopo di lucro disposte a accogliere giovani stranieri, dar
loro un compito e garantire
loro vitto alloggio ed assistenza. In tal modo ricevono
un finanziamento pari al 50%
del progetto stesso;
- le organizzazioni disposte
a inviare all’estero i loro
membri e a dar loro un’opportunità di qualifica. Esse ottengono i finanziamenti per le
spese relative al progetto.
Dopo la fase pilota di questo progetto (iniziato nel
1966) ora la Commissione
europea prevede oltre al servizio volontario di lunga durata anche altri progetti di
servizio volontario e cioè:
progetti di servizio volontario
di breve durata; progetti legati a eventi speciali; progetti
multilaterali; progetti con
paesi terzi; capitale futuro,
per i volontari che hanno terminato il loro servizio.
Per saperne di più è possibile
contattare direttamente: Dipartimento degli Affari sociali, Ufficio III, Servizio volontario europeo, via Vittorio Veneto; Lunaria (struttura di assistenza tecnica), via Salaria,
89, 00184 Roma; Pina Grosso,
Anno diaconale. Federazione
chiese evangeliche in Italia,
via Firenze 38, 00184 Roma.
Per i volontari europei momenti di formazione e di aggiornamento
I seminari nei paesi di provenienza e di accoglienza
tempo è ri'
rione di te
lano ai pf"
scolastici’
che di noi'
liedono if
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ma ci turale, e nello stesso
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aturazioj: *®sto vivo. Tutto
¡1 frutto mentalità diversa
„turazii’JaesÌoev
ale i cui ^ iperia f ®"l®ggioso non soinche F formazione culturale
ediato.J er®„!®”l- ma serve anche
erà prol** thighore Integrazio
10 Pi.. Pl^oerazioni future in
“‘‘fopa unita.
Nel corso dell’anno si svolgono due tipi di seminari per
i partecipanti, organizzati sia
dal paese di invio che da
quello di accoglienza. 11 paese d’invio organizza prima
della partenza dei volontari
un incontro iniziale che serve
a introdurre il programma
con l’enfasi sugli obiettivi di
apprendimento, sulle motivazioni e sul concetto di responsabilità. Per la fase conclusiva, al rientro dei volontari, viene organizzato sempre dal paese d’invio un seminario atto a valutare il soggiorno, con l’accento su eventuali lavorativi dell’esperienza acquisita.
11 paese di accoglienza, invece, organizza almeno tre
seminari che durano da tre a
quattro giorni ciascuno e che
si svolgono durante il soggiorno dei volontari. Il primo seminario comprende una presentazione socio-culturale e
politica del paese e vorrebbe
stimolare il volontario in un
lavoro di ricerca sulle proprie
motivazioni e aspettative. 11
secondo segue dopo quattro
mesi di lavoro sul campo:
un’intera giornata viene dedicata alla scambio di esperienze, in cui si possono affrontare l’eventuale difficoltà emerse dall’incontro fra culture diverse. Ciascuno potrà parlare
del proprio posto di lavoro,
delle sue mansioni, della situazione residenziale e di
eventuali altri problemi.
Questo scambio permette
ai partecipanti di imparare a
conoscere le diverse realtà.
Un aspetto importante di tutti i seminari è la riflessione sul
percorso personale di fede e
di consapevolezza, sull’aspetto interculturale, sullo scambio rispetto a eventuali problemi, e sulla risoluzione dei
conflitti. Nell’ultimo seminario infine si invitano i partecipanti a una riflessione sulle
decisioni da prendere per gli
impegni futuri in base a
quanto sperimentato durante
l’Anno diaconale. Di norma
questi seminari si svolgono in
città dove si offre l’occasione
di fare delle visite turistiche.
Questo modo di svolgere un
servizio volontario richiede
che le opere acconsentano ai
volontari di partecipare ai seminari. D’altra parte sono
proprio questi incontri che
permettono un lavoro proficuo in gruppo, e che possono
essere di stimolo per il giovane straniero.
Per i programmi che inizieranno il prossimo settembre 1999
stiamo selezionando 10 volontari europei per l’accoglienza e 5
volontari italiani per l’invio.
Chi fosse interessato a un programma di invio (soggiorno tra
i 6 e i 12 mesi in un paese europeo per giovani dai 18 ai 25 anni) è pregato di spedire all’indirizzo in calce - entro e non oltre
il 15 aprile - il proprio curriculum specificando il paese di preferenza e l’ambito di attività (assistenza anziani, lavoro con i
bambini, giovani emarginati, progetti ambientali, ecc.).
Pina Grosso, Anno diaconale. Federazione delle chiese evangeliche in Italia, via Firenze 38, 00184 Roma, tei. 06-4825120;
fax 06-4828728; e-mail: sm.evangeliche @agora.stm.it.
Agenda
I
11 maño
TORINO — Alle ore 21, nel salone valdese di corso Vittorio
Emanuele 23, si tiene una tavola rotonda conclusiva sul ciclo dedicato alla bioetica, dal titolo: «11 senso della vita, tra
biologia e biografia», con il rabbino Alberto Somek, il teologo cattolico Raffaele Rizzello e la pastora Giovanna Pons.
_____________12
MANTOVA — Alle ore 15, presso il Centro di lettura della
Circoscrizione 2 (via Facciotto 5), il pastore Gianmaria Grimaldi tiene una conversazione sul movimento valdese.
FIRENZE — Alle ore 18, in via Manzoni, Brunero Gherardini, Jùrgen Kleemann e Gino Conte parlano sul tema: «Salvati per grazia; il cuore dell’Evangelo nella controversia
confessionale». Modera il pastore Raffaele Volpe.
PALERMO — Alle 17,30, presso il Centro evangelico di cultura «G. Bonelli» (via Spezio 43), Laura Ronchi De Michelis
parla sul tema: «Il Giubileo nella Bibbia e nella storia».
CINISELLO BALSAMO —Alle 21 al Centro culturale «Lombardini» (via Montegrappa 62/b), si tiene un dibattito sul tema: «La tecnologia: una minaccia alla cultura e alle tradizioni di una minoranza», con Paul Roland, pacifista americano,
Emilio Molinari, Vincenzo Acquaviva, Francesco Casarolli,
delegati italiani presso gli Apache del Monte Graham.
PERUGIA — Alle ore 17, nella Sala di partecipazione del
Consiglio provinciale (piazza Italia), il pastore Giorgio
Bouchard presenta il suo libro «Cristianesimo: storia, dottrina, diffusione» (ed. Idealibri 1998).
12-13 marzo
NAPOLI — Alle ore 18,30 delle due giornate, nella chiesa
battista di Fuorigrotta (via Cumana 23/f) l’Associazione
battista del Napoletano organizza due incontri sul tema:
«Evangelizzazione attraverso il contatto personale».
13 marzo
MILANO — Alle ore 17, presso il Centro culturale protestante (via Sforza 12/a), il prof. Bruno Corsani parla sul tema: «Il Dio biblico e le religioni del mondo antico».
VENEZIA — Alle ore 9,30 a Ca’ Dolfin (Dorsoduro 3825/e)
si apre il convegno «Omosessualità, società civile e coscienza religiosa», con interventi di Franca Bimbi, Luigi
Malacrida, Cristian Demur (pastore riformato), Basilio Petra (teologo cattolico), Roberto Del Favero (psicologo),
Francesco Rivetta, Paola Dall’Orto, Fulvio Ferrario (past.
valdese), Ezio Mensione (avvocato). Intervengono gli onorevoli Albertina Soliani e Giorgio Gardiol.
GROSSETO — Alle ore 17,30, al Palazzo della Provincia
(piazza Dante), il pastore Claudio lafrate parla sul tema:
«Il giubileo biblico come modello di società: solidarietà
planetaria come utopia di Dio?».
