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Anno 121 - n. 40
18 ottobre 1985
L. 500
Sped. abbonamento postale
Gruppo 1 bis/70
In caso <ii mancato recapito rispedire
a i casella postale - 10066 Torre Pellice
delle valli valdesi
Mentre l’accavallarsi di notizie spesso contrastanti non consente ancora di valutare l’operato del governo italiano in relazione al dirottamento deU’«AchilIt Lauro», sembra possibile fare
qualche considerazione sui diversi terrorismi internazionali
che si sono confrontati negli ultimi giorni nell’agitato bacino
mediterraneo suscitando spavento e indignazione.
Il primo è il terrorismo del
calcolo. E’ chiaro che Israele,
per il bombardamento di Tunisi,
non ha fatto che cogliere un’occasione per mettere in atto un
piano da lungo 'tempo calcolato
nei minimi particolari, preparato con ripetute esercitazioni. Ciò
che spaventa in questo terrorismo è la totale noncuranza per
ciò che riguarda le implicazioni
giuridiche e politiche di un atto
di guerra contro un paese amico.
L’unica preoccupazione sembra
essere quella di dare una soluzione tecnica ineccepibile ad un
problema militare, quasi che la
soluzione dimostrata avesse U
potere di legittimare il latto stesso di porre un tale problema.
Il secondo è U terrorismo dell’odio. A quanto è dato di capire, Leon Klinghoffer è morto
unicamente perché ebreo. Come
statunitense i dirottatori potevano tutt’al più rinfacciargli il
plauso dato da Reagan al raid
israeliano contro U quartier generale deU’OLP. Ma come ebreo
gli è stata imposta la corresponsabilità degli atti del governo
israeliano secondo una logica di
identificazione, ebreo = israeli^
no, che ha un solo nome; razzismo. L’odio che ha mosso quest’atto di terrorismo è dunque
un odio razziale, che nasconde
una volontà di sterminio di chi è
ebreo, indipendentemente dalla
cittacUnanza, dalle idee, dagli atti, per il solo fatto di essere
ebreo. Un atteggiamento di questo genere preclude in partenza
qualsiasi soluzione del problema mediorientale, qualunque cosa affermi il sig. Arafat.
Il terzo è il terrorismo della
arroganza. Se il terrorismo del
dirottamento dell’aereo egiziano
da parte dei caccia statunitensi
non ha sparso sangue, ciò non
significa che sia più accettabile
degli altri due. Che sarebbe successo se il Boeing egiziano avesse rifiutato di scendere? Non sarebbe stato abbattuto? Una superpotenza che fa tanto sfoggio
di irritazione e che gonfia tanto
i muscoli non può infatti permettersi di essere sgonfiata e ridicolizzata. Gli Stati Uniti in questo
atto di pirateria aerea hanno
dimostrato un tale^ bisogno di
convincere se stessi e gli aitri
della propria forza da indurli a
passar sopra ai più elementari
calcoli di prudenza.
Come non essere spaventati
dalle diverse implicazioni di questi terrorismi? Ci guardiamo intorno sbalorditi dalle diverse
presunzi'oni di risolvere le cose
con il ricorso sempre più frequente al terrorismo internazionale, anche di stato, _ e ci sale
in cuore il duro giudizio del profeta Geremia: «maledetto colui
che confida neU’uomo, e fa della
carne il suo braccio », delle pretese umane la sua forza...
Franco GiampiccoU.
AIDS, la lebbra del 2000
a,,r,rr
In questa riflessione, che è stata anche proposta all'attenzione
di un pubblico più vasto nel quadro del « culto evangelico » radiodiffuso, il pastore Benecchi propone un avvio alla discussione in termini evangelici del nuovo male.
Una nuova malattia sta seinù
nando il panico negli Stati Uniti
e comincia a destare preoccupazione anche nel nostro Paese. Si
chiama AIDS, il male che stronca la capacità di difesa naturale
e che è stato definito « la peste
del 2000 ». I casi di malati di Aids
negli Stati Uniti sono saliti a
12.000 e la metà sono già morti.
Quando potrà essere bloccato il
cammino di questa tremenda epidemia? Forse tra un anno o due,
non si sa. Nel frattempo moriranno ancora migliaia di persone.
L’intera società dà segni di crisi. Un’ondata irrazionale di panico, di paura, ha scosso un no’
tutti. Cambiano i comportameniti sessuali. La certezza che la libertà sessuale vada ricercata al
di là degli schemi tradizionali va
a pezzi. La liberazione sessuale
da molti apprezzata e da altri vituperata dimostra i suoi lati negativi, addirittura fatali. Cambia
uno stile di vita. « Non riesco più
a salire in autobus, ho paura di
toccare la mano degli altri ».
« Sta sparendo anche Tabitudine
di stringersi la mano e di baciar
si sulle guance »; dichiarano alcuni intervistati.
Ci sono dei fanatici religiosi e
degli intransigenti moralisti che
vedono nella malattia una conferma delle loro posizioni morali.
Quasi si compiacciono della sofferenza delle persone a più alto
rischio; soprattutto gli omosessuali, le prostitute, i tossicodipendenti. « E’ il frutto mandato da
Dio per atti cattivi compiuti in
luoghi cattivi », ha detto un esponente religioso. Panico, paura,
ma anche pesante e dolorosa discriminazione. Dipendenti colpiti dall’Aids o soltanto sospetti
vengono licenziati, talvolta sono
impediti funerali regolari per
morti di Aids.
Fra la società ed i malati si erige un muro di isolazionismo morale, culturale, umano. In alcune
scuole sono state organizzate delle classi lazzaretto. Ci sono malati che di fronte al terrore di essere respinti, trattati da lebbrosi, da appestati, tacciono con grave danno loro e degli altri.
Una civiltà in crisi, che ha paura, che si difende come sa e può,
che cerca di minimizzare i danni
al campo sociale. Una legittima
preoccupazione degenera in crociata, giunge a criminalizzare le
categorie più esposte, si trasforma in una irrazionale caccia all’untore. .
Ma è questa la strada giusta
per affrontare il problema?
L’atteggiamento
dì Gesù
Sono andato a rileggermi i brani evangelici che ci parlano delFatteggiamento di Gesù verso i
lebbrosi: per es. Luca 5: 12-13.
« Mentre egli si trovava in una
di quelle città, ecco uri uomo
tutto coperto di lebbra, il quale,
veduto Gesù, si gettò con la faccia a terra e lo pregò dicendo:
Signore, se vuoi, tu puoi guarirmi. Ed egli stese la mano e lo
toccò dicendo: Lo voglio, sii mondato. In quell’istante la lebbra
sparì da lui ».
La lebbra è una spaventosa malattia: macchie bianche e nere,
nodosità, tumori, alterazioni trofiche devastano il corpo del malato. Alcuni libri dell’Antico Testamento ci documentano sul come i malati erano trattati. Il lebbroso è staccato 'dalla comunità,
deve vivere appartato, spesso
fuori le mura dove la nettezza ur
I CORINZI 9: 16
Una questione personale
«Perché se io evangelizzo, non debbo vantar^, poiché necessità me n’è imposta; e guai a me se non evangeiizzo! ».
Cosa può succedermi se non
evangelizzo? Cosa può succedere a te se non evangelizzi?
Nullal
Ma in questo caso né tu né io
potremo essere nel numero di
coloro che sono sulla via della
salvezza.!
Il « guai a me » dell’apostolo
Paolo è il « guai a me » del contadino quando dice: « guai a me
se non falcio il fieno », « guai a
me se non curo le mie bestie tutti i giorni », « guai a rne se non
vendemmio nel suo giusto tempo ». Uno può essere libero di
non falciare quando bisognerebbe falciare e di vendemmiare a
febbraio o di andare in stalla
solo il sabato e la domenica...
ma questo tizio lo .si può chiamare contadino? E perché chiamare “cristiano” chi non annunzia né con la sua vita, né con le
sue parole, né con le sue scelte
che Cristo è il Signore della speranza e della salvezza per lui,
per ogni uomo e per il mondo
intero? Che raccolto possiamo
sperare dove non abbiamo seminato? E che latte possiamo mungere dalle mucche che non abbiamo nutrito? E -come si potrà
credere se non c’è chi annunzia
l’Evangelo della gioia?
Il grande mandato del Signore, a cui Paolo si sente inderogabilmente chiamato all’ubbidienza — perché ne va del suo
essere apostolo e del suo essere
cristiano — il grande mandato
del Signore è l’annunzio della
riconciliazione di Dio col mondo, per il quale il piccolo uomo
di tutti i giorni potrà trovare liberazione dalle sue angosce ed
essere risollevato dalle sue paure; il grande mandato che ognuno, che si definisce cristiano ha,
è di annunziare la vita in presenza della morte, la vittoria
nel giorno della sconfitta, il perdono quando sembra naturale
rendere occhio per occhio e dente per dente.
Oggi la credibilità e la salvezza delle chiese si giocano principalmente sulla testimonianza e
la lotta per la dignità della vita:
quindi la lotta alla fame, quindi l’eliminazione di ogni forrna
di discriminazione razziale, quindi la pace (tanto per citare tre
fra i problemi più gravi della nostra generazione ). Nessuno di
noi può restare indifferente a
tutto questo, perché è in gioco
l'autenticità della nostra fede.
Se noi ci ritroviamo nelle ma
ni questo prezioso ed inspiegabile dono della fede, non possiamo sfuggire alla necessità di
essere portavoce e testimoni
della nuova vita e della nuova
visione delle cose e della salvezza che abbiamo in Cristo.
Ma c’è un’altra cosa a cui non
possiamo sfuggire: che la fede
può essere vissuta solo in prima
persona, è come l’amore. Uno
non può dire ad un amico: « Io
amo quella ragazza, ma sposala
tu per me, perché ho altre cose
da fare... perché sono timido...
perché non ne sono degno... perché non ho le capacità necessarie... ».
E’ questo però il nostro atteggiamento tutte le volte che anteponiamo all’urgenza dell’Evangelo il fatto che siamo degni o
indegni, capaci o incapaci, se
spetta a noi o ad altri, se la nostra salute ce lo consente, se i
modi e i tempi sono buoni o
meno.
Posso io lasciarmi sfuggire o
passare ad altri quella Parola
di speranza e di salvezza che è
data a me e a me soltanto in
quel momento ed in quel posto?
Sull’autobus, in famiglia, sul pul
Giuseppe La Torre
(Sermone di prova precedente
la consacrazione al ministero pastorale, Sinodo 1985).
(continua a pag. 2)
bana scarica le immondizie cittadine. Porta le vesti stracciate e
deve segnalare la sua presenza
ai passanti gridando: « Impuro,
impuro ». Impuro non era solo
ciò che è immondo, ributtante
(ed d lebbrosi lo erano), ma chi
era colpito dalla malattia era
considerato colpito da forze e da
spiriti maligni forse per i mali
commessi dal malato o dai parenti. Si temeva che i lebbrosi, attraverso il contatto fisico, potessero 'diffondere il potere di quelle forze. L’emarginazione era un
meccanismo di 'difesa della propria integrità, della propria innocenza.
Gesù si avvicina al lebbroso, lo
tocca, lo accoglie, lo guarisce. Gesù abolisce la distinzione fra puro ed impuro, vince le potenze
malefiche. Il malato viene riconsegnato alla comunità come persona da accogliere, da amare e
con la quale essere solidali anche nella sofferenza. Gesù vuole
che la società e il tempio si rimettano in discussione e si ricostruiscano su valori nuovi. La
guarigione che Gesù opera è il
dono di una nuova cultura, di
una nuova religione, è il dono della libertà di tornare ad amare ed
essere amati, ad essere soggetti
di solidarietà e di comunione. E’
la cultura del Regno di Dio che
può arrestare l’imbarbarimento
di una civiltà e òhe mobilita attorno ad un nuovo progetto di
umanità. Gesù guarisce: è la nuova creazione contro tutto ciò che
si oppone alla volontà del Padre
per la vita dell’uomo.
L’esempio dì
Albert Schweìtzer
Vent’anni fa, il 5 settembre
1965 moriva il pastore, medico,
musicista Albert Schweitzer, che
nella foresta del Gabon, a Lambaréné, ha fondato un ospedale
per i lebbrosi. 'Come ha affrontato il problema?
Leggiamo in una biografia del
’’medico della giungla”: « La civiltà sta affondando come una
barca malsicura. Devo aiutare a
costruirne una nuova e migliore
nella quale tutti noi possiamo
spiegare le vele ». « Ma è possibile che viviamo soltanto per distruggerci? ». Una profonda tristezza ed un senso di incertezza
lo invasero. Non poteva accettare
la vita a queste condizioni; era
un problema che egli non poteva
né risolvere né ignorare. Per tre
giorni non pensò ad altro mentre
la barca avanzava. Alla sera del
terzo giorno un pensiero balenò
nella sua mente, chiaro e luminoso come il cielo sopra di loro:
« Rispetto per la vita ». « Qra ho
trovato la mia strada ».
La Rai poco tempo fa ha riproposto un bel documentario su
Lambaréné curato da Sergio Zavoli nel 1965. Le riprese documentano che nell’ospedale, oltre agli
ammalati, vivono anche le loro
famiglie. Sono lì con le loro pentole, le loro povere cose. Ovunque sono stati piantati alberi da
Valdo Benecchi
(continua a pag. 3)
2
2 e cultura
18 ottobre 1985
TRA I LIBRI
Fede e storia
« Storia e Fede » comprende
una serie di saggi di Karl Loewith, scritti tra il 1951 e il 1963,
che ripercorrono le tappe storiche della continua tensione dialettica tra l’approccio fondato
sulla fede e quello basato sulla
scepsi, cioè sul dubbio e sull'indagine sospettosa verso ogni verità 'data'. Probabilmente, sostiene l'autore (allievo di Husserl e Heidegger), non esistono
né una fede né uno scetticismo
totali; la sképsis di per sé non
tende né al dubbio radicale né
alla verità, bensì ad un'imperturbabilità che nasce dalla consapevolezza che ogni verità è correlata ad altre cose e relativa
ad ogni dato momento. Loewith
cita parecchi esempi di fede che
nasce dalla scepsi e di scepsi che
nasce dalla fede: Pascal (per il
quale il dubitare è segno di un
« abissale desiderio di certezza »), Kierkegaard (il cui « slancio nella fede » nasce dalla (liberazione dell’esistenza isolata
(lei Singolo contrapposta alla
massificazione). Luterò (che considera pericoloso e folle lo scritto di Erasmo sul libero arbitrio), Agogno (per il quale solo
Dio può risolvere il dilemma tra
il dovere di credere nell’aticio
ritas e la credulità in una falsa
autorità).
Illuminismo e fede coincidono nel sapere dell’Assoluto: il
materialismo di Marx e la 'fede
paradossale’ di Kierkegaard hanno entrambi origine dall’ateismo
nascosto che la sinistra hegeliana trovò in Hegel. Incertezza
dell’indagine filosofica e certezza della fede cristiana perciò
« devono essere di reciproco stimolo », ovvero « con la scepsi
anche la religione è stata liberata dalla tirannia del mito».
La fede cristiana nella creazione si oppone poi aU’esistenza
'per natura’: la Bibbia non conosce il kòsmos greco come verità visibile (nel mondo classico persino gli dèi sono ’naturali’) e solo con le grandi scoperte astronomiche del ’500-’600 resistenza comincia a non essere
più ritenuta meramente soprannaturale. Con Nietzsche si assiste infine ad un ritorno del pensiero classicjo, per il quale vi è
un « sempre uguale nascere e
sparire » nell’eterno ritorno dell’uguale. Ma sarà Sartre, tuttavia, a trascendere creazione e
natura con l’esistenza autoresponsabile (1’« assolutamente assurdo ») e contingente e od ar
PROTESTANTESIMO IN TV
« Metodisti, una chiesa dentro la realtà », questo il titolo della rubrica in onda il 7
ottobre.
Attraverso un'esauriente analisi, siamo stati condotti ad
individuare lo “specifico” metodista che il pastore S. Aquilante, presidente dell’Opcemi,
vede appunto nel situarsi come credenti all’interno dei
problemi posti dalla realtà.
Questa caratteristica la pos
plicazioni in direzione antipapale e anticlericale.
Intrecci tra il risveglio sociale delle masse e il potenziarsi delle missioni metodiste si riscontrano successivamente con continuità. Ne
scorgiamo indicazioni significative anche in alcune figure
che sono state ricordate, tra
cui mio ¡radre pastore a Cremona, già deputato socialista, e il pastore Vincenzo Nit
I metodisti
siamo già cogliere nelle scelte operative effettuate dalla
chiesa metodista nel nostro
paese: a Napoli un ospedale
e un villaggio per i terremotati (cui si è aggiunto recentemente il Centro culturale
E. Nitti), una cooperativa
agricola in un piccolo centro
dell’Abruzzo come Villa S. Sebastiano ecc.
Delle matrici storiche ci
hanno parlato, non certo con
distacco di eruditi ma con
appassionata partecipazione,
il prof. G. Spini, la prof. L.
Funaro e il pastore S. Carile.
Ci è stata illustrata la personalità e l’opera di G. Wesley
in favore del popolo (siamo
nell’Inghilterra del ’700), l’origine dell’appellativo metodista (un riconoscimento alle
sue doti organizzative), l’apertura mentale (che gli faceva
dire: « la mia parrocchia è il
mondo »), l’adesione alla teologia riformata della salvezza
per grazia. Non stupisce la
violenta ostilità al movimento da parte sia deZZ’establishment del tempo che della
(Chiesa anglicana (a cui pure
il Wesley apparteneva). Non
a caso la nascita dei sindacati nel secolo successivo è collegata alla presenza metodista ed è interessante l’affermazione secondo cui il laburismo è maggiormente debitore al metodismo che non al
marxismo. Nella seconda metà dell’SOO sorgono in Italia le
prime comunità per l’azione
di metodisti inglesi ed americani attenti alle vicende del
Risorgimento e alle sue im
ti fondatore a Napoli di un
circolo sociale, luogo di incontro di intellettuali ed operai.
Durante il ventennio — ci
spiega il pastore Aurelio Sbaffi — la Chiesa metodista visse in difficoltà, osteggiata dal
regime per la sua ideologia
antinazionalista e per gli spazi di libertà presenti al suo interno. A Roma la predicazione del presidente dell’Opera
di allora, pastore Emanuele
Sbaffi, era sotto la costante
sorveglianza della polizia politica.
Dalla seconda guerra mondiale in poi continuò a svilupparsi la riflessione in vista
di una partecipazione attiva
alla trasformazione della società. Si individuò in particolare la necessità di una contrapposizione alla cultura cattolica dominante (contrapposizione sfociata poi nelle battaglie per i diritti civili). Nuovi impegni si prospettano oggi, come la definizione dei
rapporti con lo stato, la problematica inerente al lavoro
ecc.
Nella trasmissione, che ritengo senz’altro una delle più
vivaci e stimolanti, non si è
però fatto cenno all’integrazione valdese-metodista. Mi
sembra che si sarebbe dovuto parlarne sia per doverosa
informazione allo spettatore
estraneo al nostro mondo, sia
perché considero questa tappa nel cammino del metodismo italiano una ulteriore
prova della sua capacità di
rinnovamento.
Mirella Argentieri Bein
rivare ad un autentico ateismo
« quale poteva sorgere soltanto
dalla fede cristiana », una fede
nel più puro accadere.
Per Loewith gli eventi storici
sono al di là del bene e del male e considera liberante prescindere da un senso (destino, fine
ultimo) della storia. In quest’ottica sono ’credenti’ anche i filosofi della storia come Hegel e
Marx, per i quali il passato viene investito del senso di preparazione del futuro, al contrario
del pensiero greco. Dice infatti
Polibio che « pensare al possibile rovescio del destino nell’istante del massimo trionfo è degno di un grand’uomo »; come
immaginare oggi un uomo di
stato vittorioso nell’ultima guerra mondiale che dica: « lo stesso destino che abbiamo procurato a Berlino, colpirà un giorno anche Mosca e Washington »?
Oggi assistiamo ad un venir
meno della fiducia nel progresso e nell’utopia, la dimensione
del futuro si perde nella « circolarità di un eterno presente » e
lo stesso divenire evolutivo della sjjecie non tende necessariamente a una perfezione in quanto esiste pur sempre l’estinzione, pericolo che grava ora anche sull’uomo. Il cristianesimo
allora deve ripensarsi criticamente a partire dalla frase-chiave di Schlegel: « Il desiderio rivoluzionario di realizzare il regno di Dio è il punto elastico di
ogni processo formativo e l’inizio della storia moderna » fino
al ’regno’ dell’homo faber, entrato già in crisi fin dai tempi
della prima guerra mondiale.
« Il progresso — dice Loewith —
è insaziabile »: prodotto dal modello cartesiano che ha separato l’uomo dalla natura, viene a
configurarsi come risultato del
primato di una fede nella storia. L’utilitarismo si è affermato fondandosi sull’idea-verità che
l’uomo è stato creato da Dio a
sua immagine « affinché fosse
signore del mondo ». Il fisico
« prende il posto del teologo »
e il progresso diviene « la nuova Provvidenza » malgrado due
guerre mondiali che, anzi, hanno stimolato nuove invenzioni
quali la dinamite e ratomìca e,
con esse, l’illusione (che già fu
di Comte) che il progresso tecnologico avrebbe in futuro reso
impossibile ogni guerra.
