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ECO
DELLE VALLI VALDESI
Fast. TACCIA Alberto
10060 ANOROGNA
SetUmanale
della Chiesa Valdese
Anno 99 - Num. 36
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TORRE PELLICE - 12 Settembre 1969
Ammin. Claudiana Torre Pellice • C.CJ*. 2-17557
Riflettendo sul messaggio programmatico del Sinodo 1969 alle Chiese
----- ^ __
Alle proclamazioni degii anni pdssati
succede un tempo di verifica ¡sobria e concreta
Varie volte dal 1943 i Sinodi hanno mandato alle comunità un saluto, che voleva essere l’indicazione
di una direzione di marcia, o delle dichiarazioni, che intendevano acquistare un tono confessante. Nei loro
rcuifronti la dichiarazione di quest’an!i.. può suonare meno eroica, meno incisiva, più sbiadita. Non poteva non
essere cos .; se spesso la chiesa è venuta al piccolo trotto dietro a dichiaro zioni non di rado più energiche proV. uienti dal mondo laico essa non
può però sottrarsi del tutto alla
c.ntemporaneità: avverte il clima
tì i suo tempo, ne subisce le influenz , vi trova motivi di consenso e
c. dissenso. E, quando il Signore vuolu la Sua parola traspare anche attraverso le parole delle Sue comunità
r scolte in sinodo.
il Sinodo 1943 proclamava la indiI ndenza assoluta della chiesa cristiar dallo Stato, intendendo la sua auti .lomia come condizione indispensat e per l’adempimento della sua miss ne. Il Sinodo del 1945 respirava
r ile sue dichiarazioni un vivo senso
d confessione di peccato e una prof uda emozione di gioia per la realtà
c ■! mondo ecumenico, rimasto unito
a iraverso i duri anni della guerra meri ante la preghiera e la compartecipaz une a decisioni molto gravi. Il mess ggio era addirittura chiamato « messaggio di solidarietà ai discepoli del
S gnore Gesù Cristo sparsi per il mondo ». Nel 1948 il Sinodo presentava allo chiese e allo Stato una risposta alle linee dell’art. 8 della Costituzione
della Repubblica Italiana, nel quale
tentava di affermare nella storia concreta dei rapporti con lo Stato una indipendenza giuridica collegata con la
cofcienza di una dipendenza diretta
delia chiesa dal Signore, non mediata
attraverso l’ordinamento statale. Il Sinodo 1950 lanciava una decisa esortazione ai credenti « ad impegnarsi personalmente e quotidianamente nel ministero della riconciliazione tra gli uomini e ricorda che nessuna pace può
iirsi vera ove non cerchi sinceramen= di fondarsi sulla giustizia e nessuna
NELLE PAGINE INTERNE
ECHI SINODALI
-*• IL VATICANO E L’ISOLOTTO
-*■ IL C.E.C. A CANTERBURY
giustizia può dirsi tale ove non escluda decisamente l’iniziativa dei ricorso
alle armi ». Nessuno allora accusò la
Chiesa valdese di fare politica. Anzi
una simile dichiarazione suonò allora
come un dovere. Di fronte alTattuale
reazione tale attestazione sarebbe accusata di essere parziale. Varie volte
in questi anni la nostra chiesa cercò
nei suoi Sinodi di precisare la sua posizione nei contronti del cattolicesimo. Protestò contro il dogma della assunzione della vergine Maria, mandò
vibrate proteste al governo per la non
osservanza della libertà religiosa proclamata dalla Costituzione, avvertì, varie volte un senso di stanchezza e di
insofferenza serpeggianti nelle nostre
chiese, sostenne altresì la necessità di
una preparazione biblica più diffusa e
più capillare, che giunse nel 1955 ad
un messaggio a tutte le chiese di cui
possiamo ricordare, dopo l’accenno alla preghiera e alla meditazione, la seguente precisazione : « Tuttavia non
leggeremo la Bibbia nel solo intento
di arricchire la nostra vita interiore e
di progredire in una spiritualità privata, che per quanto fine e profonda
potrebbe costituire per noi una raffinata evasione dai compiti e dalle responsabilità della nostra vita, in ogni
campo della umana attività. Tornajre
alla Bibbia significa per noi ritrovare
la fonte limpida ed inesauribile delle
ispirazioni giuste, delle visuali adeguate alla soluzione dei problemi che
travagliano l’umanità ed ai quali non
abbiamo nessuna possibilità e nessun
diritto di sottrarci ».
Le linee di una spiritualità biblica,
ispirate al Risveglio, si associavano cosìi
alla linea dell’ascolto della Parola di
Dio, che esige delle obbedienze nella
vita pubblica, oltre che in quella privata. Si potrebbero ricordare le ricerche dei Sinodi sulle questioni ecclesiologiche o le dichiarazioni piene di
speranza del 1960 sul tema « evangelizzazione e servizio » ; « Se le nostre comunità saranno un popolo nuovo, che
sa servire e donare, che sa riconciliare
e amare, le nostre città e i nostri villaggicomprenderanno il sistema di
Cristo, lo riceveranno come vero e lo
ameranno. Oggi quel che può raggiungere ed agganciare il mondo è l’annunzio vissuto del sistema di Cristo
per la verità ch’esso afferma dinanzi
ai sistemi di questo mondo. E questo
sistema, che è quello del Regno di Dio,
è il sistema del dono della vita perché
gli altri ne abbiano in abbondanza».
Il messaggio più preciso della nostra Chiesa nei contronti del Concilio
Vaticano II si trova negli Atti del Sinodo 1962 mentre nel 1963 vi è un invito all’azione evangelistica nella situazione complessa sul piaho interconfessionale e sociale.
Ma questa dichiarazione tradisce già
una certa quale stanchezza nei confronti del rischio che il messaggio
evangelico non sia percepito come si
vorrebbe. E anche se non mancano i
temi d’interesse come quello espresso nel documento ancora sempre vivo
intitolato «Il cammino della chiesa
nel tempo dell’ecumenismo e della secolarizzazione », si avverte una calata
di tono, un ripiegarsi sui problemi interni, un timore del mondo, ben diverso dal timor di Dio che ci deve liberare dal « timore del mondo ». Così, i
messaggi diventano soltanto più documenti di meditazione, senza assurgere
a proclamazioni e due Sinodi consecutivi battono il piede su note, che
non si staccano da una modesta valutazione di una via del deserto, che
viene diffìcilmente compresa e ancora
meno applicata nelle nostre comunità.
Un raffronto tra il documento di
quest’anno e i documenti del passato
Ci fa riflettere alla intensa ricerca di
un equilibrio fra le varie tendenze, svela delle decisioni, che avrebbero voluto diventare atti di obbedienza e restarono invece voci quasi sempre desertiche; tanto che un pastore nel 1968 dichiarò che non era questione di predicazione, non intesa, non compresa, ma
di mancata obbedienza ad una predicazione compresa molto bene ma rifiutata perché l’Evangelo non ci chiede
parole ma testimonianza di dono di
tutta la vita.
Il confronto ci fa chiaramente vedere che non si tratta di soffermarsi
sulla maggiore o minore imparzialità
delle presidenze sinodali che si succedono, tanto più che tanto il presidente
Aldo Comba quanto il presidente Roberto Nisbet si attennero rigorosamente ai regolamenti ed alle decisioni sinodali, ma si tratta di una problematica molto più impegnativa. Il confronto che abbiamo fatto è dovuto
piuttosto al carattere riassuntivo del
documento sinodale 1969. Esso è riassuntivo di una teologia, fortemente allusiva alla « viva proclamazione del
Vangelo di Cristo» ed alla comunità,
come luogo di comunione con Cristo e
col fratello. Alla luce di tale indicazione si snodano le decisioni chiamate
ruolino di marcia da Gino Conte o linee di fondo dal documento originale.
Il carattere pallido, non retorico,
non originale delle dichiarazioni contenute nel nostro documento, non fantasiose, fa sentire che la nostra chiesa
non desidera darsi alla retorica ecclesiastica ma intende verificare quello
che ha fatto delle sue proclamazioni
ufficiali, delle sue dichiarazioni d’impegno onde passare dal generico alla
realtà attuale, da una posizione astratta ad una obbedienza più concreta
senza per questo cadere in un attivismo incosciente.
Mi limiterò a mettere in rilievo quattro preoccupazioni, che suggeriscono i
vari rimedi elencati nel documento:
1) Necessità di una preparazione
interna della nostra chiesa attraverso
un uso più « razionale » delle nostre
strutture e dei nostri ministeri: tale
preparazione avviene cioè attraverso
una maggiore elasticità di movimento,
nel quale le strutture parrocchiali perdono una parte della loro rigidità in
modo che la nostra chiesa riprenda
una maggiore mobilità e raggiunga,
nelle città e nelle campagne, gli uomini che nel nostro tempo sono segnati da una dispersione non soltanto
geografica ma spirituale. La insistenza
sui gruppi di servizio, ai quali va dato
pieno riconoscimento, e la preparazione teologica dei membri sono condizioni essenziali per una chiesa, che
riprenda coscienza della sua testimonianza.
2) La missione della chiesa non
può limitarsi alla soglia del tempio.
per cui la « presa di coscienza delle nostre responsabilità-di fronte al mondo e della necessità di una piena coerenza evangelica di fronte ai problemi cruciali del nostko tempo » diventa
una esigenza molto chiara. Se troviamo nelle dichiarazioni sinodali del dopoguerra un chiaro filo di continuità,
dobbiamo riconoscere che l’insistenza
del 1969 su questo punto è in parte
un riconoscimento della nostra immobilità, delle nostre paure, delle nostre perplessità per cui ci siamo in
fondo preo‘ccupati maggiormente della nostra « onorabilità » che della nostra fedeltà al Signore accanto agli
uomini, ai quali Egli ci ha voluto associare nel nostro tempo. È evidente
che questo invito del Sinodo non è un
invito comodo e sarà inteso, frainteso,
e tirato in molte direzioni, ma è anche certo che esso ci inchioda alla necessità di guardare in faccia il mondo
come è piuttosto òhe dipingerlo in
rosa, quando ci fa còmodo ; e l’Evangelo è quello che è nella sua durezza, dalla quale soltanto sorge la « consolazione », come l’acqua sgorga dall’impenetrabile roccia.
3) Dopo anni, nei quali l’ecumenismo, dopo essere stato portato alle
stelle, è stato da molti giudicato un
continuo compromesso sincretistico,
non è male che il nostro Sinodo parli
di « orientamento critico, ma non pregiudizialmente negativo nei confronti
del movimento ecumenico ». Riconosciamo dunque di compartecipare a un
movimento interno,fella chiesa di Cristo, nella costante àécessità dell’ascolto, del confrónto,-^! s'.’6" del no da
pronunciare verso le altre «comunità » cristiane, in un momento, nel quale si ritrovano accanto i tentativi più
radicali di rinnovamento e gli sforzi
più tenaci intesi a fissare la chiesa in
un immobilismo inefficace. I problemi
connessi con l’ecumenismo, con le
nuove vie, con le espressioni federative evangeliche, con i gruppi cattolici
più vivi, con le varie teolo^e, che rapidamente si contendono il terreno,
sono molti ma proprio per questo dobbiamo afferrarne l’attualità.
4) La quarta preoccupazione potrebbe sembrare debole nei confronti
delle altre. Parlare di sobrietà nella
vita amministrativa della chiesa può
sembrare agli uni superfluo, per altri
quasi offensivo. Ma una lettura più
meditata può farci scorgere l’esigenza
di una vita quotidiana più aderente
alla verità di un tempo, che non potrà
più accettare in nessun modo im’anima barocca della chiesa di Cristo.
Irioltre tale richiamo conduce le comunità a guardare in modo molto più
oggettivo la loro esistenza collettiva,
i loro mezzi di espressione, perché nella debolezza, traspaia la potenza di
Colui, che ci ha dati per maestri i
gigli dei campi e gli uccelli del cielo,
anziché istruirci sulla validità economica di « granai » più grandi, nei quali dimenticare la morte che contiuamente ci sovrasta, come limite ài nostro umano operare.
Non dirò di tutto quello che manca
in un elenco pur già lungo di preoccupazioni, ma non sarebbe il caso di
porre ancora una volta l’accento sulla necessità che tutto questo patrimonio sinodale non venga pensato, discusso, ragionato e vissuto solo con le generazioni che volgono al tramonto?
Sia esso pensato e vissuto anche con
una gioventù attenta, forse troppo
sospettosa verso le diclilàrazioni solentìrmon vìssute nella ma sensi
bile all’urto della verità che disturba
ma che può aprirci gli occhi sui nostri compromessi più intimi per liberarci con loro e lasciarci liberare da
Cristo per un servizio più autentico!
Carlo Gay
Via libera ai colloqui
fra riformati e cattolici
Beirut (spr) - I Comitati esecutivi deU’Alleanza riformata mondiale e del ConsigRo congregazionalista internazionale, che hanno tenuto in questa città la loro prima riunione comune, hanno accettato all’unanimità di impegnarsi nel dialogo con la Chiesa cattoRca
romana.
In un messaggio indirizzato a Beirut, il
card. Jan WiUebrands, direttore del Segretariato vaticano per l’unità cristiana, ha detto:
« il papa Paolo VI ha dato il suo accordo alla
costituzione di una commissione mista di studio ARM-CCR ». (La comunicazione ufficiale
è pure apparsa su « L’Osservatore Romano ».
N.d.r.).
Nel corso di consultazioni preliminari con
rappresentanti del Vaticano eia stato deciso,
fra l’altro, che occorre dehnire chiaramente e
limitare la durata di taR colloqui. Si è proposto un periodo di tre anni, a partire daRa prima sessione, nella primavera 1970. Il tema
generale di studio è : « La presenza di Cristo
nella Chiesa e nel mondo ».
Culti in comune in spagnolo
per i riformati di Buenos Aires
(valdesi incinsi)
Buenos Aires (spr) - L’Associazione di Chiese rRormate in Argentina ha fatto recentemente un immenso passo innanzi decidendo
di celebrare ogni domenica' a- Buenos Aires
culti uniti in spagnolo.
La comunità valdese ha deciso di non più
celebrare culti al di fuori di questi servizi comuni, mentre le comunità scozzese, francese,
tedesca e svizzera continueranno, per il momento, ad avere culti supplementari nelle loro
lingue. La sola comunità che non possa unirsi ^ la ChiesB riformata un
gherese, perché pensa che la sua vita è tròppo
improntata afla cultura ungherese per rinunciare a servizi in magiaro.
L’Associazione avvierà presto conversazioni
per organizzare un gruppo di studio bibRco e
una scuola domenicale uniti.
iiimmiiiiiiuiiiimiminimiiiiimiiiimmjiiiiimiiiiMiiiiiimimiii
iiiiiiiiiiiimi'iuiiimiDmiiiiinmiiiii
•hiiiiimiiiiiiMiimii
iiiimimminiiiii
iiiinimiiiiimiiiiiimn.
Risoluzioni dell’Assemblea mesbiteriaiia irlandese
La situazione in Irtanda dei Nord
Riunita nell'agosto 1969, l’Assemblea
della Chiesa presbiteriana d’Irlanda
ha adottato, attraverso il suo Comitato per gli Affari governativi, le seguenti risoluzioni.
Ideile ultime settimane nell’Irlanda
• La violenza scatenatasi nel corso
del Nord ha costituito un fatto vergognoso che dev'essere condannato senza riserve da noi stessi, come da tutti
i settori della società. È stata scatenata da paure e frustrazioni continue, da
disordini, provocazioni, malintesi, false notizie e anche daH’ubriachezza. La
intera comunità porta una parte della
responsabilità di questi avvenimenti.
Nessun ambiente può, a questo proposito, rigettare calmamente e onestamente sugli altri tale responsabilità;
e chiediamo con viva insistenza di far
cessare ogni recriminazione che non
può servire ad altro che a indurire ancor più i cuori e ad attizzare i rancori
da una parte e dall’altra. Inoltre ogni
pretesa che tali violenze potrebbero,
in ultima analisi, servire la causa della vera religione non farebbe che disonorare l’Evangelo.
2 Siamo convinti che sforzi assai
■ considerevoli devono essere ormai
compiuti da tutti i settori della società per cercare di capire la posizione
di coloro dai quali si dissente. Da parte nostra ricono-sciamo che in molti
gruppi che rappresentano la minoranza politica e religiosa nell’Irlanda del
Nord regna un tragico sentimento di
paura e una disastrosa mancanza di
fiducia negli organi di governo, nella
legislazione e neH’ordine sociale. Tuttavia, pur riconoscendo pienamente
che tale situazione è dovuta, almeno
in parte, a esagerazioni, a false dichiarazioni e alla propaganda di partito,
accettiamo la realtà cosi com’è. È però importante che altri riconoscano
l’appoggio che il governo ha dato e
abbiano fiducia in questi organi governativi, nella legge e nell’ordine sociale della maggioranza. Sappiamo che
nelle forze della polizia regolare e anche fra gli ausiliari vi sono uomini i
quali, con le loro famiglie, sono spesso fra i migliori membri della nostra
Chiesa. Un atteggiamento unicamente
negativo ed ostile nei loro confronti
non potrebbe se non ingenerare divisioni più profonde e una sfiducia anche maggiore in seno alla comunità.
La demoralizzazione è la via più sicura per giungere al disastro.
3 Dichiariamo che la collera di Dio
• non può mancare di colpire tutti
coloro che si danno all’intimidazione o
contribuiscono a cacciare dalle loro
case o dai loro posti di lavoro dei cattolici romani o dei protestanti con i
quali sono sin qui vissuti in armonia.
Facciamo appello a tutti i cristiani affinché assumano le loro responsabilità, incondizionatamente, per lottare
contro il male e prendere la difesa del
loro prossimo, qualunque possa esserne il prezzo.
4 Facciamo appello al nostro popo■ lo affinché uno studio urgente dei
problemi gravi che pesano attualmente sulla Chiesa e sulla società sia intrapreso rapidamente, per far fronte
ai mutamenti inevitabili che risulteranno per il nostro paese. A tale scopo
attiriamo l’attenzione della popolazione sui documenti di studio e sulle direttive che sono già stati pubblicati
dalla nostra Assemblea e che saranno
messi a punto via via che se ne presenterà la necessità. Sentiamo di avere tutti un dovere particolare nel cercare di comprendere la posizione della
minoranza religiosa nellTrlanda del
Nord; perciò, con umiltà e sincerità,
facciamo appello ad essa e ai suoi simpatizzanti oltre frontiera affinché cerchino, più di quanto non sembrino fare attualmente, di comprendere la posizione della maggioranza protestante.
Se non si avrà questa presa di coscienza e non si riconoscerà quanto condividiamo la responsabilità della diffidenza, della paura e del rancore —
sentimenti che sono presenti dalle due
parti — non vediamo che tenui speranze di costruire tutti insieme una
comunità nuova e migliore.
e Siamo costretti a opporci energicamente alle pretese del pastore
lan Paisley di parlare egli solo quale
rappresentante dei protestanti dell’Ulster; siamo pure contro ogni pubblicità accordata alle sue pretese attraverso gli organi di diffusione delle informazioni. Qualsiasi reportage condotto onestamente dovrebbe sforzarsi
di presentare al pubblico locale, nazionale e internazionale molte altre voci provenienti da rappresentanti autorizzati delle Chiese alle quali appartiene la grande maggioranza del protestantesimo dell’Ulster.
G Rendiamo grazie a Dio per tutti
gli uomini e le donne che, nel corso degli ultimi giorni, hanno cercato
di calmare gli odi e le passioni, di riconfortare gli spauriti, di prender cura dei diseredati e di praticare il perdono. Ci rallegriamo con coloro che si
sono uniti attivamente a persone dalle
quali differiscono per opinione religiosa o politica, allo scopo di mantenere
il buon ordine e di fare il bene nel
proprio vicinato. A partire di qua dobbiamo procedere.
y Nel nome di Cristo chiediamo con
• ■ insistenza a tutti i nostri membri
di non lasciarsi condurre da chicchessia a commettere atti di violenza; di
lottare senza tregua contro l’indurimento dei cuori e contro la meschinità
di spirito; di restare saldi nella fede
e fiduciosi nella loro Chiesa, in mezzo
alla tempesta; di pregare con fervore
per la pace e per tutto ciò che potrebbe contribuire a riportare la pace in
questo paese; di agire, infine, con energia e perseveranza in modo coerente
con le loro preghiere.
(heggere a pag. 8, nel a Notiziario ecumenico », h prese di posizione di alcune Chiese protestanti in favore dell affermazione dei diritti civili, senza
discriminazione, nell’Ulster).
2
pag.
N. 36 — 12 sgttembre 1969
ECHI SINODALI - ECHI SINODALI -, ECHI SINODALI - ECHI SINODALI
Una monotona costante deficitaria
La sifuazione finanziaria
e il pafrimonio immobiliare
Offriamo troppo poco o spendiamo al di sopra delle nostie forze?
Il dibattito sniia stampa periadica
L’onore e l’onere dell’arena quest’anno sono stati di “Nuovi
Tempi”; ma il discorso sulla nostra stampa coinvolge quello
sull’intera nostra realtà di chiesa nel mondo
A proposito della stampa periodica,
la Tavola nel suo rapporto considerava
« attualmente giustificata » resistenza
dei due settimanali « Eco-Luce » e
« Nuovi Tempi », in quanto « esprimono due orientamenti diversi » e sono
quindi « complementari l’uno dell’altro ». La Commissione d’esame condivideva tale parere, «indipendentemente
da considerazioni di carattere denominazionale. In realtà l’”Eco-Luce” non
rappresenta la Chiesa Valdese più di
quanto ’’Nuovi Tempi” non rappresenti la Federazione Evangelica. Si tratta
di due organi di stampa che seguono
criteri giornalistici diversi, partono da
un’impostazione teologica diversa e
quindi esprimono orientamenti diversi... In un’epoca di tensioni e di contrasti come la nostra, in cui anche nel
nostro piccolo mondo evangelico si registrano notevoli divergenze di opinioni e di posizioni, non è male di disporre di organi di stampa differenziati, in
modo che il dialogo non divenga monologo ».
L’attenzione della C. d’e. e quella
del dibattito sinodale si è concentrata,
quest’anno, su « Nuovi Tempi ». Il relatore, Paolo Ricca, ha fatto notare
iniziando che la Tavola aveva manifestato rilievi critici « sia sul metodo
giornalistico adottato sia sulle finanze
del giornale », le quali ultime non sembravano improntarsi a quella « massima sobrietà, in vista di una prossima
autosufficienza finanziaria », richiesta
dal Sinodo 1966. Inoltre comunicava
ai Sinodo il fatto — non riferito nel
rapporto della Tavola --- che nel maggio scorso la Tavola aveva aderito alla
Associazione per la stampa evangelica
(costituita il 25 giugno 1968 e divenuta proprietaria a tutti gli effetti di
« Nuovi Tempi »). « Aderendo,all’Associazione — notava la C. d’e. — la Tavola è diventata comproprietaria del
settimanale, insieme agli altri membri
dell’associazione (che al 23 giu^o 1969
erano 27, di cui 24 persone fisiche e 3
enti ecclesiastici, la Chiesa metodista,
l’Unione battista e la Tavola valdese,
ciascuna con tre rappresentanti);... al
nuovo rapporto giuridico... corrisponde,
per la Tavola, da un lato la possibilità
di seguire direttamente il lavoro del
giornale attraverso i suoi rappresentanti e, se del caso, intervenire, e d’altro lato l’assunzione di tutte le responsabilità derivanti da un rapporto di
comproprietà ; riteniamo che queste
responsabilità vadano definite in misura proporzionale alla rappresentanza della Tavola in seno all’ASPE ».
