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Amno IX — N. 3.
II SESIE
15 Fbbebajo 1860.
LA BUONA NOUELLf a
GIORNALE DELLA EVANGELIZZAZIONE ITALIANA
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Seguendo la rerità nella carità. — Ekks. VI. 15.
PREZZO DI ASSOCIAZIONE LE ASSOCIAZIONI SI RICEVONO
Per lo Stato [franco a destinazione]____ £.3 00 ^ In Torino all’UflBzio del Giornale^ via del Principe Ì'^ /
Per la Svizzera e Francia, id........... „ 4 25 ; Tommaso dietro il Tempio Valdese. i^( ^ t
Per r Inghilterra, id................... „ 5 50 ' Nelle Provincie per mezzo di fraTux>-bolli jw- V l ^ }t,
Per la Oermania id................... „ 5 50 , stali, che dovranno essere inviati franco al Di- \0^ , ' wj
Non si ricevono associazioni per meno di ud anno. rettore della Buona Novella. * y
AU’eetero, a’seguenti indirizzi: Parigi, dalla libreria C. Meyrueis, me Kivoli;
Ginevra, dal signor E. Beroud libraio : Inghilterra per mezzo di franco-bolli
inglesi spediti franco al Direttore della Buona Novella.
SOMMARIO
Un precursore della Riforma, I. — Varietà, Siete voi ?......(^tto storico) I. — Corrispondenza della B. Novella, Firenze — Milano — Valli Valdesi.
BIOSR^IA
UN PRECURSORE DELLA RIFORMA
11 XIX secolo ha il suo carattere proprio, le sue debolezze, la sua
grandezza, la sua missione particolare nei destini dell’uman genere ;
e in quanto alla di lui fisionomia generale non lo si può assomigliare
uè al secolo giovane, fervido, agitato del Risorgimento e della Riforma , nè al secolo sistematico, lussureggiante, intollerante di
Luigi XIV, nè a quello che precedette la grande rivoluzione dalla
quale sorse il nostro secolo. Ma, riguardo all’Italia, l’epoca nostra,
j>er piii d’un titolo, ricorda il grande secolo della Riforma: dopo
d'allora, per la prima volta, la sbarra che il papismo avea posto alla
bocca del Vangelo di Dio, è caduta; per la prima volta, dopo il
secolo di Lojola, si può legger la Bibbia senz’essere bruciati come
Aonio Paleario; a Torino, a Genova, a Firenze il Vangelo ha piantata la sua tenda e fa risuonar la sua voce ; e per chiudergli la bocca
bisognerebbe tornare ai mezzi pe’ quali si fecero tacere i Valdesi di
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Calabria o le sonore voci di Carnesecchi o di Pietro Martire Vermigli.
.Colla libertà di pensare e di parlare, il Vangelo è risorto, come risorge sempre dove non è soffocato; ed oggidì pure, l’inquisizione
troverebbe ancor dei martiri. Se non che, al presente, il pericolo non
istà qui ; nelle epoche d’innovazione e di movimento, come nei grandi
venti di mare, hannovi dei fortunati che scampano dal pericolo, dei
timidi che non s’imbarcano, de’ marinai coraggiosi che vincono la
tempesta e giungono al porto desiderato; ma ve ne sono altresì che
periscono, e che dopo una coraggiosa resistenza trovansi troppo deboli
alla lotta, o\"vero fuorviano per mancanza di bussola.
La bussola, in tali frangenti, è una coscienza diritta, un cuore,
ima volontà decisa a conseguire ad ogni costo, ad ogni prova, la
“ sola cosa necessaria. ”
0 fratelli del moto italico! io vorrei presentarvi oggidì un’uomo, il
di cui esempio è assai insti’uttivo per noi; egli è Ulrico di Hutten.
Appartiene a quella classe d’uomini la di cui sorte avventuriera,
espressione fedele del loro interno sviluppo, non permette ad essi, nè
tempo, nè riposo di spirito necessario onde elaborare i grandi pensieri
creatori ; l’apparizione dei quali fa mutar faccia al mondo ; uomini di
opposizione, appartenenti, piiì che noi pensano, al passato di cui portano la traccia in tutto il loro sviluppo ¡esistenze agitate, interessanti,
ricercatrici, clamorose, l’inquietudine delle quali viene dal non esservi
ancor nulla in esse di maturo ; esistenze aifaticate, che trovano finalmente, qualche volta, dopo tanti naufragi, un porto ai piè della croce.
Ulrico di Hutten nacque alla fine del decimoquarto secolo, 1488,
cinque anni dopo Lutero e ZAvinglio, sulle rive tranquille del
Meno, di cui le acque basse e lente scorrono da Bamberg a Magonza,
ora bagnando il piè delle montagne della Franconia, ora le fertili
pianure di Francoforte: colà, sovra una collina s’innalza il castello
di Steckelberg dove Ulrico venne alla luce, in grembo ad una delle
piiì antiche famiglie del paese. — La vita cavalleresca toccava il
suo termine. — Ancor pochi anni e Bajardo moriva; ritira vasi
Sikingeu nel suo castello, e Cervantes scriveva il Don Chisciotte,
come per sollecitare o celebrar la morte della cavallerìa. Hutten
stava per segnare una nuova trasformazione di quest’ordine, associando al mestiere delle armi, la guerra della penna.
II di lui padre Io inviò di buon’ora all’Abbazia di Fulda ; ed è in
un convento che noi scontriamo in prima il focoso avversario dei
frati. L’abbate, come se fosse stato guidato da un presentimento,
voleva confiscare a prò’ dell’ordine l’ingegno del giovane, e fare di
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Hutten un monaco. Già il {)adre a metà era f^uadagnato, quando il
nob. cav. Eishelwolf di Stein, temendo vedere spento negli ozii del
chio.stro e nelle sottigliezze della scolastica una così viva intelligenza, persuaso il vecchio Ulrico e la sua moglie, Ottilia di Eberstein, a mandare in vece il figlio a Colonia. Qui fu iniziato nella
filosofia, sotto gli au.spicii del conte Ermano di Nunar, e nella società
di Busch, di Ce.<?ariu8 e d'altri. Allora già la parte jxidantesca dèlia
scolastica, il culto quasi sacro di cui erano oggetti il Dot. Sottile
Duns Scot, il Dot. Serafico Bonaventura, ed il tre volte Sacro Angelico S. Tommaso eccitavano i sarcasmi del giovane critico.
