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BICTCHNIS
RIVISTA MENSILE DI STUDI RELIGIOSI
Anno X. - Fasc. X
ROMA - OTTOBRE 1921
Volume XV. 4
SOMMARIO
P. ORANO: / popolari al governo. . p. 205
R. NAZZARI : Lineamenti dell' idealismo
contemporaneo.........................217
G. PIOLI : La religiosità ¿1 Alfredo Lolsy, nella « Vita di A. Fogazzaro* di T.
Gallarati Scotti...............222
Intermezzo :
C. BONA VIA : ' Padre ’ (eoa tavola di PAOLO A. PASCHETTO)......................231
Note e commenti:
V. CENTO: Dal Croce al Corbino . . . . . 233
G. COSTA : La * Storia di Cristo11 e gli ultimi dei ’ duecento • .......... 235
Cronache:
M. VINCIGUERRA: Cronache Vaticane . . . .241
Rassegne :
M. ROSSI: Studi Neotestamentari...... 248
Rivista delle riviste :
Riviste Italiane...........................254
Recensioni :
Scienza e storia della religione — Filosofia e storia della filosofia ......... 265
Fra Chiese e Cenacoli................273
Letture ed appunti ...... 277
Bollettino bibliografico :
Pubblicazioni pervenute alla Redazione . . . .281
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RII YCMNIS RIVISTA MENSILE DI STUDI RELIGIOSI
DlLi I VniNlO 4 4 < fondata nel 1912 *
CRITICA BIBLICA y STORIA DEL CRISTIANESIMO E DELLE RELIGIONI PSICOLOGIA, PEDAGOGIA. FILOSOFIA RELIGIOSE - MORALE - QUESTIONI VIVE LE CORRENTI MODERNE DEL PENSIERO RELIGIOSO
LA VITA RELIGIOSA IN ITALIA E ALL'ESTERO — CRONACHE - RIVISTA DELLERIVISTE BIBLIOGRAFI A
REDAZIONE: Prof. LODOVICO PASCHETTO, Redattore Capo; Via Crescenzio, 2, Roma.
D. G. WHITTINGHILL, Th. D., Redattore per l’Estero; Via del Babuino, 107, Roma.
Corrispondenti e collaboratori sono pregati ¿’indirizzare quanto riguarda la Redazione impersonalmente alla
Direzione della Rivista “ BILYCHNIS Via Crescenzio 2, ROMA 33
Gli articoli firmati vincolano unicamente l’opinione dei loro autori.
/ manoscritti rton si restituiscono.
I collaboratori:sono pregati nel restituire le prime bozze di far conoscere il numero degli estratti che desiderano e di obbligarsi a pagarne le spese. Per il notevole costo della carta e della mano d’opera la Rivista non dà gratuitamente alcun estratto.
Ai nostri lettori
Il ritardo con cui si pubblica il presente fascicolo.è dovuto in gran parte alle numerose giornate perdute in tipografia per vacanze e scioperi.
=====00===
È in preparazione il fascicolo di iNov.-Dic. nel quale oltre una Cronaca Vaticana del Vinciguerra, una Rassegna di Cristianesimo Medievale del De Stefano, una ricca Rivista delle Riviste francesi e numerose recensioni, i nostri lettori troveranno i seguenti articoli: L'intuizione nell'estetica di B. Croce (U. Redanò) - Il Clericalismo assoluto (V. Cento) - Novellistica italiana e reazione cattolica (D. Piovenzal) - Lo stoicismo cristiano di F. Amiel (G. Costa) - Per uno scienziato apostolo : C. Lombroso (F. Momigliano) - Praticare lo zoppo e non zoppicare (T. Fallot) - R. Euc^en nei suoi « Ricordi » (G. Grilli) - ecc. Il fascicolo sarà adorno di 2 tavole fuori testo, coi ritratti di F. Amiel e R. Eucken.
Nel corso del mese di dicembre spediremo a tutti i nostri abbonati non morosi i Quaderni 5° e 6°; Giorgio Tyrrell e il suo epistolario (G. Pioli) e La Visione greca della vita (A. Tilgher).
Così avremo mantenuto le nostre promesse:
Pel 1921 i nostri fedeli abbonati con un prezzo veramente minimo (L. 161) avranno ricevuto da noi TRE GROSSI VOLUMI:
1° Il Voi. XVII (io Sem. 1921) di Bilychnis, di pagine 436;
2° Il Voi. XVIII (2° Sem. 1921) di Bilychnis, di pagine 380;
3° Sei Quaderni, che costituiscono un voi. di pagine 360,
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Casa Editrice BILYCHNIS - Via Crescenzio 2 - Roma 33 i
“BILYCHNIS”
È LA MAGGIORE E PIÙ DIFFUSA RIVISTA ITALIANA DI STUDI RELIGIOSI
Nel concluderà 1 Interessànte discussione su \
Ebraismo e Cristianesimo
e tratterà ampiamente l'importantè tema :
L’idealismo contemporaneo ed il cristianesimo
□ □ □ □ □
Pubblicherà articoli su questioni e fatti di attualità, Studi di storia delle religioni, di critica biblica e neotestamentaria, del movimento religioso e spirituale contemporaneo. di filosofia, pedagogia e arte religiose ; pubblicherà in ogni fascicolo scritti speciali «per la cultura dell’anima» e delle «cronache» di azione e politica religiosa.
Continuerà il suo speciale ampio servizio d’informazioni bibliografiche che ha fatto della Rivista il più prezioso Vade-mecum bibliografico per quanti si occupano di studi religiosi.
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Nel 1922 « Bilychnis “ continuerà la pubblicazione della apprezzatissima collezione 'dei
QUADERNI DI “BILYCHNIS,,
con una nuova serie di 6 Quaderni.
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L’elenco dei principali collaboratori è esso stesso una prova dell'ampiezza e della serietà dell opera della Rivista :
P. ARCARI-A. CALDERINA - V. CENTO-A. CHI APPELLI -P. CHIMINELLL-G. A. COLONNA DI CESARO’-E.COMBA R. CORSO - G. COSTA - U. DELLA SETA - G. FERRETTI -C. FOR-MICHI - P. JAHIER - G. LEVI DELLA VIDA - G. LUZZI - G. E. ME1LLE - S. MINOCCHI -F. MOMIGLIANO - R. MURRI - R. NAZZARI - P. ORANO - P. PASCHETTO - P. E. PA VOLIMI - C. PASCAL- R. PETTAZZONI -G. PIOLI -D. PROVENZAL - M. PUGLISI - A. RENDA - G. RENSI - M. ROSSI - L. SALVATORELLI - A. TAGLIALATELA - A. TILGHER - E. TROILO.
□ □ □ □ □
Gli abbonati riceveranno nel 1922:
i 12 fascìcoli mensili di «BILYCHNIS», di pag. 64 l'uno in-8° grande, illustrati, formanti 2 volumi di pag. 384 l'uno;
i 6 fascicoli bimestrali dei Quaderni di Bilychnis, eleganti volumetti in 8° piccolo di «pag. 64 illustrati, formanti un insieme di 384 pagine annue.
Gli abbonati potranno inoltre ottenere a prezzo ridotto:
l'abbonamento cumulativo col * TESTIMONIO rivista mensile delle chiese batliste italiane.
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CONDIZIONI: IN IT PER 1 ANNO ALIA PER 6 MESI ESTERO . PER 1 ANNO
“ BILYCHNIS ” e i Quaderni L. ló- 9- 30 —
" BILYCHNIS ”, i Quadèrni e “ IL TESTIMONIO ” » lS^O 10,50 40 —
AMMINISTRAZIONE: Via Crescenzio, 2 - ROMA 33
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Quaderni di BILVCMNIS nei 1921
Pubblicati :
1. Dino Provenzal, Una vittima del dubbio: Leonida Andreief - Con un’appendice di Ettore Lo Gatto: Cenni bio-bibliografici su L. Andreief e traduzione italiana di alcune scene àe\V Anatema dell’Andreief.
'futta la stampa si è occupata largamente di questo interessante Quaderno, al quale Pompeo Falcone nei Libri de! Giorno del settembre 1921, lia dedicato un ampio studio.
2. A. V. Müller, Una fonte ignota dèi sistema di Lutero (Il Beato Fidati da Cascia e la sua teologia).
L’A. mostra le singolari corrispondenze tra il pensiero di questo frate italiano morto nel 1348 e le affermazioni di Lutero, che furono ritenute eretiche e inclina a credere che il frate italiano non dovrà essere ignoto al riformatore tedesco... {Rassegna Moderna).
Le conclusioni generali a cui giunge FA', a noi paiono molto esatte ed aiutano molto a stabilire su basi veramente stòriche la figura di Lutero, figura, cioè, non di un grande pensatore, ma di un grande uomo di azione... {Resto del Carlino).
3. A. Severino, Il sentimento religioso di F. Amiel.
L’A. dopo avere due anni or sono dedicato alla vita c all’opera dell’Amiel uno studio sintetico che non era male informato, si indugia Tira a studiare gli elementi e i caratteri dell'esperienza religiosa alìidata a quel Journal ini ime di cui E. Scherer pub- ' blicava nel 18S2 i frammenti più salienti... (E. Buonaiuti nel lempo).
' * «■
4. R. Nazzari, La dialettica di Proclo e il sopravvento della filosofia cristiana.
L’A. riesce molto bene a sintetizzare i principi cardinali della gnoseologia e della metafisica dell'ultimo maestro, che nella secónda metà del secolo quinto diresse ad Atene la scuoia neoplatonica. (E. BÙONaivti nel lempo).
Da pubblicarsi entro il 1921 :
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Questi due quadèrni saranno spediti ira pochi giórni a tutti gli abbonati non morosi : :: ::
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Ogni fascicolo di circa pagine 70 con una o più tavole Lire 4 — per i non abbonati alla Rivista.
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DE STEFANO* j
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Prezzo L. <5 —
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! GUGLIELMO QUADROTTA
LA CHIESA CATTOLICA NELLA CRISI UNIVERSALE
Con particolare riguardo ai rapporti ira Chiesa e Stato in Italia. - Volume di pag. CLXXIX-17S.
Prezzo in Italia L. IO— - Estero L. 15 —
Il volume tratta argomenti di «rande importanza-, quali: La posizione della Chiesa Cattolica nel mondo e la necessità della revisione dei suoi rapporti con l’Italia - Il Cristianesimo, la Chiesa e la guerra - La neutralità pontificia - Da Pio X a Benedetto XV - Chiesa e Stato in Italia - La politica anti-ltaliana del Pontificato - La Gran Bretagna e la Chiesa cattolica, ecc.
Uno dei pregi del volume è nella ricca raccolta di documenti che esso contiene, che valgono a mettere in luce l'atteggiamento e l’azione del Papato allo scoppio e durante il lungo periodo della grande guerra.
E’ un attacco frontale a quella leggerezza italiana che in momenti come l’attuale costituisce un tradimento verso la Nazione.
La conclusione è che questo è il momento storico per affrontare decisamente il grave problema, che finché rimarrà insoluto, sarà causa dì profondo turbamento nella vita nazionale.
Quest’opera è stata largamente discussa e favorevolmente giudicata da tutta la stampa italiana sopratutto nel momento in cui venne risollevatala questione romana, alla quale à offerto ampia messe di materiali. Riportiamo qualche giudizio più significante.
Guglielmo Quadrotta che si fece apprezzare giovanissimo. per le sue corrispondenze al Secolo su questioni vaticane, e, quindi, per i suoi volumi: Socialismo e religione; Il Papa'. l'Italia c la guerra; I Religione Chiesa c Stato nel pensiero di Antonio Salandra (1016), sostiene, in questo sue denso lucido volume, ricco di documenti e utilissimi raffronti, la necessità della revisione dei rapporti fra la Chiesa cattolico e l'Italia. Studia, serenamente, l'azione politica del papato, durante e dopo la guerra chiarisce- il valore dell'espressione • papa religioso • riferita a Pio X, c delinca, con pochi tratti sicuri, l’opera politica di Benedetto XV. Il Quadrotta accenna rapidamente, per ragioni evidenti, all'atteggiamento che il pensiero cristiano ebbe verso la guerra, da Agostino d'Ippona a Desiderato Mercier, e ri---corda I rapporti fra la Chiesa e i vari stati italiani (Repubblica veneta. Stata di. Savoia al tempo di Vittorio Emanuele II c di Carlo Emanuele III), che hanno dato occasiono a un numero rilevantissimo di contestazioni c di relazioni. (Nuova Rivista Storica).
Opera... interessante... e utile por gli argomenti discussi peli calore elio Q. vi .porta c per il materiale c i documenti radunati.
L(vioi) S(alvatokklli) nella Stampa.
Attualo, viva, nutrita, i la Prefazione al volume: essa dà ai capitoli che seguono. Il quadro e l'atmosfera entro cui devono poi trovar posto c giustificazione. I passi Che si riferiscono ai contatti ufficiosi c segreti corsi da due anni ad oggi fra il Vaticano c il Governo italiano (Gaspurri, Corretti, Nittl) sono quelli che più precisano il caràttere del libro: contributo di informazioni sicure, di documenti bene scelti, e di orientamenti acuti, anche se non sempre da noi' accettabili, alla storia futura della politica della Chiesa con i paesi belligeranti, durante c dopo il conflitto. Quindi utilissimo libro.
R(OBERTO) C(AXTAI.UPO) (nell'/dm .X azionale)
Ma fra i documenti hanno particolare valore gli scritti inviati all'A. in risposta ad un referendum indetto durante la guerra da pensatori, scrittori, uomini politici di ogni tendenza sulla eventuale partecipazione del Papa alla Conferenza della Pace: scritti che hanno una grande importanza por le argomentazioni svolte e la copiosa dottrina storica e giuridica che investe l'argomento dei rapporti fra lo Stato c la Chiesa.
In conclusione il libro del Quadrotta è un libro interessante di storia c di politica religiosa molto obbiettivo che non può essere trascurato da quanti dedicano la loro attenzione è In loro opera ai vari problemi della vita italiana.
Paolo Palmisano (nel Giornale di Sicilia).
... excellent volume, très documentò ... C'cst un volume susceptible ¿'interessar grandement le lecteur français.
(Mercure de France)
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Casa Editrice BILYCHNIS - Via Crescenzio 2 - Roma 33 v
| E-ME1LLE: PSICOLOGIA DI ! COMBATTENTI CRISTIANI
: •
(Estratto dalla Rivista BILYCHNIS)
Dall’ Indice x
I. PROFILI.
IL GL! UOMINI. (1 combattenti cristiani sono .giovani normali - Amore per la vita -Affetti famigìiari - Allegria - Amicizie '- Intellettualità - Letteratura -Arte -Poesia della natura - Purezza).
IH. I COMBATTENTI. (Sensibilità, modestia, prestigio - Testimonianza cristiana tra i compagni - Ore grigie e pace’interiore - Entusiasmo - Coraggio - Nella mischia: onore, sensibilità, pietà* - Il problema tragico e le sue soluzioni - Patriottismo Rinunziamento e consacrazione - Devozione alla patria e ideali civili -Fede nell’umanità e convinzioni cristiane).
IV. 1 CRISTIANI. (La Federazione Studenti - La Bibbia - La preghiera - L’AI di là -.Sviluppo e approfondimento della vita spirituale - L’Ansia sociale - Fraternità interconfessionale - Religiosità moderna - Valore della vita presente - Concetto della felicità - Problemi del dopo guerra - Vette morali c spirituali).
Bel volume (adorno di suggestiva copertina simbolica «di P. PASCHETTO) di XII-144 pagine grandi a due colonne. Prezzo L. IO :: Estero frs. IO.
Novità: %
Piero OIaìmi nelli
LA FORTUNA DI DANTE
NELLA CRISTIANITÀ RIFORMATA
(CON SPECIALE RIFERIMENTO ALL'ITALIA)
Un bel voi. di pag. XI-266 - L. 10 — (Estero L. 15 —).
Il libro è apparso da pochi giorni in vendita e già à suscitato approvazioni e lodi per la materia raccoltavi sinteticamente e chiaramente esposta.
È uno studio diligentissimo e sintetico che forma una'delle migliori pubblicazioni della celebrazione del VP centenario dantesco (/I Paese di Roma).
Dobbiamo tributare a quest' opera sia per il suo piano generale che per le sue parti speciali le più alte lodi o raccomandarlo in modo speciale ai lettori tedeschi (Bohemia di Praga).
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vi Casa Editrice BILYCHNIS - Via Crescenzio 2 - Roma 33
Sui prezzi del presente Catalogo aggiungere il 10 % per le aggravate spese generali.
(Deliberazione dell’Ass. Tip. Lib. Ita!. I5-IV-20).
IL TESTIMONIO
RIVISTA MENSILE DELLE CHIESE BATTISTE - ANNO XXXVIII Si pubblica in fascicoli di 36 pagine elegantemente fregiate ed illustrate - Pubblica articoli di propaganda e di informazione sul cristianesimo in genere e sul movimento battista in ¡specie - Rubriche speciali: Rubrica dello spirito. Vita ecclesiastica, La pagina dei piccoli. Si propone di fornire ai pastori argomenti per meditazioni e sermoni e di essere largo di notizie sulle chiese battiste d’Italia.
:: :: DIREZIONE: ARISTARCO FASULO - Via Cassiodoro, 1 - ROMA 33 AMMINISTRAZIONE: BENIAMINO FODERA - Via Crescenzio, 2 - ROMA 33
Abbonamento per F Italia, annuo L. 5 - Semestrale L. 3
Per F Estero, L. 10 - Un fascicolo separato L. 0,60
PUBBLICAZIONI IN DEPOSITO
CULTURA DELL’ANIMA
Borsari R. : Guardando il sole 2 —
Burt W. : Sermoni e allocuzioni.......... 2 —
GRATRY A. : Le sorgenti, con prefazione di G. Semeria 5,40
Luzzi G. : Parole che non passano per l’ora che passa 2 —
Monod W.: L’Evangile du Royaume ....... ro —
— Délivrances . . . .io — — Il régnera . . . . . io — — Il vit ........ io — — Silence et prière . . . io — Vienot J. : Paroles françaises
trononcées a 1' oratoire du ouvre ...... 3,50
Wagner C.: L'ami . . . 12 — Rivista Propheia (Unica annata 1914) . . . . . 5 —
FILOSOFIA
BLONDEL M.: “L’Azione”', Saggio di una critica ’ della vita e di una scienza della pratica (voi. I e II) .28 — Della Seta U.: G. Mazzini pensatore ...... 15 —
' Della Seta U. : Filosofia mo- ’ rale (Voi. I e U) . . 15 —
! Ferretti G. : L’Alfabeto e i fanciulli .... . . . . . 2 —
Losacco M.: Razionalismo, ej Intuizionismo . . . 1 — ■ Momigliano F. : Vita dello spi- | rito ed eroi dello spirito 8 —
I Neal TH: Vico e l’immanenza 1 — j — Giovanni Vailati . . . 1 — Papini G.: Il tragico quotidiano ....... 5,50 — Chiudiamo le scuole 1 —, !— La Toscana e la filosofia italiana ......... 1 — j
— Pragmatismo . . .' . 4 -■ — Il crepuscolo dei filosofi 6 — Rensi G.: Sic et non (metafisica e poesia) . . . 3,50
Semprini G. : La morale mistica : dell'imitazione di Cristo .
15: Taglialatela E.: Giovanni Locke i educatore..(per la prima volta tradotto in italiano) . . 4 — — La dissertazione pedago- ! gfc»....................10 “
1 Tilgher A.: Filosofi antichi io —। Tilgher A. : Voci del tempo (profili di letterati e filosofi contemporanei) . . . 8.50!
— La crisi mondiale . . 16 — I
GUERRA E ATTUALITÀ
Brauzzi U.: La questione sociale . . . . .1 —
Kolpinska A.: I precursori della rivoluzione russa 6 —
Murri R. : L’anticlericalismo (origini, natura, metodo e scopi pratici) . . . . 1,25
MURRI R. : Guerra e religione, Voi. I. Il sangue e l’altare 2 —
MURRI R. : Guerra e religione.
Voi. II. L’imperialismo ecclesiastico e la -democrazia religiosa ........ 2 —-— Dalla democrazia cristiana al partito popolare ital. 5 —
Rubbiani F.: Il pensiero politico di Leonida Bissolati 8 —
ZANOTTI-BIANCO e CAFFI
A.: La pace di Versailles, note e documenti (con 20 carte etnografiche e politiche) io —
La Chiesa e i nuovi tempi 3,50
Raccolta di scritti originali di Giovanni Pioli - Romolo Murri« -Giovanni E. Melile - Ugo Ianni - Mario Falchi - Mario Rossi -“ Qui Quondam „ - Antonino De Stefano - Alfredo Taglialatela.
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LETTERATURA
Bersi G.: Novelle ... io — • Brauzzi U.: I Luciferi . 5 — I
Bonavia C.: La tenda e la notte ..................3,50 !
Chini M.: F. Mlstral . . 2 — ’ Croce B. : La poesia di Dante |
'5.50
Della Seta U.: Morale, Diritto e Politica internazionale nella mente di G. Mazzini.
1,50
Dell’Isola M.: Etudes sur Montaigne ................2,50
F. Momigliano: Scintille del
Roveto di Stagliene . io — Gallarati Scotti T.: la vita di |
A. Fogazzaro . . . . . 12 —
Jahier P.: Ragazzo . . 3,50 Lanzillo A.: Giorgio Sorel. 1 — j
Orvieto Laura.: Sono la tua l serva e tu sei il mio signore I (Fiorenza Nightingale). 8,50 j
Rapini G.: Esperienza futurista I 3.501
— Testimonianze . . .5 — — Un uomo finito ... 7 —
— Cento pagine di poesia 5 — Renzi L. : Ma quando s’erà ragazzi! te ne ricordi Gino ? 3,50
Sheldon : Che farebbe Gesù ? 2 —
Soffici A.: Scoperte e mas- ' sacri (Scritti sull’arte) 5 — j
Vitanza C.: Spiriti e forme del. divino nella poesia di M. Ra- j pisardi (conferenze). 1,50 '
RELIGIONE E STORIA
Buonaiuti E.:S. Girolamo 2 —
Caracciolo I.: Bagliori di ComuniSmo nella Riformi’. La guerra dei contadini . 6 —
Carpentcr j. E-: Il posto del
Cristianesimo fra le religioni (Traduzionedi G. Conte - prefazione di M. Puglisi) 2 —
CHIMINELLI P. : Gesù di Nazareth 2* Ediz. ... 6 — II Padrenostro e il -mondo moderno ...... 3 — ; Bibliografia della Storia del- j la Riforma religiosa in Italia 5—1
—- La fortuna di Dante nella Cristianità Riformata. 10 —
Costa G. : Diocleziano . 3 — (Profili) Ediz. Formiggini.
— Politica e religione nell’impero romano.............2 —
Cumont F.: Le religioni orientali nel paganesimo romano ........ 6,50 Di Rubba.: La disfatta del cattolicismo . . . . . 7 —
Di Soragna A.: Profezie di Isaia, figlio di Amos. 7,501
Doellinger I. : Il papato dalle origini fino al 1870 . 30 —
Fasulo A.: Dalle indulgenze; alla d;eta di Worms . 0,50
Janni U.: Il dogma dell’Eucari-stia e la ragione cristiana 1,25
Labanca B. : La riforma del sec. XVI cd il celibato chiesastico ........ 1 —
LOISY A.: La paixdes nations I 1,50
Macchierò V : Zagreus Studi sull Orfismo...........16,50
PETTAZZONI R. : La reli-1 gione primitiva in Sardegna 6 —
— La Religione di Zarathustra ....... 15 —
— La religione nella Grecia antica ........ 20 —
Rapicavoli C. : Liberalismo e protestantesimo . . . .3 —
Salvatorelli L.: Introduzione bibliografica alla scienza delle Religioni. . . . . 5 — — «La Bibbia »Introduzione al-l'Antico e Nuovo Testamen• lo ... . ...... 20 — — Il significato di • Nazareno » ....... 1,50
Schurè E.: - I grandi iniziati 16,50
- „Santuari d’Oriente . 12.50 T YRREL G. : Autobiografia e
Biografia (per cura di M.
D. Petre) ...... 15 —
Tyrrel G. : Lettera confidenziale ad un professore d’antropologia ....... 0,50 Vitanza C.: La leggenda del « Descensus Christi ad inferos » . . . ..... 1,50
Wenck F.: Spirito e spiriti nel Nuovo Testamento. 0,75
Weizsacker C. : Le origini del Cristianesimo ossia l’epoca apostolica, (versione dal tedesco) voi. I ..... 25 —
X La Bibbia e la Critica. 2 — X. Lettere di un prete modernista ...........3,50
Il Nuovo Testamento (Edizione Fides et Amor) . . 5 —
I Vangeli (Edizione Fides et Amor)......... 1.80
La Bibbia (Vérs. Diodati Edizione 1919) ...... 3,50 Nuovo Testamento (edizione tascabile in pelle) . . 2,50 Nuovo Testamento e Salmi ad uso dei vecchi . . . . . 2 —
I Salmi (Edizione Fides et Amor) ...... 1,80 Giobbe, tradotto da G. Luzzi
I,8o
Tagliatatela E.: L’educazione nella Chiesa dei primi secoli 3,50
Taylor G. B.: Il Battesimo 0,50
VARIA
Almanacco dei ragazzi . 5,50 Bar Jona.: Ite missa est 5 — Carletti A. : Con quali' sentimenti soni tornato dalla guerra ....... 1,50 Del Vecchio G.: Effetti morali del terremoto in Calabria secondo F. M. Pagano . 2 — Inni sacri (320), senza musica 1-5°
Niccolini E.: I contadini e la terra ......... 2,50 Fanzini A.: 11 libro di lettura per le scuole popolari . 2— Pioli G.: Educhiamo ' i nostri padroni ....... 2.50
NOVITÀ
RAPINI G.
STORIA di CRISTO
680 pagine L. 17 —
Sui prezzi del presente Catalogo aggiungere il 10 % per le aggravate spese generali. (Deliberazione dell’Ass. Tip. Lib. Ita!. 15-IV-20).
10
r
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Sui prezzi del presente Catalogo aggiungere il 10 % per le aggravate spese generali. (Deliberazione dell’Ass. Tip. Lib. Ita!. 15-IV-20).
ESTRATTI DELLA RIVISTA “ BILYCHNIS „
I Serie 1912-1918
1. Aulendola Era: Il pensiero religioso e filosofico di F. Dostoiov-sky (con tavola fuori testo: ritratto del D. disegnato da 1*. Pa-s eh et Co). 1917, p. 40 . Esaurito
2. Bernardo (fra) da Quintavalle: L’avvenire secondo l'insegnamento di Gesù. 1917, p. 43..... 0,80
3. Biondolillo Francesco: La religiosità di Teofilo Folengo (con un disegno). 1912, p. 12 . 0,40
4. Biondolillo Francesco: Per la religiosità di F. Petrarca (con unajavola). 1913, p. 9 ... 0,40
5. Cappellotti Licurgo: II conclave del 1774 o la Satira a Roma. 191$, p. 10....................... 0,50
6. Cento Vincenzo: Colloquio con Renato Serra. 191$, p. 11 0,60
7. Chiapponi Alessandro: Contro ridontificaziono della filosofia o della storia c poi diritti della cri-1 tiea. ¡91$, p. 12........... 0,60
S. Corso Raffaele: Ultimo vestigia della lapidazione (con 2 disegni originali di P. Paschotto). 1917, I». 11 .................. Esaurito i
9. Corso Raffaele: Lo studio de* | riti nuziali. 1917. p. 9 ... 0,40
10. Corso Raffaele: Dous Pluvlus «saggio di mitologia popolare). I 1918, p. 13 ................. 0,75
11. Costa Giovanni: La battaglia di ( Costantino a Ponte Milvio (con duo tavolo o duo disegni). 1913, pa-' gino 14 ....................... 1,50 1
12. Costa Giovanni: Critica c tra-1 dizione. Osservazióni sulla politica o sulla religione di Costantino. 1914, p. 23 .................. 1,50
13. Costa Giovanni: Impero romano ! o cristianesimo (con duo tav.). 1915, p. 49.................. 2 —
14. Costa Giovanni: Il « Christus » della « Cince*. 1917, p. 11 0,30
15. Crespi Angolo: 11 problema dell’educazione (introduzione). 1912, | P- 11 ..................... Esaurito i
16. Crespi Angolo: L’evoluzione del- : la religiosità nell’individuo. 1913. j P- U........................... 0,50 I
17. Do Stefano Antonino: Lo origini dei Frati Gaudenti. 1915, pagine 26....................... 1,50
18. Do Stefano Antonino: I Tedeschi e l’eresia medievale in Italia.
1916. p. 17................. l —
19. Do Stefano Antonino: Delle origini dei • poveri lombardi » o di alcuni gruppi valdesi. 1917, pagine 23..................... 1 —
20. Fallot T.: Sulla soglia (considerazioni suil'al di là) (con una tavola f. t., disegno di P. Paschotto).
1916, p. 14 ................ 0,50
21. Fasulo Aristarco: Pel IV contenario della Riforma. 1917, pagine 18....................... 0,50
22. Fasulo Aristarco: Brevi motivi d'una grande sinfonia (Della Prov-videnza)( 1918, p. 16......... 0,50
23. Formichi Carlo: Cenni sullo più antiche religioni dell’india (con suggerimenti bibliografici). 1917, p. 15 ................... 1 —
24. Fornari F.: Inumazione o cremazione (con quattro tavolo).
1912, p. 6 ..............Esaurito
25. Gabolllnl M. A4 Olindo Gucr-rlnl: l’uomo o l’artista. 1918, pagine 17....................... 0,50
26. Gambaro Angolo: Crisi Contemporanea, 1912. p. 7........... 0,30
27. Ghignoui P. A.: Lotterà a R.1 Murri (A proposito di Cristiane' j simo e guerra). 1916, pagine 9.
Esaurito
28. Giretti Edoardo: Perché sono per la guerra. 1915, pagine 11 Esaurito
29. Giulio-Bcnso Luisa: • La vita ó un sogno • di Arturo Farinelli. « 1917, p. 16 .................. 0,50
30. Giulio-Bonso L\iisa: Lamonnais ' e Mazzini (con una tavola f. t.: I ritratto del Lamonnais). 191$, | p. 40 ......................... 1.50 |
31. Giulio-Bcnso Luisa: 11 senti-i mento religioso nell’opera di Al-1 fredo Orla ni. 191$, p. 43 . 1,50 |
32. Lanzillo Agostino: Il soldato o | l’eroe (Frammenti di psicologia1 di guerra). 191$, p. 25 Esaurito
33. Lattea Dante: Il filosofo del ri- ( nascimento spirituale ebraico. 191$, p. 21.................... 1,25 j
34. Lonzi Furio: L’autocefalia della ' Chiesa di Salona (con undici li-lustrazioni). 1912, p. 16 ... 1 —
35. Lonzi Furio: Di alcune medaglie • religioso del iv secolo (con una ! tavola o quattro disegni). 1913.
P- 21....................... 1,50 |
36. Leopold li.: Lo memorie apostoliche a Roma c i recenti scavi di S. Sebastiano (con una» tavola).
1916, p. 14............ Esaurito
37. Luzzi Giovanni: L'opera Spcn-cedano. 1912, p. 7........... 0,30
3$. Masini Enrico: La liberazione-di Gerusalemme. Salmo. 1917P. 2 ..................... 0,25
39. Melile Giovanni E.: Il cristiano nella vita pubblica. 1913, p. 31 in-32» ...................... 0,25
40. Molile Giovanni o Ada: Già-novello. Scene valdesi in quattro atti. (Disegni o xilografie di P. A. Paschotto). 191$, p. 67 ... 2,50
il. Minocchi Salvatore: I miti babilonesi o le origini della gnosi, 1914, p. 43 ........... Esaurito
42. Momigliano Felice: Il giudaismo di ieri e di domani. 1916, pagine 16 ,................ Esaurito
43. Müller Alphons Victor: Ago-F’}varoul (tl443) (generale dell’ordine Agostiniano) e la teologia di Lutero. 1914, p. 17 0,50
14. Murri Romolo: L’individuo e la stona (A proposito di Cristianesimo e guerra). 1915, p. 12 . 0,50
45. Murri Romolo: La religione nell’insegnamento pubblico in Italia. 1915, p. 22 ............. 0,75
46. Murri Romolo: La « Religióne » di e Alfredo Loisy. 191$, pagine 16................. Esaurite
47. Murri Romolo: Gl’Italiani e la libertà religiosa nel secolo xvn. 191$, p. 10 ............. 0.50
4$. Multinoli! Ferruccio: Il profilo intellettuale di Sant’Agostino 1917 P- 8 ................... 0,40
49. Nazzuri R.: Le concezioni idealistiche del male. 191$, pagine 16 ................... i —
50- Neal T.: Maino do Biran. 1914. P- 9 ................... 0,50
51. Orano Paolo: La rinascita dell'anima, 1912, p. 9 ....... 0.50
52. Orano Paolo: Dio in Giovanni Prati (con una lotterà autografa inedita ed un ritratto). 1915, P. 19 ........................ 1 —
53. Orano Paolo ; Gesù e la guerra 1915, p. 11 ............;..... 0.5
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IX
54. Orano Paolo. Il Papa a Con* grosso. 1916, p. 12.......... 0,75
55. Paolo Orano: La nuova coscienza religiosa in Italia. 1917, p. 19
Espunto
56. Orr James: La Scienza c la Fede Cristiana (secondo il punto di vista conci Motorista). 1912, p. 25 0,25
57. Pascal Arturo: Antonio Caracciolo, Vescovo di Troyes. 1915, P. 39 ........................ 1 —
58. Pioli Giovanni: Marcel Hébcrt (con ritratto ed un autografo).
1916, p. 23 ................ 1 —
59. Pioli Giovanni: Inghilterra di ieri, di oggi, di domani. Esperienze c previsioni (con sei tavolo). 1917, p. 57 ....... 1,50
60. Pioli Giovanni: La fedo e l’immortalità nel «Mors et vita» di Alfredo Loisy (con ritratto del Loisy). 1917, p. 22 .......... 0.60
61. Pioli Giovanni: Morale o religione nello opero di Shakespeare (con cinque tavolo). 1918, p. 46 2 —
62. Pioli Giovanni: Il cattollcismo tedesco o il « centro cattolico ».
1918, p. 21 .............. 1,25
63. Pioli Giovanni: Lo spirito della Riforma e quello delta Germania contemporanca. 1918, p. 11 0,50
64. Pons Silvio: La nuova crociata dei bambini. 1914, p. 6 Esaurito
65. Pons Silvio: Saggi Pascaliani. I. Il pensiero politico e sociale del Pascal, II. Voltaire giudico dei « Pensieri del Pascal». HI. Tre fedi (Montaigne, Pascal, Alfred de Vi-1 gny) (con due tavole fuori testo). 1914, p. 30 .................. 1,50
66. Provenza! Dino: Giuoco fatto.
1917, p. 12 •............. 0,40
67. Provcnzai Dino: L’anima religiosa di un eroe. 191$, p. 12 0,75
68. Pugllsi Mario: il problema morale nelle religioni primitive. 1915, p. 36 ........................ 1 —
69. Puglisi Mario: Le fonti religioso del problema del male. 1917, pagine 97 ................ Esaurito
70. Pugllsi Mario: Realtà c idealità religiosa (a proposito di un rtuovo libro di A. Loisy). 1918, pagine 13 ................... 1 —
71. Quadrotta Guglielmo: Religione, Chiesa e Stato nel pensiero di An■ tonto Saiandra (con ritratto o una lettera di Antonio Saiandra). 1916, p. 31 ............. 1—72. Qui Quondam: Visiono di Natale. Frammento (con otto disogni di P. Paschetto). 1916, pagine 7 ................ Esaurito I
82. Rossi Mario: Esperienze religiose contemporaneo, 1918, pagine 13 ................. 0,50
$3. Rossi Mario: La « Cacciata della morte » a mezza quaresima in un sinodo boemo del ’300 (Noto folk-loriche). 1918, p. 8......... 0,50
84. Rossi Mario: I sofismi sulla guerra c la difesa delta nostra latinità (Guerra di religione o guerra economica?). 1918, p. 17 0,50
85. Rostan C.: Lo stato delie anime dopo la morte secondo il libro XI doli’«0di88ca». 1912,'p. 8 Esaurito
86. Rostan C.: Le idee religioso di Pindaro. 1914, p. 9 Esaurito
87. Rostan C.: L'oltretomba nel libro VI dell’« Eneide ». 1916, pagine 15 ................. 0,50
SS. Rubbiani Ferruccio: Mazzini c Gioberti. 1915- p. 15 .. Esaurito
89. Rubbiani Ferruccio: Un modernista del Risorgimento (Il marchese Carlo Guerrieri Gonzaga).
1917, p. 23 .............. o,60
90. Rutili Ernesto: Vitalità o Vita nel Cattollcismo (I e II). Cronache Cattoliche per gli anni 1912-1913 ............... Esaurito
91. Rutili Ernesto: Vitalità e Vita nel Cattollcismo (III, IV, V). Cronache cattoliche pei- gli anni 1913 e 1914 (tre fascicoli di pagine complessivo 52) ............. 1,50
73. Qui Quondam: Carducci e il Cristianesimo in un libro di G. Papini. 1918, p. 11........... 0,50
74. Qui Quondam: La Carriola (La bruotto) Dalle Musardises di Ros-tand (con duo disegni di Paolo Paschotto). 1918, p. 5........ 0,40
i •
| 75. Re-Bartlctt: Il Cristianesimo c I le chioso, 1918, p. 10 Esaurito
76. Rendei Harris: I tre « Misteri • cristiani di Woodbrooke (Introduzione e noto di Mario Rossi) (con un disegno di P. Paschetto). 1914, p. 27, in-32® ......... 0,50
77. Ronsi Giuseppe: La ragiono o la guerra. 1917, p. 27........ 0,75
78. Rosazza Mario: Del metodo nello studio della storia dello religioni. 1912, p. 7 ... Esaurito
79. Rosazza Mario: La religione del nulla (Il Buddismo) (con sei disegni). 1913 ............. Esaurito
80. Rossi Mario: Verso il Conciavo. 1913, p. 4.................... 0,25
81. Rossi Mario: La chimica del Cristianesimo (conferenza religiosa). 1916, p. 9............ 0,50
92. Rutili Ernesto: La soppressione dei gesuiti nei 1773 nei versi inediti di uno di essi. 1914, pagine 6 ......................... 0,40
93. Sacchini Giovanni: Il Vitalismo.
I 1914, p. 12 ................ 0,50
94. Salatieilo Giosuè: Il misticismo di Caterina da Siena (con una tavola). 1912» p. 10.......... 0,50
95. Salatieilo Giosuè: L’umanesimo di Caterina da Siena. 1912. P. 10......................... 0,50
96. Salvatorelli Luigi: La storia del Cristianesimo ed i suoi rapporti con la storia civile. 1913, P. 10 ............. Esaurito
97. Scaduto Francesco: Indipendenza delio Stato c libertà della Chiesa. 1913, p. 25 ln-32® 0,25
98. Tagliatatela Alfredo: Fu il Pascoli poeta cristiano? (con ritratto del Pascoli c 4 disegni di P. Paschetto) 1912, p. 11.......... 0,75
99. Tagliatatela Alfredo: Il Sogno di Venerdì Santo e il sogno di Pasqua (con 4 disegni originali di Paolo Paschetto). 1912, p. 8 0,25
100. Tagliatatela Eduardo: Morale u religione. 1916, p. 40 .... 1 —
101. Tagliatatela Eduardo : L’inse-Snamento religioso secondo o-ierni pedagogisti italiani. 1916, P- 9 ................... 0,50
102. Tanfani Livio: Il fine dell’educazione nella scuota dei gesuiti. 191$, p. 27 ............. 0,75
103. Tosatti Quinto: Giordano Bruno (con ritratto del Bruno: disegno di P. Paschetto). 1917, p. 19 ................... 1 —
104. Tri vario Camillo: La ragione e la guerra 1917, p. 151 ..... 0,40
105. Tucci Paolo: La guerra nelle grandi parole di Gesù. 1916, P- 27 ................... I —
106. Tucci Paolo: Il Cristianesimo e la storia (A proposito di Cristianesimo e guerra). 1917, pagina 9 ................. 0,50
107. Vitanza Calogero: Studi Com-modianei. I. Gli Anticristi c l’An-ticristo nel * Carmen apologeti-cum » di Commodiano. II. Com-modiano Doceta? 1915, p. 15 0,75
108. Vitanza Calogero: L’eresia di Dante. 1915, p. 13. Esaurito
109. Vitanza Calogero: Satana nella dottrina delta redenzione. 1916, P- 19 ................... i —
110. Wigley Raffaele: I metodi della speranza (Psicologia religiosa). 1913, p. 14 ... Esaurito
111. Wigley Raffaele: L’autorità del Cristo (Psicologia religiosa) 1915, p. 39 ............ I —
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“RIVISTA DI ROMA,,
Diretta da ALBERTO LUMBROSO
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ANNO XXV - 1921
La Rivista lift larga diftusione in Italia ed è circondata da grande c viva simpatia al di là dello Alpi c dell’Oceano o dà ampia garanzia di far conoscere dentro c fuori i confini del nostro pensiero, la nostra arte, la nortra industria e il nostro commercio ohe riprendono la loro .vita più che mai fiorenti e fervidi di fattive attività.
PRINCIPALI COLLABORATORI
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Redattore-Cupo Corrado Pavolini
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La Rivista TRIFALCO ha ripreso le pubblicazioni A con nuovo formato ed 80 pagine di testo ; il fascicolo di Ò A novembre contiene scritti di G. A. Borgese, Carlo Linati, ® Enrico Somarè, Carlo Tridenti, Eugenio Arton, Umberto X 7 Cavassa; recensioni, critiche, commenti, lettere dalla A y Germania e dalla Spagna di G. B. Angioletti, Carlo A. 6 Felice, Leonello Vincenti, J. Casais y Santalò, ecc. ; con/ corso per un atto drammatico, bibliografìe, ecc.
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Uh anno L. 30 — :: Estero L? 40 —
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RASSEGNA MODERNA
Pubblicazione mensile di politica e cultura diretta da V. GUG1 NO
Si pubblica in fascicoli di 120 pagine ¡n--S°. Abbonamento agli 8 numeri del 1921: L. 35; Estero Fra. 40; Un numero separato !.. 5; Estero Frs. 6.
Direzione ed Amministrazione: Via Principe Granateli!, n. 18 - PALERMO.
Questa giovane rivista siciliana è la pubblicazione di alta cultura, che meglio interpreta in Italia i bisogni-spirituali del nostro periodo.'
Fondata con questo programma, tende ad abbracciare tutte le differenti manifestazioni dell ’attività sociale ed intellettuale per riportarle a quell 'unità fondamentale della vita, ali’infuori della quale non può esservi comprensione vera delle esigenze e delle aspirazioni di un’epoca.
Contro la solistica della più gran parte del pensiero contemporaneo, essa propugna la revisione fondamentale.dei valori e dei problemi sociali, non scompagnandola mai da una obiettiva considerazione della realtà vivente.
Profondità e vivacità originale del pensiero sono i requisiti ai quali essa maggiormente tiene, cosi negli scritti còme nelle rassegne e nelle numerose recensioni, insieme all'assoluta indipendenza da ogni partito e da ogni particolare preoccupazione.
La Rassegna Moderna ha pubblicato nei suoi primi fascicoli scritti di :
Antonio Aliotta - Gen. L. Bencivegna - Gino Borgatta - G. A. Cesareo - Alessandro Ciii.xri'ELLi - N. Massimo Fovel - Vincenzo Gvgino - Nicola Moscar-DELLI - S. NaIDENOI-'E - PAOLO NaLLI - ENRICO PaRESCE - CARLO PASCAL - ADOLFO Ravà - Giorgio Rossi - Luigi Tonelli - Guido Villa.
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Ai primi di gennaio 1922 uscirà
CONSC1ENTIA
SETTIMANALE DELLA :: :LJ: CASA EDITRICE “ BILYCHNIS „
Sarà diretto a tutti coloro che ritengono l’avvenire d’Italia strettamente connesso colla sua rinascita spirituale.
Si proporrà di rievocare le tradizióni italiane di protesta e di riforma religiosa per trarne motivi attuali di rinnovamento nazionale.
Esaminerà i massimi problemi della coscienza nazionale trattando in mòdo ■ speciale delle « relazioni fra Chiesa e _• Stato», della «crisi del Liberalismo e della Democrazia», della «questione ro-. mana » , della « scuola libera » , ecc.
Conterrà Rubriche di apprezzamenti-sui fatti politici e sociali contemporanei, e Rassegne delle correnti spirituali nella filosofia, nella letteratura e nell’arte italiane.
Testata ed illustrazioni artistiche di Paolo Paschetto.
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Anno X - Fasc. X.