La discussione si è mossa su queste
due linee. Cominciamo dalla seconda;
si sono fatte udire varie voci critiche
nei confronti della decisione della Tavola di aderire all’ASPE e di assumere la comproprietà di « Nuovi Tempi »,
senza una decisione sinodale in merito; il Moderatore Giampiccoli ha risposto che la Tavola non pensa di avere in tal modo prevaricato, ma di avere dato seguito all’o.d.g. di appoggio
al nuovo periodico votato dal Sinodo
1966. Si può forse notare che, date le
reazioni che nelle comunità si sono
manifestate nei confronti della linea
del giornale (vedi più avanti), non era
opportuno, proprio alla vigilia di un
dibattito sinodale, di prendere questa
decisione prima di udire il parere del
Sinodo. Quanto al problema finanziario, continua per il terzo e ultimo anno il contributo di 3 milioni di lire
votato dalla Tavola per il triennio di
lancio del periodico, che deve tendere
all’autosufficienza. Nel dibattito sinodale sono stati forniti e dibattuti alcuni dati del bilancio, ma per questo,
come per il contenuto del periodico,
ci si trova di fronte alla difficoltà oggettiva di un periodico che risponde
sempre solo fino a un certo punto, per
situazione giuridica sua propria, al nostro Sinodo.
La linea del settimanale è stata fortemente criticata. Cerchiamo di darne
qui l’eco, ben coscienti del fatto che è
psicologicamente antipatico e rischioso dare rilievo alle critiche su di un
« concorrente » ( ma non abbiamo mai
taciuto le critiche mosse a noi, anche
e soprattutto in Sinodo), ma anche del
fatto che vi è un effettivo disagio nelle comunità, a questo proposito, e che
è stato giusto e, pensiamo, fecondo
che esso abbia cominciato ad esprimersi in Sinodo. Ci rifacciamo al testo
dei verbali sinodali.
J. Alberto Soggin ha dichiarato che
« Nuovi Tempi » presenta una linea
politica di parte, è teologicamente povero se non irrilevante, è antisemita. A
titolo d’esempio di una informazione
partigiana, Arnaldo Genre cita il modo in cui è presentata la crisi irlandese. Giovanni Conte giudica assai discutibile la linea ecumenica seguita.
Vittorio Subilia, pur riaffermando la
propria stima personale per il direttore, e notando di non avere affatto
una posizione pietista di disimpegno
politico, ritiene che il settimanale sia
motivo di profondo turbamento nelle
coscienze di molti membri delle comunità, i quali non vi riconoscono una
linea coerente con la loro fede. Guglielmo Angiolillo critica lo spazio ec
cessivo dedicato a notizie puramente
politiche. Carlo Pons esprime la propria delusione : partito con la fraterna
volontà di sostenere il nuovo organo e
lieto di questa nuova possibilità comune, si è gradatamente staccato da esso a causa del suo atteggiamento, nettamente di parte. Giorgio Peyronel
nota che il settimanale non ha carattere di ufficialità per la Chiesa Valdese e che esso non riflette un pensiero
protestante ; e domanda che gli articoli siano firmati, in modo che non si
possa far pensare, all’esterno, che questa è la voce degli evangelici italiani;
nota infine che il settimanale si allontana dala linea tradizionale dei nostri
periodici anche per il fatto che il lavoro redazionale è retribuito.
Intercalati o seguiti a questi interventi critici, altri positivi. Emanuele
Impallomeni sostiene che il giornale
interessa e che se vi è un rifiuto, non
è il rifiuto di « Nuovi Tempi » ma il rifiuto di fratelli ; il giornale ha una funzione essenziale per risvegliare le comunità e porre il problema della fedeltà all’Evangelo nella vita quotidiana. Giuliana Micol nota che, nel caso
di un avvenimento al quale ha partecipato di persona, il Congresso GEI,
« Nuovi Tempi » è stato veridico, e desume che così sia sempre; riafferma
la linea protestante del periodico.
Giorgio Bouchard afferma che le
idee emerse dal dibattito sinodale daranno utili indicazioni al direttore e
alla redazione; ricorda che nella corrispondenza della Tavola vi sono rilievi
critici agli stessi e chiede che sia chiarito che responsabilità e rischi circa
la presenza della Tavola nell’ASPE
vanno intesi proporzionali ai suoi rappresentanti, cioè i 3/33; Aldo Comba
osserva che alcuni anni or sono si accusava 1’«Eco-Luce» delle stesse pecche : chi si è spostato a destra e chi a
sinistra? Ritiene che la redazione di
« Nuovi Tempi » debba tener presenti
le critiche, specie quella del prof. Subilia, ma osserva che, anche nella discussione sinodale, è risultato che il
settimanale alimenta la fede, la coerenza e la costanza di molti, e occorre
pure tenerne conto. Il Moderador Deimo Rostan dichiara che il giornale è
letto con vivo interesse dai pastori
sudamericani e * va inteso non come
organo ufficiale ma come espressione
delle preoccupazioni di gruppi di fratelli.
Infine il direttore Giorgio Girardet
ringrazia per le critiche, spiacente di
essere solo a rappresentare la redazione: ma non si attendeva un dibattito
sul giornale. Dà qualche chiarimento
sui bilancio, nota che il deficit previsto
per la fine del 1969 risulta ridursi e
sollecita uno sforzo maggiore per la
diffusione. Rispondendo a V. Subilia
nota che sono i fatti che turbano le
comunità, ma essi non possono essere
taciuti, occorre aprire gli occhi sulla
realtà del nostro tempo. Auspica, al
prossimo Sinodo, un dibattito esauriente (il problema è stato discusso in
una seduta serale, e in fine di seduta,
il giovedì, sera, quando o,rmai la morsa
del tempo stringeva).
Anche Paolo Ricca, per la C. d’e.,
richiede questo ampio dibattito. Rileva però ancora alcuni elementi controproducenti, contrari allo stile protestante: si dice spesso, anche nel Notiziario evangelico alla radio, che
« Nuovi Trempi » è il settimanale degli
evangelici italiani, e la cosa non dovrebbe ripetersi ; inoltre ribatte che
il turbamento del quale si è parlato
non è per i fatti, ma per il modo in
cui i fatti sono riportati e presentati;
la redazione dovrebbe seriamente rifletterci, in uno spirito di modestia interiore e di sobrietà spirituale (che, ad
essere schietti, non risultava chiaro
dalle repliche alle critiche, in particolare da quella del direttore; ora, alcune critiche erano state forse aspre, ma
per lo più erano animate da una volontà di avvertimento fraterno positivo, che potrà essere meditato e messo
a frutto se non si deformerà in modo
errato il problema riducendolo a una
pura contrapposizione di opzioni politiche. N.d.r.).
Nella coscienza che i problemi in
campo erano seri e di ampia portata,
coinvolgendo un po’ tutto il modo di
concepire e vivere la vita della chiesa,
riflessa nella stampa periodica, il Sinodo ha votato quest’o.d.g. :
Il Sinodo auspica che nella sessione 1970 venga riservato un largo
margine di tempo per l’esame di
tutte le questioni concernenti la
stampa e gli aiijsitmezzi di comunicazione di massa.
G. C.
Siamo in deficit, ancora e sempre:
è possibile che ci siamo abituati a
questa situazione? Il deficit dello scorso anno, di L. 10.750.000, è stato coperto^ da offerte piccole e grandi, ma quest'anno se ne ripresenta un altro, di
14 milioni e mezzo. C’è stato uno sforzo delle chiese per adeguarsi alle richieste tanto maggiorate votate dal
Sinodo 1968, ma non è bastato, la spirale delle spese pare sempre precedere quella delle entrate. E Ict situazione
sarebbe assai peggiore se non ci fosse
stato un incremento di doni dall’estero per la cassa culto e per l’istruzione.
La ripartizione del bilancio in quattro voci (culto, istruzione, facoltà di
teologia, beneficenza cioè Villa Olanda), votata dal Sinodo scorso, ha migliorato un poco la situazione delle ultime tre voci, anche se, specie per la
istruzione, varie chiese hanno evitato
0 rifiutato un versamento. Ora, però,
non soltanto occorrerà lanciare un appello per coprire il deficit, ma bisognerà ancora quest’anno trovare la
quota di 15 milioni che dobbiamo versare perché Chiese sorelle concludano
1 loro generosi versamenti per coprire
il cospicuo deficit del passato, in via
di risanamento. Il bilancio generale
non potrà essere sensibilmente contratto.
Allora si pongono gli interrogativi
espressi dalla Tavola nel suo rapporto: siamo al limite della capacità contributiva? « se così è dobbiamo prendere atto che il nostro bilancio generale è realmente al di sopra delle nostre possibilità; ma siamo veramente
al limite della capacità contributiva
ovvero soltanto al limite della volontà
contributiva? » È chiaro che siamo
ben lungi, salvo poche eccezioni, dall’aver fatto tutto quel che potevamo
in questo campo, ed è ciò che lascia
sempre un fondo d’amara umiliazione
nel momento in cui — per acclamazione — si vota l’ordine del giorno di
caloroso ringraziamento a tutti gli
amici e le Chiese sorelle che ci hanno
ancora così generosamente aiutato.
Doveroso, anche se tardivo, l’o.d.g. per
sanare il deficit:
Il Sinodo delibera che il disavan
iiiiijiitiriiiMNitmiiiMiiiiiJi
L'annuncio dell'Evangelo attraverso
i mezzi di comunicazione di massa
Fra le linee programmatiche presentate dalla Tavola nel suo rapporto, riprese dalla Commissione d’esame e
sfociate nell’ordine del giorno programmatico che abbiamo pubblicato
nel n® scorso, vi è « l’appoggio alla elaborazione e alla promozione di strumenti di testimonianza di massa
(stampa, casa editrice e librerie, radio
e televisione) ». Mentre riferiamo a
parte circa il dibattito sulla stampa
periodica e parleremo la prossima settimana della Claudiana, diamo qui
breve notizia della discussione sinodale sui mezzi radiotelevisivi quale strumenti di testimonianza all’Evangelo.
« E questo il progetto più impegnativo
del lavoro della Federazione » ■— notava la Tavola nel suo rapporto. E la
C. d’e. commentava: « Si tratta di un
ampio progetto... in fase di avanzata
preparazione, già accolto favorevolmente a Ginevra dai Dipartimenti delle Comunicazioni e dell’Inter Church
Aid e incluso nei programmi speciali
del Consiglio ecumenico. Questo significa che il CEC ci offre la possibUità
di realizzare il progetto, assicurandone il finanziamento per tre anni. In seguito i contributi ’ecumenici' diminuiranno progressivamente, finché il progetto rientrerà nei 'programmi ordinari’ del CEC per i quali è previsto un
finanziamento relativamente modesto.
E chiaro quindi che il progetto in questione impegnerà in misura crescente
col passare degli anni le Chiese membri della Federazione fino a un massimo (previsto per il 1975) di 15 milioni annui, da ripartirsi su base federale ».
« Sull’articolazione del progetto —
proseguiva la C. d’e. •— formuliamo
una riserva: ci chiediamo se sia stato
saggio includere nel progetto il settimanale “Nuovi Tempi", che ha una fisionomia propria e un’esigenza autonoma nell’ambito della Federazione.
Bisognerà comunque osservare una
scrupolosa distinzione dei vari capitoli di spesa.
« Sul progetto in sé, lo consideriamo
come una grossa occasione che le Chiese evangeliche non devono perdere, ma
cogliere con gratitudine e senso di responsabilità, occasione più unica che
rara di allargare di molto il raggio
della testimoninza evangelica nel no
stro paese. Tutti sanno quale importanza abbiano nel nostro tempo i mezzi di comunicazione di massa e la tv
in particolare. Mentre dubitiamo della
efficacia della nostra partecipazione a
rubriche televisive a carattere religioso di cui non portiamo direttamente
la responsabilità, siamo invece decisamente favorevoli a una nostra presenza autonoma alla tv, com’è quella prevista dal progetto. Essa può configurarsi anzitutto come strumento di predicazione, nel senso proprio del termine e senza escludere le forme tradizionali del culto pubblico; in secondo
luogo come strumento di documentazione degli aspetti significativi della
vita evangelica nazionale e soprattutto internazionale ».
Quello che né il rapporto della Tavola né quello della C. d’e. prendevano
in considerazione, e che è appena
emerso nella strozzata discussione sinodale (nella mattinata conclusiva del
venerdì, fra vari altri temi) è il problema costituito dal fatto che non è
soltanto il CEC ad aiutarci, in questa
nuova iniziativa, ma anche, in misura
assai più cospicua, l’ente statale della
RAI-TV; certo, il problema si poneva
già in minima misura con la trasmissione del culto-radio, ma il costo di
trasmissioni televisive (di culti, ad
esempio) sarà infinitamente più alto.
Ed è piuttosto inquietante che questo
problema non sia stato praticamente
neppure sfiorato: perché la RAI-TV ci
darebbe questo servizio, dell’entità di
varie decine di milioni all’anno? E noi
che siamo — giustamente — così puntigliosi di fronte alla sola eventualità
di contributi di Stato alle nostre scuole confessionali, possiamo accettare
senza batter ciglio, senza discussione
questi ingenti contributi statali? La risposta che Giorgio Bouchard ha dato,
notando che non paghiamo nemmeno
per i 25 minuti del culto radiotrasmesso e che la cosa si giustifica perché
ogni abbonato alla RAI-TV paga il suo
canone d’abbonamento e ha diritto alla più larga informazione, convince sino a un certo punto, specie perché
non possiamo non tener conto della
particolare situazione dello Stato italiano, dei suoi enti e della loro ’laicità’. Resta il fatto che il problema della televisione ha fatto risaltare un
problema che, in fondo inavvertito, era
già presente per la modestissima trasmissione radiofonica.
È stato notato che i mezzi tecnici,
e in particolare quelli di comunicazione di massa, pongono problemi teologici ed ecclesiologici, che il Sinodo non
ha mai affrontato, nemmeno quando
negli ultimi anni si è già espresso, in
linea di massima, in favore del loro
sfruttamento.
Sia per quanto riguarda la radio, in
riferimento a fatti verificatisi, sia per
quanto riguarda la programmazione
tv, si è fatta viva raccomandazione di
curare la scelta e la presentazione degli avvenimenti, che vanno citati così
come sono avvenuti, senza interpretazioni e commenti, o altrimenti illustrandoli da vari punti di vista.
Evidentemente il costo del nostro
servizio (si noti, non quello della RAITV) salirà: finora esso è stato volontario, per il culto e il notiziario alla radio, ma con l’aggiungersi dell’impegno
alla tv occorrono due persone specializzate: un teologo e un tecnico. Mentre qualcuno ha chiesto che non si affidasse questo servizio alla medesima
équipe che cura « Nuovi Tempi », altri
hanno invece prospettato l’utilità anzitutto pratica di questa concentrazione. In merito al progetto di aiuto ecumenico per stampa-radio-tv, si è comunque insistito su una netta e rigorosa separazione dei bilanci del settimanale e dei servizi radiotelevisivi. È
stato infine votato a forte maggioranza il seguente o.d.g.:
Il Sinodo ringrazia il Consiglio
ecumenico delle Chiese e in particolare i Dipartimenti delle comunicazioni e delTInter Church Aid, che
hanno accolto il progetto della Federazione Evangelica Italiana relativo
a stampa-radio-tv;
appoggia l’iniziativa di una nostra
presenza autonoma e qualificata alla
televisione, intendendola anzitutto
come strumento di predicazione, nel
senso proprio del termine, e senza
escludere le forme tradizionali di
culto pubblico, e in secondo luogo
come strumento di documentazione
degli aspetti significativi della vita
evangelica nazionale e internazionale;
raccomanda un’attenta distinzione
dei capitoli di spesa.
G. C.
zo dell’esercizio finanziario 1968-69
venga coperto mediante una sottoscrizione straordinaria da indirsi in
tutte le Chiese, segnalando a ciascun
Distretto la pròpria responsabilità
in proposito.
Nulla di nuovo è stato detto nel dibattito sinodale su questo tema, nulla che non sia stato già detto tante
volte. Vien fatto di pensare alla frase
nauseata con cui Pavese chiudeva il
suo diario: « Non più parole, un gesto ». E un gesto ha voluto essere la
decisione di un pastore, nel corso di
quest’anno, di rinviare alla Tavola il
proprio assegno mensile, di fronte alla situazione in cui versa la Chiesa,
spiritualmente prima che finanziariamente K Un gesto sul quale si può e
forse si deve discutere, ma che pure intende incrinare la situazione nella
quale ci trasciniamo. La Tavola diceva
nel suo rapporto, a porposito delle finanze: «’C’è una sola conclusione possibile a questo discorso, ed è che occorre ridurre le nostre spese in base
a precise scelte riportandole al livell i
delle nostre forze e degli aiuti che po siamo ricevere e ricordando che :l
compito primario della Chiesa è que lo della predicazione dell’Evangelo s
Questa conclusione è, ripresa dalla
Commissione d’esame che invitava c
Sinodo a « prendere la decisione che -i.
presenta come la più onesta e salò- .
e non più dilazionabile». Tuttavia, c
essere sinceri, questo sembrava un uc
scorso teso unicamente alla liquidi
zione del Collegio, mentre su tutte i
altre linee si avanzavano progetti e ,
chiedevano decisioni rappresentar,;
impegni certamente superiori all’evertuale risparmio sul cessato disavanza
del Collegio. Non ci si può illudere, allora, che questo tipo di scelte rapprc
semino un richiamo profetico per iz
nostre comunità.
In fatto di stabili, notava la Tavola.
« il nostro patrimonio immobiliare sta
assumendo proporzioni eccessive, non
sempre giustificate dalle necessità dell’opera »; « l’entusiasmo per nuove costruzioni e più moderni strumenti di
servizio è una bella cosa, ma non bisogna dimenticare i costi futuri di m.anutenzioni di stabili e di gestione di
opere » (quest’anno la Tavola ha speso
40 milioni per lavori di manutenzione,
facendo a stento le cose più urgenti).
Occorrerà anche qui fare scelte, decidersi a qualche alienazione (del resto
non sempre facile); intanto la Cotrmissione d’esame incoraggiava la Tavola « a proseguire il decentramento
amministrativo, affidando la gestiorr
di opere ai concistori o comitati o et, ’
locali. In questo decentramento Eo
evidentemente un pericolo, ma... se gli
statuti che regolano queste opere sotto
fatti con cura e se la Tavola esercii-u
un controllo veramente efficace e continuo..., le comunità si interesseranno
maggiormente alle opere locali, ne
controlleranno esse stesse l’efficiem.a
c la testimonianza e ne giustificheraii
no l’esistenza ».
g. c.
^ Il problema non ha potuto essere aiTrontato che di sfuggita, in Sinodo; è ehiaro che
non si esaurisce in una questione economica,
ma evidenzia tutta una visione del pastorale,
della chiesa stessa e si situa nel problema ampio e complesso, dibattuto anche fra noi ma
ancora in cerehie troppo ristrette : quello
della realtà della chiesa e delle forme che
può assumere, in modo sempre più duttile
alle situazioni, il ministero cristiano. Il Sinodo ha avvertito, però, la portata di tale
problematica, come attesta questo o.d.g. :
Il Sinodo invila la Tavola a studiare
il progetto di un a ruolo pastorale » nel
quale Tinipegno di servizio non sia necessariamente legato ali accettazione di
un rapporto salariale.
DONI ECO-LUCE
Jenny Bounons, Washington 6.200; Guido
Ricca, Pìnerolo 500; Irma Mauro, Brindisi
500; Maria Ccseri, Firenze 500; Letizia Scocci marro, Cannes 895; Ernesto Long, Svizzera
1.000; Elio Volpi, Beinasco 500; Bianca Ennio, Cannerò 500; Giulio Cesarò, Palermo
1.500; Maria Dì Paolo, Aitino 500; Santina
Albano Lena, La Maddalena 1.000: Angela
Dreher. Cortina d'Amp. 500; Vittorio Laurora, Bari 500; Alice Peter, Perosa Arg. 1.500;
Mario Gherardi, Scalenghe 500; Yvonne Gardiol, USA 240; Adolph Barai, Germania 500;
M. Luisa Giordan, Almese 1.500; Ina Bessone, Villar Perosa 500; Fanny Carrara, Bobbio Pellice 500; Margherita Scarìnci, Forano
Sab. 500; Graziella Jalla, Torre Pellice 1.000.
Grazie!
( continua)
3
12 settembre 1969
N. 36
pag
Isolottn: tutto da rifare
Si scoraggia come trascurabile o «superata» la ricerca teologica, per portare avanti un
discorso socio-politico: siamo “ancora” in piena evoluzione classista, e se tutto è da
rifare per l arcivescovo tutte è da rifare anche per gli amici dell’lsolotto, ancora restii
ad accettare il solo linguaggio possibile nella chiesa e per la chiesa: quello teologico
UN'iNCHiESTA FRA IL CLERO PIEMONTESE
I preti si confessano
Probabilmente anche il card. Plorit
— nonostante la sua celebrata pazienza — comincia a pensare che davvero
questi toscani sono « maledetti » ; come contropartita, in quella periferia
fiorentina si dice già che gli italiani
— quelli della Conferenza Episcopale — sono « benedetti ». E indubbiamente una componente psicologica
non manca, in questo interminabile
incontro-scontro.
L’ultima domenica di agosto doveva
essere quella della pacificazione, con i
tre preti in vescovado e il cardinale a
messa nel chiesone dell’Isolotto. Va da
sé che erano in molti a considerare
più che deludente, avvilente la conclusione del confronto, e si domandavano se non avessero alla fine ceduto i
nervi di don Mazzi e compagni. Però
il vescovo Florit, si riconosceva, questa
volta s’era fatto consigliare bene, e
s’avviava alla Conferenza Episcopale
con una fragrante vittoria nella mani.
Ma non avevano fatto i conti con
¡ apparato della repubblica conciliare
e con la crema del clerico-fascismo lo( .ile. Il vescovo è arrivato all’Isolotto
( .’.andò la polizia in borghese stava da
tempo sorvegliando la piazza, è entrato nel tempio fra due ali di poliziotti;
li ;1 tempio l’attendeva la crema deili ristocrazia nera della città con buon
I ';rbo di clerico-fascisti piovuti da tutt le parrocchie a cantare vittoria. A
q.iesto punto, come volete che potesi ro andare le cose? era una ricon( .'azione o una umiliazione, una sop affezione di più? La gente del quart re è uscita, e per fortuna non è salt. o in mente a nessuno di trattenerla
£ forza nel tempio: s’è raccolta daV nti ed ha improvvisato un suo culto.
C ;s’, il Signore s’è avuto due culti,
u ;0 da quelli di dentro e uno da quelli
c fuori ; a meno che, ■ Lui che consic: :a le « intenzioni » cosi, care alla cas .istica, non abbia trovato qualcosa
c profanante in tanta pietà di dentro
e di fuori...
Si ha l’impressione che l’arcivescoV.. sia alla mercé del gruppo di potere
p slitico-religioso che domina la città;
c ;rto è che, almeno in questo caso, la
sola presenza di questa gente ha man( ato aH’aria un lavoro paziente, compiuto con umiltà. D’altra parte, la risposta popolare è stata bruciante e
violenta : quelle letture bibliche — il
processo a Gesù! — scandite mentre
dilà dalle mura il cardinale leggeva la
sua omelìa, la voce degli altoparlanti
che irrompeva sulle teste dei fedeli nel
*^cmpio, avevano il sapore di una sfida,
di una provocazione in risposta a una
provocazione.