ROMA — Alle ore 16, presso la sede del Sae (via Giusti 12),
Carmine Di Sante e la pastora Maria Bonafede parlano sul
tema: «La fraternità universale» nell’ambito del ciclo di
conferenze su «Ritorno al Padre, tappe di un cammino
ecumenico di conversione e riconciliazione».
TORINO — Alle 17,30, nel tempio di corso Vittorio, l’organista Massimo De Grandis esegue musiche di Krebs e Bach.
17 marzo
TORINO — Alle ore 20,45, nella sala delle attività della
Chiesa battista di Lucento (via Viterbo 119), Ring. Davide
Valente presenta una serie di diapositive sull’archeologia
del Nuovo Testamento per il Centro evangelico di cultura.
SONDRIO — Alle ore 20,45, nella sala Besta della Banca
popolare di Sondrio, l’islamico Gabriel Mandel e l’ebreo
Elia Richetti discutono il tema: «Gesù nel dialogo interreligioso: ebraismo e islamismo».
GENOVA — Alle 17,30, nella sala della Provincia (largo
Lanfranco 1), il past. Fulvio Ferrario parla su: «Papato e
Giubileo: origine e fortuna di una istituzione medievale».
18 marzo
GENOVA — Alle ore 17,30, a palazzo Ducale (ala Est, ammezzato), per il ciclo del Sae su Pace e guerra, il prof. Giampaolo Gandolfo parla sul tema: «Serbia, Kossovo, Albania».
TORINO — Alle ore 20,45, nel salone valdese di corso Vittorio Emanuele 23, Paolo Ricca e il teologo cattolico Eugenio Costa discutono il tema: «L’ecumenismo visto dai vaidesi». Presiede Piera Egidi. Sarà presentato il documento
sull’ecumenismo approvato dal Sinodo valdese e metodista 1998 e pubblicato dall’editrice Claudiana.
FIRENZE — Il Servizio rifugiati e migranti della Fcei organizza un seminario di formazione sul tema «Immigrati fra
noi» presso il centro awentista Villa Aurora (via del Pergolino 12). Per informazioni telefonare allo 06-48905101.
TORINO^ Alle ore 17,30, alla galleria «Area» (via Napione
15), Marina Jarre e Pietro Silvio Mauro presentano il libro
di Piera Egidi «Incontri», con letture a cura di Gisella Bein.
BOLOGNA —Alle ore 10, nella sala Stabat Mater della Biblioteca dell’Archiginnasio in piazza Galvani 1, con una
conferenza del professor Pietro Bolognesi sul tema «La
Bibbia e l’Europa», si inaugura la mostra della Bibbia che
resterà aperta fino al 28 marzo.
FIRENZE Alle ore 16, al «Gignoro», la dott. Antonella
Notarelli parla sul tema; «Etica e malattia di Alzheimer».
14
PAG. 10 RIFORMA
Commenti
venerdì 12
MARZO li
Riforma
n Cermis e oltre
Alberto Corsani
Un anno fa a Bologna ho avuto l’occasione di ascoltare la
signora Guidi, portavoce dei familiari delle vittime dell’incidente di Casalecchio sul Reno (6 dicembre 1990): un aereo
dell’Aeronautica militare centrò l’Istituto tecnico commerciale provocando 12 morti e 90 feriti. E il peggio stava net
fatto, diceva la signora, che il governo dell’epoca chiese
all’avvocatura dello stato di difendere l’Aeronautica e non
la scuola: come se la scuola fosse solo un luogo fisico (quattro muri e una lavagna?) e non invece uno spazio culturale,
istituzionale, attraverso cui uno stato educa i più giovani e
quindi progetta il proprio futuro. Uno stato che non riconosca questo proprio ruolo, è uno stato distante dalla gente.
DiflicUe non pensare a quell’episodio dopo la sentenza
della Corte marziale Usa che manda assolto il pilota responsabile della strage della funivia del Cermis. DifflcUe
non accostare due episodi di ingiustizia che hanno al
centro i militari e, in questo ultimo caso, la giustizia militare. Ovvie quindi le levate di scudi e le richieste di sottrarre le basi aeree sul territorio italiano alla giurisdizione americana. Di queste richieste non rimarrà molto,
tanto squilibrati sono i rapporti di forza tra l’Italia e l’imponente alleato. E d’altra parte non sbaglia il presidente
Clinton a dire che neanche U potere politico americano
può interferire con il potere giudiziario.
Allora bisogna rassegnarsi? Certo, U rischio di assoluzione c’era, sapevamo che la sentenza della Corte marziale
sarebbe stata inappeUabUe e che, altra anomalia della giustizia militare, il dispositivo della sentenza sarebbe rimasto segreto, ma è proprio tutto qui ciò che un governo o
uno stato possono dire? No, non credo che sia tutto qui.
Restano delle iniziative che si possono prendere e che è
giusto chiedere. Senza rincorrere obiettivi irraggiungibili
come lo sfratto degli americani dalle basi in Italia, è doveroso avanzare delle richieste praticabili, e vedere se a queste viene data una qualche risposta.
Per esempio. Da tempo, in particolare dopo la prima
sentenza contro Erich Priebke (agosto 1996), si parla di
superamento della Giustizia militare, che è un corpo troppo separato dal resto della società: a che punto siamo? Alla luce dell’attualità sarebbe il caso di accelerare l’iter legislativo. Altro esempio: niente può restituire ai famiiiari
le vittime dell’incidente, tantomeno la proterva offerta di
risarcimento in denaro. Ma uno stato che si rispetti (e parlo proprio di stato, non di governo) può dimostrare di essere vicino aUe famiglie stesse, può essere «accogliente»
rispetto al loro costituirsi in associazione, può dare visibilità aile loro richieste di ascolto, così come può e deve essere sensibile alla solitudine di cui sono preda i familiari
di altre vittime, vittime deUa mafia, del racket, degli usurai. Non si potranno buttare fuori i «marines», che continueranno a essere pericolosi, ma si dovrebbe cercare di
riequilibrare i poteri, al fine di porre dei vincoli alle loro
incursioni sopra i centri abitati, tenendo in mag^ore considerazione gli enti locali e la loro capacità di infiggere dei
paletti su altitudine, modalità, vincoli e quant’altro.
Soprattutto uno stato moderno, se vuole arginare la disaffezione rispetto alla politica, deve essere più umano,
più familiare nei confronti dei suoi cittadini, specialmente
quando essi si sentono, chi più chi meno, chi a ragione chi
un po’ meno, abbandonati da tutti. Un primo timido passettino è rappresentato dal tentativo di «sburocratizzare»
le pratiche amministrative tramite l’autocertificazione...
ma gli esempi potrebbero essere anche altri: in materia di
immigrazione, non tutti quelli che chiedono sicurezza vogliono repressione e frontiere chiuse, ma attenzione alle
difficoltà quotidiane dei residenti in quartieri problematici (e in assenza di risposte vedono come unica soluzione
ipotesi razziste di totale chiusura) I cittadini, d’altra parte,
devono dimostrare di meritare questa familiarità, rinunciando alle scappatoie di un apparato statale spesso opprimente in teoria e poi prodigo di vie d’uscita per chi vuole
sfuggirvi: tutta la complessa questione fiscale insegna. Anche chi fa cultura e lavoro sociale (e le chiese a modo loro
fanno l’ima e l’altro) possono concorrere a rafforzare questo senso di reciproca fiducia. Non è questione di schieramento, ma di educazione alla responsabilità.
Riforma
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Croce, Paolo Fabbri, Fulvio Ferrarlo, Giuseppe Ficara, Giorgio GardioI, Maurizio
Girolami, Pasquale lacobino, Milena Martinat, Carmelina Maurizio, Luca Negro,
Luisa Nini, Nicola Pantaleo, Gian Paolo Ricco, Fulvio Rocco, Marco Rostan, Mirella Scorsonelli, Florence Vinti, Raffaele Volpe.
DIRETTORA RESPONSABILE Al SENSI DI LEGGE: Piera Egidi.
