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Anno 127 - n. 6
S febbraio 1991
L. 1.200
Sped. abbonamento postale
Gruppo II A/70
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a : casella postale - 10066 Torre Pellice
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
DALLE CHIESE
il fuoco!
Diciotto organizzazioni non
governative, la maggioranza delle quali legate alle chiese cristiane, hanno chiesto al segretario delle Nazioni Unite (ONU)
e ai paesi membri del Consiglio
di sicurezza il « cessate il fuoco » nella guerra del Golfo.
Il Consiglio ecumenico delle
chiese, la Conferenza delle chiese europee, il Movimento internazionale per la riconciliazione,
l’Alleanza riformata mondiale,
l’Alleanza mondiale delle unioni
cristiane dei giovani, la Federazione mondiale degli studenti
cristiani, l’Alleanza mondiale
delle unioni cristiane femminili,
in un loro documento, sostengono che provano « orrore davanti
ai raid aerei che hanno luogo
sul Kuwait e sull’Iraq e davanti al fatto che si tenta di giustificare queste azioni di guerra
riferendosi al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite » e che
quest’ultimo « ha abdicato alla
sua responsabilità ».
In Francia, il past. Jacques
Stewart, presidente della Federazione protestante di Francia,
ha dichiarato: « Non c’è mai un
punto di non ritorno. E’ ancora possibile che l’uso delle armi ceda il passo al negoziato...
Diventiamo artigiani del dialogo
e della parola libera».
Negli Stati Uniti una delegazione di 32 dirigenti di chiese
cristiane, di ritorno da un pellegrinaggio di pace a Baghdad,
Gerusalemme e Beirut, ha scritto un messaggio urgente a
George Bush: « Non condurre la
nostra nazione nell’abisso. Prima che sia troppo tardi aggiorna l’azione militare, dà un’altra
possibilità alla pace ».
In Svizzera la Comunità di lavoro delle chiese cristiane riconosce che « il nostro paese ha
contribuito ad armare la regione del Golfo. Abbiamo spesso
mancato nella solidarietà verso
gli abitanti di quei paesi. Dobbiamo impegnarci perché le nostre relazioni commerciali siano orientate da criteri etici e
perché le esportazioni di armi
siano vietate ».
Le chiese del Canada e il Consiglio delle chiese del Medio
Oriente, in un comunicato congiunto, chiedono alle Nazioni
Unite e a tutti i paesi implicati
nel conflitto di « tornare ai negoziati e di ritirare tutte le
truppe e agli iracheni di ritirarsi dal Kuwait ». I due organismi chiedono poi una « conferenza di pace internazionale
sui confiitti non risolti nella regione, compresi i problemi della Palestina, del Libano e di Cipro ».
In Germania la campagna delle donne di Shéhérazade chiede
un referendum mondiale per o
contro la guerra. Questo referendum dovrebbe essere organizzato in tutti i paesi implicati dalle organizzazioni internazionali deirONU per la salute
(OMS), l’educazione (UNESCO)
e l’infanzia (UNICEF).
In Italia la Federazione delle
chiese evangeliche (vedi a pag.
5) in una lettera alle chiese
chiede di « continuare a dire No
alla guerra » manifestando per
il cessate il fuoco, per l’osservanza stretta dell’embargo, per
il ritiro delle forze multinazionali ed esprime la solidarietà a
quanti rifiuteranno il conflitto
per motivi di coscienza.
G. G.
LE SPERANZE DEI PACIFISTI - 2: ERIK KOLBELL, NEW YORK
Un movimento di resistenza
L’impegno delle chiese statunitensi contro la guerra: veri e propri santuari che offrono
asilo agli obiettori di coscienza - Cogliere ogni occasione per lanciare iniziative di pace
Le chiese americane sono in prima linea nella lotta contro la
guerra del Golfo. Molte chiese, tra cui la Riverside Church a New
York, sono diventate santuari, cioè luoghi di accoglienza per chi
pratica Tohiezione alla guerra. Sui problemi del pacifismo in USA
abbiamo intervistato telefonicamente il past. Erik Kolbell, della RIverside Church.
Altre notizie sul pacifismo americano a pag. 2 In una corrispon
4 ' . Jf”- .
denza di Frank Gibson.
— I giornali americani hanno
cominciato a discutere di progetti, di « scenari » per il dopoguerra e in questa discussione,
come nel discorso del presidente Bush al Congresso («Lo stato
deU’Unione », martedì 29 gennaio, ndr) abbiamo notato come
le Nazioni Unite non vengano
praticamente più nominate, siano scomparse dalla scena e che
anche i palestinesi sono scomparsi come stracci all’aria. Qualche. commento, dal punto di vista delle reazioni del movimento per la pace?
— Il movimento per la pace in
questo paese ha nutrito grandissime speranze per l’emergere di
un potere, di un’autorità delle
Nazioni Unite, tra agosto e novembre. Quello che si sentiva
dire di continuo qui era: « Finalmente c’è l’occasione di vedere le Nazioni Unite svolgere
il ruolo per il quale erano state
create ». E penso che di conse
guenza ci sia stata un’enorme
sensazione di disinganno, di malcontento nel vedere poi in che
modo il presidente Bush ha strumentalizzato il Consiglio di si
(G.G.)
curezza delle Nazioni Unite. Siamo tutti perfettamente consapevoli del tipo di « accordo » che
ha fatto con i membri del Consiglio di sicurezza per ottenere
la risoluzione che ha ottenuto,
con l’autorizzazione all’uso della forza. Gli stessi termini della
risoluzione sono molto cauti, si
parla non di « uso della forza »
ma di « tutti i mezzi necessari »,
quanto è bastato a Bush per raggirare le Nazioni Unite quandb
ha, di fatto, dichiarato una guerra. Questo ha fatto, ha prostituito le Nazioni Unite, le ha rese impotenti e contemporaneamente è riuscito a presentarsi
come uno che aveva ricevuto la
loro benedizione.
— Questo è interessante per
noi, perché l’intervento militare italiano è stato chiesto e ottenuto in Parlamento proprio facendo leva sulle risoluzioni delrONU.
— Le prime risoluzioni, quelle
che chiedevano sanzioni economiche, le avevamo prese molto
sul serio, ma quel che è successo poi, e che non approviamo.
La Riverside Church di New York.
è che dopo le elezioni di novembre Bush ha inondato il Medio
Qriente di truppe americane e
ha cercato retroattivamente di
ottenere la benedizione delle Nazioni Unite.
— Diresti che questo è, in generale, lo stato d’animo prevalente nel movimento per la pace negli Stati Uniti?
— Penso che questa sia la posizione generale: crediamo anco
IL PERDONO CHE VIENE DALLA CROCE
Cristo ci vuole liberi
« Se dunque il Figliuolo vi farà liberi, sarete
veramente liberi» (Giovanni 8: 36).
Lo scorrere del tempo non sembra scalfire la
pagina celebre dei Fratelli Karamazov relativa
all’incontro fra Gesù ritornato in terra e il Grande
Inquisitore, vecchio cardinale della Spagna del
’500. Nell'era del trarnonto delle ideologie e del
trionfo del pragmatismo e dell’economia sulla
politica, le accuse del vecchio saggio, principe
della chiesa, a Gesù appaiono più che mai attuali:
Gesù fece male a respingere sdegnosamente le
tre proposte che lo Spirito intelligente e terribile
gli fece all’inizio del suo ministero pubblico.
La prima: « Vedi tu queste pietre in questo
infuocato deserto? .Mutale in pani e l'umanità
sorgerà dietro a te come un riconoscente e docile
gregge, con l’eterna paura di vederti ritirare la
mano e rimanere senza pani ». « Ma tu » dice il
Grande Inquisitore a Gesù, « tu non volesti privare
l’uomo della libertà e respingesti l invito perché,
così ragionasti, che libertà può mai esserci, se
l’ubbidienza è comprata col pane? ». La diagnosi
è lucida ed esatta: Cristo ci ha considerati capaci
di un libero ascolto dell’Evangelo e non ha comprato la nostra libertà riempiendo il nostro stomaco.
L’analisi del vecchio cardinale prosegue cinica e
trasparente: « E’ certo vero quello che tu dicesti,
non di solo pane l’uomo vivrà, certo perché c’è
qualcosa di più importante del pane ed è la coscienza. Il segreto dell’esistenza urnana infatti non
.sta nel vivere soltanto, ma in do per cui si vive.
L’uomo si inchina a chi gli dà il pane, giacché
nulla è più indiscutibile del pane, ma se qualcun
altro si impadronirà allo stesso tempo della sua
coscienza, allora egli butterà via anche il tuo pane
e seguirà colui che avrà lusingato la sua coscien
za... Qra ci sono tre sole forze capaci di vincere e
conquistare le coscienze dei deboli ribelli per la
loro felicità: il miracolo, il mistero, l’autorità, e
tu respingesti tutte e tre ».
Gesù respinse infatti l’invito di Satana a buttarsi
giù dal tempio come lo respinse quando, mentre
stava morendo sulla croce, qualcuno gli gridò:
« Se sei Figlio di Dio scendi giù dalla croce e
crederemo in te ». Cristo, è vero, almeno una volta
sfamò una moltitudine per mano dei suoi discepoli e operò delle, guarigioni, risuscitò perfino
qualcuno, ma questi erano solo dei segni, delle tracce sul suo cammino di quel Regno che lui inaugurava. Mai propose ad alcuno il discepolato sulla
base dei miracoli. Come anche Cristo rinunciò a
gestire in proprio il mistero, egli venne al contrario
per rivelare nel quotidiano il volto di Dio, lasciare
nel linguaggio semplice delle parabole la traccia
di un Dio vicino e amorevole. Cristo respinse
infine le lusinghe del potere e dell’autorità. Egli
rifiutò tutto questo rispettando l’umano e la sua
libertà, scommise sulla libertà delle coscienze ma,
ahirné, perse. L’Inquisitore aveva in questo ancora
ragione. La sua croce, è infatti il risultato del fatto
che non siamo in grado di respingere le lusinghe
di Satana, troviamo ancora oggi le sue proposte
affascinanti disprezzando l’offerta di libertà. E
allora? C’è un seguito: la croce di Cristo non è la
fine, il sigillo della nostra incapacità di essere veramente liberi. Cristo è sì morto per il nostro peccato ma Dio l’ha risuscitato perché nel perdono
offertoci dal Cristo crocifisso noi avessimo un’altra possibilità di libertà e di fede.
Cristo ci vuole liberi. La croce ce lo consente.
Lo Spirito del Risorto ci sostiene.
Anna Maflei
ra nelle Nazioni Unite e crediamo che dojK) la guerra ci sarà
molto da riflettere, molto lavoro
di analisi interna da fare, perché penso che ci ritroveremo con
gli stessi problemi che C’erano
prima. Ci ritroveremo con il problema palestinese, con fazioni in
guerra tra loro nel mondo arabo,
tra spinte fondamentalmente economiche e islamiste, con una
reazione alla presenza americana sempre più marcata da sdegne e avversione.
— Quanto ai palestinesi è un
problema sentito da molti, in
Europa, è un problema che sentiamo vicino, ci preoccupa quel
che potrà accadere a questa gente. Anche per questo siamo preoccupati per l’atteggiamento dei
media verso le Nazioni Unite e
le loro risoluzioni messe in sordina...
— Non penso che si debbano
abbandonare le Nazioni Unite.
Penso che si dovrebbe premere
su^i Stati Uniti perché la piantino di fare i bulli con le Nazioni'Unite... visto, tra l’altro, che
non paghiamo neanche il nostro
contributo all’organizzazione. Per
quel che riguarda la questione
palestinese si deve ricordare con
forza che ci sono risoluzioni votate dal Consiglio di sicurezza,
a cominciare dalla 242.
— E quelle contro l’annessione
di Gerusalemme...
— Certo, e tutto questo deve
essere messo sul tappeto, quale
che possa essere l’atteggiamento
dei palestinesi nella guerra.
— La reazione di Adam Keller, un israeliano che si batte
contro la guerra con cui abbiamo parlato qualche giorno fa (v.
n. 5), è. sostanzialmente questa:
« Sono coinvolto perché la mia
persona è fisicamente in pericolo, una bomba mi può cadere
in testa da un momento all’altro, ma la solidarietà con Israele
non significa che si debba appoggiare il governo di Shamir,
o essere a favore della guerra ».
a cura di Sandro Sarti
(continua a pag. 3)
2
commenti e dibattiti
8 febbraio 1991
LE DONNE FANNO LA PACE
DA UN PASTORE EMERITO
Lettera da Cassiopea
A tutte le donne delle Chiese evangeliche in Italia
Cassiopea è un luogo di
incontro e riflessione sulla fede e la teologia che
diverse giovani donne con
riferimento alla FGEI
hanno proposto ormai da
un anno. L’ultimo incontro
è stato a Roma, il 26 e
27 gennaio: nella situazione che viviamo abbiamo
pensato di invitare le donne in particolare a riflettere sulla guerra in corso
e sulla cultura della pace
e a compiere gesti che esprimano questa volontà
di pace.
Noi affermiamo che la
pace è uno dei modi in
cui si manifesta e si annuncia il regno di Dio.
Pensiamo che rincontro
tra popoli e persone diverse e che si trovano su
fronti opposti sia l’annuncio più concreto della riconciliazione che Dio ha
operato in Cristo. Pensiamo anche che la pace non
sia una piatta situazione
di uniformità in cui è
vietato esprimere i conflitti e le contraddizioni. Riteniamo però che il loro
superamento può avvenire
solo se ci si ascolta con
disponibilità ad accogliere
esperienze della vita e del
mondo diverse dalle nostre.
Per questo non vogliamo credere alle affermazioni fataliste del tipo: «E’
sempre stato così, l’uomo
(sic) non impara mai abbastanza la lezione della
guerra, la guerra è un male inevitabile ». Crediamo
ancora infatti alla trasformazione che lo Spirito di
Dio opera nei nostri cuori, crediamo ancora che la
conversione sia possibile e
crediamo anche alla parola di Paolo che dice: « Non
essere vinto dal male ma
vinci il male con il bene »
(Rom. 12: 21). E’ possibile
non farci trascinare dal
consenso televisivo e ragionare con la nostra testa, è possibile esprimere
il nostro dissenso e la nostra scelta di pace.
Ma come donne cosa abbiamo da dire?
Non ci soddisfa e non
ci basta l’affermazione che
le donne sono estranee alla cultura dell’aggressione
e della guerra, in quanto
portano la vita. Certo, questo è un rito antico, che
le madri piangano mentre
i padri inviano i figli a
combattere e morire. Dobbiamo affermare con forza
la nostra vicinanza alla vita, come donne in modo
particolare. Ma questo
non basta a scaricare le
nostre responsabilità. Il discepolato non si basa su
un’appartenenza biologica
al genere femminile, ma
sull’agire all’interno della
volontà di Dio (Luca 11:
27-28).
Ancora una volta siamo
forzate ad entrare in una
discussione e in una situazione della storia creata in larga parte da uomini. Non sarebbe meglio
chiamarci fuori da ogni responsabilità?
« La guerra la fanno gli
uomini (maschi) »: neppure questo è più vero, fra
i soldati americani in Arabia, ahimè, vi sono numerose donne in veste di militari e ufficiali.
« La guerra nasce dallo
spirito di aggressività e
dominio prepotente e violento con cui gli uomini
(maschi) affrontano la vita, superiori e prepotenti
anche sulle donne. Il maschilismo, insomma, porta
con sé violenza, razzismo,
bellicismo ». Certo questo
è un aspetto importante
su cui riflettere, ma quanto siamo anche noi, donne, coinvolte in questa cultura « maschilista », protagoniste e complici di gerarchie, dominio, prepotenze e violenze?
Per poter dire no alla
guerra dobbiamo saper
prendere le distanze da un
modo di vita basato su
quei valori.
La pace ha bisogno della nostra visione, deUa nostra speranza e delle nostre azioni.
Vi invitiamo perciò ad
aggiungere le vostre riflessioni a quelle che proponiamo sopra, in modo che
questa lettera si arricchisca di tutte le cose che
come donne possiamo inventare. La cultura della
pace si costruisce oggi in
primo luogo come una critica alla violenza della
guerra che avvelenava già
subdolamente la nostra democrazia prima del 17
gennaio: basta pensare al
commercio degli armamenti che ha tanto arricchito
i paesi occidentali, anche
l’Italia, ed ha armato e
sostenuto il regime di Saddam Hussein.
Proposte di azioni per la
pace
1. Proponiamo come
prima cosa di prendere
contatto con le donne in
nero che si riuniscono in
ogni città il mercoledì dalle 18 alle 19. Dove non esistono, possiamo creare noi
questo segno di solidarietà. Si tratta di un movimento nato in Palestina
dalla volontà di pace di
donne israeliane e palestinesi: vestite di nero, in silenzio, con dei cartelli, dicevano il dolore della guerra e anche la forza della
pace che nasce dall’incontrarsi al di là delle barriere dell’odio. Oggi questo segno è ripreso dalle
donne italiane, e vi invitiamo a farlo vostro.
2. Le donne e le casalinghe in modo particolare hanno modo di muoversi, nei negozi, al mercato, fra vicine, in un mondo di relazioni in cui è
relativamente facile mettersi a parlare della pace.
Invitiamo tutte a « parlare
a tempo e fuori tempo »
del fatto che la pace è
possibile e che bisogna arrivare al più presto al cessate il fuoco.
3. La pace però può
nascere solo da un nuovo
e più giusto ordine internazionale. Così le donne
possono porre maggiore
attenzione ai prodotti che
acquistano. In particolare
in quest’occasione si tratta di colpire quei prodotti legati ad una responsabilità italiana diretta nella
guerra: segnaliamo soltanto la Parmalat, per la pubblicità sulla VI flotta, e
la BNL, per i finanziamenti fatti all’Iraq. Altre mar
. che potranno essere segnalate da ognuna di voi
ed aggiunte.
4. Sempre in questo
ambito dei consumi, pro
prio la guerra del Golfo
si configura come guerra
assurda per una risorsa energetica non rinnovabile,
come il petrolio. L’inquinamento del Golfo stesso
attraverso una chiazza di
petrolio mette in crisi anche i rifornimenti di acqua per l’Arabia Saudita.
Questo ci deve far riflettere sugli sprechi di energie non rinnovabili e spingerci a trovare alternative
a livello della nostra società. A livello personale si
tratta di ridurre i consumi di benzina, acqua e luce e ogni altra energia che
utilizziamo in modo spesso esagerato.
5. Infine, ma non è certo l’ultimo punto in importanza, si tratta di sconfìggere la logica del nemico che ancora una volta ci
viene proposta attraverso
le immagini dei fronti contrapposti. Facciamo ogni
gesto possibile per incontrare e dialogare con gli
arabi, i musulmani, le donne immigrate e musulmane. Cerchiamo anche il dialogo con gli ebrei, le donne ebree. Forse proprio da
piccoli gesti di solidarietà
e vicinanza fra donne di
culture diverse può nascere ancora una pace possibile.
Cerchiamo la pace delle
armi subito, per impegnarci più seriamente a costruire la pace che si semina nella giustizia (Giacomo 3: 18).
Cassiopea
Roma, 27 gennaio ’91
WASHINGTON, 26 GENNAIO 1991
Rispetto alla protesta per il Vietnam il
movimento di resistenza alla guerra è partito eon un anticipo di anni. Tutte le chiese
più importanti partecipano. Alla manifestazione di Washington del 26 gennaio quel
che colpiva era il numero impressionante di
neri, di ’’patrioti” con bandiere americane
per la pace, ragazzi delle superiori, gruppi
familiari...
Eccovi una selezione di striscioni e cartelli che possono interessare i lettori:
Svegliatevi! c’è gente che muore
Basta con le menzogne! Fermiamo que
[STA follia!
A QUANDO UN ultimatum PER LA POVERTÀ?
Ammazzarne uno è assassinio - ammaz
[ZARNE DIECIMILA È POLITICA ESTERA
Basta una parola: NO
Bush, va’ a giocare con qualcos’altro
Diamo una calmata alla tempesta (nel
[deserto)
Beati quelli che si adoperano per la
[pace
Non uccidere
Mamma mi ha detto che fare a botte non
[risolve niente (un bambino)
Dichiariamo la face
Niente sangue per il petrolio
Quante vite al litro?
Solidarietà con le truppe = riportia
[mole a casa
ONU, NON USA
Che tutte le bombe arrugginiscano in
[pace
Presbiteriani per la pace (striscione)
Donne contro la follia militare (stri
[scione)
lo SONO un ebreo a favore dei diritti dei
[palestinesi
Se la gente prende l’iniziativa i capi
[dovranno seguire
I ricchi diventano più ricchi, I poveri
[vanno in guerra
La guerra costa cara - la vita umana è
[senza prezzo
Prevenire
la guerra
In un momento carico di angoscia occorre pregare e aver fede in Cristo
Le parole dei pacifisti
A testimonianza dell’impegno delle chiese americane per la pace e il cessate il fuoco nel Golfo riceviamo dal past. Frank Gibson, che insieme alla moglie Maria ha
partecipato alla manifestazione pacifista di Washington del 26 gennaio scorso, questo contributo.
America, chi ti ha detto che ammazzare
[vuol dire lavorare per la pace?
L’aggressione si combatte con l’esem[pio, non con l’imitazione
Scuole superiori dell’area di Chicago
[contro la guerra (striscione)
Metodisti per la giustizia e la pace
[(striscione)
Dio ci salvi da noi stessi
Scegliamo la vita - Deut. 30
Basta con gli eserciti di occupazione
Cerchiamo di salvare vite umane, non
[la faccia
Reduci del Vietnam contro la guerra
[(striscione)
Martin (Luther King) vorrebbe che mar
[CIASSIMO PER LA PACE
Combattete l’aids, non gli arabi!