Ora siamo di nuovo in clima incandescente, ma ’sta volta il cardinale
lon è in America, è solo a Roma a
recogliere il plauso solidale degli alt : vescovi. È un colpo duro per gli
i: 'lottiani, che negli ultimi mesi hann visitato numerose diocesi, trattato
c r diversi presuli, nella speranza di
ff ’. .entare una opposizione alla linea
Ci iale proprio all’interno della GEI.
i Firenze, l’ala clerico-fascista è partita, rabbiosamente all’offensiva, spalleggiata dal quotidiano liberale della
città: il teologo de «La Nazione», don
Stefani, incita alla crociata contro gli
infedeli ; un esponente del MSI ha
querelato per offesa alla religione dello Stato cinque preti .(sempre gli stessi cirenei); dalle pagine de «L’Osservatore Toscano», il settimanale della
curia vescovile, il buon don Barsotti
— dimentico dei passati scontri personali — « continua a sperare ».
Nella mischia sembrava a un certo
momento che ci si volesse cacciare an
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che il prof. La Pira che, inaspettatamente, s’è schierato dalla parte del
cardinale; la sua mentalità giuridica
lo porta di filato a una concezione
gerarchico-istituzionale della chiesa.
Ma i clerico-fascisti, che l’hanno liquidato con una sporca guerra tempo fa,
non ce la fanno a servirsi di lui, e la
sua voce è caduta nel vuoto. Più complessa è la situazione di don Balducci,
sceso fresco fresco da Camaldoli con
un documento tanto bello quanto
inaudibile per gli isolottiani, un documento che aveva l’aria di calare dal
Tabor fra la gente grama della valle.
C’era voluta tutta la consumata abilità, e la solida preparazione teologica,
di don Balducci per spiegare le cose
all’Isolotto, ed è un mistero capire
quanto alla fine fosse parere dello scolopio e quanto venisse dal documento
camaldolese.
Patto sta che don Balducci s’è trovato una volta di più fra due fuochi,
in una di quelle situazioni sul filo del
rasoio che sembrano affascinare la sua
acuta intelligenza e mettono a prova
la sua tempra di uomo. Contestato come « teologo » e intellettuale borghese dagli isolottiani, attaccato con virulenza sulla stampa da revanscisti incapaci di pensare teologicamente, ha
un cammino tribolato e non scevro di
minacce.
Fare il punto della situazione? Non
mi ci provo più. Mesi fa ero convinto
che si era all’esaurimento, e siamo
giunti in effetti al limite della conclusione ; ora tutto è_ da rifare. Ma ciò
che non esalta, ciò che lascia preoccupati e in sostanza delusi, è il fatto
che dall’una parte e dall’altra si accantona un confronto teologico per incrociare i ferri sul terreno del Diritto
Canonico. La posta in gioco — riducendo le cose ai termini essenziali —
è l’autonomia della comunità locale in
un rapporto giuridicamente più libero
rispetto all’autoritarismo curiale. E su
questo piano, pur non trascurando
l’impegno della chiesa per il mondo e
nel mondo, TIsolotto è il migliore alleato della Controriforma: nella misura in cui attrae e enuclea la protesta
dei gruppi del dissenso, delle comunità e dei movimenti di contestazione, esercita una pressione e una suggestione negative, scoraggiando come
trascurabile o « superata » la ricerca
teologica, per portare avanti un discorso socio-politico. Siamo « ancora »
in piena involuzione classista, e se
tutto è da rifare per l’arcivescovo, tutto è da rifare anche per gli amici delrisolotto, ancora restii ad accettare il
solo linguaggio possibile nella chiesa e
per la chiesa: quello teologico.
Luigi Santini
Ho sempre considerato molto utile
seguire e partecipare a quel genere di
discorsi che l’italiano qualunque usa
fare in treno, o in giro per i negozi.
Quelli che viaggiano solo in automobile o in aereo, e incaricano terze persone persino di comprargli la bomboletta per l’accendino, se poi vogliono sapere un po’ cosa pensa la gente devono leggersi un. sacco di roba, mettendoci molto più tempo e fatica.
Uno dei classici discorsi da treno
è quello sui preti, e se qualcuno lo tira fuori è sicuro che a un certo punto
sentirà raccontare una storia di questo genere: « Lassù in collina c’è una
villa così e così, in un posto tranquillo, e ci sta una donna. I preti ci vanno,
di soppiatto, uno alla volta: quando
c’è un panno bianco alla finestra, vuol
dire che il posto è libero ».
Che corrano queste dicerie, vere o
no, i reverendi lo sanno benissimo,
e fino a qualche anno fa non glie ne
importava gran fatto. Adesso, invece,
sì.
Il fatto è che, sia bene o male, il
« sacro », nella fase attuale della civiltà industriale, viene, come bruttamente si dice, recepito sempre meno,
e quando è recepito, è per lo più considerato con disprezzo e ostilità. Sia,
dico, bene o male, perché non è detto
che sia sempre male o sempre bene.
Comunque, in questo caso particolare del «sacro» che è la sussistenza di
una classe o casta di sacerdoti, la cui
condizione davanti a Dio sarebbe radicalmente diversa da quella dei semplici fedeli, a parte i fattori sociologici, sappiamo bene che vi sono gravi
obbiezioni teologiche.
ANCHE IL PAPA SI E' PRONUNCIATO SULL'ISOLOTTO
La logica del sistema
anzi, del dogma
Finalmente anche il pontefice si è
pronunciato, in modo chiaro anche se
indiretto (secondo uno stile corrente
in Vaticano), sulla vicenda dell’Isolotto. Parlando il 3 settembre scorso ad
alcune migliaia di fedeli convenuti a
Castel Gandolfo — residenza estiva
del pontefice — per la consueta udienza generale settimanale. Paolo VI ha
detto che la riforma del culto cattolico in atto dopo il Concilio ha generato
in qualcuno l’errata opinione « che
non esiste più norma comune, fìssa e
obbligatoria nella preghiera della Chiesa, e che ciascuno può presumere di
obbligatoria nella preghiera della Chietalento ». Si è così manifestato, nell’ambito delle funzioni liturgiche, un
« indocile particolarismo » — come lo
ha chiamato il papa — che « offende,
oltre la legge canonica, il cuore del
culto cattolico, ch’è la comunione: la
comunione con Dio, e la comunione
con i fratelli, della quale è mediatore
il Sacerdozio ministeriale autorizzato
dal Vescovo». Tale «indocile particolarismo» non resta circoscritto all’ambito del culto, ma «tende a fare la "chiesola", la setta forse; a staccarsi dalla
celebrazione della carità totale, a prescindere dalla “struttura istituzionale" (come oggi si dice) della Chiesa
autentica, reale ed umana, per illudersi di possedere un cristianesimo libero
e puramente carismatico, ma in realtà
amorfo, evanescente ed esposto “al
soffiare di ogni vento” (cfr. Efesini 4:
14) della passione o della moda, o dell'interesse temporale e politico ». L’allusione ai gruppi del « dissenso cattolico » e in particolare alla comunità
deirisolotto è trasparente: il pontefice
la definisce « chiesola », mentre la
« Chiesa autentica » resta quella del
cardinale Florit; e il cristianesimo predicato e attuato dall’Isolotto (e gruppi affini) è, secondo il papa, « in realtà amorfo, evanescente ed esposto al
soffiare di ogni vento ».
Paolo VI ha poi così proselito:
« Questa tendenza ad affrancarsi gradualmente e ostinatamente dall'autorità e dalla comunione della Chiesa
purtroppo può portare lontano. Non,
come è stato detto da alcuni, nelle catacombe, ma fuori della Chiesa. Può
alla fine costituire una fuga, una rottura; e perciò uno scandalo, una rovina. Non costruisce, demolisce ». Il
giudizio del papa non poteva essere
più reciso. Benché espresso in forma
ipotetica («può portare...»; «può costituire... »), esso presuppone una valutazione nettamente negativa della
esperienza dell’lsolotto. Paolo VI non
prende neppure in considerazione la
eventualità che l’Isolotto rappresenti
qualcosa di valido sul piano della testimonianza cristiana o almeno costi
tuisca uno stimolo al rinnovamento
della Chiesa. E si capisce perché: secondo il papa, la prima e fondamentale testimonianza che l’Isolotto, come
comunità cattolica, dovrebbe dare è
quella dell’unione (e sottomissione) al
suo vescovo. Mancando questo, tutto il
resto, anche quello che ci può essere
di buono, perde ogni valore positivo.
Per questo, l’unica eventualità che il
papa prospetta per l’Isolotto è che esso sia, o diventi, una fuga, una rottura, uno scandalo, una rovina! La condizione fondamentale e la premessa
indispensabile pc. ché TIsolotto sia, o
diventi, un fenoi ieno positivo per la
Chiesa cattolica . , secondo il pontefice, che esso sia unito al suo vescovo.
Non stupisce qui ridi che Paolo VI abbia concluso il suo* discorso dicendo:
« Chi non ricorda le ripetute e tuttora
squillanti esortazioni d’Ignazio d'Arbtiochia, il celebre martire agli albori
del secondo secolo: “Un solo altare,
come un solo Vescovo”; “non fate nulla senza il Vescovo”; etc.? Perché il
Vescovo è il principio e il fondamento
della Chiesa locale, come il Papa lo è
della Chiesa intera ».
Così, Paolo VI non ha solo riprovato pubblicamente la « messa del dissenso » che si celebra da molti mesi
ormai sul piazzale antistante la Chiesa delTIsolotto, ma si è anche pronunciato contro la Comunità delTIsolotto
in quanto tale, stigmatizzando il suo
atteggiamento « indocile » nei confronti del vescovo e cardinale Florit.
Aggiungiamo che lo stesso giorno in
cui Paolo VI pronunciava il suo discorso, l’assemblea generale dei vescovi italiani, riunita a Roma, ha applaudito (con « applauso unanime », scrive
(’Osservatore Romano) una dichiarazione del card. Urbani, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, in
cui si esprimeva « fraterna solidarietà » al card. Florit e al suo vescovo ausiliare e si formulava la « speranza che
al più presto sacerdoti e laici dell’lsolotto e quanti ad essi aderiscono comprendano che non può esistere vera
comunione ecclesiale se non nella sincera fedeltà e convinta disciplina con
il proprio Vescovo ».
Insomma: il papa e i vescovi italiani — cioè tutta la gerarchia cattolica
del nostro paese — si sono pronunciati simultaneamente e (secondo (’Osservatore Romano) unanimemente contro
don Mazzi e la sua comunità. Si può
supporre che questa operazione di
condanna ufficiale sia stata concordata
tra il Vaticano e la presidenza della
Conferenza Episcopale Italiana. Quel
che è certo è che, dopo simili pronunciamenti, non sembra ormai esservi altra via d’uscita che una ritrattazione
di don Mazzi seguita da un atto di
sottomissione al suo vescovo oppure
un verdetto della gerarchia cattolica
che dichiari scismatica la comunità
delTIsolotto.
Confessiamo che sia Tuna che l’altra
ipotesi ci paiono improbabili: è difficile pensare che, dopo tutto quel che è
successo, don Mazzi e TIsolotto siano
disposti a recitare il mea culpa davanti al cardinale Florit, ed è d’altra parte altrettanto difficile pensare che la
gerarchia cattolica si assuma l’onere
morale di dichiarare scismatica la comunità delTIsolotto, che tanto interesse e tanti consensi ha sollevato nel
mondo cattolico e altrove. È più probabile che non si verifichi alcuna rottura clamorosa e che il braccio di ferro tra TIsolotto e la Curia fiorentina
continui ancora a lungo, senza cedimenti delTuna o dell’altra parte.
Conviene intanto cercare di cogliere
il significato della presa di posizione
del pontefice. Il giudizio negativo da
lui formulato sulla comunità delTIsolotto non può far meraviglia a chi ha
qualche conoscenza della struttura
dogmatica e istituzionale del cattolicesimo romano. La condanna di don
Mazzi rientra perfettamente in quella
che si può definire la logica del sistema cattolico. Ci si deve però render
conto che questa « logica del sistema »
è in realtà la logica del dogma, secondo cui il vescovo (chiunque esso sia)
è il perno della vita e dell’unità della
Chiesa locale. Il principio dogmatico
che ha guidato il pontefice nella sua
requisitoria contro TIsolotto è, oltre
che antico, fondamentale per il cattolicesimo: è il principio secondo cui
« dove è il vescovo, quivi è la Chiesa »
(ubi episcopus, ibi ecclesia) — e inversamente: dove non c’è il vescovo, non
c’è la Chiesa. Tutta l’impalcatura istituzionale cattolica poggia su questo
principio: se esso viene incrinato, l’edificio intero minaccia di crollare. Pensiamo perciò che parlando contro
TIsolotto il papa non ha inteso tanto
difendere l’operato del cardinale Florit (che, da qualunque punto di vista
10 si consideri, è lungi dall’essere esemplare ),ma ha piuttosto voluto ribadire
la fondamentale verità cattolica secondo cui il vescovo è il principio e il fondamento della Chiesa locale. Che poi
11 vescovo sia Florit o un altro, non
ha rilevanza teologica decisiva: qui
non è la persona che conta, ma la funzione. E il papa non ha voluto difendere una persona o un operato, ma
un principio.
Ma è proprio il principio teologico
difeso dal papa che, in una prospettiva evangelica, dev’essere contestato e
combattuto. Ë del tutto inconcludente,
a nostro avviso, protestare contro Tatteggiamento di Florit, se poi si lascia
sussistere il fondamento dogmatico
che rende tale atteggiamento teologicamente legittimo (anche se umanamente e pastoralmente discutibile o
riprovevole). Se si ammette — come
ha detto il papa — che il vescovo è
« il principio e il fondamento della
Chiesa locale », bisogna trarne tutte
le conseguenze,per quanto penose esse
possano essere in determinate circostanze. Se invece le si vuole evitare,
occorre avere il coraggio di negare
che il vescovo sia quello che è secondo
la dottrina cattolica ribadita dal papa,
e affermare che il principio e il fondamento della Chiesa locale non è il
vescovo (né il pastore, né l’assemblea
comunitaria), ma è il Signore, presente con la sua Parola e il suo Spirito
(I Corinzi 3: 11). Insomma, la battaglia dovrebbe spostarsi dal piano pastorale e canonico al piano teologico e
dogmatico, nella consapevolezza che
la logica del sistema la si può rompere solo rompendo la logica del dogma.
Vorrano don Mazzi e la sua comunità condurre su questo piano la loro
lunga e bella battaglia?
Paolo Ricca
Noi protestanti abbiamo sempre
contestato il carattere evangelico di
questa istituzione, e di tale discussione abbiamo fatto uno dei cardini della
nostra protesta. Nella Chiesa cattolica,
oggi, la cautela delle gerarchie e l’apparente superficialità di certe ribellioni rendono difficile, a chi osserva le
cose dall’esterno, capir bene come esse vadano veramente. È certo tuttavia
che in qualche modo è in atto un vasto ripensamento, in cui categorie ormai millenarie vengono riesaminate e
criticate.
Nel n. 36 de « L’Espresso », Carlo
Falconi ha pubblicato un articolo molto interessante, intitolato « Noi preti », in cui ha preso in considerazione
i risultati di un’inchiesta, svolta oltre
un anno fa dall’associazione viceparroci della diocesi di Torino. È stato diramato un questionario piuttosto ampio,
cornposto di un’ottantina di domande,
divise in 10 gruppi: il prete; la vita
del prete; il celibato; il lavoro; la fede; l’obbedienza; il clero; strutture;
vita dei preti; vita interiore. Sono
giunte 465 risposte di sacerdoti piemontesi. La pubblicazione dei dati del
sondaggio non è stata finora autorizzata ufficialmente, ma evidentemente,
se Falconi ha avuto questi tuyaux,
qualcuno degli organizzatori deve aver
pensato che era venuto il momento di
farli conoscere.
Scegliamo, a modo d’esempio, tre
domande di più evidente e immediato
interesse, e la sintesi delle relative risposte:
Sei contento di essere prete? Sei
soddisfatto della tua attività? (contento e soddisfatto 239; contento ma
non del modo 163; non contento 60).
Sei per il celibato obbligatorio o
facoltativo? (obbligatorio 134; facoltativo 301; non so 17; non rispondono 13).
Vedresti favorevolmente la figura
del prete che lavora e che esercita
il ministero nel tempo libero? (non
so 10; sì 260; sì, ma 49; no 135; non
risp. 11).
Anche le altre domande e risposte
vanno, direi, a battere su quel 60-70%
di critica al sistema clericale; come
vien detto nell’analisi del Falconi, e
come dimostra un grafico, vi è poi una
sensibile coincidenza fra la posizione
critica e la parte della platea consultata, costituita da sacerdoti relativamente giovani.
I quali, come si è visto, rientrano in
gran parte nel gruppo dei «contenti e
soddisfatti », o quanto meno contenti
juxta modum, di essere preti; ma discutono il tipo di sacralità che gli è
conferito.
Quella stessa sacralità pare invece
molto difficilmente rinunciabile alle gerarchie, anche se in questo caso la gerarchia sia rappresentata da un prelato acutamente sensibile al nostro
tempo come Mons. Pellegrino, il quale,
secondo si avverte in margine all’articolo di Falconi, non ha finora autorizzato la divulgazione dei risultati della
inchiesta, in quanto un sondaggio analogo vien fatto, più estesamente, a cura della Santa Sede.
Ma se Torino traccheggia e non divulga, sarebbe ingenuo attendersi da
Roma rapidità e pubblicità.
Sarebbero comunque incaricati di
studiare la questione alciuii sociologi,
e l’Istituto di sociologia di Trento.
E, dato il rapido progresso che questa scienza va facendo, i risultati dello studio saranno certo molto interessanti, specialmente quanto al modo in
cui i fattori derivati dall’ambiente e
dalla cultura determinano la situazione che si è rilevata nel seno di una
frazione sia pur limitata e periferica
del clero italiano.
Meno utilmente per i profani si
esprimerà d’altro canto la sociologia,
quanto alle valutazioni.
D’altra- parte anche noi sappiamo
che, volendo dir bene o male della sacralità del clero, anche considerando
il campo protestante, se non si è degli anticlericali viscerali, non è facile
sbrigare la questione in quattro e
quattr’otto.
A Kierkegaard i pastori contenti,
sposati e ben pasciuti, piacevano poco. E d’altra parte, al punto terminale,
per ora, della secolarizzazione, ci sono,
negli Stati Uniti, quei professionisti o
addirittura industriali della religione
in scatola, che a noi italitmi, cattolici
o protestanti, credo piacciano poco.
Ci sono anche quegli strani figuri, che
a quanto pare frequentava la sventurata moglie del regista Polanski, fornitori per adeguata moneta di messe
nere e di culti erotico-esoterici; i quali, per validissime ragioni di equità
democratica, una volta che chiunque
ha diritto a presentarsi come ministro
di Dio, finché non abbiano procurato
a qualcuno un danno chiaramente definibile, debbono poter esercitare il loro mestiere.
Dal punto di vista sociologico, dunque, non sarà tanto semplice pronunciarsi sul bene e sul male delle attuali
tendenze del clero cattolico.
A noi tuttavia, una volta edotti della situazione e del rischio, non tanto
quel tipo di giudizio importa, quanto
il giudizio del Signore, quale cerchiamo di intenderlo mediante la sua Parola; e non par dubbio che, se fra le
connotazioni del ripensamento che la
Chiesa Romana fa di se stessa, vi è,
a questa Parola, un ricorso più attivo,
anche noi possiamo indurci, su quanto emerge dall’inchiesta, a un giudizio
positivo. Augusto Comba
4
?ag.
N. 36 — 12 settembre 1969
I lavori della sessione annuale del Comitato centrale del CEC, tenutasi a Canterbury
I lavori della sessione annua del Comitato centrale
del Consiglio ecumenico delle Chiese, riunitasi in agosto
a Canterbury, sembrano avere avuto quest’anno un'importanza e un’eco particolari. Continuiamo quindi a riferire, mettendo questa volta in evidenza i due rapporti
teologici che il pastore Lukas Vischer, direttore del Dipartimento « Fede e Costituzione » del CEC e membro
del Gruppo misto di lavoro fra la Chiesa cattolica romana e il CEC, ha presentato, sia pure a titolo personale,
l’uno più generale suWimpasse ecumenica attuale, con
proposte per superarla, l’altro più particolare sull’atti
vità del GML e in specie sul progettato ingresso della
Chiesa romana nel CEC. Valendoci dei bollettini del Service œcuménique de presse et d’information (sœpi) e
dell’Evangelischer Pressedienst (epd), abbiamo cercato
di riflettere il dibattito che ha seguito la presentazione
di questi due rapporti; e affianchiamo un nostro commento.
Segue poi la presentazione, sempre desunta dalle medesime fonti d’informazione, sui risultati dei lavori dei
vari sottocomitati, sottoposti poi all’assemblea plenaria;
e riferiamo in larga parte i principali testi delle risoluzioni finali sul problema del razzismo, sulla situazione
internazionale in alcuni punti brucianti (si ricordino i
documenti preparatori dei quali abbiamo dato notizia
nel numero scorso).
I primi pentecostali (e i kimbanguisti) sono stati
accolti nel CEC, ed è un fatto di un’importanza che non
può essere sottovalutata, costituendo — si spera — un
antidoto nei confronti della crescente istituzionalizzazione dell’organismo ecumenico.
Dal dialogo alla comunione un commento
Il “dialogo,, ha perso il suo fascino, svalutandosi - nota Lukas Vischer nel suo rapporto ■ e occorre procedere verso la comunione: riconciliazione, eucaristia comune, concilio universale
Possiamo ancora parlare di dialogo
per descrivere la relazione che unisce
fra loro le chiese separate? Qualche
anno fa, quando questa parola cominciò ad imporsi nel linguaggio ecclesiastico, sembrò effettivamente rappresentare la parola d’ordine del momento.
Le chiese che erano estranee le une
alle altre e polemizzavano fra loro o si
ignoravano reciprocamente nella loro
autosufficienza, dovevano mettersi
realmente in contatto. Se non era possibile che esse entrassero in una comunione piena, almeno dovevano incontrarsi, parlare insieme, mettersi reciprocamente in questione. Dopo risolamento il dialogo era necessario. Era
meno che una comunione ma più che
la separazione. Il dialogo era una tappa sulla via della comunione (...).
