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Roma, 25 Settembre 1909
Si pabbllea ogni Saboto
ANNO li - N. 39
Propugna grìnteressì sociali, morali e religiosi in Italia
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ÀBBONÀMENTI
Italia : Anno L. 3,00 — Semestre L. 1,50
Estero : » » 5,00 — * * 3,00
TJn ntimero separato Cent. 5
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I manoscritti non si restituiscono
Per
Per eoloii:
per avvisi
linea o spazio corrispondente L, 0,15
« da 2 a 5 volte 0,10
< da 6 a 15 volte 0,05
ina intera, mezza colonna, quarto di colonna e
ripetuti prezzi da convenirsi.
Direttore e Amministratore : B. Celli, Via Magenta 18, Roma
presidenza del Comi fato
Le corrispondenze dirette al Presidente
del Comitato, sig. Arturo Muston, da qui
innanzi devono indirizzarsi a Via Nazionale 107, Roma.
flvvijo impórtente
Dal 28 di questo mese iri poi, tutto
ciò che concerne la Direzione e l’Amministrazione della Luce deve essere diretto
all’indirizzo di prima (Via Magenta 18,
Roma).
ft proposito del xx Settembre
L’è trita, ma si può ripeterla ancora una volta ;
il vecchio non vede che con gli occhi del passato.
Orazio nell’Arte poetica ne fa un brontolone, fastidioso, lodatore del tempo che fu quand’egli.,èra fancinllo.
C’è dell’esagerazione qui. Bisognerebbe,, in ogni
modo, per esser giusti, tener conto delle eccezioni.
Abbiamo conoscinto un vecchio
che se -vivesse
ancora compirebbe fra non molti mesi
tesim’anno — il quale parrebbe, per le sue' r^e, più
giovane di tanti giovani : in tatto, perfino _in Emolitica,
___Il______T,..Am.oaon o dall’ avvfinirpi' soleva
era l’nomo del progresso e dell’avvenire,soleva
dirci : « Quelli che oggi son liberali domani' faran
l’effetto d’esser codini ». ^
E’ certo però che, in generale, il vecchio guarda
al passato e vive del passato. E la cosa si spiega
fdcilissimamente. Nel passato sono i suoi migliori
anni; gli anni del lavoro fecondo, delle idee nuove
(nuove, per lui) dei fervidi entusiasmi ; e quindi nulla
di straordinario in questo continuo ritorno agli anni
più belli e trascorsi della vita. I giovani — quando
spensieratamente giudicano chi non è più giovane
__dovrebbero tener conto di questa considerazione,
e dovrebbero tenerne conto non solamente per riescir
meno taglienti e meno arbitrari nelle loro intempestive sentenze, ma anche per poter ben bene aprir
gli occhi, ad esercitare su sè stessi una continua
sorveglianza. Il giovane non sarà sempre giovane :
se il giovane di oggi non eserciterà su di sè una
critica più severa e più intelligente cbq non abbiano
fatto ai loro bei tempi coloro che oggi sono vecchi,
fra non molto (la vita fugge!) fra non molto il giovane d’oggi offrirà al mondo una seconda edizione
riveduta e forse scorretta dei brontolìi fastidiosi e
dei pedantesco guardare al passato, per virere solo
nel passato. Questo pericolo c’è pei giovani eontem
poranei, ed è forse maggiore che non pei quei giovani che adesso son vecchi... I giovani contemporanei sono infatti straordinariamente infatuati delle
loro idee, più o meno nuove, che, per un’ illusione
amena assai, essi credono d’aver scoperte da la prima
fino ali’ ultima. Lasciate che passino vent’ anni, e
avrete, in questi infallibili creatori di idee... nuove,
le ostriche più perfette ! Come volete che abbiano
a rinnnziar allora alle loro creazioni ? Come pretendere che contraddicano a sè stessi ?
La gioventù odierna ride della vecchiaia ; ma nessuna gioventù forse quanto la gioventù odierna è
avviata verso una vecchiaia senza orizzonti, senza
slanci neH’avvenire.
Noi scorgiamo nei vecchi e nei giovani un carnaio di errori, su cui converrebbe aprir prontamente
gli occhi, per rimediarvi.
E’ madornale l’errore che il passato sia migliore
del presente. E’ madornale l’errore che il presente
sia l’apice in tutto. E’ enorme l’errore che il presente si possa staccare dal passato, come se tra passato e presente non ci fosse nessuna relazione.
Il passato ha preparato il presente.'Il presente
è figlio del passato. Assurdissimi si rivelan que’
giovani che considerano con aria disdegnosa l’opera
dei loro padri. Hanno un bel dire, ma èssi invecchieranno, e si faranno brontoloni e fastidiosi, e loderanno il tempo che fu— il lord tempo, s’intende
— ma nella storia rimarrà incisa indelebilmente la
data XX settembre 1870, data anteriore a quella
della loro più o meno gloriosa nascita. Assurdissimi
però dql pari quegli eterni rievocatori di fatti compiuti, senza forti entusiasmi nel presente e senza
ardite speranze per l’avvenire.
Passato, presente, avvenire sono tre cose inseparabili.
Dobbiamo tornar col pensiero al passato, perchè
là è la radice del presente. Non dobbiamo adagiarci
nel presente — che è un punto fuggevole — ma
gittarci con ardore giovanile ogni giorno rinnovato
alla ricerca d’un avvenire più splendido.
Perchè il mondo progredisse veramente (il progresso non è continuo in nessun secolo della storia 1) occorrerebbe l’opera non di giovani inesperti
e illusi al punto da credere che fino a ieri il mondo
è andato a tastone, mentre oggi, in grazia di loro
— giovani — il mondo ha conseguito i suoi più alti
ideali ; ma occorrerebbe l’opera di uomini di qualsiasi età, che avessero saputo e sapessero mantenersi
veramente giovani sempre ; di uomini che, attingendo ispirazione a quel che di buono è nel passato,
fossero incontentabili nel presente, sentissero che i rapidi progressi dell’oggi, appunto perchè rapidi e
reali, non sono che un’arra di maggiori progressi,
e che, in conseguenza, se — a dispetto dei vecchi
— il presente è da stimarsi migliore del passato,
a dispetto dei giovani — l’avvenire è da sognare
migliore, oh immensamente migliore del presente I
Se tutti pensassimo, se tutti sentissimo cosi, che
sforzo potente e veramente giovanile faremmo tutti
og
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INSERiZIONI
•ai giorno verso l’avvenire che dev’essere conqni;Ìto da « violenti ». La data XX settembre 1870
brillerebbe dinanzi fulgidissima ; ma ci gnardènmo bene dal fermarci dinanzi ad essa come dimzi a delle Colonne d’Èrcole. Il culto del passato
tdrebbe spoglio d’ogni qualsiasi gretto fanatismo,
culto del passato non avrebbe per ufficio se non
preparare incessantemente il presente, ché è. come,
soglia deU’avvenire. ,
Ma, per far così, bisogna mantenersi giovani, pii
;iovani dei giovani contemporanei, che s’àppagano
prima teoria nuova che capiti loto a portata
mano. E per mantenersi giovani a questo modo,
in c’è che un mezzo ; la comunione con Colai che,
lo stesso ieri, oggi e in eterno. Uniti a Lai, posiremmo, fino ad un certo segno, come Lui il po ro di stringere in un solo amplesso^ passato, preliiùte e avvenire ; di appoggiarci sul passato, per
,s¡sorgere a un presente più nobile; sul passato e
presente,per elevarci verso un avvenire magnifico.
Son vecchi coloro che vivono solamente del XX
Sbttemhre. '
Sono'vecchi coloro che vivono di teorie sociali
oderne — come s’esse fossero definitive —, di ipei:»i
, fiticismo — come s’esso fosse infallibile —, di
credulità — come se la fede fosse morta per sem; ^
la giovinezza è solamente del Cristiano, non papista,
jon formalista, non intellettualista, non ipocrita, non
indino, del cristiano vero, del discepolo eli Gesù Cristo.
Il suo animo è aperto a ogni progresso. Egli difdi sè : cerca l’ideale. Egli è Fuomo dell’ ayyfir
ire, e cosi sarà fino alla morte ; perchè il CristianOy
sincero, entusiasta discepolo di Gesù Cristo, non
riposa sul passato, non si cristallizza nel presente,
come aquila ringiovanisce, e come aquila guarda
a faccia li sole fulgidissimo dell’avvenire. Il quale
vvenire sarà, dovrà essere migliore (sappiatelo, o
vecchi 1) del nostro passato ; dovrà esser migliorè,
mmensamente migliore (convincetevene, o giovani !)
del nostro presente.
fida
(Hi (Rüûa e (Hi (offA
Noi non crediamo che la scienza passi per una crisi
.^a scienza prosegue anc’óggi imperterrita il suo cam^
mino, modestissima come sempre fu, feconda come not
;ù mai. E’ certo però che della confasione c è nèllt.
meute di chi si occupa di scienza. Quanti pensieri noiji
isolo diversi ma contradditori!
Poco fa, quel romantico della scienza ch’è il senatore
Paolo Mantegazza pubblicava nel Giornale d'Italio,'o.ù
irticolo aborto, in cui si esalta la scienza pónendol|i
sopra la religione e si fanno degli scienziati veri santi
tutto amore, tenerezza, concordia, pace, armonia, frate!
lanza, e chi più ha più metta. Contemporaneamente nel
Corriere della si diceva press’a poco... il contrariò.
Sentite; « Il rapporto di Franklin sulla scoperta del
parafulmine ebbe un successo di clamorosa ila.rità trji
dotti della Rogai Society; al francese Lebofn, 1 in
ventore dell’illuminazioue a gas, fu mossa Fdsserv
Ai
’il?"
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2
LA LUCE
che una lampada senza lucignolo non può ardere e a
Parigi la sua invenzione potè essere adottata appena
nel 1818, mentre a Birmingham era in auge già nel
1805. Quando l’il marzo'1878 il fisico De Moncel presentò ^Académìe des Sciences a Parigi il fonografo
Edison, r accademico Bouilland, celebre umanista, si
precipitò su De Moucel ed afferrandolo per la gola, gli
gridò : « Mascalzone ! Credete forse che noi ci lasceremo
prendere in giro da un ventriloquio ?» E in questa idea
insistette in altra seduta del 30 settembre dichiarando,
dopo un minuto esame dell’ apparato, non potersi ammettere che un vile metallo potesse riprodurre il nobile suono della voce umana ».
E’ certo — soggiungiamo noi — che le grandi scoperte e invenzioni sul principio incontrarono forte opposizione tra gli scienziati- stessi. Quando mai si vorrà
mettere un poco di equilibrio nelle nostre idee, e riconoscere che gli scienziati sono esseri simpaticissimi,
ma non per questo santi nè perfetti? Quando si vorrà
riconoscere questa grande verità: che gli scienziati
sono uomini in carne ed ossa come noi, soggetti alle
stesse nostre passioni; e che, se noi'stentiamo a serbar l’equilibrio, auch’essi stentano ; e che, se noi usciamo
di seminato, qualche volta anch’essi escono ; e, se noi
sudiamo per mantenerci obiettivi, anch’essi han da sudare e uon di rado sdrucciolano fuori del campo scientifico, sostenendo, come fatti obiettivamente indiscutibili, idee tutte loro, e trasformandosi cosi in dommatici della scienza ; i quali dommatici della scienza non
valgono di certo un soldo più dei dommatici della religione ?