Fatalismo e volontà di progresso, meraviglia e paura caratterizzano « ogni considerazione sul procedere della storia »
(siamo nel 1963). Mettendo in
discussione la concezione unilineare del temno tipica della tradizione giudeo-cristiana, Loewith
critica sia la 'libertà dello spirito’ di Hegel sia gli empiti escatologico-salvifici verso il 'regno
della libertà’ di Marx: « solo una
visione sempiterna del mondo »
e « una concezione eterna del
tempo » possono svelarci la vacuità, l’effimero di tutte le cose.
Uno stimolo utilissimo per ripensare un mondo fatto di idee
e cose già derealizzate oggi dal
generale scetticismo e dominato da una sorta di attesa, apparentemente statica e improduttiva, di trasformazione delle coscienze al di là di ogni illusione
e di ogni morale consolidata,
vuota e ripetitiva.
Stefano Bovero
Protestantesimo
in TV
LUNEDI' 21 OTTOBRE 1985
Rete 2 - ore 22.30
La nuova traduzione TILC della
Bibbia è occasione di un viaggio
attraverso i secoli per seguire le
vicende che hanno accompagnato,
in varie epoche storiche, la diffusione del libro più tradotto al
mondo.
TUTT’E DUE
Caro Direttore,
sia consentito ad uno, che ha seguito
da vicino fin dall’inizio la vicenda di
Guardia Piemontese, di interloquire nel
dibattito Florio-Giambarresi fcfr. nn. 12.
7, 23.8 e 20.9). In una discussione tra
fratelli in fede, è sempre delicato parteggiare per l’uno o per l’altro dei contendenti, 0 peggio rimanere neutrali,
ma dico subito che concordo più con
Samuele che con Marco-Tullio. Ciò non
vuol dire che, puntando su un ente
culturale autonomo, libero e laico —
già per altro aiutato finanziariamente
dalla Regione per il suo primo impianto materiale —, si (iebba necessariamente perdere di vista l'altro
corno del dilemma, cioè l'evangelizzazione.
L'Ipotesi già avanzata nel lontano
1032 dallo storico Giovanni dalla si è
avverata per altri luoghi, p. es. per
Orsara di Puglia — se non erro —;
ma nulla vieta di riprendere e continuare a Guardia Piemontese quel che
era già stato iniziato dal pastore Vincenzo Sciclone, cioè l’evangelizzazione
da persona a persona, da casa a casa,
come è spesso avvenuto nel passato,
a cominciare dal tempi della Chiesa
primitiva! L’immissione in Calabria e
in Puglia di pastori giovani è di buon
augurio: tanto di guadagnato, poi, se
il predicare il Vangelo a livello della
casa o della piazza saprà congiungersi
con la ricerca storica iseria e disinteressata, senza slittamenti o compromessi con la nostra fede. Che mafia,
’ndrangheta e camorra non siano fenomeni esclusivamente siciliani, calabresi e campani è notorio, com’è notorio
che « evangelizzazione » vuol dire solo e sempre annunziare la buona novella della salvezza in Gesù Cristo
non solo ai non credenti, ma anche a
chi quella « buona novella •• l’ha ricevuta monca o adulterata!
Dunque, per concludere, non il dilemma cultura o evangelizzazione, ma
tutt'e due, consapevolmente armonizzate.
Giovanni Gönnet, Rorà
FRA DOLCINO
Cara redazione,
chi ti scrive questa lettera è un cristiano metodista che da tempo si dedica a studi sulla vita e le opere di
fra Dolcino. Ho dovuto con molta amarezza constatare che, sulle pagine del
vostro giornale, non compare mai un
articolo che in qualche modo riporti
accenni sulla figura di grande predicatore che egli fu. Lo constato con amarezza poiché Dolcino ed i fedeli dell’Ordine degli Apostoli, che lo seguirono, furono in qualche modo dei
precursori della Riforma (vissero intorno al 1270, 1330 dopo Cristo) tirandosi addosso, a causa di ciò che predicavano, le ire della chiesa cattolica e
del papa Clemente V, che bandì contro
di essi una crociata. Dolcino ed i suoi,
trincerati sul Monte Rubello nei pressi
di Trivero (VC), dopo una strenua resistenza, stremati dalla fame e dal
freddo, dovettero arrendersi agli armati
cattolici guidati dall'allora vescovo di
Vercelli, certo Rainero Avogadro, per
essere poi processati dagli inquisitori e
bruciati pubblicamente sul rogo.
Ora mi sembra che nella storia e
nell'insegnamento di fra Dolcino vi siano tutti i presupposti acciocché egli
goda idi una notevole popolarità presso i cristiani protestanti, ma ciò non è,
ed ogni anno alla festa dedicata in
sua memoria su iniziativa del Centro
Studi Dolciniani, e che si svolge nei
monti sopra Trivero, si assiste purtroppo ad una quasi totale mancanza
di partecipazione del mondo protestante.
Perché allora non parlare ogni tanto
sulle pagine dei nostri giornali, o nelle prediche in chiesa, di questo singolare esempio di virtù cristiana?
Nando Branca, Galliate
Questione personale
Karl Loewith, Storia c Fede. Editori Laterza, Bari, 1985 (collana Universale Laterza). Lire 13.000.
(segue da pag. 1)
pito, in strada? E’ proprio in
quel momento ed in quel posto
che è in gioco il mio e il tuo essere cristiano. Tu ed io testimoniamo il Cristo non quando scegliamo di farlo noi, ma quando
gli eventi, le persone, le situazioni, il Signore stesso ci chiamano a fardo. Come quando uno
si trova a dover salvare una vita umana, non è lui che stabilisce il momento e il luogo; l’occasione si presenta in qualsiasi
momento della vita: mentre tuo
figlio sta per rovesciarsi addosso la pentola con l’acqua bollente, mentre cammini tranquillo in montagna e vedi qualcuno
caduto in un crepaccio. In questi momenti tre sono le parole
chiave per il tuo comportamento: necessità, urgenza, indelegabilità; le stesse parole chiave
per l’annunzio del messaggio
evangelico — necessità, urgenza,
indelegabilità —.
E non venirmi a dire che non
sei capace di annunziare la Parola di Cristo! e che devi sempre lavar piatti e stirare la biancheria, che sei stanco dal lavoro,
che non hai la parola facile, che
non sai cosa dire e che in fondo
è compito dei pastori perché son
loro che hanno studiato per questo. Non sai parlare a tua figlia
di perdono quando arriva a casa piena di rabbia e di odio verso la sua compagna che le ha
fatto un torto! Non sai parlare
di amore e di speranza quando
in autobus il tuo compagno di
viaggio comincia a dire che bisogna mandare tutti sulla sedia
elettrica! Non sai andare a far
pace con tuo fratello che non
saluti da vent’anni per questioni di eredità! E alla tua vicina
che è andata da tutti i maghi e
ha fatto il giro di tutti i santuari per essere guarita da non so
che cosa, non le sai annunziare
che in Cristo abbiamo la nostra
salvezza e la nostra pace! Non
sei capace di regalarle una Bibbia e magari di leggerla insieme
a lei?
O forse neppure tu leggi rtiù
la Bibbia?
Se veramente siamo incapaci
di annunziare il messaggio di
salvezza del Cristo, se non siamo capaci di essere disponibili
per l’Evangelo ponendo al servizio del Signore che ci ha chiamati e del mondo i nostri doni
e le nostre capacità ognuno a seconda della situazione che vive;
se la fede in noi non ha prodotto altro vanto che quello di appartenere alla chiesa valdese o
a quella metodista o non so io a
quale... allora noi non siamo sulla via della salvezza; allora noi
siamo su quella larga via in cui
ognuno si crede a posto per il
semplice fatto di trovarsi nella
giusta religione e di adempiere
le devozioni e i doveri che questa richiede. Solo così si spiega
il fatto per cui non sei capace
di annunziare il Cristo. E’ perché non ti sei volto ancora verso il Signore, perché sei tutto
solo a portare il peso del tuo
peccato e dei tuoi errori.
Non abbiamo mai pensato che
forse dobbiamo ancora convertirci al Signore?
Solo se l’Evangelo è vita e salvezza per noi possiamo annunziarlo ad altri ed essere credibili.
Il resto è opera dello Spirito
Santo!
Giuseppe La Torre
Partecipazioni
personali
Gli amici rii Torino si congratulano
con il geom. Edgardo Poggio per la sua
nomina a Cavaliere della Repubblica
Italiana.
3
^ -T
18 ottobre 1985
fede e cultura 3
IN MARGINE AL TERZO CENTENARIO DELLA REVOCA DELL’EDITTO DI NANTES
Vicende della croce ugonotta
In origine in uso soltanto in Francia, terra degli ugonotti, da più di un secolo la caratteristica croce a quattro punte con la colomba è ormai diffusa in tutto il mondo protestante
Può stupire che i cristiani
evangelici (o protestanti, come
furono chiamati i rappresentanti della Riforma luterana alla
Dieta di Spira del 19 aprile 1529,
con un epiteto che deformò e
ridusse il senso della loro testimonianza: il loro « nos protestati sumus » infatti significava
« noi testimoniamo, attestiamo,
dichiariamo » in quel latino che,
fra l’altro, non ha il verbo antitetico « protestare »), che i cristiani evangelici, diciamo, noti
Ci me irriducibili iconoclasti, si
siano ad un certo punto messi a
portare una croce, sia pure in
riciordo della morte del loro Signore, ma sempre come uno
strumento profano di supplizio
e di condanna: ad un dipresso
come se, in Francia, qualcuno
portasse all'occhiello una minuscola ghigliottina, o in USA una
piccola sedia elettrica...
Risaliamo dunque alle origini
della « croce ugonotta », prima
iit uso soltanto in Francia, terra
del protestantesimo ugonotto,
poi, da più di un secolo, ormai
diffusa in tutto il mondo protestante.
Una leggenda
Si racconta che qualche anno
dopo la Revoca dell’Editto di
Nantes, quattro giovani pastori
francesi che tornavano dall’aver
terminato i loro studi teologici
nella Svizzera comanda, furono
catturati non lontano da Lione,
imprigionati e limgamente interrogati. Poiché perseveravano
nella confessione della loro fede, furono condannati al rogo.
Un artista cattolico, che aveva
assistito alla loro esecuzione si
era meravigliato del loro coraggio e della loro fedeltà. Aveva
cercato di capirli e, conquistato
alla causa della Riforma, aveva
da allora ripetutamente descritto l’emozione dell’esperienza provata. Inoltre, egli aggiungeva
che gli era pure parso di vedere
nel mezzo di quei quattro condannati al rogo un quinto personaggio, che bruciava di un bagliore ancora più intenso, e in
cui aveva creduto di riconoscere
la presenza del Cristo stesso, il
quale recava la corona del martire a coloro che gli erano stati
fedeli fino alla morte. Quell'arti
sta aveva creato la croce ugonotta.
In ricordo di quell’avvenimento, aveva immaginato quattro
doppie fiamme che, partendo da
un punto centrale, costituivano
un tipo di croce di Malta, però
con le estremità legate da una
corona; il tutto, poi, per un po’
di eleganza, con qualche « perla »
o « bottone » alle punte e sulle
curve.
Quanto al ciondolo, se raffigurasse una lacrima, simbolo del
martirio subito dai riformati, il
racconto tace.
Quel che importa è che questa
croce divenne ben presto popolare come segno di riconoscimento e come simbolo della fede evangelica. Storicamente la
si è voluta riallacciare alla croce di Malta o a quella del Languedoc, si potrebbe pure pensare anche alle croci celtiche sparse in tutta Europa da Colombano e dai suoi discepoli.
Lebbra del 2000
(segue da pag. I)
frutto, gli animali girano liberamente. Le persone possono continuare la loro attività artigianale, mantenere i propri usi familiari, la propria cultura. Ecco il contenuto di un’intervista al ’’gran
dottore”: « Le rimproverano di
avere un ospedale in cui ci sono
animali e alberi da frutto, familiari e visitatori. Il tutto in capanne senza acqua corrente, .senza luce elettrica... ». « I miei Dazienti vivono come sono abituati
nella loro famiglia, nel loro villaggio e così non si sentono in un
ambiente diverso ed ostile. Sono
a proprio agio e guariscono meglio. A 10 Km. da qui il governo
ha fatto costruire un ospedale
militare con edifici modernissimi
e lettini bianchi. Gli ammalati,
però, non ci vogliono andare e
vengono qui. Un indigeno lontano dalla sua tribù, isolato in una
stanza per una lunga malattia potrà guarire da essa, ma morirà di
nostalgia. Se i miei pazienti
muoiono, muoiono in pace come
da quattro mesi prima delle pubblicazioni.
Da ciò si vede come la croce
latina fosse considerata ufficialmente come il simbolo della
confessione cattolica. Non è però questo il motivo per il quale
i riformati ne rinnegavano l’uso,
ma perché « si attribuiscono solitamente alla croce stessa i meriti e le virtù che appartengono
solo al Cristo Crocifisso » (Guglielmo Farei, in « Du vrai usage
de la croix », cfr. Th. de Bèze,
Hist. ecclés. 1, 374). Ma la croce
dell’orafo di Nîmes era una reazione contro codesta superstizione, rievocava il Cristo e la sua
opera, e faceva appello alla fedeltà apostolica. Ecco perché la
croce ugonotta riscontrò subito,
oggi ancora tra i riformati, un
così vasto consenso.
La colomba
Precisiamo ancora qualche altro particolare. Il primo concerne la colomba aggiunta all’anello della croce ugonotta al posto
della « lacrima ». Antoine Court
(che con Paul Rabaut era il rifondatore della Chiesa riformata di Francia dopo la Revoca
dell’Editto di Nantes del 1685)
considerava la colomba come il
simbolo della « Chiesa del Deserto », in riferimento al testo
biblico che parla della colomba
Un segno distintivo
D’altro canto, è ormai indiscusso che questo tipo di croce
era riconosciuto sia dai cattolici
che dai protestanti come tipicamente riformato, già fin dalla
metà del XVII secolo. Una lettera del 1688 al curato di Bemis,
attesta che un gioielliere di Nîmes (un certo Maìstre, abitante
al n. 4 della via del Mercato),
l’aveva fatta divenire di moda e
che « i protestanti si distinguono per questo ornamento ». Inoltre, un regolamento del 1739 sul
matrimonio esige che i nuovi
convertiti al cattolicesimo vendano ad un orafo le loro croci
ugonotte e ne ottengano in cambio un’attestazione, portando
poi al collo una croce latina fin
che « sta nelle fessure delle rocce, nel nascondiglio delle balze »
(Cant. 2: 14). La Chiesa del deserto non era forse costretta a riunirsi nelle caverne in luoghi rocciosi e desertici? Ecco così spiegata la nresenza di un ciondolo
in forma di colomba, sospeso ad
un monile portato da coloro che
segretamente si recavano in
quelle adunanze.
Il secondo concerne la corona
che lega i bracci della croce ugonotta. Gli storici sono sorpresi
dalla costanza con cui i riformati perseguitati dalle autorità civili e religiose dei loro paesi, si
ostinavano a portare un profondo rispetto per il loro re, pregando addirittura per lui nelle loro
assemblee e nei loro Sinodi.
Questo atteggiamento spiega che
ad im certo punto la corona che
univa i rami della loro croce si
trasformasse nel giglio di Francia.
Era testimonianza della volontà di pace della Chiesa riformata, del suo rifiuto di ricorrere,
malgrado le violenze di cui era
fatta oggetto, a nuove guerre di
religione. Questo segno sarà poi
ispirato ed accreditato dalle monete di corso legale alla fine del
XVII secolo, che portavano, come quelle di Enrico IV una croce in cui si vedono con precisione due gigli di Francia e due corone, quella di Navarra e quella
di Francia.
Il simbolo
dello Spirito
Attualmente, il ciondolo della
comune croce ugonotta_ è ^ sempre una colomba, che è il simbolo dello Spirito Santo. Ma non
fu sempre così. Le vecchie croci
ugonotte reggevano preferibilmente una « goccia che cade » riconosciuta oggi come una « lacrima », un richiamo, appunto, a
tutte le sofferenze subite dalla
Chiesa riformata di Francia.
La definizione di « lacrima »,
è nero relativamente recente, e
la spiegazione che ne vien data è
anacronistica. Nel sud della
Francia, dove la croce ugonotta
è nata, si definisce questo particolare ciondolo come « tissou »,
cioè « piccolo Destello », strumento che serviva a schiacciare il
sale nel mortaio. Era_ un modo
di ricordare che la Riforma era
stata ed era ancora repressa come in un mortaio, senza però
perdere nulla del suo sapore.
Ci si può ancora domandare
se la storia della morte di cinque studenti a Lione nel 1552
non abbia contribuito alla formazione di un pio racconto. Vero è che essi erano in cinque e
non quattro, e che furono legati
ad uno stesso rogo, sulla Place
de Terreaux a Lione. Si conoscono inoltre le discussioni fatte
dai loro giudici, le lettere che essi avevano scritto ai loro genitori. e quelle che Calvino e poi
Viret, e poi le autorità di Berna,
scrissero a loro favore (Crespin,
Storia dei martiri).
(Dalla raccolta di Edouard
Urech, Dictionnaire des Symboles chrétiens. Neuchâtel: Delachaux et Niestlé, 1972, p. 51, ed
elaborato da Paolo Castellina e
da t.b. e riportato dalla circolare della chiesa metodista di Vercelli).
IL RIFIUTO DI UN RUOLO IMPOSTO
Donna, sii te stessa
a casa loro, fra parenti ed animali... ».
A. Schweitzer ha capito ed ha
cercato di vivere il significato più
profondo della guarigione così
come Gesù l’ha intesa.
«Sii guarito». Ecco la strada che
Gesù indica a questa nostra civiltà che dà segni di crisi. Essa ha
bisogno di un ripensamento che
coinvolga tutti: sani e malati, i
così detti puri e impuri. Essa ha
bisogno di recuperare il coraggio
di riconoscere la necessità di un
proprio ravvedimento.
Ravvedimento significa lasciarsi mobilitare, senza rinensamenti, da quel progetto di amore di
Gesù Cristo che oggi può aiutarci a creare quelle condizioni sociali e culturali che permettano
una vita più umana e più autentica secondo la volontà del Creatore.
Paura, irrazionalità, discriminazione, intolleranza. « Nell’amore
non c'è paura. Noi amiamo perché Dio ci ha amati per primo »
(I Giovanni 4: 18).
Valdo Benecchi
Di questi tempi, si parla molto
di etica sessuale... nelle nostre
chiese.
Un’amica mi racconta che la
sua vita è impossibile perché il
suo compagno non capisce nulla
di lei, delle sue esigenze, dei suoi
sentimenti, delle sue emozioni.
Si parla, si parla, tanto, poco...
e molto a sproposito e in questo
caos di parole snesso le donne
sono naufragate come dentro un
mare, un mare in tempesta, ingoiate da tutte le ipotesi dette,
suggerite dall’uomo: devi essere
in un certo modo, devi fare questo,' devi irriparare, devi esistere,
in Ijreve « come voglio io » con i
modelli pensati, proposti, propinati dalla mia fantasia. Ma spesso la fantasia dell’uomo non è
quella della donna, come bene afferma Ida Magli; e ben si sa che
non possiamo tutte essere Nastassja Kinski, o la migliore manager, o la migliore padrona di
casa per ogni ricevimento. Si sa
che noi non possiamo essere i
modelli proposti daH’uomo, neppure quelli sessuali, oerché nessuna di noi nasce Veruska; siamo e nasciamo versone umane
facenti parte del cosmo, della
terra, della società che ci circonda. Siamo innanzitutto affettività, emozioni, sentimento, siamo
persone...; invece rimaniamo dilaniate da una società che ci vuole
coinvolte in un processo di menefreghismo, pressapochismo e le
donne non possono mai accettarlo.
Siamo imprigionate dentro stereotipie che non ci appartengono,
dentro modi di dire, frasi fatte
come la fragilità, l’incostanza,
quanto mai poco vere oerché le
donne sono tenaci nei loro sentimenti, nei loro interessi ben più
dell’uomo; siamo dentro un cellophan impalpabile che non si vede, ma c’è.
AlFapparenza la donna ha ottenuto successo nel lavoro, parità
sessuale con l’uomo, dignità sociale uguale all’uomo; ma è apparenza, perché il cellophan che ci
avvolge ci rende sempre come
vuole l’uomo, con i ruoli detti dall’uomo.
E quante sono le ragazze violentate dalle parole ostili, dure
dell’uomo perché sa tutto, è lei
che deve imparare, e lei impara;
quante sono le depresse perché
rinchiuse nella solitudine, nell'abbandono degli affetti e oui torna
l’etica sessuale..., ma, si sa, le
parole volano, sì sprecano nel
nostro mondo moderno... e le
donne vengono lasciate ai margini. Alle volte basterebbe una parola, la ricerca del dialogo..., ma
è difficile lasciare il proprio piedistallo... e le donne scoprono la
psicanalisi dove si sa che c’è
qualcuno che non ti abbandona.
Quante diventano strane, chiuse,
inaccessibili a tut ti per delusione
dall’uomo, quante... una marea...,
ma il cellophan avvolge ancora la
vita delle donne, le loro passioni,
i loro sentimenti autentici.