Tuttavia c’è stato un chiaro cambiamento. La parola « dialogo » ha perduto il fascino che aveva ancora qualche
tempo fa; addirittura essa è ora oggetto di un certo disagio. In effetti cosa fanno le chiese quando conversano
fra di loro? Queste conversazioni sono
veramente il primo passo verso la comunione? Non sono forse divenute un
mezzo per mantenere le chiese nel loro stato attuale e preservarle da una
comunione piena? Il dialogo c’è; cosa
manca ancora? In effetti si fa sempre
più strada la preoccupazione di vedere
le chiese mettersi a far mostra di un
sempre crescente numero di commissioni, perfezionare la propria tecnica
delle conferenze, trascurando la voce
di Dio che parla a loro nel presente:
c’è il rischio di vedere il dialogo istituzionalizzato e protetto cos’. da ogni intervento di Dio. Il movimento ecumenico tradirebbe la sua preoccupazione
ecumenica più profonda se si fermasse
a questo punto. Difatti l’essenziale non
è che le chiese « parlino » insieme ;
l’essenziale è che le chiese « siano » e
che rendano una testimonianza come
chiesa. Il dialogo non sostituisce la comunione di cui parla il Nuovo Testamento e se è vero che le relazioni di
dialogo sono un segno per riconoscere
la vera comunione, sarebbe profondamente errato il confondere l’uno con
l’altra. Il fine proprio del movimento
ecumenico rimane la comunione. Il
dialogo che deve caratterizzare la comunione è di una specie diversa: deve
essere un’impresa degna di fede e ricca di significato, deve proporsi decisamente lo scopo di ristabilire una comunione. Forse è venuta per le chiese
l’ora di considerare insieme questo
scopo in modo più concreto ,e più preciso di quanto sia stato fatto fino ad
ora. Gli sforzi delle chiese verso l’unità devono essere determinati in primo luogo non in funzione del passato; essi devono costituire un movimento verso il futuro. Le chiese devono lasciarsi condurre da un futuro
comune, da uno scopo che prenderà
una forma sempre più chiara.
Invece la conversazione fra le chiese ha la tendenza quasi fatale a
orientarsi sul passato, sulle differenze che le hanno separate per secoli, e anche quando l’oggetto della
conversazione non sono queste differenze ma un argomento di attualità,
in primo piano si mettono proprio i
principi confessionali. Così il dialogo
è sempre caratterizzato da un elemento di conservazione se non addirittura di restaurazione. Bisogna che
esso venga invece determinato da uno
sguardo volto verso il futuro.
Dopo aver ricordato che l’assemblea di Uppsala ha suggerito di
“preparare il tempo nel quale un
concilio realmente universale possa
parlare in nome di tutti i cristiani",
il rapporto Vischer continua indicando alcune premesse necessarie
per un cammino più realistico verso la comunione di tutti i cristiani.
La comunione presuppone che le
chiese si riconcilino fra di loro in modo esplicito e constatabile. Una comunione che muova sul piano di una
fiducia che si richiama a Cristo, può
esistere soltanto là dove le separazioni e le condanne del passato vengono
rimosse e dove subentra un impegno
reciproco. Le relazioni attuali fra le
chiese sono caratterizzate dal fatto
che esse vivono al di là delle separazioni, le hanno de facto abrogate e
ne sorridono generosamente quando
si viene a discuterne. Però, anche se
termini come eresia e scisma sono divenuti parole scortesi, tali separazioni
continuano a sussistere o a vegetare
nel fondo del loro essere e possono
riapparire improvvisamente in un mo
mento decisivo. La comunità non può
svilupparsi sopra una base così, mal
sicura. (...).
Una seconda premessa è la comunione dell’eucaristia. Un concilio non
prevede affatto la unità di ogni aspetto ma è invece indispensabile che esso
abbia la possibilità di celebrare insieme l’eucaristia. La debolezza delle riunioni del Consiglio ecumenico delle
chiese sta proprio nel latto che esse
rimangono escluse da questo legame
spirituale. Ripetiamo perciò che uno
dei fenomeni più rallegranti dell’attuale movimento ecumenico è che la
questione della comunione si ripresenta con nuova urgenza. Alcune chiese,
come per esempio la chiesa anglicana,
hanno modificato la loro prassi con
dichiarazioni più o meno ufficiali, ma
lo stimolo più forte è venuto dai settori non ufficiali. Gruppi di cattolici e di
protestanti celebrano oggi sempre più
spesso insieme l’eucaristia contro le
regole e le raccomandazioni delle loro
chiese.
Certo più di un aspetto di queste celebrazioni è problematico e ci si può
domandare se alla lunga si può in questo modo raggiungere la comunione.
Vi possono anche essere buone ragioni ecumeniche contro una intercomunione troppo prematura, ma per quanto discutibili possano essere alcuni
tentativi di forzare la situazione, essi
tuttavia dimostrano con grande chiarezza che larghi gruppi non si accontentano più di una comunione eciunenica senza eucaristia. E da questo
punto di vista anche un esperimento
discutibile può essere considerato più
giustificato che un rimanere attaccati,
senza fantasia, allo statu quo.
Dopo aver parlato della coscienza
del’universalità della chiesa, della
necessità che siano anche abbattuti
i muri che separano gli uomini gli
uni dagli altri nella vita quotidiana, il rapporto prosegue:
Le chiese sono caratterizzate da
strutture che devono in primo luogo
conservarne l’identità attraverso i
cambiamenti della storja; si può dire
che esse sono caratterizzate da strutture di permanenza immutabile. Questo non è un caso ma ha la sua radice
nella concezione della verità che trascende la storia. La permanenza ha il
vantaggio della verità sopra il mutamento. Le chiese sono prigioniere di
questo principio nel loro pensiero e
nella loro vita molto più in profondità
di quanto non ne abbiano coscienza.
(...). Questo principio un tempo cos\
evidente non può più essere difeso oggi. Certo, l’avvento di Cristo rimane
in un certo senso immutabile attraverso i secoli. Il passato, il presente e
l’avvenire sono concentrati in Lui e
di Lui vivranno anche le generazioni
future. Ma è anche un fatto che la
storia della chiesa in quanto comunità umana è una « storia delle variazioni » in una misura molto più
grande di quanto le generazioni precedenti siano state disposte ad ammettere. La chiesa si è modificata anche
quando pensava di restare immutabile come una roccia flagellata dai flutti tumultuosi del tempo; essa è anche
oggi costretta a cambiare se vuole annunciare realmente il suo messaggio.
La sua natura viene tradita proprio'
dalle strutture di permanenza immutabile. Essa piuttosto si deve distinguere per delle strutture che le permettano costantemente lo sviluppo e
il mutamento. Bisogna perciò che le
strutture di permanenza siano sostituite da strutture di mutamento. Questa concezione si impone non soltanto per la situazione del mondo attuale,
ma anche partendo dall’esame attento del Nuovo Testamento e della storia della Chiesa, ,,;n particolare nei
suoi primi tre secoli. Naturalmente
questo non significa che la chiesa sorga in ogni istante dal nulla in un perpetuo inizio puntiforme. Essa si trova
nella continuità della storia e non può
esprimersi se non distanziandosi dal
passato in vista del futuro. (...).
Il rapporto Vischer è stato definito « esplosivo ». In realtà, salvo Finsistenza sulla indispensabilità di procedere, e rapidamente,
verso Fintercomunione, non pare risultare nulla di particolarmente nuovo rispetto alla
linea che il CEC segue ormai da anni in
fatto di rapporti ecumenici e sulla quale anche su queste colonne si è a lungo e ripetutamente discusso, pure con il segretario generale del CEC, E. C. Blake. Tuttavia il rapporto Vischer è tutto animato da una vigorosa,
appassionata spinta innanzi, .verso l’avvenire,
da una tensione che le Chiese, spesso e volentieri statiche, hanno tutti i motivi di prendere sul serio.
Acuta e perfettamente centrata la demitologizzazione del a dialogo », divenuto oggi in
larga misura un modo per coprirsi dagli
altri e da Dio — e per conservare senza lasciarsi mettere veramente in questione (un
atteggiamento che nc.(i riscontriamo soltanto
fra le Chiese, ma anche all’interno delle varie Chiese, la nostra per cominciare). È chiaro
che il dialogo, nell’intento originario, tendeva
alla comunione, e questo rimane il fine del
movimento ecumenico. O meglio — e non è
una sfumatura senza importanza .— il fine del
movimento ecumenico ci pare essere stato e
rimanere la conversione di tutte le Chiese a
Cristo, il loro convergere su di lui; la « comunione orizzontale », fra loro, è una conseguenza, un dono dello Spirito, secondo la ben nota
immagine presentata da Visser ’t Hooft, ormai
tanti anni fa : ci troviamo, in quanto cristiani e in quanto Chiese, lungo i raggi di una
grande ruota il cui pernio è Cristo : tendere a
Cristo è il senso ultimo del movimento ecumenico, e nella misura in cui ciascuno si avvicina al centro, si ritrova più vicino a coloro
che seguono il medesimo movimento centripeto. Ora, pare che di questa conversione a Cristo non si parli più molto. Si dirà, naturalmente, che è presupposta, e lo è senz’altro, ma
c’è da diffidare di ciò che è troppo presupposto
e implicito. In questo documento, è singolare,
Cristo sembre essere spesso sostituito, o se vogliamo parafrasato dal « futuro » che urge,
verso il quale siamo trascinati.
Giusto, per altro, il discorso sulla storia
della Chiesa come «storia delle variazioni » e
sulla necessità che le strutture siano duttili e
non immutabili (di fatto, non lo sono ;<nai
state in modo assoluto). Ma resta sempce un
discorso teorico, finché non si dice .concretamente come e in che cosa devono trasformarsi. Un discorso teorico che tutti — pensiamo — sottoscriverebbero in questa torma;
Lukas Vischer ma i problemi sorgono e non possono
Il dibattito sui rapporti di Lukas Vischor
e sul lavoro del Gruppo misto CEC-Vaticano
Dopo la presentazione del rapporto
hanno preso la parola vari mennibri del
Comitato centrale. L’eucaristia ha evidentemente costituito una pietra d’intoppo per gli ortodossi; il vescovo Juvenali, del patriarcato di Mosca, ha
detto di considerare questo rapporto
« un contributo rivoluzionario temerario all’ecumenismo » ma ha fatto notare che « là rivoluzione non si addice
sempre alla Chiesa » e ha rifiutato
l’idea che « un concilio universale possa parlare in modo vincolante a nome
di tutti i cristiani, se non è stata prima ristabilita l’unità organica delle
Chiese ». Per l’arcivescovo (anglicano)
di Melbourne, Woods, l’eucaristia è un
problema cruciale che concentra l’attenzione dei teologi protestanti e cattolici del suo paese; e occorre giungere a una soluzione.
La seduta dell’indomani è stata ancora dedicata alla discussione del rapporto Vischer. Si ricordi che il Gruppo
misto di lavoro (GML) fra la Chiesa
cattolica romana (CCR) e il Consiglio
ecumenico delle Chiese (CEC), fondato
nel 1965, ha subito delle trasformazioni interne dopo l’Assemblea di Uppsala. Da 14 membri è passato a 24 e si
riunisce una volta all’anno per parecchi giorni. Non c’è dubbio che la Chiesa cattolica romana riconosce una importanza crescente alla collaborazione.
Visitando la sede del CEC a Ginevra,
il papa ha manifestato nettamente, di
fronte alla CCR e all’opinione pubblica, quanto egli consideri questa istituzione uno strumento importante e
indispensabile del movimento ecumenico.
Il pastore Vischer sottolineava quindi quatttro punti particolari di un servizio comune nel movimento ecumenico, insistendo sul fatto che, senza
l’appoggio delle Chiese a livello locale, il lavoro del GML resta vano.
1) Estendere la collaborazione è
già qualcosa. Numerosi problemi sono
studiati concretamente, fra i quali
quello, doloroso, dei matrimoni misti.
D’altro lato i cattolici romani lavorano ora in seno alla Commissione « Fede e Costituzione », come pure nella
Commissione mista per la Società, lo
Sviluppo e la Pace (SODEPAX).
Il Gruppo è convinto che le Chiese
sono messe in questione insieme e che
devono quindi rispondere insieme. Occorre tuttavia compiere una scelta,
per evitare la dispersione degli sforzi.
Persiste un pericolo: che le risoluzioni e i voti si ammucchino e non penetrino nella vita delle Chiese.
2) Il lavoro del GML non può fare
veri progressi se non è sostenuto dal
movimento ecumenico nei vari paesi
e a livello locale. In numerose località,
diocesi e parrocchie cattoliche sono
divenuti membri di pieno diritto di
Consigli cristiani. Tale evoluzione pare debba essere incoraggiata.
3) L’importanza di un’informazione regolare delle Chiese membri sul lavoro effettuato dal GML e la necessità di una comunicazione di queste
Chiese sulle esperienze che fanno a livello locale. Si fa sempre più indispensabile un’osmosi in entrambe le direzioni.
4) La partecipazione eventuale della CCR come membro del CEC. Una
sottocommissione ristretta è incaricata di studiare tutti gli aspetti del problema. Questa decisione significa dunque che quest’ipotesi è posta seriamente all’ordine del giorno. È in tal
senso che occorre pure comprendere
le parole pronunciate dal papa, il 10
giugno. Infatti con la sua semplice
presenza a Ginevra, ha votato l’entrata
in discussione su questo tema.
Vi sono tre possibilità di regolare le
relazioni in avvenire: si può proseguire il lavoro parallelo e coordinato, come finora; si può ipotizzare che una
nuova comunità di Chiese si sostituisca al CEC, affinché la partecipazione
della CCR non incontri difficoltà; infine — e il GML propende per questa
possibilità — sarebbe possibile che la
CCR entrasse nel CEC così com’esso è
attualmente. Senza dubbio tale parte
cipazione comporterebbe alcune modificazioni. Ciascuna delle Chiese membro ha trasformato, in un modo o
nell’altro, il CEC e questo non è certamente più lo stesso che era nel 1948.
Infine il pastore Vischer avanza il
problema di sapere se il CEC è davvero una comunità di Chiese; non è forse costantemente sottoposto alla tentazione di non essere che una sovrastruttura, un’associazione che persegue certi fini, ma che plana al di sopra delle Chiese senza essere realmente sostenuto da esse? S’impone come
necessaria un’autoanalisi.
« Il compito principale del Consiglio
— ha dichiarato concludendo Lukas
Vischer — consiste probabilmente nel
dar forma alla comunità, in modo che
le Chiese partecipino effettivamente
alla vera vita del Consiglio e s’interpenetrino reciprocamente. Le strutture puramente organizzative devono acqnistare un carattere conciliare. Nella
misura in cui questo si produrrà, sarà facilitata la discussione circa l’ingresso della CCR in seno al CEC ».
Per mancanza di tempo, i numerosi
oratori iscrittisi per rispondere al rapporto Vischer non hanno potuto parlare tutti.
Uno degli osservatori cattolici romani, l’arcivescovo Medina del Cile,
ha sottolineato che « la Chiesa cattolica romana vuole collaborare con il
CEC, poiché riconosce nel movimento
ecumenico l’azione dello Spirito Santo
che ci spinge verso l’unità. Questa è
la ragione della nostra presenza qui ».
L’ingresso eventuale della CCR è
« questione importante e grave per entrambe le parti — ha soggiunto —
Per ora, malgrado gli studi in corso,
non si può pre-giudicare su quanto si
farà ».
Il prof. Nikos Nissiotis, direttore
dell’Istituto ecumenico di Bossey e
membro del GML, ha criticato un punto del rapporto Vischer, notando che
non si deve porre alcuna pregiudiziale
(continua a pag. 5)
gere, appena si affrontano questioni precise.
Per citarne alcune, di cui parla il rapporto
Vischer: la riconciliazione, Fintercomunione.
l’ingresso della Chiesa romana nel CEC.
Riconciliazione (e il rapporto cita a mo'
d’esempio l’abolizione della reciproca scomunica fra Roma e Costantinopoli) : non si può
fare di ogni erba un fascio (la separazione fra
cattolici e ortodossi e fra cattolici e protestanti sono di un ordine teologico qualitativamente diverso, ad esempio), né si deve confondere
psicologia e teologia; se infatti un atteggiamento diverso nei rapporti fra le Chiese era
auspicabile ed è profondamente rallegrante
che si stia affermando, c’è però da chieder.si
se il fatto che le Chiese « vivono al di là delle separazioni, le hanno de facto abrogate e
ne sorridono generosamente » sia un fatto j)i>sitivo o negativo; a me pare in forte misura
negativo, riflettendo un relativismo teologico
che fa pensare ai molluschi senza spina
dorsale.
L’intercomunione : ha certamente un valore e l’impazienza crescente, a questo riguardo
è un richiamo, talvolta un grido di soffereu
za, spesso un gesto di iconoclasta baldanza do
scrolla le spalle al « passato ». Ma non po siamo convenire che « anche un esperimento
discutibile sia più giustificato che un rimanert
attaccati, senza fantasia, allo statu quo ».
Com’è colpevole la mancanza di tensione verso
la comunione con Cristo e quindi ira no:
cosi resta ingiustificato ogni esperimento (V!‘
di intercomunione che non poggi su una pien.
comunione : ingiustificato da un punto di \ ■
sta confessionale ma più ancora da un punì
di vista ecumenico. Se alle confusioni seni,
mentali-psicologiche e a quelle di común impegno sociale si aggiungessero ancora quell
liturgiche (quindi a livello teologico), davvo
ro l’equivoco planerebbe irreparabile sul Con
sigilo ecumenico delle Chiese ; e — coro,
qualcuno degli interlocutori ha detto nel d
battito di Canterbury — il CEC sarebbe sn;
turato, tenderebbe a diventare esso stesChiesa.
L’ingresso della Chiesa cattolica román,ì
nel CEC: come un’immensa nave che .comincia a muoversi sui supporti al momento di i
varo, il processo pare avviato, in modo irreve
sibilo, anche se sarà lungo e complesso. ¡\ia
possiamo già veder salire il gran pavese ecumenico. Questo ingresso -— restando la Chiesa Cattolica romana quello che è, cioè iors ■
gradualmente meno romana, ma sempre pi i
cattolica — modificherà non solo numerica,
mente, ma .sostanzialmente il CEC, quaìitahvamente; allora davvero le « variazioni » i' i
sebhero definitivamente imbrigliate, le pos- •
bilità di “rotture” profetiche — presenti ■ l’inizio del movimento ecumenico contemp raneo e via via diradatesi — .sarebbero ;ncs -■
ai margini.
In questo senso, mi pare spiritualnieii d’importanza assai maggiore e più ricco - i
speranze l’ingresso nel CEC dei primi peni- costali (brasiliani) e di Chiese come qucMa
kimbanguista (congolese): ma pare passato, .--i
sordina, poco più che un elemento di folk! re, anche se una vice presidente del Cernita'o
centrale ha dichiarato che questo ingresso eia
(c un’ora storica ». Gino Conte
l]na (iinaitticd nuova porlata
nuove Chiese me
Uno dei momenti centrali della sessione del
Comitato centrale del CEC è stato quello delTaccoglimento nella comunità ecumenica dei
kimbanguisti e dei pentecostali: la «Chiesa
di Cristo sulla terra » fondata dal profeta Si*
mon Kimbangu (Congo-Kinshasa) e la Chiesa
evangelica pentecostale « Brasile per Cristo
La vicepresidente del Comitato centrale, Pauline Webb, Tha definito « una giornata veramente storica », dal quale sì spera venga tina
dinamica nuova al movimento ecumenico.
La Chiesa evangelica pentecostale « Brasile per Cristo », con 1.1 milione di membri, h
la seconda Chiesa pentecostale, in ordine numerico, deirAmerica Latina; ne abbiamo parlato recentemente su queste colonne, pubblicando un articolo del suo fondatore e presidente, il pastore Manuel de Mello, il quale
la rappresentava a Canterbury. Egli ha dichiarato al plenum che la sua Chiesa non entrava nel CEC con grandi pretese: non è una
Chiesa di teologi: ma ha aneli’essa un contributo da portare, spccialmenle nel campo
deirevangelizzazione. Essa è convinta che il
messaggio ecumenico è « un messaggio autentico ». an/i « runico messaggio possibile »
per il nostro tempo; essa intende impegnarsi
perché divenga un messaggio universale.
La « Chiesa di Cristo sulla terra ». con oltre centomila membri, era rappresentata a
Canterbury dal figlio minore del fondatore,
ralluale capo, Joseph Diangienda. Il movimento kimbanguista — i lettori ricorderanno,
oltre ad alcuno notìzie occasionali, un articolo
ad esso dedicalo da Guslavo Bouchard. in occasione dì una venula ad Agape e alle Valli
di un kimbanguista — sorse negli anni ’20
come movimento di risveglio che in pochi mesi percorse Tintero Congo. In quegli anni decine di migliaia di convertiti si recavano in
pellegrinaggio a Nkamba, per ascoltare il j)rofeta Kimbangu e per essere guariti da luì. Nel
1956 il movimento — che ha attraversato
dure persecuzioni — si costituì in Chiesa e
cresce oggi ancora continuamente.
5
12 settembre 1969 — N. 36
pag. 5
Seduta annuale della Società di' Studi Valdesi
Votali dal Coidtiio coltrale dal CEC
500.000 dollari por conhattere il razzisio „„i crSiZie^
Sono state necessarie oltre quattro
ore per adottare il « piano di programma ecumenico per combattere il razzismo », che comprende in modo particolare la creazione di un fondo speciale di 500.000 dollari (oltre 300 milioni di lire) a favore della lotta per la
emancipazione economica, sociale e
politica dei gruppi razziali oppressi, i
cui obiettivi non siano contrari agli
scopi generali del CEC.
Questo fondo sarà costituito da 200
mila dollari, versati dal CEC (questa
somma rappresenta il 15% delle riserve già insufficienti del Consiglio), mentre verrà lanciato un appello alle Chiese membri allo scopo di ottenere almeno altri 300 mila dollari.
Il rapporto insiste nel fatto che « il
razzismo è un problema mondiale » e
che « quello bianco non ne è l'unica
forma ».
Si constatano ora — continua il rapporto — in certe parti del mondo, come in Asia ed in Africa, altre forme
di razzismo. Altro « elemento molto
potente di razzismo » si rileva nelle
« fo: me di antisemitismo in corso, come iella discriminazione nei riguardi
delle caste basse dell'India».
E ro insiste infine sul fatto che «è
la ! ^incidenza dell'accumularsi delle
ricc ezze e della potenza fra le mani
dell- popolazione bianca ad essere la
rag.-me di una concentrazione di va
rie forme di razzismo bianco nelle varie parti del mondo... Vi è stato un periodo in cui il colonialismo fu la principale manifestazione del razzismo
bianco. Certe regioni sono ancora affette da questo fenomeno. Benché un
gran numero di popolazioni già colonizzate abbiano acquistato l'indipendenza, esse soffrono ancora delle conseguenze del colonialismo come, ad
esempio, la lotta per il potere economico fra le tribù ».
Ecco ora in riassunto i cinque punti del programma ecumenico presentato dalla relazione:
— Le tensioni ed i conflitti crescenti,
fra le razze esigono delle decisioni
urgenti.
— Le Chiese hanno preso parte alle
discriminazioni razziali. In Occidente,
parecchie beneficiano dei sistemi economici di sfruttamento delle razze.
— Si rende necessario un atto ecumenico di solidarietà.
— Non si può eludere la questione
delle « riparazioni » che è già stata
sollevata negli Stati Uniti, pur riconoscendo che nessuna somma di danaro
può controbilanciare dei secoli di umiliazione.
— Non vi potrà essere giustizia nel
nostro mondo, senza un trasferimento
delle risorse economiche alle vittime
dell’oppressione razziale.
Le dichiarazioni sui vari "punti caidi"
Il Comitato centrale del CEC ha
ado ato le seguenti dichiarazioni:
N I E R I A
« Pur riconoscendo che tutti i progra mi di aiuti paiono avere implican . politiche, si afferma che la vera
inti, .ione dei cristiani, nel portare il
più asto aiuto possibile alle vittime
dell due parti in conflitto, è semplicen Ite quella di esprimere la loro
soli ; rietà verso i loro fratelli che
sofl ino e di fare tutto quello che posson per alleviare i loro mali.