A darvi un’ idea precisa della confusione che regna oggi — non nella scienza, che è pura di qualsiasi colpa — ma nella testa di alcuni scienziati, vi
citeremo un esempio solo, recentissimo, e che per la
sua importanza vale quanto cento altri insieme.
Conoscete certamente il dottor Ry, che tratta nel
Corriere della Sera svariatissimi argomenti di scienza
con stile inelegante, ma con acume e competenza non
dispregevoli.
Il prof. Henry E. Cramptou è uno zoologo americano
di vaglia.
Quanto ad Angusto Weismann, dovrebb’essere noto
all’universo e in altri siti, come uno dei principalissimi divulgatori della teoria darwiniana.
Tre scienziati, tre idee diverse, come fra i deputati
alla Camera: destra, centro, sinistra, anzi estrema sinistra.
Cominciamo dal Weismann. Il Weismann nel 1868
era già fautore entusiasta dell’evoluzione e di essa fece
allora argomento della sua prima lezione aU’nniversità
di Friburgo. Quest’anno, dopo 41 anno di insegnamento,
ha tenuto alla stessa università una conferenza per il
centenario di Darwin, incominciando cosi :
€ Signori,
Quarant’uno anni or sono, quando mi venne assegnata
una cattedra in questa Università, io scelsi a tema
della mia prolusione : « La giustificazione della teoria
darwiniana ». Oggi, nel centenario della nascita di Darwin, non è senza una certa emozione frammista a un
poco di orgoglio, che torno a parlare sul medesimo argomento, in questa medesima aula, ma cou animo, oh
quanto diverso! Allora io cercavo di giustificare una
teoria contro la quale insorgevano quasi tutti gli scienziati ; oggi debbo limitarmi a constatare il suo trionfo !
Trionfo completo e glorioso, ma che verrà meglio
compreso e apprezzato ascoltando la chiosa d’un combattente che per mezzo secolo si è trovato sulla breccia
e che ha potuto osservare da vicino gli attacchi avversari. In quella mia lontaua prolusione io non esitai
a paragonare la teoria dell’evoluzione alla cosmogonia
di Copernico nei riguardi della sua importanza scientifica e vi furono allora molti che trovaron il paragone
esagerato, ma oggidì ben pochi oserebbero negare che
l’evolnzionismo darwiniano è la vera base della scienza
della vita ».
Ora — ve ne preghiamo — abbiate la bontà di prestar attsnzione al dottor Ry, che nel Corriere del 24
agosto ragionava pure del darwinismo, a proposito di
una nuova teoria sostenuta dall’americano Loeb al recente congresso di psicologia tenutosi a Ginevra ; teoria che — secondo il Ry — sarebbe destinata a soppiantare quella dell’evoluzione. Non è qui il luogo di
dire di che mai si tratti ; a noi preme — a mostrare
che anche tra gli scienziati chi la vuol cruda e chi cotta
— a noi preme solamente di riferire queste pochissime
parole del Ry, con le quali il suo articolo si chiude.
Egli dice :
« Per questo lato la lotta, che già si disegna fra la
teoria dei tropismi e il darwinismo, promette di for
mare uno degli episodi più interessanti delle vicende
della coltura moderna. Le condizioni di codesta lotta
nel Congresso di Ginevra furono dal Loeb e dai suoi
seguaci fissate con una chiarezza degna d’un ultimatum
giapponese : il darwinismo non ha che a scomparire,
perchè per esso, dopo l’avvento della nuova teoria, non
v’é più posto al sole. E poiché, a malgrado delle sue
brillanti apparenze di teoria ufficiale, la teoria darwiniana da qualche tempo è molto, molto malata, credo
opportuno esporre in un prossimo articolo (1) il perchè
essa abbia veramente da temere il peggio da parte della
sua giovane avversaria ».
Secondo il Weismann il darwinismo trionfa 1 Secondo
il dottor Ry e secondo degli altri signori, e primo fra
tutti il Loeb, la teoria darwiniana « da qualche tempo
è molto, molto malata ».
E ci sono cristiani che si turbano appena uno scienziato starnuta un po’ più forte del solito ! Ma non vedete che gli scienziati non starnutano nemmeno... armonicamente ?
A vostro conforto, ecco qualche tocco d’una terza
campana.
Il Crampton, tutt’altro che tenero della Bibbia, tenne
alla Columbia University di Nuova York una conferenza su la zoologia, dichiarandosi evoluzionista ; ma
egli ebbe cura di far notare ai suoi uditori che la scienza
è la cosa più modesta di questo mondo, che la scienza
è la prudenza in persona e non si affretta mai a sentenziare. ,
« Nessuno » egli disse « nessuno comprende meglio
dello zoologo che la sua sapienza è incompleta... Il ricercatore impara subito ad astenersi dai giudizi definitivi... La zoologia non avrà terminato il suo compito
che il giorno in cui tutte le scienze avranno terminato
il loro, e in cui alla sapienza umana non sarà rimasto
più nulla da apprendere ».
E, secondo lui, il motto dello scienziato — ora come
sempre — è questo : « Ignoramus, in hoc signo laboremus ». (Ignoriamo; sotto tal bandiera torniamo al lavoro).
Stranissimo, non è vero ? 1
Il Weismann ci ha detto: « Il darwinismo trionfai »
Il Dr. Ry : « Il Darwinismo è molto malato ! »
Il Crampton ha soggiunto : « Adagino, signori miei,
nel sentenziare I »
Che babilonia 1
La verità — secondo noi — è che la scienza non ha
trovato, ma cerca ; che la scienza non ci ha per ora
svelato l’enimma dell’universo ; che tra gli scienziati
anche oggi ci sono delle... persone troppo frettolose ;
che nessuna teoria scientifica falsa o vera, presente o
futura, potrà mai « separarci da l’amor di Dio che è in
Cristo Gesù nostro Signore 1 »
(1) E Particolo è ormai già stato pubblicato, come
pure la risposta ati obiezioni suscitate da l’articolo.
iB [HiEsa E La sacHii scRinuaa
Ignfeniiiiii dii pFDf. Blatono Orr.
(Goni. Vedi N. precedente).
L’ipercritica suole assalire con grande acredine la
forma esteriore delle narrazioni e del contenuto biblico, e pochi sono coloro fra i fedeli che possono
seguire gl’ipercritici nelle loro sottili ed intricate dimostrazioni. Ma vi è una cosa che anche il più umile
credente può giudicare e che nessuna ipercritica verrà
mai a distruggere.
Ciò è il carattere della Sacra Scrittura, come uno
sviluppo continuo, coerente, evidente per sè medesimo della rivelazione di Dio all’uomo, colla quale
il Creatore del cielo e della terra si rivela all’umanità, le mostra il suo peccato e le conseguenze del
peccato, la salvezza divina per mezzo della Redenzione, la divina finalità di un amore eterno per
l’uomo, manifestato attraverso i secoli, e per mezzo
di rivelazioni progressive le quali culminarono nella
missione, vita, morte, redenzione del suo Figliuolo
unigenito Gesù Cristo e nel dono del suo Spirito alla
Chiesa ed ai credenti. L’ipercritica non può cancellare dalla Bibbia questo fatto, il quale è accessibile
ai più umili tra i credenti, mentre gl’ ipercritici
col trascurarlo cadono nelle più assurde complicazioni.
Questo fatto, il fatto più grande e più solida
mente fondato dell’universo erompe alla massima
luce da tutta la Scrittura, e ogni uomo che abbia
gli occhi aperti può leggerlo in essa, mentre d’altra
parte Io scorge unito con intimo nesso a secoli interi di esperienza cristiana, con istituzioni secolari,
con altri fatti e gesta che forniscono una prova perenne della sua realtà. La Chiesa sta in piedi o cade
con questo grande Patto. Finché questo Fatto meraviglioso si sostiene, la Chiesa del pari continuerà ad
esistere fino alla fine dei tempi. Ma non è sola la
Chiesa che dipende per la esistenza da questo Fatto
meraviglioso ; anche le Scritture stanno o cadono con
esso. Imperocché questo Patto meraviglioso é contenuto nella Sacra Scrittura in vario modo ed in
varie parti di essa, ed essa perciò ha diritto di proclamarsi l’oracolo vivente ed ispirato di Dio.
Pare a me, dunque, che se vogliamo difendere la
Sacra Scrittura, dobbiamo collocarci nel seno di essa,
non difenderla dal di fuori, dobbiamo entrare in
questa grande cattedrale della rivelazione divina e
scorgere in essa coll’occhio della fede il disegno divino singolare ed ampissimo col quale Iddio ha recato
salute al nostro mondo peccatore. Noi ci troviamo qui
nel cuore, nel centro delle Sacre Scritture, non alla
circonferenza ; nella fortezza, non agli approcci esteriori.
Invano le onde di uno scettico criticismo sorgeranno e flagelleranno la roccia immobile della nostra fede nel fatto centrale del Cristianesimo. Se la
fede nella Scrittura s’indebolisce, ciò avviene perchè
diminuisce del pari la fede nel significato e nel fine di
quel grande fatto centrale. Io sono intimamente convinto che non si crede più alle Sacre Scritture perchè
non si vuol più credere al suo contenuto.
Ma come mai, si domanderà, può la tede nella rivelazione indurci a credere fortemente nelle Scritture e a ristabilire la loro autorità, il loro valore,
ed onore nella Chiesa ? Sarà forse meglio che io risponda a queste domande col rivolgere a mia volta
al lettore alcune interrogazioni.
I) Supponendo che Iddio ci abbia data una vera
rivelazione, avrebbe essa potuto trasmettersi e conservarsi fino a noi senza un’incorrotta Scrittura ?
II) Supponendo che Cristo sia il punto culminante
di questa divina Rivelazione, che cosa potremmo noi
sapere di Gesù senza una fedele Scrittura ?
Ili) Supponendo che la Chiesa sia stata istituita
da Gesù Cristo, che cosa potremmo noi sapere della
sua fondazione, delle sue leggi, dei suoi sacramenti
e della sua dottrina senza un’autorevole Scrittura ?
IV) Supponendo che la Chiesa abbia una missione da compire nel mondo, come potrebbe essa
propagare il Vangelo tra gli uomini ed evangelizzare l’umanità senza l’aiuto della Sacra Scrittura ?
V) Supponendo che il fine e l’oggetto della salvezza consista nella santità e nell’accrescimento del
credente in scienza e grazia, come, senza l’aiuto di
una Scrittura ispirata, potrebbe il fedele nascere alla
vita spirituale e divenire perfetto, secondo il carattere di Gesù Cristo ?
(Versione dell’ex Padre Bartoli).
(continua).
f>NTOLO<i>» PEL VflUQELO
Ecco un altio segno dei tempi! Il notissimo letterato Giuseppe Puccianti ha composta una antologia del
Vangelo.
Ci allieta assai questo nuovo tentativo di ritorno al
Maestro e al Salvatore; e ci allieta immensamente il
modo simpaticissimo con cui Carlo Paladini se ne fa...
paladino nel Giornale d'Italia.