REVISIONE EDITORIALE:Stelio Armand-Hugon; GRAFICA: Pietro Romeo
AMMINISTRAZIONE: Ester Castangia; ABBONAMENTI: Daniela Actis.
STAMPA: La Ghisleriana s.n.c. Mondovì - tei. 0174-42590.
EDITORE: Edizioni Protestanti s.r.l. - via S. Pio V, 15 bis -10125 Torino.
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1998
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Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con il n. 176 del 1® gennaio 1951. Le modifiche
sono state registrate il 5 marzo 1993.
Il numero 10 del 5 marzo 1999 è stato spedito dall’Ufficio CMP
Nord di Torino, via Cebrosa 5, mercoledì 3 marzo 1999.
Importante decreto legge approvato dalla Camera
Anche Utalìa avrà gli «hospice»
310 miliardi per l'accoglienza dei «malati inguaribili» in
apposite strutture e 150 miliardi per l'assistenza domiciliare
ERMANNO GENRE
E passato del tutto inosservato il decreto legge del
governo approvato dalla Camera dei deputati (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.
48 del 27 febbraio 1999) che
ha deciso la creazione degli
«hospice» (occorre notare
però, a differenza dei titoli riportati da alcuni quotidiani,
che nel testo di legge non si
usa mai questa parola) per i
malati inguaribili. L’attenzione del paese era tutta focalizzata sulle discussioni concernenti la legge sulla procreazione medicalmente assistita
e sui giochi di maggioranza
sugli emendamenti, che una
decisione di così grande rilevanza culturale e umana non
ha praticamente fatto notizia. Il che la dice lunga sul livello culturale dei nostri
mezzi di informazione.
Il decreto approvato dalla
Camera destina 310 miliardi
per la creazione di «hospice»
per l’accoglienza dei malati
inguaribüi, e 150 miliardi per
l’assistenza domiciliare degli
stessi malati. Certamente si
può osservare che si tratta
di un finanziamento insufficiente, soprattutto se si tiene conto che l’Italia arriva a
questa decisione con un
grandissimo ritardo rispetto
ad altri paesi (la Gran Bretagna innanzitutto). Ma non mi
pare questo un elemento sufficiente per giustificare la
vergognosa (si può dire diversamente?) astensione dal
voto del Polo e della Lega.
Nella situazione politica italiana è veramente difficile rinunciare alla logica partitica
anche nelle questioni di fondo, anche quando è in gioco
la vita degli altri.
Secondo le direttive della
nuova legge toccherà ora alle
Regioni presentare, entro la
fine del 1999, dei piani dettagliati per la creazione di «hospice» e per l’assistenza domiciliare. Il comma 3 dell’art.
1 della legge dice infatti: «Le
Regioni e le Province autonome presentano al ministero
della Sanità... i progetti per
l’attivazione o la realizzazione delle strutture, conformi
alle indicazioni del programma medesimo e tali da assicurare l’integrazione delle
nuove strutture e dell’assistenza domiciliare con le altre attività di assistenza sanitaria erogate neU’ambito della Regione o della Provincia.
A tali progetti deve essere allegato un piano della Regione
o della Provincia autonoma
che assicuri l’integrazione
dell’attività delle strutture
con le altre attività di assistenza ai pazienti...».
SPERAVO di non dovermi
più occupare del tema
del Giubileo cattolico, ma è
necessario dire ancora una
parola di chiarimento, augurandomi che sia l’ultima, almeno per quest’anno. La riproposta dell’indulgenza
nella bolla papale «Incarnationis mysterium» che indice
il Giubileo ha suscitato vivaci
reazioni non solo da parte
degli ambienti protestanti di
tutto il mondo, ma anche fra
molti studiosi cattolici. Pertanto in queste ultime settimane assistiamo, sulla stampa religiosa, sia cattolica sia
protestante, a una serie di
precisazioni sulle indulgenze, da parte di sacerdoti e
pensatori cattolici, i quali ci
invitano a non confondere il
nucleo centrale della fede,
che è il Cristo, con ciò che è
soltanto marginale o secon
Come in altri casi, occorrerà vigilare in ogni Regione
per evitare che l’istituzione di
questi centri si trasformi in
un mercato edilizio a danno
degli utenti. Qualora si rispetti la legge vi sono però
delle buone possibilità per
fare un grosso salto culturale
nell’ambito della sanità in
Italia: si potranno finalmente
avere degli spazi umani per
ospitare in ambienti accoglienti almeno una parte dei
127.000 malati inguaribili oggi «imprigionati» nelle strutture ospedaliere o abbandonati nelle loro case senza cure adeguate. Alcuni «hospice»
già sono attivi sul territorio
nazionale ma si tratta, come
in altri campi, di strutture
private: la «Domus salutis» di
Brescia, il «Pio Albergo Trivulzio» di Milano e pochi altri
ancora. Ci si può augurare
che ora lo stato prenda in
mano l’iniziativa ed operi
con fermezza in questo delicato settore.
Dov’è nata l’idea di queste
case per malati inguaribili?
L’iniziativa degli «hospice»
viene dal mondo anglosassone e il precursore di tutti i
modelli successivamente sviluppatisi in Europa e negli
Usa è il St. Joseph’s Hospice
di Londra, fondato nel 1905
dalle Sorelle della carità (suore cattoliche), e tuttora in funzione. Ma l’iniziativa che ha
dato corpo alla realizzazione
degli «hospice» dopo la seconda guerra mondiale è legata al nome di Cicely Saunders, infermiera, assistente
sociale e medico, anglicana,
che nel 1967 fondò, nella periferia di Londra, l’«hospice» St.
Christopher. I primi fondi
(500 sterline) per questo «hospice» Cicely Saunders li ricevette in eredità da un ebreo
polacco che, scampato al
massacro del ghetto di Varsavia, malato di cancro, fu amorevolmente curato da Cicely
fino alla morte.
Il St. Christopher, come altri, ha una chiara impronta
cristiana ma è aconfessionale, spazio aperto a tutti senza
distinzioni. La stessa Saunders scriveva: «Quando un
paziente viene qui la prima
volta, non sappiamo quale
sarà il suo cammino, né come possiamo aiutarlo. Certamente non abbiamo idee
preconcette in merito a come
dovrebbe essere la sua morte... Agnostici, atei e non credenti, allo stesso modo di
quelli con una forte fede cristiana, erano aiutati ad accettare la morte nel modo più
adatto a loro. E si usava un
approccio di assistenza sociale adeguato per ogni singolo individuo».
L’assistenza è estesa ai pazienti che risiedono in un
raggio di circa 10 km. dalr«hospice» e vi è una buona
collaborazione tra l’assistenza interna all’«hospice» e
quella domiciliare. La struttura «hospice» è molto più vicina a quella di un appartamento che non a quella ospedaliera anonima; stanze con
pochi letti o stanze singole,
con arredamento di tipo familiare, Ietti e sedie a rotelle
che permettono di accedere
ad altre stanze, al giardino,
ecc. Inoltre vi sono degli spazi appositi per i familiari che
possono accedere a qualsiasi
ora, sono ammessi i bambini
e anche animali domestici. In
altre parole, il malato inguaribile è assistito fino all’ulti
mo giorno come «persona» in
spazi e tempi di vita accoglienti, nell’ambito delle cure
palliative di cui la legge fa un
timido riferimento; cure che
si fanno carico di tutte le necessità materiali e spirituali
del malato. In questi spazi
non c’è posto per le macchine che prolungano artificiosamente la vita: conta la
«qualità» della vita, di ogni
giorno, non la durata. Forse
anche le strutture sanitarie
da noi gestite sono in grado
di dare un contributo a questo progetto, soprattutto
neH’ambito dell’assistenza
domiciliare.