Il Onde garantire la più efficace
Util zazione possibile delle risorse dispo ibili e per impedire l’utilizzazione
del Di'ogramma di aiuti a fini politici,
si ; jspica che vengano incoraggiate e
mo tiplicate senza indugi delle regolari ì i unioni consultive che raggruppino
tut e le organizzazioni interessate.
Ili) Unica soluzione possibile di
questo grave problema è la cessazione
dei . ombattimenti, seguita da negoziati. Noi salutiamo gli sforzi di tutti coloro che si adoperano in tal senso. Per
conto suo, il CEC desidera offrire a
coloro che cercano la pace la possibili: a di sollecitare il suo aiuto per appianare i profondi disaccordi che esistono fra le due parti ».
K PPORTI CUBA-U.S.A.
' Il Comitato Centrale del CEC, a
seg ito delle dichiarazioni fatte dall’A: cniblea di Uppsala
I Ritiene urgente il ristabilimento
dell relazioni diplomatiche fra gli
Sta' Uniti e Cuba, che cessi l’embargo 1 che le attività commerciali fra i
duo caesi possano svolgersi liberamente.
II : Approva ed appoggia le misure
già ¡n ese dal Consiglio nazionale delle
Chie.ie di Cristo negli Stati Uniti e gli
offre l’aiuto di cui potrà aver bisogno,
tramite gli organi competenti del CEC.
II!) Prega le chiese membri, ed in
modo particolare quelle dell’America
Latina, di prendere misure adeguate
nei confronti dei governi dei rispettivi
pac.si chiedendo loro soprattutto di
risiabilire le relazioni diplomatiche e
commerciali con Cuba onde ridurre la
pressione economica di cui soffre il
popolo cubano a seguito dell’assenza
di queste relazioni ».
medio oriente
« Il Comitato centrale del CEC...
prende nota con profonda ansietà del
crescente deteriorarsi della situazione
in Medio Oriente. Esso riconosce che:
1 ) Nessuna pace durevole è possibile
senza il rispetto dei diritti legittimi dei
popoli palestinese ed ebraico che vivono in quella regione, e senza la garanzia internazionale reale dell’indipendenza politica e dell’integrità territoriale di tutte le nazioni della regione, ivi compreso Israele.
H) Grande è la responsabilità particolare delle grandi potenze nel creare
il clima politico e le circostanze esterne che consentiranno di ristabilire la
pace sulla base dell’applicazione della
risoluzione del Consiglio di Sicurezza
delle Nazioni Unite del 22 novembre
1967.
ITI) Nel sostenere la costituzione
dello Stato di Israele senza proteggere
i diritti dei Palestinesi, è stata comrnessa una ingiustizia da parte delle
grandi potenze ai danni degli Arabi
palestinesi, e questa ingiustizia. dovrebbe essere riparata (emendato).
IV) Riafferma che il CEC deve continuare ad assumere piena responsabilità nella soluzione delle gravi difficoltà di tutti i profughi e lo prega di
includere nelle sue cure sia gli Arabi
che gli Ebrei, come pure l’idea fondamentale della legittimità del diritto di
circolare liberamente.
V) Registra con soddisfazione il progetto di convocare a Cipro nel mese di
settembre un colloquio su "il ministero delle chiese nei riguardi dei profughi”. Prega affinché le nostre Chiese
sentano più fortemente la tragedia,
continua e crescente, che vivono i profughi palestinesi e le altre persone che
si sono dovute spostare, e prendano
coscienza del dovere imperativo di
soccorrerli nelle loro necessità e di
sostenere la loro fondamentale esigenza di giustizia.
VI) Riafferma il suo profondo desiderio di vedere riconosciuti a tutti i
popoli i diritti fondamentali dell’uomo
ed insiste presso il segretario generale
dele Nazioni Unite afimché moltiplichi
i suoi sforzi in questo senso.
VII) Propone che sia studiata la questione dell’interpretazione biblica allo
scopo di evitare un abusivo uso della
Bibbia per appoggiare dei punti di vista politici partigiani e stabilire chiaramente i rapporti fra la fede e le
questioni politiche critiche.
Vili) Raccomanda al competente
dipartimento del CEC di considerare
seriamente la messa in atto di discussioni con i cristiani, gli ebrei ed i
mussulmani sui problemi della custodia dei Luoghi Santi e dello statuto di
Gerusalemme e degli abitanti della
città ».
(Il testo del punto III, prima dell'emendamento, era il seguente: “Ritiene che sia stata commessa un'ingiustizia a danno degli Arabi palestinesi da
parte delle grandi potenze, che hanno
sostenuto la costituzione dello Stato
d'Israele, senza proteggere i diritti dei
Palestinesi” ).
RHODESI A
« Il Comitato centrale
I) Approva le dichiarazioni fatte dal
Consiglio cristiano della Rhodesia e
dai vescovi dela chiesa catttolica rhodesiana prima del Referendum del 20
giugno 1969 e sottoscrive il giudizio
secondo cui i progetti della nuova costituzione per la Rhodesia sono sotto
parecchi aspetti contrari all’insegnamento cristiano.
II) Apprezza gli intenti della politica di sanzioni economiche delle
Nazioni Unite contro la Rhodesia e
chiede alle chiese membri di insistere
presso i loro governi sulla necessità di
trovare delle misure più efficaci per
raggiungere lo scopo. La Commissione
delle Chiese per gli Affari Internazionali (CCAI) è pregata di rivolgersi alle chiese membri e ad altre organizzazioni pertinenti per consigliarsi su
questo punto. D’altronde, le chiese
membri sono esse stesse pregate di
dire quali azioni hanno già intrapreso
a questo riguardo.
IV) Chiede caldamente alle Chiese
membri di esercitare la loro influenza
sui governi e sull’opinione pubblica affinché riconoscano che coloro che lottano contro l’oppressione e l’ingiustizia meritano il rispetto e l’appoggio
coscienti.
V) Non accetta il consentire all’ingiustizia come una necessità inevitabile; di conseguenza, il C.C. chiede
espressamente al governo del Regno
Unito (Gran Bretagna) di non concedere l’indipendenza costituzionale alla
Rhodesia fino a che le condizioni non
permettano l’applicazione del diritto
della maggioranza.
VI) Rivolge un appello a tutti i cristiani chiedendo loro di pregare Dio
affinché ci riveli, in questa tragica situazione, la via della giustizia e della
fraternità e di renderci capaci di seguirla ».
Decisioni finali
del CEC
Nella sua ultima seduta, il Comitato Centrale ha preso un certo numero di decisioni
relative alle relazioni dei vari Comitati e
Divisioni, e segnaliamo:
Relazioni colla Chiesa cattolica: Il C.C.
ap'prova la decisione del gruppo misto di lavoro di esaminare, in primo luogo, la possibilità dell’adesione della chiesa cattolica come membro del CEC, e non la creazione
di una nuova associazione di altro genere
per facilitare l’adesione di detta chiesa. Esso insiste, infatti, sul carattere del CEC come
comunità di Chiese.
Missione ed Evangelizzazione: Il C.C. approva l’insistenza con la quale si affronta il
dialogo con gli adepti di altre religioni o jdeolog'e. Si dichiara favorevole al piano di un
colloquio ecumenico a questo proposito nel
marzo 1970 a Beirut (Libano) ed alla formazione di una commissione per organizzare questo incontro.
Aiuti Nigeria-Biafra: Mentre il Comitato
ha approvato la proposta di portare l’appello finanziario a 5 milioni di dollari (oltre
3 miliardi di lire) ha poi precisato quanto
segue : « Il C.C. sa che parecchie insinuazioni sono state fatte a proposito dell’impegno
finanziario del CEC in questo conflitto. Il
Comitato afferma che queste accuse sono
prive di qualsiasi fondamento e conferma
che le operazioni di soccorso del CEC in
questa regione sono unicamente motivate
dall’appello dell’ Evangelo ad alleviare le
sofferenzp ed i bisogni dell’uomo. Il CEC
non è stato e non sarà mai implicato in acquisti che non siano materiale di soccorso:
cibi, medicine, materiale medico ».
Domenica sera 24 agosto u. s. ha avuto
luogo la consueta seduta annuale della Società di Studi Valdesi, sotto la presidenza del
Prof. Augusto Armand-Hugon e alla presenza
di un folto pubblico di membri e di appassionati di storia valdese.
Dopo la lettura delle relazioni morale e finanziaria, fatta rispettivamente dal Presidente Prof. Armand-Hugon e dal cassiere Sig. Arturo Vola, il Dott. Enrico Peyrot, solerte .archivista del sodalizio, ha presentato una interessantissima comunieazione sulle sorti di
una famiglia delle valli valdesi, costretta nel
1685 ad emigrare — per rimanere fedele alla
sua fede evangeliea — prima in Svizzera poi
in Germania. Le vicissitudini del lungo c pericoloso viaggio, il destino diverso dei numerosi componenti del nucleo familiare, le accoglienze più o meno generose dei paesi ospitanti, le pene e le speranze degli emigrati sono
state presentate con grande abbondanza di
dettagli, e da parecchi fu auspicato che un lavoro di tal mole possa prossimamente vedere
-la luce.
Nell’ultima parte della riunione riservata ai
soci e protrattasi fin oltre mezzanotte, sono
state fatte varie proposte atte a rendere sempre più efficiente il lavoro, già di per sé imponente e prezioso, che la Società di Studi
Valdesi è chiamata a svolgere nel quadro di
un ridimensionamento di Torre Pellice come
centro culturale non solo della chiesa e del
popolo valdese, ma anche di tutto l’evangelismo italiano. Così il Prof. Giovanni Gönnet
di Belgrado, ricordando l’iniziativa di primo
piano presa dalla Società parecchi anni fa con
l’organizzazione dei riuscitissimi Convegni
sulla Storia dell’eresia e della riforma in Italia, ha auspicato che i prossimi convegni ciano centrati su temi di attualità storiografica
pianificati con almeno un anno di anticipo e
che di ogni convegno siano regolarmente pubblicati gli atti e le comunicazioni, compresi i
sunti dei dibattiti. Il Prof. Giorgio Peyronel
di Milano, dicendosi lieto delle nuove prospettive di lavoro offerte alla Società, si è racco
mandato perché a Torre Pellice afflubca il
massimo materiale possibile di documentazione e si è offerto ad aiutare il futuro centro
culturale con il reperimento di microfilms dei
manoscritti valdesi ancora inediti. Tali proposte sono state spaUeggiate da altri membri,
in particolare dal Prof. Giorgio Peyrot di
Roma e dal Prof. Tron di Genova. Il Presidente Prof. Armand-Hugon, nel ringraziare
gli intervenuti, ha sottolineato che la Società
vive e prospera solo se i suoi soci aumentano
di numero e sono puntuali nel pagamento
delle quote di associazione, ed a nome dei
colleghì del seggio — che è stato riconfermato all’unanimità per applauso — ha riconfermato la piena disponibilità della Società
nel senso auspicato dai più.
g- g
Facoltà Valdese
di Teologia
Roma
ANNO ACCADEMICO 1969-70
I iiimiiiiiimiim'imiiiiiiimniniinimmiiiiiimimiiiiiMiiiimiiiiiiiiimiimitMiimiNiitiiiiiiiiiiiiiiniiuimiiiiiiiiii
Una lettera del Gomitato centrale
del GEG alle Ghiese membri
Canterbury (soepi) Nel corso della sua
ultima riunione, il Con i tato Centrale del CEC
ha adottato senza dibai to il terzo progetto di
redazione della lettera la inviare alle chiese
membri. Questo docunu^nto ha per scopo il
realizzarsi di un dialogo Cjon le chiese membri
sulle preoccupazioni comuni sia al Comitato
che alle Chiese stesse.
Il testo riafferma che ii CEC non si interessa di più della giustizia sociale e politica
a scapito della ricerca delFunità: « È lo stesso
Cristo che da una parte ci conduce verso
Vunità della Sua Chiesa e dalValtra parte vuole servirsi di noi per forgiare Vunità delVumanità ».
Ma, per quanto tempo « potremo ancora
approfondire la comunione, quale è già la
nostra^ senza che si completi nel sacramento
delVunità? ».
Neiresaminare le decisioni prese dal Comitato Centrale, il testo sottolinea particolarmente che lo sviluppo « non deve essere concepito unicamente in termini economici e tecnologici, ma deve avere per oggetto un^esistenza pienamente umana per tutti ed una
società responsabile, in cui la libertà e la dignità delVuomo, creatura di Dio, verranno pienamente rispettate ».
La lettera segnala poi i campi nei quali i
progressi sono stati insignificanti: l’unità cristiana, la difesa dei diritti dell’uomo, l’appoggio ai gruppi oppressi.
Il testo prosegue con un certo numero di
esortazioni alle chiese in cui viene loro particolarmente richiesto di consacrarsi all’unità di
tutti i cristiani, alla lotta contro il razzismo,
allo sviluppo.
II messaggio termina con la citazione dell’epistola di Paolo ai Romani (12/2): «Siate
trasformati dal rinnovamento delVintelligenza onde discerniate qual e la volontà di Dio,
quello che è buono, bello e perfetto ».
La prossima riunione del Comitato Centrale
avrà luogo ad Addis Abeba, Etiopia, su invito
della Chiesa ortodossa etiopica, che è stato
accettato con riconoscenza, e si terrà dal 9
al 21 gennaio 1971.
Siete con noi
o contro di noi?
In occasione del Colloquio sul razzismo, tenuto a cura del CEC a Notting Hill, presso
Londra, nel maggio 1969, dei rappresentanti
di « Potere Nero » hanno presentalo una "dichiarazione dì rivoluzione". Eccone alcuni passi .significativi:
« Ogni cristiano qui presente dovrebbe domandarsi quale ruolo abbia il suo paese nello
sfruttamento degli altri popoli, in quale misura il suo governo collabori allo sfruttameli
to del suo popolo o di altri popoli e Vapprovi.
Abbiamo offerto alla Chiesa, attraverso i suoi
rappresentanti ufficiali, una scelta chiara: Siete con noi 0 contro di noi? Siete per la nostra liberazione o contro? Se non siete con noi,
siete contro: se non siete nostri amici siete
Norme per Vammissione:
Per iscriversi alla Facoltà come studente
regolare, bisogna farne domanda per iscritto
al Consiglio, presentando:
a) il certificato di nascita;
h) il diploma di maturità classica ol altro
diploma giudicato equipollente dal Consiglio;
c) un attestato fornito dal Concistoro o
dal Consiglio di Chiesa della comunità di cui
lo studente fa parte, dal quale risultino i caratteri morali e spirituali del medesimo e la
sua iscrizione da almeno due anni ad una comunità evangelica;
d) un certificato medico comprovante la
sua costituzione fìsica;
e) l’importo della tassa di immatricolazione. (Regolamento, art. 3).
È opportuno allegare alla domanda due fotografìe formato tessera.
Le iscrizioni dovranno pervenire alla Segreteria del Consiglio della Facoltà entro il
10 Ottobre p. v.
nostri nemici. È quanto ha detto il fondatore
della vostra religione, Gesù Cristo. Ci siamo
presentati con domande concrete. Non siamo
venuti qui per pii sentimenti cristiani.
Quando il cristiano Diem ha domandato al
cristiano Kennedy un aiuto, Kennedy ha
mandato milioni di dollari, ma non per acquistare libri e bibbie. Quando la Rhodesia domanda un aiuto alVAfrica del Sud, il cristiano Vorster manda al cristiano lan Smith armi,
aerei e carri armati. Queste armi, questi aerei, questi carri armati sono usati per uccidere i combattenti della libertà, per sopprimere le lotte liberatrici. Se dite che ci sostenete
in questa lotta, e ci offrite delle banalità cristiane per lottare contro armi, aerei e carri
armati, vi diciamo che mentite e che siete
nel campo dei nostri nemici... ».
...........................................................................
Il dibattito sui rapporti di Lnba$ lischer
La sessione autunnale di esami avrà luogo nei giorni dal 27 al 31 Ottobre. Anche per
gli esami le domande di iscrizione devono pervenire entro il 10 Ottobre alla Segreteria. Il
Convitto è riaperto dalla Domenica 26 Ottobre; preavvisare dell’arrivo scrivendo impersonalmente a : Direzione del Convitto, ’Via
Pietro Cossa 42, 10129 Roma.
L’inaugurazione dell’anno accademico avrà
luogo Sabato 1 Novembre alle ore 18 nell’Aula
Magna.
La Facoltà
(segue da pag. 4)
a una Chiesa che desidera divenire
membro del CEC; l’importante, per il
CEC, è che questa Chiesa accetti la
Base del Consiglio.
Altri ortodossi sono intervenuti nel
medesimo senso; il metropolita Crisostomo di Cartagine, ad esempio, ha
detto che la questione dell’ adesione
della CCR al CEC è abbastanza semplice: c’è una Base, basta che la CCR
l’accetti. Il prof. Meyendorff ha aggiunto che il CEC non sarà altro che un
nome, finché la CCR non ne farà parte.
Un altro tipo di critiche sono state
avanzate, anzitutto dal siro-ortodosso
Paul Verghese, ex direttore della Divisione di formazione ecumenica del
CEC: la collaborazione attuale fra il
CEC e la CCR diviene sempre più complicata e necessita di un personale
sempre più numeroso. Non si potrebbero prendere in considerazione un
certo numero di misure che permettano una forma di collaborazione più
visibile? Infatti gli avvenimenti procedono più veloci che il GML e un po’
dovunque si manifesta una indubbia
impazienza per la lentezza delle realizzazioni. Siamo minacciati da un pericolo — ha proseguito il Verghese —:
quello di limitare la collaborazione al
campo pratico, portando così acqua al
mulino di coloro che dicono che il
CEC è un’organizzazione di mutua assistenza piuttosto che una comunità
spirituale.
Il pastore Chandran, della Chiesa
dell’India del Sud, ex vicepresidente
del Comitato centrale del CEC, ha sostenuto il punto di vista del Verghese
e auspicato che si trovi un’espressione
più visibile deH’unicità del movimento
ecumenico.
Da parte sua il prof. Roger Mehl, di
Strasburgo, è intervenuto per domandare che questa questione dell’adesione della CCR al CEC « non prenda
troppo tempo. Se infatti l'esistenza del
GML si prolunga, dovremo affrontare
due difficoltà: 1) via via che si porranno problemi nuovi — e ve ne sa
ranno forzptamente—il GML si vedrà
obbligato a creare sottogruppi e sottocommissioni, il che porterà alla disintegrazione dell’attività ecumenica perché si avrà da un lato il CEC e la sua
organizzazione, dall'altra il GML e tutti i suoi sottogruppi; 2) se l’esistenza
del GML si prolunga per dieci anni,
l’opinione pubblica penserà che si trovano luna di fronte all’altra due potenze: la CCR e il CEC. Il Consiglio
perderà così — sempre agli occhi dell'opinione pubblica — il suo carattere
specifico che è quello di essere una
comunione fraterna carismatica di
Chiese ».
Alla fine di questa seduta il pastore
Vischer ha risposto brevemente alla
critica formulata da alcuni delegati
ortodossi, secondo cui egli auspicherebbe che le Chiese mutassero le loro
strutture, ma non il CEC: « Definirei il
CEC una “koinonia" (il termine greco
per comunione, comunità) e penso che
allo stato attuale delle cose le strutture attuali del CEC sono in grado di
preservare questa koinonia delle Chiese ».
Come tutti i rapporti, presentati al
Comitato centrale, anche quello del
GML è stato esaminato in sotto-comitato ed è quindi ritornato in seduta
plenaria, portando a una scarna risoluzione finale in proposito, che accetta la linea proposta dal GML.
Nel complesso, mentre gli Statunitensi e gli Australiani intervenuti nel
dibattito condividevano le posizioni
del Vischer, oratori ortodossi gli rimproveravano di dire « concilio » quando avrebbe invece dovuto dire « chiesa », deformando così lo scopo del movimento ecumenico, che non è quello
di riunire un concilio ma di ricostituire la chiesa; il Verghese gli consigliava addirittura di « tornare ai fondamenti della fede e dell’ordinamento »,
mentre metodisti, anglicani e rappresentanti di altre tradizioni ecclesiastiche occidentali esprimevano la speranza che la Commissione proseguisse il
suo lavoro nello spirito del rapporto
Vischer.
6
pag. 6
N. 36 — 12 settembre 1969
Echi sinodali - Echi sinodali- - Echi sinodali
L’ESAME SULL’ATTIVITÀ DELLA FACOLTÀ DI TEOLOGIA
Una iuiziDiie sempre pii apprezzata dalla Chiesa
Lo scorso anno accademico della Facoltà di Teologia — il 114“ — è stato
uno dei più notevoli degli ultimi anni;
10 sottolineano le relazioni del Consiglio di Facoltà e della Commissione
d’esame, quest’ultima presentata dal
past. Paolo Ricca.
Cospicuo è stato infatti, anzitutto,
11 numero degli studenti interni iscritti al primo anno: 9, di cui 7 italiani;
fatto « tanto più rilevante e rallegrante se si tien conto delle pochissime immatricolazioni registrate in questi ultimi anni. L’immissione di un buon
numero di studenti ha certamente contribuito a render possibile quello che
potremmo definire un "rilancio" della
della Facoltà, avvenuto quest’anno e
documentato dalla relazione del Consiglio » (C. d’e.).
« Secondo fatto positivo — prosegue
la C. d’e. — è il numero davvero eccezionale degli iscritti al corso per laici,
istituito appena due anni or sono: oltre 50. Questo denota da un lato un
crescendo d’interesse da parte dei
membri delle nostre comunità per una
solida preparazione teologica; d’altro
lato è un segno che la "distanza" lamentata negli anni scorsi tra Facoltà
e comunità sembra avviata a diminuire e, auguriamocelo, a scomparire »
Naturalmente il Consiglio notava l’aggravio burocratico (corrispondenza, dispense) richiesto specialmente per i
non residenti a Roma, « la difficoltà
che nasce dalia loro lontananza e che
rende difficile l’impostazione dell’insegnamento. La Facoltà desidera ribadire che questo corso non vuole né può
sostituire quelli che nelle comunità
vengono organizzati per la formazione
di predicatori laici: la predicazione,
infatti, non si può insegnare per corrispondenza; inoltre per essere efficace
ai fini pratici, un corso deve potersi
fondare sul contatto diretto con gli
iscritti. Il nostro corso ha dunque im
carattere più culturale che pratico.
Tuttavia esso può essere di ausilio anche ai predicatori locali, purché sia
dovutamente integrato a cura dei pastori ».
A questo proposito si è avuto in Sinodo una breve discussione, ed è stata avanzata la richiesta di corsi biblici
per corrispondenza. Ed è stato votato
un o.d.g. che ne richiede lo studio e
l’attuazione alla Federazione evangelica.
Per quanto non se ne sia parlato
in Sinodo, non va dimenticato il 4“
Corso di aggiornamento teologico per
pastori, tenutosi la primavera scorsa.
Il numero degli iscritti non è mai molto alto, ed è non soltanto peccato ma
poco comprensibile e anche significativo; comunque ben a ragione il Consiglio nota che « anche quest’anno è stato occasione di un incontro gradevole
e proficuo per gli uni e per gli altri »,
come il cronista può confermare per
esperienza diretta.
La C. d’e. proseguiva; « Terzo fatto
positivo — meritevole di attenta considerazione — è che il sostegno finanziario fornito dalle chiese alla Facoltà
durante l’anno trascorso è stato di
sole 5.000 lire inferiore al dovuto secondo le ripartizioni fissate dalla Tavola in base alle decisioni del Sinodo
scorso. Se è vero, come in genere è
vero, che l’interesse effettivo per una
opera si esprime in maniera probante
assicurandone il finanziamento, allora
si deve dire che le comunità apprezzano l’opera della Facoltà e la considerano uno strumento valido, che interessa tutta la Chiesa e fa parte integrante
della sua vita e della sua testimonianza ».