Silenzio = morte
Non tiro su figli perché ammazzino i
[figli di altri (una madre)
La forza è un segno di debolezza
Vogliamo giustizia, vogliamo pace, vogliamo GLI Stati Uniti fuori dal Medio
[Oriente
Pace, non profitti
Occhio per occhio = tutti ciechi
La tragedia vera non è la brutalità dei
[’’cattivi” ma il silenzio dei ’’buoni”
Pace mondiale, non polizia mondiale
Questa guerra è solo un sintomo.
Al nostro ritorno da Washington a New
York abbiamo appreso che la Riverside
Church (battisti, riformati) di New York
aveva 1 intera assemblea del culto dornenicale, con solo 4 voti contrari — deciso
di dichiarare la Riverside Church ’’luogo
d asilo per gli obiettori di coscienza alla
guerra.
Sì, lo Spirito aleggia ancora sulla superfìcie delle acque (Gen. 1) e si fa udire nel
deserto (Marco 1).
Frank S. Gibson
The American Waldensian Aid Society
Pochi giorni fa ho udito
alla radio questo pensiero:
« La guerra è un mistero ».
E mi sono domandato: ma
è proprio vero? No, la guerra è una realtà diabolica
con radici molto profonde
scavate dello spirito del
male, che è nascosto nella
natura dell’uomo.
La guerra non « scoppia », come si usa dire. La
guerra è sempre voluta e
scatenata da uomini. La
guerra non è una fatalità
né tanto meno un fenomeno
indipendente dalla volontà
umana come, ad esempio,
un terremoto o una qualsiasi calamità naturale; E
siccome è voluta dall’uomo,
è ovviamente su di esso che
occorre riflettere e meditare, affinché ogni essere
umano sia liberato dal suo
istinto del male dal quale
provengono le guerre.
Fortunatamente nel mondo sono sempre esistiti uomini e donne dotati di amore per la pace, in obbedienza alla parola di Gesù:
« Beati i mansueti... che si
adoperano alla pace » (Matteo 5: 5, 9). Ed anche ai
tempi di Isaia si invocava
la pace (Isaia 2: 4). E’ confortante constatare che da
alcuni decenni in parecchie
nazioni sono sorti uomini e
donne, vecchi e giovani, che
non esaltano più la guerra
come accadeva in un passato neanche tanto remoto.
Uomini e donne che credono e si danno da fare per
la pace fra tutti i popoli.
Peccato che i portatori di
pace siano ancora una minoranza priva di potere politico, mentre quelli che
scatenano le guerre sono
gli uomini di potere!
Noi possiamo apprezzare
i movirnenti contro la guerra che si sono manifestati
un po’ ovunque di recente,
ma gridare oggi contro la
guerra ed invocare la pace
è proprio, come si dice,
« chiudere la stalla quando
i buoi sono ormai fuggiti ».
La guerra, anche quella
ora in corso, bisognava prevenirla fino da 50 anni fa
mediante una politica economica e di libertà fra quelle nazioni che potevano diventare — come sono diventate — focolai di guerra. Invece non è stato fatto niente. Nessun impegno per stabilire un ordine di sviluppo e di pace, ma piuttosto
azioni di avidità di potere
e di sfruttamento delle risorse petrolifere. Anziché
operare per la pace, le nazioni più ricche e sviluppate hanno inventato, costruito e venduto armi sempre
più micidiali, particolarmente al « neo Hitler »
Saddam Hussein.
Come è possibile pretendere da Saddam di non uccidere, di non usare i gas
e le armi chimiche che
« noi » gli abbiamo venduto
(e gli abbiamo anche fornito i tecnici per insegnare
agli arabi l’uso di quei mezzi)? Ma — e questo è molto grave! — quelle forniture di guerra rendevano
migliaia di miliardi.
Ora, con tutta la comprensibile paura e lo spavento di quelle diaboliche
armi costruite da noi e
adesso puntate contro di
noi, stiamo subendo con
tremendo sgomento le terribili ed imprevedibili conseguenze dei nostri imperdonabili errori!
In questa tragica situazione non ci rimane altro
da fare che pregare intensamente il Signore implorando il suo perdono per i
nostri errori e per i nostri
peccati, chiedendo che egli
provveda a far cessare questa guerra e tutte le guerre, nessuna delle quali è
mai giusta!
Nel Cimitero monumentale di Milano c’è un artistico monumento a ricordo
delle vittime di un atto terroristico avvenuto nel 1919
al teatro ’’Diana” di Milano
con 19 morti e più di 100
feriti. E’ una grande statua
in bronzo che rappresenta
il Cristo con le braccia
aperte, e sotto di essa la
scritta: « E io vi avevo detto di amarvi gli uni gli altri ». Davanti alle macerie
del muro di Berlino abbattuto è stato scritto: « Mai
più guerre! ».
Invece: « Oggi Satana
passeggia e cammina per la
terra» (Giobbe 1: 7). Fino
a quando?... Gesù ha lasciato detto: « Nel mondo avrete tribolazione; ma fatevi
animo, io ho vinto il mondo » (Giov. 16: 33).
Non lasciamoci dunque
sopraffare dallo sgomento e
conserviamo salda la nostra fede e la nostra speranza in Cristo Gesù, che è
il Signore del cielo e della
terra, adesso e per l’eternità.
Giuseppe Anziani
Abbonamenti 1991
ITALIA
Ordinario annuale L. 46.000
Semestrale L. 25.000
Costo reale L. 70.000
Sostenitore annuale L. 85.000
ESTERO
Ordinario annuale L. 80.000
Ordinario (via aerea) L. 140.000
Sostenitore L. 150.000
Semestrale L. 45.000
Da versare sul c.c.p. n. 20936100 intestato a A.I.P. - via Pio
V, 15 - 10125 Torino.
■ Chiedete tre copie saggio gratis telefonando al n. 011/
655278 0 inviando un fax al n. 011/657542.
3
8 febbraio 1991
vita delle chiese
CONVEGNO A PORTICI MovImento di resistenza
Diaconia per minori
Un’utile occasione di dibattito e confronto tra gli operatori del
settore: i problemi comuni e le piste su cui continuare a lavorare
Indetto dalla Tavola valdese e
organizzato dalla Commissione
per la diaconia della chiesa, il
convegno su « Diaconia per minori » ha riunito a Napoli, nei
giorni 26-27 gennaio, 35 rappresentanti di diverse opere sociali
che operano in questo settore,
dal nord al sud.
Ospitati nelle strutture di « Casa materna », un’opera sociale
della. Chiesa metodista presente
da 85 anni nell’hinterland napoletano, a Portici, i partecipanti
al convegno hanno visto quanto
in queste strutture si fa per i
minori: gestione di un servizio
scolastico, di un convitto, di un
liceo linguistico, con un’utenza
giornaliera di 210 minori di cui
60 ospitati in comunità alloggio,
provenienti da situazioni familiari a rischio.
Nel suo saluto, che ha aperto
i lavori, il moderatore della Tavola valdese ha precisato che il
convegno si colloca all’interno di
un obiettivo che Tavola e CIOV
stanno perseguendo; quello di una riorganizzazione della diaconia che rilanci e programmi sia
rincontro tra chiese ed opere,
sia il confronto tra opere unificate da una stessa tematica di
servizio.
Un’esigenza, questa, sentita anche nell’ambito dei Dipartimenti
diaconali che operano in aperta
collaborazione con il Servizio sanitario nazionale, che prevede
un raccordo operativo tra pubblico e privato.
Quella dei minori è una larga
fetta di umanità dalla quale la
chiesa non vuole e non può estraniarsi; l’avvento in Cristo
del Regno di Dio, dell’economia
dell’amore, della solidarietà, della speranza in una umanità nuova e riconciliata, è più forte, nonostante le poche forze a disposizione, delle difBcoltà che quotidianamente si incontrano.
Ampia è poi la cerchia di amici, di chiese, italiane ed estere,
che sorreggono questo tipo di
diaconia.
La vita delle
singole opere
Da Palermo, il Centro diaconale « La Noce »: le sue strutture ogni giorno annoverano una
presenza di circa 350-400 minori,
25 classi di scuola elementare,
4 sezioni di scuola materna, una
comunità alloggio con ambienti
personalizzati; soddisfacente è il
collegamento con il Tribunale
dei minori, migliorabile quello
con gli altri enti.
La didattica è sempre in evoluzione, aperta anche ai portatori di handicap inseriti a pieno titolo in un’organizzazione
scolastica che prevede per tutti
tempi di classe, tempo libero,
di terapia in ambienti didattici
e sperimentali che rispondono
bene alle varie necessità. Da poco si è aperto un consultorio
per giovani, con un « telefono
amico » si attua un solidale collegamento con una realtà quartierale e cittadina che è il riassunto di una « questione meridionale » sempre ricorrente e
mai risolta.
Da Pachino e da Scicli in Sicilia, da Cerignola in Puglia è
venuta la voce di un servizio
di scuola materna e asilo nido
rispondente ancora a forti carenze nell’organizzazione scolastica statale. La direzione di queste opere è impegnata a stabilire un crescente rapporto con
le famiglie.
Stridente è il divario tra il
« vissuto » a scuola e quello in
famiglia, sul territorio: si educa alla pace, aU’integrazione razziale, all’ecologia fin dalla prima
infanzia e questo mentre nelle
provinole del Ragusano e del Foggiano (dove queste opere sono
ubicate) ci sono cosche mafiose
in lotta, discariche abusive, traf
fici illeciti, morti ammazzati, microcriminalità.
In queste situazioni non è facile operare; insegnanti e personale volontario comprendono
bene la posta che è in gioco; evangelici e non, nel loro impegno resistono e la loro vocazione li spinge a vedere oltre resistente.
Da Firenze, l’istituto Gould, la
Comunità dell’Arca, il convitto,
il Centro di formazione diaconale. Una presenza che certifica
che la stessa Firenze, tempo addietro definita città a dimensione umana, ha nei suoi quartieri
forme di disagio emergenti.
Gli stessi minori che il Tribunale affida a queste strutture
provengono da famiglie con un
tenore di vita sì soddisfacente,
ma genitori e figli hanno dei problemi.
Nasce una terapia che coinvolge entrambi i poli; certo è che
ad un minore che ha lievi problemi caratteriali corrisponde
un disagio dei genitori che si
attesta intorno al 30-45% dei ca
L’equilibrio
del minore
Il modello educativo sviluppato dalla Comunità dell’Arca tende a riorganizzare i tempi di vita del minore, onde permettergli di riacquisire un certo equilibrio e ridimensionare gli aspetti caratteriali che limitano il
rapporto con l’altro: comunità
educante, comunità terapeutica,
e questo senza avere la pretesa
di sostituirsi aH’affetto dei genitori.
L’Uliveto (Luserna S. Giovanni) è un’opera sociale che rivolge particolare attenzione e cura
a 19 disabili ospitati in un immobile modernamente attrezzato per i vari servizi di assistenza, aperto ad un interscambio
con il territorio, con le strutture di servizio sanitario, aperto
al tempo libero.
La Comunità alloggio di Torre Penice ha 9 posti a disposizione, 8 educatori che periodicamente programmano un progetto educativo sottoposto ad
una supervisione da parte della
USSL. La casa interviene verso
situazioni che esplodono dentro
la rete di una tossicodipendenza che dall’alcol al tabagismo si
estende a sostanze stupefacenti
consumate in ambienti a rischio;
assetto familiare, disoccupazione, spopolamento di villaggi fanno il resto, caratterizzando un
malessere emergente.
Nel confronto tra nord e sud
nel campo della sanità, tra disagio minorile vissuto al nord e
al sud è emerso anche in questo contesto il volto di due Italie. Il costo reale del servizio
crea sempre una situazione deficitaria che molto Spesso limita e angoscia la volontà del servizio delle singole amministrazioni e comitati di opere.
E’ quanto emerge anche dalla
relazione del Servizio cristiano
di Riesi, che con affanno cerca
un giusto equilibrio tra situazione finanziaria e servizio reso
alla cittadinanza.
L’organizzazione scolastica riceve una particolare attenzione:
ricerche sul territorio si alternano a momenti di drammatizzazione, ampio spazio viene dato all’educazione alla pace, all’ecologia, al rispetto dell’altro.
Ingredienti questi che ogni anno mantengono alte le richieste
di iscrizione, che molto spesso
vanno al di là delle possibilità
ricettive della stessa opera so
Infine la voce di « Casa mia »,
a Ponticelli (Na): un doposcuola per ragazzi delle scuole elementari e superiori.
A livello quartierale, una presenza e testimonianza costanti.
portate avanti da un gruppo di
giovani membri della locale chiesa metodista.
Interessante il collegamento
con il centro culturale « E. Nitti », sorto aH’indomani del sissma del 23 novembre 1980 ad
opera della FCEI. E’ un continuo processo di animazione culturale messo in atto nell’hinterland napoletano, dove camorra
e microcriminalità non sono destinate ad avere l’ultima parola
sul vissuto di tanta gente ed in
particolare sui giovani adolescenti.
Da « Casa materna », da « Casa mia » puntualmente viene riconfermato un legame di operosità 8 di intenti con il Centro
evangelico metodista di Ecumene (Velletri): ogni estate i campi che questo centro organizza
per i giovani e con gli adolescenti vedono la partecipazione
di numerosi ragazzi che durante Tanno usufruiscono del servizio delle due opere sociali metodiste presenti nel napoletano.
Le tematiche emerse dal confronto sono state poi riprese nei
lavori di gruppo la domenica.
Nel corso della mattinata, a
piccoli gruppi, si è riflettuto sugli
argomenti comuni a tutti: rapporto opere/chiesa; rapporto opere/ente pubblico; quale pedagogia attuano le opere, non tanto
dal punto di vista metodologico
quanto dal punto di vista dei
contenuti, dei valori che ’’passiamo” ai minori che ospitiamo.
E’ stato un momento veramente importante e ricco, in cui ognuno ha dato e ricevuto qualcosa.
Alcuni spunti
di riflessione
Nel pomeriggio, in assemblea
generale e con l’aiuto di Yann
Redalié, abbiamo cercato di fare
il punto della situazione e siamo
giunti alle seguenti conclusioni,
che sono poi degli inviti a proseguire la riflessione e alcune proposte concrete:
— approfondire il rapporto
opera/operatore per rispondere
alTesigenza di riflessione sulla
propria identità, manifestata da
più partecipanti;
— approfondire la riflessione
sul rapporto opera/ente pubblico,
in particolare dal punto di vista
defl’immagine, della nostra specificità, per non « ridurre tutip a
questioni finanziarie » (rettè, convenzioni, ecc.);
— organizzare delle visite/
scambi di gruppi di ragazzi fra
opere e opere e fra opere e centri giovanili;
— invito alla Commissione diaconia di organizzare un Convegno sul terna della pedagogia per
una riflessione e un confronto
specifico;
— invito alla Commissione diaconia di raccogliere il materiale
presentato da ogni opera in vista
di un suo utilizzo per far meglio
conoscere le strutture per i minori.
Al convegno, oltre al moderatore della 'Tavola valdese, erano
presenti una delegazione della
Commissione esecutiva del IV
distretto e una rappresentante
dell opera sociale battista di Centocelle, l’istituto G. B. Taylor.
Visti gli ottimi risultati,
ben vengano altri incontri:
CI si sente meno soli, si vien
fuori rafforzati, pronti a continuare una diaconia di cui la
chiesa non può fare a meno per
essere fedele al suo Signore, che
per primo ha amato, guarito, solidarizzato, indicato nuovi cieli
e nuova terra, e questo di fronte a tutta l’umanità sofferente.
Anita Tron
Francesco Carri
(segue da pag. 1)
— Giusto. Una delle cose che
sono state dette fin dallo scorso
agosto da chi si opponeva a questa guerra, gente come me per
esempio, e penso che questo abbia a che vedere con quello che
mi dici, è che se fossimo arrivati alla guerra questa avrebbe
finito con lo scatenarsi anche su
Israele, e che volevamo impedire che questo accadesse. Ed è
esattamente quello che sta succedendo; ma la reazione di molti è stata di dire: « Dobbiamo
fare di tutto per proteggere
Israele, dobbiamo appoggiare la
guerra ». Non penso che le due
cose siano consequenziali. Penso
anche che TOLP non abbia ricetto un trattamento corretto negli Stati Uniti.
— Be', anche qui i media sono
stati pesanti nei confronti dell’OLP, in generale.
— Per esempio, ad agosto
TOLP non era stata troppo tenera con Hussein, ma questo non
è stato riferito.
— In sostanza, come pensi che
questi problemi siano visti, da
varie parti, in generale, all’interno del movimento per la pace
negli Stati Uniti?
— Per quello che riguarda
Israele i pacifisti hanno insistito
sulla protezione della sicurezza
di Israele. Per molti attivisti ebrei la questione si pone in termini molto conflittuali e anche
sul loro atteggiamento verso la
guerra la sicurezza di Israele pesa molto.
Che cosa può fare
il movimento?
— Torniamo alle prospettive
di sviluppo del movimento. Come tenere il passo? Quali reazioni ci sono tra voi rispetto alla discussione in atto, come dicevamo prima, sul futuro, sul
« nuovo ordine »?
— Concretamente penso che una delle cose che il movimento
per la pace in questo paese deve fare è di tenere gli occhi bene aperti per cogliere qualsiasi
occasione possibile, tramite le
Nazioni Unite, i paesi non allineati, o anche lo stesso nostro
Congresso, per lanciare un’iniziativa perché la guerra si fermi, per dire che ci sono alternative, per chiedere un cessate il
fuoco.
Penso anche che l’euforia iniziale, emersa tra la gente un
paio di settimane fa, si sia abbastanza calmata. La gente qui
riceve l’impatto della brutalità
di questa guerra, si ronde conto
di quel che è l’obiettivo immediato degli Stati Uniti, di quali
sono gli effetti dei bombardamenti. Quando le operazioni terrestri cominceranno penso che
a ogni residua euforia subentrerà la sensazione molto più pacata che questa faccenda deve
finire al più presto e a questo
punto penso che la gente comincerà a pensare, a riflettere molto seriamente su quel che abbiamo da guadagnare e da perdere in questa impresa. Nei giorni precedenti il 15 gennaio il voto al Congresso fu molto equilibrato, specialmente al Senato, e
Topiuione pubblica nel paese era
schierata anch’essa in tennini
motto vicini al voto congressuale. La gente era molto divisa, si
era vicini a un 50% a favore e
un 50% circa contro la guerra.
10 penso che il pendolo dell’opinione, ora favorevole alla guerra, finirà con Toscillare di nuovo
in quella direzione.
— Sta emergendo la richiesta
di un cessate il fuoco immediato. Voi che ne pensate?
— La richiesta di un cessate
11 fuoco sta emergendo anche qui.
Riuscirà ad acquistare sempre
■più legittimità, nelle prossime
settimane, se la abbiniamo a proposte di pace che riguardino
per lo meno il periodo del cessate il fuoco... Ad esempio, la que
stione del ritiro iracheno dal Kuwait.
— Inoltre cominciamo a ricevere sempre più notizie sugli effetti dei bombardamenti. E’ una
questione tragica, occorre mettere la gente di fronte a questo
fatto. Non si distruggono solo città, laggiù, si distrugge una popolazione...
— Ci sono i B-52, che sono stati un elemento importante della strategia aerea degli Stati
Uniti; non possono fare bombardamenti mirati e non sono
in grado di utilizzare bombe « intelligenti ». I B-52 vengono usati
per bombardamenti a grappoli
di bombe, a tappeto.
— Cosa proporre? Accanto a
quella per il cessate il fuoco immediato, una campagna per fermare i bombardamenti? Pensi
che la cosa sia realistica?
— Sì, cominciano ad arrivare,
con i profughi, notìzie su quanto
siano devastanti i bombardamenti. I media americani non ne
parlano molto, sono molto cauti
nei loro servizi. Una delle cose
che stanno succedendo qui, e
questo vale anche per quelli che
continuano a eccitarsi per questa guerra, è che la gente comincia a dubitare di quello che il
Pentagono ci dice, ci sono i black
out delle informazioni da parte
dei militari, un certo tipo di censura. La gente ha seri dubbi sui
moventi del Pentagono. Il fatto è che le autorità militari non
censurano solo notizie delicate
dal punto di vista strategico, censurano notizie delicate dal punto
di vista delle loro pubbliche relazioni.
— Ultime domande. Quali sono, in conclusione, le tendenze
in atto nell’opinione pubblica e
nel movimento per la pace?
— Per il movimento il 16 gennaio, l’inizio della guerra, è stato una scossa tremenda. Ma è
anche vero che uno dei momenti migliori per il movimento è
stato la marcia a Washington,
dieci giorni dopo, il 26 gennaio.
La marcia ha ricaricato la gente, dandole una ancora maggior
consapevolezza che c’è davvero
una resistenza alla guerra, che
c’è un accordo generale, che c’è
appoggio per i soldati, che Topposizione non è nei confronti dei
soldati ma contro il fatto che
siano là.
— E le chiese? In che misura
sono coinvolte?
— Le chiese partecipano' sempre di più, la loro partecipazione d’altronde era cominciata subito dopo il 2 agosto. Ed ò possibile che abbiano una funzione
di guida in varie forme di resistenza alla guerra, inclusa la disobbedienza civile. Ci sono due
cose che si stanno facendo nelle
chiese, e sono strettamente collegate tra loro. Da un lato le
chiese esprimono varie forme di
appoggio ai soldati e al tempo
stesso esprimono varie forme di
rifiuto della guerra. Come forse
Sapete la Riverside Church fa
parte di un piccolo gruppo di
chiese che si sono dichiarate disposte a offrire asilo agli obiettori di coscienza: da quando,
una settimana fa, la notizia è
circolata sono entrate in contatto con noi molte altre chiese di
tutto il paese, disposte a fare altrettanto. E questo può diventare un movimento di resistenza
che si rivelerà un grosso osso
duro per il governo. E’ nonviolento, è illegale ma è anche ben
presente nella tradizione della
chiesa. Se si diffonde richiamerà l’attenzione su questioni molto serie riguardo ai motivi che
ci fanno affrontare con le nostre
truppe un problema che potrebbe essere risolto altrimenti. Qui
alla Riverside Church ci siamo
già posti il problema: non sappiamo ancora in che forma, ma
dobbiamo impegnarci a un livello ancora più alto di disobbedienza civile.