I loro bisogni sono ancora avvolti dal silenzio; dal silenzio delle stesse donne che soffrono e
tacciono, che corrono ubriacate
dalle parole deH’uomo, che corrono ingoiate dalla voragine delle
parole , parole, giocattoli crudeli nelle mani dell’uomo moderno;
ma non è di parole che è fatto
un uomo o una donna e non sarà
mai abbastanza dire: donna conosci te stessa, studia te stessa,
documentati, aggiornati perché
la tua anima non debba spegnersi sommersa dai grattacieli
di parole che ha costruito l’uomo; dimenticando che tu eri la
sua anima ^
Donna sii te stessa; solo allora
si potrà parlare di parità, dì
uguaglianza, e per essere se stessi bisogna conoscersi.
Ma molto poco potrà cambiare,
finché la donna sarà un giocattolo nelle mani deH’uomo; mi
preoccupa fra i giovanissimi la
faciloneria di giocare a fare
l’amore che non è mai amore e a
perderci sono sempre le donne;
mi preoccupa perché poco le giovanissime si sono amate in questi
anni, poco hanno parlato di se
stesse, del loro profondo, poco si
sono conosciute se ancora l'uomo le può prendere come un qualunque gingillo a portata di mano.
Qui c’è un grosso equivoco,
perché le donne non vogliono più
essere fantastici monili per l’uomo, ma persone e per esserlo bisogna imparare a essere
se stessi, mestiere difficile, perché
non abbiamo nessuna identità nel
passato, non possiamo essere le
nostre madri, le nostre nonne...,
ma è un cammino da percorrere
verso la vera dignità della donna:
vogliamo i nostri modelli, i nostri pensieri, i nostri sentimenti,
detti, accettati, ripetuti, non i modelli imposti dagli altri.
Forse, le donne nella crinolina
non esistono più da un pezzo, ma
neanche le donne-gelato pronte
all’uso, né le donne ianoranti e
stupide.
Si tratta di un cammino da fare in due sensi: l’uomo dovrebbe
vederci per quello che siamo, vederci come persone che hanno
lottato molto in questi anni per
sopravvivere in prima persona e
le donne smetterla di farsi trattare come pacchi incellofanati.
La persona si misura con l’altro.
Rina Lydia Caponetto
' Vedi C.4.RL G. Jung. Realià dell'anima. Torino 1970.
4
4 vita delle chiese
18 ottobre 1985
TORRE PELLICE
Il gruppo evangelizzazione
Nel panorama delle iniziative
nelle Valli, in questi anni, un
nome e uno spazio sono rimasti legati al Gruppo Evangelizzazione di Torre Pellice. Attraverso un’intensa attività di colportaggio, molti libri della casa
editrice « Claudiana » sono stati
venduti nelle molte occasioni che
ci sono state offerte. Vi è
stato qualche contrasto tra libreria e gruppo, dovuto ad un
modo diverso di intendere la
vendita; malgrado queste incomprensioni, decine e decine di testi non dormono più nei magazzini. Coloro i quali da tempo si
dedicano alla vendita in «piazza » sanno quanto sia difficile
presentare volumi che spesso
hanno una stretta fascia di lettori. Quanta capacità e quanto
stile occorrano per questo impegno, molti l’hanno imparato
con Domenico Abate. Questo
colportore ci è pure stato maestro nel presentarci in quei diversi ambienti ove era possibile
offrire il libro protestante. Ac
canto alla promozione libraria
non si è mai dimenticato la diffusione della Sacra Scrittura
nella versione interconfessionale. I luoghi, dalle « Feste dell’Unità» ai convegni ecumenici, ai
convegni partigiani, alle occasioni particolari come quella di
un raduno della Coldiretti a Pradeltorno, dove erano giunte tremila persone.
Alcune iniziative si sono fatte
nel cuneese e nel saluzzese. Un
certo spirito ci animava a rivisitare quella terra che secoli prima era stata teatro di vicende
della Riforma. Le poche forze
del gruppo ci impedirono comunque di svolgere una intensa
attività in quella zona. A Bagnolo Piemonte venne organizzato un incontro ecumenico tra
la chiesa cattolica locale e quella valdese di Torre Pellice. Grazie alla disponibilità del sacerdote Biagio Girando potemmo
discutere e confrontarci durante un intero giorno. Non fu certamente un fatto irrilevante per
quella comunità! In ogni caso
un po’ diffidenti verso i valdesi,
anche se non lontano dalle Valli Valdesi. Particolarmente significativa è stata l’accoglienza; nella piazza principale un grande
triangolo sui cui lati era scritto
« Benvenuti fratelli valdesi », al
centro la Vulgata, la Bibbia tradotta in latino da San Girolamo.
La giornata dell’« Eco delle
Valli Valdesi» trova origine nel
Gruppo Evangelizzazione, in collaborazione con la Redazione del
giornale. Nelle sue due edizioni,
questa giornata in piazza, alle
quali seguirono le « giornate della pace », è stata curata nei molti particolari dal fratello Michele Cericela. Intorno ad ima iniziativa del tutto nuova nel nostro ambiente, si è potuto aggregare un numeroso gruppo di
persone e di partecipazione, e
mettere insieme una attrezzatura di tutto rispetto.
Nella mobilitazione del febbraio 1981 per l’attuazione delle
Intese tra Repubblica Italiana
e Tavola Valdese, un particolare impegno venne assunto da
questo gruppo. Ricordiamo la
grande partecipazione delle Valli, dei Sindaci, dei gonfaloni al
Teatro Carignano il 14 febbraio.
Nel manifesto di mobilitazione
era scritto ; « ...in quest’ora in
cui la libertà è la democrazia sono minacciate, attuare un solo
articolo della Costituzione significa rafforzare la democrazia e
la libertà». Da più di un anno
le Intese sono Legge della Repubblica Italiana e guardiamo
con riconoscenza a quella manifestazione, considerando le altre un momento in cui la voce
della nostra protesta si è levata
ed è stata ascoltata. Con il tempo, il crescere delle iniziative e
degli impegni per la pace, per
l’ecumenismo e sulla tcssicodipendenza, hanno ridotto anche le
forze del gruppo. La scorsa primavera esso si è estinto e al suo
posto il Concistoro di Torre Pellice, sensibile all’evangelizzazione, ha costituito una commissione ampliata di forze e con programmi in parte nuovi. Mi è
parso giusto ricordare l’attività
svolta da questo gruppo, affinché in altre chiese la vocazione
evangelistica non rimanga qualcosa di delegato e da « ordine
del giorno » nei verbali.
Italo Pons
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Benvenuto pastore Pool!
PIOSSASCO — E’ stata una
simpatica serata d’incontro e di
reciproca conoscenza quella che
si è tenuta a Picssasco il 3 ottobre u.s. nella sala valdese.
La riunione è iniziata con la
lettura di due brani tratti dalla
lettera dell’apostolo Paolo ai
Romani (cap. 14) e agli Efesini
(cap. 4). E’ seguita una breve
meditazione sulla necessità della mutua edificazione e della reciproca conoscenza che devono
sussistere in seno alla comunità
e sul riconoscimento che questa
deve dare ai fratelli che hanno
dei doni particolari nella predicazione e nella riflessione sulla
Parola di Dio. Dopo questa introduzione P. Rivoira, membro
del secondo circuito, ha dato il
benvenuto al pastore Pool e signora, anche a nome delle chiese del secondo circuito, augurando loro un’attività proficua e benedetta dal Signore.
Accogliendo, poi, la proposta
di autopresentarsi, ogmmo dei
presenti, primo fra cui il pastore Pool, ha brevemente presentato se stesso. Ne è scaturito un
quadro interessante della situazione delle attività che si sono
svolte a Piossasco in passato e
di quelle che si potraimo attuare in futuro.
Alla riunione era presente anche il pastore Artus ed un gruppo della comunità di base di
Piossasco che ha desiderato fare
la conoscenza del nuovo pastore.
Al termine della riunione è stata espressa la volontà di una
continuazione proficua delle varie attività in cui la comunità
è impegnata.
Lutti
POMARETTO — Ancora lutti
nella comunità: ci hanno lasciati: Silvio Rostan deceduto in
seguito ad un incidente stradale
all’età di anni 55, di Perosa Argentina: Aldo Rostan dei Maurini (Pinasca) deceduto improvvisamente all’età di anni 70.
Ai familiari colpiti nei loro affetti più cari, vada la simpatia
cristiana della comunità.
• Bounous Severino e Elda
hanno celebrato ì loro 25 anni di
matrimonio. Auguri per questa
ricorrenza dalla comunità.
• Domenica 3/11 l’unione femminile organizza il solito e ben
noto « Bazar » a cui farà seguito
la ormai consueta cena comunitaria alle ore 19,30 nei locali
dell’EicoIo Grande. Tutti invita
ti sia al Bazar sia alla cena (prenotarsi in tempo per la cena
presso le incaricate deU’unione
femminile),
• Il Concistoro è convocato
I>er sabato 19/10 nei locali della
sala Lombardini alle ore 20.30.
• La colletta del 6 ottobre u.s.
a favore dei terremotati del Messico ha reso la somma di lire
433.000. Se qualcuno vuole ancora fare pervenire la sua offerta
lo faccia direttamente al Cassiere.
Dall’estate
PERRERO-MANIGLIA — La
comunità è stata visitata nel corso dell’estate da molti ospiti,
che hanno portato in dono la
predicazione dell’Evangelo e la
loro esperienza di fede. Ringraziamo in particolare i pastori
Giovanni Peyrot e Sergio Rostagno, e i predicatori Luigi
Marchetti, Elvio Peyronel, Emilio Rostan, che hanno presieduto alcuni culti, e il pastore Ruben Artus e Teresa Artus che,
presenti alla riunione estiva del
Lorenzo, hanno ricordato le comunità valdesi del Rio de la Piata. Noi auguriamo a tutti questi fratelli di potere continuare
ad essere fedeli testimoni dell’Evangelo nel loro ministerio di
predicazione. Per i giovani della
comunità una occasione particolare è stata quella offerta dalla
visita di un gruppo di ragazze e
ragazzi francesi, guidati dai giovani pastori Bettina e Jérome
Cottin, che hanno pernottato a
Perrero, incontrando alcuni giovani della comunità nel corso di
una cena, e hanno visitato con
molto piacere ed interesse Massello, sotto la guida del maestro
Raimondo (jenre, a cui va la nostra gratitudine.
• Domenica 7 luglio è stata
battezzata Roberta Poét, di Dilio e Rossana Preve; possa essa
crescere sotto lo sguardo del Signore.
• E’ mancata la sorella Silvia
Tron, originaria di Massello ma
residente da diversi anni a Perrero; la comunità di Perrero-Maniglia, insieme a quella di Massello, esprime ai familiari nel
lutto la sua simpatia.
• Facciamo i nostri più vivi
auguri a Fiorenza Peyran e Roberto Toniolo per la loro vita in
comune in occasione del loro
matrimonio.
• Domenica 6 ottobre sono ini
ziate le attività della scuola domenicale e del catechismo col
culto di apertura con S. Cena.
La scuola domenicale ha luogo
il sabato a partire dalle 14,30,
così pure il catechismo del I e
II armo, alle 14,40, il III anno
alle 16,30, il IV anno 15,30. I monitori si incontrano per la
preparazione il 31 ottobre, il 14
e il 28 novembre alle 20,30.
• Domenica 20 ottobre ci sarà
l’assemblea di chiesa a Perrero
con culto unico alle 10,00. In
quella occasione saraimo sentite
le relazioni dei delegati alla Conferenza distrettuale e al Sinodo;
sarà anche analizzata la situazione finanziaria che desta qualche preoccupazione.
« Calendario delle Riunioni
quartierali di novembre: 7 Baissa 19,30; 14 Pomeifré 15,00; 20
Forengo 19,30; 21 Bessé 19,30;
27 Perrero 20.30 ; 28 Grangette
19,30.
Nel corso delle riunioni di novembre verrà fatta una panoramica delle molteplici attività ed
impegni della Chiesa valdese in
Italia e all’estero.
• L’unione femminile inizia le
sue attività martedì 12 novembre
alle 14,30.
Il ’’Cucito”
TORRE PELLICE — Domenica 6 ottobre la nostra comunità ha partecipato alla festa programmata dalla Società di cucito per celebrare i suoi 150 anni
dalla fondazione. Al culto presieduto dal past. Tourn, sul tavolo per la S. Cena erano posati
due cestini con gomitoli, tele
da lavorare, con la Bibbia aperta, quale offerta simbolica del
servizio e dell’amore.
Erano presenti alcune delegate delle Unioni Femminili delle
Valli, di Torino e Milano, che al
pranzo comunitario rivolsero
fraterne parole di augurio. Nel
pomeriggio, nell’aula sinodale.
COMUNICATO
La Tavola Valdese proclama la vacanza della chiesa autonoma di Rorà a partire dal 1" ottobre 1985.
La designazione del nuovo pastore dovrà avvenire entro
il 31 dicembre 1985, in base agli articoli 13 e 14 del Regolamento sulle chiese locali valdesi.
per la Tavola
Il Moderatore
Sabato 19 ottobre
il presidente della Società di
Studi Valdesi introdusse la rievocazione storica del Cucito e
Bruna Peyrot comunicò i risultati di una sua scrupolosa ricerca sul lavoro svolto in passato
dalla Société de Travati des dames. La presidente sig.ra A. Gardiol fece un resoconto sulla attività attuale.
Il complesso di flauti diretto
da Gisela Lazier ha poi presentato una gradita esecuzione di
musiche antiche. Le sorelle del
Cucito hanno in conclusione offerto un ricco té a tutti i partecipanti alla festa.
• L’Assemblea di chiesa del
13 ottobre ha udito la relazione
dei deputati al Sinodo. Il culto
di domenica 20 vedrà la partecipazione dei bambini delle scuole domenicali e dei catecumeni
con i loro genitori.
• E’ stato benedetto il matrimonio di Tiziana Monnet e Paolo Anione: la comunità esprime la sua gioia ai due sposi,
così come si unisce al dolore
delle famiglie per la scomparsa
di Stefano Negrin e Giovanni
Jourdan.
• Chiusa la parentesi estiva,
la Corale valdese di Torre Pellice ha ripreso la sua attività
giovedì 10 ottobre. Al termine
di una simpatica cenetta presso
la Foresteria Valdese a cui, oltre ai coralisti, partecipava un
folto gruppo di amici fra cui i
pastori sigg. Tourn e Zotta, si
è svolta regolarmente l’assemblea annuale. Dopo l’ascolto delle relazioni morale, finanziaria
e tecnica sull’attività svolta nell’anno precedente si è proceduto all’elezione del nuovo Seggio.
Una esauriente discussione sul
programma futuro ha concluso
la serata.
□ CONVEGNO MONITORI
I CIRCUITO
TORRE PELLICE — Presso la Casa
Unionista di Torre Pellice alle ore
16.30 sono convocati i monitori del I
circuito. Dopo una introduzione alla
teologia di Marco (past. G. Tourn) verranno discussi problemi organizzativi.
Domenica 20 ottobre
□ INCONTRO UNIONI
FEMMINILI
SUL SUD AFRICA
PINEROLO — Presso la Chiesa Valdese, alle ore 14.30, Febe Rossi Cavazzutti parlerà alle sorelle delle Unioni
Femminili sulla situazione del Sud
Africa,
Per il servizio pullman rivolgersi: Val
Pellice ad Adriana Bellion, tei. 900271,
Val Germanasca a Viola Rostan, tei.
81610.
Lunedì 21 ottobre
□ INCONTRI PASTORALI
TORRE PELLICE — Alle 9.15 presso
la Foresteria valdese si tiene l'incontro pastorale del 1" Distretto. Argomento di studio » La nostra storia, cultura e identità ». Introduce il past.
Giorgio Tourn. Si discuterà anche ii
programma dei prossimi incontri.
□ LA CATECHESI
PER HANDICAPPATI
TORRE PELLICE — Presso la Foresteria Valdese si tiene alle ore 20.30 un
incontro con Gilles Warnery, responsabile della Chiesa Riformata di Francia per la formazione di catech'st;
specializzati. L'incontro è aperto a tutti.
Sabato 26 ottobre
□ ASSEMBLEA
III CIRCUITO
PERRERO — Alle ore 20.30 presso
i locali comunitari della Chiesa valde
se si tiene l'assemblea dei delegati
delle Chiese del III circuito (Val Geimanasca).
Domenica 27 ottobre
□ INCONTRO
CONCISTORI
DEL 1° DISTRETTO
PINEROLO — Alle ore 14.30 presso
i locali della Chiesa valdese di via
dei Mille 1 si tiene l'incontro dei concistori delle Chiese valdesi del r Distretto. Nel corso della riunione si
esamineranno le priorità della vita delle
chiese nel distretto. Base della discussione sarà il documento del prof. Paolo Ricca su ciò che è essenziale nella
vita delle chiese. Ne verranno analizzati in particolare gli adempimenti
pratici.
Ecumenismo
SAN GERMANO — Giovedì
24 ottobre ore 20,30 presso le
scuole vecchie il pastore Daniele
Garrone presenterà la nuova traduzione interconfessionale della
Bibbia. L’incontro è organizzato
dalla Parrocchia cattolica e dalla Chiesa valdese.
il futuro
può essere incerto
c'est la vie
per la sicurezza
del domani
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5
18 ottobre 1985
vita delle chiese 5
MILANO
Incontrarsi
tra protestanti
DALLE CHIESE DEL RIO DE LA PLATA
Valutazione del BEM
« Le chiese luterane in Italia sono un corpo che
va mettendo radici nel suolo italiano e che per rinsaldarle chiede la solidarietà delle altre chiese: in
primis da parte di chi porta sulle spalle l’onere di
rappresentare in Italia l’altra grande tradizione
protestante europea: quella riformata ». Nella li’;ea di questo progetto di solidarietà (la citazione
è tratta dalla relazione della Tavola al Sinodo
1985) le chiese protestanti di Milano hanno organizzato ima manifestazione comune per il 9 e 10
novembre che intende avere un carattere nazionale
e non solo locale.
Nella visuale di un incontro tra la tradizione
luterana e quella riformata (delle chiese cioè che
sono nate dalla riforma zwingliana e calvinista),
Li manifestazione avrà al suo centro la Concordia
r’i Leuenberg. il documento che nel 1973, dopo
\ ila lunga stagione di colloqui, ha segnato l’accordo teologico raggiunto da luterani, riformati, chiese unite, valdesi, fratelli boemi. Sabato 9 novembre, al Centro di Cultura Protestante il tema generale della manifestazione, «La comunione tra luterani e riformati in Italia — senso e portata della
Concordia di Leuenberg », sarà articolato in due
interventi: il dott. Jiirg Kleemann, teologo e pastore delle comunità luterane di Firenze e Venezia,
oarlerà su « Immagini e sacramenti: una vecchia
controversia alla luce della moderna comunicazione »; il prof. Paolo Ricca della Facoltà valdese di teologia di Roma parlerà su « L’unità dei
protestanti di fronte alle sfide degli anni ’80 ».
Domenica 10 il culto sarà sospeso nella Chiesa
valdese per dare la massima partecipazione al
culto comune che si svolgerà nella Chiesa cristiana protestante di via Marco de Marchi (che riunisce sia luterani che riformati di lingua tedesca).
Nel corso del culto di Santa Cena, alla cui liturgia parteciperanno anche rappresentanti delle
Chiese metodista e battista, predicheranno sia il
pastore luterano J. Mietz che uno dei pastori vaidesi di Milano.
« Se non abbiamo tanto vissuto qui in Italia la
frattura fra luterani e riformati — scrive la redazione deH’Araldo, circolare della Chiesa valdese
di Milano, nel dare Tannuncio della manifestazione — è anche vero che non ci conosciamo molto e che abbiamo fatto poche cose insieme. E’ ora
di cominciare, in vista di una presenza e di una
testimonianza comuni nell’Italia del 2000 ».
Per dare un’idea più concreta del clima in cui
si situa la manifestazione pubblichiamo in questa
pagina una scheda che il prof. Paolo Ricca ha
preparato in vista dell’incontro del 9-10 novembre.
L’unità del Protestantesimo
Molti, nel nostro paese, associano istintivamente alla nozione
di ’’Riforma protestante” e di
’’Protestantesimo” l’idea di divisione. Si sa che l’immagine della
Riforma diffusa dall’arsenale polemico controriformistico era
quella di un fenomeno oscuro,
spiritualmente corrosivo e disgregatore, sfociante nella dissoluzione del cristianesimo. Questa immagine polemica è stata
superata dal Concilio Vaticano
II e dovrebbe ora essere possibile descrivere in termini non
faziosi il rapporto molto complesso esistente tra Riforma,
unità e divisione della Chiesa.
E’ Un fatto che la Chiesa d’Occidente rion ha retto l’urto della
Riforma del 16“ secolo e si è
spaccata in due. Il protestantesimo ha indubbiamente introdotto nel corpo affaticato della cristianità occidentale un fermento critico evangelico talmente
dirompente da far ’’saltare” un
tipo di unità cristiana che, pur
con eclissi più o meno prolungate ma mai definitive, si era venuto affermando attraverso i secoli: il tipo di unità imperniata
sulla figura e funzione del papa
e sull’opera mediatrice e unificatrice della sede romana. Ma ecco che quanto era accaduto 5 secoli prima, con la prima grande
divisione intra-cristiana, quella
tra Oriente e Occidente (1054),
si ripete ora aH’interno della
stessa Chiesa d’Occidente: l’unità romana non regge più, un
possibile strumento di unità
il papato — diventa motivo di
divisione, Roma cessa di essere
la capitale del cristianesimo, almeno di quello occidentale, e
diventa capitale di una confessione cristiana: il cattolicesimo
romano. L’Ortodossia orientale e
il Protestantesimo nelle sue varie espressioni cercano altrove
il centro della loro unità.