Altri ancora gli elementi positivi:
più stretti rapporti con la Facoltà teologica « Comenius » di Praga (rallegramenti con il prof. Valdo Vinay al quale essa ha conferito il dottorato h. c.)
a livello di docenti e di studenti; potenziamento e sempre più largo raggio d’azione della Biblioteca (qui si è
chiesto, in Sinodo, di fare il possibile
per migliorare il certo complesso e delicato servizio di prestiti); aumento di
abbonati alla rivista « Protestantesimo » ( al cui programma redazionale,
che è quello di « istituire un confronto orientativo con l’Evangelo nel pluralismo di motivi della problematica
culturale moderna », si è mosso l’appunto che tale compito non viene pienamente espletato, « non già per quanto concerne il confronto con l’Evangegelo — che non manca — ma per
quanto concerne il pluralismo di motivi della problematica culturale moderna, che non ci sembra sufficientemente
tenuto presente » — notava la C. d’e.,
che per ovviare proponeva una pianificazione a più lunga scadenza del programma redazionale).
IN FASE DI RISTRUTTURAZIONE
GLI STUDI E LA VITA
IN FACOLTÀ
Ovviamente, il cresciuto numero di
studenti interni — il più alto del dopoguerra, dopo i primi anni di "piena” — ha dato rilevanza particolare
alla ricerca di una ristrutturazione
dell’attività e della vita interna della
Facoltà, dopo il dibattito sinodale dello scorso anno conclusosi con l’invito
formale, rivolto a professori e studenti, « a compiere una ricerca comune
per impostare il loro lavoro (progranimi, metodi d’insegnamento, modalità
d’esami, amministrazione ecc.) in maniera tale da poter essere anche di testimonianza e di stimolo nell’attuale
situazione universitaria ». (A.S. 1968,
art. 26). Certo, un anno è breve per
ricerche di questo genere, e molti degli studenti giungevano appena, freschi freschi, in Facoltà; tuttavia l’avvio c’è stato, valendosi dello strumento di assemblee comuni, sia di professori e studenti, sia di tutti coloro che
abitano lo stabile di Via Pietro Cossa
42. Il rapporto del Consiglio rivela la
cura con cui questo problema è stato
affrontato; e la C. d’e. notava che se
« gli studenti hanno svolto la funzione
di promotori e i professori quella di
interlocutori », bisognava però dare atto al Consiglio dei professori di avere
avuto « un atteggiamento di apertura
(non di semplice souplesse) » nei confronti delle proposte via via avanzate
dagli studenti, il che « ha facilitato
l’avvio di un discorso che deve proseguire ». Quanto al contenuto di questa
ricerca, la C. d’e. rivelava che « essa
è rimasta circoscritta all’ambito organizzativo, senza inoltrarsi, almeno per
ora, in questioni di fondo, che pure
non mancano ». Se dunque si può dire
che la Facoltà ha accolto con impegno
l’invito sinodale dello scorso anno e
va incoraggiata sul cammino intrapreso, la C. d’e. rendeva attenti a queste
esigenze:
« La prima riguarda l’insegnamento
della teologia. Un’epoca di crisi come
la nostra impone a tutti, in vista dell’immediato futuro, una verifica di
quanto abbiamo fatto finora e di come
Tabbiamo fatto. È quindi auspicabile
che anche nella nostra Facoltà avvenga, come sta avvenendo altrove, una
verifica non solo dei modi ma anche
della natura dell’insegnamento teologico. Tale verifica dovrebbe avere, come
punti di riferimento, da un lato la funzione docente nella chiesa come la descrive il Nuovo Testamento e di cui
l’insegnamento teologico è una espressione, e dall’altro i diversi fronti, soprattutto quelli avanzati, della testimonianza cristiana nel nostro tempo.
QUALE TIPO DI PASTORI
PER QUALE TIPO DI CHIESA?
« La seconda esigenza riguarda la
formazione dei pastori e si scompone
nei seguenti punti:
a) anzitutto resta fermo che lo scopo primario della Facoltà è la preparazione e formazione di servitori della
Parola di Dio;
b) la Facoltà, e specialmente i professori, svolgendo il loro lavoro, dovrebbero tenere in debito conto il seguente quesito: in vista di quale tipo
di chiesa stiamo preparando i pastori
di domani? In particolare, dato che la
realtà della Chiesa odierna è sempre
meno omogenea, e che il modello parrocchiale è sempre meno universale e
sempre meno esemplare, mentre altri
tipi di comunità di credenti stanno
prendendo vita, non è forse consigliabile una maggiore articolazione del
ministero pastorale già in sede di Facoltà di Teologia?
c) Si avverte da tempo l’esigenza di
introdurre nel piano di studio alcune
nuove materie, riconosciute come
estremamente utili, per non dire indispensabili, all’esercizio del ministero
pastorale nel nostro tempo. Già il Sinodo aveva raccomandato al Consiglio
di istituire corsi di psicologia, pedagogia e sociologia, affidati a competenti.
Dal programma dei corsi svolti quest’anno risulta che il Consiglio non ha
raccolto tale raccomandazione, pensiamo non per mancanza di volontà, ma
per altri motivi. Anche se ci rendiamo
conto delle difficoltà connesse con questo progetto, occorre fare ogni sforzo
possibile per superarle e istituire al
più presto i corsi menzionati.
d) Il livello raggiunto dalla nostra
Facoltà va mantenuto. Esso è indispensabile per una adeguata preparazione dei futuri pastori ed esige dagli
studenti una severa disciplina di studio e applicazione che non ci si stancherà di raccomandare, anche nella
previsione di mutamenti nel piano di
studi, nell’impostazione dei corsi e
nello svolgimento degli esami.
e) Molta cura dev’essere dedicata
alla preparazione umana e spirituale
degli studenti, che appare talvolta lacunosa ».
A proposito dei corsi complementari, il Consiglio stesso notava, nel suo
rapporto, di non aver potuto attuare
la raccomandazione sinodale « anzitutto perché formulata alla vigilia della
ripresa dei corsi, ma anche per difficoltà obiettive non destinate a scomparire »; e il Decano B. Corsani ha
esplicitato in Sinodo tali difficoltà:
quelle di trovare — e trovare disponiIjili — docenti protestanti di queste
materie; vi sarebbe la possibilità di
frequentare tali corsi presso l’Università di Roma, anche se l’impostazione
di questi ultimi non è forse sempre
quanto di meglio si possa desiderare,
nella nostra prospettiva protestante.
* * *
Si è quindi discusso, in Sinodo, sulla traccia di riserve espresse dal Consiglio stesso e dalla Commissione di .
esame, sull’opportunità ed efficacia
della riforma organizzativa sperimentata sdoppiando il Consiglio in consiglio accademico (professori) e ammi
nistrativo. L’esperimento non risulta
riuscito, soprattutto per la non chiara
distinzione dei compiti dei due rami.
Il Sinodo ha quindi votato un o.d.g.
con il quale ha chiesto al Consiglio di
presentare alla prossima Assemblea
sinodale un proprio parere motivato
in propostito, « corredandolo con eventuali proposte integrative o sostitutive ».
Dibattuto pure il problema della
rappresentanza studentesca in Facoltà
e al Sinodo. Qualcuno ha richiesto che
un rappresentate eletto dall’assemblea
degli studenti sieda in Sinodo con voce consultiva; altri ha risposto che in
tal modo veniva infirmato il principio
della rappresentanza di comunità (la
Facoltà non è una comunità); e altri
ha ribàttuto che si potrebbe curare
l’elezione di studenti in teologia (come
di fatto è già avvenuto in un caso,
quest’anno) da parte di comunità o
conferenze distrettuali. In ogni caso la
C. d’e. ha presentato il seguente o.d.g.,
che il Sinodo ha approvato:
« Il Sinodo intende che, nel riassetto della Facoltà di Teologia che
sorgerà dagli esperimenti in corso,
sia attuata la partecipazione degli
studenti agli organi della Facoltà ».
Il Consiglio faceva notare il rilievo
particolare che ha avuto, quest’anno,
la « settimana della Facoltà » in varie
comunità; « Questo lavoro ha significato un impegno non indifferente per
gli studenti, specialmente di primo anno, ancora in fase di chiarimento vocazionale, e questo non è sempre stato capito nelle comunità ».
Il Convitto ha funzionato a pieno
regime; esso ha conosciuto quest’anno
un avvicendamento alla direzione; la
Signora Marta Macchierò ha lasciata
il suo posto, occupato a metà febbraio
dalla Sig.ra Renata Kratzsch-Schubert
di Colonia, offertasi per una sostituzione di sei mesi: « ad ambedue — dice il
Consiglio nel suo rapporto, e la C. d’e.
fa eco, come pure il Sinodo — vada
tutta la nostra gratitudine: alla signora Macchierò per i quasi sette anni di
servizio consacrato in condizioni spesso non facili; alla signora Kratzsch
per il servizio volontario che ha offerto così alla nostra Chiesa, lasciando
altri impegni ».
In definitiva,
« Il Sinodo si rallegra dell'intenso anno di attività vissuto dalla Facoltà di Teologia e invita professori e studenti a proseguire la ricerca comune affidata loro dal Sinodo
1968, relativa a tutto quanto attiene l’insegnamento e lo studio della
teologia nel nostro tempo ».
e
« ...approva l’operato del Consiglio della Facoltà di Teologia e ririgrazia professori e studenti per il
lavoro svolto ».
Scaiobio di messaggio fra il Sinodo
Valdese e il Vescovo di Pinerolo
Al Sinodo Valdese, riunito a Torre Pellice,
il Vescovo di Pinerolo aveva inviato il seguente messaggio:
« Alla Presidenza del Sinodo Valdese 1969.
<c Mi è gradito comunicare alla onorevole
Presidenza del Sinodo 1969 della Chiesa Valdese che anche quest’anno, domenica 24 agosto p. V., in occasione dell’apertura della Sessione Sinodale, nelle chiese cattoliche della
diocesi di Pinerolo si eleveranno a Dio preghiere per le finalità del movimento ecumenico, e in modo particolare "per la Chiesa
Valdese, che in questi giorni vede riunito in
Torre Pellice il suo Sinodo : per tutti i Delegati e gli Osservatori che vi partecipano,
affinché siano sensibili alla voce dello Spirito
Santo che parla alle Chiese”.
« Cordialmente mi auguro che l’azione
dello Spirito renda sempre più convergente
l’opera di tutti i credenti in Cristo, nel comune approfondimento della verità che ci fa
liberi, nel superamento delle difficoltà interne
ed esterne che le Chiese incontrano, in una
presa di coscienza sempre più chiara di ciò
che ci unisce, e nello studio di possibili forme di collaborazione che rispettino le convinzioni degli uni e degli altri.
« "E la pace di Dio, che sorpassa ogni intendimento, custodisca i nostri cuori e i nostri pensieri in Cristo Gesù” (Fil. 4: 7).
K Vostro fratello in Cristo.
+ S. Quadri Vescovo »
Il Presidente del Sinodo pastore Roberto
Nisbet ha così risposto:
« Signor Vescovo,
Il Sinodo Valdese, riunito nella sua sessione 1969, è stato sensibile all’atto di gentilezza cristiana con cui Lei ha voluto comunicargli il saluto e l’augurio delle Chiese
Cattoliche della diocesi di Pinerolo.
« Nel ringraziarla con viva cordialità del
pensiero, fa voti perché tutte le Chiese che
si richiamano al nome di Cristo si aprano
all’ascolto attento e allubbidienza coerente
della sua Parola, testimoniata dai profeti e
dagli apostoli, in modo che siano loro dati
per l’azione dello Spirito di Dio vivente, ü
dono e la grazia di ritrovare il pari consentimento della fede.
« Nella speranza di Cristo
presidente del Sinodo Valdese
Roberto Nisbet »
musica
Cori e canzoni
delle Volli Valdesi
Un disco che ci è piacuto e che giova sobriamente a far conoscere dove affondano le nostre radici
Abbiamo avuto Foccasione di ascoltare il
disco « Cori e Canzoni delle Valli Valdesi » ^
che la Corale Valdese di Torre Pellice, diretta
dal Maestro Ferruccio Corsani, ha da poco
presentato ai molti che certamente lo attendevano con impazienza.
Diciamo subito che il microsolco in questione ci è piaciuto per quel che di ben equilibrato e di genuinamente « nostro « che traspare
dalla sua presentazione, dalFesecuzione musicale e dalla scelta di canti e di cori. Tutti clementi che danno effettivamente — secondo il
desiderio dei presentatori — « un quadro completo del popolo valdese, il quale, attraverso il
canto dei suoi figli, non si limita ad esprimere
usi e costumi o sentimenti che si ritrovano,
più o meno analoghi, in tutte le vallate alpine », popolo che a deve la sua stessa esistenza,
la sua ragion d’essere e infine le sue caratteristiche individuali e collettive, nei più vari
campi della vita, a fatti squisitamente religiosi ».
Degna di nota la cura con cui si è vegliato
alla presentazione sobria e a parlante » della
copertina del disco e con cui si è messo a disposizione dell’ascoltatore un opuscoletto che
presenta efficacemente gli esecutori, il popolo
Valdese ed il suo canto popolare per delineare
infine le caratteristiche generali del canto valdese. Né manca il testo dei vari cori e canti
prima nella lingua originale — per lo più
francese o dialetto della Val Germanasca •—
poi in italiano.
Assai opportunamente si è anche voluto far
sentire quanto il popolo Valdese, e quindi anche i suoi canti, si iscrivano nel più vasto
contesto del protestantesimo franco-svizzero ed
europeo in genere. È infatti essenziale di apprezzare al suo giusto valore questa apertura
provvidenziale che coloro che ci hanno preceduto hanno ricevuto come un dono di Dio, di
fronte alla tentazione sempre possibile di rinchiudersi in un ghetto pur non voluto.
La prima facciata del disco è intitolata « La
fede e la storia ». Dalla Bibbia, unica norma
di fede son tratti gli argomenti delle due
« complaintes » - I dieci comandamenti e Visione del Golgota - mentre nel resto della
facciata sono tracciati i sentimenti dei valdesi
durante la persecuzione, il Glorioso Rimpatrio
ed al momento dell’Emancipazione.
Nella seconda parte troviamo delle melodie
che cantano la natura, le nostre montagne, le
gioie dell’amore, né manca il posto per alcuni
canti umoristici e satirici. I nostri padri sapevano anche ridere! Basti pensare a quella
(( Chanson de l’Assiette », ove la sconfitta delle truppe francesi sul colle dell’Assietta è descritta ironicamente, giuocando sul bisticcio
della parola francese « assiette » che vale Assietta e anche <c piatto ».
L’esecuzione ci è parsa sempre buona, senza grandiloquenza nella prima parte, ma capace di trasmettere all’ascoltatore l’emozione
contenuta degli « anni di martirio e di gloria », la volontà inflessibile di quanti avevano
scelto una volta per tutte di esser fedeli fino
in fondo.
Nella seconda parte « Costume e folklore »
il tono diviene opportunamente più leggero ed
il ritmo più agile, anche se <c II ricordo del
passato » sembra voler dare ancora un accento più grave a tutto l’insieme ed un significato più profondo al canto del « berger des
treize lacs » che esprime la sua gioia di essere libero di percorrere le valli e rocce del
suo paese.
Grazie dunque al Maestri. Corsani ed ai
quaranta cantori delle Valli per questa loro
beila ed utile fatica. Che con nostro grazie
ricevano anche una parola di incoraggiamento
da quanti, come il sottoscritto, rimangono
convinti del significato e dell’originalità profonda del popolo valdese.
E che la Chiesa Valdese sappia sempre tenere in debito conto la possibilità che, anche
così, le è offerta di far conoscere quel che
l’Evangelo può compiere nel cuore deiruomo
in modo che quanti giungono alle Valli sappiano quale suolo stanno calpestando.
Giovanni Conte
^ Cori e Canzoni delle Valli Valdesi - Disco
33 giri/30 cm. LPB 20009 PRINCE, L. 2.000.
Impegnarsi nel mondo,...
sì. ma proclamare
r Evangelo
New York (spr) - In una recente dichìa,
razione il past. Ben M. Herbster, presidente
' della Chiesa unita del Cristo, negli Stati U«
niti, si è dichiarato preoccupato di vedere
che « vi sono fra noi tanti uomini impegnati
a tal punto nella crisi della nazione e nel
problema della pace^ da dimenticare che abbiamo un Evangelo da proclamare... L: ggo
ogni tanto che la Chiesa non può contin ¿are
seguendo il medesimo stile che per Vaddietro. Se con ciò si intende che dobbiamo misurarci con i gravi problemi di oggi, che non
abbiamo il diritto di continuare ad e ^ere
soltanto una istituzione, sono d’accordo. Ma
se dò significa che nel momento in cui affrontiamo i problemi del nostro tempo, ìohbiamo cessare di annunciare VEvangelo. con
la parola e con la nostra vita, e rinun^ are
alla nostra missione riconciliatrice^ adora
non è più giusto. Infatti contribuiremo risolvere i problemi critici del momento !:cUa
misura in cui, in primo luogo, resterem: fefeli alVEvangelo e sapremo comunicare fgU
altri uno spirito di riconciliazione ».
Il past. Herbster, che ha 64 anni, ha annunciato di avere intenzione di lasciare il uo
posto di presidente della Chiesa unita del
Cristo, entro un anno.
Nacla Newsletter
È iniziata la pubblicazione italiana della
NACLA Newsletter, il bollettino del Ncith
American Congress on Latin America. Il gruppo che gravita intorno a questa iniziativa, come avverte la presentazione della edizione italiana « è composto da giovani direttami ale
impegnati nelle battaglie della nuova sini-.'.ra
americana e conduce un lavoro di ricerca . alla presenza delV imperialismo americano in
America Latina e, contemporaneamente, , nlVarticolata realtà delVavversario negli Smti
Uniti stessi: ne sono prova pubblicazioni ad
ampia diffusione come il ‘‘manuale di ricerca’
sui rapporti tra le università americane c lo
establishment militare e industriale e il rapporto su uno dei più potenti gruppi industriali
e minerari americani, Vimpero Manna ». Il
primo numero uscito in italiano è interameitte
dedicato aU’impero Rockefeller. Fra i promotori, Sandro Sarti.
A RENAIO DI BARBA, DOMENICA 7 SETTEMBRE
Dedicazione della scuola al nome di Diuseppe Mardii
volontario nella Resistenza e membro della Comunità lialdese di 6ar|a
Nella zona di Barga, in provincia di Lucca,
c’è una comunità valdese, i cui membri sono
sparsi nelle varie Frazioni del Comune, disseminate sulla montagna.
Domenica 7 settembre, alcuni gruppi di
comunità evangeliche più vicine (battisti, metodisti, valdesi di Firenze, La Spezia, Livorno,
Pisa, Lucca, Viareggio) si sono incontrati a
Renaio di Barga, là invitati in una occasione
particolare : il Comune di Barga, d’accordo col
Provveditorato agli Studi, aveva deciso di dedicare la scuola di Renaio al nome di Giuseppe Marchi che nel dicembre 1944 era morto
in un’azione della resistenza partigiana nella
zona.
La comunità evangelica di Barga era direttamente impegnata neH’avvenimento, perché
Giuseppe Marchi era stato membro di questa
comunità. Essi ora hanno fatto sì che la manifestazione diventasse anche occasione per la
testimonianza evangelica ai loro concittadini,
che in buon numero hanno partecipato ai vari
momenti della giornata.
La mattina c’è stato il Culto all’aperto, presieduto dal pastore G. Colucci, incaricato delle
comunità della zona; predicando su Giovanni 3: 16, ha sottolineato come l’amore di Dio,
che in Cristo agisce la salvezza degli uomini,
significa anche che il mondo non è abbandonato alle buone o cattive volontà degli uomini,
ma ha un Signore, e quindi una speranza; c
che i credenti si trovano impegnati in questo
movimento di amore, testimoniando i nuovi
rapporti, in Cristo, fra gli uomini, figli di Dio
e non pezzi nella macchina di un sistema.
Nel pomeriggio, dopo due brevi interventi
del Sindaco di Barga, Cav. Felice Menichini,
e del Direttore Didattico Prof. Antonio Corsi,
il Prof. Giorgio Spini, di Firenze, ha riportato al ricordo degli abitanti di Barga e alla
nostra conoscenza, gli avvenimenti della lotta
partigiana per la difesa e la liberazione della
zona, lotta nella quale in maniera improvvisa
e inaspettata è entrato Giuseppe Marchi in
un momento particolarmente delicato; tra l'altro ha sottolineato il carattere della libera
decisione dell’individuo come di un certo tipo
di comportamento da riscoprire nel tempo
in cui normalmente tutto si attende da ehi
comanda; esempio ne è stato Giuseppe Marchi,
che non era obbligato ad intervenire perché
non era legato a ne.ssuna formazione partigiana, ma che nel momento del bisogno, con
semplicità e senza vanti, è entrato nell’azione
subendo fino in fondo le conseguenze della sua
decisione libera e responsabile.
Nel tardo pomeriggio, un simpatico ricevimento offerto dal Consiglio Comunale di Barga nei locali del Comune.
Tutto qui. Niente retorica. Un incontro
aperto e franco fra di noi e con gli altri. Tutto caratterizzato da quella sobrietà e serietà
che a noi piace.
I fratelli della comunità valdese di Barga
desiderano ringraziare i fratelli venuti da fuori, perché essi cercano la comunione dei fratelli neU’isolamento per loro purtroppo normale. E noi ringraziamo i fratelli di Barga
che ci hanno fatto capire che è utile e necessario incontrarci più spesso.
G. C.
7
12 settembre 1969 — N. 36
pag
IL «campo famiglie» riunito in agosto ad Agape
Alla scoperta di un profeta: Isaia
Tonr.H p
Ci diceva il prof. Sinigaglia, neU’iiicontro finale del campo, che l’interesse per l’Antico Testamento si è accresciuto negli ultimi decenni, dopo l’infausta parentesi nazifascista durante
la quale il messaggio veterotestamentario era stato criticato e deriso; passata l’ondata antisemita, l’interesse
per quei documenti è diventato appassionante, consentendo una migliore
spiegazione del Nuovo. Il campo di
quest'anno ha perciò scelto un profeta; Isaia.
I testi indicati al campo comprendevano i primi dieci capitoli: interessante la panoramica sul prqfetismo,
specialmente riferita al momento in
cui si esprime, verso l’ottavo secolo,
come predicazione a un popolo che ha
preferito Baal a Jahveh, ha scelto il re
anziché l’Eterno. Le conseguenze sono
state pesanti: Israele ha ceduto al culto sincretista, cioè alla presenza del
baalismo che offriva libertà sessuale,
esaltava i valori terreni, la sicurezza
nella potenza politica, mentre Jahveh
offrila la promessa della sua guida e
della sua benedizione. Jahveh esigeva
Tosse rvanza d’una legge, d’una volontà assoluta, mentre Baal offriva un vivere facile, nel contesto del benessere
e dei divertimenti. Nella vita politica
Jah\'i b esigeva la fede nella potenza
Sua ■- nella direzione totale dei suoi
affari, non nelle alleanze incerte coi
popoT limitrofi. Per questo i re del
succe so politico sono esaltati dagli
annab dei popoli pagani e bollati duramente dal profeta: « fecero ciò che
è ma:a agli occhi dell’Eterno ».