A cura di
Sandro Sarti
4
4 vita delle chiese
8 febbraio 1991
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Con Í popoli oppressi
VILLAR PERO SA — Dopo il
culto di domenica, 3 febbraio,
è stato deciso di distribuire la seguente dichiarazione della Chiesa evangelica valdese : « Di fronte alla guerra nel Golfo vogliamo
esprimere la nostra solidarietà a
tutti i popoli oppressi e vittime
di violenza, senza giudicare fra
colpevoli e innocenti. Possiamo
giudicare soltanto noi stessi e le
nostre azioni, o la nostra indifferenza, che ha aiutato a portare
il mondo a questa crisi.
Chiediamo a Dio di perdonarci
perché abbiamo spesso parlato
della pace, abbiamo denunciato
la costruzione e la vendita degli
armamenti, senza però portare
avanti concretamente le nostre
proposte. Abbiamo lasciato il
mondo camminare lungo questo
percorso verso la morte senza
protestare con la dovuta forza.
Il XVII febbraio la chiesa valdese ricorda la sua libertà. Non
possiamo festeggiare la nostra libertà quando il mondo è prigioniero della guerra e del proprio
egoismo. I falò che si accendono la sera del 16 febbraio sono
un segno di gioia e di riconoscenza per la libertà che è dono di
Dio. Quest’anno non è possibile
manifestare gioia, ma soltanto
preoccupazione e un desiderio di
pace.
Perciò chiediamo a tutti coloro
che vogliono partecipare di unirsi in occasione dei falò per manifestare questa volontà di pace
e di riconciliazione fra i popoli.
Potremo celebrare la nostra gioia
di libertà soltanto quando avremo fatto il possibile affinché tutti i popoli possano godere la
stessa libertà nella giustizia e nella pace.
Osserviamo il XVII febbraio in
uno spirito di sobrietà e nella
consapevolezza della nostra corresponsabilità con rinnovato impegno per la giustizia e per la
pace ».
• Ringraziamo il pastore Gui
Subilla per il culto che ha presieduto domenica 20 gennaio, e
per rincontro del pomeriggio con
proiezione di diapositive, nonché
la riunione quartierale a Vivian,
giovedì 24 gennaio. La vivacità
nel raccontare le sue esperienze
di fede come missionario in Africa e la sua testimonianza dell’Evangelo sono state molto apprezzate.
Anziani
POMARETTO — L’assemblea
ha riconfermato l’incarico del secondo quinquennio agli anziani
Anita Long Micol (Masselli) e
Vilma Pastre Long (Pleccia-Inverso rinasca); ha riconfermato
l’impegno della cassa culto per
Tarmo 1991 in lire 97 milioni.
• E’ nato Fabio, di Dario Genre Bert e Liliana Rinaldi. Auguri ai genitori e al piccolo Fabio.
Scuole
domenicali
VILLASECCA — Domenica 3
febbraio la comunità ha celebrato il culto insieme alle scuole domenicali di Villasecca e di Perrero. Il culto, presieduto dal pastore Ludwig Schneider, ha visto
DOMENICA 17 FEBBRAIO
ore 20.45
Tempio valdese
di Luserna San Giovanni
« LIBERTE’ »
serata di canti presentata
dalla CORALE VALDESE
di Luserna San Giovanni
colletta in favore
dei terremotati in Sicilia
la predicazione del missionario
Gui Subilia di Losanna, che ha
lavorato per molti anni in Africa.
Anche se ha parlato francese egli
ha saputo coinvolgere addirittura i più piccoli, facendo loro mimare... delle pecore.
«Sono la pecora del Signore;
ma anche il prossimo più lontano, un bambino arabo, lo è » :
questo era il messaggio del suo
sermone. Anche i monitori e le
monitrici, con la lettura drammatizzata, una chitarrista e un
organista hanno vivacizzato il
culto. '
• I bambini della scuola domenicale sono stati invitati dal
gruppo giovanile di PomarettoPerrero a dare un segno contro
la guerra del Golfo e un messaggio di pace; possono portare le
loro armi giocattolo che poi verrarmo distrutte insieme. In cambio riceveranno un altro giocattolo.
Grazie!
PRAMOLLO — Ringraziamo di
cuore F. Crivello, F. Siciliano e
il pastore svizzero Subilia che
hanno presieduto i culti del 13,
20 e 27 gennaio, portandoci dei
messaggi vivi ed attuali che ci
hanno molto fatto riflettere.
• L’assemblea di chiesa per
l’esame della relazione finanziaria è convocata per domenica
24 febbraio.
• Lunedì 14 gennaio si sono
svolti i funerali del fratello Gustavo Jahier (Bocchiardoni), deceduto presso la casa di riposo Stefano Fer di Pinerolo di
cui era ospite. Ai familiari giunga l’espressione più sincera della solidarietà cristiana della comunità. Un grazie al pastore
Noflke che ha presieduto il funerale.
Riunioni quartierali
FRALI — Le riunioni quartierali del mese di febbraio avranno il seguente calendario: 12
febbraio. Villa; 13, Indiritti (pomeriggio); 13, Cugno (ore 19,30);
14, Ghigo (ore 20); 19, Malzat;
20, Orgere; 21, Pomieri.
L’argomento sarà la «Storia
d’Israele » del prof. Soggin.
Unione femminile
LUSERNA S. GIOVANNI —
Domenica prossima, 10 febbraio,
l’Unione femminile nella riunione del pomeriggio al presbiterio
avrà come ospite gradita la prof.
Bruna Peyrot della Società di
studi valdesi.
Solidarietà
ANGROGNA — Nel pomeriggio di domenica 27 gennaio, con
una partecipazione numerosa di
amici e di conoscenti, si sono
svolti nel tempio del capoluogo i
funerali di Giuseppina (Fina)
Giordan ved. Travers, mancata
il giorno prima all’età di 90 anni.
La nostra chiesa è vicina con
affetto e nella speranza cristiana
ai figli e a tutti i parenti di Fina
il cui corpo ora riposa in quella
vai d’Angrogna nella quale ella
ha sempre vissuto e che ha sempre profondamente amato.
• Domenica 10 febbraio il culto delle 10.30 sarà tenuto nel
tempio del capoluogo a cura della scuola domenicale.
I nostri bambini e le nostre
bambine, giunti al termine del
primo ciclo di studio sull’Antico
Testamento, faranno conoscere
alla comunità qualcosa del lavoro da essi svolto sino ad adesso, attraverso una serie di letture, meditazioni e canti incentrati
sulla figura di Davide.
• Il tema delle riunioni quartierali del mese di febbraio è la
presentazione del Documento integrativo sulla Campagna delle
3P inviato alle chiese dalla Tavola valdese su indicazione del
Sinodo, in ordine al finanziamento della chiesa.
Questo il calendario delle riunioni: giovedì 7, Baussan (ore
20,30); lunedì 11, Capoluogo (20);
martedì 12, Martel (20); giovedì
14, Odin-Bertot (20).
Lutti
PERRERO-MANIGLIA — Nel
giro di pochi giorni ci hanno lasciati un fratello di chiesa a
Ferrerò, Carlo Pascal, originario di Fontane ma da tempo
abitante alla comunità alloggio
di Ferrerò, e Elvina Tron e Adolfo Gaydou di Massello. Sul piazzale del paese di Fontane, per
« Bar Charle », e insieme nel
tempio di Massello per Elvina
e Adolfo, le comunità hanno ascoltato, in questo tempo cosi
carico di tristezza, TEvangelo
della vita nelle parole di Gesù:
« Beati quelli che diffondono la
pace; Dio li accoglierà come
suoi figli» (Matteo 5; 9). Alle
loro famiglie va la nostra simpatia.
Nuovo organo
BOBBIO PELLICE — Grazie
al valido interessamento della
giunta delle corali del I distretto, la nostra comunità è stata
dotata di un organo elettronico
che per la prima volta accompagnerà il nostro cantò in occasione del prossimo XVII febbraio.
Assemblea
di chiesa
PINEROLO — Domenica 10
febbraio, a partire dalle ore 10,
è convocata un’assemblea di
chiesa straordinaria per discutere ed assumere un orientamento su quali iniziative intraprendere o a quali aderire di fronte
al conflitto armato nel Golfo
Persico. Nel pinerolese vi sono
alcune iniziative per la pace; ci
è stato chiesto di aderirvi, ma
potremmo anche pensare a
crearne una nostra, come chiesa. Tutti coloro che sono a conoscenza di nuove proposte sono invitati a condividere il loro
impegno con la comunità, tutti
siamo invitati a portare un contributo alla discussione su eventuali progetti, anche piccoli. Non
intendiamo aprire una discussione teorica ma pensare a come
possiamo, come credenti, lavorare per la pace concretamente in questa particolare situazione.
Lunedì 11 febbraio
□ COLLOQUIO
PASTORALE DEL
1° DISTRETTO
TORRE PELLICE — L incontro si svolge presso la Casa unionista con inizio alle ore 9.15 (meditazione a cura
di R. Coisson), ed ha per tema * La
fede cristiana e il male di vivere »
(a cura della commissione sul disagio psichico). Dopo il pranzo (ore 12.30
in Foresteria) l'incontro riprende alle
14, per terminare alle ore 18.
Ciovedl 14 febbraio
□ COLLEGAMENTO
PERMANENTE JPIC
PINEROLO II gruppo si ritrova
alle 20.30 presso il Convento dei PP
Cappuccini, con il seguente odg: 1)
dati sull’occupazione e sulla condizione operaia in zona; 2) riflessione biblica: 3) rapporto . operai-chiese »; 4)
lavoro e immigrati; 5) iniziative sulla
guerra; 6) assemblea del CEC a Canberra.
APPUNTAMENTI
Il XVII febbraio
alle Valli
Pubblichiamo come di consueto il programma del XVII
febbraio nelle chiese delle valli e di Torino; in molti casi, tenuto conto del clima di guerra, le manifestazioni sono ridimensionate rispetto al passato.
PRIMO CIRCUITO
ANGROGNA — Alle ore 9.30 due cortei partiranno dal capoluogo e
dal Serre; ore 10.30 culto con partecipazione deiia corale; ore 12.30
agape a cura deH'Unione femminile.
Segue pomeriggio comunitario con visione dei video deilo spettacolo del Gruppo Teatro « A la brua! ».
Alla giornata parteciperà il past. battista Dario Saccomani.
BOBBIO PELLICE — Ore 20 di sabato, al suono della campana, accensione dei faiò. Domenica, ore 10,30, culto con predicazione del past.
battista Franco Casanova e partecipazione della corale e dei bambini
delia scuola domenicale e del precatechismo.
Ore 12.30 agape nella sala del teatro (prenotarsi presso il pastore
0 la tabaccheria Pontet) a cura delTUnione femminile.
Alle ore 21 la filodrammatica presenterà una commedia in tre atti.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Alle ore 10 culto; allè 12.30 pranzo
presso la sala Albarin (sono in vendita i biglietti al prezzo di 20.000 L.,
presso l'Asilo valdese o la cartoleria Meynet-Malanot). Sia aH’agape che
al culto parteciperà il prof. Elio Canale, battista, daii'anno scoiastico
in corso preside del Collegio.
RORA’ — Domenica, ore 10.30 culto con partecipazione della corale.
Alle ore 12.30 agape comunitaria (prenotazioni presso Olga Tourn o Valter
Cesan).
TORRE PELLICE — Sabato 16, al falò dei Coppieri interverrà con un
messaggio il past. Giorgio Tourn; domenica, ore 10 culto e alle 12.15
agape fraterna alla foresteria (prenotazioni presso il negozio Pellegrin
in piazza Libertà); alle 20.45 la filodrammatica presenterà il dramma in
tre atti ■> Uno cantava per tutti ». Alla serata parteciperà la corale.
VILLAR PELLICE — Sabato sera consuete fiaccolate da quattro zone
del paese verso il falò del ponte delle Ruine. Domenica culto alle ore
10 con partecipazione dei bambini della scuola domenicale che presenteranno recita e canti.
Agape comunitaria alie ore 12,30 (prenotaz. presso la coop. Vernet
ed i negozi Marletto e Gönnet).
SECONDO CIRCUITO
PINEROLO — In programma l’accensione di due falò la sera del 16;
domenica, cuito aile ore 10 e pranzo comunitario aile ore 13.
PIOSSASCO — il culto si terrà alle 10.30, e sarà presieduto da
Alberto Pool, che la comunità incontra sempre volentieri. Seguirà l’agape
comunitaria.
PRAMOLLO — Il culto sarà presieduto dal past. Paolo Ricca; alie
ore 12 agape comunitaria e in serata la filodrammatica presenterà ■< Una
ragazza in gamba ».
PRAROSTINO — Nella serata del 16 tradizionali falò e fiaccolata;
domenica culto alle ore 10.30, con S. Cena; ore 12.30 pranzo comunitario presso il ristorante « Tarin » (prezzo lire 22.000, prenotaz. 500148).
Segue pomeriggio comunitario con diapositive.
SAN GERMANO — Alle ore 20 del sabato accensione dei falò. Domenica, dalie 9.15, corteo fino aii'Asilo dei vecchi e ritorno al tempio
per il culto alle ore 10.30; partecipano la corale ed i giovani della FGEI.
Ore 12.30 agape comunitaria (prenotazioni presso farmacia Tron e
saiumificio Bounous; lire 20.000).
SAN SECONDO — Alle ore 10.30, culto con S. Cena; ore 12.30
agape comunitaria (prenot. presso anziani e pastore) a cui è stato
invitato il sindaco Giorgio Ronco.
VILLAR PEROSA — il culto, alle ore 10.30, vedrà la partecipazione
della corale e la celebrazione della Cena del Signore. Dopo il culto
avremo il- tradizionale pranzo comunitario al Convitto. Le prenotazioni
devono pervenire entro giovedì 14 febbraio e il costo del pranzo sarà
di L. 16.000.
La recita, ore 20.30, nella sala del tempio, è intitoiata « C’è ma di
chi sarà! » e una farsa « Pierino tutto gas ».
TERZO CIRCUITO
MASSELLO — il culto del XVII sarà alle ore 11 al Reynaud.
PERRERO-MANIGLIA — Il XVll sarà quest'anno festeggiato a Maniglia; parteciperà al culto il past. Sergio Ribet, direttore di Agape. 11
culto sarà nel tempio di Maniglia alle ore 10.30; il pranzo sarà alle
12.30 nei centro: prenotazioni presso anziani e pastore.
POMARETTO — Il programma prevede I falò alle ore 20; domenica
1 tradizionali cortei da Inverso Rinasca a Pomaretto. L'agape si svolgerà
alle ore 12.30 presso i locali del teatro; parteciperà il past. Giorgio
Tourn.
' In conseguenza del clima di guerra esistente nel mondo le manifestazioni avranno comunque un carattere di maggiore sobrietà.
PRALI — Il programma prevede II falò nella serata del 16. fi 17
ci sarà il corteo (ore 10) per andare al culto, a cui seguirà il pranzo.
Le prenotazioni per il pranzo dovranno arrivare tassativamente entro
11 giorno 14, telefonando al pastore.
Saranno ospiti la comunità e la corale di Ivrea; la predicazione sarà
curata dal pastore Gianni Genre.
VILLASECCA — Il corteo del XVII partirà dal tempio di Chiotti alle
ore 10; alle 10.30 II culto con S. Cena, cui parteciperà il past. Davite.
L’ospite-darà anche un messaggio all’agape che inizierà alle 13 a Chiotti;
i biglietti saranno in vendita dalle sorelle Clodina Balma e Laura Bernard (lire 16.000 e 10.000 per I bambini).
TORINO — Il Concistoro della Chiesa valdese di Torino, di fronte
alla grave situazione di guerra nel Golfo Persico, ha deciso di sostituire il tradizionale pranzo del XVll febbraio con un digiuno, dopo il
culto unificato in c.so Vittorio e l’assemblea di chiesa, alle ore 12.45
nel salone di c.so Vittorio, con riflessioni sulla situazione del Golfo, preghiere, canti, letture bibliche. Alle 14.45 si concluderà con una colletta
che sarà destinata ad uno scopo attinente.
Alle 15 ci sarà la prevista conferenza di Bruna Peyrot su « Viaggio
nella memoria valdese fra oralità e scrittura ».
5
w
8 febbraio 1991
vita deUe chiese 5
LETTERA ALLE CHIESE
LE CHIESE CONTRO LA GUERRA
Alcune proposte pratiche Pace nella giustìzia
La comunità internazionale doveva trovare altre
quelle della guerra, per pretendere dall’Iraq il
vie, all’infuori di
ritiro dal Kuwait
Care sorelle, cari fratelli nel Signore,
per cinque mesi abbiamo pregato, manifestato, lavorato, insieme con molti altri, contro la
guerra e per una pace giusta
per tutti i popoli del Medio Oriente, sospinti dalla speranza
che il linguaggio della trattativa politica avrebbe alla fine prevalso sul linguaggio delle armi.
Ora la guerra è scoppiata e dopo due sole settimane è già incalcolabile il suo portato di lutti, di devastazioni, di odio nell’Iraq e nello stesso Kuwait occupato, entrambi martellati quotidianamente da bombardamenti senza precedenti, tra la popolazione civile d’Israele colpita
dai missili, nelle case palestinesi della Cisgiordania e di Gaza
permanentemente sotto coprifuoco, nell’intero mondo arabo
e anche qui, in Italia, dove riprendono vigore atteggiamenti
razzistici vecchi e nuovi, nei confronti degli ebrei o degli arabi
immigrati.
Nonostante le inaccettabili violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani compiute
dal regime di Saddam Hussein
con l’occupazione del Kuwait e
nonostante l’ingiustiflcabile intransigenza dello stesso Saddam
p la terribile minaccia che egli
rappresenta per tutti i popoli
della regione, a partire dal popolo iracheno, la comunità internazionale poteva e doveva trovare altre vie per imporgli le
proprie regole e la propria volontà, evitando carneficine e devastazioni che nessun diritto
può giustificare; carneficine e devastazioni che stanno già scavando un solco profondo fra popoli occidentali e popoli arabi
e che rischiano inoltre di ottenere effetti opposti a quelli desiderati.
In quanto cittadini di un paese che partecipa a questa guerra dopo aver collaborato in molti modi a crearne le condizioni,
, ne siamo anche noi corresponsabili, anche se non l’abbiamo
voluta, anche se oggi la condanniamo e ci adoperiamo per fermarla. Per questo la nostra preghiera e la nostra predicazione
dell’Evangelo della pace e della giustizia saranno efficaci solo
a partire da un riconoscimento
e da una confessione profonda
di questo nostro peccato passato e presente, e solo se saranno
accompagnate da segni concreti,
per quanto modesti, di una nostra conversione.
Sulla base di queste convinzioni vorremmo sottoporre alla
vostra attenzione alcune proposte.
Dall’inizio della guerra alcune
delle nostre chiese sono rimaste
aperte, offrendo con semplicità
ai passanti un luogo di preghiera, di riflessione e di confronto con la parola di Dio. Per
quanto vi sarà possibile, vi esortiamo a imitarle e a promuovere altre occasioni di incontro
e di predicazione, anche ecumeniche.
Un’altra proposta che vi facciamo è di dedicare parte del
culto domenicale alla preghiera
e alla predicazione per la giustizia, la pace e la salvaguardia del creato in Medio Oriente, finché la guerra non avrà termine.
Vi chiediamo anche di continuare a dire no a questa guerra e a manifestare pubblicamente: 1) per un immediato cessate il fuoco; 2) per una seria
osservanza dell’embargo antiiracheno fino alla fine dell’occupazione del Kuwait; 3) per il
ritiro delle forze multinazionali
dall’Arabia Saudita, nel quadro
di un’iniziativa dell’ONU che
preveda da una parte il dispiegamento di forze di pace
sotto il proprio comando, dall’altra l’apertura di una conferenza internazionale di pace che
avvii finalmente a soluzione, secondo le risoluzioni delle Nazioni Unite, non solo il conflitto Iraq-Kuwait, ma anche quello israeliano-palestinese, quello
libanese, quello curdo, quello
turco-cipriota.
Di fronte al fallimento della
diplomazia internazionale è inoltre vitale che rimangano aperti,
là dove esistono, i canali del
dialogo fra occidentali e arabi,
così come fra cristiani, ebrei e
musulmani, e che altri canali
vengano aperti. E’ importante
che questo avvenga anche a livello locale, e non solo a livello nazionale e internazionale.
Da parte nostra, ci impegniamo ad aiutarvi soprattutto con
informazioni e riflessioni diffuse tramite la nostra stampa e
le nostre trasmissioni radiotelevisive, ma non esitate a mettervi in contatto con noi se avete
bisogno di una collaborazione
più diretta.
La realtà tragica di questa
guerra potrà indurre molti a
delle drammatiche decisioni di
coscienza: a questi fratelli e sorelle diciamo fin d’ora che essi
possono contare sulla nostra solidarietà e segnaliamo che stiamo allestendo un servizio di
consulenza legale (*).
Invitiamo inoltre i pastori e
le comunità ad essere vicini ai
giovani eventualmente richiamati in servizio militare attivo, in
patria o sul fronte, indipendentemente dalla scelta che avranno compiuto.
Preghiamo che il Signore Gesù Cristo ci accompagni e ci assista tutti col suo consiglio e
col suo amore; « Vieni Spirito
creatore. Rinnova la tua creazione ».