BILYCtlNIS
rivistadi sTvdi religiosi
EDITA-DALLA-FACOLTÀ* DE LLASCVOL A Js» a^SJKTEOLOGICA - BATTISTA-DI ROM A
ROMA - OTTOBRE 1921
Vol. XVI1I.4
I POPOLARI AL GOVERNO
Sommario; — i. L'inevitabile avanzata — 2. L'antica preparazione — 3- H socialismo fa il giuoco dei popolari — 4. Collaborazione cattolico-socialista — 5. L'assalto alla scuola — 6. L'esitazione vaticana — 7. Il po' di bene — 8. Il pericolo — 9. Stato contro Stato — io. L'impresa mondana della Chiesa — li. L'inizio di una contro-R ¡forma — 12. Mancano il Santo e la Carità.
L Partito Popolare è arrivato presto al potere: ma più di questa sua rapidità di arrivo è argomento di meraviglia l’ora storica e. politica nella quale egli ha fatto la sua effettiva e sonante affermazione.
Le elezioni del 16 novembre 1919 parvero avere avuto per risultato massimo e sostanziale il cresciuto numero dei deputati
del socialismo. Tutta l’attenzione fu concentrata sulla fol ta massa dei rappresentanti
•di quel movimento che la rivoluzione russa e lo sgomento delle classi borghesi avevano reso spavaldo soprattutto in Parlamento. E gli stessi deputati del Partito Popolare, quantunque in numero cosi rilevante, apparvero come avviliti c preoccupati. L’Estrema Sinistra spadroneggiava dispotica siffattamente che nell’atteggiamento dei più spinti di essa stavano i destini della esistenza medesima deH'Assemblea. Gli oratori più arditi dei gruppi dell’ordine aveva tw perduto sin la speranza di poter fare udire la loro voce, e la Camera fu e volle confessarsi
grata al sottoscritto per aver egli, riaffermando a qualsiasi costo e a qualsiasi rischio la libertà di parola, attaccato di fronte, il io dicembre 1919, la insultante sfron-
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tatezzadi uomini in perenne stato di parossismo, i quali in nome del proletariato e del diritto avevano oramai soppresso quello elementare delle assemblee politiche. Rammento quel mio discorso dei io dicembre 1019, ricordato come il «discorso catapulta », perchè, nel disorientamento generale, quando all’universalità del Paese e del Parlamento pareva decisivo il trionfo dei sovversivi rossi, indicai l'avvento dei cento deputati popolari come il risultato più nuovo e più gravido di ulteriori conseguenze politiche e civili per l'Italia. In quella occasione volli parlar chiaro ai popolari ammonendoli che sarebbe stato vano l’inevitabile successo loro se avessero trascurato di integrare la loro vasta ed organizzata marcia verso il governo con una esplicita e fervida volontà religiosa.
Ebbi la fortuna sin d'allora di veder chiaro nel tumulto e nel disorientamento. I parossismi nella società e nella politica non durano oltre un certo limite di tempo. Le cause economiche non si attenuano e tanto meno si eliminano con programmi ideologici, con disperato arbitrio di esperimenti rivoluzionari. Il sovversivismo di disillusione in disillusione si è abbattuto, scoprendo il molto poco di pratico che è nel socialismo come dottrina dogmatica e mettendo in evidenza sempre maggiore la potenza politica del movimento cattolico nel Paese. E i Cattolici sin dalla passata legislatura hanno saputo mettere in valore la solidità della conquistata posizione parlamentare, innestando alcuni loro uomini nel governo, senza preoccuparsi delle tradizionali avversioni tra clientela c clientela, mirando diritti allo scojx) di far allenare i popolari nel tempo più breve al governo, rendendosi indispensabili appunto per la tenace opposizione socialistica e la esitazione e la disunione delle forze liberali, democratiche, riformistiche, di sinistra e di destra. Il gabinetto Bo-nomi ha segnato, con la nuova legislatura, la decisiva avanzata dei popolari tra le forze di governo e solo poche voci si son levate a dire uno stupore, a denunciare un pericolo dinanzi al fatto compiuto di tre ministri cattolici, il Mauri, il Micheli e il Rodino nell’odierno gabinetto, il terzo dei quali, destinato alla grazia e giustizia che gestisce il gravissimo e capitale patrimonio dei Culti. L'importanza della affermazione era cresciuta dal rilevante numero di Sottosegretariati occupati dai popolari, quelli del tesoro, dell’istruzione, dell’industria, del lavoro, delle terre liberate. Non si esagera dicendo che tutti i dicasteri vivi sono in tutto o in parte nelle mani del Partito. Restano fuori della loro influenza e del loro controllo diretto quelli che oggi, o per sminuito vigore politico, o per altre ragioni, sono passati in seconda o ih terza linea: la guerra, la marina, le colonie, gli esteri. Agli interni mancano; ma evidentemente la vigilanza delle forze interne del Partito ed esterne ne vigilano la condotta da vicino.
2. — Questo celere intervento dèi cattolici italiani, questa immediata pene-trazione del Partito Popolare nella ¡realtà attiva della vita parlamentare e di governo, non debbono Stupire, se pure si dà fatto politico e sociale che abbia la capacità di meravigliare coloro i quali hanno consacrato parecchi anni a considerare il giuoco e le concatenazioni degli avvenimenti pubblici. I cattolici erano già politicamente forti avanti la guerra mondiale, specie in alcune regioni. La loro
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tattica consisteva nell’appoggiare i conservatori, i moderati, scomparsi oggi in realtà da ogni casella della classificazione parlamentare; nel mettere in evidenza alcuni dei loro più esperimentati uomini in fatto di finanza, di agricoltura, di scienza bancaria, di organizzazione economica delle classi lavoratrici e piccoli borghesi. L’importanza del movimento cooperativo e delle casse agricole cattoliche è stato da tempo rivelato in pubblicazioni italiane e straniere, ed era facile pensare sin da una decina di anni or sono che tutta questa forza organizzata si sarebbe, ad un ordine, tradotta con esuberanti risultati nel campo politico.
I cattolici in Italia hanno agito senza preoccupazioni nè religiös - nè modernistiche, hanno messo in pieno valore le masse di cui potevano disporre e le intelligenze e le volontà pratiche di cui erano sicuri, in modo tale che il giorno nel quale il suffragio allargato li ha garantiti di un solido risultato essi non hanno dovuto compiere uno sforzo per entrare in Parlamento. Vi ha contribuito lo stato d’animo determinato nella Nazione dalla guerra? Non credo; si abusa molto della così detta crisi spirituale della guerra. Il mondò cambia assai meno di quanto si creda o meglio credano i facili del giornalismo quotidiano costretto oramai ad alimentare nel pubblico l’opinione che ogni giorno gli uomini diano alla storia un avvenimento così importante, da rendersi necessario quotidianamente l’acquisto del giornale e magari di più d'una delle sue edizioni. Ammetto che si debba al tremito causato dall’immane convulsione bellica, quella precipitazione legislativa, di cui una delle manifestazioni più evidenti ed efficienti è stata appunto la concessione del suffragio universale. Ma l’affermazione dei cattolici in Parlamento era conseguenza da aspettarsi, inevitabile conseguenza di una preparazione vasta e minuta, oculata e perenne. I cattolici avevano la Chiesa, il numero, il danaro e le competenze specifiche. Tutto ciò bastava a dar loro la sicurezza della vittoria, che a molti è parsa impudenza.
Certo una crisi autentica ha valso ai popolari un aiuto inaspettato nella loro impresa politica. Dico la crisi del socialismo. Approfittando del disorientamento, dello sgomento, dell’abbattimento morale del Paese, il socialismo, a breve distanza dagli armistizi del novembre 1918, s’è buttato allo sbaraglio. C’è stato, anche nella testa dei socialisti più moderati — ed è vana la loro smentita — per mesi e mesi il demone della rivoluzione. Affermavano di non poterla compiere, ma frattanto le masse, esagitate dalla propaganda più folle e più permessa s’avventavano contro le istituzioni economiche, sociali, politiche. La tesi comunistica ardiva gli estremi esperimenti. Intere regioni venivano conquistate dal sovietismo che si sostituiva con le armi alla mano all’autorità dello Stato, mentre in Parlamento la più teatrale rappresentanza comunarda, dinanzi ad un governo debole, tortuoso, lacrimevole e in un’assemblea che aveva perduto nervi e voce, urlava senza stancarsi che l'ora del redde ralionem era arrivata; e i moderati stessi del partito socialista, cauti e pavidi sotto la minaccia dei compagni leninisti che predominavano, si abbandonavano, soli autorizzati a poter parlare in tanta paura, a sfoghi oratori il cui motivo monotono e crudele era quello dell’espiazione necessaria, necessaria quantunque la rivoluzione non si potesse fare, espiazione da parte delle classi borghesi che erano
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2')S oramai destinate a cedere il posto a quelle proletarie, espiazione per la patria che non poteva dare la pace e il benessere a sè ed al mondo. La constatazione celava la rappresaglia.
3. — In quel momento, alla Camera e fuori — eccezione fatta per fon. Cappa che sul suo giornale prese coraggiosamente la testa della resistenza alla crescente violenza della impresa dittatoriale dei comunisti — i popolari si condussero con rara abilità, mirando a smorzare le ire dei sovversivi rossi, lavorando a far capire che in loro, nella loro influenza sociale e politica tra le masse, lo Stato e la Nazione dovevano oramai scorgere una riserva preziosa di forze della difesa, della conservazione e dell’ordine. Di giorno in giorno resperimento comunista c l’ambiguità e la passività dei socialisti moderati crescevano la frana della dottrina e della tattica sovversiva; di giorno in giorno le frazioni democratiche e degli altri settori della Camera, tormentate dalle manovre spregiudicate di alcuni maggiorenti tra gli ex-uomini di governo, rivelavano la loro incapacità a fondersi, sacrificando ambizioni e verbalismi di idee e di programmi. Così la clamorosa attitudine dell’Estrema sinistra e la dissociazione della restante rappresentanza politica hanno dato rilievo alla compagine popolarista che naturalmente ha assunto l’importanza di un partito necessario, del solo da cui si potessero trarre gli uomini disposti ad accettare il governo in momento così difficile.
Mors tua, vitamea. I socialisti, eccetto qualcuno dei più intelligenti., sono ben lungi dal capire e dal pesare l'evento che s'è venuto compiendo nell’ultima legislatura con il gabinetto dell’on. Bonomi. Mentre nel Paese sorgeva la vera e propria reazione delle classi borghesi col fascismo, l’esperimento di Lenin cominciava a tramontare in Russia e un po’ per volta, tra un’esitazione e un ardimento, il go-verno dava opera a sbarazzare il Paese dei complotti, pur tra difficoltà gravi e periodiche manifestazioni sovversive, ora incoraggiato, ora accusato, sempre insidiato da quella insaziata voracità di potere che sembra più acuta tra i settori dei liberali che altrove. L’avvento del gabinetto Bonomi — e non è merito dell’uomo che ne sta a capo — segna in modo definitivo l’abdicazione del socialismo politico. Questa volta la storia ha camminato spedita. Non soltantol’Italia non è terreno di rivoluzione sociale ed è assurdo il tentativo di un’importazione di forme rivoluzionarie da altri paesi; ma è dimostrata l’incapacità del socialismo a creare una economia, perchè l'economia ha leggi e ragioni che sono più profonde di quelle che il marxismo constata nella società così detta borghese, e cioè il bestemmiato regime economico borghese se ha rapporti che possono venire modificati, ne ha di indistruttibili. Dall'assoluto tirannico dell’espropriazione, dalla pretesa dogmatica dèlia dittatura di una sola classe che annienta le altre e riduce tutta l’attività sociale ad attività manuale, dalla proclamazione delle fabbriche agli operai, della terra ai contadini, ecco che si ritorna ai criteri della cooperazione, della partecipazione agli utili. Frattanto il proletariato accetta quasi unanime il ribasso dei salari e l'aumento delle ore di lavoro e quello che sembrava problema esclusivo di una classe espropria-trice appare oggi problema di tutte le classi. La produzione con le sue leggi bronzee
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riafferma la necessità della collaborazione e della transazione. Chi si esalta, sarà umiliato. Ma non dobbiamo dare tutta la colpa ai lavoratori delle braccia. Essi pagano il fio dei lussi ideologici e degli orgogli demagogici degli uomini che li conducono. Nè io credo che questo penoso esperimento basterà. La storia è ignota alle masse e manca loro il modo di formarsi una saviezza facendo tesoro di quel che è accaduto Illuminarle con umiltà di cuore e con serenità di mente, ecco quel che spetta a tutti noi che abbiamo avuto la fortuna di studiare il passato e di vivere la vita più intensa e dolorosa del presente. Tutti gli orgogli, quelli individuali, come quelli collettivi, sono condannati da una legge dura ed esatta nelle sanzioni. Io la vedo come la manifestazione tangibile di una forza divina e vigile che non si appaga che nelle armonie.
4. — Oggi il motivo politico nuovo è quello della collaborazione tra popolari e socialisti. Il prete è stato chiamato al letto dell’infermo che teme di morire. Non si può dire se si farà e come si farà una tale collaborazione. Quel che ci pare evidente è la confessione implicita della decisiva importanza sociale ed operaia del Partito Popolare, confessione che è nelle discussioni collaborazionistiche dei socialisti. I socialisti non la pensano in fondo assurda n^ innaturale, perchè riconoscono che i popolari governano una grande parte della massa proletaria. La classe operaia cattolica esiste e s’è affermata poderosamente in Parlamento e i suoi rappreseli tanti ne hanno portato la voce al governo. Oramai il diritto del proletariato cattolico al riconoscimento dello Stato è un principio di cui nessuno si permetterebbe più di discutere. Le due forze fino a ieri così nemiche coincidono su di un criterio che è — si badi bene — un criterio liberale e democratico. Senza premeditarlo, senza volerlo certamente, socialisti e popolari, e cioc le due sintesi antitetiche dominate da un inconciliabile concetto dello Stato — il socialismo, se marxista, è un materialismo sociale, mentre il popolarismo, a rigor di principi, deve considerare la terra come un mezzo, la vita come un passaggio, la politica come una milizia che miri ad una vittoria spirituale.non realizzabile in questo mondo — discutono di una po-sibile conciliazione sul terreno pratico, che è poi quello delle riforme, e ciò che loro occorre è il trionfo del principio obiettivo liberale del pari diritto di ogni cittadino in quanto uomo ed in quanto organizzato socialmente dinanzi allo Stato. In altri termini la garanzia che si esige è quella democratica, quella che è caposaldo giuridico della dottrina liberale. Qui in realtà va cercata la diminuzione d’importanza nel nuovo clima sociale dei partiti mediani che si chiamano liberali e democratici. La collaborazione tra socialisti e popolari, perchè basata sugli interessi economici e giuridici delle masse organizzate, verrà evidentemente a vuotare quei partiti solamente politici e dottrinali del contenuto della possibilità ulteriore di agire efficacemente sul terreno pratico che oggi è tutto sociale.
La tattica dei popolari è dunque giusta agli scopi del successo e nel Paese e in Parlamento. Il riconoscimento giuridico delle organizzazioni non socialistiche è il primo passo d'una marcia che mira lontano. Quello Stato neutro contro cui sino a ieri hanno combattuto i cattolici, specie prima di essere « popolari », si rivela oggi
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la condizione sine-qua-non dell’impresa popolare, mentre i socialisti, che lavoravano a vuotarlo del contenuto borghese, intendendo a riempirlo tutto del regime operaio, debbono riaccettarlo così com’è e sostenerlo, perchè l’avanzata delle organizzazioni confessionali riconosciute e garantite non minacci resistenza e le fortune di quelle socialistiche nate all’ombra dell’albero marxista. Sicché, in ultima analisi, la lotta di classe socialistica, in seguito al più energico tentativo di dittatura operaia e cioè ad illusioni cadute, si trova ad avere insegnato il giuoco ad un organismo pili vivo e vitale perchè non turbato dalle tempeste e dalle accademie di congressi teorici e perchè più padrone dello Stato, senza prospettive di passi indietro, e a d »ver ridursi ad una collaborazione la cui pratica verrà via via eliminando dalla mentalità proletaria ogni velleità di formule, di tesi, di ideologie, a cominciare da quella marxistica della lotta di classe, superflua per un proletariato il cui benessere e la cui quiete morale sono indispensabili a chi vuole realizzare in Italia e nel mondo un programma di predominio che abbracci e tenga tutta la società e la vita dell’uomo.
5. — Se mirino lontano, i popolari, e se intendano di non perder tempo ce lo dice l’assedio decisivo posto al castello della scuola. Organizzazioni economiche e Scuola e non soltanto la scuola elementare, la scuola di tutti, ma l’alta cultura, la Università. Quello Stato che riconosce le organizzazioni cattoliche, è chiamato a riconoscere anche le nuove istituzioni universitarie cattoliche. I popolari vogliono che il principio della libertà democratica, il quale ha permesso loro di entrare così numerosi in Parlamento, di salire al Governo in otto dicasteri e i più importanti, di far trionfare la causa giuridica delle organizzazioni cattoliche, di far presentare dal ministro dell’istruzione un disegno di legge affermante in realtà il diritto di tutti all'insegnamento e cioè il principio e l’inizio della concorrenza confessionale con la scuola di Stato; vogliono che la libertà democratica si realizzi sino alle estreme conseguenze. L’Università cattolica dev’essere riconosciuta in nome di quel proclamato libero insegnamento che nasceva con un contenuto di laicità anticonfessionale e che il liberalismo concepiva come il mezzo ad emancipare la società dalle pretese sopraffattrici della scuola teologica. Lo Stato laico, aconfessionale, democratico — e cioè mazziniano, per intenderci — appena uscito dal conflitto con il socialismo più estremo, inteso persino a distruggerne l’attività intellettuale pura, l’universitarismo, l’umanesimo scienza e letteratura, e critica; si trova alle prese con la restaurazione cattolica fiancheggiata da un partito politico fortissimo, la quale esige che l’università voglia anche poter essere indisturbata e tutelata attività disciplinata di propaganda e di formazione degli spiriti secondo la concezione della Chiesa in ogni ordine di studi. Pare dunque si debba dire che quello Stato liberale e democratico che ha, sia pure in extremis, saputo resistere al socialismo, non possa resistere al cattolicismo politico. Questo lo ha salvato da quello e lo ricatta. Se non c’erano prove sufficienti a dimostrare quanto costino cari i capricci degl'innovatori sociali e degli improvvisatori di rivoluzioni, questa è bastante. Gli smobilitatori delle istituzioni politiche e sociali sino a pochi mesi fa erano certi
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di mettere Lenin e il suo soviet internazionalesco ai governo d'Italia e del mondo. Oggi si trovano ridotti a discutere con don Sturzo di una eventuale, non assurda, naturale collaborazione. E don Sturzo pone sotto i loro occhi la cambiale in bianco del riconoscimento delle università cattoliche. E tra loro, i sovversivissimi di ieri, si lagnano e protestano per la « debolezza » dello Stato. Ne han di bisogno loro del prete al capezzale; con qual diritto protestano se lo Stato, quasi moribondo sotto >i loro colpi. Io chiama anche lui?
I popolari ^adesso vanno in fretta. La politica era veramente fatta per i cattolici. Il Papa non può impedire che essi lavorino per una migliore società, per garantire d’ora innanzi la scuola dalle sorprese dell’anticlericalismo di un tempo. L'anticlericalismo piazzaiuolo si può dire sia scomparso da parecchi anni in Italia. Il progredire degli studi religiosi, il maturarsi del senso politico, Io sfrondarsi automatico del libero pensiero naturalistico e sociologico, avevano nobilitato il giudizio anche dei più estremi non cattolici a riguardo della Chiesa, della sapienza cattolica della tradizione, del culto. A un tratto l’anima di tutti noi, battezzati, cresimati e comunicati, ma andati lontano dalla pratica, anzi deviati a pellegrinare ansiosi e tormentati su per i sentieri impervi dello spirituale e del divino a cercarvi un Dio nostro e la libertà respirosa per l’anima nostra eretica in purità, eretica in intelletto, eretica per sincerità e per umiltà, s’è assorbita tutta nella concentrazione. Intelligenza, coscienza ed essere hanno fatto uno. Il pensiero diventava religione e le filosofie e la Filosofia venivano chiamate a servire questa ascesi nuova che. oltrepassava in ardore ed in intimità di tanto quella tradizionale delle epoche teologiche e pontefì-cali della Chiesa, quelle cioè che hanno dettato l’imperioso testo che limita l’àmbito del chiedere e pone la risposta bell’e fatta, come se l’anima del credente fosse un Volkseele e non un principio, un essere individuo.
Questa tragica e magnifica crisi umana svoltasi tutta di fuori dalla Chiesti e dalla confessionalità ha indirèttamente aiutato le mire profane del cattolicesimo. Essa ha riguadagnato nella coscienza degl’indipendenti perchè sintesi religiosa, gli è cresciuto attorno un rispetto quasi universale che era ben lungi dal sognare una quarantina d'anni or sono. La simpatia estetica e mistica per alcune figure di santi — Francesco d'Assisi, Caterina da Siena, Teresa, sopra agli altri —e i suoi languori quasi morbosi giustificai issimi hanno allargato la sfera del favore. La Chiesa prende tutto ciò che le si dà, con più o meno d'intenzione, con qualsiasi grado di sincerità e di fede, il mondano disfatto dall’eccesso dei piaceri, il libro cinicamente liturgico che possa però, alla grande massa, apparire come la prova del ritorno all'ovile d'un’anima sperduta. Di tutto fa tesoro, tutto mette a profitto. Così l’ambiente si prepara nel quale le sue forze vigili e sempre pronte possano ritentare la prova antica. Le giovò la Rivoluzione per opera dello stesso formidabile Intruso che più l’aveva sfruttata; le giovò la lotta per l’indipendenza italiana, onde trasse, vestita d’un teatrale martirio, modo a rivalutarsi.all'estero; le ha giovato la guerra perchè le ha permesso di ostentare una neutralità che alla buona gente è parsa tutta e solamente cristiana e soprattutto perchè in una società stanca ed afflitta.
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in margine al macello, nell’alone del lutto, ha molta ragione chi dice, in nome di Dio: « Vedete, popoli, vedete, gente umana, se io ero nel vero affermando che la Provvidenza avrebbe fatto espiare la guerra a coloro che l’avrebbero voluta ».
6. — L’impresa politica dei popolari si muove dunque in un terreno favorevolissimo. E i popolari, ripeto, marciano in fretta. Io credo siano attendibili le voci secondojle quali il Vaticano è un po’ sgomento della rapidità di questa affermazione politica e sociale. I comunicati ufficiosi, che hanno lo scopo di separare la responsabilità del Vaticano da quella del Partito Popolare, lo provano in parte. Dico in parte, perchè certamente ogni mossa, o almeno le più notevoli, è la manifestazione di un’intesa tra i due centri, tra i due plessi. Il Vaticano potrà far udire la sua voce il giorno non lontano in cui il Partito Popolare abbia consolidato e portato più in alto al governo la sua vittoria. La questione vaticana o romana non sarà risolta che allora e cioè tra un'autorità gelosa del suo titolo esclusivo di ecclesiastica ed un governo italiano dominato dalla più sicura ed evidente- influenza del Partito Popolare. È l'attesa, la preparazione, la preoccupazione di quel giorno che tengono un po' esitante e sgomento il Vaticano dinanzi alia disinvoltura con cui i popolari avanzano entro lo Stato ed entro il governo d’Italia. Un passo falso potrebbe ancora compromettere od allontanare il risultato agognato. Eppure è bene approfittare della straordinaria favorevolezza del momento, perchè in politica si vince quando si ha in mano il presente e a chi tiene con robustezza ed arte le redini del terribile cavallo è possibile guidarlo e fargli superare gli ostacoli i pili difficili.
7. - Non ci nascondiamo, non ci dissimuliamo d’essere dinanzi ad un evento politico d’importanza storica. Confessiamolo e scendiamo, per quanto ci è dato, in fondo ad esso con spirito sereno. Io ho scritto ed ho ripetuto anche in Parlamento che la politica avrebbe modificato, in un certo senso migliorato i cattolici in Italia. Nella storia d’Europa e dei mondo durante il secolo xix ed il principio del xx le più simpatiche figure di cattolici sono ancora quelle degli statisti, degli uomini politici, o almeno dei polemisti e sin degli apologisti. Essi hanno dato pagine e gesti che la gravità del momento in cui le si scrivevano e li si compivano rende nobili ed esemplari. La pratica della vita politica parlamentare e più di governo è scuola d’educazione umana. Il quotidiano contatto con uomini di partito e di fedi ¿liverse, con gli avversari, con i nemici di ieri; la continua esperienza dei bisogni, dei dolori, delle miserie così individuali come collettive, la necessità d’intendere e soddisfare gl’interessi nazionali, di tutelare e vigilare il Paese come un organismo vivo ed .unitario, sono un tirocinio salutare di condotta morale. A vincere il sospetto inevitabile degli avversari sulla giustizia dei provvedimenti specialmente verso i singoli, gli uomini di governo provenienti dal Partito Popolare debbono necessariamente condursi in modo da risultare l’opera loro come immune da pregiudiziali, da partiti presi, da spirito di consorteria. Un cattolico al governo della grazia e giustizia e dei Culti dovrebbe in fondo dimostrare in luce meridiana che la difesa degl’interessi e dei diritti e della dignità di ogni culto non può essere inter-
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pretata diversamente, e cioè a favore dell’esclusivo culto cattolico, da un ministro del Partito Popolare. In principio, a quel posto, l'uomo di governo non è più un popolare, ma un cittadino italiano che ha tutta la responsabilità della più rigida obbiettività, altrimenti colà egli sarebbe naturalmente un individuo che vi rappresenta e vi applica le sue gratuite opinioni. La difficoltà, non voglio dire l’impossibilità, può supporsi derivi dal criterio che un cattolico militante ha del patrimonio del culto amministrato dallo Stato e non dalle autorità storiche e naturali del clero e dalla suggestione che su d’uno spirito cattolico può esercitare il programma interno più o meno noto del Partito Popolare nel quale, evidentemente, attraverso le conquiste di carattere sociale e culturale, si mira a restituire alla Chiesa, e cioè all'autorità diretta del Papato, la gestione dell’Amministrazione ecclesiastica. Non giudico, indico.
8. — Ammetto, insomma, che i cattolici si modifichino, al governo, diventando più italiani e migliori uomini moderni. Ma non li posso seguire nella loro proclamazione di indipendenza dal Vaticano. Il Vaticano è un organo politico che svolge un’azione politica e se v’è qualche popolare che sinceramente creda in una esistenza sciolta e libera del partito, il quale è una unione sì di cattolici, ma non fa una politica, e non deve farla, con fini di sopravalutamento del potere politico del Vaticano in Italia e quindi in Europa, questi s’illude e sbaglia. Tanto varrebbe dire che il Papato sia capace domani di rinunziare all’immenso vantàggio ottenuto dai cattolici nel mondo profano, sociale e politico. Si accetta una distinzione non assoluta tra Papato e Chiesa, intesa questa come esercizio del culto. C'è una Chiesa che non è politica. Ma in Roma e nelle somme incarnazioni dell’autorità ecclesiastica la Chiesa è essa stessa la fonte unica d’ogni potere, il tribunale, la cattedra inappellabile, la sapienza che detta in ogni occasione della vita individuale e sociale e non accetta insegnamenti, moniti, consigli nè tanto meno imprese politiche compiute in suo nome senza il suo controllo. La libertà personale di un cattolico nella vita politica, la sua anche ostentata indipendenza al governo, non possono essere altro che diplomazia e transazioni formali. Erra chi crede che i popolari portino in questo ardimentoso esperimento del potere l’ideale obiettivo politico, quello che animò, ad esempio, la vecchia destra. Gli uomini che la costituirono furono dominati dalla certezza che governare sia soprattutto transigere con le idee per conciliare i contrari sul terreno delle necessità pratiche. Il liberalismo di quel famoso e venerando partito consisteva in un criterio d’equilibrio possibile solo se i contendenti, anche irreconciliabili nella visione e nel giudizio della vita sociale e politica, stiano fermi e d’accordo nel riconoscimento dello Stato, superiore, intangibile garanzia non mutevole dei più e dei meno, dinanzi acni e per cui l’individuo, chiunque esso sia e pensi e possa e voglia — non potendo pensare e volere contro lo Stato, il che equivarrebbe ad essere contro se stesso — il diritto esiste indifferenziato. Ma il liberalismo non era mezzo ad uno scopo. Era scopo a se stésso. Si potrà giudicare alla stregua del più avverso punto di vista quel suo estraniarsi da un contenuto etico e religioso, quel non preoccuparsi dell’anima — ne ho fatto
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argomento del capitolo conclusivo della mia « Rinascita dell’anima » — ma non si può non riconoscere e oggi con più certezza che lo Stato liberale, così come la destra lo concepì e volle realizzarlo, sia la più pura forma e la più ideale delle garanzie di ogni libertà collettiva ed individuale.
9. — Ora il Partito Popolare ha una sua concezione dello Stato ad ingagliardire la quale rende un ottimo servizio la sopravvivenza dello Stato che, in quanto essenzialmente giuridico, è appunto lo Stato liberale ed esso solo. Ma delle libertà liberali di questo Stato, i popolari fanno il mezzo per far trionfare il programma di uno Stato in cui la Chiesa, incominciando dal fruire di tutti i vantaggi che democrazia e liberalismo danno a qualunque partito, sappia farsi avanti e, approfittando della libera concorrenza civile, possa un giorno, garantita da una politica trionfante del partito che ne è la manifestazione attiva nel mondo sociale, prevalere ed imprimere il suo esclusivo carattere a! Paese. I progressi politici del Partito Popolare sono dunque un pericolo per lo Stato e per quella libertà-equilibrio di cui egli avvantaggia tutti indistintamente i cittadini e i partiti. È difficile sorprendere il punto in cui l'uso della libertà liberale è già un abuso. Può sembrare per un certo tempo che l’offerta dei popolari allo Stato, di salvarlo controbilanciando l’azione più palesemente deleteria di altro partito, e di salvarlo consacrandosi a restaurarne la dignità e la forza equilibratrice, sia io spontaneo generoso dono di una frazione della cittadinanza e della rappresentanza politica all’unico scopo di restaurare per tutti le condizioni di quell’ordine, indispensabili, indipendentemente da ogni pregiudiziale, a salvare la società come convivenza e sistema di rapporti fisici e giuridici. Questo può sembrare e sembra a molti dinanzi al rapido quasi impetuoso intervento frontale dei popolari al governo. Sembra a molti che la gravità dell’ora li abbia resi necessari, all’improvviso, perchè gli altri partiti o si sottraevano pregiudizialmente all’impegno o le loro divisioni intestine e l’incertezza dei loro orientamenti li escludevano senz'altro dalla partecipazione.
Errore di apprezzamento. I popolari sarebbero arrivati e, io affermo, anche senza lo sconvolgimento della guerra: sarebbero arrivati e, forse press’a poco cosi, anche senza il suffragio universale. Gli eccessi del socialismo li avrebbero sempre aiutati, sempre avrebbero trovato una risorsa eccellente nel vaneggiare delle democrazie le quali hanno incominciato a perdere influenza ed a svalutarsi il giorno in cui si sono illuse di poter continuare ad avere una vitalità nel paese senza tenere le redini di una parte delle masse, non assumendo la rappresentanza diretta, così come il socialismo ed il popolarismo, di qualcheduna delle classi sociali. I cattolici si sono preparati alla politica lavorando dalla plebe la zolla sociale.
Quando hanno mandato i primi deputati al Parlamento nazionale avevano già compiuto una vastissima ed organica opera di amministratori, di gestori nelle cooperative, nelle casse agricole, nelle banche; erano discesi entro la massa operaia, industriale, rurale; avevano selezionato e messo in rilievo i capaci e i responsabili, aprendo le vie agli arditi ed anche agli audaci, e Organizzando la loro stampa quotidiana sul .modello dei grandi giornali nazionali. I circoli, lo sport, la beneficenza,
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la propaganda in ogni classe e rivolta ad ogni età in men di un quarto di secolo avevano trasformato la vecchia chiesa passiva ed abitudinaria in un esercito disciplinato. Al parroco tradizionale succedeva il giovine prete battagliero incoraggiato e lusingato a far valere la sua voce e la sua cultura apologetica in pubblico. Il Vaticano, sotto le forme e le inafferrabili apparenze, sapeva bene incitare e sostenere qua, frenare e moderare colà, in modo da poter possedere in un breve giro di anni una formidabile forza profana, evidente, compiutamente parlamentare, senza nessuna esitazione dinanzi alle occasioni favorevoli. Lo sfogo politico ha salvato, per adesso, la Chiesa dal pericolo modernistico, dal perturbamento della crisi interiore.
IO- — L’ora del cattolicesimo è mondana. L’inquietudine tragica dei cattolici intellettuali di circa un trentennio fa non dà più segno alcuno. La milizia profana dei credenti, attraverso il Partito Popolare, non ha per motivo una riforma della cattolicità, ma la trasformazione della società laica in cui la Chiesa ha vissuto diminuita, dopo il Rinascimento, la Riforma e la Rivoluzione francese. Io dico questo per farmi la domanda se la vasta impresa iniziata e così avanti condotta dal Partito Popolare abbia un contenuto spirituale d’innovamento umano. Così come i popolari lo pongono, il problema della scuola è per essi oggi un problema d’istruzione, di revisione, di reazione alla cultura scientifista, naturalista, critica ed extra cattolica della Società italiana sotto lo Stato liberale-democratico. Si inaugura una campagna intellettualista, un ncotomismo, non un apostolato di carità. Non è il Santo che conduce i novelli canquistatori; è il Teologo. La neutralità positivistica e critica, il libero esame sistematico, la Scienza come ricerca, il pensiero che disfa un dogma e si fa una fede propria 0 dichiara di non poterne attingere una, l'Università punto di arrivo e cattedra senza controllo di ogni idea nata dalle emancipazioni e dalle separazioni della mente dalla tradizione imposte; tutto questo costituisce l’obiettivo della impresa e sociale e politica dei cattolici in Parlamento e al governo. Bisogna distruggere l’opinione che scienza sia solo il saputo formato dal metodo non dominato da un dogma.
Lo Stato deve per adesso riconoscere una scienza universitaria cattolica, oltre il diritto dei credenti e dei fedeli ad impadronirsi,- in ogni ordine di scuole, delle coscienze e degli intelletti.
11. — Esagero, o siamo all’inizio di una contro Riforma? La Riforma in Italia, con atteggiamenti incerti in Dante e nel Petrarca, in questi in quanto umanista e naturalista della vita nella sua arte, giù giù all’umanesimo grecizzante e latinizzante che si allontanava, atrofizzandola, dalla cultura teologica, alla Rinascenza tutta estetica e passionale e mondana, o mistica senza tradizione e per temperamento, alla decisa affermazione speculativa dei filosofi, alla sistemazione scientifica. è stata si può dire esclusivamente dottrinale, mentale, intellettuale. Ma. pur non facendo una rivoluzione • religiosa, gl’italiani hanno creato dal Duecento in poi un tipo umano che afferma un ben diverso modo di considerare la vita, il mondo, l’anima, la società, da quello teologico. C’è in Leonardo, c'è un Galileo, c’è in Machiavelli, in Michela ngio lo, sino in alcune personalità di pontefici e c’è nei
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due santi insigni, santi anche sènza la sanzione papale, in Francesco d'Assisi ed in Caterina da Siena. Francesco è un antiteologo, Caterina è l’ammonitrice del difetto d’anima della Chiesa, come Dante è il suo giudice, Petrarca un vendicatore dinanzi all’esempio scandaloso di Avignone. In ogni modo il santo italiano è apostolo di carità e di educazione del cuore. Il rinnovamento delle creature che quegli agitatori di folle volevano non esigeva una violenza al pensiero, non incominciava con un togliere ed un limite, era un dare esuberante e perenne, era il riconoscimento delle giustizie spirituali, la valutazione dell’umiltà, della semplicità, la negazione degli orgogli mondani, era l’ardore di servire le creature di Dio, non la voracità di possederle.
12. — Guardiamoci intorno, cacciamo gli sguardi in fondo al largo movimento politico odierno dei cattolici. Quel che gli manca è la santità e cioè la carità. Il suo primo passo è una violenza contro quello Stato, quell’ente profano, mondano, empio, che è così generoso con tutti, anche con coloro che gli preparano la morte. Il suo primo atto è il segno della battaglia teologica, la bandiera alzata del riconquisto della cattedra e delle coscienze. Ma noi che ci attendevamo la parola della carità, che da quegli scanni parlamentari e di governo o da quei congressi ci aspettavamo la novella riaffermazione della verità di Dio per tutti gli uomini e il conforto di una promessa di apostolato, intendendo così ¡'atteggiamento democratico e liberale e sociale del cattolicesimo nella politica, noi siamo rimasti delusi. Quei pochi tra gli uomini del Partito Popolare che l’avrebbero voluta affermare e gridare al mondo, la parola di una umiltà e di una benevolenza e di una carità, sia pure agguerrita per trionfare, sono prigionieri della disciplina rigorosa che attraverso un uomo abile e senza timidezze allaccia Vaticano e popolari. L'era dell’avvento cattolico nella politica s’inaugura con l'esigenza di alcuni riconoscimenti culturali da cui sarà per venire all'Italia un domani di tristi lotte. La Chiesa entra, così, nel fitto delle competizioni, nella materia della società. Si avanza minacciosa, teologalmente implacabile, sfidando, e lo può, senza dar quartiere, tutta intiera l’Italia delle libertà scientifiche e spirituali che da per se stessa, attraverso ad un travaglio dei più nobili, era venuta instaurando quel senso del divino e dello spirituale non derivandolo da tradizioni dogmatiche, ma da quell’intimo germe di luce che non balza e non sale, fiammeggiando, che nell’aere della più compiuta libertà di coscienza.
Roma, 29 ottobre 1921.
Paolo Orano
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LINEAMENTI DELL’IDEALISMO CONTEMPORANEO
o spettacolo che offre la filosofìa contemporanea, considerata nel decennio teste conchiuso, è quanto mai singolare e superbo, per le conquiste del pensiero speculativo. Invero, chi non veda soltanto, nella storia della filosofia, reterna vicenda dei due principi antagonistici, esplicativi del reale: materia c spirito, pluralismo e monismo, ricorrenti senza fine, e quindi senza costrutto; bensì
l’intenda (e solo così può veramente essere intesa) come dialettica immanente al divenire razionale, dell’idea nel suo realizzarsi; chi, insomma, colga di quella storia ideale l’intrinseca significazione, il concetto; non può non sentirsi pervaso da un sentimento di alta soddisfazione dinanzi al visibile risultato di una controversia millenaria che consacra infine il trionfo dell'idealismo.
Mai, come oggi, questa vittoria fu più luminosa e completa: neppure ai tempi di Platone (Aristotile incarnerà l’antitesi non superata nella concezione del maestro), di Leibniz (il pluralismo addizionale delle monadi degradava la monade suprema, il Logos, a un deus ex machina), di Hegel (la mastodontica costruzione, se aveva salde le fondamenta, franava per la sua stessa mole). Non solo: ma allora la causa dell'idealismo era affidata a grandi avvocati, a geni, e il successo dell’iWea non poteva scompagnarsi dal nome e dalle vicende de’ suoi assertori: mentre oggi è un vasto coro soverchiale ogni fatuo clamore o timido contrasto. Oggi l’idealismo non è più greco o tedesco o inglese o italiano o francese: l’idealismo è universale come la filosofia di cui è la più perfetta espressione.
Ma, che è questo idealismo che, nel decennio più tempestoso della storia del mondo, celebra il proprio trionfo?
Non occorre essere versati particolarmente nella storia dei sistemi per sapere che, se l’idealismo è antico quanto la filosofia, eSso ha assunto forme divergenti e, talvolta, contrastanti fra loro: l'idealismo di Platone, di Malebranche, di Berkeley, di Fichte, di Hegel. S'impone, perciò, un'alternativa, una scelta. Una scelta che importa, per sè stessa, una revisione Critica di tutto il processo storico di quei sistemi, fatta alla stregua di una misura ideale di valutazione: la vera.
Sembrerebbe, però, che, supponendo il criterio del vero una determinazione teoretica, un simile procedimento debba necessariamente escludere ogni concezione storica della verità come realizzazione concreta dell’idea nel suo sviluppo attraverso
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la negazione e l’antitesi; debba suonare condanna del metodo dialettico, pena la flagrante contraddizione. Ma tale impossibilità è solo- apparente, perchè il principio logico di non contraddizione non ha valore assoluto, ma va interpretato alla luce di un principio superiore, che solo la gnoseologia può fornire; dove ogni falsa antinomia si compone armonicamente nell’unità di ragione assoluta, intesa non già come un'ipostasi immobile od una forma pura, bensì come autoelisi di un’attività creatrice spirituale. Che è a dire dialettica, processo storico dell'idea, c quindi identificazione di filosofia e storia della filosofia.
Ripensare i punti culminanti che caratterizzano quel processo dialettico nella sua espressione teoretica c pratica, ritrovare e svolgere quei momenti dialettici in tutti i periodi della storia della filosofia, districando dal groviglio delle dottrine piò diverse e (in apparenza!) più avverse, il filo d’oro che le unifica e le armonizza in un’unica trama: ecco l’intento preminente e l’opera diuturna dell'idealismo contemporaneo. È ovvio che una conoscenza adeguata alla sua profonda significazione speculativa può desumersi soltanto dallo studio dei classici; qui basti indicare i quattro punti seguenti, che segnano la traccia visibile e la movenza interiore dell'idealismo, col quale soltanto si attua veramente la filosofia perenne.
i. Ciò che è reale e razionale. — Dir ciò è affermare che, del contenuto di pensiero, dianoetico e fenomenico, nulla sfugge alla legislazione universale del principio di ragione: la realtà è razionale nella sua essenza. Una realtà irrazionale o sovrarazionale — anche se fosse ammissibile ipoteticamente — non sarebbe intelligibile, e però non potrebbe costituire scienza nè cognizione di sorta. La filosofia greca, da Democrito (che il mondo non a caso pone) a Proclo è quasi tutta pervasa da questo spirito razionalistico che troverà poi nel Leibniz la sua massima espressione;
2. Ciò che è razionale è reale. — Se la realtà è razionale nella sua essenza, la razionalità qui diventa il criterio della realtà dell'essere. Non vi sono realtà di ragione e realtà di fatto, idea e dato, pensiero e pensato, irriducibilmente estranei l’uno all’altro: ma è il pensiero infinito che si pone, e quindi si nega come infinito, c oè si limita, finche ritrova il limite come un suo prodotto, materiato della stessa essenza ideale del limitante. Processo di autolimitazione, cioè di superamento e riassorbimento del limite, che costituisce l’inverarsi dell’universale nel particolare, e del particolare nell'universale. La profonda intuizione di questa verità gnoseologica è vanto precipuo della filosofia indiana, e si trova già in parte affermata con Parmenide nella greca, finché, attraverso il Leibniz, il Malebranche, il Berkeley e lo Schelling, acquista nell'idealismo hegeliano la sua consapevole esplicazione.
3. Ciò che è, è bene. —• Se il criterio del reale si risolve e s’identifica con la ragione, intesa come identità nella differenza, sintesi suprema di pensiero, infinito, e di pensato, finito, di idea e dato, di esistenza e necessità; significa che la ragione è anche valore assoluto, che è per sè, cioè vero fine, rispetto al quale sono commisurabili tutte le altre cognizioni e determinazioni dell’essere: auto-ldos. La
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coscienza della verità come realtà-valore si afferma nel Genesi, si esalta in Platone e in Proclo, e pervade tutta la filosofia del cristianesimo, fino a trovare degno Coronamento nel sistema dello Hegel (che non è soltanto un panlogismo).
4. Il bene c_ immanente all'attività .creatrice dello spirito. — Se la verità è realtà-valore, cioè certezza del fine, e questa certezza conchiude un processo diale! ■ tico, vi è una mediazione attiva, inerente al suo divenire, una mediazione che segna il ritmo dell'idea nel suo realizzarsi, che perciò è immanente alla volontà onde la ragione si fa spirito. Come la certezza (verità mediata) è il. termine che permette il passaggio dall’intelletto al logo, così la volontà, come attività creatrice e libertà, è il medio termine che attua il trapasso (che è poi prendere pieno possesso di sé) dal logo allo spirito (1).
Insomma, in un idealismo integrale, in cui l’attività conoscitiva abb a maturato se stessa, non c’è posto per residui trascendenti, irrazionali o sovrarazionali. Così, fra i caratteri più distintivi dell'idealismo contemporaneo (per quanto simili connotati non possano mai sostituire la fisionomia concreta del sostantivo) sono da cogliere: la razionalità, l’oggettività, Yautoteleia. ¡’immanenza, l’attività creatrice spirituale.
In virtù di questa sintesi concettuale, che è ciclico perenne divenire del vero, anche il problema del male — non diverso da quello dell’errore teoretico — viene prospettato sotto una forma che lo illumina della stessa luce che promana dalla grande sorgente (lo Spirito assoluto, Dio), restituendolo alla sua funzione positiva nel processo dialettico del reale. Bene e male, per dirla sotto matafora, anziché a due dogli separati, son comparabili a un sistema di vasi comunicanti, dove i liquidi circolano perennemente, confluendo a un punto d’equilibrio che non è mai statico, inerte, ma dinamico, propulsivo. Sempre, in fondo al vaso di Pandora, si troverebbe la medicina e una qualche misura di bene; sempre, entro la cornucopia de' piaceri, il veleno nascosto che li amareggia e li corrompe (2).