Art. 1.1 Entro trenta giorni
dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Ministro della Sanità... adotta
un programma su base nazionale per la realizzazione,
in ciascuna regione e provincia autonoma, in coerenza
con gli obiettivi del Piano sanitario nazionale, di una o
più strutture, ubicate nel territorio in modo da consentire
un'agevole accessibilità da
parte dei pazienti e delle loro
famiglie, dedicate all’assistenza palliativa e di supporto prioritariamente per i pazienti affetti da patologia
neoplastica terminale che necessitano di cure finalizzate
ad assicurare una migliore
qualità della loro vita e di
quella dei loro familiari. Le
suddette strutture dovranno
essere realizzate prioritariamente attraverso l’adeguamento e la riconversione di
strutture, di proprietà di
aziende sanitarie locali o di
aziende ospedaliere, inutilizzate anche parzialmente, ovvero di strutture che siano rese disponibili in conseguenza
della ristrutturazione della
rete ospedaliera di cui all’articolo 2, comma 5 della legge
28 dicembre 1995, n.549, e
successive modificazioni.
• Ï.
idi
WÊL-.
PIERO bensì
dario. «Il culmine del Giubileo - dice l’endclica papale non è l’indulgenza, ma rincontro con Dio Padre, per
mezzo di Gesù Cristo (...). Da
questo incontro sgorgano gli
impegni di conversione e di
rinnovamento, di comunione ecclesiale e di carità verso
i fratelli».
Tutto ciò è bello e condivisibile: l’abbiamo rilevato anche nella nostra nota del dicembre scorso. Ma sarà pro
prio questo che verranno a
cercare a Roma i venticinque
milioni di pellegrini che fra
qualche mese invaderanno la
capitale? E chi sarà in grado
di operare la distinzione fra
ciò che è essenziale nella fede
e ciò che è soltanto corollario,
accessorio? È un equivoco tipicamente cattolico, che la
gente semplice non capisce.
La pietà popolare non fa tante sottili distinzioni: giubileo
rimane sinonimo d’indulgen
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importanti conoscenze té magnati a C£
giose, anche le più special itoosiin
stiche come la liturgia U temizzavan
Del suo gruppo di discussia' una chiesa
ne faceva parte anche un pai spesso si fac
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prima a chia-rflareiinott puuogpjjj
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inaugurata nel numero ^
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le (che si chiama per la p® jg
sione «La Rinascita della#
stra» ma evidenzia in rof”"
— ...— ........--------- .uiiIrtele di n
vecchia testata), ripropo»t|uujg 27 n
data 19 febbraio un’intertf ■
sta del «Regno» senipre
1981 all’allora cardinale'
Torino Michele Pellegn
che affermava tra l’al®
tema di ecumenismo:
cammina così adagio
non mettiamo veli sulla
ferenze (...) ma discuti!
partendo da come siai
Facciamolo con stima a
rità reciproca. E con la
che è lo Spirito che ci mal
Ci sono state difficoltà d
valdesi, ma sono stati pi
guitati fino a un secolo fa*'
aiuto
;ino, ne'
di essere
|asa in forr
®sa è nati
da Ugo '
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non si decide a abolirla.
Non si può giocare
nito con l’equivoco di
verità sussurrata e riseu
agli addetti ai lavori e ut»
rità popolare valida pd.
p rhp inrliiHp tilttO. È ,
e che include tutto,
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(alcuni dei quali
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verità, come diceva 1
Rimarrà Cristo solo. Nn |
biamo bisogno di altro.
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(Rubrica «Un fatto, ^
mento» della trasmissiop
diouno «Culto evangev^
Federazione delle chiese
che di domenica 7 marzo!
15
ismoi
la (suam¡
Rosmini,
:ziniano
Ito perl’i
ngiana
elli guardi
:ipò infai
5 scelte CI
nascita
della chiesa
di Imperia
A Sanremo c’è una bella
esa valdese. Una sorella
Jese, io, venuta da lontae uria da poco entrata in
chiesa partivamo ogni domenica mattina da Imperia
iffla nell, 130 km circa) per frequentarle deiSicultì. Ben presto a conoil 18 fehiìstemmo e prendemmo a
ntereÌÌ^iimrci per pregare anche
teressaii” Il nostra città. Poi arrivò
d a'^aSpcna Ugo Tornassone
gnn famiglia. Era semire sorridente, incredibillente disponibile, e parlava
nostro cuore.
A noi donne si unirono alia i mariti e i figli. Tomasine divenne il pastore nasale del nostro gruppetto.
Ciriunivamo in casa del•sa cattali ,i|mo o dell’altro ed era sem>cine grande gioia. Man
naimi„%ano si aggiunsero altre
ngimiraii} ne e poi altre famiglie.
IovecentojJtudi3vamo la Bibbia, manveva giàsa jjygjno insieme, e la domen di disctigj,j andavamo a Sanremo. I
quentavai Mostri figli si affezionarono
'iiettualici>jjj|jj(g a quel pastore che li
.operare»hj^nava da «grandi» e dava
»amento ci igjgjpjgga^ioni semplici. Fu
o t...). Ujijogiche, crescendo il nume™ bambini, nacque, con
;go ri mvaii il consenso del pastore di
iosa, statuì jjnjemo, una scuola domer^*r, SI 11^ jjjcjig a imperia. Mentre i fi^rrtrve moa g^sjudiavano con Ugo, i geone dellej ajjjn ghe li avevano accomloscenzea pagnati a casa della sorella
piu speci itumo si incontravano, franturgia U (ccnizzavano e sognavano
^ una chiesa nella loro città,
anche mp Spesso si faceva un culto per
Ite, Sabatiei ifrateffiche non potevano
aitti anticifi spostarla Sanremo, ma ordei Vaticffli maiera iiiaro che eravamo
pllaborponi troppi per essere ospitati in
es^op.e t ttnatraaisormale.
lare ipto e gogicp^g sotto la guida
'Para ”■ di Ugo Tomassone e di sua
. ’’toglie, intetamente dediti a
comunità, afttarnmo un appartamento
perriunirci. Ugo teneva i
tultì domenicali; durante la
mnnetaMì^^^a, di Sera, si svolgennmproo**”^ Studi biblici ai quali
icta di ™ frugale pasto co
nrirn ^ ^^li otano felici
ur.r,o ninri*'!®®'rrrci, non mancava
tn E Tomassone
a npr e la sua solle
ùm della®» fritto il grup
■ inmssilC.^’rrrtriva spiritualmente
r^r noi, finché arriripropo“i,lnmo 27 membri e allora
^■rl’aiuto del pastore di
^nio, nel 1983 chiedem5® di essere considerati una
r|®a in formazione. Questa
rrusa è nata per il servizio
»daUgo Tomassone. È la
chiesa. Negli anni lo abbuio ascoltato, seguito.
smo2
0 un’inti
» sempre
cardinale'
e Pellegrii
tra l’altro
enlsniO'
adagio
veli sulle
1 discuti!
ome siai
1 stima e
E con la
:he ci nu“
ifficoltà d
o stati p<
secolo fa»'
amato. Anche quando ci sentimmo orfani perché andò a
San Marzano.
Anche ora che non è più fisicamente qui lo seguiamo e
lo amiamo come l’unico pastore del nostro gruppo. Per
questo siamo infinitamente grati al Signore di averlo
mandato a Imperia a darci la
sua più bella testimonianza.
Giuseppina D’Isanto
Imperia
La vita di fede
della sorella
Gina Piacente
La cara sorella Gina Piacente ha saputo scegliere «la
buona parte che non le sarà
tolta» in tutti i momenti della
sua vita: è stata una delle più
zelanti giovani nell’ascolto
del Vangelo, quando nel 1931
fu predicato per la prima volta a Villa San Sebastiano, è
stata la più impegnata nelle
varie attività della comunità.