Hutten preferì studiare la classica antichità ed ottenne, dopo
nuove fatiche, a Francoforte sull’Oder, il grado di Maestro nelle
arti.
Ma gli premeva di rijwrtare successi piiì gloriosi, e discendere su
campi piii vasti e più famosi che non i banchi della scuola. Il cavalleresco Massimiliano chiamava allora sotto le sue bandiere tutta la
gioventù alemanna. Ingannato dal titolo illusorio di Cesare-, attratto
come i di lui predecessori dalle bellezze dell’Italia, egli stav'a per
cominciare quella interminabile guerra dei pretesi imperatori di
Roma contro Roma, quella lotta del Nord contro il Sud, per cui le
armate barbariche venivano senza posa a struggersi nel libertinaggio,
le malattìe, i tradimenti : quali masse di ghiaccio che vanno a sciogliersi sotto il solo del mezzogiorno. Coteste guerre attiravano tutti
gli spiriti curiosi, avventurieri; Francesi, Svizzeri, Scozzesi, non meno
che Tedeschi ed Austriaci; Carlo VIII, Luigi XII, Francesco I,
egualmente che Massimiliano o lo spagnuolo Carlo V.
Hutten cedette alle attrattive del paese dove fiorisce l’arancio. Nel
1509, noi lo troviamo sotto le mura di Padova, v-ivente in allegrìa
co’ suoi compagni d’armi, fino a che la scarsezza di danaro, cotesto
nemico eterno delle ambizioni giovanili, chiamòllo in Alemagna. Fu
costretto a riprendere la penna, a dimenticare, per quanto era possibile, le belle pianure della Lombardia nelle nebbie della Germania.
A Rostock si fece professore; indi si trasportò a Brunsvick, a Francoforte sul Meno, per fermarsi finalmente nell’Università, dove l'ardito
frate Martino stava per cominciare la sua grande guerra contro il
papismo. Hutten non prese che pel momento gusto alla pedante
erudizione del tempo ; appena pubblicatala sua prima opera latina;
Ars versìjicatoria, egli torna in Italia; e dopo un novello viaggio a
Vienna presso Vadian, viene a sedersi sui banchi della università
di Pavia.
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È verso ques&poca, all’età di 22 anni, che Hutten, novello Ulisse,
per le sue avventure e viaggi, volle essere eziandio il suo proprio
Omero. È nota la storia di Poliiemo a cui Ulisse ha strappato l’occhio e indicato pel suo vero nome: Nemo. Hutten s’impadronisce di
questo antico ricordo, e scrive un poema latino intitolato : Nemo, il
di cui eroe cumola e riunisce in sè tutte le qualità le più incompatibili fra loro, e in ispecie le buone disposizioni e le virtù che
Hutten rimprovera a’ suoi contemporanei d’avere perdute.
Se non che, mentre studia a Pavia, le guerre d’Italia ricominciano più fiere che mai; la sua casa mutasi in fortezza; vi si barrica
siccome fosse un castello ; ora i Francesi, or gli Svizzeri lo bloccano,
entrano per forza e saccheggiano il suo modesto avere. Hutten poco
se ne rammarica, e va, per risarcirsi, a sognare nei giardini della
bella Lombardia. A Bologna ei pubblica il suo vir ionus-, a Roma
ei si burla della codardìa e licenza dei monaci; cacciato, ad istigazione loro, dalla città dei papi, giura ad essi vendetta, e principia
alle porte di Roma, commentando la data mccccls con un pezzo
di carbone, nel modo seguente: — Multi Caci Cardinales CreaveTunt Ccecum Leonem X.
Di ritorno in Germania s’attaccò alla corte d’uno dei principali
mecenati dell’epoca, Alberto di Magonza, uomo d’erudizione e di
gusto, che nella sua qualità di prelato e di primate d’Alemagna, si
teneva strettamente nei limiti del Risorgimento artistico. Hutten era
lungi dal presentire quanto ci sarebbe voluto di lotta, di angoscia
alla coscienza umana per riconquistare la verità da così lungo tempo
oscurata. Circondato alla corte d’Alberto da un circolo di sapienti e
da una specie d’Accademia d’uomiui di spirito, egli s’inebriava del
nettare dell’antica letteratura e vuotava largamente il calice seducente del Risorgimento. Simile ad uccello del mezzodì relegato nei
climi del settentrione, il soffio di vita che sentiva l’Europa, quel
caldo alito di speranza e d’ammirazione lo elettrizzava, scioglieva le
sue ah ed accelerava il volo. Benché vagabondo, instabile, errante
come il suo Nemo, egli ha tuttavia una patria, — è la repubblica
delle lettere; sentesi concittadino degli Erasmi, dei Bude, dei Reuclin.
Udite com’egli se ne rallegi’a in una lettera indirizzata al suo
amico Bilibald Pirkheimer: “ Qual luce, ” egh esclama, “ si è le“ vata per noi! quale secolo il nostro! vai di certo la pena di vivere,
“ d’agire coi proprj contemporanei, mio caro Bilibald. Gli spiriti
“ si fortificano, le scienze fioriscono, e tu, vecchia barbarie, prendi
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“ la corda e vattene. ” L’anno 1815 venne a strappare Ulrico dalle
gioje letterarie della corte d’Alberto. Suo cugino Giovanni veniva
a tradimento assassinato dal duca di Wurtemberg. Hutten diventa
il Demostene di questo tiranno, contro il quale vibra tre filippiche.
Come si vede, fin qui Ulrico non ha per anco trovato la sola cosa
necessaria, la perla di gran prezzo; la molla della sua vita non è
punto cangiata ; ch’egli combatta i Monaci, i Francesi o la Corte
di Roma, il principio della sua attinta è sempre la gloria, lo slancio naturale, l’indignazione, un’ira generosa; ma nulla che possa
chiamarsi un principio veramente cristiano; nulla che venga dal S.