La Riforma non ha però soltanto segnato la fine dell’unità
nel papa come modello unico
di unità cristiana a livello universale. Essa ha anche cercato e
promosso, non senza tensioni,
contraddizioni e momentanei insuccessi, un nuovo modello di
unità cristiana, ugualmente universale ma diversamente articolata, costruita non dall’alto sul
principio d’autorità ma dal basso sul consenso di una fede
vissuta come comunione non gerarchica ma fraterna. La Riforma ha dunque messo effettivamente in crisi un tipo di unità
ma ha anche posto le premesse
per costruirne uno nuovo. Tale
costruzione si è rivelata non
meno ardua di quella plurisecolare, sfociata nell’attuale tipo
romano di unità. Essa è tuttora
in corso. Il movimento ecumenico, sorto in seno al protestantesimo e ormai estesosi a tutto
il cristianesimo storico, è il grande cantiere da cui dovrebbe uscire il nuovo tipo di unità cristiana in grado di raccogliere
in un’unica, grande comunione le
varie chiese e confessioni tra
loro separate,
E’ in questo ampio quadro che
va situata la Concordia di Leuenherg, stipulata tra le Chiese riformate e luterane d’Europa nel
1973, Il suo valore è duplice: da
un lato essa documenta la volontà unitaria, e non settaria,
che animò la Riforma del 16“
secolo; dall’altro contribuisce
con una proposta forse non risolutiva ma certamente importante alla ricerca di quel modello veramente ecumenico di
unità cristiana, al quale tutte le
chiese devono concorrere, ciascuna con un suo apporto specifico.
Ma un discorso sulTunità della Chiesa non può prescindere
da quello, forse più vitale ancora, dell’unità deU’umanità. L’unità cristiana va infatti perseguita non come fine in sé ma in
funzione delTumtà più ampia e
fondamentale della famiglia umana. Dato che l’orizzonte in
cui si colloca la Concordia di
Leuenberg è europeo, ci si deve
chiedere: Che cosa significa unità delle chiese in un’Europa divisa? E guardando al di là delle
frontiere del nostro continente,
la domanda diventa: In che modo l’unità cristiana risponde alle grandi divisioni deH’umanità
odierna (in razze, classi, imperi,
sfere di influenza, dominazioni
culturali, rapporti di superiorità e subalternità tecnologica,
ecc.), che ne mettono drammaticamente in forse la stessa sopravvivenza?
Paolo Ricca
Anche i valdesi sudamericani
hanno dato la loro risposta al
documento su Battesimo, Eucarestia e Ministero. Dopo uno
studio che ha coinvolto chiese
locali e presbiteri, ed il corpo
pastorale, una commissione ha
redatto una sintesi delle osservazioni emerse.
Alcune osservazioni preliminari precisano che il linguaggio
diffìcile e il tono specialistico
del documento harmo impedito
uno studio approfondito da parte delle comunità.
I valdesi del Rio della Piata
trovano che la parte del documento riguardante il battesimo
è la più accettabile. Viene tuttavia criticato lo sforzo inteso
a dare fondamento alla istituzione del battesimo piuttosto
che a dare una base biblico teologica al battesimo stesso. Si
rintraccia anche nel documento un rischio di ’meccanicismo’,
se non si precisa che il battesimo che rniisce a Cristo ed al
suo popolo è il battesimo assunto responsabilmente. Anche a
proposito della eucarestia, viene criticato lo stesso rischio :
« la presenza della comunità e
la necessità della fede sembrano essere relegate in secondo
piano », il documento « dà ad
intendere che la presidenza della eucarestia sia funzione esclusiva del ministro ordinato », parrebbe più opportuno parlare di
« Cena del Signore » piuttosto
che di eucarestia.
E’ soprattutto la parte del documento sul ministero quella
che non soddisfa i fratelli rioplatensi.
Ampio spazio è dedicato al
concetto del ministero concepito come « centro locale » dell’unità della chiesa (il termine
del testo inglese è « focus », quello del testo francese « foyer »),
che viene criticato e dichiarato
« inammissibile » soprattutto in
riferimento alla presidenza della celebrazione eucaristica.
Anche la questione della « successione nella tradizione apostolica » è ricondotta in termini
coerenti alla tradizione riformata e all’evangelo. Un dubbio formale viene messo in evidenza:
quale valore dare al « testo » del
documento, e quale ai « commenti » che si intercalano al testo? A volte, proprio sui punti
che presentano maggiori implicazioni teologiche, come questo
ultimo, commento e testo si condizionano l’un l’altro senza che
si possa discernere con chiarezza la linea sostenuta dal documento (cfr. paragrafi 34 e 35 e
relativi commenti).
A proposito della « ordinazione» e dell’atto di ordinazione,
sì nega che si possa affermare come « segno sacramentale », e si
mette in guardia da un ruolo
« esagerato » affidato alla chiesa. Critiche anche sulla successione episcopale.
Accanto alle critiche, ogni parte del documento è anche conamentata nelle sue parti « positive », dove pare possibile rintracciare un fondamento biblicoteologico che non preferenzia la
tradizione o le tradiziom al pensiero biblico.
Un ultimo capitolo di «considerazioni finali », ribadendo
aspetti positivi e rifiuti, pone
soprattutto alcune domande di
metodo.
In primo luogo, si contesta la
attendibilità di frasi assai vaghe che compaiono nel documento, come « la chiesa primitiva », « assai presto », « fin da
tempi antichi », ecc., frasi che
sembrano nascondere, secondo
gli estensori della relazione, una
preferenza per la chiesa subapostolica, dando così un peso
maggiore ad un criterio ecclesiologico (la forma teologicoistituzionale della chiesa del III
secolo) che ad un criterio biblico (le diverse ecclesiologie presenti nel N.T.).
Ne consegue una seconda domanda: perché privilegiare proprio la chiesa del III secolo? _
Criticando questa logica interna al BEM, si toma a chiedere se il documento non sia
eccessivaimente « sacramentalista», se dietro alla questione del
« centro focale » non si nasconda il problema del « potere » all’interno della comunità, se non
vi sia una tendenza verso una
chiesa gerarchica con tre sacramenti, dove il terzo, il ministero
ordinato, verrebbe a condizionare gli altri due.
Ribadendo la volontà ecumenica della chiesa valdese, ci si
vuole radicare nella affermazione di una chiesa «povera e debole», che non può coesistere
con alcuna forma di « costantinianesimo » e che vuole essere
libera da ogni legame che- non
sia evangelico. La chiesa deve
prima « cercare il Regno e la
sua giustizia... e tutto il resto le
sarà dato », termina il documento, parafrasando Matteo 6: 33.
S. R.
CORRISPONDENZE
Bologna: cent’anni di predicazione
La Chiesa metodista di Bologna è impegnata in questi giorni nelle manifestazioni con cui
ricorda il centenario della sua
fondazione. In questo quadro si
colloca la conferenza pubblica
che si terrà domenica 20 ottobre
alle ore 17 in via Venezia 3 sul
tema «Origini, storia e prospettive della predicazione evangelica a Bologna ». Sono previsti interventi di Sergio Carile, Aurelio
Sbaffi, Valdo Benecchi e Paolo
Sbaffl, pastori che si sono succeduti alla guida della comunità
dal 1947 ad oggi. L’intervento
conclusivo è stato affidato al pastore Sergio Aquilante, presidente dell’Opera per le chiese evangeliche metodiste in Italia, che
la mattina dallo stesso giorno
predicherà nel corso del culto.
Presiederà Umberto Postpischl, a
sua volta figlio di un pastore
che esercitò il suo ministero a
Bologna.
Nel quadro della conferenza
tre brani musicali di J.S. Bach
saranno eseguiti alTorgano da
Tiziana Laub.
Un volantino evangelistico è
stato preparato appositamente
in occasione del centenario e sarà distribuito agli intervenuti.
Alla manifestazione, a cui si
prevede parteciperanno diversi
fratelli dalle chiese del circuito,
farà seguito un’agape fraterna
per tutti i convenuti.
Saluto ai Costabel
FELONICA PO — Allo scade
re dei quindici anni passati a
Felonica dal pastore Bruno Costabel e da sua moglie Maddalena, desideriamo esprimere la
nostra più sincera gratitudine
per aver reso possibile un’esperienza che — se pur con qualche
inevitabile momento di disagio o
di incomprensione — non mancherà di lasciare un profondo
segno positivo nel ricordo e nella vita deH’intera comunità (valdese e non) del paese.
Innegabile — ed estremamente
apprezzata — è stata la disponibilità e l’apertura di entrambi
alla partecipazione alle più svariate attività culturali e sociali
del paese, in cui si seno prodigati con impegno, senza per
questo venir meno ad una testimonianza di indipendenza e libertà di spirito che non ha ceduto ai condizionamenti e alle
allettanti mode del momento.
In particolare è nostro desiderio sottolineare il riuscito ed incisivo inserimento da parte della
signora Costabel nel tessuto sociale e politico del paese, prima
in qualità di insegnante e poi in
quella di sindaco. Inserimento
che le ha permesso di portare
anche in quei campi la preziosa
testimonianza di una posizione
prima di tutto valdese anche in
settori non strettamente religiosi, ma che non le ha impedito
di impegnarsi con successo nelle molteplici attività della Chiesa, dalla stessa predicazione agli
studi biblici sempre di notevole
interesse e pungente attualità.
Né vogliamo e possiamo di
menticare la sincera e attiva testimonianza di ecumenismo offerta dal pastore Costabel, che
ha sempre operato con aperta
disponibilità all’incontro, stando
tuttavia attento a non scendere
a quei compromessi e patteggiamenti verso la controparte che
possono guadagnare facile popolarità, ma che tradiscono il più
vero spirito ecumenico.
Questa sua intensa attività
non è stata peraltro disgiunta —
ma è stata anzi fecondamente accompagnata — da quella di studioso e traduttore che l’ha visto
svolgere un ruolo di primaria
importanza nella traduzione interconfessionale prima del Nuovo e poi del Vecchio Testamento.
Ci sia infine consentito concludere la nostra sentita espressione di gratitudine con il tocco
di più spicciola umanità che lascerà nel nostro affettuoso ricordo la compassata imperturbabilità di Maddalena e la simpatica irruenza e lo scoppiettante
impeto verbale di Bruno.
6
6 prospettive bibliche
18 ottobre 1985
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
Succede a volte
che estranei
ci rompano gli occhiali
Donne nella Bibbia - 1
Redigendo il commento a Romani 16, a metà degli anni 70
(il commentario è apparso
nel 1984...)\ stupito dal posto,
anzi dai ruoli occupati in quel capitolo dalle donne,, mi è venuta l'idea
di questa serie, per tentare di allargare il panorama. Poi altri lavori (e
viaggi) mi hanno accaparrato. Intanto, sono stati pubblicati due studi di notevole valore (Anne-Marie
Jaubert: Les femmes dans l'Ecriture, Revue chrétienne, 1979, e France
Quéré; Les femmes et l’Evangile, Le
Seuil, Paris, 1982)*, e mi sono sembrati giusti, profondi, seri, sufficienti dunque.
Poi, però, l’insistenza di un collega affinché sviluppassi le 'idee' contenute in Romani 16 mi ha spinto a
mettere in pulito (e talvolta in discussione) ciò che pensavo su questo argomento. Voleva dire, necessariamente, ripetere molte « cose »
già dette da A.-M. Jaubert e da
F. Quéré, ma mi sono accorto che,
se certe cose ci guadagnano a essere dette e ridette, ci guadagnano ancor più a essere ri-ridette. A.-M. Jaubert e F. Quéré mi perdonino, dunque, se cammino sulle loro tracce.
E del resto, non è forse bene che
uno sguardo maschile possa unirsi
al loro?
Secondo la moda
Devo tuttavia cominciare con
qualche osservazione; si ritarda un
po l’esame del tema, ma è necessario per evitare almeno alcuni malintesi (non tutti, ahimè).
L asina di Baia’am: le lettrici si
rassicurino, mi riferisco solo al fatto che a dire la buona Parola di Dio
era proprio quella dalla quale non
ce la si aspettava davvero. Mi spiego: in un giro di conferenze (in Borgogna), oltre vent’anni fa, parlavo
della sessualità nella Bibbia e nella
discussione successiva, mentre avevo l’impressione di avere sciorinato
delle verità fondamentali e assai bibliche, sono stato incastrato da quest’obiezione: « Bellissimo, tutto quel
che ci racconta; sono anche disposto a seguirla, a crederle e ad ammettere queste evidenze bibliche;
ma allora mi spieghi perché dieci o
venti anni fa non si trovavano mai
queste cose, nella Bibbia. Non sta
forse mettendosi à la page, seguendo la moda (Romani 12; 2), quel che
si dice e si fa fuori della chiesa? Non
sta facendo della demagogia per non
perdere il contatto con la nostra
epoca, non sta affrettandosi a ’battezzare’ delle verità o piuttosto del
Accanto a tutta la letteratura che si sta costituendo in fatto di « teologia femminista », con i suoi riferimenti biblici, è in atto anche una riflessione e vi è tutta una serie di pubblicazioni sul tema: «la donna — o le
donne — nella Bibbia ». Non è una novità, ma nuova è senza dubbio
l’ottica di questi studi. Sul settimanale riformato francese « Le Christianisme au XX*’ siècle », il noto e vivace esegeta Alphonse Maillot ha iniziato una serie di articoli su « Le donne nella Bibbia », appunto. Riportiamo per i nostri lettori questi articoli, e cominciamo con quello introduttivo, che corrediamo di qualche nota.
a cura di GINO CONTE
le mode estranee? ».
Per un bel momento mi son sentito disarcionato da quest’uomo (indiscutibilmente in buona fede); perché la sua era esattamente l’obiezione inconscia che muovevo a me stesso. Era vero; 15 o 20 anni prima non
avrei e, ahimè, non avevo tenuto il
medesimo discorso; e quell’uomo mi
costringeva brutalmente a prenderne coscienza, a rendermi conto che
avevo insegnato il Sì e il No, anzi,
il No, poi il Sì! Teoricamente, ciascuno sa di non essere infallibile,
ma prenderne coscienza all’improvviso, davanti ad estranei (dei quali,
per di più, i 9/10 erano cattolici), è
un momento strano e difficile. La
prova è che non ricordo bene che
cosa ho risposto: se la memoria non
mi tradisce troppo, ho dovuto riconoscere che, nell’insieme, il mio interlocutore aveva ragione, anche se
le ragioni con le quali spiegava questa svolta (demagogia, desiderio di
essere alla moda) mi parevano sbagliate.
Rifiuto
Avrei dovuto invece essere più
chiaro circa le ragioni di questa svolta (o di queste svolte) e spiegare che,
talvolta da lungo tempo, certi passi
biblici ci sono stati occultati (con
l’aiuto di altri passi, spesso) e che
abbiamo continuato quell’occultazione, rifiutando di arrenderci alla
evidenza, di leggere ciò che era effettivamente scritto, rifiutando di
capire; e che a volte siamo giunti a
leggere il contrario di ciò che era
scritto (es.; I Corinzi 7: 1 ss.; rimando al mio commento a I Corinzi,
L’Eglise ali présent, éd. Réveil, Tournon 1978). Oppure spiegavamo il testo allegoricamente, per sbarazzarci del suo senso diretto, immediato.
In certi casi vi sono dunque stati
(e vi sono tuttora) rifiuti inconsci,
oppure certi tabù che c’impedivano
di leggere i testi così com’erano; o
ancora, idee fatte talmente radicate
da accecarci (ad esempio, l’interpretazione abituale dei miracoli nelTEvangelo, quasi esso ci descrivesse i
miracoli di Lourdes).
Ed è accaduto che all’esterno, nel
mondo — non esitiamo a riconoscerlo — il tabù è saltato, spesso nel
quadro e ad opera di certi movimenti detti di Liberazione (?). Ed è pure
vero che ci siamo ritrovati sempre
più isolati nei confronti di persone
alle quali dovevamo e volevamo parlare, e che dovevamo capire, senza
con ciò necessariamente copiarle.
Allora abbiamo messo in discussione il tabù; e presto ci siamo
accorti (aiutati, lo ripeto, da persone estranee alle nostre chiese e che,
spesso, hanno ignorato l’aiuto che
ci davano) che non pochi dei nostri
testi, che ci bloccavano altrettanto
quanto noi li bloccavamo, non dicevano esattamente (a dir poco!) ciò
che noi, ciò che io, Alphonse Maillot,
facevamo dir loro. Ci avevano rotto
gli occhiali. E così abbiamo, io per
primo, potuto leggere meglio certi
testi.
Mea culpa
Non c’è da esser fieri: anzitutto
perché questa nuova lettura non è
e non sarà mai conclusa (non stiamo lasciando degli occhiali vecchi
per prenderne altrove di nuovi?); e
poi è stato necessario che Dio facesse ragliare, e forte, l’asina di Baia’am, che era lui stesso uno straniero, perché riuscissimo ad ascoltare ciò che lo Spirito aveva da dire
alle chiese del XX secolo.
Non dobbiamo però neppure essere complessati, perché se avevamo, e ancora abbiamo, degli occhiali:
a) la Parola di Dio ha sempre
trovato il modo di farsi udire con
chiarezza sufficiente, anche attraverso le nostre letture poco (o troppo)
ortodosse;
b) scoprire tutto questo è una
buona lezione di modestia e di umorismo per tutti gli esegeti. Anche se
le letture del passato in certi casi —
come la lettura invertita di I Corinzi 7; 1 — hanno causato seri complessi a centinaia di generazioni. Mea
culpa!
Dopo la femminilità,
la mascolinità nella Bibbia?
Tornando a « la donna nella Bibbia », dopo i libri già citati, penso
che sarà presto necessario che una
donna, ancora, scriva « La mascolinità nella Bibbia », tanto più che
l’arrivo (in massa?) delle donne nel
clan degli esegeti si è spesso tradotto in un plus, in un arricchimento,
anche se non hanno sempre resistito all’impulso di ritorcere qualcuna
delle frecciate che in passato avevamo avuto la sventura di scoccare più
o meno pomposamente contro di
loro. Qui devo però precisare che la
tipologia intestardita delle Chiese
ortodosse, dove natura e sovranatura sono sempre in continuità fra loro e per cui dunque c’è ancora uomo
e donna, e le frenate, se non gli arretramenti di Giovanni Paolo II, mi
hanno condotto a ripetere le scoperte di Anne-Marie Jaubert e di France Quéré, se non a completarle.
E’ ciò che cercherò di cominciare
a fare nel prossimo articolo, indicando anzitutto una specie di « istruzioni per l’uso » dei testi biblici.
Alphonse Maillot
(continua)
P.S. - Le chiese a corto d’idee in
fatto di studi biblici possono preparare delle schede su « donne di
rilievo nella Bibbia » e completeranno così ciò che dirò.
' A. Maillot, L’Epìtre aux Romains,
épître de l’oecuménisme, Labor et Fides.
Genève, 1984. Com’è noto, il cap. 16 della lettera ai Romani è costituito interamente dai saluti, con numerosissimi riferimenti a persone (Giorgio Tourn, anni fa, ne aveva dato una succosa, vivida
rilettura nella rubrica biblica di questo
nostro settimanale) ; e fra queste sono
sorprendentemente (ma perché sorprendersi, dopo tutto?!?) numerose le donne (n.d.t.).
® Aggiungiamo questa segnalazione:
Jacqueline Kelen, Les femmes de la Bible, Albin Michel, Paris, 1985; ritratti di
donne, così raggruppati; Les séductrices
et les prostituées — Les trop belles —
Les vierges — Les épouses ; les bonnes,
les mauvaises, et les autres — Les veuves — Les redoutables et les rebelles —
Les inspirées, les prophétesses — Les
mystérieuses, les introuvables. Corne si
vede, siamo lontani dai ritrattini edificanti; ma, a parte certe letture discutibili (come quella ’cattolica’ del peccato
di Adamo ed Eva), emergono figure vive,
di carne e sangue, nelle contraddizioni
dell’incredulità e della fede. Per ciò che
riguarda le donne nel rapporto che Gesù
ha avuto con loro, secondo gli evangeli,
V. una parte considerevole del libro di
Ida Magli, Gesù di Nazareth. Tabù e trasgressione, Milano, 1982 (cfr. la recensione di V. Subilia in « Protestantesimo »
4/1983, p. 246 ss.) (n.d.t.).
7
18 ottobre 1985
obiettivo aperto 7
A VENT’ANNI DALLA MORTE
Ernesto De Martino
e il valore umano
dell'esperienza religiosa
, t ^ • i> '■'-i i
Le commemorazioni di Ernesto
De Martino (1908- 1965) nel ventennio della morte, hanno rivelato ia sua presenza nella cultura
italiana, ma non altrettanto l'attualità del suo contributo alla
cu li lira religiosa, e in particolare agli studi sul Cristianesimo.
In ¡uesto ambito De Martino fu
di.>cepolo di Adolfo Omodeo, da
CUI apprese quella rigorosità di
mt lodo che si può constatare in
tuli! i suoi scritti.