Un saluto fraterno.
Giorgio Bouchard
Presidente FCEI
Bruno Gabrielli
Coordinatore Comm. BMV
per la giustizia, la pace
e la salvaguardia del creato
Roma, 28 gennaio 1991
(*) Il recapito provvisorio è
presso Enrica Vezzosi, Tavola
valdese, via Firenze 38, 00184 Roma, tei. 06/4746476 (dal lunedì al
venerdì, ore 9-15).
Natale in... cinese
FIRENZE — Se qualcuno, nel
pomeriggio di Natale, si è affacciato nell’austero luogo di
culto di via Micheli, è rimasto
esterrefatto; era gremito, navata
centrale e navate laterali, di cinesi; alle pareti grandi cartelli
colorati con scritte cinesi, frotte
di cinesini irrequieti che circolavano... Discorsi e preghiere in
cinese (solo un sinologo avrebbe potuto dire quale cinese, fra
le tante parlate del subcontinente estremorientale)... Un po’
più « a casa » un evangelico si
poteva sentire ascoltando i canti: non poche melodie erano infatti quelle tipiche dei canti del
Risveglio che noi pure conosciamo.
Abbiamo infatti ospitato questo grande raduno natalizio di
cinesi evangelici, provenienti da
tutta Italia. E saranno stati fra
300 e 400, difficile valutarne bene il numero, nel rimescolio delle navate e della sala attigua.
Molti di loro avevano alle spalle una notte di treno e si preparavano a trascorrerne un’altra, molte famiglie intere con
tanti e tanti bambini... Alcuni
si erano già presentati all’ora
del nostro culto, il grosso è arrivato verso mezzogiorno, come
intesi, e alle 19 passate ancora
risuonavano messaggi e canti. Al
rompete le righe, l’interno di via
Micheli assomigliava a un bivacco! Mettersi le mani nei capelli? Niente affatto: nel giro di
un’oretta un volenteroso gruppetto di cinesi fiorentini, lasciati partire i lontani, hanno riportato i nostri locali quasi allo
stato originale; e comunque ci
hanno lasciato, in segno di riconoscenza, un’offerta generosa.
Vedere la loro gioia nel raccogliersi fra loro, e così numerosi, da tutta la loro così dispersa diaspora nel nostro paese,
pensare alla fatica, ai disagi e
alle spese affrontate per partecipare a questo incontro e a
questo loro gioioso e ampio culto comune, per Natale, ci riempie a nostra volta di gioia per
aver potuto offrire loro questa
ospitalità.
Le responsabilità
dei cristiani
MEANA — Ci siamo ritrovati
oggi, per il culto del 27.1, nel
tempio battista di Meana, cristiani evangelici e cattolici.
Le letture bibliche e la predicazione, il canto e le preghiere,
la Cena del Signore, ci hanno
costantemente ricordato il naomento drammatico in cui viviamo, richiamandoci alle postre
responsabilità di cristiani. Siamo nella tristezza e nell angoscia per le uccisioni, il dolore,
le sofferenze, le tragedie umane
di milioni di esseri come noi,
per i disastri ambientali che si
delineano, le distruzioni assurde, gli abissi di odio che si creano fra i popoli.
Ci siamo confrontati con le
parole di Gesù e degli apostoli,
con il messaggio del Vangelo e
non abbiamo trovato nulla che
giustifichi la guerra, nulla che
autorizzi i cristiani a prendervi
parte. Anzi, nel Vangelo di Matteo 5: 43-45 abbiamo letto le
parole di Gesù: « Sapete che è
stato detto: Ama i tuoi amici
e odia i tuoi nemici. Ma io vi
dico: Amate anche i vostri nemici, pregate per quelli che vi
perseguitano. Facendo così diventerete veri figli di Dio, vostro Padre ».
Noi chiediamo a tutti coloro
Che SI ritengono cristiani di ascoRare il loro Signore e di ubsue parole, di non
collaborare alla guerra e di essere sempre e ovunque « costruttori di pace ». Chiediamo ai
nostri governanti di ritirare l’ap-.
poggio del nostro paese alla
® adoperarsi per il ristabilimento della pace nella
giu^izia; chiediamo a coloro che
conducono il massacro e la desolazione — dall’una e dall’altra
parte — di smettere questa foiba e di riprendere a parlare con
« il nemico ».
I problemi dell’umanità non
sono mai stati risolti dalla violenza, dalla distruzione, dalla
guerra.
La nostra testimonianza deve esprimersi anche nella solidarietà per chi è nella sofferenza
Il Signore aborrisce chi ama
la guerra (Salmo 11: 5).
Mandate pure grida di guerra,
o popoli. Sarete frantumati (Isaia
8: 9).
Gesù disse a Pietro: Rimetti la
spada nel fodero! (Giovanni 18:
11).
Il regno di Dio è giustizia e
pace (Romani 14; 17).
Gesù dice: Beati quelli che si
adoperano per la pace (Matteo
5: 9).
« L’uso della forza crea molti
più problemi di quanti non ne risolva e non porta mai a una pace
duratura. Una Parola, echeggiando d’età in età nei corridoi del
tempo, dice ad ogni Pietro impulsivo: Riponi la spada nel fodero!
La storia è piena delle macerie
delle nazioni che non hanno seguito l'ordine di Cristo » (Martin
Luther King).
La pace, nel messaggio biblico,
è il risultato della pratica della
giustizia che garantisce i diritti
di tutti; popoli, razze, religioni,
culture e civiltà. Il ’’nemico”, per
quanto arrogante e aggressivo
egli sia, viene reso inoffensivo
solo dalla pazienza della ’’nonviolenza”:
Se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli
da bere; poiché, facendo così, tu
radunerai dei carboni ardenti sul
suo capo (Proverbi 25: 21; Romani 12: 20).
L’Occidente cristiano non ha alcuna innocenza da sbandierare
nel contesto di una guerra in cui,
oltretutto, rischiano di avere
buon gioco i tentativi di ergersi
a ’’paladino” delle rivendicazioni
arabe, palestinesi, islamiche in
genere, da parte di Saddam Hussein. I credenti in Cristo sanno
di non avere il diritto di individuare sempre il colpevole nell’altro da sé ma, praticando la giustizia ”a tempo e fuor di tempo"
(II Timoteo 4: 2), cioè soprattutto in tempo di pace, testimoniano nei fatti la grande passione
di Dio che ama tanto la giustizia
da crearla anche dove non c’è,
cioè in noi, dichiarandoci giusti
pur essendo noi colpevoli e complici delle iniquità di questo
mondo.
La nostra testimonianza deve
potersi esprimere, oltre che nel
rifiuto delle logiche della guerra,
anche nella solidarietà e nella
comprensione verso tutti quelli
che ne soffrono, ivi compresi
quelli che, in casa nostra, vengono considerati (se non proprio
nemici) estranei, infidi e parassiti, cioè gli extracomunitari e i nomadi.
Solo attraverso una cultura di
pace nella giustizia la nostra vita acquisterà un senso e sarà risparmiato all’umanità di andare
in rovina con guerre insensate e
spietate. Questa cultura, per i credenti in Cristo, consiste nella conoscenza della Parola di Dio che
produce vita e speranza e sconfigge ogni paura e scoraggiamento. Essa soltanto può far nascere
nel mondo una condizione di pace, perché è una parola di giustizia e di riconciliazione.
La comunità evangelica
metodista
Bologna, 20 gennaio 1991
ASSEMBLEA DEL V CIRCUITO
L'impegno delle opere
per i minori
CORRISPONDENZE
Erano alcuni anni che l’assemblea del 1° Circuito non si occupava di istituti ed opere della
vai Penice; l’ultima volta risale
ai tempi del dibattito sulla ristrutturazione dell’Ospedale di
Torre Pellice.
Domenica 20 gennaio il 1” Circuito ha accolto tre nuovi direttori di opere, tutte accomunate
nell'affinità dì occuparsi di giovani generazioni: Elio Canale,
preside del Collegio valdese
(Torre Pellice), Claudia Jalla, direttrice dell’Uliveto (Luserna S.
Giovanni) e Roberto Brosia, direttore della Comunità alloggio
(Torre Pellice).
Essi hanno brevemente, ma con
incisività dato una informazione
sul lavoro che si svolge nelle
strutture da loro dirette, evidenziando i problemi anche in prospettiva futura.
E’ stato poi presentato im video sulla vita della Comunità alloggio, registrato con il concorso
dei giovani ospiti e con il supporto tecnico di molti amici professionalmente competenti. L’audiovisivo, opportunamente accompagnato da una scheda che illustra la storia dell’istituto trasformatosi negli anni da orfanotrofio in convitto femminile e poi
in Comunità alloggio, potrà essere usato anche nelle chiese
perché esse conoscano l’opera,
ma anche per suscitare un dibattito sulla diaconia verso i minori.
Già l’assemblea di circuito ha
reagito al video iniziando un dibattito che ha potuto essere appena abbozzato a causa della ristrettezza del tempo ma che dovrà essere ripreso, nelle sedi opportune, in futuro.
E’ stato, in sostanza, sollevato
l’antico problema di quale sia la
forma di testimonianza evangelica che viene data sia agli ospiti che al personale delle opere
diaconali della chiesa. Questo diventa un grosso problema per i
nostri membri di chiesa quando,
come nel caso della Comunità alloggio, i ragazzi sono tutti non
evangelici (e quindi non frequentano né scuola domenicale né catechismo) e gli educatori evangelici sono pochi. Per giustificare
la presenza e il mantenimento di
im istituto è sufficiente che in
esso venga svolto un servizio efficiente, oppure è necessario che
vi sia una forma di testimonianza diretta (culto, lettura biblica,
ecc.)?
Al termine dell’assemblea il sovrintendente ha ricordato con riconoscenza il lavoro che il pastore Gui Subilla ha svolto nel 1"
Circuito, prima di recarsi negli
altri delle Valli, in una settimana
molto densa di incontri. Tutti
coloro che sono entrati in contatto con questo anziano amico
della nostra chiesa hanno avuto
modo di apprezzarne il fresco entusiasmo, la spontanea commozione e la contagiosa gioia del
servitore del Signore che testimonia la sua fede raccontando
la sua vita di missionario in Sud
Africa.
In chiusura è stato annunciato
che il corso di avviamento alla
predicazione proseguirà, dopo il
primo incontro a cui hanno partecipato ben 23 persone, con altre due o tre riunioni mensili, la
prima delle quali avrà luogo al
Centro culturale venerdì 22 febbraio alle ore 20.30.
Franco Taglierò
6
6 prospettive bibliche
8 febbràio 1991
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
Tempesta nel deserto?
No, un frutteto
Tempesta nel deserto? No! un
frutteto! (Isaia 32: 15).
Il messaggio biblico è inequivocabilmente, nella sua sostanza e nella
sua forma, una dichiarazione, uno
statuto, un ordine di pace. A chi
proclama una « tempesta nel deserto » risponde: « Il deserto divenga un
frutteto! ».
L’Evangelo della pace, da annunciare ai lontani e ai vicini (Ef. 2:
11-22), da vivere nelle relazioni umane, sociali e internazionali, si esprime sempre senza mezzi termini, è
sempre imprudente, certamente è impopolare.
Tutti dicono di volere la pace, almeno in apparenza, ma quasi tutti
fanno poi dei "distinguo”, e si dilungano a spiegare i casi eccezionali, inevitabili, dolorosamente necessari...
in cui sarebbe legittimo l’uso delle
armi. Lo si faccia, ma sia chiaro che
per farlo occorre prima chiudere la
Bibbia ed ammettere che, in questi
casi, preferiamo farla tacere e far
parlare liberamente le nostre idee
personali (quelle della nostra ideologia politica o quelle della paura,
quelle dei nostri maestri di morale
o quelle della psicosi collettiva).
La Bibbia si esprime
senza mezzi termini
La Bibbia si esprime senza mezzi
termini e smaschera ogni eventuale
tentativo di giustificare biblicamente
l’uso della forza: « Dio disperde i popoli che si dilettano nelle guerre »;
« Appena parlo di pace, essi sono per
la guerra »; « Mandate pure grida di
guerra, o popoli, sarete frantumati! »
(Salmi 68; 30, 120; 7, Isaia 8; 9).
Tentare di giustificare biblicamente la guerra è come camufFarla da
azione di polizia internazionale... La
guerra, ogni guerra, « è contraria alla
volontà di Dio » (l Assemblea del
Consiglio ecumenico delle chiese,
Amsterdam 1948). L’uso della forza,
la logica della guerra, « procurano solo vittorie temporanee. Creano molti
più problemi di quanti non ne risolvano e non portano mai a una pace
duratura. Una Parola, echeggiando
d’età in età nei corridoi del tempo,
dice ad ogni Pietro impulsivo; "Rimetti la spada nel fodero!". La storia è ingombra delle macerie delle
nazioni che non hanno seguito l’ordine di Cristo » (Martin Luther King).
La Bibbia dice senza mezzi termini
che non c’è pace, non c’è libertà (né
’’liberazione”) senza giustizia e senza verità; « La "pazienza" e la verità
si sono incontrate; la giustizia e la
pace si sono baciate. La giustizia
camminerà davanti al Signore e seguirà la via dei suoi passi » (Sai. 85;
11, 14). E’ la giustizia a produrre e
mantenere la pace, non il ricorso a
pretese guerre "giuste” o addirittura
’’sante’’... (cristiane o musulmane
che siano!). Ed è la verità che smaschera le reali motivazioni di pretese
guerre di liberazione, ricordandoci
che qui si tratta del mantenimento
del controllo sui giacimenti, sull’e
Pubblichiamo in questa pagina una predicazione tenuta dal pastore
Paolo Sbaffi nella Chiesa evangelica metodista di Bologna il 20 gennaio
scorso, dopo i primi giorni di guerra contro l’Iraq. Si tratta, com’è comprensibile, di una riflessione a caldo; una risposta immediata, dalla quale traspare tutta l’emozione del momento. Ma si tratta anche di una prima risposta: le chiese continuano ad essere sfidate da questo tragico avvenimento, e sollecitate a dare risposte adeguate. (red.)
strazione e sul mercato del petrolio.
E’ la mancata giustizia nei confronti
di tànto Sud del mondo, compreso il
popolo palestinese, che fa apparire il
nostro Occidente cosiddetto cristiano
sempre più come la parte più ingorda e prepotente del mondo, un sistema egoistico di vita, cinico e sfruttatore, in cui allo splendore e alle luci delle nostre città con i loro terrificanti sprechi si affianca (e ne ha
bisogno!) la spietata determinazione
della sua macchina bellica altamente
tecnologica e incurante di ogni senso
umano.
Ed è il mancato ascolto o rispetto
della verità che ci hanno fatto passare distrattamente oltre, per anni,
alle offese recate a tanti popoli della
terra; dai palestinesi ai curdi, dagli
eritrei agli afgani, dalla Namibia ad
ogni altro popolo i cui diritti sono
stati calpestati e inascoltati. E’ la verità, non la guerra, che produce libertà e liberazione (« la verità vi farà liberi » Giov. 8; 32). E’ la disattenzione verso la verità che produce
ingiuste oppressioni.
L’Evangelo sa ’’osare”
verità, giustizia e pace
In secondo luogo l’Evangelo della
pace è sempre "imprudente” perché
deve osare la verità, la giustizia e la
pace. L’Evangelo della pace non parla il "politichese” e nori è certo diplomatico, dice sempre ’’pane al pane”. I profeti non sono certo stati
prudenti quando hanno denunciato
le falsità delle guide politiche e spirituali del loro popolo; « Essi curano
alla leggera la piaga del mio popolo,
dicono "Pace, pace” mentre pace non
c’è. Dal predicatore al sacerdote tutti
praticano la menzogna » (Geremia 6;
14). « Io odio, disprezzo le vostre feste; non prendo piacere nelle vostre
solenni riunioni (di preghiera?...);
lungi da me il rumore dei tuoi canti!
che io non oda piu la musica dei tuoi
salmi (lamenti?)! Ma scorra come
acqua il diritto, e la giustizia come
un fiume perenne! » (Amos 5; 21-24).
E Gesù ha detto; « Guai a voi,
scribi e farisei ipocriti, perché nettate il di fuori del calice e del piatto (la
vostra apparenza di giustizia) mentre dentro son pieni di rapina e di intemperanza..., sepolcri imbiancati
che appaiono belli di fuori, ma dentro son pieni di ossa di morti e d’ogni
immondizia. Guai a voi... che adornate le tombe (dei vostri santi...) e siete
complici nello spargere il sangue...
Serpenti, razza di vipere, come
scamperete al giudizio della "geenna"? Ricadrà su di voi tutto il sangue sparso sulla terra, dal sangue del
giusto Abele fino al sangue di Zaccaria che voi uccideste tra il tempio e
l’altare » (Matteo 23).
Come chiamerebbe Gesù coloro
che si ricordano di Dio solo nei momenti di necessità e di paura? Come li chiamerebbe quando affollano
chiese o si ritirano in cappelle-bunker private per dedicarsi a litanie,
implorazioni e lamenti di preghiera,
se non si sono curati di costruire premesse di pace quando era il tempo,
quando in tempi di non belligeranza
era ancora possibile scongiurare b allontanare le cause che presiedono alle guerre, sconfessando chiunque si
basi ancora sul tragico assioma "se
vuoi la pace, prepara la guerra”?
Il Signore ascolta
le preghiere dei cristiani
Il Signore, nonostante le terribili
parole del III comandamento; « Non
terrò per innocente chi avrà usato il
mio nome per la vanità », vanificandone cioè l’autorità quando si tratta
di coprire l’iniquità dei propri profitti, trascurando superficialmente
(con vanità) la preghiera perché troppo occupati nei propri « affari » anche in giorno di « digiuno » (Isaia
58), riducendolo ad un « deus ex machina » di comodo che deve riparare
i terribili guasti prodotti dall’avidità
e dalla cecità di fronte alle ingiustizie, una specie di ’’ultima spiaggia”
0 poco più... il Signore, dicevo, forse
ascolterà ugualmente le preghiere dei
cristiani tremebondi e opportunisti.
Il Signore ci ascolterà ugualmente,
anche se i nostri stessi sotterfugi ci
accusano; « Se tu stai per rivolgerti
al Signore con un’offerta (anche di
preghièra!) sull’altare, e ti ricordi
che il tuo fratello ha qualcosa contro
di te, lascia la tua offerta davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con
il tuo fratello; poi vieni ad offrire la
tua offerta » (Matteo 5; 23-24).
Il Signore ci ascolterà ugualmente,
ma solo perché « mentre eravamo an. cora peccatori. Cristo è morto per
noi » (Rom. 5; 8) e solo perché egli
ama tanto la giustizia (che per lui
non è mai separata dalla paziente
misericordia e dal perdono — caratteristica a noi estranea, ed estranea
ai governi della cosiddetta "forza armata multinazionale”...) àa crearla
anche dove non c’è, cioè in noi, dichiarandoci giusti pur essendo noi
colpevoli e complici delle ingiustizie
di questo mondo.
In terzo luogo l’Evangelo della pace è impopolare. Mette a nudo anche
1 nostri più reconditi e furbeschi
pregiudizi e le nostre animosità più
inconfessate. Smaschera per quello
che sono i nostri sentimenti naturali . ritenuti normali e fuori discussione, cioè il sospetto istintivo e l^odio per i nemici ’’altri da noi ;
« Amate i vostri nemici e pregate per
quelli che vi perseguitano » (Matteo 5; 44).
Sarà impopolare, ma noi dobbiamo richiamare il nostro popolo, che
gode dei benefici di un indiscriminato sfruttamento del Terzo Mondo,
ivi compreso il petrolio arabo, ai cui
profitti partecipano anche pochi ma
avidi sceicchi e satrapi orientali, tra
cui i nobili del Kuwait..., dobbiamo
richiamarlo con tutti i popoli dell’Occidente cristiano alla confessione del
suo peccato, composto di rapina e
di spietato cinismo. Dobbiamo chiamarli alla confessione di peccato ed
al raw'edimento, cioè ad una radicale
trasformazione dei criteri su cui si
regge il sistema economico vigente a
livello nazionale e internazionale.
Dobbiamo chiamare i governi del nostro Nord del mondo (ancorché sostenuti da un altrettanto colpevole
elettorato...) ad ascoltare, almeno
ora, la voce di tanti che si aggiungono a chi da anni pratica la testimonianza della nonviolenza, del disarmo e della pace.
Sarà impopolare, ma occorre ricordare a noi stessi e agli altri che se
si prega per la vita dei nostri "ragazzi” nel Golfo, dobbiamo pregare anche per quella dei "ragazzi” dell’Iraq.
Che ci piaccia o no, questo ci chiama
a fare l’Evangelo!
Sarà impopolare, ma occorre ricordare a noi stessi e ai nostri concittadini che ci sono tante piccole, ma
ugualmente sanguinose guerre che
qualcuno ha intrapreso anche nella
nostra città; aggressioni contro
extracomunitari, nomadi e forze dell’ordine. Anche queste guerre di casa
nostra sono aborrite dal Signore insieme con tutti i pregiudizi di vecchi
e nuovi razzismi che le producono.
La nostra fede in
un Dio ’’forte e disarmato”
La nostra unica parola, davanti alle piccole e grandi tragiche guerre
tra gli uomini, è quella di una fede
attiva e coerentemente impegnata in
un Dio che è ad un tempo « forte e
disarmato, vittorioso con la sola forza dell’agàpe » (P. Ricca), dell’amore
che si dona e della riconciliazione vissuta verso tutti gli esseri umani, iracheni compresi; un Dio che ha come
unica arma la sua Parola fatta carne,
data unilateralmente per noi, per la
nostra liberazione dalle logiche di
morte; un Dio che ci chiama a vivere,
a tempo e fuor di tempo, l’Evangelo
della pace nella giustizia perché alla
« tempesta nel deserto » si sostituisca un « frutteto » in cui « la giustizia avrà la sua dimora » (Isaia 32;
15, 17).