Quest’ultima fase della secolare e laboriosa gestazione dell’idealismo non si aggiunge alle altre, ma le riassume e compenetra di un più profondo significato, che è la più perfetta espressione della filosofia contemporanea. Al cui coronamento hanno adoperato sopra tutti — e non è piccola gloria nazionale — filosofi italiani e inglesi: Strenui assertori teWidea, contro una folta schiera di avversari e detrattori; contro l’angusto intellettualismo degli uni e la pigrizia mentale degli altri. La quale ha in ogni tempo contribuito, più che non altro, col suo peso morto a fermare o sviare l’ascensione dell’idealismo, che non paventa l’urto delle opinioni, anzi le provoca e le accende, come quelle che son condizione e vita del vero. E
(1) Il lettore che desideri una più' ampia spiegazione di questo punto vitale dell’idealismo assoluto può riandare al mio articolo in Bilychnis, « Intelletto e ragione » (dicembre 1919), e leggere le pagg. ’66-67 del mio op.. Psicologia della volontà, Paravia 1919.
(2) Vedi, a tale proposito i miei due articoli in Bilychnis : « Le concezioni idealistiche del male» (Ottobre 1918); «L’esistenza di Dio e il problema del male». (Agosto 1920).
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quanto eroismo di pensiero per vincere una pigrizia mentale che trovava naturali alleate, oltre le concezioni intellettualistiche o mistiche dominanti, la tradizione scientifica e il senso comune, il quale vi pestava anche l’arma del ridicolo!
* * «
Dal cenno riassuntivo, qui tracciato, consegue che all’iniziazione filosofica sono imprescindibili due condizioni: la prima è che i filosofanti si rendano conto della necessità di una salda base gnoseologica, se non vogliono costruire su la sabbia: l’altra sta nella conoscenza della storia della filosofia e della cultura, per evitare a se stessi la spiacevole sorpresa di accorgersi poi che la presunta scoperta o novità di concetti non era una rivelazione, ma una tardiva riesumazione! Nè sarebbe indarno il capacitarsi una buona volta che l’originalità non rampolla dall’isolamento delle idee, nel distacco dal secolo e dalla storia: l'ottativo goethiano, gern wàre ich Ueberlieferung loss und ganz originai, non esprime se non l’impossibilità di quell'astrazione individualistica. Così, non sarà mai superfluo insistere su la preminenza della gnoseologia negli studi filosofici, come quella in cui si risolvono veramente i massimi problemi e si dissolvono i falsi problemi del pensiero speculativo; perchè non è lontano l’esempio di filosofi di professione che avanzarono teorie e ipotesi puerili, cui era alimento proprio l’insufficiente preparazione gnoseologica dei loro autori.
Ora, una volta determinata, ne’ suoi lineamenti più espressivi, la fisonomía, dell'idealismo con temporaneo, consegue che la sua posizione rispetto alle scienze, in '"specie a quelle della natura, si rende netta e salda. E un vieto pregiudizi, effetto d’incomprensione filosofica e d’ignoranza scientifica, quello di considerare il movimento idealistico quasi negativo dei metodi e de’ risultati delle scienze positive: basterebbe guardare al vasto rivolgimento che si va compiendo da un ventennio in seno alle scienze fisiche, matematiche e biologiche, per opera, non di filosofi, ma di scienziati, che, sottoponendo a revisione criticai presupposti e i postulati esplicativi, propri delle cognizioni naturalistiche, si accostano sempre più alla filosofia, l'animo sgombro di prevenzioni antimetafisiche e la mente compresa della complessità e dell’interferenza dei problemi.
L'idealismo contemporaneo cerca di ritrovare, mediante l'attività creatrice della ragione, tutta la ricchezza della realtà e della vita; l’idealismo che non solo non avversa, bensì ama la scienza e, di più, la studia con mente aperta e consapevole dell’importanza dei metodi e de' risultati acquisiti. E come, fra tanti nomi, dimenticare la nobile figura del Royce, il filosofo idealista da poco rapito alle conquiste del pensiero, che sorprendeva matematici e fisici per la vastità e profondità dèlie sue cognizioni scientifiche?
Ma, se l'idealismo.non ha nulla da temere da sedicenti filosofi del realismo (come se idealismo si contrapponesse a realismo!), esso deve, pur troppo, guardarsi da qualche suo fervoroso ammiratore c seguace, spesso incline a scambiare per soluzioni
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filosofiche definitive certe proposizioni ibride di razionalismo e empirismo; quasi formule magiche, atte ad aprire, per sè sole, tutte le porte del tempio del sapere. No, non è con questi posticci che si conferisce maggior credito alla verità di una dottrina o che si fa progredire d’un passo la filosofia; ma è soltanto con l’assiduo meditare i problemi dello spirito, e con la consapevolezza ardimentosa della terribilità del cimento.
L’idealismo è un implacabile despota: esso spinge senza tregua il pensiero a sempre nuove conquiste, oltre ogni meta segnata o raggiunta; sferza con pungolo sempre più acuto lo spirito quando è più vivo in lui il bisogno di adagiarsi nel riposo di una fede, di un dogma, d’un risultato’, lo tormenta con nuovi dubbi sul limitare stesso del santuario, in fondo al quale gli si discopre a mezzo il volto della divina alethcia. Tale è il destino del pensante: se egli, lungo la via del suo pellegrinaggio ideale, si sofferma a considerare il tratto percorso e gli ostacoli superati, l’animo è pervaso da un sentimento di soddisfazione e di serena fiducia; se, invece, protende innanzi lo sguardo verso la meta, subentra un indicibile sgomento: troppe ombre si addensano ancora sul volto della sfinge! È questa l’infelicità e la grandezza dell'anima umana: fremebonda anima non saziata mai di verità e bellezza, eppur beata quando il poeta libera dalla faretra uno strale d’oro, e il filosofo rapisce un concento alla divina armonia del mondo.
Rinaldo Nazzari.
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LA RELIGIOSITÀ DI ALFREDO LOISY, NELLA “VITA DI A. FOGAZZARO”
DI T. GALLARATI SCOTTI
desto libro fu pensato e quasi interamente scritto prima della guerra... ». Sono le sole parole, forse, che, scritte dall’Autore nella prefazione, potrebbero invocarsi ad attenuare l’impressione sfavorevole che alcune pagine della Vita di Antonio Fogazzaro, altronde sì ricca di pregi, debbono produrre in chi del « Modernismo » cattolico abbia una visione più equa e, diciamolo, talora
più serena, dell’autore stesso, e in chi soprattutto non condivida la sua pretesa di monopolizzare una concezione, a così dire, « ortodossa » del Modernismo, e di condannare come eretici ed infedeli quelli che il «Modernismo» hanno inteso e vissuto in modo diverso. Sono, in specie, le sole parole che possano in parte risparmiargli un giudizio severo, per ciò che egli ha scritto in due pagine oggettivamente ingiuste e soggettivamente aspre ed amare verso Alfredo Loisy, una delle figure più alte e nobili che il « Modernismo » abbia prodotto, che basterebbe da sola a redimerne le ombre, e a confondere i pigmei che, ora detrattori del movimento, ne furono già gli sfruttatori.
E poiché, diversamente affatto da questi ultimi, l’A. della Vita di Antonio Fogazzaro non può avere de.lla sua avversione al grande esegeta e critico francese che motivi ideali, abbiamo fiducia che ricordare a lui e ai suoi lettori, che A. Loisy non ha deposto la penna feconda nel 1914, e che è doveroso, nel formarsi un giudizio sul suo pensiero, la sua religiosità, la sua condotta, tener conto di ben dieci sue pubblicazioni posteriori a quella data (1), sia compiere come un atto di ammenda di cui il Gallarati Scotti, se non c'inganniamo, vorrà riconoscere la convenienza, egli che disdegnerà certo di esser confuso con quei volgari detrattori del Loisy, che coi «crucifige »di oggi vorrebbero farsi perdonare gli «osanna » di ieri.
(1) Ricordiamole : Guerre et Religion, 1915; L'EpUrc aux G alate s, 1916; Mors et Vita, 1917: La Religion, 1917; La Paix des dations et la Religion de l’avenir, 1919; De la Discipline intellectuelle, 1919; Les Mystères païens et le Mystère chrétien, 1919: Essai historique sur le Sacrifice. 1920: Les Actes des Apôtres, 1921; Le Quitn nie Evangile de xème édition refondue: Articoli sulla Revue d’Histoire et de Littérature religieuses. ripresa a pubblicare nel marzo 1920, e da lui diretta: solo di queste recenti pub bCcazioni terremo conto in questo esame.
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LA RELIGIOSITÀ DI ALFREDO LOISY, NELLA «VITA DI A. FOGAZZARO» 223
Riproduciamo anzitutto per quanto a malincuore, il giudizio e il ritratto che l’A. fa del Loisy (pagg. 395-39$, °P- cit.) :
« Il grande apologista che aveva affermato la vitalità perenne del cattolicismo doveva più e più diventare estraneo alla fede cui aveva partecipato, per raccogliersi tutto nell’analisi critica dei testi, esaminati con l’acutezza mordace e corrosiva di chi non ama, e scruta non una cosa viva, ma una cosa che crede morta per sempre. Freddo ed ironico, senza impeto di sdegni e senza violenze di rivolta, misurato nei gesti come un diplomatico più che imprudente come gli apostoli, colui che aveva combattuto contro il razionalismo protestante moriva poco a poco a se stesso, invaso dal gelo di un intellettualismo dissolvente. Il sacerdote diventava professore. E l’asceta non trovava più il Cristo negli Evangeli, egli che l’aveva proclamato vivo nella Chiesa. Come i discepoli a Emmaus, dopo soli tre giorni non riconosceva più il suo Signore».
La solennità dello stile sentenzioso e lapidario di questa pagina non è sufficiente a nascondere, a chi per poco sia familiare con gli scritti del Loisy specie degli ultimi sette anni, il carattere arbitrario delle affermazioni, la infondatezza dei giudizi, il ridicolo della pretesa di apporre una lapide funebre (« moriva poco a poco a se stesso ») sul piedistallo su cui si erge tuttora viva, attiva e prodigiosamente e gloriosamente feconda, una delle più grandi figure di scienziato e di anima religiosa. Non c una apologia del Loisy che pretendiamo qui fare: lasceremo solo che egli stesso parli da qualche passo dei suoi scritti recenti, e renda da sè testimonianza a se stesso, alla sua religiosità.
» * ♦ ♦
Giorgio Tyrrell, che pur gode le simpatie del G. S. (t), definì il « modernista »: « un cattolico qualsiasi che creda alla possibilità di una sintesi tra la verità essenziale della sua religione e la verità essenziale della modernità». Definizione la cui somma elasticità è dovuta alla indetinibilità di ciò che debba intendersi per « verità essenziale», sia del cattolicismo, che della modernità. Se essa si accetti, non potrebbe certo affermarsi essere il Loisy divenuto« più e più estraneo alla fede cui aveva partecipato », egli che nel Mors et Vita definisce così il Modernismo « ...il Modernismo, in fondo, non è stato l’insegnamento di alcuna dottrina particolare, non voleva imporre alla Chiesa alcun domma, e perciò non era un’eresia; avrebbe voluto solamente che il Cattolicismo si ammorbidisse (« s’assouplît ») in umanità » ! E come può la
(r) A tale titolo, riproduciamo dal recentissimo epistolario di Giorgio Tyrrell (George Tyrrell's Lcllers} edito da M. D Petre, un brano della lettera che il Tyrrell scriveva al Loisy dopo la condanna de L’Evangile et TEglise\ «Una ingiusta scomunica non vi farà perdere una particella della leale simpatia e della fedeltà della vasta moltitudine di vostri amici e ammiratori: piuttosto essa intensificherà ed estenderà la vostra influenza benefica, e getterà la meritata vergogna e confusione su questi ottenebrati fanatici...».
I fatti non hanno dato piena conferma alle previsioni di questa lettera.
(Noia dell'A.}.
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lettura di opere quali : La Religión, Mors et Vita, La Religión de l'avenir, Guerre et religión ed altre, legittimare il ritratto del Loisy come di scrittore raccolto tutto « nell’analisi critica, dei testi, esaminati con l’acutezza mordace e corrosiva di chi non ama, e scruta non una cosa viva, ma una cosa che crede morta per sempre »? « Non ama », « crede morta per sempre »?... Che cosa? Il Cattolicismo? Il Cristianesimo? la Religione? Si leggano senza prevenzioni alcuni fra i tanti passi delle opere citate: c si giudichi dell'anima religiosa di Loisy da ciò cheeg/i sente e pensa c scrive: si giudichi se le sue sono le parole di uno spirito « mordace », « corrosivo », « freddo e ironico », « invaso dal gelo di un intellettualismo dissolvente, di uno che « non riconosce più il suo Signore », ovvero di un’anima che ha sanguinato e sanguina ancora perchè il grande, sublime sogno che « il Cattolicismo s’ammorbidisse in umanità » è stato « prontamente dissipato », e che è rimasta aderente fedelmente alla « comunione spirituale, alla vita interiore, allo spirito di fratellanza umana », e « alla religione dell'avvenire »; « sub diversis speciebus, signis tantum et non rebus ». Ecco come egli giudica Le voyage du Centurión del pronipote di Ernesto Rénan :
« ...Le anime abbisognano di ben altri focolari che la scienza, la cui luce non dà calore. Non ostante il suo insegnamento antiquato, la sua gerarchia pesante, il suo misticismo spesso puerile, la Chiesa Cattolica in Francia è ancora, a ciò che semina, il meglio organizzato di questi focolari, quello che a molti di noi dà ancora, almeno in certi momenti, l’impressione migliore e più calda d’umanità. Ed è perciò che, finché non si sarà costituito fra noi un focolare visibile che offra gli stessi vantaggi spirituali senza avere gli stessi inconvenienti..., altri «Centurioni» potranno fare lo stesso viaggio, chiudendo gli occhi su quello che nel Cattolicismo romano riesce loro antipatico, per poter approfittare di ciò che loro conviene, di cui non possono fare a meno...; e che non trovano altrove... È sempre semplice cosa amare un grande ideale: ma grave è il disappunto di dover riconoscere che questo ideale non è proprio quello della società religiosa in cui siete entrato per meglio attuarlo. Si potrebbe, sì, immaginare che se i « centurioni » si convertissero in numero abbastanza grande, l’orientamento del cattolicismo ne resterebbe mutato, e che esso si modernizzerebbe a dispetto di tutte le scomuniche contro il Modernismo,... divenendo sempre più umano. Fragile speranza che fu il sogno del Modernismo... ».
E, questo, spirito volteriano? I redattori del Rinnovamento non hanno ma¡ avuto di questi accenti? Nè erano assai dissimili, nella lettera e nello spirito, le ultime parole, quasi, che scriveva il P. Pietro Gazzola direttore, a così dire, spirituale, di quella stessa rivista: «...Quanto siamo lontani dal Vangelo! Come è triste l’impotenza della Chiesa, di tutte le Chiese, a dirigere l'umanità, ad elevarla, a migliorarla... Prego che da questo lavacro di sangue esca un'umanità migliore », da quelle che nella Religión de l’avenir scrive il Loisy: « Non è impossibile, anzi è verosimile ed è vivamente da desiderare, che dalla crisi presente dell’umanità ne esca, in un modo o nell’altro, questo allargamento del cristianesimo cattolico del quale avevano sognato coloro che l'anatema pontificio ha qualificato per modernisti, e che la nostra vecchia religione... si orienti decisamente
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nel senso della nuova religione. Nulla sarebbe più vantaggioso per là nostra nazione, nulla sarebbe più utile alla causa del progresso umano... È ciò che vanno facendo, sia fra noi che fra le nazioni alleate, le Chiese cristiane evangeliche... >*.
Ma si oppone che il Loisy « non trova più il Cristo negli Evangeli ». Si potrebbe rispondere col Dio di Pascal, e ricordando che l’intiera vita dell’illustre esegeta è stata consacrata alla ricerca di Gesù nei Vangeli: « Non mi cercheresti se già non mi possedessi ». Ma in verità, la critica non ha senso, a meno che non significhi questo: che il G. S. trova nel Vangelo un Gesù diverso da quello del « Grande apologista », dell’« esegeta », del « professore »: ciò che non dovrebbe fare maraviglia ad alcuno, e men che meno a chi ammetta che dopo un rinnovamento, un martirio c una risurrezione, anche discepoli fedeli del « risuscitato» possano, incontrandolo ad Emmaus, trovarlo dissimile e irriconoscibile.
Ecco, per esempio, un lineamento di Gesù che tanti han posto essi stessi, cercato, e quindi trovato, nel Vangelo, e che l’apologista, l’esegeta, il professore, non può ritrovarvi: « Che si lasci il Vangelo essere ciò che è: un ideale di pace nella carità. Non gli s* chiedano, per carità, lezioni formali relative alla guerra. Colui che ve le trova ha cominciato per introdurcele egli stesso traendole dal proprio cervello. Concepito al di fuori di tutte le realtà della vita sociale, politica, nazionale e internazionale, l'ideale evangelico non può affatto applicarsi ad esse in modo diretto, ed è solo per mezzo di artifizio d'interpretazione che è possibile trarre dai discorsi attribuiti al Cristo una norma e principi speciali direttivi per la condotta dell'uomo e del cittadino nelle società contemporanee. L’unica cosa ragionevolmente possibile è ispirarsi al soffio di giustizia e di carità che vi regna... ». « Il Vangelo di Gesù non suppone punto la patria, anzi la sopprime. La guerra, tra veri cristiani, sarebbe cosa assurda e inconcepibile: se questi cristiani esistessero. Cristiano veramente secondo il Vangelo sarebbe colui che si lasciasse uccidere senza difendersi, e che anzitutto ricusasse di prendere le armi, anche per servizio 'del proprio paese. Secondo il Vangelo, solo i pacifici han diritto al titolo di figli di Dio. Che il vero fedele subisca le persecuzioni, le sofferenze, la morte: il regno dei cieli gli appartiene ».
« Che il vero fedele subisca le persecuzioni, le sofferenze, la morte ». Sembrerebbe che proprio il G. S. — sia detto en passoni — volesse apporre il suggello del « vero fedele » sulla vita di Alfredo Loisy, riconoscendo — benché a titolo, secondò lui, di?rimprovero — che egli, il Loisy, non ha avuto, di fronte alla Chiesa che lo percuoteva e perseguitava, nè « impeto di sdegni », nè « violenze di rivolta », e di essere stato « misurato nei gesti come un diplomatico, più che imprudente come gli apostoli ».
Ironia delle cose! Non conosce l'autore della Vita di Antonio Fogazzaro qualche altro «vero fedele», che di fronte all’autorità ecclesiastica condannante abbia adottato un contegno che non si saprebbe meglio descrivere che con le parole da lui usate ad elogiare, contro la sua intenzione, la condotta del Loisy? 1 ncoerenza ?
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Ed ecco un’altra pagina che fa giustizia dell'accusa che « l'esegeta non trovava più il Cristo negli Evangeli, egli che l’aveva proclamato vivo nella Chiesa» : una pagina che, scritta nel 1915 in Guerre et Religion, sembra un denso riassunto de L'Evangilc et l’Eglise del « grande apologista ».
«...L’idea di fratellanza universale non è... da trattare di stravagante, e sarà onore immortale di Gesù di averne cón maggior nettezza e in maniera più persuasiva che chiunque altro prima di lui esposto i principi. Ma siamo pur costretti a riconoscere, che il Cristianesimo si è allontanato sempre più dalla realizzazione del principio posto dal Cristo,... nella forma troppo semplice, troppo assoluta, che ha preso nel Vangelo. La fratellanza umana è un ideale da raggiungere: Gesù la presentò come, un fatto acquisito. Uno stesso Dio aveva creato tutti gli uomini e li copriva con la sua protezione: e poiché il mondo correva verso la sua rovina e gli uomini si perdevano nell’iniquità, Dio sarebbe presto venuto a installare, con una improvvisa manifestazione della sua potenza, tutte le vittime dell’ingiustizia in un regno terreno d’immortale felicità, in cui nè dolori, nè lacrime, nè terrori della morte regnerebbero, ma una gioia eterna in un mondo divino. Sogno sublime e impossibile, che i popoli mediterranei, inquieti e affaticati, sofferenti nelle loro masse, profonde, accettarono pur correggendone a poco a poco le inverosimiglianze... Ma il Regno di Dio non venne, e fu solo la Chiesa che si costituì qui sulla terra. D’altra parte, i pretesi figli di Dio non si sentivano punto fratelli benché s'insegnasse loro che eran tali e si forzassero di crederlo... Il miraggio della fede potè mantenersi per più secoli nonostante la contraddizione della realtà... Bisognava ben vivere, lottare, soffrire, e il Cielo in alto, il Cielo invisibile, consolava sempre delle miserie di quaggiù. Quando... la scienza greca potè risorgere è i dotti ebbero il tempo di riflettere, l'umanità occidentale potè ragionare la sua fede di cui viveva moralmente, e poi discuterla. L'enorme distanza che si verificò fra l'ideale cristiano e la vita dei popoli che erano cresciuti nella Chiesa cattolica provocò una prima crisi: si attribuì a colpa della Chiesa se il mondo era così poco cristiano, quasi che fosse dipeso da essa che la sua credenza fosse piena di realtà, che un Dio padre degli uomini... avesse posto in cuore a tutti l’amore fraterno, e che la vita presente non avesse alcun senso eccetto che per l’immortalità futura... In fondo, la Chiesa aveva, in misura abbastanza grande, corretta l’illusione evangelica, e l'idea del protestantesimo di ristabilire il puro Vangelo non era che un’altra chimera che non poteva riuscire che al risultato di precipitare la dissoluzione del cristianesimo occidentale, mettendo in evidenza l’incoerenza del suo punto di partenza...».
Checché possa pensarsi di questa sintesi, non è possibile però, sembra, darne un giudizio diverso da quello che era stato dato de L’Evangile et VEglise. Se il Gesù era, lì, vivente nella Chiesa, benché a disagio, anche qui vive in tutte le forme che parzialmente cercano d’incarnare il suo grande messaggio. Attribuire poi all'esegeta illustre l'atteggiamento di chi nella sua diagnosi della società cristiana « scruta non una cosa viva, ma una cosa che crede morta per sempre », è, ce lo perdoni l’autore di questo infondato giudizio, aver chiuso gli occhi dinanzi
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alla luce chiarissima che emana da cento pagine de La Religion, de Les Mystères païens, de Le Sacrifices di altri volumi recenti. Ecco alcuni di questi raggi luminosi:
« ...Coloro che credono di non potere nè dovere ricorrere' all’influenza educatrice del Cristianesimo debbono riflettere che essi son tenuti a fare non meno, ma meglio di esso, e che, per quanto riguarda l’educazione dei sentimenti, essi non rimpiazzeranno la potente impressione dell’ideale cristiano personificato nel Cristo stesso e operante per mezzo di tutta l’economia del culto cristiano, se da parte loro non dispongono d’un ideale altrettanto nettamente definito, vivente, penetrante, e che si adatti meglio alle condizioni attuali della vita umana, della famiglia, della società e dell’umanità... ».
L’autonomia e trascendenza del Cristianesimo è vigorosamente proclamata.
« Che il Cristianesimo non sia che un aggregato o un residuo di vecchi miti orientali, babilonesi, egiziani, siriaci, che a un dato momento si sarebbero coagulati nel mito di Cristo e sarebbero divenuti come per incanto il Cristianesimo... non regge dinanzi alla storia... L’evoluzione delle religioni non è già un caos di miti che s’incrociano a caso e costituiscono sistemi di dottrina più o meno strani e vitali. Le religioni vivono negli uomini, ed è grazie alla vita intensa che acquistano da prima in alcuni individui e in certi gruppi particolari alcune concezioni religiose, che si determinano i movimenti religiosi e che nascono le religioni novelle. Tutti gli elementi del Vangelo presistevano nel giudaismo, ma è stato necessario Gesù per percepirne e crearne la sintesi luminosa, semplice, moralmente commovente e attraente, che fu la sua fede evangelica, abbracciata dal gruppo credente che dopo la morte di Gesù predicò il Cristo risuscitato. Tutti gli elementi del Cristianesimo preesistevano in certa maniera nel mondo mediterraneo quando il Vangelo cominciò a diffondervisi, varcando i limiti della Giudea e della Galilea, ma sono stati necessari missionari come Barnaba... Paolo, Apollo per realizzare la sintesi del Vangelo e della mistica pagana nei suoi elementi fondamentali, in maniera tale da costruire la religione universale che fu il Cristianesimo, e alla quale il mondo romano potè convertirsi ».
L efficacia sociale e morale della concezione e dell’ideale cristiano viene anch’essa ripetutamente riconosciuta e asserita:.« ... Che tutto l’insieme di riti sacri e garanzie celesti dia al semplice credente, alla famiglia e alle nazioni cristiane un gran sentimento di dignità, di forza, di sicurezza; che esso contribuisca a procurar loro quel senso morale della vita e quella fiducia morale nella vita senza cui la vita umana, collettiva o individuale, perde il suo equilibrio e la sua fecondità, sarebbe insensato contestare. Tutte le esistenze poste sotto la protezione onnipotente di Dio che è garantita dalla mediazione perpetua del Cristo e l’intercessione di tutti i beati; la società dei fedeli passati, presenti e futuri unificata nel Cristo a tutti donato; questa presenza del Cristo-Dio perpetuamente sentita, di giorno in giorno rinnovata nella partecipazione al sacramento; la legge del dovere, del sacrifizio e dell’amore, incarnata nel Cristo stesso, sentita in lui, impressa da lui come un sigillo d’umanità sulle anime e sulle società credenti; quali soccorsi fra tutte le fatiche e tutte le prove.
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quale forza per le lotte della vita, quale sorgente di sicurezza dinnanzi alla morte! » « Il nostro ideale dell’umanità può e deve essere più vasto, più maturo, più pratico, moralmente più complèto, senza esser meno puro nè meno elevato di quello del Vangelo ma, non possiamo punto negare che esso ne procede, almeno per lo spirito che lo anima. Il Cristianesimo è la tradizione d’umanità da cui sortiamo, e se noi ce ne distacchiamo non occorre perciò che la rompiamo intieramente con essa... Il nostro ideale umano è il figlio legittimo e bennato dell’ideale cristiano...: e i cristianesimi si adattano più o meno, un po’ di buona voglia un po’ a forza, e forse si adatteranno sempre di più, al movimento dell’umanità... La nostra città santa non si realizzerà, noi lo sappiamo bene, che per la forza di Dio, o se vogliamo, per la potenza misteriosa che spinge l’umanità fin dalle origini sulla via del progresso, e che ora, lo sentiamo, vuole creare questa città delle nazioni aperta a tutti gli uomini, questa città di luce e di vita... Sappiamo attingere nel nostro ideale umano la forza che l’uomo ha sempre trovato nella fede...: la più umile azione compiuta in spirito d’umanità, è un utile contributo alla città di Dio... ».
E cento altre pagine potremmo citare, in cui anziché « l’acutezza mordace e corrosiva di chi non ama, e scruta non una cosa viva, ma una cosa che crede morta per sempre», palpita, e proclama la sua fede, un apologista che, tutt’altro che «invaso dal gelo di un intellettualismo dissolvente », vive tutta la sua vita religiosa della ragione e del sentimento, e non contento di essere professore al Collège de France — e non sarebbe poco illustrare una tale cattedra di storia delle religioni non solo con la scienza, ma anche con una vita che impone il rispetto e la stima di tutti gli onesti — resta anche, e più che mai/sacerdote dell’eterno cristianesimo.
Giacché di sacerdote, anziché di professore invaso dal gelo deH’intellettua-lismo, Sono, ad es., queste altre pagine che meriterebbero, se altre mai, di trovar posto in una raccolta di pagine religiose (i) :
« Una democrazia non può sussistere senza un alto ideale di moralità, e non vi è alto ideale morale che non sia religioso, essenzialmente religioso. La storia lo prova e l'evidenza lo mostra. Non vi è abnegazione e sacrificio senza una fede... Una società che non corresse dietro che alla ricchezza e al benessere, al massimo possibile di benessere col minimo di lavoro, senza preoccupazione della dignità umana nell’individuo, nella famiglia, nei costumi pubblici, diverrebbe a breve scadenza una Sodoma o un Inferno, o tutti e due insieme. Il programma democratico e socialista non è veramente realizzabile che a mezzo di un ideale di umanità, più perfetto, più comprensivo, più intimamente e strettamente obbligato-rio... che quello delle antiche religioni...
(i) Ecco ciò che un illustre scrittore, e profondo conoscitore dell’opera del Loisy, e del Loisy stesso, ci scrive a proposito di questa accusa d’< intellettualismo ■ : «Tutte le ultime opere di Loisy sono piene di misticismo; e in questo stesso anno egli è stato attaccato come mistico dal positivista Marcel Boll, dallo scienziato Georges Matisse, e da Paul Desjardins a nome dei razionalisti... >. (Nola dell’A.).
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LA RELIGIOSITÀ DI ALFREDO LOISY, NELLA «VITA DI A. FOGAZZARO» 229
« L’idea che sosterrà questa devozione, l’idea dell’uomo e dell’umanità, della famiglia, della patria, della fratellanza dei popoli e della giustizia da stabilire... questa idea che noi cominciamo soltanto a intravedere e ad abbracciare, questa idea che impone, in fondo, doveri più grandi che l’ideale cristiano, è più religiosa, è una fede più grande, che il Cristianesimo stesso, poiché essa intende di realizzare nell'umanità vivente la perfezione della felicità nella giustizia, che il Cristianesimo rinviava, per una specie di disperazione, all'eternità invisibile e all’eventualità di una palingenesi cosmica. Bisogna osare di proclamarlo...: questo ideale umano è la più esigente delle religioni che siano mai state concepite dagli uomini...». * E ancora : « Senza dubbio, ' gli dei passano come gli uomini ’ benché più lentamente, e ‘ non sarebbe bene che essi fossero eterni ’, ma lo spirito divino che è nell'umanità non muore mai... La fede che si ha, la fede di cui non è possibile fare a meno, checché si pretenda — a meno di diminuire se stessi —, la fede di cui si vive, è un appoggio necessario, un principio di libertà intellettuale e morale, a cui siamo debitori di tutto ciò che possiamo essere e di ciò che facciamo di buono : bisogna quindi custodirla divotamente nel santuario dell’anima che è il soggiorno degli dei viventi. E come del cristiano è detto che egli muore nel Cristo per vivere eternamente, si può dire di ogni giusto che egli muore nell’umanità per sopravviversi. Il grido dello scettico disilluso: “ 0 abisso, tu sei l'unico Dio ”, non è una parola sincera; esso mente in faccia all’umanità. Il Dio unico è il nostro ideale umano che diviene sempre più grande, sempre più vero. No: non è un •* immenso fiume d’oblio che ci trascina entro un abisso senza nome *’ (Renan, Preghiera Sull'Acropoli) bensì è una possente speranza che ci guida sopra un oceano di vita senza fine ».
Il « gelido intellettualismo dissolvente » del professore sembra non ignori la poesia calda del sentimento religioso e la insufficienza dell’arido spirito scientifico, se è sua questa pagina ispirata, e di vivo sapore bergsoniano: « La scienza e la vita sono due cose distinte. Di già la vita naturale sorpassa la scienza nel senso proprio e stretto della parola: molto più la vita morale trasborda il quadro dell’esperienza e delle definizioni scientifiche. Questa vita può essere materia d'osservazione; ma l’osservazione non può vantarsi di penetrarne l’intimo impulso nè le possibilità indefinite, e soprattutto, non è la teoria che ne procuri la virtù. È un flutto che viene non si sa da dove, e che sale: viene su dalle profondità dell’essere, da profondità che sfuggono ad ogni conoscenza, e di cui i filosofi hanno tutta l’aria di parlare solo per congettura. Questo flutto appare al fondo del nostro essere, e ci solleva; la vita sociale lo alimenta, ma sarebbe un’espressione equivoca dire che essa lo crei, considerato che è appunto questo movimento ascendente della morale che crea la vita sociale in quanto distinta dall’esistenza gregaria. Caratteristica di questo movimento è di non essere orientato verso un limite fisso, ma verso un ideale i cui contorni vanno allargandosi ed innalzandosi a proporzione che si tende a raggiungerli.
« Il sentimento di questo ideale, l’aspirazione che va verso di esso, la soddisfazione che si prova a servirlo, costituiscono, a rigore, l’essenza della religione, ciò
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per cui le religioni servono al progresso umano in ciò che esso ha di più nobile e vero, lo spirito di giustizia e di fratellanza. A taluni spiriti troppo scientifici e troppo aridi, che fossero tentati di dire che queste non sono che metafore e immagini, sarebbe facile rispondere che gli uomini non hanno mai parlato che per mezzo d’immagini e di metafore, e che i simboli esatti, astratti e cifrati, dell’algebra e della chimica non convengono alle realtà di cui ci occupiamo... L’educazione del sentimento del bene, del senso dell’umanità... alimentato dalle religioni, manifestatosi in esse e da esse formato... non si continuerà e non agirà che per mezzo di concezioni non già geometriche, ma mistiche, auguste e sacre, di famiglia, di società, di patria, di umanità. Se queste nozioni viventi e operose non troveranno più il simbolo e l'alimento nelle forme magico-religiose degli antichi riti, esse si serviranno d’un equivalente che creeranno, perchè farne a meno non possono... La formazione e la direzione dell’umanità avranno sempre un certo carattere mistico, senza il «piale nessun vero progresso sarebbe possibile...
« Se i vecchi dommi — e non è per nostra colpa — non ci dicono più nulla, un domma dell’esistenza umana pieno di materialismo e di brutalità ci soddisfarebbe anche meno... Noi crediamo di ritenere ciò che vi era di realmente vivo e forte nella fede antica, e stimiamo che i credenti dei vecchi simboli non hanno motivo di riguardarci con compassione: anche noi abbiamo una fede che non è meno rispettabile della loro nè meno alla e sincera... ».
Sottolineando queste ultime parole, vorremmo domandare ai detrattori del I.oisy, che citino pagine del periodo « cattolico » di lui, pili religiose e cristiane di queste del suo periodo di «gelido intellettualismo »; e che se non riescono a trovarle, riconoscano che ciò che prima in lui apprezzavano a preferenza, era soltanto la sua formale unione alla Chiesa —- unione non da lui ripudiata — e che ciò che ora deplorano e amaramente gli rimproverano non è, in fondo che di aver mantenuto la sua calma e possente, mirabile fecondità, la freschezza operosa della sua religiosità; di aver continualo da professore, e benché distaccato ramo vitale del tronco intristito, la sua missione di sacerdote. Noi non crediamo che l’illustre autore della Vita di Antonio Fogazzaro sì altamente benemerito dell’opera di elevazione spirituale della classe colta contemporanea sia capace di nutrire coscientemente tali bassi motivi d’invido rancore: ma a lui vogliamo solo permetterci di ricordare. - e ci perdoni l’allusione personale a cui egli stesso ci ha quasi trascinato —- che il trattamento da lui stesso subito per mano dell’autorità ecclesiastica non è molto dissimile da quello del Loisy, nè molto diverso (e il diverso è in parte spiegato dalla diversità delle circostanze) è il contegno « senza impeto di sdegni e senza violenze di rivolta », da lui stesso assunto in tale occasione; e che, secondo un proverbio inglese non privo di riscontro in un più umile proverbio italiano, « non è prudente lanciare sassi contro i passanti, quando si abita in una casa di vetro ».
Giovanni Pioli.
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nch’io ebbi il mio letto di rose, come tutti gli uomini. Sopra questo altare, dove si compie il più dolce dei sacrifizi: — il Sogno — abbandonavo l’anima ai luminosi coltelli del Profumo. Ma finché io ebbi questo letto di rose, e potei dormire profondamente e sognare tutte le cose, io non conobbi mai nè la pace nè il riposo.
□ □ □
Anch'io ebbi il mio letto di spine: un doloroso cespuglio,
come tutti i santi. Avventatomi sul mio vecchio rosaio, come se avessi avuto nelle
mani i venti delle tempeste, tutte le rose caddero recise, e non riposai più che su secchi rami spinosi.
- Questa è la pace - dissi: Avere l’anima posata sopra un cespuglio, avere gli occhi aperti spalancati, quando viene la notte con le sue torce fumose d’ombra, e veder crescere stupefatti il nero incendio che consuma la città e la foresta: veder la terra distrutta e i cavalloni della notte trascinar nei gorghi delle tenebre gli ultimi rottami galleggianti: propilei di templi e cupole di teatri splendenti ancora di ceri e di lampade!
— Questa è la pace. L’anima non si placa e non s’acquieta che nella veglia e nella distruzione del Maligno...
— Pure, anima mia, questa pace non è ancora il riposo, dissi. Bisognerà trovare il riposòFu allora che fracassai e pestai il mio ultimo letto. E cominciai il mio viaggio verso il deserto come tutti gli dei. E camminando vidi un uomo, il cui viso oscuro di fuori come il viso degli uomini, era luminoso di dentro: gli orli delle sue palpebre erano un filo di luce; talché sembrava che il suo volto di tenebre portasse dentro un volto di luce. Sostai e vidi che l’uomo portava sulle braccia un piccolo fardello, un bimbo che dormiva, un angelo abbandonato sulla povera culla di due braccia e un cuore.
□ □ □
Questo è il riposo — mormorò il mio cuore. — Il fanciullo dorme... il fanciullo riposa nelle braccia del padre. Il riposo è nelle braccia del padre.
E caduto in ginocchio dissi questa parola: padre !
Calogero Bonavja.
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“ PADRE!,,
(Voi. XVIII. Tav. V|
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— ——- — -, -—
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> NOTE E * COMMENTI
DAL CROCE AL CORBINO
I.
Perchè mai il programma di rinnovamento scolastico, che Benedetto Croce, con illuminato volere e inflessibile tenacia, perseguiva, abbia dovuto sottostare alle bizzarre oscillazioni di Montecitorio; e le colpe fiumane e... mediterranee del conte Sforza, con relativa « solidarietà » del Padrone, debbano essere scontate anche. . dalia scuòla, è mistero che nessuna si bilia, crediamo,” riuscirà a rivelare.
Il Croce ha dovuto, in tal modo, spezzare la sua opera, quando meglio poteva mostrarne la portata e chiarirne il significato.
Ho avuto occasione di notare, in questa stessa rivista, la fiera a versione del mondo scolastico in generale al suo progetto del-l’esawi di Stalo, e come oigrizia, ignoranza, settarismo fossero riusciti a costituire una « triplice » ineffabilmente grottesca contro il pericolo Croce e C.
Ma poiché, da un lato, il fenomeno di contrarietà e di diffidenza si avverte in vasti strati dell'opinione pubblica; e, dall’altro, il progetto stesso, almeno nelle sue linee generali, sarà argomento d’imminente battaglia parlamentare, cerchiamo di vedere se gli stessi attaccati non siano per avventura incorsi in qualche errore di tattica, che abbia in qualche modo contribuito all’irritante alzata di scudi contro il (presunto) scudo crocialo dell’ex-ministro!
(Già, perchè ad ogni costo si vuole che il Croce siasi fatto così fervido assertore della c scuola libera » o ■ esame di Stato », per far piacere ai clericali; se pur non proprio lui — Benedetto Croce, il più puro discendente di Hegel — non sia un devoto milite della religione cattolica-apostolica-romana; disposto a disperatamente battersi per la Chiesa e per il Papa... L’ignoranza degli italiani, in materia di filosofìa, religione, e problemi spirituali in genere, è tale, da far rabbrividire, se si pensa che di codeste amenità vanno gravemente in giro tra la così detta... «classe colta •’...)
IL
Ebbene, ci par doveroso riconoscere che anche nostri amici, coi quali profondamente concordiamo, nella visione di molteplici problemi di vita scolastica (anzi nella valutazione generale cl problema della scuola), abbiano, in virtù del loro stesso fervore di difesa, spinto gli altri, a intensificar la offesa. Con la conseguenza, esiziale, di radicar nella mente degli incompetenti — e cioè, della stragrande maggioranza del Paese, legislatori in prima.linea! — che scuola libera (con quel po’ po’ di confusione che la frase ingenera, e che altra volta mi sono sforzato di ■ delucidare in queste pagine, c discorrendo del « Caso Ariolc » ne La Educazione naziona e), sia la panacea miracolosa per tutti i malanni di cui la scuola soffre.
Mentre — c bisogna dirlo ben chiaro — non è, nè potrebbVsserlo. Scuola libera, o esame di Stato (quanto meglio, se tutti ci accordassimo nel dillo esame di ammissione), o qualsivoglia riordinamento estrinseco, riuscirà, come i veleni, salutare o mortifero, a seconda dell’uso, o dell’abuso: Sroprio come nella scuola... non libera! i tratta di ricostituire il giudicante, non il metodo del giudicare!
L’accanimento, rigidamente programmatico ed esclusivo, me lo spiego solo da
——mw
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parte dei clericali o... popolari che sieno; per i quali, la scuola libera può trasformarsi in strumento efficacissimo di propaganda politica e pseudo religiosa: chè, per cotestoro. scuoia libera = scuola cristiana = scuola cattolica = scuola dogmatica, e cioè liberticida: come... non dovevasi dimostrare! Ma. non da parte di chi/ non alla estrinseca libertà della scuola-intenda; anzi, a quella più concreta libertà che si celebra nello spirito e per lo spirito. Un cretino, o un settario, nella scuola libera resterà liberamente cretino o settario, e insegnerà cretinescamente o settariamente.
Un educatore-artista (non è mica peccato esprimersi così, no?!) resterà artista. libero, insomma, anche nella scuola non libera.
La cui non libertà, se mai, ha origini tut-t'affatto diverse da quelle goffamente estrinseche vantate dai elenco-popolari.
Noi abbiamo ripetutamente mostrato che il male vero, onde la scuola soffre, non è nei programmi e negli ordinamenti burocratici.
Siamo d’accordo: all’opera consciente c conscienziosa deH’educatorc-artista si frappongono un’infinità di ostacoli, che rappresentano altrettanti itola scholae: orari e spezzettamenti di materie: crassa materialità di programmi e inceppamenti di cervellotiche « circolari »; insipienza di presidi, direttori. provveditori, e ispettori (che. troppo spesso, nient’altro... presidiano, se nqn il loro « gabinetto »; nient’altro dirigono, se non il « corridoio • con relativo bagaglio di pettegolezzi e meschinità: a nient’altro provvedono, se non alle regolamentari « scartoflie »: nient’altro sanno, o possono, ispezionare, se non... le cravatte dell’ispc-zionando. registri, diar e simili facezie) ostacoli, che insieme allo stragrande numero di alunni — incapaci o immaturi la più parte — intralciano ima non possono distruggere, se fondamentalmente esista) la libertà, cioè la creatività dell’insegnante.
Siamo d’accordo: codesti ostacoli vanno eliminati, debbono essere sollecitamente eliminati. Purché, però, beninteso, sia eliminato il primo vero fondamentale ostacolo all’esserci di una scuola che non sia mercato d’idee e di voti: il maestro incapace.
Si riduca quanto si voglia il numero delle ore d’insegnamento, si riduca quanto si voglia il numero degli alunni — cose faustissime e santissime —: ma, se il pro-essore di filosofia e pedagogia resta il
pedagogo • normalista > o il risciacqua-tore di schemi... illogici; e quello di storia lo sciorinatore banale di fatti e date; e quello d’italiano il necroforo dell'arte e il necrólogo degli artisti, e così via discorrendo, non c’è speranza di salute.
Così, che il punto veramente essenziale del progetto Croce è la maggior possibilità selettiva degli insegnanti. Chi grida contro di ciò, a meno che la verde bile non Io divori, è certamente... al verde quanto a idee e a capacità, e non è da prendersi menomamente sul serio.
Se, dunque, l’esame di Stato si inquadrerà, com’io fermamente credo, in tutto un piano organico di rinnovamento, meglio che di frammentarie riforme: e rinnovamento dello spirito stesso della scuola, che ha da essere quanto meno scuola possibile, per farsi, non specchio della vita, ma vita essa stessa: se Tesarne di Stato si risolverà, com’io fermamente credo, in un primo colpo di piccone contro un edifìcio che asfissia e diseduca e istupidisce e che deve crollare: se, insomma, esso non resterà riformetta isolata o mezzucci© per tirare innanzi, può riuscir salutare; e va accolto e sostenuto da quanti credono nel valore nazionale e spiritual-mente costruttivo della scuola. E allora si potrà guardare- serenamente in faccia anche al pericolo clericale!