Di Omodeo, De Martino rilevò
in seguito anche il limite di aver
ridotto la storia a quel tratto di
e.si a « che va dairÈllade ai nosl; ' giorni », ignorando, quasi, la
si'aria degli altri popoli.
De Martino e la
teologia protestante
Un rilievo simile De Martino
nosse anche a iRudolf Bultmann,
commentando la prima edizione
italiana di Storia ed escatologia.
Egli riconosceva con Bultmann
che il Cristianesimo, a differenza
delle altre religioni, che riassorbono il divenire storico « nel mito delle origini », presenta la storia deH’umanità « con il segno positivo della storia della salvezza ».
Tuttavia, mentre Bultmann fa
appello alla fede per evitare il
pericolo di un « relativismo culturale senza orizzonte », De Martino ritiene che il pericolo si possa evitare attraverso un nuovo
umanesimo « che ponga in causa
la storia del proprio etnos (popolo) attraverso il confronto con
quella degli altri etne (popoli) ».
Come laico. De Martino non
condivide la fondazione della decisione storica deU’uomo « sulla
decisione fondamentale della fede » e sulla « libertà come dono
della grazia divina » proposte da
Bultmann. E si chiede; « Perché
ricorrere... alla decisione per Cristo per deciderci a favore deU’altro? Non si reca già un motivo
di offesa alla nostra umanità e
a quella deU’altro, quando per
raggiungerla si deve percorrere
questo “cammino allungato”? ».
De Martino si rivela profondo
conoscitore del Cristianesimo primitivo anche quando nel capitolo Il dramma dell’apocalisse cristiana del volume postumo La fine del mondo (Torino, 1977), presenta il Cristianesimo come
« fondatore di civiltà » tramite
la tensione sempre presente fra
il già delTevento di Cristo e il
non ancora deH’avvento del Regno.
Su questo tema. De Martino
mosse alcune critiche al volume
Cristo e il tempo di Oscar Cullmann, al quale rimproverava di
non aver precisato la diversa accezione che i termini àiòn (secolo, epoca), kairòs (ora, momento), ecc. hanno nei diversi momenti (giudaismo, predicazione
di Gesù, dopo la resurrezione) e
scritti del Nuovo Testamento. Di
conseguenza il Cristianesimo delle origini presentato da Cullmann
appare « come un blocco monolitico... senza storia in se stesso ».
De Martino al contrario puntualizza il « continuo spostamento di accenti » che si registra nella storia protocristiana, mentre
Cullmann si limita a descrivere
Legge e fede in Paolo
Rom. 2: 1-29: La legge dev’essere attuata. Il gentile che
la attua senza possederla è
superiore al giudeo che la possiede senza attuarla. Ché il
vero giudeo è neH'intimo e la
circoncisione è 'quella del cuore e in spirito, non secondo
la lettera, ...ecc.: appello alTinteriorità.
La legge anzi non salva. Non
le opere della legge, ma la
fede giustifica.
L’adesione astratta alla leg¿e non è religione, non « salva »: rende solo possibile la
misurazione che separa l’ideale della salvezza dallo stato
reale di peccatore, e mediante
questa misurazione fa sorgere la coscienza del peccato.
Manca alla legge la forza
pneumatica vivificante, il suo
prolungarsi immediato in una
prassi salvifica. Essa è un concetto, non ancora un mito o
un ideale. Analogamente Lutero.
La legge, cioè la conoscenza astratta di ciò che debbo
fare, scopre Tinadeguatezza
del mio fare al mio pensare.
La conoscenza astratta del bene porta con sé anche la conoscenza ch’io non fo quel bene che penso, che c’è in me
una conoscenza del bene inoperosa di bene effettivo, non
incidente sul mio volere.
« Ché mi comniaccio della
legge di Dio secondo l’uomo
interiore, ma vedo un’altra
legge nelle mie membra.., ».
« Or dunque io stesso nella
mente servo alla legge di Dio,
ma nella carne alla legge peccaminosa ».
A questo serve la legge: a
farci penetrare nel vestibolo
della religione, a porci l’esigenza di salvezza, ma non a
darci,* essa stessa, la salvezza (...).
La libertà è un concetto:
non è ancora un mito o un
ideale.
Nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù,
per coloro che sono nella legge dello Spirito di vita, legge
concreta, operante, prassi salvifica.
Compito finale e trasfigurazione d’ogni realtà terrena in
un mondo nuovo. Posto di
Israele. Etica cristiana. Soggezione alle autorità imperanti.
La legge è servitù.
Il liberalismo di alcuni teorici rassomiglia alle tavole
della legge; non salva. Malgrado tutte le nostre meravigliose teorie liberali, noi siamo servi.
Questo testo è tratto da un
quaderno di appunti inediti,
che risalgono con ogni probabilità agli anni '30. Importante perché rivela un dato non
molto rilevato della cultura di
De Martino: la sua capacità
esegetica e la sua profonda
conoscenza della Bibbia.
« la coscienza cristiana della storia », evitando però di ricercare
« come questa coscienza si è formata e quale funzione ha assolto ». Questo fatto inoltre costituirebbe una sospensione arbitraria
del compito dello storico, limitato ad alcuni fatti e documenti
ed escluso da altri fatti e documenti che sarebbero 'di esclusiva competenza del teologo.
De Martino invece ritiene che anche le affermazioni di fede del
Nuovo Testamento, senza cessare di essere tali, possono rientrare neH’ambito di competenza dello storico, in quanto questi è
« chiamato a rigenerare storicamente, nelle sue motivazioni, nella sua struttura e nella sua funzione » anche la visione delle vicende umane ispirata dalla fede.
Cristianesimo e
religione popolare
De Martino, da acuto osservatore dei fenomeni religiosi popolari, ha dato un contributo significativo a due temi relativi alla
storia del Cristianesimo, per il
quale non ha ricevuto adeguato
apprezzamento: il superamento
cristiano del dramma sottostante al pianto funebre rituale, e il
ruolo del cattolicesimo nella religiosità popolare.
Nel volume Morte e pianto rituale nel mondo antico (Torino,
1958) precisa, con notevole padronanza della materia, la novità del Nuovo Testamento e dei
Padri sull’argomento, con una
profondità rara perfino fra i teologi. In questa materia, proibabilmente è stato aiutato anche dalla propria laicità, mentre la
preoccupazione primaria delle
chiese (e dei teologi) è la gestione pastorale della morte e del
lutto: gestione che spesso accentua i temi del giudizio e dell’ira
divina, e pone segni inadeguati
al superamento del dramma umano di fronte all’esperienza della
morte.
De Martino osserva che già in
Israele il lamento funebre non
si ricollega più ad uno schema
ciclico o ad un ritmo stagionale
come nelle altre religioni, ma viene inserito in quel corso lineare
della storia che va dall’Alleanza
al « giorno di Jahvé », per cui
« la qina funeraria si trasforma
in qina profetica ».
Tuttavia, la vera crisi del pianto rituale si ha col Cristianesimo, attraverso l’invito a sospendere il pianto rituale e la concezione della morte come « sonno ».
Giovanni Crisostomo poté asserire che, mentre gli ebrei lamentarono molti noti personaggi per
lunghi periodi, i cristiani cantano inni e salmi « che manifestano il carattere gioioso deH’evento... Per questo noi salmeggiamo
per i morti ».
Interessante, su questo tema,
la puntualizzazione della figura
della Mater dolorosa del Cristianesimo antico. Essa non va confusa con la « Madonna addolorata » post-medioevale, che assume
spesso le caratteristiche della
prèfica pagana. Questa ultima figura trae origine dai « Sette dolori di Maria » (ai quali prestò
molta attenzione l’Qrdine dei
Servi di Maria) che dal 1668 ad
opera di Innocenzo XI, furono
celebrati in una apposita liturgia, e per altro verso dalle « pas
Ernesto De Martino
nel 1962
sioni » popolari del 'basso Medioevo, sulla cui base nella seconda metà del secolo XIV si
creò la celebrazione della « compassione di Maria », come reazione cattolica alla campagna iconoclastica degli Mussiti.
Ma la Mater dolorosa è la Maria di cui Ambrogio 'dice: « stantem illam lego, flentem non lego » (leggo che stava in piedi,
non leggo che piangeva) e che
De Martino descrive come « figura mediatrice interamente umana » che libera « gli umani cordogli dal loro rischioso isolamento », per risolverli tutti « nel simbolo di un unico cordoglio per
un morire che cancella la morte
dal mondo ». De Martino osserva
che nella Mater dolorosa la maggiore polarizzazione « non è nel
cordoglio di Maria come tale, ma
in quel portare Christi mortem
(portare la morte di Cristo) che
la Mater dolorosa aiuta a vivere
come esperienza ». I temi 'del lutto e del cordoglio, vengono poi
assorbiti in notevole misura nella prassi penitenziale, quando
questa, ad esempio, considera il
peccato come vera morte e il
ravvedimento vero cordoglio.
Sud e magia
Sul ruolo del cattolicesimo nella religiosità popolare, che De
Martino ha rilevato nel corso
delle sue ricerche sulla magia e
il tarantismo, mi limito ad alcune osservazioni:
1) la magia popolare nel meridione d’Italia « è almeno potenzialmente mediatrice di valori
cristiani, sia pure in modo estremamente angusto ed elementare » {Sud e magia, Milano 1959,
p. 89). Questo si verifica ogni volta che è evitato Tautomatismo
delle pratiche magiche e si fa riferimento a Gesù. Allora, la magia popolare « dischiude i valori
di cui l’uomo^Dio è simbolo »;
2) esiste un nucleo magico in
ogni liturgia, nella misura in cui
comporta gesti ritenuti efficaci
« ex opere operato » e allorché la
ritualità prevale sulla percezione
dei valori;
3) è una grave imprecisione ritenere il Sud « totalmente pagano » o « religiosissimo »: si tratta di capire il complesso intreccio dei fattori che hanno influito sulla sua storia, da cui il Cristianesimo non è assente;
4) la Chiesa cattolica ha cercato a più riprese di riassorbire
nel proprio alveo sia fenomeni
complessi come il tarantismo pugliese, sia manifestazioni più
semplici di magia popolare, determinando con ciò stesso significativi mutamenti in detti fenomeni.
Sul complesso intreccio fra paganesimo popolare, magia e cattolicesimo, De Martino progettò
una ricerca interdisciplinare (che
però non riuscì ad attuare) del
tipo di quella condotta sul tarantismo e pubblicata poi su La
terra del rimorso (Milano, 1961).
La ricerca avrebbe dovuto verificare in che misura motivi diversi (pagani, cattolici, anticlericali, ecc.), ispiravano la vita nersonale ed associata del villaggio
di San Cataldo, ai piedi del monte Pierno (Bella, Potenza). San
Cataldo era stato sbelto per questa ricerca perché, sebbene molto arretrato sul piano sociale e
culturale, nel 194'7 era stato teatro di una lotta significativa per
la rivendicazione del diritto alla
terra per i contadini, cominciando a disboscare e a coltivare parecchi ettari di terra 'di proprietà dei Conti Ruffo di Calabria.
Conclusione
De Martino è un laico che cerca di capire in profondità il senso umano dell'esperienza religiosa, riportandola alle sue dimensioni storiche. Questa laicità non
vanifica, non oltrepassa con indifferenza la fede e la religione,
ma invita il credente a verificare
il significato umano e storico della propria fede, attraverso il confronto con altre esperienze analoghe e a sottoporla — nei limiti in OÜÍ è un’èsperienza umana — al vaglio critico delle scienze umanistiche.
Questo vale sia per l’esperienza religiosa personale che per la
vita delle chiese. Anch’essa deve
essere verificata, per evitare di
equiparare tout-court T adesione
ad una confessione cristiana con
la piena coerenza con Tevangelo
di Gesù Cristo.
Le analisi di De Martino sono
tuttora un valido strumento di
verifica e un incentivo a ripensare in termini nuovi il problema dell’evangelizzazione, affinché
non si riduca a semplice proposta di adesione ad una chiesa
protestante (magari senza aver
prima verificato la credibilità
reale di questa chiesa), dopo
aver rilevato i limiti del cattolicesimo meridionale, senza averne contemporaneamente anche
visto i valori.
L’evangelo di Gesù Cristo, il
Regno dei cieli, la salvezza, ecc.
trascendono ogni possibile loro
traduzione umana, e perciò nessuna chiesa può dire con facilità
di incarnarli meglio delle altre.
D’altra parte, dato che sono le
persone, e non le cose, i destinatari delTevangelizzazione, se ne
deduce che non c’è possibile evangelizzazione senza riconoscimento dei valori che queste persone
vivono, sia a livello personale che
comunitario.
De Martino insegna che la religiosità popolare esprime la risposta di larghe masse al messaggio evangelico quale esse lo
hanno potuto conoscere. Questo,
tradotto in termini operativi, significa che gli evangelici possono
evangelizzare solo se si pongono
nel Sud non come « misura del
tutto », ma come « parte di un
tutto », solidali con esso prima
di volerlo « convertire ».
Cesare Mìlaneschl
8
8 ecumenismo
18 ottobre 1985
INTERVISTA A LAURA NISBET
Lesotho, un’isola nel Sud Africa
In un piccolo paese, interamente dipendente dalla potente repubblica sudafricana, la Chiesa
Evangelica conduce un’esistenza resa spesso difficile dalla sua dedizione alla verità
— Da quanto tempo sei in Africa?
— Da 23 anni al servizio della
CEVAA. Dal 1962 al 1970 he lavorato in Gabon e fino al 1979
in Zambia.
— Dove sei ora?
— Mi trovo attualmente in Lesotho, un paese all’incirca delle
dimensioni del Belgio che, come
la Repubblica di San Marino o il
Vaticano, si trova completamente circondato da im altro stato;
nel caso del Lesotho, dalla Repubblica Sudafricana.
— Puoi descrivere il paese?
— La fascia orientale che costituisce i 2/3 del paese occupata
dalle montagne dei Draghi (che
raggiungono 3.400 m.) è quasi
impenetrabile, ed i soli mezzi di
trasporto sono il cavallo o l'aereo.
Il Lesotho con poco più di
un milione di abitanti, è caratterizzato da un importante fenomeno di erosione e dalla quasi
totale assenza d’alberi,
— Di che cosa vive la gente?
— La maggior parte della popolazione si dedica all’agricoltura, ma solo 1/3 della terra è arabile ed i pascoli sulle montagne
sono unicamente adatti a capre
e pecore.
— QuaU sonò allora i mezzi di
sostentamento della popolazione?
— Con la scoperta dell’oro e
dei diamanti nella Repubblica
Sudafricana, nacque il fenomeno dell’emigrazione. Così il guadagno è assicurato, senza i rischi
delle malattie dei raccolti, l’erosione, la siccità.
— Puoi dirci quando e come
l’evangelo penetrò in questo
paese?
— Il primo re Moshoeshoe,
avendo sentito parlare della religione dei bianchi, convinto che
la sua diffusione avrebbe giovato al suo popolo, inviò alcuni
capi di bestiame in Sud Africa,
come regalo ai missionari francesi che, nel 1833, arrivarono nel
Basutholand.
Qui, a Thaba Bosiu, la montagna della notte, divennero 1 consiglieri del re che mise a loro
disposizione un sito, battezzato
poi col nome biblico di Morija,
che fu la prima stazione missionaria protestante. Più tardi giunsero anche alcuni missionari vaidesi: nel 1883 Giacomo Weitzeker
e la moglie Luisa Malan che vi
passarono 7 anni prima di stabilirsi a Pemaretto. Nel 1891
Bartolomeo Pascal di Fontane di
Salza, poi Gustavo Pons di Perrero. Quest’ultimo diresse la
Scuola Biblica per evangelisti il
cui motto è ancora oggi « Leseli le khania lefiffing »: « Lux lucet
in tenebrie »!
— Ci sono altre denominazioni?
— Nel 1862 il re accolse i primi due preti cattolici dicendo:
« Le chiese sono come i dottori.
Conviene consultarne più d’uno».
Nei 1876 .giunsero infine gli anglicani.
— Eld a proposito dell’educar
zione?
— Il 90% dell’istruzione è nelle mani delle chiese che dirigono
pure ospedali, si occupano della formazione di preti, pastori
ed evangelisti, dirigono tipografie e pubblicano giornali.
La Chiesa Evangelica è responsabile di 150 scuole elementari
e 37 licei. Oggi in Lesotho c’è
una leggera maggioranza di evangelici.
— Potresti dirci qualcosa di
Morija, è vero che è il centro
più importante per la Chiesa?
— Morija è un po’ come Torre Penice per i valdesi. Lì ha
luogo il Sinodo ogni due anni e lì
risiedono il Moderatore ed altri
membri del Comitato Esecutivo.
La Chiesa Evangelica è una chiesa indipendente dal 1964 a sistema presbiteriano.
A Morija ci sono la tipografia
e la sede del giornale «Piccola
Luce », due ginnasi-licei, due
scuole elementari ed una scuola
materna, un ospedale, il centro
giovanile, il museo, l’archivio, la
libreria, la scuola di teologia e
la scuola biblica per gli evangelisti.
— Ma tu. cosa fai?
— Io insegno in uno dei due
ginnasi-licei chiamato Thabeng,
che in sesotho significa «sulla
montagna ». E’ un convitto di
circa 300 alunni, ragazzi e ragazze dai 13 ai 18 anni. Il direttore
è un pastore mosotho.
— Come si svolge la tua giornata?
— Si inizia in una grande sala
con Un breve culto alle 7.45.
Tutti gli alunni sono presenti
ed i professori fanno la meditazione in inglese, a turno. Alle 8
suona la campana per la prima
lezione che dura 40 minuti. Così
si va avanti fino all’una. Allora
gli alunni vanno in refettorio
(ce ne sono due, uno per i ragazzi, l’altro per le ragazze) e
trovano la polenta pronta. Due
volte alla settimana mangiano
carne, se no ci sono legumi, uova e pane.
Alle 2.20 si ricominciano le lezioni fino alle 3.40, ora in cui Cominciano le attività sportive, soprattutto il calcio, però anche
il tennis, palla a volo, atletica.
Due volte alla settimana, gli alunni possono andare fino al villaggio per fare le spese o andare
alla posta.
La sera cenano alle 6, alle 7
c’é il culto serale.
A loro piace soprattutto cantare. Le melodie dei loro inni
sono le stesse che conosciamo e
che furono introdotte dai missionari.
Lo studio dura fino alle 1().
VEinno poi nei loro dormitori,
le ragazze in camerate con 5 letti a castello, mentre nelle camere dei ragazzi si arriva fino a 10
letti a castello.
— Ma tu insegni tutto il giorno?
— Quest’anno ho un orario di
38 lezioni settimanali, insegno
in una classe specialmente attrezzata per l’insegnamento del
francese. Utilizzo il fianellografo, dei tabelloni, un magnetofono. Sono sola per il francese,
dunque tutte le classi vengono
da me, fino alla terza liceo, anche se non sono classi numerose, essendo il francese una materia facoltativa. Inoltre mi occupo degli studenti della scuola
di teologia.
— Hai un’aula speciale?
— La mia classe è un edificio
prefabbricato, è forse la più attrezzata e moderna, grazie agli
aiuti di tanti amici e particolarmente dei fratelli di Testimonianza Evangelica Valdese, che
mi hanno permesso di rifare il
pavimento in linoleum, installare l’elettricità, acquistare attrezzature indispensabili come lavagna, schedari, magnetofono, stufa elettrica.
— Ti eri pure interessata al
caso di uno studente di teologia
che era stato torturato dalla polizìa.
— Phamotse, questa è la persona dì cui parliamo, ha ora fi
nito i suoi studi di teologia e
sta facendo l’anno di prova a
Hlotse presso Leribe, nel Nord.
Con rassistenza finanziaria giunta dall’Italia, è stato possibile
offrirgli un viaggio a Città del
Capo e la possibilità di essere operato alle mani, ai piedi ed alla
nuca. Grazie a questi interventi
chirurgici ora non soffre più di
emicranie e cammina senza bastone. Inoltre il cavallo che, insieme alla sella, è costato circa
un milione di lire, gli è ora prezioso per i suoi spostamenti.
— E la situazione politica?
— Come forse tanti sanno, in
Lesotho la Chiesa Evangelica
che conta 250.000 persone è considerata una forza antagonista
al Governo. Spesso infatti il
giornale ufficiale pubblica degli
articoli e prese dì posizione ben
precisi. Come conseguenza, ecco atti di vandalismo e repressione nei confronti delle sue
opere e dei suoi dirigenti. Incendi di istituti, rapimenti, assassini.
A più riprese, la Chiesa Evan
gelica ha affermato che in nessun caso vuole essere identificata col partito deH’opposizione
al Governo, bensì ha l’intenzione di dire la verità e denunciare
quel che non va.
La situazione politica nel Lesotho si è aggravata a partire
dal 1970, data dell’annullamento arbitrario delle elezioni.
Il Governo attuale per mantenere il potere usa la dittatura e
favorisce chi è iscritto al partito del Governo, sia per borse di
studio che per impieghi.
— Quali problemi crea la dipendenza del Lesotho dal Sud
Africa?
— E’ soprattutto una dipendènza economica. Il Lesotho
non è molto industrializzato,
tutti i suoi prodotti provengono
dalla Repubblica e perfino prodotti provenienti da altri paesi
devono transitare nella Repubblica.