Quale sarà la nostra risposta? L’Evangelo ne conosce una sola; il ravvedimento, che non significa soltanto mortificazione, ma "vita nuova”,
criteri di giustizia in base ai quali
essere in relazione gli uni con gli altri, popoli e governi compresi. Noi
perciò siamo chiamati a sostenere o
a rinnegare chi opera prò o contro la
giustizia e la riconciliazione tra uomini e popoli.
Paolo Sbaffi
7
8 febbraio 1991
obiettivo aperto
IRAQ
r
Un unico Dio, tre reiigioni
Vivere ie tre grandi religioni rivelate (ebraismo,
cristianesimo, islamismo): questo è sempre stato
il problema delle popolazioni del Medio Oriente.
Esse hanno resistito tra queste popolazioni per
la loro gloria, le loro speranze e I loro drammi.
Tutte le popolazioni si appellano al Dio unico nella
fìliazione ricevuta da Abramo, ma sono divise a causa della fede in una delle tre rivelazioni. Cosa significa oggi vivere le tre religioni rivelate in un contesto
di guerra, quando I poteri politici si appellano proprio ad esse per affermare il proprio potere? Quando
ciascun governo chiede di pregare l’unico Dio per la
INTERVISTA AL PATRIARCA RAPHAEL
propria vittoria contro l’altro, il nemico, contro
I’« infedele »?
Per almeno due di esse (l’islam e il cristianesimo)
l’Iraq è oggi una contraddizione. Come vivono la
guerra cristiani e musulmani? E’ la domanda a cui
tenta di rispondere questa pagina.
POLITICA E RELIGIONE
Ginevra: da sin. G. Sliwa, A. Asadourian, il segretario del CEC Emilio
Castro, il patriarca Raphael, S. Ellia e G. Rubeiz (del CEC).
5 anni di dialogo valgono più
di un giorno di guerra
Deve essere stabilito un legame tra tutti i problemi del Medio
Oriente - Le bombe non fanno distinzioni tra cristiani e musulmani
Dopo Roma, e prima di proseguire per Canterbury e gli Stati
Uniti, i rappresentanti delle chiese irachene hanno visitato a Ginevra il Consiglio ecumenico delle chiese. In tale occasione essi
hanno subito pregato le chiese di
fare tutto il possibile per riportare la pace nel Golfo. La delegazione, guidata dal patriarca della
chiesa caldea di Babilonia, Raphaël Bidawid, comprendeva
anche il vescovo armeno Avak
Asadourian, il metropolita assiro
Gewargis Sliwa e il segretario del
patriarca Sami Ellia. I componenti la delegazione hanno risposto ad alcune nostre domande.
— Qual è la vostra missione?
— (Patriarca Raphaël): «Siamo
da Baghdad ii 13 gennaio.
L’inizio della guerra è stato per
noi un grosso colpo; questo non
avrebbe mai dovuto accadere:
cinque anni di dialogo valgono
più di un giorno di guerra. Non
comprendiamo come tutte queste
forze vengano utilizzate per distruggere le infrastrutture dell’Iraq mentre la coalizione pretende di liberare il Kuwait.
Noi eravamo partiti con un
programma di pace, adesso cerchiamo di fermare la guerra; abbiamo incontrato il papa, il cardinale Etchegaray e il cardinale
Lourdusamy, della Congregazione
per le chiese orientali, così come
il nuovo sostituto della Segreteria di stato, mons. Jean-Louis
Tauran. Siamo stati colpiti dalla
posizione del santo padre e dai
suoi sentimenti paterni nei confronti di tutte le parti coinvolte.
Egli è prima di tutto preoccupato per gli effetti della guerra sui
poveri, in Iraq come in Palestina.
Ci ha promesso di mettere in moto tutti i mezzi diplomatici per
riportare la pace, perché è convinto che la guerra non porterà
la giustizia ».
— Che cosa hanno fatto le chiese irachene per impedire la guerra?
— « Dal 3 al 5 dicembre abbiamo realizzato una conferenza cristiana per la pace a Baghdad; ne
abbiamo poi presentato le conclusioni al presidente Saddam
Hussein. Egli ha incoraggiato la
nostra missione di pace.
Chiediamo che venga stabilito
un legame tra tutti i problemi
del Medio Oriente, compresa la
questione cipriota. Ad un medesimo tavolo di trattative l’Iraq
farà delle concessioni.
Il papa personalmente non ha
impiegato la parola « legame »,
nia ha chiesto che tutti i problemi siano studiati insieme ».
— Qual è la vostra opinione sul
modo in cui i media occidentali
riferiscono della guerra?
— « Sentiamo solo la voce di
una parte, cioè degli Stati Uniti e
di Israele, tutto viene interpretato secondo la loro ottica. Noi
vorremmo poter far sentire la nostra voce, questa informazione
Quale futuro
per gli sciiti?
unilaterale non fa onore ai paesi
civilizzati ».
—- I cristiani sono discriminati
in Iraq? Soffriranno di più a causa della guerra?
— « Noi non ci sentiamo discriminati. D’altra parte le bombe
non fanno discriminazioni: cristiani e musulmani sono impegnati nella stessa guerra ».
— Il presidente Hussein ha fatto appello alla Jihad?
— « Sì, noi cerchiamo di adempiere i nostri obblighi civili in
questo contesto. Ma constatiamo
che gli Stati Uniti hanno bombardato i santuari di Naief e Karbala, i più venerati dagli sciiti di
tutto il mondo. Come stupirsi allora se il presidente chiede la solidarietà di tutti i paesi musulmani? ».
a cura di Théo Buss
(SQEPI)
Una buona metà della popolazione irachena è sciita, vale a
dire che essa professa la medesima « versione » dell’Islam che
si professa in Iran. D’altra parte ciò non impedì, durante la
guerra Iran-Iraq, che tale parte
sciita del popolo iracheno fosse
leale, nella sua stragrande maggioranza, al governo di Baghdad
e che combattesse contro gli sciiti iraniani dell’ayatollah Khomeini.
Questo per il passato. Ma che
cosa succederà nell’avvenire se
l’Iraq, sconfitto dall’esercito della coalizione, fosse minacciato di
quella disintegrazione interna
che spesso segue i disastri a livello nazionale?
Se ci chiediamo questo è perché, già da vari mesi, la domanda viene'posta nella stampa egiziana e maghrebina. E spesso
viene data una risposta; bisognerà procedere alla frammentazione dell’Iraq che, secondo i
giornali, è un amalgama artificiale. Si verrebbe quindi a configurare a nord un territorio curdo, a sud un territorio sciita e
al centro, intorno a Baghdad, resterebbe solo una fetta, relativamente stretta, del paese sannita.
Che i curdi trovino finalmente un’opportunità che la storia
fin qui ha loro rifiutato sarebbe cosa auspicabile. Resta il fatto, però, che il problema nazionale curdo non sarebbe risolto
dalla sola liberazione di una parte della regione curda, all’incirca un quinto della superficie totale: sopravverrebbero nuove
difficoltà, ma sarebbe stato comunque fatto un passo storico.
SCHEDA
Cristiani in Iraq
L’Iraq (17 milioni di abitanti)
conta tra la sua popolazione una
forte minoranza cristiana; 6(X).000
cattolici (il 3,5%), 420.000 ortodossi (2,6%), 2.000 protestanti
(0,1%) e 700 anglicani (0,04%).
Lo stesso ministro degli esteri
Tarek Aziz è un cattolico della
comunità di Mosul. Nel campo
deH’amministrazione, sia civile
che militare, sono presenti molti
cristiani che non sono mai stati
perseguitati dal regime di Saddam Hussein.
I cristiani sono presenti in qu^
sta regione del mondo dall’inizio della cristianità ed appartengono a numerose confessioni. La
denominazione più diffusa è quella dei cattolici orientali uniati.
Si tratta di due chiese cattolicoorientali, che pur mantenendo il
rito orientale ed in particolare
il rito caldeo, fanno capo ai patriarcati di Baghdad e di Mosul.
Esse sono in comunione con la
Chiesa cattolica romana e riconoscono il primato di giurisdizione del papa. Queste chiese riconoscono il matrimonio dei preti
e dei diaconi.
Tra gli altri cristiani i più numerosi sono i nestoriani. I ne
stonam sono una filiazione delle
antiche chiese orientali sorte nell anrico Impero romano d’Oriente. Essi prendono il nome da Nestono (381A51) che fu patriarca
ai Costantinopoli dal 428 al 431
Schierato su posizioni teologiche
vicine alla scuola di Antiochia,
fi l’accento sull’umani
Nestorio rifiutò la
definizione di Maria come «maare ai Dio », preferendole quella
di « ma,dre di Cristo ». Per questo
venne deposto e condannato come eretico dal IH Concilio ecumeruco perché « aveva spezzato
1 unità dell’uomo-Dio ». Nonostante la condanna i suoi seguaci rimasero fedeli e fondarono la
Chiesa nestoriana che si diffuse
soprattutto in Persia ed evangelizzò l’India e la Cina a partire
dal 5“ secolo.
La Chiesa nestoriana si articola m due rami ; la Chiesa siriaca
oriernale o caldea e la Chiesa
malabarica o giacobitica.
H capo della Chiesa siriaca
orientale, o caldea, che conta circa 1^.000 membri, è il patriarca
•^’^^^ute che fino al 1940 aveva
sede a Seleucia-Ctesifonte (Iraq)
e poi a Chicago (USA).
Seguono la liturgia caldea ed
hanno come lingua liturgica il siriaco. La Chiesa siro-malabarica,
detta anche giacohitica, prende il
nome dal monaco siriano Giacobbe o Giacomo Baradeo che istitui la chiesa nel 543. I giacobiti'
in Iraq sono molto pochi, ma
hanno legami con la chiesa che è
largamente diffusa nella costa
malabarica dell’India. A capo della Chiesa giacobitica è il patriarca di Antiochia che ha sede ad
Homs (Siria), mentre i cristiani
malabarici dell’India hanno il loro katholicos a Kottayam (Kerala. India).
Presente in Iraq è anche la
Chiesa armena o gregoriana che
prende il nome dal vescovo Gregorio ITlluminatore (morto nel
320 d.C.). Il loro patriarca ha
sede in Armenia (URSS) a Ecmiazdin.
Vi sono poi anche alcune piccole chiese « autocefale » che sono sottoposte ad una propria giu- ,
risdizione e che hanno un capo
nazionale.
Tra i protestanti sono presenti,
soprattutto a Baghdad, alcune
denominazioni riformate.
G.G.
Per gli sciiti il problema è diverso; e questo in parte a causa del loro numero consistente
e del vasto territorio che essi
occupano, bloccando in qualche
modo l’accesso di Baghdad al
mare; in parte a causa delle
stesse particolarità della dottrina musulmana così come la intendono gli sciiti.
Dissimulazione
Minoritari nell’Islam, e quindi
anche all’interno dei grandi imperi passati dei califfi, gli sciiti
furono spesso, in Mesopotamia,
perseguitati per il loro credo. E
ben presto si instaurò presso di
loro la dottrina della « dissimulazione religiosa » secondo la
quale, in caso di grave pericolo per la persona, uno sciita può
rinnegare esteriormente la propria fede e dichiararsi sunnita,
pronto a ritornare apertamente
al proprio credo quando gli sembri di nuovo possibile.
Una tale dottrina comporta
d’altra parte eventuali « alleggerimenti » e capita che oggi uno
sciita si presti a questa dissimulazione non già per evitare
un grave pericolo, ma per precauzione, o anche per semplice
comodo.
Il comportamento politico degli sciiti è quindi non solo imprevedibile, ma anche impossibile ad analizzarsi: l’osservatore esterno, infatti, non può sapere
quale grado di adesione reale
comporti un’esteriore affermazione di lealismo.
Comunque sia, resistenza di
una numerosa popolazione sciita
in Iraq, in prossimità immediata rispetto al grande stato sciita iraniano, in cui la « guida »
è quasi interamente religiosa,
permette di formulare l’ipotesi
che nel caso di un futuro smembramento dell’Iraq potrebbe sopraggiungere il pericolo considerevole dell’avvento di un vasto
impero sciita in Iran. Forse questo dovrebbe far riflettere i politici... 1
Ma a questo proposito va segnalato un caso notevole di « dissimulazione » nell’Oriente arabo.
Il generale Hafez Al Assad è di
origine alaouita, quindi sciita, di
un ramo particolarmente dissenziente. Ma, in quanto capo
dello stato siriano, compie degli
atti di culto sunniti. E’ così che,
alcuni anni fa, egli ha copresieduto la preghiera alla grande
moschea degli Ommeyadi insieme al re dell’Arabia Saudita in
visita ufficiale; e questa era evidentemente una preghiera sunnita. Si aggiimga che questo fatto
è sembrato non turbare minimamente Damasco.
Se aggiungiamo che im’insigne
reliquia (la testa) dell’imam
Hussein, martire a Karbala, è
conservata, e onorata, in un oratorio che dà sul cortile della
grande moschea degli Ommeyadi, si vedrà la difficoltà che c’è
nel considerare questo genere di
questioni orientali, pur con tutte le precauzioni che si convengono.
Pierre Rondot
(da Réforme)
8
8
ecumenismo
8 febbraio 1991
CANBERRA: VII ASSEMBLEA DEL CONSIGLIO ECUMENICO
Vieni Spirito Santo
rinnova tutta ia creazione
Le precedenti assise avevano avuto un’impronta fortemente cristologica - Il complesso problema del rapporto con le altre religioni
ALLEANZA RIFORMATA MONDIALE
Il 7 febbraio si aprirà a Canberra (Australia) la VII Assemblea del Consiglio ecumenico delle
chiese (CEC). Il comitato esecutivo del CEC ha deciso di tenere
l’Assemblea, nonostante la guerra
del Golfo e le conseguenti difficoltà di comunicazione.
Il segretario generale del CEC,
pastore Emilio Castro, a proposito di questa decisione ha dichiarato: « La preoccupazione maggiore delle chiese è quella di rafforzare la testimonianza di pace
e di esprimere la solidarietà dei
cristiani coi popoli del Medio
Oriente. Le stesse chiese della regione implicata nel conflitto hanno chiesto che l’Assemblea si tenesse nel luogo e nelle date previste.
L’Assemblea di Canberra sarà
dunque anche:
— una consultazione sulla situazione mondiale attuale e in
particolare sulla situazione della giustizia e della pace nel
Golfo;
— un sostegno nella preghiera
per i popoli, le famiglie, le
chiese interessate dal conflitto;
— un sostegno per le chiese e i
responsabili delle chiese che,
nei paesi implicati nel conflitto, si sforzano di coordinarsi
in vista della pace e della riconciliazione;
— un coordinamento delle chiese
per le operazioni di aiuto e
soccorso alle popolazioni colpite dalla guerra;
— un momento di preghiera per
la fine di questa guerra e per
gli altri conflitti nel mondo ».
L’Assemblea del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) che
si riunirà a Canberra (Australia), nel campus dell’Università
nazionale australiana, dal 7 al
20 febbraio 1991 ¿ara la settima della sua storia e costituirà una delle più importanti assise ecumeniche dei tempi moderni. L’Assemblea costituente
del CEC ha avuto luogo ad Amsterdam nel 1948; le successive
a Evanston (Stati Uniti) nel
1954, Nuova Delhi (India) nel
1961, Uppsala (Svezia) nel 1968,
Nairobi (Kenia) nel 1975, Vancouver (Canada) nel 1983.
L’Assemblea avrà come tema:
« Vieni Spirito Santo, rinnova
tutta la creazione » e fisserà i
grandi orientamenti del CEC sino alla fine di questo millennio.
L’Assemblea è il massimo organo rappresentativo delle chiese
che sono membro del CEC: sono 311, in 100 paesi e rappresentano 350 milioni di cristiani protestanti, anglicani e ortodossi.
Alla prossima Assemblea parteciperanno 1.000 delegati delle
chiese, oltre a un gran numero
di osservatori (tra cui 22 rappresentanti ufficiali della Chiesa
cattolica), invitati, giornalisti e
personale del CEC per un totale di circa 4.000 persone. Questa Assemblea del Consiglio ecumenico si svolge a quasi un anno di distanza dalla grande assise organizzata dal CEC a Seoul
(Corea del Sud), dedicata ai temi della giustizia, della pace e
della salva^ardia del creato,
che ha suscitato grandi consensi
e mobilitazione nelle chiese, ma
anche critiche da chi riteneva
che i documenti di Seoul non
fossero sufficientemente fondati
dal punto di vista teologico. Questi temi saranno nuovamente al
centro dell’Assemblea di Canberra.
Nella scelta del tema è stata
certamente sensibile l’infiuenza
delle chiese ortodosse, da sempre particolarmente attente al
tema dello Spirito Santo, rispetto al forte orientamento
cristologico delle precedenti assemblee. Ma non si tratta solo
di questo. Poco dopo la scelta
dei temi e dei sottotemi una
personalità ecumenica osservava: « E’ la prima volta che im
tema dell’Assemblea tratta specificamente della presenza e dell’azione dello Spirito Santo, e
non soltanto nella chiesa ». Il
Consiglio ecumenico sembra aver avuto in questi sette anni
una gestione di basso profilo,
concentrandosi principalmente
su temi interni. Ha rafforzato i
rapporti tra le chiese membro
e i consigli nazionali di chiese;
si è occupato dei rapporti con
le altre fedi religiose; ha dato
vita a un progetto, che si attuerà nel 1992, ' di totale ristrutturazione dei mezzi di comunicazione ecumenici, con la creazione di un network internazionale che utilizzerà le nuove tecnologie e non sarà più concentrato a Ginevra ma avrà dei
poli anche nei paesi del Terzo
Mondo. Quanto alla preoccupazione più specificamente ecumenica per l’unità della chiesa, vi
è la sensazione di essere giunti,
dopo tanti dialoghi, a un punto
di stasi, in cui sembra che tutto il possibile sia stato fatto e
non si sa come andare avanti,
pur essendo convinti che l’unità della chiesa sia una questione troppo cruciale per rassegnarsi all’inazione. Vi è poi il
problema del rapporto con le
altre fedi religiose che emergono con forza nel mondo. Di qui,
nel tema, l’invocazione allo Spirito Santo perché agisca, non solo nella chiesa, ma in «tutta la
creazione », cioè per tutta l’ecumene intesa come terra abitata.
Si va dunque nella direzione dell’universalità della chiesa e dell’umanità. Come già a Vancouver nel 1983, l’Assemblea vedrà
il forte impatto delle chiese del
Sud del mondo; la scelta stessa
di un paese dell’emisfero sud,
come l’Australia, dove è particolarmente acuto il problema degli aborigeni, testimonia la volontà di affrontare in un’ottica
universale le grandi sfide che si
pongono alle chiese alla fine del
secondo millennio, quando il peso delle chiese occidentali viene
sempre più sfidato dalle esperienze e dalle teologie emergenti nel Sud del mondo.
Le linee di lavoro
per l’Assemblea
Quattro sono i sottotemi sui
quali si concentrerà l’Assemblea:
1) « Spirito fonte di vita, custodisci la tua creazione »: i problemi della giustizia e della vivibilità ecologica, il ruolo delle
chiese nell’incoraggiare a stili di
vita, valori e sistemi etici rispettosi della vita.
Mutamenti
e comunità cristiane
Vi sono ideologie che recano in se stesse la
propria giustificazione: cosa possiamo dire?
OF CHURCHES
ASSEMBLY
RRA 1991
2) « Spirito di verità, liberaci »: crisi delle ideologie e ricerca di nuovi modelli socio-economici, problemi della sicurezza
rettamente intesa, del razzismo,
della giustizia nella comunicazione, della giustizia verso le donne.
3) « Spirito di unità, riconciliaci »: la comunione e le divisioni attuali; la sfida che i
movimenti carismatici e pentecostali e le chiese africane indipendenti lanciano alla concezione attuale dell’unità cristiana,
della riconciliazione e unità, dei
contatti con le altre tradizioni
religiose.
4) « Spirito Santo, trasformaci e santificaci »: la spiritualità nel contesto della prosperità, della povertà e delle lotte
per la giustizia; la trasformazione degli individui e delle società e i loro rapporti reciproci.
Interventi
rappresentativi
Il Comitato preparatorio dell’Assemblea si è preoccupato di
dosare le personalità che interverranno nelle sedute plenarie,
tenemdo conto del loro continente d’origine, dell’età, del sesso
e della confessione di appartenenza. Tra questi: il patriarca
greco-ortodosso Parthenios di
Alessandria e di tutta l’Africa e
la giovane teologa coreana
Chung Hyun Kyung presenteranno il tema principale, mentre il
tema e i sottotemi verranno
trattati nel corso di un forum
al quale parteciperanno Pauline
Webb, il pastore Philip Potter,
ex segretario generale del CEC,
e il noto teologo tedesco Juergen Moltmann. Vi sarà una seduta plenaria dedicata al processo conciliare in favore della
giustizia, la pace e la salvaguardia del creato e un’altra sui « diritti alla terra e all’identità » in
cui gli aborigeni australiani presenteranno la drammatica storia
del loro popolo, l’invasione dei
bianchi, il genocidio e la lotta
eroica dei primi abitanti delPisola per la sopravvivenza. Nel culto di apertura saranno gli stessi aborigeni di Australia ad accogliere tutti i partecipanti,
rnentre il predicatore sarà l’arcivescovo anglicano Paul Reeves
un maori della Nuova Zelanda
La domenica 10 febbraio vi sarà una grande celebrazione eucaristica sotto la tenda, che userà la cosiddetta « liturgia di Lima » (dal luogo dove è stata
elaborata dalla Commissione Fede e Costituzione del CEC), che
già era stata usata a Vancouver
nel 1983.