Spigoliamo largamente nell’articolo del Paladini :
« Il libro buono ed utile che rifà la gente, il libro dei
libri è il Vangelo. Gli antichi (dice il Puccianti in quel
gioiello che è la prefazione in cui è spiegato l’intento
e il disegno del libro) che toccarono il più alto fastigio del potere loro consentito dai tempi, trovarono il
< cittadino » ; Gesù Cristo inventò 1’ < uomo » e l’uomo
è qualcosa di più alto che non sia il cittadino.
Il Puccianti ha ragione. Difatti chi dice cittadino,
accenna ai diritti di pochi nomini ver.so altri pochi
; nomini; degli Ateniesi fra loro, dei Romani fra loro,
3
LA LUCE
pei quali uomini gli stranieri son barbari e anche nemici (« hostis » significa le due cose insieme :) chi dice
nomo nel senso moderno o cristiano della parola accenna ai doveri e ai diritti di tutto il genere umano,
che vuol dire alla solidarietà e alla fratellanza umana ;
perchè la civiltà stessa nel senso che ora si dà alla
parola, ha appunto il suo vero fondamento nel concetto
di questa solidarietà, eh« è come dire, della eguaglianza
e fratellanza umana. B ciò è tanto vero che la grande
rivoluzione francese, proclamando i diritti dell’ uomo,
non seppe trovare altre parole, dirò così essenziali, che
quelle proclamate da Gesù, cioè « eguaglianza » e « fratellanza » e veramente non ce ne erano altre. Nè ci
potevano essere, chè per quanto si sfoi'zi il nostro pensiero e la nostra fantasia, non possiamo mai concepire
che venga un giorno nel quale la civiltà di un dato
popolo abbia un fondamento diverso di questo ; un tal
popolo sarebbe una contraddizione vivente. Dunque, la
vera civiltà umana avrà sempre Usuo fondamento storico nel Vangelo, anco presso ipopoli di altre confessioni religiose.
Il libro che meno, si legge fra gli italiani è appunto
il Vangelo. Lo rispettano, ma non lo toccano, come
Faust con i Sacramenti ; e l’illustre letterato toscano
ne smania su lira flebile ma dolente.
Il Puccianti è sovratutto dispiacente che il libro dei
libri non sia letto neppure dalle donne. Le signore anche buone e pie, méntre leggono tanti libri, specie romanzi e non pochi altri di cose devote, quanto al Vangelo lo lasciano stare anche loro ; contente di quel pochissimo che ne sanno o credono di saperne, cosi per
sentito dire o per averlo anche letto qua e là in altri
libri.
— « E’ proprio peccato che non lo leggano !» ^ esclama mortificato il Puccianti. Se lo leggessero, lo intenderebbero, lo gusterebbero come noi anzi meglio perchè in generale hanno più di noi intelletto di amore
ed amerebbero anche di più i loro figlinoli ; e se questa frase può suonar male ai loro orecchi, la muterò
in quest’altra ; li amerebbero meglio e li educherebbero
meglio: oh, molto meglio! »
Il Puccianti ha cercato di riempire una lacuna ; si è
provato, cioè, a far leggere il Vangelo nei luoghi più
insigni. Non è questo un libro confessionale; non è
indirizzato ad una chiesa piuttosto che ad un’ altra,
ma è indirizzato a tutta la gente di buon cuore,:'; di
buona volontà.
Esso consiste in una assai copiosa raccolta di nar
razioni, o per usare una parola più generale, di luoghi
scelti fra quelli sotto ogni rispetto più insignì degli
Evangelisti e dal Puccianti tradotti e annotati magi
stralmente, con amore e timore insieme. E li ha dispo
sti via, via cronologicamente, per quanto fosse possibile
Le note e postille, cosi morali come isteriche, filo
giche, estetiche ecc., sono un pregio preclaro del libro,
gemme di erudizione preziosa, incastonate nel tèsto, da
un fine cesellatore della parola e da una mente alta e
illuminata. Come certi modi che sono entrati nel linguaggio comune per le vie del cristianesimo, e come
certe forme stilistiche si siano per quella stessa via
modificate e in che modo passando dai classici antichi
in quei nuovi, sono in questo libro aureo spiegati ottimamente con probità, brevità ed efficacia di, parola.
E’ un libro che potrebbe ragionevolmente entrare
anche nelle scuole. Quei giovani i quali ebbero dalla
fortuna il modo negato ai più (incomparabilmente ai
più) di darsi ai nobiii studi che prima si chiamavano
« umani » perchè dovrebbero essere indirizzati a far
l’uomo sul serio, e ora si dicono goffamente « secondari classici », conoscono appena di nome il Vangelo
e mentre studiano la storia di tutto il mondo, ne saltano a piè pari l’episodio più saliente e importante —
quello che lo ha trasformato — dando nuove forme e
intenti nuovi alla letteratura e all’arte.
In Inghilterra l’insegnamento religioso, secondo il
progetto Bìrrel dell’odierno Ministero liberale^ consiste
appunto nei precetti fondamentali del Vangelo, ì quali,
non debbono formare il soggetto di una data cattedra,
ma debbono invece riuscire la pietra angolare (il co/-««/-stone) della scuola e delle discipline che vi si impartiscono.
Questo volume del Puccianti, realmente utile nel più
alto senso della parola e per il quale pare proprio scritta
apposta la sapientissima sentenza-epigramma di quel
poeta di buon senso che fu Giuseppe Giusti sui libri
che rifanno la gente, merita fortuna ed è una fortuna
« saper leggere bene » una pubblicazione simile, »
la vita eterna, ci darà
certamente anche tutto quanto occorre per poterla conservare. Rmnsford.
Un libra inpoptanlt e la Chiesa Valdese
Coi tipi di Henry Frowde, stampatore dell’Università di Oxford, è comparso, il 15 di questo mese, un
libro importante « The study of religion in thè italian Universities » di Louis Henry Jordan professore
di religioni comparate; e il libro è stato scritto in collaborazione con Baldassare Labanca docente di storia
del Cristianesimo nell’Università di Roma.
Il volume in formato elegante, con un ritratto del
Labanca, contiene uno studio intorno al movimento
del pensiero religioso in Italia e si può considerare
come un prezioso repertorio su questa materia.
Affidiamo la bell’opera ad uno dei nostri Collaboratori, per un’ampia recensione ; e intanto riportiamo
qui il giudizio che i due egregi autori recano intorno
alla Chiesa Valdese, a cui noi abbiamo l’onore d’appartenere. Notevolissimo anche l’equanime giudizio intorno al Modernismo.
Della Chiesa Valdese, a pagina 220 e seguente, è detto :
Se la Chiesa Valdese non fosse, com’è, strettamente
protestante, nel momento religioso per cui passa l’Italia essa progredirebbe rapidamente. È una chiesa
indigena (native) ispirata e guidata da competenti
conduttori italiani. C’ è una corrente di simpatia fra
lei e 1’ ambiente in cui si muove. Essa interamente
comprende il popolo fra il quale lavora............
L’Italia gradatamente è riescita ad intendere quale
sia l’unico supremo scopo a<cui la Chiesa Valdese
mira, ed oggi molti cattolici ammettono che la teologia e il culto Valdese si accostino all’ esemplare offerto dal Cristianesimo primitivo assai più ohe non
la Chiesa Nazionale (cattolica papale). Essi riconoscono
anche e invidiano la notevole libertà spirituale di cui
questa comunità evangelica gode ; nei loro cuori l’onorano pel suo coraggio, per la sua costanza, per la
fermezza incrollabile della sua testimonianza e per la
sua crescente ricebezza in opere buone.
una organizzazione perfetta mercè di quella milizia
fidata, ciecamente obbediente, formata dai preti, che
agisce al comando senza discussione e che va seminando il bel suolo di Istituzioni clericali.
Un giornale del partito democratico, commentando
queste cifre, leva un grido di terrore e dice : « La
macchia si allarga e nessuno sembra darsene pensiero ».
Purtroppo dovete confessarlo I Finché la democrazia sarà intenta a malignare di sè stessa, a discutere, a stampare chilometri di carta e si abbandonerà ad un sonno accidioso che ne paralizza ogni
azione, il partito clericale continuerà la sua marcia
ascendente e voi non farete altro che contribuire al
suo incremento.
Questa è la sorte del partito radico-socialista nell’attuale momento.
G. Gandini.
LA TjKTE CLEW^ALE
Giorni or sono ebbe luogo a Caprino Bergamasco
la dodicesima festa federale delle Associazioni cattoliche della Diocesi di Bergamo.
Il prof. Rezzara, una personalità direttiva del partito clericale bergamasco, espose molte cifre le quali,
di per sè stesse, nella loro inflessibile significazione
matematica, attestano quali e quante siano le maglie
della rete clericale, nella sola Diocesi bergamasca.
Leggete :
« Il nostro Duce, il Vescovo — dice il professore Rezzara — oggi ha passato in rassegna le
schiere organizzate dei suoi figli, dei suoi militi, sacrati a restaurare ogni ordinamento sociale in Cristo,
con le Istituzioni e coi mezzi additati dalla scienza
umana e dalla quotidiana esperienza.
Ebbene quanti siamo? Quale è il valore nostro,
la nostra forza? Dove e quali sono le insufficienze
nostre? Vi sono bisogni ai quali non si è ancora
provveduto ? Vi sono campi nei quali il buon seme
non sia stato ancora gettato ?
Vediamo brevemente.
Abbiamo ancora in vita 52 Comitati parrocchiali
con 1250 soci.
Ai 120 Circoli cattolici giovanili esistenti l’anno
passato con 8524 soci, ora aumentati di altri 1173
soci, debbonsi aggiungere 22 Circoli nuovi, fondati
quest’anno con 1387 soci ; perciò abbiamo 142 Circoli giovanili con 11084 soci e 23 Oratorii maschili
con 4650 giovani inscritti, dei quali 3800 frequentatori.
Nel corrente anno furono istituite nella Diocesi
24 Leghe di padri di famiglia con 137 soci.
Inoltre 92 Istituti di credito con 11872 soci.
Società autonome e Consorzi federati per l’assicurazione del bestiame bovino 94, con soci 5407.
Altre 3 Cooperative di produzione e di vendita
con 1030 soci.
L’Associazione magistrale bergamasca con 333
soci.
Corpi musicali 22 con 795 soci.
Tutte queste Associazioni, che sommano a 593,
annoverano complessivamente 52661 soci ».
Solo questa parte dell’esposizione fatta dal professore Rezzara dimostra il frutto del lavoro paziente, indefesso, fatto di disciplina, condotto con
A LICATA
Dopo rannunzio dato dal « Giornale di Sicilia » della
prossima apertura d’una Chiesa Evangelica in Licata,
un prete, più coraggioso certo di don Abbondio, si è creduto in dovere di avvisare le pecorelle acciocché non
prendessero parte al Culto Evangelico, ma si mantenessero ferme nella fede romana, l’unica vera! !
E fin qui nulla di male. Ma come si possono lanciare
nel secolo XX espressioni come queste ; « Un lupo è
entrato nel gregge per mettervi il disordine ; fuggite
gli eretici e gli scomunicati. Fuori della Chiesa romana non c’è speranza di salvezza ? ». Ah, novelli farisei !