Della vita Gina ha amato le
cose più belle: il canto, la
musica, il sapere, la lettura, il
donare, Tamare, la famiglia,
l’amicizia. E il lavoro? Ha
amato anche il lavoro, ha
fatto l’indispensabile, quanto era necessario per una vita dignitosa e per raggiungere il suo scopo, il diploma
della figlia Flora, e non ha
pensato ad accumulare ricchezze superflue. Gina è
morta nell’ospedale Pettini
di Roma il 31 gennaio scorso, dopo avere trascorso i
suoi ultimi anni nella malattia e nella sofferenza.
Gina Piacente era nata a
Villa San Sebastiano nel
1915. Un bel giorno, insieme
alla sorella Emma, partì per
l’Africa. Visse all’Asmara, dove si sposò e dove nacque
sua figlia Maria Flora e dove
fu felice. Purtroppo la felicità
durò poco. A causa della
guerra dovette abbandonare
l’Africa e eccole arrivare nella
piccola stazione di Villa con
sua figlia di 4 anni. A attenderla c’era il padre, anziano,
e io bambina. Le sue prime
parole furono: «E Fileno?». II
padre non potè rispondere:
un groppo in gola. Fileno era
suo fratello. Era morto a causa di una malattia contratta
durante il servizio militare,
aggravatasi per un’ingiustizia
ricevuta al governo fascista.
Aveva solo 23 anni.
Ritornando all’arrivo di Gina alla stazione, zio Domenico, il padre, abbracciò forte
la figlia e, presa in braccio la
piccola, si incamminò, facendo strada alla figlia per il
sentiero che portava sulla
strada maestra che conduceva al paese. Gina tenne dentro di sé il grande dolore per
Nella «Piccola collana moderna» è uscito il n. 80
' ; Lucie Kaennel
.Utero era antisemita?
a cura di Marili Cammarata
Introduzione di Daniele Garrone
140 pp., L. 19.000, EURO 9,81, Cod. 294
tore rilegge i testi di Lutero
‘ebrei reinserendoli nei con.^logicò-socio-politico dell’
ed esamina la strumentalone fattane dai nazisti nel*
fo campagna antiebraica,
pegina dolorosa, felicemenUfia dall’attuale rilancio del
0 ebraico-cristiano come
pimentano le dichiarazioni
phiese evangeliche riportai^pendice.
VIA PRINCIPE TOMMASO, 1-10125 TORINO
TEL 011/668.98.Ó4 - FAX 011/650.43.94 - C.C.P. 20780102
httpV/www.«rpn#t.Ìt/-vaWese/claudìan.htm
PAG. 1 1 RIFORMA
Per l'Uck in Kosovo e il Pkk in Kurdistan «due pesi e due misure»
Chi rappresenta veramente «Apo» Ocalan?
Caro direttore,
c’è una inesattezza non trascurabile
nell'articolo centrale di J.-J. Peyronel
dedicato ai paralleli esistenti tra il problema del Kosovo e quello della vicenda Ocalan, su Riforma del 26 febbraio
1999. Ocalan viene accreditato come
rappresentante di quindici milioni di
turchi. La cosa non mi sembra che risponda al vero. Io ho altre e attendibili
informazioni. La cosa certa è che era
leader del Pkk, un partito comunista
che cerca di rappresentare una parte
della travagliata popolazione curda
turca. Qui c’è poco spazio per potermi
esprimere sulla vicenda Ocalan.
Dico solo che un tempo c’era più fiuto per riconoscere, negli improvvisi,
spasmodici interessi della stampa e
della politica, le utili manovre per stornare il paese e la politica da ben altri
urgenti problemi. Non mi sento particolarmente rappresentato dalle campagne umanitarie che, in un paese folclorico come il nostro, periodicamente
si mobilitano contro le mostruosità
giuridiche in altri paesi.
Vivo in un paese che ha conosciuto
terribili stragi e gigantesche appropriazioni illecite di denaro pubblico, ancora impunite e forse dimenticate, che
vien da deprimersi per questo superfi
ciale, e non casuale, sport nazionale.
Tornando all’articolo di Peyronel, i casi dranimatici del popolo curdo e di
quello kosovaro meritano da parte nostra un’attenzione diversa. Non ci servono le considerazione di politica
estera fatte con formulazioni e schemi
tratti dal mestiere della pubblicistica
nazionale, esposta ai potenti interessi
di parte. Per questo ognuno sa già dove ritrovarsi. A noi serve un lavoro più
accurato, un linguaggio che sappia comunicare al di sotto del potentissimo
gioco di interessi.
Lo so, è molto più difficile ma la nostra stampa o è complementare o non
esiste. Quindi a noi non servono titoli
ammiccanti, che parlano a suocera
perché nuora intenda, tanto meno, ovviamente, serve una riedizione in famiglia del manuale Cencelli per la stampa. Nemmeno ci servono gli «scoop»
(sornione, ad esempio, quello delTintervista della rete Ahc al Segretario di
Stato americano, su questo stesso numero di Riforma, senza fonte, né traduttore). Voliamo più alto, ragazzi!.
Questo giornale e ben fatto e faccio il
possibile per diffonderlo. Voglio solo
dare il mio contributo a mantenerlo al
buon livello a cui già si trova.
Gigi Ranzani - Milano
Gigi Ranzani ha ragione: il leader del
Pkk, Ocalan, rappresenta solo una parte, ancorché cospicua, dei 15 milioni di
curdi di Turchia; così come TUck rappresenta solo una parte, sicuramente
inferiore, del popolo kosovaro albanese. Ma appunto, perché «due pesi, due
misure»? Il mio unico proposito era di
rilevare questa incongruenza, evidenziata proprio dalla coincidenza tra la
cattura di Ocalan e la Conferenza di
Rambouillet, a due mesi dal cinquantenario della Dichiarazione universale
dei diritti umani.
Se non sono riuscito a trovare il giusto linguaggio, non è certo perché intendevo «parlare a suocera perché nuora intenda», arte che non conosco e che
sarebbe decisamente fuori luogo di
fronte al dramma di due popoli che
ogni giorno continuano a sbarcare sulle nostre coste.
Per quanto riguarda l’intervista a
Madeleine Albright, la fonte è lo stesso
Dipartimento di stato americano che
l’ha trasmessa su Internet. A noi è stata
inviata dalTIcs (Consorzio italiano di
solidarietà, l’organo che coordina gli interventi umanitari italiani nell’ex Jugoslavia), che ne ha curato la traduzione.
Jean Jacques Peyronel
la morte del fratello, confidò
nel suo Signore, certa che
l’avrebbe soccorsa anche
nella valle della morte e cominciò a dispensare i suoi
doni di bontà, di pazienza, di
generosità, di semplicità, di
amore per il Bello, per il Buono, per il Vero. Non da meno
è la sua figlia Maria Flora,
che ha seguito sua madre,
sempre ma soprattutto durante la sua malattia.
Ormai da molti anni vivevano a Roma, ma ogni estate
venivano a Villa San Sebastiano, partecipavano alle attività della nostra comunità,
rafforzandoci con la loro
presenza, con la loro generosità, ma soprattutto con le
loro voci: Gina aveva una
bellissima voce. Con lei si
cantavano gli inni più belli.
Voglio ricordare «Seduto sulla riva» e il «Salmo 121» che
cantavamo in coro. Tutte le
sorelle di Villa San Sebastiano ricordano Gina con simpatia, con affetto, con gratitudine e preghiamo il Signore di far germogliare i semi
che la cara Gina aveva gettato intorno a noi con il suo fare dolce e silenzioso. Lei è
vissuta mettendo in pratica
il gran comandamento «Ama
il Signore con tutto il tuo
cuore e il tuo prossimo come
te stesso». Ti preghiamo. Signore, rendi salda l’opera
delle sue mani.
Osiria Valente e le sorelle
di Villa San Sebastiano
% Che c'entra la
volontà di Dio?