L Assemblea è stata preceduta
da una pre-assemblea dei giovani (2-5 febbraio) e da una delle donne (3-6 febbraio).
[nev)
Pubblichiamo qui il testo di
un messaggio alle Chiese riformate approvato da un gruppo di
lavoro dell’Alleanza riformata
mondiale. Il messaggio è frutto
di una considtazione avvenuta a
metà novembre 1990 e non può
ovviamente tener conto delle
nuove responsabilità che competono alle chiese dopo lo scoppio
della guerra nel Golfo.
Cari fratelli e sorelle in Cristo,
la caduta del muro di Berlino
rappresenta in maniera spettacolare i cambiamenti improvvisi
e radicali che si stanno producendo a livello del mondo
intero. E’ vero che l’azione di Dio
nella storia ha dato a molte società un nuovo slancio di libertà,
e ringraziamo Dio per la promessa che vi è contenuta. Tutto questo ha rappresentato una nuova
possibilità per milioni di persone,
ed ha suscitato una gioia profonda, una speranza e un coraggio
nuovi. La vita si è arricchita di
nuove possibilità.
Allo stesso tempo, i cambiamenti sociali radicali e la modificazione dei rapporti di forza a livello mondiale sono carichi di pericoli. C’è una grande tentazione
di proiettare delle ideologie che
portano in se stesse la loro propria giustificazione, e così anche
a renderci ciechi rispetto alla sobria missione consistente nel modellare delle comunità umane che
sono in piena evoluzione, secondo la nostra permanente vocazione cristiana. Dobbiamo urgentemente impegnarci in una riflessione critica sul passato e su ciò
che sta avvenendo nell'arena
pubblica mondiale, e insistere
perché sia dato alle genti uno
spazio per scoprire una comunità libera, un avvenire comune e
delle possibilità nuove.
Rappresentando le chiese riformate di tutto il mondo, ci siamo
riuniti per quattro giorni sul tema: «La comunità cristiana in
una società in cambiamento ».
Nel corso dei nostri lavori e dei
nostri scambi abbiamo pensato
alle regioni da cui proveniamo e
alle loro attuali lotte.
Vogliamo adesso condividere
con voi un poco del senso del nostro incontro, invitarvi e incoraggiarvi a proseguire questa ricerca
e questi scambi nelle vostre stesse
chiese e comunità. Riteniamo che
attraverso gli avvenimenti spettacolari, o catastrofici, del nostro
tempo Dio ci inviti ad un nuovo
ascolto di ciò che si attende da
noi, in modo che le nostre vite
personali e comunitarie siano
modellate sulla Parola vivente
del Cristo in mezzo a noi. Crediàmo che questa sia la maniera migliore di affrontare l’avvenire per
quanti vogliono essere fedeli all’eredità della Riforma.
Per le nuove concentrazioni vi
è la forte tentazione di poter imporre delle ideologie restrittive
e oppressive. Il governo da parte
del popolo potrebbe essere facilmente sostituito da un governo
in mano a certe élite ricche e
influenti, che potrebbero manipolare a loro vantaggio il processo storico mondiale, senza alcuna
preoccupazione per il mandato
evangelico che vuole che ci si
preoccupi dei più piccoli fra i fratelli e le sorelle in Cristo. Siamo
convinti che un ordine sociale
fondato sulla giustizia e l’amore
debba comprendere tutti i figli di
Dio, e non solamente i cristiani.
Crediamo che alcune nuove esplo
sioni di libertà possano essere facilmente corrette in una nuova
forma e in una nuova occasione
di oppressione.
Il momento presente è carico
di pericolo nel vedere delle concentrazioni di potere diventare
strumento non di una nuova era
di libertà e di giustizia nel mondo, ma di una nuova era di sistematica esclusione dei poveri in
tutte le regioni del globo. In questo tempo in particolare non dobbiamo dimenticare che esiste una
moltitudine di gente che soffre e
che muore a causa di una povertà che non ha niente a che vedere con il fallimento del socialismo. Questa immensa miseria
non è soppressa dal cambiamento intercorso nei rapporti EstOvest.
La tradizione riformata della
fede cristiana ci chiede di andare
oltre alla pietà individuale per
studiare in modo critico l’occasione che ci è data di modellare
l’ordine pubblico nella direzione
della giustizia per tutti i figli di
Dio. Questo implica che esaminiamo le nostre motivazioni e il
nostro impegno come individui e
come chiese. Dobbiamo pentirci
della nostra indifferenza e affrontare questi nuovi tempi di turbolenze sociali mondiali impegnandoci con perseveranza ad agire,
guidati dalla promessa del Regno
che il Signore ha fatto per noi.
Questa speranza ci spinge a lottare per una comunità umana da cui
saranno eliminate la sofferenza, le
lacrime, l’ingiustizia e la morte.
Come i nostri padri nel XVI secolo, e conformemente alla loro tradizione, dobbiamo mettere a profitto questo nuovo momento di libertà per costruire delle società
più giuste e più umane.
Sono queste occasioni e responsabilità importanti ma piene di
pericoli. Ormai non possiamo più
agire semplicemente secondo antichi postulati, né possiamo riposarci su prospettive immutabili.
Occorrerà affrontare dei rischi
e scoprire delle realtà finora ignorate. Ma su questo cammino Dio
ci condurrà a discernere la sua
volontà per la nuova era e scopriremo allora delle possibilità
insospettate. Il Signore ci invita
ad affrontare l’avvenire con fede
piuttosto che con timore, perché
non camminiamo soli. Siamo pieni di fiducia, sapendo che Gesù
Cristo ci precede.
Vi invitiamo, voi, la vostra
chiesa locale e altri membri della vostra comunità a studiare insieme la Bibbia e l’attualità, e ad
attenervi allo studio e alla disciplina indispensabili per poter
contribuire all’elaborazione dell’ordine politico locale e mondiale, nel senso del compimento promesso da Dio.
PROTESTANTESIMO
IN TV
DOMENICA 10 FEBBRAIO
ore 23.30 circa - RAIDUE
Replica:
LUNEDI’ 18 FEBBRAIO
ore 9.45 circa - RAIDUE
« UN GRIDO ALLA PACE »
dall’Assemblea mondiale del
Consiglio ecumenico delle
chiese riunito a Canberra.
9
8 febbraio 1991
valli valdesi
CONSIGLIO COMUNALE A TORRE PELLICE
Insieme
per
• • •
Si discute di poiitica
Ordini del giorno sulla guerra, sull’agricoltura, sulla vai Bormida
e in solidarietà verso i carabinieri - Le interrogazioni della Lega
Continua la serie di incontri
volti a creare un coordinamento
effettivo fra le associazioni operanti in vai Penice in modo da
creare una rete di solidarietà intorno a quelle persone che si trovano in difficoltà per tossicodipendenza o alcolismo o anche
semplicemente per concretizzare
la tanto reclamizzata prevenzione. Da quando nel novembre deltanno scorso^ dalla Comunità
montana-USSL 43 partì l’invito
per una serata di discussione, altri incontri sono seguiti.
Ad ognuno degli appuntamenti
ha partecipato un buon numero
di persone, spesso però diverse
dall’incontro precedente; un po’
tutte le associazioni o gruppi sono stati informati della volontà
di creare questo coordinamento,
ma finora non si è andati molto
oltre.
Sono state coinvolte anche persone singole, in alcuni casi ben
disposte a dare una parte del proprio tempo per costruire e realizzare il progetto, in altri perché
coinvolte direttamente avendo
congiunti tossicodipendenti o alcolisti.
E dunque giunto il momento
di concretizzare; giovedì scorso
il gruppo che più direttamente
segue la questione ha proposto
come possibile linea di intervento un documento contenente
obiettivi ed iniziative volte al raggiungimento degli scopi. Costituire spazi di integrazione e confronto fra tutte le risorse del territorio, facilitando quindi la partecipazione della famiglia, ma anche
dei singoli, promuovere l'informazione_ e la formazione verso la
popolazione circa le cause e le
manifestazioni del disagio sociale, sostenere le associazioni che
operando in valle in qualche modo "fanno prevenzione”; questi
sono solo alcuni degli obiettivi indicati.
Si tratta sicuramente di mete
non facili da raggiungere.
I pochi amministratori locali
presenti hanno fatto rilevare come sia sempre più difficile avere
dei fondi per operare nel settore socioassistenziale, esponenti di
associazioni si sono chiesti come
in realtà essi possano intervenire,
essendo spesso senza strumenti
e preparazione, altri, i familiari
per esempio, si sono chiesti se
non sarebbe il caso di formulare
un progetto di intervento più ristretto ma anche più preciso e
mirato.
E le chiese, sia valdesi che cattoliche, sono disposte ad impegnarsi in qualche modo, al di là
del sostegno alle attività giovanili che certo offrono di per sé spazi alternativi? Ne hanno le risorse? Qualche anno fa si era costituito in valle un gruppo, sostanzialmente di credenti, che
aveva scelto di impegnarsi sul
problema tossicodipendenza; ci
furono alcune uscite ma anche
un difficile rapporto con l'USSL.
Oggi la situazione è diversa e la
richiesta di collaborazione viene
dagli operatori delVUSSL stessa;
è un elemento importante in più:
il ruolo che possono giocare è
centrale se non altro come ’’tecnici". La buona volontà infatti
non basta, come non basta organizzare attività che pochi o nessuno frequenta per realizzare la
prevenzione, né una attiva azione
di polizia che al massimo sposta
di qualche chilometro il problema. Altrimenti resta la solitudine; quella di chi beve o "buca",
ma anche quella delle famiglie o
semplicemente di chi "vede” ma
non sa cosa fare...
Piervaldo Rostan
Il consiglio comunale del 29
gennaio può ben definirsi atipico, in quanto si è concentrato
sul dibattito di varie proposte
di odg e di molte interrogazioni presentate dal gruppo consiliare della Lega Nord-Piemont,
tanto da far slittare oltre la mezzanotte la discussione dei restanti punti riguardanti i problemi di Torre Pellice, suscitando le reazioni dell’avv. Cotta Morandini, consigliere di maggioranza, che riteneva più corretto
metterle in coda.
Il primo punto ad essere discusso è stato quello sulla guerra del Golfo. In esso, condannando le diverse violazioni in atto
in questi giorni, veniva ribadito il concetto del ritiro delle
truppe irachene dal Kuwait. Dopo di che si prende atto che il
mondo industrializzato e le
grandi potenze hanno contribuito in modo determinante a costruire il regime sanguinario di
Saddam Hussein.
L’odg si conclude con un appello affinché si cerchino le vie
per la cessazione della guerra
in atto e si giunga alla convocazione di una conferenza di pace sul Medio Oriente sulla base
di tutte le risoluzioni delTONU,
dunque anche quelle sulla questione palestinese. Nella discussione successiva emergevano diverse analisi sulla situazione e
sostanzialmente vi era accordo
sul contenuto dell’appello. A
questo punto il consigliere della Lega Nord, Hertel, comunicava che il suo gruppo si sarebbe astenuto dalla votazione
se i socialisti presenti in consiglio avessero appoggiato Todg
in quanto esso non corrispondeva alla posizione ufficiale te
nuta dal PSI a livello nazionale.
Dopo ulteriori interventi si arrivava alla votazione; favorevoli i 16 consiglieri di maggioranza, si astenevano i tre della Lega presenti.
Secondo, in ordine di tempo,
un ordine del giorno approvato all’unanimità sulla crisi dell’agricoltura. La caduta dei prezzi dei prodotti agricoli ed i continui aumenti fiscali, oltre alla
confusioné e contraddittorietà
delle decisioni prese nelle diverse sedi (CEE, Parlamento e governo nazionale. Regione), porteranno danni gravissimi all’agricoltura montana perclié saranno pochi gli addetti che potranno adeguarsi.
L’odg invita quindi il Parlamento ad offrire alTagricoltura
italiana un’ipotesi minima di sviluppo, consentendo ai produttori
agricoli di pesare nelle decisioni al pari di altri operatori, e
puntando sull’agricoltura come
3U un settore strategico nello
sviluppo del paese, essendo comunque un’attività di salvaguardia del territorio e dell’ambiente.
La terza proposta di ordine
del giorno riguardava la richiesta di chiusura dell’ACNA di
Cengio, la bonifica e la rinascita
della valle Bormida: due gli ordini del giorno presentati, uno
della maggioranza ed uno della
minoranza.
Dopo un breve dibattito, centrato sulla necessità che venga
emesso un decreto di calamità
naturale, con conseguente risarcimento dei danni anzitutto alle aziende agricole che non potendo usare l’acqua del Bormida subiscono gravi perdite economiche, tutti i consiglieri cor
fluivano sulTodg della maggioranza approvato cosi all’unanimità.
Le ultime proposte di odg
prendevano spunto dalle violenze avvenute recentemente a Bologna. Quello della Lega Nord
era centrato sulla solidarietà all’Arma dei carabinieri, presi di
mira in quanto soggetti attivi
nella lotta contro i narcotrafficanti, il secondo, della maggioranza, aveva un taglio più generale e solidarizzava con tutti coloro che come cittadini sono stati uccisi in quanto testimoni o
colpevoli di essere « zingari », e
con le forze dell’ordine impegnate, invitando il governo e il
Parlamento ad un impegno più
serrato per far luce su tutte le
stragi che hanno insanguinato
l’Italia e Bologna in particolare.
Alla fine passava l’odg della
maggioranza con l’astensione del
gruppo di minoranza.
Veniva comunque recepita la
volontà di dimostrare alla locale stazione dei carabinieri Tapprèzzamento della popolazione
torrese per l’attenzione in termini di dialogo e di coinvolgimento dimostrato, tramite una
lettera che verrà inviata a nome del consiglio comunale.
I lavori del consiglio proseguivano con le risposte del sindaco alle numerose interrogazioni della Lega, con la modifica
del regolamento per gli allacciamenti alla fognatura e con la
sostituzione del rappresentante
della minoranza di Torre Pellice in seno al consiglio della Comunità montana vai Pellice: al
posto di Prospero Goss veniva
nominato Sergio Hertel.
A. L.
TORRE PELLICE
Pro Loco in crisi
L’associazione ha operato ultimamente in solitudine: difficile il
rinnovo delle cariche - Iniziative « proprie » e supporti logistici
La Pro Loco di Torre Pellice
si avvia al rinnovo delle cariche, ma una nube sembra adderisarsi sul suo futuro. La presidente, il vicepresidente, il tesoriere ed un consigliere hanno
preannunciato che non intendono ricandidarsi, pur dando la
loro disponibilità ad appoggiarne le iniziative.
Le motivazioni sono legate innanzitutto ad un lungo impegno
attivo — ormai ventennale —
della sig.ra Clara Sibille Giampiccoli, di cui gli ultimi 10 spesi come presidente dell’associazione; analoga lunghezza di impegno o ridotta disponibilità di
tempo per gli altri membri dimissionari. Nell’analisi attuale si
rileva che l’associazione ha operato in questi ultimi tempi m
una situazione di solitudine e
disinteresse. Il sintomo più evidente è la pretesa di poter tutto ricevere, subito e gratis e le
difficoltà invece a dare collaborazione; infruttuosi sono stati i
tentativi, appoggiati dalla Pro
Loco e dall’amministrazione comunale, di veder risorgere a
Torre Pellice un’associazione di
commercianti con la quale poter dialogare e progettare iniziative.
Dall’altra, pur essendoci stati
notevoli riconoscimenti a lavello nazionale per l’operato della
Pro Loco, ad esempio il concorso pianistico « K. Czerny », o a
livello regionale, con il riconoscimento di Ufficio di informazione ed assistenza turistica
(lAT), non si può nascoitóere
che negli ultimi anni le “imcoità sono aumentate, soprattutto
quelle di tipo burocratico e procedurale.
Di questo stesso malessere
stanno soffrendo anche altre Pro
Loco che stanno rinunciando ad
ottenere il riconoscimento uffimale come iscritte nell’albo delregionali, rinchiudendosi in iniziative più interne ed unicamente rivolte ai soci.
Tutte queste tematiche sono
state affrontate giovedì 31 gennaio scorso dalle varie associazioni convocate dalle Commissioni sport, cultura e tempo libero che si sono fatte carico
di allargare il dibattito ad un
uditorio più vasto. Per Tassessore Ayassot « se l’attività del• mancanza di
ricambio si riducesse, ci perderemmo tutti » perché verrebbe
ineno il ruolo di promozione turistica e di informazione verso
I ^terno proprio adesso che ad
ufficio avviato vi sono gli strumenti necessari (telefono pubblico, fax ed attrezzature per
manifestazioni). Il dibattito che
e seguito ha evidenziato che il
ruolo principale della Pro Loco
non è di organizzare in proprio delle attività che altre associazioni possono fare in mo®P®®iflco, ma è quello di
collaborare con esse facilitan5j°ne i rapporti con la SIAE,
1 ENEL, il servizio affissioni e
mettendo a disposizione, come
e sempre avvenuto, tutto il materiale turistico ed informativo
a sua disposizione.
E in questo senso sono state espresse alcune testimonianze da parte di associazioni o
gruppi che hanno trovato alla
Pro Loco i supporti necessari
per pubblicizzare le proprie iniziative che compaiono ora puntualmente sulla stampa regionale.
Ma allora, viene da chiedersi,
se ogni associazione utilizzasse
l’uflìcio turistico come supporto
tecnico e come vetrina in cui
tutte le iniziative possono essere adeguatamente divulgate, non
si darebbero alla Pro Loco contenuti precisi e nuova vitalità?
Bisogna solo capire che la Pro
Loco deve essere uno spazio accessibile a tutti coloro che propongono iniziative e non uno
spazio riservato a pochi ed impermeabile ai più.
E’ bastato fare un breve giro d’orizzonte per verificare che
iniziative di tutti i generi, sportive, culturali, musicali, non sono mai mancate in zona, ma
manca l’informazione estesa a
tutti, finiscono per essere pubblicizzate solo all’interno delle
associazioni che le promuovono
o del cerchio ristretto di amici
che le circonda. Semmai si pone il problema opposto, cioè
quello di un coordinamento tra
tutte le associazioni in vista di
programmare le manifestazioni
che avvengono all’interno di uno
stesso bacino di utenza, a livello di paese o di vallata.
Bisogna quindi ricominciare a
guardare il problema con occhi
nuovi. Questo è ciò che tutti si
augurano possibile nella prossima assemblea (che si terrà entro la fine di febbraio) per far
sì che alle ipotesi possano seguire dei fatti concreti.
Adriano Longo
« Gladiatori »
TORINO — Il coordinamento
sindacale CGIL, CISL, UIL dei
vigili del fuoco con una lettera
al sottosegretario agli interni, on.
Valdo Spini, ha chiesto il congedo di un vigile del fuoco del
distaccamento di Torre Pellice.
Motivo: la sua dichiarata appartenenza all’organizzazione Gladio.
Guerra del Golfo
PINEROLO — Anche i lavoratori del comune di Pinerolo hanno preso posizione rispetto al
confiitto del Golfo; esprimendo
il loro netto rifiuto morale a
considerare la guerra come l’unico mezzo per dirimere le questioni internazionali e considerando che l’embargo avrebbe potuto essere un valido deterrente, i dipendenti del comune chiedono che il governo italiano « si
faccia parte attiva per risolvere
in maniera pacifica il confiitto,
iniziando dal ritiro delle truppe
italiane » e alle organizzazioni
sindacali nazionali di mobilitarsi fino ad uno sciopero generale come strumento di pressione
sul governo.
Fumata bianca
per il « Cotta ter »
TORRE PELLICE — Giorgio
Cotta Morandini è stato eletto,
martedì 5, per la terza volta,
presidente della Comunità montana vai Pellice, a capo di una
coalizione di sinistra. Vicepresidente Marco Bellion mentre i
colleghi in giunta saranno Ezio
Borgarello, Livio Gobello, Dario
Gelso, Claudio Giraudo e Remo
Dalmas.
La nuova elezione si è resa necessaria perché nella precedente
convocazione i consiglieri del
gruppo DC, insieme ai due indipendenti di Bobbio Pellice, si
erano allontanati dall’aula facendo così mancare il numero legale.
■ Oggi
e domani
Concerti
PINEROLO — Venerdì 8 febbraio, alle ore 20.45, presso il Centro sociale
di via dei Rochis 3, il cantante nicaraguese Hernando Gutierrez canterà e
suonerà canzoni del Nicaragua aggiornando sulla situazione del paese centroamericano.
Incontri
PEROSA ARGENTINA — Venerdì 8
febbraio, alle ore 17, presso la sede
della Comunità montana verrà illustrato il programma operativo presentato
dall’associazione « I paesi del Monviso » alla Regione Piemonte per accedere ai contributi previsti dalla comunicazione CEE denominata Interreg.
Cinema
TORRE PELLICE — Venerdì 8 febbraio, alle ore 21.15, per la rassegna
di film d'arte e cultura, verrà posto
in visione « Porte aperte », di Gianni
Amelio; sabato 9 (ore 20 e 22) e domenica 10 (ore 16, 18, 20 e 22.10)
appuntamento con « Stasera a casa di
Alice ».
Spettacoli
POMARETTO — Sabato 9 febbraio,
alle ore 21, presso il cine-teatro Edelweiss l'Assemblea teatro ripropone
« Dimmi... l’amore? » di Marco Carena.
Segnalazioni
TORRE PELLICE — Sabato 9 febbraio, nell'isola pedonale, avrà luogo il
mercatino mensile dei prodotti biologici.
10
10 valli valdesi
8 febbraio 1991
VALLI CHISONE E GERMANASCA
BILANCIO USSL 42
Iniziative contro la guerra Mancano 9 miliardi
Trecento persone alla marcia contro la guerra lungo le strade di
Perosa e Pomaretto - Cosa fare a scuola per la cultura della pace?