Spirito ; nessuna scintilla ha illuminato ancora la di lui anima ;
eppure lo si ama; si segue con interessamento, con isperanza cotesto
pioniere dell’èra novella. Basta ch’egli non inganni la nostra aspettazione ! f Continua )
TABIETÀ
SIETE VOI?........
(fatto storico)
I.
11 servizio era finito e la congregazione usciva dalla chiesa del villaggio
di X. Alcuni se ne tornavano tranquillamente a casa, consci della solennità della presenza che aveano ricercata, e della solennità di quel giorno di
domenica; altri aspettavano alcuni minuti per chiacchierar con amici e
vicini, all’ombra degli antichi vigli ; e mentre le vesti sfarzose accarezzate
dal zeffiro svolazzavano, e frizzi e dolce risa riempivan l’aria, spiriti maligni,
la presenza dei quali non era nemmeno sospettata, volando da un cuore
all'altro con infaticabile vigilanza, portavan via alcuni granelli della preziosa
semenza poco prima seminata.
— « Venga a far colezione al castello sig. Viviano, diceva una dolce voce
ad un giovin di nobile apparenza, vi troverà parecchi amici. Come, non
può venire ? Venga almeno con noi alla cattedrale questa sera. Alcuni
cavalcheranno, altri salendo nella barchetta traverseranno il lago e giunti
all’altra riva troveranno una carrozza che li aspetta. Sir Arturo dice che
noi non dobbiamo far lavorar i cavalli la domenica, ma sa, se Seiina non
potesse udir la sua musica sacra, la sera, credo morrebbe. »
— « E così dovrebbe essere per tutti », soggiunsero con animo i giovani
e le giovane della brigata, concertando piani col sig. Viviano, ma egli con un
cortese no ad ogni proposta che gli si faceva, li salutò in fretta e partì.
Carlo Viviano tornandosene a casa, attraverso le folte macchie, o le lande
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sterili pareva ossesso da uno spirito che si fosse impadronito della sua
mente. Le ore, i giorni si succedono, e sempre lo troviamo errante or nelle
pianure, or nei viali dei folti boschi, or sovra la spiaggia alrcnosa del mare ;
sempre egli erra, senza trovar mai riposo alcuno.
Quali sono mai quelle parole che gli suonan di continuo negli orecchi e lo
seguono dovunque? Eccole; esse sono il messaggio che il predicatore
indirizzava la domeuica alla sua congregazione : « In verità, in verità io vi
dico, che se alcuno non è nato di nuovo, non può vedere il regno di Dio. »
Quanto è strano che parole così ben note, cosi famigliari, cosi spesso ripetute
abbiano cagionata tanta tempesta nell’anima sua! E pur straordinaria quella
rtovità di cui si riveste un pensiero o un fatto, quando cessando di essere
una mera astrazione, ei diventa col mutar delle circostanze o col guardarvi
da un nuovo punto di vista, un’oggetto d’intenso interesse personale. Era il
caso delle parole sovracitate.
— « Se l’annunzio è per tutti, egli è dunque per me » pensava egli. Griammai prima avea egli udito parole cosi penetranti; e veramente non v’è niente
di più acuto, di più penetrante della spada a due tagli dello Spirito. Eppure
il discorso che il sig. Viviano avea udito era un discorso placido; non v’eran
quegli slanci d’eloquenza che cattivano l'imaginazione, ne quegl’indirizzi
appassionati che cuommuovono i sentimenti; no, era un componimento dotto
ed accurato; la teologìa ne era perfettamente chiara e scritturale; l’argomentazione ne era stringente; e sebbene alcuni non potessero fare a meno di sospirare, nel veder quanto poco la verità predicata avesse acceso l’anima del
predicatore, pure si rallegravano pensando che la verità era predicata, e domandavano a Dio di toccar le sue labbra con un carbone acceso preso all’altare cui serviva.
Non era entusiasmo subitaneo nè eccitamento che si era impadronito della
mente di Viviano. Le parole del testo avean destata la sua attenzione, e
aacoltando il ragionamento chiaro e placido del predicatore ei divenne
vieppiù convinto della lor verità. Quando poi se n’era tornato a casa e che
passeggiava nelle sue possessioni ei diceva fra se e se : « Quanto chiaramente
il sig. Langdale provò la necessità della rigenerazione per uomini così lungi
daUa giustizia originale, per essere resi idonei a giungere alla santità ed alla
eredità dei santi nella luce. E se ciò è essenziale per tutti, lo è anche per
me. Non devo ingannarmi; meglio guardar la verità in faccia. Egli è certo
che io non provai mai una così stupenda trasformazione nell’anima mia. Si
parla di battesimo, di educazione; sicuro, ciò varia nei varj casi; così pur la
pensa il sig. Langdale; ma una cosa mi colpisce ed è questa ; in qualunque
modo, o quando che sia, ciò è pur sempre un cangiamento reale, cioè l’introduzione dell’uomo in un nuovo stato di cose per ciò che spetta al mondo
invisibile, e il ricevimento di una sensibilità spirituale, che certamente io
non posseggo. Ogni domenica me ne vo deplorando il mio misero stato di
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peccatore, ma difatti me ne curo pochissimo. Noi invochiamo Dio come
nostro Padre, mentre non abbiam per lui altro sentimento che quel di
riverenza ; e salvo in chiesa siamo aifatto indifferenti e dimentichevoli della
sua esistenza ; almeno per me la sta così. Or se tutto ciò che la religione
insegna è vero (e non ne posso dubitare) l'apatìa che provo deve indicare
qualche grande e radicale difetto nella mente nostra. Quanto strano, che il
sublime fatto dell’espiazione così intimamente, connesso colla mia sorte
eterna occupi così poco la mia attenzione e mi paja di così lieve momento !
Per tutto questo la mia mente è affatto morta, mentre è così vivamente
eccitata daUe cose di questo mondo che pur so essere di così breve durata.