Siam proprio noi cristiani evangelici che portiamo il
disordine nel popolo? Grandi e,piccoli sacerdòti della
dea Menzogna e della dea Ipocrisia, che avete ridotto la
vita a una brutta commedia, per dirla con Arturo Mingardi, che avete consacrato l’acqua e dichiarato santo
l’olio, che fate adorare il pane e il vino, che fate venerare le ossa dei morti, le tiare, le mitre e i pastorali, che,- pur sapendo di non poter rimanere celibi, vi
dichiarate tali davanti ai semplici, e avete falsato il
concetto di vita umana e vi siete scostati dal Cristo,
mettendovi nèU’impossibilità d’essere sinceri, siam proprio noi gli eretici e gli scomunicati?
Perchè non recate sodi argomenti, invece di aizzare
il popolo ignorante contro chi cerca di portare nell’Italia nostra la luce dell’Evangelo ? Ditemi, sono più
civili i popoli soggetti al Papato o i popoli evangelici ?
Ma io spero che a Licata gli amici della civiltà e del
progresso, e non fosse che per amor di patria, faranno
capire al popolo che non potrà più tornare il tempo
agognato dal clericalume, e che oramai quel che più
importa aU’Italia in generale e alla nostra Sicilia in
particolare è la libertà di coscienza, la libertà che forma
gl’indiyidui e inalza le nazioni. E quanto sarei lieto se
gli amici della civiltà in Licata volessero unirsi a noi
per inculcare nel popolo un’altra grande verità: cioè
che, senza Evangelo, senza il Cristo vero dell’Evangelo, non c’è libertà sana, non c’è civiltà duratura.
All’opera dunque, tutti assieme per il trionfo del
Regno del bene, che non è altro che il Regno del
Cristo !
Salvatore Morello.
La Yera vita di San Corrado
Per chi non lo sappia, Corrado, gonfaloniere di Venezia, è il santo protettore del clericalissimo comune
di Noto, e, come al solito, quel popolo lo venera
e lo adora più e meglio di Cristo, anzi, ne è talmente infervorato e devoto, che con molta facilità
si lascia andare a violenze inaudite e ad atti assai
incivili contro chi casualmente osasse parlarne con
giustizia e verità.
Tali violenze, indegne d’un popolo costumato e
corretto, sono state recentemente indirizzate contro
un pastore evangelico, il quale ubbidendo ad un legittimo sentimento della propria coscienza, ha creduto bene di pubblicare una vera vita di. San Corrado, desumendola fedelmente dagli antichi biografi,
e traendone conclusioni per nessuno offensive, ma
piene invece di salutari ammonimenti per quel po-
4
LA LUCE
polo cieco e soggetto aU’antorità medioevale di Monsignor Vescovo di Noto.
La pubblicazione urtò certamente i nervi di quei
molti molto reverendi preti (più che 100 per 22,000
abitanti!), che misero a soqquadro il paese e spinsero la popolazione fanatica a bruciare la tabella
della Chiesa e a distribuire anche qualche bastonata
agli evangelici e al loro vecchio pastore. Tanto ci
aspettavamo dall’ educato popolo notino, ma quello
che non ci saremmo mai aspettato, si è che la paura
avesse potuto talmente invadere l’animo di un certo
professore da consigliarlo a scrivere una violenta e
poco coscienziosa lettera aperta, in cui si insulta
personalmente e villanamente il pastore.
____________ Vittorio P. Trobia.
(1) Presso l’autore Gaetano Fasulo. Noto (Siracusa),
cent. 20.
L’angelo nel sasso
Si narra che Michelangelo, passeggiando in compagnia d’amici, scoprisse in una oscura e angusta
strada di Firenze un gran masso di marmo abbandonato e mezzo sepolto tra macerie e fango. A rischio
d’insudiciarsi, egli si diede a liberar il masso da le
ignobili materie che lo deturpavano, e poi ordinò che
gli fosse trasportato a casa.
Gli amici gli domandarono sorpresi, perchè si fosse
adattato a così sgradevole lavoro.
— Non è che un sasso alla fin de’ conti, dicevan
essi.
— Sbagliate : in questo sasso è un angelo, e bisogna
che ne lo cavi fuori, rispose il sommo artista.
Il masso fu trasportato nel laboratorio di lui; e
quivi Michelangelo con martello e scalpello non tardò
a farne scaturir l’angelo ch egli solo vi aveva scoperto.
Anche l’educatore scorge nel sasso informe, emergente dal fango, l’angelo ch’egli ne trarrà fuori. Lo
circonda di tenera cura, lo martella pazientemente, lo
castiga con amore, infino a che ne abbia ’fatto un
capolavoro.
Ciò che Platone sognò di poter fare, ciò che il moderno educatore tenta di effettuare, il Cristo l'ha
attuato nel dominio spirituale, creando con la sua
vita sofferente e co’ suoi sforzi pien di passione,
cuori nuovi, anime rigenerate.
(Da L'Ami).
Potenza mìsferiosa
Il celebre quadro di Muckasky : Gesù innanzi a
Pilato era esposto in una città del Canadá prossima
ai grandi laghi. Un giorno, uno dei custodi vide presentarsi all’entrata un uomo da l’aspetto rozzo, vestito
da marinaio, il quale gli domandò :
— Ê qui che si vede Gesù Cristo ?
— Sì, è qui il quadro che rappresenta Gesù.
— Quanto si paga per entrare ?
Il prezzo era piuttosto alto; ma il marinaio buttò
su la tavola la moneta ed entrò.
Il custode, curioso di verificare qual effetto avrebbe
mai prodotto su un tal uomo il capolavoro del pittore e la scena commovente rappresentatavi, tenne
dietro al visitatore.
Costui si piantò col cappello in capo innanzi al
quadro ; poi sedette, e buttò via il foglio esplicativo
che gli era stato dato. Di lì a poco, si tolse il cappello, si alzò, raccolse il foglio ch’egli aveva buttato
con tanto disdegno. Lesse, tornò a mirare; si mise ad
esaminare i particolari del quadro ; indi fissò a lungo
la tela, senza mai staccare lo sguardo da la figura
centrale, che pareva esercitare su lui un’ influenza
fascinatrice ; infine ¡.il custode scorse delle lacrime
bagnare quel ruvido ciglio.
Il marinaio restò là un’ora intera, immobilmente ;
e, quando si mosse per andarsene, al custode disse :
Navigo sui laghi ; mia madre mi ha fatto promettere
che, prima di rimbarcarmi, sarei ^venuto a vedere
Gesù Cristo. Non ho mai creduto, ma chi ha fatto un
tal quadro deve certamente credere nel Cristo, ed
egli m’ha convinto; ora anch’io credo.
Che potenza misteriosa — nota L’Ami da cui abbiam tolto questo racconto — che potenza misteriosa
emana da le grandi scene della Passione, e che incontro è mai quello per un’anima ohe a un tratto si
ritrovi a viso a viso col Salvatore, con l’Uomo di dolori, col Giusto oppresso dai nostri peccati e soffrente
per noi !
ACQUA, VINO
Egregio signor Redattore del giornale La Luce,
Ho letto con grande interesse nel N. 36 della
< Luce », l’ottimo giornale ebdomadario da Lei diretto con acutezza di mente e nobiltà di sentimenti,
l'articolo Acqua, vino.
Leggendolo, i più testardi potranno convincersi
che purtroppo anche in Italia il vizio del bere c’è,
e come I e che errano coloro che credono che soltanto le bevande spiritose producano quel complesso
di mali riassunti nella parola alcoolismo.
Peccato che La Luce termini il suo bell’articolo
di prima pagina con una sua sentenza, che schiocca
come una frustata.
Anche alla Luce « preme che si scenda a combattere una battaglia contro 1’ alcoolismo » ma aggiunge : « senza voti d’astinenza, che non sono da
uomo ».
Che nn giornaluzzo a cui poco preme le questioni morali, 0 che non sappia apprezzare gli sforzi
fatti, i sacrifici, le aspre lotte sostenute per un alto
ideale in vista, o per vincere il male col bene, cosi
sentenzi, lo si capirebbe, ma non lo si capisce più
quando si tratta di La Luce, giornale che si propone . di propugnare gl’ interessi sociali, morali e
religiosi in Italia ».
Come ? Un nomo che per correggersi d’nn vizio che
lo rovina, che lo abbrutisce o per evitare il pericolo di caderci, visto le sue occupazioni che ve lo
espongono, o per combattere una funesta tendenza
ereditaria, o per dare il buon esempio ed aiutare
cosi chi di questo ha bisogno, per mantenersi saldo
in piè, un uomo, dico, che per uno di questi motivi
fa voto di astinenza da qualsiasi bevanda alcoolica,
non fa cosa da nomo ? e da chi dunque ? da fanciullo forse ? 0 da degenerato ?
Questo giudizio poco ponderato, erroneo nella sostanza, offensivo nella forma, prova che chi cosi ha
scritto è ben poco illuminato sul male che vuole
combattere e sul modo con cui viene curato con mirabili successi, da centinaia di società e da centinaia
di migliaia di persone.
Egli vorrebbe che non si usasse per arme in questa lotta che « l’Evangelo, che trasforma i cuori e
quindi i gusti ». Verità questa sacrosanta, ma non
per questo si ha da mettere da parte o da tràscurare, come mezzi di lotta contro il male, cento e
cento istituzioni, mille e mille mezzi utili, necessari,
per istruire, per educare l’uomo, per correggerlo,
per redimerlo da quei difetti, da quei vizii che guastano 0 deturpano l’uomo fisicamente o moralmente
e spesso l’uno e l’altro.
Come non sarebbe da uomo il far voto d’astinenza
quando egli lo stimasse cosa buona per lui ? Ed è
un giornale evangelico che conosce la storia dei Recabiti, r istituzione del Nazareato, che sa che Giovanni Battista, per non parlar di altri, era astemio
per voto fatto, è la Luce che Io viene a dire ? E lo
dice pensando a quella moltitudine di astemi d’ogni
paese, che hanno fatto il voto d’astinenza, sia come
logica conseguenza del fatto che l’alcool è riconosciuto per tossico, sia per correggere se stessi o gli
altri, dando nn buon esempio ; sia ancora perchè
1 astinenza d ogni bevanda alcoolica è riconosciuta,
da tutti coloro che seriamente si occupano di alcoolismo, essere il modo più pratico e più efficace per
combatterlo ?
Via, questa volta la Luce non ha illuminato i
suoi lettori, ma invece li ha abbuiati.
Ella non vuol sapere di « voti d’astinenza che,
per lei, non « sono da uomo » ; vuole una « battaglia
nobile » (come se la nostra, astemi, non lo fosse)
col solo Evangelo per arme. Benone ! Apriamolo
dunque. Al cap. V Evangelo S. Matteo leggiamo ;
« Or se 1 occhio tuo destro ti fa intoppare, cavalo e
« gittalo via da te... E se la tua mano ti fa intop« pare, mozzala e gittala via da te, perchè vai me« glio per te che uno dei tuoi membri perisca che
« non che tutto il tuo corpo sia gettato nella geenna ».
Ecco ben chiaramente giustificati dall’Evangelo
stesso quei voti d’astinenza che la Luce dichiara
non da uomo.
Non le pare, egregio signor Redattore ?
Giovanni Ì^oehat
Firenze, Settembre 1909.
Se il colpevole contro cui si dirige questa lettera
del caro collega signor Giovanni Eochat fosse uno
dei nostri collaboratori, la lettera del signor Rochat
avrebbe purtroppo avuto la sorte di tutti quegli articoli che possono dar luogo a una polemica. La Luce
non è destinata a discussioni su argomenti controversi ;
la Luce è un foglio di propaganda e di testimonianza.