Una folla di circa trecento persone ha partecipato alla marcia
organizzata sabato 26 gennaio
dal Comitato « no alla guerra »,
che si è costituito raccogliendo
le adesioni di organizzazioni e
di singole persone che da anni
lavorano sul tema della pace nell’ambito dei comuni di Perosa,
Pomaretto e della vai Germanasca.
La marcia si è snodata attraverso le vie di Pomaretto e Perosa, preceduta da uno striscione riportante parte dell’art. 11
della Costituzione: « L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali ».
Numerosi altri cartelli e striscioni dichiaravano la volontà
della gente di lavorare per la
pace e il profondo dissenso verso una guerra ingiusta.
Lungo il percorso si sono effettuate alcune soste per dare
spazio a letture e riflessioni sul
tema della pace. Nella piazza 3“
Alpini di Perosa, tappa finale del
percorso, è stata letta la mozione (già presentata sull’Eco
delle valli) da inviare ai comuni; due bambine hanno letto una lettera scritta dalle classi 4*
e 5‘ di Pomaretto, contenente
le loro riflessioni sul tema guerra-pace.
La manifestazione si è conclusa con il canto di alcuni inni
pacifisti: « Stanotte ho fatto un
sogno che non avevo fatto mai:
sognavo che gli uomini non combattevano più ».
t * *
Il Comitato « no alla guerra »
continua a ritrovarsi per proseguire la riflessione su questi temi e proporre nuove forme di
impegno sul territorio, in modo
che si mantenga desta e vigile
l’attenzione della gente sui problemi che dilaniano il mondo
di oggi.
Gli insegnanti del Circolo didattico di Perosa si sono riuniti
in assemblea sindacale venerdì
25 gennaio per discutere in quale modo affrontare il problema
scottante di questa guerra, sia
dal punto di vista di lavoratori,
sia dal punto di vista di educatori.
Se come lavoratori si è contrari ad ogni tipo' di sfruttamento, a maggior ragione si è contrari alla sopraffazione di un
popolo verso un altro. Ogni lotta sostenuta dai lavoratori ha
sempre avuto come obiettivo la
libertà dell’individuo ed è sempre stata guidata da principi di
solidarietà e di uguaglianza.
E’ diflìcile, in questo momento, trovare un mezzo per comunicare il proprio dissenso, il proprio « no alla guerra ».
Ci sono in questo momento
gravi crisi di coscienza per non
aver saputo o potuto impedire
l’inizio di queste ostilità. Ma c’è
anche l’interrogativo: i lavoratori di tutte le categorie sono
ANGROGNA
Segnali positivi
I
« Dopo annate difficili caratterizzate da persistente assenza di
precipitazioni nevose o addirittura da venti impetuosi, questo inizio di stagione pare far sperare
in meglio ed interrompere una
così negativa sequenza ».
Con queste parole di soddisfazione il presidente della cooperativa Mount Servin, Valdo Benech,
esprimeva ai soci convenuti per
l’assemblea lo scorso 25 gennaio,
in quel di Angrogna, un primo accenno di ottimismo.
L’anno appena concluko è stato
dunque particolarmente duro, visto che all’assenza di neve si assommò il grave danno subito per
lo scoperchiamento dello chalet
destinato a rifugio nello scorso
febbraio; l’impegno di un gruppo
ristretto di soci ha comunque
permesso la pronta ricostruzione,
su pilastri e soletta portanti, di
questo chalet.
Proprio la scorsa settimana la
struttura ha superato il collaudo
del genio civile e pertanto, entro
breve tempo, potrà essere adibito a rifugio con una ventina di
posti letto.
Anche l’altro chalet che si trova a fianco registra delle novità:
è stata ampliata la sala di accoglienza per gli ospiti che ora è
perfettamente funzionante, sia
come bar che come ristorante.
Nella sua relazione ai soci il
presidente ha espresso anche l’apprezzamento agli attuali gestori
per la conduzione della casa, oltre alla soddisfazione per il fatto
che la struttura è stata, a tutti
gli effetti, inserita nell’itinerario
proposto dal « Giro del Eric Boucle »; questa attività riguarda i
due versanti delle Alpi e prevede
percorsi sia per quanti sono appassionati di mountain bike, sia
per chi preferisce il turismo equestre. D’altra parte è noto che l’attività legata alla cooperativa
Mount Servin, che territorialmente si esprime sui comuni di Angrogna, Pramollo e San Germano,
non riguarda soltanto il pur importante settore dello sci (sciare sui 5 chilometri dell’anello di
fondo costa tra l’altro solo 3.000
lire; due piste per la discesa sono
attrezzate con impianti di risalita), ma anche altre offerte turistiche, prima fra tutte l’escursionismo al giardino botanico della
Rostania.
« Con i miglioramenti apportati — ha concluso Benech — vi sono le premesse per dare all’attività della Mount Servin una continuità durante tutte le stagioni
dell'anno ».
A. L.
pronti ad agire? Siamo pronti
noi, singoli individui, a dare un’ora del nostro stipendio a favore
dei profughi che la guerra sforna a migliaia?
Ma il problema più grosso che
si trovano a dover affrontare gli
insegnanti è come analizzare con
i bambini il problema guerra,
come mediare tutto quello che
vedono in televisione e, soprattutto, come affrontare una « cultura della pace ».
Da questa assemblea sono nate alcune proposte di lavoro, anche in base ad esperienze passate; molti insegnanti hanno ad
esempio proposto di inserire nel
loro piano di lavoro delle attività volte a guidare i bambini
verso un maggior rispetto dell’altro, a scegliere dei tipi di giochi meno violenti, con proposte
alternative.
A cura di Paola Revel
e Silvana Marchetti
FERROVIA
Chiusura
temporanea
TORINO — Sono quattro le
linee ferroviarie della provincia
di Torino su cui le FS prevedono di intervenire nei prossimi mesi per apportare quei miglioramenti tecnici in grado di
rendere l’esercizio economicamente sopportabile.
Com’è noto fra queste c’è la
Pinerolo-Torre Pellice, per la
quale le ferrovie prevedono la
sospensione del servizio per nove mesi, dal 1” giugno ’91 al 28
febbraio ’92.
In questo periodo le corse sarebbero sostituite con autobus;
alcune, per la verità, resterebbero scoperte ed in particolare
tre treni da Torre verso Pinerolo in fascia serale (15.27, 19.20,
21.14) e due in salita da Pinerolo al mattino (5.50 e 12.24).
« Per alcune corse — ha detto l’ass. provinciale Principe nel
corso di un incontro con gli
amministratori delle zone interessate — si potrebbe prevedere l’utilizzo di pullman delle ditte private che oggi fanno servizio in orari simili a quelli dei
treni non sostituiti ».
I pendolari comunque si sono fatti sentire: perché non è
possibile effettuare i lavori con
le linee in esercizio visto che su
altre tratte ciò avviene? E’ possibile ridurre il periodo di sospensione del servizio evitando
almeno la stagione invernale
quando l’utenza ferroviaria aumenta parallelamente alla situazione meteorologica?
Si può ipotizzare che circolino i primi treni del mattino e
quelli della sera, lasciando libera la rete di giorno per i lavori? L’assessore si è impegnato
a presentare queste alternative
al compartimento ferroviario,
ma al momento pare che noti
ci sia disponibilità delle PS in
questo senso.
Centro
CAI Assistenza
I Infermi
Diurna - Notturna
Feriale - Festiva
Domiciliare - Ospedaliera
Personale qualificato
Torre Pellice - via Garibaldi, 8
Telefono (0121) 933300 - 933422
HòTel
- Lip(5r
Corso Gramsci 11 * Tel. (0121) 91.236 - 10066 Torre Pellice (To)
« Un’assemblea senza poteri in
un’USSL quasi inesistente»: così si è espresso il presidente Ribet aprendo il consiglio della Comunità montana Chisone e Germanasca il 1“ febbraio, consiglio
che, come è noto, è anche assemblea dell’USSL 42.
Malgrado questa assenza di poteri definiti, per far proseguire
l’assistenza sanitaria e socio-assistenziale è stato presentato all’approvazione dei consiglieri il
bilancio di previsione per l’esercizio 1991 unitamente al Piano
di attività e spesa (PAS) per il
triermìo 1990-1992.
Il bilancio preventivo è puramente tecnico perché la quota assegnata all’USSL 42 dalla Regione Piemonte è ampiamente insufficiente. , Infatti supera di poco
i 16 miliardi, mentre per mantenere gli attuali livelli di assistenza sanitaria ne occorrerebbero
almeno 25. Lo stesso discorso va
fatto per il settore socio-assistenziale che ha rice'vuto una quota
di 264 milioni, metà circa di quella erogata nel 1990, con -un bilancio di 2 miliardi.
Si spera che vi sia rm’integrazione nel corso dell’anno e che
non si debbano chiudere dei servizi essenziali per la popolazione.
Un fascicolo di quasi lOO pagine contiene il PAS, che prevede
interventi di vario genere, dall’assistenza ospedaliera al servizio di igiene e assistenza veterinaria, dalla prevenzione di alcune malattie presenti sul territorio a livelli alti alla lotta alle tossicodipendenze.
Sono stati individuati più di
cinquanta problemi specifici e
per ognuno di essi si indicano le
possibili soluzioni.
Anche i vari servizi della Comunità montana sono stati presi
in esame con la presentazione dei
programmi di intervento a cura
dei vari assessorati.
I progetti ricalcano a grandi
linee le attività consuete, che vanno da interventi promozionali
(occupazione, commercio, artigianato, turismo) ad altri di
maggiore consistenza finanziaria
(agricoltura e forestazione, attività culturali, sport). Altri ancora harmo un’incidenza sul territorio per i comuni che se ne avvalgono (smaltimento dei rifiuti,
utilizzo dei mezzi in dotazione alla Comunità montana, urbanistica e tutela del territorio).
Liliana Viglielmo
Per la pace
Donne in nero
PINEROLO — Ogni venerdì, in p.za
Cavour, dalle 16.30 alle 17.30, manifestazione silenziosa con la scritta: « No
alla guerra, fermare i massacri » (appuntamento promosso dal « Centro di
iniziativa e di incontro donne »).
Sit-in silenzioso
TORRE PELLICE — Per l’organizzazione di diversi gruppi e associazioni, ogni domenica, dalle 11 alle 12,
sit-in silenzioso di fronte al Municipio.
CENTRO CULTURALE VALDESE
Proposta
di incontri
Due interessanti attività stanno prendendo avvio in queste
settimane a cura del Centro culturale.
Il corso per predicatori laici,
realizzato in collaborazione con
il Consiglio del I circuito, prevede una serie di incontri finalizzati alla preparazione di meditazioni o riflessioni bibliche da
utilizzare nell’attività delle chiese. Il primo incontro ha avuto
luogo sabato 19 gennaio, con
una ventina di partecipanti, ed
ha visto un’introduzione generale ed una riflessione sulle forme della predicazione. Il prossimo appuntamento è previsto
per il 22 febbraio con scelta ed
esame di uno dei testi proposti dal lezionario presentato sulTEco-Luce a cura della commissione BM'V « giustizia, pace e
salvaguardia del creato » (Zaccaria 8: 16; Giovanni 18: 37-38;
Efesini 4: 22-25).
Il testo scelto verrà poi elaborato da due dei partecipanti
per la seduta successiva e discusso in gruppo.
L’altra iniziativa, « a colloquio
con », vuole realizzare un confronto con persone suscettibili
di fornire elementi di riflessione e stimolo in diversi campi.
Avrà luogo una volta al mese
nei locali della biblioteca alla
Casa valdese.
Il tema proposto per la prima serie di quattro serate è
«identità e memoria».
Nel corso degli incontri quattro autori illustreranno e commenteranno un loro recente libro. Diamo qui titoli e date degli incontri:
— Bruna Peyrot, domenica
24 febbraio alle ore 16, La roccia dove Dio chiama. 'Viaggio
nella memoria valdese fra oralità e scrittura, ed. Forni, 1990;
— Marcella Filippa, sabato
16 marzo alle ore 20.30, Avrei
capovolto le montagne. Giorgina
Levi in Bolivia, 1935-1946, ed.
Giunti, 1990;
— Davide Pinardi, sabato 20
aprile alle ore 20.30, Ritorno nella valle del Signore, ed. Trasschida, 1991;
— Liliana Lanzardo, sabato
18 maggio alle ore 20.30, Personalità operaia e coscienza di classe. Comunisti e cattolici nelie
fabbriche torinesi del dopoguerra, ed. Angeli, 1989.
• L’incontro programmatico
per realizzare il progetto di un
colloquio, o seminario, o incontro che dir si voglia intitolato
a Giovanni Miegge ha avuto luogo domenica scorsa alla biblioteca del Centro. Una ventina di
sorelle e fratelli hanno scambiato le proprie esigenze e ipotesi in un dialogo costruttivo
che si è concluso con un progetto.
Si terrà un incontro mensile
a fine pomeriggio più serata con
cena-panino sulla traccia di due
linee di lavoro: la prima teologica, rappresentata dalla lettura critica del volume di Giovanni Miegge Per una fede (esaurito ma di cui è in corso la ristampa). Si rileggerà il testo insieme raccogliendo le osservazioni che emergono via via.
La seconda linea, a carattere
biblico, dovrebbe introdurre la
lettura del testo con una riflessione sul tema del libro raccogliendo i dati della Scrittura ed
accompagnandoli con un breve
riferimento alle letture storiche
del tema biblico stesso.
Il prossimo incontro è fissato
per sabato 9 marzo alle ore
16.30 a Pinerolo presso la chiesa, in via dei Mille 1.
11
8 febbraio 1991
lettere 11
GUERRA LECITA,
GUERRA ILLECITA
Caro Direttore,
scrivo la settimana successiva all'inizio della guerra del Golfo, spinto da
una serie di motivi, non ultimo una
frase in particolare del bell’articolo
di Luciano Deodato apparso sul n. 3
del 18.1.1991, là dove l'autore afferma di non volere la guerra, anche
perché ha visto ■■ ...volti pieni di vita
dei soldati in Arabia » e non li vuole
rivedere ridotti ad un ammasso di
carne.
E' forse ingiusto da parte mia riportare solo questo aspetto del lungo articolo intitolato « No alla guerra », ma è quello che ho giudicato
più parziale e demagogico.
Mi sono venuti in mente i volti,
immaginari, degli armati di Enrico Arnaud attestati a Prangins prima del
Rimpatrio, sicuramente consapevoli di
non intraprendere una gita, ma una
guerriglia in territorio nemico, pur
di ottenere ciò che ritenevano giusto.
E se oggi esistono le valli valdesi,
noi tutti lo dobbiamo anche e soprattutto a quegli antesignani della guerriglia che sono stati i nostri padri,
alcuni dei quali certamente « ridotti ad
un ammasso di carne e di sangue
nell'immobilità della morte », magari
neanche « chiusi in una bara », così
ridotti [come le loro madri, fidanzate
e spose non li avrebbero voluti vedere) non da un proiettile, un missile
0 una bomba, ma da una sciabola,
un'alabarda o una beidana. Operando
questa scelta, essi volevano riappropriarsi di un diritto loro estirpato con
il sopruso e la violenza e ci sono
riusciti grazie al supporto ed all’aiuto
di alleati stranieri che condividevano
1 loro ideali.
Personalmente tutto questo mi suona attuale anche se è noto che dalle valli valdesi non si estrae petrolio.
Nella prima settimana di guerra è
sorta la polemica sulla guerra lecita
e quella illecita. Il pacifista dice che
nessuna guerra è lecita in quanto è
violenza e giustamente Luciano Deodato ci dice che ■■ non la guerra ma
la giustizia crea le condizioni della
pace ». E chi può non dirsi in armonia con simili argomentazioni? Tuttavia, nostro malgrado, dal filisteo Go
liath a Napoleone, da Mussolini a Poi
Pot, da Duvalier a Fidel Castro (no,
lui ancora no: pacifisti e diritti civili
non fanno in tempo ad attecchire) chi
ha oppresso, schiacciato, depredato
prima o poi ha trovato un antagonista
che, anche se piangendo, ha dovuto
battersi e duramente, con morte e
devastazione da entrambe le parti, per
riaffermare la libertà di pensiero, di
religione, di un popolo o di un principio.
Cordialmente.
Paolo Prochet, Torino
CHI DEVE DARCI
SPIEGAZIONI...
Caro fratello e direttore,
voglio con queste poche righe ringraziarti perché col tuo giornale mi
fai giungere in casa in questo momento di guerra una voce diversa, con
la quale mi sento in armonia, una
voce forte ma senza odio, una voce
che vuole risolvere costruerdo e non
distruggendo.
Il mio animo è stato appesantito
da una grande tristezza già alio scoppio delle .prime bombe. Ma in questi
ultimi giorni a questo primo sentimento si è aggiunta anche ia rabbia,
perché anche la mia coscienza è stata bombardata, sono esplose nei mio
cuore le parole di chi ha affermato
che questa è «una tipica guerra giusta », che chi si oppone è traditore
della patria, partigiano di Saddam Hussein e di una « cultura della resa »
che mina e corrode la morale collettiva ed individuale.
Non sono' un filosofo, non sono un
politico, non sono un teologo, ma la
mia coscienza e la mia fede si ribellano a queste affermazioni.
Vorrei contrappormi a questa ideologia con due semplici tesi: 1) Non
esiste una guerra giusta. Nel momento in cui delle persone soffrono per
causa mia, non posso sentirmi in comunione col Signore, e quindi non posso credere che ciò che sto facendo
sia giusto. In questi giorni il Signore
soffre per causa nostra. Non si sta
facendo una guerra giusta, ma solo
un'ingiustizia per sopprimere un'altra
ingiustizia. 2) La cultura della pace
non è una cultura della resa, ma di
delle valli valdesi
settimanale deUe chiese valdesi e metodiste
Direttore: Giorgio Gardioi
Vicedirettore: Luciano Deodato
Redattori: Alberto Corsani, Adriano Longo, Jean-Jacques Peyronel, Piervaldo Rostan.
Segreteria: Angelo Actis
Amministrazione: Mitzi Menusan
Revisione editoriale: Stello Armand-Hugon, Mariella Taglierò
Spedizione: Loris Bertot
Comitato editoriale: Paolo T. Angeleri, Mirella Argentieri Bein, Claudio
Bo, Franco Cafri, Franco Chiarini, Rosanna Ciappa Nittl, Gino Conte,
Piera Egidi, Emmanuele Paschettò, Roberto Peyrot, Sergio Ribet,
Mirella Scorsonelli
Stampa: Coop. Tipografica Subalpina ■ via Arnaud, 23 ■ 10066 Torre
Pollice - telefono 0121/91334
Registrazione: Tribunale di Pinerolo n. 175. Respons. Franco Giampiccoli
REDAZIONE e AMMINISTRAZIONE: via Pio V, 15 - 10125 Torino ■ telefono
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EDITORE: A.I.P. - via Pio V, 15 - 10125 Torino - c.c.p. 20936100
Consiglio di amministrazione: Co tante Costantino (presidente), "ao o
Gay, Roberto Peyrot, Silvio ReveI, Franco Rivoira (membri)
Registro nazionale della stampa: n. 00961 voi, 10 foglio 481
Il n. 5/'91 è stato consegnato agli Uffici postali di Torino e a quelli
delle valli valdesi il 31 gennaio 1991.
Hanno collaborato a questo numero: Enrico Fumerò, Dino GardioI, l^igi
Marchetti, Ruggero Marchetti, Thomas Noffke, Emmanuele Paschettò, Gregorio Plescan, Aldo Rutigliano, Ludwig Schneider.
lotta per la pace. La pace non dipende dal caso, o dagli altri, ma da noi.
La cultura della pace è la cultura
dell’amore, e come questo è una pianta che vive solo se curata, va liberata dai rovi, va concimata ed innaffiata. Non si possono costruire bombe per noi e bombe da vendere nelle
aree di alta tensione e pretendere
che non crescano i rovi.
Se l'immenso sforzo economico ed
ingegneristico usato per costruire missili, se lo sforzo diplomatico che si
sta attuando per. evitare l'allargamento del conflitto, se le energie che si
vorranno forse spendere dopo la guerra per una conferenza di pace, se
tutte queste energie fossero state utilizzate prima (anche se non rendeva
a nessuno) per risolvere le tensioni
dell'area, per una conoscenza ed integrazione armonica tra i popoli, non
ci sarebbe probabilmente stata la
guerra, non ci sarebbe forse stato
neppure Saddam Hussein. In ogni caso ci sarebbe stata un’unità nel costituire l’embargo, tale da piegare alla ragione qualunque dittatore.
A dover dare spiegazioni non sono
quelli che ora vogliono la pace, ma
quelli che paghiamo per governarci
e che hanno saputo costruire solo la
guerra. Ormai il conflitto è cominciato e agli utopisti come me non resta che pregare il Signore perché i
più deboli non abbiano da soffrire più
a lungo.
Valter Ricca, Torre Pellice
LE CHIESE
DIMENTICATE
Cero anch’io, a Roma il 12 gennaio, per dimostrare contro la guerra.
Cerano anche le delegazioni e i rispettivi pastori delle chiese battiste
di Roma via Urbana, Teatro Valle, Lungaretta, Garbatella, oltre alle delegazioni e ai pastori delle chiese battiste di Ariccia, Albano, Civitavecchia
e della Ciociaria. Vi era anche una
delegazione degli studenti e dei professori della Facoltà valdese, della
chiesa di piazza Cavour e molti altri
evangelici, giovani e non tanto giovani, più donne (con tanto di striscione FDEI) che uomini. Tutti hanno sfilato per oltre quattro ore da
via XX Settembre a piazza S. Giovanni. Potevamo essere di più, ma
c’eravamo.
Gli articoli pubblicati sulla prima pagina del n. 3 del 18,1.'91 trascurano
il fatto che c’eravamo, che c’erano
le nostre chiese a dire no alla guerra, a chiedere il ritiro degli eserciti,
ad auspicare una conferenza di pace.