Una gran parte della popolazione è impiegata nelle miniere
d’oro e di carbone in quel paese, Un’altra entrata proviene,
Echi dal mondo
cristiano
a cura di CLAUDIO PASQUET
Libertà religiosa
in Grecia
(SOEPI) — La Corte suprema greca ha annullato la decisione presa da un tribunale che
aveva condaimato il predicatore
evangelico Eletherios Salonikas
a 4 mesi di prigione e l.OOOi dollari circa di multa. Il tribunale
aveva decretato che Salonikas
predicava « senza possedere le
autorizzazioni delle autorità ecclesiastiche appropriate ». Ora
l’unica autorità ecclesiastica appropriata riconosciuta dal governo è la chiesa ortodossa. Per
cui una chiesa evangelica che voglia installarsi in una città deve
avere il permesso della chiesa
ortodossa locale. Inutile dire
che questo permesso non viene
praticamente mai concesso, per
cui i cristiani greci non ortodossi per potersi ritrovare insieme
e celebrare il culto sono costretti a riunirsi in clubs o associazioni o simili perché non viene
loro riconosciuto lo status di
chiesa. C’è da sperare che la decisione presa dalla Corte suprema modifichi un po’ le cose.
Sri Lanka: i cristiani
discutono tra loro
(SOEPI) — I rappresentanti
delle grandi tradizioni cristiane
di Sri Lanka si sono riuniti dal
5 al 10 agosto nella città di Kandy per discutere « i compiti e
le occasioni che si presentano
ai cristiani di questo paese e
stabilire dei programmi per concretizzarli in uno spirito di cooperazione ecumenica ».
Questa riunione (la prima dopo molti anni) ha anche fatto
rivivere lo spirito ecumenico tra
i cristiani di Sri Lanka che sono
una piccola minoranza in un
paese a maggioranza buddista
ed induista.
Inoltre questa riunione è venuta in un momento di particolare crisi sociale del paese che
vede al suo interno due popoli,
i Tamil ed i Singalesi, affron
tarsi in modo sempre più crudo
e sanguinario.
A conclusione dell’incontro è
stato redatto un documento dove, fra l’altro, si legge: « Le chiese si rendono conto del ruolo
importante che esse possono
giocare Invitando la nazione a
seguire la via della giustizia,
della pace e della riconciliazione. Esse cercheranno di perseguire tale fine tenendo conto
delle altre religioni del paese, in
uno spirito di cooperazione ».
Nuovo presidente
luterano in Brasile
(SOEPI) — Il presidente, appena eletto, della Chiesa luterana del Brasile (lEOLB), pastore
Gottfried Brakemeier, ha inviato una lettera a tutte le comunità luterane del paese incoraggiandole a cooperare nel consolidamento della « Nuova Repubblica». Nella lettera egli fa anche l’elogio del piano nazionale
di riforma agraria che corrisponde alle rivendicazioni espresse
dall’IECLB fin dal 1982 nel documento « Terra di Dio, Terra
per tutti ». Il presidente luterano chiede la fattiva collaborazione di tutti al progetto di nuova costituzione e rende attenti
tutti del fatto che il potere civile del paese può sempre essere minacciato da forze oscure.
Il pastore Brakemeier considera inoltre riprovevole che la
Chiesa luterana in Brasile abbia
tanto tardato a denunciare l’esistenza della tortura nel paese
ai tempi della dittatura militare. Tra le altre dichiarazioni
della lettera c’è anche l’affermazione che « il paese ha un imperioso bisogno di moralizzazione delle istituzioni che sono responsabili di gran parte delle
corruzioni ».
Anglicani e
festa domenicale
(Church and State) — Il Sinodo generale della Chiesa an
ahimé, dai turisti sudafricani
che vengono a passare i loro
week-ends riempiendo i casinò
e le sale da gioco di Maseru, la
capitale del Lesotho. A quanto
pare, i casinò non sono permessi nella Repubblica. Un’altra conseguenza della situazione geografica, è l’isolamento dagli altri
paesi. La segregazione praticata
nella Repubblica crea molti problemi, uno dei quali è quello
dei rifugiati. A causa di questi
rifugiati, i rapporti tra il Lesetho e la Repubblica sono tesi.
Due anni fa l’esercito sudafricano ha invaso la capitale del
Lesotho circondando certi quartieri della città ed uccidendo
una quarantina di persone, proprio come ha fatto recentemente in Botswana.
— Quali sono i rapporti della
Chiesa con il re?
— La Chiesa è sostenuta dal
re con il quale ha ottimi rapporti.
Anche se, secondo la costituzione non è il re, bensì il primo ministro che governa, è il re
ad essere ascoltato ed amato
dal popolo.
— Oggigiorno è ancora valida
la presenza dei missionari in Lesotho?
— La presenza degli «envoyés»
in Lesotho è indispensabile perché la Chiesa realizzi di essere
sostenuta da altre Chiese, sentendosi meno isolata e psicclo
gicamente meno dipendente dal
la Repubblica.
a cura di Ernesto Ayassoi
e Franco Taglierò
glicana ha deciso di opporsi ai
piano del primo ministro ingle
se che prevede la eliminazione
delle leggi che obbligano i ser
vizi commerciali ad osservare
la chiusura domenicale.
Il Sinodo (376 voti a favore,
1 contrario) ha invitato i credenti ad opporsi al progetto per
motivi spirituali e sociali. L’arcivescovo di Canterbury, Roberi
Runcie, ha dichiarato che « setbene la legge sulla chiusura d. menicale abbia bisogno di alcu
ne riforme, la sua osservanza
segna un antico ritmo che non
può essere disturbato se non i
nostro pericolo ».
USA: in classe
Darwin o la Genesi?
(Church and State) — La
quinta Corte d’appello degli Stati Uniti d’America ha invalidato
una legge dello stato della Louisiana che imponeva, nelle scuole
pubbliche, l’insegnamento della
« scienza creazionista ». Si tratta di questo: la legge prevedeva
che ogni volta che si affrontasse il problema dell’origine del
mondo e della specie, oltre alla
teoria darwiniana dell’evoluzionismo si dovesse anche presentare con pari dignità scientifica, la teoria creazionista cosi come la Genesi ce la illustra. Questa legge era stata approvata
grazie alle pressioni di non nochi movimenti fondamentalisti
americani. La Corte d’appello
nell’invalida re questa legge ha
detto che pur non volendo entrare nel merito della scientificità di questa teoria, essa era
convinzione religiosa di una parte dei cittadini, mentre il primo
emendamento della costituzione
americana prevede la separazione tra chiesa e stato per cui non
si possono imporre come scientifiche delle teorie religiose che
sono patrimonio di una parte
sola della cittadinanza.
Sud Africa
TORINO — Presso la Chiesa
battista di Lucente, via Viterbo
119, sabato 19 ottobre alle ore
18: ’ Sud Africa: dalla parte dei
neri; una serie di diapositive con
commento e dati sulla situazione sudafricana presentate da
Febe Rossi Cavazzutti della Chiesa metodista di Padova.
9
18 ottobre 1985
cronaca delle Valli 9
DECISIONE DEL MINISTERO DEI TRASPORTI
Oera una
volta
il treno
La decisione è ormai presa: il
v ano da Pinerolo a Torre Pellice
fjrà soppresso. Lo ha comunicaal Consiglio Regionale rassesto re Cerutti, dopo un colloquio
i 7 ministro Signorile.
La data non è ancora certa ma
presume che dalla prossima
estate per andare a Torre dovremo prendere l’autobus da Pine¡lo. Motivo ufficiale della decisone del ministro: l’assoluta inesonomicità della linea. Nel 1984
deficit di gestione della linea è
tato di 4 miliardi e mezzo. Un
■ ricolo della legge finanziaria
siri 1985 prevede infatti che si
"ossano sopprimere tratti di ferrovìa laddove il deficit sia grande e si sia in presenza di possibilirà di organizzare il trasporto in
altro modo, più economico.
Per 'le Ferrovie la strada provinciale di Pinerolo è più che
adeguata a sopportare il traffico
aggiuntivo degli autopullman e
quindi è giustificato il taglio del
ramo secco.
Sulla tratta Pinerolo-Torre
Pellice sono trasportati mediamente 800 viaggiatori al giorno
con punte fino a 1200. Se venisse
mantenuto il sistema orario attuale sarebbe necessario un varco di almeno 25 autopullman per
assicurare lo stesso servizio delia ferrovia. In questo modo il deficit di gestione verrebbe ridotto a circa 2 miliardi annui che
sarebbero a carico delle finanze
regionali.
Poiché il prezzo attuale della
corsa in autopullman è di circa
f 50-70% maggiore del costo , del
biglietto ferroviario a seconda si
fratti di corsa semplice o abbonaiìiento, è ovvio che si raggiungerebbe il medesimo risultato di
deficit se venissero eguagliati i
prezzi di trasporto.
Dal punto di vista gestionale
quindi il taglio della ferrovia non
risolve nessun problema: sposta
solo la tasca dalla quale attingere i fondi per pagare il deficit.
Occorre perciò nel valutare la decisione tener conto di altri fattori e qui il treno è decisamente
da preferire rispetto al pullman.
Dal punto di vista energetico il
treno costituisce un evidente risparmio. Rispetto all’ecologia il
treno è meno inquinante del pullman (non produce ossido di carbonio). Dal punto di vista del
confort dei passeggeri (ma le valutazioni sono soggettive) il treno è migliore dell’autobus. Questo neU'ipotesi di una eguagliai
za sostanziale del prezzo del biglietto.
Così però non è. Con la soppressione del treno pendolari e
studenti avranno un aumento
medio del 50% del costo del
loro trasporto e dovranno impiegare anche maggior tempo nel
trasporto: bisogna infatti calcolare il tempo del trasbordo pullman-treno per coloro che viaggiano fino a Torino.
La decisione quindi non convince e riteniamo che debba essere rivista. Comunque sarà indispensabile che i responsabili
delle Ferrovie spieghino adeguatamente alle popolazioni della
Val Pellice le ragioni e siano queste a decidere quando il conto
costo - benefici di una o l’altra
soluzione sia sostanzialmente
uguale.
Giorgio Gardlol
Soppressa la ferrovia per Torre
Da tempo se ne parlava - Ora, a decisione presa, ci si mobilita
La notizia è rimbalzata nelle
redazioni dei giornali locali, nelle
sedi dei partiti, nei comuni della
Val Pellice giovedi mattina. La
ferrovia tra Pinerolo e Torre
Pellice sarà soppressa. Così ha
deciso il Ministero dei trasporti
sulla base di un suo progetto
nazionale di razionalizzazione
del trasporto ferroviario. Con la
Pinerolo-Torre Pellice saranno
soppressi in Piemonte altri tratti
di ferrovia: la Asti-Casale, la Savigliano-Saluzzo, la Susa-Bussoleno, la Varallo-Borgomanero-Vignale, la Chivasso-Asti, la Bastia-Bivio di Mondevì, la CevaOrmea.
L’assessore regionale ai trasporti, il PSDI Cerutti, informano le agenzie, « è soddisfatto »
perché sono state accolte alcune sue richieste di mantenimento
di tratti di ferrovia nei quali sono in corso lavori di rifacimen-'
to e di ammodernamento. Evidentemente l’assessore non sa
che questi lavori sono stati effettuati anche sulla linea Pinerolo-Torre Pellice e che altri sono
già stati appaltati (automazione
passaggi a livello).
La notizia si presenta anche
come «una cronaca di una morte annunciata » perché è dal
gennaio che giace al Ministero
dei trasporti a Roma un progetto in questo senso.
Il nostro giornale in primavera aveva fatto conoscere il contenuto di una lettera del direttore generale del Ministero che,
scrivendo al Sindaco di Pinerolo,
annunciava questa possibilità.
Nonostante questo ed una mobilitazione dei pendolari, di Pro
Natura e dei sindacati, nessuno
si è preoccupato di intervenire
ufHcialmente presso il Ministero. Solo all’annuncio delToperatività dei tagli abbiamo registrato qualche intervento. Prima la
Giunta della Comunità Montana
(di cui abbiamo dato notizia nei
numeri scorsi), e adesso la Giunta del comune di Torre Pellice
respingono la decisione e affermano « l’insostituibilità del servizio ferroviario sul tratto Pinerolo-Torre Pellice ».
Riuniti venerdì scorso su iniziativa del comune di Torre i
sindaoi della Val Pellice (mancava solo il sindaco dì Bobbio)
si sono dichiarati solidali colla
iniziativa di coinvolgere la popolazione della valle contro la
soppressione del treno.
Sul fronte dei partiti, PCI e DP
hanno lanciato ciascuno una raccolta di firme e presentato interpellanze al consiglio regionale.
E’ annunciata la costituzione
di un comitato in Val Pellice
per la difesa della ferrovia. E’
probabile che una analoga iniziativa sarà presa nel convegno
comprensoriale sindacale che si
tiene il 15 e 16 ottobre a Pinerolo.
Anche le Pro Loco dì Torre e
Luserna hanno indetto una raccolta di firme su base non politica in difesa della ferrovia.
Insomma la mobilitazione si
annuncia imponente e speriamo
sia capace di imporre la revisione della scelta. In ogni caso
nei prossimi mesi parleremo ancora molto di piano dei trasporti
in valle. G. G.
PRESA DI POSIZIONE DEL
COMUNE DI TORRE PELLICE
CITTADINI,
LA GIUNTA MUNICIPALE
venuta a conoscenza della determinazione da parte ministeriale della chiusura, in tempi brevi, del tratto ferroviario Pinerolo-Torre Pellice,
considerato che non sono stati interpellati in merito alla questione né
il Comune di Torre Pellice, con stazione di capolinea, né gli Enti locali
interessati,
RIBADISCE
l’insostituibilità del servizio ferroviario sul tratto Pinerolo-Torre Pellice,
RESPINGE
la procedura che esclude la consultazione degli Enti Locali della Val Pellice, delle parti sociali, degli interessati,
CHIEDE
che, prima di qualsiasi decisione,
siano sentiti gli Enti Locali, le parti
sociali, gli interessati
SI IMPEGNA
a seguire il problema in tutte le sedi opportune al fine di evitare una
ulteriore penalizzazione dei Cittadini
del Comune e della Valle.
Lì 10 ottobre 1985
IL SINDACO
Armand Hugon Dott. Marco
Colpevole o no?
PINEROLO — Mercoledì 2
ottobre alle 10, davanti al Tribunale di Pinerolo, è iniziato il processo contro Clarissa Vador, al
secolo Rossa Ornella, astrologa,
accusata di abuso della professione medica e di truffa da alcuni clienti.
La cartomante, originaria
Barge e residente a Torino, è difesa dagli avvocati Del Grosso
e Dal piume; assistono invece
gli accusatori gli avvocati Perassi e Serafino. Il caso Vador ha
suscitato vasta eco nel pinerolese: tra il pubblico, innocentisti
e colpevolisti si osservavano con
diffidenza in un’atmosfera densa rii bisbigli. Per due ore Ornella Rossa ha risposto alle domande dei magistrati, narrando le
complesse vicissitudini che Uhanno portata sul banco degli imputati, e sostenendo la propria
assoluta innocenza. E’ stata poi
chiamata a deporre l’insegnante
Ilda Mensa di Pinerolo, teste
della difesa, e nel pomeriggio
hanno preso la parola le parti
lese.
Pranzo degli anziani
PRAMOLLO — Domenica 6
ottobre un buon numero di anziani pramollini ultrasettantenni
si sono ritrovati per un pranzo
offerto loro, come già gli scorsi
anni, dalTAmministrazione Comunale. Harmo così potuto trascorrere insieme la giornata serenamente, forse dimenticando
per un momento i problemi di
tutti i giorni.
CATTOLICI PlNEROLESl A CONVEGNO
La visione cattolica della chiesa
La chiesa cattolica pinerclese,
come del resto la chiesa cattolica italiana nel suo insieme, sta
vivendo il suo « dopo Loreto ».
Su « L’eco del Chisone » del 3
ottobre, leggiamo il programma
del Convegno diocesano: lunedì
7 ottobre, una relazione del cardinale Ballestrero su « Il Convegno di Loreto nella Chiesa locale »; mercoledì 9 ottobre, una
relazione del Prof, don Bruno
Forte della Facoltà teologica di
Napoli su: « Chiesa e ministeri
dei laici (fondamenti biblicoreligiosi) »: nella stessa giornata,
don Bruno Forte parlava ai religiosi della Diocesi sul tema:
« I religiosi nella Chiesa locale ».
Infine, per mercoledì 30 ottobre,
è prevista una relazione del Prof.
Alberto Monticone su: «Laici
cristiani nella società di oggi».
Già i nomi dei relatori dicono
che la Diocesi di Pinerolo si
schiera nettamente dalla parte
« progressista » rispetto ai temi
e agli schieramenti che si erano
configurati a Loreto, anche se il
termine « progressista » lo usiamo malvolentieri perché si tratta di una approssimazione giornalistica. Anche la pagina dedicata al Convegno dal giornale
collegato alla diocesi pinerolese,
nello stesso numero (articolo del
direttore, don Vittorio Morero.
intervista a Bruno Forte) e la
(5
notizia sulla relazione del cardinale Ballestrero, nel numero
successivo, confermano questa
« scelta di campo » del cattolicesimo pinerolese.
Pensiamo possa essere utile
riferire in sintesi della relazione
del giovane teologo napoletano
Bruno Forte, per tentare di comprendere novità e tradizione che
sembrano profilarsi nel cattolicesimo attento alla problematica
ecumenica. Forte ha esposto la
sua visione ecclesiologica cattolica seguendo cinque « tappe ».
La prima tappa è costituita da
una visione della Chiesa che ha
il suo punto d’origine e il suo
punto d’arrivo nel mistero trinitario: la Chiesa nasce dall’alto
ed è pellegrina verso la sua patria trinitaria, e per questo vive nella storia.
La seconda tappa delineata da
Forte ci mostra una chiesa « tra
i tempi », riprendendo un concetto caro alla teologia dialettica. C’è, dal Vaticano II in poi,
una insistenza sul primato della chiesa locale; questa a sua
volta ha il suo fondamento unitario nell’eucarestìa, nel vescovo, e nella antropologia. Non
c’è contrapposizione reale tra
chiesa locale, che ha per segno
di unità il vescovo, e chiesa universale, che ha per segno di unità il papa. La tèrza tappa è vista
da Forte nella « missionarietà »
della chiesa. Tutta la chiesa è
soggetto della missione, che intende portare tutto Tevangelo a
tutto l’uomo e a tutti gli uomini.
Sì tratta di riscoprire la totalità,
la cattolicità, se si vuole, del soggetto missionario (la -chiesa),
del messaggio (tutto Tevangelo),
del destinatario (tutto l’uomo e
ogni uomo). Questa prospettiva
dovrebbe evitare i rischi opposti
del secolarismo e dell’integrismo. In quarto luogo, si tratta di
vedere come si pongono concretamente i soggetti della missione. Al binomio tradizionale gerarchia-laici, Forte contrappone
una nuova logica: comunità, carismi, ministeri. Va riscoperta
una « ministerialità » della chiesa tutta, di tutti i battezzati,
non a discapito del ministero
ordinato, segno della unità della
chiesa, ma perché il ministero
ordinato riprenda il suo carisma,
quello del discernimento e del
coordinamento dei carismi. Ne
discende, e questo è il quinto
punto sottolineato da Forte, una
laicità vista come dimensione
di tutta la chiesa.
Non più, come molte volte si
era detto nel passato, il « secolo ». il mondo, come luogo privilegiato della azione dei laici.
ma una laicità vissuta da tutti i
battezzati. -Laicità nella chiesa,
per rispettare le specificità e le
competenze di ciascuno (ad esempio, accettare che gli storici
facciano storia, i sociologi sociologia, ecc.); laicità della chiesa,
nella sua missione verso il mondo; e infine rispetto della laicità
del mondo, ricordando che spesso l’impressione di un mondo
senza Dio viene come conseguenza di un annuncio di un Dio
senza mondo.
Nel gusto per le citazioni belle (dì don Milani, di Lutero, ecc.)
Forte ha dato mostra della sua
profonda conoscenza della teologia classica, della Riforma, e
moderna. Porse troppo ottimistica la sua valutazione del « consenso » intorno al BEM, specie
sul pimto della accettazione di
un « ministero delTunità » troppo presto inteso in modo episcopale, come hanno subito rilevato alcuni esponenti della comunità di base, intervenendo
nel dibattito.
Il giorno successivo, don Bruno Forte, accompagnato dal vescovo Giachetti e da alcuni preti del pinerolese, ha visitato la
Val Pellice e la Val d’Angrogna,
incontrandosi anche con alcuni
pastori valdesi. S. R.
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10
10 cronaca delle Valli
18 ottobre 1985
UNA ESPERIENZA INTERESSANTE
CALENDARIO DI INIZIATIVE
Dall'ospedale alla città
Centosettanta soci, cinque anni di esperienza
bilancio fanno della « Nuova Cooperativa »
più qualificate esperienze nel campo delle
E’ nella seconda metà degli
anni Settanta che, con l'appoggio
delle amministrazioni di sinistra,
prendono il via all’ospedale psichiatrico di Collegno le prime
esperienze di riabilitazione e
reinserimento dei degenti. Sarà
poi la legge 180 nel 1978 a sancire il passaggio definitivo dalla
gestione manicomiale della follia
al suo inserimento nel tessuto
sociale. Collegno era stata fino
ad allora ima sorta di cittadella
autosuffìciente in cui i malati, in
nome dell’ergoterapia, svolgevano i lavori più vari in cambio di
poca libertà o di qualche sigaretta. Alcuni possedevano un vero mestiere Che esercitavano nei
cosiddetti servizi generali, o nei
campi.