Stimiamo, tuttavia, d’esser nel giusto, quando osserviamo, che bisognava evitar d’ingenerare nella coscienza — o incoscienza, se si vuole — delle trepide vestali dell’incolumità statale, la persuasione che l’esame di Stato fosse fine a se stesso ; bisognava evitar di porlo al primo piano, che alla miopia dei profani poteva apparire, e appariva di fatto, come un primo piano assoluto.
nij
Noi abbiamo la tranquilla consapevolezza della niuna autorità del nostro parere: siamo troppo abituati a non aver voce in capitolo nè a destra, nè a sinistra per poter presumere che le nostre parole possano essere prese in qualsiasi considerazione, là... aove si puote ciò che si vuole!
Non per ciò ci sentiamo meno in dovere di segnalare quello che ci sembra un grave errore tattico: l’aver spostato il problema dalla periferia al centro.
Ci auguriamo che il neo-ministro Corbino — homo novus in fatto di politica
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scolastica, ma aduso, per la sua severa tempra di scenziato. a cogliere i problemi nella loro interezza, e arisaure alle ca se — erediti non il solo esame di Stato (che nella gretta furbizia dei molti assume carattere di espediente politico, prima che di atto spirituale); ma l’organico progr rama di riordinamento scolastico dal Croce disegnato.
Ce ne dà affidamento anche la scelta del sottosegretario on. Anile; il quale, pur essendo inscritto al P. P. I., ripete la sua educazione intellettuale, e la sua passione di educatore, dai principi deiridealismo crociano e dalla Nuova Pedagogia, che
s’impernia sui nomi del Gentile e del Varisco. Firmatario del Fascio per l'educazione nazionale, conoscitore profondo delle necessità della scuola, mente agile e insieme equilibrata, si può star certi, che nella sua attività politica si esprimerà meglio la sua coscienza di studioso e di italiano, che il suo — noi amiamo creder contingente, chè experienlia docet ! — appartenere al Partito Popolare.
Occorre agire e osare, senza indugio.
E se i corvi gracchiano, e le rane gracidano, dopo tutto... fanno il loro mestiere!
Vincenzo Cento.
LA ‘STORIA DI CRISTO’ E GLI ULTIMI DEI ‘DUECENTO’
Poiché qualche lettore é desideroso di conoscere ancora che cosa hanno detto i critici della Storia di Cristo e vuol risparmiarsi la fatica di leggere le ultime oelle «duecento » recensioni che il Vallecchi assicura èsser state scritte in pochi mesi sull’ultimo lavoro del Papini, accontentiamolo, non senza avvertirlo preventivamente che molti necessariamente ripetono il giudizio altrui, vuoi per la naturale reazione della mente di fronte ad un oggetto, vuoi per quella pigrizia intellettuale-ch’è la ragione principe di molte concordi quanto unanim vedute spirituali.
Non si può negare cionondimeno che per l'interesse destato dall’opera molte riviste e molti giornali sono ritornati su'l’argomento con nuovi recensenti o con nuòve vedute, sebbene non sempre felicemente.
Lo scrittore, la conversione, l’opera d’arte, l’opera morale e, specialmente negli ultimi critici, il successo del libro hanno formato lo schema del giudizio della maggior parte dei recensenti, sì da generare nel lettore una noia facile a comprendersi.
Non vi è perciò alcuna necessità di prendere in esame le innumerevoli critiche (?) di questo stampo, siano esse state scritte nella forma del panegirico o in quella della stroncatura: i lettori possono, senza nessun danno, darsi per lette le recensioni del Popolo di Trieste, della Nostra Via di Padova, del Popolo nuovo di Roma, del Giornale di Mantova, della Chiosa di Genova, della Unità Cattolica di Firenze, della
Libertà economica di Bologna, del Racco-f1litore di Firenze, del Convegno di ■ Mi-ano, della Rassegna nazionale di Firenze, della Fiaccola di Reggio Emilia. Sproloqui, vaniloqui, divagazioni, piccole antologie di luoghi estratti dalla « Storia » caratterizzano all’incirca tutte queste recensioni, che sono spesso una seconda o una terza manifestazione di giudizio del giornale o della rivista sull'opera del Papini e non sempre la migliore. I.o stesso p. Gio-vannozzi, che ha scritto tanto sulla Storia di Cristo e, dal punto suo di vista, non vacuamente, si è abbandonato invece nella Rassegna nazionale a divagazioni che non avevano quasi quasi ragione d’essere: così altri neirt/niM cattolica e via dicendo.
Non rileverò poi quelle che sono state delle mere vacuità, come le recensioni del-V Azione di Cremona, della Gazzetta dell’ Assicurazione di Firenze, e quella de\V Ordine di Abbiàtegrasso, che ha voluto ripetere le solite banalità antipapiniane di stroncatori anonimi, richiamando gli argomenti della venalità dell’A. e del suo desiderio di es er mésso all’indice.
A dir il vero queste stroncature ànno Io stesso valore delle « consolazioni », o peggio delle protezioni benevole di cui gratificano l’A. molti critici più o meno oscuri. Mi ànno l’aria cioè di es -er dettate dalla stessa miseria psicològica. Fidando nell’antico sentimento italiano di di' prezzo per la religione gli uni si sentono incoraggiati a prendere a calci P. con l’aria di superiorità del vecchio anticlericale.
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Fidando sulla fraternità cristiana gli altri si credono levito di prender a braccétto P. con l’aria di proteggerlo e di consolarlo del preteso disprezzo altrui introducendolo nella compagnia loro. Son cose da far ridere!
Capisco vi è la 2* edizione della « Storia », dalla quale, a quel che pare, sarebbero stati espunti alcuni passi... compromettenti; così almeno ce ne a sicura A. Vau-dagnotti nel Momento, facendone merito all’A.
Ma fa non meno ridere certamente l'accusa che si fa a P. dell’aver voluto esser messo all’indice; cose che io già rimproverai a due critici nella mia prima rassegna mentre più che mai la stampa cattolica con i suoi plausi mi conferma come un tale giudizio non fosse se non una boutade assolutamente acritica. Domenico Giu-liotti, anzi in una sua recensione pubblicata da Arte e Vita (n, 6) veniva ad esprimere quel che avevo già detto in una forma anche più grave: « E la stampa ufficiale cattolica, smentendo col proprio contegno la strana profezia d’un critico incompetente che prevedeva inevitabile contro la ■ Storia di Cristo » l’intervento dell'indice, ha reso a G. Papini, che aveva diritto di attenderla, la più completa giustizia ».
È vero, ma la stampa cattolica ha pur reso al P. dei cattivi servigi quando ha lasciato emettere da alcuni dei suoi più zelanti rappresentanti dei giudizi che al Papini non potranno non apparir per lo meno altrettanto strani del giudizio di quel tal « critico incompetente ». Non ha fatto, p. es., il p. Gemelli in Vita e Pensiero tutta una nota in calce al suo articolo, il quale tende a dimostrare — cosa che avevamo già ben visto molti di noi — il cattolicismo, anzi la religiosità del Papini prima della sua « conversione », non ha fatto una nota, dico, per inculcare ai suoi lettori che per parlare di G. C. è necessaria una preparazione teologica e che occorre l’uso di un linguaggio «tecnico», quello teologico e via dicendo! Non solo, ma il p. Gemelli ha fatto già della « Storia » un libro proibito per una classe di persone, le signorine, per le quali naturalmente dovrà essere espurgato, more gesuitico. « Certo il suo libro non è fatto per le signorine; tanto non fu scritto per esse ».
Non son cattivi servigi questi? Possiamo noi concepire che il Papini accetti un Cristo avvolto nella bambagia della teologia e che abbia pensato a scrivefe una « Storia di Cristo ■ per soli uomini, come un conferenziere di un qualunque circoletto cattolico?
11 Momento difatti, che era stato già largo di critiche e di recensioni, dopo che il Salvatorelli nella Stampa pubblicò il suo studio magistrale, di cui diremo poi, ha affidato al vaudagnotti il còmpito di fare il contraltare alla critica del Salvatorelli, che riteneva « presuntuosa » e tendente a travisare sistematicamente « l’incomoda apoteosi che è stata resa alla nostra Fede in questo libro dell’illustre convertito ». E il recensente prendeva scolasticamente in esame il lavoro, premettendo la sua brava definizione, stabilendo i punti precisi (cinque, non’ uno di più, nè di meno!) di esame del lavoro e tirando qua e là le orecchie all’A. Gli dava lode per le correzioni della 2* edizione e per una 3* gliene proponeva altre, non senza mostrargli come poi, alla fin fine, anche nelle direttive fondamentali vi fosse da... osservare qualche cosa.
Papini dice che Cristo è il capovolgi-tqre, il distruttore: ohibò! « egli non ha distrutto, ma purificato e sublimato i così detti valori sociali e culturali ». La moneta è oggetto di invettive da parte di P. ? Ma ci pensi bene, sol quando è « strumento di male »! Il potere coercitivo .dello Stato è considerato da! P. come un abuso o un male necessario? Piano, quando si tratta di violenti le penalità furono e saranno sempre giuste! Che diamine! Attilio Vaudagnotti ha ragione: se Papini non rettifica queste tendenze all’assoluto, come mai potrà adattarsi al relativismo cattolico? I «primogeniti» debbono pur-indirizzare questo figliuol prodigo nella conoscenza della gnosi, altrimenti il ben costrutto edificio crolla.
Cattivo servizio.- dunque, questo che rendono i cattolici al Papini, mentre forse sol tentando la via della dimostrazione della religiosità e del cattolicismo del Papini avanti la conversione avrebbero potuto rendere un reale servizio alla comprensione dello scrittore II Gemelli vi è riuscito tanto bene che la Revue des Jeunes lo ha preso per guida nel parlare della conversione dello scrittore ai suoi lettori. Meglio ancora, sebbene naturalmente con
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altro impeto e con altra conoscenza dell’A., l'ha fatto il Giuliotti nell’articolo già citato. Con il suo stile passionale, con la sua idea fissa di menare colpi furiosi a diritta ed a manca contro i mulini a vento, il Giuliotti che può essere, come dissi altra volta, esagerato ed eccessivo, ma è sincero e tende all’assoluto come il Papi ni e come lui quindi spera nella Chiesa la realizzazione pratica di queito assoluto, ha e&aminato il P. dell’anteconversione e della conversione e giuliotteggiandolo l'ha scaraventato con? tro la società.
Chi invece à voluto giuliotteggiare è B. Spampanato che nel Don Marzio di Napoli à elevato ai sette celi l’opera del P. prendendosela con tutti, sforzandosi di apparire irato quando non lo era affatto e finendo collo snaturare la Storia di Cristo, scritta, dice lui, «per staffilare le mezze coscienze! ».
Preferisco indubbiamente questi critici a quelli che hanno voluto esaminare scolasticamente »qualche punto speciale del « caso Papi ni », come F. Tonolo che nel Piave di Treviso ha studiato « Papini e l’Eucarestia » o come, per quanto indiscutibilmente meglio, Enrica Grasso che nella Collaborazione di Milano ha esaminato l’opera come degna espressione della « pienezza dei tempi ■ maturi per la venuta del Cristo, o come il critico della Perseveranza il quale, però, nei suoi «appunti» sull’opera papiniana, ha ben considerato il persistente carattere personale dell’A., la logica riluttanza dei teologi a mandar giù molte delle sue espressioni e la necessità che, per rendere l’opera più efficace, l’A. sappia assimilare dal Vangelo la soavità francescana!
È vero che, come già dissi, su molti dei tardi venuti il giudizio dei critici precedenti ha pesato in modo tale che sono stati più propensi a fare una relazione della loro impressione che a esprimere un giudizio critico. Temendo di lasciarsi influenzare dagli altri, sono stati scoloriti o indecisi. Così forse anche G. Damerini nella Gazzetta di Venezia, per quanto abbia ben compreso con tanti altri, che la Storia di Cristo appare come l’effetto d’un momentaneo sforzo intellettuale, del quale più tardi il P. stesso dovrà accorgersi, più che racquietarsi definitivo di uno spiritò dinamico come il suo in una concezione statica della vita.
Francesco Magri, invece, per la Sera
di Milano ha trovato una parola che non potrà piacere al P., anche se non tutti i critici divideranno la sua impressione. Egli ha creduto che l’opera dello scrittore fiorentino, al di sopra di critici e di ipercritici, valesse perla diffusione della parola divina del «ritrovato», parola che è fede, speranza e carità. Egli na creduto che in tal modo il P. avesse voluto dare al Cristo diritto di cittadinanza spirituale nel più vasto mondo « come già avevano fatto i suoi avi di 4 secoli addietro, per bocca del Savonarola ». Il che speriamo si riferisca al semplice fatto storico, non alla « maniera » dell’espressione, perchè se volessimo andare al Savonarola dovremmo davvero ritornare al dilemma che ponemmo più volte in queste rassegne: assoluto o relativo?
Con la qual domanda saremmo ali’in-circa al rimprovero che rivòlge al P. il Murri nella sua rivista Rinascimento (fase. 2), asserendo che deve muovergli un’ ob.biezione sostanziale, avendo egli adottato un metodo che infirma tutta l’opera sua. «Il suo Cristo non è il Cristo storico; è il Cristo della tradizione domma-tica ortodossa ». Papini non ha riscoperto il Cristo, ma l’ha accettato da una tradizione per venerabile che essa sia, ma discussa.
Neppure a un altro critico, a Calogero Bonavia, il Cristo di Papini appare soddisfacente: esso «gli ripugna» e gli appare spoglio « di grandezza e di potenza, cioè di divinità». Così egli dichiaia nell’Ora di Palermo, rifacendo la storia del Cristo quale appare dal racconto papiniano, pur confessando che tutto ciò non può diminuire il valore di efficienza della « Storiti di Cristo » su coloro i quali pare dimentichino che oltre la scienza e la filosofia vi è Cristo.
• • •
Mi ero stupito già che i socialisti non avessero saputo vedere nell’opera del P. un’accusa contro la società attuale e Ìiuindi in essa un documento di più a avore della tesi socialista, un grido disperato verso uno stato sociale migliore.
Avanti, ora, per bocca di Dino Bonardi. ha espresso questo stato d’animo, facendo un esame molto giusto della Storia di Cristo, mettendone in evidenza i valori artistici, morali e, a malgrado dell’A., po litici ed affermando che la società a cui gli uomini devono tendere non può, senza
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dubbio, essere quella attuale ■ sacra al furto, alla violenza, alla frode, all’odio e all’ingiustizia senza confine, sotto la cui insegna ancor oggi viviamo ».
Anche Seb. Nicastro nc\V Educazione nazionale non solo giudica favorevolmente dell'opera dal punto di vista artistico, ma ne spera bene per la pace sociale, come « antidoto salutare a quell’atmosfera di violenza e di odio che si respira tutt’in-torno nelle torbide giornate di questo periodo sanguinoso ». E magari così fosse! I nvece a provare che la Storia di Cristo è un’opera isolata, non un’espressione della volontà del tempo o dei suoi bisogni, sta proprio lo sfacelo sociale che sempre più si aggrava.
Onde non sono d’accordo con Mario Vitali che nel Maglio trova l’opera del Papi ni espressione della nostra epoca, preceduta <!al sentimento precursore di altri, per es. dal Borsi. Sebbene non la riconosca priva di difetti, pur sostanziali — quello, per es. «li farci più che amare Cristo odiare i suoi nemici —, ritiene che si leggerà sempre volentieri e che rimarrà come un documento del nostro bisogno di spiritualità.
Quasi ad identiche conclusioni giunge Angelo Crespi nella Vita internazionale, asserendo che dopo le recenti esperienze «Iella guerra, fallito il concetto dello Stato universale e affermatosi il feroce individualismo moderno sia di collettività che di singoli, fallita perciò l'autorità e sorta l’anarchia che distrugge uomini e Stati, l’unica tavola di salvezza che può gettarsi all’umanità che sta per affogare è oggi nelle forze religiose c quindi nella vita per eccellenza. *
« • «
È necessario far parola per ultimo di alcuni studiosi i quali sono stati assoluta-mente contrari all’opera del Papini, che hanno giudicato severamente in forma più o meno vivace. Già Gerolamo Lazzeri, nei Mercure de Franse, pur ammettendo il successo librario ed il valore artistico del libro, concludeva che gli sembrava non raggiunto lo scopo prefissosi, aggiungendo:
« Son christianisme nous semble d’ail-leurs d’une efficacité douteuse, surtout quand il s’identifie avec le catholicismc absolutista de l’Eglise Romaine. Parce que — et voici la contradiction de la Storia di Cristo — M. Papini en vou-lant reconduire l’humanité à la parole de fraternità du Christ, c’est-à-dire à la con-ception dn christianisme primitif, nous
indique, au lieti de cela, íimperialisnie spiritaci de l’Eglise catholique ». Ho sottolineato le parole che riproducono quasi identicamente le mie per far notare quello che il giudizio del Lazzeri ha di comune col mio, che i lettori ricorderanno.
Per altre ragioni, soprattutto per l’ostracismo bandito dal Papini ai risultati della critica storica, hanno giudicato piuttosto severamente il lavoro il Buonaiuti nella Nuova Antologia e il Salvatorelli nella Stampa. Il primo osserva che, contrariamente a quel che asserisce, il P., sia pur elementarmente, si serve dell’analisi filologica per alcune sue affermazioni (mc-tanoia, usò di alcune fonti religiose, ecc.). Il secondo con molta acutezza considera l’opera del Papini, per spirito, alla stregua di tutte le opere apologetiche, anche se la forma sia artistica. Se non che quanto alle affermazioni sulla critica storica trova che esse sono di una « imperdonabile vacuità » e non riconoscono la natura .del problema critico. Inoltre l’insufficiente collocamento del Cristo nell’ambiente e nel momento storico espresso mediante alcune « insolenze a Cesare Augusto » ( 1) e senza un’adeguata valutazione di uno dei tèrmini di confronto, quello della civiltà antica, rèndono incomprensibile per lo spirito moderno la storia del Cristo. Così « il valore del Cristo è ridotto al valore di certe sue parole ch’egli ha pronunciato millenovecento anni fa e che, dunque, possono continuare a produrre il loro effetto più •> meno grande, indipendentemente da lui'. Manca un significato permanente della sua persona, manca il senso e l’affermazione di una sua presenza e di una' sua opera immanente ed eterna». Per ultimo il S. rimprovera al P.di dare al ««capovolgimento » dei valori imposti dal Cristo « un significato alquanto esteriore e materiale» mentre per il S. esso equivarrebbe ad una « affermazione dei valori spi -rituali che sono al di là e al disopra » di quelli della ricchezza, della vita sociale, della famiglia, dèlio Stato. Onde il còmpito dei seguaci del Cristo sarebbe di « permeare a vita sociale con lo spirito dell’individualismo religioso e non di fuggire e 1 rinnegare la società medesima ».
Più letteraria appare la riprovazione che nella rivista Le Fonti esprime A. Ma-erba, che oltre a fare all’A. i soliti appunti
(1) Per l'insolenza ad Orazio vedi il mio articolo nel Resto del Carlino del 25 settembre: « Il plagiario Ora-zio».
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sul carattere dell’opera (procedimento da curato di campagna; esagerazione dei difetti dell’impero romano e delle sue figure maggiori; espressione contraddittoria di molte affermazioni che non Sembrano cristiane, ecc.) se la prende anche con l’editore per aver... gonfiato il libro uniformandosi allo stile dell’opera!
Luigi Tonelli, invece, brevemente, ma crudamente ha analizzato la Storia di Cristo nella Rivista di Milano, facendo alcune osservazioni capitali, che sono realmente le basi della concezione cristiana del P.: quella, in primo luogo, della sua cerebralità, ch’egli ha portato però all’eccesso, negando, ad onda di ciò, al P. la facoltà di grande pensatore e negandogli pur la possibilità di fare'opera di arte e di stona. Più profondo mi sembra il Tonelli quando non può ammettere che il P-, che ha tutto negato e tanto dubitato, egli spirito critico e corrosivo per eccellenza, « possa accettare d’un tratto tutto il domma cattolico, tutta la tradizione ecclesiastica, tutta l’esegesi ortodossa, compresi i miracoli, le profezie e ciò che è evidentemente soprastruttura stòrica e leggendaria «sull’altissima genuina parola di Gesù ».
L’atteggiamento del Papini è quindi polemico per debolezza, per soffocar dubbi ed incertezze, e ciò dimostra la sua mancanza di spirito storico e pur una mancanza di senso cristiano, in quanto che contro i colpevoli diretti. o indiretti della croci-fissione « l’anima cristianamente convinta non può, in fondo, nutrire che un arcano orrore e un’infinita pietà ».
Il Tonelli poi rimprovera al P. i pezzi di « bravura », il virtuosismo che già altri gli ha rinfacciato: ma ad onta di ciò non riconosce alla sua opera nè valore di scienza, nè di poesia. Ha rallegrato il mondo clericale e i preti, sebbene non li abbia entusiasmati, ma ha deluso i critici di gusto e gli amici sinceri.
■ Questo libro — ha concluso — difetta, ed anzi manca d’intimità, d’ardore, di mistero. Come è insignificante per lo scienziato e assai poco interessante per gl’intendenti e i buongustai di poesia, così non serve all’anima assetata di fede. Letto una volta, con qualche stento, non lo si riapre. Non entusiasma, non incoraggia, non consola, non schiude alcun orizzonte. In fondo non è un libro, nel senso in cui lo stesso Papini avrebbe voluto, ma un’antologia di pezzi di « bravura »
Chi viceversa ha confessato di non averlo
completamente letto, pur dedicandogli un’acerba critica di molte pagine, è A. Gargiulo nella Ronda.Non gli ha riconosciuto nè bellezza di composizione, nè semplicità o vigore di stile, nè valore di sostanza, nè sentimento religioso. La sua critica è letterariamente così corrosiva e fondamentale che non si potrebbe riassumerla senza discuterla o criticarla, e non è qui il luogo di farlo. Egli ha voluto stroncare Papini ritenendolo « come un fenomeno tipicamente impuro del tempo ». E la Storia di Cristo gliene ha offerto il destro « superiore ad ogni aspettativa ».
Un punto della critica del Gargiulo — che secondo l’A. forse non rimarrà isolata — mi fa sovvenire di una critica francese pubblicata sulla Revue Mondiale da M. Zeppa de Nalva. Il G. cita come infelice un punto della Storia di Cristo che gli sembra tipico per la ■ bravura pennaiuola > che si accoppia, secondo lui, a una « necessità intima di pensiero, che appena supera il tipo componimento di liceo ». E il brano che comincia: « Non si può star, sempre sulle montagne. Appéna saliti in vetta alla montagna siamo destinati a discenderne. Condannati a discenderne » e yiadicendo.il critico francese vede invece in questo brano l’influsso di Léon Bloy e di Péguy « dont le mécanisme des phrases à recul et à répétition se retrouve, sans pourtant ce tremblement intérieur, qui les rend misterieuses, berceuses et troublantes ».
Fatta la storia della vita e del pensiero di Papini egli conclude che per quanto sincero « son livre reste froid, d’une dialectique verbeuse et superficielle; la matière religieuse—quelle que soit sa convinc-tion intime — il la délaye en développements de rhétorique, parfois heureux, parfois banals, parfois trop longs au point de former un véritable roman ». Conclusione: un’antologia di buone pagine, ma nessuna facoltà di attirare-le anime alla salute a car le don des larmes et de l'émotion est plus rare et plus puissant aussi que le don du verbe ».
E mentre correggo le bozze mi giunge il Correspondant con un interessante e completo studio di P. Guiton sull’opera di P. naturalmente in senso cattolico, ma non perciò meno serio e profondo. Il titolo « L’odyssée morale d’un italien représentatif » è forse un po’ esagerato; che gli italiani siano tutti spiritualmente
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dei Papini, mi pare piuttosto difetto di ottica! Ma quel che più mi colpisce in queste pagine e che mi par possa interessare anche i lettori per la conoscenza della genesi della conversione di P. e per la prospettiva in cui dovè apparirgl i e gli appare forse ancora l’idea cristiana, sono queste righe da lui scritte al Guiton e che credo inedite: « La mia crisi cristiana à cominciato nel /prò sotto l'impressione della guerra e dopo aver riletto Tolstoi e Dostoiewsky. Lo studio della storia mi à riportato all’Evangelo, 1‘Evangelo mi à ricondotto a Cristo e il Cristo alla Chiesa ».
A me queste linee fanno l’effetto d’una parabola che descriva una curva discendente dall’assoluto al relativo.
Sbaglio?
Vi*
MaTè*tempo’*di chiudere.
I lettori saranno, spero, soddisfatti della mia buona disposizione di accontentarli ancora una volta. Più in là non mi sento il coraggio di farlo. Anche se gli stranieri continueranno a parlarne (1) il tipo delle .loro recensioni è per lo più quello informativo sull’A. e sull’opera sua e infine concludente in un breve giudizio, non di rado ripetuto da altri, spesso esposto sotto un titolo sensazionale (come nel Boston Evcning Trascript che pubblicò il ritratto di Papini e una recensione del tipo... estero sotto il titolo: The chic/ Ila-lian Herctic Repents). In ogni modo: sulla Storia di Cristo si è detto ormai tutto da quel che abbiamo detto noi a queste ultime elucubrazioni critiche i lettori che hanno letto il libro e quelli che non lo hanno letto possono essersi fatta un’idea precisa della gamma dei giudizi che esso ha suscitato. In questo sta forse il suo maggior merito: un’opera comune non provoca cerio tante discussioni, tante ire, tanti osanna.
________ Giovanni Costa.
(1) Recentemente è dedicato a P. un capitolo della sua opera M. Vaussard (L‘ intelligence ea-tholique dans ¡'Italie du XX sitele, Paris, I. Ga-balda, 1921) sotto il titolo « L’ouvrier de la on-zième heure >. Dell'opera ci proponiamo di parlare un’altra volta.
Nota della Direzione.
Questa rassegna del Costa, che ha trovato largo consenso di approvazioni in tutti i nostri lettori ed è stata adoperata anche all'estero, come possiamo
rilevare dal libro del Vaussard che il Costa cita più su, è dispiaciuta per la parte che lo riguardava ai sig. Valentino Piccoli di Milano. Egli ci ha diretto sull'argomento una lettera di cui ci ha chiesto la pubblicazione. Data la forma... vivace, abbiamo sentito sulla cosa naturalmente il nostro amico, manifestandogli il desiderio che con una polemica inopportuna non venisse turbata la serenità tradizionale della rivista. Sappiamo che il Costa ha fatto il possibie per evitare la pubblicazione, ma avendo il sig. Piccoli insistito, egli ci ha chiesto di pubblicare insieme alla lettera di lui la sua che facciamo seguire, non senza dichiarare che in questo modo intendiamo chiudere senz’altro l’incidente.
La lettera del sig. Piccoli, dopo aver rilevato che il Costa lo ha posto « fra gli orecchianti in fatto di religione » ed ha gratuitamente assrito ch’egli abbia scritto « probabilmente senza aver letto compiutamente o attentamente l’opera », prosegue testualmente cosi:
■ Il sig. Costa non giustifica in alcun modo la sua accusa e prende in considerazione una sola frase — citata da lui anche inesattamente — della parte introduttiva del mio articolo.
• Egli non ha tenuto alcun conto della seconda e terza parte della mia recensione — brevi c schematiche per esigenze di spazio, ma non prive di elementi positivi, che non dovevano esser trascurati da chi voleva poi arrogarsi il diritto di una simile asserzione.
« Ma io non voglio ora discutere il valore della tesi da me sostenuta: il sig. Costa è padrone di dissentire da me nella interpretazione del libro papi-niano — è libero di credermi un • orecchiante » (sebbene certe facili affermazioni dovrebbero essere documentate in qualche modo) — ma non ha il diritto d’insinuare che io non compia coscienziosamente il mio dovere di critico, che io ho sempre considerato come una vera e propria missione.
• Io vorrei che gli studiosi imparassero una buona volta a discutere le idee, ma a rispettare le altrui coscienze ».
t Caro Boschetto,
Tu sai che ho fatto del mio meglio per risparmiarti la noia: se non ci sono riuscito non è colpa mia. Farò di più per la deferenza che ho per te e per la simpatia che mi lega a Bilycknis: non risponderò al sig. Piccoli nè in termini vio'enti, nè in termini moderati,anche se tu pubblichi integralmente la sua lettera In questo caso però tu mi farai il favore di pubblicare insieme questo mio biglietto, nel quale mi limito a chiamare giudici tra il suo.
risentire nto e la mia prosa incriminata I lettori che abbiano letto attentamente tutte le mie rassegne papiniane e specialmente l'ultima.
Con inalterabile cordialità
tuo G. C. !■.
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CRONACHE VATICANE
Sommario: Le dimostrazioni dei Giovani cattolici — Riprende la discussione sulle relazioni tra Italia e Vaticano - La parola del ministro Soleri e la tesi degl'intransigenti-La pseudo-intervista Gasparri - L’«Internazionale bianca * di don Sturzo e il monito del Vaticano.
La discussione sulla eventuale ripresa delle relazioni diplomatiche tra l'Italia e il Vaticano è proceduta tra alti c bassi, con andamenti polemici molto diseguali e intramezzata da vivaci episodi di vario genere, che non sono però serviti a chiarificare le idee ed a mettere la questione in termini positivi.
Un primo episodio vivace, che s’innestò in modo veramente inopportuno nella discussione, mentre non aveva nessun titolo intellettuale per farlo, è stato quello delle chiassose dimostrazioni verificatesi in alcune vie di Roma, in occasione del Congresso dei Giovani cattolici, tenutosi nei primi giorni di settembre. Il Congresso, imponente per numero di convenuti, doveva essere coronato, la domenica, 4 settembre, da una preghiera collettiva al Colosseo c da un atto di omaggio al Papa, in Vaticano. Durante tutta la sera del sabato corsero lunghe e complicate trattative tra gli organizzatori, le autorità di pubblica sicurezza romane, il Ministero degl 'In terni ed i più autorevoli rappresentanti del Partito Popolare, poiché le autorità temevano che, durante il non breve percorso dal Colosseo al Vaticano, potessero verificarsi incidenti spiacevoli, in seguito a qualche manifestazione anticlericale, di cui si bucinava. Questi timori fecero sì che le autorità resistessero alle molte pressioni, e il corteo fu vietato. I congressisti rimasero delusi e vivamente scontenti, sia verso il governo che verso
i loro stessi rappresentanti politici,” e questo senso d’indispettimento si mostrava, quando, poco dopo il mezzogiorno, terminata la solenne manifestazione in Vaticano, essi s'incamminarono per tornare nel centro. Il malumore aumentò di fronte alle energiche misure d’ordine pubblico che erano state preparate lungo il Corso Vittorio Emanuele e le vie adiacenti. Furono forzati alcuni cordoni di soldati e carabinieri; seguirono tafferugli presto sedati, e durante i quali fu sentito rinnovare.il vecchio e non simpatico grido di a Viva il Papa-Re! »
Questi incresciosi incidenti suscitarono un vespaio, rinnovando nella stampate nell'opinione pubblica polemiche aspre a base di clericalismo e di anticlericalismo, come da qualche tempo non si era visto, e che certo produssero un effetto poco favorevole per una serena prosecuzione del dibattito sulle relazioni fra lo Stato italiano e la Santa sede. Gli uomini politici rappresentanti del partito popolare in seno al gabinetto Bonomi si trovarono per un momento in una situazione ben penosa; ma la crisi, annunziata fin dalla sera della domenica da alcuni giornali, fu rapidamente evitata, e due giorni dopo la ufficiosa Corrispondenza, vaticana scriveva:
Gli incidenti, che hanno funestato la giornata di domenica, hanno prodotto viva impressione in Vaticano.
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Ieri mattina il Papa, dopo la funzione in San Pietro, chiamò a sè il comm. Pericoli, c volle minute spiegazioni al riguardo, incaricandolo di dire ai giovani tutta la sua benevolenza.
Negli ambienti cattolici si esprime, tuttavia, l'opinione che sia eccessiva ed ingiustificata l’azione repressiva nei riguardi dei giovani convenuti a Roma, c che non sia esatto accusare gli stessi di imaginario grida antipatriottiche. È invece perfettamente vero che il grido di « Viva il Papa-Re! » è un puro c semplice ricordo storico di molti e molti «ioni fa. L’ultima volta che tale grido risuonò ir Vaticano fu durante il Pontificato di Pio X. ma sempre per parte di stranieri. Anche allora fu apertamente biasimato dai cattolici, e gli stessi circoli vaticani si guardarono bene dall'incoraggiarlo.
D’altra parte una tendenza ad abbassare il tono della discussione si notò subito - in parte almeno - anche dall'altro campo. Un ordine del giorno del partito nazionalista dichiarò esplicitamente di separare la responsabilità, del partito dalle manifestazioni anticlericali alquanto vivaci succedute ai tafferugli della domenica, e circa una settimana dopo un articolo di Mussolini nel Popolo d'Italia diceva tra l’altro:
Giova notare che gli organi dirigenti del Fascismo sono stati estranei completamente a queste manifestazioni che sono scoppiate qua e là al ■’improvviso; ragione di più per dire una parola che orierti gli spiriti e i muscoli ne! futuro. Il Fascismo non fa dell’anticlericalismo nel senso demagogico che questa parola ha assunto in Francia e particolarmente in Italia. Meno ancora il Fascismo è antireligioso.
Posto dunque che il Fascismo x.on può essere anticlericale alla vecchia maniera c che dev’essere rispettoso nei confronti delle manifestazioni religiose, bisogna avere il coraggio civile di riconoscere che i giovani cattolici convenuti a Roma, avevano perfettamente il diritto di sfilare in corteo: che avevano perfettamente il diritto di gridate Viva il Papa; poiché non si può pretendere che dei cattolici gridino: Viva Domizio Torrigiani.
E ciò per impedire che il Fascismo sia exploit della Massoneria, della Democrazia c generi affini.
Verso la. metà del mese parve dunque che la questione sostanziale che si dibatteva intorno al Vaticano potesse riprendere, dopo una breve parentesi di polemica spicciola. E infatti nuovi contributi alla discussione furono offerti da importanti articoli di giornali e riviste. Di natura
più particolarmente storica un saggio era già prima comparso nel fase. 1-16 agosto della Rassegna nazionale (Un Diplomatico, La questione romana e il cinquantenario delle Guarentigie). In esso erano sopratutto studiati i precedenti della questione che oggi appassiona, e si concludeva con molta cautela:
Forse a garantire la libertà e indipendenza della Santa Sede nell’ordine politico, nelle attuali condizioni sociali, più che una sovranità temporale inerente al Romano Pontefice, potrebbe bastare un accordo, da stipularsi fra Santa Sede c governo italiano, sancito e controllato dalle altre potenze, che hanno relazioni diplomatiche colla Santa Sede e collo stesso governo italiano. Siffatto accordò potrebbe benissimo prescindere dalla questione territoriale, che nelle attuali circostanze non garantirebbe nulla, ma dovrebbe impegnare lo Stato italiano giuridicamente di fronte a tutte le potenze, che hanno diplomatici rapporti con lui e colla Santa Sede, a garantire e a tutelare l’indi pendenza e la libertà politica del Romano Pontefice, da qualsiasi attentato contro la medesima, sia all’interno, che dall'estero.
Ma, considerando anche lui la questione da un punto di vista elevato di principi e pur mostrando uno spirito conciliante, il senatore Ruffini, nel Corriere della sera del 7 settembre, rilevava con malinconia che la pregiudiziale della sovranità papale per diritto divino non si era potuta superare e non si era saputa evitare:
Dobbiamo però rinunciare a riprendere anche una volta la vecchia disputa, se qualche metro quadrato di terra sia davvero elemento essenziale, come le classiche c tradizionali teorie del diritto intemazionale vorrebbero, della dignità sovrana o se la Santa Sede non sia tale un unicum da poter sovrastare alla regola comune, con suo certo vantaggio e maggiore prestigio. Rinunciamo a ricercare, se lo Stato italiano possa abbandonare, per i begli occhi di una teoria, la strada che batte da cinquantanni, e che primo gli additò Dante.
Fissiamoci sopra un punto solo, ma, a nostro giudizio, assolutamente decisivo.
La Santa Sede aveva, per bocca del cardinale segretario di Stato, pronunciate il 27 giugno 1915 queste grandi parole, che il Papa attendeva da sistemazione della sua situazione non dalle armi straniere, ma dal trionfo di quei sentimenti di giustizia che si augurava si diffondessero sempre più nel popolo italiano». Dunque, niente intervento armato; e niente del pari, è chiaro, intervento diplomatico di stranieri. Era l’idea di Cavour. che non ne voleva sapere e avrebbe, a simile
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CRONACHE
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intervento diplomatico, preferito sempre un accordo diretto con la Santa Sede. La quale, del resto, ha dichiarato anche di recente di non saper che (arsi della cosi detta internazionalizzazione della legge delle Guarentigie. Cosa, d'altronde, mal certa c mal fida, che neppure i più sottili ca «iiisti e i più ingegnosi tcoristi di Germania, nelle loro dispute del tempo della guerra, non sono riusciti a dirci come precisamente dovrebbe farsi.
Stato italiano e Pontificato romano stanno quindi, soli, davanti alla giustizia del Popolo d’Italia. Quale la tesi che a questo giudice invocato la Chiesa prospetta? Ahimè! — è doloroso rilevarlo — non altro che una vecchia e ornai superata c universalmente condannata tesi legittimistica ed assolutista. E cioè il suo antico diritto di sovrano per grazia di Dio. Ma un plebiscito solenne o imponente, come quello dell’ottobre 1870, non mai smentito, anzi rincalzato durante ben cinquai t’anni dalle più esplicite ed univoche dichiarazioni non avrà a contar proprio per nulla in questi tempi di auto-decisione dei popoli?
In quei giorni s’insediava nella diocesi di Milano il nuovo arcivescovo, card. Ratti, il quale ne prese occasione per fare alcuni chiari accenni alla questione che era sul tappeto, soffermandosi sui vantaggi che trarrebbe l’Italia da una conciliazione col Vaticano, sopratutto nei rapporti internazionali.
Rispondendo a questi incitamenti, la Perseveranza scriveva (io settembre):
In sostanza, le parole del Cardinale riescono a ciò: La presenza del Papato in Italia aggiunge prestigio e accresce vantaggi al paese. Il che è sacrosantamente vero.
Pare però al Cardinale che di ciò non si tenga il debito conto. Ossia, secondo lui, manca qualche cosa; l’Italia ufficiale non ha fatto c non fa ancora quanto dovrebbe nei riguardi de! Vaticano. Ecco: spunta la Questione Romana.
Qui è meglio fermarci. Se l’arcivescovo Ratti avesse aggiunto qualche parola più concreta, potremmo vedere; siamo invece all’oscuro, ed è vano indagare le intenzioni nascoste del discorso.
Però, giova ripeterlo, se ha parlato, segno è che tale era la consegna. Il Vaticano deve aver passato parola in merito; si stan facendo assaggi nel campo dell'opinione pubblica.
Però, se ci è permesso dedurre uno spunto dal discorso, e precisamente dai due avverbi intcr-nazionale e sopra nazionale, che hanno dato lo stimolo alle critiche esagerate, la cosa, ridotta in termini chiari, si imposta cosi: Il Vaticano, pare, non reclama più il vecchio Potere Temporale. si accontenterebbe di meno.
Per carità, non mettiamoci a tormentare la questione sulla base dei possessi c del territorio. Lasciamo ai canonisti dell'Osscri’atorr Romano l’occupazione pèssima, come direbbe'la Scrittura. Per noi la querela su questa base è superata da tempo. Accettiamo, se è permesso, la divina Provvidenza: Dio l’aveva dato, Dio Io ha tolto.
Pochi giorni dopo il ministro delle Finanze, on. Soleri.-ebbe un accenno molto notevole sulla questione, quantunque non sia stato precisato se le parole del ministro rispondessero o meno a precise intenzioni governative. Egli intervenne, a Cuneo, ad una riunione politica, e, parlando in un banchetto dato in sOo onore, disse che la dimostrazione della superiorità morale delle idealità democratiche stava nella circostanza che si erano potute esaltare in una comunione di animi e di cuori le idealità stesse, senza denigrare le dottrine avverse. Ed aggiunse:
È in questo fatto un significato profondo perchè tutta la tradizione del partilo democratico è fatta di libertà e di tolleranza. Noi non vogliamo monopoli in nostro favore, ma è giusto che raccogliendo la maggioranza delle classi medie dóve §i reclutano gli uomini del pensiero c di cultura, abbiamo diritto di reclamare che la direzione della cosa pubblica non si esplichi fuori di noi e contro di noi. Delle nostre tradizioni di tolleranza è esempio luminoso la legge sulle Guarentigie, monumento di saggezza e che, emanata fra la diffidenza dell’Europa, dopo 50 anni di prova ha chiarito la sua utilità e la sua nobiltà per la leale applicazione che ne hanno fatto i vari governi succedutisi dal 1870. Ispirata alle fonti sicure del diritto italico, essa ripete le sue basi dai plebisciti e quindi è sacra come tutta la storia dell’unità d’Italia che dai plebisciti appunto ebbe la sua indistruttibile sanzione.
Una parte della stampa manteneva intanto ùn atteggiamento nettamente intransigente. L’on. A. Finoechiaro-Aprile naW Epoca del 7 settembre scriveva:
La Santa Sede si chiude in un orgoglioso disdegno. Mentre i nunzi intessono abilmente le fila all’estero, tenendo sempre di mira la questione romana, qui VOsservatore Romano pone innanzi pregiudiziali e condizioni irrealizzabili, mentre i cattolici si orientavano più decisamente verso le istituzioni nazionali, dimentichi delle funeste querimonie dello scottonismo, relegato ormai nelle vecchie pagine della Riscossa di Brc-ganze.
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In fondo la questione principale si era ridotta a questo: alla trasformazione del titolo di occupazione dei palazzi vaticani c degli altri concessi al Pontefice dalla legge del x8?x.
Al semplice uso si sarebbe voluto, pur con le debite garanzie, sostituire la proprietà per poi realizzare e legittimare cosi la costante aspirazione di una sovranità territoriale. E su questo terreno, mutati ormai i tempi, l’accordo sarebbe stato anche possibile e dignitoso per ambe le parti. Entro questi confini la trasformazione dello stato di fatto — la cui esistenza non è disconosciuta dalla Santa Sede ed è merito dei governi italiani di avere creata — in stato di diritto non avrebbe dovuto incontrare serie e non superabili difficoltà.
Ma si vuole ben altro nelle sfere pontifìcie: si vuole la creazione di uno Stato entro un altro ■Stato: si vogliono rinunzie che nessuno può e deve fare perchè implicherebbero una diminuzione ed uno svilimento del prestigio nazionale e del patrimonio morale che l’Italia va sempre accrescendo nel mondo.
Noi fermamente crediamo che, con animo leale e sincero, con rispetto reciproco delle tradizioni c con probità di intenti, possa avvenire l’intesa, purché fondata su ragioni di equità e di giustizia. Ma, sinché le pretese smodate e certo legittimismo d’altro tempo non renderanno impossibile quella intesa, lo Stato dovrà attenersi rigorosamente alla legge delle Guarentigie, a questo grande monumento di saggezza politica e giuridica.
Se il Sommo Pontefice non dovrà essere il cappellano del Re d'Italia, nemmeno questi dovrà essere il palafreniere di quello. E sopratutto l’Italia non andrà mai a Canossa. ;
E il Popolo Romano (15 settembre), prendendo le mosse dall’articolo del senatore Ruffini (vedi sopra), rincalzava la tesi intransigente con un esempio francese:
Un esempio evidente, ed assai significativo, se ■c ha nella Francia. La legge di separazione era parsa a molti cattolici ed al Vaticano di Pio X una intollerabile offesa ai diritti della Chiesa e delia coscienza cattolica; vi si vedeva la ripresa di uno spirito settario congiurato ai danni di questa, deciso a spegnere tutte le stelle del cielo. Pio X la rifiutò sdegnosamente; ed è nota la violenza che assunsero le proteste dei cattolici politicanti, specialmente in occasione degli inventari!, imposti dalla legge del 1905.
Ora uno studioso francese dei più serii, un cattolico, il prof. Paul Bureau, in un volumetto testé pubblicato {Quinte annies de séparation, Paris, Bloud et Gay, 1921) dà sulla base di documenti ufficiali una dimostrazione che, per chi non ha seguito da vicino e attentamente lo svolgersi dei
fatti, c sensazionale. La magistratura francese c, dietro ad essa, l’amministrazione hanno costantemente, con una uniformità che non ha eccezioni, applicato la celebre legge nella maniera più favorevole agli interessi cattolici ed alle pretese giuridiche della Chiesa.
La legge di separazione francese riassume cosi, in un periodo più breve ed intenso, le vicende della nostra legge delle Guarentigie. Lo Stato moderno, laico e liberale, separato dalla Chiesa, apparisce funzionalmente incapace di perseguitare, per motivi religiosi, delle coscienze religiose: si direbbe che, nella base in cui essa è stata collocata dal diritto moderno, l’autorità spirituale è inattaccabile. E nulla potrebbe meglio dimostrare l’anacronismo di ogni rivendicazione tempora-listica, anche se ridotta a quei termini minimi dentro i quali {'Osservatore Romano domanda ancora per la Chiesa una vera sovranità territoriale.