L’uso delle parole di Gesù: «Chiunque avrà fatto la
volontà del Padre mio, che è
nei cieli, mi è fratello, sorella
e madre» fatto dal past. Massimo Aprile a proposito della
fecondazione eterologa, su
Riforma n. 8 di febbraio, prima pagina, è a dir poco discutibile. Il motivo che rende
appetibili tali tecniche di fecondazione (e del quale non
si è mai parlato su queste pagine) non sta certo nella possibile indipendenza totale dei
geni del feto da quelli del genitore. La fecondazione eterologa viene invocata perché
consente a chi è sterile di
partorire un neonato in maniera molto vicina a quella
consueta, col più alto grado
possibile di appartenenza
biologica. La crescita del feto
nel corpo del genitore, ovvero
la gestazione, è elemento essenziale e primario di questa
tecnica di fecondazione, che
altrimenti non avrebbe ragione di esistere. Perché mai una
coppia sterile dovrebbe preferire una tecnica simile alla
ben più semplice adozione di
un orfano, se non per questo
preciso motivo di appartenenza «carnale»?
Trovo grave che si strumentalizzi il discorso evangelico in tal modo, con tanta disinvoltura e riguardo a temi
così delicati. Non sarebbe più
opportuno cominciare a parlare del giro di miliardi che
soggiace alla fecondazione
eterologa e dell’enorme crescita di potere di medici e
tecnici ospedalieri che essa
comporterebbe, o della quasi
impossibilità di scongiurare
riguardo a essa la manipolazione genetica?
Marco Di Pasquale
Torino
Domande
ai teologi
Radio & Televisione
CULTO EVANGELICO: ogni domenica mattina alle 7,27 sul
primo programma radiofonico della Rai, predicazione e
notizie dal mondo evangelico italiano ed estero, appuntamenti e commenti di attualità.
PROTESTANTESIMO: rubrica televisiva di Raidue a cura
della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, trasmessa a domeniche alterne alle 23,40 circa e, in replica, il
lunedì della settimana seguente alle ore 9,30 circa. Domenica 21 marzo (replica lunedì 29) andrà in onda: «La Noce
di Palermo, progetto finanziato dall’otto per mille»; «Musicando: incontro con il compositore Luigi Bonafede».
Ogni settimana...
RIFORMA ti fa conoscere un mondo evangelico più grande
di quello che puoi conoscere con la tua esperienza diretta.
L’abbonamento ordinario costa 105.000 lire (invariato dal
1997); se il tuo reddito familiare non te lo consente, puoi utilizzare liberamente l’abbonamento ridotto di 35.000 lire,
oppure puoi fare un abbonamento semestrale che costa
55.000 lire; se, invece, hai qualche risorsa in più, aiutaci con
l’abbonamento sostenitore di 200.000 lire o inviandoci una
qualsiasi cifra in dono: aiuterai chi non se lo può permettere.
Insomma, ci sono diversi modi per non rinunciare a
RIFORMA.
Gli abbonamenti decorrono, per dodici o sei mesi, dal giorno
di ricevimento della prima copia del giornale.
Il numero di Riforma del 19
febbraio, la rubrica tv Protestantesimo del 21 febbraio e
infine la teologa cattolica
Adriana Zarri sul settimanale
Anna si sono interessati della
questione della votazione
sulla fecondazione eterologa
soprattutto vista come attentato alla libertà di scelta. La
libertà, unitamente alla responsabilità, è il grande dono
fattoci dal Creatore e nessuno, specie in suo nome, ha il
diritto di limitarla. Ma a mio
avviso tutte e tre le testate
hanno mancato, non sono
state esaustive, hanno tralasciato il testo fondamentale
dei cristiani, la Bibbia.
Il primo testo che fa riferimento alla «fecondazione
eterologa» si trova in Genesi
38, 6-12: è la storia di Onan
che rifiuta di mettere incinta
la moglie del fratello defunto
e di dare al morto una di
Errata corrige
Un banale errore di battitura, nell’articolo di prima
pagina del n. 10 di Riforma
(5 marzo 1998) a firma di
Doriana Giudici, ha fatto
scomparire uno zero dalla
percentuale di prostitute
controllate dal racket. Non
l’8%, ma l’80% di esse è sottoposto a tale controllo.
Ci scusiamo con l’autrice e
con i lettori.
il Cultura religiosa
La Comunità valdese di Perugia ha promosso una raccolta di testi di cultura religiosa in genere (cristiana e
non) in prospettiva di avviare
al più presto una biblioteca
di cultura religiosa. Comunità, singoli fratelli, associazioni culturali che possono
contribuire mediante donazione di testi o di raccolte di
riviste specializzate possono
rivolgersi a Francesco Sagripanti, strada Olmo valle 3/d,
06074 Ellera Umbra (Pg);
tei./fax 075-5179804.
scendenza, lasciando cadere
il proprio seme per terra:
«Ciò che egli faceva non fu
gradito al Signore...».
Un secondo riferimento è
in Deuteronomio 25, la legge
del Levirato. Questi due testi
non solo parlano di «fecondazione eterologa» (come si
direbbe oggi) e di «fecondazione post mortem» ma non
si preoccupano minimamente, come fanno oggi certi seleni della teologia e della politica, dell’origine biologica
del nascituro che viene concepito (e non in provetta) dal
padre Y, ma risulterà a tutti
gli effetti come figlio del «fuX» (si veda anche il Vangelo
di Matteo 22, 23-33). Non sono un teologo capace di
spaccare il capello in sedici
parti, ma credo che una riflessione su questi testi della
Bibbia sia doverosa.
Giovanni L. Giudici
Mestre
RINGRAZIAMENTO
È mancata
Valeria Valeriani
ved. Soldani
Ne danno comunicazione i nipoti Martorella, Valeriani, Soldani
e i cugini Valdo e Bruno Tron con
le rispettive famiglie.
Si ringrazia la comunità valdese di Rio Marina per l’affettuosa
partecipazione.
Rio Marina, 22 febbraio 1999
RINGRAZIAMENTO
«Per i’aiuto che viene
da Dio, sono durato
fino a questo giorno»
Atti 26, 22
I figli di
Lidia Avondetto
ved. Fornerone
di anni 96
commossi per la dimostrazione di
affetto e stima tributata in occasione deila dipartita della mamma
ringraziano vivamente tutti gli inten/enuti. Un ringraziamento particolare ai vicini di casa, al pastore Ruben Vinti e agli amici tutti.
Prarostino (Roc), U marzo 1999
RINGRAZIAMENTO
I familiari di
Maria Lina Poet
ved. Ferrerò
NeH’impossibilità di farlo singolarmente, ringraziano tutti coloro
che sono stati loro vicino in questa dolorosa circostanza.
Un grazie particolare alla dottoressa Anita Tarascio e alla pastora di Ferrerò, Daniela Di Carlo.
Pomaretto, 5 marzo 1999
16
PAG. 1 2
RIFORMA
il*
Messaggio finale della Vili Assemblea del Consiglio ecumenico delle chiese
«Essere insieme sotto la croce in Africa»
Pubblichiamo ampi stralci dal documento finale della Vili Assemblea del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), che si è
svolta a Harare (Zimbabwe) dal 3 al 14 dicembre 1998. Il testo integrale è stato tradotto e pubblicato dall’agenzia Adista (n.
8 del 25 gennaio 1999, pp. 5- 7). Il testo che
pubblichiamo è ripreso dall’agenzia
evangelica Nev (n. 8 del 24 febbraio 1999).
Al suono dei tamburi dell’Africa, ci siamo riuniti ad
Harare, in Zimbabwe, rappresentando più di 300 chiese, per la Vili Assemblea del
Consiglio ecumenico delle
chiese. Salutiamo i nostri
fratelli e le nostre sorelle in
Gesù Cristo nel mondo intero: condividono con noi, nella gioia, la vita e la comunione della Santa Trinità. (...)