Ecco preci.samente il punto su quale insisteva il sig. Langdale quando faceva
la distinzione tra l’uomo carnale e l’uomo spirituale. »
« Ma, poi », continuava Viviano incamminandosi verso la sua casa, « chi
malfece l’esperienza di un cotal cangiamento ? S’io incontrassi qualcuno
che mi dicesse onestamente che lo ha provato, e che è passato ad uno stato
di mente diverso dal corso naturale, allora lo crederei. Naturalmente, ciò
trovandosi nella Bibbia deve esser vero; eppure non so come si faccia, ma
una cosa mi par così in aria, così speculativa quando s'impara da un libro.
Vorrei vederne un'esempio pratico nella vita reale; ma per quanto mi venne
fatto di osservare, ho il sospetto che sarà difficile assai di trovarne uno. E
allora? senza questo gran cambiamento non si può veder il regno d’iddio.
Sicuramente, se si prende il senso letterale si condannerebbe un’immensa
parte dell’umanità: sarebbe troppo tremendo. Non posso capire; devo pensarvi sopra. »
TI rev. Edoardo Langdale era nel suo studio occupato a preparar un
elaborato saggio sulla fede, quando entra la serva con un viglietto. Era
Viviano che l’invitava a pranzo quel medesimo giorno. Il rev. Langdale
scrisse iu fretta alcune linee di accettazione e, appena uscita la serva, si
rovesciò sul seggiolone e disse sospirando; « Povero me ! dover dopo un giorno
d’intenso studio, passar la sera in un modo così diverso: niente che vi si
addica; niente che vi riposi lo spirito stanco. Viviano ha una nobile natura,
ma la sua ment« è così frivola ! Egli ed i suoi amici spendono la vita « in
valente pigrizia. » E non posso aspettarmi niente di meglio dell’ordinaria,
superficiale sterile chiacchierìa di un pranzo. Vorrei che quei cervelli leggeri
non si credessero in dovere di sempre invitarmi; mi duole il capo sol pensando
di quel « chiasso e furia senza significazione. » Oh perchè mi ha la sorte
lanciato in un cotal deserto intellettuale? ciò basta per rendervi stagnante
il cervello. — Ma che cosa vedo? » soggiunse egH, girando il foglio della
lettera e leggendo : « Mi scusi se non posso offrirle che la mia compagnia,
ma bramo di trovar un occasione di parlarle a quattr’occhi di qualche cosa
che mi occupa la niente. » — Veramente ! chi avrebbe mai creduta la monte
di Viviano occupata d'altro che di cani c cavalli, e sarei stato allora un
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povero consigliere. Che può mai essergli accaduto, diceva egli alzandosi? »
e passeggiando nella stanza, cercava d’indovinar che cosa potesse essere.
« Bene », diss’egli alla fine, «. se è una questione ardua di teologìa che gli
gira per il capo, ei s’appose cercando di me. Poveretto ! quanto l’avrei caro
di vederlo diventar più serio e più pensoso », pensava egli facendosi grave
nell’aspetto.
( Continua )
CORRISPONDENZA DELLA B. NOVELLA
Difficoltà di un corrispondente — L'opera di Dio progredisce — Predicazioni in Firenze, Pisa, Livorno frequentatissime—Colportaggio attivo—Un’incaricato d’affari — Un arcivesoTO che non riesce ad essere martire — Un cardinale delatore —
Due circostanze favorevoli : il liberalismo del Governo ed i bisogni religiosi del
popolo — Mancanza grande d'operai.
Firenze 25 gennajo 1860
Caro signor Direttore,
Con maggior premura al vivissimo suo desiderio di ricevere più numerose
corrispondenze da Firenze avrei risposto, potendolo; ma ei comprenderà
quanto difficile riesca il còmpito del corrispondente, il quale anziché scorger
chiara la via e schietta la situazione del paese, se ne va insieme cogli eventi
incerto e tentennante, con in presenza un’opera esposta a tutte le universali
esitazioni, barcollata in uno colla patria nave sul tempestoso mar delle
odierne emergenze, e di più a tante opposizioni e pericoli in contrasto. —
Pur nondimeno dirò per edificazione dei vostri lettori che l’opera di Dio fa
de’ passi in Toscana. Sì, e li fa, a dispetto di tutte le miserie che ad essa
ostano, tanto per parte del mondo al Vangelo nemico, quanto per parte dei
cristiani stessi, non mai, e costì meno che altrove della loro vocazione condegni. Agisce lo Spirito divino; ed oltrepassando tutte le religiose denominazioni, e tutte le umane barriere rompendo, apresi luminosa nei cuori una
strada, ed ivi recando colla luce deUa fede, la vita della carità, all’obbedienza
di Colui nanti il quale ogni ginocchio dee piegare, schiave ed umili ma libere
altresì, le anime dei credenti conduce. — Molti sono i luoghi, numerose le
persone in cui penetrò il Vangelo, e più distesa sarebbe l’opera se più evangelisti essere potessero inviati, e se coloro i quali alla missione sono addetti,
con maggior zelo ad un tempo e maggior prudenza, insomraa con più conformità al Vangelo stesso predicassero.
Firenze, Pisa, Livorno sono dell’opera i principali centri. Aggiungansi
alcuni borghi circostanti nei quali liavvi qualche picciol numero di cristiani.
Il colportaggio poi è attivo e distesissimo. Un deposito di Bibbie si è aperto
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in Firenze, e migìiaja di Bibbie furono e sono sparso nella centrale Italia.