Nel Resto del Carlino (14 settembre) il dott. W. Cesarmi Sforza precisava in termini chiari il concetto di sovranità, sul quale spesso si scivolava durante la discussione, osservando:
Il Pontefice diventerebbe cosi, anche se la sua sovranità si estendesse solo ai palazzi apostolici, un sovrano territoriale, e di altrettanto diminuirebbe la sovranità territoriale dello Stato italiano. Ma l’elemento territoriale non significa nulla senza l’elemento personale; il potere giuridico del sovrano si esercita sul territorio solo per modo di dire: soggetto di diritti e di obblighi può essere unicamente la persona umana, e quindi in pratica sono le persone, gli abitanti sul territorio che entrano in effettivo rapporto co! sovrano. La «sovranità del Pontefice sui palazzi apostolici » è perciò una formula ingannatrief. Essa'non darebbe luogo, se si potesse applicarla restringendosi ai suoi termini letterali, a nessun risultato concreto; mentre volendosi un risultato concreto (e la Santa Sede non potrebbe non volerlo), bisognerebbe applicarla concretamente, c allora la sovranità pontificià verrebbe esercitata su quella parte di cittadini italiani che risiedono nei palazzi apostolici. Nel primo caso, la formula è assolutamente senza scopo; nel secondo (l'unico possibile, perchè senza uno scopo nulla si fa), la formula non può avere per risultato che la diminuzione della sovranità territoxiale e personale dello Stato italiano.
Tengono conto di queste logiche conseguenze coloro che credono necessario far abbandonare all’Italia la sua tradizionale posizione rispetto alla Chiesa, posizione definita e sancita con la legge delle Guarentigie?
Possono essi dimostrare che l’Italia ha un vero interesse a smentire e a rinnegare, riconoscendo
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la sovranità territoriale della Santa Sede, uno dei principii fondamentali della propria costituzione a libero Stato sovrano?
E il dott. Miranda, pòchi giorni dopo, rincalzava nel Secolo (20 settembre):
Lo Stato democratico c liberale non può riconoscere alcun limite estrinseco della sua sovranità, perchè esso non è altro che l’espressione e la creazione della coscienza ideale della Nazione. I pretesi diritti naturali della Chiesa, rivendicati dal* V Osservatore Romano e dal Corriere d'Italia, rappresentano l'ultimo residuo di un confessionalismo particolaristico che lo Stato moderno, che è al di sopra di tutte le Chiese e di tutte le sette, supera c nega nell'autonomia della sua coscienza di libertà. Il dissidio risale, così, naturalmente, dalla controversia giuridica all’antitesi radicale esistente tra la dottrina liberale c democratica e la Chiesa romana, che negando allo Stato ogni intimo valore spirituale ed etico, lo concepisce come semplice organo giuridico, soggetto al magistero ecclesiastico per tutto quanto attiene alla determinazione di finalità spirituali c morali.
Si comprende che, partendo da questa concezione, i cattolici affermino l’esistenza di diritti naturali della Chiesa controlo Stato. Se il Papa insegna che per l’esercizio del suo magistero, della missione spirituale affidatagli dal Divin Redentore, come dice VOsservatore, è necessaria la sovranità territoriale, il cattolico deve obbedienza assoluta, poiché egli non può farsi giudice delle condizioni che il Pontefice afferma essere imprescindibili per l'esercizio del suo ministero spirituale. Dopo il X854 il magistero della Chiesa, attraverso la diminuzione del diritto dei Concilii, si esaurisce nel magistero del Papa.
♦ • •
La discussione parve che avesse un nuovo arresto, quando venne a rinfocolarla uno strano avvenimento giornalistico non ancora ben chiarito, e che probabilmente non verrà mai più chiarito. Nel numero del 29 settembre del Secolo con una semplice sigla, apparve una intervista con un alto dignitario vaticano sull’attività diplomatica della Santa Sede specialmente nei rapporti collo Stato italiano. Nò l’intervistato nè l’intervistatore venivano chiaramente indicati; ma la pubblica opinione riconosceva fin dal principio nel primo il cardinale Gasparri e nel secondo il prof, don ErnestoBuonaiuti che già precedentemente nel Tempo aveva prospettato alcuni punti di vista del Vaticano sulla questione romana.
L’intervista, in termini veramente così
vivaci e così poco diplomatici che destavano alquanto stupore in bocca al Segretario di Stato vaticano, diceva sostanzialmente questo: che la questione romana aveva fatto notevoli passi, dal punto di vista teorico e dottrinario — tanto vero che anche tenaci sostenitori della legge delle Guarentigie, come Fon. Ruffini, accedevano ad idee' più temperate e conciliative —-: ma che dal .punto di vista politico e pratico ancora molte difficoltà erano da superare sopratutto a causa degli uomini di governo, che davano ancora pochi affidamenti al Vaticano; che questo infine aspettava il suo uomo, che nòn era Bonomi, e tanto mano sarebbe Giolitti. Chi dunque? L’intervistato non si apriva: ma ancora una volta la pubblica opinione vedeva in questo silenzio l’indicazione' di Nitti.
L’impressione suscitata da questa intervista fu vivissima.
Il Tempo, che pure aveva ospitato le Ì»recedenti note del Buonair.ti, si affrettò a mattina dopo a proclamare il pericolo di una dedizione liberale ai fini deliapolitica vaticana, e vide in questa intervista un passo indietro nelle trattative, ammonendo il card. Gasparri a non intromettersi nella politica parlamentare italiana (Questo si riferiva allo spunto della intervista circa «l’attesa dell’uomo a).
In tono non meno polemico si pronunziavano il redattore vaticano del Giornale d’Italia, P. Molaioni, e Ferruccio Rubbiani nel Giornale del Popolo. Quest'ultimo osservava:
La stampa liberale ha il torto di avere dato l’impressione che lo Stato sia incapace o non voglia risolvere la questione romana... perchè l’ha lasciata risolvere, almeno teoricamente, da una parte sola. Grave sembra tuttavia allo scrittore che si sia lasciata senza risposta una domanda come questa: come può lo Stato, senza venir meno alla propria autonomia cd alla propria storia concepire l’esistenza di una sovranità territoriale nel territorio che ha aggiudicato a sè, per completare la sua unità nazionale? Il Cardinale risponderebbe: — È aliar vostro questo. — Ed avrebbe ragione. Ma non hanno ragione i democratici ed i liberali quando fanno parlare, con una insistenza che fa piacere a chi parla, soltanto l’altra parte. Hanno il dovere di parlare loro, perchè la questione è di quelle che appartengono al diritto pubblico italiano.
A tagliare corto a queste polemiche, che già cominciavano ad appassionare,
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V Osservatore Romano della sera dopo pub-licava la seguente nota ufficiale:
Il Messaggero e il Tempo annunziano, riprodu-condola, un'intervista ohe il Secolo avrebbe pubblicato stamane, concessa da un Cardinale troppo chiaramente designato nella persona dell’eminentissimo segretario di Stato di S. S. Siamo autorizzati a dichiarare che tale intervista è del tutto insussistente ni- rispecchia affatto, in ciò che non sia già noto per precedenti dichiarazioni e pubblicazioni, il pensiero dell'eminentissimo cardinale.
E un’altra nota veniva pubblicata il giorno dopo dal medesimo giornale, riguardo alla insistente designazione del prof. Buonaiuti. quale estensore dell’intervista:
In seguito alla nostra smentita alla pretesa intervista col Cardinale segretario di Stato, pubblicata ieri dal Secolo, alcuni giornali ne designarono autore il sacerdote prof. Ernesto Buonaiuti. Ora il prof. Buonaiuti si è a noi spontaneamente rivolto perchè prendessimo atto anzitutto ch’egli non ha mai intervistato l’eccellentissimo Segretario Cardinale di Stato e che riconosce nell’intervista pubblicata una sua conversazione con persona appartenente alla redazione del Secolo, nella quale, però, egli non ha esposto nè poteva esporre non avendo avvicinato Sua Eminenza da più mesi —• il pensiero del Cardinale Segretario di Stato sulle varie questioni prospettate dall’intervista stessa.
Alla nota seguiva poi la seguente dichiarazione:
A completare tali dichiarazioni siamo autorizzati ad aggiungere che nessuna persona, appartenente alla redazione del Secolo, è mai stata ricevuta dall'Eccellcntissimo Cardinale Segretario di Stato.
Queste note ufficiali e il riserbo nel quale si chiuse il Secolo soffocarono sul nascere la discussione, che già minacciava di allargarsi. L'incidente si chiudeva però senza chiarirsi, lasciando l’impressione che si fosse preferito di chiuderlo anticipatamente, piuttosto che approfondirlo, poiché il procedere della discussione sarebbe riuscito non poco imbarazzante. Infine l’opinione prevalente nei circoli politici era che l’intervista, nel senso letterale della parola, fosse apocrifa, e che gli organi ufficiali vaticani erano in pieno diritto di smentirla: ma che in molti punti essa rispecchiava, sia pure con eccessiva vivacità del tutto giornalistica, l’intimo pensiero ed alcune opinioni personali del Cardinale Segretario di Stato.
111 una certa relazione con le agitate discussioni sull’atteggiamento del Vaticano verso il governo italiano è la questione della cosidetta < Internazionale bianca », sollevata dal viaggio dell’on. Cavazzoni e del Segretario del Partito popolare, don Sturzo, in Germania per cercare le basi di una intesa interparlamentare con gli uomini politici del centro tedesco (metà settembre). In verità il viaggio dei due rappresentanti del Partito popolare italiano si annunziò come una intesa europea tra tutti i partiti cattolici: ma il fatto stesso che questo viaggio cominciava da Berlino con accordi con gli amici di Wirth mise il. più grande allarme nel campo dei cattolici francesi e belgi.
Anche in questa questione il Vaticano si trovava dunque di fronte a ì una situazione imbarazzante dalla quale non vide modo migliore per uscire che nella tattica abbastanza nota di sconfessare ufficialmente i suoi rappresentanti più o meno ufficiosi Una nota de\V Osservatore Romano (27 settembre) chiuse infatti anche questa questione nei seguenti termini :
A proposito del viaggio dei rappresentanti del Partito Popolare italiano in Germania, continuano nei giornali italiani ed esteri note e commenti inesatti o per nulla affatto corrispondenti al vero.
Per conto nostro avevamo già precisato nel numero dell’n corrente, come le intese che il Partito Popolare si proponeva di stringere con i partiti affini di altri Stati, riguardavano esclusivamente la rispettiva azione politica, non già il movimento cattolico e tanto meno l'attività religiosa che « cattolici spiegano in seno c attraverso le proprie organizzazioni confessionali, sotto l’alta guida della Chiesa.
Il Segretario del Partito Popolare ebbe, d’altra parte, più volte occasione, accennando agli scopi del suo viàggio, di non lasciar alcun dubbio su tale argomento e la stessa sua intervista testò concessa ad un giornale cattolico tedesco, torna a circoscrivere nell'ambito dei rapporti politici fra attività politiche, quell’intesa, appunto, che egli ha sempre definita • internazionale popolare».
Ciò nonostante, e pure sui giornali accreditati, si torna a parlare di « internazionale cattolica » c si accenna all’intenzione di disciplinare internazionalmente nel campo politico, i cattolici dei vari Stati sotto l’autorità della Chiesa. Cosicché, sfa che si approvi o si critichi il viaggio e gli scopi del Segretario e dei rappresentanti del Partito Popolare italiano, si afferma o si lascia
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intendere che sotto la veste di un line ben distinto e particolare si nasconda un mandato o si persegua almeno un desiderio della Santa Sede.
Ora. — pur riferendoci a quanto scrivemmo già ne! numero sn ¡tato —- e in omaggio alla verità, e a togliere, in Italia come all’Estero, ogni possibilità di equivocò, da qualunque parte e sotto qualsiasi punto di vista esso possa provenire; crediamo necessario dichiarare nel modo più formale ed esplicito, che come nessun vincolo intercorre fra l’azione politica disciplinata nei partiti e quella cattòlica spiegata dalle organizzazioni confessionali sotto la diretta autorità della Chiesa, cosi la Santa Sede non ebbe e non ha rapporto alcuno, coll’iniziativa di una « internazionale popolare » e con il viaggio all’estero dei rappresentanti del Partito Popolare italiano, i quali agiscono, come dichiararono essi medesimi, per proprio conto, a nome del proprio partito, secondo il proprio programma, sotto la propria esclusiva responsabilità.
Pochi giorni dopo l’ufòciosa Corrispondenza cercava di attenuare anche i termini dell'azione degli uomini del Partito popolare:
Circa la portata e i limiti dell’Internazionale popolare, dopo la pubblicazione ufficiale dell’Os-servatore Romano che precisa la netta distinzione
fra l’organizzazione che suppone il magistero della Chiesa e l’organizzazione di puro carattere politico, non sono possibili più confusioni. Poiché però si accenna da qualche giorno a preoccupazioni negli ambienti ufficiali di qualche paese alleato, quasi che l’iniziativa per una Internazionale popolare fosse tendenzialmente ostile ’ all’Intesa, abbiamo voluto assumere informazioni a fonte competente. Ci si è fatto osservare che queste preoccupazioni sono destituite di qualsiasi fondamento, e in prova di ciò ci è stato segnalato il testo delle parole pronunciate a Milano dall’on. Cavazzoni, segretario del gruppo popolare, in occasione alla recente adunanza di quella sezione de! P. P. per festeggiare il ritorno di Don Sturzo dal suo viaggio all’estero. L’on. Cavazzoni ha detto che ■ all’internazionale sindacale, contrariamente a quanto è stato pubblicato, hanno aderito il Belgio e la Francia, e che il partito popolare non ha avuto bisogno di usare linguaggio differente a Parigi e a Berlino, perchè il sentimento all’iniziativa del partito popolare italiano è stato eguale dovunque. C’è tanto bisogno di amore e di fratellanza nel mondo che una parola ispirata a questo ideale non poteva non essere raccolta subito e con entusiasmo...
liorna $ ottobre 1921.
Mario Vinciguerra.
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SJUDI NEO-TESTAMENTARI
I- Con la morte del Sanday e del Preu-schen nel 1920 si è andata assottigliando ancor più la schiera dei valenti ncote-st amen tari che per una generazione han cooperato a rinnovare su d’una base strettamente scientifica la ricerca delle origini de) cristianesimo, fino allora fortemente influenzata da preoccupazioni dommatiche e filosofiche. Oggi di nuovo preoccupazioni teologiche ed ecclesiastiche tendono a spostare il centro c la. direzione di questa ricerca.
Il Sanday (1843-1920), anglicano con una mentalità critica influenzata dalle ricerche tedesche, iniziava la sua carriera con ricerche accurate di critica testuale, ricche di intuizioni che più tardi lo Zahn, il von Soden ed il Burkitt han sviluppato o confermato. Col Wordsworth collaborò all’edizione degli antichi testi latini della Bibbia. Dal 1895 era Lady Margaret Professor di teologia ad Oxford.
li suo lavoro scientifico rispondeva nei suoi gradi ad un piano: dalla critica testuale all’alta critica, come preparazione alla piena intelligenza dell’opera e della vita di Gesù. Aveva accettato fin dal principio la teoria documentaria per i sinottici schierandosi contro la teoria della tradizione orale (Wescott). Dal suo seminario uscirono (1911) gli Studies in Ihe synoptic problcm, che sono l’indice della tendenza critica della sua scuola, prudentemente progressista. Ma nel corso del 1912 egli accettava delle vedute radicali nel campo del nuovo testamento, che modificarono profondamente tutto il lavoro critico da lui compiuto, obbligandolo ad una revisione dei problemi di cui aveva tentato la soluzione. Ma le jx>lemiche, la guerra e la morte impedi
rono questa opera di ricostruzione e il raggiungimento della meta del suo lungo lavoro di studioso: la vita di Gesù. In questo campo resta, impregnato da una profonda'Syeduta teologica, il suo magistrale schizzo su Gesù nel dizionario biblico dell’Hastings, riflesso della sua attitudine moderata avanti il 1912.
Ricordo le sue conferenze americane sul quarto Vangelo (The criticism of thè Fourth Gospel) del 1905 e la sua raccolta di saggi in The Life of Christ in recent Research (1907). Con l’Headlam pubblicò il commento all’epistola di Paolo ai Romani neW’Internazional Criticai Commen-tary in cui applicava metodicamente il confronto con le fonti giudaiche (apocrifi, pseudoepigrafi), applicazione che sembrò allora una coraggiosa novità.
Intorno al 1912 il Sanday credette giunto il momento di affrontare quello che a lui sembrava il problema fondamentale dei Vangeli, quello dei miracoli di Gesù. Nell’opuscolo Bishop Gores' Challenge lo criticism egli narra le fasi attraverso le quali egli era giunto alla sua nuova e radicale posizione. Il rigetto dei miracoli « contro natura >• doveva considerarsi un potente aiuto alla Fede, la rimozione di un piccolo scoglio sotto le acque contro il quale molti erano andati a naufragare.
Anche Cristologies ancìenl and modem (1910) era uno dei lavori, con quello sul quarto vangelo e sulla vita del Cristo nelle ricerche recenti, preparato per la Eiromessa vita di Gesù. In esso applicava a teoria dell’io sublimale al problema dell'incarnazione (il « luogo » normale dell’elemento divino nella personalità del Cristo era nella regione sublimale della
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sua coscienza), e più ampiamente ancora in Personality in Christ and ourselves (1911).
Ma questi suoi excursus filosofici e teologici, se erano richiesti dalle esigenze del suo pensiero segnavano in realtà la sua decadenza e il suo e si ranca mento al campo della pura ricerca scientifica Le vivaci polemiche in cui venne trascinato mostrarono come egli non era così fortunato nella ricerca filosofica come lo era stato nella ricerca storica e critica. Le sue ultime vicende e il suo ultimo orientamento, riassunto in Divine overruling, mostrano il fatale sorgere del modernismo in una chiesa, perchè la pura 1 ¡cerca storica delle origini del cristianesimo non può non condurre ad una rielaborazione dommatica in seno ad una chiesa, per cui i dommi sono la parte più viva e più salda della sua eredita.
Priva invece di preoccupazioni teologiche e di lotte ecclesiastiche ci appare la carriera scientifica del Preuschen. L’ambiente della chiesa luterana permetteva per una lunga tradizione di libertà scientifica delle sue università quella separazione fra la pura attività dello studioso e quella dell'ecclesiastico, inconcepibile nell'illuminato conservatorismo della Chiesa anglicana e dell’ambiente scientifico di Oxford. Il Preuschen (1867-1920) era salito solo da pochi anni su di una cattedra universitaria, avendo passato gran parte della sua tranquilla vita di studioso nel ministero pastorale. Aveva compiuti i suoi studi a Giessen, quando questa università era il centro della nuova tendenza della critica documentaria, discepolo dello Stadè e di C. Müller. Poi, passato a Berlino, collaborava alla collezione degli antichi scrittori cristiani (greci). Parroco dal .’93 al ’97, insegnante di religione dal ’97 al 1907 al ginnasio di Darmstad, di nuovo parroco, ed infine libero docente ad Heidelberg e in seguito a Giessen. Nel X900 crea la Zeitschrift für die neutesta-mentliche Wissenschaft, ad imitazione dell’omonima rivista dello Stade per il Vecchio Testamento. Nel 1910 pubblicava per gli studenti e gli ecclesiastici il Griechish-deutsche Handwörtebuch zu den schnften des neuen Testaments und der übrigen urchristlichen Literatur, ehe si accingeva a rifare su più larga base. Preparava un grande studio sul Diates-saron di Taziano e sulla sua influenza sulla critica testuale dèi N. Testamento.
II. Versioni. — x. L’antica versione siriaca dei vangeli. — Qual’è realmente
l’origine della « massa polimorfa » dèi testi occidentali (campione il celebre Codex Bezae, D o Cantabrigensis) con le loro sconcertanti lezioni che il Von So-den ha riportata a Partilo di Cesarea in Palestina? Il Bousset e il Lietzmann l’avevano riportata ad un tes/odel II secolo rivale del gruppo B (Codex Vaticanus) egiziano. Resta l’enimma dell’origincdi questo testo. Il Lagrange (L’ancienne versión syriaque des Evangiles in Revue Biblique. 1921) crede che il segreto per scioglierlo stia nell’esame dell'antica versione siriaca (syr-vet). I rapporti fra syr-vet e il Codex Bezae e i mss. delle antiche versioni latine (africana ed itala) erano stati già messi in evidenza dalla scoperta del m». Cure-ton (Cur) li Lagrange va oltre e propone un'ardita soluzione: la syr-vet sarebbe del iv secolo (contro il Burkitt), e naturalmente anteriore alla Peshitta; il D avrebbe un fratello maggiore nel ms. Freer (W) ed un fratello minore ne! ms. di Koridethi (e). La patria di D non sarebbe più la Palestina (Von Soden), ma principalmente Alessandria. Il cosi detto testo occidentale perderebbe così il suo più grande aPP°gg’°. l’antichità di syr-vet. « Non si potrà più parlare per la fine del 11 sec. dell’accordo di Cartagine e di Edessa appoggiandosi soltanto su K (Cipriano) c syr-vet. Anche se D e qualcuno del suo gruppo venga a rafforzare questo accordo è sempre vero che viene a mancare uno dei tre piedi su cui appoggiava l’edificio. Non era un debole appoggio per il testo occiden -tale l’accordo dei paesi latini. Rom? e Cartagine da una parte, d’Edessa e dell’Alto Egitto dall'altra su certe lezioni. Ma la modernità relativa della sin e della cur fa sparire Edessa: l’Alto Egitto si spiegherebbe per la presenza di mss. Hesy-chiani, non nel senso del Soden, ma nel senso di Girolamo, che avrebbero anche influenzato W e syr-vet, se questa versione fosse anch’essa originaria dell’E-Ìitto. Girolamo credeva all’influenza di iesychius su mss. latini che veniva correggendo. Un fatto certo d’altra parte è la poca influenza di syr-vet sul mondo siriaco, spiegabile secondo il Lagrange con l’ipotesi dell’origine di questa versione non prima di Eusebio.
Come Eusebio aveva combattuto la Sinossi d’Ammonio (vedi la sua lettera a Carpiano, riprodotta in Introduzione alle edizioni del Ncstle), cosi l’origine dei vangeli separati siri è il prodotto di un movimento analogo contro l’armonizza-
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/jone del Dia'essaroit tazianeo. Ma in Siria naturalmente la reazione ebbe poco .successo perchè più forte era la tradizione del Diatessaron, divenuto libro liturgico della chiesa sira. È evidente la influenza di Origene sui nomi geografici in syr-vet. La stessa preoccupazione della geografia indica una data relativamente recente. Se incontestabilmente syr-vet dipende da Taziano per molte delle sue armonizzazioni, dipende pur per molte altre dal ms. greco che ha seguito, come se ne potevano trovare in Egitto, focolare di studi di armonirtica e di sana critica.
Tutti questi diversi dati si spiegherebbero ammettendo che l’antica versione siriaca è sorta alla periferia del mondo siro, in qualche monastero, probabilmente in Egitto verso il tempo di Eusebio c forse sotto la sua influenza, dipendente da quella d’Origene. D’altra parte il suo carattere occidentale dipenderebbe dal fatto che il testo occidentale era semplicemente un testo sparso un po’ dapertutto e la cui presenza in Egitto c’è attestata da W.
La parentela segnalata fra D e famiglia c Clemente d’Alessandria, fa supporre Alessandria come la patria del testo così detto occidentale, alla cui origine avrebbe presieduto un piano di armonizzazione (il Gregory lo chiama il testo armonizzante). Solo ad Alessandria poteva compiersi un simile lavoro critico non a Roma o a Cartagine, chiese eminentemente conservatrici. Perciò questo testo non va più chiamato nè occidentale nè siro-latino. Taziano probabilmente non entra per nulla in questa concezione. La syr-vet ¿piuttosto il « luogo » dove le due maniere alessandrina e sira) di armonizzazione si sono incontrate c fuse. Più che Ammonio, bisogna pensare ad Hesvchius.
Questo importante studio del Lagrange è un nuovo assalto alla critica del von Soden, e vorrebbe essere la liquidazione, cara al Lagrange, del testo occidentale del Wescott-Hort a cui il von Soden aveva dato nuovo contenuto e nuova fisonomía: ad ogni modo è un buon contributo critico al complesso problema della natura e dell’origine delle versioni siriache dei vangeli.
2. Versione armena dei Vangeli- — F. Macler, Le texte arminien de l’Évangile d‘aprìs Matlhieu et Marc (Paris, 1919): ricerca condotta con eccessivo scrupolo e minuzia e limitata ai due primi vangeli.
ma concludente per ciò che riguarda la tesi principale: dipendenza della versione armena dei vangeli dal greco e non dal siriaco, come, sull’autorità di una tardiva testimonianza di Mosè di Khoren, era ritenuto generalmente dai critici. Fissa il testo migliore nel gruppo Z (iniziale di Zohrab, editore della versione armena 1805 a Venezia) costituito dal ms. E 229 (dell’889; in esso avanti la finale di Marco si legge il titolo « d’Aristione prete », d’onde le teorie del Conybeare)e da altri contro il gruppo Mq (Mosca), i cui rappresentanti differiscono fortemente fra loro, effetto di successive correzioni su vari testi greci. L’archetipo delle versioni armene è attualmente sconosciuto, ma va cercato nel gruppo I del von Soden, (recensione occidentale), fra De© (Koridethi). Le rassomiglianze fra la versione armena e il 0 sono importanti.
« Consultando una carta dell’Asia minore si nota che Koridethi è una località che si trova allo sbocco di un affluente del Tchorokh, non lontano dalla foce di questo fiume nel Mar Nero, al sud di Batum e in linea diretta al nord di Er-zerum. Se si traccia una linea retta da Koridethi al nord d’Antiochia di Siria, supposta patria del Codex Bezae (D) si comprende subito la parentela che esiste fra la versione armena Koridethi (0) e il Codex Bezae ».
Quanto alla data della versione armena il M. crede poterla stabilire nel vi secolo Scontro la data comune del v secolo), opq che l’imperatore Giustiniano aveva riunito la Dalmazia all’impero d’Oriente. Infatti solo così potrebbe spiegarsi secondo il M. l’uso di 'dalmate per romano o latino (es. in iscrizione trilingue sulla croce di Gesù. com'è riportata [dà Luca] e Giovanni, il p»pct<x0t; (latinis. Vulg.) è tradotto dal-materen (in Dalmazia). Ma la conclusione che da questo fatto ricava il M. non mi sembra del tutto provante: l’appellativo nei paesi orientali può esser antico quanto la divisione dell’impero.
Interessante notare come i nomi propri e geografici in genere seguono la grafia del greco, contro la ricostruzione semitica delle versioni sire.
L'importanza della ricerca del M. deriva dal fatto che la versione dei vangeli è il punto di partenza della letteratura armena. Importava determinare quale fosse'in quel momento l'influenza preponderante del mondo greco-bizantino (Cap-
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padocia) al nord ovest o del inondo siriaco (Edessa Nisibi) al sud. Le traduzioni dei vangeli c dei salmi sono stati i primi documenti usati e servirono di norma per la lingua armena cristiana nei suoi inizi. Tracce ad ogni modo di influenze siriache nella versione dei vangeli si trovano in alcuni termini liturgici, gerarchici derivati in origine dalla chiesa siriaca.
3. Versione saidica delle epistole paoline. — L’Horner ha potuto pubblicare altri due volumi della sua magistrale edizione delle versioni copte del Nuovo Testamento. I volumi IV e V della versione in dialetto saidico (Egitto del Sud) contengono le epistole paoline {The Coptic versión of thè New Testamene in thè Southern, Dialect, otherwise called Sahidic and Te- ' baie, with criticai apparatus... voi. IV-V The epistles of Si Paul, Oxford Clarcndon Press, 1920). La versione boarica in quattro volumi aveva preceduto la saidica; mancano ancora di questa le Epistole cattoliche, gli Atti e l’Apocalissi. L’Horner ha potuto utilizzare solo per l’appendice l’importante manoscritto Hamuli della collezione Morgan (ix-x sec.), che gli ha permesso di completare più di 300 versetti fra mutilati e mancanti dei testo pubblicato. Di fronte al testo l’Horner dà una versione inglese letterale di esso in cui sono indicate in italico le parole che nel testo saidico conservano la stessa forma del greco. Quando l'opera sarà compiuta gli studiosi di critica testuale neotestamentaria avranno nelle mani un ricco strumento di lavoro utilizzabile anche da quelli che non conoscono il copto, perchè la traduzione è stata condotta con sì grande accuratezza da riflettere tutte le sfumature del testo. È noto lo stato frammentario e la dispersione in gran numero di biblioteche e di musei dei mss. copti del N. Testamento, specialmente degli importantissimi mss. saldici del Monastero Bianco, dal quale derivò il celebre fondo Borgia ora alla Vaticana. Il Leipoldt nella The Church Quarlerly Revtew (aprile 1921) mostra l’importanza della versione saidica per la storia del cristianesimo antico, del canone neotestamentarió e per la critica testuale e l’esegesi. « La versione saidica — egli dice — mostra un gran numero di elementi pre-hesychiani; ciò è significativo e ci avvicina alla meta di ritrovare il più antico testo del N. Testamento.
Porzione (Ielle fonti della versione saidica risalgono a testi del terzo secolo almeno ».
III. Critica testuale ed edizioni. — 1. Un professore dell'università, di Liegi, in un articolo che tradisce un po’ troppo il partito preso dei dotti francesi o quasi di discreditare ad ogni costo tutto ciò che viene dalla Germania, mette in ridicolo il metodo pedante e sterile che impone agli editori di testi (il Wilmotte allude alla pubblicazione dei testi romanici) là fissazione della genealogia dei manoscritti, lo studio delle versioni e il ristabilimento del testo originale presunto, sia con la scelta delle così dette lezioni migliori che con le correzioni congetturali. Egli ritiene migliore metodo la pubblicazione di un determinato manoscritto e di aggiungere in nota le varianti degli altri, lasciando al lettore il giudizio. L’arbitrarietà di questo nuovo metodo semplicista appare nella scelta del testo basico, la cui preferenza per un editore serio non può essere che il risultato di una ricerca sostanzialmente uguale a quella riprovata dal W., cioè di una indagine della tradizione manoscritta. Ma poiché il W. s’era permesso una incursione nel campo della critica testuale neotestamentaria, che diceva falsata originariamente dall’errore critico tedesco (la faute à Erasme, primo editore del N. Testamento greco, e che egli considera come tedesco!) il Goguel ha sentito il bisogno di mettere le cose in chiaro, mostrando prima di tutto che l’inchiesta invocata dal W. sulle prime edizioni del N. T. greco è stata fatta ed esaurientemente da un pezzo e che la storia della critica testuale neotestamentaria sta a provare l’opposto di quanto suppone il W., cioè che il più stretto conservatorismo e una incredibile prudenza hanno dominato la fissazione e le correzioni successive del testo.
L’edizione di Erasmo del marzo 1510. affrettata per far concorrenza alla Coni-plutensis dello Ximenes, è restata con i noi difetti la base dell’edizione stefanica s del Textus receptus 1633. L’autorità cdelle edizioni, cioè, della tradizione, ha superato l’autorità dei manoscritti, cioè, delle innovazioni. Il testo di Teodoro di Beza, che aveva a sua disposizione un largo materiale, non è in fondo che la riproduzione del testo di Roberto Stefano, il quale a sua volta non era che una combinazione di Erasmo e della Complutenses » timidamente • corretta. Questo testo, diffuso dagli Elzevier nel secolo xvn di-
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ventò il testo ricevuto il quale per una singolare aberrazione dei teologi fu rivestito di un'autorità quasi divina sotto l’influenza della teoria dell’ispirazione verbale.
Il Lachmann nel 1831 fu il primo a spezzare sistematicamente questa tradizione; solo nel 1904, in occasione dei centenario della sua fondazione, la Società Biblica britannica c forestiera, la più grande editrice del Nuovo Testamento, rinunciò a pubblicare il testo ricevuto del N. T. e a metterlo a base delle sue traduzioni. Con il Lachmann (1793-1851) s’inaugurava la critica testuale moderna fondata su principi storici (classificazioni dei mss. in famiglie e ricostruzione della storia della tradizione manoscritta), seguita dai grandi editori, il Tischendorf, il Tregelles, il Wcscott, l'Hort, il B. Weiss, il von Soden, il Blass.
Dove sono negli editori del N. Test, quelle correzioni arbitrarie e quelle trasposizioni del testo conseguenza del metodo Erasmiano? Il metodo delle congetture (lezioni adottate da un auto.e ma non attestate da mss. o da versioni), ò stato largamente e spesso infelicemente usato nelle edizioni dei testi classici, ma ha avuto una minima applicazione nelle edizioni del N. Testamento.
Nessuna congettura, infatti, nelle due prime edizioni (Erasmiana e Compìutensis); pochissime nelle edizioni seguenti. Gli editori moderni non ne accolgono neppure una, ad eccezione del Blass specialmente nella sua edizione degli Atti. Non si potrebbe immaginare una maggiore prudenza!
• Tutte le edizioni del Nuovo Testamento dopo quelle del Lachmann sono opere di protestanti I teologi cattolici si servono senza scrupolo sia di queste edizioni sia di quelle che, come l’edizioni del Nestle, danno una combinazione e come una media dei testi stabiliti dai principali editori moderni. Non è questo un fatto che prova che i teologi cattolici giudicano il testo moderno del Nuovo Testamento fissato in condizioni di prudenza che meri tanod’ispirare confidenza? ». Questa assoluta proibizione della congettura nella ricostruzione del testo neotestamentario in realtà, lungi dall'essere un bene, d probabilmente la sopravvivenza di una concezione superata dell’ispirazione scritturale, una vera idolatria della lettera. Spesso una intelligente congettura, _ specialmente là dove il testo att uale si rifiuta a dare un senso qualunque.
è una soluzione che può accostarsi alla realtà più d’una lezione accolta sulla testimonianza di un solo manoscritto o di una sola versione.
2. Il Vogel è finalmente il primo editore cattolico indipendente di un Nuovo Testamento greco su base scientifica, libero dalla preoccupazione di accordare il testo greco con la Vulgata (Novuni Testamentum grasce, Dusseldorf, Schwann 1920). L’autore che si è già fatto un nome nel campo della critica testuale principalmente con uno studio sull’armonizzazione nel testo dei vangeli (Die Har-monistik in Evangelientexle des Codex Cantrabrigiensis, in Texte ù. Uni. IH, 7. VI), manifesta in questa nitida edizione le sue preferenze e le sue preoccupazioni critiche. L’edizione è del tutto diversa da quella del Nestle. Mentre questi pubbli cava un testo-media delle edizioni moderne e nell’apparato critico in calce segnava le divergenze editoriali e in minima parte in una seconda edione le lezioni de’ più importanti manoscritti, il V. offre un testo suo con in calce le testimonianze dei mss. e delle versioni, sia delle lezioni preferite che di quelle scartate.
I-a Vulgata è in genere preferita all’antica latina. I V. tiene largamente conto del von Soden, senza,- come sembra, accogliere tutte le sue teorie. Non è fatto un largo uso di W e di 0 (i manoscritti Freer e Koridethi),
IV. Il metodo Storico-Sociologico applicato alle origini del cristianesimo. —Un articolo che potremmo chiamare il programma di quella vasta fucina di dottrina e di attualità caratteristica della giovane università di Chicago 111. è quello che il Case, professore di storia del primitivo cristianesimo e d’interpretazione del N. Test., ha pubblicato in testa alla nuova rivista The Journal of Religión sullo studio storico della religione (The Hi-storical study of Religión). Caratteristica appunto della scuola di Chicago è la grande importanza data alle scienze biologiche e alla sociologia come espressioni e mezzi della coltura e della vita moderna e all’applicazione tentata dei loro criteri e dei loro metodi al campo della teologia. La nuova concezione della storia, che si differenzia dalla storia prevalentemente politica fondata sulla prova documentaria del prossimo passato scientifico, spezza la barriera artificiale fra stòria politica, . civile e storia religiosa. La religione è un fatto sociale, di razza, ha profonde
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RASSEGNE
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connessioni con tutti gli altri fenomeni storico sociali di una data società e di un dato tempo. .Anzi*ne è spesso uno dei fenomeni caratteristici. Il principio dello sviluppo va applicato alla religione. La storia in particolare del cristianesimo era stata abbandonata dagli storici a dei teologi* che non vi vedevano che garanzie e prove in difesa delle loro concezioni e delle loro istituzioni favorite. L’ultima istanza in storia non dev’essere il documento ma l’ordine sociale contemporaneo, lo sfondo sociale che solo può dare la corretta interpretazione dei dati storici. La nuova storia esige che si parta dalia società piti tosto che dal documento nel ricostruire la storia del passato. La concezione dello sviluppo domina i metodi moderni delia storia, che deve prendere dalle scienze vicine (sociologia, antropologia, psicologia, ecc.) dati e criteri d’interpretazione. La storia è una scienza induttiva. I processi storici vanno intesi come fatti di evoluzione sociale, quindi lo storico è spinto alla ricerca dei nessi causali che sottostanno ai fenomeni storici. Oggetto dello studio storico della religione e l’interpretazione dei movimenti religiosi, e solo incidentalmente l’esposizione d’una letteratura sacra.
Ciò vale specialmente per lo studio storico del cristianesimo. ■ Specialmente durante l’ultimo cinquantennio del xix secolo il Nuovo Testamento ha richiamato l’attenzione di numerosi dotti. Sono stati usati metodi scientifici nel restaurare una forma più che fosse possibile originaria del suo testo; sono state messe in evidenza le circostanze sotto le quali le sue varie parti furono composte, e i singoli libri sono stati esposti come espressione della mente dei loro autori. Questi risultati sono di immenso significato per una intelligenza storica del N. T., ma sono in realtà poco più di una introduzione all’opera dello storico moderno del primitivo cristianesimo. Il suo definitivo campo è la massa concreta che costituì il corpo delle comunità cristiane e che acquistarono ed esibirono la loro religione nella vita quotidiana come membri di un definito órdine sociale. Quando si riguarda la religione come un fattore vitale nell'evoluzione sociale dell’umanità, lo storico precisa nettamente il distacco del suo compito sia da quello del teologo speculativo come da quello dell’interprete biblico» (p. 9-ic). E in una nota aggiunge: « Come un’indicazione di questo crescente interesse nella religione vitale concepita socialmente, si noti come questo Journal of Religion sostituisca un giornale di
teologia (American Journal of Theology) e un « mondo biblico » (The Biblical World).
V. Gesù. — r. Un tentativo di condensare — fin troppo — in ùn piccolo volume i risultati dela critica moderna sui grandi problemi delle origini del cristianesimo e dell’opera di Gesù e di mostrare nelle grandi linee le forze e i risultati dell’evoluzione del cristianesimo in una esposizione facilmente accessibile è quello di A. Hollard nel suo L’apothéose de Jésus (Paris, Leroux, 1921). Il libro è nello spirito e secondo le conclusioni del Loisy. E un'opera di alta volgarizzazione in un quadro dalle chiare lince, che permette al lettore d’iniziarsi alla storia del cristianesimo primitivo senza eccessiva fatica. Il libro potrebbe dividersi in due parti: Gesù e la Chiesa. Importanti e ben condotti nella prima i capitoli sull’attesa del Messia, sull’Annunzio del Regno, sul ministero di Gesù in Galilea, che rendono subito chiara la natura della predicazione e dell'opera di Gesù; nella seconda il Vangelo di Paolo, la Chiesa e il regno spirituale di Gesù, dalla idealizzazione di Gesù nella prima chiesa fino alla Riforma. Un capitolo a parte è dedicato all'evoluzione storica della dottrina cristiana della redenzione, in uno spirito nettamente liberale. Il Goguel ha premesso al libro una prefazione. Si noti che l’autore non è un teologo nè uno storico, ma un professore di fisica. Segno dei tempi!
2. Scritto con spirito reìigio oecon criteri del tutto diversi è un altro libro italiano che si propone più che d’informare sui pro.-blemi storici delle origini del cristianesimo e sull’opera di Gesù, di attirare l’incompetentissimo lettore moderno verso ladivina figura di Gesù quale ci èdipintanei vangeli: Gesù di Nazareth (Bilychnis, Roma 1921) di P. Chiminelli,che è apparso in una seconda edizione aumentata di note di varia erudizione e di lunghe liste bibliografiche. È attraverso l’arte, la descrizione biblica del paese di Gesù che l’A. coglie nei tre fondamentali schermi, (insegnamento, miracoli, influenza di Gesù . ulta vita antica) quegli aspetti della vita e dell’opera di Gesù che possono interessare il lettore moderno discretamente colto ed esteticamente sensibile, ma del tutto indifferente dinanzi ai problemi storici o schiettamente religiosi intorno a Gesù. Il Cristo è rappresentato così avulso dalia storia e dalla Chiesa iu un’atmosfera di simpatia, nelle luci dell’arte. Le pennellate di storia e di geografia servonol|a dare il rilievo all’ aureola del 'Cristo.
Mario Rossi.
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RIVISTE ITALIANE
La religione e il Cristianesimo nel-l'idealismo di G. Gentile. — Quasi nello stesso momento vengono alla luce due studi su questo interessantissimo argomento, sul quale del resto ha por-iato già dei notevoli lumi all'ultimo congresso di filosofìa Ernesto Buonaiuti. Per il grande interesse che l’argomento desta in tutti gli studiosi di religione e filosofia daremo un sunto dei due articoli testé apparsi, uno di Francesco Giulio nel Rinascimento (I, 2, p. nósegg.), l'altro di Emilio Ciocchetti nella Rivista ài filosofia neo-scolastica (XIII, 2, p. 95segg.),
Il primo, con eccessivo tecnicismo e con non molta chiarezza tende a fissare qual posto occupi nel sistema filosofico del Gentile la religione: contro di lui che, facendo della religione l’annegamento dello spirito nell’oggetto, la pone come uguale alla scienza, il Giulio, richiamandosi alle premesse stesse filosofiche del Gentile, sostiene la profonda differenza di queste due forme spirituali. La scienza vuole rag-5 ¡ungere l’oggetto puro com’è in sé fuori elio spirito, vuole annegare lo spirito nell’oggetto. Per la religione invece l’oggetto cui lo spirito anela appare come vita personale più ricca ed intensa di quella dello spirito finito che ad esso si volge adorando. L’oggetto che per la scienza è morto e astratto, perla religione è fonte di vita concreta e personale.
Con minor tecnicismo e senza passare attraverso all’esame del concetto di scienza nel sistema di G. Gentile di fronte all'oggettivazione dello spirito, Emilio Ciocchetti, estendendo anche il suo esame al Cristianesimo nell’idealismo gentile-iano, molto chiaramente pone il medesimo problema, incominciando anche lui
col fissare la posizione della religione nella filosofia idealistica. Proseguendo !¡uindi, fa la comparazione tra i due diferenti momenti dello spirito, arte e religione, e ne nota molto acutamente la perfetta identità, contrariamente a quello che vuole il Gentile. Che l'arte sia pure soggettiva, che la religione sia pure oggettività come la scienza, che lo si ripeta in tutti i toni è inutile, perchè non si trova affatto differenza tra l'oggettivazione religiosa e quell'artistica, poiché il G. stesso lo conferma: « quando l'arte si realizza, essa non è pura soggettività, bensì soggetto che si oggettiva ». Non solo, ma a questi momenti dello spirito dovrebbero corrispondere fasi storiche differenti, altrimenti non si capisce come lo spirito si redimerebbe dall’annullamento nell'oggettivazione e si passerebbe alla soggettività pura (arte). Conclusione: l'annullamento non ha luogo: la negazione del soggetto nell’oggetto, come puro oggetto non è possibile: ogni oggettivazione si celebra alla presenza del soggetto mercè la dialettica immanente dell’attività del soggetto. IrC. poi passa all’esame della relazione tra arte e religione e tra esse e filosofia e continua poi, confermando con le parole stesse dei Gentile la vitalità del soggetto nel processo religioso; « quanto più ardente è la fede—dice il G. — e profondo il sentimento della propria nullità e ossessionante l’idea dell’oggetto che è tutto, tanto più potente è pure l’energia dello spirito, del soggetto che opera a creare una tale situazione ».
Ma un'altra opposizione fa il C. al G., sostenendo che per la sua stessa costruzione fondamentale il suo sistema che vede tutto il prodotto della fede come una
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RIVISTA DELLE RIVISTE
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autoproiezione o auto-oggettivazione dell’io» la quale si risolve nel soggetto, non è se non un graduale ateismo. E anziché essere come il G. vuole la « religione immortale nella filosofìa », per il C. è la liquidazione della religione nella filosofia ideale-attualistica. Per essa Dio è una nostra obbiettivazione e questa obbietti-vazione può tenere il posto, avere il valore di Dio.