La vita dell’Assemblea si è
svolta intorno alla celebrazione, alla preghiera e allo
studio della Bibbia. Nel centro del nostro luogo di culto
era stata eretta una grande
croce che portava scolpito,
nel suo centro, il continente
africano. Effettivamente, la
gioia che abbiamo vissuto
durante la nostra Assemblea
nasce in parte dal fatto che
eravamo in Africa. Qui abbiamo sentito la vita, la crescita,
la vitalità della fede delle comunità locali. Ci siamo rallegrati contemplando la bellezza e le meraviglie della creazione di Dio. Ci siamo ricordati che proprio in Africa la
Santa Famiglia e il bambino
Gesù hanno trovato un rifugio. Ai giorni nostri, in Africa
come negli altri continenti, si
trovano molte persone sradicate dalle loro terre, molti
senzatetto e molti rifugiati.
Spinti dalla potenza della
croce, ci siamo ricordati che
proprio la croce è il terreno
più sacro davanti al quale
anche i sandali di Dio devono essere tolti. Abbiamo visto intorno a noi la sofferenza e il dolore dell’umanità.
Abbiamo incontrato i problemi allarmanti della povertà, della disoccupazione,
dei senzatetto, che ci sono
qui come ovunque.
Abbiamo ascoltato delle
conseguenze catastrofiche
della globalizzazione e dei
programmi di aggiustamento strutturale, che fanno sì
che coloro che sono deboli e
poveri diventino sempre
meno «visibili». Abbiamo
ascoltato le nostre sorelle e i
nostri fratelli condividere
con noi la realtà sinistra della crisi dell’indebitamento
nei paesi in via di sviluppo.
Chiediamo l’annullamento
del debito in un modo che
sia favorevole ai poveri e agli
emarginati e che rispetti i loro diritti umani.
Abbiamo desiderato ardentemente tendere la mano
alle persone colpite dall’Aids.
Siamo stati accanto ai nostri
fratelli e alle nostre sorelle
disabili, che hanno qualcosa
da dare a coloro che sono incapaci di comunicare con loro. Abbiamo ascoltato tra di
noi la voce dei popoli autoctoni che reclamano il posto
che è loro per diritto. Abbiamo ascoltato di donne, bambini, rifugiati, persone sradicate dalle loro terre, le cui vite sono state devastate dalla
violenza. Siamo stati sfidati
ad esprimere la nostra solidarietà con loro, a impegnarci per eliminare la violenza e
a promuovere la piena dignità umana di tutti. Andan
te a rappresentare la chiamata di Dio. Siamo stati invitati
a bere l’acqua della salvezza
e ad affermare la nostra unione con tutti coloro che sono
in Cristo. Siamo stati chiamati ad aiutare e a confortare gli
isolati, gli afflitti, gli orfani, i
poveri e a rimanere assetati
finché le ferite del mondo
non siano guarite.
Siamo stati messi di fronte
alla questione del modo in
cui incoraggiare una maggior partecipazione a tutti i
livelli del movimento ecumenico e ci siamo chiesti in
che modo le decisioni che
La grande croce dell’Assemblea del Cec a Harare
do verso coloro che sono alla
periferia, Dio provoca sconvolgimento: mette la periferia al centro.
In quanto chiese, siamo
chiamate a fare in modo che
questi figli e queste figlie di
Dio siano ben visibili.
Con il simbolo dell’acqua
della fonte della vita abbiamo celebrato la fine del Decennio ecumenico delle
chiese solidali con le donne,
prestando ascolto alla realtà
troppo spesso dolorosa rivelata nella Parola viva e ascoltando l’appello a far sì che la
solidarietà sia seguita dalla
affidabilità. L’acqua che
scorre su un suolo arido è
indispensabile alla vita. Alla
donna che si trovava accanto al pozzo Gesù ha offerto
l’acqua viva, la guarigione e
la vita nuova di cui aveva disperatamente bisogno.
L’acqua ci è servita più vol
prendiamo possono incontrare i bisogni e le attese delle persone che vengono da
tante culture e tradizioni diverse. Ci siamo rallegrati dello spirito di responsabilità
ampiamente dimostrato dai
giovani durante tutta questa
Assemblea. Esortiamo le
chiese a lasciare ai giovani lo
spazio necessario per permettere loro di impegnarsi
in tutti gli ambiti della vita e
dei ministeri della Chiesa.
Radunati dàU’amore di
Dio, abbiamo anche cercato
di capire un po’ meglio cosa
significhi l’essere insieme.
Abbiamo studiato il modo in
cui pensiamo il Consiglio
ecumenico delle chiese e i
modi in cui Dio ci ha chiamati a guardare al futuro insieme. Ci siamo rallegrati della
koinonia (comunione) che si
sta sviluppando fra i cristiani
in molte parti del mondo e
affermiamo ancora una volta
che Dio ci ha chiamati a continuare a crescere insieme in
questa comunione perché
diventi realmente visibile. Ci
rallegriamo dei segni di questa crescita, quali quello della speranza di una data comune di Pasqua.
Abbiamo anche sofferto
per le divisioni che sussistono fra noi, rivelate in particolare dalla nostra impossibilità di celebrare insieme
l’eucaristia, ma ci è stato costantemente ricordato che
ciò che ci unisce è più forte
di ciò che ci divide. La memoria cristiana non è centrata sul ricordo delle nostre
divisioni ma sugli eventi salvifici della nascita, della vita,
della morte e della risurrezione di Gesù Cristo. Per
questo, il fatto di fare memoria insieme come cristiani è un aspetto essenziale
della nostra volontà di volgerci a Dio per rallegrarci
nella speranza. È volgendoci
a Dio e vedendo nell’altro il
• volto di Dio che conosciamo
noi stessi e vediamo chi siamo. Ci troviamo qui nel centro di una spiritualità veramente ecumenica. (...)
Il Consiglio ecumenico
delle chiese ha iniziato il suo
cammino nella fede nella
determinazione di restare
insieme. Questa stessa determinazione ci ha animati
ad Harare, anche quando
siamo stati coscienti delle
difficoltà che dovevamo affrontare. Mentre per un
tempo lungo le chiese si sono impegnate a restare insieme, oggi ci impegniamo a
essere insieme, in una continua crescita verso l’unità visibile, non solo nelle nostre
assemblee e nel nostri incontri ecumenici, ma dappertutto. Il lavoro ecumenico deve essere, a tutti i livelli, al servizio di questo «essere insieme». La missione alla
quale Dio chiama la chiesa,
la missione di servire il regno di Dio, è indissociabile
dalla chiamata ad essere
uno: a Harare ci siamo resi
conto, una volta di più, dell’immensità della missione
che Dio ci chiede di condividere. Questo sfida noi, che
siamo stati riconciliati con
Dio mediante il sacrificio di
Cristo sulla croce, a operare
per la riconciliazione e la pace nella giustizia fra coloro
che sono lacerati dalla violenza e dalla guerra. (...)
Campagna di Quaresima delle agenzie umanitarie delle chiese svizzere
Creare posti di lavoro attraverso la solidarietà internazionale
«La solidarité crée l’emploi» (la solidarietà crea occupazione): questo lo slogan
scelto da «Pain pour le prochain» (Ppp) e
«Action de Carême» (Ade), le due agenzie
umanitarie delle chiese svizzere, protestanti e cattolica, per la loro campagna di
Quaresima, lanciata ufficialmente il 21
febbraio scorso. Questo slogan, dice
Théo Buss, segretario romando di Ppp
«ci invita a reagire, ad unirci, a costruire,
a non stare con le mani in mano». La crisi economica che ha colpito il Sud-Est
asiatico ha ripercussioni planetarie che
colpiscono anche le popolazioni dell’Europa orientale e deU’America Latina. Per
questo, Ppp e Ade hanno scelto come
obiettivo il mantenimento e la creazione
di posti di lavoro, sia a Nord che a Sud.
Ppp e Ade concepiscono la solidarietà
come «uno spazio di resistenza» e come
proposte alternative alla logica dell’economia mondiale. La campagna critica
i modelli classici, libertà di commercio o
intervento dello stato, che non funzionano più nel contesto dell’economia mondiale. Secondo le due agenzie, la crescita
crea posti di lavoro ma nello stesso tem
po ne distrugge molti, per via degli effetti
perversi della competizione.