In Fù’cnze furono aperte più sale di riunione iu cui numeroso popolo potò
non solo di domenica ma eziandio nel corso della settimana, spesso udire
la parola di vita. Taluna invero, per cause che vogliamo tacere, venne dall’autorità momentaneamente chiusa ; ma riaperta poi, continua di essere ,
benché iu privato, discretamente frequentata. Tal predicatore fu pf r ragioni
di alta politica sospeso, e dovette cessare dall'evangelizzare, ma la libertà
di coscienza non fu lesa mai e tuttora intatta rimane. Tal rappresentante
di protestante estera corte, perchè cattolico di convinzioni, provò per gesuitiche mene di far negare al pastore della vostra chiesa l’uso della cappella Svizzera, destando paura in quel Concistoro, col profetizzargli politiche
reazioni e minacciarlo di regale sdegno, « s’egli continuato avesse di proteggere ed ajutare nell’opera loro sovvertitrice ed anarchica quegli evangelisti, satelliti della rivoluzionaria politica piemontese ».....ma al malaugurato
ed imprudente figlio di Loiola toccò portar Io sdegno che altrui prometteva,
e la detta chiesa alle italiane predicazioni fu riaperta con trionfo della religiosa libertà e giubilo degli amici del vero. — Tale arcivescovo credette
dover alzare la pastorale sua voce al capo del governo toscano per lagnarsi
dello sconfinato allargamento della libertàdei culti,deU’al)uso del proselitismo
protestante e più specialmente della soverchia disseminazione delle Bibbie
e dei trattati religiosi; le quali empietà tanto gli punsero il cuore, che lui,
mite di carattere, sentì, « pericolando la cattolica fede, di dover assumere
« lo zelo animoso che si conviene a combattere le battaglie del Signore;
« di esser pronto a tutto e di essersi, per la vescovile consecrazione, votato
« alle angustie, ai travagli, alle persecuzioni ed al martirio !»......
Ma il capo del Groverno mandò alla luce quella magnifica risposta che
tutti hanno letta, la quale fu fatta con quel senno, quasi direi con quel
genio religioso e politico che caratterizza quell’eminente Statista, e nella
<(uale dopo avere con irresistibile ironìa rintuzzato « l’infelice desiderio del
martirio » non solo proclamò altamente i diritti della politica e civile autorità, ma con forza e maestrìa dipinse le vere relazioni tra lo Stato e la Chiesa
e stabilì i principii che a queste relazioni presiedere do\Tanno ormai. — Tal
cardinale infine si azzardò insino a farsi, come lo diceste, delatore di quei
poveri artisti i quali nella sua diocesi ardirono leggere la parola di Dio e
riunirsi per pregare, e lui così dotto e possente non trovò a vincere l’imperversante eresìa, altro mezzo che il codardo ricorso alla materiale
violenza......e non pago d’invocare ajuto dal governo, aizzò contro quei
pochi c deboli evangelici, il contado fanatizzato, ed a quei che hanno commercio od industria tolse via quante pratiche potè. — Ma questa volta il
Governo fece la risposta che si conveniva a tanta viltà: rispose col
silenzio !
E la popolazione eziandio, in Pisa, come in Firenze cd altrove, a queste
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minaceie, a questi intrighi, a quest’insulti fatti alla ragione, al buon senso,
alla coscienza ed alla nazionale costituzione, a tutte le parole ed atti del
partito clericale, risponde colla dignità del silenaio. Bd intanto, per quegli
eccessi medesimi dei nemici della luce, s’illuminano le menti; per quegli
abusi d’intolleranza, spandasi nei cuori la tolleranza; dico di più, per quell’audacia dello spirito d’errore, vince nella popolazione, come nei reggitori
del paese lo spirito di verità. Imperocché, convien dirlo, due fatti importanti
appoggiano l'opera evangelica in Toscana, la raccomandano all’interesse di
tutti, e militano in favore del suo progresso morale nonché della sua estensione e sono; il liberalismo del governo ed i bisogni religiosi del popolo.
Il primo fatto è incontrastabile, e non ci fermeremo a somministrarne le
prove, perocché nissuno ne dubita e crederemmo far ingiuria al Governo
stesso facendolo. Se poi cotesto, per eccezionali necessità, fu costretto, suo
malgrado, di adottare in qualche circostanza prudenti misure non già di repressione, ma di temperamento, ciò attribuir si deve, non alla governativa
grettezza, bensì alla tremenda opposizione del partito retrogrado, ed al fermo
suo proposito di cogliere tutte le propizie occasioni per far nascere qualche
subbuglio, il che ad ogni costo vuol prevenire l'autorità: e ciò più giova
all’opera evangelica di quello che la intralcia.— Il secondo fatto, l’esistenza
cioè di bisogni religiosi nel popolo non è meno innegabile: Prova ne sia il
gran numero degli astanti alle predicazioni, la fermezza di convinzione in
taluni, lo zelo spiegato da altri, le prove da molti con mirabile pazienza
sofferte, le chiamate che si fanno dalla campagna, la presenza nelle adunanze
di contadini di lontani villaggi, e la generale ricerca e lettura del sacro
volume. — Prova no sia la stessa accanita guerra deU’alto e basso clero,
nonché il di lui spavento, il che è sempre indizio di fermentoso bollore
nella massa popolare. — Prova ne sia infine l’universale preoccupazione
degl’interessi vitali dell’uomo e della società; il crescente studio dei religiosi
problemi, il quale invade tutte le classi, e la lotta, lotta suprema, che ferve
tra il cattolicismo ed i principj evangelici, e dovunque ed in mille modi
scoppia. — Questi due fatti pertanto, se da un lato ci danno a conoscere i
vantaggi della posizione, e felici risultati c’impromettono, dall’altro additano
nell’insieme dell’opera evangeüoa in Toscana una grave lacuna.— Mancano
gli operai ! mancano gli uomini capaci ed esperti, che ad illuminata fede
aggiungano illuminato zelo, per seminare alacremente la divina semenza;
mancano per le congregazioni esistenti e per le congregazioni da crearsi;
mancano molto e se ne sente e piange la mancanza, sopratutto nel propizio
stadio di tempo che corriamo. Questo ho voluto aggiungere per incitare chi
esitasse, perocché come altre volte Paolo per la Macedonia, possiamo dire
che il Signore ci ha aperta una porta in Toscana.
0. C.
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... u ...
Un’umile cristiana— I.e di lei prove — La sua speranza in faccia alla morte—Angherie pretine — Rese inutili dalla fei-mczza della moiiboiida — Altra lotta più
dolorosa ancora—Nuovo assalto pretino—Morte tranquilla — Persecuzione dojx)
la morte—Un vice-Sindaco ed uu Delegato—Un lutendente—La legge trionfa—
Ignoranza c fanatismo.