E il C. lo dimostra con la falsificazione che del Cristianesimo vien fatta nell’idealismo. Difatti il G. ritiene che l’uomo cristiano crea con la fede il suo Dio, che il volontarismo cristiano significa per l’appunto questo, che nell’incarnazione Dio scendeva in terra e s’incarnava in quanto l'uomo cessava di essere un vagheggiatore platonico del .vero mondo che è Dio e diventava l’artefice di questo mondo, e cioè esso stesso Dio. Onde il G. spiega ì'Ecce enim regnutn Dei intra vos est non « è dentro di voi, » ma è fatto da voi. Ora a questa concezione si oppone tutta la tradizione, la letteratura, la vita cristiana che è orientata verso la trascendenza: il G- vuole fare del Cristianesimo un immanentismo spirituale che non è Cristianesimo, perchè il Cielo, il Padre, la perfezione, l’amore, la verità, tutto insomma non è dentro di noi, ma fuori di noi per il cristiano e questi gli va incontro con l'attività del suo spirito.
Perchè l’idealismo tenta di far suo il Cristianesimo? si domanda in fine il C. Perchè « anche gl’idealisti comprèndono che una filosofia che non sàppia assimilare il Cristianesimo, che informa la storia di due millenni, è giudicata ». Esso usa ed abusa del Vangelo per coonestare la sua interpretazione del Cristianesimo, ma dimentica che questo suppone« la verità bella e fatta e che esso è volontà che suppone l'essere, come oggetto fuori di sè ».
Il C. conclude dicendo che il G. ed i suoi tentano «di strappare al Cristianesimo i suoi connotati storici per ridurlo ad un'approssimazione incompiuta dei loro propri presupposti e dì chiudere a forza nel recinto della speculazione razionalistica i valori più genuinamente caratteristici della religiosità».
• • •
Israele e le genti. — Nella II parte del suo studio su questo argomento, pubblicato nell’ Atene e Roma (N. S.. Il, a. n. 4-6)
A. Amedeo afferma che la difficoltà che incontrava la propaganda giudaica si spiega con il carattere della sua fede chele imponeva pivi che la conversione delle genti, la loro confusione ed il loro soggiogamento al proprio Dio ed al suo popolo eletto; che le faceva chiedere il riconoscimento di Dio, ma non la comunione con lui. Questa inferiorità di cose provocava falsificazioni ed adattamenti per far si che l’altissima affermazione di farsi riconoscere come una forza mondiale potesse, come faceva la tradizione filosofica ellenistica, esprimersi in formule e dogmi, ai quali l’apologetica giudaica non poteva sottomettersi, oppressa com’era dal legalismo mosaico. Conscio di ciò il popolo giudaico, che vede l’inconciliabilità della sua vita religiosa col mondo e sente su' di sè l’odio delle genti, tenta di tutto non per sconfessare il suo Dio, come altri potrebbe credere, ma per accusarsi delle colpe che non ha, pur di difenderlo e di elevarlo al di sopra di tutto.
Se non che questa situazione spinge il giudaismo a gravitare verso la grande speranza messianica escatologica: la concezione di un Messia che operasse nell’àmbito delle potenze che si intromettevano tra Dio e gli uomini (dei delle genti), vincesse queste forze ribelli e « intimasse in certo qual modo la lotta per il monoteismo assoluto ». Così sorge il concetto del figlio dell’uomo e del figlio di Dio. il che Ìuò sembrare un regresso sotto l’aspetto el ravvivarsi di una mitologia entro il monoteismo: ma non è. La speculazione apocalittica trasforma il Messia figlio di Davide in un essere angelico che darà principio ad « una nuova umanità perfetta che deve subentrare a quella peccaminosa inaugurata da Adamo ». Ora questa speranza avvolse tutto il giudaismo, ne rielaborò il substrato psicologico in modo che scoppiò fulminea sol nell'apparenza col cristianesimo e si espresse con la visione di Damasco.
Cosi di fronte al miope legalismo che vuol dare la salute solo con l’opera sua, ma contro al quale si afferma il bisogno di un principio dinamico che potenzi l’anima religiosa, « Gesù potè raccogliere e raggruppare lo slàncio e la disperata Sassione d’Israele in una forte fede e far i questa fede un principio di vita». Nell’animo di Paolo poi ebbe risonanza questa nota della realtà della salute rivelantesi
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BILYCHNIS
per vie arcane al di qua < del legalismo • fuori del quale egli ormai si sentiva. Così egli compenetrò nel suo spirito il < Cristo del suo sogno escatologico • con Gesù di Nazareth e affermò il principio nuovo con cui si doveva compiere ciò che non era capace a compiere la legge, « lo spirito ». « Lo spirito rinnova nel fedele il dramma della croce di Cristo ». Solo in tal modo « il moto messianico-cristiano più strettamente religioso, sitibondo di Dio, otteneva nella fede la rivelazione di Dio in anticipo sulla sperata salute nazionale. Dio trionfava di già, già piegava ai suoi piedi le nazioni ribelli, perchè crollata la legge, il muro che separava il popolo santo dalle nazioni, la sua gloria poteva sfolgorare su tutti ».
Solo in tal modo per l'Omodeo si risolve la maggior difficoltà che vi è ad intendere il pensiero e l’opera dell’apostolo e » l'indissolubile unità e simultaneità di diversissimi aspetti religiosi ».
Un libro messianico del tempo di Cristo. — In Religio (ottobre-dicembre 1920) uno scrittore anonimo (B), studia da un nuovo punto di vista il libro etiopico di Enoch che consta di due scritti principalmente (il libro delle Parabole e il libro della Sapienza di Enoch). Fin’ora la critica ha veduto nelle loro espressioni gli echi di una querela sorta nel popolo giudaico tra il 95 ed il 78 a. C. tra i Farisei ed i Sadducei. Esaminando invece in una Srima parte del suo studio il libro delle arabole, B. stabilisce molto sagacemente che l’A. scrisse tra il 40 a. C. ed i! yod. C. e che le allusioni frequenti dello scritto agli empi, ai peccatori, ai re, ai potenti che dominano la terra anziché ai Sadducei vanno riferite ai Romani ed ai principi della famiglia di Erode che ne erano i servitori in Palestina. Il libro ha quindi un esplicito carattere messiànico annunziando l’avvento di un eletto, di un figlio dell'uomo che darà nuovo ordineal mondo, renderà felici i giusti ed i santi e punirà gli empi ed i potenti.
B. mette in luce particolarmente le allusioni messianiche e apocalittiche dell’opera e conclude:
« Non dunque i Sadducei ed i Farisei sono di fronte nelle Parabole di Enoch, ma due moltitudini e due popoli, il popolo degli eletti, dei giusti, dei santi, dei più che adorano il Signore degli spiriti e aspettano il suo Eletto, il figlio dell’uomo
che li dovrà liberare dall'oppressione in cui si trovano e regnare su di essi nella terra rin novellata e purificata da ogni iniquità ed ingiustizia, ed un popolo di re, di grandi, di potenti, di dominatori, che ha le sue sedi verso occidente, possiede la terra ed è avido, insaziato, fiducioso nei suoi idoli, nella sua forza e ricchezza, nello scettro dell’imperio, che non riconosce il Dio vero, anzi lo nega ed opprime i suoi eletti ed i giusti e li perseguita e ne scioglie le adunanze e commette ogni ingiustizia. I Giudei e i Romani: ecco 1° due parti avverse. Lo scrittore appartiene a quel partito giudaico dei Zeloti che esistette in germe sempre nel popolò giudaico dopo i Maccabei, ma si costituì direttamente contro la dominazione romana Spando la Giudea fu annessa all'impero 6-45 dell’E. V.) ».
La religióne del Rigveda — E. La Tèrza nella Nuova Cultura del gennaio-febbraio u. s. inizia uno studio sulle divinità del Rigveda, premettendo un esame sommario della natura e del carattere delle divinità vediche e sulle forme animistiche e. magiche che il loro culto avrebbe ispirato ai credenti dell’età vedica. Classificate le divinità in dei superiori e inferiori, il La Terza passa a farne un esame particolareggiato, accompagnandolo con la letteratura su di essi e con la riproduzione di qualche inno più importante per la loro conoscenza.
— Sulla poesia del Rigveda pubblica P. E. Pavolini un breve articolo nella nuova rivista Alle fonti delle religioni (I, 1) facendo notare come la maggior parte degl’inni dal punto di vista letterario sia monotona e uniforme, sebbene ce ne siano alcuni bellissimi e tutto ciò non debba escludere l’importanza sostanziale dell'opera ai fini della conoscenza delle religioni. [I P. riporta per saggio qualche traduzione di inni tra i più interessanti.
La legittimità della guerra nelle fonti indiane. — C. Formichi riproduce nella nuova rivista Alle fonti delle religioni (I, 1) una parte della Bhagavadgità o canto del Beato, che è un episodio del Mahàbhà-rata, éd è, per così dire, il vangelo dell’india, come quello che contiene la soluzione d’uno dei massimi problemi che l’uomo abbia tentato di risolvere: è lecito uccidere? Secondo Visnu, il nume « buono e soave dell’india », * non è delitto, ma dovere.
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sempiterna gloria, uccidere i nemici in battaglia; la ragion pura e la ragion pratica, solo apparentemente in conflitto, si riconciliano in una sfera più alta: lo Spirito increato eterno, che è in noi, non può nè uccidere, nè essere ucciso; si ottemperano dunque i doveri sociali col sentimento di compiere il dovere e col cuore rivolto a qualche cosa di ben più alto, a Dio, in seno al quale dileguano le apparenti ingiustizie e crudeltà di questa vita ».
Uno scritto Buddista di A9vaghosba. — Nella stessa rivista G. Tucci fa conoscere il contenuto e traduce larghi brani di un nuovo poema di Ayvaghosha. scrittore del 1 secolo d. C. già cognito per la traduzione fatta da C. Formichi di un altro suo poema, il maggiore, Buddhacarita. In questo, illustrato dal Tucci, la conversione di Randa, fratello di Buddha, è l'argomento, ma « il nucleo essenziale è rappresentato invece dall'insegnamento che Ananda e il Buddha impartiscono a Randa il quale, accecato dalla passione, a lungo si ostina a rimanere sordo alle parole di quei due, ad onta fossero rivolte al suo t esso bene ».
Calvinismo politico. — Traendo motivo da un'esposizione fatta da Paul Doumergue in Foi et Vie. G. Sorci nel Pesto dei Carlino del 12 giugno, contrappone il cristianesimo rinnovato, che il Doumergue vorrebbe bandire, alla concezione delle democrazie attuali, le quali provengono da Calvino, senza- pur dare perciò alcuna garanzia di diritto e di libertà. Tipica sotto questo aspetto la democrazia wil-soniana, cosi miseramente travolta nella corruzione, nel nepotismo, nell'affarismo c coperta dal disprezzo di tutti gli onesti, che furono da essa illusi. Cionondimeno il cristianesimo del Doumergue non pare, per quanto modernizzato sia — rifiuto della tradizione biblica della creazione, attualizzazione dell’idea dell’incarnazione, immanenza della redenzione, ne sarebbero i cardini —, possa alle democrazie attuali portare un qualche aiuto, tanto più che' 3uoste sono travolte verso la repubblica ei produttori che il Proudhon fin dal ’48 oppone alla democrazia.
■ La nuova Riforma preconizzata da Paolo Doumergue — così termina il Sorel il suo articolo — avrebbe per effetto di distruggere nel secolo xx ciò che il secolo
xvi ha dato di meglio. Dell'antica teologia non resterebbe che una terminologia che ha perduto il suo primitivo significato. Il Cristo sarebbe oramai assente dal mondo. In tali condizioni il protestantesimo di Paolo Doumergue non può dare nessun concorso efficace alla democrazia, a mono-che non si rivolga a gente disposta a lasciarsi trarre in inganno da vani discorsi. Noi ritroviamo qui il vizio fondamentale di tutte le democrazie che nutriscono i sofisti più sfrontati; ma è probabile che lo scandalo di questa rettorica sia più grande nelle democrazie calviniste che nelle nostre democrazie laiche, perchè la Riforma ha opposto, nel corso della sua storia, la più violenta resistenza alia ciarlataneria.
« Sarebbe davvero sorprendente che questa caricatura del protestantesimo, vantata da Paolo Doumergue. potesse aiutare la democrazia dei politicanti a trionfare delle tendenze che spingono oggi le masse operaie verso la Repubblica dei produttori. Per mio conto io considero il preteso cristianesimo rinnovato come una testimonianza incontestabile del fallimento democratico ».
Religione e politica. — Bonucci, nel fascicolo del primo trimestre del 1921 della Rivista trimestrale di studi filosofici e religiosi esamina in un lungo, articolo il problema dei rapporti tra religione e politica. Premesse le necessarie osservazioni sugli elementi della questione (in che consista la vita religiosa e la vita politica, quali ne possano essere i rapporti) passa ad esaminare quello che per lui è il fatto centrale dello studio, quale concezione della vita politica di fronte alla vita religiosa si abbia nel Vangelo e come da essa derivino le concezioni di difesa della vita religiosa da parte dello stato che assumono più tardi S. Paolo e S. Agostino. 11 Bonucci prospetta le altre richieste che la coscienza religiosa domanda allo Stato, quali quelle del promovimento della vita religiosa non più fine, ma motivo di azione di stato e studia meglio ancora l'immedesimarsi della religiosità nell’azione politica, intendendo quella come tentativo di contrastare la vita dello spirito coi mezzi della materia, coll’intolleranza. A proposito della quale il B. nota sullascorta di un'opera approvata ufficialmente dalla Chiesa di Roma (A. M. Lépicier, De stabilitale et
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BI LYCHNIS
pregressa Dogmatis; Roma, 1910) come la Chiesa trovi necessario, anzi doveroso uccidere gli eretici come la selvaggina e quando non lo possa fare direttamente o aborrisce giustamente dallo spargerlo, incarichi lo Stato di farlo, imitando, dice blasfemamente lo stesso autore, Gesù che percosso non percoteva!!!
Il B. da questo pericolo che incomberebbe su di uno Stato che facesse sua la direttiva della Chiesa di Roma è tratto ad esaminare la formazione dei partiti su basi confessionali, religiose o, peggio, con mentite forme, come il partito popolare italiano che accozzò le più diverse Sr-sone ed i più eterogenei elementi sotto direzione suprema di un sacerdote, pur di conseguire con intenti apparentemente religiosi moventi- politici. Così per la prima volta si è avuto un partito cristiano nella sua professione che ha predicato l’odio tra gl’individui e tra le classi, che ha scosso la stessa unità famigliare che asseriva di voler difendere, che ha falsato la missione della donna, trascinandola nella lotta politica. La vita di partito — conclude il B. — è vita d’egoismo e vita di lotta e così anche coloro che vogliono far la vita religiosa, proprio quella suprema, quella cattolica, movente di vita di partito, dissolvono, ne-Eano la religiosità, nell’egoismo e nella: »tta. nella vita della materia insomma. Vive come può il partito, ma la vita religiosa è spènta ».
Chiesa e Stato. — Nella Rivista Jdi~“fi-losofia del gennaio-marzo V. Cento disegna le linee d’una teoria generale dei rapporti fra Chiesa e Stato, stabilendo dapprima i limiti dell’attività delle due organizzazioni spirituali e del loro dominio (religione e politica) e fissando quindi le antinomie e le relazioni che corrono tra i due sistemi di vita che agiscono sulla coscienza individuale. Ne deduce quindi che una religione dello Stato non è ammissibile, sebbene, essendo e dovendo essere aconfessionale, uno Stato non possa essere irreligioso. Perciò la coscienza dei suoi limiti gli impone di rispettare le coscienze degli organizzati, senza nè escludere le particolari confessioni religiose nè erigersi a giudice delle loro controversie. Se non che lo Stato non avendo che fare con la religione, ma con particolari confessioni religiose, come si è detto, ne deve permettere il libero svolgimento, donde
l’assoluta tolleranza che si proclama negli Stati moderni È vero che la tolleranza, secondo il Cento, implica un senso d’ideale religioso più alto, soprattutto se mantenuto di fronte ad una confessione privilegiata nello Stato e che non può essere assoluta perchè lo. Stato è obbligato a reprimer« 1 tentativi che potessero effettuarsi per la sua distruzione e per lo sconvolgimento della morale sociale. Il che non equi vale, chi ben consideri, se non alla concessione di una libertà relativa, chè assoluta non è conciliabile con il rispetto alla libertà di tutti gl'individui e non può sussistere che con una libertà di Stato, condizionata dalla forza dello Stato. Naturalmente occorrerà fissare dei limiti che saranno posti da quell’autorità che avrà più chiara coscienza dei propri confini.
Tolleranza o intransigenza ? — Nella Rivista di cultura del 15 febbraio U. Spirito tenta di risolvere il problema del l’intransigenza o della .tolleranza, assurgendo ad una comprensione loro che egli stesso dichiara potrebbe sembrare un compromesso, ma che invece vorrebbe dimostrare l’insufficienza dei comuni concetti che vedono nell’una la cecità eccessiva e nell’altra la passività assoluta. Sgombrato il campo dalla vuota ideologia del 0 libero pensiero » in cui il problema trova comunemente la sua superficiale soluzione, lo spirito concede che se si considera il pensiero nel suo essere si deve atteggiare ad in transigen te, mentre se lo si guarda nel suo divenire si deve riconoscere la necessità della tolleranza. Ora l’antitesi non può risolversi se non nella concezione di sviluppo, di storia: occorre cioè concepire il pensièro nello svolgimento suo, non come astrazione, ma nella sua intrinseca e attuale unità, come concetto di svolgimento e non di fortuito avvicendarsi. Cosi l’errore, l’eresia è Una necessità stessa del progresso del pensiero e « dogmatismo e scetticismo si inverano nel concreto concetto di sviluppo ». Però l’intransigenza non deve corrispondere a dogmatismo, ma a coscienza e quindi deve tener conto dell’opposizione, farne la vita sua, comprenderla. In tal modo il concetto d’intransigenza non è uño dei termini dell’autonomia, ma è la sua stessa soluzione. « Tolleranza passiva e intransigenza cieca sono entrambi segni di povertà spirituale, appunto perchè tollerare passivamente la menomazione dell«
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proprie affermazioni non può essere che mancanza di fede nel proprio valore e d’altra parte, chiudersi in una boriosa intransigenza di fronte ad ogni nuova manifestazione non può dimostrare che una meschina limitazione spirituale entro rigidi preconcetti. »
Filosofia contemporanea e democrazia. — A. Chiappelli nella nuova rivista mensile di politica e cultura, la Rassegna moderna (i° maggio) esamina brevemente la posizione della filosofia contemporanea di fronte al movimento irrazionalistico e in relazione alla tendenza democratica del momento presente, in cui la filosofia si è diffusa nella vita pubblica. Ne è sorta, secondo l’A., una concezione pluralistica, individualistica e democratica che collima con il pensiero socialistico per il fine cui tende della ricerca dei valori morali nell’utilità e negli elementi economici, sebbene il socialismo muova dall’idealismo assoluto. In tal modo quindi la filosofia moderna tende a giustificare la maniera comune di vedere e di sperare nel mondo, con il pericolo naturalmente di disperdere e dissolvere le forze umane, «cui questo eccesso di valutazione democratica dell’individualità empirica e della libertà sembra fatalmente condurre ».
Occorre perciò, secondo il C., riconoscere il valore della potenza attiva c direttiva della vita nella rivelazione della realtà, nell’apprensione del mondo, oltre che nell’azione; ma occorre pure confessare, che il primato in quest’opera spetta sempre alla ragione e al pensiero.
«Così — conclude il Ch. — lo spirito democratico dell’età presente potrà aver giovato all'opera filosofica, rilevando, nei fatto, il valore della molteplicità dei centri psichici e della loro libertà: e preparando le vie ad una veduta superiore di una unità spirituale che non sia nè formale nè puramente logica, ma corrente, ricca nella moltiplicità sua, c vivente di una verità che non sia data a priori e presupposta, ma in continua formazione per la convergenza, verso un centro assoluto, vivo ed attivo, di una infinita moltitudine di elementi, e per la loro progressiva cooperazione ad una comune e suprema finalità nella esperienza varia e mutevole traverso agli spazi e ai tempi.
Razionalismo e misticismo. —- La Rivista di Filosofia dell’ottobre-dicembre
1920 pubblica alcune delle memorie presentate al recente congresso-di filosofia, tra le quali ci sembra meriti conto riportare per i nostri lettori, più largamente di quel che non sia stato fatto nel sunto del nostro egregio collaboratore prof. Cento, il punto sostanziale della memoria che Federico Enriques ha dedicato al problema del razionalismo e del misticismo. L’E., accennando alla concezione comune che vede in essi mentalità opposte non dimentica di osservare come facilmente si passi da uno stato d’animo al suo opposto, ciò che avviene anche per il razionalismo e il misticismo secondo alcune semplificazioni ch’egli riporta. Ne consegue che tra questi due stati contrari deve esistere un intimo rapporto di parentela che l’Enriques spiega in questo modo: « Se, come abbiain detto, il razionalismo ha la sua radice in una certa mentalità, pure esso si traduce in una ben definita teoria della conoscenza, che assume la ragione come criterio di verità in contrapposto all'esperienza o all’autorità dèi fatto storico, che è un’esperienza allargata.
« Dunque per il razionalista, è vero ciò che viene concepito nell’intimità del pensiero. Il fondamento metafisico su cui riposa codesta teoria e donde essa attinge il suo valore assoluto, è la supposizione di una corrispondenza o identità degli oggetti e dei rapporti reali alle idee e ai rapporti fra le idee nella mente umana. Cosicché la mentalità razionalistica, espressa nell’anzidetta teoria, implicitamente proietta nel reale obiettivo i rapporti che intercedono nel mondo subbiettivo del pensiero.
« D’altra parte, il misticismo è uno stato d’animo che sopprime la differenza fra io e non io, riassorbendo la coscienza dell’universo nella coscienza dell’io e annullando la propria personalità nella coscienza del tutto.
• Di qui emerge la parentela fra le due mentalità, giacché la supposizione metafisica del razionalismo si può ritenere come contenuta nella disposizione mistica. In Juesto senso si comprende che il razionammo possa nascere — per così dire —-da un misticismo raffreddato, quando si delimiti la natura del rapporto fra le idee», che là mente presume di proiettare nella realtà ».
L’Enriques conforta questa sua teoria con un breve studio della « più antica e schietta espressione della filosofia razio-
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Balistica, la scuola di Elea, e con un altrettanto breve esame dell’evoluzione del razionalismo nel pensiero moderno che conduce alle due forme antitetiche del razionalismo scientifico limitato e condizionalo dall’esperienza e dell’idealismo o razionalismo metafisico.
Arte e religione. — Dal fascicolo di gennaio-marzo della Rivista di filosofia che pubblica integralmente il saggio detto da G. Gentile sull'arte e la religione al recente congresso di filosofia, stralciamo alcuni periodi che costituiscono i capisaldi del pensiero dell’A. su questo interessante argomento. Il « momento estetico è nello spirito il momento della pura soggettività, quello che conferisce ad ogni vera opera d’arte il suo carattere essenziale di liricità. In questa pura soggettività dell’arte non è detto, adunque, che lo spirito debba chiudersi in un’astratta e vuota posizione di soggetto senza nessuna sorta di oggetto. L’arte ha un suo mondo che è, come ogni mondo, infinito. All’arte dunque non fa difetto la concretezza della vita del reale, in cui l'uomo vive ed è reale. Ma nell’arte la vita è la realtà e lo stile è l’uomo ». In conclusione l’arte è soggettiva e astorica, mentre la religione ha questo carattere: • il riferimento del pensiero a un oggeto non trascendente, ma dal pensiero considerato come assolutamente trascendente il pensiero stesso ». • Arte, dunque e religione si presentano come un atit-aul: o soggetto, che è esso infinito, l’universo: o oggetto, che è infinito, il tutto. Un infinito esclude l'altro. Il poeta trova il suo mondo nel proprio petto: il santo sente il vuoto dentro e volge gli occhi al cielo lontano». «La conciliazione delle due forze antagonistiche operanti nel mondo dello spirito è operata dalla filosofia, non come scienza specifica e storicamente differenziata — che è quella tale scienza per cui i filosofi formano non più che una classe degli uomini — ma come quella funzione piena e veramente concreta e reale dello spirito, onde ogni uomo è uomo e non può nè poetare, nè adorare mai senza pensare ». « Il principio della conciliazione sta nella religiosità dell’arte e nella esteticità della religione. E la stessa analisi che abbiam fatto del concetto dell’arte, ci aiuta a scoprirvi dentro Suesto suo contrario che è la negazione o superamento della soggettività estetica ». « L’arte è natura nello spirito, cioè imme
diatezza. Ma la immediatezza medesima è il carattere sì della natura e sì del divino in generale. E la trasformazione della religione in filosofia.... non è altro che. mediazione di ciò che immediatamente si Ìone innanzi al pensiero come l’impensa-ile, l’ignoto, il mistero » «. La conclusione è che non c’è arte che non sia religione »..
La Filosofia della relatività. — Fummo forse tra i primi in Italia ad accennare, dopo conosciute le conclusioni scientifiche sulla eclissi solare del 1919, come esse venissero a confermare le teorie di Einstein (Bilychnis, voi. XV, 468). In questi ultimi tempi, specialmente all’estero, si è fatto un gan parlare di questi principi che venivano a confermare scientifica-mente quella filosofia della relatività che altri pensatori mettevano in discussione, se non in luce, in lavori recenti.
Ora il nostro amico e collaboratore Adriano Tilgher, chiarisce nella Stampa la posizione assunta dall'Einstein in questo movimento di pensiero, stabilendo su ricerche fisico-matematiche, che lo spazio non è, come si credeva, assoluto ma relativo e che quindi ogni osservazione, per scientifica che sia, deve fare astrazione dal principio, finora affermato, dall’assolutezza dei termini in cui si svolge, anzi deve pon e come caposaldo la sua relatività; quel che si direbbe volgarmente, il punto di vista da cui è fatta. Onde l’assoluto consiste unicamente nel relativo’, perchè ogni osservatore lo può raggiungere entro i termini concessigli.
Da queste conseguenze filosofiche della teoria di Einstein che il T. collega con quelle da lui già analizzate di Spengler e di Vaihinger, viene una conclusione che a molti potrà apparire paradossale ed è che esse non sono altroché il prodotto di-una intuizione della vita e de! mondo attivistica, che sottrae allo spirito la concezione finora prevalente dell’assolutezza e dell’obbiettività dello spazio, del tempo, del movimento, della materia.
E, quasi non bastasse, il T. molto sagacemente viene ad un’altra conseguenza,-che conferma la concezione ormai impostasi nel mondo della coltura, della assurdità, cioè, delle storie parziali. Le quali, non tenendo cónto dell’ambiente spirituale in cui vivono i pensatori che studiano o creano le varie forme della yi-stione spirituale (sia essa artistica oscien-sifica, poco importa), non possono pre-
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sentale se non come effetti di produzione erudita i fatti che non sono se non il portato necessario delle intuizioni che l’ambiente stesso ha provocato in loro. Una storia parziale è perciò qualche cosa di spezzato e di discontinuo in < cui non vi è più il legame vitale ». (vedi anche a pag. 279].
— Nel Periodico di Matematiche (marzo 1921) F. Enriques fa della stessa teoria una breve storia specialmente nell'antica Grecia,. trovandone le tracce nella Scuola eleatica. Facendo uno studio del noto passo di Parmenide e dei celebri argomenti di Zenone, l’A. considera come probabile che la dottrina eleatica del movimento implica in. realtà il riconoscimento critico del fatto che ogni movimento non può essere definito che in rapporto a qualche cosa. L’influsso di questi principi si sarebbe avuto nelle teorie filosofiche e meccaniche dei filosofi posteriori (Anassagora, Empedocle, atomisti c neopitagorici) (Da Scientia).
— Nel Giornale critico della filosofia italiana (II, 2, p. 73) Ugo Spirito esamina le • interpretazioni idealistiche della teoria, di Einstein » concludendo che « Le teorie di E. non hanno nessun particolare valore idealistico. Non sono la conferma e tanto meno la dimostrazione della necessità di una concezione anti-intellettualistica della realtà. Come per qualunque teoria scientifica il dualismo di oggetto e soggetto — e cioè < i una realtà di conoscere, presupposto del pensiero, e di un pensiero che conosce una realtà che è prima di lui — rimane anche per l’E. un postulato tacitamente ammesso e rispettato in modo assoluto ».
Sul compito della psicologia — C. Fabbricotti, nel fascicolo di marzo-aprile del Raccoglitore. sotto il titolo di « note di filosofia », fa alcune osservazioni sull’articolo di A. Renda da noi pubblicato nel numero del novembre 1920, procurando di fissare quale sia realmente il compito assegnato alla psicologia, compito che per il Fabbricotti il Renda avrebbe circoscritto alia ricerca pura e semplice dei • fatti spirituali astratti da ogni loro valore ». Secondo il F. invece il compito della psicologia sarebbe ancor piò ridotto: ma non sarebbe, come vuole il R., una scienza descrittiva, poiché <« descrivere significa definire e definire vuol dir filosofare »: essa sarebbe una scienza storica, narrativa, enumererebbe « fatti di coscienza ». Ciò sarebbe del restò implicito
nella denominazione di tale lavoro riconoscitivo, in quanto il nome psicologia « addita fatti dell’anima ».
Buddho e Schopenhauer. — G. de Lorenzo, nella Nuova cultura di gennaio-febbraio, esamina brevemente i punti di contatto che hanno tra loro la filosofia di Schopenhauer e la religione di Buddho. Quando nel 1818 Shopenflauer pubblicò il primo volume della sua opera II mondo quale volontà e rappresentazione, sul buddhismo non vi erano ancora studi, sia pur di minima importanza. Dopo il t8i8 essi però si fecero sempre più numerosi e Sch. si compiacque constatare la coincidenza non solo di pensiero, ma anche di parole e di frasi che la •sua filosofia aveva con l’antica religione. Egli parlava allora di Buddho non con l'anima di un filosofo, ma di un credente, tanto questa corrispondenza di cose lo aveva impressionato. Indubbiamente delie strane relazioni passano tra le due grandi concezioni. le quali poggiano sulla coscienza del dolore del mondò e sull'insegnamento del modo con cui liberarsene. Per il buddhismo radice della vita è la sete (tantrà) di vivere, per Sch. la volontà (Wille) di vivere. Se non che mentre B. identifica talvolta la sete con la volontà, Sch. paragona la volontà alla sete inestinguibile (unlöschbar Durst). Così pure la legge di causalità è per ambedue i pensatori a base della loro dottrina con parole quasi identiche. Il De Lor. la esamina anche nei pari molari giungendo però alla conclusione che .a cognizione delle cpse che è l’ultimo fine della legge di causalità, per il buddista è un mezzo sufficiente • per sentirsi perfettamente bene ancora durante la vita ». « per godere il beato presente ». « per essere contento già in questo tempo »: non più e non meno. • Se si riflette — conclude il De Lor — che il nostro Sch. ha pensato quasi sul serio: « Interamente felice, nel presente, non si è ancora sentito alcun uomo, a meno che sia stato ubbriaco ■; allora si può sempre indicare quel risultato gotamico come un assai’ notevole scopo di una dottrina della cognizione.
Il .Buddismo nella vita Giapponése. — A proposito di un’opera, non recente, di A. K. Keischager sul buddhismo giapponese Studi es in Japanese Buddisti m). A. Castellani nel Marzocco del 19 giugno richiama l’attenzione sull’azione benefica che il buddhismo ha esercitato sui {Giappone.
Nella prima parte di tale lavoro l’autore
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espone, con dovizia di mezzi, tutta la storia del ■ buddhismo in Giappone; dice quale influenza vi esercitasse, quali modificazioni durevoli e nell’arte e nella morale vi abbia operato, dove corrèsse frenando, e dove animò incitando. Nella seconda parte, anzi nei due ultimi capitoli, tenta più decisamente di stabilire quali saranno 1 suoi frutti in avvenire. Certo è che entrando in Giappone il buddhismo trovò un terreno quanto mai favorevole al suo sviluppo. Pili delle altre religioni esso ebbe il vantaggio, da una parte di appagare col suo ricco tesoro di scritture l’avidità di sapere innata nei Giapponesi, dall’altra di vellicare con le forme del suo culto, la loro natura quanto mai plastica e recettiva, eccitandoli incessantemente alla riproduzione artistica.
Naturalmente per far questo anche il buddhismo, come il cristianesimo in occidente, dovette prendere una forma adatta alla mentalità giapponese. Questa, per e-sempio, scartò tutto il lato pessimistico di tale fede, velando, tutt’al più, di melanconia il suo originario modo di vedere ottimisticamente il mondo.
È vero che l’oppressione del clero buddista e la sua furia ed il suo subdolo insinuarsi fini col portare ad una reazione che grazie ai-neo confuciani riaffermò i diritti della ragione e la necessità di un governo libero e forte, onde il buddhismo non fu più religione di Stato, i templi vennero spogliati, la predicazione proibita. Ma ciononostante il beneficio del buddhismo si affermò di fronte alla scienza occidentale soprattutto che si diffondeva allora nel Giappone. I buddhistipiù coltila studiaronoesi accorsero che « in fondo la filosofia di un Kant, la dialettica di un Hegel, l’agnosticismo di uno Spencer, non sono che il pensiero budd Insta pòrto a loro sotto altra forma. Giudizio importantissimo perchè da questo punto incomincia la rivolta. E ¡perchè dovranno essi accettare da noi come novo quel che essi conoscevano prima di noi da secoli? «
R. Ardigò. —Di R. Ardigò e soprattutto del suo pensiero etico-sociologico si occupa nella Rivista di sociologia dell’ottobre-di-cembre 1920 L. Limentani, dimostrando in quale rigoglioso schema psicologico sia inquadrata la sua teoria morale e particolarmente la teoria della volontà, la critica dell’indeterminismo e del determinismo metafisico, la concezione che l’ordine morale s’integra nell’ordine cosmico, la con
lutazione dell’etica egoistica, la dimostrazione dell’indipendenza della morale dalla religione, l’illustrazione della natura sociale della moralità ed augurandosi che i giovani ritornino all’opera sua dopo « le orge intellettuali dell’idealismo assoluto ».
Loyson. — Secondo G. Sorel, che gli dedica nel Resto del Carlino del 5 giugno un articolo contesto di giudizi contemporanei, il P. Giacinto Loyson non sarebbe stato nè un uomo sincero, nè uno spirito colto. Le sue doti oratorie avrebbero nascosto la deficienza delle sue qualità culturali soprattutto filosofiche e la sua opera nè individualmente. nè collettivamente sarebbe stata tale da raccomandarsi come affermazione di fede e di pensiero.
« Quando padre Giacinto abbandonò il convento — conclude il Sorci — Le Play, che era suo grande ammiratore, credette che l’antico carmelitano avrebbe potuto fare un’efficace propaganda delie idée della sua Riforma sociale. Ma in realtà la carriera di padre Giacinto era finita; egli non si sentiva a suo agio che nel bel mezzo di un uditorio disposto ad accogliere il suo insegnamento sacerdotale, e forse per questo-si intestò a essere per parecchi anni il pastore di una Chiesa-scheletro. Aveva orrore dello scrivere, come è di molti oratori. Non avendo potuto toccare gli spiriti filosofici, che diffidano sempre di coloro che non danno al pubblico il tempo di studiare a cervello riposato le loro tesi, padre Giacinto non ha lasciato nessuna traccia nel pensiero, moderno. La sua vita ha soltanto valore di documento nella storia delle vicissitudini del cattolicesimo ». ..
Claudel. — A. Franci, nel Resto del Carlino del 16 giugno, sulla scorta di uno studio del Lasserre mette in evidenza la parte non moritura dell’opera di Paul Claudel, lasciando cadere quella che forse colpisce di più i contemporanei, ma che è destinata á perire. In altre parole egli distingue il poeta, «oscuro, involuto, pieno di metafisicherie alla tedesca, dal sermonario moralista ». Ora è per l’appunto questo Claudel che è destinato ad esercitare « una certa influenza nello spirito e sui costumi della Francia contemporànea ». Il Claudel moralista e apologeta deall virtù non alla Corneille, ma della virtù famigliare ci appare efficace, semplice, buon dottore. Convertitosi per aver cercato «nelle cerimonie cattoliche un cc-
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citante adatto a la materia di qualche esercizio decadente • riconosce quale suo ispiratore un .Arturo Rimbaud che non ha nulla che vedere con la religione e la filosofia, ma di cui egli capovolge tutti i valori negativi con quella tipica incapacità claudelliana a comprender la metafisica e la teologia, che fanno di Claudel un buon commentatore del Padre nostro, ma un infelice interprete di Aristotile. Jnsomma il posto del C. è sul pulpito, donde riesce con una predica rude da dottrinario medievale ad afferrarci ed a commuoverci.
Blondel. — P. Gobetti nel Resto del Carlino del 9 giugno, stabilisce brevemente la posizione di Maurizio Blondel di fronte al pensiero antintellettualistico francese del secolo xix, dopo che Kant insegnò il superamento dell’intellettualismo nel volontarismo e lo avviò a superare il razionalismo e il sensualismo, impliciti nell’eredità degli enciclopedisti e degli spinai ualisti, compagni o discepoli di Cou-sin. Blondel è in questo senso il centro di tutte le scorrenti che l’hanno preceduto. Egli insegna che l’uomo è il risultato di esperienze « positi viste da un lato, sentimentali dall’altro ». Tutto il suo sistema s’impernia quindi sull’azione - come l’atto Suro gentiliano afferma l’idea di sfogo, i autonomia originaria, di spiritualità che supera i fatti e i dati per affermarsi in una completezza sempre più vasta che si fa cosciente nello svolgimento filosofico. Interpretato dal Liberthonnière, il sistema blondelliano, riesce ad una • interpretazione del cristianesimo come realismo, come praxis, e nella opposizione del realismo cristiano ¡üi'idealismo (o intellettualismo) greco. Così diviene la filosofia del modernismo, reagendo alle varie forme di individualismo ed affermandosi nella teoria di un’intuizione mistica che esalta il cristianesimo come il più rigoroso tra i negatori dell’individualismo.
• In questo rapporto di sviluppo concettuale, che noi fissiamo qui per primi, tra reazione all’intellettualismo^ misticismo, concezione della storia, cristianesimo, è l’essenza più profonda del movimento modernista, il suo significato filosofico, che soltanto da studiosi superficiali potè essere ridotto a rappresentare un momento di critica storica sui Vangeli, o il grossolano dissidio tra scienza e religione.
■ A questo si ridusse il modernismo italiano. ritardata e anacronistica imitazione di un movimento che in Italia aveva già avuto, nella sua ora. pensatori come Ornato, Gioberti, Lambnischi™. Bertini: là vera originalità del movimento era in Francia nel tentativo che una nazione formata faceva, ritornando sulla stessa formazione, per ritrovare un principio di feconda religiosità moderna: tale tentativo eroico significa l’opera di Maurizio Blonde! ».
Federico Amiel - Luigi Tonelli. nel Resto del Carlino del i.| maggio, pubblica un breve schizzo della caratteristica fóndamentale del pensiero di Amici, asserendo ch’egli non è un filosofo nei vero senso delia parola, ma piuttosto un contemplatore. il cui spirito è più special mente adatto alla distruzione che alla costruzione e si esprime in uh forma frammentaria. t
~ Tuttavia, a voler cercai e un nucleo in codesto pensiero frammentario, noi troveremmo questo: la Natura è Maia, ossia un fenomenismo incessante, fuggitivo ed indifferente; il mistero, la neh* ia, nel a quale naufragano le cose, nei primi principi e negli ultimissimi:. il mondo, un fuoco d’artificio, una sublime fantasmagoria... Sola realtà è ia coscienza, l’anima Come pel Berkeley e il Fichte, per l’Emcr-son e il Carlyle, cosi per l’Amiel, tutto è allegoria, c l’idea è più reale del fatto. Ma questa realtà, com’è misteriosa! Se ignote ancora ne sono la inctercologia e là fisiologia, tanto più tenebroso n’è il fondo, ossia la sua sostanza ed intima natura..La quale, chiamisi fatalità, morte, notte, materia, è pur sempre il piedestallo della vita, e luce, e libertà, e spirito.
« Studiare l’anima: questo è, ad ogni modo, l’alfa e l’omega delia scienza. Studiare dunque la vita umana, la società, l’uomo
Perciò Amie! è soprattutto psicologo e moralista: vede meravigliosamente ed , analizza i rapporti tra religione e filosofia.
■ E s’egli non ha fede nella divinità :el Cristianesimo, vedete tuttavia come sa scoprire ed intendere la moravi diosa bellezza delle soluzioni cristiane del peccato e del dolore; e come sa sprofondarsi nell’umano, e pur divino, mistero di Gesù; e come comprendere le intime necessità delle religioni positive. . ».
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La stessa questione politica c sociale si trasforma per lui in una questione essenzialmente morale, onde il Journal intime potrebbe definirsi « un trattato di filosofia morale a larga base psicologica». Í- vero che è pure un'opera di poesia, poiché ad onta del suo spinto critico, della sua solitudine che gli fa rendere l’opera priva di quel colorito artistico che gli a-vrebbe dato la volontà di pubblicarla, il suo stile « è vivente e rispecchia mirabilmente l'intima vicenda d’uno spirito superiore ansioso di verità c tormentato da tutti i mali del secolo ».
Romain Rolland.— Un breve, ma buon profilo di questo scrittore disegna F. Bernini nella Coltura socialista del 5 marzo u. s. concludendo che egli è • una delle grandi forze intellettuali di questa misera Europa post-bellica, che cerca ancora il suo equilibrio. Egli è un nostro amico, perchè è compito delle grandi opere dello spirito umano d’avvicinare intuitivamente direi anche inconsciamente, alle soluzioni politiche dei problemi ».
- Sullo stesso scrittore à pubblicato un volume documentato ed illustrato Stefan Zweig sotto il titolo Der Mann
u. d. Werk; di questa opera ci proponiamo di parlare.
I drammi di Tagore — Nel Marzocco del 5 giugno A. Faggi si occupa dei drammi di Tagore, dimostrando com’egli per mezzo loro abbia voluto rappresentare scenicamente stati d’animo, peccando contro l’arte drammatica che ne permette lo svolgimento solo in quanto tali stati d’animo si manifestino nell’azione. Ora tanto nell’postale che nel Re della camera oscura, che sono due dei principali e più interessanti suoi drammi si tratta della visita di un re invisibile; nell’uno la Morte, nell’altro lo sposo mistico del l’anima « quello in cui l'anima fuggendo dalle vane apparenze, ritrova sè stessa e ritrovando sè stessa, ritrova Dio ». In fondo si tratta, sotto differenti forme, sempre di Dio. Ora se tali produzioni riescono per il teatro insostenibili, costituiscono un quid medio tra la lirica e la drammatica che nella lettura sopratutto ha il suo pregio ed il suo valore. In altre parole anche l'opera drammatica del Tagore non è che l’espressione « più viva, più rilevata, più conchiusa, più duratura » di alcuni di quei concetti fondamentali che rendono così squisita la sua lirica.
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SCIENZA E STORIA DELLA RELIGIONE
ReinOID Regin, l>cr alte Goti und der nette Gelsi. Ein Buch vom wahren Glauben und hcl-dischem Ixibcn. NQrnb^rg, Lorenz Spindler, l<)2X, p. 127.
Libro di battaglia che propugna l’avvento della religione dello spirito, libera da dogmi contrari alla ragione, emancipata da ogni giogo clericale. Aggressiva, e in più punti eccessiva, è la polemica contro ■ la Chiesa », corruttrice del Cristianesimo e domi-natrice delle coscienze. Se la chiesa romana offre il più largo bersaglio a questi attacchi, l’A. dichiara ch'egli ha di mira ogni chiesa che pretenda all’infallibilità e al monopolio della verità.
Altro carattere del libro è la nota antisemita. Il sacerdotalismo, che ha inquinato il Cristianesimo, deriva dal giudaismo. Gesù l'iniziatore della vera religione è il tipo perfetto dcH'Ario(e probabilmente del Germano, secondo una teoria che raccoglie adepti nei paesi tedeschi). La sua dottrina è la religione aria primitiva («fische Crreligion). Ogni uomo sincero ne porta in sè l’istinto e il germe; la sua essenza è l'incarnazione di Dio negli uomini, perchè essi diventino come Dio.
T. L.
Gerhard Kkopatscheck, l.uthcrischcs J barbiteli (1919). Drcsdcn-Leipzig, Ludwig Ungelenk, p. 128 c 80.
Questa pubblicazione, divisa in due fascicoli, ci reca un quadro documentato della situazione della Chiesa luterana di Germania nell’anno procelloso che segui il crollodeH'anticoregimec l’avvento del-1* repubblica. Il primo fascicolo è dedicato al problema della scuola; il secondo si occupa più direttamente delle principali manifestazioni della vita ecclesiastica durante quell’anno.