IL N ZIONALISMO
Isi /eie è stato scelto tra tutti i popoli ; r preparare la Salvezza; infatti
TEte o gli ha detto: « ascoltami Giacobb e tu Israele, perch’io ti ho chiamato e E quando il popolo è distrutto, et; idotto in esilio, rimane un resto
quali segno della fedeltà di Dio, anche il popolo è infedele. Tutto si
prole a verso il futuro, verso il vero
sovra; IO, Cristo Gesù che salverà i popoli. Israele ha interpretato questa
scelta in senso gretto, particolarista,
quas' fosse un merito del popolo e non
una l'azia dell’Eterno. Israele si crederà popolo eletto, al disopra dei popoli non in vista della salvezza dei
popo . Donde il razzismo, abbastanza
mare to anche nell’Israele delle Alpi
che .aassiste ancora se adempie al suo
mant ato, diversamente la sua fine è
segnata. Ricordatelo, « vaudois de la
vieilìc roche ».
IL CULTO
CRITICATO
DA ISAIA
Nell’ora difficile, quando le truppe
assire di Sennacherib piombano su
Gerusalemme, il popolo raddoppia il
suo zelo religioso; va in chiesa, offre
sacrifici, olocausti, offerte; e lo fa nello spirito pagano: infatti i sacrifici
dei pagani erano presentati come motivo di propiziazione, per ottenere un
fai ore; mentre per Israele il sacrificio
e 1 olocausto indicavano Tappartenenza ; itale del credente a Jahveh; difatti Ti; ili male era offerto in cambio delTuoi I), quale segno di assoluta appar
tenenza a Dio; il sangue della vittima
indicava la nuova vita che Dio donava
all’uomo; i sacrifici di azioni di grazie
indicavano il banchetto, l’agape del
credente con Dio. Israele ha dimenticato questa realtà e va in chiesa soltanto per paura, in vista di qualche
favore. Perciò Iddio sbotta: « che mi
importa la moltitudine dei tuoi sacrifici; io son sazio di olocausti; i tuoi
noviluni e le tue feste stabilite, l'anima mia le odia ».
Israele è ricco, ha dei soldi e pensa
di comperarsi il favore di Dio con
molti sacrifici, ma Dio non si lascia
prendere a gabbo.
Dio non vuole le offèrte al posto del
nostro impegno totale; non sa che farsene della lunga, triste lista dei doni
delle relazioni annue che denunciano
la nostra povertà spirituale e la nostra cattiva coscienza. Non solo, ma
l’Eterno non vuole la nostra presenza
in chiesa per far piacere al pastore od
all’anziano oppure le scuse della nostra assenza perché il predicatore non
ci va a genio. La risposta delTEterno
è dura: « Quando venite a presentarvi
al mio cospetto, chi v’ha detto di calcare i miei cortili? », cioè « chi v’ha
detto di venire in chiesa per farmi
piacere? ». Il culto vero si esprime
concretamente nella giustizia e nell’amore verso l’orfano e la vedova.
L’ORFANO E LA VEDOVA
Al tempo del profeta l’orfano e la
vedova costituivano il mondo degli indifesi, degli oppressi; non c’erano pensioni o convitti per risolvere quei casi; oggi il profeta parlerebbe del mondo che soffre l’ingiustizia, che non riesce a farsi luce nella vita, che rimane
sempre alla mercé del potente. Perciò
il profeta duramente dice: « non posso
soffrire l’iniquità unita all’assemblea
solenne ». L’appartenenza a Jahveh significa una cosa concreta; significa essere legato a lui nell’amore e nella
giustizia e viverla ogni giorno concretamente; il culto non è che un momento in cui il credente rinnova la sua
promessa di appartenenza; per cui il
suo salario, il suo tempo libero, il suo
lavoro, la sua famiglia sono dell’Eterno e debbono esprimersi in uno scopo concreto: la riconoscenza e la giustizia. Perciò chi cura i suoi soldi unicamente per sé, chi vive in famiglia e
ignora il mondo di fuori, chi non ha
tempo per vivere nella comunione dell’Eterno e del suo popolo è sotto il giudizio della parola del profeta. Cristo
ha vissuto questa appartenenza e questo dono di sé per l’altro e perciò dobbiamo « seguirne le orme ».
LA VOCAZIONE DEL CREDENTE
Dio ci chiama per vivere questa missione: ci chiama nella sua Santità, intesa come sovranità e comunicazione
della sua vita d’amore; ci chiama dopo averci toccato col carbone ardente
della morte e della risurrezione di
Cristo affinché possiamo dire; « ecco,
manda me »; ci chiama per indicare
al mondo la via della sua appartenenza alTEterno in Cristo, la via della giustizia, del servizio quali elementi concreti della testimonianza. Come al tempo del profeta, la missione del credente è dura; essa comporta solitudine.
iiiiiiimiiiiiiiiMiimitiiii"
£ campo del Movimento Cristiano Studenti ad Agape
Ha per ruomo eeovo
Questo campo, dedicato alla « Lotta
per l'uomo nuovo » si è svolto su un
piano piuttosto diverso dal campo Europa-Africa, di cui ho avuto occasione
di parlare attraverso le pagine di «EcoLuce ». I relatori che si sono susseguiti negli otto giorni del campo, hanno
centrato il loro studio piuttosto sulle
prospettive e le condizioni di questa
lotta, a livello politico e a livello religioso, che su un’analisi specifica dei
suoi momenti salienti nella scuola, nella fabbrica, in alcuni ruoli professionali. Voglio dire che questa ricerca ha
avuto un carattere esplicitamente teorico e ha cercato di chiarire alcuni
problemi generali della lotta politica
e dell’etica cristiana.
La complessità degli argomenti trattati, la levatura dei relatori (E. Masi,
G. MoUura, C. Donolo ecc.) da una
Parte, c il genere di persone che è venuta ad Agape — si può dire vi fosse,
in modo rappresentativo, la «crema»
dei militanti politici della nuova sinistra italiana — dall’altra, ha contribuito ad alzare notevolmente il livello
degli interventi e degli studi.
Le varie relazioni hanno esaminalo
i punti-chiave dell’attuale lotta anticapitalistica (individuati in termini generali dallo studio di Michele Salvati) e
cioè gli attuali riferimenti alla Cina,
l’attuale posizione dell’intellettuale
(trattati da Edoarda Masi in un unico
Contesto di confronto), il ruolo della
scienza nell’attuale società (tema affrontato da Ciafaloni e Donolo) e il significato della tecnologia nella logica
dei processi di produzione (questione
irnpostata e chiarita da Giovannino
Mottura). Per completare l’informazione dei campisti sull’argomento
" scienza » e sull’argomento « Cina », si
^9ri discussi in seminario alcuni testi
di Mao e un articolo comparso su
indignazione; costa molto; eppure per
questo siamo stati chiamati. Dio ci
chiama a liberare Tuomo dall’amore
del possesso, dal suo sincretismo, dal
suo culto falso e inutile, allo scopo di
« offrire i nostri corpi in sacrificio santo e accettevole a Dio ».
UNA FAMIGLIA NELLA GIOIA
Il campo famiglie, nella sua seconda edizione, ha raccolto quest’anno
una cinquantina di fratelli e sorelle di
denominazioni diverse: Assemblee di
Dio, Fratelli, Battisti, Metodisti, gruppi cattolici del dissenso di Modena e
di Parma; i temi qui sopra brevemente riassunti sono stati presentati dal
Prof. Sinigaglia, della Scuola teologica battista di Rivoli, ed uno dal Pastore Gustavo Bouchard; discussioni
vivaci, dove affioravano le linee diverse, le une con maggiore accentuazione
evangelistica e le altre di richiamo ad
un maggiore impegno nella concretezza della vita, ma in un clima di fraternità, di comprensione e di reciproco
arricchimento. Il campo ha preso parte alla festa del XV agosto, ha recato
la sua testimonianza all'Asilo dei Vecchi di San Germano, ha udito interessanti relazioni sul lavoro dei gruppi
di Parma e di Modena nonché sul lavoro di Agape.
Il gruppo di lavoro era composto
quest’anno dal prof. Sinigaglia, molto
impegnato negli interessantissimi studi che ci ha dato, dal prof. Cicchese di
Parma, che ha presentato le conclusioni del campo, da Renzo Turinetto
e dal Pastore Gust. Bouchard; purtroppo ci è mancato quest’anno il prof.
Maselli, assente per motivi di famiglia
ed al quale inviamo il nostro pensiero di affettuosa simpatia. Ad Agape e
in particolare al direttore Franco
Giampiccoli e ai collaboratori, al prof.
Sinigaglia in modo speciale, il nostro
grazie di cuore.
Giuseppe (Pinotto) Longo
Gustavo Bouchard
Visita gradita - Il 20 Agosto u. s. hanno
visitato le Valli Valdesi, il Signor Ernesto
Suter e gentile Signora provenienti da Berna.
Li hanno accompagnati e guidati nella visita
delle opere della nostra Chiesa, anche se velocemente a causa del limitato tempo a disposizione, un fratello che si è prestato per tale
servizio ed il Signor Paolo Condola divenuto
amico dei Coniugi Suter. L’anno scorso, infatti, nella pensione Valdese di Borgio Verezzi, erano rimasti fortemente interessati alle
opere della nostra Chiesa, per una conferenza sulla storia Valdese, tenuta dallo stesso Signor Condola, che fu il fondatore della Chiesa di Asti e che nonostante la sua infermità
continua la sua opera di evangelizzazione.
I Coniugi Suter, ferventi nella fede, sono
diventati non solo amici ma anche sostenitori delle opere della Chiesa Valdese e va a
loro il nostro più fratèrno riconoscimento e
ringraziamento per quello che già hanno fatto
e che, ne siamo sicuri, faranno ancora per le
nostre istituzioni.
I Coniugi Suter ringraziano il Cassiere della
Tavola Valdese, i Pastori, le Direttrici delle
vari opere visitate e quanti ancora, li hanno
cosi fraternamente, ricevuti durante la loro
breve visita alle Valli.
G. M.
lettera a|li emigrati
Oggetto: ESENZIONE TASSE SCOLASTICHE PER I FIGLI DEGLI EMIGRATI.
Vi ricordiamo che i figli degli emigrati all’estero hanno diritto all’esenzione dal pagamento delle tasse scolastiche delle scuole secondarie c( anche nel caso in cui gli alunni
non provengano dall’estero ma siano rimasti
in Italia per proseguire gli studi ».
Questo in applicazione della legge 9 agosto 1954, n. 643, e della successiva circolare
del Ministero delle Finanze n. 372, prot.
2745/19 del 9 settembre 1968.
L’ambasciata d’Italia a Berna, da noi interpellata a questo proposito, in data 23-7-1969
ci precisa che per godere di tale beneficio « si
ritiene che basti un certificato consolare di
residenza all’estero dei genitori » e « che comunque essa sia applicabile anche agli emi
nmiiiuiiiiiiiliiiiiimiiMiiiiiiii:
iiiiiiiiiiiiiiiuiiiiiimiiiiiimnumiiiiiiim
SAN SEC0I3B0
Inaugurazione della sala di attività
"Bruno Don"
« Les Temps Modernes » su « Rivoluzione scientifica e imperialismo ».
Contrariamente a quanto era avvenuto in altre occasioni, in cui una serie come questa di studi aveva provocato stanchezza e assenteismo tra i
campisti, si è constatato un positivo
(e attivo) interessamento da parte di
tutti, dovuto, credo, all’importanza delle questioni trattate e all’occasione più
unica che rara per cercarne una soluzione (data la presenza massiccia di
« menti » specializzate sull’argomento). Ugualmente positiva si può dire
sia stata la partecipazione agli studi
che si riferivano all’etica cristiana (anche se era meno lecito sperare nell’attenzione generale, dato l’alto numero
di atei e indifferenti). Tanto nello studio di Bouchard (una rapida panoramica sui vari atteggiamenti cristiani
nei Confronti della lotta politica), che
nello studio di Emidio Campi (un particolare tipo di lettura critica della
Bibbia) e, in ultimo, nella discussione
della relazione di Richard Shaull (che
purtroppo non ha potuto essere presente al campo, ma ha inviato un suo
scritto), sono emerse posizioni assai
interessanti per cristiani e atei, a causa della diversa critica alle etiche tradizionali e della diversa coscienza e
interpretazione della propria vocazione cristiana.
Tutti e tre gli studi erano caratterizzati da una vigile capacità di autocritica, c questo fatto ha aperto la
possibilità dell’intervento degli atei
nella discussione, che si è svolta assai
animata soprattutto intorno alle diverse posizioni che facevano coesistere
la fede con la prassi rivoluzionaria.
Tanto animata, da tener desti talora
tutti i polemisti, finché, se non si fosse fatta luce sull’argomento, si sarebbe fatta la luce dell’alba.
Valentina Comba
Atmosfera di gioia e di riconoscenza domenica pomeriggio 31 Agosto u. s. a San Secondo. Dopo anni di attesa e di speranza la
comunità della diciottesima parrocchia delle
Valli ha finalmente realizzato il sogno di poter inaugurare la nuova sala per le varie attività di chiesa.
Edificato il Tempio, questa costruzione sussidiaria era più che mai sentita e indispensabile ed il pastore Genre con il Concistoro e la
comunità tutta si sono adoprati con perseveranza ed amore affinché quest’opera venisse
attuata al più presto. La Tavola aveva saggiamente compreso che quanto i sansecondesi
chiedevano era necessario ed aveva risposto
in modo positivo alla richiesta.
Alle prime offerte da parte della famiglia
Don con un lascito in memoria del giovane
Bruno, scomparso tragicamente durante rinfuriare di un temporale, se ne aggiunsero altre
e, quando la somma programmata fu raggiunta, i primi colpi di piccone diedere inizio ai
molti e difficili lavori di costruzione..
Data la posizione stretta ed ubicata a ridosso di un gruppo di case nel centro del paese, non era facile innalzare su di un vecchio
edificio una costruzione di tal mole che, oltre alla grande sala, doveva anche compren'
dere l’alloggio pastorale, lasciare intatto l’involucro esterno che fiancheggia la strada pur
rinnovando completamente l’interno e nel contempo intonarsi con lo stile del Tempio senza
che le due costruzioni si intralciassero a vicenda nella prospettiva architettonica.
Ma la capacità e l’esperienza dei progettisti
e dell’impresario hanno saputo superare brilJantemente queste non poche difficoltà e le
congratulazioni che essi hanno avuto sono una
chiara dimostrazione di quanto hanno saputo
fare.
Alle quindici, ora fissata per l’inizio della
cerimonia inaugurale, la sala, per quanto vasta, non è sufficiente a contenere tutti i fedeli, i simpatizzanti, gli amici: anche il sagrato
del Tempio è gremito di fratello convenuti da
ogni parte.
Sul palcoscenico il pastore Genre, soddisfatto, dà il benvenuto alle autorità religiose e
civili fra le quali notiamo il Moderatore della
Chiesa Valdese pastore Giampiccoli, il Moderatore della Chiesa del Rio della Piata pastore Rostan, il vice Moderatore pastore Deodato,
il presidente della C,D. pastore Davite, il Sindaco di San Secondo dott. Peano, il parroco
Rev. don Castagno, il pastore della comunità
di New-York sig. Janavel.
1 messaggi dei vari oratori sono vivamente
applauditi e tutti sono improntati a parole di
circostanza ma soprattutto di augurio di proficua attività della sala a favore della causa
dell’Evangelo. Il Rev. parroco di San Secondo
approfitta anche dell’occasione per ringraziare commosso i fratelli valde.si che nel recente
tragico incendio della canonica si sono prodigati senza risparmio di energie con vero spirito di .solidarietà cristiana.
Tra un messaggio e l’altro, i canti del Coro
Val Pellice, diretti dal maestro Paschetto, e
dei giovani di Friburgo, guidati dal loro pastore, offrono al pubblico un simpatico concerto vocale e strumentale che viene molto apprezzato.
Termina la cerimonia il rag. Remo Gardiol
il quale, a nome della comunità, esprime la
riconoscenza dei sansecondesi ai generosi do
grati ’stagionali’ » e che « per quanto concerne i documenti da produrre sarà necessario rivolgersi alle Autorità scolastiche in Italia ».
Ginevra, agosTo 1969
Cordiali saluti.
Associazione Chiese Evangeliche
di Lingua Italiana in Svizzera
Centre Social Protestant - Ginevra
l)oDSÌ|lio di culle^ameoto gruppi
feiDiDÌDÌIi evaugelici in Italia
Secondo elenco delle coUette raccolte durante la Giornata Mondiale di Preghiera delle Donne ed inviate dal 15 aprile al 26 giugno:
Da Cremona L. 7.500; Firenze 11.350;
Messina 10.000; Reggio Calabria 5.000; Vicenza 8.000; Bologna 13.550; Trieste 12.855;
Varese 6.500; U. F. Esercito della Salvezza
25.235. Totale L. 99.990. Somma ricevuta
precedentemente L. 432.775. Tot. generale
L. 532.765.
la cassiera
Gabriella Titta Dreher
RINGRAZIAMENTO
I familiari della compianta
Lidia Forneron
ved. Paschetto
ringraziano il Pastore G. Rogo e tutti
coloro che hanno partecipato al loro
dolore.
Bricherasio, S. Michele, 30 agosto 1969
AVVISI ECONOMICI
FAMIGLIA tre persone cerca aiuto domestico.
Mariotti - Via Caprera, 34 - Torino. Telefono 39.89.15.
TORRE PELLICE, coniugi cercano ragazza
fissa per bimba 2 anni. Rivolgersi Ciatidiana.
CASCINA 20 giornate in Chieri (Torino) offresi a mezzadria o in affitto. Telefonare
ai 538.231, Fasano, Torino.
CERCASI alloggio riscaldato a Torre Pellice.
Rivolgere offerte dettagliate al giornale.
natori e collaboratori per gli aiuti determinanti che essi hanno dato ai fini della realizzazione di quest’opera muraria e ringrazia in
modo particolare il pastore Genre per il valido suo contributo in energie, tempo e fatica.
Un ricco ricevimento viene in seguito offerto a tutti i convenuti. Il proverbiale senso
di ospitalità dei sansecondesi emerge in tutta
la sua bellezza attraverso la cortesìa ed il sorriso di quanti sono addetti al servizio delle
varie portate : un servizio davvero encomiabile
sotto tutti gli aspetti.
Il pomeriggio passa veloce e giunge l’ora del
ritorno. Ma quando le ombre del crepuscolo
scendono a ricordarci che ormai è tardi, le note dei cori dalla Val Pellice e dei ragazzi
di Friburgo continuano a far eco ai commenti
gioiosi dei convenuti sparsi ancora un po’
dovunque.
Il Signore benedica i nostri fratelli di San
Secondo e li aiuti a fare in modo che possano
usare sempre cristianamente e potentemente
questo nuovo strumento murario loro affidato
ai fini della testimonianza evangelica,
Dino Gardiol
Un appello rivolto ai giovani
per la creazione di una comunità aperta al servizio degli altri.
Centro Diaconale
Sono aperte le iscrizioni al
Centro Diaconale che, a Dio piacendo, si aprirà nel novembre di
quest’anno. A richiesta viene inviato gratuitamente il fascicolo
con la descrizione dettagliata
del progetto. Per ulteriori informazioni e chiarimenti, iscrizioni, richiesta di documentazione,
rivolgersi a; Past. Alberto Taccia, 10060 Angrogna (Torino).
E’ da tempo che la comunità di CoUefexro non dà notizie riguardo la sua attività.
Vorrei, ora, parlare degli avvenimenti più
recenti e delle nuove iniziative intraprese dal
pastore Bertolino.
Il 26 maggio u. s. è stato celebrato U matrimonio di Marisa Del Monte e Franco Marra; la sposa, prima di religione cattolica, è
passata alla fede evangelica.
E’ cominciata poi, la serie delle riunioni
del tipo « Agape » nel giorno di sabato. Da
rilevare è la partecipaz'one, ad una di esse,
del professor Valdo Vinay che ha presentato
due argomenti : il III giorno, e la sua visita
in Cecoslovacchia, in occasione del conferimento della laurea « Honoris causa » presso
rUniversjtà « Comenius » di Praga.
Recente è stato anche rincontro con il pa
store Ribet con la relativa discussione sugli
spostamenti pastorali.
Iniziativa, poi, nuova e interessante del
pastore Bertolino, è stata quella del culto dei
giovani, in particolare delle donne, come prima prova. La parte liturgica è stata svolta
da altre tre ragazze e da me, mentre il sermone lo ha tenuto la signora Bertolino.
A mio avviso l’idea è stata buona, sia perché la novità ha suscitato maggior attenzione nei presenti, sia perché il pastore è riuscito a dare un incentivo nuovo per l'attività giovanile.
Marzia Ippoliti
«Casa Gay»
Sono aperte le iscrizioni ai
corsi della Scuola Convitto « Casa Gay » di Torre Pellice. Sono
ammesse ragazze che abbiano
compiuto il 14® anno di età. Lo
scopo dei corsi, impartiti da insegnanti qualificati, tende al raggiungimento dei titoli di cuoca,
guardarobiera, taglio e assistente all’infanzia, approvati dal
Consorzio Prov. per l’Istruzione
Tecnica. Lo studio è affiancato
da attività pratiche. La Scuola
offre un ambiente raccolto e familiare il cui scopo principale è
di contribuire ad una più completa formazione morale e spirituale della personalità delle allieve. Informazioni e iscrizioni
presso la Direttrice Sig.na Irene
Cesan, « Casa Gay », Via Volta,
n. 2 - 10066 Torre Pellice; telefono 91.386.
ISTITUTI OSPEDALIERI VALDESI
La CIOV cerca persona idonea alla
quale affidare la direzione dell’Orfanotroflo Valdese di Torre Pellice. Rivolgersi all’Ufficio, in Via Caduti per la
Libertà, 6 a Torre Pellice (Tel. 91536).
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8
pag
N. 36 — 12 settembre 1969
Notiziario
ecumen ico
a cura di Roberto Peyrot
PRESBITERIANI AMERICANI
PREOCCUPATI
PER LA SITUAZIONE IN IRLANDA
New York (spr) - In una lettera inviata
al card. Cooke, arciveseovo di New York, il
segretario della Chiesa presbiteriana unita negli USA, Thompson, esprime a nome della
propria denominazione « il rincrescimento profondo riguardo ai tragici avvenimenti nell’lrlanda del Nord ».
Dopo aver citato la dichiarazione inviata
dal Comitato centrale del CEC al presidente
del Consiglio irlandese delle Chiese, il Thompson continua : « È assai spiacevole che le
tensioni nell’Irlanda del Nord siano state identificate come di origine religiosa e quasi fossero una provocazione continuata ».
« Sappiamo che la Chiesa presbiteriana delrirlanda ha da tempo lavorato alla riconciliazione e alla giustizia in Irlanda del Nord;
già da tempo ha ripudiato il post. lan Paisley,
che non ha mai fatto parte di questa Chiesa
ed è il capo di un piccolo gruppo dissidente
che si autodefi,nisce Chiesa presbiteriana libera dell’Ulster.
« La Chiesa presbiteriana unita negli USA
si unisce ai suoi fratelli della Chiesa presbiteriana d’Irlanda e a tutti gli uomini di buona volontà in una preghiera impegnata per
affrettare la soluzione rapida dei' problemi attuali, mediante la giustizia per tutti i cittadini
del Nord delVIrlanda ».