-Milano febbrajo 1860
Caro fratello in Gesù Cristo,
In questi giorni ebbi una prova sensibile dell’efi&cacia della divina gi'azia, ed il mio cuore fu grandemente consolato del trionfo che Cristo riportò
sopra dei suoi nemici. Da circa tre anni una povera donna, madre di famiglia, per nome Luisa B. venne alla conoscenza del ^^angelo, aggiungendosi
ad un’altra famiglia che piu-e avea ricevuto la Parola di Dio a Sampierdarena. Da quel momento essa dovette soffrire dai vicini, dai parenti, e dai
conterrazzani suoi, ingiurie, contumelie, di,sprezzi e persecuzioni d’ogni
genere per cagione di quel Gesù che si era rivelato al suo cuore. Essa non
avea dal mondo alcun conforto nè consolazione, e a maggiormente affliggerla
la morto le rapiva due figlie che erano l’unico sostegno della famiglia. Non
è a dirsi se i clericali menassero vanto delle di lei sciagure, e l'additassero
al pubblico come colpita dal castigo di Dio ! Alla desolazione della morto
si aggiunse la malattìa del marito divenuta incurabile, di modo chc essa
dovea vivere di una vita di continue privazioni. Profittandosi i preti delle
di lei ristrettezze le offersero soccorsi a condizione di ritornare alla confessione e alla messa, ma nè la miseria nS le offerte valsero mai a smuoverla
da quella fede ch’ella avea riposta nel Salvatore.
In questi giorni -visitando i fratelli di Castel-nuovo di Scrivia trovai
questa nostra sorella forte nelle sofferenze gravemente obbligata a letto.
Leggemmo assieme il cap. xiv di S. Giovanni; ci siamo edificati e confortati nelle belle promesse di Cristo e terminammo colla preghiera. Fu allora
che a me rivolgendosi e stringendomi la mano mi dis-^e : « Caro fratello, io
« sospiravo ardentemente che Iddio vi inviasse a tne da Milano; Egli
« accolse i miei sospiri, vi ha parlato al cuore e siete venuto.
« Sieno rese grazie a quel pietoso Padre, che intende i desiderj de’ suoi
t figli e li esaudisce! No, come dice Gesù, il mio cuore, anche in vista della
« morte, non è turbato perchè io credo in Lui. Egli vuole che dove Egli è,
« quivi sieno pure i suoi discepoli; io sono certa che questa sua volontà.
« sia per compiere anche verso di me che si compiacque di chiamarmi a
« seguirlo. Egli ci promette di non lasciarci orfani sulla terra, ed io posso
« testimoniare che non mi abbandonò mai in tutte le mie afflizioni e di« strette; gli uomini, il mondo mi hanno abbandonata, ma Egli mi è stato
« sempre fedele. Egli fu sempre indicandomi il cuore ». Da quindici
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... u ...
« giorui poi a me si è manifestato in modo particolare ; io lo vedo ; Egli
(I. parla a me ed io a Lui; facciamo insieme una vera conversazione. No, il
« mio cuore non è conturbato, poiché credo in Lui. » Inutili erano quindi
le mie esortazioni ed incoraggiamenti, e la morte che tanto atterrisce il
mondano, essa riguardava, come dice Paolo, un guadagno.
Quanto fosse stretta e ferma la sua unione con Cristo lo dimostrano le
prove a cui fu sottoposta ne’ suoi ultimi periodi di vita. Coloro che con
ogni menzogna predicano sempre, che gli evangelici vicini a morte ritornano al Papismo, avvisati da una pinzocchera, s’afl'rettarono all’umile abitazione della nostra sorella onde persuaderla a convertirsi, a confessarsi, a
comunicarsi, a ricevere l’olio santo e morire così da vera cristiana. Essa nel
ringraziarli delle loro premure ; « Mi sono già confessata, e comunicata. »
disse loro. Ed avendo inteso ch’erasi confessata col Padre celeste, come il
figliuolo prodigo confessò al suo Padre l’oflfesa commessa, e oh’era in comunione con Cristo, parroco e curato cominciarono a tempestare, gridando che
Cristo lasciò il Papa, e che chi non crede nel Papa non può salvarsi. Ed ella:
« Chi crede iu me, dice Gesiì, ha vita eterna. — Non vi è altro nome dato
agli uomini per cui convenga essere salvato che quello di Cristo, quindi
chiunque avrà invocato il suo nome sarà salvato, d — Quivi si tacque por
non più affannarsi con gente cauterizzata nella loro coscienza. Ma ben proseguirono a schiamazzare i reverendi, mettendosi a questionare con uno de’
fratelli che assisteva l'inferma con tali grida, che sotto le finestre e nel
cortile si fece gente, la quale credeva che il parroco la volesse fare a pugni
col suo curato,
A nulla giovando le minaccie ed il terrore sacerdotale al cuore di Luisa,
questi finse di piangere sopra l’anima di lei: «E che volete che dica il mondo»,
patetico le andava suggerendo, «se morirete senza i nostri sacramenti? Ilicevoteli almeno, solo per apparenza, per turare la bocca degli uomini. Volete
voi ricevere la mia assoluzione? Dite soltanto un si » ,,. « No », rispose la
moribonda, « se ne vada in pace. » Non riuscendo a farla girare, come diceva il reverendo, credette miglior partito seguire l’esempio del parroco,
che già si era allontanato da quella misera stanza.
L’agitazione che cagionarono le parole e gli schiamazzi nell’animo della
nostra sorella fece peggiorare lo stato di lei, che pur dovette sostenere altro
più duro combattimento. H padre e la madre di Luisa avvisati della prossima
morte della figlia si avvicinarono al di lei cappezzale, e con preghiere e con
lagrime la scongiuravano a ritornare nel seno della Chiesa romana; anche
l'unico suo figlio si congiunse alle preci ed al pianto dei vecchi genitori, ma
essa con tutto rispetto e carità seppe resistere alle seducenti tentazioni e
trionfare della commovente lotta.