Si apre il secondo fascicolo con uno studio introduttivo del doti. Ihmels, prof, all’università di
Lipsia: • Unsre gegenwärtige ’kircklichc Lage >. in cui si prospettano i problemi dell'ora presente, da quello di una nuova costituzione ecclesiastica, resa necessaria dal crollo dell’antico sistema che costituiva i Principi dei singoli Stati, protettori ed episcopi delle chiese del loro territorio, alle difficoltà d’ordine spirituale nell’estraniarsi della massa dall'influenza della Chiesa, (kirchenauslritlsbewegung}. La gravità dell aerisi che la Chiesa luterana traversa bene si rispecchia in queste pagine di un teologo conservatore. ma senza grettezza di spirito. Tuttavia l'intransigenza inerente al luteranesimo si fa sentire poco appresso nell'atteggiamento del • Lutherischen Bund », il quale in una deliberazione votata nell’agosto 19x9 respingeva l'idea di una chiesa evangelica unita di Germania, scorgendo in una simile unione un pericolo per la.purezza della fede. Tale intransigenza non stupisce di fronte al motto, ch’è il grido di guerra dei luterani puri: » Gottes Wort und Luthers Lehr vergehen nun und nimmermehr » — motto che alla dottrina del riformatore tedesco attribuisce lo stesso carattere di perpetuità e pertanto d'infallibilità che alla parola di Dio.
Il primo fascicolo, col titolo speciale • Kirche und Schule seit dem Umsturz », tratta delle relazioni tra la Chiesa e la Scuola, e dell'insegnamento religioso nelle scuole. Leggendo questo fascicolo assistiamo a una viva lotta d'idee e di tendenze opposte intorno al più grave problema dell'educazione nazionale. Coll'avvento dei socialisti al potere (novembre 19x8) parve che la scuola tedesca dovesse addirittura essere scristianizzata. In seguitoa un largo movimento di protesta da parte della Chiesa, e all'azione dei partiti conservatori in Parlamento, la, nuova costituzione (luglio 19x9) riconobbe nell'arti-co’o X49 l'istruzione religiosa come materia ordinaria nella Scuola, sotto il controllo dello Stato, ferma restando ai maestri la libertà di non impartirla, e
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ai genitori o chi per essi di farne dispensare i loro tigli. In tale questione è caratteristico il vedere la Chiesa luterana avanzare le stesse richieste della Chiesa cattolica: istruzione religiosa confessionale sotto il controllo delle autorità ecclesiastiche.
Non fa quindi meraviglia che la classe magistrale, ispirandosi ai tempi nuovi, si sia trovata in aperta opposizione con queste pretese ecclesiastiche, che si fanno forti dei diritti di un passato ornai tramontato. Mentre il rigido confessionalismo, sostiene piuttosto nessun insegnamento religioso nella scuola che un insegnamento che non dia pieno affidamento della sua ortodossia, e non sia controllato dalla Chiesa —- non sono mancate, più a sinistra, voci autorevoli a consigliare la Chiesa di abbandonare posizioni divenute insostenibili, prospettando Ir funzioni distinte della Chiesa, custode e propaga-trice del suo Credo c della Scuola, la quale, in una atmosfera confessionalmente neutra, può insegnar la religione dal punto di vista storico, inculcando quei valori religiosi che sono patrimonio comune della Cristianità.
In conclusione, la nota fondamentale di questo • l.uthcrisches Jahrbucb » si ha in questo attaccamento appassionato, e, a parer nostro, esagerato a posizioni antiche che la corrente dei tempi nuovi sta inesorabilmente minando. Vi è in questo attaccamento, in quanto è l’espressione di un profondo convincimento, qualcosa di nobile e di tragico che non può lasciarci insensibili. T. !..
Egfr Karl,. Evaiigclischc Erzichung. B’<w òc-dcutcì sic? Was vcrlangt sic?. Rauhes Haus, Hamburg. 1920.
L’A. constata che questo tema è uno fra i più dibattuti dei nostri giorni e che vi è un generale lamento sulla mala educazióne della gioventù delle masse. Molto vi ha contribuito la guerra; ma già nell’anteguerra molto c’era da lamentare a tale riguardo. Due ne sono le cause principali: si è fatto troppo affidamento sull’educazione pubblica mediante la scuola, dimenticando che ciò che può l’influenza educativa della casa paterna non può alcuna scuola, nessun istituto. Da questo punto di vista il programma socialista della forzata educazione per cura dello Stato è un grave errore. I.a grande maggioranza dei genitori è completamente disorientata sulle finalità dell’educazione, sull’indirizzo da seguire e sul metodo da adottare. Troppo bassa è la finalità che ha per mèta la buona posizione sociale e la vita comoda; bassissima poi quella del gretto calcolo, secondo il quale i figli e la loro educazione sono una specie d’assicurazione per la vecchiaia; non sufficientemente elevata l’altra di fare del figlo un buon cittadino ed utile membro del consorzio umano, oppure un uomo colto e civile. Tali finalità vanno integrate col proposito di for
mare un carattere cristiano: qui culmina l’educazione evangelica. Va da sè che questa è d’indole religiosa non però nel senso d’inculcare formalismi e credo tradizionali, bensì ispirandosi ai sani principi del Vangelo. La vera pietà nobilita l'uomo più che non lo possa un’educazione mirante unicamente . a fare dell'uomo un animale colto; essa infonde ideali c coltiva tutto ciò che è vero, buono e Ix-Jlo. La vera pietà consiste nella sensazione che Iddio è una realtà che entra attiva e fattiva nella nostra vita. Per conseguire il fine della formazione di un carattere cristiano nel senso evangelico l’autore rileva quali debbano essere i sentimenti da cui deve essere animato l’educatore. Non è sufficiente il più tenero affetto naturale d’un genitore, nè basta la più profonda simpatia naturale per i bambini. L’educatore dev’esser ripieno d’una specie di reverenza dinanzi al bambino e ciò in vista dell’alta vocazione cui Iddio chiama ogni anima, come possibile figlio di Dio, a sublimi destini eterni.
Chi tiene fisso lo sguardo ai fini trascendentali di Dio non può mai lasciare spegnersi nell’animo infantile la sacra fiamma del senso religioso, ina concorrerà acciocché la naturale pietà si sviluppi fino alla piena certezza della divina figliuolanza. Ciò non è affare della sola intelligenza, bensì altresì dell’animo e della volontà, nè è fenomeno di sporadiche sensazioni o di eccitamenti religiosi occasionali, ma unicamente effetto del senso della vicinanza di Dio e della comunione con Dio. 11 fanciullo deve imparare a vivere con Dio, a parlare a Dio, a sentirsi dipendente da Dio, c responsabile davanti a Lui. Iddio, la realtà invisibile, deve divenire una realtà afferrabile e posseduta.
Alla coltura del senso religioso va accoppiata l’educazione all’esercizio dell’energia volitiva. L’Iddio e Padre è il padre della volontà al bene. Il vo,-lere il bene nasce da’, senso della dipendenza da Dio e si rinvigorisce nella comunione con Dio. Tale volontà del bene è la base del solido carattere cristiano che non si piega ad ogni ventò. L’A. quindi, parlando dei mezzi atti a raggiungere il fine dell'educazione evangelica, e ricordando che negli ambienti evangelici si è forse troppo facili ncll’assicuraré del perdono di Dio per amore di Cristo, dice: Non calmiamo la coscienza prima che sia divenuta irrequieta. Nell’usare motivi religiosi per la reazione contro il male nei nostri figli badiamo alla esagerazione. Più che la reazione può la lotta col male nell’agone della vita interiore. Se l’anima non arriva a questa lotta il resto è nulla. La lotta si accenderà per la di-. sciplina all’ubbidienza. Non si abusi del comandare c del proibire, ma una volta dato un ordine od un divieto si insista nell’esigcre l’obbedienza.
L’educazione religiosa si differenzia da quella puramente civile o morale per la cultura della coscienza. Renderla viva col senso della responsabilità dinanzi a Dio e della colpa, come pure col l’accenna re
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al premio che produce ¡1 cercare di piacere a Dio;-cioè l’intima approvazione, dev'esser la mira dell'educatore. Il migliore esempio è sempre Cristo. Bisogna mettere l’anima infantile di fronte a Lui. Uno dei buoni fattori più importanti è la preghiera.
Solamente chi è un vero figliuol di Dio può educare i figli a divenire tali. L’intuito infantile scuopre prestò la realtà. È un errore il credere che si possa educare alla pietà con soli precetti che si sostituiscono alla mancante pietà personale. Solamente se la nostra pietà è reale, se la fede è sincera e personale esse saranno feconde e si trasmetteranno nei nostri figli od alunni, come solamente l’amore non finto e la veramente sentita simpatia riusciranno ad accattivarci il loro affetto e la loro fiducia. Quando la stanchezza minaccerà di sopraffarci ricordiamo le parole d’oro di Cristo: Chi accoglie uno di questi piccoli fanciulli accoglie me.
R. Tevbel.
Re becca Mocatta, In thè beginhing and after. London, Sclwyn and Blount, 1920, p. 63
Lo scopo dell’autrice è di ravvicinare a noi le più grandi figure della storia d’Israele, per farci sentire che essi erano • .gente come noi ». Questo risultato è ottenuto colle frequenti conversazioni che sezionano il racconto. Esse sono piene di grazia e di naturalezza. L’ambiente storico è fedelmente dipinto con brevi tratti. È anche evidente la cura di mettere in vista, davanti al lettore, lo svolgersi di quel grande piano di salvezza che lega tutto l’Antico Testamento in una unità perfetta.
li R.
A. C. Heablàm, Three Sermoni on thè Alone-meni. London, Society for promoting Christian Knowledge, 1921. pag. 29.
Sono tre discorsi sopra la Redenzione predicati nella Cattedrale di Oxford dal Regio Professore di Teologia di quella Università. Èssi hanno perciò un carattere teologico, pur restando accessibili all’intelligenza di tutti'. La tesi del primo discorso è che Gesù ebbe sempre davanti a sè la visione chiara della sofferenza a cui andava incontro. 11 secondo discorso analizza le spiegazioni teologiche che furono date nei secoli al fatto della Redenzione e conclude che è necessario di riceverle tutte perchè tutte sono eloquentemente indispensabili per rispondere alle esigenze intellettuali c religiose del più grande fatto della Storia. Il terzo discorso è un corollario dei primi due, che cioè il successo e la vittoria vengono solamente per mezzo della sofferenza e del sacrificio, e che inoltre è carattere essenziale del successo di essere chiamato alla opportunità di nuove sofferenze e di nuovi sacrifici. L’A. fa importanti applicazioni moderne di questo postulato, e, per il
bene stesso dell’Inghilterra, invoca, non solamente che essa perdoni ai più presto i suoi nemici di ieri, ma che anche li aiuti alla loro completa ricostruzione spirituale e materiale.
I. R.
Les Ministfres Chritiens. Lausanne, La Concorde. pag. 70.
Il libro è dovuto a scrittori diversi, ed è destinato a presentare ai giovani colti di ambo i sessi le ricche prospettive spirituali del ministerio cristiano nelle sue varie attività, cioè: pastorato di campagna odi città; Segretariato parrocchiale (testé iniziato in Svizzera); Segretariato dell’Associazione Cristiana degli Studenti; Segretariato della Unione delle Giovani; il lavoro nei campi missionari; ed in ultimo il ministerio femminile delle Chiese. È un libro di ispirazione anche per quelli che non sono più giovani e che già si trovano al lavoro nel ministerio cristiano. Il capitolo sul pastorato nella campagna è una vera gemma di psicologia pastorale.
lì R.
Christianily and inlernational tnoralily, by E. II. !•'.
Campbell, M. A. Cambridge, W. Heffer, 19;- • (pag. xm-78). Sh. 3.
La tesi centrale di questo saggio, premiato ad un concorso, è che la morale cristiana deve regolare le relazioni fra le nazioni non meno che fra gl’individui: essa è l’unica base sicura per una vita prospera e pacifica. Dopo di avere in sei capitoletti passato in rapida rassegnalo sviluppo delle relazioni internazionali nelle varie epoche del passato, e dopo di avere mostrato come »pendolo della storia abbia sempre oscillato fra l’internazionalismo ed il nazionalismo. l’A. viene a ragionare, nell’ultimo c più sostanziale capitolo, della Lega delle Nazioni, che gli sembra un corpo senz’anima, un organo indispensabile, ma che non avrà efficienza se non sarà mosso da un potente sentimento; un sentimento cosi elevato e vigoroso dasopraffare l’elemento pernicioso che corrompe il patriottismo: il nazionalismo, che spira odioe genera guerre. La Chiesa Cristiana universale sappia comprendere e fare il proprio dovere! L’A. — il quale, fra parentesi, è un irlandese che si lagna di non vedere la sua patria rappresentata nella Lega — auspica un movimento verso una più visibile e organizzata Chiesa Cattolica, che non sia però del tipo di quella Romana. « Cristianizzare la democrazia è l’unica speranza per l’età presente ».
Si leggono in queste pagine delle osservazioni giuste, ma non sempre molto profonde; ad ogni modo non sorprendono per la loro novità.
Ern. C.
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A. I). Serthxanges, Zxj vie «Maligne. Première sèrie. Paris. Lecoffrc, 1921, pag. 296, ir. S
Libro d’un grande scrittore di razza, libro mistico. Nello svolgerne le pagine, fragranti di alta e forte ascesi, si ripensa a una di quelle sale degli Uffizi a di Palazzo Pitti ove sorridono i quadri anteriori a! Rinascimento o a quei dittici e trittici delle scuole umbre o fiorentine del quattrocento in cui, su lucenti sfondi d'oro, campeggiano immagini c visioni di letiziarne purezza.
Fra mezzo al vortice della febbrile vita odierna fa bene al cuore poter respirare un istante Paure sature d'aromi di siffatta vita di pace e di elevazione. Tale quest'ultimo lavoro dello scrittore francese. Destinato a un genere di persone spirituali, sarà però appieno compreso ed assaporato solo da quella sottile schiera di cristiani che hanno pajinamente appreso a vivere nascosti « con Cristo in Dio ».
Il titolo potrebbe far credere trattarsi di un libro di pietà confessionale c cattolico-romana. Ma l'A. adopera qui il termine di ■ vita cattolica » nel senso più lato e più antico ch’è sinonimo di cristiana; nel senso più universale ed estensivo che si possa immaginare. Il libro infatti s’apre con queste parole che fissano il centro di tale vita in Cristo: * La vita cattolica è tutta contenuta nel Cristo come nel proprio principio e nel proprio esemplare ». E nei 26 capp. in cui l'A. divide il tema preso a trattare, egli sviscera questa vita, cosi cristianamente idealizzata nelle sue varie contingenze c ne’ suoi molteplici rapporti religiosi, pratici c sociali c su tutti questi momenti proietta la radiosità dell’idea-lismo sgorgante dal millenario insegnamento cristiano.
Libro di forte e profonda religiosità, per forti e profonde tempre di credenti.
Piero Chiminelli.
John S. Hastie., The Threshold of the Tempie, Studies in the Theology of thè Lord's Prayer, London, Arthur H. Stockwell, 1920.
l'orso nessun’altea parte dei vangeli quanto il Padrenostro — la sublime preghiera-modello tiacciata da Gesù, — fu altrettanto studiata. Taluni ne ricercarono la filosofia (d’Espinassous, 1860), altri, come Ath. Coquercl (Parigi, 1850) vi ricercarono l'essenza stessa del Cristianesimo, altri rintracciarono per entro le sue petizioni le linee dcl-V insegnamento sociale del vangelo (W. Stubb, 1900), altri la morale cristiana ecc. ecc.
In questo suo libro l'Hastie studia la teologia del Padrenostro. Fedele al molto che la * ¡ex orandi » è la • lex credendi », egli ricerca nella grande preghiera quelle essenziali verità che, priinà di adorare, il crede nte deve credere. Perciò in nove ricchi capi
toli viene qui esaminato l'essere di Dio, la paternità di Dio, la rivelazione, il Regno di Dio, la Volontà di Dio, e la nuova terra, il duplice aspetto materiale e spirituale della vita, il perdono dei peccati, la tentazione, il problema del Male, la dossologia della chiesa e il significato di Gesù. Un intero trattato di teologia cristiana derivato dalla preghiera del Signore ! a nuova conferma della inesauribile molteplicità degli aspetti di questa preghiera evangelica che gli antichi Dottori cristiani definivano un bre-viarium Èva ugell i.
Piero Chimineli.i.
H. Mai.i»wvn Hughes, D. D., Wesley* $ Stau-dards in the Tight of To-day. London, The Epworth Press. J. Alfred Sharp. One shilling net. Pag. 32.
Il fondatore delle Chiese Metodiste, desiderando che le dottrine da lui predicate fossero tramandate ed insegnate nelle sue Chiese, fece un alto legale (Model .Dced) con cui impose che quelli che avrebbero ricevuto l'ufficio di predicare nelle suddette Chiese, non avrebbero potuto predicare altre dottrine all’infuori di quelle contenute nelle sue « Note sul Nuovo Testamento » e nei suoi « Quattro volumi di Sermoni ». Queste due opere furono poi chiamate: < Wesley's Standard* ».
Questo primo atto legale fu lievemente modificato nel 1832 nel senso che veniva solamente proibito di predicare contro le dottrine contenute in quelle due opere.
Questo studio dcll'A. tende a dimostrare che con ciò Wesley intendeva solamente di assicurare nelle sue Chiese la predicazione di questi elementi di fede che sono il fondamento dell'esperienza cristiana contenuta nel Nuovo Testamento, ed è pubblicato in vista della • Riunione delle Chiese », c specialmente in vista della proposta riunione dei tre rami del Metodismo.
Tuttavia queiratto legale di Wesley darebbe ancora il diritto ai tribunali civili di intromettersi nella definizione delle questioni riguardanti i problemi dogmatici della futura Chiesa Metodista U-nita, e per sfuggire a questo inconveniente il Comitato Preparatorio ha proposto che un atto dei Parlamento Inglese dia alla Conferenza Metodista una autorità finale e definitiva per tutto quello che riguarda la interpretazione delle dottrine della Chiesa Unita. Con queste basi si spera’ di rendere effettiva la proposta riunione dei tre rami del Metodismo. I. R.
P. C. T. Crick, 7'Ac Voice of thè Eayman and thè Church of the Future. Cambridge. W. Heffer and sons, I.td. 1921, pag. 75. 3 net.
Il libro è scritto da uh ex-cappellano militare e raccoglie in forma più o meno connessa il risultato
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delle sue osservazioni personali e delle moke conversazioni avute con militari al fronte sullo stato presente della Chiesa anglicana. Erano sempre i soldati stessi che aprivano la conversazione su questo soggetto, e questo è considerato dall’A. come segno di un nuovo interessamento nella Chiesa Ufficiale per parte di quelle masse di laici che fino ad ora non erano state raggiunte direttamente dalla influenza della Chiesa.
11 libro paria dell’attuale reclutamento del clero della Chiesa Anglicana e propone alcune riforme. Cosi pure parla della disagiata condizione finanziaria del clero stesso e ne espone le conseguenze c : rimedi. Sopratutto vorrebbe vedere nel clero anglicano quella forza di fede semplice e personale che trascina le anime. Cosi racconta che ufficiali anziani, i quali in Inghilterra cranodevoti anglicani, al fronte invece ci tenevano a ricevere la comunione dalle mani di un pio cappellano dissidente che era con loro. Noni che essi avessero intenzione con ciò di fare uno scisma, nè che avessero risolto problemi teologici nelle Chiese; essi tuttavia avevano trovato m quel pio pastore wesleiano l'aiuto sovrumano che corrispondeva ai bisogni della loro anima. E I* A. dice che questo stato d’anima • è grandemente prevalente fra grandi masse della parte migliore del laicato» della Chiesa Anglicana.
I.'A. non manca di considerare le proposte della' Conferenza di Lambeth sulla Riunione delle Chiese, e riconosce lealmente il fatto che la Riunione delle Chiese sotto la forma di un episcopato non incontra il favore universale. Ma amerebbe tuttavia vedere una ui.ione organica delle Chiese Inglesi per l’effetto che questo fatto avrebbesulle masse, e per l’influenza che ciò potrebbe avere sul pubblico come espressione direttiva delle Chiese nelle principali questioni sociali e morali del paese.
Ignazio Rivera.
Katharine Francis Pedrick, Du moyen de tnanifeslcr la perfidiati. (Traduit par M. Rémon). Paris, Fischbacher, X92X, pp. xvx-54. Fr; 9.
La mentalità filosofica latina, cosi chiara e cosi geometrica nelle espressioni delle proprie ricerche, non'si trova molto à son aise di fronte alle elucubrazioni mezzo astratte e mezzo negative di certe attuali correnti di pensiero. Il libro-autobiografia di K. Pedrick, di diretta derivazione dal Scientismo cristiano di Mrs. Eddy, affermante «che le leggi fisiche, i corpi materiali e lo spirito umano non hanno una realtà », rientra in una di queste correnti c precisamente in quella dell'idealismo spirituale.
Pertanto a coloro cui lo Spirilo di verità si rivelò sotto questa luce spiritualmente idealista, va raccomandato questo libro che segna le varie tappe a traverso cui un’anima in tormento pervenne alla tranquillità spirituale.
P. Chiminelli.
Guido Risi-oli, Religione e Poesia. Napoli, presso avv. C. Gay, Via Roma, 373. Prezzo L. x.
Sono due belle conferenze del prof. Guido Rispoli dal tìtolo: la prima « Brhmanesiino, Buddhismo e Cristianesimo » e la seconda: « La Poesia dei Vangeli ».
La prima è una felice e cristallina sintesi della mentalità religiosa e dello sviluppo del pensiero indiano, coronata da una ancora più sintetica comparazione col Cristianesimo. Ecco la sintesi della comparazione tra buddismo e cristianesimo che ne fa il brillanteconfcrcnzicrc:«. Il Nirvana rimarrà pur sempre una posizione mentale negativa, della cui realtà è molto lecito dubitare. Diversa è la mentalità religiosa cristiana... Il profondo e nobile compito morale che i Vangeli hanno dato e danno all'umanità assetata di bontà non trova riscontro alcuno nel Buddhismo. Il cristianesimo non poggia su vane astrazioni. È pervaso di umane realtà. Nei versetti dei vangeli vi passa aria diffusa di letizia e luce piena di consolazióne ». (pp. 23-24).
Nella seconda conferenza La poesia dei Vangeli. l’A. coglie, la figura del Nazareno cosi singolare da racchiudere in sè « ogni lirica e ogni dramma: una breve parabola dinanzi al sole ». Egli passa poi a delincare le serie ragioni intrinseche della poesia del Cristo. Dove 1'm»j<ìm:?.-ì di Gesù ci è meglio resa li l’A. trova migliore e maggiore poesia. In Giovanni, l’evangelista mistico, la poesia diventa teologia. Non cosi negli altri tre biografi di Gesù. Altro elemento di poesia cristiana il Rispoli lointravvedeneiraa$siM:adr7c//rralNra che consola: parole vergini, eloquenti, pure. Sembra che vi passi dell’aria attraverso. In questa semplicità di tecnica, che ha lo stile dei vangeli c’è una vera c propria classicità... » (p. 37). Nota, infine, la commozione spirituale da cui è preso l'evangelista, la quale crea talvolta degli scorci drammatici, che sembrano nàscere dal gioco stesso, luminoso e potente, dello stile. Ne adduce a prova il racconto dell’uccisione del Battista, quello della Passione di Gesù e la parabola del figlino! prodigo.
P. Chiminelli
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FILOSOFIA E STORIA DELLA FILOSOFIA
Es'DRts I. E., Einleitung in die l'hilosophie, Kcmptcn-Miinchen-Coblcnz, Kòscl, 1920, in-8°. pp. 195 (Philosophischc Handbibliothck, Band I).
È un’introduzione alla filosofia di un tipo speciale, di cui mancano affatto esemplari in Italia. Vi si considerano una per una le singole discipline nella quali è tradizionalmente divisa la filosofia, e se ne indicano brevemente, ma chiaramente, i problemi principali e le principali soluzioni che il pensiero ne ha dato nel corso della sua storia. In fondo è una piccola storia della filosofia condotta per gruppi di problemi, invece che secondo il modo tradizionale. Il punto di vista dal quale si pone l’A. è quello del teismo, come egli dice, cioè, più esattamente, della neoscolastica cattolica in fiore nelle scuole cattoliche bavaresi. Donde la grande importanza che nei suoi brevi cenni storici egli dà alle dottrine della scolastica cristiana. Il volume apre una biblioteca filosofica diretta da Clement Baumkcr, Ludwig Bàur e Max Ettlingcr. A. T.
Luigi Miranda., Da Hegel a Croce e da felli-nehaChiovenda. Note critiche di etica e di diritto.
Bari, Laterza, 1921. •
Molto interessanti, questi brevi scritti del dottor Miranda. Notevole, in particolar modo, la posizione di mezzo che egli prende, con libertà di giudizio, fra B. Croce e Giovanni Gentile sul terreno della grande disputa fra i due: la distinzione delle attività dello spirito: teoretica e pratica, economica cd etica, e il modo di intenderla.
Il Miranda non accetta il pensiero di Croce in proposito: l’attività economica distinta dalla morale, cosi che essa non possa esser giudicata nè morale nè immorale, e il diritto totalmente risoluto nella economia. La distinzione, formalmente valida, deve poi essere ricondotta all'unità, nella viva dialettica dello spirito: l’attività economica implica e postula il suo superamento; essa è morale se, atto c posizione delio spirito, si eleva alla universalità; immorale, se, arrestandosi e contraddicendosi, come attività spirituale, sottrae l’atto contingente utile alla universalità della norma. 11 diritto è, appunto, questo sforzarsi della attività pratica utile verso l’eticità.
Più difficile è vedere che cosa il Miranda, superata cosi la distinzione crociana, abbia da opporre a G. Gentile. Egli osserva che nell'idealismo attuale lo spirito, • sempre identicamente processo di autocoscienza, senza ripiegamento in sè medesimo, senza intimo sviluppo dialettico di gradi, processo senza
processo, resta sempre una passività immobile e morta ». mentre B. Croce, ■ affermando la certezza dell’arte e della passione (movimento economico) iniziò la trasformazione del rapporto fra le forme assolute dello Spirito da mero rapporto di astratta implicazione in rapporto dialettico di gradi, riuscendo a provare veramente lo spirito come processo reale e assoluto divenire ».
Unendo le due critiche, si ha che B. Croce, negando l'astratta implicazione dell’economia e del diritto nella moralità, ha ristabilito la vivente dialettica dello spirito, che egli poi nega quando nega l’immanente processo da una forma all’altra di attività pratica c quindi la risoluzione dialettica del diritto nell’etica. Viceversa G. Gentile, insistendo nella unità attuale dei vari momenti dello spirito, nega il passaggio dialettico, c quindi il reale processo dello spirito stesso, che tuttavia egli ha riaffermato contro l’astratta distinzione di B’. Croce .
Non ci è possibile, in un breve cenno di recensione, entrar giudici, a nostra volta, nella disputa filosofica, che è il nodo centrale, oggi, dello svolgimento della filosofia idealistica, e non solo in Italia. Ma ci pare che la varietà di atteggiamenti e di giudizi nella scuola idealistica italiana sia indice sicuro di una ricca vita di pensiero. Nè il sistema di Croce nè quello di Gentile possono essere ritenuti definitivi; se no, essi contraddirebbero allo stesso loro assunto, secondo il quale la filosofia è risolta nella storia, c realtà e pensiero coincidono nella perenne novità della loro unica vita.
E, oltre la sottigliezza della disputa, ci par valido il giudizio comune che associa il lavoro filosofico di B. Croce c di G. Gentile in un unico grande indi-, rizzo, che si andrà chiarendo c precisando col tempo, ma del quale è grande merito la rivendicazione dell’unità dell'atto spirituale, dalla quale il pensiero deve pur distaccarsi per pensarla cd esprimerla, ma alla quale lo riconduce sempre una consapevole necessità, la volontà di esser vita e movimento e non astrattezza. M.
G. Capone Braga La Filosofia francese e. italiana del settecento. Voli. 2. Edizioni delle • Pagine critiche », Arezzo.
Il Capone Braga ci offre due volumi sulla filosofia del 700 in Italia ed in Francia scritti con accuratezza. Sebbene l’autore dimostri una buona conoscenza delle opere degli ideologi francesi (non altrettale degli italiani), nella sua lunga esposizione non riesce a mostrare quale nc fu il valore ed il significato nello svolgimento generale della storia
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della filosofia. Non soltanto la esposizione è troppo minuta, in argomenti che vennero già studiati, benché non sarebbe inopportuna una nuova buona monografìa, ma il metodo è deficiente, poiché l’autore si limita ad analizzare con diligenza il pensiero di questi filosofi senza porre effettivamente in rilievo il posto che loro compete nella storia. Il C. B. accenna nella introduzione al criterio seguilo nel suo lavoro: • non ho voluto criticar troppo il pensiero-degli autori studiati... inoltre ho cercato di non deformare o interpretar male le dottrine degl’ideologi a traverso teorie più o meno recenti », metodo nel quale consiste per l’appunto la debolezza del lavoro che abbiamo sott’ochio, che non è una storia poiché, per faro una storia, occorre possedere una filosofia alla luce della quale soltanto si può interpretare la materia che si tratta.
I.a filosofia cartesiana é una filosofìa razionalistica ed antistorica, ma tuttavia prepara una profonda e vera penetrazione della storia. Essa si afferma contro la filosofia astrattamente oggettiva del medioevo (c contro il naturalismo del Rinascimento) la quale considera la verità come oggetto del pensiero, e quindi come una realtà fatta ed immobile al di là dell’atto del nostro spirito (posizione antistorica), come affermazione de) soggetto pensante, e la realtà risolve c puntualizza nell’atto del pensiero, onde il criterio della verità non sta più in un oggetto esterno ma nel pensiero medesimo, nel quale s’incentra c dal quale rifluisce tutta la realtà. La filosofìa di Carteàio avvia, in questo modo, ad una vera comprensione della realtà (storia) c dello spirito, in quanto riconosce qual é il punto di assoluta certezza nel quale la realtà s’incentra: il soggetto pensante. E quindi il pensiero non mutua più il suo valore da un’autorità esterna, ma il criterio della verità è intrinseco a sé stesso. Però Cartesio, corninolo, ricade nello stesso difetto della filosofia a lui anteriore (l’oggetto antiastratto o il naturalismo) e concepis.ee il pensiero come un fatto, poiché presuppone la verità o l’idea alla realtà concreta nella quale quella si viene realizzando — storia — onde, quando deve ricostruire la realtà, facendola zampillare dal soggetto pensante ch’é centro di assoluta certezza, poiché il pensiero, avulso dalla realtà, è vuoto ed astratto, non fa altro che dedurre domina-ticamente da esso (o riversare in esso) tutta quella realtà che aveva prima posto in dubbio; senza effettivamente stabilirne la validità. Filosofìa razionalistica ed antistorica, dunque, in quanto considera la forma del pensiero indipendentemente dalla realtà nella quale si viene effettivamente realizzando (storia); ma posizione storicamente necessaria, nella sua astrattezza, poiché occorreva appunto, di contro all’astratta oggettività antica, affermare il valore del soggetto pensante, come criterio di verità e di certezza.
Contro il razionalismo astratto e il dommatismo della filosofia cartesiana e dei suoi successori si afferma in Francia la scuola degli ideologi, la quale si collega strettamente alla filosofia dell’esperienza inglese — Bacon, Locke — manifestando appunto un'esigenza profonda trascurata dal cartesianismo. Essa combatte il razionalismo astratto, affermando! diritti della esperienza sensibile, e il dom-matismo metafisico, nell’esigenza, più chiaramente espressa dal Condillac, della noe «sitò della ricerca dell’origine della nostra conosce.- m. Cògli ideologi si inizia in Francia la fusione d. fia filosofia empirica e della psicologia inglese nel possente tronco del cartesianismo, e sebbene la filosofia ideologica sia antistorica, in quanto é essenzialmente una filosofia critica, essa prepara, appunto per questo suo carattere, lostoricismo del secolo xix, che si osserva già nel passaggio dal Patranis al Fauiel.
Dal materialismo la filosofia ideologica francese si eleva a poco a poco allo spiritualismo ed attraverso al Diderot, al Condillac, al Destati de Tracy‘ culmina nel Maine de Biran pel quale la filosofìa non é più semplice analisi descrittiva di fenomeni, ma bensì scienza dello spirito come causalità vivente, onde è riconosciuto il valore dell'attività originaria dello spirito. Ma mentre per Cartesio la filosofia è la scienza del pensiero generale e però astratto (oggetto), pel Maine de Biran l’oggetto della scienza é l’attività volontaria o la • personali té... qui n'est pour elle niéme, ou corame moi, qu'autam qu’ellc seconnàit, et qui ne commence a seconnàitrequ’au-tant qu’elle commence à agir Hbrement ». Vediamo dunque come attraverso alla filosofia degli ideologi si prepara la risoluzione dell’astratto razionalismo cartesiano e la conciliazione dei due indirizzi razionalistico ed empirico rappresentati dalle due correnti francese ed inglese, c come nel Maine de Biran, il quale riconosce, attraverso il Tracy, nella volontà intesa come causalità vivente, il punto centrale della scienza, si acce.nni alla risoluzione dell'intellettualismo (oggettivismo). In questo modo si spiegano le caratteristiche della filosofia contemporanea ¿raneóse, c come la filosofia idealistica tedesca (della quale è già evidente l’influsso sul Biran), penetrando in Francia abbia assunte caratteristiche peculiari. Al Biran. attraverso il Ravais-son, si collega non soltanto l’indirizzo che ha come suoi principali rappresentanti il Lachelier ed il Weber, i quali sono profondamente penetrati dei motivi della filosofia kantiana ed hegeliana, ma il Boutroux che nella sua filosofia della contingenza critica le leggi della natura — oggettivismo a-stratto o naturalismo -- il Bergson ed il Blondel, i quali rivivono ih modo originale i problemi della grande filosofìa idealistica tedesca, opponendosi al razionalismo ed all’intell.ettualismo astratto del Kant c dello Hegel; il primo dei quali si collega
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più direttamente alla scuola psicologica (Ribot) che ha le sue origini nella filosofia degli ideologi, l’altro riprende e porta ad una grande altezza speculativa quel motivo che domina tutta la filosofia francese, affermato dal Maino de Biran, dello spirito come attività volontaria.
Gli stessi diletti che abbiamo trovato nel primo volume sono in questo secondo saggio, che è una rassegna degli ideologi italiani, benché alcuni, non de’ minori, siano stati trascurati. Questo lavoro non determina punto quale sia il valore ed il significato della corrente ideologica in Italia, nello svolgimento proprio della nostra filosofia. L’ideologia francese, penetrando in Italia fornisce quel movimento di liberazione da una cultura vuota classicheggiante e formalistica, che, sopratutto dopo il Rinascimento nonostante il poderoso pensiero del Vico, rimasto a lungo quasi sterile per noi, era venuta dominando, e concorre a quel processo di formazione di una noova coscienza morale e politica, che s’accenna in questo periodo e culminerà poi negli anni del nostro risorgimento. La filosofia tradizionale ancora dominata dal noto formalismo scolastico, cede il passo all’esperienza, all’induzione, al senso, che sono i metodi, i criteri ed i principi che regnano nella scienza, nella inorale e nella politica. Com’è ovvio, data l’influenza di questo indirizzo e della filosofia ideologica francese, non poteva risorgere un profondo sentimento religioso, ed infatti questo periodo iniziatore del nostro risorgimento spirituale non è caratterizzato da un'attitudine religiosa, sebbene prepari una nuova vita, sgombrando la via da quelle forme vuote, da quelle concezioni astratte ed irrigidite che avevano logorato il nostro pensiero in un vano formalismo. L'ideologia francese rappresenta nello svolgimento della nostra filosofia quello che rappresentò per Kant l’empirismo scettico dello Hume rispetto alla ontologia dclVVolf, quello che rappresentò nella stessa Francia l'empirismo di Bacon e del Locke rispetto al dommatismo ed al razionalismo Cartesiano. Essa ci avvia a comprendere il criticismo Kantiano, c si afferma infatti nel Galluppi come critica della conoscenza in opposizione alla filosofia tradizionale e donimatica. Come in Germania, la filosofia critica italiana conchiuderà poi nella metafisica, la quale non è più la metafìsica antica o dell’oggetto astrat-o, ma la nuova metafìsica: quella della mente.
Oltre al non aver giudicato adeguatamente l'importanza della filosofia ideologica in Italia il C. B. ha trascurato di distinguere le due correnti che si svolgono quasi indipendentemente in Italia e che sono caratterizzate da aspetti particolari: la corrente ideologica dell’Italia meridionale c quella dell'Italia settentrionale: la prima che, come ben osserva il Gentile, si mantiene dal Genovesi al Galluppi nella direzione empirica ed è dominata dall’interesse teoretico e critico, l’altra che dal Gerdil — il quale rinnova la filosofia di Cartesio e di Male-branche — al Gioberti, si mantiene essenzialmente nella corrente idealistica, ed è dominata da preoccupazioni e motivi religiosi.
Però se la filosofia'italiana risorge come critica della conoscenza per influsso della filosofia francese ed inglese, e poi si svolge con vigoroso ritmo per influsso della filosofia idealistica tedesca, essa non smarrisce le sue. tradizioni.
Nel Rosmini e nel Gioberti, sopratutto — rispetto ai quali l’ideologia italiana: il sensismo e lo empirismo; ha il valore dello scetticismo di Hume rispetto a Kant — è manifesta la relazione profonda colla nostra storia e col pensiero dei nostri politici (Dante, Petrarca. Machiavelli, Boterò, Pa-ruta, Sarpi Giannonc, Vico) che ha mantenuto sempre vivo quel senso acuto, penetrante, concreto dei problemi e quel profondo sentimento storico che è caratteristica del nostro pensiero e della nostra filosofia, e che domina tatto lo svolgimento intellettuale, politico, religioso del nostro risorgimento (Gioberti, Balbo, Cavour, Ricasoli).
Anche da noi l’antistoricismo degli ideologi prepara, come in Francia, lo storicismo de! secolo xxx (che- avverrà non solo per influsso della filosofia idealistica tedesca ma sarà dominato e caratterizzato dal pensiero di due grandi figure della nostra storia, che tutta la illuminano: il Machiavelli ed il Vico) il quale avrà la sua più grande espressione nelle opero de! Desanctis e dello Spaventa e continuerà col Croce e co! Gentile, coi quali veramente la nostra filosofia si ricollega intimamente e coscientemente alla propria storia e ne riprende e svolge in opere di grande valore, i motivi, risolvendo il-formalismo astratto della nostra cultura e del nostro pensiero.
F. G.
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x. Abbiamo altra volta accennato alla fondazione a Firenze dì una Associazione interconfessionale per il Progresso Morale e'Religioso. Essa à ripreso in novembre, il corso di conferenze e lezioni che è stato aperto dal Senatore Chiapponi con un discorso sulla religiosità di Dante.
2. Nella Biblioteca Filosofica di Palermo, sede dell’Associazione siciliana per gli studi filosofici, sono state tenute recentemente conferenze su vari argomenti religiosi. La stessa Biblioteca Filosofica, oltre ad un ricco annuario, pubblica nel periodico internazionale Logos i sunti delle conferenze tenute nelle sue sale.
3. L’Accademia musicaled i Monaco (Baviera ) à istituito una scuola di musica sacra.
4. La Chiesa evangelica tedesca, nel giugno di quest’anno, possedeva in Cze-coslovacchia 57 parroci con 86347 anime.
5. La chiesa luterana 'in Lettonia si trova in gravi angustie. La nuova legge agraria non permette il possesso di una quantità di terra superiore ai 50 ettari, e l’amministrazione di questa terra é resa assai difficile. Trentadue pastori sono stati assassinati dai comunisti, altri sono fuggiti c così il quaranta per cento delle antiche parrocchie rimane abbandonato.
6. O. Bruhn pubblica in Deulsc/ies Kir-chcnblatl un articolo su le condizioni della chiesa luterana in Russia rése oggi assai difficili dai governo soviettista. Ma ciò non avviene, come potrebbe credersi, egli dice, per odio contro la chiesa e la religione da parte del popolo o del governo, ma per la grande miseria, pei- la politica co
munista, per. la personale mancanza di sicurezza, giacché manca ogni obbedienza alle leggi. Ad eccezione di alcuni commissari che si sono indebitamente arricchiti, tutti sono costretti a lottare duramente per la vita e questa lotta à inaridito ogni impulso vigoroso di vita .religiosa. Essendo poi il mantenimento dei pastori affidato alle comunità religiose, non è possibile sperare da queste, che mancano già di mezzi sufficienti per vivere esse stesse, ciò che dovrebbe servire al mantenimento delle chiese. Il governo soviet-tista considera gli ecclesiastici di ogni confessione come gente pigra, e questi sono quindi costretti a cercare un lavoro più rimunerativo. Avviene così che la maggior parte dei pastori cittadini abbandonino le parrocchie, eccezion fatta di quelli delle grandi città dove molte parrocchie riunite possono metter insieme quel tanto che è necessario per sostenere i pastori. Sotto questo rispetto 1 parroci delle campagne, che ricevono in natura il loro sostentamento, si trovano in condizioni migliori. Ma qui vi è l’altro grave inconveniente: là mancanza della sicurezza personale.
7 II Vescovo C. Freifeld di [Retrogrado è meno pessimista di O. Bruhn. Egli pubblica due lettere in cui si parla di una nuova riorganizzazione della chiesa luterana in Russia. I tedeschi di Mosca e Pietrogrado sono assai attivi in quest’opera. Si prepara un convegno di luterani in Pietrogrado. 11 Concistoro generale non avrà più un presidente laico, ma il Vescovo Freifeld che nel febbraio u. s. à compiuto il suo cinquantesimo anno di servizio. La nuova organizzazione tenta di procurare alla Chiesa luterana una indipendenza economica.
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8. Secondo notizie del Tag (n. 381) il Vaticano avrebbe concluso un concordato col governo lettone assai favorevole per la politica della curia. Secondo questo concordato verrebbe accordata piena libertà religiosa ai cattolici. Il vescovo lettone e gli impiegati della curia verrebbero retribuiti dal Governo. Gli ecclesiastici cattolici non andrebbero soggetti alla giurisdizione dell’autorità laica e i preti colpevoli dovrebbero scontare la loro pena in convento.
9.1 Salesiani di Don Bosco ànno aperto lo scorso agosto in Essen-Vorbeck la loro prima Sede in Russia.
10. L'università cristiana del Cairo è stata aperta con 150 studenti dei quali cento maomettani. Tutti questi studenti vivono insieme e si riuniscono ogni giorno nella comune cappella per pregare e tenervi letture sacre.
11. Alla settima conferenza panindìana dei cristiani, sono intervenuti per la prima volta rappresentati della chiesa cattolica romana. In seguito all’attività della conferenza, due indiani cristiani sono stati ammessi uno nel Consiglio di Stato e un altro nel Comitato Legislativo.
12. Nell’ultimo Congresso dei socialisti evangelici che ebbe luogo in Erfurt, il parroco Geidel e l’industriale Menrath parlarono dei compiti della chièsa nella vita politica e sociale odierna. Ne è seguito uno scambio .d’idee intorno ai vecchi e nuovi compiti del Congresso, al quale parteciparono anche persone simpatizzanti col Congresso stesso. Questo scambio d'idèe fu introdotto dal parroco Schec-melcher.
13. In Praga è stato aperto un ufficio allo scopo di promuovere l'unione della chiesa cattolica romana con quellarussa ortodossa.
11. Un nuovo movimento religioso sociale si accentua in Germania .e in Svizzera sotto la direzione spirituale di Go-garten e Barth. Questo movimento à preso il nome di neoprotestantesimo e si orienta decisamente verso il socialismo. Sappiamo che i suoi rappresentanti tedeschi e svizzeri preparano un manifesto per fissare i loro rapporti con la tradizione. il loro credo, il loro atteggiamento rispetto ai problemi sociali.
15. L’Assemblea dei delegati del partito popolare evangelico, che à avuto luogo a Zurigo ai primi di giugno, à deciso la creazione di un segretariato. A nominato Haster e Meyer membri de! Comitato; à lasciato che le sezioni bernesi formassero un’Associazione autonoma. L’Assemblea à discusso i Principes de poli-tique sociale che Bàchtold aveva redatto. Oggi il Journal Populaire Evangélique, organo mensile del partito, conta due-milaseicento abbonati.
16. Secondo un recente censimento, il numero dei cattolici nell’America del Nord è oggi di 25 milioni. Sono essi così aumentati di cinque milioni in dieci anni.
17. Nel Convegno generale di cristiani che recentemente à avuto luogo a Tanana-riva (Madagascar) in occasione delle feste centenarie, si è fatta la proposta della fondazione di seminari di teologia e di scuole normali interconfessionali. Questa proposta à trovato però opposizione da parte di luterani francesi che sin qui si erano occupati di sovvenzionare seminari e scuole. Si ritiene però che fra non molto questa opposizione, che à più carattere economico che confessionale, possa esser superata.,
18. La sesta conferenza annuale dei gruppi americani della Unione Mondiale per il lavoro fraterno delle Chiese, ebbe luogo a Chicago dal 17 al 19 maggio u. s. La conferenza a un certo punto si trasformò in una grande dimostrazione per il disarmo. Raimond Robins propose di invitare il Presidente degli Stati Uniti a farsi iniziatore di una. intesa per la limitazione di armamenti in Inghilterra e nel Giappone. Da tutti i presenti, circa tremila, la proposta fu unanimemente accettata.