E noi cogliamo questa propizia occasione per manifestare un’idea, secondo noi, importantissima. Quando
i nostri cari Lettori incontrano nella Luce qualche
cosa^ che a loro non piaccia, perchè — invece di tentar
di rispondere direttamente, a rischio di suscitare una
lunga e noiosa polemica, o piuttosto a rischio di far
la conoscenza col... cestino — perchè non ci manderebbero articoli tutti obiettivi, che non si pre.stassero
minimamente a repliche nè a controrepliche ; nei quali
i nostri cari Lettori e Collaboratori esprimessero le
loro idee particolari, senza neppur lontanamente accennare a chi ha espresso, prima di loro, idee diverse
od anche contrarie ? La Luce vivamente desidera questa larghezza di testimonianza ; quel eh’ essa odia e
che non permetterà mai sono i nocivi battibecchi. Se
si facesse quel che noi qui proponiamo, il nostro periodico, nelle cose di secondaria importanza, acquisterebbe sempre di più un simpatico rarattere di larghezza e, vorremmo anche dire, di liberalismo, se
quest’ultima parola non avesse ormai in teologia un
senso a noi spiacevolissimo. Così ciascuno potrebbe —
nelle cose di non capitale importanza — mostrar liberamente il proprio pensiero, senza stuzzicar anima
nata; senza provocar polemiche, che — se non altro
ingombrerebbero il periodico ; senza farsi maestro
all altrui coscienza, che sarà illuminata tanto quanto
la sua o forse maggiormente ancora.
Nel caso presente, il sig. Giovanni Rochat — secondo
il metodo sopraccennato — avrebbe dovuto prender la
penna e scrivere un articolo, in cui, senza alludere
nè direttamente né indirettamente allo scritto da lui
incriminato, esponesse obiettivamente il suo modo di
vedere, dimostrando la necessità o 1’ opportunità del
« voto d’astinenza; » e noi naturalmente avremmo
pubblicato senza commenti e con grande piacere ; perchè siamo vivamente convinti dell’efficacia, non già
delle stucchevoli botte è risposte, bensì d’una testimonianza sincera, coscienziosa, come sarebbe stata e
come del resto è quella del nostro caro collega di
Firenze.
Perchè dunque abbiamo pubblicata tal quale la sua
replica ? Abbiamo noi ceduto a un momento di debolezza? Ci siamo noi resi per tal modo rei di parzialità a favore di un caro collega? — No di certo. L’autore dello scritto incriminato siamo noi per l’appunto :
sì che^ è ben certo che, in questo caso, non avverrà
strascico di sorta ; perchè noi spiegheremo qui il nostro pensiero, facendolo poi seguire da un punto incrollabilmente fermo. Si tratta dunque di un caso
speciale.
Dopo questo lungo preambolo che servirà in futuri
casi da questo differenti, rispondiamo al nostro gentile contradditore.
^Egli non ha capito bene la nostra frase « senza voti
d’astinenza che non son da uomo ». Non deve averla
capita, perchè domanda se essi siano « da fanciullo »
o € da degenerato ». No, nè da fanciullo nè da degenerato; ma neppur da uomo. Non crediamo che si possa
caritatevolmente accusare tutti i frati di essere fanciulli 0 degenerati, perchè han fatto voto di castità;
eppure non ci sembrerebbe (e forse non sembrerebbe
nemmeno al signor Rochat) fuor di luogo quest’altra
frase : € Il voto di castità non è da uomo ». Bisogna
esser casti, senza averne fatto il voto, senza esserci
.legati in alcuna maniera; e uomo chi, in ogni momento della vita, sa vincere sè stesso e si mantiene
puro, non è uomo chi non si gitta nel brago per la
paura superstiziosa di trasgredire un voto; è uomo
chi, libero nella propria volontà, resiste e vince I
Questo volevamo dire.
Se ci è lecito di parlar di noi, aggiungeremo che —
come il signor Rochat — beviamo acqua, e così tutta
la nostra non piccola famiglia; e che ad un giovane
membro astemio della nostra famiglia — che ci chiedeva consiglio — abbiam suggerito di non firmare
mai voto di sorta, perchè non sarebbe da uomo. In
Isvizzera, in Inghilterra, in Scozia, il voto eserciterà
un impressione benefica : noi non lo neghiamo, perchè non conosciamo abbastanza quegli ambienti ; neghiamo ohe in Italia il voto abbia efficacia. Quando
ci domandano « Perchè non bevete che acqua ?» ci
affrettiamo ad avvertire : . Non abbiam fatto voto, sa »
e avvertiamo questo, non solo perchè è la verità, ma
perchè sentiamo benissimo che nell’ ambiente in cui
5
LA LUCE
noi viviamo il voto non produrrebbe altro effetto se
non quello di farei stimar strani, originali, allontanando dal nostro ideale coloro che al nostro ideale
vorremmo attrarre. Con la stessa sincerità che anima
il sig. G. Rochat noi siamo intimamente convinti ohe
se la Croce azzurra lavorasse in Italia, senza mai parlar di « voti », farebbe opera almeno doppiamente fruttuosa ; e farebbe, al tempo stesso, opera immensamente
più degna dell’uomo. È uomo chi, innanzi a un bicchiere ricolmo, dice a sè stesso: « Tu non lo toccherai » e lo dice, non pensando a voti ch’egli abbia paura
di trasgredire, ma lo dice pensando alla propria dignità d’uomo ch’egli — che si sente uomo — non deve
contaminare.
Il € voto » è necessario a legar coscienze deboli ? —
Sia pure, ma l’uomo è tanto più uomo quanto più la
sua coscienza è forte. Ne risulta più che mai giustificata la nostra frase. Il vero equilibrio morale —
degno di quell’essere che si chiama « uomo » — consiste nell’astenersi da l’alcool, e non solo da l’alcool
ma da ogni altra cosa cattiva, per virtù d’una coscienza resa forte da debole che era.
Come ci dispiace che il signor Kochat abbia citato
a sostegno della sua tesi, il passo ; « Se l’occhio tuo
ti fa intoppare, cavalo eco. » Non è lecito di sostenere
le proprie idee con passi isolati del Vangelo; e non
è cosa nemmeno prudente, perchè chi abbia anche
una elementarissima conoscenza del Vangelo potrebbe
facilmente ribattere, dicendo : « Sì, caro sig. Rochat,
ma Ella dimentica il fatto delle nozze di Cana, dimentica la S. Cena, dimentica che Gesù Cristo, il nostro
Salvatore e modello, beveva vino ».
Temperanza perfetta, ma senza voti. Fa più impressione una persona che beva vino un giorno all’anno
e acqua gli altri 364 giorni, spontaneamente, perchè
essa vuole così, perchè così ha liberamente imparato
dal divino Maestro, che non una persona che beva
acqua tutti i 365 giorni, perchè vi è vincolata, perchè
ormai non può fare altrimenti !
E’ poi assurdissimo il sostenere, come tanti oggi
fanno, che si debbano combattere, non il peccato, ma
i peccati. Che, a guidare un peccatore a conversione,
si prenda le mosse dal suo peccato più appariscente
(l’ubbriachezza, per es.) è cosa naturalissima ; ma —
quand’anche voi riesciste a vincolare con un votò particolare quella coscienza — se, partendo dal suo peccato più visibile, non arrivate, mediante lo Spirito di
Dio, ad afferrare quella coscienza, a trasfigurare quell’anima, voi avrete un ubbriacone di meno, finch’egli
terrà... sodo, non avrete un essere rigenerato^ Non
discutiamo sul punto di partenza, che può variare in
infinito, che può esser costituito da un peccato particolare qualsiasi; ma se l’opera vostra non scenderà
fin nel profondo dell’anima e non avrà per oggetto
esclusivo la distruzione del ■peccato, farete opera d’epurazione, non di redenzione.
Il cuore deve cambiare, e non solamente un’abitudine colpevole.
Non abbiam quindi nulla da mutare alla nostra conclusione. Non voti d’astinenza, ohe non sòn da uomo.
Non coscienze legate da un voto, ma coscienze rinnovate da lo Spirito di Dio. Dobbiamo combattere una
nobile battaglia, cominciando da l’assaltare la cittadella dell’ubbriachezza o la cittadella di qualche altro
vizio ripugnante altrettanto o,maggiormente ancora;
ma « col solo Evangelo per arme », perchè l’Evangelo
solo (e per l’Evangelo intendiamo il Cristo e il suo Spirito rigeneratore) può trasformare i cuori ; e perchè
la trasformazione dei cuori è il solo mezzo per aver
uomini cesti, temperanti, generosi, veritieri, onesti,
puri, santificantisi.
La Direzione
GaardaDdo attorno
(Noterelle e Spigolature)
Consegnandosi, il 15 corrente, la bandiera donata
dal Ee alla corazzata « Vittorio Emanuele », a Gaeta,
Mons. Ferrare proferì un discorso altamente patriottico.
— Segnamelo col carbon bianco!
*
Se il Ferrare é un buon patriotta, non si può dire
altrettanto del Cardinal Oreglia, decano del sacro collegio ; il quale con una sua circolare del 1. maggio,
ora resa di pubblica ragione dal Giornale d’Italia rimproverava a certi cardinali suoi colleghi e a certi prelati d’aver accettato un invito a pranzo presso l’Ambasciatore americano accreditato presso il Quirinale 1
*
« 4!
Un francescano — padre Angelo da Castelsampietro
(Bologna) — rivelatore di scandali che avvenivano nel
suo convento a Trieste, fu espulso dal guardiano e bandito da la polizia !
L’Austria è degna sorella della Spagna.
Hi
* *
A proposito d’un « muratore vinoso e sanguinoso »
(sudate, o fuochi, a preparar metalli 1) che ha ferita la
móglie, il Corriere della Sera, in uno slombato articolo da secentista inesperto, si lagna con ragione delle
facili assoluzioni che si pronunziano in Italia, quando
il criminale ha commesso il delitto sotto l’influenza...
« vinosa », come direbbe l’egregio articolista.
E l’articolista ne approfitta per mettere in ridicolo
l’episQdio di Noè raccontato da la Genesi. Non sarà
mai il Corriere l’inventore d’una morale più pura di
quella biblica 1
s|f
« *
Nella Libertà, che si pubblica a Fermo sotto gli auspici del Fon. Mnrri, si difendono le idee espresse dal
Mnrri nella nota lettera agli elettori e si mira a mostrare la costanza e la consentaneità delle medesime.
«
« A
Nella stessa Libertà si rimbecca il « Nuovo Giornale » di Firenze, che aveva intitolato un articolo di
fondo con la frase « Fino ad un certo punto », che la
spiritosa - sudicia Turlupineide mette in bocca all’ on.
Murri.
Capidistretto
I Distretti sono stati assegnati agli stessi
Capidistretto; salvo l’Italia Centrale-Sardegna, affidato al sig. B. Revel (Via Rusconi
9, Como) e il Lombardo-Veneto-Emilia, al
sig. D. Buffa (Palazzo Cavagnis, Venezia).
FIORI D’ARANCIO
II 14 corrente si univano in matrimonio il signor
Attilio Jalla del sig. Odoardo, dottore in lettere, futuro
professore alla Scuola Latina dì Pomaretto, e la signorina Augusta Monastier di Losanna.
Auguri cordialissimi.