In conclusione, il Thompson dice: « Sono
pronto a prendere in considerazione qualunque
proposta atta a porre questi avvenimenti tragici sulla coscienza dei fedeli americani, convinto che su questo punto particolare cattolici e protestanti americani non sono divisi.
Sia certo della mia piena collaborazione, in
tutti i possibili mezzi di testimonianza, per
raggiungere questo scopo ».
* * »
La Federazione delle Chiese protestanti svizzere è una delle Chiese d’Europa che intraprende un’azione in risposta agli ultimi avvenimenti nord-irlandesi. In un telegramma inviato al Comitato centrale del CEC, esigeva
« l’intervento del Comitato affinché si trovi
una soluzione, nello spirito dell’Evangelo, alle
tensioni attuali ».
LA CONFERENZA DELLE CIDESE
DI TUTTA L’AFRICA
CHIEDE CHE LA POLIGAMIA
SIA CONCESSA AI CRISTIANI
Nairobi (epd) - In Africa pare farsi strada
una visione nuova del matrimonio. Finora la
maggior parte delle Chiese cristiane hanno rifiutato di ammettere uomini sposati a più di
una donna. La Conferenza delle Chiese di
tutta l’Africa, riunita a Nairobi, nel Kenya,
ha però votato una dichiarazione secondo la
quale la poligamia, in quanto carattere specifico della cultura tribale africana, dev’essere
valutata in modo più positivo, in avvenire.
Anche uomini che hanno più di una moglie
devono essere ammessi al battesimo. Il documento sottolinea il fatto cbe uomini che hanno più di una moglie, avrebbero già reso servizi preziosi alle loro Chiese in vari paesi africani. Le Chiese sarebbero autolesioniste se
chiudessero le proprie porte a uomini sposati
a più mogli.
Riuniti a Buenos Aires i rappresentanti di 43 confessioni di 23 paesi
la terza Conferenza evangelica latino-americana
iiiiimmiimniiiimiimiiiiimMMiiiimiiiiiiiiiii
Una fra le più rappresentative riunioni negli annali del protestantesimo
latino-americano è stata senza dubbio
la terza Conferenza evangelica svoltasi recentemente a Buenos Aires.
Ila riunione, prevista in un primo
tempo in Brasile nel febbraio 1969,
raggruppava i rappresentanti di 43
confessioni di 23 paesi.
Tramite i loro Consigli cristiani nazionali, tutte le Chiese sono state invitate ad inviare dei delegati come pure
quelle che non sono affiliate ad alcun
Consiglio nazionale.
Dieci chiese pentecostali hanno risposto affermativamente, dimostrando
con ciò di volersi unire alla grande
corrente del protestantesimo latinoamericano.
La conferenza verteva sul tema:
«Debitori al mondo» (Romani 1: 14).
Sei sotto-sezioni trattavano le questioni di responsabilità delle Chiese
« evangeliche » o protestanti di fronte
alle trasformazioni sociali, economiche
o politiche; il passaggio da una società rurale ad una società urbana; la responsabilità nei riguardi delle donne
e dei giovani come pure verso la comunità cattolica.
Un notevole discorso del prof. José
Miguez Bonino ha indicato il debito
che gli evangelici haimo verso « la ricchezza di devozione, di consacrazione,
di fedeltà al Cristo e di fervore missionario che è sgorgato all'interno della comunità cattolica ».
Per analizzare la crisi del cattolicesimo in America latina egli ha parlato
di « una chiesa stabilita in opposizione a una chiesa del popolo, di una
chiesa gerarchica in opposizione ad
una comunità d'amore, e di una chiesa della religione in opposizione ad
una chiesa dell'Evangelo ».
È fuor di dubbio che certi protestanti erano più a loro agio quando
potevano classificare l’insieme della
chiesa cattolica in ima sola categoria,
sia per quanto riguarda il suo pensiero che la sua azione.
Questo debito può essere pagato
portando TE vangelo ed esercitando un
« ministero di messa in guardia nell'amore, sia nelle sfere etiche e politiche, che in quella dottrinale ».
Con voto unanime, la Conferenza ha
accettato la relazione della commissione che ha dibattuto questo argomento.
Vi si può leggere: «La nostra fedeltà
a Cristo ci obbliga a chiedere a tutti i
nostri fratelli cristiani di questo continente di esprimere coll’azione positiva l’amore con cui Dio ci ha amati e
di dare prova di comprensione e di
fraternità cristiana nei confronti della
comunità cattolica ».
I delegati « hanno veramente Compreso... la marcia verso il rinnovamento che avviene in certi settori della comunità cattolica ». Sono stati soprattutto menzionati « il nuovo atteggiamento nei riguardi di altre comunità
ed ideologie, cristiane o no; un interesse reale verso le Scritture e la loro
diffusione; una ferma posizione nella
soluzione dei mali sociali ed economici ».
I delegati hanno per contro rilevato
che altri settori della Chiesa cattolica
« non sono stati per nulla toccati o influenzati da queste nuove tendenze. In
parecchi casi, esistono degli ostacoli
ad una vera espressione della libertà ».
Profonde divergenze dottrinali separano sempre gli evangelici dai cattolici: lo studio della Bibbia, la preghiera ed il servizio verso il prossimo sono
il mezzo che consente di apprezzarsi
meglio l’un l’altro e di « avvicinarci
maggiormente a Cristo ».
E spiacevole rilevare come la gioventù non fosse rappresentata meglio,
se si ti me presente che il 50% della
popolazione di questo continente è
composta da minori di 20 anni.
Il messaggiò' della Conferenza chiede che ci si « identifichi colle pene e
le speranze dell’uomo latino-americano » e che si « annunci la Parola e si
partecipi alla creazione di una società
giusta ».
La Commissione provvisoria per la
Unità evangelica in America latina
(UNELAM) è stata incaricata della diffusione delle varie raccomandazioni
della Conferenza, di organizzare delle
riunioni per proseguire la discussione
su un piano regionale e di preparare
la quarta Conferenza che avrà luogo
fra 5 anni.
È stato lanciato un appello all’Unelam ed alle chiese ancora fuori del
movimento unitario affinché si sforzino di aumentare i contatti ed i dialoghi. Questa decisione può apparire come un tacito riconoscimento dell’Unelam, benché non sia stato fatto alcun
tentativo di creare un Consiglio ecumenico permanente.
(soepi)
Notiziario *
Evangelico *
Italiano
a cura di Renato Balma
Miiiiiiiiiimiiiiiii'
DISCUSSIONE NEGLI USA
E’ giusto che gli studenti in teologia
non coìnpiano il servizio militare ?
New York. (epd). - Secondo gli ordinamenti vigenti, in linea di principio tutti i giovani statunitensi sono tenuti a compiere il servizio militare. In realtà vengono però fatte
molte eccezioni, e le norme relative sono talmente complicate che un docente della Facoltà di diritto deirUniversità di Yale ha dedicato un opuscolo di 72 pagine a illustrare il
complesso dei problemi che interessano quanti
sono tenuti a questo servizio. Fra i casi più
semplici, vi è Tesenzione dei figli unici di madri vedove di guerra. Nella medesima categoria di esentati rientrano gli studenti in teologia (e i pastori): un privilegio che fino agli
ultimi tempi andava da sé. Ma in rapporto
con l’impegno americano nel Vietnam, un
numero sempre crescente di studenti in teo
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
Contro la fame
degli altri
Pubblichiamo un nuovo elenco
delle sottoscrizioni giunteci e ringraziamo i donatori, coll’augurio
che, con la ripresa autunnale, ad essi si uniscano tante altre persone
conscie che il problema della fame
costituisce una delle più palesi, e
gravi ingiustizie, alla quale,, come
credenti, siamo chiamati a riparare
iia pure in misura minima. Attili
mente, come già detto, stiamo,.¡^c
éantonsndOcuna som»ia che inviere
mo in (ìabon (Africà) al Cetìttfe Fa
¿ilial, dove opérà la missionaria si
gnofina Anita Gay. Attendiamo an
zi notizie di laggiù, che saremo ben
lieti di dare ai nostri lettori non appena ci perverranno. Frattanto invitiamo caldamente tutti quanti a soffermarsi un momento su questo gravissimo problema della fame e ad
inviare con cristiana responsabilità
la loro contribuzione.
Preghiamo inviare le offerte possibilmente al conto corr. postale
n. 2/39878 intestato a tale scopo a
Roberto Peyrot, c.so Moncalieri 70,
10133 Torino.
Da Riclaretto-. E. Viglielmo L. 5.000.
Da Udine: A. Grillo 1.000.
Da Torre Pellice: M. e E. Beiti 5.000.
Da Campobasso: P. Corbo 2.000.
Da Roma: G. Conti 10.000.
Da Angrogna: R.M.F.C. 1.000.
Da Bolzano: Maddalena 20.000.
Da Venezia: fam. Viti 1.500; A. Bogo
L. 1.000.
Totale L. 46.500; tot. prec. 433.886; in
cassa L. 480.386.
L’ IN C U B O
È ormai, per molti milioni di esseri
umani, il pensiero terribile d’una possibile
guerra cino-sovietica.
« Nelle capitali dell’Est, si son diffuse delle
voci secondo le quali l’URSS esaminerebbe la
possibilità di scatenare un attacco a sorpresa
con lo scopo di distruggere le installazioni nucleari che si trovano nel Sin-Kiang. Non si sa
esattamente a qual grado di sviluppo sia giunta l’industria atomica cinese. Essa ha certarúente fatto dei progressi; tuttavia ,in tutto
quanto riguardo i missili intercontinentali a
testata nucleare, essa è molto in ritardo sull’industria sovietica. Ma è anche certo che
dovrà arrivare un giorno in cui essa disporsà d’una corrazza sufficiente a dissuadere
eventuali avversari.
Si può comprendere che i Sovietici vivano
in una condizione di timore, e ciò tanto più
che i Cinesi non hanno rinunciato alle loro
rivendicazioni territoriali, che questi le hanno anzi rinnovate nel corso della recente conferenza, in cui furono regolati taluni piccoli
litigi di frontiera.
Sulla terra i Russi sono inferiori di numero,
e sono ostacolati dalla difficoltà di comunicazioni. Gli scacchi da loro subiti in Estremo
Oriente si spiegano, in gran parte, con la lentezza di rifornimento dei loro eserciti. Inoltre se la Transibetiand venisse interrotta, Vladivostok, nel fondo del suo sacco, diventerebbe una preda facile.
Nelle capitali occidentali, non si sa qual
portata attribuire alle minacce sovietiche. La
maggior parte degli esperti ritengono che
l’URSS non oserà scatenare una guerra nucleare contro la Cina, e neppure bombardare
gli stabilimenti cinesi del Sin-kiang, i quali
del resto sono fortemente protetti contro attacchi aerei. Ma altri esperti avvertono che
l’URSS non ha esitato ad invadere la Cecoslovacchia, a proposito della quale la sua iniziativa era stata preceduta da una campagna
di propaganda destinata a spiegare al popolo
che occorreva difendere il socialismo messo in
pericolo dalle forze contro-rivoluzionarie.
Ora, attualmente la polemica anticinese è
d’un’estrema violenza. E la diplomazia sovietica moltiplica i propri sforzi per accerchiare
la Cina, assicurandosi l’amicizia dei paesi che
le sono vicini, dal Pakistan al Giappone. In
tutti quegli Stati, essa ha inviato dei rappresentanti che hanno negoziato dei trattati di
commercio e promesso l’assistenza dell’URSS;
questa ha persino avuto dei contatti con Formosa, considerata dai comunisti come il rifugio d’un orribile reazionario.
Tutto ciò significa che, con o senza attacco
atomico, la tensione fra i due Stati non potrà far altro che crescere. Nel clima di odio
che s’è sviluppato, gl’incidenti si moltiplicheranno su una frontiera lunga circa 8000 km.
e sulla quale si affrontano forze sempre più
numerose ».
(Da un articolo di René Payot sul
« Journal de Genève » del 3-9-’69)
Ci sia permesso d’aggiungere la nostra opinione personale suU’argomento. Meno pessimisti deU’articolista, noi crediamo ancora possibile, anzi piuttosto probabile, che la tensione
cino-sovietica, poco a poco, si racqueti. Speriamo ardentemente che qualche fatto nuovo
si produca e che, col passar degli anni, grazie anche alla sorprendente, formidahile capacità di cicatrizzazione che ha spesso la politica,
la pace ritorni fra le due grandi potenze.
UNA GRANDE LEZIONE
'^ « A proposito dei comunicati pubblicati
in URSS e in Cecoslovacchia per l’occasione
dell’anniversario dell’invasione dell’agosto ’68,
il sig. Garaudy (nota personalità comunista
francese) si dice meravigliato per il fatto che
tutte le difficoltà vengono attribuite ad una
“cospirazione imperialista’’. Egli non nega la
presenza d’elementi antisocialisti in Cecoslovacchia, ma ritiene che si elude il vero problema quando si presentano i disordini della
Cecoslovacchia come "l’opera d’un gruppo di
controrivoluzioTuiri ispirati dall’imperialismo
straniero’’. (...).
" M’è difficile comprendere (prosegue il
Garaudy) che, cinquant’anni dopo la rivoluzione d’Ottobre, si possa essere preoccupati
fino al punto di controllare le valige per vedere se s’introduce (nei paesi comunisti) un fascicolo di propaganda cinese, o non so qual
elemento di sovversione ideologica ’’.
Rispondendo ad un’interrogazione sulla situazione politica in Francia, il Garaudy ha
trovato significativo che il partito comunista
abbia riportato dei successi nelle ultime elezioni, ma che poi si sia trovato solo ed appartato, in un’opposizione divisa. "È venuto
il momento (sono parole dell’eminente uomo
politico) di fare un’analisi approfondita delle
nuove condizioni della vita politica francese,
un’analisi dei nuovi rapporti di classe creatisi
in Francia, rapporti che devono, a mio parere, esigere l’elaborazione d’una nuova strategia politica, d’una nuova strategia rivoluzionaria che permetta al partito comunista di divenire il fermento dell’insieme delTopposizione". A questo proposito, il Garaudy ritiene
che l’esempio dei comunisti cecoslovacchi dopo il gennaio 1968, e il sistema d’autogestione jugoslavo potrebbero essere per i comunisti
francesi, “una grande lezione’’ sul tema: “come costruire il comunismo
a) senza che il compito della classe operaia venga usurpato dal partito,
h) senza che il partito si sostituisca alla
classe operaia,
c) senza che l’apparato si sostituisca al
partito,
d) senza che un gruppo di dirigenti si sostituisca all’apparato? ” ».
(Da un articolo di Paul Jankovitch
su « Le Monde » del 7/8-9-1969)
logia è giunto alla convinzione che questa norma particolare a loro favore costituiva un’ingiustizia. Molti si sono quindi presentati volontariamente al servizio militare, mentre da
tempo vengono fatte pressioni sulle direzioni
ecclesiastiche affinché si adoperino a Washington in vista di una revisione di questi paragrafi.
In uno degli ultimi numeri dell’influente
settimanale ecumenico « The Christian Century », R. E. Klitgaard ha preso posizione su
tale questione : si tratta di uno studente in
teologia, estremamente qualificato, che studia
all’Università Vanderbilt di Nashville (Tennessee), con il precedente dello studio della filosofia a Harvard. Al momento di scrivere
l’articolo egli, interrotti gli studi teologici, era
in attesa della chiamata militare.
R. E. Klitgaard parte dalla constatazione
che tutti gli uomini sono uguali di fronte aUa
legge. Possono essere fatte eccezioni soltanto
in « caso diverso » razionalmente documentabile. È ad es. comprensibile che le donne
non compiano il servizio militare, appunto in
quanto non sono uomini. Ma tale « caso diverso » non si presenta, a proposito degli studenti in teologia. Da un lato nessuno potrà
sostenere seriamente che la vita degli studenti
di teologia sia più degna di essere preservata
per l’America che non quella degli studenti
di fisica, ai quali invece il servizio non viene
risparmiato. D’altro lato nessuno potrà sostenere che uno studente di teologia abbia automaticamente una convinzione religiosa diversa
da quella — poniamo — di un artista che
crea partendo da una hase cristiana, ma per il
quale il legislatore non pensa che egli sia
troppo pio per fare il servizio militare. Gli
obiettori per motivi di coscienza hanno, negli Stati Uniti, un loro statuto particolare.
Ma non si può presupporre che ogni studente di teologia, per il semplice fatto che ha intrapreso tali studi, rifiuterà per motivi di coscienza il servizio militare. È nolo che i cristiani sono di parere tutt’altro che unanime di
fronte all’esercito.
R. E. Klitgaard giunge dunque alla conclusione che dietro l’attuale regolamentazione
speciale a favore degli studenti di teologia vi
è la tacita accettazione che uno studente di
teologia, in base allo studio che compie, è un
uomo a parte. In quanto « uomo di Dio »
egli si librerebbe, in un certo senso, « al di
sopra » degli altri uomini. E proprio tale ammissione è un’ingiustizia nei confronti degli
studenti di teologia. In tal modo essi vengono
accantonati in un ruolo secondario e si vieta
loro di essere « uomini veri », uomini che non
sono in nulla diversi dagli altri, che si trovano esattamente nella loro stessa situazione,
capaci di condividere rischi e gioie con gli altri. Il teologo desidera parlare ai suoi compagni d’umanità come uomo d’oggi, non come
una specie di semidio. Quando alla chiesa sono
stati attribuiti tali arcaici privilegi, le è stata
di fatto imposta una museruola. Essa non può
quindi prendere posizione in assoluta libertà
nei confronti del conflitto vietnamita — in
certi casi anche in senso critico verso il proprio paese — perché può sempre esserle ribattuto che i suoi studenti in teologia e i suoi
pastori sfuggono al rischio di patire danni fisici o morali su di un campo di battaglia vietnamita. L’esenzione dei teologi dall’obbligo
del servizio affossa la loro posizione quali compagni d’umanità e quali critici della loro società.
Viva è l’aspettativa se e come Washington
presterà ascolto a questo coraggioso studente
di teologia, il quale per parte sua è convinto
che in caso di abrogazione di questa legislazione particolare, su richiesta della chiesa stessa, questa sarebbe presa assai più sul serio
dal popolo tutto quanto.
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
n. 175, 8-7-1960
Tip. Subalpina s.p.a. - Torre Pellice (To)
Dalli: Chiese di Cristo
— Come sempre « Il Serne del Regno » si dimostra interessato a quanto
avviene nel mondo càttolicó- Ne sono
testimonianza gli articoli sul viaggio
di Paolo VI a Ginevra e sui 30 santi
« snicchiati » apparsi sull’ultimo numero. Nelle « Riflessioni sul viaggio di
Paolo VI a Ginevra » Italo Minestroni
critica non solo l’ormai famoso discorso pronunciato al Consiglio Ecumenico («Il nostro nome è Pietro») ma
anche quei protestanti che non capiscono che « l’Ecumenismo cattolico è
a senso unico ».
— La Chiesa di Cristo e il Concordato. Alla manifestazione prò abolizione indetta dall’A.L.R.I. al Piccolo Teatro di Milano domenica 11 maggio ha
partecipato anche un membro di questa chiesa. La comunità di Sesto San
Giovanni ha poi accolto nei suoi locali
un dibattito sul tema « Rapporti tra
Stato e Chiesa in Italia » organizzato
e presieduto dal Prof. Rodelli, segretario nazionale dell’A L.R.I. Hanno partecipato al dibattito, oltre ad un rappresentante della chiesa, il senatore
G. M. Albani (cattolico del dissem-o ed
ex segretario delle ACLI di Monza) e
Giorgio Bouchard.
— Sempre in tema di rapporti cort
10 Stato «Il seme del regno» rii torta
la notizia di una interessante sentenza pronunciata dal pretore di Trieste..
11 Comune di quella città aveva inflitto una multa a David Borman, ti olare
di una locale libreria religiosa, p.trché
aveva fatto applicare sul parabnezza
delle automoibli in sosta dei volantini
religiosi definiti «opuscoli pubb icitari ». Il pretore ha dato ora toi : :> al
Comune. « La sentenza — comi ienta
la rivista — è veramente import; ite e
sottolinea che la magistratura è sempre più sensibile alle libertà de; pensiero sancite dalla nostra Costituzione
Repubblicana ».
— Dall’estate 1970 la Scuola Biblica
di Firenze sarà diretta da Melvin Pownall, già conosciuto in Italia per il lavoro svolto in passato a Torino.
— Sempre il numero di lugli*' agosto del « Seme del Regno » cor * iene
un interessante articolo di Tri man
Scott intitolato « Chiesa dei por eri o
chiesa di testimoni?». «L’azione raciale cristiana intesa da Cristo e predicata dagli apostoli si occupa dell iiomo
intero, spirituale e sociale, e nei .mondo intero. Essa crea una tal coscienza sensibile nei credenti che li costringe a denunciare apertamente ringiiistizia in tutti i rapporti umani e esporre
l’errore circostante mentre al tempo
stesso si adopera per il bene degli altri. La fede cristiana non è solamente
manifestazione liturgica, soddisfatta di
rivelarsi nelle sue funzioni cultuali.
Essa non si chiude in un convenite per
protestare contro il mondo secolare
pagano. Si inserisce invece nelle società odierna per portare ogni uomo,
ogni città, ogni paese sotto Tinfluenza
salvatrice di Dio. Per il cristiano tale
influenza deve prevalere in ogni raj^
porto umano, su ogni livello sia politico che sociale e morale, per quanto
questi siano per una svolta ver.to il
meglio ». L’autore prosegue ponendo
un particolare accento sulla necessità
della rigenerazione personale come base dell’azione sociale.
Dalle Chiese Pentecostali
— Un nuovo locale di culto è stato
aperto a Torre Annunziata dove per
quasi vent’anni la comunità si era radunata in locali inadatti. Nel cullo di
inaugurazione la sala era gremita per
la presenza di molti fedeli venuti dalle località limitrofe.
Dalle Chiese Dattiste
— Presenza battista nella valle di
Susa. Domenica 11 maggio la chiesa di
Meana, nel celebrare il suo 75” anniversario, ha ricevuto la visita delle
rappresentanze delle chiese consorelle
della valle e di altre località. Era inoltre presente il Presidente dell’Unione
Battista dr. Carmelo Inguanti che ha
rivolto un messaggio alla comunità. La
chiesa di Mompantero ha invece ricordato il suo 39” anniversario nell’occasione del battesimo dei catecumeni.
Anche questa riunione, a cui hanno
partecipato i pastori Bensi, Paschetto
e Bertrando, ha visto la partecipazione di membri delle varie chiese della
valle.
INCONTRO
DI CHIESE MINORITARIE
A VIENNA
Vienna (spr) - Il 23 e il 24 .settembre una
consultazione per le Chiese riformate minoritarie in Europa avrà luogo all’Albert Sebweitzer Haus nella capitale austriaca.
Il presidente della Chiesa riformata d’Austria. il past. Imre Gynge, parlerà su : « i problemi propri alle Chiese minoritarie » e il presidente della Chiesa riformata del Belgio, il
past. W. Hoyois, introdurrà il tema : « Le
Chiese riformate minoritarie e la Chiesa cattolica romana ».
La consultazione seguirà le riunioni della
Commissione teologica e del Comitato amministrativo della regione europea dell’ARM, che
avranno luogo dal 19 al 22 settembre.
(A queste riunioni parteciperanno il moderatore Neri Giampiccoli e il past. Carlo GayN. d. r.).