Vengono citati alcuni esponenti delI evangelismo italiano, ma non c'è
menzione della componente più forte,
che era appunto la rappresentanza folta, variopinta e visibile delle nostre
chiese.
Che forse anche sulla stampa evangelica si adotti lo stile della .grande stampa, cioè di dimenticare che
esistono le chiese evangeliche col
loro patrimonio di impegno per la pace e il disarmo? La grande stampa
parla quasi esclusivamente di laici e
cattolici, ma almeno noi, che ci conosciamo quasi ad uno ad uno per
nome, diciamolo che c'eravamo e non
per gloriarci, tanto lo sappiamo che
eravamo comunque pochi, ma per non
vanificare quel che ad ogni modo riusciamo a concretizzare.
Salvatore Rapisarda, Catania
LE LINGUE
DELLE VALLI
Condivido pienamente quanto scrive
Giorgio Peyronel sostenendo la validità della tutela e della promozione
del francese alle Valli: sarebbe infatti assurdo discriminarlo quale « lingua
di stato estero », come se la cultura
fosse costretta a seguire i confini poMtici degli stati (da superare nel federalismo e nelle autonomie) e si
potesse dimenticare l’importanza che
il francese ha (avuto) nella comunità
valdese.
Tuttavia^ lingua prioritaria dovrebbe
essere l'occitano/provenzale alpino,
cioè nella lingua d’Oc le sue varianti locali, termine da preferire a quello tradizionale di « patois » che oggettivamente degrada le parlate eccitane ad un minus-valore linguistico.
Non sono invece d’accordo nel ghettizzare Il piemontese nell’ambito « dialettale folcloristico »: innanzitutto, perché i parlari gallo-italici non sono
varianti locali deH’italiano, ma dialet
ti del latino, proprio come I ■■ volgari » divenuti illustri essendo entrati a
palazzo (italiano, francese, castigliano, portoghese...); e poi, perché come non ci sono culture « più o meno
importanti » ma « diverse », così non
ci sono lingue degne di essere trattate come tali, ed altre « folcloristiche » condannate come Cenerentola a
morte di focolare: altrimenti, « folcloristici » sarebbero anche il friulano,
il sardo, il basco, il bretone, il celtico di Scozia, il frisone, il romanès
(zingaro) e, perché no?, le lingue amerindio.
Semmai le lingue più deboli (perché non di stato e senza il supporto
dei grandi mercati) hanno, più delle
« statali » (sedicenti « nazionali »),
maggiore necessità di tutela, poiché
ogni lingua è essenziale al pluralismo
ed al patrimonio culturale generale,
e la sua estinzione non è fatto meno grave di quella di una specie animale o vegetale, della compromissione del paesaggio e del territorio.
Infine, mi sembra che individuare
nel piemontese il « nemico » dell’occitano (come ha scritto Giorgio Tourn)
sia un errore di valutazione e fomenti una guerra tra poveri accomunati,
ahinoi!, in un destino che ci richiama quello dei manzoniani galli di
Renzo. La lingua dello stato, delle
amministrazioni locali, dei mass media, delle scuole e delle chiese è
sempre e purtroppo soltanto l'italiano, rullo compressore, strumento di
quell'accentramento linguistico nel quale Pasolini denunciava, come forma dì
consumismo, il « nuovo fascismo », e
contro il quale chiamava ad una « resistenza » nuova.
In fondo, il lessema toponomastico originale « La Tour » (in grafia francese e provenzale) è esattamente il
medesimo, anche foneticamente, nelle
tre lingue (« La Tor », in grafia normalizzata occitana e piemontese), perché il vocabolo latino « turris » si è
evoluto in ■■ tur » nell’area già gallica
comprendente la Francia (che si annesse rOccitania) e il Piemonte. Il
toponimo diverso, estraneo ma vincente, è « Torre Pellice », prepotente come la lingua a cui appartiene.
Si tratta, allora, di « resistere », alleati per la « bioregione » e per un
intelligente recupero del plurilinguismo naturale (appunto condizione privilegiata dell'intelligenza, come scriveva G. 1. Ascoli) di buona parte della popolazione delle Valli. Meglio un
pacifico confronto plurilingue (occitano, francese, italiano e, dove è parlato, come in bassa Valle, piemontese), piuttosto che arrendersi ad uno
sterile ufficiale monolinguismo omologante quale è il presente.
Tavo Burat, Biella
LINGUAGGIO
INCLUSIVO
La redazione, nella sua ultima riunione, ha discusso il problema del
« linguaggio inclusivo » sollevato da alcune lettrici e collaboratrici. Ha raggiunto le seguenti conclusioni provvisorie:
— aderendo alla richiesta delle donne
ppstore il giornale adotta il termine
« pastora » per significare donna pastore. Tale termine sarà adottato
negli scritti dei redattori, mentre i
collaboratori e le collaboratrici sono
lasciati liberi di utilizzare i termini
che preferiscono; ciò per rispettare
il linguaggio di ognuno.
— per gli altri termini al femminile i
redattori sono invitati a seguire le
proposte della apposita commissione
presso la presidenza del Consiglio
dei ministri. G. G.
Partecipazioni
personali
Jean-Jacques Peyronel e Charlotte
Burger comunicano con gioia di essersi sposati. Il matrimonio ha avuto
luogo a Bourdeaux (Francia) sabato 29
dicembre 1990.
Redattori, collaboratori e tipografi si
uniscono affettuosamente alla gioia
della coppia di sposi.
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BOLOGNA — La chiesa metodista
di via G. Venezian 1 è aperta tutti
i giorni, dalle 17 alle 19, con letture
bibliche per la pace e l'esecuzione
all’organo di brani musicali per la
pace.
TORINO: Venerdì 15 febbraio —
Presso il Salone valdese (c.so Vittorio Emanuele, 23), alle 20.45 precise.
Luigi Bonanate (ordinario di Relazioni
internazionali presso l’università di Torino) e Daniele Garrone (docente di
Antico Testamento presso la Facoltà
di teologia) parleranno sul tema:
« Guerra "giusta"? Riflessioni sulla
violenza e la guerra ».
TlINGRAZIAMENTO
« Io alzo gli occhi ai monti...
Donde mi verrà l’aiuto? Il mio
aiuto vien dalTEterno, che ha
fatto il cielo e la terra ».
(Salmo 121: 1-2)
Ha cessato di vivere
Ernestina Ayassot Bebe
Con profondo dolore lo annunciano
le sorelle Emma e Emilia, i nipoti e i
pronipoti Ippolito e Giannetti, i cugini
Albarin, Peyrot, Bein, Revel e Toselli.
La famiglia ringrazia con infinita
gratitudine il direttore dell’Asilo valdese di San Giovanni, signor Gobello,
l’amministrazione, i medici e tutto il
personale che le hanno prodigato amorevoli cure con tanta affettuosa dedizione.
Luserna S. Giovanni, 29 gennaio 1991.
(c E, fattosi sera Gesù disse:
passiamo alValtra riva »
(Marco 4: 35)
Il 2 febbraio è mancata ad Hamilton,
N.Y. (USA)
Beatrice Malati
nata Di Francesco
Assieme al marito Ivo Malan, la
piangono il fratello e la sorella con le
loro famiglie.
Torre Pellice, 8 febbraio 1991.
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Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 932433 (Ospedale Valdese).
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12
12 villaggio globale
8 febbraio 1991
GINEVRA: CONSULTAZIONE ECUMENICA INTERNAZIONALE
AFRICA
Il cambiamento del clima; Evitare a ogni costo
una sfida per tutti p®'' *®"’®
Parlare dell’effetto serra ci obbliga a mettere in questione tutte le
nostre attività - Forse insufficiente la riflessione « teologica »
L’atmosfera della terra non è
mai stata immutabile. Tuttavia
la velocità di queste modifiche
è particolarmente elevata negli
ultimi due secoli.
Il riscaldamento del pianeta è
ima delle conseguenze dell’inquinamento dell’aria, addebitabile al consumo di combustibili
fossili, a pratiche industriali e
agricole, alla combustione di
biomasse e alla deforestazione.
L’effetto serra è causato da alcuni gas presenti in atmosfera
che assorbono le radiazioni infrarosse emesse dalla superficie
terrestre irraggiata dal sole e
la rimandano verso il basso. Responsabili di queste modifiche
non sono i principali costituenti dell’atmosfera ma dei « gas di
traccia»; anidride carbonica, azoto, zolfo, ozono, ecc.
Parlare deU’efletto serra è parlare di tutto, perché tutte le nostre attività ne sono implicate:
quanto e come produciamo, cosa mangiamo, i rifiuti, i trasporti, come puliamo la casa, cosa
facciamo nel tempo libero.
Dal 13 al 18 gennaio a Gwatt,
in Svizzera, si è tenuta una consultazione ecumenica internazionale sulle responsabilità delle
chiese per la salvaguardia dell’atmosfera.
Lo scopo deH’incontro era
quello di formulare un comune
sentire sul ruolo delle chiese del
primo mondo in relazione al
cambiamento del clima.
1 partecipanti erano in vario
modo quasi tutti funzionari ecclesiastici. Rappresentate le chiese protestanti ricche del primo
mondo (USA, Canada e Nord
Europa), delegati di alcune conferenze episcopali di paesi di
lingua tedesca e di alcuni paesi dell’Est (Ungheria, Cecoslovacchia, Romania, URSS, ex Germania Est). Assenti gli altri paesi latini.
I punti di partenza erano diversi e correlati, da un lato, alla sensibilità ecologica dei paesi di provenienza e, dall’altro,
alla forza economica delle chiese e degli organismi di appartenenza. Le realtà più avanzate
sono il Nord America, la Germania, l’Olanda e la Svizzera
che hanno già avviato progetti
ambientali sia per le chiese che
per i singoli.
I documenti finali rispecchiano la rifiessione delle chiese occidentali. Di fatto, le chiese dell’Europa orientale sono state
mute, sopraffatte dalla crisi di
identità che stanno attraversando i loro paesi.
Perché im incontro internazionale di chiese su questo tema? Perché sull’effetto serra e
non sull’energia? Perché non cercare soluzioni tecnologiche a
questo problema, spingendo verso impianti più efficienti o a
ciclo chiuso, o verso la ricerca
di altre fonti energetiche possibilmente rinnovabili o, meglio,
verso la riduzione dei consumi
energetici nel primo mondo?
Perché fame im problema spirituale? Un interrogativo per la
fede?
Forse perché è proprio l’effetto serra ad aver fatto scattare
la riflessione sulle interconnessioni planetarie tra le specie viventi, sulla fragilità dell’equilibrio dinamico dei meccanismi
ambientali; perché dà la dimensione dell’irreversibilità dei meccanismi naturali alterati e della loro incontrollabilità, la dimensione della nostra igiioranza e della nostra presunzione.
L’effetto serra, la febbre del
pianeta, è diventato im simbolo. Le chiese, dopo le assemblee
ecumeniche di Basilea e Seoul
su « Giustizia, pace, salvaguardia del creato », hanno deciso
di farsi carico della protezione
dell’atmosfera, individuandone
le implicazioni di giustizia e di
pace.
La conferenza è stata articolata su 4 aree di riflessione:
— relazioni nord-sud;
— considerazioni teologiche;
— il ruolo specifico delle
chiese;
— il ruolo degli individui.
Le parole chiave intorno a cui
si è lavorato sono state:
— i cristiani del primo mondo ricco devono assumere che
essi sono responsabili del disastro ecologico ed anche, implicitamente, della guerra per il
petrolio in corso in Medio Oriente;
— attraverso questi fatti
leggiamo il giudizio di Dio che
ci rimanda ad una corretta lettura di Genesi, in cui si chiede
di aver cura del creato, Non ci
può essere salvezza individuale
senza la salvezza di tutti;
— le chiese possono/devono
giocare un ruolo strategico di
sensibilizzazione su questo tema
di portata planetaria, in forza
della loro diffusione transnazionale;
— le chiese sono pertanto
chiamate ad una universale testirqonianza di conversione;
— le chiese trovano su questo cammino associazioni ed organizzazioni governative e non
governative che da anni stanno
lavorando e con cui in diverse
realtà già collaborano;
— gli individui cristiani sono chiamati a modificare il loro
stile di vita, i loro comportamenti di consumo;
— le soluzioni trovate devono essere compatibili non solo
con la natura, ma anche con
una più equa relazione tra nord
e sud del mondo.
Il documento finale verrà fatto circolare tra le chiese e verrà portato a Canberra (Australia) al prossimo incontro mondiale del CEC (Consiglio ecumenico delle chiese).
Alcune considerazioni personali.
All’ottima informazione scientifica non è stata affiancata una
adeguata riflessione teologica da
parte dei cristiani. Sebbene l’operatività della conferenza fosse
intenzionale e dichiarata, il piano motivazionale (teologico ed
epistemologico) avrebbe potuto
essere maggiormente articolato
per sostenere conversioni e non
comportamenti coatti.
E’ possibile che questa sensibilità sia soggettivamente legata, da un lato, al fatto che i
riferimenti a Basilea e Seoul, di
cui questa conferenza è una filiazione, non erano espliciti, e
dall’altro alla povertà del dibattito italiano (rispetto a quello
del Nord Europa) sull’energia e
sull’eco-giustizia e all’urgenza di
costruire delle « buone ragioni »,
per indurre i protestanti italiani a prendere sul serio questi
temi. ^
Non è automatico che l’effetto serra conduca a parlare di
modello di sviluppo. Ma poiché
questo stesso è stato costruito,
esso andrebbe maggiormente esplorato.
La quantità di energia che usiamo, infatti, ha sicuramente a
che fare con gli sprechi, con
comportamenti che possono essere eliminati o sostituiti, ma ha
a che fare anche con una struttura economica in cui si produce per produrre.
Ciò per i protestanti ha a che
vedere con una rilettura del lavoro come vocazione, del suo
ruolo salvifico.
La teologia ha fornito una legittimazione teologica a questo
modello di sviluppo.
Si collega all’effetto serra e
alla concezione del lavoro anche
una rilettura dell’uso e del valore del tempo (vado in macchina per risparmiare tempo!), risorsa scarsa e dono finalizzato
di Dio.
Non è irrilevante, infine, ricordare che l’effetto serra non
ha solo cause civili ma anche
militari (guerre chimiche, attività spaziali, esperimenti nucleari). Un tema di grande attualità.
Il modello di dominio mantenuto con il conflitto ci si ritorce contro. Siamo costretti nostro malgrado a diventare buoni, solidali, cooperativi, responsabili nei confronti del resto dell’umanità e della natura. La nostra coscienza cristiana che non
si è turbata per i genocidi degli indios, per la desertificazione di intere zone deH’Africa o
per gli esperimenti nucleari nelle zone del Pacifico, ora si allarma e si mobilita.
E’ anche questo sotto il giudizio di Dio.
Gli aspetti più positivi di questa conferenza sono comunque
stati l’opportunità di scambiare
esperienze e di conoscere che
le chiese protestanti, laddove esse sono forti sia numericamente che finanziariamente, hanno
già espresso iniziative e documentazioni interessanti sia per
la mobilitazione individuale sia
per una testimonianza comunitaria.
Ricordo, per esempio, che nell’ambito delle chiese svizzere la
COTE (Comunità ecumenica di
lavoro su chiesa e ambiente) ha
redatto dei bilanci ecclesiastici
ecologici ed ha proposto alle comunità ed ai singoli di impegnarsi a ridurre del 2% i consumi energetici.
Anche noi in Italia possiamo
fare qualcosa e scuoterci di dosso il senso di irrilevanza e di
impotenza che sembra pervaderci.
Antonella Visintin
•Secondo un rapporto redatto
da vari organismi, perlopiù legati alle chiese, 20 milioni di
africani (su un totale di 600 milioni) sarebbero minacciati dalla fame quest’anno, a meno che
un aiuto alimentare sufficiente
venga loro inviato.
Le organizzazioni membro del
Comitato dirigente di Licross /
Volags, incaricato di coordinare
i soccorsi internazionali in caso
di catastrofe, la cui sede si trova
a Ginevra, hanno pubblicato una
dichiarazione in seguito a una
conferenza stampa tenuta il 4 genaio scorso. Il comitato riunisce la Lega delle società della
Croce Rossa e del « Croissant
Rouge » (la Croce Rossa mediorientale), la Caritas internazionale, i servizi di assistenza cattolici,
la Federazione luterana mondiale, OXFAM e il Consiglio ecume^
nico delle chiese.
I rappresentanti delle varie
organizzazioni hanno dichiarato
che l’Etiopia, l’Angola, il Sudan,
la Liberia e il Mozambico sono
toccati da gravi carenze alimentari a causa della guerra civile,
mentre altre regioni soffrono
dei mancati raccolti a causa della siccità. Se l’aiuto non arriva
rapidamente, l’Africa dovrà affrontare una situazione di carestia molto grave, forse peggiore
di quella del 1984-85.
Par Stenback, segretario ge
EXPORT DI ARMI SUDAFRICANE
Chi rifornisce l’Iraq?
Mine anti-carro armato, mine
anti-uomo, missili aria-aria del
tipo KUKRI, ma soprattutto artiglieria pesante e il famoso sofisticatissimo cannone mobile 200
G5 sono stati forniti all'Iraq dal
Sud Africa dall’inizio degli anni
’80. Ma anche gli Emirati Arabi
Uniti e 1 Arabia Saudita sono ottimi clienti del Sud Africa; così
informa Helmoed Römer - Heitman, esperto alla difesa del governo sudafricano e collaboratore
del settimanale « Jane’s Defence
Weekly ».
Tre settimane dopo l’invasione
del Kuwait, il 23 agosto, il Sud
Africa ha firmato l'embargo contro l’Iraq stabilito dall’ONU. Ma
nell ottobre una fornitura eccezionale per 2,7 miliardi di Rand
(circa 1350 miliardi di lire), indicata come « unclassified exports »
(merce d’esportazione non classificata), fa supporre che il commercio sia proseguito anche dopo l’embargo.
Lo afferma Abdul Minty. portavoce dell associazione internazionale « Campagna mondiale
contro la collaborazione militare e nucleare con il Sud Africa »
con sede ad Oslo, il quale rileva
anche che, mentre il governo sudafricano firmava l’embargo il
23 agosto, la notifica di legge appariva sulla Gazzetta ufficiale solo nel novembre.
Quindici giorni fa il ministro
degli esteri Pik Botha e il sottosegretario di Stato USA per gli
affari africani, Herman Cohen,
hanno avuto colloqui a Pretoria.
La cosa è del tutto naturale,
commenta l’esperto sudafricano
Helmoed Römer - Heitman, perché. gli Stati Uniti hanno bisogno di sapere come difendersi dal cannone 200 G5. E
con lui concorda il più importante ricercatore dell’African Institute of South Africa, già professore alla Sandhurst Royal Military Academy; l’Iraq, egli dice,
ha oltre 100 di questi sofisticati
cannoni e noi siamo in grado di
dare preziose informazioni, senza contare che siamo i massimi
esperti in tecnologie adatte ai climi caldi e al deserto.
Dunque la guerra promette ricchi guadagni anche al governo
dell’apartheid.
(fonte: The Weekly Mail, 18/24
gennaio 1991)
nerale della Lega delle società
della Croce rossa e del « Croissant Rouge », ha dichiarato che
il Comitato aveva registrato
una reazione generosa da parte
della comunità mondiale di fronte ai problemi alimentari dell’Europa dell’est, ma che « delle
priorità umanitarie ci obbligano
a sottolineare la crisi drammatica che minaccia l’Africa ».
Secondo il segretario la priorità del Comitato è l’Africa « e
resta sempre l’Africa ».
Brian Nelder, direttore del
Dipartimento di aiuto reciproco
della Federazione luterana mondiale, ha dichiarato a sua volta
che esistono altri « interessi in
gioco », còme la crisi del Golfo
e l’Europa dell’est, ma ha sottolineato che la crisi africana « è
una priorità a lungo termine che
richiede la nostra attenzione »
Paragonando la situazione africana a quella dell’Unione Sovietica Nico Keulemans, responsabile del « Segretariato per gli
aiuti urgenti e jjer la ricostruzione » che fa capo sàia Commissione di aiuto reciproco e di servizio delle chiese e di assistenza
ai rifugiati (CESEAR) del Consiglio ecumenico ha dichiarato
dìe « non è stata constatata una
situazione di miinaccia per fame
in Unione Sovietica »; esistono
piuttosto dei gruppi vulnerabili
che hanno bisogno di aiuto. Una
delegazione del Consiglio ecumenico si è recata in URSS per
,« parlare alle chiese del loro
ruolo nelle nuove circostanze ».
Parlando deìl'Etiopia B. Nelder ha dichiarato che 440 tonnellate di aiuto alimentare si
sono rese necessarie per aiutare
due milioni di persone nel solo
Tigrai.
Le stime riguardtmti i raccolti
indicano la diffusione della siccità in Eritrea e nel Tigrai.
In Sudan, due cattivi raccolti
consecutivi e la guerra civile
hanno danneggiato le piantagioni
e la distribuzione degli alimenti
e molti milioni di persone stanno per essere minacciati dalla
fame.
La guerra civile in Liberia ha
provocato la partenza di 700.000
persone che si sono dirette verso la Sierra Leone, la Guinea e
la Costa d’Avorio. Un milione
di altre persone ha dovuto spostarsi all’interno stesso del paese.
In Angola ad essere minacciati
dalla fame sono 1.9 milioni di
persone, a causa della guerra e
della lunga siccità provocata dall’irregolare precipitazione piovosa.
In Mozambico milioni di persone continuano a patire la penuria alimentare, a causa della
guerra. Più di due milioni di
abitanti di questo paese (che
ne conta in totale 15) sono stati
costretti a spostarsi verso l’interno e un milione di persone
ha dovuto trovare rifugio negli
stati più vicini.
(SOEPI)