Ech i del Sinodo
Fu letta dal pastore Janni una relazione — dovuta
al Prof. Dr. E. Bosio assente — su la « posizione degli
Evangelisti nella Chiesa ». E’ stata rimandata a speciale studio. — I membri della Commissione eletta per
studiare la proposta d’un’Amministrazione unica sono
i signori : G. Eibetti, T. Gay, E. Turin, P. Longo e
G. G. Malan. — L’esame della relazione su l’emeritazione (letta dal Dr. E. Prochet) venne rimandato al
prossimo Sinodo. — Venne accettata la domanda di
-emeritazione presentata dal pastore Cav. uff. Weitzecker
Gli auguriamo lunghi anni di lieto ben meritato
riposo !
— Il predicatore d’ufficio al prossimo sinodo sarà il
Prof. Enrico Eivoire. — Supplente il sig. V. A. Costabel.
— La Commissione che dovrà studiare il posto riservato all’ attività femminile nell’ ambito ecclesiastico,
risulta composta dei signori F. Eostan, E. Meynier e
J. Coisson.
Tralasciamo di altre Commissioni e di altre deliberazioni.
La sera del primo giorno del Sinodo (lunedì) ebbe
luogo l’adunanza annuale della Società storica valdese.
Una piacevole relazione su l’anno sociale letta dal
pres. cav. Paolo Longo ; il quale disse delle relazioni
con altre società storiche e della rappresentanza alle
feste calviniane di Ginevra.
Si dispensa ai soci il « Bollettino », boi volume
contenente gli scritti seguenti ; del prof. Jalla : « Qnand
enrent lieu les premières expéditions armées contro les
Vaudois du Piémont » ; — del sig. A. Pascal : « Le
lettere del Governatore delle Valli S. G. Castrocaro ; »
— del cav. T. Gay ; « Trois Documenta de 1655 et
1686 » ; e del prof. Emilio Trou : « Les hérétiques
Vallenses » ; e note bibliografiche.
Discussione intorno al « Bollettino » stesso.
Approvazione del rendiconto economico.
Il seggio fu in parte riconfermato (Cav. Past. P.
Longo pres. ; prof. D. Jahier vice-pres. ; prof. G. Jalla
archivista ; prof. cav. G. Maggiore tesoriere). In luogo
del segretario Past. B. Léger dimissionario, il Cav.
Dr. Teofilo Gay.
— A Sinodo chiuso, giunse da l’on. Facta, sottosegretario di Stato, un cordialissimo telegramma, a cui
fu dal pres. sig. Giampiccoli risposto, vivamente ringraziando.
yella Ptnisola t «clic Isole
Nizza
Apprendiamo con piacere che il nuovo pastore di
Nizza sarà il cav. P. Longo, fin qui pastore a Torino.
* Alassio
Fra breve la signorina Fanny Monti coadiuvata dalla
signorina Giovanna Cousin aprirà una « pensione internazionale » per giovanotte. Per informazioni, rivolgersi alla « Casa Internazionale Monti, Alassio (Eiviera
di Ponente) ».
Novi Liffure
Il XII congresso della Società storica Subalpina,
adunatosi in questa città, ebbe tra i suoi vicepresidenti
il prof. Davide Jahier di Torrepellice.
OLTRE LE <1LFI E I nflRI ^
Svizzera
A Ginevra, magnifica festa religiosa della Croce Azzurra (cioè della Società contro Talcoolismo).
— Chantre, professore di Storia alla Facoltà Teologica deirUnivesità ginevrina, ha dato le sue demissioni.
Egli ha 74 anni ed è malfermo in salute.
— Domenica, 12 settembre, il battaglione ginevrino
N. IO, che si trovava in campo per le grandi manovre,
assistette a un culto all’aperto.
— Lo stesso giorno, il più che ottuagenario padre
Giacinto teneva all’aperto una conferenza religiosa e
morale, presso Versoix.
— Il Convegno di Chexbres si è anche adunato sotto
una tenda capace di oltre 2000 persone.
Francia
Il « Semeur Vaudois » racconta la storia d'una ferventissima cattolica romana di Sornac (Francia). Tra
le cause della conversione di questa donna, che lasciò
il papismo per entrare nella Chiesa cristiana evangelica, è anche la sfacciata ipocrisia del prete, il quale
in una predica usci in queste... amene parole; « Non
andate a sentire il pastore, perchè i protestanti ammazzarono i cattolici nella S. Bartolomeo 1 ».’
Eaccomandiamo questa trovata al giornaletto papista
di Eoma, che scrive la storia dell’ « Inquisizione...
protestante », per l’edificazione dei suoi... 10,000... abbonati e lettori 11
— Le « Protestant » pubblica la storia d’un prete cattolico romano del secolo XVIII—Jean-Arthus Deguip —
condannato ai lavori forzati a vita per « essersi mostrato tollerante verso i protestanti », e più precisamente per non averli denunziati, com’era obbligo di
fare dopo la revoca dell’editto di Nantes, e per avere
unito in matrimonio dei protestanti senza pretender da
loro la dichiarazione d’abiura.
Non meriterebbe un monumento questo glorioso martire della libertà di coscienza?
— Un nuovo tempio evangelico « smontabile » è stato
eretto a Berck-sur-Mer.
Austria
La morte ha rapito ai nostri fratelli d’Austria tre
uomini illustri : il barone Eodolfo de Franz, il dottore
Ferdinando Schur e il dottore Haase ; menti alte, cuori
ferventi.
Il 6 settembre e giorni seguenti ebbe luogo a
Vienua l’ottavo Congresso vecchiocattolico, sotto la
presidenza dell’arcivescovo Gerhard Gul.
Germania
Un giornale tedesco, il « Sìeg-Eheinische Volksbatt »
trova da ridire e invoca l’intervento della polizia, perchè
a Siegen si è aperta una < sala italiana » nella quale
si fa propaganda evangelica.
Belgio
Il campione socialista belga, il deputato Vandervelde, è partito per il Congo ; ove egli si propone di
patrocinare a Léopoldvìlle la causa dei missionari evangelici americani, Morrisou e Sheppard, residenti a Luebo
a più giornate da Léopoldville ; missionari che la Compagnia commerciale della regione del Rasai trae in
giudizio sotto accusa di diffamazione. Quei due coraggiosi banditori dell’Evangelo avevano descritto in più
articoli di giornale le atroci arti di detta Compagnia,
miranti a decimare la razza dei Baknbas e a rovinare
il paese.
L’illustre avvocato socialista, che dovrà starsene as-,.
sente per mesi, non riceverà salario di sorta ; ma solamente il rimborso delle spese dì viaggio e un regalo^
che in America (dice Eoberto Whyte, rappresentante
6
6
LA LUCE
della Missione Americana in Inghilterra) un avvocato
considererebbe sufficiente « per i rinfreschi d’un solo
giorno ».
Che nobile abnegazione !
Stati Uniti
Vediamo con sommo piacere che il grande periodico
« The New-York Observer » parla anch’esso del culto
su la tomba Moody, presenti due figli del celebre evangelista, e il nostro pastore prof. Alberto Clot, rappresentante della Chiesa Valdese negli Stati Uniti ; il quale
proferì un discorso ricco di notizie relative all’opera che
la Chiesa Valdese compie in Italia e in America.
Detto periodico ha parole di viva simpatia per il
prof. Clot, di cui pubblica un bello e somigliantissimo
ritratto, e per l'opera dal prof. Clot rappresentata, e
invita i lettoi’i ad assecondare gli sforzi di lui e quelli
della Chiesa Valdese in generale.
Il prossimo mondiale Congresso delle Scuole domenicali avrà luogo a Washington, in maggio 1910. Il
precedente Congresso aveva avuto luogo in fioma.
ECHI DELLE MISSIONI
Natolo, 15 luglio 1909.
Ai membri delle Zambesie italiane.
Cari amici.
La sedicesima confei-enza missionaria dello Zambesi
tiene questi giorni le sue sessioni a Nalolo, dove il
signor^ e la signora Lageard ci offrono una generosa
ospitalità. Siamo 26 fra missionari e signore e dieci
bambini. Solo la signora Nina dalla è assente, ritenuta
a Livingstone per prestar cure ai cari due bambini.
Mai ci eravamo trovati riuniti così numerosi in Conferenza missionaria. Ahimè, un doloroso lutto ci ha
colpiti nella piena gioia del ritrovo. Il caro fratello
Teodoro Fuhrmann non è più. Istancabile al lavoro,
egli forse non ha badato abbastanza alla sua salute.
Stava per compiere la costruzione d’una cappella ai
mafulo di Lealuy, quando fu preso d’improvviso malore.
Benché immediatamente trasportato dal Dottore a
Mabumbu, spirava tre giorni dopo, confortato ’sino alTnltimo sospiro dalla signora Fuhrmann. Perdiamo col
signor Fuhrmann un giovane e valente collega, energico ed entusiasta dell’opera missionaria. Nella nostra
terribile scarsità d’operai la sua dipartenza impoverisce
doppiamente. Dolorosi sono i nostri problemi attuali.
Invece di progredire siamo costretti ad'a.bbandonare la
primogenita delle nostre stazioni, Sesheke fondata ne
1885 dai colleghi Coillard e Jeanmàiret. E se, alle]
nostre urgenti domande di nuovi operai il Comitato di
Parigi continua a rispondere soltanto con promesse
pel futuro, l’abbandono d’altre stazioni s’imporrà per
mancanza d’operai.
Di chi la colpa se traversiamo si dolorosa crisi ?
Non tanto del Comitato direttore, lo sappiamo. La
colpa la cerchiamo forse nell’indifferenza delie varie
chiese che rappresentiamo e più ancora nell’attitudine
della gioventù cristiana di fronte ai problemi dell’evangelizzazione dei popoli pagani. La vocazione missionaria cosi bella per tutti noi, non attrae più i giovani
¿’oggidì. L’obbligo del sacrificio personale li lascia
indifferenti. Ed intanto per colpa loro il paganesimo
rialza il capo nei nostri campi di missione.
L’abbandono di Sesheke permette al signor Volla
di occupare Mabumbu. In tal modo la signorina Eiener
può prendere un tempo di riposo urgente per riacquistar
nuove forze. Cosi il direttore della Scuola normale
signor Coisson potrà anche lui fra pochi mesi rimetterne per un tempo la direzione al signor Volla ed approfittare d’un congedo di alcuni mesi in Italia, dove
da un anno l’aspettano la moglie e i figli.
La Scuola normale di Mabumbu, inaugurata or sono
due anni, è uno dei rami più interessanti dell’opera
nostra. I suoi progressi ci rallegrano e speriamo vederla fra pochi anni fornirci gl’istitutori indigeni tanto
necessari per le, nostre scuole elementari. Come nel 1906
e più che mai tutte le nostre stazioni soffrono della
nostra mancanza d’operai. Gli alunni non mancano, ma
non c’è una sola scuola in tutta la missione che abbia
il personale insegnante adeguato. Come parlar di progressi in tali condizioni ? E quest’anno non solo mancano gli operai ma mancano i fondi, tanto per mandare
i missionari come pure per le spese urgenti. Più che
mai, come il Macedone gridiamo: « Venite a soccorrerci ».
Tal è la nostra situazione, cari amici, ed è facile
immaginarsi quali gravissimi problemi si presentino a
noi. Non vogliamo ancora perdere coraggio, ma è tempo
ormai d’informare i nostri fedeli amici quanto sia grave
la situazione.