Nel giorno seguente i preti tentarono di bel nuovo l’assalto ma dovettero
retrocederò loro malgrado e disperare della vittoria. Verso le cinque pome-
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ridiane del 2 cor. tranquilla e serena raccomandava il suo spirito nelle mani
di quel Dio che l’avea doppiamente creata, ed entrava nel consorzio di
quel Gesù pel quale tanto ha sofferto, e che volle confessare senza rossore
costantemente fino alla morte in faccia al mondo.
Coloro che la perseguitarono in vita fino all’ultimo respiro vollero perseguitarla, fatta cadavere. Disgraziatamente essendo morto il sindaco di Castelnuovo, uomo d'ingegno e di cuore, gli affari comunali sono presieduti dal
vice-Sindaco che n'è il contrapposto. Che abbiano concertato i preti con lui,
noi 80 ; ma ben so, che essendomi presentato a quell'autorità locale por intendermi sulla sepoltura della defunta nostra sorella, mi licenziò senza
lasciarmi parlare diriggendomi al sig. Delegato della polizia.
Compitissimo quel magistrato mi rispondeva, che ben si presterebbe alla
mia istanza, ma che essendo il cimitero proprietà del Comune, ei non poteva
disporne. '\'^enne meco dal vice-Sindaco per disporlo a riguardarci tutti
eguali in faccia a Dio e alla legge del Governo, ma invano, che il presidente
comunale si opponeva allegando i canoni della romana Chiesa, ed in appoggio
raccontava che anni sono essendo morta una svizzera in quel paese fu seppellita fuori del cimitero, per ordine della Curia vescovile di Tortona. Sapendo
10 esistere una circolare ministeriale che dispone altrimenti, ed udendo la
risoluzione del vice-Sindaco mi appellai al sig. Intendente della provincia,
e presso quell’ulEcio mi recai onde disponesse le cose in modo che fosse
data onorevole sepoltura ad una cittadina ad una cristiana; e TIll. sig. Intendente rispondeva al sig. Delegato di Castelnuovo essere ordine superiore
che gli evangelici sieno sepolti coi cattolici lasciando ai Comuni di fare
nei cimiteri quelle divisioni che credono necessarie, divietando assoluta
mente che Luisa B...... fosse sepolta fuori cimitero comunale. Quest’ordine
rovinò l’edificio dei clericali, i quali aveano già comandata una fossa nel
campo, come se si trattasse di una bestia. E non potendo far altro, si opposero che l’accompagnamento funebre entrasse per la porta grande allegando,
che col nostro passaggio avressimo, secondo i canoni, profanato il luogo consacrato. Fu vano osservare, che se il cimitero non era profanato colla sepoltura di un’evangelico, tanto meno sarebbe stato profanato col passaggio
dei fratelli ; tant’è il vice-Sindaco volle far atterrare tanto muro d’aprii'e
una porta, che ci dasse il passo nel campo santo.
Intanto giungeva da Genova il pastore Gay e le rappresentanze delle
congregazioni evangeliche di Voghera e della Guazzora. Con questi fratelli
uniti a quelli di Castelnuovo, il suddetto pastore incominciò la funebre cerimonia in mezzo del pubblico cortile ove si trovava l’abitazione della defunta sorella. Non vi crediate, che i clericali ci lasciassero celebrare in pace
11 nostro rito, che anzi sollevarono quante pinzocchere e sacristani poterono,
circondati da una innumerevole turba di forsennati monelli, i quali non
fecero che accompagnarci con grida, fischi, ed urli di.sperati, insultando non
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solo noi, ma ben anche il cadavere. E se non fossero stati gli sforzi del sig.
Delegato, e dei carabinieri dirotti dall’energico loro brigadiere non si sarebbero quei sconsigliati limitati a scagliarci improperj, e palle di neve, ma
spiati da un disperato odio avrebbero commesso degli eccessi. Con questo
tumultuoso accompagnamento giunti al cimitero potei dire due parole sulla
tomba di colei, che non vedremo più fino al suono doll’angelica tromba.
Parlai della risurrezione dei corpi ; invitai l'uditorio a risorgere primieramente nello spirito di Cristo, che è spirito non di odio, e di persecuzione,
ma spirito d’amore e di fratellanza, e finalmente il sig. Gay compì la mesta
funzione con analoga preghiera, che commosse la moltitudine.
Sieno dunque rese grazie a Dio per la forza che infuse nel cuore della
nostra sorella, per cui potè trionfare d’ogni tentazione, e per averci liberati
da ogni pericolo ; e Colui che sa trarre dal male il bene voglia illuminare
quel popolo e fargli intendere che una religione che odia disprezza e perseguita il suo simile, che una religione la quale inveisce e non rispetta nemmeno i cadaveri de’ suoi concittadini non può essere religione di Cristo.
F. N.
Un corrispoudente che ci da ragione— I processi nelle campagne — Un mezzo potente per prevenirli — Società della Pace — Un Circolo, come re n' hanno pochi —
Riunioni religiose affollatissime — Letture nelle staile — Eccitamentt> che bramiamo sia sentito.
Pomaretto addì 5 febbrajo 1860
Caro signore e fratello,
Mi rammento d'avervi inteso a dii-e più volte: « Se, dalle Valli, volessero i nostri amici mandare, di quando in quando, alla Buona ISovella un
“ breve ragguaglio delle cose che colà avvengono, sarebbe per loro poca
“ fatica e molto ci guadagnerebbero i lettori. ” E veggo adesso chiaramente che voi dicevate il vero. Spesso si potrebbero, dai nostri monti,
mandarvi articoli che riuscirebbero di non lieve interesse ed incoraggiamento
a tutti coloro che amano la nostra Chiesa, e desiderano ardentemente il
progresso del Regno di Dio nel di lei seno. Ma, pur troppo, conviene confessarlo , i nostri amici di quassù sono un tantino nemici della pubblicità... — Voglio credere caritatevolmente, che di questa antipatìa irragionevole la principal ragione sia l’umiltà ; ma l’umiltà praticata a rovescio.
Veniamo ora ai fatti eh’ io desidero narrarvi. — Meglio di me sapete, o
signore, di quanti mali sieno cagione i processi. Essi rovinano le famiglie
temporalmente e spiritualmente ; temporalmente, imperciocché per litigare
conviene spendere somme di cui le famiglie dei nostri contadini hanno un
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urgente bisogno ; spiritualmente, perché, tra due litiganti, le lor famiglie
eil i loro amici, la caritii cristiana è quasi sempre impossibile e l'odio inevitabile.