« Era peggio che in galera; —
afferma Pino Lisiardi, socio della Nuova Cooperativa — uscivi
la mattina e ti contavano, rientravi per pranzo e ti contavano
di nuovo; lo stesso accadeva la
sera. E tutto ciò per ottenere il
permesso di fare quattro passi
fuori dai reparto, nei cortili dell'ospedale ».
La prima mossa che i nuovi
operatori psichiatrici mettono a
segno per scavalcare lo sfruttamento ergoterapico e ridare ossigeno a coloro che, sebbene da
anni in manicomio, mantenevano
almeno in parte una discreta capacità lavorativa, consiste nell’inserimento di un certo numero di
ex degenti in tre cooperative
esterne. La logica della spartizione politica che soggiace alla nascita di queste cooperative e la
gestione truffaldina che ne porta
due di esse al naufragio, rivelano
subito i limiti di tale esperienza
soprattutto in fatto di integrazione dei pazienti, risultata scarsa
ed inefficace.
Da tali premesse nasce nel 1980
la Nuova Cooperativa. Oggi esperienza di punta nel panorama
italiano per quanto riguarda il
settore delle cooperative integrate.
« Gli obiettivi che ci prefiggevamo allora erano sostanzialmente quattro — afferma Anna Di
Mascio, presidente della « Nuova » —. In primo luogo l’eliminazione del lavoro nero, così diffuso nell’ospedale psichiatrico, sotto la maschera dell’ergoterapia;
poi il miglioramento della qualità della vita dei soci; in terzo
luogo la volontà di farci strumento di rottura della logica manicomiale, ed infine di sollecitare ed ottenere la partecipazione
diretta dei soci ».
Il primo appalto la Nuova Coo
perativa lo ottiene daH’USL 24
di Collegno per la pulizia dei reparti all’interno del manicomio.
« Non è certo un lavoro gratificante — continua Pino Lisiardi —
ma è importante che per mantener fede agli impegni, abbiamo
dovuto imparare molte cose: dall’uso delle macchine a quello più
semplice degli attrezzi manuali,
a quello ancora più complesso
del rapporto umano tra di noi
e con il lavoro da svolgere. Una
vera e propria responsabilizzazione di se stessi ».
Seguendo il nercorso della cooperativa, il 1982 segna l’uscita
dal manicomio. Si cercano i primi appalti esterni, si ottengono
le pulizie al centro di formazione
professionale « Mario Enrico » di
Torino. « E’ bene ricordare che
il mercato delle pulizie è una
giungla — continua Di Mascio —.
Alle difficoltà politiche si aggiunge la concorrenza, veramente
spietata ».
Oggi, con i suoi 170 soci lavoratori, la Nuova Cooperativa ha
in gestione e custodia i servizi
igienici del comune di Torino e
le pulizie in una sala cinematografica; svolge inoltre lavori di
giardinaggio che la Provincia ha
affidato per metà a cooperative
di disoccupati e per l’altra a cooperative di handicappati.
Biagio e Pierino fanno parte di
una squadra adibita alla custodia e pulizia dei servizi igienici.
« Ho lavorato per cinque anni alla Teksid — afferma Biagio — di
cui un anno effettivo e quattro
di mutua. Poi mi sono ammalato
e sono rimasto in ospedale.
Quando mi hanno proposto di
entrare a far parte della Nuova
Cooperativa ho accettato subito:
io, infatti, ho sempre creduto nel
lavoro come l’unica strada per
essere veramente liberi. Sono ormai cinque anni che lavoro alla
Nuova e non ho mai fatto un
giorno di mutua ». « Il problema
comunque — aggiunge Pierino —
è che non basta lavorare; bisogna farlo all’esterno, nella città,
in mezzo alla gente ». Entrambi
hanno una casa, sono sposati, si
dichiarano soddisfatti del lavoro
che svolgono e soprattutto consci del profondo valore di questa esperienza per la loro vita.
Anche Tonino, autista della squadra pulizie, con anni di tossicodipendenza alle spalle, afferma
che: « dopo tanto tempo di emarginazione, qui siamo solidali
l’uno con l’altro, ci aiutiamo nei
momenti di difficoltà ».
Alla solidità attuale, la Nuova
Cooperativa aggiunge alcuni pro
alle spalle e un solido
di Torino una delle
cooperative di servizi
getti molto interessanti. Il primo riguarda la creazione di
un’équipe di manutenzione, formata da idraulici, elettricisti, decoratori.
Un secondo, appena partito e
decisamente ambizioso, concerne
la riconversione di un’area interna all’ex OP di Savonera che la
Provincia e TUsl 24 avrebbero assegnato alla Nuova. A disposizione vi sono 7 ettari di terreno, più
un fienile e una cascina, che dovrebbe essere adibita a comunità.
Un ristorante bar, un maneggio,
un allevamento di capre e qualche coltivazione intensiva sono
quanto i soci pensano di poter
mettere in piedi. « E’ un prosso
lavoro, quasi una scommessa. Ma
il significato, oltre che puramente imprenditoriale per tutti noi,
può essere simbolico: per la gente, che potrà usufruire di questo
spazio, e per chi ci ha vissuto a
lungo, che lo vedrà finalmente in
vita ».
(da Aspe)
Autunno
in Val d’Angrogna
Il -1985 ha portato nella libreria
di via Montebello \\ a Pinerolo i libri della
jr mmedìirice
dauthana
Annunciandolo ricordiamo le nostre specializzazioni
¿BcoAjaEfo ^
adoncb&ré^
C\ I
J! ^
giochi educativi e libri
per bambini e ragazzi
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agricoltura
ANGROGNA — Sono iniziate
le ormai tradizionali manifestazioni dell’Autunno in Val d’Angrogna che raccolgono grande
consenso tra la popolazione. Sabato scorso si è svolto un affollato concerto del Coro Alpino
« Tre valli » di Saluzzo e domenica una rassegna di giovani solisti del Centro didattico musicale italiano diretto dal maestro
Piar Riccardo Desio.
Questo il programma dei prossimi appuntamenti:
Giovedì 17 ottobre, ore 20.45,
Locanda di Pradeltorno: Incontro dibattito sul tema: « Alpeggi in vai Penice: aspetti ambientali e aspetti produttivi ». Introduce il dott. A. Baridon, diapositive di M. Campra. Intervengono
il Gruppo Ambiente vai Pellice,
amministratori della Comunità
Montana, della Provincia e della Regione.
Sabato 19 ottobre, ore 20.45,
Scuola di Cacet: « Chantoumne
’ncà una », riproposta di canti
della tradizione popolare con il
Gruppo Teatro Angrogna.
Domenica 20 ottobre, ore 15,
Piazza del Capoluogo: Canti e
danze del Gruppo di Tradizioni
ULTIMA ORA
Pinerolo: giunta in crisi
PINEROLO — Il neo segretario socialista, Pier Giuseppe Daviero, non
ce l'ha fatta a diventare presidente
dell’AMGAS, l'azienda municipalizzata
che gestisce l’acquedotto, la distribuzione del gas metano, e la nettezza
urbana.
Per due consigli comunali il suo nome è stato proposto dal partito socialista quale sostituto del dimissionario
Bosco (anche lui socialista).
Attorno all'Amgas e alla presidenza
già nella imminenza delle elezioni erano sorte questioni legate a voci di
presunte pressioni circa affidamenti di
progettazioni della rete del metano
del costituendo consorzio pinerolese.
Per questo il presidente Bosco aveva
dovuto recarsi alla Procura della Re
pubblica che però aveva archiviato il
caso con un ■< non luogo a procedere ».
Dopo di questo gli incarichi di progettazioni erano stati affidati tra l'altro anche all'ing. Chiabrando che è
associato nello studio con l'ing. Daviero.
Questo è probabilmente il motivo
per il quale sulla candidatura di Daviero i voti di maggioranza non sono
stati completi, e non hanno raggiunto
la maggioranza.
Dopo il risultato del voto il socialista Richiardone ha chiesto agli assessori di rimettere il loro mandato aprendo così a due mesi dalla formazione della giunta la orisi al comune.
O. L.
Fui infermo e mi visitaste
Il gruppo « Visitatrici » del
Rifugio Re Carlo Alberto si è
formato nel dicembre 1981 su
iniziativa della CIOV con lo scopo di programmare con l’Istituto
delle visite periodiche a tutti gli
ospiti e di accrescerne i contatti
con le chiese.
Attualmente esso è composto
da una sessantina di sorelle di
otto chiese delle Valli che si alternano in piccoli gruppi per
visite settimanali a tutti i ricoverati, secondo un calendario predisposte. In particolare le Unioni femminili hanno dato partecipazione a questo servizio.
La riunione delle visitatrici
tenuta il 24 settembre ha avuto
la gradita presenza dì tre membri della nuova commissione
CIOV: il pastore Alberto Taccia, presidente; la prof. Marcella
Gay e il dott. Emanuele Bosio.
L’occasione ha permesso al
Presidente di illustrare la nuova organizzazione della CIOV,
avvenuta su decisione sinodale,
e di esprimere l’apprezzamento
per il lavoro costante e continuo
delle visitatrici.
Il gruppo delle visitatrici, è
Popolari della Val Chisone
(Roure).
Lunedì 21 ottobre, ore 20.45,
Tempio Valdese del Serre: « Droga - 2: L’esperienza del Gruppo
Abele ». Incontro-dibattito con
Roberto Merlo del Centro Studi
del Gruppo Abele di Torino.
Mercoledì 23 ottobre, ore 20.45,
Scuola di Chiot ’dl’Aiga: Incontro-dibattito sul tema : « La cooperazione al servizio dello sport
e del turismo ». Introducono
Nanni Francisco della Coep.
« Palit » per lo sviluppo della
Valchiusella, e Valdo Benech
della Coop. « Mount Servin »
per la valorizzazione della Vaccera.
Conclusioni del dott. Egidio
Francisco, Assessore alla Cultura, Sport e Turismo della Provincia.
Sabato 26 ottobre, al Capoluogo, ore 14.30: Apertura della
Mostra-Mercato dei prodotti agricoli ed artigianali e delle Mostre: « Droga », a cura del Sistema Bibliotecario di Pinerolo;
« Il Foyer del Serre: un’esperienza di comunità alloggio invernale par gli anziani », a cura dei
Servizi Sociali della Comunità
Montana USSL-43; « Legni della
Val d’Angrogna », a cura degli
alunni della scuola elementare.
Intervengono: Nicoletta Casiraghi, presidente della Provincia,
Ivan Grotto, Assessore alla Montagna e l’Assessore Regionale all’Artigianato Riccardo Sartoris;
ore 15 (Tempio Vald.): « Droga3: L’esperienza di San Patrignano », Incontro-dibattito con Vittorio Muccioli della Comunità
di S, Patrignano (FO).
Domenica 27 ottobre, al Capoluogo: ore 9-12 e 14-18: apertura
delle Mostre; ore 14.30: inaugurazione del Giardino Botanico;
ore 15: Castagnata e balli popolari sotto l’Ala.
CIOV
stato detto, potrebbe anche diventare un mezzo di collegamento con le chiese di provenienza
e la CIOV oltre che con l’Istituto, e si è detto disponibile a venire in quelle Comunità che lo
richiedano per presentare l’attuale situazione del Rifugio Re
Carlo Alberto.
Ci auguriamo che questi incontri avvengano e permettano
di rinsaldare sempre più i vincoli delle chiese con questo nostro indispensabile e benefico
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11
18 ottobre 1985
cronaca delle Valli 11
Conti correnti
in tempo reale
PINEROLO — I correntisti e
gli istituti bancari operanti in
ciiTà potranno effettuare le operazioni in conto corrente in tempo reale.
Ogni correntista potrà (sia per
i versamenti che per i prelievi)
rivolgersi aU’apposit'o sportello,
mentre gli istituti bancari potranno accettare dai loro utènti
assegni fiduciari (chèques) tratti da conto corrente postale per
vederseli scontare in giornata.
Oli assegni presentati all’incasso in tempo reale dovranno esse." ” corredati di contromatrice e
sieda alfanumerica.
: limite di ogni singola operazione è fissato in dieci milioni
di lire.
Visite mediche
L Inps ha fatto conoscere che
tir. i motivi giustificativi dell’Fssenza da casa degli assicur; i in occasione di visita medicr: di controllo, oltre a quelli
jievisti dalla deliberazione del
consiglio di amministrazione n.
9;-! 84 può essere considerata la
concomitante necessità di visita
medico-generica presso l’ambulaiorio del curante.
L'Inps fornisce ora una serie
di indicazioni.
Anzitutto va ribadito che l’assenza può essere giustificata solo quando si tratti di accessi all’ambulatorio del medico « che
non potevano essere effettuati
in ore diverse da quelle corri
spondenti alle fasce orarie di reperibilità» (citata deliberazione
consiliare n. 99/84). Ciò significa che, qualora l’orario giornaliero di apertura dell’ambulatorio — che il medico è tenuto a
comunicare alle Unità sanitarie
locali ai sensi dell’accordo collettivo nazionale — risulti articolato in più periodi, uno dei
quali coincide con le fasce di
reperibilità, non è da intendersi realizzata la condizione di giustiflcabiMtà, salvo il caso di urgenza (da valutare anche in relazione alla diagnosi o alla prestazione seguita) ovvero quello
in cui il sanitario effettui la prestazione solo su prenotazione,
fissata nell’orario delle fasce.
Attenzione, però: in tali casi
il lavoratore dovrà aver cura di
richiedere al medico, se l’urgenza non risulti altrimenti oppure
non sia stato provveduto al momento della visita, la relativa attestazione entro il primo giorno
utile dalla constatazione dell’assenza da parte della Usi.
Amnesty International
TORRE PELLICE — Giovedì 17 ottobre, ore 17, al Centro di Incontro
avrà luogo una riunione; ordine del
giorno: 1) « settimana » del prigioniero per motivi di opinione: appelli per
"Giovani in carcere"; 2) « Tavolino ■>
ad "Autunno in Val d'Angrogna” - 2627 ottobre; 3) Varie.
Concerti
TORRE PELLICE — Organizzato da
Radio Beckwith in collaborazione con
la Pro Loco si tiene presso il Tempio
valdese sabato 19 ottobre alle ore 21
un concerto pianistico di Anna ed Alberta Revel.
Comitati per la pace
TORRE PELLICE — Il Comitato Pace
Val Pellice si riunisce mercoledì 23
ottobre alle ore 21, presso la sede di
via Repubblica 5, con un gruppo di
amministratori locali per discutere insieme il problema della denuclearizzazione di alcuni comuni della valle.
COMPRENDERE
MEGLIO
Caro direttore,
le considerazioni di Filippo Scroppo
contenute in una lettera al direttore,
apparsa sul n. 38 de ■> La Luce », a
proposito di un articolo in cui 11 pastore Giuseppe Platone tracciava l'itinerario artistico del pittore Paolo Paschetto (« La Luce » n. 36), mi trovano
pienamente consenziente.
COMUNITÀ' MONTANA VAL PELLICE - U.S.S.L. N.
Sede: 10066 TORRE PELLICE (To)
Piazza Muston, 3 - Tel. (0121) 91.514 - 91.836
43
CONCORSI PUBBLICI
Sono indetti pubblici concorsi, per titoli ed esami, presso
j Unità Sanitaria Locale n. 43, a:
— 2 posti di Assistente Medico Area Prevenzione e Sanità Pubblica - Disciplina Igiene Epidemiologica e Sanità Pubblica;
— 1 posto di Assistente Medico Area funzionale di Medicina Disciplina Psichiatria;
— 1 posto di Assistente Medico Area funzionale di Medicina Disciplina Medicina Legale e delle Assicurazioni Sociali;
— 6 posti di Operatore Professionale di D Categoria - Collaboratore - Infermiere Professionale;
— 1 posto di Operatore Professionale di T Categoria - Collaboratore - Logopedista;
— 1 posto di Operatore Professionale di T Categoria - Collaboratore - Personale di Vigilanza ed ispezione: Perito Chimico;
— 1 posto di Operatore Professionale di 1“ Categoria - Collaboratore - Ostetrica;
— 1 posto di Operatore Professionale di 2” Categoria - Infermiere Generico (Riservato alle categorie di cui all’art. 9 della
Legge 2.6.68, n, 482);
— 1 posto di Direttore Amministrativo Capo Servizio - Responsabile del Servizio Personale - Patrimoniale - Legale;
— 1 posto di Direttore Amministrativo Capo Servizio - Responsabile - Patrimoniale - Legale;
— 1 posto di Collaboratore Amministrativo;
— 2 posti di Assistente Amministrativo;
— 1 posto di Coadiutore Amministrativo (Riservato alle categorie di cui all’art, 9 della Legge 2,6.68, n. 482);
— 1 posto di Assistente Tecnico - Geometra;
— 1 posto di Assistente Tecnico - Perito Chimico;
— 1 posto di Operatore Tecnico - Autista.
La domanda, in carta legale, dovrà pervenire all’Ufficio
Personale dell’U.S.S.L. n. 43 - Piazza Muston, 3 - Torre Pellice
cììtro e non olive le ove 12,00 del 19 ottobve 1985.
Per ogni altra informazione rivolgersi all’Ufficio Persoi^le
deirU.S.S.L. n. 43 - Piazza Muston, 3 - To;rre Pellice - Tel.
0121/91514 - 91836. Orario apertura al pubblico: tutti i giorni
dalle ore 9 alle ore 12 escluso il sabato.
IL PRESIDENTE
Co'issoN Prof.ssa Franca
Scroppo, secondo il suo costume di
critico preparato, sensibile e rispettoso di ogni altrui libertà, riesce ad esprimere con grande chiarezza il suo
pensiero sia sull'opera di Paschetto
che sulla recensione di Platone.
E' unicamente a quest'ultima che intendo riferirmi.
Certamente non era nell'intenzione
dell'articolista, anche se con alcune
sue parole atte a lodare Timmediatezza dell'arte di Paschetto ne ha dato
l’impressione, escludere dal mondo
dell'arte figurativa tutti quei movimenti spirituali che non abbiano un linguaggio immediato.
La frase sulla quale si è maggiormente soffermata la mia attenzione mi
induce a ulteriori considerazioni generali.
Apprezzamenti che svalutano chi usa
un linguaggio piuttosto che un altro
non fanno che contribuire al perpetuarsi di alcuni luoghi comuni che annebbiano e ostacolano la comprensione
di fenomeni artistici tra i più importanti dell'arte del nostro tempo.
Sarebbe, invece, interessante che il
fruitore meno preparato potesse essere aiutato a nutrire meno pregiudizi e a comprendere meglio quegli artisti che, con svariati e ricchissimi
linguaggi, hanno toccato i grandi temi
dell'esistenza e che sono stati in grado di guardare a fondo nel mondo e
in se stessi.
Ringrazio e saluto.
Èva L'Ecrivain Rostain, Bologna
GRAZIE
Siamo stati invitati al ricevimento
che la comunità di Torre Pellice ha
offerto ai tedeschi « valdesi » di Walldorf (Assia), che ogni tanto vengono
a visitare le nostre Valli. Dopo il benvenuto del past. Zotta ed un intermezzo molto applaudito del valente « Coretto » locale, i responsabili del gruppo
tedesco hanno parlato della loro chiesa in un paese ricco di memorie vaidesi ed hanno voluto testimoniare concretamente del loro interesse per la
nostra opera in Italia facendo due offerte cospicue per l'Ospedale Valdese
e per la Società di Studi Valdesi,
Quel che ha colpito più di tutto ed
ha riscosso ammirazione è stato il
servizio disinteressato di tutta la famiglia Cericola: Cristina parlava al
microfono la sua lingua natia (e chi
più di lei?) presentando e traducendo.
Michele serviva i vini e le bibite, Daniele ed Ester le torte e i dolci, andando indefessamente da un tavolo
all'altro. Grazie, cari amici Cericola,
è stato bellissimo: avete dimostrato
ai fratelli tedeschi che esistono ancora
italiani gentili.
Wanda Gönnet, Rorà
Pro Rifugio Re Carlo Alberto
Pervenuti direttamente al Rifugio nei
mesi di luglio, agosto e settembre ’85.
Luglio
L. 6.939.550: Giornata del Rifugio.
L. 500.000: Elvira Decker Silvani, in
mem. di Guido Decker.
L. 50.000: N. N.
L. 20.000: Tourn Flora; Comba Fiorella; Cougn Emma e Alda.
Agosto
L. 100.000: Richard Emilio.
L. 50.000: Bonnet Lea e Franco, in
mem. di Bertalot Nella.
L. 10.000: Martinat Silvio , in mem.
del fratello Emilio; Pons Enrico.
Setteimbre
L. 100.000: N. N., in mem. di Sappè
Aldo.
PRO RADIO BECKWITH
Prosegue la sottoscrizione a favore
della Radio. Elenchiamo le offerte ricevute dal Collettore:
N. N. L. 30.000; Elena Pontet 50.000;
Luciana Vola 30.000; Enrico e Ade Gardiol 50.000. Totale L. 160.000; Totale
precedente L. 160.000. Totale ricevuto al 12.10.85 L. 320.{XK).