Fratelli, pregate per noi!
Con tali sentimenti la Conferenza manda i suoi cordiali saluti ai suoi amici e collaboratori lontani.
In nome della conferenza Luigi Jalla.
Neirimalaja e nel Tibet
Il duca degli Abruzzi è in via di ritorno dalla
sua esplorazione dell’immane gruppo montuoso delrimalaia, dove sorgono le cime più alte della terra,
tra le quali 1’ Everest ed il Karacorum. Il nostro
principe non è però il primo che abbia tentata l’ascensione di una di quelle cime : innanzi a lui si
segnalarono il colonnello Montgomerie (1856), Schlagintweit, Martin Conwey, il generale Walker, altri
parecchi ancora, compreso lo svedese Sven Hedin.
Del Karacorum molto si è parlato in occasione
della spedizione del duca degli Abruzzi : esso misura 8610 metri, ed è una massa a forma di cono,
con fianchi, in molte parti, dirupatissimi, onde neanche la neve può completamente ammantarlo ; ed è,
dopo il picco dell’Everest, la montagna più alta della
terra. Benché diversi sieno stati gli esploratori della
regione del Karacorum, si hanno finora poche e imprecise notizie. Essa è situata nel nord dell’ India,
ed è formata da una immensa estensione di monti
elevatissimi, di alti piani brulli, deserti e inabitabili;
e solcata e tagliata da valli strette e profonde, quasi
più fenditure che vallate. Essa divide il bacino dell’Indo da quello del Favin.
I primi cenni sul Karacorum — leggiamo nel Secolo del 27 scorso agosto — li dettero il colonnello
Bnrrad e Hayden ; nel 1892 ne riparlò il Conwey,
che s’innalzò fino a 7130 metri. Dieci anni poi l’Eckenstein e Jacot Guillarmod girovagarono per ben
sei mesi pel Karacorum e l’Hindn-Knsch. Ora il duca
degli Abruzzi ha annunziato che ha raggiunti i 7130
metri, e che oltre non prosegui, forse per l’inaccessibilità stessa dei monti e forse ancor più per la
impossibilità di inerpicarsi a simile altezza, che, come
è noto, causa all’organismo umano tali perturbazioni
da non ammettere consumo di energia e forza in
movimenti che importano uno sforzo organico grandissimo : sia per la temperatura diaccia, sia per la
mancanza di acqua, e sia, infine, per la irrespirabilità dell’aria ».
La scienza attende con vivissimo interesse di conoscere i ilsultati ottenuti dalla spedizione, tra i quali
quelli riguardanti la geologia, la botanica, la fauna,
la mineralogia, la climatologia ecc. nonché quelli relativi alla direzione, alla lunghezza, all’altitudine di
quelle catene di monti. Non vi ha dubbio che, anche
dal punto di vista della storia naturale, la spedizione
del duca non abbia ad arricchire la scienza.
Pochi mesi sono, i giornali hanno fatto conoscere
al gran pubblico il nome di Sven Hedin, grande
esploratore svedese, a cui é riuscito penetrare nelle
regioni del Tibet, rimaste finora chiuse ad ogni
straniero, Sven Hedin percorse 1’ Asia centrale in
mezzo a grandissime difficoltà, ma col più brillante
successo avendo scoperto una catena di monti parallela all’lmalaia e quasi della medesima altitudine.
Giunto a Stoccolma e ricevutovi con grandi onori,
egli pronunziò, in un convito, un discorso applauditissimo, in cui disse parole come queste, che di
rado scoccano dal labbro degli esploratori :
« Dobbiamo ricordarci che vi é un Dio il quale
dirige i nostri destini. Io non voglio imporre a nessuno la mia fede su questo punto ; ma io debbo compiangere coloro i quali non hanno imparato a conoscere che le cose stanno cosi. Io ho raggiunto le
sommità più sublimi dell’Asia e del mondo; io mi
vi son trovato isolato e debole ; ho veduto che l’uomo
non può nulla colle sue proprie forze ; e che solamente la mano di Dio, che guida e sostiene, può
condurci sani e salvi traverso i deserti ardenti e
gli spazi immensi. Voi che trascorrete la vita sotto
il cielo natio, nel giro uniforme e costante dei piccoli incidenti quotidiani, voi non avete l’occasione
di conoscere quella solitudine che vi spinge a rac
cogliervi in voi stessi, né meno conoscete l’impressione prodigiosa che può produrre ».
Una diecina di anni fa, Sven Hedin tornava dal
suo primo viaggio nelle regioni tibetane ed imalaiche, e ne pubblicava la relazione. L’intrepido viaggiatore narra die, giunto nel Thacla-Malari, a cui
egli stesso dà il nome di deserto dei deserti, un
terrore indicibile invase gl’indigeni che lo avevano
accompagnato sin là : quasi tutti si rifiutarono ostinatamente a seguirlo più oltre. Le bestie da soma
che avevano resistito fino allora, perirono. I due
servitori rimasti fedeli a Hedin dovettero fermarsi
anch’essi consunti dalla stanchezza e dall’ardor della
sete, non avendo sorbito una goccia d’acqua da una
settimana. Dietro insistente domanda dei suoi compagni, Sven Hedin, stremato, spossato, ma pieno di
invincibile fiducia, si dispose a proseguir da solo il
cammino traverso il deserto infinito.
Parli ora lui. « Per I nltima volta, passai in rassegna i miei bagagli ; mi sbarazzai di tutti gli effetti che non mi erano assolutamente indispensabili,,
e non conservai se non quegli oggetti che mi parvero di assoluta necessità : i miei appunti, le mie
carte, i miei istrumenti di fisica, penne, carta, la
mia Bibbia e la mia raccolta di cantici svedesi ». —
Dopo due giorni di sofferenze ineffabili, l'eroico viaggiatore ha finalmente la ventura di trovar dell’acqna ! « E’ inutile, sciama egli, di descrivere la emozione che mi strinse il petto in quell’istante 1 Prima
di bere, il mio pensiero si volse a chi il lettore può
indovinare. Ciò fatto, tastai i battiti del mio polso
e poi bevetti ! »
Non é questo un tratto eroico ? domanda la Semaine Beligieuse. Che specie di viaggiatore é questi, il quale riarso dalla sete, possiede la forza morale, avanti di dissetarsi di contare i battiti del suo
polso, onde constatare in quale stato di depressione
fisica si 'trovasse in quell’ ora che sembrava forse
1 ultima della sua vita 1 ? E qual cristiano saldo e
fermo é costui che trova naturale, prima di estinguere l’arsura che lo consuma, piegar le ginocchia
per ringraziare Iddio della maravigliosa liberazione
concessagli ! y,
un MOMENTO DI 59A60
Logogrifo acrostico
(FRASE)
6. Studiosi fùr degli astri i figli miei.
9. Prete? No, più che prete alfin son io I
6. Oh come piangi se t’opprimo il cuore!
5. Oggi son buono in te ? Veh come ridi !
6. Fo di me bella mostra alle riviste.
5. Leva possente, sublime sentimento.
8. Lupi? orsi? pantere? Io non li temo.
6. Misura io son del metrico sistema.
4. Di rado tocco a chi da wer mi merta.
6. Qnà... quà... quà..., son piccolino ancora.
4. D’ogni sorta d’erbaggi io ti fo dono.
6. Tagliami tosto se soffrir non vuoi.
7. Molti mi eredon della storia il padre.
8. Vola la barca, se il mio braccio voga.
6. Son protettor dei ladri, già lo sai.
5. Son tonda, sono immensa e giro giro.
6. Terror dei Greci, eppur da quelli spento.
5. Gl’Inglesi son padroni sul mio suolo.
8. Sinonimo io sono di perenne.
4. Pei denti non mi adopri ? Ti compiango !
8. Sono aggettivo che conviene a un topo.
6. Con me cobalti e certo vincerai.
5. Oh come mi sospiri quand’hai sonno 1
8. Son nome del paese di cuccagna.
24. O storia, hai tu segnato al libro d’oro
Questo portento dell’elà moderna.
Per cui l’Italia nostra ancora esulta
E piange Roma di dolor compunta ? Z.
Pubblicheremo il nome di coloro che ci avrannoinviato la soluzione.
Domenico Giocoli, gerente responsabile
Tipografia deH’Istituto Gould Via Marghera 2, Roma
EUillinPiÌrfl Contabile corrispondente, trentanni caruvuiiyuiiuil riera, attualmente occupato presso primaria Ditta Commerciale in Napoli, desidera lasciare
questa^ città per qualunque altra del Settentrionale,
preferibilmente della Toscana. — Rivolgersi al sig.
Gaio Gay, Pastore della Chiesa Valdese, Via Scarlatti^
N. 201, Vomere (Napoli).
7
LA LUCE
IL TRAMONTO DI ROMA
Sludio di sloria e di psicolo
jisi del Prof. 0. Bartoll.
Roberto era di dieci anni più giovane di monsignore ; ancora scapolo,, un beH’uoino anche, ma un
fannullone buono a nulla, se non a bere e a giuncare.
Amava però e rispettava assai suo fratello monsignore,
al quale ricorreva nella sua quasi abituale povertà.
Il primo aveva fatto di tutto per rimetterlo in sesto,
procurargli un impiego e farne un uomo : ma sempre
indarno. Accadde la mia disgrazia. Monsignore chiamò
Roberto e gli propose di sposarmi ; con ciò avrebbe sai.
vato lui e me dall’infamia : e avrebbe tratto sè stesso
dalla povertà, perchè egli mi avrebbe dato una buona
dote. Roberto tutto si commosse al pericolo del fratello
e si offerse a sposarmi. Fu presentato a mia madre ed
a me, e tre mesi dopo eravamo marito e moglie. Ma
quando tornavamo dall’altare, io lo chiamai in privato e gli dissi senza tanti ambagi : « Roberto tu hai
la mia dote : mangiala tutta, se vuoi, ma non chiedermi
altro, perchè io non ti amo. — Ti volevo io stesso proporre la medesima cosa — rispose — e ini giurò che
mi avrebbe sempre trattata da sorella. Egli fu fedele
alla sua promessa.
Subito dopo il matrimonio lasciammo Roma e viaggiammo per la Sicilia. Poi andammo a Napoli, e là tu
nascesti, Bice mia. Un anno e mezzo dopo, io rientravo
a Roma e tu andasti a balia a Frascati. Nessuno sospettò mai il mistero della tua nascita.
Durante il viaggio di nozze e anche a Napoli, Roberto si portò colla massima correttezza a mio riguardo, e per farmi piacere, si tenne lontano dai liquori e dalle bische, e mi fu compagno fedele. Monsignore gli scriveva quasi ogni giorno, ma la soprascritta diretta a lui, conteneva per lo più una lettera
per me sola.
Tornammo, come dissi, a Roma e insieme colla mamma
andammo a stare con monsignore. Roberto, che fuori
di Roma era ritornato uomo, in patria, ricadde negli
stravizii antichi. Ricominciò ad ubbriacarsi.Cosa strana,
tuttavia. Mentre suo fratello aveva in questa parte poco
o nessun influsso sopra di lui, io ne avevo moltissimo.
Quelle sere che era ubbriaco, per non farsi vedere da
me, non veniva a casa, e dormiva in qualche albergo
di infimo ordine o in qualche camera ammobigliata.