Ppp e Ade invitano la popolazione a
sostenere tre progetti. Il primo è un’azione portata avanti congiuntamente da
Ppp e dalla Missione di Basilea, in partenariato con il «Hong-Kong Christian Industriai Committee», a favore del miglioramento delle condizioni di lavoro e della difesa dei diritti delle vittime di infortuni sul lavoro. Si tratta in particolare di
creare un fondo per le vittime dell’incendio che ha distrutto la fabbrica di giocattoli Zhili, a Shenzen (Cina). Un altro progetto invita a sostenere il Centro ecumenico di formazione popolare e di evangelizzazione di San Paolo (Brasile). Esso offre una formazione specializzata ai responsabili del lavoro pastorale, in particolare nelle «favelas»; il terzo progetto è
quello che Ade sta portando avanti in
Honduras. L’obiettivo è di migliorare la
situazione delle persone impiegate nell’industria tessile, soprattutto nelle imprese di subappalto al servizio delle multinazionali dove le condizioni di lavoro
delle donne sono deplorevoli. (spp)
ÌMIimiUMMCiilllli-IICIIOiRClM
VENERDÌ 12 MARZO iQh
Ha compiuto 90 anni a dicembre
Simon Wiesenthal
una vita per la giustizia
BURKHARD SAUL
PER tre lunghi anni, subito
dopo la guerra, Simon
Wiesenthal si diede da fare
perché la sua piccola figlia
avesse attorno a sé una famiglia completa, con tanto di
zii e zie, quella famiglia che
le era stata portata via. Ad
amici e conoscenti ebrei
chiese di ricoprire quei ruoli
svaniti nel nulla ricreando
una parentela attorno alla
bambina. Il suo intero parentado, ben 89 persone, era
stato assassinato dai nazisti.
Wiesenthal stesso aveva avuto una lunga odissea dolorosa attraverso dodici campi di
concentramento, finché i
soldati americani lo liberarono il 5 maggio del 1945 da
Mauthausen in Austria.
Simon Wiesenthal ha compiuto 90 anni il 31 dicembre
del 1998. Deciso a non lasciare impuniti i crimini di cui
era stato testimone e vittima,
fondò nel 1947 insieme con
altri ex internati un Centro di
documentazione per raccogliere informazioni sulla sorte degli ebrei e dei loro torturatori nazisti. Le sue ricerche
inquietarono parecchi austriaci che cercarono di ostacolarlo: in quell’epoca si cercava di avvalorare l’idea che
l’Austria era stata una vittima
dell’aggressione nazista e
nessuno aveva interesse a far
venire alla luce i criminali nazisti austriaci e i loro delitti.
Wiesenthal si rassegnò e
nel 1954 se ne andò in Israele. I documenti che aveva
raccolto li passò a un Centro
di documentazione israeliano e collaborò a ritrovare le
tracce di Adolf Eichmann,
l’organizzatore dell’olocausto, che fino al 1960 si era tenuto ben nascosto in Argentina. Con questo colpo Wiesenthal divenne improvvisamente noto in tutto il mondo
come «cacciatore di nazisti».
Lo spettacolare rapimento di
Eichmann operato dai servizi
segreti israeliani rianimò anche Wiesenthal che decise di
riprendere la sua opera iii'¿|
nuovo Centro di documenti’
zione a Vienna.
Fino ad oggi l’ex
di Lemberg ha contribuii
con una capillare opera diti’
cerca e di analisi inoppugj^'
bile a far mandare in tribn.'
naie oltre 1.100 criminali ^
guerra. Fra le operazioni p|
importanti l’arresto di Fra^^
Stangl, comandante del ca®
po di concentramento di’
Treblinka e del vice di Eich.'
mann in Olanda, Erik Raja.;
kowitsch. Sono oltre 6.0001
casi di probabili criminali ¡j
guerra che Wiesenthal, ve®
e proprio documentarista
dell’orrore, ha trattato, ,
sottolinea sempre che là i
molla del suo lavoro noni
stata la sete di vendetta mai
desiderio di giustizia.
Nonostante la sua famaei;
suoi indubbi meriti a questui
vecchio signore gentile, dagli!'
occhi vivaci, non sono state!
risparmiate forti critiche. So-i
lo tre anni fa gli è stato ritti,
proverato da alcuni testimoni'
ebrei in alcune trasmissioni;
televisive di essere statomi
«cacciatore di nazisti» ma di |
non essere riuscito a prenderne nessuno e di aver dato
un contributo molto più modesto di quanto si ritenga per'
chiarire i crimini del nazismo. Certe sue indicazioni e I
informazioni avrebbero addi-1
rittura portato fuori stradale ‘
indagini svolte da Israele, i
Wiesenthal non si lascia,
impressionare da queste accuse e afferma che non sono '
certo le chiacchiere di un
paio di buoni a nulla e di |
ignoranti che possonodistruggere l’opera dellam'iVta. E l’importanza e il vaìoie
di quanto egli ha fatto è testimoniato dalle 18 lauree ad
honorem che gli sono state
conferite. A chi gli domanda
se c’è pericolo che l’olocausto
si ripeta Wiesenthal risponde
citando lo storico israeliano
Jehuda Bauer: «Certo chei
può ripetersi: non sappiamo |
però chi saranno gli ebrei e ^
chi i tedeschi». (^P^l
1*
Usa: arrestato Jay Scott Bai Unger
Accusato dì avere incendiato
una cinquantina di chiese
Un uomo di 36 anni è stato
arrestato alla fine dello scorso mese di febbraio nello stato dell’Indiana. Jay Scott Ballinger, di Yorktown, in Indiana, è stato accusato di avere
appiccato il fuoco a sette
chiese in quello stato. Alcuni
di questi incendi sono stati
commessi nel 1994. Secondo
l’agenzia stampa Associated
Press, Jay Scott Ballinger ha
confessato di aver incendiato
volontariamente una cinquantina di chiese negli stati
del Midwest e del Sud.
L’arresto di Jay Scott Ballinger è stato accolto con soddisfazione dal Consiglio nazionale delle chiese Usa (Ncc)
che ha giocato un ruolo importante nel mobilitare l’opinione nazionale dopo la serie
di incendi volontari perpetrati
contro chiese in questi ultimi
anni. Poiché molte chiese incendiate appartenevano a comunità nere, il Ncc aveva dichiarato che tali incendi erano stati commessi per motivi
razzisti. In parte grazie alla
campagna del Ncc, gli incendi
erano stati ampiamente riferiti sulla stampa locale e nazionale, il che aveva creato una
grande commozione nel paese, nonché la reazione del
presidente Bill Clinton e l’istituzione di un gruppo di lavo
ro nazionale incaricato di W'
dagare sul problema.
In una dichiarazione del»
febbraio scorso, il Dipad';
mento della giustizia amed
cano ha precisato che li"'
chiesta prosegue per saper*
se Jay Scott Ballinger ap^*'
cava il fuoco a chiese,ir*'
quentate soprattutto di
membri di comunità net*
Tuttavia le autorità hanno
chiarato che le chiese dell In
diana che egli avrebbe incen
diato erano proprietà di n
munità a maggioranza bin
ca. Jay Scott Ballkinger e 0
altri sospetti. Angela Woo ’
la sua compagna, di 24 an
dello stato di Georgia, e F
nald Puckett, 37 anni,
son*
bianchi. Angela Wood e
Do
nald Puckett avrebbero a'“
tato Jay Ballinger ad nPP’.'f.j
re il fuoco a una
dell’Indiana. Le autorità p
lano di rituali satanici
Jay Scott Ballinger
è stai*
arrestato dopo un ripiove
un ospedale dell’Indiana
era andato a farsi curare
bruciature, il che nveva^dest*
to sospetti sul suo conto.
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