19. Un’associazione eucaristica mondiale per la unione della cristianità è stata recentemente fondata a Vienna. Partendo essa dal principio che solo il Cristo può salvare dalla rovina il mondo per mezzo dello spirito di Amore, l’Associazione vede nella santa eucaristia il miglior mezzo per conciliare anzitutto i cattolici fra di loro e tentar poi di unire a questi i cristiani separati e di invitare in seguito i non cristiani ad associarsi alla chiesa, mistico
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FRA CHIESE E CENACOLI
corpo del Cristo. Dallo scorso novembre l’Associazione pubblica un suo organo che appare quattro volte all'anno: Der Eu-cnaristiche Völkerbund. Ne è direttore A. Puntigam.
20. Nell'Assemblea dei Metodisti convenuti da tutte le parti de) mondo, che ebbe • luogo recentemente a Londra, erano rappresentati non meno di 30 milioni di aderenti di varie razze e culture.|^yg^
21 ? Un’associazione per la vita cristiana si è fondata a Stoccolma. Si propone di osservare e far osservare le leggi di giustizia e di amore contenute nel Vangelo di Gesù. Di conseguenza le leggi che regolano {'attualmente la società dovrebbero esser così trasformate da non impedire che la vita sia vissuta nello spirito del regno di Dio, ma piuttosto ne favoriscano l'attuazione. Il secondo paragrafo dello statuto invita i membri a promuovere lo studio delle questioni sociali, esaminandole dal punto di vista cristiano. Essa domanda ai suoi membri che con la parola e con l’esempio vivano nello spirito del cristianesimo. L’Associazione, come tale, non è legata a nessun partito politico.
22. E stato recentemente constatato a Chicago che l’ottava parte degli studenti partecipano a qualche attività religiosa. L’ottantotto per cento di questi sono membri di qualche organizzazione religiosa. Fra duemila studenti, settantasei uomini e sessantotto donne risposero che avevano intenzione di dedicarsi a qualche opera religiosa^© sociale. Dodici desideravano esser medici nelle missioni, quattordici volevan esser missionari, c dodici semplicemente ecclesiastici.
23. Gli studenti dell’United Free Church Colleges anno utilizzato una parte delle loro ferie per organizzare una propaganda evangelica. Essi, raccolti in gruppi, invitavano ad adunanze in luoghi pubblici o privati e discutevano spesso dell’aspetto sociale del cristianesimo. Avvenivano vivaci discussioni tra studenti e operai, specie quando questi avevano perduto ogni fiducia nella chiesa. Fra gli studenti era notevole un vivo entusiasmo.
24. Si è stabilito a Ginevra il quartier generale europeo dell’Associazione cristiana dei giovani, che à per emblema i
noto triangolo rosso, al quale si è aggiunte l’ufficio della Federazione cristiana universale degli studenti. Stabiliti prima a Parigi, anno trovato le due Associazioni necessario questo cambiamento di residenza. perchè il Comitato mondiale delle Associazioni cristiane dei Giovani, fondato nel 1878, comprendente oggi 45 nazioni, aveva stabilito a Ginevra il suo centro di azione. I due uffici ànno un personale di circa diciotto collaboratori sotto la direzione di D. A. Davis per la Y. M. C. A. e di C. Hoffmann per la F. C. U. E. Circa trecento segretari americani allar-Smo ora la loro missione nel vicino
riente. nell’Europa centrale e nei paesi latini.
25- 11 Comitato Esecutivo della World's Student Christian Federation à preso due importanti decisioni: 1* Aumentare l’aiuto dato sin qui agli studenti europei; 2a tenere il prossimo Congresso in Cina. Professori e studenti di quaranta nazioni ànno dato sin’ora aiuto a studenti appartenenti ad altre undici nazioni colpite dalla miseria e dalla carestia. Circa settanta-mila studenti sono stati aiutati da quest'opera filantropica e la maggior somma stanziata per il nuovo anno (seicento-mila dollari) dovrà servire anche per gli studenti russi. La Federazione si ripromette così di contribuire all’amicizia internazionale.
La ragione per cui il Comitato esecutivo à deciso di tenere il prossimoCon-gresso in Cina, si rileva dalle parole di T. Q. Eoo con le quali concludeva il suo invito: Noi abbiamo bisogno di una guida nel cammino della nostra vita, egli diceva. In Parigi, dove le strade sono lar-5he -e bene illuminate, non avete bisogno i una lanterna, quando attraversate di notte le strade. Ma le strade della Cina sono scure e strette. Dove possiamo trovare la luce? Siamo andati verso diverse sorgenti, e sempre con maggior insistenza abbiamo chiesto: Sarà forse la religione la guida della nostra vita? Io non sono cristiano. Su le pareti del mio studio sono ¡ ritratti di Tolstoi, Göthe, Beethoven; vi è la Madonna della Cappella Sistina e un Gesù nel Getsemani. Quando sono contento non guardo Gesù; ma quando ò il cuore turbato tutti gli altri quadri non mi dicono nulla, e solo l’atteggiamento di Gesù nel Giardino degli Ulivi mi porta conforto e pace.
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26. L’Associazione degli studenti cristiani è stata forse la sola che abbia resistito all’urto disintegratore della rivoluzione in Russia. Essa è anzi notevolmente più estesa ed i suoi principali centri sono a Mosca, Samara, Odessa, Kicw e Pietrogrado. In queste cinque città vi sono circa quattrocento membri attivi. Durante gli anni 1920-21 ànno avuto luogo centottanta riunioni frequentate da circa scdicimila persone e le conferenze fatte riguardavano principalmente le basi del cristianesimo. Esistono anche gruppi dell’Associazione russa degli studenti cristiani in Rostow, Simseropol, Tashkend, Troitsk, Woronesh, Kiasian, Bogorodek, Invaneva-Wosnesensk e Podolsk, dove i gruppi si occupano principalmente di studi biblici. Sono membri attivi dell'Associazione tutti coloro che, dopo aver dato prova per un certo tempo della loro sincerità e devozione e più specificatamente della fede in Cristo, fanno una confessione orale in questi termini: Io credo in Cristo e Dio, salvatore del mondo e mio su la testimonianza del Vangelo. Ho confessato i miei peccati, mi sottometto a Lui che mi accoglie.
27. Uno dei fatti più notevoli nella vita spirituale cinese contemporanca, è il movimento cosidetto New Tought (pen
siero nuovo). Si fonda su ideali democratici, su la ricerca scientifica della verità, su sentimenti altruistici rispetto alla vita sociale, e dà notevole valore al sacrificio: atteggiamento questo, rivoluzionario rispetto alla tradizione cinese, ma che permette sperare uno sviluppo dell’industria, della politica e della economia in quelle estese regioni asiatiche. Quantunque questo Nuovo Pensiero sia profondamente imbevuto di pensiero cristiano, pochi dei suoi aderenti sono cristiani e la sua tendenza è nettamente agnostica. Niente vi è però in esso di antireligioso ed Henry T. Hodgkin poteva recentemente paragonarlo al movimento giovanile tedesco.
28. Nell’ultimo convegno (giugno) del Comitato generale dell’ Associazione studenti cristiani in India, fu particolarmente accentuato il bisogno che i s,uoi membri siano tali da poter dare ai loro compatriotti un esempio vivente di vita cristiana. Noi, dicevano essi, dobbiamo essere migliori cristiani di quel che siamo stati in passato quantunque anche così abbiaiùo saputo diffonder nelle masse il desiderio di un personale salvatore. Tanto più dunque oggi dobbiamo, e per noi stessi, e per gli studenti indiani mettere in maggior luce la persona di Gesù Cristo.
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La Commissione Esecutiva eletta dal Seggio del I Congresso Evangelico Italiano per l’attuazione dei deliberati del Congresso stesso, ha iniziate le sue riunioni, finora ritardate per circostanze indipendenti dalla sua volontà, fin dai primi del mese di luglio.
Come è noto, i componenti della Commissione sono: il prof. Paschetto Ludovico, presidente, il prof. Borsari Riccardo ed il Cav. Fasulo Aristarco, consiglieri il cav. uff. Bani Ugo, segretario generale, ed il cap.no Ra pica voli Carmelo, segretario aggiunto.
Le deliberazioni prese finora dalla Commissione sono le seguenti:
I. - Compilazione e pubblicazione del resoconto delle sedute del Congresso.
II. - Preparazione del materiale per l’agitazione nazionale che fu deliberata dal Congresso nei riguardi del primo articolo dello Statuto.
III. -Invio di un appello a? dirigenti delle varie denominazioni evangeliche al lavoro in Italia sull’argomento del giornale unico.
Les Nouvelles religieuses del i<» novembre 1921 pubblicano la notizia sensazionale che il bibliotecario della biblioteca di Londra, Hagbert Wright, crede di aver rinvenuto tra le opere affidate alla sua custodia alcuni manoscritti di Martin Lutero. Secondo lui due tra essi sono della mano stessa del riformatore. Egli sottoporrà la sua scoperta all’esame di alcuni dotti specialisti in materia.
* • •
Templi e moschee. — Rileviamo dal-VAgione di Genova:
La metropoli dell'impero britannico,che conta già fra le infinite chiese d’ogni religione e d’ogni setta una moschea maomettana, ora si è arricchita di un
lempio per gli Indiani adoratori del fuoco, dove il culto di Zoroastro potrà essere seguito con tutti i necessari riti.
I negozianti e studenti Parsi che si trovano in Londra, da lungo tempo desideravano fondare un centro loro particolare, distinto dalle differenti istituzioni comuni a tutti gli indiani dell'impero.
Una sottoscrizione venne iniziata qualche tempo fa tra le comunità dei Parsi , e in poco tempo più di venti mila sterline sono state raccolte.
La somma è stata impiegata nell’acquisto di una casa in uno dei quartieri più centrali di Londra, nella quale sono Stati istituiti il Tempio c il club Parso.
Oltre una vastissima sala ove i riti religiosi possono essere compiti, la casa contiene un locale per le adunanze della setta, una cripta per contenere i cadaveri dei Parsi che morissero in Inghilterra, in attesa del loro rinvio in India, una biblioteca religiosa e scientifica, una sala pei banchetti della casta, ed alcune stanze che serviranno di alloggio ai giovani correligionari inviati in Inghilterra a scopo di studio e che non vogliono mescolarsi troppo colla popolazione della capitale.
L'inaugurazione di questa serie di locali ha avuto luogo alla presenza di tutti i componenti la colonia Parsa in Londra, senza differenza di posizione sociale.
• • •
La proposta presentata per la prima volta dal Comité de l’Afrique française- nel 1895, di fondare a Parigi una Moschea per i Musulmani stabiliti nella capitale e quivi di passaggio, sta per essere attuata—rileviamo da L'Oriente moderno—; con un decreto approvato nell’agosto 1920 il ‘Parlamento apre al Comitato un primo credito di 500.000 franchi; l’Algeria, la Tunisia e il Marocco contribuiranno ognuna con 150.000 franchi: e si iniziano sottoscrizioni private fra Musulmani nelle colonie francesi. Il Municipio di Parigi ha promesso di interessarsi alla scelta e all'acquisto di un'area. Quest’iniziativa vuol rappresentare una testimonianza della gratitudine francese verso i Must.'.inani
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per il contributo delle truppe coloniali alla guerra. Si è deciso pertanto che l'istituto sarà costruito, organizzato e amministrato interamente da Musulmani. e ne è stato affidato l'incarico alla Soct/M des Habous di' Lieux-Saints de l'IsIam, quellastessa cui il Governo francese attribuì la proprietà degl’immobili destinati ai pellegrini alla Mecca c a Medina. Oltre alla Moschea, l'istituto conterrà una biblioteca, fornita di libri arabi ed europei, una sala per conferenze, ed un'abitazione per lo inutu. L'edificio verrà costruito su disegni di architetti arabi, ed abbellito di maioliche, tappeti e decorazioni artistiche ispirate a modelli classici dell'arte araba.
A Roma naturalmente non si avrà inai nulla di simile: se per un tempio cristiano sia pur non cattolico, si offende la fede, l’arte, la natura, che cosa mai avverrebbe per un tempio di altro culto? Il finimondo addirittura!
• * *
Il sistema metrico decimale e... la religione. — Togliamo dal Mercure de Franco del 15 luglio, che la desume a sua volta da un giornale americano, questa strabiliante critica... al sistema decimale, che noi ci guardiamo bene naturalmente di commentare:
- Oltre che il sistema metrico è fondato su una base non scientifica e che la valutazione del metro é erronea, questo sistema è contrario al carattere della razza anglosassone, perchè latino (francese} d'origine. Fu una delle armi adoperale dai francesi nella lotta eh'essi intrapresero per cancellare la religione dalla terra c sostituirla con iateismo. È un'infrazione al sistema d’unità mosaico, al quale il pollice anglo-sassone si riattacca direttamente e del quale assicura la conservazione... ».
L'istruzione pubblica nella Spagna cattòlica. — Riponiamo abbreviando dal Me-cure de Franco del luglio queste interessanti constatazioni.
Mgr. Tódeschini nel ricevimento sovrano Ser le credenziali à lodato il catolicismo el re di Spagna; gli à ricordato come l’anno scorso egli avesse consacrato il regno « in suo nome ed in nome della Spagna » al sacro cuore di Gesù: à aggiunto che nel marzo scorso Alfonso xm aveva spontaneamente dichiarato agl’inviati pontifici «che egli sarebbe disposto a dare fino all’ultima goccia del suo sangue generoso per la persona del vicario di Gesù », ecc. ecc. Dopo di ciò la rivista francese si domanda se questa
straordinaria fede del re di Spagna sia la causa dell’abbandono nel quale egli sembra lasciare sistematicamente l’istruzione dei suo popolo. E toglie dal Boletín de la in-stitution libre de Enseñanza delle interessanti notizie: per l’insegnamento superiore, totale decadenza, nessuna dotazione di mezzi e nessun interesse per i problemi scientifici; fabbrica solo di dottori tutt’al-tro che effettivamente tali! insegnamento medio: sei mesi di vacanze e uso esclusivo dei manuali di testo! Insegnamento primario: 43 % 'd’analfabeti: 2 ‘milioni di fanciulli senza insegnamento: su 45.000 località, 30,000 senza edificio scolastico. È riconosciuto anche dagli spagnuoli che il problema spaglinolo é essenzialmente un problema di educazione. eppure gli stessi liberali non han fatto nulla. Suffragio universale e giuria ad un popolo che non ha istruzione elementare!
Se le masse spaglinole sorgeranno un giorno potranno anche essere le orde di Attila!
* ♦ •
Movimentò per la purezza sessuale.
Nella Rivista di psicologia del luglio-settembre 1921 vediamo segnalato da E. Bonaventura, con parole ben meritate di lode e d'incoraggiaménto V Unione giovanile per la moralità di Firenze, là cui opera in pro della purezza sessuale maschile va diffondendosi, grazie alla perfetta neutralità che l’Unione tiene di fronte alle credenze religiose, alle scuole filosofiche ed ai partiti politici. Con pubblicazioni—la Vitanova dell’unione fiorentina si è ora fusa col bollettino dei Comitato centrale per la moralità pubblica di Torino — con opuscoli divulgativi, con congressi l’Unionc tende a proporre ai giovani l’ideale della purezza prematrimoniale esaltandone la bellezza, dimostrandone l’utilità, magnificandone il valore etico.
In pari tempo ci giunge la Rassegna di studi sessuali, giunta al suo 30 fascicolo ed edita dalia Libreria di cultura di Roma (Viale Giulio Cesare, 27), la quale si propone uno scopo pressoché simile: studiare la questione sessuale sotto tutti i suoi vari aspetti, morali, biologici e sociologici. Nel fascicolo che abbiamo sottomano rileviamo un interessante articolo del prof. E. Levi sull’educazione sessuale», altri di G. Ferrando, F. Savorgnan, S. Buglioni, oltre ad un copioso notiziario (abbonamento annuo alla Rassegna, che è bimensile. L. 20).
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LETTURE ED APPUNTI
Auguriamo ad ambedue le opere tutta la fortuna che meritano simili imprese nell’interesse della gioventù, tanto dal lato individuale che sociale.
Il nostro chiaro collaboratore Adriano Tilgher, del quale stiamo per pubblicare in imo dei nostri Quaderni la bella conferenza su La visione greca della vita, che ha destato tanto interesse e che si connette a tutta la concezione sociale e morale ch'egli ha già delineata così bene nelle sue opere anteriori, ha raccolto in un breve opuscolo alcuni suoi saggi che sono quanto di meglio si è scritto finora in Italia sul relativismo. Sotto il titolo Relativisti contemporanei (Roma, Lib. di Scienze e Lettere, 1921, pag. 71, L.3) egli ha pubblicato i suoi saggi sul Vaihinger, sull’Emstein, sul Rou-gier e sullo Spengler, facendoli Seguire da uno completamente nuovo su l’idealismo attuale e precedere da un articolo di Mario Missiroli. il quale aveva con esso già sintetizzato in una forma molto simpatica e molto chiara la concezione Tilgheriana della vita in reiezione alla nuova filosofia dell’azione, quale la concepisce il relativismo contemporaneo. L’opuscolo che è già giunto alla 2a edizione è chiaro, interessante e facile: lo raccomandiamo a quanti dei nostri lettori si occupano dei grande problema che il Tilgher lucidamente prospetta e studia pur nelle sue più immediate conseguenze.
Re vista de 'cultura religiosa. — Ci perviene il primo fascicolo della nuova rivista brasiliana di cultura religiosa, edita dalla Chiesa Metodista brasiliana, con la collaborazione delle Chiese presbiteriana. battista, presbiteriana indipendente, episcopale/ congregazionalista e luterana. Essa è il risultato di un ammirevole accordo amministrativo scientifico degli evangelici brasiliani in quanto che l’editore e i due direttori Epaminon-das Mello Amarai e Miguel Rizzo Junior appartengono a tre denomi razioni differenti ed i collaboratori sono scelti in tutte le’ altre chiese indicate.
Essa si propone di stimolare gli studi religiosi nel Brasile, di curarne la divulgazione c di fornire studi per la propaganda cristiana.
Avrà delle rubriche speciali: ■ Commenti» di carattere pratico e di carattere generale - « Studi vari » di carattere teologico.
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filosofico, critico, scientifico, sopratutto in relazione alla religione - • Esegetica . con studi biblici e neotcstamentari - « O-pera evangelica • con studi e notizie di carattere più speciale - - Pulpito brasiliano » con sermoni, omelie, abbozzi di discorsi religiosi ccc. Infine una Rivista delle Riviste sopratutto straniere ed una bibliografia.
La rivista curerà in modo speciale il contatto con la vita religiosa straniera per trarne un beneficio dalle lezioni della sua esperienza.
Il i° fascicolo dimostra per l’appunto messi in pratica questi intenti che il programma dice e vuole estrinsecare nel nome di Cristo.
La rivista si pubblicherà trimestralmente (il fascicolo ora uscito è del luglio-settembre) in San Paulo presso l'editore J. W. Clay, Rua da Liberdade 117.
Auguri alla consorella di opera feconda e duratura!
* • *
L’editore Battistelli di Firenze ci annuncia la pubblicazione di una Biblioteca Medievale diretta da Ezio Levi, distinta in tre serie, in cui si pubblicheranno: (Serie Dantesca) i migliori commenti della Divina Commedia, un volume contenente le Leggende e visioni dell’oltretomba (Alberico», 'fúndalo. San Brandano, S. Patrizio) - Ae «idi us Colonna, De ecclesiastica potestà!e : De regimine principum. - Bonifacio Vili. La dottrina politica nelle sue < bolle » più solenni. - ed un volume con le Profezie r leggende riguardanti l'impero. — Una serie di Opere latino: Jachim abbas Florensis. Psalterium decem cordarum; De ultimi* tri-bulationibus; Vaticinio. — Salimbene de Adam, Chronicon. —Stefanus de Borbone, De sepie-m donis spiritus sancii. — Monetar Cremonensis, Adversas Catharos et Valdcnses. — Francisci Pipimi, Chronicon et Opera minora. - Carmina Medii Aevi a. cura di Luigi Suttina. — 3a Serie (testi romanzi): Giacomino da Verona, Jerusalem celeste e Babilonia la magna.
Bono Giamboni, Introduzione alle virtù Anonimi Fiorentini dei sec. xne xiv, Il Novellino, Ediz. critica di Aldo Aruch. - Bestiari latini e volgari, a cura di G. Frati. - Piramo e Tisbe, il cantare italiano e le sue fonti latine e romanze, j>er cura di Amos Parducci. - Marco Polo. La versione Catalana, per cura di Mario Casella. Auguri alla beni ndo vinata collezione.
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Gasa Studenti di Roma. — La Federazione Studenti j>er la cultura religiosa inaugurerà tra breve una casa per gli studenti sorta sotto i suoi auspici ma con direzione ed amministrazione autonoma: uno speciale regolamento e Comitato ne reggeranno l’andamento è la gestione ne sarà affidata ad un direttore nominato dal Comitato della Federazione. 11 numero dei posti disponibili è molto limitato cosicché esortiamo gli amici che intendono recarsi a Roma nel prossimo inverno di far pervenire al più prestò le loro domande scritte. Frattanto fervono i lavori per metterla in ordine, onde si ha fiducia che la Casa potrà essere aperta tra breve. Capinere belle, posizione centrale, vista incantevole saranno offerte agli studenti che simpatizzano cogli ideali della Federazione e che cercano nelle città popolose, una località tranquilla, che per cordialità e per atmosfera, ricordi loro la casa e la famiglia lontana (Rivolgersi al Signor G. Micci, Corso Vittorio Emanuele 18, Roma).
Si è costituita a Palermo la Istituzione Italiana « Arte » per l’incremento dei giovani artisti e letterati.
Si propone di promuovere, intensificare e divulgare la coltura dell’Arte c favorire con tutti i mezzi i giovani studiosi che riveleranno spiccate qualità artistiche.
Promuoverà riunioni per letture, confe- ' renze, esposizioni d’arte, concerti, rappresentazioni, festeggiamenti, convegni; indirà concorsi a premio di opere di letteratura e di arte; curerà la pubblicazione di un Bollettino, organo di propaganda, di esposizione e di collegamento fra i soci, e di un periodico di letteratura ed arte, organo di cronaca, critica e storia, a cui potranno collaborare i soci; fonderà una Casa editrice per la edizione e diffusione dei lavori ed opere dei soci, di monografie, biografie ed altre pubblicazioni inerenti agli scopi della istituzione ; istituirà assegni per viaggi d’istruzione, borse di studio e pensionati; stabilirà del Consolati in ogni città d’Italia e delle Colonie italiane all’Estero; studierà ed attuerà proposte e progetti, e promuoverà tutte quelle iniziative per il maggiore sviluppo dell'attività del Sodalizio c per il maggiore incremento di ogni forma d’arte.
Dirigere la corrispondenza: Istituzione Italiana • Arte», Piazza Castelnuovo, 2, Palermo.
Istituto del Convegno. — La di rezione del Convegno ci comunica che col 5 otto
bre 192 tessa ha aperto in Milano (via Monte Napoleone 45) una libreria-modello che, mentre offre in vendita i libri italiani e stranieri di ogni ordine, cura che il servizio vi sia pronto e intelligente, e che il luogo sia il ritrovo naturale degli scrittori milanesi e quotidianamente ospiti i collaboratori del Convegno.
I fondatori credono di. soddisfare con questa loro impresa un’intima necessità. I loro nomi ottimamente noti nella letteratura e nella vita libraria italiana, dànno affidamento degli intendimenti del nuovo istituto.
Il compratore vi si trova a suo agio, in luogo nobile e raccolto; potrà avere tutti i volumi degli editori italiani e stranieri, che vi sono altresì esposti nelle vetrine verso la strada; in brevissimo tempo potrà avere libri stranieri che non si trovano in libreria, per i continui rapporti fra gli editori stranieri e la rassegna del Convegno.
Nella libreria si potrà associarsi alle più importanti riviste del mondo, copia delle quali vi si troverà esposta in lettura.
Una sezione della libreria è destinata al giovane e al ragazzo italiano. In tale sezione sono raccolte e vendute le più importanti opere della letteratura giovanile e del fanciullo, con esclusione rigorosa di quanto possa offendere il buon gusto e l’età del lettore.
Tutti coloro che manderanno il loro nome e indirizzo riceveranno trimestralmente il bollettino delle novità librarie.
Naturalmente a Roma iniziative del genere o non sorgono o, se sorgono, muoiono, in breve tempolgg
È in corso di stampa ed apparirà nel corrente mese nella versione francese il secondo volume della interessantissima opera: Hudson Taylor fondateur de la Mis-sion dans l'intérieur de la Chine par M. & Mme Howard Taylor, versione francese in 2 volumi. Editore S. Delattre, 2iHs Rue de l’Orangerie, Lyon.
Si tratta della biografia dell’ardito pioniere, fondatole della Missione Cristiana nell’interno della Cina. A quelli dei nostri lettori che già ebbero il bene di leggere il Sriino volume tornerà certamente gra-itissima la notizia, ed a chi non lo conoscesse ancora, raccomandiamo caldamente questo lavoro. Si tratta di una vita di fede, ncca di esperienze spirituali edificantissime.
Indirizzare le richieste all’editore suddetto. Prezzo 5 franchi pel primo volume e 6 frs. pel secondo, spese di porto in più.
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BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
Pubblicazioni pervenute alla Redazione.
Fr. Dei Greco, L'* Anarcoidismo * del dopo guerra. Estratto della • Rivista It. di Neuropatologia •, 1921, |>.I2.
Interessante studio del disorientamento prodotto dalla guerra, e sulle sue conseguenze, spirito di rivolta, agitazione, tendenza ad incendiari e simili torme di anarcoidismo.
O. Dibelius, Staatsgrenzen und Kirchen grenzen. Berlin, H. R. Engelmann, 1921. p. 73, Mk. 4.
A. Drews, Das Markus Evangelium. Jena. E. Diederichs, 1921, p. 326, Mk. 60.
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E. Bollati di Saint Pierre, La rivoluzione russa vista da Pielrogrado. Parma, La Stampa Nazionale, X92X, voi. I, pag. xi-394, L. 35.
A. V. Müller; Papst und Kurie. Ihr Leben und Arbeiten. Gotha, F.-A. Perthes, 1921, p. vni-243. Mk. 18.
!.. Gennari, La donna ignota. Bergamo, A. Sa-voldi e C., 192X, p. ixo. L. 3,50,
Maria Pacia- Patriarca, La spedizione in Sardegna del 1717 e il Cardinale Giulio Albcroni. (Con documenti inediti). Teramo, 1921, 1 voi. in-8 gr. di pp. 66. L. 3.
Il famoso statista italiano ai servizi della Spagna non ha avuto sinora una buona stampa. Il Moisè ce lo dipinge come • il tristo Cardinale, che con di
soneste arti, indegne del suo doppio carattere d» ministro e di sacerdote, copriva le sue mire per mettere a soqquadro l'Europa », e in questo giudizio concordano sostanzialmente la maggior parte degli storici, quali il Professione, il Cantò, il Delfico, il Dandolo, il Botta. Contro.tutti costoro, la signorina Pacia si è assunta il compito di riabilitarne la memoria, illustrandone l'opera specialmente nei riguardi deH’avvenimento politico più importante e più discusso della sua vita politica, che fu la spedizione di Sardegna del 1771.
Utilizzando sagacemente parecchi documenti tuttora inediti, la maggior parte appartenenti al-I*Archivio segreto vaticano, la Pacia, mentre mette in rilievo i sottili intrighi diplomatici della Francia e dell'Austria contro il temuto avversario, riesce a scagionare di ogni obliqua responsabilità l'Albe-roni c a dimostrare la correttezza, l’avvedutezza c la elevatezza della sua condotta politica.
Dopo di avere ricostruito a rapide pennellate l’ambiente storico, in cui s'inquadrò l’opera dello statista piacentino, ed accennai? alle conseguenze delle guerre per la successione spagnuola e della guerra turco-veneziana per il possesso della Morea, la Pacia s'indugia a mettere in rilievo la mirabile ed oculata, opera di rigenerazione compiuta dal Cardinale Albcroni in quella Spagna che alla vigilia del suo avvento sembrava dovesse precipitare in una irrimediabile decadenza. Ricercando le cause della decadenza stessa c ponendovi riparo, riorganizzando l'esercito, ricostruendo la flotta, creando fabbriche d'armi, costruendo porti, aprendo canali. favorendo le industrie, egli era riuscito a galvanizzatela morente monarchia, a risvegliare le latenti energie della Spagna, a centuplicarne le risorse. Fu opera sua se la Spagna potè riallacciare gli interrotti rapporti con la Santa Sede e se le navi spagnole cooperarono nella lotta contro i Turchi. Di tali navi spagnole, nonché del loro armamento, comando ed equipaggiamento, la Pacia ci dà un interessante elenco inedito.
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Sarebbe stato forse opportuno che i documenti utilizzati fossero stati pubblicati per intero in appendice. Ma nè questa deficienza nè alcuni altri lievi difetti di forma, specialmente per quanto riguarda la precisione delle indicazioni bibliografiche, nulla tolgono all'utile contributo che il breve e sostanzioso studio delia Pacia porta alla conoscenza di un notevole periodo storico c di una delle nostre più tipiche figure di diplomatici internazionali. [ANTONINO Dk-StEFANO).
M. Alajmo, // sentimentodella natura ne i • Promessi Sposi Girgenti. Casa Ed. Empedocle, ’920, p. 30.
P. Mignosi. L’unità filosofica. Palermo, Casa Ed. Moderna, 1920, p. 57. L. 3.
Fr. Jehle, WellschSpfung u. Wellvoilcndung. Hamburg, Agentur* des Rauhcn. Hauses, 1921, P- 79A. Caldcrini, La primavera di una sdenta nuova Milano, Aegyptus, 1921, p. 68, !.. 6.
È il primo volumetto di una serie di supplementi ad Aegyptus, la bella rivista di egittologia e di papirologia che avemmo altre volte occasione di raccomandare ai nostri studiosi, che il prof. Caldcrini. cosi benemerito dei nostri studi di papirologia, ha iniziatocon intenti di divulgazione ed in cui ci darà cose veramente preziose, come una raccolta dei frammenti di Saffo, tradotti e commentali, una di lettere cristiane del in c iv sec. c via dicendo. In questo volumetto, ricco di belle illustrazioni in xi tavole, il Caldcrini ci dà alcune sue conferenze, che introducono, per cosi dire, i lettori inesperti nel mondo della papirologia, ma senza tecnicismo c con linguaggio facile c in forma attraente, in modo che rinteresse si desta anche nei più riluttanti a trovare interessanti proprio quelle cose... vecchie che sono sempre nuove e vive quando eh» le espone lo fa con l'anima c con la coltura che distinguono il C.
A. Vaudagnotti, Tra i primi cristiani. Torino, Soc. Ed. Internazionale, 1920, p. 118. !.. 1.
E. Pons, La religione- di Giuseppe Mattini. Palermo, Tip. Capozzi, 1921, p. 20.
S. I. Chrysostomc, Homélic sur la disgrdee d'Eu-trope. Paris, De Gigord, 192», p. 31.
K. Holzhey, Assur und /label Miinchen, F. P. Dattercr, »921, p. 53. Mk. 6.
K. Scthe, Ein bisher unbeachtetes Dokument tur Froge nach dem Wesen der Karsi im Serapeum Von Memphis. Berlin. Walter de Gruyter, 1921, p. 14. !.. 3.60.
E. Von Aster, Geschichle der antiken philosophie. Berlin, W. De Gruyter c Co, «920, p. Vi-274, L. 22.
L. Degli Occhi, Benedetto XV. .Milano, Caddeo, 1921, p. 117, !.. 6.
R. Gestri. Il dovere di ognuno ovvero Educhiamo te »nasse. Pistoia, Bracali, »92«, p. 30. I.. 1,50.
F. Olgiati, Il divenire sociale. Milano. Vita c Pensiero, 1921, p. vir-397, !.. 7.
Imp. Cacs. Augusti, Operum fragmenta coll. ree. praef: est, app. criticam addidit H. Malcovati. Torino, G. B. Paravia. 1921 (n. 38del C. S. !.. P.).L. 12.
L'ombra di Augusto pare dominare ancora la nostra età, tanto di quando in quando essa che sembrava dipartita ritorna a visitarci e ad imporci la sua figura che sta sulla soglia di un’era con il cipiglio d’un gigante che nessuno riesce a smuovere. Il <sozzo e malaticcio» uomo degli apologeti ieri nell'anteguerra’parve chiamarci a raccolta perche, riveduta la sua concezione costituzionale nell’affermazione di un nuovo studioso di storia romana, se ne discutesse l'opera; più tardi dalle zolle terrestri sorse in una nuova forma plastica a ripresentarci la sua effigie; or non b guari si dice abbia parlato dalla Cirenaica con delle lettere risorte alla lucè che la curiosità nostra non può ancora conoscere sol per la tardigrada opera della burocrazia; ed oggi ecco che nell'ottima collezione di classici del Pascal ci viene in un corpus purtroppo frammentario che raccoglie tutti gli avanzi dell'opera sua letterariamente espressa. La ripresa della fortunata collezione che • per lungo silenzio parca fioca » non poteva esser più felice.
La Malcovati, che ha messo insieme con molto ordine e con bella informazione 1 frammenti delfini-peratorc, ha dato in un’ampia introduzione tutte le notizie che li concernono, la letteratura sulle varie classi loro e dei cenni sobri, ma chiari sulla forma letteraria dell’uomo che fondò la pace romana. I frammenti del monumento ancirano chiudono il volumetto, nel quale l’appendice critica apporta non solo l'abituale contributo filologico, ina pur quello storico in aiuto di molti luoghi difficili del lesto. In una prossima edizione che sarà resa necessaria dal rinvenimento delle lettere cirenaiche di cui abbiamo sopra fatto cenno, vorrei che la Mal-covati numerasse i frammenti con un numero progressivo, almeno fino al M. A. in modo che la citazione ne fosse praticamente facile..Sono talvolta i fattori pratici che fanno la fortuna delle edizioni! E — questo va all’editore — non poteva il prezzo esserne alquanto ridotto?
R. Pettazzoni, La religione nella Grecia antica fino ad Alessandro. Bologna, Zanichelli, 1921, p. xil -4’6. L. so.
K. Young, The dramatic associations of theeasler sepulchre. Madison. 1920, p. 130 (Un. of. Wisconsin Stud.. n. io).
A. Miyamori, Tales of thè Samurai. Yokohama, Kelly e Walsh, 1920, p. 233, $ 2,50.
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BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
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A. C. Distefano, li decalogo. Catania, La Stampa, 19x9, p. X4. L. 0,30.
A. C. Distefano, Elica sociale. Catania, Giannetta, J921. p. 5X. L. 4.
F. I. S. C. R.» /-'attività del gruppo napoletano dalle sue origini ad oggi. Napoli, 1921, p. 72. L. 2.
È un 'estratto dei mesi agosto-settembre di Fede e Fila contenente un’esposizione dell’opera svolta dal gruppo napoletano della Fcd. Studenti cultura religiosa: nella prima parte la storia dell'opera stessa, ndla seconda gli elementi sotto la cui forma si svolge l'attività del gruppo.
E. Cantone, La creazione dell'universo - Dal-l'atomo all’uomo. Torino, Tip. Alleanza, 1921, p. 247. L. ìo.
Riportiamo il titolo completo dell'opera perchè i lettori vedano quale ne sia il contenuto: aStoria • dell'universo e suo sviluppo descritta dal vero c tutta documentata da 20 milioni di anni addietro a tutt'oggi 1920. Definizione di tutte le misteriose energie. La necessità dei flagelli mondiali pel progresso umano*. Aggiungeremo che l’opera contiene, tra l'altro, la vita di Gesù rivelata all’A. dallo stesso Messia che ha firmato i relativi verbali cosi — Gesù di Nazareth — e delle dediche di spinti evocati dall'A. frale quali una di Ignazio di Lojola che ha regalato al Cantone ut a sua fotografia con queste parole: Fralri carissimo Emilio Cantone fideis invisibili* mundi martiri, maxima cum ainicilia harc scriptio dedicai/raler suus. Non crediamo occorra aggiungere altro per invitare i let-tori a leggere questo lavoro, a malgrado del suo alto prezzo!
G. F. Rossi, Le odt d'Orazio. Firenze, R. Rompo-rad, 1921, p. xvi-208.
Credo d’aver detto male di questa traduzione quando apparve la prima volta: ora che, per suggerimenti illustri, riappare ridotta allo stesso numero di versi dell'originale, nun ne posso dir meglio, forse no dovrei dir peggio se non mi trattenesse dal farlo la immane fatica durata dall'A. e ch’io gli avrei augurato di spendere meglio! Noni1 qui il caso certo di parlare come si dovrebbe di questa versione e di confutarla con il testo e di dire dei criteri che la dettarono come si converrebbe per omaggio ad Orazio e per rispetto alla fatica del traduttore. Domando sémplicemente a chi non conosce Orazio se. si senta invogliato a leggerlo in una veste di cui do qui qualche esempio: «O mio decoro dolce e presidio disceso d’atavi re, Mecenate, I v’ha chi sul cocchio di polve olimpica | gode, e co* fervidi cerchi schivate J le guglie, s’erge per palma nobile I del mondo a'superi dominatori*. E credo per l'ode prima basti: sentite la XX: «In calici modesti il vii sa-ino | berrai, ch’iostessoin una Greca testa | chiusi
con pece...» Tutti conoscono l'odi pro/anum: ebbene esso diventa:« odio e respingo profana greggia! » Volete altro? Ecco questo orribile gracidar di versi ¡«Vidi su rupe remote cantici | Bacco docente, credete, o posteri | c ninfe apprendenti ed orecchie j di capri-prdtsatiri acute ». O, se si vuol meglio questa quartina che è assolutamente un tradimento: « Quando Lydia, di Telefo | il collo roseo lodi e di Telefo | le ceree braccia, ahi! s'enfia | bollente d'ostica bile il mio fegato».
E veramente anche il mio per tanto scempio d'un poeta ehe le nete del Rossi fanno comprendere con la loro ingenuità di voler volgarizzare per gl'indotti, mentre è impossibile assolutamente il farlo. Chi pud leggere Orazio in latino se lo goda, chi no vada a scuola. E non perdiamo tempo in traduzioni eh«-rendono un pessimo servizio allo studio dei classici!
C. Andler, Nietzsche, sa vie cl sa pensée — Les brécurseurs de Nietzsche. X920, p. 384, Fr. x8. — La Jeunessede Nietzsche jusqu’àia rupture uvee Bay-reuth. 1921, p. 469. Fr. xS. Paris, ed. Bossard.
A. Wikenhauser, Die Apostelgeschichtc und Ihr Geschiehls wert, Miirster, Verlag der Aschendorff-schen verlagsbuchhandlui g, 1921, p. xvin-439. Mk. roo.
A. De Hoyos y Vinent, La hora de la caida. Barcelona, R. Sopena, 192X, p. 236. Pesctas 2.
M. Vaussard, intelligence catholique dans ¡’Italie du xx siécle. Paris, I. Gabalda, 192X, p. xvii-346. !.. io.
D. Parodi, Le problema maral et la pensée conici»-por a ine. Paris, F. Aican, 1921, p. 300. Fr. 15.
R. Arnou. Le désir de Dieu dans la philosophie de Plotin. Paris, F. Alcan. 1921, p. xxx-323. Fr. 15.
G. Chiapparmi, La cantica di Dante. Milano, L’Eroica, 1921, p. x68. L. io.
S. Douglas Guy, Steps lowards inter,communio»: sacrifica in holy communio». Cambridge. Heffer e Sons. 1921, p. xx-xos. Sh. 3.
W. F. Loft house. Aliar, Cross and Community. London, The Epworth Press, 1921, p. 317. Sh/4.
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l’A. nel parlare della curia restaurata sotto Diocleziano non abbia creduto neppur di citare il palazzo di (A) Spalato, che gli avrebbe offerto degl’interessanti riscontri e gli avrebbe permesso delle più si-. cure affermazioni sulla restaurazione dioclezianea della Curia, della quale egli come tanti altri ignora trovarsi, forse resti in un monumento medievale celeberrimo. Dal punto d: vista storico poi il D. non pare abbia molta dimestichezza con il periodo che va «la Diocleziano al 476: quando narra ricostruendo la storia fa sue troppe ipotesi gratuite (p. es. nell’episodio della statua della Vittoria). A pag. 23 il Valerio è una preziosità senza ragione se non <’■ un errore di stampa. Occorrono poi figure c piante in maggior numero. In ogni modo il lavoretto potrà rendere qualche servigio agli studiosi.
G. buzzi, Parole che non passano per l’ora che passa. Firenze, Fides et Amor, 1921, p. 79. !.. 2.
È un breve quanto elegante opuscolo in cui sono raccolti in 17 capitoletti i precetti evangelici quali si desumono dal N. T. e quali possono ieri come oggi corrispondere ai bisogni dell’ora che passa, tanto essi non passano! Ogni capitoletto è adornato da un fregio semplice ma vivace c indovinatissimo di P. Paschetlo che ha pur disegnato la copertina con il faro di luce alta che irradia dalla fiammata sui marosi della vita. È insomina un libercolo che vai tanti libroni e che è inutile raccomandare ai lettori perchè si raccomanda da sè per il pensiero che l’ha ideato, per il contenuto divino e per la veste artistica.
R.. Falckenberg, Geschichle, der neueren Philo-sophic von Niko'.aus Von Kues bis zur Gegenwarl, Berlin, W. de Gruyter e Co, 1919, Voi. I, p. 508. Voi. II, p. 230. L. 42.
M. Puglisi, Il problema del dolore, Roma, Libreria di Cultura, 1921, p. 24. L. 3,50.
M. De Unamuno, El Cristo de Vclazquez. Madrid, Calpc, 1920, p. 170. Pesetas 4.
J. Wyndham, Myths of Ifi. London, E. Macdo-nald, 192X, p. 72. Sb. 5.
E. Tagliatatela, La dissertazione pedagogica. Catania, Giannetta, 1921, p. XI-418, L. io.
M. Bacioccbi De Peon, L’educazione del carattere. Firenze, 1921, p. xvi-460. L. X2.
A. Levi, Sceptica. Roma, Paravia,' 1921, p. 196. L. xo.
M. Falco, La codificazione del diritto canonico. Milano, Treves, 1921, p. xx-54.
J. Borrow, L«i Biblia en Espana. Madrid, Jin.é-nez-Fraud, 1921. T. I, p. xxv-351; II, p. 305; IH. p. 351. Pes. 8.
Quest'opera è la traduzione spagnuola d’un libro famoso di T. Borrow • The Bible in Spain • pubblicato nel 1842, nel quale FA. narra le avventure occorsegli nella sua peregrinazione attraverso la Spagna come colporteur delta Società Biblica di Londra. fi un libro pieno di vitalità, scritto con arte sincera e ricco di descrizioni vive non solo dell'ambiente spagnuolo, ma pur degli individui e delle folle. I lettori non vi troveranno solamente l’opera dell’evangelizzatore, ma pur quella dell’artista che oltre a mostrare il suo lavoro per la parola di Dio, ritrae sè stesso. Don Jorge l’inglese,c la Spagna che egli conosceva ed amava, come amava lui il popolo che ne provava il fascino. Libro insomma che si legge con istruzione e diletto.
J. l’errin, Le mar tage d'Abllard. Paris, E. Fa-squelle, 1921, p. 3x5. Fr. 6,75A. Ruppin, Gli Ebrei d’oggi. Bocca, Torino, X922, p. Lvi-394. L. 24.
H. Meisner, Schletermacher als Mensch, sein Wer-den. Gotha, F. A. Perthes, 1922, p. 368, Mk. 60.
D. Jahier, La condizione giuridica delle Chiese E-vangcliche in Italia. Torino, Unione Tip. Ed. Torinese, 1921, p. 50.
fi la lettura dell'aw. D. Jahier tenuta al 1® congresso evangelico nazionale, il cui contenuto molto chiaro e preciso i nostri lettori ben conoscono ed hanno già avuto modo di apprezzare.
U. Spirito, Le interpretazioni idealistiche delle teorie dì Einstein. Messina,. Principato, 1921, p. 13.
Ne facciamo parola nel presente fascicolo, nella rivista delle riviste italiane a pag. 261.
•• In memoria degli Ebrei della Comunità di Torino caduti in guerra. Torino, Università Israelitica, 1921, p. 30.
Discorso pronunciato dal consigliere Mario Falco nella commemorazione tenuta nella sinagoga di Torino, seguito da notizie biografiche sui caduti.
J. Leslie, Revelation and Science. Aberdeen, W. Jolly e Sons. 1921, p. 156; Sh. 3/6.
W. Kost, Von Luther und Fichte'. Thüringen, F. Glaser, 1921, p. $$.
C. Tartufati, Il Dio nero. Firenze, R. Bcmporrad, 1921. p. 301. L. 8. '
Layman, The new Bible. London, The Bible League, 1921, p. vi-29. /»enee 6.
ROCCO POLESE, gerente responsabile.
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