Io tentai di richiamarlo a virtù, ma non vi riuscii.
In tutto questo tempo, monsignore mi trattò col massimo rispetto, nè mai fu violata dall’una parte e dall’altra la legge di Dio. Ma un caso fortuito riannodò
la catena delle mie colpe.
Una sera, Roberto tornava a casa, al solito, mezzo
brillo. Accortosi del suo pessimo stato, ebbe vergogna
di sè, e risolvette di andare a dormire presso un’affittacamere. Salì, dunque, al terzo piano d’una casa in
Via Fontana di Trevi. La scala era poco illuminata,
e per giunta, coi gradini di marmo umidi e scivolanti. Al secondo piano egli puntò male il piede, perdette l’equilibrio e ruzzolò giù per una dozzina di
gradini. Al rumore della caduta, accorsero gl’inquiquilini del secondo piano e lo raccolsero. L'affittacamere lo riconobbe, e sapendo di chi era fratello, raccomandò alla gente il silenzio, e ce lo condusse a casa.
Fu chiamato il medico, il quale dichiarò le ammaccature per cosa di niuna gravità. Ma non fu cosi La caduta gli aveva procurato una lesione interna assai
grave, per cagion della quale in capo a un mese morì.
Si sparse la voce che Roberto era morto di malattia
viscerale ed io ricevetti le condoglianze dalle amiche
e dai parenti e vestii il lutto. Avevo appena venticinque anni.
Morto Roberto, l’amore mi spinse di bel nuovo a
riannodare la triste catena delle mie colpe. Il mondo
non si accorse mai di nulla. Nel resto, la mia posizione nella casa di tuo padre era regolarissima. Io era
la vedova di suo fratello, e poi, avevo meco la mamma.
Vi restava la questione della coscienza. Marciano tentò
di persuader sè e me ohe la nostra vita non era vita
di peccato. Non so, se sia riuscito a quietare la sua
coscienza, ma certo io non potei mai addormentare
la mia. Egli mi recava, di tanto in tanto di molte ragioni per scusare o attenuare i miei scrupoli. Io fingevo di credergli perchè amavo il peccato; ma in certi
momenti, nelle ore tristi e silenziose, quando egli era
assente da casa, io sentivo la coscienza martellarmi
dentro il cuore e dirmi con voce terribile : « Va ! Tu
sei una grande peccatrice ! ».
Cercai rifugio allora nelle pratiche divote e nella
divozione ai Santi e alla Vergine. Andavo in chiesa
ogni giorno; facevo di lunghe preghiere, e mi acquistai
fama di persona religiosa e divota. Di più, tentai di
supplire colla carità verso i poveri e colla mansuetudine alle mie mancanze. Per anni ed anni, non ho
mai rifiutato lelemosina ad un povero; mi esercitai
in opere continue di carità, e soprattutto feci prò
posito, e lo mantenni, di compatir sempre i peccati
del prossimo e di non dir male della vita altrui. Ma
ciò non bastava. Volevo trovare un confessore indulgente che mi permettesse di accostarmi ai Sacramenti. Ne trovai uno, un frate piuttosto semplice e
non molto istruito. Cercai di affezionarmelo con qualche regalo; gli donai delle sommette di denaro a titolo di elemosine per messe o per carità, e poi cominciai a dire i miei peccati. Io penso anche adesso,
se egli mi abbia mai realmente capita. In principio, egli mi sgridò alquanto, poi ascoltò e tacque :
e quello che più importa non mi negò mai l’assoluzione sacramentale. Tu, Bice, intanto eri cresciuta e formavi la mia gioia, il mio gaudio e il
mio amore. Passarono dieci anni. Marciano salì, salì
di grado, di onori e di potenza. Io andavo superba
di lui. Iddio calcò la sua mano sopra di lui e sopra
di me. Dio sia benedetto 1 Egli cadde in una malattia mortale. Vicino a morte, si confessò da suo
zio, D. Ottavio, e gli raccontò tutta la sua vita. Io
fui chiamata al letto del moribondo e dinanzi al
Cardinal Sinibaldi giurammo che in avvenire ci saremmo trattati sempre da fratello e sorella. Sopravvisse alla malattia e mantenemmo entrambi il giuramento. Ecco la mia storia. Mi perdoni, tu, Bice ?
La ragazza non rispose colle parole. Si accostò alla
madre, le cinse il collo con un braccio e la baciò teneramente.
D. Ottavio guardava quella scena e n’era tutto intenerito.
— Ora a lei D. Ottavio. Io ho grande stima della sua
scienza e del suo criterio. Crede lei che Iddio mi avrà
perdonato i miei peccati?
— Li ha pianti ?
— Amaramente !
— Li ha gettati nel bagno ardente del Sangue di
Gesù Cristo?
— Spero di sì !
— Ha ferma fede nella espiazione salutare del Figlio
di Dio?
— Con tutto il mio cuore ! Credo che Gesù si è sacrificato pei peccati degli uomini !
— Allora Dio le ha perdonati i suoi peccati.
— Posso star tranquilla ?
— Sì, sulla mia coscienza.
— Non mi saranno essi rinfacciati al Tribunale di
Dio?
— Gesù ha preso sopra di sè i suoi peccati, e li ha
espiati sull’albero della Croce.
— In questo caso, benedico Dio che ha permesso
la scoperta della mia colpa ! Mi sento tutta consolata 1
Qui finì la coversazione e D. Ottavio si ritirò alla
sua camera. Ma nè egli, nè le sue amiche poterono dormire gran che. La signora Maria continuava a piangere sommessamente, e la Bice si agitava del continuo nel letto. Anche a D. Ottavio quel racconto aveva
messo un vero tumulto nell’anima. Finalmente, venne
l’alba, e con essa il sopore prima, il sonno di poi per
tutte quelle anime, travagliate dal flagello doloroso
della vita umana.
XVIII.
La teotaziooe.
La signora Maria, la sera prima, aveva risoluto di
partire colla figlia per Roma col treno delle sei e
sette: ma, a quell’ora, esse stavano profondamente
immerse nel sonno. Anche il direttissimo delle otto
e diciassette le trovò impreparate : furono costrette
quindi ad aspettare il treno delle quattordici e quindici.
La Bice fu tutta contenta di questo ritardo, perchè
poteva ancora intrattenersi con D. Ottavio. Questi, invece, cercava a bella posta di schivarla e non vedeva
l’ora che il treno la portasse via. Quella ragazza cominciava a diventare per lui una vera e propria tentazione. Essa, o non se accorgeva, oppure ne godeva.
Dopo colazione, mentre la signora Maria era occupata altrove, la Bice aperse la camera di D. Ottavio
ed entrò.
— Perdoni, sa? La fretta mi ha fatto dimenticare
di picchiare. Ma ho bisogno di vederla. Ho tante cose
a dirle !
— Beh! dimmele tutte, queste cose, Bice, e spicciati.
D. Ottavio pronunciò queste parole in tono piuttosto aspro, e la ragazza ne fu visibilmente mortificata.
— Oh ! perchè mi maltratta P — fece la Bice in
tono lamentevole. — Forse perchè ieri notte ha sentito la storia delia mia nascita, non ha più stima
di me ?
— Ma no 1 no ! Che c’entri tu colle colpe degli altri ?
Per me, sei e sarai sempre la mia Bice.
— Oh I D. Ottavio, non mi tolga il suo amore ! mi
permetta di volerle bene ! Non posso vivere senza il
suo amore ! Mi dica che mi vuol bene !
— Sì, ti voglio bene, Bice, te ne voglio tanto !
— Già, era scritto in cielo. Come mia madre... Si ricorda di quelle considerazioni che ella mi andava facendo sulle leggi dell’eredità ? Ecco un caso nella mia
persona. È il fato 1 è il destino! Come mia madre...
— Non c’è fato, figlia mia! lia libera volontà può
rompere la triste catena dell’eredità. Questo anche
io ho detto. Non prendere una sola parte delle mie
parole.
— Ma io non ho volontà abbastanza forte per trionfare di quella legge. Imiterò mia madre..
— No, Bice!
— Perchè? perchè?
— Io non sono il Turini !
A queste parole la ragazza rimase come colpita. Abbassò gli occhi un istante e tacque. Poi si riebbe immediatamente.
— Godo — disse — ch’ella non sia il Turini. Lei è
più buono, più dolce, più dotto, più nobile di...
— Di tuo padre — finì Ottavio.
— Sì, di mio padre.
Qui s’interruppe un istante, poi soggiunse:
— Strana condizione la mia ! Ah ! se le mie amiche
sapessero di chi son figlia ! Quantunque, che c’è di
male? E il cardinale? Ohimè! Ieri, quasi quasi l’odiavo :
ora invece sento di amarlo.
— Ma e non sapevi anche ieri che egli ' era tuo
padre ?
— Sì, ma non ne avevo assoluta certezza. Ora l’ho.
— Sì, fai bene ad amare il cardinale. In fondo in
fondo, egli è buono e merita tutto il tuo amore.
— Amerò il cardinale ed amerò anche lei.
— Sì, amami pure; ma ascoltami bene. Tu ami in
me l’ingegno, la bontà di cuore, la scienza e le altre
qualità morali che tu dici di trovare in me : non è
vero ?
— Sì...
— Ebbene I Tutte queste qualità sono spirituali. Ama
dunque la mia anima, il mio cuore e frenati da tutto
ciò che potrebbe sapere di peccato. Io non voglio trasgredire la legge di Dio.
— Fin dove arriva la legge di Dio?
— Non sottilizzare troppo, figlia mia, sul lecito ed
illecito! Ciò corrompe il carattere e crea l’ipocrisia
spirituale. Camminiamo nella semplicità e nella carità ! Interroga il tuo cuore ; domanda a te stessa
quale sia < il vero amore », e sentirai come voce interna gridar alto: « il vero amore è amor d’amicizia,
e null’altro.
— Esiste il puro amor di amicizia fra uomini e
donne ?
— E perchè no ?
— Si sentono tanti fattacci...
— Perchè il male fa più fracasso che il bene : perchè
uno scandalo è saputo da tutti, laddove un’azione virtuosa passa inosservata ai più... perchè...
E qui il giovane guardò l’orologio e s’interruppe.
— Bice — disse — siamo intesi. Tu vai dai Lincoln ora.
— Va bene : andrò dai signori Lincoln, e vi starò
finché mio padre non si sarà placato.
— Figlia mia, non abituarti a dare questo nome al
cardinale, altrimenti ti potresti tradire in pubblico, e...
— Che importa, Ha egli forse ragione di vergognarsi
di mamma e di me?
— No ! no ! ma... insomma. Bice, hai perduta la testa ?
Vuoi che m’inquieti davvero ?
— Sì, s’inquieti 1 Non l’ho mai veduto arrabbiato !
Mi piacerebbe tanto di vederla andare in collera !
D. Ottavio non potè a meno di non ridere.
— Pazzerella — disse — se mi arrabbiassi per davvero, ti metteresti a piangere. — Quantunque donna,
sei ancora bambina.
— Bambina io?
— In certe cose sì. Dunque, Bice cara, mi raccomando che presso i signori Lincoln tu usi la massima prudenza, sia per riguardo al cardinale, come
anche per mio amore.
— Sì. Parò tutto quello che lei vuole : ma a un patto.
— Quale?
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(26) {Continua).
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