Le offerte possono essere inviate
anche a mezzo C.C.P. intestato al Presidente dell’Associazione <■ F. Lo Bue »
Attilio Sibille, Torre Pellice (n. 24484107),
indicando la causale, o versate al cassiere Arch. Marco De Bettini.
Pro Asilo Valdese
di Luserna San Giovanni
Pervenuti nel mese di settembre 1985
L. 15.000: N. N. (Firenze).
L. 20.000: In mem. del marito Jean
e della sorella, Tourn Lily; Luigi, Elsa
Zoppi Costantin (Genova).
L. 25.000: Juliette Balmas Marauda,
in mem. dei miei cari; Graziella Jahier, in mem. di Margherita Davite
Charbonnier; Graziella Jahier, in mem.
della mamma Ida Pons Andreini.
L. 50.000: Mantovan/De Grandis;
Ricordando Arturo, I. e T, Pons (Torre
Pellice); Lina Marrel Revel, in mem,
di Albina Bevel e Clara (Ginevra); Buffa Lina, in mem. dei suoi cari; Bounous
Edda, in mem. di Revel Albina; Ines
Romussi, in mem. della cara Elisa.
L. 60.000: Adele e Laura Long, in
mem. della cugina Albina Revel.
L. 100.000: Maria Luisa Pasqualetti
e Giancarlo, in mem. della carissima
Albina Revel; Pasqualetti Bologna Giuliana, in mem. della carissima « Bibi »
Albina Revel; Aversa Prassuit Camilla,
in occasione del suo centenario; Un fiore in ricordo di Albina Revel, le cugine Ayassot e Alilo (Roma).
L. 250.000: Bongardo Norberto (Senna
Comasco).
L. 320.000: Colletta tra fratelli germanici in visita all’Asilo.
L. 500.000: L.B.M.
L. 645.300: Dono Gustav Adolf Werke.
FONDO DI SOLIDARIETÀ’
3° trimestre 1985
L. 10.000: Chauvie Elena.
L. 20.000: Chauvie Elena; Robba Lilly; N. N.; Lodi Long Laura, in mem.
di Gustavo Albarin.
L. 30.000: Lodi Long Laura; Meynet
Giuseppina.
L. 50.000: Lodi Long Laura, in mem.
della madrina Clara Revel; Costabel
Gino; N. N.
L. 100.000: Odin Riccardo e Camilla,
in mem. di Giusiano Clementina.
L. 160.000: N. N.
L. 300.000: Ditta Giachero e Roman.
Hanno collaborato a questo
numero: Fvanca Bavleva,
Luigi Mavchetti, Lucilla Peyvot, Fvanco Taglievo, Mavia
Tamietti, Fvanco Rivoiva,
Paolo Ribet, Ivana Costabel.
RINGRAZIAMENTO
Renzo Turinetto profondamente
commosso e riconoscente ringrazia le
Comunità e i Pastori valdesi, battisti e
dei Fratelli di Ivrea, Pinerolo e Torino,
la Tavola valdese e tutti gli altri amici
che hanno condiviso in modi diversi il
suo sgomento per la tragica morte del
fratello
Dario
Torino, 8 ottobre 1985.
« L’Eterno è la mìa luce e la
mia salvezza »
(Salmo 27)
Il Signore ha richiamato a sé
Carlo Pons
Lo annunciano la moglie Zelia, i figli Marina, Gianni con Pauiette, Davide e Valeria, Erica con Giorgio, la sorella Nella, cognate, cognati, zia, cugir
ni e parenti tutti.
Funerali martedì 15 ore 10,15 Tempio valdese, Corso Vittorio 23, Torino.
Eventuali doni in memoria, per la
Chiesa valdese di Torino.
Torino^ 14 ottobre 1985.
RINGRAZIAMENTO
« L’Eterno è il mio pastore, nulla mi mancherà »
(Salmo 23: 1)
I figli deUa compianta
Eugenia Costabel
ved. Bounous
che ha terminato la sua vita terrena il
29 settembre u^. all’età di 86 anni,
nell’impossibilità di farlo personalmente, commossi e riconoscenti per la dimostrazione di simpatia di cui sono
stati circondati, ringraziano di cuore
tutti coloro che in vario modo sono stati loro vicini nella luttuosa circostanza.
Un grazie particolare ai vicini di casa, al dottor Walter Broue, al personale medico ed infermieristico dell’Ospedale Agnelli di Pinerolo, al pastore Paolo Ribet.
S. Germano Chisone, 5 ottobre 1985
AVVISI ECONOMICI
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( Distretto di Pinerolo )
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva, festiva; telefono 74464 (Ospedale Civile).
Ambulanza ;
Croce Verfle Pinerolo: 22664.
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia Medica ;
Notturna, prefestiva e festiva:
tei. 932433 (Ospedale Valdese).
Guardia Farmaceutica :
DOMENICA 20 OTTOBRE 1985
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91.374.
Ambulanza :
Croce Rossa Torre Pellice: telefono 91.996.
12
12 uomo e società
18 ottobre 1985
PERU’ - GENOCIDIO NELLE ANDE
Un apartheid senza leggi
In Perù, alla politica etnocida
(perseguita del resto da tutti i
governi delle tre Americhe) con
la negazione delle nazionalità
amerindie e del loro diritto naturale ad autogestire le risorse
dei loro territori tradizionali, in
questi ultimi due anni si è aggiunta quella più brutalmente genocida. La feroce repressione del
movimento di Sendero Luminoso, marxista-leninista (ancora un
prodotto culturale dell’Occidente,
estraneo alle società comunitarie
autoctone), ha trasformato molti
luoghi nelle vicinanze delle città
di Huanta e di Ayacucho in « luoghi dove appaiono i cadaveri »;
ed i desaparecidos ormai non si
contano più; come in plaza de
Mayo a Buenos Aires, anche in
piazza di Ayacucho protestano le
donne degli « scomparsi », ma
qui parlano una "lingua tagliata”,
il quechua, e sostano nei loro costumi con il cappello duro a larga tesa e le lunghe gonne così simili a quelle zingare. 11 battaglione speciale anti-insurrezione, detto dei Sinchis, fa della brutalità
un elemento della sua strategia:
nelle vie dei villaggi i militi scorrazzano nudi sino alla cintola ed
imbrattati di sangue di animale.
Ma la Marina e l'Esercito non sono da meno. Una pattuglia di marines ha picchiato a morte sei
membri del consiglio della Chiesa Evangelica Presbiteriana di
Calqui, a 2 km. da Huanta, dopo
averli prelevati al termine del
culto; venti membri della piccola Chiesa EvangeUca di Santa Rosa, furono massacrati invece, si
dice, da un’incursione di Sendero
Luminoso.
Il 2 agosto 1984, un -giornalista
di Huanta, Jaime Ayala Sulca,
che investigava sui morti di Calqui, fu visto entrare nel quartiere generale dei marines allo stadio di Huanta, ma non se ne seppe più nulla. Desaparecido.
A Pucayacu, vicino a Huanta,
nell’agosto 1984 sono stati trovati
50 corpi (49 uomini, ed una donna) seppelliti in sette buche poco
profonde; la mag^or parte nudi,
con occhi bendati e segni di tortura: colpi e tagli sistematici; le
mani -di alcuni erano legate dietro la schiena; avevano -una -sola
ferita da proiettile in testa od in
bocca, e le dita tagliate per evitare l’identificazione con le impronte digitali. Il Procuratore Generale ha reso pubblica la prova
che erano prigionieri giustiziati
dalla Marina.
Nella località Infernillo a sud
di Ayacucho, sulla strada per
Cuzco, la moglie di un desaparecido ha ritrovato il corpo nudo
del marito ed in una grotta gli
indumenti lacerati, imbrattati di
sangue, tra ossa e crani di molti
cadaveri irriconoscibili. Parenti
di desaparecidos hanno testimoniato che ci sono cadaveri nelle
località di Chaquihuaycco e Palmayoc, e che « non è giusto che
si lasci che i cani ed i maiali li
divorino ».
Le comunità indie rifiutano sovente di collaborare con l’antiguerriglia per timore delle rappresaglie di Sendero Luminoso;
diventando sospette di connivenza, subiscono l’attacco ed i rastrellamenti delle forze di sicurezza che procedono agli arresti,
alle deportazioni ed anche alle
esecuzioni sui due piedi: ciò avvenne, per esempio, a Espite dove furono prelevati molti membri della comunità, di cui non si
seppe più nulla; una delegazione
di compaesani andò a Lima per
avere notizie ma senza esito.
Privati della loro
identità
Gli indios, presi tra i due fuochi — la guerriglia e la repressione — subiscono un vero pogrom. « Amnesty International » ^
riferisce che « essere giovani vuol
dire essere sospetti nella zona di
emergenza; 76 dei casi di prigionieri ’’scomparsi” sono sotto i
18 anni di età, minorenni per la
legge peruviana. I più giovani tra
i desaparecidos detenuti come sospetti guerriglieri hanno un’età
sui 12 anni, stando alle -dichiarazioni dei loro parenti. Nell’elenco vi sono anche un bambino di
tre anni ed altri di quattro, sei
e dieci anni, desaparecidos insieme ai parenti ». Sottolinea ’’Amnesty”: « Sebbene le vittime degli assassini politici da parte
delle forze di sicurezza del Perù
e le detenzioni seguite da "scomparse" nella zona di emergenza
comprendano anche professionisti, agronomi, ingegneri, chimici,
un membro dell'albo degli avvocati di Lima, il segretario della
Confederazione Nazionale degli
Agricoltori di gran lunga la maggior parte ha riguardato persone di bassa estrazione sociale e
di scarsa influenza. Si crede che
per la maggior parte si sia trattato di contadini che parlano
"quechua”, la lingua indigena
delle Ande, non lo spagnolo, la
lingua del Governo ». Si tratta,
insomma, di indios: ed -è triste
constatare come persino « Amnesty » sia restia ad usare questo
termine. Agli autoctoni si ruba
finanche l’identità, definendoli
campesinos (contadini) ed è
questa la tendenza di tutti -i Governi che appunto si dicono latino-americani; i progressisti li assimilano ai ’’proletari”, operando
così una snazionalizzazione ingiusta e crudele. Rimane comunque un -fatto certo: quella che
nel continente africano è un’eccezione (la discriminazione razziale sudafricana), neH’America latina è la regola. Gli autoctoni,
siano essi addirittura la maggioranza (come in Bolivia, Guatemala, Ecuador, Perù) o, in conseguenza del genocidio, allo stato
residuale (come in Brasile, Cile,
Argentina...) patiscono -una discriminazione sociale, politica, culturale spietata. Agli indios del
Perù non è soltanto chiusa la
« stanza dei bottoni », -ma gli alberghi, i ristoranti, i luoghi di ritrovo borghesi, i voli -di linea;
sui mezzi pubblici -devono cedere
il posto ai bianchi.
Qualcuno ricorderà l’emblematico film « I giorni del Condor »,
con la drammatica vicenda di un
quechua ferito ed abbandonato
all’ospedale di Lima, senza assistenza, in attesa di trasfusioni e
di intervento del chirurgo, impegnato altrove in un meeting sull’emancipazione dei campesinos...
Tutto ciò senza una legislazione
di apartheid, ma semplicemente
negando di volta in volta lo spazio ed il tempo necessari. Benché
il 50% (ed in certe province, il
95%) parli quechua, o aymara o
gli idiomi tribali della selva, tutte
le scuole di ogni ordine e grado
sono nella lingua dei re -di Castiglia; la storia incaica e le insurrezioni anticoloniali disperate dei
secoli XVIII e XIX vi sono bandite.
La forma di governo presidenziale, la politica parlamentare dei
partiti sul modello dell’Occidente, l’alternanza al potere dei conservatori di Belaunde Terry e di
quello ’’aprista” di Haya de la
Torre, come la parentesi dei mi
litari negli anni '70, sono totalmente al di fuori della società e
della cultura indie. La recente
vittoria -del giovane presidente
Alan García Perez, erede di Haya
de la Torre, non cambia di molto
la situazione; non ho trovato nelle interviste e dichiarazioni presidenziali alcun riferimento al
pluralismo nazionale del Perù,
ma ancora le generiche affermazioni per l’emancipazione dei
campesinos, tutti -ritenuti come
’’peruviani” e basta. Nessuna affermazione di voler rispettare la
legge costituzionale che nel 1975
ha -decretato per il quechua lo
statuto di lingua ’’nazionale”, co-me il castigliano. Nessun accoglimento -delle richieste formalizzate dal CISA ('Congresso Indio del
Sud America). L’esercito rimane
comunque il tradizionale "protector” dello Stato creolo.
Si va tuttavia ridestando tra
gli indios la coscienza di possedere un’identità nazionale oppressa
e colonizzata; nascono nuove organizzazioni indigene che, a costo
di pesanti sacrifici, inviano in Eu
ropa -giovani ’’ambasciatori” deTawantinsuyu (l’antico paese incaico, comprendente le odierne
’’repU'bblichette” — così loro le
chiamano — -del Perù, Bolivia,
Ecuador, Argentina, Cile, Coloni
bia...) la cui bandiera tradizionale ha i colori delTarcobaleno, come da noi la bandiera del movimento pacifista.
Tavo Burai
^ Cfr. Perù: Sparizioni ed omicidi
politici perpetrati dalle forze governative nella Zona di Emergenza Andina.
Rapporto a cura di « Amnesty International », Roma 1985 (fonte di quasi
tutte le notizie qui riportate).
» L'Eco delle Valli Valdesi »: Rea.
Tribunale di Pinerolo N. 175.
Direttore responsabile
FRANCO GIAMPICCOLI
Stampa; Cooperativa Tipografica Subalpina - Torre Peilice (Torino).
Febe Rossi Cavazzutti, che come è noto segue da molto tempo le vicende del Sud Africa dove è stata quest’anno per tre settimane, replica all’articolo di
Diana Beerbohm e Elio Pellegrini comparso sull’Eco - Luce n.
37/27.9.85.
Non vi è spazio qui per trattare con la serietà dovuta certi
processi di riforma che il Sud
Africa ha posto in atto per perse^ire « il bene e la felicità »
dei neri e che, secondo la dottrina dell’apartheid e la comune e
radicata convinzione dei bianchi,
sono realizzabili solo nella separazione delle culture. Possiamo però tentare di conoscere la
riforma per eccellenza dalla quale ogni altra discende; quella
della Costituzione, entrata in vigore il 3 settembre 1984.
I bianchi, 15% della popolazione, eleggono 178 deputati alla
Camera bianca del Parlamento
(House of Assembly); i meticci,
9%, eleggono 85 rappresentanti
alla Camera meticcia (House òf
Representatives); gli asiatici, il
3%, eleggono 45 delegati alla Camera asiatica (House of Delegatesi. A sua volta questo Parlamento tricamerale esprime un
collegio elettorale ristretto, scelto dal proprio seno, di 13 asiatici, 25 meticci e 50 bianchi (maggioranza assoluta), cha nomina
il Presidente del S.A. (State Presidenti, scelto fra gli esponenti
del Partito Nazionalista che raccoglie il 65% dei consensi bianchi. Il Presidente nomina:
a) un Gabinetto di Ministri
che si occupa delle competenze
di interesse generale per il paese;
b) tre Consigli di Ministri
(bianco, meticcio, asiatico) che
trattano solo le competenze particolari dei gruppi razziali;
c) un Consiglio Presidenziale
composto da 5 asiatici, 10 meticci tratti dalle rispettive Camere, e 20 bianchi scelti fra i
deputati alla Camera più 25
bianchi a insindacabile scelta
presidenziale provenienti dal
Partito Nazionalista.
E’ facoltà del Presidente decidere se ima questione rientra
negli affari generali o nelle competenze particolari.
Le tre Camere del Parlamento,
come le tre componenti razziali
del Consiglio dei Ministri e del
DIBATTITO SUL SUD AFRICA
Analizziamo
la grande riforma
Consiglio Presidenziale, non hanno sessioni congiunte e siedono
in separate sedi. Le questioni
di interesse generale vengono discusse separatamente dalle tre
Camere e quando le soluzioni,
o le leggi, proposte separatamente siano espresse in versioni differenti runa dall’altra, la questione torna al Presidente che
sceglierà una delle versioni a
suo insindacabile giudizio.
Il Gabinetto dei Ministri risponde solo ed unicamente al
Presidente e, a sua volta, lo controlla.
La Camera meticcia e la Camera asiatica hanno il potere di
vigilare affinché le leggi dello
« sviluppo separato » siano operanti. (Per la loro elezione si sono presentati alle urne l’ll% degli elettori meticci ed asiatici).
Le riunioni del Consiglio Presidenziale e del Gabinetto dei
Ministri devono essere precedute
da una seduta del Consiglio per
la Sicurezza dello Stato, che è
il nucleo operativo del: NSI (Servizi Segreti dell’Interno); DMI
(Servizi Segreti Militari); SP
(Polizia di Sicurezza); SAP
(Polizia del Sud Africa); SADF
(Forze Armate del Sud Africa).
Il popolo nero è nominato al
Comma 93 della Costituzione,
che recita cosi; « Il controllo e
l’amministrazione degli affari dei
Neri resteranno affidati al Presidente ».
Dal Gabinetto dei Ministri il
Presidente nomina il Ministro
per la Cooperazione e lo Sviluppo che si occupa, appunto,
degli affari dei neri quale esecutore della politica governativa.
Il Ministro, secondo il Black Locai Authorities Act del 1983, controlla la vita degli africani urbani. Egli nomina i Supervisori
dei Consigli Municipali (o Locali) neri che gli africani residenti hanno diritto di eleggersi.
Il Ministro ha facoltà di scioglie
re i Consigli Locali eletti dai neri, di destituire i -Consiglieri, effettuare nomine sostitutive o
lasciare vacanti le cariche. (Alla elezione di questi Consiglieri
neri ha partecipato il 9% degli
elettori). A loro volta i Consigli
hanno facoltà di vigilare che le
leggi generali dell’apartheid siano operanti e di amministrare
beni e servizi locali.
I beni non esistono. Il 98%
della ricchezza del paese è prodotta nelle aree dichiarate bianche (l’87% del territorio), ed il
2% è prodotto nelle aree meticce e indiane. Tuttavia gli africani delle Townships abitano lo
spazio consentito dalla legge per
nucleo familiare, con perimetro
esterno di 15 m., sul quale il
Consiglio pone una tassa di abitazione che, negli ultimi 2 anni,
è andata progressivamente aumentando. Ora milioni di neri
non riescono più a pagarla e la
morosità è punita con il decadere del permesso di abitazione e
la deportazione in una « relocation », campo di concentramentc
in una riserva. Della deportazione e della assegnazione di una
tenda o di un casottino di lamiera di 3,5 X 3.5 m, per nucleo
familiare, è sempre responsabile il Ministro per la Cooperazione e lo Sviluppo. La sordità dei
Consiglieri municipali — lautamente pagati dal Governo e unici ad avere licenze commerciali
— alla disperazione della popolazione, alle richieste e manifestazioni pacifiche, ha mutato il
silenzioso e tollerante isolamento in cui la gente nera li poneva, in una caccia al collaborazionista.
Dicono bene i due autori dell’articolo: è importante far conoscere ai mass media l’attività
del SACC, il Consiglio delle Chiese del Sud Africa. Come i lettori
della Luce già sanno, il SACC
chiede all’occidente di disinvestire e di non allentare le pressioni
economiche sul Sud Africa. Ero
presente nello scorso febbraio
ad una riunione degli operatori
del SACC a Johannesburg, in cui
si discuteva dei probabili effetti
di un boicottaggio economico
sulle già grandi miserie dei neri. Il grido unanime raccolto dai
SACC fra il popolo nero era che
qualsiasi sacrificio è accettato
con slancio e orgoglio, se apre
un minimo spiraglio alla speranza.
E’ vero; il boicottaggio economico ostacolerebbe quelle imprese americane ed europee operanti in Sud Africa che hanno
cercato di guadagnarsi la fedeltà di una piccola classe di neri
meglio pagati e più protetti. Il
bastone e la carota, appunto.
Come la Anglo American’s Welkom División che il 18 settembre di un anno fa, paventando
il consolidarsi di una protesta
sindacale, Tha prevenuta scatenando la polizia alle tre del pomeriggio nelle stanze dei dormitori-ostello (circondati da filo
spinato e pattugliati, dove gli
operai vivono in segregazione
assoluta per undici mesi all’anno) fra i lavoratori in turno di
riposo, provocando 170 fratture
craniche gravi, decine di fratture
agli arti inferiori e due morti. Sono le compagnie che, mediamente
e a parità di lavoro, pagano un
bianco R890, un meticcio R293.
un asiatico R413 e un nero R
215; e che per i neri non adottano nessuna protezione sul lavoro. Nel 1983 gli incidenti sul lavoro sono stati 309.050: 100.000 menomazioni gravi alle mani, 50.000
ai piedi, 40.000 agli occhi con
perdita parziale o totale della
vista, 31.000 le invalidità totali
permanenti. I morti sono stati
831 ed i lesi all’udito per il rumore industriale circa 230.000.
Qualcuno può credere che un
popolo così provato, che continua a trovare modi di sopravvivenza e resistenza ed a conservare una sua dignità, tema
il boicottaggio economico?
Tutte queste notizie, e mclte,
molte altre ancora, il SACC raccoglie e diffonde nel Sud Africa
e nel mondo, con carità per oppressi ed oppressori, perché chi
ha orecchi per udire oda.
Febe Cavazzutti Rossi