Onde questi mali antivenire, il pastore di questa parrocchia, radunò, otto
anni or sono, un certo numero di capi di famiglia d'infra i più rispettabili
del paese, e propose loro di costituirsi in Società, allo scopo di comporre
amichevolmente i litigj. — Tal proposta fu accolta con gratitudine ; un Comitato fu eletto e d’allora in poi, la Società della Face (tale è il suo nome)
componendo i dissidj, troncando le liti, con giudizj sempre confoiini ai dettami della coscienza, del buon senso e della Pai'ola di Dio, ha re.so dei
fiurvizj segnalati alla popolazione del comune. I membri di detta Societii
non possono, sotto nissun pretesto, portare le loro liti davanti ai tribunali,
tolto il caso in cui vi fossero dal loro avversario ed a loro malgrado trascinati. Non conformandosi a questa inibizione, i loro nomi vengono cancellati dal novero dei socii. E tale è l’influenza di sì benefica istituzione
che, nel comune, ricorroi^ ai suoi giudizj e vi si sottopongono anche quelli
che non vi sono ascritti. 31a, cosa strana ! da due anni in (jua, la Società
non ha avuto niente da fare ! E questo perchè? — Forse perchè i litiganti
sieno tornati come per l’addietro a piatire davanti al giudice ? — Disingannatevi, se così l’avete creduto : il motivo è tutt'altro, e va cercato nell'influenza sommamente benefica e moralizzante che questa Società ha esercitata sull’intiera popolazione, e che è tale che il giudice del mandamento
dice a chi vuol sentirlo : ch’egli non conosce punto gli abitanti di questo
Comune.
Non avendo quindi da radunarsi per comporre i dissidii, decisero i membri
della Società della Pace di raunarsi, due volte alla settimana, sotto il nome
di Circolo, per conversare assieme sopra argomenti instruttivi ed utili come,
a cagion d'esempio, i seguenti di già discussi; U’ egli lecito al Cristiano di
far la guerra ? la santificazione del giorno del riposo; l’istrvzionCf ecc.
Chi non vede di quanta utilità riescano riunioni consimili, in mezzo
ad una popolazione di contadini, la di cui mente non coltivata ha bisogno
di essere stuzzicata dalle questioni, dalle repliche, da una forma dj-ammatioa
in una parola, onde aprirsi, e ricevere le idee.
Le sedute del Circolo tengonsi nella scuola del paese, e sono il più delle
volte precedute da un culto pubblico, che, da parecchi mesi, è frequentatissimo.
Il pastore, vedendo che nelle riunioni del capo-luogo l’afiluenza degli
uditori andava crescendo, decise di recarsi due volte per settimana nello
scuole dei varii villaggi che fiancheggiano i colli circonvicini. Dappertutto
egli le trovò non soltanto piene-zeppe, ma ancora circondate d’un gran
numero di persone di ogni sesso e d’ogni età, fra le quali molte venute da
lungi, e di notte-tempo, onde ascoltar la Parola di Dio, e pregare insieme.
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Io stesso ebbi la fortuna di assistere ultimamente ad una di queste riunioni.
Dopo un cammino di piiì di un’ora per valli e monti, giungiamo in uu villaggio in cui ci aspetta una numerosa udienza. Al soffitto della sala sono
appese alcune lampade che danno luce bastante perchè si possa leggere.
A stento, a cagion della gran calca, penetriamo sino al tavolino preparato
per il pastore. Io credo di non aver mai veduto assemblea cristiana più
intenta di questa ad ascoltar la Parola di Dio; eppure, nella sala, soffri vasi
un caldo soffocante.
Tali riunioni principiarono in questa parrocchia un mese prima che dalla
V. Tavola Valdese fosse diramata ai Pastori quella circolare che avete
pubblicata, ed in cui erano caldamente esortati a provocare nelle singole
parrocchie adunanze di preghiera, allo scopo speciale di domandare a Dio
una nuova ed abbondante effusione del suo Spirito suUa nostra Chiesa e sulla
Chiesa cristiana in tutto il mondo.
Mi fu detto che le molte riunioni, presiedute a Massel dal sig. Pastore
Turin, son esse pure frequentatissime e benedette. Voglia Iddio dare ai
nostri fratelli, i pastori delle Valli, il volere ed il potere di risvegliar, con
una predicazione fedele e potente, le greggie alla lor guardia commesse !
Un mezzo che mi pare affatto degno di speciale raccomandazione, come
atto a produrre un religioso risveglio, si è il seguente che in questo paese,
è tenuto per efficacissimo :
n pastore ha incaricato gli anziani ed un certo numero di persone, scelte
fra le più istrutte di ogni quartiere, di andare di stalla in stalla (quivi
radunansi nell’inverno gli abitanti), onde leggere alle donne ed alle ragazze
mentre filano, ed agli uomini ed ai bambini che per lo più sono oziosi, ovvero
un capitolo della Bibbia, ovvero alcune pagine di un trattato religioso.
Io ho portato a vostra conoscenza alcune delle cose buone che fannosi in
una delle nostre parrocchie; ad altri ora di ragguagliarvi intorno a ciò che
dal nostro Dio viene ogni giorno operato in altre parti delle nostre care
Vallate. Non temano le chiese d’imitarsi vicendevolmente nelle cose buone
ed utili; si amino e preghino le une per le altre, onde sieno dal Signore
benedette le rispettive loro opere. Si uniscano pastori e greggie per domandare a Dio ch’egli vivifichi la Chiesa col soffio del potente suo Spirito ; che
renda i discendenti dei martiri Valdesi degni della gloria santa e pura che
cinse la fronte dei loro antenati, e faccia di essi il sale con cui la terra
italica verrà vivificata, e restituita a nuova è più pura grandezza.
Tutto vostro, G. B.
Domenico Grosso gerente.
TORINO — Tipografia CLAUDIANA, diretta da B. Trombetta.